Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXXI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI SABATO 13 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Disegno di legge (Discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 71, per l’elezione della Camera dei deputati. (48)Presidente

Grilli, Relatore per la minoranza

Bovetti

Rivera

Sullo

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la presidenza del Consiglio

Scelba, Ministro dell’interno

Carpano Maglioli

Bosco Lucarelli

De Martino

Scoca

La Rocca

Rubilli

Rescigno

Abozzi

Lussu

Mannironi

Mastino Gesumino

Laconi

Giua

Zerbi

Schiavetti

Corbino

Condorelli

Persico

Mortati

Mastrojanni

Costantini

Riccio

Carboni Enrico

Firrao

Stampacchia

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Sui lavori dell’Assemblea:

Laconi

Presidente

Cevolotto

Togliatti

Schiavetti

Gavina

La seduta comincia alle 9.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Lopardi.

(È concesso).

Discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Ritengo che tutti i colleghi siano d’accordo sul fatto che la discussione generale su questo disegno di legge si è già svolta, allorché si è lungamente parlato dei modi di formazione della Camera dei deputati. Alla fine di quella discussione l’Assemblea approvò l’ordine dei giorno dell’onorevole Giolitti, il cui testo è riportato anche nella relazione della Commissione.

Pertanto, ritengo che i nostri lavori possano avere inizio, passando senz’altro all’esame degli articoli di questo disegno di legge.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Siccome io ho proposto un emendamento a diversi articoli relativi al problema della utilizzazione dei resti, chiederei che si facesse una discussione sola.

PRESIDENTE. Onorevole Grilli, la discussione generale verte, non soltanto sul problema della utilizzazione dei resti, ma su tutto il sistema della legge. Nel momento in cui dovremo esaminare le questioni che si riferiscono alla utilizzazione dei resti, ella potrà proporre all’Assemblea i suoi emendamenti che si riferiscono ad un problema in fondo subordinato a quello principale della formazione del quoziente per la determinazione del numero degli eletti nelle singole liste. In quel momento, come emendamento, esamineremo le sue proposte. Passiamo pertanto all’esame dell’articolo 1, identico nei testi del Governo e della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per l’elezione della Camera dei deputati si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui agli articoli seguenti».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’esame dell’articolo 2 del disegno di legge, identico nei testi del Governo e della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo ed il secondo comma dell’articolo 3 sono sostituiti dai seguenti:

«Il numero dei deputati è in ragione di uno ogni 80.000 abitanti o per frazione superiore a 40.000, calcolati in ciascun collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, secondo i dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica.

«I collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato dall’onorevole Bovetti il seguente emendamento:

Al nuovo testo del secondo comma dell’articolo 3 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, proposto nel disegno di legge, sostituire il seguente:

«Ogni Collegio è costituito e delimitato dalle attuali circoscrizioni provinciali».

«Subordinatamente:

«Alla circoscrizione indicata al n. I della tabella delle circoscrizioni, allegata al disegno di legge ed alla relazione della Commissione, sostituire le seguenti:

I-a: Torino città.

I-b: Torino provincia,

oppure: (provincia di Torino).

I-c: Novara-Vercelli (provincie).

I-d: Cuneo (provincia).

I-e: Asti-Alessandria (provincie).

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Illustrerò rapidamente l’emendamento da me proposto e che si riassume già nei suoi termini. Noi siamo qui a discutere di una legge elettorale che riproduce in sé i termini essenziali della legge approvata dalla Consulta per l’Assemblea Costituente, legge allora determinata da condizioni e da poteri eccezionali, che non possono, a mio avviso, riprodursi nella attuale legge, la quale deve riportare le norme, gli articoli, i regolamenti, in un regime di assoluta normalità. Per quanto riguarda le circoscrizioni territoriali, la vecchia legge della Consulta ha adottato norme che dovevano essere poste al vaglio della esperienza e noi ci domandiamo se questa esperienza possa far riaffermare, nell’attuale disegno di legge, la dizione, gli articoli e le tabelle ora riproposti dalla Commissione.

Io ritengo che si possa affermare che la legge approvata dalla Consulta non abbia avuto quell’effetto pratico che oggi è auspicato dalla Commissione; abbiamo cioè visto creare con quella legge, che ora si riproduce, delle circoscrizioni elettorali fittizie, che non rispondevano a ragioni etniche, topografiche, elettorali sentite dalla popolazione. Abbiamo assistito a degli episodi elettorali non lusinghieri, a giuochi di preferenze, che non sono certamente tornati ad onore della lizza elettorale, e abbiamo il dovere di preoccuparci che non si ripetano nella prossima campagna elettorale. È per questo, signori, che io chiederei – credo che questa sia una esigenza avvertita da tutti i partiti, se vogliamo parlare con franchezza e lealtà – che queste circoscrizioni elettorali abbiano una caratteristica ben definita.

 

Ed allora, una delle due: o affrontiamo il concetto della circoscrizione su un piano vasto e completo, e in tal modo avremo l’organismo della Regione che risponde a criteri ben definiti di possibilità giuridica c pratica; oppure, se non ricorriamo al criterio della Regione, non si può neppure ricorrere a questo sistema misto, ibrido, di agglomerati di provincia che non hanno alcuna ragione di essere unite o disunite, agglomerati creati soltanto sulla carta e nella legge e che urtano contro la realtà voluta e vissuta dagli elettori.

Ad esempio, per il Piemonte abbiamo un frazionamento quanto mai ibrido ed antilogico. Il Piemonte è sezionato in tre circoscrizioni: da una parte Torino con Novara e Vercelli; dall’altra Cuneo, Alessandria ed Asti; circoscrizioni, insomma, che non rispondono ad alcun concetto né di vicinanza, né di tradizioni.

Ed allora, poiché questa legge dovrà avere un fondamento nella vita pratica e nel desiderio degli elettori, perché non ricorrere, piuttosto, a circoscrizioni ben chiare e definite nel vero senso della parola?

Riassumendo, quindi: o una circoscrizione ampia, di largo respiro – e questa deve essere la Regione – oppure una circoscrizione che risponda a delle tradizioni che sono consacrate dalla storia e dalla vita elettorale, e questa non può essere altro che la Provincia. (Applausi).

RIVERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIVERA. Signor Presidente, io riprendo la questione sollevata dall’onorevole Bovetti per un’altra ragione e per un’altra Regione, proprio in considerazione di una decisione recente, che questa Assemblea ha preso, la decisione cioè di ricostituire le Regioni secondo la storia e la tradizione.

Orbene, anche se il nostro Statuto fondamentale non è ancora in efficienza ed esecutivo, vorrei permettermi di rilevare che esso non può non essere applicato nelle sue deliberazioni fondamentali per quello che riguarda le imminenti elezioni, e ciò anche in omaggio alle popolazioni che, subìto 20 anni fa un trasferimento forzato di territori e di persone dovuto al capriccio di chi allora governava, reclamano a piena voce di tornare in seno alla loro Regione.

Io non domando, onorevoli colleghi, che venga corretto tutto il disordine che allora fu portato nella ripartizione territoriale di gran parte delle Provincie italiane, perché, per rivedere tutto quanto quello che è stato guastato, durante il governo fascista, delle circoscrizioni provinciali, forse la Camera non avrebbe il tempo. Si tratta per alcuni casi di territori che sono stati diversamente agglomerati attorno a dei centri, talora perché prediletti da questo o da quel gerarca, e promossi a capoluogo; da ciò assurdi territoriali straordinari, come quello di una strada che entra in una provincia, poi ne riesce e ne rientra ancora.

Non parlo di questo problema spinoso, ho detto, perché, per risolverlo, occorrerebbe troppo tempo e troppo studio che noi oggi non possiamo spendervi; parlerò soltanto della ricostituzione, in sede elettorale, delle antiche Regioni storico-tradizionali.

Si tratta, onorevoli colleghi, in definitiva, di non più che uno o due casi, se si vogliono considerare come rassomiglianti il caso della Campania e quello dell’Abruzzo. Io parlo però solo del caso che si riferisce al circondario di Cittaducale (ex provincia di Aquila), che è stato staccato dall’Abruzzo. (Interruzioni al centro).

Sta bene: allora vuol dire che le Regioni, che si propone si presentino alle elezioni con il territorio deformato dal trascorso regime, come del resto io ho già premesso, sono due e non una. Tra esse la Regione d’Abruzzo, che si trovava tutta intiera entro un confine politico, giacché poco di là da Cittaducale, correva il confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, ha visto portare oltre la vecchia linea di confine una parte del suo territorio, allo scopo di mettere insieme, con brandelli di due altre Ragioni, l’Umbria ed il Lazio, una novella Provincia. Per arrivare a ciò, dunque, il Governo fascista staccò da questo così caratteristico comprensorio geografico e politico antichissimo un circondario tipicamente abruzzese e lo assegnò, tout-court, ad altra Regione, senza che le popolazioni interessate venissero minimamente interpellate: esse lessero un bel dì sul giornale di essere state trasferite, direi quasi «carico e beni», ad altra Regione e di avere mutato, senza loro volontà, la propria denominazione ed appartenenza ininterrotta per oltre quattro secoli, ad un territorio fortemente amato che chiamavasi Abruzzo.

Signor Presidente, ripeto ancora che fin dalle imminenti elezioni io vorrei che si desse valore a ciò che solennemente è stato stabilito da questa Assemblea, e che è per essere applicato subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, che cioè le Regioni debbono essere quelle storico-tradizionali: è evidente che la tradizione non si fa esclusivamente con quello che è avvenuto nel ventennio fascista, ma si fa con tutta la lunga storia e, per l’Abruzzo, con l’ininterrotta tradizione del nostro Paese.

Per questo l’ingiustizia e la prepotenza commessa dal governo fascista contro la volontà dell’Abruzzo non debbono trovare in questa Assemblea, neppure nella imminente manifestazione elettorale, una tacita assuefazione, che suonerebbe quasi ingiuria per noi e per quelle popolazioni beffate, le quali del resto si sono già in modo indubbio espresse nel senso di voler tornare in seno all’Abruzzo. Io domando pertanto che, prima ancora che in esecuzione, per l’esecuzione di quanto statuito dalla Costituzione, e che è indiscutibile ed ineluttabile, in seno all’Abruzzo fin dalle imminenti elezioni ritorni il territorio che costituiva il vecchio circondario di Cittaducale, abruzzese per lunga ininterrotta tradizione e chiara storia, ciò in leale e pronta obbedienza al deliberato di questa Assemblea che statuisce che le Regioni debbano essere quelle storico-tradizionali. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei pregarli di non confondere questo articolo 2 con ciò che si riferisce alla tabella delle circoscrizioni: tutte queste questioni le rimettano al momento in cui si parlerà delle tabelle.

RIVERA. Mi riservo allora di tornare sull’argomento a suo tempo.

SULLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SULLO. La proposta dell’onorevole Rivera è di carattere generale, almeno a quello che ho capito; essa riguarda cioè la proposta di modificare le circoscrizioni elettorali in senso provinciale. Ora, io propongo su ciò la sospensiva, perché mi pare che la provincia possa essere considerata adatta all’uopo, soltanto a condizione che si abolisca il collegio unico nazionale.

Se infatti non si abolisce il collegio unico nazionale, con le circoscrizioni provinciali si viene a portare alla lista nazionale un numero di eletti molto maggiore degli 80 attuali e allora la circoscrizione più ampia vale a rappresentare un correttivo nei confronti di quello che può essere considerato come un vero male da evitare.

È quindi naturale che molti di noi si troverebbero in imbarazzo a votare l’emendamento.

Si potrebbe votare a favore delle circoscrizioni provinciali, se si abolisse il collegio unico nazionale; ma se questo rimanesse non ci sarebbe possibile votare a favore delle circoscrizioni provinciali.

Ecco perché faccio al Presidente una formale proposta di sospensiva sulla votazione dell’emendamento, in attesa che l’Assemblea si pronunci sulla questione generale proposta dalla Relazione di minoranza.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di parlare per esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione si pronuncia contro la sospensiva. I colleghi che hanno qualche cosa da dire in materia di circoscrizioni è bene lo dicano subito. La Commissione risponderà immediatamente. Se rimettiamo in discussione tutti i particolari di questa materia, non terminiamo più.

SULLO. Chiedo che sia posta in votazione la mia proposta.

PRESIDENTE. L’onorevole Sullo propone che siano rinviate le decisioni relative alla tabella delle circoscrizioni a dopo che l’Assemblea abbia deliberato in ordine all’utilizzazione dei resti.

La Commissione propone, invece, che si decida non soltanto sulle proposte di carattere generale, ma anche su quelle di caratteri particolare, relative alla tabella delle circoscrizioni.

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Sullo.

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, non è approvata).

Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il suo avviso sulla proposta Bovetti.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, la Commissione, nella sua relazione, ha già detto brevemente i motivi per i quali non ha ritenuto di riprendere in esame le circoscrizioni elettorali. Dopo molta discussione la stessa Commissione è venuta nell’avviso che ogni modificazione parziale produce naturalmente la richiesta di una revisione totale di tutte le circoscrizioni.

