Come nasce la Costituzione

POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 17 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXVII.

SEDUTA POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 17 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Discussione sulle comunicazione del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Nenni

Valiani

Macrelli

Lussu

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Sansone

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro

Tonello

Pella, Ministro delle finanze

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 18.10.

RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il dottore Andrea Ferrara, eletto dall’Assemblea, nella seduta dell’11 corrente, membro effettivo dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana, pur dichiarandosi grato della designazione, ha segnalato le ragioni di incompatibilità con le sue funzioni di primo Presidente della Corte di cassazione che gli impediscono di accettare la carica.

Pertanto, nella seduta pomeridiana di domani, si procederà alla votazione per la nomina di un membro effettivo dell’Alta Corte medesima, in sua sostituzione.

Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

È iscritto a parlare l’onorevole Nenni. Ne ha facoltà.

NENNI. Onorevoli colleghi, signori del Governo! Il Gruppo parlamentare socialista era molto in dubbio circa l’opportunità di aprire un dibattito di carattere politico nelle brevi dichiarazioni fatte ieri dal Presidente del Consiglio.

C’è un punto sul quale il Gruppo parlamentare socialista condivide l’opinione del Presidente del Consiglio – ciò che non capita tutti i giorni – condivide, cioè, l’apprezzamento che egli ha dato della situazione parlamentare creata dal rimpasto, allorché nelle dichiarazioni che ha fatto alla stampa e sostanzialmente in quelle scarne e telegrafiche fatte ieri in quest’Aula, ha tolto al rimpasto ogni carattere politico. Noi stimiamo infatti che non vi sia un fatto politico nuovo. Si vedono al banco del Governo dei nuovi Ministri: nessuno di loro, io credo, e in ogni caso nessuno di noi, ha l’illusione che il carattere e la natura di un Ministero possa essere determinato soltanto dalle persone che lo compongono. La sola indagine che vale la pena di intraprendere è se la base sociale del Governo è modificata. Ma vediamo prima gli aspetti secondari del rimpasto.

Se io mi richiamo a quanto abbiamo letto nei giornali, risulta che i due nuovi Gruppi che siedono al Governo, sono partiti da richieste di un certo peso e di un certo valore ed hanno finito per accontentarsi di soddisfazioni più apparenti che reali. Il Gruppo parlamentare repubblicano è stato mosso dalla preoccupazione di imprimere alla politica interna del Paese un nuovo indirizzo. Esso aveva, quindi rivendicato il dicastero dell’interno, nonché lo scioglimento del Movimento sociale italiano, del Gruppo Nazionalista cosiddetto patrissiano ed alcune misure radicali nei confronti della stampa neo-fascista. Non ha ottenuto niente di tutto ciò, e l’onorevole De Gasperi, con la sua nota fertilità di compromessi, ha risolto tutti i problemi assegnando all’onorevole Pacciardi il compito di coordinare l’azione di uno speciale Comitato in seno al Consiglio dei Ministri, incaricato di assicurare la difesa della istituzione repubblicana. Suppongo che l’unica conseguenza di tale nomina e della suddivisione del Governo in comitati sarà una serie di incidenti di competenza che metteranno a dura prova la proverbiale pazienza dell’onorevole De Gasperi. Sono del resto convinto che la difesa della Repubblica comporta la responsabilità collettiva del Governo e che né la posizione politica, né i poteri effettivi del Ministro dell’interno risultano alterati dalle modificazioni introdotte nella struttura del Governo.

Più caratteristico è il caso del gruppo secessionista, del quale tutti ricordano le posizioni piuttosto orgogliose da esso prese quando si è parlato di un rimpasto ministeriale o addirittura della creazione di un Governo rappresentativo di più vasti settori dell’Assemblea e del Paese.

Il Gruppo secessionista rivendicò allora la direzione socialista del Governo, per quanto avesse già fatto quanto stava in esso per rendere impossibile tale direzione socialista. Ripiegò in seguito sulla direzione socialista del settore economico del Governo. Ora è bensì vero che siede al banco dei Ministri l’optimus Tremelloni, ma la sua modestia non s’offuscherà se dico che non è di taglia e di peso per farci credere che la direzione della politica economica del Governo sia passata dalle mani dell’onorevole Einaudi alle sue. La direzione della politica economica del Governo resta nelle mani dell’onorevole Einaudi, e come non c’è niente di mutato dal punto di vista della direzione politica, così non c’è niente di mutato nella direzione dello politica economica e sociale del Gabineltto De Gasperi. Siamo quindi di fronte alle classiche nozze coi fichi secchi, ciò che non è sorprendente per chi tenga conto che non era possibile modificare la fisionomia del Governo se non con la crisi generale della tregua, di cui aveva preso l’iniziativa il mio caro amico Facchinetti – che mi spiace vedere come un ostaggio in questo Ministero, che non è di tregua, ma resta di lotta contro la classe lavoratrice. (Applausi all’estrema sinistra – Rumori e commenti al centro).

Del resto, in rapporto ai secessionisti del Partito socialista, debbo dire e riconoscere che c’è una logica in quanto è successo. Il fatto è che noi, Partito socialista italiano, solo Partito socialista del nostro Paese (interruzione del deputato Colosso), siamo qui al nostro posto, fedeli alla linea politica che è stata sempre quella del socialismo del nostro Paese. (Commenti a sinistra).

CALOSSO. Da Mussolini in là?! (Rumori all’estrema sinistra – Scambio di apostrofi).

NENNI. L’onorevole Calosso guadagna quando non interviene in un dibattito in cui si discutono dei problemi seri. (Commenti).

Dicevo che il fatto che noi siamo qui indissolubilmente legati alla classe operaia, alle sue fortune e alle sue sfortune, alle sue vittorie e ai suoi insuccessi, e il fatto che l’onorevole Saragat ed alcuni dei suoi amici siano sui banchi del Governo nelle condizioni che ho descritte, chiarisce, agli occhi dei socialisti, dei lavoratori e dell’opinione pubblica in generale, il senso della scissione dello scorso gennaio. (Applausi all’estrema sinistra). Fu detto allora, con molta leggerezza, che c’era un caso personale di Saragat contro di me, o mio contro Saragat, e ciò esentò il nostro giornalismo provinciale dalla ricerca dei motivi della rottura politica, che doveva condurre i secessionisti là dove oggi sono, in condizioni tali che quanto fino a ieri era confuso, oggi è assolutamente cristallino.

E so bene che non soltanto sui banchi vicino ai nostri, ma nelle sezioni, ci sono socialisti che non volevano e non vogliono quanto è successo. I fatti si sono incaricati di dimostrare loro con quanta superficialità avevano considerato la scissione del gennaio scorso. E se ci sono voluti undici mesi perché ciò che era implicito nella secessione di gennaio si concretasse nell’attuale pastetta ministeriale, ciò si deve al fatto che Saragat aveva con la classe operaia legami che non è riuscito a spezzare in alcune ore, alcuni giorni, alcune settimane come si attendeva da lui. Oggi il divorzio è consacrato nella maniera la più evidente e la più definitiva. (Approvazioni all’estrema sinistra).

Però, onorevole De Gasperi, quando vi sento dire che avete in tal modo legato alle vostre fortune ministeriali il socialismo democratico, ho il diritto di dire che il sostantivo e l’aggettivo sono male impiegati. Il socialismo democratico per natura, cammina coi piedi della classe operaia, della quale è la espressione politica.

Ora, onorevole De Gasperi, voi potete contare i voti che i secessionisti vi portano nell’Assemblea, ma vi prego di contare anche i voti che l’altro giorno essi hanno raccolto alla Camera del Lavoro di Sesto San Giovanni, la Saint-Denis del proletariato italiano; il due per cento al sedicente socialismo che fa causa comune con voi, gli altri voti al socialismo che rimane fedele alla sua origine e alla sua funzione. (Vivi applausi all’estrema sinistra).

Onorevoli colleghi, che cosa sarebbe stato necessario perché avessimo potuto considerare spostato a sinistra nei fatti e non soltanto nelle intenzioni di Pacciardi, l’asse del Governo? Sarebbe stato necessario che, attraverso un processo di autocritica, la Democrazia cristiana, i suoi uomini di Governo, il suo capo, onorevole De Gasperi, avessero sottoposto a profonda revisione i principî ai quali si ispirarono allorché promossero la crisi del maggio scorso, escludendo volutamente dal Governo i rappresentanti di nove milioni di elettrici e di elettori repubblicani.

Sul carattere della crisi dello scorso maggio io stesso, onorevoli colleghi, ho qui parlato diverse volte. Ma su di essa abbiamo adesso un documento ufficiale, pubblicato dal nostro collega onorevole Sereni, in un libro appena uscito e nel quale l’ex ministro del terzo Gabinetto De Gasperi riproduce le parole con le quali il Presidente del Consiglio giustificò davanti ai ministri la crisi che stava per aprire e che invano noi deprecammo.

Ecco ciò che riferisce l’onorevole Sereni confermando quanto fu già detto in questa Aula dagli onorevoli Morandi e Cacciatore. (Interruzioni).

Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 30 aprile il Presidente del Consiglio espresse il suo pensiero in termini che l’onorevole Sereni così riassume (e mi corregga l’onorevole De Gasperi se le parole che gli sono attribuite non fossero esatte): «Il Partito della democrazia cristiana, il Partito socialista e il Partito comunista certo sono forti, riscuotono la fiducia di milioni e milioni di elettori: ma non sono questi elettori che decidono od orientano la campagna della stampa indipendente, che presenta in forma scandalistica, o comunque ostile, ogni sforzo che il Governo fa per superare le difficoltà del momento. Non sono i nostri milioni di elettori che possono fornire allo Stato i miliardi e la potenza economica necessari a dominare la situazione. Oltre i nostri partiti vi è in Italia un quarto partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e di rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio dei prestiti e la fuga dei capitali o le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l’Italia senza trarre nella nuova formazione di Governo, in una forma o nell’altra, i rappresentanti di questo quarto partito, cioè di coloro che dispongono dei denari e delle forze economiche». Ecco dunque spiegato perché nella crisi di maggio i partiti della classe operaia furono posti fuori dal Governo repubblicano per fare posto al partito del capitale. (Commenti al centro).

Trovatosi nella necessità di lottare contro coloro che organizzavano le evasioni dei capitali o che sabotavano i prestiti, o che disorganizzavano la produzione, il capo di un Governo democratico e repubblicano risolveva il problema mettendo il potere a disposizione del quarto partito, del partito del capitale.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Sarebbe Einaudi questo!

NENNI. Non m’interessa il caso personale dell’onorevole Einaudi, che io definii già una volta la borghesia fatta persona. Constato soltanto che il Presidente del Consiglio conferma l’esattezza delle parole, che gli sono state attribuite dall’ex Ministro Sereni. In queste parole è la spiegazione della crisi ministeriale del maggio scorso, e della crisi del paese da allora ad oggi. Né quelle dell’onorevole De Gasperi furono delle vane parole, giacché ad esse seguirono fatti che io riassumo in tre ordini di avvenimenti. Nel campo economico, il nuovo indirizzo del Governo ha avuto come conseguenza l’irrigidimento della Confindustria e della Confida in tutti i conflitti del lavoro; ha provocato la ripresa offensiva di interessi capitalistici responsabili del fascismo più dei giovani ammaliati dalla dottrina normalista, più degli stessi ministri in camicia nera che sedettero su questi banchi e che, malgrado le loro apparenze di dittatori, erano delle marionette manovrate dalla plutocrazia. Il nuovo indirizzo del governo in materia economica si è tradotto nella lunga serie di agitazioni, delle quali gli onorevoli colleghi del centro fanno il processo senza risalire all’origine e cioè all’offensiva del capitale. (Interruzione del deputato Pallastrelli).

Nell’ambito della politica interna il nuovo indirizzo del Governo si è tradotto nei rapporti che si vanno stabilendo in ognuna delle nostre città e dei nostri villaggi, fra i rappresentanti dello stato repubblicano e le masse popolari. Il brigadiere dei carabinieri del più oscuro dei villaggi, ha della politica una intuizione tutta sua particolare, che si modella su ciò che avvenne ai vertici. Da questo brigadiere sono ormai considerati dei sovversivi, e in una certa misura dei fuori legge, coloro che hanno lottato per venti anni contro il fascismo; i partigiani che hanno conquistato dignità di nazione libera al Paese; gli uomini che si sono battuti per la Repubblica e che hanno vinto il 2 giugno. Alla stessa stregua ai suoi occhi l’agrario fascista di ieri o il manganellatore fascista, sono ridiventati degli uomini d’ordine, egli vede in loro i vostri grandi elettori, onorevole De Gasperi.

Ecco la conseguenza del nuovo corso della politica interna. Ecco l’abisso che si va scavando nel Paese. Il primo ha fatto in modo che l’apparato dello Stato consideri nemici della Repubblica noi, che siamo stati fra i fondatori dello Stato repubblicano non soltanto perché abbiamo per esso votato il 2 giugno del 1946, ma perché ad esso abbiamo consacrato la lotta di tutta la nostra vita. (Applausi all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Pallastrelli).

Onorevole Pallastrelli, non c’è nessuno su questi banchi il quale si sia dimenticato che ci sono dei democristiani che hanno dato un notevole contributo alla liberazione del Paese. Temo che se essi rimarranno fedeli agli ideali della lotta comune (Interruzioni) non passerà molto tempo prima che siano a loro volta considerati dei sovversivi.

La terza conseguenza dell’intervento diretto del quarto partito come partito dirigente del Governo si rivela nel carattere unilaterale della politica estera del governo, unilateralità corretta soltanto superficialmente dalle dichiarazioni che fa ogni tanto il nostro Ministro degli esteri ed accentuata, in modo a volte violento, dall’atteggiamento della stampa che più direttamente si richiama al Governo.

Signori del Governo, in queste ultime settimane abbiamo potuto leggere sui giornali tutta una serie di dichiarazioni che provenivano da personalità più o meno responsabili della politica americana e alle quali non è stata data mai nessuna risposta. Trascuriamo, se volete, alcune di queste dichiarazioni, quelle che si riferiscono alle condizioni dell’ordine pubblico e che hanno come base le esagerazioni polemiche degli stessi nostri giornali. Un Governo che si rispettasse avrebbe il dovere di rispondere che se in Italia ci sono degli scioperi, ce ne sono anche in America; che se da noi qualche sciopero dà luogo a manifestazioni rumorose, ciò avviene anche oltre Atlantico, come ne fa fede l’abbondante documentazione fotografica delle condizioni in cui si sono svolti nel passato e si svolgono gli scioperi in America. Il Paese ha il dovere di dire, per la voce del suo Governo, che le incidenze clamorose della nostra politica interna riguardano noi e nessuno all’infuori di noi; non pongono nessun problema di tutela; postulano soltanto l’esigenza, di carattere puramente interno, di trovare un termine di equilibrio, che spero si troverà, e si troverà tanto più facilmente quanto meno si tenterà dall’esterno di imporci una tutela che respingiamo come offensiva. (Applausi all’estrema sinistra).

Senonché, signori, non abbiamo avuto soltanto le dichiarazioni dei portavoce più o meno autorizzati della politica americana; non abbiamo avuto soltanto le dichiarazioni del signor Lowett, il quale doveva essere prontamente rassicurato circa le condizioni dell’ordine pubblico in Italia, ma ci sono state le dichiarazioni del Presidente Truman, che io leggo nel loro testo, perché l’Assemblea ne apprezzi l’importanza e, secondo il mio giudizio, anche la gravità. Il Presidente Truman nel momento in cui le truppe americane lasciavano il nostro territorio ha fatto la dichiarazione seguente:

«Se, in seguito allo svolgersi degli eventi dovesse risultare evidente che la libertà e l’indipendenza dell’Italia, su cui è basato il trattato di pace, sono minacciate direttamente o indirettamente, gli Stati Uniti, come firmatari del trattato di pace e come membri delle Nazioni Unite sarebbero costretti a prendere in esame le misure più atte per il mantenimento della pace e della sicurezza». (Rumori al centro e alla destra – Interruzione del deputato Capua – Commenti a sinistra).

La dichiarazione ha provocato commenti di cui io sento ancora il bruciare della vergogna. Da Coriolano in poi la nostra storia è ricca di passaggi al nemico e di forme multiple di mortificazione del sentimento nazionale.

L’occasione mi sembrava eccellente per rivendicare in quest’occasione la nostra volontà di essere lasciati giudici del momento in cui la nostra sicurezza, la nostra indipendenza e la nostra libertà possono essere considerate in pericolo.

Ma due dei commenti che sono stati fatti alla dichiarazione Truman si distaccano dall’ordinario, uno per il giornale che l’ha ospitata, l’altro per la personalità dalla quale proviene. Il giornale è l’organo del Presidente del Consiglio, Il Popolo, ed esso ha creduto di poter spiegare la dichiarazione del Presidente Truman con gli obblighi contemplati dalla carta dell’O.N.U. Ritengo che tale interpretazione sia del tutto sbagliata giacché se ognuna delle Potenze dell’O.N.U., individualmente, potesse assumere la tutela di questo o di quel Paese, arriveremmo allora ad una situazione assolutamente caotica. D’altra parte, l’organo ufficiale o ufficioso del Presidente del Consiglio riconosce che la dichiarazione americana non può essere messa in rapporto con le clausole del Trattato di pace. E ciò è vero giacché non vi è una sola parola nel trattato di pace che autorizzi oggi il Presidente Truman, domani il Ministro degli esteri dell’unione sovietica o di qualsiasi altro Paese a intromettersi in modo diretto o indiretto nella vita interna del nostro Paese, come se si trattasse di una colonia. Abbiamo, è vero, perso la guerra, non siamo pertanto scesi così in basso che si possa decidere all’infuori di noi se siamo o no minacciati nella nostra indipendenza. Trovo poi enorme che il Governo non abbia cercato di chiarire se la dichiarazione andava considerata in rapporto ad una eventuale aggressione all’Italia dall’esterno o in rapporto allo svolgimento della nostra politica interna.

Nel primo caso risulterebbe evidentemente quanto noi socialisti avessimo ragione di sforzarci di far accettare il concetto di una neutralità politica della nazione, ufficialmente proclamata e internazionalmente riconosciuta, col che le garanzie internazionali perderebbero ogni carattere di umiliazione.

L’altro commento al quale mi riferivo è del Ministro degli esteri ed è contenuto in un articolo pubblicato sulla Voce Repubblicana, dove si afferma che «il Presidente Truman ha perfettamente contenuto il suo interessamento nei limiti e nelle forme permesse dal Trattato di Pace e dall’O.N.U.». Io non mi fermo sul contrasto fra la tesi del Popolo e quella del Ministro degli Esteri, tanto più che la prima non è sicuro se impegni il Presidente del Consiglio. Dico, però, che non condivido la tesi del conte Sforza e che nel Trattato che abbiamo dovuto ratificare non c’è una sola parola che autorizzi nessuna nazione a farsi garante della nostra indipendenza e della nostra integrità nazionale. Dico che mentre si tenta di fare del Mediterraneo non so quale frontiera della civiltà occidentale e cristiana, noi che fra l’altro siamo stati disarmati, dobbiamo proclamare la nostra volontà di restare fuori di tutti i conflitti e di tutte le protezioni né sollecitate, né accettate. (Applausi all’estrema sinistra – Commenti al centro e a destra).

Onorevoli colleghi, c’è ancora un aspetto della unilateralità della nostra politica estera che io voglio sottolineare, alludo alle relazioni economiche con l’Oriente. In questi giorni, per iniziativa del Ministro britannico Cripps, impegnato in una durissima lotta per sottrarre il suo paese a tutele straniere, sono stati conclusi a Londra dei negoziati di cui non occorre sottolineare qui l’importanza. (Commenti). A seguito di questo accordo l’Unione sovietica coprirà quest’anno l’intero fabbisogno della Gran Bretagna in avena, orzo e granturco per un totale di mezzo milione (Interruzioni al centro) di tonnellate. Nella situazione attuale dell’Europa (Interruzioni a destra), dopo l’esito infelice della Conferenza di Parigi, l’accordo intervenuto fra la Gran Bretagna e l’Unione sovietica rappresenta agli occhi nostri un primo sostanziale contributo alla soluzione pacifica dei problemi europei.

ALDISIO. Speriamo che non faccia la fine di quello che è stato promesso alla Francia!

NENNI. Noi non abbiamo il diritto in questa Assemblea di discutere la politica francese.

Una voce al centro. Di Truman sì, però!

NENNI. Se ho citato il trattato commerciale della Gran Bretagna e dell’Unione sovietica è per trarne una conseguenza di interesse nazionale, per dire cioè che il realismo britannico dovrebbe essere imitato all’infuori dei pregiudizi religiosi, ideologici e psicologici, che avvelenano l’atmosfera europea e mondiale. Quel che ha fatto la Gran Bretagna noi lo dovremmo poter fare, lo avremmo forse potuto fare quest’anno, lo potremo certamente fare l’anno prossimo in condizioni migliori, perché l’anno prossimo è probabile che l’Unione Sovietica rimane in condizioni di far fronte a gran parte, se non all’intero fabbisogno di cereali del nostro Paese. (Commenti al centro – Interruzioni).

Una voce al centro. Auguriamocelo.

NENNI. Onorevole interruttore, se ho ben capito, lei non lo vuole.

Una voce al centro. No, ne vorremmo un campione.

NENNI. Il trattato commerciale concluso fra la Gran Bretagna e l’Unione sovietica è basato sullo scambio di merci contro macchine. Noi attualmente seguiamo o la politica degli aiuti o quella dei prestiti. Domandate all’onorevole Einaudi se è possibile continuare in questa politica e se la sola salvezza del nostro Paese non sia di aprire al nostro Paese mercati di scambio fra grano, carbone e materie prime e i prodotti forniti dalle nostre officine. (Commenti al centro).

A questa condizione soltanto, l’Italia potrà rinascere a vita autonoma, mentre finché dura l’attuale situazione ci indebitiamo e ci asserviamo. Nessun paese al mondo aprendo crediti e dando aiuti per i nostri begli occhi.

Onorevoli colleghi, queste sono nell’ordine sociale, interno e internazionale le conseguenze dell’avvento del quarto partito al potere. Quando potrete dire che la situazione creata nel maggio è stata rovesciata, che il quarto partito è stato escluso dal Governo, che esistono le condizioni del ritorno al governo dei partiti della classe operaia, allora noi riconosceremo che la situazione è mutata. O cambiano i rapporti di classe – e cambieremo anche quelli politici – o essi rimangono inalterati, e niente allora sarà cambiato.

Voglio aggiungere, signori, che se per caso in questo settore della Camera aveste trovato qualcuno disposto ad andare a sedere al banco del Governo nelle condizioni in cui ci sono andati i ministri secessionisti e di ministri repubblicani (Interruzioni – Rumori) la situazione sarebbe fors’anche più grave giacché allora un dissidio di natura violenta e tragica si sarebbe aperto in seno alla classe operaia. (Commenti al centro).

Allora avreste ottenuto lo scopo di indebolire il bastione classico della resistenza contro qualsiasi forma di oppressione e di sfruttamento che è rappresentato dalla classe lavoratrice.

La maggioranza parlamentare comprenderebbe 70 voti di più, il dissidio permarrebbe nel Paese in forme aggravate giacché – e sarà l’argomento su cui mi intratterrò tra qualche istante – di tutte le politiche che potevate o potete fare, la peggiore, signori, è quella di tentare di isolare la classe operaia spingendola così ad uscire dal terreno della legalità sul quale finora si è fermamente tenuta. (Applausi alla estrema sinistra – Rumori al centro e a destra).

Onorevoli colleghi. Io vorrei a questo punto richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla gravità della situazione. Noi siamo usciti dalla guerra, dalla lotta contro il fascismo e dalla lotta per la liberazione in circostanze che, sotto molti aspetti, ricordano quella che si creò in Germania nel 1919.

Il più grande dei teorici del socialismo riformista di allora, Carlo Kautsky, esaminando la situazione della Germania, constatava che lo Stato non era più la monarchia militare ma la repubblica democratica e che i socialisti non avevano le forze per governare da soli la repubblica democratica e non avevano neppure interesse ad essere costantemente alla opposizione. Il regime politico corrispondente a queste circostanze, era secondo Kautsky il governo di coalizione, in attesa che le elezioni convocate in regime di assoluta libertà, determinassero quale dei partiti repubblicani avrebbe avuto una maggioranza adeguata e sufficiente per dirigere le sorti del Paese.

Una situazione analoga si è presentata da noi prima e dopo il 2 giugno e noi l’abbiamo risolta pressapoco nello stesso modo: l’abbiamo risolta con una tregua dei partiti che avevano fra di loro un certo comune patrimonio di lotta contro il fascismo, contro il nazismo e per la repubblica.

Kautsky ebbe il torto di non tener conto, nella sua analisi, del fenomeno fondamentale delle moderne società, rappresentato da frequenti rotture di equilibrio. Noi abbiamo tenuto presente codesta eventualità.

Dateci atto, signori, che da questi banchi e nel Paese abbiamo cercato di ritardare la rottura dell’equilibrio che si è stabilito il 2 giugno, nella convinzione che ritardando la rottura forse la si poteva per un certo tempo evitare.

Dateci atto che anche in queste ultime settimane, quando l’onorevole Facchinetti ha preso l’iniziativa di un Governo di tregua abbiamo, in tutta la misura del possibile, facilitato il suo tentativo, dicendo che in un governo di tregua potevamo entrare o non entrare – a seconda delle condizioni in cui si sarebbe creato e si sarebbe presentato – ma ne avremmo in ogni caso riconosciuto l’autorità, e l’avremmo secondato nel tentativo di portare il Paese alle elezioni, in un mutato clima. Ma il punto fondamentale per noi è l’esclusione dal governo del quarto partito, del partito del capitale, la cui dominazione non possiamo accettare, senza venir meno al nostro dovere verso la democrazia e verso la classe lavoratrice. (Applausi all’estrema sinistra).

La verità signori, è che la responsabilità dell’attuale situazione del Paese, ricade sull’onorevole De Gasperi personalmente e sul suo partito; la verità è che la crisi di maggio si è fatta sotto il ricatto del partito del capitale e non già perché i cronisti dell’Avanti o dell’Unità mancavano di rispetto all’onorevole Gonella o all’onorevole Cappa, come del resto altri giornali della coalizione governativa mancavano di rispetto all’onorevole Togliatti o a me, senza che noi sentissimo il bisogno di lamentarcene in Consiglio dei Ministri.

Il tentativo di minimizzare la crisi di maggio e di presentarla sotto falsa luce non torna a onore del Presidente del Consiglio; abbia egli la lealtà di assumere le sue responsabilità come noi assumiamo le nostre. Noi lo abbiamo avvertito a tempo che gli atti di un Governo dal quale fosse stata estromessa la maggioranza repubblicana del 2 giugno e cioè nove milioni di elettori e di elettrici, sarebbero apparsi inficiati di ogni carattere di legittimità e di imparzialità. (Applausi all’estrema sinistra – Proteste a destra).

Nelle ultime settimane, si è riproposto per la milionesima volta un tema sul quale credevamo di aver dato tutte le spiegazioni necessarie. Anche questa mattina, sotto la firma del direttore de La Stampa, io leggevo che se al Governo non ci sono i rappresentanti del nostro partito, ciò si deve alla mia cocciutaggine, alla mia pervicacia.

Onorevoli colleghi, è un modo assai curioso di interpretare la vita di un grande partito quello di supporlo vittima della cocciutaggine o dell’errore di uno dei suoi dirigenti.

In realtà non si tratta di cocciutaggine, ma della coscienza comune a tutti i socialisti che se noi ci prestassimo al tentativo di isolare il partito comunista, tradiremmo ad un tempo il paese, la repubblica, e la classe operaia. (Interruzioni a destra).

Dal 1892 al 1900 le vecchie classi dirigenti misero fuori legge il partito socialista che rappresentava allora da solo l’avanguardia del proletariato. Quale ne fu il risultato? Il partito socialista era in quei tempi soltanto una piccola setta. Eppure il tentativo di metterlo fuori legge costò all’Italia otto anni di crisi, di violenze e di contro violenze, dai moti del 1894 in Sicilia a quelli del 1898 a Milano, allo sciopero generale del 1904. E si trattava di un piccolo partito, si trattava di un’organizzazione nascente ma già circondata di un immenso prestigio. Era quella l’epoca in cui, in Italia e fuori, si tentava di mettere fuori legge la minoranza anarchica del movimento della classe operaia, prossima a spegnersi perché non più adeguata alle esigenze della vita moderna, ma spinta dalla violenza a reazioni quale quella culminante nel regicidio di Monza.

E che volete, che potete fare nei confronti del partito comunista che si è conquistata una posizione formidabile nella classe operaia? Il Partito comunista come quello socialista è un prodotto della storia del nostro Paese; niente è più assurdo, che considerarlo estraneo alla Nazione alla quale è connaturato e della quale è una delle espressioni. (Applausi all’estrema sinistra).

Credono il Capo del Governo e il suo Ministro di polizia (Rumori) di avere i mezzi per sopprimere con la violenza questo partito?

Onorevoli colleghi, non c’è riuscito Mussolini, non c’è riuscito Hitler, non ci riuscirà l’onorevole Scelba. Di fronte a un fatto di natura politica e sociale valgono misure politiche e sociali, non provvedimenti di carattere poliziesco.

Noi socialisti crediamo di rendere al Paese, ed anche a voi onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, un grande servigio rifiutando di prestarci al tentativo di isolare la frazione comunista della classe operaia. Noi concorriamo così a mantenere la classe lavoratrice sul piano della legalità, sottraendola alla tentazione del ricorso alla violenza. (Rumori e interruzioni a destra).

Onorevoli colleghi, uno dei motivi della mia sorpresa negli ultimi anni è la cecità della borghesia nella valutazione dei problemi posti dall’avanzare della classe operaia come nuova classe dirigente. Questa sorpresa io l’ho condivisa con alcuni degli uomini che oggi sono al Governo ed ai quali rimprovero di non aver capito che staccandosi dal fronte democratico inasprivano la situazione ed esacerbavano il contrasto.

Non è nelle mie abitudini fare il processo alle intenzioni; l’onorevole Pacciardi crede di essersi sacrificato alla difesa della libertà, ma si sbaglia.

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. È un dovere nostro, ci ringrazierete. (Rumori all’estrema sinistra).

NENNI. Il solo modo di difendere le istituzioni repubblicane, se mai esse fossero minacciate e non lo sono… (Interruzioni del deputato Mazza e del deputato Benedettini). Mi perdoni, onorevole Benedettini se non riesco a considerarla un pericolo pubblico.

Dicevo che il solo modo di difendere le istituzioni repubblicane è di rifare la unità dei dodici milioni di elettori repubblicani del referendum del 2 giugno.

Signori del Governo e voi Ministri secessionisti o repubblicani ricordatevi che di questi 12 milioni, nove sono rappresentati da noi dell’estrema sinistra; nove milioni di repubblicani che voi avete escluso dal Governo e che la vostra politica tende a separare dallo Stato repubblicano. Non ci riuscirete perché c’è già divorzio fra la fisionomia politica di questa Assemblea, che sta per sciogliersi, e la vita del Paese.

Questa mattina colleghi secessionisti e repubblicani eravate obbligati, salvo lodevoli eccezioni, dalla logica della situazione infernale in cui vi siete posti, a votare per il Ministro di polizia nel caso dello scioglimento del Consiglio comunale di Pescara, ma i repubblicani e i secessionisti abruzzesi erano in piazza a protestare contro il sopruso del Governo e prendevano appuntamento di qui a 45 giorni per dare sul piano elettorale alla Democrazia cristiana la risposta che merita, riportando al Comune gli uomini che ne sono stati allontanati con un atto di faziosità. (Applausi all’estrema sinistra).

Onorevole De Gasperi, del vostro breve discorso, io raccolgo il solo elemento positivo che in esso ho trovato: l’appuntamento che lei ci ha dato per il 18 aprile. Accettiamo questo appuntamento e faremo tutto quello che dipende da noi perché in occasione delle elezioni i dodici milioni di repubblicani del 2 giugno si riuniscono contro di voi e contro la vostra politica faziosa. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Congratulazioni).

BENEDETTINI. È gli altri dodici milioni, onorevole Nenni? (Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Valiani. Ne ha facoltà.

VALIANI. Onorevoli colleghi, all’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente noi abbiamo avuto di fronte e abbiamo dovuto prendere posizione davanti ad un Governo tripartito, ed è ancora un Governo tripartito, allo stesso modo diretto, ma diversamente composto che noi dobbiamo giudicare alla fine dei lavori dell’Assemblea Costituente. Io sono stato fra i pochissimi deputati che abbiano preso in quel dibattito una posizione di critica rispetto al Governo tripartito uscito dalle elezioni del 2 giugno. Questo solo fatto mi obbliga a prendere la parola oggi, quando l’attenzione dell’Assemblea è già stanca, per sottoporre a considerazioni analitiche il Governo tripartitico, di carattere evidentemente diverso, che si presenta questa volta davanti a noi. Naturalmente, ognuno giudica i cambiamenti avvenuti nella situazione politica italiana, dal luglio 1946 ad oggi, secondo la concezione che ha delle necessità della politica italiana, secondo il suo punto di vista ideale e pratico. Personalmente, io fui eletto, insieme a pochi colleghi, nella lista di un partito che non esiste più come realtà organizzativa, ma le cui posizioni ideali permangono, e che sono quelle di un rinnovamento sociale e strutturale che dovevasi effettuare e che devesi effettuare in Italia, in uno con la riforma moderna dello Stato che consiste nel rafforzamento dell’esecutivo e nella creazione di una struttura autonomistica del popolo. Il nostro punto di vista non era popolare, non ebbe molti suffragi, e per questa ragione, e per altre ancora, io non posso più parlarvi a nome del Partito d’Azione. Rimango tuttavia profondamente convinto della validità dell’esigenza di una profonda riforma sociale in Italia e, se volete, di una profonda riforma delle strutture della società italiana industriale e agraria che sia fatta parallelamente, contemporaneamente alla riforma dello Stato, che non aspetti la conquista del potere contro lo Stato, il disfacimento di questo Stato ed il sorgere di un nuovo Stato.

Questo punto di vista non è più solo un punto di vista nostro, ma è un punto di vista diffusosi fra gli stessi nostri nemici. Al di là della dittatura, al di là della tirannide, al di là della crudeltà vi è dappertutto, anche nei totalitarismi, anche nell’ultima incarnazione del fascismo, l’esigenza di una riforma sociale che si realizzi contemporaneamente alla riforma dello Stato. Perciò, è da questo punto di vista della contemporanea ed indispensabile riforma della società italiana e dello Stato italiano che immetta veramente il popolo nel controllo e nella direzione della società economica italiana e che renda forte e stabile l’esecutivo dello Stato, è da questo punto di vista che io giudicherò il passaggio da quel tripartito a questo nuovo tripartito che ci si presenta davanti.

La maggioranza dei militanti del Partito d’azione si è spostata a sinistra: partigiani ed antifascisti come erano, sono andati là dove è la maggioranza dei partigiani e degli antifascisti conseguenti. Alcuni pochi, che sentivano maggiormente e con più acutezza l’urgenza di dare allo Stato la capacità di governare, si sono portati al centro dello schieramento politico italiano e se oggi si può parlare di un qualche mutamento della natura del Governo e della sua politica, questo è certamente avvenuto anche per opera di quei compagni.

Io sono rimasto isolato, semplicemente per aspettare, e probabilmente bisognerà aspettare anni, che si ricongiungano le due esigenze, che io reputo fondamentali della vita italiana, dando luogo a quel rinnovamento sociale, e, se volete, a quella rivoluzione sociale che, insieme con la riforma dello Stato, valga a renderlo più forte, più stabile, e meglio articolato.

Ora, dunque, qual è il cambiamento rispetto al giugno del 1946? Ci sono degli arretramenti, gravi arretramenti; si è rafforzata la prevalenza della Democrazia cristiana in seno al Governo, e in particolare, malgrado le votazioni del Congresso di Napoli, la preminenza della destra della Democrazia cristiana sul Governo. Si è rafforzato anche il peso di quello che l’onorevole De Gasperi e l’onorevole Nenni si sono abituati a chiamare il quarto partito della vita italiana, quel quarto partito del quale l’onorevole Einaudi non è certo un rappresentante, anzi ne è in questo momento la bestia nera, ma che è rappresento da altri uomini che hanno grande forza nel Governo. Questo è indubbiamente un grave arretramento rispetto alle posizioni del luglio 1946: è un passo indietro.

Ma si nota anche un progresso nell’evoluzione politica prodottasi in quest’anno e mezzo. Il progresso è costituito, da un lato, dalla necessità in cui si è trovata la sinistra di questa Assemblea, estromessa dal Governo, di rimettere in circolazione le idee e le aspirazioni sociali della Resistenza. La sinistra di quest’Assemblea, estromessa da un Governo che rappresentava un compromesso paralizzante, ha dovuto riconoscere come non sia possibile rimandare alle calende greche le riforme di struttura e oggi le pone come rivendicazioni immediate, mentre finora le aveva sempre rimandate o a dopo le elezioni della Costituente o a dopo che si fosse formata nel Paese una maggioranza socialcomunista ed ancora più in là via via seguitando.

Questo dato di fatto è utile all’affermazione vittoriosa del rinnovamento medesimo. D’altra parte, un progresso si scorge indubbiamente – e credo che in buona fede non si possa non riconoscerlo – nella maggiore omogeneità del Governo rispetto a quel Governo che si era formato con l’alleanza della Democrazia cristiana con l’estrema sinistra, al termine della lotta di liberazione, e che costituiva un’alleanza eterogenea. L’alleanza della Democrazia cristiana col centro sinistra è cosa molto più omogenea e rende possibile un Governo che potrebbe èssere – non dico che lo sia – più efficiente nel tentativo di riorganizzare l’amministrazione dello Stato e di risanare le pericolanti finanze dello Stato.

Certo, sarebbe stato preferibile che la sinistra di questa Assemblea avesse avuto la capacità di risolvere essa i problemi più urgenti dello Stato. Io penso che la sinistra farebbe bene a fare un esame di coscienza al riguardo. Vi era la possibilità di portare il centro sinistra in questa direzione, anziché lasciarlo andare nella direzione dell’onorevole De Gasperi. In ogni modo, cosa fatta, capo ha, il centro sinistra è andato al Governo e la sua andata al Governo ha servito a chiarire la situazione italiana, perché permette alla sua posizione politica di fare le sue prove al banco del Governo.

Se io potessi dare un suggerimento all’onorevole Pacciardi, all’onorevole Saragat e allo stesso onorevole Einaudi, che è forse più vicino al centro sinistra che non a qualsiasi altra formazione di questa Assemblea, sarebbe il consiglio di puntare i piedi, di puntare fortemente i piedi in questi pochi mesi nei quali collaborano al Governo, di puntare i piedi rispetto al Presidente del Consiglio, il quale non è ancora deciso a prendere i provvedimenti che la situazione esige, il quale ancora vede, mi pare, la situazione come una grandiosa operazione elettorale; e nessuno disconosce la grandissima abilità del Presidente del Consiglio nel compiere operazioni elettorali; egli ne compì una grandiosa, quando a Capo del Governo nel 1946 seppe raccogliere dietro a sé voti monarchici e voti repubblicani. Ma, con sole operazioni elettorali non si risolvono situazioni d’emergenza, senza parlare delle riforme di struttura, che pure sono nel programma della Democrazia cristiana, e tanto più nel programma dei partiti di centro sinistra. Anche per i semplici provvedimenti di amministrazione, di emergenza, per i quali, a stare alle dichiarazioni di ieri dell’onorevole De Gasperi, questo Governo si è costituito, voi avete bisogno di misure più dure, più complete, più organiche di quanto non siano state finora prese. Per far prendere queste misure, dovete fortemente puntare i piedi nei confronti del Presidente del Consiglio e delle sue tergiversazioni.

Certo, noi non possiamo sapere come andrà a finire l’esperimento che iniziate. Può darsi che esso coincida con una distensione della situazione internazionale; (ma, malgrado l’ottimismo del Conte Sforza, non se ne vedono i segni). In questo caso, il successo potrebbe sorridervi. Può darsi invece che la situazione internazionale, per i suoi riflessi, acuirà la lotta di classe in Italia e in altri Paesi europei. In questo caso, la soluzione evidentemente può venire soltanto dalla sinistra e verrà dalla sinistra nella misura in cui essa riacquisterà, insieme alle esigenze di rinnovamento sociale, il senso di quel che si chiama governare, senso che sembrava avesse acquistato quando si presentò in Italia, per la lotta di liberazione, nel 1943-45, e di cui purtroppo non diede altrettanta efficace prova quando fu al Governo. Se ne avesse dato la prova, la sua estromissione dal Governo sarebbe stata più difficile. Comunque, il passato non è mai un metro per giudicare l’avvenire. La sinistra, che si trova oggi fuori del Governo, in condizioni d’inferiorità, si trova in istato di inferiorità per colpa propria, perché non ha saputo o imporre la sua volontà finché era al Governo, oppure prendere essa l’iniziativa di passare all’opposizione e lasciare la responsabilità del Governo alla Democrazia cristiana.

La sinistra potrà, nella situazione in cui si trova, e potrà proprio con l’esperimento che oggi si inizia, ritrovare un programma che il Paese possa giudicare come suscettibile di immediata applicazione. Si tratta soltanto di questo: il tripartito aveva un programma, ma non era un programma di immediata attuazione.

Questo Governo ha un programma molto più limitato: andare avanti nell’ordine fino alle elezioni, come pure risolvere – prima ancora delle elezioni – alcuni problemi urgentissimi.

Questo è difficile, ma è possibile. Io credo che non dovrebbe essere nell’interesse della sinistra di impedire che queste poche misure si realizzino, perché su questa base può la sinistra – presentando un programma che vada al di là di esse, il programma della riforma strutturale della società e dello Stato italiano – veramente vincere le elezioni.

Potrà maturare una situazione rivoluzionaria, ma finché non c’è una situazione rivoluzionaria, fino a quando la situazione deve essere risolta dalle elezioni, non è dal fallimento del metodo riformista, ma dal successo del metodo riformista, che dipendono anche le possibilità di vittoria di coloro che vogliono la trasformazione socialista dell’economia italiana e dello Stato italiano.

Io ho terminato il preambolo e – dopo un breve accenno, che mi permetterete di fare, anche se manca il conte Sforza, alla politica estera – passerò ad alcune questioni della crisi economica che ci travaglia e per via delle quali ho preso principalmente la parola.

Mi dispiace che non ci sia il conte Sforza, ma questo non può impedirmi di parlare della sua politica, che reputo sbagliata completamente.

Onorevoli colleghi, in proposito io aderisco alla maggior parte delle considerazioni svolte dall’onorevole Nenni, anche se penso che egli abbia forse sopravalutate le recenti dichiarazioni di uomini di Stato americani: queste dichiarazioni sono naturalmente proprie della natura e dell’indole dello Stato americano, che è uno Stato di profonda democrazia elettorale, per cui nell’anno delle elezioni presidenziali, che è già iniziato, si drammatizza tutto. Non occorre che noi drammatizziamo ancora; però rimane il fatto che, se anche le dichiarazioni di Truman sono state un po’ troppo drammatizzate dall’onorevole Nenni, e lo saranno anche dall’onorevole Togliatti, rimane il fatto che il fondo delle osservazioni dell’onorevole Nenni è giusto. Cioè egli ha ragione di protestare contro la mancanza di reazione del Governo italiano su questo punto.

L’onorevole Sforza ha scritto ieri un articolo, che è un’apologia dell’America. Ammettiamo che dica tutte cose giuste. Ma esso andava scritto in qualsiasi altro momento fuori che in questo, perché proprio oggi esso ha il solo significato di dare alle dichiarazioni del Presidente Truman esattamente il valore che bisogna che non abbiano. Perché noi possiamo esprimere la nostra gratitudine verso il popolo americano, in qualsiasi momento, e dobbiamo farlo, l’abbiamo fatto e lo faremo; ma quando c’è una dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti sulla possibilità di un’intromissione nella politica italiana internazionale ed interna, noi abbiamo il diritto – anche se nel nostro intimo pensiamo che Truman fosse in piena buona fede; ed io per esempio penso che egli abbia parlato solo per i suoi fini elettorali, che non riguardano le cose nostre – noi abbiamo il diritto e il dovere di ristabilire le distanze e affermare che Truman può dire quello che vuole, ma la nostra posizione è diversa dalla sua. Oppure, è preferibile tacere.

La cosa più pericolosa è che la stampa americana, con un comunicato dell’Associateti Press – che e la più grande e la più seria Agenzia americana, da non confondersi con la stampa gialla possa fare alle dichiarazioni di Truman il seguente commento: queste dichiarazioni coincidono con informazioni delle quali, tuttavia, non si è data ancora conferma ufficiale (invece, bisogna dare una smentita ufficiale, o ufficiosa), che il Governo degli Stati Uniti considera attivamente la fornitura di armi moderne alle forze militari che il Trattato di pace permette all’Italia. Proprio in questo preciso momento mi pare sia stato assai male consigliato il conte Sforza, a dichiarare di considerare gli aiuti che ci vengono da parte degli Stati Uniti non come un prestito negoziato, ma come un generoso regalo.

Onorevole Sforza, si potrebbe già discutere se le forniture alimentari del piano Marshall rappresentino un prestito negoziato o piuttosto un regalo. In materia è bene rilevare che nella stessa relazione al Congresso degli Stati Uniti il piano Marshall non è considerato come un piano che comporta dei regali. Vi si dice, nello stesso interesse delle esportazioni americane, che ogni paese deve preoccuparsi del proprio risanamento e, nell’interesse di un ristabilimento delle varie correnti di traffico, si propone di consolidare una situazione economica mondiale nella quale gli Stati Uniti sono coinvolti.

Ma se poi, invece, tra le forniture ci fossero anche le forniture di armi, bisognerebbe che proprio queste forniture fossero pagate in contanti. Anche se abbiamo pochissimi dollari, avendo bisogno di armi dobbiamo pagarle in contanti. Evidentemente ogni esercito ed ogni polizia ha bisogno di comperare armi; ogni Governo, di qualsiasi colore, può sentire questo bisogno, sia esso di estrema sinistra o di estrema destra. Ma le armi che si comperano all’estero, bisogna pagarle in contanti. Diversamente, sulla scia delle forniture di armi, penetra in un paese l’imperativo della subordinazione alla politica estera di un altro paese.

Di questo abbiamo molteplici esempi nell’anteguerra e recentemente.

Noi vogliamo fare una politica di amicizia con gli Stati Uniti, politica che – siamo d’accordo – non deve escludere gli accordi di amicizia con l’Europa orientale. Però, al riguardo, ci sono due correnti nel seno degli Stati Uniti medesimi. Una corrente che ammette e considera ovvio che il commercio dell’Europa occidentale con gli Stati Uniti si debba integrare con la collaborazione con l’Europa orientale e un’altra corrente che ritiene fatale la formazione di un blocco antisovietico.

Voi avrete notato sui giornali americani le polemiche sollevate da Lippmann e da altri pochi grandi giornalisti, che sostengono appunto questa necessità di integrare il piano Marshall, nel senso di rafforzare o di creare rapporti commerciali con l’Europa orientale. Orbene noi non dobbiamo mai dare l’impressione che, invece di puntare sulla corrente americana più liberale, più comprensiva, più larga, puntiamo sull’altra, che è reazionaria e pericolosa. Quando vengono perciò delle dichiarazioni, che ripetono quelle che lo stesso Truman ha fatto a suo tempo nei riguardi della Grecia, non dobbiamo dare l’impressione che fra questa politica interventista e la nostra politica estera ci sia alcunché di comune.

Possiamo ricevere regali, ma solo per certi generi e per determinati fini umanitari: nessun regalo, nessun aiuto deve, io credo, farci trascinare in un’alleanza politica che si trasformerebbe presto in alleanza militare. Le alleanze militari, onorevoli colleghi, non ci hanno mai recato fortuna: non la Triplice, non l’Intesa, non i patti di Mussolini, prima con Austen poi con Neville Chamberlain, poi con Laval, non l’Asse.

Né ci recherebbe fortuna ora l’alleanza politica, che sarebbe presto militare, con l’una o con l’altra parte del mondo. Io vorrei che, se di spostamento a sinistra del Governo si potesse parlare, se ne parlasse principalmente e innanzi ad ogni altra cosa dal punto di vista di questa fondamentale esigenza della nostra politica estera.

Se avessimo una politica estera diversa, molti problemi nostri spinosi, interni e sociali, forse si risolverebbero più facilmente. Detto questo, debbo però soggiungere – e mi dispiace che sia assente l’onorevole Nenni – che, mentre condivido le sue critiche fondamentali alla politica estera del Governo, mentre condivido la sua lotta contro il tentativo di incapsularci in un’alleanza americana, che ci sarebbe fatale, non posso chiudere gli occhi davanti alla necessità per noi di far riuscire il piano Marshall.

Devo premettere che io non ho mai proposto né mai proporrei all’onorevole Nenni e a nessun socialista di rompere i legami di fraterna collaborazione con i comunisti. Bisognerebbe però che si sapesse che, rispetto ad un tentativo del partito comunista di far fallire il piano Marshall, l’atteggiamento dell’onorevole Nenni e del suo partito sarebbe diverso da quello dei comunisti, e tale sarebbe più nella fraterna collaborazione dei socialisti con i comunisti nella soluzione dei problemi sociali e politici italiani.

Io credo che, quando si sapesse nel Paese e fuori delle nostre frontiere, che l’autorità dell’onorevole Nenni e del suo partito garantiscono che il socialismo italiano non si è impegnato nella lotta contro il piano Marshall, pur riaffermando fortemente, esso socialismo, il suo desiderio di stretta cooperazione con l’Europa orientale, con il Paese Sovietico, coi Paesi di democrazia socialista dell’Europa centrale, io credo riuscirebbe più facile a tutti noi insieme, di spostare a sinistra, la politica estera dell’Italia, cioè di impedire l’adesione dell’Italia ad un blocco antisovietico.

Permettetemi di fare un piccolo esempio.

Io sono deciso fautore di una politica attiva di scambi commerciali e di una sincera politica di amicizia con l’Unione sovietica; ma sono costretto a vedere questa sotto una luce realistica. La Russia non esporterà grano in Gran Bretagna, ma foraggio. È evidente dunque che, quando un Paese come l’Italia ha urgentissimo bisogno di grano, non può porsi il compito di far fallire il piano Marshall. Può darsi che fra due o tre anni l’esportazione di grano dall’Unione sovietica sarà più larga. Oggi essa può esportare grano soltanto verso la Cecoslovacchia e verso i Paesi balcanici, con i quali essa può cercare di costituire un’unità economica pianificata, non già verso di noi e non mai nella misura in cui noi ne abbiamo bisogno. Il grano, il carbone e il petrolio, dei quali noi abbiamo bisogno, possono venirci oggi soltanto dall’America: c’è una situazione di monopolio dell’America a questo riguardo, e sarebbe un bene per noi che l’America usasse di questa sua situazione di privilegio come ha deciso di usarne col piano Marshall, cioè per ricostruire l’economia dell’Europa occidentale. Non si costruisce il socialismo sulla mancanza di pane, carbone e petrolio, come non si è costruito il socialismo neppure nell’Europa orientale sulla mancanza di questi prodotti fondamentali. Nella stessa Unione sovietica il socialismo s’è costruito, dopo anni di guerra civile e della così detta. N.E.P. – che non era socialismo –, soltanto quando coi piani quinquennali grandi uomini di Stato hanno saputo estrarre dalla terra russa carbone, petrolio e grano in misura molto superiore alla precedente, quando su questa base hanno potuto creare una grande industria.

Ora qui, col piano Marshall, ci troviamo in una fase di ricostruzione dell’Europa occidentale. Dipende in parte da noi tutti che questa ricostruzione sia fatta in modo da lasciare aperta la porta all’evoluzione dell’Italia verso il socialismo. Solo in questo modo eviteremo la vittoria di chi vuole incapsularci in una alleanza militare antisovietica.

Io ho finito sulla politica estera; e tengo a disposizione dell’onorevole Sforza il giornale in cui si danno dei dettagli un po’ piccanti sulle dichiarazioni di Truman e si mette sopra la notizia, una fotografia ancora più piccante sui recenti avvenimenti di Roma: sciopero generale, dispiegamento poliziesco, la Celere che arresta un giovinetto e lo porta a viva forza verso una «jeep» americana. Per un caso di impaginazione giornalistica, questa fotografia è andata proprio sopra la dichiarazione del Presidente Truman. Io prego che se ne tenga conto, finché siamo in tempo utile, da una parte e dall’altra.

E passiamo alla politica economica. Io ho il dovere di parlarne, perché il Governo si è preso le più fantastiche libertà nei confronti della Commissione delle finanze e del tesoro, eletta dall’Assemblea stessa, per il controllo della politica economica e finanziaria del Governo. I provvedimenti che sono stati emanati per l’economia e le finanze dello Stato sono stati tutti presi dal Governo con la massima urgenza senza che fossero mandati alla nostra Commissione. Si capisce che tutta l’economia italiana è in una situazione di massima urgenza. Però, quando si erogano 5, 10, 20, 30 miliardi, non c’è situazione di massima urgenza. La situazione di massima urgenza può consistere, per esempio, nell’erogazione di cento milioni per i bisogni di una data provincia. Ma quando si estendono i preventivi a 5, 10, 20, 30 miliardi, c’è sempre la possibilità di aspettare qualche giorno perché la Commissione competente dell’Assemblea dia al Governo il suo parere. E anche nei confronti dell’esercizio provvisorio che il 30 settembre è stato prorogato fino al 31 dicembre, non c’è massima urgenza. È vero naturalmente che il Governo ha la sua maggioranza, e se per massima urgenza si intende questo fatto, allora è un’altra cosa.

Noi, come Commissione, abbiamo avuto uno scambio di lettere al riguardo con il Presidente dell’Assemblea e con il Governo, e suppongo che al termine dei nostri lavori il Presidente Terracini comunicherà all’Assemblea questo carteggio, provando così che la nostra Commissione ha voluto e non ha potuto adempiere il suo compito. A differenza dei comunisti, io non voglio mettere l’onorevole Einaudi nel quarto partito, ma anzi lo considero come valido baluardo contro le pressioni particolari di ogni sorta. Ma proprio per questo debbo dirgli che i provvedimenti di massima urgenza che erogano miliardi costituiscono la più patente violazione – e probabilmente egli me ne darà atto nel suo intimo – degli scopi antinflazionistici della sua politica.

A mio giudizio non esiste una sola politica economica del Governo, ma esistono tre politiche in seno al Governo: una dell’onorevole Einaudi, una del Ministro Merzagora, una terza dei Ministro Togni. Se ne potrebbe aggiungere adesso una quarta, quella dell’onorevole Tremelloni, e mi auguro che l’onorevole Tremelloni faccia in modo da riportare le altre due alla politica dell’onorevole Einaudi per un coordinamento generale che oggi manca. Quella dell’onorevole Einaudi è certamente la più importante delle tre, anche se presenta anch’essa qualche difetto. (Scusatemi se uno studente critica il maestro).

La politica di restrizioni creditizie dell’onorevole Einaudi sta facendo le sue prove in questi giorni anche in Isvizzera, in Isvezia, in Gran Bretagna, in Francia: se ne discute anche negli ambienti più autorevoli degli Stati Uniti.

Però questa politica dell’onorevole Einaudi è stata fatta troppo presto. Noi non avevamo interesse a farla prima degli altri paesi. In questo dissento da lui e dall’onorevole Corbino, che l’ha teorizzata in anticipo. Io non credo che avere anticipato questa politica di sei mesi sugli altri paesi ci abbia fatto del bene. Ciò ci ha distolto dal problema principale, che era ed è di incrementare le esportazioni.

LA MALFA. Gli altri Paesi l’hanno fatta due anni fa.

VALIANI. L’onorevole La Malfa non c’era, quando ho parlato l’altra volta ed ho fatto l’esame delle condizioni per cui due anni fa questa politica si sarebbe potuto fare con molto più successo, col cambio della moneta. Allora eravamo alla vigilia di una ripresa industriale. Allora sì, tutto potevasi osare, ma non avendola fatta allora, anche perché l’onorevole Einaudi rimase un po’ assente nel dibattito, nel quale l’onorevole La Malfa sostenne questa politica con l’aggiunta del cambio della moneta contro la politica del lasciare andare dell’onorevole Corbino, non avendola fatta allora, non credo che sia stato utile farla prima che ne maturasse il tempo, ossia, che il ciclo industriale esaurisse il suo slancio; credo che avremmo risparmiato perdite inutili, se l’avessimo fatta soltanto nel prossimo gennaio-febbraio. Anche senza l’onorevole Einaudi le banche italiane sarebbero state prudenti abbastanza per trarre le conclusioni che la mancanza di risparmio, che la mancanza di depositi imponevano. Non c’era ragione che il Presidente del Consiglio auspicasse nei suoi articoli la crisi deflazionistica. Le banche italiane per conto loro avevano sufficiente senso di responsabilità per limitare una espansione che poteva essere pericolosa. Quindi non c’era, a mio giudizio, bisogno di anticipare di sei mesi le restrizioni e la depressione. Però, soggiungo, cosa fatta, capo ha. Quella politica si è fatta troppo presto ed abbiamo perduto dei guadagni di congiuntura che ci sarebbero stati utili. Ma ormai, essendo stata fatta, bisogna sostenerla e bisogna integrarla, ma non permettere che sia radicalmente cambiata. Io penso che i cambiamenti in questa politica, che ha espresso intenzione portare il Ministro del commercio estero in un articolo di giornale, siano cambiamenti, sì, in qualche punto giusti, ma nella sostanza estremamente pericolosi, perché voi non potete fare una politica di arresto dell’espansione creditizia, e poi farla seguire dallo sconto dei portafogli delle grandi aziende fatto dallo Stato. Questo veramente è uno dei peggiori modi di emettere degli assegni a vuoto, come giustamente ha rilevato poche settimane fa l’onorevole Einaudi medesimo.

Se la politica dell’onorevole Einaudi è stata fatta troppo presto, pazienza, apportiamo le correzioni del caso, ma non la facciamo saltare, perché se la facciamo saltare non riusciamo più a ripristinarla. Ormai nella crisi ci siamo, e lo riconosce lo stesso Presidente del Consiglio, che viene qui – e questo è veramente strano da parte sua – a parlare nelle dichiarazioni di Governo di una crisi economica in atto e non dice come si è giunti a questa crisi economica e quale è stata l’azione del Governo. Comunque, passiamo oltre.

Siamo nella crisi economica. C’è una crisi commerciale, una crisi creditizia, che si è già trasformata in crisi industriale.

In queste condizioni non è lecito proporre di cambiare completamente rotta, il che non toglie che alcuni suggerimenti del Ministro Merzagora siano giusti. Non è giusta però la richiesta di far diventare lo Stato, in un modo o nell’altro, il banchiere delle grandi aziende.

Devo anche parlare brevemente della politica d’importazioni dell’amico Merzagora. Mi dispiace che sia assente, ma potrà tuttavia, semmai, vedere il resoconto.

Una voce al centro. L’ha già sentito una volta.

VALIANI. Mi ha sentito una volta, e mi ha risposto. Mi ha risposto come un uomo di spirito. Anch’io potrei fare dello spirito sul cambiamento avvenuto nella sua mente. Allora egli pensava che le facilitazioni da me proposte nei riguardi delle borse avrebbero fatto andare le borse alle stelle. Le borse non sono andate alle stelle, ma al fondo del mare. Il Ministro Merzagora può cambiare ora di opinione, e preoccuparsi finalmente delle borse. Tanto meglio. A parte ciò, io elogerò alcune delle misure da lui prese, ma non mancherò di metterle nel quadro che ritengo giusto.

Franco valuta. Il Ministro Merzagora ha avuto il merito di ripristinare le importazioni franco valuta. Però queste importazioni franco valuta, che sono state decisive per la flessione dei prezzi delle merci, dei generi alimentari, hanno avuto un lieve difetto: sono state fatte prima che si risolvesse la questione del cambio del dollaro, prima cioè che si portasse il cambio ufficiale del dollaro al corso del suo livello reale. Ognuno sa come si svolgono queste cose: i dollari rientrano in forma di merci, ma se c’è ancora una tendenza del Governo a deprimere il corso medio del dollaro, negando licenze con valuta libera e autorizzando solo quelle franco valuta, avviene un fatto curioso. Chi possiede all’estero dollari o franchi svizzeri, importa carne, grano, zucchero, ed è bene che ciò avvenga. Fa bene ad importare, perché questo fa flettere i prezzi. Ma dall’importazione si ricavano lire. Cosa ne fa l’importatore di queste lire? Siccome il dollaro è ribassato, si ricopre in dollari; ricompera dollari. Invece sarebbe stato nostro interesse che un certo rialzo del cambio del dollaro e del cambio del franco svizzero accompagnasse le importazioni franco valuta. Sono pronto a scommettere che tutti gli importatori franco valuta, quando hanno avuto le lire in tasca si sono ricoperti, perché il dollaro ed il franco svizzero erano in discesa e quindi si sono trovati alla fine con più dollari e con più franchi svizzeri in tasca che all’inizio. I prezzi della carne, i prezzi dei cereali e di altri generi alimentari (a parte quelli che sono determinati da super-raccolto in Italia, come l’olio ed il vino) sono discesi. Era indispensabile fare questa operazione, ma bisognava risolvere in linea preliminare, in partenza, e non in senso ribassista, la questione del cambio reale del dollaro. Avendo fatto prima le importazioni franco valuta, si è permesso a tutti di ricoprirsi in valuta. Ora, non ne voglio fare una tragedia. Ma tenete presente che il dollaro o il franco svizzero imboscati da cittadini italiani, sono teoricamente ancora sempre suscettibili di una mobilitazione, e la valuta italiana potrà ancora essere stabilizzata col concorso di queste valute possedute da italiani. Questa è la ragione per cui anche l’altra volta dicevo al Ministro Merzagora: fate benissimo ad importare franco valuta, ma fate in modo che la gente guadagni sui prezzi in lire, ma non sui dollari e sui franchi svizzeri, e quindi non ripeta incessantemente l’operazione. Perché i dollari e i franchi svizzeri che noi trasformiamo in importazioni sono altrettanti dollari e franchi svizzeri che dovrebbero costituire la nostra riserva di stabilizzazione di domani e che noi spendiamo oggi per mangiare. Non è l’orgoglio e il vanto di alcuno Stato il mangiare di più e il non diminuire i propri consumi a scapito delle proprie riserve in valuta pregiata, anche se queste sono imboscate da cittadini privati.

L’onorevole Einaudi mi insegna che, se un giorno si addivenisse ad una stabilizzazione, ci accadrebbe quello che accadde a Poincaré, che i dollari furono offerti in gran misura alla Banca Nazionale, quando questa fu in grado di dire che comperava dollari e vendeva dollari. Non ci vogliono le misure di allettamento adoperate per gli evasi di Portolongone, per far rientrare la valuta pregiata. Basta che la Banca di Stato sia in grado di dire – e lo faccia ad un corso che deve essere un po’ più elevato dei 600 attuali per il dollaro e che ci permetta di esportare – che dica, a questo corso x, di comperare e vendere dollari; in quel momento i dollari rientrerebbero, e rimpiangeremmo quella parte dei dollari che ci siamo mangiati per non diminuire i consumi e che allora ci sarebbero utili per consolidare la lira.

Ma perché io sollevo tale questione? Perché codesta questione tecnica è tipica espressione dell’assenza di una politica economica coordinata. Tutte le cose che sono accadute attorno al franco valuta sarebbero state giustificabilissime prima che l’onorevole Einaudi avesse attuata la politica di deflazione che ha fatto. Se l’onorevole Einaudi si fosse detto, andando al Governo: io ho in mano la patrimoniale, la quale da sola costituisce un’arma formidabile d’arresto dell’inflazione, senza ricorrere alla restrizione creditizia, se si fosse impostata la questione in tali termini, in questi sei mesi, il franco valuta sarebbe stato un grande strumento di manovra del Governo, quello strumento che il Ministro Merzagora voleva che fosse. Ma ora, con la politica di deflazione attuata intempestivamente, la politica del franco valuta dovette attuarsi in modo da conferire incertezza ad una situazione che richiede la massima certezza.

Una nuova misura richiesta dal Ministro Merzagora è quella di scontare i portafogli delle grandi aziende attraverso un Consorzio di sovvenzioni industriali, il che in parole povere significa scontare titoli ed effetti di dubbio valore con i soldi dello Stato, con i soldi che stampa lo Stato. Questa è una misura la quale da sola farebbe saltare tutta la politica del Ministro Einaudi. Bisogna che il Governo scelga: o si mantiene la politica adottata dall’onorevole Einaudi, ed ormai le sue possibili asprezze sono venute alla luce tutte, perché essa, ripeto, è stata attuata troppo presto, mentre conveniva farla più tardi; oppure invece – scusate il bisticcio di parole – si decide di scontare i portafogli delle grandi aziende, ed allora attuiamo tutt’altra politica. Con ciò non voglio misconoscere che il Ministro Merzagora ha dei notevoli meriti: egli ha saputo manovrare. Riconosco questo suo merito, nonostante le critiche finali che gli ho fatto. Non farò eguale elogio all’onorevole Togni, perché egli rappresenta nel Governo solo la tendenza volta a dare agli industriali, specie grandi, sovraprezzi, sovraprofitti, sovvenzioni, prestiti, soldi. Tutti questi cinque, dieci, venti miliardi, la cui erogazione voi non sottoponete alla Commissione di finanza, perché in quella sede uomini più competenti di me vi dimostrerebbero come fanno a pugni con la politica dell’onorevole Einaudi, anche se l’onorevole Einaudi, uomo di cuore, copre tutto e dice che lo fa perché gli operai sono affamati, producono un danno incalcolabile. Non si solleva durevolmente la miseria degli operai, dando agli industriali dei soldi che sono assegni a vuoto. Se volete, fate un’altra politica e portate i favoreggiamenti di Togni fino alle loro logiche conseguenze. Fate la politica che fece Schacht in Germania nel 1922-23; ma allora non ci vuole l’onorevole Einaudi, e si diano pure i soldi all’industria e si obbedisca alla Confindustria.

Onorevoli colleghi, io sono d’accordo per l’urgenza di qualche misura lenitiva della crisi economica, nella quale siamo caduti, ma non con quella di dare miliardi alle industrie, che li spendono per salari o per sostenere i propri portafogli. Si diano soldi a chi si vuole, contro produzioni ordinate dallo Stato e che lo Stato metterà sul mercato, come avviene in Inghilterra, in Isvezia e Norvegia. Si diano soldi per tenere il cambio del dollaro un poco più alto e incrementare così l’esportazione, compensando gli importatori. Queste sono tutte cose possibili. Ma spendere senza contropartite reali non è lecito, se contemporaneamente si fa la politica dell’onorevole Einaudi. Le due cose non stanno insieme, o allora abbiamo insieme i guai dell’inflazione e della deflazione, come diceva l’altra volta l’onorevole Nenni.

Si favoriscano le Borse, per far affluire risparmio alle industrie. Quando finalmente, troppo tardi, si è ridotta l’imposta di negoziazione, si doveva prendere anche la decisione relativa alle rivalutazioni, che ancora non è stata presa, malgrado veda dai giornali che il Ministro Pella se ne occupa.

Si prendano altre misure per le Borse. Qui si suggeriscono naturalmente delle misure, non già perché il Governo ci dica in seduta pubblica: questa sì e quella no. Noi chiediamo al Governo di conoscere le sue direttive generali, non che entri qui nei dettagli. Chiedere provvedimenti precisi è il nostro compito di deputati, e in particolare di deputati dell’opposizione. Il Governo a sua volta deve agire tempestivamente, non deve rivelare quali esatti provvedimenti prenderà prima di averli già presi; e tanto meno deve scriverlo sui giornali.

Nella normalizzazione delle Borse si tenga conto di tutte le legittime richieste dei risparmiatori. C’è qualche cosa di eccessivo peraltro, in alcune richieste che farebbero saltare la patrimoniale. Mi compiaccio col Ministro Pella di nuovo, perché ha detto che nessun Governo si prenderebbe la responsabilità di modificare a fondo la patrimoniale. Io prendo atto di questo, come di un’assicurazione che impegna il Governo fino al giorno delle elezioni, perché fino alle elezioni non avremo più in questa Assemblea la possibilità di discutere di politica economica. Certo, se dovessimo fare oggi la patrimoniale, potremmo anche farla diversamente. In giugno avevamo davanti agli occhi quotazioni di Borsa che oggi non ci sono. Ci sono oggi in vista aumenti di capitali per 50 miliardi che pesano sul mercato e non trovano assorbimento.

Però se tutto questo è vero, è vero anche che il Governo e l’Assemblea, che con quella determinata imposta hanno voluto risolvere una situazione inflazionistica ed una situazione di sperequazione sociale, devono tener fede alle loro decisioni. Si possono concedere altre rateizzazioni. Questo è possibile sempre, è una misura tecnica che è sempre possibile. Ma riposi tranquillamente il Governo sulla sostanza dura e severa della patrimoniale.

La questione del cambio del dollaro è stata risolta bene in teoria, parificando il corso libero e quello ufficiale.

Ma praticamente è stata risolta in un momento, in cui già si era artificialmente depresso il corso libero.

Bisogna prospettarsi comunque la questione dei cambi in vista della stabilizzazione che postula il piano Marshall. Affrontare bisogna anche la questione dell’I.R.I., che io non vedo affrontata bene dal Ministro Togni; liberare, sfrondare, ma non cercar di salvare le grandi aziende private a spese dell’I.R.I.

L’onorevole Einaudi ha citato l’altra volta una definizione data da un grande finanziere belga, il Gutt, che, tra parentesi, ha attuato il cambio della moneta nel suo Paese. Secondo il Gutt, che l’onorevole Einaudi citava come autore di una definizione suggestiva, l’inflazione è un eccesso di spesa ed un eccesso di investimenti. D’accordissimo sull’eccesso di spesa.

Ma sulla seconda parte – eccesso di investimenti – io dovrei fare una osservazione: in America sì, l’inflazione è costituita da un eccesso generale di investimenti.

In Italia però, con la ricostruzione ancora agli inizi, se l’eccesso di spesa rappresenta sempre una inflazione, l’aumento degli investimenti è inflazione soltanto se è fatto a costi crescenti; se fosse stata fatto a costi decrescenti sarebbe stato un saggio finanziamento industriale, anche se poteva contravvenire a qualche norma della economia classica.

Se sovvenzionassimo le grandi industrie che lavorano in perdita, allora sì noi cadremmo in errori del genere di quelli che il Gutt depreca. Si aiutano veramente gli operai risanando le aziende, e non pagando salari non produttivi, perché i salari presi così sono un beneficio molto transitorio, mentre quando si rende economica la produzione, la classe operaia ne riceve un effettivo beneficio. Questo nessuno sa più dell’operaio e non c’è nessuno mortificato più dell’operaio di dover percepire il salario per una produzione che egli sa fallimentare.

Prendiamo tutte le misure, in tutti i campi, suscettibili di alleggerire i costi di produzione, senza scontare dei portafogli di aziende private che non sappiamo cosa siano. Le terribili condizioni che dal Governo sono state poste per il finanziamento alle industrie meccaniche si sono rivelate in realtà una cuccagna per queste industrie, esattamente come mi ero permesso di mettere in guardia il Governo ed i miei amici che pensavano che quelle terribili condizioni fossero davvero terribili. Nella realtà sono siate scavalcate come e quando gli industriali lo hanno voluto.

Guardate alla sostanza e non dilettatevi a mettere condizioni draconiane che nessuno rispetterà!

E poi c’è la questione fondamentale sulla quale l’onorevole Einaudi ha scritto una serie di articoli, cioè: moneta 30, prezzi 60. Ha ragione l’onorevole Einaudi: è un sofisma dire che oggi bisognerebbe raddoppiare la moneta, è un sofisma, perché mancherebbe la possibilità di investire subito produttivamente tutta questa nuova moneta. Ma è anche vero che non potete sostenere una produzione 60 con una moneta 30, a meno che non siate aiutati dalla velocità di circolazione della moneta stessa.

Ora, ci sono due ipotesi. Noi non possiamo deprimere la produzione – scusate, sono cifre approssimative – da 60 a 30; ma non possiamo neanche ritornare alla velocità di circolazione che la moneta aveva in aprile. Dobbiamo trovare una via di mezzo: la velocità di circolazione può essere maggiore di quella attuale, che è bassa.

D’altra parte, la produzione delle grandi industrie italiane non può essere più quella che era nel 1938…

TOGLIATTI. Ma questo non c’entra con la discussione sulle dichiarazioni del Governo.

VALIANI. Onorevole Togliatti, lei era assente quando ho cominciato. Ho parlato per protestare contro il fatto che il Governo non abbia portato i provvedimenti più importanti davanti alla competente Commissione delle finanze e tesoro.

Dunque, nel 1938, avevamo determinati mercati coloniali, l’Abissinia, l’esercito, la flotta, la stessa Germania, che sostenevano certe nostre industrie. È evidente che oggi un certo risanamento della produzione industriale italiana, nel senso di ridurre la capacità produttiva esuberante, va fatto con coerenza e con tutti i lenitivi e le integrazioni del caso, che lo rendano meno doloroso, il più lento ed elastico possibile.

Dalla crisi economica di cui ci ha parlato il Presidente del Consiglio nel corso delle sue brevi dichiarazioni, fondamentalmente noi usciremo con la stabilizzazione della moneta, quando il Governo si sentirà abbastanza forte per prendere le prime misure in quel senso, e ne usciremo soprattutto quando saremo stati capaci di incrementare le nostre esportazioni verso i mercati dell’oriente e dell’Europa orientale.

Non possiamo e non dobbiamo produrre di nuovo per la flotta, per l’esercito, per l’Abissinia come colonia; ma dobbiamo riguadagnare il nostro posto nell’Europa orientale.

Solo attraverso una tale azione, affiancata da una politica estera meno unilaterale di quella di oggi, noi potremo uscire dalla crisi economica che l’onorevole De Gasperi ha considerato come un dato di fatto nelle sue dichiarazioni e rispetto alla quale non ha detto cosa intende fare.

Onorevoli colleghi, io concludo citando per l’onorevole De Gasperi una mozione rivolta al Governo francese da parte dei sindacati degli operai cristiani, nella quale è detto che nel campo economico ogni misura frammentaria è votata all’insuccesso.

Questo vale anche per l’Italia. Onorevole De Gasperi, il giudizio che l’evoluzione politica italiana, che i fatti stessi daranno del presente rimaneggiamento del Governo sarà in funzione della nostra capacità di prendere finalmente misure che non siano frammentarie. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Macrelli. Ne ha facoltà.

MACRELLI. Onorevoli colleghi, consapevole del senso di disciplina e di solidarietà, che vuole significare dedizione completa all’Idea e al Partito, proprio oggi il Gruppo repubblicano si pone a fianco dei suoi uomini, che in un momento particolarmente delicato della vita politica nazionale hanno assunto la grave responsabilità del potere.

Dirò subito, onorevoli colleghi, che noi non abbiamo accettato questa soluzione a cuor leggero. Noi non avevamo, come non abbiamo, ambizioni personali da sodisfare…

PAJETTA GIULIANO. Già sodisfatte!

MACRELLI. …non abbiamo né abbiamo mai avuto riserve mentali. I nostri sforzi, le nostre aspirazioni tendevano ad una meta diversa, e lo abbiamo dimostrato. In questa Aula, nell’atmosfera arroventata delle passioni, voi avete sentito le parole le ammonitrici di Ugo della Seta, di Ferruccio Parri; voi avete assistito ai generosi tentativi di Cipriano Facchinetti; voi avete ascoltato anche il discorso che a nome del mio Gruppo io pronunciai la sera del 3 ottobre a proposito delle mozioni di sfiducia presentate. Indicammo allora quelli che erano i nostri propositi, quelli che erano i nostri intendimenti. La tregua di tutti i partiti, per arrivare alla distensione degli animi, per arrivare alla concentrazione delle forze democratiche, per la difesa e il consolidamento delle istituzioni repubblicane; per le elezioni da svolgersi in clima di libertà e di tranquillità.

Purtroppo, fatalità di eventi non ha potuto permettere il raggiungimento di questo nostro scopo ideale e politico.

Potevamo allora abbandonare ogni speranza? Potevamo ancora una volta isolarci in una quasi inutile opposizione o tentare qualche cosa nell’interesse del Paese, nell’interesse della Repubblica? Noi abbiamo accettato questa soluzione, la soluzione che dovete voi giudicare: ognuno assuma la propria responsabilità.

E noi siamo arrivati a questa soluzione con gli stessi intendimenti che avevamo allora. (Interruzioni).

Voi, amici che mi ascoltate, di qualunque parte, e soprattutto di questa parte che ama più spesso interrompere, vogliate leggere il manifesto che proprio stamane il Partito repubblicano ha lanciato al Paese. Consentitemi di leggere per voi poche righe soltanto, in cui è espresso in sintesi il nostro pensiero, pensiero che sarà tradotto nella realtà dell’azione:

«Intervenire, finché si è in tempo; riannodare, nella condizione reale nella quale oggi è possibile operare, i fili dell’unità democratica; distendere gli animi e tranquillizzare gli spiriti, attutire i contrasti, tutelare la pace e l’indipendenza nazionale. Ecco il compito che il Partito si è dato in questo pericoloso momento». (Interruzioni all’estrema sinistra).

Se voi, amici, fate un esame del nostro pensiero, vedrete che le critiche che ci sono rivolte potranno esser messe in disparte ad un certo momento, perché purtroppo si dimenticano le cose molto facilmente. Cerchiamo di essere sinceri e precisi. Quando nel gennaio di questo anno, per le ragioni che voi conoscete, abbandonammo il Governo, i rappresentanti del Partito socialista e del Partito comunista restarono a fianco della Democrazia cristiana. Nessuno ci seguì, eppure vi erano ragioni per imitare il nostro esempio.

Vox clamantis in deserto fu la nostra. Comunque, passammo alla opposizione. Fu una opposizione serena, obiettiva; e pensiamo anche, fattiva e costruttiva nell’Assemblea Costituente, nel Paese, in mezzo a quelli che pensavano come noi, e in mezzo anche agli altri.

Non solo, ma io ricordo un discorso pronunziato qui in quest’Aula una sera in cui gli animi erano pur esagitati, discorso memorabile, pronunziato dall’onorevole Togliatti a proposito dell’articolo 7.

Noi non gridammo contro il connubio dell’estrema sinistra con la Democrazia cristiana.

Noi riaffermammo ancora quella che era la nostra libertà di pensiero in proposito. Ma io ricordo le parole gravi che disse in quella contingenza l’onorevole Togliatti. Egli pensava, giustamente, ad una guerra, alla eventualità di una guerra di religione. Pensava anche, e questo in linea subordinata, alla possibilità di una frattura tra le forze e le organizzazioni sindacali. Preoccupazioni giustissime da parte dell’onorevole Togliatti; ma noi abbiamo anche un’altra grave preoccupazione oggi: davanti a noi, onorevoli colleghi, purtroppo sorge lo spettro della guerra civile (Rumori all’estrema sinistra) che noi non vogliamo ed è la ragione, amici comunisti, amici socialisti, per cui noi abbiamo dato la nostra adesione ad una formazione di Governo che noi siamo certi tenterà, almeno, di portare quella distensione degli animi che è nei nostri propositi come è nei vostri. (Interruzione all’estrema sinistra).

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Dipende da voi. (Accenna alla estrema sinistra).

MACRELLI. D’altra parte, amici che mi interrompete, vorrei farvi una domanda soltanto e vorrei da parte vostra una risposta sincera come altrettanto sincera è la domanda che io vi pongo: la presenza di uomini qualificati i quali in carcere, nell’esilio, nei campi di battaglia hanno difeso la causa della giustizia, della libertà avrà pure il suo valore e il suo significato. (Commenti all’estrema sinistra).

Una voce all’estrema sinistra. Non hanno le funzioni.

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Non avete niente da insegnarci. (Commenti all’estrema sinistra).

MACRELLI. E se ieri sera l’onorevole Togliatti ha detto quella frase: «Governo nuovo», significa che una novità c’è, significa che qualche cosa è cambiata, significa che quello spostamento che noi abbiamo sempre auspicato in senso decisamente democratico e repubblicano si è affermato e si è realizzato. Comunque, vedremo le prove.

Siamo liberi di esprimere il nostro pensiero oggi, lo esprimiamo in favore di questa combinazione. Se domani dovesse fallire per sua colpa, non per fatalità di eventi, noi sapremo assumere il nostro posto di battaglia e di responsabilità.

PAJETTA GIULIANO. Per ora lo avete abbandonato.

MACRELLI. Amici di tutte le parti e particolarmente voi colleghi di estrema sinistra, noi ci auguriamo soltanto che all’indomani della competizione elettorale, che sarà fatta e dovrà essere fatta con la sola arma civile della scheda, si possa dire che questo vecchio Partito repubblicano, che ha al suo attivo il risorgimento d’Italia, avrà ancora una volta bene meritato dalla Patria.. (Applausi a sinistra e al centro – Commenti all’estrema sinistra – Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Marina. Non essendo presente, s’intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare l’onorevole Corsi. Non essendo presente, s’intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare l’onorevole Lussu. Ne ha facoltà.

LUSSU. Onorevoli colleghi, per le forze politiche esigue che io rappresento non so se, a quest’ora avrei davvero il diritto di parlare. Con tutto ciò penso che sarà opportuno il mio breve intervento. Per altro, i colleghi mi riconosceranno il dovere di riprendere la parola in un momento che molti in quest’Aula e nel Paese considerano estremamente critico per l’avvenire della democrazia e per le sorti stesse del nostro Paese.

Ed io profitterò di questa mia posizione di rappresentante di forze esigue, le quali non sono sottoposte agli obblighi di quella grande disciplina che è necessaria anche fra i più liberali dei grandi partiti politici, per esprimere in piena libertà il mio pensiero politico.

A confermare questa mia libertà di giudizio io dico subito che non condivido la critica fatta ieri da taluni all’onorevole Presidente del Consiglio sulla incostituzionalità del modo con cui la crisi si è svolta e questo Governo si è presentato all’Assemblea. Io credo che costituzionalmente il Governo debba considerarsi corretto. Naturalmente, la tradizione parlamentare è stata leggermente toccata, ma questo è un altro problema e non mi soffermo nemmeno a discuterlo.

A chiarire ancora di più questa mia assoluta indipendenza di giudizio, dirò che non è neppure discutibile che questo Governo, almeno idealmente, non si sia spostato a sinistra. Io penso che questo spostamento a sinistra sia avvenuto, sia pure solo sul terreno parlamentare. Bastava seguire le reazioni varie dei diversi settori dell’Assemblea mentre parlava il Presidente del Consiglio per capire che qualche cosa di nuovo è avvenuto. L’estrema destra ascoltava attenta e immobile, e non si udivano più quei clamori gioiosi di vittoria che hanno accompagnato ultimamente le dichiarazioni del Governo. Ed in più aggiungo: credo fermamente che la volontà del Partito repubblicano e del Partito socialista lavoratori italiani sia tesa ad uno spostamento reale verso sinistra della politica del Governo.

Resta a vedere se la situazione, politicamente e socialmente, si fa più a sinistra; cioè se, effettivamente, si porta più a sinistra; e se nella situazione generale nazionale e internazionale questo sia realmente un Governo più a sinistra, un Governo di tregua nazionale e, per questo solo fatto, sia in grado di costituire una garanzia per la democrazia repubblicana.

Questo è il problema; e su questo problema l’Assemblea è chiamata ad esprimere il suo parere.

Nessuno disconosce le difficoltà nelle quali noi ci troviamo, difficoltà d’ordine nazionale sommamente legate a difficoltà d’ordine internazionale. E si sa, queste ultime influiscono sulle prime in modo eccezionalmente grave; così, come in uno schieramento militare influisce la situazione generale sul settore particolare. Naturalmente, anche un settore particolare, un grande settore, può contribuire a migliorare la situazione generale. Ma, oggi, è più probabile che questa ultima influenzi il primo.

Che cosa v’è di cambiato, non negli uomini verso i quali il rispetto è assoluto, ma nelle cose e nei fatti, con questo Governo? Il Presidente del Consiglio ci ha detto che ci troviamo di fronte ad un apporto nuovo di democrazia socialista.

Quale democrazia socialista? II partito laburista inglese è notoriamente un partito riformista per nascita, per temperamento, per dottrina, per finalità; ma tuttavia pratica – e nessuno oserà negarlo – una politica di democrazia socialista, sia esso all’opposizione o al governo. Perché esso è composto ed è sostenuto dall’immensa parte – il novantacinque per cento – del proletariato britannico e dalle trade unions. Nessuno può negargli, malgrado il suo riformismo, questa sua caratteristica socialista, che gli deriva in modo concreto dalla sua base sociale nella quale si innesta il suo potere di azione politica.

Ma il Partito socialista lavoratori italiani è realmente un partito socialista? Esula la critica dalla posizione di ciascuno dei componenti. Il problema investe tutta la formazione sociale del partito.

È un partito socialista? Non lo è. È un partito di quadri socialisti che si prefiggevano di costituire un partito socialista e non ci son riusciti: nessuno potrà affermare che esso abbia l’appoggio della massa operaia. Ora, noi abbiamo il dovere di chiederci come un simile partito socialista, senza l’appoggio della massa operaia, possa praticare una politica di democrazia socialista.

La verità è che questo Governo è all’infuori, e pertanto contro la grande massa lavoratrice, esattamente come il Governo precedente.

L’apporto dato dai due partiti, che sono entrati nella responsabilità del Governo, è ben minimo se non nullo in materia sociale. Né questa deficienza in materia sociale può essere supplita dalla storicità e dalla volontà repubblicana del Partito repubblicano italiano; volontà repubblicana che sarebbe sciocco mettere in dubbio, ma che sarebbe semplicistico affermare efficiente.

Tutte le leve di direzione dell’amministrazione dello Stato, nessuna esclusa, rimangono esattamente come prima. Dov’è il cambiamento del Ministro dell’interno? Dov’è il cambiamento del Ministro della pubblica istruzione? Dov’è il cambiamento del Ministro dell’agricoltura?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Bisogna cambiar tutti, allora!

LUSSU. È di scarso interesse sapere dove è andato a finire l’onorevole Tremelloni o l’onorevole D’Aragona; è di scarso interesse; tutto è rimasto al suo posto. Si diceva: l’onorevole Pacciardi andrà al Ministero dell’interno.

PICCIONI. Un po’ esagerato!

LUSSU. Lo credevano tutti, e si credeva che l’onorevole De Gasperi avesse potuto accettare una proposta di tal genere. Niente è cambiato! Aggiungerei che v’è persino scarso interesse nel vedere l’onorevole Facchinetti Ministro della difesa: non già per mettere in dubbio minimamente la sua coscienza e la sua decisa volontà repubblicana, ma perché sappiamo che l’onorevole De Gasperi lo ha designato a quel posto. Diffidando, quindi, come è nostro dovere, direttamente dell’onorevole De Gasperi, siamo portati logicamente a diffidare, sia pure in modo indiretto, riflesso e cortese, dell’onorevole Facchinetti (Ilarità).

E rimane – ed è quello che conta perché poteva cambiar tutto e tuttavia le cose sarebbero rimaste allo stesso, identico posto – rimane alla direzione del Governo il solito onorevole De Gasperi. (Ilarità).

Io avrei immaginato qualcosa di nuovo con questo Governo; avrei visto questo qualcosa di nuovo, se al suo posto fosse subentrato…

Una voce al centro. Lussu o Nenni? (Si ride).

LUSSU. …non faccio nomi, per non creare discussioni in famiglia – un altro degli uomini capaci che la Democrazia cristiana ha e che nella sua coscienza non ha voluto avallare l’azione politica del Governo nel passato.

Io sono ben lungi dal seguire il collega Nenni, che nelle sue rievocazioni è sempre assai immaginistico, nell’identificare, nell’onorevole De Gasperi, Coriolano. (Si ride). Al massimo potrei rievocare qui, e proprio sullo stesso tono, un papa celeberrimo. (Si ride – Interruzioni). Ma per essere Coriolano è necessario un capitano, un guerriero; se mai, proprio in linea astratta, per conservare la similitudine militaresca, l’onorevole Pacciardi o l’onorevole Ministro della difesa. (Si ride). Ma queste rievocazioni, sia pure solo letterarie, sono in questo momento istruttive, e ad esse dovrebbe pensare principalmente, in forma squisitamente ironica, uno dei più eminenti rappresentanti del Governo, il conte Sforza, il quale annovera fra i suoi lontani antenati Lodovico il Moro. (Si ride). Cosicché questo Ministero si riduce in sostanza ed in pratica al controllo vistoso di due Vicepresidenti del Consiglio, il leader del Partito repubblicano italiano e quello del Partito socialista dei lavoratori italiani. Che cosa possono essi fare?

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Vedremo. Qualche cosetta faremo.

LUSSU. Vi sono stati altri Vicepresidenti del Consiglio prima di loro e Ministri senza portafoglio e mi onoro di ricordare la mia stessa esperienza. Che cosa sono questi Ministri senza portafoglio e questi Vicepresidenti del Consiglio onorari? Essi non hanno controlli diretti di dicasteri importanti che pesino sulla vita dell’Amministrazione dello Stato.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Neanche io ho questo controllo diretto!

LUSSU. Sono un accompagnamento solenne e promettente, ma puramente formale. Se con grossolana immagine letteraria io figurassi in una bottiglia piena il potere politico, potrei dire che l’onorevole De Gasperi tiene in pugno ben stretta la sua bottiglia e che l’onorevole Pacciardi e l’onorevole Saragat tengono in pugno, egualmente ben stretto, il turacciolo. (Viva ilarità).

Il peggio si è che con l’adesione dei due partiti, repubblicani certamente e democratici ugualmente in modo certo, alla formazione del Governo, si scinde – io mi auguro non irreparabilmente – il fronte repubblicano democratico in quest’Aula e nel Paese. Il fronte repubblicano, caro collega ed amico Macrelli, che hai voluto fare, e ne comprendo pienamente il dovere, un discorso governativo a difesa del tuo Partito al Governo, il fronte repubblicano democratico è spezzato e cade anche ogni possibilità di intesa elettorale comune e di comune azione per domani. È spezzato il fronte della democrazia repubblicana. E, in più, chi oserà più parlare, dopo la partecipazione al Governo del Partito socialista dei lavoratori italiani, di unità socialista? Unità socialista! Una specie di serpente di mare! (Si ride). Ma, l’onorevole Saragat ha ottenuto questo buon risultato con la scissione con cui voleva marcare l’autonomia del Partito socialista differenziandolo dal Partito comunista nella forma la più spinta. Della sua frazione, quella che lo ha seguito nella scissione, non è riuscito a fare un partito socialista, e porta il suo partito, pur fatto di vecchi socialisti, possiamo credere con coscienza socialista perché militanti alcuni perfino da quarant’anni, verso la borghesia, come verso i partiti della borghesia hanno confluito e sono andati a finire tutti i movimenti scissionisti e riformisti in ogni Paese d’Europa (Applausi all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Piccioni). Onorevole Piccioni, noi potremmo fare un lungo discorso fra di noi, lei ricordando il mio marxismo e io ricordando le sue origini culturali e politiche di «Rivoluzione liberale» di Gobetti, e poi vorrei porre la domanda: chi di noi è rimasto più fedele alla linea della sua vita in questi momenti decisivi per la vita del Paese?

PICCIONI. Ero sempre democristiano, anche quando ero vicino a Gobetti.

LUSSU. Ed io, sempre socialista, anche se non derivo dalla teorica marxista tradizionale. Io parlo come ho sempre parlato.

Con quest’altro risultato, onorevole Saragat (io le parlo con estrema cordialità ma con estrema sincerità) che, anziché fare un grande partito socialista autonomo, con questa sua grande autonomia socialista spiccata, lei è riuscito a spingere, a far spingere sempre più il partito socialista inevitabilmente ed obbligatoriamente verso il partito comunista. E basterebbe (mi si perdoni se io metto gli occhi sui giardini altrui) basterebbe leggere la mozione del collega onorevole Basso, presentata per il prossimo congresso del partito socialista, per convincersene. Si dice: colpa di Basso, colpa di Nenni, colpa del fusionismo. Ma, probabilmente, colpa di nessuno! È nelle cose, è nei fatti. Perché, se un corpo riceve una spinta violenta dalla sua destra, evidentemente esso è spinto verso la sua sinistra; e così se similmente un corpo riceve una spinta violenta dalla sinistra, è spinto obbligatoriamente verso la destra.

Una voce al centro. Legge della dinamica, onorevole Lussu. (Si ride).

LUSSU. E tutti ricordiamo che nel passato Governo, pur di stare al potere, sotto la pressione della nostra opposizione, voi (Indicando il centro) sempre più eravate portati all’estrema destra e con essa vi confondevate talmente che era difficile per noi sapere dove incominciassero i fascisti ed i monarchici e dove i democristiani. (Interruzione del deputato Benedettini – Commenti – Interruzioni al centro).

Sicché l’operazione che ha tentato Saragat, con la sua iniziativa del gennaio, si è conclusa con due insuccessi definitivi, e nel campo socialista e nel campo democratico.

Le conseguenze di questi errori sono evidenti; basta guardare a questo Governo. La situazione nazionale e internazionale esigeva in Italia – perno di tutto lo schieramento repubblicano democratico – un grande partito socialista. A minarlo hanno concorso, con tutte le loro forze, e l’onorevole De Gasperi e l’onorevole Saragat insieme. (Commenti al centro). Sì, perché da solo l’onorevole De Gasperi non sarebbe riuscito mai, e da solo non sarebbe riuscito neppure l’onorevole Saragat.

Ora, la conseguenza di tutte queste manovre e di tutti questi errori è che in Italia si va delineando, alla vigilia delle elezioni generali, uno schieramento interno, simile a quello che esiste sullo scacchiere internazionale. E v’è scarsa soddisfazione per moltissimi di noi che credono alla necessità della sovranità nazionale, dell’indipendenza nazionale, come presupposto della nostra democrazia e della nostra rinascita, nell’assistere a questo spettacolo. Ed è di scarsa soddisfazione sentire, come ieri abbiamo sentito in quest’Aula, l’una parte gridare all’altra «America» o «Russia».

Io non ho nessuna autorità per parlare di questi problemi, che sono grandi. Ma l’Assemblea mi riconoscerà, come facente parte di quella avanguardia obbligata all’esilio – caro Nenni e cari compagni Saragat e Pacciardi –, il diritto di ricordare che abbiamo sempre combattuto per rivendicare l’Indipendenza, la libertà e la sovranità del popolo italiano che Mussolini aveva manomesso e venduto.

Credo di parlare con assoluta indipendenza di giudizio. La Russia sovietica, qualunque possa essere il pensiero di ciascuno di noi sulla rivoluzione di ottobre e sui suoi sviluppi – e il mio giudizio non può essere che assolutamente entusiastico (amico Giovanni Conti, anche il suo era ugualmente entusiastico ventisette anni fa) – qualunque possa essere il giudizio sulla grande rivoluzione sovietica, emancipatrice di un grande popolo fatto schiavo e miserabile nei secoli, tuttavia la Russia sovietica è, di fronte alla Repubblica italiana, uno Stato estero, alla stessa stregua di qualunque altro Stato estero, grande e piccolo, i cui interessi possono coincidere o non coincidere con gli interessi dello Stato italiano.

Basterebbe ricordare, per chi ne avesse bisogno, il telegramma con cui il Presidente dell’Assemblea popolare sovietica, il Soviet supremo, ha risposto al telegramma dell’onorevole Presidente di quest’Aula, per la ratifica del trattato di pace da noi giudicato ingiusto. La stessa identica posizione è quella degli Stati Uniti d’America, rispetto all’Italia.

Ebbene, possono l’onorevole De Gasperi e il Vicepresidente del Consiglio onorevole Saragat affermare che la loro libertà di giudizio rispetto alla Russia sovietica è la stessa che rispetto all’America? Può l’onorevole De Gasperi affermare che le aspirazioni ideali da cui trae vita il suo partito gli consentono di essere equidistante da Mosca e da Washington? E l’onorevole Saragat crede veramente che, se uno di noi avesse fatto in Russia quel suo viaggio trionfale fatto in America (con quel successo bancario che ogni piccolo partito non ha fatto che invidiare) sarebbe considerato equidistante da Mosca e da Washington? (Commenti).

Ora il problema politico che si pone è precisamente questo. Pensano gli onorevoli De Gasperi e Saragat che col cantarci il pericolo futuro e ipotetico di un nostro asservimento alla Russia sovietica ci si renda più confortevole l’altro pericolo, meno futuro e meno ipotetico, di un asservimento all’America? (Applausi all’estrema sinistra). Trovo che dovreste applaudire anche voi del centro (Commenti), anche se all’America dobbiamo eterna gratitudine per il suo grandioso contributo alla guerra (e non meno grandioso è stato il contributo della Russia sovietica), e se all’America dobbiamo anche profonda gratitudine per i soccorsi che ci ha inviati e che invia.

Ma, perché non dirlo? Le ultime dichiarazioni del Presidente Truman, su cui si è soffermato con qualche eufemismo il collega ed amico onorevole Valiani, hanno impressionato più di uno fra noi, che crede che nessun sacrificio sia pesante per la difesa della nostra indipendenza e della nostra sovranità nazionali. E la gioia con cui i fascisti e reazionari repubblichini e i monarchici tutti hanno salutato queste dichiarazioni non può che essere logica.

Quanti fra noi hanno combattuto per la libertà del nostro Paese e per la liberazione del territorio nazionale, cioè un’immensa parte del popolo italiano (il movimento di resistenza e partigiano non è staccato dal Paese, ma ne è sua espressione integrale) avranno scarso desiderio di vedere l’Italia come la Spagna o come la Grecia.

Si rendano conto l’onorevole De Gasperi e con lui gli altri componenti del Governo che se qui in Italia si crea il partito dell’America, con un’azione di Governo che ne deriva inevitabilmente, la loro responsabilità è una delle più pesanti che possano cadere su uomini di Stato.

L’America, oggi, nelle particolari condizioni in cui ci si trova, non significa per noi la grande armata americana del sacrificio, della liberazione e della vittoria, e tanto meno l’America della sua grande guerra nazionale di indipendenza, l’America dei diritti del cittadino e dell’uomo; ma il partito d’America significherebbe un grido di adunata per tutti i fascisti repubblichini. (Interruzioni a destra).

Fatti forti di questa aureola noi vedremmo camminare coi loro risorti pennacchi i vari Federzoni, Bottai e Grandi e tutti i ciurmadori del passato. Potrebbe il popolo italiano essere mai con loro? Questo è il problema, onorevole De Gasperi. (Interruzione del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Pacciardi).

Che cosa significa: l’America non vuole i comunisti al Governo?

È vero o è falso che l’America non vuole i comunisti al Governo?

Una voce all’estrema sinistra. L’hanno detto così chiaramente!

SIMONINI. Questo è pettegolezzo!

TOGLIATTI. È perfino una vergogna che si debba discutere questo in un Parlamento italiano. È una vergogna!

LUSSU. Io devo una risposta immediata ad una interruzione del collega ed amico onorevole Simonini il quale mi dice: questo è pettegolezzo. Se questo, onorevole Simonini, è un pettegolezzo, è tutto un pettegolezzo l’Assemblea ed è un pettegolezzo la storia d’Italia. (Applausi all’estrema sinistra).

Che cosa significa: l’America non vuole i comunisti al Governo? Io devo dire che questo è falso. (Interruzione della onorevole Merlin Angelina). Io ho una serie di argomentazioni distribuite nel mio discorso secondo il mio modesto talento; se altri (Accenna all’onorevole Merlin Angelina) vi sostituisce il suo, non è facile per me tenerne il filo.

Io devo ritenere che quando il Sottosegretario di Stato al Dipartimento di Stato, Lowet, il 3 dicembre ha fatto la nota dichiarazione, egli l’abbia fatta per dire quel che intendeva dire. I giornali italiani l’hanno riprodotta in vario modo. Io che conosco scarsamente l’inglese mi sono rivolto ai miei amici più autorevoli nella lingua e nella letteratura inglesi per controllare il testo.

Il     testo dice esattamente: «to get control». È la prima dichiarazione di Lowet. «To get control», avere in pugno, avere in possesso. Espressione che si adopera per una società di cui un gruppo di azionisti abbia in possesso la maggioranza delle azioni. La seconda dichiarazione è quella che riguarda la risposta del Sottosegretario Lowet al senatore Bridge. Qui è detto testualmente: «to seize», cioè impadronirsi, impadronirsi con un atto diretto di forza, con la violenza, vale a dire con la insurrezione. In conclusione, il Sottosegretario Lowet ha detto che solo se i comunisti s’impadronissero del potere sarebbero sospesi gli aiuti all’Italia, alla Francia, e all’Austria, non già se partecipassero al potere, come nel passato, in governi di coalizione.

Io devo ritenere falso che il Governo degli Stati Uniti ci abbia mai detto, abbia mai detto all’onorevole De Gasperi o al conte Sforza o a qualsiasi altro uomo politico designato durante la crisi ad essere Presidente del Consiglio, che i comunisti non devono essere al Governo.

Siete voi, io penso, e permettetemelo, onorevole De Gasperi, siete voi che attribuite all’America probabilmente le vostre intenzioni. (Ilarità all’estrema sinistra).

Siete voi che silenziosamente, io credo, suggerite all’America atti che senza la vostra azione di governo non avverrebbero mai. Siete voi, e con voi l’onorevole Saragat, che avete sempre detto che è necessario che i comunisti non siano al Governo. Non siano al Governo, non nel senso «to get control» o «to seize», ma persino nel senso di collaborazione come c’erano da noi nel passato, in una coalizione politica in cui si amministrava in comune, conservando ciascun partito le proprie idealità e accettando un programma comune, medio, di azione da svolgere. Questa esclusione di una partecipazione comunista al Governo, partecipazione democratica e legittima, è stata ufficialmente in mille modi dichiarata da voi (Accenna al banco del Governo); e, rispondendo a me, che ricordavo i Governi socialisti di numerosi Paesi di Europa, il collega Piccioni diceva ultimamente: sì, là non ci sono i comunisti. I comunisti non possono entrare al Governo in Italia; e qui noi dobbiamo conoscerne la causa. Perché questo? Perché sino ad un certo punto i comunisti hanno potuto essere al Governo e oggi non lo possono più? Quale è la sovrana ragione nazionale che toglie dal Governo e toglie dalla partecipazione alla vita dello Stato una massa così imponente di lavoratori d’Italia, così imponente quale nessun partito annovera? Hanno mai i comunisti commesso tali atti per cui cessino di godere dei diritti politici di cui noi altri tutti godiamo?

Onorevole De Gasperi, io modesto collaboratore e voi Presidente del Consiglio o Ministro degli esteri abbiamo insieme, al Governo, potuto constatare che l’azione dei rappresentanti comunisti è stata lealmente democratica. E io aggiungo che, se la politica del Partito comunista in Italia non fosse stata ispirata a questa superiore esigenza di collaborazione democratica, noi nell’Italia avremmo avuto la guerra civile come in Grecia. (Applausi all’estrema sinistra – Proteste al centro). E voi tutti sapete che questo è vero.

Basta vedere la assidua partecipazione dei colleghi comunisti ai lavori per la elaborazione di questa Carta repubblicana che è la Costituzione. O che sarebbe una farsa che tutti loro, Togliatti per primo, siano sempre ai loro banchi, e sarebbero una farsa i loro studi e le loro discussioni sui problemi della Costituzione? Sarebbe tutta una truffa questa? E chi può credere ciò?

Le agitazioni. Io so che questo è il principale addebito dell’onorevole De Gasperi ai comunisti: una politica di agitazione delle masse nel Paese. Ma i partiti moderni di massa devono vivere anche di agitazioni. I partiti moderni non possono immobilizzarsi nelle formule stereotipate della democrazia parlamentare liberale del secolo scorso. I grandi partiti di massa hanno bisogno di dinamismo permanente, come gli eserciti, i quali, se cessano di muoversi in tempo di pace e si chiudono nelle caserme, sono smidollati e finiti. O che forse il Partito comunista ha commesso in questo campo fatti più gravi di quelli che per ipotesi non abbia commesso la Democrazia cristiana? Non voglio fare polemiche dirette, ma se ricordassi certi metodi direi che i comunisti non ci sono mai arrivati e non ci arriveranno mai.

Una voce al centro. Quali sono?

TONELLO. I «biancofiore» hanno fatto quello che i socialisti non hanno fatto mai.

LUSSU. Si parla degli errori del Partito comunista. Chi non ha fatto errori? Io che parlo, e credo di parlare un linguaggio sereno, riconosco che tutti noi abbiamo commesso errori, il mio partito per primo; e ne hanno fatto tutti i partiti, tutti senza distinzione, e anche il Partito comunista. E gli onorevoli colleghi che hanno assistito a miei precedenti interventi ricorderanno come io, più di una volta, abbia fatto delle critiche, su un terreno di cordialità politica, al Partito comunista.

Errori! Chiedo scusa all’Assemblea se mi trattengo ancora qualche minuto, ma vado verso la fine. Mi permetto di fare un richiamo comparativo alla situazione italiana e a quella francese, bene inteso non presumendomi giudice, che sarebbe cosa assai ridicola, ma così, per tentare di esaminare la vita dei partiti negli altri Paesi, per compararla alla vita dei nostri partiti e cercare di trarne qualche vantaggio, qualche norma d’azione pratica per l’avvenire, allo scopo di evitare altri nostri errori.

Mi perdonino i colleghi comunisti se io faccio un rapido raffronto, secondo il mio modo di vedere, fra la situazione italiana e la situazione francese.

Io sono convinto che il Partito comunista francese ha commesso grandi errori: errori che pesano sulla vita di quel Paese. Per una esperienza più o meno diretta o più o meno letteraria, tutti sappiamo che l’agitazione, la rivolta, l’insurrezione ubbidiscono a principî che sono perenni e regolatori per tutti i partiti e per tutti i Paesi; così come esistono, nell’arte militare, principî, che sono gli stessi, perenni, per tutti gli eserciti di tutti i Paesi. Quali errori ha commesso in Francia il Partito comunista? Innanzi tutto, quello di essere uscito dal Governo mentre poteva e doveva rimanervi. Quello poi, successivamente, di avere, con una crescente e coordinata azione di agitazioni, spinto all’estremo la tensione e la frattura e obbligato il Partito socialista a prendere quella posizione che in Francia ha preso. Si è infine arrivati a questa conclusione: che il Partito comunista ha sferrato una serie di azioni quando l’avversario era il più forte, molto più forte, commettendo persino l’errore di attaccare nello stesso tempo De Gaulle e Léon Blum.

Il grande maestro di queste azioni nella pratica dell’azione rivoluzionaria, Lenin, ha ben agito diversamente quando, sotto la minaccia del colpo di Stato del generale Korniloff, si è stretto in alleanza con Kerenski contro Korniloff. Non ha mai sognato porsi contro Kerenski e Korniloff insieme come sostenevano alcuni estremisti.

Questa è la situazione di oggi in Francia: alla data d’oggi, il proletariato francese, guidato dal Partito comunista, è stato vinto. Vinto il proletariato e in qualche pericolo la democrazia. Questi errori si possono correggere ancora, certamente, purché si creda alla necessità dell’unione repubblicana contro il nemico comune.

Di questi errori il Partito comunista, in Italia, non ne ha commessi. Il Partito comunista non ha abbandonato ma è stato obbligato ad abbandonare il Governo e il controllo democratico dello Stato. Il dramma, anzi la tragedia nazionale, si avrebbe il giorno in cui il Partito comunista, cioè una gran parte del popolo italiano, si mettesse contro il Governo costituzionale e contro lo Stato; allora avremmo una situazione di guerra civile. Questo errore il Partito comunista non lo ha mai fatto. Siete voi, onorevole De Gasperi, che fate di tutto per spingerlo verso questo errore. Quando voi e i vostri colleghi dite: «Fuori il Partito comunista dal Governo e dal controllo dello Stato» vi assumete una ben pesante responsabilità.

A me pare che non ci sia niente di fazioso in quello che affermo. Ecco perché credevo che, in un momento che può essere decisivo per la democrazia italiana, l’onorevole De Gasperi avesse avuto qualche resipiscenza e avesse pensato a creare un Governo di tregua nazionale, che comprendesse tutti i repubblicani: quelli che hanno fatto la repubblica e quelli che l’hanno accettata. Questo sarebbe stato veramente un Governo di tregua elettorale e di unione nazionale. Questo ci attendevamo, non un pasticcio, non una pastetta, come quella che avete fatta.

Ci sono i manifesti in giro; già se ne parla; l’anno venturo si celebrerà il centenario dell’anno decisivo per l’unità e l’indipendenza nazionale.

Onorevole De Gasperi, il 1848 dovevate celebrarlo insieme con tutte le forze repubblicane, perché un secolo fa l’unità, l’indipendenza e la sovranità della Nazione si sono fatte attraverso la monarchia, oggi si fanno solo con la Repubblica. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri è rinviato a domani.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. È stata presentata la seguente interrogazione con richiesta di risposta urgente:

«Ai Ministri del tesoro e del bilancio, per conoscere se non credano che sia giunto il momento di provvedere – secondo le assicurazioni fornite sin dal 10 dicembre 1946 in risposta ad altre interrogazioni – alla cessazione del regime commissariale del Banco di Napoli, mantenuto da circa quattro anni con danno grave per gli interessi dell’Istituto e del Mezzogiorno, in modo che gli organi ordinari possano essere ricostituiti col 1° gennaio 1948, inizio del prossimo esercizio.

«Sansone, Reale Eugenio, Rodinò Ugo, Coppa, Sardiello».

SANSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANSONE. Vorrei pregare la Presidenza ed il Governo di voler disporre in modo che la mia interrogazione possa essere discussa prima del 31 dicembre, dato che col 31 dicembre cesserà di fatto la gestione commissariale del Banco di Napoli. Questo istituto da quattro anni si trascina con una gestione commissariale, ad esso dannosissima; e il Governo non si è ancora deciso a risolvere definitivamente e giuridicamente la situazione.

PRESIDENTE. Non credo che questa interrogazione potrà essere discussa prima della fine del dibattito sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri. Comunque chiedo al Governo quando intenda rispondervi, tenendo conto che i giorni che ci restano non sono molti.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Mi riservo di far conoscere la data in cui potrò rispondere, dopo la conclusione della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Presentai qualche giorno fa una interrogazione al Ministro delle finanze sull’applicazione della tassa di famiglia, nel Comune di residenza, ai proprietari che hanno i loro beni in un Comune ma risiedono in un altro. Vorrei pregare il Ministro Pella di accogliere favorevolmente, così come fece il Ministro Campilli, questa mia domanda e di comunicare quando intenda rispondere. Vorrei che l’interrogazione fosse portata in discussione, perché si tratta di un provvedimento che ha la sua importanza per migliorare la situazione finanziaria di molti piccoli Comuni.

PRESIDENTE. Il Ministro delle finanze ha facoltà di rispondere.

PELLA, Ministro delle finanze. Non vorrei diminuire l’importanza di questa interrogazione, discutendola stasera in modo affrettato. Sarà bene perciò trattarla in un’altra seduta, con maggior calma.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’interno, della difesa, delle finanze e del tesoro, per conoscere i motivi per cui non è stata ancora accolta – a due anni dalla sua presentazione – la domanda di riconoscimento giuridico inoltrata dalla Associazione nazionale ex internati in Germania

«Cappelletti, Ferrarese».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere:

1°) se sono a conoscenza del fatto che, in Padova, da ben tre mesi non è possibile dare esecuzione a una sentenza passata in giudicato della Corte di appello di Venezia, con la quale si fa obbligo alla Federazione provinciale del Partito comunista di rilasciare un immobile di proprietà privata già a suo tempo occupato in seguito ad arbitrario ed illegale ordine di requisizione emesso dai cessati C.L.N. che, come riconoscono e fissano chiaramente sia la sentenza 17 gennaio 1947 del Tribunale di Padova, che la sentenza 8 luglio 1947 della Corte di appello chi Venezia, non avevano né la veste, né il potere giuridico di emanare provvedimenti di tal genere, essendo organismi eccezionali extra giuridici a carattere meramente consultivo; e ciò per la resistenza e le minacce opposte per ben cinque volte consecutive, a distanza di diversi giorni, all’ufficiale giudiziario da parte di iscritti al Partito comunista, che non gli permettevano di dare esecuzione alla sentenza stessa;

2°) se gli onorevoli Ministri, ritenendo che ciò costituisca un gravissimo attentato all’autorità dello Stato e al prestigio dei poteri costituiti, nonché una grave violazione del diritto privato tutelato dalla legge, non riconoscano che il fatto stesso che non si sia finora provveduto a far rispettare ed applicare la legge, raffiguri una dimostrazione di acquiescenza e di debolezza dei pubblici poteri di fronte alla prepotenza degli elementi del disordine, e se non ritengano, in conseguenza, di dover con tutta urgenza ed immediatezza adottare e far adottare quei provvedimenti che, restaurando il diritto privato ingiustamente oppresso, valgano a ristabilire e a riaffermare nel modo più inflessibile e più solenne l’autorità dello Stato e la serietà e l’efficacia della giustizia.

«Gli interroganti chiedono di sapere quali disposizioni verranno impartite al riguardo.

«Mastrojanni, Rognoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non crede di impartire disposizioni agli uffici finanziari in Liguria, affinché desistano dagli accertamenti dei profitti di speculazione a carico degli olivicoltori liguri, in considerazione del grande spezzettamento della proprietà olivicola in Liguria e dell’enorme fatica e spesa che importa, data la natura del terreno, la coltivazione dell’olivo, per cui è da escludere, salvo casi eccezionali, la possibilità, anche in considerazione dell’ammasso totalitario dell’olio fino al 1945, di profitti eccedenti il normale reddito dei terreni ed il giusto salario dei coltivatori diretti. (L’interrogante chiede la risposta scritta.).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non crede di disporre a favore dei viticoltori liguri di ogni ceto, e, quindi, anche per coloro che non sono coltivatori diretti manuali, l’esenzione dall’imposta consumo sul vino illimitatamente per il vino da essi consumato, in considerazione delle enormi fatiche e dei gravi sacrifici finanziari, assorbenti di ogni reddito, che la coltivazione della vite richiede in Liguria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del bilancio, per conoscere le ragioni per le quali il Governo non ha creduto di provvedere per legge ad estendere obbligatoriamente alla categoria dei pensionati degli Enti locali, e soltanto ad essa, a differenza di tutti gli altri pensionati regolati con disposizioni legislative uniformi e generali per tutti senza distinzioni, i miglioramenti invocati con tanta insistenza dagli interessati e dagli stessi rappresentanti delle Amministrazioni locali, deviando dal noto principio giuridico che l’accessorio (adeguamenti) non può essere dichiarato facoltativo, quando il suo principale (cioè la pensione base) ha carattere già, per legge e per contratto, riconosciuto obbligatorio.

«L’interrogante – raccogliendo il grido della disperazione e della fame di questi pensionati, che, per essere i più vecchi, perché di nomina e già in servizio anteriormente alla legge 1904 istitutiva della Cassa nazionale di previdenza, godono di pensione diretta a carico dei Comuni, Provincie ed Istituti di beneficenza, e non hanno ancora percepito e non possono percepire alcun aumento alle loro pensioni anteguerra (che vanno da lire 400 a lire 1000 al mese!) né alcuna benché minima indennità di caro-viveri – chiede che, in accoglimento dei reiterati ordini del giorno espressi dalla categoria nei diversi congressi provinciali, regionali e nazionale ed in conformità ai voti espressi dalle assemblee anche dei sindaci e rappresentanti dei Comuni dell’Alta Italia, rendendosi conto della necessità e della urgenza dell’invocato provvedimento, voglia per legge dichiarare obbligatoria la estensione ai pensionati a carico degli Enti locali dei beneficî tutti già concessi ai pensionati statali nella considerazione che qui non si tratta di ledere il principio del rispetto all’autonomia locale, ma di regolare per una più alta ed umana esigenza di vita il diritto pure di questi disgraziati funzionari, a cui parecchie delle Amministrazioni locali, non per impossibilità finanziarie, perché trattasi di Amministrazioni non deficitarie, che non hanno mai chiesto alcun contributo integrativo dello Stato, ma per una gretta incomprensione, quando non sia anche per ragioni di simpatia o di antipatie locali, personali o politiche, rendendosi forti della facoltatività di tale spesa, erroneamente dichiarata dal Governo nei suoi decreti, nulla ancora hanno dato né intendono di dare fino a che il Governo non riconoscerà e dichiarerà obbligatorio per legge un tale adeguamento.

«In particolare l’interrogante fa anche notare che la maggior parte di questi poveri disgraziati sono dei benemeriti segretari comunali, ormai vecchissimi, ridotti in condizioni pietose, i quali – per essere stati dichiarati funzionari statali, con la legge della loro statizzazione, e quindi sottratti ad ogni ingerenza locale per quanto riguarda il loro stato giuridico ed economico, pur rimanendo l’onere del pagamento ai Comuni, così degli stipendi come delle pensioni, e per godere di pensioni a carico dei Comuni nella forma diretta e nella misura prevista per gli statali – indiscutibilmente dovrebbero essere già considerati nel diritto di ripetere dai Comuni la estensione obbligatoria (e non facoltativa) dei miglioramenti tutti gradualmente concessi ai pensionati statali, allo stesso modo che ai segretari comunali e provinciali in attività di servizio sono stati sempre obbligatoriamente estesi i miglioramenti concessi agli impiegati statali, pur lasciandone economicamente a carico dei Comuni l’onere del pagamento senza alcun riguardo all’autonomia locale.

«Formula infine la presente interrogazione anche per conoscere se il Governo non ritenga equo e doveroso nell’invocato provvedimento di riconoscere il diritto degli interessati di richiedere il ricupero delle differenze in tutto od in parte non corrisposte, per pareggiare la loro posizione con quella degli altri pensionati che le hanno già a suo tempo percepite. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri delle finanze, dell’agricoltura e foreste e dei lavori pubblici, per conoscere se intendono mantenere in vigore il regio decreto-legge del 18 giugno 1936, n. 1338, convertito con modificazione il 14 gennaio 1937, n. 402, sulla pioppicoltura, il quale prevede la concessione, ai frontisti, di terre demaniali ed isole alluvionali, di qualunque estensione, nel corso del fiume Po, per un canone ricognitorio annuo di lire 20, aumentato ora a lire 200, considerato che l’attuale situazione economica rende assurdo tale decreto-legge, il quale facilita esose speculazioni, degne solo del passato regime, recando grave danno all’Amministrazione dello Stato.

«O se invece non intendono disporre, con nuovo decreto, la rescissione degli attuali contratti, al fine di stipulare nuove condizioni più giuste, stabilendo inoltre diritto di priorità sulle concessioni alle cooperative di boscaioli, numerose delle quali hanno già fatto sapere di essere disposte ad assumere tali concessioni, pagando un canone di affitto economico, stabilito sulla base del rendimento di questi terreni da coltivarsi a pioppeto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bianchi Bruno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere quali indugi si frappongano tuttora alla sistemazione del Sacrario di Montelungo (Mignano) e se non ritenga urgente, oltreché doveroso, raccogliere ai piedi di quel monte sacro alla Patria ed in quell’unico cimitero tutte le salme dei nostri cari soldati, che sono sepolti nelle vicinanze.

«Pare all’interrogante la suddetta opera di consacrazione patriottica uno dei coefficienti più saldi, non solo per onorare, racchiusi in un unico recinto, tutti i morti accomunati dallo stesso fatto d’arme, ma per additare, anche, agli italiani la prima tappa (8 dicembre 1943) della rinascita dell’Esercito italiano, faro luminoso per le presenti e future generazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere quali provvedimenti definitivi intende adottare per sistemare la questione dei contributi unificati in agricoltura, non solo perché essi non costituiscano un eccessivo gravame, ma anche per la preventiva pubblicazione dei ruoli nei singoli comuni, anziché nel solo capoluogo di provincia, e ciò per dare ai contribuenti la elementare facoltà del ricorso, prima che i ruoli medesimi diventino definitivi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Caso, Cassiani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle finanze, per sapere se – in considerazione del modesto maggior gettito assicurato ai bilanci dei Comuni dall’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 177, del 29 marzo 1947, sostitutivo del secondo comma dell’articolo 30 del testo unico della finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, articolo che limitando la esenzione dal pagamento dell’imposta di consumo sul vino, in ragione di un litro al giorno, esclusivamente al produttore manuale coltivatore del fondo e ad ogni membro della famiglia, ha escluso da tale beneficio i piccoli proprietari conduttori, che riversano nella loro azienda energie e risorse quasi sempre ricavate da attività varie, cui sono costretti ricorrere per la esiguità dei redditi ricavabili dalle piccole aziende stesse, ed in considerazione anche dei rilevanti fastidi e delle molteplici difficoltà alle quali vanno assoggettati i viticoltori in genere per l’attuazione delle norme sancite dall’articolo 3 del succitato decreto-legge, norme che, per essere stabilite dalle Amministrazioni comunali, variano spesso da Comune a Comune determinando diversità di interpretazione e disparità di trattamento del contribuente e creando confusionismi e malcontenti non sempre ingiustificati – non intendano esaminare l’opportunità di modificare l’articolo 2 estendendo l’esonero anche ai piccoli proprietari conduttori, demandando una migliore e definitiva regolamentazione della materia in sede di elaborazione della legge in corso di studio e relativa alla riforma sulla legge dei tributi locali e, nel contempo, emanare disposizioni univoche, che stronchino sul nascere una pericolosa bardatura burocratica, che potrebbe soffocare un importantissimo settore della produzione agricola nazionale. (L’interrogante chiede la risposta. scritta).

«Bonomi Paolo».

PRESIDENTE. Queste interrogazioni saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 22.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 10:

  1. – Svolgimento delle mozioni Bonomi Paolo ed altri, e Persico ed altri.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Alle ore 16:

  1. – Votazione per la nomina di un membro dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello statuto della Regione siciliana.
  2. – Seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio.
  3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

  1. – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 17 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXVI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 17 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente

Mozione (Svolgimento):

Corbi

Cianca

Paolucci

Spataro

Scelba, Ministro dell’interno

Rossi Paolo

Presidente

Maffi

Macrelli

Schiavetti

Colitto

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

La seduta comincia alle 11.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Lombardi Riccardo e Abozzi.

(Sono concessi).

Svolgimento di una mozione.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Svolgimento della seguente mozione firmata dagli onorevoli Corbi, Moranino, Scoccimarro, Bruni, Ferrari, Scotti Francesco, Togliatti, Faralli, Fiorentino, Landi, Luisetti, Matteotti Carlo, Paolucci, Calamandrei, Lussu, Grazi, Pajetta Giuliano, Molinelli, Mezzadra, Villani, Cevolotto, Lombardi Carlo, Cacciatore, Laconi, Carpano Maglioli, Zanardi, Donati, Nobili Tito Oro, Barbareschi e Maffi.

«L’Assemblea Costituente invita il Governo a revocare l’illegale ed ingiusto provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale di Pescara».

L’onorevole Corbi ha facoltà di svolgerla.

CORBI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, credo che non farei cosa utile alla cittadinanza di Pescara ed all’Amministrazione che essa ha liberamente eletta, se, nell’illustrare questa mozione, mi lasciassi trasportare da risentimenti polemici e non mi adoperassi a che l’Assemblea giudichi con serenità sui motivi che hanno indotto il Ministro dell’interno ed il Consiglio di Stato a prendere un così grave provvedimento, quale è quello dello scioglimento dell’Amministrazione comunale di Pescara.

Oso anche sperare, signori del Governo ed onorevoli colleghi di parte governativa, che non già spirito di parte e meschina faziosità abbiano potuto arrecare una così grave offesa a quegli amministratori ed a quella cittadinanza, ma solo inesatte informazioni, che prima al Ministro dell’interno e poi al Consiglio di Stato sono state portate come prova per deliberare su una questione di tanta delicatezza e di tanto momento per la vita civica di Pescara.

Comunque, signori del Governo, onorevoli colleghi, oggi l’Assemblea dovrà pronunciarsi. E se questa mia speranza ha fondamento, voi lo dimostrerete ed io ve ne sarò grato, come ve ne saranno grati tutti coloro, i quali ancora oggi, nonostante tutto, credono nelle libertà democratiche riconquistate. Converrete, onorevoli colleghi, che non si tratta di un insignificante episodio di un qualsiasi comunello d’Italia, di proposito ingigantito, per trarne motivo di opposizione al Governo: Pescara oggi difende la libertà di tutti i comuni d’Italia; Pescara oggi, col suo atteggiamento, vuol significare che una nuova epoca si è aperta nella nostra vita nazionale e che di questo si sono resi conto i cittadini di Pescara, non solo, ma tutti i cittadini democratici e la stessa Assemblea Costituente. Infatti, sarebbe davvero strano se l’Assemblea Costituente dovesse dimostrare di non condividere i principî che ha espresso nella Carta costituzionale, e che più profondamente sono radicati nell’animo e nella volontà popolare.

Che cosa accade in questi giorni a Pescara, onorevoli colleghi? Non accade nulla che assomigli alla rivoluzione, nulla che sappia di rivolta. Accade però un fatto nuovo nella storia della mia Regione, ed io sono grato a questa città, che sta a ricordare agli uomini di Governo ed a tutti gli uomini politici come l’Abruzzo non sia quella terra che alcuni ancora credono chiusa al progresso, incapace di intendere dignità civiche e personali. Oggi a Pescara, dopo quanto è accaduto, operai, industriali, commercianti, impiegati e professionisti si sentono tutti stretti intorno alla loro amministrazione comunale, anche se il giorno delle elezioni molti di essi hanno votato per un’altra lista. Questo perché essi vedono ora in quella amministrazione la difesa della propria dignità civica e perché vedono nella necessità di difendere l’amministrazione, la necessità di difendere con essa altre libertà. Basta leggere il Messaggero di oggi, per vedere quello che accade a Pescara: non si tratta certo di un giornale, onorevole Scelba…

DELLI CASTELLI FILOMENA. Il corrispondente abruzzese è socialista! (Commenti a sinistra).

CORBI. Onorevole Delli Castelli, non so se questa sua interruzione sia dovuta ad ingenuità, ma credo che anche nel Messaggero le amicizie dell’onorevole Cappa siano notevoli. (Rumori e commenti al centro). Non è un giornale socialista, onorevoli colleghi, e nemmeno un giornale repubblicano, quello che dice che oggi a Pescara tutta la popolazione è preoccupata, protesta e senza distinzioni di parte e di simpatie politiche, si sente stretta intorno a quegli amministratori, che hanno fatto tutto quanto era loro dovere ed anche più, nell’interesse della città che li aveva chiamati a reggere il Comune.

Io non sarei tornato, onorevole Scelba, ad esaminare gli addebiti che sono stati mossi a quell’Amministrazione, se non avessi trovato sulla Gazzetta Ufficiale un provvedimento che stabilisce lo scioglimento di quel Consiglio e non avessi trovato sulla Gazzetta Ufficiale motivi nuovi che qui non erano stati portati o erano stati meno esplicitamente dichiarati dall’onorevole Marazza. Sono quindi costretto ad abusare della pazienza dell’Assemblea per chiarire ancora, per rispondere a questi addebiti, che sono ingiuriosi oltre che ingiusti.

Leggendo la Gazzetta Ufficiale colpisce subito la affermazione secondo cui la giunta si sarebbe resa, subito dopo il suo insediamento, invisa al corpo elettorale, per averne delusa l’aspettativa e, cosa ancora più grave, avrebbe trascurato gli interessi cittadini, in una città distrutta come è Pescara.

Vada a Pescara, onorevole Scelba, e vedrà cosa ha fatto quell’Amministrazione. Ma, di questo, avrò modo di parlare in seguito.

Si è parlato degli elettori. Ma, quali elettori? Indubbiamente ci saranno alcune decine, alcune centinaia di uomini che si ritengono insoddisfatti, alcuni maneggioni dell’affarismo e della politica locale, i quali concepiscono l’amministrazione comunale in modo tutt’affatto diverso da come la concepiscono, per nostra fortuna, gli amministrati di quel comune. Ma, a dimostrare che queste sue osservazioni non corrispondono alla realtà sta il fatto, onorevole Scelba, ed io gliene darò la prova, che oltre 15 mila firme di elettori sono state in un solo giorno raccolte per chiedere la revoca di questo ingiusto provvedimento.

Si parla, inoltre, in questa Gazzetta, di ritardo nella presentazione del bilancio. Ho parlato su questo problema già un’altra volta, rispondendo all’onorevole Marazza, ed in questa occasione non mi resta che ricordarle che questo bilancio lei lo ha approvato. Doveva pensarci in tempo. E poi, di grazia: quanti bilanci comunali lei ha approvato dopo quello di Pescara? Ma che, Pescara fa un’eccezione per il Ministero dell’interno?

Faziosità, partigianeria, e nel decreto si cita un fatto che da sé solo basta a chiarire gli intenti dell’ispettore che si è recato a Pescara.

Ebbene, i fatti non stanno così, stanno in tutt’altro modo, precisamente così: il Prefetto di Pescara aveva, in data 27 dicembre 1945, invitato il Sindaco a sostituire l’avvocato Cataldi, democristiano, e così era stato fatto nominando al suo posto il reduce Damiani, che è socialista o comunista – secondo il Ministro Scelba – e che invece è uomo di precedenti fascisti, tanto che la popolazione di Caprara protestò contro la Giunta per la di lui nomina, e a dimostrare la verità di quanto dico, sta il fatto che questo signore Damiani si presentò alle elezioni amministrative con la lista avente per contrassegno l’albero della vita e la scritta «reduce». Dove sta la faziosità o la partigianeria politica? Il favoreggiamento di uomini legati all’amministrazione per vincoli di partito, onorevole Scelba? Ma lasciamo stare e passiamo a cose più serie. Si legge, tra l’altro, nella Gazzetta Ufficiale, di irregolarità nella gestione del dazio; si è detto che la ditta Trezza avrebbe offerto 70 milioni all’Amministrazione per l’appalto del dazio. Onorevole Scelba, queste cose le sa solo lei e l’ispettore Giove, perché all’Amministrazione comunale di Pescara la ditta Trezza non ha fatto mai pervenire la lettera di cui s’è parlato, come conferma questa dichiarazione del Segretario generale dell’Amministrazione comunale di Pescara (mostra un documento). Non è escluso che qualcuno della ditta Trezza abbia messo nella tasca dell’Ispettore generale una lettera, quando l’ispettore generale, accompagnato da un dirigente della Democrazia cristiana, si incontrò con le maggiori personalità della stessa Democrazia cristiana. Sta di fatto però che egli non sentì mai il dovere di parlare con il sindaco o con alcuno degli assessori.

Ma se dunque, onorevole Scelba, queste cose le sanno soltanto lei e l’ispettore Giove, come si può muovere critica all’operato degli amministratori del Comune di Pescara? Per quanto riguarda il dazio, le cose stanno invece così: prima, la gestione era affidata per contratto all’I.N.C.I.C. e successivamente, quando l’Amministrazione fu insediata, la ditta Lancione offrì, per l’anno 1946-47, 40 milioni e l’Amministrazione comunale, non avendo elementi sufficienti per giudicare sul valore dell’offerta, decise di concedere la gestione all’I.N.C.I.C. per la durata di un anno e precisamente dal 1° settembre 1946 al 31 agosto 1947.

Dallo scadere di tale data, il dazio è gestito direttamente dal comune e l’utilità di questo provvedimento è dimostrata da dati, onorevole Scelba, di cui ella può prender visione quando crede. Da tali dati risulta che in due mesi le entrate sono aumentate di 4 milioni, rispetto a quelle degli stessi mesi dell’anno precedente.

Mi pare dunque evidente che, anziché un addebito, si debba fare un elogio agli amministratori di Pescara che con avvedutezza hanno saputo, anche in questo caso, tutelare gli interessi del comune e delle sue finanze.

Imposta di famiglia. A lei, onorevole Scelba, sembra troppo basso il preventivo fatto di 10 milioni. Ebbene, io mi permetto semplicemente di ricordarle che il comune di Milano, l’anno scorso, prevedeva, sotto lo stesso titolo, un’entrata di 45 milioni: e c’è, mi pare, una piccola differenza tra il comune di Milano e quello di Pescara! Differenza non solo nel numero degli abitanti, ma anche nella ricchezza dell’industria, del commercio, del traffico delle due città.

Tenga presente poi, onorevole Scelba, che l’anagrafe a Pescara era distrutta e che s’imponevano di conseguenza nuovi accertamenti fiscali per le mutate residenze e consistenze patrimoniali e che questi accertamenti sono ancora in corso; pensi inoltre che l’agenzia delle tasse, l’ufficio del registro e il catasto sono ancora in fase di riordinamento perché, per chi non lo sapesse, Pescara è stata duramente colpita dalla guerra e tutti gli edifici pubblici, ove non siano stati distrutti, sono stati saccheggiati ed era pertanto veramente impossibile rintracciare i documenti necessari all’amministrazione. Ma l’amministrazione di Pescara ha il merito di aver provveduto al riassestamento di questi uffici, in maniera veramente notevole per la rapidità, la cura e l’interessamento che vi ha portato.

Un altro addebito, onorevole Scelba, è quello che lei fa a proposito del personale che sarebbe stato assunto; personale esuberante, personale non preparato, composto di incapaci, di amici del sindaco, degli assessori, ecc.

Ebbene, sono state assunte complessivamente diciannove persone; ne sono state licenziate undici, la grande maggioranza delle quali è composta da socialisti e comunisti. Ma quelli che sono stati assunti, lo sono stati, onorevole Scelba, e lei dovrebbe saperlo, perché vi sono delle leggi che impongono degli obblighi ai Comuni. Difatti è stato assunto il signor Mancuso Umberto, proveniente dalla zona di confine, a mente del decreto-legge 22 febbraio 1946; lo stesso dicasi per Bosco Mario, e via di seguito; è un lungo elenco che lei dovrebbe avere e che mi auguro abbia. E gli altri che sono stati assunti – cinque persone – quelli che non avrebbero doti, qualità, capacità particolari, sono tutti diplomati o laureati. Dica lei, onorevole Scelba, se il Comune di Pescara debba servirsi di docenti universitari in diritto amministrativo per poter far funzionare quel Comune!

Lei, inoltre, ha parlato di un mendico condotto, il quale sarebbe stato assunto nonostante che sia risultato l’ultimo al concorso. È falso, onorevole Scelba, lei è incorso in un errore, l’hanno male informata: non è stato l’ultimo, sibbene è stato il terzo fra i concorrenti. E se non è stato preferito il primo, gli è che era un medico milionario, che non aveva nessun bisogno di togliere ad altri il lavoro, mentre il secondo era un medico militare che non aveva i requisiti necessari; per contro il terzo era persona residente a Pescara, che aveva tutti i requisiti.

Inoltre, onorevole Scelba, lei ha ricordato qui la questione della nettezza urbana. La cooperativa di cui ha parlato aveva il servizio già prima che l’attuale amministrazione fosse eletta; inoltre l’amministrazione, non appena insediata, bandì un concorso, vinto dalla ditta Colucci, la quale poi non ha assunto la gestione che le era stata affidata, perché non lo ritenne opportuno, in seguito a nuove condizioni fatte dalla Giunta provinciale amministrativa e dal Ministero dell’interno.

Ma, onorevole Scelba, lasciamo da parte le porcherie di Pescara – lei ormai si è già reso famoso come Ministro di Polizia e non credo che voglia immortalarsi anche come Ministro della spazzatura – (Rumori prolungati al centro) e parliamo d’altro.

TONELLO. Voi sapete che ha ragione; quindi è inutile che protestiate.

CORBI. Vengono mossi addebiti, per quanto riguarda l’assessore delle finanze. Ebbene, l’assessore delle finanze non ha mai toccato denaro, e tutto è stato regolato e gestito dall’economo del comune e da un ragioniere addetto…

SCELBA, Ministro dell’interno. Il quale disgraziatamente è morto e non può rispondere. (Commenti).

CORBI. Onorevole Scelba, per quanto riguarda le irregolarità che si sarebbero verificate, lei potrebbe domandarne spiegazioni al direttore delle cucine, il quale è persona di fiducia del consigliere Zugaro, che ha ispirato questo provvedimento, e che è l’esponente della locale faziosità democristiana. (Proteste al centro).

Gestione delle carni. La gestione delle carni sarebbe stata… (Interruzioni – Rumori al centro). Non vi agitate onorevoli democristiani, non vi offro una bistecca…

PRESIDENTE. È vero che siamo abituati tutti ad altissime discussioni politiche, ma se qualche volta si porta qui un piccolo riflesso della modesta vita locale, abbiano pazienza di udire sino in fondo, senza troppa insofferenza!

