Come nasce la Costituzione

VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

9.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

 

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Fabbri – Terracini – Taviani – Tupini – Ghidini – Togliatti – Cevolotto – Nobile – Caristia – Moro – Giua – Conti – Colitto.

La seduta comincia alle 18.20.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE comunica che è sorta qualche incertezza sopra l’ordine dei lavori da seguire. In un’anteriore seduta la Commissione decise formalmente di procedere al coordinamento dei lavori della prima e della terza Sottocommissione per quella parte attinente ai rapporti economici che era stata trattata da tutte e due: in seguito la Commissioneplenaria in avrebbe dovuto affrontare l’esame del resto coordinato.

Vi era dunque un’indicazione precisa e l’ufficio di Presidenza convocò l’Assemblea plenaria per iniziare l’esame delle materie concordate fra la prima e la terza Sottocommissione.

Due sedute fa, quando si disse di cominciare a discutere, un rappresentante della prima Sottocommissione propose che si cominciasse a discutere dai primi articoli della prima Sottocommissione e la Commissione approvò.

Ieri sera, invece, in un ordine del giorno, firmato Dossetti e altri, si esprimeva il desiderio della prima Sottocommissione che non si cominciasse a discutere la sua parte, perché intendeva prima finirla interamente. Ricorda di aver riferito su ciò, sia pur sommariamente, ma disse chiaramente del contenuto della proposta, e dichiarò che, se non vi erano opposizioni, si sarebbe cominciato a discutere sul tema dei rapporti economici, coordinato fra le due Sottocommissioni. Invitò pertanto a presentare gli emendamenti del caso.

Oggi però è sorto, in seno alla prima Sottocommissione, un voto nel quale è detto che non si desidera che sia discusso il progetto da essa redatto, se non è completo.

D’altra parte, in seno alla terza Sottocommissione, si è manifestato pure il desiderio che non si cominci dal tema del lavoro, ma che si esaminino prima le questioni dei rapporti generali.

In sostanza, le proposte sono tre: 1°) esaminare la parte già coordinata; 2°) cominciare dai primi articoli della prima Sottocommissione; 3°) rinviare senz’altro le sedute della Commissione plenaria al primo di gennaio, in modo che le Sottocommissioni, per quell’epoca, possano compiere il lavoro.

Ricorda che gli stessi componenti della Commissione hanno manifestato il proposito di accelerare i lavori. Quali erano i propositi dell’ufficio di Presidenza? Da oggi 29, fino al 10 dicembre, si sarebbe potuto, con una seduta plenaria al giorno, ad esempio nel pomeriggio (mentre alla mattina si sarebbero riunite le Sottocommissioni), approntare il lavoro sopra il testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione e sul rimanente testo della prima Sottocommissione, esaurendo così la prima parte dello schema di Costituzione. Col 10 dicembre, riunendosi l’Assemblea costituente, ed essendo impossibile alla Commissione di riunirsi due volte il giorno, nella mattina avrebbe potuto convocarsi la seconda Sottocommissione, per arrivare alla fine del mese, avendo completato il suo lavoro; cosicché in gennaio la Commissione plenaria avrebbe potuto rivedere ed approvare anche il lavoro della seconda Sottocommissione.

Ora, se la Commissione plenaria sospende da oggi le adunanze per riconvocarsi nei primi giorni di gennaio, quali saranno le conseguenze?

Personalmente non è favorevole a questa decisione, che spetta alla Commissione. Dichiara peraltro, nella sua responsabilità, che la sospensione della Commissione plenaria determinerebbe un effetto non favorevole nel Paese. Non bisogna dimenticare gli ordini del giorno deliberati. Per accelerare i lavori, darà la parola, ma molto sommariamente, a chi vorrà parlare su quest’argomento, ricordando che non si tratta di impostare questioni di principio, ma di decidere al più presto l’ordine dei lavori, partendo dal presupposto che la Commissione deve far sì che i suoi lavori siano conclusi a tempo, in modo che l’Assemblea Costituente possa poi adempiere la sua funzione nel termine stabilito dalla legge.

FABBRI propone che, di mano in mano che le Sottocommissioni lavorano nel modo più celere possibile, le parti del progetto preparate affluiscano a un Comitato di coordinamento, in modo che la Commissione plenaria non si riunisca di nuovo se non di fronte ad un testo predisposto da tale Comitato.

TERRACINI comprende il coordinamento tra la prima e la terza Sottocommissione per le materie comuni; ma quando si passa alle materie non comuni, un lavoro di coordinamento non è pensabile, a meno che non si vogliano ricopiare materialmente gli articoli e presentarli ordinatamente in una serie di fogli.

Ritiene comunque che il lavoro della Commissione plenaria debba incominciare. Nel precedente periodo di adunanze è stato deciso il coordinamento tra le materie comuni della prima e della terza Sottocommissione. Questo coordinamento è stato compiuto, e non si rende ora conto perché la materia coordinata non debba essere presa in esame dalla Commissione plenaria.