Ora, noi ci siamo semplicemente limitati – per una ragione di carattere particolare – ad accogliere la proposta della distinzione in circoscrizione del Molise ed abbiamo suggerito all’Assemblea delle modificazioni inerenti, come conseguenza, a questa deliberazione presa dalla Commissione.

Non abbiamo deciso di prendere in esame altre molteplici proposte fatte da vari Commissari, perché questi stessi Commissari che facevano proposte di modifica dell’indole di quella oggi proposta dall’onorevole Bovetti, trascinavano con sé una revisione totale – come ho detto – dell’allegato alla legge relativa alle circoscrizioni.

È evidente che questa norma che la Commissione ha adottato non può, qui in Assemblea, essere modificata da parte della Commissione stessa, perché è una direttiva di carattere politico generale, che si ritiene necessaria in questo momento, perché in questo momento non ci è possibile l’esame dettagliato e ponderato delle ragioni che assistono le varie proposte. La stessa proposta di ridurre i collegi a sistema provinciale urta con delle difficoltà di carattere – dirò così – demografico, perché non vi è nelle provincie nostre quella uguaglianza di rapporti demografici che è necessario stabilire per poter fare le elezioni col sistema proporzionale; perché ognuno di voi intende come vi siano provincie piccole che non possono costituire da sole un collegio, come potrebbero essere la provincia di Matera, la provincia di Mantova, le provincie siciliane di Caltanissetta, di Ennia ed altre provincie. Non avrebbero quindi la possibilità di applicazione della proporzionale, la quale richiede ed ha l’esigenza precisa e inderogabile che il collegio elettorale abbia una certa determinata ampiezza.

Una voce a sinistra. E Campobasso?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Campobasso ha cinque seggi: è il minimo e si è inteso che esso costituisse una eccezione.

La Commissione, ripeto, dopò vario esame, ha ritenuto che la rielaborazione delle circoscrizioni non si potesse fare ora e potrà invece farsi con successiva legge dalla nuova legislatura, quando vi sarà tempo e modo di esaminare non solo le circoscrizioni, ma anche le stesse provincie, perché, come ha accennato qui giustamente l’onorevole Rivera, la formazione delle provincie da parte del governo fascista è stata una formazione arbitraria, per cui anche la formazione delle provincie andrebbe riveduta.

Per queste ragioni pregherei l’onorevole Bovetti di non insistere nella sua proposta perché la sua proposta determinerebbe la richiesta dei colleghi lombardi, dei colleghi siciliani e di altri. Vi sono anche proposte per il Napoletano, cioè divisioni di circoscrizioni che sono meritevoli di attenzione, ma non possono essere in questo momento sodisfatte.

Del resto, onorevoli colleghi, vi prego di tenere presente anche questa ultima considerazione che ha il suo valore: si è creato tra eletti ed elettori delle circoscrizioni attuali un rapporto, dirò così, politico ed elettorale che in questo momento riteniamo sia opportuno non turbare, essendo esso il frutto del primo esperimento di una legge elettorale applicata con criteri di libertà e con criteri di democrazia.

Pertanto la Commissione insiste perché le circoscrizioni restino ferme così come risultano dalla vecchia legge, fatta eccezione per l’emendamento che si riferisce al Molise.

PRESIDENTE. Prego il Governo di esprimere il suo parere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo è d’accordo con la Commissione.

PRESIDENTE. Ed allora, onorevoli colleghi, dobbiamo passare alla votazione delle proposte che sono state svolte dai presentatori di emendamenti. Onorevole Bovetti, mantiene il suo emendamento?

BOVETTI. Mantengo l’emendamento e annunzio che vi è una richiesta di votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Onorevole Bovetti, le faccio presenti le ragioni di urgenza, che premono sui nostri lavori, e che potrebbero essere compromesse dalla sua richiesta.

BOVETTI. Noi insistiamo per la votazione a scrutinio segreto, perché si tratta di questione essenziale.

PRESIDENTE. Sull’emendamento Bovetti è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Grilli, Corbino, Borsellino, Abozzi, Miccolis, Villabruna, Canevari, Cairo, Sapienza, Bellavista, Gullo Rocco, Condorelli, Martino Gaetano, Carboni Angelo, Lami Starnuti, D’Aragona, Veroni, Bonino, Caronia, Reale Vito.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento Bovetti del seguente tenore:

«Ogni collegio è costituito e delimitato dalle attuali circoscrizioni provinciali».

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti                               306

Votanti                                305

Astenuti                              1

Maggioranza           153

Voti favorevoli        72

Voti contrari                        233

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Andreotti – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bargagna – Basso – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bettiol – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Bruni – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro.

Caccuri – Cairo – Caldera – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carignani – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chiarini – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Cortese Pasquale – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giannini – Giordani – Giua – Gorreri – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Gingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Mannironi – Marazza – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Lina – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Patrissi – Pecorari – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pucci – Puoti.

Quarello.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salvatore – Sampietro – Santi – Sapienza – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Turco.

Uberti.

Valmarana – Venditti – Veroni – Vigna – Villabruna.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zerbi – Zotta.

Si è astenuto:

D’Aragona.

Sono in congedo:

Bertone.

Carmagnola – Cavallari.

Ghidini.

Jacini.

Lopardi.

Mastino Pietro.

Preziosi.

Quintieri Adolfo.

Ravagnan.

Sardiello.

Vanoni.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. È stato presentato il seguente emendamento all’articolo 2 dagli onorevoli Carpano Maglioli, Costa, Tonello, Nobili Tito Oro, Priolo, Fornara, Veroni ed altri:

«Sostituire alle parole: calcolati in ciascun Collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, le altre: che risultano dall’ultimo censimento».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione in merito a questa proposta.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, a proposito della disposizione che si riferisce alla popolazione al 31 dicembre 1946, anziché a quella del censimento del 1936, debbo rilevare che l’Assemblea, in sede di Costituzione, ha approvato la disposizione transitoria secondo la quale è consentito che si possa fare una deroga all’articolo 57 della Costituzione stessa, che dispone che il numero dei deputati debba essere stabilito in rapporto alla popolazione dell’ultimo censimento. Quindi l’Assemblea su questo punto ha già deciso in sede di Costituzione e noi non abbiamo fatto altro che applicare questa norma transitoria della Costituzione, per cui mi pare che la discussione sia ora superflua. Comunque, io debbo far presente che questa disposizione, di adeguare il numero dei deputati ai dati statistici risultanti dagli aggiornamenti operati dall’Istituto centrale di statistica, è motivata dal fatto che specialmente durante il periodo bellico, e specialmente dal 1942 in poi, vi sono stati spostamenti notevolissimi di popolazione da un centro all’altro, con fissazione di vari domicili diversi da quelli che risultavano nel 1936. Gli aggiornamenti statistici sono stati eseguiti sui dati demografici comunicati dai singoli comuni all’Istituto centrale di statistica, che ha, in base ai medesimi, compilata le tabella pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 1947, n. 96. Spiegazioni ulteriori su questi dati di fatto non mi sembra di doverne dare, non avendo la Commissione che applicato quanto l’Assemblea stessa in sede di Costituzione ha deliberato.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo concorda con la Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Carpano Maglioli, conserva la sua proposta?

CARPANO MAGLIOLI. La conservo e vorrei parlare per una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARPANO MAGLIOLI. Il nostro emendamento tende ad assumere come base dati assolutamente fissi e sicuri ed è compilato in base a tutta una serie di precedenti che ci garantiscono come esso risponda veramente ad un criterio ortodosso e di giustizia e di equità.

Infatti, nel 1946 si sono seguiti i dati del censimento del 1936; nel 1921 si sono seguiti i dati del censimento del 1911, nel 1892 si sono seguiti i dati del censimento del 1881.

Ora, i precedenti, indubbiamente, dànno una indicazione utile, e se si è fatto così per il passato, ci sono delle buone ragioni, e difatti non sempre i dati dell’Ufficio centrale di statistica sono esatti; ci sono elementi che concorrono a deformarli: i sindaci che hanno interesse a deformare le cifre della popolazione ai fini della concessione delle carte annonarie, ai fini della carriera dei segretari comunali, ecc.

I dati dei censimenti, invece, sono dati obiettivi, accertati con serietà scientifica e garantiscono della rispondenza concreta e reale.

Per questi motivi, votiamo a favore dell’emendamento proposto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Carpano Maglioli, non accettata dalla Commissione né dal Governo, di riferire per le prossime elezioni i dati della popolazione, anziché ai dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica, al 31 dicembre 1946, ai risultati dell’ultimo censimento, facendo presente che l’Assemblea ha già votato in sede di disposizioni transitorie una norma per la quale era autorizzato il riferimento ai dati dell’Istituto centrale di statistica al 31 dicembre 1946.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 2.

«Il primo ed il secondo comma dell’articolo 3 sono sostituiti dai seguenti:

«Il numero dei deputati è in ragione di uno ogni 80.000 abitanti o per frazione superiore a 40.000, calcolati in ciascun collegio in base alla popolazione presente al 31 dicembre 1946, secondo i dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma.

«I collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

La Commissione ha presentato una tabella recante alcune modificazioni in relazione alla provincia di Campobasso e conseguentemente a quelle di Avellino e di Benevento. Vorrei sapere dal Ministro dell’interno se accetta questa tabella allegata.

SCELBA, Ministro dell’interno. L’accetto.

PRESIDENTE. L’onorevole Rivera ha così formulato la sua proposta:

«Ogni collegio è costituito e delimitato dalle circoscrizioni storiche e tradizionali».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Gli onorevoli La Rocca, Fiorentino e Gullo Fausto, hanno presentato il seguente emendamento:

«Modificare in tal senso la circoscrizione XXIV: Benevento, Avellino e Salerno, e sopprimere la XXIII».

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. La mia povera provincia di Benevento (Commenti), pare debba essere sballottata a destra e a sinistra. Noi della provincia di Benevento abbiamo delle affinità sia con Campobasso che con Avellino, ma non abbiamo alcun interesse, alcuna affinità con la provincia di Salerno, con cui non abbiamo alcuna relazione.

Nelle precedenti elezioni, noi siamo stati una volta con Campobasso e una volta abbiamo formato, tutte e tre le provincie di Avellino, Benevento e Campobasso, un collegio unico, ed è stata anzi questa l’unica volta in cui il regime fascista è stato messo in minoranza con un emendamento a firma mia e dell’onorevole Rubilli, circa le circoscrizioni elettorali, e la Camera votò il collegio di Benevento, Avellino e Campobasso.

Per noi è indifferente andare con Campobasso o con Avellino, sebbene io voglia far notare che nelle precedenti elezioni il collegio era Campobasso con capoluogo Benevento. Oggi nel disegno di legge governativo è mutato il titolo Benevento-Campobasso in Campobasso-Benevento con capoluogo Campobasso e non più Benevento. Per noi il capoluogo è indifferente; noto semplicemente e deploro la meschinità di questa modificazione. Le nostre maggiori affinità sono però con la provincia di Avellino, con cui in gran parte costituiamo un tutto unico.

Quindi ritengo che debba mantenersi ferma la circoscrizione Benevento-Avellino, come è stata proposta dalla Commissione, e vada respinto un allacciamento irreale, una impossibile unione di Benevento con Salerno, perché, pur avendo moltissimo affetto e moltissima stima per la provincia di Salerno, non abbiamo nessun contatto, nessun interesse, nessuna unione di animi e di intenti con questa provincia che rispettiamo ed amiamo, ma che non può unirsi a noi nel rappresentare interessi comuni, che non vi sono. (Approvazioni).

DE MARTINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE MARTINO. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Bosco Lucarelli, al quale porgo i sensi del mio ringraziamento per le buone e le cattive parole rivolte alla provincia di Salerno, della quale sono modesto rappresentante, ritiro la mia firma all’emendamento presentato.

SULLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SULLO. Io prego gli onorevoli colleghi di lasciare che, una volta tanto, anch’io prenda la parola in questioni di carattere territoriale, perché ritengo che quando un principio viene affermato, debba essere affermato per tutte le circoscrizioni, non per un certo numero sì, e per una soltanto eccezionalmente no.

L’Assemblea ha respinto il principio delle circoscrizioni provinciali. È d’altra parte logico, che dopo che non si era voluto accettare una sospensiva che tecnici hanno ritenuto perfettamente giustificata, molti dei colleghi non si sentissero di poter votare a cuor leggero per le circoscrizioni provinciali.

Ma, se si è rimasti fermi al principio che debbono rimanere le circoscrizioni del 2 giugno, non vedo perché ciò non debba valere per la circoscrizione di Salerno e di Avellino.

Noi diciamo che se l’Assemblea Costituente ha stabilito che la provincia di Campobasso deve essere una circoscrizione a sé, ci deve essere però anche un sistema per rispettare un legittimo diritto degli elettori.

