Come nasce la Costituzione

VENERDÌ 25 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

6.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 25 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

 

INDICE

Sui lavori delle Sottocommissioni

Presidente – Bozzi – Zuccarini – Targetti – Ambrosini – Cappi – Colitto – Togliatti – Grassi – Leone Giovanni – Giua – Ghidini – Conti – Piccioni.

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di costituzione

Perassi – Bozzi – Dossetti – Mortati – Mastrojanni – Calamandrei – De Vita – Colitto – Molè – Togliatti – Cevolotto – Fanfani – Dominedò – Piccioni – Basso – Giua – Presidente – Tupini.

La seduta comincia alle 9.20.

Sui lavori delle Sottocommissioni.

PRESIDENTE ricorda che nell’ultima adunanza plenaria si constatò che la Commissione non avrebbe potuto ultimare i suoi lavori in modo da presentare il progetto completo della Costituzione entro la data del 20 ottobre fissata dall’Assemblea. I Presidenti delle tre Sottocommissioni vennero invitati ad esporre a che punto ciascuna di queste era giunta nell’assolvimento del proprio compito ed entro quanto tempo avrebbe potuto completare il proprio lavoro. Il Presidente della prima Sottocommissione, onorevole Tupini, disse che contava di presentare tutti gli articoli approvati entro il mese di ottobre; quello della seconda, onorevole Terracini, dichiarò che per il 20 ottobre contava di poter presentare almeno la parte del progetto relativa alle autonomie locali, la cui elaborazione era affidata ad uno speciale Comitato, ma che, data la ingente mole del lavoro assegnato alla seconda Sottocommissione, non poteva prevedere a quale data quest’ultima avrebbe potuto ultimare tutto il lavoro; il Presidente della terza Sottocommissione, onorevole Ghidini, assicurò che questa contava di ultimare il lavoro entro dieci giorni.

In base a tali dichiarazioni e previsioni, calcolando in più il tempo necessario per l’esame in adunanza plenaria, la Commissione ritenne che pel 15 novembre avrebbe potuto essere pronta per essere presentata alla Costituente la parte della Costituzione che riguarda i diritti ed i doveri dei cittadini (ed è in certo modo, se non per volume, per contenuto, la metà della Costituzione); e sarebbero state altresì pronte, dell’altra metà (struttura e funzionamento dello Stato) le norme relative all’autonomia regionale. La Commissione unanime deliberò di fare in questo senso comunicazione al Presidente dell’Assemblea Costituente.

Così fu fatto.

In realtà soltanto la terza Sottocommissione ha potuto confermare le sue previsioni. Il suo lavoro è ormai ultimato. È ancora in corso, e non potrà finire entro il mese d’ottobre, come le altre Sottocommissioni avevano sperato, il lavoro della prima per gli altri articoli dei diritti e doveri dei cittadini e della seconda per la autonomia regionale. Viene dunque meno la possibilità di aver pronte queste materie per presentarle alla Costituente entro il 15 novembre.

Così stando le cose, bisogna riesaminare quali potranno essere i termini di adempimento del compito, e precisare il metodo dei lavori.

L’Ufficio di Presidenza, messo di fronte alla realtà, ha, in una sua recente-riunione, considerato il modo più rapido di svolgimento. Tenendo conto che il regolamento interno della Commissione deferisce all’Ufficio stesso di coordinare di mane in mano i lavori delle Sottocommissioni, e che in una delle prime sedute plenarie fu previsto che a tale effetto le sedute della Sottocommissione e della Commissione plenaria si sarebbero avvicendate, l’Ufficio di Presidenza ha proposto di portare alla Commissione plenaria gli articoli già definiti dalla prima Sottocommissione che riguardano i «rapporti civili» e che possono stare a sé. Invece per i rapporti «economico-sociali» si è avuta un’interferenza fra i lavori della prima e della terza Sottocommissione, che hanno elaborato, ciascuna per suo conto, articoli su identici argomenti; e ciò richiede un coordinamento di particolare natura, e quindi ancora qualche tempo.

La prima Sottocommissione non ha aderito all’idea dell’Ufficio di Presidenza, ritenendo che gli articoli da essa formulati non possano sottoporsi alla Commissione plenaria, se non dopo che la Sottocommissione abbia esaurito tutto il suo lavoro.

Sorgono dunque questioni di metodo, sulle quali l’attuale adunanza deve pronunciarsi. Invita i membri della Commissione ad esprimere la loro opinione.

BOZZI, considerando che la prima Sottocommissione è dell’avviso di non portare all’esame della Commissione plenaria soltanto una parte del suo lavoro, perché i vari argomenti sono fra di loro connessi, ritiene che la Commissione plenaria possa anzitutto intraprendere l’esame dello schema relativo alle autonomie regionali, argomento che investe tutta la struttura dello Stato ed è quindi pregiudiziale rispetto a tutti gli altri problemi. Crede che ciò potrà avvenire al massimo fra una ventina di giorni.

ZUCCARINI crede che non ci si debba fare illusioni sulla rapida conclusione del lavoro delle Sottocommissioni e della Commissione plenaria; allo stato attuale egli è d’avviso che occorreranno ancora almeno due mesi prima che esso sia terminato, per cui propone che si richieda una ulteriore proroga alla Presidenza dell’Assemblea.

Osserva quindi che, contrariamente a quanto avviene per la prima e la terza Sottocommissione, i lavori della seconda che investono tutta la struttura dello Stato, sono abbastanza indietro e non già perché la Sottocommissione non abbia lavorato, ma per il numero e l’ampiezza delle questioni che essa deve risolvere. Contrariamente all’opinione dell’onorevole Bozzi, non crede che il progetto per le autonomie regionali possa essere pronto tanto presto, e anche quando il Comitato di redazione avrà completato il suo progetto, questo dovrà passare all’esame della Sottocommissione, che potrà anche rivederlo. Chiuso il lavoro delle tre Sottocommissioni, incomincerà quello della Commissione che, in sedute plenarie, dovrà discutere, rivedere, coordinare le decisioni adottate in un progetto di Carta costituzionale da presentare all’Assemblea.

Per quanto riguarda poi il metodo di lavoro della Commissione, non è del parere di isolare e spezzettare l’esame dei singoli argomenti e ritiene invece che l’esame debba essere iniziato solo allorché la Commissione avrà redatto il progetto definitivo.

TARGETTI osserva che la maggiore preoccupazione deve essere quella di predisporre un buon testo costituzionale. Ciò deve essere fatto indubbiamente nel minor tempo possibile, ma senza sacrificare le esigenze di un attento esame dei singoli problemi alle angustie di un limite di tempo prefissato.

Non è del parere che la Commissione debba attendere che tutte le singole parti del progetto siano pronte per iniziarne l’esame: vi sono realmente delle parti quasi indipendenti, che possono essere esaminate a sé. Per esempio, quando siano terminati i lavori della prima e della terza Sottocommissione, si può benissimo affrontare l’esame della prima parte del progetto di Costituzione.

Non crede neppure che sia necessario portare all’Assemblea Costituente il progetto solo quando sia completo, e ricorda in proposito che in Francia la Costituente ha esaminato ed approvato vari articoli della Costituzione, mentre le Sottocommissioni seguitavano a lavorare ciascuna nel proprio campo. Non pensa tuttavia che si possa portare dinanzi all’Assemblea Costituente la parte isolata, concernente le autonomie locali, perché fra queste e l’organizzazione dello Stato esistono vincoli molto stretti: per esempio il problema della formazione della seconda Camera è strettamente connesso a quello della creazione dell’ente regione. Ma la parte risultante dai lavori della prima e della terza Sottocommissione, dopo l’approvazione della Commissione plenaria, può, a suo avviso, essere discussa dall’Assemblea Costituente.

AMBROSINI riconosce che si può discutere una parte del progetto di Costituzione, ma richiama l’attenzione sopra una esigenza logica.

L’Italia deve presentarsi al mondo con un volto nuovo e quindi la prima discussione che dovrà farsi sarà quella relativa alla nuova impostazione della società italiana e dello Stato; quindi quella riguardante i diritti ed i doveri dei cittadini. Il problema, invece, delle autonomie regionali e locali è, per le stesse esigenze logiche, il secondo che deve essere affrontato. Il Comitato che deve studiare e redigere gli articoli sulle autonomie ha lavorato intensamente, tenendo spesso anche due sedute nello stesso giorno. I suoi componenti sono compresi della gravità estrema del compito ed hanno la sensazione che trattano il punto più delicato e complesso della nuova organizzazione dello Stato; affretteranno la conclusione del loro lavoro per sottoporre alla Commissione il progetto articolato con la relazione illustrativa delle singole disposizioni. Pur impegnandosi a presentare al più presto tale progetto, riaffermano però l’opportunità che venga discusso dopo quello relativo alla Dichiarazione dei diritti.

CAPPI concorda con l’onorevole Zuccarini nel ritenere che sia necessario presentare alla Costituente il testo completo del progetto di Costituzione, per l’evidente interdipendenza che vi è fra le varie sue parti, e quindi per il pericolo che si possano prendere decisioni contraddittorie. Ma da questa premessa non deriva che anche per la Commissione plenaria occorra procedere egualmente. Questa non delibera in via definitiva, e può occuparsi partitamente ed in successione di tempo delle singole parti del progetto.

Propone, quindi, che all’Assemblea Costituente sia presentato il progetto di Costituzione solo quando sia stato integralmente approvato dalla Commissione, ma che la Commissione si occupi delle singole sue parti man mano che esse saranno state apprestate dalle Sottocommissioni.