CORBI. Anche a proposito della gestione delle carni, io ho elementi sufficienti per dimostrare che l’assessore è in perfetta regola e che tutto il movimento di denaro, è stato controllato direttamente ed esclusivamente dall’economo e dal ragioniere di quel comune.

Per gli emolumenti agli assessori. Voglio ricordare, onorevole Scelba, che con un suo provvedimento, venne stanziato un milione e mezzo per tale bisogna, e che quei consiglieri e assessori hanno rinunziato a trecentomila lire a beneficio dell’E.C.A.

La Giunta infine, avrebbe trascurato gli interessi cittadini e gli interessi della ricostruzione della città. Ho qui una documentazione che non leggo per non tediare l’Assemblea, ma la metto a disposizione dei singoli componenti di questa Camera, e in primo luogo di lei, onorevole Scelba, per informarla meglio di quel che non sappiano o non vogliano fare i suoi diretti collaboratori.

Nessuno ignora però che in questa città, che fu distrutta e saccheggiata, si è ricostruito l’ospedale, si sono ricostruite tutte le strade, gli edifici pubblici, il campo sportivo: si è fatto quanto non si è fatto in nessun comune retto da un’Amministrazione democristiana. (Vivi commenti al centro – Interruzioni a destra).

Io credo che se vi è una città oggi che possa vantarsi assieme a poche altre di essere retta con vero sistema democratico, questa sia Pescara, e questo forse vi spiace, colleghi di parte democristiana, perché il paragone sarebbe certamente a vostro scapito. (Rumori al centro). Sta di fatto che 18185 vani sono stati ricostruiti per iniziativa privata, ma soprattutto per l’interessamento del comune, che nulla ha trascurato perché rapidamente la città risorgesse e più bella di prima; e lo stesso onorevole Spataro potrà far fede di quanto questa città faccia per ingrandirsi, per ricostruirsi; e la onorevole Delli Castelli certamente saprà che gli amministratori di quel Comune hanno anche interessato l’onorevole Spataro perché vi si impiantasse una stazione radio, e a dire la verità l’onorevole Spataro ha lasciato più volte bene sperare in cambio di molti applausi e qualche vermouth… ma quella radio è sempre muta, ma la stazione radio è ancora di là da venire! (Rumori al centro).

E poi, di sfuggita, devo accennare alle irregolarità del sindaco il quale, guarda che grande reato!, avrebbe nello stesso comune come bidello il proprio suocero e avrebbe alcuni suoi cognati, uno operaio e un altro usciere. Prima di tutto c’è da dire che questi erano dipendenti del comune già prima che l’Amministrazione si insediasse. Su via, onorevole Scelba, dobbiamo davvero prendere in considerazione questa storia del bidello? Se quel bidello fosse stato suocero dell’onorevole De Gasperi, oggi sarebbe per lo meno commissario per il turismo!… (Proteste al centro).

L’ospedale. L’ospedale sarebbe il ricettacolo di tutte le malefatte, di tutti i guai. E questo vi riguarda, amici repubblicani, vi riguarda perché avete degli amministratori i quali si sono giustamente risentiti delle offese loro mosse. Il Consiglio dell’ospedale venne sciolto dal Prefetto il 6 agosto 1946. Il Consiglio protestò ed il Ministro lo reinsediò perché gli addebiti mossi a quel Consiglio non corrispondevano affatto a verità.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non è esatto. V’era una questione di forma, che si è sanata. Solo per questo è stato sciolto.

CORBI. Controlleremo i miei e i suoi documenti, le mie e le sue informazioni. Quando si dimostrò la loro correttezza, questi consiglieri, una volta che furono reintegrati nel loro ufficio, si dimisero. Ma se sarà necessario, onorevole Scelba, io mi soffermerò più a lungo sui fatti, dopo aver sentito le sue dichiarazioni. (Commenti).

Vedo che qualche collega si preoccupa, ma posso citarvi dei fatti. (Commenti). Io desidero, onorevole Scelba, che lei riconosca che si è emesso un giudizio ingiusto e che il provvedimento è illegale. Forse lei va a cercare dei precedenti; e un precedente pressapoco simile a questo fu preso da uno che lei certo tiene a suo sommo maestro, dall’allora Ministro Pelloux, il quale sciolse un Consiglio comunale perché si era cantato, nell’interno dell’edificio comunale, l’inno dei lavoratori; e lei, ben sapendo che quando ebbe luogo l’insediamento di questa Giunta si erano cantati inni repubblicani e non il sanfedistico «bianco fiore» (Commenti) si è sentito autorizzato a fare quel che ha fatto.

L’articolo 323, che lei ha richiamato, è un articolo che non poteva essere applicato al caso che noi discutiamo. Ad ogni modo deve aversi negli atti la prova che il comune sia stato invitato a rispettare la legge.

Onorevole Scelba, la prego di fornirci questa prova.

L’ordine pubblico è qui portato come motivo sommo del provvedimento. Io veramente non ero riuscito a rendermi conto come mai si potesse addirittura falsare così l’evidenza dei fatti, e sono andato a riscontrare i testi di diritto amministrativo.

Di fatto, la giurisprudenza richiede che il ricorso sia ammesso soltanto quando l’atto di scioglimento è causato da motivi di ordine amministrativo.

Se invece l’atto è causato anche da motivi di ordine pubblico, allora si verifica il caso dell’atto politico, che non ammette più ricorso di sorta. E l’onorevole Salandra, quando si discuteva la legge sul Consiglio di Stato, chiese la soppressione del capoverso che riguardava l’atto politico, poiché egli diceva che in questo modo si sarebbe data facoltà al Governo di violare la legge e di codificare l’arbitrio.

Sicché, ogni qualvolta il Governo volesse commettere un abuso, come nel caso che oggi ci è di fronte, il Governo affaccerebbe motivi di ordine pubblico.

Ecco perché, onorevole Scelba, in ispregio all’evidenza dei fatti, lei ha parlato di turbamento dell’ordine pubblico in Pescara, dove mai una voce consistente e degna di considerazione si era levata contro questa amministrazione. Questa motivazione le serviva per impedire che quell’amministrazione potesse valersi dei mezzi legali per tutelare la propria dignità e i sentimenti della cittadinanza ricorrendo per una revisione del suo provvedimento.

Lei ha voluto mettere una barriera; ha messo, come si suol dire, le mani avanti. Dobbiamo riconoscere che la sua abilità avvocatesca ci è riuscita, ma la sua abilità avvocatesca non ingannerà nessuno, né questa Assemblea – mi auguro – né i cittadini di Pescara, né coloro che sanamente intendono la democrazia e l’autorità democratica.

Onorevoli colleghi, io concludo: vorrei fare questa raccomandazione: non creiamo un cattivo precedente. Il fatto di Pescara domani potrebbe ripetersi in altre amministrazioni d’Italia; è un fatto che potrebbe scavare dei solchi ancora più profondi. Ed io chiedo a voi, onorevoli colleghi di parte democristiana e di parte destra, che quella solidarietà democratica e repubblicana, che voi avete voluto infrangere sul terreno nazionale, non venga infranta anche nella vita dei comuni e dei villaggi. Allora, sì, onorevoli colleghi, che l’avvenire del nostro Paese sarebbe veramente poco felice. (Commenti).

Non create un precedente, il quale oggi può a voi far comodo, perché avete il monopolio della cosa pubblica; ma domani potrebbe ritorcersi contro di voi perché altri potrebbero accogliere il vostro insegnamento.

E tenete presente che, se voi lasciate oggi passare un atto così grave e così lesivo della libertà e della indipendenza dei comuni, quando saranno costituite le regioni, questi fatti potrebbero ripetersi ancor più di frequente; in ogni regione assisteremo a soprusi, che si ripeteranno, a seconda della maggioranza che si avrà nel Parlamento regionale a danno di questa o quella amministrazione. E così ci incammineremo rapidamente a distruggere quelle libertà comunali, che voi avete qui difeso con tante alate parole e con tanto calore, ma che alla prova dei fatti dimostrate di non intendere, di non volere.

Date oggi la prova che i vostri intendimenti corrispondono alle vostre parole, ai vostri programmi, a quello che scrivete sui vostri giornali.

Io, onorevoli colleghi voglio sperare che questa Assemblea oggi tuteli non gli interessi di una città e la dignità di onesti amministratori, ma un bene comune a noi ed a voi: cioè, che la legge deve essere applicata con intendimenti chiari ed onesti; che la legge non deve servire per preparare le prossime elezioni politiche, per preparare la clientela elettorale a questo o quel deputato, per fare delle distribuzioni di generi alimentari o di altra natura ai bisognosi, dei quali voi potrete essere vicini allo stomaco, ma non sarete mai vicini al cuore applicando questi sistemi. (Ilarità all’estrema sinistra).

Non fate, onorevoli colleghi, dello scudo crociato, che avete scelto come vostro emblema e che fu simbolo delle libertà comunali, la pietra tombale delle libertà civiche.

Oggi voi state dimostrando di voler seppellire ogni libertà e voi certo, conoscete meglio di me quella lettera di San Paolo a Timoteo (Commenti al centro), in cui è detto: «or sappi tu questo: vi saranno uomini calunniatori, traditori, tronfi, amanti dei piaceri più che di Dio ed amanti in apparenza della pietà, della quale però hanno rigettato da sé la sostanza». Onorevoli colleghi, non lasciate accreditare il dubbio che San Paolo volesse riferirsi a voi. (Rumori al centro). Quanto io ho detto a volte ha avuto sapore polemico, ma ciò non deve, non può mutare un sereno giudizio. Se quanto ho detto basterà a convincervi, sarà merito vostro, non mio; se non sarà bastato a convincervi e a dimostrare che voi sapete anche correggere gli errori, non forse solo dal Ministro commessi, ma anche dall’ispettore che ha fatta l’inchiesta, ebbene onorevoli colleghi, alla città di Pescara resterà l’orgoglio di aver dimostrato come si difende la dignità di una popolazione e l’onorabilità dei suoi amministratori. A me resterà l’orgoglio di avere, ancora una volta, parlato con animo sereno, invitandovi a non far più soprusi, invitandovi nell’interesse dei comuni e dell’Italia a non scavare solchi più profondi (Vivi commenti al centro) e a non calpestare quelle libertà per le quali già una volta siamo stati uniti. Voi avete già una volta spezzato il vincolo che ci teneva uniti; dimostrate ora che sapete resistere qualche volta allo spirito di parte e che, al di sopra degli interessi elettorali, anche per voi ci sono gli interessi della città e dei cittadini di Pescara, i quali numerosi ancora attendono un tetto ed hanno bisogno di scuole, di lavoro, di case. Essi vi giudicheranno e vi ringrazieranno se voi avrete il coraggio di correggere un errore del Ministro dell’interno e dell’ispettore che ha condotto quell’inchiesta. Ho finito, ma mi riservo di intervenire ancora in questo dibattito, qualora il Ministro me ne dia occasione e qualora voi me ne diate il permesso, onorevoli colleghi. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Commenti).

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Non mi rendo conto della inquietudine e della impazienza che caratterizzano certi atteggiamenti da parte dei settori del centro, quando è in giuoco un problema di libertà, vale a dire uno di quei problemi ai quali quei settori si proclamano particolarmente sensibili. Noi interveniamo nel dibattito perché il caso di Pescara assume importanza sul piano nazionale. Attraverso l’episodio di Pescara noi vogliamo difendere, non a parole, ma a fatti, i diritti dei liberi Comuni. Io credo che per quanti sforzi si facciano, non sarà possibile dimostrare che tali diritti non sono stati offesi ai danni dell’amministrazione di Pescara, liberamente eletta dal suffragio popolare. Io ricordo le dichiarazioni fatte, quando venne presentata giorni fa l’interrogazione Corbi, dal Sottosegretario onorevole Marazza, il quale cercava timidamente di rifugiarsi – ed in realtà si rifugiò – dietro il parere del Consiglio di Stato. Io seguii con grande attenzione la lettura di quel parere e provai un senso di stupore e di amarezza perché, se, come diceva giustamente il collega Corbi, un Governo volesse sciogliere un’amministrazione comunale, troverebbe sempre i motivi a cui quel parere fa riferimento. Per quanto ci siano state delle interruzioni – di cui non riesco a comprendere lo spirito – il collega Corbi ha dato prova di una grande superiorità morale, nel senso che ha cercato di mantenere il problema su un piano generale. Non è sceso cioè a nessun motivo di carattere polemico che possa essere tacciato di faziosità. Egli ha risposto a ciascuno dei motivi che sono stati addotti nella relazione che accompagna il decreto di scioglimento. Io attendo la risposta del Ministro dell’interno, ma penso che questo contrasto attraverso il quale andiamo alla ricerca della verità (e per me la verità è quella che con dati obiettivi è stata enunciata dal collega Corbi) questo contrasto avrebbe dovuto essere superato non in questa sede, ma prima della misura governativa. (Vivi rumori e interruzioni al centro).

Le accuse che sono state mosse all’amministrazione di Pescara, dopo l’inchiesta sulla quale ritornerò fra poco, avrebbero dovuto essere contestate all’Amministrazione comunale di Pescara, e noi invece ci troviamo di fronte a un giudizio che è stato emesso senza aver udito l’altra parte. Si è parlato di inchiesta: ma chi è mai questo inquirente che si reca a Pescara ove fa visite di ossequio alle autorità ecclesiastiche e viceversa non sente il bisogno di mettersi a contatto con gli amministratori, per vedere se abbiano fatto quelle determinate cose e perché le abbiano fatte?

Ma non pensate a quello che potrebbe avvenire se accettassimo il criterio che inchieste che investono, attraverso il Comune, il principio stesso della sovranità popolare, potessero essere condotte coi criteri con cui è stata condotta l’inchiesta sul comune di Pescara?

Io sono convinto, anche dopo la lettura del parere del Consiglio di Stato, che bisognava contestare all’Amministrazione comunale gli addebiti desunti dall’inchiesta. L’articolo 323 della legge comunale e provinciale conferisce non soltanto il diritto, ma il dovere di richiamare le Amministrazioni comunali all’osservanza degli obblighi cui siano venute meno: voi non l’avete fatto.

L’autore del decreto di scioglimento è quell’ispettore, il quale ha compiuto la sua missione nel modo in cui l’ha compiuta, a servizio d’interessi che non sono quelli della cittadinanza. Non vogliamo fare, ripeto, questioni di carattere particolare o fazioso; anch’io, come ha fatto Corbi, vi richiamo a considerare la gravità obiettiva del provvedimento che è stato preso.

Non soltanto il collega Corbi ha dimostrato l’infondatezza delle accuse ad una ad una, ma ha ricordato le grandi benemerenze acquisite da questa amministrazione, la quale, in condizioni di estreme difficoltà, si è proposta il compito di cancellare nel tempo più breve i segui della distruzione che sono stati impressi dalla guerra alla città di Pescara. Anch’io sono stato recentemente a Pescara ed ho visto quanto sia stato, e quale, il lavoro compiuto da questa amministrazione, il che spiega – e qui mi rivolgo alla responsabilità politica di tutti – il che spiega come di fronte al provvedimento si siano levati in protesta concorde non soltanto i cittadini, di cui già 15 mila hanno apposto la loro firma ad una petizione, ma tutti i consiglieri che sono stati eletti dal popolo, consiglieri democratici.

E qui vorrei raccogliere un motivo che è stato accennato dall’onorevole Corbi: egli ha fatto particolarmente appello al partito della Democrazia cristiana. Io mi permetto di fare appello ai colleghi del Partito repubblicano e del Partito socialista dei lavoratori italiani. L’amministrazione di Pescara è stata accusata anche di faziosità; questa accusa non pesa soltanto sui consiglieri comunali comunisti e socialisti, pesa anche sui consiglieri comunali repubblicani e su quelli appartenenti al Partito socialista dei lavoratori italiani. Questo spiega come il collega Paolucci l’altro giorno abbia inteso il dovere morale di aggiungere la sua voce indignata a quella del collega Corbi.

Ieri il Presidente del Consiglio ha detto che il rimpasto ministeriale lascia le cose immutate. Noi lo crediamo; ma ciò implicitamente significa, che, se così forse, i colleghi del Partito socialista dei lavoratori italiani e i colleghi repubblicani assumerebbero di fronte al Paese la responsabilità di dare un avallo, che sarebbe pseudo-democratico, alla politica immutata del Governo della Democrazia cristiana.

Io dico che questi colleghi devono sentire anch’essi la solidarietà con coloro che sono stati ingiustamente giudicati faziosi: i 15 mila che hanno firmato non sono soltanto i rappresentanti dei partiti dell’estrema sinistra; tutta la popolazione ha inteso il bisogno spirituale di levarsi contro l’ingiustizia.

Come si può affermare che il comune di Pescara dovesse essere sciolto per motivi di ordine pubblico, quando, dopo l’inaudita sopraffazione, i responsabili politici locali non hanno avuto necessità di compiere uno sforzo per mantenere alla protesta della cittadinanza un carattere di disciplina e di dignità? Come potete affermare che si tratta di un provvedimento preso a fini di ordine pubblico, quando l’enorme maggioranza della popolazione di Pescara si raccoglie intorno ai proprî amministratori, volendo con ciò dimostrare che l’ordine pubblico può essere, caso mai, minacciato, non dalla permanenza dei propri amministratori, ma soltanto dall’atto di violenza perpetrato nei confronti di essi?

Io spero che i rappresentanti di quei partiti che hanno collaborato alla gestione amministrativa del comune di Pescara non vogliano spezzare la loro solidarietà di fronte a un episodio che, ripeto, supera i confini di una città e si proietta come una minaccia sul piano nazionale.

Noi, in nome di Pescara, difendiamo i diritti della libertà popolare e democratica; in questo dibattito, ciascuno è chiamato ad assumere le proprie responsabilità. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Congratulazioni – Commenti).

PAOLUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLUCCI. È inconcepibile ed è fonte di viva amarezza che abusi e soprusi di tal genere si compiano in regime repubblicano, quando in regime monarchico prefascista sarebbero stati repressi e condannati almeno dal supremo organo amministrativo e quando, in regime fascista, per rimuovere un podestà o un governatore si sarebbe usato, quanto meno, un altro stile: si sarebbero salvate le apparenze.

Il provvedimento di scioglimento dell’amministrazione comunale di Pescara deve essere revocato non solo per ragioni di fatto, non solo per ovvie considerazioni di diritto, ma anche e soprattutto – come vi dimostrerò – per ragioni di opportunità politica, per ragioni di legalità democratica e repubblicana.

Ragioni di fatto: ve le ha esposte esaurientemente l’onorevole Corbi, ma io non posso astenermi dal rilevare alcuni punti della relazione ministeriale che ha provocato il decreto di scioglimento e che ha accompagnato, nella sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il decreto stesso. Vi è, innanzi tutto, un insulto, nella prima parte della relazione, alla città di Pescara. Si dice infatti che la Giunta e il sindaco, eludendo le aspettative della maggior parte degli elettori, fondarono la loro opera su palesi principî di partigianeria, trascurando gli interessi della collettività e lo studio di quei problemi la cui soluzione si impone sollecita in una città così duramente provata dalla guerra, come Pescara.

Ma, onorevoli colleghi, Pescara, a quindici giorni di distanza dalla liberazione del fronte, era tutta un cantiere, un cantiere di lavori di ricostruzione, e l’amministrazione comunale, eletta dal popolo, ha dato il massimo impulso a questa meravigliosa, miracolosa opera di rinascita.

Si comincia dunque, in questa relazione, ad offendere la città di Pescara. Ma vi è dell’altro, onorevoli colleghi: si dice – ed io lo ponevo in rilievo giorni or sono, quando discutevo le dichiarazioni dell’onorevole Marazza – si dice (e questo è l’addebito che mi ha maggiormente colpito) che il sindaco di quella città abbia assunto quali impiegati dei parenti, persino il suocero. Ma amici miei, voi non avete considerato un argomento, che ha un’importanza grandissima, cioè che vi è un articolo del Codice penale – il 324, se non erro – il quale punisce il pubblico amministratore che negli atti del suo ufficio ponga degli interessi privati. Ebbene voi, onorevole Ministro, non avete inoltrato nessuna denuncia a carico di questi amministratori disonesti, di questi pretesi prevaricatori.

Vi è poi, un altro rilievo che devo fare circa l’ultima parte della relazione, là dove si dice che due degli attuali consiglieri comunali si sono resi responsabili di gravi abusi nell’amministrazione, dell’ospedale civile di cui erano in precedenza amministratori. Ecco, vedete, una relazione ministeriale dà la patente di disonesti, di prevaricatori a due consiglieri comunali perché avrebbero fatto parte della disciolta amministrazione dell’ospedale civile. Ma vivaddio, non è permesso in una Repubblica, offendere dei cittadini, specie quando non possono difendersi. (Interruzione della onorevole Delli Castelli Filomena).

Le persecuzioni ai danni della città di Pescara incominciarono proprio con lo scioglimento dell’amministrazione dell’ospedale civile, e sappiate che quegli amministratori, accusati apertamente in questa relazione di atti di prevaricazione e di altri gravi addebiti, si sono querelati per diffamazione contro un giornale di parte avversa che li aveva accusati. È il giudizio pende tuttora, credo, in istruttoria dinanzi al tribunale.

Ma basta con le ragioni di fatto; veniamo a quelle di diritto. E in questo campo, onorevole Scelba, io penso che lei non possa evadere dalle argomentazioni che modestamente io sottoporrò all’esame dell’Assemblea. Vi è una prassi costante, una giurisprudenza univoca del Consiglio di Stato, che fissa dei principî di diritto amministrativo a proposito di questo articolo 323 della legge comunale e provinciale, che non fa che riportare una vecchia norma che vigeva anche nel secolo scorso e che è rimasta inalterata. Si richiede, allorché si tratti di scioglimento di un’amministrazione con la motivazione «illegalità amministrative», innanzitutto la dimostrazione, la documentazione in atti, di queste irregolarità. Ma si richiede soprattutto la prova, in atti, che l’amministrazione inadempiente, diciamo, sia stata invitata ad ottemperare a precise disposizioni di legge. Si richiede la prova documentale della messa in mora; si richiede la prova della contestazione dell’addebito, e si richiede la prova del rifiuto di ottemperanza a quegli obblighi, di ottemperanza alla intimazione, alla diffida, alla messa in mora.

Orbene, negli atti ufficiali non vi è nulla; o almeno credo che non vi sia nulla di tutto questo. Apro una parentesi. Io, ieri, insieme col collega Corbi, sono stato al Ministero dell’interno, per prendere visione del fascicolo degli atti e documenti relativi allo scioglimento dell’amministrazione comunale di Pescara.

Ero stato incaricato dal mio Gruppo parlamentare di effettuare quell’esame, quella ricerca, quel controllo o indagine, come volete. Ebbene, non siamo riusciti, il collega Corbi ed io, a prendere visione di quegli atti.

Abbiamo cercato in tutti gli uffici del Ministero dell’interno, ma non si sapeva dove gli atti fossero. Ecco, vedete come anche ai deputati si inibisce la possibilità di quel potere di controllo che la legge affida loro.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ma se gli atti li ha il Ministro e il Ministro è nell’Assemblea, dove li vuol trovare gli atti?

PAOLUCCI. Sappiamo anche quale ufficio li teneva. Lei comunque, non se li sarà portati con sé. Io vi andai anche per invito dell’onorevole Pacciardi che fa parte del Comitato di coordinamento! (Commenti).

In altre parole, si sarebbe dovuta seguire questa procedura: rimanendo nella legalità, si sarebbe dovuta invitare l’Amministrazione comunale di Pescara – dall’organo di Governo, dal prefetto o dal Ministro dell’interno – ad ottemperare a quelle precise disposizioni, cioè a concedere in appalto la gestione delle imposte di consumo in luogo della gestione fatta in economia; si sarebbe dovuta invitare la stessa Amministrazione comunale a licenziare gli impiegati i quali sarebbero parenti del sindaco; si sarebbe dovuta invitare l’Amministrazione comunale a decidere i ricorsi in materia di imposte, ecc.

Questa è la legge, precisa e tassativa. Parimenti precisa e tassativa è la giurisprudenza di oltre un ventennio del Consiglio di Stato.

«I consigli comunali e provinciali possono essere sciolti per gravi motivi di ordine pubblico o, quando, richiamati all’osservanza degli obblighi a loro imposti, persistono nel violarla».

Occorre dunque il richiamo formale, la messa in mora e il rifiuto ad ottemperare all’invito!

Ma tutto questo non c’è, o almeno io non l’ho potuto vedere.

Io so che l’inchiesta è stata effettuata senza che venisse interpellato il sindaco, senza che si chiedesse conto agli amministratori delle pretese loro irregolarità! Figuratevi come si sarà operato illegalmente a danno di quei poveri inquisiti amministratori.

Quindi, per questi motivi, basterebbe solo la questione di diritto: il provvedimento è inficiato di nullità e di eccesso di potere.

Ma andiamo all’altra motivazione.

Motivi di ordine pubblico. Leggete la relazione: si parla di molti addebiti di natura amministrativa di pretese illegalità amministrative. Si dice testualmente che per la tutela del pubblico interesse e «per la risoluzione dei complessi problemi che nell’interesse generale della pubblica amministrazione deve affrontare, si rende necessario procedere ai sensi dell’articolo 323 ecc. allo scioglimento del consiglio comunale, la cui ulteriore permanenza in carica potrebbe essere ulteriormente pregiudizievole alla civica azienda, evitando così l’eventuale turbamento dell’ordine pubblico».

Ora, in materia di motivazione siffatta, in materia di turbamento dell’ordine pubblico, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è concorde nell’affermare che non devesi solo accennare, in una relazione, all’esistenza generica, approssimativa, di un pericolo di turbamento dell’ordine pubblico, ma occorre motivare adeguatamente e sufficientemente questa possibilità.

In altre parole non bisogna soltanto agitare lo spauracchio dell’ordine pubblico, ma occorre una motivazione logica, seria, occorre la certezza che si verifichino dei disordini. Questo è il concetto sempre affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. Orbene, voi avete visto che ripara, la relazione, sotto l’usbergo della motivazione dell’ordine pubblico. E, pensate, non si è avuto il coraggio nemmeno di parlare di «grave perturbamento dell’ordine pubblico» quando la legge invece è tassativa al riguardo: «per gravi motivi di ordine pubblico». La relazione dice: «provocando così eventuali turbamenti dell’ordine pubblico».

Ma, onorevoli colleghi, voglio leggervi la motivazione di una decisione del Consiglio di Stato in materia: «In altri termini occorre che la relazione ministeriale designi sia le irregolarità amministrative sia le cause, che debbono essere gravi, di perturbamento, avvenuto o temuto, dell’ordine pubblico, per le quali il Governo, a cui resta sempre incensurabilità di apprezzamento, si induce a fare uso della potestà affidatagli dall’articolo succitato.

In base a questo concetto è da concludersi che il semplice accenno fatto nella parte conclusiva della relazione ministeriale anche a motivi, che neppur si dicono gravi, di ordine pubblico è addirittura insufficiente perché si possa, alla stregua di questa sola e generica affermazione, attribuire all’impugnato decreto la figura di un provvedimento emanato dal Governo nell’esercizio del potere politico e per ragioni di ordine pubblico valevoli a sottrarre l’atto governativo al sindacato di questo Collegio».

Ma in materia di definizione, diciamo, del concetto di ordine pubblico, di sussistenza o meno di questo estremo, vi è un’altra decisione della massima magistratura che pure ammaestra: «Per ragioni di ordine pubblico deve intendersi la viva agitazione formatasi in detta popolazione trattenuta solo dalla fiducia di vedere disciolta l’amministrazione».

Nella fattispecie le csle stanno ben diversamente. Precedenti non ve ne sono mai stati, che potessero far pensare a turbamento dell’ordine pubblico. Contro questa Amministrazione, eletta dal popolo, non vi è stato mai un ricorso, mai una agitazione piazzaiola, mai nulla, mai una protesta.

Dopo, che cosa è avvenuto? Dopo il provvedimento di scioglimento dell’amministrazione stessa, tutta la città si è levata in piedi attorno a questi amministratori, tutte le città italiane hanno solidarizzato con Pescara dove si difendono oggi la democrazia, la libertà e la sovranità del popolo! (Applausi a sinistra).

Vedete, il crisma, diciamo, al provvedimento di scioglimento di una amministrazione comunale o provinciale lo dà l’accoglienza che viene fatta al provvedimento stesso di scioglimento. La valutazione, in altre parole, della legalità o dell’illegalità del provvedimento la dà proprio la prova dei fatti, la dà l’accoglienza che i cittadini interessati fanno a quel provvedimento.

Ora, che cosa è successo a Pescara dopo quel provvedimento? Lo avete sentito dall’onorevole Corbi, dall’onorevole Cianca, lo avete letto nei giornali: la cittadinanza è tutta insorta contro quel decreto, fazioso ed arbitrario! Questo vi dimostra che i motivi di ordine pubblico non sussistevano. Voi avete provocato un’agitazione, voi avete provocato la reazione da parte del popolo, voi avete minacciato l’ordine pubblico, voi potete provocare ancora più gravi disordini!

SCELBA, Ministro dell’interno. Li avete fatti venire dalla provincia, perché quelli della città non bastavano a protestare! (Rumori).

DELLI CASTELLI FILOMENA. Da Ascoli Piceno li avete fatti venire!

PAOLUCCI. Non ve n’era bisogno. Bastavano i soli cittadini di Pescara!

Il Consiglio di Stato, onorevole Scelba, ha anche affermato il principio che i provvedimenti di scioglimento motivati per ragioni di carattere amministrativo, cioè da illegalità amministrative, sono suscettibili di gravame alla quarta Sezione del Consiglio di Stato mentre i provvedimenti motivati dalle famose ragioni gravi di perturbamento dell’ordine pubblico non sono suscettibili di ricorso al Consiglio di Stato.

Orbene, come abbiamo visto, in tutto il corpo della relazione si sviluppa il motivo della ricorrenza di frequenti illegalità amministrative; poi quasi di soppiatto, si infila nella relazione stessa la motivazione del perturbamento dell’ordine pubblico.

Qui è la scaltrezza del Ministro dell’interno; qui è la sua scaltrezza, non dico curialesca – perché sarebbe meno disonorevole – ma addirittura poliziesca. Con quella motivazione «dell’ordine pubblico» voi avete sottratto ai cittadini di Pescara il diritto di ricorrere al Consiglio di Stato. (Applausi a sinistra). Questo è il colmo dell’arbitrio!

Ma questo provvedimento di scioglimento dell’Amministrazione di Pescara non è l’unico del genere. Leggevo sui giornali che il Ministro dell’interno ha sciolto una amministrazione comunale della Calabria eletta dal popolo e le successive elezioni hanno rimandato al Comune di San Lucido gli stessi amministratori. La situazione politica di Pescara è questa, e lo attesta la stessa relazione, i consiglieri sono: dodici democristiani; undici socialisti; sei comunisti; cinque repubblicani; quattro indipendenti; due qualunquisti. Che cosa è successo? Mi è stato riferito che i Consiglieri di parte democristiana non furono compresi nella Giunta.

Allora cominciarono a disertare le sedute del Consiglio comunale; e questo loro atteggiamento durò diversi mesi, provocando la reazione della popolazione. Ci furono manifesti, campagne di giornali ed altro.

Perché dunque il provvedimento di scioglimento? Per liquidare l’amministrazione composta di socialisti, comunisti e repubblicani: è chiarissimo.

Vedete, nelle mie ricerche ieri, ho avuto la fortuna di trovare un’altra decisione del Consiglio di Stato che fa proprio al caso di Pescara. In essa si afferma il principio che non possa confermarsi un provvedimento viziato di eccesso di potere, allorché risulti chiaro che con quel provvedimento si è mirato a disfarsi di amministratori poco graditi. È proprio il nostro caso specifico. Mi pare si trattasse dello scioglimento del Consiglio comunale di Fondi.

Non so come l’onorevole Scelba possa rispondere a queste argomentazioni. Ma vi sono anche ragioni di opportunità politica.

Io penso che non potendo identificarsi Stato e Governo, si è fedeli servitori di uno Stato democratico quando, e specialmente, si reagisce ad atti arbitrari di un Governo antidemocratico.

Perciò, penso che nessun addebito possa farsi alla cittadinanza di Pescara, se essa è insorta contro questo provvedimento, illegale ed arbitrario.

Non facciamo, signori del Governo, una questione di prestigio del Governo; facciamo piuttosto una questione di prestigio delle istituzioni repubblicane.

Voi, revocando volontariamente questo provvedimento, che sapete essere illegale ed arbitrario, recuperereste un po’ di quel prestigio, che avete perduto, rafforzereste anche il prestigio della repubblica e della democrazia.

Io rivolgo un appello ai colleghi di tutti i settori di questa Assemblea, e specialmente ai colleghi del mio Gruppo: non vorrei, dico ad essi, che sprofondaste fin d’ora nel banco di sabbie mobili, in cui vi siete incautamente cacciati (Applausi a sinistra) e faccio appello alla vostra sensibilità politica.

A Pescara si difende la democrazia. Non possiamo creare questo precedente: che una amministrazione comunale o provinciale sia sciolta ad libitum del Governo. È la sovranità popolare che si ferisce e si uccide in questo modo; e la Repubblica in questo modo non si difende, ma si offende. (Applausi a sinistra – Commenti).

SPATARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPATARO. In quest’Aula ho detto la settimana scorsa che per lo scioglimento del Consiglio comunale di Pescara mi si è voluto attribuire un merito che io non ho; perché l’inchiesta fu ordinata dal Ministero dell’interno in seguito ad un ricorso presentato da persone ben qualificate, cioè da 15 Consiglieri comunali. Dei 5 Consiglieri del partito repubblicano 3 si sono dimessi, e degli altri 2, uno è quello che si è occupato dell’amministrazione dell’ospedale, di cui dirò più tardi e che credo non faccia più parte del Partito repubblicano; ragione per cui questo partito a Pescara ha un solo rappresentante nel Consiglio comunale.

I 15 Consiglieri comunali non avevano alcun motivo di rivolgersi ai deputati. Ed io devo e voglio dichiarare a questa Assemblea di non essere stato assolutamente richiesto di alcun intervento.

Se oggi ho ritenuto doveroso intervenire in questa discussione, è perché si vuole tentare di dare un significato politico ad un provvedimento che è puramente amministrativo. (Commenti all’estrema sinistra).

L’inchiesta ebbe ad accertare gravissime irregolarità, per cui l’Ispettore generale concluse la sua relazione proponendo lo scioglimento del Consiglio comunale e raccomandando la nomina di un Commissario dotato di particolare competenza amministrativa, per potere rimettere in ordine il comune di Pescara.

Già nel 1946, durante il secondo Ministero De Gasperi, in seguito ai primi reclami giunti al Ministero, fu disposta una visita ispettiva.

In occasione di quella ispezione, gli amministratori furono richiamati alla osservanza degli obblighi imposti dalla legge; ma il richiamo rimase inascoltato, come inascoltati rimasero altri richiami, che, tramite la Prefettura, furono fatti dal Ministero dell’interno, in seguito ai ripetuti ricorsi che erano giunti per il servizio della nettezza urbana, per il reclutamento del personale, per vari atti di favoritismo ed anche per il piano di ricostruzione edilizia della città.

Particolare importanza, infatti, riveste il piano di ricostruzione di Pescara. Perciò questo doveva essere oggetto di attento esame da parte del Consiglio comunale, tanto più che in verità non si trattava di un semplice piano di ricostruzione, ma, almeno in parte, di un grandioso piano regolatore che prevede la demolizione di numerosi vani oggi abitati e la costruzione di grandiosi edifici di lusso e per il giuoco, con una spesa di alcuni miliardi. Un simile piano, che avrebbe richiesto fra l’altro l’osservanza di speciali formalità imposte dalla legge, non fu portato in discussione davanti al Consiglio comunale. Più di un terzo dei Consiglieri chiese la convocazione del Consiglio, ma questo non venne convocato ed i Consiglieri dovettero presentare ricorso al Ministero dell’interno per ottenere la convocazione. Anche di ciò si dovette occupare la prima ispezione ordinata dal Ministero dell’interno. Finalmente la Giunta si impegnò a presentare entro il novembre 1946 un piano finanziario; ma neppure questo impegno fu mantenuto e soltanto nell’estate 1947 fu trovata una brillante soluzione, quella di chiedere al Governo il contributo di un miliardo e 600 milioni per questo piano di ricostruzione.

Torniamo all’inchiesta, onorevoli colleghi, quella avvenuta quest’anno. Il Ministero, date le conclusioni dell’ispettore generale, richiese il parere del Consiglio di Stato, il quale non soltanto si espresse favorevolmente allo scioglimento, ma, in base ai documenti che erano allegati alla relazione, aggiunse che lo riteneva assolutamente necessario come unica misura idonea in rapporto alla situazione finanziaria ed amministrativa del Comune di Pescara. A questo punto mi pare che la discussione potrebbe anche cessare e debbo dire che senza alcun dubbio la discussione non sarebbe neppure cominciata in quest’Aula, se questo provvedimento, per combinazione, non fosse coinciso con il ciclo di agitazioni che si vanno organizzando nelle diverse regioni d’Italia, prendendo pretesto da ogni occasione. (Rumori all’estrema sinistra).

BOSI. Dobbiamo sempre accettare i vostri soprusi?

SPATARO. Infatti, onorevoli colleghi, quando, qualche tempo fa, si previde come logica conseguenza dell’inchiesta un provvedimento di scioglimento, negli ambienti vicini alla Giunta comunale di Pescara fu diffusa la voce che il Consiglio comunale sarebbe stato sciolto perché la frazione di Spoltore, che faceva parte del comune di Pescara, e che aveva partecipato alle elezioni del Consiglio comunale, era stata recentemente ricostituita a comune autonomo e quindi, per questo motivo, in quegli ambienti, si diceva che le elezioni a Pescara sarebbero state rifatte. Ma in questi ultimi giorni, si è voluto cogliere un pretesto, come ho detto, per un’agitazione anche a Pescara. Sono convinto però che di tanta pubblicità che siamo costretti, contro ogni nostro desiderio, a dare alle irregolarità commesse dagli amministratori comunali di Pescara, questi non potranno essere riconoscenti ai loro amici politici. Abbiamo sentito dai giornali che oggi c’è lo sciopero generale. Tutti sappiamo come gli scioperi politici vengono indetti e come vengono subiti, finché verranno subiti. (Rumori all’estrema sinistra). Però a Pescara il giorno otto dicembre l’ordine di sciopero generale, fu emanato soltanto dal rappresentante comunista della Camera del Lavoro, ma dopo due ore lo sciopero era fallito ed il fallimento fu così completo che la Camera del Lavoro non dette neppure l’ordine di cessazione dello sciopero! Dopo questo precedente si è usata una maggiore prudenza e si è detto che oggi si sarebbe ancora scioperato, ma solo fino a mezzogiorno; ma anche questa volta lo sciopero è fallito e quindi Pescara ha continuato il suo lavoro con lo stesso fervore dei giorni precedenti. Si vuole dare anche importanza alla raccolta delle firme e delle offerte. Ebbene, dirò che in questi ultimi giorni chiunque si è dovuto recare in Municipio ha dovuto apporre una firma, e che fogli sono stati messi in giro nei negozi e negli stabilimenti, dove le commissioni interne… invitavano gli operai a firmare.

Tra le offerte ne voglio segnalare una: quella in denaro fatta dal dottor Nicola Perrotti, Alto Commissario per la Sanità e che ancora fa parte del Governo finché non sarà allontanato gentilmente dal Presidente De Gasperi. (Rumori e interruzioni all’estrema sinistra).

È stato affisso anche un manifesto da parte di numerosi combattenti e reduci, che chiedono la convocazione dell’assemblea generale dei soci per riaffermare l’apoliticità della Associazione e protestare contro un voto, dato in nome di non si sa chi, di opposizione al provvedimento del Ministero. Debbo ricordare che anche l’Abruzzo ha avuto i suoi valorosi partigiani; ma quando si dice che in questi giorni i partigiani d’Abruzzo si sono occupati dello scioglimento dell’Amministrazione di Pescara, si dice cosa non esatta, perché quelle persone che se ne sono occupate non sono quei valorosi partigiani dei quali l’Abruzzo è giustamente orgoglioso. (Interruzioni – Commenti all’estrema sinistra).

Una voce all’estrema sinistra. Glielo vada a dire di persona.

SPATARO. È stata messa in grande rilievo l’opera svolta per la ricostruzione di Pescara dal sindaco e da quell’amministrazione comunale. Pescara è stata molto danneggiata dalla guerra e bisogna lodare il fervore e lo spirito di iniziativa che anima ed ha animato quei cittadini nella ricostruzione di quel grande centro adriatico, che avrà uno sviluppo che forse oggi nessuno immagina. Ma ad ognuno il suo: parlare dell’opera di ricostruzione di Pescara non si può senza ricordare l’opera del Provveditorato alle Opere Pubbliche e del Genio civile che hanno preparato e redatto i progetti, e non si può parlare delle opere di ricostruzione di Pescara senza citare gli stanziamenti fatti dal Governo attraverso i vari Ministri dei Lavori Pubblici che si sono succeduti dalla liberazione ad oggi. Perché per i lavori eseguiti il Governo ha dato 528 milioni, per lavori in corso il Governo ha dato 775 milioni, per lavori in corso di appalto il Governo ha stanziato 47 milioni e per i contributi pagati ai privati il Governo ha dato 157 milioni, cioè un miliardo e mezzo. Senza dubbio Pescara merita e deve avere – anche perché è il più grande centro industriale e commerciale dell’Abruzzo – l’appoggio del Governo. Ma quando si vuol fare un inno alla Giunta comunale, è giusto domandarsi in che cosa consistano queste sue benemerenze. Quando l’amministrazione è tenuta coi criteri che ora accennerò, quando l’amministrazione comunale non si preoccupa delle finanze comunali, ma conta solo sull’integrazione del bilancio da parte dello Stato, quando il Governo interviene con le cifre che ora ho comunicato, vorrei conoscere quali sono le benemerenze dell’amministrazione comunale di Pescara. Perché è evidente che è facile amministrare bene (e il Comune di Pescara non è stato amministrato bene) è facile amministrare bene, dicevo, quando ci sono i mezzi finanziari. Questa è la preoccupazione dei buoni amministratori: trovare i mezzi finanziari, perché, in quanto a progetti, in Italia abbiamo tanta inventiva e genialità che forse nessun popolo ci può superare. (Commenti a sinistra).

La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato la relazione del Ministro dell’interno al Capo provvisorio dello Stato per lo scioglimento del Consiglio comunale di Pescara. Questa relazione è basata su una relazione documentata dell’inchiesta e sul parere del Consiglio di Stato. In base a questi dati, in seguito alle notizie che direttamente ho cercato di avere e alle indagini che ho cercato di fare illustrerò all’Assemblea alcune delle gravi irregolarità commesse dall’amministrazione comunale di Pescara, le quali giustificano pienamente il provvedimento di scioglimento, che è stato preso nell’interesse stesso della città di Pescara, in quanto coi sistemi di amministrazione adottati non si sarebbe potuto sperare in alcun contributo da parte dello Stato, mentre invece questo contributo è urgente, è necessario ed occorre che sia dato anche in misura notevole. (Rumori all’estrema sinistra – Interruzioni del deputato Negro e del deputato D’Onofrio).

Con troppa facilità qui è stato detto che sono molti i comuni che non preparano in tempo debito il bilancio…

Una voce all’estrema sinistra. Tutti, tutti!

SPATARO. …ma nel comune di Pescara vi è qualche cosa di molto più grave, perché il bilancio è stato preparato solo in settembre, e perché è stato sollecitato e vorrei dire imposto dall’ispettore generale del Ministero dell’interno. E si è andati avanti così per tanti mesi, senza orientamenti né per le entrate né per gli impegni che si andavano assumendo. Così si è giunti ad un fabbisogno di 230 milioni, per cui si deve chiedere allo Stato un contributo di circa 130 milioni.

Prima di rivolgersi alle casse dello Stato, prima di chiedere, cioè, il contributo delle altre provincie, si ha il dovere di fare buon uso del denaro e di incassare tutto quello che si può incassare dai propri cittadini. (Interruzione del deputato Scoccimarro).

I gettiti principali del bilancio di Pescara sono l’imposta di consumo e la tassa di famiglia insieme ad altri tributi comunali. Per la riscossione delle imposte di consumo, è documentato che di fronte ad un’offerta di 70 milioni da parte di una ditta appaltatrice…

Una voce all’estrema sinistra. Non ha offerto nulla!

SPATARO. Mi dispiace darle una smentita: il Consigliere comunale di Pescara, avvocato Francesco Paolo De Monte del Partito liberale, mi ha fornito copia della lettera scritta dalla ditta Trezza al signor Sindaco di Pescara, col numero 2890 di protocollo… (Interruzione del deputato Corbi – Rumori al centro).

Ripeto che la copia della lettera mi è stata data dal consigliere comunale avvocato De Monte, lettera diretta precisamente al signor Sindaco di Pescara con l’offerta di 70.000.000 lire. (Rumori all’estrema sinistra). Ciò nonostante, il Consiglio comunale ha approvato la gestione in economia del servizio, senza tener conto del suggerimento del Prefetto in rapporto all’esperienza dell’anno precedente. Il Prefetto infatti aveva pregato il sindaco di sottoporre nuovamente all’esame della Giunta la questione. (Rumori all’estrema sinistra).

Fra le altre considerazioni, il Prefetto aveva rilevato che la gestione in economia aveva procurato, durante i precedenti esercizi, un danno rilevante alle dissestate finanze comunali, e pertanto non si comprendeva come il comune, con il medesimo personale, senza la direzione di tecnici specializzati, avrebbe potuto considerarsi in grado di migliorare la gestione stessa.

Pure, non ostante il suggerimento del Prefetto e l’opposizione motivata di molti consiglieri, si volle decidere la gestione in economia dell’esercizio. (Rumori a sinistra). È ben vero che l’onorevole Ministro Scelba, con decreto legislativo del 12 giugno 1947, ha abrogato l’articolo 97 della legge comunale e provinciale del 1934 e conseguentemente la deliberazione ha potuto esser presa contro il parere del Prefetto, ma, quando con tale deliberazione si presume un gettito annuo di 20 milioni di meno di quello che si sarebbe potuto ottenere con la gestione in appalto, allora non si ha più la possibilità, onorevoli colleghi, di chiedere allo Stato un contributo di bilancio nella misura in cui è stato chiesto. (Applausi al centro).

Ed è facile osservare che, se si è avuta da una ditta l’offerta di 70 milioni, è da prevedere, come cosa certa, che questa cifra sarebbe stata superata, se l’appalto fosse stato aggiudicato a mezzo di pubblica licitazione. (Approvazioni).

È stato riscosso, onorevoli colleghi, un supplemento cosiddetto volontario, nella misura dell’un per cento sull’importo lordo di ogni bolletta: ma il ricavato, lungi dall’esser versato alle casse comunali, è stato invece amministrato direttamente dal sindaco, senza che il Consiglio comunale, pur avendone fatta formale richiesta, abbia mai avuto notizia precisa del modo come queste somme venivano amministrate. E si tratta di cifre notevoli.

E, a proposito del sindaco, debbo dire che non ci fa buona impressione la circostanza che egli sia stato l’amministratore giudiziario del teatro comunale, in occasione di una vertenza circa la proprietà, del teatro in cui era interessata l’amministrazione comunale.

E per il gettito della tassa di famiglia, e di altri tributi comunali, debbo dire che, mentre in base a serie valutazioni, si poteva prevedere un gettito di 30 milioni, in bilancio, per la sola tassa di famiglia, ne sono stati previsti appena dieci e vi sono ora fondati timori che neppure questi dieci milioni si riuscirà a riscuotere.

È ben vero, onorevoli colleghi, che la città è stata colpita duramente dalla guerra, per cui sono state doverosamente concesse alcune agevolazioni fiscali; ma è anche vero che il Comune di Pescara, come tutti gli altri comuni sinistrati d’Italia, non può rinunziare alla riscossione dei suoi tributi.

Io posso dirvi che, per le imposte di consumo, non sono stati decisi dei ricorsi pendenti per un importo di alcuni milioni ed altri ricorsi ancora sono giacenti da lungo tempo in attesa di essere esaminati.

Una voce al centro. Amministrazione modello!

SPATARO. Solo ora si stanno compilando i ruoli per gli anni 1946-47, che andranno in riscossione nel 1948, insieme a quelli dell’anno prossimo, dimodoché i contribuenti saranno nel 1948 sottoposti ad un peso tributario forse insostenibile.

Non avrei voluto parlare in questa Assemblea della nettezza urbana; ma siccome si è voluto fare dello spirito su questo argomento, penso che sia il caso che l’Assemblea venga informata anche a questo riguardo. L’amministrazione aveva concesso, a trattativa privata, l’appalto del servizio della nettezza urbana, quando era sindaco sempre lo stesso avvocato che fino ad oggi è stato sindaco. Era stato concesso dall’amministrazione comunale questo servizio ad una società che, purtroppo, onorevoli colleghi, si chiama «Cooperativa Matteotti» (Commenti all’estrema sinistra). Volete sapere chi sono i soci o consiglieri d’amministrazione della Cooperativa Matteotti? Gli assessori comunali Scurti, di Silvestro e Cirillo e i consiglieri comunali Gianiorio, Pellicciotta e Marchegiani. (Commenti al centro).

In seguito ai commenti sfavorevoli dell’opinione pubblica, nell’estate del 1946 l’appalto venne aggiudicato alla ditta Colucci, in seguito a regolare gara. Ma, pur avendo questa ditta accettato alcune modifiche alle condizioni di appalto, apportate dalla Commissione centrale della finanza locale, ancora oggi, dicembre 1947, a distanza di diciotto mesi, il servizio è rimasto affidato alla Cooperativa Matteotti in seguito a molteplici deliberazioni adottate dalla Giunta e dal Consiglio comunale, di cui, come avete sentito, alcuni membri sono anche amministratori della Cooperativa. (Commenti al centro). Gli attrezzi per il servizio della nettezza urbana non sono di proprietà della Cooperativa, ma sono stati requisiti ad una ditta, che invano ha fatto ricorso per la illegittimità del provvedimento di requisizione fatto a favore della Cooperativa. L’amministrazione comunale s’è impegnata a pagare alla Cooperativa i salari del personale, in base alle risultanze del libro-paga della stessa Cooperativa. Cioè, l’assessore alle finanze Scurti paga i salari che vengono denunciati dall’amministratore della Cooperativa Scurti. Inoltre l’amministrazione corrisponde alla Cooperativa una cifra mensile a forfait, paga due impiegati addetti alla Cooperativa e tutti i contributi assicurativi. Allora, che cosa manca per una gestione diretta? E che cosa c’entra la Cooperativa? Che strana società questa Cooperativa, che non possiede neppure gli attrezzi da lavoro e adopera quelli che sono stati requisiti ad un’altra ditta! Il servizio costa oltre 22 milioni, che così passano attraverso la Cooperativa; e infatti, dalla relazione del Consiglio d’amministrazione e dalla relazione dei Sindaci, allegate al bilancio, risulta che la gestione della nettezza urbana ha dato in un anno ai soci della Cooperativa (cioè a quelle persone che abbiamo citato poco fa) un utile netto – in un anno dico, di lire 568 mila. (Commenti al centro – Rumori all’estrema sinistra).

Una voce al centro. È una cifra modesta!

SPATARO. L’onorevole Presidente ha detto che una volta tanto l’Assemblea può occuparsi anche di piccole cose; e io chiedo scusa se devo occuparmi anche della ghiaia, perché anche la fornitura della ghiaia deve essere controllata da un’amministrazione comunale.

A proposito della ghiaia, devo dire che il collaudo della fornitura della ghiaia per le strade comunali per l’esercizio 1945-46 si stava facendo nel mese di agosto del 1947, mentre per la fornitura della ghiaia terminata al 30 giugno 1947, nel mese di settembre di quest’anno si doveva ancora stipulare il contratto con la ditta che aveva fornito la ghiaia.

Non essendovi la possibilità, a distanza di tanto tempo, di trovarne neppure una parte, voi comprendete come nessuno abbia la possibilità di controllare la fornitura della ghiaia.

A seguito dei reclami contro il funzionamento del Comitato comunale U.N.R.R.A. tessili, presieduto dall’assessore Scurti, fu fatta un’inchiesta che accertò gravi irregolarità, e a seguito di questo accertamento il Prefetto richiese al sindaco l’immediata sostituzione del Presidente del Comitato, mentre la direzione dell’U.N.R.R.A. sospese la distribuzione dei tessuti nel comune di Pescara, in attesa di una revisione di tutte le domande, per far sì che i «buoni» di prelevamento fossero distribuiti soltanto agli aventi diritto, e non anche, come figuravano negli elenchi, ai morti e ai cittadini emigrati da Pescara.

Ma questo assessore Scurti che viene allontanato in malo modo dal Comitato U.N.R.R.A. Tessili, noi lo troviamo di nuovo a capo del Comitato U.N.R.R.A. per l’alimentazione e servizio cucine.

Anche contro l’opera di questo Comitato pervennero ricorsi al Prefetto, e questi scrisse al sindaco che si imponeva la sostituzione dell’assessore Scurti nella carica di presidente del Comitato U.N.R.R.A. alimentazione.

Dal mese di maggio l’invito del Prefetto a sostituire l’assessore Scurti non è stato ancora accolto e, nonostante i commenti della stampa e della cittadinanza, lo Scurti è ancora presidente del Comitato U.N.R.R.A. alimentazione.

E così questo signor Scurti presiede alle finanze del Comune, presiede il Comitato U.N.R.R.A. alimentazione, e pur essendo stata richiesta dal Prefetto la sua sostituzione, l’invito non è stato accolto dal sindaco; lo Scurti è poi amministratore della cooperativa Matteotti.

Il cattivo funzionamento dei servizi comunali dipenderà forse anche dai criteri con cui il personale veniva assunto. Non soltanto un criterio politico, ma anche un criterio di parentela si è tenuto presente; e sono stati assunti parenti dei consiglieri e del sindaco. (Commenti).

Gli atti di faziosità e di favoritismo hanno formato oggetto dell’inchiesta e del giudizio che il Consiglio di Stato ha dato sui risultati e sui documenti allegati alla relazione di inchiesta.

Non mi pare assolutamente necessario che io intrattenga questa Assemblea su tanti casi di favoritismo, ma parlerò di uno soltanto, perché non riguarda una persona sola, ma ha colpito duemila persone, gli abitanti di due frazioni, Caprara e Cavaticchi, che durante il fascismo e fino alla Costituzione di questa amministrazione comunale, hanno sempre avuto un delegato del sindaco per gli atti di Governo che la legge consente di redigere in loco, per evitare che le persone siano costrette a percorrere molti chilometri per recarsi alla sede comunale.

Ebbene, siccome ora i due consiglieri comunali di quelle frazioni non sono del partito del sindaco, questi, nonostante il ricorso firmato da 534 elettori su 600 elettori, non ha accolto questo invito, e ha lasciato quelle due frazioni senza un suo delegato. (Commenti al centro).

Si è voluto mettere in rilievo, come risulta dai discorsi della settimana passata, il licenziamento di 35 impiegati per realizzare delle economie.

Un commissario, inviato dal Prefetto, ha licenziato circa 10 impiegati, ma successivamente quelli iscritti a determinati partiti in parte sono stati riassunti. La Commissione presso la Prefettura fu chiamata a giudicare sul licenziamento di due casi che rivestivano carattere di particolare ingiustizia. Il Prefetto ordinò la riassunzione, ma l’ordine, più volte rinnovato, non ha mai avuto esecuzione. Non si possono licenziare gli impiegati senza stabilire preventivamente criteri uniformi e generali che diano a tutti garanzie di imparzialità, né si possono assumere impiegati sotto la veste di operai giornalieri, così come è stato fatto dall’Amministrazione comunale di Pescara per circa 15 persone che sono impiegati e che figurano operai, sfuggendo così a qualsiasi controllo.

Si è accennato in questa discussione anche alle indennità degli amministratori comunali. Le cose stanno così: la Commissione centrale per la Finanza locale, in sede di esame di bilancio, ha ammesso lo stanziamento previsto nel bilancio stesso di mezzo milione annuo per indennità di carica agli amministratori. Ora invece è stata aumentata tale cifra da mezzo milione a un milione e mezzo! (Commenti al centro) e questo aumento non è stato autorizzato dagli uffici competenti. È evidente che non si possono deliberare delle spese, come quelle di un milione e mezzo per compenso al sindaco e agli assessori, quando il sindaco dichiara che l’amministrazione comunale ha bisogno dell’integrazione statale, ed in una misura così rilevante come quella che ho avuto occasione di accennare.

Dobbiamo considerare che la situazione finanziaria del comune di Pescara è così grave, che la Direzione generale della Banca del Lavoro, la cui sede di Pescara fa il servizio di Cassa, è tanto preoccupata che ha declinato ogni responsabilità sia al comune che alla Prefettura. Dovete sapere che i bilanci consuntivi sono rimasti arretrati al 1944, nonostante tutte le diffide e gli inviti degli uffici della Prefettura.

L’ispettore generale ha interrogato alcuni assessori, ai quali ha contestato gli addebiti, ha interrogato alcuni consiglieri, il segretario generale del Comune, il ragioniere capo, tutti i funzionari che ha creduto, ed ha preso visione degli atti nella sede comunale e negli uffici dell’ospedale.

Ed ho finito, onorevoli colleghi. Voglio solo dirvi che, come ho già accennato, dei 40 consiglieri comunali, tre del Partito repubblicano sono dimissionari, altri due consiglieri devono considerarsi decaduti di diritto dalla carica, uno per essere direttore stipendiato della gestione U.N.R.R.A., l’altro per essere segretario stipendiato della azienda comunale di soggiorno.

Inoltre, nei confronti di un assessore e di un consigliere comunale è in corso una vertenza, che ha avuto eco sui giornali, come è stato qui ricordato, per abusi commessi nell’amministrazione dell’ospedale, di cui il comune concorre a designare gli amministratori.

Un altro assessore, il Di Silvestro, che è pure amministratore della Cooperativa Matteotti, deve rendere conto della gestione condotta personalmente per acquisto di agnelli nelle Puglie, la cui gestione si chiude con un passivo di circa 270.000 lire.

Se si tiene conto – e non si può non tenerne conto – di questi cinque consiglieri, e si tiene conto dei tre consiglieri dimissionari del Partito repubblicano, i consiglieri si riducono a 32. Di questi 18 (12 democristiani, 2 qualunquisti e 4 liberali indipendenti) sono all’opposizione. Come poteva funzionare il consiglio comunale? Da quale maggioranza la Giunta poteva vedere approvati i suoi provvedimenti? Su quale maggioranza il sindaco poteva fare affidamento? Lo scioglimento del Consiglio si imponeva anche per questa ragione.

Onorevoli colleghi, parlare in questa Assemblea per sostenere il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di una città della mia regione non mi può far piacere, né come abruzzese, né come democratico (Interruzioni all’estrema sinistra – Commenti), anche se questi cattivi amministratori non appartengono al mio partito. Ma la democrazia, di cui anche oggi si è tanto parlato qui, si consoliderà solo se daremo al nostro popolo l’esatta sensazione che i fatti che si sono verificati in passato non si ripetono più. (Applausi al centro). Il controllo vigile delle autorità deve assicurare i cittadini e i contribuenti che l’amministrazione della cosa pubblica è affidata ad uomini onesti, capaci, e diligenti. (Interruzioni all’estrema sinistra). Solo così, e non con i metodi di quella cooperativa che si intitola al nome di Matteotti, si può consolidare la democrazia. Ed io invoco dal Governo di voler indire al più presto possibile le elezioni comunali a Pescara. (Applausi al centro). Così quella popolazione, che secondo le affermazioni fatte in quest’Aula, si agita e protesta per lo scioglimento del Consiglio comunale, potrà – forte dell’esperienza amara che purtroppo ha fatto – esprimere sinceramente il suo giudizio…

D’ONOFRIO. Ha già espresso il suo giudizio!

SPATARO. …e saprà eleggersi con oculatezza i suoi amministratori. (Vivi applausi al centro e a destra – Molte congratulazioni).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, la sensibilità che dimostra l’Assemblea Costituente per i problemi dell’autonomia comunale non possono che far piacere a chi dell’autonomia comunale è stato sempre l’assertore. Ma quando si tratta di dover discutere della sorte di un consiglio comunale, mentre il comune è occupato da partigiani chiamati a raccolta dalla provincia, il problema non è più di libertà o di democrazia: il problema è molto più serio e più grave. Perché non credo sia democrazia resistere ad un provvedimento del Governo, il quale potrà essere ingiusto nella sostanza, ma, fino a quando questa ingiustizia non viene riparata attraverso le forme legali, rappresenta l’unico atto legale possibile. (Commenti all’estrema sinistra).

In ogni modo, i precedenti di questa pratica dimostrano come non c’è stato, nel caso specifico, nessun atteggiamento polemico, rispetto allo scioglimento del consiglio comunale di Pescara.

La istruttoria dell’inchiesta a carico del comune di Pescara si è iniziata a seguito di denuncia, presentata il 23 aprile 1947 da quindici consiglieri comunali; 7 mesi è durata tutta la procedura per lo scioglimento dell’Amministrazione comunale. Se ci fosse stato un motivo polemico preordinato, quello di sciogliere l’Amministrazione comunale senz’altro, il Governo non avrebbe tirato avanti per sette mesi questa procedura.

GULLO FAUSTO. Perché non c’era niente da provare. (Commenti al centro).

SCELBA, Ministro dell’interno. Lo vedremo, onorevole Gullo.

Cosa ha accertato l’inchiesta? Riferisco dati desunti dalla relazione, la quale è documentata in ogni sua affermazione.

Vediamo, anzitutto, gli uomini: non grandi cose, ma servono a proiettare luce sui grandi fatti.

Il Sindaco di Pescara ha assunto nell’Amministrazione comunale due cognati ed il suocero: è un fatto modesto, ma che ha la sua importanza come indirizzo e come criterio amministrativo. L’esempio del Sindaco è stato seguito da altri consiglieri. Il consigliere Renzetti ha fatto assumere lo zio, il quale risulta anche benestante.

SCOCCIMARRO. Quanti zii e nipoti avete fatto assumere voi?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Consigliere Seccia ha fatto assumere il cognato. (Commenti al centro). È una Amministrazione tenuta in famiglia, in certo senso.

Il consigliere Magno, ex presidente dell’ospedale, ha compiuto, con un furgoncino di proprietà dell’ospedale, ben 65 viaggi per trasportare farina e patate dalla campagna o altro centro a suo esclusivo benefìcio personale, per un carico, secondo i calcoli dell’ispettore, di circa 100 chilogrammi. Ma non si è limitato a questo. Il signor avvocato Magno, consigliere comunale, ha fatto qualcosa di più. Siccome il furgoncino ad un certo momento, per i molti viaggi, aveva consumato le gomme, egli si è creduto in dovere di fornirle; naturalmente non poteva farlo personalmente; ha fatto figurare venditore l’autista del furgoncino. Questi ha dichiarato di aver cercato di rifiutarsi di figurare come venditore e come prestanome. È stato minacciato di perdere il posto.

NENNI. Perché non l’ha denunziato?

SCELBA, Ministro dell’interno. Risulta accertato dall’inchiesta che questa vendita è stata fatta con una maggiorazione del 50 per cento sul prezzo. (Commenti al centro).

Risulta ancora, onorevoli colleghi, a carico dell’ospedale gestito dal comune, che in questa vendita fu messa anche l’imposta sull’entrata per 2440 lire. L’ospedale ha pagato l’imposta, vale a dire, l’ha rimborsata all’avvocato Magno, ma l’imposta non è stata ancora pagata da quest’ultimo. (Commenti al centro). Continuiamo: c’è il consigliere Innamorato, il quale fornisce all’ente comunale del traliccio al prezzo di 430 lire il metro, mentre è risultato provato che la ditta Coen di Pescara tiene esposta la stessa merce a 250 lire il metro. Questo consigliere fa parte dell’amministrazione dell’Ente comunale di assistenza, ed ha partecipato col suo voto a concedere sussidi a suo padre, ed è egli, amministratore dell’Ente comunale di assistenza, che delibera i sussidi a favore del padre, e li riscuote (Commenti al centro). Volete poi sapere chi è che fornisce al consigliere Innamorato la merce che egli vende a quel tal prezzo all’Ente comunale? È un certo Contratti, il quale, nemmeno a farlo apposta, è congiunto di quel tal medico, che, sebbene sia risultato ultimo nella graduatoria, si è visto affidare la direzione della condotta medica. Come vedete i legami sono molto forti: non siamo qui nel campo dell’autonomia comunale, ma nel campo della probità e della correttezza amministrativa. Non ho finito. C’è poi l’assessore Scutti, il quale è stato destituito, a seguito di regolare inchiesta, da dirigente del comitato U.N.R.R.A. tessile: sulla stampa furono pubblicate le manchevolezze di questo messere, che si è reso responsabile all’U.N.R.R.A. tessile di gravi infrazioni. Ad esempio vi erano dei certificati e delle carte annonarie. Ebbene, dalle carte annonarie che si davano ai cittadini, veniva ritagliato un tagliando, il numero 33, con il quale si poteva ritirare il tessile destinando tali tagliandi ad altri. Queste sono le mancanze che sono state accertate a seguito di una inchiesta. Questi gli addebiti che sono stati fatti all’assessore di Pescara, dirigente dell’U.N.R.R.A. tessile. Io non posso credere che si voglia difendere, in nome dei principî di libertà e di autonomia comunale, chi ha commesso gravi irregolarità amministrative ed è stato destituito, per tali motivi, da altre cariche.

GIUA. Perché non è stato condannato? (Rumori al centro – Interruzioni del deputato Alberganti).

Una voce al centro. Non difendete i disonesti! (Rumori all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Prego i colleghi di non disturbare con queste continue interruzioni.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non ho finito, onorevole Nenni, la mia esposizione. Abbia un po’ di pazienza.

NENNI. Ci dia atto che questo che lei dice, se è vero, comporta la denuncia, e se non è vero va dimostrato.

SCELBA, Ministro dell’interno. I fatti riferiti risultano dalla inchiesta disposta dal Ministero dell’interno, la quale inchiesta non si esaurisce nell’atto amministrativo, ma avrà il suo coronamento logico e naturale in sede giudiziaria. (Applausi al centro – Interruzioni all’estrema sinistra).

A questo assessore, il quale, ripeto, è stato destituito, e questo è un dato di fatto, da dirigente dell’U.N.R.R.A. tessile, è stata affidata la direzione dell’U.N.R.R.A. alimentare. Ora, non si capisce come, dal punto di vista amministrativo, una persona, che si ritiene incapace, per motivi di correttezza, di amministrare in sede tessile, la si ritenga capace di amministrare in sede alimentare.

Comunque è dimostrato che questo signore non ha dato finora alcun conto della sua gestione: all’ispettore ha presentato il bilancio di cassa con un passivo di 1.340 mila lire, di cui non è stato in grado di dare prove documentali; mentre ogni contabile deve sempre avere a portata di mano la documentazione delle sue operazioni finanziarie.

L’ispettore ha chiesto naturalmente al Prefetto di continuare l’indagine per andare fino in fondo e per constatare se ci siano state eventuali malversazioni. Parlo quindi di un assessore del comune e di una gestione che riguarda il comune, per cui non siamo fuori del campo comunale: sono state effettuate larghissime vendite di prodotti forniti dall’U.N.R.R.A. per l’assistenza; vendite fatte esclusivamente col suo giudizio soggettivo personale, per cui ha fatto diversi scambi ed ha venduto diverse cose, senza che trovassero, queste vendite e questi scambi, una concreta giustificazione. Ma non sono soltanto questi i personaggi del dramma, diremo così: sono ben sei i consiglieri ed assessori comunali che sono immischiati in queste situazioni di carattere amministrativo, che non danno nessuna tranquillità di una gestione corretta. Abbiamo il consigliere Avanzetti, direttore della sezione U.N.R.R.A. alimentare. Come si vede, viene nominato a questo servizio un consigliere comunale, cosa che non si può fare, e tuttavia questo signore rimane tuttora consigliere comunale e contemporaneamente direttore della sezione U.N.R.R.A. alimentare; controllato che decide sui controlli.

C’è poi un altro consigliere comunale, che è stato sistemato nella sezione del turismo, ed anche questi con regolare stipendio. Ma non finisce qui, perché il comune gestisce alcuni servizi in proprio personali. Cioè, il comune, anziché gestire direttamente alcuni servizi, prende un consigliere comunale e affida a lui, in proprio, la gestione. Così il servizio gestione carni è stato affidato personalmente ad un consigliere comunale. Si sarebbe potuto affidarlo ad un privato, ma non ad un consigliere comunale, appunto in ragione della sua carica. E con quali criteri il consigliere ha gestito il servizio carni? (Interruzioni sinistra – Commenti al centro).

È andato a comprare in Abruzzo per fornire la città, ed ha comprato caproni pagandoli per agnelli da latte e rimettendo circa 270.000 lire nella operazione. (Commenti al centro). La perdita, evidentemente, è derivata dal fatto che non si possono vendere caproni per agnelli da latte. Si comprende che questo consigliere, non per colpa sua, non era competente; ma il criterio amministrativo è certamente singolare e non davvero degno di imitazione.

Di più, a questo signore è stato chiesto: «Scusi, mi vuole fornire il conto delle partite cui si riferisce la gestione?». Ed egli non è stato in grado di fornire nulla, all’infuori del solito sommario di cassa, non esistendo documentazioni di spesa, né alcun’altra giustificazione.

Per effetto di queste cose che ho riferito, onorevoli colleghi, tre consiglieri, Scurti, Avanzetti e Di Silvestro, sono incompatibili con la carica di consigliere ed assessore, essendo diventati contabili di fatto dell’amministrazione, e quindi, come tali, non possono rimanere consiglieri comunali.

Ed allora, onorevoli colleghi, se ben otto o nove personaggi di questo consiglio comunale sono coinvolti in tali vicende, e dato che la maggioranza, costituita da diciannove consiglieri, si regge per uno o due voti, risulta evidente che il consiglio comunale non può funzionare, per effetto della decadenza automatica dei consiglieri responsabili, che è operante di diritto.

Nove persone, su diciannove che rappresentano la maggioranza, sono gli elementi invischiati in queste irregolarità. Ora, uomini di questo genere, uomini che personalmente hanno assunto queste responsabilità, sono coloro che dirigono l’amministrazione di Pescara. Ed allora, onorevoli colleghi, il rigore amministrativo legittima una prevenzione nei riguardi dell’attività amministrativa generale di tutta la rappresentanza comunale.

Quando noi rivendichiamo allo Stato il diritto di controllare le amministrazioni comunali, questo diritto poggia su dati di fatto: le amministrazioni comunali, come Pescara, per oltre il 50 per cento vivono sul contributo statale. Io sono assertore dell’autonomia comunale e regionale; ma penso che questa autonomia è completa e totale da tutti i punti di vista solo quando si accompagni anche ad una situazione di autonomia finanziaria. (Commenti all’estrema sinistra).

Comprendo perfettamente che la situazione delle cose oggi non consente ciò; ma ripeto che lo Stato non può dare centinaia di milioni o miliardi alle amministrazioni comunali, senza potere esercitare un qualche controllo e senza potere esprimere il proprio avviso sull’attività degli amministratori.

Nel caso specifico di Pescara, nel bilancio comunale, che è di 233 milioni, si prevede un’entrata di 103 milioni – in realtà si dimostrerà che i 103 milioni non sono realizzabili – e c’è un contributo dello Stato di 128 milioni.

Quando il comune ha una situazione deficitaria di questo genere, deve andare piano nell’assegnare emolumenti ai propri amministratori. Nel caso specifico, e nonostante il parere contrario dell’amministrazione centrale, la Giunta ha deliberato di portare l’emolumento del sindaco da dieci a venti mila lire, e quello di ciascuno assessore a diciotto mila con una spesa preventiva di 1.500.000. (Interruzioni all’estrema sinistra).

È una piccola spesa; giustamente chi lavora deve anche essere retribuito, ma nel caso specifico, un’amministrazione così deficitaria deve contenere le spese, adottando il criterio della più rigida economia. Invece non ci si cura neppure di redigere il bilancio.

Il bilancio preventivo non è stato presentato dall’Amministrazione comunale, e solo in seguito ad intervento del Ministero dell’interno, si è riusciti ad ottenere, dopo nove mesi, questo bilancio preventivo. Come amministra, dunque, questa Giunta comunale?

Si è parlato di assunzione di impiegati: io non discuto sull’assunzione in se stessa, ma affermo che, ove si voglia procedere ad una assunzione, si faccia innanzitutto quando essa rappresenta un’esigenza concreta per l’amministrazione, e si attui poi nelle dovute forme di legge. Ora, che cosa è avvenuto, invece, a Pescara? È avvenuto che, siccome non si possono assumere impiegati, è stata girata la posizione, e sono stati assunte alcune persone con la qualifica di operai. Vi sono anche, fra essi, dei laureati: nessuno di costoro è addetto a mansioni di operai, tutti sono addetti invece a mansioni impiegatizie e tutti sono pagati con la quindicina degli operai, con l’aggravante che gli operai costano più degli impiegati, perché, per gli operai, il comune ha il dovere di corrispondere la ricchezza mobile e le quote assicurative, cosa che non viene fatta per gli impiegati.

Il comune viene quindi frodato, in certo senso, due volte: per le illecite assunzioni e per questa forma con cui le assunzioni vengono fatte.

E la squadra sanitaria? Essa è messa alle dipendenze di un qualsiasi assessore; la massima parte dei suoi componenti sono analfabeti o semianalfabeti. Nessuno di essi ha preparazione medica, tranne uno solo, che ha passato gli esami per infermiere presso l’ispettore sanitario. Tutti gli altri dunque – e sono quindici – eccetto quel solo, sono stati assunti con criteri di partito.

Ora, io non faccio la questione del criterio politico: è umano che ognuno cerchi di favorire i suoi; io faccio la questione del criterio amministrativo, e vi invito a considerare questo fatto: una squadra sanitaria costituita da gente che di sanità non si intende per nulla.

Imposte di consumo. È stata fatta al comune l’osservazione: le imposte di consumo, gestite dal comune – gestite prima dall’I.N.C.I.C. – costituiscono un passivo fallimentare.

Si è detto come la gestione autonoma, in base ai preventivi fatti dal comune, dava un reddito di 45 milioni circa all’anno.

Una ditta – l’onorevole collega Corbi dice che il Comune non ha saputo nulla – ha offerto formalmente fin dal 16 luglio di assumersi la gestione. L’offerta è stata fatta al Sindaco e il documento si trova allegato alla relazione dell’ispettore. (Interruzioni e commenti all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Corbi).

È saggio criterio amministrativo io domando, è buona amministrazione (la decisione è del 1° settembre, quindi è posteriore alla offerta della ditta) deliberare di gestire direttamente un servizio, facendo una previsione di 45 milioni netti, quando si ha un’offerta da parte di una ditta di lire 70 milioni? Cifra che poteva, anzi, certamente sarebbe stata superata, se il Comune avesse indetto una gara per l’appalto del servizio? Non si può fare questo, onorevoli colleghi! E volete che il Ministero dell’interno, il quale eroga 130 milioni per il Comune di Pescara, non si preoccupi di ottenere da questa amministrazione che adegui i suoi criteri finanziari alla rigida economia e aumenti le sue entrate? Ma perché l’ha fatto?

PLATONE. Perché sono buoni cittadini! (Rumori al centro).

SCELBA, Ministro dell’interno. V’è in atti, onorevoli colleghi, un documento, dal quale risulta come una certa ditta Santilli, di cui non si conoscono esattamente i rapporti, ha visto concordata l’imposta accertata da 207.600 lire a 43.670 lire. Non si tratta del 50 o del 30 per cento; è una riduzione talmente grave, che l’ispettore si è domandato come è possibile che si faccia un concordato in questa misura. Ma questo può avvenire, evidentemente, soltanto in una gestione diretta, in cui l’interesse del Comune è piuttosto generico, e non molto specifico, come invece potrebbe essere nel caso di una gestione fatta da ditte serie e attrezzate.

E veniamo alla questione delta nettezza urbana. L’onorevole Spataro ha parlato esattamente di questa cooperativa. Il comune può gestire direttamente la nettezza urbana; padronissimo di farlo. Ma non può prendersi tutti gli oneri, tutte le responsabilità di una gestione diretta, affidando poi ad un terzo l’amministrazione dei fondi, cioè creando una situazione di cose per cui si elimina il controllo sulle spese, pur addossando al comune tutte le spese. Questo è, in concreto, il servizio della nettezza urbana a Pescara, che costa al comune ben 22 milioni e che la Giunta, sostituendosi al Consiglio comunale, ha illegalmente affidato in gestione ad una cooperativa nella quale, come avete sentito, sono interessati e cointeressati assessori e consiglieri dell’Amministrazione comunale, gli stessi assessori che deliberano disposizioni di carattere straordinario, senza il controllo della pubblica opinione.

Il male sarebbe minore se si trattasse di una cooperativa di lavoratori della nettezza urbana. Ma non è così, perché nella cooperativa si sono introdotte persone che non vanno certo a pulire le strade, ma che partecipano agli utili.

Ecco il modo come la Giunta, e l’amministrazione comunale in genere, hanno amministrato.

SCHIAVETTI. Ma l’amministrazione comunale è stata invitata a mettersi in regola?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è molto chiaro. Onorevole Schiavetti, non ammetto che si possa contestare tutto ciò che risulta dagli atti ufficiali! (Applausi al centro).

Si tratta di una cooperativa, ripeto, che non è costituita di lavoratori o esclusivamente di lavoratori; di una cooperativa che non dispone dei mezzi tecnici, tanto che ha dovuto ricorrere ad un atto di imperio per procurarseli; di una cooperativa che costa al comune ventidue milioni. Questa cooperativa, certamente, non rappresenta la gestione migliore per un Consiglio comunale.

Questi sono gli elementi più ragguardevoli che hanno portato allo scioglimento.

Altri elementi sono stati illustrati dall’onorevole Spataro che si è interessato particolarmente del problema come deputato della regione, e risultano dall’inchiesta eseguita dall’ispettore ministeriale.

Quella di Pescara è un’amministrazione che non prepara un bilancio; amministra in quel modo che amministra; i cui consiglieri sono decaduti o si dovrebbero considerare decaduti perché, coi dati di fatto acquisiti, risultano interessati nella amministrazione comunale di cui fanno parte; è un’amministrazione in cui tutti si arrangiano facendo assumere quali impiegati del comune i propri parenti; un’amministrazione i cui assessori sono destituiti per scorrettezze amministrative; i cui assessori e consiglieri sono stipendiati da coloro che per i servizi del comune dovrebbero essere da loro controllati!

Mi pare che vi sia un quadro abbastanza convincente per giustificare i provvedimenti adottati dal Governo. (Approvazioni al centro – Rumori all’estrema sinistra).

Allorché l’ultimo Ministero De Gasperi si presentò all’Assemblea, discutendosi della politica interna, io dichiarai, per stabilire il controllo amministrativo, per sottrarre all’esclusiva decisione del potere esecutivo lo scioglimento delle amministrazioni provinciali e comunali, di sentire il parere del Consiglio di Stato, che nessuna legge prescrive, e di cui nessun obbligo è fatto al Ministro dell’interno.

Che cosa ho fatto anche in questo caso, onorevoli colleghi?

Ho rimesso al Consiglio di Stato tutta la documentazione completa dell’inchiesta e la sezione presieduta da Malinverno, e di cui fa parte il consigliere Rohersen che è stato capo di gabinetto del Ministro Sereni, e quindi è persona assolutamente ineccepibile… (Interruzione del deputato Tonello).

Per mia esperienza debbo dire che il Consiglio di Stato anche durante il regime fascista ebbe il coraggio talvolta di dire di no al potere esecutivo. Se l’onorevole Tonello vuole consultare la giurisprudenza del Consiglio di Stato – e noi antifascisti che seguivamo queste manifestazioni di protesta contro il potere esecutivo, non potevamo non rilevare la circostanza – vedrà che vi sono stati casi precisi in cui il Consiglio di Stato ha detto un no solenne; dicendo che era un abuso del potere esecutivo! (Applausi al centro).

Ripeto che io ho fiducia nel Consiglio di Stato. (Rumori all’estrema sinistra).

Io ho fiducia nel Consiglio di Stato e il Consiglio di Stato, considerato il quadro generale dell’andamento della cosa pubblica in Pescara, quale è dimostrato e documentato dall’inchiesta, e rilevato che la responsabilità di tutto ciò non può che risalire ai sistemi ed ai criteri seguiti dal Consiglio comunale, ha ritenuto essere conveniente, anzi addirittura necessario lo scioglimento del predetto Consiglio, scioglimento che appariva l’unica misura idonea in rapporto alla situazione. E la deliberazione aggiunge: «al riguardo, ritiene anzi il Consiglio di Stato di dover esprimere il proprio compiacimento all’amministrazione dell’interno ed alla direzione generale dagli affari civili, per il provvedimento adottato, che confida sarà seguito da altri del genere essendo notorio che un rilevante numero di amministrazioni comunali si trova nelle condizioni dell’amministrazione di Pescara».

Di fronte ad un parere del Consiglio di Stato, il quale dichiara non soltanto utile, ma necessario lo scioglimento che considera l’unico atto che possa risolvere la situazione, cosa volete che facesse il Ministro dell’interno?

Non sciogliere il Consiglio comunale significava venir meno al proprio dovere che è quello di applicare la legge. (Applausi al centro – Rumori all’estrema sinistra – Interruzioni).

I fatti che ho illustrato riguardavano solo problemi di correttezza amministrativa; non ho volutamente accennare a criteri di faziosità, che purtroppo si ripetono in altre amministrazioni di diverso colore, e che quindi non sono esclusivi di un solo partito. Ho voluto contenere l’esposizione soltanto sul terreno strettamente amministrativo, per dimostrare all’Assemblea che il provvedimento adottato dal Ministro dell’interno dopo sette mesi – e quindi non improvvisato né determinato da motivi di partito – è dovuto esclusivamente ad esigenze obiettive di carattere amministrativo.

Si voleva un’amministrazione straordinaria? Io sono contrario alle amministrazioni straordinarie; onorevoli colleghi, ho preso e prendo impegno di fronte all’Assemblea che, entro i quarantacinque giorni stabiliti dalla legge, Pescara potrà rifare le sue elezioni. (Applausi). Noi non vogliamo approfittare minimamente di questa situazione; noi non vogliamo violentare la libertà popolare.

Mi sono premurato, prima di dar corso al provvedimento, essendomi stato annunciato che vi sarebbero state agitazioni e scioperi in Pescara, di scrivere alla Confederazione generale del lavoro in questo senso:

«Mi segnalano che la Camera del lavoro di Pescara vorrebbe proclamare lo sciopero generale per questi fatti. Immagino che la Camera del lavoro di Pescara non sia sufficientemente informata sui motivi che hanno determinato il Governo a questo provvedimento. Vi rimetto copia del provvedimento perché possiate dire presso i vostri rappresentanti locali che lo scioglimento non è determinato da motivi politici ma esclusivamente amministrativi». La Camera del lavoro ha mandato un telegramma al Ministero dell’interno protestando che fosse attribuito ad essa il proposito di provocare lo sciopero generale. E allora, ancora ho aspettato.

Non avevo nulla da nascondere all’Assemblea, anzi avevo tutto l’interesse che la questione fosse discussa e non ho voluto dar corso al provvedimento per non far trovare l’Assemblea di fronte al fatto compiuto. Ho preferito attendere, anche se questo andava a scapito e a discredito dell’autorità dello Stato, ed anche se commissioni da Pescara sono venute a Roma per sollecitare il provvedimento.

Ripeto, non avevo nulla da nascondere, anzi desideravo il concorso dell’Assemblea. Perché, onorevoli colleghi, a Pescara vi è una situazione di cose che va oltre l’illegalità formale; vi è il tentativo di violenze e di intimidazioni; sono venuti dalla provincia degli individui per difendere – dicono – le libertà democratiche e l’autonomia comunale di Pescara, come se a Pescara non vi fossero cittadini sufficienti per tutelare la libertà di quell’amministrazione comunale.

Notizie gravi mi pervengono oggi da Pescara: v’è il tentativo di resistere con la forza all’autorità dello Stato.

Onorevoli colleghi, quando noi abbiamo dalla nostra parte la legge, quando noi abbiamo la coscienza tranquilla, abbiamo anche il dovere ed il diritto di resistere con la forza alla violenza privata. (Applausi al centro).

L’occupazione del comune di Pescara è un fatto grave, perché ricorda tristi tempi del fascismo. (Applausi al centro e a destra).

I fascisti occuparono militarmente le amministrazioni comunali, innalzando i gagliardetti, così come oggi si fa al comune di Pescara.

Non possiamo accettare questo sistema, che va fuori d’ogni criterio democratico. Questa è violenza della fazione contro la legge e contro lo Stato. (Applausi al centro).

Ho voluto attendere questa discussione per essere confortato dal vostro voto, perché il vostro voto dovrà essere invito agli uomini, che sono a Pescara e che ritengo in buona fede, a desistere da qualsiasi violenza.

A nessuno può far piacere di dovere usare la forza dello Stato per farne rispettare l’autorità.

Mi auguro che tutti a Pescara comprendano che, di fronte all’impegno del Ministro dell’interno di indire subito le elezioni, e dopo i chiarimenti qui dati, vorranno desistere da ogni violenza.

Desidero che il voto dell’Assemblea sia un monito di richiamo alla legge ed alla democrazia; se questo avverrà, più che il prestigio di un governo, avrà trionfato la legge, che è presidio di libertà e di democrazia. (Vivissimi, prolungati applausi al centro e a destra – Commenti all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Dopo le dichiarazioni del Ministro, ha diritto di parlare il presentatore della mozione; dopo di che procederemo alla votazione.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Vorrei prospettare l’opportunità, data l’ora tarda, di sospendere la discussione e rinviarla a domani.

PRESIDENTE. Onorevole Rossi, se vi fosse una proposta formale di rinvio, io la sottoporrei all’Assemblea.

MAFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFI. Faccio la proposta formale di rinvio della discussione a domattina

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo ai voti questa proposta dell’onorevole Maffi.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

La seduta pertanto continua. Ha facoltà di parlare il presentatore della mozione, onorevole Corbi.

CORBI. Io sono costretto di abusare molto della pazienza degli onorevoli colleghi di parte democristiana, i quali ci avrebbero dato ben altra prova di dignità e correttezza politica se avessero avvertito il bisogno di concedere a coloro che oggi parlano contro la faziosità di un governo e contro tutte le falsità che sono state espresse non solo dal Ministro ma anche dall’onorevole Spataro, di documentare come e perché le accuse non abbiano fondamento. E soprattutto avrebbe risposto ai doveri di correttezza il Ministro se ci avesse dato la possibilità di rispondere (Interruzione del deputato Negarville) conoscendo prima tutti gli addebiti.

Io, come il collega Paolucci, e come altri colleghi che sono intervenuti in questo dibattito, ho potuto rispondere alle accuse ed agli addebiti resi di pubblica ragione, attraverso la Gazzetta Ufficiale, attraverso le dichiarazioni dell’onorevole Marazza.

Sono stati però qui portati elementi e fatti nuovi che riguardano non il Consiglio, ma singole persone, alle quali ci si è riferiti con parole ed espressioni che ne offendono la dignità. A questo proposito, l’onorevole Spataro farebbe bene a dire se egli ritiene opportuno rinunziare all’immunità di cui gode, per affrontare un giudizio richiesto dagli interessati (Interruzione del deputato Cianca – Commenti).

Signor Presidente, desidererei sapere in questo momento dall’onorevole Spataro se egli intende accettare l’invito che gli viene fatto perché, se egli accetta questa richiesta, allora egli stesso risponderà a chi di dovere; diversamente sarò costretto io a prendere qui la difesa di quelle persone, anche nei suoi confronti.

Una voce all’estrema sinistra. Risponda Spataro, coraggio! (Commenti al centro).

CORBI. Questo silenzio rientra nel metodo ed è ancora una prova dell’onestà e della sincerità di certi catoni i quali qui, nel Parlamento, oltraggiano assessori, consiglieri, cittadinanza e partigiani d’Abruzzo, ma si rifiutano di assumere le proprie responsabilità di fronte a cittadini che hanno il diritto di difendere il proprio onore ed il proprio operato.

Ad ogni modo, onorevole Spataro, lei di questo renderà conto ai suoi incauti elettori della città di Pescara, renderà conto a quelle donne, a quegli uomini, a quelle donnette che venivano a chiedere favori, che venivano a chiedere l’olio e la pasta, a tutta questa gente che molto numerosa ha votato per lei e per il suo partito e che oggi ha imparato a conoscere che quel poco d’olio e di pasta significano difesa degli interessi della ditta Trezza! (Proteste al centro – Commenti all’estrema sinistra).

L’onorevole Scelba ha qui citato cose che non sono contenute né nella Gazzetta Ufficiale, che pubblica e motiva il decreto, né nelle dichiarazioni dell’onorevole Marazza; ciò non è corretto, ciò non è lecito.

Io avevo previsto che nel dossier si sarebbero trovate le cosiddette prove ed è per questo che mi sono preoccupato, insieme al collega Paolucci, di andare a prenderne visione al Ministero.

Una voce al centro. Prima di presentare la mozione, doveva farlo.

CORBI. E mio diritto farlo in ogni momento! Fatto si è però che recatici dal capo di gabinetto del Ministro, abbiamo fatto anticamera, per dare il tempo forse al commendator Broise di avvertire l’altro ufficio (dove poi ci saremmo recati) di comunicarci che quei documenti essi non li avevano.

Dunque, il commendator Broise dice che molto probabilmente quei documenti sono in possesso dello stesso onorevole Marazza, o del suo segretario particolare; così, in assenza dell’onorevole Marazza, ci rechiamo dal suo segretario particolare. Qui attendiamo diverse decine di minuti prima di essere ricevuti e poter comprendere il perché di questa anticamera. E il perché lo abbiamo compreso quando il segretario particolare dell’onorevole Marazza ci ha mandati dal commendator Cossu, alla direzione generale degli affari civili, ove siamo arrivati con ritardo ed era quasi l’ora del pranzo.

E abbiamo aspettato ancora nell’anticamera del commendator Cossu diverse decine di minuti, sino a che abbiamo saputo che il commendatore Cossu non avrebbe potuto riceverci perché era in commissione. Abbiamo chiesto allora che, in mancanza, ci ricevesse qualche altro funzionario che fosse stato in grado di sodisfarci. (Commenti al centro).

PASTORE RAFFAELE. Forse i deputati non hanno diritto di fare questo? Perché protestate?

CORBI. Siamo finalmente stati ricevuti – bontà sua – dal dottor Cappuccio, che aveva fretta per il pranzo e che ci ha detto: «So che esiste a Pescara ciò di cui voi parlate e che vi sono al riguardo dei documenti; non saprei però proprio dirvi chi possa averli».

Noi abbiamo girato tutti gli uffici che sono interessati alla faccenda – abbiamo detto – e l’ultimo ufficio è il suo. Crediamo dunque di essere arrivati finalmente in porto.

Allora, il dottor Cappuccio, con un candore che non lo fa democristiano – e prego l’onorevole Scelba di non volergliene e di non prendere provvedimenti nei suoi confronti per quello che dirò (ma ciò deporrebbe del resto ancora una volta contro questo Governo) – (e l’onorevole Paolucci può render fede di quanto io sto affermando) ci ha detto: – Ma voi parlerete a favore o contro il provvedimento del Governo?

Abbiamo risposto: – Noi siamo i presentatori della mozione: noi parleremo contro il provvedimento del Governo.

– E allora perché venite a perdere del tempo? I documenti non li troverete mai.

L’onorevole Paolucci ha dichiarato che avrebbe riportato questa affermazione qui in Assemblea Costituente. Non l’ha fatto – ed ha fatto bene – e me ne sono astenuto anch’io, all’inizio di questo dibattito; sono però entrato ora in questi particolari, perché dopo le risposte dateci, e soprattutto, non tanto per quello che ha detto il Ministro, che in sostanza doveva difendere il suo operato (e una volta tanto, onorevole Scelba non le do torto) ma per il comportamento dei suoi colleghi che avrebbero dovuto avvertire un’altra sensibilità, e non far sì che le sorti di un’amministrazione comunale potessero essere qui messe in gioco in pochi minuti e si sono rifiutati di consentire che queste questioni potessero essere dibattute con tutto il tempo che è necessario. Riscontrando i loro con i nostri documenti, vagliando le loro affermazioni e le nostre, accertando se lo stesso ispettore non si sia reso colpevole di cose non lecite e non corrette. Ma i colleghi di parte democristiana sono ormai troppo orgogliosi e gonfi di se stessi per questa maggioranza parlamentare che a tanto caro prezzo – olio, pasta ed altre cose – hanno conseguito (Commenti al centro) e alla quale perciò non vogliono e non possono rinunciare.

CAPPUGI. È facile fare delle accuse generiche!

PRESIDENTE. Facciano silenzio, per favore.

CORBI. Avrebbero, quindi, essi fatto molto meglio a chiedere che questo provvedimento fosse revocato, per dar modo agli stessi membri dell’Assemblea di poter giudicare, dopo che indagini approfondite fossero state esperite, con tutte le garanzie e con tutte le formalità del caso. Così non si è voluto…

GRONCHI. Un’inchiesta parlamentare! (Rumori all’estrema sinistra).

MAZZONI. Lei ha presentato la mozione e deve avere i documenti!

GRONCHI. Abbiamo rispetto per noi stessi e per la serietà dell’Assemblea! (Commenti all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Onorevole Gronchi, la prego!

CORBI. Uno alla volta, per favore! Ad ogni modo, possiamo esservi grati ugualmente, se non altro perché avete dimostrato anche in questa circostanza quello che siete. Ed io mi auguro che questa lezione serva ai nuovi membri di questo Governo; che serva soprattutto ai repubblicani, nei confronti dei quali non sono state riferite cose esatte e precise dall’onorevole Spataro.

E sono poi in dovere di ringraziare il Ministro dell’interno per l’affermazione da lui fatta che entro quarantacinque giorni vi saranno le nuove elezioni amministrative a Pescara.

Ebbene, se questo dibattito non sarà servito alla revoca, esso sarà certamente servito a far sì che le prossime, immediate elezioni sconfessino voi e il vostro operato.

Una voce al centro. Vedremo! (Commenti).

CORBI. L’onorevole Scelba ha detto che non si è in regola con la democrazia quando degli operai abbandonano le proprie fabbriche per andare a presidiare il comune, quando dei partigiani disarmati vanno a testimoniare la loro solidarietà con gli amministratori; quando quindicimila elettori fanno richiesta di revoca per questo provvedimento.

È uno strano modo questo di concepire la democrazia. Non credo, onorevole Scelba, che depositario unico della concezione democratica sia lei e che a nulla valgano le proteste di queste migliaia e migliaia di cittadini pescaresi che hanno detto che tutte le sue accuse sono infondate e fatte solo per faziosità e cupidigia di potere. (Interruzioni al centro).

Fatto si è che la Giunta provinciale amministrativa – e io ho gli atti onorevole Scelba – non ha fatto quegli addebiti che oggi ci sentiamo da lei portare; che il prefetto, da me – insieme ad una numerosa rappresentanza cittadina – interrogato del perché di questo provvedimento e invitato almeno a dirci se fossero stati per il passato mossi addebiti a quella amministrazione, sicché l’amministrazione potesse discolparsi; il prefetto che lei ha mandato a Pescara in sostituzione di altro prefetto perché non si prestava…

SCELBA, Ministro dell’interno. Lo abbiamo nominato commissario a Pescara; cosa vuole di più?

CORBI. Chi?

SCELBA, Ministro dell’interno. Sacchetti.

CORBI. Io parlo di Volpes, che evidentemente non si prestava e non prendeva suggerimenti dal signor Zugaro suo rappresentante. Anche questo prefetto Fontanelli che lei ha fatto venire dalla sua Sicilia (Interruzione del deputato Mentasti – Commenti al centro)

Onorevole Mentasti, non si agiti troppo, anche lei ha lasciato qualche traccia in Abruzzo. Ne parleremo in altra circostanza. (Commenti).

Il prefetto, a cui ci rivolgemmo perché potesse illuminarci in mancanza di quei lumi che dovevano venire dal Ministero, disse: «Nulla mi consta; non so nulla di questo provvedimento; non l’ho sollecitato io; nulla posso dirvi perché non ritengo che questa amministrazione debba essere sciolta».

E allora, onorevole Scelba, cosa fanno i suoi rappresentanti? Il prefetto dev’essere soltanto l’agente elettorale per le prossime elezioni? Soltanto uno che deve mandare, forse dietro suo invito o di qualche uomo di sua parte, funzionari nei comuni retti da socialisti e comunisti perché all’alba, alle sette del mattino vadano a sequestrare dei documenti e questo perché il sindaco ha denunciato e ha fatto condannare il parroco, agente elettorale della democrazia cristiana, per oltraggio? A questo servono i prefetti?

La Giunta provinciale amministrativa (ed ho qui numerose lettere) fa degli elogi in più occasioni all’amministrazione comunale. Il prefetto non ha nulla da rimproverare a questa amministrazione. Ma perché non ci ha permesso di controllare la storia delle gomme che è venuto qui a citare, la storia del furgoncino? Se quel tale Magno di cui lei ha parlato ha sbagliato, o commesso delle irregolarità, furti, lo denunci, v’è l’autorità giudiziaria. E vuole sciogliere un Consiglio comunale perché questo tale non è in piena regola?

SCELBA, Ministro dell’interno. Lei è il procuratore di tutti i consiglieri?

TOGLIATTI. Per sciogliere un consiglio comunale non volete che intervenga l’autorità giudiziaria? (Commenti al centro).

CORBI. Onorevoli colleghi, io ho qui tutti i documenti che possono dimostrare l’onestà di questa amministrazione ed il retto operato dei consiglieri comunali. (Ilarità al centro).

I documenti sono a vostra disposizione, esaminateli prima di pronunciarvi. Non volete? Allora debbo dire che l’atto compiuto non fa onore non solo al Governo ma neppure a quegli uomini dell’Assemblea che permettono simile arbitrio (Commenti).

A Pescara, onorevole Scelba, v’è tutta la popolazione in agitazione, perché l’esperienza insegna che quello che lei ha fatto per Pescara lo sta facendo per tutte le altre amministrazioni democratiche dell’Abruzzo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ma lo racconti a qualcun altro!

FABRIANI. Dimenticate Celano? Ventiquattro imputazioni per reati comuni ha il sindaco.

CORBI. Celano? Ebbene, citerò soltanto questo fatto: il segretario comunale di Celano è stato denunciato dal sindaco per furto ed ancora è in carica dopo mesi e mesi, perché è democristiano. (Interruzioni al centro).

Onorevole Scelba, la città e la provincia di Pescara non dimenticheranno quello che lei ha fatto in questa circostanza e quello che i deputati abruzzesi del suo partito sono venuti qui a ripetere. Sappia, ad ogni modo, che noi ci sentiamo pienamente nel diritto e nella legalità democratica se pretendiamo di essere messi fuori del comune dalla vostra polizia. Voi, onorevole Scelba, dimostrerete così di avere cari i sistemi che furono già di Mussolini. Noi non ci fermeremo un momento, nelle fabbriche, nelle officine, in tutta Italia; denunceremo questa vostra opera, questa vostra faziosità che disonora non solo il vostro Governo già tanto disonorato… (Proteste vivissime al centro) e offende il sentimento del popolo italiano, ma dimostreremo ancora una volta, fra quarantacinque giorni, che voi siete considerati i peggiori nemici della libertà dei comuni e dell’Italia! (Applausi all’estrema sinistra – Commenti al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si tratta ora di passare alla votazione della mozione. (Commenti). Loro hanno desiderato la conclusione della discussione. Suppongo che la votazione sia parte necessaria per dichiarare conclusa la discussione.

Comunico che è stato chiesto l’appello nominale degli onorevoli Merlin Lina, Maffi, Jacometti, Dugoni, Faralli, Pistoia, Fornara, Carpano Maglioli, Cianca, Grazi, Pressinotti, Fantuzzi, Barontini Anelito, Negarville, Bianchi Bruno e Farini Carlo.

PAOLUCCI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLUCCI. Dichiaro che voto a favore della mozione ed esporrò i motivi.

L’onorevole Scelba ha preferito trincerarsi solo dietro i fatti calunniosi e non ha apportato alla discussione alcun argomento di diritto. (Commenti al centro).

Io avevo eccepito e dimostrato che il provvedimento di scioglimento dell’amministrazione comunale di Pescara è viziato di eccesso di potere. L’onorevole Scelba nessun argomento ha potuto addurre per smentire le mie modestissime proposizioni; e avrebbe avuto la possibilità ottima di dimostrare le sue virtù di avvocato, i suoi meriti curialeschi. Ma non lo ha fatto. Avrebbe dovuto l’onorevole Scelba rispondere alla mia precisa domanda se tutti gli addebiti furono contestati agli inquisiti. Questa domanda non ha avuto risposta.

Gli amministratori di Pescara, così accusati, hanno appreso la natura, la specie, la gravità o meno degli addebiti ad essi mossi solo attraverso la lettura della relazione ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 corrente.

Evidentemente l’onorevole Scelba non ama il diritto perché, se il diritto amasse e rispettasse, onorevoli colleghi, non avrebbe fatto scempio di quello che è il diritto insopprimibile della difesa.

Onorevole Scelba, sono stati condannati degli amministratori senza che essi conoscessero le accuse loro rivolte, senza che essi avessero la possibilità di difendersi. (Applausi all’estrema sinistra).

Questo diritto di difesa, che dovevamo esercitare il collega Corbi ed io, voi lo avete soppresso anche per i rappresentanti del popolo abruzzese!

Onorevole Scelba, come spiega lei la motivazione dell’ordine pubblico, quando è costretto ad ammettere che l’inchiesta durò sette mesi? Se quell’ispettore ebbe il tempo d’indagare per sette mesi, quale prova vi era che l’ordine pubblico potesse essere turbato tanto gravemente? Ma nella relazione ella non accenna nemmeno alla gravità di questo pericolo!

Onorevole Scelba, voglio farle una domanda. Lei conosce il Codice penale: l’articolo 361 punisce il pubblico ufficiale che, venuto a conoscenza di reati, non li denunzia all’autorità giudiziaria. Ebbene, ella ha esposto addebiti a carico degli amministratori di Pescara che costituiscono gravi reati, che rientrano quanto meno nella ipotesi delittuosa prevista dall’articolo 324 del Codice penale, il quale punisce il pubblico ufficiale che negli atti del suo ufficio fa l’interesse proprio o di altri. Ebbene, perché non ha proceduto alla denuncia? Perché non l’ha fatto? Ella ha negato a questi accusati sinanco il diritto di difendersi davanti all’autorità giudiziaria.

Ma risponda a quest’altra domanda, la ultima, con la massima lealtà, sebbene io ne preveda la risposta: se l’amministrazione comunale di Pescara fosse stata, in maggioranza, del suo partito, l’avrebbe sciolta? (Applausi all’estrema sinistra – Commenti al centro).

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Onorevoli colleghi, siamo di fronte alternativamente a un fatto per certo spiacevole: o c’è un’amministrazione comunale che malversa e si comporta male, o c’è un Governo che commette un arbitrio, sciogliendo senza adeguati motivi una amministrazione comunale liberamente eletta.

Devo dire, esprimendo anche l’opinione di molti colleghi del mio Gruppo, che siamo stati assai perplessi, in un primo momento, di fronte al contenuto della mozione, quando abbiamo sentito l’onorevole Sottosegretario per l’interno leggere il parere del Consiglio di Stato e quando abbiamo scorso la relazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Entrambi questi documenti ci parevano assai deboli, onorevoli colleghi. Si parlava persino, come capo di accusa contro l’amministrazione della città di Pescara, di ritardo, oltre i termini stabiliti dalla legge, nel presentare i bilanci. Ora, ci sono centinaia, forse migliaia di amministrazioni, in Italia, le quali non solo hanno presentato i bilanci in ritardo, ma non li hanno presentati affatto!

Anche altre fra le affermazioni contenute in quei documenti ci sembravano poco persuasive e inadeguate per giustificare un provvedimento così grave come quello dello scioglimento dell’amministrazione comunale di una città capoluogo di provincia. Orbene, la discussione odierna ha modificato il nostro stato d’animo: molte delle circostanze esposte dall’onorevole Spataro e dall’onorevole Ministro dell’interno ci hanno indotti ad una posizione diversa rispetto alle prime impressioni.

Una voce all’estrema sinistra. Remissiva.

ROSSI PAOLO. Non remissiva, ma di limpido, onesto e non prevenuto giudizio.

È inutile che vada ripetendo le cose dette. Se è esatto che ci sono amministratori comunali, i quali hanno interessi (Interruzioni all’estrema sinistra) in imprese appaltatrici di servizi comunali; se è vero che il sindaco del comune continua ad essere il difensore di una ditta che ha una causa contro il comune; se è vero che c’è un consigliere, o un assessore (Interruzioni all’estrema sinistra), sprovvisto, me lo consentirete, di normale olfatto se ha confuso gli agnelli da latte coi caproni, producendo una perdita di 300 o 400 mila lire al comune di Pescara; se alcuni soltanto di questi fatti sono veri, il nostro giudizio, che per un momento fu nettamente sfavorevole ad un provvedimento cui si deve ricorrere soltanto in casi estremi, potrebbe essere mutato.

Ma, mi si osserverà: chi può dire se i fatti sono veri?

Può dirlo questa Assemblea, nella quale credo che pochissimi colleghi si siano dati la cura di leggere quella parte almeno dei documenti che è a nostra disposizione? Chi può dare un giudizio di merito? Contro il decreto di scioglimento c’è un solo mezzo di gravame: l’appello al popolo di Pescara, che entro 45 giorni – e prendiamo atto della dichiarazione formale e solenne dell’onorevole Ministro Scelba – sarà chiamato alle urne. (Commenti).

Non possiamo votare la mozione, che chiede la revoca del decreto di scioglimento, per un motivo giuridico evidente: quel provvedimento è uno dei pochi atti amministrativi tipicamente irrevocabili. Ho qui alcuni autori; ne cito uno soltanto.

LACONI. Anche dalla Costituente è irrevocabile? La Costituente non può revocarlo?

SCOCA. A rigore non entra nella competenza della Costituente.

ROSSI PAOLO. A proposito della revoca degli atti amministrativi leggo: «Gli atti discrezionali con effetto contestuale sono per loro natura irrevocabili».

Io sostengo che può aver fatto male, eventualmente, il Ministro dell’interno a sciogliere un’amministrazione comunale, ma non è il Ministro dell’interno che può, con un atto di revoca, richiamare in vita un’amministrazione comunale sciolta. Sarebbe il primo esempio – credo di essere esatto – il primo esempio, dal 1848 in poi, di una amministrazione sciolta per motivi di ordine pubblico e poi ricostituita, non per volontà sovrana degli elettori, ma per un pentimento del Governo o del Capo dello Stato, i quali con un secondo decreto di revoca del primo decreto ritornassero sulle proprie decisioni.

TOGLIATTI. Il Governo è l’autore dell’atto arbitrario.

ROSSI PAOLO. Esattamente, onorevole Togliatti. Gli atti amministrativi, di norma, sono revocabili dalla stessa autorità che li ha emessi. Ma sono irrevocabili quegli atti politici insindacabili che determinano immediatamente e contestualmente i propri effetti. E questo è appunto il caso nostro.

Credo che il provvedimento del Ministro Scelba non possa essere portato all’esame di questa Assemblea. Credo che il Ministro Scelba, quand’anche si pentisse e lo volesse, non potrebbe tornare dal Capo dello Stato con un altro decreto di revoca dello scioglimento e di richiamo di un’amministrazione ormai cessata. Soltanto il popolo di Pescara, il quale entro quarantacinque giorni sarà chiamato alle urne, e prendo atto delle dichiarazioni del Ministro Scelba, è competente a risolvere la questione. Per questi motivi voteremo contro la mozione Corbi. (Applausi al centro e a destra – Commenti all’estrema sinistra).

MACRELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MACRELLI. Noi non siamo legati, né moralmente né politicamente, al provvedimento adottato dal Governo e, per il Governo, dal Ministro dell’interno, che ha portato allo scioglimento del Consiglio comunale di Pescara. Voi avete sentito però delle critiche, che sono venute anche dalla parola impetuosa e generosa del nostro caro collega, l’onorevole Paolucci, critiche dal punto di vista politico e dal punto di vista giuridico, critiche che hanno poi sollevato repliche sui banchi del Governo e soprattutto sui banchi democristiani.

Io non entro nel fatto, non giudico, non interpreto; le critiche e le difese restano quelle che sono. Per quanto uomo di parte, ho cercato di essere sempre sereno ed obiettivo. Ho parlato sempre interpretando quelli che erano i nostri sentimenti, le nostre idealità e le nostre tradizioni.

Vi sono due fatti che portano, che debbono portare la nostra rigida attenzione sulla mozione presentata dall’onorevole Corbi e da altri. Due fatti importanti, dal punto di vista giuridico, dal punto di vista politico e costituzionale. Il primo è che l’atto del Governo porta anche la firma del Presidente della Repubblica, del Capo dello Stato. (Interruzioni). Chi mi interrompe in questo momento evidentemente non conosce le norme del diritto e la tradizione del Partito repubblicano.

PAJETTA GIULIANO. Non confonda tradizione e tradimento! (Proteste a sinistra e al centro).

MACRELLI. I repubblicani hanno una tradizione, ma non hanno mai tradito né la loro fede né il Paese. (Applausi a sinistra e al centro).

Con un provvedimento firmato dal Presidente della Repubblica – non lo si dimentichi – la revoca non dovrebbe venire da parte del Governo, né da parte del Ministro dell’interno, ma dovrebbe venire dal Capo dello Stato, dal Presidente della Repubblica, che noi vogliamo tenere, in questo momento e sempre, al di sopra delle nostre miserabili competizioni di parte e di fazione. (Vivissimi applausi a sinistra e al centro – Commenti all’estrema sinistra). Quando io ho detto miserabili questioni non intendevo riferirmi né a Pescara né ad altri casi; ma, purtroppo, diciamo la verità, amici di tutti i settori, molto spesso noi dimentichiamo quella che è la visione alta che dovremmo avere sempre di noi nell’interesse del Paese. (Interruzioni e commenti all’estrema sinistra).

Secondo fatto da tenere presente: c’è un’occupazione in atto del Municipio di Pescara. Signori del Governo, non portiamo alle estreme conseguenze quello che è stato un atto del passato.

Noi che siamo per le autonomie degli enti locali, noi che abbiamo sempre combattuto per queste libertà comunali, anche quando altri le dimenticavano (Interruzioni all’estrema sinistra), noi rivolgiamo un duplice monito e al Governo e all’Assemblea: badate, la revoca del provvedimento, che dal punto di vista legale e giuridico non si potrebbe effettuare per le ragioni che ha detto pur rapidamente il collega Rossi, potrebbe costituire un precedente pericolosissimo per il Paese, per le istituzioni repubblicane.

Ecco perché io rivolgo questo duplice monito al Governo e all’Assemblea. Il Governo difenda veramente le libertà e le autonomie dei comuni. Questo principio lo abbiamo affermato nella Carta costituzionale e deve rimanere legge per tutti e, prima che per noi, per il Governo. Non mettiamoci nella condizione di infrangere proprio noi, in questa Assemblea, quella che è la legalità e l’autorità della Repubblica. È un accorato appello che io faccio. Noi saremo al nostro posto di responsabilità e voteremo, secondo giustizia e secondo coscienza, contro la mozione. (Applausi al centro e a sinistra – Commenti all’estrema sinistra).

CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Il Regolamento consente ai presentatori delle proposte in discussione di replicare; ma coloro che hanno già parlato in sede di discussione evitino le dichiarazioni di voto. Comunque, per questa volta, faccia pure la sua dichiarazione di voto, onorevole Cianca.

CIANCA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, in realtà sarei tentato di rivolgere una preghiera al collega Macrelli: quella cioè che egli chieda che vengano soppresse dal resoconto di questa seduta le parole che egli ha pronunciate nei riguardi del Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica deve rimanere estraneo a un dibattito che investe soltanto la responsabilità politica del Ministro dell’interno e del Governo.

Ricordo d’altronde un precedente: il precedente del decreto predisposto dal Ministro Gonella circa il Consiglio superiore della pubblica istruzione. Nonostante questo decreto portasse la firma del Capo dello Stato, l’onorevole Gonella lo ritirò.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. No, è rimasto vigente.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è sempre con estrema cautela che l’Assemblea, pure nella sovranità dei suoi poteri, deve affrontare questioni del genere di quella di cui ora si tratta. Prego i membri dell’Assemblea – proprio per quella unanime deferenza che muove ciascuno di noi verso il Presidente della Repubblica – di evitare di chiamarlo in causa. (Vivissimi, generali, prolungati applausi).

CIANCA. Onorevole Presidente, la ringrazio di questo suo alto ammonimento.

Comunque, per quello che riguarda le dichiarazioni fatte dal rappresentante del Partito socialista dei lavoratori italiani e dal rappresentante del Partito repubblicano italiano, dichiarazioni che io stesso in certo senso avevo sollecitato, devo notare che, se non ho male inteso, tali dichiarazioni vanno interpretate nel senso che, essendovi l’impossibilità giuridica della revoca – come essi sostengono – voteranno contro la mozione. Il problema è così prospettato sotto l’aspetto giuridico. Ma, per quanto riguarda la sostanza politica del provvedimento, i due oratori hanno formulato riserve che suonano separazione di responsabilità. (Applausi all’estrema sinistra – Proteste al centro).

Una voce al centro. Si tratta di una questione non politica ma di Codice penale!

CIANCA. Comunque, la cosa non riguarda me: riguarda l’onorevole Scelba. Certo è che, se io fossi il Ministro dell’interno, non potrei dare a quelle dichiarazioni significato di fiducia politica.

PICCIONI. Signor Presidente, la dichiarazione di voto implica l’interpretazione delle altre dichiarazioni di voto?

PRESIDENTE. Questo significa che domani sul processo verbale avremo dieci interventi. La prego, onorevole Cianca, concluda.

CIANCA. Comunque, devo dire al Ministro Scelba che la sua lunga elencazione, la quale qualche volta è scesa a piccoli fatti, nei confronti dei quali, se mai, c’è da deplorare la carenza del potere che doveva denunziare i presunti rei all’autorità giudiziaria, mantiene intatta la posizione come l’abbiamo definita. E cioè, voi siete sfuggiti all’articolo 23 della legge comunale e provinciale, perché non siete in grado di provare il motivo della minaccia all’ordine pubblico e non avete dato alla Giunta comunale e ai consiglieri eletti dal popolo la possibilità di difendersi.

Io, attraverso il dibattito, ho acquistato, più che mai profonda, la convinzione che voi avete compiuto un atto di sopraffazione e di faziosità, il quale deriva – onorevole Scelba, me lo consenta – dalla perniciosa confusione che voi state facendo tra il concetto dello Stato e il concetto del Governo e del partito. Voi confondete lo Stato col vostro Governo e il vostro Governo si confonde col vostro partito. (Applausi all’estrema sinistra). Noi siamo non contro l’autorità dello Stato, siamo contro lo Stato-partito che è la negazione di ogni libertà. (Rumori al centro Interruzione del deputato Siles).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, li prego! Onorevole Cianca, concluda: la prego.

CIANCA. Concludo rilevando al collega Macrelli che io mi rifiuto di considerare che la dignità e l’autorità della Repubblica possano essere difese quando rimangano legate ad un atto di arbitrio partigiano. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Commenti).

MAFFI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFI. Io mi limito ad una dichiarazione di voto: ma ad essa tengo per un’elementare ragione di coscienza politica e di coscienza morale. Io non sono né per temperamento né per educazione politica, o scientifica o morale, incline a giurare per nessuno. Perciò io non oso dire che la tale amministrazione, perché è un’amministrazione d’iscritti al Partito comunista, non può aver commesso errori, che in quell’amministrazione non possono essere persone che abbiano eventualmente colpe a loro carico.

Ma, quando mi trovo presente a fatti come quelli che si sono prospettati in quest’Aula, io mi domando: ma come è mai possibile che venga sciolta un’amministrazione mancandosi alla regola fondamentale della contestazione del fatto? (Rumori al centro).

La questione è questa, o signori; e io mi sento fiero di non essere un leguleio, perché ho sentito uomini di legge servirsi delle conoscenze giuridiche per nascondere, non so dietro che cosa, la loro coscienza.

Ora, io affermo che non è possibile condannare se non sia patentemente apparso il fatto, nella contestazione. Voi avete sciolto un’amministrazione comunale sulla base di accuse, sulla base di prevenzioni (Commenti al centro), che non sono state notificate in tutti i loro particolari. Qui non è stato, infatti, recato alcun elemento dal quale risulti che è stato comunicato al tale accusato, ai tali accusati, la portata complessa e singola delle accuse.

No, o signori. Gli imputati sono stati giudicati senza che un giudizio si fosse svolto. Proprio così; là dove doveva essere un’inchiesta, è avvenuta un’inquisizione.

E non basta ancora, ché si è compiuto un atto mostruoso. (Rumori al centro). Sì, o signori, se siete uomini onesti voi dovete essere del mio stesso parere. (Rumori al centro). Ho adoperato questo «se», perché ho sentito tutti i «se» dell’onorevole Rossi, i quali «se» sono stati tradotti in certezza nella coscienza dell’onorevole Rossi che desiderava di sbarazzarsi del suo obbligo di votare secondo coscienza.

Ebbene, o signori, è avvenuto questo fatto grave: qui, nel momento stesso in cui si voleva, usando la forza di una nota maggioranza e stramaggioranza, chiudere la discussione, si sono portate nuove accuse, sulle quali non si può fare discussione. Il Ministro Scelba, dal momento in cui qui portava nuovi elementi di accusa, avrebbe dovuto implicitamente dichiarare sospesa ogni decisione, per necessità di regolare accertamento. (Commenti al centro). Chi ha potuto vagliare le nuove accuse?

SCELBA, Ministro dell’interno. Sono le accuse dell’inchiesta; io non ho portato nessun elemento nuovo! (Commenti all’estrema sinistra).

MAFFI. Ma si tratta di elementi nuovi, poiché non sono mai stati messi in contestazione prima. Signori, voi che siete credenti… (Commenti al centro).

Per favore, non interrompetemi, la parola credenza ha tanti significati…

Colpire un’amministrazione sulla base di queste prevenzioni (sì, sono pure prevenzioni e non sono accuse consolidate, né accertate da quel procedimento che la legge impone, a tutela di vita civile, morale e democratica) è un errore. E perciò, quando ci si viene a dire che non è possibile una revoca, perché per pretese ragioni giuridiche un provvedimento preso non può più essere revocato, ebbene, il voto deve allora avere quest’altro significato: dire che il Ministro dell’interno non si è comportato secondo le leggi corrette della politica e della morale. (Proteste al centro).

Io vi auguro di non essere mai imputati; ma se mai voi foste imputati, voi gridereste: «Abbasso il metodo Scelba!». (Applausi all’estrema sinistra).

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Poco fa l’onorevole Scelba, spiegando uno degli addebiti fatti all’amministrazione comunale di Pescara, alla mia domanda se questi addebiti erano stati contestati all’amministrazione stessa, ha creduto di rispondere che egli non poteva permettere che un deputato mettesse in dubbio la parola dei prefetti. Ora, non so ancora a che cosa si riferisse con precisione il Ministro Scelba. Per quello che si riferisce in genere a tutto l’incartamento di questo affare, resta stabilito un fatto e questa mi sembra cosa gravissima: che i deputati che hanno presentato la mozione (Interruzione del deputato Uberti) e hanno cercato di documentarsi non hanno potuto vedere gli incartamenti in tempo utile per poter sottoporre all’onorevole Ministro le loro osservazioni. (Interruzioni al centro).

Per quello che riguarda, poi, la relazione che accompagna l’inchiesta di Pescara, devo far notare che vi si parla di contestazioni relative a due sole cose, fra le molteplici che hanno determinato il provvedimento da parte dell’autorità tutoria: soltanto due cose specifiche e determinate, senza che l’autorità tutoria abbia contestato, come doveva fare, tutti gli altri addebiti all’amministrazione comunale. Non fosse altro che per questi motivi, voterò a favore della mozione. (Applausi all’estrema sinistra).

COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Dichiaro, a nome del mio Gruppo, di votare contro la mozione.

Basterebbe a difesa della mia dichiarazione il rilievo che la mozione ha un contenuto, da un punto di vista squisitamente giuridico, inattuabile.

Non posso, quindi, dare la mia approvazione – né può darla il mio Gruppo – ad una mozione con la quale si dice al Governo di fare una cosa che il Governo – in ogni caso – non può fare.

Il decreto di scioglimento dell’amministrazione comunale di Pescara è, infatti, un provvedimento definitivo ed irrevocabile. È assurdo, pertanto, approvare una mozione con la quale si invita il Governo a revocare un provvedimento che, per legge, non può essere revocato.

Ma non è a questo mio rilievo soltanto che affido la difesa della mia dichiarazione. Ho ascoltato con la più vigile attenzione quello che, hinc inde, è stato riferito ed affermato, e dichiaro che mi sono convinto che il provvedimento impugnato, emesso in conformità e con le garanzie di legge, è fondato in fatto e in diritto. La mia coscienza non mi consente, perciò, di dare alla mozione l’approvazione. (Applausi al centro e a destra).

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale sulla mozione Corbi.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Gullo Rocco.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama:

Rispondono sì:

Alberganti – Allegato – Amadei.

Baldassari – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini – Basso – Bei Adele – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bruno – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonomelli – Bordon – Bosi – Bruni – Bucci.

Carpano Maglioli – Cavallotti – Chiarini – Cianca – Corbi – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.

D’Amico – De Michelis Paolo – D’Onofrio – Dugoni.

Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Flecchia – Foa – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Ghislandi – Giacometti – Giolitti – Giua – Gorreri – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Gullo Fausto.

Iotti Nilde.

Jacometti.

Laconi – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longo – Lozza – Lussu.

Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Massini – Massola – Merighi – Merlin Angelina – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Morandi – Moranino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nobili Tito Oro.

Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Paolucci – Pastore Raffaele – Pellegrini – Pesenti – Pieri Gino – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Priolo – Pucci.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Ruggeri Luigi.

Saccenti – Sansone – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Sereni – Sicignano – Spano – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tonello – Tonetti.

Valiani – Varvaro – Vigna – Vischioni.

Zanardi – Zappelli.

Rispondono no:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellavista – Belotti – Bencivenga – Bennani – Benvenuti – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Brusasca – Bubbio – Burato.

Caccuri – Camangi – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caronia – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cortese Pasquale – Cotellessa – Cremaschi Carlo.

Damiani – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – Dossetti.

Ermini.

Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Fietta – Filippini – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Galati – Garlato – Gatta – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giordani – Gonella – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.

Jervolino.

La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – Lazzati – Lettieri – Lizier – Longhena – Lucifero.

Macrelli – Magrini – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Micheli – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mùrdaca.

Nicotra Maria – Notarianni.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Paris – Parri – Pat – Pecorari – Pella – Pera – Perassi – Perrone Capano – Perugi – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Ponti – Proia.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Romano – Roselli – Rossi Paolo – Rubilli – Rumor – Russo Perez.

Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sapienza – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Segni – Sforza – Siles – Simonini – Spallicci – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Trimarchi – Trulli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Viale – Vigo – Villabruna – Volpe.

Zaccagnini – Zerbi – Zuccarini.

Sono in congedo:

Abozzi – Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Guerrieri Emanuele.

Jacini.

Lombardi Riccardo.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione per appello nominale ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti e votanti     386

Maggioranza           194

Hanno risposto      140

Hanno risposto no    246

(L’Assemblea non approva).

Riprenderemo i nostri lavori alle 18.

La seduta termina alle 16.20.

POMERIDIANA DI MARTEDÌ 16 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

cccxxxv.

SEDUTA POMERIDIANA DI MARTEDÌ 16 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Togliatti

Presidente

Targetti

Tumminelli

Sul lavori dell’Assemblea:

Presidente

Scoccimarro

Targetti

Corbino

Gronchi

Rubilli

Togliatti

Tonello

Fuschini

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera del deputati. (48).

Presidente

Zanardi

Corbino

Tonello

Rubilli

Nobile

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Scelba, Ministro dell’interno

Giacchero

Castelli Avolio

Stampacchia

Bellavista

Gullo Rocco

Donati

Uberti

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, al primo punto dell’ordine del giorno vi è il seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana. Sono rimaste da esaminare due norme transitorie, e specialmente la VI, relativa alla formazione del primo Senato della Repubblica.

A questo proposito, ricordo che nella seduta pomeridiana del 12 dicembre era stato presentato dall’onorevole Perassi e da altri colleghi il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, considerando le norme transitorie adottate per la prima formazione del Senato della Repubblica successivamente all’ordine del giorno approvato nella seduta del 7 ottobre 1947, ritiene che la prima elezione del Senato debba aver luogo per collegi regionali col sistema proporzionale, secondo norme adeguate alle disposizioni dell’articolo 55 della Costituzione».

Sottoposto all’esame dell’Assemblea quest’ordine del giorno nella seduta pomeridiana del 13 dicembre, gli onorevoli Cevolotto e Nitti avevano sollevato una pregiudiziale, a tenore della quale non si sarebbe dovuto prendere in esame, perché l’Assemblea aveva votato, in precedenza, un altro ordine del giorno di carattere preclusivo.

Dopo una lunga discussione e sulla procedura e sul merito, l’Assemblea è stata chiamata a votare sull’accoglimento o meno di questa pregiudiziale. La votazione che ne è seguita, a scrutinio segreto, ha dimostrato la mancanza del numero legale. E pertanto la questione è rimasta in sospeso e dobbiamo ora riprenderla.

Chiederò ora ai presentatori della richiesta di votazione a scrutinio segreto se la mantengono.

Farò la chiama dei firmatari della richiesta.

(Risultano presenti e mantengono la richiesta gli onorevoli Castiglia, Martino Gaetano, Bellavista, Priolo, Reali Vito, Porzio, Marinaro, Bonino, Lucifero, Persico, Rubilli, Villabruna, Perrone Capano, Condorelli, Nasi, Abozzi, Cevolotto, Morelli, Renato, Gasparotto, Merlin Angelina).

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Poiché la richiesta di votazione a scrutinio segreto è mantenuta da un numero sufficiente di firmatari, indico la votazione a scrutinio segreto sulla pregiudiziale sollevata dagli onorevoli Cevolotto e Nitti, perché non sia preso in considerazione l’ordine del giorno Perassi.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Prima di proclamare il risultato della votazione, devo far presente che, mentre i votanti risultano 373, i voti effettivamente riscontrati, sono 372; la maggioranza, calcolata sia sui voti validi che sui votanti, è sempre 187. I voti favorevoli sono 187, quelli contrari 185. Calcolando questo voto, che un deputato non ha dato, pur facendosi registrare fra i votanti, il risultato complessivo della votazione non muta; infatti, considerandolo positivo, si avrebbero 188 voti e favore a 185 contro; considerandolo negativo, si avrebbero 187 voti a favore e 186 contro. Pertanto, mi ritengo autorizzato a proclamare il risultato della votazione nel modo seguente:

Presenti e votanti     373

Maggioranza           187

Voti favorevoli        187

Voti contrari                        185

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Alberganti – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Angelucci – Arcaini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini – Basile – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bennani – Benvenuti – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Cairo – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Chatrian – Chiaramello – Chiarini – Chieffi – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dugoni.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Firrao – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.

Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Li Causi – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longo – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Marazza – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mattei Teresa – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Renato – Moro –Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Porzio – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Salizzoni – Santi – Sapienza – Saragat – Sardiello – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Segni – Selvaggi – Sforza – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vigna – Vigo – Vilardi – Villabruna – Villani – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Sono in congedo:

Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Guerrieri Emanuele.

Jacini.

Lopardi.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. (Segni di attenzione – Commenti all’estrema sinistra). Mi onoro di informare che il Capo provvisorio dello Stato, con decreto in data 15 dicembre 1947, ha accettato le dimissioni che gli sono state presentate dagli onorevoli: professor dottor Mario Cingolani, da Ministro della difesa; avvocato Umberto Merlin, da Ministro delle poste e delle telecomunicazioni; professor Giuseppe Togni, da Ministro dell’industria e del commercio.

Con altro decreto in pari data, il Capo provvisorio dello Stato, su mia proposta, ha nominato:

l’onorevole dottor Giuseppe Saragat e l’onorevole avvocato Randolfo Pacciardi: Ministri Segretari di Stato senza portafoglio, con le funzioni di Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri;

l’onorevole professor Giuseppe Togni: Ministro Segretario di Stato senza portafoglio;

l’onorevole Cipriano Facchinetti: Ministro Segretario di Stato per la difesa;

l’onorevole Lodovico D’Aragona: Ministro Segretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni;

l’onorevole dottor Roberto Tremelloni: Ministro Segretario di Stato per l’industria ed il commercio.

Questi cambiamenti della struttura del Governo sono destinati ad accrescerne la funzione rappresentativa, in quanto che alle forze del nucleo centrale democratico-cristiano e delle correnti liberali, si associano, in un comune impegno democratico, le forze della democrazia socialista (Rumori all’estrema sinistra – Applausi al centro e a sinistra) e quelle della tradizione repubblicana.

Nessuno ha il diritto di sottovalutare questo fatto nuovo che avrà i suoi sviluppi nell’avvenire e che già oggi (Commenti – Interruzione del deputato Bolognesi) costituisce il modo migliore di garantire al Paese una vitalità democratica propria e quindi un Governo nazionale (Interruzioni all’estrema sinistra – Applausi al centro e a sinistra) che faccia una politica di pace e di indipendenza. (Interruzioni all’estrema sinistra – Applausi al centro).

Il Ministero tuttavia, anche nell’attuale composizione, non ambisce di rappresentare una concordanza di programmi di vasta portata (Interruzioni all’estrema sinistra), programmi che ciascun partito al Governo rimane libero, secondo la propria ideologia e il proprio carattere, di portare innanzi al popolo nella prossima consultazione elettorale; ma è pur sempre, in causa delle esigenze obiettive che deve affrontare, un Ministero di emergenza, rivolto ad attenuare le conseguenze della erigi economica, specie nei riguardi delle classi operaie e del ceto medio produttivo (Commenti all’estrema sinistra), nonché a richiamare energicamente le classi privilegiate al loro dovere sociale (Commenti all’estrema sinistra) e, quando occorra, ad imporlo; a consolidare nello spirito e nella forma le istituzioni democratiche repubblicane che il popolo italiano ha irrevocabilmente stabilito e l’Assemblea deliberato.

Nel settore politico immediato, compito precipuo e più urgente del Governo è quello di predisporre la consultazione popolare per l’elezione delle due Camere, e assicurare e garantire che questo atto decisivo della nostra evoluzione democratica si compia in piena libertà e consapevolezza. (Interruzione deputato Pastore Raffaele – Rumori).

Ci è difficile precisare fin da questo momento la data dei comizi, che potremo sottoporre al Capo dello Stato dopo che sarà promulgata la Costituzione; ma, tenendo conto del corso dei lavori dell’Assemblea, dei pareri espressi da vari settori di essa, del fatto che dovranno svolgersi contemporaneamente le elezioni per la Camera e quelle per il Senato, dell’opportunità che avverse condizioni stagionali non ostacolino l’afflusso alle urne, riteniamo prudente di formulare il nostro impegno nel senso che le elezioni non potranno farsi oltre il 18 aprile, salvo naturalmente, ove le circostanze si presentassero favorevoli, ad anticipare tale data.

Indispensabile premessa di libere elezioni è che si crei un’atmosfera di tolleranza civile, che l’autorità dello Stato venga da tutti considerata al di sopra dei partiti, e che si ristabilisca quella disciplina nazionale che è necessario presidio della libertà. (Applausi al centro).

Partiti e organizzazioni devono sentire questo supremo dovere, rinunziare alle suggestioni della violenza e dell’azione diretta (Interruzioni all’estrema sinistra – Rumori) e lasciar corso alla volontà del popolo legalmente e liberamente espressa. (Applausi al centro).

Il popolo italiano, nella sua enorme maggioranza, non sente nostalgie per regimi ormai definitivamente superati, né nutre velleità dittatoriali (Rumori e interruzioni all’estrema sinistra – Applausi al centro e a destra) ama la libertà che si è conquistata e chiede il pane e il lavoro a cui ha diritto.

E al servizio di questo popolo e della sua causa che il Governo democratico intende impegnare tutta la sua azione economico-sociale nel quadro della legalità repubblicana. (Vivi applausi al centro e a sinistra).

TOGLIATTI. Chiedo di parlare. (Commenti al centro).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le dichiarazioni del Governo sono state molto brevi. Credo che siano durate, comprese le interruzioni, meno di cinque minuti. Però qui non si tratta di brevità o di lunghezza; non si tratta di quantità, si tratta di qualità.

Che cosa sta davanti a noi? Il precedente Governo ritoccato con qualche dimissione o sostituzione nell’ambito delle stesse forme politiche o un Governo nuovo? È evidente che ci troviamo di fronte a un Governo nuovo, costituito con l’adesione di due partiti che prima non facevano parte del Governo, anche se ne favorivano l’azione.

Trovandoci di fronte a un Governo nuovo, è evidente che noi abbiamo non dico il diritto, ma il dovere di esprimere il nostro giudizio sopra di esso dopo una riflessione approfondita. Ciò è però necessario anche per un altro motivo: questo Governo è stato costituito in un modo molto singolare, modo sul quale desidero attirare subito l’attenzione e del Parlamento e del Paese. È la prima volta, infatti, in regime parlamentare, che una Camera italiana si trova di fronte a un nuovo Governo costituito con questa procedura, la quale viola le norme tradizionali del funzionamento costituzionale.

L’onorevole De Gasperi ha fatto su questa strada un passo avanti, ha perfezionato il suo metodo. Prima faceva le crisi senza consultare il Parlamento, senza provocare precedenti voti parlamentari che orientassero la nuova formazione governativa, ed era una prima violazione della legalità costituzionale.

Adesso ha trovato anche il modo di costituire un nuovo Governo senza nemmeno consultare, non dico il Parlamento, ma i grandi partiti parlamentari. Questo Governo infatti è il risultato di un intrigo svoltosi tra le quinte dei partiti che lo compongono. Gli altri partiti parlamentari non ne sanno niente e sono costretti ad andare a leggere sui giornali le dichiarazioni di Tizio, Caio e Sempronio, o i manifesti, in approssimativa lingua italiana, pubblicati da uno dei partiti che partecipano alla nuova formazione, per capire cosa è avvenuto.

Il Governo ha fatto le dichiarazioni che ha creduto. Noi abbiamo però, non il diritto, ma il dovere, come parlamentari prima di tutto, di denunziare questo secondo passo in avanti che viene fatto sulla strada della violazione della legalità costituzionale. (Applausi all’estrema sinistra – Rumori al centro).

Non è mai avvenuto che si cambiassero profondamente la qualità, la struttura, la composizione del Governo, la maggioranza parlamentare, senza che intervenisse nella soluzione del problema il Capo dello Stato attraverso consultazioni con tutti i partiti parlamentari. E mi meraviglio che sia il Partito repubblicano storico – che oggi per la prima volta a volo spiegato entra in un governo – a dare il suo contributo a questo secondo passo che vien fatto sulla strada della violazione della legalità parlamentare e costituzionale. (Proteste e rumori al centro).

Ad ogni modo, onorevole Presidente, onorevoli colleghi, da questa considerazione ricavo una prima conseguenza pratica: ritengo che dobbiamo impegnare un dibattito sulle dichiarazioni del Governo, ma ritengo, in pari tempo, che ognuno dei partiti che compongono questa Assemblea abbia il diritto di chiedere del tempo per riflettere.

La mia proposta quindi è questa: che venga impegnato un dibattito sulle dichiarazioni del Governo, ma che in questo momento la seduta sia sospesa o rinviata a domani, così da poter avere tutti il tempo per riunirci, riflettere su quanto è accaduto, per impegnarci domani in una discussione che mi auguro breve ed efficace, ma in cui certamente ognuno dovrà prendere posizione con cognizione di causa e col senso delle sue responsabilità.

Questa è la mia proposta; prego l’onorevole Presidente di esaminarla per giudicare se sia il caso di accettarla senz’altro o di metterla ai voti. (Applausi all’estrema sinistra – Commenti al centro e a destra).

PRESIDENTE. Onorevole Togliatti, poiché lei ha posto un’alternativa, vorrei pregarla di precisare quanto tempo, in caso di sospensione, questa dovrebbe durare.

TOGLIATTI. Onorevole Presidente, il nostro Gruppo ha deciso di convocarsi immediatamente dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Dopo questa riunione, noi saremo in grado di esprimere il nostro parere in Assemblea. (Commenti al centro e a destra).