Delle tre proposte accennate dal Presidente, l’ultima, quella che i lavori della Commissione plenaria siano rinviati al 1° gennaio, deve, a suo parere, essere respinta. Sarebbe in contradizione con la decisione presa ieri sera, e non potrebbe motivarsi, né di fronte alla Costituente, né di fronte alla massa del popolo, il rinvio di un altro mese.

In quanto poi alla materia da prendere immediatamente in esame, non ha preferenze particolari. Pensa tuttavia che proprio quella materia, che è stata già esaminata in secondo grado da due Sottocommissioni riunite, si presenti più naturalmente per l’esame conclusivo della Commissione plenaria.

TAVIANI ritiene che si sia tutti d’accordo che non convenga rinviare i lavori al 1° gennaio, ma non è d’accordo con l’onorevole Terracini di cominciare la trattazione del testo concordato fra la prima e la terza Sottocommissione, perché ovvi motivi logici impongono di iniziare l’esame dal primo capitolo della Costituzione. Se così non si facesse, sorgerebbero inevitabilmente in seguito questioni relative alla collocazione degli articoli, con perdita maggiore di tempo.

Crede che, dato l’andamento dei lavori della prima Sottocommissione, il 5 dicembre la Commissione plenaria possa prendere in esame il primo capitolo della Costituzione.

TUPINI avverte che la prima Sottocommissione avrà bisogno di almeno otto sedute, che potranno essere anche due al giorno, per terminare il proprio lavoro.

PRESIDENTE osserva che il giorno 10 si avrà la riunione dell’Assemblea costituente.

GHIDINI dichiara di essere contrario al rinvio al primo di gennaio per una ragione di carattere politico.

Riteneva che, in seguito alla presentazione dello schema dei capitoli della Costituzione, logicamente si sarebbe iniziato l’esame della parte predisposta dalla prima Sottocommissione, anche perché alcuni articoli da essa approvati hanno un’influenza su tutta l’articolazione successiva, in quanto attengono a doveri e diritti fondamentali.

Per queste ragioni accede alla proposta fatta dall’onorevole Taviani.

TOGLIATTI intende sollevare una questione relativa al metodo di lavoro della Commissione plenaria, nei confronti di quello seguito dalle Sottocommissioni.

Sembra che prevalga l’opinione che la Commissione plenaria debba svolgere un lavoro di redazione articolo per articolo, a somiglianza di quanto hanno fatto le Sottocommissioni.

Se così fosse, la Commissione plenaria avrebbe bisogno di tanto tempo quanto ne ha impiegato ciascuna delle Sottocommissioni. Questo è un assurdo e sarebbe sconveniente, e non concorda nemmeno con l’ordine del giorno approvato ieri. A suo parere la Commissione plenaria dovrebbe lasciare il massimo di tempo alle Sottocommissioni per condurre a compimento il loro lavoro con un massimo di perfezione, naturalmente nella misura che questo termine si addice all’opera umana e dei legislatori. Compito della Commissione plenaria non dovrebbe essere quello di esaminare parola per parola il testo che sarà presentato, ma unicamente di inserirlo nel quadro fondamentale che ieri è stato approvato, per poi portarlo alla discussione dell’Assemblea costituente, ove avverrà l’esame di ogni articolo.

CEVOLOTTO è del parere che i rilievi dell’onorevole Togliatti siano in contrasto con le riserve talvolta espresse nella prima Sottocommissione di ripresentare alla Commissione plenaria qualche proposta non accettata; così pure con la facoltà di presentare emendamenti stabilita nell’ordine del giorno approvato dalla Commissione.

D’altra parte, accettando il criterio dell’onorevole Togliatti, l’esame della Commissione non si eserciterebbe su ogni parte della Costituzione, perché ciascuna Sottocommissione non avrebbe modo di interferire e di discutere sul lavoro fatto dalle altre Sottocommissioni.

NOBILE pensa che la proposta dell’onorevole Togliatti debba essere accolta se si vuole veramente presentare al più presto all’Assemblea costituente il progetto; diversamente non si potrà evitare una lunga discussione sugli articoli che concernono questioni di grande importanza, per cui occorrerebbero per lo meno due mesi di tempo.

CARISTIA si rende conto delle obiezioni prospettate dall’onorevole Togliatti; ma d’altro lato pensa che non si possano trascurare le ragioni addotte dall’onorevole Cevolotto. Occorre dare la possibilità ai membri delle altre Sottocommissioni di fare delle obiezioni, di proporre emendamenti su quanto possa avere deciso un’altra Sottocommissione. Allo stesso modo con cui bisogna cercare di affrettare il nostro lavoro, dobbiamo essere anche convinti che i membri di altre Commissioni abbiano il diritto di interloquire sul lavoro svolto in seno ad una Commissione che non sia la loro. Occorre, pertanto, trovare un contemperamento che concili queste due esigenze.