COLITTO, interpretando il pensiero dei componenti la terza Sottocommissione, prega i colleghi della prima di ritornare sulla loro decisione e consentire il coordinamento degli articoli, che hanno già formato oggetto di discussione e sono stati formulati.

Non comprende perché la prima Sottocommissione intenda prima compiere integralmente il suo lavoro, quando la terza Sottocommissione ha formulato degli articoli che benissimo possono essere coordinati con quelli che sono stati redatti dai componenti della prima Sottocommissione. Le due Sottocommissioni si sono occupate del lavoro, della proprietà, dell’impresa, e non v’è ragione per cui la Commissione plenaria non possa coordinare i risultati cui le due Sottocommissioni sono pervenute.

TOGLIATTI desidera precisare il punto di vista che egli ha espresso in seno alla prima Sottocommissione, e che è stato suffragato dall’opinione degli altri commissari.

Il lavoro della Commissione plenaria è diverso da quello delle Sottocommissioni e da quello dell’Assemblea Costituente. La Commissione e le sue Sottocommissioni formano un tutto, il quale ha un compito di studio e di preparazione, ed è difficile arrivare ad una conclusione definitiva, se non si conosce il modo come viene condotto tutto il lavoro. Ogni Sottocommissione segue la sua strada ed arriva a determinate conclusioni provvisorie. Vi sono delle interferenze fra le tre Sottocommissioni, e molte ve ne sono particolarmente fra la prima e la terza, per cui si dovrà procedere ad una discussione in sede mista; ma non sarà possibile giungere a una redazione definitiva se non si avrà davanti agli occhi il lavoro preparatorio di tutte le Sottocommissioni, cioè se non si potrà tener conto di tutto quello che è stato fatto.

Non può esistere una parte della Costituzione che possa essere disgiunta dal rimanente e redatta definitivamente a sé. Così, ad esempio, se si discutesse il tema della regione avulso dal resto, taluno avrebbe le sue riserve mentali, perché penserebbe che accetta quella determinata forma di regionalismo, se la Costituzione gli garantisce in un altro capitolo qualche altra cosa. Quindi il lavoro della Commissione deve essere unitario e inscindibile, compiuto su tutto l’insieme dei risultati delle tre Sottocommissioni. Pensa, tuttavia, che quando la Commissione plenaria abbia concluso su un punto in modo definitivo, questo punto possa essere portato all’Assemblea Costituente, e intende dire che si tratti non di una piccola parte, ma di un capitolo intero, come, ad esempio, quello relativo alla dichiarazione dei diritti.

Crede pure che sia giunto il momento in cui si può, con un certo frutto, incominciare un lavoro preparatorio di coordinamento redazionale. Così, fra i testi preparati dalla prima e dalla terza Sottocommissione vi sono punti di contatto, ma anche differenze di formulazione, che dànno appunto la possibilità di un lavoro preparatorio di coordinamento. Questo lavoro però non deve essere compiuto dalle due Sottocommissioni riunite, per evitare il rinnovarsi di tutta la discussione. Occorre affidarlo alle Presidenze, le quali potrebbero esse portare il risultato del proprio lavoro, ognuna alla propria Sottocommissione.

Quanto alle preoccupazioni espresse dal Presidente circa il ritardo dei lavori per la Costituzione, riconosce che la situazione è spiacevole, ma forse fu fatto eccessivo affidamento sulle possibilità di lavoro quando si fissò un termine così breve, dato specialmente il periodo estivo che non poteva non rallentare il lavoro. È comunque da ritenere che durante il mese di ottobre la prima e la terza Sottocommissione avranno esaurito il loro compito e forse anche la seconda.

All’inizio del mese di novembre potrebbe dunque cominciare il lavoro di coordinamento che egli ha suggerito, in modo che nella seconda metà di novembre si potrebbe passare alla discussione nella Commissione plenaria e incominciare a tracciare il quadro completo della Costituzione.

GRASSI rileva che l’onorevole Togliatti ha esposto il pensiero della prima Sottocommissione, la quale ha ritenuto che non fosse possibile discutere in sede di Commissione sui diritti civili, senza prima aver definito in sede di Sottocommissione tutto il complesso della dichiarazione dei diritti. Si può tuttavia ritenere che la parte della dichiarazione dei diritti possa considerarsi a sé ed in certo modo indipendente da quella che riguarda la struttura dello Stato, e possa quindi esser discussa dalla Commissione plenaria. Si darebbe così l’impressione di affrettare i lavori per il licenziamento delle parti da sottoporre all’Assemblea Costituente.

Come segretario della prima Sottocommissione, osserva che, se si vuole aspettare il completamento del lavoro di questa, indubbiamente occorrerà ancora un certo tempo, perché, esaurito il tema dei diritti civili, rimangono ancora da esaminare quelli riguardanti la scuola, la famiglia, ecc., la cui discussione richiederà inevitabilmente tutto il mese di novembre.

Quindi, pur riconoscendo che il lavoro di coordinamento si può iniziare sin da ora da parte dei Presidenti e dei Relatori delle due Sottocommissioni, e proponendo, quale lieve modifica alla proposta dell’onorevole Togliatti, che si portino all’esame della Commissione plenaria, indipendentemente dalla parte riguardante la struttura dello Stato, gli articoli concernenti il lavoro formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione, attira l’attenzione sul tempo che è evidentemente ancor necessario per compiere l’intero lavoro.

LEONE GIOVANNI osserva come a favore della tesi di portare l’intero testo della Costituzione all’Assemblea Costituente valga anche la considerazione che, prima di iniziare la discussione, occorre lasciare all’opinione pubblica del paese, la possibilità di formarsi. I deputati devono infatti preoccuparsi di rappresentare nel modo più genuino le opinioni prevalenti nel Paese, e d’altra parte è necessario rendersi conto dell’orientamento che anche presso gli studiosi provocherà il progetto di Costituzione.

Allo scopo di questa necessaria preparazione dell’opinione pubblica, non è possibile presentare alla Costituente il progetto di Costituzione a parti distaccate.

Quanto al lavoro di coordinamento tra le proposte della prima e quelle della terza Sottocommissione, è d’avviso che debba esser fatto dalle due Sottocommissioni riunite insieme, perché le rispettive Presidenze possono soltanto fino ad un certo limite sostituirsi a quelle.

Avendo dato una scorsa al testo preparato dalle due Sottocommissioni, crede che qualche punto sia ancora da discutere, e che questa discussione possa essere fatta utilmente solo dalle due Sottocommissioni riunite, in attesa di portare il lavoro complessivo all’esame della Commissione plenaria.

GIUA rileva che la Commissione si trova dinanzi ad un problema che bisogna cercar di risolvere nel miglior modo. Si tratta di vedere se, procrastinando i lavori di coordinamento, si riuscirà ad approvare il testo della Costituzione entro i dodici mesi assegnati come massimo all’Assemblea Costituente. Teme che, se si rimandasse il lavoro di coordinamento degli articoli già formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione (mentre la fine dei lavori della seconda per ora non è prevedibile), si dovrebbe chiedere una proroga per la Costituente, ciò che farebbe pessima impressione al Paese, il quale – e parla per aver sentito il pensiero delle classi lavoratrici del Nord – attende che si giunga rapidamente alla fine di questi lavori. Non è pensabile che in dodici mesi una Costituente non possa formulare una Carta costituzionale.

È quindi del parere di presentare alla Costituente il testo completo; ma affinché questo sia possibile, è necessario procedere prima al coordinamento del lavoro già compiuto dalla prima e dalla terza Sottocommissione, che può essere staccato da quello della seconda. L’Assemblea Costituente potrà discutere di questa parte, e il Paese non avrà motivo di preoccuparsi per il fatto di non avere un progetto di Carta costituzionale già completo. Se mai, sarà questo un problema riguardante la Commissione. Si tratta, dunque, di stabilire se, distaccati dal lavoro della seconda Sottocommissione, gli argomenti esaminati dalla prima e dalla terza possano essere utilmente discussi. Propone in conseguenza che le Presidenze della prima e della terza Sottocommissione provvedano nel tempo più breve possibile al coordinamento degli articoli da queste formulati.

Ciò di cui oggi occorre preoccuparsi esclusivamente è di giungere al termine del lavoro nei dodici mesi, perché sarebbe grave per il Paese la domanda di prolungamento dei lavori della Costituente. Può darsi che chi ha stabilito il termine massimo di dodici mesi abbia errato; ma si deve cercar di correggere questo errore, e con un certo impegno i lavori in corso possono essere abbreviati. Nella terza Sottocommissione si è discusso per settimane su determinati argomenti, perché quando bisognava pur giungere ad una decisione, nessuno voleva decidersi. Ora, questo è un problema di volontà. I deputati sono uomini di partito che, dinanzi a determinati problemi, hanno degli impegni in relazione con le loro ideologie, ma in relazione anche col programma che è imposto dalle masse aderenti ai loro partiti. Ad un determinato momento occorre decidersi. E forse anche il ritardo nei lavori della seconda Sottocommissione dipende dal fatto che su determinati problemi, quando si tratta di decidere, nessuno vuol giungere all’atto conclusivo.

GHIDINI precisa che l’Ufficio di Presidenza ha già deciso che la prima e la terza Sottocommissione debbano mettersi a contatto allo scopo di coordinare i relativi lavori per quanto attiene ai così detti temi misti. Si possono quindi senz’altro fissare delle adunanze, alle quali interverranno il Consiglio di presidenza ed i relatori.