Per il nostro Gruppo, onorevole Presidente, sarebbe certamente meglio che il dibattito venisse aperto domani: avremmo tempo di riflettere meglio. Non so cosa ne pensino gli altri Gruppi. (Commenti).

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Io ritengo che anche il mio Gruppo senta la necessità denunziata dall’onorevole Togliatti, ma al tempo stesso credo che debba essere un desiderio comune a tutti i Gruppi di non perdere tempo per ciò che riguarda il lavoro relativo alla Costituzione. Se quindi l’onorevole Presidente accedesse alla nostra proposta, mi pare che si potrebbero continuare i nostri lavori in tema di Costituzione ed anche in tema di legge elettorale; al tempo stesso i Gruppi avrebbero il tempo di adunarsi dopo la seduta o domani, per riprendere poi la discussione sulle dichiarazioni del Governo.

TUMMINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TUMMINELLI. Anch’io dichiaro, a nome del mio Gruppo, che noi desideriamo che si apra domani la discussione sulle dichiarazioni del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Presidente del Consiglio, vuole esprimere il suo parere?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Io non ho nessuna difficoltà ad aderire; non sono venuto nell’Assemblea a portare sorprese e credo che quello che ho detto era già noto e probabilmente molto approfondito dall’onorevole Togliatti. (Interruzione del deputato Togliatti).

Prego, onorevole Togliatti, mi lasci dire; lei mi ha accusato di violazione costituzionale e io rispondo. (Interruzione all’estrema sinistra).

Io sono venuto ad annunciare la nomina dei membri del Governo, ed in questa occasione ho fatto una dichiarazione riassuntiva, per non turbare i lavori dell’Assemblea. (Commenti all’estrema sinistra). Non pensavo affatto ad una nuova discussione, ma non la temo. (Applausi al centro). Se voi credete che è nell’interesse del Paese di fare una nuova discussione e di farla anche lunga, assumetevi voi la responsabilità della misura e di quello che dite. Io non ho nessuna obiezione da fare; aggiungo solo che non accetto l’interpretazione data dall’onorevole Togliatti, che ci si trovi di fronte ad una violazione costituzionale. (Applausi al centro – Rumori all’estrema sinistra). Io ho seguito le tradizioni parlamentari. (Commenti all’estrema sinistra). Basterà studiare la storia del Parlamento al riguardo.

Vi prego di osservare che rimpasti si sono fatti sempre, evitando le dimissioni generali e la ricomposizione del Ministero; basti ricordare, ad esempio, il Ministero del Presidente Orlando, nel gennaio del 1919, che introdusse Bonomi, Caviglia ed altri nel Gabinetto – complessivamente cinque Ministri nuovi – senza che alcuno componente di esso rassegnasse le dimissioni, e il Ministero del Presidente Nitti, nel marzo del 1920, che introdusse Luigi Luzzatti, Bonomi ed altri.

Questi sono i pochi casi che in questo momento mi vengono alla memoria; ve ne saranno degli altri. La prassi parlamentare è questa; quindi il mio comportamento è stato perfettamente legale e costituzionale e non posso perciò accettare nessuna accusa. Ma se mi si dice che si vuole riflettere sulle dichiarazioni del Governo, ampliare la discussione o comunque svolgerla, il Governo non ha nessuna obiezione da fare. E se voi preferite rinviare, come è stata fatta la proposta, a domattina questa discussione, non ho obiezioni da fare. La Camera decida come crede. (Applausi al centro e al centro sinistra – Commenti all’estrema sinistra).

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Prima di tutto desidero far presente all’onorevole De Gasperi che io ho sollevato una questione di legalità e di consuetudine costituzionale, questione sulla quale mi soffermerò più a lungo discutendo della formazione del suo Governo.

L’onorevole De Gasperi era tanto consapevole che questo problema esisteva, che s’era preparato per iscritto gli esempi per tentar di confutare la mia argomentazione…

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non mi ero preparato affatto.

TOGLIATTI. L’onorevole De Gasperi ha però commesso due sbagli. Prima di tutto ha dimenticato di ricordare quali fossero i mutamenti di fisionomia di governo che avevano avuto luogo nelle occasioni da lui ricordate. Egli non troverà infatti nella storia parlamentare italiana un precedente di radicale mutamento di fisionomia politica del governo, di un mutamento il quale portò il governo a spostare il proprio asse (è vero onorevole Pacciardi?) da destra a sinistra senza che sia stato seguito il tradizionale metodo delle dimissioni e delle consultazioni.

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio. Quando vi fa comodo, il governo sposta l’asse; quando non vi fa comodo non lo sposta (Commenti).

TOGLIATTI. Siete voi che dite che il governo sposta il proprio asse, quindi siete voi che dovete aver coscienza di aver fatto qualcosa di nuovo, ma di averlo fatto violando le norme e le consuetudini parlamentari.

La consuetudine parlamentare è che quando si fa qualcosa di nuovo, prima di tutto – e chiedo scusa se devo riferirmi anche all’attività del Capo dello Stato – prima di tutto si dà la possibilità al Capo dello Stato di consultare egli i rappresentanti di tutti i settori parlamentari, in modo che ne esca una opinione, ed egli possa esercitare la sua alta funzione equilibratrice.

In secondo luogo, lo stesso designato a comporre il governo su nuove basi consulta i capi dei Gruppi parlamentari per conoscere, attraverso di essi, l’opinione dell’Assemblea.

Questa è la consuetudine parlamentare. L’onorevole De Gasperi ha dimenticato tutto questo. Egli ha dimenticato però anche un’altra cosa e cioè che dei precedenti del suo modo di fare esistono sì purtroppo, nella storia del nostro Paese, ma esistono dopo il 3 gennaio 1925. (Applausi all’estrema sinistra).

Quello che lei ha fatto onorevole De Gasperi, non è la formazione di un nuovo governo secondo le norme parlamentari, ma è un semplice «cambio della guardia»! Chiamiamolo così e ci intenderemo meglio.

Ad ogni modo, onorevole De Gasperi, noi non abbiamo alcuna intenzione di trascinare a lungo un dibattito. A noi non importa che i dibattiti siano lunghi: li preferiamo brevi purché siano efficaci, e non abbiamo alcuna intenzione di intralciare il normale sviluppo e spostare il termine dei normali lavori di questa Assemblea.

Ho desiderato però, prima di tutto, a nome del mio Gruppo, di far presente in modo preliminare la avvenuta violazione delle norme consuetudinarie costituzionali fatta da questo governo, e in secondo luogo insisto nella mia richiesta che ci sia dato tempo sino a domani di riflettere per decidere la nostra azione.

Sui lavori dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Vi sono due proposte e poiché l’onorevole Togliatti le pone tutte e due, evidentemente si rimette all’Assemblea perché scelga quella che le sembra più conveniente.

Vi è la proposta di semplice sospensione dei nostri lavori, che porta a sua volta due conseguenze: o che riprendendo i nostri lavori senz’altro si affronti la discussione sulle dichiarazioni del Governo; o che si continui lo svolgimento dell’ordine del giorno, salvo poi a fissare la discussione sulle dichiarazioni del Governo.

L’altra proposta è di rinviare i lavori per l’inizio della discussione sulle dichiarazioni del Governo.

L’onorevole Targetti ha fatto a sua volta una proposta: di sospendere eventualmente una mezz’ora i nostri lavori e poi ritrovarci per dar corso all’esame del testo costituzionale ponendo poi all’ordine del giorno della seduta pomeridiana di domani la discussione sulle comunicazioni del Governo. Io penso che l’Assemblea potrebbe accettare questa soluzione, la quale mentre permette una riunione dei Gruppi per lo scambio eventualmente necessario delle prime impressioni sulle comunicazioni del Governo, non ci impedirebbe di fare quest’oggi almeno qualche passo verso la conclusione dei lavori costituzionali dell’Assemblea.

Il Governo ha dichiarato a questo proposito di rimettersi all’Assemblea.

SCOCCIMARRO. Se si sospende la seduta solo per mezz’ora, vuol dire che si stabilisce quanto tempo i Gruppi devono rimanere uniti.

PRESIDENTE. Onorevole Scoccimarro, i Gruppi sono padroni del loro tempo non soltanto durante l’orario destinato ai lavori dell’Assemblea, ma anche al di fuori; e quando noi togliessimo alle otto la nostra seduta di Assemblea i Gruppi avranno fino a domani pomeriggio il tempo necessario di riunirsi.

Comunque, siccome l’onorevole Togliatti non ha fatto proposte concrete ma ha posto l’alternativa, se lei intende fare invece una proposta concreta la faccia.

SCOCCIMARRO. Faccio la proposta concreta di rinviare la seduta a domani.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Io insisto nella mia proposta.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io credo che non si debba perdere tempo e quindi vorrei proporre al Presidente di non fare neppure la sospensione di mezz’ora. Ad ogni modo, nella eventualità che i Gruppi preferiscano riunirsi ora, proporrei di riprendere la seduta alle 8 per il normale svolgimento dell’ordine del giorno. Se noi invece continueremo nell’ordine del giorno fissato fino alle 8, i Gruppi potranno tenere riunione stasera e domani nel pomeriggio si discuterà sulle comunicazioni del Governo.

GRONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Ho chiesto la parola per dichiarare che siamo favorevoli alla proposta dell’onorevole Targetti, concretandola nel senso che la sospensione della seduta potrebbe durare fino alle ore 18.30.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. A me pare che si possano conciliare tutte quante le esigenze manifestate da varie parti, e non perdere tempo in alcun modo.

Noi siamo al 16 dicembre e teniamo conto che il calendario non lo possiamo ampliare né si può fermare il tempo. Quindi occorre che noi ci affrettiamo ad espletare i lavori che ancora rimangono affidati al nostro compito.

Ora, l’onorevole Corbino proponeva che i Gruppi parlamentari si riunissero immediatamente e la seduta dell’Assemblea fosse rinviata a questa sera. Ma mi domando se non sia meglio fare il contrario. Costantemente, per consuetudine parlamentare, io vedo quasi ogni giorno avvisi di riunioni dei gruppi per le 8 di sera o per lo più alle ore 9, dopo la cena. Perciò francamente mi pare che possiamo uniformarci agli stessi criteri che sono stati sempre seguiti. Giusta la proposta dell’onorevole Togliatti, su cui mi pare che ci sia il consenso unanime perché anche il Governo l’ha accettata. Quindi, che i Gruppi si possano riunire sta bene, per riflettere meglio sul loro atteggiamento verso il nuovo Governo, ma credo che non dobbiamo sospendere la seduta per continuare i nostri lavori ordinari neppure per cinque minuti. Non capisco a che cosa serva questa mezz’ora che qualcuno richiede: non serve né a noi né ai Gruppi. Quindi propongo di continuare i lavori ordinari senza perdita di tempo. Come ha detto il signor Presidente, la discussione sarà ripresa alle ore 16 di domani, di guisa che anche nelle ore antimeridiane vi sarà tempo più che sufficiente per riunirsi, riflettere e prendere accordi per le risposte al Governo.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Signor Presidente, mi associo alla proposta Rubilli. Mi pare che la proposta Gronchi di sospendere per tre quarti d’ora sia troppo restrittiva. Invece, la proposta Rubilli mi sembra più opportuna.

A domani il dibattito; e adesso lo svolgimento di una parte dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Ritengo che, se non vi sono osservazioni, la proposta Rubilli possa essere accettata.

(Così rimane stabilito).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Credo che sia opportuno rinviare il seguito della discussione del progetto di Costituzione, che si riferisce alla norma transitoria relativa alla proroga dei poteri dell’Assemblea. Allo stato dei lavori della Assemblea e tenendo presente il fatto nuovo della discussione sulle comunicazioni del Governo – che impegnerà l’Assemblea per alcuni giorni e porrà probabilmente al Presidente il problema della possibilità di arrivare al 31 dicembre dopo aver fatto tutto quello che dovremo fare o di prendere i provvedimenti opportuni – io propongo di invertire l’ordine del giorno e di riprendere l’esame della legge elettorale per l’elezione della Camera dei deputati. Noi potremmo, possibilmente nella giornata di oggi, esaurire la discussione della parte della legge elettorale che è rimasta accantonata, e precisamente la parte che concerne la formazione o meno del Collegio unico nazionale. Se l’Assemblea acconsente potremmo guadagnare queste due ore eliminando un argomento molto spinoso.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Sarei dell’avviso di proseguire come siamo rimasti d’intesa questa mattina, perché quando si discute un argomento tanto importante è bene che vi sia il maggior numero dei presenti.

PRESIDENTE. Vi è la proposta dell’onorevole Corbino di inversione dell’ordine del giorno, di continuare cioè la discussione sulla legge elettorale rimettendo ad un secondo momento la continuazione dell’esame della sesta norma transitoria del progetto di Costituzione.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Mi permetto di osservare che la proposta Corbino sembra giusta ed opportuna se si considera il lavoro dell’Assemblea in questo momento. Però bisognerebbe tener presente, che, rimandando continuamente il problema della proroga, noi non sappiamo nemmeno come regolare i nostri lavori. C’è un certo disordine nel modo con cui lavoriamo, che dipende dalla fretta di concludere il 31 dicembre i nostri lavori. Io credo che sia necessario prima di tutto che il compito specifico dell’Assemblea costituente sia esaurito. Perché, se, dopo che avrà esaurito il proprio compito specifico cioè l’approvazione della nuova Costituzione, l’Assemblea sarà costretta, durante il mese di gennaio, a lavorare ancora, il Paese non avrà forse nulla da dire. Ma se noi rinvieremo continuamente la conclusione della Costituzione, credo che noi commetteremo un grave errore.

PRESIDENTE. Io credo che dobbiamo cogliere l’occasione per fare senz’altro eco alla affermazione dell’onorevole Fuschini e cioè che la nostra Assemblea, entro il 31 dicembre deve consegnare la Costituzione completa in ogni sua parte. (Approvazioni).

Però, onorevoli colleghi, a parte questo, che deve essere un impegno solenne di tutti noi, resta la questione di quale forma giuridica rivestire quella proroga di lavori alla quale anche l’onorevole Fuschini ha accennato, come inevitabile. Ora, se noi in questo momento esaminassimo la sesta norma transitoria della Costituzione, noi dovremmo senz’altro giungere ad una decisione perché in questa norma è contenuta una delle forme della soluzione del problema, e precluderemmo ogni possibilità di diversa soluzione. Quindi è opportuno accettare la proposta dell’onorevole Corbino e penso che si possa accedere al criterio di riprendere l’esame della legge elettorale.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Non è che io voglia insistere di fronte alle osservazioni fatte dall’onorevole Presidente. Però ritengo che sia opportuno chiarire una situazione che si va aggravando invece di risolversi. Sotto questo aspetto ritengo che sia urgente definire la questione della prorogatio in una maniera tassativa e precisa, perché, onorevole Presidente, vi è ancora un lavoro molto delicato e molto importante, il lavoro del coordinamento della Costituzione, che dovrà essere sottoposto all’Assemblea. E bisogna che l’Assemblea abbia il tempo, sufficiente, e non un tempo affrettato, perché questa revisione della Costituzione sia fatta con quella necessaria pacatezza e ponderatezza che si richiede.

Sotto questo riflesso domando che sia fissato il termine di domani o di dopodomani mattina per la discussione della prorogatio.

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, noi siamo in gara per cercare la soluzione migliore. Quanto alla questione più immediata ed importante, le dirò che per domattina ho pregato i rappresentanti dei Gruppi di trovarsi presso di me per risolvere l’impostazione del problema, tenendo conto degli elementi nuovi che si sono presentati in queste ultime ventiquattr’ore.

In secondo luogo, il Comitato di redazione sta già lavorando, ed evidentemente continua a lavorare, anche se quella sesta norma transitoria non ha ancora trovato la sua formulazione definitiva in Assemblea. Il Comitato ha 135 articoli da esaminare, e sta esaminandoli.

Infine, è certo che, se domattina si giungerà, come sono convinto, ad una conclusione nella piccola riunione che ho preannunziato, al massimo per dopodomani la questione sarà posta all’ordine del giorno dell’Assemblea.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei aggiungere una sola argomentazione a favore della mia proposta, ed è questa: che nella formula o nelle varie formule che sono state presentate per questa prorogatio, è implicitamente contenuta anche una questione politica.

Ora, se noi dovessimo affrontare una questione politica per la prorogatio, quando ne abbiamo già una in discussione per le comunicazioni del Governo, perderemmo inutilmente del tempo.

D’altra parte, anche l’approvazione delle leggi elettorali ha carattere di urgenza, se vogliamo trovarci nei termini stabiliti dal Governo per l’elezione delle nuove Camere.

Ecco perché vorrei pregare l’onorevole Fuschini di consentire che oggi si continui la discussione della legge elettorale.

PRESIDENTE. Allora, onorevoli colleghi, se non vi sono osservazioni in contrario, riprendiamo l’esame della legge elettorale.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei Deputati. (48).

PRESIDENTE. Nella seduta antimeridiana è stato approvato l’articolo 8-quinquies. Dobbiamo ora esaminare gli emendamenti.

L’onorevole Zanardi ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo l’articolo 65 aggiungere il seguente:

«I deputati ed i Ministri non possono percepire, oltre le indennità stabilite per il mandato parlamentare o ministeriale, stipendi, pensioni, indennità, assegni da nessuna amministrazione di carattere pubblico».

L’onorevole Zanardi ha facoltà di svolgerlo.

ZANARDI. Onorevoli colleghi, io sarò brevissimo, perché la mia proposta è redatta in termini chiari che non hanno bisogno di molte parole.

Io sono stato mosso a presentare questo emendamento aggiuntivo all’articolo 65, dal ricordo delle conseguenze della famosa relazione della Commissione degli Undici, che ha lasciato in me una grande amarezza e una grande diffidenza nel corpo elettorale in confronto ai deputati.

Non intendo entrare nel merito della questione; se cioè i nostri colleghi denunziati dall’onorevole Finocchiaro Aprile, abbiano agito in forma giusta e conforme agli interessi del Paese, o se all’opposto, essi abbiano recato danno; non indago, perché non sono venuto qui a fare questioni di carattere personale.

Con questa proposta, io voglio soltanto raggiungere lo scopo che, quando un cittadino viene nominato deputato, non mantenga altre cariche remunerative, e che debba essere considerato sufficiente per il deputato e per i bisogni della sua famiglia quanto gli viene corrisposto sotto forma di indennità e di medaglie di presenza. Non dovrebbe quindi più accadere per il futuro che un deputato abbia molte altre cariche retribuite.

Se il mio emendamento verrà accolto, noi stabiliremo, onorevoli colleghi, una forma di disciplina che sarà molto utile, perché, come ho già detto, vi sono dei deputati che prendono due e anche più stipendi, e tutto questo non è certo conforme ai bisogni della povera gente che poi ci onoriamo di rappresentare.

La mia proposta, onorevoli colleghi, trae la sua ragione dalla mia lunga esperienza nella vita pubblica; ormai vecchio so come un tempo deputati di tutti i banchi, della destra e della sinistra stimavano titolo di onore il servire il loro partito senza alcun compenso; e quegli uomini ebbero una grande influenza in confronto alla pubblica opinione.

Posso ricordarvi Saracco, Sella: ma posso anche riferirmi a tempi più recenti e farvi il nome di Socci e quello di Morgari. Orbene, quegli uomini avevano, nei confronti dei loro elettori e delle masse elettorali, un prestigio veramente grande, perché si gode di maggior prestigio quando si è puri ed onesti. È indubbio infatti che tutte le nostre deliberazioni anche ottime sarebbero inutili, se gli amministratori con il loro disinteresse non fossero degni dell’alto mandato ricevuto dal popolo. In nome di questi principî insisto nella mia proposta, che migliorerebbe anche moralmente la vita politica italiana, perché cesserebbe la diffidenza fra eletti ed elettori, e verrebbero qui soltanto deputati che vogliono servire non i loro interessi personali, ma il nostro Paese, che tutti amiamo. (Applausi).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei far rilevare all’onorevole Zanardi, che, per quello che concerne i Ministri, la sua richiesta è di fatto corrispondente allo stato attuale della legislazione.

Per quello che concerne i deputati, noi abbiamo votato stamattina l’articolo 8-quinquies, in cui il trattamento economico dei deputati, che abbiano impieghi nelle amministrazioni pubbliche, è stabilito secondo le leggi che ne regolano lo stato giuridico.

La sua proposta potrebbe quindi essere in contradizione con quello che noi abbiamo già approvato stamattina. Tuttavia c’è in essa un contenuto di carattere politico, che, a mio giudizio, dovrebbe essere tenuto presente quando si dovranno rifare le leggi sullo stato giuridico degli impiegati.

Se l’onorevole Zanardi acconsentisse a trasformare in questo senso la sua proposta di aggiunta all’articolo 65, credo che potrebbe trovare consensi più larghi di quelli che non troverebbe limitandola alla forma aggiuntiva pura e semplice. Non so se la Commissione sia dello stesso parere.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Onorevoli colleghi, la proposta dell’onorevole Zanardi va sentita ed accettata da ogni uomo che abbia un senso alto della vita pubblica. Purtroppo vi sono quelli che credono che l’incarico di deputato sia un incarico transitorio, abbia una importanza soltanto politica e morale. Ma io penso, invece, che questo incarico deve essere esercitato in modo che serva di esempio educativo anche per tutto il popolo italiano. Vi sono ancora nella vita pubblica italiana degli uomini eternamente affamati di prebende, eternamente ansiosi e desiderosi di aumentare le loro entrate, dando il loro nome e anche la loro opera a tutt’altri lavori che quelli del Parlamento.

Ed è necessario che il popolo italiano abbia l’impressione che il deputato, se ha delle indennità, le ha perché compie appieno il suo lavoro di deputato, e che sono incompatibili, quindi – come l’onorevole Zanardi propone – le altre prebende – chiamiamole così – più o meno grasse o più o meno magre.

Voi osserverete – e verrà più tardi forse in discussione – che c’è la questione degli impiegati statali, i quali dovrebbero, stando alla proposta Zanardi, avere sospesi i loro stipendi, durante il periodo in cui sono deputati. È una questione abbastanza complessa; ed io affermo anche che ciò metterebbe questi impiegati in una difficoltà maggiore degli altri cittadini, che possono fare i deputati ed esercitare privatamente una attività come avvocati, medici o altro.

È vero che c’è un po’ di ingiustizia in questo trattamento, ma va riconosciuto che, in base alla proposta Zanardi, anche per loro verrebbe a mancare quest’ultimo provento per sé e le loro famiglie.

È un problema abbastanza difficile e delicato, e io che fui per tanto tempo impiegato prima del Comune e poi dello Stato, posso dire che nel 1919, quando mi presentai candidato e fui eletto, non solo non ebbi più stipendio, ma fui obbligato da un imperativo telegramma del Ministero dell’interno a rassegnare le mie dimissioni. Se fosse qui l’onorevole Nitti rammenterebbe quel particolare. (Commenti).

Vi sono altri precedenti di impiegati, di funzionari, che venendo in Parlamento hanno troncato la loro carriera. Io stesso non avrei ora nessun diritto, se non fosse venuta fuori la riforma elettorale del fascismo, che ammetteva che, quelli che avevano abbandonato il loro ufficio per entrare in Parlamento, dovevano essere considerati in aspettativa. Io speravo che la legge potesse valere anche per me, ma durante il fascismo quella legge non ebbe valore. Ricorsi al Consiglio di Stato, ma anche il Consiglio di Stato in quel tempo non aveva valore. (Commenti).

Quindi io approvo la proposta Zanardi, ma sono un po’ perplesso per le condizioni di cattivo trattamento che avrebbero gli impiegati dello Stato, qualora dovessero perdere tutto.

Prendono – dice l’onorevole Zanardi – la loro indennità parlamentare, che dovrebbe bastare per le famiglie. Ma se noi diciamo a questi funzionari: voi avrete lo stipendio e l’indennità parlamentare, molti si faranno mettere nelle liste elettorali anche senza alcuna speranza di elezione, soltanto per avere tre o quattro mesi di congedo. C’è dunque anche questa considerazione da fare.

Con tutti questi scrupoli che si affacciano, io dico che la proposta Zanardi va presa in considerazione, specialmente per certi incarichi pagati dallo Stato, in maniera che non si verifichino i casi venuti a galla nell’inchiesta recente fatta nella nostra Assemblea.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ad altri colleghi vorrei raccomandare a tutti di non dimenticare la decisione di stamane, per cui gli impiegati dello Stato che siano eletti deputati, sono, a loro richiesta, collocati in congedo straordinario e percepiscono tutti gli assegni stabiliti per legge.

Quindi la proposta dell’onorevole Zanardi non può riferirsi ai deputati, perché la decisione di stamane è preclusiva. Può restare invece per ciò che si riferisce ai Ministri, salvo naturalmente a discutere di questo argomento in sede appropriata.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Desidero solamente ricordare, a proposito della questione sollevata dall’onorevole Zanardi, che l’Assemblea dette incarico alla Commissione degli Undici, da me presieduta, di esaminarla preliminarmente in seguito alle accese polemiche sorte in quest’Aula, e nella relazione della Commissione è ampiamente trattato questo argomento. Ricordo altresì che, quando io lessi la relazione, l’onorevole Togliatti, se non erro, propose appunto che della questione l’Assemblea potesse occuparsi in sede più opportuna a proposito della legge elettorale. Ad ogni modo l’Assemblea questo problema lo vide e se lo pose fin da quando volle la nomina di detta Commissione, per stabilire i criteri cui occorresse informarsi in avvenire.

Io non riferisco qui quello che è detto nella relazione. Credo che i colleghi non l’abbiano dimenticata. Dico solamente quali sono state le conclusioni a cui all’unanimità la Commissione pervenne. Si tenne presente, prima di ogni altro, che in seduta segreta, nell’unica seduta segreta che abbiamo tenuta, l’onorevole Togliatti propose anche un ordine del giorno con cui voleva che il lavoro professionale fosse sospeso durante l’esercizio della carica parlamentare. La Commissione ritenne che questo ordine del giorno non si potesse accettare. Era troppo rigoroso, indiscutibilmente eccessivo ed inopportuno, poiché non si può impedire al professionista di continuare il suo consueto lavoro, tanto più che la carica di deputato è limitata, è transitoria e si correrebbe il rischio di vedere esclusi dalle Assemblee parlamentari i professionisti, se dovessero chiudere i loro studi per alcuni anni, con le conseguenti difficoltà di rintracciare poi i proprii clienti.

Questi vincoli s’impongono solo a chi è chiamato al Governo come Ministro o anche come Sottosegretario. Si è esaminata anche la questione degli impiegati, e la Commissione la risolse nel senso in cui è stata risolta dall’Assemblea questa mattina, con criteri di opportuna ed innegabile equità. Si procedette poi più specialmente all’esame dei moduli, che erano stati mandati a ciascun deputato dal signor Presidente, e delle indicazioni che erano giunte alla Commissione da parte del Presidente del Consiglio, si venne così alla conclusione che i deputati dovessero astenersi dall’accettare qualsiasi incarico statale o parastatale retribuito o meno. Potranno solamente accettare incarichi presso enti o istituzioni di beneficenza non retribuiti in alcun modo, neppure con gettoni di presenza.

Questa è la conclusione a cui si pervenne, ed io ricordo che l’Assemblea unanime plaudì, aderendo al concetto di invitare il Governo a tener conto delle considerazioni che all’unanimità erano state accolte e riferite da parte della Commissione.

Ho desiderato ricordare questi precedenti, perché nella questione sollevata dall’onorevole Zanardi si tenesse pure presente quello che era stato il voto dell’Assemblea a proposito della relazione fatta dalla Commissione degli Undici.

Del resto decida l’Assemblea come meglio crede di poter regolarsi al riguardo.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Non mi occupo dell’emendamento Zanardi per la parte che riguarda i deputati, perché, come ella, onorevole Presidente, ha osservato, è una questione già risolta. Ma anche per la parte che riguarda i Ministri, a me non sembra accettabile così come esso è formulato. Basta rilevare che vi si confondono indennità e stipendi, che sono cose affatto distinte.

Per quello che ne so, un Ministro, come tale, gode di uno stipendio. Se egli fosse un impiegato statale, ad esempio professore universitario, a lui sarebbero applicabili le disposizioni di legge vigenti sul cumulo degli stipendi. In quanto alle indennità, mi sembrano fuori di discussione. Anche, non mi sembrerebbe ammissibile di voler privare un Ministro di una pensione, di cui egli godeva prima di essere nominato alla carica. Perché mai dovrebbe rinunciare a quello che gli spetta per la sua attività passata, e a cui ha contribuito col proprio denaro?

Concludo che, mentre si deve accettare lo spirito che informa questa proposta dell’onorevole Zanardi, la sua formulazione deve essere corretta per eliminare incongruenze simili a quella cui ho accennato.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, il problema sollevato dall’onorevole Zanardi col suo emendamento è un problema che non possiamo non riconoscere delicato ed importante. Mi sembra però che, dopo la decisione che abbiamo approvata stamane circa gli impiegati, deputati, non possa essere risolto dall’Assemblea secondo la formula indicata dall’onorevole Zanardi. Vi è, intanto, secondo me, una preclusione, che non si può trascurare. Comunque l’onorevole Zanardi ha posto una questione che merita tutta la considerazione da parte dell’Assemblea.

Noi non possiamo dimenticare quello che è avvenuto alcuni mesi fa in questa Assemblea, e come ha detto l’onorevole Rubilli, non possiamo dimenticare gli avvertimenti della Commissione da lui presieduta. Si tratta di sapere come noi intendiamo risolvere il problema del cumulo delle cariche pubbliche per coloro che sono deputati; delle cariche, le quali sono chiamati a coprire i deputati dal Governo o dalle Assemblee per fiducia nella loro opera, nella loro attività e nella loro capacità, tante volte di carattere tecnico. Si lamentò allora che il cumulo di queste cariche potesse far deviare l’attività del deputato. Credo che non si possa parlare, come ha fatto cenno nel suo emendamento l’onorevole Zanardi, del cumulo delle indennità di deputato con quelle di Ministro. Come non ritengo che sia esatto fare, da parte dell’onorevole Zanardi, il cumulo delle indennità di deputato con la pensione quale impiegato. Perdonate se parlo di pensioni.

CARPANO MAGLIOLI. Lei se l’è guadagnata la pensione!

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Il concetto di pensione, tutti lo conoscete: esso si riallaccia ad un lungo periodo di lavoro prestato, le cui conseguenze si riverberano nel futuro di chi lo ha eseguito, e non può essere confuso con il lavoro presente e il suo compenso.

Quanto poi alle indennità per determinati compiti, osservo che mi pare insostenibile che, solo perché si è deputati, non si possano percepire indennità di sorta per lavoro di ogni specie che il deputato sia chiamato a svolgere.

Questo ho voluto osservare, per dimostrare come la formulazione dell’onorevole Zanardi pecchi di imprecisione e sia per certi versi troppo lata. È opportuno invece che noi affermiamo un principio di grande importanza, che cioè le Camere abbiano per disposizione di legge o del loro regolamento interno la facoltà di esprimere il loro avviso sul cumulo di determinate cariche dei deputati.

È un problema fondamentale per il prestigio delle Camere, che si potrebbe affrontare fin da ora. Pertanto ritengo che possa affermarsi il principio, che la Camera e il Senato possano dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche direttive in istituti o enti soggetti comunque al controllo dello Stato, quando risulti che il cumulo possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare o dannoso al pubblico interesse. Sarebbero naturalmente escluse da tali incompatibilità le cariche in istituti o enti di beneficenza. È questo un principio molto importante e delicato ed è necessario affermarlo in questa Assemblea.

Mi sono permesso di fare queste osservazioni per dimostrare la fondatezza delle osservazioni dell’onorevole Rubilli e perché il Paese abbia la sensazione che siamo sensibili a tutto ciò che riguarda la moralità e l’integrità del prestigio dei membri del Parlamento. (Applausi).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo chiede che dall’emendamento Zanardi sia soppressa la parola «i Ministri» (sul resto si rimette all’Assemblea) per due considerazioni; la prima è questa: non ci sembra che il trattamento economico dei Ministri possa essere oggetto della legge elettorale. È una materia estranea alla legge in discussione. Seconda considerazione: il trattamento economico dei Ministri viene considerato a tutti gli effetti per quanto riguarda gli altri emolumenti dello Stato.

È stato sempre ritenuto che un professore universitario che sia Ministro non cumuli lo stipendio di professore universitario e l’indennità di Ministro, ma che gli sia pagata quella più alta tra le due retribuzioni. Quindi, la questione è già risolta in concreto, ma mi pare che anche la prima considerazione abbia la sua importanza, di non potersi cioè inserire in una legge elettorale la parte che riguarda la retribuzione dei Ministri.

Se si vorrà regolare diversamente questa materia, non è questa la sede opportuna.

Per queste considerazioni, propongo all’Assemblea di voler sopprimere nell’emendamento Zanardi la parte che riguarda i Ministri.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Fuschini ha formulato il seguente ordine del giorno.

«La Camera potrà dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche direttive in istituti o enti soggetti, comunque, al controllo dello Stato quando risulti che il cumulo possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare o dannoso al pubblico interesse. Sono escluse da tali incompatibilità le cariche in istituti o enti di beneficenza».

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Accetto la formulazione della Commissione, ma propongo una modificazione. Va bene infatti la prima parte, e cioè:

«La Camera potrà dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche direttive in istituti o enti comunque soggetti al controllo dello Stato».

Dico, in linea di emendamento, che mi fermerei qui, perché se dopo si aggiunge: «quando risulti che il cumulo possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare o dannoso al pubblico interesse», si dà la scappatoia e non si fa più niente di quello che ora si stabilisce; la norma cui attendiamo diviene inefficace, come la realtà e la pratica ci insegnano, quando si dice e non si dice, ed in fondo non si concreta nulla. Anzi non potrà mai esistere ed avere efficacia, perché non si concepisce che l’accettazione di un incarico in enti statali o parastatali possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare. Ogni prestigio rimane offeso, per esempio, se si tratta di una bisca, di una casa più o meno innominabile o di una qualsiasi azienda di tal genere. Il prestigio del mandato parlamentare non entra affatto nella questione di cui ci occupiamo.

«Dannoso al pubblico interesse» nemmeno può essere, perché il danno è solo di carattere puramente morale, trattandosi di buon costume e di educazione politica. Occorre insomma eliminare il sospetto che il deputato vada cercando o implorando cariche, per aggiungere altre indennità a quelle che ha come deputato. Ed allora, è indispensabile fermare netto il principio ed a questo attenersi, senza tergiversazioni di sorta, come la Commissione all’unanimità decise, che cioè nessun incarico statale o parastatale debba essere assegnato al deputato in carica.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, osservo che in relazione all’emendamento proposto dall’onorevole Zanardi vi è un dato di preclusione, per quanto si riferisce ai deputati; per quanto si riferisce ai Ministri vi è la dichiarazione dell’onorevole Scelba, che cioè il Governo non può accettare che sia inserita nei riguardi dei Ministri una tale disposizione nel testo della legge elettorale. A sua volta l’onorevole Relatore ha fatto presente come egli ritiene che non possa inserirsi nella legge elettorale un tale testo, mentre ritiene che sia possibile, in qualche modo, che l’Assemblea si pronunci sopra il seguente ordine del giorno:

«La Camera potrà dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche direttive in istituti o enti soggetti, comunque, al controllo dello Stato, quando risulti che il cumulo possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare o dannoso al pubblico interesse. Sono escluse da tali incompatibilità le cariche in istituti o enti di beneficenza».

Infine, l’onorevole Rubilli si dichiara di accordo con la Commissione per la prima parte dell’ordine del giorno e propone la soppressione per la seconda parte.

Chiedo all’onorevole Zanardi se mantiene il suo emendamento.

ZANARDI. Il principio, che intendevo affermare, è riconosciuto e quindi ritiro l’emendamento e mi associo all’ordine del giorno Fuschini con la correzione proposta dall’onorevole Rubilli.

PRESIDENTE. Allora resta inteso che la proposta assumerà la forma di ordine del giorno e non di articolo da inserire nella legge elettorale.

La formulazione potrebbe essere questa:

«L’Assemblea Costituente ritiene che le Camere possono dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche etc.»

GIACCHERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACCHERO. Con l’espressione «le Camere» s’intende il Parlamento, oppure una Camera, indipendentemente dall’altra? In quest’ultimo caso potrebbe avvenire che la Camera dei deputati decidesse in un modo e il Senato in un altro.

PRESIDENTE. Evidentemente la dizione implica che ciascuna Camera possa agire separatamente. Ma ritengo difficile che, avendo una Camera preso una deliberazione, l’altra vi si opponga.

L’ordine del giorno Fuschini sarà posto in votazione per divisione, dovendosi tener conto della proposta Rubilli.

Pongo in votazione la prima parte:

«L’Assemblea Costituente ritiene che le Camere possono dichiarare incompatibile l’esercizio del mandato parlamentare con cariche direttive in istituti o enti soggetti, comunque, al controllo dello Stato».

(È approvata).

Pongo in votazione la frase intermedia, di cui l’onorevole Rubilli propone la soppressione:

«quando risulti che il cumulo possa essere pregiudizievole al prestigio del mandato parlamentare o dannoso al pubblico interesse».

(Non è approvata).

Pongo in votazione la restante parte:

«Sono escluse da tali incompatibilità le cariche in istituti o enti di beneficenza».

(È approvata).

L’onorevole Miccolis ha proposto il seguente emendamento:

«Subordinatamente all’approvazione dell’articolo 65-bis proposto dalla Commissione aggiungere il seguente:

«Art. 65-ter. – Gli impiegati dello Stato e di altre pubbliche Amministrazioni che siano eletti deputati possono, a loro richiesta, essere, in anticipo, collocati a riposo così come si è disposto per i funzionari che non hanno accettato di giurare per la Repubblica».

Non essendo presente s’intende che vi abbia rinunciato.

L’onorevole Castelli Avolio aveva presentato il seguente articolo aggiuntivo 2-quater:

«Ai magistrati, consiglieri di Stato e della Corte dei conti, collocati in aspettativa ai sensi del comma … dell’articolo … compete il trattamento economico e di carriera di cui all’articolo 1 del regio decreto-legge 26 luglio 1929, n. 1988».

Lo ritira, sostituendolo con il seguente:

«I magistrati in aspettativa ai sensi della lettera g) dell’articolo 9 conservano il trattamento di cui godevano».

Ha facoltà di svolgerlo.

CASTELLI AVOLIO. Ho già illustrato questa mattina le ragioni del mio emendamento. Ai sensi della lettera g) dell’articolo 9, i magistrati debbono infatti essere posti in aspettativa all’atto dell’accettazione della candidatura: questa è condizione di eleggibilità. In tal modo però, se non si aggiungesse altro, i magistrati si verrebbero a trovare in condizioni diverse da quelle di tutti gli altri impiegati dello Stato.

Soltanto per essi infatti è stabilita l’aspettativa. Ma stabilire l’aspettativa non basta; bisogna anche stabilire la condizione economica e giuridica con l’aspettativa connessa. Ora, si tratta appunto di assicurare ai magistrati il medesimo trattamento giuridico ed economico di cui godevano, inquantoché si introduce una nuova forma, una forma particolare, cioè, di aspettativa: l’aspettativa per candidatura politica.

Mentre infatti gli altri impiegati rimangono nella loro posizione giuridica ed economica, soltanto i magistrati dovrebbero essere posti in aspettativa. È necessario pertanto stabilire la condizione connessa con questa particolare posizione in cui vengono a trovarsi. Ciò non facendo, è evidente che i magistrati verrebbero a trovarsi, quasi in pena del fatto di essere candidati politici, non soltanto nella posizione dell’aspettativa, ma si vedrebbero ancora diminuiti nella loro condizione sia economica che di carriera.

Si tratta quindi di una questione di equità e di giustizia.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Ritengo che sia giusto il criterio di limitare, durante il tempo in cui un magistrato è deputato, la corresponsione delle competenze al solo stipendio e non agli altri emolumenti che vi sono annessi. Se infatti un alto funzionario della giustizia si presenta candidato ed è eletto, per quale motivo egli deve godere – in aggiunta alle indennità che gli competono quale deputato – oltre che del normale stipendio, anche di tutte le altre competenze che percepisce chi resta a lavorare in quel diverso campo?

È già molto concedere lo stipendio, è già un trattamento generoso quello che fa lo Stato in questo caso.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Credo, onorevole Presidente, che, dopo quanto è avvenuto ieri a proposito dei magistrati, sia opportuno stabilire ora per essi una condizione analoga a quella degli altri impiegati dello Stato eleggibili.

La Commissione ritiene pertanto che l’emendamento presentato dall’onorevole Castelli Avolio possa essere accolto come integrazione di quanto è stato deliberato ieri.

PRESIDENTE. Ed il Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accetta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Castelli Avolio, testé letto.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Onorevoli colleghi, possiamo passare ora all’esame della questione relativa alle preferenze.

Gli onorevoli Stampacchia, Pistoia, Merlin Lina, Mariani Francesco, Jacometti, Carpano Maglioli, Basso, Nenni, Giacometti, Pressinotti e Vischioni hanno presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere l’articolo 45, meno il primo comma, del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74.

«In conseguenza, modificare gli articoli 2, 24, 44, 45, 53, 54, 57, 58, 61 e 64».

Praticamente, con questo emendamento si propone l’abolizione delle preferenze.

L’onorevole Stampacchia ha facoltà di svolgerlo.

STAMPACCHIA. Il Presidente ha già dato notizia di quello che, in succinto, è l’oggetto e la materia della mia proposta, cioè della parte che ha importanza nell’emendamento stesso, poiché tutto il resto riguarda il coordinamento di tutti gli altri articoli, conseguenziale alla soppressione dello preferenze, se tale proposta sarà approvata. Quindi non occorre, in questo momento, occuparsi di tutti quanti i dettagli, ma solo della parte essenziale. Perciò, anche in considerazione che i lavori della nostra Assemblea è doveroso abbreviarli il più possibile, per essere contenuti nel termine dell’imminente 31 dicembre che noi stessi ci siamo assegnato, sarò brevissimo, come d’altro canto è pure mia abitudine e costume. Del resto la teoria del sistema delle preferenze qui non occorre svolgere perché fu ampiamente discussa e svolta davanti alla Consulta: è una teoria che di certo tutti noi conosciamo, onde è inutile tornare ad illustrarla.

L’essenziale è questo: le osservazioni di carattere pratico che sono state fatte dopo l’applicazione del sistema delle preferenze nelle elezioni del 2 giugno 1946 non sembrano concludere per il mantenimento del sistema. Tutti sappiamo quel che si dice nel transatlantico in ordine alle preferenze. La prova che se ne è fatta è poco rassicurante e non si raccomanda affatto, non dico per la moralità e dignità del corpo elettorale, che è fuori discussione, ma per le lotte indecenti a cui abbiamo dovuto assistere fra candidati della stessa lista. Si sono determinate posizioni veramente scandalose, screditanti uomini e partiti; e qualche volta queste lotte intestine nelle file dello stesso partito hanno culminato con grigi riflessi davanti alla Giunta delle elezioni.

Egli è perciò che noi oggi non possiamo preoccuparci di quel che viene eccepito da coloro che sostengono il sistema delle preferenze; e cioè che bisogna pur lasciare all’elettore la possibilità di eleggere i deputati che ritiene migliori. La libertà nell’elettore sta nel diritto di scegliere il partito per cui vuol votare. E che di ciò sia pago, l’elettore ha dimostrato nei comizi del 2 giugno facendo scarso uso delle preferenze, anzi scarsissimo. Il partito non aveva nei passati Parlamenti nessuna figura regolamentare e giuridica, mentre nella Costituente – e certamente sarà così nel futuro Parlamento – i partiti riconosciuti ufficialmente hanno assunto figura giuridica con la costituzione dei Gruppi parlamentari, i quali danno le loro rappresentanze per la formazione delle varie commissioni legislative, e detti medesimi Gruppi assai frequentemente – come espressione dei rispettivi partiti – hanno voce quasi deliberativa.

Non si può dunque prescindere dai partiti. La lista rigida – noi pensiamo – assai contribuirà all’educazione politica del popolo spingendo ad inalvearsi nei partiti la grande massa del popolo italiano che oggi alla politica pare resti estraneo. Noi frequentemente ripetiamo che il popolo nostro manca di maturità politica, siamo ingiusti però: una qualche maturità politica il Paese ha cominciato ad acquistarla per virtù specialmente dalla legge elettorale che ha stabilito le liste che regolano la partecipazione dei cittadini alla vita della Nazione, distinti in partiti.

Ora tale sistema ha portato a questa conseguenza utile per il Paese e per l’educazione del Paese, che mentre in passato le lotte si svolgevano con carattere personalistico – che si tramandava certe volte di generazione in generazione – col sistema della lista, detti inconvenienti del passato sono spariti e quindi il Paese ne ha guadagnato molto spersonalizzando i contrasti, i quali hanno così appunto carattere e forma più civili.

Io non ripeterò quello che si suol ripetere in Italia e un po’ dappertutto. Ciascuno di noi ricorda le lotte aspre personalistiche che spesso dilaniavano il Paese con strascichi assai dolorosi. È superfluo, e devo esser breve. Per le ragioni succintamente esposte ho dunque proposto – e parlo perché delegatone a nome del mio Gruppo – un correttivo alla legge perché la legge elettorale, con la quale si sono fatte le elezioni del 2 giugno, sia emendata abolendo il sistema preferenziale dal quale derivano quegli inconvenienti a cui ho accennato.

Raccomando quindi l’approvazione del proposto emendamento, il quale credo, e lo ripeto ancora una volta, concorrerà alla formazione di una maggiore e più salda coscienza politica del Paese. (Commenti al centro).

Una voce al centro. Ma che cosa sostituisce?

STAMPACCHIA. Non escludo che molti di voi – e di voi ma pochi per calcoli elettoralistici – vogliono il sistema delle preferenze; ma ciò non toglie che se le argomentazioni che ho fatto hanno valore, i calcoli elettoralistici e personali non potranno impedire che l’Assemblea – sollevandosi al di sopra di calcoli sì fatti – accoglierà le modificazioni alla legge elettorale che ho proposte a nome del mio Gruppo e che trova il favore e l’appoggio anche nel settore comunista. (Commenti).

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Io sono contro l’emendamento dell’onorevole Stampacchia pur riconoscendo che i rilievi che lo hanno ispirato sono in gran parte fondati. Ma in realtà il rimedio dell’onorevole Stampacchia è un po’ calvinista perché vuol riformare spostando soltanto il momento dell’intrigo e della corruttela, perché col sistema di annullare la preferenza e di instaurare quella che è la lista rigida il collega Stampacchia, nel suo zelo riformatore, non potrà assolutamente evitare che presso le sedi di partito (le quali, che io sappia, non hanno garanzia di santità e di purezza assoluta) avverrà precisamente quello che egli intende evitare: il blocco elettorale.

V’è poi un altro rilievo avanti il quale certamente il giusto zelo del collega non si è fermato. Ma, in sostanza, l’espressione democratica si svolge con la proporzionale su un duplice stadio: votando la lista si fa un atto di fede per la ideologia, ma la preferenza (secondo stadio) riconosce negli uomini prescelti i più idonei e capaci a sostenere quelle ideologie che la stessa lista impersonifica. Mi pare un po’ arbitrario, dal punto di vista democratico, privare l’elettore di questo basilare ed indiscutibile diritto di scelta.

Democrazia è libera scelta, innanzi tutto. Quando fate scelta coatta, che discenda dall’alto, dalla direzione dei partiti, avete negato la democrazia. (Applausi al centro e a destra).

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Quello che io volevo dire lo ha detto in gran parte il collega Bellavista. Devo tuttavia manifestare il mio disappunto, che non è soltanto mio, ma anche di molti altri colleghi, sulla gravità di ciò che avviene.

Emendamenti di questa gravità e di questa importanza sono presentati all’ultimo momento senza una congrua preparazione, forse neppure da parte dei presentatori, e senza la possibilità, da parte di coloro che debbono votare, di rendersene conto.

STAMPACCHIA. I presentatori se ne sono resi conto e lo hanno dimostrato.

GULLO ROCCO. Sarei lieto per l’avvenire se emendamenti di questa importanza fossero annunziati prima, in modo da richiamare l’attenzione di tutti i colleghi, anche di quelli che in questo momento non sono nell’Aula.

SCHIAVETTI. L’emendamento è nel fascicolo a stampa di ieri.

GULLO ROCCO. Siamo d’accordo che il sistema delle preferenze non è un sistema perfetto, e che presenta inconvenienti; ma, senza ricorrere all’esempio calvinista, diremo con una vecchia frase italiana che il rimedio sarebbe ancora una volta peggiore del male, perché le stesse forme di intrigo e di propaganda personalistica, che purtroppo si sono deplorate in occasione delle elezioni fatte col sistema delle preferenze, noi dovremmo deplorarla ancora di più per ciò che avverrebbe nei corridoi delle direzioni dei partiti. Si è tentato – ha detto giustamente l’onorevole Stampacchia – di riconoscere anche ai partiti una loro configurazione giuridica, ed io ricordo che da parte di qualcuno si accennò anche alla possibilità di introdurre nella Costituzione una norma che riguardasse la sistemazione giuridica dei partiti; ma anche coloro che espressero queste idee non hanno poi saputo concretarle in una precisa formula. I partiti sono quello che sono, con i loro grandi pregi rispetto alla vita democratica del Paese ma anche con i loro non lievi difetti; fra l’altro i partiti rappresentano soltanto gli iscritti che qualche volta costituiscono una percentuale molto bassa rispetto al numero di quelli che viceversa hanno dato il voto alla lista. Si peggiorerebbe il sistema, se si trasportasse il campo di operazione delle manovre e degli intrighi, che purtroppo possono avere ingresso in molti partiti (e non diciamo in tutti per non offendere una parte, o per offendere tutti nello stesso modo), dal corpo elettorale alle direzioni, appunto, dei partiti, venendo anche a togliere ai rappresentanti del popolo quel minimo di indipendenza di giudizio che essi hanno appunto perché, oltre ad essere stati designati dai partiti, hanno però avuto l’investitura da parte degli elettori e non soltanto della sezione elettorale o della federazione locale del loro partito.

Noi dobbiamo sforzarci in questa legge elettorale di fare in modo che l’esito delle elezioni si avvicini quanto più è possibile alla volontà degli elettori. È una forma di coartazione – ma noi l’abbiamo accettata perché abbiamo accettato il principio della rappresentanza proporzionale – che gli elettori non possano scegliersi i nomi che vogliono e che debbano votare per determinate liste, escludendosi la possibilità di votare per nomi ad essi cari che appartengano ad altre liste; ma imporre all’elettore non soltanto di votare una determinata lista, ma di mandare al Parlamento determinate persone (perché è chiaro che l’ordine di graduatoria fa prevedere in anticipo chi saranno i futuri eletti), significa veramente violare la volontà e la libertà dell’elettore. Per questi motivi noi siamo contrari all’emendamento Stampacchia e preannuncio che abbiamo già pronta la domanda di votazione per scrutinio segreto.

DONATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATI. Vorrei soltanto ricordare agli onorevoli colleghi che l’argomento che viene oggi sottoposto al nostro esame, se è nuovo per l’Assemblea Costituente, non è nuovo per l’assemblea che l’ha preceduta, giacché è stato largamente e ampiamente discusso nella Consulta Nazionale. Tutti gli argomenti oggi invocati contro l’emendamento Stampacchia sono stati già ampiamente svolti in sede di Consulta. Ed anzi allora fu avanzato un altro argomento che è bene ricordare, e cioè che il distacco, attraverso la proporzionale, fra elettore e candidato fosse ulteriormente aggravato dalla lista rigida, sì da provocare l’assenteismo degli elettori. La forma intermedia, che sodisfacesse tanto coloro che votano per l’idea quanto coloro che votano per gli uomini, può essere adeguatamente realizzata dalle preferenze.

L’esperimento della legge elettorale con la quale noi siamo stati eletti ha dimostrato che in realtà il meccanismo adottato ha funzionato.

Oggi non vorrei che l’abbandono di questo sistema portasse all’astensione degli elettori dalle urne.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Desidero però sottolineare ciò che ha detto l’onorevole Donati: che la discussione non è nuova, per quanto non si sia svolta in questa Assemblea. È quindi opportuno limitarsi negli interventi a ciò che è strettamente essenziale.

UBERTI. Nonostante gli inconvenienti derivanti dal sistema delle preferenze, non essendovi un miglior modo di espressione della libertà dell’elettore, il nostro Gruppo voterà contro l’emendamento Stampacchia.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo sull’emendamento presentato dall’onorevole Stampacchia.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si dichiara contrario all’emendamento Stampacchia.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Il sistema della scheda rigida, quale è proposto dall’onorevole Stampacchia e da altri suoi colleghi di Gruppo, ha accompagnato in altri Paesi alcune leggi sulla proporzionale. In Italia non vi è stata mai possibilità di applicarlo, perché la educazione politica dei nostri elettori non lo consente.

Per quanto, personalmente, possa considerarmi favorevole alla scheda rigida e possa valutare tutti i contrasti che le preferenze determinano nell’interno di una lista, ritengo che il sistema delle preferenze nel modo come sono state regolate nella legge del 1946 possa essere mantenuto, salvo qualche eventuale ritocco nel numero delle preferenze. Dinanzi alla Consulta fu proposto un metodo per valutare le preferenze. Molti ricorderanno che allora fu proposto che i voti di preferenza dovevano superare un determinato quorum per vincere l’ordine prestabilito dai presentatori delle liste. Ma anche questo progetto non incontrò il favore dell’allora Consiglio dei Ministri, il quale cancellò la disposizione.

La vostra Commissione non ha affrontato lo studio dettagliato di questo complesso problema e perciò non crede di potere accogliere la proposta dell’onorevole Stampacchia.

Non mi trattengo poi sull’altro sistema che era stato prospettato a noi della Commissione dai colleghi socialisti. Esso in sostanza consisteva nel dare valore alle schede senza alcuna indicazione di preferenza, computandosi il voto di lista anche come voto di preferenza dato a tutti i candidati secondo l’ordine di presentazione. Questa proposta non è stata più presentata alla Presidenza, e quindi non siamo in grado di discuterla. Comunque la Commissione, essendo stata contraria tanto alla scheda rigida che a questo secondo sistema, non può che rimettersi all’Assemblea per le sue decisioni, rilevando che ha ritenuto opportuno che sia mantenuto il sistema del decreto del 1946 sulle preferenze.

PRESIDENTE. Comunico che sull’emendamento Stampacchia è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dai deputati Gullo Rocco, Cotellessa, Treves, Caporali, Villani, Carboni Angelo, Cairo, Di Gloria, Rossi Paolo, Martino Gaetano, Bellavista, Badini Confalonieri, Arcaini, De Caro Raffaele, Spataro, Belotti, Cappugi, Cremaschi Carlo e Ferrario.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Per conto mio sono disposto a ritirare la domanda di scrutinio segreto; ma non posso impegnare la responsabilità degli altri firmatari, che in questo momento non sono tutti accanto a me.

PRESIDENTE. Interpellerò singolarmente tutti i firmatari. Si proceda alla loro chiama.

AMADEI, Segretario, fa la chiama.

(Tranne l’onorevole De Caro Raffaele, che è assente, tutti i firmatari della richiesta di scrutinio segreto dichiarano di ritirarla).

PRESIDENTE. La domanda di scrutinio segreto è ritirata.

STAMPACCHIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STAMPACCHIA. Domando a mia volta lo scrutinio segreto sull’emendamento presentato da me e da altri colleghi.

PRESIDENTE. Chiedo se questa domanda è appoggiata, a norma dell’articolo 97 del Regolamento.

(È appoggiata).

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento aggiuntivo Stampacchia, del quale do ancora una volta lettura:

«Sopprimere l’articolo 45, meno il primo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1046. n. 74.

«In conseguenza, modificare gli articoli 2, 24, 44, 53, 54, 57, 61 e 64».

Tengano presente i colleghi che l’articolo 45 citato stabilisce il voto preferenziale. Accogliendo l’emendamento Stampacchia, si accetta la soppressione non solo di questo articolo ma contemporaneamente di tutti i richiami che al voto preferenziale sono contenuti negli altri articoli della legge.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a numerare i voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto sull’emendamento Stampacchia:

Presenti                               372

Votanti                    371

Astenuti                               1

Maggioranza           186

Favorevoli                           122

Contrari                               249

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberganti – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreottì – Angelucci – Arcaini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basile – Basso – Bastianetto – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benvenuti – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro.

Cacciatore – Caccuri – Cairo – Calamandrei – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cerreti – Chiaramello – Chiarini – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Clerici – Coccia – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese Pasquale – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – D’Aragona – De Caro Gerardo – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – Donati – D’Onofrio – Dossetti – Dugoni.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Finocchiaro Aprile – Firrao – Flecchia – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti.

Laconi – Lagravinese Pasquale – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati –Leone Francesco – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longo – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marina MarioMarinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Merighi – Merlin Angelina – Miccolis – Micheli – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Morandi – Moranino – Morelli Renato – Moro – Mortati – Mùrdaca – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Notarianni – Novella.

Orlando Camillo.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Perugi – Pesenti – Piccioni – Pignedoli – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Porzio – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.

Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sansone – Santi – Sapienza – Saragat – Sardiello – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro _– Scotti Francesco – Sereni – Sicignano – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tupini –Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Varvaro – Venditti – Veroni – Viale – Vigna – Vigo – Villabruna – Villani – Vinciguerra – Vischioni –Volpe.

Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Si è astenuto:

Costantini.

Sono in congedo:

Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Guerrieri Emanuele.

Jacini.

Lopardi.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione speciale da me nominata nella seduta del 13 corrente, su richiesta dell’onorevole Chieffi, si è ieri riunita e ha proceduto alla propria costituzione, nominando Presidente l’onorevole Gasparotto, vicepresidente l’onorevole Bozzi, segretario l’onorevole Bellavista.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro del tesoro, circa l’agitazione in corso presso le Borse dei valori di Milano e d’altre sedi, da parte dei piccoli risparmiatori, e circa lo stato delle indagini esperite per l’accertamento delle cause dell’agitazione stessa e delle recenti fluttuazioni dei titoli in negoziazione.

«Gasparotto».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se siano stati denunziati gli ispiratori, gli organizzatori e gli esecutori materiali delle inqualificabili aggressioni consumate domenica, 14 corrente, a Palermo, tendenti a impedire una pacifica manifestazione politica, debitamente autorizzata dall’autorità di pubblica sicurezza.

«Quali sono le ragioni che hanno determinato il contegno abulico e passivo delle forze di polizia, che non intervennero per garantire ai cittadini l’esercizio di alcuni elementari diritti, quali quelli di riunione e quello di parola, lasciando che gli scalmanati minacciassero, percuotessero, aggredissero deputati al Parlamento siciliano, giornalisti e pacifici cittadini, dando la penosa sensazione di una carenza delle forze dell’ordine in Sicilia e determinando la convinzione che la difesa della libertà e della incolumità debba essere lasciata all’iniziativa privata.

«Castiglia, Marina».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Interesserò i Ministri interrogati affinché facciano sapere al più presto quando intendano rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

AMADEI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per chiedere che venga concessa – allo scopo d’incrementare e risolvere l’annoso problema della montagna – la possibilità di costituire piccoli consorzi fra proprietari per la costruzione di modesti impianti idroelettrici con una potenzialità non superiore a 10 HP. Questi impianti, la cui concessione dovrebbe essere a titolo precario, per non menomare la possibilità avvenire ed il riordinamento di tutte le possibilità idroelettriche future ed organiche nell’interesse, non di gruppi capitalisti, ma della collettività; dovrebbero servire esclusivamente a scopi agricoli, per l’artigianato, e privati; senza autorizzazione di vendere, cedere e smerciare energia elettrica a scopo di lucro.

«Le concessioni dovrebbero essere esenti da ogni imposta, tassa di concessione, dazio, ecc., e servirebbero a portare un nuovo soffio di civiltà e di benessere, ma soprattutto a risolvere in parte i complessi problemi che da anni vengono discussi e dibattuti per incrementare la vita economica della nostra zona di montagna.

«Le concessioni che dovrebbero avvenire senza tutte le formalità di procedura dovrebbero essere demandate per la competenza agli uffici provinciali del Genio civile, che dovrebbero accordarle con un procedimento istruttorio rapido, non costoso e non complicato. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Chiaramello, Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se non ritenga giusto estendere anche a favore dei sottufficiali trattenuti e raffermati le indennità previste dalle circolari n. 17562/A.I.E., del 16 giugno 1947, e n. 18583/A.I.E., dell’11 ottobre 1947, per i reparti dell’Esercito inviati alla frontiera orientale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Gloria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se e quali provvedimenti il Governo intenda adottare a favore di 400 camionisti dell’Eritrea che, richiamati in Patria con i loro automezzi nel 1945, per esigenze di interesse pubblico, subirono notevolissimi danni per il ritardo sia di ordine tecnico che di ordine burocratico frapposto al loro rimpatrio e che, giunti in Italia a scaglioni, sono stati fatti segno a gravi richieste da parte del fisco, sia per pagamento di diritti doganali, sia (in forza delle disposizioni del decreto sui recuperi) per pagamento cauzioni, sia per rimborso spese di trasporto ed altro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Selvaggi»

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, perché voglia esaminare la possibilità di concedere ai funzionari di gruppo A delle Amministrazioni dello Stato la facoltà di riscatto ai fini del trattamento di quiescenza, degli anni di studio universitario, facoltà che attualmente è riconosciuta agli ufficiali dell’Esercito appartenenti a Corpi per la ammissione ai quali è richiesto il possesso di una laurea.

«Il provvedimento invocato, già in vigore fino al 1923, verrebbe equamente a differenziare la carriera di gruppo A dalle altre che non richiedono il predetto titolo di studio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Selvaggi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se è a conoscenza che l’U.P.S.E.A. di Imperia riscuote, per ogni bolletta di accompagnamento che essa rilascia per poter effettuare l’esportazione di olio d’oliva dalla provincia, un cosiddetto «contributo» nella misura fissa di lire 100, indipendentemente dal quantitativo d’olio cui la bolletta si riferisce, nonostante che il decreto sull’ammasso per contingente dell’olio d’oliva, pur imponendo l’obbligo della bolletta di accompagnamento, non accenni ad oneri di sorta per il rilascio del documento; e se non ritiene opportuno impartire disposizioni perché non venga più percepito l’arbitrario contributo il quale costituisce, fra l’altro, un onere sproporzionato a carico del commercio oleario della provincia di Imperia, che, data l’attrezzatura particolare delle aziende olearie della zona in diretti rapporti col consumatore, viene esercitato per così dire al minuto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Viale».

PRESIDENTE. Queste interrogazioni saranno trasmesse ai. Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.45.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11:

  1. – Svolgimento della mozione Corbi e altri.
  2. – Svolgimento delle mozioni Bonomi Paolo e altri, e Persico e altri.
  3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Alle ore 16:

  1. – Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

  1. – Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 16 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXIV.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 16 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDICE

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per relazione della Camera dei deputati. (48).

Presidente

Vigna

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Castelli Avolio

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Perassi

Firrao

Bovetti

Di Fausto

Grilli, Relatore per la minoranza

Riccio

Carboni Enrico

Corbino

Costantini

Gasparotto

Sicignano

Nobile

Tonello

Bozzi

Cappi

Reale Vito

Persico

Lami Starnuti

Scoca

Pastore Raffaele

Miccolis

Bubbio

Mortati

Giannini

Bettiol

Marinaro

Rescigno

Covelli

Moro

Malagugini

Condorelli

De Vita

Guidi Cingolani Angela

Vischioni

Martino Gaetano

La seduta comincia alle 10.

MATTEI TERESA, Segretaria, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

VIGNA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIGNA. Onorevoli colleghi, l’Assemblea, nella seduta di ieri, su proposta del collega Fantoni, accettata dalla Commissione, ha deliberato che debbono essere esclusi dalla eleggibilità i Commissari che, nelle zone occupate dal nemico, erano stati nominati Commissari di Comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti. Le zone occupate dal nemico erano, allora, quelle delle provincie di Udine, Belluno, Gorizia e Trieste. Nell’articolo che è stato deliberato si parla di quelle zone che facevano parte del «cosiddetto litorale Adriatico». Però, durante l’occupazione, due erano le zone: una denominata «Litoranea Adriatica»; l’altra denominata «zona delle Prealpi». Se noi adottiamo la dizione dell’articolo che è stato votato ieri, può sorgere dubbio che l’ineleggibilità si riferisca soltanto a quei Commissari i quali sono stati nominati per la zona litoranea adriatica. Quindi, poiché sul principio adottato dall’Assemblea non v’è ombra di dubbio che l’ineleggibilità doveva riguardare tutti questi Commissari, i quali erano stati nominati nella zona di occupazione, penso che sia assolutamente indispensabile, per evitare ogni possibilità di equivoci, chiarire che anche i commissari nominati nelle zone delle Prealpi sono esclusi dalla eleggibilità. Quindi, proporrei senz’altro che la dizione «ex-litorale Adriatico» sia completata con l’aggiunta «ex-zona delle Prealpi». Ripeto che non si tratta affatto di una nuova ulteriore deliberazione alla quale sia chiamata l’Assemblea, ma si tratta soltanto di una chiarificazione, di una precisazione del principio della disposizione che era stata già deliberata.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Scoccimarro di voler esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione accetta l’aggiunta proposta dall’onorevole Vigna.

PRESIDENTE. Quale è il parere del Governo?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo si associa.

PRESIDENTE. Allora, pongo in votazione l’aggiunta proposta dall’onorevole Vigna accettata dal Governo e dalla Commissione:

«e dell’ex zona delle Prealpi».

(È approvata).

Gli onorevoli Castelli Avolio, Sullo, Coppi, Rescigno, Bertola, Tozzi Condivi, Roselli, Firrao, Marconi, De Palma, Cremaschi Carlo, Alberti, Corbino e Martinelli hanno proposto il seguente articolo aggiuntivo che dovrebbe seguire l’articolo 2-quater:

«Ai magistrati, consiglieri di Stato e della Corte dei conti, collocati in aspettativa ai sensi del comma …, dell’articolo …, compete il trattamento economico e di carriera di cui all’articolo 1 del decreto 26 luglio 1929, n. 1988».

L’onorevole Castelli Avolio ha facoltà di svolgerlo.

CASTELLI AVOLIO. Ieri è stata approvata una disposizione la quale stabilisce che i magistrati, i consiglieri della Corte dei conti e i Consiglieri di Stato, per essere eleggibili debbono collocarsi in aspettativa per un certo tempo: nel termine di 60 giorni, per disposizione generale, prima del decreto che stabilisce la data dei comizi elettorali. Poi è stata approvata la disposizione che, per la prima legislatura, questo termine è stabilito al giorno precedente l’accettazione della candidatura. È stata stabilita la posizione di aspettativa, ma non è stata, nello stesso tempo fissata la condizione economica e di carriera che è connessa con questa aspettativa. Debbo far notare che ci sono varie specie di aspettative: aspettativa per motivi familiari, per motivi privati, per infermità, per richiamo alle armi; quella di cui ci occupiamo è una aspettativa speciale per pubblico ufficio e precisamente per l’assunzione di un mandato politico. Quando noi esamineremo l’articolo 8-quinquies ci occuperemo della condizione di carriera ed economica degli impiegati, e non soltanto dei magistrati che a seguito delle elezioni assumeranno un mandato parlamentare.

Ora si tratta di completare la disposizione che prescrive questa aspettativa preventiva. Perché non basta stabilire che i magistrati debbano farsi collocare in aspettativa, bisogna anche stabilire quale sarà il loro trattamento economico e di carriera. E ciò anche per la ragione pratica che la Corte dei conti dovrà registrare questo decreto e indicare, nel decreto, la condizione di carriera e quella economica.

Ora, se noi non dicessimo nulla, o privassimo questi candidati politici del trattamento economico e di carriera, verremmo a sancire una condizione di cose del tutto ingiusta; perché, siccome questa aspettativa ha lo scopo di interrompere dei rapporti di servizio che sono connessi col potere di giurisdizione che hanno i magistrati, mentre tutti gli altri impiegati dello Stato, che siano candidati politici, non si debbono collocare in aspettativa e quindi mantengono la loro posizione di carriera ed economica, noi verremmo a sancire una ingiustizia, perché verremmo a togliere anche il trattamento economico e tutto quello, inoltre, che è connesso con lo svolgimento normale della carriera. Per esempio, in questo termine, che può essere di venti giorni, ma che in effetti sarà di 60 o 90 giorni, potrebbe anche maturare il diritto allo scatto dello stipendio. Per non creare, quindi, una situazione di cose incongrua ed ingiusta verso tutti i magistrati, ho proposto il mio articolo aggiuntivo, articolo che poi, in sede di coordinamento, potrebbe essere comma dell’articolo al quale si riferisce. L’articolo proposto stabilisce che ai magistrati, consiglieri di Stato e della Corte dei conti, collocatisi in aspettativa per proporre la loro candidatura, compete il trattamento economico e di carriera di cui all’articolo 1 del decreto 26 luglio 1929, n. 1988.

Devo aggiungere che questo trattamento rispecchia la situazione attuale: non si toglie e non si aggiunge niente alla situazione attuale. A quanto cioè i magistrati già percepiscono e che dovrebbero continuare a percepire durante questa loro aspettativa straordinaria, attraverso il trattamento economico e di carriera di cui godono.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di voler esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione è compresa delle preoccupazioni di carattere morale che sono contenute in questa proposta dell’onorevole Castelli Avolio; però pregherebbe il proponente e l’Assemblea di voler rinviare questo argomento alla fine della discussione degli articoli di questo disegno di legge, affinché la Commissione possa prendere con più ponderatezza la sua decisione in proposito.

PRESIDENTE. Allora, se l’onorevole proponente è d’accordo, si rimanda questo emendamento alla fide della discussione della legge.

CASTELLI AVOLIO. Sono d’accordo, onorevole Presidente.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Prima di passare all’articolo 2-quinquies, dobbiamo esaminare il seguente emendamento dell’onorevole Perassi:

«All’articolo 10 sono soppresse le parole: eccettuati quelli che non provengono dai ruoli dell’Amministrazione degli affari esteri».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Si tratta di un emendamento di scarsissimo rilievo. Esso è inteso a togliere dal testo del decreto del marzo 1946, che viene ad essere mantenuto come legge ordinaria sull’elezione della Camera, un’interpolazione che vi è stata inserita evidentemente per un equivoco.

L’articolo 10 del decreto 10 marzo 1946 ha la sua origine in leggi elettive anteriori, in particolare in quella del 1919 e da questa ultima ripete, sostanzialmente, la sua formulazione. Nella legge del 1919 si stabiliva che i diplomatici, i consoli e gli altri ufficiali addetti a legazioni o consolati stranieri non erano eleggibili, anche se avessero ottenuto il permesso dal Governo italiano di accettare l’ufficio senza perdere la cittadinanza italiana. Tale disposizione riguardava la dichiarazione di ineleggibilità di cittadini italiani che sono al servizio di Stati esteri come addetti a legazioni o a consolati. Che cosa è avvenuto nel decreto del marzo 1946? Che in esso si è riprodotta quella disposizione, ma vi è stata fatta un’interpolazione inserendovi dopo le parole «i diplomatici», le seguenti: «eccettuati quelli che non provengono dai ruoli dell’Amministrazione degli affari esteri». È un’interpretazione che non ha ragione di essere, perché i diplomatici, di cui si parla nelle disposizioni, sono bensì cittadini italiani, ma funzionari diplomatici di stati esteri, e quindi estranei ai ruoli all’amministrazione italiana degli affari esteri.

Ora, dicevo che, siccome il decreto del marzo 1946, attraverso la legge che stiamo elaborando, viene mantenuto in vita come legge ordinaria elettorale per la Camera dei deputati, credo che convenga cogliere l’occasione di questa legge per apportare la lieve correzione di cui ho parlato, togliendo quella interpolazione che è assolutamente ingiustificata.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il proprio parere sulla proposta dell’onorevole Perassi.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione aderisce, onorevole Presidente, perché ritiene che si tratti veramente di una interpolazione in contrasto con lo spirito della legge.

PRESIDENTE. Pongo pertanto in votazione l’emendamento dell’onorevole Perassi.

(È approvato).

Passiamo pertanto all’articolo 2-quinquies nel testo della Commissione. Se ne dia lettura.

MATTEI TERESA, Segretaria, legge:

«L’articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazione o per autorizzazioni amministrative. L’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità e importano contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali e particolari protettive del pubblico interesse alle quali i suddetti vincoli, le concessioni, i contratti o le autorizzazioni sono preordinati;

2°) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;

3°) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle società e imprese di cui al n. 2°».

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione propone ora il seguente nuovo testo, che modifica il n. 1°):

«Non sono eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni; oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di rilevante entità che importino contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta».

Il resto dell’articolo rimane identico.

Gli onorevoli Firrao, Bovetti, Meda Luigi e Zerbi hanno proposto di mantenere l’articolo 11 nella forma del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74.

L’onorevole Firrao ha facoltà di svolgere la sua proposta, che deve considerarsi come un emendamento al testo della Commissione.

FIRRAO. Veramente, onorevole Presidente, io mi limito soltanto a richiamarmi alle constatazioni, già fatte da altri colleghi in questa Assemblea, circa l’imprecisione del vecchio testo della Commissione: per quello infatti che riguarda il nuovo testo presentato dalla Commissione testé, io non sono in condizioni di pronunziarmi, non avendo avuto evidentemente il tempo per prenderlo in considerazione.

Mantengo pertanto il mio emendamento, rinunziando a svolgerlo, essendo già stato ampiamente illustrato dagli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Bovetti e Firrao hanno presentato i seguenti altri emendamenti:

«Alle parole: Nono sono eleggibili, sostituire: Sono incompatibili».

«Aggiungere, in fine, i commi seguenti:

«I motivi di incompatibilità saranno, in sede di convalida, vagliati da una Commissione designata dalla Camera dei deputati.

«Sono aboliti i motivi di ineleggibilità e di incompatibilità stabiliti in altre leggi».

Questi emendamenti sono stati già svolti dall’onorevole Bovetti: gli chiedo ora se intenda mantenerli.

BOVETTI. Li mantengo.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Di Fausto, Condorelli, Perrone Capano e Selvaggi hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Alle parole: non sono elegibili, sostituire: sono incompatibili con la carica di deputato».

«Alla fine, aggiungere: La Giunta delle elezioni, quando abbia ritenuto la incompatibilità, invita il deputato ad assentarsi dalle sedute e gli assegna un termine perché possa optare per la carica di deputato o conservare i rapporti che lo rendono «incompatibile».

«Trascorso detto termine, se la incompatibilità non è cessata, la Giunta delle elezioni propone alla Camera la decadenza».

L’onorevole Di Fausto li ha già svolti: gli chiedo ora se intenda mantenerli.

DI FAUSTO. Li mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il n. 1 col seguente:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati collo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazioni, oppure per autorizzazioni amministrative di rilevante entità, che importino contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali l’autorizzazione sia sottoposta».

L’onorevole Grilli lo ha già svolto: gli chiedo ora se intenda mantenerlo.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Lo ritiro, onorevole Presidente, essendo stato in gran parte accolto dalla Commissione, nel nuovo testo che essa ha presentato.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Riccio, se mantiene il seguente emendamento: «Alle parole «amministratori» sostituire le altre: «rappresentanti legali».

RICCIO. Lo mantengo.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Lo abbiamo accettato.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Carboni Enrico se mantiene il seguente emendamento.

«Sostituire le parole: Contratti di opere con le altre: contratti di appalto».

CARBONI ENRICO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Vi è poi l’emendamento dell’onorevole Costantini, già svolto: «Sopprimere le parole: sono di rilevante entità».

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei dalla Commissione un chiarimento circa il significato delle parole: «di rilevante entità». Che cosa intende? Come si potrà fissare il contenuto di questa rilevante entità? È in senso assoluto considerata in un istante, o è in senso assoluto considerata per un periodo di tempo?

Vorrei che la Commissione dicesse qualche cosa, anche come guida per coloro che domani dovranno decidere se presentarsi o non presentarsi alle elezioni.

PRESIDENTE. Onorevole Corbino, come avrà visto, a questo proposito c’è l’emendamento soppressivo dell’onorevole Costantini.

CORBINO. Onorevole Presidente, io pensavo ad un emendamento soppressivo di tutto l’articolo, perché con la nuova concezione delle attribuzioni dello Stato, oggi è difficile trovare degli individui che non abbiano rapporti di somministrazione o di altro genere con lo Stato. Quindi la soppressione della sola frase «di rilevante entità» aggraverebbe ancora di più la situazione, e io vorrei invece estendere la possibilità per tutti i cittadini di partecipare alla vita pubblica, salvo ad optare, dopo le elezioni, per quella parlamentare o per quelle attività che sono incompatibili con la qualità di deputato.

Ecco perché vorrei che il «di rilevante entità» fosse definito in un certo modo.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Volevo chiarire, per l’onorevole Corbino e per i colleghi che forse non erano presenti quando ho svolto sommariamente il mio emendamento, quale fosse il mio pensiero.

Nel testo proposto dalla Commissione si parla di ineleggibilità determinate dall’esistenza di contratti di opere o di somministrazioni o di autorizzazioni amministrative tra il candidato e lo Stato.

Siccome non è possibile stabilire dei limiti obiettivi, i quali ci dicano quando un’opera, un contratto, una somministrazione sono o meno di rilevante entità; siccome – ripeto – vi è questa impossibilità di ordine obiettivo, a me sembra sia conveniente e, più che conveniente, necessario, che quelle parole siano soppresse. E allora stabiliremmo una norma di incompatibilità generale per l’esistenza dei contratti, ecc., lasciando poi, caso per caso, all’esame prudenziale, logico, della situazione obiettiva da parte della Giunta delle elezioni, quando in ipotesi l’esistenza di un contratto o di un vincolo fra l’eletto e lo Stato potesse determinare quelle ragioni di incompatibilità che l’articolo vuole mantenere. In sostanza, il «di rilevante entità» ha sempre giocato nefastamente sulla nostra legislazione. Abbiamo delle esperienze recenti in proposito. Per questo ho proposto la soppressione di quelle parole.

PRESIDENTE. Per i primi emendamenti Bovetti e Di Fausto, che propongono di sostituire la incompatibilità all’ineleggibilità, forse la Commissione non ha ragione di esprimere il suo parere, perché questo risulta già chiaramente dalla nuova formula che essa ha presentato. È esatto?

GRILLI, Relatore per la minoranza. Sì, insistiamo per le ineleggibilità.

CASTELLI AVOLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI AVOLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non potrei consentire nemmeno nella seconda formula presentata, nel punto in cui si ammettono, come nella precedente formula, accanto alle concessioni, anche le autorizzazioni.

Per me è più perfetta la dizione del vecchio testo che parlava soltanto di concessioni amministrative.

Si sono dunque introdotte, nel progetto, accanto alle concessioni amministrative, anche le autorizzazioni: credo che questo sia il motivo per cui poi bisognerà stabilire se si tratti di concessione o autorizzazione di modesta o non modesta entità, il che porterebbe ad impegolarsi in un ginepraio, senza una norma certa ed obiettiva che permetta di dire a priori se un cittadino, a favore del quale sia stata fatta una concessione ad una autorizzazione, possa porre o meno la sua candidatura.

L’errore, secondo me, è stato appunto quello d’introdurre, oltre le concessioni amministrative, anche le autorizzazioni. La distinzione, invece, fra questi due istituti è fondamentale. Quando si parla di concessioni amministrative, è lo Stato che concede al cittadino un diritto che il cittadino non ha; è lo Stato che concede qualcheduna delle proprie prerogative; così, ad esempio, una concessione di acque pubbliche. Il cittadino infatti non ha nessun diritto sulle acque pubbliche.

Ma quando si parla di autorizzazione, con questa non si fa altro che rimuovere l’ostacolo all’esercizio di un diritto che il cittadino già possiede. Nella vita odierna tutti i cittadini hanno una qualche autorizzazione amministrativa: un porto d’armi, una licenza d’esercizio, una licenza di circolazione d’automobile.

Concludendo, sono dell’opinione che occorra abbandonare il concetto di autorizzazione amministrativa, perché si tratta non di un diritto che concede lo Stato, ma della rimozione di un ostacolo ad un diritto già posseduto dal cittadino, e ritengo quindi che si debba parlare, nella nostra legge elettorale, soltanto di concessione amministrativa.

PRESIDENTE. Onorevole Castelli Avolio, al momento della votazione, si potrà votare per divisione, in modo da scindere i due concetti di concessione amministrativa e di autorizzazione.

CASTELLI AVOLIO. Onorevole Presidente, si potrebbe tornare al testo primitivo.

PRESIDENTE. Ma questo ritorno implicherebbe anche il ritorno a tutto il testo: è un’altra questione.

GASPAROTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPAROTTO. Ritengo fondata l’obiezione del collega Castelli Avolio. Indubbiamente le semplici autorizzazioni non hanno nessuna influenza sui rapporti fra l’uomo politico e lo Stato. È una vera autorizzazione anche la licenza di caccia, e allora dovremmo escludere dal Parlamento i cacciatori. (Commenti).

Ritengo invece, che sia giusto l’estremo posto dalla Commissione, cioè quello della rilevanza dell’entità della stessa concessione, perché vi sono concessioni – e ritorno sul mio argomento – come la riserva di caccia, che non sono autorizzazioni, perché, ad esempio, la riserva di caccia costituisce un privilegio, il diritto di esercitare la caccia, con esclusione di tutti gli altri cittadini, su un dato territorio.

Quindi l’estremo dell’entità della concessione a mio avviso, deve essere mantenuto. Senonché il rilievo del collega Costantini mette in evidenza un difetto del testo della Commissione.

Come è possibile che un candidato si consideri ineleggibile se non sa quale importanza la Giunta delle elezioni darà all’entità della concessione? Come fa a giudicare soggettivamente quello che è poi sottoposto a giudizio dell’organo competente che è, ripeto, la Giunta delle elezioni?

Quindi, ritengo che la Commissione non dovrebbe trascurare gli emendamenti che sono stati proposti da più parti, intesi a sostituire alla parola «eleggibilità» la parola «incompatibilità», perché sulla incompatibilità giudicherà successivamente la Giunta che deve esercitare la verifica dei poteri, mentre questo giudizio non può essere dato in anticipazione dal candidato. Non è una proposta la mia, ma una osservazione che sottopongo alla Commissione.

SICIGNANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SICIGNANO. Ritengo che bisogna mantenere il testo così come è, cioè mantenere la ineleggibilità sia per le concessioni che per le autorizzazioni amministrative.

Chiunque si sia occupato di questa materia, soprattutto quale componente della Giunta delle elezioni, sa benissimo che la distinzione teorica fra concessione ed autorizzazione ha fornito materia a tutte le scappatoie a favore di coloro che hanno rapporti economici con lo Stato, a volte di contenuto vistosissimo, per poter sedere in quest’Aula, sopprimendo qualunque principio sia di incompatibilità sia di ineleggibilità. Io penso che noi non dobbiamo perpetuare questo gravissimo inconveniente, ed evitare per l’avvenire che uomini i quali hanno rapporti di affari di milioni con lo Stato o hanno ottenute concessioni che fruttano loro milioni, possano entrare nel Parlamento ed abusare ed approfittare della loro carica parlamentare per aumentare ancora di più le loro concessioni, salvo poi a farle passare successivamente, in sede di convalida della loro elezione, come semplici autorizzazioni.

Si è detto: ma se noi ammettiamo anche il concetto della autorizzazione amministrativa nessuno può fare il deputato. Non bisogna arrivare all’esagerazione.

Molte di quelle che si chiamano concessioni o autorizzazioni amministrative non sono altro che permessi, come per esempio le autorizzazioni governative che si riferiscono al porto d’armi, le quali sono permessi che vanno soggetti al pagamento di determinate tasse allo Stato. Queste concessioni dunque non sono concessioni amministrative vere e proprie ma né più e né meno che permessi.

Ora, onorevoli colleghi, potrà verificarsi che un cittadino abbia una concessione vera e propria dallo Stato o magari stabilisca un rapporto contrattuale con lo Stato per una qualunque fornitura di lieve entità economica.

Costui non potrà, giustamente, essere eletto deputato, oppure la sua carica di deputato sarà incompatibile.

E nello stesso tempo dovremo ritenere eleggibile o compatibile un altro che abbia avuto l’autorizzazione di costruire ferrovie magari su strade pubbliche, o altre opere di interesse privato su beni demaniali.

Quindi io credo che su questo concetto dobbiamo essere molto rigorosi, per non mettere la Giunta delle elezioni in condizioni di non poter avvalersi di fatti che da un punto di vista giuridico potrebbero sfuggire al suo controllo, ma che nella sostanza e realtà incidono sugli interessi dello Stato. Solo così potremo evitare l’ingresso nel Parlamento di persone che potrebbero anche sfruttare il mandato parlamentare per illeciti fini personali. Quindi io spero e credo che tutti approveranno senz’altro il testo così come è proposto.

Sulla questione se si debba partire da un principio preliminare di ineleggibilità oppure fermarsi al giudizio postumo di incompatibilità, io credo che bene si farebbe seguendo il concetto iniziale della ineleggibilità.

È evidente che ogni cittadino conosce bene se ha ottenuto dallo Stato concessioni o autorizzazioni che lo rendano ineleggibile.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Un dubbio vorrei mi venisse chiarito dai colleghi che hanno competenza in questa materia. Io comprendo perfettamente che, quando i contratti di concessione che il candidato ha con lo Stato sono tali da comportare uno sviluppo di affari con esso, egli debba essere dichiarato ineleggibile. Ma, riferendomi a qualche caso concreto, per esempio quello della concessione di acque pubbliche a scopo di forza motrice o d’irrigazione, ricordo di aver ascoltato in questa Aula, alcuni mesi fa, una dotta discussione attorno al caso dell’onorevole Visocchi. Ora domando, in un caso come quello, di chi abbia, in passato, ottenuto una concessione di acque pubbliche non suscettibile più di alcuna variazione, e che non comporti alcun rapporto di affari con lo Stato o tali obblighi verso di esso da far dubitare che il deputato possa esercitare la sua influenza sugli organi statali a proprio favore, in un tal caso dico, perché quel concessionario dovrebbe essere ineleggibile? Comprendo perfettamente che in altri casi di concessioni o anche di autorizzazione, che importano la possibilità che il deputato adoperi a proprio beneficio o a beneficio della società che rappresenta la propria influenza, si debba dichiarare la ineleggibilità. Ma, un tale che abbia ottenuto cinquant’anni fa, o abbia ereditato dal padre, la concessione di adoperare una certa quantità di acque pubbliche, perché mai dovrebbe essere escluso dal Parlamento, se la concessione non importi per lui altro obbligo che quello di pagare un canone fisso annuo?

In sostanza, a me sembra che mentre si fa il deputato, non si dovrebbe ammettere possa farsi con lo Stato nessun affare di nessun genere. Per questo dovrebbe esservi la più severa proibizione; ma se il deputato, quando non era ancora tale, ottenne o ereditò una concessione che non comporta alcun sviluppo di affari con lo Stato, non comprendo perché dovrebbe essere escluso dall’elettorato passivo.

Concludo, pregando di spiegarmi perché in un caso simile un concessionario non possa essere eleggibile. Non mi rendo conto perché si sia così severi in questo caso, quando poi si tollera che siano eleggibili Categorie di persone, che, una volta elette deputati, potrebbero esercitare sullo Stato, direttamente o indirettamente, ben più dannosa ed immorale pressione a benefìcio di interessi privati in contrasto con quelli dello Stato stesso.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Trovo che ha fatto bene l’onorevole Nobile a non presentare nessun emendamento perché tradizionalmente i concessionari dello Stato sono ineleggibili ed anche per le concessioni di antica data lo Stato conserva sempre diritti e poteri di controllo. Del resto, la questione è ormai risolta ed è quindi inutile perdere tempo.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Ho chiesto di parlare per sostenere la proposta che ha fatto la Commissione la quale, fra le altre cose, ha accolto anche in gran parte il mio emendamento; e quindi io, anche come presentatore dell’emendamento, sono interessato a difendere la proposta della Commissione.

La questione è abbastanza seria e va guardata con molta serenità. La differenza che c’è tra l’articolo 11 della vecchia legge e la nostra proposta si compendia in fondo in questo; noi abbiamo aggiunto alle concessioni e ai contratti di opere e somministrazioni le autorizzazioni amministrative. Poi, per queste autorizzazioni amministrative e per le concessioni abbiamo aggiunto la condizione che siano di rilevante entità e che suscitino l’eventualità di contrasti di interesse, perché devono importare l’obbligo di adempimenti specifici con l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali norme le concessioni e le autorizzazioni siano sottoposte. Queste sono le differenze. Perché noi abbiamo ritenuto opportuno di inserire anche le autorizzazioni amministrative in questo articolo? Perché sono sorte – e lo ha ricordato anche l’onorevole Sicignano – dinanzi alla Giunta delle elezioni delle questioni di questo genere: che concessionari dello Stato per concessioni rilevantissime, di miliardi, si sono difesi sostenendo che non si trattava di concessioni ma di autorizzazioni amministrative; e sono riusciti con argomenti giuridici a provare che si trattava effettivamente di autorizzazioni amministrative, per la qual cosa hanno avuto ragione. Allora, siccome possono esservi dei rapporti che giuridicamente possono anche assumere l’aspetto di autorizzazioni amministrative, ma che tuttavia sono di un valore rilevante ed hanno degli effetti simili a quelli delle concessioni, noi ci siamo preoccupati di questo; e perché non avvenga più che con la scappatoia delle autorizzazioni i concessionari dello Stato per rilevante valore possano rimanere in Parlamento, abbiamo ritenuto opportuno di aggiungere queste autorizzazioni amministrative.

Ma, d’altra parte, dato che possono esservi delle autorizzazioni amministrative di nessuna importanza, anzi direi autorizzazioni amministrative, che non presumono nessun rapporto fra lo Stato autorizzante e il privato autorizzato, abbiamo stabilito che queste autorizzazioni amministrative perché debbano essere di ostacolo alla elezione dell’autorizzato a deputato, devono essere di rilevante valore. Ma non ci siamo soltanto limitati a questa vaga e generica frase del «rilevante valore»: l’abbiamo voluta arricchire aggiungendo che «importino (le autorizzazioni) contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici», perché in questo caso si viene a creare una specie di rapporto bilaterale fra lo Stato che autorizza e l’autorizzato che deve osservare certi obblighi specifici, oppure che deve osservare certe norme generali o particolari che la legge ha posto per la tutela dell’interesse pubblico, alle quali norme sia sottoposta l’autorizzazione.

Questo criterio, che abbiamo seguito per l’autorizzazione, abbiamo ritenuto opportuno di estenderlo anche alle concessioni; perché anche fra le concessioni possono esservene di scarsissima importanza e valore.

Quanto alla questione se si debba trattare di ineleggibilità o di incompatibilità, noi abbiamo insistito per l’ineleggibilità, per questo semplice motivo: perché noi non vogliamo che l’uomo di affari, che fa i suoi affari con lo Stato, possa tentare di entrare in Parlamento proponendo la sua candidatura e poi, se riesce, egli rinunzia agli affari in corso; se la battaglia elettorale va male, egli riprende i suoi affari. Noi abbiamo paura degli affaristi in Parlamento.

L’onorevole Mussi, Relatore nel 1877 della legge elettorale, dalla quale è nato l’articolo 11 della legge del 1946, nella sua relazione diceva: «la presenza degli uomini di affari nel Parlamento ha dato luogo a vivissime disputazioni e lamenti, imperocché alcuni fra questi furono accusati di avere offeso la maestà del Parlamento, compromettendone il prestigio».

Insomma, noi diciamo ai cittadini: Volete fare i deputati? Non fate gli affaristi. Volete fare gli affaristi? Non fate i deputati. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione degli emendamenti, mi permetto di rivolgere una richiesta agli onorevoli Firrao e Bovetti in questo senso: essi hanno presentato due emendamenti, che mi sembrano in contrasto. Col primo si propone di mantenere l’articolo 11 della legge, la quale legge ha affermato la ineleggibilità; col secondo si propone di sostituire alle parole «non sono eleggibili» le parole «sono incompatibili»; desidero un chiarimento in proposito.

FIRRAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIRRAO. Noi proponiamo, di tenere come base della discussione il testo precedente dell’articolo 11. Il nostro emendamento successivo vale per l’articolo 11, se la nostra proposta viene accettata.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Io desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla estrema delicatezza ed importanza dell’argomento del quale si discute. Vi sono in questa Camera vecchi parlamentari: io mi richiamo agli onorevoli Nitti e ad altri che, come lui, ricordano i costumi dell’antica vita parlamentare italiana e ricordano con quale rigore si ponevano e risolvevano i problemi che involgevano rapporti tra affari e politica. (Approvazioni a sinistra). Dopo venticinque anni di fascismo, durante i quali in quest’Aula hanno seduto i più loschi affaristi del nostro Paese, io ho l’impressione che qui riecheggi oggi qualche voce che risente dei tempi che dolorosamente il nostro Paese ha attraversato. (Approvazioni).

 

Il problema della ineleggibilità e della incompatibilità non è un problema giuridico o regolamentare: è, o signori, un problema di sensibilità morale e politica dei rappresentanti del popolo. (Vive approvazioni). Bisogna dire che c’è ancora in Italia chi pensa che è possibile servirsi degli affari per conquistare una posizione politica e servirsi poi della conquistata posizione politica per potenziare i propri affari: questo è lo sconcio che minaccia il Parlamento e la rappresentanza popolare. Perché la Commissione insiste nel concetto di ineleggibilità e respinge assolutamente la proposta di sostituirvi il concetto di incompatibilità? Perché vi sono concessioni ed autorizzazioni le quali, per i loro titolari, diventano strumenti di conquista di illegittima influenza elettorale; noi potremmo citare dei casi specifici, dei casi concreti. Quando si parla di incompatibilità si afferma un concetto di due funzioni che per diverse ragioni non possono essere esercitate contemporaneamente; quando si parla di ineleggibilità si esprime una esigenza di moralizzazione della vita politica, si afferma un principio secondo cui quando l’esercizio, l’uso od usufrutto di determinate concessioni od autorizzazioni possono far nascere il legittimo sospetto che servono a conquistare posizioni elettorali che altrimenti non si conquisterebbero, allora si afferma un principio di ineleggibilità.

Si dice: ma come può il privato giudicare a priori la «rilevante entità», oppure se la natura dei rapporti di affari che esso ha con lo Stato siano o no motivo per invalidare la sua elezione? Chiunque si trovi in questa posizione sa che dovrà essere giudicato dalla Giunta delle elezioni e perciò si espone al rischio di aver sostenuto una campagna elettorale invano. Ma questa è una situazione nella quale egli si pone volontariamente, è una valutazione soggettiva della quale accetta le possibili conseguenze per una valutazione diversa dalla sua. Noi abbiamo il dovere di chiudere la porta di quest’Aula a coloro che entrano qui dentro non con la coscienza e la volontà di assolvere ad un mandato del popolo, ma col secondo pensiero di affari che hanno in piedi o di altri che vorranno concludere. È per queste ragioni che la Commissione non accetta il concetto dell’incompatibilità. I colleghi, i quali hanno presentato od intendano presentare emendamenti in tal senso, riflettano che problemi di questa natura non si esauriscono in questa Assemblea.

La Giunta delle elezioni già si è trovata di fronte ad un caso dubbio, ed è una sua decisione che ha fatto sorgere l’esigenza di distinguere le concessioni dalle autorizzazioni.

Signori, non si possono avere rapporti di affari con lo Stato che importano miliardi, qualunque sia la forma giuridica del rapporto, e sedere in quest’Aula!

Non si può ammettere che interessi privati si sovrappongano all’interesse pubblico. Qui si tratta anche della dignità ed onorabilità personale dei rappresentanti del popolo. Chiunque si trovi in una situazione per cui l’esercizio del mandato parlamentare può far nascere anche il solo sospetto di poca correttezza, dovrebbe sentire il bisogno di non porre nemmeno la sua candidatura. Non v’è bisogno che tutti gli italiani pensino di diventare deputati. Ad ognuno il suo compito. Gli affaristi facciano pure i loro affari ma non pretendano di assumere anche il compito della direzione della cosa pubblica. Non mescoliamo le due cose, come troppo ha fatto il fascismo, e come taluni pare pensano di continuare a fare anche oggi, continuando così il costume fascista.

È per queste ragioni che la Commissione non solo respinge la proposta della incompatibilità, ma sente il dovere di elevare una protesta contro proposte che obiettivamente tendono, indipendentemente dalle intenzioni soggettive dei singoli, ad introdurre un elemento di corruzione nella vita politica del nostro Paese. (Applausi a sinistra).

BOZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOZZI. Onorevoli colleghi, io vorrei fare un rilievo di ordine tecnico perché la tecnica giuridica in questo articolo deve essere tenuta particolarmente presente, dato che noi facciamo riferimento a istituti che hanno una loro precisa fisionomia. Quando noi parliamo di autorizzazioni, facciamo riferimento ad un istituto che è conosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Per quello che riguarda la rilevante entità, io mi associo a molte considerazioni di carattere politico che ha or ora manifestato l’onorevole Scoccimarro. Ma, vorrei sottolineare che in fondo la ineleggibilità è una limitazione del diritto del cittadino, perché noi abbiamo stabilito nella Costituzione che tutti sono elettori ed eleggibili. Ora, quando si stabiliscono limitazioni a diritti politici, queste limitazioni dovrebbero essere, per un elementare principio, predeterminate e non rimesse ad una valutazione, che non dirò di arbitrio, ma comunque ampiamente discrezionale fatta da un organo politico quale è la Giunta delle elezioni.

Quindi, pregherei la Commissione, che ha già raggiunto un buon risultato togliendo quel «contrattualmente» che metteva quasi nel nulla quello che si era detto prima, di esaminare se non sia possibile di stabilire un criterio obiettivo, valutabile a priori, di questa rilevante entità, che altrimenti è affidata ad un giudizio discrezionale. Ho sentito che l’onorevole Scoccimarro parlava di miliardi e l’onorevole Costantini di milioni, il che dimostra che questa rilevante entità diventa una cosa di cui non si conosce più il limite.

È meglio quindi adattare una formulazione specifica perché noi non intendiamo sancire l’ineleggibilità per chiunque abbia una concessione; noi, secondo il pensiero espresso anche dall’onorevole Scoccimarro, vogliamo che l’affarismo non entri qui quando sia qualificato in un certo modo, cioè non l’affarismo in sé e per sé; ma l’affarismo che abbia determinate proporzioni.

CAPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPI. A nome di molti colleghi di Gruppo, dichiaro che voteremo il testo della Commissione, perché in una materia così delicata è preferibile che vi sia più rigore.

REALE VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Non si può non concordare con le ragioni fondamentali che hanno determinato la dizione di questo articolo e con le osservazioni che ha fatto il Presidente della Commissione; però bisogna evitare che la dizione dell’articolo crei delle ineleggibilità che sono a discrezione della Giunta delle elezioni. Dovremmo creare una norma ed una indicazione di diritto che eviti qualunque possibilità di equivoco. L’onorevole Nobile ha precisato ed ha prospettato un caso che merita la massima attenzione da parte dell’Assemblea: vi sono delle concessioni su beni demaniali in cui i contrasti di interessi non si possono più determinare. Lo abbiamo visto in casi concreti, e possiamo indicare anche il caso concreto: il caso Visocchi, nel quale i rapporti con lo Stato non erano tali da avere un carattere di continuità. Quindi io proporrei di aggiungere alle parole «concessioni» e «autorizzazioni» le seguenti: «che importino sviluppo di affari» (Commenti). Le concessioni di antica data per le quali non ha potuto influire il prestigio del deputato e che non consentano sviluppo di affari e non creino possibilità di contrasto con l’interesse dello Stato, dovrebbero essere considerate compatibili col mandato parlamentare.

PRESIDENTE. L’emendamento presentato dall’onorevole Reale Vito è del seguente tenore:

«Aggiungere alle parole: autorizzazioni amministrative, le seguenti: che importino sviluppo di affari».

Secondo lo svolgimento dato al suo emendamento, l’onorevole Reale riferirebbe questa aggiunta a tutte le forme di attività previste dall’articolo in questione e non soltanto alle autorizzazioni.

REALE VITO. Esattamente.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. La verità è che con questo emendamento verremmo ad eludere i provvedimenti che intendiamo prendere, perché gli affaristi ed i corruttori della vita pubblica non entrino nel Parlamento. Prego i colleghi di non votare l’aggiunta proposta dall’onorevole Reale Vito, in quanto egli dice: quando una concessione o una autorizzazione è stata fatta nel momento in cui l’individuo non era ancora deputato, egli può presentarsi lo stesso alla candidatura. Ma io osservo che è più pericoloso dopo: è dopo che avvengono gli sfruttamenti e le camorre, è durante il tempo dell’esercizio. Quindi, se c’è un’incompatibilità, essa non viene meno per il fatto che la concessione sia stata fatta prima che l’individuo fosse deputato.

Perciò prego l’Assemblea, se vuole veramente sancire principî di una nuova vita morale, di non accettare la proposta dell’onorevole Reale.

SICIGNANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SICIGNANO. Ho chiesto nuovamente di parlare unicamente perché mi sembra che qui, partendo dal caso specifico di Visocchi, non si sia valutato giustamente la natura della concessione delle acque demaniali. Si dice che per le acque demaniali non vi sarebbe nessuno di quei rapporti che escluderebbero la capacità del mandato parlamentare. A me pare che questo sia un gravissimo errore: le acque pubbliche sono beni demaniali che dovrebbero servire alla collettività, come principio generale. Ora, quando questi beni demaniali, che dovrebbero servire alla collettività, vengono dati in concessione a privati, perché questi possano farne un qualunque uso – ed ordinariamente la finalità è il lucro – si viene già a diminuire il godimento da parte della collettività.

Noi qui, nel fare le leggi, non possiamo riferirci a fatti specifici, non dobbiamo considerare o risolvere fatti specifici. Ma comunque, se si vuole partire anche dall’esame di fatti specifici per giungere a principî generali, noi sappiamo che nel nostro Stato molte volte queste concessioni o autorizzazioni a servirsi di acque pubbliche producono gravi nocumenti a coloro che vivono nelle zone in cui scorrono quelle acque.

C’è il caso Visocchi, ma se si va in provincia di Salerno si constata che esistono una infinità di concessioni di acque pubbliche fatte a determinate famiglie da secoli e rinnovate di trentennio in trentennio, le quali, oltre a concedere rilevanti guadagni a coloro che ne beneficiano, impediscono l’uso di acque pubbliche da parte della gente che vive sulle sponde di questi fiumi.

È notorio che due corsi d’acqua del fiume Sarno sono da circa 60 anni di proprietà privata di una famiglia, la quale con questa concessione di acque demaniali domina tutte le campagne per la concessione di acqua di irrigazione ai privati.

Ora, signori, questa situazione di fatto che esisteva già in provincia di Salerno non si è potuta sanare neppure oggi. Bisogna assolutamente non aggravare questa già incresciosa situazione, permettendo ai concessionari di acque pubbliche di entrare nelle Camere legislative, soprattutto ora, in regime democratico e repubblicano.

CARBONI ENRICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARBONI ENRICO. Onorevole Presidente, io dubito molto che qui si stia facendo una grande confusione fra concessione e autorizzazione. (Commenti a sinistra). Se conoscete la differenza che corre fra questi due concetti, di concessione e di autorizzazione, non riesco a comprendere come potete dire, e come mai potete scrivere in un testo di legge, che l’autorizzazione comporti l’ineleggibilità, quando è noto che le autorizzazioni tendono soprattutto a permettere al cittadino l’esercizio dei suoi diritti, perché tolgono un divieto che la pubblica amministrazione aveva posto a questo esercizio.

Dovremmo quindi, essere tutti lieti che i cittadini possano esercitare questi diritti nella loro pienezza. Autorizzazioni sono, ad esempio, il porto d’armi o la patente di circolazione automobilistica. E allora, come anche per le concessioni, mi pare che noi dobbiamo colpire solo quelle di grande entità o che abbiano scopo di lucro.

COSTANTINI. Crescono, le autorizzazioni piccole, onorevole Carboni!

CARBONI ENRICO. È un tema molto delicato, questo, onorevoli colleghi. Io prego pertanto la Commissione di voler precisare con grande esattezza questi due concetti, che sono due termini giuridici di grandissima portata.

BOVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Bovetti, ma, come lei sa, posso concederle di parlare solo nel caso che ella intenda motivare la sua eventuale decisione di ritirare l’emendamento che ha presentato.

BOVETTI. Questo infatti desidero, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

BOVETTI. Io ritiro il mio emendamento non perché non sia convinto della sua bontà ed opportunità, ma solo per la coloritura non simpatica – mi si permetta l’espressione – che l’onorevole Scoccimarro ha dato a questa discussione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Non è simpatico quello che fate voi.

BOVETTI. La legge non è fatta soltanto di parole, onorevoli colleghi: la legge deve soprattutto permearsi di una profonda aderenza ai concetti giuridici. Noi diciamo perciò, che, se fossimo di fronte ad un testo di legge preciso, il quale non offrisse possibilità di equivoci o di confusioni, voteremmo vivamente per il testo proposto dalla Commissione, ma poiché questo testo offre invece possibilità di confusione e di equivoci, noi, approvandolo, ci porremmo in una situazione talmente assurda, da trovarci poi veramente in serio imbarazzo nell’applicazione di questa legge. (Commenti). Valga per tutti l’esempio di un consulente legale, poniamo, di una società tranviaria, la quale, per ipotesi, riceva 50 mila lire all’anno dallo Stato; egli non sarebbe eleggibile. (Commenti).

Ad ogni modo, nonostante queste considerazioni, stante gli apprezzamenti che sono stati fatti, ritiro, come ho già detto, il mio emendamento; non posso tuttavia astenermi dal concludere augurandomi che mai in questa Camera entrino degli speculatori, ed anche che non si crei la categoria dei professionisti della politica. (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Bovetti ha dichiarato di ritirare il suo emendamento; domando ora all’onorevole Di Fausto, che ne ha presentato un altro analogo, se vi insista.

DI FAUSTO. Ritengo che sia preferibile tecnicamente il termine «incompatibile» a quello di «ineleggibile».

Comunque, mi associo alle dichiarazioni dell’onorevole Cappi.

FIRRAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIRRAO. Mi associo a quanto è stato detto dall’onorevole Bovetti.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Io desidero completare la risposta della Commissione sulle ulteriori dichiarazioni fatte dai colleghi.

È stato osservato che la formula «di rilevante entità» è troppo elastica, non concede la possibilità di una determinazione obiettiva.

Ora, bisogna tener presente che in materia esiste una giurisprudenza amministrativa, nella quale già è delineato il concetto di «rilevante entità», che può servire di orientamento alla Giunta delle elezioni della futura Camera.

Perché è necessario, onorevole Costantini, porre questa indicazione? Perché lo Stato dà una molteplicità di piccole, piccolissime concessioni ed autorizzazioni. Basta andare a consultare gli archivi del Ministero delle finanze per trovare delle concessioni e delle autorizzazioni di così minuscola entità, che sarebbe ridicolo concepirle come determinanti di ineleggibilità o incompatibilità. Se noi non ponessimo quel limite, faremmo veramente cosa eccessiva.

COSTANTINI. È l’aggettivo «rilevante» che non va!

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. È vero, suona male all’orecchio per analogia ad un’altra legge che ha fatto cattiva prova. Ma qui siamo in un altro campo. Ho già detto che nella giurisprudenza quel concetto non è nuovo, e la Giunta delle elezioni della futura Camera potrà concorrere a definirlo sempre meglio.

La proposta dell’onorevole Vito Reale di adottare la formula: «possibilità di sviluppo di nuovi affari», mi pare che aumenti le difficoltà per la impossibilità di determinare giuridicamente il valore e il significato. Questa nuova formula creerebbe alla futura Giunta delle elezioni maggiori difficoltà di quella «rilevante entità».

L’onorevole Carboni ci ha chiesto: «Siete voi in condizioni di poter fare una distinzione fra concessioni e autorizzazioni?». Ora, bisogna riconoscere che nella dottrina la distinzione fra i concetti di concessione e di autorizzazione è in via di svolgimento: è certo però che l’evoluzione del diritto amministrativo impone oggi questa distinzione, e non si può non tenerne conto in una legge politica come questa. Tanto è vero – ed è già stato ricordato – che la Giunta delle elezioni di questa Assemblea ha dovuto fare tale distinzione per risolvere un caso concreto sottoposto al suo giudizio. Ora, se l’esperienza ci pone di fronte a tale esigenza, noi dobbiamo tenerne conto. Noi non possiamo ignorare una decisione già presa dalla nostra Giunta delle elezioni; non possiamo ignorare che la nostra Giunta ha già deliberato in materia. Ed all’onorevole Bovetti, il quale ritiene poco simpatico il modo come io ho posto la questione, vorrei chiedere se egli consideri invece molto simpatica la difesa degli uomini politici affaristi, come egli fa.

Dopo questi chiarimenti credo non ci sia nulla da aggiungere. Mi auguro che questo articolo venga votato all’unanimità per il buon nome di questa Assemblea.

REALE VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Ritiro il mio emendamento, con l’intesa e con la significazione che le concessioni creano la ineleggibilità solo quando creano un rapporto di affari che determini un contrasto di interessi fra lo Stato e il concessionario.

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Se l’onorevole Costantini non ha difficoltà, proporrei che alla parola «rilevante» fosse sostituita l’altra «notevole» in modo da dire «di notevole entità».

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Costantini.

COSTANTINI. Non posso aderire, perché l’aggettivo «notevole» ha caratteristiche, se non identiche, molto simili a quelle di «rilevante». Ripeto: lasciamo alla Giunta delle elezioni di giudicare caso per caso. Evitiamo di stabilire dei limiti, visto che questi limiti non possono essere obiettivi.

PRESIDENTE. Onorevole Scoccimarro, la Commissione accetta di sostituire la parola «rilevante» con l’altra «notevole»?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Non abbiamo nessuna difficoltà ad accettarla.

PRESIDENTE. Pongo in votazione le seguenti parole dell’articolo 2-quinquies:

«Non sono eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni: oppure per concessioni».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«o autorizzazioni amministrative».

(Sono approvate).

Passiamo all’inciso: «di notevole entità», di cui l’onorevole Costantini propone la soppressione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Propongo che si aggiunga alle parole: «di notevole entità» la parola: «economica».

CORBINO. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Le parole: «di notevole entità» si riferiscono alle autorizzazioni o si riferiscono alle concessioni?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Ad ambedue.

PRESIDENTE. Data l’importanza, onorevole Scoccimarro, la prego di spiegare.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La «notevole entità economica», nella redazione del comma, appare chiaro che si riferisce tanto alle autorizzazioni che alle concessioni. Se ci fosse qualche dubbio, questa dichiarazione messa a verbale chiarisce ogni possibile dubbio per l’avvenire.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la frase:

«di notevole entità economica».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Passiamo all’ultima parte del n. 1°):

«che importino contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali la concessione o l’autorizzazione è sottoposta».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. L’avverbio «contrattualmente» va cancellato, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione quest’ultima parte del comma.

(È approvata).

Pongo in votazione il n. 2°), sul quale non sono stati presentati emendamenti, e che suona così:

«2°) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato».

(È approvato).

Passiamo al n. 3°):

3°) «i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle società e imprese di cui al n. 2°)».

L’onorevole Lami Starnuti ha proposto di sostituire alle parole: «alle società e imprese di cui al n. 2°) le parole: «alle persone o società e imprese di cui ai numeri 1°) e 2°»).

L’onorevole Lami Starnuti ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

LAMI STARNUTI. Credo che sia chiaro che il mio scopo non è tanto di sollevare la questione di merito, quanto di rimediare a quella che a me pare una lacuna del testo proposto dalla Commissione. Suppongo accettato il concetto della Commissione, di rendere ineleggibili anche i consulenti legali ed amministrativi che prestino la loro opera in modo permanente, nella considerazione che la società o l’impresa potrebbe, per interposta persona, fare quell’opera illecita che si vuole impedire. Dato questo criterio informativo mi pare che le stesse ragioni valgano anche per le persone fisiche, le società e le imprese di cui al n. 1. Bisogna porre tutta la casistica sullo stesso piede di eguaglianza. A mio giudizio perciò bisognerebbe o sopprimere l’intero n. 3 o correggerlo secondo l’emendamento che io ho proposto.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione è d’accordo con le osservazioni dell’onorevole Lami Starnuti.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Comprendo quello che dice l’onorevole Lami Starnuti e sarei favorevole alla menzione in questo numero 3 sia delle società, di cui al numero 1, che di quelle, di cui al numero 2. Quello che non comprendo è come si possa colpire di ineleggibilità il consulente legale delle persone fisiche che non hanno con lo Stato rapporti in proprio. Accettando il concetto dell’onorevole Lami, proporrei questa formula: «I consulenti legali e amministrativi che prestano in modo permanente l’opera loro alle persone, società e imprese vincolate con lo Stato nei modi di cui sopra». Di fronte ad una impresa individuale, si capisce che non solo il suo titolare, ma anche il consulente legale di lui debba essere colpito da ineleggibilità; ma non capisco come si possa colpire anche il consulente legale dei dirigenti, o colui che cura gli affari personali degli amministratori delle imprese collettive.

LAMI STARNUTI. Sono pienamente di accordo con l’onorevole Scoca.

BOVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOVETTI. Chiedo due chiarimenti. Primo, se le parole «rilevante entità» siano limitate al numero 1 o siano estese al numero 2; e nel primo caso, il perché dell’esclusione. Secondo, vorrei sapere il significato preciso della parola «permanente», per evitare confusione anche per il futuro.

PRESIDENTE. Onorevole Scoccimarro, la prego di rispondere.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione non ha ritenuto di dover estendere il concetto della «notevole e rilevante entità» anche al numero 2, per la diversa natura che hanno i due punti. Nel punto 1 si intendeva non colpire con un giudizio di ineleggibilità» una molteplicità di piccolissimi concessionari che esistono in Italia. In genere sono piccoli contadini, piccole cooperative, che hanno dallo Stato la concessione o l’autorizzazione del taglio delle erbe lacustri o hanno dei piccoli usufrutti o usi di beni demaniali. Non sarebbe giusto colpire con un giudizio di ineleggibilità anche i dirigenti di queste cooperative. Invece, il problema che si pone nel numero 2 è di altra natura; e qui alla Commissione non pare che si debba applicare il concetto della «notevole entità».

L’aggettivo «permanente» poi vuol dire che esiste un contratto di impiego continuo fra consulente e società: che non sia quindi un servizio occasionale, reso una volta tanto.

Per quanto riguarda l’emendamento Scoca accettiamo il riferimento al n. 1 e al n. 2.

PRESIDENTE. L’emendamento Scoca, accettato anche dall’onorevole Lami Starnuti, che ha ritirato quindi la sua proposta, è del seguente tenore:

«Aggiungere alla parola: società la parola: persone, ed aggiungere ancora: vincolate allo Stato nei modi di cui sopra».

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione accetta questa formulazione.

PASTORE RAFFAELE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASTORE RAFFAELE. Poiché è stato riconosciuto da questa Assemblea il carattere sociale delle cooperative, è bene fissarle anche in questo articolo ed escludere dalla ineleggibilità i dirigenti di cooperative.

Ad evitare cattiva interpretazione, propongo questo emendamento aggiuntivo:

«Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritti regolarmente nei registri di Prefettura».

Lo Stato ha la possibilità di controllare queste istituzioni. Sarebbe assurdo dichiarare la ineleggibilità dei loro dirigenti.

PRESIDENTE. Trattandosi di una aggiunta, sulla quale la Commissione darà il suo parere, evidentemente potrà essere messa in votazione dopo avere approvato le parti in esame dell’articolo, che sono indipendenti dall’aggiunta.

Pongo pertanto in votazione il punto 3°), nel testo concordato fra la Commissione e i proponenti di emendamenti, onorevoli Scoca e Lami Starnuti:

«3°) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle persone, società e imprese, di cui ai numeri 1°) e 2°), vincolate allo Stato nel modo di cui sopra».

(È approvato).

L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sopra l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Pastore Raffaele.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione accetta questo emendamento. Vi possono essere cooperative che hanno concessioni di rilevante entità economica; però le cooperative si distinguono dalle imprese private per questa ragione: hanno carattere di mutualità e sono sotto il controllo del Ministero del lavoro. Ciò significa che non distribuiscono profitti e gli utili sono destinati a scopi di mutualità o di pubblica assistenza. Quindi, non c’è interesse privato. Il Ministero del lavoro registra soltanto le cooperative che si amministrano con questi criteri, perciò i dirigenti di tali cooperative non fanno affari privati con lo Stato.

Per queste ragioni accettiamo la proposta dell’onorevole Pastore.

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Non condivido la proposta dell’onorevole Pastore, perché sotto la forma di cooperativa possono mascherarsi fini tutt’affatto diversi.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Allora non vengono registrate.

MICCOLIS. Vengono registrate lo stesso; si supera la formalità.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. A norma di legge, possono essere registrate solo le cooperative con finalità mutualistiche: a meno che non vi sia frode.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il comma aggiuntivo presentato dall’onorevole Raffaele Pastore ed accettato dalla Commissione:

«Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. A proposito del numero 3, l’onorevole Bovetti ha chiesto alla Commissione che cosa volessero dire le parole: «in modo permanente».

PRESIDENTE. Le faccio osservare che è stato già votato.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Ma poiché il Presidente della Commissione ha risposto che si doveva intendere un rapporto di impiego, mi parrebbe che, se questo rapporto di impiego fosse inserito dopo le parole: «in modo permanente» nel n. 3, la legge sarebbe molto più chiara. È vero che il n. 3 è stato approvato così come è, ma se si fosse d’accordo a portare questa piccola aggiunta, che serve a meglio chiarire, io credo che si farebbe cosa utile e legittima.

PRESIDENTE. Non si può fare, in quanto la votazione è già avvenuta.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Potremmo presentare un comma aggiuntivo. (Commenti).

PRESIDENTE. La proposta della Commissione consiste nel creare un comma aggiuntivo al n. 3, vale a dire un comma 3-bis, del seguente tenore: «Le prestazioni dei consulenti legali e amministrativi di cui al n. 3° devono dipendere da rapporto di impiego».

Apro la discussione su questa proposta aggiuntiva.

LAMI STARNUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAMI STARNUTI. Io mi oppongo a questa aggiunta, perché l’aggiunta distruggerebbe tutta la portata del numero 3 ed andrebbe a colpire i minori dei consulenti legali e amministrativi, i paria della consulenza. Il grande avvocato che presta la consulenza legale in modo permanente alla società, con vistose somme annuali di compenso, sarebbe dichiarato eleggibile, mentre sarebbe dichiarato ineleggibile il modesto funzionario dell’ufficio legale.

GRILLI. Relatore per la minoranza. È il contrario.

LAMI STARNUTI. Onorevole Grilli, o io ho inteso male, o è redatto male l’emendamento aggiuntivo.

Il suo emendamento dice esattamente:

«Le prestazioni dei consulenti legali e amministrativi di cui al numero 3 devono dipendere da rapporto di impiego».

È evidente che se non c’è questa condizione la ineleggibilità non esiste.

Quindi, la mia interpretazione è esatta. Se l’onorevole Grilli pensa ad una cosa diversa da quella che risulta, vediamo di chiarire il testo letterario dell’emendamento.

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Sono contrario a questo emendamento. Debbo innanzi tutto fare ammenda di ciò che ho dichiarato un momento fa, quando dicevo che occorreva chiarire. Viceversa, io penso che sia meglio lasciare il testo come è, cioè come la Commissione lo ha proposto e come già l’Assemblea l’ha approvato.

Il richiedere l’esistenza di un rapporto di impiego apre la possibilità di ampie elusioni al principio. Ritengo che non si debba fare una casistica in questa materia. Lasciamo alla giunta delle elezioni di accertare l’esistenza in concreto di quelle caratteristiche che fanno ricadere il rapporto sotto la sanzione del principio. Mi risulta che vi sono grandi ditte, le quali danno ai loro legali poche migliaia di lire all’anno per avere la prestazione flro con carattere permanente. Ora, si deve ammettere che non basta questo per dichiarare ineleggibile una persona; si deve invece valutare caso per caso, non solo la permanenza ma la natura del rapporto, e sopra tutto l’entità e l’estensione del rapporto stesso. Concludo quindi perché sia accettata la formula che la Commissione ha proposto e che l’Assemblea ha già approvato.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Concordo con le osservazioni che ha fatto l’onorevole Lami Starnuti. Se si accogliesse questo emendamento, effettivamente sarebbero colpiti i paria, come lui diceva, della professione legale, poiché quelli che hanno un rapporto di impiego curano le pratiche di minore importanza; ma non sarebbero colpiti i consulenti dei quali si ha motivo di impedire l’accesso al Parlamento, gli avvocati di peso che prestano la loro opera abitualmente a favore delle imprese aventi rapporti con lo Stato.

Dico abitualmente, perché non si può intendere che sia comminata la ineleggibilità per quelli che una volta tanto danno il loro parere su una richiesta sporadica.

GRILLI. Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Ritiro il mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. L’articolo 2-quinquies nel testo approvato risulta, pertanto, del seguente tenore:

«L’articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Non solo eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni; oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali la concessione o l’autorizzazione è sottoposta;

2°) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;

3°) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle persone, società e imprese di cui ai numeri 1°) e 2°), vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.

«Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative, e di consorzi di cooperative, iscritti regolarmente nei registri di prefettura».

Passiamo ora all’articolo 3. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 13 è sostituito dal seguente:

«I comizi elettorali sono convocati con decreto del Capo provvisorio dello Stato, su deliberazione del Consiglio dei Ministri».

PRESIDENTE. Il testo proposto dalla Commissione è il seguente:

«Il primo comma dell’articolo 13 è sostituito dal seguente:

«I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri».

Pongo ai voti l’articolo 3 nel testo della Commissione.

(È approvato).

L’onorevole Mortati propone di aggiungere il seguente comma:

«Lo stesso decreto fissa il giorno della prima riunione della Camera nei limiti dell’articolo 59 della Costituzione».

L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione accetta la proposta Mortati.

PRESIDENTE. Pongo in votazione lo emendamento aggiuntivo Mortati accettato dalla Commissione.

(È approvato).

L’articolo 3 rimane, pertanto, così formulato:

«I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri.

«Lo stesso decreto fissa il giorno della prima riunione della Camera nei limiti dell’articolo 59 della Costituzione».

Passiamo ora all’articolo 3-bis proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 15 è sostituito dal seguente:

«Le liste dei candidati per il collegio unico nazionale devono essere presentate da non meno di venti delegati effettivi di liste aventi lo stesso contrassegno che assumerà la lista per il collegio unico nazionale.

«Il terzo comma è soppresso».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Faccio presente che ieri è stato deciso che tutto ciò che si riferisce alla utilizzazione dei resti per il collegio unico nazionale formerà oggetto di una discussione unica; la discussione di questo articolo dovrà quindi essere rinviata.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo senz’altro all’esame dell’articolo 8-quater, proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Dopo l’articolo 64, è aggiunto il seguente:

«Art. 64-bis. – È riservata alla Camera dei deputati la facoltà di ricevere e accettare le dimissioni dei propri membri».

PRESIDENTE. V’è un emendamento soppressivo proposto dell’onorevole Mortati.

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Insisto nella mia proposta, perché mi sembra che la disposizione dell’articolo 8-quater abbia un contenuto estraneo alla legge elettorale. Se mai, bisognerebbe farne menzione all’articolo 64 della Costituzione, dove si parla della competenza delle Camere nel giudicare sui titoli di ammissione e sulle ragioni di decadenza dei propri membri.

Quindi, propongo che si tenga presente, in occasione della definitiva redazione del citato articolo 64, la materia delle dimissioni dei deputati, integrandolo con la espressa menzione di questa.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Sta bene che nella Costituzione si dica che le Camere sono esse quelle che devono ricevere le dimissioni o le dichiarazioni di dimissioni, ma non trovo niente di strano e di superfluo che una disposizione di questo genere si trovi anche nella legge elettorale. Infatti questa disposizione si trova anche nelle precedenti leggi elettorali, nelle quali è confermato che le dimissioni sono presentate direttamente all’organo di cui si fa parte e che questo organo può accettarle o respingerle.

Ora, un’affermazione di questo genere non ritengo che sia superflua, anche se sembrerebbe superflua secondo il concetto dell’onorevole Mortati. In sostanza, non guasta affermare questo anche nella legge elettorale.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Non v’è alcun dissenso sulla sostanza; v’è soltanto un apparente dissenso sul collocamento. Ora, siccome noi stiamo in questa singolare situazione, che contemporaneamente facciamo la legge elettorale e stiamo finendo la Costituzione, mi pare che sia giusta, fondamentalmente, l’osservazione dell’onorevole Mortati, cioè che questa norma, in se stessa, è più a posto nella Costituzione. E siccome il testo della Costituzione non è ancora definitivamente stabilito, mi pare che in questo momento l’Assemblea potrebbe approvare la disposizione, di cui si tratta, e deliberare di rinviarla al Comitato di redazione perché la inserisca nel testo della Costituzione al posto appropriato.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. A me sembra giusto inserire questo principio nella legge elettorale per la Camera dei deputati; in tutte le leggi elettorali passate, infatti, si è sempre parlato delle dimissioni dei deputati. La Commissione, pertanto, insiste nel mantenimento della norma.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 8-quater testé letto, del quale l’onorevole Mortati propone la soppressione.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’articolo 8-quinquies, proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Dopo l’articolo 65, è aggiunto il seguente:

«Art. 65-bis. – Gli impiegati dello Stato e di altre pubbliche Amministrazioni, esclusi i professori ordinari di Università, che siano eletti deputati, sono collocati in aspettativa senza assegni, secondo le norme stabilite dagli articoli 81 e 82 del decreto 11 novembre 1923, n. 2395. Fino al termine del loro mandato, essi non possono ottenere promozioni, tranne quelle rigorosamente determinate dall’anzianità, né partecipare a concorsi. Però gli eventuali limiti di età per la partecipazione ai concorsi da parte di ex deputati sono prorogati per gli stessi di un periodo di tempo uguale a quello della durata dell’esercizio del mandato parlamentare».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione ritira la proposta di articolo 8-quinquies e aderisce alla proposta subordinata degli onorevoli Mastrojanni, Bellavista, De Vita, Martino Gaetano, Rubilli, Miccolis e Rodi.

PRESIDENTE. Sta bene. Ricordo all’Assemblea che gli onorevoli Mastrojanni e altri avevano proposto di sopprimere l’articolo 8-quinquies e, subordinatamente, sostituirlo col seguente:

«Gli impiegati dello Stato e di altre Amministrazioni, nonché i dipendenti degli Enti ed Istituti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato, che siano eletti deputati, sono, a loro richiesta, collocati in congedo straordinario per tutta la durata del mandato parlamentare, secondo le norme in vigore».

Gli onorevoli Bettiol, Mortati e Giannini hanno proposto la soppressione di questo articolo. Invito i proponenti a dichiarare se vi insistono.

Onorevole Giannini?

GIANNINI. Ritiro il mio emendamento e aderisco a quello accettato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Bettiol, lei insiste?

BETTIOL. Prendo atto del nuovo emendamento accettato dalla Commissione, e ritiro il mio.

PRESIDENTE. Sta bene. E l’onorevole Mortati?

MORTATI. Io insisto nel mio emendamento soppressivo, soprattutto per questa ragione: che la materia regolata dall’articolo in esame sia pertinente alla legge sullo stato giuridico degli impiegati e degli altri funzionari dello Stato, e non alla legge elettorale. È infatti la prima volta che una legge elettorale si occupa di questo argomento.

La ragione principale per cui, secondo me, bisogna riferirsi alle disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati, è questa: la necessità, cioè, di raggiungere una uniformità di trattamento per tutti gli impiegati che occupano cariche pubbliche. Noi dovremmo regolare la situazione dei funzionari che divengono deputati; sarebbe assurdo che quelli che faranno la legge per l’elezione dei senatori facessero agli impiegati un trattamento diverso e che un’altra disciplina fosse data nel caso di elezione a consigliere regionale. Non sembra infatti opportuno che l’impiegato sia posto in diverse situazioni giuridiche secondo che rivesta la carica di deputato, di senatore o di consigliere regionale. Ecco perché mi sembra sia opportuno rinviare il regolamento unitario e armonico di questa materia alle leggi sullo stato giuridico.

Queste sono le ragioni che mi consigliano di insistere nel mio emendamento soppressivo.

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. Non posso essere d’accordo con quanto ha detto qui, in questo momento, l’onorevole Mortati. Egli ha fatto riferimento alla legge sullo stato giuridico degli impiegati, ma ha dimenticato che quella legge fu abrogata, espressamente abrogata, da una successiva legge del 1929, che appunto in sede elettorale disciplinava diversamente la materia.

E la Commissione è stata unanime innanzitutto su questo punto: che fosse necessario, anzi inevitabile, disciplinare, precisare la posizione giuridica del dipendente dallo Stato che sia chiamato ad esercitare il mandato parlamentare. E la Commissione è giunta in questo convincimento appunto perché ha ritenuto che non fosse concepibile di lasciare in una posizione equivoca e non precisa il funzionario al quale la sovranità popolare ha affidato l’esercizio del mandato parlamentare.

Premesso questo, e chiarito che esiste la legge del 1929, tuttora in vigore, la quale abrogava le disposizioni che erroneamente richiamava nel suo primitivo progetto la Commissione, cioè gli articoli 81 e 82 della legge sullo stato giuridico degli impiegati, la Commissione si è posta il quesito: quale dovesse essere la posizione degli impiegati chiamati ad esercitare il mandato parlamentare; ed ha escluso che si potesse trattare di aspettativa, poiché l’aspettativa implica di necessità motivi di carattere personale e familiare dell’impiegato, mentre non può essere tale il motivo che destina il funzionario ad esercitare il mandato parlamentare. Ed allora essa ha dovuto di necessità ripiegare su una posizione di «congedo straordinario», posizione prevista appunto dalla legge del 1929.

Ha voluto inoltre la Commissione moralizzare questa posizione, ed ha detto che il funzionario possa, a sua domanda, a sua richiesta, essere collocato in aspettativa. Con che è stata assorbita la questione più spinosa, che era quella che riguardava i professori universitari chiamati ad esercitare il mandato parlamentare. Naturalmente, il professore universitario, che può disimpegnare contemporaneamente l’uno e l’altro incarico, non chiederà l’aspettativa, ma la chiederà il funzionario che non si trova in condizioni di poter esercitare contemporaneamente queste differenti funzioni.

Con quella espressione, da noi richiesta, si è ritenuto da tutti i punti di vista di moralizzare la posizione e di attenerci alle norme tuttora in vigore, che sono appunto quelle della legge del 1929.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Il testo accettato dalla Commissione può far sorgere un equivoco in quanto dice «sono» a riguardo di quelli che a loro richiesta sono collocati in congedo. Si è voluto sancire un obbligo o una facoltà? Se si trattasse di una facoltà, io sarei disposto a ritirare il mio emendamento. Se invece si vuole porre un obbligo, sia pure condizionato alla istanza del funzionario che viene a rivestire la carica di deputato e che avrebbe valore di pura e semplice denunzia dell’avvenuta elezione, allora non potrei accettare la soluzione proposta ed insisterei nell’originaria richiesta di soppressione.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Avevo proposto i seguenti due emendamenti:

«Alla prima parte dell’articolo 65-bis, alle parole: sono collocati in aspettativa senza assegni, secondo le norme stabilite dagli articoli 81 e 82 del decreto 11 novembre 1923, n. 2395, sostituire le parole: sono collocati in congedo straordinario per la durata del mandato parlamentare, conservando tutti gli assegni di cui godono.

«Subordinatamente, ed in caso di approvazione del testo della Commissione, aggiungere un secondo comma del seguente tenore:

«I liberi professionisti, industriali e commercianti, che siano eletti deputati, non possono durante il mandato parlamentare esercitare la professione, l’industria o il commercio».

Dopo la nuova formulazione della Commissione vi aderisco e ritiro i miei due emendamenti. Però faccio osservare due cose. L’una si riferisce appunto all’espressione «a loro richiesta».

Io ritengo che questa espressione debba essere soppressa, perché il collocamento in congedo straordinario deve essere obbligatorio, doveroso. Dicendo invece «a loro richiesta» si viene a dire che è in facoltà dell’impiegato di chiedere, e quindi anche di non chiedere, il congedo straordinario, così come è avvenuto per qualche impiegato deputato di questa Assemblea.

Invece sia per i professori universitari, sia per tutti gli altri professori ed impiegati, credo che sia giusto stabilire che debbano collocarsi tutti in congedo straordinario, perché chi deve fare il legislatore non può adempiere ugualmente bene agli altri suoi doveri.

L’altra mia osservazione riguarda l’espressione «secondo le norme in vigore». Non si comprende se si tratta delle norme in vigore quando sarà eletto il deputato o attualmente.

È questo precisamente che ci interessa, cioè di non perdere quello che la legge del 1929 ha concesso agli impiegati. Quindi propongo di dire: «secondo le norme attualmente in vigore».

COVELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COVELLI. L’onorevole Rescigno ha espresso un’opinione del tutto personale che non è condivisa dagli impiegati e forse dai professori alle sue dipendenze.

Vorrei obiettare che il professore, e in genere l’impiegato dello Stato, verrebbe, secondo quanto ha detto l’onorevole Rescigno, a subire una condizione diversa da quella del professionista libero.

BUBBIO. Se facciamo il nostro dovere i nostri studi rimangono di fatto chiusi o bisogna assumere un sostituto.

COVELLI. Per quel che risulta a me, non accade che i signori deputati alla Costituente, che esercitano una libera professione, siano costretti a chiudere i loro studi: essi fanno l’una e l’altra cosa compatibilmente col lavoro dell’Assemblea Costituente. Ma v’ha di più: i professionisti liberi si avvantaggiano molto spesso della situazione di deputato per meglio potenziare la loro professione.

Perché allora voler limitare la modestissima condizione di impiegato dello Stato obbligandolo a rinunciare a tutto ciò che può ancora esercitare del suo ufficio?

Sarebbe oltremodo odiosa la sperequazione di trattamento che si farebbe con quella legge all’impiegato dello Stato nei confronti del professionista libero. È notorio – insisto e vorrei che la Commissione tenesse ben presente questo – che gli avvantaggiati dalla carica di deputato sono stati sempre i professionisti liberi e non so perché ci si debba accanire contro gli impiegati dello Stato. Non vedo poi come i professori universitari debbano essere esclusi, a voler restare al testo presentato dalla Commissione…

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. L’abbiamo modificato.

COVELLI. Non basta modificare. Vorrei che i professori universitari fossero considerati alla stregua degli altri impiegati dello Stato e che per gli impiegati dello Stato si avesse quel riguardo cui hanno diritto.

CASTELLI AVOLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI AVOLIO. Onorevoli colleghi, sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Rescigno il quale ha proposto che nell’ultima parte dell’articolo sia detto: «secondo le norme attualmente in vigore», per precisare che si tratta del decreto 26 luglio 1929, n. 1988, e non già di quelle norme che possono eventualmente entrare in vigore durante la vita della disposizione stessa.

Non sono però d’accordo sul punto che si debba sopprimere dalla disposizione in esame la frase: «a loro richiesta», per la ragione che vi sono dei funzionari dello Stato i quali, non essendo legati a un obbligo preciso di orario di ufficio, potrebbero bene, come attualmente già fanno, adempiere alla loro mansione di impiegato ed espletare il loro mandato di deputato. Così alcuni magistrati, i professori universitari ed altri.

Prego poi lei, signor Presidente, di fare esaminare, in correlazione con questa norma, la mia proposta aggiuntiva all’articolo 2-quater, in relazione a quella speciale aspettativa che noi ieri abbiamo votato per i magistrati, per potersi presentare alle elezioni. Si tratta di stabilire il trattamento economico che ad essi sarebbe fatto durante questo periodo di speciale aspettativa. Quindi l’articolo aggiuntivo da me proposto, e di cui ho brevemente illustrato le ragioni all’inizio della seduta, potrebbe formare il secondo comma dell’articolo che stiamo esaminando.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Sono d’accordo con le considerazioni fatte dall’onorevole Covelli. Non vedo alcuna ragione per cui si debba fare a un impiegato dello Stato un trattamento diverso di quello che si fa a un professionista, od ai membri dei Consigli di amministrazione delle varie società di carattere economico. Accetterei l’emendamento dell’onorevole Mastrojanni, a patto però che al posto di: «sono collocati a loro richiesta», che è una espressione ambigua, si dicesse: «possono essere a loro richiesta». In fondo, bisogna lasciare al deputato di giudicare se la carica sia compatibile o meno con le funzioni che egli dovrebbe disimpegnare fuori del Parlamento.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Mortati propone di sostituire alle parole: «sono, a loro richiesta, collocati in congedo straordinario», le parole: «possono, ove lo richiedano, essere collocati in congedo».