MORO è d’accordo con l’onorevole Togliatti, in quanto se si dà alle Sottocommissioni il modo di preparare con piena conoscenza della materia il progetto, il loro esame potrà essere limitato a quei punti sui quali si sia manifestato un dissenso.

D’altra parte, pensa che ogni componente della Commissione plenaria possa considerarsi rappresentato in ciascuna delle tre Sottocommissioni incaricate di predisporre il progetto.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Conti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione delibera di costituire un Comitato composto del Presidente della Commissione, dei Presidenti e dei Segretari delle Sottocommissioni e di dieci Commissari designati dai gruppi, incaricato di procedere alla redazione del testo della Costituzione, a mano a mano che le Sottocommissioni completino il lavoro, salvo ratifica della Commissione plenaria del progetto finale destinato alla discussione dell’Assemblea».

TOGLIATTI vorrebbe che fosse precisato un punto che può servire a superare talune obiezioni. Pensa che questo Comitato debba avere la facoltà, qualora nel corso del dibattito sorga un problema che si consideri fondamentale, di rimetterlo all’esame della Commissione plenaria. Si tratta, insomma, di lasciare alla discussione della Commissione le questioni di maggiore rilievo.

CEVOLOTTO non avrebbe difficoltà ad aderire all’ordine del giorno dell’onorevole Conti, purché fosse data facoltà ai singoli Commissari di esporre proposte concrete e presentare emendamenti.

GIUA vorrebbe che si precisasse il significato delle parole contenute nell’ordine del giorno dell’onorevole Conti: «salvo ratifica della Commissione plenaria». Si intende forse che si dovrà discutere il testo proposto, prima di inviarlo all’Assemblea costituente? Ora, l’ordine del giorno Conti si riallaccia alla proposta dell’onorevole Togliatti, proposta che è di svalutazione della Commissione dei 75 e che non permette una completa elaborazione del testo; per modo che la discussione che si vuole evitare in sede di Commissione plenaria bisognerà farla dinanzi alla Assemblea costituente.

In realtà, pensa che si voglia liberare la Commissione dei 75 dalla responsabilità che si è assunta di fronte al Paese di preparare la Costituzione in un tempo ristretto. I lavori non sono ancora finiti e si cerca la scappatoia di rinviare la discussione all’Assemblea costituente.

Ora, visto che la Commissione dei 75 non può discutere a fondo tutti i problemi trattati dalle Sottocommissioni, si potrebbe rinviare all’ufficio di Presidenza il lavoro di coordinamento dei testi delle singole Sottocommissioni, lasciando poi alla Commissione plenaria di decidere.

CONTI crede che l’unico modo per uscire dalle difficoltà sia quello indicato prima dall’onorevole Fabbri e poi dall’onorevole Togliatti. Può avere ragione l’onorevole Giua ritenendo che il rinvio ad un Comitato ristretto di redazione possa significare una diminuzione dell’autorità della Commissione dei 75, che è come un sinedrio investito di una grande funzione; ma se si è d’accordo che questa è una Commissione di studio che elabora un progetto, che prepara il materiale perfezionandolo fino al punto dell’articolazione più precisa possibile, evidentemente le osservazioni dell’onorevole Giua non hanno ragione di essere. Ritiene che si possa accogliere con piena fiducia il metodo di lavoro proposto, con i suggerimenti integrativi degli onorevoli Togliatti e Cevolotto. In seguito al rilievo dell’onorevole Giua, piuttosto che «ratifica» direbbe poi nell’ordine del giorno «esame ed approvazione».

GHIDINI dichiara che voterà contro l’ordine del giorno, in quanto non ha fiducia che il sistema proposto possa far guadagnare tempo. Per quel poco di esperienza che ha, è convinto che questi Comitati non accelerino i lavori; soprattutto è contrario, perché sostanzialmente la Commissione si scarica delle sue responsabilità riversandole sul Comitato.

TAVIANI propone che il Comitato sia composto di 18 membri, rispettando la proporzione dei gruppi nella Commissione plenaria.

PRESIDENTE pone ai voti l’ordine del giorno Conti, nel quale la parola «ratifica» viene sostituita dalle parole «esame ed approvazione», con l’aggiunta dei codicilli dell’onorevole Taviani, nel senso che si rispetti la proporzione dei gruppi, e degli onorevoli Togliatti e Cevolotto, nel senso che, ove sorgano nel Comitato questioni importanti siano rimesse alla Commissione in seduta plenaria, e che tutti i commissari possano presentare al Comitato i loro emendamenti.

COLITTO dichiara di votare contro, perché convinto che, dopo il lavoro del Comitato, la situazione si ripresenterà identica a quella attuale.

(L’ordine del giorno è approvato).

TOGLIATTI propone che ì Presidenti dei gruppi parlamentari si mettano d’accordo per la designazione dei membri del Comitato.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Essendo esaurito l’ordine del giorno, la Commissione sarà convocata a domicilio.