PRESIDENTE rileva come l’onorevole Ambrosini abbia accennato alle preoccupazioni con cui il Comitato di redazione della parte che riguarda le autonomie locali ha proceduto nel suo lavoro, appunto per il desiderio concreto di trovare una soluzione, di far presto e, se possibile, bene. Questa preoccupazione è condivisa da tutti, perché tutti sono compresi della necessità di fare una Costituzione seria. Per questo, naturalmente, occorre del tempo. Ma bisogna pure tener presente anche un’altra esigenza. Il Paese vuole uscire dal provvisorio. Questa necessità è assoluta e, nella sua qualità di Presidente, ma anche nella sua qualità di deputato, di cittadino, deve farla presente. Non è possibile chiedere una proroga, oltre il limite-massimo di un anno stabilito dalla legge che ha dato vita alla Costituente. E la Costituente deve avere un tempo sufficiente, per potere esaminare ed approvare il progetto della Costituzione oltre la legge elettorale.

Senza dubbio, per una esigenza logica, l’ideale sarebbe quello di poter presentare alla Costituente il progetto nel suo complesso; ma, a prescindere dal fatto che ciò non è avvenuto in molte Assemblee Costituenti di altri paesi, si tratta di vedere se, per questo ideale, si può venir meno all’altra esigenza, di fare la Costituzione nel tempo stabilito. Bisogna scegliere il minore dei due mali e cercare una soluzione che permetta di non lasciar trascorrere il termine che alla Costituente è stato fissato.

Sono state presentate due proposte concrete: la prima è che la Commissione plenaria debba esaminare il progetto di Costituzione nella sua pienezza, ma possa, quando abbia deliberato su una parte di essa, sottoporre questa parte all’Assemblea Costituente; la seconda è che la Commissione possa esaminare anche parti separate del progetto, a mano a mano che sono completate, salvo a presentare alla Costituente il progetto tutto intero.

Circa le parti che potrebbero essere esaminate separatamente, una proposta indica le autonomie locali, l’altra i diritti e i doveri dei cittadini. Si propone cioè, da un lato, di accelerare i lavori per le autonomie regionali, in modo che la Costituente possa, se crede, occuparsi di questo tema mentre si attende il completamento delle altre parti del progetto. Da un altro lato si propone di accelerare il lavoro di coordinamento degli articoli formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione, in modo che esso possa essere ultimato al più presto. Non si riuscirà a completarlo nei termini precedentemente previsti, ma si dovrebbe far di tutto affinché entro le prime settimane di novembre la Commissione plenaria potesse lavorare. Il coordinamento spetterà all’Ufficio di presidenza, e potrà esser fatto insieme coi Relatori e, se si vuole, anche insieme ad altri membri delle Sottocommissioni; dopo di che gli articoli passeranno alla Commissione plenaria.

Questi sono i punti su cui la Commissione si deve pronunciare.

TARGETTI precisa la sua proposta in questo senso: dopo eseguito il coordinamento dei lavori della prima e della terza Sottocommissione, il risultato dovrebbe essere portato alla discussione della Commissione plenaria, lasciando impregiudicata la questione della presentazione all’Assemblea Costituente di tutto il testo della Costituzione o di parti di esso.

CONTI presenta il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione delibera:

1°) che all’Assemblea Costituente si deve presentare il progetto integrale della Costituzione;

2°) che si autorizza il coordinamento dei risultati della prima e della terza Sottocommissione;

3°) che la Commissione plenaria sia convocata per tale discussione per il giorno 10 novembre».

Crede che queste proposte possano raccogliere i consensi di alcuni commissari, e attira l’attenzione sul fatto, ricordato dall’onorevole Togliatti, che la Commissione è soprattutto una Commissione di studio.

È assolutamente necessario che il progetto di Costituzione sia presentato all’Assemblea nella sua integralità, perché esso può interessare moltissimo i componenti delle Commissioni ed una ristretta cerchia di studiosi, ma deve interessare soprattutto il Paese. Occorre avere la collaborazione del Paese; e quando l’Assemblea Costituente si riunirà per deliberare, il Paese dovrà essere al corrente di quello che si sarà fatto, affinché si possano risparmiare complicazioni e il progetto di Costituzione possa ottenere quella votazione altissima, che è nell’augurio di tutti.

Ma occorre intanto cominciare a raccogliere i risultati dei lavori finora compiuti.

La prima e la terza Sottocommissione hanno lavorato ed esistono già 17 articoli approvati dalla prima. Se l’Ufficio di Presidenza procede al coordinamento di questi 17 articoli con i risultati degli studi della terza Sottocommissione, si può iniziare, in seduta plenaria, la discussione di questi articoli e compiere il primo passo sulla via delle conclusioni.

Giustificato così il suo ordine del giorno, chiede su questo la votazione, eventualmente, per divisione.

GIUA osserva che la proposta Conti è limitativa della proposta Targetti di discutere il lavoro compiuto dalla prima e dalla terza Sottocommissione: infatti i 17 articoli formulati dalla prima non hanno niente a che vedere coi lavori della terza Sottocommissione.

GHIDINI non ha alcuna difficoltà – e ritiene non l’abbiano neppure i componenti della terza Sottocommissione – a che sia presentato alla Commissione plenaria il lavoro comune della prima e della terza Sottocommissione. Deve tuttavia osservare che è impossibile che il lavoro di revisione e di coordinamento sia compiuto entro il 10 novembre. Non sarà soltanto un lavoro di revisione formale di questi articoli e degli articoli della prima Sottocommissione, che riguardano le stesse materie; ma anche qualche cosa di sostanziale, perché esistono divergenze fondamentali fra le formulazioni della prima e quelle della terza Sottocommissione, relative ai medesimi problemi. Pensa – ed in questo interpreta il pensiero di taluni membri della terza Sottocommissione – che l’Ufficio di Presidenza, per disposizione regolamentare, abbia il dovere di occuparsi di questa definizione delle posizioni della prima e della terza Sottocommissione, convocando anche i Relatori. Ma, poiché appunto si tratta di un lavoro di sostanza e non di forma, non vorrebbe che si alterasse ciò che è consacrato nelle articolazioni della prima e della terza Sottocommissione. Quindi, il Consiglio di Presidenza deve convocarsi per una prima revisione, che avrà carattere puramente formale, ma poi sarà utile – o potrà essere necessario, o sarà richiesto dai membri delle due Sottocommissioni – che queste si adunino insieme, per evitare mutamenti sostanziali, che potrebbero alterare le deliberazioni dell’una e dell’altra.

PRESIDENTE osserva che la proposta dell’onorevole Ghidini riguarda una modalità, che modifica la proposta dell’onorevole Togliatti e che potrà essere discussa dopo.

PICCIONI riconosce la necessità di un coordinamento dei lavori della prima con quelli della terza Sottocommissione, ma crede che l’Ufficio di Presidenza non basti a farlo, per le ragioni soprattutto che sono state messe in rilievo dall’onorevole Ghidini, e cioè perché si tratta di un coordinamento non solo formale, ma anche di sostanza, che può incidere sulle deliberazioni prese dalle due Sottocommissioni. D’altra parte, se questo coordinamento fosse demandato alle due Sottocommissioni riunite, si appesantirebbe il lavoro, perché probabilmente si ripeterebbero le discussioni fatte nell’una e nell’altra Sottocommissione. Crede perciò che sarebbe più pratico che ciascuna Sottocommissione nominasse nel proprio seno un ristretto Comitato, come si è fatto per il problema delle autonomie. I due Comitati procederebbero, insieme con l’Ufficio di Presidenza, al lavoro di coordinamento.

Ritiene poi intempestivo il decidere oggi se il lavoro finale di coordinamento dovrà essere riportato davanti alle due Sottocommissioni riunite. Si vedrà il risultato del lavoro di coordinamento: se vi saranno divergenze, per le quali non si sia trovata una soluzione concorde, si dovranno riconvocare, almeno per riesaminare i punti più controversi, le due Sottocommissioni.

Per quanto si riferisce ai lavori della Commissione plenaria, ritiene – in contrasto con quello che ha detto l’onorevole Togliatti – che in seno alla Commissione plenaria si possa effettivamente cominciare ad affrontare l’esame delle parti già concordate, perché è esatto che la Commissione plenaria deve preparare un progetto definitivo, ma la giusta preoccupazione di avere davanti a sé il quadro completo di tutta la Costituzione, nell’ambito della Commissione, i cui componenti hanno conoscenza dei problemi dibattuti nelle tre Sottocommissioni, si può superare più facilmente che non nell’Assemblea Costituente, dove circa 500 deputati conoscono solo assai incompletamente i lavori delle Sottocommissioni.

Non ha, quindi, alcuna difficoltà a che la Commissione plenaria affronti la discussione sulle singole parti della Costituzione, anche prima che le tre Sottocommissioni abbiano esaurito i loro lavori. Dinanzi alla Costituente, invece, occorre presentare un progetto integrale e definitivo, per le ragioni che sono state addotte ed anche perché l’Assemblea non conosce completamente i dibattiti e le discussioni svoltesi nelle singole Sottocommissioni.

PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione e, poiché è evidente che il problema più urgente è quello del coordinamento dei lavori compiuti dalla prima e dalla terza Sottocommissione, mette ai voti la proposta dell’onorevole Piccioni che ciascuna delle due Sottocommissioni nomini un apposito Comitato e che i due Comitati si riuniscano insieme e, con l’Ufficio di Presidenza, provvedano al coordinamento.

(È approvata).

Comunica che pregherà le due Sottocommissioni di designare oggi stesso i rispettivi rappresentanti, in modo che si possa procedere al coordinamento.

Circa la questione di come il risultato di questo lavoro debba essere portato alla Commissione plenaria, vi sono due proposte: una nel senso che, mano a mano che si raggiunge la completezza per una determinata parte, questa, sia portata alla Commissione; l’altra nel senso che la Commissione non inizi il suo esame prima che le sia rimesso il progetto integrale.