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Desidero un chiarimento, per sapere quale differenza esiste agli effetti economici fra il congedo straordinario e l’aspettativa.

RESCIGNO. In congedo straordinario si percepiscono tutti gli assegni di cui si gode.

BUBBIO. Allora io vorrei fermarmi un momento su questo punto. Ho sentito l’onorevole Covelli il quale ha affermato che i deputati professionisti guadagnano forse di più. Ciascuno pensa forse al proprio caso, ma io vi dico che un deputato professionista, che sia obbligato a compiere il suo dovere a Roma, se non chiude l’ufficio, deve per lo meno nominare un sostituto come anch’io ho dovuto fare, per cui tutto l’utile se ne va. E non andiamo a dire che il deputato professionista può prevalere per la sua funzione parlamentare sui colleghi professionisti, perché chi ha un esatto senso del suo dovere, e qui tutti l’abbiamo, ben sa che non può usare e non usa dell’ufficio agli effetti privati. Né credo che, come ho sentito accennare, con la nuova Camera le cose potranno mutare, nel senso che vi sarà minor numero di sedute. Penso, invece, che la nuova Camera legislativa, specie nei primi anni, avrà un lavoro maggiore di quello della Costituente per l’enorme numero di leggi che avrà da studiare e da approvare; basta pensare ai bilanci.

Ed allora, per evitare eccessivi gravami al bilancio pubblico e per tenere anche presenti le condizioni dei deputati impiegati, si potrebbe trovare un accordo fra le due tesi estreme, nel senso che gli impiegati siano collocati in aspettativa obbligatoriamente con metà stipendio. Sottopongo in questo senso la proposta alla Commissione.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Aderisco all’emendamento soppressivo proposto dall’onorevole Mortati, qualora la Commissione non accetti l’emendamento testé presentato da questo onorevole collega per un intento conciliativo. Mi pare davvero che con questa norma si stia esagerando.

A parte quanto ha detto esattamente l’onorevole Mortati, che cioè una norma di tal genere dovrebbe comparire nelle leggi che regolano lo stato giuridico degli impiegati, nelle quali si può valutare con rigore le impossibilità di fatto derivanti dall’esercizio del mandato parlamentare alle attività esplicate presso l’amministrazione, a parte questo, io vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulle questioni di sostanza che questa norma solleva e sui motivi di opportunità che ne consigliano la soppressione o l’attenuazione nel senso da noi proposto. Mi sembra che la norma in esame sia in contradizione precisa – ed io pongo la questione pregiudiziale – con la norma costituzionale che noi abbiamo votato, precisamente quella contenuta nell’articolo 50, secondo cui chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario e di conservare il posto di lavoro. Evidentemente l’affermato diritto di avere il tempo necessario per l’esplicazione delle pubbliche funzioni elettive implica che quelle di carattere amministrativo normalmente continuino. A tale diritto si aggiunge l’altro, di conservare il proprio posto di lavoro.

Mi pare che questa norma sia stata votata unanimemente dall’Assemblea nell’intento di democratizzare l’attività politica, di togliere ad essa quel carattere che ha avuto lungamente di appannaggio di persone abbienti, di professionisti della politica, di avvicinare l’attività politica a quelle che sono le normali attività dei cittadini. E in questo spirito e in questo intento di democratizzare l’attività politica, si è voluto garantire a chiunque lavori la possibilità, nell’ambito del suo stesso lavoro, di esercitare un’attività politica. Quindi non vi è la possibilità di votare norme come quelle proposte, che contradirebbero a una disposizione contenuta nella Costituzione. Si lasci, invece, che le leggi sullo stato giuridico stabiliscano, là dove veramente sussistono, i casi di materiale impossibilità del coesistere dell’attività parlamentare e dell’attività inerente all’impiego. E non si faccia neppure questione di assegni, perché così il problema è mal posto. Per molti non è la questione degli assegni che venga in considerazione, ma il desiderio di adempiere alla propria missione nel mondo. Noi insegnanti per esempio, che sentiamo l’insegnamento come una missione, crediamo di poter congiungere le due attività. La disposizione quindi va guardata non da un punto di vista puramente economico, come mi pare sia stato fatto da qualche parte, ma dal punto di vista politico e sociale ed anche in vista di quella integrazione di attività e di quella combinazione di diverse esperienze che arricchiscono le assemblee politiche e ne elevano il tono.

Approvando questa norma si ridurrebbero praticamente le assemblee legislative ad essere assemblee di professionisti politici; perché da esse certamente si allontanerebbero quanti fra noi non sentono di poter rinunciare alla propria missione specifica e sarebbero disposti a rinunciare all’attività politica e parlamentare, piuttosto che abbandonare il loro normale lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. Comunico il testo dell’emendamento Mortati:

«Sostituire, nella formula accettata dalla Commissione, le parole: sono a loro richiesta collocati in congedo straordinario, con le altre: possono, ove lo richiedano, essere collocati in congedo».

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. A nome anche degli altri sottoscrittori del mio emendamento, non ho difficoltà ad aderire alla formula Mortati; nel senso, cioè, di sostituire la frase: «sono a loro richiesta collocati in congedo straordinario», con l’altra: «possono, ove lo richiedano, essere collocati in congedo».

PRESIDENTE. Invito la Commissione ad esprimere il suo parere.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Dirò le ragioni che assistono questa proposta di emendamento all’articolo 66 della legge.

Non è del tutto esatto quanto ha detto l’onorevole Mortati e cioè che della questione degli impiegati dello Stato le precedenti leggi elettorali non si siano occupate.

L’articolo 99 della legge 2 settembre 1919, riprodotto nell’articolo 86 del primo progetto ministeriale sulla riforma della legge elettorale, dice che gli impiegati dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni, se siano eletti deputati, vengono collocati in aspettativa, senza assegni, secondo le norme stabilite dagli articoli 81 e 82 del regio decreto 11 novembre 1923, n. 2395.

Ora faccio notare che effettivamente le leggi elettorali si sono occupate degli impiegati in rapporto alla loro elezione a deputati.

Forse non è inutile fare un brevissimo accenno al passato, che non tutti forse conoscono.

Fin dal primo tempo del Parlamento italiano vi era una limitazione alla presenza degli impiegati nelle assemblee legislative, specialmente nella Camera dei deputati. Consisteva in questo: non si volevano nella Camera dei deputati più di quaranta deputati impiegati; tanto che al principio della legislatura si faceva il sorteggio fra gli impiegati dello Stato eletti, quando essi superavano il numero di quaranta.

BELLAVISTA. Preistoria elettorale.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non sto a sfoggiare la mia erudizione, che è del resto modesta. Ma mi pare sia opportuno rendersi conto dei precedenti.

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, l’onorevole Mortati ha rinunziato alla proposta di soppressione dell’articolo; ha presentato invece un emendamento.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non insisterò sui precedenti, ma ripeto che disposizioni riguardanti gli impiegati dello Stato eletti deputati vi sono sempre state nelle leggi elettorali.

Venendo al punto concreto dell’emendamento proposto dall’onorevole Mortati, la Commissione non ha nessuna difficoltà ad accettare che si sostituiscano le parole «ove lo richiedano» alle parole «a loro richiesta».

Però ritengo di non poter accettare, a nome della Commissione, la parola «possono»; la quale significa che le autorità amministrative possono resistere alla richiesta; quando vi è la richiesta, l’Amministrazione deve collocare in congedo.

Per questa ragione mantengo ferma la dizione: «sono, ove lo richiedano, collocati in congedo straordinario per tutta la durata del mandato parlamentare, secondo le norme in vigore».

Si richiede poi l’aggiunta dell’avverbio «attualmente». Ritengo che questo avverbio possa creare equivoci. Oggi vi è una legge in vigore che regola la materia con disposizioni precise. Ma non è detto che le disposizioni oggi in vigore non possano essere mutate nel corso dell’attività legislativa. Non mi pare il caso di aggiungere questo avverbio, perché il trattamento fatto oggi ai funzionari deputati dell’Assemblea Costituente dovrà esser fatto anche domani secondo la legge in vigore nel periodo dell’esercizio del mandato parlamentare. Questo è il punto di vista della Commissione, che mi pare chiaro e sul quale prego l’Assemblea di pronunziarsi.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, accetta questo emendamento della Commissione alla sua formula, cioè di sostituire «possono, ove lo richiedano, essere collocati in congedo»: con: «ove lo richiedono sono collocati in congedo», allo scopo di togliere la facoltà alla pubblica amministrazione di non porli in congedo?

MORTATI. Accetto questa proposta della. Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Rescigno, mantiene il suo emendamento?

RESCIGNO. Lo ritiro, intendendo però che esso valga come interpretazione della norma stabilita.

PRESIDENTE. La formulazione sulla quale dovremo votare è del seguente tenore:

«Gli impiegati dello Stato e di altre amministrazioni, nonché i dipendenti degli enti ed istituti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato che siano eletti deputati sono, ove lo richiedano, collocati in congedo straordinario per tutta la durata del mandato parlamentare, secondo le norme in vigore».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Poiché si tratta di una materia di estrema delicatezza e questo carattere di estrema delicatezza mi pare sia emerso chiaramente dai vari interventi che si sono avuti, dichiaro che, trovandomi nella condizione di essere impiegato dello Stato, mi asterrò dal voto; ed aggiungo di più: esprimo l’augurio che questo mio atteggiamento sia seguito dagli altri colleghi che si trovano nelle stesse mie condizioni (Approvazioni), in modo che una decisione presa dall’Assemblea in questo senso sia liberata, di fronte all’opinione pubblica, di ogni sospetto che sia stata determinata dal voto degli interessati. (Applausi).

SCOCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Malagugini e mi astengo dalla votazione.

BETTIOL. Chiedo di parlare, per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Anche se come professore universitario ho la coscienza di poter adempiere ugualmente ai doveri accademici e parlamentari, mi asterrò dal voto.

CONDORELLI. Anch’io mi astengo.

DE VITA. Mi astengo.

CORBINO. Anch’io dichiaro di astenermi.

GUIDI CINGOLANI ANGELA. Dichiaro di astenermi.

COVELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COVELLI. Apprezzo la nobiltà del gesto dell’onorevole Malagugini imitato dagli altri con adesione altrettanto nobile; obietto però che coloro i quali si trovano nelle condizioni, quali impiegati dello Stato, di difendere, ove questo termine fosse consentito, un diritto degli impiegati dello Stato, non fanno con il preannunziato atteggiamento l’interesse degli impiegati dello Stato. Perciò, chiarezza con chiarezza: pur essendo spinto (parlo in prima persona) ad aderire al gesto dell’onorevole Malagugini, io mi sento molto più conseguente alle ragioni esposte dall’onorevole Malagugini votando e pregando di votare anche coloro che vorrebbero astenersi; onde poter dire agli impiegati dello Stato fuori di questa Assemblea che il nostro gesto di solidarietà è stato ampiamente ponderato ed è stato anche giusto. (Applausi).

VISCHIONI. Io mi asterrò dal votare.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Io non mi astengo dalla votazione. Non mi astengo perché qui c’è un equivoco. I professori universitari non furono mai prima del fascismo considerati esclusivamente funzionari dello Stato. È il fascismo che ha creato questo, è il fascismo che li ha voluti considerare, per avvilirli, esclusivamente servitori dello Stato, mentre essi sono piuttosto i servitori della scienza, i servitori del pensiero. Io mi ribello a questa considerazione fascistica della funzione universitaria. Quel tale articolo che ha letto poco fa l’onorevole Fuschini relativo al collocamento in aspettativa non fu mai applicato ai professori universitari. Il Parlamento si è sempre onorato di accoglierli nel proprio seno e non li ha mai considerati soltanto funzionari dello Stato. Per questa ragione io non mi astengo.

DE VITA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE VITA. Desidero far notare all’onorevole Martino che, con tutto il rispetto dovuto ai professori universitari, anche gli impiegati dello Stato non sono servi di nessuno, perché esercitano una loro funzione. Mi asterrò dal votare. (Applausi).

CONDORELLI. Io dico che siamo tutti servi dello Stato.

SCOCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Sento il bisogno di riprendere per pochi secondi la parola, spinto da quanto ha detto l’onorevole Martino, in quanto egli, nell’affermare che i professori universitari non sono stati considerati dalle leggi elettorali precedenti impiegati dello Stato, ha usato una frase che può prestarsi ad equivoco significato. Se, con la locuzione di «servi dello Stato», si vuole accennare a coloro che hanno il dovere di impiegare le proprie energie nell’interesse ed al servizio dello Stato, bisogna dire che sono servi dello Stato non solo tutti coloro che sono dipendenti dello Stato compresi i professori universitari, ma, in un certo senso, tutti i cittadini, perché tutti devono mirare al benessere del Paese. Se si vuol dare a questa locuzione un significato men che riguardoso, debbo rivendicare, accanto a quella dei professori, la dignità di tutti gli altri impiegati dello Stato, di tutti quelli che prestano la loro opera a servizio dello Stato, ma che non sono servi dello Stato nel senso deteriore. I professori universitari, nella precedente legislazione elettorale, erano effettivamente esclusi dalle limitazioni stabilite in genere per gli impiegati dello Stato; ma bisogna ricordare che furono escluse dalle stesse limitazioni anche altre categorie, come quella dei magistrati a partire dai consiglieri di Corte d’appello, degli ufficiali superiori ed altre.

PRESIDENTE. Per esattezza storica, e perché non sembri a nessuno che l’onorevole Fuschini abbia affermato cose inesatte, debbo ricordare all’Assemblea che i professori universitari sono stati sempre dalla legge elettorale considerati funzionari ed impiegati dello Stato; tanto è vero che, in base alla disposizione ricordata dall’onorevole Fuschini – per cui non potevano sedere nella stessa Camera dei deputati più di quaranta funzionari ed impiegati dello Stato – quando era superato questo numero il sorteggio avveniva fra tutti, compresi anche i professori ordinari delle Università.

Pongo in votazione l’articolo 8-quinquies, del seguente tenore:

«Dopo l’articolo 65, è aggiunto il seguente;

«Gli impiegati dello Stato e di altre Amministrazioni, nonché i dipendenti degli Enti ed Istituti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato, che siano eletti deputati, sono, ove lo richiedano, collocati in congedo straordinario per tutta la durata del mandato parlamentare, secondo le norme in vigore».

(È approvato).

Chiedo alla Commissione se è in grado ora di precisare il proprio avviso sull’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Castelli Avolio.

FUSCHINI. Relatore per la maggioranza. Propongo il rinvio, per dar tempo alla Commissione di esaminarlo. In ogni modo la Commissione, se lo accetterà, proporrà di farne un articolo a sé stante.

PRESIDENTE. Se non sorgono opposizioni, rimane fermo il rinvio della votazione sull’emendamento aggiuntivo Castelli Avolio.

(Così rimane stabilito).

Il seguito della discussione è rinviato alle ore 16.

La seduta termina alle 13.10.

LUNEDÌ 15 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXIII.

SEDUTA DI LUNEDÌ 15 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Sul processo verbale:

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Commemorazione:

Gasparotto

Presidente

Congedi:

Presidente

Comunicazioni del Presidente:

Presidente

Inversione dell’ordine del giorno:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Presidente

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Coletto

Nobili Tito Oro

Corbino

Lussu

Mazza

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Morelli Renato

Moro

Cianca

Covelli

Fabbri

Lucifero

Condorelli

Schiavetti

Tonello

Nobile

Piemonte

Martino Gaetano

Chiostergi

Lagravinese Pasquale

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Cevolotto

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Fantoni

Perassi

Rescigno

Cappugi

Laconi

Mazzei

Candela

Coppi

Persico

Miccolis

Mortati

Micheli

Clerici

Scoca

Mattarella

Gullo Fausto

Bubbio

Gasparotto

Bovetti

Tripepi

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Interpellanza e interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta.

Sul processo verbale.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Nella seduta di sabato sono stati fatti alcuni rilievi sull’assenza del Comitato di redazione, che non si è pronunciato sopra le questioni dell’ordine del giorno Uberti-Perassi e della pregiudiziale Nitti per la composizione del Senato. Il Comitato di redazione si è riunito ieri ed ha ritenuto e confermato che sabato non avrebbe potuto far altro se non dichiarare che questo è uno dei casi in cui il Comitato non ha possibilità di pronunciarsi. Anche sull’ordine del giorno Nitti, che è l’origine dell’attuale dibattito, e che concerneva l’adozione del collegio uninominale per il Senato, il Comitato a suo tempo non si è pronunciato; e così ha fatto del resto in tutti i consimili casi, nei quali non tanto per il fatto che si trattasse di materia costituzionale o non, ma perché vi era una divisione netta di parti, a carattere politico, il Comitato non poteva prendere un atteggiamento unitario. Questo costante criterio del Comitato fu sempre dall’Assemblea ritenuto giusto ed inevitabile.

Ecco perché sabato scorso il Comitato non ha preso posizione. Quanto alla mia assenza, sapendo che non c’era in discussione che questo punto, sul quale il Comitato non si sarebbe potuto pronunciare, non sentendomi bene (in questi giorni lavoro eccessivamente) e compiendo proprio sabato settanta anni, sono andato a casa, coi miei. (Applausi).

Una voce. Auguri. Ad multos annos!

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale s’intende approvato.

(È approvato).

Commemorazione.

GASPAROTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPAROTTO. Onorevoli colleghi, si è spento l’altro ieri, nella storica villa Berra, che nei primi giorni delle cospirazioni del Risorgimento aveva ospitato Garibaldi, Mazzini e Carlo Cattaneo, l’Ambasciatore d’Italia presso il Belgio, e già deputato della XXVI legislatura, marchese Rino De Nobili.

Di lui ricorderò due episodi che tornano a suo alto onore. Dopo il fatto Matteotti, Rino De Nobili, deputato fascista e diplomatico italiano, per protesta contro il regime e l’atto nefando, ha rinunciato alla deputazione e all’ufficio diplomatico, lacerando sdegnosamente la tessera.

La sera del 25 settembre del 1943, quando la radio di Roma ha trasmesso il discorso pronunciato al Teatro Adriano dal Maresciallo Graziani, e l’onda sonora ha trasmesso queste parole: «Combatteremo perciò i fratelli contro i fratelli; sarà sparso il sangue comune nel suolo della Patria», Rino De Nobili, già infermo, è scattato in pianto, gridando: «Maledizione! È la guerra civile!».

Io non so quale sorte la indulgente giustizia italiana riserbi al Maresciallo Graziani; certo che, se il vecchio infermo ha ancora cuore di italiano, dentro di sé porterà fino ai suoi ultimi giorni, se non il rimorso, la inquietudine e il tormento di queste severe parole.

Io mi inchino perciò alla nobile figura di questo diplomatico, che rinuncia al proprio ufficio per mantenere fede alle sue idee, ed a nome dei deputati italiani che hanno avuto rifugio ed ospitalità nella Svizzera, reco la parola della riconoscenza a colui che ha aperto la sua casa a tutti coloro che, valicando di contrabbando il confine, hanno cercato ristoro presso la sua famiglia. Ed alla vedova di lui, Baby Nathan, uscita da quella famiglia gloriosa e generosa che ebbe amicizia e solidarietà di affetti con Giuseppe Mazzini, prego il Presidente di mandare l’espressione di cordoglio dell’Assemblea Costituente italiana. (Applausi).

PRESIDENTE. Aderendo alle parole pronunciate dall’onorevole Gasparotto, prendo l’impegno di mandare a nome dell’Assemblea Costituente italiana l’espressione del suo cordoglio alla famiglia del deputato deceduto Rino De Nobili. (Generali applausi).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Arata e Guerrieri Emanuele.

(Sono concessi).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, avendo l’onorevole Saggin rinunciato a far parte della Commissione per l’esame del disegno di legge: «Elezione del Senato della Repubblica», ho chiamato a sostituirlo l’onorevole Micheli.

La Commissione, riunitasi ieri per procedere alla propria costituzione, ha eletto Presidente l’onorevole Micheli, Vicepresidente l’onorevole Gullo Fausto e Segretario l’onorevole Villabruna.

Comunico che la Commissione speciale, nominata su richiesta dell’onorevole Chieffi, è convocata oggi alle ore 18 per procedere alla propria costituzione.

Inversione dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ed ora dovremmo riprendere i nostri lavori al punto preciso in cui sono stati interrotti l’altra sera, in seguito alla constatata mancanza del numero legale, sulla pregiudiziale sollevata dagli onorevoli Nitti e Cevolotto. Si tratterebbe di ripetere la votazione.

Io propongo tuttavia alla Assemblea una inversione delle materie all’ordine del giorno e cioè, invece di riprendere l’esame del progetto di Costituzione, in rapporto al quale si era appunto discusso e si era votato sulla pregiudiziale sollevata dagli onorevoli Nitti e Cevolotto, potremmo iniziare oggi i nostri lavori proseguendo l’esame del disegno di legge relativo alla elezione della Camera dei deputati.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

La Commissione che ha esaminato questo disegno di legge e che si era riservata di far conoscere all’Assemblea il suo avviso sopra vari emendamenti presentati nel corso della precedente seduta, ha proceduto al suo lavoro e, pertanto, possiamo riprenderne l’esame all’articolo 2-bis, al quale ci eravamo arrestati proprio per attendere che la Commissione esprimesse il suo avviso su alcuni emendamenti.

Per l’articolo 2-bis era rimasta in sospeso soltanto una proposta dell’onorevole Grilli, che si riferiva alla questione dell’utilizzazione dei resti sulla base del collegio nazionale.

Poiché eravamo rimasti d’accordo di raggruppare tutto quello che si riferisce alla lista nazionale, anche per questo procederemo nello stesso modo.

Passiamo ad esaminare l’emendamento presentato all’articolo 2-ter dagli onorevoli Schiavetti, Togliatti, Basso, Iotti Leonilde, Fantuzzi, Cremaschi Olindo, Merlin Angelina, Carpano Maglioli, Malagugini, Fornara e Tonello:

«Sostituire alla seconda parte dell’articolo 7 proposto dalla Commissione, dalle parole: giorno delle elezioni in poi, il seguente testo:

«Non sono eleggibili per cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, oltre coloro che sono stati esclusi per il medesimo periodo dal diritto elettorale attivo:

1°) gli ex membri dei direttori federali del partito nazionale fascista, eccettuati coloro che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative;

2°) le ex fiduciarie o vice fiduciarie delle federazioni dei fasci femminili;

3°) gli ex segretari politici dei fasci dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (censimento 1936) e le ex segretarie dei fasci femminili dei medesimi comuni;

4°) gli ex prefetti o questori nominati per titoli fascisti;

5°) gli ex moschettieri del duce e gli ex ufficiali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alle milizie ferroviarie, postelegrafoniche, universitarie, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuale;

6°) chiunque abbia ricoperto una carica politica del partito fascista repubblicano;

7°) gli ex ufficiali che abbiano prestato servizio attivo nelle forze armate della pseudo repubblica sociale, gli ex componenti delle brigate nere, delle legioni autonome, e dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale;

8°) i presidi delle provincie e i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti, eccettuati i presidi e i podestà nominati dopo il 25 luglio 1943 dal Governo legittimo italiano;

9°) gli ufficiali superiori e ufficiali generali delle Forze armate dello Stato che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione e gli ufficiali di qualunque grado che, per aver cooperato, dall’8 settembre 1943, colle forze armate che combattevano contro l’Italia, siano stati cancellati dai ruoli con perdita del grado;

10°) gli impiegati di pubbliche Amministrazioni di grado superiore al VII dell’ordinamento gerarchico dello Stato o equiparati che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione;

11°) coloro che per sentenza penale o per decisione amministrativa, l’una e l’altra passate in giudicato, siano stati riconosciuti collaboratori col tedesco invasore;

12°) gli appartenenti all’O.V.R.A.

«Sono eccettuati dalla esclusione dalla eleggibilità coloro che siano dichiarati non punibili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159».

L’onorevole Schiavetti aveva già svolto l’emendamento nella seduta dell’altro giorno.

Invito pertanto il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, a proposito dell’articolo 2-ter presentato dall’onorevole Schiavetti, occorre a mio avviso, in linea preliminare, che la Assemblea riconosca positivamente che le esclusioni dall’elettorato attivo, come sono state approvate col noto ordine del giorno del 29 ottobre dall’Assemblea possono essere ampliate per quanto riguarda l’elettorato passivo.

Vi è, cioè, una questione anche qui di carattere preclusivo o meno, a seconda che l’Assemblea deciderà. Su questo punto la Commissione non può esprimere il suo parere; esprimo semplicemente l’avviso della maggioranza, la quale ha ritenuto e ritiene che le esclusioni determinate per l’elettorato attivo non siano sufficienti a determinare le esclusioni per l’elettorato passivo. Siamo cioè d’accordo con le affermazioni fatte qui nella precedente seduta dall’onorevole Corbino, che cioè le esclusioni per l’elettorato passivo debbano essere più ampie di quelle per l’elettorato attivo.

Quindi, la Commissione è venuta in questa determinazione, indipendentemente dalla risoluzione di questo quesito, che può costituire, secondo quello che penserà l’onorevole Presidente, una pregiudiziale. Noi abbiamo esaminato, indipendentemente da questa questione, l’articolo 2-ter proposto dall’onorevole Schiavetti punto per punto, e la Commissione, ha ritenuto che potesse essere presentato all’Assemblea per lasciare la medesima arbitra di decidere in merito.

Noi quindi, in linea di massima, possiamo dire che la Commissione, nel suo complesso, indipendentemente dalla questione pregiudiziale, è favorevole all’articolo 2-ter proposto dall’onorevole Schiavetti, salvo poi ad esaminare l’articolo stesso punto per punto, quando l’Assemblea ne sarà investita e crederà di farlo.

PRESIDENTE. La Commissione pone una questione pregiudiziale: se cioè, dopo avere l’Assemblea stessa, in base alla II norma transitoria deciso l’esclusione dal diritto di voto di un certo numero di categorie di persone che hanno ricoperto cariche durante il periodo fascista ed avere inoltre indicato, nella stessa norma transitoria, che questa esclusione si riferiva tanto all’eleggibilità quanto al diritto di voto, tanto quindi all’elettorato attivo, che a quello passivo, sia ora possibile che l’Assemblea stabilisca altre categorie di persone cui venga inibito l’esercizio dell’elettorato passivo.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Io mi permetto di sostenere che la deliberazione presa dall’Assemblea nella seduta del 29 ottobre ultimo scorso costituisce una preclusiva alla votazione dell’articolo 2-ter, così come proposto. Nella seduta del 29 ottobre l’Assemblea Costituente approvò, infatti, la seguente norma costituzionale: «In deroga all’articolo 45, sono stabilite con leggi limitazioni temporanee all’eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

Si tratta, quindi, di limitazioni, che noi abbiamo stabilito in materia non soltanto di elettorato attivo, sì bene anche di elettorato passivo. E chi tali limitazioni riguardano? All’interrogativo la norma risponde: «I capi responsabili del regime fascista». E quali sono i capi responsabili del regime fascista? A tale altro interrogativo risponde l’ordine del giorno che venne approvato nella stessa seduta del 29 ottobre 1947.

Questo ordine del giorno contiene, infatti, un lungo elenco di persone, ritenute appunto responsabili del regime fascista. Può ora tale elenco essere ampliato o diventare – come si è detto – più nutrito nel momento in cui ci occupiamo dell’elettorato passivo? Rispondo subito un bel no, se vogliamo rimanere fedeli all’ordine del giorno predetto. È redatto esso in guisa, da non lasciare dubbi. Rileggiamolo: «L’Assemblea Costituente afferma che le limitazioni di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 delle disposizioni transitorie sono da applicarsi a coloro che hanno ricoperto le seguenti cariche» (e seguono sei gruppi di cariche).

Le limitazioni, pertanto, previste nella norma costituzionale, che dianzi ho ricordato, sono da applicare a queste categorie, non a una categoria di più, né ad una categoria di meno. E quali limitazioni? Nella norma costituzionale è detto chiaramente: sia le limitazioni relative al diritto di voto, sia quelle relative alla eleggibilità. Dato quanto innanzi, non è possibile essere più o meno severi a seconda che ci troviamo in materia di diritto di voto o in materia di elettorato passivo. No. L’Assemblea ha stabilito le stesse limitazioni sia per l’elettorato attivo sia per l’elettorato passivo. Lo ha detto nella norma costituzionale e lo ha ripetuto nell’ordine del giorno del 29 ottobre.

Del resto, quello che noi stiamo affermando è perfettamente aderente all’articolo 54 della Costituzione, perché con tale articolo si proclama che è eleggibile chi è elettore. Non è concepibile, secondo il dettato della Costituzione, che vi possano essere persone, che siano elettori e non siano eleggibili.

Una norma pertanto, la quale stabilisse, invece, che determinate persone possono essere elettori, ma non essere nello stesso tempo eleggibili, sarebbe una norma, che male si inquadrerebbe nel sistema, così come è stato determinato dalle norme costituzionali, che l’Assemblea ha approvato. Si possono sì stabilire delle eccezioni. E delle eccezioni sono state appunto stabilite con la norma transitoria più volte ricordata, ma al di là di tale norma, illustrata dall’ordine del giorno, anche più volte ricordato, noi non possiamo andare.

L’articolo 2-ter, a mio modesto avviso, si pone pertanto, sia contro la norma già approvata sia contro il sistema della Costituzione. Mi pare, quindi, che la pregiudiziale che sollevo debba essere accolta e che l’articolo non possa, in conseguenza, essere posto in votazione.

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILI TITO ORO. Esprimo un pensiero soltanto personale e credo di poterlo fare in poche parole. Qui si ripropone per implicito anche la questione del valore che deve essere attribuito a deliberazioni già adottate e connesse a questioni che si pongono in discussione.

Pare a me opportuno di sospendere ogni decisione in proposito, fino alla constatazione del rispetto che l’Assemblea deciderà di portare alla deliberazione assunta coll’ordine del giorno Nitti, in rapporto all’emendamento che si propose al sistema di elezione del Senato. In altri termini, mentre dovrebbesi riconoscere che il voto sulle limitazioni dell’elettorato attivo rispetto ai responsabili fascisti non può considerarsi preclusivo di un allargamento della limitazione stessa sul terreno dell’elettorato passivo, sta di fatto che una parte dell’Assemblea non si dimostra di questa opinione e, tratta in errore da un’evidente traslato concettuale, ritiene coincidenti nella estensione soggettiva l’elettorato attivo a quello passivo.

L’errore è troppo evidente e tuttavia non lo si vuole riconoscere. E più meraviglia il fatto che esso provenga proprio da quei colleghi che ieri combattevano la pregiudiziale Nitti, relativa alla inammissibilità dell’emendamento aggiuntivo alle disposizioni transitorie tendente a sostituire al sistema del Collegio uninominale quello proporzionale nelle elezioni del primo Senato della Repubblica.

È manifesta la contradizione in questo duplice sistema polemico. E la mia proposta tende alla chiarificazione della questione nucleare, prima di passare ad esaminare quella della pretesa coincidenza fra l’estensione dell’elettorato attivo e dell’elettorato passivo nel senso preteso dai contradittori, che cioè chi è elettore debba considerarsi sol per questo eleggibile.

Occorre che i contradittori si mettano d’accordo con se stessi: se per loro l’ordine del giorno Nitti, votato a suo tempo per l’adozione del sistema del Collegio uninominale per le elezioni del Senato, non preclude l’emendamento che le vuole ora a sistema proporzionale, perché la più ristretta limitazione dell’elettorato attivo pei responsabili fascisti deliberata colla apposita leggina dovrebbe precludere la più larga limitazione che l’articolo 2-ter della legge per la elezione della prima Camera legislativa propone di apportare alla loro eleggibilità? La mia proposta tende a restringere il campo del dissenso e ad evitare contraddittorietà fra le due decisioni che ci sono demandate collo stralcio del detto articolo 2-ter fino alla decisione sulla pregiudiziale Nitti…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Nobili, non so se lei fosse presente alla prima parte della nostra seduta, quando io ho proposto – e nel silenzio acquiescente di tutta l’Assemblea si è inteso accettato – di procedere all’inversione dell’ordine del giorno; ed è per questo che si è dato inizio all’esame del disegno di legge per le elezioni della Camera.

Lei adesso ripresenta una proposta contraria.

NOBILI TITO ORO. No, ripeto che io propongo di stralciare l’articolo 2-ter per riparlarne quando avremo deciso sulla questione del Senato. Naturalmente, con ciò, ogni possibile questione resta impregiudicata e si rinvia il voto a un momento in cui l’Assemblea sia più completa…

PRESIDENTE. Non vedo la connessione di materia.

NOBILI TITO ORO. Spiego: se l’Assemblea deciderà (e i precedenti e la logica giuridica lo dimostrano assurdo) che le proprie deliberazioni possono essere oggetto di revisione, da una parte dovremo passare all’esame dell’emendamento alle disposizioni transitorie per sostituire la elezione del Senato col sistema proporzionale a quella col collegio uninominale deliberata in precedenza, ma dall’altra avremo diritto di passare, senza ulteriore discussione, all’esame del paventato articolo 2-ter. Viceversa, se si ritenesse il contrario, noi dovremmo considerare precluso l’emendamento relativo alle elezioni del primo Senato della Repubblica, senza avere rinunciato a dimostrare che l’estensione soggettiva dell’elettorato attivo non è necessariamente coincidente con quella dell’elettorato passivo, e che ben può questa, per speciali ragioni, limitarsi più che non si sia limitata quella dell’elettorato attivo.

Tale è la mia proposta, la quale, pertanto, non invita a sconvolgere il predisposto ordine dei lavori, come l’onorevole Presidente ha temuto, ma soltanto a tener sospesa una decisione al fine di poter acquisire un elemento di più sicura risoluzione. S’intende comunque che, non trattandosi di un richiamo al regolamento ma di una semplice proposta relativa all’ordine della discussione, spetta soltanto all’onorevole Presidente di tenerne, nel suo illuminato giudizio, quel conto che crederà.

PRESIDENTE. Sta bene. Le faccio peraltro osservare che, o è una connessione puramente formale, e allora è troppo limitata; o si richiama in fondo ad una posizione politica sostanziale, e allora non si può risolvere come lei propone, onorevole Nobili. Perché anche la questione pregiudiziale sollevata dall’onorevole Nitti non risolverebbe di per sé la questione di principio che sia o non sia possibile all’Assemblea di rivedere le proprie decisioni. Perché l’altro giorno lei, che è sempre diligente ai nostri lavori, avrà ben sentito che i sostenitori dell’ordine del giorno relativo alla riforma del Senato hanno invocato ben diversi argomenti per cercare di variare la decisione e per cercare di dimostrare che la loro proposta si conciliava con l’ordine del giorno Nitti precedentemente votato. Quindi bisognerebbe fare una discussione che esorbiterebbe molto dal nostro argomento.

D’altra parte, lei tenta di ripresentare una questione già risolta, salvo ad esaminare l’altra in successione di tempo. E poiché si tratta di una decisione presa dall’Assemblea un quarto d’ora fa, penso che non possiamo riesaminarla.

Rimane da esaminare se bisogna pregiudizialmente risolvere la questione sollevata dall’onorevole Colitto, cioè se con questa disposizione si va contro una norma, se vi è una preclusione che impedisca l’esame di questa proposta.

La questione è un po’ complessa, ma, forse, collegando i vari episodi precedenti che hanno condotto fino a questa disposizione, possiamo riuscire ad ordinare le nostre idee o per lo meno a chiarirle.

Rammento che vi è una disposizione transitoria; la prima, nel testo originario, è che l’Assemblea, nel momento in cui ha preso in esame il progetto di legge relativo alla formazione delle liste elettorali si è trovata di fronte all’articolo 47, nel quale erano indicate le limitazioni temporanee al diritto di voto per i capi del regime fascista, e che, allo scopo di poter risolvere il quesito posto da quell’articolo, avendo già chiarito la questione dal punto di vista costituzionale, ha deciso di cambiare la disposizione transitoria prima e l’ha fatto venendo alla votazione di un ordine del giorno, che è quello richiamato dall’onorevole Colitto, e di cui si valse il Ministro dell’interno per risolvere la questione delle limitazioni temporanee del diritto di voto ai capi e responsabili del regime fascista.

Desidero ricordare che, se è vero che in questa norma transitoria – che è divenuta poi la seconda – è detto: «In deroga all’articolo 45, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla data dell’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto», e quindi con questa norma si uniscono le due disposizioni; e se è vero che l’ordine del giorno votato dall’Assemblea per tradurle in elencazione pratica dice: «l’Assemblea Costituente afferma che le limitazioni di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 delle disposizioni transitorie sono d’applicarsi a coloro che hanno ricoperto le cariche seguenti» (e segue l’elencazione delle cariche), forse non bisogna dimenticare che quell’ordine del giorno è stato votato nei confronti di una legge la quale non poneva il problema della eleggibilità, ma soltanto quello del diritto di voto. Ed io stesso, a quel momento, prima di porre in votazione quell’ordine del giorno, mi sono espresso all’Assemblea in questi termini, che tolgo da resoconto stenografico: «Si tratta di vedere se in questo momento dobbiamo affrontare questa questione oppure l’elenco delle Regioni. Io penso che sarebbe meglio affrontare la discussione della norma transitoria per i riferimenti che ha con la legge sull’elettorato attivo, terzo comma della prima disposizione, etc.».

Se vediamo poi successivamente la legge che si è votata per dare applicazione a quell’ordine del giorno, è la legge che ha per titolo: «Norme per la limitazione temporanea del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista».

Ora io osservo che nel testo costituzionale è scritto: «Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto», e per intanto l’Assemblea ha fatto una legge che limita il diritto di voto e in quella legge è stata riassunta quella elencazione di categorie che era contenuta nell’ordine del giorno.

C’è da supporre che, se l’Assemblea avesse voluto risolvere nello stesso modo i due problemi, avrebbe a quella legge mutato il titolo e avrebbe a quella legge aggiunto un articolo: mutato il titolo, nel senso che venisse riaffermata non soltanto la limitazione del diritto di voto ma anche quella eleggibilità, e un articolo che – dopo quello che elenca le condizioni per il non godimento del diritto di voto – avesse elencato quelle per la non eleggibilità, o meglio avesse aggiunto un comma che dicesse: Negli stessi casi non vi è diritto alla eleggibilità.

Ma poi che l’Assemblea, invece, si è fermata alla legge, così come è stata votata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, mi pare di poter concludere che in realtà, quando l’Assemblea si è posta di fronte a quella elencazione, aveva solo dinanzi a sé il problema della limitazione del diritto di voto, lasciando aperto il problema della eleggibilità.

Pertanto non credo di potere affermare una preclusione, ma credo che l’Assemblea debba – come ha invitato l’onorevole Fuschini – deliberare se intende che, con la votazione di quella legge, si sia data soddisfazione anche a questo secondo compito dell’Assemblea.

Ma in questo caso bisognerà provvedere a redigere la legge necessaria, perché il secondo comma dice che «sono state stabilite con legge limitazioni temporanee» alla eleggibilità e al diritto di voto. In caso contrario, ove l’Assemblea ritenga, invece, che non si debba provvedere in questo modo, allora bisognerà inserire in questo testo di legge una norma apposita ed eventualmente – se l’Assemblea vuole – quella proposta dall’onorevole Schiavetti.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Se consente, signor Presidente, io prendo atto di quello che lei ha dianzi rilevato. Mi permetto, però, di richiamare la sua attenzione sull’ordine del giorno, approvato dall’Assemblea il 29 ottobre ultimo scorso, in relazione alla norma costituzionale, che costituisce ora la II delle norme finali e transitorie.

L’ordine del giorno si richiama espressamente a tale norma e l’ordine del giorno indica con precisione a quali persone possono essere applicate le limitazioni non solo del diritto di voto, ma anche della eleggibilità.

È vero che precedentemente, nell’annunziare l’ordine del giorno, lei ebbe a dire che bisognava di esso occuparsi, poi ch’era in relazione con l’elettorato attivo; ma, così dicendo, lei non escludeva affatto che l’ordine del giorno potesse essere in relazione anche all’elettorato passivo. È vero che l’Assemblea ha approvato una legge, nella quale si parla soltanto di diritto di voto, ma non è men vero che, se noi teniamo presente, come dicevo dianzi, quello che è il sistema costituzionale voluto dall’Assemblea, basta accertare quali sono gli elettori, perché in conseguenza si accertino anche quali sono gli eleggibili, non potendosi negare che, secondo il nostro sistema costituzionale, sono eleggibili soltanto gli elettori, per modo che, signor Presidente, quando la Camera si è occupata dell’elettorato attivo, noi possiamo ben dire (e ribadiamo il sistema introdotto dalla nostra Costituzione) che si è occupata insieme dell’elettorato passivo, se non può, ripeto, disconoscersi che noi non possiamo concepire persona che sia elettore e non sia nello stesso tempo eleggibile. Proprio questo è scritto nell’articolo 54 della Carta Costituzionale. Una legge, quindi, che oggi dicesse che vi sono persone, le quali sono elettori, ma non sono eleggibili, sarebbe, a mio modesto avviso, una legge incostituzionale.

Tale legge potrebbe essere emanata solo eccezionalmente, in virtù della II norma, innanzi ricordata, delle disposizioni finali e transitorie, ma allora la Camera trovasi vincolata, a mio avviso, dall’ordine del giorno approvato il 29 ottobre, per cui non può stabilire categorie di ineleggibili diverse o più estese di quelle riguardanti i non aventi diritto al voto.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Signor Presidente, non avrei gran che da aggiungere a quello che ha detto l’onorevole Colitto, anche se ciò non corrisponde a quelli che potevano essere i miei desideri personali, nel senso che io, come altri, forse, eravamo sempre partiti dalla convinzione che in tema di elettorato passivo si dovesse essere alquanto più severi che in tema di elettorato attivo. Purtroppo pare che la legge, o per lo meno, disposizioni che noi abbiamo approvato, siano troppo vincolative per poterci consentire nuove deliberazioni, più adatte a quelle che potevano essere le intenzioni di parecchi di noi. Quindi devo francamente dire che, malgrado io abbia desiderato di vedere realizzata una maggiore restrizione nel campo dell’elettorato passivo, penso che allo stato delle cose non ci sia consentito di realizzarla.

È una mia opinione personale che l’Assemblea può anche non condividere.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Io credo, per quanto non condivida tutte le cose che ha detto l’onorevole Colitto, di aver capito assai chiaramente il problema, tanto più che il collega onorevole Corbino lo ha anche egli sviluppato, ripiegando sulla sua proposta iniziale. Credo che l’eccezione fatta dal collega onorevole Colitto non debba avere per noi un valore categorico. Basterebbe la norma transitoria per risolvere quelle difficoltà alle quali anche l’onorevole Corbino ha accennato e sulle quali si è fermato. Nella nostra legislazione elettorale vi è una infinità di esempi nei quali l’elettore non è eleggibile, e mi riferisco, proprio per questa esclusione di eleggibilità politica, al decreto luogotenenziale legislativo del 7 gennaio 1946, n. 1, il quale stabilisce una serie di categorie di cittadini che sono tutti elettori, ma non sono eleggibili. Non vedo quindi quale importanza debba avere l’eccezione del collega Colitto. Penso dunque che quella non sia una difficoltà e che si possa addivenire alla votazione di quelle categorie che secondo la stessa Commissione, sono proposte perché vengano escluse dall’elettorato passivo. È fermo in tutti, perfino nel collega onorevole Corbino, l’intendimento che l’elettorato passivo sia molto più sorvegliato di quanto non sia e non debba essere l’elettorato attivo.

MAZZA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZA. Vorrei far notare all’onorevole Lussu che evidentemente dev’essere caduto in un errore, perché deve aver confuso la incompatibilità con la ineleggibilità. Quando egli afferma che vi sono altri casi, questi casi si riferiscono a casi di incompatibilità, per cui, in un secondo tempo, il candidato deve scegliere fra l’accettazione della carica e la sua posizione di prima. Non mi pare che quella sia ineleggibilità; ma si tratta di incompatibilità.

PRESIDENTE. Circa l’osservazione fatta dall’onorevole Lussu, vi sono dei casi nei quali degli elettori non sono eleggibili, e non perché poi possono optare e pertanto annullare questa loro particolare situazione. Mi riferisco a coloro che sono vincolati allo Stato per concessioni, per contratti di opere, ecc. Non si tratta, evidentemente, di incompatibilità e la legge infatti dice che non sono eleggibili, e lo stabilisce in maniera tassativa.

Comunque, vi è da risolvere questa questione pregiudiziale. L’onorevole Colitto ha sollevato l’eccezione di preclusione. Io pongo all’Assemblea il compite di risolvere in merito la questione, ponendo in votazione l’eccezione che è stata sollevata.

La Commissione ha qualche cosa da aggiungere a quanto ha detto il Relatore?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Desidero far rilevare all’Assemblea che l’ordine del giorno al quale oggi ci si riferisce per stabilire un elemento di preclusione all’esame del nuovo articolo, fu votato da questa Assemblea, pensando esclusivamente alla legge per l’elettorato attivo. Questo era nel pensiero di tutti coloro che hanno votato in quella occasione, anche se oggi taluno dice di no. Nella passata seduta la Commissione ha chiesto all’Assemblea se quell’ordine del giorno dovesse ritenersi vincolativo o puramente indicativo. Dando incarico alla Commissione di esaminare l’emendamento Schiavetti e di portare delle proposte all’Assemblea, si è evidentemente dato a quell’ordine del giorno puro valore indicativo. Se l’Assemblea, nella passata seduta, avesse ritenuto che quell’ordine del giorno aveva valore vincolativo, non avrebbe dato alla Commissione quel mandato. Oggi la Commissione porta delle proposte concrete, e si sente obiettare che c’è un motivo di preclusione, per cui non si possono discutere le sue proposte.

La Commissione mantiene il suo parere: il problema può e deve essere esaminato. Ma io voglio far presente ai colleghi un’altra questione: qui si tratta di una norma transitoria. Se noi non applicassimo questo criterio di maggior rigore nell’elettorato passivo rispetto all’elettorato attivo, potremmo trovarci in questa situazione: che i futuri colleghi dell’Assemblea legislativa potranno veder sedere su questi banchi degli ufficiali comandanti delle brigate nere, dei prefetti nominati per titoli fascisti o altri che hanno avuto cariche di eminenti responsabilità politiche, persino nel periodo della guerra civile.

Se è questo che i colleghi vogliono, allora l’eccezione di preclusione ha un senso; ma se questo non si vuole, la Commissione chiede che si discuta punto per punto l’emendamento Schiavetti.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Tengo a dichiarare che già in Commissione avevo sollevato l’eccezione pregiudiziale, ed avevo insistito su di essa. Questo, per quanto riguarda un’anticipazione della mia dichiarazione di voto.

Voglio aggiungere che, poiché l’onorevole Scoccimarro ha fatto presente la giusta prevenzione verso alcune categorie, io, che appartengo a quelli che insistono nella pregiudiziale, sono convinto che sarà il popolo italiano a fare giustizia di certi casi, ed ho piena fiducia nelle decisioni del popolo italiano. (Commenti).

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Noi dobbiamo prendere delle misure preventive con la legge.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. A nome del mio gruppo dichiaro che noi voteremo a favore della pregiudiziale sollevata dall’onorevole Colitto, in quanto che l’ordine del giorno che doveva dare attuazione alla norma transitoria doveva – o almeno da parte nostra così fu inteso – concludere in questa delicata materia una lunga discussione, una faticosa discussione durata parecchi giorni, nella quale ci trovammo d’accordo con i rappresentanti degli altri partiti, nell’intento di dare la maggiore obiettività, precisione e possibilità di rapida attuazione della norma.

Posso anche riconoscere che per qualche categoria si potrebbe forse, da un punto di vista di opportunità politica, riprendere l’esame; ma confesso di essere preoccupato che non si sollevi anche questa volta come l’altra volta una discussione lunghissima, che non vengano portate qui le proposte più impensate, prolungandosi così una discussione la quale invece deve essere, anche per poter porre termine in tempo ai nostri lavori, rapidamente conclusa.

Per queste ragioni di opportunità noi riteniamo di dover confermare la nostra deliberazione, ritenendo applicabile anche in questo caso l’ordine del giorno votato in sede di norma transitoria dall’Assemblea.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Io credo che dobbiamo riportarci con la memoria al dibattito che si svolse in questa Aula sul disegno di legge per l’elettorato attivo, quando la discussione sull’articolo 47 venne sospesa per esaminare le disposizioni transitorie della Costituente. Era pacifico che si sarebbe ripresa la discussione soltanto per quel che riguardava l’elettorato attivo. Il Presidente ha ricordato con lucidità e con precisione le varie fasi di quel dibattito. Ed io penso di essere nel vero quando affermo che quella elencazione si riferiva precisamente ai casi relativi all’elettorato attivo.

Ora, ci troviamo di fronte ad una legge, che investe l’elettorato passivo; l’importanza politica di questa legge è stata messa in rilievo anche ieri dall’onorevole Corbino, il quale ha brevemente spiegato le ragioni per cui, nei confronti di coloro che devono essere eletti dal popolo, la legge debba essere più rigorosa che non nei confronti di coloro che devono votare.

È veramente strano che si sia addotta una specie di pregiudiziale, opponendosi che l’Assemblea non potrebbe ritornare sul suo voto, quando l’altro ieri abbiamo discusso intorno ad una proposta, per la quale si vorrebbe che l’Assemblea ritornasse su un altro voto per un problema di importanza fondamentale: il problema del Senato.

È stato detto che non vale l’obiezione, per cui tutti coloro, i quali sono elettori, sono per ciò stesso eleggibili: infatti la legislazione prova che tale obiezione non è fondata; non è fondato, a mio giudizio, neppure il rilievo relativo al carattere vincolativo dell’ordine del giorno, che approvammo in sede di dibattito costituzionale, per quel che riguarda l’elettorato passivo.

Dobbiamo oggi compiere un atto di valore politico. Le conseguenze che deriverebbero dal votare la pregiudiziale proposta dall’onorevole Colitto, sono state fatte presenti dal Presidente della Commissione. Noi apriremmo le porte di questa Aula ad uomini, sui quali pesano in modo particolare le più gravi responsabilità di tutto quello che il regime fascista rappresenta nella storia politica del nostro Paese.

Per conto nostro respingiamo tale responsabilità. Chi se la vuole assumere, se la assuma dinanzi alla propria coscienza ed al paese.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Non posso darle la facoltà di parlare una seconda volta.

LUSSU. È per esporre una mia preoccupazione. Credo che l’onorevole Presidente non possa mettere ai voti questa pregiudiziale, perché la questione di principio sollevata dal collega onorevole Colitto non regge. Mi è stato controbattuto dal settore di destra che la ineleggibilità contemplata nel decreto luogotenenziale legislativo 7 gennaio 1946, n. 1 non si riferisce alla ineleggibilità, ma alle incompatibilità. Questo non è esatto. Cito un solo caso: nella modifica alla legge comunale è detto che chi è stato podestà dal 1925 al 1945 non può essere eleggibile come Consigliere comunale. Ecco un caso specifico di ineleggibilità politica. Quindi la nostra legislazione contempla già questi casi. Quello invocato dall’onorevole Colitto è un presunto principio.

PRESIDENTE. Sulla pregiudiziale è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Costantini, Nobile, Merighi, Vigna, Lombardi Carlo, Stampacchia, Bordon, Schiavetti, Mariani Enrico, Mariani Francesco, Priolo, Zappelli, Tonello, Nobili Tito Oro, Luisetti.

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione, per appello nominale, sulla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Colitto.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Rossi Paolo. Si faccia la chiama.

COVELLI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Adonnino – Alberti – Ambrosini – Angelini – Angelucci.

Balduzzi – Bastianetto – Bencivenga – Benedettini – Bertola – Bettiol – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Braschi – Bubbio – Burato.

Caccuri – Cappi Giuseppe – Capua – Carboni Enrico – Caso – Cassiani –Castelli Edgardo – Castiglia – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Conci Elisabetta – Condorelli – Corsanego – Covelli.

De Caro Gerardo – De Maria – De Michele Luigi – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò.

Ferrario Celestino – Firrao – Franceschini – Fresa – Froggio.

Galati – Garlato – Gatta – Gotelli Angela – Guariento – Guidi Cingolani Angela.

Jervolino.

Lagravinese Pasquale – La Pira – Lazzati – Leone Giovanni – Lizier – Lucifero.

Mannironi – Marconi – Marinaro – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mazza – Medi Enrico – Morelli Renato – Moro – Mortati.

Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.

Pat – Penna Ottavia – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti.

Raimondi – Recca – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Rumor.

Salvatore – Sampietro – Scalfaro – Schiratti – Selvaggi – Siles – Spataro – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Turco.

Valmarana – Venditti – Viale – Vigo – Volpe.

Zerbi – Zotta.

Rispondono no:

Aldisio – Arcaini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Barbareschi – Bargagna – Barontini Anelito – Bartalini – Basile – Basso – Bei Adele – Bellavista – Bellusci – Belotti – Benvenuti – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bruno – Bocconi – Bolognesi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosi – Bozzi – Bruni – Bucci – Bulloni Pietro.

Cairo – Camangi – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Caristia – Carpano Maglioli – Cartia – Castelli Avolio – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chiarini – Chiostergi – Cianca – Clerici – Coccia – Colonnetti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese Pasquale – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Olindo.

Damiani – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Donati – D’Onofrio.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Fiorentino – Foa – Foresi.

Gallico Spano Nadia – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacchero – Giacometti – Giua – Gorreri – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Filippo – Gullo Fausto – Gullo Rocco

Imperiale – Iotti Nilde.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Lettieri – Li Causi – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longo – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Marchesi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Massola – Mattarella – Mazzei – Mazzoni – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Monticelli – Morandi – Morini – Mùrdaca – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella.

Pacciardi – Paolucci – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pera – Perassi – Perrone Capano – Persico – Pesenti – Piemonte – Platone – Pollastrini Elettra – Priolo – Pucci.

Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Paolo – Rubilli.

Salerno – Santi – Sapienza – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Sicignano – Silipo – Spallicci – Spano – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tonello – Tonetti – Treves.

Valenti – Veroni – Vigna – Villabruna – Villani – Vischioni.

Zanardi – Zappelli – Zuccarini.

Si sono astenuti:

Andreotti.

Cappa Paolo – Carratelli – Chatrian – Cimenti – Conti.

Fuschini.

Malvestiti – Micheli.

Pallastrelli – Proia.

Quintieri Adolfo.

Riccio Stefano.

Scelba.

Tosato.

Sono in congedo:

Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini – Guerrieri Emanuele.

Jacini.

Lopardi.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti                               331

Votanti                                316

Astenuti                               15

Maggioranza           159

Hanno risposto     112

Hanno risposto no    204

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’emendamento Schiavetti ed altri, testé letto, sul quale la Commissione, favorevole in linea di principio, si riserva di esprimere, categoria per categoria, il proprio parere.

Esaminiamo la prima parte dell’emendamento:

«Non sono eleggibili per cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, oltre coloro che sono stati esclusi per il medesimo periodo dal diritto elettorale attivo:

1°) gli ex membri dei direttori federali del partito nazionale fascista, eccettuati coloro che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative.

Invito il Presidente ad esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione è favorevole a questa formulazione.

COVELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COVELLI. Non so se sia a conoscenza della Commissione, che ha emesso parere favorevole, così come mi domando se sia a conoscenza dell’onorevole Veroni (Interruzione del deputato Veroni), che ha presentato in altra occasione questo emendamento, che i membri dei direttori federali erano persone le quali – per nulla volenti – si trovavano ad essere componenti di un direttorio che non aveva né poteri consultivi, né poteri deliberanti.

Siccome qui echeggiò la voce dell’onorevole Veroni, perché fu lui che propose questo emendamento e ci fece conoscere che il direttorio federale era quel complesso di persone che avrebbe deciso spedizioni punitive ed altro, io prego l’Assemblea di voler tener presente che i componenti dei direttori federali erano, forse, le uniche persone che non avevano alcuna responsabilità di quanto si faceva e si disponeva dalla federazione dei fasci.

Osai domandare all’onorevole Veroni…

VERONI. Ma che c’entro io?

COVELLI. …mi riferisco all’emendamento da lei proposto.

VERONI. Ma è cosa ormai superata!

COVELLI. Comunque, domandai all’onorevole Veroni se, per caso, questo emendamento avesse il sapore di una vendetta personale perché, se così fosse, certo l’Assemblea deve tener presente che non sul piano della vendetta personale possono essere emanate delle norme punitive.

Una voce a sinistra. Non sono vendette personali.

COVELLI. E se non sono vendette personali, egregio collega, non credo sia il caso di porre sullo stesso piano i membri dei direttori federali i quali, ripeto, non avevano alcun potere, neppure consultivo, nonché deliberante, con gli altri che hanno invece delle particolari responsabilità, mentre poi, alcuni di costoro che hanno delle reali responsabilità, vengono tenuti fuori.

Noi abbiamo ascoltato con interesse l’onorevole Scoccimarro che poneva all’Assemblea un quesito in merito alla preclusiva: ma ci dica l’onorevole Scoccimarro perché egli voglia, a nome della Commissione, escludere dal diritto di eleggibilità i membri dei direttori federali quando – e qui potrebbe essere presa in esame la legge istitutiva della federazione dei fasci – quando, dicevo, a costoro non è stata attribuita alcuna responsabilità ed alcuna colpa anche in sede di Commissione.

Io dissi, nell’occasione in cui l’onorevole Veroni presentò il suo emendamento (Interruzione del deputato Veroni), che ove per caso potessero riconoscersi responsabilità specifiche nei confronti di alcun determinato membro di direttorio federale, allora si colpisca, ma si limiti a questo solo caso la sanzione. Se pertanto l’onorevole Veroni sa di qualcuno cui possano essere imputate responsabilità sotto l’aspetto di cui la legge si occupa, egli porti a conoscenza e della Commissione e dell’Assemblea quanto conosce: potremo allora contenere, nei limiti giusti, un’esclusione che altrimenti potrebbe essere a buon diritto considerata un arbitrio.

PRESIDENTE. Onorevole Covelli, le faccio osservare che l’emendamento su cui stiamo discutendo non reca la firma dell’onorevole Veroni, il quale pertanto è fuori causa.

COVELLI. Sta di fatto che anche l’onorevole Veroni si è inserito nei pareri della Commissione.

FABBRI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dichiaro che voterò contro questo emendamento perché mi pare che, fra l’altro, non vi sia un fatto di sicura obiettività circa la discriminazione, difficile fra coloro che hanno avuto o non hanno avuto funzioni amministrative.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Ma come non c’è! Onorevole Fabbri, legga.

FABBRI. Bisogna che la legge indichi delle caratteristiche di fatto precise, facilmente rilevabili, altrimenti con essa si degenererà nell’esercizio di un potere assolutamente discrezionale e ciò è particolarmente da evitarsi in una legge di carattere, in sostanza, penale.

PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero ha proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere dopo le parole: funzioni esclusivamente amministrative, le altre: o assistenziali».

Ha facoltà di svolgerlo.

LUCIFERO. Vorrei semplicemente chiarire all’Assemblea che, qualora passasse questo numero 1), su cui io mi pronuncerò contro, si consacrerebbe un testo lacunoso nel senso che, nei direttori federali delle federazioni fasciste, vi erano molti membri cui erano commesse funzioni di mera assistenza: erano alle volte dei medici, gente che si occupava di colonie o di altre attività del genere.

Ora, a me pare che egualmente questa gente debba venire esclusa, insieme con coloro che hanno esercitato funzioni puramente amministrative.

PRESIDENTE. L’onorevole Covelli presenta, in linea subordinata, il seguente emendamento:

«Aggiungere dopo le parole: funzioni esclusivamente amministrative, le altre: o di diritto».

COVELLI. Chiedo di parlare per svolgere l’emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Covelli, ha già parlato prima.

D’altra parte è chiaro che si tratta dei membri di diritto – se esistevano – dei direttori federali.

COVELLI. Con il mio emendamento intendo riferirmi a coloro i quali si sono trovati ad essere membri del direttorio di diritto. (Interruzioni – Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Ho compreso la sua formula, onorevole Covelli. Per quanto io ricordi – non sono un esperto in statuti e programmi del partito fascista – non c’era nessuna persona che per la carica che ricopriva al di fuori del partito fascista fosse membro del direttorio.

COVELLI. No, esistevano.

FEDELI ARMANDO. Se ne intende bene, onorevoli Covelli?

COVELLI. Può darsi; in ogni caso non sono il solo in quest’Aula!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Voterò contro tutte quante queste categorie, per una ragione principale, perché sono assolutamente incostituzionali le decisioni che stiamo per prendere nonostante la votazione contraria testé avvenuta.

Comunque, su questo problema specifico dei direttori federali voglio ricordare all’Assemblea quanto segue: facevano parte di diritto dei direttori federali i segretari dei G.U.F.; i ragazzi cioè, che attraverso le leve universitarie entravano fra gli universitari fascisti, e i migliori fra questi, e scolasticamente e per condotta, divenivano segretari dei G.U.F. Questi ragazzi, la maggior parte brillantissimi, ora dovrebbero essere esclusi dalle competizioni politiche. (Commenti a sinistra).

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Volevo rilevare, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, che è specificatamente indicata l’eccezione dei membri dei direttori federali del partito nazionale fascista che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative. Questa è una discriminazione sufficiente per poter stabilire che coloro che abbiano esercitato altre funzioni noi li riteniamo nel loro complesso come aventi funzioni politiche.

La Commissione è, invece, d’avviso che si possa accettare l’aggiunta proposta dall’onorevole Lucifero, in quanto la parola «assistenziale» serve a determinare una funzione di carattere amministrativo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell’articolo:

«Non sono eleggibili per cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, oltre coloro che sono stati esclusi per il medesimo periodo dal diritto elettorale attivo:

1°) gli ex membri dei direttori federali del partito nazionale fascista, eccettuati coloro che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative».

(È approvata).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole. Lucifero, accettato dalla Commissione:

«o assistenziali».

(È approvato).

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Viene fatto presente alla Commissione che vi è il caso di membri di direttori federali che avevano tale carica in quanto presidenti di istituti culturali o di associazioni sportive, come per esempio il C.O.N.I. Sembra dunque equo, che anche le funzioni di questi membri siano considerate alla stessa stregua delle funzioni amministrative ed assistenziali.

PRESIDENTE. Allora la Commissione accetta l’emendamento dell’onorevole Covelli?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Sì.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Covelli, accettato dalla Commissione:

«o di diritto».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo al numero successivo:

) «le ex fiduciarie o vice-fiduciarie delle federazioni dei fasci femminili».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Devo dichiarare che la Commissione, a maggioranza, ha creduto di non poter accogliere questa categoria per le ragioni che sono evidenti. Noi non crediamo che sia proprio necessario colpire le fiduciarie del partito fascista. (Interruzioni – Commenti a sinistra).

Se siete di pensiero diverso, noi manteniamo questa opinione. Ripeto che la Commissione, a maggioranza, ha ritenuto di non accogliere questa proposta. (Commenti).

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Le ricordo che lei ha già svolto un emendamento.

SCHIAVETTI. Due sole parole. Io sono stato favorevole alla inclusione delle fiduciarie e vice-fiduciarie perché credo che, nel mondo d’oggi, non sia più attuale far distinzioni per quanto riguarda la responsabilità politica fra uomini e donne. Questa è una cavalleria di vecchio stile che torna poi a diminuzione della stessa dignità femminile!

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Lo dice lei!

SCHIAVETTI. Avendo giustamente dato alle donne parità di diritti e di doveri, dobbiamo riconoscer loro parità di responsabilità.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Mi associo toto corde a quanto ha detto l’onorevole Schiavetti.

L’esclusione delle donne sarebbe un’ingiustizia ed una umiliazione per le donne stesse.

E poi, sapete, le donne fasciste italiane hanno avuto la loro parte anche nello spionaggio, a danno delle povere famiglie dei colpiti dal fascismo! Quindi, assumano anch’esse la loro responsabilità, e si abbiano la punizione dell’Assemblea e del Paese per la loro opera nefanda!

PRESIDENTE. Pongo in votazione il numero 2:

«Le ex fiduciarie o vice-fiduciarie delle federazioni dei fasci femminili».

(È approvato).

Passiamo al n. 3:

«Gli ex segretari politici dei fasci dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (censimento 1936) e le ex segretarie dei fasci femminili dei medesimi comuni».

Nessuno chiedendo di parlare, invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione a maggioranza è contraria all’inclusione dell’ultima parte: «ex segretarie dei fasci femminili dei medesimi comuni». (Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Voteremo questo punto per divisione. Pongo in votazione le parole: «Gli ex segretari politici dei fasci dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (censimento 1936).

(Sono approvate).

Pongo in votazione la seconda parte non accettata dalla Commissione: «e le ex segretarie dei fasci femminili dei medesimi comuni».

(È approvata).

Passiamo al punto 4°):

«gli ex prefetti o questori nominati per titoli fascisti».

La Commissione accetta?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Questo emendamento è stato approvato dalla Commissione a maggioranza.

NOBILE. Chiedo di parlare per un chiarificazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Preferirei che, anziché «nominati per titoli fascisti», si dicesse «ex prefetti o questori non di carriera nominati dal governo fascista».

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, si tratta di una chiarificazione, ma, anche nel parlare corrente, coloro che furono nominati a certi posti per titoli fascisti si comprende che non erano nei ruoli o nella carriera, ma vi erano stati immessi soltanto per questo particolare merito.

NOBILE. Ma è possibile che nel decreto di nomina non si parlasse di titoli fascisti, sibbene di competenze, nascondendo sotto questa parola le benemerenze fasciste.

PRESIDENTE. La formula da adottarsi potrebbe essere la seguente: «Nominati per titoli fascisti o per chiamata diretta».

Pertanto prego l’onorevole Relatore di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Osservo che questa formula si può prestare a degli equivoci perché «chiamata diretta» da parte del governo fascista, sta bene; ma è evidente che è compresa già nel titolo fascista la chiamata diretta.

NOBILE. Ma non è così.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Le nomine, tranne che per i funzionari di carriera, non poteva essere che «per titoli fascisti». Del resto nella vecchia legge, articolo 6, si parla appunto di «Prefetti o Questori nominati per titoli fascisti».

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, insiste ancora?

NOBILE. Se si dicesse, come ho proposto, «ex prefetti o questori non di carriera, nominati dal Governo fascista», la dizione sarebbe più chiara, e non darebbe luogo ad ambiguità.

PRESIDENTE. Onorevole Nobile insiste nel suo emendamento?

NOBILE. Posso anche non insistere, ma confermo che il testo della Commissione lascia dei dubbi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il punto: 4°) «gli ex prefetti o questori nominati pei titoli fascisti».

(È approvato).

Passiamo al punto 5°):

«gli ex moschettieri del duce e gli ex ufficiali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alle milizie ferroviaria, postelegrafonica, universitaria, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuale»;

Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Faccio presente che la Commissione, nella sua maggioranza, non ha ritenuto di potere accogliere la proposta dell’onorevole Schiavetti che si riferisce a tutti gli ex ufficiali della milizia. Invece avrebbe approvato a maggioranza l’inclusione soltanto degli ex ufficiali superiori della milizia. Quindi si dovrebbe aggiungere alle parole «ex ufficiali» la parola: «superiori».

Per il resto la Commissione è d’accordo.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Dicendo soltanto «ufficiali superiori» implicitamente si escludono gli «ufficiali generali». Bisognerebbe, pertanto, dire: «ufficiali generali e superiori».

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Devo far presente all’onorevole Nobile che gli ufficiali generali della M.V.S.N. sono esclusi dall’elettorato attivo e quindi non possono essere eleggibili perché non sono elettori. Sono già contemplati nella legge sull’elettorato attivo.

PIEMONTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIEMONTE. Propongo che nella elencazione delle categorie escluse dall’elettorato passivo sia inclusa la milizia confinaria.

PRESIDENTE. La sua aggiunta, onorevole Piemonte, non è necessaria in quanto la milizia confinaria non figura fra quelle escluse e rientra quindi, fra quelle colpite dalla sanzione.

Pongo in votazione la prima frase del punto 5°):

«gli ex moschettieri del duce».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole:

«e gli ex ufficiali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito».

(Sono approvate).

Pongo in votazione l’inclusione dell’aggettivo «superiori» proposto dalla Commissione.

(Dopo prova e controprova non è approvata).

Pongo in votazione la restante parte:

«eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alle milizie ferroviaria, postelegrafica, universitaria, alla G.I.L. alla D.I.C.A.T. e Da cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuale».

(È approvata).

Pongo in votazione il punto 6°):

«chiunque abbia ricoperto una carica politica del partito fascista repubblicano».

(È approvata).

Passiamo al punto 7°):

«gli ex ufficiali che abbiano prestato servizio attivo nelle forze armate della pseudo repubblica sociale, gli ex componenti delle brigate nere, delle legioni autonome, e dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Devo osservare che gli ufficiali delle brigate nere sono già stati esclusi dall’elettorato attivo e quindi non sono eleggibili. Quanto ai «componenti delle brigate nere», la Commissione si è divisa, e nella sua maggioranza ha ritenuto di escluderli.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Oserei proporre la soppressione del termine «pseudo», che può essere utile ed opportuno nel linguaggio corrente, ma non in una legge.

Infatti, si tratta della «repubblica sociale italiana»; è bene che così sia chiamata nella legge.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Il criterio estensivo a tutti coloro che componevano queste formazioni, ha la sua ragion d’essere. Ad esempio, quando si parla di reparti speciali della polizia della repubblica sociale fascista, si deve riconoscere che non occorre avervi appartenuto come ufficiali per esser stati responsabili di attività oltraggiosa alla dignità umana ed ostili alla causa della liberazione; ci sono stati dei provocatori anche fra i semplici agenti o sottufficiali.

Quindi, credo sia bene parlare in generale di componenti di tutte queste formazioni, le quali sono state fra le più feroci del regime fascista.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sulla proposta soppressiva fatta dall’onorevole Martino.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione è d’accordo.

CHIOSTERGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIOSTERGI. È opportuno lasciare la parola «pseudo» così come a suo tempo in una legge fatta dallo Stato Pontificio si parlò della pseudo repubblica romana dopo la caduta di questa.

PRESIDENTE. Onorevole Martino, insiste nella sua proposta?

MARTINO GAETANO. Non vorrei offendere. i sentimenti dei miei amici repubblicani storici; la ritiro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione le parole:

«gli ex ufficiali che abbiano prestato servizio attivo nelle forze armate della pseudo repubblica sociale».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«gli ex componenti delle brigate nere».

(Sono approvate).

Pongo in votazione l’ultima parte del punto 7°):

«delle legioni autonome e dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale».

(È approvata).

Passiamo al punto 8°):

«i presidi delle provincie e i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, eccettuati i presidi ed i podestà nominati dopo il 25 luglio 1943 dal Governo legittimo italiano».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. In questa norma non si fa che riprodurre una disposizione contenuta nell’articolo 6 della legge del 1946; cioè, abbiamo aggiunto i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, perché questi podestà hanno esercitato la loro funzione amministrativa in centri di notevole importanza.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea su questo punto, vivamente pregandola di non inserire fra gli ineleggibili anche i presidi delle provincie ed i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti.

Trattasi di persone, come tutti sanno, che spesso in momenti delicati e gravi (Rumori e commenti a sinistra) e pieni di responsabilità hanno assunto il peso della cosa pubblica, preoccupandosi soltanto di rendere o la città o la provincia, di cui erano a capo, più belle, più accoglienti, più progredite, più civili. Essi spesso hanno molto dato di proprio, affrontando anche sacrifizi e soffrendo dolori e nulla hanno ricevuto. (Rumori e interruzioni a sinistra).

PASTORE RAFFAELE. Si sbaglia!

COLITTO. Stando essi nei loro paesi non hanno avuto – questo è certo – la possibilità di esplicare alcuna influenza su quelle che erano le decisioni del centro. Se le decisioni venivano, essi non avevano che da obbedire. Mi pare, quindi, che non sia né giusto, né equo, né umano, privare tali probe ed oneste persone dell’elettorato passivo. (Commenti a sinistra).

LAGRAVINESE PASQUALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAGRAVINESE PASQUALE. Alle considerazioni dell’onorevole Colitto debbo farne seguire un’altra. Noi abbiamo escluso al comma primo i membri dei direttori che hanno avuto funzioni esclusivamente amministrative: li abbiamo già esclusi al comma primo, ripeto. Non si capisce ora, perché dobbiamo includere i presidi delle deputazioni e i podestà che hanno avuto, durante il ventennio, funzioni esclusivamente amministrative. (Commenti a sinistra).

PASTORE RAFFAELE. Facevano anche della politica.

LAGRAVINESE PASQUALE. Non è vero, perché gli incarichi politici erano assolti nei capoluoghi dai federali e nei piccoli comuni dei segretari politici. Tutti costoro curavano le questioni politiche, mentre i podestà erano i sindaci: si chiamavano podestà, ma erano sindaci. (Commenti a sinistra). I presidi delle provincie erano presidenti del Consiglio provinciale ed avevano funzioni esclusivamente amministrative. Ora, se noi li abbiamo esclusi al primo comma, non capisco perché dobbiamo invece includerli adesso.

C’è poi un’altra considerazione, di carattere morale, onorevoli colleghi: non capisco perché si debba punire in riferimento alla popolazione di una città. Infatti finora noi non abbiamo colpito che gli individui, e giustamente. Ma quando si tratta di podestà dei comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti, per questo solo voi ritenete senz’altro che si tratti di fior di fascisti?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Perché erano nominati e non eletti!

LAGRAVINESE PASQUALE. Perché escludere i podestà dei comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti ed includere gli altri? È evidente, quindi, che voi avete presente una situazione di carattere numerico e non personale ed è per questo, oltre che per le altre argomentazioni addotte dall’onorevole Colitto, che voterò contro questa formulazione del punto ottavo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il punto 8°):

«i presidi delle provincie e i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, eccettuati i presidi e i podestà nominati dopo il 25 luglio 1943 dal Governo legittimo italiano».

(È approvato).

Passiamo al punto 9°):

«gli ufficiali superiori e ufficiali generali delle Forze armate dello Stato che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione e gli ufficiali di qualunque grado che, per aver cooperato, dall’8 settembre 1943 con le Forze armate che combattevano contro l’Italia, siano stati cancellati dai ruoli con perdita del grado».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Faccio presente che questo numero 9 non è che la riproduzione dell’articolo 8, lettera b), della vecchia legge del 1946, che la Commissione ha ritenuto di dover inserire.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Onorevole Presidente, a proposito di questo comma vi è qualche punto che vorrei chiarito. Davanti alla prima Commissione legislativa è in esame, proprio in questi giorni, un provvedimento legislativo inviatoci dal Governo, che riguarda per l’appunto l’epurazione. Secondo questo provvedimento per tutti i funzionari pubblici, e per conseguenza anche per gli ufficiali delle Forze armate dal grado 7° in giù, il giudizio di epurazione verrebbe completamente annullato. Se questa disposizione rimarrà, com’è probabile, inalterata, ci troveremmo in contraddizione con la disposizione del numero 9, perché in detto numero si parla di ufficiali superiori, e per conseguenza sono inclusi anche ufficiali del grado 7°.

Se ci si vuol mettere d’accordo col testo del progetto di legge in elaborazione bisognerebbe dire: «I colonnelli e i generali», escludendo così gli altri ufficiali superiori.

Se non si vuole accettare il mio suggerimento e si vogliono includere, com’è nel testo Schiavetti, anche i tenenti colonnelli ed i maggiori, bisognerebbe cambiare la dizione e dire: «ufficiali superiori ed ufficiali generali, per i quali abbia avuto luogo un procedimento di epurazione con esito sfavorevole». In questo modo, l’esclusione resterebbe anche se il giudizio fosse stato annullato in applicazione di una legge successiva a quella che stiamo discutendo.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare:

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Mi pare che il suggerimento dell’onorevole Nobile è del tutto superfluo e non fa che imbrogliare una questione molto semplice. Quando si parla di ufficiali superiori che siano dispensati dal servizio è chiaro che non sono dispensati dal servizio quelli dal grado 7° in giù. È chiaro che nella categoria degli ufficiali superiori cadono sotto questa norma solo quelli che sono dispensali dal servizio. Se fino al 7° grado non c’è dispensa dal servizio, è chiaro che la norma non si applica.

NOBILE. Ma, c’è una legge in esame che rimetterebbe in servizio questi ufficiali che sono stati già esonerati.

PRESIDENTE. Se si riammettono in servizio, cade la condizione dell’esclusione.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. La questione sollevata dall’onorevole Nobile è esatta fino a un certo punto. È vero che è in esame davanti alla Commissione legislativa un progetto di legge già approvato dal Consiglio dei Ministri, per il quale dovrebbero essere estinti i procedimenti di epurazione in corso per alcuni gradi e fino al grado 7°; però quelle osservazioni che ha già fatto il Presidente dell’Assemblea sono esattissime perché, se fosse accolto quel provvedimento, quei funzionari non sarebbero più epurati e quindi la questione cadrebbe e il provvedimento varrebbe per gli epurati.

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, ella insiste?

NOBILE. Dopo questi chiarimenti non insisto.

PRESIDENTE. Chiarita la questione passiamo alla votazione. Pongo in votazione il punto n. 9, testé letto.

(È approvato).

Passiamo al punto 10°):

«gli impiegati di pubbliche Amministrazioni di grado superiore al VII dell’ordinamento gerarchico dello Stato o equiparati che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione».

Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al punto 11°):

«coloro che per sentenza penale o per decisione amministrativa, l’una e l’altra passate in giudicato, siano stati riconosciuti collaboratori col tedesco invasore».

Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al punto 12°);

«gli appartenenti all’O.V.R.A.».

Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in voi azione.

(È approvata).

Comunico che gli onorevoli Cevolotto, Lussu ed altri hanno proposto il seguente emendamento aggiuntivo:

«Coloro che hanno avuto posti di responsabilità, direttori e redattori capi di giornali o riviste, nella stampa fascista».

L’onorevole Cevolotto ha facoltà di svolgerlo.

CEVOLOTTO. Propongo una aggiunta, e cioè propongo che si dica: «stampa politica fascista» perché la responsabilità politica è quella che noi vogliamo colpire. È la responsabilità di quella stampa italiana che ha tanto abbassato il livello di così alta e nobile libera tribuna di idee da renderla uno strumento senza dignità al servizio del regime fascista.

Non è pensabile che chi abbia diretto quei giornali fascisti, che per 20 anni hanno inquinato l’anima degli italiani, debba sedere in quest’Aula. Non ho altro da aggiungere per chiarire le ragioni evidentissime della mia proposta. (Applausi a sinistra).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Se la memoria non mi inganna, mi pare che relativamente all’elettorato attivo abbiamo già escluso coloro che sono stati cancellati dagli albi professionali, coloro cioè che hanno già subito un giudizio ispirato a criteri politici relativamente alla questione sollevata dall’onorevole Cevolotto; e quindi non vorrei che noi disseminassimo nelle leggi delle formule le une contrastanti con le altre, dando luogo a tutte quelle famose e inestricabili questioni di un giudizio di apprezzamento politico, che, relativamente alla eleggibilità di una persona, non so quale sia il giudice che possa risolverle bene. Noi abbiamo bisogno e sarebbe desiderabile che ci fossero nella legge delle indicazioni di condizioni di fatto precise, precostituite. Ora, relativamente alla avvenuta cancellazione dall’albo professionale, c’è un fatto a cui il futuro decidente può riferirsi; ma quando si voglia escludere per esempio un giornalista che sia incorso in responsabilità di propaganda, questi in avvenire da chi sarà giudicato? Con quali forme? In quali modi? Mi pare che entriamo nell’arbitrio più sconfinato, e quindi io credo che si debba tener ferma una formula obiettiva: se relativamente all’elettorato attivo è già stato deliberato, come mi pare, l’esclusione di coloro che sono stati cancellati dagli albi professionali e per i motivi indicati dall’onorevole Cevolotto, credo che non ci sia bisogno d’altro. Quindi, in questo senso, se non mi sbaglio nella premessa – che ricordo a memoria – voterò contro la proposta dell’onorevole Cevolotto.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Vorrei dare una spiegazione. In questo momento la materia degli albi è tutta in formazione; non vi sono gli albi. Si parla di una legge in elaborazione sugli albi dei giornalisti. Ma oggi questi albi non ci sono, e quindi non possiamo riferirci al caso che ha prospettato l’onorevole Fabbri, perché, per queste elezioni almeno, la sua formula non servirebbe.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Vorrei aggiungere che si dovrebbe escludere dall’elettorato passivo i professori universitari che tennero cattedre di mistica fascista, i quali hanno grandemente danneggiato la cultura italiana. (Commenti).

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Chiedo che si voti per divisione, perché, per mio conto, farei distinzione tra i direttori di giornali e i redattori capi. Se la scelta del direttore veniva fatta sempre per grandi benemerenze fasciste, al posto di redattore capo si poteva, credo, pervenire anche per meriti tecnici. Se si escludessero tutti i giornalisti che hanno scritto nei giornali politici, non resterebbe, probabilmente, eleggibile più alcun giornalista. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Cevolotto, se mi permette, vorrei proporre una formulazione più precisa ed oggettiva del suo emendamento.

Io direi senz’altro: «direttori e redattori capi di giornali e riviste politiche», senza l’espressione: «coloro che hanno avuto posti di responsabilità».

CEVOLOTTO. Sta bene, onorevole Presidente. Aggiungerei anche i condirettori.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Io credo che basti conoscere la vita di un giornale quotidiano per sapere che il redattore capo non raramente in un giornale rappresenta un elemento semplicemente tecnico. Di questo hanno esperienza tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere un giornale.

Mi sembrerebbe strano colpire, da un punto di vista politico, una persona che abbia avuto solo un incarico di carattere tecnico. E penso che dovremmo limitare anche per i direttori questa causa di incompatibilità al periodo repubblichino, per il quale ogni severità non è mai eccessiva.

Io penso che chi sia stato direttore di un giornale anche nel periodo fascista precedente al 1943 ed abbia poi agito positivamente, con atti a vantaggio della liberazione, o almeno con una dignitosa astensione da qualsiasi attività in quel momento, possa oggi essere considerato in una maniera diversa dagli altri e possa essere non compreso tra gli esclusi. (Commenti a sinistra – Interruzione del deputato Micheli).

PRESIDENTE. Pongo in votazione successivamente le parole:

«i direttori»

(Sono approvate).

«condirettori»

(È approvata).

«e redattori capi»

(Sono approvate).

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Per l’esatta dizione di questa disposizione, propongo che si aggiunga la parola «vicedirettori». (Commenti a destraInterruzione del deputato Mazza).

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, tenga presente che è stata già votata la voce «condirettori»: mi pare la stessa cosa.

SCHIAVETTI. No, onorevole Presidente: è una cosa diversa, condirettore è qualche cosa di più che vicedirettore.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione la parola:

«vicedirettori». (Commenti).

(Dopo prova e controprova, è approvataCommenti).

Pongo in votazione l’ultima parte:

«di giornali e riviste politiche fascisti».

(È approvata).

Vi è ora un emendamento aggiuntivo dell’onorevole Fantoni del seguente tenore:

«i commissari prefettizi preposti ai comuni con più di diecimila abitanti, nell’ambito del litorale adriatico». (Commenti).

Ha facoltà di svolgerlo.

FANTONI. Questo mio emendamento aggiuntivo ha per iscopo di includere i podestà e i commissari dei Comuni con più di diecimila abitanti che fossero nell’ambito della repubblica di Salò. Debbo far presente all’Assemblea, che certamente lo ricorderà, che le province di Udine, Belluno, Gorizia e Trieste, non dipendevano dalla repubblica di Salò, ma dipendevano dal luogotenente generale di Trieste, perché erano comprese nell’ambito del cosiddetto Litorale adriatico.

Ora, è avvenuto che prefetti nominati dalle autorità occupanti, e precisamente dal governatore Rainer, avessero nominato commissari prefettizi, nell’ambito della circoscrizione del Litorale stesso. Di conseguenza io credo che, se si è ritenuto di dover escludere dall’eleggibilità i podestà nell’ambito della repubblica di Salò, devono essere esclusi anche quelli che nel periodo dell’occupazione nemica sono stati nominati per il tramite delle autorità prefettizie direttamente dalle autorità occupanti, cioè dal governatore militare di Trieste, Rainer.

Chiedo, quindi, che il mio emendamento venga accolto. Soltanto, per quanto riguarda la sua collocazione – e ciò si potrà vedere in sede di coordinamento – esso dovrebbe essere inserito dopo il punto riguardante i podestà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione concorda con la opinione espressa dall’onorevole Fantoni. È effettivamente una lacuna della legge il non aver compreso i casi del litorale adriatico.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Mi pare che l’espressione «litorale adriatico» non dovrebbe figurare nelle nostre leggi, perché è un’espressione austriaca. Converrebbe, quindi, usare una diversa dizione per indicare i casi a cui si intende far riferimento.

FANTONI. Era però generalmente adoperata.

PRESIDENTE. Si potrebbe dire del «cosiddetto litorale adriatico».

FANTONI. Accetto la correzione. (Interruzione del deputato Mazza).

PRESIDENTE. Pongo in votazione, salvo collocazione, l’emendamento aggiuntivo proposto dell’onorevole Fantoni con la modifica accolta:

«i commissari prefettizi preposti ai Comuni con più di diecimila abitanti, nell’ambito del cosiddetto litorale adriatico».

(È approvato).

Gli onorevole Cappugi, Tonello ed altri, hanno presentato il seguente emendamento aggiuntivo. (Commenti).

«Gli autori di libri e testi scolastici di propaganda fascista e i docenti di scuole di mistica fascista».

L’onorevole Fuschini, ha facoltà di esprimere il parere della Commissione?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Io non posso esprimere, signor Presidente, alcun parere della Commissione, perché la Commissione non ha potuto prendere in esame questa proposta. Comunque, per mio conto personale, sarei contrario; io sono per la libertà di pensiero.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Secondo il solito, credo che ci vorrebbe qualche precisazione obiettiva, perché con questi docenti di mistica fascista non vorrei che si andasse in alto mare, in quanto vi sono state delle circolari per cui tutti i professori delle scuole secondarie e della Facoltà di lettere e filosofia, in certe ricorrenze o solennità, dovevano fare delle illustrazioni. (Commenti a sinistra).

Ci vorrebbe una certa chiarezza, perché veri e propri corsi di mistica fascista non credo ci siano stati.

PRESIDENTE. Onorevole Fabbri, la formulazione è la seguente: «docenti di scuole di mistica fascista».

FABBRI. Ma queste scuole di mistica fascista – credo che ve ne fosse una – insegnavano probabilmente molte altre cose. Mi pare strano che insegnassero proprio solo mistica fascista. (Commenti a sinistra).

Stiamo attenti, perché qui si tratta di disposizioni di indole penale. Ora, in queste scuole di mistica fascista – so che ce ne era una a Milano; non so se ve ne fossero anche delle altre – oltre la mistica fascista, si insegnavano altre cose, per esempio, credo, la geografia o la statistica. Confesso che io non so il contenuto dei programmi delle scuole di mistica fascista.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

RESCIGNO. Non sono stato né sono autore di libri scolastici. Però, come capo d’istituto, devo ricordare che v’erano disposizioni che stabilivano che i testi scolastici, che non comprendessero una parte relativa al fascismo, non potevano adottarsi nelle scuole. Perciò l’emendamento in questione, per la parte che riguarda i testi scolastici, mi sembra inopportuno.

CAPPUGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPUGI. Ricordo all’onorevole Fabbri che in quasi tutte le provincie, a cura delle federazioni provinciali fasciste, venivano istituite delle vere e proprie scuole di mistica fascista. Inoltre v’erano scuole pubbliche che accoglievano cattedre di mistica fascista. Io mi sono limitato alle scuole di mistica fascista per non estendere troppo il concetto. Comunque, mi pare che chi si è fatto docente ed esaltatore della teoria del fascismo non abbia il diritto di venire in quest’Aula. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Cappugi:

«gli autori di libri e testi scolastici di propaganda fascista e i docenti di scuole di mistica fascista».

(È approvato).

Passiamo all’ultimo comma del testo dell’emendamento Schiavetti:

«Sono eccettuati dalla esclusione dalla eleggibilità coloro che siano dichiarati non punibili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159».

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Per tranquillizzare i colleghi che abbiano dei dubbi, ricordo che l’ultimo capoverso è tratto dalla legge del marzo 1946. Non è dunque una cosa nuova che si afferma in questa legge.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il comma testé letto.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Vi è ora un emendamento presentato dall’onorevole Morelli Renato del seguente tenore:

«All’ultimo comma aggiungere:

«e con l’esclusione per le persone indicate ai numeri 1, 2, 3 e 8, di coloro i quali non avevano compiuto il ventunesimo anno di età al 3 gennaio 1925».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORELLI RENATO. L’emendamento aggiuntivo da me presentato vuole avere un significato morale e politico: quello della massima comprensione verso le generazioni più giovani.

La severità, che la maggioranza dell’Assemblea ha manifestato nella classifica, che abbiamo poc’anzi esaminata, dovrebbe essere attenuata nei riguardi di coloro che alla data del 3 gennaio 1925, ossia quando le pubbliche libertà furono soppresse, non avevano ancora la possibilità di un chiaro discernimento, che, potremmo dire fra parentesi, mancava anche ad altri di maggiore età i quali danno ora prova di un puritanesimo che ha il solo torto di essere postumo.

Quindi, prego l’Assemblea e la Commissione di considerare che la disposizione riguarderebbe soltanto una categoria che ha minori responsabilità ed escluderebbe coloro che sono colpiti per giudizio singolo e non per categoria indiscriminata.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. A me non pare che si possa accogliere l’emendamento dell’onorevole Morelli a meno che egli non acconsenta a modificare la data, e cioè: anziché parlare del 1925, si parli del 1939 e del 1943. Le ragioni sono evidenti.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Devo fare rilevare all’Assemblea che coloro che non avevano 21 anni o che erano intorno ai 21 anni nel 1925, dopo 20 anni – nel 1945 – potevano averne 40. È assurdo che siano meno responsabili degli altri. (Commenti al centro).

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione esprime parere contrario all’emendamento dell’onorevole Morelli, perché esso presuppone che una certa dose d’ingenuità giovanile possa perdurare nella vita col passar degli anni, anche quando si arriva ai margini della vecchiaia!

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Morelli Renato, testé letto.

(Non è approvato).

Abbiamo così concluso l’esame dell’articolo 2-bis che nel complesso risulta così approvato:

«L’articolo 1 è sostituito dal seguente:

«Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età entro il giorno delle elezioni, eccettuati i casi previsti dagli articoli 8, 9, 10 e 11 del decreto-legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui alla presente legge.

«Non sono eleggibili per cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, oltre coloro che sono stati esclusi per il medesimo periodo dal diritto elettorale attivo:

1°) gli ex membri dei direttori federali del partito nazionale fascista, eccettuati coloro che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative o assistenziali o di diritto;

2°) le ex fiduciarie o vice fiduciarie delle federazioni dei fasci femminili;

3°) gli ex segretari politici dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (censimento 1936) e le ex segretarie dei fasci femminili dei medesimi comuni;

4°) gli ex prefetti o questori nominati per titoli fascisti;

5°) gli ex moschettieri del duce e gli ex ufficiali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alle milizie ferroviaria, postelegrafonica, universitaria, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. cos., nonché alle milizie forestale, stradale e portuale;

6°) chiunque abbia ricoperto una carica politica del partito fascista repubblicano;

7°) gli ex ufficiali che abbiano prestato servizio attivo nelle forze armate della pseudo repubblica sociale, gli ex componenti delle brigate nere, delle legioni autonome e dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale;

8°) i presidi delle provincie e i podestà dei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, eccettuati i presidi e i podestà nominati dopo il 25 luglio 1943 dal Governo legittimo italiano;

9°) gli ufficiali superiori e ufficiali generali delle Forze armate dello Stato che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione e gli ufficiali di qualunque grado che, per aver cooperato dall’8 settembre 1943 con le forze armate che combattevano contro l’Italia, siano stati cancellati dai ruoli con perdita del grado;

10°) gli impiegati di pubbliche amministrazioni di grado superiore al VII dell’ordinamento gerarchico dello Stato o equiparati che, per giudizio di epurazione, siano stati dispensati dal servizio con o senza perdita del diritto a pensione;

11°) coloro che per sentenza penale o per decisione amministrativa, l’una e l’altra passate in giudicato, siano stati riconosciuti collaboratori col tedesco invasore;

12°) gli appartenenti all’O.V.R.A.;

13°) i direttori, condirettori, vicedirettori, redattori capi di giornali e riviste politiche fasciste;

14°) i commissari prefettizi preposti ai Comuni con più di 10.000 abitanti nell’ambito del cosiddetto litorale adriatico;

15°) gli autori di libri e testi scolastici di propaganda fascista e docenti di scuole di mistica fascista.

«Sono eccettuati dalla esclusione dalla eleggibilità coloro che siano stati dichiarati non punibili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 7 del decreto legislativo 27 luglio 1944, n. 159».

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 2-quater. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 9 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

  1. a) i deputati regionali o i consiglieri regionali;
  2. b) i presidenti delle deputazioni provinciali;
  3. c) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza;
  4. d) i capi di Gabinetto dei Ministri;
  5. e) l’Alto Commissario per la Sardegna, i prefetti o chi ne fa le veci, nella circoscrizione di loro competenza;
  6. f) i magistrati, eccetto quelli delle giurisdizioni superiori, i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi;
  7. g) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale.

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, in venti giorni dalla data di pubblicazione della presente legge».

PRESIDENTE, Quest’articolo, proposto dalla Commissione, considera i casi di ineleggibilità per coloro che abbiano ricoperto determinate cariche.

Gli onorevoli Mazzei e Mortati hanno proposto il seguente emendamento:

«Sopprimere le lettere a) e b)».

Si vuole, con esso, riconoscere la eleggibilità dei deputati regionali e consiglieri regionali e dei presidenti delle deputazioni provinciali. L’argomento è stato anche trattato nella seduta scorsa da altri colleghi, che hanno sollevato l’eccezione, pur senza formularla.

In attesa che l’onorevole Mazzei entri nell’Aula, l’onorevole Perassi ha facoltà di svolgere il suo emendamento, che tende a sostituire la lettera a) come segue:

«a) membri di giunte regionali».

PERASSI. Rilevo, anzitutto, che il testo della Commissione dice che non sono eleggibili i deputati regionali e i consiglieri regionali. Le due formule si equivalgono. La Commissione ha evidentemente usato le due parole, perché in una Regione attualmente i membri del Consiglio regionale si chiamano deputati, ma le due categorie sono identiche.

Ciò premesso, io pongo una questione: nella Costituzione, all’articolo 114 si dice: «Nessuno può essere contemporaneamente membro di un Consiglio regionale e di una delle Camere del Parlamento».

Questa formula sta ad indicare una incompatibilità fra i due uffici. Ora, io mi domando se, avendo la Costituzione stabilito che fra i due uffici vi è soltanto incompatibilità, si possa stabilire che la qualità di Consigliere regionale implichi la ineleggibilità a deputato. Mi pare che vi sia a questo riguardo una contraddizione. Quindi si pone, in fondo, una questione pregiudiziale.

In sede di disposizioni sulla ineleggibilità nulla esclude, invece, che si possa stabilire che sono ineleggibili i membri delle Giunte regionali, cioè i membri dell’organo esecutivo della Regione. Se l’Assemblea lo ritiene (ed io l’ho proposto) è possibile, senza contraddire a quanto è stato già stabilito nella Costituzione, stabilire per essi la ineleggibilità. Ma per i consiglieri regionali, non mi sembra possibile.

PRESIDENTE. L’onorevole Mazzei ha facoltà di svolgere il suo emendamento, testò letto.

MAZZEI. Dopo le considerazioni che ha svolto l’onorevole Perassi, io posso abbreviare di molto. In fondo, a me pareva incongruo assimilare i deputati regionali o consiglieri regionali e i presidi delle deputazioni provinciali alle altre categorie ineleggibili, che sono comprese nell’articolo 2-quater del disegno di legge della Commissione. Le altre categorie sono di tutt’altra natura, il Capo della polizia, Capo Gabinetto, l’Alto Commissario, magistrati ecc., ed evidentemente, se si concedesse l’eleggibilità a quelle categorie, si avrebbe oltre tutto un danno grave per l’Amministrazione pubblica. Viceversa, nel caso dei membri di Assemblee locali, non è questa la ragione che può suggerire l’opportunità di considerarli ineleggibili. Mi pare quindi molto saggia la proposta che ha fatto l’onorevole Perassi, nel senso cioè che, se si vuole proprio considerare come un impedimento l’eventuale esercizio da parte di deputati regionali di funzioni esecutive agli effetti della eleggibilità alla Camera legislativa, l’ineleggibilità si potrebbe limitare solo ai membri di Giunte regionali. Ma è da escludere la ineleggibilità per coloro che sono semplici membri di Assemblee locali, perché a questa stregua si verrebbe a contraddire una vecchia prassi democratica, per cui le Assemblee locali sono un po’ anche la palestra attraverso la quale si formano gli uomini che dovranno poi essere i rappresentanti nelle Assemblee legislative nazionali.

Mi pare quindi che le due cose siano da distinguersi e che questi due casi siano chiaramente dei casi di incompatibilità.

Mi associo quindi alla proposta che ha fatto l’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Candela, Bellavista, Martino Gaetano, Rubilli, Tripepi, Miccolis, Rodi, Mastrojanni, Maltagliati e Musotto hanno presentato il seguente emendamento:

«Alla fine dell’articolo 2-quater aggiungere:

«I deputati alla Costituente che siano pure deputati regionali dovranno dimettersi dalla carica regionale all’atto del deposito delle liste dei candidati alla Camera dei deputati».

L’onorevole Candela ha facoltà di svolgerlo.

CANDELA. Credo che sia abbastanza chiaro, e rinuncio a svolgerlo.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Credo che l’osservazione che ha fatto l’onorevole Perassi sia esatta, perché effettivamente l’articolo 114 della Costituzione stabilisce espressamente che nessuno può essere contemporaneamente membro di un Consiglio regionale e di una Camera del Parlamento o di altro Consiglio regionale. Evidentemente si tratta di una vera e propria incompatibilità. Su questo punto mi pare che sia giusta l’osservazione dell’onorevole Perassi. Noi dovremmo dichiarare che i deputati regionali non sono ineleggibili, ma diventano incompatibili allorquando siano diventati deputati. Mi pare quindi esatta l’interpretazione dell’onorevole Perassi, e quinci io concordo con quel suo criterio, che cioè per questi deputati regionali sia dichiarata l’incompatibilità della loro funzione con quella di deputato, e che ci sia la possibilità di optare, una volta nominato deputato, per l’una e per l’altra.

Si presenta però al nostro esame la situazione attuale.

La situazione attuale porta alla discussione se i deputati regionali, vale a dire i nostri colleghi deputati alla Costituente, che sono anche deputati regionali nella Sicilia, abbiano la possibilità di essere eleggibili; se noi dicessimo incompatibili, tutto andrebbe bene e non vi sarebbe bisogno di fare eccezioni. Ma siccome a questi nostri colleghi, che si trovano in condizione di incompatibilità, questa non è stata loro applicata, perché non è ancora andata in attuazione la disposizione tassativa stabilita nella Costituzione, mi pare che possiamo fare un’eccezione, e considerare valido il fatto che non si siano dimessi da deputati regionali, pur rimanendo deputati alla Costituente. È evidente per me che, se ci sarà la proroga della Costituente, i ricordati nostri colleghi potranno rimanere tanto deputati regionali che deputati della Costituente, fino al momento della presentazione delle liste. Questo mi pare che possa accogliersi dall’Assemblea.

Comunque io esprimo la mia opinione personale, perché ho rilevato che qui c’è proprio un errore di carattere costituzionale e che le osservazioni fatte dall’onorevole Perassi dal punto di vista costituzionale e quindi dal punto di vista giuridico sono esatte. Io ho insistito genericamente, perché tutti i casi di ineleggibilità che sono contemplati in questo articolo fossero trasformati in categorie di incompatibilità.

Per quanto si riferisce ai presidi del Consiglio provinciale e ai sindaci di capiluoghi di provincia, la Commissione ha ritenuto che si debba mantenere la ineleggibilità, perché i presidi delle provincie ed i sindaci dei capiluoghi di grandi comuni, per l’influenza che hanno per l’esercizio delle loro mansioni esecutive nell’ambito della provincia e nell’ambito dei Comuni, possono, dirò così, essere in una situazione privilegiata di fronte ad altri candidati che non sono investiti di poteri amministrativi esecutivi. Per queste ragioni dobbiamo mantenere ferma la proposta, perché la Commissione così ha deliberato, salvo, si intende, l’approvazione dell’Assemblea. Il concetto generale è questo: che tutti coloro che sono investiti di poteri esecutivi e amministrativi siano «ineleggibili» alla carica di deputato e non «incompatibili»; perché l’esercizio della loro funzione può esercitare una influenza sul corpo elettorale.

Per queste ragioni anche nelle precedenti leggi queste cariche davano luogo ad «ineleggibilità» e non ad «incompatibilità».

Per quel che si riferisce invece al resto dell’articolo, mi pare che non avrei nulla da aggiungere, salvo a vedere gli emendamenti che mano a mano il Presidente crederà di porre in votazione.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Signor Presidente, io non riesco a rendermi conto di quanto hanno sostenuto gli onorevoli Perassi e Mazzei ed il Presidente della Commissione. Io non vedo perché ci sia o ci debba essere contrasto fra l’espressione «incompatibilità» e l’espressione «ineleggibilità». Mi riferisco al comma a) di questo articolo. Il fatto che la Costituzione sancisca l’incompatibilità non mi pare debba significare che noi non possiamo dichiarare la ineleggibilità, in quanto la ineleggibilità non contrasta con la incompatibilità. Non vedo, in altri termini, il contrasto fra la norma che siamo chiamati a votare e la Costituzione che già abbiamo approvata.

Qui la questione è un’altra, e va posta a parer mio sul terreno morale. Non mi sembra morale che i deputati regionali siano autorizzati a presentare la candidatura per il Senato o per la Camera, senza aver prima presentato le proprie dimissioni da deputato regionale. Perché in questo modo si può consentire che venga tentata l’avventura. Se l’avventura ha esito felice, allora si opta per la Camera (o per il Senato); se ha esito infelice, si continua ad esercitare la propria attività di deputato regionale.

Mi sembra che sul terreno della morale sia opportuno stabilire nella legge elettorale che debbano considerarsi non solo incompatibili, ma ineleggibili i deputati regionali. (Approvazioni – Commenti).

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Avevo una questione pregiudiziale: vorrei richiamare ancora l’attenzione dell’Assemblea su di essa.

L’onorevole Martino non ha creduto che le mie osservazioni fossero fondate, mentre la Commissione sì. Comunque, esiste questo problema: se l’articolo 114 della Costituzione, avendo contemplato soltanto una incompatibilità fra la qualità di deputato e la qualità di consigliere regionale, consenta che in sede di legge si stabilisca invece la ineleggibilità dei consiglieri regionali. Questo è problema di ordine giuridico che occorre risolvere prima, prescindendo dalle questioni di merito e di opportunità.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Ministro di grazia e giustizia. Non c’è dubbio che la disposizione approvata in tema di Costituzione costituisce una incompatibilità tra membro della deputazione regionale e delle Assemblee legislative.

Tale incompatibilità è evidente. In ogni modo bisognerebbe su questo punto, come dice l’onorevole Perassi, stabilire un articolo chiaro in sede di legge elettorale, perché tale principio costituzionale vi venga trasfuso. Si potrebbe andare anche oltre, forse. La prima proposta della Commissione era di dichiarare la ineleggibilità; può darsi che non ci sia contraddizione e che si possa fare. Lasciando all’Assemblea piena libertà bisogna tener presente che lo scopo della ineleggibilità è diverso di quello della incompatibilità. Questa si riferisce alla impossibilità di esercitare contemporaneamente due uffici, per i quali si può essere eleggibili. L’ineleggibilità, invece è cosa diversa: si ritiene che un funzionario, per l’attività che esercita, possa essere ineleggibile in quella determinata circoscrizione. È lo stesso principio sancito nella legge sulla Costituente per alcune categorie di funzionari, che erano eleggibili in se stesse, ma non eleggibili in quella determinata circoscrizione. Potremmo pensare alla eventualità di dichiarare ineleggibile chi ha esercitato un importante ufficio nella stessa zona, nella quale si appella al popolo per avere il suffragio.

In altri termini, vogliamo che nessuna influenza dell’ufficio regionale possa esercitarsi sulla elezione del deputato all’Assemblea legislativa? Questo è il quesito; se lo volete risolvere nel senso classico, dovete dichiarare la ineleggibilità. Altrimenti, potete dichiarare che i due uffici siano eventualmente incompatibili.

A nome del Governo, per dare una serietà alle future Assemblee legislative e per staccarle da quelle regionali, prego di dichiarare la ineleggibilità. (Applausi).

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Desidero aggiungere qualche cosa. La Commissione si è divisa su tale questione. Tutte le volte che ci si è trovati di fronte alla possibilità che l’esercizio di determinate funzioni o l’uso di determinate concessioni od autorizzazioni potessero avere influenza elettorale nella elezione del titolare, si è affermato un principio di ineleggibilità.

Pur rispettando l’opinione dei colleghi che affermano il criterio della incompatibilità, personalmente ritengo che sarebbe bene affermare quello della ineleggibilità.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Ritengo che si possano conciliare le due tesi in questo senso: dichiarare la ineleggibilità dei deputati provinciali e regionali nelle circoscrizioni, in cui essi esercitano il loro mandato. Resterebbe poi la incompatibilità derivante dall’articolo 114 della Costituzione.

MAZZEI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZEI. Il punto è questo; l’onorevole Perassi ha proposto una questione pregiudiziale, dalla quale evidentemente non ci possiamo spostare.

Non possiamo entrare nel merito, se non dopo aver risolta la questione pregiudiziale: l’articolo 114 della Costituzione parla di incompatibilità; ora la incompatibilità implica la eleggibilità. Ed allora, noi in sede di legge elettorale possiamo contraddire al testo della Costituzione? Questa è la questione pregiudiziale, sulla quale l’Assemblea si deve pronunziare. Nel merito poi vedremo come fare.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Come membro della Commissione e come componente dell’Assemblea dichiaro che voterò per l’ineleggibilità. C’è un punto, mi pare, non toccato finora. Cioè che i deputati della Regione Siciliana esercitano, così come sono configurati nel nuovo ordinamento dello Stato, disgraziatamente – e dico «disgraziatamente» perché sono antiregionalista – poteri normativi. Non si può partecipare ad un’Assemblea che esercita potere normativo e poi partecipare ad altre; e così non si può essere deputato e senatore, o deputato dell’Assemblea regionale e del Parlamento. (Commenti al centro).

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Non voglio ripetermi: la questione è puramente giuridica. Riconfermo che avendo l’articolo 114 stabilita l’incompatibilità, è ora impossibile, a mio avviso, stabilire l’ineleggibilità. (Interruzione del deputato Candela). Non facciamo confusioni: una cosa è ineleggibilità ed un’altra è incompatibilità. Io pongo alla Commissione questa domanda; se essa ha ritenuto di mettere fra gli ineleggibili, per ragioni che ignoro, i consiglieri regionali, perché non ha messo fra gli ineleggibili anche i senatori? Anche per l’ufficio di deputati e quello di senatori vi è incompatibilità, ma il senatore è eleggibile deputato come il deputato è eleggibile senatore. (Commenti).

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILI TITO ORO. Se non ho mal compreso, l’onorevole Grassi ha giustificate le ragioni di ineleggibilità di coloro che rivestano carica di presidente di deputazione provinciale o di sindaco di città capoluogo di provincia, anche con la influenza che essi potrebbero esercitare sul corpo elettorale della circoscrizione. Non so se sia proprio questo il pensiero dell’onorevole Grassi.

PRESIDENTE. Questo è il pensiero espresso da tutti!

NOBILI TITO ORO. Se così è, sarà ammesso che l’ineleggibile faccia parte della lista elettorale presentata al suffragio degli elettori? E se questo sarà permesso, quale sarà la condizione di coloro che partecipano alla lista nella quale è escluso l’ineleggibile? (Commenti).

Occorre avvertire, anche se questo criterio di ineleggibilità appaia proprio generalmente condiviso, che esso appariva bene giustificato rispetto al sistema di elezione a collegio uninominale, ma è da dubitare fortemente che lo sia altrettanto nel sistema elettorale a scrutinio di lista col metodo proporzionale in circoscrizioni a base regionale, nelle quali l’autorità e l’influenza locale propendente da cariche del genere si disperdono e non bastano più da sole a determinare il successo. È vero che nella legge elettorale del 1919 le due cause di ineleggibilità furono tuttavia comprese; ma è altrettanto vero che il loro mantenimento nel nuovo sistema fu aspramente criticato, e si finì per considerarlo come effetto di sbadataggine, desunta anche dal fatto che la ineleggibilità non fu estesa agli altri partecipanti alla lista che, vero il presupposto, avrebbero potuto impunemente beneficiare della influenza esercitata dall’ineleggibile.

Questo rilievo persuase la Giunta delle elezioni del 1921 a convalidare l’elezione del sottoscritto, che era sindaco di Terni, e quelle dei compianti onorevoli Noseda, Innamorati e Mastracchi, sindaci rispettivamente di Como, di Foligno e di Catanzaro. Considerò la Giunta, che per le su esposte ragioni si dovesse escludere la ineleggibilità e pensare piuttosto a una condizione di incompatibilità, che era stata nella specie rimossa dalle dimissioni, seguite, bensì, fuori del termine della legge, ma prima delle elezioni. D’altra parte la legge non prevedeva il controllo della eleggibilità dei componenti la lista come condizione per l’ammissione della medesima al suffragio elettorale.

Tutto ciò m’è sembrato che fosse utile ricordare, perché, anche se tali cause di ineleggibilità si vogliano conservare, non si manchi di disporre che il controllo delle condizioni di eleggibilità sia eseguito dall’ufficio che esamina preventivamente la regolarità delle liste da ammettere all’esperimento elettorale, pena la estensione della sanzione a tutti quanti fanno parte della lista in cui sia compreso un ineleggibile per una delle dette cause. (Interruzione del deputato Candela).

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Vorrei dare un chiarimento. Non vorrei sbagliarmi, ma le Commissioni che sono incaricate di ricevere le liste possono scartare tutti i casi di ineleggibilità previsti dalla legge.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione, comma per comma. Pongo in votazione la formulazione Perassi, in sostituzione della lettera a): «membri di Giunte regionali».

(Non è approvata).

Pongo in votazione l’alinea a) nel testo della Commissione: «Non sono eleggibili: a) i deputati regionali o i consiglieri regionali».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Corbino: «Nella circoscrizione di loro competenza».

(Non è approvato).

Passiamo alla lettera b):

«i presidenti delle deputazioni provinciali».

COPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COPPI. Non abbiamo ancora deciso quale dovrà essere l’ordinamento della provincia; ora, come possiamo prendere una decisione di questo genere, quando non sappiamo se domani avremo o no la provincia?

PRESIDENTE. Onorevole Coppi, allo stato dei fatti, al momento delle elezioni imminenti, certamente esisteranno dei presidenti di deputazioni provinciali. Questa non è una legge eterna, ma regola le prossime elezioni.

Pongo ai voti la formulazione della lettera b), avvertendo che è stata presentata proposta soppressiva:

«I presidenti delle deputazioni provinciali».

(È approvata).

Onorevoli colleghi, per questa lettera b) vale anche l’emendamento dell’onorevole Corbino…

CORBINO. Vi rinunzio, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevole Persico, lei ha presentato con gli onorevoli Bianchi Bianca, Miccolis, D’Amico, Puoti, Rodinò Mario, Cannizzo, Lussu, Coppa, Caporali, Salerno, Bassi, Abozzi, Filippini il seguente emendamento, già svolto:

«Alla fine della lettera a) aggiungere: ad eccezione per i deputati alla Costituente che rivestano anche la qualità di deputati regionali. Essi potranno porre la loro candidatura alla Camera dei deputati senza preventiva rinunzia alla qualità di deputati regionali. In caso di elezione alla Camera dei deputati, dovranno optare per la carica prescelta entro i cinque giorni dalla convalida della loro elezione. In mancanza di tale opzione si farà luogo alla dichiarazione di decadenza per incompatibilità».

PERSICO. Lo ritiro perché ve n’è un altro simile, a cui potrei associarmi.

PRESIDENTE. Vi sono ora i seguenti emendamenti già svolti:

«Aggiungere:

«c) i sindaci dei capoluoghi di provincia».

«Mastrojanni, Miccolis, Tripepi, Venditti».

«Aggiungere:

«e) i sindaci dei capoluoghi di provincia».

«Covelli, Condorelli, Targetti, Amadei, Schiratti».

LCGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Il nostro Gruppo sarebbe favorevole a votare per l’incompatibilità tra la carica di sindaco di un grande centro e la carica di deputato. Ci sembra assurdo votare per l’ineleggibilità, soprattutto quando è introdotto il limite dei capiluoghi di provincia, mentre vi sono città che hanno importanza maggiore dei capiluoghi di provincia.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Però si possono dimettere.

LACONI. Questo non è un argomento, perché il fatto che si possono dimettere vale per tutti.

Noi proporremmo che si votasse contro questa proposta. Nel caso che questa proposta venisse respinta, noi ci riserveremmo di presentare una proposta tendente ad introdurre il criterio della incompatibilità.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Mastrojanni, Covelli, e altri accettati dalla Commissione.

«I sindaci dei capoluoghi di provincia».

(È approvato).

Pongo in votazione la lettera c):

«il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza».

(È approvata).

Passiamo alla lettera d):

«i capi di Gabinetto dei Ministri».

L’onorevole Nobile propone di aggiungere: «e i capi delle segreterie particolari». L’onorevole Nobile ha facoltà di svolgere la sua proposta.

NOBILE. Mi sembra che non occorra svolgere questo emendamento. Accanto ai Gabinetti dei Ministri, in questi ultimi anni, hanno preso importanza le segreterie particolari dei Ministri, ed io sono convinto che, attraverso le segreterie particolari, si può agire elettoralmente altrettanto bene e forse meglio che non attraverso i Gabinetti.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il suo parere.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Per la forma, vorrei notare che nella legge non esistono i capi delle segreterie particolari; esiste semplicemente il segretario particolare del Ministro.

Per la natura di questa carica, la Commissione è contraria all’emendamento Nobile.

NOBILE. Ritiro l’emendamento; però, confermo che esistono oggi, presso i Ministeri, i capi delle segreterie particolari.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la lettera d):

«i capi di Gabinetto dei Ministri».

(È approvata).

Passiamo alla lettera e):

«l’Alto Commissario per la Sardegna, i prefetti o chi ne fa le veci, nella circoscrizione di loro competenza».

L’onorevole Mortati, ha proposto di aggiungere:

«il Commissario dello Stato nella Regione siciliana».

L’onorevole Nobile, ha proposto di sopprimere le parole:

«nella circoscrizione di loro competenza».

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Io mi sono fermato sulle parole «Alto Commissario per la Sardegna». Perché non anche tutti gli Alti Commissari, che possono influire sui risultati elettorali? (Commenti).

Io proporrei di dire: «gli Alti Commissari, i prefetti, ecc.».

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Allora anche i Ministri e i Sottosegretari. (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Nobile ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

NOBILE. Onorevole Presidente, non arrivo a comprendere come possa un prefetto in attività di servizio a Roma, putacaso, essere candidato a Catanzaro, o a Palermo in tempo di elezioni.

A me pare che in tempo di elezioni un prefetto abbia l’obbligo di restare nella sua provincia.

Ecco perché penso che i prefetti non possano essere eleggibili finché siano in attività di servizio.

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, c’è l’ultimo comma dell’articolo che stiamo discutendo il quale dice:

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

NOBILE. Onorevole Presidente, la sua osservazione avvalora la mia tesi. Appunto perché v’è l’ultimo comma, un prefetto in attività di servizio deve essere dichiarato ineleggibile. Se egli vuol presentarsi candidato, non ha altro da fare che farsi dispensare dal servizio attivo tre mesi prima dell’elezione. Il suo argomento, che è anche quello espostomi poco fa dell’onorevole Scoccimarro, giuoca, quindi, in favore della mia tesi.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Accogliamo l’emendamento dell’onorevole Mortati, in quanto pensiamo che il Commissario dello Stato per la Sicilia abbia funzioni di prefetto: gli altri no.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevole Miccolis, conserva il suo emendamento?

MICCOLIS. Lo conservo.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Vorrei fare una dichiarazione relativa tanto alla lettera e), quanto alla lettera f), rispetto a quella parte comune che dice testualmente: «nella circoscrizione di loro competenza». Tanto per i magistrati, quanto per i funzionari superiori della pubblica amministrazione, quanto per quelli della pubblica sicurezza, noi siamo favorevoli a stabilire l’esclusione dalle elezioni senza alcuna limitazione. (Commenti).

Noi voteremo cioè sia contro l’inciso della lettera f): «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori», sia contro l’inciso: «nella circoscrizione di loro competenza».

A noi pare, infatti, che sarebbe assurdo dichiarare eleggibili coloro che non possono essere iscritti a partiti politici. Se fosse stato schiettamente sancito, come noi proponevamo, che i funzionari di pubblica sicurezza e i magistrati possano essere iscritti a partiti politici, l’eleggibilità ne sarebbe discesa naturalmente; ma poiché così non si è voluto stabilire, stante il fatto che, con la proporzionale, non si può essere presentati candidati se non attraverso una lista politica, ci sembra che sarebbe un’incongruenza ammettere la eleggibilità.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Onorevole Presidente, io ho votato nel senso della premessa dell’onorevole Laconi, ma non mi sento di arrivare alla conseguenza che egli trae, e pertanto, illudendomi almeno di essere più coerente, dichiaro che voterò per l’eleggibilità. (Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell’emendamento dell’onorevole Miccolis, sostitutivo della lettera e), che la Commissione non accetta:

«gli Alti Commissari regionali».

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Osservo questo: che se noi facciamo una legge elettorale che non valga soltanto per la prima elezione della futura Camera, se cioè questa legge elettorale ha valore anche per l’avvenire, bisogna evidentemente tener conto dell’articolo 116 della Costituzione, che parla di Commissari del Governo. E allora bisognerebbe dire che i Commissari del Governo non sono eleggibili.

Se invece si ritiene che questa legge abbia un valore provvisorio, limitato alla prossima Camera, allora bisogna adottare la dizione: Alto Commissario per la Sardegna e Commissario dello Stato per la Sicilia, che sono i due unici Alti Commissari regionali esistenti.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Vorrei proporre che su ciò che non esiste ancora non si legiferi, siccome oggi i Commissari regionali non esistono, ci pare superfluo fare una norma che li riguardi.

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Debbo insistere sulla formula generale, in quanto nel testo della Commissione non è compreso il Commissario dello Stato per la Sicilia.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. È una dimenticanza, lo aggiungiamo, aderendo alla proposta Mortati.

PRESIDENTE. Onorevole Miccolis, praticamente la Commissione, accettando l’emendamento dell’onorevole Mortati, indica in questo comma ciò che esiste. Sta di fatto che abbiamo un Alto Commissario per la Sardegna e poi un Commissario dello Stato nella Regione siciliana.

MICCOLIS. Aderisco all’emendamento Mortati.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo allora in votazione le seguenti parole della lettera e):

«l’Alto Commissario per la Sardegna»

(Sono approvate).

Pongo ora in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Mortati, a cui ha aderito l’onorevole Miccolis, e che è stato accettato dalla Commissione:

«il Commissario dello Stato nella Regione siciliana».

(È approvato).

Pongo in votazione le parole:

«i prefetti e chi ne fa le veci».

(Sono approvate).

Ed infine, pongo in votazione la formulazione conclusiva, di cui l’onorevole Nobile ha proposto la soppressione:

«nella circoscrizione di loro competenza».

(Non è approvata).

Passiamo alla lettera f):

«i magistrati, eccetto quelli delle giurisdizioni superiori, i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi».

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Chiedo che sia votato per divisione in questo senso: cioè che siano votati a parte gli incisi: «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori» e «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi dei quali chiede la soppressione».

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Noi votiamo contro la proposta soppressiva dell’onorevole Laconi in quanto le precisazioni addotte dal collega non ci hanno persuaso. Innanzitutto perché è una legge – a quanto ha dichiarato la Commissione – che deve valere soltanto una volta, e per ora non v’è alcuna norma che proibisca ai magistrati di iscriversi ai partiti politici. Dal punto di vista della sostanza non vi è il collegamento prospettato dall’onorevole Laconi, in quanto potrebbero i magistrati entrare nella lista come indipendenti.

LAGRAVINESE PASQUALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAGRAVINESE PASQUALE. Faccio osservare che v’è un’espressione pleonastica: «i viceprefetti», dal momento che nella lettera precedente abbiamo già votato: «il prefetto e chi ne fa le veci».

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione per divisione. Rammento che l’onorevole Laconi propone la soppressione di due incisi, quello che si riferisce ai magistrati, e precisamente «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori»; e poi quello che si riferisce, oltre che ai magistrati, anche ai viceprefetti e funzionari di pubblica sicurezza, cioè: «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi».

Pongo in votazione le parole:

«I magistrati».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole di cui l’onorevole Laconi ha proposto la soppressione:

«eccetto quelli della giurisdizione superiore».

(Dopo prova e controprova, non sono approvate).

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Io faccio distinzione fra funzionari di pubblica sicurezza e viceprefetti, e chiedo che si voti per divisione anche in questo caso.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione le parole:

«i viceprefetti».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«e i funzionari di pubblica sicurezza».

(Sono approvate).

Passiamo ora all’ultima parte di questa lettera, della quale l’onorevole Laconi chiede la soppressione:

«nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Credo di interpretare il pensiero della Commissione insistendo perché questa formulazione, semplicemente limitativa per la circoscrizione nella quale esercitano la loro funzione, sia mantenuta, ché altrimenti creeremmo l’ineleggibilità per tutti i magistrati. (Interruzioni a sinistra).

Fino a tanto che noi facciamo delle limitazioni nella circoscrizione dove esercitano le loro funzioni, io capisco e comprendo che questo sia fatto ma non arrivo a capire per quali ragioni, per quali demeriti i magistrati che non esercitano la loro funzione in una determinata circoscrizione possano essere ineleggibili.

A proposito poi dei partiti, bisogna tener presente – e io sono uno di coloro che difendono i partiti – che vi sono dei funzionari che non appartengono a nessun partito e possono meritare di essere eletti. (Commenti a sinistra).

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Osservo che avendo l’Assemblea approvato di sopprimere l’inciso: «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori» dalla norma che resta nel testo attuale si desume che sono ineleggibili tutti i magistrati «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi». Dal che consegue che un magistrato di Cassazione con la sua esperienza non potrà presentarsi come candidato, perché ineleggibile, e viceversa un giovane pretore potrà presentarsi alle elezioni. Questa è una incongruenza che dovrà essere eliminata.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Non v’è che un rimedio, ed è la sollecita applicazione delle Cassazioni regionali. (Si ride).

PRESIDENTE. Comunico che è stata chiesta la votazione per appello nominale, su questa ultima parte della lettera, dagli onorevoli Bertola, Benvenuti ed altri.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Prima di procedere ad un appello nominale io credo che sia necessario invitare la Commissione a proporre una formula che risolva l’incongruenza da me denunziata.

PRESIDENTE. Non è per oppormi alla sua proposta, ma non vedo proprio in che modo la Commissione potrebbe trovare una formula la quale, salvando ciò che è stato già votato, eviti che con la nuova votazione, se per ipotesi desse un certo risultato, si ottenesse quello che lei teme.

CLERICI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLERICI. Osservo che, quando voteremo l’ultimo capoverso: «Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali», potremo aggiungere che per i magistrati della Cassazione, della Corte dei conti e del Consiglio di Stato basta la sospensione dall’ufficio. In sostanza si chiede di essere posti in aspettativa. Questa potrebbe essere una formula che salverebbe tutto, e che l’onorevole Morelli potrebbe accettare.

MORELLI RENATO. Accetto.

PRESIDENTE. Desidero chiarire ancora una volta il valore di questa votazione. L’Assemblea ha votato l’ineleggibilità dei magistrati; adesso dovrebbe votare un inciso che dice: «nelle circoscrizioni di competenza di ciascuno di essi». Votando la ineleggibilità per tutti i magistrati, l’Assemblea evidentemente ha votato anche per i magistrati delle magistrature superiori; votando ora l’inciso, «nelle circoscrizioni di competenza di ciascuno di essi», per quei magistrati che hanno una competenza su tutto il territorio nazionale evidentemente l’ineleggibilità è assoluta. In sostanza: la Cassazione è unica; un magistrato di Cassazione sarà ineleggibile per tutto il territorio. Un pretore invece sarà ineleggibile solo in quella circoscrizione di sua competenza. La proposta soppressiva eviterebbe questa disparità di trattamento fra i magistrati della Corte di cassazione e gli altri che hanno circoscrizioni più limitate, lasciandoli tutti nella stessa condizione di ineleggibilità.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Ho l’impressione che in questa questione non si abbia, almeno da parte di alcuni di noi, l’esatta sensazione di quello che stiamo votando. A me è parso che l’osservazione dell’onorevole Morelli sia di una grande importanza, e credo che la richiesta di appello nominale era diretta a che fosse mantenuta l’ultima parte dell’articolo.

Nonostante la votazione avvenuta si potrebbe sempre dire questo: siccome il divieto vale per la eleggibilità nell’ambito della circoscrizioni, e siccome i magistrati superiori non hanno una propria circoscrizione, sono eleggibili.

Quando la legge parla di circoscrizione intende sempre una parte limitata del territorio dello Stato. Perciò non si può parlare di circoscrizioni per quelle magistrature centrali che giudicano senza averne una. Ad ogni modo mi corre l’obbligo di ricordare che se diversa fosse l’interpretazione da dare, noi staremmo votando una norma opposta a quella finora esistita, poiché nelle leggi elettorali varie che si sono succedute nel nostro Paese dall’epoca dall’unificazione in poi è stata sempre esclusa la ineleggibilità per quanto si riferisce ai magistrati dei gradi più elevati, sia della magistratura ordinaria, sia del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Fino all’avvento del fascismo era sancita la ineleggibilità per gli altri impiegati, ma non esisteva per gli alti magistrati. Ora, mi sembra strano che in questo momento si voti senza una preparazione adeguata, una norma di tanta importanza che capovolge la situazione.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Il dubbio che io avevo ritenuto doveroso sollevare mi pare risolto dall’emendamento Clerici. E d’altra parte, interpretando ormai – credo – il sentimento di quasi tutti i Gruppi, ritengo che possiamo votare l’emendamento Clerici non come aggiuntivo all’ultimo comma, ma insieme con l’ultima parte della lettera f); vale a dire che l’Assemblea, nel votare questa limitazione della «circoscrizione di competenza di ciascuno di essi», è sicura di votare l’eccezione che riguarda i magistrati di Cassazione. Se onorevole Clerici accetta farei questa proposta.

CLERICI. Accetto.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Mi sembra opportuno esprimere il mio dissenso dall’interpretazione data dal Presidente circa il significato da attribuire alla frase: «circoscrizione di competenza di ciascuno di essi». In relazione alla votazione precedente che aveva approvato l’eliminazione dell’inciso: «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori», il Presidente ha osservato che in presenza di essa l’approvazione della formula «circoscrizione di competenza di ciascuno di essi» porterebbe alla conseguenza che i magistrati, dei supremi consessi giudiziari, avendo una circoscrizione estesa a tutto il territorio dello Stato, sono da includere fra gli ineleggibili.

Questa interpretazione mi sembra incompatibile con il significato sempre attribuito all’espressione in parola dalle leggi precedenti e contraria anche all’intenzione di chi ha redatto il progetto, come si può desumere dal confronto con gli altri commi, o con gli altri casi della stessa lettera f), i quali tutti si riferiscono a funzionari che hanno circoscrizione limitata a singole parti del territorio nazionale. Quando si è voluto sancire, per certe categorie di funzionari, l’ineleggibilità, all’infuori del loro ambito di competenze, o per funzionari che non hanno uffici territoriali, si è considerata a parte, come per il capo della polizia.

Quindi io penso che se dovesse essere approvato questo inciso e quindi respinto l’emendamento Laconi, ne dovrebbe conseguire necessariamente l’eleggibilità dei magistrati superiori della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti secondo del resto la tradizione costante del nostro diritto elettorale, che ha sempre eccettuato costoro dalle categorie degli ineleggibili. Tale eccettuazione ha un ovvio fondamento razionale, perché l’estensione dell’ambito di competenza a tutto lo Stato esclude la possibilità per organi giurisdizionali di esercitare un’influenza penetrante su singoli nuclei del corpo elettorale, che è la ragione della ineleggibilità.

Altrimenti, per coerenza logica, si dovrebbero escludere altre categorie di funzionari che, anch’essi forniti di competenza non limitata territorialmente, sono per la natura dei loro compiti suscettibili di influire, ben più efficacemente dei magistrati, sugli elettori. Si pensi per esempio ai direttori generali.

La nostra votazione su questo punto dovrebbe avere questo significato: di interpretare quella precedente, e di chiarire pertanto che la eliminazione della frase che eccettua i magistrati dei corpi supremi ha avuto il solo scopo di affermare la superfluità della disposizione. Questa interpretazione appare tanto più accettabile quando si pensi che, allorché si votava su questo inciso, si aveva presente il testo dell’articolo, che riferiva la disposizione votata alle circoscrizioni territoriali, cioè ipotizzava casi di funzionari forniti di competenza limitata nel territorio, il che rendeva implicita l’esclusione dei magistrati superiori dalla regola della ineleggibilità.

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Desidero rilevare che, ove fosse approvato l’ultimo comma, l’inconveniente lamentato sarebbe eliminato. L’ultimo comma infatti dice: «Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima dalla data del decreto di convocazione dei comizi elettorali». Quello che abbiamo votato si riduce a questo: che i magistrati dell’ordine superiore devono fare quello che deve fare un presidente di tribunale o pretore: rinunziare alla funzione entro novanta giorni dalla data di convocazione dei comizi o, per la prima volta, entro venti giorni dalla pubblicazione della presente legge.

Non mi pare che l’inconveniente rilevato sia insuperabile, perché sarebbe invece superato con l’approvazione dell’ultimo comma.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Per rendere più armonica la disposizione, penso che dovrebbe essere soppresso l’inciso «circoscrizione di competenza». Poiché abbiamo Votato la soppressione della formula «eccetto quelli delle giurisdizioni superiori» accade che il magistrato superiore deve completamente cessare dalla funzione novanta giorni prima, normalmente, o venti giorni per questa prima elezione, mentre il magistrato inferiore potrebbe cessare dalla funzione nella propria circoscrizione ed esercitarla fuori di essa; avrebbe cioè questo vantaggio sul magistrato superiore.

Riprendendo la proposta Laconi, sopprimerei l’inciso «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi»; tutti i magistrati sarebbero così posti sullo stesso livello, in quanto che tutti dovrebbero cessare dalla loro funzione; e la contraddizione non vi sarebbe più.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Morelli Renato propone la seguente formulazione:

«nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi, per i magistrati della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti cessa l’ineleggibilità con la domanda di aspettativa presentata nel termine di novanta giorni».

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Mi parrebbe, dal punto di vista della tecnica, che questo inciso, il quale mette in una situazione di favore i magistrati superiori, debba essere votato con l’ultimo comma, dove si parla delle cause che fanno venir meno le ragioni di ineleggibilità.

PRESIDENTE. La ragione per cui si chiede da alcuni colleghi la votazione in uno stesso testo è appunto quella di avere la sicurezza che, approvando la prima parte, sia approvata anche la seconda.

CLERICI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLERICI. Credo che dire: «nel termine di novanta giorni» potrebbe creare equivoco. Si dovrebbe dire per questa categoria: all’atto della accettazione della candidatura, la quale – come la legge dice – deve essere accettata. Pertanto proporrei questa formula: «prima dell’accettazione della candidatura debbono essere in stato di aspettativa», trascurando i novanta giorni.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Chiedo che si voti per divisione, perché ritengo che la seconda parte proposta dall’onorevole Morelli Renato trovi più propriamente posto nell’articolo 8, anziché in questa sede.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Mi pareva che il Presidente avesse interpretato esattamente la mia intenzione. In realtà votando insieme l’emendamento e la fine dell’articolo stabiliamo la connessione; nessuno impedirà al Comitato di redazione di dare all’articolo una forma più razionale.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Per usare a tutti i magistrati lo stesso trattamento bisognerebbe sopprimere l’inciso: «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi», perché questo pone i magistrati inferiori in posizione di vantaggio di fronte agli altri magistrati, perché per i primi basterebbe che cessassero dalle funzioni nella circoscrizione di propria competenza, mentre potrebbero continuare ad esercitarla in altre circoscrizioni, mentre gli alti magistrati sarebbero costretti a cessare completamente. Pertanto, ripeto, propongo che si sopprimano le parole: «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi» e si sancisca che per tutti i magistrati la condizione è questa: che cessino realmente dalle loro funzioni all’atto dell’accettazione della candidatura, oppure venti giorni prima. Ma è bene che tutti i magistrati siano posti nelle stesse condizioni.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Sull’appartenenza ai partiti politici dei magistrati la maggioranza dell’Assemblea si schierò contro e stabilì: i magistrati non debbono appartenere ai partiti politici. Io, che allora ero di avviso contrario, ora, logico, dico: se non debbono appartenere a nessun partito non possono nemmeno essere candidati, perché è evidente che un magistrato se vuol diventare deputato o consigliere regionale deve essere messo nella lista di un partito.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Poiché si tratta di concludere, la Commissione farebbe una proposta concreta: bisogna separare la posizione dei magistrati da quella dei vice prefetti e dei funzionari di pubblica sicurezza in rapporto al problema della circoscrizione di competenza. Per i magistrati si può sopprimere la circoscrizione di competenza e rimane la norma che entro novanta giorni – o venti giorni per la prossima legislatura – prima della presentazione della candidatura devono cessare dalle loro funzioni. Per i vice prefetti e funzionari di pubblica sicurezza rimane la norma relativa alla circoscrizione di competenza.

Devo inoltre aggiungere che in altri punti della legge per i funzionari dello Stato è stato accettato il criterio del congedo straordinario invece dell’aspettativa. Per uniformità, sarebbe bene che lo stesso concetto fosse adottato anche in questo caso.

Quindi, proporremmo che per i magistrati si togliesse, come propone l’onorevole Gullo, l’inciso «nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi», e tutti possono essere eletti quando esistano le condizioni indicate nell’ultimo comma.

Per i vice prefetti e funzionari di pubblica sicurezza farei un capoverso a parte con l’indicazione della circoscrizione di competenza.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Molinelli propone la seguente altra formulazione:

«f) i magistrati, salvo che non si trovino in aspettativa all’atto dell’accettazione della candidatura; i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi».

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Invece che «aspettativa», bisognerebbe mettere «congedo straordinario».

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Volevo semplicemente osservare che l’aspettativa si può chiedere per certe determinate cause. Anche il congedo si può chiedere per certe determinate cause: ma se non v’è una norma di legge che autorizzi la messa in congedo per la presentazione come candidato, l’amministrazione non metterà il funzionario in congedo.

PRESIDENTE. Onorevole Morelli, questa formulazione la sodisfa?

MORELLI RENATO. Per conto mio, sono sodisfatto.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Io preferirei la altra formula, non quella proposta dalla Commissione; cioè, preferirei l’aspettativa al congedo straordinario. È vero che successivamente si parla di «congedo straordinario» per i funzionari dell’amministrazione, ma solo a proposito di quelli che sono stati eletti: congedo straordinario durante il periodo di esercizio del mandato parlamentare. Qui si tratta di un’altra cosa: qui si tratta di eleggibilità e non può evidentemente essere preso in considerazione il congedo straordinario. Occorre, secondo me, che i magistrati, i viceprefetti e i questori chiedano l’aspettativa; salvo poi ad essere collocati in congedo straordinario, come tutti gli altri funzionari dello Stato, se saranno eletti, per tutto il periodo dell’esercizio del mandato parlamentare.

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Volevo fare la stessa osservazione dell’onorevole Martino che mi ha preceduto. Il congedo straordinario è una conseguenza della elezione. Non è da considerarsi prima; prima v’è o l’aspettativa o la dichiarazione di dimissioni: non vi sono altre soluzioni.

Ora, di fronte alla gravità del caso, io sarei di opinione che, senza mancare di riguardo alla Commissione, si dovesse rinviare questo punto, che è assai delicato, per dare modo alla Commissione stessa di riferire domani su un testo vagliato e definitivo con tutti gli elementi di giudizio.

