Come nasce la Costituzione

MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

11.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sul diritto di sciopero (Discussione).

Presidente – Tupini – Ghidini – Di Vittorio – Bulloni – Cappi – Canevari – Fabbri – Togni – Dominedò – Tosato – Basso – Codacci Pisanelli – Zuccarini – Lussu – Colitto – Molè – Mancini – Fanfani – Bordon – Lucifero – Ambrosini – Piccioni – Terracini – Di Giovanni – Dossetti – Targetti.

La sedata comincia alle 9.45.

Sul diritto di sciopero.

PRESIDENTE informa che il Comitato di redazione ha già predisposto la prima parte della Costituzione, comprendente 49 articoli relativi ai diritti e doveri dei cittadini. Ha poi coordinato e redatto il Titolo della seconda parte che riguarda il potere legislativo. È in corso la parte che riguarda il potere esecutivo (Capo dello Stato e Governo), dovendo la seconda Sottocommissione ancora definire la questione dello scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica, e quella del voto di sfiducia al Governo.

È stata pure distribuita la parte che riguarda le autonomie regionali, secondo le proposte della seconda Sottocommissione, rivedute e coordinate dal Comitato di redazione.

Rimane ancora da coordinare – e si potrà farlo in questi giorni, poiché la seconda Sezione della seconda Sottocommissione ha già finito i suoi lavori – il testo relativo all’ordinamento giudiziario. La seconda Sottocommissione deve ancora definire la materia che riguarda la revisione costituzionale, la Corte costituzionale, il referendum ed alcuni elementi che rientrano nella parte del potere esecutivo.

In via preliminare la Commissione è chiamata a risolvere alcune questioni, per le quali si è manifestato un dissenso sostanziale in seno al Comitato di redazione, cioè le questioni concernenti lo sciopero, la famiglia, la formazione e composizione della seconda Camera, la nomina del Presidente della Repubblica ed infine le attribuzioni, specialmente le potestà legislative, della Regione.

Quanto allo sciopero, la prima Sottocommissione ha formulato il seguente articolo:

«È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero.

«La legge ne regola le modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

  1. a) alla procedura di proclamazione;
  2. b) all’esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;
  3. c) al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva».

La terza Sottocommissione ha votato il seguente ordine del giorno:

«La terza Sottocommissione, riconosciuto urgente ed indispensabile che una legge riconosca il diritto di sciopero dei lavoratori, abrogando i divieti fascisti in materia, non ritiene necessario che la materia sia regolata dalla Carta costituzionale».

Vi è stata infine una terza proposta, formulata in sede di Sottocommissione, che ammette il diritto di sciopero senza alcun limite.

TUPINI rileva che l’articolo relativo al diritto di sciopero, da lui proposto e approvato a maggioranza dalla prima Sottocommissione, è il tentativo di accordare le esigenze di chi sosteneva che si proclamasse il diritto di sciopero in senso assoluto, senza alcuna limitazione, né sostanziale, né procedurale, e di chi sosteneva che non se ne parlasse affatto nella Costituzione. La Sottocommissione ha ritenuto che il diritto di sciopero debba essere riconosciuto, in quanto il diritto di offrire il proprio lavoro appartiene alla natura dell’uomo; quindi, non si può impedire all’uomo di negare la propria opera quando vi siano ragioni che giustifichino questo rifiuto. La Sottocommissione si è però preoccupata di disciplinare l’uso nell’interesse stesso di coloro che potranno farvi ricorso.

Si è ritenuto, in sostanza, che l’esercizio del diritto di sciopero è un po’ come l’esercizio della guerra fra le Nazioni, perché appunto l’attuazione dello sciopero è una specie di guerra portata sul piano sociale. Ora, se ci si è tanto preoccupati di disciplinare persino l’uso del diritto di guerra al punto da strapparlo alla volontà di una persona o del Governo e da affidarlo alla Assemblea Costituente, perché non ci si deve altrettanto preoccupare dell’esercizio del diritto di sciopero?

Lo sciopero è, infatti, un’arma a cui ricorre la classe operaia quando ha esaurito tutte le sue risorse per evitarlo, ma è un’arma che può essere anche produttiva di conseguenze negative e dannose per la stessa classe operaia. Ed allora, per far sì che la classe operaia ricorra allo sciopero in condizioni tali da valutarne nel modo più efficiente possibile tutte le conseguenze, si è ritenuto, col riferimento alla procedura di proclamazione, di eliminare la possibilità che lo sciopero sia proclamato per il capriccio di poche persone. È una preoccupazione di carattere democratico, per cui la stessa classe operaia deve valutare nel suo seno la convenienza di ricorrere o no all’arma dello sciopero.

In secondo luogo, se lo sciopero è la risorsa suprema alla quale ricorre la classe operaia per la difesa dei suoi diritti, non vi si può far ricorso senza avere prima sperimentati tutti quei tentativi di conciliazione ed eventualmente di arbitrato che possano, sul piano della valutazione del mezzo adoperato per la tutela dei propri interessi, rappresentare lo strumento meno dispendioso, meno grave e meno produttivo di conseguenze dannose.

Vi è poi un terzo punto, dove si parla del «mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva». Si è voluto, con l’adozione a maggioranza di tale formula, evitare la difficoltà, se non anche il pericolo, di una elencazione delle categorie dei prestatori d’opera ai quali fosse o meno consentito il diritto di scioperare. È parso, ai sostenitori di questa formula, che fosse preferibile un’affermazione di carattere generico, la quale eludesse anche il problema abbastanza grave della distinzione fra servizio pubblico e servizio privato. Il che, implicitamente, ammette anche la possibilità che per taluni servizi, che volta a volta si determineranno in quanto attengono alle esigenze della vita collettiva, si può anche riconoscere il diritto di sciopero. Qualcuno ha opposto che occorre tener conto della maturità della classe operaia, che agisce come auto-limite in circostanze eccezionali.

Malgrado ciò, la prima Sottocommissione ha ritenuto a maggioranza che una disciplina dell’esercizio del diritto di sciopero, anche sotto questo riflesso, fosse necessaria. Resta, peraltro, la possibilità che la Commissione plenaria apporti all’articolo proposto quegli emendamenti che riterrà opportuni, e che si riserva di esaminare se verranno presentati.

GHIDINI rileva che, con l’ordine dei giorno proposto, la terza Sottocommissione ha cercato di eludere il contrasto che si era manifestato, in quanto taluni accedevano all’articolo già approvato dalla prima Sottocommissione, magari con specificazioni più precise e, forse, anche più restrittive e gravi, mentre altri accedevano al concetto del diritto di sciopero senza limiti da affermarsi nella Carta costituzionale sic et sempliciter, riservando, se mai, alla legge ordinaria la determinazione dei limiti.

Quanto all’articolo approvato dalla prima Sottocommissione, pur non dubitando affatto delle intenzioni manifestate dall’onorevole Tupini nell’illustrarlo, poiché conosce la sua onestà e quella dei componenti la prima Sottocommissione che lo hanno redatto, avverte però che esso è formulato in modo da costituire un pericolo gravissimo, perché, mentre nella prima parte si afferma incondizionatamente che «è assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero», nella seconda vi sono tali limitazioni per cui questo diritto è non soltanto mutilato, ma può essere praticamente soppresso.

Si dice, infatti: «La legge ne regola le modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

  1. a) alla procedura di proclamazione;
  2. b) all’esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;
  3. c) al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva».

In ordine alla procedura di proclamazione, l’onorevole Tupini afferma che si è voluto sottrarre i lavoratori al capriccio di pochi, o magari di uno solo, che sovrapponesse il suo interesse politico o morale all’interesse della classe lavoratrice. Ottimo scopo; ma si comprende che con una frase di tal genere, coloro che non sono animati dalle stesse intenzioni oneste dell’onorevole Tupini, potrebbero arrivare a rendere non solo difficile, ma addirittura impossibile o intempestiva la proclamazione dello sciopero.

Per quanto riguarda l’esperimento preventivo di tentativi di conciliazione, osserva che non v’è alcun bisogno di farne menzione in un articolo, poiché i tentativi di conciliazione si fanno sempre. I lavoratori non hanno nessuna smania di scioperare; scioperano quando si trovano nella necessità di farlo, perché manca loro il pane, il salario è insufficiente, ecc. In ogni caso hanno una remora in se stessi, nella loro capacità di resistenza necessariamente scarsa. Ora, l’accenno in un articolo della Costituzione all’esperimento preventivo di tentativi di conciliazione sta ad indicare che si richiede qualche cosa di più di quello suggerito dalle esigenze dei lavoratori. Il comma b) appare, peraltro, altrettanto pericoloso.

Per quanto riflette, infine, la lettera c): «al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva», è evidente l’imprecisione della formula. Quali siano i «servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva» è assai difficile stabilire a priori; dipende dalla contingenza, ma soprattutto dall’apprezzamento personale di chi deve giudicare sull’essenzialità o meno di un servizio. Trattandosi, quindi, di un criterio soggettivo, sarebbe pericoloso abbandonarlo, senza limitazioni precise e senza specificazioni, ad un legislatore futuro, il quale, se non fosse animato dalle stesse aspirazioni nobilmente sociali dell’onorevole Tupini, potrebbe dare alla parola «mantenimento» un’ampiezza tale, da negare implicitamente il diritto di sciopero ai lavoratori addetti ai pubblici servizi o a quelli «assolutamente essenziali alla vita collettiva».

Per le ragioni anzidette una parte della terza Sottocommissione ha ritenuto che, mantenendosi le limitazioni di cui al secondo comma dell’articolo, sarebbe, in sostanza, rimasta puramente e semplicemente platonica l’affermazione che «è assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

Fra le due correnti si è adottato, pertanto, un compromesso, con l’approvazione del seguente ordine del giorno: «La terza Sottocommissione, riconosciuto urgente ed indispensabile che una legge riconosca il diritto di sciopero dei lavoratori, abrogando i divieti fascisti in materia, non ritiene necessario che la materia sia regolata dalla Carta costituzionale».

In realtà – se ben ricorda – soltanto la Costituzione francese nel preambolo e quella estone parlano del diritto di sciopero; ma, d’altra parte, si è osservato – e giustamente, a suo parere – che, mentre in altri Paesi il diritto di sciopero è ormai talmente entrato nel costume politico che è stato accettato universalmente senza contrasti, in Italia si esce da un periodo ultra ventennale durante il quale era stata vietata e colpita con gravi sanzioni qualsiasi forma di sciopero. Si riteneva, quindi, necessario che fosse inclusa nella Costituzione quest’affermazione, per significare che si ritornava all’antico diritto, e si riaffermava questa rivendicazione del lavoro.

Ciò premesso, quale Presidente della terza Sottocommissione e ritenendo che, nel seno della Commissione plenaria, ognuno riprenda in pieno la libertà di espressione del proprio pensiero e del proprio sentimento, personalmente non ha nessuna difficoltà a che si affermi nella Carta costituzionale, sic et simpliciter, che a tutti i lavoratori è assicurato il diritto di sciopero. Non è detto, con questo, che non vi debbano essere dei limiti: essi saranno segnati dalla legislazione ordinaria, secondo che le contingenze consiglieranno. Per conto suo, ritiene che la valutazione di tali limiti – se limiti vi saranno – potrà dipendere anche da quella che sarà la Carta costituzionale. È in tutti il desiderio che la Carta costituzionale sia profondamente democratica, che si ispiri soprattutto alla tutela del lavoro, che è il fondamento della Repubblica italiana; che sancisca ampiamente il Consiglio di gestione, ponendosi così il lavoratore in grado di conoscere esattamente quali sono le condizioni dell’industria nella quale esplica la sua opera, per modo che trovi in questa situazione una remora c un incitamento a fare uno sciopero.

Qualora non si ritenga di affermare puramente e semplicemente il diritto di sciopero in un articolo della Costituzione, preferirebbe che tale affermazione fosse inclusa nel preambolo o consacrata in un ordine del giorno.

DI VITTORIO ritiene che la Commissione commetterebbe un gravissimo errore sia se negasse di sancire il diritto di sciopero, sia se cercasse di eludere il problema rinviandolo alla legislazione ordinaria. Una tale decisione sarebbe contraria alle aspettative della grande massa lavoratrice. Pensa, peraltro, che sia necessario inserire nella Costituzione il riconoscimento puro e semplice del diritto di sciopero. L’argomento che questo riconoscimento non vi sia in molte altre Costituzioni non regge, poiché tale diritto è ormai universalmente riconosciuto, mentre l’Italia esce da un regime tirannico che aveva negato il diritto di sciopero e stabilito pene severe contro chi vi facesse ricorso. È necessario, dunque, che la nuova Costituzione si caratterizzi come veramente democratica, e rispondente alle esigenze delle grandi masse popolari italiane, riconoscendo puramente e semplicemente questo diritto.

È del parere che da parte di quei colleghi che tendono a limitare il diritto di sciopero, a controllarlo, a sottoporlo ad una procedura speciale, vi sia una mentalità di carattere un po’ paternalistico. Essi pensano che questa povera classe operaia, minorenne, inesperta, che può commettere tanti errori, ha bisogno di un potere superiore, estraneo, che le indichi come essa deve regolare le sue cose, ponendo per conseguenza dei freni e dei limiti alla sua libertà di movimento. Bisogna invece, a suo avviso, riconoscere il diritto di sciopero, come in tutti Paesi veramente democratici, con la maggiore ampiezza. Il fatto di precisare in qual modo, in quali momenti, con quali procedure, questo diritto debba essere esercitato dai lavoratori, appartiene ai lavoratori stessi, e sono i lavoratori che devono determinarlo. Che qualcuno nell’interno dei sindacati dei lavoratori sostenga che per ricorrere allo sciopero si debba seguire una particolare procedura è legittimo, perché la classe operaia ha il diritto di regolare essa stessa la propria azione; ma non è ammissibile che un potere estraneo, superiore, voglia imporre limitazioni alla libertà delle classi operaie.

Quanto al tentativo di conciliare le tesi opposte, il Presidente della terza Sottocommissione ha accennato agli argomenti trattati. Sta di fatto che, eccettuato qualche caso veramente accidentale, non esistono esempi per cui si possa dire che gli operai si mettano in sciopero senza precisare le loro richieste, e senza aver prima esperito tentativi di conciliazione. Da tutta la storia del movimento operaio europeo e mondiale si rileva che nella quasi totalità dei casi gli scioperi sono preceduti da trattative e da tentativi di conciliazione, e che allo sciopero si ricorre soltanto quando non rimane altra risorsa.

All’onorevole Tupini, il quale ha insistito sul concetto di determinare la procedura di proclamazione dello sciopero per evitare che alcuni possano imporre la propria volontà ai più, osserva che ciò non avviene e non può avvenire. Chiunque abbia un’esperienza diretta di vita in seno alla classe operaia, e in seno alla classe lavoratrice in generale, sa benissimo che in regime di libertà non vi può essere nessuno che possa imporsi a milioni di lavoratori. La verità è che, se lo sciopero è sentito come un bisogno per raggiungere un determinato obiettivo, riesce; ma se non è sentito, anche se è votato da una maggioranza formale, non riesce, e la storia degli scioperi ne registra molti falliti, perché non rispondenti al vero sentimento della maggioranza dei lavoratori.

Bisogna, pertanto, precisare: 1°) che devono essere i lavoratori stessi a determinare la procedura se credono di dover ricorrere allo sciopero. Tutti gli statuti delle organizzazioni operaie prevedono questa procedura. 2°) Che bisogna togliersi di mente che gli scioperi possano essere il risultato delle manovre di caporioni e di mestatori. Quando gli scioperi riescono, essi sono l’espressione di una esigenza profondamente sentita dalla massa lavoratrice.

Quanto poi alle limitazioni che si possono porre per i servizi pubblici o per alcuni servizi di pubblica utilità, pensa che non si possa in nessun caso accettare il concetto di dividere i cittadini in due categorie, ad una delle quali è riconosciuto il diritto di sciopero, mentre all’altra è negato. Una limitazione per i lavoratori di servizi pubblici è, a suo avviso, una mutilazione della libertà personale. Il lavoratore deve avere il diritto di scioperare quando lo crede opportuno.

L’onorevole Tupini dice che la società ha il diritto di garantirsi il funzionamento dei servizi essenziali alla vita collettiva. Ebbene, quante volte non è avvenuto che gli scioperanti abbiano tenuto conto per moto spontaneo della necessità di assicurare questi servizi? I lavoratori italiani, specialmente in questo ultimo periodo, hanno dimostrato un alto senso di civismo, e non vi è stato uno sciopero solo che abbia prodotto danni alla collettività con l’abbandono di servizi essenziali.

Perché tali servizi essenziali siano assicurati bisogna, pertanto, fare affidamento sul senso di civismo dei lavoratori, di cui essi hanno dato amplissime prove. Ma bisogna anche fare affidamento sul senso di responsabilità dei dirigenti di questi servizi. La minaccia dello sciopero deve servire a smuovere le ruote burocratiche di chi dirige e costringerlo a sentire l’opportunità di andare incontro alle richieste dei lavoratori e di giungere alla conclusione delle vertenze, anche senza che i lavoratori ricorrano allo sciopero.

Negare, quindi, il diritto di sciopero agli impiegati statali ed ai lavoratori dei servizi pubblici significherebbe rispondere con un atto di diffidenza alle innumerevoli prove di alto civismo che essi hanno dato.

Se ci si riferisce alla cronaca degli scioperi in Paesi europei dove le condizioni di vita sono incomparabilmente superiori a quelle italiane, si vede come numerosissimi scioperi si siano avuti anche da parte degli impiegati statali e dei lavoratori dei pubblici servizi. In Italia, invece, nonostante le angosciose condizioni di questo dopoguerra, non si è avuto nessun grande sciopero del genere, e non si sono avuti letteralmente scioperi in servizi pubblici, nonostante che molte volte i dipendenti statali abbiano urtato contro resistenze non sempre ragionevoli da parte dello Stato.

A queste prove di alto civismo, di dedizione degli impiegati dello Stato, si vorrebbe rispondere con un atto di diffidenza. Ciò, a suo parere, non è giusto, e starebbe a dimostrare che non si apprezza debitamente un fatto importantissimo: per la prima volta nella storia d’Italia vi è un’adesione libera, spontanea, unanime delle grandi masse lavoratrici allo Stato democratico, e questo fatto fa bene sperare per i destini del Paese.

Ora, se nella Costituzione, che deve riassumere le conquiste del popolo italiano, delle grandi masse lavoratrici italiane, si rispondesse con un atto di diffidenza, di paternalismo, di imposizione dall’esterno al libero esercizio di un preciso diritto della classe operaia, non soltanto si farebbe cosa contraria a questo diritto, ma si indebolirebbe la formazione del nuovo Stato democratico repubblicano.

D’altra parte, è bene tener conto che mentre nei partiti, nella stampa, nelle frazioni parlamentari esistono divergenze sul diritto di sciopero, in seno alle masse lavoratrici non vi è nessun dissenso.

Tutte le organizzazioni di lavoratori, a cominciare dagli statali, dalla categoria cioè, per la quale l’influenza comunista non è né determinante né decisiva, all’unanimità, compresi i lavoratori cattolici, liberali, e di altri partiti, hanno deciso di domandare alla Costituente di riconoscere il diritto di sciopero. Non vi è un solo sindacato italiano nel quale si sia formata una minoranza fra i lavoratori che chieda limitazioni a questo diritto. Ed è significativo il fatto che, mentre i diretti interessati, cioè i lavoratori appartenenti a qualsiasi partito politico, sono concordi su questo problema, i dissensi si sono manifestati fra i vari partiti.

Conclude affermando che sia un atto saggio, giusto e doveroso da parte della Commissione e dell’Assemblea costituente di inserire il diritto di sciopero nella Costituzione, adottando la formula che aveva proposto nella terza Sottocommissione, cioè: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

BULLONI esprime il parere personale che la legge costituzionale non debba accennare al diritto di sciopero, né nella formulazione proposta dalla prima Sottocommissione, né, per coerenza logica e giuridica, attraverso l’ordine del giorno proposto dalla terza Sottocommissione. Giudica lo sciopero un rapporto di forza che, come tale, non può essere considerato e disciplinato dalla legge, particolarmente dalla legge costituzionale, che è la legge per eccellenza.

La legge interviene per punire la ragion fattasi e solo in via eccezionale si limita a dichiarare non punibile chi ha agito per difendere l’integrità personale o altra diretta ingiustizia minacciata, sostituendosi alla tutela che lo Stato, nel momento, non ha potuto prestare.

Lo sciopero, a suo avviso, è un fatto sociale la cui disciplina deve essere rimessa al libero giuoco delle forze sociali, e che trova il suo limite nel senso di responsabilità di chi lo proclama e la sua sanzione nella stessa coscienza sociale.

Se lo sciopero è un rapporto di forza, ne deriva la ingenuità delle procedure e delle garanzie con cui si vuol circondare. Ad quid, ad esempio, stabilire che lo sciopero dei ferrovieri con la solidarietà delle altre categorie di lavoratori è stato proclamato senza la preventiva sperimentazione dei tentativi di conciliazione ed in contrasto ed in violazione con l’interesse essenziale della vita collettiva, quando la forza si è imposta ed ha travolto ogni resistenza nei confronti della controparte? Lo sciopero non deve trovare nella legge né riconoscimento, né condanna; e dice sciopero genericamente, con la precisa intenzione che nella legge non debba trovare condanna nemmeno lo sciopero politico.

CAPPI non condivide il nichilismo giuridico e sociale dell’onorevole Bulloni, che renderebbe vana qualunque legge. Ritiene che il diritto di sciopero debba essere affermato nella Costituzione per le ragioni che anche altri hanno esposto. Siccome la convivenza sociale è una continua ricerca di un equilibrio fra il diritto dell’individuo e il diritto e l’interesse della collettività, pensa che il diritto di sciopero non possa essere disgiunto da una qualsiasi regolamentazione.

Premesso questo, non ritiene che sia opportuno fissare tale regolamentazione nella Costituzione. In proposito, giudica che anche in questa materia si è vittime di un certo daltonismo e non comprende questa diffidenza dell’intervento dello Stato nei rapporti sociali. Si ha ancora davanti alla mente, a suo avviso, quello stato patologico determinato dalla degenerazione del potere legislativo e del potere esecutivo rappresentata dal fascismo; ma quando si pensa che domani vi sarà uno Stato veramente democratico, in cui i due poteri, esecutivo e legislativo, rappresenteranno la volontà genuina e gli interessi della nazione liberamente manifestati, non è giustificata questa diffidenza preconcetta dell’intervento dello Stato in una materia come quella dello sciopero, che può dar luogo a gravissime conseguenze. Concludendo, propone che nella Costituzione sia inserito il seguente articolo: «È riconosciuto il diritto di sciopero. Una legge sui rapporti di lavoro ne regola l’esercizio».

CANEVARI si associa alle considerazioni fatte dall’onorevole Ghidini. Osserva che non vi è dissenso – anche per l’esposizione fatta dall’onorevole Tupini – nel riconoscere il diritto di sciopero a tutti i lavoratori; sorge, invece, il dissenso per quanto si riferisce alle limitazioni. Rileva, in proposito, che ogni limitazione contenuta nella Carta costituzionale sarebbe infranta indubbiamente quando le condizioni economiche o politiche fossero tali da indurre i lavoratori a ricorrere all’arma dello sciopero.

È pertanto favorevole all’approvazione del primo comma dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione; in subordine voterà per l’ordine del giorno proposto dalla terza Sottocommissione.

FABBRI, soltanto per amore di chiarezza, desidera precisare che non ritiene regolabile nella Costituzione il fatto dello sciopero; e dice deliberatamente «fatto» dello sciopero e non «diritto», in quanto allo sciopero corrispondo un rapporto di lavoro bilaterale in base ad un contratto, che sarà di varia natura – giornaliero, settimanale, mensile – ma tale comunque da mettere in essere un vero e proprio stato giuridico, come quello del pubblico impiego. L’interruzione rapida, immediata, violenta, della prestazione di lavoro in moltissimi casi è una rottura di contratto; per ciò solo lo sciopero deve essere considerato un fatto e non può essere definito un diritto; perché nel momento in cui si definisce un diritto dal punto di vista del prestatore di lavoro, si disconosce la posizione del datore di lavoro.

Ritiene, quindi, che si debba evitare qualunque concetto di paternalismo e che ci si possa affidare completamente al senso di responsabilità, all’educazione politica delle organizzazioni sindacali. In nessun caso, pertanto, si può parlare di diritto di sciopero senza mettere in essere una contraddizione in termini, senza adoperare una espressione incompatibile con quelle stesse definizioni che sono state date dall’onorevole Di Vittorio, il quale certamente esclude, per esempio, che i fornai di una grande città possano fare contemporaneamente uno sciopero.

Ed allora si domanda come possa egli qualificare diritto quest’arma quando si preoccupa che possa essere usata in forma contraria al diritto o quando esclude che possa essere usata in determinati casi? Per conseguenza, non si tratta di un diritto, ma di fatto eventuale, la cui attuazione deve essere lasciata alla consapevole responsabilità dei prestatori di lavoro.

D’altra parte, lo sciopero è egualmente riconosciuto qualche volta come sciopero politico e qualche volta come sciopero economico. Le due cose sono così profondamente diverse che ritiene sia un assoluto controsenso parlare di un riconoscimento del diritto di sciopero. Quindi per ragioni analoghe, e in qualche punto soltanto lievemente diverse, a quelle esposte dall’onorevole Bulloni, dichiara di essere personalmente contrario a che nella Carta costituzionale sia riconosciuto il diritto di sciopero.

TOGNI si limita ad intervenire brevemente come membro della terza Sottocommissione, per aggiungere qualche cosa a quanto ha detto il Presidente onorevole Ghidini. Precisa anzitutto che l’ordine del giorno è stato approvato dalla terza Sottocommissione a grandissima maggioranza (11 voti contro 2) e, quindi, il riconoscimento del diritto di sciopero non era il risultato della volontà della maggioranza di una determinata corrente, ma il risultato di un laborioso esame durato tre giorni. Tutti i componenti della Sottocommissione furono allora d’accordo nel riconoscere l’inevitabilità dello sciopero in determinati casi; tutti erano d’accordo, come lo sono tuttora, nel riconoscere che questo dato di fatto non può essere soppresso, ma che invece deve essere o favorito, o consentito, o tollerato, a seconda dei punti di vista. Ed aggiunge che la grandissima maggioranza fu d’accordo nel riconoscere che, ove questo diritto fosse stato incluso nella Costituzione, si sarebbe dovuto limitare per quanto riguarda l’iniziativa politica e lo sciopero in determinati settori indispensabili alla vita della Nazione.

A proposito di quanto ha detto l’onorevole Ghidini, e per evitare equivoci, tiene a chiarire che non si parlò di consigli di gestione, ma di partecipazione alla gestione, il che è molto diverso.

Ad ogni modo è dell’opinione di non comprendere il diritto di sciopero nella Costituzione, anche per il fatto che esso è in fondo la manifestazione di qualche cosa di dinamico che si trasforma e che, come è da augurarsi, in relazione ai miglioramenti dei rapporti sociali, si potrà arrivare a renderlo, se non impossibile di fatto, almeno limitato, eliminando tante cause le quali oggi lo determinano.

Per questo ritiene che, mentre non si debba comprendere il diritto di sciopero nella Costituzione, si debba provvedere, con un complesso di norme organiche, alla disciplina completa dei rapporti di lavoro, per quanto riguarda sia il contratto collettivo sia la conciliazione e l’arbitrato, evitando il ricorso a quest’arma, a vantaggio dell’economia generale e dei rapporti di vita del Paese.

DOMINEDÒ si ricollega all’atteggiamento già assunto nella terza Sottocommissione, che deve ribadire per motivi sia giuridici che sociali.

Pensa che un’arma di fatto, come lo sciopero, che può indubbiamente diventare strumento di lecita difesa del lavoratore, in quanto sia determinato da una situazione di prepotere del datore di lavoro contro la quale nessun altro rimedio risulti possibile, non può, in linea generale, essere configurata come diritto illimitato ed incondizionato. Se pretendessimo di trasformare costituzionalmente un’arma di fatto in istituto giuridico, dovremmo includere una serie di tali specificazioni e limitazioni, inerenti alla esigenza della realtà giuridica sociale, che entreremmo in un campò più propriamente legislativo che non costituzionale: basti pensare alle distinzioni fra sciopero economico e politico, privato e pubblico, relativo a servizi essenziali o accessori, e via dicendo. Ciò che risponde storicamente al fatto che le Costituzioni moderne tacciono di regola in materia.

Resta il punto, su cui ha insistito l’onorevole Di Vittorio nella terza Sottocommissione: cioè il motivo specifico che peserebbe in Italia, dove preesisteva il divieto di sciopero e di serrata definiti come reato. Ma, a parte che il divieto è caduto per una disposizione internazionale, alla cui osservanza l’Italia è tenuta, ed è superato nella realtà sociale, appare evidente che il silenzio della Costituzione lascia la via aperta per l’ulteriore disciplina dell’istituto sul piano legislativo, in corrispondenza delle correnti politiche, che si svolgeranno nel prossimo domani: e qui noi pensiamo alla sostituzione graduale d’un’arma di fatto con un istituto giuridico, all’avvento di un arbitrato o di una conciliazione delle vertenze di lavoro, da sperimentarsi obbligatoriamente nell’interesse della collettività, secondo l’evoluzione storica di ogni popolo civile.

TOSATO dichiara di essere personalmente favorevole al testo della prima Sottocommissione. La ragione addotta dall’onorevole Di Vittorio è determinante. Dopo una legislazione, che ha considerato reato il diritto di sciopero, la nuova Costituzione non può che riconoscerlo. Né può ritenersi valida, a suo parere, l’osservazione dell’onorevole Fabbri, che si riconosce in tal modo un diritto essenzialmente antigiuridico. Lo sciopero è fenomeno sociale, che va al di là dei rapporti regolati dal contratto di lavoro.

Ora, nel caso che la Costituzione contenga il riconoscimento esplicito del diritto di sciopero, se ne potrebbe dedurre che, appunto per questo, lo sciopero è un diritto costituzionale, garantito e riconosciuto, e che nessuna legge potrà intervenire per regolarne l’esercizio. Crede che nessuno voglia accettare questa conseguenza, perché, se vi sono diritti della classe lavoratrice, vi sono anche diritti della collettività; e come vi è diritto di autodifesa della parte, vi sarà anche diritto di autodifesa del tutto.

D’altra parte, se la Costituzione riconosce puramente e semplicemente il diritto di sciopero, ed anche se si ammette, in contrasto con la prima ipotesi, cui ha accennato, che la legislazione successiva possa intervenire in questa questione, ritiene sia molto più garantita la classe lavoratrice, qualora la Costituzione contenga dei limiti alla futura attività del legislatore, nel senso che questa attività non elimina in pratica il riconoscimento giuridico del diritto di sciopero.

Pensa, quindi, che la Costituzione debba riconoscere il diritto di sciopero; ma, proprio a garanzia dei lavoratori, debba stabilire le direttive al futuro legislatore per regolarne l’esercizio, condizione di carattere obiettivo per evitare qualsiasi discrezionalità non solo della pubblica amministrazione, che sarebbe estromessa, ma del potere legislativo.

BASSO ricorda che, nella prima Sottocommissione, votò favorevolmente alla prima parte dell’articolo e contro la seconda parte. Non ritiene si possa affermare che il riconoscimento del diritto di sciopero nella Costituzione, senza specificazioni, tolga al legislatore la possibilità di regolarne l’esercizio; ma che sia normale che la legge regoli l’esercizio dei diritti sanciti dalla Costituzione.

Qualora si accettasse il testo proposto dalla maggioranza della prima Sottocommissione, si sopprimerebbe praticamente il diritto di sciopero, poiché non v’è dubbio che i tre limiti posti dalla seconda parte dell’articolo sostanzialmente uccidono la prima parte.

Il solo fatto di dire che la legge regola le modalità per la procedura di proclamazione dello sciopero, significa che si viene a negare, in radice, la possibilità di abbandono spontaneo del lavoro da parte dei lavoratori, cioè la forma più semplice e più democratica di sciopero.

Voterà, pertanto, contro questa seconda parte. È anche contrario al silenzio della legge, e non ritiene valido l’argomento che lo sciopero è un fatto sociale ed un rapporto di forza, non un fatto giuridico. Tutti i rapporti sociali sono rapporti di forza. Per questo la Costituzione interviene a regolarli, al fine di impedire che vadano oltre un certo segno; altrimenti, si tornerebbe alla legge della giungla.

Considerando appunto lo sciopero un rapporto di forza, si è impedito alla classe lavoratrice l’esercizio del diritto di sciopero.

Ora, se nella Costituzione si vogliono proclamare determinati diritti sociali, il primo e fondamentale è il diritto di sciopero, per cui la classe lavoratrice lotta da un secolo e mezzo.

Conclude affermando che voterà a favore del solo primo comma: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

CODACCI PISANELLI pensa che, reagendo ad un eccesso del passato, si rischi di cadere nell’eccesso opposto. Si dice: siccome il legislatore precedentemente aveva condannato lo sciopero come reato, si deve ora espressamente sancire questo diritto nella Costituzione. Questo orientamento porterebbe da un estremo all’altro. È d’avviso, invece, che la questione vada considerata da un punto di vista spassionato: tenere conto del diritto di sciopero e degli inconvenienti del suo riconoscimento.

Lo sciopero è reso necessario dalla situazione attuale imperfetta, perché l’organizzazione sindacale è ancora allo stato embrionale. Come nei conflitti fra abitanti di due Comuni, sono questi a rivolgersi al magistrato per la risoluzione della questione, così in uno Stato bene organizzato deve la Magistratura risolvere le controversie fra le diverse categorie partecipanti alla produzione.

Come le controversie fra privati, in una organizzazione sociale completa, non possono essere risolte con la forza, così le controversie sociali, che hanno importanza maggiore, non possono essere risolte dagli interessati, che non hanno l’imparzialità necessaria. Perciò, bisogna risolvere in maniera organica la questione.

Propone, pertanto, che non si pregiudichi con un articolo di Costituzione un più ampio sviluppo del nostro sistema. Ritiene, anzi, che da questo punto di vista il progetto della Costituzione lasci anche a desiderare, perché non prevede un’organizzazione sindacale adeguata alla nostra posizione, in quanto lascia la necessità di ricorrere a volte a questo estremo rimedio.

In sostanza, propone che non si parli del diritto di sciopero, altrimenti si pregiudicherebbe la possibilità di giungere all’arbitrato obbligatorio, che è la meta cui tendono i sistemi industriali più progrediti: cita quello australiano e quello attuale in America; senza tener conto che lo sciopero non è ammesso in altri sistemi, salvo quello dell’Unione sovietica, dove lo sciopero non si verifica affatto.

Subordinatamente, nel caso in cui non fosse accettata tale proposta, ritiene che non si debba nemmeno pregiudicare la possibilità d’una soluzione delle controversie di lavoro, diversa da quella dello sciopero. Sarebbe come dire al lavoratore: «Se chi ha dato lavoro non ti paga, puoi farti ragione da te». Questo non si può ammettere.

Lo stesso vale per il lavoratore che non abbia condizioni di lavoro sufficienti per vivere. Non si può dirgli di ricorrere a questo estremo; ma bisogna dare i mezzi necessari perché lo Stato cerchi di soddisfare le sue legittime aspirazioni.

Pensa che il riconoscimento del diritto di sciopero, e l’esercizio di esso nelle controversie di lavoro, non sarebbe prova di fiducia nella democrazia; anzi starebbe a significare che lo Stato non ha poteri sufficienti per risolvere queste controversie.

ZUCCARINI desidera precisare l’opinione sua e dei suoi amici su questa particolare questione.

Se il diritto di sciopero non fosse stato nel passato contestato e se non lo fosse ancora oggi – tanto è vero che si parla d’una regolamentazione, che praticamente ne elimina la libertà di esercizio – sarebbe del parere che nella Costituzione non se ne parlasse, tanto esso rientra nei diritti naturali del cittadino. Ma siccome, evidentemente, la omissione presuppone la intenzione o di eliminarlo, o di regolarlo, dichiara di essere favorevole all’affermazione pura e semplice del diritto di sciopero. Pensa, peraltro, che l’esercizio del diritto di sciopero trovi in se stesso, nelle sue conseguenze, tutte le sue limitazioni, in bene come in male.

Se in altri tempi, quando eravamo in una situazione di educazione politica e soprattutto di educazione sociale molto più bassa, il diritto di sciopero ha trovato manifestazioni di eccessi condannabili, e che, in fondo, hanno nociuto agli stessi operai, il fatto che i risultati negativi hanno nociuto ha servito a limitarlo. Né si può dimenticare che lo sciopero, come è stato esercitato, ha costituito non solo un mezzo di educazione e di autodifesa degli operai, ma ha servito anche a dare maggiore sviluppo e perfezionamento al processo produttivo.

Crede che non sia errato dire che molti dei progressi compiuti nel campo della produzione sono dovuti proprio a questi interventi operai. In fondo, era l’espressione dei loro diritti legittimi, della loro aspirazione a trovare, attraverso la retribuzione del lavoro, una migliore soddisfazione dei loro bisogni.

Afferma, concludendo, di essere favorevole alla formula: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero», senza alcuna limitazione, poiché nessun diritto può essere affermato per essere poi negato attraverso la regolamentazione.

LUSSU voterà la prima parte dell’articolo: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero». Non condivide totalmente il pensiero della terza Sottocommissione, la quale ritiene che si debba parlare del diritto di sciopero non adesso, ma successivamente. A suo parere se ne deve parlare adesso, poiché il parlarne rientra nell’armonia del testo della Costituzione.

Pensa, peraltro, che lo Stato abbia il diritto di intervenire in materia. Non si tratta di una imposizione dall’esterno. Lo Stato agisce dall’interno, specialmente questo Stato che differisce radicalmente dallo Stato liberale pre-fascista. Questo è lo Stato democratico, imperniato su conquiste sociali, per cui può definirsi lo Stato dei lavoratori.

Circa la questione se impiegati dello Stato abbiano diritto di scioperare, ricorda che venticinque anni fa votò favorevolmente, perché era contro lo Stato monarchico; oggi invece è perplesso, perché pensa che gli impiegati non abbiano diritto di ergersi contro lo Stato repubblicano.

Se, per esempio, un giusto provvedimento esonerasse il Procuratore Generale della Corte di cassazione, hanno diritto i magistrati di scioperare? Ecco il problema estremamente delicato.

In sostanza sono capovolti i termini dello Stato liberale. Lo Stato democratico repubblicano è lo stato dei lavoratori e, quindi, deve essere difeso contro tutti.

COLITTO dichiara che non sarebbe sincero se affermasse di essere favorevole al riconoscimento di un «diritto» in materia di sciopero. È inutile sottolineare di nuovo che la ragion fattasi ha costituito sempre e costituisce un illecito: giova, invece, ricordare che lo sciopero reca sempre danni enormi alla collettività, sia al lavoro, sia al capitale, come appare in modo evidente da quello che è avvenuto non solo in Italia, ma anche in altre parti del mondo. È, quindi, più che sia possibile, da evitare. I rilievi, del resto, che da ogni parte si formulano per circoscrivere l’esercizio di quel diritto, dividendo, come giustamente ha detto l’onorevole Di Vittorio, gli italiani in due categorie, costituiscono la riprova della esistenza in tutti della grande preoccupazione che dallo sciopero non vantaggio derivi alla collettività, ma pregiudizio. Ed è del bene collettivo che bisogna sempre preoccuparsi.

Ora, se c’è in Italia una organizzazione sindacale, la quale va sempre più consolidandosi e perfezionandosi, non comprende perché non possa tale organizzazione intervenire con i suoi congegni arbitrali per comporre ogni vertenza di carattere collettivo nel campo dei rapporti di lavoro.

Non si rende conto, poi, del perché nella Costituzione si debba parlare di un diritto di sciopero e non di un diritto di serrata. Così operandosi, si dividerebbero di nuovo gli italiani in due categorie, con diversi diritti e diversi doveri, il che da tutti si vuole evitare.

Egli è, quindi, dell’opinione che nella Costituzione non si faccia parola del diritto di sciopero.

MOLÈ desidera spiegare rapidamente le ragioni del suo voto. Ammette il diritto di sciopero, come legittimo strumento di lotta nelle competizioni fra capitale e lavoro. Repugna alla concezione di sciopero come violazione di un contratto bilaterale, per cui il prestatore d’opera viene meno all’obbligo assunto verso il datore d’opera.

Non è possibile confondere lo sciopero con la violazione di un contratto individuale. Qui si tratta di un fenomeno collettivo che ha la spiegazione nella necessità di rompere contratti onerosi, che le esigenze mutate della vita economica impongono di rivedere, quando i prestatori si rifiutano alle revisioni; onde la presunzione di equità è per le masse lavoratrici che agiscono in stato di necessità, disertando il lavoro, che è il loro unico mezzo di vita.

Non è perciò possibile disconoscere il diritto di sciopero ai lavoratori, come mezzo di difesa nella lotta fra capitale e lavoro. Ma non può rientrare nel concetto della lotta di classe – cioè nella lotta fra capitale e lavoro – il rapporto che intercede fra lo Stato, che rappresenta la collettività dei cittadini, e quelle categorie dei funzionari che rappresentano ed attuano la volontà sovrana dello Stato, e però s’identificano con lo Stato e la legge dello Stato, di cui sono l’organo esecutivo.

Anche quei funzionari vivono di lavoro, ma non sono di fronte sul piano del contrasto economico. E però il diritto di sciopero, che questo contrasto presuppone, non può essere loro concesso.

Il Magistrato, il Prefetto, il carabiniere, l’agente di pubblica sicurezza non possono scioperare. Se concedesse loro questo diritto, nel formare la sua Costituzione, lo Stato sanzionerebbe il diritto di ribellione, cioè la legittimità della rivoluzione contro se stesso, e consacrerebbe il suo suicidio.

Egli voterà perciò la proposta della terza Sottocommissione, di rinviare all’Assemblea legislativa l’esame approfondito della materia. E se tale proposta venisse respinta, voterà la prima parte dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione, che sancisce il diritto generico di sciopero dei lavoratori, nel cui concetto classistico non possono essere compresi i funzionari che attuano la volontà sovrana dello Stato. E non voterà altre formule che accennano a future regolamentazioni legali dell’esercizio dello sciopero, che sembra accennino alle modalità dello sciopero non regolamentabili, o sanciscono divieti indiscriminati di sciopero per addetti a pubblici servizi, dizione troppo ampia e imprecisa, nella quale sono anche comprese gestioni industriali dello Stato che esulano dalle sue funzioni di sovranità.

MANCINI è favorevole all’affermazione pura e semplice del diritto di sciopero, come ebbe a sostenere in seno alla prima Sottocommissione, perché le limitazioni non farebbero altro che falsare il contenuto sociale, morale e giuridico del diritto di sciopero e non agirebbero come freno, perché lo sciopero dal suo carattere economico passa a quello politico.

Questo convincimento si basa su una ragione dottrinaria, su una ragione sociale e su una ragione politica.

La ragione dottrinaria è che il diritto di sciopero, a suo parere, non è un rapporto di forze e neanche un rapporto economico, ma un diritto naturale che non può essere vulnerato da nessuno.

La ragione sociale è che il diritto di sciopero non è, come diceva l’onorevole Tupini, l’arma della guerra, ma della difesa, la garanzia dell’organizzazione. Lo sciopero diventa l’arma della guerra quando passa dal movimento economico al movimento politico; ma quando resta ristretto nei limiti del movimento economico, lo sciopero è difesa ed è diritto sacro del lavoratore e della organizzazione. Senza di esso non si può concepire il sindacato.

La ragione politica e che, in questo momento, le nostre coscienze dovrebbero essere unite, anche se diversamente valutano il diritto di sciopero. Il passato regime ha dichiarato lo sciopero un reato punibile.

Questa nuova Italia, sorta sulla catastrofe del fascismo con nuovi intendimenti, deve affermare che lo sciopero non è un reato, ma il diritto invulnerabile delle nuove masse lavoratrici italiane.

FANFANI pensa che, per risolvere questo problema, occorra considerare se nella Costituzione, quale si intravede già dal progetto in via di formazione, un articolo che riconosca il diritto di sciopero sia in armonia con tutto il sistema.

Ora, il progetto, quale finora si conosce, stabilisce che la Repubblica italiana non poggia su una concezione individualistica e, quindi, non aderisce all’idea che l’equilibrio sociale ed economico si raggiunge attraverso una lotta permanente tra i cittadini, ma invece si rifà ad una concezione solidaristica, come si dimostra attraverso tutti i vari articoli che la terza Sottocommissione ha votato quasi sempre all’unanimità e che, in gran parte, sono stati trasfusi nel progetto del Comitato di redazione.

Dal testo del progetto risulta che la Repubblica italiana riconosce ai lavoratori tutti i diritti economici necessari a portarli al primo piano della vita sociale, senza eccezioni, e che la Repubblica italiana vuole abolire posizioni di privilegio di ogni genere a favore di qualsiasi cittadino, gruppo, categoria, classe.

Infine la Repubblica italiana rivendica a sé piena capacità di rendere giustizia a tutti i cittadini, anche nel settore economico.

Ora, nel quadro di questa Costituzione, un articolo sul diritto di sciopero potrebbe voler significare una negazione della capacità della Repubblica di rendere giustizia a tutti, anche sul terreno economico.

La rinuncia da parte della Repubblica ad esercitare quella funzione di coordinamento e di armonizzazione di tutti i fenomeni economici contraddittori, in vista di un fine sociale e soprattutto in vista di quella elevazione dei lavoratori, quale è stata affermata esplicitamente in alcuni articoli, che costituiscono, a suo parere, la parte più originale della Costituzione, rispetto a tutte le costituzioni che finora sono state formulate, menoma completamente la facoltà del nostro Stato democratico.