La seduta termina alle 19.30.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Canevari, Caristia, Castiglia, Cevolotto, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Fabbri, Fanfani, Federici, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Lussu, Mancini, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce, Paratore, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Bordon, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Codacci Pisanelli, Dossetti, Einaudi, Farini, Finocchiaro Aprile, Iotti Leonilde, Leone Giovanni, Lombardo, Lucifero, Marchesi, Merlin Lina, Merlin Umberto, Patricolo, Porzio, Targetti.

GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

8.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione

Presidente – Caristia – La Pira – Lussu – Calamandrei – Togliatti – Colitto – Mortati – Dossetti – Cappi – Grassi – Targetti – Ghidini – Perassi – Terracini – Fabbri – Conti – Cevolotto.

La seduta comincia alle 17.15.

Sulle direttive di massima per la redazione del progetto di Costituzione.

PRESIDENTE avverte che è stato predisposto il seguente schema sommario della Costituzione, che potrà servire come guida alla discussione.

PREAMBOLO

Parte I

Disposizioni generali.

Parte II

DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI

Titolo I. – Rapporti civili:

  1. a) eguaglianza;
  2. b) inviolabilità della persona, del domicilio, della corrispondenza;
  3. c) libertà di circolazione, residenza, emigrazione, ecc.;
  4. d) libertà di riunione e di associazione;
  5. e) libertà di opinione e di stampa.

Titolo II. – Rapporti etico-sociali:

  1. a) diritti e doveri della famiglia;
  2. b) diritti e doveri di istruzione;
  3. c) libertà di credenza e di culto; rapporti con la Chiesa cattolica.

Titolo III. – Rapporti politici:

1°):

  1. a) diritto di voto;
  2. b) di referendum;
  3. c) di iniziativa legislativa;
  4. d) di petizione.

2°) Diritto di accesso a funzioni ed uffici pubblici.

Titolo IV. – Rapporti economici:

1°) Lavoro:

  1. a) diritti e doveri del lavoro;
  2. b) diritti ad una retribuzione adeguata;
  3. c) diritti particolari alle donne lavoratrici;
  4. d) diritto al riposo ed alle ferie;
  5. e) diritto all’assistenza ed alla previdenza;
  6. f) diritto di partecipare alla gestione;
  7. g) diritto di organizzazione sindacale;
  8. h) diritto di sciopero.

2°) Proprietà ed imprese:

  1. a) coesistenza di attività economiche pubbliche o private; loro coordinamento a fini sociali;
  2. b) proprietà privata; finalità e disciplina;
  3. c) imprese cooperative;
  4. d) imprese pubbliche;
  5. e) proprietà fondiaria;
  6. f) risparmio e credito.

Parte III

ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE DELLA REPUBBLICA

Titolo I. – Struttura della Repubblica ed autonomie locali:

Cap. 1. – La Regione.

Cap. 2. – Il Comune.

Titolo IL – Parlamento:

Cap. 1. – Prima Camera;

Cap. 2. – Seconda Camera;

Cap. 3. – Disposizioni comuni alle due Camere;

Cap. 4. – Formazione delle leggi.

Titolo III. – Il Capo dello Stato (Presidente della Repubblica).

Titolo IV. – II Governo.

Titolo V. – La Giurisdizione.

Titolo VI. – Alta Corte di garanzia costituzionale.

Titolo VII. – Revisione della Costituzione.

Parte IV

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Avverte anche che l’onorevole Calamandrei ha proposto che le materie della nuova Costituzione siano distribuite secondo il seguente schema:

Preambolo.

Capo 1o. – Definizione della forma dello Stato – Emblemi nazionali – Relazioni internazionali.

Capo 2°. – I diritti individuali:

Sezione 1a. – Diritti civili e politici;

Sezione 2a. – Diritti sociali.

Capo 3°. – Poteri ed organi centrali:

Sezione 1a. – Il Capo dello Stato;

Sezione 2a. – Potere e organi legislativi;

Sezione 3a. – Potere ed organi esecutivi.

Capo 4°. – Poteri e organi locali:

Sezione 1a. – L’autonomia regionale.

Sezione 2a. – I Comuni.

Capo 5°. – Potere e organi giudiziari.

Capo 6°. – Garanzie dei diritti – La Suprema Corte Costituzionale.

Capo 7°. – Modificazioni della Costituzione.

Disposizioni complementari e transitorie.

Questo schema sostanzialmente coincide con quello all’ufficio di Presidenza. Se nessuno farà osservazioni al riguardo, s’intenderà in via di massima approvato.