Noi dobbiamo tener ben presente questo: che nelle elezioni che si fanno adesso, i partiti rispondono al corpo elettorale, e che i deputati, i quali sono stati eletti in una determinata circoscrizione ampia che aveva ben quindici deputati, come quella di Avellino-Salerno, hanno un dovere – corrispondente al diritto degli elettori – di rispondere ai medesimi elettori dell’opera che hanno compiuto. Noi non diciamo affatto che la provincia di Benevento debba essere aggregata piuttosto a questa che a quella provincia, o sballottata a destra o a sinistra. Noi non vogliamo sballottare nessuno. Abbiamo proposto una circoscrizione ampia, per venire incontro ai desideri, non suscitati certamente da noi, dei molisani. Ma, d’altra parte, se non si vuole tornare su quella decisione, si dia a Benevento una circoscrizione per proprio conto. Sono cose in cui non voglio entrare. Ma ritengo che proprio per quel principio che è stato adottato da questa Assemblea, cioè quieta non movere, non sia giusto muovere noi altri che stiamo tranquilli e quieti. Io credo, quindi, che l’Assemblea debba o riconfermare i collegi del 2 giugno, non facendo per questa circoscrizione una eccezione che sarebbe unica rispetto a tutto il resto d’Italia, oppure unirla al collegio di Campobasso, cosa che si è scartata per l’opposizione dell’onorevole Bosco Lucarelli.

Allora, la proposta ultima potrebbe essere quella di una circoscrizione isolata unica per Benevento, anche perché si vuol contentare gli amici del Molise e si vuol confermare l’ordine del giorno che è stato espressione di questa Assemblea qualche giorno fa.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. L’amico Bosco Lucarelli si duole che il Molise abbia respinto l’unità di collegio con Benevento, e non vuole che questa provincia sia unita a Salerno perché non vi è ragione di unirsi con una provincia con la quale, per quanto afferma, non vi sarebbero interessi comuni.

Ma l’argomento, anche se fosse fondato, non risolverebbe ha questione, perché occorre pure preoccuparsi di Avellino. La provincia di Avellino nelle ultime elezioni era unita a quella di Salerno, e se si deve mantenere il principio accolto che le circoscrizioni non devono essere modificate, non vedo la ragione di fare questa unica eccezione, senza motivo apprezzabile.

Sono d’accordo nel riconoscere che la provincia di Avellino ha rapporti con la provincia di Benevento, ma si deve riconoscere pure, che rapporti non meno notevoli vi sono fra Avellino e Salerno. Se è vero che vi sono questi stretti rapporti con Salerno, è giusto che si mantenga l’unica circoscrizione elettorale preesistente. L’esistenza poi, degli affermati rapporti con Benevento non impediscono l’aggiunzione anche di questa provincia.

Mi pare che non si tenga conto della posizione topografica e della funzione economica dell’Irpinia, situata nel bel mezzo delle altre due provincie.

Voci. Chiusura!

PRESIDENTE. Domando se la proposta di chiusura è appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo in votazione.

(È approvata).

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. In sede di Commissione si fu tutti d’accordo nel non voler ritoccare le circoscrizioni elettorali, appunto per evitare attriti e per non sovvertire tutto l’ordinamento della legge. Senonché il Molise insistette per costituire una circoscrizione a sé. In sede di Commissione si fu anche tutti d’accordo che per favorire il Molise non bisognasse guastare i rapporti economici, culturali e di amicizia già costituiti.

In sostanza il collegio elettorale viene circoscritto e delimitato alla stregua di una realtà obiettiva, cioè di rapporti economici, di relazioni, ecc. Il che storicamente esiste – contrariamente a quanto è stato affermato in quest’Assemblea – da tempo immemorabile fra la provincia di Avellino e quella di Salerno, e si insistette perché questa unità non venisse spezzata. Dal momento che la provincia di Benevento consentì di staccarsi dal Molise, non deve Costituire elemento di ostacolo o di scompiglio. Si disse alla provincia di Benevento di staccarsi e costituire un collegio, e si rifiutò.

E allora altra possibile soluzione non v’è al di fuori di questa: anzitutto non spezzare l’unità delle provincie di Avellino e Salerno; e, la provincia di Benevento, che ha voluto staccarsi dal Molise, formi collegio con Avellino e Salerno.

Questa è la soluzione più pacifica, che aiuta a risolvere il problema.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Dichiaro di votare contro l’emendamento alla proposta della Commissione per ragioni diverse da quelle che sono state esposte da tutti gli altri colleghi. Io non comprendo una discussione o un dibattito intorno ai rapporti che si possono avere con una provincia o con l’altra, perché simili argomenti servono solo a nascondere – e non vi riescono neppure – propri interessi personali ed elettorali.

Credo che si debba tener conto di un’altra considerazione: non è opportuno che vi siano circoscrizioni molto estese, le quali non permettono un’ampia propaganda elettorale. Sarebbe stato ideale tornare al concetto della provincia, perché la provincia rappresenta un ente veramente organico nel quale si raccolgono uniformi i sentimenti, le opinioni e gli interessi degli elettori che devono nominare i propri rappresentanti. E non ho mai capito perché si dica che nel ristretto ambiente della provincia non possa bene applicarsi la prediletta proporzionale. Non lo comprendo, perché, una volta che si è stabilita la circoscrizione provinciale per il Molise, con quattro o cinque deputati, vuol dire che si riconosce l’efficacia della proporzionale nell’ambito di una singola provincia, sia pure non molto ampia.

Ad ogni modo, giacché non si è voluto adottare il concetto della provincia – che sarebbe stato il migliore – sarà allora opportuno restringere almeno le circoscrizioni quanto più possibile. Mentre il Molise rimane a sé formando un piccolo collegio elettorale, Avellino, Benevento e Salerno formerebbero una circoscrizione che deve eleggere venti deputati.

Per queste considerazioni sono d’accordo con l’onorevole Bosco Lucarelli di ridurre il più possibile le circoscrizioni, e voto per la proposta della Commissione la quale unisce soltanto Avellino con Benevento. Salerno può fare collegio a sé, perché ha dieci deputati, e bastano per costituire un collegio.

Ma in conclusione, potrei consentire a mantenere le circoscrizioni anche come stavano prima, in guisa che Avellino rimanga con Salerno e Benevento si unisca con Campobasso.

Tre provincie insieme per un collegio, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia privo di agevoli comunicazioni, senza dubbio impongono eccessivo lavoro nel periodo elettorale e non permettono dopo agli eletti una assidua opera, atta a garantire efficacemente gl’interessi locali.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Sono anch’io un deputato interessato alla circoscrizione, ed è giusto che esprima il mio voto.

Dichiaro che sono anch’io contrario all’emendamento presentato dall’onorevole La Rocca ed altri, e sono favorevole alla proposta della Commissione, perché la proposta della Commissione è quanto di meglio si potesse escogitare, dal momento che si è stabilito il principio di dare una piccola soddisfazione alla regione del Molise.

Per ragioni eminentemente pratiche e geografiche, una circoscrizione Avellino-Benevento-Salerno sarebbe quanto di più assurdo si possa immaginare, perché un candidato dovrebbe percorrere lunghi tragitti, come da Sapri a San Bartolomeo in Galdo, per fare la sua propaganda.

Per queste ragioni voterò per la proposta della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione deve informare l’Assemblea che quando si convenne di scindere il collegio Benevento-Campobasso si venne incontro alle richieste dei Molisani. La Commissione mantiene ferma questa decisione. Per la posizione della provincia di Benevento, la Commissione si mantenne neutrale fra le varie proposte che venivano fatte e nella relazione è detto che, in fondo, si rimetteva all’Assemblea. Di fronte alle argomentazioni portate oggi da alcuni colleghi, la Commissione ritiene che non sia ingiustificata la richiesta del Collegio Avellino-Salerno di non venire diviso. D’altra parte, ammesso il principio di non creare piccole circoscrizioni che contrasterebbero col criterio generale che informa la legge (il sistema proporzionale), la Commissione non è contraria, anzi è favorevole a riunire la provincia di Benevento con le provincie di Avellino e di Salerno in un unico collegio elettorale.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Concordo con la Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento degli onorevoli La Rocca ed altri tendente ad unificare le circoscrizioni XXIII e XXIV di cui alla tabella A della Commissione.

La Commissione ha dichiarato di essere favorevole a questo emendamento.

(Dopo prova e controprova è approvato).

Gli onorevoli Numeroso e De Michels hanno proposto di scindere in due la circoscrizione XXII, e cioè XXII-a circoscrizione di Napoli; XXII-b circoscrizione di Caserta.

Invito l’onorevole Fuschini ad esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione mantiene fermo il principio di non modificare nessun’altra circoscrizione. Quanto abbiamo approvato testé è stato semplicemente la conseguenza di quella eccezione che la Commissione aveva fatto per il Molise. Noi non accettiamo nessun’altra modificazione di circoscrizioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento degli onorevoli Numeroso e De Michelis.

(Non è approvato).

Passiamo adesso alla proposta subordinata Bovetti intesa a sostituire le circoscrizioni I e II della tabella A della Commissione con le seguenti:

I-a: Torino città.

I-b: Torino provincia,

oppure: (provincia di Torino).

I-c: Novara-Vercelli (provincie).

I-d: Cuneo (provincia).

I-e: Asti-Alessandria (provincie).

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Presidente della Commissione. Devo richiamare l’attenzione dell’Assemblea sul fatto che la Commissione si è espressa rifiutando collegi per provincie e l’Assemblea ha già votato in merito. Mi pare strano che si rimetta in discussione un problema sul quale si è già votato.

PRESIDENTE. Quanto lei ha detto è valido per alcune di queste circoscrizioni, che comprendono una provincia sola, ma ve ne sono alcune che comprendono due provincie, e ve n’è una che comprende mezza provincia.

SCOCCIMARRO. Presidente della Commissione. L’osservazione è giusta, però desidero far conoscere il parere della Commissione e cioè che nessuna proposta (ripeto quello che è stato detto dal Relatore) di mutamento di circoscrizioni verrà accolta dalla Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Bovetti.

(Non è approvato).

L’onorevole Abozzi ha presentato il seguente emendamento:

«Alla tabella A, allegata all’articolo 2, sostituire alla circoscrizione XXXI: Cagliari-Sassari-Nuoro, le seguenti:

XXXI. – Cagliari.

XXXII. – Sassari-Nuoro».

L’onorevole Abozzi ha facoltà di svolgerlo.

ABOZZI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire che, pur proponendo una divisione di circoscrizione, non parlo per ragioni elettoralistiche. Vorrei dire all’onorevole Scoccimarro le ragioni che possono consigliare la divisione di un collegio.

Le ragioni sono queste: penso che una legge elettorale possa dirsi buona, soltanto quando permette al candidato una assoluta e piena propaganda delle sue idee. Ora, in una circoscrizione che comprende tutta l’Isola questo non è possibile.

In Sardegna, come sanno tutti quelli che l’hanno visitata, le comunicazioni sono quelle che sono; né io mi intratterrò a dimostrare questa tesi. Sarebbe necessario un lungo discorso, ma questo non è il momento. Non tutti i comuni sono raggiunti da linee ferroviarie; in certe località non si può arrivare che con l’automobile ed in certe non si arriva che penosamente a cavallo.

Le popolazioni vivono sparpagliate; e fare la propaganda in quelle località diventa pressoché impossibile. Se la circoscrizione dovesse essere così larga, non ci sarebbe nessun deputato che potrebbe fare la propaganda nei comuni.

Quindi, se si vuole che la propaganda non diventi veramente una fatica improba, è necessario sdoppiare la circoscrizione. E vorrei aggiungere – ad abundantiam – che la provincia di Cagliari ha caratteristiche diverse da quelle di Sassari e Nuoro.

Uno studioso di cose sarde mi diceva che esistono tre Sardegne. Questo non lo credo: credo che la Sardegna sia una.

Anche quelli che tengono all’integrità della regione non possono turbarsi della mia proposta, perché una procedura elettorale non può turbare l’intierezza dell’Ente regione.

Quali sarebbero le conseguenze? Che Cagliari, con 613 mila abitanti e con 50 mila resti avrebbe otto seggi assegnati; Sassari con 553 mila abitanti avrebbe sette seggi. È giusto che Cagliari, che ha più abitanti, abbia più seggi.

Faccio presente che i quozienti così ottenuti non sono inferiori a quelli di altre circoscrizioni. Campobasso ha una popolazione inferiore a quella di Nuoro.

Questa mi sembra una seria ragione per far accettare il mio emendamento, che dà la possibilità al candidato di svolgere la propaganda.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Io devo sostenere la proposta della Commissione, cioè la circoscrizione unica.

Mi rendo conto del fatto che l’onorevole Abozzi, la cui debolezza per la provincia di Sassari è nota, sia di parere contrario.

Peraltro nessuna delle considerazioni da lui fatte può giustificare il cambiamento della proposta fatta dalla Commissione.

Io non sono né di Cagliari, né di Sassari; in certo senso, quindi, sono quasi neutro. Io sono nato in montagna, quasi in alta montagna, e quindi, mi sia permesso dirlo, sono altimetricamente al di sopra di Cagliari e di Sassari. Francamente, chi conosce l’Isola, la sua penosa storia, il suo presente, sa che è doveroso agevolare lo sforzo del popolo sardo a darsi uno spirito unitario. Se accettassimo la proposta dell’onorevole Abozzi, spezzeremmo l’unità dell’Isola, così poco popolata, in due circoscrizioni talmente piccole, di cui l’eguale non si trova che in altre due sole circoscrizioni: quella di Campobasso e quella di Potenza e Matera. Campobasso fa elettoralmente regione a sé; l’Assemblea lo ha riconosciuto, in attesa che il Parlamento la consacri in Regione; non fosse altro che per una considerazione geografica, è una Regione. Potenza e Matera costituiscono una piccola Regione anch’esse.