PRESIDENTE. Onorevole Bubbio, ormai l’accordo è stato raggiunto. Resta soltanto da risolvere se considerare la aspettativa o il congedo.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Forse sarebbe necessario di distinguere con due lettere: lettera f) «i magistrati che abbiano ottenuto l’aspettativa al momento della accettazione della candidatura»; e poi un’altra lettera «vice-prefetti e funzionari della pubblica sicurezza nelle Circoscrizioni di competenza di ciascuno di essi».

PRESIDENTE. Cioè si dovrebbe dividere la lettera f), in due altre lettere: f) e f-1).

Pongo in votazione questa proposta.

(È approvata).

Pongo pertanto in votazione la lettera f), così formulata:

«I magistrati, salvo che non si trovino in aspettativa all’atto della accettazione della candidatura».

(È approvata).

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Chiedo che si voti per divisione la lettera f-1).

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione la prima parte della lettera f-l):

«i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza».

(È approvata).

Pongo ora in votazione la seconda parte:

«nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi».

(Dopo prova e controprova non è approvata).

Passiamo alla lettera g). Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«g) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale».

PRESIDENTE. L’onorevole Nobile ha proposto di sostituire alle parole: «nella circoscrizione del loro comando territoriale» le altre: «in quanto esercitino un comando territoriale».

Ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

NOBILE. Onorevoli colleghi, per i medesimi motivi per cui poco prima ho sostenuto che i prefetti in attività di servizio non potessero essere eleggibili, sostengo che un comandante di forze armate, in quanto effettivamente presti servizio, non possa essere eleggibile in nessuna circoscrizione, perché il suo dovere, mentre è in attività di servizio, è di rimanere nella propria circoscrizione territoriale.

Per questa ragione il testo della Commissione non mi sembra accettabile. Proporrei di sostituire le ultime parole con le altre: «in quanto esercitino un comando territoriale.

La mia proposta è opportuna, in quanto si è sempre voluto restringere la categoria degli ufficiali non eleggibili solo a quelli che esercitino effettivamente un comando territoriale. D’altronde, lasciando il testo come è, si arriverebbe alla incongruenza che un comandante di distretto militare, ad esempio, sarebbe eleggibile, mentre non lo sarebbe un capo di stato maggiore, in quanto costui, pur esercitando un comando, non ha in effetti alcuna circoscrizione.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione sulla proposta dell’onorevole Nobile.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La motivazione addotta dall’onorevole Nobile non ha consistenza, perché anche questa disposizione è soggetta all’ultimo comma. Anche se gli ufficiali rinunziano alle loro funzioni, non possono presentarsi candidati dove hanno avuto il comando…

NOBILE. Ma appunto per questo!

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non c’è nessuna ragione, se non hanno il comando, di mettere un divieto. Qui si dice: dove hanno avuto il comando non possono essere eleggibili.

PRESIDENTE. L’onorevole Nobile dice che non possono essere eleggibili né nella circoscrizione in cui hanno avuto il comando, né nelle altre circoscrizioni.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non possiamo accettare questo concetto. L’onorevole Nobile dice che non possono esercitare le funzioni politiche perché devono fare il loro servizio.

GASPAROTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPAROTTO. Mi associo alla proposta dell’onorevole Nobile, e vorrei confortarla con questo esempio: un ammiraglio che comandi una base navale può sedere in Parlamento, lasciando la base abbandonata?

Quindi, l’eccezione che fa l’onorevole Nobile è connaturata con l’ufficio stesso che gli ufficiali superiori esercitano. È ovvio che se un ufficiale esercita le sue funzioni al confine delle Alpi non può essere a Roma per esercitare il mandato parlamentare.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per divisione della lettera g), dovendo tener conto della proposta dell’onorevole Nobile. Pongo in votazione la prima parte:

«gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato».

(È approvata).

Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Nobile, sostitutivo della seconda parte:

«in quanto esercitino un comando territoriale».

(Non è approvato).

Pongo in votazione la seconda parte nel testo della Commissione:

«nella circoscrizione del loro comando territoriale».

(È approvata).

Passiamo all’ultimo comma:

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, in venti giorni dalla data di pubblicazione della presente legge».

L’onorevole Bubbio ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire l’ultimo comma col seguente:

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno entro quindici giorni dalla data di convocazione dei comizi elettorali».

Ha facoltà di svolgerlo.

BUBBIO. Io credo che non occorrano troppe parole per illustrare questo mio emendamento. Bisogna innanzitutto che io osservi che tutti questi casi di incompatibilità, o meglio di ineleggibilità dipendono da un criterio di eccessiva prevenzione. Nel tempo in cui il suffragio era molto limitato, si sarebbe anche potuto concepire che un sindaco di una grande città o un magistrato potessero esercitare una certa influenza, ma ora le cose sono radicalmente mutate, dato che con il suffragio universale e con l’estensione delle circoscrizioni a sistema proporzionale si tratta di centinaia di migliaia di elettori.

D’altra parte, dobbiamo pure metterci nella condizione di un qualsiasi candidato, il quale, entro tre mesi di distanza nelle elezioni future ed in quelle prossime entro tre mesi dal giorno dell’emanazione di questa legge elettorale che potrà avvenire ai primi di gennaio, deve prendere la sua decisione sulle dimissioni dalla carica o dal posto quando non sa ancora a quale lista potrà appartenere, anzi se sarà tra i candidati, e deve ben esaminare mille altre circostanze prima di potersi decidere. Non dobbiamo mettere tanti amministratori in condizione di lasciare le loro alte cariche prima del tempo ed in situazioni di incertezza.

Abbiamo bisogno che questi sindaci, che questi alti funzionari continuino fino all’ultimo, per quanto possibile, la loro funzione nei posti di comando. Noi non dobbiamo sprecarli anzitempo. Quando saranno candidati, o almeno entro quindici giorni dalla pubblicazione del decreto che convoca i comizi elettorali, questi uomini avranno stabilito la loro linea elettorale e di fronte ad una certa probabilità, se non alla certezza di riuscire, solo allora potranno fare il sacrificio dalla legge richiesto presentando la domanda di aspettativa o rinunziando a quei posti che ricoprono nell’amministrazione.

Quindi ritengo che almeno per questa volta, essendo mancata completamente la diffusione dei principî cui si è ispirato l’attuale sistema di regolamento delle ineleggibilità e delle incompatibilità, estendendo i casi con criteri illiberali, si debba attenuare gli inconvenienti del sistema, dando agli interessati un maggior tempo per decidere.

Propongo quindi che, per la prima attuazione della legge, queste cause di ineleggibilità vengano a cessare se l’interessato abbia rassegnato le sue dimissioni o abbia chiesto l’aspettativa entro quindici giorni dalla pubblicazione del decreto che convoca i comizi elettorali.

PRESIDENTE. L’onorevole Bovetti propone i seguenti emendamenti:

«Sostituire l’ultimo periodo dell’ultimo comma con il seguente:

«Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, in sessanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge».

«Aggiungere il seguente comma:

«Prima dell’accettazione delle candidature politiche i sindaci e i presidenti delle deputazioni provinciali dovranno aver presentato le dimissioni da tali cariche».

Ha facoltà di svolgerli.

BOVETTI. Mi associo alle considerazioni esposte dal collega Bubbio.

La Commissione si è occupata egregiamente della legge elettorale politica, ma il nostro senso di responsabilità deve farci considerare la condizione in cui verranno a trovarsi le amministrazioni locali, comuni e province, per via di quel termine minimo di venti giorni. Bisogna dare un certo respiro ai capi di queste amministrazioni per non porle in crisi improvvisamente.

Con il mio secondo emendamento propongo che i presidenti di deputazione, i sindaci, ecc. debbano rassegnare le loro dimissioni dalle cariche amministrative che ricoprono al momento dell’accettazione della candidatura politica.

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Accetto l’emendamento dell’onorevole Bovetti.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Faccio presente all’Assemblea che noi ci siamo resi conto della grave posizione in cui vengono a trovarsi specialmente i presidenti delle deputazioni provinciali e di quella ancora più grave dei sindaci dei capoluoghi di provincia. Ci siamo preoccupati di ciò quando abbiamo stabilito in tempo normale un termine generale di novanta giorni; ma, per la prima legislatura, abbiamo stabilito il termine minimo di venti giorni dalla data di pubblicazione della presente legge.

La Commissione non ha nessuna difficoltà acché per la prima legislatura venga stabilito che le cariche che rendono ineleggibile un candidato debbano essere lasciate prima dell’accettazione della candidatura.

Io credo che ciò si possa consentire anche per tutti gli altri casi, e cioè anche per i consiglieri delle Regioni, per i magistrati e per tutti gli altri. Sarà opportuno per ciò stabilire che ci sia la prova che quando uno si presenta candidato si sia dimesso da tutte dette cariche.

In questo modo andiamo incontro, mi pare, ai desideri dell’Assemblea, desideri che sono perfettamente attendibili.

PRESIDENTE. Onorevole Bovetti, ella accetta la proposta dell’onorevole Relatore?

BOVETTI. Accetto.

PRESIDENTE. E l’onorevole Bubbio?

BUBBIO. Sono d’accordo anch’io.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora gli emendamenti rimangono assorbiti e la formulazione sarebbe la seguente:

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, al giorno dell’accettazione della candidatura».

TRIPEPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TRIPEPI. Io propongo che anche per le future legislature non si ponga il termine di novanta giorni ma si stabilisca il termine al giorno dell’accettazione della candidatura. Come si fa infatti a conoscere la data di un decreto che dovrà essere emanato? Ci troveremo allora in questa condizione: che molti lascerebbero le loro cariche troppo presto ed altri troppo tardi.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La questione è chiara, dato che noi abbiamo ritenuto che questa legge modificativa della legge del 1946 sia una legge provvisoria.

La nuova legislatura avrà certamente il modo di rimaneggiare tutta la materia elettorale secondo le esigenze del momento.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Volevo far considerare che l’osservazione dell’onorevole Tripepi è molto seria, perché dobbiamo contemplare la eventualità che nel corso della legislatura la Camera sia sciolta. Allora l’elezione sarebbe fatta con questa legge. E come faranno gli amministratori a presentare la domanda di aspettativa novanta giorni prima, visto che il decreto arriverà all’improvviso?

In questo momento dovremmo stabilire una norma di carattere transitorio, ed una che valga anche per dopo. Penserà se mai il futuro Parlamento a modificarla con le disposizioni successive.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non bisogna confondere, onorevole Corbino, i funzionari in genere indicati nell’articolo da coloro che sono i capi elettivi dei comuni e delle provincie. Se voi volete per la prima legislatura disporre che tutte queste ineleggibilità siano sanate prima dell’accettazione della candidatura, io personalmente non ho difficoltà ad accettare, ma inconvenienti che potranno nascere non sono lievi.

Perché abbiamo voluto inserire che i capi di gabinetto dei ministri e tutti coloro che si trovano in una funzione esecutiva o amministrativa non sono eleggibili? Lo ripeto ancora: perché riteniamo che codesti candidati possano esercitare una specifica influenza nei confronti degli elettori per le funzioni che esercitano.

Ora è evidente che in tempo normale non basta dimettersi alla vigilia della candidatura, ma bisognerà che le dimissioni siano effettive e date in tempo congruo. Ricorderò che nelle vecchie leggi si parla di un anno o di sei mesi prima della convocazione dei comizi. È vero che la improvvisa e straordinaria convocazione dei comizi non si può prevedere, ma sappiamo che per norma statutaria della nostra Costituzione ogni legislatura ha una durata di 5 anni. Quindi, fatta eccezione per la prima legislatura, per le altre legislature si potrà ben dimettersi da determinati uffici o cariche secondo il termine indicato di almeno novanta giorni prima della data della convocazione dei comizi. Certo in politica l’imprevisto c’è, ma non possiamo fare la legge per l’imprevisto. Noi facciamo la legge tenendo presenti le disposizioni della Costituzione.

Che per ragioni politiche si interrompa il periodo della legislatura e si convochino straordinariamente comizi elettorali, è sempre avvenuto e non si può escludere che non avvenga nel futuro. Del resto non sarà gran male se alcuni funzionari o alcuni titolari di cariche elettive non potranno essere eleggibili per non aver dato le dimissioni in tempo.

Per queste considerazioni, noi manteniamo fermo che in tempo normale le dimissioni di cui si tratta siano date almeno novanta giorni prima del decreto di convocazione dei comizi. In linea transitoria, per la prima legislatura queste dimissioni potranno essere fatte prima dell’accettazione della candidatura.

Una voce al centro. E il caso di scioglimento della Camera non si contempla?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non si contempla. Non è stato mai contemplato.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Propongo che si voti per divisione il primo periodo del comma fino alla parola: «cessate», poi il resto del periodo fino a «elettorali».

Se questa seconda parte è respinta, la proposta dell’onorevole Bubbio, di cui al secondo periodo, ne prenderebbe il posto.

PRESIDENTE. Onorevole Corbino, non v’è più un testo Bubbio; v’è una unica formulazione che è il risultato dell’accordo fra il testo primitivo della Commissione e le proposte degli onorevoli Bubbio e Bovetti.

Occorre che Ella mi proponga una nuova formulazione, che porrò allora in votazione come emendamento.

CORBINO. Propongo allora che, alle parole «siano cessate almeno novanta giorni prima della data ecc.» si sostituiscano le parole: «siano cessate il giorno precedente l’accettazione della candidatura».

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in Vvtazione questa formulazione dell’onorevole Corbino.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la prima parte dell’ultimo comma nel testo della Commissione:

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte nel testo concordato:

«Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, al giorno precedente l’accettazione della candidatura».

(È approvata).

Il testo completo dell’articolo 1-quater quale risulta dalle varie votazioni è il seguente:

«L’articolo 9 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

  1. a) i deputati regionali o i consiglieri regionali;
  2. b) i presidenti delle deputazioni provinciali;
  3. c) i sindaci dei capoluoghi di provincia;
  4. d) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza;
  5. e) i capi di gabinetto dei Ministri;
  6. f) l’Alto Commissario per la Sardegna, il Commissario dello Stato nella Regione siciliana, i prefetti o chi ne fa le veci;
  7. g) i magistrati, salvo che non si trovino in aspettativa all’atto dell’accettazione della candidatura;
  8. h) i vice prefetti e i funzionari di pubblica sicurezza;
  9. i) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale.

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, al giorno precedente l’accettazione della candidatura».

Il seguito di questa discussione è rinviato a domani alle 10.

Interpellanza e interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Negarville ha presentato la seguente interpellanza con richiesta di svolgimento urgente:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri, per conoscere se non intendano elevare protesta contro le dichiarazioni del signor Truman, Presidente degli Stati Uniti d’America, le quali, prospettando la eventualità di un intervento americano negli affari italiani, tale che né il Trattato di pace, né la Carta delle Nazioni Unite autorizzano, tendono a stabilire nel nostro Paese un protettorato americano.

Il Governo ha facoltà di dichiarare quando intende rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Interesserò i Ministri interpellati affinché facciano sapere quando intendano rispondere.

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Ai Ministri dell’agricoltura, delle finanze, del tesoro e del lavoro, per conoscere se non credano che sia arrivato il momento di rivedere i «comprensori di bonifica», rimasti pressoché quelli stabiliti all’epoca fascista.

«Questo «congelamento» della situazione di allora porta ad una sperequazione gravemente compromettente la produzione, in quanto si seguita ad erogare danaro dello Stato in alcune zone già in passato beneficate e che ebbero perciò modo di provvedere alle opere più urgenti e più redditizie, mentre non si finanziano opere necessarie, urgenti e capaci di fortemente incrementare la produzione, di altri territori, sol perché esse non ricadono in comprensori di bonifica, tali dichiarati specialmente dal passato regime.

«Rivera, Carbonari, Cremaschi Carlo, Fuschini, Conci Elisabetta, Viale, Borsellino, Castelli Avolio, Micheli, De Caro Gerardo, Giordani, Monticelli, Angelucci, Galati, Cassiani, Mùrdaca, Fabriani, Delli Castelli Filomena, Gortani, Valmarana, Foresi, Bonomi Paolo, Giacchero, Siles, Lettieri, Dossetti, Carignani, Recca, Stella, Baracco, Del Curto, Numeroso, Bettiol, Di Fausto, Codacci Pisanelli, Tozzi Condivi, Bosco Lucarelli, Bellato, Rescigno, Donati, Cappi, Scalfaro».

«Al Ministro degli affari esteri, per conoscere quali criteri abbiano guidato il Governo nei recenti negoziati con la Francia per sostituire all’antica convenzione del 1896, tanto deplorevolmente abbandonata dal Governo italiano con l’accordo 28 febbraio 1945, una sistemazione che dovrebbe garantire agli italiani di Tunisia una conveniente protezione e la opportuna salvaguardia dei loro interessi morali e materiali.

«Se fra le clausole del nuovo trattato siano previsti il ripristino dei consolati italiani in Tunisia e l’abolizione delle misure eccezionali che equivalgono a vere e proprie persecuzioni degli italiani che, con il loro lavoro e con il loro sacrificio, hanno fecondato ed arricchito quel lembo di terra africana.

«Castiglia».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se non crede opportuno sospendere per i funzionari di pubblica sicurezza di grado IX, così come vien praticato per quelli delle altre Amministrazioni, gli esami di idoneità al grado VIII; il che danneggia tale categoria di funzionari che pure hanno le stesse benemerenze dei dipendenti dalle altre Amministrazioni dello Stato.

«Sansone».

«Al Ministro dei trasporti, per conoscere a quali criteri di amministrazione o politici si è ispirato per disporre:

1°) che il premio cosiddetto di ricostruzione fosse assegnato solo al 7 per cento degli agenti e del perché, nella scelta di tale 7 per cento, siano stati preferiti quasi tutti funzionari di categoria A, alla quale categoria appartiene il Ministro stesso, quale capo servizio della trazione, con la conseguente esclusione di quasi tutto il personale esecutivo. E del perché nella scelta dei funzionari premiati vi siano stati molti che erano rimasti fuori servizio per epurazione e che quindi non avevano contribuito in alcun modo alla ricostruzione delle ferrovie;

2°) che venisse assegnata una indennità di carica da un minimo di lire 4000 a un massimo di lire 18.000 solo ai funzionari di gruppo A, per modo che si è determinata una forte disparità fra gli stipendi dei gradi alti e dei gradi medi e minimi;

3°) che al grado VI delle categorie B e C fossero promossi agenti che fino al 25 luglio 1943 erano in servizio permanente di milizia, che nel febbraio 1944 erano stati epurati e che avendo ripreso servizio alla fine dell’anno 1946 si sono visti promossi «per merito» con decorrenza 1° gennaio 1946;

4°) infine, per conoscere i provvedimenti che intende adottare a favore dei ferrovieri anziani, i quali vanno in pensione con assegni di fame e che da tempo attendono la riforma della legge in proposito.

«Sansone».

«Al Ministro di grazia e giustizia, per sapere se e quali norme intenda emettere per adeguare il prezzo di affrancazione dei fondi concessi in enfiteusi al valore attuale dei fondi stessi.

«Il provvedimento è della maggiore urgenza, dato il numero delle procedure di affrancazione in corso, a norma delle disposizioni del Codice civile, non più rispondenti alle mutate condizioni del mercato.

«Crispo».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se, in considerazione del fatto che il 31 del corrente mese scade il blocco dei fitti, non ritengano nel nuovo decreto che dovrà promulgarsi, di stimolare un inizio, sia pure molto temperato, di ritorno alla normalità di libera contrattazione, almeno per determinate categorie di stabili e di locali e per taluni strati sociali.

«Oltre ad un leggero adeguamento dei prezzi in genere, si potrebbe pensare a sbloccare i locali adibiti ad uso industriale e commerciale di grande rendimento, attraverso una speciale Commissione comunale presieduta dal sindaco.

«Gli interroganti si preoccupano soprattutto di cominciare a ristabilire un’atmosfera tale, che permetta, da parte della iniziativa privata, di concorrere nella maniera più efficace ad alleviare la triste penuria delle abitazioni, rendendosi conto della pressione esercitata da tutte le autorità provinciali e comunali su quelle centrali, perché provvedano, purtroppo da sole, ad alleviare il disagio determinato, specialmente negli strati sociali meno abbienti, dalla quasi assoluta mancanza di costruzioni da parte dei privati.

«Monterisi, Caso, De Michelis, Di Fausto, Condorelli, Miccolis, Bovetti, Corbino, Perrone Capano, Carboni Enrico, Selvaggi, Recca, Caronia, Salizzoni, Mastino Gesumino, Firrao, Lizier, Giordani, Fantoni, De Maria, La Pira, Trimarchi, De Caro, Pecorari».

Al Ministro dell’interno, per conoscere le ragioni per cui il segretario comunale di Sant’Agata di Puglia è stato trasferito ad altra sede contro il parere unanime dell’Amministrazione comunale.

«Grazi».

«Ai Ministri del lavoro e previdenza sociale, delle finanze e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se, di fronte al crescente malcontento per la pressione dei contributi unificati in agricoltura non intendano – indipendentemente dal sospendere la riscossione per procedere ad una generale revisione dei ruoli e degli elenchi anagrafici come è stato da varie parti chiesto – ripristinare le norme contenute nella legge 13 giugno 1942, n. 1063, che esonerava dai contributi i datori di lavoro e lavoratori dei terreni ubicati oltre gli 800 metri sul mare e li riduceva al 50 per cento per i terreni situati tra i 400 e gli 800 metri sul mare. Tale ripristino è urgente e necessario perché il fiscalismo si esercita principalmente in queste zone per le quali la esenzione per talune di esse dall’imposta sui terreni è diventata una beffa rispetto alle conseguenze del decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 576, abrogativo della legge 13 giugno 1942, n. 1063.

«Sullo, Colombo Emilio, Mannironi, Turco, Froggio, Caronia, Numeroso, Coccia, Mastino Gesumino, Valmarana, Guariento, Pallastrelli, Scoca, De Maria, Micheli, Orlando Camillo, Aldisio, Ferreri, Lizier, Caccuri».

«Al Ministro degli affari esteri, sulla sorte di circa 600 militari italiani fra cui trenta medici, utilizzati coattivamente dalle forze militari albanesi; sulla esistenza ed i termini di un preteso accordo con l’avvocato Palermo, già Sottosegretario di Stato alla guerra, sul quale il Governo albanese afferma di fondare il proprio diritto a trattenere i militari italiani anche dopo lo scadere dei termini previsti dal Trattato di pace; sull’azione svolta dal Governo italiano a tutela di questi benemeriti ed infelici cittadini, sulle speranze di prossima liberazione che possono essere nutrite dalle loro famiglie che da molto tempo implorano invano azione o, quanto meno, spiegazioni ed informazioni.

«Condorelli».

Interesserò i Ministri interrogati affinché facciano sapere al più presto quando intendano rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere:

  1. a) se e quando ritenga opportuno evitare la disparità di trattamento tra il personale non di ruolo dell’Aeronautica e quello dell’Esercito, consistente nella qualifica di avventizi per il personale dell’Aeronautica e di diurnisti per il personale dell’Esercito;
  2. b) se e quando si vorranno impiegare i laureati e i diplomati dell’Esercito non già a semplici servizi di copiatura e scritturazione (con retribuzione di terza e quarta categoria), ma a lavori di concetto, a seconda del titolo di studio (con retribuzione di prima e seconda categoria);
  3. c) se e quando l’esercito vorrà concedere le lire 400 giornaliere, così come, in atto, concede l’aeronautica per «assegno mensa»;
  4. d) se non si ritiene più conforme a giustizia rettificare l’erroneo contenuto della circolare n. 141955, in data 4 luglio 1947, del Ministro del tesoro, nel senso che per il personale, già appartenente ad altre amministrazioni statali e licenziato per i fatti bellici del 1943, non venga tenuto conto della soluzione di continuità nei rapporti di impiego a tutti gli effetti, allorché viene assunto presso altre amministrazioni dello Stato, indipendentemente dalla qualifica;
  5. e) se non si ritiene di adottare lo stesso sistema, già adottato per i salariati dell’Esercito, che da giornalieri sono passati a temporanei, anche per gli impiegati dell’Esercito, che da diurnisti non passano invece nella categoria degli avventizi.

«Sapienza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quali disposizioni intende adottare per regolamentare la revisione dei prezzi per i contratti di appalto di opere pubbliche, stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge 5 aprile 1945, n. 192, contratti nei quali taluni uffici del Genio civile non inserirono la clausola della rivedibilità, ritenendola, con errata interpretazione, non necessaria.

«La mancata adozione di opportune disposizioni in merito danneggerebbe, particolarmente in Calabria, moltissime aziende costruttrici, le quali sottoscrissero il contratto ed eseguirono i lavori, ritenendosi garantite da eventuali variazioni in aumento. Avrebbe anche purtroppo dolorose ripercussioni per gli operai edili, su molti dei quali incomberebbe il pericolo di non avere corrisposte talune loro spettanze dagli imprenditori a corto di fondi.

«Mazzei».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere i motivi per i quali sono state sospese le licenze natalizie per i marinai e per gli ufficiali delle navi della base di Taranto e per quali ragioni sono stati dati ordini agli equipaggi di dette navi di prelevare viveri secchi per cinque giorni.

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se sia vero che nell’Istituto magistrale di Reggio Calabria, nell’ultima sessione di esame di Stato, un candidato, bocciato da una Commissione, sia stato poi trasferito in un’altra, il giorno dopo, per essere riesaminato e quindi promosso; se sia vero che tale grave infrazione alla legge sia avvenuta col consenso del provveditore agli studi, attualmente in carica e per sollecitazione di un professore dello stesso Istituto, ex fascista già epurato e poi riassunto in servizio; se sia vero che il suddetto professore, ricoprente cariche durante il fascismo a Reggio Calabria, di spiccato carattere fazioso, molto attivo in organizzazioni clandestine fasciste dopo la caduta del fascismo, sia stato favorito da un direttore generale della pubblica istruzione, il quale, in seguito alla ispezione sollecitata dall’interrogante, abbia spiegato tutta la sua influenza per mettere a tacere le conclusioni dell’inchiesta, allo scopo di proteggere in modo particolare il suddetto professore ex fascista.

«In caso affermativo di quanto sopra richiesto, l’interrogante chiede quali provvedimenti si intenda adottare nei riguardi dei responsabili, perché la dignità e la serietà dalla scuola, gravemente diminuite dal regime fascista, siano una volta per sempre reintegrate.

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritiene opportuno dare istruzioni agli uffici distrettuali delle Imposte dirette dipendenti dal Compartimento di Genova, perché usino della facoltà di accertare i profitti di contingenza sull’olio di oliva, di cui al decreto legislativo presidenziale 28 aprile 1947, n. 330, solo in casi eccezionali di conclamata e reale esistenza, tenendo presente:

  1. a) che i maggiori profitti dell’elevazione del prezzo dell’olio sono andati non già agli olivicoltori, ma agli esercenti la borsa nera;
  2. b) che l’olivo è l’unica risorsa degli agricoltori liguri i quali, obbligati a consegnare l’olio all’ammasso a prezzo che non ha mai compensato neppure il costo di produzione, hanno dovuto invece acquistare tutti i generi di prima necessità ed i concimi a prezzi di borsa nera;
  3. c) che dal 1943 al 1945 l’ammasso dell’olio fu totalitario e che venne rigidamente controllato non solo dalle autorità civili, ma da quelle militari italiane e tedesche;
  4. d) che ancora in detto periodo, oltre alle devastazioni dovute ai quotidiani bombardamenti, ad incendi, alla posa di mine ed alla costruzione di opere di guerra nei terreni olivati, i produttori dovettero sottostare a prelevamenti continui di olii e olive, senza corrispettivo da parte di reparti armati;
  5. e) che, come è noto, in Liguria l’olivo produce un raccolto adeguato solo una volta ogni due anni;
  6. f) che la coltura dell’olivo è costosissima, perché fatta in terreni di difficile accesso privi di irrigazione e di strade.

«Nonostante quanto sopra, sono stati fatti accertamenti dagli uffici di Taggia (Imperia), Chiavari (Genova) e Levanto (La Spezia) a carico di piccoli e medi proprietari, che non hanno mai esercitato alcuna attività illecita o speculativa. Per tali accertamenti è stata presa come base un’ipotetica stima della produzione in ragione da uno a due chilogrammi d’olio per pianta, calcolando il numero di esse secondo quello risultante dagli erratissimi ruoli del cessato Ente dell’olivicoltura. Dal quantitativo d’olio così ottenuto è stato detratto quello consentito per l’approvvigionamento familiare del produttore, nonché il quantitativo d’olio versato all’ammasso solo quando il produttore sia stato in grado di esibire i bollettini di conferimento: cosa, nella quasi totalità dei casi, impossibile perché tali bollettini, risalenti ad annate arretrate, non sono stati conservati o sono stati smarriti.

«Tale differenza fu considerata profitto di contingenza.

«Da così fatto procedere sono risultati accertamenti sommamente ingiusti e vessatori, che raggiungono anche il valore degli stessi

uliveti, tali da determinare uno stato di giustificata esasperazione nei produttori colpiti e una legittima preoccupazione per le conseguenze che possono derivare all’economia agricola della regione ligure, ove si tenga particolarmente presente che i contribuenti colpiti dovranno pagare i pretesi profitti di contingenza riferentisi a sei campagne olivicole arretrate in un’unica annata (1948) nella quale scadono altre numerose e gravose imposte e tasse, fra queste compresi i contributi unificati in agricoltura.

«Ciò stante l’interrogante chiede ancora all’onorevole Ministro delle finanze se non ritenga necessario ed urgente, in conformità ad esigenze di giustizia e di equità, intervenire presso gli uffici distrettuali anzi detti, perché provvedano a correggere opportunamente gli errati criteri di accertamento già adottati nei confronti degli agricoltori colpiti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Viale».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per sapere quando sarà provveduto al pagamento del credito di circa 4 milioni e mezzo a favore dell’Istituto Pio Costante Gris di Magliano Veneto (Treviso) per rimborso spese di degenza di quaranta infermi istriani, per i quali dal 1° luglio 1945 la Direzione generale della Post-bellica non corrisponde il dovuto. Le condizioni finanziarie dell’Opera Pia, già segnalate al Ministero, sono per la suddetta scopertura gravemente pregiudicate, anche per il gravare di interessi passivi (circa mezzo milione all’anno) e per il persistere dell’onere del mantenimento e cura degli infermi istriani. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Costantini, Cevolotto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e commercio e del tesoro, per sapere se non ritengano doveroso ed urgente disporre (a mezzo del Comitato interministeriale competente) il rimborso delle penalità pecuniarie disposte ed incassate dai prefetti in periodo repubblichino, per reati annonari attribuiti a cittadini successivamente assolti dalla competente autorità giudiziaria, che ha ordinato inutilmente il rimborso delle suddette penalità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali intendimenti e quali provvidenze abbia in corso e in programma per la ricostruzione del Tempio Malatestiano di Rimini e per la sua restituzione all’arte e al culto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere come si concilia la circolare n. 85, del luglio 1932, circa il conferimento dell’incarico per l’insegnamento della storia dell’arte nei licei classici, col bando di concorso per l’abilitazione all’insegnamento stesso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159, del 14 luglio 1947, supplemento n. 2.

«Per vero, mentre a norma della circolare sono da preferire quali ispettori ai monumenti gli ingegneri civili, ecc., vengono, invece, giusta il bando suddetto, ammessi agli esami di abilitazione soltanto i laureati in lettere e filosofia.

«Per sapere, inoltre, se ritenga opportuno vietare il cumulo degli incarichi e delle supplenze, specie in istituti o provveditorati diversi, per dare maggiori possibilità d’impiego agli eventuali aspiranti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Crispo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se nel provvedimento allo studio, circa i fitti delle abitazioni, intende tener conto dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, che, non potendo abitare la casa di loro proprietà, sono costretti a pagare fitti esosi. Le condizioni a tutti note dei dipendenti dello Stato e di altri enti pubblici, giustificano un trattamento particolare per farli rientrare in possesso delle loro abitazioni. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Numeroso, Titomanlio Vittoria».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intende prendere il Governo per venire incontro alle gravi necessità delle istituzioni di pubblica assistenza e di beneficenza, i cui bilanci presentano notevoli disavanzi, tenuto conto che, mentre non v’è possibilità di migliorare i redditi, particolarmente delle abitazioni, aumentano le spese e i carichi di ogni genere. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Titomanlio Vittoria, Numeroso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, sui finanziamenti delle opere pubbliche a sollievo della disoccupazione. Premesso: che per tali opere pubbliche lo Stato concorre nella spesa per il 50 per cento, limitatamente all’importo dei lavori ed espropri, e rimborsa solo il 2 per cento delle spese tecniche di rilievi, progetto, direzione, liquidazione e sorveglianza dei lavori in favore dei Comuni che, non avendo uffici tecnici, sono obbligati a ricorrere alle prestazioni di liberi professionisti; che il Ministro dei lavori pubblici, in vista dell’impossibilità materiale del Genio civile di curare tutti i lavori, assicurava (vedi Bollettino di Legislazione Tecnica n. 12 del dicembre 1946, pagina 195, sotto rubrica «Notizie») che i citati oneri sarebbero stati compresi nel finanziamento globale dell’opera e che sarebbe stata aumentata congruamente la percentuale assegnata, come ripetutamente sollecitato dai Sindacati ingegneri; che nessun provvedimento è ancora stato adottato; che i Comuni sono, quindi, costretti ad assumere a carico del proprio bilancio aggravi non indifferenti e difficilmente sopportabili; che è logico ritenere che anche le spese tecniche concorrono a costituire il costo dell’opera, onde la ripartizione degli oneri tra Stato e Comune dovrebbe essere fatta sulla spesa complessiva risultante; l’interrogante chiede di sapere se e quando il Ministero intenda dar corso ai provvedimenti enunciati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fantoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’interno e l’Alto Commissario per l’alimentazione, sul grave scandalo annonario di Catania, nel quale sono implicati funzionari pubblici, nonché dell’Amministrazione comunale e carabinieri; per conoscere quali provvedimenti intendano adottare nei confronti dei responsabili e delle negligenti autorità, al fine di assicurare il rispetto delle vigenti disposizioni e di troncare favoritismi e complicità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non ritenga opportuno prorogare al 31 dicembre il termine per la presentazione delle domande di rateazione dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

«Ciò perché a moltissimi contribuenti, specialmente se domiciliati nei lontani paesi di provincia, è sfuggito il termine del 30 novembre, ed in conformità anche alla disposizione per la quale venne assai lodevolmente prorogato il termine delle denuncie, dato che lo scopo da raggiungere è uno solo: quello di ottenere il pagamento del tributo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritiene incompatibile con il principio fondamentale della libertà di associazione la disposizione di legge (articolo 8 del regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016) che subordina la concessione o la rinnovazione della licenza di caccia o di uccellagione alla presentazione del tagliando della tessera di iscrizione alla Federazione della caccia e se non crede opportuno, anche in accoglimento dei voti della grande maggioranza dei cacciatori, di promuovere la modifica di detta disposizione nel senso che l’antidemocratica imposizione venga senz’altro abolita come già era stato fatto al Nord al tempo dell’Amministrazione dell’A.M.G. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Viale».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni per le quali non sono state ancora emanate le norme ormai da tanto tempo attese, per il riordinamento del Corpo delle foreste in conformità delle conclusioni di massima, cui si pervenne nel Congresso di Firenze di aprile-maggio 1947. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto»

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se e quali studi sono stati finora compiuti circa l’ordinamento produttivo agricolo nelle regioni meridionali e ciò con particolare riguardo per le possibilità di creare nuove fonti agricole per la produzione del legno, in relazione ai progressi compiuti nel campo dell’industria chimica e particolarmente in quello delle sintesi che partono dal carbone.

«Se, nel caso che nulla sia stato fatto, non si ritenga utile ed opportuno promuovere iniziative in tal senso, in vista dei grandi beneficî che se ne potrebbero trarre per il Paese e per le regioni meridionali in particolare. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede di interrogare l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, circa i criteri di assegnazione della streptomicina e circa la possibilità di spiegare con criteri obiettivi la circostanza che alle cliniche mediche ed agli istituti sanatoriali del Nord la streptomicina è stata assegnata in ordine di chilogrammi, mentre alla clinica medica ed alla clinica pediatrica di Catania sono stati offerti complessivamente 60 grammi di streptomicina scaduta, che naturalmente è stata rifiutata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Condorelli».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 21.40.

Ordine del giorno per le sedute di domani

Alle ore 10:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Alle ore 16:

  1. – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

POMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXII.

SEDUTA POMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI E DEL VICEPRESIDENTE PECORARI

INDICE

Interrogazione urgente (Svolgimento):

Presidente

Sforza, Ministro degli affari esteri

Persico

Di Fausto

Per un’accusa formulata dal deputato Cianca contro il deputato Chieffi:

Chieffi

Presidente

Cianca

Lussu

Inversione dell’ordine del giorno:

Presidente

Sulla proposta di nomina di una Commissione d’inchiesta:

Presidente

Nenni

Pajetta Giuliano

Bettiol

Scelba, Ministro dell’interno

Costantini

Lucifero

Gullo Rocco

Pallastrelli

Faralli

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Cevolotto

Nitti

Dossetti

Cappi

Laconi

Rossi Paolo

Scelba, Ministro dell’interno

Togliatti

Miccolis

Micheli

Nomina di una Commissione:

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Svolgimento di una interrogazione urgente.

PRESIDENTE. All’ordine del giorno vi è la seguente interrogazione dell’onorevole Persico al Ministro degli affari esteri, cui l’onorevole Ministro si è dichiarato pronto a rispondere subito:

«Al Ministro degli affari esteri per conoscere se proseguano e a che punto siano giunte le trattative per l’unione doganale italo-francese auspicate nei convegni diplomatici dello scorso luglio».

L’onorevole Ministro degli affari esteri ha facoltà di rispondere.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Non appena ho avuto notizia, dopo la sua presentazione, che l’interrogazione dell’onorevole Persico verteva su un argomento che il caso vuole sia anche di attualità in Roma – come vi dirò poi – ho accettato con piacere di rispondere immediatamente.

Sarà forse bene che i colleghi sappiano come è sorta e come si è sviluppata rapidamente questa idea di una unione doganale italo-francese. Fino dallo scorso maggio, io avevo fatto iniziare delle pratiche confidenziali per vedere se fra noi e la Francia non si potesse giungere a più stretti accordi commerciali e industriali. Poiché l’atmosfera mi parve favorevole, io mi permisi, alla Conferenza di Parigi dello scorso luglio per il piano Marshall, o piuttosto per il cosiddetto piano Marshall, di prendere, nella stessa seduta inaugurale, la parola e di far cenno a questa idea che alla maggior parte del pubblico francese doveva sembrar nuova.

Mi espressi a un dipresso nei seguenti termini: «La Conferenza che oggi si inaugura deve distruggere la malattia delle autarchie e dei compartimenti stagni. L’avvenire dell’Europa e di gran parte del mondo è fra le vostre mani cento volte di più che non lo fosse nel 1919. I nostri predecessori di allora, in questa stessa sala, si occuparono delle forme: oggi, per la prima volta, stiamo prendendo invece in mano delle realtà profonde.

«Il nostro compito non è facile; noi dobbiamo sormontare non solo gli egoismi, ma anche i più giustificati timori nazionali ed augurarci che i tedeschi, moralmente guariti, rientrino nella nostra comunità di produzione. Noi dobbiamo tentare anche di ricondurre al nostro fianco i grandi Paesi assenti».

E poi, l’ultimo giorno della conferenza, avendo il Primo Ministro del Belgio illustrato le finalità del Benelux (questa nuova strana parola auspicatrice di nuovi sviluppi europei, perché parte dalla prima sillaba Belgio, dalla seconda Nederlands e dalla terza sillaba Lux, cioè Luxenbourg, i tre paesi che hanno costituito fra loro un’unione doganale) prospettò poi la speranza che questa si allargasse. Ciò mi obbligò a prendere la parola. Dichiarai fra l’altro:

«Speriamo di veder presto sorgerne un’altra di queste parole, tratta dalle radici di due dei nomi più illustri del mondo, Francia e Italia. Quale sarà questa parola? Non voglio osare di immaginarla, come non voglio nemmeno osare di immaginare la forma che prenderà l’unione franco-italiana; so solo che quando essa nascerà, una via nuova si sarà aperta all’Europa. Perché i francesi e gli italiani marcerebbero contro la storia? Se essi mostreranno al mondo un’unione anche rudimentale, il mondo li ammirerà come pionieri dell’umanità. Non lo furono già nel passato? Ma questa volta saranno ammirati molto di più, perché i fatti hanno questo di formidabile: che sono compresi e rispettati più presto delle idee. Sarà gloria eterna per l’Italia e per la Francia se compiremo il primo passo sulla via che presto o tardi sarà seguita dall’Europa intera».

Che l’opinione pubblica francese, prima stupefatta, arrivasse a poco a poco a comprendere che era interesse comune dei due Paesi di dare un esempio al mondo di unione, e di finirla coi vecchi compartimenti stagni del passato, è provato non solo da dirette testimonianze che ricevetti e che non vi posso riferire qui – poiché si tratta di alte personalità – ma anche dalla recente conferenza stampa tenuta dal deputato francese onorevole Bonnefous, che è stato designato come relatore per il progetto di legge concernente l’unione doganale italo-francese; in quella conferenza stampa egli disse:

«Se il progetto verrà varato, un’unità economica di 860 mila chilometri quadrati e di 80 milioni di abitanti sarà creata nel centro dell’Europa. Numerosi fattori contribuiscono al ravvicinamento fatale dei due Paesi: geografia, cultura, lingua; sebbene le due economie siano complementari soltanto per quanto riguarda la mano d’opera. Nel 1960 l’Italia avrà una popolazione di cinquanta milioni di abitanti contro quaranta milioni in Francia. Mentre la proporzione attuale degli italiani in età da lavoro è molto superiore a quella dei francesi, specialmente nel settore agricolo, dove l’Italia soffre di una sensibile eccedenza. Densità agricola: 90 abitanti per chilometro quadrato in Italia e 45 in Francia. Accordi in questo senso fra i due Paesi sono tanto più realizzabili in quanto gli italiani stessi desiderano dirigere una parte della loro popolazione agricola verso le regioni rurali della Francia meridionale e verso le industrie nuove francesi; anche altre forme di collaborazione fra i due Paesi sono possibili: in tempi normali la Francia può esportare cereali nella penisola. Le rispettive politiche di produzione di alcune industrie, seta, per esempio, possono essere armonizzate».

L’onorevole Bonnefous concluse affermando che la cosa più importante era la volontà di intesa fra i due Paesi; e questa s’è mostrata di più in più con la Commissione mista franco-italiana creatasi subito dopo, che fu incaricata di stabilire una formula precisa di unione doganale.

Una prima sessione della Commissione italo-francese ebbe luogo a Roma, nel settembre, una Parigi nell’ottobre, e la terza ed ultima ha luogo attualmente in Roma, perché, secondo gli accordi formali presi fra il Governo francese e il Governo italiano, il rapporto finale su cui dovranno decidere poi i due Governi deve essere sottoposto al Governo italiano e al Governo francese entro il 31 dicembre.

Noi dobbiamo renderci conto che è bensì possibile che questa grande riforma – se avrà luogo – porterà in certi campi, tanto in Francia quanto in Italia, dei dissesti e delle incertezze, come sempre accade quando una importante trasformazione si attua. Ma per eliminare tali inconvenienti – siccome né noi né i francesi pretendiamo fare miracoli ma agire lentamente – basterà che l’attuazione dell’unione doganale italo-francese abbia delle tappe che rendano possibile l’eliminazione degli inconvenienti in molti campi.

Però, quando noi pensiamo che l’unione di due dei popoli più intelligenti e più attivi di Europa può darci grandi possibilità di produzione e di sviluppo e soprattutto una elevazione del nostro livello di vita normale e quotidiano, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia, noi dobbiamo ammettere che per ciò che ci concerne, i pochi inconvenienti che si potessero verificare in talune sezioni industriali sarebbero ben compensati dal benessere talmente più grande che si potrà ottenere per tutto il nostro popolo.

Io non voglio fare profezie per l’avvenire. La storia si svolge sovente all’infuori della nostra volontà; ma quando noi pensiamo che tutte le unioni doganali che si sono attuate nelle ultime generazioni hanno finito per produrre sempre una più o meno grande unione politica, questo significa che noi possiamo dare all’Europa – oggi straziata da sospetti, da gelosie e da rabbiosi nazionalismi – qualche cosa che può costituire un vero grande esempio per il mondo ed un elemento di gloria per la nostra Italia e per la Francia, se, come spero, arriveremo a realizzare questa grande idea.

Voi vedete, si parla sempre di pace e di concordia generale, universale. Perché queste parole hanno sovente un lato utopistico? Perché, quando si pensa ai rimedi, si salta subito a delle operazioni troppo in grande.

Se noi vogliamo operare seriamente, dobbiamo cominciare a cercare di metterci in buon accordo coi vicini. Io ho cercato di farlo con la Jugoslavia, con un accordo commerciale che abbiamo firmato il 28 novembre scorso. Lo stesso cerchiamo di fare con la Francia, e questo è il modo più atto, più sincero ed onesto per arrivare all’unione.

Perché Briand, che pur aveva grandi qualità di uomo di Stato, fallì nel suo tentativo di creare un’unione europea verso il 1932-33? Perché Briand cominciò dal tetto, volle una gigantesca unione europea. Invece bisogna cominciare dalle fondamenta e mettere lentamente, solidamente una pietra accanto all’altra!

Se l’Italia e la Francia riusciranno a mostrare al mondo questo doppio esempio di idealismo e di realismo insieme, io credo che l’Italia e la Francia guadagneranno molto nel rispetto del mondo e creeranno un esempio che a poco a poco gli altri seguiranno. (Approvazioni).

Questo schema – voi lo vedete – è all’infuori delle questioni politiche. Può divenire un fatto di grande importanza nazionale e storica, e noi dobbiamo renderci conto che, se esso arriverà alla realtà che noi auspichiamo, ciò non dovrà costituire vanto poi né di un uomo, né di un Ministero, ma di una Nazione, anzi di due Nazioni fra le più sviluppate di Europa, che avranno dato questo esempio nobilissimo.

Voi sapete che un grande re di Francia, Luigi XIV, disse dopo aver messo un suo nipotino borbonico sul trono di Spagna: «Non ci sono più Pirenei».

Noi che siamo una democrazia repubblicana, noi che vogliamo lo sviluppo progressivo di tutti i popoli di Europa, noi, credo, potremo essere fieri se si dirà un giorno che sono stati i popoli democratici d’Italia e di Francia che hanno dichiarato un giorno: «Non vi sono più Alpi». E quel giorno non solo la gloria ma anche il benessere dei nostri due Paesi avranno incomparabilmente guadagnato. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

PERSICO. Onorevoli colleghi, mentre mi dichiaro soddisfatto della cortese ed esauriente risposta del Ministro degli esteri, il quale, uscendo dal riserbo connaturale al suo alto ufficio, ha voluto confermare in quest’Aula, e quindi rendere noto a tutto il Paese, lo sforzo tenace che egli persegue da lunghi e lunghi mesi per arrivare al risultato, per me importantissimo e definitivo, di una unione doganale tra Francia ed Italia, mi permetterò di fare alcune brevissime osservazioni, anche per coonestare e giustificare le ragioni di questa mia interrogazione.

Abbiamo assistito in questi ultimi tempi, attraverso Congressi internazionali, tenuti in molte città della Svizzera e di altri paesi, attraverso discussioni, polemiche giornalistiche, discorsi, pronunciati anche in questa Assemblea, ad un pullulare di movimenti e di unioni per una organizzazione internazionale europea.

Come ha ricordato testé il Ministro onorevole Sforza, rivive il grande sogno di quell’uomo di altissimo ingegno e di nobile cuore che fu Aristide Briand, il quale spese tutti gli ultimi anni della sua vita…

NITTI. Dio ci scampi!

PERSICO. …(consenta, onorevole Nitti) a realizzare l’impossibile sogno, almeno allora, della creazione degli Stati Uniti di Europa. Però Briand si era sbagliato, e la via da lui prescelta non poteva raggiungere lo scopo, perché, come ha detto l’onorevole Sforza, egli cercava di costruire il tetto prima dell’edificio. Noi dobbiamo poter arrivare alla stessa meta attraverso una strada diametralmente opposta, cioè creare prima le condizioni di fatto, le quali poi possano portare al risultato conclusivo, un giorno ancora molto lontano da oggi, al punto cioè da poter proclamare di fronte al mondo che l’unione europea è divenuta qualche cosa di stabile, di saldo e di perenne.

Ed allora la via deve essere ben diversa da quella delle conferenze, o delle riunioni internazionali, le quali non sono però inutili, perché valgono a creare l’ambiente favorevole. Dobbiamo, prima, creare delle unioni fra popoli vicini, che abbiano anche consanguineità di origini, idealità comuni, affinità di interessi complementari (economici e sociali), in modo che si possa arrivare ad efficienti risultati e ad ampie realizzazioni.

Certo è che in questo tragico periodo che attraversa l’Europa (e lo attraversano tutti i popoli, vincitori e vinti ugualmente) non è più possibile mantenere chiusa nell’area nazionale la soluzione dei problemi economici. L’area nazionale è troppo ristretta: occorrono aree supernazionali, o internazionali. Ecco perché sorgono questi movimenti di unioni doganali. Per risolvere problemi di natura economica e sociale, problemi di produzione, problemi di scambi, problemi di materie prime, problemi di mano d’opera, problemi di bilancia di pagamenti, di mercati, di monete, ecc., ecc.; tutti problemi questi che non possono essere risolti nell’area nazionale. Il cosiddetto piano Marshall, come accennava l’onorevole Ministro degli esteri, può essere un primo tentativo per mettere un po’ d’ordine in questo colossale disordine, in questa enorme discrasia di interessi. Ma non basta. Il piano Marshall ha finalità concrete ed immediate, dirette a sanare le piaghe sanguinanti dell’ora presente; ma non può risolvere i problemi fondamentali dell’economia europea. Perciò noi auspichiamo che quello che già hanno fatto il Belgio, l’Olanda ed il Lussemburgo, con quella fatidica parola di «Benelux», che indica la creazione di un nuovo superstato che unisce in intima unione questi tre Stati piccoli, ma importanti dal punto di vista economico – uno industriale, uno agricolo, il terzo con una notevole produzione mineraria – possano oggi fare la Francia e l’Italia con una unione doganale, la quale dovrà cominciare con il livellamento degli scambi, attraverso tariffe comuni, in modo che poi, a poco a poco, si possa arrivare alla completa unificazione delle dogane. E quando la Francia e l’Italia, con un nome che bisognerà creare, come ne ha fatto cenno l’onorevole Sforza, ma che non sarà difficile trovare, data la comune origine «latina» delle due grandi nazioni, avranno formata la loro unione doganale, non è detto che essa non possa dar luogo alla formazione di altre simili: quella scandinava, che già si delinea, quella ispano-portoghese, che è nella natura delle cose, e chi sa che la stessa Inghilterra non possa un giorno aderire a tale unione? Oggi è stata pubblicata la notizia che l’Inghilterra ha abolito il visto sui passaporti, cosicché tale visto non è più necessario per gli italiani che devono recarsi in Inghilterra o per gli inglesi che devono venire in Italia. Chi non ci dice che proprio all’unione doganale franco-italiana non possa associarsi in futuro anche l’Inghilterra? Allora vedrete che tutti quei problemi, che sembrano oggi insolubili, verranno agevolmente risolti, e che l’«unione europea», questa grande super organizzazione statale, potrà, a poco a poco, da sogno diventare realtà.

E qui vorrei dire una parola che spieghi il mio pensiero. Questa unione non deve costituire un blocco, che si unisce ad uno dei blocchi oggi esistenti, né a quello occidentale, né a quello orientale; ma deve dar vita ad un blocco intermedio, di forze pacifiche, diretto a scopi di aiuto reciproco ed a scopi di intermediazione fra i due blocchi antagonisti, in modo da farne sparire le divergenze, in modo da avvicinarne i punti di contrasto, eliminandoli o armonizzandoli. Perciò occorre seguire col più grande interesse quel largo movimento dei popoli sud-orientali e balcanici, i quali si vanno tra loro unendo, perché, quando anche queste giovani forze si saranno accordate, sarà più facile arrivare ad una unione generale di tutti gli Stati europei, diretta a fini pacifici e di elevamento delle condizioni di vita di ogni classe sociale, specialmente di quelle più umili.

Ed allora, riferendomi alle ultime parole dell’onorevole Ministro degli esteri, io dico che all’Italia è riservata in questo campo una grande missione. L’Italia, con la sua millenaria civiltà, con il suo meraviglioso patrimonio culturale e di glorie artistiche e letterarie, potrà essere l’antesignana di questo nuovo sistema politico, mettendosi alla testa delle nazioni pacifiche europee e rioccupando nel mondo civile quel posto che le spetta. (Applausi).

DI FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI FAUSTO. Mi sono fatto interprete della trepidante attesa di numerose famiglie per la sorte degli italiani rimasti abbandonati in Albania, in seguito agli eventi bellici. Sarei veramente grato all’onorevole Ministro se volesse darci assicurazione prima che questa Assemblea finisca i suoi lavori e se potesse venire dal banco del Governo una parola rassicurante in proposito.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Le interrogazioni concernenti problemi di politica estera, specialmente problemi di politica estera in corso di soluzione (così almeno voglio sperare) sono troppo gravi perché si risponda immediatamente, senza aver pesato prima i termini della questione. Se ciò facessi comincerei a mancare di rispetto all’Assemblea. Quindi risponderò a fondo all’onorevole Di Fausto con piacere quando ci sarà la possibilità di dire qualche formula precisa e definitiva. Desidero però avvertirlo ora che il Governo dà al problema dei numerosi italiani detenuti in Albania una attenzione ardente e continua. Esso ha cercato per vari mezzi di porsi in contatto con il Governo albanese, con il quale purtroppo non abbiamo ancora rapporti diplomatici diretti.

Abbiamo l’impressione che il nostro buon volere ed il nostro desiderio di aiutare la rinascita economica albanese, offrendo invece di lavoratori forzati dei lavoratori liberi in base a contratti liberi, non potrà non essere accolto.

Ma basti per oggi all’onorevole Di Fausto di sapere che tutte le nostre cure sono date a questo problema con animo fraterno.

Per un’accusa formulata dal deputato Cianca contro il deputato Chieffi.

CHIEFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIEFFI. Sono informato soltanto ora che l’onorevole Cianca avrebbe pronunziato nel corso della seduta pomeridiana di ieri parole offensive al mio riguardo. Quindi chiedo di poter parlare, sebbene il regolamento non me ne dia il diritto, o adesso o lunedì.

PRESIDENTE. A stretto tenore di regolamento non sarebbe più il momento per fare delle dichiarazioni sul processo verbale della passata seduta, che è già stato approvato. Ma se ella ha un fatto personale da lamentare, credo che le maglie del regolamento non debbano essere così strette da impedire ad un deputato di esporre il suo pensiero.

CHIEFFI. Preferirei lunedì per essere documentato.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa desidera parlare?

CIANCA. Il deputato Chieffi ha detto che voleva parlare perché ieri io avrei pronunciato nei suoi confronti parole offensive; quindi sono chiamato in causa.

PRESIDENTE. Non ve n’è traccia nel verbale.

CIANCA. Dal punto di vista regolamentare non contesto affatto che lei abbia pienamente ragione; ma si tratta di un problema di carattere morale. Penso quindi sia doveroso da parte nostra ascoltare le spiegazioni del deputato Chieffi, che io stesso ho sollecitato. Perché, quando questa mattina ho visto riprodotta in un giornale l’invettiva che ho lanciata ieri contro il deputato Chieffi, mi sono affrettato a dire ad alcuni colleghi democristiani che, aspettavo che oggi, sul processo verbale, il deputato Chieffi chiedesse spiegazioni.

CHIEFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIEFFI. Dopo che l’onorevole Cianca avrà fornito queste documentazioni, mi riservo di esibirne altrettante più significative e più importanti di quelle che l’onorevole Cianca dice di avere, e di rispondere adeguatamente a quelle che sono le sue precise affermazioni.

PRESIDENTE. Onorevole Chieffi, le osservo che nel resoconto – mi vi riferivo a memoria, ma con esattezza – non vi è nessun riferimento alla sua persona. Ella ad un certo momento avrebbe detto: «Onorevole Cianca, quando passerà ai comunisti?». L’onorevole Saggin esclama: «Parla Ciancia!». A queste parole dell’onorevole Saggin, l’onorevole Cianca risponde: «Testone!».

Quindi, onorevole Chieffi, non c’è riferimento alla sua persona. Se ella, però, ha da dolersi di cosa che l’onorevole Cianca avrebbe detto e di cui non è traccia nel verbale, evidentemente questo diritto lo ha, ma non può essere un diritto da esercitarsi a scadenza. Bisogna che sollevi il fatto personale nella seduta di oggi.

L’onorevole Chieffi ha facoltà di parlare.

CHIEFFI. Sembrerebbe che l’onorevole Cianca avesse fatta una affermazione, che li desidererei fosse ripetuta e documentata, dopo di che io, in qualche modo, oggi o nella prossima seduta, vorrei documentare tutto il mio passato politico, che l’onorevole Cianca ignora.

Molti colleghi, che sono da quella parte, anche all’estrema sinistra, conoscono il mio passato politico.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Io devo compiere un atto di lealtà, perché alla mia coscienza ripugna il lanciare, anche nel tumulto, delle accuse, le quali non rispondano a una mia profonda convinzione morale.

Ripeto: l’affermazione che tre volte ho lanciato nei riguardi dell’onorevole Chieffi si riduce a questa definizione: «Collaboratore dei tedeschi».

Ora, io domando al deputato Chieffi, al quale ho fatto sapere di avere in realtà pronunciato la frase, pubblicata da giornali del mattino, che cosa egli abbia da eccepire a questa mia definizione, di cui assumo tutta la responsabilità. (Applausi all’estrema sinistra – Rumori – Commenti al centro).

CHIEFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIEFFI. Sono io che domando alla cavalleria ed alla correttezza dell’onorevole Cianca che egli documenti questa sua accusa, attraverso gli elementi a sua disposizione.

D’altra parte, all’onorevole Cianca è facile sapere, anche attraverso rappresentanti di altri partiti, se egli ha militato nel periodo clandestino contro i tedeschi, quale sia stata la mia attività in quel periodo.

Quindi, io chiedo all’onorevole Cianca di documentarsi o di dare quelle precisazioni all’Assemblea, che sono dovute da un uomo d’onore, quale si ritiene che egli sia. (Commenti).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all’onorevole Cianca, debbo far presente all’onorevole Chieffi che vi è una disposizione regolamentare che si attaglia al nostro caso. Per evitare che nella discussione parlamentare si portino da una parte documenti e dall’altra si confutino i documenti stessi, con presentazione di altri documenti, il Regolamento prescrive che, quando un deputato si senta offeso da un’affermazione fatta da un suo collega, può valersi della facoltà di chiedere al Presidente dell’Assemblea che nomini una Commissione, la quale esamini il caso e dia il suo giudizio. Infatti l’articolo 80-bis del Regolamento è del seguente tenore:

«Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi il fondamento dell’accusa; alla Commissione può essere assegnato un termine per riferire».

Se l’onorevole Chieffi intende valersi di questa disposizione, può farlo.

CHIEFFI. Accetto, ed invoco l’applicazione di questa disposizione del Regolamento. Affermo che l’onorevole Cianca è un calunniatore ed invito l’onorevole Cianca a rinunziare all’immunità parlamentare per subire tutte le conseguenze che derivano dalla sua volgare diffamazione. (Applausi al centro – Rumori – Commenti all’estrema sinistra).

Presidenza del Presidente TERRACINI

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. La questione è stata chiusa.

CIANCA. Mi permetta. Il deputato Chieffi ha detto che sono un calunniatore. (Commenti al centro).

Io non do nessuna importanza morale alle accuse ed alle ingiurie che può lanciare nei miei confronti il deputato Chieffi: tengo però a mettere in rilievo, rispetto al suo sdegno tardivo, ch’egli avrebbe potuto cominciare là dove ha concluso, chiedendo al Presidente dell’Assemblea quel che io stesso chiedo: un’inchiesta parlamentare. (Approvazioni a sinistra).

CHIEFFI. Si spogli dall’immunità parlamentare, onorevole Cianca, se ha del coraggio! (Approvazioni – Commenti).

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Mi dispiace: la questione è chiusa.

LUSSU. Insisto nel chiedere di parlare, perché l’onorevole Cianca ha fatto il mio nome.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, dopo la richiesta del collega Chieffi, che ha rimesso la questione sulle vie previste dal Regolamento, non c’è più nulla da dire. L’onorevole Chieffi ha chiesto la nomina di una Commissione, a norma dell’articolo 80-bis del Regolamento. La Presidenza provvederà alla nomina di questa Commissione. Tutto quanto, d’ora in poi, i deputati avessero ancora da dire in argomento, lo dicano alla Commissione che nominerò.

LUSSU. Ma io chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Se lei, trattando del fatto personale, rientra nella questione esaurita, le tolgo subito la parola.

LUSSU. Mi permetta, onorevole Presidente, credo che ella non abbia il diritto di togliermi la parola, perché l’onorevole Cianca, essendosi sentito investito da una affermazione dell’onorevole Chieffi, ha fatto il mio nome in seguito. Ora io non intendo che il mio nome sia fatto in questa Assemblea senza che io abbia il diritto di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, il suo nome è stato fatto a proposito della divergenza, che ormai è rimessa ad una Commissione.

LUSSU. Alla Commissione non ho niente da chiedere per il fatto che durante questo dibattito s’è fatto il mio nome.

PRESIDENTE. Se lei crede di avere qualche diritto a parlare in merito, si presenterà spontaneamente alla Commissione per esporre le sue ragioni.

LUSSU. Io ho qualche cosa da dire in quest’Aula e non alla Commissione. Io credo di non aver portato in questa Assemblea un temperamento scandalistico. Mai io sono intervenuto in questa Assemblea per accusare colleghi o per suscitare scandali: ma in questo diverbio tra l’onorevole Cianca e l’onorevole Chieffi, poiché è stato fatto il mio nome, ho il dovere morale di precisare che mai tra l’onorevole Chieffi e me è trascorsa una questione personale. Non pertanto, dopo una pubblicazione apparsa su un giornale dell’Isola io ho tolto il saluto all’onorevole Chieffi.

CHIEFFI. L’ho tolto io! (Commenti – Interruzioni).

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, voglio rivolgerle una domanda: la prego di ripetermi le parole pronunciate dall’onorevole Cianca con le quali lei ha creduto di sentirsi chiamare in causa.

LUSSU. Io ho creduto di sentire queste parole: «parlate dei deputati sardi, l’onorevole Lussu, ecc.». Ho sentito il mio nome ed ho detto: che c’entro io? (Commenti – Interruzioni).

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, mi perdoni ancora una volta: se lei mi avesse detto subito questo – e le confesso che la colpa è mia di non averglielo chiesto – le avrei dichiarato che non trovavo in ciò materia alcuna di fatto personale, perché il fatto personale non è costituito dalla semplice citazione del nome di un deputato durante la discussione. L’onorevole Cianca non ha fatto il suo nome per addebitarle qualche cosa, o per chiamarlo direttamente in causa in qualche cosa che sia avvenuto o che stia avvenendo. Se l’onorevole Cianca avesse detto, in generale, «i deputati sardi, ecc.» lei si sarebbe evidentemente potuto identificare in quella definizione collettiva…

LUSSU. Ma il mio nome è stato fatto! (Interruzioni – Rumori).

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, a questo riguardo vi è l’articolo 80 (ed è bene che tutti i colleghi lo stiano a sentire, per non scambiare per fatto personale una questione che non ha niente a che vedere con il fatto personale), il quale dice:

«È fatto personale l’essere intaccato nella propria condotta, o il sentirsi attribuire opinioni contrarie alle espresse».

LUSSU. È proprio così!

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Lussu, lei non ha espresso opinioni, perché non aveva parlato e non è stato intaccato nella sua condotta dalle parole dell’onorevole Cianca.

Se lei ha qualche cosa da dire sulla questione che è stata richiamata poco fa, la Commissione le chiederà di comunicarle ciò che lei sa; se non sarà invitato, potrà presentarsi alla Commissione. Ma in questo momento, mi perdoni, non sussiste alcun fatto personale.

Le ho letto il regolamento; non c’è più possibilità di discutere. Abbiamo altre cose importanti da fare. (Approvazioni).

LUSSU. Mi permetta di dire una cosa: credo che niente di più spiacevole potesse capitarmi oggi che sentire fare il mio nome dopo quello dell’onorevole Chieffi. (Rumori – Commenti al centro).

CHIEFFI. Burattino! (Rumori all’estrema sinistra).

LUSSU. Onorevole Presidente, la prego di richiamare all’ordine l’onorevole Chieffi; altrimenti io aggiungerò che non solo è stato collaboratore dei tedeschi, ma che ha fornito anche donne ai tedeschi! (Vivi rumori, proteste al centro – Commenti).

CHIEFFI. È uno sciagurato! Quell’uomo è un grande imbecille (Rumori – Commenti).

LUSSU. In verità, è un bell’argomento difensivo!

PRESIDENTE. Basta, onorevoli colleghi! Per favore, facciano silenzio! Mi permettano di definire questa situazione come poco degna! Se si avesse un po’ di delicatezza, si dovrebbe comprendere che nel momento in cui un membro dell’Assemblea accusato chiede che si nomini una Commissione, chiede cioè che venga costituita una magistratura dell’Assemblea, in quel momento il senso di consapevolezza e di rispetto per questo atto grave dovrebbe convincere a tacere chiunque e a non prolungare in un modo così poco dignitoso questo episodio.

Ci pensino, onorevoli colleghi! (Applausi).

Inversione dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, al primo punto dell’ordine del giorno avremmo il seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana, ma i colleghi che erano presenti alla seduta antimeridiana sanno che noi dovremo adesso prendere invece in esame l’ordine del giorno proposto da alcuni colleghi al fine di modificare alcune norme stabilite per l’elezione del primo Senato della Repubblica.

Al secondo punto c’è il seguito della discussione del disegno di legge recante modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946 per l’elezione della Camera dei deputati; ma i colleghi sanno che la Commissione, dovendo esprimere il proprio parere sui numerosi emendamenti che sono stati presentati nella seduta di stamane, ha chiesto di potersi riunire per prendere in esame gli emendamenti stessi. Poiché, però, la Commissione non ha terminato questa riunione, per questo secondo punto dell’ordine del giorno non possiamo per il momento riprendere la discussione.

Vi è infine, al terzo ed ultimo punto, la discussione intorno alla proposta di nomina di una commissione di indagine, avanzata dall’onorevole Nenni.

Pertanto, su richiesta di numerosi colleghi, io propongo di invertire il nostro ordine del giorno, iniziando precisamente i nostri lavori da questo punto terzo, salvo poi a riprendere successivamente il seguito della discussione del progetto di Costituzione, per poi passare – da ultimo – al seguito della discussione del disegno di legge relativo all’elezione della Camera dei deputati, nella fiducia che nel frattempo la Commissione sarà in grado di pronunciarsi.

(Così rimane stabilito).

Sulla proposta di nomina di una commissione di indagine.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Proposta di nomina di una Commissione d’indagine.

La proposta, presentata dall’onorevole Nenni ieri sera, è del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Ministro dell’interno in risposta all’interrogazione Nenni, delibera di deferire al suo Presidente la nomina di una Commissione incaricata di esaminare in quali circostanze membri dell’Assemblea siano stati, nella mattinata del 12 dicembre, malmenati dal servizio d’ordine predisposto attorno a Palazzo Montecitorio».

Onorevole Nenni, ha qualche cosa da aggiungere a quanto già ha avuto occasione di dire ieri?

NENNI. Non ho niente da aggiungere, onorevole Presidente, a quanto ho detto ieri. Mi sembra evidente che, in difetto di una qualsiasi dichiarazione del Ministro dell’interno che desse un minimo di soddisfazione non ai colleghi che possono essersi trovati in una spiacevole situazione, ma all’Assemblea la quale non può ammettere che avvengano fatti del genere di quelli che si sono verificati ieri, mi sembra evidente, dico, che la sola soluzione dignitosa per l’Assemblea sia quella di rimettere al Presidente la nomina di una Commissione che accerti il modo come i fatti si sono realmente svolti.

PAJETTA GIULIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAJETTA GIULIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei aggiungere alcuni argomenti a quelli addotti ieri sulla necessità di una Commissione d’inchiesta.

Qui vi sono due fatti incontestabili. Primo: molti cittadini assolutamente innocenti e non partecipanti ad alcuna manifestazione sono stati ieri bastonati. Vorrei recare al riguardo, quale unica testimonianza – fra le tante – due notizie che tolgo dal giornale L’Umanità di oggi:

«La protesta dell’esecutivo nazionale della Federazione nazionale giovanile socialista per l’arresto di nove dei suoi membri e militanti fermati dalla polizia, mentre svolgevano regolare attività di servizio d’ordine per incarico della Camera del Lavoro. (Commenti a destra al centro).

Una voce a destra. Da quando la Camera del lavoro fa servizio d’ordine?

PAJETTA GIULIANO. Vorrei aggiungere – non siamo noi direttori dell’Umanità – questa frase, che tolgo da un altro corsivo nella seconda pagina dell’Umanità di oggi. Parlando di una razzia al Quadraro, si dice:

«Gli agenti si sono diretti alle Sezioni dei partiti di sinistra, razziando quanti vi si trovavano. Quindici dei nostri compagni, riuniti nella sede del Partito socialista dei lavoratori italiani sono stati acciuffati e, sotto la minaccia dei moschetti, caricati su un grosso autocarro».

Si parla nei giornali – e nessun comunicato lo ha smentito – di decine e decine di contusi. D’altra parte, un secondo fatto che mi pare anche incontestabile è che parecchi deputati sono stati malmenati, tra cui, forse più degli altri, il sottoscritto.

Io ho il certificato medico che mi ha rilasciato stamane il medico di Montecitorio, che sarà a disposizione della Commissione d’inchiesta.

Io credo che il problema della Commissione d’inchiesta non si porrebbe, se nelle dichiarazioni dell’onorevole Scelba ieri, ci fosse stato anche un solo accenno alla sua intenzione di fare un’inchiesta su alcuni di questi fatti. Lei, onorevole Scelba, ha parlato di eccessi possibili, ma poi ha fatto l’apologia in toto dell’azione delle forze dell’ordine. Io le potrei dire una cosa. Tra le 12.30, quando io personalmente le ho accennato a che cosa era successo, e le 16.30, quando lei ha parlato ieri, lei poteva avere probabilmente dei documenti. Ci sono dei documenti fotografici in molti giornali: non credo che il Giornale della Sera sia considerato un giornale comunista, anche se l’onorevole Benedetti mi fa l’onore della sua amicizia. Sono fotografie che non credo siano dei veri e propri fotomontaggi.

D’altra parte si potrebbe avere la speranza che quello che non è stato fatto ieri fosse fatto oggi, se non ci fossero alcuni falsi dell’autorità di pubblica sicurezza di Roma. Vi è un comunicato della Questura di Roma, fatto – mi dichiarava il Questore stamane – non per Roma, ma ad uso di Milano, dove troppa gente si agitava, dove noi probabilmente abbiamo troppi amici, in cui si dichiara testualmente che il sottoscritto si trovava nella folla, che nella folla c’è stato un parapiglia e che nel parapiglia qualche cazzottata la prese anche lui.

Vi sono dei documenti fotografici inoppugnabili e vi sono delle testimonianze che dimostrano che il sottoscritto non si è mai trovato ieri confuso alla folla, che era completamente isolato in Piazza Montecitorio. Le stesse fotografie dimostrano che ero abbastanza isolato e abbastanza solo da avere il tempo di mostrare i miei documenti e di proclamare la mia identità. Vi assicuro che il fatto di aver detto che ero deputato e aggiunto che ero Pajetta, non credo sia valso molto; credo anzi che mi abbia danneggiato alquanto. (Commenti).

Credo che il fatto che vi sia un comunicato che dobbiamo considerare inesatto della Questura, e che non vi sia stata nessuna assicurazione ieri del Ministro Scelba, ci debba far pensare alla necessità di una vera inchiesta.

Io ho qui una testimonianza fra le altre; mi permetteranno i colleghi che la legge, almeno in parte:

«Il sottoscritto, Mario Fiorentino, membro dell’Esecutivo provinciale romano dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, la mattina di giovedì 12 dicembre verso mezzogiorno si trovava nella sede della direzione del Partito socialista dei lavoratori italiani, e precisamente nella stanza di Italo Pietra, membro della Direzione del Partito socialista dei lavoratori italiani e già comandante dei partigiani dell’oltre-Po pavese…

Una voce a sinistra. Non è vero, non è mai stato comandante. (Ilarità al centro).

PAJETTA GIULIANO. Gli amici o i colleghi del Partito socialista dei lavoratori italiani diranno se Italo Pietra esiste, se è persona reale e se è membro dell’Associazione.

«Ad un certo momento ci affacciammo alla finestra attirati da alti clamori che si levavano dalla piazza». (Già, stavano bastonando me). «A questo punto il nostro sguardo fu attirato dallo spettacolo sottostante: un giovane magro veniva aggredito da una trentina di agenti che lo percuotevano. Il giovane era solo e cercava di schermirsi. La piazza era completamente sgombra e pertanto non si comprendeva perché gli agenti infierissero selvaggiamente su di lui anche dopo che questi era caduto per terra, ecc.».

Fra le altre ecchimosi, ne è stata riscontrata una al basso torace: non è stata una bastonata ricevuta, ma un calcio che ho ricevuto quando ero a terra!

Fu allora che Italo Pietra disse: è Pajetta». E questo per dire che è stato picchiato e arrestato anche lui. Si chiama Mario Fiorentino.

Vi è una testimonianza analoga del repubblicano Fallani Mario, della Ditta Scifoni, capo operaio, che è mutilato e che veniva bastonato. In sua difesa, difesa molto pacifica del resto, sono accorso io. Non mi trovavo per caso in Piazza Colonna: mi recavo a Montecitorio. Ho visto bastonare della gente da ufficiali e sono corso chiedendo a questi ufficiali di non bastonare quella gente.

Vi è una fotografia sul Giornale della Sera di oggi che dimostra come si acciuffava la gente che si metteva fra gli agenti e come si bastonava.

Del resto, anche fra gli amici democristiani c’è stato qualche contuso: mi pare l’onorevole Pallastrelli, che è stato anche lui bastonato o contuso. E quindi anche gli amici democristiani hanno un’idea dei sistemi che sono stati applicati ieri.

Ecco le ragioni per le quali mi pare necessario che si apra l’inchiesta.

Io vorrei dire una cosa: ci sono stati dei colleghi democristiani che son venuti ad esprimermi il loro rammarico, credo sinceramente, e li ringrazio. Vorrei dire a questi colleghi: si è scatenata una forza bruta, sono stati dati a degli uomini poteri illimitati. Avete dato in mano il manganello a degli agenti, dalla mattina alla sera: deve venire il momento in cui lo adoperano. Voi lo date a questa gente, ex ufficiali della polizia alleata italiana, ex ufficiali repubblichini. Come volete che costoro, contro i quali abbiamo lottato nel 1944, non siano contenti di renderci la pariglia? È evidente che questo deve succedere!

Chiedo perciò che l’inchiesta riesca ad assodare quali elementi provocatori vi siano fra certi dirigenti delle forze dell’ordine. Il contegno di certi ufficiali ieri e avant’ieri in Piazza Colonna non era contegno di forze dell’ordine ma di forze del disordine. Io vorrei fare rilevare la differenza fra il contegno di ufficiali dei carabinieri e di certi ufficiali della Celere, dico: certi ufficiali.

Io ho detto a colleghi democristiani, ed anche al Ministro Scelba ieri: venite a vedere in faccia certi signori come agiscono e come si muovono! Non si è voluti vederli, forse perché si è pensato che tutto va bene! Oggi penso che ci sono dei fatti che dimostrano che non tutto è andato bene!

Vorrei però dire ad altri colleghi, a colleghi che non si sono rammaricati che io abbia avuto una lezioncina; vorrei dire ai colleghi liberali anche qualche cosa: il giornale Risorgimento liberale parla oggi di funzione pedagogica della polizia.

BELLAVISTA. Riporta le parole del Presidente del Consiglio.

PAJETTA GIULIANO. Non avevo sentito queste nobili parole sulla funzione pedagogica della polizia. Quando ero ragazzo, 17 anni fa, la polizia di Mussolini ha corcato di insegnarmi a vivere. Non è riuscita e non credo che i manganelli di ieri mi insegnino a vivere meglio, in un modo diverso di quanto non mi abbiano insegnato quelli di Mussolini. (Applausi all’estrema sinistra).

Mi hanno insegnato a cercare di vivere onestamente i miei ricordi di infanzia delle stragi di Torino. Questo solamente volevo dire sulla funzione pedagogica della polizia. Del resto ci sono dei portavoce più o meno ufficiali che oggi non ripeteranno le parole di ieri: gli onorevoli Togni e Belotti, che si sono felicitati della lezione a questo turbolento Pajetta. Anche altre polizie ci hanno chiamato turbolenti, guastafeste.

Amici del nostro Gruppo, amici dei nostri Gruppi, vi sono persone che hanno subito ben più di me, le persecuzioni della polizia. Per parte mia ho forse un ricordo di arresto e bastonate da varie polizie del mondo, ma vorrei dire, non come minaccia e nemmeno come un malaugurio, che quelli che mi hanno bastonato sono finiti male. L’ultima persona che mi ha bastonato è stata il capo baracca di Mathausen. Il 5 maggio 1946 è finito male anche lui. (Commenti). Ma con questi sistemi non si cambiano le cose.

Non è, amici, nostra abitudine mentire: non abbiamo mentito ieri quando abbiamo raccontato i fatti e quando l’onorevole Dossetti credeva facessimo la solita montatura; non abbiamo mentito. Le fotografie, le testimonianze di oggi dimostrano che chi ha mentito sono stati i servizi di polizia; non mentiamo oggi chiedendo questa inchiesta onde si riesca a chiarire questi fatti e si riesca ad eliminare coloro che non rappresentano le forze dell’ordine, ma le forze del disordine. È proprio per questo che noi non mentiamo, non perché siamo più bravi, o più onesti degli altri, ma perché sappiamo che la verità è una forza e chiediamo una Commissione di inchiesta perché sia fatta luce, perché si veda chi ha provocato, chi ha creato assembramenti, chi agitava e perché si dia una lezione a chi fa propaganda per il malcostume politico.

Oggi nella cronaca di un giornale liberale si parla con soddisfazione di questo onorevole che va a gambe in aria, in fuga, travolto dalla folla in fuga. Sono caduto sotto le botte. Mi dispiace. Preferisco darle invece che prenderle. Un cronista parla con soddisfazione di un altro cronista che si affloscia sotto i colpi. C’è una soddisfazione, c’è un piacere, che sia picchiata la gente, c’è una apologia di questo. Io credo sia grave, e credo sia giusto che una Commissione di inchiesta parlamentare ristabilisca i fatti e cerchi di dare anche una indicazione, un indirizzo in modo tale che simili fatti non si ripetano o che fatti simili non portino a conseguenze e a rappresaglie.

Noi continuiamo a considerare anche dopo i fatti di ieri le forze della polizia repubblicana come forze del popolo, ma forze del popolo in cui si sono introdotti elementi provocatori, che fanno carriera in base ai loro manganelli.

Non credo sia per caso che in un corpo costituito da tempo e in un corpo che non è stato rinnovato dove non si sono fatte novità, come nel corpo dei carabinieri, abbiamo visto maggiore serenità e calma. Io penso che si debbano rivedere parecchie cose.

Rivederle prima che sia troppo tardi, perché è evidente che le botte si possono prendere una volta, ma poi viene voglia di restituirle. Chiediamo quindi una Commissione d’inchiesta, e cioè nient’altro che un mezzo per fare luce sui fatti, un mezzo per trovare la verità. (Applausi all’estrema sinistra).

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Onorevoli colleghi, credo che dobbiamo lasciare completamente da parte l’umorismo e i commenti più o meno discutibili della stampa a proposito degli incidenti incresciosi avvenuti ieri. Ma, comunque sia, io sarei il primo a chiedere e a volere una Commissione d’inchiesta sui fatti avvenuti in Piazza Colonna se dall’insieme delle relazioni e delle testimonianze noi potessimo desumere un solo indizio che la forza pubblica ha voluto, superando i limiti della necessità, colpire intenzionalmente un deputato (Rumori a sinistra) perché in tal caso poi passeremmo dal piano puramente amministrativo della tutela dell’ordine sul piano politico. Ma, onorevoli colleghi, né i miei amici che ieri sono stati malmenati o bastonati portavano all’occhiello il bianco fiore o il nastro della prima comunione e né tu, caro amico Pajetta, portavi ieri sul petto o in fronte l’impronta o il segno della tua fede. (Rumori a sinistra).

La verità è che ben pochi di noi sono così generalmente conosciuti in modo che ogni agente della forza pubblica possa ipso facto riconoscerli come deputati (Proteste a sinistra) ed è necessario che quando in piazza Colonna o in piazza Montecitorio si verificano degli assembramenti o dei comizi improvvisati, nessuno di noi scenda in piazza… (Rumori a sinistra – Applausi al centro). In questo caso, quello che può accadere da parte della polizia che deve tutelare la libertà dell’Assemblea Costituente e la libertà di tutti indistintamente i cittadini ricade su colui che, non conosciuto dalla polizia, si mette in mezzo alla folla con intenti o buoni o cattivi. È per questo che noi non riteniamo esservi nei fatti di ieri alcun motivo per una inchiesta parlamentare e ci rimettiamo a quelle che saranno le conclusioni del Ministro, sicuri come siamo che la forza pubblica ha fatto il suo dovere per la tutela indistintamente della libertà di tutti. (Applausi al centro – Commenti all’estrema sinistra).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, circa la legittimità della domanda di una Commissione d’inchiesta, legittimità che riguarda la sostanza della cosa, parlerà il Ministro della giustizia. Poiché ho inteso dall’onorevole Nenni e dall’onorevole Pajetta che essi hanno avanzato la domanda di costituzione di una commissione d’inchiesta perché io non avrei detto una parola sui fatti o sul proposito del Governo d’indagare sui fatti che si sono svolti ieri a Piazza Colonna, io prendo la parola per dire che sui fatti che sono stati denunciati dall’onorevole Pajetta è in corso una inchiesta interna di ordine amministrativo; e credo che una inchiesta amministrativa sia l’unica cosa che in questo momento possa essere fatta.

Il Governo, se da questa inchiesta risulterà che vi sono stati degli eccessi volontari, intenzionali, deliberati, di colpire, se eccessi sono stati compiuti – condannevoli in ogni caso, ma molto più condannevoli perché a danno di colleghi rappresentanti dell’Assemblea Costituente – il Governo, anzi l’amministrazione responsabile, non mancherà di prendere quei provvedimenti che si imporranno a seconda dei risultati del caso.

NENNI. Lei, non li ha presi né li prenderà. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevole Nenni, ella ha pienamente ragione dal suo punto di vista di oppositore di avere sfiducia nel Ministro dell’interno, ma ritengo di poter assicurare l’Assemblea che indipendentemente dall’opinione dell’onorevole Nenni il Governo, per suo conto, farà il suo dovere. (Interruzione del deputato Moranino).

Desidero però aggiungere una parola: ho notato nelle parole dell’onorevole Pajetta il tentativo di scindere le forze dell’ordine facendo da una parte l’elogio dei carabinieri. Io ricordo all’Assemblea Costituente che fino a non molti mesi fa i carabinieri erano additati a tutto il Paese, proprio dai settori dell’estrema sinistra, come elementi reazionari. (Applausi al centro – Proteste all’estrema sinistra).

VIGNA. Non è vero!

SCELBA, Ministro dell’interno. Io prendo atto con molto compiacimento del giudizio espresso dall’onorevole Pajetta: perché anche i carabinieri, onorevole Pajetta, dipendono, per il servizio d’ordine pubblico, dal Ministro dell’interno. Non comprendo la ragione perché i carabinieri avrebbero voluto tenere un comportamento diverso da quello degli agenti di pubblica sicurezza. (Interruzioni a sinistra).

PAJETTA GIULIANO. Perché non ha messo gli ufficiali della P.A.I. a comandare i carabinieri.

SCELBA, Ministro dell’interno. Se le istruzioni circa il comportamento delle forze di pubblica sicurezza vengono emanate dal Ministro dell’interno, mi auguro, onorevole Pajetta, che anche nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza il giudizio sarà modificato; e sarà modificato nel senso che si considereranno tutte le forze dell’ordine al servizio del Paese e – pur potendosi e dovendosi deplorare eccessi inevitabili in manifestazioni di così vasta portata – si comprenderà lo sforzo ed il sacrificio che questi uomini fanno per assicurare a noi il minimo di ordine senza il quale non è possibile la vita civile. (Applausi al centro).

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Onorevoli colleghi, io credo che i fatti portati a nostra conoscenza e accaduti ieri e l’altro ieri per le strade di Roma, meritino indubbiamente la nostra attenzione e le nostre premure.

L’onorevole Bettiol ha detto che, non essendovi la prova che gli agenti dell’ordine abbiano voluto…

BETTIOL. Ho detto «indizio».

COSTANTINI. È lo stesso.

BETTIOL. Non è lo stesso.

COSTANTINI. Quasi che le legnate non fossero un indizio! L’onorevole Bettiol ha creduto di opporsi alla domanda di inchiesta, osservando che, non essendovi la prova o l’indizio, come egli vuole, che la forza pubblica abbia voluto intenzionalmente colpire un deputato, mancano gli estremi per l’inchiesta. Ora, onorevole Bettiol, io la richiamo al senso della realtà: nessuna legge oggi in Italia autorizza la forza pubblica ad adoperare il manganello non solo contro un deputato, ma neanche contro il cittadino, il quale cammina per le strade. (Applausi a sinistra). E se una serie di fatti di questo genere è avvenuta ad opera delle forze di polizia, che dipendono dal Ministro dell’interno, noi abbiamo il diritto di dubitare non solo della forza di polizia ma del Ministro dell’interno. (Commenti al centro).

Non basta, del resto, l’episodio Pajetta che definite insignificante; già il collega Pajetta ha l’aria del fazioso, è per voi il comunista energumeno che si lancia nella mischia, per farsi bastonare! Vi è un altro episodio, che riguarda il generale Piacentini, ex Ministro dell’aeronautica, il quale mi ha fermato ieri mattina nei corridoi di Montecitorio – ed avevo dato tanto poca importanza al fatto, che non l’ho neanche recato all’Assemblea – per avvertirmi di essere stato vittima, assieme ad un suo ufficiale, vestito in borghese, di una solenne legnata avuta la mattina al corso Umberto, mentre si recava a Piazza Venezia. Sono capitate quattro camionette della polizia; gli agenti saltati a terra, senza distinzione, hanno legnato tutti, compresi quelli che stavano sul marciapiede.

Non basta; vi è altro episodio, più grave; riguarda l’onorevole Pallastrelli, che non è affatto l’onorevole Pajetta; questi è il prototipo del disordine, voi dite. Altrettanto non può dirsi del collega Pallastrelli. Egli veniva verso Montecitorio assieme alla moglie; non ha importanza la località; certamente non si trovava in mezzo a disordini né fomentava disordini; gli si scaraventarono addosso tre o quattro agenti della polizia con relativo manganello, e, per evitare che fosse colpita la testa della sua signora, l’onorevole Pallastrelli si è preso una legnata sulla mano.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi! Io vi chiedo se noi possiamo consentire, noi che abbiamo proclamato la libertà della persona umana ed il rispetto di chi non sta per commettere reati, che in Roma, in questo periodo di democrazia e di repubblica avvengano ad opera della forza pubblica episodi di questo genere. (Rumori prolungati al centro). Io vi dico: questo può essere comodo per voi a fini politici, ma non torna comodo a noi! Vi è un’inchiesta, annunciata con 24 ore di ritardo dal Ministro degli interni. È una risposta che giunge troppo tardi. I fatti sono stati tanto ripetuti e rinnovati in diversi momenti e località da rendere necessario qualcosa che non è di più, ma che sia al di fuori del Ministro degli interni. È proprio il Parlamento che deve compiere una inchiesta e stabilire se vi sono delle responsabilità. Non si tratta di uno o dell’altro settore, di uno o di un altro deputato; si tratta del rispetto al quale hanno diritto tutti i cittadini, perché badate, onorevole Ministro, che se la forza pubblica, come mezzo di persuasione, adopera il manganello, può darsi che un cittadino onesto reagisca non col manganello ma con qualcosa di peggio. (Rumori al centro e a destra). Ed allora le conseguenze sarebbero ben gravi. (Vive proteste al centro e a destra – Interruzione del deputato Bettiol – Interruzione del deputato Pajetta Giuliano).

Onorevole Bettiol, quando si discuteva della Costituzione e precisamente dei diritti della persona umana, da quei vostri posti, tenevate un atteggiamento ben diverso da quello attuale.

PICCIONI. C’è la persona umana, in quel caso!

COSTANTINI. Ora la Costituzione è scritta e di fatto cambiate strada: adesso, perché c’è di mezzo il vostro Ministro degli interni, proclamereste forse il principio che la polizia ha il diritto di rompere… (Rumori al centro e a destra).

PICCIONI. C’è la persona umana anche nella polizia!

COSTANTINI. C’è la persona umana, onorevole Piccioni! Dovunque un diritto è offeso, lo è a danno di una persona, e quel diritto non lo si rimedia a parole. Quando poi l’offesa al diritto avviene proprio ad opera di chi dirige e deve proteggere l’ordine pubblico, allora un Parlamento che si rispetti ha il dovere di assumere le proprie responsabilità. (Applausi all’estrema sinistra). Nessuno finora ha detto o denunciato violenze fisiche contro gli agenti dell’ordine.

SCHIRATTI. E quando si bloccano le strade anche ai deputati? È successo a me a Treviso!

COSTANTINI. Questo lo avete fatto voi nel 1920.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Signor Presidente, io ho ascoltato con molta attenzione e soprattutto con molto dolore questa discussione, perché credo che sia desiderio comune che non si verifichino mai dei fatti che possano portare a discussioni di questo genere; ma ho avuto l’impressione che qui si anticipi l’inchiesta che non è stata ancora decisa.

Vorrei, onorevole Presidente, se lei me lo permette, riportare la discussione sul fatto specifico dell’inchiesta: se cioè si debba fare ed in quali termini; poi sarà fatta se l’Assemblea deciderà di farla. Ma non è il caso che la facciamo noi ora qui anticipatamente. Prima di tutto, onorevole Presidente, io le rivolgo una domanda: questa Commissione che si dovrebbe nominare, è una Commissione d’inchiesta parlamentare a norma degli articoli 135, 136 del Regolamento, oppure, come leggo nell’ordine del giorno, è una Commissione di indagine, cioè una figura nuova, che nel Regolamento della Camera non esiste? Questa è la prima cosa che noi dobbiamo chiarire, perché se è una Commissione di inchiesta parlamentare a norma di Regolamento, allora bisognerà seguire la procedura che il Regolamento stabilisce; se è una Commissione di indagine a sensi diversi, discuteremo di questi sensi diversi, ma io domando all’onorevole Presidente: qual è la proposta dell’onorevole Nenni? Perché qui si parla di una Commissione di indagine, ma allora non è una Commissione di inchiesta.

PRESIDENTE. Vuole una risposta subito?

LUCIFERO. Sì, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Lucifero, si tratta di una Commissione che ricorda precisamente quella che l’Assemblea ha nominato in occasione di certe accuse che erano state lanciate contro alcuni colleghi. Non è una Commissione d’inchiesta, che deve essere votata con una legge apposita: è una Commissione che chiameremo d’indagine, non ancora prevista dal Regolamento, ma in via di trovare una sua regolamentazione.

LUCIFERO. Io aspettavo questa risposta, ma per poter entrare in argomento dovevo avere da lei ufficialmente, onorevole Presidente, questa garanzia. Ed allora, se lei permette signor Presidente, io vorrei richiamarmi a quanto ebbi occasione di dire quando si deliberò (anche allora in una atmosfera molto eccitata) la costituzione della Commissione degli Undici: se i colleghi ricordano, quando si fece la nomina della Commissione degli Undici, io fui il solo a votare contro e dissi allora all’Assemblea: badate, queste creazioni ibride non si sa che cosa siano, non si sa quali poteri abbiano e non si sa a quali conclusioni debbano arrivare, ragione per cui finiranno col crearci una serie di imbarazzi e a non risolvere alcun problema. L’esperienza dimostrò che questa Commissione – che dovette tornare da noi per chiarimenti, spiegazioni ecc., – arrivò poi a delle conclusioni che non furono vere e proprie conclusioni, creando imbarazzi a tutti senza risolvere praticamente nessun problema.

Dichiaro quindi, senza assolutamente volere entrare nel merito, che ritengo che l’esperimento sia stato talmente infelice da non esser ripetuto in quella forma. Noi non possiamo nominare delle Commissioni zoppe, le quali poi non abbiano gambe per camminare; o noi riteniamo che un problema è talmente grave che bisogna nominare una Commissione d’inchiesta parlamentare, ed allora si faccia la regolare proposta a norma del Regolamento per una inchiesta parlamentare, e la discuteremo; oppure noi non crediamo che questo sia necessario, ed allora chiediamo al Ministro dell’interno che faccia una precisa inchiesta e ce ne riferisca, dopo di che, in base a questa, prenderemo le nostre conclusioni: ma non mettiamoci di nuovo a creare, avanti lettera, delle norme di Regolamento che sono ancora in attesa di regolamentazione, per non sapere poi, noi stessi, come regolarci e come considerare queste norme e questi organi, che abbiamo un po’ acceleratamente creato. Quindi, io direi di lasciare da parte questa commissione di indagine, che l’esperienza passata ha dimostrato non servire a niente; e se gli altri colleghi ritengono che si debba fare una proposta per nominare una regolare Commissione parlamentare attraverso ad una regolare procedura, inizino, in base ad un normale Regolamento, questa procedura, e in sede di quella discussione ognuno di noi potrà esprimere la propria opinione.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Onorevoli colleghi! Non vogliamo minimizzare le cose: è grave non tanto e non soltanto il fatto che il deputato Pajetta sia stato bastonato, perché sarebbe abbastanza grave il fatto di una bastonatura subita dal cittadino Pajetta. Non c’è un’immunità dalle bastonate per i deputati, perché questa immunità, come bene ricordava l’onorevole Costantini, riguarda tutti i cittadini.

Ma lo stesso onorevole Pajetta ha tolto, in parte, il significato politico della sua accusa e delle sue richieste, quando ha accennato al fatto che deputati di altre parti, e persino di un partito che è al Governo, hanno pure essi subito delle bastonate. Ciò, quindi, farebbe rientrare questo episodio grave in un quadro diverso da quello che qui è stato prospettato, e a cui si è voluto dare una tale importanza politica da richiedere l’intervento di una Commissione di inchiesta parlamentare.

In astratto, noi non saremmo contrari a nessuna inchiesta, ma ricordiamo che altre volte abbiamo rinunziato a questo diritto di chiedere inchieste di questo genere per fatti non meno gravi, anzi, più gravi di quelli che oggi sono stati denunziati…

Una voce al centro. È giusto!

GULLO ROCCO. …perché noi abbiamo avuto dei deputati i quali, stando non in mezzo alla folla dei dimostranti, in un’ora in cui altri deputati lavoravano alla Costituente… (Vivi applausi al centro e a destra – Rumori all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Faralli – Scambi di apostrofi tra l’estrema sinistra e il centro).

Non crediate, onorevoli colleghi, che questa sia un’accusa da me rivolta all’onorevole Pajetta, perché in quell’ora altri deputati anche di altre parti si trovavano non alla Costituente; quindi non c’è motivo che l’onorevole Pajetta o il suo Gruppo si risentano di questa modestissima osservazione, la quale potrebbe del resto essere fatta più tardi da altri in sede di inchiesta parlamentare o di altre inchieste.

Volevo dire che fatti ugualmente gravi sono accaduti a deputati nell’esercizio delle loro funzioni di rappresentanti del popolo e nel momento particolare, che dovrebbe essere da tutti rispettato, delle elezioni. Vi sono stati dei deputati (ed è inutile ricordarne i nomi, perché tutti li conosciamo) i quali sono stati bastonati, sequestrati… (Proteste all’estrema sinistra – Approvazioni al centro e a destra).

Urta voce al centro. La verità vi brucia!

GULLO ROCCO. Dovremmo vergognarci di una cosa sola: di impedire la libertà di parola e di pensiero. (Vivi applausi al centro e a destra – Rumori all’estrema sinistra).

Dicevo, onorevoli colleghi, che noi non abbiamo fatto alcuna domanda di commissione di inchiesta per quei fatti e, quando si dice che la polizia non entrava in quei fatti, rispondo che essa c’entrava, perché avrebbe dovuto tutelare l’integrità e la libertà dei colleghi che esercitavano il loro mandato. (Rumori all’estrema sinistra).

Io vi raccomando, onorevoli colleghi, che oggi non ci facciate perdere minuti così preziosi del nostro tempo. Io vi dico – mi rivolgo in particolar modo ai colleghi della mia terra – che in tempi non lontani sono caduti per le strade della mia Palermo, sotto le raffiche della mitraglia, 20 morti e 120 feriti fra i disoccupati che chiedevano pane e lavoro e nessuno ha sentito il bisogno di fare inchieste. (Rumori all’estrema sinistra).

Di inchieste dovremmo chiederne per fatti antichi e per fatti recenti, e potremmo domandare anche a coloro che siedono alla mia destra, se non sarebbe opportuno sapere qualche cosa anche su ciò che è avvenuto recentemente in una grande città, dove la generosità e la buona fede dei lavoratori è stata tratta in inganno per l’ignoranza di un documento che, una volta conosciuto, avrebbe indubbiamente mostrato a questi buoni e generosi lavoratori e forse allo stesso onorevole Pajetta… (Applausi al centroRumori all’estrema sinistra). Volevo dire che anche lo stesso onorevole Pajetta avrebbe forse tenuto un atteggiamento diverso se avesse conosciuto i fatti nella loro integrità.

Ma basta di ciò. (Commenti).

È stato detto autorevolmente dall’onorevole Presidente che la Commissione d’inchiesta che qui si invocava era su per giù quella stessa che era stata a suo tempo creata per vagliare e per indagare su determinate accuse. Ora, io penso, onorevoli colleghi – e credo non vi possa essere distinzione di parte nel giudizio che stiamo per dare – che vi sia una differenza profonda fra l’uno e l’altro fatto.

La Commissione parlamentare d’inchiesta, che fu a suo tempo istituita da questa Assemblea, riguardava accuse che erano state mosse in quest’Aula a uomini che in quest’Aula sedevano, e riguardava fatti per cui, anche senza attribuire ad essi alcun carattere di reato, per cui sarebbe stato quindi possibile l’intervento di altri organi, doveva essere l’Assemblea stessa, a mezzo di una commissione espressa dal suo seno, ad indagare e a valutare queste accuse, per portare poi il risultato della sua istruttoria all’Assemblea.

Ma questi fatti – e ripeto, non voglio per nulla minimizzarne la gravità – (Commenti all’estrema sinistra)si sono svolti al di fuori dell’Assemblea. Io non voglio fare un argomento che solleverebbe… (Interruzioni all’estrema sinistra – Rumori).

MORANINO. Anche il fatto Matteotti è accaduto fuori dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Moranino, la prego! Facciano silenzio, onorevoli colleghi! Li preavviso che sospendo la seduta. Occorre che portiamo alla fine questo primo punto dell’ordine del giorno.

Onorevole Gullo Rocco, continui.

GULLO ROCCO. Dicevo che il fatto è estraneo all’ambiente parlamentare. Non si tratta di un fatto analogo all’altro episodio, di cui ci siamo occupati solo mezz’ora addietro e che è di carattere puramente e strettamente parlamentare. Qui, anche per ragioni tecniche, per necessità pratiche, questa Commissione d’inchiesta parlamentare dovrebbe svolgere un’attività tutta al di fuori dell’ambiente parlamentare, perché dovrebbe richiedere testimonianze e documentazioni al di fuori del nostro ambiente.

PAJETTA GIULIANO. La Commissione degli Undici, dove ha fatto la sua inchiesta, qui o fuori?

GULLO ROCCO. Vi è un’altra preoccupazione: che inchieste di questo genere possano turbare organi che devono rimanere al di fuori della politica…

Una voce all’estrema sinistra. Organi fascisti!

GULLO ROCCO. …perché la polizia, che qualche volta dà dei colpi di bastone a chi non deve darli, è quella stessa polizia che difende tutti i cittadini, di sinistra o di destra, anche dai malfattori. (Interruzioni all’estrema sinistra).

Appunto perciò la polizia deve rimanere al di fuori di ogni pressione da parte di chicchessia; ma anche di ogni paura da parte di chicchessia. (Vivi commenti all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Musolino – Richiami del Presidente – Vivissimi rumori su tutti i settori – Il Presidente sospende la seduta).

(La seduta, sospesa alle 18.5, è ripresa alle 18.10).

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Rocco ha facoltà di parlare.

GULLO ROCCO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, sono dolente che le mie parole abbiano provocato una volta tanto un po’ di subbuglio nell’Assemblea, perché, se tutti i colleghi mi avessero ascoltato sino in fondo, avrebbero potuto comprendere che le mie non sono le parole di un reazionario, come è stato detto alla mia destra: sono le parole di un uomo che ha mantenuto sempre fede alle proprie idee, di un uomo che è stato spesso dalla parte dei bastonati e degli arrestati, ma di un uomo che né venticinque anni addietro né oggi ha mai perduto la fede nella democrazia! (Approvazioni al centro).

E concludo: dicevo che la polizia deve rimanere al di fuori della politica e non deve subire pressioni da parte di qualsiasi Governo, ma deve subire la preoccupazione che può venire da altre parti, e che, pur restando fuori della politica, la polizia non può essere né fuori, né al di sopra della legge.

Qui sono stati denunciati dei fatti. Se questi fatti sono veri, essi costituiscono reato. E il deputato Pajetta o il cittadino Pajetta o qualsiasi altro cittadino che abbia subito delle percosse, che abbia visto violare i propri diritti di cittadino, hanno il diritto di rivolgersi alla legge. E la legge, cioè il magistrato, non potrà fare cosa diversa da ciò che potrebbe fare la Commissione d’inchiesta, con mezzi maggiori, con mezzi migliori. Vi sono testimonianze, vi sono dichiarazioni, vi sono fotografie. Che si producano questi documenti, che si producano queste testimonianze. E se qualcuno ha violato la legge, che questi sia punito! E se dall’inchiesta emergeranno eventualmente delle responsabilità di ordine politico, queste responsabilità potranno essere vagliate anche senza che si arrivi ad una Commissione d’inchiesta e potranno essere portate anche in quest’Aula.

Ed ora, signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi che io dica una sola parola, che avrei voluto dire anche prima. Noi ci siamo presentati qui stamane a discutere una legge che abbiamo avuto nelle mani soltanto ieri sera. Abbiamo perfino votato emendamenti che ci sono stati distribuiti stamane. Ci siamo ridotti un po’ ad essere dei legislatori estemporanei…

PRESIDENTE. Onorevole Cullo Rocco concluda.

GULLO ROCCO. Volevo solo dire che qui c’è, nel pubblico o fuori, della gente che gode dei nostri pugilati, delle invettive che ci scambiamo, ma non è la parte migliore del popolo italiano; la parte migliore del popolo italiano attende da noi che invece di perdere il nostro tempo nelle contumelie che reciprocamente ci si scambia, che invece di perdere il nostro tempo nelle richieste che vengono fatte e che rappresentano, a parer nostro, degli espedienti (e non voglio dire parole più grosse), si dedichi invece il nostro tempo a fare le leggi fondamentali della Repubblica italiana. (Applausi al centro e a destra).

PALLASTRELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PALLASTRELLI. Io non avrei preso la parola se due colleghi non avessero fatto il mio nome e presentato il banale incidente occorso a me e a mia moglie come qualcosa di tragico. Per esperienza fatta in venti e più anni di antifascismo, so quando i manganellatori hanno l’intenzione di manganellare una persona, come è capitato durante il periodo fascista a me, e capisco benissimo quando invece le cose vanno in modo molto diverso, e cioè senza nessuna intenzione di colpire determinate persone.

Ieri io passavo per Corso Umberto (spiacerà forse quanto sto per dire ai colleghi che mi hanno citato come testimonio) ed ebbi occasione di vedere parecchi giovanotti che gridavano alle guardie di pubblica sicurezza: Fascisti, sbirri (mi scusi, Ministro Scelba), sbirri di Scelba, bastonatori del popolo, fascisti, sbirri!». Ad un certo momento questi agenti perdettero la pazienza, anche perché il numero dei provocatori aumentava, scesero dalle camionette e si misero a rincorrerli. E sapete perché un colpo di sfollagente è arrivato a me? Perché gli eroi insultatori si erano nascosti dietro di me e di mia moglie. (Applausi al centro e a destra – Rumori all’estrema sinistra – Commenti).

FARALLI. Non mi ha detto questo.

PALLASTRELLI. Quando noi combattevamo contro il fascismo non abbiamo mai pensato di nasconderci dietro le spalle di una donna.

Questo è quello che volevo dire a chiarimento di ciò che è stato portato qui, nell’Aula, e vi chiedo scusa se, come non è mia abitudine, ho dovuto parlare di me, perché si è fatto il mio nome. (Applausi al centro).

FARALLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FARALLI. Ho chiesto la parola soltanto per precisare che ieri dopo l’incidente in Piazza Montecitorio, mentre salivo in un ascensore del corridoio ho parlato con un onorevole collega, che non sapevo chi fosse e mentre con altri colleghi deploravamo quello che stava succedendo egli, senza che nessuno lo chiedesse, ha detto: «Anche a me hanno picchiato su questa mano per difendere la mia signora».

E non aggiungo commento. (Rumori al centro).

PALLASTRELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PALLASTRELLI. Io non ho l’abitudine di alterare mai quello che ho detto…

FARALLI. Evidentemente sì.

PALLASTRELLI. Intanto le dirò che non sono mai stato smentito in quest’Aula da nessuno, e che neppure oggi posso esserlo, perché ciò che ho detto risponde al vero. Le aggiungo che ieri lei e gli altri colleghi erano in uno stato d’animo così eccitato che se ho ricordato il fatto banale capitato a me l’ho ricordato allo scopo di calmarvi, ché il fatto di Pajetta non era l’unico. Anzi ho aggiunto, sempre per ricordarvi che nessuno di noi, essendo deputato, aveva un distintivo speciale, perciò non potevano gli agenti riconoscerci. Se lei ricorda dissi, in tono scherzevole: ci rivolgeremo al Presidente dell’Assemblea per avere un pennacchio. (Si ride – Applausi).

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Per quanto l’argomento sia pieno di passione, altrettanto è doveroso inquadrarlo in quelle che sono le norme costituzionali. Non entro nel merito perché ha già risposto il Ministro dell’interno assicurando l’Assemblea che sui fatti è stata disposta un’inchiesta amministrativa. Io desidero soltanto riprendere le osservazioni già avanzate da parte dell’onorevole Lucifero e dell’onorevole Gullo, pregando l’Assemblea di riflettere su quello che significa la proposta di nomina di una Commissione di indagine. Non v’è dubbio che l’ultima parola «indagine» è stata chiarita, ed il discorso fatto dall’onorevole Pajetta ha precisato che indagine in questo caso significa «Commissione di inchiesta parlamentare».

L’articolo 135 non dà la possibilità di una inchiesta parlamentare se non nella forma di iniziativa di disegno di legge in quanto che l’obiettivo, i limiti e i mezzi necessari perché l’inchiesta possa essere fatta devono essere disposti da una legge. Si è detto da taluni che, malgrado che nella sostanza si abbia un inchiesta parlamentare (e non può non essere che inchiesta parlamentare) potremo rimanere nella forma di Commissione di indagine, ricordando il precedente della Commissione degli Undici; ma a me non è difficile ricordare a voi qual è la differenza fra l’una e l’altra. La prima poteva ancora essere allacciata all’articolo 80-bis del Regolamento che appunto stabilisce che quando ingiurie o offese sono fatte a membri dell’Assemblea, può essere nominata dal Presidente una Commissione per accertare il fondamento delle accuse.

Non v’è bisogno che ricordi a voi quale sia la ragione di questo principio. Il deputato coperto dell’immunità parlamentare può non essere chiamato dinanzi al giudice, quindi era necessario che il Regolamento dell’Assemblea si occupasse della cosa.

Qui invece si tratta di un’altra posizione. Non si tratta di membri del Parlamento; l’inchiesta, seppure può avere origine da qualche bastonatura che è capitata ad alcuni membri del Parlamento, è fatta ad un ramo della pubblica amministrazione, l’inchiesta è fatta nei confronti di una branca della pubblica amministrazione; quindi, sarebbe una inchiesta che il potere legislativo farebbe al potere esecutivo; e non può farla che nei limiti e nelle forme volute dalla legge e dai principî costituzionali e regolamentari. Per queste evidenti ragioni, il Governo si oppone alla proposta fatta. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulla proposta dell’onorevole Nenni. Avverto che su di essa è stata chiesta la votazione nominale dagli onorevoli Merlin Angelina, Pistoia, Dugoni, Merighi, Pieri, Stampacchia, Maffi, Sicignano, Faralli, Musolino, Nobili Tito Oro, Tega, Carpano Maglioli, Sansone, Tonello, Cianca, Mariani Francesco, Buffoni e Forentino.

La proposta dell’onorevole Nenni è la seguente:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Ministro dell’interno in risposta all’interrogazione Nenni, delibera di deferire al suo Presidente la nomina di una Commissione incaricata di esaminare in quali circostanze membri dell’Assemblea sono stati, nella mattinata del 12 dicembre, malmenati dal servizio d’ordine predisposto attorno a Palazzo Montecitorio».

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale sulla proposta Nenni.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Corsini.

Si faccia la chiama.

Presidenza del Vicepresidente PECORARI

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

 

Rispondono sì:

Amadei.

Baldassari – Barbareschi – Bargagna – Basso – Bei Adele – Bernamonti – Bianchi Bruno – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bordon – Bruni – Bucci – Buffoni Francesco.

Cacciatore – Carpano Maglioli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chiarini – Cianca – Cosattini – Costantini – Cremaschi Olindo.

De Michelis Paolo – Donati – Dugoni.

Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Fiorentino – Foa – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacometti – Gorreri – Grazi Enrico – Gullo Fausto.

Imperiale – Iotti Nilde.

Laconi – Landi – La Rocca – Li Causi – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lozza – Luisetti – Lussu.

Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Marchesi – Mariani Francesco – Mattei Teresa – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Morandi – Moranino – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella.

Pajetta Giuliano – Pieri Gino – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Priolo – Pucci.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Ruggeri Luigi.

Saccenti – Sansone – Santi – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Sereni – Sicignano – Silipo – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tonello – Tonetti.

Vigna.

Zanardi – Zannerini.

Rispondono no:

Abozzi – Alberti – Aldisio – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bellato – Bellavista – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Bertola – Bettiol – Bianchini Laura – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Bubbio – Bulloni Pietro.

Caccuri – Caiati – Calosso – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia. – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chiaramello – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cimenti – Coccia – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbino – Corsi – Cortese Pasquale.

Damiani – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Vita – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.

Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrario Celestino – Fietta – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Garlato – Gasparotto – Geuna – Giacchero – Giannini – Giordani – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.

Jervolino.

La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – Lazzati – Lizier – Lucifero.

Malvestiti – Mannironi – Mancini – Marazza – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Mùrdaca.

Nicotra Maria – Numeroso.

Pacciardi – Pallastrelli – Paratore – Paris – Pat – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perassi – Perrone Capano – Persico – Petrilli – Piccioni – Ponti – Proia.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romano – Rossi Paolo – Rubilli – Rumor.

Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Saragat – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Segni – Sforza – Siles – Simonini – Spallicci – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Viale – Vigo – Villabruna.

Zaccagnini – Zerbi – Zotta.

Si sono astenuti:

Chiostergi.

Della Seta.

Nitti.

Zuccarini.

Sono in congedo:

Bertone.

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Lopardi.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale. Invito gli onorevoli segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli segretari fanno il computo dei voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti                               331

Votanti                                327

Astenuti                               4

Maggioranza           164

Hanno risposto sì     111

Hanno risposto no    216

(L’Assemblea non approva).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Dobbiamo esaminare anzitutto l’ordine del giorno presentato nella seduta pomeridiana di ieri dagli onorevoli Perassi, Uberti, Rossi Paolo, Magrini, Bellusci, Coppi, Bulloni, Meda Luigi, Zerbi, Rossetti, Pera, Numeroso, Rodi, Colitto e Giannini. L’ordine del giorno, nella sua definitiva formulazione, è il seguente:

«L’Assemblea Costituente, considerando le norme transitorie adottate per la prima formazione del Senato della Repubblica successivamente all’ordine del giorno approvato nella seduta del 7 ottobre 1947, ritiene che la prima elezione del Senato debba aver luogo per collegi regionali col sistema proporzionale secondo norme adeguate alle disposizioni dell’articolo 55 della Costituzione».

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Io credo che questo ordine del giorno non possa, o meglio non debba essere posto in votazione; e penso che gli stessi proponenti finiranno per accettare il mio ordine di idee rendendosi conto che non è possibile ed opportuno ritornare su una deliberazione che è già stata presa.

Quale era la portata dell’ordine del giorno col quale si decideva che le elezioni per il Senato devono esser fatte col sistema del collegio uninominale? Quell’ordine del giorno è stato votato – non ricordo bene se a scrutinio segreto o per appello nominale – comunque è stato indubbiamente votato dall’Assemblea.

Una voce al centro. A scrutinio segreto.

CEVOLOTTO. A scrutinio segreto, sta bene. Che cosa significa quell’ordine del giorno? Significava forse – diciamolo francamente e chiaramente – nel nostro pensiero che si sarebbe dovuto in avvenire, per le future legislature, per sempre, eleggere il Senato col sistema uninominale? No.

La volontà dell’Assemblea era che il primo Senato si eleggesse col sistema uninominale. Noi non abbiamo mai pensato di decidere la sorte dei Senati futuri. Se vogliamo interrogare la nostra coscienza, sia nella Commissione dei Settantacinque, sia nel Comitato di redazione, sia nell’Assemblea plenaria noi abbiamo inteso sempre di regolare il primo Senato che si sarebbe costituito dopo votata la Costituzione. E ciò è tanto evidente che noi non abbiamo, proprio per questo, inserito, né per la Camera dei deputati né per il Senato, nella Costituzione una norma relativa al sistema di elezione che si sarebbe adottato.

Già per la Camera dei deputati noi abbiamo votato con un ordine del giorno che le elezioni si sarebbero fatte col sistema della proporzionale, non inserendo però il principio nella Costituzione, perché abbiamo pensato che nel corso di una Costituzione può darsi anche che i sistemi elettorali mutino. Così per il Senato, abbiamo pensato che il Collegio uninominale è un esperimento che potrà riuscire o potrà non riuscire e, se non riuscirà, potrà essere opportunamente modificato per le elezioni successive.

Proprio per questo abbiamo affermato che il primo Senato si sarebbe eletto col sistema del collegio uninominale.

È quindi evidente che con la proposta dell’ordine del giorno odierno si intende e si propone di modificare su un punto essenziale una decisione già presa. E non si dica, eventualmente, che l’ordine del giorno, già votato in sostanza, non è una norma della Costituzione e non è quindi vincolante. Questo può essere esatto per i futuri legislatori, ma non per noi perché noi siamo vincolati in quanto ci siamo posto da noi questo vincolo.

L’ordine del giorno l’abbiamo votato per noi; abbiamo deciso che noi faremo così; in avvenire i legislatori futuri saranno liberi.

Badate che se voi ammetteste che si può tornar sopra a questo punto, io vi dico che si potrebbe poi tornar sopra anche circa la decisione che l’elezione della Camera dei deputati si deve fare col sistema della proporzionale.

Dunque il problema è grave: si tratta di stabilire se è possibile tornare su una decisione già presa in un punto sostanziale, in un punto essenziale di una legge costituzionale. Onestamente e francamente, dal punto di vista strettamente giuridico, bisogna riconoscere che la Costituzione non è ancora votata, la legge elettorale non è votata. Si potrebbe anche ammettere che se l’Assemblea abbia cambiato pensiero, abbia modo di tornare sui suoi passi. Ma ciò sarebbe contrario all’indirizzo, da noi preso, di considerare definitive certe deliberazioni che abbiano risolto i punti essenziali della Carta costituzionale. E sarebbe molto pericoloso, se venissimo meno al principio di massima che in questa materia abbiamo sin qui sempre adottato.

Non che io pensi che niente di quello che abbiamo fatto si possa eventualmente modificare. Al contrario, in particolari di minore importanza, tutte le volte che vi siano delle contradizioni anche semplicemente logiche, concettuali, e soprattutto quando si sia d’accordo, quando vi sia l’unanimità o la quasi unanimità, nulla esclude che si possa ritornare sulla decisione presa. Ma non è assolutamente pensabile che altrettanto si possa fare per quello che riguarda i punti essenziali delle nostre deliberazioni, e quando non si è tutti d’accordo.

Se ciò si facesse, onorevoli colleghi, non so allora dove potremmo andare a finire. Perché è evidente che tutto potrebbe essere rimesso in discussione, per quei punti soprattutto che sono stati decisi con maggioranze che oggi potremmo a buon diritto ritenere mutate. Vi sono stati infatti certe intese e certi consensi su punti essenziali tra quella parte e questa (Indica il centro e l’estrema sinistra) che potrebbero oggi non esservi più.

Volete che noi ritorniamo dunque anche su quei punti che si sono decisi sulla base degli accordi cui mi riferisco? Io non lo ritengo opportuno, onorevoli colleghi. Pensiamo poi anche alle difficoltà pratiche e tecniche inerenti all’attuazione della proposta odierna. Abbiamo deciso di costituire il Senato sulla base del collegio uninominale e poi abbiamo nominato noi un terzo dei senatori di diritto.

E va bene: cioè, andrà malissimo, secondo alcuni, ma noi possiamo anche dire che va benissimo. (Commenti). I due altri terzi del Senato noi adesso li vorremmo nominare col sistema della proporzionale. Ma noi avevamo pensato al collegio uninominale proprio per tentare di svincolare, di rendere cioè meno strettamente dipendenti i futuri senatori dai partiti, proprio per dare una origine e una legittimità diversa al Senato nei confronti della Camera dei deputati. Oggi invece si tenderebbe a fare del Senato un duplicato probabilmente inutile della Camera dei deputati.

Aggiungete che il funzionamento della proporzionale nel Senato, così come noi lo abbiamo pensato, sarebbe difficile. Abbiamo, infatti, costituito i collegi per la elezione dei senatori sulla base di 200 mila abitanti per ogni collegio; ma se si vuole invece eleggere il Senato con la proporzionale, sulla base della Regione, si avranno dei collegi molto diversi come estensione, alcuni relativamente piccoli, come quelle regioni che dovrebbero nominare tre o quattro senatori soltanto: e la proporzionale allora come funzionerebbe?

Una voce al centro. Questo si vedrà dopo.

CEVOLOTTO. Oh bella, si vedrà dopo! Vediamo prima, invece.

Comunque a mio avviso oggi non possiamo e non dobbiamo tornare su una decisione di maggioranza che già è stata presa; in caso contrario, noi porremmo di nuovo tutto in discussione. Non lo possiamo perché il cambiare di proposito così senza motivi apprezzabili sarebbe – lasciatemelo dire – una cosa poco bella.

L’Assemblea, che ha deciso in un senso, e poi torna sulla sua decisione, non proprio per ragioni concrete di tecnica o di politica, ma per ragioni forse strettamente elettorali, non fa una bella figura. Non parlo per un partito che potrebbe avere tutti i vantaggi dal sistema proporzionale, perché i piccoli partiti con questo sistema si avvantaggiano. La questione pregiudiziale che sollevo, la affido in un certo senso anche alla discrezione e alla comprensione di quella che può essere ora la maggioranza. La maggioranza non deve abusare delle proprie possibilità. Oggi la maggioranza sembra essere rafforzata, perché vi sono per aria accordi che ne aumentano il peso. Non deve approfittare di questo; non è giusto. Arrivo a dire che non deve essere fatto, perché non ne verrebbe vanto alla nostra Assemblea.

Io sono convinto che gli stessi proponenti dell’ordine del giorno si renderanno conto se non altro dell’inopportunità oltre che, secondo me, della sostanziale se non formale illegittimità della loro proposta e vorranno rinunciarvi. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Sulla pregiudiziale possono parlare soltanto due deputati a favore, compreso il proponente, e due contro.

NITTI. Chiedo di parlare a favore della pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Ancora una volta io spero che per la dignità nostra eviteremo un errore che ci sarebbe di peso in avvenire.

L’Assemblea ha votato un ordine del giorno presentato da uomini delle parti più diverse dell’Assemblea, che suonava chiaro e su cui non è possibile alcun dubbio.

L’ordine del giorno diceva:

«L’Assemblea Costituente afferma che il Senato sarà eletto con suffragio universale diretto, con il sistema del collegio uninominale».

Queste parole non danno luogo ad equivoci. Vi possono essere diverse forme di proporzionale; vi possono essere diversi sistemi elettorali, ma queste parole sono semplici, chiare: collegio uninominale. Abbiamo già ammesso che vi sarà un senatore per ogni duecentomila abitanti; dopo questo è evidente che ogni duecentomila abitanti eleggeranno un senatore con una forma di votazione semplice e chiara: collegio uninominale, cioè votando un solo nome. Su questo vi può essere materia di dubbi?

Il pensiero dell’Assemblea è stato espresso chiaramente; l’Assemblea aveva ed ha ora l’obbligo, per la sua dignità, di non mutare la sua ponderata decisione. Tanto era questo chiaro ed evidente che in tutto il Paese e anche al Ministero dell’interno si sono fatti studi e adattamenti in vista di avere collegi di duecentomila abitanti nell’ambito della Regione. Nessuno può ammettere che vi possano essere stati equivoci. Il Ministero dell’interno ha fatto tutti gli studi necessari. Qual è ora la ragione per cui improvvisamente, all’ultim’ora, si vuole un cambiamento? E si vuole imporre lo scrutinio di lista e la proporzionale. Si era fatta una savia distinzione fra Camera e Senato: il Senato era eletto a collegio uninominale: i collegi uninominali dovevano essere di 200.000 abitanti. Gli elettori del Senato dovevano avere l’età di 25 anni invece che di 21, ma votavano in modo che il rispetto della sovranità popolare e della tradizione democratica era evidente. Soltanto il metodo di applicazione era diverso.

Ora, come si può giustificare che all’improvviso, senza che nulla giustifichi questo mutamento, si cambi di volontà di idee, di metodo? Tutto è disposto per fare le elezioni del Senato sulla base del collegio uninominale: improvvisamente tutto si vorrebbe cambiare.

E quali sono gli argomenti? Io non ne ho trovato nessuno, e credo che nessuna persona seria possa dire che vi siano argomenti o condizioni che abbiano mutato la situazione.

Dirò di più: quell’ordine del giorno, che si vorrebbe abbattere, era firmato da uomini delle parti più diverse dell’Assemblea, dai più conservatori ai più estremi. Si sentiva il bisogno in tutti di qualche cosa di serio. Il collegio uninominale è la base di tutte le grandi democrazie e lo troviamo dappertutto. Tutti i paesi vincitori, si chiamino Russia, America o Inghilterra, hanno il collegio uninominale. Quindi, non v’è nessun motivo di lesa libertà. Perché ora si parla di lesa democrazia? Il metodo elettorale può essere diverso. Niuna garanzia esiste là dove sono privilegi e dove le forme di manifestazioni elettorali non sono perfettamente libere.

In Italia si deve votare con il collegio uninominale per il Senato, mentre si vota con la proporzionale per la Camera dei deputati. Non vi era e non vi è nessuna contraddizione e non vi è nessuna obiezione, nessuna ostilità. Tutti avevano accettato questa idea. Non ho trovato resistenza da parte di alcuno. Ho trovato soltanto in qualche partito un po’ di malessere, e ciò si capisce. Quando si fa una campagna per un certo metodo di votazione e si fa credere che si possa in questo modo ottemperare a tutti i bisogni della Nazione, vi possono essere persone che si illudono e che illudono. Ma in realtà nessuna ragione può essere detta per giustificare la mancanza all’impegno assunto. Perché noi dal 7 novembre cambiamo oggi improvvisamente di opinione? Ci siamo assunto l’impegno di fare il Senato con il collegio uninominale e ciò con tutta ponderazione: ora non possiamo tornare su una decisione che tutti di accordo abbiamo presa.

Che cosa vi può essere per giustificare il cambiamento? Si dice che non si fa a tempo per preparare ciò che occorre per votare con il collegio uninominale. No, signori, si fa facilmente in tempo. Il collegio uninominale non è una forma di votazione complicata. È anzi un metodo più semplice. Vi possono esser sistemi di votazione, come in alcuni paesi, cui introducendo una forma nuova si va incontro a grandi difficoltà, ma il collegio uninominale…

UBERTI. E le circoscrizioni?

RUBILLI. Sono già fatte, sono al Ministero dell’interno.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, la prego!

RUBILLI. (Indicando il centro). Dite la verità, che non volete il collegio uninominale! Parliamoci chiaro! E l’ha scritto l’onorevole Uberti nella relazione. Questa è la verità: che non volete il collegio uninominale.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, sta parlando l’onorevole Nitti. Prosegua onorevole Nitti.

NITTI. L’altro giorno, a proposito di questo, un deputato, che è naturalmente un eccessivo, è venuto a dirmi: ma perché non proponiamo l’abolizione dell’articolo 7?

Una voce. Aboliamo l’articolo 7!

NITTI. Io non voglio abolirlo. Ma se non si mantengono gli impegni che l’Assemblea ha assunti, se si cambiano le decisioni a piacimento, dove si arriverà? Sapete a quali cose andiamo incontro con questa facilità di non tenere la propria parola di fronte all’Assemblea? Anche l’articolo 7 potrebbe essere materia di nuova decisione. (Applausi).

Noi abbiamo il dovere di rispettare prima di tutto noi stessi, l’Assemblea, che ha deciso su una questione così fondamentale per la costituzione della seconda Camera, ha votato quest’ordine del giorno e non può senza umiliare se stessa cambiare all’ultim’ora senza alcun pretesto, solo per antipatia o diffidenza che non ha ragion d’essere.

Credete, non cambierà nulla un sistema o un altro. Vi sarà solo una migliore selezione, perché essendoci elettori di età più matura che conoscono i loro candidati e candidati di età più matura…

MICHELI. Più maturi di noi!

NITTI. L’amico Micheli sarà eletto anche meglio da elettori più esperti.

Una voce. È già senatore!

NITTI. Ciò non importa. L’essenziale per me non è ora discutere il merito, ma la pregiudiziale. Noi non possiamo tornare sulla nostra decisione; noi non possiamo senza squalificarci, per un piccolo pretesto, per una piccola vanità, per un piccolo contrasto, cambiare quello che abbiamo già deciso. Io vi invito quindi a difendere non solo un principio, ma la nostra dignità e spero che il Presidente non porrà in votazione questa proposta perché non è né legale, né leale, né chiara, né onesta.

PERASSI. Non esageriamo.

NITTI. Non si cambia. Ed è questo solo che io chiedo.

PICCIONI. Avete già cambiato.

NITTI. Io no, mai.

PICCIONI. E i cento senatori?

NITTI. Il primo dei proponenti dei senatori di diritto è un uomo del vostro Gruppo ed il vostro Gruppo credo nella sua grande maggioranza l’ha votato. Non facciamo questioni personali, non riduciamo una questione di dignità e di diritto a pettegolezzi. Spero quindi che nel vostro stesso interesse voi non insistiate e che la nostra decisione sarà mantenuta e mi auguro che non sarà materia di votazione, perché, pregiudizialmente, non si può votare su questo argomento. (Applausi).

DOSSETTI. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Tanto l’onorevole Cevolotto quanto l’onorevole Nitti nel discorso sulla pregiudiziale hanno avuto entrambi l’occhio più ad argomenti di merito o a considerazioni di carattere generale che a considerazioni veramente e propriamente legate alla pregiudiziale sollevata.

Io invece non farò nessun riferimento di merito, e perciò non raccoglierò in alcun modo le argomentazioni di merito svolto dai due precedenti oratori, mi limiterò semplicemente a discutere questo problema: se, avendo nella seduta del 7 ottobre 1947 votato un ordine del giorno il cui tenore è il seguente: «L’Assemblea Costituente afferma che il Senato sarà eletto con suffragio universale diretto con il sistema del collegio uninominale» noi ci troviamo ora nell’impossibilità di votare l’ordine del giorno proposto ed ora in discussione.

Ora, a me pare che, in questa questione, debbano essere distinti due aspetti: un aspetto che direi così, principale, ed un aspetto che vorrei qualificare subordinato. L’aspetto principale è questo: la norma – o meglio, l’ordine del giorno votato nella seduta del 7 ottobre – ha evidentemente il carattere di una enunciazione organica e programmatica in ordine alla visione costituzionale che noi ci facciamo della seconda Camera. Se questo è, è anche vero che rispetto a questa visione organica, programmatica è sempre ammissibile una determinazione transitoria per una applicazione limitata alla prossima nomina del primo Senato senza contraddire all’enunciazione programmatica fatta con carattere costituzionale permanente.

Se questo è, e mi pare che sia difficilmente contestabile, ma se anche questo non fosse, ed io nego che non sia, sarebbe sempre vero, anche in questa seconda eventualità, che noi possiamo votare (cioè se anche fosse vero che quest’ordine del giorno, come ha assicurato l’onorevole Cevolotto, e certo non è, si riferisce al prossimo Senato, e soltanto ad esso) sarebbe sempre vero che noi possiamo votare senza contradire al principio affermato nell’ordine del giorno del 7 ottobre, l’ordine del giorno che viene ora proposto. Perché nell’ordine del giorno del 7 ottobre noi stabilivamo una linea programmatica che comprendeva due determinazioni: 1°) che il Senato fosse elettivo; 2°) che fosse eletto con il sistema del collegio uninominale.

Io prego gli onorevoli colleghi di considerare la dissociazione di questi due elementi; l’elemento principale, onorevole Nitti, stabilito nella norma del 7 ottobre, non è che il Senato fosse elettivo a collegio uninominale, ma che il Senato fosse elettivo. (Interruzioni). Ora, la fisionomia fondamentale del nuovo Senato, sia esso il Senato determinato programmaticamente dalla norma costituzionale permanente, sia esso Senato eventualmente da eleggersi in questa prima elezione, è quella della elettività. Con le deliberazioni invece che sono state prese dall’Assemblea Costituente sabato scorso, sono state introdotte nel Senato qualche cosa come (i calcoli definitivi non so se siano stati fatti) 80-90 o più senatori. Quindi di fronte ad un Senato che, secondo la determinazione programmatica, avrebbe dovuto avere 240 componenti circa, noi introduciamo un terzo di senatori i quali non sono eletti in nessuna forma (Commenti a sinistra)

Una voce a sinistra. Voi l’avete voluto.

DOSSETTI. Io non ero presente nella seduta di sabato scorso. Se fossi stato presente avrei votato contro. Ad ogni modo resta che la fisionomia fondamentale del Senato, quale è stata definita nell’ordine del giorno del 7 ottobre, è stata radicalmente deformata dalle deliberazioni già prese. (Interruzioni a sinistra). Agli onorevoli colleghi devo fare osservare che la pregiudiziale testé sollevata non viene sollevata in questa Assemblea per la prima volta, ma è già stata sollevata, ed è già stata formalmente superata da una formale deliberazione dell’Assemblea nella riunione di sabato scorso.

Di fatti, nel resoconto sommario, non possediamo più di questo, della riunione del 6 dicembre si legge che, posto in votazione un ordine del giorno aggiuntivo, per il quale si introduceva per la prima elezione del Senato un determinato numero di senatori di diritto che andò ampliandosi, l’onorevole Minio a nome del suo Gruppo sollevò una pregiudiziale nei confronti di tutti gli emendamenti proposti per la nomina di senatori di diritto, i quali sono in contrasto con il principio del suffragio popolare diretto e con l’articolo 55 della Costituzione.

Questa pregiudiziale, alla quale si associarono altri colleghi, fu messa in votazione e fu rinnegata con la votazione. (Interruzioni).

Comunque è certo che la pregiudiziale è stata posta in votazione ed è stata sconfessata e ritenuta infondata. (Interruzioni a sinistra).

Il risultato di quella votazione è stato una sostanziale deformazione, almeno per quel che riguarda il primo Senato, quindi in via transitoria, rispetto alla determinazione fattane nella seduta del 7 ottobre.

Di fronte a questo ormai sconvolto edificio io ritengo che, senza contradire alla enunciazione programmatica – direi, permanente – fatta nell’ordine del giorno del 7 ottobre, possiamo benissimo in via transitoria votare l’ordine del giorno che viene ora proposto.

Né vorrei dilungare molto queste mie brevi parole ricordando all’onorevole Nitti, che è un così autorevole maestro – fra l’altro anche di storia, che questa Assemblea come altre Assemblee Costituenti (e in un modo molto più formale e per questioni molto più radicali di quella che oggi viene proposta e che non investe una contradizione tassativa con una enunciazione sostanziale precedentemente fatta) hanno, nel corso dei loro lavori, cercato di adeguare le disposizioni già prese a quella che era la sostanza delle determinazioni, meglio configurata e come si veniva appunto a determinare nel complesso dell’edificio. Quindi, secondo me, senza contradizione formale e neppure sostanziale e senza che questo involga più o meno velate minacce di riporre in discussione principî fondamentali, che credo non sia il caso qui di richiamare analogicamente, noi possiamo benissimo approvare l’ordine del giorno che viene proposto. (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

CAPPI. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPI. Io non ripeterò ciò che tanto bene ha detto l’onorevole Dossetti. (Commenti). Agli appunti personali o di Gruppo a Gruppo circa il contegno che qualche Gruppo ha tenuto nella votazione dell’altro sabato faccio due osservazioni. Le accuse e gli appunti si potrebbero ritorcere, perché è certo che molti di noi i quali oggi sostengono tenacemente la pregiudiziale hanno l’altro sabato votato contro la pregiudiziale proposta dall’onorevole Minio; ma non è questa l’osservazione sostanziale. Noi siamo un’Assemblea, un ente collegiale. Ora, quale che sia stato il contegno di questo o di quel deputato, di questo o di quel Gruppo, sta che l’Assemblea, come corpo collettivo, ha già violato, ed in una norma sostanziale, ciò che era stato votato. (Commenti a sinistra). È un fatto, ripeto, che la nostra Assemblea, l’altro sabato, ha già distinto fra norma costituzionale permanente e norma transitoria.

Ma la ragione per la quale ho preso la parola è per rispondere ad una domanda, già fatta dall’onorevole Nitti ed ora ripetuta dall’onorevole Gullo Fausto: quale è, cioè, la ragione sostanziale, la ragione politica della presentazione dell’ordine del giorno?

Cercherò di dimostrarla. È un fatto innegabile che la introduzione di un centinaio di senatori, non eletti dal popolo, turba quella corrispondenza che vi deve essere fra volontà, fra situazione politica del Paese e un’assemblea legislativa. Questo non lo potete negare.

RUBILLI. Con qualunque sistema, anche con la proporzionale.

CAPPI. No. Ora la ragione della norma transitoria che oggi abbiamo proposto sta nell’attenuare questa diminuita corrispondenza fra volontà reale del Paese e sua rappresentanza, diminuita corrispondenza che è conseguenza della introduzione di quel forte nucleo di senatori di diritto. Con l’introdurre il sistema della proporzionale noi attenuiamo questo distacco, questa diminuita corrispondenza. E perché la diminuiamo? Perché, si potranno fare tutti gli elogi che si vogliono del sistema uninominale, ma sta in fatto che il sistema della proporzionale dà in modo maggiore una corrispondenza fra le forze politiche del Paese e la composizione dell’assemblea rappresentativa. Tutte le correnti, grandi e piccole, sono rappresentate; e in esatta proporzione della loro forza.

GULLO FAUSTO. Non è esatto.

CAPPI. Onorevole Gullo, è pacifico che col sistema della proporzionale anche i cosiddetti piccoli partiti…

PRESIDENTE. Onorevole Cappi, non illustri la questione della proporzionale o del collegio uninominale.

CAPPI. La faccio per spiegare la ragione politica della nostra proposta.