TOGLIATTI desidera chiarire che egli ha espresso una opinione differente da quella degli onorevoli Piccioni e Targetti; l’opinione, cioè, che prima di iniziare una discussione su una parte sostanziale, la Commissione plenaria debba avere sotto gli occhi tutte le parti del progetto, almeno nelle grandi linee. Non è contrario a che, per abbreviare, si prenda in esame una parte; ma vorrebbe che in pari tempo le altre Sottocommissioni dessero almeno una idea generale dei risultati dei loro lavori e degli eventuali punti di dissenso.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta che quando una parte del lavoro delle Sottocommissioni sia completa, possa essere portata all’esame della Commissione plenaria.

(È approvata).

Dichiara che terrà conto della considerazione Togliatti, che sia opportuno che le altre Sottocommissioni comunichino a mano a mano alla Commissione plenaria le linee generali del loro lavoro.

Per quanto riguarda l’Assemblea Costituente è evidente che deve essere essa stessa giudice del modo con cui i suoi lavori potranno svolgersi, e lo deciderà quando, alla sua prima seduta, il Presidente della Costituente leggerà le comunicazioni della Commissione sullo stato dei lavori. Propone perciò che la questione sia esaminata dopo il 15 venturo, quando sarà possibile precisare quale sarà la comunicazione da fare all’Assemblea Costituente.

(Così rimane stabilito).

(La seduta, sospesa alle 11.05, è ripresa alle 11.25).

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione.

PERASSI osserva che la presente riunione è stata indetta dall’Ufficio di Presidenza della Commissione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento della Commissione stessa, il quale prevede che l’Ufficio di Presidenza può indire in ogni momento riunioni plenarie allo scopo di fissare delle direttive di massima da seguire della redazione del testo del progetto. Nelle tre Sottocommissioni i lavori si sono svolti senza un progetto preparato da altri, per costruire pietra su pietra il nuovo edificio costituzionale. Manca ancora, per forza di cose, il cemento che deve unire in un tutto armonico le varie norme elaborate, e manca il coordinamento che implica un passaggio dalla analisi alla sintesi.

Ritiene che l’attenzione della Commissione debba soprattutto essere rivolta a due punti.

Il primo riflette l’opportunità di adottare l’uno oppur l’altro dei due tipi più correnti di Costituzioni: di decidere, cioè, se convenga includere nella nuova Carta costituzionale anche principî astratti, programmatici, oppure soltanto norme di concreta portata giuridica. L’Ufficio di Presidenza ha, per parte sua, ritenuto di accedere a quest’ultima tesi, salvo a decidere poi se, come premessa agli articoli, debba porsi un preambolo nel quale riportare alcune affermazioni di principio e programmatiche.

Il secondo punto è quello se la Costituzione dovrà essere elastica, vale a dire modificabile dal normale legislatore, oppure rigida, ossia contenente limiti alla attività del normale legislatore, non superabili se non attraverso una particolare procedura di riforma costituzionale. Se, come pare, il preminente orientamento è a favore della seconda ipotesi, occorrerà che la Costituzione non sia eccessivamente prolissa, non scenda nei dettagli, ma sia informata ad uno stile di sobrietà e di concisione. In altri termini, gli articoli della Costituzione dovranno essere abbastanza precisi per avere un concreto valore giuridico, come limiti alla legislazione ordinaria, e nello stesso tempo sufficientemente larghi per non ostacolarne la normale evoluzione.

Pensa che su questi due punti la Commissione dovrebbe pronunciarsi.

BOZZI informa che gli onorevoli Lombardi, Cevolotto, Fanfani, Perassi, Calamandrei, Dominedò e lui stesso hanno elaborato, trovandosi d’accordo sulla sostanza e, salvo qualche rilievo sulla forma, un ordine del giorno contenente i seguenti tre punti:

1°) la Costituzione dovrà essere il più possibile semplice, chiara e tale che tutto il popolo la possa comprendere;

2°) il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete, di carattere normativo e costituzionale;

3°) la Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilievo costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per la loro eventuale modificazione, il ricorso al processo di revisione costituzionale.

Pensa che non occorrano altre parole per illustrare questo ordine del giorno, ritiene che la Costituzione debba essere rigida e quindi modificabile solo con una procedura straordinaria, onde la necessità che le sue norme siano precise, ma non eccessivamente particolari. L’ordine del giorno proposto autolimita, in sostanza, i poteri dei commissari solo dal punto di vista della tecnica legislativa.

DOSSETTI ritiene che quest’ordine del giorno sia suscettibile di diverse interpretazioni e crede che alcuni dei sottoscrittori abbiano potuto pensare a qualche cosa non pienamente corrispondente alle intenzioni degli altri. L’ordine del giorno proposto può rappresentare un indirizzo di tecnica, di forma e di struttura rispetto al quale è difficile essere dissenzienti; ma può avere oggi, od acquistare domani, durante il corso dei lavori della Commissione, un significato ed una portata diversi, e cioè un significato di auto-limite, che può dar luogo alla inclusione od esclusione di determinate norme dalla Costituzione. Di fronte a questa possibilità di interpretazione, che va oltre l’aspetto semplicemente estrinseco e formale che la Costituzione deve avere, ritiene l’ordine del giorno suscettibile di equivoci. A suo avviso, si potrà esprimere un voto, ma redatto in termini molto più attenuati di quelli dell’ordine del giorno in discussione, anche perché la Commissione non ha ancora presente un testo completo su cui discutere. Solo quando il testo sarà pronto, la Commissione, prima di scendere all’analisi dei singoli articoli, potrà effettuare una valutazione globale.

MORTATI, concordando con le dichiarazioni dell’onorevole Dossetti, afferma che l’ordine del giorno Bozzi urta contro difficoltà sostanziali. La materia costituzionale non può essere predeterminata, ma è qualche cosa che si precisa di volta in volta, secondo gli interessi politici della classe dirigente, che provvede alla compilazione della Costituzione.

MASTROJANNI dissente dalle affermazioni dell’onorevole Perassi e dall’ordine del giorno Bozzi. Innanzitutto ritiene che una simile precisazione sia, quanto meno, tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere fatta all’inizio dei lavori. Riferendosi alla prima Sottocommissione, di cui fa parte, osserva che i temi proposti non sono suscettibili di essere riguardati dal punto di vista normativo, tanto che le affermazioni su questioni di principio, assai complesse, fatte finora dalla prima Sottocommissione non possono essere realizzate in una norma giuridica: sarebbe infatti assai pericoloso statuire fin da ora su taluni principî che impegnano lo Stato; e il legislatore non potrà senz’altro occuparsi di tutto ciò che è affermato dalla Costituzione.

Ritiene che l’ordine del giorno Bozzi debba essere contemperato con la necessità che, in un periodo di trapasso tra un vecchio mondo ed il nuovo, i principî che si affermano abbiano in gran parte solo un carattere di orientamento. Ricorda, a tal proposito, una dichiarazione fatta dall’onorevole Togliatti alla prima Sottocommissione, nel senso che la nuova Costituzione deve costituire un ponte di passaggio per il raggiungimento di finalità che non possono essere immediatamente realizzate. Se si volesse dare alla Costituzione il carattere di una precisa codificazione, si urterebbe nella impossibilità di una rapida realizzazione, deludendo in tal modo le aspettative del popolo italiano, il quale attenderebbe dalla Carta costituzionale una immediata trasformazione degli istituti sociali. Perciò ritiene che occorra contemperare le due esigenze, facendo in linea di massima delle enunciazioni di principio e traducendo in norme giuridiche soltanto quella parte che si ritiene possa essere realizzata in brevissimo tempo.

Richiama l’attenzione della Commissione sul pericolo insito nel fatto di dare al popolo la sensazione che si realizzeranno degli istituti che in realtà non si potranno invece concretare.

CALAMANDREI ha chiesto di parlare solo per motivi di carattere tecnico che lo spingono a precisare il suo avviso sul lavoro di elaborazione della Costituzione.

La Costituzione è una legge, e come tale deve avere determinati caratteri, comuni ad ogni norma giuridica; deve, cioè, contenere non affermazioni generiche, ma norme precise di condotta e stabilire mezzi pratici per il raggiungimento di certi scopi, nonché le sanzioni che saranno applicate a chi non osserverà quelle precise norme di condotta.

La nuova Costituzione dovrà contenere due parti distinte, che si riscontrano nella maggior parte delle Costituzioni e che riguardano l’una gli organi e i poteri dello Stato e l’altra, di carattere preliminare, i diritti individuali.

Circa la compilazione della parte attinente agli organi e poteri dello Stato, tutti saranno concordi nel ritenere che nel testo costituzionale si debbano inserire soltanto le norme che regolano i supremi organi dello Stato, norme di carattere basilare, le quali non entrino però nei particolari che rimarranno affidati alle leggi speciali quali norme di completamento e, in un certo senso, di interpretazione delle norme costituzionali. Ad esempio, per quanto riguarda il potere giudiziario, la Costituzione dovrà contenere solo un piccolo numero di articoli sulla posizione del potere giudiziario nello Stato, lasciando l’ulteriore determinazione della materia alla legge sull’ordinamento giudiziario.

A questo proposito non è d’accordo con l’onorevole Bozzi (ed ha manifestato questa sua perplessità al momento di porre la sua firma sull’ordine del giorno) nel ritenere che queste leggi complementari debbano essere sottratte alle garanzie di stabilità e di immutabilità che saranno proprie della Costituzione: a suo avviso anche tali leggi non dovranno poter essere modificate altro che attraverso quei procedimenti che si stabiliranno per la Costituzione, se, come sembra, sarà adottato il criterio di formulare una Costituzione rigida.