Con quale vantaggio dividere la nostra isola in due piccole Regioni, che non avrebbero nessun significato?

L’onorevole Abozzi ha portato come maggiore argomento la difficoltà delle comunicazioni. Ebbene, onorevole Abozzi, vada a cavallo qualche volta e conoscerà anche lei la vita della periferia agricola della Sardegna.

MANNIRONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANNIRONI. Sono anch’io perfettamente d’accordo con le considerazioni fatte dall’onorevole Lussu, il quale si è opposto alla proposta presentata dall’onorevole Abozzi.

La Commissione, nel ratificare quasi tutte le circoscrizioni in vigore al 2 giugno 1946, ha motivato questa sua decisione col dire che non aveva né il tempo, né il modo, né sufficienti elementi per addivenire alle modifiche di quelle circoscrizioni.

L’onorevole Abozzi vuole prendere per i capelli l’Assemblea e costringerla ad esaminare il caso specifico della circoscrizione sarda.

A me pare che l’Assemblea non abbia né il modo, né il tempo, né gli elementi per poter dare un giudizio sereno sulla opportunità di addivenire alla frantumazione della circoscrizione elettorale sarda.

Il fatto stesso che tra i pochi deputati sardi qui presenti vi è disparità di opinione ih proposito, è la miglior prova che l’argomento è molto controverso e richiede quindi un esame approfondito. Cosa che oggi è impossibile fare. Devo dire, ad ogni modo, che gli argomenti portati per giustificare la proposta, me ne dispiace, non possono essere convincenti. Il dire che la circoscrizione sarda è tanto vasta, che impedirebbe o intralcerebbe la propaganda ai candidati, è argomento che non può reggere, che non può considerarsi serio.

È opportuno tener presente che tutti i candidati sono messi su piede di eguaglianza, in Sardegna: non c’è privilegio per il candidato di un partito a danno di quello di altro partito. Ciascuno di essi fa la propaganda elettorale come meglio può e crede. Dappertutto si può andare o in treno o in auto o anche a cavallo. Forse non siamo solo i sardi a doverlo fare. Ma mi pare che l’argomento decisivo da tenere presente per la conservazione della unità della circoscrizione, sia dato non dalla vastità del territorio, ma dal criterio della popolazione. Quando considerate che in una superficie di 24 mila chilometri quadrati purtroppo vi è appena una popolazione di un milione e 200.000 abitanti, capite subito che tale popolazione di numero così modesto è perfettamente in grado di essere unita e di esprimere giudizi elettorali unitari, in quanto conosce benissimo tutti gli uomini politici della regione e quindi tutti i candidati, nonostante le difficoltà della propaganda. Gli abitanti della Sardegna sono perfettamente in grado di valutare con criterio unico la capacità dei singoli candidati che appartengono alle varie liste. D’altra parte, non si deve dimenticare che oggi contano, più che gli uomini, le idee, le quali non conoscono ostacoli. L’eccezione fatta per il Molise, come giustamente rilevava poco fa il collega Lussu, è veramente un’eccezione che conferma la regola. Credo che l’Assemblea voglia restare logicamente coerente alle decisioni già prese: decisioni che sono nel senso di conservare, per quanto è possibile, vaste le circoscrizioni elettorali, perché solo nella loro vastità opera esattamente la proporzionale. Se noi frantumassimo il collegio sardo, correremmo il rischio di non far operare esattamente il concetto, il criterio ed il principio della proporzionale, e frantumeremmo così, come pure rilevava esattamente l’onorevole Lussu testé, quello spirito unitario che la nostra regione ha invece sommo interesse a conservare, anche in una manifestazione politica quale è quella delle elezioni per il nuovo Parlamento.

ABOZZI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ABOZZI. Voglio soltanto fare una precisazione. Mi pare che l’onorevole Lussu abbia voluto fare un accenno a mie preferenze o per Cagliari o per Sassari, ed egli si è dichiarato superiore sia a Cagliari che a Sassari. Gliene do atto. Ma superiore a Cagliari ed a Sassari mi pretendo anch’io. Ho parlato unicamente per ragioni obiettive e non campanilistiche, che del tutto disdegno. Non solo, ma la mia proposta, portava come conseguenza per Cagliari un deputato di più.

Ripeto quel che ho detto poco fa: che l’integrità, la purezza e l’unità spirituale della Sardegna non possono essere rotte da una procedura. Se l’Assemblea accettasse il principio del collegio uninominale per il Senato, non per questo la integrità regionale sarebbe frantumata.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Sarò rapidissimo e dirò semplicemente, a sostegno della tesi dell’onorevole Abozzi, una circostanza di fatto, valutandola non secondo gli interessi, o le aspirazioni, o le suggestioni elettoralistiche dei singoli candidati, ma valutandola dall’unico punto di vista dal quale – secondo me – vanno valutate queste circoscrizioni elettorali, cioè dal punto di vista dell’elettore.

Il dato di fatto al quale mi riferisco – ed è essenziale – è questo: che la Sardegna ha un’estensione territoriale vasta quanto la Sicilia. Ora, è pensabile che in una estensione territoriale di questa vastità, in un’estensione territoriale che presenta le difficoltà ambientali alle quali giustamente l’onorevole Abozzi si è riferito, sia possibile parlare, non teoricamente, ma praticamente di collegio regionale, se si considera che il collegio regionale in tanto ha senso, in quanto si parta dal principio che con esso non si elida, non si rompa e non si distrugga quella relazione tra candidato ed elettore che forma l’essenza stessa della funzione elettorale? Se formiamo collegi elettorali regionali vasti, in modo che l’elettore sia completamente separato ed avulso dal candidato, che poi deve votare, noi formeremmo una circoscrizione a sfondo retorico ed astrattamente elettoralistico e scinderemmo quella relazione fra candidato ed elettore che, ripeto, costituisce l’essenza democratica della funzione elettorale. Tutte le altre considerazioni dell’unità regionale, dell’unità della Sardegna non debbono essere fatte. Io sono fedele alla sostanziale unità della mia terra ed al concetto dell’unità regionale, ma in questo caso io credo che si debba dare ai sardi delle singole provincie la facoltà di valutare e conoscere i singoli candidati, il che non sarà possibile, se sarà conservata la circoscrizione territoriale così come era proposta. Pertanto io dichiaro che voterò a favore dell’emendamento Abozzi.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Dichiaro che il nostro Gruppo voterà per la proposta della Commissione.

GIUA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUA. Devo dichiarare che le considerazioni del collega Abozzi rispetto ai caratteri etnici della provincia di Sassari, diversi da quelli della provincia di Cagliari, non rispondono alla realtà; per questo io mi meraviglio che sia stata proposta la scissione di una regione che ha caratteri unitari anche dal pulito di vista elettorale. Perciò dichiaro che voterò per la proposta della Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Ripeto anche per questo emendamento che la Commissione non accetta modifiche alle circoscrizioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Abozzi.

(Non è approvato).

Gli onorevoli Zerbi, Siles, Targetti, Giacchero, Lombardi Carlo, ed altri hanno proposto di sostituire la circoscrizione IV (Milano-Pavia) con le seguenti: «IV, Milano; IV-bis, Pavia».

L’onorevole Zerbi ha facoltà di svolgere questo emendamento.

ZERBI. La nostra proposta si raccomanda da sola, attraverso le cifre statistiche. Il collegio Milano-Pavia è dato con una popolazione di quasi 2.900.000 abitanti, in realtà la popolazione è notevolmente maggiore.

Sottolineo la grave differenza del peso demografico delle due provincie, perché mentre la provincia di Pavia rappresenta all’incirca un sesto del totale, gli altri cinque sesti sono rappresentati dalla città e dalla provincia di Milano.

La separazione è raccomandata direi, dall’euritmia del funzionamento del sistema elettorale, affinché non accada che la provincia di Pavia debba soccombere alla prevalenza numerica della provincia di Milano, qualora gli elettori di quest’ultima fossero indotti ad un largo uso della preferenza.

La distinzione del collegio unico in due collegi separati, di Milano e di Pavia, obbedisce, evidentemente, a quel criterio che ci ha guidato e che ci dovrebbe sempre guidare nella fissazione dei collegi, ossia al criterio di avvicinare, di affiatare il deputato con gli elettori.

La distinzione dell’unico collegio in due differenti collegi provinciali verrebbe anche a migliorare la dimensione di ciascuno, perché Pavia potrebbe avere da sei a sette quozienti e non sarebbe certo il più piccolo dei collegi d’Italia, perché supererebbe pur sempre a quello di Campobasso ed eguaglierebbe all’incirca quello di Potenza-Matera, mentre il nuovo collegio di Milano cesserebbe dall’avere l’ingentissimo numero attuale di ben 36 deputati.

Ripeto, sono tutti dati obiettivi che proponiamo alla vostra cortese considerazione ed è per questi dati obiettivi, e per la richiamata opportunità di affiatare sempre più l’eletto con l’elettore che noi caldeggiamo presso gli onorevoli colleghi l’accoglimento del nostro emendamento.

PISTOIA. In mezz’ora a piedi attraversiamo da un lato all’altro il collegio! (Commenti).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Zerbi e altri.

(Non è approvato).

Dobbiamo ora votare il secondo comma dell’articolo 2: «i collegi sono costituiti secondo le circoscrizioni stabilite nella tabella A allegata alla presente legge».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Desidero chiarire che la tabella A allegata indicata nell’articolo 2 del disegno di legge è quella della Commissione, con le correzioni che sono avvenute in seguito alle votazioni qui fatte.

PRESIDENTE. È evidente, onorevole Fuschini.

Pongo in votazione il secondo comma testé letto.

(È approvato – Si approva l’articolo 2).

Passiamo allora all’articolo 2-bis presentato dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge.

«Gli articoli 4, 5, 6 e 12 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, sono abrogati e sostituiti dalle disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, recante norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali».

GRILLI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI, Relatore per la minoranza. A me pare, onorevole Presidente – ma del resto sono remissivo – che l’emendamento da me proposto debba venire in discussione in questo momento, prima cioè dell’articolo 2-bis, in quanto l’articolo 2-bis è inteso ad emendare gli articoli 4, 5, 6 e 12, mentre il mio emendamento comincia con l’emendare l’articolo 3, che è naturalmente anteriore agli articoli 4, 5 e successivi.

È ben vero che il mio emendamento si compone di due parti, ma la prima riguarda l’abolizione del collegio unico nazionale, il quale è istituito dal terzo comma dell’articolo 3 della legge.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. L’onorevole Grilli propone che nell’articolo 3 della legge originaria che noi modifichiamo sia soppresso il terzo comma che parla del collegio unico nazionale. Ora, io faccio presente all’onorevole Grilli e all’Assemblea che questa questione del collegio unico nazionale per l’utilizzazione dei resti potrebbe essere fatta in una discussione unica, perché abbia un carattere organico. Da questa discussione deriveranno poi delle deliberazioni dell’Assemblea ed allora, in seguito a tali deliberazioni, si potranno coordinare gli articoli che si riferiscono al collegio unico nazionale.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Non ho alcuna difficoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. A proposito di questo articolo 2-bis, debbo far presente che bisogna aggiungere alle disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058 anche la nuova legge, di cui non conosciamo ancora il numero, che è stata approvata l’altro giorno, quella cioè relativa alla perdita del diritto all’elettorato attivo da parte dei capi responsabili del regime fascista.

PRESIDENTE. In sede di coordinamento si inserirà, onorevole Fuschini.

Pongo in votazione l’articolo 2-bis testé letto.

(È approvato).

Passiamo allora all’articolo 2-ter proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 7 è sostituito dal seguente:

«Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età entro il giorno delle elezioni, eccettuati i casi previsti dagli articoli 8, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui alla presente legge».

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Io vorrei che l’Assemblea si rendesse conto dell’esatta portata di questo articolo:

«Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età entro il giorno delle elezioni, eccettuati i casi previsti dagli articoli 8, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, con le modificazioni di cui alla presente legge».

Il qui citato articolo 8 stabilisce delle esclusioni dalla eleggibilità per ragioni politiche, per responsabilità fascista, esclusioni che vanno al di là di quelle che noi abbiamo approvato quando abbiamo votato l’ordine del giorno indicativo del valore del terzo comma della I disposizione transitoria da noi approvata in sede di elaborazione della Costituzione.

Quindi si presenta per noi la necessità di risolvere e di chiarire un’importante questione; se noi approvassimo questo articolo nel suo testo attuale, noi verremmo a stabilire una disposizione, per quel che riguarda l’articolo 8, contradittoria con l’ordine del giorno che noi abbiamo approvato in sede di discussione della Costituzione. Noi non possiamo permetterci il lusso, per la stima che dobbiamo avere di noi stessi, di approvare a cuor leggero una disposizione contradittoria con un’altra disposizione precedente da noi votata.