Ma, di fatto, si deve riconoscere che ancora oggi il ricorso allo sciopero è tutt’altro che superfluo come strumento per portare i lavoratori al pieno riconoscimento dei loro diritti. E, per questo, è una concessione alla realtà l’arrivare all’esercizio dello sciopero in base a norme sui rapporti di lavoro, in attesa che i lavoratori stessi possano riconoscere che il mezzo dello sciopero è tra i più dispendiosi. Quel giorno, evidentemente, la evoluzione storica renderebbe anche nel nostro Paese superfluo il ricorso all’arma dello sciopero.

In conclusione, per ragioni di armonia, ritiene opportuno che la Costituzione non parli del diritto di sciopero. Però, l’Assemblea potrebbe anche decidere nel senso già accettato alla quasi unanimità della terza Sottocommissione. Tuttavia, nell’ipotesi che si ritenga conveniente, anche per ragioni politiche che giudica fortissime, di proclamare il diritto di sciopero, naturalmente la Repubblica che, in base alla nuova Costituzione, deve armonizzare tutti i fenomeni economici, deve anche armonizzare gli scioperi con il complesso della vita economica nazionale, e, pertanto, si rende indispensabile il rinvio ad una legge che regoli l’esercizio del diritto di sciopero.

PRESIDENTE avverte che l’ordine delle proposte da votare dovrebbe essere il seguente. Vi è, in primo luogo, la proposta di non parlare del diritto di sciopero nella Costituzione. Segue la proposta dell’onorevole Di Vittorio di approvare il primo comma dell’articolo votato dalla prima Sottocommissione: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero». Vi è poi la proposta dell’onorevole Cappi di aggiungere a questo comma la formula: «Una legge sui rapporti di lavoro ne regola l’esercizio». Infine si dovrebbe porre in votazione il secondo comma dell’articolo approvato dalla prima Sottocommissione.

BORDON, circa l’ordine della votazione, osserva che non è accettabile che la formula proposta dall’onorevole Di Vittorio preceda quella dell’onorevole Cappi, perché la prima ha un valore risolutivo, mentre invece la formula dell’onorevole Cappi è più ampia, e, pertanto, dovrebbe precedere, anche se dovesse votarsi per divisione.

TUPINI osserva che nell’ordine normale dei lavori della Commissione occorre tener conto del regolamento della Camera. Ora, poiché l’onorevole Bulloni ha fatto una proposta pregiudiziale, bisogna votarla per prima. Nel caso che sia respinta, si passa all’esame delle proposte che più radicalmente si discostano da quelle delle Sottocommissioni.

L’onorevole Di Vittorio ha proposto di approvare un articolo così formulato: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

Richiama l’attenzione dell’Assemblea sul fatto che la proposta Di Vittorio corrisponde al primo comma dell’articolo votato dalla prima Sottocommissione; e, poiché in sede di prima Sottocommissione si fece la votazione per divisione, si deve fare lo stesso anche in questa sede.

L’onorevole Cappi ha poi proposto di aggiungere la formula: «Una legge sui rapporti di lavoro ne regola l’esercizio».

Ritiene, quindi, che, qualora sia respinta la pregiudiziale Bulloni, si debba votare prima la proposta Di Vittorio, poi quella Cappi e, infine, il secondo comma proposto dalla prima Sottocommissione.

PRESIDENTE. Resta dunque inteso che si pone ai voti la proposta dell’onorevole Bulloni di non parlare del diritto di sciopero nella Costituzione. Su di essa è stato chiesto l’appello nominale.

GHIDINI dichiara di votare a favore dell’affermazione, pura e semplice, del diritto di sciopero, senza alcuna limitazione.

CANEVARI si associa.

CONTI voterà per la formula: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

LUCIFERO dichiara di votare a favore della pregiudiziale, perché ritiene che questa non sia materia costituzionale. Il diritto di sciopero, anche se lo si vuole intendere come diritto, è una esigenza prettamente liberale. Ritiene che in una Costituzione, come quella che viene proposta, che non è di natura liberale, esso non abbia più ragione di esistere.

Voterà contro la prima parte dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione; voterà a favore di quella disposizione che stabilisca che la legge debba regolare l’esercizio del diritto di sciopero, qualora fosse ammesso.

BULLONI dichiara che la sua pregiudiziale non vuole significare né limiti, né condanna del diritto di sciopero.

AMBROSINI vota a favore della proposta Bulloni, perché ritiene che la complessa materia debba essere opportunamente disciplinata da una legge speciale. Subordinatamente, voterà per la proposta Cappi.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Ambrosini, Bulloni, Codacci Pisanelli, Colitto, Dominedò, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Leone Giovanni, Lucifero, Mastrojanni, Marinaro, Molè.

Rispondono no: Amadei, Basso, Bocconi, Bordon, Calamandrei, Canevari, Cappi, Cevolotto, Conti, De Michele, Di Giovanni, Di Vittorio, Dossetti, Farini, Fuschini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mancini, Mannironi, Marchesi, Merlin Lina, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Perassi, Pesenti, Piccioni. Rapelli, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

PRESIDENTE comunica il risultato della votazione nominale:

Votanti                    60

Voti favorevoli        13

Voti contrari                        47

(La Commissione non approva).

Pone ai voti il primo comma dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione, fatto proprio dall’onorevole Di Vittorio: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

Anche su questo comma è stato chiesto l’appello nominale da parte dell’onorevole Di Vittorio.

PICCIONI dichiara di votare favorevolmente a questa proposta, nel concetto che essa sia integrata nella seconda parte.

TERRACINI in questa sede ritiene che non si tratti tanto di salvare delle apparenze politiche, quanto di andare direttamente alla sostanza. Non è una legge che andrà ad un’Assemblea legislativa: è la Costituzione, e di fronte alle disposizioni della Costituzione, nessuno dovrebbe cercare di trovare, attraverso la votazione, il salvataggio di qualche preoccupazione che non sia quella schietta di dire quello che pensa.

La formulazione dell’onorevole Di Vittorio ha un suo significato e così pure la formulazione della prima Sottocommissione. La prima Sottocommissione ha votato che sia assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero, solo in quanto vi fossero limitazioni nella seconda parte.

La Commissione è in maggioranza di avviso che bisogna parlare del diritto di sciopero ed ora bisogna scegliere fra le due posizioni e cioè: che il diritto di sciopero sia affermato puramente e semplicemente, oppure che sia affermato in condizioni inscindibili. Pertanto, non si dovrebbe dire di volare la formulazione della prima Sottocommissione per divisione. Non è divisibile la formula della prima Sottocommissione. V’è una proposta dell’onorevole Di Vittorio. Chi l’accetta, vota secondo un preciso intendimento; coloro che non l’accettano voteranno poi la formula della prima Sottocommissione. Altrimenti questa votazione non sarà una espressione chiara, com’è necessario invece che sia.

DI GIOVANNI si rende conto dello scopo politico dell’intervento dell’onorevole Terracini: si vuole entrare nel campo delle intenzioni e ci si vuole costringere a votare quasi contro il diritto di sciopero. Si potrebbe, a suo parere, votare prima sul diritto di sciopero e poi, se la maggioranza accederà, votare sul l’emendamento.

DOSSETTI non accetta il dilemma proposto dall’onorevole Terracini, e si attiene all’articolo formulato dalla prima Sottocommissione, che fu votato secondo la logica, nella prima parte e successivamente nella seconda.

PRESIDENTE ritiene che questa chiarificazione di posizioni sia indispensabile ed ottenibile, votando dapprima la formula: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero», sulla quale vi potrà essere il consenso di tutti. La chiarificazione avverrà nella seconda parte proposta dall’onorevole Cappi.

Pone pertanto ai voti la prima parte dell’articolo: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

BULLONI dichiara che voterà contro per i motivi e con gli intendimenti da altri svolti.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bordon, Calamandrei, Canevari, Cappi, Cevolotto, Conti, De Michele, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mancini, Mannironi, Marchesi, Merlin Lina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Rispondono no: Bulloni, Codacci Pisanelli, Colitto, Lucifero, Marinaro, Mastrojanni.

PRESIDENTE comunica il risultato della votazione:

Votanti                    60

Voti favorevoli        54

Voti contrari                        6

(La Commissione approva).

Pone in votazione l’aggiunta proposta dall’onorevole Cappi: «Una legge sui rapporti di lavoro ne regola l’esercizio», sulla quale è stato chiesto l’appello nominale.

LUSSU voterà contro, pur intendendo che lo Stato ha diritto di intervenire in materia.

CODACCI PISANELLI voterà in senso favorevole, pur avendo votato contro la precedente proporzione, perché ritiene che l’aggiunta provochi una modificazione.

CANEVARI si associa alla dichiarazione dell’onorevole Lussu.

(Segue la votazione nominale).

Rispondano sì: Ambrosini, Codacci Pisanelli, Colitto, De Michele, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Piccioni, Rapelli, Ruini, Taviani, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Rispondono no: Amadei, Basso, Bocconi, Bordon, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, Di Giovanni, Di Vittorio, Farini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mancini, Marchesi, Merlin Lina, Molè, Nobile, Perassi, Pesenti, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Togliatti, Zuccarini.

PRESIDENTE comunica il risultato della votazione:

Votanti                    59

Voti favorevoli        27

Voti contrari                        32

(La Commissione non approva).

Avverte che resta da votare il secondo comma dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione:

«La legge ne regola le modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

  1. a) alla procedura di proclamazione;
  2. b) all’esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;
  3. c) al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva».

DI VITTORIO osserva che, avendo la Commissione respinto a maggioranza l’emendamento Cappi, si rende completamente inutile e superflua la votazione delle limitazioni proposte dalla prima Sottocommissione.

TUPINI rileva che, non essendo stato approvato l’emendamento Cappi, risorge la necessità di votare sulla proposta della prima Sottocommissioni, anche perché i membri di essa in certo modo sono impegnati su questo testo e si deve vedere se l’impegno assunto in quella sede verrà mantenuto anche in questa.

TARGETTI si associa a quanto ha dichiarato l’onorevole Di Vittorio e richiama l’attenzione sulle dichiarazioni fatte dall’onorevole Terracini, che hanno bene illustrato il significato delle votazioni.

PRESIDENTE è del parere che la votazione sull’emendamento Cappi non esclude che si possa votare un emendamento che rinvia con particolari indicazioni ad un’altra legge. Deve, pertanto, ammettere la votazione.

Personalmente dichiara che voterà contro, perché mentre era favorevole ad una legge che avesse regolata la materia nel suo complesso, non crede che si debbano determinare i punti particolari.

Anche per questa votazione è stato chiesto l’appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Ambrosini, Bozzi, Cappi, Codacci Pisanelli, Colitto, De Michele, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Piccioni, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Rispondono no: Amadei, Basso, Bocconi, Bordon, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, Di Giovanni, Di Vittorio, Farini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mancini, Marchesi, Merlin Lina, Nobile, Perassi, Pesenti, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Terracini, Togliatti, Zuccarini.

Comunica il risultato della votazione:

Votanti                    59

Voti favorevoli        27

Voti contrari                        32

(La Commissione non approva).

La seduta termina alle 12.35.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, De Michele, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lucifero, Lussu, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Lina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Assente giustificato: Caristia.

Erano assenti: Cannizzo, Castiglia, Corsanego, De Vita, Einaudi, Finocchiaro Aprile, Giua, Grassi, La Pira, Lombardo, Noce Teresa, Paratore, Porzio.

VENERDÌ 6 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

10.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 6 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Molè – Fabbri – Lucifero – Targetti – Moro – Marinaro – Tupini – Ghidini – Terracini – Conti – Codacci Pisanelli – Togliatti – Di Giovanni – Fuschini.

La seduta comincia alle 10.20.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE ricorda che il termine stabilito dalla Costituente, in base ad una disposizione predisposta dalla Giunta del Regolamento, in ordine al compimento dei lavori della Commissione per la Costituzione, era il 20 ottobre. All’avvicinarsi di questa data la Commissione constatò e ne fu data comunicazione al Presidente della Costituente che per il 20 ottobre il lavoro non poteva essere ultimato.

Nella imminenza della convocazione della Assemblea costituente, stabilita per il 10 corrente, ha già avuto invito dal Presidente della Costituente a dichiarare qual è la situazione del lavoro della Commissione e quale proroga è necessaria. A prescindere da ogni altra questione, v’è un problema di possibilità e di previsione tecnica: entro quale termine la Commissione è sicura di compiere il suo lavoro. Si è parlato del 20 gennaio. Ad ogni modo, invita la Commissione a fissare il termine ché dovrà essere indicato alla Presidenza della Costituente, perché sottoponga la domanda di proroga all’Assemblea plenaria.

MOLÈ osserva che i Presidenti delle Sottocommissioni dovrebbero poter dire quando ritengono di essere in condizioni di presentare l’intero progetto, in modo che si possa chiedere con sicurezza una proroga e mantenere poi l’impegno assunto.

FABBRI osserva che se nella richiesta di proroga deve essere compreso anche il tempo necessario per la stampa e la distribuzione del progetto che si può calcolare in otto/dieci giorni si arriva ai primi di febbraio.

PRESIDENTE. Ciò implicherebbe che il lavoro della Commissione dovrebbe essere ultimato entro il 20 gennaio.

FABBRI non crede che sia possibile ultimare il lavoro prima della fine di gennaio, data l’importanza dei temi da trattare e dato il fatto che nell’ultima decade di dicembre, e forse fino al 6 gennaio, molti componenti delle Sottocommissioni saranno fuori di Roma.

LUCIFERO raccomanda alla Commissione di chiedere un termine abbastanza lato per essere matematicamente certa di poter ultimare i lavori entro tale termine, onde evitare di chiedere ulteriori proroghe, che di fronte all’opinione pubblica non sarebbero certamente utili al prestigio dell’Assemblea, né delle istituzioni democratiche.

TARGETTI pensa che prima di poter fare una previsione sulla durata dei lavori, sia necessario chiarire un punto che sembra un po’ controverso: cioè i rapporti tra il Comitato di redazione e la Commissione plenaria. Alcuni colleghi ritengono che il testo che risulterà da questo lavoro di coordinamento non debba essere sottoposto articolo per articolo alla discussione della Commissione plenaria; altri invece sono del parere che la Commissione plenaria debba esaminare questo testo articolo per articolo.

Senza pronunciarsi in merito, intende richiamare l’attenzione dei colleghi sulla necessità di fissare questo punto, perché non sorgano equivoci e non sia resa più difficile l’opera del Comitato, che prenderà una direttiva o un’altra a seconda di come sarà chiarito il punto controverso.

PRESIDENTE avverte che, quando il Comitato di redazione presenterà la materia che ha preparato all’approvazione della Commissione plenaria, questa ha la facoltà di regolare la sua approvazione come crederà meglio. Essa stessa però si è, con sue deliberazioni, imposti alcuni limiti. Ha inteso, con l’affidare il compito della redazione ad un apposito Comitato, eliminare, come fu espressamente proposto e dichiarato, la discussione parola per parola del testo preparato. Ha deliberato che il Comitato le sottoporrà le questioni di principio, e che le proposte di emendamento dovranno essere presentate per iscritto; così che il Comitato le possa esaminare e riferire, evitando anche per questa via le minori discussioni.

MORO vorrebbe che si chiarisse se bisognerà presentare all’Assemblea costituente tutto intero il testo della Costituzione o a parti staccate.

PRESIDENTE ricorda che la Commissione ha manifestato più volte il desiderio che si presentasse il testo tutto intero. Si era tentato di presentare delle parti staccate per il 15 novembre, ma non si è riusciti; ora si tratta di fare ogni sforzo per presentare in termine la Costituzione tutta intera.

FABBRI desidera chiarire che, secondo la proposta che fece nella seduta precedente e che fu poi perfezionata e fatta propria in un ordine del giorno dall’onorevole Conti, anche il Comitato di coordinamento deve presentare alla Commissione plenaria il testo intero. Durante i suoi lavori vedrà il Comitato di coordinamento quali sono le questioni controverse da risolvere in sede di Commissione; quindi il Comitato dovrebbe convocare, a suo parere, la Commissione plenaria perché esamini questioni specifiche, e non testi generici presentati a brani, perché altrimenti, se si riprenderà la discussione su tutti gli articoli, molto tempo sarà perduto.

PRESIDENTE non ritiene esatto che la Commissione plenaria possa pronunciarsi soltanto dopo che sia pronta tutta la Costituzione. L’ordine del giorno Conti non dice nulla in tal senso. Furono poi prese decisioni, altra volta, perché la Commissione iniziasse l’esame di parti, come quella sui rapporti economici, che forma un tutto organico, ed essendo già pronto, può essere esaminato senz’altro; e così era stato deliberato dalla Commissione. Comunque ora, col metodo adottato, si tratta di affrontare anzitutto la discussione di questioni di principio, per le quali non è necessario che il testo sia già dettagliatamente definito in tutte le sue parti.

MARINARO ritiene che per stabilire un termine sia necessario anzitutto sapere quando le Sottocommissioni avranno terminato i loro lavori.

PRESIDENTE. La terza ha ultimato i lavori ed i suoi articoli sono passati per il vaglio sia del Comitato di coordinamento tra la prima e la terza Sottocommissione, sia dell’attuale Comitato di redazione.

TUPINI dichiara che verso il 17 dicembre la prima Sottocommissione sarà in grado di esaurire il suo lavoro. Non sono molte, per quanto fondamentali, le questioni che formano oggetto del suo esame.

GHIDINI chiede se la prima Sottocommissione intende sottoporre subito al Comitato di redazione tutte le parti del testo da essa predisposto.

TUPINI osserva che la prima Sottocommissione ha già sottoposto al Comitato alcune parti del lavoro. Tale criterio sarà seguito anche per le altri parti ed entro il 17 prossimo tutto il testo sarà presentato.

TERRACINI, premesso che è necessario sapere a che punto sono i lavori, ricorda che una settimana fa si è già fatta questa precisazione ed evidentemente in una settimana le cose non possono essersi modificate profondamente. Dopo che si è stabilito che la seconda Sottocommissione si dividesse in due sezioni, è evidente che questa misura darà i suoi frutti nell’acceleramento dei lavori. Deve però far presente che se è vero che bisogna fissare la data per la proroga, in relazione alla rapidità con cui si svolgono i lavori, non resta senza influenza il fissare una data, in modo che ogni componente delle Sottocommissioni sappia che ha un termine di proroga al quale cercherà, egli personalmente e le Sottocommissioni nel complesso, di adeguarsi.

 

Aderisce alla proposta dell’onorevole Fabbri, che è basata su un elemento di largo consenso, facendo presente che questa sarà la prima proroga ufficialmente richiesta dalla Commissione dei settantacinque. Pensa, peraltro, che, pur stabilendo per ipotesi al primo febbraio la data di scadenza della proroga, resti chiaro che si farà tutto il possibile per presentare il testo completo a tale data, in modo che l’Assemblea costituente possa iniziare l’esame del testo completo; ma che se, per ipotesi, il testo completo non ci fosse, si dovrebbe proporre che il 1° febbraio, comunque, la discussione incominci all’Assemblea costituente. D’altra parte, anche il Presidente Saragat è di questo avviso.

Dato che la prima e la terza Sottocommissione avranno certamente per quella data ultimati i loro lavori, l’Assemblea costituente si troverà di fronte ad una parte del testo che si presterebbe ad essere discusso. Pensa che sia bene fare anche questa ipotesi.

Per quanto riguarda l’osservazione se alla Commissione plenaria debba venire l’esame di tutto il testo costituzionale o soltanto dei punti controversi, rammenta che nell’ultima riunione plenaria si è detto da parecchi colleghi che ciò avrebbe potuto essere interpretato come una diminuzione della Commissione dei settantacinque. L’unica spiegazione di un tale rilievo può apparire questa: che la Commissione dei settantacinque, pur prendendo conoscenza del risultato complessivo del Comitato di redazione, era già predisposta a non investirsi più dell’esame completo di tutto il testo. Se così non fosse, non si sarebbe fatto altro che raddoppiare il lavoro. Ed è per questo che alla questione posta dall’onorevole Targetti vorrebbe rispondere che, come ha rilevato già il Presidente, vi è stata una delega di fiducia al Comitato di redazione, delega che si arresta al limite di quelle questioni controverse sulle quali il Comitato non ha la possibilità di giungere ad una decisione.

D’altra parte, risulta già che tali questioni introverse non saranno pochissime e quindi la Commissione plenaria avrà ampia possibilità di discutere ed esprimere il suo avviso.

PRESIDENTE osserva che due sono le esigenze da tener presenti: una di carattere tecnico, perché un progetto di Costituzione richiede tempo e ponderazione; un’altra di carattere politico, perché di fronte al Paese si ha la responsabilità di uscire al più presto da una situazione come l’attuale.

Se si ha chiara la coscienza di queste esigenze, bisogna fare in modo che, qualunque data si fissi, il lavoro sia portato a termine.

Pur tenendo conto delle imminenti vacanze natalizie, sarà necessario lavorare tutti giorni disponibili. Il Comitato di redazione, poi, dovrà riunirsi in permanenza, ed anche durante le vacanze natalizie vi dovranno essere delle riunioni.

Per quanto riguarda il termine, ritiene che possa essere fissato al 20 gennaio.

CONTI precisa che per il 20 gennaio il progetto dovrà essere presentato alla Presidenza della Costituente in modo che la discussione in Assemblea possa cominciare il 1° febbraio.

CODACCI PISANELLI osserva che i lavori si svolgono con notevole serietà e che pertanto sarebbe molto più utile dire alla Costituente come stanno le cose e non pretendere di porre un termine perentorio. La Commissione può impegnarsi a presentare il testo al più presto e a lavorare intensamente.

Richiama l’attenzione sul fatto che il Paese è scarsamente informato dell’opera che la Commissione svolge. Proporrebbe, pertanto, che la Presidenza diramasse un comunicato alla stampa dopo ogni riunione.

TOGLIATTI rileva che la data che verrà fissata non interessa eccessivamente, perché è certo che se per quella data la Costituzione non sarà fatta, si chiederà un altro rinvio.

Maggiore importanza ha invece la questione sollevata a proposito dell’interesse, più o meno grande, con il quale il Paese segue i lavori della Commissione. Non crede che vi sia nel Paese uno stato d’animo di malcontento verso la Costituente, né bisogna lasciarsi impressionare dalla campagna di alcuni giornali reazionari. La Costituente lavora come può lavorare, dati i precedenti della vita politica italiana.

Per interessare maggiormente il Paese alla preparazione del progetto, sarebbe necessario, a suo parere, che la Commissione dei settantacinque rendesse pubbliche le sedute, con un regolare ordine del giorno.

PRESIDENTE osserva che le sedute delle Commissioni parlamentari non sono pubbliche e che occorrerebbe chiedere l’autorizzazione alla Costituente per renderle tali.

FABBRI insiste perché sia stabilito un termine per la presentazione del progetto. Occorre, a suo avviso, tener presente che quando il Comitato di redazione si riunisce, le Sottocommissioni non possono lavorare perché sono completamente acefale; quando la Commissione plenaria si riunisce, le Sottocommissioni non possono lavorare; quando la Costituente siederà dal 10 in poi le Sottocommissioni non potranno riunirsi. Quindi, per quanto vi sia una esortazione a lavorare, i componenti della Commissione non potranno sdoppiarsi ed è inevitabile che tutto il mese di gennaio debba essere lasciato alla Commissione dei settantacinque per compiere il suo lavoro.

Per quello che riguarda la stampa e la distribuzione del progetto, pensa che occorreranno dieci giorni; quindi la convocazione della Costituente per l’esame dello schema dei settantacinque non potrà avvenire prima del 10 febbraio.

PRESIDENTE ricorda che a suo tempo, in seno alla Commissione, si manifestò il proposito che il termine di otto mesi assegnato alla Costituente, che scade il 25 febbraio, non dovesse essere prorogato a dodici mesi, come autorizza la stessa legge che ha convocato la Costituente. Appare oggi impossibile evitare la proroga della Costituente, che può andare al 25 giugno; ed è indispensabile, anche tenendo presente tale data, che la Costituente abbia tempo per esaminare e discutere i nostri lavori. Indubbiamente la Commissione ha lavorato moltissimo, ma deve lavorare ancora di più. con un metodo ed una intensità tali che consentano di mantenere l’impegno assunto, senza ammettere, sia pur brevi, vacanze. Qualora si voglia fissare un termine, resta bene inteso che bisogna accelerare in tutti i modi il lavoro. Per suo conto si assumerà la responsabilità di convocare la Commissione molte volte e di far sì che il lavoro, d’accordo con l’ufficio di Presidenza, sia compiuto nel tempo che si vorrà stabilire.

Vi sono, al riguardo, tre proposte: la prima, dell’onorevole Codacci Pisanelli, di non fissare alcun termine per la proroga; la seconda, dell’onorevole Fabbri, di stabilire il 1° febbraio per la presentazione del progetto alla Costituente; la terza, dell’onorevole Conti, così formulata: «La Commissione delibera di fissare al 2 gennaio 1947 il termine per la presentazione del progetto» alla Presidenza dell’Assemblea costituente e di imporre che la discussione pubblica del testo si inizi il 1° febbraio».

FABBRI, aderendo alla proposta di alcuni colleghi, non ha nessuna difficoltà a portare al 31 gennaio il termine del 1o febbraio proposto.

DI GIOVANNI ritiene che non si possa chiedere una proroga indeterminata, in quanto si tratterebbe allora di una sospensione di termini. La proroga presuppone un termine entro il quale la Commissione si impegna a presentare il progetto. Pensa che la proposta dell’onorevole Fabbri sia accettabile; d’altro canto bisogna contemperare le esigenze della fretta con quelle della bontà del lavoro.

CODACCI PISANELLI chiarisce che non si chiede una sospensione, ma una proroga di termine; se la Costituente lo crederà, potrà fissare il termine, ma la Commissione non dovrebbe impegnarsi fin da ora a chiedere un termine che non potrà mantenere.

CONTI afferma che si sta deformando il compito assegnato alla Commissione, la quale è stata nominata per preparare un progetto, non per fare la Costituzione. Nelle Sottocommissioni si è fatta una prima discussione generale; si è discusso in seguito sull’articolazione, sui dissensi sorti in seguito all’articolazione; il Comitato di redazione ridiscute il progetto predisposto dalle singole Sottocommissioni. Continuando con questo metodo, si andrà alle calende greche; se invece la Commissione adempie al compito assegnatole, crede che si possa concludere il lavoro per il 20 gennaio.

FUSCHINI crede che sia necessario intendersi sul compito affidato al Comitato di redazione. Da quanto è stato detto sembrerebbe che tale Comitato dovesse fare semplicemente una elencazione di articoli; se così fosse, sarebbe stato più opportuno incaricare la Segreteria della Costituente. Ora sta di fatto che il Comitato non perde il tempo in disquisizioni filosofiche, ma esamina il lesto e, pur mantenendo ferma la sostanza, procede ad una migliore redazione degli articoli. Ciò richiede, peraltro, un minimo di discussione.

PRESIDENTE. Sta di fatto, e così resta inteso, che il Comitato di redazione esamina tutta la materia già trattata e, quando può raggiungere un accordo sulle modifiche opportune, concreta il suo lavoro; mentre, allorché si manifestano dissensi sulla sostanza, porta la questione alla Commissione plenaria. E un lavoro di redazione che implica un esame ed un completamento, e quindi anche delle discussioni, ma queste sono ridotte al minimo, ed in tre sedute il Comitato ha già definito il testo relativo ad una Sottocommissione.

TERRACINI. Poiché risulta in maniera precisa che non sono necessari 10 giorni per procedere alla stampa ed alla distribuzione del testo, ritiene che si possa accettare il termine del 31 gennaio per la distribuzione del progetto all’Assemblea costituente, stabilendo il 25 gennaio come termine per la presentazione del progetto alla Presidenza della Costituente. In tal senso propone che sia modificato l’ordine del giorno Conti.

CONTI è d’accordo.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell’onorevole Codacci Pisanelli perché sia chiesta una proroga senza termini.

(Non è approvata).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno Conti Terracini è stato così modificato:

«La Commissione delibera di fissare al 25 gennaio 1947 il termine per la presentazione del progetto alla Presidenza dell’Assemblea costituente e di proporre che la discussione pubblica del testo si inizi il 1° febbraio».

FUSCHINI ritiene che la Commissione non sia competente a chiedere che la discussione del progetto abbia inizio il 1° febbraio.

TUPINI osserva che si può fare un voto in questo senso.

PRESIDENTE reputa giusta l’osservazione dell’onorevole Fuschini; ma nulla vieta che nella lettera di comunicazione che sarà fatta al Presidente della Costituente sia detto che il progetto sarà depositato entro il 25 gennaio, in modo che la discussione possa iniziarsi subito dopo curata la stampa. Si potrebbero, pertanto, eliminare dall’ordine del giorno le parole: «e di proporre che la discussione pubblica del testo si inizi il 1° febbraio».

CONTI e TERRACINI accettano.

PRESIDENTE. Vi è infine la proposta dell’onorevole Fabbri che il progetto sia presentato alla Presidenza della Costituente il 31 gennaio 1947.

MARINARO interpreta l’ordine del giorno Conti nel senso che per il 25 gennaio debba essere presentato il progetto completo di Costituzione alla Presidenza della Costituente, il che comporta che entro questa data la prima e la seconda Sottocommissione ed il Comitato di redazione abbiano ultimato i lavori, e che su di essi si sia pronunziata la Commissione plenaria. Con questo chiarimento aderisce all’ordine del giorno Conti-Terracini.

LUCIFERO, poiché ha votato a favore dell’ordine del giorno Codacci-Pisanelli, si asterrà dal voto delle due proposte.

PRESIDENTE indice l’appello nominale sulla proposta Conti-Terracini, che per il 25 gennaio sia depositato il testo del progetto della Costituzione presso la Presidenza della Costituente, e sulla proposta Fabbri, che tale termine sia portato al 31 gennaio.

Sono favorevoli al termine del 25 gennaio: Ambrosini, Bozzi, Calamandrei, Cappi, Caristia, Conti, Corsanego, De Vita, Fanfani, Marinaro, Merlin Umberto, Ruini, Terracini, Tupini.

Sono favorevoli al termine del 31 gennaio: Amadei, Basso, Bocconi, Bordon, Canevari, Castiglia, Cevolotto, Di Giovanni, Fabbri, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Mannironi, Merlin Lina, Molè, Moro, Mortati, Perassi, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Togliatti, Uberti.

Si astengono: Codacci Pisanelli, Lucifero.

(La Commissione decide che il progetto sia presentato il 31 gennaio).

La seduta termina alle 11.30.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Calamandrei, Canevari, Cappi, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Conti, Corsanego, De Vita, Di Giovanni, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lucifero, Mannironi, Marinaro, Merlin Lina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Perassi, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Terracini, Togliatti, Tupini, Uberti.

Erano assenti: Bulloni, Colitto, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Einaudi, Farini, Finocchiaro Aprile, Giua, Grassi, La Pira, Lussu, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Nobile, Noce Teresa, Paratore, Patricolo, Pesenti, Piccioni, Porzio, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Vanoni, Zuccarini.

VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

9.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

 

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Fabbri – Terracini – Taviani – Tupini – Ghidini – Togliatti – Cevolotto – Nobile – Caristia – Moro – Giua – Conti – Colitto.

La seduta comincia alle 18.20.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE comunica che è sorta qualche incertezza sopra l’ordine dei lavori da seguire. In un’anteriore seduta la Commissione decise formalmente di procedere al coordinamento dei lavori della prima e della terza Sottocommissione per quella parte attinente ai rapporti economici che era stata trattata da tutte e due: in seguito la Commissioneplenaria in avrebbe dovuto affrontare l’esame del resto coordinato.

Vi era dunque un’indicazione precisa e l’ufficio di Presidenza convocò l’Assemblea plenaria per iniziare l’esame delle materie concordate fra la prima e la terza Sottocommissione.

Due sedute fa, quando si disse di cominciare a discutere, un rappresentante della prima Sottocommissione propose che si cominciasse a discutere dai primi articoli della prima Sottocommissione e la Commissione approvò.

Ieri sera, invece, in un ordine del giorno, firmato Dossetti e altri, si esprimeva il desiderio della prima Sottocommissione che non si cominciasse a discutere la sua parte, perché intendeva prima finirla interamente. Ricorda di aver riferito su ciò, sia pur sommariamente, ma disse chiaramente del contenuto della proposta, e dichiarò che, se non vi erano opposizioni, si sarebbe cominciato a discutere sul tema dei rapporti economici, coordinato fra le due Sottocommissioni. Invitò pertanto a presentare gli emendamenti del caso.

Oggi però è sorto, in seno alla prima Sottocommissione, un voto nel quale è detto che non si desidera che sia discusso il progetto da essa redatto, se non è completo.

D’altra parte, in seno alla terza Sottocommissione, si è manifestato pure il desiderio che non si cominci dal tema del lavoro, ma che si esaminino prima le questioni dei rapporti generali.

In sostanza, le proposte sono tre: 1°) esaminare la parte già coordinata; 2°) cominciare dai primi articoli della prima Sottocommissione; 3°) rinviare senz’altro le sedute della Commissione plenaria al primo di gennaio, in modo che le Sottocommissioni, per quell’epoca, possano compiere il lavoro.

Ricorda che gli stessi componenti della Commissione hanno manifestato il proposito di accelerare i lavori. Quali erano i propositi dell’ufficio di Presidenza? Da oggi 29, fino al 10 dicembre, si sarebbe potuto, con una seduta plenaria al giorno, ad esempio nel pomeriggio (mentre alla mattina si sarebbero riunite le Sottocommissioni), approntare il lavoro sopra il testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione e sul rimanente testo della prima Sottocommissione, esaurendo così la prima parte dello schema di Costituzione. Col 10 dicembre, riunendosi l’Assemblea costituente, ed essendo impossibile alla Commissione di riunirsi due volte il giorno, nella mattina avrebbe potuto convocarsi la seconda Sottocommissione, per arrivare alla fine del mese, avendo completato il suo lavoro; cosicché in gennaio la Commissione plenaria avrebbe potuto rivedere ed approvare anche il lavoro della seconda Sottocommissione.

Ora, se la Commissione plenaria sospende da oggi le adunanze per riconvocarsi nei primi giorni di gennaio, quali saranno le conseguenze?

Personalmente non è favorevole a questa decisione, che spetta alla Commissione. Dichiara peraltro, nella sua responsabilità, che la sospensione della Commissione plenaria determinerebbe un effetto non favorevole nel Paese. Non bisogna dimenticare gli ordini del giorno deliberati. Per accelerare i lavori, darà la parola, ma molto sommariamente, a chi vorrà parlare su quest’argomento, ricordando che non si tratta di impostare questioni di principio, ma di decidere al più presto l’ordine dei lavori, partendo dal presupposto che la Commissione deve far sì che i suoi lavori siano conclusi a tempo, in modo che l’Assemblea Costituente possa poi adempiere la sua funzione nel termine stabilito dalla legge.

FABBRI propone che, di mano in mano che le Sottocommissioni lavorano nel modo più celere possibile, le parti del progetto preparate affluiscano a un Comitato di coordinamento, in modo che la Commissione plenaria non si riunisca di nuovo se non di fronte ad un testo predisposto da tale Comitato.

TERRACINI comprende il coordinamento tra la prima e la terza Sottocommissione per le materie comuni; ma quando si passa alle materie non comuni, un lavoro di coordinamento non è pensabile, a meno che non si vogliano ricopiare materialmente gli articoli e presentarli ordinatamente in una serie di fogli.

Ritiene comunque che il lavoro della Commissione plenaria debba incominciare. Nel precedente periodo di adunanze è stato deciso il coordinamento tra le materie comuni della prima e della terza Sottocommissione. Questo coordinamento è stato compiuto, e non si rende ora conto perché la materia coordinata non debba essere presa in esame dalla Commissione plenaria.

Delle tre proposte accennate dal Presidente, l’ultima, quella che i lavori della Commissione plenaria siano rinviati al 1° gennaio, deve, a suo parere, essere respinta. Sarebbe in contradizione con la decisione presa ieri sera, e non potrebbe motivarsi, né di fronte alla Costituente, né di fronte alla massa del popolo, il rinvio di un altro mese.

In quanto poi alla materia da prendere immediatamente in esame, non ha preferenze particolari. Pensa tuttavia che proprio quella materia, che è stata già esaminata in secondo grado da due Sottocommissioni riunite, si presenti più naturalmente per l’esame conclusivo della Commissione plenaria.

TAVIANI ritiene che si sia tutti d’accordo che non convenga rinviare i lavori al 1° gennaio, ma non è d’accordo con l’onorevole Terracini di cominciare la trattazione del testo concordato fra la prima e la terza Sottocommissione, perché ovvi motivi logici impongono di iniziare l’esame dal primo capitolo della Costituzione. Se così non si facesse, sorgerebbero inevitabilmente in seguito questioni relative alla collocazione degli articoli, con perdita maggiore di tempo.

Crede che, dato l’andamento dei lavori della prima Sottocommissione, il 5 dicembre la Commissione plenaria possa prendere in esame il primo capitolo della Costituzione.

TUPINI avverte che la prima Sottocommissione avrà bisogno di almeno otto sedute, che potranno essere anche due al giorno, per terminare il proprio lavoro.

PRESIDENTE osserva che il giorno 10 si avrà la riunione dell’Assemblea costituente.

GHIDINI dichiara di essere contrario al rinvio al primo di gennaio per una ragione di carattere politico.

Riteneva che, in seguito alla presentazione dello schema dei capitoli della Costituzione, logicamente si sarebbe iniziato l’esame della parte predisposta dalla prima Sottocommissione, anche perché alcuni articoli da essa approvati hanno un’influenza su tutta l’articolazione successiva, in quanto attengono a doveri e diritti fondamentali.

Per queste ragioni accede alla proposta fatta dall’onorevole Taviani.

TOGLIATTI intende sollevare una questione relativa al metodo di lavoro della Commissione plenaria, nei confronti di quello seguito dalle Sottocommissioni.

Sembra che prevalga l’opinione che la Commissione plenaria debba svolgere un lavoro di redazione articolo per articolo, a somiglianza di quanto hanno fatto le Sottocommissioni.

Se così fosse, la Commissione plenaria avrebbe bisogno di tanto tempo quanto ne ha impiegato ciascuna delle Sottocommissioni. Questo è un assurdo e sarebbe sconveniente, e non concorda nemmeno con l’ordine del giorno approvato ieri. A suo parere la Commissione plenaria dovrebbe lasciare il massimo di tempo alle Sottocommissioni per condurre a compimento il loro lavoro con un massimo di perfezione, naturalmente nella misura che questo termine si addice all’opera umana e dei legislatori. Compito della Commissione plenaria non dovrebbe essere quello di esaminare parola per parola il testo che sarà presentato, ma unicamente di inserirlo nel quadro fondamentale che ieri è stato approvato, per poi portarlo alla discussione dell’Assemblea costituente, ove avverrà l’esame di ogni articolo.

CEVOLOTTO è del parere che i rilievi dell’onorevole Togliatti siano in contrasto con le riserve talvolta espresse nella prima Sottocommissione di ripresentare alla Commissione plenaria qualche proposta non accettata; così pure con la facoltà di presentare emendamenti stabilita nell’ordine del giorno approvato dalla Commissione.

D’altra parte, accettando il criterio dell’onorevole Togliatti, l’esame della Commissione non si eserciterebbe su ogni parte della Costituzione, perché ciascuna Sottocommissione non avrebbe modo di interferire e di discutere sul lavoro fatto dalle altre Sottocommissioni.

NOBILE pensa che la proposta dell’onorevole Togliatti debba essere accolta se si vuole veramente presentare al più presto all’Assemblea costituente il progetto; diversamente non si potrà evitare una lunga discussione sugli articoli che concernono questioni di grande importanza, per cui occorrerebbero per lo meno due mesi di tempo.

CARISTIA si rende conto delle obiezioni prospettate dall’onorevole Togliatti; ma d’altro lato pensa che non si possano trascurare le ragioni addotte dall’onorevole Cevolotto. Occorre dare la possibilità ai membri delle altre Sottocommissioni di fare delle obiezioni, di proporre emendamenti su quanto possa avere deciso un’altra Sottocommissione. Allo stesso modo con cui bisogna cercare di affrettare il nostro lavoro, dobbiamo essere anche convinti che i membri di altre Commissioni abbiano il diritto di interloquire sul lavoro svolto in seno ad una Commissione che non sia la loro. Occorre, pertanto, trovare un contemperamento che concili queste due esigenze.

MORO è d’accordo con l’onorevole Togliatti, in quanto se si dà alle Sottocommissioni il modo di preparare con piena conoscenza della materia il progetto, il loro esame potrà essere limitato a quei punti sui quali si sia manifestato un dissenso.

D’altra parte, pensa che ogni componente della Commissione plenaria possa considerarsi rappresentato in ciascuna delle tre Sottocommissioni incaricate di predisporre il progetto.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Conti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione delibera di costituire un Comitato composto del Presidente della Commissione, dei Presidenti e dei Segretari delle Sottocommissioni e di dieci Commissari designati dai gruppi, incaricato di procedere alla redazione del testo della Costituzione, a mano a mano che le Sottocommissioni completino il lavoro, salvo ratifica della Commissione plenaria del progetto finale destinato alla discussione dell’Assemblea».

TOGLIATTI vorrebbe che fosse precisato un punto che può servire a superare talune obiezioni. Pensa che questo Comitato debba avere la facoltà, qualora nel corso del dibattito sorga un problema che si consideri fondamentale, di rimetterlo all’esame della Commissione plenaria. Si tratta, insomma, di lasciare alla discussione della Commissione le questioni di maggiore rilievo.

CEVOLOTTO non avrebbe difficoltà ad aderire all’ordine del giorno dell’onorevole Conti, purché fosse data facoltà ai singoli Commissari di esporre proposte concrete e presentare emendamenti.

GIUA vorrebbe che si precisasse il significato delle parole contenute nell’ordine del giorno dell’onorevole Conti: «salvo ratifica della Commissione plenaria». Si intende forse che si dovrà discutere il testo proposto, prima di inviarlo all’Assemblea costituente? Ora, l’ordine del giorno Conti si riallaccia alla proposta dell’onorevole Togliatti, proposta che è di svalutazione della Commissione dei 75 e che non permette una completa elaborazione del testo; per modo che la discussione che si vuole evitare in sede di Commissione plenaria bisognerà farla dinanzi alla Assemblea costituente.

In realtà, pensa che si voglia liberare la Commissione dei 75 dalla responsabilità che si è assunta di fronte al Paese di preparare la Costituzione in un tempo ristretto. I lavori non sono ancora finiti e si cerca la scappatoia di rinviare la discussione all’Assemblea costituente.

Ora, visto che la Commissione dei 75 non può discutere a fondo tutti i problemi trattati dalle Sottocommissioni, si potrebbe rinviare all’ufficio di Presidenza il lavoro di coordinamento dei testi delle singole Sottocommissioni, lasciando poi alla Commissione plenaria di decidere.

CONTI crede che l’unico modo per uscire dalle difficoltà sia quello indicato prima dall’onorevole Fabbri e poi dall’onorevole Togliatti. Può avere ragione l’onorevole Giua ritenendo che il rinvio ad un Comitato ristretto di redazione possa significare una diminuzione dell’autorità della Commissione dei 75, che è come un sinedrio investito di una grande funzione; ma se si è d’accordo che questa è una Commissione di studio che elabora un progetto, che prepara il materiale perfezionandolo fino al punto dell’articolazione più precisa possibile, evidentemente le osservazioni dell’onorevole Giua non hanno ragione di essere. Ritiene che si possa accogliere con piena fiducia il metodo di lavoro proposto, con i suggerimenti integrativi degli onorevoli Togliatti e Cevolotto. In seguito al rilievo dell’onorevole Giua, piuttosto che «ratifica» direbbe poi nell’ordine del giorno «esame ed approvazione».

GHIDINI dichiara che voterà contro l’ordine del giorno, in quanto non ha fiducia che il sistema proposto possa far guadagnare tempo. Per quel poco di esperienza che ha, è convinto che questi Comitati non accelerino i lavori; soprattutto è contrario, perché sostanzialmente la Commissione si scarica delle sue responsabilità riversandole sul Comitato.

TAVIANI propone che il Comitato sia composto di 18 membri, rispettando la proporzione dei gruppi nella Commissione plenaria.

PRESIDENTE pone ai voti l’ordine del giorno Conti, nel quale la parola «ratifica» viene sostituita dalle parole «esame ed approvazione», con l’aggiunta dei codicilli dell’onorevole Taviani, nel senso che si rispetti la proporzione dei gruppi, e degli onorevoli Togliatti e Cevolotto, nel senso che, ove sorgano nel Comitato questioni importanti siano rimesse alla Commissione in seduta plenaria, e che tutti i commissari possano presentare al Comitato i loro emendamenti.

COLITTO dichiara di votare contro, perché convinto che, dopo il lavoro del Comitato, la situazione si ripresenterà identica a quella attuale.

(L’ordine del giorno è approvato).

TOGLIATTI propone che ì Presidenti dei gruppi parlamentari si mettano d’accordo per la designazione dei membri del Comitato.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Essendo esaurito l’ordine del giorno, la Commissione sarà convocata a domicilio.

La seduta termina alle 19.30.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Canevari, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Fabbri, Fanfani, Federici, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Lussu, Mancini, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce, Paratore, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Bordon, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Codacci Pisanelli, Dossetti, Einaudi, Farini, Finocchiaro Aprile, Iotti Leonilde, Leone Giovanni, Lombardo, Lucifero, Marchesi, Merlin Lina, Merlin Umberto, Patricolo, Porzio, Targetti.

GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

8.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione

Presidente – Caristia – La Pira – Lussu – Calamandrei – Togliatti – Colitto – Mortati – Dossetti – Cappi – Grassi – Targetti – Ghidini – Perassi – Terracini – Fabbri – Conti – Cevolotto.