Il punto controverso è invece quello riguardante i diritti individuali: bisogna vedere se le norme elaborate dalla prima e dalla terza Sottocommissione siano veramente tutte norme giuridiche, tali da poter trovar posto in una legge, o non siano invece affermazioni generiche, «desideri», «programmi politici»; ed occorre domandarsi se la Costituzione potrà esprimere anche desideri e programmi politici e non contenere soltanto vere norme giuridiche.

Non è possibile nascondersi che tutti si trovano in una situazione di disagio e difficoltà. Qualcuno ha fatto osservare con quale chiarezza e semplicità fosse stato compilato lo Statuto Albertino: è facile però rispondere che chi fece quello Statuto sapeva quello che voleva dare e fino a qual punto intendeva arrivare. Anche la Costituzione russa, elaborata dopo la rivoluzione, fu fatta da persone che erano concordi nel sapere quello che volevano, ed il compito, anche sotto l’aspetto della tecnica giuridica, fu molto semplice, in quanto si trattava di consacrare qualche cosa che storicamente era già avvenuta, di tradurre, cioè, in norme giuridiche una rivoluzione già compiuta, e la realtà sociale da essa già scaturita. Per contro, in Italia, oggi ci si trova in una situazione di trapasso: la rivoluzione (in senso giuridico) è ancora da fare; una piccola parte è stata fatta con la proclamazione della Repubblica, ma il più, cioè la trasformazione sociale, resta ancora da fare. Ed allora si tratta di vedere se una Costituzione possa essere uno strumento adatto per facilitare, regolare ed indirizzare una rivoluzione da compiere, e si tratta anche di vedere, al momento di formulare il programma di questa rivoluzione giuridica, se i vari gruppi politici rappresentati nell’Assemblea siano tutti d’accordo su un determinato programma. Evidentemente questo accordo non sussiste, perché in tutte e tre le Sottocommissioni, ed anche nella seconda, che dovrebbe essere la meno esposta a questi contrasti, si trovano di fronte spesso due correnti contrapposte, quella di chi vuole norme che accelerino il processo di innovazione e quella di chi cerca norme che ritardino, in qualche modo, quel processo.

Fra i diritti individuali ve ne sono alcuni la cui proclamazione può essere consacrata in vere norme giuridiche, perché quando si afferma, ad esempio, la libertà di stampa, la libertà di coscienza, ecc., con questo si impone agli organi dello Stato un comportamento negativo; si impone loro di non impedire al cittadino lo svolgimento di quella tale attività che è garantita in modo che, se tale comportamento negativo non fosse tenuto, ciò darebbe luogo a sanzioni, quali sono, o saranno, i rimedi che il cittadino ha contro la violazione dei suoi diritti di libertà.

Ma quando si passa a quei diritti individuali che si chiamano sociali, e che sono stati formulati soprattutto nelle Costituzioni create dopo l’altra guerra (per esempio, il diritto al lavoro, il diritto alla casa, il diritto all’assistenza contro l’invalidità e vecchiaia), di fronte a questi, affinché fossero diritti in senso giuridico, bisognerebbe precisare chi sia obbligalo, perché il diritto in tanto è tale in quanto di fronte ad esso sussiste un dovere. Ora, in tutte le Costituzioni che hanno elencato i cosiddetti diritti sociali, la determinazione dei mezzi pratici per rendere effettivi questi diritti non è stata fatta. Soltanto nella Costituzione russa, là dove parla dei diritti sociali, ogni articolo enuncia il diritto e poi, nel capoverso, indica l’organo cui deve rivolgersi il cittadino per farlo valere. Ma in Italia, al momento attuale, non si ha né l’intenzione, né la possibilità di accompagnare l’affermazione di ognuno dei cosiddetti diritti sociali coll’enunciazione dei mezzi pratici posti a disposizione del cittadino per farli valere: ne deriva che i cosiddetti diritti sociali non sono veri diritti, ma sono soltanto programmi, desideri, nel formulare i quali anche se tutti fossero d’accordo sul contenuto di essi, bisogna andare cauti, per non ingenerare nei cittadini speranze illusorie.

Parrebbe quindi che, per il rispetto della più corretta tecnica giuridica, fosse più opportuno che questi desideri, a cui tutti possono partecipare e che hanno un carattere sentimentale, ma non un carattere giuridico, fossero sistemati nel preambolo della Costituzione, e che le vere norme giuridiche fossero limitate a quei diritti che sono diritti nel senso tecnico e perfetto della parola.

Queste sono le ragioni per le quali anche egli ha sottoscritto l’ordine del giorno Bozzi.

DE VITA si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Calamandrei. Ricorda che dinanzi alla prima Sottocommissione ha rilevato che alcuni articoli approvati hanno un fondamento ideologico che non può essere condiviso da tutti i partiti, e che in molti altri si contengono delle definizioni, mentre le definizioni sono pericolose e comunque non opportune, perché il legislatore deve disciplinare dei rapporti e non definirli. Altri ancora, come ad esempio gli articoli sulla stampa e sulla cittadinanza, non sono articoli di costituzione, e nemmeno di legge, ma solo articoli di regolamento.

Ritiene perciò opportuno che la Commissione fissi dei criteri fondamentali, di carattere generale, che debbano essere osservati dalle Sottocommissioni nella formulazione degli articoli; ed è pertanto favorevole all’ordine del giorno proposto.

COLITTO si associa completamente a quanto hanno detto l’onorevole Mastrojanni e l’onorevole Calamandrei. Tenendo conto di quello che entrambi hanno affermato, crede che sia opportuno apportare qualche emendamento all’ordine del giorno presentato dall’onorevole Bozzi, di cui propone la seguente nuova formulazione:

1°) La Costituzione dovrà essere concisa e chiara, in guisa che il popolo la possa agevolmente comprendere.

2°) La Costituzione dovrà contenere disposizioni normative istituzionali; enunciazioni programmatiche o comunque di tendenza troveranno più adatto collocamento nel preambolo.

3°) La Costituzione dovrà contenere disposizioni essenziali tali che lo sviluppo della legislazione ordinaria non richieda per eventuali modificazioni il ricorso al processo di revisione costituzionale.

Pensa che, così formulato l’ordine del giorno, le preoccupazioni dei colleghi che vi si sono opposti non abbiano più ragion d’essere.

MOLÈ concorda con l’onorevole Calamandrei. Approva in pieno l’ordine del giorno Bozzi, ma fa presente che, così come è stato presentato, lascerebbe fuori tutta quella parte di dichiarazioni di diritti che ancora non hanno una vera natura di diritti e sono piuttosto enunciazioni di orientamenti. Nel momento in cui egli lo ha sottoscritto, conteneva un accenno anche alle enunciazioni programmatiche, e le collocava nel preambolo; ed egli mantiene l’avviso che è necessario fissare tali enunciazioni nella Costituzione, la quale non può solamente prendere atto di ciò che è, ma deve dare anche un qualche orientamento per il lavoro legislativo futuro. Se si adotta il criterio che la Costituzione deve contenere soltanto delle vere e proprie norme giuridiche, le si toglie l’anima, lo spirito che deve avere; perché oggi si fa la Costituzione per dare al popolo la precisa impressione che v’è qualche cosa di modificato, non soltanto per la forma repubblicana anziché monarchica dello Stato, ma anche per lo spirito nuovo che anima la nuova legislazione. Perciò bisognerà aggiungere alla Costituzione un preambolo. La parte articolata dovrà contenere solo disposizioni concrete concernenti veri e propri diritti, con le loro sanzioni; il preambolo dovrà dare un orientamento per il futuro. Vero è che non tutti sono d’accordo in quello che dovrà essere lo Stato futuro, ma un qualche cosa di comune, una tendenza che unisca tutti deve esistere: una tendenza verso una democrazia politica che non sia disgiunta dalla democrazia economica, verso diritti sociali che devono essere affermati non in maniera così concreta e minuziosa da rappresentare per il legislatore futuro un impaccio, ma in maniera sufficientemente precisa e nello stesso tempo sufficientemente elastica, perché rappresentano il sentimento comune.

Ripete che approva l’ordine del giorno Bozzi, perché è molto preciso; ma vi ripristinerebbe le parole che prima conteneva: «Le enunciazioni di direttive programmatiche e tendenziali troveranno più adatto collocamento nel preambolo o dichiarazioni preliminari». In tal modo pensa che tutti potrebbero aderire a questi concetti: la Costituzione deve essere semplice e chiara; gli articoli debbono contenere solo norme giuridiche, ma nel preambolo deve dichiararsi che la Repubblica nascente, la quale non prende atto di quello che è avvenuto, ma deve tendere all’avvenire, ha un determinato orientamento dal quale non si può evadere; orientamento generico che unisca tutti i partiti democratici e che deve essere fissato nella Costituzione per il futuro.

TOGLIATTI constata che su tre punti tutti concordano: concisione, chiarezza, comprensibilità per il popolo. La discussione comincia quando si tratta di decidere quali norme scrivere negli articoli della Costituzione e quali affermazioni rimandare al preambolo.

Poiché l’onorevole Molè ha precisato che egli aveva dato il proprio consenso all’ordine del giorno Bozzi, quando conteneva la dichiarazione che determinate affermazioni di principio dovevano trovar posto nel preambolo, desidera a sua volta precisare che vi ha dato la sua adesione proprio quando quella dichiarazione ne è stata tolta.