Di che cosa si tratta, onorevoli colleghi? Si tratta precisamente di questo. Voi sapete che in questa Assemblea noi abbiamo discusso lungamente sulle esclusioni dal diritto di voto per responsabilità fasciste. La discussione su queste esclusioni fu ad un certo punto troncata, perché dalla destra dell’Assemblea fu proposto che prima si esaminasse il terzo comma della I disposizione transitoria della Costituzione, nel quale si accennava ad esclusioni in via transitoria dal diritto di voto. E allora noi arrivammo all’approvazione di questa disposizione transitoria:

«In deroga all’articolo 45 sono stabilite con legge limitazioni temporanee all’eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista, per non oltre un quinquennio dalla data di entrata in vigore della Costituzione».

Ora è notevole questo fatto: che l’elaborazione di questa disposizione transitoria venne a sospendere la votazione su delle proposte presentate in occasione di una discussione che si svolgeva sull’esclusione dal diritto di voto, non sulle esclusioni dall’eleggibilità. Tanto è vero che molti colleghi – ed anche autorevoli colleghi della Democrazia cristiana (basterebbe citare l’onorevole Uberti) – i quali ritenevano troppo severe le esclusioni da noi proposte dal diritto di voto per responsabilità fasciste, erano d’accordo con noi perché, quando si parlasse dell’eleggibilità, si adottasse un criterio di maggiore severità. Una cosa ben diversa, infatti, è escludere una persona dal diritto di voto o escluderla dal diritto di essere rappresentante del popolo in questa Assemblea.

Ora noi, quando abbiamo approvata quella disposizione transitoria della Costituzione, abbiamo parlato di esclusioni dall’eleggibilità e dal diritto di voto insieme, facendo coincidere le due aree delle esclusioni; e perciò, nell’ordine del giorno esplicativo di questa disposizione transitoria, abbiamo elencato delle esclusioni che valgono tanto per il diritto di voto quanto per la eleggibilità.

Ora si deve superare questa contradizione di carattere formale. C’è qualcosa che deve essere sanato dall’Assemblea, nel senso che si deve aggiungere qualcosa a quell’ordine del giorno esplicativo del valore del terzo comma della prima disposizione transitoria; si deve cioè riconoscere che per quel che riguarda l’eleggibilità devono essere adottati criteri più severi di quelli che vivono per l’esclusione dal diritto di voto.

Mi pare una cosa molto chiara, e vorrei che i colleghi eminenti, che hanno una particolare competenza in materia costituzionale e legislativa, trovassero la formula adatta per votare una disposizione che risponda alle intenzioni che ci animavano quando abbiamo parlato di esclusioni dal diritto di voto; esclusioni che dovevano essere meno severe di quelle da adottarsi per l’eleggibilità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Il problema posto dall’onorevole Schiavetti deve essere preso in considerazione dall’Assemblea. La Commissione si è trovata in queste condizioni: da una parte ha riconosciuto la necessità di stabilire per la eleggibilità norme più severe di quelle stabilite per l’elettorato attivo; d’altra parte, in conseguenza di un ordine del giorno votato dall’Assemblea, essa non può applicare questo criterio. Allora la Commissione ha deciso di chiedere alla Assemblea se quell’ordine del giorno abbia valore vincolativo oppure soltanto indicativo, in modo che sia possibile alla Commissione di aggiungere qualche categoria a quelle indicate nell’ordine del giorno del 29 ottobre.

Allo stato attuale il problema è in questi termini: nella legge per l’elettorato attivo si sono stabilite norme di esclusione dal diritto di voto per determinate categorie. Quando si è discussa quella legge, si è anche affermato che per l’elettorato passivo si sarebbero adottate norme più severe, tanto più che nell’elettorato attivo si era largheggiato. Ora, l’attuazione di questo impegno è impedita dall’ordine del giorno votato dall’Assemblea. Perciò, allo stato delle cose, o si sopprime l’articolo 8, e rimane la contradizione per cui le norme che regolano l’elettorato attivo sono più severe di quelle dell’elettorato passivo, il che è irrazionale e illogico; oppure l’Assemblea dà all’ordine del giorno del 29 ottobre un valore indicativo, e autorizza la Commissione a completarlo; in tal caso ci riserviamo di portare le nostre proposte.

Il problema da decidere è: qual è il valore dell’ordine del giorno del 29 ottobre? Se quell’ordine del giorno dovesse avere valore vincolativo, rimarrebbe nella nostra legge elettorale questa contraddizione: le disposizioni per l’elettorato attivo sono più severe di quelle per rettorato passivo.

PRESIDENTE. Credo che sia opportuno, per chiarire questa questione, richiamare le varie deliberazioni prese dall’Assemblea in materia. Avendole sott’occhio sarà abbastanza facile risolvere la questione.

L’Assemblea ha approvato il 29 ottobre 1947 il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea afferma che le limitazioni di cui all’ultimo comma dell’articolo I delle disposizioni transitorie della Costituzione, sono da applicarsi a coloro che hanno ricoperto le seguenti cariche nel regime fascista ed in quello repubblicano sociale fascista ecc.».

Questa deliberazione è stata ripresa nel disegno di legge che l’Assemblea ha approvato l’11 dicembre 1947, sotto il titolo: «Norme per la limitazione temporanea delle disposizioni transitorie del diritto di voto ai capi responsabili del regime fascista».

La norma transitoria nel testo è risultata così formulata:

«In deroga all’articolo 45, sono stabilite con legge, non oltre un quinquennio dalla data dell’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

La norma transitoria parla quindi di limitazioni alla eleggibilità (diritto passivo) e al diritto di voto (diritto attivo), mentre poi la legge è stata redatta e votata solo nei confronti del diritto di voto.

Ma l’Assemblea aveva deciso invece che le limitazioni fossero apportate anche alla eleggibilità. Mi pare pertanto che il problema possa essere – allo stato dei fatti – risolto (dato che l’Assemblea ha già preso una decisione) richiamando quella elencazione dell’articolo 5 del decreto del novembre 1946, là dove si dice: «Non sono elettori» (e segue l’indicazione delle varie categorie), e aggiungendo all’ultima categoria colà indicata un’altra categoria, per stabilire che non sono elettori coloro i quali sono stati considerati nella legge approvata dall’Assemblea pochi giorni fa in applicazione della norma transitoria n. 2.

In questo modo l’Assemblea – mi pare – non soltanto fa luogo alla proposta dell’onorevole Schiavetti, ma applica anche concretamente quanto ha già deciso in sede di norma transitoria n. 2.

Questo ho detto a titolo di chiarimento.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io credo che noi siamo vincolati a quell’ordine del giorno del 29 ottobre nei limiti dell’elettorato attivo e penso che per l’elettorato passivo si debba essere un tantino più rigorosi di quanto non si sia stati per l’elettorato attivo. Perché possiamo ammettere per alcuni che – diciamo così – si dimentichi il passato e si conceda il diritto di voto, ma non credo che si possa fare analoga concessione per l’eventualità che questi taluni vengano alla Camera dei deputati.

Ecco perché ritengo che noi possiamo – senza creare nessuna contraddizione con le deliberazioni precedenti – mantenere intatta la proposta della Commissione, che conserva in piedi l’articolo 8 della legge precedente, anche se questo articolo è (come osservava l’onorevole Schiavetti) un po’ più duro nel trattamento di quanto non sia stato stabilito dall’Assemblea per l’elettorato passivo.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione accetta la proposta dell’onorevole Corbino, per cui rimane in vigore l’articolo 8 e si ritiene con ciò ammesso il criterio di dare maggiore estensione all’ordine del giorno 29 ottobre. Così la legge per l’elettorato passivo potrà attuare quel maggior rigore del quale parlava l’onorevole Corbino.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Con la proposta dell’onorevole Corbino e l’accettazione della medesima da parte della Commissione è risolta la questione pregiudiziale, per cui noi ammettiamo che si possano fare esclusioni dalla eleggibilità più larghe di quelle che sono consentite dall’ordine del giorno votato il 29 ottobre in tema di esplicazione del terzo comma della seconda disposizione transitoria.

Ma io credo che si debbano aggiungere a queste esclusioni dalla eleggibilità anche altre esclusioni, in modo da dare a questa nostra proposta un carattere di organicità. Io voglio ricordare ai colleghi che non sono chiaramente escluse dalla eleggibilità, allo stato attuale delle cose, delle categorie di responsabili del fascismo che noi potremmo rincontrare in quest’Aula. Credo che ha loro presenza in mezzo a noi rappresenterebbe una offesa ai nostri sentimenti. Questo si deve evitare.

Bisogna insomma che questa materia sia esaminata senza fare del cannibalismo, con criteri di organicità che rispondano a umanità e severità nello stesso tempo.

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, io non posseggo ancora nessuna formulazione precisa della sua proposta.

La prima cosa da fare, per orientarci, è che lei fissi per iscritto, in modo che possa essere oggetto di votazione, la sua idea.

SCHIAVETTI. Onorevole Presidente, v’è la questione pregiudiziale se possiamo fare o no emendamenti aggiuntivi all’ordine del giorno del 29 ottobre. Questa è la prima questione, alla quale l’onorevole Corbino si è mostrato favorevole. Poi si tratta di vedere quali sono le esclusioni in più che vogliamo fare.

PRESIDENTE. Suppongo che non sarà lei che avanzerà proposte di inammissibilità. Quindi non si crei degli ostacoli pregiudiziali. Se qualcuno li solleverà li esamineremo.

Per intanto richiamo la sua attenzione sopra l’articolo 2-ter della Commissione nel quale si dice: «Sono eleggibili a deputati gli elettori che abbiano compiuto ecc.» mentre nell’articolo 7 della legge 10 marzo 1946 si dice: «Sono eleggibili i cittadini ecc.».

Ora, non ho bisogno di sottolineare la notevole diversità esistente fra queste due dizioni: con la vecchia dizione non si poteva prendere in considerazione nessuna esclusione per la eleggibilità, neanche di coloro che erano stati esclusi dal diritto attivo.

Con la formulazione della Commissione sono intanto esclusi dal diritto di eleggibilità tutti coloro che hanno perduto anche il diritto attivo elettorale.

È una distinzione che occorre tenere presente.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione si riserva di portare all’Assemblea le proposte concrete per l’esclusione dal diritto di eleggibilità. In giornata la Commissione si riunirà e farà le sue proposte.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io rilevo che la proposta di escludere dal diritto di voto alcuni cittadini elettori, cioè di andare oltre i casi espressi da quella norma transitoria, che noi abbiamo approvato il 29 ottobre, non sia consentito, perché abbiamo un articolo della Costituzione che, credo, dobbiamo cominciare ad applicare, nel quale è sancito che sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che hanno compiuto i 25 anni di età entro il giorno delle elezioni.

Noi non possiamo escludere alcun elettore dalla eleggibilità.

PRESIDENTE. V’è la seconda disposizione transitoria che autorizza l’Assemblea a stabilire ineleggibilità particolari.

CONDORELLI. Ma non per ragioni politiche.

PRESIDENTE. Proprio per ragioni politiche. La seconda disposizione transitoria dice esattamente: «limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

CONDORELLI. Poi però segue l’elencazione…

PRESIDENTE. No, l’elencazione è stata fatta per l’ordine del giorno, che si riferisce soltanto al diritto elettorale attivo. Comunque, onorevole Condorelli, poiché il Presidente della Commissione ha chiesto di soprassedere a questa discussione, in attesa della formulazione di un testo, se mai prenderà la parola quando questo testo sarà presentato. Se non vi sono altre osservazioni, la discussione dell’articolo 2-ter resta sospesa.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 2-quater. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articola 9 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

  1. a) i deputati regionali o i consiglieri regionali;
  2. b) i presidenti delle deputazioni provinciali;
  3. c) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza;
  4. d) i capi di Gabinetto dei Ministri;
  5. e) l’Alto Commissario per la Sardegna, i prefetti o chi ne fa le veci, nella circoscrizione di loro competenza;
  6. f) i magistrati, eccetto quelli delle giurisdizioni superiori, i viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza nella circoscrizione di competenza di ciascuno di essi;
  7. g) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale.

«Le cause di ineleggibilità stabilite in questo articolo non hanno effetto, se le funzioni esercitate siano cessate almeno novanta giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali. Tale termine è stabilito, per la prima legislatura, in venti giorni dalla data di pubblicazione della presente legge».

PRESIDENTE. A questo articolo vi è il seguente emendamento dell’onorevole Bovetti:

«Sopprimere l’articolo 9 del decreto.

«Subordinatamente, sopprimere il comma b) dell’articolo 9 proposto dalla Commissione e, nel caso che neppure la subordinata fosse accolta, alle parole iniziali: Non sono eleggibili, sostituire le parole: Sono incompatibili, e sostituire il secondo comma con i seguenti:

«I motivi di incompatibilità saranno vagliati in sede di convalida da una Commissione designata dalla Camera dei deputati.

«Sono aboliti i motivi di ineleggibilità o di incompatibilità stabiliti in altre leggi».

