Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXXIX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI VENERDÌ 12 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Nitti

Canevari

Cappi

Tonello

Nobile

Perrone Capano

Labriola

Targetti

Mortati

Giannini

Condorelli

Lussu

Per un incidente a piazza Montecitorio:

Spano

Nenni

Presidente

Grassi

Moscatelli

Montagnana Mario

Cianca

Benedettini

Bernamonti

Togni

Nomina di una Commissione:

Presidente

La seduta comincia alle 11.

MATTEI TERESA, Segretaria, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Bertone.

(È concesso).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Sono rimaste da esaminare soltanto due norme transitorie: la sesta e la nona. In relazione alla formazione del primo Senato della Repubblica sono stati presentati i seguenti emendamenti aggiuntivi:

1°) «Per la prima composizione del Senato il Presidente della Repubblica può nominare con suo decreto i deputati al Parlamento che fecero parte della Consulta Nazionale e che con la 27a ebbero tre o più legislature e vennero dichiarati decaduti nella seduta del 9 novembre 1926.

«Canevari, Longhena, Treves, Canepa, Caporali, Fietta».

2°) «Per la prima composizione del Senato il Presidente della Repubblica può nominare con suo decreto senatori i deputati della 27a legislatura dichiarati decaduti nella seduta del 9 novembre 1926 o che esercitarono la funzione di oppositori nell’Aula, i quali fecero parte della Consulta nazionale.

«Tonello, Alberti, Cicerone, De Martino, Martino Gaetano, Caroleo, Cassiani, Basile, Belotti».

3°) «Sono altresì senatori di diritto nella prima formazione del Senato della Repubblica gli ex-deputati con due legislature che hanno fatto parte della Consulta e gli ex-deputati che fecero parte dell’opposizione nell’Aula nella 27a legislatura e che hanno fatto parte della Consulta.

«Cifaldi, Perrone Capano, Bardini».

4°) Per la prima formazione del Senato sono nominati senatori di diritto con decreto del Capo dello Stato i deputati dell’Assemblea Costituente che, avendo il requisito dell’età, furono durante il periodo della dominazione nazi-fascista condannati per anti-fascismo alla pena della reclusione per la durata non inferiore a dieci anni, oppure sfuggirono alla fucilazione che per rappresaglia avrebbero dovuto subire.

«Mastrojanni, Maffioli, Rodinò Mario, Di Fausto, Marinaro, Perugi, Colitto».

5°) «Alla norma transitoria approvata il 6 dicembre 1947 aggiungere: e chi non poté essere dichiarato decaduto perché, avendo il diritto di essere proclamato deputato, come successivamente gli fu riconosciuto, non fu arbitrariamente proclamato dalla Giunta perché dichiaratamente e notoriamente avverso al fascismo.

«Martino Gaetano, La Rocca, Corbino, Cifaldi, Cortese, Colitto».

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Vi sono richieste per rendere fin dalla nascita numeroso, infermo e idropico il Senato. Si vogliono ora introdurre ottanta e più nuovi senatori proposti dall’Assemblea Costituente.

Per la nostra rispettabilità e per la rispettabilità dell’Assemblea, io chiedo che queste nuove domande non vadano prese in considerazione.

Io sono il responsabile della esistenza del Senato sulla base del collegio uninominale e della forma che rivestirà. Io pensai che costituendosi un nuovo Senato per la prima volta in Italia di pura forma democratica, fosse bene conservare, nell’antica istituzione, uomini, in piccolissimo numero, che avessero una certa esperienza parlamentare e maturità di giudizio. Io proposi che per la novissima Camera che si andava a costituire e che aveva compito così grave, vi fossero persone che rappresentassero il passaggio fra il vecchio e il nuovo, e avessero una sufficiente esperienza parlamentare da poter giovare alla solidità del nuovo istituto parlamentare. Parlai di un piccolo numero e parlai di persone che avessero sufficiente esperienza. Dovevano avere cinque legislature, oltre quella per la Costituente. I senatori che io proposi non erano la turba che ora ci minaccia. Erano persone che rappresentavano tutti i partiti, da Orlando a Maffi (io non guardavo ai partiti) e che avevano esperienza.

Erano quindici senatori che dovevano entrare, con cinque legislature oltre la Costituente. Poi morì Modigliani ed allora erano rimasti quattordici. Poi, come tutto in questo periodo di esagerazioni si dilata nel bene e nel male e più nel male, man mano sono venute proposte nuove, che coloro i quali dovevano entrare nel nuovo Senato, quale che fosse la loro anzianità, fossero passati per la Assemblea Costituente; prima di tutto perché così si poteva essere sicuri che non avevano origine incerta e che non erano in ogni caso legati al fascismo o a tradizioni reazionarie pericolose. E così si è andati mano mano allargando il numero dei futuri senatori e siamo giunti al punto che si è discesi da cinque legislature – al di fuori della Costituente, come io volevo – a tre legislature compresa la Costituente. Il numero come vedete è stato enormemente esagerato, troppi senatori!

Comunque, i proposti erano passati attraverso il filtro della Costituente, avendo un minimo di anzianità, e davano una garanzia, sia pure con tre legislature, compresa la Costituente, di sufficiente pratica parlamentare. Ma i desideri e le richieste sono aumentati per via. Ed il giorno stesso che noi procedevamo a questo lavoro di selezione le di limitazione, sono venute altre proposte: si doveva allargare, si dovevano comprendere altre categorie. Su questo si è discusso ed infine si è arrivati ad una formula che ha potuto conciliare, sia pure con un rilevante numero di senatori, le varie aspirazioni. Sono dovute rimaner ferme alcune disposizioni necessarie, tra cui il requisito di essere passati attraverso la Costituente, ciò che garantiva per tutti, se non completamente, almeno in grandissima parte, l’origine. Quindi vi doveva essere stata per ognuno una elezione popolare: la Costituente. Poi vi doveva essere una anzianità relativa, prelegislativa. Sono continuate e sono venute subito altre proposte. Si è parlato di coloro che non hanno appartenuto alla Costituente, ma che hanno un passato tale per cui era sufficiente garanzia, come succedaneo, la Consulta. Si è passati così ad altre categorie di aspiranti. Ma poi si è dovuto mettere un limite a ogni nuova richiesta. A proposito della proposta candidatura di Rossi Paolo, è venuta cioè davanti all’Assemblea la questione se si potessero nominare persone che non appartengano alla Costituente o che perfino non avevano appartenuto alla Consulta. Si è parlato di succedanei: requisiti di anzianità, di merito ecc. È stato necessario mettere una barriera.

L’onorevole Targetti da parte sua e l’onorevole Togliatti poi, hanno fatto delle precise dichiarazioni. L’onorevole Targetti, a nome credo del suo Partito, ha detto che l’Assemblea ha esagerato la nomina di senatori di diritto, dopo aver ricordato che il Senato deve essere eletto dal popolo e si è opposto all’allargamento.

L’onorevole Togliatti ha espresso la sua opinione in forma precisa, dichiarando che il suo gruppo avrebbe votato contro l’eccezione alla regola del suffragio diretto. Questa eccezione è, secondo lui, ammissibile solo per coloro che hanno preso parte all’Assemblea costituente, in quanto si è già ottenuto un riconoscimento popolare dopo il fascismo. Queste sono oramai le regole a cui ci dobbiamo attenere.

Viceversa le proposte nuove si sono andate sempre allargando. Ora ci troviamo di fronte alla proposta di circa ottanta nuovi senatori (Commenti). Sì, sono proprio in questo numero, perché per una sola categoria vi sono circa quaranta proposte di senatori.

Ora, qui si tratta di una produzione invereconda e in blocco di nuovi senatori, che non sono stati filtrati da nessun suffragio popolare, che non hanno appartenuto alla Costituente, che vengono da ogni parte e sotto diverse forme.

Una voce a sinistra. Non è serio proporre questo!

NITTI. Perché tutto questo? Perché questa dilatazione? Che cosa diventerà l’Assemblea, quale garanzia presenterà davanti al pubblico, come giustificheremo queste invereconde nomine? Già si parla di selezioni individuali fra i candidati: il tale che non ha potuto entrare in tempo in una certa categoria; il tal altro che non ha potuto usufruire di un certo diritto limitato nel tempo, ecc. ecc. Tutte cose non serie, che ci diminuiscono: si è passati dalle norme del diritto pubblico alla trattativa privata.