La seduta comincia alle 17.15.

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione.

PRESIDENTE avverte che è stato predisposto il seguente schema sommario della Costituzione, che potrà servire come guida alla discussione.

PREAMBOLO

Parte I

Disposizioni generali.

Parte II

DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI

Titolo I. – Rapporti civili:

  1. a) eguaglianza;
  2. b) inviolabilità della persona, del domicilio, della corrispondenza;
  3. c) libertà di circolazione, residenza, emigrazione, ecc.;
  4. d) libertà di riunione e di associazione;
  5. e) libertà di opinione e di stampa.

Titolo II. – Rapporti etico-sociali:

  1. a) diritti e doveri della famiglia;
  2. b) diritti e doveri di istruzione;
  3. c) libertà di credenza e di culto; rapporti con la Chiesa cattolica.

Titolo III. – Rapporti politici:

1°):

  1. a) diritto di voto;
  2. b) di referendum;
  3. c) di iniziativa legislativa;
  4. d) di petizione.

2°) Diritto di accesso a funzioni ed uffici pubblici.

Titolo IV. – Rapporti economici:

1°) Lavoro:

  1. a) diritti e doveri del lavoro;
  2. b) diritti ad una retribuzione adeguata;
  3. c) diritti particolari alle donne lavoratrici;
  4. d) diritto al riposo ed alle ferie;
  5. e) diritto all’assistenza ed alla previdenza;
  6. f) diritto di partecipare alla gestione;
  7. g) diritto di organizzazione sindacale;
  8. h) diritto di sciopero.

2°) Proprietà ed imprese:

  1. a) coesistenza di attività economiche pubbliche o private; loro coordinamento a fini sociali;
  2. b) proprietà privata; finalità e disciplina;
  3. c) imprese cooperative;
  4. d) imprese pubbliche;
  5. e) proprietà fondiaria;
  6. f) risparmio e credito.

Parte III

ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE DELLA REPUBBLICA

Titolo I. – Struttura della Repubblica ed autonomie locali:

Cap. 1. – La Regione.

Cap. 2. – Il Comune.

Titolo IL – Parlamento:

Cap. 1. – Prima Camera;

Cap. 2. – Seconda Camera;

Cap. 3. – Disposizioni comuni alle due Camere;

Cap. 4. – Formazione delle leggi.

Titolo III. – Il Capo dello Stato (Presidente della Repubblica).

Titolo IV. – II Governo.

Titolo V. – La Giurisdizione.

Titolo VI. – Alta Corte di garanzia costituzionale.

Titolo VII. – Revisione della Costituzione.

Parte IV

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Avverte anche che l’onorevole Calamandrei ha proposto che le materie della nuova Costituzione siano distribuite secondo il seguente schema:

Preambolo.

Capo 1o. – Definizione della forma dello Stato – Emblemi nazionali – Relazioni internazionali.

Capo 2°. – I diritti individuali:

Sezione 1a. – Diritti civili e politici;

Sezione 2a. – Diritti sociali.

Capo 3°. – Poteri ed organi centrali:

Sezione 1a. – Il Capo dello Stato;

Sezione 2a. – Potere e organi legislativi;

Sezione 3a. – Potere ed organi esecutivi.

Capo 4°. – Poteri e organi locali:

Sezione 1a. – L’autonomia regionale.

Sezione 2a. – I Comuni.

Capo 5°. – Potere e organi giudiziari.

Capo 6°. – Garanzie dei diritti – La Suprema Corte Costituzionale.

Capo 7°. – Modificazioni della Costituzione.

Disposizioni complementari e transitorie.

Questo schema sostanzialmente coincide con quello all’ufficio di Presidenza. Se nessuno farà osservazioni al riguardo, s’intenderà in via di massima approvato.

Comunica poi che l’onorevole Calamandrei ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione;

a conferma e integrazione dell’ordine del giorno approvato nella seduta del 25 ottobre;

mentre si dichiara convinta che nel testo della Costituzione, come suprema legge della Repubblica, debbano trovare posto non proclamazioni di idealità etico-politica, ma soltanto norme giuridiche aventi efficacia pratica, che siano fondamento immediato di poteri e di organi, a garanzia di diritti concretamente sanzionati;

riconosce opportuno che, come speciale categoria dei diritti, trovi posto tra gli articoli della Costituzione la enunciazione di quelle essenziali esigenze individuali e collettive, nel campo economico e sociale che, anche se non raggiungono oggi la maturità di diritti perfetti e attuali, si prestano, per la loro concretezza, a diventare veri diritti sanzionati con leggi, impegnando in tal senso il legislatore futuro;

ritiene invece che, per ogni altra enunciazione generale di finalità etico-politiche di cui si ritenga opportuno far cenno nella Costituzione, esigenze di chiarezza e di tecnica impongano di non confonderle con le vere norme giuridiche e di riservarle ad un sobrio e sintetico preambolo».

CARISTIA chiede venia se il suo discorso non sarà brevissimo, come vorrebbe, per due motivi: in primo luogo perché la sua condizione di studioso gli impone un maggior senso di responsabilità; in secondo luogo perché si è trovato più volte, con sua grande amarezza, in un dissenso vivo e reciso con alcuni colleghi della prima Sottocommissione, per i quali ha grandissima stima. Afferma che in verità siamo tutti, più o meno dominati, in questo momento, da due forti preoccupazioni: quella di assicurare al cittadino un’ampia sfera di libertà custodita da garanzie, che valgano, in ogni caso, a difenderla contro ogni attacco legale o extralegale; l’altra di determinare i principî essenziali e fondamentali, che dovranno operare una trasformazione dei rapporti economici, imposta dalle esigenze di una più alta giustizia sociale. E siamo ancora tutti, o quasi tutti, sotto l’influsso delle Costituzioni pubblicate dopo la prima guerra mondiale, specialmente di una, che fu il frutto dello sforzo comune dei più autentici rappresentanti della pubblicistica tedesca; la più dotta, la più completa, la più aderente al clima ultrademocratico creato dalla sconfitta, ma che ebbe, ahimè!, brevissima vita: la Costituzione di Weimar.

La prima delle nostre preoccupazioni è più degna di nota, non perché eccella in ordine d’importanza, ma perché più e meglio può venir sodisfatta dalla formulazione di vere e proprie norme giuridiche. Si tratta in realtà delle classiche libertà che lo Statuto albertino, al pari delle altre Carte del tempo, ha opportunamente riconosciuto e garantito; e si tratta di norme giuridiche, perché accompagnate da apposita tutela. Si è detto, più di una volta e con tono alquanto dispregiativo, che siffatte libertà rappresentano il soddisfacimento di aspirazioni affacciate dalla borghesia del tempo; e ciò potrà esser vero in un certo senso, ma è anche vero che di esse ha goduto tutto il popolo e di esse si sono giovate anche quelle classi, che, nelle rigide teorizzazioni di certi maestri, sarebbero rimaste estranee o insoddisfatte. Comunque una cosa è certa: che senza l’attuazione o l’effettivo riconoscimento di siffatte libertà riesce impossibile l’esistenza di ordinamenti politici liberi e democratici. E appunto per questo siamo estremamente preoccupati di erigere salde barriere contro ogni velleità di ritorno a esperimenti fascisti o totalitari; ed a questo criterio sono ispirati gli articoli, che sulla materia ha votato la prima Sottocommissione.

La libertà è, difatti, nel consorzio civile, il sommo bene, quello per cui la vita dei singoli e delle comunità si rende degna d’essere vissuta. Ma sarebbe grossa ingenuità credere che la libertà sia convenientemente tutelata e posta al riparo da ogni tentativo di vanificarla o di sopprimerla, quando abbia ricevuto una sapiente codificazione nell’ordinamento giuridico. Il diritto, quello positivo, non ha valore in sé, ma in quanto si traduce in atto; e sarebbe facile addurre molti esempi, in cui la libertà sapientemente codificata si è presto dileguata, come la nebbia, al vento della reazione. Perché la libertà ha la sua massima tutela non nelle formulazioni, più o meno rigide della Costituzione, che pur si rendono necessarie, ma nella pubblica opinione, nella coscienza politica del popolo, che ne gode; e tanto più sarà forte e durevole, quanto più il popolo sarà convinto ch’essa rappresenta il massimo bene, quello che non può venir sacrificato a nessun altro. Non per nulla e non a caso essa si è venuta affermando e attuando felicemente in quei Paesi, che sono e furono retti da una Costituzione dalle linee molto modeste, che potremmo dire scheletriche, mentre ha vissuto una vita grama e fortunosa in certi altri che hanno goduto del possesso vistoso di costituzioni ricche di norme minute e sapientemente congegnate.

L’altra preoccupazione è d’indole sociale o economica; ed è naturale che non possiamo accontentarci della vecchia Carta largita da re Carlo Alberto, quantunque essa, sia detto a onor del vero, sia valsa per oltre mezzo secolo a instaurare un regime di libertà; e avrebbe certo continuato a svolgersi in senso democratico, se la violenza, vilmente tollerata, dell’esperimento fascista non avesse interrotto questo svolgimento. L’ambiente è mutato, e con l’ambiente è mutato il clima storico in cui si affacciano nuove aspirazioni, nuove situazioni, nuovi propositi di rinnovamento presso che radicale. Già gli eventi, che caratterizzarono il corso, le fasi e il termine nella penultima guerra, avevano notevolmente contribuito ad avviare e, in parte, ad attuare questi propositi di rinnovamento, che il conflitto recentissimo sembra abbia, in gran parte, maturato.

Un nuovo ideale di giustizia guida le nostre menti, una nuova o rinnovata concezione dei compiti dello Stato si è diffusa e si va diffondendo, una fede operosa nell’assetto economico-sociale di domani nutre la vita e le opere dell’odierna classe politica. Forse noi siamo vittima della stessa illusione, di cui l’umanità si è spesso cibata nei periodi di crisi più profonda – basti ricordare quella dell’illuminismo francese – forse il nostro profondo desiderio di una società più giusta, moralmente e materialmente migliore c’induce ad accelerare eccessivamente il corso della storia: ma è indubbio che un nuovo ideale di giustizia, che non ha lo stesso contenuto, ma che, per ventura coincide in massima parte, ci guida, c’incalza, ci sospinge direi con una certa impazienza ed ansietà.

Questo ideale ha un largo riflesso e vorrebbe trovare uno sbocco nella nuova Costituzione, come poté trovarlo, non dirò sino a qual punto e con quale efficacia, nelle Costituzioni che seguirono la penultima guerra mondiale.

Si tratta, dunque, di costringere tra le anguste maglie della norma giuridica disegni, aspirazioni, propositi, o paradigmi di un ordine futuro; atteggiamenti dello spirito di varia origine e di diverso colorito, che premono, ordinatamente o disordinatamente, per aprirsi un varco e riuscire a penetrare nel sacrario della legge costituzionale. Dice legge, e di proposito; giacché anche la Costituzione è una legge nel significato più alto dell’espressione, anzi la legge delle leggi. E appunto per questo, non potrà essere un massimario, una raccolta di dichiarazioni programmatiche, un prontuario di definizioni o delucidazioni, che, oltre a riuscire ingombranti, superano i modesti limiti della sfera giuridica. Essa dovrà avere un contenuto strettamente o prevalentemente imperativo. Non potranno esser evitati o eliminati, sia pure in termini sobri e contenuti, dichiarazioni o massime aventi una portata, più che giuridica, di natura etico-politica; ma ciò dovrà accadere in proporzione e in misura che il contenuto normativo abbia sempre una forte preponderanza. E ciò per due motivi: uno intrinseco e l’altro di opportunità.

Per il primo si ha il dovere di apprestare una Costituzione che sia veramente legge, nel senso in cui questo termine è inteso dalla comune giurisprudenza, e che abbia, quindi, carattere prevalentemente normativo. Quelli che, al pari dell’oratore, hanno, a cagione del loro ufficio, maggiori contatti coi documenti legislativi d’oggi e di ieri, capiranno e consentiranno più agevolmente che nel campo del diritto hanno pratica attuazione quelle norme, che, in un modo o nell’altro, vengano accompagnate da sanzione. Per il secondo motivo sarà lecito osservare che ogni Costituzione, specie quelle a tipo democratico o repubblicano, oltre al contenuto prevalentemente normativo, ha un senso e un valore didascalico o pedagogico. Dovrà, quindi, evitare l’enunciazione di formule vaghe e indeterminate, dubbie o equivoche, atte a generare nella mente di chi legge confusioni o incomprensioni, che potranno eliminarsi del tutto solo quando le norme della Costituzione saranno redatte in forma semplice, nitida e precisa, solo quando sarà evitata ogni superfluità e ridondanza. A noi incombe soprattutto e innanzi tutto l’obbligo di non deludere le aspettative, di non promettere – anche quando ciò possa farsi in seno alla nuova Costituzione – ciò che non si potrà mantenere in un prossimo futuro. Il popolo italiano ha ragione di essere stanco di promesse che non vennero o non potrebbero esser mantenute. La Costituzione non è il vangelo di un nuovo mondo. Essa codifica modestamente le aspirazioni del presente.

Solo la sapienza lungimirante del Capo sapeva preparare – ed è ormai a tutti noto con quanto successo – piani che avrebbero trovato la loro attuazione nello spazio di uno o mezzo secolo. La Costituzione provvede all’immediato domani, quantunque debba svolgersi in armonia con le nuove tendenze e co’ nuovi bisogni che vengono manifestandosi in seno alla collettività.

Le Costituzioni nascono, vivono e invecchiano come tutte le altre forme del diritto; ma muoiono e deperiscono facilmente, allorché nascono con una membratura precoce o eccessivamente sviluppata. La qual cosa potrebbe accadere anche della nostra, se si perdesse interamente di vista il nostro modesto obiettivo e si volessero forzare gli eventi, introducendovi ciò che sa d’inopportuno o pericoloso per la stessa esistenza della Repubblica.

Decisamente, le Costituzioni d’oggi, come quelle che, più di vent’anni fa, uscirono dall’immediato dopoguerra, tendono, con pari fervore, all’instaurazione di una nuova democrazia; e tutte sono, del pari, assillate da motivi economici. La nuova democrazia dovrebbe integrare o perfezionare quelle che, nel corso dei secoli, l’hanno preceduta. Ma in questo conato, tendente soprattutto a spostare il principio di eguaglianza, dal piano giuridico a quello sociale o economico, la nuova democrazia incontra ostacoli spesso insormontabili, quando essa non intenda negare i presupposti della sua stessa esistenza. Ed essa è costretta a muoversi, come il nocchiero dei mito, tra due scogli formidabili; e solca le acque, incalzata, senza tregua, dallo stesso pericolo di affondare o di approdare, molto lontana dalla rotta, e dove non avrebbe mai voluto approdare.

Da un lato essa è premuta dal bisogno di aumentare notevolmente e forse smisuratamente le funzioni dello Stato nell’intento di tutelare, quanto più è possibile, la personalità del cittadino per assicurargli un esistenza degna dell’uomo civile; e va incontro al pericolo di vedere eccessivamente ristretta la sfera della libertà individuale, quanto più si allarga il potere o l’intervento dello Stato. Dall’altro essa è premuta dal bisogno, iniziale e fondamentale in ogni forma di libero governo, di proclamare e tutelare, sempre in forma più ampia, quei diritti pubblici soggettivi ormai da gran tempo radicati nella coscienza del mondo moderno; e va incontro al pericolo di sacrificare, in tutto o in parte, quando non riesca a trovare un saggio temperamento, quelle riforme stesse che abbiano raggiunto un congruo grado di maturità.

Anche noi siamo, purtroppo, costretti a navigare per le stesse acque e nella stessa nave. E nessuno, purtroppo, può scendere se non quando abbia compiuto l’intero viaggio. E lottiamo, alla meglio, o alla men peggio, contro gli stessi pericoli. Ma la nuova democrazia non deve coltivare essa stessa i germi della dissoluzione, e non può essa stessa prepararsi, consapevole o inconsapevole, a un lento suicidio per spianare la via all’avvento di una nuova dittatura. Essa non può coprire quelli che sono i tratti fondamentali del suo volto di una maschera, che a lungo andare, finirebbe per cancellarli. Democrazia significa, oggi come ieri, governo del popolo, e governo del popolo significa, in un mondo civile, rispetto delle minoranze e controllo sull’attività di governo.

L’avvenire dirà se riusciremo a trovare quel saggio temperamento; ma la democrazia d’oggi, come quella di ieri, troverà guida ai suoi passi, in due grandi principî, l’uno d’indole morale, l’altro di natura giuridica: in osservanza del primo è necessario non formulare promesse, che difficilmente si possono mantenere, e formulare solo quelle che sicuramente e immediatamente si potranno mantenere; in osservanza del secondo occorre, senza posa, insistere sul principio dalla supremazia della legge; perché nulla, in un paese civile, è più necessario dell’obbedienza alle leggi, e nulla squalifica o esautora chi ha l’esercizio del potere tanto quanto l’esistenza di leggi, che, pur essendo opportune e sapientemente congegnate, vengano di continuo violate o inosservate.

Noi abbiamo addossato o tendiamo ad addossare allo Stato troppi compiti, con la certezza che la nuova Repubblica, costretta a lottare contro nemici aperti o segreti e contro difficoltà senza precedenti, non potrà assolvere o assolverà malamente e in guisa da porre a repentaglio la sua stessa esistenza.

Dovremo costruire o ricostruire lo Stato, stremato ed avvilito, dalla sconfitta e dalla dittatura, sopra un piano modesto, in cui tutte le forze sane del Paese, quelle che apprezzano la libertà e avvertono un bisogno di rinnovamento, possano operare con una certa concordia. Il Paese ha bisogno di tregua. E tregua significa, al caso nostro, raccoglimento. Troppe energie vanno disperse e minacciano od ostacolano lo sforzo, che il Governo, espressione della volontà popolare, dovrà compiere. La Costituzione dovrà essere un punto di concentramento che giovi, non ad esasperare, ma a placare le opposte tendenze. Ed essa assolverà tanto meglio questo compito, quanto più sarà semplice, breve e normativa; quanto più saprà tenersi lontana da formule vaghe, da dichiarazioni programmatiche, da promesse solenni; quanto più saprà evitare la dichiarazione di diritti senza garanzie, quanto più saprà resistere al disegno di piani grandiosi ed inattuabili e si deciderà ad aspettare che la legislazione di domani si svolga, seguendo i nuovi bisogni e gradatamente, innovatrice. Perché il Paese attende uno statuto, che seguendo lo spirito dei tempi, faccia almeno la buona prova e viva, almeno, se non di più, i lunghi anni che ha vissuto quello di re Carlo Alberto.

Concludendo, afferma che esistono due tipi di Costituzioni: uno come quello di Weimar che piace a molti e che all’oratore non piace; un altro, semplice e scheletrico, come la recente Costituzione della Repubblica francese. Dichiara che, nella discussione e negli emendamenti, avrà sempre di mira il principio che la Costituzione sia semplice, scheletrica e breve.

LA PIRA osserva che la Costituzione deve essere un libro e quindi deve essere costituita da capitoli organicamente collegati gli uni agli altri. Ora, effettivamente la prima Sottocommissione si è regolata proprio secondo questo principio: scrivere un certo libro, composto da determinati capitoli legati intorno ad un fine. Sono pertanto sorti tre problemi. Innanzi tutto, poiché si tratta di un libro si deve avere di mira esattamente il fine. Quale è questo fine che la Costituzione deve avere? Ci si è richiamati a Montesquieu, che dice: ogni seria Costituzione ha un oggetto che definisce. In base all’esperienza politica di questi venti anni si è visto che il tipo di Costituzione fascista, che non è stata mai scritta, ma che in ogni modo era elaborata implicitamente in tutte le disposizioni legislative, era questo: c’era un fine che era lo Stato, e quindi, si diceva: gli uomini per lo Stato. Noi abbiamo detto: questo fine è sbagliato, contraddice a tutte le tradizioni costituzionali europee, perché il fine della Costituzione deve essere la persona umana, l’uomo. Ed allora, primo punto fondamentale è quello di agganciarsi a questa esperienza politica per contraddirla ed affermare solennemente in un articolo – che ha rilievo appunto perché si riferisce a questa esperienza politica e giuridica fatta durante il ventennio – che esistono dei diritti imprescrittibili e naturali della persona umana. Il fine di questa dichiarazione è quello di dire che lo Stato deve riconoscere e tutelare questi diritti imprescrittibili della persona umana; non l’uomo per lo Stato, ma lo Stato per l’uomo. Si afferma pertanto, nel primo articolo, che i diritti che lo Stato riconosce non sono diritti riflessi, cioè concessioni dello Stato, ma sono diritti originari, quindi veri ed intrinseci diritti subiettivi.

Definito il fine, cioè il riconoscimento e la tutela dei diritti della persona umana da parte dello Stato, si pone la domanda: quali sono questi diritti della persona? Per questo verso si hanno due prospettive storiche, o meglio una prospettiva con due volti che si integrano. Una risposta alla domanda la forniscono innanzi tutto il tipo di Costituzioni che deriva dall’89 e quelle americane del tipo democrazia liberale, in cui vengono riconosciute le libertà civili e politiche della persona umana, ma non vengono riconosciuti i cosiddetti diritti sociali delle comunità che precedono lo Stato o delle quali lo Stato fa parte: le comunità interne per un verso, le comunità internazionali per l’altro verso. Si è quindi detto che non basta affermare le libertà civili e politiche, così come sono state affermate dalle Costituzioni di tipo democratico liberale, ma bisogna aggiungere questi altri diritti sociali, sia in ordine al lavoro, con tutti i diritti che vi si connettono, sia in ordine agli altri ordinamenti giuridici interni ed internazionali con i quali lo Stato viene a contatto. Si è, cioè, ravvisata la necessità di procedere alla specificazione di tutti questi diritti, oltre quelli stabiliti dalla rivoluzione del 1789, riconoscendosi che siamo in presenza di una concezione mutata rispetto a quella del 1789, perché abbiamo un concetto politico di democrazia e quindi si profila una visione organica della società che deve avere il suo riscontro nella Costituzione attuale (problema dei partiti, organizzazioni sindacali, ecc.).

Vi è poi il terzo punto: come organizzare questo quadro dei diritti. In conclusione, pur consentendo in parte alle cose interessantissime che ha dette l’onorevole Caristia, ed anche in parte alle critiche che sono state mosse al lavoro della prima Sottocommissione per qualche sovrabbondanza nel progetto, contesta che nella struttura teorica la prima Sottocommissione sia stata abbondante, perché ha seguito un criterio severamente architettonico. Pertanto, se c’è da sfrondare qualcosa lo si faccia, ma organicamente, tenendo conto che ogni articolo è la pietra di un edificio rispetto ad una concezione organica della società, dello Stato, del diritto, dell’ordinamento giuridico.

LUSSU avrebbe desiderato che l’onorevole Calamandrei avesse illustrato il suo ordine del giorno, che dichiara subito di approvare nella sua sostanza.

Non crede che il progetto presentato sia il più rispondente alla stringatezza, alla semplicità ed alla chiarezza che devono essere le caratteristiche di una Costituzione. Se non si fossero avute le rivoluzioni americana, francese e russa, molti dei principî consacrati nel testo in esame potrebbero trovarvi posto; ma ribadire oggi questi principî sembra non rispondente alle esigenze di un testo costituzionale che non deve consistere in una serie di principî teorici, sia pure solenni, ma nella consacrazione di norme legislative. La Costituzione è una legge, anzi è la legge delle leggi, e quindi ogni suo articolo deve contenere un precetto giuridico.

Molti principî affermati in questi articoli dovrebbero, pertanto, trovare la sede opportuna in un preambolo sobrio e solenne. Si tratta, in effetti, di principîi magnifici, ma che appesantiscono la Costituzione e non legano in nessuna forma il legislatore ed i poteri pubblici ad una data azione.

Quando legge, ad esempio, nell’articolo 3 che chiunque sia inabile al lavoro ha diritto ad ottenere la necessaria assistenza, pensa che tale affermazione non serve a nulla, se non ha come sostegno una legge speciale che crei istituti adatti a far sì che chiunque è inabile al lavoro non muoia di fame.

Cita, in proposito, la Costituzione russa, la quale nell’articolo 1 dice: «L’Unione delle Repubbliche socialiste è lo Stato socialista degli operai e dei contadini». Si tratta di una precisa affermazione che ha un contenuto reale, storico e politico e che è la base dell’organizzazione della Repubblica sovietica e nessuno può dire che sia pleonastica.

Anche la Costituzione spagnuola dice nell’articolo 1: «La Spagna è una Repubblica democratica di lavoratori di ogni classe, organizzata in regime di libertà e di giustizia»; ma l’affermazione getta solo polvere negli occhi e non dà alcuna garanzia giuridica.

Ora, alla Repubblica italiana bisogna dare una Costituzione formulata in modo che ad ogni articolo corrisponda un’adeguata garanzia ed una possibilità di esecuzione della garanzia stessa; altrimenti si corre il rischio di creare una specie di vangelo etico, politico e religioso, il quale può avere importanza per gli studiosi e per i mistici, ma non certamente per la società politica che vogliamo guidare.

CALAMANDREI sperava di non dover interloquire, perché riteneva che il suo ordine del giorno fosse la prosecuzione di quella discussione che sullo stesso argomento ebbe luogo in ottobre, in questa stessa aula. Allora, come si ricorderà, osservò che nella Costituzione si devono includere unicamente norme giuridiche, cioè, regole di condotta che dicano quali sono i diritti sodisfattibili oggi e quali sono le conseguenze delle violazioni di norme che vengono violate oggi. Di fronte a queste osservazioni vi fu chi disse – e soprattutto l’onorevole Togliatti – che siccome la nostra è la Costituzione non di una rivoluzione già fatta, ma di una rivoluzione pacifica e legale da fare in venti anni, era opportuno che comprendesse anche norme le quali, pur non consacrando diritti immediatamente attuabili, costituissero una specie di orientamento – e quindi sotto questo punto di vista avessero anche un carattere di impegno giuridico e politico – per il legislatore futuro. Si tratta dei così detti diritti sociali che in tante Costituzioni create dopo la prima guerra mondiale sono ormai stati accolti fra le apparenti norme giuridiche, anche se di norme giuridiche non hanno la sostanza.

Ora, il suo ordine del giorno vorrebbe appunto – venendo incontro alle osservazioni dei colleghi e specialmente a quelle dell’onorevole Togliatti – consacrare nella Costituzione questi diritti sociali, stabilendo però un’ulteriore distinzione fra quelli che, pur non essendo ancora diritti, hanno la sostanza che li rende suscettibili di diventare domani dei veri e propri diritti e altri che siano invece semplicemente dei credi religiosi, filosofici, delle finalità etiche, che possono avere anche nella vita sociale più importanza delle formulazioni giuridiche, ma che non trovano in una Costituzione, cioè in una legge, la sede meglio adatta per la loro formulazione. Chi proclama che l’anima è immortale, può trovare in tale affermazione la soluzione di tutta la sua vita intima, ma non può tradurla in articoli di legge; così se dal punto di vista filosofico si dice che il fine della vita umana è la felicità, o che la sostanza della vita umana è l’angoscia, o che il diritto nasce prima dello Stato, o lo Stato nasce prima del diritto, si fanno enunciazioni che non si possono tradurre in articoli di legge.

Ed allora, siccome può darsi che la maggioranza della Commissione ritenga che alcune di queste finalità etico-politiche siano menzionate nella Costituzione, propone che invece di formularle in articoli di legge, si includano in una parte introduttiva, la quale sia redatta in forma tale da far capire ai lettori che non si tratta di articoli di legge, ma premesse di altro ordine. Si intende che bisognerà stabilire le norme da formulare come articoli ed i principî da mettere nel preambolo.

TOGLIATTI pensa che si stia ripetendo una discussione già fatta in sede di adunanza plenaria, e che alcune volte si è ripetuta in sede di prima Sottocommissione. A suo avviso la Commissione dovrebbe attenersi all’ordine del giorno già approvato e non riaprire una discussione per arrivare a nuove conclusioni, dato che ad una determinata conclusione già si arrivò una volta, realizzando la quasi unanimità dei presenti.

Se si vuole riaprire la discussione non ha che da ripetere quanto già disse. Noi siamo effettivamente in periodo transitorio, e non scriviamo una Costituzione dopo venti anni di lavoro costruttivo, come avvenne nella Costituzione a cui si riferiva uno dei precedenti oratori, la quale registrava conquiste realizzate e consolidate attraverso un’opera costruttiva. Noi scriviamo una Costituzione la quale deve esprimere, registrare e consolidare la conquista democratica che abbiamo realizzato attraverso l’abbattimento del regime fascista, ma che in pari tempo deve attuare una trasformazione profonda di carattere economico, sociale e politico, secondo le aspirazioni della grande maggioranza della popolazione italiana. Per questo, nella Costituzione non deve essere consacrato soltanto quello che succede oggi, ma anche norme che illuminano la strada del legislatore. Si potrebbe fare questo nel proemio; ma che valore ha un proemio? Lo Statuto Albertino ebbe anche un proemio, ma oggi lo si ignora. Scritte nel proemio, le norme perdono il loro valore.

Non esclude che si possa ammettere, nella formulazione di determinati articoli, qualcosa che non è la norma giuridica stretta che reclama l’onorevole Calamandrei, ma che può essere – come egli dice – la proclamazione di una idealità oppure l’enunciazione di finalità etico-politiche. Questo sarà anche un orientamento, tanto più efficace in quanto sarà formulato in articoli e non confinato in un proemio. Ad ogni modo, non si sente di approvare l’ordine del giorno che modifica la posizione già assunta. Sarebbe, pertanto, del parere di esaminare volta per volta, a proposito di ciascun articolo, se sia il caso di sfrondarlo, oppure se si vuole mantenere una formulazione generale la quale orienti il legislatore.

COLITTO si associa all’onorevole Togliatti. Ricorda che anche un’altra volta la Commissione si è occupata della stessa cosa, e che allora egli ebbe a presentare un ordine del giorno, con il quale chiedeva appunto che le enunciazioni di carattere programmatico fossero poste non già nella Costituzione, propriamente detta, la quale è una legge che deve, come tale, contenere disposizioni di carattere normativo, ma nel preambolo. La Commissione non credette di seguire il suo avviso. Oggi si ritorna sull’argomento. Egli pensa che, se si distingue tra norme di legge ed affermazioni di natura etico-politica o affermazioni esprimenti – come si dice nell’ordine del giorno Calamandrei – esigenze individuali-collettive, non bisogna fare eccezioni. La sua attenzione è attratta dal secondo capoverso dell’ordine del giorno stesso, quello, cioè, in cui si afferma che la Costituzione dovrebbe riconoscere l’opportunità di inserire, nel testo dei suoi articoli, anche l’enunciazione di esigenze individuali e collettive nel campo economico-sociale, le quali, quand’anche non raggiungano oggi una maturità di diritti perfetti ed attuali, si prestano pur tuttavia a diventare diritti sanzionati dalla legge. Ora, a lui sembra, che non si possa far distinzione tra enunciazioni ed enunciazioni. Ove si sia di accordo nell’inserire nel testo della Costituzione soltanto disposizioni che rivestano carattere normativo, tutte le altre che, invece, non lo rivestono non possono essere poste che nel preambolo.

MORTATI potrebbe rinunziare alla parola, dato che condivide pienamente il punto di vista esposto dall’onorevole Togliatti. Ritiene tuttavia opportuno procedere a qualche precisazione in ordine alla proposta dell’onorevole Calamandrei. Deve esprimere il suo netto dissenso da questa, in primo luogo per il concetto di Costituzione da essa presupposto; in secondo luogo per la differenza di regolamentazione che vorrebbe attuare fra i principî economico-sociali e gli altri. Per quanto riguarda la Costituzione, sembra che se ne travisi l’essenza, allorché la si configura quale un insieme di norme direttamente azionabili di fronte al magistrato.

CALAMANDREI osserva che non ha detto questo.

MORTATI. La Costituzione, sia per la natura degli organi cui si dirige, sia per la relativa genericità e la elasticità delle sue statuizioni, derivanti dalla funzione che essa ha di presiedere alla vita dello Stato per lunghi periodi di tempo, è destinata a contenere piuttosto principî direttivi che non norme direttamente ed immediatamente azionabili. In ogni caso, per potere distinguere, come vorrebbe l’onorevole Calamandrei, le norme dai principî, bisognerebbe possedere un criterio distintivo, che invece manca. In realtà quelli che si chiamano principî sono anche essi normativi, se non altro perché vincolano quanti debbono applicare le leggi, sia nell’attività interpretativa, che in quella di completamento delle lacune. Inoltre, in quanto sia ammesso un controllo di costituzionalità sostanziale delle leggi, possono avere per effetto di invalidare quelle fra esse che contrastino con i principî. Così, per esempio, l’affermazione, che sia fatta nella Costituzione, di un diritto al lavoro, non riveste solo carattere teorico, ma assume anche l’efficacia pratica, se non di suscitare la pretesa alla emanazione di leggi che lo realizzino concretamente, per lo meno di abilitare all’azione diretta ad impedire l’attuazione di leggi che siano in netto contrasto con esso.

Il collocamento nel preambolo dei principî, proposto dall’onorevole Calamandrei, se fatto con l’espressa intenzione di escludere pratica efficacia normativa ai medesimi, potrebbe riuscire dannoso, perché porterebbe ad irrigidire la concezione dominante al momento della compilazione della Costituzione, ponendosi come ostacolo all’evolversi di future correnti interpretative, che potrebbero, in aderenza con lo svolgersi della coscienza sociale, ampliare, anche all’infuori di espliciti interventi del legislatore, l’efficacia presupposta dal costituente.

D’altra parte è da considerare che il semplice fatto di spostare nel preambolo la collocazione di dati principî, di per sé ed ove si rinunzi ad espressa dichiarazione dell’intenzione, non farebbe raggiungere il risultato desiderato dal proponente, poiché essi, per il fatto stesso di emanare da un potere statale – il quale per sua natura non fa mai dichiarazioni teoriche – verrebbero ad assumere necessariamente un valore normativo.

È però da osservare come sia estraneo all’indole propria del preambolo di contenere enunciazioni su materie particolari, mentre appare più proprio inserire in esso le dichiarazioni generalissime, espressive del tipo specifico di ordinamento posto in essere con la Costituzione. Così, seguendo la proposta dell’onorevole Calamandrei di indicare nel preambolo la forma dello Stato, si potrebbero inserire nel medesimo i due primi articoli formulati dalla prima Sottocommissione, i quali contengono l’enunciazione dei fini essenziali posti a base della Costituzione, e che perciò appaiono atti a definire la forma statale, intesa nel senso comprensivo di concezione politica fondamentale.

In ogni caso, comunque si risolva questo problema generale, sembra sia da rigettare a priori la proposta di porre in una posizione speciale i principî sociali. Essi non costituiscono se non lo svolgimento e l’integrazione del generale diritto di libertà, e non potrebbero perciò venire separati dalle enunciazioni esplicative di quest’ultimo, con le quali formano un’unità sistematica.

DOSSETTI concorda con l’onorevole Togliatti, nel senso che all’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei sia sostituito il principio direttivo già approvato dalla Commissione plenaria. Osserva, in proposito, che si sta discutendo di un principio direttivo e non, come si dovrebbe, dell’applicazione di esso. Sappiamo benissimo che il tornare a dire che la Costituzione deve essere possibilmente breve, possibilmente chiara, possibilmente concreta e che possibilmente deve contenere norme di valore giuridico, non è che un pleonasmo; ciò che in realtà ci interessa è invece l’applicazione che ciascuno intende fare, con perfetta buona fede, di questo principio. Questa questione è stata affrontata, quando sono stati discussi i singoli articoli. Vano quindi è ora il discutere ulteriormente; si pongano piuttosto i singoli articoli in discussione e allora ciascuno potrà esporre le proprie idee. Accade, infatti, anche che, molte volte, quando non si vuol prendere posizione diretta di fronte ad un articolo e negarne sostanzialmente il contenuto, ma per ragioni di convenienza non si vuole apertamente confessarlo, si finisce col dire che l’articolo ha una portata non pertinente ad una Carta costituzionale. Ecco quindi perché questa discussione è inutile: perché, quand’anche sia stabilito il principio, esso sarebbe pur sempre soggetto a forti contestazioni nell’applicazione pratica.

CAPPI dalle parole pronunciate nella precedente seduta dall’onorevole Calamandrei, ha avuto l’impressione che si trattasse soltanto di una questione di topografia o di euritmia giuridica. Se così fosse, sarebbe da accettarsi senz’altro la proposta dell’onorevole Togliatti; ma si accorge invece che, nell’ordine del giorno presentato oggi, la sostanza della tesi dell’onorevole Calamandrei sta nelle ultime parole, con le quali non solo vuol relegare certe norme, che ha chiamato etico-politiche, nel preambolo, ma implicitamente dichiara di ritenere certi articoli formulati dalle Sottocommissioni immeritevoli di essere inseriti nella Costituzione. Il carattere quindi del proprio dissenso è il medesimo di quello degli oratori che già hanno così bene interloquito al riguardo: gli onorevoli La Pira, Mortati e Dossetti. Che si possa anche un poco sfrondare, non intende escludere: ma il taglio chirurgico proposto dall’onorevole Calamandrei è, per la verità, un po’ troppo forte. Pensa che il suo criterio discretivo tra norme azionabili e norme non azionabili non sia assolutamente da accogliersi, poiché certi princìpi direttivi possono avere una grande importanza di orientamento per il legislatore e per l’interpretazione delle leggi che il potere legislativo promulgherà.

Questi principî direttivi, se non hanno un contenuto e un effetto positivo, se non sono, cioè, azionabili nel senso che possano dar diritto ad una prestazione da parte dello Stato, possono però avere un valore negativo, di limite alla potestà del potere legislativo e di quello esecutivo. Così, ad esempio, in un articolo si dice: «La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il libero esercizio della propria attività professionale». Non crede l’onorevole Calamandrei che questa norma abbia un contenuto giuridico positivo e concreto di fronte ad un legislatore che domani stabilisse dei vincoli, dei principî ristretti di corporativismo medioevale? Non è una norma importante questa? Non darà essa diritto al cittadino, che si sentisse leso da una legge restrittiva della libertà professionale, di impugnarla?

Crede che, in via pratica, convenga passare all’esame degli articoli e decidere se vadano compresi nel preambolo o nel testo. In secondo luogo ritiene che, sia pure sfrondando il troppo e il vano, convenga inserire questi principî direttivi, siano essi di carattere economico-sociale o etico-politico, nel preambolo o nel testo.

GRASSI ritiene che sia inutile porre in votazione l’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei, in quanto che, se con esso si voglia mantenere il criterio, già approvato, di dare alla Costituzione una linea sobria, la Commissione è d’accordo. Aggiunge che l’ordine del giorno gli sembra un po’ pericoloso, perché (e non occorre dirlo all’onorevole Calamandrei, insigne giurista) non siamo nel campo del diritto privato, ma in quello del diritto pubblico, per creare uno status rei publicae. Ne si può dire che fra le norme costituzionali non possano trovar posto anche enunciazioni di principî: tutte le Costituzioni li hanno sempre ammessi.

Per quanto riguarda la questione se queste direttive debbano essere inserite negli articoli o nel preambolo, crede che si possa accettare la proposta dell’onorevole Togliatti, di decidere caso per caso nell’esame degli articoli.

Ha notato che molte volte si è tenuto a specificare nelle norme positive il loro fine. Ciò gli sembra assurdo, in quanto saranno gli studiosi di domani e il legislatore futuro a determinare tali fini.

TARGETTI prega l’onorevole Calamandrei di non insistere nel suo ordine del giorno per una ragione pratica. È convintissimo che nel progetto di Costituzione vi sia una pletora di affermazioni etico-politiche; ma è parimenti convinto dell’impossibilità di stabilire in un ordine del giorno un criterio discretivo che si possa applicare per eliminare dal progetto soltanto il superfluo che vi possa essere.

D’altra parte, non bisogna dimenticare che un ordine del giorno come quello dell’amico Calamandrei avrebbe trovato una sua logica impostazione prima che le Sottocommissioni iniziassero il loro lavoro. Dare ora delle direttive a chi direttive ha già seguito, non sembra la cosa più opportuna, logica e pratica, quando poi ciascuno, nell’esame dei singoli articoli, ha la possibilità, anzi, il dovere di ispirarsi a quei concetti che lo guidano in questa materia. L’approvazione dell’ordine del giorno potrebbe trovare dissenzienti anche alcuni di coloro che, di fronte a determinati articoli, sarebbero del parere di attenuare qualche affermazione etico-politica; e, nello stesso tempo, si dovrebbe procedere ad una revisione di tutti gli articoli che contengono affermazioni che si ritengono eccessive o deficienti.

D’altra parte, il ritiro dell’ordine del giorno lascerebbe impregiudicata la questione sollevata dall’onorevole Calamandrei.

GHIDINI rileva che la terza Sottocommissione si è attenuta ai criteri generali enunciati dall’onorevole Calamandrei.

Per quanto riguarda, ad esempio, il diritto al lavoro, non ostante che l’onorevole Colitto sostenesse che si tratta di un diritto che non è azionabile vigorosamente, la terza Sottocommissione ha ritenuto che questa distinzione non regge in materia di diritto pubblico, secondo le considerazioni esposte dall’onorevole Grassi.

La terza Sottocommissione, d’altra parte, si è preoccupata di spogliare più che fosse possibile gli articoli di enunciazioni di carattere filosofico, politico, morale, sociale, anche perché esse possono, in una legislazione futura, costituire una menomazione della libertà del legislatore, cioè una menomazione della libertà della volontà popolare, il che è contrario allo spirito democratico che è alla base della Repubblica italiana.

PERASSI osserva che l’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei contiene due concetti: uno, è quello di prevedere un preambolo, l’altro concerne quale deve essere il contenuto della Costituzione.

Dichiara di essere favorevole alla proposta che la Costituzione sia preceduta da un preambolo. Per quanto riguarda invece la determinazione di ciò che si deve inserire nella parte articolata, ha l’impressione che l’onorevole Calamandrei sia andato perfino al di là delle idee che sono espresse nel testo del suo ordine del giorno. In particolare ritiene – come ha detto l’onorevole Grassi, e come ha osservato l’onorevole Mortati, richiamandosi al concetto di Costituzione – che nella Costituzione non possano trovar posto soltanto norme giuridiche del tipo di quelle accennate, ma anche principî e direttive.

A conferma di questa tesi richiama quanto è stato fatto nella seconda Sottocommissione per quanto riguarda la distribuzione della competenza legislativa fra lo Stato e la Regione, nel senso che la legge dello Stato, rispetto ad una certa materia, si limita a fissare dei principî, delle direttive a cui le leggi della Regione devono conformarsi, e che costituiscono quindi orientamento e limite. Nello stesso modo la Costituzione può contenere principî e direttive che funzionano come limite e come orientamento alle leggi dello Stato.

CALAMANDREI dichiara di ritirare il suo ordine del giorno.

PRESIDENTE ricorda l’ordine del giorno Bozzi, approvato nella adunanza del 25 ottobre:

«1°) La Costituzione dovrà essere più che possibile semplice e chiara, tale che tutto il popolo la possa comprendere».

«2°) Il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete di carattere normativo e istituzionale, anche nel campo economico e sociale».

«3°) La Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilevanza costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per le eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

TERRACINI presenta il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione, riconfermando le direttive enunciate nell’ordine del giorno 25 ottobre, delibera di passare all’esame degli articoli, riservandosi di decidere nel suo corso quali siano le affermazioni di principio che devono trovar posto nel preambolo della Costituzione».

LUSSU dichiara di far proprio l’ordine del giorno Calamandrei, sintetizzandolo come segue: «La Commissione per la Costituzione, richiamato il suo ordine del giorno del 25 ottobre, delibera che nel testo della Costituzione trovino posto le formulazioni di articoli, che hanno carattere di norme giuridiche o stabiliscano anche nel campo economico e sociale diritti che devono essere attuati a cura del legislatore; rinvia ad un sobrio e sintetico preambolo le dichiarazioni di principî e di finalità generali d’ordine politico, economico e sociale che la Repubblica si propone».

Esprime il suo dissenso dalle affermazioni conclusive che imporrebbero una Costituzione in cui il preambolo non sia inteso come il faro che illumina il legislatore, ma come una parte secondaria, riservando ai singoli articoli affermazioni di principio, che non trovano poi riscontro nella possibilità di applicazione della norma.

È convinto che molti colleghi siano sostanzialmente dello stesso parere e chiede che l’ordine del giorno sia posto in votazione.

FABBRI è favorevole all’ordine del giorno Calamandrei fatto proprio dal collega Lussu, perché ritiene essenziale rispettare il principio della certezza del diritto, che sarebbe compromesso da norme tendenziali. Ricorda il caos determinato in Italia dalla Carta del lavoro fascista, che stabiliva principî bellissimi, ma a proposito della quale si è discusso 12 o 13 anni per stabilire se le norme in essa dettate avessero valore di legge o di semplice tendenza. La Carta del lavoro è stata riconosciuta come testo di legge soltanto il giorno in cui crollava il regime che l’aveva fatta.

CONTI osserva che i due ordini del giorno Lussu e Terracini non sono fra di loro contradittori, in quanto tendono a stabilire il modo di distribuire la materia nel testo della Costituzione con un criterio di praticità. L’ordine del giorno Lussu invita a questa praticità e l’ordine del giorno Terracini ne determina l’attuazione.

Dichiara pertanto che voterà l’ordine del giorno Lussu.

CEVOLOTTO dichiara di associarsi alle osservazioni dell’onorevole Conti.

PRESIDENTE pone ai voti l’ordine del giorno Lussu.

(Non è approvato).

 

Pone ai voti l’ordine del giorno Terracini.

(È approvato).

La seduta termina alle 19.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Caristia, Cevolotto, Colitto, Conti, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lussu, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Paratore, Perassi, Pesenti, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni e Zuccarini.