Il problema più importante e più grave che sta davanti alla Commissione è quello di decidere che cosa si vuol fare con la nuova Costituzione. È stata citata la Costituzione sovietica; sono state citate altre Costituzioni. La Costituzione sovietica ha un carattere preciso: essa codifica in norme lapidarie un fatto uscito da una rivoluzione, codifica una situazione creata attraverso un’attività rivoluzionaria durata venti anni. In Italia non si è in questa situazione, non soltanto perché la rivoluzione non è avvenuta, ma anche perché tutti ritengono che nelle condizioni attuali, dati i rapporti politici attuali di classe, nazionali ed internazionali, dell’Italia e di tutta l’Europa, sia possibile arrivare a una profonda trasformazione sociale seguendo un cammino differente. La Costituzione deve tener conto di questo; quindi, se sancisse soltanto quello che esiste oggi in Italia, non corrisponderebbe a quello che la grande maggioranza del popolo desidera dalla Costituzione. La nostra Costituzione deve dire qualche cosa di più, deve avere un carattere programmatico, almeno in alcune delle sue parti, e particolarmente in quelle parti in cui si afferma la necessità di dare un nuovo contenuto ai diritti dei cittadini, un contenuto, come è stato detto, sociale, con l’affermazione del diritto al lavoro, del diritto al riposo, ecc., ed anche con l’affermazione delle garanzie di questi diritti. La Costituzione sovietica, dopo aver affermato un diritto, può nel capoverso fissare un complesso di condizioni di fatto che permettono di realizzarlo, perché queste condizioni di fatto esistono. In Italia queste condizioni di fatto si debbono creare. Perciò si devono affermare determinati diritti e sancire determinate norme le quali, applicate, serviranno a garantirli. Il diritto al lavoro verrà garantito soltanto quando si avrà un’organizzazione economica del Paese, diversa dall’attuale, per cui coloro che sono capaci di lavorare abbiano la possibilità di esplicare le loro forze di lavoro.

Se questo contenuto nuovo viene relegato nel preambolo, si faranno delle affermazioni che potranno essere le più larghe, le più generose, ma tutti capiranno che si tratta di qualche cosa che è stato fatto tanto per dare a una parte dell’opinione una soddisfazione di forma, e nella sostanza lavarsene le mani. Queste affermazioni diventano invece qualche cosa di costituzionalmente e quindi giuridicamente importante quando siano poste in determinati articoli, anche se questi articoli possano avere una forma che non corrisponda a quella dei vecchi articoli dei codici civili o di una precedente legge costituzionale. Ritiene perciò che i diritti sociali debbano essere affermati in concreto in articoli della Costituzione, i quali avranno un carattere normativo, ma in pari tempo anche un carattere programmatico. Si tratta di un avviamento, di un impegno, di un orientamento alla creazione di un nuovo ordinamento sociale e quindi anche di una nuova legalità.

Quanto all’impaccio al legislatore che taluno teme ne possa derivare, nota che, se d’impaccio può parlarsi, esso è l’impaccio a non tornare indietro. Il legislatore avrà una direttiva a cui dovrà informare tutta la sua attività legislativa. La Costituzione sarà qualche cosa di nuovo quando i diritti sociali saranno affermati in articoli particolari, con formula impegnativa, e non già in dichiarazioni di principio che non impegnerebbero minimamente il legislatore futuro.

CEVOLOTTO si riferisce alla preoccupazione manifestata dall’onorevole Dossetti che la formulazione, che si vuol dare con l’ordine del giorno Bozzi, possa servire ad attenuare, a modificare, o addirittura eliminare i principî sostanziali affermati dalle Sottocommissioni. Non può essere questo lo scopo di quella formulazione, perché se qualcuno avesse questa finalità di eliminare, di combattere qualche principio già affermato, lo farebbe in sede di adunanza plenaria, come è suo diritto e come può essere suo dovere. Ma si tratterebbe anche lì di vedere da quale parte è la maggioranza e da quale la minoranza: la minoranza non può valersi di quello schema per eliminare un principio affermato dalla maggioranza, perché questa tornerà ad affermarlo e troverà sempre il modo di introdurlo, in una forma o nell’altra.

Si tratta soltanto della forma della Costituzione, e su taluni punti relativi alla forma tutti sono d’accordo. Tutti hanno riconosciuto che occorre chiarezza, brevità, concisione nel fare una Costituzione moderna. Si dovrebbe aggiungere anche il requisito che il testo sia scritto in buon italiano, perché le formulazioni, forse per colpa un po’ di tutti, non sempre lo sono. Ma, indipendentemente da questo, v’è la questione prospettata dall’onorevole Calamandrei e discussa dall’onorevole Togliatti: il contenuto normativo deve essere inteso in senso stretto, oppure in senso largo come l’intende l’onorevole Togliatti? Cioè, le affermazioni di principio, programmatiche, devono esser messe negli articoli o nel preambolo?

Riconosce giusto quello che dice l’onorevole Calamandrei, parlando da giurista: non si possono introdurre affermazioni programmatiche, che rappresentano dei desideri, delle speranze, ma non hanno in concreto alcuna possibilità di attuazione legislativa in questo momento. Enunciazioni di tal genere devono essere espresse, come un indirizzo da dare alla legislazione futura, nel preambolo, ma non si possono mettere nelle norme concrete della Costituzione.

Tutto questo, tuttavia, non vuol dire che la Costituzione non debba essere anche un programma; che non debba anche affermare dei principî che devono avere un valore concreto; e non è detto che quello che è nel preambolo non abbia valore concreto. Il preambolo della Costituzione americana ha un valore essenzialmente concreto, perché afferma principî che sono stati seguiti dallo sviluppo di tutta la società americana.

Ma nella formulazione tecnica della Costituzione il mettere nell’articolazione, per esempio, l’affermazione del diritto al lavoro, è da una parte troppo e dall’altra troppo poco, perché oggi il diritto al lavoro non ha ancora possibilità di attuazione in una legge che dia modo di soddisfare concretamente quest’obbligo che lo Stato assumerebbe. Ed allora, enunciare un principio che non possa essere seguito dalla realtà della legislazione è ingannare il popolo; è dirgli che si fa quello che si sa di non poter fare. Se il principio del diritto al lavoro è, invece, introdotto nel preambolo per indicare l’indirizzo da seguire in avvenire, per portare, cioè, la società allo sviluppo cui ha accennato l’onorevole Togliatti, questo è più aderente alla realtà e risponde di più alla sincerità che una Costituzione deve avere nel senso tecnico-giuridico detto dall’onorevole Calamandrei.

TOGLIATTI osserva che anche l’onorevole Cevolotto ha votato un articolo in cui si afferma il diritto al lavoro.

CEVOLOTTO replica che in seno alla prima Sottocommissione si è sempre rimasti d’intesa che si sarebbe dovuto rivedere tutto il lavoro compiuto e che molti principî affermati negli articoli sarebbero stati poi trasferiti nel preambolo.

Ha parlato del diritto al lavoro. Si tratterà di vedere se qualche affermazione anche di principio, programmatica, ma suscettibile di uno sviluppo immediato nella legislazione, non possa trovar posto negli articoli. Non vi dev’essere un limite preciso: un principio che non potrà forse avere immediatamente una formulazione legislativa, ma potrà averla fra breve, potrà esser messo negli articoli, senza alcun inconveniente: ma negli articoli le affermazioni programmatiche a lunga scadenza non possono trovar posto. È quindi d’accordo con gli onorevoli Calamandrei e Molè.

MOLÈ rileva che l’onorevole Togliatti pensa che il fatto di introdurre negli articoli certe affermazioni abbia un preciso valore, che verrebbe meno ove queste fossero poste invece nel preambolo. Ora, è evidente che non è la questione formale che preoccupa l’onorevole Togliatti: questi tiene a che il testo della Costituzione porti disposizioni concrete che siano sottratte alla diversità di opinioni. Se non che, disposizione concreta non è la sola affermazione, in un articolo, del diritto al lavoro: occorre anche la garanzia specifica che tale affermazione trovi applicazione. Se questa garanzia esiste, nessun dubbio che il diritto al lavoro, così garantito, debba esser fissato negli articoli. Ma se si tratta di un’affermazione generica, quando si discuterà la formulazione degli articoli, sarà naturale l’obiezione che non si tratta di affermazione concreta di carattere normativo che degli articoli possa far parte.

FANFANI, quale firmatario dell’ordine del giorno Bozzi, rileva che questo esprime, nella sua forma attuale, dei consigli prudenziali circa i criteri con i quali bisognerà cercar di redigere il testo della Costituzione. Originariamente, oltre che dei consigli, conteneva l’impegno preciso di relegare le enunciazioni di direttive programmatiche nel preambolo; ed egli lo rilevò e chiese la soppressione di quella parte, ché altrimenti non l’avrebbe firmato. È quindi perfettamente d’accordo su questo punto con quello che ha sostenuto l’onorevole Togliatti: la Costituzione è fissazione di aspirazioni e di volontà della maggioranza di un popolo, del popolo italiano, e non si può relegare l’espressione di questa volontà in un preambolo che fatalmente diventerà un testo retorico e che non avrà vera importanza per quanto riguarderà lo svolgimento legislativo. Quindi, tutto quanto riguarda e fissa l’ordinamento, l’azione sociale del nuovo Stato, deve entrare nel testo articolato della Costituzione: la norma concreta del diritto al lavoro spetterà al legislatore futuro, che naturalmente procederà ad ulteriori determinazioni; ma il principio deve costituire una spinta ed un obbligo per quel legislatore. Non si tratta dunque di speranze, come dice l’onorevole Calamandrei, ma di una precisa volontà, in quanto risulterà dalla maggioranza dell’Assemblea che rappresenta a sua volta la volontà della maggioranza del popolo italiano. Il legislatore futuro provvederà poi a far sì che questo impegno, da solenne testo costituzionale, diventi norma precisa di legge.