Ora queste forme di trattativa privata darebbero per noi il più completo discredito e non vogliamo nemmeno discuterle.

Io dunque non credo che alcun’altra nomina deve essere fatta al di fuori di quelle per le quali abbiamo assunto impegno. Basta.

Ci troviamo di fronte a un ordine del giorno dilatatorio ed elefantiaco, il quale, non si sa perché, si dovrebbe firmare. Se accordiamo una sola eccezione si può essere sicuri che altri desideri verranno e altre richieste vi saranno.

Io quindi pongo una questione pregiudiziale: non è dato a noi il diritto di nominare a caso i senatori, a nostra volontà e piacimento, no.

Voi sapete che io ho diritto di parlare, perché sono l’autore della formula dei senatori che entrano al Senato non per suffragio popolare, ma per il loro passato. Io sono sempre, voi lo sapete, per ogni severità di costume politico e li avevo limitati a 14 o 15. Poi non per mia volontà divennero numero assai più grande. Non è da me proporre mai larghezza di abitudini.

Come volete che il Senato, che deve essere la più solenne Assemblea e la più severa, possa essere rispettato, se non ha continenza e perfino il numero può essere variato a caso ed arbitrio?

Vi è poi una situazione di diritto che è al disopra di noi. Noi non abbiamo proceduralmente il diritto di fare alcuna modificazione. Abbiamo determinato e stabilito i criteri da adottare: abbiamo detto in quali categorie e in quali limiti. Noi non abbiamo il diritto di riaprire una questione già votata: non possiamo tornare su un nostro voto precedente. Ciò che è fatto è oramai definitivo.

Io quindi faccio una questione pregiudiziale: l’Assemblea non può, dal momento che ha già deliberato, riprendere la questione, diminuendo anche la serietà della nostra deliberazione.

Noi non abbiamo il diritto di mutare le nostre disposizioni come bozze di stampa: oggi un numero, domani un altro, fra tre giorni un altro ancora. Sarebbe una commedia di cattivo genere.

Io vi prego, onorevoli signori e colleghi, di non esitare e di non avere colpevoli indulgenze. Ritengo che il Presidente non dovrebbe né meno – se mi consente l’affermazione severa – mettere ai voti la proposta che appare negli ordini del giorno. Si tratta di abolire ciò che solo pochi giorni fa è stato fatto. E noi non possiamo, a pochi giorni di distanza – a parte ogni altra considerazione – fare questi mutamenti improvvisi, senza diminuire la nostra dignità, la nostra serietà.

Quindi credo che, proceduralmente, il Presidente, se mi consente una preghiera, non deve mettere né meno in votazione queste proposte, perché sono contrarie alle nostre precedenti deliberazioni e non possono avere altro risultato che diminuire la serietà dell’Assemblea. (Applausi a sinistra e al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, abbiamo dunque una pregiudiziale sollevata dall’onorevole Nitti alla presa in considerazione di queste ulteriori cinque proposte di ammissione al primo Senato della Repubblica. Sopra questa proposta pregiudiziale possono parlare due deputati contro e un deputato ancora per sostenerla.

CANEVARI. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANEVARI. Dichiaro di ritirare la mia proposta. Io avevo presentato quell’articolo aggiuntivo proprio per le ragioni qui esposte dall’onorevole Nitti. Egli aveva presentato infatti la proposta a questa Assemblea che fossero nominati per decreto senatori vitalizi coloro che avevano avuto cinque legislature; ma noi abbiamo invece prese delle deliberazioni per le quali deputati che ebbero non cinque legislature, ma soltanto tre, due e, in taluni casi, anche una sola legislatura hanno il diritto di essere nominati, per decreto del Capo dello Stato, senatori nella prima legislatura.

E così alcuni deputati i quali ebbero quattro o cinque legislature, che furono cacciati da quest’Aula nel 1926, che fecero parte della Consulta nazionale, non hanno il diritto di entrare nel Senato in relazione alla deliberazione che noi abbiamo assunto. È un’incongruenza; noi abbiamo incluso i senatori, nominati dalla monarchia, ma ammessi nella Consulta perché si riconobbe la loro condotta antifascista. Ebbene, lo stesso provvedimento noi non abbiamo adottato per i deputati antifascisti, cacciati dal fascismo, che si trovarono nelle medesime condizioni di essere stati ammessi nella Consulta Nazionale, come i predetti senatori.

Io ritiro pertanto la mia proposta; e poiché mi trovo dinanzi, come ho detto, ad una incongruenza, ad una ingiustizia che non può essere misconosciuta, appunto per le stesse ragioni esposte or ora dall’onorevole Nitti, mi riservo di sottoporla al Comitato di coordinamento e alla Commissione dei Settantacinque. E quando l’Assemblea si troverà di fronte ad una nuova proposta della Commissione che avesse ripreso in esame la questione, io credo che non avrà difficoltà a ritornare sulle proprie decisioni per giungere ad una riparazione doverosa verso i più anziani, verso coloro che hanno ben meritato del Paese in momenti così difficili.

E credo che tale proposta troverà consenziente – almeno me lo auguro – anche lo stesso onorevole Nitti. (Approvazioni).

CAPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPI. A titolo personale dichiaro che non condivido l’opinione dell’onorevole Nitti che in via assoluta debba esservi una preclusione alla nostra Assemblea di riesaminare una questione già decisa. Tuttavia io voterò a favore della pregiudiziale, in quanto ritengo che già troppo grave ferita con le nostre deliberazioni abbiamo arrecato al principio solennemente sancito nella Costituzione – principio sostanziale e non formale – della elettività del Senato. (Applausi).

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Onorevoli colleghi, io non discuto dal lato giuridico la giustezza della pregiudiziale sollevata dall’onorevole Nitti. Può anche, in linea astratta, essere giusta, questa pregiudiziale. Gli è che io – che sono tra i compresi nell’infornata ultima, e potrei anche tacere, contento nel mio egoismo – sento il bisogno dell’animo mio, in questo momento, di parlare, perché quella specie di ammissione al laticlavio che è venuta a me, la vedo negata ad uomini di alto valore, per le modalità che hanno accompagnato questa nomina.

Bisognava forse prima vagliare cioè le proposte dei colleghi che si compiacquero di farle a vantaggio nostro, per non giungere a delle esclusioni che sono dolorose, onorevoli colleghi. Potrei fare dei nomi nobilissimi e altissimi. Io ricordo che prima del fascismo c’era qui dentro un lottatore nobilissimo, tenace, un uomo che ha illustrato anche il Paese col suo pensiero e coi suoi scritti: Lombardo Pellegrino. Ebbene, quest’uomo che ha due legislature, che appartenne alla Consulta, quest’uomo è stato escluso. Così pure Nicola Lombardo… E poi mi è odioso fare dei nomi, perché potrei dimenticare altri che hanno meriti e che, pur non essendo in quest’Aula, hanno continuato la santa battaglia per avere un’Italia libera.

Sentite: potevate essere rigidi assertori della eleggibilità del Senato; benissimo, ma allora non dovevate fare nessuna eccezione; dovevate cancellare allora tutte le ammissioni, perché sareste stati logici. Ma non eravate logico voi, onorevole Nitti, quando veniste a proporci prima i 4-5-6 senatori a vita, e poi anche altri per meriti. O si applica una legge nella sua rigidità; e allora nessuno può lagnarsi (Approvazioni al centro); ma quando si torna al pensiero aulico delle nomine regie, sostituendo quasi il Presidente al re, allora abbiamo diritto anche noi di vedere fin dove si può giungere e come si è giunti a questo punto. Io credo che possiamo, per questa prima legislatura del futuro Senato, aggiungere anche quei pochi nomi che sono stati trascurati.

E lo domando io, che faccio parte dei nuovi senatori. Preferirei che si abolisse tutto quello che si è fatto piuttosto che degli uomini nobili ed onesti rimanessero fuori! (Applausi – Commenti).

NOBILE. Chiedo di parlare contro la pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Onorevoli colleghi, l’onorevole Nitti ha proposto in sostanza che l’Assemblea non ritorni sulle sue votazioni precedenti. Contro questo io parlo, perché le proposte che vengono oggi presentate all’Assemblea sono una conseguenza diretta delle ultime votazioni che, secondo me, non hanno alcuna base giuridica. L’Assemblea non poteva da se stessa eleggere a membri del Senato alcuni suoi membri! Ciò esorbitava dai suoi poteri. La conseguenza di quell’errore la scontiamo oggi, e la scontiamo con queste altre proposte, le quali da alcuni colleghi ci vengono presentate anche con buone argomentazioni.