Erano assenti: Bordon, Canevari, Castiglia, Codacci Pisanelli, Corsanego, Einaudi, Farini, Finocchiaro Aprile, Lucifero, Mancini, Mastrojanni, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Molè, Patricolo, Piccioni, Porzio e Togni.

MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

7.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Terracini – Lussu – Rossi Paolo – Ghidini – Grassi – Cappi – Togliatti – Leone Giovanni – Mastrojanni – Conti – Piccioni – Cevolotto – Tupini – Caristia – Togni – Moro – Pesenti – Calamandrei – La Pira.

La seduta comincia alle 17.15.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE rileva la necessità di esaminare lo stato dei lavori delle Sottocommissioni. Ricorda che la Commissione plenaria, mentre era imminente la scadenza del termine del 20 ottobre, stabilito dalla Costituente per la presentazione del progetto, dovette constatare che tale termine non poteva essere mantenuto.

I Presidenti delle Sottocommissioni fecero dichiarazioni precise sul punto in cui si trovavano i lavori e manifestarono la fiducia che avrebbero potuto compirsi in modo che entro il 15 novembre sarebbero state pronte, per essere presentate alla Costituente, le parti riguardanti i diritti e i doveri del cittadino e le autonomie regionali.

La Commissione stabilì che di ciò si desse comunicazione alla Presidenza della Costituente; il che fu fatto. Questa previsione, nonostante tutti gli sforzi, non poté essere mantenuta e pertanto, alla vigilia della seconda scadenza, il Presidente della Costituente convocò i Presidenti della Commissione e delle Sottocommissioni e i segretari dei partiti. La discussione fu molto lunga e viva e nel suo corso ebbe occasione di porre in evidenza il lavoro compiuto dalle Sottocommissioni, che il Presidente della Costituente dichiarò essere mirabile. Però vennero da tutte le parti vive sollecitazioni ad accelerare i lavori e i rappresentanti dei partiti fecero presente la necessità che non si prorogasse la Costituente oltre l’anno, ciò che implica già una proroga di quattro mesi.

Anche in quella occasione non fu deciso, perché la competenza di decidere è della Costituente, se sia da discutere la Costituzione in parti distinte o nel suo insieme. Fu presa soltanto in esame la possibilità che entro il 2 dicembre fossero pronte le due parti riguardanti i diritti e doveri del cittadino e le autonomie regionali.

Ora, essendo trascorsa anche questa seconda data, ed essendo probabile che il 10 o l’11 dicembre l’Assemblea costituente riprenda le sedute, bisogna rifare il punto dei nostri lavori e valutare la proroga che ci occorre.

Si tratta, in fondo, di un problema che, come una medaglia, ha due facce: da una parte c’è l’inesorabilità del tempo e dall’altra le imprescindibili necessità del lavoro da compiere.

Finora, l’Assemblea costituente ha potuto lavorare ben poco, perché Governo e Consulta, nel formulare la legge che la istituì, pensarono di non caricarla di soverchio lavoro, e di concentrare tutti i suoi sforzi sulla Costituzione. È invece avvenuto che, siccome fatalmente il progetto di Costituzione non è pronto, la Costituente non è stata più convocata. È da chiedersi se questa condizione di cose possa durare ancora.

D’altro lato è fermo che la Costituente non possa essere prorogata oltre i dodici mesi stabiliti dal decreto legislativo 16 marzo 1946. Nell’adunanza dianzi citata si osservò che è assolutamente necessario uscire al più presto dall’attuale stato di provvisorietà. Il Paese ha bisogno di aver qualcosa di saldo in una Costituzione.

La Commissione ha molto lavorato, ed ha fatto di tutto per preparare il progetto entro i tre mesi previsti. La durata dei lavori è determinata soprattutto da necessità intrinseche. Una Costituzione non è una cosa semplice: è la prima che si fa in Italia nel corso della sua storia, a cura del popolo. Si fa ex novo; e ciò avviene dopo venti anni di compressione e desuetudine del lavoro parlamentare. Si aggiunga che storicamente il momento è difficilissimo, perché il vecchio tipo ottocentesco di Governo parlamentare è finito e il nuovo non si è ancora delineato in pieno.

Si crede, ora, di poter compiere tutto il lavoro della Commissione entro il 20 gennaio, lasciando così all’Assemblea costituente di discutere nei restanti cinque mesi il progetto di Costituzione e la legge elettorale?

Per ciò che riguarda la terza Sottocommissione il lavoro è già compiuto; per la prima potrebbe esserlo entro il mese.

In ordine alla seconda Sottocommissione, si rende perfettamente conto del gravissimo compito attribuitole; ma bisogna fare in modo che essa concluda i suoi lavori entro il 20 gennaio, perché sia possibile presentare l’intero progetto della Costituzione.

Ho già fatto un vivissimo appello alle Sottocommissioni, occorre ora fare uno scadenzario: da oggi all’11-12 dicembre la seconda Sottocommissione potrebbe riunirsi la mattina e andare avanti col suo lavoro, mentre la Commissione plenaria si potrebbe convocare il pomeriggio per completare la prima e la terza parte della Costituzione. Dal 12 dicembre in poi, finché è aperta la Costituente, la Commissione plenaria dovrà sospendere le sue riunioni, mentre la seconda potrebbe continuare con sedute antimeridiane. Tutto ciò fino al 23 dicembre, perché poi cominceranno le ferie natalizie.

Si sente la seconda Sottocommissione di poter compiere il suo lavoro entro dicembre? In caso affermativo nei primi giorni dell’anno la Commissione plenaria potrebbe esaminare il lavoro da essa compiuto, avendo giù esaurito quello della prima e della terza e si potrebbe così arrivare in tempo per il 20 gennaio.

Ha creduto suo dovere esporre in una forma molto arida date e cifre. Desidera che la Commissione si pronunci al riguardo.

TERRACINI osserva che, qualora si faccia il confronto fra il lavoro che la seconda Sottocommissione ha già fatto e ciò che resta da fare e si tenga presente il tempo impiegato per l’opera compiuta, si giunge alla spiacevole conclusione che nel corso di dicembre non si potrebbe esaurire il compito assegnatole.

La seconda Sottocommissione ha completato il progetto sul potere legislativo, ha quasi completato quello sulle autonomie regionali, ma resta tutto il capitolo sopra il potere esecutivo, il potere giudiziario ed eventualmente sopra la Corte delle garanzie costituzionali.

Il problema è, a suo parere, da porre in questi termini: non c’è da rivolgere sollecitazioni alla Sottocommissione in sé, ma ai singoli componenti, ciascuno dei quali replicate volte, nel corso dei lavori, ha affermato la necessità di accelerarli, mentre poi metodicamente ha sempre avvertito il bisogno di dire, sia pure utilmente, molte cose, talché si è giunti a questa eccessiva lunghezza delle discussioni.

Crede che se tutti i colleghi sapranno imporsi una misura nella necessaria collaborazione ai lavori, questi potranno essere molto accelerati. Si chiede, per altro, se 17 o 18 sedute possano essere sufficienti, e pensa che alla fine di dicembre non si possa essere pronti, il che vuol dire che si impone una proroga, sia pure non esagerata, nel mese di gennaio.

PRESIDENTE nota che l’onorevole Terracini ha posto la questione benissimo. Evidentemente, si tratta anche di un impegno che riguarda i singoli componenti la Sottocommissione.

LUSSU osserva che, non rappresentando un grande partito che abbia molti deputati alla Camera, in un certo senso si trova in una posizione di privilegio, ed è forse per questo che è stato sostenitore molto deciso della impossibilità di presentare il progetto di Costituzione all’Assemblea costituente a pezzi staccati. Da quanto hanno detto il Presidente della Commissione e il Presidente della seconda Sottocommissione è da prevedere che, malgrado si intensifichino i lavori, sarà estremamente difficile presentare l’intero progetto, in modo che sia pronto all’apertura dell’Assemblea costituente. Occorre vedere la situazione così come si presenta materialmente e rendersi conto che sarà inevitabile chiedere che la durata della Costituente vada oltre il dodicesimo mese. A tale scopo tutti i partiti, d’accordo, dovrebbero farsi eco nel Paese della estrema difficoltà di determinare il progetto della Costituzione per la data stabilita.

Cita, in proposito, l’esempio dell’Assemblea costituente francese, la quale, pur dovendo preparare la Costituzione di uno Stato repubblicano consolidato da circa 75 anni, dopo un anno di lavoro ha visto respingere il progetto sottoposto a referendum e ha dovuto riunirsi per altri 6 mesi, dopo i quali la seconda Costituzione è stata approvata, ma comincia già ad essere criticata da più parti.

Al di sopra della volontà di tutti, uscendo il Paese da un regime monarchico tradizionale, bisogna creare una nuova Costituzione che risponda alle esigenze del periodo politico e storico attuale.

E bene quindi, per non fare un lavoro affrettato, che fin da adesso si esamini la necessità di chiedere una proroga. È vero che vi sarebbero delle complicazioni perché le elezioni della nuova Camera cadrebbero d’inverno, ma l’essenziale è che tutti i partiti incomincino a preparare il Paese a questa necessità.

Afferma che in un Paese come il nostro, in cui la preparazione politica ha subìto un arresto per venti anni, in cui tutto è sconvolto e distrutto e tutto è da rifare, in un Paese che non ha più un ceto dirigente, tutti i cittadini devono avere la possibilità di conoscere nel suo testo completo la Costituzione che si presenta alla Costituente, e non solo i deputati estranei alla Commissione. Soltanto in questo modo la Costituzione, preparata da un’Assemblea che rappresenta il Paese, diventa una conquista della coscienza popolare.

Pensa, inoltre, che sarebbe stato opportuno convocare l’Assemblea costituente per la normale attività di carattere legislativo, che pure interessa il Paese.

ROSSI PAOLO condivide in gran parte le osservazioni dell’onorevole Lussu. In realtà l’opera affidata alla Commissione è imponente e forse il tempo stabilito è troppo ristretto per rifare tutta l’organizzazione costituzionale dello Stato.

Non concorda, però, con l’onorevole Lussu circa l’opportunità di chiedere una proroga indefinita per la durata della Costituente, per le inevitabili ripercussioni politiche che si avrebbero e per le polemiche cui si darebbe luogo fra i partiti. La premessa che giustamente l’onorevole Lussu pone come indispensabile per poter ottenere una proroga, cioè l’accordo fra i partiti, manca di fondamento. Bisogna che si cerchi un mezzo concreto per concludere i lavori nel tempo stabilito. Ora è da rilevare che la seconda Sottocommissione ha lavorato molto e se non ha potuto esaurire il suo compito, come le altre due Sottocommissioni, è perché il suo lavoro era stato ritenuto doppio, tanto è vero che si erano attribuiti alla seconda Sottocommissione altrettanti Commissari quanti alle altre due Sottocommissioni riunite. Ciò, peraltro, non le ha consentito di accelerare i lavori: se gli è consentito un paragone, è evidente che una pariglia di cavalli non corre più velocemente di un cavallo. E poiché tutte le Sottocommissioni sono egualmente qualificate, per la loro composizione che ha, più che altro, carattere di rappresentanza politica, a studiare problemi d’ordine costituzionale, non si potrebbe affidare alla prima e alla seconda Sottocommissione una parte del lavoro ancora da svolgere, come, ad esempio, il potere giudiziario e la Corte delle garanzie costituzionali?

Sottopone all’esame della Commissione questa proposta.

GHIDINI non crede sia il caso di esaminare in questo momento la proposta dell’onorevole Lussu circa una eventuale proroga dell’Assemblea costituente oltre il dodicesimo mese. Piuttosto farebbe in modo da accelerare i lavori della seconda Sottocommissione, ciò che potrebbe eliminare l’eventualità di una proroga.

Dichiara di non essere d’accordo con la proposta dell’onorevole Rossi, in quanto se la prima e la terza Sottocommissione dovessero lavorare insieme con la seconda, verrebbero a costituire un parlamentino, a tutto scapito della rapidità delle decisioni; se, invece, lavorassero da sole, non potrebbero dare una collaborazione efficace, essendo stata la materia già precedentemente elaborata.

In sostanza, la seconda Sottocommissione è a buon punto, perché i temi principali sono stati ormai esauriti. Con la buona volontà, e con un po’ di freno alle discussioni, si potrebbe portare davanti all’Assemblea all’inizio di febbraio il progetto nella sua integrità. Pensa che tre o quattro mesi siano sufficienti per l’esame da parte dell’Assemblea Costituente.

GRASSI ritiene che la proposta accennata dall’onorevole Rossi debba essere presa in considerazione. Oggi è importante mettersi al lavoro più intensamente; sarebbe, pertanto, utile che la seconda Sottocommissione si dividesse in sottocomitati, ai quali si potrebbero eventualmente aggregare anche elementi delle altre Sottocommissioni. D’altra parte, i temi relativi ai poteri legislativo, esecutivo e giudiziario potrebbero essere esaminati separatamente, come si è già fatto per le autonomie regionali.

Non è soltanto il Paese, ma tutti i deputati alla Costituente che si trovano a disagio. Quindi bisogna affrettare i tempi, perché tutti diano efficacemente la loro opera.

CAPPI dichiara di essere nettamente contrario all’idea di chiedere una proroga della Costituente oltre l’anno per ragioni evidenti, che non sta a ripetere. Aderendo ai criteri espressi dagli onorevoli Rossi e Grassi, propone che la seconda Sottocommissione si sdoppi in due parti autonome, alla prima delle quali sarebbe affidato l’esame del potere esecutivo e del potere legislativo, all’altra l’esame del potere giudiziario e della Corte delle garanzie.

TOGLIATTI è contrario alla proroga della Costituente oltre l’anno, non essendovi alcun motivo fondato per proporre ciò. Accetta che si fissi il termine della fine di gennaio per andare all’Assemblea costituente. Si deciderà alla vigilia della scadenza di quel termine che cosa dovrà essere portato all’esame di quell’Assemblea.

Quanto ai lavori della seconda Sottocommissione, propone che si riduca alla metà il numero dei suoi componenti: così si farà doppio lavoro, perché si faranno meno discorsi.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Conti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per il progetto di Costituzione dichiara inammissibile la proposta di proroga della durata della Costituente oltre gli otto mesi stabiliti dalla legge;

visto lo stato dei lavori delle Sottocommissioni;

delibera di assegnare alla terza Sottocommissione la preparazione del progetto articolato sul potere giudiziario e sulla Corte Costituzionale:

invita la Presidenza della Commissione a procedere alla coordinazione delle parti della Costituzione deliberate dalle Sottocommissioni e ad approntare il testo costituzionale per la trattazione in Assemblea non oltre il 10 gennaio 1947».

TERRACINI pensa che la proposta dell’onorevole Cappi di dividere in due parti la seconda Sottocommissione, affidando a ciascuna di esse la materia residua della seconda Sottocommissione sia la soluzione migliore, in quanto passare alla prima o alla terza Sottocommissione una parte del lavoro della seconda non sembra opportuno. I componenti della prima e della terza Sottocommissione, nel lavoro svolto in relazione ad una determinata materia ad essi affidata, son venuti in fondo creandosi una determinata preparazione, una certa impostazione mentale di esaminare i problemi sotto un certo angolo visuale e si richiederebbe certamente ad essi un certo sforzo nel rettificare questa particolare impostazione dei problemi.

Viceversa, se si prendesse la metà della seconda Sottocommissione, potrebbe con molta semplicità e con maggiore facilità applicare la sua forma di lavoro alla materia già predisposta. In generale, i colleghi della seconda Sottocommissione sono venuti preparandosi singolarmente sulle materie che dovevano affrontare. Si tratta di una preparazione utile che non è opportuno che vada dispersa. Quindi pensa che si possa accedere al criterio espresso dall’onorevole Cappi che la seconda Sottocommissione si divida in due parti, ciascuna delle quali è responsabile direttamente verso la Commissione plenaria del proprio lavoro, senza dover sottoporre ancora una volta alla Sottocommissione stessa le decisioni prese.

ROSSI PAOLO aderisce a questa proposta.

LEONE GIOVANNI, in relazione alle parole testé pronunciate dall’onorevole Togliatti, tiene a precisare che non è esatto che nella seconda Sottocommissione vi sia stata una maggiore loquacità che nelle altre. Quanto afferma si può rilevare dai verbali: è infatti esclusivamente l’imponenza della materia che ha costretto la Sottocommissione ad impiegare maggior tempo delle altre. Ritiene pertanto sia impossibile ridurre gli interventi nella discussione, che già sono stati contenuti nel maggior limite possibile di stringatezza.

LUSSU si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Leone.

PRESIDENTE rileva che si inserisce nel tema generale una proposta particolare, la quale, movendo dall’onorevole Cappi, è poi arrivata alla formulazione dell’onorevole Terracini: quella cioè di accelerare i lavori della seconda Sottocommissione, suddividendola in due sezioni, così da poter andare direttamente all’Assemblea costituente. La proposta potrebbe essere pertanto accolta dalla Commissione plenaria, salvo poi a riprendere, spera rapidamente, la discussione sulle dichiarazioni che si dovranno fare all’Assemblea costituente il 10 o l’11 dicembre. Pone a partito la proposta Cappi, accettata dall’onorevole Terracini e da altri.

(È approvata).

L’onorevole Conti desidera ora sia messo in votazione il suo ordine del giorno per la prima parte, avendo, per la seconda, aderito alla proposta Cappi. L’ordine del giorno dell’onorevole Conti resta pertanto il seguente:

«La Commissione per il progetto di Costituzione dichiara inammissibile la proposta di proroga della durata della Costituente oltre gli otto mesi stabiliti dalla legge».

LUSSU, pur avendo sostenuto una tesi contraria, si è poi reso conto che non è questo il momento opportuno per presentare una formale proposta. Prega quindi l’onorevole Conti di non insistere nel suo ordine del giorno, che ritiene intempestivo.

MASTROJANNI osserva che, considerata l’impossibilità che la Costituente adempia al suo mandato in otto mesi, si sarebbe costretti a votare contro l’ordine del giorno Conti. Ora, le ripercussioni di natura politica che in tal caso deriverebbero dal contrasto manifestatosi, potrebbero essere considerate dal popolo italiano nel senso che l’esponente di un partito abbia richiesto che sia esaurito il mandato entro otto mesi, mentre tutti gli altri partiti, insensibili a queste esigenze di natura politica, hanno respinto tale proposta. Prega quindi l’onorevole Conti di voler illustrare l’ordine del giorno al fine di conoscere le ragioni per cui egli insiste nella sua proposta, nonostante gli argomenti in contrario che sono stati portati.

CONTI non è convinto della bontà delle opinioni contrarie ed insiste nel suo ordine del giorno. Il motivo per il quale non accede alle esortazioni dei colleghi che vorrebbero indurlo a ritirare l’ordine del giorno si fonda essenzialmente sul preciso convincimento che i lavori possano essere esauriti in un tempo brevissimo. Quando l’onorevole Togliatti ha accennato all’opportunità di ridurre alla metà la seconda Sottocommissione, si è sentito immediatamente solidale con lui. Sta di fatto che le Sottocommissioni, da piccole assemblee di studio, che avrebbero dovuto essere, sono state trasformate in un’anticamera dell’Assemblea costituente, dove si fanno i discorsi, le lotte di partito e dove tutto concorre a ritardare il lavoro che si deve compiere. Non esita ad affermare che l’articolazione della Costituzione possa essere il risultato di un lavoro modesto di pochi studiosi. Nella seconda Sottocommissione, ad esempio, quasi per iniziativa di alcuni suoi componenti, si è costituito un Comitato per la preparazione degli articoli relativi al potere legislativo ed esecutivo; orbene questo Comitato, in pochissime sedute, messosi a lavorare senza tanti formalismi, è riuscito in cinque o sei riunioni a redigere 24 articoli ed in poche altre potrà certamente completare i suoi lavori.

Pensa dunque che, in poche sedute, si possano magnificamente esaurire i lavori delle Sottocommissioni, sempre che i componenti abbiano la diligenza e il desiderio vivo di partecipare a tutte le riunioni. Tanto meglio si potrà riuscire se, come si è ora deliberato, la seconda Sottocommissione si sdoppierà per esaminare le poche parti che ancora si debbono portare a compimento.

È convinto della possibilità di portare il progetto di Costituzione tutto intero nella prima decade di gennaio, dinanzi all’Assemblea costituente.

TERRACINI rileva che l’onorevole Conti ha dimenticato che il progetto articolato, che con tanta diligenza alcuni colleghi stanno redigendo, non è ancora giunto alla discussione; né l’opinione, certamente degna, di cinque colleghi può impegnare trenta e più colleghi dell’intera Sottocommissione.

CONTI osserva che il Comitato che si è costituito risulta formato dai rappresentanti di tutti i gruppi della seconda Sottocommissione e tutte le deliberazioni sono state prese all’unanimità.

PICCIONI dichiara che voterà a favore dell’ordine del giorno. Pur non condividendo tutte le prospettive rosee affacciate dall’onorevole Conti, ritiene che non sia, comunque, ancora giunto il momento per prospettare l’eventualità di proroghe della Costituente che vadano oltre gli otto mesi stabiliti. Questo voto che la Commissione si appresta a dare, se sarà favorevole all’ordine del giorno Conti, deve servire come sprone per un lavoro più concreto e più risolutivo, perché è esatto che, per quanto si sia lavorato a lungo, tuttavia del tempo si è perduto. E può essere utile, a questo proposito, riaffermare l’intendimento di intensificare ancor più il lavoro delle Sottocommissioni.

Solo quando, in prossimità dello scadere degli otto mesi, si sarà fatto il bilancio del lavoro compiuto, sarà il caso di esaminare l’opportunità o meno di proporre la proroga dei quattro mesi previsti.

TOGLIATTI osserva che l’ordine del giorno dichiara inammissibile una proposta che non ha sentito fare da nessuno. Comunque, è d’accordo con lo spirito della proposta dell’onorevole Conti ed è pronto a votare qualsiasi ordine del giorno che significhi un incitamento a condurre a termine nel più breve periodo di tempo possibile la Costituzione; ma, dato il modo come è formulato l’ordine del giorno e dato che ritiene che la Commissione non possa terminare i suoi lavori entro il 10 gennaio, dichiara che insieme con i suoi amici si asterrà dal voto.

PRESIDENTE desidera chiarire che nessuno ha proposto che la Costituente chieda la proroga da otto a dodici mesi; ma è chiaro che qualora non si potesse presentare il progetto entro gennaio, la Costituente dovrebbe prorogarsi a dodici mesi, non potendo in un solo mese approvare la Costituzione. La Commissione deve considerare, ed ha considerato, la cosa per quanto la riguarda, ossia la proroga che è indispensabile per concludere i propri lavori.

CEVOLOTTO pensa che sia contraddittorio dichiarare, come sarebbe, del resto, desiderio di tutti, che i lavori della Costituente finiscano negli otto mesi stabiliti e domandare che si lasci un termine fino al 20 gennaio alla Commissione per presentare il suo progetto. Non pare possibile che entro il 20 febbraio l’Assemblea esamini il progetto e lo approvi, dovendosi inoltre tener presente che essa dovrà provvedere alle leggi elettorali e che probabilmente in tale periodo verrà in discussione il Trattato di pace e vi potranno essere eventuali discussioni di carattere politico, oltre l’approvazione di qualche legge che le Commissioni legislative invieranno all’Assemblea.

È preferibile, a suo parere, non porre in questo momento il problema di una eventuale proroga della Costituente.

TERRACINI rileva che la previsione fatta dall’onorevole Mastrojanni abbia già trovato un principio di attuazione nella discussione che si sta svolgendo e in verità si è stupito nel sentire talune dichiarazioni di adesione alla proposta obbiettiva dell’onorevole Conti, in quanto venute da colleghi che, partecipando ai lavori di redazione del testo costituzionale, sanno perfettamente che tale proposta nei suoi elementi concreti rappresenta un pio desiderio, che non si può tradurre in una realtà. Preferirebbe piuttosto che i colleghi rispondessero ad una domanda precisa: entro quale data ritengono che la seconda Sottocommissione, della quale fanno parte, possa completare i suoi lavori? È da questa domanda che dipende tutto il resto ed è la sola domanda che si deve porre in questo momento.

PICCIONI nota che, essendo già scaduto il termine assegnato alla Commissione, non si rende conto perché si debba porre il problema della richiesta di una nuova proroga.

PRESIDENTE avverte che il problema si porrà prossimamente quando sarà convocata la Costituente. Se la proroga non è chiesta dalla Commissione, sarà la Costituente a chiedere quale termine occorra.

PICCIONI nota che l’essenziale è di accelerare i lavori delle Sottocommissioni, in modo da prospettare la situazione alla Costituente, che si presume sarà convocata il 10 dicembre. Ora l’ordine del giorno Conti, oltre che un richiamo alla necessità di accelerare i lavori, significa che non è il caso di preoccuparsi fin da oggi di chiedere una proroga della Costituente. In questo senso ha ritenuto di potervi aderire.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Togliatti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione dei 75 impegna le sue Sottocommissioni e tutti i suoi membri, a condurre i loro lavori in modo tale che la Costituzione della Repubblica italiana possa essere presentata all’Assemblea costituente e da questa approvata entro il termine di otto mesi fissato dalla legge per l’esistenza dell’Assemblea stessa».

TUPINI, poiché l’onorevole Conti insiste che sia messo ai voti il suo ordine del giorno, pur aderendo allo spirito che lo anima e tuttavia rendendosi conto delle difficoltà nelle quali la Commissione dei 75 si trova nell’assumere impegni precisi al riguardo, ritiene che non sia il caso di prendere alcuna deliberazione. Presenta pertanto un ordine del giorno, che per il suo contenuto, pensa debba avere la priorità nella votazione:

«La Commissione plenaria dei 75, facendo il punto sui lavori finora compiuti dalle Sottocommissioni, ritiene allo stato prematura – ed in ogni caso estranea alla sua specifica competenza – qualsiasi deliberazione che abbia per oggetto una richiesta di proroga oltre gli otto mesi di vita previsti per la Costituente».

MASTROJANNI osserva che la Commissione dei 75 debba riconoscere che le tre Sottocommissioni hanno proseguito nei lavori, pur essendo scaduto il termine entro il quale avrebbero dovuto esaurire il loro compito. Il disconoscere questa situazione irrituale non è ortodossamente corretto. La Commissione, se vuole essere assolutamente rispettosa delle norme procedurali, deve dichiarare che si riserva di chiedere la ratifica dei lavori fatti oltre il termine concesso dall’Assemblea Costituente. Quindi è oggi stesso che si deve riconoscere questa situazione di fatto e di diritto, deliberando che la Commissione si riserva di chiedere alla Costituente la ratifica e per il tempo intercorso fra la scadenza del termine ad oggi e per il tempo ancora necessario fino all’esaurimento del mandato.

PRESIDENTE. È chiaro che, chiedendo la proroga per nostri lavori, si chiede anche la ratifica del fatto che la Commissione ha proceduto in essi oltre il termine assegnato. Del resto, non si potevano sospendere i lavori perché si era fuori termine. Né la Costituente non essendo riunita, poteva accordare una proroga. Ripete che se anche la Commissione non chiegga una proroga di propria iniziativa, sarà la Costituente a chiedere entro quale termine la Commissione crede di poter compiere il lavoro affidatole. Sarà pertanto necessario indicare una data. Ora l’onorevole Piccioni ritiene che tale precisazione si debba fare non oggi, ma nell’imminenza della riunione dell’Assemblea costituente.

MASTROJANNI non è d’accordo, in quanto pensa che per ortodossia procedurale si debba oggi stesso dichiarare che la Commissione è già in difetto e che per rispetto all’autorità della Costituente si riserva di chiedere la ratifica del proprio operato.

PRESIDENTE propone di sospendere la seduta perché si possa concordare un ordine del giorno da approvare.

(Così rimane stabilito).

(La seduta, sospesa alle 18.55, è ripresa alle 19.05).

PRESIDENTE avverte che, per sua iniziativa, gli onorevoli Tupini e Togliatti, proponenti degli ordini del giorno, d’accordo con l’onorevole Piccioni, hanno concordato la seguente formula, che peraltro non è stata accolta dall’onorevole Conti: «La Commissione, nell’atto di iniziare l’esame degli articoli formulati dalle Sottocommissioni, afferma la necessità che i suoi lavori si svolgano e si concludano in modo che la Costituente possa adempiere il suo compito nei termini stabiliti dalla legge».

(È approvata).

Chiarisce che resta inteso che, riconoscendosi la necessità che la Commissione stabilisca un termine per la fine dei propri lavori, da comunicare alla Costituente, allo scopo di precisare la richiesta di proroga, tale precisazione sarà fatta prima della convocazione della Costituente.

(Così rimane stabilito).

CONTI rileva che il suo ordine del giorno non è stato votato.

PRESIDENTE osserva che, comunque, se ne prende atto. Allo scopo di accelerare i lavori della Commissione, comunica che da vari Commissari si proporrebbero, insieme con i componenti della Presidenza, le seguenti norme destinate a tal fine:

«1°) iniziando l’esame dello schema della Costituzione, la Commissione stabilisce che la discussione si aprirà sugli articoli formulati dalle Sottocommissioni, e avrà luogo in base ad emendamenti scritti;

«2°) gli emendamenti saranno possibilmente presentati in tempo per poter essere stampati o dattilografati e distribuiti;

«3°) i membri della Commissione potranno parlare sopra ogni articolo una volta e per non più di dieci minuti».

Vi è poi una proposta che non viene dall’Ufficio di Presidenza, la quale dice: «La Commissione potrà stabilire che su ogni emendamento parlino non più di due oratori a favore, e non più di due contro».

Apre la discussione sui primi due punti.

TOGLIATTI ritiene che sia inteso che un emendamento possa essere formulato nel corso della seduta.

PRESIDENTE concorda.

(La Commissione approva i primi due punti).

Si passa al terzo punto: «I membri della Commissione potranno parlare sopra ogni articolo una volta e per non più di dieci minuti».

TOGLIATTI ritiene che, di fronte a testi già formulati, bastino cinque minuti. Si dichiara poi contrario alla norma di limitare ad una volta sola il diritto di parlare, potendosi nel corso della discussione presentare possibilità di emendamenti e di nuove formulazioni degli articoli.

Non bisogna dimenticare che una parte di quel carattere di studio che hanno avuto le Sottocommissioni rimane anche alla Commissione plenaria.

GHIDINI fa osservare che alcuni articoli della terza Sottocommissione sono brevissimi e racchiudono un breve concetto, in modo che per essi possono bastare i dieci minuti; ma vi sono anche articoli, come quelli che riguardano la libertà di stampa, il diritto di proprietà, la libertà personale, formulati con diversi commi, i quali rappresentano concetti diversi, sicché la limitazione della parola a soli dieci minuti potrebbe essere un errore. Propone che si dica che si può parlare per cinque o dieci minuti sopra ogni comma.

PRESIDENTE propone che la limitazione di parola riguardi ogni emendamento.

LUSSU è di parere che bastino cinque minuti. Chiede che sia precisato che la proposta di soppressione di un articolo vale come un emendamento.

PRESIDENTE conferma che l’aggiunta o la soppressione vale come emendamento.

CARISTIA è d’accordo con l’onorevole Togliatti nel senso che si debba abbreviare la discussione ed evitare tutti i particolari già esaminati dalle Sottocommissioni. Osserva però che il termine di dieci minuti può essere o troppo ampio o troppo limitato. Nel caso di un solo articolo possono bastare anche cinque minuti, ma nel caso che si tratti di un argomento sviluppato in più articoli che abbiano un nesso logico fra loro, possono non essere sufficienti né i cinque, né i dieci minuti. Propone quindi che per i singoli articoli vi sia un limite brevissimo, ma che quando si tratta di discutere una serie di articoli venga lasciata facoltà di parlare più a lungo. Questa facoltà può essere anche lasciata alla discrezione del Presidente.

PRESIDENTE. A questo verrebbe incontro una proposta dell’onorevole Togliatti che dice: «Come massimo il tempo di parola è di cinque minuti, salvo una deliberazione esplicita della Commissione che autorizzi un maggior tempo».

Intanto la Commissione è d’accordo che si potrà parlare su ogni articolo e su ogni emendamento; che tanto la proposta di soppressione come quella di aggiunta sono considerate emendamenti. Restano ora altre tre questioni: la durata del tempo in questi interventi; se si possa parlare una volta sola o più volte; infine se, in determinate occasioni, quando la discussione investa principî generali, sia possibile parlare per un tempo maggiore.

TOGLIATTI. Si potrebbe stabilire che la prima volta v’è un tempo massimo e che in seguito si possono fare dichiarazioni più brevi nel corso della discussione.

TERRACINI pensa che, tenendo presente in parte l’ultima proposta, indirettamente avanzata alla Presidenza da alcuni colleghi, ed unendola alle proposte relative al tempo e al numero delle volte che si può parlare, si potrebbe riuscire ad un risultato.

La proposta indiretta era questa: che la Commissione potrà stabilire che su ogni emendamento parleranno due oratori in favore e due contrari. Questa si potrebbe anche respingere e sostituire da quest’altra: che su ogni emendamento non possono parlare più di due rappresentanti per gruppo. Infatti, la Commissione è costituita sulla base della rappresentanza dei gruppi ed è pensabile che, dopo tre o quattro mesi di discussione, trattandosi di concludere, anche due oratori possono bastare. In questo caso gli oratori potrebbero parlare anche più di cinque minuti, perché si sa già in precedenza che non saranno più di due in ogni gruppo e si potrebbe tollerare una ripresa nella parola quando questa fosse necessaria.

LUSSU è contrario a questa proposta, perché non ritiene opportuno stabilire un criterio di gruppo, e quindi un criterio rigidamente politico nella discussione dei vari articoli, tanto più che i vari articoli impegnano nella discussione oratori dello stesso partito che possono avere opinioni diverse. Dovrebbe rimanere quindi la possibilità che ciascuno possa parlare entro i limiti stabiliti.

TOGNI dichiara di essere contrario ad imporre una disciplina rigida circa l’intervento degli oratori. Non accetterebbe pertanto la designazione di due oratori favorevoli e di due contrari, come pure la proposta dell’onorevole Terracini di assegnare ad ogni gruppo parlamentare un certo numero di oratori, in quanto sarebbe difficile di realizzare un intervento proporzionale, anche perché i gruppi sono di composizione diversa numericamente.

PRESIDENTE avverte che è pervenuta la seguente proposta: «I membri della Commissione potranno parlare sopra ogni emendamento per non più di cinque minuti. In casi particolari si potrà concedere la parola per una sola volta per un termine maggiore».

La mette ai voti.

(È approvata).

Avverte che bisognerebbe cominciare a discutere il testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione attinente ai «diritti economici».

Il primo articolo è il seguente:

«La Repubblica democratica italiana ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese».

MORO osserva che sarebbe opportuno seguire un ordine logico, nel senso che, non appena la prima Sottocommissione abbia terminato fra pochi giorni i propri lavori, si iniziasse l’esame dei rapporti civili, passando poi a quelli economici.

PRESIDENTE osserva che la deliberazione, su proposta dell’onorevole Piccioni, era di fare il coordinamento tra le parti su cui la prima e la terza Sottocommissione si erano pronunciate e di portare questo lavoro alla Commissione plenaria. Ora, siccome la parte relativa ai diritti economici può stare a sé, si può procedere subito in questo senso, perché altrimenti si dovrebbero sospendere i lavori per una diecina di giorni.

CEVOLOTTO ritiene opportuno che si rinvii la discussione, allo scopo di permettere la formulazione di emendamenti scritti, secondo quanto è stato deliberato.

PICCIONI osserva che il rilievo dell’onorevole Moro non contraddice minimamente alla deliberazione precedentemente presa relativa alla coordinazione del lavoro della prima e della terza Sottocommissione nell’ordine logico dei lavori svolti.

PRESIDENTE rileva che per non interrompere i lavori della Commissione plenaria bisognerebbe incominciare a discutere gli articoli già concretati dalla prima Sottocommissione che riguardano i diritti civili in concreto: libertà personale, domicilio, stampa, ecc., iniziando l’esame dei primissimi articoli, che hanno un carattere più fondamentale ed essenziale.

LUSSU ritiene indispensabile, agli effetti di una proficua discussione, avere i due testi definiti riguardanti i rapporti politici e civili.

PESENTI nota che non si può stabilire un diritto di quasi precedenza della prima Sottocommissione, cioè considerando che gli articoli iniziali della Costituzione siano quelli relativi alle solite libertà civili e politiche.

Pensa che questo sistema sia da discutere, perché, a suo parere, la Carta Costituzionale italiana potrebbe proprio cominciare con l’affermazione che la Repubblica democratica italiana ha per fondamento il lavoro, ecc. Seguirebbero poi tutte le altre garanzie civili e politiche.

PRESIDENTE osserva che la Commissione plenaria deve ora esaminare i testi preparati dalle Sottocommissioni, salvo poi approvare per il testo definitivo l’ordine e la distribuzione delle materie della Costituzione. Questa potrebbe cominciare con le dichiarazioni di carattere internazionale, oppure con le libertà fondamentali della persona, oppure, come propone l’onorevole Pesenti, con i diritti del lavoro. Sono questioni che si potranno risolvere quando si tratterà di fare un coordinamento definitivo. Per accelerare i lavori, in base all’ordine del giorno approvato, occorre iniziare l’esame dei testi formulati dalla prima Sottocommissione. Sorge ora la questione se si debba cominciare dal testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione, relativo ai diritti economici, o dal testo della prima sui fondamentali diritti civili e politici.

Rivolge viva preghiera perché non si sospendano i lavori della Commissione.

CONTI ritiene indispensabile che sia predisposto uno schema generale della Costituzione, in modo che ogni articolo in discussione possa essere collocato al suo giusto posto. Si potrebbe, a tal fine, procedere alla nomina di un Relatore, il quale, nella prossima seduta, presenti tale schema; così pure, per le successive sedute, un Relatore dovrebbe presentare la materia da discutere.

PRESIDENTE osserva che lo schema viene già fuori spontaneamente dal lavoro delle Sottocommissioni. Trattandosi ora dell’ordine e della struttura della Commissione, avverte che l’onorevole Calamandrei ha fatto presente di voler presentare un ordine del giorno in proposito e che l’onorevole Caristia ha chiesto di essere iscritto a parlare per primo sull’argomento.

CALAMANDREI ha chiesto di presentare un ordine del giorno per affrontare il problema di metodo, come è stato posto dall’onorevole Conti. Si tratta di stabilire preventivamente se la Costituzione debba avere un preambolo e quali materie della Costituzione sia opportuno includere in esso e quali invece articolare in vere e proprie norme giuridiche. Senonché, questo è un aspetto di un problema più vasto, che si presenta ora: come si può cominciare a discutere su singoli articoli della Costituzione quando non si conoscono ancora quali sono i capitoli di cui la Costituzione si compone? La Costituzione è un lavoro simile a quello della composizione di un libro, di un trattato scientifico, in cui tutti sanno che prima di cominciare a perfezionare i paragrafi bisogna sapere come la materia sia divisa in capitoli. Pensa che quando la Presidenza ha ripartito il lavoro fra le varie Sottocommissioni, avrà avuto certo un’idea di come la Costituzione dovrebbe essere formata, quale è l’ordine degli argomenti, quali le intitolazioni dei vari capitoli, anche per stabilire i criteri in base ai quali gli articoli devono essere formulati. In attesa, pertanto, che termini i suoi lavori la prima Sottocommissione, si potrebbe utilmente cominciare a discutere questo problema, che è preliminare, inevitabile, necessario, della divisione della Costituzione in capitoli e della intitolazione dei vari capitoli.

PRESIDENTE per quanto riguarda le proposte dell’onorevole Calamandrei, si tratta di vedere se il preambolo vi deve essere oppure no, quali disposizioni debbono essere inserite nel testo della Costituzione e quali nel preambolo. Personalmente crede che non si possa seguire l’esempio della Francia, la cui Costituzione ha abolito in un certo senso la dichiarazione di diritti e doveri, trasferendola in forma sommaria nel preambolo, quasi a conferma implicita dei principî sanciti fin dal 1789. Per noi parrebbe opportuno fare, oltre il preambolo, una prima parte sulla dichiarazione di diritti e doveri dei cittadini, e una seconda parte sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

Comunque, per quanto riguarda lo schema delle materie, l’ufficio di Presidenza potrà domani presentare proposte in questo senso. L’onorevole Calamandrei, a sua volta, presenterà il suo ordine del giorno e quindi si potrà affrontare la discussione.

CONTI è d’accordo che la Presidenza presenti domani uno schema di Costituzione comprendente i titoli, in modo che in base a questo schema possano essere poi suddivisi in capitoli gli articoli già discussi ed approvati dalle Sottocommissioni. Così facendo si avrà una idea chiara della architettura della Costituzione.

LA PIRA si richiama a quanto ha detto l’onorevole Calamandrei, cioè che la prima Sottocommissione ha elaborato organicamente alcuni principî e poi li ha articolati, formando una serie di capitoli riguardanti la libertà civile, politica ed economica, le libertà familiari ed i rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Ritiene opportuno che il Presidente Tupini faccia una relazione, illustrando la struttura organica del progetto predisposto dalla prima Sottocommissione.

PICCIONI pensa che analogamente debba farsi per le altre due Sottocommissioni.

PRESIDENTE. Resta inteso che domattina la Presidenza presenterà uno schema provvisorio. Successivamente ogni Presidente di Sottocommissione potrà illustrare i lavori della propria Sottocommissione.

(Cosi rimane stabilito).

La seduta termina alle 19.50.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Caristia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Fabbri, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lussu, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Paratore, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Canevari, Castiglia, Dossetti, Einaudi, Fanfani, Farini, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Lucifero, Mancini, Mannironi, Merlin Lina, Patricolo, Porzio.

In congedo: Bordon, Merlin Umberto.

VENERDÌ 25 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

6.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 25 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

 

INDICE

Sui lavori delle Sottocommissioni

Presidente – Bozzi – Zuccarini – Targetti – Ambrosini – Cappi – Colitto – Togliatti – Grassi – Leone Giovanni – Giua – Ghidini – Conti – Piccioni.

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di costituzione

Perassi – Bozzi – Dossetti – Mortati – Mastrojanni – Calamandrei – De Vita – Colitto – Molè – Togliatti – Cevolotto – Fanfani – Dominedò – Piccioni – Basso – Giua – Presidente – Tupini.

La seduta comincia alle 9.20.

Sui lavori delle Sottocommissioni.

PRESIDENTE ricorda che nell’ultima adunanza plenaria si constatò che la Commissione non avrebbe potuto ultimare i suoi lavori in modo da presentare il progetto completo della Costituzione entro la data del 20 ottobre fissata dall’Assemblea. I Presidenti delle tre Sottocommissioni vennero invitati ad esporre a che punto ciascuna di queste era giunta nell’assolvimento del proprio compito ed entro quanto tempo avrebbe potuto completare il proprio lavoro. Il Presidente della prima Sottocommissione, onorevole Tupini, disse che contava di presentare tutti gli articoli approvati entro il mese di ottobre; quello della seconda, onorevole Terracini, dichiarò che per il 20 ottobre contava di poter presentare almeno la parte del progetto relativa alle autonomie locali, la cui elaborazione era affidata ad uno speciale Comitato, ma che, data la ingente mole del lavoro assegnato alla seconda Sottocommissione, non poteva prevedere a quale data quest’ultima avrebbe potuto ultimare tutto il lavoro; il Presidente della terza Sottocommissione, onorevole Ghidini, assicurò che questa contava di ultimare il lavoro entro dieci giorni.

In base a tali dichiarazioni e previsioni, calcolando in più il tempo necessario per l’esame in adunanza plenaria, la Commissione ritenne che pel 15 novembre avrebbe potuto essere pronta per essere presentata alla Costituente la parte della Costituzione che riguarda i diritti ed i doveri dei cittadini (ed è in certo modo, se non per volume, per contenuto, la metà della Costituzione); e sarebbero state altresì pronte, dell’altra metà (struttura e funzionamento dello Stato) le norme relative all’autonomia regionale. La Commissione unanime deliberò di fare in questo senso comunicazione al Presidente dell’Assemblea Costituente.

Così fu fatto.

In realtà soltanto la terza Sottocommissione ha potuto confermare le sue previsioni. Il suo lavoro è ormai ultimato. È ancora in corso, e non potrà finire entro il mese d’ottobre, come le altre Sottocommissioni avevano sperato, il lavoro della prima per gli altri articoli dei diritti e doveri dei cittadini e della seconda per la autonomia regionale. Viene dunque meno la possibilità di aver pronte queste materie per presentarle alla Costituente entro il 15 novembre.

Così stando le cose, bisogna riesaminare quali potranno essere i termini di adempimento del compito, e precisare il metodo dei lavori.

L’Ufficio di Presidenza, messo di fronte alla realtà, ha, in una sua recente-riunione, considerato il modo più rapido di svolgimento. Tenendo conto che il regolamento interno della Commissione deferisce all’Ufficio stesso di coordinare di mane in mano i lavori delle Sottocommissioni, e che in una delle prime sedute plenarie fu previsto che a tale effetto le sedute della Sottocommissione e della Commissione plenaria si sarebbero avvicendate, l’Ufficio di Presidenza ha proposto di portare alla Commissione plenaria gli articoli già definiti dalla prima Sottocommissione che riguardano i «rapporti civili» e che possono stare a sé. Invece per i rapporti «economico-sociali» si è avuta un’interferenza fra i lavori della prima e della terza Sottocommissione, che hanno elaborato, ciascuna per suo conto, articoli su identici argomenti; e ciò richiede un coordinamento di particolare natura, e quindi ancora qualche tempo.

La prima Sottocommissione non ha aderito all’idea dell’Ufficio di Presidenza, ritenendo che gli articoli da essa formulati non possano sottoporsi alla Commissione plenaria, se non dopo che la Sottocommissione abbia esaurito tutto il suo lavoro.