DOMINEDÒ, quale firmatario dell’ordine del giorno, si associa alla dichiarazione dell’onorevole Fanfani, osservando che il significato concreto della proposta sta nella tendenza ad escludere dalla Carta ciò che non può avere contenuto normativo ed includervi invece ciò che potrà costituire un vincolo per il legislatore futuro.

DOSSETTI fa rilevare anzitutto che la pretesa chiarezza della Costituzione albertina non deriva solo dal fatto evidente che la Costituzione albertina rispecchiava il pensiero unitario di colui che l’ha «octroyée», ma anche da ciò, che oggi quel testo appare chiaro nei suoi termini giuridici, definitivamente consolidati dopo cent’anni di ordinamento costituzionale inteso alla sua applicazione. Questo vale anche per l’osservazione dell’onorevole Cevolotto.

Nella Costituzione si debbono distinguere i diritti che hanno raggiunto un consolidamento giuridico, pieno e completo, e per i quali si ha, quindi, tutta un’espansione di gamma attraverso la quale il diritto si realizza, e quelli che non sono semplice espressione di desideri e possono dar luogo a determinati rapporti obbligatori, ma non hanno ancora raggiunto quella espansione piena della gamma che li garantisce in ogni loro aspetto. Anche questi sono diritti che possono e debbono trovare un’affermazione nella norma costituzionale.

Nella stessa Costituzione russa, che l’onorevole Calamandrei ha portato ad esempio di una Costituzione in cui certe affermazioni si sono potute fare, perché avevano già trovato la loro concreta realizzazione, non v’è mai una concreta realizzazione del tipo che egli ha citato, cioè di un’azionabilità completa, esauriente, ma v’è invece una realizzazione di diverso tipo. La seconda parte dei vari articoli della Costituzione russa – quella che dovrebbe realizzare i diritti garantiti nella prima – non dice come il cittadino deve e può far valere il suo diritto nei confronti, per esempio, dello Stato, ma stabilisce attraverso quali strutture, quali congegni dell’ordinamento sociale quel diritto è assicurato, in concreto, anche se non con un’azionabilità completa, o si tenta di piegare l’ordinamento giuridico e sociale ad una concreta realizzazione.

Ecco perché simili norme possono veramente avere un contenuto di volontà, e quindi il contenuto e l’aspetto tipico della norma giuridica, e tuttavia non rispecchiare quella forma assolutamente e definitivamente consolidata che l’onorevole Calamandrei vorrebbe riservare alle norme che, a suo giudizio, dovrebbero essere le sole incluse nella Costituzione.

Insiste sulla premessa fatta nel suo primo intervento: l’equivocità dell’ordine del giorno si è ormai palesemente dimostrata a tutti, perché evidentemente quell’ordine del giorno è stato sottoscritto con intenzioni diverse. Fa soprattutto osservare all’onorevole Cevolotto che, approvando quell’ordine del giorno si precostituirebbe un argomento pregiudiziale, e non di merito, per una valutazione dei singoli articoli e per una esclusione aprioristica di taluni di essi. Ciò è tanto vero, che l’onorevole Cevolotto ne ha offerto un esempio egli stesso, quando ha dato l’esemplificazione del diritto al lavoro. La Commissione, con quell’ordine del giorno, si costringe a fare, oltre alla discussione sulle questioni di merito, una discussione pregiudiziale volta a stabilire se, in un determinato articolo, si stabilisca una norma sufficientemente giuridica nel senso inteso da alcuni e negato da altri: prima di discutere se si debba affermare una data norma, si dovrebbe discutere se questa debba essere compresa in un articolo o trasferita nel preambolo. Onde una doppia discussione, che offrirà ad una eventuale volontà di resistenza un argomento ulteriore che non si estrinsecherà nel semplice gioco della maggioranza e della minoranza in ordine al merito.

PICCIONI rileva l’estrema difficoltà di segnare preventivamente dei limiti, dei modi e delle forme al lavoro che si sta compiendo. Tutti qui sanno qual è il compito che debbono svolgere e quale dovrebbe essere anche, grosso modo, la tecnica della redazione del progetto di Costituzione. Quindi, per quanto si riferisce alla chiarezza, alla semplicità, alla concisione, ritiene superfluo un richiamo così solenne a questo che deve essere un impegno formale di tutti, perché tutti sanno che sono chiamati a fare la Costituzione, non un’enciclopedia o un codice di diritto costituzionale.

Il punto sostanziale è quello richiamato dall’onorevole Dossetti, ed a questo riguardo la migliore conferma delle osservazioni da lui fatte è risultata dalla discussione che si è svolta. Infatti, tra gli stessi firmatari dell’ordine del giorno Bozzi vi è una divergenza di vedute e di interpretazioni del contenuto dell’ordine del giorno; l’interpretazione che ne dà l’onorevole Calamandrei, con gli onorevoli Cevolotto e Molè, è molto diversa da quella che ne dànno gli onorevoli Togliatti e Fanfani. Questo prova quanto sia difficile, se non impossibile, raccogliere in qualche norma la direttiva di marcia concreta per il lavoro che si sta compiendo.

Quindi, dal punto di vista formale, crede alquanto esuberante l’obiettivo che si sono proposti i firmatari dell’ordine del giorno; ma dal punto di vista sostanziale deve dire che è d’accordo con l’impostazione che hanno dato al problema gli onorevoli Togliatti e Fanfani: la Costituzione che si sta elaborando deve preoccuparsi delle esigenze della tecnica giuridico-costituzionale, ma deve pur essere una Costituzione che rifletta le esigenze di carattere sociale, che debbono dare allo Stato una impronta nuova, nei confronti dei vecchi modelli.

Riconosce che, in concreto, per alcune esigenze di carattere sociale che si sentono in primissimo piano, è difficile trovare una formulazione di tecnica giuridica nella Carta costituzionale; ma questo non deve fermare, non deve sbarrare la via allo sforzo che si vuol compiere per dare rilievo, anche in questa legge fondamentale del nuovo Stato democratico, a queste esigenze di carattere sociale; altrimenti si verrebbe meno all’impegno formale assunto verso il popolo, ed all’esigenza che tutto il popolo sente. Si deve non soltanto costruire uno Stato democratico nel senso tradizionale della parola, cioè nel senso più squisitamente politico, ma cominciare anche a dare, con i mezzi che si hanno a disposizione, e tenuto conto delle condizioni in cui si opera, una fisionomia anche sociale alla struttura di questo nuovo Stato democratico. Quindi, tenuta presente questa esigenza vivamente sentita, è del tutto inutile pretendere di porre delle limitazioni e delle barriere preventive al lavoro che si sta compiendo.

Praticamente avverrà che, via via che le Sottocommissioni elaboreranno delle norme, queste saranno prese in esame, e per il coordinamento generale, da cui sorgerà l’edificio del nuovo Stato democratico, si vedranno quali potranno essere i modi e le forme migliori per ottenere l’euritmia giuridica, le cui esigenze debbono pur essere tenute presenti nella redazione definitiva del progetto di Costituzione.

Conclude affermando che, se l’ordine del giorno può o deve avere solamente un valore indicativo di raccomandazione per il lavoro che si deve ancora compiere, lo si può accettare, ma a condizione che questo suo valore specifico non possa menomamente circoscrivere o limitare il compito che la Commissione sta svolgendo. Se, invece, dovesse avere altro significato o portata, non potrebbe accettarlo.

BASSO rileva che nell’ordine del giorno proposto sono tre commi, che dicono tre cose diverse.

Sul primo – la Costituzione deve essere chiara – tutti sono concordi: non è superfluo un appello alla chiarezza.

Il terzo comma – che le norme devono avere rilevanza costituzionale e non si debba scendere a dettagli di competenza speciale, per non influire sul movimento legislativo futuro – costituisce anch’esso una raccomandazione non superflua, perché in molti si è notata la tendenza ad introdurre nella Costituzione dei dettagli eccessivi. All’osservazione che è difficile stabilire i limiti della rilevanza costituzionale, che quel che era rilevante costituzionalmente venti anni fa oggi non lo è più, si risponde che occorre stabilire quei limiti con criteri che non sono quelli trapelati da molte relazioni; ma questi limiti bisogna porli, perché altrimenti, in futuro, non si riuscirebbe a fare alcuna legge, senza esser costretti a modificare un articolo di costituzione.

Ha dato luogo a maggiore discussione, invece, il secondo comma, in cui si parla di norme concrete. Crede che sia qui un problema di equilibrio e di limiti. In fondo, tutti sono d’accordo, ma bisogna vedere in qual senso.

Concorda personalmente con l’onorevole Togliatti, quando egli dice che l’attuazione concreta di certi diritti, oggi non ancor realizzabile, è subordinata a talune profonde trasformazioni. Il diritto al lavoro è una norma concreta, che si vuole realizzare: se non è realizzabile nella legislazione attuale, lo sarà nella futura. È quindi una norma che si rivolge al legislatore futuro.

Nota una ridondanza eccessiva, derivante dal fatto che si è voluto dare nella Costituzione una giustificazione di queste norme, traducendo in articoli ideologie o dottrine. Tutto questo deve rimanere estraneo al testo della norma. Esiste oggi un patrimonio acquisito, un complesso di concetti a cui si può giungere partendo da presupposti ideologici diversi. Si possono formulare articoli sul diritto del lavoro, appunto perché su certe conclusioni giuridiche si è concordi; ma, se si pretende introdurre nella Costituzione la giustificazione ideologica di questi articoli, allora l’accordo viene a mancare.