Io sostengo questo: la votazione fatta a scrutinio segreto il 6 dicembre diede una maggioranza di soli diciannove voti. Ora, come risulta dal resoconto sommario, gli interessati alla questione che presero parte a quella votazione furono molto più di quaranta. Essi avrebbero dovuto astenersi, perché non si nominassero da se stessi senatori. Ma ciò non fecero: per conseguenza, quella votazione è nulla; essa non rappresentava il pensiero dell’Assemblea!

Propongo quindi che l’Assemblea ritorni sulla votazione ed annulli tutte le nomine fatte. (Commenti).

PERRONE CAPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, io in sostanza concordo con le dichiarazioni fatte dall’onorevole Nitti e dall’onorevole Cappi, ma trovo che l’argomento addotto dall’onorevole Tonello abbia ragione di quelle affermazioni.

Il principio elettivo adottato per il Senato non doveva essere violato affatto, ma, una volta violato, mi sembra non sia giusto che se ne determinino delle conseguenze profondamente diverse. (Commenti).

Onorevoli colleghi, a me pare – ad esempio – che non sia giusto porre su un piano differente il titolo che deriva dall’aver fatto parte del cosiddetto Aventino e quello che derivi dall’avere esercitata l’opposizione in Aula; e quando il titolo di oppositore nell’Aula sia stato riconosciuto e riconsacrato con l’elezione degli oppositori a componenti della Consulta, credo che ciò debba essere ritenuto sufficiente perché si faccia pel Senato un identico trattamento agli uni e agli altri.

La Consulta – non dobbiamo dimenticarlo! – non è stata, è vero, eletta dal popolo, ma costituita in base ad alcune considerazioni e titoli che hanno rappresentato per i designati la consacrazione ufficiale del loro antifascismo attivo ed operante.

Io credo quindi che debba essere respinta la pregiudiziale, onde dar modo all’Assemblea di compiere un atto di giustizia nei confronti di tutti coloro i quali in realtà, dopo essere stati eletti deputati, hanno ripetutamente compiuta opera di antifascismo, solennemente consacrata, dopo la caduta del fascismo con la loro elezione a componenti della Consulta.

PRESIDENTE. Vi è, dunque, la pregiudiziale dell’onorevole Nitti di non passare all’esame delle nuove proposte presentate per l’ammissione di diritto nel primo Senato della Repubblica, di alcune categorie di cittadini.

LABRIOLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LABRIOLA. Io fui assente quando venne proposto d’introdurre nel Senato alcuni deputati che avevano determinate qualità. Non so in che maniera avrei risoluto il mio caso di coscienza se fossi stato presente, ma non sono stato presente, e quindi non sono fra quelli che, interessati alla questione, possono aver votato favorevolmente.

Oggi che la pregiudiziale dell’onorevole Nitti è stata intesa in un senso particolare, dichiaro di astenermi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la pregiudiziale proposta dall’onorevole Nitti.

(È approvata).

TOSATO. C’è ora la proposta fatta dall’onorevole Nobile.

PRESIDENTE. Pregherei, data l’importanza di tale proposta, l’onorevole Nobile di formularla in modo preciso, così che possa essere presentata formalmente all’Assemblea.

Passiamo all’esame della VI norma transitoria di cui era stato rinviato l’esame:

«Si applica all’Assemblea Costituente la disposizione del secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione».

Il secondo comma dell’articolo 58 dice, come i colleghi sanno, che i poteri delle Camere sono prorogati sino alla riunione delle nuove Camere.

L’onorevole Targetti, ha presentato il seguente emendamento alla VI norma transitoria:

«In applicazione della norma di cui al secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione, i poteri dell’Assemblea Costituente sono prorogati dalla data del 31 dicembre 1947 di cui alla legge costituzionale 17 giugno 1947, n. 2, sino al giorno della elezione delle nuove Camere.

«In tale periodo tutte le Commissioni permanenti restano in carica. Quelle legislative rinviano al Governo con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti i disegni di legge loro trasmessi.

«I deputati possono presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

«L’Assemblea Costituente può, in tale periodo, essere convocata in via straordinaria dal suo Presidente su richiesta o del Governo o di almeno duecento deputati».

Targetti.

Ha facoltà di svolgerlo.

TARGETTI. Onorevoli colleghi, in un primo tempo noi avevamo presentato un emendamento molto più conciso, col quale si proponeva di aggiungere alla norma contenuta nel testo del progetto di Costituzione anche l’applicazione dell’articolo 59, che, come l’Assemblea sa, stabilisce le modalità e quindi indica i casi di convocazione straordinaria delle due Camere. Abbiamo poi ritenuto opportuno presentare un emendamento più particolareggiato di cui il nostro egregio Presidente ha dato lettura, per meglio indicare le modalità con le quali potrà svolgersi la facoltà che la Costituzione deve attribuire anche all’Assemblea Costituente. I colleghi ricordano il tenore, la portata, il significato dell’articolo 58 che questa Assemblea ha approvato, si può dire, con voto unanime, giacché a proposito di quest’articolo non si manifestò alcun contrasto. Non posso affermare che l’approvazione avvenisse a voto unanime, ma si potrebbe affermarlo senza timore di dire cosa inesatta perché, ripeto, nessuno ebbe a fare obiezioni in proposito.

L’articolo non provocò né critiche, né riserve. D’altra parte, la sua portata innovatrice non può sfuggire a nessuno. Tutti sanno che per il passato, dal momento in cui, o per morte naturale, cioè per il compimento del decorso stabilito dalla legge, o per morte che si potrebbe dire violenta, cioè in seguito ad un decreto di scioglimento, la Camera dei deputati veniva a cessare da quel momento, fino a quello nel quale la nuova Camera (allora si parlava di una Camera sola, perché soltanto la Camera dei deputati era elettiva) non fosse stata eletta, vi era un periodo nel quale il potere esecutivo restava sottratto ad ogni controllo ed un potere legislativo non esisteva più. Risorgeva soltanto col nascere della nuova Camera. Contro questo sistema, per gli inconvenienti, i pericoli che presentava, si era pronunziata una corrente notevole nel campo della dottrina. Ed in questo senso, anche nel campo legislativo, ci fu tra noi, se ricordo bene – confesso non già di non aver avuto ma di non aver trovato il tempo di accertarlo – ci fu, anche fra noi, dopo la prima grande guerra, qualche iniziativa parlamentare.

Sia così o sia diversamente, sta il fatto anche più significativo, che in alcune Costituzioni moderne è stato esplicitamente stabilito il principio della proroga dei poteri delle Assemblee elettive anche dopo il decorso del termine naturale della loro durata, anche dopo il loro scioglimento.

L’articolo 58 è chiaro: i poteri delle Camere sono prorogati. Fu detto nel testo dell’articolo «fino alla costituzione delle nuove Assemblee». In sede di coordinamento si dovrà dire: «fino al giorno delle elezioni», perché altrimenti vi sarebbe un periodo, sia pur breve, nel quale – Dio ci salvi da questo pericolo – il numero dei deputati e dei senatori sarebbe il doppio di quello stabilito dalla Costituzione. Avremmo due Camere dei deputati e due Senati. Se invece si dirà «fino al giorno delle elezioni» questo inconveniente sarà evitato.