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Brevissime considerazioni per illustrare questo mio emendamento. Anzitutto sono contrario, di massima, alla parola ineleggibilità, perché costituisce una remora ingiustificata alla volontà e alla libertà dell’elettore. Sono contrario in linea generale e sono contrario per la fattispecie indicata nell’articolo in discussione, e dichiaro subito che mi rendo interprete del voto unanime dell’unione delle province d’Italia, che considera come una mortificazione immeritata questa dichiarazione di ineleggibilità dei rappresentanti delle amministrazioni provinciali, ed ha considerato che, così stabilendo, la Commissione non avesse vagliato l’esatta posizione giuridica e amministrativa dei Presidenti delle Deputazioni provinciali. La figura del Presidente della Deputazione provinciale, quale è stata stabilita dalla recente legge amministrativa che però si richiama al vecchio testo unico delle amministrazioni comunali e provinciali, costituisce una figura sui generis, una figura eccezionale che assorbe in sé pro tempore le vecchie figure del Presidente del Consiglio provinciale e del Presidente della Deputazione provinciale. Ed ha ritenuto, l’unione delle province d’Italia, che non si potesse escludere dalla eleggibilità siffatta categoria di amministratori, anche per una considerazione elementare. Oggi non esiste in Italia una legge amministrativa; anzi siamo in attesa della redazione da parte della futura Assemblea del testo unico della legge comunale e provinciale. Noi non sappiamo come le province saranno dirette e regolate nel futuro organamento amministrativo; non sappiamo se saranno mantenuti i Consigli provinciali e le Deputazioni provinciali come nel vecchio testo unico.

Ora, affermare una esclusione verso una figura giuridica e amministrativa che non è ancora definita, ed è soltanto eccezionale e temporanea, sembra a noi una cosa ingiusta è illegale. Ma vi è di più: io non concepisco quale possa essere la non eleggibilità e incompatibilità di una carica in una amministrazione che non interferisce con gli interessi dello Stato, ma ha una voce purtroppo limitata e costituisce una collaborazione con lo Stato e in cui non si può ravvisare qualcosa che possa essere di ostacolo, di incompatibilità presente o futura.

In ogni caso v’è in questo articolo una affermazione che non esito a definire illogica ed assurda. Nell’ultimo capoverso dell’articolo è stabilito che tali amministratori dovrebbero dare le dimissioni dalle loro cariche, se hanno in pectore il desiderio o il proposito di portarsi candidati politici, entro venti giorni dalla pubblicazione della legge. Quindi praticamente entro il presente anno.

L’assurdo sta in questo: nessuno sa se sarà portato da un Comitato elettorale, da quel minimo di elettori che la legge prevede. Ora, voler obbligare una determinata categoria di persone a ritirarsi da una funzione amministrativa importantissima ed assillante, il mettere praticamente in crisi non poche amministrazioni provinciali, significa sconfinare nell’illogico e nell’assurdo.

Quindi la mia proposta è questa: che sia abolito in toto il criterio della non eleggibilità, specialmente per quanto si riferisce alla lettera b) dell’articolo in discussione.

Ove poi in subordinata ipotesi si dovesse addurre un criterio, che è quello che emerge dalla relazione della Commissione, perché la Commissione si preoccupa di questa ineleggibilità per evitare il cumulo delle cariche e di lasciare una maggiore latitudine di lavoro nel campo politico e amministrativo, chiedo: perché stabilire il criterio della non eleggibilità, e non ricorrere invece – come la legge elettorale francese e quella di altri Paesi – al criterio della incompatibilità? Mi pare che sia un criterio logico, che risponde alle necessità additate nella relazione della Commissione.

Questo criterio porterebbe all’ovvia conseguenza che il candidato eletto deputato, che contestualmente ha una carica amministrativa indicata nella lettera b) dell’articolo, potrà optare per l’una o per l’altra carica.

In caso di contestazione avremo il giudizio di convalida della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.

Ho ritenuto di aggiungere in calce al mio emendamento una proposizione che può apparire superflua, ma tale non è: se, per ipotesi, non fosse fatta parola di ineleggibilità o di incompatibilità in questa legge, non vorrei che rimanessero in vigore leggi diverse di quella elettorale politica, le quali stabilivano la ineleggibilità alle due cariche. Il testo unico della legge comunale e provinciale, non abolito, ma integrato dalle norme del 1944-1945, stabiliva la non eleggibilità per i sindaci delle grandi città e per i Presidenti delle amministrazioni provinciali. La situazione dei sindaci sarebbe stranissima. Il testo attuale non ne parla, ma rimane però in vigore una legge antica, la quale ha ancora efficacia giuridica, che stabilisce la loro non eleggibilità. Cosicché, oggi, non aggiungendo il comma da me proposto, si sarebbe sempre sotto la disposizione di quella vecchia legge.

Altra proposta: perché non lasciare queste incompatibilità alla futura legge amministrativa? Quella legge, allorquando si tratterà di creare i nuovi organismi provinciali, stabilirà le incompatibilità.

Mi permetto di insistere sul mio emendamento: in linea principalissima, per l’abolizione assoluta della non eleggibilità, per quanto ha tratto alla lettera b) (relativo alle amministrazioni provinciali); in ogni caso, perché sia dichiarata unicamente la incompatibilità, che mi pare risponda a principî amministrativi, giusti e democratici. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Persico, del seguente tenore:

«Alla fine della lettera a) aggiungere: ad eccezione per i deputati alla Costituente che rivestano anche la qualità di deputati regionali. Essi potranno porre la loro candidatura alla Camera dei deputati senza preventiva rinunzia alla qualità di deputati regionali. In caso di elezione alla Camera dei deputati, dovranno optare per la carica prescelta entro cinque giorni dalla convalida della loro elezione. In mancanza di tale opzione si farà luogo alla dichiarazione di decadenza per incompatibilità».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERSICO. La Costituzione nella parte già approvata, all’articolo 114 terzo comma ha fissato il principio generale che nessuno può essere contemporaneamente membro di un Consiglio regionale e di una delle Camere del Parlamento, o di altro Consiglio regionale. Stabilisce cioè il principio della incompatibilità tra le due cariche elettive. Stando a questo principio, quando la nuova Costituzione entrerà in vigore, i Consiglieri regionali, che siano anche deputati al Parlamento, dovranno optare per una delle due cariche.

Ora, può avvenire questo: che se approvassimo la ineleggibilità dei deputati e consiglieri regionali a deputati politici metteremmo alcuni nostri colleghi in una situazione di disagio, perché essi non potrebbero neppure porre la loro candidatura a deputati al Parlamento. Di modo che noi aggraveremmo la situazione che oggi deriva dalla norma dell’articolo 114 della nuova Costituzione, che crea soltanto una incompatibilità. Per sanare questa situazione, con una disposizione di carattere transitorio, che si applicherebbe, badate, solo a sette colleghi, di tutte le parti dell’Assemblea, i quali si trovano ad essere anche consiglieri regionali in Sicilia (l’unica Regione dove si sia proceduto all’elezione dei Consigli regionali), propongo che si renda possibile a questi nostri colleghi di poter presentare la loro candidatura alle future elezioni per la Camera, o per il Senato, mantenendo soltanto la norma statutaria dell’incompatibilità tra le due cariche, in modo che gli eletti potranno poi scegliere la carica che preferiranno. Queste in breve le ragioni che hanno ispirato il mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere alla lettera e) le seguenti parole:

«il Commissario dello Stato nella Regione siciliana».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Ritengo che si tratti di una omissione materiale, perché è ovvio che il Commissario non rientra fra i prefetti. Rinunzio pertanto a svolgere l’emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Gli onorevoli Condorelli, Covelli, Targetti, Amadei e Schiratti hanno proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere:

«e) i sindaci dei capoluoghi di provincia».

Vi è un altro emendamento identico che porta le firme degli onorevoli Mastrojanni, Miccolis, Venditti.

Prego i colleghi firmatari di quest’ultimo emendamento di considerarsi firmatari dell’emendamento che svolgerà lo onorevole Condorelli.

MASTROJANNI. Aderisco anche a nome degli altri colleghi.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Condorelli ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CONDORELLI. Credo che la proposta norma abbia bisogno di un ampio svolgimento, perché basta dare uno sguardo all’elenco di cui all’articolo 2-quater, per vedere come veramente l’esclusione dei sindaci da questo elenco non si possa attribuire altro che ad una svista, e se non è stata svista è certamente incoerenza. Infatti la ragione di ineleggibilità è precisamente dettata da una situazione di prevalenza che determinate persone, a causa della loro carica, avrebbero nel luogo dell’elezione.

Quando si includono in questo elenco i presidenti delle Deputazioni provinciali, i deputati o i consiglieri regionali, anzi direi vi si includono i magistrati che hanno giurisdizione nell’ambito del territorio in cui dovrebbero essere eletti e si omette il sindaco, mi pare che l’incongruenza sia palese. O si fa giustizia di tutte queste ineleggibilità, o in capite all’elenco bisogna aggiungere i sindaci.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Arcangeli, Tozzi Condivi, Siles, Gasparotto, Firrao, Corbino, Priolo, Angelucci, Fabbri, Codacci Pisanelli, Selvaggi, Condorelli, Bettiol, Caronia, Persico, Pera, Coccia, Bovetti, Monterisi, Zerbi, Tonello, Venditti, Bozzi, Rivera, Paratore, Castelli Avolio, Colonnetti, Bordon, Romita, Veroni, Rubilli e Carpano Maglioli, hanno proposto di sopprimere la lettera b), in cui sono dichiarati ineleggibili i presidenti delle Deputazioni provinciali. L’onorevole Bovetti ha già svolto una proposta analoga, per modo che l’emendamento può considerarsi svolto.

Prego l’onorevole Scoccimarro, Presidente della Commissione, di esprimere il parere della Commissione in merito a queste proposte.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione non ha ancora avuto modo di esaminare questi emendamenti. Essa ha bisogno di riunirsi per portare il proprio giudizio all’Assemblea. Chiedo pertanto il rinvio dell’articolo 2-quater.

PRESIDENTE. Comprendo la esigenza della Commissione e perciò vorrei che i membri dell’Assemblea facessero conoscere i loro emendamenti in tempo debito.

Se non vi sono osservazioni anche questo articolo è rinviato.

(Così rimane stabilito).

Passiamo quindi all’articolo 2-quinquies. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Non sono eleggibili:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazione o per autorizzazioni amministrative. L’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità e importano contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali e particolari protettive del pubblico interesse alle quali i suddetti vincoli, le concessioni, i contratti o le autorizzazioni sono preordinati;

2°) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;

3°) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle società e imprese di cui al n. 2°».

PRESIDENTE. Su questo articolo è stato presentato un primo emendamento a firma degli onorevoli Bovetti e Firrao, così formulato:

«Alle parole: Non sono eleggibili, sostituire: Sono incompatibili».

«Aggiungere, in fine, i commi seguenti:

«I motivi di incompatibilità saranno, in sede di convalida, vagliati da una Commissione designata dalla Camera dei deputati.

«Sono aboliti i motivi di ineleggibilità e di incompatibilità stabiliti in altre leggi».

L’onorevole Bovetti ha facoltà di svolgerlo.

BOVETTI. Mi richiamo a quanto ho già esposto per l’articolo precedente. A me pare che questo articolo contempli una dizione non perfettamente chiara, ossia una casistica che non è precisa e che pone domani il candidato nel dubbio di chiedersi se rientri o meno in queste categorie di esclusione dalle elezioni. Allora è meglio stabilire il concetto della non compatibilità, e per avere delle garanzie future è meglio che la questione possa deferirsi alla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il n. 1 col seguente:

1°) coloro che in proprio o in qualità di amministratori di società o di imprese private risultino vincolati collo Stato per concessioni o per contratti di opere o per contratti di somministrazioni, oppure per autorizzazioni amministrative di rilevante entità che importino contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse alle quali l’autorizzazione sia sottoposta».

Ha facoltà di svolgerlo.

GRILLI, Relatore per la minoranza. L’articolo 11 della legge prevedeva i casi di ineleggibilità dipendente da concessioni, da contratti di opere e da contratti di somministrazione. Era in questo simile all’antica legge del 1877, che poi si trasferì nella legge del 1895 e successivamente in quella del 1912 per trasfondersi finalmente nell’articolo 11 della legge del 1946.

Siccome era avvenuto che qualche concessionario aveva sostenuto di non trovarsi nelle condizioni della ineleggibilità perché, anziché di una concessione, diceva di essere beneficiario di un’autorizzazione amministrativa, per eliminare eventuali questioni simili nell’avvenire, la Commissione pensava di aggiungere anche le autorizzazioni amministrative in questo articolo 11.

Senonché, siccome di queste autorizzazioni amministrative ve ne sono di gravi e di quelle che non hanno nessuna importanza, si pensava di preoccuparci soltanto di quelle che avessero una rilevante entità o che, comunque, impegnassero il concessionario all’adempimento di obblighi specifici.

Questa fu la proposta che ebbi l’onore di presentare alla Commissione. La Commissione ha creduto di modificarla in questo senso: che quelle condizioni dell’entità rilevante e dell’obbligo di adempimenti specifici ecc. debbono riferirsi anche ai concessionari di qualsiasi concessione, e ai contraenti per contratti di opere e di somministrazioni.