Comunica poi che l’onorevole Calamandrei ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione;

a conferma e integrazione dell’ordine del giorno approvato nella seduta del 25 ottobre;

mentre si dichiara convinta che nel testo della Costituzione, come suprema legge della Repubblica, debbano trovare posto non proclamazioni di idealità etico-politica, ma soltanto norme giuridiche aventi efficacia pratica, che siano fondamento immediato di poteri e di organi, a garanzia di diritti concretamente sanzionati;

riconosce opportuno che, come speciale categoria dei diritti, trovi posto tra gli articoli della Costituzione la enunciazione di quelle essenziali esigenze individuali e collettive, nel campo economico e sociale che, anche se non raggiungono oggi la maturità di diritti perfetti e attuali, si prestano, per la loro concretezza, a diventare veri diritti sanzionati con leggi, impegnando in tal senso il legislatore futuro;

ritiene invece che, per ogni altra enunciazione generale di finalità etico-politiche di cui si ritenga opportuno far cenno nella Costituzione, esigenze di chiarezza e di tecnica impongano di non confonderle con le vere norme giuridiche e di riservarle ad un sobrio e sintetico preambolo».

CARISTIA chiede venia se il suo discorso non sarà brevissimo, come vorrebbe, per due motivi: in primo luogo perché la sua condizione di studioso gli impone un maggior senso di responsabilità; in secondo luogo perché si è trovato più volte, con sua grande amarezza, in un dissenso vivo e reciso con alcuni colleghi della prima Sottocommissione, per i quali ha grandissima stima. Afferma che in verità siamo tutti, più o meno dominati, in questo momento, da due forti preoccupazioni: quella di assicurare al cittadino un’ampia sfera di libertà custodita da garanzie, che valgano, in ogni caso, a difenderla contro ogni attacco legale o extralegale; l’altra di determinare i principî essenziali e fondamentali, che dovranno operare una trasformazione dei rapporti economici, imposta dalle esigenze di una più alta giustizia sociale. E siamo ancora tutti, o quasi tutti, sotto l’influsso delle Costituzioni pubblicate dopo la prima guerra mondiale, specialmente di una, che fu il frutto dello sforzo comune dei più autentici rappresentanti della pubblicistica tedesca; la più dotta, la più completa, la più aderente al clima ultrademocratico creato dalla sconfitta, ma che ebbe, ahimè!, brevissima vita: la Costituzione di Weimar.

La prima delle nostre preoccupazioni è più degna di nota, non perché eccella in ordine d’importanza, ma perché più e meglio può venir sodisfatta dalla formulazione di vere e proprie norme giuridiche. Si tratta in realtà delle classiche libertà che lo Statuto albertino, al pari delle altre Carte del tempo, ha opportunamente riconosciuto e garantito; e si tratta di norme giuridiche, perché accompagnate da apposita tutela. Si è detto, più di una volta e con tono alquanto dispregiativo, che siffatte libertà rappresentano il soddisfacimento di aspirazioni affacciate dalla borghesia del tempo; e ciò potrà esser vero in un certo senso, ma è anche vero che di esse ha goduto tutto il popolo e di esse si sono giovate anche quelle classi, che, nelle rigide teorizzazioni di certi maestri, sarebbero rimaste estranee o insoddisfatte. Comunque una cosa è certa: che senza l’attuazione o l’effettivo riconoscimento di siffatte libertà riesce impossibile l’esistenza di ordinamenti politici liberi e democratici. E appunto per questo siamo estremamente preoccupati di erigere salde barriere contro ogni velleità di ritorno a esperimenti fascisti o totalitari; ed a questo criterio sono ispirati gli articoli, che sulla materia ha votato la prima Sottocommissione.

La libertà è, difatti, nel consorzio civile, il sommo bene, quello per cui la vita dei singoli e delle comunità si rende degna d’essere vissuta. Ma sarebbe grossa ingenuità credere che la libertà sia convenientemente tutelata e posta al riparo da ogni tentativo di vanificarla o di sopprimerla, quando abbia ricevuto una sapiente codificazione nell’ordinamento giuridico. Il diritto, quello positivo, non ha valore in sé, ma in quanto si traduce in atto; e sarebbe facile addurre molti esempi, in cui la libertà sapientemente codificata si è presto dileguata, come la nebbia, al vento della reazione. Perché la libertà ha la sua massima tutela non nelle formulazioni, più o meno rigide della Costituzione, che pur si rendono necessarie, ma nella pubblica opinione, nella coscienza politica del popolo, che ne gode; e tanto più sarà forte e durevole, quanto più il popolo sarà convinto ch’essa rappresenta il massimo bene, quello che non può venir sacrificato a nessun altro. Non per nulla e non a caso essa si è venuta affermando e attuando felicemente in quei Paesi, che sono e furono retti da una Costituzione dalle linee molto modeste, che potremmo dire scheletriche, mentre ha vissuto una vita grama e fortunosa in certi altri che hanno goduto del possesso vistoso di costituzioni ricche di norme minute e sapientemente congegnate.