Onorevoli colleghi, mi dovete scusare se mi dilungo su questo punto. Mi sembra una necessità. Il principio che abbiamo stabilito con parere unanime è dunque questo: che non deve esistere nessuna soluzione di continuità fra la Camera che muore e la Camera che nasce. Badate, l’articolo 58 parla di poteri e non di determinati poteri. E quando si dice che i poteri di un’Assemblea sono prorogati, sarebbe un imprestare al legislatore una volontà che non ha avuta, attribuirgli l’intenzione di una limitazione di poteri, che, se l’avesse avuta, l’avrebbe manifestata specificando i poteri per i quali stabiliva la proroga. La frase generica «i poteri dell’Assemblea» è la più comprensiva che si poteva immaginare. Comprende tutto, non esclude nulla. Significa che tutti i poteri delle Camere sono prorogati fino all’elezione delle Camere nuove. Questo stabilisce la nostra Costituzione, per le future Assemblee legislative. In relazione a questa disposizione la norma transitoria di cui oggi siamo chiamati a discutere, applica il principio della proroga dei poteri anche all’Assemblea Costituente. Mi sembra che questa proposta sia tanto logica, che si dovrebbe dire illogica l’eventuale mancanza di una proposta del genere. Se la nostra Assemblea Costituente è venuta in quest’ordine di idee, se ha riconosciuto la necessità di evitare questa carenza del potere legislativo, e di mantenere la facoltà di controllo anche nel periodo di intervallo tra le vecchie e le nuove Camere, non per la stessa ragione, ma a maggior ragione, questa norma non poteva essere non estesa anche alla Costituente. Quindi, noi affermiamo la necessità di approvare questa che non è una proposta nostra, una proposta di un partito di opposizione, ma una proposta della Commissione dei Settantacinque in cui erano rappresentati tutti i partiti. D’altra parte, perché non ci siano incertezze sopra le modalità dell’esercizio di questa proroga dei poteri, nella particolare situazione della Costituente, abbiamo nel nostro emendamento indicato specificatamente alcuni punti. Noi diciamo: le Commissioni permanenti permangono; le Commissioni legislative permangono. Ma poiché, come l’Assemblea sa bene, le Commissioni legislative hanno tali facoltà che quando una Commissione ritenga che un disegno di legge debba essere portato al Parlamento, il Governo ha l’obbligo di uniformarsi a questo parere, abbiamo ritenuto opportuno limitare questi poteri, pensando anche che si debba con altra disposizione limitare il periodo di tempo nel quale questa disposizione avrà da valere. Badate, onorevoli colleghi, l’Assemblea non avrebbe nessun obbligo né necessità alcuna di venire a questa limitazione. L’Assemblea potrebbe dire: «Si prorogano i poteri come sono». Noi abbiamo invece inteso di limitarli per rendere più largo il consenso verso la nostra proposta. Limitarli in questo senso: che, mentre fino allo scioglimento della Costituente il parere delle Commissioni legislative ha carattere di parere vincolativo, cioè che su deliberazione della Commissione il Governo non può esimersi dal portare al Parlamento il suo disegno di legge, noi diciamo invece che in questo periodo intervallare le Commissioni devono rimandare al Governo i disegni di legge con le loro proposte e coi loro emendamenti; da parere vincolativo il loro diventa un parere consultivo.

Noi siamo convinti che questo sia quanto di meno si possa richiedere come attribuzione di facoltà alle Commissioni stesse.

Infine, abbiamo incluso la facoltà dei deputati di presentare interrogazioni, chiedendo la risposta scritta.

Non siamo ingenui, al punto da non riconoscere la portata, molto modesta di questo diritto. Ma in realtà è sempre un diritto al quale corrisponde un dovere che sarà adempiuto più o meno bene, secondo lo scrupolo e la sensibilità politica del Ministro interrogato, che non potrà, certo, rimandare la risposta a dopo le elezioni, cioè a quando, forse, non sarà più Ministro, senza esporsi alle critiche più severe dell’opinione pubblica.

Infine, non sarebbe una grande astuzia, ma una vera ingenuità passar sopra, fingendo di ignorarlo, nasconderci, quello che può essere il punto di maggiore dissenso, cioè il modo di convocazione dell’Assemblea, in questo periodo.

Noi avevamo, in un primo tempo, cioè nella prima dizione del nostro emendamento, richiamato senz’altro l’articolo 59. Orbene ricordo ai colleghi che l’articolo 59 stabilisce che basta la richiesta di un terzo dei componenti di ciascuna Camera, cioè della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica (lo ricordo in special modo ai presentatori della richiesta della metà più uno dei componenti dell’Assemblea), per ottenerne la convocazione. Ma noi, non per eccessiva arrendevolezza, ma per obbedire sempre a quello che ci sembra un onesto ed anche doveroso proposito, di cercare, finché possibile, un punto di accordo e di intesa, per evitare quello che riteniamo in materia costituzionale essere un danno e per chi vince e per chi perde, il vedere cioè una norma approvata a maggioranza di pochi voti, proprio per questo convincimento e questo scopo veniamo incontro ai proponenti la metà più uno, dicendo: rinunziamo alla richiesta di un terzo e chiediamo un minimo di 200 deputati, pur essendo persuasi che il terzo, fissato dall’articolo 59, non meriterebbe di essere elevato.

Onorevoli colleghi, io non voglio allungare la discussione, e per questo mi astengo da tutto quello che potrebbe essere utile addurre a sostegno della nostra tesi, limitandomi a quanto ritengo strettamente necessario non dimenticare. Ora, chiunque voglia stabilire il numero minimo di richiedenti, necessario per ottenere la convocazione dell’Assemblea non può, se vuol dare un giudizio sereno, prescindere dalla presente situazione parlamentare, giacché è di quest’Assemblea che si parla.

Quando voi, onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, riconoscete l’Assemblea Costituente e le volete dare la facoltà di autoconvocarsi (la convocazione, è utile dirlo subito, avverrà sempre da parte del Presidente dell’Assemblea Costituente), ma dite che per ottenerne la convocazione occorre la richiesta della metà, o della metà più uno dei componenti dell’Assemblea stessa, diciamo la verità onorevoli colleghi, voi concedete una facoltà che non potrà mai esser esercitata. Voi mi insegnate che questa facoltà è una facoltà stabilita a difesa dei diritti delle minoranze: questo è il motivo – e non occorrono molte parole per dimostrarlo – che ha ispirato una simile norma transitoria, come ha inspirato quella dell’articolo 59. Se però voi subordinate l’esercizio di questo diritto ad una condizione, che le minoranze non saranno mai in grado di rispettare e di assolvere allora tanto varrebbe, con maggior franchezza e sincerità, dire: tutto sta bene, fuori che la convocazione dell’Assemblea. (Commenti al centro).

Se si vuole ammettere questo diritto di convocarsi, bisogna assicurare la possibilità di ottenere la convocazione; sento il collega Grilli dire che anche duecento deputati sono troppi. Io accetto ben volentieri questo rilievo, poiché costituisce una conferma della modestia, della timidezza delle nostre richieste. Se non abbiamo, nella speranza di guadagnare alla nostra proposta consensi più larghi, insistito sul terzo, è stato per evitare l’obiezione che, con l’accordo di due Gruppi dell’Assemblea, il nostro è quello comunista, e con l’adesione di qualche altro deputato di altro partito (ce ne vorrebbe sempre almeno una ventina), sarebbe raggiunto il numero sufficiente per ottenere la convocazione dell’Assemblea. Ed abbiamo proposto di portare il minimo a duecento. E forse abbiamo esagerato. Elevarlo ancora ci sembrerebbe chiudere gli occhi dinanzi alla realtà. Senza uscire dal tema, senza toccare un argomento un po’ scottante, mi limito a ricordare che in quest’Assemblea, la maggioranza che è costituita dal partito dominante, la Democrazia cristiana, e dai rappresentanti di altri partiti minori, sta per allargarsi.

Si sta parlando da tanto tempo di un rimpasto ministeriale. Non entro nel merito, ma osservo che per dichiarazione dello stesso onorevole De Gasperi i rappresentanti del Partito socialista dei lavoratori italiani sarebbero lì lì per concludere l’accordo e, pensando all’antica immagine della diligenza ministeriale, modernizzandola col sostituire alla diligenza l’autopullman, si può dire che quei nostri colleghi impazienti hanno già un piede sulla pedana. I repubblicani, invece, non hanno ancor fatto quest’atto, perché pare che vogliano avere una qualche ingerenza anche nella direzione della marcia, mentre l’onorevole De Gasperi non vedrebbe nessuna ragione per non restarne l’arbitro (Rumori e commenti al centro). E può anche non aver torto. Non è il momento di discuterne. Ma, nella probabile ipotesi che questi due Gruppi salgano tutti e due sull’autopullman ministeriale, verrà a costituirsi una maggioranza tale che, qualora si elevasse il minimo dei deputati occorrenti per chiedere la convocazione della nostra Assemblea, questa si convocherebbe soltanto all’indomani delle elezioni.

Queste le ragioni che giustificano il nostro emendamento. (Vivi applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati, Moro, Tosato, Grassi, Mastino Gesumino, Bettiol hanno presentato il seguente emendamento:

«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al primo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o della metà più uno dei componenti dell’Assemblea stessa.