Rispondendo all’onorevole Gullo, osservo che un esempio clamante è quello inglese, per cui un partito, il quale ebbe poco più di un milione di voti di maggioranza sull’altro partito nelle elezioni, detiene alla Camera una maggioranza di circa quattro quinti. Sono d’accordo che non si possono cambiare a capriccio le decisioni già prese; ma ben si possono, si devono cambiare quando è mutata la situazione giuridica e politica in vista della quale le decisioni erano state prese.

Quindi, per correggere un errore o comunque una modificazione sostanziale quale quella dei senatori di diritto, noi riteniamo corrispondente a principî democratici l’introduzione della proporzionale per il primo Senato. (Applausi al centro).

LACONI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Desidero sapere per quale ragione il Comitato di redazione non è rappresentato e non dà il suo parere in proposito.

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Laconi: lei non fa parte del Comitato di redazione? (Si ride).

Onorevoli colleghi, è stato presentato un ordine del giorno intorno al quale si è discusso, non nel merito, per quanto i quattro oratori intervenuti abbiano, forse per necessità, dovuto sfiorare anche il merito della questione: si è discusso sulla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Cevolotto ed appoggiata dall’onorevole Nitti. L’onorevole Nitti ha fatto qualcosa di più che sostenere la pregiudiziale. Ha, in fondo, richiesto che la questione non sia neanche posta in votazione. Non credo che così si possa procedere. In tal modo l’onorevole Nitti ha voluto dare evidentemente maggior forza alle espressioni con le quali ha voluto render nota la sua opposizione alla presentazione stessa della proposta.

È stata posta, comunque, la pregiudiziale, il che significa che l’Assemblea voterà sulla pregiudiziale. Crederei però di mancare al mio dovere se, essendo stata posta la questione in termini di richiamo al Regolamento, io non esprimessi, non il mio parere, ma la successione dei momenti attraverso i quali la questione è passata, perché soltanto in questa maniera ci si potrà render conto della validità o meno della pregiudiziale.

Ripeterò necessariamente in parte ciò che qualche collega ha già detto, e precisamente che il 7 ottobre l’Assemblea Costituente, a conclusione di una lunga discussione che verteva appunto sul sistema da applicare per la elezione del Senato, votò il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente afferma che il Senato sarà eletto con suffragio universale e diretto, col sistema del collegio uninominale».

Dalla lettura di tutti i resoconti stenografici di quelle discussioni risulta che non si è inclusa nel testo costituzionale questa norma, appunto per lasciare la massima possibilità di mutare, in correlazione alle situazioni mutevoli dei tempi, eventualmente il sistema elettorale da applicare in futuro all’elezione del Senato. Per le stesse considerazioni non si era incluso, nel testo costituzionale, il sistema elettorale da applicare per l’elezione della Camera. E nel votare quell’ordine del giorno l’Assemblea ha appunto voluto incominciare ad applicare al primo Senato il sistema del collegio uninominale. Questo discende direttamente da ciò che è stato detto da oratori di tutte le parti dell’Assemblea. (Approvazioni). E sarei lieto che tutti gli interessati rileggessero attentamente il testo stenografico della discussione che allora si svolse.

Quale ne fosse il valore, è stato detto dall’onorevole Fuschini nella pregevole relazione al disegno di legge per l’elezione della Camera dei deputati:

«Nell’intraprendere l’esame particolareggiato del nuovo disegno di legge sembra opportuno rilevare che la Commissione ha ritenuto di non potersi soffermare a discutere il principio fondamentale sul quale si basa il congegno elettorale stabilito nel decreto legislativo del 10 marzo 1946, n. 74, e cioè il principio della rappresentanza proporzionale, poiché l’Assemblea Costituente, nella seduta del 23 settembre 1947, ebbe ad indicare in modo esplicito il suo pensiero al riguardo, approvando un ordine del giorno del deputato Giolitti del seguente tenore: «L’Assemblea Costituente ritiene che l’elezione dei membri della Camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale». Discutere quindi l’applicazione di tale principio alla legge elettorale per la elezione della Camera dei deputati sarebbe stato in aperto contrasto con la volontà, già manifestata, dell’Assemblea Costituente e la Commissione non l’ha nemmeno tentato».

Nei confronti delle elezioni del Senato valgono uguali richiami. Tuttavia per il Senato si è votata una norma transitoria la quale ha immesso nel primo Senato della Repubblica un notevole numero di senatori non eletti, ma che vi entreranno per diritto. Questa votazione è venuta a violare la disposizione stabilita dall’Assemblea Costituente, con la votazione del suo ordine del giorno del 7 ottobre u.s. e ne ha toccato il principio della elettività. Il principio della elettività è stato evidentemente toccato mentre il principio del sistema elettorale non è stato neppure sfiorato. Si tratterebbe in questa sede di toccare eventualmente anche questo secondo aspetto della norma che era stata stabilita.

Io mi permetto di fare una distinzione tra norma transitoria ed eccezione: la norma transitoria non è una eccezione: la norma transitoria mira a permettere il passaggio da un sistema ad un altro quando gli elementi necessari per il trapasso non sono ancora presenti ed attuali; le norme transitorie votate rispondono appunto a questa esigenza.

Ora, io desidero soltanto ricordare che è già stato presentato all’Assemblea Costituente il disegno di legge per la elezione del primo Senato della Repubblica, ed è stata nominata la Commissione che deve esaminare questo disegno di legge; il Governo ha ritenuto che fosse proprio dovere di dar corso alla deliberazione dell’Assemblea Costituente, anche dopo che l’Assemblea Costituente aveva già, con la sua norma transitoria relativa ai senatori di diritto, toccato, non la disposizione votata con l’ordine del giorno Nitti ma il principio della elettività. La presentazione di questo disegno di legge, dopo che era avvenuta la decisione dell’Assemblea per i senatori di diritto, mi pare che sta ad indicare che il Governo non ha avvertito che fossero venute a mancare le condizioni perché la decisione dell’Assemblea avesse vigore, tant’è vero che ha dato corso alla decisione dell’Assemblea e ha fatto quanto era di sua competenza e obbligo di fare. Questa è la situazione.

La votazione eventuale di una norma che trasformi la base del sistema elettorale porterà come conseguenza il ritiro del disegno di legge che è attualmente già di fronte all’Assemblea Costituente. (Interruzione del deputato Micheli).

Ed evidentemente questo vorrebbe dire che bisognerebbe allora imboccare una strada diversa da quella che fino a questo momento gli organi più responsabili dello Stato al di fuori dell’Assemblea Costituente hanno ritenuto che fosse quella da percorrere. Detto questo, poiché è stata posta la questione pregiudiziale, dovrò porla ai voti.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Dinanzi a una questione di tanta importanza il Comitato di redazione deve sedere in Aula e deve esprimere il suo parere in rappresentanza della Commissione dei Settantacinque. Se io sono qualificato a rappresentare il Comitato di redazione, mi avvalgo dei diritti che vengono di regola riconosciuti alle Commissioni per chiedere la sospensione dell’esame della pregiudiziale.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Ho chiesto di parlare, come l’onorevole Laconi, nella qualità di membro della Commissione, per giustificare il Presidente della Commissione stessa, che poc’anzi mi ha dichiarato di non poter essere presente perché indisposto e mi ha dato l’incarico, anche a nome di diversi Commissari, di dichiarare che la Commissione è remissiva su questo punto.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il proprio parere al riguardo.

SCELBA, Ministro dell’interno. La legge istitutiva dell’Assemblea Costituente attribuisce alla medesima l’assoluta e piena sovranità di decidere in materia di leggi elettorali.

Il Governo, presentando un progetto di legge all’Assemblea Costituente, come ha dichiarato nella relazione, non ha fatto altro che rendersi parte diligente formulando un progetto, per consentire all’Assemblea di decidere su di esso, senza che questo potesse minimamente significare né impegno del Governo di decidere su quel determinato progetto, né menomazione dell’autorità dell’Assemblea Costituente.

Noi potevamo anche non presentare un progetto di legge all’Assemblea Costituente, visto che la competenza in materia è dell’Assemblea stessa, la quale poteva prendere direttamente l’iniziativa della formulazione di un progetto. È stato soltanto per ragioni pratiche che il Governo ha presentato questo progetto di legge.

Detto questo, il Governo ritiene di non dover esprimere nessun avviso circa la controversia che si agita davanti all’Assemblea, rimettendosi al voto dell’Assemblea stessa.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. È stata posta la questione del necessario avviso del Comitato dei Diciotto. L’onorevole Rossi ha detto che esso sarebbe remissivo.

Vorrei chiedere all’onorevole Rossi di spiegarmi cosa voglia dire questa parola. Verso chi è remissivo il Comitato? Verso chi chiede che si mantenga il voto già pronunziato o verso gli altri? (Commenti).

ROSSI PAOLO. Evidentemente, verso gli uni e verso gli altri (Commenti).

PRESIDENTE. Desidero ricordare che in sede di pregiudiziale possono parlare due oratori a favore e due contro. Hanno già parlato quattro oratori. Coloro che chiedono di parlare adesso possono farlo soltanto su questioni di procedura o per mozione d’ordine.

LACONI. Chiedo di parlare sulla questione di procedura.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Mi dispiace di dare all’Assemblea la sensazione che il Comitato di redazione sia in dissoluzione. (Commenti).

Non posso non precisare che il parere dell’onorevole Rossi, se pure autorevolissimo, non esprime altro se non il parere dell’onorevole Rossi e dell’onorevole Ruini indisposto; ma non esprime il parere del Comitato di redazione, che non si è riunito e non ha preso nessuna decisione. (Commenti).

La mia proposta tende ad ottenere che il Comitato di redazione – e non l’onorevole Ruini o l’onorevole Rossi – esprima il suo parere sopra la questione. (Commenti).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Vorrei prospettare all’Assemblea una questione di procedura. Il Comitato dei Diciotto, in tutte le circostanze di improvvisi ordini del giorno od altro, si è sempre mostrato… remissivo (Ilarità a sinistra) perché non poteva adunarsi per concretare un voto pro o contro in seguito a una discussione approfondita.

Nel caso attuale, poi, si è aggiunta la circostanza che l’onorevole Ruini è momentaneamente indisposto. È quindi naturale che l’onorevole Rossi non abbia potuto dichiarare se non ciò che ha dichiarato. Pongo però la questione se, data l’importanza del problema, sarebbe o non sarebbe opportuno che il Comitato dei Diciotto si adunasse. (Commenti).

Fra le altre cose non è detto che l’abituale abilità del nostro Presidente Ruini, in una discussione cui parteciperebbero tutte le parti, non riesca a trovare una via d’intesa, una via che elimini l’ostacolo. Questo è successo quasi sempre quando il nostro Presidente Ruini vi ha messo le mani. (Commenti).

L’opinione della Commissione potrebbe d’altra parte anche avere un’influenza sul voto dell’Assemblea la quale potrebbe essere condotta a decidere in un senso o nell’altro dal fatto che la maggioranza del Comitato abbia deciso in un senso o nell’altro, di proporre cioè l’accettazione o la reiezione dell’ordine del giorno.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. A me pare, francamente, che si stia ampliando una questione elementarissima. Il Comitato di redazione, innanzitutto, non è una Commissione; incominciamo a mettere le cose a posto: è un Comitato che ha il compito molto elementare di coordinare le norme che vengono via via approvate. Esso svolge quindi soltanto un’attività interna nel seno della Commissione dei Settantacinque.

Ma io vorrei in modo particolare che i colleghi ricordassero come, nella seduta di ieri sera, l’onorevole Presidente, con una cortesia di cui dobbiamo rendergli atto in ragione dell’importanza del problema prospettato, ci ha letto questo ordine del giorno avvertendoci che sarebbe appunto venuto oggi in discussione e in votazione.

Io credo quindi che l’obiezione dell’onorevole Laconi sia del tutto fuori luogo e non possa valere in alcuna maniera ad annullare una prassi che abbiamo sempre seguito nelle nostre discussioni, quella cioè che il Comitato di redazione decidesse immediatamente quando venivano presentate questioni improvvise, ma che viceversa, quando le questioni venivano portate in tempo all’Assemblea, quest’ultima ne fosse, come è naturale, investita direttamente.

È pertanto l’Assemblea che deve, anche in questo caso, a mio giudizio, senz’altro deliberare.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Mi rincresce di contradire l’onorevole Dossetti e mi rincresce soprattutto perché già altra volta io l’ho contradetto e proprio quando egli sosteneva perfettamente il contrario di quello che dice oggi. (Ilarità).

Onorevole Dossetti, ella ha sostenuto alcune sedute or sono che il Comitato di redazione non è un semplice organismo di coordinamento, di formulazione, di redazione, ma è il rappresentante della Commissione dei Settantacinque.

DOSSETTI. Ho l’impressione che la memoria la tradisca. È un fatto raro; ma è così.

TOGLIATTI. L’ha sostenuto, per lo meno, la parte dell’Assemblea dove ella siede, contro l’opinione personale mia. E quel punto di vista allora prevalse. Rimaniamo coerenti al punto di vista di allora.

Ma io desidero fare un’altra osservazione. Anche qui mi riferisco a cose che precedentemente ho detto. Altra volta ho pronunciato parole di critica verso il Presidente della Commissione dei Diciotto, onorevole Ruini. Mi sembra però che commetteremmo una grave scortesia verso di lui se questa sera decidessimo la questione in sua assenza. (Commenti al centro). È vero che l’onorevole Ruini un’ora fa era ancora presente tra di noi.

Una voce al centro. Ha la febbre; si è ammalato.

TOGLIATTI. Va bene, si è ammalato; però egli stesso ha preveduto che domani mattina alle undici il malore sarà passato, tanto è vero che ha convocato per quell’ora il Comitato di coordinamento. Non potremmo aspettare che egli domattina esamini la questione insieme con gli altri diciassette e ci porti poi il parere dei diciotto? Questa è la proposta che io faccio: di rinvio ad altra seduta.

MICCOLIS. Domando la chiusura.

PRESIDENTE. È stata chiesta la chiusura. Anche senza porla in votazione – sarebbe senz’altro votata – questo deve essere un invito a non chiedere più la parola.

Desidero intanto precisare che il Comitato di redazione è stato ufficialmente investito della rappresentanza della Commissione per la Costituzione e che da parte di molti colleghi in certi momenti si è cercato di dargli poteri assai più vasti, nel senso di sostituire addirittura la Commissione per la Costituzione.

Non v’è dubbio, quindi, che il parere del Comitato sia indispensabile e pertanto ritengo fondata la richiesta dei colleghi che hanno domandato che si debba sentire prima il Comitato, il quale non ha ancora avuto la possibilità di pronunciarsi su questo punto. (Commenti animati).

MASTINO GESUMINO. Quale importanza può avere il parere del Comitato?

PRESIDENTE. Onorevole Mastino, se nessuno avesse sollevato la questione, forse non se ne sarebbe tenuto conto, ma, dal momento che la questione è stata posta, essa acquista importanza solo per questo. Vorrei ricordare che quando si tratta di ritornare sopra questioni già decise a rigor di termine sarebbe sufficiente l’opposizione di un solo membro dell’Assemblea per evitare che esse siano prese in considerazione. Pertanto, pur non applicando questa norma, si può benissimo attendere ventiquattro ore perché possa essere udito il Comitato. E non mi pare che sia chiedere troppo. (Commenti al centro).

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. In via ipotetica, noi potremmo esaminare anche se non convenga aderire al desiderio espresso dall’onorevole Presidente, ma come desiderio.

Mi permetto però di osservare che l’ordine del giorno di cui si discute ora è stato annunziato ieri sera e che pertanto il Comitato ha avuto ventiquattro ore di tempo – ormai trascorse – per sollevare la questione e pretendere che l’ordine del giorno stesso fosse sottoposto preventivamente al suo esame.

È questo un argomento che preclude – a mio giudizio – la possibilità di sollevare la questione.

In secondo luogo vorrei fare un rilievo di merito, o meglio sostanziale: noi ci troviamo a dover discutere se sospendere per sottoporre al Comitato l’ordine del giorno. Ora, l’eccezione è stata sollevata da un membro del Comitato, l’onorevole Laconi.

UBERTI. Non è più membro! È dimissionario.

DOSSETTI. Altri membri del Comitato hanno espresso un parere che non sembra del tutto coincida con quello dell’onorevole Laconi.

Quindi è anche facile, al di fuori della mia formale obiezione, prevedere quale possa essere il risultato dell’esame del Comitato di redazione: non si avrà un parere concorde sull’ordine del giorno, il quale dovrà quindi per forza di cose essere rimesso all’Assemblea.

Di fronte a questa situazione io ritengo che noi non possiamo violare le norme regolamentari né insistere per un rinvio che non ha giustificazioni. In via subordinata faccio formale proposta che il Comitato di redazione si riunisca immediatamente ed esprima il suo parere sull’ordine del giorno e la pregiudiziale in modo che l’Assemblea possa procedere alla votazione in questa stessa seduta.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Sulla pregiudiziale non deve essere interpellato il Comitato. Domani, quando discuteremo sul merito, allora sentiremo il parere del Comitato. (Approvazioni al centro).

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Sono disposto a ritirare la richiesta formale, però faccio presente ai colleghi che è indispensabile che la sospensione venga approvata ugualmente; è indispensabile perché la proposta che ci viene fatta è troppo grave e dobbiamo concederci un minimo di respiro per esaminarla e per tentare di giungere a una soluzione.

DOSSETTI. Un respiro che dura ventiquattro ore!

LACONI. L’onorevole Dossetti sa benissimo che in queste ventiquattro ore di tempo noi siamo stati gli unici che non abbiamo dormito e abbiamo consultato anche uomini del suo partito per domandare loro se intendono recedere dalla posizione che hanno assunto. Quindi non abbiamo perduto il tempo. Se il Comitato non ha funzionato noi abbiamo tentato di rimediare alla carenza del Comitato.

Tuttavia sulla questione pregiudiziale, che è nuova, noi eravamo in diritto di chiedere la sospensione, perché, qualunque sia il parere dell’onorevole Mastino Gesumino, sta di fatto che nel nostro Regolamento è riconosciuto il diritto alle Commissioni di chiedere la sospensione dinanzi ad una proposta giunta all’ultim’ora.

UBERTI, Nessun membro del Comitato ha chiesto la sospensione.

LACONI. Il fatto che l’onorevole Uberti non siede in questo banco non toglie che il Comitato di redazione abbia una voce.

UBERTI. La sua non è quella del Comitato.

LACONI. Io non sono per niente dimissionario dal Comitato di redazione. Ne faccio parte a pieno diritto e, se non le dispiace, in assenza sua e degli altri colleghi su questo banco ne sono l’unico rappresentante perfettamente qualificato a interpretarne il pensiero.

Per tutte queste ragioni avrei diritto di insistere sulla richiesta, tuttavia mi limito a pregare l’Assemblea di sospendere la discussione su questo argomento.

PRESIDENTE. Avverto che sulla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Cevolotto è stata fatta domanda di scrutinio segreto dagli onorevoli Castiglia, Condorelli, Martino Gaetano, Bellavista, Reale Vito, Nasi, Porzio, Tripepi, Marinaro, Abozzi, Bonino, Bozzi, Lucifero, Cevolotto, Persico, Morelli Renato, Rubilli, Villabruna, Perrone Capano e Gasparotto.

Nomina di una Commissione.

PRESIDENTE. In relazione alla richiesta dell’onorevole Chieffi, formulata ai sensi dell’articolo 80-bis del Regolamento, ho chiamato a far parte della Commissione incaricata di giudicare il fondamento delle accuse mosse dall’onorevole Cianca i deputati Bellavista, Bettiol, Bozzi, Cacciatore, Castiglia, Gasparotto, Della Seta, Lombardi Riccardo, Mazzoni, Reale Eugenio e Venditti.

Presidenza del Vicepresidente TARGETTI

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sulla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Cevolotto contro la presa in considerazione dell’ordine del giorno Perassi, Uberti ed altri relativo al sistema elettorale da adottare nei confronti dell’elezione del primo Senato della Repubblica.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bellato – Belotti – Bencivenga – Bettiol – Bocconi – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bubbio – Bulloni Pietro.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calosso – Campilli – Camposarcuno – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caroleo – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese Pasquale.

Damiani – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Vita – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Federici Maria – Ferrario Celestino – Fiotta – Foresi – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Garlato – Giordani – Gonella – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.

Jervolino.

La Malfa– Lami Starnuti – La Pira – Lazzati – Lizier.

Macrelli – Magrini – Mannironi – Manzini – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazzei – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Miccolis – Micheli – Molinelli – Monterisi – Morini – Moro – Mortati – Murdaca.

Nicotra Maria – Numeroso.

Pallastrelli – Paratore – Pat – Pecorari – Pella – Pera – Perassi – Piccioni – Ponti – Preti.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romano – Rossi Paolo.

Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sapienza – Saragat – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Segni – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi.

Uberti.

Viale – Vigo.

Zaccagnini – Zagari – Zotta – Zuccarini.

Sono in congedo:

Bertone.

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Lopardi.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Avverto che dalla numerazione dei voti è risultato che l’Assemblea non è in numero legale.

La seduta, pertanto, è sciolta e l’Assemblea è riconvocata lunedì, alle 16, col medesimo ordine del giorno.

La seduta termina alle 20.50.

Ordine del giorno per la seduta di lunedì 15 dicembre 1947.

Alle ore 16:

  1. – Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.

ANTIMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Disegno di legge (Discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 71, per l’elezione della Camera dei deputati. (48)Presidente

Grilli, Relatore per la minoranza

Bovetti

Rivera

Sullo

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la presidenza del Consiglio

Scelba, Ministro dell’interno

Carpano Maglioli

Bosco Lucarelli

De Martino

Scoca

La Rocca

Rubilli

Rescigno

Abozzi

Lussu

Mannironi

Mastino Gesumino

Laconi

Giua

Zerbi

Schiavetti

Corbino

Condorelli

Persico

Mortati

Mastrojanni

Costantini

Riccio

Carboni Enrico

Firrao

Stampacchia

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Sui lavori dell’Assemblea:

Laconi

Presidente

Cevolotto

Togliatti

Schiavetti

Gavina

La seduta comincia alle 9.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Lopardi.

(È concesso).

Discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Ritengo che tutti i colleghi siano d’accordo sul fatto che la discussione generale su questo disegno di legge si è già svolta, allorché si è lungamente parlato dei modi di formazione della Camera dei deputati. Alla fine di quella discussione l’Assemblea approvò l’ordine dei giorno dell’onorevole Giolitti, il cui testo è riportato anche nella relazione della Commissione.

Pertanto, ritengo che i nostri lavori possano avere inizio, passando senz’altro all’esame degli articoli di questo disegno di legge.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Siccome io ho proposto un emendamento a diversi articoli relativi al problema della utilizzazione dei resti, chiederei che si facesse una discussione sola.

PRESIDENTE. Onorevole Grilli, la discussione generale verte, non soltanto sul problema della utilizzazione dei resti, ma su tutto il sistema della legge. Nel momento in cui dovremo esaminare le questioni che si riferiscono alla utilizzazione dei resti, ella potrà proporre all’Assemblea i suoi emendamenti che si riferiscono ad un problema in fondo subordinato a quello principale della formazione del quoziente per la determinazione del numero degli eletti nelle singole liste. In quel momento, come emendamento, esamineremo le sue proposte. Passiamo pertanto all’esame dell’articolo 1, identico nei testi del Governo e della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per l’elezione della Camera dei deputati si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui agli articoli seguenti».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’esame dell’articolo 2 del disegno di legge, identico nei testi del Governo e della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo ed il secondo comma dell’articolo 3 sono sostituiti dai seguenti:

«Il numero dei deputati è in ragione di uno ogni 80.000 abitanti o per frazione superiore a 40.000, calcolati in ciascun collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, secondo i dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica.

«I collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato dall’onorevole Bovetti il seguente emendamento:

Al nuovo testo del secondo comma dell’articolo 3 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, proposto nel disegno di legge, sostituire il seguente:

«Ogni Collegio è costituito e delimitato dalle attuali circoscrizioni provinciali».

«Subordinatamente:

«Alla circoscrizione indicata al n. I della tabella delle circoscrizioni, allegata al disegno di legge ed alla relazione della Commissione, sostituire le seguenti:

I-a: Torino città.

I-b: Torino provincia,

oppure: (provincia di Torino).

I-c: Novara-Vercelli (provincie).

I-d: Cuneo (provincia).

I-e: Asti-Alessandria (provincie).

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Illustrerò rapidamente l’emendamento da me proposto e che si riassume già nei suoi termini. Noi siamo qui a discutere di una legge elettorale che riproduce in sé i termini essenziali della legge approvata dalla Consulta per l’Assemblea Costituente, legge allora determinata da condizioni e da poteri eccezionali, che non possono, a mio avviso, riprodursi nella attuale legge, la quale deve riportare le norme, gli articoli, i regolamenti, in un regime di assoluta normalità. Per quanto riguarda le circoscrizioni territoriali, la vecchia legge della Consulta ha adottato norme che dovevano essere poste al vaglio della esperienza e noi ci domandiamo se questa esperienza possa far riaffermare, nell’attuale disegno di legge, la dizione, gli articoli e le tabelle ora riproposti dalla Commissione.

Io ritengo che si possa affermare che la legge approvata dalla Consulta non abbia avuto quell’effetto pratico che oggi è auspicato dalla Commissione; abbiamo cioè visto creare con quella legge, che ora si riproduce, delle circoscrizioni elettorali fittizie, che non rispondevano a ragioni etniche, topografiche, elettorali sentite dalla popolazione. Abbiamo assistito a degli episodi elettorali non lusinghieri, a giuochi di preferenze, che non sono certamente tornati ad onore della lizza elettorale, e abbiamo il dovere di preoccuparci che non si ripetano nella prossima campagna elettorale. È per questo, signori, che io chiederei – credo che questa sia una esigenza avvertita da tutti i partiti, se vogliamo parlare con franchezza e lealtà – che queste circoscrizioni elettorali abbiano una caratteristica ben definita.

 

Ed allora, una delle due: o affrontiamo il concetto della circoscrizione su un piano vasto e completo, e in tal modo avremo l’organismo della Regione che risponde a criteri ben definiti di possibilità giuridica c pratica; oppure, se non ricorriamo al criterio della Regione, non si può neppure ricorrere a questo sistema misto, ibrido, di agglomerati di provincia che non hanno alcuna ragione di essere unite o disunite, agglomerati creati soltanto sulla carta e nella legge e che urtano contro la realtà voluta e vissuta dagli elettori.

Ad esempio, per il Piemonte abbiamo un frazionamento quanto mai ibrido ed antilogico. Il Piemonte è sezionato in tre circoscrizioni: da una parte Torino con Novara e Vercelli; dall’altra Cuneo, Alessandria ed Asti; circoscrizioni, insomma, che non rispondono ad alcun concetto né di vicinanza, né di tradizioni.

Ed allora, poiché questa legge dovrà avere un fondamento nella vita pratica e nel desiderio degli elettori, perché non ricorrere, piuttosto, a circoscrizioni ben chiare e definite nel vero senso della parola?

Riassumendo, quindi: o una circoscrizione ampia, di largo respiro – e questa deve essere la Regione – oppure una circoscrizione che risponda a delle tradizioni che sono consacrate dalla storia e dalla vita elettorale, e questa non può essere altro che la Provincia. (Applausi).

RIVERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIVERA. Signor Presidente, io riprendo la questione sollevata dall’onorevole Bovetti per un’altra ragione e per un’altra Regione, proprio in considerazione di una decisione recente, che questa Assemblea ha preso, la decisione cioè di ricostituire le Regioni secondo la storia e la tradizione.

Orbene, anche se il nostro Statuto fondamentale non è ancora in efficienza ed esecutivo, vorrei permettermi di rilevare che esso non può non essere applicato nelle sue deliberazioni fondamentali per quello che riguarda le imminenti elezioni, e ciò anche in omaggio alle popolazioni che, subìto 20 anni fa un trasferimento forzato di territori e di persone dovuto al capriccio di chi allora governava, reclamano a piena voce di tornare in seno alla loro Regione.

Io non domando, onorevoli colleghi, che venga corretto tutto il disordine che allora fu portato nella ripartizione territoriale di gran parte delle Provincie italiane, perché, per rivedere tutto quanto quello che è stato guastato, durante il governo fascista, delle circoscrizioni provinciali, forse la Camera non avrebbe il tempo. Si tratta per alcuni casi di territori che sono stati diversamente agglomerati attorno a dei centri, talora perché prediletti da questo o da quel gerarca, e promossi a capoluogo; da ciò assurdi territoriali straordinari, come quello di una strada che entra in una provincia, poi ne riesce e ne rientra ancora.

Non parlo di questo problema spinoso, ho detto, perché, per risolverlo, occorrerebbe troppo tempo e troppo studio che noi oggi non possiamo spendervi; parlerò soltanto della ricostituzione, in sede elettorale, delle antiche Regioni storico-tradizionali.

Si tratta, onorevoli colleghi, in definitiva, di non più che uno o due casi, se si vogliono considerare come rassomiglianti il caso della Campania e quello dell’Abruzzo. Io parlo però solo del caso che si riferisce al circondario di Cittaducale (ex provincia di Aquila), che è stato staccato dall’Abruzzo. (Interruzioni al centro).

Sta bene: allora vuol dire che le Regioni, che si propone si presentino alle elezioni con il territorio deformato dal trascorso regime, come del resto io ho già premesso, sono due e non una. Tra esse la Regione d’Abruzzo, che si trovava tutta intiera entro un confine politico, giacché poco di là da Cittaducale, correva il confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, ha visto portare oltre la vecchia linea di confine una parte del suo territorio, allo scopo di mettere insieme, con brandelli di due altre Ragioni, l’Umbria ed il Lazio, una novella Provincia. Per arrivare a ciò, dunque, il Governo fascista staccò da questo così caratteristico comprensorio geografico e politico antichissimo un circondario tipicamente abruzzese e lo assegnò, tout-court, ad altra Regione, senza che le popolazioni interessate venissero minimamente interpellate: esse lessero un bel dì sul giornale di essere state trasferite, direi quasi «carico e beni», ad altra Regione e di avere mutato, senza loro volontà, la propria denominazione ed appartenenza ininterrotta per oltre quattro secoli, ad un territorio fortemente amato che chiamavasi Abruzzo.

Signor Presidente, ripeto ancora che fin dalle imminenti elezioni io vorrei che si desse valore a ciò che solennemente è stato stabilito da questa Assemblea, e che è per essere applicato subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, che cioè le Regioni debbono essere quelle storico-tradizionali: è evidente che la tradizione non si fa esclusivamente con quello che è avvenuto nel ventennio fascista, ma si fa con tutta la lunga storia e, per l’Abruzzo, con l’ininterrotta tradizione del nostro Paese.

Per questo l’ingiustizia e la prepotenza commessa dal governo fascista contro la volontà dell’Abruzzo non debbono trovare in questa Assemblea, neppure nella imminente manifestazione elettorale, una tacita assuefazione, che suonerebbe quasi ingiuria per noi e per quelle popolazioni beffate, le quali del resto si sono già in modo indubbio espresse nel senso di voler tornare in seno all’Abruzzo. Io domando pertanto che, prima ancora che in esecuzione, per l’esecuzione di quanto statuito dalla Costituzione, e che è indiscutibile ed ineluttabile, in seno all’Abruzzo fin dalle imminenti elezioni ritorni il territorio che costituiva il vecchio circondario di Cittaducale, abruzzese per lunga ininterrotta tradizione e chiara storia, ciò in leale e pronta obbedienza al deliberato di questa Assemblea che statuisce che le Regioni debbano essere quelle storico-tradizionali. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei pregarli di non confondere questo articolo 2 con ciò che si riferisce alla tabella delle circoscrizioni: tutte queste questioni le rimettano al momento in cui si parlerà delle tabelle.

RIVERA. Mi riservo allora di tornare sull’argomento a suo tempo.

SULLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SULLO. La proposta dell’onorevole Rivera è di carattere generale, almeno a quello che ho capito; essa riguarda cioè la proposta di modificare le circoscrizioni elettorali in senso provinciale. Ora, io propongo su ciò la sospensiva, perché mi pare che la provincia possa essere considerata adatta all’uopo, soltanto a condizione che si abolisca il collegio unico nazionale.

Se infatti non si abolisce il collegio unico nazionale, con le circoscrizioni provinciali si viene a portare alla lista nazionale un numero di eletti molto maggiore degli 80 attuali e allora la circoscrizione più ampia vale a rappresentare un correttivo nei confronti di quello che può essere considerato come un vero male da evitare.

È quindi naturale che molti di noi si troverebbero in imbarazzo a votare l’emendamento.

Si potrebbe votare a favore delle circoscrizioni provinciali, se si abolisse il collegio unico nazionale; ma se questo rimanesse non ci sarebbe possibile votare a favore delle circoscrizioni provinciali.

Ecco perché faccio al Presidente una formale proposta di sospensiva sulla votazione dell’emendamento, in attesa che l’Assemblea si pronunci sulla questione generale proposta dalla Relazione di minoranza.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di parlare per esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione si pronuncia contro la sospensiva. I colleghi che hanno qualche cosa da dire in materia di circoscrizioni è bene lo dicano subito. La Commissione risponderà immediatamente. Se rimettiamo in discussione tutti i particolari di questa materia, non terminiamo più.

SULLO. Chiedo che sia posta in votazione la mia proposta.

PRESIDENTE. L’onorevole Sullo propone che siano rinviate le decisioni relative alla tabella delle circoscrizioni a dopo che l’Assemblea abbia deliberato in ordine all’utilizzazione dei resti.

La Commissione propone, invece, che si decida non soltanto sulle proposte di carattere generale, ma anche su quelle di caratteri particolare, relative alla tabella delle circoscrizioni.

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Sullo.

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, non è approvata).

Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il suo avviso sulla proposta Bovetti.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, la Commissione, nella sua relazione, ha già detto brevemente i motivi per i quali non ha ritenuto di riprendere in esame le circoscrizioni elettorali. Dopo molta discussione la stessa Commissione è venuta nell’avviso che ogni modificazione parziale produce naturalmente la richiesta di una revisione totale di tutte le circoscrizioni.

Ora, noi ci siamo semplicemente limitati – per una ragione di carattere particolare – ad accogliere la proposta della distinzione in circoscrizione del Molise ed abbiamo suggerito all’Assemblea delle modificazioni inerenti, come conseguenza, a questa deliberazione presa dalla Commissione.

Non abbiamo deciso di prendere in esame altre molteplici proposte fatte da vari Commissari, perché questi stessi Commissari che facevano proposte di modifica dell’indole di quella oggi proposta dall’onorevole Bovetti, trascinavano con sé una revisione totale – come ho detto – dell’allegato alla legge relativa alle circoscrizioni.

È evidente che questa norma che la Commissione ha adottato non può, qui in Assemblea, essere modificata da parte della Commissione stessa, perché è una direttiva di carattere politico generale, che si ritiene necessaria in questo momento, perché in questo momento non ci è possibile l’esame dettagliato e ponderato delle ragioni che assistono le varie proposte. La stessa proposta di ridurre i collegi a sistema provinciale urta con delle difficoltà di carattere – dirò così – demografico, perché non vi è nelle provincie nostre quella uguaglianza di rapporti demografici che è necessario stabilire per poter fare le elezioni col sistema proporzionale; perché ognuno di voi intende come vi siano provincie piccole che non possono costituire da sole un collegio, come potrebbero essere la provincia di Matera, la provincia di Mantova, le provincie siciliane di Caltanissetta, di Ennia ed altre provincie. Non avrebbero quindi la possibilità di applicazione della proporzionale, la quale richiede ed ha l’esigenza precisa e inderogabile che il collegio elettorale abbia una certa determinata ampiezza.

Una voce a sinistra. E Campobasso?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Campobasso ha cinque seggi: è il minimo e si è inteso che esso costituisse una eccezione.

La Commissione, ripeto, dopò vario esame, ha ritenuto che la rielaborazione delle circoscrizioni non si potesse fare ora e potrà invece farsi con successiva legge dalla nuova legislatura, quando vi sarà tempo e modo di esaminare non solo le circoscrizioni, ma anche le stesse provincie, perché, come ha accennato qui giustamente l’onorevole Rivera, la formazione delle provincie da parte del governo fascista è stata una formazione arbitraria, per cui anche la formazione delle provincie andrebbe riveduta.

Per queste ragioni pregherei l’onorevole Bovetti di non insistere nella sua proposta perché la sua proposta determinerebbe la richiesta dei colleghi lombardi, dei colleghi siciliani e di altri. Vi sono anche proposte per il Napoletano, cioè divisioni di circoscrizioni che sono meritevoli di attenzione, ma non possono essere in questo momento sodisfatte.

Del resto, onorevoli colleghi, vi prego di tenere presente anche questa ultima considerazione che ha il suo valore: si è creato tra eletti ed elettori delle circoscrizioni attuali un rapporto, dirò così, politico ed elettorale che in questo momento riteniamo sia opportuno non turbare, essendo esso il frutto del primo esperimento di una legge elettorale applicata con criteri di libertà e con criteri di democrazia.

Pertanto la Commissione insiste perché le circoscrizioni restino ferme così come risultano dalla vecchia legge, fatta eccezione per l’emendamento che si riferisce al Molise.

PRESIDENTE. Prego il Governo di esprimere il suo parere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo è d’accordo con la Commissione.

PRESIDENTE. Ed allora, onorevoli colleghi, dobbiamo passare alla votazione delle proposte che sono state svolte dai presentatori di emendamenti. Onorevole Bovetti, mantiene il suo emendamento?

BOVETTI. Mantengo l’emendamento e annunzio che vi è una richiesta di votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Onorevole Bovetti, le faccio presenti le ragioni di urgenza, che premono sui nostri lavori, e che potrebbero essere compromesse dalla sua richiesta.

BOVETTI. Noi insistiamo per la votazione a scrutinio segreto, perché si tratta di questione essenziale.

PRESIDENTE. Sull’emendamento Bovetti è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Grilli, Corbino, Borsellino, Abozzi, Miccolis, Villabruna, Canevari, Cairo, Sapienza, Bellavista, Gullo Rocco, Condorelli, Martino Gaetano, Carboni Angelo, Lami Starnuti, D’Aragona, Veroni, Bonino, Caronia, Reale Vito.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento Bovetti del seguente tenore:

«Ogni collegio è costituito e delimitato dalle attuali circoscrizioni provinciali».

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti                               306

Votanti                                305

Astenuti                              1

Maggioranza           153

Voti favorevoli        72

Voti contrari                        233

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Andreotti – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bargagna – Basso – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bettiol – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Bruni – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro.

Caccuri – Cairo – Caldera – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carignani – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chiarini – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Cortese Pasquale – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giannini – Giordani – Giua – Gorreri – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Gingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Mannironi – Marazza – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Lina – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Patrissi – Pecorari – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pucci – Puoti.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salvatore – Sampietro – Santi – Sapienza – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Turco.

Uberti.

Valmarana – Venditti – Veroni – Vigna – Villabruna.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zerbi – Zotta.

Si è astenuto:

D’Aragona.

Sono in congedo:

Bertone.

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Lopardi.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. È stato presentato il seguente emendamento all’articolo 2 dagli onorevoli Carpano Maglioli, Costa, Tonello, Nobili Tito Oro, Priolo, Fornara, Veroni ed altri:

«Sostituire alle parole: calcolati in ciascun Collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, le altre: che risultano dall’ultimo censimento».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione in merito a questa proposta.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, a proposito della disposizione che si riferisce alla popolazione al 31 dicembre 1946, anziché a quella del censimento del 1936, debbo rilevare che l’Assemblea, in sede di Costituzione, ha approvato la disposizione transitoria secondo la quale è consentito che si possa fare una deroga all’articolo 57 della Costituzione stessa, che dispone che il numero dei deputati debba essere stabilito in rapporto alla popolazione dell’ultimo censimento. Quindi l’Assemblea su questo punto ha già deciso in sede di Costituzione e noi non abbiamo fatto altro che applicare questa norma transitoria della Costituzione, per cui mi pare che la discussione sia ora superflua. Comunque, io debbo far presente che questa disposizione, di adeguare il numero dei deputati ai dati statistici risultanti dagli aggiornamenti operati dall’Istituto centrale di statistica, è motivata dal fatto che specialmente durante il periodo bellico, e specialmente dal 1942 in poi, vi sono stati spostamenti notevolissimi di popolazione da un centro all’altro, con fissazione di vari domicili diversi da quelli che risultavano nel 1936. Gli aggiornamenti statistici sono stati eseguiti sui dati demografici comunicati dai singoli comuni all’Istituto centrale di statistica, che ha, in base ai medesimi, compilata le tabella pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 1947, n. 96. Spiegazioni ulteriori su questi dati di fatto non mi sembra di doverne dare, non avendo la Commissione che applicato quanto l’Assemblea stessa in sede di Costituzione ha deliberato.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo concorda con la Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Carpano Maglioli, conserva la sua proposta?

CARPANO MAGLIOLI. La conservo e vorrei parlare per una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARPANO MAGLIOLI. Il nostro emendamento tende ad assumere come base dati assolutamente fissi e sicuri ed è compilato in base a tutta una serie di precedenti che ci garantiscono come esso risponda veramente ad un criterio ortodosso e di giustizia e di equità.

Infatti, nel 1946 si sono seguiti i dati del censimento del 1936; nel 1921 si sono seguiti i dati del censimento del 1911, nel 1892 si sono seguiti i dati del censimento del 1881.

Ora, i precedenti, indubbiamente, dànno una indicazione utile, e se si è fatto così per il passato, ci sono delle buone ragioni, e difatti non sempre i dati dell’Ufficio centrale di statistica sono esatti; ci sono elementi che concorrono a deformarli: i sindaci che hanno interesse a deformare le cifre della popolazione ai fini della concessione delle carte annonarie, ai fini della carriera dei segretari comunali, ecc.

I dati dei censimenti, invece, sono dati obiettivi, accertati con serietà scientifica e garantiscono della rispondenza concreta e reale.

Per questi motivi, votiamo a favore dell’emendamento proposto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Carpano Maglioli, non accettata dalla Commissione né dal Governo, di riferire per le prossime elezioni i dati della popolazione, anziché ai dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica, al 31 dicembre 1946, ai risultati dell’ultimo censimento, facendo presente che l’Assemblea ha già votato in sede di disposizioni transitorie una norma per la quale era autorizzato il riferimento ai dati dell’Istituto centrale di statistica al 31 dicembre 1946.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 2.

«Il primo ed il secondo comma dell’articolo 3 sono sostituiti dai seguenti:

«Il numero dei deputati è in ragione di uno ogni 80.000 abitanti o per frazione superiore a 40.000, calcolati in ciascun collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, secondo i dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma.

«I collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

La Commissione ha presentato una tabella recante alcune modificazioni in relazione alla provincia di Campobasso e conseguentemente a quelle di Avellino e di Benevento. Vorrei sapere dal Ministro dell’interno se accetta questa tabella allegata.

SCELBA, Ministro dell’interno. L’accetto.

PRESIDENTE. L’onorevole Rivera ha così formulato la sua proposta:

«Ogni collegio è costituito e delimitato dalle circoscrizioni storiche e tradizionali».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Gli onorevoli La Rocca, Fiorentino e Gullo Fausto, hanno presentato il seguente emendamento:

«Modificare in tal senso la circoscrizione XXIV: Benevento, Avellino e Salerno, e sopprimere la XXIII».

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. La mia povera provincia di Benevento (Commenti), pare debba essere sballottata a destra e a sinistra. Noi della provincia di Benevento abbiamo delle affinità sia con Campobasso che con Avellino, ma non abbiamo alcun interesse, alcuna affinità con la provincia di Salerno, con cui non abbiamo alcuna relazione.

Nelle precedenti elezioni, noi siamo stati una volta con Campobasso e una volta abbiamo formato, tutte e tre le provincie di Avellino, Benevento e Campobasso, un collegio unico, ed è stata anzi questa l’unica volta in cui il regime fascista è stato messo in minoranza con un emendamento a firma mia e dell’onorevole Rubilli, circa le circoscrizioni elettorali, e la Camera votò il collegio di Benevento, Avellino e Campobasso.

Per noi è indifferente andare con Campobasso o con Avellino, sebbene io voglia far notare che nelle precedenti elezioni il collegio era Campobasso con capoluogo Benevento. Oggi nel disegno di legge governativo è mutato il titolo Benevento-Campobasso in Campobasso-Benevento con capoluogo Campobasso e non più Benevento. Per noi il capoluogo è indifferente; noto semplicemente e deploro la meschinità di questa modificazione. Le nostre maggiori affinità sono però con la provincia di Avellino, con cui in gran parte costituiamo un tutto unico.

Quindi ritengo che debba mantenersi ferma la circoscrizione Benevento-Avellino, come è stata proposta dalla Commissione, e vada respinto un allacciamento irreale, una impossibile unione di Benevento con Salerno, perché, pur avendo moltissimo affetto e moltissima stima per la provincia di Salerno, non abbiamo nessun contatto, nessun interesse, nessuna unione di animi e di intenti con questa provincia che rispettiamo ed amiamo, ma che non può unirsi a noi nel rappresentare interessi comuni, che non vi sono. (Approvazioni).

DE MARTINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE MARTINO. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Bosco Lucarelli, al quale porgo i sensi del mio ringraziamento per le buone e le cattive parole rivolte alla provincia di Salerno, della quale sono modesto rappresentante, ritiro la mia firma all’emendamento presentato.

SULLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SULLO. Io prego gli onorevoli colleghi di lasciare che, una volta tanto, anch’io prenda la parola in questioni di carattere territoriale, perché ritengo che quando un principio viene affermato, debba essere affermato per tutte le circoscrizioni, non per un certo numero sì, e per una soltanto eccezionalmente no.

L’Assemblea ha respinto il principio delle circoscrizioni provinciali. È d’altra parte logico, che dopo che non si era voluto accettare una sospensiva che tecnici hanno ritenuto perfettamente giustificata, molti dei colleghi non si sentissero di poter votare a cuor leggero per le circoscrizioni provinciali.

Ma, se si è rimasti fermi al principio che debbono rimanere le circoscrizioni del 2 giugno, non vedo perché ciò non debba valere per la circoscrizione di Salerno e di Avellino.

Noi diciamo che se l’Assemblea Costituente ha stabilito che la provincia di Campobasso deve essere una circoscrizione a sé, ci deve essere però anche un sistema per rispettare un legittimo diritto degli elettori.

Noi dobbiamo tener ben presente questo: che nelle elezioni che si fanno adesso, i partiti rispondono al corpo elettorale, e che i deputati, i quali sono stati eletti in una determinata circoscrizione ampia che aveva ben quindici deputati, come quella di Avellino-Salerno, hanno un dovere – corrispondente al diritto degli elettori – di rispondere ai medesimi elettori dell’opera che hanno compiuto. Noi non diciamo affatto che la provincia di Benevento debba essere aggregata piuttosto a questa che a quella provincia, o sballottata a destra o a sinistra. Noi non vogliamo sballottare nessuno. Abbiamo proposto una circoscrizione ampia, per venire incontro ai desideri, non suscitati certamente da noi, dei molisani. Ma, d’altra parte, se non si vuole tornare su quella decisione, si dia a Benevento una circoscrizione per proprio conto. Sono cose in cui non voglio entrare. Ma ritengo che proprio per quel principio che è stato adottato da questa Assemblea, cioè quieta non movere, non sia giusto muovere noi altri che stiamo tranquilli e quieti. Io credo, quindi, che l’Assemblea debba o riconfermare i collegi del 2 giugno, non facendo per questa circoscrizione una eccezione che sarebbe unica rispetto a tutto il resto d’Italia, oppure unirla al collegio di Campobasso, cosa che si è scartata per l’opposizione dell’onorevole Bosco Lucarelli.

Allora, la proposta ultima potrebbe essere quella di una circoscrizione isolata unica per Benevento, anche perché si vuol contentare gli amici del Molise e si vuol confermare l’ordine del giorno che è stato espressione di questa Assemblea qualche giorno fa.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. L’amico Bosco Lucarelli si duole che il Molise abbia respinto l’unità di collegio con Benevento, e non vuole che questa provincia sia unita a Salerno perché non vi è ragione di unirsi con una provincia con la quale, per quanto afferma, non vi sarebbero interessi comuni.

Ma l’argomento, anche se fosse fondato, non risolverebbe ha questione, perché occorre pure preoccuparsi di Avellino. La provincia di Avellino nelle ultime elezioni era unita a quella di Salerno, e se si deve mantenere il principio accolto che le circoscrizioni non devono essere modificate, non vedo la ragione di fare questa unica eccezione, senza motivo apprezzabile.

Sono d’accordo nel riconoscere che la provincia di Avellino ha rapporti con la provincia di Benevento, ma si deve riconoscere pure, che rapporti non meno notevoli vi sono fra Avellino e Salerno. Se è vero che vi sono questi stretti rapporti con Salerno, è giusto che si mantenga l’unica circoscrizione elettorale preesistente. L’esistenza poi, degli affermati rapporti con Benevento non impediscono l’aggiunzione anche di questa provincia.

Mi pare che non si tenga conto della posizione topografica e della funzione economica dell’Irpinia, situata nel bel mezzo delle altre due provincie.

Voci. Chiusura!

PRESIDENTE. Domando se la proposta di chiusura è appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo in votazione.

(È approvata).

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. In sede di Commissione si fu tutti d’accordo nel non voler ritoccare le circoscrizioni elettorali, appunto per evitare attriti e per non sovvertire tutto l’ordinamento della legge. Senonché il Molise insistette per costituire una circoscrizione a sé. In sede di Commissione si fu anche tutti d’accordo che per favorire il Molise non bisognasse guastare i rapporti economici, culturali e di amicizia già costituiti.

In sostanza il collegio elettorale viene circoscritto e delimitato alla stregua di una realtà obiettiva, cioè di rapporti economici, di relazioni, ecc. Il che storicamente esiste – contrariamente a quanto è stato affermato in quest’Assemblea – da tempo immemorabile fra la provincia di Avellino e quella di Salerno, e si insistette perché questa unità non venisse spezzata. Dal momento che la provincia di Benevento consentì di staccarsi dal Molise, non deve Costituire elemento di ostacolo o di scompiglio. Si disse alla provincia di Benevento di staccarsi e costituire un collegio, e si rifiutò.

E allora altra possibile soluzione non v’è al di fuori di questa: anzitutto non spezzare l’unità delle provincie di Avellino e Salerno; e, la provincia di Benevento, che ha voluto staccarsi dal Molise, formi collegio con Avellino e Salerno.

Questa è la soluzione più pacifica, che aiuta a risolvere il problema.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Dichiaro di votare contro l’emendamento alla proposta della Commissione per ragioni diverse da quelle che sono state esposte da tutti gli altri colleghi. Io non comprendo una discussione o un dibattito intorno ai rapporti che si possono avere con una provincia o con l’altra, perché simili argomenti servono solo a nascondere – e non vi riescono neppure – propri interessi personali ed elettorali.

Credo che si debba tener conto di un’altra considerazione: non è opportuno che vi siano circoscrizioni molto estese, le quali non permettono un’ampia propaganda elettorale. Sarebbe stato ideale tornare al concetto della provincia, perché la provincia rappresenta un ente veramente organico nel quale si raccolgono uniformi i sentimenti, le opinioni e gli interessi degli elettori che devono nominare i propri rappresentanti. E non ho mai capito perché si dica che nel ristretto ambiente della provincia non possa bene applicarsi la prediletta proporzionale. Non lo comprendo, perché, una volta che si è stabilita la circoscrizione provinciale per il Molise, con quattro o cinque deputati, vuol dire che si riconosce l’efficacia della proporzionale nell’ambito di una singola provincia, sia pure non molto ampia.

Ad ogni modo, giacché non si è voluto adottare il concetto della provincia – che sarebbe stato il migliore – sarà allora opportuno restringere almeno le circoscrizioni quanto più possibile. Mentre il Molise rimane a sé formando un piccolo collegio elettorale, Avellino, Benevento e Salerno formerebbero una circoscrizione che deve eleggere venti deputati.

Per queste considerazioni sono d’accordo con l’onorevole Bosco Lucarelli di ridurre il più possibile le circoscrizioni, e voto per la proposta della Commissione la quale unisce soltanto Avellino con Benevento. Salerno può fare collegio a sé, perché ha dieci deputati, e bastano per costituire un collegio.

Ma in conclusione, potrei consentire a mantenere le circoscrizioni anche come stavano prima, in guisa che Avellino rimanga con Salerno e Benevento si unisca con Campobasso.

Tre provincie insieme per un collegio, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia privo di agevoli comunicazioni, senza dubbio impongono eccessivo lavoro nel periodo elettorale e non permettono dopo agli eletti una assidua opera, atta a garantire efficacemente gl’interessi locali.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Sono anch’io un deputato interessato alla circoscrizione, ed è giusto che esprima il mio voto.

Dichiaro che sono anch’io contrario all’emendamento presentato dall’onorevole La Rocca ed altri, e sono favorevole alla proposta della Commissione, perché la proposta della Commissione è quanto di meglio si potesse escogitare, dal momento che si è stabilito il principio di dare una piccola soddisfazione alla regione del Molise.

Per ragioni eminentemente pratiche e geografiche, una circoscrizione Avellino-Benevento-Salerno sarebbe quanto di più assurdo si possa immaginare, perché un candidato dovrebbe percorrere lunghi tragitti, come da Sapri a San Bartolomeo in Galdo, per fare la sua propaganda.

Per queste ragioni voterò per la proposta della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione deve informare l’Assemblea che quando si convenne di scindere il collegio Benevento-Campobasso si venne incontro alle richieste dei Molisani. La Commissione mantiene ferma questa decisione. Per la posizione della provincia di Benevento, la Commissione si mantenne neutrale fra le varie proposte che venivano fatte e nella relazione è detto che, in fondo, si rimetteva all’Assemblea. Di fronte alle argomentazioni portate oggi da alcuni colleghi, la Commissione ritiene che non sia ingiustificata la richiesta del Collegio Avellino-Salerno di non venire diviso. D’altra parte, ammesso il principio di non creare piccole circoscrizioni che contrasterebbero col criterio generale che informa la legge (il sistema proporzionale), la Commissione non è contraria, anzi è favorevole a riunire la provincia di Benevento con le provincie di Avellino e di Salerno in un unico collegio elettorale.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Concordo con la Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento degli onorevoli La Rocca ed altri tendente ad unificare le circoscrizioni XXIII e XXIV di cui alla tabella A della Commissione.

La Commissione ha dichiarato di essere favorevole a questo emendamento.

(Dopo prova e controprova è approvato).

Gli onorevoli Numeroso e De Michels hanno proposto di scindere in due la circoscrizione XXII, e cioè XXII-a circoscrizione di Napoli; XXII-b circoscrizione di Caserta.

Invito l’onorevole Fuschini ad esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione mantiene fermo il principio di non modificare nessun’altra circoscrizione. Quanto abbiamo approvato testé è stato semplicemente la conseguenza di quella eccezione che la Commissione aveva fatto per il Molise. Noi non accettiamo nessun’altra modificazione di circoscrizioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento degli onorevoli Numeroso e De Michelis.

(Non è approvato).

Passiamo adesso alla proposta subordinata Bovetti intesa a sostituire le circoscrizioni I e II della tabella A della Commissione con le seguenti:

I-a: Torino città.

I-b: Torino provincia,

oppure: (provincia di Torino).

I-c: Novara-Vercelli (provincie).

I-d: Cuneo (provincia).

I-e: Asti-Alessandria (provincie).

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Presidente della Commissione. Devo richiamare l’attenzione dell’Assemblea sul fatto che la Commissione si è espressa rifiutando collegi per provincie e l’Assemblea ha già votato in merito. Mi pare strano che si rimetta in discussione un problema sul quale si è già votato.

PRESIDENTE. Quanto lei ha detto è valido per alcune di queste circoscrizioni, che comprendono una provincia sola, ma ve ne sono alcune che comprendono due provincie, e ve n’è una che comprende mezza provincia.

SCOCCIMARRO. Presidente della Commissione. L’osservazione è giusta, però desidero far conoscere il parere della Commissione e cioè che nessuna proposta (ripeto quello che è stato detto dal Relatore) di mutamento di circoscrizioni verrà accolta dalla Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Bovetti.

(Non è approvato).

L’onorevole Abozzi ha presentato il seguente emendamento:

«Alla tabella A, allegata all’articolo 2, sostituire alla circoscrizione XXXI: Cagliari-Sassari-Nuoro, le seguenti:

XXXI. – Cagliari.

XXXII. – Sassari-Nuoro».

L’onorevole Abozzi ha facoltà di svolgerlo.

ABOZZI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire che, pur proponendo una divisione di circoscrizione, non parlo per ragioni elettoralistiche. Vorrei dire all’onorevole Scoccimarro le ragioni che possono consigliare la divisione di un collegio.

Le ragioni sono queste: penso che una legge elettorale possa dirsi buona, soltanto quando permette al candidato una assoluta e piena propaganda delle sue idee. Ora, in una circoscrizione che comprende tutta l’Isola questo non è possibile.

In Sardegna, come sanno tutti quelli che l’hanno visitata, le comunicazioni sono quelle che sono; né io mi intratterrò a dimostrare questa tesi. Sarebbe necessario un lungo discorso, ma questo non è il momento. Non tutti i comuni sono raggiunti da linee ferroviarie; in certe località non si può arrivare che con l’automobile ed in certe non si arriva che penosamente a cavallo.

Le popolazioni vivono sparpagliate; e fare la propaganda in quelle località diventa pressoché impossibile. Se la circoscrizione dovesse essere così larga, non ci sarebbe nessun deputato che potrebbe fare la propaganda nei comuni.

Quindi, se si vuole che la propaganda non diventi veramente una fatica improba, è necessario sdoppiare la circoscrizione. E vorrei aggiungere – ad abundantiam – che la provincia di Cagliari ha caratteristiche diverse da quelle di Sassari e Nuoro.

Uno studioso di cose sarde mi diceva che esistono tre Sardegne. Questo non lo credo: credo che la Sardegna sia una.

Anche quelli che tengono all’integrità della regione non possono turbarsi della mia proposta, perché una procedura elettorale non può turbare l’intierezza dell’Ente regione.

Quali sarebbero le conseguenze? Che Cagliari, con 613 mila abitanti e con 50 mila resti avrebbe otto seggi assegnati; Sassari con 553 mila abitanti avrebbe sette seggi. È giusto che Cagliari, che ha più abitanti, abbia più seggi.

Faccio presente che i quozienti così ottenuti non sono inferiori a quelli di altre circoscrizioni. Campobasso ha una popolazione inferiore a quella di Nuoro.

Questa mi sembra una seria ragione per far accettare il mio emendamento, che dà la possibilità al candidato di svolgere la propaganda.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Io devo sostenere la proposta della Commissione, cioè la circoscrizione unica.

Mi rendo conto del fatto che l’onorevole Abozzi, la cui debolezza per la provincia di Sassari è nota, sia di parere contrario.

Peraltro nessuna delle considerazioni da lui fatte può giustificare il cambiamento della proposta fatta dalla Commissione.

Io non sono né di Cagliari, né di Sassari; in certo senso, quindi, sono quasi neutro. Io sono nato in montagna, quasi in alta montagna, e quindi, mi sia permesso dirlo, sono altimetricamente al di sopra di Cagliari e di Sassari. Francamente, chi conosce l’Isola, la sua penosa storia, il suo presente, sa che è doveroso agevolare lo sforzo del popolo sardo a darsi uno spirito unitario. Se accettassimo la proposta dell’onorevole Abozzi, spezzeremmo l’unità dell’Isola, così poco popolata, in due circoscrizioni talmente piccole, di cui l’eguale non si trova che in altre due sole circoscrizioni: quella di Campobasso e quella di Potenza e Matera. Campobasso fa elettoralmente regione a sé; l’Assemblea lo ha riconosciuto, in attesa che il Parlamento la consacri in Regione; non fosse altro che per una considerazione geografica, è una Regione. Potenza e Matera costituiscono una piccola Regione anch’esse.

Con quale vantaggio dividere la nostra isola in due piccole Regioni, che non avrebbero nessun significato?

L’onorevole Abozzi ha portato come maggiore argomento la difficoltà delle comunicazioni. Ebbene, onorevole Abozzi, vada a cavallo qualche volta e conoscerà anche lei la vita della periferia agricola della Sardegna.

MANNIRONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANNIRONI. Sono anch’io perfettamente d’accordo con le considerazioni fatte dall’onorevole Lussu, il quale si è opposto alla proposta presentata dall’onorevole Abozzi.

La Commissione, nel ratificare quasi tutte le circoscrizioni in vigore al 2 giugno 1946, ha motivato questa sua decisione col dire che non aveva né il tempo, né il modo, né sufficienti elementi per addivenire alle modifiche di quelle circoscrizioni.

L’onorevole Abozzi vuole prendere per i capelli l’Assemblea e costringerla ad esaminare il caso specifico della circoscrizione sarda.

A me pare che l’Assemblea non abbia né il modo, né il tempo, né gli elementi per poter dare un giudizio sereno sulla opportunità di addivenire alla frantumazione della circoscrizione elettorale sarda.

Il fatto stesso che tra i pochi deputati sardi qui presenti vi è disparità di opinione ih proposito, è la miglior prova che l’argomento è molto controverso e richiede quindi un esame approfondito. Cosa che oggi è impossibile fare. Devo dire, ad ogni modo, che gli argomenti portati per giustificare la proposta, me ne dispiace, non possono essere convincenti. Il dire che la circoscrizione sarda è tanto vasta, che impedirebbe o intralcerebbe la propaganda ai candidati, è argomento che non può reggere, che non può considerarsi serio.

È opportuno tener presente che tutti i candidati sono messi su piede di eguaglianza, in Sardegna: non c’è privilegio per il candidato di un partito a danno di quello di altro partito. Ciascuno di essi fa la propaganda elettorale come meglio può e crede. Dappertutto si può andare o in treno o in auto o anche a cavallo. Forse non siamo solo i sardi a doverlo fare. Ma mi pare che l’argomento decisivo da tenere presente per la conservazione della unità della circoscrizione, sia dato non dalla vastità del territorio, ma dal criterio della popolazione. Quando considerate che in una superficie di 24 mila chilometri quadrati purtroppo vi è appena una popolazione di un milione e 200.000 abitanti, capite subito che tale popolazione di numero così modesto è perfettamente in grado di essere unita e di esprimere giudizi elettorali unitari, in quanto conosce benissimo tutti gli uomini politici della regione e quindi tutti i candidati, nonostante le difficoltà della propaganda. Gli abitanti della Sardegna sono perfettamente in grado di valutare con criterio unico la capacità dei singoli candidati che appartengono alle varie liste. D’altra parte, non si deve dimenticare che oggi contano, più che gli uomini, le idee, le quali non conoscono ostacoli. L’eccezione fatta per il Molise, come giustamente rilevava poco fa il collega Lussu, è veramente un’eccezione che conferma la regola. Credo che l’Assemblea voglia restare logicamente coerente alle decisioni già prese: decisioni che sono nel senso di conservare, per quanto è possibile, vaste le circoscrizioni elettorali, perché solo nella loro vastità opera esattamente la proporzionale. Se noi frantumassimo il collegio sardo, correremmo il rischio di non far operare esattamente il concetto, il criterio ed il principio della proporzionale, e frantumeremmo così, come pure rilevava esattamente l’onorevole Lussu testé, quello spirito unitario che la nostra regione ha invece sommo interesse a conservare, anche in una manifestazione politica quale è quella delle elezioni per il nuovo Parlamento.

ABOZZI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ABOZZI. Voglio soltanto fare una precisazione. Mi pare che l’onorevole Lussu abbia voluto fare un accenno a mie preferenze o per Cagliari o per Sassari, ed egli si è dichiarato superiore sia a Cagliari che a Sassari. Gliene do atto. Ma superiore a Cagliari ed a Sassari mi pretendo anch’io. Ho parlato unicamente per ragioni obiettive e non campanilistiche, che del tutto disdegno. Non solo, ma la mia proposta, portava come conseguenza per Cagliari un deputato di più.

Ripeto quel che ho detto poco fa: che l’integrità, la purezza e l’unità spirituale della Sardegna non possono essere rotte da una procedura. Se l’Assemblea accettasse il principio del collegio uninominale per il Senato, non per questo la integrità regionale sarebbe frantumata.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Sarò rapidissimo e dirò semplicemente, a sostegno della tesi dell’onorevole Abozzi, una circostanza di fatto, valutandola non secondo gli interessi, o le aspirazioni, o le suggestioni elettoralistiche dei singoli candidati, ma valutandola dall’unico punto di vista dal quale – secondo me – vanno valutate queste circoscrizioni elettorali, cioè dal punto di vista dell’elettore.

Il dato di fatto al quale mi riferisco – ed è essenziale – è questo: che la Sardegna ha un’estensione territoriale vasta quanto la Sicilia. Ora, è pensabile che in una estensione territoriale di questa vastità, in un’estensione territoriale che presenta le difficoltà ambientali alle quali giustamente l’onorevole Abozzi si è riferito, sia possibile parlare, non teoricamente, ma praticamente di collegio regionale, se si considera che il collegio regionale in tanto ha senso, in quanto si parta dal principio che con esso non si elida, non si rompa e non si distrugga quella relazione tra candidato ed elettore che forma l’essenza stessa della funzione elettorale? Se formiamo collegi elettorali regionali vasti, in modo che l’elettore sia completamente separato ed avulso dal candidato, che poi deve votare, noi formeremmo una circoscrizione a sfondo retorico ed astrattamente elettoralistico e scinderemmo quella relazione fra candidato ed elettore che, ripeto, costituisce l’essenza democratica della funzione elettorale. Tutte le altre considerazioni dell’unità regionale, dell’unità della Sardegna non debbono essere fatte. Io sono fedele alla sostanziale unità della mia terra ed al concetto dell’unità regionale, ma in questo caso io credo che si debba dare ai sardi delle singole provincie la facoltà di valutare e conoscere i singoli candidati, il che non sarà possibile, se sarà conservata la circoscrizione territoriale così come era proposta. Pertanto io dichiaro che voterò a favore dell’emendamento Abozzi.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Dichiaro che il nostro Gruppo voterà per la proposta della Commissione.

GIUA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUA. Devo dichiarare che le considerazioni del collega Abozzi rispetto ai caratteri etnici della provincia di Sassari, diversi da quelli della provincia di Cagliari, non rispondono alla realtà; per questo io mi meraviglio che sia stata proposta la scissione di una regione che ha caratteri unitari anche dal pulito di vista elettorale. Perciò dichiaro che voterò per la proposta della Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Ripeto anche per questo emendamento che la Commissione non accetta modifiche alle circoscrizioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Abozzi.

(Non è approvato).

Gli onorevoli Zerbi, Siles, Targetti, Giacchero, Lombardi Carlo, ed altri hanno proposto di sostituire la circoscrizione IV (Milano-Pavia) con le seguenti: «IV, Milano; IV-bis, Pavia».

L’onorevole Zerbi ha facoltà di svolgere questo emendamento.

ZERBI. La nostra proposta si raccomanda da sola, attraverso le cifre statistiche. Il collegio Milano-Pavia è dato con una popolazione di quasi 2.900.000 abitanti, in realtà la popolazione è notevolmente maggiore.

Sottolineo la grave differenza del peso demografico delle due provincie, perché mentre la provincia di Pavia rappresenta all’incirca un sesto del totale, gli altri cinque sesti sono rappresentati dalla città e dalla provincia di Milano.

La separazione è raccomandata direi, dall’euritmia del funzionamento del sistema elettorale, affinché non accada che la provincia di Pavia debba soccombere alla prevalenza numerica della provincia di Milano, qualora gli elettori di quest’ultima fossero indotti ad un largo uso della preferenza.

La distinzione del collegio unico in due collegi separati, di Milano e di Pavia, obbedisce, evidentemente, a quel criterio che ci ha guidato e che ci dovrebbe sempre guidare nella fissazione dei collegi, ossia al criterio di avvicinare, di affiatare il deputato con gli elettori.

La distinzione dell’unico collegio in due differenti collegi provinciali verrebbe anche a migliorare la dimensione di ciascuno, perché Pavia potrebbe avere da sei a sette quozienti e non sarebbe certo il più piccolo dei collegi d’Italia, perché supererebbe pur sempre a quello di Campobasso ed eguaglierebbe all’incirca quello di Potenza-Matera, mentre il nuovo collegio di Milano cesserebbe dall’avere l’ingentissimo numero attuale di ben 36 deputati.

Ripeto, sono tutti dati obiettivi che proponiamo alla vostra cortese considerazione ed è per questi dati obiettivi, e per la richiamata opportunità di affiatare sempre più l’eletto con l’elettore che noi caldeggiamo presso gli onorevoli colleghi l’accoglimento del nostro emendamento.

PISTOIA. In mezz’ora a piedi attraversiamo da un lato all’altro il collegio! (Commenti).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Zerbi e altri.

(Non è approvato).

Dobbiamo ora votare il secondo comma dell’articolo 2: «i collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Desidero chiarire che la tabella A allegata indicata nell’articolo 2 del disegno di legge è quella della Commissione, con le correzioni che sono avvenute in seguito alle votazioni qui fatte.

PRESIDENTE. È evidente, onorevole Fuschini.

Pongo in votazione il secondo comma testé letto.

(È approvato – Si approva l’articolo 2).

Passiamo allora all’articolo 2-bis presentato dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge.

«Gli articoli 4, 5, 6 e 12 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, sono abrogati e sostituiti dalle disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, recante norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali».

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. A me pare, onorevole Presidente – ma del resto sono remissivo – che l’emendamento da me proposto debba venire in discussione in questo momento, prima cioè dell’articolo 2-bis, in quanto l’articolo 2-bis è inteso ad emendare gli articoli 4, 5, 6 e 12, mentre il mio emendamento comincia con l’emendare l’articolo 3, che è naturalmente anteriore agli articoli 4, 5 e successivi.

È ben vero che il mio emendamento si compone di due parti, ma la prima riguarda l’abolizione del collegio unico nazionale, il quale è istituito dal terzo comma dell’articolo 3 della legge.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. L’onorevole Grilli propone che nell’articolo 3 della legge originaria che noi modifichiamo sia soppresso il terzo comma che parla del collegio unico nazionale. Ora, io faccio presente all’onorevole Grilli e all’Assemblea che questa questione del collegio unico nazionale per l’utilizzazione dei resti potrebbe essere fatta in una discussione unica, perché abbia un carattere organico. Da questa discussione deriveranno poi delle deliberazioni dell’Assemblea ed allora, in seguito a tali deliberazioni, si potranno coordinare gli articoli che si riferiscono al collegio unico nazionale.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Non ho alcuna difficoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. A proposito di questo articolo 2-bis, debbo far presente che bisogna aggiungere alle disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058 anche la nuova legge, di cui non conosciamo ancora il numero, che è stata approvata l’altro giorno, quella cioè relativa alla perdita del diritto all’elettorato attivo da parte dei capi responsabili del regime fascista.

PRESIDENTE. In sede di coordinamento si inserirà, onorevole Fuschini.

Pongo in votazione l’articolo 2-bis testé letto.

(È approvato).

Passiamo allora all’articolo 2-ter proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 7 è sostituito dal seguente:

«Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età entro il giorno delle elezioni, eccettuati i casi previsti dagli articoli 8, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui alla presente legge».

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Io vorrei che l’Assemblea si rendesse conto dell’esatta portata di questo articolo:

«Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età entro il giorno delle elezioni, eccettuati i casi previsti dagli articoli 8, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui alla presente legge».

Il qui citato articolo 8 stabilisce delle esclusioni dalla eleggibilità per ragioni politiche, per responsabilità fascista, esclusioni che vanno al di là di quelle che noi abbiamo approvato quando abbiamo votato l’ordine del giorno indicativo del valore del terzo comma della I disposizione transitoria da noi approvata in sede di elaborazione della Costituzione.

Quindi si presenta per noi la necessità di risolvere e di chiarire un’importante questione; se noi approvassimo questo articolo nel suo testo attuale, noi verremmo a stabilire una disposizione, per quel che riguarda l’articolo 8, contradittoria con l’ordine del giorno che noi abbiamo approvato in sede di discussione della Costituzione. Noi non possiamo permetterci il lusso, per la stima che dobbiamo avere di noi stessi, di approvare a cuor leggero una disposizione contradittoria con un’altra disposizione precedente da noi votata.

Di che cosa si tratta, onorevoli colleghi? Si tratta precisamente di questo. Voi sapete che in questa Assemblea noi abbiamo discusso lungamente sulle esclusioni dal diritto di voto per responsabilità fasciste. La discussione su queste esclusioni fu ad un certo punto troncata, perché dalla destra dell’Assemblea fu proposto che prima si esaminasse il terzo comma della I disposizione transitoria della Costituzione, nel quale si accennava ad esclusioni in via transitoria dal diritto di voto. E allora noi arrivammo all’approvazione di questa disposizione transitoria:

«In deroga all’articolo 45 sono stabilite con legge limitazioni temporanee all’eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista, per non oltre un quinquennio dalla data di entrata in vigore della Costituzione».

Ora è notevole questo fatto: che l’elaborazione di questa disposizione transitoria venne a sospendere la votazione su delle proposte presentate in occasione di una discussione che si svolgeva sull’esclusione dal diritto di voto, non sulle esclusioni dall’eleggibilità. Tanto è vero che molti colleghi – ed anche autorevoli colleghi della Democrazia cristiana (basterebbe citare l’onorevole Uberti) – i quali ritenevano troppo severe le esclusioni da noi proposte dal diritto di voto per responsabilità fasciste, erano d’accordo con noi perché, quando si parlasse dell’eleggibilità, si adottasse un criterio di maggiore severità. Una cosa ben diversa, infatti, è escludere una persona dal diritto di voto o escluderla dal diritto di essere rappresentante del popolo in questa Assemblea.

Ora noi, quando abbiamo approvata quella disposizione transitoria della Costituzione, abbiamo parlato di esclusioni dall’eleggibilità e dal diritto di voto insieme, facendo coincidere le due aree delle esclusioni; e perciò, nell’ordine del giorno esplicativo di questa disposizione transitoria, abbiamo elencato delle esclusioni che valgono tanto per il diritto di voto quanto per la eleggibilità.

Ora si deve superare questa contradizione di carattere formale. C’è qualcosa che deve essere sanato dall’Assemblea, nel senso che si deve aggiungere qualcosa a quell’ordine del giorno esplicativo del valore del terzo comma della prima disposizione transitoria; si deve cioè riconoscere che per quel che riguarda l’eleggibilità devono essere adottati criteri più severi di quelli che vivono per l’esclusione dal diritto di voto.

Mi pare una cosa molto chiara, e vorrei che i colleghi eminenti, che hanno una particolare competenza in materia costituzionale e legislativa, trovassero la formula adatta per votare una disposizione che risponda alle intenzioni che ci animavano quando abbiamo parlato di esclusioni dal diritto di voto; esclusioni che dovevano essere meno severe di quelle da adottarsi per l’eleggibilità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Il problema posto dall’onorevole Schiavetti deve essere preso in considerazione dall’Assemblea. La Commissione si è trovata in queste condizioni: da una parte ha riconosciuto la necessità di stabilire per la eleggibilità norme più severe di quelle stabilite per l’elettorato attivo; d’altra parte, in conseguenza di un ordine del giorno votato dall’Assemblea, essa non può applicare questo criterio. Allora la Commissione ha deciso di chiedere alla Assemblea se quell’ordine del giorno abbia valore vincolativo oppure soltanto indicativo, in modo che sia possibile alla Commissione di aggiungere qualche categoria a quelle indicate nell’ordine del giorno del 29 ottobre.

Allo stato attuale il problema è in questi termini: nella legge per l’elettorato attivo si sono stabilite norme di esclusione dal diritto di voto per determinate categorie. Quando si è discussa quella legge, si è anche affermato che per l’elettorato passivo si sarebbero adottate norme più severe, tanto più che nell’elettorato attivo si era largheggiato. Ora, l’attuazione di questo impegno è impedita dall’ordine del giorno votato dall’Assemblea. Perciò, allo stato delle cose, o si sopprime l’articolo 8, e rimane la contradizione per cui le norme che regolano l’elettorato attivo sono più severe di quelle dell’elettorato passivo, il che è irrazionale e illogico; oppure l’Assemblea dà all’ordine del giorno del 29 ottobre un valore indicativo, e autorizza la Commissione a completarlo; in tal caso ci riserviamo di portare le nostre proposte.

Il problema da decidere è: qual è il valore dell’ordine del giorno del 29 ottobre? Se quell’ordine del giorno dovesse avere valore vincolativo, rimarrebbe nella nostra legge elettorale questa contraddizione: le disposizioni per l’elettorato attivo sono più severe di quelle per rettorato passivo.

PRESIDENTE. Credo che sia opportuno, per chiarire questa questione, richiamare le varie deliberazioni prese dall’Assemblea in materia. Avendole sott’occhio sarà abbastanza facile risolvere la questione.

L’Assemblea ha approvato il 29 ottobre 1947 il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea afferma che le limitazioni di cui all’ultimo comma dell’articolo I delle disposizioni transitorie della Costituzione, sono da applicarsi a coloro che hanno ricoperto le seguenti cariche nel regime fascista ed in quello repubblicano sociale fascista ecc.».

Questa deliberazione è stata ripresa nel disegno di legge che l’Assemblea ha approvato l’11 dicembre 1947, sotto il titolo: «Norme per la limitazione temporanea delle disposizioni transitorie del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista».

La norma transitoria nel testo è risultata così formulata:

«In deroga all’articolo 45, sono stabilite con legge, non oltre un quinquennio dalla data dell’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

La norma transitoria parla quindi di limitazioni alla eleggibilità (diritto passivo) e al diritto di voto (diritto attivo), mentre poi la legge è stata redatta e votata solo nei confronti del diritto di voto.

Ma l’Assemblea aveva deciso invece che le limitazioni fossero apportate anche alla eleggibilità. Mi pare pertanto che il problema possa essere – allo stato dei fatti – risolto (dato che l’Assemblea ha già preso una decisione) richiamando quella elencazione dell’articolo 5 del decreto del novembre 1946, là dove si dice: «Non sono elettori» (e segue l’indicazione delle varie categorie), e aggiungendo all’ultima categoria colà indicata un’altra categoria, per stabilire che non sono elettori coloro i quali sono stati considerati nella legge approvata dall’Assemblea pochi giorni fa in applicazione della norma transitoria n. 2.

In questo modo l’Assemblea – mi pare – non soltanto fa luogo alla proposta dell’onorevole Schiavetti, ma applica anche concretamente quanto ha già deciso in sede di norma transitoria n. 2.

Questo ho detto a titolo di chiarimento.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io credo che noi siamo vincolati a quell’ordine del giorno del 29 ottobre nei limiti dell’elettorato attivo e penso che per l’elettorato passivo si debba essere un tantino più rigorosi di quanto non si sia stati per l’elettorato attivo. Perché possiamo ammettere per alcuni che – diciamo così – si dimentichi il passato e si conceda il diritto di voto, ma non credo che si possa fare analoga concessione per l’eventualità che questi taluni vengano alla Camera dei deputati.

Ecco perché ritengo che noi possiamo – senza creare nessuna contraddizione con le deliberazioni precedenti – mantenere intatta la proposta della Commissione, che conserva in piedi l’articolo 8 della legge precedente, anche se questo articolo è (come osservava l’onorevole Schiavetti) un po’ più duro nel trattamento di quanto non sia stato stabilito dall’Assemblea per l’elettorato passivo.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione accetta la proposta dell’onorevole Corbino, per cui rimane in vigore l’articolo 8 e si ritiene con ciò ammesso il criterio di dare maggiore estensione all’ordine del giorno 29 ottobre. Così la legge per l’elettorato passivo potrà attuare quel maggior rigore del quale parlava l’onorevole Corbino.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Con la proposta dell’onorevole Corbino e l’accettazione della medesima da parte della Commissione è risolta la questione pregiudiziale, per cui noi ammettiamo che si possano fare esclusioni dalla eleggibilità più larghe di quelle che sono consentite dall’ordine del giorno votato il 29 ottobre in tema di esplicazione del terzo comma della seconda disposizione transitoria.

Ma io credo che si debbano aggiungere a queste esclusioni dalla eleggibilità anche altre esclusioni, in modo da dare a questa nostra proposta un carattere di organicità. Io voglio ricordare ai colleghi che non sono chiaramente escluse dalla eleggibilità, allo stato attuale delle cose, delle categorie di responsabili del fascismo che noi potremmo rincontrare in quest’Aula. Credo che ha loro presenza in mezzo a noi rappresenterebbe una offesa ai nostri sentimenti. Questo si deve evitare.

Bisogna insomma che questa materia sia esaminata senza fare del cannibalismo, con criteri di organicità che rispondano a umanità e severità nello stesso tempo.

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, io non posseggo ancora nessuna formulazione precisa della sua proposta.

La prima cosa da fare, per orientarci, è che lei fissi per iscritto, in modo che possa essere oggetto di votazione, la sua idea.

SCHIAVETTI. Onorevole Presidente, v’è la questione pregiudiziale se possiamo fare o no emendamenti aggiuntivi all’ordine del giorno del 29 ottobre. Questa è la prima questione, alla quale l’onorevole Corbino si è mostrato favorevole. Poi si tratta di vedere quali sono le esclusioni in più che vogliamo fare.

PRESIDENTE. Suppongo che non sarà lei che avanzerà proposte di inammissibilità. Quindi non si crei degli ostacoli pregiudiziali. Se qualcuno li solleverà li esamineremo.

Per intanto richiamo la sua attenzione sopra l’articolo 2-ter della Commissione nel quale si dice: «Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto ecc.» mentre nell’articolo 7 della legge 10 marzo 1946 si dice: «Sono eleggibili i cittadini ecc.».

Ora, non ho bisogno di sottolineare la notevole diversità esistente fra queste due dizioni: con la vecchia dizione non si poteva prendere in considerazione nessuna esclusione per la eleggibilità, neanche di coloro che erano stati esclusi dal diritto attivo.

Con la formulazione della Commissione sono intanto esclusi dal diritto di eleggibilità tutti coloro che hanno perduto anche il diritto attivo elettorale.

È una distinzione che occorre tenere presente.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione si riserva di portare all’Assemblea le proposte concrete per l’esclusione dal diritto di eleggibilità. In giornata la Commissione si riunirà e farà le sue proposte.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io rilevo che la proposta di escludere dal diritto di voto alcuni cittadini elettori, cioè di andare oltre i casi espressi da quella norma transitoria, che noi abbiamo approvato il 29 ottobre, non sia consentito, perché abbiamo un articolo della Costituzione che, credo, dobbiamo cominciare ad applicare, nel quale è sancito che sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che hanno compiuto i 25 anni di età entro il giorno delle elezioni.

Noi non possiamo escludere alcun elettore dalla eleggibilità.

PRESIDENTE. V’è la seconda disposizione transitoria che autorizza l’Assemblea a stabilire ineleggibilità particolari.

CONDORELLI. Ma non per ragioni politiche.

PRESIDENTE. Proprio per ragioni politiche. La seconda disposizione transitoria dice esattamente: «limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

CONDORELLI. Poi però segue l’elencazione…

PRESIDENTE. No, l’elencazione è stata fatta per l’ordine del giorno, che si riferisce soltanto al diritto elettorale attivo. Comunque, onorevole Condorelli, poiché il Presidente della Commissione ha chiesto di soprassedere a questa discussione, in attesa della formulazione di un testo, se mai prenderà la parola quando questo testo sarà presentato. Se non vi sono altre osservazioni, la discussione dell’articolo 2-ter resta sospesa.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 2-quater. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articola 9 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

  1. a) i deputati regionali o i consiglieri regionali;
  2. b) i presidenti delle deputazioni provinciali;
  3. c) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza;
  4. d) i capi di Gabinetto dei Ministri;
  5. e) l’Alto Commissario per la Sardegna, i prefetti o chi ne fa le veci, nella circoscrizione di loro competenza;
  6. f) i magistrati, eccetto quelli delle giurisdizioni superiori, i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi;
  7. g) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale.

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, in venti giorni dalla data di pubblicazione della presente legge».

PRESIDENTE. A questo articolo vi è il seguente emendamento dell’onorevole Bovetti:

«Sopprimere l’articolo 9 del decreto.

«Subordinatamente, sopprimere il comma b) dell’articolo 9 proposto dalla Commissione e, nel caso che neppure la subordinata fosse accolta, alle parole iniziali: Non sono eleggibili, sostituire le parole: Sono incompatibili, e sostituire il secondo comma con i seguenti:

«I motivi di incompatibilità saranno vagliati in sede di convalida da una Commissione designata dalla Camera dei deputati.

«Sono aboliti i motivi di ineleggibilità o di incompatibilità stabiliti in altre leggi».

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Brevissime considerazioni per illustrare questo mio emendamento. Anzitutto sono contrario, di massima, alla parola ineleggibilità, perché costituisce una remora ingiustificata alla volontà e alla libertà dell’elettore. Sono contrario in linea generale e sono contrario per la fattispecie indicata nell’articolo in discussione, e dichiaro subito che mi rendo interprete del voto unanime dell’unione delle province d’Italia, che considera come una mortificazione immeritata questa dichiarazione di ineleggibilità dei rappresentanti delle amministrazioni provinciali, ed ha considerato che, così stabilendo, la Commissione non avesse vagliato l’esatta posizione giuridica e amministrativa dei Presidenti delle Deputazioni provinciali. La figura del Presidente della Deputazione provinciale, quale è stata stabilita dalla recente legge amministrativa che però si richiama al vecchio testo unico delle amministrazioni comunali e provinciali, costituisce una figura sui generis, una figura eccezionale che assorbe in sé pro tempore le vecchie figure del Presidente del Consiglio provinciale e del Presidente della Deputazione provinciale. Ed ha ritenuto, l’unione delle province d’Italia, che non si potesse escludere dalla eleggibilità siffatta categoria di amministratori, anche per una considerazione elementare. Oggi non esiste in Italia una legge amministrativa; anzi siamo in attesa della redazione da parte della futura Assemblea del testo unico della legge comunale e provinciale. Noi non sappiamo come le province saranno dirette e regolate nel futuro organamento amministrativo; non sappiamo se saranno mantenuti i Consigli provinciali e le Deputazioni provinciali come nel vecchio testo unico.

Ora, affermare una esclusione verso una figura giuridica e amministrativa che non è ancora definita, ed è soltanto eccezionale e temporanea, sembra a noi una cosa ingiusta è illegale. Ma vi è di più: io non concepisco quale possa essere la non eleggibilità e incompatibilità di una carica in una amministrazione che non interferisce con gli interessi dello Stato, ma ha una voce purtroppo limitata e costituisce una collaborazione con lo Stato e in cui non si può ravvisare qualcosa che possa essere di ostacolo, di incompatibilità presente o futura.

In ogni caso v’è in questo articolo una affermazione che non esito a definire illogica ed assurda. Nell’ultimo capoverso dell’articolo è stabilito che tali amministratori dovrebbero dare le dimissioni dalle loro cariche, se hanno in pectore il desiderio o il proposito di portarsi candidati politici, entro venti giorni dalla pubblicazione della legge. Quindi praticamente entro il presente anno.

L’assurdo sta in questo: nessuno sa se sarà portato da un Comitato elettorale, da quel minimo di elettori che la legge prevede. Ora, voler obbligare una determinata categoria di persone a ritirarsi da una funzione amministrativa importantissima ed assillante, il mettere praticamente in crisi non poche amministrazioni provinciali, significa sconfinare nell’illogico e nell’assurdo.

Quindi la mia proposta è questa: che sia abolito in toto il criterio della non eleggibilità, specialmente per quanto si riferisce alla lettera b) dell’articolo in discussione.

Ove poi in subordinata ipotesi si dovesse addurre un criterio, che è quello che emerge dalla relazione della Commissione, perché la Commissione si preoccupa di questa ineleggibilità per evitare il cumulo delle cariche e di lasciare una maggiore latitudine di lavoro nel campo politico e amministrativo, chiedo: perché stabilire il criterio della non eleggibilità, e non ricorrere invece – come la legge elettorale francese e quella di altri Paesi – al criterio della incompatibilità? Mi pare che sia un criterio logico, che risponde alle necessità additate nella relazione della Commissione.

Questo criterio porterebbe all’ovvia conseguenza che il candidato eletto deputato, che contestualmente ha una carica amministrativa indicata nella lettera b) dell’articolo, potrà optare per l’una o per l’altra carica.

In caso di contestazione avremo il giudizio di convalida della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.

Ho ritenuto di aggiungere in calce al mio emendamento una proposizione che può apparire superflua, ma tale non è: se, per ipotesi, non fosse fatta parola di ineleggibilità o di incompatibilità in questa legge, non vorrei che rimanessero in vigore leggi diverse di quella elettorale politica, le quali stabilivano la ineleggibilità alle due cariche. Il testo unico della legge comunale e provinciale, non abolito, ma integrato dalle norme del 1944-1945, stabiliva la non eleggibilità per i sindaci delle grandi città e per i Presidenti delle amministrazioni provinciali. La situazione dei sindaci sarebbe stranissima. Il testo attuale non ne parla, ma rimane però in vigore una legge antica, la quale ha ancora efficacia giuridica, che stabilisce la loro non eleggibilità. Cosicché, oggi, non aggiungendo il comma da me proposto, si sarebbe sempre sotto la disposizione di quella vecchia legge.

Altra proposta: perché non lasciare queste incompatibilità alla futura legge amministrativa? Quella legge, allorquando si tratterà di creare i nuovi organismi provinciali, stabilirà le incompatibilità.

Mi permetto di insistere sul mio emendamento: in linea principalissima, per l’abolizione assoluta della non eleggibilità, per quanto ha tratto alla lettera b) (relativo alle amministrazioni provinciali); in ogni caso, perché sia dichiarata unicamente la incompatibilità, che mi pare risponda a principî amministrativi, giusti e democratici. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Persico, del seguente tenore:

«Alla fine della lettera a) aggiungere: ad eccezione per i deputati alla Costituente che rivestano anche la qualità di deputati regionali. Essi potranno porre la loro candidatura alla Camera dei deputati senza preventiva rinunzia alla qualità di deputati regionali. In caso di elezione alla Camera dei deputati, dovranno optare per la carica prescelta entro cinque giorni dalla convalida della loro elezione. In mancanza di tale opzione si farà luogo alla dichiarazione di decadenza per incompatibilità».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERSICO. La Costituzione nella parte già approvata, all’articolo 114 terzo comma ha fissato il principio generale che nessuno può essere contemporaneamente membro di un Consiglio regionale e di una delle Camere del Parlamento, o di altro Consiglio regionale. Stabilisce cioè il principio della incompatibilità tra le due cariche elettive. Stando a questo principio, quando la nuova Costituzione entrerà in vigore, i Consiglieri regionali, che siano anche deputati al Parlamento, dovranno optare per una delle due cariche.

Ora, può avvenire questo: che se approvassimo la ineleggibilità dei deputati e consiglieri regionali a deputati politici metteremmo alcuni nostri colleghi in una situazione di disagio, perché essi non potrebbero neppure porre la loro candidatura a deputati al Parlamento. Di modo che noi aggraveremmo la situazione che oggi deriva dalla norma dell’articolo 114 della nuova Costituzione, che crea soltanto una incompatibilità. Per sanare questa situazione, con una disposizione di carattere transitorio, che si applicherebbe, badate, solo a sette colleghi, di tutte le parti dell’Assemblea, i quali si trovano ad essere anche consiglieri regionali in Sicilia (l’unica Regione dove si sia proceduto all’elezione dei Consigli regionali), propongo che si renda possibile a questi nostri colleghi di poter presentare la loro candidatura alle future elezioni per la Camera, o per il Senato, mantenendo soltanto la norma statutaria dell’incompatibilità tra le due cariche, in modo che gli eletti potranno poi scegliere la carica che preferiranno. Queste in breve le ragioni che hanno ispirato il mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere alla lettera e) le seguenti parole:

«il Commissario dello Stato nella Regione siciliana».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Ritengo che si tratti di una omissione materiale, perché è ovvio che il Commissario non rientra fra i prefetti. Rinunzio pertanto a svolgere l’emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Gli onorevoli Condorelli, Covelli, Targetti, Amadei e Schiratti hanno proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere:

«e) i sindaci dei capoluoghi di provincia».

Vi è un altro emendamento identico che porta le firme degli onorevoli Mastrojanni, Miccolis, Venditti.

Prego i colleghi firmatari di quest’ultimo emendamento di considerarsi firmatari dell’emendamento che svolgerà lo onorevole Condorelli.

MASTROJANNI. Aderisco anche a nome degli altri colleghi.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Condorelli ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CONDORELLI. Credo che la proposta norma abbia bisogno di un ampio svolgimento, perché basta dare uno sguardo all’elenco di cui all’articolo 2-quater, per vedere come veramente l’esclusione dei sindaci da questo elenco non si possa attribuire altro che ad una svista, e se non è stata svista è certamente incoerenza. Infatti la ragione di ineleggibilità è precisamente dettata da una situazione di prevalenza che determinate persone, a causa della loro carica, avrebbero nel luogo dell’elezione.

Quando si includono in questo elenco i presidenti delle Deputazioni provinciali, i deputati o i consiglieri regionali, anzi direi vi si includono i magistrati che hanno giurisdizione nell’ambito del territorio in cui dovrebbero essere eletti e si omette il sindaco, mi pare che l’incongruenza sia palese. O si fa giustizia di tutte queste ineleggibilità, o in capite all’elenco bisogna aggiungere i sindaci.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Arcangeli, Tozzi Condivi, Siles, Gasparotto, Firrao, Corbino, Priolo, Angelucci, Fabbri, Codacci Pisanelli, Selvaggi, Condorelli, Bettiol, Caronia, Persico, Pera, Coccia, Bovetti, Monterisi, Zerbi, Tonello, Venditti, Bozzi, Rivera, Paratore, Castelli Avolio, Colonnetti, Bordon, Romita, Veroni, Rubilli e Carpano Maglioli, hanno proposto di sopprimere la lettera b), in cui sono dichiarati ineleggibili i presidenti delle Deputazioni provinciali. L’onorevole Bovetti ha già svolto una proposta analoga, per modo che l’emendamento può considerarsi svolto.

Prego l’onorevole Scoccimarro, Presidente della Commissione, di esprimere il parere della Commissione in merito a queste proposte.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione non ha ancora avuto modo di esaminare questi emendamenti. Essa ha bisogno di riunirsi per portare il proprio giudizio all’Assemblea. Chiedo pertanto il rinvio dell’articolo 2-quater.

PRESIDENTE. Comprendo la esigenza della Commissione e perciò vorrei che i membri dell’Assemblea facessero conoscere i loro emendamenti in tempo debito.

Se non vi sono osservazioni anche questo articolo è rinviato.

(Così rimane stabilito).

Passiamo quindi all’articolo 2-quinquies. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazione o per autorizzazioni amministrative. L’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità e importano contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali e particolari protettive del pubblico interesse alle quali i suddetti vincoli, le concessioni, i contratti o le autorizzazioni sono preordinati;

2°) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;

3°) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle società e imprese di cui al n. 2°».

PRESIDENTE. Su questo articolo è stato presentato un primo emendamento a firma degli onorevoli Bovetti e Firrao, così formulato:

«Alle parole: Non sono eleggibili, sostituire: Sono incompatibili».

«Aggiungere, in fine, i commi seguenti:

«I motivi di incompatibilità saranno, in sede di convalida, vagliati da una Commissione designata dalla Camera dei deputati.

«Sono aboliti i motivi di ineleggibilità e di incompatibilità stabiliti in altre leggi».

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Mi richiamo a quanto ho già esposto per l’articolo precedente. A me pare che questo articolo contempli una dizione non perfettamente chiara, ossia una casistica che non è precisa e che pone domani il candidato nel dubbio di chiedersi se rientri o meno in queste categorie di esclusione dalle elezioni. Allora è meglio stabilire il concetto della non compatibilità, e per avere delle garanzie future è meglio che la questione possa deferirsi alla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il n. 1 col seguente:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati collo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazioni, oppure per autorizzazioni amministrative di rilevante entità che importino contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali l’autorizzazione sia sottoposta».

Ha facoltà di svolgerlo.

GRILLI, Relatore per la minoranza. L’articolo 11 della legge prevedeva i casi di ineleggibilità dipendente da concessioni, da contratti di opere e da contratti di somministrazione. Era in questo simile all’antica legge del 1877, che poi si trasferì nella legge del 1895 e successivamente in quella del 1912 per trasfondersi finalmente nell’articolo 11 della legge del 1946.

Siccome era avvenuto che qualche concessionario aveva sostenuto di non trovarsi nelle condizioni della ineleggibilità perché, anziché di una concessione, diceva di essere beneficiario di un’autorizzazione amministrativa, per eliminare eventuali questioni simili nell’avvenire, la Commissione pensava di aggiungere anche le autorizzazioni amministrative in questo articolo 11.

Senonché, siccome di queste autorizzazioni amministrative ve ne sono di gravi e di quelle che non hanno nessuna importanza, si pensava di preoccuparci soltanto di quelle che avessero una rilevante entità o che, comunque, impegnassero il concessionario all’adempimento di obblighi specifici.

Questa fu la proposta che ebbi l’onore di presentare alla Commissione. La Commissione ha creduto di modificarla in questo senso: che quelle condizioni dell’entità rilevante e dell’obbligo di adempimenti specifici ecc. debbono riferirsi anche ai concessionari di qualsiasi concessione, e ai contraenti per contratti di opere e di somministrazioni.

In questo non sono d’accordo con la Commissione perché, anzitutto, quando si tratta di contratti di opere e somministrazioni, non v’è dubbio che vi possa essere il pericolo di un conflitto d’interessi con lo Stato, perché indubbiamente colui che ha un contratto di opere o di somministrazioni con lo Stato ha un contratto bilaterale per cui se da una parte ottiene, dall’altra s’impegna di dare; e il pericolo di conflitto è indiscutibile.

Lo stesso si può dire per le concessioni. È vero che vi possono essere delle concessioni di valore assolutamente irrilevante, o che non hanno portata economica come per esempio la concessione di cittadinanza, ma non v’è il pericolo che queste concessioni costituiscano un caso di ineleggibilità per il concessionario, per la semplice ragione che queste concessioni non creano vincoli del privato con lo Stato e si esauriscono nell’atto stesso della concessione. Ora, siccome all’articolo 11 v’è la premessa: «Coloro che siano vincolati con lo Stato per concessioni ecc.», quando la concessione non porta vincoli del privato non v’è pericolo che si possano determinare conflitti d’interesse.

Per le autorizzazioni, invece, la cosa è diversa. L’autorizzazione si distingue dalla concessione, perché mentre questa costituisce e crea un diritto ex novo nel privato, l’autorizzazione non crea alcun diritto ex novo, si limita soltanto a togliere un ostacolo affinché il diritto preesistente del privato possa essere esercitato.

Ecco perché, dunque, l’autorizzazione si presta meno della concessione a determinare eventuali conflitti di interessi tra il privato e lo Stato.

Ed allora si è detto: autorizzazioni, ma di rilevante entità, oppure autorizzazioni che importino l’adempimento di specifici obblighi da parte del privato, perché in questo caso si viene ad avere un vero e proprio contratto bilaterale tra il privato e lo Stato.

Ma quando la Commissione estende queste condizioni anche alle concessioni ed ai contratti di opere e di somministrazioni, invece di rendere più severo l’articolo 11 (e noi questo volevamo) lo rende più benevolo, meno severo.

Ecco perché insisto nel mio emendamento, che pone la condizione dell’entità rilevante e degli obblighi specifici assunti dal privato soltanto all’autorizzazione e non già alla concessione o ai contratti di opere e di somministrazioni.

PRESIDENTE. L’onorevole Costantini ha proposto di sopprimere le parole: «sono di rilevante entità».

Ha facoltà di svolgere la sua proposta.

COSTANTINI. Considero, onorevoli colleghi, l’espressione contenuta nell’articolo che stiamo esaminando, che cioè «l’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità», come un’espressione equivoca, in quanto può essere causa, nell’interpretazione, di diversità di giudizi e può quindi consentire delle applicazioni difformi del concetto del legislatore che noi dobbiamo precisare.

Noi abbiamo avuto esperienze recenti in ordine ad altre disposizioni, che ora non vale ricordare, a proposito di «atti rilevanti». Sappiamo quanto sia risultato difficile, in sede giurisprudenziale, lo stabilire quando concorresse o meno l’estremo degli atti rilevanti. Propongo quindi la soppressione del suddetto inciso affinché tutti i rapporti di interesse con lo Stato siano causa di ineleggibilità. (Commenti).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Riccio e Schiratti hanno presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: rappresentanti, amministratori, sostituire le altre: rappresentanti legali».

L’onorevole Riccio ha facoltà di svolgerlo.

RICCIO. Rinuncio a svolgerlo, pur mantenendolo.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Carboni Enrico ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: contratti di opere, sostituire le altre: contratti di appalto.».

Ha facoltà di svolgerlo.

CARBONI ENRICO. Brevissimamente, onorevole Presidente. Trovo che la mia dizione è più precisa perché noi oggi, nella nostra legislazione, non parliamo di contratti di opere, ma conosciamo il contratto di locazione di opera che è il contratto di appalto e conosciamo il contratto di locazione di opere che è il contratto di lavoro.

Mi pare quindi che la dizione usata nell’articolo di cui si propone la modifica sia una dizione non precisa in confronto alla nostra dottrina e in confronto alla nostra legislazione.

Trovo poi anche molto strano che alla fine dell’articolo si dica che l’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità e importano contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali e particolari: lo trovo strano, dicevo, perché non esiste alcuna concessione o alcuna autorizzazione che non importi l’osservanza di norme generali o particolari.

Mi pare quindi che questa parte debba esser tolta e rivolgo in tal senso una preghiera alla Commissione.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Di Fausto, Condorelli, Perrone Capano e Selvaggi hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Alle parole: non sono eleggibili, sostituire: sono incompatibili con la carica di deputato.

«Alla fine, aggiungere: La Giunta delle elezioni, quando abbia ritenuta la incompatibilità, invita il deputato ad assentarsi dalle sedute e gli assegna un termine perché possa optare per la carica di deputato o conversare i rapporti che lo rendono «incompatibile».

«Trascorso detto termine, se la incompatibilità non è cessata, la Giunta delle elezioni propone alla Camera la decadenza».

L’onorevole Di Fausto non è presente, e così pure gli altri firmatari.

FIRRAO. Faccio miei gli emendamenti, ma rinunzio a svolgerli.

PRESIDENTE. Sta bene.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo che siano rimessi gli emendamenti alla Commissione perché li possa esaminare. È evidente che noi non possiamo rispondere immediatamente ad emendamenti di questo valore e di questa portata.

PRESIDENTE. Sta bene. Rendo noto all’Assemblea che mi sono pervenuti molti altri emendamenti. (Commenti). La Commissione ha perfettamente ragione.

Occorre, però, che noi stabiliamo un modo di procedere che consenta ai colleghi di presentare emendamenti, alla Commissione di esporre il suo parere e poi all’Assemblea di votare.

Penso pertanto che procederemo così: svolgeremo gli emendamenti ai vari articoli; la Commissione riferirà nel pomeriggio su quelli che abbiamo esaminato fino a questo momento. Dopo che la Commissione avrà espresso il suo parere, si passerà senz’altro alla votazione. Pregherei i colleghi di non volersi valere del diritto delle dichiarazioni di voto, le quali, come è evidente, non rappresentano che nuovi interventi a favore o contro le proposte già esaminate.

Pertanto, onorevoli colleghi, passiamo all’esame dell’articolo successivo.

Si dia lettura dell’articolo 3.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 13 è sostituito dal seguente:

«I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri».

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Lo stesso decreto fissa il giorno della prima riunione della Camera, nei limiti dell’articolo 59 della Costituzione».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Lo mantengo, ma rinunzio a svolgerlo.

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 3-bis. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 15 è sostituito dal seguente:

«Le liste dei candidati per il Collegio unico nazionale devono essere presentate da non meno di venti delegati effettivi di liste aventi lo stesso contrassegno che assumerà la lista per il Collegio unico nazionale.

«Il terzo comma è soppresso».

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato il seguente emendamento a firma degli onorevoli Lucifero e Condorelli:

«Nessuno può essere candidato al collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale. Nessuno può essere eletto nel collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevole Presidente, questo articolo come pure i successivi 3-ter e 3-quater sono collegati col collegio unico nazionale.

Proporrei di fare una unica discussione a parte.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, convengo che sia bene riservare ad una unica discussione tutto ciò che si riferisce al collegio unico nazionale. Pertanto, rinviamo l’esame degli articoli 3-bis, 3-ter, 3-quater.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 4, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’ultimo comma dell’articolo 27 modificato dall’articolo 20 del decreto legislativo 23 aprile 1946, n. 219, è sostituito dal seguente:

«Al presidente dell’ufficio elettorale è corrisposto dal Comune, nel quale l’ufficio ha sede, un onorario giornaliero di lire 2000 al lordo delle ritenute di legge, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado V dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato. Ai funzionari statali di grado superiore al V spetta, se dovuto, il trattamento di missione inerente al grado rivestito».

Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 5, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo e l’ultimo comma dell’articolo 28 sono sostituiti dai seguenti:

«Fra il quindicesimo e l’ottavo giorno precedenti le elezioni, in pubblica adunanza, preannunziata due giorni prima con manifesto affisso nell’albo pretorio del Comune, la commissione elettorale comunale, sentiti i rappresentanti di lista, se già designati, procede alla nomina degli scrutatori tra gli elettori del Comune che siano idonei alle funzioni di scrutatori, esclusi sempre i candidati. Qualora la nomina non sia fatta ad unanimità, ciascun membro della commissione voterà per due nomi e si proclameranno eletti coloro che avranno ottenuto un maggior numero di voti. A parità di voti sarà proclamato eletto l’anziano di età.

«A ciascuno degli scrutatori il Comune, nel quale ha sede l’ufficio elettorale, deve corrispondere l’onorario giornaliero di lire 1500 al lordo delle ritenute di legge, oltre al trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado VII dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato. Ai funzionari statali di grado superiore al VII spetta, se dovuto, il trattamento di missione inerente al grado rivestito».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il penultimo comma dell’articolo 29 è sostituito dal seguente:

«Al segretario è corrisposto, dal Comune in cui ha sede l’ufficio elettorale, l’onorario giornaliero di lire 1800, al lordo delle ritenute di legge, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado VII dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 40 è sostituito dal seguente:

«Il presidente, gli scrutatori, i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio, nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico votano, previa esibizione del certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro Comune. I candidati possono votare in una qualsiasi delle sezioni della circoscrizione dove sono proposti, presentando il certificato elettorale.

«Gli elettori di cui al comma precedente sono iscritti, a cura del presidente, in calce alla lista della sezione e di essi è presa nota nel verbale».

PRESIDENTE. L’onorevole Stampacchia ha presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere le parole: nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico».

Ha facoltà di svolgerlo.

STAMPACCHIA. Non mi pare che sia giustificata l’introduzione della categoria di cui nell’emendamento. Per tutti coloro – militari delle forze armate ed appartenenti a corpi militarmente organizzati – che si trovano fuori della circoscrizione o del Comune in cui sono iscritti elettori, provvede la legge, ma per quelli che restano in servizio nella giornata delle elezioni nel Comune in cui sono elettori (e si sa che il servizio non dura 24 ore continuative) non v’è ragione di questa disposizione. Ciò perché tale concessione può far nascere dei sospetti, dei dubbi circa la possibilità che si facciano delle «pastette» a mezzo degli agenti della forza pubblica.

Ritengo quindi che, avendo la legge disposto già che coloro che si trovano fuori dal proprio Comune possano votare in quello ove sono addetti, la nuova disposizione sia superflua ed ingiustificata.

UBERTI. E allora gli toglie il voto!

STAMPACCHIA. Non togliamo loro il voto, perché questi militari ed agenti non staranno per tutte le 24 ore addetti al servizio di ordine pubblico (è risaputo perché ciò è nel regolamento) e quindi non si trovano, non sono – col proposto emendamento – messi nella impossibilità di votare.

Noi vogliamo che, se mai occorresse, essi abbiano il permesso, dalle loro autorità, dai superiori loro, di raggiungere la sezione a cui sono iscritti per esercitare così il diritto di voto. Quindi non pensiamo affatto di sopprimere il diritto di voto a nessun cittadino, ma vogliamo che la disposizione non si presti e dia luogo a dubbi o ad equivoci su quella che dev’essere l’attività di militari ed agenti presso le sezioni cui sono addetti per la tutela dell’ordine pubblico. Infatti non è – dirò così – prudente che al tempo stesso e nello stesso luogo siano insieme elettori e tutori dell’ordine.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La disposizione dell’articolo 40, che dichiara che «i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio, nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico votano, previa esibizione del certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro comune», mi pare sia una disposizione che rispecchi una necessità sempre riconosciuta, e anche nella precedente legge del 1946; e credo che anche questa Assemblea voglia approvare che questi agenti, specialmente se sono in servizio fuori della sede del Comune di loro iscrizione, abbiano la possibilità di esprimere il loro voto.

Non credo che ciò possa creare alcun turbamento e alcun pericolo di disordine elettorale perché il certificato che dovranno esibire comprova la loro iscrizione e il luogo dove sono iscritti. E siccome il seggio dove voteranno dovrà prendere speciale nota dei votanti che non sono iscritti nella lista della sezione, si potrà sempre verificare se questi agenti abbiano votato in più sezioni (Interruzione del deputato Stampacchia).

All’onorevole Stampacchia osservo che non si deve dimenticare che quando un elettore si presenta a votare deve esibire al seggio il certificato col suo tagliando. Quando l’elettore ha votato gli viene dal seggio restituito il certificato senza il tagliando, per cui l’elettore non ha più la possibilità di volare in altre sezioni elettorali. Il pericolo che si possano fare votazioni irregolari mi pare in tal modo eliminato. Se non erro la Giunta delle elezioni non ha infatti dovuto esaminare reclami per voti effettuati con certificati già utilizzati.

Non credo poi che l’onorevole Stampacchia voglia togliere agli agenti della forza pubblica la possibilità di votare nel modo indicato nell’articolo 40.

Per queste ragioni la Commissione non ha ritenuto di apportare alcun emendamento alla proposta del Ministro in quanto la ritiene adeguata alle necessità elettorali.

PRESIDENTE. Invito il Governo ad esprimere il proprio parere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi associo alla Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 7. Voteremo per divisione, dato che v’è la proposta dell’onorevole Stampacchia di sopprimerne una parte.

Pongo in votazione la prima parte:

«L’articolo 40 è sostituito dal seguente:

«Il presidente, gli scrutatori, i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio».

(È approvata).

Pongo in votazione le seguenti parole delle quali l’onorevole Stampacchia propone la soppressione, non accettata dal Governo né dalla Commissione:

«nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico».

(Sono approvate).

Pongo in votazione la restante parte dell’articolo:

«votano, previa esibizione dei certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro Comune. I candidati possono votare in una qualsiasi delle sezioni della circoscrizione dove sono proposti, presentando il certificato elettorale.

«Gli elettori di cui al comma precedente sono iscritti, a cura del presidente, in calce alla lista della sezione e di essi è presa nota nel verbale».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 7-bis proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La prima parte del terzo comma dell’articolo 41 è soppressa».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7-ter proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI. Segretario, legge:

 

«La prima parte del secondo comma dell’articolo 44 è sostituita dalla seguente:

«L’elettore deve recarsi ad uno degli appositi tavoli e, senza che sia avvicinato da alcuno, votare tracciando sulla scheda, con la matita, un segno sul contrassegno corrispondente alla lista da lui prescelta o comunque sul rettangolo che lo contiene.

«(Il resto identico, dalle parole: Con la stessa matita, ecc.)».

PRESIDENTE. Anche a questo articolo non sono stati presentati emendamenti.

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7-quater, proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 48 è sostituito dal seguente:

«La votazione deve proseguire fino alle ore ventidue. Tuttavia gli elettori che siano ancora nei locali del seggio sono ammessi a votare».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Segue un emendamento sostitutivo del sesto comma dell’articolo 45 del decreto del 1946, proposto dall’onorevole Rescigno, del seguente tenore:

«Il sesto comma dell’articolo 45 è sostituito dal seguente:

«Sono vietati altri segni o indicazioni, ad eccezione dei titoli che legittimamente competono ai candidati».

Ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Questo emendamento mira ad eliminare un grave inconveniente verificatosi nelle ultime elezioni per l’Assemblea Costituente.

L’articolo 45, al terzo comma, sancisce che «il voto di preferenza si esprime scrivendo con la matita copiativa, nelle apposite righe tracciate nella parte centrale della scheda, il nome e cognome, o il solo cognome dei candidati preferiti, compresi nella lista votata». Evidentemente questa disposizione vuole essere, nel suo spirito, una disposizione di larghezza verso l’elettore, cioè vuole dire all’elettore: basterà che tu indichi il solo cognome del candidato. Viceversa per molti seggi elettorali è diventata una disposizione restrittiva nel senso che questi seggi hanno ritenuto che accanto al cognome non si potesse indicare neanche un titolo legittimamente posseduto dal candidato, un titolo accademico, per esempio, di avvocato o di professore, e sono state annullate molte schede che accanto al cognome del candidato recavano questo titolo legittimo.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Hanno fatto bene!

RESCIGNO. Hanno fatto malissimo, tanto è vero che la Giunta delle elezioni ha ritenuto perfettamente esatto questo concetto che io sto esprimendo, ed invero alcune schede che erano state contestate e che recavano alcuni titoli accademici, quando questi titoli accademici sono risultati effettivamente posseduti dal candidato, sono state ritenute valide.

D’altra parte, il divieto di indicazione quale finalità ha? Quella di non far scoprire chi sia l’elettore. Ora io non comprendo come, indicandosi il titolo del candidato, questa indicazione possa scoprire l’elettore. Non vedo nessunissima ragione per la quale si possa vietare l’indicazione dei titoli dei candidati. Questa è la ragione del mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Devo ricordare all’Assemblea che in sede di discussione del disegno di legge davanti alla Consulta Nazionale la questione sollevata dall’onorevole Rescigno fu lungamente dibattuta. Le aggiunte al cognome del candidato si prestano – quando sono organizzate – facilmente a riconoscere il voto, che deve essere tutelato nella sua segretezza. Non si deve dire che la disposizione dell’articolo 45 è monca perché non ha ammesso i titoli accademici o i titoli nobiliari o quelli onorifici. Si è ritenuto che questi titoli di varia natura potevano prestarsi facilmente a controllare il voto di singoli o di determinati gruppi di elettori; e si è voluto perciò tutelare la segretezza del voto.

Quindi, sono vietati altri segni e indicazioni. È stabilito tassativamente nella legge.

Una voce. E il numero?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Il cognome o il numero. Quando il cognome può prestarsi ad equivoci e cioè vi siano candidati che abbiano lo stesso cognome bisogna aggiungere, se si scrive il cognome, il nome. E allora è evidente che limitandoci semplicemente a queste possibilità e non permettendo in nessuna maniera altri segni o altre indicazioni che pure spettino al candidato, eviteremo sicuramente che la segretezza del voto possa essere offesa fino al controllo del voto stesso.

Per queste ragioni la disposizione dell’articolo 45 fu dettata allora; e per queste ragioni ritengo che l’Assemblea non possa oggi accettare l’emendamento Rescigno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Rescigno, testé letto, non accettato dalla Commissione.

(Non è approvato).

Passiamo all’articolo 8, identico nei testi del Governo e della Commissione, per il quale non vi sono proposte di emendamento. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Al sesto comma dell’articolo 56 le parole: e in cui sono elencati separatamente gli elettori che hanno votato e quelli che non hanno votato, sono sostituite dalle seguenti: e in cui sono elencati gli elettori che non hanno votato».

«All’ottavo comma le parole: l’estratto viene immediatamente rimesso al sindaco, sono sostituite dalle seguenti: l’estratto è trasmesso, non oltre il sessantesimo giorno successivo a quello della votazione, al sindaco».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il seguito di questa discussione è rinviato al pomeriggio alle 16.

Sui lavori dell’Assemblea.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Si profila la eventualità di tenere seduta domani; sarebbe bene che questa eventualità fosse discussa immediatamente, in modo che ciascuno si possa regolare.

PRESIDENTE. L’onorevole Laconi, richiamandosi a quanto detto ieri sera, fa presente che, se per ipotesi l’Assemblea entrasse nell’ordine di idee di tenere seduta domani, sarebbe bene decidere immediatamente, in modo che i deputati possano predisporre le cose loro.

La seduta domenicale sarebbe necessaria ove si entrasse nell’ordine di idee di esaminare, quanto meno, uno stralcio del disegno di legge sulla stampa.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Abbiamo presentato il progetto di legge sulla stampa, emendato dalla Commissione, ed abbiamo fatto cenno del progetto di stralcio proposto dall’onorevole Andreotti. Questo progetto di stralcio, al quale la Commissione vorrebbe aggiungere almeno un articolo, relativo al sequestro, importa la possibilità di una discussione non brevissima. Sono 13 articoli, su alcuni dei quali sorgeranno discussioni. D’altra parte, è evidente il diritto di ciascun deputato di riproporre in via di emendamento gli articoli pretermessi, come emendamenti aggiuntivi al progetto di stralcio. È evidente che, se si fosse costretti a esaminare con grande rapidità la legge sulla stampa, bisognerebbe proporre un altro tipo di stralcio, possibilmente limitando la leggina provvisoria a un articolo solo, che abroghi il decreto vigente, per cui i giornali non possono essere pubblicati senza l’autorizzazione del prefetto. Ma questo stato, direi quasi, di necessità non si è ancora determinato. Non siamo ancora al punto di dover considerare se si deve esaminare nel tempo più breve, forse in due o tre ore soltanto, uno stralcio della legge sulla stampa che proponga e risolva una sola questione, per quanto importantissima.

Ritengo che l’Assemblea non possa oggi decidere per uno stralcio da esaminare domani.

Propongo che non si inizi domani la discussione sulla legge della stampa e faccio presente che, anche affrettando al massimo i nostri lavori – come è giusto – non dobbiamo illuderci troppo sulla nostre possibilità concrete.

Vi è per aria la sensazione che il rimpasto ministeriale è cosa ormai fatta. Che il Governo faccia o non faccia delle dichiarazioni è cosa che non si sa; se non le farà, sarà l’Assemblea a domandarle. Ed allora una discussione sulle comunicazioni non sarà evitata. Quindi alcune delle leggi dovranno essere esaminate in gennaio. Per esempio: il coordinamento degli statuti siciliano e sardo. Non è possibile pensare diversamente. Se questo avverrà, anche la legge sulla stampa potrà essere discussa con calma. Se questo non avverrà, potremo esaminare a tempo debito la opportunità dello stralcio, di cui parlavo. Ma è intempestivo voler far questo domani.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Desidero prendere la parola in appoggio all’opinione dell’onorevole Cevolotto, e vorrei portare a sostegno di essa due argomenti. Prima di tutto, penso che, nonostante tutti gli sforzi che ci proponiamo di fare, è certo che la o le sedute di domani saranno sedute poco frequentate. Sarà presente soltanto una percentuale dei colleghi, appena al limite del numero legale se le cose andranno bene. Vogliamo trattare in questo modo un problema così delicato e importante qual è quello della legge sulla stampa? Mi pare che non sia il caso, perché questo problema va trattato in sedute in cui sia presente il maggiore numero possibile di deputati, il che domani certamente non avverrà.

In secondo luogo, mi associo all’osservazione dell’onorevole Cevolotto, secondo la quale la questione che oggi sta davanti a noi non è tanto quella del termine del 31 dicembre, quanto quella del termine delle elezioni. Una volta fissato il termine delle elezioni avremo settanta giorni di preparazione elettorale che non partiranno probabilmente dal 31 dicembre. Disporremo cioè oltre questa data di un margine di una o due settimane, per cui non ci sarà nulla di straordinario se in quel periodo discuteremo la legge sulla stampa e qualche altro progetto di legge.

Per questi motivi ritengo non utile tenere seduta domani.

PRESIDENTE. Bisogna risolvere la questione di merito. Non so se sia bene porla in questi termini. Il problema invece è un altro: si terrà seduta domani se si vuole discutere la legge sulla stampa; se non si discuterà la legge sulla stampa, nel suo complesso o nello stralcio che se ne potesse fare, non terremo la seduta domenica. Questa è la questione sulla quale chiedo ai colleghi di decidere.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Non mi pare che la questione si possa porre in questi termini, perché così pregiudichiamo l’eventuale accettazione delle proposte presentate dall’onorevole Togliatti e dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti e l’onorevole Cevolotto hanno fatto non proposte ma solo considerazioni.

LACONI. Io voglio dire che se si pone il problema in questi termini, se l’Assemblea debba o non debba esaminare la legge sulla stampa, mi pare che si voglia giudicare di una cosa troppo grave. Noi ora dobbiamo decidere semplicemente se vi sia o no seduta domani, con l’ordine del giorno che sarà stabilito.

PRESIDENTE. Sarà perché la questione non è stata posta bene, e ricordo che è stata lei stessa a porla, ma tutti sappiamo – perché è stato detto e scritto persino in certi giornali – che una eventuale seduta di domani sarà dedicata soltanto all’esame della legge sulla stampa. Se ora poniamo la questione di tenere o no seduta, nel caso in cui passasse l’affermativa, significherebbe che la seduta di domani è dedicata soltanto a quell’ordine del giorno. Non v’è possibilità di equivoco.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Volevo osservare che votare contro la seduta di domani non significa, evidentemente, che non si voglia discutere più tardi la legge sulla stampa; e questo ritengo sia il pensiero della Presidenza.

PRESIDENTE. È chiaro: la decisione è che, se si tiene seduta, l’argomento all’ordine del giorno non può essere che quello.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Mi pare che la questione essenziale, che precede tutte le altre, sia quella cui ha accennato l’onorevole Togliatti, vale a dire se siamo decisi a tenere alcune sedute nel mese di gennaio. (Commenti al centro). Infatti faccio osservare che la legge sulla stampa non è tale da poter essere discussa così frettolosamente.

PRESIDENTE. Se lei è di questo avviso presenti una proposta di proroga. Lei, e tutti i colleghi, tengano presente la questione per decidere sul voto che daranno; ma in questo momento non possiamo discutere dell’argomento.

GAVINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAVINA. Propongo che domani non si tenga seduta.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è stato chiesto di risolvere senz’altro la questione se domani si debba o no tenere seduta. L’onorevole Laconi ha posto questo problema.

Ora, l’onorevole Gavina ha proposto che non si tenga seduta. Il quesito però deve essere posto positivamente, onorevole Gavina; e pertanto pongo in votazione la proposta positiva che domani si tenga seduta.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

La seduta termina alle 13.15.

POMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

cccxxx.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDI

DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Sul processo verbale:

Spataro

Interrogazioni urgenti (Svolgimento):

Presidente

Scelba Ministro dell’interno

Nenni

Massini

D’Onofrio

Votazione segreta del disegno di legge:

Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione. (35).

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Corbino

Targetti

Togliatti

Grassi

Lussu

Fabbri

Moro

Cevolotto

Sulla elezione del primo Senato della Repubblica:

Presidente

Proposta di nomina di una Commissione d’indagine:

Presidente

Faralli

Per la discussione di uno stralcio della legge sulla stampa:

Presidente

Sui lavori dell’Assemblea:

Presidente

Corbino

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

Sul processo verbale.

SPATARO. Chiedo di parlare sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPATARO. Ieri non ero presente in questa Aula quando hanno parlalo gli onorevoli Corbi e Paolucci. Sono costretto perciò a fare una breve dichiarazione per fatto personale.

Per quanto si riferisce allo scioglimento del Consiglio comunale di Pescara – per il quale mi si vuol dare un merito che io non ho – mi riservo di parlare in sede di discussione della mozione.

L’onorevole Paolucci ha voluto qui ricordare la mia carica di Presidente della R.A.I. e la mia indennità; ma all’onorevole Paolucci devo dichiarare, dire e ricordare che io non faccio, come lui, l’avvocato e non mi occupo di alcuna società di alcun genere, né di molini, né di costruzioni.

Anche l’onorevole Togliatti ha voluto ricordare questa mia carica di Presidente della R.A.I., evidentemente non per la indennità di 50 mila lire: la verità è che dà fastidio ad alcuni che alla presidenza della Radio ci sia una persona che, secondo le direttive della Commissione parlamentare per la vigilanza sulle radiodiffusioni – Commissione nominata dal Presidente di questa Assemblea – si preoccupa che la Radio mantenga una linea di obiettività e di imparzialità. (Rumori a sinistra – Applausi al centro).

Gli onorevoli Corbi e Paolucci hanno parlato di metodi fascisti. Io ho una soddisfazione: il contegno da me tenuto durante il ventennio fascista e durante il periodo clandestino è conosciuto non solo dai miei amici democristiani, ma dai deputati di tutti i settori di questa Assemblea e, quando mi sono stati affidati posti di responsabilità, non ho mai dato prova di faziosità e settarietà. (Commenti a sinistra). Perciò contro le insinuazioni vane pronunziate ieri io posso, senza falsa modestia, dire che quando si ha un passato come posso vantarlo io, non è il caso che mi preoccupi dei discorsi degli onorevoli Corbi e Paolucci. (Applausi al centro e a destra – Commenti a sinistra).

Tutti i deputati abruzzesi della Democrazia cristiana sanno di rappresentare degnamente la grande maggioranza delle popolazioni abruzzesi (Rumori a sinistra) le quali, in ogni propaganda di odio e di violenza e contro gli ordini che anche in questi giorni partono da Roma, vogliono restare fedelmente avvinte alle loro tradizioni di lavoro e di pace. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale s’intende approvato.

(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, secondo l’intesa di questa mattina, prima di dare inizio allo svolgimento dell’ordine del giorno di oggi, verrà svolta la seguente interrogazione con richiesta di risposta urgente, al Ministro dell’interno, del seguente tenore:

«I sottoscritti chiedono al Ministro dell’interno di fornire immediatamente informazioni circa gli ordini dati al servizio pubblico attorno alla sede della Costituente.

«Nenni, Nasi, Bruni, Rossi Maria Maddalena, Jacometti, Malagugini, Massola, Gallico Spano Nadia, Li Causi, Grieco, Pucci, Pesenti, Negarville, Montagnana Mario, Farini, Mariani, Giua, Fornara».

L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Benché l’episodio, l’incidente svoltosi questa mattina in Piazza Colonna, nei pressi dell’Assemblea Costituente, possa considerarsi importante e deplorevole, in modo particolare perché vi sono stati implicati dei nostri colleghi, io penso che dal Ministro dell’interno non si attenda soltanto che dia giustificazione di quello che è avvenuto questa mattina, ma che dica anche qualche parola intorno alla situazione in genere, intorno, per lo meno, alla parte che interessa più direttamente l’azione del Ministro dell’interno in occasione di queste manifestazioni.

Mi si è domandato quali siano state le direttive impartite dal Ministro dell’interno agli organi di pubblica sicurezza in occasione dello sciopero generale in Roma. Le direttive impartite in questa occasione, come in altre similari, si ispirano a tre fondamentali criteri.

Primo: lo Stato rivendica a sé ed esclusivamente a sé il diritto e il dovere di tutelare la sicurezza dei cittadini. (Applausi al centro – Interruzione del deputato Pajetta Giuliano). È per questo che le forze di polizia hanno il compito e il dovere di eliminare ogni interferenza nell’osservanza e nel rispetto dell’ordine pubblico, da parte di qualsiasi organizzazione privata o da parte di singoli individui.

Ritengo che questa sia un’affermazione precisa e categorica: nessun Governo che sia veramente democratico e che si fondi sul rispetto della legge può lasciare ad altri che non siano le forze dello Stato la garanzia, il rispetto dei diritti e della sicurezza pubblica.

Secondo criterio: è dovere dello Stato – e di uno Stato democratico – di garantire, in occasione di queste manifestazioni, come sempre – il rispetto di tutte le libertà, compresa la libertà di non scioperare. (Commenti a sinistra). Se tutte le disposizioni dello Stato tendono a garantire l’esercizio del diritto di sciopero, se l’esercizio di questo diritto assume le forme e gli aspetti di uno sciopero generale, direi che trascende ogni caratteristica e aspetto sindacale. Se, ripeto, lo Stato ha il dovere di tutelare l’esercizio del diritto di sciopero – diritto riconosciuto dalla Costituzione in elaborazione, la quale ha anche affermato che una legge dovrà regolarne l’attuazione concreta (legge che, non esistendo, lascia alle parti di agire nel modo più incomposto) – se, ripeto, dovere dello Stato è di rispettare e far rispettare la libertà degli organismi sindacali di esercitare il diritto di sciopero, dovere altrettanto sacro e imperioso dello Stato e di un Governo democratico è di tutelare la libertà di coloro i quali non intendono associarsi a siffatte manifestazioni. (Approvazioni al centro).

Questo è compito dello Stato, e – ripeto – nessun Governo, nessun regime che sia veramente democratico, che voglia fondarsi sul rispetto della legge, sul principio che la legge sia il presidio di una democrazia, può ammettere che lo Stato venga meno a questo dovere di garantire la libertà dei cittadini.

Terzo criterio fondamentale è che lo Stato ha il dovere di fare tutto il possibile perché i disagi che da uno sciopero, e soprattutto da uno sciopero generale, vengono alla popolazione, siano attenuati e siano ridotti al più presto possibile. Ritengo che con questo non si venga meno a nessun dovere, e non si viene meno al rispetto del diritto, della libertà di sciopero se lo Stato, se il Governo, il quale ha il dovere di tutelare tutta la collettività e non soltanto una parte, cerca e si sforza di coadiuvare ogni tentativo che cerchi di eliminare i gravi disagi a cui la popolazione possa essere sottoposta in occasione di uno sciopero.

Sono questi i criteri fondamentali a cui si ispira l’azione del Ministro dell’interno; è in base a questi criteri fondamentali che vengono impartite le disposizioni agli organi di polizia. E l’esecuzione concreta di queste direttive spetta agli organi responsabili. Non può essere, evidentemente, il Ministro dell’interno tenuto responsabile dell’azione specifica e concreta, degli eccessi anche. Non è certo escluso che si siano verificati degli eccessi individuali, soprattutto quando si tiene conto (e non si può non tener conto) della situazione in cui si svolge l’esercizio della tutela della sicurezza pubblica. Si tratta di forze dello Stato, le quali da due giorni sono sottoposte ad uno sforzo non indifferente… (Interruzione del deputato Pajetta Giuliano) e a compiti ingrati per assicurare a tutti – agli scioperanti e ai non scioperanti – la tranquillità dell’ordine.

In quanto agli incidenti più particolari di piazza Colonna e alle istruzioni impartite in proposito dal Ministro dell’interno, non posso che ripetere all’Assemblea ciò che ebbi a dire in altra occasione. Fin dal giorno in cui ho assunto la direzione del Ministero dell’interno, ho dato perentorie e precise disposizioni perché in ogni circostanza e in ogni occasione venisse rispettata e assicurata la libertà del Capo dello Stato, la libertà del Parlamento, la libertà del Governo.

Noi non possiamo assolutamente derogare a questo che è compito fondamentale, di assicurare in ogni momento la libertà di azione degli organi supremi dello Stato. È appunto perché l’Assemblea Costituente si trova nei pressi di piazza Colonna che il servizio a piazza Colonna viene, sempre e in ogni occasione, intensificato e vigilato in modo particolare. (Commenti a sinistra). Se assembramenti, riunioni, in occasione di torbidi, possono ammettersi o si possono lasciar correre in zone lontane, anche se non si conosce quale possa essere la finalità di questi assembramenti, noi non possiamo assolutamente consentire che nei pressi del Parlamento si formino assembramenti o si tengano comizi o riunioni…

Una voce a sinistra. Meno quando si tratta del Movimento Sociale italiano.

PAJETTA GIULIANO. Ero solo quando le ho prese! Non faccio assembramenti da solo!

SCELBA, Ministro dell’interno. …di numerose forze di cui non si sappia quali possano essere le intenzioni. Dovere dello Stato è non solo di reprimere, ma soprattutto di prevenire, e noi cerchiamo di prevenire ogni attentato, od ogni manifestazione che possa avere come meta o come finalità di attentare alla tranquillità del Parlamento, soprattutto quando il Parlamento è riunito e tiene le sue sedute.

È per questo – ripeto – che nei pressi del Parlamento continua vigilante e più accurata l’opera della polizia, la quale tende esclusivamente a questo: ad impedire ogni formazione di gruppi o di persone che ad un certo momento possa sfociare in manifestazioni nei confronti dell’Assemblea Costituente, per la quale, in ogni occasione, il Governo deve assicurare la piena e assoluta libertà! (Applausi al centro).

Sono queste, onorevoli colleghi, le direttive di massima a cui il Ministero dell’interno si attiene, direttive che io rivendico e di cui assumo la piena responsabilità di fronte al Parlamento e di fronte al Paese!

In quanto ai fatti, in quanto allo svolgimento dello sciopero (e certamente uno sciopero di questa portata crea dei problemi non indifferenti), fino ad oggi di incidenti ve ne sono stati, e ve ne sono molti, onorevoli colleghi, ed io devo rivolgere un elogio allo sforzo di tutti i funzionari, di tutti gli uomini preposti alla sicurezza pubblica, perché si deve soltanto al loro sangue freddo, soltanto al senso di responsabilità… (Applausi al centro – Interruzioni a sinistra)si deve – ripeto – allo sforzo di questi uomini, al senso di responsabilità di questi uomini e al senso di responsabilità dei dirigenti sindacali – ripeto: dirigenti sindacali – se più gravi incidenti non si sono verificati.

Ma perché l’Assemblea conosca le condizioni in cui si svolge l’opera degli organi di pubblica sicurezza, è bene che io accenni a qualche episodio che si è verificato in occasione di questo sciopero. Qui non si tratta di una semplice astensione dal lavoro: la semplice astensione dal lavoro, di per sé -non crea problemi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico immediati. Abbiamo delle manifestazioni positive di violenza, blocchi stradali numerosissimi. Io ritengo, onorevoli colleghi, che anche il diritto più ampio di sciopero, riconosciuto dalla Costituzione o da qualsiasi legge, non possa comportare la limitazione della circolazione dei cittadini che sono completamente estranei alle stesse vertenze sindacali. (Applausi al centro).

I blocchi stradali, onorevoli colleghi, vanno assumendo in Italia intensità e proporzioni mai viste e le forme a cui di giorno in giorno si ricorre, divengono sempre più gravi. Si è arrivati perfino a bloccare una strada utilizzando una carcassa di carro ferroviario! Nei pressi di Roma in questi giorni sono stati abbattuti alberi per costituire blocchi stradali. Sono stati buttati massi, ancora stamane, sulla via Nomentana; dalla sezione del partito comunista è stato organizzato un blocco stradale sulla Via Nomentana. (Commenti al centro e a sinistra).

Ritengo, onorevoli colleghi, che i blocchi stradali non hanno nulla a che vedere con le competizioni sindacali e con le rivendicazioni di qualsiasi categoria!

Si tratta, onorevoli colleghi, di manifestazioni di violenza che lo Stato ha il dovere di reprimere per ristabilire la libertà dei cittadini. (Applausi al centro – Interruzioni a sinistra – Commenti).

Del blocco stradale fa parte anche il divieto di impedimento materiale della circolazione. Sulle vie di accesso a Roma nella notte scorsa sono stati largamente distribuiti questi ordigni (Mostra alcuni chiodi a tre punte) che in regime di dominazione tedesca venivano buttati per impedire che gli autocarri potessero circolare. (Commenti).

Non credo, onorevoli colleghi, che possa comprendersi nel più ampio esercizio del diritto di sciopero il ricorso a mezzi del genere. Si è attentato alla libertà del lavoro. Sono state costituite squadre e poste davanti agli uffici per impedire l’accesso degli impiegati.

PALLASTRELLI. È verissimo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ritengo che sia dovere dello Stato di assicurare la libertà a coloro che vogliono lavorare e nessuno può lamentarsi se lo Stato interviene per rassicurare e garantire questa libertà.

Sono state compiute altre violenze. Stamane per le vie di Roma è passato qualche sidecar dal quale rapidamente venivano lanciate delle pietre contro negozi aperti, infrangendo i vetri. (Commenti al centro). Non ritengo, onorevoli colleghi, che rientri in un normale esercizio del diritto di sciopero il ricorso a questi altri mezzi. Si è ricorso a qualche altra cosa, onorevoli colleghi. Ieri sono andati in giro dei falsi agenti. Si sono presentati a negozi aperti della periferia dichiarando che i negozi dovevano chiudere perché questo era l’ordine del Governo. (Vivi commenti al centro).