Sorgono dunque questioni di metodo, sulle quali l’attuale adunanza deve pronunciarsi. Invita i membri della Commissione ad esprimere la loro opinione.

BOZZI, considerando che la prima Sottocommissione è dell’avviso di non portare all’esame della Commissione plenaria soltanto una parte del suo lavoro, perché i vari argomenti sono fra di loro connessi, ritiene che la Commissione plenaria possa anzitutto intraprendere l’esame dello schema relativo alle autonomie regionali, argomento che investe tutta la struttura dello Stato ed è quindi pregiudiziale rispetto a tutti gli altri problemi. Crede che ciò potrà avvenire al massimo fra una ventina di giorni.

ZUCCARINI crede che non ci si debba fare illusioni sulla rapida conclusione del lavoro delle Sottocommissioni e della Commissione plenaria; allo stato attuale egli è d’avviso che occorreranno ancora almeno due mesi prima che esso sia terminato, per cui propone che si richieda una ulteriore proroga alla Presidenza dell’Assemblea.

Osserva quindi che, contrariamente a quanto avviene per la prima e la terza Sottocommissione, i lavori della seconda che investono tutta la struttura dello Stato, sono abbastanza indietro e non già perché la Sottocommissione non abbia lavorato, ma per il numero e l’ampiezza delle questioni che essa deve risolvere. Contrariamente all’opinione dell’onorevole Bozzi, non crede che il progetto per le autonomie regionali possa essere pronto tanto presto, e anche quando il Comitato di redazione avrà completato il suo progetto, questo dovrà passare all’esame della Sottocommissione, che potrà anche rivederlo. Chiuso il lavoro delle tre Sottocommissioni, incomincerà quello della Commissione che, in sedute plenarie, dovrà discutere, rivedere, coordinare le decisioni adottate in un progetto di Carta costituzionale da presentare all’Assemblea.

Per quanto riguarda poi il metodo di lavoro della Commissione, non è del parere di isolare e spezzettare l’esame dei singoli argomenti e ritiene invece che l’esame debba essere iniziato solo allorché la Commissione avrà redatto il progetto definitivo.

TARGETTI osserva che la maggiore preoccupazione deve essere quella di predisporre un buon testo costituzionale. Ciò deve essere fatto indubbiamente nel minor tempo possibile, ma senza sacrificare le esigenze di un attento esame dei singoli problemi alle angustie di un limite di tempo prefissato.

Non è del parere che la Commissione debba attendere che tutte le singole parti del progetto siano pronte per iniziarne l’esame: vi sono realmente delle parti quasi indipendenti, che possono essere esaminate a sé. Per esempio, quando siano terminati i lavori della prima e della terza Sottocommissione, si può benissimo affrontare l’esame della prima parte del progetto di Costituzione.

Non crede neppure che sia necessario portare all’Assemblea Costituente il progetto solo quando sia completo, e ricorda in proposito che in Francia la Costituente ha esaminato ed approvato vari articoli della Costituzione, mentre le Sottocommissioni seguitavano a lavorare ciascuna nel proprio campo. Non pensa tuttavia che si possa portare dinanzi all’Assemblea Costituente la parte isolata, concernente le autonomie locali, perché fra queste e l’organizzazione dello Stato esistono vincoli molto stretti: per esempio il problema della formazione della seconda Camera è strettamente connesso a quello della creazione dell’ente regione. Ma la parte risultante dai lavori della prima e della terza Sottocommissione, dopo l’approvazione della Commissione plenaria, può, a suo avviso, essere discussa dall’Assemblea Costituente.

AMBROSINI riconosce che si può discutere una parte del progetto di Costituzione, ma richiama l’attenzione sopra una esigenza logica.

L’Italia deve presentarsi al mondo con un volto nuovo e quindi la prima discussione che dovrà farsi sarà quella relativa alla nuova impostazione della società italiana e dello Stato; quindi quella riguardante i diritti ed i doveri dei cittadini. Il problema, invece, delle autonomie regionali e locali è, per le stesse esigenze logiche, il secondo che deve essere affrontato. Il Comitato che deve studiare e redigere gli articoli sulle autonomie ha lavorato intensamente, tenendo spesso anche due sedute nello stesso giorno. I suoi componenti sono compresi della gravità estrema del compito ed hanno la sensazione che trattano il punto più delicato e complesso della nuova organizzazione dello Stato; affretteranno la conclusione del loro lavoro per sottoporre alla Commissione il progetto articolato con la relazione illustrativa delle singole disposizioni. Pur impegnandosi a presentare al più presto tale progetto, riaffermano però l’opportunità che venga discusso dopo quello relativo alla Dichiarazione dei diritti.

CAPPI concorda con l’onorevole Zuccarini nel ritenere che sia necessario presentare alla Costituente il testo completo del progetto di Costituzione, per l’evidente interdipendenza che vi è fra le varie sue parti, e quindi per il pericolo che si possano prendere decisioni contraddittorie. Ma da questa premessa non deriva che anche per la Commissione plenaria occorra procedere egualmente. Questa non delibera in via definitiva, e può occuparsi partitamente ed in successione di tempo delle singole parti del progetto.

Propone, quindi, che all’Assemblea Costituente sia presentato il progetto di Costituzione solo quando sia stato integralmente approvato dalla Commissione, ma che la Commissione si occupi delle singole sue parti man mano che esse saranno state apprestate dalle Sottocommissioni.

COLITTO, interpretando il pensiero dei componenti la terza Sottocommissione, prega i colleghi della prima di ritornare sulla loro decisione e consentire il coordinamento degli articoli, che hanno già formato oggetto di discussione e sono stati formulati.

Non comprende perché la prima Sottocommissione intenda prima compiere integralmente il suo lavoro, quando la terza Sottocommissione ha formulato degli articoli che benissimo possono essere coordinati con quelli che sono stati redatti dai componenti della prima Sottocommissione. Le due Sottocommissioni si sono occupate del lavoro, della proprietà, dell’impresa, e non v’è ragione per cui la Commissione plenaria non possa coordinare i risultati cui le due Sottocommissioni sono pervenute.

TOGLIATTI desidera precisare il punto di vista che egli ha espresso in seno alla prima Sottocommissione, e che è stato suffragato dall’opinione degli altri commissari.

Il lavoro della Commissione plenaria è diverso da quello delle Sottocommissioni e da quello dell’Assemblea Costituente. La Commissione e le sue Sottocommissioni formano un tutto, il quale ha un compito di studio e di preparazione, ed è difficile arrivare ad una conclusione definitiva, se non si conosce il modo come viene condotto tutto il lavoro. Ogni Sottocommissione segue la sua strada ed arriva a determinate conclusioni provvisorie. Vi sono delle interferenze fra le tre Sottocommissioni, e molte ve ne sono particolarmente fra la prima e la terza, per cui si dovrà procedere ad una discussione in sede mista; ma non sarà possibile giungere a una redazione definitiva se non si avrà davanti agli occhi il lavoro preparatorio di tutte le Sottocommissioni, cioè se non si potrà tener conto di tutto quello che è stato fatto.

Non può esistere una parte della Costituzione che possa essere disgiunta dal rimanente e redatta definitivamente a sé. Così, ad esempio, se si discutesse il tema della regione avulso dal resto, taluno avrebbe le sue riserve mentali, perché penserebbe che accetta quella determinata forma di regionalismo, se la Costituzione gli garantisce in un altro capitolo qualche altra cosa. Quindi il lavoro della Commissione deve essere unitario e inscindibile, compiuto su tutto l’insieme dei risultati delle tre Sottocommissioni. Pensa, tuttavia, che quando la Commissione plenaria abbia concluso su un punto in modo definitivo, questo punto possa essere portato all’Assemblea Costituente, e intende dire che si tratti non di una piccola parte, ma di un capitolo intero, come, ad esempio, quello relativo alla dichiarazione dei diritti.

Crede pure che sia giunto il momento in cui si può, con un certo frutto, incominciare un lavoro preparatorio di coordinamento redazionale. Così, fra i testi preparati dalla prima e dalla terza Sottocommissione vi sono punti di contatto, ma anche differenze di formulazione, che dànno appunto la possibilità di un lavoro preparatorio di coordinamento. Questo lavoro però non deve essere compiuto dalle due Sottocommissioni riunite, per evitare il rinnovarsi di tutta la discussione. Occorre affidarlo alle Presidenze, le quali potrebbero esse portare il risultato del proprio lavoro, ognuna alla propria Sottocommissione.

Quanto alle preoccupazioni espresse dal Presidente circa il ritardo dei lavori per la Costituzione, riconosce che la situazione è spiacevole, ma forse fu fatto eccessivo affidamento sulle possibilità di lavoro quando si fissò un termine così breve, dato specialmente il periodo estivo che non poteva non rallentare il lavoro. È comunque da ritenere che durante il mese di ottobre la prima e la terza Sottocommissione avranno esaurito il loro compito e forse anche la seconda.

All’inizio del mese di novembre potrebbe dunque cominciare il lavoro di coordinamento che egli ha suggerito, in modo che nella seconda metà di novembre si potrebbe passare alla discussione nella Commissione plenaria e incominciare a tracciare il quadro completo della Costituzione.

GRASSI rileva che l’onorevole Togliatti ha esposto il pensiero della prima Sottocommissione, la quale ha ritenuto che non fosse possibile discutere in sede di Commissione sui diritti civili, senza prima aver definito in sede di Sottocommissione tutto il complesso della dichiarazione dei diritti. Si può tuttavia ritenere che la parte della dichiarazione dei diritti possa considerarsi a sé ed in certo modo indipendente da quella che riguarda la struttura dello Stato, e possa quindi esser discussa dalla Commissione plenaria. Si darebbe così l’impressione di affrettare i lavori per il licenziamento delle parti da sottoporre all’Assemblea Costituente.

Come segretario della prima Sottocommissione, osserva che, se si vuole aspettare il completamento del lavoro di questa, indubbiamente occorrerà ancora un certo tempo, perché, esaurito il tema dei diritti civili, rimangono ancora da esaminare quelli riguardanti la scuola, la famiglia, ecc., la cui discussione richiederà inevitabilmente tutto il mese di novembre.

Quindi, pur riconoscendo che il lavoro di coordinamento si può iniziare sin da ora da parte dei Presidenti e dei Relatori delle due Sottocommissioni, e proponendo, quale lieve modifica alla proposta dell’onorevole Togliatti, che si portino all’esame della Commissione plenaria, indipendentemente dalla parte riguardante la struttura dello Stato, gli articoli concernenti il lavoro formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione, attira l’attenzione sul tempo che è evidentemente ancor necessario per compiere l’intero lavoro.

LEONE GIOVANNI osserva come a favore della tesi di portare l’intero testo della Costituzione all’Assemblea Costituente valga anche la considerazione che, prima di iniziare la discussione, occorre lasciare all’opinione pubblica del paese, la possibilità di formarsi. I deputati devono infatti preoccuparsi di rappresentare nel modo più genuino le opinioni prevalenti nel Paese, e d’altra parte è necessario rendersi conto dell’orientamento che anche presso gli studiosi provocherà il progetto di Costituzione.

Allo scopo di questa necessaria preparazione dell’opinione pubblica, non è possibile presentare alla Costituente il progetto di Costituzione a parti distaccate.

Quanto al lavoro di coordinamento tra le proposte della prima e quelle della terza Sottocommissione, è d’avviso che debba esser fatto dalle due Sottocommissioni riunite insieme, perché le rispettive Presidenze possono soltanto fino ad un certo limite sostituirsi a quelle.

Avendo dato una scorsa al testo preparato dalle due Sottocommissioni, crede che qualche punto sia ancora da discutere, e che questa discussione possa essere fatta utilmente solo dalle due Sottocommissioni riunite, in attesa di portare il lavoro complessivo all’esame della Commissione plenaria.

GIUA rileva che la Commissione si trova dinanzi ad un problema che bisogna cercar di risolvere nel miglior modo. Si tratta di vedere se, procrastinando i lavori di coordinamento, si riuscirà ad approvare il testo della Costituzione entro i dodici mesi assegnati come massimo all’Assemblea Costituente. Teme che, se si rimandasse il lavoro di coordinamento degli articoli già formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione (mentre la fine dei lavori della seconda per ora non è prevedibile), si dovrebbe chiedere una proroga per la Costituente, ciò che farebbe pessima impressione al Paese, il quale – e parla per aver sentito il pensiero delle classi lavoratrici del Nord – attende che si giunga rapidamente alla fine di questi lavori. Non è pensabile che in dodici mesi una Costituente non possa formulare una Carta costituzionale.

È quindi del parere di presentare alla Costituente il testo completo; ma affinché questo sia possibile, è necessario procedere prima al coordinamento del lavoro già compiuto dalla prima e dalla terza Sottocommissione, che può essere staccato da quello della seconda. L’Assemblea Costituente potrà discutere di questa parte, e il Paese non avrà motivo di preoccuparsi per il fatto di non avere un progetto di Carta costituzionale già completo. Se mai, sarà questo un problema riguardante la Commissione. Si tratta, dunque, di stabilire se, distaccati dal lavoro della seconda Sottocommissione, gli argomenti esaminati dalla prima e dalla terza possano essere utilmente discussi. Propone in conseguenza che le Presidenze della prima e della terza Sottocommissione provvedano nel tempo più breve possibile al coordinamento degli articoli da queste formulati.

Ciò di cui oggi occorre preoccuparsi esclusivamente è di giungere al termine del lavoro nei dodici mesi, perché sarebbe grave per il Paese la domanda di prolungamento dei lavori della Costituente. Può darsi che chi ha stabilito il termine massimo di dodici mesi abbia errato; ma si deve cercar di correggere questo errore, e con un certo impegno i lavori in corso possono essere abbreviati. Nella terza Sottocommissione si è discusso per settimane su determinati argomenti, perché quando bisognava pur giungere ad una decisione, nessuno voleva decidersi. Ora, questo è un problema di volontà. I deputati sono uomini di partito che, dinanzi a determinati problemi, hanno degli impegni in relazione con le loro ideologie, ma in relazione anche col programma che è imposto dalle masse aderenti ai loro partiti. Ad un determinato momento occorre decidersi. E forse anche il ritardo nei lavori della seconda Sottocommissione dipende dal fatto che su determinati problemi, quando si tratta di decidere, nessuno vuol giungere all’atto conclusivo.

GHIDINI precisa che l’Ufficio di Presidenza ha già deciso che la prima e la terza Sottocommissione debbano mettersi a contatto allo scopo di coordinare i relativi lavori per quanto attiene ai così detti temi misti. Si possono quindi senz’altro fissare delle adunanze, alle quali interverranno il Consiglio di presidenza ed i relatori.

PRESIDENTE rileva come l’onorevole Ambrosini abbia accennato alle preoccupazioni con cui il Comitato di redazione della parte che riguarda le autonomie locali ha proceduto nel suo lavoro, appunto per il desiderio concreto di trovare una soluzione, di far presto e, se possibile, bene. Questa preoccupazione è condivisa da tutti, perché tutti sono compresi della necessità di fare una Costituzione seria. Per questo, naturalmente, occorre del tempo. Ma bisogna pure tener presente anche un’altra esigenza. Il Paese vuole uscire dal provvisorio. Questa necessità è assoluta e, nella sua qualità di Presidente, ma anche nella sua qualità di deputato, di cittadino, deve farla presente. Non è possibile chiedere una proroga, oltre il limite-massimo di un anno stabilito dalla legge che ha dato vita alla Costituente. E la Costituente deve avere un tempo sufficiente, per potere esaminare ed approvare il progetto della Costituzione oltre la legge elettorale.

Senza dubbio, per una esigenza logica, l’ideale sarebbe quello di poter presentare alla Costituente il progetto nel suo complesso; ma, a prescindere dal fatto che ciò non è avvenuto in molte Assemblee Costituenti di altri paesi, si tratta di vedere se, per questo ideale, si può venir meno all’altra esigenza, di fare la Costituzione nel tempo stabilito. Bisogna scegliere il minore dei due mali e cercare una soluzione che permetta di non lasciar trascorrere il termine che alla Costituente è stato fissato.

Sono state presentate due proposte concrete: la prima è che la Commissione plenaria debba esaminare il progetto di Costituzione nella sua pienezza, ma possa, quando abbia deliberato su una parte di essa, sottoporre questa parte all’Assemblea Costituente; la seconda è che la Commissione possa esaminare anche parti separate del progetto, a mano a mano che sono completate, salvo a presentare alla Costituente il progetto tutto intero.

Circa le parti che potrebbero essere esaminate separatamente, una proposta indica le autonomie locali, l’altra i diritti e i doveri dei cittadini. Si propone cioè, da un lato, di accelerare i lavori per le autonomie regionali, in modo che la Costituente possa, se crede, occuparsi di questo tema mentre si attende il completamento delle altre parti del progetto. Da un altro lato si propone di accelerare il lavoro di coordinamento degli articoli formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione, in modo che esso possa essere ultimato al più presto. Non si riuscirà a completarlo nei termini precedentemente previsti, ma si dovrebbe far di tutto affinché entro le prime settimane di novembre la Commissione plenaria potesse lavorare. Il coordinamento spetterà all’Ufficio di presidenza, e potrà esser fatto insieme coi Relatori e, se si vuole, anche insieme ad altri membri delle Sottocommissioni; dopo di che gli articoli passeranno alla Commissione plenaria.

Questi sono i punti su cui la Commissione si deve pronunciare.

TARGETTI precisa la sua proposta in questo senso: dopo eseguito il coordinamento dei lavori della prima e della terza Sottocommissione, il risultato dovrebbe essere portato alla discussione della Commissione plenaria, lasciando impregiudicata la questione della presentazione all’Assemblea Costituente di tutto il testo della Costituzione o di parti di esso.

CONTI presenta il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione delibera:

1°) che all’Assemblea Costituente si deve presentare il progetto integrale della Costituzione;

2°) che si autorizza il coordinamento dei risultati della prima e della terza Sottocommissione;

3°) che la Commissione plenaria sia convocata per tale discussione per il giorno 10 novembre».

Crede che queste proposte possano raccogliere i consensi di alcuni commissari, e attira l’attenzione sul fatto, ricordato dall’onorevole Togliatti, che la Commissione è soprattutto una Commissione di studio.

È assolutamente necessario che il progetto di Costituzione sia presentato all’Assemblea nella sua integralità, perché esso può interessare moltissimo i componenti delle Commissioni ed una ristretta cerchia di studiosi, ma deve interessare soprattutto il Paese. Occorre avere la collaborazione del Paese; e quando l’Assemblea Costituente si riunirà per deliberare, il Paese dovrà essere al corrente di quello che si sarà fatto, affinché si possano risparmiare complicazioni e il progetto di Costituzione possa ottenere quella votazione altissima, che è nell’augurio di tutti.

Ma occorre intanto cominciare a raccogliere i risultati dei lavori finora compiuti.

La prima e la terza Sottocommissione hanno lavorato ed esistono già 17 articoli approvati dalla prima. Se l’Ufficio di Presidenza procede al coordinamento di questi 17 articoli con i risultati degli studi della terza Sottocommissione, si può iniziare, in seduta plenaria, la discussione di questi articoli e compiere il primo passo sulla via delle conclusioni.

Giustificato così il suo ordine del giorno, chiede su questo la votazione, eventualmente, per divisione.

GIUA osserva che la proposta Conti è limitativa della proposta Targetti di discutere il lavoro compiuto dalla prima e dalla terza Sottocommissione: infatti i 17 articoli formulati dalla prima non hanno niente a che vedere coi lavori della terza Sottocommissione.

GHIDINI non ha alcuna difficoltà – e ritiene non l’abbiano neppure i componenti della terza Sottocommissione – a che sia presentato alla Commissione plenaria il lavoro comune della prima e della terza Sottocommissione. Deve tuttavia osservare che è impossibile che il lavoro di revisione e di coordinamento sia compiuto entro il 10 novembre. Non sarà soltanto un lavoro di revisione formale di questi articoli e degli articoli della prima Sottocommissione, che riguardano le stesse materie; ma anche qualche cosa di sostanziale, perché esistono divergenze fondamentali fra le formulazioni della prima e quelle della terza Sottocommissione, relative ai medesimi problemi. Pensa – ed in questo interpreta il pensiero di taluni membri della terza Sottocommissione – che l’Ufficio di Presidenza, per disposizione regolamentare, abbia il dovere di occuparsi di questa definizione delle posizioni della prima e della terza Sottocommissione, convocando anche i Relatori. Ma, poiché appunto si tratta di un lavoro di sostanza e non di forma, non vorrebbe che si alterasse ciò che è consacrato nelle articolazioni della prima e della terza Sottocommissione. Quindi, il Consiglio di Presidenza deve convocarsi per una prima revisione, che avrà carattere puramente formale, ma poi sarà utile – o potrà essere necessario, o sarà richiesto dai membri delle due Sottocommissioni – che queste si adunino insieme, per evitare mutamenti sostanziali, che potrebbero alterare le deliberazioni dell’una e dell’altra.

PRESIDENTE osserva che la proposta dell’onorevole Ghidini riguarda una modalità, che modifica la proposta dell’onorevole Togliatti e che potrà essere discussa dopo.

PICCIONI riconosce la necessità di un coordinamento dei lavori della prima con quelli della terza Sottocommissione, ma crede che l’Ufficio di Presidenza non basti a farlo, per le ragioni soprattutto che sono state messe in rilievo dall’onorevole Ghidini, e cioè perché si tratta di un coordinamento non solo formale, ma anche di sostanza, che può incidere sulle deliberazioni prese dalle due Sottocommissioni. D’altra parte, se questo coordinamento fosse demandato alle due Sottocommissioni riunite, si appesantirebbe il lavoro, perché probabilmente si ripeterebbero le discussioni fatte nell’una e nell’altra Sottocommissione. Crede perciò che sarebbe più pratico che ciascuna Sottocommissione nominasse nel proprio seno un ristretto Comitato, come si è fatto per il problema delle autonomie. I due Comitati procederebbero, insieme con l’Ufficio di Presidenza, al lavoro di coordinamento.

Ritiene poi intempestivo il decidere oggi se il lavoro finale di coordinamento dovrà essere riportato davanti alle due Sottocommissioni riunite. Si vedrà il risultato del lavoro di coordinamento: se vi saranno divergenze, per le quali non si sia trovata una soluzione concorde, si dovranno riconvocare, almeno per riesaminare i punti più controversi, le due Sottocommissioni.

Per quanto si riferisce ai lavori della Commissione plenaria, ritiene – in contrasto con quello che ha detto l’onorevole Togliatti – che in seno alla Commissione plenaria si possa effettivamente cominciare ad affrontare l’esame delle parti già concordate, perché è esatto che la Commissione plenaria deve preparare un progetto definitivo, ma la giusta preoccupazione di avere davanti a sé il quadro completo di tutta la Costituzione, nell’ambito della Commissione, i cui componenti hanno conoscenza dei problemi dibattuti nelle tre Sottocommissioni, si può superare più facilmente che non nell’Assemblea Costituente, dove circa 500 deputati conoscono solo assai incompletamente i lavori delle Sottocommissioni.

Non ha, quindi, alcuna difficoltà a che la Commissione plenaria affronti la discussione sulle singole parti della Costituzione, anche prima che le tre Sottocommissioni abbiano esaurito i loro lavori. Dinanzi alla Costituente, invece, occorre presentare un progetto integrale e definitivo, per le ragioni che sono state addotte ed anche perché l’Assemblea non conosce completamente i dibattiti e le discussioni svoltesi nelle singole Sottocommissioni.

PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione e, poiché è evidente che il problema più urgente è quello del coordinamento dei lavori compiuti dalla prima e dalla terza Sottocommissione, mette ai voti la proposta dell’onorevole Piccioni che ciascuna delle due Sottocommissioni nomini un apposito Comitato e che i due Comitati si riuniscano insieme e, con l’Ufficio di Presidenza, provvedano al coordinamento.

(È approvata).

Comunica che pregherà le due Sottocommissioni di designare oggi stesso i rispettivi rappresentanti, in modo che si possa procedere al coordinamento.

Circa la questione di come il risultato di questo lavoro debba essere portato alla Commissione plenaria, vi sono due proposte: una nel senso che, mano a mano che si raggiunge la completezza per una determinata parte, questa, sia portata alla Commissione; l’altra nel senso che la Commissione non inizi il suo esame prima che le sia rimesso il progetto integrale.

TOGLIATTI desidera chiarire che egli ha espresso una opinione differente da quella degli onorevoli Piccioni e Targetti; l’opinione, cioè, che prima di iniziare una discussione su una parte sostanziale, la Commissione plenaria debba avere sotto gli occhi tutte le parti del progetto, almeno nelle grandi linee. Non è contrario a che, per abbreviare, si prenda in esame una parte; ma vorrebbe che in pari tempo le altre Sottocommissioni dessero almeno una idea generale dei risultati dei loro lavori e degli eventuali punti di dissenso.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta che quando una parte del lavoro delle Sottocommissioni sia completa, possa essere portata all’esame della Commissione plenaria.

(È approvata).

Dichiara che terrà conto della considerazione Togliatti, che sia opportuno che le altre Sottocommissioni comunichino a mano a mano alla Commissione plenaria le linee generali del loro lavoro.

Per quanto riguarda l’Assemblea Costituente è evidente che deve essere essa stessa giudice del modo con cui i suoi lavori potranno svolgersi, e lo deciderà quando, alla sua prima seduta, il Presidente della Costituente leggerà le comunicazioni della Commissione sullo stato dei lavori. Propone perciò che la questione sia esaminata dopo il 15 venturo, quando sarà possibile precisare quale sarà la comunicazione da fare all’Assemblea Costituente.

(Così rimane stabilito).

(La seduta, sospesa alle 11.05, è ripresa alle 11.25).

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione.

PERASSI osserva che la presente riunione è stata indetta dall’Ufficio di Presidenza della Commissione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento della Commissione stessa, il quale prevede che l’Ufficio di Presidenza può indire in ogni momento riunioni plenarie allo scopo di fissare delle direttive di massima da seguire della redazione del testo del progetto. Nelle tre Sottocommissioni i lavori si sono svolti senza un progetto preparato da altri, per costruire pietra su pietra il nuovo edificio costituzionale. Manca ancora, per forza di cose, il cemento che deve unire in un tutto armonico le varie norme elaborate, e manca il coordinamento che implica un passaggio dalla analisi alla sintesi.

Ritiene che l’attenzione della Commissione debba soprattutto essere rivolta a due punti.

Il primo riflette l’opportunità di adottare l’uno oppur l’altro dei due tipi più correnti di Costituzioni: di decidere, cioè, se convenga includere nella nuova Carta costituzionale anche principî astratti, programmatici, oppure soltanto norme di concreta portata giuridica. L’Ufficio di Presidenza ha, per parte sua, ritenuto di accedere a quest’ultima tesi, salvo a decidere poi se, come premessa agli articoli, debba porsi un preambolo nel quale riportare alcune affermazioni di principio e programmatiche.

Il secondo punto è quello se la Costituzione dovrà essere elastica, vale a dire modificabile dal normale legislatore, oppure rigida, ossia contenente limiti alla attività del normale legislatore, non superabili se non attraverso una particolare procedura di riforma costituzionale. Se, come pare, il preminente orientamento è a favore della seconda ipotesi, occorrerà che la Costituzione non sia eccessivamente prolissa, non scenda nei dettagli, ma sia informata ad uno stile di sobrietà e di concisione. In altri termini, gli articoli della Costituzione dovranno essere abbastanza precisi per avere un concreto valore giuridico, come limiti alla legislazione ordinaria, e nello stesso tempo sufficientemente larghi per non ostacolarne la normale evoluzione.

Pensa che su questi due punti la Commissione dovrebbe pronunciarsi.

BOZZI informa che gli onorevoli Lombardi, Cevolotto, Fanfani, Perassi, Calamandrei, Dominedò e lui stesso hanno elaborato, trovandosi d’accordo sulla sostanza e, salvo qualche rilievo sulla forma, un ordine del giorno contenente i seguenti tre punti:

1°) la Costituzione dovrà essere il più possibile semplice, chiara e tale che tutto il popolo la possa comprendere;

2°) il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete, di carattere normativo e costituzionale;

3°) la Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilievo costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per la loro eventuale modificazione, il ricorso al processo di revisione costituzionale.

Pensa che non occorrano altre parole per illustrare questo ordine del giorno, ritiene che la Costituzione debba essere rigida e quindi modificabile solo con una procedura straordinaria, onde la necessità che le sue norme siano precise, ma non eccessivamente particolari. L’ordine del giorno proposto autolimita, in sostanza, i poteri dei commissari solo dal punto di vista della tecnica legislativa.

DOSSETTI ritiene che quest’ordine del giorno sia suscettibile di diverse interpretazioni e crede che alcuni dei sottoscrittori abbiano potuto pensare a qualche cosa non pienamente corrispondente alle intenzioni degli altri. L’ordine del giorno proposto può rappresentare un indirizzo di tecnica, di forma e di struttura rispetto al quale è difficile essere dissenzienti; ma può avere oggi, od acquistare domani, durante il corso dei lavori della Commissione, un significato ed una portata diversi, e cioè un significato di auto-limite, che può dar luogo alla inclusione od esclusione di determinate norme dalla Costituzione. Di fronte a questa possibilità di interpretazione, che va oltre l’aspetto semplicemente estrinseco e formale che la Costituzione deve avere, ritiene l’ordine del giorno suscettibile di equivoci. A suo avviso, si potrà esprimere un voto, ma redatto in termini molto più attenuati di quelli dell’ordine del giorno in discussione, anche perché la Commissione non ha ancora presente un testo completo su cui discutere. Solo quando il testo sarà pronto, la Commissione, prima di scendere all’analisi dei singoli articoli, potrà effettuare una valutazione globale.

MORTATI, concordando con le dichiarazioni dell’onorevole Dossetti, afferma che l’ordine del giorno Bozzi urta contro difficoltà sostanziali. La materia costituzionale non può essere predeterminata, ma è qualche cosa che si precisa di volta in volta, secondo gli interessi politici della classe dirigente, che provvede alla compilazione della Costituzione.

MASTROJANNI dissente dalle affermazioni dell’onorevole Perassi e dall’ordine del giorno Bozzi. Innanzitutto ritiene che una simile precisazione sia, quanto meno, tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere fatta all’inizio dei lavori. Riferendosi alla prima Sottocommissione, di cui fa parte, osserva che i temi proposti non sono suscettibili di essere riguardati dal punto di vista normativo, tanto che le affermazioni su questioni di principio, assai complesse, fatte finora dalla prima Sottocommissione non possono essere realizzate in una norma giuridica: sarebbe infatti assai pericoloso statuire fin da ora su taluni principî che impegnano lo Stato; e il legislatore non potrà senz’altro occuparsi di tutto ciò che è affermato dalla Costituzione.

Ritiene che l’ordine del giorno Bozzi debba essere contemperato con la necessità che, in un periodo di trapasso tra un vecchio mondo ed il nuovo, i principî che si affermano abbiano in gran parte solo un carattere di orientamento. Ricorda, a tal proposito, una dichiarazione fatta dall’onorevole Togliatti alla prima Sottocommissione, nel senso che la nuova Costituzione deve costituire un ponte di passaggio per il raggiungimento di finalità che non possono essere immediatamente realizzate. Se si volesse dare alla Costituzione il carattere di una precisa codificazione, si urterebbe nella impossibilità di una rapida realizzazione, deludendo in tal modo le aspettative del popolo italiano, il quale attenderebbe dalla Carta costituzionale una immediata trasformazione degli istituti sociali. Perciò ritiene che occorra contemperare le due esigenze, facendo in linea di massima delle enunciazioni di principio e traducendo in norme giuridiche soltanto quella parte che si ritiene possa essere realizzata in brevissimo tempo.

Richiama l’attenzione della Commissione sul pericolo insito nel fatto di dare al popolo la sensazione che si realizzeranno degli istituti che in realtà non si potranno invece concretare.

CALAMANDREI ha chiesto di parlare solo per motivi di carattere tecnico che lo spingono a precisare il suo avviso sul lavoro di elaborazione della Costituzione.

La Costituzione è una legge, e come tale deve avere determinati caratteri, comuni ad ogni norma giuridica; deve, cioè, contenere non affermazioni generiche, ma norme precise di condotta e stabilire mezzi pratici per il raggiungimento di certi scopi, nonché le sanzioni che saranno applicate a chi non osserverà quelle precise norme di condotta.

La nuova Costituzione dovrà contenere due parti distinte, che si riscontrano nella maggior parte delle Costituzioni e che riguardano l’una gli organi e i poteri dello Stato e l’altra, di carattere preliminare, i diritti individuali.

Circa la compilazione della parte attinente agli organi e poteri dello Stato, tutti saranno concordi nel ritenere che nel testo costituzionale si debbano inserire soltanto le norme che regolano i supremi organi dello Stato, norme di carattere basilare, le quali non entrino però nei particolari che rimarranno affidati alle leggi speciali quali norme di completamento e, in un certo senso, di interpretazione delle norme costituzionali. Ad esempio, per quanto riguarda il potere giudiziario, la Costituzione dovrà contenere solo un piccolo numero di articoli sulla posizione del potere giudiziario nello Stato, lasciando l’ulteriore determinazione della materia alla legge sull’ordinamento giudiziario.

A questo proposito non è d’accordo con l’onorevole Bozzi (ed ha manifestato questa sua perplessità al momento di porre la sua firma sull’ordine del giorno) nel ritenere che queste leggi complementari debbano essere sottratte alle garanzie di stabilità e di immutabilità che saranno proprie della Costituzione: a suo avviso anche tali leggi non dovranno poter essere modificate altro che attraverso quei procedimenti che si stabiliranno per la Costituzione, se, come sembra, sarà adottato il criterio di formulare una Costituzione rigida.

Il punto controverso è invece quello riguardante i diritti individuali: bisogna vedere se le norme elaborate dalla prima e dalla terza Sottocommissione siano veramente tutte norme giuridiche, tali da poter trovar posto in una legge, o non siano invece affermazioni generiche, «desideri», «programmi politici»; ed occorre domandarsi se la Costituzione potrà esprimere anche desideri e programmi politici e non contenere soltanto vere norme giuridiche.

Non è possibile nascondersi che tutti si trovano in una situazione di disagio e difficoltà. Qualcuno ha fatto osservare con quale chiarezza e semplicità fosse stato compilato lo Statuto Albertino: è facile però rispondere che chi fece quello Statuto sapeva quello che voleva dare e fino a qual punto intendeva arrivare. Anche la Costituzione russa, elaborata dopo la rivoluzione, fu fatta da persone che erano concordi nel sapere quello che volevano, ed il compito, anche sotto l’aspetto della tecnica giuridica, fu molto semplice, in quanto si trattava di consacrare qualche cosa che storicamente era già avvenuta, di tradurre, cioè, in norme giuridiche una rivoluzione già compiuta, e la realtà sociale da essa già scaturita. Per contro, in Italia, oggi ci si trova in una situazione di trapasso: la rivoluzione (in senso giuridico) è ancora da fare; una piccola parte è stata fatta con la proclamazione della Repubblica, ma il più, cioè la trasformazione sociale, resta ancora da fare. Ed allora si tratta di vedere se una Costituzione possa essere uno strumento adatto per facilitare, regolare ed indirizzare una rivoluzione da compiere, e si tratta anche di vedere, al momento di formulare il programma di questa rivoluzione giuridica, se i vari gruppi politici rappresentati nell’Assemblea siano tutti d’accordo su un determinato programma. Evidentemente questo accordo non sussiste, perché in tutte e tre le Sottocommissioni, ed anche nella seconda, che dovrebbe essere la meno esposta a questi contrasti, si trovano di fronte spesso due correnti contrapposte, quella di chi vuole norme che accelerino il processo di innovazione e quella di chi cerca norme che ritardino, in qualche modo, quel processo.

Fra i diritti individuali ve ne sono alcuni la cui proclamazione può essere consacrata in vere norme giuridiche, perché quando si afferma, ad esempio, la libertà di stampa, la libertà di coscienza, ecc., con questo si impone agli organi dello Stato un comportamento negativo; si impone loro di non impedire al cittadino lo svolgimento di quella tale attività che è garantita in modo che, se tale comportamento negativo non fosse tenuto, ciò darebbe luogo a sanzioni, quali sono, o saranno, i rimedi che il cittadino ha contro la violazione dei suoi diritti di libertà.

Ma quando si passa a quei diritti individuali che si chiamano sociali, e che sono stati formulati soprattutto nelle Costituzioni create dopo l’altra guerra (per esempio, il diritto al lavoro, il diritto alla casa, il diritto all’assistenza contro l’invalidità e vecchiaia), di fronte a questi, affinché fossero diritti in senso giuridico, bisognerebbe precisare chi sia obbligalo, perché il diritto in tanto è tale in quanto di fronte ad esso sussiste un dovere. Ora, in tutte le Costituzioni che hanno elencato i cosiddetti diritti sociali, la determinazione dei mezzi pratici per rendere effettivi questi diritti non è stata fatta. Soltanto nella Costituzione russa, là dove parla dei diritti sociali, ogni articolo enuncia il diritto e poi, nel capoverso, indica l’organo cui deve rivolgersi il cittadino per farlo valere. Ma in Italia, al momento attuale, non si ha né l’intenzione, né la possibilità di accompagnare l’affermazione di ognuno dei cosiddetti diritti sociali coll’enunciazione dei mezzi pratici posti a disposizione del cittadino per farli valere: ne deriva che i cosiddetti diritti sociali non sono veri diritti, ma sono soltanto programmi, desideri, nel formulare i quali anche se tutti fossero d’accordo sul contenuto di essi, bisogna andare cauti, per non ingenerare nei cittadini speranze illusorie.

Parrebbe quindi che, per il rispetto della più corretta tecnica giuridica, fosse più opportuno che questi desideri, a cui tutti possono partecipare e che hanno un carattere sentimentale, ma non un carattere giuridico, fossero sistemati nel preambolo della Costituzione, e che le vere norme giuridiche fossero limitate a quei diritti che sono diritti nel senso tecnico e perfetto della parola.

Queste sono le ragioni per le quali anche egli ha sottoscritto l’ordine del giorno Bozzi.

DE VITA si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Calamandrei. Ricorda che dinanzi alla prima Sottocommissione ha rilevato che alcuni articoli approvati hanno un fondamento ideologico che non può essere condiviso da tutti i partiti, e che in molti altri si contengono delle definizioni, mentre le definizioni sono pericolose e comunque non opportune, perché il legislatore deve disciplinare dei rapporti e non definirli. Altri ancora, come ad esempio gli articoli sulla stampa e sulla cittadinanza, non sono articoli di costituzione, e nemmeno di legge, ma solo articoli di regolamento.

Ritiene perciò opportuno che la Commissione fissi dei criteri fondamentali, di carattere generale, che debbano essere osservati dalle Sottocommissioni nella formulazione degli articoli; ed è pertanto favorevole all’ordine del giorno proposto.

COLITTO si associa completamente a quanto hanno detto l’onorevole Mastrojanni e l’onorevole Calamandrei. Tenendo conto di quello che entrambi hanno affermato, crede che sia opportuno apportare qualche emendamento all’ordine del giorno presentato dall’onorevole Bozzi, di cui propone la seguente nuova formulazione:

1°) La Costituzione dovrà essere concisa e chiara, in guisa che il popolo la possa agevolmente comprendere.

2°) La Costituzione dovrà contenere disposizioni normative istituzionali; enunciazioni programmatiche o comunque di tendenza troveranno più adatto collocamento nel preambolo.

3°) La Costituzione dovrà contenere disposizioni essenziali tali che lo sviluppo della legislazione ordinaria non richieda per eventuali modificazioni il ricorso al processo di revisione costituzionale.

Pensa che, così formulato l’ordine del giorno, le preoccupazioni dei colleghi che vi si sono opposti non abbiano più ragion d’essere.

MOLÈ concorda con l’onorevole Calamandrei. Approva in pieno l’ordine del giorno Bozzi, ma fa presente che, così come è stato presentato, lascerebbe fuori tutta quella parte di dichiarazioni di diritti che ancora non hanno una vera natura di diritti e sono piuttosto enunciazioni di orientamenti. Nel momento in cui egli lo ha sottoscritto, conteneva un accenno anche alle enunciazioni programmatiche, e le collocava nel preambolo; ed egli mantiene l’avviso che è necessario fissare tali enunciazioni nella Costituzione, la quale non può solamente prendere atto di ciò che è, ma deve dare anche un qualche orientamento per il lavoro legislativo futuro. Se si adotta il criterio che la Costituzione deve contenere soltanto delle vere e proprie norme giuridiche, le si toglie l’anima, lo spirito che deve avere; perché oggi si fa la Costituzione per dare al popolo la precisa impressione che v’è qualche cosa di modificato, non soltanto per la forma repubblicana anziché monarchica dello Stato, ma anche per lo spirito nuovo che anima la nuova legislazione. Perciò bisognerà aggiungere alla Costituzione un preambolo. La parte articolata dovrà contenere solo disposizioni concrete concernenti veri e propri diritti, con le loro sanzioni; il preambolo dovrà dare un orientamento per il futuro. Vero è che non tutti sono d’accordo in quello che dovrà essere lo Stato futuro, ma un qualche cosa di comune, una tendenza che unisca tutti deve esistere: una tendenza verso una democrazia politica che non sia disgiunta dalla democrazia economica, verso diritti sociali che devono essere affermati non in maniera così concreta e minuziosa da rappresentare per il legislatore futuro un impaccio, ma in maniera sufficientemente precisa e nello stesso tempo sufficientemente elastica, perché rappresentano il sentimento comune.

Ripete che approva l’ordine del giorno Bozzi, perché è molto preciso; ma vi ripristinerebbe le parole che prima conteneva: «Le enunciazioni di direttive programmatiche e tendenziali troveranno più adatto collocamento nel preambolo o dichiarazioni preliminari». In tal modo pensa che tutti potrebbero aderire a questi concetti: la Costituzione deve essere semplice e chiara; gli articoli debbono contenere solo norme giuridiche, ma nel preambolo deve dichiararsi che la Repubblica nascente, la quale non prende atto di quello che è avvenuto, ma deve tendere all’avvenire, ha un determinato orientamento dal quale non si può evadere; orientamento generico che unisca tutti i partiti democratici e che deve essere fissato nella Costituzione per il futuro.

TOGLIATTI constata che su tre punti tutti concordano: concisione, chiarezza, comprensibilità per il popolo. La discussione comincia quando si tratta di decidere quali norme scrivere negli articoli della Costituzione e quali affermazioni rimandare al preambolo.

Poiché l’onorevole Molè ha precisato che egli aveva dato il proprio consenso all’ordine del giorno Bozzi, quando conteneva la dichiarazione che determinate affermazioni di principio dovevano trovar posto nel preambolo, desidera a sua volta precisare che vi ha dato la sua adesione proprio quando quella dichiarazione ne è stata tolta.

Il problema più importante e più grave che sta davanti alla Commissione è quello di decidere che cosa si vuol fare con la nuova Costituzione. È stata citata la Costituzione sovietica; sono state citate altre Costituzioni. La Costituzione sovietica ha un carattere preciso: essa codifica in norme lapidarie un fatto uscito da una rivoluzione, codifica una situazione creata attraverso un’attività rivoluzionaria durata venti anni. In Italia non si è in questa situazione, non soltanto perché la rivoluzione non è avvenuta, ma anche perché tutti ritengono che nelle condizioni attuali, dati i rapporti politici attuali di classe, nazionali ed internazionali, dell’Italia e di tutta l’Europa, sia possibile arrivare a una profonda trasformazione sociale seguendo un cammino differente. La Costituzione deve tener conto di questo; quindi, se sancisse soltanto quello che esiste oggi in Italia, non corrisponderebbe a quello che la grande maggioranza del popolo desidera dalla Costituzione. La nostra Costituzione deve dire qualche cosa di più, deve avere un carattere programmatico, almeno in alcune delle sue parti, e particolarmente in quelle parti in cui si afferma la necessità di dare un nuovo contenuto ai diritti dei cittadini, un contenuto, come è stato detto, sociale, con l’affermazione del diritto al lavoro, del diritto al riposo, ecc., ed anche con l’affermazione delle garanzie di questi diritti. La Costituzione sovietica, dopo aver affermato un diritto, può nel capoverso fissare un complesso di condizioni di fatto che permettono di realizzarlo, perché queste condizioni di fatto esistono. In Italia queste condizioni di fatto si debbono creare. Perciò si devono affermare determinati diritti e sancire determinate norme le quali, applicate, serviranno a garantirli. Il diritto al lavoro verrà garantito soltanto quando si avrà un’organizzazione economica del Paese, diversa dall’attuale, per cui coloro che sono capaci di lavorare abbiano la possibilità di esplicare le loro forze di lavoro.

Se questo contenuto nuovo viene relegato nel preambolo, si faranno delle affermazioni che potranno essere le più larghe, le più generose, ma tutti capiranno che si tratta di qualche cosa che è stato fatto tanto per dare a una parte dell’opinione una soddisfazione di forma, e nella sostanza lavarsene le mani. Queste affermazioni diventano invece qualche cosa di costituzionalmente e quindi giuridicamente importante quando siano poste in determinati articoli, anche se questi articoli possano avere una forma che non corrisponda a quella dei vecchi articoli dei codici civili o di una precedente legge costituzionale. Ritiene perciò che i diritti sociali debbano essere affermati in concreto in articoli della Costituzione, i quali avranno un carattere normativo, ma in pari tempo anche un carattere programmatico. Si tratta di un avviamento, di un impegno, di un orientamento alla creazione di un nuovo ordinamento sociale e quindi anche di una nuova legalità.

Quanto all’impaccio al legislatore che taluno teme ne possa derivare, nota che, se d’impaccio può parlarsi, esso è l’impaccio a non tornare indietro. Il legislatore avrà una direttiva a cui dovrà informare tutta la sua attività legislativa. La Costituzione sarà qualche cosa di nuovo quando i diritti sociali saranno affermati in articoli particolari, con formula impegnativa, e non già in dichiarazioni di principio che non impegnerebbero minimamente il legislatore futuro.