«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dall’articolo 2, primo e secondo comma, e dall’articolo 3, primo e secondo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.

«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge ad esse presentati con le eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.

«I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Penso che sia opportuno far precedere una breve premessa alla illustrazione dei singoli punti del mio emendamento: una premessa di ordine generale intorno alla natura e finalità dell’istituto della prorogatio che abbiamo accolto nell’articolo 58 della Costituzione e che ora si propone di applicare all’Assemblea Costituente. Mi pare opportuno (visto che l’onorevole Targetti, nel dare una sua interpretazione dell’articolo citato, si è riferito alla pura e semplice dizione letterale «sono prorogati i poteri», per argomentare che con essa si sia inteso fare riferimento a tutte le attribuzioni proprie delle Camere) mettere in rilievo che le disposizioni di legge non si possono applicare sulla sola base della loro lettera, ma vanno inquadrate nell’insieme dei principî generali regolanti gli istituti. Se si richiede che le leggi siano interpretate dai giuristi, ciò avviene perché occorre una determinata informazione delle norme di ermeneutica necessarie per intendere l’esatto significato delle parole della legge.

Così, quando l’articolo 58 stabilisce che i poteri delle Camere sono prorogati, bisogna, per determinare l’estensione di tali poteri, riferirsi alla natura della prorogatio, intesa come istituto di carattere generale, che trova numerose applicazioni, anche nel campo del diritto amministrativo; poiché è ovvio che la speciale attuazione fatta nella fattispecie non può discostarsi dai principî regolatori dell’istituto stesso. La prorogatio serve in sostanza ad assicurare, nell’intervallo fra la cessazione della carica del titolare di un organo e il subentrare del successore, la continuità dei servizi dell’organo stesso. Ora il fatto stesso che sia scaduto il periodo normale di durata della carica, determina come un depotenziamento dei poteri normalmente attribuiti al titolare, ed è pacificamente ritenuto che i poteri durante il periodo di proroga siano solo quelli attinenti alla ordinaria amministrazione.

Questa è la funzione caratteristica della prorogatio. Ora, nei riguardi delle Camere legislative, si potrebbe osservare che per esse non sia possibile un’attività che si possa classificare dell’ordinaria amministrazione e che quindi non vi sia luogo ad estendere ad esse la prorogatio.

Una voce a sinistra. Purtroppo, è una ordinaria amministrazione politica.

MORTATI. Se in alcune delle costituzioni moderne si è introdotto pel funzionamento del Parlamento tale istituto, ciò è avvenuto in via principale per provvedere ai casi in cui vi sia necessità urgente di legiferare durante il periodo lo scioglimento delle Camere e la riunione delle successive. Anche per noi la ragione che ha indotto la Commissione prima e l’Assemblea poi a seguire questa via è stata appunto quella di provvedere a tali casi. La norma dell’articolo 58 trova la sua esplicazione in quella del successivo articolo 74-bis, con cui si è disposto che, nel caso di emanazione di decreti legge, le Camere devono essere convocate entro cinque giorni, anche se sciolte. La vera ragion d’essere di questo istituto sta pertanto nel controllare il Governo nell’esercizio dell’attività legislativa, durante il periodo di intervallo fra una legislatura e l’altra successiva.

Le Camere prorogate possono essere utilizzate anche per scopi di sindacato politico, ma questo sindacato non può che svolgersi in un tono minore e con efficacia diversa da quella ordinaria. Sembra evidente che esso non possa giungere fino al punto di provocare un voto di fiducia, o di determinare una crisi ministeriale. Ciò per l’ovvia ragione che in regime parlamentare il voto di sfiducia, la crisi, devono avere avanti a loro, come sbocco possibile, l’appello al popolo. Ora, quando le elezioni sono indette, quando i comizi sono già convocati, quando c’è già in atto l’arbitro delle eventuali controversie fra Governo e Parlamento, non si manifesta la possibilità di un voto di sfiducia, con le conseguenze proprie di esso, appunto perché il giudizio sul contrasto che si manifesta fra i due poteri trova la sua sede nella consultazione popolare, e deve desumere da essa la sua diretta soluzione. In questa fase, il sindacato politico da parte di un’Assemblea scaduta nei suoi poteri e interinalmente mantenuto in vita, non può avere altro effetto se non quello di una denuncia all’opinione pubblica di eventuali inadempienze governative. Una crisi ministeriale in periodo di proroga non è pertanto concepibile, perché ripugna alla indole stessa dell’istituto ed è in contrasto con le finalità del congegno parlamentare, in cui la crisi, ed il voto di sfiducia che la precede, devono inserirsi.

Queste considerazioni generali sembrano a me ineccepibili e sembrano comprovate, oltre che dall’analogo funzionamento dell’istituto in parola in altre costituzioni, dello stesso articolo 58, che considera a parte il caso della proroga delle Camere per legge, proroga che ha come risultato di prolungare nel tempo le Assemblee nella pienezza di tutti i loro poteri. Ciò premesso, è da chiedersi se per la Costituente possano valere le ragioni indicate come giustificative della prorogatio delle Camere ordinarie, e se vi sia luogo ad ammettere nell’affermativa, un funzionamento di essa diverso da quello indicato.

È da osservare che per la Costituente vi sono notevoli elementi di differenziazione rispetto alla fattispecie prima considerata. Anzitutto, la scadenza del termine segna non solo la fine del mandato dei suoi membri, ma della stessa sua esistenza, trattandosi di un organo continuativo. Con il 31 dicembre viene a cessare, quindi, non solo il titolare dell’organo, ma l’organo stesso. In secondo luogo, a differenza delle Camere ordinarie, la Costituente non è fornita di potere legislativo, che, a tenore dell’articolo 3 del decreto n. 98 del 16 marzo 1946 resta delegato al Governo fino alla convocazione del nuovo Parlamento.

Quindi è pacifico che non vige la ragione peculiare della permanenza in vita dell’Assemblea legislativa ordinaria, e sembrerebbe in conseguenza che venga meno la ragione della proroga della Costituente. Tuttavia si può osservare che l’articolo 3 della legge n. 98 del 16 marzo, mentre ha attribuito al Governo il potere legislativo ordinario, nel periodo di intervallo fino alla Convocazione delle nuove Assemblee, ha conservato all’Assemblea Costituente per lo stesso periodo il potere di intervenire con competenza esclusiva nella materia costituzionale e nella materia di approvazione dei trattati. Quella in materia elettorale deve ritenersi esaurita. Ed inoltre, ha riservato all’Assemblea stessa il potere di procedere alla nomina del Capo dello Stato. Ora, per quanto sia da prevedere che gli interventi a tali scopi dell’Assemblea rivestono carattere assolutamente eccezionale, sembra tuttavia non inopportuno prevedere la possibilità di una riconvocazione dell’Assemblea a questi fini limitati che sono stati espressamente indicati nel mio emendamento.

Per quanto riguarda l’intervento delle Commissioni nell’esercizio del potere legislativo ordinario ed altresì per il diritto di presentare interrogazioni con richieste di risposta scritta, l’emendamento concorda in tutto con quello dell’onorevole Targetti.

La differenza sorge nei confronti della possibilità di convocazione per altri oggetti che non siano questi ben determinati e che la legge istitutiva ha affidato alla competenza propria dell’Assemblea Costituente. Si tratta del potere di sindacato politico sul Governo, rispetto al quale sono da richiamare le considerazioni precedentemente fatte, che limitano, per necessità di cose, il sindacato stesso alla semplice denuncia al Paese degli eventuali abusi del Governo. È ovvio che, se tali abusi si concretassero nell’emanazione di norme incostituzionali, sorgerebbe la competenza esclusiva dell’Assemblea ed il relativo diritto di convocazione. Per altri abusi l’unica possibilità di convocazione dell’Assemblea sarebbe quella di denunciarli al Paese: ciò che trova il mezzo nell’esercizio del diritto di interrogazione.

Estendere ulteriormente i casi di convocazione del plenum non risponderebbe ad esigenze concrete, e sarebbe in contrasto con le finalità della prorogatio.