L’altra preoccupazione è d’indole sociale o economica; ed è naturale che non possiamo accontentarci della vecchia Carta largita da re Carlo Alberto, quantunque essa, sia detto a onor del vero, sia valsa per oltre mezzo secolo a instaurare un regime di libertà; e avrebbe certo continuato a svolgersi in senso democratico, se la violenza, vilmente tollerata, dell’esperimento fascista non avesse interrotto questo svolgimento. L’ambiente è mutato, e con l’ambiente è mutato il clima storico in cui si affacciano nuove aspirazioni, nuove situazioni, nuovi propositi di rinnovamento presso che radicale. Già gli eventi, che caratterizzarono il corso, le fasi e il termine nella penultima guerra, avevano notevolmente contribuito ad avviare e, in parte, ad attuare questi propositi di rinnovamento, che il conflitto recentissimo sembra abbia, in gran parte, maturato.

Un nuovo ideale di giustizia guida le nostre menti, una nuova o rinnovata concezione dei compiti dello Stato si è diffusa e si va diffondendo, una fede operosa nell’assetto economico-sociale di domani nutre la vita e le opere dell’odierna classe politica. Forse noi siamo vittima della stessa illusione, di cui l’umanità si è spesso cibata nei periodi di crisi più profonda – basti ricordare quella dell’illuminismo francese – forse il nostro profondo desiderio di una società più giusta, moralmente e materialmente migliore c’induce ad accelerare eccessivamente il corso della storia: ma è indubbio che un nuovo ideale di giustizia, che non ha lo stesso contenuto, ma che, per ventura coincide in massima parte, ci guida, c’incalza, ci sospinge direi con una certa impazienza ed ansietà.

Questo ideale ha un largo riflesso e vorrebbe trovare uno sbocco nella nuova Costituzione, come poté trovarlo, non dirò sino a qual punto e con quale efficacia, nelle Costituzioni che seguirono la penultima guerra mondiale.

Si tratta, dunque, di costringere tra le anguste maglie della norma giuridica disegni, aspirazioni, propositi, o paradigmi di un ordine futuro; atteggiamenti dello spirito di varia origine e di diverso colorito, che premono, ordinatamente o disordinatamente, per aprirsi un varco e riuscire a penetrare nel sacrario della legge costituzionale. Dice legge, e di proposito; giacché anche la Costituzione è una legge nel significato più alto dell’espressione, anzi la legge delle leggi. E appunto per questo, non potrà essere un massimario, una raccolta di dichiarazioni programmatiche, un prontuario di definizioni o delucidazioni, che, oltre a riuscire ingombranti, superano i modesti limiti della sfera giuridica. Essa dovrà avere un contenuto strettamente o prevalentemente imperativo. Non potranno esser evitati o eliminati, sia pure in termini sobri e contenuti, dichiarazioni o massime aventi una portata, più che giuridica, di natura etico-politica; ma ciò dovrà accadere in proporzione e in misura che il contenuto normativo abbia sempre una forte preponderanza. E ciò per due motivi: uno intrinseco e l’altro di opportunità.

Per il primo si ha il dovere di apprestare una Costituzione che sia veramente legge, nel senso in cui questo termine è inteso dalla comune giurisprudenza, e che abbia, quindi, carattere prevalentemente normativo. Quelli che, al pari dell’oratore, hanno, a cagione del loro ufficio, maggiori contatti coi documenti legislativi d’oggi e di ieri, capiranno e consentiranno più agevolmente che nel campo del diritto hanno pratica attuazione quelle norme, che, in un modo o nell’altro, vengano accompagnate da sanzione. Per il secondo motivo sarà lecito osservare che ogni Costituzione, specie quelle a tipo democratico o repubblicano, oltre al contenuto prevalentemente normativo, ha un senso e un valore didascalico o pedagogico. Dovrà, quindi, evitare l’enunciazione di formule vaghe e indeterminate, dubbie o equivoche, atte a generare nella mente di chi legge confusioni o incomprensioni, che potranno eliminarsi del tutto solo quando le norme della Costituzione saranno redatte in forma semplice, nitida e precisa, solo quando sarà evitata ogni superfluità e ridondanza. A noi incombe soprattutto e innanzi tutto l’obbligo di non deludere le aspettative, di non promettere – anche quando ciò possa farsi in seno alla nuova Costituzione – ciò che non si potrà mantenere in un prossimo futuro. Il popolo italiano ha ragione di essere stanco di promesse che non vennero o non potrebbero esser mantenute. La Costituzione non è il vangelo di un nuovo mondo. Essa codifica modestamente le aspirazioni del presente.

Solo la sapienza lungimirante del Capo sapeva preparare – ed è ormai a tutti noto con quanto successo – piani che avrebbero trovato la loro attuazione nello spazio di uno o mezzo secolo. La Costituzione provvede all’immediato domani, quantunque debba svolgersi in armonia con le nuove tendenze e co’ nuovi bisogni che vengono manifestandosi in seno alla collettività.