In questo non sono d’accordo con la Commissione perché, anzitutto, quando si tratta di contratti di opere e somministrazioni, non v’è dubbio che vi possa essere il pericolo di un conflitto d’interessi con lo Stato, perché indubbiamente colui che ha un contratto di opere o di somministrazioni con lo Stato ha un contratto bilaterale per cui se da una parte ottiene, dall’altra s’impegna di dare; e il pericolo di conflitto è indiscutibile.

Lo stesso si può dire per le concessioni. È vero che vi possono essere delle concessioni di valore assolutamente irrilevante, o che non hanno portata economica come per esempio la concessione di cittadinanza, ma non v’è il pericolo che queste concessioni costituiscano un caso di ineleggibilità per il concessionario, per la semplice ragione che queste concessioni non creano vincoli del privato con lo Stato e si esauriscono nell’atto stesso della concessione. Ora, siccome all’articolo 11 v’è la premessa: «Coloro che siano vincolati con lo Stato per concessioni ecc.», quando la concessione non porta vincoli del privato non v’è pericolo che si possano determinare conflitti d’interesse.

Per le autorizzazioni, invece, la cosa è diversa. L’autorizzazione si distingue dalla concessione, perché mentre questa costituisce e crea un diritto ex novo nel privato, l’autorizzazione non crea alcun diritto ex novo, si limita soltanto a togliere un ostacolo affinché il diritto preesistente del privato possa essere esercitato.

Ecco perché, dunque, l’autorizzazione si presta meno della concessione a determinare eventuali conflitti di interessi tra il privato e lo Stato.

Ed allora si è detto: autorizzazioni, ma di rilevante entità, oppure autorizzazioni che importino l’adempimento di specifici obblighi da parte del privato, perché in questo caso si viene ad avere un vero e proprio contratto bilaterale tra il privato e lo Stato.

Ma quando la Commissione estende queste condizioni anche alle concessioni ed ai contratti di opere e di somministrazioni, invece di rendere più severo l’articolo 11 (e noi questo volevamo) lo rende più benevolo, meno severo.

Ecco perché insisto nel mio emendamento, che pone la condizione dell’entità rilevante e degli obblighi specifici assunti dal privato soltanto all’autorizzazione e non già alla concessione o ai contratti di opere e di somministrazioni.

PRESIDENTE. L’onorevole Costantini ha proposto di sopprimere le parole: «sono di rilevante entità».

Ha facoltà di svolgere la sua proposta.

COSTANTINI. Considero, onorevoli colleghi, l’espressione contenuta nell’articolo che stiamo esaminando, che cioè «l’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità», come un’espressione equivoca, in quanto può essere causa, nell’interpretazione, di diversità di giudizi e può quindi consentire delle applicazioni difformi del concetto del legislatore che noi dobbiamo precisare.

Noi abbiamo avuto esperienze recenti in ordine ad altre disposizioni, che ora non vale ricordare, a proposito di «atti rilevanti». Sappiamo quanto sia risultato difficile, in sede giurisprudenziale, lo stabilire quando concorresse o meno l’estremo degli atti rilevanti. Propongo quindi la soppressione del suddetto inciso affinché tutti i rapporti di interesse con lo Stato siano causa di ineleggibilità. (Commenti).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Riccio e Schiratti hanno presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: rappresentanti, amministratori, sostituire le altre: rappresentanti legali».

L’onorevole Riccio ha facoltà di svolgerlo.

RICCIO. Rinuncio a svolgerlo, pur mantenendolo.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Carboni Enrico ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: contratti di opere, sostituire le altre: contratti di appalto.».

Ha facoltà di svolgerlo.

CARBONI ENRICO. Brevissimamente, onorevole Presidente. Trovo che la mia dizione è più precisa perché noi oggi, nella nostra legislazione, non parliamo di contratti di opere, ma conosciamo il contratto di locazione di opera che è il contratto di appalto e conosciamo il contratto di locazione di opere che è il contratto di lavoro.

Mi pare quindi che la dizione usata nell’articolo di cui si propone la modifica sia una dizione non precisa in confronto alla nostra dottrina e in confronto alla nostra legislazione.

Trovo poi anche molto strano che alla fine dell’articolo si dica che l’ineleggibilità ha luogo quando i vincoli di cui avanti sono di rilevante entità e importano contrattualmente l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme generali e particolari: lo trovo strano, dicevo, perché non esiste alcuna concessione o alcuna autorizzazione che non importi l’osservanza di norme generali o particolari.

Mi pare quindi che questa parte debba esser tolta e rivolgo in tal senso una preghiera alla Commissione.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Di Fausto, Condorelli, Perrone Capano e Selvaggi hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Alle parole: non sono eleggibili, sostituire: sono incompatibili con la carica di deputato.

«Alla fine, aggiungere: La Giunta delle elezioni, quando abbia ritenuta la incompatibilità, invita il deputato ad assentarsi dalle sedute e gli assegna un termine perché possa optare per la carica di deputato o conversare i rapporti che lo rendono «incompatibile».

«Trascorso detto termine, se la incompatibilità non è cessata, la Giunta delle elezioni propone alla Camera la decadenza».

L’onorevole Di Fausto non è presente, e così pure gli altri firmatari.

FIRRAO. Faccio miei gli emendamenti, ma rinunzio a svolgerli.

PRESIDENTE. Sta bene.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo che siano rimessi gli emendamenti alla Commissione perché li possa esaminare. È evidente che noi non possiamo rispondere immediatamente ad emendamenti di questo valore e di questa portata.

PRESIDENTE. Sta bene. Rendo noto all’Assemblea che mi sono pervenuti molti altri emendamenti. (Commenti). La Commissione ha perfettamente ragione.

Occorre, però, che noi stabiliamo un modo di procedere che consenta ai colleghi di presentare emendamenti, alla Commissione di esporre il suo parere e poi all’Assemblea di votare.

Penso pertanto che procederemo così: svolgeremo gli emendamenti ai vari articoli; la Commissione riferirà nel pomeriggio su quelli che abbiamo esaminato fino a questo momento. Dopo che la Commissione avrà espresso il suo parere, si passerà senz’altro alla votazione. Pregherei i colleghi di non volersi valere del diritto delle dichiarazioni di voto, le quali, come è evidente, non rappresentano che nuovi interventi a favore o contro le proposte già esaminate.

Pertanto, onorevoli colleghi, passiamo all’esame dell’articolo successivo.

Si dia lettura dell’articolo 3.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 13 è sostituito dal seguente:

«I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri».

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Lo stesso decreto fissa il giorno della prima riunione della Camera, nei limiti dell’articolo 59 della Costituzione».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Lo mantengo, ma rinunzio a svolgerlo.

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 3-bis. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo comma dell’articolo 15 è sostituito dal seguente:

«Le liste dei candidati per il Collegio unico nazionale devono essere presentate da non meno di venti delegati effettivi di liste aventi lo stesso contrassegno che assumerà la lista per il Collegio unico nazionale.

«Il terzo comma è soppresso».

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato il seguente emendamento a firma degli onorevoli Lucifero e Condorelli:

«Nessuno può essere candidato al collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale. Nessuno può essere eletto nel collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevole Presidente, questo articolo come pure i successivi 3-ter e 3-quater sono collegati col collegio unico nazionale.

Proporrei di fare una unica discussione a parte.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, convengo che sia bene riservare ad una unica discussione tutto ciò che si riferisce al collegio unico nazionale. Pertanto, rinviamo l’esame degli articoli 3-bis, 3-ter, 3-quater.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 4, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’ultimo comma dell’articolo 27 modificato dall’articolo 20 del decreto legislativo 23 aprile 1946, n. 219, è sostituito dal seguente:

«Al presidente dell’ufficio elettorale è corrisposto dal Comune, nel quale l’ufficio ha sede, un onorario giornaliero di lire 2000 al lordo delle ritenute di legge, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado V dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato. Ai funzionari statali di grado superiore al V spetta, se dovuto, il trattamento di missione inerente al grado rivestito».

Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 5, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il primo e l’ultimo comma dell’articolo 28 sono sostituiti dai seguenti:

«Fra il quindicesimo e l’ottavo giorno precedenti le elezioni, in pubblica adunanza, preannunziata due giorni prima con manifesto affisso nell’albo pretorio del Comune, la commissione elettorale comunale, sentiti i rappresentanti di lista, se già designati, procede alla nomina degli scrutatori tra gli elettori del Comune che siano idonei alle funzioni di scrutatori, esclusi sempre i candidati. Qualora la nomina non sia fatta ad unanimità, ciascun membro della commissione voterà per due nomi e si proclameranno eletti coloro che avranno ottenuto un maggior numero di voti. A parità di voti sarà proclamato eletto l’anziano di età.

«A ciascuno degli scrutatori il Comune, nel quale ha sede l’ufficio elettorale, deve corrispondere l’onorario giornaliero di lire 1500 al lordo delle ritenute di legge, oltre al trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado VII dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato. Ai funzionari statali di grado superiore al VII spetta, se dovuto, il trattamento di missione inerente al grado rivestito».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il penultimo comma dell’articolo 29 è sostituito dal seguente:

«Al segretario è corrisposto, dal Comune in cui ha sede l’ufficio elettorale, l’onorario giornaliero di lire 1800, al lordo delle ritenute di legge, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura corrispondente a quella che spetta ai funzionari di grado VII dei ruoli dell’Amministrazione dello Stato».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7, identico nel testo del Governo e in quello della Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 40 è sostituito dal seguente:

«Il presidente, gli scrutatori, i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio, nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico votano, previa esibizione del certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro Comune. I candidati possono votare in una qualsiasi delle sezioni della circoscrizione dove sono proposti, presentando il certificato elettorale.

«Gli elettori di cui al comma precedente sono iscritti, a cura del presidente, in calce alla lista della sezione e di essi è presa nota nel verbale».

PRESIDENTE. L’onorevole Stampacchia ha presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere le parole: nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico».

Ha facoltà di svolgerlo.

STAMPACCHIA. Non mi pare che sia giustificata l’introduzione della categoria di cui nell’emendamento. Per tutti coloro – militari delle forze armate ed appartenenti a corpi militarmente organizzati – che si trovano fuori della circoscrizione o del Comune in cui sono iscritti elettori, provvede la legge, ma per quelli che restano in servizio nella giornata delle elezioni nel Comune in cui sono elettori (e si sa che il servizio non dura 24 ore continuative) non v’è ragione di questa disposizione. Ciò perché tale concessione può far nascere dei sospetti, dei dubbi circa la possibilità che si facciano delle «pastette» a mezzo degli agenti della forza pubblica.

Ritengo quindi che, avendo la legge disposto già che coloro che si trovano fuori dal proprio Comune possano votare in quello ove sono addetti, la nuova disposizione sia superflua ed ingiustificata.

UBERTI. E allora gli toglie il voto!

STAMPACCHIA. Non togliamo loro il voto, perché questi militari ed agenti non staranno per tutte le 24 ore addetti al servizio di ordine pubblico (è risaputo perché ciò è nel regolamento) e quindi non si trovano, non sono – col proposto emendamento – messi nella impossibilità di votare.

Noi vogliamo che, se mai occorresse, essi abbiano il permesso, dalle loro autorità, dai superiori loro, di raggiungere la sezione a cui sono iscritti per esercitare così il diritto di voto. Quindi non pensiamo affatto di sopprimere il diritto di voto a nessun cittadino, ma vogliamo che la disposizione non si presti e dia luogo a dubbi o ad equivoci su quella che dev’essere l’attività di militari ed agenti presso le sezioni cui sono addetti per la tutela dell’ordine pubblico. Infatti non è – dirò così – prudente che al tempo stesso e nello stesso luogo siano insieme elettori e tutori dell’ordine.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La disposizione dell’articolo 40, che dichiara che «i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio, nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico votano, previa esibizione del certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro comune», mi pare sia una disposizione che rispecchi una necessità sempre riconosciuta, e anche nella precedente legge del 1946; e credo che anche questa Assemblea voglia approvare che questi agenti, specialmente se sono in servizio fuori della sede del Comune di loro iscrizione, abbiano la possibilità di esprimere il loro voto.

Non credo che ciò possa creare alcun turbamento e alcun pericolo di disordine elettorale perché il certificato che dovranno esibire comprova la loro iscrizione e il luogo dove sono iscritti. E siccome il seggio dove voteranno dovrà prendere speciale nota dei votanti che non sono iscritti nella lista della sezione, si potrà sempre verificare se questi agenti abbiano votato in più sezioni (Interruzione del deputato Stampacchia).

All’onorevole Stampacchia osservo che non si deve dimenticare che quando un elettore si presenta a votare deve esibire al seggio il certificato col suo tagliando. Quando l’elettore ha votato gli viene dal seggio restituito il certificato senza il tagliando, per cui l’elettore non ha più la possibilità di volare in altre sezioni elettorali. Il pericolo che si possano fare votazioni irregolari mi pare in tal modo eliminato. Se non erro la Giunta delle elezioni non ha infatti dovuto esaminare reclami per voti effettuati con certificati già utilizzati.