Rimane l’altra questione circa il quorum necessario per l’autoconvocazione. Si è detto che la metà più uno è una determinazione eccessiva ed arbitraria. Osservo che la proposta da me formulata è poggiata su un testo positivo, cioè da quello stesso Regolamento della Camera dei deputati che regola i nostri lavori. Noi abbiamo adottato per disciplinare la nostra attività, il Regolamento della Camera dei deputati; ora, precisamente l’articolo 10 delle aggiunte apportate nel 1920 a questo regolamento stabilisce che durante gli aggiornamenti della Camera è precisamente la metà più uno dei deputati che può chiederne la convocazione, e stabilisce che questa sia da effettuare entro 15 giorni dalla richiesta.

Quindi, essendovi una legge regolativa della nostra attività, che disciplina il caso, sembra opportuno richiamarsi ad essa, perché è l’unico testo che può essere invocato per questa ipotesi.

Queste sono le considerazioni che chiariscono la portata del mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Capua ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire alle parole: Sino al giorno delle elezioni, le altre: sino al giorno della proclamazione dei nuovi eletti».

Questo emendamento può riferirsi soltanto alla proposta dell’onorevole Targetti.

L’onorevole Giannini ha proposto che un terzo dei deputati può chiedere la convocazione dell’Assemblea.

D’altra parte, nel testo dell’onorevole Targetti, essendo considerato il numero di 200 deputati, si viene approssimativamente alla sua proposta, onorevole Giannini.

Comunque ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

GIANNINI. Non v’è bisogno di fare un lungo discorso. Noi chiediamo il terzo dei deputati, perché pensiamo che sia meglio dare ad un più ristretto numero di deputati la facoltà di autoconvocare l’Assemblea.

In sostanza, noi temiamo queste parole difficili e straniere, prorogatio

Una voce al centro. È latino, non è un termine straniero.

GIANNINI. Comunque, si capisce poco; noi siamo abituati ad essere imbrogliati in latino. Preferiamo che si parli in italiano. Questa prorogatio non si capisce bene cos’è. L’impressione della gente che il latino non sa è che il Governo governi senza controllo.

Ora è bene, essendoci un’Assemblea, che sia data la possibilità ad un certo numero di deputati di autoconvocarla in caso di necessità. Il numero di un terzo non mi sembra tanto piccolo dato che nessun partito raggruppa un terzo di deputati; sarà sempre necessaria un’alleanza tra più partiti.

Quindi, io insisto, onorevole Presidente, per il terzo, perché non mi fido né della prorogatio né delle 200 firme.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Ho chiesto di parlare per rilevare brevemente come l’emendamento proposto dall’onorevole Mortati, attraverso una serie di citazioni e di commi, tenda ad escludere sostanzialmente il terzo comma dell’articolo 3 della legge 25 giugno 1944, che sarebbe appunto quello che sancisce la responsabilità del Governo nei confronti dell’Assemblea.

In questi tre mesi, o quattro, o cinque – non so quanti saranno per essere nella mente di chi dovrà decidere il giorno della convocazione dei comizi elettorali – noi avremmo un Governo che non sarebbe più responsabile verso l’Assemblea, ma sarebbe responsabile soltanto verso il Capo dello Stato. Mi pare quindi che con l’esclusione di questo terzo comma si venga a creare un regime costituzionale veramente eccezionale in questo periodo.

Mi pare pertanto sia preferibile la formulazione, proposta dall’onorevole Targetti che, nulla dicendo su questo punto, introduce quel temperamento che l’Assemblea si possa convocare dietro richiesta di un certo numero di deputati. Io non porterei poi questo numero alla metà, perché ciò condurrebbe alla pratica impossibilità di convocazione dell’Assemblea, ma vorrei stabilire un numero relativamente minore, senza però arrivare alla proposta dell’onorevole Giannini.

Escludere tuttavia completamente il terzo comma significherebbe voler introdurre un diritto costituzionale di eccezione, proprio mentre abbiamo approvato una Costituzione che è intesa essenzialmente a commettere ogni potere della vita costituzionale del nostro Paese al Parlamento elettivo (Approvazioni).

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. L’onorevole Mortati, nello svolgere il suo emendamento, ha osservato che, presentandosi il Governo domani eventualmente di fronte all’Assemblea eccezionalmente riunita, beneficerebbe sempre di una posizione di assoluta preminenza, direi quasi di infrangibilità, per cui l’Assemblea non sarebbe mai in grado di creare una crisi governativa.

L’onorevole Mortati ha anche addotto alcune argomentazioni a sostegno di questa sua tesi. Ora, io mi permetto di dissentire su questo punto dall’onorevole Mortati; a me pare infatti che le considerazioni da lui fatte al riguardo non siano esatte. Il principio, io penso, è sempre unico, è sempre lo stesso: è il principio democratico per cui la minoranza può diventare maggioranza e quindi sostituirsi al Governo che precedentemente deteneva il potere.

Si tratta del periodo preelettorale? Va bene, ma per quale ragione l’Assemblea non potrebbe mettere in minoranza il governo ed esprimere dal suo seno un altro governo? Mi permetto di far osservare che se noi negassimo tale possibilità, l’Assemblea si troverebbe di fronte ad un governo il quale rimarrebbe di certo imperturbabile di fronte a qualunque evenienza, di fronte a qualunque attacco.

È questo, onorevoli colleghi, il sindacato parlamentare: attraverso l’interrogazione scritta, che può anche non bastare, attraverso l’interpellanza, che può anche non bastare e diventare anche mozione, si può, rispettando la prassi voluta dal Regolamento, porre il governo in minoranza. Se si toglie questa possibilità, io mi domando con quale dignità e autorità si riunirebbe l’Assemblea domani, sia pure in modo eccezionale.

Io ritengo che questa sia una questione puramente teorica, perché è quasi impossibile che questa eventualità si presenti in pratica. Tuttavia noi dobbiamo contemplare anche questo caso. Perciò credo che si debba respingere per questa parte l’emendamento del collega Mortati.

Circa la questione del numero, io trovo poi che i duecento proposti dall’onorevole Targetti sono troppi, e mi pare ragionevole la proposta di un terzo fatta dall’onorevole Giannini.

Il collega Mortati ha detto: noi sosteniamo la metà più uno, facendo riferimento al Regolamento della Camera. Sta bene, ma il Regolamento della Camera è previsto per un periodo normale; questo, invece, è un periodo eccezionale. Io credo che corrisponda allo spirito democratico il conservare ad una minoranza abbastanza forte, cioè un terzo, la possibilità di convocare l’Assemblea.

Credo che questa sia una richiesta che risponda al più elementare concetto di democrazia, e che vada quindi rispettata.

Su un incidente in Piazza Montecitorio.

SPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPANO. Signor Presidente, la piazza di Montecitorio è ancora una volta teatro di scene di una brutalità inaudita. (Interruzioni al centro – Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Facciano silenzio! Onorevole Spano, continui.

SPANO. Centinaia di deputati usciti sulla piazza di Montecitorio hanno potuto assistere, ripeto, a scene di una brutalità inaudita. (Proteste al centro – Rumori a sinistra).

Gli agenti della «Celere» hanno tutti riconosciuto che avevano un ordine preciso di agire in questo modo, e, presi uno per uno, si sono resi conto del carattere inaudito di quello che stanno facendo; ma hanno ripetuto di aver ricevuto ordini precisi.

Il capitano dei carabinieri che ieri sera aveva fatto sgombrare la piazza dalle camionette, ha riconosciuto che, una volta cessata la presenza provocatrice degli agenti armati in piazza Montecitorio, la piazza è stata sgombrata e la folla ha dato esempio manifesto di calma e di serenità. Questo fatto prova che la responsabilità spetta al Governo. (Vive proteste al centro).

I membri del Governo presenti a Montecitorio, ripetutamente invitati ad uscire per godersi lo spettacolo, hanno rifiutato di vedere coi loro occhi quello che sta succedendo.

Noi pensiamo che sarebbe bene che il Presidente di questa Assemblea andasse ad assistere alle scene che accadono. (Applausi a sinistra – Commenti).

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, non sarebbe certo degno della Costituente trasportare all’interno dell’Assemblea il disordine che è fuori. Noi abbiamo, credo, il diritto di chiedere che l’Assemblea inviti il Ministro dell’interno…

DOSSETTI. Ecco il motivo! (Proteste a sinistra – Rumori – Scambio di apostrofi fra l’estrema sinistra e il centro).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, onorevoli colleghi! Onorevole Nenni, prosegua.

NENNI. Chiediamo all’Assemblea di invitare il Ministro dell’interno a presentarsi dinanzi all’Assemblea per dire quali ordini egli ha dato al servizio d’ordine disposto agli accessi del Parlamento.