Quando lo sciopero, onorevoli colleghi, assume queste forme, quando l’esercizio del diritto di sciopero assume queste forme, ritengo che siamo fuori del campo della normale attività sindacale e trascendiamo in qualche cosa che assume l’aspetto che io intendo e non voglio qui qualificare o definire. Ma di fronte a queste manifestazioni, onorevoli colleghi, il Governo non può rimanere impassibile, il Governo non può chiudersi in una stretta neutralità. Io ritengo che verrebbe meno al suo dovere se non cercasse di reprimere ogni illegalità, evitando di compierne per suo conto.

Ieri, onorevoli colleghi, vennero fermati in Roma numerosi elementi attivisti che cercavano di impedire l’accesso agli uffici o compivano altri atti. Conosciuto l’arresto di questi cittadini io ho dato queste precise disposizioni: chiunque non è responsabile, chi non si è reso responsabile di un reato che comporti l’arresto preventivo sia immediatamente liberato…

Una voce a sinistra. Dopo averlo bastonato.

SCELBA, Ministro dell’interno. …perché, onorevoli colleghi, la difesa dello Stato deve essere vigile, pronta ed immediata, ma non deve superare quello che è lo stretto necessario e la libertà dei cittadini va garantita. Questi cittadini hanno compiuto dei reati per i quali possono essere passibili o non passibili di pene. Giudicherà l’autorità giudiziaria, ma noi non abbiamo né il diritto né il dovere di limitare la libertà di chicchessia, senza che questo sia previsto da una precisa e tassativa disposizione di legge. Per tutti coloro i quali si siano resi responsabili di reati comuni, noi non possiamo e non potremmo assolutamente deflettere da quelli che sono i compiti e i doveri dello Stato. Giudicherà l’Autorità giudiziaria. Disposizioni perentorie sono state impartite perché immediatamente venissero deferiti gli autori di reati comuni all’autorità giudiziaria, perché l’autorità giudiziaria possa, in assoluta libertà e senza interferenze, giudicare i responsabili.

Ma, ripeto, il Governo, che si preoccupa di tutelare la libertà e la legalità nei confronti di tutti, non intende per suo conto compiere nessuna illegalità, e ieri più di un centinaio di fermati sono stati liberati… (Interruzioni).

Questi sono i criteri a cui si ispira l’azione del Governo. La situazione è certamente seria e nessuno può pensare con tranquillità d’animo che una situazione di questo genere possa perdurare perché i danni, i disagi che comporta alla popolazione sono notevoli.

LI CAUSI. E di chi è la responsabilità? (Rumori a destra e al centro).

Voci al centro e a destra. Vostra!

SCELBA, Ministro dell’interno. Il compito del Governo non si limita e non si è limitato soltanto a mantenere la legalità o l’ordine o a far rispettare le disposizioni di legge. Il Governo è intervenuto attivamente per favorire una soluzione che troncasse lo sciopero in corso. Autorevoli rappresentanti sindacali hanno dovuto riconoscere che lo sforzo compiuto dal Governo è uno sforzo serio, concreto, apprezzabile. Non si possono, onorevoli colleghi, chiedere dei miliardi, né può il Governo decidere su questi. È sorprendente il fatto che un Governo debba decidere di miliardi senza il consenso del Parlamento (Rumori a sinistra – Interruzione del deputato Pajetta Giuliano) perché in tutti i regimi parlamentari la prerogativa più alta del Parlamento è quella delle sue decisioni in materia di spese, perché spese significa imposte, e imposte significano sforzo del popolo. (Commenti).

Ora, onorevoli colleghi, anche i rappresentanti sindacali hanno dovuto riconoscere ed ammettere che un Governo, il quale è riuscito a portare le entrate dello Stato a qualche cosa come mille miliardi – cifra mai raggiunta, e nel giro di appena un anno – non può improvvisare miliardi e non può dare dei miliardi ad una città e ad una provincia soltanto stampando carta moneta. Per decidere dei miliardi bisogna che questi miliardi siano nelle casse dello Stato, e che lo Stato possa disporne. Perché qui, onorevoli colleghi, occorre tener presente questo: che non si tratta di controversie fra privati, non si tratta di controversie fra datori di lavoro ed imprenditori, fra capitalisti e lavoratori. Qui si tratta di un’azione contro lo Stato, il quale rappresenta la totalità dei cittadini e non può disporre dei miliardi soltanto per categorie particolari. (Applausi al centro – Rumori a sinistra).

Nella disposizione delle spese il Governo non può prescindere da questa sua particolare situazione; non può prescindere da un’altra considerazione, che non basta… (Rumori a sinistra – Interruzione del deputato Cianca).

CHIEFFI. Onorevole Cianca, quando passerà ai comunisti? (Rumori).

SAGGIN. Parla Ciancia!

CIANCA. Testone! (Rumori).

PRESIDENTE. Onorevole Saggin, mi sembra che lei quest’oggi sia venuto in quest’Aula con lo scopo di provocare incidenti. Ne ha già provocato, infatti, per tre volte di seguito, volutamente; perché anch’io ho il senso della valutazione. La richiamo per la prima volta all’ordine e ne tenga conto.

Onorevole Scelba, prosegua.

SCELBA, Ministro dell’interno. Altra considerazione, onorevoli colleghi, desidero sottoporre all’Assemblea costituente.

Nessun Parlamento, che si voglia considerare veramente libero, può decidere e disporre di miliardi, sotto la minaccia e con l’attuazione dello sciopero generale. Questo non lo può neppure un Governo, il quale esercita in questo momento la facoltà legislativa, ma che risponde e deve rispondere di fronte al Parlamento e di fronte al Paese dei suoi atti.

Ma se un Governo, di fronte ad uno sciopero generale in una provincia, sia pure per evitare i disagi che a questa provincia lo sciopero comporta, decidesse di dispensare dei miliardi, che cosa avverrebbe? In tutte le altre provincia d’Italia, dove gli stessi problemi disgraziatamente esistono e con la stessa intensità (Approvazioni al centro) noi verremmo a legittimare fatalmente, con questo esempio, un’agitazione in grande stile, se noi dessimo al Paese la sensazione che basta agitarsi e minacciare per strappare dei miliardi ad un Governo – e notate bene si tratta di denari non del Governo, ma del popolo italiano, che vanno spesi nel modo più equilibrato ed equo – se noi dessimo questa sensazione, noi legittimeremmo in tutte le province d’Italia lo sciopero generale e la rivolta. (Applausi al centro e a destra). Noi non possiamo trattare problemi tanto gravi e decidere così difficili questioni in una situazione psicologica che rende impossibile ogni libertà di giudizio.

Una voce a sinistra. Perché non l’avete fatto prima?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo attuale, onorevoli colleghi, ritiene di aver cercato di fare ogni sforzo per venire incontro alle esigenze ed ai problemi che assillano la nostra vita quotidiana e la vita dei lavoratori. Noi possiamo affermare con orgoglio, che forse nessun Governo di quelli che si sono succeduti dopo la liberazione ha fatto di più per le classi lavoratrici del Governo attuale. (Applausi al centro – Rumori a sinistra).

E lo sforzo fatto in questi giorni dimostra con che animo e con che cuore – e chi conosce il Ministro Fanfani che ha la responsabilità diretta, sa con quale animo, direi francescano (Commenti a sinistra), egli cerca, con vera pazienza di certosino…

PAJETTA GIULIANO. Fra certosini e francescani c’è incompatibilità! (Rumori al centro).

SCELBA, Ministro dell’interno. …di comporre gli inevitabili conflitti. Il Governo attuale ha affrontato questo problema. Direi che i nove decimi della sua attività non sono destinati che a questo assillante problema della disoccupazione, sia che si tratti di assicurare il lavoro ai lavoratori del Nord, sia che si tratti di affrontare grandi spese, come i 68 miliardi stanziati per la disoccupazione, sia che si tratti di venire incontro alla riqualificazione dei lavoratori, i quali hanno perduto un’attività positiva concreta, o di incrementare tutte le forme di assistenza, che hanno assunto proporzioni veramente notevoli. Ancora in questi giorni stiamo cercando di strappare tutto quello che è possibile strappare, perché l’inverno sia meno crudo e meno duro per coloro che non hanno lavoro e per coloro i quali hanno un reddito assolutamente insufficiente. (Rumori a sinistra – Approvazioni al centro e a destra).

L’incremento dato in tutte le città d’Italia alle cucine economiche ed ai ristoranti popolari, quali non si erano mai visti negli anni passati, lo dimostra. (Rumori a sinistra). Non c’è che da fare un semplice calcolo statistico, per la città di Roma, per dimostrare quella che è l’attenzione e la cura quotidiana, ed assillante del Governo (e questo assillo ricade naturalmente anche sul Ministro dell’interno, sulle cui spalle si riversano le conseguenze della disoccupazione e della insofferenza generale) per cercare di eliminare, quanto più è possibile, la miseria. Tutto lo sforzo che il Governo sta tentando di compiere dimostra come, anche in questa occasione, il Governo stia cercando di assolvere tutto intero il suo dovere. So che anche in quest’ora si sta facendo ogni sforzo, suscitando energie anche al difuori dello Stato, per aumentare la possibilità d’impiego dei lavoratori italiani. Mi auguro che tutti quanti sentano la responsabilità, la gravità della situazione, e si rendano conto che non dipende dalla semplice volontà del Governo un’azione efficace, ma dipende essenzialmente dalla situazione obiettiva del bilancio dello Stato.

E se ciascuno di noi farà uno sforzo perché questi problemi siano risolti sul terreno tranquillo della discussione e non sotto la minaccia del ricatto (Interruzione del deputato Fedeli Armando) o di uno sciopero, o di una agitazione, anche questo problema dello sciopero di Roma, come tutti gli altri problemi, potrà essere risolto, nel modo che le condizioni generali del nostro Paese consentono. Questo sforzo il Governo lo fa. Ma, comunque sia e comunque si svolgano gli avvenimenti, ripeto che dovere primordiale dello Stato, dovere fondamentale di qualsiasi Governo in regime democratico è che le agitazioni si svolgano sul terreno delle competizioni civili, non straripino in violenza, e se violenze ci siano, che siano represse severamente, perché la sicurezza e l’ordine rappresentano le condizioni basilari per lo sviluppo sociale e la prosperità del Paese. (Vivissimi applausi al centro – Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

NENNI. Onorevoli colleghi, forse il solo elemento utile del discorso del Ministro dell’interno è il tentativo che egli ha fatto di considerare gli incidenti di questa mattina in una visione generale dei problemi che la crisi economica e sociale pone alla città di Roma e a tutto il Paese.

In questo caso il rito abituale che vuole che il Ministro interrogato legga un rapporto della polizia e che l’interpellante si dichiari insoddisfatto o sodisfatto può subire utilmente alcune varianti. Mi sembra però, che, nel tentativo di minimizzare i fatti, il Ministro degli interni abbia dato prova di una disinvoltura che mi permetterò di considerare eccessiva. Esiste un problema dell’ordine pubblico generale, esiste un problema, ancora più grave, della situazione in cui versano alla vigilia dell’inverno larghe masse di lavoratrici e di lavoratori, però esistono anche gli incidenti di questa mattina. Di fronte a questo problema io non ho bisogno di dichiararmi insoddisfatto dato che il Ministro dell’interno si è limitato ad una generica deplorazione senza dirci né quali misure ha preso, né quali misure intenda prendere per appurare le responsabilità. Per questa ragione annuncio già ora all’Assemblea che domanderò la nomina di una Commissione parlamentare d’indagine che faccia ciò che il Ministro dell’interno non ha fatto e si rifiuta di fare. (Commenti al centro).

Ciò detto sono d’accordo su un punto col Ministro dell’interno, laddove egli ha detto che il problema di cui discutiamo va al di là dell’episodio che ha dato origine alla mia interrogazione. Ho sentito riprendere dal Ministro la tesi che lo sciopero, dichiarato ieri, continuato oggi, e che mi auguro possa essere chiuso stasera con l’accoglimento delle legittime rivendicazioni della Camera del lavoro, sarebbe di carattere eminentemente politico.

Signori, se voi considerate politico ogni contrasto fra lo Stato – in quanto datore di lavoro – ed i cittadini, riconosco allora che lo sciopero di Roma può essere considerato politico. Infatti il datore di lavoro contro il quale in questo caso è sceso in lotta il Consiglio delle leghe è lo Stato, nella sua funzione di responsabile e garante del diritto al lavoro.

Ciò pone all’Assemblea il problema se lo sciopero abbia o no una giustificazione. Non so se il Presidente del Consiglio vada qualche volta nei quartieri periferici della capitale; suppongo di sì, giacché non è uomo privo della curiosità di spingere i suoi passi oltre il perimetro dei quartieri di lusso; penso che egli abbia avuto qualche volta l’occasione di andare a Primavalle, a Pietralata, a Tormarancio, al Quarticciolo, in altri quartieri popolari. Se c’è andato, se i colleghi di questa Assemblea hanno l’abitudine di andarci…

Una voce al centro. Ci andiamo tutti!

NENNI. …allora sapranno che non c’è bisogno di nessun agitatore, di nessun provocatore, di nessun eccitamento dall’esterno perché popolazioni che vivono in inenarrabili condizioni di bisogno trovino non uno, ma cento motivi quotidiani di agitazione.

L’onorevole Ministro dell’interno ha l’aria di sorprendersi per le agitazioni in corso ed hanno l’aria di sorprendersene colleghi i quali un anno fa, quando c’era il governo tripartito soffiavano allegramente sul fuoco. Io ricordo il tono dei giornali romani, esattamente un anno fa, quando il governo era assediato al Viminale dai disoccupati che reclamavano pane e lavoro. Ricordo i titoli, i commenti, così diversi da quelli che accompagnano le agitazioni di quest’anno. Così come non disconoscevo allora che non bastava la presenza di un Ministro socialista al governo perché gli operai che hanno fame rinuncino al diritto d’agitazione e di sciopero, così reputo basti ancora meno che ci siano dei Ministri francescani del tipo dell’onorevole Scelba (Interruzioni) perché la classe lavoratrice consideri che essa può affidarsi tranquillamente alle disposizioni del Governo.

Un anno fa, di questi giorni, nei cantieri edili della Capitale, i tanto deprecati cantieri del mio amico Romita, lavoravano 36.000 lavoratori. (Rumori al centro).

Una voce al centro. Coi lavori a regìa!

NENNI. Quest’anno, alla stessa data sono impiegati nei cantieri dai 5 ai 6.000 lavoratori.

Ed era giusto che il sistema dei lavori a regìa fosse soppresso, perché si prestava ad un esoso sfruttamento da parte di ingordi speculatori e determinava manifestazioni egoistiche da parte di operai occasionali. Senonché la soppressione del sistema dei lavori a regìa era provvedimento ottimo alla condizione che fossero a tempo predisposti più idonei e razionali sistemi di assorbimento dell’eccedenza della mano d’opera.

Perché, signori del Governo, di qui non si sfugge: voi non potete normalizzare l’ordine pubblico a Roma e nelle altre provincie se non tamponate il dilagare della disoccupazione che, alla vigilia dell’inverno e quando crescono i bisogni e le esigenze, esaspera il malessere, e getta le famiglie nella disperazione. (Commenti al centro).

Il vostro errore è di credere che si possa risolvere un problema sociale con delle misure di polizia. Da che mondo è mondo nessun problema sociale è stato mai risolto con misure di polizia.

Una voce al centro. Ma è stato risolto dagli scioperi! (Commenti).

NENNI. Esiste una tecnica della provocazione il cui primo elemento è rappresentato dalla ostentazione della forza, che sostituisce l’autorità. (Applausi a sinistra). Un Governo che ha autorità non ha bisogno di ostentare la forza; un Governo che ha autorità non considera leso il suo prestigio se discute con le organizzazioni dei lavoratori le misure da prendere per sormontare una congiuntura di crisi. Nelle sere in cui l’urto e l’esasperazione dei disoccupati – un anno fa – premeva alle porte del Viminale e qualche volta le violava io non ho mai considerato che l’autorità dello Stato fosse diminuita se il Ministro si metteva a discutere con le Commissioni dei lavoratori…

Una voce a destra. Questo si fa sempre! (Commenti).

NENNI. …per cercare di convincerle. (Commenti al centro). L’ostentazione di forza alla quale assistiamo è all’origine dei deplorati incidenti e rientra nella tecnica della provocazione di cui parlavo e che ha avuto il suo summum nel metodo adoperato dal Ministro dell’interno nel caso del prefetto Troilo di Milano.

È di questa tecnica della provocazione che domandiamo conto al Ministro dell’interno; è contro il suo modo di considerare i problemi posti dalla crisi sociale che richiamiamo l’attenzione del Governo e quella del Paese.

Noi abbiamo una diversa concezione dell’autorità dello Stato. Il Governo ha dell’autorità dello Stato un’idea tratta dalla tradizione borbonica (Rumori al centro). Per noi l’autorità dello Stato è la coscienza della necessità. Ove venga meno questa coscienza della necessità, si cade inevitabilmente nella provocazione degli esaltati e nell’arbitrio dei così detti tutori dell’ordine. (Rumori al centro).

Una voce al centro. Non è vero.

NENNI. Il conflitto latente fra forze dell’ordine e masse popolari noi faremo tutto il possibile per evitarlo. Un anno fa, si diceva che la Celere fosse un nido di comunisti; oggi il popolo ha la convinzione che sia un nido di fascisti. Si sbagliavano i critici di un anno fa; spero si sbaglino quelli di oggi.

Comunque noi dobbiamo riferirci qui non alla responsabilità di singoli agenti, ma a quella del Ministro dell’interno.

In caso contrario la discussione si spezzetterebbe in una miriade di episodi dei quali perderemmo la visione d’insieme. C’è una mutata atmosfera nei rapporti del popolo con le forze incaricate di tutelare l’ordine pubblico. Quanto è successo questa mattina non è dovuto al caso. Il fatto che un agente possa alzare la mano contro un rappresentante del popolo, involge la responsabilità del Governo in quanto è la politica del Governo che nella grossolana interpretazione dei suoi dipendenti autorizza un tale gesto di violenza individuale e di dispregio della suprema autorità della Costituente.

Un ordine ministeriale non vale solo per ciò che è, ma per le interpretazioni che autorizza passando dalle gerarchie superiori dell’amministrazione alle inferiori. Se noi abbiamo criticato vivacemente la collusione del Governo con certi movimenti e gruppi di tipo neo-fascista, non è perché questi ultimi costituiscono un pericolo per la Repubblica, ma perché da questa collusione al vertice deriva una inversione dei rapporti politici che ricolloca noi in posizione di sovversivi e il fascista in quella di elemento di ordine, amico del Governo e come tale meritevole della protezione dello Stato democratico di cui invece insidia l’autorità, il prestigio e l’avvenire. (Applausi a sinistra).

La responsabilità del Ministro dell’interno e del Governo è denunciata in modo acuto dalla inversione dei rapporti creati dal referendum e dalle elezioni del 2 giugno.

A questo punto, onorevoli colleghi, il discorso dovrebbe allargarsi (Commenti al centro) a temi più vasti che non posso affrontare oggi.

Non dobbiamo tuttavia esimerci dal dovere di risalire alle origini. Da mesi noi diciamo che la rottura del fronte repubblicano e democratico, provocato dalla Democrazia cristiana, (Commenti al centro) aggrava obiettivamente e soggettivamente la soluzione dei problemi politici e sociali. Da mesi diciamo che non si governa contro e forse neanche senza la parte più avanzata della classe lavoratrice del Paese, mentre la situazione è tale che dobbiamo temere che essa si aggravi nelle prossime settimane (Interruzioni – Commenti al centro e a destra) e determini la tentazione di un ricorso alla forza. Purtroppo alcuni colleghi del centro e della destra danno prova di una tale ottusità morale (Applausi a sinistra) per cui ogni nostro richiamo alla obiettiva difficoltà delle cose è interpretato come un ricatto.

No, signori! Se fossero in giuoco soltanto degli interessi di partito o di categoria, noi non avremmo motivo di essere preoccupati. Ma sono in gioco gli interessi collettivi della Nazione, patrimonio comune di tutti i partiti e di tutte le classi. È in considerazione di questi interessi che abbiamo posto il problema della tregua politica, sociale ed elettorale alla vigilia di un inverno che si annuncia critico e sul quale incideranno le passioni che sempre sollevano le campagne elettorali. A questo proposito vorrei rivolgermi ai due Gruppi parlamentari che stanno discutendo col Governo… (Interruzioni al centro e a destra).

PRESIDENTE. Facciano silenzio! La prego, onorevole Nenni, non si allontani eccessivamente dall’argomento.

NENNI. Onorevole Presidente ed onorevoli colleghi, ritengo che la situazione sia abbastanza seria perché, al di là del puro formalismo del regolamento, noi cerchiamo di approfondire la questione di cui stiamo discutendo. A tale fine ho il dovere di dire ai Gruppi che stanno discutendo il rimpasto del Governo… (Interruzione a destra) che la crisi politica della Nazione non si risolve con degli empiastri ma creando una situazione politica nuova suscettibile di trasformare l’atmosfera politica del Paese!

L’Assemblea Costituente può considerare gli odierni incidenti di Roma e lo sciopero nel suo insieme, come un episodio trascurabile e marginale, essa può fingere di ignorare che esiste un problema politico di governo. Noi facciamo il nostro dovere inquadrando lo sciopero di Roma nella situazione generale del paese ed asserendo che il problema che è stato chiamato della tregua, non si risolve appiccicando al governo attuale delle appendici di diverso colore, ma ricreando le condizioni di reciproca fiducia e collaborazione dal Governo distrutte con la sua politica faziosa di parte e di classe. (Vivissimi applausi all’estrema sinistra – Commenti).

PRESIDENTE. Sullo stesso argomento era stata presentata la seguente interrogazione dagli onorevoli Massini, D’Onofrio, Nobile, Gallico Spano Nadia, Minio, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti si vogliono prendere nei confronti dell’ufficiale comandante le forze di polizia inviate nella borgata di Primavalle, colpevole di avere ordinato il fuoco sulla folla dei disoccupati, che manifestavano per il loro diritto al lavoro e alla vita, causando così, con il suo atto inconsulto e criminale, nuovo spargimento di sangue e nuovi lutti nelle famiglie dei lavoratori».

L’onorevole Massini ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto della risposta del Ministro.

MASSINI. L’onorevole Ministro dell’interno ha fatto una cronistoria di quello che è avvenuto a Roma ieri ed oggi, ma io, nella mia modesta attività di Segretario della Camera del lavoro di Roma, devo dire che questa esposizione è non solo incompleta, ma inesatta. (Interruzione a destra).

Lo dimostrerò subito.

L’intervento della polizia non ha avuto l’effetto di mantenere l’ordine pubblico, ma di turbarlo, perché con la sua azione ha esasperato la giusta irritazione della grande massa dei lavoratori disoccupati ed anche di quelli occupati, con delle manifestazioni, con degli interventi che non hanno niente da fare con l’ordine pubblico. E citerò qualche esempio.

Io non penso che la polizia mantenga l’ordine pubblico facilitando ed aiutando, con la sua presenza, l’affissione di certi manifesti, incitando al crumiraggio e vietando e lacerando i manifesti scritti dalla Camera del lavoro. Non si tratta di mantenere la libertà di lavoro, ma si tratta di mantenere anche la libertà di sciopero, che è stata completamente e sistematicamente violata.

BENEDETTINI. È un diritto individuale, non un diritto collettivo.

MASSINI. Non è una novità, né per la cittadinanza romana, né per le autorità, comprese quelle di polizia, che tutte le volte che c’è una manifestazione sindacale, sia comizio, sia corteo, sia uno sciopero di categoria, si organizza un servizio d’ordine e di informazione sindacale; perché la verità è questa, onorevoli colleghi, che siamo tanto animati da mania scioperaiola, come ci accusano parecchi, che è la prima volta, da quando Roma si è liberata, che una organizzazione sindacale è stata costretta allo sciopero generale.

In tutte le manifestazioni di carattere sindacale c’è un certo gruppo di rappresentanti della Camera del lavoro che si adoperano a far sapere agli organizzati, agli altri lavoratori ed alla cittadinanza il modo con cui le manifestazioni si devono svolgere. La polizia è da oltre tre anni che conosce quei pezzi di carta che portano la intestazione della Camera confederale del lavoro, e in tre anni, questi attivisti, questi organizzatori sindacali, non sono stati mai toccati, ma sono stati anzi favoriti dalla polizia perché coadiuvassero in modo che le manifestazioni sindacali non straripassero in nessun incidente. Abbiamo fatto comizi e cortei composti da centomila, centoventimila ed anche centocinquantamila lavoratori e mai un incidente si è lamentato e mai un vetro è stato rotto a Roma (i vetri rotti denunciati dal Ministro dell’interno, alla Camera del lavoro non risultano affatto). Questa volta solo perché camminavano per le strade di Roma con questi pezzettini di carta e rispondevano alle domande della cittadinanza e dei lavoratori, i rappresentanti della Camera del lavoro sono stati prima malmenati e poi arrestati, a diecine. Ecco una delle principali differenze che il Ministro dell’interno non ci ha detto. Ma c’è qualche cosa di più, egregio Ministro dell’interno. Sono stati diffusi dei manifestini denigratori, diffusi a migliaia, i quali hanno tentato di deformare sia l’opinione pubblica della cittadinanza, sia lo stato d’animo dei lavoratori. Ce ne sono di cinque o sei testi diversi. Ne leggo uno solo, per dimostrare con quanto spirito si è cercato di tutelare l’ordine pubblico, e, ripeto, questi manifestini sono stati diffusi da elementi sotto la diretta protezione della polizia, che doveva fare altre cose, e non questa.

Questo è uno dei manifestini: «Questo negozio è rimasto chiuso perché ha ceduto all’imposizione rossa».

Ora, nell’organizzazione sindacale se c’è il rosso, c’è anche il bianco e c’è anche il verde… (Rumori al centro).

Una voce a destra. Non è vero! C’è solo il rosso!

MASSINI. …e lo sciopero generale è stato proclamato con l’approvazione di tutta la commissione esecutiva della Camera del lavoro, meno la corrente democristiana.

La polizia è entrata nei posti di lavoro con le rivoltelle alla mano e coi moschetti spianati per obbligare i lavoratori, che erano lì, a riprendere il lavoro. È avvenuto nelle casermette della Nettezza urbana, dove i lavoratori, con i mitra spianati su loro, sono stati obbligati a montare sui camions e insieme alla polizia, montata anch’essa, sono stati costretti a circolare per Roma. È stato un vero e proprio sabotaggio, una vera e propria negazione della libertà di sciopero. La stessa cosa è avvenuta al mattatoio. Per i Ministeri si sono organizzati dei camions, che sono andati nei rioni abitati prevalentemente dagli impiegati, i quali, con la minaccia dei mitra, sono stati fatti salire e portati ai Ministeri.

Sono stati arrestati e malmenati decine di impiegati che, come era loro dovere, cercavano di persuadere i loro colleghi a non andare al lavoro. Persuadere, non malmenare! E invece la polizia ha bastonato gli scioperanti. Per i negozi e per le sale degli spettacoli sono stati ricercati individualmente i proprietari di questi esercizi: obbligati a riaprire il loro esercizio sotto la protezione della polizia. Voi potete uscire: a cinquanta metri di qui c’è un bar aperto: uno ogni cinquanta, forse ogni cento. Ci sono quattro agenti dentro e sei agenti fuori. Questo è il modo con cui si garantisce la libertà di sciopero, e come si tiene l’ordine pubblico. In questo modo si fa opera di provocazione. Roma sembra in stato di guerra, e nessun incidente è stato provocato dai lavoratori, che non chiedono di meglio che finire questa agitazione con quel minimo di sodisfazione indispensabile che loro è dovuta.

Gli arresti fatti sono innumerevoli. Il Ministro dell’interno ha parlato di blocchi di strade. Risulta al Ministro dell’interno che è stato bloccato il Corso? No! Ebbene, al Corso sono stati malmenati parecchi operai; riconosciuti dal loro vestito di lavoro portati in questura e bastonati; e poi denunciati per oltraggio. Perché siamo arrivati ai vecchi sistemi di polizia: che prima si bastonano gli arrestati, e poi si denunciano di aver oltraggiato la forza pubblica.

Potremmo continuare con gli esempi, onorevole Ministro dell’interno. A me rincresce dover constatare che lei nella sua esposizione sia stato quanto mai parziale, come è stata parziale e faziosa in questi giorni la polizia: unica responsabile di ciò che è avvenuto a Roma; perché i lavoratori non hanno fatto nessuna manifestazione e nessun atto di ostilità contro nessuno, né cose né uomini.

Tutto ciò conferma le dichiarazioni dell’amico onorevole Nenni in quanto, giorni addietro, quando già l’agitazione per la disoccupazione nelle borgate periferiche e nei rioni popolari era alle viste e mentre tutti si aspettavano di leggere sui giornali – prima che scoppiasse l’agitazione, onorevole Scelba – che il Governo, che conosce tutto e sa tutto, avesse preso qualche provvedimento straordinario a favore dei disoccupati, abbiamo letto che al Consiglio dei Ministri l’onorevole Scelba aveva dichiarato d’aver già riordinato nella giusta misura tutti i servizi del Ministero dell’interno e che era pronto ad affrontare qualsiasi evenienza. E bisogna dire che non è stato bugiardo, perché veramente ha saputo affrontare la situazione a Roma in modo poliziesco. Ma i lavoratori non si sono lasciati impressionare.

PRESIDENTE. Onorevole Massini, la prego di concludere.

MASSINI. Ho finito, signor Presidente.

Tutti quelli che hanno un minimo di obiettività hanno dovuto riconoscere la magnifica riuscita dello sciopero generale a Roma (Interruzioni al centro – Applausi a sinistra), e nello stesso tempo hanno dovuto riconoscere la serietà e la compostezza di tutti i lavoratori. Tutti gli incidenti che sono avvenuti – del resto leggerissimi – sono stati provocati dalla polizia, la quale anziché fare opera di vero ordine pubblico, nel senso democratico e popolare della parola, ha fatto opera di faziosità e di provocazione. Anche noi, anche io, modesto rappresentante di tutti i lavoratori di Roma, mi auguro che entro questa sera si possa con legittima soddisfazione chiudere questo movimento. Io penso di poter dichiarare che questo movimento poteva essere evitato, se il Governo fosse tempestivamente intervenuto non promettendo e minacciando provvedimenti di polizia, ma stanziando larghi fondi per lavori di opere pubbliche, così come l’organizzazione sindacale per iscritto ed a voce da oltre dieci giorni aveva richiesto al Governo. Questa era la sola maniera per evitare lo sciopero generale a Roma, che noi – potete crederlo – abbiamo proclamato con dolore; perché noi non siamo quelli che voi ci definite, non siamo agitatori professionali (Commenti); noi non vogliamo l’agitazione per l’agitazione, ma abbiamo il sacrosanto dovere ed il diritto di difendere, nella massima misura possibile, gli interessi dei lavoratori, di tutte le categorie, disoccupati e non disoccupati. Questo è il nostro desiderio.

Signori del Governo, sappiate provvedere in tempo e le agitazioni saranno evitate. (Applausi a sinistra).

D’ONOFRIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D’ONOFRIO. Desidero rivolgere una domanda all’onorevole Ministro dell’interno.

Ho ricevuto una notizia, in base alla quale risulta che oggi un forte nucleo di carabinieri è arrivato ad Albano ed ha sparato sulla folla. Risulta che vi sono molti feriti. Chiedo all’onorevole Ministro dell’interno se conosce i fatti e se egli stesso ha ordinato di sparare sulla folla. (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non conosco i fatti, cui accenna l’onorevole interrogante e per questo non posso essere stato io eventualmente ad ordinare di sparare. (Commenti a sinistra).

Occorre rendersi conto che un Ministro non può rispondere sempre, in ogni momento, in tutti i particolari, dei fatti. Se non ho potuto rispondere all’onorevole Nenni sugli incidenti avvenuti stamane a piazza Colonna è perché le interrogazioni vengono presentate ad horas; cosicché non c’è neppure il tempo materiale di compiere le benché minime indagini (Interruzione della onorevole Gallico Spano Nadia) per poter riferire con cognizione di causa su fatti che, dopo una più accurata indagine, possono risultare diversi da quelli che risultarono alla prima inchiesta.

Per quanto riguarda l’episodio di Albano, faccio presente all’onorevole D’Onofrio che sono uscito dal Ministero cinque minuti prima che si iniziasse la seduta e non ho avuto affatto notizia che si siano verificati incidenti del genere. Cercherò di conoscere la verità dei fatti e mi riservo di riferire all’Assemblea appena sarò in possesso di tutti gli elementi.

MICHELI. Presentate delle interrogazioni! È ora di finirla con questi dialoghi.

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni ed altri hanno presentato la seguente proposta:

«I sottoscritti chiedono al Presidente della Costituente la nomina di una Commissione di deputati alla Costituente, incaricata di appurare in quali circostanze nella mattinata membri dell’Assemblea sono stati malmenati dal servizio d’ordine predisposto a palazzo Montecitorio».

Onorevole Nenni, questa proposta può giungere, al massimo, ad investire i Questori dell’Assemblea Costituente di una ricerca, che tuttavia non potrà essere sorretta da nessuna di quelle garanzie, che potrebbero essere date soltanto se l’Assemblea decidesse una inchiesta parlamentare, e lei, onorevole Nenni, aveva appunto accennato ad un’inchiesta parlamentare.

NENNI. Stando così le cose, onorevole Presidente, prima che l’Assemblea sia tolta, presenteremo regolare domanda di inchiesta parlamentare.

PRESIDENTE. Sta bene.

Votazione segreta del disegno di legge: Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione.

Indico la votazione segreta.

Presidenza del Vicepresidente CONTI

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Stamane abbiamo udito gli onorevoli Mortati e Targetti, i quali hanno svolto le proposte da essi presentate in sostituzione del testo contenuto nel progetto di Costituzione per la sesta norma transitoria.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei illustrare brevemente un emendamento alla proposta Mortati. Poiché la proposta Mortati esclude la proroga dei poteri della Costituente per il terzo e quarto capoverso dell’articolo 3 del decreto n. 98, mentre nella proposta Targetti questa esclusione non è fatta, o per lo meno è taciuta, io penso che si potrebbe trovare una soluzione intermedia in questi termini: concedere la proroga dei poteri della Costituente anche per il comma 4 (per intenderci: voto di sfiducia al Governo) limitatamente al periodo che passa fra il 31 dicembre e la data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. La mia proposta precisa è in questi termini:

«Agli effetti del secondo capo del comma quarto dell’articolo 3 del decreto luogotenenziale sopracitato, i poteri della Costituente sono prorogati fino al giorno della pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione:

Presenti e votanti     413

Maggioranza           207

Voti favorevoli        383

Voti contrari                        30

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bargagna – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagion – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Buffoni Francesco – Bulloni Pietro.

Caccuri – Caiati – Cairo – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cevolotto – Chiarini – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese Pasquale – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Cuurto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gatta – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Lettieri – Lizier – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinaro – Mannelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Murdaca – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Santi – Sapienza – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Segni – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti –Togni – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vigna – Vigo – Villabruna – Villani – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Sono in congedo:

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. La dichiarazione di voto, che sto per fare potrebbe anche considerarsi superflua, perché, avendo noi presentato un emendamento alla norma VI delle disposizioni transitorie, che esclude qualsiasi limitazione di materie, è evidente che noi non possiamo aderire alla proposta dell’onorevole Corbino, che potrebbe invece essere messa in relazione con la proposta dell’onorevole Mortati, in quanto questa delimita il campo nel quale può interloquire l’Assemblea Costituente nel periodo d’intervallo fra la vecchia e la nuova Camera.

Ripeto, la proposta Corbino può essere un completamento della proposta Mortati. Ma noi dobbiamo combatterla, perché tende a limitare poteri dell’Assemblea Costituente, che noi intendiamo siano prorogati senza limitazioni precostituite.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ha facoltà.

TOGLIATTI. Desidero esprimere l’opinione mia e del mio Gruppo sulla questione che è stata sollevata dall’onorevole Corbino e che è sollevata, del resto, dalla stessa divergenza delle due formulazioni che stanno davanti a noi. Difatti, a prima vista sembra che fra queste due formulazioni il divario non sia grande, in quanto entrambe prevedono la proroga dei poteri dell’Assemblea Costituente, prevedono il funzionamento delle Commissioni sia permanenti che legislative entro certi limiti, prevedono il diritto di interrogazione con risposta scritta e prevedono, entro certi limiti, una possibilità di autoconvocazione. In realtà, però, ci sono tra le due formulazioni tali punti di divergenza, che ci pare sia necessario metterli chiaramente in luce, affinché il voto della nostra Assemblea su questa questione possa essere sufficientemente illuminato e orientato.

Il primo punto di divergenza riguarda l’attribuzione o meno all’Assemblea Costituente, in questo periodo transitorio, del potere che le è attribuito dall’ultimo comma del terzo articolo della sua legge istitutiva, comma che prevede la mozione di sfiducia, e dà quindi all’Assemblea Costituente la possibilità di porre in minoranza il Governo, di farlo cadere.

Ora, in linea di fatto, io posso anche ammettere che non si crei da oggi, diciamo, al momento in cui saranno convocati i comizi elettorali, una situazione nella quale la minoranza parlamentare, per quanto ingente, pensi a rovesciare di Governo. Ciò è possibile soprattutto se il Governo convocherà i comizi a breve scadenza, cioè, se chiusi i lavori dell’Assemblea, il Governo rispetterà il termine dei 70 giorni, allo scadere del quale saranno elette nuove Assemblee rappresentative.

Ripeto che in questo caso, in linea di fatto, posso anche ammettere che la questione di un voto di sfiducia al Governo non si ponga. Ma non posso ammettere la cosa in linea di diritto. Posso cioè ammettere che, in linea di fatto, esista un periodo in cui un determinato Governo nessuno pensi a rovesciarlo; ma non posso vedere sancito non soltanto in un testo legislativo, ma in un testo costituzionale, il principio che esista un periodo più o meno lungo in cui il Governo è un Governo assoluto, perché non può essere rovesciato con mezzi legali. Questo è un assurdo giuridico, è un assurdo di diritto pubblico, è un assurdo costituzionale.

Approvando una norma simile, ci metteremmo in contrasto non dico con lo spirito della nostra Costituzione, ma con lo spirito di qualsivoglia regime parlamentare. Circondate pure di cautele l’esercizio del diritto dell’Assemblea di esprimere la sfiducia al Governo, discutiamo assieme quali cautele siano ammissibili e quali no: tutto questo lo ammettiamo; ma che voi neghiate questo diritto e affermiate che, dal momento in cui viene ad essere sciolta l’Assemblea Costituente sino al momento in cui sarà eletta la nuova Assemblea legislativa, il Governo non può essere rovesciato, questo significa semplicemente dire che questo Governo è un governo assoluto.

Onorevoli colleghi, io potrei ammettere in via eccezionale una simile formulazione costituzionale di carattere transitorio ad una sola condizione; alla condizione che tornassimo al regime che esisteva al tempo della Consulta. Allora il Governo non poteva essere rovesciato da un voto della Consulta, perché la Consulta, per definizione, non dava altri voti che consultivi; ma il Governo era costituito sulla base della rappresentanza paritetica di tutti i grandi partiti che allora erano riconosciuti esistenti nel Paese e attorno ai quali si raccoglieva la grande maggioranza della popolazione italiana. Se voi volete tornare a quella situazione, allora una simile norma di carattere transitorio può ancora assumere un significato. Diremo allora che il Governo, dal momento in cui l’Assemblea Costituente avrà terminato i suoi lavori, diventerà un Governo rappresentativo, diciamo, dei quattro quinti dell’Assemblea o più; dovrà cioè essere costituito sulla base di una rappresentanza proporzionale di tutti i partiti, e che fino alle elezioni non si potrà presentare contro questo Governo alcuna mozione di sfiducia. Ecco una formula che è logica giuridicamente, e costituzionalmente corretta. Questa formula, però, non corrisponde per nulla a quelle che sono le volontà del governo attuale, né dell’attuale partito di Governo. Essa è però, ripeto, una formula che si regge.

Ma quando voi mi dite che questo Governo non solo non potrà essere messo in minoranza, ma nemmeno potrà essere avanzata contro di esso una mozione di sfiducia, anche solo allo scopo di provocare un dibattito politico, pure attraverso quei temperamenti e quelle limitazioni che voi qui prevedete, voi create una situazione costituzionale assolutamente inammissibile, contraria a tutto quello che è il costume, non dico di un regime democratico, ma di un regime liberale rappresentativo.

Ritengo, quindi, che questa norma non possa essere accettata. Anzi, ritengo che, se questa Assemblea accettasse questa norma, essa effettivamente si metterebbe sotto i piedi i principî del liberalismo e della democrazia; noi creeremmo nel nostro Paese un Governo assoluto, contro il quale non ci sarebbe più niente da fare e che rimarrebbe a quel posto finché ci vuole rimanere, o finché non lo cacciassimo con mezzi extra-costituzionali, illegali. Non credo che abbiamo bisogno di evocare proprio in questo momento l’adozione di questi mezzi.

Ma oltre al negare all’Assemblea – in questo periodo in cui essa ha terminato i lavori e tutti i diritti che le attribuiamo sono quindi in certa misura ipotetici, in quanto subordinati all’ipotesi della convocazione – oltre il negare all’Assemblea il diritto di manifestare la propria sfiducia al Governo, voi ne limitate il potere di autoconvocazione, chiedendo per l’autoconvocazione la maggioranza dell’Assemblea, cioè la metà più uno. Ma che cos’è la metà più uno? È la maggioranza che il Governo detiene. Se non ha la metà più uno, un Governo non esiste, non si regge. Questo Governo ha la metà, diciamo, più trenta, più quindici, più venti, a seconda dei differenti voti cui ci vogliamo riferire. Siamo sempre di poco al di sopra della metà. Voi venite, quindi, a far coincidere la maggioranza necessaria per provocare una convocazione dell’Assemblea con la maggioranza governativa.

Signori, lasciamo la foglia di fico, diciamo allora che è il Governo che decide se l’Assemblea deve essere convocata, e che questa Assemblea viene convocata per decisione del Governo senza avere il diritto di esprimere al Governo la sua fiducia o sfiducia.

Questo è dunque il regime che voi volete istituire in questo periodo transitorio? Mi pare che posta in questo modo, nei suoi termini veri, debba apparire la gravità della questione. Appare che ci troviamo qui, in tema di dibattito di una norma transitoria, di fronte ad un tentativo – che non posso non considerare serio, poiché viene da un partito che è il partito di governo nel momento attuale – di fronte ad un tentativo di sopprimere ogni forma di vita democratica, ogni possibilità di opposizione costituzionale, e riducendo la vita politica del nostro Paese – e a tempo indeterminato – alla vita politica di un paese retto da un governo assoluto!

E ho detto «a tempo indeterminato», perché questa è la chiave di tutto il sistema che ci viene proposto. Sappiamo noi quale sarà la durata del periodo cui si riferisce questa norma transitoria? Non lo sappiamo. Non lo sappiamo, perché, affinché lo sapessimo, sarebbero necessarie due cose.

Prima di tutto sarebbe necessario che a quel banco sedesse il Governo. Curiosissima questa situazione! Stiamo discutendo del regime transitorio governativo che dovrà esistere nel nostro Paese fino a marzo, maggio o giugno, e il Governo – che è il Governo che beneficerà di questa situazione transitoria – non sente il dovere di venir qui a dire cosa pensa della questione. La richiesta che il Gruppo democristiano presenta, chiedendoci di votare la mozione che porta la firma dell’onorevole Mortati e di altri, è il pensiero del Governo sì o no? Questo è il momento in cui il Governo doveva essere qui a esprimere il suo pensiero, perché si tratta di decidere come sarà governata l’Italia per un periodo di tempo di durata non trascurabile.

Ma il Governo non solo dovrebbe essere presente a questo dibattito, esso avrebbe dovuto sentire l’elementare dovere di darci una notizia, di dirci quando vorrà fare le elezioni. Come facciamo noi a discutere seriamente di una norma transitoria se non sappiamo per quanto tempo durerà questa transitorietà? Come facciamo a decidere quali saranno i poteri dell’Assemblea Costituente in questo periodo se non sappiamo in questo momento quanto, questo periodo durerà? Venga qui il Presidente del Consiglio, venga il Ministro dell’interno, e ci dicano se faremo le elezioni il 7 marzo o il 7 maggio o il 7 giugno. Tra queste date non c’è soltanto una differenza di stagione e di temperatura, vi è una differenza di qualità politica! Nell’un caso si tratta di un periodo transitorio che dura poco più del tradizionale periodo elettorale di 70 giorni; nell’altro caso si tratta di metà dell’annata! Vogliamo dare poteri assoluti a questo Governo per metà dell’annata? Voi sapete che io non glieli darei nemmeno per mezza giornata, perché sono convinto che questo Governo spinge il Paese alla rovina; ma, anche fra i colleghi che non condividono questo mio giudizio su questo Governo, posto il quesito di dargli carta bianca per governare come governo assoluto fino al mese di giugno, penso che molti non accetteranno questa soluzione.

Per questo ritengo che la proposta, la quale porta la firma dell’onorevole Mortati e di altri, non possa essere approvata.

Ritengo in ogni modo che non possa essere approvata una norma qualsiasi la quale neghi all’Assemblea, anche ipoteticamente e in caso di autoconvocazione, il diritto di presentare mozioni di sfiducia, cioè di discutere della fiducia al Governo, ed eventualmente di rovesciarlo.

Ritengo infine che sia assurdo far coincidere la maggioranza che deve decidere l’autoconvocazione con la maggioranza stessa governativa, perché questo è un giuoco, è un ripetere una posizione politica la quale invece si tratta di circoscrivere in modo diverso.

Infine, ripeto quello che ho detto nel dibattito che avemmo quando il nostro Presidente ci riunì in sede di consultazione fra i dirigenti di Gruppi parlamentari, che cioè tutta la discussione su questa norma transitoria è viziata dal fatto che non sappiamo quanto durerà questa transitorietà. E ritengo che il Governo, se fosse un Governo che si interessasse veramente di mantenere la tranquillità del Paese, e non soltanto del Paese ma anche la tranquillità nell’Assemblea e nell’animo nostro, dovrebbe sentire il dovere di venirci a dire quando le elezioni potranno essere fatte, in qual giorno si propone di farle, affinché possiamo decidere con conoscenza di causa quali sono i poteri che vogliamo dare al Governo nel periodo fino alle elezioni. (Applausi all’estrema sinistra).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Chiedo venia al Presidente ed ai colleghi se parlo per la seconda volta per illustrare il mio emendamento.

In sostanza noi abbiamo qui due tesi estreme: la tesi la quale vorrebbe la proroga dei poteri della Costituente integralmente fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere; la tesi la quale vuole prorogati fino a quel giorno soltanto alcuni dei poteri della Costituente e non prorogati altri poteri, fra i quali quello contemplato dal quarto capoverso dell’articolo 3 del decreto 16 marzo. Fra queste due tesi, di cui una è espressa dall’emendamento Mortati e l’altra è stata espressa dall’emendamento Targetti, a cui mi pare che si sia associato anche l’onorevole Togliatti, io ho proposto un emendamento che, a mio giudizio, divide un po’ salomonicamente la differenza. La preoccupazione che, indipendentemente da qualsiasi considerazione di ordine politico, ma esclusivamente per considerazioni di diritto costituzionale, l’Assemblea deve avere nei riguardi dei suoi rapporti col Governo ed i rapporti del Governo con il Paese, impone di porre un limite alla facoltà del Governo di indire le elezioni quando voglia. Questo limite come potrebbe essere dato? A mio parere dovrebbe essere dato conservando all’Assemblea il diritto di autoconvocazione con un quorum leggermente più basso della metà più uno e dentro il periodo in cui la convocazione dei comizi elettorali non sarà fatta. Di modo che l’Assemblea avrà sempre il  diritto di chiedere che il Governo convochi i comizi elettorali, ed il Governo, per non essere esposto al rischio di un voto di sfiducia o della proposta di un voto di sfiducia, sarà obbligato a indire i comizi dentro il termine consentito dalle condizioni climatiche del Paese.

Penso che la mia proposta potrebbe anche costituire il mezzo per il quale le elezioni possano essere posticipate alquanto sulla data rispetto alla quale le voci sono finora corse, perché io penso che fare le elezioni nella prima settimana o nella seconda settimana di marzo significherebbe esporre una parte notevole del corpo elettorale del Paese a dei disagi che potrebbero anche seriamente influire sui risultati delle elezioni medesime.

L’interesse di tutti è che la consultazione elettorale avvenga in quell’epoca nella quale la sua espressione numerica possa corrispondere meglio allo stato d’animo della massa elettorale, e quindi interesse di tutti è quello di rimandare le elezioni alla primavera iniziata, quando le condizioni climatiche sono più favorevoli per svolgerle. In questo modo si potrebbero conciliare le aspirazioni della parte che desidera siano indette le elezioni e del Governo che deve sentirsi tranquillo. Un Governo che ha indetto le elezioni va incontro a un giudizio molto più severo di quello dell’Assemblea, che è il giudizio del corpo elettorale. Nello stesso tempo noi creeremo il mezzo per obbligare un Governo che dovesse sentire il desiderio di non fare le elezioni, di essere esposto al rischio di un voto di sfiducia dell’Assemblea.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Onorevoli colleghi, io non parlo dal banco del Governo, parlo come membro della Costituente; ma non posso tuttavia dimenticare che ricopro la veste di membro del Governo. Ho firmato l’emendamento, anzi, più che l’emendamento, la proposta di articolo presentata dall’onorevole Mortati, in quanto che siamo convinti di questi principî e di queste esigenze. Come principio fondamentale, non possiamo mettere sullo stesso piano le Assemblee legislative normali con l’Assemblea Costituente. L’Assemblea Costituente è un organo di eccezione, un organo che si risolve con l’adempimento dello scopo per il quale fu creata, ossia la Costituzione. Comprendo che, durante questo periodo, essa ha svolto anche altre attività oltre quella strettamente costituzionale, perché, gliene dava il compito la legge 16 marzo 1946, come fare la legge elettorale, approvare i trattati, approvare le leggi che il Governo avesse creduto portare all’Assemblea, ed anche funzioni di altro carattere in seguito ad accordi che furono presi fra Governo ed Assemblea, in modo che furono costituite delle Commissioni legislative che collaborarono nell’azione continua legislativa del Governo. Ora, voler riportare la situazione di questa Assemblea a quello che sarà il futuro svolgimento delle Assemblee legislative normali, che eserciteranno in pieno ed esclusivamente la funzione legislativa, io credo che sia un errore di principio. Questa Assemblea aveva principalmente ed esclusivamente la funzione costituzionale. Questa si esaurisce come potere nel termine e nello scopo. Possiamo trovare delle soluzioni di adattamento. Dobbiamo, anzi, trovare queste soluzioni di adattamento, perché possono sorgere, dal momento in cui entra in vigore la nuova Costituzione al giorno delle elezioni delle nuove Camere, degli eventi per cui è indispensabile che un organo, direi quasi un collegio così importante come l’Assemblea attuale, accompagni il Governo. Ma questa è una situazione di eccezione, situazione d’eccezione che può far rivivere l’Assemblea e darle la possibilità di deliberare in alcune determinate circostanze, circostanze che possiamo esaminare pacatamente perché è interesse di tutti di creare qualche cosa che sia armonico, un ponte fra la Costituzione che noi vogliamo fare e l’Assemblea Costituente che dovrebbe finire. Questo ponte è necessario crearlo perché possono esserci delle circostanze essenziali in cui è indispensabile che questo organo vi sia. E a questo tende la proposta Mortati: l’Assemblea, in altri termini, finisce col 31 dicembre nei suoi scopi essenziali, però rivive, e questa sua possibilità di rivivere gli dà una proroga juris, e cioè la possibilità di riunirsi per deliberare in alcune circostanze speciali. Che cosa vuole escludere la proposta Mortati – e molto abilmente l’onorevole Togliatti l’ha detto? Vuole togliere la possibilità che l’Assemblea Costituente possa esercitare una funzione politica nei confronti del Governo. Per quale ragione, onorevole Togliatti? Perché (e in questa veste non so se posso parlare come membro del Governo, perché vi sono nell’Aula altri due membri del Governo più autorevoli di me) in fondo in Consiglio dei Ministri si è riconosciuta la possibilità della convocazione dei comizi, non solo, ma si è ritenuta indispensabile: inquantoché il giorno in cui è approvata la Costituzione ed entra in vigore, è il Presidente della Repubblica che ha il dovere di convocare i comizi entro i 70 giorni. Non vi può èssere altra soluzione, perché non è possibile che un Governo che ha poteri legislativi si senta nella possibilità di conservarli di fronte ad una Costituzione che entra in vigore e che stabilisce la necessità di convocare i comizi perché si riformino le Camere legislative.

Questa preoccupazione dell’onorevole Togliatti cade implicitamente, perché non solo nella legge, ma anche nella natura delle cose è una necessità che tutti sentiremo. Qualunque Governo vi sarà in quel momento dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Perché è indispensabile la convocazione dei comizi ed è l’appello al popolo che deve decidere delle situazioni politiche nettamente e chiaramente, in modo che tutti i partiti non verranno qui dentro a discutere nei confronti del Governo, ma andranno di fronte al popolo per discutere i loro programmi e avere il loro mandato per formare i nuovi organi della Repubblica. È evidente che non vi possono essere preoccupazioni; ed anche la preoccupazione dell’onorevole Togliatti deve essere superata, non perché il Governo ha bisogno di fare dichiarazioni esplicite, ma perché è insito nella stessa legge costituzionale l’obbligo giuridico e morale di appellarsi al popolo. D’altra parte, l’appello al popolo comporta questa esigenza: e cioè, non è possibile il giorno in cui ci si appella al popolo e che al popolo si presentano questioni concrete della vita politica, di battere queste stesse questioni contemporaneamente qui dentro.

L’appello al popolo significa, in tutti i regimi costituzionali, la fine dell’attività parlamentare e l’inizio di una nuova attività. Saremmo in contraddizione se volessimo far risorgere il Parlamento per discutere di situazioni politiche, quando le abbiamo rimandate con l’appello al popolo e alla convocazione dei comizi. Mi pare che tutte queste preoccupazioni sono risolute in fatto e in diritto. Perciò, quando diciamo che vogliamo far rivivere la Costituente per ragioni eccezionali che possono essere superiori alla nostra volontà (non ne voglio accennare nessuna, ma voi le capite tutte, perché sono insite negli articoli richiamati) e per cui può essere indispensabile convocare l’Assemblea, ritengo che non sarebbe prudente né giusto riconvocarla soltanto per presentare mozioni di fiducia o sfiducia al Governo.

Per queste ragioni insistiamo nel nostro punto di vista.

Il giorno delle elezioni (non sono io che lo dico, ma è qualche giornale) potrà andare al massimo ai primi di aprile. Più in là non si potrà andare. D’altra parte le considerazioni sono queste. Se prendete la storia della nostra vita parlamentare, vedrete che moltissime elezioni si sono fatte a fine di marzo o ad aprile. Non sarebbe richiesto d’altra parte dai partiti di andare oltre certi termini, in quanto è nell’interesse di tutti che l’appello al popolo si faccia quanto più presto possibile.

Per queste considerazioni insisto sull’articolo da noi presentato. Per quanto si riferisce alla forma dell’autoconvocazione, siccome è possibile – anzi riteniamo che sia così – che una qualche convocazione si debba avere, diciamo, a prescindere che l’Assemblea rimarrà, nel senso che potrà lavorare attraverso le sue Commissioni permanenti, ed anche a mezzo delle interrogazioni con risposta scritta, noi manteniamo fermo quello che il Comitato ha stabilito. Diciamo: questo quorum per l’autoconvocazione quale può essere? Non metto molta importanza a questo quorum. Ma d’altra parte è necessario che ci ricolleghiamo ad un principio giuridico già esistente nel nostro ordinamento.

L’articolo 10 delle aggiunte apportate al Regolamento della Camera nel 1922, stabilisce l’autoconvocazione, istituto che non esisteva prima nel nostro diritto pubblico: autoconvocazione, però, durante l’aggiornamento della legislatura. Quell’articolo 10 stabilisce che per iniziativa o di 5 Commissioni permanenti – il Parlamento era diviso in Commissioni – oppure di un quorum della maggioranza assoluta, metà più uno, dei deputati la Camera poteva essere convocata.

Si vuole ridurre questo quorum; si tenga però ben presente la necessità che non siano piccoli Gruppi a formarlo; ma la convocazione risponda ad una esigenza nazionale.

Per queste considerazioni, che in fondo non si differenziano molto dalle idee espresse dall’onorevole Corbino, ritengo che possiamo essere tutti d’accordo nell’approvare la proposta Mortati.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. È vero che l’onorevole Grassi, incominciando a parlare, ha detto che separava la propria qualità di membro dell’Assemblea dalla qualità di Ministro Guardasigilli. Però, legittimo che sia o non sia questo sdoppiamento, mi pare sia esagerato che l’onorevole Grassi, quando parla, dimentichi di essere o dover essere come Ministro Guardasigilli, un giurista, o per lo meno un esperto di diritto costituzionale.

La questione da me sollevata non è questione di buona o malafede, di consuetudine o di desuetudine; questo non conta. Io ho sollevato un problema di diritto costituzionale.

Ella mi può dire che il Governo non ha nessuna intenzione di fare questo, che non intende stabilire, una situazione, in cui esso sia sottratto al controllo dei rappresentanti dei cittadini e così via. Tutte queste però sono espressioni che possono addirsi a uno di quei periodi passati, in cui i Governi governavano in modo paternalistico. Da quando siamo entrati sul terreno delle Costituzioni liberali, cioè da quando l’attività dei Governi è stata regolata da norme giuridiche precise di diritto pubblico, formulate in testi di diritto costituzionale, queste assicurazioni non hanno più nessun significato. Quando pongo una questione di diritto costituzionale non mi interesso più del fatto che i governanti abbiano l’una o l’altra intenzione, che siano persone oneste o no. Questo lo discuteremo in sede politica. Qui io parlo dei miei diritti in sede costituzionale e affermo che in sede costituzionale non è ammissibile stabilire che questo Governo non potrà mai essere rovesciato, perché si nega ai rappresentanti del popolo l’esercizio di quell’elementare loro diritto che consiste nel chiedere che l’Assemblea voti la sfiducia al Governo.

Vorrei vedere, se al banco del governo, invece dei Ministri democristiani, sedessero Ministri comunisti o socialisti, vorrei sentire cosa si direbbe in questo caso se noi facessimo una proposta simile! Ecco – si griderebbe – voi volete la dittatura, voi volete un Governo senza controllo, voi vi mettete sotto i piedi tutto il passato della democrazia e del liberalismo e forse delle più belle ancora. Noi non vogliamo un Governo senza controllo, non vogliamo sia sancito in un testo costituzionale che questo controllo non può nemmeno esistere. E badate: so benissimo che parliamo di una situazione transitoria. In questa situazione siamo stati noi i primi a dichiarare che non chiediamo affatto che l’Assemblea funzioni come Assemblea di tipo legislativo, fino alle prossime elezioni. Riconosciamo che è necessaria una pausa nei lavori dell’Assemblea. Riconosciamo che soltanto in casi eccezionali e con garanzie particolari l’Assemblea potrà essere convocata e potrà autoconvocarsi. Ma non scriviamo in un testo legislativo che sia impossibile, anche in caso di autoconvocazione, che l’Assemblea neghi la fiducia al Governo; piuttosto, allora, neghiamo il diritto di autoconvocazione. Infatti, perché si dovrebbe autoconvocare l’Assemblea? Per discutere dei testi costituzionali? Ma la discussione a questo proposito è finita. L’onorevole Grassi si difende affermando che questa Assemblea è di un tipo particolare, per cui non la si può trattare come una normale Assemblea politica. Curioso! Quando si costituì l’attuale Governo, siamo stati proprio noi, io e Nenni, che abbiamo detto che questa è una Assemblea d’eccezione, in cui non può esistere un Governo di una parte sola, ma occorre un Governo di grande maggioranza.

Voi allora ci avete risposto – e lo disse lo stesso onorevole De Gasperi – non è vero! L’onorevole De Gasperi, che mi dicono sia presente in quest’Aula, forse anche lui in qualità di deputato e non di Presidente del Consiglio, sostenne che ci troviamo in una situazione normale. Rovesciate il Governo se avete la maggioranza – ci disse! Se la situazione è questa, la norma che invocate non si regge. Il vostro argomento è un argomento che voi avete distrutto sul terreno politico e ora vorreste far risorgere su un terreno molto più serio: sul terreno costituzionale.

Gli argomenti del Ministro Grassi non mi possono convincere. Quando egli mi parla dell’articolo 10 del Regolamento della Camera, non esito a rispondergli che questo articolo per noi non esiste. Questo articolo non c’è nel nostro Regolamento della Camera.

GRASSI, C’è, esiste.

TOGLIATTI. C’è, in un testo diverso dal nostro Regolamento; e la nostra Assemblea non è un organo a cui quel testo si possa applicare. Ma anche se esistesse e avesse valore, questo articolo sarebbe in contrasto con la proposta che fate, e che prevede altre condizioni di autoconvocazione.

Rispetto al quorum, la mia proposta era più restrittiva di quella che è stata avanzata in seguito da altri settori dell’Assemblea. È stata infatti avanzata la proposta di un terzo, mentre noi avevamo proposto i due quinti. Ciò vuol dire che la questione che io sollevo, non la sollevo affatto con l’intenzione di abusare del diritto di autoconvocazione, o di approfittare della situazione transitoria per chiedere a ripetizione delle autoconvocazioni e mantenere così in subbuglio l’atmosfera politica del Paese. No! Io ammetto la limitazione del quorum; anzi, avanzo la proposta di un quorum più alto. Io sollevo una questione di principio. Noi non sappiamo ancora quando le elezioni saranno fatte. Se sapessimo che le elezioni saranno fatte settanta giorni dopo la fine dei nostri lavori, la cosa sarebbe meno grave. La questione esisterebbe però egualmente; anche in quel caso protesterei contro chi volesse scrivere in un testo costituzionale che non si può in quei settanta giorni rovesciare il Governo. Protesterei! Una cosa simile non si può mai scrivere in un testo costituzionale di uno Stato liberale, democratico.

Ma noi non sappiamo nemmeno se il periodo transitorio sarà di settanta giorni o di centoquaranta o di duecentodieci.

Ignoriamo questo dato elementare. E allora? Perché dobbiamo sancire che il Governo, dal momento che noi avremo finito il nostro lavoro costituzionale, è un Governo al di fuori della possibilità di essere rovesciato ed è quindi un Governo assoluto?

L’onorevole Scelba ci parlava oggi di spirito francescano. Lo spirito francescano che ispira questa norma è tale non secondo San Francesco, ma secondo Francesco Giuseppe, cari colleghi. (Viva ilarità a sinistra).

Io insisto, dunque, e presento una proposta, che può essere sospensiva, ma potrebbe anche non esserla se il Presidente del Consiglio si decidesse a funzionare in questa Assemblea di nuovo come Presidente del Consiglio, e a dirci quali sono le intenzioni del Governo, e la quale suona così:

«L’Assemblea decide di deliberare sulla norma transitoria numero VI soltanto dopo che il Governo avrà stabilito la data delle consultazioni elettorali per la nomina della Camera e del Senato».

Io prego il Presidente di porre ai voti questa mia proposta. Credo, facendo questo, di agire non nell’interesse dell’uno o dell’altro partito, ma per la difesa delle tradizioni liberali e democratiche del nostro Paese. Noi vogliamo un regime di normalità democratica, voi tentate di creare un regime di leggi eccezionali e con questa proposta gettate la prima pietra per crearlo. (Applausi a sinistra).

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Stamattina mentre avvenivano gli incidenti che hanno dato luogo poi all’interrogazione dell’onorevole Nenni e quindi poca gente era nell’Aula, rispondendo al collega onorevole Mortati ho avuto occasione rapidissimamente di fissare alcuni concetti critici a questo proposito. Questi concetti riguardavano i poteri dell’Assemblea e il quorum, cioè gli stessi concetti che ha espresso, approfondendoli, or ora il collega Togliatti. Io debbo dire che col collega Togliatti non ho scambiato nessuna opinione su questo argomento. Per la prima volta sento esprimere le stesse cose che io ho espresso stamane. Perché questa analogia di vedute su un problema delicato di politica generale e di diritto costituzionale? Eppure, noi due apparteniamo evidentemente a due scuole che non hanno la stessa origine. Il fatto è che il problema deve toccare chiunque non sia al Governo in questo momento ed io aggiungo che potrebbe anche toccare la sensibilità dei colleghi che costituiscono la maggioranza del Governo. Che cosa significa infatti controllo parlamentare? L’articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1946, contemplando l’eventualità della proroga dell’Assemblea, intendeva precisamente farlo per dare modo all’Assemblea Costituente di esercitare un controllo parlamentare sul Governo. Il controllo parlamentare che esercita il Parlamento non è il controllo generico. Il controllo generico è quello che esercita il cittadino, una società di cultura, una società politica, i giornali. Questi esercitano un controllo, ma generico, limitato; ma il Parlamento non esercita un controllo generico: esercita un potere preciso, non limitato, positivo. E che controllo parlamentare sarebbe quello di un’Assemblea la quale critichi il Governo, ne dimostri le malefatte (questo per ipotesi, ma mi auguro che non avvenga mai) quando poi, dimostrando queste malefatte, la maggioranza dell’Assemblea, convinta nell’interesse superiore del Paese della necessità di cambiare Governo, praticamente non possa farlo? Evidentemente, siamo di fronte all’essenza del controllo parlamentare politico e positivo. Se un’Assemblea parlamentare non ha la possibilità, sia pure teorica, di rovesciare il Governo, cioè di difendere le minoranze, che possono diventare maggioranza, dove vanno i principii della democrazia ai quali tutti noi siamo attaccati e senza i quali tutti noi qui dentro, di qualunque settore, siamo convinti che il Paese andrebbe alla rovina? Io credo quindi che le cose esposte dall’onorevole Togliatti e che io espongo ora siano degne della massima considerazione, e mi auguro che qualcuno le esprima in forma più convincente. La questione del quorum è poi una conseguenza logica: se si vuole che le minoranze possano far convocare l’Assemblea, è necessario che questo quorum non sia elevato. Un terzo, come ha detto stamane l’onorevole Giannini, mi pare che sia quello più rispondente ad un criterio di sincera obiettività e di reale democrazia. (Applausi).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. È certo che se questa Costituzione dovesse durare nell’avvenire tutti i Governi futuri si troveranno di fronte a questo inevitabile necessità: di dover cioè convocare i comizi elettorali quando le Camere siano sciolte, in modo che le elezioni avvengano entro 70 giorni dal termine a quo.

Se nel caso particolare noi fossimo convinti che questa norma può trovare applicazione, relativamente alla fine dei lavori della Costituente, calcolata alla data del 31 dicembre, sapremmo tutti che entro il 10 marzo dovrebbero aver luogo le elezioni. Ci rendiamo conto però che questa Assemblea è diversa, come osservava l’onorevole guardasigilli, da una normale Camera dei deputati e ci rendiamo conto anche che una certa latitudine di apprezzamento dovrà essere lasciata in questo periodo di carattere speciale e transitorio al Governo. Pare a me però che questa latitudine di apprezzamento non possa essere assolutamente indeterminata, e che se la Costituente crede di avere il diritto di fissare nella Costituzione, come ha fatto, il termine di 70 giorni per tutti i casi futuri, tenendo presente il fisiologico futuro funzionamento della Costituzione, abbia più che mai il diritto, nel caso particolare, di determinare una norma transitoria, in aggiunta a quelle di cui si discute, a tenore della quale sia precisato entro quale termine il Governo è obbligato a convocare i comizi. Se noi faremo precedere la deliberazione di questo termine attraverso una norma transitoria V-bis, credo che tutta la discussione intorno alla norma transitoria VI sarà enormemente facilitata, perché noi sapremo esattamente qual è l’unità di tempo in cui può spaziare l’apprezzamento discrezionale del Governo, che io per il primo ammetto possa andare oltre il 10 marzo, se questa è una necessità di ordine politico ed anche di ordine contingente, relativamente alla stagione. Faccio quindi in questo senso una proposta formale al Comitato di redazione, perché proponga una norma transitoria che stabilisca entro quale periodo per la prima volta debbano essere convocate le Camere componenti il Parlamento.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Onorevoli colleghi, noi riteniamo che in questo problema non vi siano vie di mezzo. Si può ritenere non applicabile questa proroga dei poteri all’Assemblea Costituente. È inutile che io faccia perdere tempo all’Assemblea per, non dico illustrare, ma neppure ricordare le ragioni che, secondo noi, starebbero contro questa tesi. Del resto questa tesi non è stata affacciata e tanto meno sostenuta da alcuno. Sarebbe, però, stata, una tesi che poteva sostenersi, senza andare incontro a quella illogicità alla quale – me lo permetta l’onorevole Mortati – non ci si può sottrarre con la sua proposta. Escluso infatti che si possa negare l’applicazione alla Costituente del principio della proroga dei poteri, bisogna che questa proroga abbia tutti i caratteri della serietà e per il contenuto dei poteri stessi e per il modo di esercitarli.

Mi sembra che su questo non ci possano essere divergenze. Noi abbiamo proposto una norma, secondo la quale, genericamente, senza specifiche esclusioni, i poteri dell’Assemblea Costituente vengono prorogati fino all’elezione delle nuove Camere. L’onorevole Mortati, invece, accetta il principio della proroga; ma limita i poteri dell’Assemblea Costituente, in questo periodo, a tre materie: alla materia costituzionale, alla materia elettorale e alla materia dei trattati. Cioè alle uniche materie che, in origine, costituivano il campo dell’attività legislativa della nostra Assemblea.

Ma, onorevoli colleghi, io credo che tutti voi dovrete convenire che, limitata così l’eventuale attività dell’Assemblea Costituente, si stabilirebbe una norma astratta, priva di significato perché priva di applicazione. Infatti. Nella materia costituzionale avremo finito allora allora di fare la Costituzione e non avremo occasione di prendere decisioni di carattere costituzionale.

Materia elettorale: noi non ci possiamo congedare, l’Assemblea Costituente non può finire la sua attività normale, prima di aver votato le leggi elettorali, perché il decreto che ci ha costituito – voi egregi colleghi lo ricorderete come me – attribuisce proprio questa specifica attività legislativa alla nostra Assemblea. L’Assemblea Costituente, come non potrà sciogliersi prima di aver approvato la Costituzione, non potrebbe sciogliersi prima di aver approvato le leggi elettorali. Quindi, nel periodo della proroga dei poteri anche questa materia sarà stata completamente esaurita.

È inutile che vi parli della terza specie di attività, che sarebbe riservata, secondo la proposta Mortati, all’Assemblea Costituente, quella dei trattati. Non so quale ipotesi più aberrante di questa si potrebbe fare, cioè l’ipotesi che in questo periodo intervallare vi fosse, da parte dell’Italia, da approvare qualche trattato.

E allora, onorevole Mortati, vorrei che ella convenisse che non esageriamo quando le diciamo: «badi che con questa limitazione della materia ella da una parte afferma il principio della proroga e dall’altra lo nega, perché non permette che questi poteri prorogati si possano esercitare».

S’è detto: ma altra attività legislativa l’Assemblea Costituente non aveva; questo ha ripetuto anche il mio buon amico onorevole Grassi.

Ma l’Assemblea non dimentica che, con le deliberazioni del 15 e 23 luglio e del 17 settembre, non solo è stato ampliato il campo della sua attività legislativa, ma non si è voluto prestabilirne i limiti, né segnarne i nuovi confini. Quindi non si dica che questa è un’Assemblea che aveva soltanto per eccezionale eccezione un potere legislativo; no; non è così.

Una limitazione delle facoltà legislative stava nel decreto costitutivo dell’Assemblea, ma le successive deliberazioni nostre l’hanno abolita.

Quando l’onorevole Grassi ha detto che è una specie un po’ particolare quella della nostra Assemblea e che pertanto bisogna venire a un adattamento, egli ha detto cosa da noi stessi già ammessa. A un adattamento abbiamo noi stessi provveduto. Se noi avessimo inteso che alla nostra Assemblea si applicasse in pieno il principio della proroga dei poteri, noi avremmo allora dovuto dire che anche nel periodo della proroga, com’è accaduto fino ad oggi ed accade ancora, le Commissioni legislative hanno la facoltà di fare obbligo al Governo di portare un determinato disegno di legge innanzi all’Assemblea Costituente.

Sarebbe stata questa dunque la conseguenza di un’integrale applicazione dell’articolo 58 della Costituzione. Noi ci siamo invece tanto preoccupati delle speciale natura della nostra Assemblea, che abbiamo detto che, in questi casi, le Commissioni si limitino ad emettere un parere consultivo, il quale però noi riteniamo dovrà esercitare notevole influenza sul Governo che si sentirà moralmente e costituzionalmente impegnato a non prendere provvedimenti contrari alla volontà della Commissione, emanazione dell’Assemblea.

Ora, onorevoli colleghi, arrivati a stabilire il quorum, dobbiamo tener presente che inutilmente si sarebbe attribuita alla nostra Assemblea una lata competenza, se poi noi non le conferiamo il mezzo per esercitare questa sua facoltà. Questa non è, onorevole Grassi, una questione insignificante, come ella ha detto: è una questione importante, decisiva, perché una concessione di poteri virtuali il cui esercizio sia subordinato a condizioni irrealizzabili può sembrare un’irrisione, un inganno.

Ma l’onorevole Grassi afferma che la maggioranza sarebbe necessaria per prendere una deliberazione. Ebbene, questa sua dichiarazione, onorevole Grassi, fa un po’ torto alla acutezza della sua mente. Non mi è infatti difficile risponderle che ci può essere un numero inferiore alla metà dei componenti dell’Assemblea che avendo facoltà di far convocare l’Assemblea stessa riesca poi a tirare dalla sua anche quel numero di deputati richiesti per formare, insieme, una maggioranza.

Ed infine, quando l’onorevole Mortati e l’onorevole Grassi, a giustificazione della determinazione del minimo nella metà dei componenti, si riferiscono al Regolamento della Camera, fanno un riferimento esatto, ma che va completato, per non ricavarne deduzioni arbitrarie. È vero che il vecchio Regolamento della Camera stabiliva che occorresse la richiesta della metà dei componenti la Camera dei deputati per ottenere la convocazione della Camera stessa; ma l’onorevole Grassi sa bene, per esperienza, e lo sa pure l’onorevole Mortati – che tanto sa di questa materia – che, accanto alla possibilità di convocare la Camera su richiesta della metà dei deputati, vi era anche l’altra possibilità di convocazione della Camera attraverso le Commissioni.

Occorreva il voto di cinque Commissioni.

Ora, siccome ogni Commissione era composta, se non erro, di una quarantina di deputati, cinque Commissioni rappresentavano duecento deputati. Bastava che queste cinque Commissioni a maggioranza, cioè col voto della metà più uno dei loro componenti, ne chiedessero la convocazione, perché la Camera dovesse essere convocata.

La metà dei deputati era richiesta nel caso in cui non si fosse raggiunto l’accordo della maggioranza delle cinque Commissioni. Per due strade, dunque, si poteva arrivare alla convocazione. Oggi, onorevoli colleghi, c’è un mezzo solo: la richiesta di un numero determinato di deputati.

Concludo, onorevoli colleghi. Se si accetta, come tutti voi mostrate di voler accettare, che si applichi anche all’Assemblea Costituente il democratico, innovatore principio della continuità dei poteri, non c’è via di mezzo: bisogna accettare che questa proroga si riferisca a tutti i poteri dell’Assemblea e bisogna al tempo stesso accettare una modalità di esercizio dei poteri stessi che non renda questa attribuzione una vana affermazione, una lustra. (Applausi a sinistra).

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Mi pare che al banco della Presidenza sia pervenuta una proposta sospensiva della decisione sulla VI norma transitoria in attesa di precise dichiarazioni del Governo sulla data delle prossime elezioni.

Se questo è esatto e se questa assicurazione può modificare in parte anche l’indirizzo di alcuni Gruppi politici sulla portata della norma in discussione, dichiaro che il Governo si riserva, nel prossimo Consiglio dei Ministri, di stabilire la data delle prossime elezioni.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi pare che, date le dichiarazioni del Ministro della giustizia, onorevole Grassi, in questo momento la cosa più opportuna sia sottoporre all’Assemblea per la votazione la proposta formulata dall’onorevole Togliatti, che è appunto quella cui il Ministro Grassi si riferiva.

Ne do lettura:

«L’Assemblea decide di deliberare sulla VI norma transitoria dopo che il Governo avrà stabilito la data della consultazione popolare per l’elezione della Camera e del Senato».

Se nessuno chiede di parlare, pongo in votazione questa proposta che, in sostanza, è un invito, a cui il Governo ha già fatto conoscere che risponderà prossimamente.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che noi votiamo in senso favorevole alla proposta Togliatti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta Togliatti testé letta.

(È approvata).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Ho presentato un emendamento aggiuntivo, sul quale credo che l’Assemblea debba pronunciarsi.

PRESIDENTE. Onorevole Cevolotto, l’Assemblea ha votato – ed ha votato anche lei, se non sbaglio – una risoluzione sospensiva.

CEVOLOTTO. Ma il mio emendamento non è in contrasto e non è assorbito da ciò che è stato deciso.

PRESIDENTE. Ne do lettura all’Assemblea e sarò lieto se qualcuno avrà un’opinione uguale a quella dell’onorevole Cevolotto e contraria alla mia.

Gli onorevoli Cevolotto, Perassi ed altri propongono il seguente emendamento aggiuntivo:

«Le prime elezioni della Camera dovranno aver luogo entro cinque mesi dall’entrata in vigore della Costituzione».

Domani o fra qualche giorno il Governo farà sapere, secondo l’impegno preso, la data delle elezioni. Allora che valore avrà l’aver discusso su questa sua proposta, onorevole Cevolotto?

CEVOLOTTO. Mi permetta di dire che valore ha. Nell’articolo 58 della Costituzione vi è una norma la quale stabilisce che le elezioni devono aver luogo entro 70 giorni dallo scioglimento della Camera. In base a questa norma il Governo è obbligato a stabilire una data per le elezioni che sia compresa nel termine di 70 giorni dal giorno in cui la Costituente cessa i suoi poteri ed è promulgata la Costituzione.

PRESIDENTE. No, onorevole Cevolotto. L’articolo 58 si riferisce al Parlamento normale.

CEVOLOTTO. Quanto meno è materia opinabile; vi saranno altri che sosterranno che quella norma è applicabile anche alla Costituente; e il Governo potrebbe sentirsi obbligato a rispettare il termine dell’articolo 58.

Ora, nella nostra legge elettorale si dice che il decreto che indice le elezioni deve avere 70 giorni di vacatio prima della data delle elezioni. Ciò porta a rilevare questa specie di rompicapo cinese: che siccome il decreto non può essere emesso se non dopo la promulgazione della Costituzione, ed entro 70 giorni dalla promulgazione dovrebbe essere fissata la data dei comizi elettorali, i due termini non si coordinano. Ecco perché avevo proposto l’articolo aggiuntivo, che mi pare non sia inutile, perché intende chiarire una situazione che va presa in considerazione.

In sostanza noi potremmo essere costretti, nei 70 giorni, a fare le elezioni nel mese di marzo, cioè con la neve che impedirà a una parte della popolazione di prendervi parte, e con una situazione generale che renderà difficile il lavoro di preparazione e penosa la propaganda. Vi sono partiti che in gennaio hanno convocato il congresso per stabilire la linea di condotta da seguire per le elezioni, e sorgono tante altre difficoltà sulle quali non occorre insistere in questa sede.

Per le ragioni che ho detto non credo sia inutile il mio emendamento che lascia al Governo un conveniente spazio di tempo per poter decidere a ragion veduta sulla data delle elezioni.

PRESIDENTE. Se il Governo verrà e dirà che ha intenzione di convocare comizi elettorali a una data che va al di là dei cinque mesi dalla promulgazione della Costituzione, sorgerà allora il problema per cui ella ha avanzato la sua proposta. Ma se il Governo dirà che i comizi sono convocati entro cinque mesi, il suo desiderio sarà esaudito. Pertanto mi pare che sia inutile che ella insista ora nella sua proposta.

CEVOLOTTO. Non insisto per ora.

PRESIDENTE. Sta bene. Il seguito della discussione rimane pertanto rinviato ad altra seduta.

Sulla elezione del primo Senato della Repubblica.

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, considerando le norme transitorie adottate per la prima formazione del Senato della Repubblica, successivamente all’ordine del giorno approvato nella seduta del 7 ottobre 1947, ritiene che la prima elezione del Senato debba aver luogo per collegi regionali, col sistema proporzionale, secondo le norme relative alla elezione della Camera dei deputati con le modificazioni necessarie per adeguarle alle disposizioni degli articoli 54 e 55 della Costituzione.

«Perassi, Uberti, Rossi Paolo, Magrini, Bellusci, Dossetti, Numeroso, Cappi, Pera, Rodi, Colitto, Giannini, Zerbi, Bulloni, Meda Luigi».

È evidente che quest’ordine del giorno pone una questione, e cioè se esso sia o meno ammissibile. Una discussione del genere non può essere fatta oggi, e pertanto, se non vi sono osservazioni, ne rinviamo l’esame ad altra seduta.

(Così rimane stabilito).

Proposta di una Commissione di indagine.

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta dagli onorevoli Nenni, Togliatti, Faralli, Pellegrini, Rossi Maria Maddalena, Jacomelli, Morandi, Lombardi Carlo, Lussu, Nasi, D’Amico, Maffi, Reale Eugenio, Codignola, Ferentino, Finocchiaro Aprile, Di Vittorio, Saccenti:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Ministro dell’interno in risposta all’interrogazione Nenni, delibera di deferire al suo Presidente la nomina di una Commissione incaricata di esaminare in quali circostanze membri dell’Assemblea sono stati, nella mattinata del 12 dicembre, malmenati dal servizio di ordine predisposto attorno a Palazzo Montecitorio».

FARALLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FARALLI. Chiedo che questa proposta sia discussa nella seduta pomeridiana di domani.

PRESIDENTE. Onorevole Faralli, le faccio presente che nelle sedute di domani dovranno discutersi altri argomenti, ed in primo luogo la legge per la elezione della Camera dei deputati. Comunque, porrò all’ordine del giorno anche la proposta Nenni.

Per la discussione di uno stralcio della legge sulla stampa.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Giannini ed altri hanno chiesto che almeno uno stralcio del disegno di legge sulla stampa sia discusso dall’Assemblea.

Ho risposto ai richiedenti che, data la mole dei compiti che l’Assemblea deve assolvere entro il 31 dicembre, alla discussione dello stralcio del disegno di legge sulla stampa potrebbero essere dedicate soltanto sedute domenicali.

Sui lavori dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Si dovrà ora stabilire se proseguire nello svolgimento dell’ordine del giorno o rinviare a domani.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io ho sempre proposto le sedute notturne. Questa volta vorrei proporre la sospensione della seduta, per questa ragione: non ci sono mezzi di trasporto.

Io farei la proposta di riprendere la seduta domani alle 9 e di guadagnare così domattina l’ora che potremmo utilizzare questa sera.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, perché voglia esporre alla Assemblea Costituente ed al Paese i termini esatti della divergenza che ha portato allo sciopero generale a Roma. (Gli interroganti chiedono la risposta urgente).

Morelli Luigi, Cappugi.

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se non creda necessario immettere nelle nostre rappresentanze all’estero, previa eliminazione degli ex fascisti e dei repubblichini che oggi ancora vi pullulano, uomini nuovi, di sicura fede democratica e repubblicana; e questo non soltanto per elementare dovere di coerenza e di onestà verso la volontà del popolo italiano, ma anche per contribuire alla maggiore comprensione da parte dei popoli in seno a cui le rappresentanze stesse agiscono.

«Jacometti, Ravagnan, Cianca, Schiavetti, Minio, Spano, Farini Carlo, Buffoni, Pertini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere:

1°) i motivi che finora hanno ostacolato ed impedito la effettiva liquidazione degli aumenti di pensione, approvati con decreti legislativi del Capo provvisorio dello Stato 3 settembre 1946, n. 143, e 25 ottobre 1946, n. 263, ed in vigore rispettivamente dal 1° ottobre e dal 1° settembre 1946;

2°) quando, in sostituzione degli attuali acconti irrisori, verranno pagati tali aumenti con i relativi arretrati a quei poveri vecchi che sono costretti a vivere di carità privata per non morire di fame, in mancanza di premio della Repubblica, di tredicesima mensilità e di indennità caro-vita o di contingenza uguale a quella dei salariati e stipendiati pubblici e privati di ogni categoria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Matteo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non ritenga equo di ammettere ai beneficî del decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 461, pel ricovero dei senza tetto, quei piccoli proprietari che, a costo di gravissimi sacrifici, avevano iniziato i lavori di ricostruzione in precedenza; o per lo meno coloro che alla data del predetto decreto, per il forte aumento dei costi, non avevano potuto condurre a compimento i lavori stessi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere le ragioni per le quali non vengono continuati i lavori di razionale sistemazione e bitumatura della strada nazionale n. 28 già eseguiti nel tratto Imperia-Pieve di Teco.

«Sbarrato il Colle di Tenda a seguito della determinazione del nuovo confine occidentale, il Colle di Nava rappresenta la sola via utilizzabile di allacciamento della provincia di Imperia col Piemonte, al quale essa tutto chiede a motivo della sua spiccata monocoltura. E pertanto indispensabile ed urgente che i lavori di riparazione proseguano sia nel restante tratto in provincia di Imperia che in quello della finitima provincia di Cuneo dove la strada, specie da Ormea a Ceva, è in condizioni così difficili da impedire quasi il transito automobilistico. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Viale, Bertone, Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se ritiene conforme a legge il procedimento dell’Opera Nazionale combattenti la quale, nella zona di Pomezia, condiziona il rilascio del titolo definitivo di proprietà agli aventi diritto, alla rinunzia, da parte loro, di una porzione dei terreni ad essi assegnati e da essi precipuamente bonificati ed eventualmente quali provvedimenti intenda prendere in merito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.50.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 9:

Discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.

Alle ore 16:

  1. – Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.

  1. – Proposta di nomina di una Commissione d’indagine.

ANTIMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXIX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Nitti

Canevari

Cappi

Tonello

Nobile

Perrone Capano

Labriola

Targetti

Mortati

Giannini

Condorelli

Lussu

Per un incidente a piazza Montecitorio:

Spano

Nenni

Presidente

Grassi

Moscatelli

Montagnana Mario

Cianca

Benedettini

Bernamonti

Togni

Nomina di una Commissione:

Presidente

La seduta comincia alle 11.

MATTEI TERESA, Segretaria, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Bertone.

(È concesso).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Sono rimaste da esaminare soltanto due norme transitorie: la sesta e la nona. In relazione alla formazione del primo Senato della Repubblica sono stati presentati i seguenti emendamenti aggiuntivi:

1°) «Per la prima composizione del Senato il Presidente della Repubblica può nominare con suo decreto i deputati al Parlamento che fecero parte della Consulta Nazionale e che con la 27a ebbero tre o più legislature e vennero dichiarati decaduti nella seduta del 9 novembre 1926.

«Canevari, Longhena, Treves, Canepa, Caporali, Fietta».

2°) «Per la prima composizione del Senato il Presidente della Repubblica può nominare con suo decreto senatori i deputati della 27a legislatura dichiarati decaduti nella seduta del 9 novembre 1926 o che esercitarono la funzione di oppositori nell’Aula, i quali fecero parte della Consulta nazionale.

«Tonello, Alberti, Cicerone, De Martino, Martino Gaetano, Caroleo, Cassiani, Basile, Belotti».

3°) «Sono altresì senatori di diritto nella prima formazione del Senato della Repubblica gli ex-deputati con due legislature che hanno fatto parte della Consulta e gli ex-deputati che fecero parte dell’opposizione nell’Aula nella 27a legislatura e che hanno fatto parte della Consulta.

«Cifaldi, Perrone Capano, Bardini».

4°) Per la prima formazione del Senato sono nominati senatori di diritto con decreto del Capo dello Stato i deputati dell’Assemblea Costituente che, avendo il requisito dell’età, furono durante il periodo della dominazione nazi-fascista condannati per anti-fascismo alla pena della reclusione per la durata non inferiore a dieci anni, oppure sfuggirono alla fucilazione che per rappresaglia avrebbero dovuto subire.

«Mastrojanni, Maffioli, Rodinò Mario, Di Fausto, Marinaro, Perugi, Colitto».

5°) «Alla norma transitoria approvata il 6 dicembre 1947 aggiungere: e chi non poté essere dichiarato decaduto perché, avendo il diritto di essere proclamato deputato, come successivamente gli fu riconosciuto, non fu arbitrariamente proclamato dalla Giunta perché dichiaratamente e notoriamente avverso al fascismo.

«Martino Gaetano, La Rocca, Corbino, Cifaldi, Cortese, Colitto».

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Vi sono richieste per rendere fin dalla nascita numeroso, infermo e idropico il Senato. Si vogliono ora introdurre ottanta e più nuovi senatori proposti dall’Assemblea Costituente.

Per la nostra rispettabilità e per la rispettabilità dell’Assemblea, io chiedo che queste nuove domande non vadano prese in considerazione.

Io sono il responsabile della esistenza del Senato sulla base del collegio uninominale e della forma che rivestirà. Io pensai che costituendosi un nuovo Senato per la prima volta in Italia di pura forma democratica, fosse bene conservare, nell’antica istituzione, uomini, in piccolissimo numero, che avessero una certa esperienza parlamentare e maturità di giudizio. Io proposi che per la novissima Camera che si andava a costituire e che aveva compito così grave, vi fossero persone che rappresentassero il passaggio fra il vecchio e il nuovo, e avessero una sufficiente esperienza parlamentare da poter giovare alla solidità del nuovo istituto parlamentare. Parlai di un piccolo numero e parlai di persone che avessero sufficiente esperienza. Dovevano avere cinque legislature, oltre quella per la Costituente. I senatori che io proposi non erano la turba che ora ci minaccia. Erano persone che rappresentavano tutti i partiti, da Orlando a Maffi (io non guardavo ai partiti) e che avevano esperienza.

Erano quindici senatori che dovevano entrare, con cinque legislature oltre la Costituente. Poi morì Modigliani ed allora erano rimasti quattordici. Poi, come tutto in questo periodo di esagerazioni si dilata nel bene e nel male e più nel male, man mano sono venute proposte nuove, che coloro i quali dovevano entrare nel nuovo Senato, quale che fosse la loro anzianità, fossero passati per la Assemblea Costituente; prima di tutto perché così si poteva essere sicuri che non avevano origine incerta e che non erano in ogni caso legati al fascismo o a tradizioni reazionarie pericolose. E così si è andati mano mano allargando il numero dei futuri senatori e siamo giunti al punto che si è discesi da cinque legislature – al di fuori della Costituente, come io volevo – a tre legislature compresa la Costituente. Il numero come vedete è stato enormemente esagerato, troppi senatori!

Comunque, i proposti erano passati attraverso il filtro della Costituente, avendo un minimo di anzianità, e davano una garanzia, sia pure con tre legislature, compresa la Costituente, di sufficiente pratica parlamentare. Ma i desideri e le richieste sono aumentati per via. Ed il giorno stesso che noi procedevamo a questo lavoro di selezione le di limitazione, sono venute altre proposte: si doveva allargare, si dovevano comprendere altre categorie. Su questo si è discusso ed infine si è arrivati ad una formula che ha potuto conciliare, sia pure con un rilevante numero di senatori, le varie aspirazioni. Sono dovute rimaner ferme alcune disposizioni necessarie, tra cui il requisito di essere passati attraverso la Costituente, ciò che garantiva per tutti, se non completamente, almeno in grandissima parte, l’origine. Quindi vi doveva essere stata per ognuno una elezione popolare: la Costituente. Poi vi doveva essere una anzianità relativa, prelegislativa. Sono continuate e sono venute subito altre proposte. Si è parlato di coloro che non hanno appartenuto alla Costituente, ma che hanno un passato tale per cui era sufficiente garanzia, come succedaneo, la Consulta. Si è passati così ad altre categorie di aspiranti. Ma poi si è dovuto mettere un limite a ogni nuova richiesta. A proposito della proposta candidatura di Rossi Paolo, è venuta cioè davanti all’Assemblea la questione se si potessero nominare persone che non appartengano alla Costituente o che perfino non avevano appartenuto alla Consulta. Si è parlato di succedanei: requisiti di anzianità, di merito ecc. È stato necessario mettere una barriera.

L’onorevole Targetti da parte sua e l’onorevole Togliatti poi, hanno fatto delle precise dichiarazioni. L’onorevole Targetti, a nome credo del suo Partito, ha detto che l’Assemblea ha esagerato la nomina di senatori di diritto, dopo aver ricordato che il Senato deve essere eletto dal popolo e si è opposto all’allargamento.

L’onorevole Togliatti ha espresso la sua opinione in forma precisa, dichiarando che il suo gruppo avrebbe votato contro l’eccezione alla regola del suffragio diretto. Questa eccezione è, secondo lui, ammissibile solo per coloro che hanno preso parte all’Assemblea costituente, in quanto si è già ottenuto un riconoscimento popolare dopo il fascismo. Queste sono oramai le regole a cui ci dobbiamo attenere.

Viceversa le proposte nuove si sono andate sempre allargando. Ora ci troviamo di fronte alla proposta di circa ottanta nuovi senatori (Commenti). Sì, sono proprio in questo numero, perché per una sola categoria vi sono circa quaranta proposte di senatori.

Ora, qui si tratta di una produzione invereconda e in blocco di nuovi senatori, che non sono stati filtrati da nessun suffragio popolare, che non hanno appartenuto alla Costituente, che vengono da ogni parte e sotto diverse forme.

Una voce a sinistra. Non è serio proporre questo!

NITTI. Perché tutto questo? Perché questa dilatazione? Che cosa diventerà l’Assemblea, quale garanzia presenterà davanti al pubblico, come giustificheremo queste invereconde nomine? Già si parla di selezioni individuali fra i candidati: il tale che non ha potuto entrare in tempo in una certa categoria; il tal altro che non ha potuto usufruire di un certo diritto limitato nel tempo, ecc. ecc. Tutte cose non serie, che ci diminuiscono: si è passati dalle norme del diritto pubblico alla trattativa privata.

Ora queste forme di trattativa privata darebbero per noi il più completo discredito e non vogliamo nemmeno discuterle.

Io dunque non credo che alcun’altra nomina deve essere fatta al di fuori di quelle per le quali abbiamo assunto impegno. Basta.

Ci troviamo di fronte a un ordine del giorno dilatatorio ed elefantiaco, il quale, non si sa perché, si dovrebbe firmare. Se accordiamo una sola eccezione si può essere sicuri che altri desideri verranno e altre richieste vi saranno.

Io quindi pongo una questione pregiudiziale: non è dato a noi il diritto di nominare a caso i senatori, a nostra volontà e piacimento, no.

Voi sapete che io ho diritto di parlare, perché sono l’autore della formula dei senatori che entrano al Senato non per suffragio popolare, ma per il loro passato. Io sono sempre, voi lo sapete, per ogni severità di costume politico e li avevo limitati a 14 o 15. Poi non per mia volontà divennero numero assai più grande. Non è da me proporre mai larghezza di abitudini.

Come volete che il Senato, che deve essere la più solenne Assemblea e la più severa, possa essere rispettato, se non ha continenza e perfino il numero può essere variato a caso ed arbitrio?

Vi è poi una situazione di diritto che è al disopra di noi. Noi non abbiamo proceduralmente il diritto di fare alcuna modificazione. Abbiamo determinato e stabilito i criteri da adottare: abbiamo detto in quali categorie e in quali limiti. Noi non abbiamo il diritto di riaprire una questione già votata: non possiamo tornare su un nostro voto precedente. Ciò che è fatto è oramai definitivo.

Io quindi faccio una questione pregiudiziale: l’Assemblea non può, dal momento che ha già deliberato, riprendere la questione, diminuendo anche la serietà della nostra deliberazione.

Noi non abbiamo il diritto di mutare le nostre disposizioni come bozze di stampa: oggi un numero, domani un altro, fra tre giorni un altro ancora. Sarebbe una commedia di cattivo genere.

Io vi prego, onorevoli signori e colleghi, di non esitare e di non avere colpevoli indulgenze. Ritengo che il Presidente non dovrebbe né meno – se mi consente l’affermazione severa – mettere ai voti la proposta che appare negli ordini del giorno. Si tratta di abolire ciò che solo pochi giorni fa è stato fatto. E noi non possiamo, a pochi giorni di distanza – a parte ogni altra considerazione – fare questi mutamenti improvvisi, senza diminuire la nostra dignità, la nostra serietà.

Quindi credo che, proceduralmente, il Presidente, se mi consente una preghiera, non deve mettere né meno in votazione queste proposte, perché sono contrarie alle nostre precedenti deliberazioni e non possono avere altro risultato che diminuire la serietà dell’Assemblea. (Applausi a sinistra e al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, abbiamo dunque una pregiudiziale sollevata dall’onorevole Nitti alla presa in considerazione di queste ulteriori cinque proposte di ammissione al primo Senato della Repubblica. Sopra questa proposta pregiudiziale possono parlare due deputati contro e un deputato ancora per sostenerla.

CANEVARI. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANEVARI. Dichiaro di ritirare la mia proposta. Io avevo presentato quell’articolo aggiuntivo proprio per le ragioni qui esposte dall’onorevole Nitti. Egli aveva presentato infatti la proposta a questa Assemblea che fossero nominati per decreto senatori vitalizi coloro che avevano avuto cinque legislature; ma noi abbiamo invece prese delle deliberazioni per le quali deputati che ebbero non cinque legislature, ma soltanto tre, due e, in taluni casi, anche una sola legislatura hanno il diritto di essere nominati, per decreto del Capo dello Stato, senatori nella prima legislatura.

E così alcuni deputati i quali ebbero quattro o cinque legislature, che furono cacciati da quest’Aula nel 1926, che fecero parte della Consulta nazionale, non hanno il diritto di entrare nel Senato in relazione alla deliberazione che noi abbiamo assunto. È un’incongruenza; noi abbiamo incluso i senatori, nominati dalla monarchia, ma ammessi nella Consulta perché si riconobbe la loro condotta antifascista. Ebbene, lo stesso provvedimento noi non abbiamo adottato per i deputati antifascisti, cacciati dal fascismo, che si trovarono nelle medesime condizioni di essere stati ammessi nella Consulta Nazionale, come i predetti senatori.

Io ritiro pertanto la mia proposta; e poiché mi trovo dinanzi, come ho detto, ad una incongruenza, ad una ingiustizia che non può essere misconosciuta, appunto per le stesse ragioni esposte or ora dall’onorevole Nitti, mi riservo di sottoporla al Comitato di coordinamento e alla Commissione dei Settantacinque. E quando l’Assemblea si troverà di fronte ad una nuova proposta della Commissione che avesse ripreso in esame la questione, io credo che non avrà difficoltà a ritornare sulle proprie decisioni per giungere ad una riparazione doverosa verso i più anziani, verso coloro che hanno ben meritato del Paese in momenti così difficili.

E credo che tale proposta troverà consenziente – almeno me lo auguro – anche lo stesso onorevole Nitti. (Approvazioni).

CAPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPI. A titolo personale dichiaro che non condivido l’opinione dell’onorevole Nitti che in via assoluta debba esservi una preclusione alla nostra Assemblea di riesaminare una questione già decisa. Tuttavia io voterò a favore della pregiudiziale, in quanto ritengo che già troppo grave ferita con le nostre deliberazioni abbiamo arrecato al principio solennemente sancito nella Costituzione – principio sostanziale e non formale – della elettività del Senato. (Applausi).

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Onorevoli colleghi, io non discuto dal lato giuridico la giustezza della pregiudiziale sollevata dall’onorevole Nitti. Può anche, in linea astratta, essere giusta, questa pregiudiziale. Gli è che io – che sono tra i compresi nell’infornata ultima, e potrei anche tacere, contento nel mio egoismo – sento il bisogno dell’animo mio, in questo momento, di parlare, perché quella specie di ammissione al laticlavio che è venuta a me, la vedo negata ad uomini di alto valore, per le modalità che hanno accompagnato questa nomina.

Bisognava forse prima vagliare cioè le proposte dei colleghi che si compiacquero di farle a vantaggio nostro, per non giungere a delle esclusioni che sono dolorose, onorevoli colleghi. Potrei fare dei nomi nobilissimi e altissimi. Io ricordo che prima del fascismo c’era qui dentro un lottatore nobilissimo, tenace, un uomo che ha illustrato anche il Paese col suo pensiero e coi suoi scritti: Lombardo Pellegrino. Ebbene, quest’uomo che ha due legislature, che appartenne alla Consulta, quest’uomo è stato escluso. Così pure Nicola Lombardo… E poi mi è odioso fare dei nomi, perché potrei dimenticare altri che hanno meriti e che, pur non essendo in quest’Aula, hanno continuato la santa battaglia per avere un’Italia libera.

Sentite: potevate essere rigidi assertori della eleggibilità del Senato; benissimo, ma allora non dovevate fare nessuna eccezione; dovevate cancellare allora tutte le ammissioni, perché sareste stati logici. Ma non eravate logico voi, onorevole Nitti, quando veniste a proporci prima i 4-5-6 senatori a vita, e poi anche altri per meriti. O si applica una legge nella sua rigidità; e allora nessuno può lagnarsi (Approvazioni al centro); ma quando si torna al pensiero aulico delle nomine regie, sostituendo quasi il Presidente al re, allora abbiamo diritto anche noi di vedere fin dove si può giungere e come si è giunti a questo punto. Io credo che possiamo, per questa prima legislatura del futuro Senato, aggiungere anche quei pochi nomi che sono stati trascurati.

E lo domando io, che faccio parte dei nuovi senatori. Preferirei che si abolisse tutto quello che si è fatto piuttosto che degli uomini nobili ed onesti rimanessero fuori! (Applausi – Commenti).

NOBILE. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Onorevoli colleghi, l’onorevole Nitti ha proposto in sostanza che l’Assemblea non ritorni sulle sue votazioni precedenti. Contro questo io parlo, perché le proposte che vengono oggi presentate all’Assemblea sono una conseguenza diretta delle ultime votazioni che, secondo me, non hanno alcuna base giuridica. L’Assemblea non poteva da se stessa eleggere a membri del Senato alcuni suoi membri! Ciò esorbitava dai suoi poteri. La conseguenza di quell’errore la scontiamo oggi, e la scontiamo con queste altre proposte, le quali da alcuni colleghi ci vengono presentate anche con buone argomentazioni.

Io sostengo questo: la votazione fatta a scrutinio segreto il 6 dicembre diede una maggioranza di soli diciannove voti. Ora, come risulta dal resoconto sommario, gli interessati alla questione che presero parte a quella votazione furono molto più di quaranta. Essi avrebbero dovuto astenersi, perché non si nominassero da se stessi senatori. Ma ciò non fecero: per conseguenza, quella votazione è nulla; essa non rappresentava il pensiero dell’Assemblea!

Propongo quindi che l’Assemblea ritorni sulla votazione ed annulli tutte le nomine fatte. (Commenti).

PERRONE CAPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, io in sostanza concordo con le dichiarazioni fatte dall’onorevole Nitti e dall’onorevole Cappi, ma trovo che l’argomento addotto dall’onorevole Tonello abbia ragione di quelle affermazioni.

Il principio elettivo adottato per il Senato non doveva essere violato affatto, ma, una volta violato, mi sembra non sia giusto che se ne determinino delle conseguenze profondamente diverse. (Commenti).

Onorevoli colleghi, a me pare – ad esempio – che non sia giusto porre su un piano differente il titolo che deriva dall’aver fatto parte del cosiddetto Aventino e quello che derivi dall’avere esercitata l’opposizione in Aula; e quando il titolo di oppositore nell’Aula sia stato riconosciuto e riconsacrato con l’elezione degli oppositori a componenti della Consulta, credo che ciò debba essere ritenuto sufficiente perché si faccia pel Senato un identico trattamento agli uni e agli altri.

La Consulta – non dobbiamo dimenticarlo! – non è stata, è vero, eletta dal popolo, ma costituita in base ad alcune considerazioni e titoli che hanno rappresentato per i designati la consacrazione ufficiale del loro antifascismo attivo ed operante.

Io credo quindi che debba essere respinta la pregiudiziale, onde dar modo all’Assemblea di compiere un atto di giustizia nei confronti di tutti coloro i quali in realtà, dopo essere stati eletti deputati, hanno ripetutamente compiuta opera di antifascismo, solennemente consacrata, dopo la caduta del fascismo con la loro elezione a componenti della Consulta.

PRESIDENTE. Vi è, dunque, la pregiudiziale dell’onorevole Nitti di non passare all’esame delle nuove proposte presentate per l’ammissione di diritto nel primo Senato della Repubblica, di alcune categorie di cittadini.

LABRIOLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LABRIOLA. Io fui assente quando venne proposto d’introdurre nel Senato alcuni deputati che avevano determinate qualità. Non so in che maniera avrei risoluto il mio caso di coscienza se fossi stato presente, ma non sono stato presente, e quindi non sono fra quelli che, interessati alla questione, possono aver votato favorevolmente.

Oggi che la pregiudiziale dell’onorevole Nitti è stata intesa in un senso particolare, dichiaro di astenermi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la pregiudiziale proposta dall’onorevole Nitti.

(È approvata).

TOSATO. C’è ora la proposta fatta dall’onorevole Nobile.

PRESIDENTE. Pregherei, data l’importanza di tale proposta, l’onorevole Nobile di formularla in modo preciso, così che possa essere presentata formalmente all’Assemblea.

Passiamo all’esame della VI norma transitoria di cui era stato rinviato l’esame:

«Si applica all’Assemblea Costituente la disposizione del secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione».

Il secondo comma dell’articolo 58 dice, come i colleghi sanno, che i poteri delle Camere sono prorogati sino alla riunione delle nuove Camere.

L’onorevole Targetti, ha presentato il seguente emendamento alla VI norma transitoria:

«In applicazione della norma di cui al secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione, i poteri dell’Assemblea Costituente sono prorogati dalla data del 31 dicembre 1947 di cui alla legge costituzionale 17 giugno 1947, n. 2, sino al giorno della elezione delle nuove Camere.

«In tale periodo tutte le Commissioni permanenti restano in carica. Quelle legislative rinviano al Governo con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti i disegni di legge loro trasmessi.

«I deputati possono presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

«L’Assemblea Costituente può, in tale periodo, essere convocata in via straordinaria dal suo Presidente su richiesta o del Governo o di almeno duecento deputati».

Targetti.

Ha facoltà di svolgerlo.

TARGETTI. Onorevoli colleghi, in un primo tempo noi avevamo presentato un emendamento molto più conciso, col quale si proponeva di aggiungere alla norma contenuta nel testo del progetto di Costituzione anche l’applicazione dell’articolo 59, che, come l’Assemblea sa, stabilisce le modalità e quindi indica i casi di convocazione straordinaria delle due Camere. Abbiamo poi ritenuto opportuno presentare un emendamento più particolareggiato di cui il nostro egregio Presidente ha dato lettura, per meglio indicare le modalità con le quali potrà svolgersi la facoltà che la Costituzione deve attribuire anche all’Assemblea Costituente. I colleghi ricordano il tenore, la portata, il significato dell’articolo 58 che questa Assemblea ha approvato, si può dire, con voto unanime, giacché a proposito di quest’articolo non si manifestò alcun contrasto. Non posso affermare che l’approvazione avvenisse a voto unanime, ma si potrebbe affermarlo senza timore di dire cosa inesatta perché, ripeto, nessuno ebbe a fare obiezioni in proposito.

L’articolo non provocò né critiche, né riserve. D’altra parte, la sua portata innovatrice non può sfuggire a nessuno. Tutti sanno che per il passato, dal momento in cui, o per morte naturale, cioè per il compimento del decorso stabilito dalla legge, o per morte che si potrebbe dire violenta, cioè in seguito ad un decreto di scioglimento, la Camera dei deputati veniva a cessare da quel momento, fino a quello nel quale la nuova Camera (allora si parlava di una Camera sola, perché soltanto la Camera dei deputati era elettiva) non fosse stata eletta, vi era un periodo nel quale il potere esecutivo restava sottratto ad ogni controllo ed un potere legislativo non esisteva più. Risorgeva soltanto col nascere della nuova Camera. Contro questo sistema, per gli inconvenienti, i pericoli che presentava, si era pronunziata una corrente notevole nel campo della dottrina. Ed in questo senso, anche nel campo legislativo, ci fu tra noi, se ricordo bene – confesso non già di non aver avuto ma di non aver trovato il tempo di accertarlo – ci fu, anche fra noi, dopo la prima grande guerra, qualche iniziativa parlamentare.

Sia così o sia diversamente, sta il fatto anche più significativo, che in alcune Costituzioni moderne è stato esplicitamente stabilito il principio della proroga dei poteri delle Assemblee elettive anche dopo il decorso del termine naturale della loro durata, anche dopo il loro scioglimento.

L’articolo 58 è chiaro: i poteri delle Camere sono prorogati. Fu detto nel testo dell’articolo «fino alla costituzione delle nuove Assemblee». In sede di coordinamento si dovrà dire: «fino al giorno delle elezioni», perché altrimenti vi sarebbe un periodo, sia pur breve, nel quale – Dio ci salvi da questo pericolo – il numero dei deputati e dei senatori sarebbe il doppio di quello stabilito dalla Costituzione. Avremmo due Camere dei deputati e due Senati. Se invece si dirà «fino al giorno delle elezioni» questo inconveniente sarà evitato.

Onorevoli colleghi, mi dovete scusare se mi dilungo su questo punto. Mi sembra una necessità. Il principio che abbiamo stabilito con parere unanime è dunque questo: che non deve esistere nessuna soluzione di continuità fra la Camera che muore e la Camera che nasce. Badate, l’articolo 58 parla di poteri e non di determinati poteri. E quando si dice che i poteri di un’Assemblea sono prorogati, sarebbe un imprestare al legislatore una volontà che non ha avuta, attribuirgli l’intenzione di una limitazione di poteri, che, se l’avesse avuta, l’avrebbe manifestata specificando i poteri per i quali stabiliva la proroga. La frase generica «i poteri dell’Assemblea» è la più comprensiva che si poteva immaginare. Comprende tutto, non esclude nulla. Significa che tutti i poteri delle Camere sono prorogati fino all’elezione delle Camere nuove. Questo stabilisce la nostra Costituzione, per le future Assemblee legislative. In relazione a questa disposizione la norma transitoria di cui oggi siamo chiamati a discutere, applica il principio della proroga dei poteri anche all’Assemblea Costituente. Mi sembra che questa proposta sia tanto logica, che si dovrebbe dire illogica l’eventuale mancanza di una proposta del genere. Se la nostra Assemblea Costituente è venuta in quest’ordine di idee, se ha riconosciuto la necessità di evitare questa carenza del potere legislativo, e di mantenere la facoltà di controllo anche nel periodo di intervallo tra le vecchie e le nuove Camere, non per la stessa ragione, ma a maggior ragione, questa norma non poteva essere non estesa anche alla Costituente. Quindi, noi affermiamo la necessità di approvare questa che non è una proposta nostra, una proposta di un partito di opposizione, ma una proposta della Commissione dei Settantacinque in cui erano rappresentati tutti i partiti. D’altra parte, perché non ci siano incertezze sopra le modalità dell’esercizio di questa proroga dei poteri, nella particolare situazione della Costituente, abbiamo nel nostro emendamento indicato specificatamente alcuni punti. Noi diciamo: le Commissioni permanenti permangono; le Commissioni legislative permangono. Ma poiché, come l’Assemblea sa bene, le Commissioni legislative hanno tali facoltà che quando una Commissione ritenga che un disegno di legge debba essere portato al Parlamento, il Governo ha l’obbligo di uniformarsi a questo parere, abbiamo ritenuto opportuno limitare questi poteri, pensando anche che si debba con altra disposizione limitare il periodo di tempo nel quale questa disposizione avrà da valere. Badate, onorevoli colleghi, l’Assemblea non avrebbe nessun obbligo né necessità alcuna di venire a questa limitazione. L’Assemblea potrebbe dire: «Si prorogano i poteri come sono». Noi abbiamo invece inteso di limitarli per rendere più largo il consenso verso la nostra proposta. Limitarli in questo senso: che, mentre fino allo scioglimento della Costituente il parere delle Commissioni legislative ha carattere di parere vincolativo, cioè che su deliberazione della Commissione il Governo non può esimersi dal portare al Parlamento il suo disegno di legge, noi diciamo invece che in questo periodo intervallare le Commissioni devono rimandare al Governo i disegni di legge con le loro proposte e coi loro emendamenti; da parere vincolativo il loro diventa un parere consultivo.

Noi siamo convinti che questo sia quanto di meno si possa richiedere come attribuzione di facoltà alle Commissioni stesse.

Infine, abbiamo incluso la facoltà dei deputati di presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

Non siamo ingenui, al punto da non riconoscere la portata, molto modesta di questo diritto. Ma in realtà è sempre un diritto al quale corrisponde un dovere che sarà adempiuto più o meno bene, secondo lo scrupolo e la sensibilità politica del Ministro interrogato, che non potrà, certo, rimandare la risposta a dopo le elezioni, cioè a quando, forse, non sarà più Ministro, senza esporsi alle critiche più severe dell’opinione pubblica.

Infine, non sarebbe una grande astuzia, ma una vera ingenuità passar sopra, fingendo di ignorarlo, nasconderci, quello che può essere il punto di maggiore dissenso, cioè il modo di convocazione dell’Assemblea, in questo periodo.

Noi avevamo, in un primo tempo, cioè nella prima dizione del nostro emendamento, richiamato senz’altro l’articolo 59. Orbene ricordo ai colleghi che l’articolo 59 stabilisce che basta la richiesta di un terzo dei componenti di ciascuna Camera, cioè della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica (lo ricordo in special modo ai presentatori della richiesta della metà più uno dei componenti dell’Assemblea), per ottenerne la convocazione. Ma noi, non per eccessiva arrendevolezza, ma per obbedire sempre a quello che ci sembra un onesto ed anche doveroso proposito, di cercare, finché possibile, un punto di accordo e di intesa, per evitare quello che riteniamo in materia costituzionale essere un danno e per chi vince e per chi perde, il vedere cioè una norma approvata a maggioranza di pochi voti, proprio per questo convincimento e questo scopo veniamo incontro ai proponenti la metà più uno, dicendo: rinunziamo alla richiesta di un terzo e chiediamo un minimo di 200 deputati, pur essendo persuasi che il terzo, fissato dall’articolo 59, non meriterebbe di essere elevato.

Onorevoli colleghi, io non voglio allungare la discussione, e per questo mi astengo da tutto quello che potrebbe essere utile addurre a sostegno della nostra tesi, limitandomi a quanto ritengo strettamente necessario non dimenticare. Ora, chiunque voglia stabilire il numero minimo di richiedenti, necessario per ottenere la convocazione dell’Assemblea non può, se vuol dare un giudizio sereno, prescindere dalla presente situazione parlamentare, giacché è di quest’Assemblea che si parla.

Quando voi, onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, riconoscete l’Assemblea Costituente e le volete dare la facoltà di autoconvocarsi (la convocazione, è utile dirlo subito, avverrà sempre da parte del Presidente dell’Assemblea Costituente), ma dite che per ottenerne la convocazione occorre la richiesta della metà, o della metà più uno dei componenti dell’Assemblea stessa, diciamo la verità onorevoli colleghi, voi concedete una facoltà che non potrà mai esser esercitata. Voi mi insegnate che questa facoltà è una facoltà stabilita a difesa dei diritti delle minoranze: questo è il motivo – e non occorrono molte parole per dimostrarlo – che ha ispirato una simile norma transitoria, come ha inspirato quella dell’articolo 59. Se però voi subordinate l’esercizio di questo diritto ad una condizione, che le minoranze non saranno mai in grado di rispettare e di assolvere allora tanto varrebbe, con maggior franchezza e sincerità, dire: tutto sta bene, fuori che la convocazione dell’Assemblea. (Commenti al centro).

Se si vuole ammettere questo diritto di convocarsi, bisogna assicurare la possibilità di ottenere la convocazione; sento il collega Grilli dire che anche duecento deputati sono troppi. Io accetto ben volentieri questo rilievo, poiché costituisce una conferma della modestia, della timidezza delle nostre richieste. Se non abbiamo, nella speranza di guadagnare alla nostra proposta consensi più larghi, insistito sul terzo, è stato per evitare l’obiezione che, con l’accordo di due Gruppi dell’Assemblea, il nostro è quello comunista, e con l’adesione di qualche altro deputato di altro partito (ce ne vorrebbe sempre almeno una ventina), sarebbe raggiunto il numero sufficiente per ottenere la convocazione dell’Assemblea. Ed abbiamo proposto di portare il minimo a duecento. E forse abbiamo esagerato. Elevarlo ancora ci sembrerebbe chiudere gli occhi dinanzi alla realtà. Senza uscire dal tema, senza toccare un argomento un po’ scottante, mi limito a ricordare che in quest’Assemblea, la maggioranza che è costituita dal partito dominante, la Democrazia cristiana, e dai rappresentanti di altri partiti minori, sta per allargarsi.

Si sta parlando da tanto tempo di un rimpasto ministeriale. Non entro nel merito, ma osservo che per dichiarazione dello stesso onorevole De Gasperi i rappresentanti del Partito socialista dei lavoratori italiani sarebbero lì lì per concludere l’accordo e, pensando all’antica immagine della diligenza ministeriale, modernizzandola col sostituire alla diligenza l’autopullman, si può dire che quei nostri colleghi impazienti hanno già un piede sulla pedana. I repubblicani, invece, non hanno ancor fatto quest’atto, perché pare che vogliano avere una qualche ingerenza anche nella direzione della marcia, mentre l’onorevole De Gasperi non vedrebbe nessuna ragione per non restarne l’arbitro (Rumori e commenti al centro). E può anche non aver torto. Non è il momento di discuterne. Ma, nella probabile ipotesi che questi due Gruppi salgano tutti e due sull’autopullman ministeriale, verrà a costituirsi una maggioranza tale che, qualora si elevasse il minimo dei deputati occorrenti per chiedere la convocazione della nostra Assemblea, questa si convocherebbe soltanto all’indomani delle elezioni.

Queste le ragioni che giustificano il nostro emendamento. (Vivi applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati, Moro, Tosato, Grassi, Mastino Gesumino, Bettiol hanno presentato il seguente emendamento:

«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al primo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o della metà più uno dei componenti dell’Assemblea stessa.

«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dall’articolo 2, primo e secondo comma, e dall’articolo 3, primo e secondo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.

«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge ad esse presentati con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.

«I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Penso che sia opportuno far precedere una breve premessa alla illustrazione dei singoli punti del mio emendamento: una premessa di ordine generale intorno alla natura e finalità dell’istituto della prorogatio che abbiamo accolto nell’articolo 58 della Costituzione e che ora si propone di applicare all’Assemblea Costituente. Mi pare opportuno (visto che l’onorevole Targetti, nel dare una sua interpretazione dell’articolo citato, si è riferito alla pura e semplice dizione letterale «sono prorogati i poteri», per argomentare che con essa si sia inteso fare riferimento a tutte le attribuzioni proprie delle Camere) mettere in rilievo che le disposizioni di legge non si possono applicare sulla sola base della loro lettera, ma vanno inquadrate nell’insieme dei principî generali regolanti gli istituti. Se si richiede che le leggi siano interpretate dai giuristi, ciò avviene perché occorre una determinata informazione delle norme di ermeneutica necessarie per intendere l’esatto significato delle parole della legge.

Così, quando l’articolo 58 stabilisce che i poteri delle Camere sono prorogati, bisogna, per determinare l’estensione di tali poteri, riferirsi alla natura della prorogatio, intesa come istituto di carattere generale, che trova numerose applicazioni, anche nel campo del diritto amministrativo; poiché è ovvio che la speciale attuazione fatta nella fattispecie non può discostarsi dai principî regolatori dell’istituto stesso. La prorogatio serve in sostanza ad assicurare, nell’intervallo fra la cessazione della carica del titolare di un organo e il subentrare del successore, la continuità dei servizi dell’organo stesso. Ora il fatto stesso che sia scaduto il periodo normale di durata della carica, determina come un depotenziamento dei poteri normalmente attribuiti al titolare, ed è pacificamente ritenuto che i poteri durante il periodo di proroga siano solo quelli attinenti alla ordinaria amministrazione.

Questa è la funzione caratteristica della prorogatio. Ora, nei riguardi delle Camere legislative, si potrebbe osservare che per esse non sia possibile un’attività che si possa classificare dell’ordinaria amministrazione e che quindi non vi sia luogo ad estendere ad esse la prorogatio.

Una voce a sinistra. Purtroppo, è una ordinaria amministrazione politica.

MORTATI. Se in alcune delle costituzioni moderne si è introdotto pel funzionamento del Parlamento tale istituto, ciò è avvenuto in via principale per provvedere ai casi in cui vi sia necessità urgente di legiferare durante il periodo lo scioglimento delle Camere e la riunione delle successive. Anche per noi la ragione che ha indotto la Commissione prima e l’Assemblea poi a seguire questa via è stata appunto quella di provvedere a tali casi. La norma dell’articolo 58 trova la sua esplicazione in quella del successivo articolo 74-bis, con cui si è disposto che, nel caso di emanazione di decreti legge, le Camere devono essere convocate entro cinque giorni, anche se sciolte. La vera ragion d’essere di questo istituto sta pertanto nel controllare il Governo nell’esercizio dell’attività legislativa, durante il periodo di intervallo fra una legislatura e l’altra successiva.

Le Camere prorogate possono essere utilizzate anche per scopi di sindacato politico, ma questo sindacato non può che svolgersi in un tono minore e con efficacia diversa da quella ordinaria. Sembra evidente che esso non possa giungere fino al punto di provocare un voto di fiducia, o di determinare una crisi ministeriale. Ciò per l’ovvia ragione che in regime parlamentare il voto di sfiducia, la crisi, devono avere avanti a loro, come sbocco possibile, l’appello al popolo. Ora, quando le elezioni sono indette, quando i comizi sono già convocati, quando c’è già in atto l’arbitro delle eventuali controversie fra Governo e Parlamento, non si manifesta la possibilità di un voto di sfiducia, con le conseguenze proprie di esso, appunto perché il giudizio sul contrasto che si manifesta fra i due poteri trova la sua sede nella consultazione popolare, e deve desumere da essa la sua diretta soluzione. In questa fase, il sindacato politico da parte di un’Assemblea scaduta nei suoi poteri e interinalmente mantenuto in vita, non può avere altro effetto se non quello di una denuncia all’opinione pubblica di eventuali inadempienze governative. Una crisi ministeriale in periodo di proroga non è pertanto concepibile, perché ripugna alla indole stessa dell’istituto ed è in contrasto con le finalità del congegno parlamentare, in cui la crisi, ed il voto di sfiducia che la precede, devono inserirsi.

Queste considerazioni generali sembrano a me ineccepibili e sembrano comprovate, oltre che dall’analogo funzionamento dell’istituto in parola in altre costituzioni, dello stesso articolo 58, che considera a parte il caso della proroga delle Camere per legge, proroga che ha come risultato di prolungare nel tempo le Assemblee nella pienezza di tutti i loro poteri. Ciò premesso, è da chiedersi se per la Costituente possano valere le ragioni indicate come giustificative della prorogatio delle Camere ordinarie, e se vi sia luogo ad ammettere nell’affermativa, un funzionamento di essa diverso da quello indicato.

È da osservare che per la Costituente vi sono notevoli elementi di differenziazione rispetto alla fattispecie prima considerata. Anzitutto, la scadenza del termine segna non solo la fine del mandato dei suoi membri, ma della stessa sua esistenza, trattandosi di un organo continuativo. Con il 31 dicembre viene a cessare, quindi, non solo il titolare dell’organo, ma l’organo stesso. In secondo luogo, a differenza delle Camere ordinarie, la Costituente non è fornita di potere legislativo, che, a tenore dell’articolo 3 del decreto n. 98 del 16 marzo 1946 resta delegato al Governo fino alla convocazione del nuovo Parlamento.

Quindi è pacifico che non vige la ragione peculiare della permanenza in vita dell’Assemblea legislativa ordinaria, e sembrerebbe in conseguenza che venga meno la ragione della proroga della Costituente. Tuttavia si può osservare che l’articolo 3 della legge n. 98 del 16 marzo, mentre ha attribuito al Governo il potere legislativo ordinario, nel periodo di intervallo fino alla Convocazione delle nuove Assemblee, ha conservato all’Assemblea Costituente per lo stesso periodo il potere di intervenire con competenza esclusiva nella materia costituzionale e nella materia di approvazione dei trattati. Quella in materia elettorale deve ritenersi esaurita. Ed inoltre, ha riservato all’Assemblea stessa il potere di procedere alla nomina del Capo dello Stato. Ora, per quanto sia da prevedere che gli interventi a tali scopi dell’Assemblea rivestono carattere assolutamente eccezionale, sembra tuttavia non inopportuno prevedere la possibilità di una riconvocazione dell’Assemblea a questi fini limitati che sono stati espressamente indicati nel mio emendamento.

Per quanto riguarda l’intervento delle Commissioni nell’esercizio del potere legislativo ordinario ed altresì per il diritto di presentare interrogazioni con richieste di risposta scritta, l’emendamento concorda in tutto con quello dell’onorevole Targetti.

La differenza sorge nei confronti della possibilità di convocazione per altri oggetti che non siano questi ben determinati e che la legge istitutiva ha affidato alla competenza propria dell’Assemblea Costituente. Si tratta del potere di sindacato politico sul Governo, rispetto al quale sono da richiamare le considerazioni precedentemente fatte, che limitano, per necessità di cose, il sindacato stesso alla semplice denuncia al Paese degli eventuali abusi del Governo. È ovvio che, se tali abusi si concretassero nell’emanazione di norme incostituzionali, sorgerebbe la competenza esclusiva dell’Assemblea ed il relativo diritto di convocazione. Per altri abusi l’unica possibilità di convocazione dell’Assemblea sarebbe quella di denunciarli al Paese: ciò che trova il mezzo nell’esercizio del diritto di interrogazione.

Estendere ulteriormente i casi di convocazione del plenum non risponderebbe ad esigenze concrete, e sarebbe in contrasto con le finalità della prorogatio.

Rimane l’altra questione circa il quorum necessario per l’autoconvocazione. Si è detto che la metà più uno è una determinazione eccessiva ed arbitraria. Osservo che la proposta da me formulata è poggiata su un testo positivo, cioè da quello stesso Regolamento della Camera dei deputati che regola i nostri lavori. Noi abbiamo adottato per disciplinare la nostra attività, il Regolamento della Camera dei deputati; ora, precisamente l’articolo 10 delle aggiunte apportate nel 1920 a questo regolamento stabilisce che durante gli aggiornamenti della Camera è precisamente la metà più uno dei deputati che può chiederne la convocazione, e stabilisce che questa sia da effettuare entro 15 giorni dalla richiesta.

Quindi, essendovi una legge regolativa della nostra attività, che disciplina il caso, sembra opportuno richiamarsi ad essa, perché è l’unico testo che può essere invocato per questa ipotesi.

Queste sono le considerazioni che chiariscono la portata del mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Capua ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire alle parole: Sino al giorno delle elezioni, le altre: sino al giorno della proclamazione dei nuovi eletti».

Questo emendamento può riferirsi soltanto alla proposta dell’onorevole Targetti.

L’onorevole Giannini ha proposto che un terzo dei deputati può chiedere la convocazione dell’Assemblea.

D’altra parte, nel testo dell’onorevole Targetti, essendo considerato il numero di 200 deputati, si viene approssimativamente alla sua proposta, onorevole Giannini.

Comunque ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

GIANNINI. Non v’è bisogno di fare un lungo discorso. Noi chiediamo il terzo dei deputati, perché pensiamo che sia meglio dare ad un più ristretto numero di deputati la facoltà di autoconvocare l’Assemblea.

In sostanza, noi temiamo queste parole difficili e straniere, prorogatio

Una voce al centro. È latino, non è un termine straniero.

GIANNINI. Comunque, si capisce poco; noi siamo abituati ad essere imbrogliati in latino. Preferiamo che si parli in italiano. Questa prorogatio non si capisce bene cos’è. L’impressione della gente che il latino non sa è che il Governo governi senza controllo.

Ora è bene, essendoci un’Assemblea, che sia data la possibilità ad un certo numero di deputati di autoconvocarla in caso di necessità. Il numero di un terzo non mi sembra tanto piccolo dato che nessun partito raggruppa un terzo di deputati; sarà sempre necessaria un’alleanza tra più partiti.

Quindi, io insisto, onorevole Presidente, per il terzo, perché non mi fido né della prorogatio né delle 200 firme.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Ho chiesto di parlare per rilevare brevemente come l’emendamento proposto dall’onorevole Mortati, attraverso una serie di citazioni e di commi, tenda ad escludere sostanzialmente il terzo comma dell’articolo 3 della legge 25 giugno 1944, che sarebbe appunto quello che sancisce la responsabilità del Governo nei confronti dell’Assemblea.

In questi tre mesi, o quattro, o cinque – non so quanti saranno per essere nella mente di chi dovrà decidere il giorno della convocazione dei comizi elettorali – noi avremmo un Governo che non sarebbe più responsabile verso l’Assemblea, ma sarebbe responsabile soltanto verso il Capo dello Stato. Mi pare quindi che con l’esclusione di questo terzo comma si venga a creare un regime costituzionale veramente eccezionale in questo periodo.

Mi pare pertanto sia preferibile la formulazione, proposta dall’onorevole Targetti che, nulla dicendo su questo punto, introduce quel temperamento che l’Assemblea si possa convocare dietro richiesta di un certo numero di deputati. Io non porterei poi questo numero alla metà, perché ciò condurrebbe alla pratica impossibilità di convocazione dell’Assemblea, ma vorrei stabilire un numero relativamente minore, senza però arrivare alla proposta dell’onorevole Giannini.

Escludere tuttavia completamente il terzo comma significherebbe voler introdurre un diritto costituzionale di eccezione, proprio mentre abbiamo approvato una Costituzione che è intesa essenzialmente a commettere ogni potere della vita costituzionale del nostro Paese al Parlamento elettivo (Approvazioni).

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. L’onorevole Mortati, nello svolgere il suo emendamento, ha osservato che, presentandosi il Governo domani eventualmente di fronte all’Assemblea eccezionalmente riunita, beneficerebbe sempre di una posizione di assoluta preminenza, direi quasi di infrangibilità, per cui l’Assemblea non sarebbe mai in grado di creare una crisi governativa.

L’onorevole Mortati ha anche addotto alcune argomentazioni a sostegno di questa sua tesi. Ora, io mi permetto di dissentire su questo punto dall’onorevole Mortati; a me pare infatti che le considerazioni da lui fatte al riguardo non siano esatte. Il principio, io penso, è sempre unico, è sempre lo stesso: è il principio democratico per cui la minoranza può diventare maggioranza e quindi sostituirsi al Governo che precedentemente deteneva il potere.

Si tratta del periodo preelettorale? Va bene, ma per quale ragione l’Assemblea non potrebbe mettere in minoranza il governo ed esprimere dal suo seno un altro governo? Mi permetto di far osservare che se noi negassimo tale possibilità, l’Assemblea si troverebbe di fronte ad un governo il quale rimarrebbe di certo imperturbabile di fronte a qualunque evenienza, di fronte a qualunque attacco.

È questo, onorevoli colleghi, il sindacato parlamentare: attraverso l’interrogazione scritta, che può anche non bastare, attraverso l’interpellanza, che può anche non bastare e diventare anche mozione, si può, rispettando la prassi voluta dal Regolamento, porre il governo in minoranza. Se si toglie questa possibilità, io mi domando con quale dignità e autorità si riunirebbe l’Assemblea domani, sia pure in modo eccezionale.

Io ritengo che questa sia una questione puramente teorica, perché è quasi impossibile che questa eventualità si presenti in pratica. Tuttavia noi dobbiamo contemplare anche questo caso. Perciò credo che si debba respingere per questa parte l’emendamento del collega Mortati.

Circa la questione del numero, io trovo poi che i duecento proposti dall’onorevole Targetti sono troppi, e mi pare ragionevole la proposta di un terzo fatta dall’onorevole Giannini.

Il collega Mortati ha detto: noi sosteniamo la metà più uno, facendo riferimento al Regolamento della Camera. Sta bene, ma il Regolamento della Camera è previsto per un periodo normale; questo, invece, è un periodo eccezionale. Io credo che corrisponda allo spirito democratico il conservare ad una minoranza abbastanza forte, cioè un terzo, la possibilità di convocare l’Assemblea.

Credo che questa sia una richiesta che risponda al più elementare concetto di democrazia, e che vada quindi rispettata.

Su un incidente in Piazza Montecitorio.

SPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPANO. Signor Presidente, la piazza di Montecitorio è ancora una volta teatro di scene di una brutalità inaudita. (Interruzioni al centro – Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Facciano silenzio! Onorevole Spano, continui.

SPANO. Centinaia di deputati usciti sulla piazza di Montecitorio hanno potuto assistere, ripeto, a scene di una brutalità inaudita. (Proteste al centro – Rumori a sinistra).

Gli agenti della «Celere» hanno tutti riconosciuto che avevano un ordine preciso di agire in questo modo, e, presi uno per uno, si sono resi conto del carattere inaudito di quello che stanno facendo; ma hanno ripetuto di aver ricevuto ordini precisi.

Il capitano dei carabinieri che ieri sera aveva fatto sgombrare la piazza dalle camionette, ha riconosciuto che, una volta cessata la presenza provocatrice degli agenti armati in piazza Montecitorio, la piazza è stata sgombrata e la folla ha dato esempio manifesto di calma e di serenità. Questo fatto prova che la responsabilità spetta al Governo. (Vive proteste al centro).

I membri del Governo presenti a Montecitorio, ripetutamente invitati ad uscire per godersi lo spettacolo, hanno rifiutato di vedere coi loro occhi quello che sta succedendo.

Noi pensiamo che sarebbe bene che il Presidente di questa Assemblea andasse ad assistere alle scene che accadono. (Applausi a sinistra – Commenti).

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, non sarebbe certo degno della Costituente trasportare all’interno dell’Assemblea il disordine che è fuori. Noi abbiamo, credo, il diritto di chiedere che l’Assemblea inviti il Ministro dell’interno…

DOSSETTI. Ecco il motivo! (Proteste a sinistra – Rumori – Scambio di apostrofi fra l’estrema sinistra e il centro).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, onorevoli colleghi! Onorevole Nenni, prosegua.

NENNI. Chiediamo all’Assemblea di invitare il Ministro dell’interno a presentarsi dinanzi all’Assemblea per dire quali ordini egli ha dato al servizio d’ordine disposto agli accessi del Parlamento.

Ci rifiutiamo di coinvolgere in una responsabilità qualsiasi gli agenti presi individualmente. Non intendiamo scavare un abisso fra le forze dell’ordine pubblico e il popolo. (Applausi a sinistra).

Il solo responsabile davanti all’Assemblea è il Ministro dell’interno. Venga il Ministro a dire alla Costituente quali ordini ha dato e come ne ha controllato l’esecuzione. (Applausi a sinistra – Commenti al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni ha preannunciato la presentazione di una richiesta ed ora mi presenta un documento scritto. L’Assemblea ha un suo Regolamento. Io pregherei l’onorevole Nenni di volermi precisare quale carattere ha questo documento e in qual modo (onorevole Nenni, se lei prende delle iniziative, evidentemente sa come si svolgono), e in qual modo – dicevo – questo documento può entrare nel corso dei nostri lavori per porlo in votazione. Non si possono porre in votazione, onorevole Nenni, materie che non sono all’ordine del giorno. Presenti una interrogazione, con il carattere della massima urgenza, firmata dal numero maggiore dei deputati (e chiedo scusa se le do dei consigli). Questo è il modo con il quale una qualunque richiesta entra nel quadro generale dei nostri lavori. Finora l’Assemblea non ha deliberato procedure eccezionali: il giorno in cui tale procedura sarà sancita ci si potrà richiamare a questa strada aperta e percorrerla.

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. La forma regolamentare che può assumere la nostra richiesta può essere da noi deferita al giudizio della Presidenza e se necessario a quello dell’Assemblea.

Pare a noi che vi sia qualche cosa che sta al di sopra della lettera del Regolamento ed è il sentimento di dignità dell’Assemblea. L’Assemblea non può continuare i suoi lavori quando alla porta avvengono incidenti che saremo tutti d’accordo nel considerare deplorevoli.