CEVOLOTTO si riferisce alla preoccupazione manifestata dall’onorevole Dossetti che la formulazione, che si vuol dare con l’ordine del giorno Bozzi, possa servire ad attenuare, a modificare, o addirittura eliminare i principî sostanziali affermati dalle Sottocommissioni. Non può essere questo lo scopo di quella formulazione, perché se qualcuno avesse questa finalità di eliminare, di combattere qualche principio già affermato, lo farebbe in sede di adunanza plenaria, come è suo diritto e come può essere suo dovere. Ma si tratterebbe anche lì di vedere da quale parte è la maggioranza e da quale la minoranza: la minoranza non può valersi di quello schema per eliminare un principio affermato dalla maggioranza, perché questa tornerà ad affermarlo e troverà sempre il modo di introdurlo, in una forma o nell’altra.

Si tratta soltanto della forma della Costituzione, e su taluni punti relativi alla forma tutti sono d’accordo. Tutti hanno riconosciuto che occorre chiarezza, brevità, concisione nel fare una Costituzione moderna. Si dovrebbe aggiungere anche il requisito che il testo sia scritto in buon italiano, perché le formulazioni, forse per colpa un po’ di tutti, non sempre lo sono. Ma, indipendentemente da questo, v’è la questione prospettata dall’onorevole Calamandrei e discussa dall’onorevole Togliatti: il contenuto normativo deve essere inteso in senso stretto, oppure in senso largo come l’intende l’onorevole Togliatti? Cioè, le affermazioni di principio, programmatiche, devono esser messe negli articoli o nel preambolo?

Riconosce giusto quello che dice l’onorevole Calamandrei, parlando da giurista: non si possono introdurre affermazioni programmatiche, che rappresentano dei desideri, delle speranze, ma non hanno in concreto alcuna possibilità di attuazione legislativa in questo momento. Enunciazioni di tal genere devono essere espresse, come un indirizzo da dare alla legislazione futura, nel preambolo, ma non si possono mettere nelle norme concrete della Costituzione.

Tutto questo, tuttavia, non vuol dire che la Costituzione non debba essere anche un programma; che non debba anche affermare dei principî che devono avere un valore concreto; e non è detto che quello che è nel preambolo non abbia valore concreto. Il preambolo della Costituzione americana ha un valore essenzialmente concreto, perché afferma principî che sono stati seguiti dallo sviluppo di tutta la società americana.

Ma nella formulazione tecnica della Costituzione il mettere nell’articolazione, per esempio, l’affermazione del diritto al lavoro, è da una parte troppo e dall’altra troppo poco, perché oggi il diritto al lavoro non ha ancora possibilità di attuazione in una legge che dia modo di soddisfare concretamente quest’obbligo che lo Stato assumerebbe. Ed allora, enunciare un principio che non possa essere seguito dalla realtà della legislazione è ingannare il popolo; è dirgli che si fa quello che si sa di non poter fare. Se il principio del diritto al lavoro è, invece, introdotto nel preambolo per indicare l’indirizzo da seguire in avvenire, per portare, cioè, la società allo sviluppo cui ha accennato l’onorevole Togliatti, questo è più aderente alla realtà e risponde di più alla sincerità che una Costituzione deve avere nel senso tecnico-giuridico detto dall’onorevole Calamandrei.

TOGLIATTI osserva che anche l’onorevole Cevolotto ha votato un articolo in cui si afferma il diritto al lavoro.

CEVOLOTTO replica che in seno alla prima Sottocommissione si è sempre rimasti d’intesa che si sarebbe dovuto rivedere tutto il lavoro compiuto e che molti principî affermati negli articoli sarebbero stati poi trasferiti nel preambolo.

Ha parlato del diritto al lavoro. Si tratterà di vedere se qualche affermazione anche di principio, programmatica, ma suscettibile di uno sviluppo immediato nella legislazione, non possa trovar posto negli articoli. Non vi dev’essere un limite preciso: un principio che non potrà forse avere immediatamente una formulazione legislativa, ma potrà averla fra breve, potrà esser messo negli articoli, senza alcun inconveniente: ma negli articoli le affermazioni programmatiche a lunga scadenza non possono trovar posto. È quindi d’accordo con gli onorevoli Calamandrei e Molè.

MOLÈ rileva che l’onorevole Togliatti pensa che il fatto di introdurre negli articoli certe affermazioni abbia un preciso valore, che verrebbe meno ove queste fossero poste invece nel preambolo. Ora, è evidente che non è la questione formale che preoccupa l’onorevole Togliatti: questi tiene a che il testo della Costituzione porti disposizioni concrete che siano sottratte alla diversità di opinioni. Se non che, disposizione concreta non è la sola affermazione, in un articolo, del diritto al lavoro: occorre anche la garanzia specifica che tale affermazione trovi applicazione. Se questa garanzia esiste, nessun dubbio che il diritto al lavoro, così garantito, debba esser fissato negli articoli. Ma se si tratta di un’affermazione generica, quando si discuterà la formulazione degli articoli, sarà naturale l’obiezione che non si tratta di affermazione concreta di carattere normativo che degli articoli possa far parte.

FANFANI, quale firmatario dell’ordine del giorno Bozzi, rileva che questo esprime, nella sua forma attuale, dei consigli prudenziali circa i criteri con i quali bisognerà cercar di redigere il testo della Costituzione. Originariamente, oltre che dei consigli, conteneva l’impegno preciso di relegare le enunciazioni di direttive programmatiche nel preambolo; ed egli lo rilevò e chiese la soppressione di quella parte, ché altrimenti non l’avrebbe firmato. È quindi perfettamente d’accordo su questo punto con quello che ha sostenuto l’onorevole Togliatti: la Costituzione è fissazione di aspirazioni e di volontà della maggioranza di un popolo, del popolo italiano, e non si può relegare l’espressione di questa volontà in un preambolo che fatalmente diventerà un testo retorico e che non avrà vera importanza per quanto riguarderà lo svolgimento legislativo. Quindi, tutto quanto riguarda e fissa l’ordinamento, l’azione sociale del nuovo Stato, deve entrare nel testo articolato della Costituzione: la norma concreta del diritto al lavoro spetterà al legislatore futuro, che naturalmente procederà ad ulteriori determinazioni; ma il principio deve costituire una spinta ed un obbligo per quel legislatore. Non si tratta dunque di speranze, come dice l’onorevole Calamandrei, ma di una precisa volontà, in quanto risulterà dalla maggioranza dell’Assemblea che rappresenta a sua volta la volontà della maggioranza del popolo italiano. Il legislatore futuro provvederà poi a far sì che questo impegno, da solenne testo costituzionale, diventi norma precisa di legge.

DOMINEDÒ, quale firmatario dell’ordine del giorno, si associa alla dichiarazione dell’onorevole Fanfani, osservando che il significato concreto della proposta sta nella tendenza ad escludere dalla Carta ciò che non può avere contenuto normativo ed includervi invece ciò che potrà costituire un vincolo per il legislatore futuro.

DOSSETTI fa rilevare anzitutto che la pretesa chiarezza della Costituzione albertina non deriva solo dal fatto evidente che la Costituzione albertina rispecchiava il pensiero unitario di colui che l’ha «octroyée», ma anche da ciò, che oggi quel testo appare chiaro nei suoi termini giuridici, definitivamente consolidati dopo cent’anni di ordinamento costituzionale inteso alla sua applicazione. Questo vale anche per l’osservazione dell’onorevole Cevolotto.

Nella Costituzione si debbono distinguere i diritti che hanno raggiunto un consolidamento giuridico, pieno e completo, e per i quali si ha, quindi, tutta un’espansione di gamma attraverso la quale il diritto si realizza, e quelli che non sono semplice espressione di desideri e possono dar luogo a determinati rapporti obbligatori, ma non hanno ancora raggiunto quella espansione piena della gamma che li garantisce in ogni loro aspetto. Anche questi sono diritti che possono e debbono trovare un’affermazione nella norma costituzionale.

Nella stessa Costituzione russa, che l’onorevole Calamandrei ha portato ad esempio di una Costituzione in cui certe affermazioni si sono potute fare, perché avevano già trovato la loro concreta realizzazione, non v’è mai una concreta realizzazione del tipo che egli ha citato, cioè di un’azionabilità completa, esauriente, ma v’è invece una realizzazione di diverso tipo. La seconda parte dei vari articoli della Costituzione russa – quella che dovrebbe realizzare i diritti garantiti nella prima – non dice come il cittadino deve e può far valere il suo diritto nei confronti, per esempio, dello Stato, ma stabilisce attraverso quali strutture, quali congegni dell’ordinamento sociale quel diritto è assicurato, in concreto, anche se non con un’azionabilità completa, o si tenta di piegare l’ordinamento giuridico e sociale ad una concreta realizzazione.

Ecco perché simili norme possono veramente avere un contenuto di volontà, e quindi il contenuto e l’aspetto tipico della norma giuridica, e tuttavia non rispecchiare quella forma assolutamente e definitivamente consolidata che l’onorevole Calamandrei vorrebbe riservare alle norme che, a suo giudizio, dovrebbero essere le sole incluse nella Costituzione.

Insiste sulla premessa fatta nel suo primo intervento: l’equivocità dell’ordine del giorno si è ormai palesemente dimostrata a tutti, perché evidentemente quell’ordine del giorno è stato sottoscritto con intenzioni diverse. Fa soprattutto osservare all’onorevole Cevolotto che, approvando quell’ordine del giorno si precostituirebbe un argomento pregiudiziale, e non di merito, per una valutazione dei singoli articoli e per una esclusione aprioristica di taluni di essi. Ciò è tanto vero, che l’onorevole Cevolotto ne ha offerto un esempio egli stesso, quando ha dato l’esemplificazione del diritto al lavoro. La Commissione, con quell’ordine del giorno, si costringe a fare, oltre alla discussione sulle questioni di merito, una discussione pregiudiziale volta a stabilire se, in un determinato articolo, si stabilisca una norma sufficientemente giuridica nel senso inteso da alcuni e negato da altri: prima di discutere se si debba affermare una data norma, si dovrebbe discutere se questa debba essere compresa in un articolo o trasferita nel preambolo. Onde una doppia discussione, che offrirà ad una eventuale volontà di resistenza un argomento ulteriore che non si estrinsecherà nel semplice gioco della maggioranza e della minoranza in ordine al merito.

PICCIONI rileva l’estrema difficoltà di segnare preventivamente dei limiti, dei modi e delle forme al lavoro che si sta compiendo. Tutti qui sanno qual è il compito che debbono svolgere e quale dovrebbe essere anche, grosso modo, la tecnica della redazione del progetto di Costituzione. Quindi, per quanto si riferisce alla chiarezza, alla semplicità, alla concisione, ritiene superfluo un richiamo così solenne a questo che deve essere un impegno formale di tutti, perché tutti sanno che sono chiamati a fare la Costituzione, non un’enciclopedia o un codice di diritto costituzionale.

Il punto sostanziale è quello richiamato dall’onorevole Dossetti, ed a questo riguardo la migliore conferma delle osservazioni da lui fatte è risultata dalla discussione che si è svolta. Infatti, tra gli stessi firmatari dell’ordine del giorno Bozzi vi è una divergenza di vedute e di interpretazioni del contenuto dell’ordine del giorno; l’interpretazione che ne dà l’onorevole Calamandrei, con gli onorevoli Cevolotto e Molè, è molto diversa da quella che ne dànno gli onorevoli Togliatti e Fanfani. Questo prova quanto sia difficile, se non impossibile, raccogliere in qualche norma la direttiva di marcia concreta per il lavoro che si sta compiendo.

Quindi, dal punto di vista formale, crede alquanto esuberante l’obiettivo che si sono proposti i firmatari dell’ordine del giorno; ma dal punto di vista sostanziale deve dire che è d’accordo con l’impostazione che hanno dato al problema gli onorevoli Togliatti e Fanfani: la Costituzione che si sta elaborando deve preoccuparsi delle esigenze della tecnica giuridico-costituzionale, ma deve pur essere una Costituzione che rifletta le esigenze di carattere sociale, che debbono dare allo Stato una impronta nuova, nei confronti dei vecchi modelli.

Riconosce che, in concreto, per alcune esigenze di carattere sociale che si sentono in primissimo piano, è difficile trovare una formulazione di tecnica giuridica nella Carta costituzionale; ma questo non deve fermare, non deve sbarrare la via allo sforzo che si vuol compiere per dare rilievo, anche in questa legge fondamentale del nuovo Stato democratico, a queste esigenze di carattere sociale; altrimenti si verrebbe meno all’impegno formale assunto verso il popolo, ed all’esigenza che tutto il popolo sente. Si deve non soltanto costruire uno Stato democratico nel senso tradizionale della parola, cioè nel senso più squisitamente politico, ma cominciare anche a dare, con i mezzi che si hanno a disposizione, e tenuto conto delle condizioni in cui si opera, una fisionomia anche sociale alla struttura di questo nuovo Stato democratico. Quindi, tenuta presente questa esigenza vivamente sentita, è del tutto inutile pretendere di porre delle limitazioni e delle barriere preventive al lavoro che si sta compiendo.

Praticamente avverrà che, via via che le Sottocommissioni elaboreranno delle norme, queste saranno prese in esame, e per il coordinamento generale, da cui sorgerà l’edificio del nuovo Stato democratico, si vedranno quali potranno essere i modi e le forme migliori per ottenere l’euritmia giuridica, le cui esigenze debbono pur essere tenute presenti nella redazione definitiva del progetto di Costituzione.

Conclude affermando che, se l’ordine del giorno può o deve avere solamente un valore indicativo di raccomandazione per il lavoro che si deve ancora compiere, lo si può accettare, ma a condizione che questo suo valore specifico non possa menomamente circoscrivere o limitare il compito che la Commissione sta svolgendo. Se, invece, dovesse avere altro significato o portata, non potrebbe accettarlo.

BASSO rileva che nell’ordine del giorno proposto sono tre commi, che dicono tre cose diverse.

Sul primo – la Costituzione deve essere chiara – tutti sono concordi: non è superfluo un appello alla chiarezza.

Il terzo comma – che le norme devono avere rilevanza costituzionale e non si debba scendere a dettagli di competenza speciale, per non influire sul movimento legislativo futuro – costituisce anch’esso una raccomandazione non superflua, perché in molti si è notata la tendenza ad introdurre nella Costituzione dei dettagli eccessivi. All’osservazione che è difficile stabilire i limiti della rilevanza costituzionale, che quel che era rilevante costituzionalmente venti anni fa oggi non lo è più, si risponde che occorre stabilire quei limiti con criteri che non sono quelli trapelati da molte relazioni; ma questi limiti bisogna porli, perché altrimenti, in futuro, non si riuscirebbe a fare alcuna legge, senza esser costretti a modificare un articolo di costituzione.

Ha dato luogo a maggiore discussione, invece, il secondo comma, in cui si parla di norme concrete. Crede che sia qui un problema di equilibrio e di limiti. In fondo, tutti sono d’accordo, ma bisogna vedere in qual senso.

Concorda personalmente con l’onorevole Togliatti, quando egli dice che l’attuazione concreta di certi diritti, oggi non ancor realizzabile, è subordinata a talune profonde trasformazioni. Il diritto al lavoro è una norma concreta, che si vuole realizzare: se non è realizzabile nella legislazione attuale, lo sarà nella futura. È quindi una norma che si rivolge al legislatore futuro.

Nota una ridondanza eccessiva, derivante dal fatto che si è voluto dare nella Costituzione una giustificazione di queste norme, traducendo in articoli ideologie o dottrine. Tutto questo deve rimanere estraneo al testo della norma. Esiste oggi un patrimonio acquisito, un complesso di concetti a cui si può giungere partendo da presupposti ideologici diversi. Si possono formulare articoli sul diritto del lavoro, appunto perché su certe conclusioni giuridiche si è concordi; ma, se si pretende introdurre nella Costituzione la giustificazione ideologica di questi articoli, allora l’accordo viene a mancare.

Si è avuto di questo un’esperienza nella prima Sottocommissione: fra le due relazioni Basso e La Pira v’è una così profonda discordanza, che non sarebbe stato possibile concordare alcuna formulazione ideologica: invece i due Relatori hanno potuto concordare gli articoli con facilità.

Il concetto fondamentale deve dunque essere questo: introdurre nella Costituzione delle formulazioni concrete, rispondenti allo stato attuale della coscienza sociale; non delle ideologie, che vanno al di là della giuridicità della norma.

Concorda, quindi, nell’ordine del giorno in questo senso: che si debbono introdurre nella Costituzione anche articoli a contenuto sociale; ma redatti in modo che siano veramente articoli di legge. La norma deve essere completa, anche se si rivolge al legislatore futuro, e deve avere un contenuto di diritto.

GIUA è contrario allo spirito che ha mosso i firmatari dell’ordine del giorno, per ragioni anche tecniche.

Questa discussione ha dimostrato che quasi tutti sono scontenti della formulazione degli articoli. È un voto di sfiducia che i compilatori danno a sé stessi. Trova esagerata la proposta di rinviare al preambolo tutte le affermazioni a carattere programmatico. Il preambolo deve essere breve; per avere un valore, deve racchiudere in pochissime formule lo spirito della Carta costituzionale. Se si mettesse nel preambolo tutto quello che non rientra nel quadro giuridico tracciato dall’onorevole Calamandrei, il preambolo diventerebbe addirittura una Carta costituzionale.

Ha seguito con attenzione la limpida esposizione dell’onorevole Calamandrei, ma ad un certo momento si è detto: se applichiamo le idee dell’onorevole Calamandrei, facciamo una Costituzione borghese, perché fino ad ora tutto quello che è acquisito circa i diritti del cittadino o delle masse rientra nell’ambito della legislazione borghese: e allora manchiamo completamente allo spirito che ci ha mossi.

Concorda con quello che ha chiaramente spiegato l’onorevole Togliatti: questa Costituzione, che è Costituzione di transizione – e non lo si deve dimenticare – deve avere anche una parte programmatica, che si realizzerà nel tempo. Si è detto, invece, che nella Costituzione si deve affermare solamente quello che lo Stato può effettivamente garantire al cittadino. Ma lo Stato può garantire al cittadino anche quello che è in un programma, orientando la legislazione futura verso la realizzazione del programma stabilito nella Carta costituzionale.

Non crede che agli articoli formulati si possa muovere l’appunto mosso dall’onorevole Cevolotto di non essere scritti in buon italiano. Comunque, ciò che più lo preoccupa è di sapere quali saranno i poteri della Commissione di coordinamento, perché non vorrebbe che gli articoli approvati dalle diverse Sottocommissioni fossero poi svisati in questo lavoro di coordinamento. Perciò propone che la Commissione di coordinamento sia libera di modificare le articolazioni come crede; ma che nella stampa siano riprodotti, in due colonne, gli articoli come erano stati formulati dalle Sottocommissioni e come sono stati redatti dalla Commissione di coordinamento, in modo che ognuno possa controllare se il lavoro di questa si sia limitato ad una elaborazione letteraria o giuridica o di sintesi o non sia andato oltre lo spirito delle Sottocommissioni.

PRESIDENTE avverte che le considerazioni dell’onorevole Giua saranno tenute presenti in sede di coordinamento.

Ricorda che l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Bozzi è il seguente:

«1°) La Costituzione dovrà essere più che possibile semplice e chiara, tale che tutto il popolo la possa comprendere;

«2°) Il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete di carattere normativo e istituzionale;

«3°) La Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilevanza costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per le eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

Al n. 2°, per accogliere i criteri svolti dagli onorevoli Piccioni e Togliatti, propone di aggiungere le parole:

«anche nel campo economico-sociale».

TUPINI, per evitare il dubbio che queste norme escludano decisioni nel puro campo sociale, propone di dire: «anche nel campo economico e sociale».

PRESIDENTE, continuando, ricorda l’ordine del giorno Colitto, che è in parte modificazione di forma ed in parte aggiuntivo:

«La Costituzione dovrà essere concisa e chiara, in guisa che tutto il popolo la possa agevolmente comprendere;

«La Costituzione dovrà contenere disposizioni normative e istituzionali;

«Enunciazioni programmatiche, o comunque di tendenza, troveranno più adatto collocamento nel preambolo;

«La Costituzione dovrà contenere disposizioni essenziali, tali che lo sviluppo della legislazione ordinaria non richieda, per eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

TUPINI propone che si aggiunga un chiarimento, nel senso che la Commissione indichi dei criteri di massima, senza pregiudicare nel merito le materie da articolare.

CALAMANDREI ripete che egli è intervenuto per ragioni di precisione e si potrebbe dire di sincerità tecnica. Dei vari articoli della Costituzione, più di ogni altro gli stanno a cuore proprio quelli che enunciano programmi e propositi di rinnovamento sociale, e se, per attuare praticamente questi propositi, invece di attendere venti anni, si potessero emanare leggi tali da attuarli in venti giorni, il suo voto sarebbe per queste leggi. Non ha quindi parlato per il desiderio di mettere queste proposte in soffitta; ha parlato soprattutto come componente della seconda Sottocommissione. Se avesse appartenuto alla prima o alla terza, probabilmente si sarebbe lasciato andare anche lui a quella voluptas legiferandi a cui si sono lasciati andare i colleghi di quelle Sottocommissioni; ma nella seconda, alla quale spetta il compito di trovare i mezzi pratici, attraverso cui i diritti enunciati dalla prima e dalla terza debbono essere tutelati, bisogna non trascurare gli aspetti più strettamente giuridici delle questioni.

Si consideri anzitutto che si creeranno certamente nell’organizzazione dello Stato, speciali rimedi e difese per tutelare i diritti politici dei cittadini eventualmente violati. Questo è possibile per i diritti politici in senso tradizionale. Si avrà, ad esempio, il ricorso alla Suprema Corte Costituzionale, dato al cittadino a tutela del suo diritto individuale. Ma come sarà possibile comprendere in questo rimedio i cosiddetti diritti sociali, cioè il diritto al riposo, alla casa, all’assicurazione ecc.? Se uno di questi diritti a cui non corrisponde un obbligato, rimarrà insoddisfatto, quale potrà essere il rimedio pratico per assicurarne la soddisfazione? Questa è la prima difficoltà tecnica di fronte a cui ci si troverà.

C’è poi da osservare che la nuova Costituzione sarà probabilmente una Costituzione rigida, nella quale si darà ai giudici il potere di rifiutarsi di applicare le leggi contrarie alla Costituzione stessa. Ora, è praticamente possibile per i giudici controllare la costituzionalità delle leggi quando si tratti di leggi contrarie a veri e propri diritti; di leggi che abbiano violato, per esempio, il diritto di libertà di stampa, di libertà di coscienza, ecc.; in tali casi si potrà chiedere al giudice di non applicare una determinata legge e arrivare alla Suprema Corte Costituzionale. Ma, quando si tratta dei cosiddetti diritti sociali, come è possibile concepire un controllo costituzionale della legge a difesa di questi diritti? Il giudice, per esempio, dovrebbe dire che il codice civile, il quale regola i contratti in un certo modo, è in contrasto coll’aspirazione politica che vorrebbe garantito il diritto al lavoro ad ogni cittadino: e in tal modo farebbe una valutazione politica ed una critica del diritto vigente. In altri termini, considerando come diritti i cosiddetti diritti sociali, e introducendo il controllo costituzionale, si darebbe ai giudici un potere di controllo di carattere politico su tutta la legislazione presente e futura.

La conclusione è che questi diritti sociali non sono veri diritti e che è pericoloso dar loro una collocazione che possa far ritenere che siano tali. Perciò è opportuno tenerli distinti: non ha grande importanza che la parte in cui si collocheranno si chiami preambolo, o titolo, o capitolo; importante è che ci si renda conto di questa realtà, che si formulano con veste di diritti speranze e voti; che si creano diritti che in realtà non sono diritti; che non sono una realtà giuridica, ma solo una aspirazione politica.

PRESIDENTE mette in votazione l’ordine del giorno Bozzi con l’emendamento aggiuntivo al n. 2° da lui indicato.

TUPINI avendo ascoltato i proponenti di quest’ordine del giorno, che in fondo muove da principî ed esigenze diverse, dichiara di votarlo con questo preciso significato: che esso non abbia un valore impegnativo per i lavori che dovranno svolgere le Sottocommissioni, ed inoltre che non precluda l’articolazione di nessun articolo che, sul terreno sociale, corrisponda a quelle esigenze a cui hanno fatto cenno molti oratori; e non escluda che la Commissione plenaria possa a sua volta riprendere in esame l’opportunità di premettere un preambolo, purché questo abbia il valore dei preamboli di tutte le Costituzioni, cioè la fissazione dei principî che hanno orientato i costituenti, ed ai quali dovrà sempre tener fede il legislatore futuro.

Aggiunge che, per la parte sociale, si associa alle dichiarazioni degli onorevoli Togliatti, Fanfani e Piccioni.

(È approvato).

La seduta termina alle 13.10.

Erano presenti: Ambrosini, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cappi, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardi Giovanni, Lombardo Ivan Matteo, Lucifero, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Patricolo, Perassi, Pesenti, Piccioni, Porzio, Rapelli, Ravagnan, Ruini, Targetti, Togliatti, Togni, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

In congedo: Terracini.

Assenti: Einaudi, Lussu, Paratore, Rossi Paolo, Taviani, Tosato.

GIOVEDÌ 10 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

5.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 10 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Tupini – Ghidini – Terracini.

La seduta comincia alle 17.30.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE rileva che l’Ufficio di Presidenza della Commissione si è finora astenuto dal convocare l’adunanza plenaria per lasciare autonomia alle Sottocommissioni. Ora però l’adunanza plenaria si rende necessaria, perché si avvicina il termine stabilito dal Regolamento dell’Assemblea Costituente, in base al quale la Commissione dovrebbe presentare il progetto della Costituzione e la relazione entro tre mesi dal suo insediamento, e cioè entro il 20 ottobre prossimo.

Le Sottocommissioni hanno lavorato intensamente; ma la gravità e complessità dei problemi rende necessario che le soluzioni non siano affrettate, e ciò anche per evitare contrasti e differimenti successivi. Certo è che il progetto di Costituzione non potrà essere presentato alla Costituente entro il 20 ottobre.

Bisogna ora prendere atto in Commissione plenaria del lavoro svolto dalle Sottocommissioni, ed accertare quando potrà essere compiuto, e quando, dopo la discussione generale in Commissione, il progetto potrà essere pronto per essere presentato alla Costituente.

Invita i Presidenti delle Sottocommissioni a riferire al riguardo.

TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione, senza entrare nel merito del lavoro compiuto, avverte che, dei cinque temi sottoposti all’esame della Sottocommissione, si sta ora esaminando il secondo.

È da prevedere che la Sottocommissione possa presentare il progetto, per la parte ad essa affidata, entro il corrente mese.

GHIDINI, Presidente della terza Sottocommissione, riferisce che dei cinque temi presi in esame dalla Sottocommissione, i seguenti tre sono stati trattati ed anche articolati: garanzie economico-sociali del diritto alla vita; garanzie economico-sociali del diritto all’affermazione della personalità del cittadino; garanzie economico-sociali per l’assistenza della famiglia. Il quarto tema, relativo agli aspetti economico-sociali del diritto di associazione, è stato svolto in massima parte. Resta ancora da trattare il controllo sociale della vita economica.

Avverte, però, che una buona parte degli elementi anche di quest’ultimo tema è già acquisita alla discussione, per modo che si può prevedere che entro una diecina di giorni la Sottocommissione terminerà i suoi lavori.

È da rilevare che anche la prima Sottocommissione si è occupata degli stessi temi: sarà pertanto necessario, prima di presentare gli articoli alla Commissione plenaria, di coordinare e fondere gli articoli comuni alle due Sottocommissioni.

TERRACINI, Presidente della seconda Sottocommissione, rileva che la seconda Sottocommissione ha affrontato come primo tema quello delle autonomie, che si è svolto in quello della creazione di nuovi enti autarchici territoriali e, avendo ampiamente esaminata la questione, ha nominato un comitato di redazione incaricato di articolare tutto quanto si attiene all’ente regione. Questo comitato di redazione non ha ancóra presentato la sua relazione, ma i membri che lo compongono si sono impegnati a consegnarla entro pochi giorni. Questa parte del lavoro al massimo verso il 20 di questo mese potrebbe essere consegnata e rappresenterebbe un apporto abbastanza sostanziale al lavoro complessivo.

Successivamente, la seconda Sottocommissione ha affrontato la questione del potere legislativo e ha risolto quanto si attiene: 1°) alla questione del sistema unicamerale o bicamerale, accettando il secondo; 2°) alle funzioni ed alla struttura della prima Camera; ma poi, purtroppo, si è fermata e da circa tre settimane sta di fronte ai problemi attinenti alla seconda Camera. Avendo risolto in linea generale ciò che si attiene ai poteri e alle prerogative di questa, non è riuscita ad andare innanzi per quanto ne riguarda la formazione.

È intenzione della seconda Sottocommissione di affrontare risolutamente questo problema e di passare ad una decisione anche se questa non incontrerà, come sarebbe augurabile, l’accettazione generale.

Successivamente, la seconda Sottocommissione affronterà temi altrettanto importanti e complessi, quali quello del potere esecutivo, del potere giudiziario e, in connessione a questo ultimo, il tema relativo alla formazione o meno di una Corte delle garanzie costituzionali.

La materia, quindi, è molto vasta ed evidentemente illuderemmo noi stessi e faremmo promesse che non potremmo poi mantenere, se facessimo credere di potere, anche soltanto in poche settimane, portare a termine il nostro lavoro.

Verso il 20 di questo mese la seconda Sottocommissione potrà aver terminato tutto ciò che si attiene al problema delle autonomie e, quindi, alla costituzione dell’ente regione. Si potrà poi, nel corso del mese di novembre, portare a termine il restante lavoro se, come auspica, sarà portato innanzi con quell’acceleramento di attività che tutti desiderano.

PRESIDENTE nota, riassumendo, che da prima Sottocommissione prevede di finire il suo lavoro entro il corrente mese; la terza Sottocommissione entro una diecina di giorni. La prima e la terza Sottocommissione esaminano parti del progetto della Costituzione che sono strettamente connesse fra loro e possono costituire insieme la metà della Costituzione.

Per quanto riguarda la seconda Sottocommissione, il collega Terracini ha affermato che entro il 20 ottobre conta di aver ultimato il tema delle autonomie regionali.

Annuncia, a questo riguardo, che gli è pervenuto, trasmesso dal Governo, lo Statuto della Regione siciliana. Poiché la legge che ha approvato questo Statuto dice che esso sarà sottoposto all’Assemblea Costituente per essere coordinato con le autonomie regionali; si tratta di un problema di competenza, evidentemente, della seconda Sottocommissione, che dovrebbe essere risolto, proponendosene poi alla Costituente il coordinamento con le norme generali per le autonomie.

Dalle dichiarazioni dei Presidenti delle tre Sottocommissioni risulta che, prima della fine del mese, la Commissione plenaria potrà iniziare l’esame, per cosi dire in seconda lettura, della prima metà della Costituzione, e cioè dei «diritti e doveri dei cittadini», sia sotto l’aspetto civile-politico sia sotto quello economico-sociale. Dell’altra metà della Costituzione «organizzazione e struttura dello Stato» potrà esaminare le norme relative all’autonomia regionale. Ricorda che nella prima seduta della Commissione plenaria si stabilì che questa avrebbe tenuto delle riunioni intercalate con quelle delle Sottocommissioni.

Si tratta ora di vedere se, con un processo intenso di lavoro, in base alle norme fissate nelle sue prime sedute per il proprio funzionamento e per il coordinamento dei propri lavori, la Commissione plenaria possa impegnarsi ad ultimare entro la metà di novembre il suo lavoro, sempre limitatamente ai «diritti e doveri dei cittadini» ed alle «autonomie regionali»; in modo che queste parti della Costituzione possano in quel termine essere pronte per la presentazione alla Costituente.

Se la Commissione ritiene di decidere in tal senso, l’Ufficio di Presidenza ne darà comunicazione al Presidente dell’Assemblea Costituente.

Nessuno chiedendo la parola, invita la Commissione ad approvare la proposta.

(È approvata).

La seduta termina alle 18.50.

Erano presenti: Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Calamandrei, Cappi, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corbi, Corsanego, De Michele, Di Giovanni, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Giua, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone, Lombardi Giovanni, Lucifero, Lussu, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Patricolo, Perassi, Piccioni, Porzio, Rapelli, Ravagnan, Ruini, Rossi, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Tosato, Tupini, Uberti, Zuccarini.

Erano assenti: Assennato, Bulloni, Canevari, De Vita, Dominedò, Einaudi, Finocchiaro Aprile, Lombardo Ivan Matteo, Mancini, Marchesi, Molè, Noce Teresa, Paratore, Togni, Vanoni.

In congedo: Bordon, Grassi.

GIOVEDÌ 25 LUGLIO 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

4.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 25 LUGLIO 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Per il funzionamento delia Commissione

Presidente – Conti – Nobile – Grassi – Dossetti – Terracini – Lussu – Fuschini – Marinaro – Mortati – Perassi – Targetti – Piccioni – Ghidini – Bulloni – Colitto – Bozzi – Uberti – Togliatti – Di Vittorio.

Per la documentazione della Commissione

Mortati – Presidente.

Ripartizione dei componenti la Commissione nelle tre Sottocommissioni

Presidente – Lussu.

Sui lavori della Commissione

Presidente – Targetti – Piccioni.

La seduta comincia alle 9.10.

Per il funzionamento della Commissione.

PRESIDENTE invita la Commissione a discutere il progetto Dossetti di Regolamento, che sarebbe meglio chiamare – ed anche il proponente è d’accordo – «Norme o regole interne per il funzionamento della Commissione».

Dà lettura dell’articolo 1:

«La Commissione per la Costituzione, appena costituita, procederà alla determinazione dei gruppi di materie per le quali ognuna delle tre Sottocommissioni, in cui essa si ripartisce, dovrà elaborare e predisporre uno schema di progetto, e procederà all’assegnazione dei propri membri nelle Sottocommissioni medesime, designando per ciascuna il Presidente ed il Segretario».

CONTI propone di non indicare il numero delle Sottocommissioni, ciò che non gli sembra conveniente.

PRESIDENTE osserva che già ieri si è stabilito di creare le tre Sottocommissioni fra le quali può utilmente dividersi il complesso lavoro della Commissione.

NOBILE concorda con l’onorevole Conti, perché potrebbe in seguito sentirsi il bisogno di una quarta Sottocommissione.

PRESIDENTE osserva che per decisioni dell’Assemblea Costituente sono stati nominati tre Vicepresidenti, proprio in vista della divisione della Commissione in tre Sottocommissioni. Si potranno in ogni modo costituire Commissioni miste per speciali argomenti e intanto lasciare il numero di tre.

CONTI insiste nella sua proposta di emendamento.

PRESIDENTE la mette ai voti.

(Non è approvata).

Mette ai voti l’articolo 1 nel testo proposto.

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 2:

«Ogni Sottocommissione potrà deliberare, a maggioranza, di procedere al proprio lavoro suddividendosi in due o più sezioni.

Alle riunioni di queste si estendono, in quanto applicabili, le norme disposte per le Sottocommissioni».

CONTI propone di sopprimere le parole: «a maggioranza» che ritiene pleonastiche.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo 2 con questo emendamento.

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 3:

«Le convocazioni della Commissione, Sottocommissioni e Sezioni avranno luogo con avviso individuale, nel quale saranno indicati gli oggetti sottoposti a trattazione».

GRASSI propone di sopprimere le parole: «nel quale saranno indicati gli oggetti sottoposti a trattazione», perché non crede sia utile fissare un ordine del giorno preciso.

PRESIDENTE si richiama alla prassi normalmente seguita di indicare il tema della discussione.

CONTI osserva che, quando è stabilito un ordine del giorno, anche un solo membro può opporsi a che si tratti un argomento che non vi sia compreso. Perciò trova esagerata questa indicazione, inspirata ad un formalismo che va oltre i termini dell’opportunità.

DOSSETTI crede che con questo emendamento si modificherebbe il significato dello articolo 3, il cui valore sta nel garantire un certo ordine nei lavori della Commissione. Questo concetto inspira tutto il Regolamento; e gli sembra essenziale, analogamente a quanto avviene nel Regolamento della Costituente francese.

GRASSI, per quanto trovi opportuno che ogni membro conosca, quando la Commissione si riunisce, l’ordine del giorno della seduta, non ne fa una questione fondamentale.

TERRACINI, poiché in queste discussioni esiste sempre un elemento politico, teme che si possa aprire l’adito ad impugnative per non perfetta osservanza di norme regolamentari; impugnative tendenti in realtà ad arrestare il lavoro concreto della Commissione. Nessuno ha oggi intenzione di fare dell’ostruzionismo, ma potrebbe in seguito crearsi una situazione tale per cui un gruppo o anche una persona sola potesse avvalersi di questa disposizione a scopo ostruzionistico.

DOSSETTI crede che il pericolo prospettato dall’onorevole Terracini non sussisterà quando sia adottato il sistema della convocazione individuale con indicazione dell’ordine del giorno. La convocazione individuale ha questo valore, di avvertire colui cha non ha partecipato ad una precedente riunione degli argomenti in essa trattati. Poiché questo ignora anche il giorno nel quale si avrà la seconda convocazione, gli sembra opportuno che ne venga informato.

PRESIDENTE non crede si tratti di questione di particolare importanza, e propone che si approvi il testo, con l’intesa che si potrà modificare l’ordine del giorno. Mette ai voti l’articolo 3 con questa intesa.

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 4:

«Le sedute non sono valide se non siano presenti almeno i due terzi dei membri assegnati alla Commissione o a ciascuna Sottocommissione o sezione.

I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione solo per ragioni di pubblico ufficio, per malattia, o per altri motivi analogamente gravi.

È obbligatoria la presenza alle sedute.

In caso di due assenze consecutive non giustificate, o di assenze, egualmente non giustificate, superiori ad un terzo delle sedute mensili, il Commissario, su richiesta del Presidente della Commissione, sarà dichiarato dimissionario d’ufficio dal Presidente della Assemblea e da questi sostituito con altro deputato dello stesso gruppo politico.

I nomi degli assenti saranno, a cura del Presidente, comunicati, dopo ogni adunanza, al Presidente dell’Assemblea, il quale ne darà notizia a questa.

Avverte preliminarmente che il Presidente dell’Assemblea è stato delegato dall’Assemblea a nominare i singoli commissari della Commissione, ma non a proclamarli decaduti. Egli avrebbe quindi bisogno di un’altra delega dell’Assemblea per poterlo fare. Perciò questo articolo dovrebbe essere modificato.

GRASSI è contrario al quorum di due terzi dei membri, che gli sembra esagerato. Il numero legale della metà più uno gli pare sufficiente. Fa rilevare in proposito che per la validità delle Assemblee della Camera basta la presenza della metà più uno e che la Giunta delle elezioni, per facilitare il proprio funzionamento, ha stabilito che basta la presenza di 12 membri su 30, cioè i due quinti.

LUSSU è favorevole alla proposta Grassi, ma si preoccupa dell’eventualità che non si abbia neppure il numero legale. È anche possibile che, per boicottare le riunioni, alcuni commissari non si presentino. Perciò occorrerebbe stabilire che in una seconda riunione si potesse affrontare la discussione anche senza la presenza del numero legale.

GRASSI propone di adottare il sistema in uso alla Camera dei Deputati; si presume la presenza del numero legale, salvo che un membro non ne chieda esplicitamente la verifica.

NOBILE è per la soppressione completa del primo comma. Non si deve trattare la questione come se le decisioni della Commissione fossero impegnative per la Costituente: la Commissione non fa che precisare uno schema, il quale sarà materia di discussione e potrà essere accettato o non esserlo. Quindi nessuna ragione di preoccuparsi di tutte queste formalità: ognuno farà il meglio che può. Perciò è in generale per la soppressione di tutte le norme restrittive del progetto.

FUSCHINI spiega che nel progetto è stato introdotto quel quorum per ottenere una maggiore frequenza da parte dei componenti; ma aderisce alla proposta Grassi di mantenere, circa la validità della riunione, il sistema della verifica del numero legale quando sia richiesta, purché si stabilisca che l’assente può essere richiamato, dopo due o tre assenze continuate non giustificate, dal Presidente dell’Assemblea.

MARINARO propone di sostituire alla parola «sedute» la parola «deliberazioni», così che la seduta sia sempre valida, anche se non ci sia il numero legale, ma non sia valida la deliberazione eventualmente adottata, ove manchi il numero legale.

MORTATI avverte che questo quorum di maggioranza piuttosto alto era stato introdotto per un’esigenza di rapidità e di serietà che il Presidente aveva segnalato. Gli assenti sono elementi di confusione e di ritardi perché, nella seduta successiva, non conoscendo la discussione precedente, la ripetono. Questa ragione dovrebbe essere vagliata dalla commissione, prima di decidere.

NOBILE crede che proprio quanto ha detto l’onorevole Mortati dovrebbe indurre a modificare l’articolo; perché, se si vuole lavorare sul serio, non si può correre il rischio che la Commissione si convochi e poi non possa discutere per la mancanza di una maggioranza dei due terzi. Occorre cioè stabilire che la seduta sarà sempre valida; ma la deliberazione sarà valida soltanto se presa a maggioranza.

PERASSI, con riferimento alle ultime parole del collega Nobile, chiede al proponente se ritiene che in questa Commissione si possano adottare norme diverse da quelle esistenti nel Regolamento della Camera circa il funzionamento delle Commissioni. Per esempio, l’onorevole Nobile propone che le sedute siano valide qualunque sia il numero dei presenti, mentre l’articolo 8 del Regolamento stabilisce che le sedute di ciascuna Commissione non sono valide se non sia presente almeno un quarto dei loro componenti. Data l’esistenza di questa norma generale – che è discutibile si possa modificare – domanda se convenga adottare una disposizione propria della Commissione come quella proposta dall’onorevole Nobile.

NOBILE può accettare il quorum di un quarto.

TERRACINI riconosce che è un’esigenza valida quella di ottenere la partecipazione attiva di tutti i membri ai lavori della Commissione e delle Sottocommissioni. Ma osserva che, preso nel meccanismo della sua realizzazione, il redattore del progetto è stato tratto ad una serie di disposizioni le quali riducono, anziché elevare, la dignità e l’autorità della Commissione, andando alla ricerca di mezzi coercitivi, che non si addicono alla Commissione. Crede sufficiente fare appello al senso di responsabilità morale dei commissari, e una norma che potrebbe soddisfare a questa esigenza sarebbe che dopo ogni riunione venisse reso pubblico l’elenco degli assenti o dei presenti. Chi non avvertisse che la pubblicità della sua continua assenza rappresenta una sanzione morale ed anche politica, si disinteresserebbe di tutte le altre disposizioni.

Propone quindi, aderendo ad alcune considerazioni fatte, e indipendentemente dalle forme con cui si concretizzano, di lasciar cadere tutta questa codificazione di norme particolari e di limitarsi ad una sanzione.

TARGETTI non aderisce neppure a questa proposta. La frequenza dipenderà dal sentimento del dovere. Quando qualche rappresentante risulterà troppo negligente, sarà il suo partito a richiamarlo.

In quanto alla dichiarazione di decadenza, ritiene che sia fuori dei limiti della competenza della Commissione.

MORTATI crede necessario risolvere preliminarmente la questione sollevata dall’onorevole Perassi, e cioè se il Regolamento da lui richiamato sia valido anche per questa Commissione. Se così è, anche l’ultimo comma di questo articolo dovrebbe essere soppresso.

DOSSETTI non crede sia il caso di parlare di dignità e di senso di responsabilità, che non vede intaccati da questo complesso di disposizioni, dal momento che disposizioni di questo tipo esistono già nel Regolamento della Camera. La mancanza di determinazione di un quorum, o di qualsiasi sanzione di carattere morale per gli assenti, andrebbe contro le disposizioni vigenti.

È stato posto il problema se la Commissione può andare oltre il Regolamento della Camera, aumentando il quorum e la sanzione, in vista della particolare gravità della materia e del compito. Ma questo non intacca la dignità della Commissione e, d’altra parte, le disposizioni dell’articolo 4 del progetto non fanno che riprodurre, più o meno, disposizioni generali adottate dal Regolamento della Costituente francese, i cui articoli 14 e 30 stabiliscono un quorum qualificato per la validità delle riunioni e la decadenza dei membri della Commissione dopo tre assenze consecutive o dopo un numero di assenze non consecutive pari al terzo.

Ritiene che la richiesta di un quorum superiore a quello stabilito dal Regolamento della Camera abbia la sua giustificazione nella gravità particolare del compito e che questo quorum non rallenterebbe i lavori della Commissione se non quando non fosse integrato da disposizioni complementari. Per ciò insiste per il quorum qualificato, perché è vero che non si tratta di fare la Costituzione in forma definitiva, ma è anche vero che di fronte all’Assemblea Costituente e di fronte al Paese i risultati degli studi della Commissione saranno avvalorati dalla partecipazione di tutti i commissari ai lavori.

PERASSI domanda se il Regolamento francese, richiamato dall’onorevole Dossetti, è stato adottato dall’Assemblea o dalla Commissione.

DOSSETTI risponde che è stato adottato dall’Assemblea, perché le norme cui egli si riferisce sono inserite in un altro complesso di disposizioni; ma questo non infirma l’opportunità della norma proposta. Sarebbe, se mai, conveniente che l’Assemblea Costituente si desse un organico Regolamento.

MORTATI ritiene che, per quanto il Regolamento della Camera stabilisca un quorum ristretto, la Commissione, nel suo potere di autoorganizzazione, possa stabilire che nel suo interno occorra un quorum maggiore. Essa è una Commissione speciale, sui generis, e può ben determinarlo in vista dell’importanza dei suoi lavori.