Ci rifiutiamo di coinvolgere in una responsabilità qualsiasi gli agenti presi individualmente. Non intendiamo scavare un abisso fra le forze dell’ordine pubblico e il popolo. (Applausi a sinistra).

Il solo responsabile davanti all’Assemblea è il Ministro dell’interno. Venga il Ministro a dire alla Costituente quali ordini ha dato e come ne ha controllato l’esecuzione. (Applausi a sinistra – Commenti al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni ha preannunciato la presentazione di una richiesta ed ora mi presenta un documento scritto. L’Assemblea ha un suo Regolamento. Io pregherei l’onorevole Nenni di volermi precisare quale carattere ha questo documento e in qual modo (onorevole Nenni, se lei prende delle iniziative, evidentemente sa come si svolgono), e in qual modo – dicevo – questo documento può entrare nel corso dei nostri lavori per porlo in votazione. Non si possono porre in votazione, onorevole Nenni, materie che non sono all’ordine del giorno. Presenti una interrogazione, con il carattere della massima urgenza, firmata dal numero maggiore dei deputati (e chiedo scusa se le do dei consigli). Questo è il modo con il quale una qualunque richiesta entra nel quadro generale dei nostri lavori. Finora l’Assemblea non ha deliberato procedure eccezionali: il giorno in cui tale procedura sarà sancita ci si potrà richiamare a questa strada aperta e percorrerla.

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. La forma regolamentare che può assumere la nostra richiesta può essere da noi deferita al giudizio della Presidenza e se necessario a quello dell’Assemblea.

Pare a noi che vi sia qualche cosa che sta al di sopra della lettera del Regolamento ed è il sentimento di dignità dell’Assemblea. L’Assemblea non può continuare i suoi lavori quando alla porta avvengono incidenti che saremo tutti d’accordo nel considerare deplorevoli.

Noi pensiamo di essere gli interpreti dell’interesse di Roma, dell’interesse del Paese, dell’interesse dell’ordine pubblico domandando che il Ministro dell’interno si presenti davanti all’Assemblea. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Io credo che addentrarci adesso in una discussione di carattere procedurale evidentemente non sia quello che risponde all’attesa dell’onorevole Nenni e degli altri firmatari di questo documento; non sia neanche quello che risponde all’attesa della Assemblea nel suo complesso; ma è evidente che una sola cosa io ravviso, che dal momento che lei è venuto per fare questa questione dal suo banco nell’Aula, con questo solo fatto lei ha accettato che la questione, esistendo, sia risolta nel quadro dell’Assemblea e secondo le norme dell’Assemblea. Ed è per questa ragione che io penso che lei deve dare a questa richiesta quella forma che il Regolamento dell’Assemblea stabilisce.

NENNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. In queste condizioni, onorevole Presidente, io do all’ordine del giorno presentato carattere di interrogazione di urgenza, ma dichiaro che la situazione ci impone di non partecipare ulteriormente ai lavori dell’Assemblea finché il Ministro dell’interno non comparirà davanti alla Costituente per le spiegazioni richieste. (Applausi a sinistra – Interruzioni e commenti al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Nenni, adeguandosi al mio invito, presenta la seguente interrogazione firmata anche dagli onorevoli Nasi, Bruni, Rossi Maria Maddalena, Jacometti, Malagugini, Massola, Gallico Spano Nadia, Li Causi, Grieco, Pucci, Pesenti, Negarville, Montagnana Mario, Farini, Mariani, Giua, Fornara:

«I sottoscritti chiedono al Ministro dell’interno di fornire immediatamente informazioni circa gli ordini dati al servizio pubblico attorno alla sede della Costituente».

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Vorrei fare appello all’onorevole Nenni prendendo lo spunto delle parole con cui ha cominciato il suo discorso: «non sarebbe degno della Costituente trasportare all’interno il disordine che è fuori». Io parlo qui non come Ministro ma come componente dell’Assemblea Costituente per il cui ordine del giorno siamo stati convocati. Tanto io, quanto qualche altro membro qui presente, non conosciamo i fatti perché eravamo qui per discutere degli articoli della Costituzione. Seguiamo, come ha detto il Presidente, le norme del nostro Regolamento. Potrà esser messa all’ordine del giorno del pomeriggio l’interrogazione chiesta con urgenza, ed io, pur non avendo avuto nessun rapporto, neanche telefonico, con il Ministero dell’interno, posso assicurare che il Ministro dell’interno verrà nel pomeriggio a rispondere all’interrogazione d’urgenza.

MOSCATELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOSCATELLI. Signor Presidente, poco fa lei ha accennato al fatto eccezionale ed ha detto che solamente se esistono i fatti eccezionali sarebbe aperta la via per vedere il modo di risolvere al di fuori della prassi normale la questione. Io domando se costituisce fatto eccezionale che i deputati, per venire alla Costituente o per tornarsene a casa, sono soggetti a bastonature da parte della polizia.

PRESIDENTE. Onorevole Moscatelli, mi rammarico che lei non abbia inteso bene quello che ho detto. Io ho detto che nel caso che l’Assemblea ritenga di dover predisporre certe particolari forme di lavoro per i momenti in cui si presentassero contingenze eccezionali, lo faccia; e allora, quando si presenteranno, avremo dinanzi a noi il meccanismo opportuno per procedere. Io non ho detto che quando ci siano delle contingenze eccezionali si possa mancare alle norme del Regolamento.

MONTAGNANA MARIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTAGNANA MARIO. Riconosco, signor Presidente, che non c’è un articolo del Regolamento che contempla il caso che deputati siano bastonati alla porta di Montecitorio. Riconosco perciò che le obiezioni fatte dall’onorevole Presidente a proposito della discussione immediata dell’interrogazione Nenni sono giuste. Mi pare però che dovrebbe essere la Presidenza stessa, come tale, per le funzioni che essa deve assolvere, a rivolgersi, come Presidenza di questa Assemblea Costituente, all’onorevole Scelba per chiedergli in modo perentorio di venire qui immediatamente a spiegare quali ordini ha dato alla polizia. (Interruzioni e commenti al centro). I poliziotti e i carabinieri che hanno picchiato quattro o cinque di noi deputati ci hanno dichiarato dopo: «ma noi non sapevamo che voi eravate deputati». (Interruzioni).

Una voce al centro. Era logico.

MONTAGNANA MARIO. Il che significa che i deputati, secondo loro e secondo l’onorevole Scelba forse, non possono essere picchiati; ma possono essere picchiati – nell’anno 1947, nella Repubblica italiana – i semplici cittadini. Ed è soprattutto contro questo che noi protestiamo; più che per il fatto che qualcuno di noi ha preso qualche bastonata. Concludendo, invito nuovamente la Presidenza a farsi interprete dei nostri sentimenti, e a chiedere all’onorevole Scelba di presentarsi all’Assemblea. (Applausi a sinistra – Commenti).

PRESIDENTE. Rendo noto che poco fa, con mio dispiacere, ho dovuto trascurare per alcuni minuti lo svolgersi della discussione nell’Aula, appunto perché ero in comunicazione telefonica col Ministro dell’interno onorevole Scelba.

L’onorevole Scelba, da me informato circa gli incidenti che stavano avvenendo, ha acceduto alla mia richiesta di provvedere a fare allontanare dalla piazza Montecitorio quel servizio particolare di forze di polizia che superasse i limiti normali di tutte le giornate. Questo, per indicare che qualche preoccupazione in proposito mi sono presa. Onorevole Montagnana, in quanto all’invito al Ministro a presentarsi, c’è l’interrogazione dell’onorevole Nenni, firmata da molti deputati ed anche da lei. Io naturalmente la comunicherò; ed è forse un po’ un’ironia, perché in questo momento l’onorevole Scelba saprà che è stata presentata, ed altri membri sono presenti e si occuperanno certamente essi stessi di comunicargliela. Io auspico che l’onorevole Scelba, accogliendo il carattere di massima urgenza dato a questa interrogazione, venga oggi a rispondere all’interrogazione stessa. In questa maniera la richiesta presentata da numerosi deputati troverà la sua sodisfazione.

PAJETTA GIULIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAJETTA GIULIANO. Desidero portare all’Assemblea dati di fatto. Sono stato malmenato, dopo essere stato riconosciuto e completamente isolato da circa venti agenti, comandati da un ufficiale. Dopo questo fatto sono entrato nel Palazzo di Montecitorio; nei corridoi ho incontrato l’onorevole Scelba e l’ho invitato a venire fuori a vedere quali ufficiali stavano compiendo simili gesta. L’onorevole Scelba non è venuto in piazza a rendersi conto; è scomparso.