Le Costituzioni nascono, vivono e invecchiano come tutte le altre forme del diritto; ma muoiono e deperiscono facilmente, allorché nascono con una membratura precoce o eccessivamente sviluppata. La qual cosa potrebbe accadere anche della nostra, se si perdesse interamente di vista il nostro modesto obiettivo e si volessero forzare gli eventi, introducendovi ciò che sa d’inopportuno o pericoloso per la stessa esistenza della Repubblica.

Decisamente, le Costituzioni d’oggi, come quelle che, più di vent’anni fa, uscirono dall’immediato dopoguerra, tendono, con pari fervore, all’instaurazione di una nuova democrazia; e tutte sono, del pari, assillate da motivi economici. La nuova democrazia dovrebbe integrare o perfezionare quelle che, nel corso dei secoli, l’hanno preceduta. Ma in questo conato, tendente soprattutto a spostare il principio di eguaglianza, dal piano giuridico a quello sociale o economico, la nuova democrazia incontra ostacoli spesso insormontabili, quando essa non intenda negare i presupposti della sua stessa esistenza. Ed essa è costretta a muoversi, come il nocchiero dei mito, tra due scogli formidabili; e solca le acque, incalzata, senza tregua, dallo stesso pericolo di affondare o di approdare, molto lontana dalla rotta, e dove non avrebbe mai voluto approdare.

Da un lato essa è premuta dal bisogno di aumentare notevolmente e forse smisuratamente le funzioni dello Stato nell’intento di tutelare, quanto più è possibile, la personalità del cittadino per assicurargli un esistenza degna dell’uomo civile; e va incontro al pericolo di vedere eccessivamente ristretta la sfera della libertà individuale, quanto più si allarga il potere o l’intervento dello Stato. Dall’altro essa è premuta dal bisogno, iniziale e fondamentale in ogni forma di libero governo, di proclamare e tutelare, sempre in forma più ampia, quei diritti pubblici soggettivi ormai da gran tempo radicati nella coscienza del mondo moderno; e va incontro al pericolo di sacrificare, in tutto o in parte, quando non riesca a trovare un saggio temperamento, quelle riforme stesse che abbiano raggiunto un congruo grado di maturità.

Anche noi siamo, purtroppo, costretti a navigare per le stesse acque e nella stessa nave. E nessuno, purtroppo, può scendere se non quando abbia compiuto l’intero viaggio. E lottiamo, alla meglio, o alla men peggio, contro gli stessi pericoli. Ma la nuova democrazia non deve coltivare essa stessa i germi della dissoluzione, e non può essa stessa prepararsi, consapevole o inconsapevole, a un lento suicidio per spianare la via all’avvento di una nuova dittatura. Essa non può coprire quelli che sono i tratti fondamentali del suo volto di una maschera, che a lungo andare, finirebbe per cancellarli. Democrazia significa, oggi come ieri, governo del popolo, e governo del popolo significa, in un mondo civile, rispetto delle minoranze e controllo sull’attività di governo.

L’avvenire dirà se riusciremo a trovare quel saggio temperamento; ma la democrazia d’oggi, come quella di ieri, troverà guida ai suoi passi, in due grandi principî, l’uno d’indole morale, l’altro di natura giuridica: in osservanza del primo è necessario non formulare promesse, che difficilmente si possono mantenere, e formulare solo quelle che sicuramente e immediatamente si potranno mantenere; in osservanza del secondo occorre, senza posa, insistere sul principio dalla supremazia della legge; perché nulla, in un paese civile, è più necessario dell’obbedienza alle leggi, e nulla squalifica o esautora chi ha l’esercizio del potere tanto quanto l’esistenza di leggi, che, pur essendo opportune e sapientemente congegnate, vengano di continuo violate o inosservate.

Noi abbiamo addossato o tendiamo ad addossare allo Stato troppi compiti, con la certezza che la nuova Repubblica, costretta a lottare contro nemici aperti o segreti e contro difficoltà senza precedenti, non potrà assolvere o assolverà malamente e in guisa da porre a repentaglio la sua stessa esistenza.

Dovremo costruire o ricostruire lo Stato, stremato ed avvilito, dalla sconfitta e dalla dittatura, sopra un piano modesto, in cui tutte le forze sane del Paese, quelle che apprezzano la libertà e avvertono un bisogno di rinnovamento, possano operare con una certa concordia. Il Paese ha bisogno di tregua. E tregua significa, al caso nostro, raccoglimento. Troppe energie vanno disperse e minacciano od ostacolano lo sforzo, che il Governo, espressione della volontà popolare, dovrà compiere. La Costituzione dovrà essere un punto di concentramento che giovi, non ad esasperare, ma a placare le opposte tendenze. Ed essa assolverà tanto meglio questo compito, quanto più sarà semplice, breve e normativa; quanto più saprà tenersi lontana da formule vaghe, da dichiarazioni programmatiche, da promesse solenni; quanto più saprà evitare la dichiarazione di diritti senza garanzie, quanto più saprà resistere al disegno di piani grandiosi ed inattuabili e si deciderà ad aspettare che la legislazione di domani si svolga, seguendo i nuovi bisogni e gradatamente, innovatrice. Perché il Paese attende uno statuto, che seguendo lo spirito dei tempi, faccia almeno la buona prova e viva, almeno, se non di più, i lunghi anni che ha vissuto quello di re Carlo Alberto.