Noi pensiamo di essere gli interpreti dell’interesse di Roma, dell’interesse del Paese, dell’interesse dell’ordine pubblico domandando che il Ministro dell’interno si presenti davanti all’Assemblea. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Io credo che addentrarci adesso in una discussione di carattere procedurale evidentemente non sia quello che risponde all’attesa dell’onorevole Nenni e degli altri firmatari di questo documento; non sia neanche quello che risponde all’attesa della Assemblea nel suo complesso; ma è evidente che una sola cosa io ravviso, che dal momento che lei è venuto per fare questa questione dal suo banco nell’Aula, con questo solo fatto lei ha accettato che la questione, esistendo, sia risolta nel quadro dell’Assemblea e secondo le norme dell’Assemblea. Ed è per questa ragione che io penso che lei deve dare a questa richiesta quella forma che il Regolamento dell’Assemblea stabilisce.

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. In queste condizioni, onorevole Presidente, io do all’ordine del giorno presentato carattere di interrogazione di urgenza, ma dichiaro che la situazione ci impone di non partecipare ulteriormente ai lavori dell’Assemblea finché il Ministro dell’interno non comparirà davanti alla Costituente per le spiegazioni richieste. (Applausi a sinistra – Interruzioni e commenti al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni, adeguandosi al mio invito, presenta la seguente interrogazione firmata anche dagli onorevoli Nasi, Bruni, Rossi Maria Maddalena, Jacometti, Malagugini, Massola, Gallico Spano Nadia, Li Causi, Grieco, Pucci, Pesenti, Negarville, Montagnana Mario, Farini, Mariani, Giua, Fornara:

«I sottoscritti chiedono al Ministro dell’interno di fornire immediatamente informazioni circa gli ordini dati al servizio pubblico attorno alla sede della Costituente».

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Vorrei fare appello all’onorevole Nenni prendendo lo spunto delle parole con cui ha cominciato il suo discorso: «non sarebbe degno della Costituente trasportare all’interno il disordine che è fuori». Io parlo qui non come Ministro ma come componente dell’Assemblea Costituente per il cui ordine del giorno siamo stati convocati. Tanto io, quanto qualche altro membro qui presente, non conosciamo i fatti perché eravamo qui per discutere degli articoli della Costituzione. Seguiamo, come ha detto il Presidente, le norme del nostro Regolamento. Potrà esser messa all’ordine del giorno del pomeriggio l’interrogazione chiesta con urgenza, ed io, pur non avendo avuto nessun rapporto, neanche telefonico, con il Ministero dell’interno, posso assicurare che il Ministro dell’interno verrà nel pomeriggio a rispondere all’interrogazione d’urgenza.

MOSCATELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOSCATELLI. Signor Presidente, poco fa lei ha accennato al fatto eccezionale ed ha detto che solamente se esistono i fatti eccezionali sarebbe aperta la via per vedere il modo di risolvere al di fuori della prassi normale la questione. Io domando se costituisce fatto eccezionale che i deputati, per venire alla Costituente o per tornarsene a casa, sono soggetti a bastonature da parte della polizia.

PRESIDENTE. Onorevole Moscatelli, mi rammarico che lei non abbia inteso bene quello che ho detto. Io ho detto che nel caso che l’Assemblea ritenga di dover predisporre certe particolari forme di lavoro per i momenti in cui si presentassero contingenze eccezionali, lo faccia; e allora, quando si presenteranno, avremo dinanzi a noi il meccanismo opportuno per procedere. Io non ho detto che quando ci siano delle contingenze eccezionali si possa mancare alle norme del Regolamento.

MONTAGNANA MARIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTAGNANA MARIO. Riconosco, signor Presidente, che non c’è un articolo del Regolamento che contempla il caso che deputati siano bastonati alla porta di Montecitorio. Riconosco perciò che le obiezioni fatte dall’onorevole Presidente a proposito della discussione immediata dell’interrogazione Nenni sono giuste. Mi pare però che dovrebbe essere la Presidenza stessa, come tale, per le funzioni che essa deve assolvere, a rivolgersi, come Presidenza di questa Assemblea Costituente, all’onorevole Scelba per chiedergli in modo perentorio di venire qui immediatamente a spiegare quali ordini ha dato alla polizia. (Interruzioni e commenti al centro). I poliziotti e i carabinieri che hanno picchiato quattro o cinque di noi deputati ci hanno dichiarato dopo: «ma noi non sapevamo che voi eravate deputati». (Interruzioni).

Una voce al centro. Era logico.

MONTAGNANA MARIO. Il che significa che i deputati, secondo loro e secondo l’onorevole Scelba forse, non possono essere picchiati; ma possono essere picchiati – nell’anno 1947, nella Repubblica italiana – i semplici cittadini. Ed è soprattutto contro questo che noi protestiamo; più che per il fatto che qualcuno di noi ha preso qualche bastonata. Concludendo, invito nuovamente la Presidenza a farsi interprete dei nostri sentimenti, e a chiedere all’onorevole Scelba di presentarsi all’Assemblea. (Applausi a sinistra – Commenti).

PRESIDENTE. Rendo noto che poco fa, con mio dispiacere, ho dovuto trascurare per alcuni minuti lo svolgersi della discussione nell’Aula, appunto perché ero in comunicazione telefonica col Ministro dell’interno onorevole Scelba.

L’onorevole Scelba, da me informato circa gli incidenti che stavano avvenendo, ha acceduto alla mia richiesta di provvedere a fare allontanare dalla piazza Montecitorio quel servizio particolare di forze di polizia che superasse i limiti normali di tutte le giornate. Questo, per indicare che qualche preoccupazione in proposito mi sono presa. Onorevole Montagnana, in quanto all’invito al Ministro a presentarsi, c’è l’interrogazione dell’onorevole Nenni, firmata da molti deputati ed anche da lei. Io naturalmente la comunicherò; ed è forse un po’ un’ironia, perché in questo momento l’onorevole Scelba saprà che è stata presentata, ed altri membri sono presenti e si occuperanno certamente essi stessi di comunicargliela. Io auspico che l’onorevole Scelba, accogliendo il carattere di massima urgenza dato a questa interrogazione, venga oggi a rispondere all’interrogazione stessa. In questa maniera la richiesta presentata da numerosi deputati troverà la sua sodisfazione.

PAJETTA GIULIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAJETTA GIULIANO. Desidero portare all’Assemblea dati di fatto. Sono stato malmenato, dopo essere stato riconosciuto e completamente isolato da circa venti agenti, comandati da un ufficiale. Dopo questo fatto sono entrato nel Palazzo di Montecitorio; nei corridoi ho incontrato l’onorevole Scelba e l’ho invitato a venire fuori a vedere quali ufficiali stavano compiendo simili gesta. L’onorevole Scelba non è venuto in piazza a rendersi conto; è scomparso.

Tenevo a comunicare questo dato di fatto ai colleghi, alcuni dei quali, come gli onorevoli Meda e Clerici, hanno espresso il loro rammarico per quanto è accaduto.

Probabilmente, se fosse intervenuto subito l’onorevole Scelba, a vedere con quale sistema agisce la polizia, si potevano evitare le bastonature agli onorevoli Pastore e Bianchi e a tanti altri cittadini. È inutile rammaricarsi dopo.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Mi propongo di non portare in questo breve dibattito se non motivi di carattere politico generale, che superino le posizioni dei Gruppi particolari.

Sono accaduti nelle vicinanze immediate della Camera fatti, della cui gravità non si possono rendere conto se non gli spiriti chiusi a ogni sentimento di cristiana pietà. (Applausi a sinistra – Commenti al centro). Nel modo con cui questi fatti si sono svolti sono implicite la responsabilità solidale del Gabinetto e quella personale del Ministro dell’interno. È veramente strano che, quando alcuni deputati sono percossi dalla violenza di agenti, i quali – come ha detto giustamente l’onorevole Nenni – sono chiamati ad un compito, della cui responsabilità non possono essere chiamati qui a dare conto, quando, dicevo, cinque o sei deputati sono colpiti, l’onorevole Scelba, che si trovava nei corridoi di Montecitorio, non abbia sentito il bisogno di assumere il posto della sua responsabilità al banco del Governo. (Commenti al centro – Applausi a sinistra). E di dire almeno una parola la quale non soltanto suonasse rivendicazione dei diritti di tutti i cittadini, ma segnasse la separazione della propria responsabilità dalla responsabilità di coloro i quali, nei confronti dei deputati, compiono violenze.

Dato l’atteggiamento che l’onorevole Scelba ha assunto, io ho il diritto di ritenere fin d’ora che è proprio lui il corresponsabile (Applausi a sinistra – Rumori al centro) di queste violenze consumate a danno di cittadini e di deputati.

Ecco perché ho approvato la richiesta che un deputato del Partito comunista ha fatto alla Presidenza. Onorevole Presidente, qui si tratta di difendere anche il diritto di uomini che sono investiti di un mandato parlamentare. Noi non chiediamo dei privilegi; affermiamo soltanto che non noi come persone dobbiamo essere tutelati ma che dev’essere rispettata la funzione che dalla fiducia del popolo siamo stati chiamati ad assolvere. L’onorevole Scelba deve rendere conto anche di questo (Commenti al centro); e francamente egli non dà prova di grande rispetto per le prerogative dell’Assemblea e di un vigile senso della propria responsabilità rifiutandosi di assolvere al suo dovere di Ministro dell’interno in questa stessa seduta, subito dopo gli incidenti. (Applausi a sinistra – Rumori al centro e a destra).

BENEDETTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTINI. Vorrei portare una parola di chiarimento e di pacificazione. (Commenti a sinistra).

Non sono qui per fare le difese di nessuno, che non posso, non voglio, né debbo fare. Dico semplicemente che in effetti lo stato d’animo di stamattina, dentro e fuori dell’Aula, è di eccitazione. Ho avuto modo di constatare io stesso, perché sono stato invitato da colleghi dell’altra parte ad andare sulla piazza Colonna, che questo stato d’animo teso può portare a conseguenze che noi non vogliamo. Voglio pertanto dire che dobbiamo tutti non soltanto deplorare i fatti anche involontariamente accaduti, cioè che qualche collega, com’è del resto successo anche a me, abbia avuto qualche percossa della polizia, in quanto non è stato riconosciuto come deputato, ma evitare che le persone che sono al di fuori non determinino quell’atmosfera per creare il fatto che si sta cercando da qualcuno. (Rumori a sinistra). Dobbiamo far ritornare la tranquillità. A questo proposito ricordo che già ieri sera c’è stato un comunicato della radio, comunicato che ha messo in sospetto molte persone, perché preavvisava il verificarsi di qualche atto di violenza del quale la Camera del lavoro si sarebbe lavata le mani. (Commenti al centro). C’è stato qualcosa che ha provocato tutto questo eccitamento negli animi. Colleghi dell’altra parte mi hanno invitato come ho detto ad uscire sulla piazza Colonna per rendermi conto di quanto succedeva, e con essi ho potuto accertare quanto son pronto a testimoniare per la verità, che non può andare contro l’operato della polizia. Io che sono considerato forse come uno che si accende un po’ presto, ma che in questa occasione ha svolto opera di calma, ho dovuto costatare che molta eccitazione c’era, ma pure che se tutti noi, dell’una e dell’altra parte, avessimo cercato di far opera di pacificazione sulla popolazione…

PAJETTA GIULIANO. Ho provato! Ho provato! (Commenti al centro).

BENEDETTINI. …avremmo ottenuto quello che tutti noi desideriamo. Facciamo perciò appello a questa Assemblea, che come il Ministro Grassi poco fa ha detto deve servire per lavori un po’ più importanti per l’utilità del Paese (Rumori a sinistra), affinché dall’Assemblea stessa parta quello spirito di serenità che induca tutti, i lavoratori che vogliono scioperare e quelli che non vogliono scioperare, ad aver fiducia nel diritto alla propria libertà. Mettiamoci tutti noi con amore e pacificazione a cercare di distendere gli animi. (Approvazioni a destra).

BERNAMONTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNAMONTI. Mi trovavo, dopo quegli incidenti, sulla soglia di Montecitorio e stava arrivando una macchina con il Ministro Togni e il Sottosegretario Cavalli, i quali si sono avvicinati all’entrata di Montecitorio. Rivolgendomi loro familiarmente ho detto che era successo un incidente durante il quale l’onorevole Pajetta era stato bastonato. Speravo che dal senso di responsabilità del Ministro e del Sottosegretario uscisse, se non altro, una parola di disapprovazione. Invece ho sentito un’espressione di compiacimento da parte dell’onorevole Togni, il quale ha detto apertamente: «bene! bene!». (Rumori – Interruzione del deputato Li Causi – Proteste al centro).

All’onorevole Togni, il quale forse ignorava che io fossi un deputato comunista, chiedo immediatamente spiegazioni e mi meraviglierei che ora negasse l’episodio. (Commenti).

Non capisco come dal dovuto senso di responsabilità un Ministro possa arrivare a questo punto di faziosità. (Applausi a sinistra – Rumori prolungati al centro).

TOGNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGNI. Parlo nella mia qualità di deputato dell’Assemblea Costituente e non di membro del Governo. Debbo deplorare, per quello spirito di pacificazione (Interruzioni a sinistra) che da più parti si è affermato, che su un evidente equivoco si voglia inscenare una speculazione assolutamente infondata. (Interruzioni a sinistra).

Coloro, e non sono pochi, che erano presenti in quel momento ad una serie di domande che si sono incrociate mentre io scendevo dalla macchina, ignaro di qualunque notizia ed avvenimento, possono sul loro onore testimoniare se è esatto o non è esatto quello che è stato dichiarato adesso dall’oratore che mi ha preceduto. (Interruzioni a sinistra).

FEDELI ARMANDO. C’ero io ed affermo che è esatto.

TOGNI. Debbo aggiungere che sono stato proprio sulla porta assalito, ed ancora mi domando il perché, da un certo numero di colleghi, i quali avevano un atteggiamento che poco bene deponeva su quello spirito di pacificazione che è stato invocato. (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che il Ministro dell’interno ha fatto sapere che nel corso della seduta pomeridiana risponderà all’interrogazione che è stata presentata.

Nomina di una Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che, in conformità del mandato conferitomi dall’Assemblea, ho chiamato a far parte della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge «Norme per l’elezione del Senato della Repubblica» gli onorevoli Abozzi, Avanzini, Bibolotti, Bovetti, Bulloni, Camangi, Candela, Costa, Fabbri, Froggio, Guidi Cingolani Angela, Gullo Fausto, Lami Starnuti, La Rocca, Lizier, Mastino Pietro, Persico, Reale Eugenio, Russo Perez, Saggin, Stampacchia, Veroni, Vigo e Villabruna.

La seduta termina alle 13.30.

POMERIDIANA DI GIOVEDÌ 11 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXVIII.

SEDUTA POMERIDIANA DI GIOVEDÌ 11 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Votazione per la nomina di tre membri dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello statuto della Regione siciliana; di un membro supplente dell’Alta Corte medesima:

Presidente

Risultato della votazione:

Presidente

Bertola

Arcangeli

Rodi

Cortese Pasquale

Fabbri

Preti

Bernini

Nitti

Colonnetti

Cevolotto

Mortati

Votazione segreta dei disegni di legge:

Norme per la prima compilazione delle liste elettorali nella provincia di Gorizia. (49).

Norme per la limitazione temporanea del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista. (50).

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Inversione dell’ordine del giorno:

Presidente

Disegno di legge (Seguito e fine della discussione):

Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione. (35).

Presidente

Martino Gaetano, Relatore

Gonella, Ministro della pubblica istruzione

Interrogazioni urgenti (Svolgimento):

Presidente

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Corbi

Paolucci

Di Fausto

Perassi

Nobile

Grazi

Lizzadri

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Presentazione di una mozione:

Presidente

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Corbi

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 17.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Votazione per la nomina di tre membri dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione Siciliana; di un membro supplente dell’Alta Corte medesima.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Votazione per la nomina di tre membri dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione Siciliana; di un membro supplente dell’Alta Corte medesima;

Desidero rammentare che quando abbiamo deciso di porre all’ordine del giorno questa nomina, siamo rimasti di intesa, per la logica stessa della questione, che essa avrebbe avuto un valore provvisorio, perché da una parte urgeva, specialmente per le sollecitazioni dei deputati siciliani e dell’Assemblea Regionale siciliana, che si procedesse a questa nomina; dall’altra l’Assemblea Costituente non ha ancora esaminato lo Statuto siciliano nel suo coordinamento con la Costituzione della Repubblica ed è chiaro che all’atto di questo coordinamento, se vi sarà qualche riferimento alla prevista Corte Costituzionale dello Statuto siciliano, bisognerà adeguarlo al testo definitivo.

Secondo l’articolo 13 del Regolamento della Camera, dovendosi procedere alla nomina di tre membri effettivi dell’Alta Corte, ogni deputato deve scrivere soltanto due nomi sulla scheda di votazione. In tal modo, resta garantita la rappresentanza della minoranza.

Estraggo a sorte il nome dei deputati che comporranno le due Commissioni di scrutinio per queste due elezioni. Faranno parte della prima Commissione i deputati: Mezzadra, Bettiol, Finocchiaro Aprile, Fabbri, Vilardi, Giolitti, Tozzi Condivi, Rivera, Stampacchia, Pajetta Giancarlo, Bonomi Paolo, Gervasi, della seconda i deputati: Cappugi, Costa, Zerbi, Buffoni, Dominedò, Farini Carlo, Laconi, Bellato, Martinelli, Zaccagnini, Benedettini e Minio.

Si proceda alla votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli scrutatori a recarsi nell’apposita sala per procedere allo spoglio delle schede.

Votazione segreta dei disegni di legge: Norme per la prima compilazione delle liste elettorali nella provincia di Gorizia (49); Norme per la limitazione temporanea del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista. (50).

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sui seguenti disegni di legge:

«Norme per la prima compilazione delle liste elettorali nella provincia di Gorizia» (49);

«Norme per la limitazione temporanea del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista» (50).

(Segue la votazione).

Avverto che le urne rimarranno aperte per lo svolgimento dell’ordine del giorno.

Inversione dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Propongo un’inversione dell’ordine del giorno, in maniera da riprendere l’esame del disegno di legge sul riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione.

Credo che potremo portare a termine quest’oggi l’esame di questo disegno di legge, cosicché domani potremo dedicarci al progetto della Costituzione.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Riordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione. (35).

PRESIDENTE. Come l’Assemblea ricorda, dobbiamo ora esaminare l’articolo 13. Incomincia ora la parte del disegno di legge intitolata: «Consiglio Superiore delle antichità e delle belle arti».

Si dia lettura dell’articolo 13 nel testo ministeriale.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Consiglio superiore per le antichità e belle arti è composto di 25 membri, oltre il Ministro che lo presiede. È ripartito in 5 Sezioni di 5 membri ciascuna: la prima per l’archeologia, la paletnologia e l’etnografia; la seconda per l’arte medioevale e moderna; la terza per gli edifizi monumentali, per l’urbanistica e per le bellezze naturali; la quarta per le arti figurative contemporanee e relative scuole; la quinta per l’arte musicale e drammatica e relative scuole».

MARTINO GAETANO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO, Relatore. Onorevole Presidente, le modifiche che la Commissione aveva creduto di apportare al disegno di legge ministeriale per ciò che riguarda i due corpi consultivi di cui dobbiamo ora occuparci, quello delle antichità e belle arti e quello delle accademie e biblioteche, sono modifiche di dettaglio, che il Ministro in privati colloqui aveva dichiarato di accettare.

Io credo pertanto che, per maggiore celerità dei nostri lavori, si potrebbe prendere come base della discussione il testo della Commissione, qualora il Ministro dichiarasse di aderire a questa proposta. Così potremmo più sicuramente terminare nella seduta odierna l’esame di questi ultimi articoli.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro, ella aderisce?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Dato che fra i due testi non vi è diversità, accetto.

PRESIDENTE. All’articolo 13 del testo ministeriale corrisponde l’articolo 6 della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Consiglio Superiore per le antichità e belle arti è composto di venticinque membri, oltre il Ministro che lo presiede. È ripartito in cinque sezioni di cinque membri ciascuna: la prima per l’archeologia, la paletnologia e l’etnografia; la seconda per l’arte medioevale e moderna; la terza per gli edifici monumentali, per l’urbanistica e per le bellezze naturali; la quarta per le arti figurative contemporanee e relative scuole; la quinta per l’arte musicale e drammatica e relative scuole».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, pongo in votazione l’articolo.

(È approvato).

Segue l’articolo 7 del testo della Commissione, che corrisponde all’articolo 14 del testo ministeriale. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La prima Sezione è composta di due professori universitari di ruolo di discipline archeologiche, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere, di due sopraintendenti alle antichità, di uno studioso di discipline archeologiche, scelto dal Ministro.

«La seconda Sezione è composta di due professori universitari di ruolo di storia dell’arte medioevale e moderna, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere, di due sopraintendenti alle gallerie, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità, di uno studioso di storia dell’arte, scelto dal Ministro.

«La terza Sezione è composta di due professori universitari di ruolo, eletti dalle Facoltà di architettura, o nel proprio seno o tra i professori di ruolo di architettura generale o tecnica delle Facoltà di ingegneria; di un sopraintendente ai monumenti, eletto dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità; di un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici scelto dal Ministro, e del presidente della Commissione Pontificia di arte sacra.

«La quarta Sezione è composta di un direttore e di un professore di ruolo delle accademie di belle arti, eletti congiuntamente dai capi di istituto e dai professori di ruolo delle accademie stesse, dei licei artistici e degli istituti e scuole d’arte; di due artisti, che abbiano partecipato almeno ad una mostra internazionale, e di uno studioso di arti figurative, scelti dal Ministro.

«Della quinta Sezione fanno parte: un direttore e un professore di ruolo dei Conservatori di musica, congiuntamente eletti dai direttori e dai professori dei Conservatori; un compositore o interprete musicale, estraneo ai Conservatori, uno studioso di arte drammatica e musicale o interprete drammatico, scelti dal Ministro; e un rappresentante dell’Accademia di arte drammatica, designato dalla Commissione artistica della detta Accademia».

PRESIDENTE. Si dia ora lettura del testo ministeriale.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La prima Sezione è composta di due professori universitari di ruolo, di discipline archeologiche, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere, di due sopraintendenti alle antichità, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità, di uno studioso di discipline archeologiche, scelto dal Ministro.

«La seconda Sezione è composta di due professori universitari di ruolo di storia dell’arte medioevale e moderna, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere; di due sopraintendenti alle gallerie, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità; di uno studioso di storia dell’arte, scelto dal Ministro.

«La terza Sezione è composta di un professore universitario di ruolo, eletto nel proprio seno dalle Facoltà di architettura; di due sopraintendenti ai monumenti, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità; di un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici e di un architetto o ingegnere, scelti dal Ministro.

«La quarta Sezione è composta di un direttore e di un professore di ruolo delle accademie di belle arti, eletti congiuntamente dai capi di istituto e dai professori di ruolo delle accademie stesse, dei licei artistici e degli istituti e scuole d’arte; di due artisti, che abbiano partecipato almeno ad una mostra internazionale, e di uno studioso di arti figurative, scelti dal Ministro.

«Della quinta Sezione fanno parte: un direttore e un professore di ruolo dei Conservatori di musica, congiuntamente eletti dai direttori e dai professori dei Conservatori; di un compositore o interprete musicale, estraneo ai Conservatori, uno studioso di arte drammatica e musicale o interprete drammatico, scelti dal Ministro; e un rappresentante dell’Accademia di arte drammatica, designato dalla Commissione artistica della detta Accademia.

«Per la designazione dei membri elettivi delle cinque Sezioni, ciascun elettore voterà per un solo nome, quando per ogni categoria siano due i consiglieri da eleggere».

PRESIDENTE. Come si rileva dal confronto dei due testi, al primo comma la Commissione ha soppresso l’inciso: «eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità» relativo ai due sopraintendenti alle antichità. Onorevole Ministro, accetta la soppressione?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Insisto perché questo inciso resti, dato che è mantenuto nelle Sezioni successive. Quindi o si mantiene, o si toglie in tutte.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Ritengo che si tratti di un errore di stampa, perché l’inciso esisteva anche nel testo della Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma, che, dopo le spiegazioni del Relatore, è identico nei due testi:

«La prima Sezione è composta di due professori universitari di ruolo di discipline archeologiche, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere, di due sopraintendenti alle antichità, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità, di uno studioso di discipline archeologiche, scelto dai Ministro».

(É approvato).

Il secondo comma è uguale nei due testi:

«La seconda Sezione è composta di due professori universitari di ruolo di storia dell’arte medioevale e moderna, eletti dai professori di ruolo delle Facoltà di lettere, di due sopraintendenti alle gallerie, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità; di uno studioso di storia dell’arte, scelto dal Ministro».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il terzo comma è invece nel testo della Commissione diverso dal testo ministeriale.

Prego l’onorevole Relatore di esporre il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. L’avviso della Commissione è espresso nella relazione che ho presentato, nella quale si dice:

«La rappresentanza, in seno al Consiglio, delle specifiche competenze nel campo dell’urbanistica, edifizi monumentali e bellezze naturali (sezione 3a), prevista dal progetto ministeriale, è stata oggetto di critiche non infondate da parte dell’attuale Commissione consultiva delle belle arti e della Facoltà di architettura dell’università di Napoli».

In sostanza, sia la Facoltà di architettura della Università di Napoli che la Commissione delle belle arti hanno fatto presente che, così come era organizzata questa terza Sezione nel disegno ministeriale, finiva col diventare organo della burocrazia, e ciò per la preminenza degli elementi burocratici sugli altri componenti elettivi della Sezione: mentre è evidente che il Consiglio superiore non deve essere organo della burocrazia.

Pertanto, dalla Facoltà di architettura di Napoli e dalla Commissione delle belle arti sono state fatte proposte che la Commissione ha, nella quasi totalità, creduto di accogliere. E cioè: anziché un solo professore delle Facoltà di architettura, due professori (e si è specificato poi che essi devono essere eletti dalle Facoltà di architettura o nel proprio seno o fra i professori di architettura generale o tecnica delle Facoltà d’ingegneria, i quali evidentemente hanno lo stesso diritto all’elettorato passivo dei professori delle Facoltà di architettura). Poi, si è creduto utile seguire il suggerimento della Commissione delle belle arti, includendo nella Sezione del Consiglio il presidente della Pontificia Commissione di arte sacra, perché in Italia l’arte è in grande prevalenza arte sacra, ed è dunque opportuno che una persona specificamente competente si trovi nella Sezione del Consiglio. Infine è stato soppresso l’ingegnere o architetto scelto dal Ministro. Alla Commissione non è sembrata necessaria la presenza di un ingegnere o architetto, poiché quasi tutti i membri della Sezione sono ingegneri o architetti.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Fausto ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«La terza Sezione è composta di un professore universitario di ruolo, eletto dalle Facoltà di architettura o nel proprio seno o tra i professori di ruolo di architettura generale o tecnica delle Facoltà di architettura; di due soprintendenti ai monumenti eletti dal personale del gruppo A del ruolo monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità; di un architetto scelto dal Ministro e del presidente della Pontificia Commissione d’arte sacra».

Ha facoltà di svolgerlo.

DI FAUSTO. Alla terza Sezione volevo che fosse incluso anche il presidente della Pontificia Commissione di arte sacra, poiché, escluso il patrimonio classico, il patrimonio artistico delta Nazione per l’86 per cento è di arte sacra.

Sono d’accordo per quanto riguarda la eliminazione di un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici, il che avrebbe conferito alla Commissione un maggior carattere burocratico.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, alle parole: un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici scelto dal Ministro, e del presidente della Commissione Pontificia di arte sacra, sostituire le seguenti: un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici ed uno studioso di arte sacra, scelti dal Ministro».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Il mio emendamento riguarda l’ultima parte del terzo comma.

Io concordo perfettamente con quanto hanno detto l’onorevole Relatore e l’onorevole Di Fausto sull’importanza – che nessuno può disconoscere – che in Italia hanno i monumenti artistici di carattere religioso. È, quindi, opportuno che in seno a questa Sezione vi sia una persona particolarmente competente in questo campo. Questa è un’esigenza da tutti riconosciuta.

Si tratta semplicemente di vedere in quale forma giuridica questa esigenza tecnica debba essere realizzata. Nel progetto del Governo di questo non si parlava. Nel progetto della Commissione, invece, si vorrebbe andare incontro a questa esigenza tecnica, disponendo che è membro di diritto il presidente della Pontificia Commissione di arte sacra.

Io non ho naturalmente nessuna prevenzione contro questo competentissimo consesso. Soltanto faccio un rilievo di ordine strettamente giuridico: mi pare che sia forse il primo caso (a me, almeno, non ne constano altri) che in una legge permanente dello Stato si prevede che di un organo dello Stato sia membro di diritto una persona che fa parte di un organo che fa capo ad un’autorità estranea allo Stato.

Perciò, pur venendo incontro alle esigenze tecniche ed artistiche che hanno suggerito questa proposta, io direi di sostituire la frase: «membro di diritto il presidente della Commissione Pontificia» con questa: «uno studioso di arte sacra, scelto dal Ministro».

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il suo parere.

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione accetta la proposta dell’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il suo parere.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Accetto la proposta della Commissione relativa ai professori di architettura, cioè di elevarli da uno a due. Accetto pure l’inclusione di un membro della Commissione Pontificia di arte sacra. Mi astengo sulla forma, sulla quale deciderà l’Assemblea, però aderisco all’idea di mettere un competente di arte sacra. Invece su un’altra questione non sarei d’accordo con la Commissione, direi, per una ragione di architettura del Consiglio Superiore.

Nella prima Sezione si è convenuto che ci devono essere due sovraintendenti per le antichità; nella seconda Sezione due sovraintendenti per le gallerie; nella terza Sezione i due sovraintendenti ai monumenti sarebbero ridotti a uno, mentre per i monumenti in genere la formula è più vasta del sopraintendente alle antichità e gallerie. Quindi proporrei lasciare i due sovraintendenti e di recuperare, diciamo così, il posto di cui c’è bisogno, eliminando il membro designato dal Ministro dei lavori pubblici, cioè eliminando un membro che aumenta la così detta burocratizzazione che è stata deprecata.

MARTINO GAETANO, Relatore. Accettiamo anche questa proposta del Ministro.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Mentre si parla di «sburocratizzare» io osservo che l’unico elemento il quale non rappresentava la burocrazia, viene in questo modo eliminato ed è l’ingegnere o l’architetto scelto dal Ministro.

Ci sono valentissimi architetti che non sono professori di Università ed il Ministro deve avere la possibilità di introdurre un rappresentante di questi architetti nel seno della Sezione. Quindi bisogna, se non si vuole burocratizzare, lasciare l’architetto o l’ingegnere scelto dal Ministro.

PRESIDENTE. Implicitamente lei respinge la proposta della inclusione del rappresentante dell’arte sacra.

NOBILE. No.

PRESIDENTE. Bisogna restare in numero di cinque.

NOBILE. Respingo, semmai, quello dei lavori pubblici. In sostanza proporrei di accettare per questa parte il testo del Ministro.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Martino di esprimere il parere della Commissione sulla proposta del Ministro.

MARTINO GAETANO, Relatore. Sono d’accordo con la proposta del Ministro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del terzo comma:

«La terza Sezione è composta di due professori universitari di ruolo, eletti dalle Facoltà di architettura, o nel proprio seno o tra i professori di ruolo di architettura generale o tecnica delle Facoltà di ingegneria».

(È approvata).

BERTOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTOLA. Io voterei in favore dell’emendamento Perassi, cioè sostituirei al presidente della Commissione Pontificia uno studioso di arte sacra, purché si precisasse meglio e si aggiungesse, dopo le parole: («studioso di arte sacra», le altre: «membro di un’Accademia d’arte sacra», in quanto la Commissione Pontificia può considerarsi un’Accademia di arte sacra.

PRESIDENTE. Prima di decidere su questo argomento, pongo in votazione la seconda parte del comma, con la modifica proposta dal Ministro:

«di due sopraintendenti ai monumenti, eletti dal personale di gruppo A del ruolo dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità».

(È approvata).

Secondo la proposta dell’onorevole Gonella, bisognerebbe sopprimere adesso la parte successiva che dice: «di un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici», in quanto si dovrebbe permettere l’inclusione dello studioso d’arte sacra. L’onorevole Nobile propone che si conservi l’architetto.

Pongo in votazione dapprima le parole: «di un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici scelto dal Ministro».

(Non sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«di un architetto o ingegnere scelto dal Ministro».

(Non sono approvate).

Passiamo alla votazione dell’ultima parte del comma:

«e del Presidente della Commissione Pontificia di arte sacra,».

Questa formula è stata proposta dall’onorevole Di Fausto.

MARTINO GAETANO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione, accogliendo la proposta Perassi, ha abbandonato la propria formulazione.

PRESIDENTE. Ricordo che il Ministro della pubblica istruzione si rimette all’Assemblea.

Pongo in votazione la formula:

«del presidente della Pontificia Commissione di arte sacra».

(Dopo prova e controprova non è approvata).

Pongo in votazione la formulazione della Commissione:

«di uno studioso di arte sacra».

(È approvata).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Bertola:

«membro di un’Accademia di arte sacra».

(Non è approvato).

Passiamo al quarto comma, identico nei due testi.

Lo pongo ai voti.

(È approvato).

Il quinto comma è identico nei due testi:

«Della quinta Sezione fanno parte: un direttore e un professore di ruolo dei Conservatori di musica, congiuntamente eletti dai direttori e dai professori dei Conservatori; un compositore o interprete musicale, estraneo ai Conservatori, uno studioso di arte drammatica e musicale o interprete drammatico, scelti dal Ministro; e un rappresentante dell’Accademia di arte drammatica, designato dalla Commissione artistica della detta Accademia».

Lo pongo in votazione.

(È approvato – L’articolo è approvato così modificato).

Passiamo all’articolo 15, che corrisponde all’articolo 8 della Commissione, e che è identico nei due testi. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il presidente di ciascuna Sezione è nominato dal Ministro tra i componenti.

«Il Consiglio, quando il Ministro non lo presieda di persona, è presieduto da un vicepresidente nominato dal Ministro tra i presidenti di Sezione.

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9 del testo della Commissione, che corrisponde all’articolo 16 del testo ministeriale. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Consiglio superiore è convocato in adunanza plenaria tutte le volte che si tratti di esaminare questioni generali che il Ministro intenda sottoporre al suo esame.

«Per la validità delle deliberazioni del Consiglio plenario si richiede la presenza di almeno due terzi dei consiglieri.

«Le Sezioni del Consiglio, ciascuna nell’ambito della propria competenza, dànno parere sulle questioni o provvedimenti di carattere tecnico per i quali, a norma delle disposizioni vigenti, è prescritto il parere del Consiglio.

«Per la validità delle deliberazioni di Sezione è richiesta la presenza di almeno quattro componenti».

PRESIDENTE. Il primo ed il secondo comma sono identici nei due testi. Li pongo in votazione.

(Sono approvati).

Il terzo comma nel testo ministeriale è del seguente tenore:

«Le Sezioni del Consiglio, ciascuna nell’ambito della propria competenza, danno parere sulle questioni o provvedimenti che investano, comunque, un giudizio di carattere tecnico».

L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo sul terzo comma del testo della Commissione.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Mi rimetto all’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Martino ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Penso sia opportuno mettere in votazione il testo della Commissione, perché il dire, come è detto nel testo ministeriale: «che investano, comunque, un giudizio di carattere tecnico», significa sottrarre qualsiasi funzione all’amministrazione centrale e devolvere tutto al Consiglio Superiore per le belle arti; il che mi sembra uno sproposito. Il Ministro non potrebbe più trasferire un bidello senza chiedere il parere del Consiglio. Per questa ragione mi pare più opportuno riferirsi a quelle questioni di ordine tecnico, per cui è richiesto dalla legge il parere del Consiglio, e non a tutte le questioni che investano comunque un giudizio di ordine tecnico.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il testo della Commissione del terzo comma, per cui il Ministro ha dichiarato di rimetterei all’Assemblea.

(È approvato).

L’ultimo comma è uguale nel testo ministeriale e nel testo della Commissione

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 17, che è identico nei due testi (articolo 10 della Commissione).

Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«È costituita in seno al Consiglio delle antichità e belle arti una Giunta, presieduta dal vicepresidente del Consiglio e composta dei presidenti di Sezione, per l’esame di questioni di particolare urgenza o per procedere a lavori di carattere preparatorio per le deliberazioni del Consiglio plenario o delle Sezioni».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 18, che corrisponde, salvo piccole varianti di forma, all’articolo 11 della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«È costituito un Consiglio di disciplina, nominato dal Ministro, che dà parere sulle questioni disciplinari riguardanti il personale direttivo ed insegnante delle scuole e degli istituti di istruzione artistica, presieduto da un professore universitario della Facoltà di giurisprudenza, membro della prima Sezione del Consiglio superiore della pubblica istruzione, e composto del direttore e del professore di Accademie di belle arti, del direttore e del professore di Conservatori di musica, membri del Consiglio superiore delle antichità e belle arti».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al capitolo dedicato al Consiglio Superiore delle accademie e biblioteche. Si dia lettura dell’articolo 12 del testo della Commissione, che corrisponde all’articolo 19 del testo ministeriale.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Consiglio Superiore delle Accademie e Biblioteche è composto di dodici membri, oltre il Ministro della pubblica istruzione, che lo presiede, e cioè: di un ispettore generale bibliografico, scelto dal Ministro, e di tre bibliotecari direttori di biblioteche governative, eletti dai bibliotecari di ruolo; di un direttore di biblioteca non governativa e di due studiosi, che abbiano singolare competenza nel campo della bibliotecnica e della biblioteconomia, scelti dal Ministro: e di cinque presidenti delle Accademie e dei corpi scientifici, eletti dai membri ordinari degli anzidetti sodalizi.

«Avranno diritto ad una rappresentanza nel Consiglio le Accademie ed i Corpi scientifici seguenti:

1°) Accademia pugliese delle scienze in Bari;

2°) Accademia delle scienze dell’Istituto in Bologna;

3°) Accademia Gioenia in Catania;

4°) Accademia della Crusca in Firenze;

5°) Accademia economica agraria dei Georgofili in Firenze;

6°) Accademia fiorentina di scienze morali «La Colombaria» in Firenze;

7°) Accademia ligure di scienze, lettere e arti in Genova;

8°) Accademia di scienze, lettere e arti in Lucca;

9°) Accademia Peloritana dei Pericolanti in Messina;

10°) Istituto lombardo di scienze e lettere in Milano;

11°) Accademia di scienze, lettere e arti in Modena;

12°) Accademia Pontaniana in Napoli;

13°) Accademia di scienze, lettere e arti (già Società Reale) in Napoli;

14°) Accademia di scienze, lettere e arti in Padova;

15°) Accademia di scienze, lettere e arti in Palermo;

16°) Accademia italiana Arcadia in Roma;

17°) Accademia nazionale dei Lincei in Roma;

18°) Insigne Accademia di San Luca in Roma;

19°) Istituto di studi romani in Roma;

20°) Società italiana delle scienze (detta dei XL) in Roma;

21°) Accademia di Santa Cecilia in Roma;

22°) Accademia dei Fisiocritici in Siena;

23°) Accademia delle scienze in Torino;

24°) Accademia di agricoltura in Torino;

25°) Istituto veneto di scienze, lettere e arti in Venezia;

26°) Accademia di agricoltura, scienze e lettere in Verona».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Arcangeli e Tozzi Condivi hanno proposto il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: dodici membri, sostituire: quattordici membri; e alle parole: cinque presidenti, sostituire: sette presidenti».

L’onorevole Arcangeli ha facoltà di svolgerlo.          ‘

ARCANGELI. Non occorre illustrarlo, perché è chiara la ragione che lo ha ispirato: conferire un maggior apporto democratico di carattere elettivo. Infatti si tratta soltanto di aumentare di due unità gli elementi a carattere elettivo.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione si rimette alla Assemblea. In linea di principio si può accettare la proposta formulata dagli onorevoli colleghi.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro della pubblica istruzione ha facoltà di parlare.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Mi rimetto anch’io all’Assemblea.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Desidero chiedere al Ministro se fra gli elettori dei tre bibliotecari in sede di corpo elettorale faranno o meno parte i funzionari che sono oggi adibiti all’Istituto di patologia del libro. Come è noto, in questo Istituto esistono funzionari di altissimo valore e recentemente la prima Commissione legislativa ha approvato un decreto legislativo col quale si faceva di questi funzionari un ruolo a parte. Quindi, potrebbe non essere chiaro che anche essi abbiano il diritto di prendere parte a questa votazione. Vorrei pregare il Ministro di dare un chiarimento al riguardo.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. È vero che fanno parte di un ruolo a parte, ma uno è il ruolo generale dei bibliotecari.

RODI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. Desidererei proporre che, invece di dire «singolare competenza», si dica «particolare competenza».

MARTINO GAETANO, Relatore. Accetto.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Accetto anch’io.

PRESIDENTE. Allora, pongo in votazione il primo comma dell’articolo 19, così modificato:

«Il Consiglio Superiore delle accademie e biblioteche è composto di quattordici membri, oltre il Ministro della pubblica istruzione, che lo presiede, e cioè: di un ispettore generale bibliografico, scelto dal Ministro, e di tre bibliotecari direttori di biblioteche governative, eletti dai bibliotecari di ruolo; di un direttore di biblioteca non governativa e di due studiosi, che abbiano particolare competenza nel campo della bibliotecnica e della biblioteconomia, scelti dal Ministro; e di sette presidenti delle accademie e dei corpi scientifici, eletti dai membri ordinari degli anzidetto sodalizi».

(È approvato).

Segue l’elencazione delle Accademie e dei corpi scientifici.

L’onorevole Arcangeli, ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, all’elenco delle Accademie e dei Corpi scientifici, aggiungere: 27°) Accademia Georgica in Treia;

28°) Accademia dei Catenati in Macerata».

Ha facoltà di svolgerlo.

ARCANGELI. Dirò poche parole. Si tratta, nel primo caso, della più antica Accademia d’Italia del secolo XV°, più antica di quella di Firenze, che conta, fra soci italiani e stranieri, i nomi più grandi nella scienza e nell’arte. Non ho altre parole da spendere per quella di Macerata che è conosciutissima da tutti.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Cappelletti, Rumor, Valmarana, Tosato, Cimenti, Marzarotto, Ferrarese, Bettiol, Pat e Garlato hanno presentato il seguente emendamento:

«Nel caso che la Commissione mantenga il suo articolo, aggiungere all’elenco delle Accademie e Corpi scientifici aventi diritto ad una rappresentanza nel Consiglio superiore delle accademie e biblioteche:

Accademia olimpica di Vicenza».

Onorevole Ministro, quale è il suo parere?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Accetto le due proposte aggiuntive, sia quella dell’onorevole Arcangeli, sia quella dell’onorevole Cappelletti, però, vorrei che si lasciasse la porta aperta per aggiungere anche altre accademie.

PRESIDENTE. L’onorevole Cortese Pasquale ha proposto di includere l’Accademia di scienze mediche di Palermo.

Al punto 15 della elencazione, è già prevista la inclusione dell’Accademia di lettere, scienze ed arti di Palermo.

CORTESE PASQUALE. Desidero rilevare che l’Accademia di scienze mediche di Palermo, oltre ad essere una delle più antiche (se non forse la più antica) di Europa, ha nobili tradizioni scientifiche. Hanno figurato in essa parecchi tra i nomi più illustri della scienza medica italiana. Credo che l’Accademia non sia ignota al Presidente della Commissione, che potrà testimoniare del valore e della importanza di essa.

PRESIDENTE. L’onorevole Martino Gaetano ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Anzitutto mi associo all’onorevole Ministro nell’accoglimento dei tre emendamenti che sono stati discussi prima. Quanto a questo ultimo dell’onorevole Cortese, desidero dire che personalmente, come studioso siciliano e conoscitore di questa Accademia medica di Palermo, che ha bellissime tradizioni ed un alto prestigio, io sarei favorevole alla sua inclusione. Tuttavia la maggioranza della Commissione non è del mio parere poiché ritiene che allora si dovrebbe, per criterio di equità, includere anche l’Accademia medica di Roma, e numerose altre Accademie mediche esse pure ricche di tradizioni e di prestigio che esistono in Italia. Questo è il parere della Commissione.

Ripeto, sono dolente che il mio punto di vista personale non sia condiviso dalla maggioranza della Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Cortese Pasquale ha facoltà di dichiarare se mantiene la sua proposta.

CORTESE PASQUALE. Dopo le dichiarazioni del Relatore e sentito il parere contrario della Commissione, non insisto.

BERTOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTOLA. Vorrei far notare che la Commissione, nel voler stabilire un elenco di Accademie o Istituti del genere, si è andata ad impegolare in una questione delicatissima che urta contro tradizioni e campanilismi che non finiranno più. Io proporrei che si tornasse quindi al testo ministeriale, e si mettesse in votazione l’ultimo comma dell’articolo 19 nel testo ministeriale, perché altrimenti non soltanto non la finiremmo più, ma indubbiamente creeremmo tali disappunti fra gli studiosi, che finiremmo per avere delle critiche numerose.

RODI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. Mi associo a questa considerazione dell’onorevole Bertola.

PRESIDENTE. L’onorevole Martino Gaetano ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Desidero chiarire questo punto: la Commissione non si è «impegolata in questa faccenda» con propria soddisfazione; la Commissione ha rilevato semplicemente che il 17 luglio 1947, con una ordinanza ministeriale, fu stabilito quali accademie avessero diritto a votare per la elezione dei propri rappresentanti nel Consiglio Superiore delle accademie e biblioteche e che in questo elenco (preparato dalla Direzione Generale. delle Accademie e Biblioteche) mancavano tre delle più illustri accademie d’Italia, quella dei fiosiocratici di Siena, l’Accademia Gioenia di Catania e l’Accademia Peloritana dei Pericolanti. Non ho bisogno di illustrare l’importanza di queste accademie che la Commissione ha ritenuto di aggiungere nell’elenco ministeriale. Occorre a questo riguardo rilevare che sarebbe stato necessario predisporre un regolamento di esecuzione. Noi ci troviamo, forse per la prima volta, in una condizione alquanto rara nell’attività legislativa italiana: una legge è stata prevista senza prevedere un regolamento di esecuzione di essa.

Questo elenco di accademie avrebbe dovuto trovar posto nel regolamento di esecuzione; non esistendo quest’ultimo, viene tutto lasciato all’arbitrio della burocrazia ministeriale, il che rappresenta un errore. Oggi l’attuale Ministro ha preparato un elenco di ventitré accademie; il Ministro successivo, alla prossima elezione potrà preparare un elenco di altre ventitré accademie e noi non sapremmo mai, in definitiva, chi sono coloro che devono eleggere i loro rappresentanti in seno al Consiglio Superiore delle accademie e biblioteche.

Ecco perché, tenendo fermi i ventitré nomi, la Commissione ha creduto di completare questo elenco con l’aggiunta di altre tre accademie, le quali sono ricche di tradizioni e di prestigio e sono ogni anno sovvenzionate dalla stessa Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche.

PRESIDENTE. Onorevole Bertola, lei presenta una formale proposta di emendamento?

BERTOLA. Propongo che su questo punto si torni al testo ministeriale.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Dichiaro, anzitutto, che non ho una preferenza marcata per l’una o per l’altra delle due tesi, però, tenuto conto di quanto ha detto l’onorevole Relatore – il quale ha osservato che se vi fosse un regolamento di esecuzione, si potrebbe lasciare al regolamento l’elencazione delle accademie – credo che l’emendamento proposto dal collega Bertola potrebbe essere modificato nel senso di dire che l’elenco delle accademie e dei corpi scientifici che hanno diritto ad una rappresentanza nel Consiglio sarà stabilito dal regolamento, e non con decreto del Ministro.

PRESIDENTE. Onorevole Bertola, ella è d’accordo?

BERTOLA. Accetto la modificazione proposta dall’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di voler esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Se l’onorevole Ministro è disposto a preparare un regolamento di esecuzione, non ho niente in contrario. (Commenti).

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro di voler esprimere il proprio parere al riguardo.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Desidererei che il proponente onorevole Perassi spiegasse i termini del regolamento: intende egli che il regolamento debba essere approvato con la procedura legislativa?

PERASSI. No, i regolamenti non sono discussi dalle Camere.

MARTINO GAETANO, Relatore. A me pare che non si possano approvare regolamenti se non con provvedimento del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.

Pongo in votazione la formulazione dell’onorevole Perassi.

«L’elenco delle Accademie e dei Corpi scientifici che avranno diritto ad una rappresentanza nel Consiglio, sarà stabilito dal regolamento».

(È approvata).

L’articolo 19 risulta nel suo complesso così approvato:

«Il Consiglio Superiore delle Accademie e Biblioteche è composto di quattordici membri, oltre il Ministro della pubblica istruzione, che lo presiede, e cioè: di un ispettore generale bibliografico, scelto dal Ministro, e di tre bibliotecari direttori di biblioteche governative, eletti dai bibliotecari di ruolo; di un direttore di biblioteca non governativa e di due studiosi, che abbiano particolare competenza nel campo della bibliotecnica e della biblioteconomia, scelti dal Ministro; e di sette presidenti delle Accademie e dei Corpi scientifici, eletti dai membri ordinari degli anzidetti sodalizi.

«L’elenco delle Accademie e dei Corpi scientifici che avranno diritto a una rappresentanza nel Consiglio sarà stabilito dal Regolamento».

Passiamo all’articolo 20 del testo ministeriale identico all’articolo 13 del testo della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Consiglio Superiore delle Accademie e Biblioteche dà pareri sulle proposte di pubblicazione di edizioni nazionali, sulle questioni di massima riguardanti l’ordinamento delle biblioteche, e sulla conservazione, la tutela del patrimonio librario raro e di pregio e sull’acquisto di raccolte o pezzi di singolare valore, su studi di alto interesse nazionale e internazionale, ed in genere su ogni altro problema che il Ministro intenda sottoporre al suo esame.

«Esso, quando il Ministro non lo presieda di persona, è presieduto da un vicepresidente, nominato dal Ministro tra i Consiglieri.

«Per la validità delle deliberazioni del Consiglio, si richiede la presenza di almeno nove consiglieri».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvata).

Passiamo all’articolo 21, del testo ministeriale, identico all’articolo 14 del testo proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«In seno al Consiglio è costituita una Giunta di cinque membri, presieduta dal vicepresidente del Consiglio, e composta di quattro consiglieri, dei quali due scelti dal Ministro e due dal Consiglio.

«La Giunta si pronuncia sulle questioni che il Ministro ritenga, per motivi di urgenza, di sottoporre al suo esame.

«Per la validità delle deliberazioni della Giunta, si richiede la presenza di tre componenti».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo allora alle disposizioni generali. Si dia lettura dell’articolo 15, del testo della Commissione, diverso dal ministeriale.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I direttori generali, gli ispettori centrali ed i capi divisione del Ministero della pubblica istruzione, secondo la propria competenza, possono essere invitati a partecipare, senza diritto a voto, alle sedute dei Consigli Superiori ed alle riunioni delle singole Giunte».

MARTINO GAETANO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO, Relatore, Proponiamo che si sostituisca la parola: «Sezioni» all’altra: «Giunte».

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’articolo con questa modificazione della Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 23, del testo ministeriale, identico all’articolo 16 del testo della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I componenti dei Corpi consultivi, contemplati nel presente decreto, sono nominati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, durano in carica tre anni e possono essere confermati.

«I consiglieri che cessano durante il triennio sono sostituiti per la restante parte del triennio da consiglieri eletti o nominati con le stesse forme dei consiglieri cessati.

«I consiglieri non possono prendere parte a concorsi banditi dal Ministero della pubblica istruzione né in qualità di commissari né in qualità di candidati».

Nessuno chiedendo parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24, del testo ministeriale. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I Consigli si adunano normalmente due volte all’anno e, in via straordinaria, tutte le volte che il Ministro lo ritenga necessario.

«Quando vi siano questioni che possano interferire sulla competenza di più Sezioni, queste si pronunziano congiuntamente sotto la presidenza del vicepresidente del Consiglio competente».

PRESIDENTE. Il corrispondente articolo 17 nel testo della Commissione è del seguente tenore:

«I Consigli si adunano normalmente due volte all’anno, nel mese di marzo e nel mese di ottobre o in via straordinaria tutte le volte che il Ministro lo ritenga necessario».

Onorevole Gonella, lei accetta questo testo?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Mi rimetto all’Assemblea.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il testo della Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 25, del testo ministeriale, identico all’articolo 18 della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Ministro può, per singole e determinate materie, costituire presso ciascun Consiglio speciali Commissioni, alle quali possono esser aggregati membri estranei ai Consessi.

«Quando si tratti di questioni che riguardano istituzioni o scuole, le quali non abbiano diretta rappresentanza, il Ministro può chiamare a riferire direttamente al Consiglio e alla competente Giunta della Sezione il capo dell’istituzione o della scuola, o un suo delegato».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Perassi ha proposto il seguente emendamento:

«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:

«Quando si tratti dell’ordinamento degli studi di una Facoltà universitaria, sarà invitato a partecipare, con voto consultivo, il preside più anziano delle Facoltà interessate».

L’onorevole Perassi ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Questo emendamento si collega al sistema di formazione della prima Sezione.

Come l’Assemblea ricorda, i membri della prima Sezione sono eletti per gruppi di facoltà. Questa mattina abbiamo già adottato una disposizione tendente a rendere possibile che nella Sezione si abbia una varietà di competenze, dichiarando ineleggibile uno solo dei designati quando siano designati due o più professori della stessa disciplina. È una cautela che già serve a qualche cosa. Però bisogna tener conto che i gruppi di Facoltà, quali sono stati costituiti, sono tali per cui non è esclusa l’eventualità che nella Sezione del Consiglio Superiore non si abbia alcun professore di una qualche facoltà. Per esempio, vi sono quattro membri che sono designati dalla Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali e di chimica industriale; può darsi benissimo che nessuno della Facoltà di chimica industriale sia designato. Così per altri casi; per esempio, per la Facoltà di scienze statistiche, demografiche e attuariali, che fa gruppo con quelle di giurisprudenza e di scienze politiche.

Ora, quando il Consiglio Superiore è chiamato ad esaminare progetti di legge o progetti di regolamenti che riguardano l’ordinamento degli studi di una certa Facoltà, a prescindere dal concorso che può essere dato dai membri competenti per le singole materie, sembra opportuno che, a titolo consultivo, partecipi chi ha una visione d’insieme delle esigenze di tale Facoltà.

PRESIDENTE. Onorevole Martino, vuole esprimere il parere della Commissione?

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento proposto dall’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Gonella?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Anch’io lo accetto.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione. Si tratta di votare il testo della Commissione, includendovi dopo il primo comma l’emendamento dell’onorevole Perassi. Il testo completo risulta, quindi, il seguente:

«Il Ministro può, per singole e determinate materie, costituire presso ciascun Consiglio speciali Commissioni, alle quali possono essere aggregati membri estranei ai Consessi.

Quando si tratti dell’ordinamento degli studi di una Facoltà universitaria, sarà invitato a partecipare, con voto consultivo, il preside più anziano delle Facoltà interessate.

Quando si tratti di questioni che riguardano istituzioni o scuole, le quali non abbiano diretta rappresentanza, il Ministro può chiamare a riferire direttamente al Consiglio e alla competente Sezione della Giunta il capo dell’istituzione o della scuola, o un suo delegato».

Se nessuno chiede di parlare, pongo in votazione questo testo.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Chiedo la ragione speciale per la quale i Consigli sono qui chiamati Consessi. Perché cambiare la denominazione? Lasciamo Consigli.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro di esprimere il suo parere.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Per me sta bene.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il suo parere.

MARTINO GAETANO, Relatore. La parola «Consessi» mi sembra più appropriata, perché altrimenti bisognerebbe dire: «Consigli ovvero Sezioni del Consiglio ovvero Giunte del Consiglio». La parola Consessi mi pare più generica e quindi più adatta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 25 con l’aggiunta dell’emendamento Perassi, accettata dal Ministro e dal Relatore, dopo il primo comma.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 26 nel testo della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Le funzioni di segretario degli organi consultivi, contemplati nella presente legge, sono affidate ad un funzionario di grado quarto, nominato su proposta del Ministro della pubblica istruzione. A tale scopo, nel ruolo della carriera amministrativa viene aggiunto un posto di Direttore generale e soppresso un posto di Ispettore generale».

PRETI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PRETI. Io vorrei chiedere al Presidente della Commissione quale bisogno ci sia di stabilire in questo articolo che deve essere nominato apposta un direttore generale di IV grado. Sembra quasi che si voglia far posto ad un nuovo direttore generale, e aggiungere così un altro anello alla burocrazia. Mi sembra più semplice l’originaria proposta del Ministro.

PRESIDENTE. Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. Il Segretario del Consiglio Superiore della pubblica istruzione è stato finora un funzionario della direzione generale dell’istruzione superiore.

Si vengono ora a creare organi diversi e più complessi. Noi abbiamo un Consiglio generale delle antichità e belle arti, un Consiglio Superiore delle accademie e biblioteche, tre sezioni distinte per il Consiglio Superiore della pubblica istruzione. Sembra opportuno, anche per il prestigio di questo corpo consultivo, che l’unico segretario sia un funzionario di grado elevato, il più elevato dell’amministrazione, anche per evitare la dipendenza di questo ufficio dalla burocrazia di una delle varie direzioni generali.

Tuttavia la Commissione non ha una ragione particolare per insistere e si rimette all’Assemblea, pur avvertendo che l’articolo era stato così formulato per accordi intervenuti fra il Ministro e il relatore della commissione.

BERNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI. Mi associo alle osservazioni dell’onorevole Preti. Ritengo che non sia opportuno specificare a quale grado deve appartenere il segretario, anche per un’altra ragione. Stabilendo che debba essere un funzionario di alto grado si verrebbe a creare una specie di relazione d’imbarazzo fra alcuni membri delle Sezioni, che potrebbero essere i maestri e professori medi i quali in un certo senso possono essere dipendenti da questo alto funzionario. Quindi propongo che sia tolta la specifica del grado a cui deve appartenere il segretario.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro di esprimere il suo parere.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Accetto la proposta della Commissione in considerazione del fatto particolare che non si tratta di istituire un posto di grado IV, perché la Commissione propone di sopprimere un posto di ispettore generale. Quindi la differenza è minima e non si istituisce un nuovo posto.

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Io non ho voluto partecipare a questa discussione, perché tutto il congegno del disegno di legge mi dispiace; ma trovo che noi arriviamo alla stravaganza di fissare chi sarà il segretario del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Sono stato diciotto anni al Consiglio superiore della pubblica istruzione, quando vi erano grandi personalità: da Carducci a De Amicis e a Fogazzaro, grandi letterati, grandi scienziati, a cominciare da Cannizzaro. Tutti i grandi italiani erano allora nel Consiglio superiore! Ora, chi di noi si pose allora il problema: chi doveva essere il segretario del Consiglio superiore della pubblica istruzione? Era un funzionario nominato d’accordo fra il vicepresidente del Consiglio superiore e chi lo presiedeva, che prima era il Ministro. Essi nominavano d’accordo il segretario. Ma non c’era nessuna formalità. Chi sono stati, per venti o trenta anni, i segretari? Niente scienziati, niente personaggi, niente direttori generali, ma semplicemente dei buoni funzionari, incaricati di fare il verbale. La grande difficoltà è fare il verbale, soprattutto in un Consiglio come quello dell’istruzione. E quando vi sono state personalità, uomini dai grandi nomi, hanno fatto cattiva prova.

Dunque, d’accordo col vicepresidente del Consiglio dell’istruzione, il Ministro nominava il segretario.

Ora, perché si vuole arrivare e stabilire che il segretario deve essere un personaggio e di che grado deve essere? Ma quando mai? Potete voi pensare che uomini come Carducci o come Cannizzaro si mettessero a discutere di queste questioni? Ma era uno che sapesse fare il verbale, e basta! Non create dunque di queste strane cose! Il Consiglio avrà il segretario più adatto, cioè chi saprà fare un buon verbale, e il Ministro, d’accordo coi vicepresidenti lo sceglierà. Sono cose interne, si tratta di interna corporis!

Vi prego, quindi, di omettere questa parte, che è assolutamente assurda! (Approvazioni).

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Sono d’accordo con quanto ha detto l’onorevole Nitti e proporrei la soppressione di questo articolo. Per quello che io so, le funzioni di segretario sono sempre assunte dal più giovane dei membri del Corpo consultivo. Quindi non è affatto il caso di precisare che le funzioni di segretario siano disimpegnate da un alto funzionario. Il segretario è il membro più giovane, che deve fare il verbale.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Credo che l’onorevole Nobile non abbia precisa nozione delle funzioni del segretario. Mi appello ai membri del Consiglio superiore che sono qui presenti e che possono darmi atto come il segretario non è il più giovane che fa il verbale, ma è colui che mantiene la continuità dell’organismo, il quale ha attività saltuaria, poiché si riunisce due volte all’anno. Si possono sopprimere tutti i gradi gerarchici dell’amministrazione (su questo posso essere anche d’accordo), ma, nell’ambito del sistema vigente, la Commissione proponeva di sostituire a un grado V un grado IV. Non si istituisce con questo nessun posto nuovo. Per questo si sembrava che, considerando il fatto che nel Consiglio superiore sono ammessi perfino direttori e ispettori e perfino capi divisione del Ministero (perché gli articoli 15 e 22 che abbiamo approvato ne parlano), non mi sembra che nel caso specifico si tratti di una stonatura. Comunque, mi rimetto all’Assemblea.

PRESIDENTE. Mi pare in definitiva che c’è la proposta di ritornare alla formulazione del testo ministeriale. La Commissione aderisce?

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione aderisce.

PRESIDENTE. Pertanto pongo in votazione il testo ministeriale:

«Le funzioni di segretario degli organi consultivi, contemplati nella presente legge, sono affidate a funzionari della carriera amministrativa della Amministrazione centrale della pubblica istruzione».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 27 del testo ministeriale, identico all’articolo 20 del testo della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione saranno stabilite le modalità di svolgimento delle votazioni per la designazione dei membri elettivi dei tre Consigli».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Si dia lettura dell’articolo 28, del testo ministeriale, identico all’articolo 21 della Commissione.

MOLINELLI, Segretariolegge:

«Sono richiamate in vigore, in quanto possono essere tuttavia applicate, tutte le disposizioni vigenti al momento dell’emanazione del regio decreto-legge 20 giugno 1935, n. 1070, che facevano obbligo al Ministro della pubblica istruzione di sentire, per determinate materie, il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione o di uniformarsi allo stesso.

«Ogni altra disposizione contraria alla presente legge è abrogata».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Per quanto riguarda il Consiglio superiore della pubblica istruzione, l’articolo 4 fissa le attribuzioni della prima Sezione; l’articolo 8 stabilisce su quali questioni debba essere interpellata la seconda Sezione, l’articolo 11 stabilisce le competenze della terza Sezione, più o meno sommariamente. Per il Consiglio superiore di Accademie e delle biblioteche, l’articolo 28 stabilisce con precisione su quali argomenti il Consiglio sia chiamato a dare pareri. Per quanto riguarda invece il Consiglio superiore delle antichità e belle arti si tace completamente. Ora, anche per ragione di euritmia qualche cosa si dovrebbe dire. Ad ogni modo trovo che bisognerebbe precisare quali sono le competenze del Consiglio superiore delle antichità e belle arti…

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, l’articolo 16 prevede quanto lei ha prospettato. D’altra parte doveva, semmai, presentare un emendamento formalmente redatto nel punto adatto della legge. Non possiamo, adesso che siamo giunti all’ultimo articolo, ritornare indietro su quanto è stato fatto.

NOBILE. Io non intendevo che si ritornasse indietro, bensì che si desse facoltà al Ministro di precisare questa competenza.

MARTINO GAETANO, Relatore. È già precisata.

PRESIDENTE. Sono state presentate alcune proposte di norme transitorie. La prima è degli onorevoli Moro, Colonnetti, Bertola, Calamandrei, Binni, Marchesi:

«Per la prima volta la Sezione universitaria del Consiglio superiore della pubblica istruzione potrà essere eletta separatamente e funzionare, pur mancando le altre Sezioni del Consiglio, per le materie di sua esclusiva competenza. Sarà presieduta temporaneamente da un membro eletto dalla Sezione stessa».

È accettata da tutti?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. L’accetto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione questa norma transitoria.

(È approvata).

Passiamo alla seconda norma transitoria dell’onorevole Colonnetti:

«In occasione della prima elezione dei membri della Sezione universitaria saranno esclusi dall’elettorato passivo i professori che sono stati nominati in seguito ad un concorso nei confronti dei quali sia in corso una pratica di revisione a norma del decreto legislativo…».

L’onorevole Colonnetti ha facoltà di svolgerla.

COLONNETTI. Ho presentato questa proposta al solo fine di evitare che si verifichino nel funzionamento del prossimo Consiglio superiore inconvenienti analoghi a quelli che si sono recentissimamente verificati nelle nomine delle Commissioni che dovranno giudicare i concorsi universitari.

Il Ministro sa – ed è bene che sappiano tutti i colleghi – che, in occasione della nomina di queste Commissioni, non è stata fatta nessuna eccezione quanto alla eleggibilità dei giudizi. Ed è accaduto che, attraverso le votazioni, sono stati in molte commissioni eletti a commissari dei professori, i quali erano stati nominati in base a concorsi posteriori al 1942, che sono attualmente soggetti a revisione. Ora, è apparso subito evidente che questi Commissari si troverebbero in una posizione molto sospetta nel giudicare i candidati agli attuali concorsi, in quanto i loro giudizi potrebbero pregiudicare le revisioni in corso alle quali essi sono soggetti. Il Ministero ha interpellato in proposito il Consiglio di Stato che si è pronunciato per la ineleggibilità di questi professori a far parte delle Commissioni giudicatrici, sicché il Ministero si trova oggi in questa situazione, di non poter in alcune Commissioni chiamare a far parte quelli che dal corpo elettorale hanno avuto il massimo numero dei voti; e il grave è che, esclusi questi, le Commissioni rischiano di essere formate con membri che hanno avuto pochissimi voti dal corpo elettorale.

Ora la incompatibilità si ritrova immutata nei riguardi del Consiglio superiore, dalle cui decisioni le revisioni dipendono. Tutto ciò non sarebbe naturalmente successo, se le revisioni fossero state fatte a tempo. Il fatto che queste revisioni non siano state ancor fatte dipende da cause che sono ben note a questa Assemblea e che hanno determinata la carenza del passato Consiglio superiore. Sta di fatto che il nuovo Consiglio superiore si dovrà pronunciare in proposito; e non è ammissibile che siano chiamate a far parte di questo Consiglio persone che in queste revisioni sono direttamente interessate e che da queste revisioni potrebbero veder in qualche modo menomata la loro posizione. Per questo mi è parso necessario proporre che, a differenza di ciò che fu fatto nelle votazioni delle ultime Commissioni, questa incompatibilità sia affermata in precedenza, e resa nota al corpo elettorale, escludendo senz’altro dalla eleggibilità quei professori che, essendo implicati in una di queste operazioni di revisione, potrebbero nel Consiglio superiore portare una voce interessata a pregiudizio degli interessi di quelli che la revisione hanno richiesta.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione accetta la proposta Colonnetti.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro, quale è il suo parere?

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Mi rimetto all’Assemblea; però devo far presente un particolare tecnico. Se si accetta il criterio di escludere dalla eleggibilità coloro che hanno partecipato a concorsi sottoposti a revisioni, si dovrebbe arrivare ad escludere anche i professori che hanno fatto parte delle Commissioni giudicatrici di questi candidati, perché la posizione è pressoché analoga. Ora, se si arrivasse anche a questa seconda tappa dell’esclusione, si verrebbe ad escludere circa il cinquanta per cento del corpo accademico attuale. Perciò, faccio presente le conseguenze, da un punto di vista tecnico, a cui questo principio porterebbe. Per quanto riguarda la sostanza mi rimetto all’Assemblea.

MARTINO GAETANO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO, Relatore. Desidero precisare che, secondo la proposta Colonnetti, se io ho ben compreso, dovrebbero essere esclusi dall’elettorato passivo soltanto coloro che furono compresi nelle terne di quei concorsi che sono oggetto di revisione e per i quali è stata chiesta la revisione. Non i giudici. Né posso io condividere l’apprezzamento del Ministro che vi sia analogia tra i giudici ed i vincitori di quei concorsi; perché ricorrono contro la più gran parte di quei concorsi coloro che non poterono partecipare ai concorsi stessi per ragioni razziali o perché non iscritti al partito nazionale fascista. Non vedo quale possa essere la responsabilità di coloro che giudicarono quei concorsi. Era la legge che impediva a costoro di partecipare ai concorsi; ed i professori che fecero parte delle commissioni giudicarono solo i candidati, cioè coloro che possedevano i requisiti voluti dalla legge. Essi non furono chiamati ad esprimere il profondo giudizio sugli attuali ricorrenti. Ora, estendere l’ineleggibilità anche ai giudici, come propone il Ministro, mi sembra eccessivo. Noi accettiamo la proposta Colonnetti, ma nei limiti in cui tale proposta è contenuta.

GONELLA. Ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Devo precisare che non ho affatto proposto di estendere. Ho detto che l’accettazione di quel concetto porterebbe ad estendere; e questa considerazione la portavo come elemento critico rispetto a quel criterio. Non condivido affatto quello che ha detto l’onorevole Martino in questo momento. Indubbiamente, se è una turbativa della revisione dei concorsi la presenza nel Consiglio di un professore il cui concorso è sottoposto a revisione, è ugualmente una turbativa la presenza nel Consiglio superiore di uno dei professori che ha giudicato e che tenderà a considerare come normale il suo giudizio. Infatti non v’è solo il caso prospettato dall’onorevole Martino nella revisione dei concorsi (cioè dei candidati che non abbiano potuto partecipare per ragioni politiche e razziali); vi sono dei giudizi dati da Commissioni in base a criteri politici. Ora, la presenza di uno di quei Commissari è indubbiamente una turbativa nella revisione dei concorsi. Questo dicevo appunto, perché si valutasse la gravità delle conseguenze e non perché si estendesse il criterio esposto dall’onorevole Colonnetti.

COLONNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLONNETTI. Se il Presidente me lo permette e se i colleghi mi concedono un momento di attenzione, penso che valga la pena che le cose siano ben chiarite prima che si prenda una decisione.

Esistono due diversi casi di revisione di concorsi: ci sono dei ricorsi nei quali i risultati del concorso sono incriminati per asserita faziosità dei Commissari. È evidente che in questi casi ha ragione il Ministro, quando dice che tanto i ternati, che sono stati eletti in seguito a quel giudizio, come i Commissari, che hanno emesso il giudizio, sono parte in causa. Essi sono infatti implicati in ciò che è avvenuto, e interessati nelle eventuali successive discussioni. In questi casi, dunque, giustizia vorrebbe che tanto i Commissari come i ternati fossero esclusi dal futuro Consiglio Superiore. Ma ci sono molti altri casi, e sono i più numerosi, nei quali invece la revisione del concorso è richiesta soltanto da candidati che non vi hanno potuto partecipare, in quanto ne sono stati esclusi per ragioni razziali o perché non iscritti al partito nazionale fascista.

In questi casi i vincitori del concorso restano interessati e la loro presenza nel Consiglio Superiore può essere sospetta di parzialità, in quanto la revisione può menomare la loro posizione riconoscendo ai concorrenti, allora esclusi, una posizione in terna. Ma i Commissari non hanno nessuna responsabilità in quanto è avvenuto, non avendo avuto occasione di giudicare questi concorrenti esclusi; quindi non sono interessati né nella riuscita, né nella non riuscita della revisione.

Così stando le cose, io chiedo all’onorevole Ministro se ritenga possibile, nelle condizioni attuali della istruttoria di queste revisioni, distinguere, i casi in cui la revisione è chiesta per supposta faziosità dei Commissari, dai casi, in cui è semplicemente chiesta da candidati che non hanno potuto partecipare, e che partecipando avrebbero potuto prendere posto nella terna. Se il Ministro ritiene questo possibile, non v’è dubbio che, nel primo caso, dovrebbero essere dichiarati ineleggibili tanto i vincitori del concorso come i loro giudici; nel secondo caso soltanto i vincitori. Se invece il Ministro ritiene che una distinzione di questo genere nella congerie dei ricorsi giacenti presso il suo Ministero non possa essere fatta con tutta sicurezza, allora non resta che ripiegare sopra la soluzione proposta col mio emendamento, che ha lo scopo di eliminare tutti i vincitori di concorsi, che sono indubbiamente parte interessata e perciò non devono sedere nel Consiglio superiore, che di tali revisioni deve decidere, passando sopra alle altre eventuali incompatibilità, fortunatamente meno numerose, di Commissari, i quali sono incriminati di faziosità, ma contro cui mi sembra, non si possa procedere se non possono essere identificati con sicurezza.

Io mantengo quindi fermo il mio emendamento, disposto ad aggiungervi l’affermazione della incompatibilità per i Commissari, solo se il Ministro ci dà affidamento di potere con sicurezza identificare quali sono i Commissari interessati alla non revisione e quali sono invece assolutamente fuori causa.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della norma transitoria proposta dall’onorevole Colonnetti.

COLONNETTI. Prima che si addivenga alla votazione io penso che si dovrebbe attendere la risposta dell’onorevole Ministro.

PRESIDENTE. Non possiamo discutere in questa sede un disegno di legge, che è ancora abbastanza indeterminato.

Ella stesso, onorevole Colonnetti, nella sua proposta ha messo dei puntini. Dovrà essere discusso, ma nella sede opportuna.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. L’onorevole Colonnetti ha rivolto una domanda al Ministro; sarebbe opportuna una risposta.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Ho già dichiarato che mi rimetto all’Assemblea; non ho parere da esprimere.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la norma transitoria proposta dall’onorevole Colonnetti, testé letta.

(È approvata).

Passiamo alla norma transitoria proposta dagli onorevoli Mortati, Ermini, Bettiol, Medi, Dossetti, Dominedò, La Pira, Lazzati:

«Per la prima formazione del Consiglio superiore della pubblica istruzione si potrà procedere alla costituzione della Sezione universitaria indipendentemente da quella delle altre, per il solo esercizio delle attribuzioni di sua competenza previste dagli articoli della presente legge.

«L’integrazione del Consiglio mediante la elezione e la nomina degli altri membri deve avvenire entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge».

Osservo che di questa resta valido il secondo comma, mentre il primo è assorbito dalle precedenti votazioni.

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere la sua proposta.

MORTATI. Rinunzio a svolgerla.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MARTINO GAETANO, Relatore. La Commissione accetta la proposta Mortati.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro della pubblica istruzione ha facoltà di esprimere il suo parere.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Accetto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il secondo comma della norma proposta dall’onorevole Mortati:

«L’integrazione del Consiglio mediante la elezione e la nomina degli altri membri deve avvenire entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 29, ultimo del disegno di legge: se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La presente legge sostituisce integralmente il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 30 giugno 1947, n. 602, ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

La votazione a scrutinio segreto di questo disegno di legge avrà luogo in una delle sedute di domani.

Gli onorevoli Franceschini, Moro, Ferrarese e Sartor hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente esprime il voto che la nuova Carta costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano».

Credo che questa sia la sede più opportuna per votare questo ordine del giorno.

(È approvato all’unanimità – Vivi, generali applausi).

Risultato della votazione segreta per la nomina di tre membri dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana; di un membro supplente dell’Alta Corte medesima.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta per l’elezione di tre membri dell’Alta Corte, prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana.

Votanti                                358

Hanno avuto voti:

Ferrara                                172

Bracci                                 151

Ortona                                 129

Rocco                                  62

Jemolo                                17

Ranelletti                             6

Voti dispersi                         17

Schede nulle                         1

Schede bianche        13

Hanno pertanto ottenuta la maggioranza dei voti: Ferrara, Bracci ed Ortona e li proclamo eletti.

Comunico il risultato della votazione di un membro supplente dell’Alta Corte, previsto dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana.

Votanti                                358

Hanno avuto voti:

Vassalli Filippo       183

Jemolo Arturo         124

Bracci                                 5

Voti dispersi                         18

Schede nulle                        2

Schede bianche        28

Ha pertanto ottenuta la maggioranza Vassalli Filippo e lo proclamo eletto.

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Amendola – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basile – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bibolotti – Binni – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bruni – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Calosso – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chiarini – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese Pasquale – Costa – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo.

Damiani – D’Amico – De Falco – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Grassi – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lozza – Luisetti – Lussu.

Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli– Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Mortati – Moscatelli – Murdaca – Musolino – Musotto.

Nasi – Negro – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella.

Orlando Camillo.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Pera – Perassi – Perlingieri – Pertini Sandro – Perugi – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Scalfaro – Scarpa – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Segni – Sereni – Sicignano – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Turco.

Uberti.

Valenti – Valiani – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vigna – Villabruna – Villani – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zerbi – Zotta.

Sono in congedo:

Carmagnola – Caso – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Svolgimento di interrogazioni urgenti.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno intende rispondere alle seguenti interrogazioni presentate con richiesta d’urgenza:

«Per sapere se risponde a verità che sia stato decretato lo scioglimento del Consiglio comunale di Pescara e, se ciò fosse vero, quali ne sarebbero le ragioni.

«Corbi».

«Per sapere se sia vero che abbia proposto al Presidente della Repubblica lo scioglimento dell’Amministrazione comunale di Pescara e, in caso affermativo, quali motivi lo abbiano a ciò indotto.

«Paolucci».

«Per conoscere i motivi per cui è stata sciolta l’Amministrazione comunale di Pescara.

«Grazi».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. In seguito a reclami pervenuti da molti cittadini di Pescara nel giugno scorso il Ministro dell’interno, secondo una notissima prassi, disponeva l’invio di un Ispettore superiore di ragioneria. Questo Ispettore, dopo una lunga inchiesta compiuta esaminando tutti gli atti di quella Amministrazione, in concorso con tutti i funzionari della medesima, riferiva di aver accertato una serie di gravissime mancanze, per le quali appariva opportuna la nomina di un Commissario tecnico al comune. Tali mancanze dalla relazione dell’Ispettore sono risultate largamente documentate. Il Ministro dell’interno tuttavia, prima di prendere quel provvedimento, cui l’articolo 323 della legge comunale provinciale gli dava il diritto e gli imponeva il dovere, chiedeva, secondo un sistema costantemente adottato, di sottoporre i fatti al Consiglio di Stato e di chiederne il parere.

Credo che a chiarire nel modo migliore all’Assemblea i motivi del lamentato provvedimento valga, più che ogni discorso, la lettura della parte centrale del parere del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, infatti, ritenuto che il Ministero dell’interno aveva disposto l’inchiesta, della quale ho parlato, al fine di accertare l’effettivo funzionamento di quella Amministrazione comunale, inchiesta conclusasi con la relazione depositata il 1° agosto ultimo scorso, rilevava come l’inchiesta medesima «avesse messo in luce» – sono le testuali parole del parere del Consiglio di Stato – «gravissime deficienze e irregolarità nel funzionamento dell’Amministrazione comunale di Pescara». Il parere del Consiglio di Stato così prosegue: «Risulta infatti da essa e dall’abbondante documentazione allegata, che innanzitutto l’Amministrazione non ha posto alcuna cura e alcuna attenzione al gravissimo problema finanziario che assilla quel comune. Il bilancio dell’esercizio in corso è stato deliberato solo alla fine di agosto ultimo scorso ed in seguito ad intervento dell’Ispettore. La gestione delle imposte di consumo offre una entrata di molto inferiore a quella che potrebbe rendere, solo perché viene gestita in economia anziché con il sistema dell’appalto». (Rumori – Interruzioni all’estrema sinistra).

Sto leggendo il parere del Consiglio di Stato, non un atto del Governo. (Interruzione del deputato Tonello).

PRESIDENTE. Onorevole Tonello, la prego.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. «Nulla è stato fatto dal Comune per porre in essere l’imposta di famiglia, il cui provento potrebbe anche essere molto elevato. A questo lato puramente negativo, ma con evidenti gravi conseguenze per tutto l’andamento della Amministrazione, corrisponde, d’altro canto, un aumento non sempre giustificato di spese, sia con l’aumento delle indennità al sindaco ed agli assessori…» (Interruzioni – Commenti all’estrema sinistra).

SCOCCIMARRO. Ci dica quale è lo stipendio del sindaco!

LEONE FRANCESCO. Viva i sindaci proletari! (Applausi all’estrema sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. «…sia con l’assunzione continuata di nuovi dipendenti, dei quali non si sente il bisogno, e che per di più risultano essere elementi non idonei e non capaci».

Una voce all’estrema sinistra. Ci vogliono i fascisti per voi!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Mi permetto di ricordare ancora che sto leggendo il parere del Consiglio di Stato. (Applausi al centro) «…sia, ancora, con l’eccessiva spesa di lire venti milioni per la nettezza urbana, affidata ad una cooperativa non attrezzata e non dotata di mezzi propri, ma requisiti.

«Risulta inoltre che, nel procedere alle nomine ad impiegati, sono state favorite persone legate da stretti vincoli di parentela o di amicizia col sindaco o con gli assessori…» (Rumori all’estrema sinistra – Interruzioni).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, facciano silenzio, li prego!

LUSSU. L’altro giorno l’Assemblea ha abolito il controllo di merito, e questo fa impressione! (Commenti).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. «…che anche altri incarichi, come quello di incaricato per le funzioni di stato civile nella frazione di Caprara, sono stati affidati, anche in violazione della legge, solo a persone legate politicamente con gli amministratori comunali… (Rumori a sinistra) prescindendo da qualsiasi considerazione circa la capacità delle persone (Rumori a sinistra); che tutto l’andamento dell’ufficio comunale è gravemente compromesso e non è controllato dagli amministratori, che non se ne curano, che è enorme l’arretrato esistente negli uffici del Comune».

«Emergono ancora dalla relazione su indicata e dai documenti ad essa allegati altri numerosi atti di partigianeria commessi dall’attuale amministrazione comunale… (Rumori e interruzioni a sinistra) nell’espletamento delle sue funzioni, mentre a carico di vari assessori sono state mosse accuse di vario genere, che lanciano sulle loro figure ombre e sospetti».

SICIGNANO. Di che genere? (Commenti).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. «Considerato che il quadro generale dell’andamento della pubblica cosa a Pescara, quale è dimostrato e documentato dall’inchiesta svolta, è effettivamente grave, e che la responsabilità di tutto ciò non può non risalire ai sistemi ed ai criteri seguiti dall’attuale Consiglio comunale, la cui attività non appare ispirata a criteri di retta amministrazione, il che provoca evidenti malumori e disagio nell’animo dei cittadini (Rumori all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Moscatelli) con evidente pregiudizio dell’ordine pubblico, sono da ritenere sussistenti i gravi motivi di ordine pubblico indicati dall’articolo 323 della Legge comunale e provinciale del 1915… (Interruzioni all’estrema sinistra) per indurre a ritenere non solo conveniente, ma addirittura necessario lo scioglimento dell’attuale Consiglio (Rumori all’estrema sinistra); scioglimento che appare l’unica misura idonea in rapporto alla situazione». (Interruzioni all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, tacciano, per favore.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. «Al riguardo il Consiglio ritiene anzi di dover esprimere il proprio compiacimento all’Amministrazione dell’interno e alla Direzione generale proponente per il provvedimento adottato». (Applausi al centro – Rumori – Commenti all’estrema sinistra).

LACONI. Questa è una provocazione. (Rumori al centro).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Io non so se i colleghi sappiano che il Consiglio di Stato è il supremo organo amministrativo…

LACONI. È presieduto da un fascista!

Una voce a sinistra. È fratello del grande fratello! (Commenti al centro – Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, facciano silenzio!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non desidero fare apprezzamenti sulla persona dell’attuale Presidente del Consiglio di Stato, che pure è noto come uno dei più grandi giuristi italiani del momento e che non ha alcuna responsabilità evidentemente con quelle che furono le colpe attribuibili ai suoi fratelli. (Commenti a sinistra – Rumori).

PRESIDENTE. Onorevole Marazza, la prego: attenda un momento. Io desidero sapere se si vuole che queste interrogazioni vengano svolte: facciano il favore di tacere!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ad ogni modo non credo di avere una responsabilità, diretta o indiretta, per il parere del Consiglio di Stato. (Rumori a sinistra).

Ad ogni modo, per concludere su questo punto, devo dire che il parere del Consiglio di Stato risale al 21 ottobre di quest’anno, quando, a presiederlo, era l’onorevole Ruini, che contemporaneamente presiedeva la Commissione per la Costituzione italiana (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

Comunque, Presidente della Sezione, che questo parere ha emesso è, come è noto, il Consigliere Malinverni. Credo che sul conto di lui non possano muoversi le obiezioni che sono state testé mosse sul conto di altri.

Ad ogni modo, io ho accennato prima che il parere del Consiglio di Stato riassumeva, a mio avviso, quelli che erano stati i motivi che avevano indotto il Ministro dell’interno a proporre al Capo dello Stato lo scioglimento di questa amministrazione. Non è stato senza ulteriore preoccupazione che il Ministro dell’interno si è indotto ad un atto di cui non gli sfuggiva né la gravità né la responsabilità. (Commenti a sinistra).

LACONI. Viva la Democrazia cristiana, autonomista! (Rumori al centro).

CIMENTI. Nomini qualche altro partito, ma non la Democrazia cristiana. (Rumori all’estrema sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Attenendosi comunque, alle proposte del Consiglio di Stato, ritiene il Ministro dell’interno di non aver potuto assolvere in modo più regolare e legale a quelli che sono anche in questa incresciosa circostanza i suoi precisi doveri. (Applausi al centro e a destra).

SCOCCIMARRO. Anche il popolo di Pescara si associa.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non credo che altrettanto legale possa dirsi il contegno del sindaco di Pescara, il quale, avuto notizia di questo provvedimento, ha dichiarato, e direttamente e a mezzo dei suoi amici, che egli non lascerà la sede comunale. (Commenti al centro – Rumori a sinistra – Scambio di apostrofi).

PRESIDENTE. L’onorevole Corbi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CORBI. Onorevoli colleghi, è nella consuetudine dichiararsi insoddisfatti delle dichiarazioni del Ministro Scelba o di quelle che per lui è costretto a farci l’onorevole Marazza (Commenti al centro); io volentieri questa consuetudine avrei infranto se il Ministro Scelba, o chi per lui, una volta tanto avesse voluto da parte sua riferire i fatti in maniera obiettiva. (Proteste al centro).

Risponderò alle precisazioni fatte dall’onorevole Marazza; insisterò però particolarmente sul fatto che il provvedimento contrasta in modo assoluto con le norme stabilite dalla legge.

Il prefetto di Pescara, da me richiesto del perché di questo provvedimento, disse di essere all’oscuro di ogni cosa, ed aggiunse che, molto probabilmente, il provvedimento era dovuto, anzi certamente era dovuto al fatto che il bilancio era stato presentato con notevole ritardo.

Ebbene, ci dica l’onorevole Marazza quanti comuni hanno presentato in termine utile i propri bilanci e quanti comuni hanno avuto approvati i propri bilanci dopo quello di Pescara. (Interruzioni).

L’onorevole Marazza ha accennato alle indennità degli amministratori di Pescara, ma non ci ha detto quale sia la remunerazione che il sindaco di Pescara percepisce. Glielo dico io, onorevole Marazza, e le dico che il sindaco socialista di Pescara non è l’onorevole Vanoni; egli percepisce 10 mila lire al mese! (Commenti a sinistra).

L’onorevole Marazza, riportando il parere del Consiglio di Stato, il quale ha deliberato sulla base di una inchiesta fatta da un funzionario del Ministero dell’interno mandato apposta dal Ministro Scelba, ha parlato di irregolarità a proposito della gestione della nettezza urbana. È vero: la nettezza urbana è oggi affidata alle cure di una cooperativa, in gestione provvisoria, perché nessuno degli appaltatori di Pescara ha voluto riconoscere sufficientemente remunerative le condizioni che faceva l’amministrazione comunale. Diteci dunque chiaramente se è nel vostro programma che non solo gli interessi di una cooperativa, ma anche quelli di un comune, debbano essere sacrificati a quelli degli speculatori pescaresi!

Si è parlato anche di assunzione di personale in maniera eccessiva e ingiustificata. Ebbene, sta di fatto che negli ultimi tempi 35 dipendenti comunali sono stati licenziati e nessuna assunzione è avvenuta in quel comune, e fra questi dipendenti la stragrande maggioranza è composta di socialisti e comunisti! (Commenti al centro).

SCOCCIMARRO. È reato di falso, onorevole Marazza! (Commenti a sinistra).

CORBI. A dimostrare la verità di quanto io dico stanno queste lettere del prefetto di Pescara. Sono lettere di sollecitazione, onorevole Marazza; ne prenda – per cortesia – visione e le dia al Presidente. Dicono che il personale disoccupato è composto di reduci e invalidi, e le risposte del sindaco sono tutte dello stesso tenore: «Volentieri aderirei ai suoi desideri, ma le necessità del bilancio non me lo consentono». (Commenti a sinistra).

Inutile poi ricordarle, onorevole Marazza, che, a proposito dell’assunzione di personale e di altri addebiti mossi, si entra in materia che è stata già definita in questa Assemblea: controllo di merito, come giustamente osservava l’onorevole Lussu, e poco tempo fa questa Assemblea Costituente lo ha abolito. Quindi, le osservazioni che fa il Consiglio di Stato sono assolutamente prive di fondamento giuridico.

Si è parlato di intendimenti non sereni e non obiettivi. Ebbene, si citi qualche caso, si dimostri come, quando, dove, in quale circostanza si sono verificate illegittime partigianerie. Lei ha parlato di un certo paese in cui il sindaco avrebbe fatto non so che cosa. Non ho capito bene per i clamori, però le sarei molto grato se volesse documentare la faziosità e la partigianeria di questa amministrazione, cosa che fino a questo momento non è stata fatta.

In ultimo, questo provvedimento sarebbe stato preso per motivi di ordine pubblico. Lasciamo stare… vi tornerò fra poco. Ora passiamo ai fatti. V’è stata a Pescara, diversi mesi fa, una prima ispezione fatta dell’ispettore Gibilisco. Questo ispettore prese visione di tutti i documenti e alla fine del suo lavoro lasciò una relazione con le sue impressioni sicché il sindaco e gli assessori potessero prenderne visione. Nessun addebito veniva mosso all’amministrazione. Ma qualcuno non fu contento dell’esito di questa ispezione; qualcuno era rimasto deluso ed allora si decise una nuova ispezione. Questa volta l’ispettore era il commendatore Giove. Questo signore, venuto a Pescara, non ha mai parlato col sindaco, mai con nessuno degli amministratori. Ha preso visione di ciò che ha voluto, ma prima di partire non ha fatto nessuna osservazione e nessuna comunicazione, come sarebbe stato suo dovere, qualora avesse riscontrato delle irregolarità, agli amministratori di quel comune.

Ora, dopo cinque mesi ci si trova di fronte a questo provvedimento, disposto in verità, con una procedura molto strana e di cui si viene a conoscenza in modo tutto affatto regolare. Come se ne è avuta conoscenza, onorevole Marazza? Lei lo sa, la Confederazione generale del lavoro chiedeva alla Camera del lavoro di Pescara spiegazioni a proposito di certi turbamenti che le locali organizzazioni sindacali avrebbero preparato in vista dello scioglimento di quel Consiglio comunale di cui nessuno aveva mai avuto prima notizia. E questo avveniva in data 3 dicembre.

Onorevole Marazza, a che cosa si voleva arrivare? Quando a Pescara nessuno sapeva e nessuno si sognava che questo Consiglio comunale dovesse essere disciolto, come la Camera del lavoro poteva preparare di già le agitazioni?

Volevate costituire un precedente, forse? Seguire l’esempio di Schuman e dire che i sindacati… (Interruzioni – Ilarità al centro).

Passiamo oltre. Lei – mi correggo – il Consiglio di Stato si è servito dell’articolo 323 ritenendolo valido al caso. Ma non è così, per questo. Io contesto la legittimità del provvedimento. L’articolo 323 dice: «I Consigli comunali e provinciali possono essere sciolti per gravi motivi di ordine pubblico o quando, richiamati alla osservanza di obblighi, loro imposti per legge, persistono a violarli…, ecc.

Ebbene, il Ministero dell’interno per invocare il provvedimento avrebbe dovuto dimostrarci tre cose:

1°) che vi siano stati obblighi imposti dalla legge che il Consiglio comunale si sia rifiutato di osservare. Ciò non è avvenuto mai;

2°) che il Consiglio comunale sia stato richiamato. Mai nessuno l’ha richiamato, mai nessuno gli ha mosso addebiti;

3°) che il Consiglio comunale, una volta richiamato, abbia persistito nel violare le leggi.

Onorevole Marazza, non le sembra che, per lo meno, sia stata interpretata male dal sommo consesso questa norma (Rumori al centro) che il più modesto giudice conciliatore è in grado di intendere?

Questo provvedimento, onorevole Marazza, è illegale, viola le leggi.

Sta di fatto, onorevole Marazza, (forse lei queste cose non le sa, ma noi in Abruzzo le sappiamo) che da che si è costituito questo Governo in Abruzzo sono stati sostituiti tre prefetti su quattro, il prefetto di Aquila, il prefetto di Pescara, il prefetto di Teramo. Solo il prefetto di Chieti, forse perché più prono ai desideri dell’onorevole Spataro – il quale oggi ripete le gesta di Giacomo Acerbo (Applausi all’estrema sinistra – Rumori al centro)è stato lasciato al suo posto; o forse perché ha dato grandi prove di… lealtà repubblicana costituendo una Giunta provinciale amministrativa da cui sono esclusi tutti i repubblicani, a qualsiasi partito appartengano. Ma di questo vi potrà dire meglio l’onorevole Paolucci. (Interruzione del deputato Mazza).

Non solo i prefetti sono stati rimossi (e certo non erano comunisti o socialisti) ma sin anche quei segretari comunali, dei più piccoli comuni, che non si battevano il petto tutte le volte che vedevano un deputato democristiano! (Rumori al centro).

Noi sappiamo che quanto si è fatto per Pescara si sta facendo per tutti gli altri comuni dell’Abruzzo. Da sei mesi il comune di Avezzano è sottoposto ad inchieste continue e se quel Consiglio non è stato sciolto è perché non avete potuto trovare neppure questi miserabili pretesti che avete addotto per il comune di Pescara. (Applausi a sinistra).

Noi abbiamo chiesto, ed abbiamo fatto un’interrogazione al Ministro Scelba, perché il segretario comunale di Celano, denunciato per sottrazioni e per furti, fosse rimosso dal suo posto. Ebbene, quel segretario, son passati mesi, ed è ancora là. (Rumori al centro).

Il sindaco di Civita Aquana, in provincia di Pescara, si è visto costretto a denunciare il parroco del paese per faziosità. Questo parroco è stato condannato nonostante le… preghiere che sono state fatte per lui; ma la risposta è stata immediata: il giorno dopo alle 7 del mattino il prefetto ha inviato il ragioniere capo della prefettura a sequestrare tutti i documenti per cercare di trovare in difetto quella amministrazione, ma non v’è riuscito.

Giacché ci siamo è bene che le parli anche di un tal funzionario della prefettura di Aquila: Continenza, se non erro già repubblichino epurato, il quale quando parla con gli amministratori dei comuni domanda: «A quale partito appartieni?». E se è socialista: «sei del partito di Nenni e Basso o saragattiano?», e così si regola… (Commenti). Ma questa azione del Governo è concertata mirabilmente; è un coro, non sempre di voci bianche. Perché gli amministratori democristiani in tutti i comuni dove non sono in maggioranza – e per nostra fortuna non in tutti sono in maggioranza – si dimettono allo scopo di far cadere le amministrazioni comunali; e quando non valgono tali espedienti ricorrono ad altri sistemi: si rivolgono agli onorevoli locali perché manovrino a Roma… Così si è regolata la Democrazia cristiana a Pescara che non si presenta al Consiglio e sabota tutta l’attività di quell’amministrazione che ha in suo onore la ricostruzione di una città danneggiata, distrutta, saccheggiata. Quest’amministrazione ha fatto risorgere una città in così breve tempo che costituisce onore per queste rinate istituzioni democratiche. (Applausi a sinistra). Onorevole Marazza, non ingannerete i cittadini di Pescara creando disordini e facendo, come avete fatto, circolare la voce che il sindaco di Pescara era fuggito con 40 milioni in tasca. (Commenti).

Il sindaco di Pescara non è fuggito e non fuggirà da Pescara. Onorevole Marazza, la verità è che oggi sono vicine le elezioni politiche e che non è possibile fare le nuove elezioni amministrative a distanza di tre mesi, come la legge prescrive. Volesse il cielo! Ma voi volete nelle mani il comune, perché l’olio, la pasta, i, pacchi U.N.R.R.A. e così via possono fare miracoli elettorali. (Applausi a sinistra – Proteste al centro). Voi state corrompendo la vita pubblica italiana. Credete che l’Abruzzo sia ancora quello delle vecchie personalità, quello degli ascari governativi? No, vi sbagliate! (Commenti). Si è detto che il provvedimento sarebbe stato preso per motivi d’ordine pubblico per evitare chissà quali agitazioni nella città di Pescara; mai nessuno ha protestato contro quella amministrazione; mai una sola dimostrazione. Solo oggi l’ordine pubblico è minacciato. Tutta l’Italia in questi giorni ha protestato per le gesta di questo comitato di affari, che oggi si chiama Governo d’Italia (Applausi all’estrema sinistra – Commenti al centro).

L’Abruzzo era rimasto tranquillo fidando su quanto i deputati democristiani, mandati anche dai lavoratori abruzzesi, avevano promesso prima del due giugno.

GIACCHERO. Pensi alle sue promesse, non alle nostre.

CORBI. La mia promessa la sto mantenendo denunciando i vostri abusi. (Proteste – Commenti al centro). L’onorevole Scelba è rimasto deluso della tranquillità della popolazione abruzzese e se vuole ancora le piazze e le città arrossate di sangue (Rumori al centro) è padrone di farlo, ma se ne pentirà!

PAJETTA GIULIANO. Il dirigente sindacale calabrese chi l’ha ammazzato?

CORBI. Sappia l’onorevole Scelba che gli abruzzesi lo hanno compreso e non si lasceranno intimidire dalle sue minacce e dai suoi ricatti.

Il comune di Pescara è forte della solidarietà di 3000 comuni socialisti e comunisti. (Commenti). Il comune di Pescara è sostenuto da tutta la popolazione; vada a vedere, onorevole Marazza, e vedrà chi turba l’ordine pubblico, e vedrà che solo chi ha riferito in quel modo ed ha voluto quel provvedimento è nemico dell’ordine, della pace dei lavoratori e come tale lo additiamo agli italiani, ai democratici, ai repubblicani. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Paolucci ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

PAOLUCCI. Devo dire che non sono affatto sodisfatto delle dichiarazioni fatte dall’onorevole Sottosegretario per l’interno; ma devo dire altresì che sono rimasto vivamente sorpreso del tenore di quelle dichiarazioni e – me lo consenta, onorevole Marazza – della faciloneria e della temerarietà che le hanno inspirate.

Voglio dimostrarvi, se me lo permettete, amici della destra, coi fatti, che nella mia terra di Abruzzo il Governo ha più volte violato la legge, che a violare la legge è stato proprio il Ministro dell’interno, il quale ha anche irriso alle istituzioni repubblicane e democratiche ed alla volontà popolare, e vuol provocare disordini.

Il fatto di Pescara è di una gravità eccezionale: si tratta dello scioglimento dell’amministrazione comunale di un capoluogo di provincia.

Nelle ragioni che avrebbero determinato il provvedimento, io distinguo due parti: una parte che contiene addebiti vari, generici, e quella parte, non esito a dichiararlo, è calunniosa; ed una parte che contiene addebiti specifici e determinati.

La prima parte, onorevoli colleghi, accenna, nella sua genericità, ad abusi ed a prevaricazioni. Se ne parla apertamente: l’avete sentito dalla viva voce del Sottosegretario per l’interno. Voi stessi dovete però chiedervi: quale denunzia vi è stata a carico di questi pretesi prevaricatori? Nessuna denunzia! Allora il Ministro non ha fatto il suo dovere, visto che non ha denunciato questi prevaricatori e questi amministratori disonesti! (Vivi applausi a sinistra).

Andiamo alla seconda parte, in cui si accenna ad irregolarità amministrative, che si riducono poi a due o tre episodi specifici. Ritardo nella presentazione del bilancio comunale. Ora io vi dico, qual è il comune che non si è trovato nelle stesse condizioni? Considerate che la città di Pescara è una città martoriata dalla guerra, e considerate anche un particolare che vi è sfuggito ed è questo: che gli organi di tutela amministrativa, i prescritti organi di tutela, hanno approvato questo bilancio, per quanto presentato in ritardo. (Applausi a sinistra).

Altri atti amministrativi irregolari si concreterebbero, poi, nella mancata applicazione di aumenti di imposte e sovraimposte. Questa asserzione è falsa, perché pur potendo l’amministrazione comunale di Pescara sostenere di aver diritto all’esenzione di alcune imposte, diritto riconosciuto per altri comuni sinistrati, come ad esempio per quelli della mia provincia, la provincia di Chieti, ha egualmente fatto il suo dovere ed ha applicato queste sovraimposte e stava procedendo alla riscossione delle medesime.

Terzo appunto, le indennità che percepirebbe il sindaco, avvocato Italo Giovannucci. Abbiamo sentito che queste indennità ammontano a lire 10.000 al mese.

Una voce all’estrema sinistra. L’onorevole Spataro quanto guadagna? (Rumori e proteste al centro).

PAOLUCCI. Il sindaco di Pescara ha già dovuto in gran parte abbandonare i suoi affari professionali per ridursi a fare il sindaco e lo ha fatto lodevolmente, tanto è vero che è con lui tutta la cittadinanza. (Approvazioni a sinistra – Rumori al centro). Riceve forse l’avvocato Giovannucci emolumenti dall’amministrazione della R.A.I.? (Interruzioni – Rumori al centro).

Altri addebiti specifici: l’affidamento della nettezza urbana ad una cooperativa. Ma dovreste vergognarvi. (Vivi applausi all’estrema sinistra – Rumori al centro). Altro addebito: l’assunzione di personale in esuberanza. Via, fate ridere! (Commenti al centro e a destra).

Vi ha dimostrato l’onorevole Corbi che 35 impiegati furono licenziati, nonostante le lettere e le sollecitazioni del vostro prefetto. Ma, ripeto, la questione essenziale si riduce al parere del Consiglio di Stato – non ve ne meravigliate, perché non v’è da stupirsi se il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione violino a volte la legge. (Commenti al centro). Infatti preciso e tassativo è il disposto dell’articolo 323: «I Consigli comunali e provinciali possono essere sciolti per gravi motivi di ordine pubblico o quando, richiamati all’osservanza di obblighi loro imposti per legge, persistono, ecc.».

Se voi mi aveste dimostrato che a Pescara, per irregolarità amministrative, vi fosse stato pericolo di gravi incidenti, di gravi perturbamenti dell’ordine pubblico, allora avrei potuto anche io dire che si era creata una situazione tale da rendere necessaria l’adozione di questo provvedimento. Ma, se questo pericolo fosse nato, onorevole Marazza, non avrebbe avuto tempo il Ministero dell’interno di fare l’inchiesta, né avrebbe avuto il tempo di ricorrere al Consiglio di Stato! In quel caso si sarebbe adottato un provvedimento immediato di scioglimento dell’amministrazione.

Gli altri motivi attengono al secondo requisito stabilito dalla legge, quando cioè ci si trovi di fronte ad un Consiglio comunale o provinciale il quale si rifiuti di ottemperare a precisi obblighi di legge. Che cosa avviene allora? Vi deve essere l’invito, la messa in mora del Consiglio comunale o provinciale ad ottemperare a determinati obblighi di legge. Il rifiuto è la ribellione alla legge. Questo è il secondo caso.

Vi ho dimostrato come il Governo abbia violato la legge e con lui il Consiglio di Stato.

Ma io voglio citarvi un episodio, amici democristiani, che mi riguarda un po’ personalmente. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Scelba quando il Governo fu oggetto di attacchi da parte di questi settori a proposito della politica interna (l’onorevole Scelba disse di essere il tutore della legge, tutore imparziale, obiettivo e sereno, specialmente contro i sindaci democristiani) io gli scrissi un biglietto, che era così concepito: «Mi sono rivolto in diverse occasioni al prefetto di Chieti perché avesse, ai sensi di legge, destituito il sindaco democristiano del Comune di Poggiofiorito, condannato dal Tribunale di Chieti per delitto di sottrazione di grano all’ammasso con sentenza passata in giudicato; assolto dopo qualche mese per insufficienza di prove per altro delitto di sottrazione all’ammasso». (Interruzioni a sinistra).

Poi, gli scrissi in data 4 ottobre: «In base alle dichiarazione che testé ha fatto nell’Aula applichi la legge contro questo sindaco e lo destituisca in base alle sanzioni della legge comunale e provinciale», perché ricordo che ella disse che bastava il rinvio al giudizio o il decreto di citazione di un amministratore per sospenderlo dalle funzioni. Ebbene, ho atteso invano la risposta! Ho sollecitato la risposta l’8 novembre, ma non è venuta e non verrà! (Commenti a sinistra).

Ma, io voglio darvi un’altra dimostrazione. La seconda mia proposizione era precisa, tassativa, categorica: il Ministro dell’interno irride alle istituzioni repubblicane e democratiche e calpesta la volontà popolare. Il fatto di Pescara è significativo ed è un episodio della massima importanza.

Io, che ho un po’ la mania delle interrogazioni, ebbi occasione tempo addietro di chiedere quanto ci fosse di vero nella notizia che il Prefetto fosse in procinto di costituire quella deputazione provinciale chiamandone a far parte, quali membri effettivi, cinque demo-cristiani, tre liberali ed un qualunquista, i quali sono, ad eccezione del Presidente, tutti monarchici, dimenticando che siamo in Repubblica e senza tener conto dei risultati delle elezioni politiche in quella Provincia che erano stati i seguenti:

Partito demo-cristiano (purtroppo) 84.284; Partito repubblicano 19.205; Unione democratica indipendente 20.360; Partito socialista 13.339; Unione democratica italiana 11.845; Partito comunista italiano 9.000; Fronte dell’uomo qualunque 6.151; Partito d’azione 7000 circa.

Ebbene, allorché interpellai il Ministro Scelba, la risposta – esilarante – fu questa: che il Prefetto di Chieti aveva provveduto a quelle nomine in armonia con i risultati delle elezioni politiche. (Commenti).

Si è aggiunto che sarebbe stato nella facoltà del Prefetto di riservare un certo numero di posti anche ai partiti socialista e comunista; ma, si disse, occorreva raggiungere un accordo.

Senonché dopo un anno circa di tentativi nessun accordo fu possibile raggiungere.

Una voce al centro. Vi sono stati offerti quattro posti.

PAOLUCCI. Ma il finale comico è questo: si è dichiarato cioè che non risultava che nessuno dei deputati provinciali fosse iscritto al partito monarchico.

Ci voleva la tessera! (Commenti – Rumori a sinistra).

Una voce al centro. Lei cita cose che non hanno niente a che vedere con l’Amministrazione di Pescara. Sono cose inesatte.

PAOLUCCI. Io dico soltanto al Governo: badate, l’abruzzese è un popolo tenace, forte, e la provincia di Chieti e quella di Pescara sono state percosse tremendamente dalla bufera della guerra. La mia sola provincia conta 52 comuni sinistrati, di cui 10 almeno sono come Cassino! Ebbene, quella popolazione non si è mai mossa, neanche quando il Governo ha lasciato i paesi della montagna abbandonati a loro stessi, neanche quando le macerie non venivano da nessuno rimosse – e ci sono ancora – Voglio dire che è un popolo paziente, tenace, laborioso; ma che sente le ingiustizie, è così sensibile alle ingiustizie ed ai soprusi che, se si muovesse, nessun Ministro dell’interno potrebbe frenarlo.

Questo io vi dico. Non vorrei che si verificassero altri lutti in quella mia terra. Badate bene a quello che fate! Non siate faziosi e settari nei riguardi della popolazione d’Abruzzo!

Questa è la preghiera che io rivolgo al Governo. (Vivissimi applausi a sinistra – Congratulazioni).

PRESIDENTE. L’onorevole Grazi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GRAZI. Io non sono né sodisfatto né insoddisfatto della risposta che ha dato il rappresentante del Governo: sono semplicemente meravigliato, perché la risposta è stata improntata tutta sul contenuto del rapporto del Consiglio di Stato. Ora, quel rapporto ha un sapore così strano di pretesto, anzi così chiaro di pretesto, che, a quella stregua, si possono mandare a mare tutte le amministrazioni comunali.

E ve lo spiego con un esempio. Prendete il bilancio: tutti i comuni l’hanno presentato in ritardo; non perché Pescara sia stata particolarmente sinistrata, ma perché molte tasse ed imposte che dovevano essere applicate non si sono potute applicare effettivamente, per la semplice ragione che il Governo non aveva fissato le aliquote e le Giunte provinciali amministrative nemmeno.

Quindi, quando i comuni hanno dovuto impostare il loro bilancio hanno dovuto ritardare, perché non sapevano le somme corrispondenti a ciascuna voce.

Questo è un fatto. Quindi, a questa stregua, si dovrebbe sciogliere addirittura il Governo, perché esso ha commesso la stessa infrazione alle leggi imputata al comune di Pescara.

Nei comuni si infrangono continuamente molte altre disposizioni di legge, perché se volessimo applicare la legge comunale e provinciale così com’è, o dovremmo fare ostruzionismo per non applicarla, o cadremmo continuamente nell’illegalità.

Ricordo che c’è una norma fondamentale per la quale le stesse sedute del Consiglio comunale dovrebbero essere verbalizzate sul momento: questo non è mai avvenuto e non avverrà mai. E così per la Giunta.

Ma ci sono anche altre infrazioni che si fanno nei comuni.

I chiarimenti che ha dato il Sottosegretario hanno un aspetto poco sodisfacente, un aspetto di pretesto, e non voglio trattenere l’Assemblea ripetendo quello che hanno detto coloro che mi hanno preceduto.

Dico semplicemente una cosa: il gioco è molto pericoloso, perché noi vogliamo fare le cose sul serio. Noi vorremmo provvedimenti che servissero allo scopo; io posso dirvi invece che la Commissione per la finanza locale sistematicamente boccia tutti i provvedimenti che noi proponiamo per sistemare la finanza dei Comuni. Io ho fatto, ad esempio, una proposta relativa alla sistemazione del dazio di consumo; ed è stata regolarmente bocciata.

Io dunque mi accollo la responsabilità di questo odioso provvedimento e me lo bocciano: perché? Perché evidentemente colpisce certe categorie di persone anziché colpirne altre. E poiché è qui presente in questo momento anche l’onorevole Ministro di grazia e giustizia, colgo l’occasione per ricordare che bisognerebbe finalmente varare il famoso provvedimento per la riassunzione di tutti i discriminati; provvedimento già da tanto tempo preannunciato e che non giunge mai.

Sono queste dunque tutte le cause che pongono in istato di agitazione i comuni, ed esse sono evidentemente da imputarsi al Governo e non già ai Comuni. Quello che sta facendo il Ministro dell’interno è dunque, ho detto, un gioco pericoloso. È un gioco pericoloso perché tende a dimostrare come non vadano innanzi tutte le amministrazioni che sono di un determinato colore; ed è pericoloso questo gioco, perché tali amministrazioni sono numerose.

Io penso pertanto che sarebbe saggezza da parte del Governo rivedere il provvedimento e tornarci sopra. (Applausi a sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Evidentemente il tono assunto da questa discussione non consente a me di replicare: non è un tono sul quale io mi saprei trasportare. Desidero soltanto dire agli amici ed avversari che l’ultima accusa che io mi sarei atteso era proprio quella di avere informato la Confederazione generale del lavoro. La verità è che il Ministero, venuto a conoscenza del fatto che agitazioni di ordine sindacale si andavano preparando in Pescara (Rumori all’estrema sinistra) e non sapendosene render conto, ha scritto alla Confederazione generale del lavoro la lettera che evidentemente conoscete e con la quale comunicava tutto ciò che io sono venuto a riferire quest’oggi.

A ciò desidero aggiungere una cosa sola, che cioè, a seguito di questa comunicazione, al Ministero dell’interno e alla Confederazione generale del lavoro è pervenuto questo telegramma:

«Camera lavoro protesta indignata contro falsa accusa stia preparando agitazioni sediziose contro eventuale scioglimento Consiglio comunale di Pescara». (Commenti a sinistra).

Credo che il tono di questo telegramma sia tale da annullare in gran parte l’efficacia delle dichiarazioni che qui abbiamo sentito. (Rumori a sinistra).

Mi sbaglierò. Da quando sono tenuto a rispondere ad interrogazioni che mi vengono dalla sinistra dell’Assemblea, ho imparato che sbagliarsi è facile.

TOGLIATTI. Dire la verità è difficile! (Rumori al centro).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Io spero che nessuno qui dentro – e vorrei proprio cominciare dalla sinistra dell’Assemblea – possa farmi il torto di affermare che io abbia mai riferito qualche cosa che non sia perfettamente esatta.

Una voce a sinistra. Oggi!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ma oggi io ho letto un parere del Consiglio di Stato; non ho riferito quelle che potevano essere le risultanze di una mia inchiesta. (Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, per favore!

MOSCATELLI. Delle diecimila lire cosa ne dice l’onorevole Marazza?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. I particolari che desiderate io credo che già li potreste leggere nella «Gazzetta Ufficiale», dove è integralmente pubblicata la relazione del Ministro al Capo dello Stato, accompagnatoria del decreto di scioglimento.

Una voce all’estrema sinistra. Perché non l’ha letta qui?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Se volete che io vi intrattenga fino a domattina, per fortuna ho fiato ed ho forze per rimanere in vostra compagnia. (Interruzioni a sinistra).

Comunque – non so se siano diecimila lire; non lo credo – (Rumori a sinistra) so però che l’onere che sarebbe derivato al Comune da queste indennità ammontava ad un milione annuo. (Commenti al centro). Devo aggiungere e precisare che nel bilancio questa stessa indennità era indicata in lire 500 mila. (Interruzioni a sinistra).

Avete voluto, con una competenza giuridica che mi permetto di contestarvi, discutere, come avete discusso, in diritto, il parere del Consiglio di Stato. Voi eravate scandalizzati di questo parere, degli errori di diritto. Ho sentito parole molto gravi in proposito. Permettetemi di dirvi che, da modestissimo giurista quale io sono, sono terribilmente scandalizzato del vostro parere. (Applausi al centro). Nel mio paese c’è un proverbio che, per essere dialettale, è molto efficace. Non oso ripeterlo. Forse la solennità dell’Aula vieta che risuonino altre voci che non siano in lingua italiana, se pure abbastanza sgrammaticata talvolta, salvo ognuno, si intende. (Applausi al centro – Commenti a sinistra). Ma quel proverbio, che consiglia al pasticciere di fare il suo mestiere, è un proverbio, vi assicuro, che questa sera va proprio applicato. (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Sottosegretario per l’interno se intende rispondere alla seguente interrogazione degli onorevoli Lizzadri e Romita:

«Al Ministro dell’interno, per avere precise informazioni sui luttuosi fatti di Roma (Primavalle) e sulle responsabilità del suo Dicastero nell’ordine dato di sparare su una folla di donne, bambini e disoccupati, colpevoli di protestare contro l’inerzia del Governo e dell’amministrazione comunale per le necessità più immediate delle popolazioni dei quartieri periferici di Roma. Gli interroganti chiedono, inoltre, di conoscere quali provvedimenti verranno presi nei confronti dei responsabili, e se verranno emanare disposizioni chiare ed energiche, perché non si spari su masse di popolo che chiedono lavoro.

Onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno, risponde lei?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Sì, rispondo io.

Una voce all’estrema sinistra. Dov’è il Ministro dell’interno? (Rumori).

LIZZADRI. Chiedo di parlare per una questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIZZADRI. Stamane l’onorevole Scelba, Ministro dell’interno, non posso dire che aveva promesso, ma aveva fatto capire che avrebbe risposto stasera in fine di seduta, tanto più che da parte nostra c’era stata una richiesta perché rispondesse il Ministro personalmente. Mi perdoni l’onorevole Marazza, perché ciò non vuol significare assolutamente una mancanza di riguardo verso di lui, anzi è una prova di stima nei suoi riguardi, ma io interrogante non posso fare a meno di parlare in un modo quando siede a quel banco l’onorevole Marazza e in un altro quando siede l’onorevole Scelba.

PRESIDENTE. Onorevole Lizzadri, non si dilunghi, formuli la sua pregiudiziale.

LIZZADRI. La pregiudiziale è questa: io chiedo, col consenso dell’onorevole Marazza, che la risposta alla mia interrogazione sia rinviata a domani nel pomeriggio, per modo che risponda il Ministro Scelba, che noi riteniamo responsabile della politica interna del nostro Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Sottosegretario, la prego di pronunziarsi su questa pregiudiziale.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Io sono qui per rispondere alle interrogazioni che sono state rivolte al Ministro dell’interno e credo di averne tutti gli elementi. Comunque, sono a disposizione dell’Assemblea se l’Assemblea ritiene di dover rinviare la discussione. Però non posso evidentemente impegnare il Ministro dell’interno a venire a rispondere personalmente qui, dal momento che la legge gli dà il diritto di farsi sostituire dal suo Sottosegretario.

PRESIDENTE. Onorevole Lizzadri, dipende da lei dichiarare se rinunzia allo svolgimento stasera, cioè se rinunzia in parte al carattere d’urgenza che ella aveva dato alla sua interrogazione, salvo fissare poi da parte del Governo la data dello svolgimento.

Qualora lei non faccia questa dichiarazione, è evidente che all’interrogazione sarà risposto stasera dall’onorevole Sottosegretario, a ciò delegato.

LIZZADRI. A queste condizioni, preferisco che la mia interrogazione sia rinviata e spero però che il Ministro dell’interno ne comprenderà l’urgenza e non vorrà rinviarla sine die.

PRESIDENTE. Tenga presente, onorevole Lizzadri, che questa sera lei rinunzia allo svolgimento dell’interrogazione. Dipenderà dal Governo il fissare eventualmente la nuova data dello svolgimento.

Questo sia chiaro perché non sorgano più equivoci.

LIZZADRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIZZADRI. La ragione per la quale io accetto questo rinvio è che risponda il Ministro Scelba.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Onorevoli colleghi, è necessario chiarire, in quanto non è possibile che un Governo solidale possa accettare l’ipotesi che un Sottosegretario non debba rispondere per il suo Ministro! (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

Si tratta di questione fondamentale e basilare dell’attività parlamentare. Su questo punto non v’è discussione. Il Regolamento disciplina la funzione ispettiva del Parlamento nei confronti del Governo (Interruzioni a sinistra); e la funzione ispettiva porta a queste conseguenze: che il deputato ha il diritto di interpellare il Governo; il Governo ha il dovere di rispondere, ma risponde con i membri che esso crede. È questo un principio che non possiamo vulnerare. Noi possiamo accettare la proposta fatta dal nostro illustre Presidente, ossia che l’interrogazione fissata all’ordine del giorno alla quale il Governo solidalmente è presente viene ad essere ritirata in questo momento e ripresentata in maniera che il Ministro dell’interno possa fissare un’altra data per la risposta. (Applausi al centro e a destra – Commenti a sinistra).

Presentazione di una mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente mozione:

«L’Assemblea Costituente invita il Governo a revocare l’illegale ed ingiusto provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale di Pescara».

«Corbi, Moranino, Scoccimarro, Bruni, Ferrari, Scotti Francesco, Togliatti, Faralli, Fiorentino, Landi, Luisetti, Matteotti Carlo, Paolucci, Calamandrei, Lussu, Grazi, Pajetta Giuliano, Molinelli, Mezzadra, Villani, Cevolotto, Lombardi Carlo, Cacciatore, Laconi, Carpano Maglioli, Zanardi, Donati, Nobili Tito Oro».

Secondo le norme del Regolamento il Governo farà sapere quando intende che sia svolta questa mozione.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Secondo il Regolamento della nostra Assemblea Costituente il Governo nel termine previsto di tre giorni farà conoscere quando accetterà di discutere la mozione.

CORBI. Vorrei rivolgere una preghiera al Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rivolgerla.

CORBI. Vorrei che si tenesse presente che a Pescara regna una viva agitazione e che è necessario, se il Governo veramente vuol tutelare l’ordine pubblico… (Proteste al centro).

PRESIDENTE. Onorevole Corbi, lei può rivolgere solo la domanda, senza motivazione.

CORBI. Prego allora che al più presto, possibilmente domani, si discuta questa mozione. (Rumori al centro).

Risultato di votazioni segrete.

PRESIDENTE. Comunico il risultato delle votazioni segrete dei disegni di legge approvati nella seduta di stamane:

Norme per la prima compilazione delle liste elettorali nella provincia di Gorizia:

Presenti e votanti     368

Maggioranza           185

Voti favorevoli        348

Voti contrari 20

(L’Assemblea approva).

Norme per la limitazione temporanea del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista:

Presenti e votanti     368

Maggioranza           185

Voti favorevoli        309

Voti contrari                         59

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Amendola – Andreotti – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bargagna – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Bernabei – Bernamonti – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Camangi – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli: – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsini – Cortese Pasquale – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo.

Damiani – D’Amico – D’Aragona – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti – Dugoni.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giordani – Giua – Gonella – Gorresi – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Labriola – Laconi – Lami Starnuti – Landi – La Pira – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lizzadri – Lombardi Carlo – Longhena – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Manzini –Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Matteotti Carlo – Matteotti Matteo – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moscatelli – Murdaca – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pellegrini – Pera – Perassi – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Santi – Sapienza – Scalfaro – Scarpa – Schiavetti – Schiratti – Soca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Treves – Trimarchi – Tripeti – Trulli – Turco.

Uberti.

Valenti – Valiani – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vigna – Villabruna – Villani – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Sono in congedo:

Carmagnola – Caso – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Interrogazioni e interpellanza con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non ritengano opportuno emanare le disposizioni relative alle modalità e condizioni per il riscatto delle case popolari costruite con il concorso dello Stato a norma del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 8 maggio 1947, n. 399.

«Grazi».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se siano stati identificati e denunziati gli autori delle violenze consumate a Comiso e a Vittoria da un corteo organizzato e capeggiato dal deputato regionale comunista onorevole Omobono e se le manifestazioni, che degenerarono in episodi di aggressione e in tentativi di invasione delle sedi della Democrazia cristiana, del M.S.I., dell’Uomo qualunque, fossero state debitamente autorizzate dall’Autorità della pubblica sicurezza.

«Castiglia, Cannizzo».

«Ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere se risponda a verità che l’onorevole Scoccimarro abbia pubblicamente istigato i congressisti comunisti convenuti a Torino a insorgere armata manu contro i poteri dello Stato e, nel caso affermativo, se non sia intendimento del Governo procedere contro l’incauto oratore per il reato previsto dall’articolo 303, in relazione all’articolo 284 e 286 del Codice penale.

«Castiglia».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro di grazia e giustizia, per sapere quando – in considerazione che il blocco degli affitti scade il 31 del corrente mese – il Governo intende presentare all’esame delle Commissioni legislative dell’Assemblea il testo del provvedimento sugli affitti e sugli sfratti preannunciato come in corso di studio dal Guardasigilli nella seduta del 19 novembre 1947.

«Gli interroganti si richiamano a una loro precedente interrogazione, rimasta praticamente senza risposta, nella quale si facevano eco della giustificata apprensione diffusa in larghi strati del popolo italiano di fronte alla eventualità di un aggravamento delle loro già tanto precarie condizioni di vita.

«Pressinotti, Malagugini, De Michelis».

«Al Ministro dell’interno, sui recenti fatti accaduti a Primavalle.

«Giordani, Guidi Cingolani Angela, De Palma, Angelucci, Bonomi Paolo».

Comunico anche che è stata presenta la seguente interpellanza con richiesta di svolgimento urgente:

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri dell’interno, delle finanze e del tesoro:

sulle condizioni insostenibili nelle quali si trovano le provincie ed i comuni italiani per insufficienza dei mezzi finanziari loro assegnati dalla legislazione vigente;

sul grave disagio, di cui soffrono gli impiegati ed i salariati degli Enti locali, cui le Amministrazioni non possono corrispondere i miglioramenti già concessi ai dipendenti statali, ed in molti casi neanche i miseri assegni mensili;

sulla necessità che il Governo presenti, prima della chiusura della Costituente, un disegno legislativo, che, a salvaguardia del prestigio e dell’efficienza degli ordinamenti democratici locali assicuri alle provincie ed ai comuni, mezzi finanziari adeguati alle odierne esigenze dei rispettivi servizi obbligatori, e statuisca a favore dei dipendenti provinciale comunali, un trattamento equiparato, o almeno perequato, a quello degli statali;

sull’urgenza di alleviare, mediante speciali disposizioni di favore, i bisogni sempre proclamati e mai sodisfatti nel Mezzogiorno, dove numerosi Comuni non sono in grado di apprestare agli abitanti neanche i servizi più essenziali.

«Priolo, Silipo, Pastore Raffaele, Fioritto, Fiorentino, De Michelis, Musotto, Rubilli, De Mercurio, Labriola, Romita, Faccio, Sardiello, Basile, Tripepi, Sansone, Musolino, Magrini, Paolucci, Bellusci, Caroleo, Conti, Gorreri, Montalbano, Flecchia, Salerno, Cianca, Montagnana Rita, Gallico Spano Nadia, Leone Francesco, Tonello, Mazzoni, Persico, Canepa, Fabbri, Rossi Maria Maddalena, Longo, Fedeli Armando, Amadei, Molinelli, Bei Adele, Carpano Maglioli, Vigorelli, Costantini, D’Amico, Lussu, Barbareschi, Faralli, Grazi, Macrelli».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Informerò i Ministri competenti, affinché facciano sapere quando intendano rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, perché consideri la necessità di intervenire, promuovendo un equo provvedimento legislativo, a favore delle vedove dei funzionari dello Stato, che passarono a nuove nozze durante lo stato di quiescenza. Colei, infatti, che diviene moglie del funzionario dopo la cessazione del di lui servizio attivo non ha diritto a quella pensione di riversibilità, che per legge sarebbe spettata alla prima moglie per tutto il successivo periodo di sopravvivenza vedovile. Ora non vi è chi non veda come, sia per ragioni umanitarie sia per ragioni di giustizia, debbasi alla seconda moglie del pensionato riconoscere tale riversibilità della pensione, che la legge riconosce alla prima moglie.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere i motivi che hanno consigliato il Presidente della Scuola d’arte governativa per la ceramica di Grottaglie (Taranto) ad esonerare dall’incarico di insegnante di matematica e chimica in detta scuola il signor Vincenzo Spagnulo, ed a sostituirlo con il signor Martellotta, quando era noto:

  1. a) che lo Spagnulo copriva detto incarico sin dall’anno scolastico 1944-45, assolvendolo con lode e meritandosi ogni anno la qualifica di ottimo, come risulta dagli attestati del direttore della Scuola, professore Roberto Rosati;
  2. b) che per l’anno scolastico in corso vi sono state molte domande di incarico, ma nessuno degli aspiranti era in possesso del titolo richiesto, e perciò non fu proceduto a nessuna graduatoria;
  3. c) che lo Spagnulo è coniugato con due figli;
  4. d) che il Martellotta, succeduto allo Spagnulo è uno studente, arbitrariamente incaricato dal presidente della Scuola, avvocato Alfonso Pignatelli, dell’insegnamento della matematica e della chimica, mentre era lecito attendersi che, in mancanza di graduatoria, l’incarico venisse mantenuto anche per quest’anno dallo Spagnulo, che lo ricopriva già da tre anni.

«L’interrogante domanda all’onorevole Ministro di accertarsi se questa vicenda non metta in luce un caso di interferenza politica e di deplorevole favoritismo nel campo dell’insegnamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se risponda a verità che 233 sottocapi di marina del corso 1941-42, della base di Taranto, sono stati inviati in licenza illimitata con foglio d’ordine n. 74 del 15 novembre 1947, «per inettitudine professionale ed indisciplina», e se è vero che una disposizione analoga sta per essere presa a carico di altre centinaia di sottocapi.

«Qualora la notizia risponda a verità l’interrogante chiede di conoscere:

  1. a) da quali atti o fatti risulti la inettitudine professionale e la indisciplina di questi marinai, dato che i loro fogli matricolari attestano che essi hanno fatto sempre lodevolmente il loro dovere, in guerra ed in pace, e i comandi di bordo affermano che essi sono idonei per l’avanzamento al grado superiore;
  2. b) perché questi giovani, definiti «inetti ed indisciplinati», sono stati inviati in licenza illimitata, anziché in congedo, ciò che inibisce loro l’accesso ad un impiego civile o all’espatrio;
  3. c) perché essi non sono stati passati, come è consuetudine, al servizio permanente effettivo e promossi al grado di sergente come si è fatto per gli allievi dei corsi precedenti, dopo 5 e più anni di servizio, in modo che all’atto del congedo potessero godere dei diritti spettanti ai sergenti congedati, e cioè 6 mesi di stipendio e premio di congedo;
  4. d) se il Ministro non ravvisi in queste misure prese dalla sua Amministrazione una persecuzione politica inammissibile nella Marina repubblicana e se non crede di revocare il provvedimento o, comunque, di adeguarlo al rispetto degli impegni che l’Amministrazione ha contratto verso questi giovani. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per adeguare l’applicazione dei contributi unificati in agricoltura alle condizioni specifiche della provincia di Avellino, tenuto conto che per essere i ruoli pubblicati, nel capoluogo senza notifica agli interessati non è stato possibile a questi ultimi far correggere l’arbitraria determinazione delle giornate lavorative, che sono state fissate in via di sola presunzione, mentre, data la natura dei terreni, per la loro coltivazione è sufficiente la mano d’opera delle famiglie coloniche, senza assunzione di quella straordinaria.

«Ciò dicasi più specificamente per i comuni di Ariano Irpino, Zungoli, Villanova, Vallata, ecc., che per avere un agro sito in alta montagna (per essi era stata prevista nel relativo schema di decreto la esenzione dal pagamento del tributo fondiario), il terreno consente solo una coltura estensiva, che si esaurisce in poche giornate.

«Si ravviserebbe, allo stato, opportuno disporre la sospensione, sia pure temporanea, delle riscossioni in attesa degli ulteriori accertamenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vinciguerra».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se – dato il diminuito valore della lira – non credano urgente generalizzare le norme vigenti in favore degli enti pubblici per l’affrancazione dei canoni enfiteutici onde impedire che l’affrancazione di canoni stabiliti da oltre un ventennio si traduca – come avviene – in una vera e propria espoliazione dei domini diretti. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Nasi, Rubilli, Veroni, Di Fausto, Marinaro, Bertini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non ritenga inderogabile provvedere alla nomina del Segretario comunale di Cingoli (Macerata). Tale posto è vacante da otto mesi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Molinelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali ostacoli ancora si frappongano al già promesso ripristino della Pretura di Petralia Sottana, reclamato insistentemente da quella laboriosa popolazione. (L’interrogante chiede la riposta scritta).

«Musotto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali ostacoli ancora si frappongano al già promesso rispristino della Pretura di Petralia Soprana, reclamato insistentemente da quella laboriosa popolazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musotto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quali provvedimenti si intenda adottare per fare cessare l’odioso fiscalismo con cui, da parte dell’Ente Risi, della U.P.S.E.A. e degli Ispettori appositamente inviati nelle zone risicole, si procede alle verifiche delle denunce di produzione del risone da parte dei risicoltori, e per rimediare alle ingiustizie ed ai provvedimenti di rigore che spesso da parte degli Enti e dei funzionari sopradetti sono stati addossati a carico specialmente de piccoli e medi produttori; fiscalismo e provvedimenti che hanno generato diffuso e giustificato risentimento nelle masse dei produttori.

«A tale riguardo si fa rilevare che le denunzie del risone sono state fatte dai risicoltori in base alla valutazione dei cumuli col comune sistema della cubatura eseguita da esperti di tale operazione e quindi in piena buona fede.

«L’Ente Risi oppone quasi sempre a tale valutazione altre sue valutazioni che concludono con accertamenti superiori senza che nessuna garanzia sia data che le valutazioni dell’Ente Risi siano veramente esatte e senza che siano tenute in nessun conto le considerazioni e le giustificazioni tecniche delle valutazioni denunziate dai produttori, contro 1 quali si agisce permanentemente in base ad una presunzione di evasione che, oltre ad essere giuridicamente assurda e quindi iniqua, è anche gravemente offensiva per la massa dei produttori risicoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per continuare ad assicurare a beneficio dei bilanci dei comuni rurali l’introito dei diritti speciali, previsti dalla applicazione del decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 177, specialmente per quanto riguarda i vini.

«Il decreto in parola ha vigore attualmente fino al 31 dicembre 1947 e alcuni settori del commercio e dell’industria vinicola ne hanno chiesto la definitiva cessazione pur riconoscendo esplicitamente che esso ha contribuito efficacemente al risanamento dei bilanci dei comuni rurali.

«L’interrogante fa rilevare che il diritto speciale di tassazione a favore dei comuni di produzione sul vino venduto ha incontrato ed incontra il favore dei produttori viticoli che in esso vedono un mezzo efficace per assicurare ai comuni rurali gli introiti necessari senza ricorrere ad eccessi fiscali d’altro genere che andrebbero a colpire le popolazioni di detti comuni, aggravando notevolmente la già pesantissima situazione tributaria a danno specialmente dell’agricoltura.

«Chiedo pertanto che il decreto 29 marzo 1947 sia prorogato limitandone la validità esclusivamente al vino venduto e cioè al cosiddetto «scantinato» e correggendolo quindi di tutti quegli aspetti inutilmente fiscali – controlli presso le cantine, ecc. – che finora ne hanno attenuato la efficacia.

«L’interrogante chiede inoltre che contemporaneamente sia abbassata l’imposta di consumo sul vino introdotto nei grandi centri urbani; balzello questo veramente eccessivo – e ciò perché sia favorita la massa dei consumatori e sia stroncata o quanto meno attenuata la speculazione che molti intermediari compiono alterando la qualità del vino ed il suo naturale potere di gradazione alcoolica.

«L’interrogante fa rilevare che l’agitazione di alcuni gruppi di commercianti ed industriali vinicoli contro la proroga del decreto 29 marzo 1947, n. 177, risponde a non chiari interessi particolaristici di alcune categorie intermediarie, mentre la richiesta della proroga del detto decreto, opportunamente emendato come sopra indicato, e la richiesta di congruo addossamento dell’imposta di consumo sul vino introdotto nei grandi centri urbani rispondono agli interessi generali dell’agricoltura, dei comuni rurali e della gran massa dei consumatori cittadini. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se – in considerazione dell’enorme numero di ricorsi giacenti presso gli uffici del Registro imposta generale entrata, relativi a detta imposta per l’anno 1944, e dell’intralcio notevole che al lavoro degli uffici stessi ne deriva – non creda opportuno ed urgente un provvedimento il quale disponga che anche per il cennato anno 1944, come pel periodo anteriore al medesimo e pel corrente anno 1947, la imposta generale sull’entrata sia determinata in base al reddito già accertato ai fini della imposta di ricchezza mobile dagli uffici delle imposte dirette, moltiplicato per il prestabilito coefficiente, venendo così anche incontro alle varie categorie di contribuenti, che pel ripetuto anno 1944 sono stati messi alla mercé di esagerati e cervellotici accertamenti da parte della Polizia tributaria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno e delle finanze, per conoscere se non ritengano opportuno di dare istruzioni ai propri organi dipendenti, perché comprendano lo stato in cui versano i parroci che beneficiano del «supplemento di congrua». Gli uffici delle Imposte dirette esigono, infatti, denuncie ed imposizioni che sono strettamente in contrapposizione con la congrua governativa concessa a tali parroci, proprio perché non hanno altro da poter vivere. Si ha la sensazione della scoordinazione di direttive fra i due anzidetti Ministeri: mentre l’interno riconosce l’estrema povertà dei congruenti, le finanze li perseguitano con imposizioni assolutamente ingiustificate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bastianetto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali provvedimenti intende prendere a favore delle insegnanti degli asili infantili, dipendenti da Enti con fondi limitati ed insufficienti alle attuali esigenze, al fine di poter loro corrispondere un adeguato stipendio.

«L’interrogante fa presente che le insegnanti degli asili dipendenti dell’Ente interprovinciale degli asili della Garfagnana e della Lunigiana con sede a Massa Carrara percepiscono lire 368 mensili, più un assegno transitorio di lire 2500 provenienti da una oblazione di una benefattrice.

«L’interrogante prevede a breve scadenza l’abbandono da parte delle insegnanti del loro posto di lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Biagioni».

PRESIDENTE. La prima interrogazione testé letta sarà iscritta all’ordine del giorno e svolta a suo turno, trasmettendosi ai Ministri competenti tutte le altre quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 21.35.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11 e alle ore 16:

  1. – Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.