Tenevo a comunicare questo dato di fatto ai colleghi, alcuni dei quali, come gli onorevoli Meda e Clerici, hanno espresso il loro rammarico per quanto è accaduto.

Probabilmente, se fosse intervenuto subito l’onorevole Scelba, a vedere con quale sistema agisce la polizia, si potevano evitare le bastonature agli onorevoli Pastore e Bianchi e a tanti altri cittadini. È inutile rammaricarsi dopo.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Mi propongo di non portare in questo breve dibattito se non motivi di carattere politico generale, che superino le posizioni dei Gruppi particolari.

Sono accaduti nelle vicinanze immediate della Camera fatti, della cui gravità non si possono rendere conto se non gli spiriti chiusi a ogni sentimento di cristiana pietà. (Applausi a sinistra – Commenti al centro). Nel modo con cui questi fatti si sono svolti sono implicite la responsabilità solidale del Gabinetto e quella personale del Ministro dell’interno. È veramente strano che, quando alcuni deputati sono percossi dalla violenza di agenti, i quali – come ha detto giustamente l’onorevole Nenni – sono chiamati ad un compito, della cui responsabilità non possono essere chiamati qui a dare conto, quando, dicevo, cinque o sei deputati sono colpiti, l’onorevole Scelba, che si trovava nei corridoi di Montecitorio, non abbia sentito il bisogno di assumere il posto della sua responsabilità al banco del Governo. (Commenti al centro – Applausi a sinistra). E di dire almeno una parola la quale non soltanto suonasse rivendicazione dei diritti di tutti i cittadini, ma segnasse la separazione della propria responsabilità dalla responsabilità di coloro i quali, nei confronti dei deputati, compiono violenze.

Dato l’atteggiamento che l’onorevole Scelba ha assunto, io ho il diritto di ritenere fin d’ora che è proprio lui il corresponsabile (Applausi a sinistra – Rumori al centro) di queste violenze consumate a danno di cittadini e di deputati.

Ecco perché ho approvato la richiesta che un deputato del Partito comunista ha fatto alla Presidenza. Onorevole Presidente, qui si tratta di difendere anche il diritto di uomini che sono investiti di un mandato parlamentare. Noi non chiediamo dei privilegi; affermiamo soltanto che non noi come persone dobbiamo essere tutelati ma che dev’essere rispettata la funzione che dalla fiducia del popolo siamo stati chiamati ad assolvere. L’onorevole Scelba deve rendere conto anche di questo (Commenti al centro); e francamente egli non dà prova di grande rispetto per le prerogative dell’Assemblea e di un vigile senso della propria responsabilità rifiutandosi di assolvere al suo dovere di Ministro dell’interno in questa stessa seduta, subito dopo gli incidenti. (Applausi a sinistra – Rumori al centro e a destra).

BENEDETTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTINI. Vorrei portare una parola di chiarimento e di pacificazione. (Commenti a sinistra).

Non sono qui per fare le difese di nessuno, che non posso, non voglio, né debbo fare. Dico semplicemente che in effetti lo stato d’animo di stamattina, dentro e fuori dell’Aula, è di eccitazione. Ho avuto modo di constatare io stesso, perché sono stato invitato da colleghi dell’altra parte ad andare sulla piazza Colonna, che questo stato d’animo teso può portare a conseguenze che noi non vogliamo. Voglio pertanto dire che dobbiamo tutti non soltanto deplorare i fatti anche involontariamente accaduti, cioè che qualche collega, com’è del resto successo anche a me, abbia avuto qualche percossa della polizia, in quanto non è stato riconosciuto come deputato, ma evitare che le persone che sono al di fuori non determinino quell’atmosfera per creare il fatto che si sta cercando da qualcuno. (Rumori a sinistra). Dobbiamo far ritornare la tranquillità. A questo proposito ricordo che già ieri sera c’è stato un comunicato della radio, comunicato che ha messo in sospetto molte persone, perché preavvisava il verificarsi di qualche atto di violenza del quale la Camera del lavoro si sarebbe lavata le mani. (Commenti al centro). C’è stato qualcosa che ha provocato tutto questo eccitamento negli animi. Colleghi dell’altra parte mi hanno invitato come ho detto ad uscire sulla piazza Colonna per rendermi conto di quanto succedeva, e con essi ho potuto accertare quanto son pronto a testimoniare per la verità, che non può andare contro l’operato della polizia. Io che sono considerato forse come uno che si accende un po’ presto, ma che in questa occasione ha svolto opera di calma, ho dovuto costatare che molta eccitazione c’era, ma pure che se tutti noi, dell’una e dell’altra parte, avessimo cercato di far opera di pacificazione sulla popolazione…

PAJETTA GIULIANO. Ho provato! Ho provato! (Commenti al centro).

BENEDETTINI. …avremmo ottenuto quello che tutti noi desideriamo. Facciamo perciò appello a questa Assemblea, che come il Ministro Grassi poco fa ha detto deve servire per lavori un po’ più importanti per l’utilità del Paese (Rumori a sinistra), affinché dall’Assemblea stessa parta quello spirito di serenità che induca tutti, i lavoratori che vogliono scioperare e quelli che non vogliono scioperare, ad aver fiducia nel diritto alla propria libertà. Mettiamoci tutti noi con amore e pacificazione a cercare di distendere gli animi. (Approvazioni a destra).

BERNAMONTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNAMONTI. Mi trovavo, dopo quegli incidenti, sulla soglia di Montecitorio e stava arrivando una macchina con il Ministro Togni e il Sottosegretario Cavalli, i quali si sono avvicinati all’entrata di Montecitorio. Rivolgendomi loro familiarmente ho detto che era successo un incidente durante il quale l’onorevole Pajetta era stato bastonato. Speravo che dal senso di responsabilità del Ministro e del Sottosegretario uscisse, se non altro, una parola di disapprovazione. Invece ho sentito un’espressione di compiacimento da parte dell’onorevole Togni, il quale ha detto apertamente: «bene! bene!». (Rumori – Interruzione del deputato Li Causi – Proteste al centro).

All’onorevole Togni, il quale forse ignorava che io fossi un deputato comunista, chiedo immediatamente spiegazioni e mi meraviglierei che ora negasse l’episodio. (Commenti).

Non capisco come dal dovuto senso di responsabilità un Ministro possa arrivare a questo punto di faziosità. (Applausi a sinistra – Rumori prolungati al centro).

TOGNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGNI. Parlo nella mia qualità di deputato dell’Assemblea Costituente e non di membro del Governo. Debbo deplorare, per quello spirito di pacificazione (Interruzioni a sinistra) che da più parti si è affermato, che su un evidente equivoco si voglia inscenare una speculazione assolutamente infondata. (Interruzioni a sinistra).

Coloro, e non sono pochi, che erano presenti in quel momento ad una serie di domande che si sono incrociate mentre io scendevo dalla macchina, ignaro di qualunque notizia ed avvenimento, possono sul loro onore testimoniare se è esatto o non è esatto quello che è stato dichiarato adesso dall’oratore che mi ha preceduto. (Interruzioni a sinistra).

FEDELI ARMANDO. C’ero io ed affermo che è esatto.

TOGNI. Debbo aggiungere che sono stato proprio sulla porta assalito, ed ancora mi domando il perché, da un certo numero di colleghi, i quali avevano un atteggiamento che poco bene deponeva su quello spirito di pacificazione che è stato invocato. (Applausi al centro – Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che il Ministro dell’interno ha fatto sapere che nel corso della seduta pomeridiana risponderà all’interrogazione che è stata presentata.

Nomina di una Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che, in conformità del mandato conferitomi dall’Assemblea, ho chiamato a far parte della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge «Norme per l’elezione del Senato della Repubblica» gli onorevoli Abozzi, Avanzini, Bibolotti, Bovetti, Bulloni, Camangi, Candela, Costa, Fabbri, Froggio, Guidi Cingolani Angela, Gullo Fausto, Lami Starnuti, La Rocca, Lizier, Mastino Pietro, Persico, Reale Eugenio, Russo Perez, Saggin, Stampacchia, Veroni, Vigo e Villabruna.

La seduta termina alle 13.30.