Non credo poi che l’onorevole Stampacchia voglia togliere agli agenti della forza pubblica la possibilità di votare nel modo indicato nell’articolo 40.

Per queste ragioni la Commissione non ha ritenuto di apportare alcun emendamento alla proposta del Ministro in quanto la ritiene adeguata alle necessità elettorali.

PRESIDENTE. Invito il Governo ad esprimere il proprio parere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi associo alla Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 7. Voteremo per divisione, dato che v’è la proposta dell’onorevole Stampacchia di sopprimerne una parte.

Pongo in votazione la prima parte:

«L’articolo 40 è sostituito dal seguente:

«Il presidente, gli scrutatori, i rappresentanti delle liste dei candidati e il segretario del seggio».

(È approvata).

Pongo in votazione le seguenti parole delle quali l’onorevole Stampacchia propone la soppressione, non accettata dal Governo né dalla Commissione:

«nonché gli ufficiali e gli agenti della forza pubblica in servizio di ordine pubblico».

(Sono approvate).

Pongo in votazione la restante parte dell’articolo:

«votano, previa esibizione dei certificato elettorale, nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio, anche se siano iscritti come elettori in altre sezioni o in altro Comune. I candidati possono votare in una qualsiasi delle sezioni della circoscrizione dove sono proposti, presentando il certificato elettorale.

«Gli elettori di cui al comma precedente sono iscritti, a cura del presidente, in calce alla lista della sezione e di essi è presa nota nel verbale».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 7-bis proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La prima parte del terzo comma dell’articolo 41 è soppressa».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7-ter proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI. Segretario, legge:

 

«La prima parte del secondo comma dell’articolo 44 è sostituita dalla seguente:

«L’elettore deve recarsi ad uno degli appositi tavoli e, senza che sia avvicinato da alcuno, votare tracciando sulla scheda, con la matita, un segno sul contrassegno corrispondente alla lista da lui prescelta o comunque sul rettangolo che lo contiene.

«(Il resto identico, dalle parole: Con la stessa matita, ecc.)».

PRESIDENTE. Anche a questo articolo non sono stati presentati emendamenti.

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7-quater, proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’articolo 48 è sostituito dal seguente:

«La votazione deve proseguire fino alle ore ventidue. Tuttavia gli elettori che siano ancora nei locali del seggio sono ammessi a votare».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Segue un emendamento sostitutivo del sesto comma dell’articolo 45 del decreto del 1946, proposto dall’onorevole Rescigno, del seguente tenore:

«Il sesto comma dell’articolo 45 è sostituito dal seguente:

«Sono vietati altri segni o indicazioni, ad eccezione dei titoli che legittimamente competono ai candidati».

Ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Questo emendamento mira ad eliminare un grave inconveniente verificatosi nelle ultime elezioni per l’Assemblea Costituente.

L’articolo 45, al terzo comma, sancisce che «il voto di preferenza si esprime scrivendo con la matita copiativa, nelle apposite righe tracciate nella parte centrale della scheda, il nome e cognome, o il solo cognome dei candidati preferiti, compresi nella lista votata». Evidentemente questa disposizione vuole essere, nel suo spirito, una disposizione di larghezza verso l’elettore, cioè vuole dire all’elettore: basterà che tu indichi il solo cognome del candidato. Viceversa per molti seggi elettorali è diventata una disposizione restrittiva nel senso che questi seggi hanno ritenuto che accanto al cognome non si potesse indicare neanche un titolo legittimamente posseduto dal candidato, un titolo accademico, per esempio, di avvocato o di professore, e sono state annullate molte schede che accanto al cognome del candidato recavano questo titolo legittimo.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Hanno fatto bene!

RESCIGNO. Hanno fatto malissimo, tanto è vero che la Giunta delle elezioni ha ritenuto perfettamente esatto questo concetto che io sto esprimendo, ed invero alcune schede che erano state contestate e che recavano alcuni titoli accademici, quando questi titoli accademici sono risultati effettivamente posseduti dal candidato, sono state ritenute valide.

D’altra parte, il divieto di indicazione quale finalità ha? Quella di non far scoprire chi sia l’elettore. Ora io non comprendo come, indicandosi il titolo del candidato, questa indicazione possa scoprire l’elettore. Non vedo nessunissima ragione per la quale si possa vietare l’indicazione dei titoli dei candidati. Questa è la ragione del mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Devo ricordare all’Assemblea che in sede di discussione del disegno di legge davanti alla Consulta Nazionale la questione sollevata dall’onorevole Rescigno fu lungamente dibattuta. Le aggiunte al cognome del candidato si prestano – quando sono organizzate – facilmente a riconoscere il voto, che deve essere tutelato nella sua segretezza. Non si deve dire che la disposizione dell’articolo 45 è monca perché non ha ammesso i titoli accademici o i titoli nobiliari o quelli onorifici. Si è ritenuto che questi titoli di varia natura potevano prestarsi facilmente a controllare il voto di singoli o di determinati gruppi di elettori; e si è voluto perciò tutelare la segretezza del voto.

Quindi, sono vietati altri segni e indicazioni. È stabilito tassativamente nella legge.

Una voce. E il numero?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Il cognome o il numero. Quando il cognome può prestarsi ad equivoci e cioè vi siano candidati che abbiano lo stesso cognome bisogna aggiungere, se si scrive il cognome, il nome. E allora è evidente che limitandoci semplicemente a queste possibilità e non permettendo in nessuna maniera altri segni o altre indicazioni che pure spettino al candidato, eviteremo sicuramente che la segretezza del voto possa essere offesa fino al controllo del voto stesso.

Per queste ragioni la disposizione dell’articolo 45 fu dettata allora; e per queste ragioni ritengo che l’Assemblea non possa oggi accettare l’emendamento Rescigno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Rescigno, testé letto, non accettato dalla Commissione.

(Non è approvato).

Passiamo all’articolo 8, identico nei testi del Governo e della Commissione, per il quale non vi sono proposte di emendamento. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Al sesto comma dell’articolo 56 le parole: e in cui sono elencati separatamente gli elettori che hanno votato e quelli che non hanno votato, sono sostituite dalle seguenti: e in cui sono elencati gli elettori che non hanno votato».

«All’ottavo comma le parole: l’estratto viene immediatamente rimesso al sindaco, sono sostituite dalle seguenti: l’estratto è trasmesso, non oltre il sessantesimo giorno successivo a quello della votazione, al sindaco».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il seguito di questa discussione è rinviato al pomeriggio alle 16.

Sui lavori dell’Assemblea.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Si profila la eventualità di tenere seduta domani; sarebbe bene che questa eventualità fosse discussa immediatamente, in modo che ciascuno si possa regolare.

PRESIDENTE. L’onorevole Laconi, richiamandosi a quanto detto ieri sera, fa presente che, se per ipotesi l’Assemblea entrasse nell’ordine di idee di tenere seduta domani, sarebbe bene decidere immediatamente, in modo che i deputati possano predisporre le cose loro.

La seduta domenicale sarebbe necessaria ove si entrasse nell’ordine di idee di esaminare, quanto meno, uno stralcio del disegno di legge sulla stampa.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Abbiamo presentato il progetto di legge sulla stampa, emendato dalla Commissione, ed abbiamo fatto cenno del progetto di stralcio proposto dall’onorevole Andreotti. Questo progetto di stralcio, al quale la Commissione vorrebbe aggiungere almeno un articolo, relativo al sequestro, importa la possibilità di una discussione non brevissima. Sono 13 articoli, su alcuni dei quali sorgeranno discussioni. D’altra parte, è evidente il diritto di ciascun deputato di riproporre in via di emendamento gli articoli pretermessi, come emendamenti aggiuntivi al progetto di stralcio. È evidente che, se si fosse costretti a esaminare con grande rapidità la legge sulla stampa, bisognerebbe proporre un altro tipo di stralcio, possibilmente limitando la leggina provvisoria a un articolo solo, che abroghi il decreto vigente, per cui i giornali non possono essere pubblicati senza l’autorizzazione del prefetto. Ma questo stato, direi quasi, di necessità non si è ancora determinato. Non siamo ancora al punto di dover considerare se si deve esaminare nel tempo più breve, forse in due o tre ore soltanto, uno stralcio della legge sulla stampa che proponga e risolva una sola questione, per quanto importantissima.

Ritengo che l’Assemblea non possa oggi decidere per uno stralcio da esaminare domani.

Propongo che non si inizi domani la discussione sulla legge della stampa e faccio presente che, anche affrettando al massimo i nostri lavori – come è giusto – non dobbiamo illuderci troppo sulla nostre possibilità concrete.

Vi è per aria la sensazione che il rimpasto ministeriale è cosa ormai fatta. Che il Governo faccia o non faccia delle dichiarazioni è cosa che non si sa; se non le farà, sarà l’Assemblea a domandarle. Ed allora una discussione sulle comunicazioni non sarà evitata. Quindi alcune delle leggi dovranno essere esaminate in gennaio. Per esempio: il coordinamento degli statuti siciliano e sardo. Non è possibile pensare diversamente. Se questo avverrà, anche la legge sulla stampa potrà essere discussa con calma. Se questo non avverrà, potremo esaminare a tempo debito la opportunità dello stralcio, di cui parlavo. Ma è intempestivo voler far questo domani.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Desidero prendere la parola in appoggio all’opinione dell’onorevole Cevolotto, e vorrei portare a sostegno di essa due argomenti. Prima di tutto, penso che, nonostante tutti gli sforzi che ci proponiamo di fare, è certo che la o le sedute di domani saranno sedute poco frequentate. Sarà presente soltanto una percentuale dei colleghi, appena al limite del numero legale se le cose andranno bene. Vogliamo trattare in questo modo un problema così delicato e importante qual è quello della legge sulla stampa? Mi pare che non sia il caso, perché questo problema va trattato in sedute in cui sia presente il maggiore numero possibile di deputati, il che domani certamente non avverrà.

In secondo luogo, mi associo all’osservazione dell’onorevole Cevolotto, secondo la quale la questione che oggi sta davanti a noi non è tanto quella del termine del 31 dicembre, quanto quella del termine delle elezioni. Una volta fissato il termine delle elezioni avremo settanta giorni di preparazione elettorale che non partiranno probabilmente dal 31 dicembre. Disporremo cioè oltre questa data di un margine di una o due settimane, per cui non ci sarà nulla di straordinario se in quel periodo discuteremo la legge sulla stampa e qualche altro progetto di legge.

Per questi motivi ritengo non utile tenere seduta domani.

PRESIDENTE. Bisogna risolvere la questione di merito. Non so se sia bene porla in questi termini. Il problema invece è un altro: si terrà seduta domani se si vuole discutere la legge sulla stampa; se non si discuterà la legge sulla stampa, nel suo complesso o nello stralcio che se ne potesse fare, non terremo la seduta domenica. Questa è la questione sulla quale chiedo ai colleghi di decidere.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Non mi pare che la questione si possa porre in questi termini, perché così pregiudichiamo l’eventuale accettazione delle proposte presentate dall’onorevole Togliatti e dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti e l’onorevole Cevolotto hanno fatto non proposte ma solo considerazioni.

LACONI. Io voglio dire che se si pone il problema in questi termini, se l’Assemblea debba o non debba esaminare la legge sulla stampa, mi pare che si voglia giudicare di una cosa troppo grave. Noi ora dobbiamo decidere semplicemente se vi sia o no seduta domani, con l’ordine del giorno che sarà stabilito.

PRESIDENTE. Sarà perché la questione non è stata posta bene, e ricordo che è stata lei stessa a porla, ma tutti sappiamo – perché è stato detto e scritto persino in certi giornali – che una eventuale seduta di domani sarà dedicata soltanto all’esame della legge sulla stampa. Se ora poniamo la questione di tenere o no seduta, nel caso in cui passasse l’affermativa, significherebbe che la seduta di domani è dedicata soltanto a quell’ordine del giorno. Non v’è possibilità di equivoco.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Volevo osservare che votare contro la seduta di domani non significa, evidentemente, che non si voglia discutere più tardi la legge sulla stampa; e questo ritengo sia il pensiero della Presidenza.

PRESIDENTE. È chiaro: la decisione è che, se si tiene seduta, l’argomento all’ordine del giorno non può essere che quello.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Mi pare che la questione essenziale, che precede tutte le altre, sia quella cui ha accennato l’onorevole Togliatti, vale a dire se siamo decisi a tenere alcune sedute nel mese di gennaio. (Commenti al centro). Infatti faccio osservare che la legge sulla stampa non è tale da poter essere discussa così frettolosamente.

PRESIDENTE. Se lei è di questo avviso presenti una proposta di proroga. Lei, e tutti i colleghi, tengano presente la questione per decidere sul voto che daranno; ma in questo momento non possiamo discutere dell’argomento.

GAVINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAVINA. Propongo che domani non si tenga seduta.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è stato chiesto di risolvere senz’altro la questione se domani si debba o no tenere seduta. L’onorevole Laconi ha posto questo problema.

Ora, l’onorevole Gavina ha proposto che non si tenga seduta. Il quesito però deve essere posto positivamente, onorevole Gavina; e pertanto pongo in votazione la proposta positiva che domani si tenga seduta.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

La seduta termina alle 13.15.