GRASSI non crede che si possa fare distinzione fra validità dell’Assemblea per le discussioni e validità per le decisioni, perché ogni Assemblea quando discute può anche decidere. Quindi propone che le sedute non siano valide se non è presente almeno la metà dei membri.

PICCIONI si associa alla proposta Grassi, perché la deliberazione presuppone la discussione.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta Grassi, cui si è associato l’onorevole Piccioni, secondò cui il 1° comma dell’articolo 4 sarebbe così concepito:

«Le sedute non sono valide se non è presente la maggioranza dei membri assegnati alla Commissione… ecc.».

(È approvata).

PERASSI propone di aggiungere che sono esclusi, nel computo della maggioranza, gli assenti giustificati.

PRESIDENTE osserva che questa è una norma costante di interpretazione.

GHIDINI, sul secondo comma, chiede un chiarimento. I casi ivi previsti sono tre, e il primo è quello delle «ragioni di pubblico ufficio». Parrebbe, stando alla lettera di questo comma, che solamente coloro che rivestano pubbliche funzioni oppure esercitino un servizio pubblico possano esservi compresi. Questa disposizione gli pare eccessivamente restrittiva, perché vi sono casi in cui non si può parlare di pubblico ufficio, ma si tratta di servizi che hanno importanza equiparabile e considerati dalla legge allo stesso modo del pubblico ufficio. È questo il caso degli avvocati. A parte che la loro presenza ai lavori della commissione li danneggia, perché li priva della possibilità di esercitare contemporaneamente la professione, è da considerare che la loro presenza, in un determinato processo, può essere assolutamente indispensabile. Del resto le professioni di avvocato, di procuratore, di medico sono considerate dalla legge come un servizio di pubblica utilità, perché i cittadini, in determinate circostanze, devono necessariamente servirsi dell’opera di questi professionisti. Si può obiettare che vi è la possibilità della sostituzione. Ma in alcuni casi questa è impossibile. Così, per esempio, quando si tratti di un giudizio di una certa gravità, l’assenza del patrono è considerata impedimento tale da rinviare il dibattimento,

V’è poi il caso di malattia, ma si dovrebbe sapere se la malattia debba essere giustificata con apposito certificato medico o se basti l’asserzione del Commissario.

Infine vi sono gli «altri motivi analogamente gravi», frase che può dar luogo ad inconvenienti.

In conclusione si dichiara contrario all’articolo 4 e, salvo il primo comma votato, sul quale non ha obiezioni da fare, propone di sopprimerlo.

BULLONI concorda con l’onorevole Ghidini per quanto riguarda l’ufficio professionale degli avvocati e propone che il secondo comma sia così modificato:

«I congedi verranno concessi dietro motivo giustificato», lasciando al Presidente della Commissione di valutare i motivi, caso per caso.

COLITTO riconosce che una elencazione precisa delle ragioni per le quali i congedi possono essere concessi non è possibile e crede sia meglio rimettersi al potere discrezionale del Presidente, formulando il 2° comma così:

«I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione per motivi gravi».

BOZZI osserva anzitutto che, logicamente, il terzo comma dovrebbe precedere il secondo, affermando preliminarmente il principio della obbligatorietà della presenza alle sedute. Concorda poi con l’onorevole Colitto, proponendo per il 2° comma, che diverrebbe terzo, la seguente formulazione:

«I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione per speciali motivi».

MORTATI non disconosce che la valutazione debba essere rimessa al Presidente, ma crede che si debba stabilire se il Presidente dovrà seguire qualche norma nella valutazione dei motivi. Gli sembra che la disposizione proposta nel progetto voglia far contrasto alla forse eccessiva facilità con la quale in genere si concedono i congedi alla Camera.

DOSSETTI ammette che il terzo comma debba precedere il secondo: crede poi conveniente stabilire un criterio per la concessione dei congedi e ritiene che la dizione attuale sia già abbastanza larga.

PRESIDENTE osserva che per il Presidente il fatto che qualche caso sia precisato costituisce un’agevolazione del suo compito: così il caso della malattia o dell’ufficio pubblico. Per altri casi il potere discrezionale del Presidente è necessariamente illimitato.

GRASSI osserva che il Regolamento della Camera stabilisce che nessun Deputato possa assentarsi senza congedo, ma la procedura per la concessione del congedo è troppo larga: onde trova opportuno che per questa Commissione sia stabilita qualche norma speciale un po’ restrittiva. Propone di formulare il comma così:

«I congedi sono concessi dal Presidente della Commissione per ragioni di pubblico ufficio, per malattia, o per speciali motivi.»

PRESIDENTE crede che questa formula possa trovare tutti consenzienti, restando bene inteso che le osservazioni fatte dal collega Ghidini e dagli altri saranno tenute presenti, e restando egualmente ferma la necessità di partecipare sempre ai lavori della Commissione, salvo casi di speciale rilievo, perché il sacrificio della propria attività normale è identico per tutti…

Mette ai voti il secondo comma che, comprendendo anche il terzo, risulterebbe così formulato:

«È obbligatoria la presenza alle sedute. I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione per ragioni di pubblico ufficio, per malattia, o per speciali motivi».

(È approvato).

Richiama l’attenzione su quella parte dell’articolo 4 che riguarda la dichiarazione d’ufficio di dimissioni su richiesta del Presidente della Commissione, ed osserva che sarebbe efficace la sanzione di pubblicare nel resoconto i nomi degli assenti giustificati e di quelli non giustificati.

PERASSI osserva che questa sanzione è già prevista nell’ultimo comma dell’articolo 4.

DOSSETTI crede opportuno mantenere la disposizione generale per la pubblicazione dei nomi degli assenti; ma crede necessaria una segnalazione speciale degli assenti ingiustificati dopo un certo numero di assenze e trova che si potrebbe proporre al Presidente di invitare i gruppi che li hanno designati a sostituirli.

UBERTI domanda al proponente se nella Commissione francese il Regolamento ha avuto applicazione.

DOSSETTI risponde che l’Assemblea Costituente francese, dopo ogni riunione, pubblicava un resoconto in cui venivano resi noti i nomi dei presenti, degli assenti giustificati e di quelli ingiustificati, le votazioni e l’esito delle votazioni; dal che deve dedurre che il Regolamento sia stato applicato.

UBERTI crede prudente abbandonare l’idea della sostituzione dei membri assenti non giustificati, perché fra qualche tempo può determinarsi una situazione tale da raggiungere a stento la maggioranza per far funzionare le Sottocommissioni.

DOSSETTI riferisce che nell’Assemblea Costituente francese la cosa era semplificata, in quanto era il Presidente che nominava i membri delle Commissioni su designazione dei gruppi, e in base all’articolo 14, in caso di assenze consecutive non giustificate, o non consecutive pari ad un terzo del numero delle sedute mensili, i membri delle Commissioni venivano dichiarati dimissionari e sostituiti dai gruppi ai quali appartenevano.

MORTATI, a parte le misure che potrebbero essere proposte alla Giunta del Regolamento, e che esulano dalla competenza della Commissione, crede che sarebbe il caso di segnalare i nomi degli assenti non giustificati a due sedute consecutive, ai Presidenti dei gruppi parlamentari.

PRESIDENTE osserva che questo non si può introdurre nelle norme interne; potrebbe restare come un ordine del giorno da votarsi e di cui la Presidenza terrebbe conto.

MORTATI domanda che si specifichi quale genere di pubblicità sarà adottato nei riguardi degli assenti, non solo nell’ambito del Parlamento, ma anche fuori dello stesso.

PRESIDENTE, poiché si pubblicherà il resoconto di tutte le sedute della Commissione e delle Sottocommissioni, questo dovrebbe indicare i nomi dei presenti, degli assenti giustificati e degli assenti non giustificati. Questi resoconti avranno una larga diffusione, e quindi è già assicurata la pubblicità.

Resta la questione della segnalazione alla Presidenza dell’Assemblea, circa la quale il Regolamento della Camera stabilisce:

«I presidenti delle Commissioni permanenti, dopo ogni adunanza, comunicheranno i nomi degli assenti al Presidente della Camera, il quale li annunzierà all’Assemblea».

Crede che questa norma si possa ripetere senz’altro, aggiungendo la pubblicazione dei nomi nei resoconti delle sedute.

DOSSETTI, data la premessa, che sembra accettata, crede difficile andare oltre questi limiti. Bisognerebbe, se mai, fare una proposta alla Giunta del Regolamento.

NOBILE è d’accordo che si pubblichino i nomi dei presenti e degli assenti giustificati; non è d’accordo che si pubblichino i nomi degli assenti non giustificati, perché la loro giustificazione potrebbe giungere dopo la pubblicazione.

PRESIDENTE rileva che l’osservazione dell’onorevole Nobile contrasta col principio dell’obbligatorietà della presenza e con lo istituto del congedo. Ove si accettasse la proposta dell’onorevole Nobile, sarebbe distrutto il carattere di sanzione che si intende dare a questa norma.

Mette ai voti la proposta di formulare gli ultimi due comma dell’articolo 4 così:

«Nel resoconto sommario di ogni seduta di Commissione e di Sottocommissione verranno indicati i nomi dei presenti, degli assenti giustificati e di quelli ingiustificati.

«Il Presidente della Commissione, dopo ogni adunanza, comunicherà i nomi degli assenti ingiustificati al Presidente della Camera, il quale li annunzierà all’Assemblea».

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 5:

«Copia dei processi verbali delle sedute delle Sottocommissioni e delle Sezioni sarà senza indugio distribuita a tutti i membri della Commissione».

DOSSETTI propone di dire, anziché «processi verbali», «resoconti».

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo 5 così formulato:

«Copia dei resoconti delle sedute della Commissione, delle Sottocommissioni e delle sezioni sarà, ecc..»

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 6:

«L’Ufficio di Presidenza, formato dal Presidente, dai Vicepresidenti e dai Segretari cura il buon andamento dei lavori.

«Esso potrà in ogni momento indire riunioni plenarie allo scopo di procedere alla determinazione dei criteri di massima da seguire nei lavori di redazione del testo del progetto, alla trattazione in comune di singoli punti, alla risoluzione di dubbi sulla competenza di singole Sottocommissioni, o di effettuare una diversa ripartizione della medesima.

«Adunanze plenarie dovranno essere disposte anche su richiesta delle singole Sottocommissioni».

Comunica che il proponente è d’accordo che al primo comma, dopo le parole «il buon andamento» venga aggiunto «e il coordinamento dei lavori».

Mette ai voti il 1° comma con questo emendamento aggiuntivo.

(È approvato).

Mette ai voti il 2° comma.

(È approvato).

NOBILE, all’ultimo comma, per maggiore chiarezza, propone di dire: «su richiesta di una o più Sottocommissioni».

PRESIDENTE mette ai voti il 3° comma con l’emendamento proposto dall’onorevole Nobile.

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 7:

«Le votazioni avvengono normalmente per alzata di mano. Però, su richiesta di un sesto dei componenti della Commissione, o di ogni Sottocommissione o Sezione, si deve procedere ad appello nominale o a votazione segreta».

TERRACINI propone che alle parole «un sesto dei componenti» si sostituiscano le altre «un sesto dei presenti».

TARGETTI non si spiega perché sia prevista anche la votazione segreta.

DOSSETTI ritiene che non si possa precludere un diritto sancito dal Regolamento della Camera, che deve ritenersi valido anche per le Commissioni.

TOGLIATTI si associa alla considerazione dell’onorevole Targetti, ritenendo un non senso l’adozione della votazione segreta in una Commissione, dato anche il numero limitato dei componenti.

MARINARO ritiene tale forma di votazione una garanzia per tutti.

DOSSETTI insiste nel proprio punto di vista, richiamandosi alla discussione avvenuta in seno alla Consulta Nazionale, le cui Commissioni avevano adottato la votazione segreta.

LUSSU ritiene che tale forma di votazione non si possa escludere, anche perché, discutendosi ad esempio dei rapporti fra la Chiesa e lo Stato, occorrerà dare a tutti la possibilità di votare in segreto.

DI VITTORIO è contrario alla votazione segreta, perché ciascun membro della Commissione non rappresenta soltanto se stesso. Osserva inoltre che, se il Regolamento dell’Assemblea prevede tale forma di votazione, la Commissione però può decidere se intende o meno adottarla.

TARGETTI rileva che la Commissione deve, in mancanza di norme particolari, uniformarsi al Regolamento dell’Assemblea. Tuttavia, data la natura specifica dei lavori delle Sottocommissioni, è del parere che la votazione segreta possa essere esclusa, considerando anche il numero ristretto dei componenti i quali, è pensabile, prenderanno tutti parte alle singole discussioni, sicché al momento della votazione l’orientamento di ciascuno sarà palese.

LUSSU non concorda, ritenendo che alcuni possono anche non partecipare a determinate discussioni, riservandosi poi di votare a scrutinio segreto.

DOSSETTI fa presente che il Regolamento dell’Assemblea non contiene alcuna disposizione che escluda la votazione segreta in seno alle Commissioni, per cui tale forma di votazione deve ritenersi senz’altro estesa ai lavori delle Commissioni stesse. Ritiene tuttavia che si possa discutere circa i modi come farvi ricorso.

TARGETTI insiste per la soppressione.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta Targetti di soppressione della votazione segreta.

(Non è approvata).

TOGLIATTI chiede quale delle due votazioni – per appello nominale o a scrutinio segreto – debba avere la precedenza.

LUSSU crede che debba averla la votazione segreta, così come è prescritto dal Regolamento della Camera.

PRESIDENTE osserva che per tale materia occorre far riferimento senz’altro al Regolamento dell’Assemblea.

Pone ai voti l’articolo 7 con l’emendamento Terracini, inteso a sostituire alle parole «un sesto dei componenti» le altre «un sesto dei presenti».

(È approvato).

Dà lettura dell’articolo 8:

«Gli schemi predisposti dalle singole Sottocommissioni, accompagnati dalle rispettive relazioni, vengono trasmessi al Presidente della Commissione, il quale, dopo aver fatto pervenire a tutti i membri le copie degli uni e delle altre, convoca una adunanza plenaria, cui compete l’esame e l’approvazione definitiva delle proposte.»

(È approvato).

Da lettura dell’articolo 9.

«A cura della Presidenza della Commissione sarà pubblicato quindicinalmente un bollettino, in cui sarà data notizia delle sedute tenute dalla Commissione e dagli organi minori, dei membri presenti e degli assenti, delle sedute che non si siano potute tenere per mancanza del numero legale, delle votazioni avvenute e della distribuzione dei votanti, nonché di ogni altro elemento che la Presidenza riterrà opportuno rendere noto».

Avverte che questo articolo riflette una disposizione adottata dalla Costituente francese, la quale pubblica un bollettino dei lavori delle Commissioni, ma aggiunge che tale bollettino, quindicinale, si riferisce a tutte le Commissioni dell’Assemblea e non ad una sola e che la pubblicazione è prevista dal Regolamento di quell’Assemblea.

Per tale motivo ritiene che la Commissione non possa senz’altro adottare una decisione nel senso proposto, ma debba, ove approvi l’idea del bollettino, limitarsi a fare una raccomandazione che, presa in considerazione dalla Giunta permanente del Regolamento, potrebbe poi tramutarsi in una proposta di aggiunta al Regolamento della Camera.

MORTATI osserva che la proposta era suggerita dall’esigenza di dare larga diffusione nel pubblico ai lavori della Commissione. Tale scopo viene raggiunto con la pubblicazione, che è stata preannunziata dal Presidente, dei resoconti delle sedute, pubblicazione che dovrà essere diramata alla stampa. Non ritiene quindi necessaria la pubblicazione di un bollettino. Aggiunge però che la stampa quotidiana, date le limitate possibilità di spazio, ha bisogno di brevi comunicati, per cui propone che al termine di ogni seduta venga redatto a tale scopo un breve riassunto dei lavori della Commissione. Si eviterebbero così anche eventuali indiscrezioni non controllate.

PRESIDENTE concorda con l’onorevole Mortati, proponendo che il resoconto di cui ha parlato prima venga pubblicato nel più breve termine possibile e che sia un quid medium fra il resoconto stenografico e l’attuale resoconto sommario; un resoconto cioè del tipo di quello che veniva fatto dalla Società delle Nazioni a Ginevra.

Riepilogando, rileva che la nuova proposta comporta la soppressione dell’articolo 9, la pubblicazione di un largo resoconto, e la diffusione alla stampa, secondo il suggerimento dell’onorevole Mortati, di un breve comunicato al termine di ogni seduta.

Pone ai voti queste proposte.

(Sono approvate).

Ricorda che rimane inteso che le disposizioni approvate andranno sotto il nome di «Norme interne per il funzionamento della Commissione per la Costituzione».

Per la documentazione della Commissione.

MORTATI prospetta l’opportunità che la Presidenza della Commissione prenda accordi con la Biblioteca e con la Segreteria della Camera affinché venga fatto, per essere messo a disposizione della Commissione, uno spoglio degli articoli pubblicati sulle riviste e sui giornali su temi attinenti alla materia costituzionale. In tal modo la Commissione sarà posta in grado di seguire con la necessaria rapidità il pensiero degli studiosi della materia in tutto il Paese.

PRESIDENTE concorda. Ricorda che era stato proposto alla Commissione di assumere come ufficio alle proprie dipendenze il corpo di tecnici che hanno lavorato fino ad ora al Ministero della Costituente, ed ora ne costituiscono l’Ufficio stralcio alla dipendenza del Ministero dell’interno, almeno fino a ottobre. Tale proposta non può essere accolta, perché la tradizione parlamentare vuole che i lavori delle Commissioni di Deputati procedano con una stretta autonomia. Pensa tuttavia che quel personale potrà essere adoperato; e che ad una parte di esso potranno essere attribuiti incarichi analoghi a quelli suggeriti dall’onorevole Mortati.

(La Commissione approva).

Ripartizione dei componenti la Commissione nelle tre Sottocommissioni.

PRESIDENTE comunica che la ripartizione degli onorevoli colleghi nelle tre Sottocommissioni, risulterebbe secondo le designazioni fatte dai Gruppi ed i completamenti all’ufficio di Presidenza, la seguente:

Prima Sottocommissione (diritti e doveri dei cittadini) – 16 membri, oltre il Presidente e il Segretario:

Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Pertini, Togliatti.

Seconda Sottocommissione (organizzazione costituzionale dello Stato) – 36 Deputati, oltre il Presidente e il Segretario (questa Sottocommissione si suddividerà poi in più Sezioni):

Ambrosini, Amendola, Bonomi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Einaudi, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Leone, Lussu, Maffi, Mannironi, Merlin Lina, Mortati, Nobile, Patricolo, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Rossi, Targetti, Tosato, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Terza Sottocommissione (lineamenti economici e sociali) – 16 Deputati, oltre il Presidente ed il Segretario:

Bordon, Colitto, Di Vittorio, Dominedò, Fanfani, Federici Maria, Giua, Lombardi Ivan Matteo, Molè, Noce Teresa, Paratore, Pesenti, Rapelli, Simonini, Taviani, Togni.

LUSSU pensa che l’onorevole Calamandrei dovrebbe essere assegnato alla prima Sottocommissione e l’onorevole Bordon alla seconda.

PRESIDENTE osserva che potranno esservi dei passaggi di Deputati dall’una all’altra delle tre Sottocommissioni, sempre che non venga alterato il numero dei rispettivi componenti.

Invita ora a procedere alla assegnazione dei Vicepresidenti e dei Segretari della Commissione alle tre Sottocommissioni, con funzioni, quanto ai primi, di Presidenti, quanto ai secondi di Segretari. Per consentire all’Ufficio di Presidenza di concertare tali assegnazioni, sospende la seduta.

(La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11.25).

PRESIDENTE comunica che l’Ufficio di Presidenza ha concertato di sottoporre alla approvazione della Commissione la seguente ripartizione dei propri componenti fra le tre Sottocommissioni:

Presidente della prima Sottocommissione l’onorevole Tupini;

Presidente della seconda Sottocommissione l’onorevole Terracini;

Presidente della terza Sottocommissione l’onorevole Ghidini;

Segretario della prima Sottocommissione l’onorevole Grassi;

Segretario della seconda Sottocommissione l’onorevole Perassi;

Segretario della terza Sottocommissione l’onorevole Marinaro.

Osserva che nulla vieta che le Sottocommissioni nominino ciascuna un Vicepresidente e un Segretario aggiunto. I Segretari delle Sottocommissioni costituiranno una specie di corpo collegiale a disposizione dell’ufficio di Presidenza della Commissione, con funzioni di coordinamento.

Mette ai voti la composizione delle tre Sottocommissioni.

(È approvata).

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE pone ih luce l’opportunità che la Commissione proceda speditamente nei suoi lavori, per agevolare la Costituente nella preparazione della nuova Costituzione entro gli 8 mesi.

Domani cominceranno i lavori delle Sottocommissioni, le quali procederanno innanzitutto ad uno scambio di idee per impostare i maggiori problemi e per suddividere la materia di rispettiva competenza. È sperabile che già dopo qualche giorno di discussione sarà possibile la specificazione degli argomenti e la nomina, in seno a ciascuna Sottocommissione, dei singoli relatori. Questi ultimi potranno svolgere il loro compito senza interruzioni, mentre anche gli altri membri esamineranno il materiale distribuito e si prepareranno alle discussioni in comune; così che non sia perduto un giorno di tempo.

La Commissione plenaria sarà convocata dall’Ufficio di Presidenza o su richiesta delle Sottocommissioni.

Si riserva di intervenire, come semplice spettatore, ai lavori delle Sottocommissioni. Ripete che i Deputati assegnati ad una Sottocommissione che vorranno intervenire ai lavori di una delle altre due potranno farlo, con la semplice intesa con il Presidente della Sottocommissione ai lavori della quale vogliono assistere.

TARGETTI pensa che, in vista della grande importanza dei problemi che occorre discutere, sarebbe opportuno dar tempo ai deputati di consultarsi con i loro gruppi parlamentari e anche con i loro partiti. A tal uopo non sarebbe inopportuna una preventiva sospensione dei lavori.

PRESIDENTE fa notare che tutti i partiti hanno fatto ormai conoscere i loro punti di vista sui lineamenti generali della nuova Costituzione e che, se per ogni specifico argomento ciascun Deputato dovesse interpellare preventivamente il suo partito, si correrebbe il rischio di prolungare eccessivamente i lavori.

PICCIONI, tenuti fermi i principî, affermati dal Presidente, della continuità e della concretezza di lavoro, crede che si debba lasciare a ciascuna Sottocommissione di stabilire il suo piano di lavoro e il modo migliore di svolgerlo. Crede che la Commissione plenaria non possa fin da oggi disciplinare i modi con i quali i lavori delle singole Sottocommissioni si debbono svolgere, perché una può provvedere in un determinato modo, altra in altro, sempre tenendo presenti i principî della obiettività, della rapidità, della serietà, della concretezza. Per esempio, ci potrà essere uno scambio di idee preliminari, più che sui singoli argomenti, sul piano dei lavori da svolgere. Una volta individuato uno degli argomenti sostanziali da trattare, sarà necessario nominare un Relatore affinché riferisca, per dare ordine e concretezza al lavoro ed alla discussione. In questa eventualità è chiaro che il Relatore avrà bisogno di un po’ di tempo per prepararsi. Si vedrà se, in questo frattempo, la Commissione potrà fare qualcosa di utile o di pratico; altrimenti sarebbe inutile tenerla impegnata solo per dare l’impressione che il suo lavoro continua.

Quindi propone di sospendere questa discussione e, poiché le Sottocommissioni sono ormai organicamente costituite, lasciare all’iniziativa della Presidenza e delle Sottocommissioni stesse la facoltà di determinare il piano di lavoro, tenendo presenti quei concetti di continuità e di concretezza.

PRESIDENTE. Concorda con l’onorevole Piccioni.

Secondo le norme testé approvate, l’Ufficio di Presidenza provvederà all’andamento ed al coordinamento dei lavori, e quindi si terrà in contatto con i Presidenti delle Sottocommissioni, affinché il lavoro si svolga in modo, se non assolutamente uniforme, coordinato.

I Presidenti delle Sottocommissioni convocheranno per domani i loro componenti, e le Sottocommissioni cominceranno ad avere uno scambio di idee ed a fissare il piano di lavoro.

Raccomanda che i lavori siano condotti in modo tale che, dopo impostato un problema, si possa nominare un relatore.

La seduta termina alle 11.50.

Erano presenti: Ambrosini, Amendola, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Ghidini, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Lucifero, Lussu, Mannirroni, Marchesi, Marinaro, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Patricolo, Perassi, Pertini, Pesenti, Piccioni, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Canevari, Caristia, Castiglia, De Vita, Fanfani, Giua, Leone, Lombardo Ivan Matteo, Maffi, Mancini, Mastrojanni, Merlin Lina, Molè, Paratore, Porzio, Rapelli, Rossi, Simonini, Ravagnan.

In congedo: Calamandrei, Einaudi.

MERCOLEDÌ 24 LUGLIO 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

3.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 24 LUGLIO 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Per una pubblicazione giornalistica

Lussu – Presidente – Covelli.

Sui lavori della Commissione

Presidente – Tosato – Colitto – Grassi – Fanfani – Marchesi – Mastrojanni – Nobile – De Vita – Zuccarini – Lussu – Ambrosini – Mortati – Targetti – Conti – Ghidini – Terracini – La Rocca – Vanoni – Bulloni – Mancini– Finocchiaro Aprile – Piccioni – Lucifero – Bordon – Di Vittorio – Fabbri.

La seduta comincia alle 9.

Per una pubblicazione giornalistica.

LUSSU esprime il proprio rincrescimento per l’editoriale del giornale Il Popolo di questa mattina dal titolo «Autonomia e riforme» che, a suo avviso, sarebbe stato compilato da un membro della Commissione, presente alla discussione di ieri, e si rammarica dell’affermazione in esso contenuta che le autonomie regionali porterebbero allo smembramento del Paese. Protesta, in quanto nessuno ha fatto affermazioni di tal genere.

Lamenta inoltre l’affermazione che i marxisti sono per l’accentramento e i non marxisti per le autonomie, affermazione che, mentre porta la questione sul terreno della lotta politica, è falsa, in quanto in Europa esistono migliaia di socialisti marxisti che sono federalisti: in Austria, ad esempio, da Otto Bauer ai giovani partigiani; in Svizzera ed anche in Italia, dove moltissimi socialisti marxisti sono federalisti e autonomisti.

È sorpreso per il modo strano e fazioso con cui la questione è stata enunciata ed osserva che, impostando in questo modo i problemi, non è possibile arrivare a conclusioni serene.

Rileva infine che l’articolo in parola contiene un’altra inesattezza là dove afferma esser compito delle Sottocommissioni determinati problemi, mentre su questa ripartizione si deve ancora deliberare.

PRESIDENTE dà atto all’onorevole Lussu della protesta ed osserva d’altronde che non è possibile portare in seno alla Commissione le opinioni di stampa. Così facendo, si corre il rischio di appesantire ed inasprire i lavori, che invece devono svolgersi in un ambiente di assoluta rapidità e serenità. Nell’occasione raccomanda a tutti i membri della Commissione di agire come individui e non come appartenenti a partiti politici, allo scopo di dare ai lavori della Commissione la necessaria fluidità.

COVELLI, come membro del partito democristiano, desidera dare atto all’onorevole Lussu della sua protesta, osservando che l’articolo – che è firmato – non è stato compilato da nessun membro della Commissione. Riconosce che l’articolo contiene delle inesattezze là dove tratta della distribuzione delle materie fra le varie Sottocommissioni.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE ricorda che la Commissione deve ora occuparsi della distribuzione dei vari argomenti fra le Sottocommissioni.

TOSATO dà lettura del seguente schema dei temi che potrebbero essere discussi dalle singole Sottocommissioni, avvertendo che qualche argomento potrà essere soppresso e qualche altro trasferito da una Sottocommissione all’altra.

Secondo il suo punto di vista, la ripartizione potrebbe essere così determinata:

La prima Sottocommissione potrebbe occuparsi dei seguenti argomenti:

  1. – Gli elementi costitutivi dello Stato:
  2. a) il popolo (principîi costituzionali sulla cittadinanza; diritto allo stato di cittadino; estradizione);
  3. b) il territorio (determinazione e principî costituzionali in ordine al territorio);
  4. c) l’ordinamento giuridico (rapporti dell’ordinamento interno con altri ordinamenti giuridici: in particolare dei rapporti con l’ordinamento internazionale e con lo ordinamento concordatario con la Chiesa Cattolica).
  5. – Personalità, giuridica dello Stato. Denominazione e segni distintivi. .
  6. – Personalità giuridica degli individui e principio di uguaglianza.
  7. – Le libertà civili:
  8. a) inviolabilità della persona considerata nella sua esistenza e nelle sue proprietà fisiche (diritto all’esistenza, libertà dagli arresti, pene crudeli, pena di morte, ecc.);
  9. b) diritti connessi alla inviolabilità della persona (libertà del domicilio, libertà di soggiorno, di emigrazione, ecc.).
  10. c) libertà di pensiero nella varietà delle manifestazioni (stampa, radio, ecc.);
  11. d) libertà culturali (diritto ad una formazione culturale, libertà nell’insegnamento, per insegnanti e alunni, ecc.).
  12. – e) libertà religiosa;
  13. f) libertà famigliari (diritto di costituire una famiglia, di reggerla, ecc.).
  14. g) libertà di associazione:
  15. a) diritto di riunione;
  16. b) diritto di associazione. In particolare:

α) le associazioni (e le fondazioni religiose);

β) le associazioni professionali;

  1. y) le associazioni politiche.

Il problema delle associazioni professionali potrebbe anche trovar posto nella terza Sottocommissione, e quello delle associazioni politiche nella seconda.

Per ragioni di connessione passa a trattare della competenza della terza Sottocommissione, che potrebbe essere determinata così:

  1. – Le libertà economiche:
  2. a) libertà di iniziativa e limiti.
  3. b) α) diritto al lavoro;

β) diritti del lavoratore.

  1. c) diritto alla proprietà e diritto di proprietà.
  2. d) assistenza, previdenza, assicurazioni.

Passando a considerare la competenza della seconda Sottocommissione, la determina come segue:

  1. – Le libertà politiche:
  2. a) il principio della sovranità popolare, e i diritti politici, attivi e passivi;
  3. b) il popolo come organo di suprema decisione politica (referendum, iniziativa popolare);
  4. c) il popolo come corpo elettorale (principî costituzionali in ordine alla rappresentanza politica, ecc.).
  5. – La struttura dello Stato democratico:

La Regione:

  1. a) determinazione;
  2. b) poteri;
  3. c) organizzazione;
  4. d) rapporti:

α) con le Provincie e i Comuni;

β) con lo Stato.

  1. – L’organizzazione dello Stato democratico:
  2. A) Il potere legislativo:

1°) Organi:

  1. a) la la Camera;
  2. b) la 2a Camera;

с) il Capo dello Stato;

  1. d) il popolo.
  2. –2°) Rapporti fra gli organi del potere legislativo;

3°) Le funzioni e principii costituzionali in ordine al procedimento legislativo.

  1. – La legislazione delegata e la legislazione d’urgenza.
  2. B) Il potere esecutivo:

1°) Organi:

  1. a) il Capo dello Stato;
  2. b) il Governo.

2°) Le attribuzioni del potere esecutivo:

  1. a) in generale.
  2. b) in particolare:

α) trattati internazionali;

β) dichiarazione di guerra.

  1. – y) amnistia.
  2. – δ) bilancio e i controlli.
  3. – ε) i regolamenti.
  4. – 3°) Principii costituzionali dell’ordinamento amministrativo:
  5. a) Ministeri (creazione, modificazione, soppressione).
  6. b) La burocrazia. Responsabilità dei pubblici funzionari.
  7. c) Uffici elettivi; azione popolare.
  8. C) Il potere giudiziario: principii costituzionali in ordine alla organizzazione del potere giudiziario e all’esercizio della funzione giurisdizionale.
  9. D) Il potere costituente. Procedimento di revisione della Costituzione.
  10. – Le garanzie della Costituzione. Il Tribunale costituzionale.

COLITTO espone uno schema più sintetico, così formulato:

Preambolo

  1. – Principî generali:

1°) Proclamazione dei diritti di libertà dei cittadini nei confronti dello Stato.

2°) Proclamazione del diritto di eguaglianza.

3°) Enunciazione dei doveri dei singoli verso lo Stato.

  1. – Norme fondamentali relative all’ordinamento strutturale dello Stato:

Sezione la. –Struttura dello Stato al centro.

i°) Parlamento.

2°) Formazione delle leggi.

3°) Capo dello Stato.

4°) Capo del Governo e Governo.

5°) Garanzie.

Sezione 2a. – Struttura dello Stato alla periferia ed autonomie locali.

III. – Linee direttive dell’azione economica e sociale dello Stato.

1°) in relazione alla famiglia;

2°) in relazione alla scuola;

3°) in relazione all’opinione pubblica;

4°) in relazione alla materia del lavoro;

5°) in relazione alla proprietà.

GRASSI rileva che lo schema proposto dall’onorevole Tosato costituisce una indicazione sommaria per un corso di diritto costituzionale, mentre, a suo avviso, compito della Commissione è quello di fissare dei principî basilari per la formazione di uno Statuto seguendo delle idee nucleari che dovranno servire di base per l’ordinamento giuridico, sociale ed economico dello Stato. Nella elaborazione dei singoli punti ciascun membro della Commissione porterà il risultato dei suoi studi e l’orientamento della sua scuola, e dalla discussione emergeranno dei concetti che dovranno essere fissati in grandi linee e cioè: dichiarazione di diritti, nella quale entrano tutte le libertà, come affermazione generica: struttura generale dello Stato (unitaria o decentrata); in caso di decentramento, affermazione dei limiti del decentramento stesso. Questa dovrebbe essere materia della prima Sottocommissione, lasciando tutti gli altri argomenti alle leggi speciali.

La seconda Sottocommissione dovrebbe considerare la struttura dello Stato e la sua organizzazione positiva e non teorica, in quanto non si tratta di fare la dottrina dello Stato. Occorre vedere quale dovrà essere positivamente la concezione italiana dello Stato e quindi considerare gli organi sovrani dello Stato, quali il Parlamento, il Governo, ecc.

La terza Sottocommissione dovrebbe esaminare i diritti e i doveri nel campo economico-sociale.

Si tratta, in sostanza, di deliberare le linee fondamentali attraverso cui si deve dividere il lavoro e poi passare effettivamente alla sua attuazione.

FANFANI non crede che il punto di vista dell’onorevole Grassi sia discorde da quello dell’onorevole Tosato, il quale evidentemente non ha inteso preparare una traccia di Costituzione, ma solo indicare che, se i temi da lui elencati dovessero essere affrontati, la loro ripartizione fra le varie sottocommissioni dovrebbe essere fatta secondo il suo suggerimento. Un punto di divergenza potrebbe sussistere circa la famiglia e la scuola; altro punto di divergenza è quello relativo alle autonomie locali. Comunque, si tratta di una traccia più teorica che concreta; di una esposizione della divisione della materia.

MARCHESI crede che la traccia presentata dal collega Tosato investa l’autorità e la competenza dell’Assemblea legislativa assai più che quella di una Assemblea costituente, la quale deve determinare i principî fondamentali sui quali dovrà innalzarsi il nuovo edificio legislativo. Così il tema della libertà di insegnamento potrebbe portare molto in lungo il dissenso e la discussione; ma il problema della scuola è un problema che riguarda essenzialmente, se non esclusivamente, l’Assemblea legislativa.

Libertà è una parola piena di insidie e di minacce più di quanto non sia mai stata. Si può in una nuova Carta costituzionale affermare il principio, che la scuola sia aperta al pubblico; si può per ciò che riguarda i diritti dei lavoratori, dire che ogni cittadino ha diritto alla istruzione secondo la capacità e il profitto che esso dimostra: e questo è un punto su cui tutti possono concordare; ma la discordia insorge quando si voglia determinare con concretezza quale debba essere il principio generale che deve regolare la scuola e che cosa si debba intendere per libertà di insegnamento.

Se non si vuole prolungare all’infinito questa discussione, che dovrebbe in ogni caso svolgersi in Assemblea plenaria, e che spetterebbe all’Assemblea legislativa definire, si debbono limitare i principî generali a quel tanto che può far parte di una Costituzione.

MASTROJANNI non condivide l’opinione dell’onorevole Marchesi, che debba riservarsi all’Assemblea legislativa la decisione relativa alla scuola, perché la questione dello insegnamento è una questione essenziale, sulla quale la Costituzione deve portare almeno una enunciazione di carattere generale e di principio che dia all’Assemblea legislativa l’orientamento per le leggi che essa dovrà formare. La Costituzione dovrà in ogni caso dare una enunciazione di principio relativa alla religione; precisare, insomma, se l’insegnamento dev’essere laico o non laico.

TOSATO precisa che egli ha inteso dare soltanto un’indicazione di possibili temi, preoccupandosi soprattutto dell’assegnazione di questi alle varie sottocommissioni, ma riconosce che taluni temi dovranno essere trattati, mentre altri potranno non esserlo. Concorda con l’onorevole Mastrojanni; molti dei temi da lui indicati potranno dar luogo all’inclusione anche di una parola sola. La Costituzione deve contenere soltanto i principî costituzionali, non le applicazioni che saranno oggetto di legislazione ordinaria. Ma in questo momento in cui si tratta di distribuire la materia fra le varie Sottocommissioni, ha ritenuto opportuna una indicazione piuttosto dettagliata.

FANFANI ha ascoltato attentamente i vari punti di vista esposti circa lo schema Tosato e crede che l’accordo sia molto più prossimo a raggiungersi di quanto inizialmente sembrava. In fondo lo schema Tosato non è che un elenco di articoli che probabilmente ogni Costituzione moderna dovrebbe contenere. Così la Costituzione russa del 1936 contiene ben distinti articoli per moltissimi di questi argomenti. Lo schema Tosato può aver dato all’onorevole Grassi l’impressione di uno schema di corso di diritto costituzionale; ma ciascuna Sottocommissione, attendendo a determinare gli articoli della Costituzione, dovrà condensare in questi dei principî, appunto, di diritto costituzionale in una sintesi che l’onorevole Colitto ha ristretto ai soli titoli della Costituzione, mentre l’onorevole Tosato l’ha fatta in forma più ampia.

NOBILE crede erroneo il voler fissare i compiti delle Sottocommissioni, prima ancora di avere discusse e decise alcune questioni di carattere generale. Si rischia in tal modo di avere dalle Sottocommissioni degli schemi di articoli non armonizzati l’uno con l’altro.

DE VITA concorda con l’onorevole Nobile, dichiarandosi in genere favorevole alle enunciazioni generiche e non specifiche. Vorrebbe che, facendosi l’attribuzione dei vari temi alle diverse Sottocommissioni, si dessero nel contempo delle indicazioni generiche.

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Dossetti gli ha rimesso un nuovo schema, sul quale crede si potrebbe realizzare l’accordo. La ripartizione da lui proposta, e che è stata accolta dall’onorevole Terracini, è la seguente. Prima Sottocommissione: diritti e doveri dei cittadini (tranne gli economici); Seconda Sottocommissione: organizzazione costituzionale dello Stato; Terza Sottocommissione: diritti e doveri nel campo economico e sociale.

Altri due principî sarebbero questi: 1°) ogni Sottocommissione, d’accordo con la Presidenza, preciserà più analiticamente l’ambito della propria competenza e ne proporrà il piano alla Commissione plenaria; 2°) la ripartizione non vieta che certi problemi, su iniziativa della Sottocommissione o della Presidenza, vengano poi portati alla Commissione.

Mette ai voti questa proposta.

(È approvata).

Ricorda quindi che si deve decidere a quale Sottocommissione si deve deferire la questione delle autonomie nella struttura dello Stato. Taluni desiderano che sia deferita alla prima, perché sembra loro che si tratti di un argomento generale di ordine pregiudiziale; altri alla seconda, perché credono che il tema sia connesso a quello della organizzazione statale.

ZUCCARINI, poiché il problema delle autonomie dovrà essere esaminato e dato lo schema di argomenti approvato, crede che la seconda Commissione, dovendo affrontare la questione della struttura dello Stato, debba anche occuparsi del problema delle autonomie che è un problema squisitamente strutturale, quasi basilare della nuova Costituzione. I principî generali sono principî generali, mentre la struttura è qualche cosa di sostanziale. Pertanto propone di deferire il problema delle autonomie alla seconda Commissione, senza pretendere di farne un argomento secondario, perché altrimenti già si stabilirebbe quale dovrebbe essere la struttura dello Stato.

Non pensa che le varie Sottocommissioni debbano lavorare contemporaneamente. È necessario che siano prima orientate almeno sui principî di tutta la Costituzione che si intende formulare, e sarebbe erroneo voler concludere troppo rapidamente, mentre sembra che si sia preoccupati di finire presto. Se v’è un lavoro che deve essere compiuto molto ponderatamente e cautamente, è proprio quello della preparazione della nuova Costituzione dello Stato.

LUSSU ritiene che il problema delle autonomie debba essere deferito alla seconda Sottocommissione, che esaminerà l’organizzazione funzionale dello Stato.

Ha l’impressione che ieri non sia stato interamente chiarito il problema. I principî fondamentali debbono essere elaborati dai relatori delle tre Commissioni, in modo che nella relazione generale si abbia un piano direttivo di tutto il lavoro che affronteranno le Sottocommissioni. Ciò gli sembra indispensabile, perché altrimenti non si può compiere alcun lavoro. Così, se non si vogliono le autonomie, non si possono determinare diritti e doveri dei cittadini che sono propri di un regime autonomistico. Né si può parlare di diritti e doveri nel campo economico e sociale, se non è precisata la questione fondamentale della organizzazione. Richiama l’attenzione su questo punto, affinché non si faccia un lavoro a vuoto. Il lavoro delle tre Sottocommissioni è solo preparatorio, e non presuppone lo studio di tutti i problemi di diritto pubblico, ma presuppone un chiarimento in modo che i Relatori delle tre Sottocommissioni possano esporre alcuni principî, dopo di che l’Assemblea deciderà sull’adozione o meno degli stessi.

PRESIDENTE crede che ieri, anche votando la proposta Dossetti, l’Assemblea abbia inteso che le discussioni delle Sottocommissioni e della Commissione si sarebbero intrecciate ed alternate. La Commissione, cioè, si sarebbe riunita tutte le volte che lo ritenesse necessario durante i lavori delle Sottocommissioni.

LUSSU precisa che si tratta di decidere se, prima che le tre Sottocommissioni inizino il loro lavoro, non si debba affrontare con scambi di vedute la prima questione fondamentale, cioè i principî direttivi che dovranno poi guidare i lavori delle tre Sottocommissioni. Se si afferma questo principio, il lavoro dovrà procedere in un modo; altrimenti procederà in modo diverso. Ieri non si è presa questa decisione, mentre oggi è stato chiarito il problema. Dopo una discussione generale, i Relatori delle Sottocommissioni potranno esporre con maggiore competenza i loro punti di vista e quindi con la certezza di arrivare ad una conclusione. Non è possibile compiere un qualsiasi lavoro se esso non è preceduto dalla discussione dei principî generali.

PRESIDENTE fa notare che la proposta dell’onorevole Lussu presuppone che le Sottocommissioni vengano formate e nominino ciascuna un Relatore. Ma prima di ciò occorre determinare il tema assegnato a ciascuna di esse, e particolarmente a quale Sottocommissione debba essere riservato l’argomento delle autonomie.

AMBROSINI, poiché concettualmente il problema delle autonomie rientra fra quelli relativi alla organizzazione dello Stato, pensa non esservi dubbio che esso debba essere assegnato alla seconda Commissione. Si tratta infatti di decidere sulle sfere di attribuzioni proprie dello Stato, della regione e degli enti locali, e non dei diritti e dei doveri dei cittadini.

MORTATI concorda. La prima Sottocommissione ha il compito specifico di determinare i classici diritti di libertà. Anche i diritti delle autonomie locali sono diritti di libertà, ma è in essi prevalente la funzione organizzativa, onde la Sottocommissione più competente rimane la seconda. Anche i diritti politici dei cittadini rientrano fra i diritti individuali di libertà, ma per ragioni organiche taluni di essi, e precisamente quelli relativi all’elettorato attivo e passivo, devono essere attribuiti alla seconda Sottocommissione. Dato che tale Sottocommissione dovrà indubbiamente svolgere il lavoro più gravoso, si potrà stabilire che essa sia composta da un numero di membri superiore a quello delle altre due, in modo da rendere ad essa più agevole la suddivisione dei principali problemi fra più sezioni.

TARGETTI propone di abbinare la questione della assegnazione degli argomenti alle tre Sottocommissioni a quella della loro composizione numerica.

Concorda sul punto che le autonomie locali debbano essere esaminate dalla seconda Sottocommissione, alla quale rimane affidato un compito di maggiore portata pratica, in i confronto alle funzioni, pure importantissime, ma prevalentemente di dottrina, riservate alla prima e alla terza Sottocommissione.

CONTI ritiene che il problema delle autonomie debba essere preliminarmente trattato dalla Commissione in seduta plenaria, dato che le deliberazioni di massima su tale argomento avranno una notevole influenza sulla elaborazione di tutto il progetto di Costituzione. Una volta risolte le questioni di principio circa le autonomie, tanto la prima che la seconda Sottocommissione potranno procedere speditamente nel loro lavoro.

Propone pertanto che venga innanzitutto nominata una Sottocommissione speciale per riferire sul problema delle autonomie alla Commissione in seduta plenaria.

GHIDINI, poiché trattasi di una questione pregiudiziale e di principio, ritiene che debba essere discussa dalla prima Sottocommissione. Essere cittadini dello Stato implica determinati doveri e diritti; essere cittadini dello Stato e contemporaneamente della regione implica altri doveri e altri diritti. Aggiungasi che la seconda Sottocommissione è già molto gravata di lavoro. Se dovrà occuparsi anche delle autonomie, necessariamente il numero dei suoi componenti dovrà essere molto grande, ed egli diffida delle assemblee numerose, perché in esse il senso di responsabilità è minore e si finisce col lavorare meno.