Si è avuto di questo un’esperienza nella prima Sottocommissione: fra le due relazioni Basso e La Pira v’è una così profonda discordanza, che non sarebbe stato possibile concordare alcuna formulazione ideologica: invece i due Relatori hanno potuto concordare gli articoli con facilità.

Il concetto fondamentale deve dunque essere questo: introdurre nella Costituzione delle formulazioni concrete, rispondenti allo stato attuale della coscienza sociale; non delle ideologie, che vanno al di là della giuridicità della norma.

Concorda, quindi, nell’ordine del giorno in questo senso: che si debbono introdurre nella Costituzione anche articoli a contenuto sociale; ma redatti in modo che siano veramente articoli di legge. La norma deve essere completa, anche se si rivolge al legislatore futuro, e deve avere un contenuto di diritto.

GIUA è contrario allo spirito che ha mosso i firmatari dell’ordine del giorno, per ragioni anche tecniche.

Questa discussione ha dimostrato che quasi tutti sono scontenti della formulazione degli articoli. È un voto di sfiducia che i compilatori danno a sé stessi. Trova esagerata la proposta di rinviare al preambolo tutte le affermazioni a carattere programmatico. Il preambolo deve essere breve; per avere un valore, deve racchiudere in pochissime formule lo spirito della Carta costituzionale. Se si mettesse nel preambolo tutto quello che non rientra nel quadro giuridico tracciato dall’onorevole Calamandrei, il preambolo diventerebbe addirittura una Carta costituzionale.

Ha seguito con attenzione la limpida esposizione dell’onorevole Calamandrei, ma ad un certo momento si è detto: se applichiamo le idee dell’onorevole Calamandrei, facciamo una Costituzione borghese, perché fino ad ora tutto quello che è acquisito circa i diritti del cittadino o delle masse rientra nell’ambito della legislazione borghese: e allora manchiamo completamente allo spirito che ci ha mossi.

Concorda con quello che ha chiaramente spiegato l’onorevole Togliatti: questa Costituzione, che è Costituzione di transizione – e non lo si deve dimenticare – deve avere anche una parte programmatica, che si realizzerà nel tempo. Si è detto, invece, che nella Costituzione si deve affermare solamente quello che lo Stato può effettivamente garantire al cittadino. Ma lo Stato può garantire al cittadino anche quello che è in un programma, orientando la legislazione futura verso la realizzazione del programma stabilito nella Carta costituzionale.

Non crede che agli articoli formulati si possa muovere l’appunto mosso dall’onorevole Cevolotto di non essere scritti in buon italiano. Comunque, ciò che più lo preoccupa è di sapere quali saranno i poteri della Commissione di coordinamento, perché non vorrebbe che gli articoli approvati dalle diverse Sottocommissioni fossero poi svisati in questo lavoro di coordinamento. Perciò propone che la Commissione di coordinamento sia libera di modificare le articolazioni come crede; ma che nella stampa siano riprodotti, in due colonne, gli articoli come erano stati formulati dalle Sottocommissioni e come sono stati redatti dalla Commissione di coordinamento, in modo che ognuno possa controllare se il lavoro di questa si sia limitato ad una elaborazione letteraria o giuridica o di sintesi o non sia andato oltre lo spirito delle Sottocommissioni.

PRESIDENTE avverte che le considerazioni dell’onorevole Giua saranno tenute presenti in sede di coordinamento.

Ricorda che l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Bozzi è il seguente:

«1°) La Costituzione dovrà essere più che possibile semplice e chiara, tale che tutto il popolo la possa comprendere;

«2°) Il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete di carattere normativo e istituzionale;

«3°) La Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilevanza costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per le eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

Al n. 2°, per accogliere i criteri svolti dagli onorevoli Piccioni e Togliatti, propone di aggiungere le parole:

«anche nel campo economico-sociale».

TUPINI, per evitare il dubbio che queste norme escludano decisioni nel puro campo sociale, propone di dire: «anche nel campo economico e sociale».

PRESIDENTE, continuando, ricorda l’ordine del giorno Colitto, che è in parte modificazione di forma ed in parte aggiuntivo:

«La Costituzione dovrà essere concisa e chiara, in guisa che tutto il popolo la possa agevolmente comprendere;

«La Costituzione dovrà contenere disposizioni normative e istituzionali;

«Enunciazioni programmatiche, o comunque di tendenza, troveranno più adatto collocamento nel preambolo;

«La Costituzione dovrà contenere disposizioni essenziali, tali che lo sviluppo della legislazione ordinaria non richieda, per eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

TUPINI propone che si aggiunga un chiarimento, nel senso che la Commissione indichi dei criteri di massima, senza pregiudicare nel merito le materie da articolare.

CALAMANDREI ripete che egli è intervenuto per ragioni di precisione e si potrebbe dire di sincerità tecnica. Dei vari articoli della Costituzione, più di ogni altro gli stanno a cuore proprio quelli che enunciano programmi e propositi di rinnovamento sociale, e se, per attuare praticamente questi propositi, invece di attendere venti anni, si potessero emanare leggi tali da attuarli in venti giorni, il suo voto sarebbe per queste leggi. Non ha quindi parlato per il desiderio di mettere queste proposte in soffitta; ha parlato soprattutto come componente della seconda Sottocommissione. Se avesse appartenuto alla prima o alla terza, probabilmente si sarebbe lasciato andare anche lui a quella voluptas legiferandi a cui si sono lasciati andare i colleghi di quelle Sottocommissioni; ma nella seconda, alla quale spetta il compito di trovare i mezzi pratici, attraverso cui i diritti enunciati dalla prima e dalla terza debbono essere tutelati, bisogna non trascurare gli aspetti più strettamente giuridici delle questioni.

Si consideri anzitutto che si creeranno certamente nell’organizzazione dello Stato, speciali rimedi e difese per tutelare i diritti politici dei cittadini eventualmente violati. Questo è possibile per i diritti politici in senso tradizionale. Si avrà, ad esempio, il ricorso alla Suprema Corte Costituzionale, dato al cittadino a tutela del suo diritto individuale. Ma come sarà possibile comprendere in questo rimedio i cosiddetti diritti sociali, cioè il diritto al riposo, alla casa, all’assicurazione ecc.? Se uno di questi diritti a cui non corrisponde un obbligato, rimarrà insoddisfatto, quale potrà essere il rimedio pratico per assicurarne la soddisfazione? Questa è la prima difficoltà tecnica di fronte a cui ci si troverà.

C’è poi da osservare che la nuova Costituzione sarà probabilmente una Costituzione rigida, nella quale si darà ai giudici il potere di rifiutarsi di applicare le leggi contrarie alla Costituzione stessa. Ora, è praticamente possibile per i giudici controllare la costituzionalità delle leggi quando si tratti di leggi contrarie a veri e propri diritti; di leggi che abbiano violato, per esempio, il diritto di libertà di stampa, di libertà di coscienza, ecc.; in tali casi si potrà chiedere al giudice di non applicare una determinata legge e arrivare alla Suprema Corte Costituzionale. Ma, quando si tratta dei cosiddetti diritti sociali, come è possibile concepire un controllo costituzionale della legge a difesa di questi diritti? Il giudice, per esempio, dovrebbe dire che il codice civile, il quale regola i contratti in un certo modo, è in contrasto coll’aspirazione politica che vorrebbe garantito il diritto al lavoro ad ogni cittadino: e in tal modo farebbe una valutazione politica ed una critica del diritto vigente. In altri termini, considerando come diritti i cosiddetti diritti sociali, e introducendo il controllo costituzionale, si darebbe ai giudici un potere di controllo di carattere politico su tutta la legislazione presente e futura.

La conclusione è che questi diritti sociali non sono veri diritti e che è pericoloso dar loro una collocazione che possa far ritenere che siano tali. Perciò è opportuno tenerli distinti: non ha grande importanza che la parte in cui si collocheranno si chiami preambolo, o titolo, o capitolo; importante è che ci si renda conto di questa realtà, che si formulano con veste di diritti speranze e voti; che si creano diritti che in realtà non sono diritti; che non sono una realtà giuridica, ma solo una aspirazione politica.

PRESIDENTE mette in votazione l’ordine del giorno Bozzi con l’emendamento aggiuntivo al n. 2° da lui indicato.

TUPINI avendo ascoltato i proponenti di quest’ordine del giorno, che in fondo muove da principî ed esigenze diverse, dichiara di votarlo con questo preciso significato: che esso non abbia un valore impegnativo per i lavori che dovranno svolgere le Sottocommissioni, ed inoltre che non precluda l’articolazione di nessun articolo che, sul terreno sociale, corrisponda a quelle esigenze a cui hanno fatto cenno molti oratori; e non escluda che la Commissione plenaria possa a sua volta riprendere in esame l’opportunità di premettere un preambolo, purché questo abbia il valore dei preamboli di tutte le Costituzioni, cioè la fissazione dei principî che hanno orientato i costituenti, ed ai quali dovrà sempre tener fede il legislatore futuro.

Aggiunge che, per la parte sociale, si associa alle dichiarazioni degli onorevoli Togliatti, Fanfani e Piccioni.

(È approvato).

La seduta termina alle 13.10.

Erano presenti: Ambrosini, Basso, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cappi, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardi Giovanni, Lombardo Ivan Matteo, Lucifero, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Patricolo, Perassi, Pesenti, Piccioni, Porzio, Rapelli, Ravagnan, Ruini, Targetti, Togliatti, Togni, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

In congedo: Terracini.

Assenti: Einaudi, Lussu, Paratore, Rossi Paolo, Taviani, Tosato.