Ritiene pertanto che l’argomento delle autonomie debba essere affidato alla prima Sottocommissione, la quale designerà una apposita giunta; a meno che non si riprenda in considerazione la proposta di una quarta Sottocommissione.

ZUCCARINI si richiama a quello che ha detto l’onorevole Mortati.

È un problema complesso, che rientra nell’ordine dei principî da affermare nella Costituzione e da attuare successivamente nella struttura dello Stato.

Quando si sarà conclusa la prima parte del lavoro, in certo senso si sarà dato l’indirizzo a tutto il lavoro.

Tra i vari diritti di libertà da affrontare è anche quello di associazione, ed al diritto di associazione si associa il diritto di autonomia; onde trova accettabile l’idea di una Commissione intermedia che studi il problema delle autonomie come l’ha proposta l’onorevole Conti; ma questo dovrebbe precedere ogni altro lavoro. Il lavoro delle Sottocommissioni deve essere unitario, onde la necessità di decidere prima sui problemi di libertà. I lavori delle altre Commissioni potranno venire successivamente.

Non crede che la Commissione debba suddividersi in troppe Sottocommissioni; si potranno formare dei comitati ristrettissimi di studio, ma solo affinché portino via via i risultati dei loro studi alla Commissione.

Non vorrebbe che si riducessero le funzioni della Commissione plenaria ai lavori di tre o quattro Sottocommissioni molto ridotte. Occorre che la Commissione funzioni in pieno o segua via via il lavoro delle Sottocommissioni, per cui il lavoro di queste non debba essere presentato alla Commissione alla sua conclusione, ma durante il suo svolgimento, così che essa possa portarvi il suo contributo.

Non crede quindi che nella composizione delle Sottocommissioni si debbano stabilire dei numeri fissi; né che tutte le Sottocommissioni debbano essere paritetiche.

È d’avviso che il problema delle autonomie rientri, in linea generale, nel lavoro della prima Sottocommissione ed, in linea particolare, in quello della seconda; perché non si può trattare il problema delle autonomie come struttura senza avere stabilito il principio fondamentale.

TERRACINI osserva che si stanno ricercando i motivi logici, razionali della distinzione, e sussiste forse anche la preoccupazione di ciascuno di poter essere presente nella Commissione in cui si discutono i punti fondamentali. Questa è la ragione per la quale si contende su temi che sono pregiudiziali, ma che potrebbero benissimo essere discussi sia nell’una che nell’altra Sottocommissione. Poiché, nonostante la decisione presa ieri, non sarà facile a ciascuno di assistere anche alle sedute di una Sottocommissione di cui non fa parte, sorge in tal caso quella preoccupazione. Pensa che questa difficoltà si possa superare in maniera semplice, che si ricollega alla proposta Conti. Nel progetto di regolamento interno presentato dall’onorevole Dossetti, l’articolo 6 dice che l’Ufficio di Presidenza può, in qualsiasi momento, indire riunioni plenarie per la trattazione in comune di singoli punti. E allora si potrebbe decidere che immediatamente dopo la precisazione dei compiti delle Sottocommissioni e delle materie, si farà senza altro una prima riunione comune, per discutere questi punti generali. Non crede sia il caso di nominare una quarta Sottocommissione e propone di nominare una Commissione di relazione di tre o cinque membri che riferisca domani alla Commissione plenaria.

LA ROCCA si associa a quanto ha detto l’onorevole Terracini. Poiché la questione delle autonomie, dal punto di vista generale, può rientrare nella sfera della prima Sottocommissione, e dal punto di vista della struttura dello Stato apparterrebbe alla sfera della seconda, si potrebbero scegliere membri della prima Sottocommissione, dopo affermati determinati principî, e membri della seconda, dopo studiata la struttura dello Stato, e discutere insieme la questione delle autonomie.

VANONI crede che si abbia la preoccupazione che, quando un tema è assegnato ad una Sottocommissione, esso non possa più essere oggetto di discussione di carattere generale. Ritiene che il lavoro della Commissione debba fondarsi su una serie di lavori analitici compiuti dalle singole sottocommissioni, e di sintesi parziali da farsi nella Commissione plenaria, di volta in volta. È un continuo intersecarsi di lavori delle Sottocommissioni e della Commissione plenaria.

Per il problema delle autonomie si richiama a quanta è stato esposto per sostenere che esso debba essere assegnato alla seconda Sottocommissione. Aggiunge che vi è anche la necessità di carattere funzionale che questo argomento sia trattato preventivamente in una fase di analisi; quindi studio preparatorio da parte dei membri della seconda Sottocommissione. A questa saranno assegnati quei colleghi che si sentiranno più preparati sui problemi di struttura dello Stato, mentre alla prima andranno quelli più preparati spiritualmente e tecnicamente alla discussione dei grandi argomenti dei diritti fondamentali dell’uomo e della libertà.

Quando il lavoro preparatorio delle Sottocommissioni e tutti gli elementi tecnici, che hanno attinenza all’applicazione del criterio autonomistico ed all’ordinamento d’uno Stato concreto, quale dovrà essere lo Stato italiano, saranno pronti, allora ci saranno tutti gli elementi per una utile discussione di carattere generale su questo argomento.

Se si procedesse ora ad una discussione troppo rapida sul problema delle autonomie, al massimo si giungerebbe a questa conclusione: che il principio autonomistico venga introdotto nell’ordinamento statutario italiano. Ma sull’estensione che debba avere l’autonomia, sul suo tipo, sui rapporti in cui l’autonomia si inserisce nella struttura dello Stato, su tutto questo non si sarebbe in condizioni, in questa discussione generale, di dare una qualsiasi indicazione.

Il sistema di lavoro proposto dai membri democristiani, e questa mattina maggiormente concretato con la proposta Tosato, muove appunto dal criterio fondamentale, che si vuole applicare non soltanto al problema delle autonomie, ma a tutti gli altri problemi, che debba farsi un’analisi dei problemi stessi, preparandone tutti gli elementi tecnici, per poi passare alla discussione generale.

Soltanto così si potrà fare lavoro proficuo.

BULLONI osserva che il problema delle autonomie è particolarmente delicato, perché la materia incide profondamente nella struttura dello Stato, e perché su di esso si manifesteranno dissensi e contrasti, per i quali opererà certamente la difficoltà pratica di realizzazione.

Di queste autonomie dovranno stabilirsi la natura, i limiti e l’estensione.

Aderisce quindi alla proposta Conti, che la questione sia per lo meno delibata in sede plenaria dalla Commissione, prima che la materia specifica venga assegnata alla seconda Sottocommissione, la quale condurrà i suoi lavori in armonia all’indirizzo generale stabilito dall’Assemblea plenaria.

LUSSU dichiara che considera logica la proposta Conti, perché la questione delle autonomie investe tutti gli altri problemi, del Parlamento, del potere esecutivo ecc. Ma quello che si è detto per l’autonomia egli intende dirlo per tutti gli altri principî.

GRASSI, circa l’assegnazione della questione delle autonomie ad una Sottocommissione, sulla quale l’onorevole Terracini ha detto di non considerarla di grande importanza perché, più che una questione di ordine teorico, è una questione di ordine pratico, intesa a conseguire meglio l’organicità dei lavori, osserva che occorre mettersi d’accordo sul problema affacciato dagli onorevoli Lussu, Conti ed altri perché è fondamentale e preliminare: come concepiamo lo Stato? Accentrato o decentrato? E qual è la misura del decentramento? Questo problema preliminare si riflette su tutti gli altri.

Crede che si potrebbe seguire la procedura stabilita dal Regolamento della Camera per il lavoro attraverso gli Uffici. Ogni Sottocommissione dovrebbe nominare il Relatore, i tre Relatori si dovrebbero riunire, e uno di loro riferirebbe alla Commissione plenaria entro un congruo termine, perché non si tratta certo di una questione che si possa risolvere in un giorno.

MANCINI osserva che la discussione, breve ma intensa, ha dimostrato che il problema delle autonomie è fondamentale e che, dal punto di vista razionale, investe tutti i problemi, sia quelli della prima Commissione, che quelli della seconda, ed anche della terza; anzi specialmente della terza. Ma, dal punto di vista strutturale, osso investe essenzialmente i lavori della seconda Sottocommissione, perché si riferisce al modo in cui è concepito lo Stato dal punto di vista istituzionale. Stato centralizzato o decentralizzato? Ecco il problema.

La seconda Sottocommissione non può procedere, se non si risolve questo primo problema. Crede quindi che la proposta Conti, contemperata dalla proposta Terracini, potrebbe essere accolta.

Non è invece favorevole alla proposta Grassi, perché essa complicherebbe il problema e prolungherebbe i lavori.

CONTI crede di poter aderire alla proposta iniziale del collega Terracini, che ha posto la questione con grande chiarezza, dicendo che le Sottocommissioni possono iniziare i loro lavori e che la presidenza può, ad ogni momento, convocare la Commissione plenaria per sottoporle gli argomenti che siano già stati trattati dalle singole Commissioni.

Aderisce pure al concetto dell’onorevole Terracini, che gli sembra praticissimo, di attribuire alla prima o alla seconda Sottocommissione la questione delle autonomie, e di formare una Commissione di relazione la quale debba portare entro un breve termine le sue conclusioni alla Commissione plenaria; questa emetterà il suo voto; e allora la Sottocommissione incaricata della formazione del testo riguardante la struttura dello Stato terrà conto della deliberazione presa.

Conclude col proporre che si attribuisca la questione delle autonomie alla prima o alla seconda Sottocommissione e che la Commissione di relazione riferisca entro dieci giorni intorno alle sue proposte.

PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Conti e Terracini hanno concordato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione procede alla nomina di un Comitato di sette membri che, nel termine di una settimana, riferisca alla Commissione in seduta plenaria sul tema dell’autonomia, considerato come fondamentale per lo sviluppo sistematico dei lavori delle varie Sottocommissioni».

FINOCCHIARO APRILE, per dichiarazione di voto, avverte che ha l’impressione che, votando la proposta Conti-Terracini, si affermi già quale debba essere il tipo di Stato che si preferisce. Vi sono forme di Stato per cui parlare di autonomia sarebbe una cosà completamente superflua: se si parla di autonomia, già si fa una affermazione, nel senso che si ammette l’autonomia. La Sottocommissione deciderà sulle forme, sui mezzi da adottare; ma il criterio fondamentale deve esser fissato dalla Commissione.

Perciò voterà contro.

PICCIONI voterà pure contro la proposta, in quanto ritiene che la nomina di un Comitato speciale per l’esame del problema autonomistico costituisca una complicazione, poiché esso, o si ferma a considerare semplicemente la questione del principio dell’autonomia da tener presente nella formulazione definitiva della nuova Costituzione, o entra nel vivo della problema, cioè traduce il principio in quelle forme strutturali che involgono tutta la sostanza della nuova Costituzione. A parte la composizione del Comitato, che non può riprodurre evidentemente la composizione della Commissione, non crede che esso possa nel giro di sei o sette giorni affrontare il problema nella sua integralità. Se si fermerà soltanto all’esame del principio autonomistico, si avrà una valutazione, una considerazione manchevole, poiché il principio si deve tradurre poi in istituti concreti e non se ne può valutare l’importanza se non alla stregua della forme concrete da introdurre nella nuova organizzazione dello Stato.

Se si deve procedere al lavoro concreto per dare corpo e vita alla nuova Costituzione, non capisce perché ciascuna Sottocommissione, nel suo ambito, non possa considerare il principio autonomistico per la sua traduzione in forme concrete, lasciando poi al momento opportuno, quando i lavori delle Sottocommissioni verranno esaminati dalla Commissione in seduta plenaria, di tradurre anche questo principio in una forma più concreta e più specifica di quella che possa essere data dalle Sottocommissioni. La Sottocommissione per la struttura dello Stato sarà quella che dovrà cimentarsi col principio autonomistico nella sua effettiva traduzione, nelle forme organizzative dello Stato. Si è osservato che anche la prima Sottocommissione può imbattersi nel problema autonomistico. Nulla di male, se anche la prima Sottocommissione, trovando che nella formulazione dei diritti di libertà rientra anche in qualche modo il concetto autonomistico, lo consideri pure. Così faccia la terza Sottocommissione per quanto si riferisce ai diritti economici e ai diritti sociali.

Quando questo lavoro da angoli visuali diversi sia stato condotto in una maniera concreta e positiva, la discussione risolutiva in assemblea plenaria potrà giungere ad una conclusione più ragionata. Ma affrontare preventivamente il problema autonomistico, che è un problema che involge in un certo modo tutte le forme nuove del nuovo Stato, sarebbe un errore, che determinerebbe un perditempo e una complicazione, perché questo Comitato non potrebbe dare fondo a tutti gli aspetti concreti del problema.

Ritiene quindi che si debba rimandare la questione alle Sottocommissioni.

LUCIFERO dichiara che le osservazioni dell’onorevole Finocchiaro Aprile e dell’onorevole Piccioni lo hanno disorientato, perché egli ha compreso la proposta Terracini-Conti in un modo completamente diverso. Questa Commissione evidentemente non può prendere delle decisioni; non può che preparare un canovaccio su cui discutere; ed egli crede che questo lavoro sarà sempre utile, in quanto la Commissione e le Sottocommissioni potranno sempre avvalersene, perché su questa traccia si potrà trovare una linea che possa indirizzare nelle discussioni successive, in cui l’argomento riaffiorerà continuamente. Crede quindi che il pensiero dei proponenti fosse molto più modesto e contemporaneamente molto più pratico.

LUSSU voterà a favore di questa proposta. Pensa che l’onorevole Finocchiaro Aprile, volando contro, voglia affermare il suo principio federalistico, e gli fa osservare che, parlando di autonomia, questa si deve intendere in termine generico e cioè comprensivo di tutto. Voterà a favore, dunque, malgrado l’interpretazione data alla proposta dagli onorevoli Finocchiaro Aprile e Piccioni. All’obiezione secondo cui sette giorni, per una pura dichiarazione di principio, sarebbero troppi, ma, per un esame approfondito, non sarebbero sufficienti, obietta che tutti dovrebbero aver inteso di affrontare la questione di principio, perché altrimenti occorrerebbero tre mesi di lavori.

BORDON osserva come sia emerso che questo è un problema importantissimo, che interessa tutte le Sottocommissioni, le quali potrebbero esserne investite. Non vede, in tali condizioni, perché si debba formare una quarta Commissione e dichiara di votare contro.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta Conti e Terracini.

(Non è approvata).

Pone ai voti l’assegnazione del tema delle autonomie alla prima Sottocommissione.

(Non è approvata).

Pone ai voti l’assegnazione del tema alla seconda Sottocommissione.

(È approvata).

Ricorda che resta sempre alla Presidenza ed alle Sottocommissioni, d’accordo con la Presidenza, la facoltà di convocare l’Assemblea plenaria quando lo si riterrà opportuno.

Pone quindi in discussione il problema della distribuzione numerica dei membri della Commissione alle Sottocommissioni.

TARGETTI propone che la seconda Sottocommissione sia composta di 39 membri.

PRESIDENTE propone di assegnare 18 membri alla prima, 38 alla seconda e 18 alla terza.

Pone ai voti questa proposta.

(È approvata).

Circa l’assegnazione delle persone alle varie Sottocommissioni, ricorda che è stato accennato al diritto che dovrebbe riconoscersi a ciascuno di manifestare la propria preferenza.

LUCIFERO, visto che le deliberazioni definitive spettano all’Assemblea Costituente, crede preferibile tenere presenti le competenze specifiche dei singoli membri e propone che ognuno segnali all’Ufficio di Presidenza la Commissione alla quale egli ritiene di portare un maggiore contributo sul terreno pratico. Se anche le Sottocommissioni non riprodurranno esattamente le proporzioni dei partiti politici nell’Assemblea, non crede che sia il caso di preoccuparsene, appunto perché la decisione finale spetterà poi alla Costituente.

PRESIDENTE ricorda che, in ogni caso, ogni membro di una Sottocommissione potrà partecipare ai lavori di un’altra per particolari problemi sui quali crede di poter portare un suo contributo.

VANONI osserva che, se esiste un problema giuridico, esiste anche un problema di equilibrio politico, onde propone che, come si è fatto per la formazione della Commissione, i singoli gruppi possano dare delle indicazioni sulla assegnazione dei propri membri alle varie Sottocommissioni. I gruppi, che conoscono le competenze tecniche dei vari loro membri, potranno tenere presenti anche questi elementi, in modo che l’equilibrio politico sia realizzato nel migliore dei modi.

DI VITTORIO concorda con la proposta Vanoni, e crede che si potrebbe sospendere la seduta per alcuni minuti, affinché i componenti i vari gruppi facenti parte della Commissione si possano mettere d’accordo sulle designazioni.

FABBRI trova che la domanda di assegnazione alle Commissioni dev’essere individuale. Ciascuno dei gruppi si può riunire per conto proprio mettendosi d’accordo con i singoli componenti del gruppo stesso, in maniera che la Presidenza abbia una somma di domande individuali e che ciascuno possa esprimere il proprio punto di vista. Poiché nella Presidenza sono rappresentati tutti i gruppi, per le eventuali inconciliabilità fra le richieste individuali, concordate in seno ad ogni singolo gruppo, e la esigenza della ripartizione numerica, si può demandare la decisione all’Ufficio di Presidenza.

(La seduta, sospesa alle 11.15, è ripresa alle 11.50).

PRESIDENTE comunica che gli sono pervenuti i nominativi suggeriti dei gruppi democristiano, socialista, comunista, uomo qualunque, democrazia italiana, democrazia del lavoro, repubblicani e azionisti. Il numero dei membri da destinare alle Sottocommissioni è di 16 per la prima Sottocommissione, 34 per la seconda e 15 per la terza. Si aggiungeranno per ogni Sottocommissione il Vicepresidente che la presiederà ed il Segretario. I gruppi hanno proposto che si rimetta all’Ufficio di Presidenza di completare la formazione delle Sottocommissioni, consultando anche gli assenti. Mette ai voti la proposta.

(È approvata).

La seduta termina alle 12.50.

Erano presenti: Ambrosini, Amendola, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Canevari, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Lombardi Ivan Matteo, Lucifero, Lussu, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Lina, Merlin, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Penna Ottavia, Perassi, Pertini, Pesenti, Piccioni, Rossi, Ruini, Simonini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Caristia, Castiglia, De Vita, Leone, Maffi, Paratore, Ponti, Porzio, Rapelli, Ravagnan.

In congedo: Calamandrei, Einaudi.

MARTEDÌ 23 LUGLIO 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

2.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 23 LUGLIO 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Zuccarini – Dossetti – Grassi – Lussu – Tupini – Pertini – Colitto – Piccioni – Terracini – Nobile – Finocchiaro Aprile – Vanoni – Fabbri – Fanfani – Targetti – Perassi

La seduta comincia alle 9.30.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE comunica che la Sottocommissione giuridica del Ministero della Costituente ha compiuto i suoi lavori, ed è in distribuzione, in bozze, un primo volume contenente relazioni interessanti. Entro il mese sarà comunicato interamente il materiale di questa Commissione. Invece la Commissione per il lavoro e quella economica sono un po’ in ritardo. La Commissione economica crede di non poter finire di stampare il suo materiale se non fra due mesi; ma nel frattempo trasmetterà i dattiloscritti.

Al più presto sarà mandato a ciascun membro della Commissione una copia del Bollettino del Ministero della Costituente contenente materiale interessante.

Saranno poi distribuite ai membri della Commissione copie della raccolta delle Costituzioni curate dal Salemi, che, se non è perfetta, in poco spazio contiene materiale utile per le discussioni.

Il Ministero della Costituente, che funziona ora come ufficio-stralcio, ha a sua disposizione esperti funzionari i quali avevano chiesto di essere assunti dalla Commissione come Giunta consultiva. Questo non è possibile per le tradizioni dei lavori delle Commissioni parlamentari, ma questa Commissione potrà valersi di quegli esperti nei modi che parranno opportuni.

Richiama quanto fu detto nella prima riunione circa una distribuzione della Commissione in Sottocommissioni e l’assegnazione dei singoli commissari alle Sottocommissioni. È un problema che potrà risolversi dopo un preliminare scambio generale di idee. Comunque, come semplice indicazione, osserva che, a suo avviso, la Commissione si dovrebbe dividere in tre Sottocommissioni, salvo a decidere se per il tema delle autonomie locali debba costituirsi una quarta Sottocommissione, ovvero questo tema debba essere assegnato ad una delle tre Sottocommissioni.

La prima Sottocommissione potrebbe esser divisa in due Sezioni, di cui la prima esaminerebbe le disposizioni generali e la seconda i diritti e doveri dei cittadini.

La seconda Commissione, cui sarebbe riservato l’esame della struttura dello Stato, potrebbe essere divisa in quattro Sezioni: 1a) Parlamento; 2a) Capo dello Stato; 3a) Governo e Capo del Governo; 4a) Garenzie, Alta Corte, ecc.

La terza Sottocommissione potrebbe essere divisa in due Sezioni: 1a) Direttive di organizzazione economica; 2a) Direttive di organizzazione sociale del lavoro.

Dopo la discussione generale e la distribuzione delle materie fra le varie Sottocommissioni e Sezioni, si dovrebbe procedere alla assegnazione dei membri della Commissione alle Sottocommissioni. Ciascuno potrebbe far conoscere all’Ufficio di Presidenza le sue preferenze che, nei limiti del possibile, verranno accolte. Aggiunge che l’onorevole Calamandrei ha suggerito che ognuno possa, chiedendolo al Presidente, partecipare ai lavori di una Sottocommissione diversa da quella cui è assegnato, per quei temi per cui crede sia utile il suo intervento.

Si avrebbero così un Ufficio di Presidenza di sette membri ed inoltre otto relatori per le varie sottosezioni. Quando vi siano due tesi in contrasto potrebbero essere nominati non uno ma due relatori.

L’Ufficio di Presidenza, integrato dai relatori e da qualche altro componente delle Sottocommissioni che venisse indicato, costituirebbe il Comitato di coordinamento.

Spera che in qualche giorno, certamente prima della fine del mese, si possa esaurire il primo scambio di idee e procedere alle costituzioni delle Sottocommissioni. Fa infine presente che la Commissione dovrà concretare le sue proposte per il 20 ottobre.

In via generale desidera dare qualche suggerimento e fare qualche raccomandazione.

Si deve esaminare se la Costituzione dovrà avere un preambolo. Alcuni argomenti che non si prestano ad essere formulati come norme giuridiche, potrebbero trovarvi posto.

Il testo della Costituzione dovrebbe essere piano, semplice, comprensibile anche dalla gente del popolo. Altra questione da esaminare sarà quella della lunghezza della Costituzione. Le Costituzioni moderne non possono essere così brevi, come nel passato, anzi sono lunghe. Così la Costituzione di Weimar ha 180 articoli; quella austriaca ne ha 150, che sono però divisi in paragrafi lunghissimi Quella russa ha pure essa 150 articoli; ma questi sono scarni e sintetici.

Una raccomandazione è che si faccia una Costituzione, per quanto possibile, italiana. Si dovranno tener presenti le Costituzioni emanate nelle varie Nazioni, specialmente dell’interguerra; ma non copiarle meccanicamente. Se, ad esempio, la Costituzione, nel primo articolo ripetesse la formula della Costituzione di Roma del 1849 e cioè: «Il popolo romano è una Repubblica democratica. Ogni potere emana dal popolo», essa si riallaccerebbe ad un precedente italiano, confermato poi dalle altre nazioni.

ZUCCARINI ritiene che non sia opportuno nominare le tre Sottocommissioni che debbano iniziare e svolgere il loro lavoro, prima che si sia presa una decisione circa la struttura dello Stato. Si dovrebbe, a suo avviso, nominare subito la Sottocommissione incaricata appunto di affrontare il problema della struttura generale dello Stato, e questa dovrebbe subito funzionare. Le altre Sottocommissioni verranno in un secondo tempo, ed anzi quella cui competeranno le questioni sociali dovrebbe essere l’ultima a costituirsi.

Crede pure che nella costituzione delle varie Sottocommissioni non si possa partire dal criterio di una netta ripartizione dei vari membri, perché trova giusta l’osservazione dell’onorevole Calamandrei secondo cui ai lavori delle varie Sottocommissioni possano partecipare tutti coloro che vi si sentono preparati, e può darsi che chi partecipa alla prima Sottocommissione possa partecipare in maniera utilissima anche alla seconda.

Crede poi che nel preambolo si dovrà stabilire quale è lo Stato che si intende costituire. Aggiunge che non è il caso di fermarsi sui vecchi statuti: si deve certo tener conto di quello che in essi esiste, ma soprattutto di quello che avrebbe dovuto esserci e non c’è stato.

Osserva che taluni pensano ad uno Stato con funzioni molto complesse, come quello che abbiamo avuto, mentre v’è un’altra concezione dello Stato, perfettamente opposta, che vuole cioè uno Stato semplice, in cui le funzioni del centro siano poche, affinché possano essere bene esercitate, e i compiti del potere centrale limitati. Qui si innesta il problema delle autonomie. A seconda che la Commissione si orienti in un senso o nell’altro, essa farà una piuttosto che un’altra Costituzione. Non sa se, allo stato delle cose, la Commissione riuscirà a fare un solo progetto per l’organizzazione dello Stato e non esclude l’ipotesi che invece di un progetto solo, debbano uscirne due, elaborati da due diverse Sottocommissioni.

Comunque, i lavori delle Sottocommissioni che dovranno studiare i problemi particolari non possono prescindere da questa discussione generale sulla impostazione di tutti i problemi; in mancanza di che le altre Sottocommissioni lavorerebbero senza alcun risultato, come è avvenuto alla Commissione costituita dal Ministero per la Costituente, la quale, prescindendo dalla forma dello Stato, ha messo in discussione una infinità di questioni particolari, dalle quali sarà difficile trarre lumi.

Crede, anzi, che questa Commissione debba fare un lavoro completamente nuovo e prescindere da quello, poiché è un grave errore mettersi su posizioni prestabilite.

È d’accordo completamente col Presidente nei senso che la Costituzione debba essere molto semplice, di pochissimi articoli. Direbbe quasi che si debbono fare due Costituzioni, in questo senso: una Costituzione destinata a resistere in permanenza attraverso il tempo deve avere una formulazione breve; una per le applicazioni, cioè per i particolari, giacché bisognerà preparare delle disposizioni modificabili e perfezionabili nel tempo, secondo i suggerimenti della esperienza, senza che abbiano cioè la stessa caratteristica di stabilità.

PRESIDENTE osserva che la proposta dell’onorevole Zuccarini, secondo cui prima di addivenire alla divisione del lavoro fra le Sottocommissioni occorre avere, in linea di massima, già stabilito alcuni criteri sulla struttura fondamentale dello Stato, implica una discussione preliminare su taluni temi, prima di costituire le Sottocommissioni.

DOSSETTI, per mozione d’ordine, osserva come un elemento, accennato dal Presidente e dal collega Zuccarini, mostra che sorgono varie questioni circa il modo in cui debbono svolgersi i lavori. Onde la necessità di formulare anzitutto un regolamento dei lavori della Commissione.

Presenta quindi, a nome anche di altri colleghi, il seguente progetto di regolamento:

Art. 1.

La Commissione per la Costituzione, appena costituita, procederà alla determinazione dei gruppi di materie per le quali ognuna delle tre Sottocommissioni, in cui essa si ripartisce, dovrà elaborare e predisporre uno schema di progetto, e procederà all’assegnazione dei propri membri nelle Sottocommissioni medesime, designando per ciascuna il presidente ed il segretario.

Art. 2.

Ogni Sottocommissione potrà deliberare, a maggioranza, di procedere al proprio lavoro suddividendosi in due o più sezioni.

Alle riunioni di queste si estendono, in quanto applicabili, le norme disposte per le Sottocommissioni.

Art. 3.

Le convocazioni della Commissione, Sottocommissioni e Sezioni avranno luogo con avviso individuale, nel quale saranno indicati gli oggetti sottoposti a trattazione.

Art 4.

Le sedute non sono valide se non siano presenti almeno i due terzi dei membri assegnati alla Commissione o a ciascuna Sottocommissione o Sezione.

I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione solo per ragioni di pubblico ufficio, per malattia, o per altri motivi analogamente gravi.

È obbligatoria la presenza alle sedute.

In caso di due assenze consecutive non giustificate, o di assenze, ugualmente non giustificate, superiori ad un terzo delle sedute mensili, il commissario, su richiesta del Presidente della Commissione, sarà dichiarato dimissionario d’ufficio dal Presidente dell’Assemblea e da questi sostituito con altro deputato dello stesso gruppo politico.

I nomi degli assenti saranno a cura del presidente, comunicati, dopo ogni adunanza, al Presidente dell’Assemblea, il quale ne darà notizia a questa.

Art. 5.

Copia dei processi verbali delle sedute delle Sottocommissioni e delle Sezioni, sarà senza indugio distribuita a tutti i membri della Commissione.

Art. 6.

L’Ufficio di Presidenza, formato dal presidente, dai vicepresidenti e dai segretari cura il buon andamento dei lavori.

Esso potrà in ogni momento indire riunioni plenarie allo scopo di procedere alla determinazione dei criteri di massima da seguire nei lavori di redazione del testo del progetto, alla trattazione in comune di singoli punti, alla risoluzione di dubbi sulla competenza di singole Sottocommissioni, o di effettuare una diversa ripartizione della medesima.

Adunanze plenarie dovranno essere disposte anche su richiesta delle singole Sottocommissioni.

Art. 7.

Le votazioni avvengono normalmente per alzata di mano. Però, su richiesta di un sesto dei componenti della Commissione, o di ogni Sottocommissione o Sezione, si deve procedere ad appello nominale o a votazione segreta.

Art 8.

Gli schemi predisposti dalle singole Sottocommissioni, accompagnati dalle rispettive relazioni, vengono trasmessi al presidente della Commissione, il quale, dopo avere fatto pervenire a tutti i membri le copie degli uni e delle altre, convoca una adunanza plenaria, cui compete l’esame e l’approvazione definitiva delle proposte.

Art. 9.

A cura della presidenza della Commissione sarà pubblicato quindicinalmente un bollettino, in cui sarà data notizia delle sedute tenute dalla Commissione e dagli organi minori, dei membri presenti e degli assenti, delle sedute che non si siano potute tenere per mancanza del numero legale, delle votazioni avvenute e della distribuzione dei votanti, nonché di ogni altro elemento che la presidenza riterrà opportuno rendere noto.

PRESIDENTE domanda se la Commissione intenda discutere questo progetto di regolamento subito o dopo uno scambio generale di idee.

GRASSI pensa che la proposta Dossetti meriti di essere presa in considerazione, ma che questo progetto non possa essere discusso improvvisamente da parte di tutta la Commissione. Propone quindi che il progetto sia demandato per l’esame ad alcuni Commissari assieme all’Ufficio di Presidenza e poi riportato in altra seduta e che intanto si proceda alla discussione generale.

LUSSU ritiene che, per l’economia dei lavori, sia opportuno che il proponente ed una Commissione di quattro o cinque membri rivedano il progetto, per presentarlo ad una prossima riunione.

TUPINI propone che il progetto di regolamento sia discusso dopodomani, e ne sia intanto distribuita copia a tutti i membri.

PERTINI sente anch’egli la necessità di un regolamento, col quale soltanto può compiersi un lavoro organico ed ordinato, e crede che lo si debba approvare sollecitamente. Quindi, se non domani, il progetto dovrebbe esser portato dopodomani per la approvazione.

DOSSETTI è d’avviso che una discussione generale che si protraesse a lungo rischierebbe di intralciare i lavori della Commissione, i quali potranno svilupparsi soltanto sulla base di tracce concrete. Non si oppone a che avvenga, durante due o tre giorni, un generico scambio di idee; ma le affermazioni fatte dall’onorevole Zuccarini, che altri membri della Commissione potrebbero non condividere, già dimostrano che una discussione di questo genere può richiedere molto tempo, e ritardare l’inizio della fase concreta dei lavori.

(La proposta di rinviare a dopodomani l’esame dello schema di regolamento è approvata).

PRESIDENTE chiede se sia il caso di prendere ora una decisione definitiva relativamente alle due tesi contrastanti, quella dell’onorevole Zuccarini, che vorrebbe fosse deliberata prima di tutto la struttura dello Stato, e quella dell’onorevole Dossetti, che chiede si dia immediatamente corso al lavoro delle Sottocommissioni. Vi è, intanto, un problema preliminare anche a quello accennato dall’onorevole Zuccarini: se la Costituzione debba essere rigida o no; e questo non può risolverlo una sola Sottocommissione.

DOSSETTI osserva che, qualunque tema si affronti, se non si ha una traccia concreta di lavoro, si farà una discussione a caso. Se, invece, si hanno due relatori che espongano su uno stesso argomento due tesi diverse, la discussione avrà uno sviluppo concreto.

LUSSU ritiene che la discussione generale in assemblea plenaria su ogni singolo tema farebbe prolungare inutilmente i lavori. Questa discussione potrà esser fatta da ciascuna sezione sul tema particolare che le sarà assegnato.

COLITTO aderisce alla proposta di sospendere la discussione generale in questo momento.

Crede che tutti siano d’accordo nel dividere la Commissione plenaria in tre Sottocommissioni, perché non è dubbio che la Costituzione dovrà risultare di tre parti distinte. La prima Sottocommissione, oltre che occuparsi dei principî generali, potrà anche delibare la questione del preambolo. La seconda potrà essere più numerosa delle altre due, e suddividersi in due sezioni, una delle quali potrà occuparsi della struttura dello Stato, e l’altra del problema delle autonomie locali. La terza tratterà le questioni economiche e sociali.

Dopo che le Sottocommissioni avranno cominciato il loro lavoro e si saranno orientate, potrà riunirsi l’assemblea generale; altrimenti si dovrebbe fare una discussione generale non soltanto intorno alla questione della flessibilità o rigidità della Costituzione, ma intorno a qualsiasi argomento, a cominciare dal preambolo, che taluni sostengono si debba inserire, mentre altri sostengono il contrario. Così dovrebbe discutersi pure la questione della presentazione o meno della costituzione al popolo italiano, circa la quale dei partiti hanno assunto un impegno. Sono questioni che si dovranno affrontare; ma in un secondo tempo, dopo che le Sottocommissioni avranno compiuto un lavoro preparatorio.

PICCIONI manifesta la preoccupazione essenziale della necessità di imprimere ai lavori un indirizzo concreto, positivo e costruttivo. Una discussione generale, fatta soltanto a puro titolo di uno scambio di idee, non servirebbe a nulla, perché ognuno rimarrebbe press’a poco delle proprie idee. Per arrivare ad una linea di convergenza, si dovrebbe fare una discussione ordinata, a fondo, seguita da votazione, ciò che in questa prima fase è impossibile.

Chiede quindi che si affronti il problema praticamente facendo lavorare le Sottocommissioni. Per farle lavorare occorre distribuire fra di loro anzitutto la materia e poi i membri della Commissione.

TERRACINI osserva che tutta la discussione consiste nel precisare se bisogna lavorare prevalentemente a Commissione plenaria o prevalentemente per Sottocommissioni. Ma sia con l’uno che con l’altro sistema il lavoro risulterebbe insufficiente, onde la necessità di un contemperamento, sul quale occorre mettersi d’accordo, senza cercare di far prevalere l’una o l’altra delle due tesi estreme.

Sostiene quindi l’opportunità di una discussione pregiudiziale in Commissione plenaria, affinché ciascuna Sottocommissione possa giungere, nella materia affidatale, a conclusioni che non risultino poi inconciliabili con quelle delle altre. Questo non varrebbe nel caso in cui le Sottocommissioni, invece di essere costituite sulla base delle preferenze manifestate dai vari membri, fossero costituite con un criterio di rappresentanza proporzionale così da rispecchiare la costituzione dell’assemblea plenaria. Ma pensa che una simile suddivisione meccanica non sia da accettarsi, onde ritiene che la discussione pregiudiziale in Commissione plenaria debba servire a dare un certo orientamento anche alle Sottocommissioni.

A ciò che ha detto l’onorevole Piccioni, e cioè che praticamente ciascuno conserverebbe le proprie idee, risponde facendo appello al senso di responsabilità che tutti debbono sentire. Ciascuno dovrà pur rinunziare ad una parte delle proprie convinzioni per contemperare le proprie idee con quelle predominanti; e la discussione generale deve precisamente servire a dare l’indicazione del punto verso il quale bisognerà che ciascuno finisca per orientarsi.

Circa l’inutilità – che è stata ricordata – delle discussioni svoltesi presso il Ministero della Costituente e il timore che quella inutile accademia possa ora ripetersi, osserva che allora mancava la certezza su alcuni punti fondamentali. Ad esempio, pur essendo uno dei temi quello della monarchia o della repubblica, la questione non poteva affrontarsi, anche perché ve ne era divieto, e quindi, mancando una base sicura, tutte le discussioni rimanevano nel vago. Oggi, invece, questa base di certezza esiste e una grande quantità di elementi di pura accademia scompaiono. In secondo luogo, non si aveva allora alcun potere di decisione, e inevitabilmente nulla si concludeva. Qui invece si può concludere e a un certo momento si concluderà.

Per queste ragioni, aderendo alla proposta iniziale, ritiene che sia inevitabile una breve discussione generale che serva di orientamento a tutti i membri e a ciascuna Sottocommissione. Questa discussione generale dovrebbe essere chiusa nel termine di quattro o cinque giorni, dopo di che si potrà passare alla formazione delle Sottocommissioni e quindi al lavoro concreto.

NOBILE rileva che vi sono delle questioni di carattere generale che la Commissione dovrebbe decidere già da principio, per dare una guida alle Sottocommissioni.

È d’accordo con l’onorevole Zuccarini, quando dice che è inutile parlare di lavoro delle Sottocommissioni, se prima non sono stati discussi e risolti questi problemi generali. Così la questione del tipo di struttura dello Stato, quella della flessibilità o rigidità della Costituzione, devono essere decise preliminarmente. Concorda pure col collega Dossetti nel senso che occorre disciplinare la discussione. Si dovranno, quindi, tenere alcune sedute per decidere, non soltanto per discutere queste questioni di carattere generale.

FINOCCHIARO APRILE crede siano tutti d’accordo nel ritenere che la Commissione non debba trasformarsi in una accademia e che la discussione generale non deve tralignare. La proposta dell’onorevole Terracini gli sembra possa rappresentare una conciliazione delle due opposte tendenze. Ma crede pure che la proposta Zuccarini abbia un serio fondamento. Sta bene dividere la Commissione in Sottocommissioni, per studiare i vari argomenti indicati dall’onorevole Presidente, ma occorre inizialmente sapere su quale base si svolgeranno i lavori, che cosa esattamente si vuole. Così, è necessario raggiungere una intesa su quella che dovrà essere la struttura dello Stato; stabilire se si vuole mantenere lo Stato unitario, o attenuare il suo accentramento a mezzo delle autonomie, o creare lo Stato federale; se si intende elevare le regioni a enti di diritto pubblico, o farne addirittura degli Stati ai fini di una confederazione. Solo quando si sia precisato tutto questo in una discussione generale, le Sottocommissioni potranno regolarmente funzionare.

VANONI sottolinea l’opportunità della proposta Dossetti circa il modo di regolare i lavori, perché due concezioni diverse si hanno circa i rapporti tra la Commissione plenaria e le Sottocommissioni. Osserva che l’onorevole Terracini teme che, esaurita la discussione generale, si facciano lavorare le Sottocommissioni, senza più riunire se non in via eccezionale la Commissione plenaria. Dichiara che egli ed i suoi colleghi di gruppo hanno un’idea completamente diversa: quella di un lavoro continuamente articolato tra Sottocommissioni e Commissione plenaria; e ritengono che non si possa fare una discussione di carattere generale e impegnativa, se non si sono esaminati gli aspetti tecnici di molte questioni fondamentali.

Concorda con l’onorevole Zuccarini secondo cui uno dei punti centrali sui quali occorre decidere è quello delle autonomie. La struttura dello Stato che, insieme coi suoi colleghi, intende proporre dipende prevalentemente dalla definizione dei rapporti tra Stato ed enti locali; ma, poiché il concetto dell’autonomia, genericamente inteso, è estremamente vago, e non può essere utilmente preso a base di una discussione generale, fino a che in una Commissione o Sezione tecnica non si siano esaminati a fondo tutti gli aspetti del problema delle autonomie, e non si siano precisate le diverse forme di organizzazione concreta dell’autonomia, ritiene che discutere aprioristicamente delle autonomie sia vano.

A conclusione propone di identificare, attraverso la ripartizione dei temi di lavoro delle varie Sottocommissioni, una serie di temi fondamentali sull’organizzazione dello Stato, e di attribuire questi temi a singoli membri di questa Commissione, affinché, approfondendone lo studio, si preparino a riferire alle singole Sottocommissioni. Così non si farà una discussione imprecisa, ma si fisseranno elementi concreti sui quali orientarsi e portare critiche e proposte.

Quando nelle Sottocommissioni si saranno concretati gli aspetti più importanti degli elementi essenziali dello Stato, utilmente si riunirà la Commissione plenaria, per discutere su questi elementi.

FABBRI ritiene assolutamente indispensabile una discussione sui criteri generali che hanno influenza su tutta la struttura del testo della Costituzione. Non crede che il tema della flessibilità o rigidità possa rimettersi ad una Sottocommissione: è un tema di ordine generale che deve essere esaminato preliminarmente.

Si associa quindi in gran parte alle considerazioni fatte dall’onorevole Terracini.

FANFANI osserva che una ripartizione della materia fra le singole Sottocommissioni potrebbe costituire oggetto della discussione preliminare. In questa occasione si potrebbero identificare i titoli, per così dire, generali delle varie parti della costituzione. Immediatamente dopo, la ripartizione in Sottocommissioni per competenza consentirà di identificare le varie questioni controverse da sottoporre alla discussione generale dell’assemblea plenaria, sicché si possano su questi vari interrogativi determinare i punti comuni di orientamento per il lavoro futuro di approfondimento.

PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione su questo problema è constata che si sono manifestate due correnti: una che insisterebbe piuttosto sulla discussione generale, ed anzi sulla fissazione di alcuni principî, ai quali dovrebbero uniformarsi le Sottocommissioni, e l’altra che ritiene che questo non sia possibile fare se non quando le Sottocommissioni o i relatori abbiano concretato una o più soluzioni da esaminare.

Occorre ora vedere se è possibile trovare un accordo circa il metodo di lavoro. Sarebbe opportuno chiarire alcuni punti essenziali che dovrebbero essere tenuti presenti dalle varie Sottocommissioni.

Ritiene esatto che una discussione generale, iniziata senz’altro, rischierebbe di trasformarsi in una vana accademia. L’onorevole Fanfani suggerisce d’altra parte di iniziare la discussione sulle ripartizioni delle materie fra le varie Sottocommissioni, e di esaminare anche a mano a mano i temi principali, le linee generali.

TARGETTI domanda se i colleghi che sostengono la proposta di questa discussione generale intendono che la discussione stessa sia conclusa con una votazione.

PRESIDENTE ricorda che è stato proposto di procedere alla discussione generale con votazione deliberativa, in modo da stabilire alcuni concetti ai quali le Sottocommissioni dovrebbero attenersi; mentre vi è una seconda proposta, di addivenire alla discussione dei temi nelle Sottocommissioni, salvo a vedere poi come si possa delineare la discussione in Assemblea plenaria. Vi è poi una proposta conciliativa: e cioè che in occasione della discussione sulla distribuzione dei temi alle Sottocommissioni si potessero anche sfiorare le linee generali delle soluzioni, in modo da stabilire quali sono le correnti manifestatesi.

PERASSI avanza un’altra proposta conciliativa, che parte da un presupposto sul quale sembra tutti siano d’accordo. Vi sono certi problemi che hanno una importanza decisiva su tutto il modo di essere della Costituzione. Si è già accennato, ad esempio, alla questione della rigidità o flessibilità; vi è poi l’accenno fatto dall’onorevole Zuccarini in merito alla struttura dello Stato. È evidente che tanto l’una quanto l’altra sono questioni la cui soluzione influisce su tutto il sistema della Costituzione. Ora una discussione generale affrettata, tanto sull’uno quanto sull’altro di questi problemi pregiudiziali, potrebbe forse non essere vantaggiosa. Propone quindi questa soluzione: che per questi due problemi specifici, che sono particolarmente pregiudiziali, la Commissione nomini due Sottocommissioni particolari, le quali riferiscano entro un brevissimo termine alla Commissione, la quale dovrebbe pronunciarsi sopra questi due punti, per rendere possibile un lavoro concreto da parte delle Sottocommissioni.

PRESIDENTE constata che si hanno così quattro proposte e mette ai voti la prima, secondo cui dovrebbe anzitutto farsi una discussione generale, deliberando su alcuni punti essenziali ai quali si dovranno poi uniformare le Sottocommissioni.

(Non è approvata).

Mette ai voti la seconda proposta di costituire le Sottocommissioni e attendere che dal loro lavoro venga una proposta concreta per decidere sopra le questioni fondamentali.

LUSSU, per dichiarazione di voto, dichiara che voterà per questa proposta, ma intendendo che le Sottocommissioni si limitino a preparare un primo lavoro di orientamento.

(È approvata).

La seduta termina alle 10.55.

Erano presenti: Ambrosini, Amendola, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Canevari, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Einaudi, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Lucifero, Lussu, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Lina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Penna Ottavia, Perassi, Pertini, Pesenti, Piccioni, Ponti, Ruini, Targetti, Tavani, Terracini, Togni, Tosato, Tupini, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Calamandrei, Caristia, Castiglia, De Vita, Leone, Lombardi, Maffi, Paratore, Porzio, Rapelli, Rossi, Simonini, Ravagnan, Togliatti.