Concludendo, afferma che esistono due tipi di Costituzioni: uno come quello di Weimar che piace a molti e che all’oratore non piace; un altro, semplice e scheletrico, come la recente Costituzione della Repubblica francese. Dichiara che, nella discussione e negli emendamenti, avrà sempre di mira il principio che la Costituzione sia semplice, scheletrica e breve.

LA PIRA osserva che la Costituzione deve essere un libro e quindi deve essere costituita da capitoli organicamente collegati gli uni agli altri. Ora, effettivamente la prima Sottocommissione si è regolata proprio secondo questo principio: scrivere un certo libro, composto da determinati capitoli legati intorno ad un fine. Sono pertanto sorti tre problemi. Innanzi tutto, poiché si tratta di un libro si deve avere di mira esattamente il fine. Quale è questo fine che la Costituzione deve avere? Ci si è richiamati a Montesquieu, che dice: ogni seria Costituzione ha un oggetto che definisce. In base all’esperienza politica di questi venti anni si è visto che il tipo di Costituzione fascista, che non è stata mai scritta, ma che in ogni modo era elaborata implicitamente in tutte le disposizioni legislative, era questo: c’era un fine che era lo Stato, e quindi, si diceva: gli uomini per lo Stato. Noi abbiamo detto: questo fine è sbagliato, contraddice a tutte le tradizioni costituzionali europee, perché il fine della Costituzione deve essere la persona umana, l’uomo. Ed allora, primo punto fondamentale è quello di agganciarsi a questa esperienza politica per contraddirla ed affermare solennemente in un articolo – che ha rilievo appunto perché si riferisce a questa esperienza politica e giuridica fatta durante il ventennio – che esistono dei diritti imprescrittibili e naturali della persona umana. Il fine di questa dichiarazione è quello di dire che lo Stato deve riconoscere e tutelare questi diritti imprescrittibili della persona umana; non l’uomo per lo Stato, ma lo Stato per l’uomo. Si afferma pertanto, nel primo articolo, che i diritti che lo Stato riconosce non sono diritti riflessi, cioè concessioni dello Stato, ma sono diritti originari, quindi veri ed intrinseci diritti subiettivi.

Definito il fine, cioè il riconoscimento e la tutela dei diritti della persona umana da parte dello Stato, si pone la domanda: quali sono questi diritti della persona? Per questo verso si hanno due prospettive storiche, o meglio una prospettiva con due volti che si integrano. Una risposta alla domanda la forniscono innanzi tutto il tipo di Costituzioni che deriva dall’89 e quelle americane del tipo democrazia liberale, in cui vengono riconosciute le libertà civili e politiche della persona umana, ma non vengono riconosciuti i cosiddetti diritti sociali delle comunità che precedono lo Stato o delle quali lo Stato fa parte: le comunità interne per un verso, le comunità internazionali per l’altro verso. Si è quindi detto che non basta affermare le libertà civili e politiche, così come sono state affermate dalle Costituzioni di tipo democratico liberale, ma bisogna aggiungere questi altri diritti sociali, sia in ordine al lavoro, con tutti i diritti che vi si connettono, sia in ordine agli altri ordinamenti giuridici interni ed internazionali con i quali lo Stato viene a contatto. Si è, cioè, ravvisata la necessità di procedere alla specificazione di tutti questi diritti, oltre quelli stabiliti dalla rivoluzione del 1789, riconoscendosi che siamo in presenza di una concezione mutata rispetto a quella del 1789, perché abbiamo un concetto politico di democrazia e quindi si profila una visione organica della società che deve avere il suo riscontro nella Costituzione attuale (problema dei partiti, organizzazioni sindacali, ecc.).

Vi è poi il terzo punto: come organizzare questo quadro dei diritti. In conclusione, pur consentendo in parte alle cose interessantissime che ha dette l’onorevole Caristia, ed anche in parte alle critiche che sono state mosse al lavoro della prima Sottocommissione per qualche sovrabbondanza nel progetto, contesta che nella struttura teorica la prima Sottocommissione sia stata abbondante, perché ha seguito un criterio severamente architettonico. Pertanto, se c’è da sfrondare qualcosa lo si faccia, ma organicamente, tenendo conto che ogni articolo è la pietra di un edificio rispetto ad una concezione organica della società, dello Stato, del diritto, dell’ordinamento giuridico.

LUSSU avrebbe desiderato che l’onorevole Calamandrei avesse illustrato il suo ordine del giorno, che dichiara subito di approvare nella sua sostanza.

Non crede che il progetto presentato sia il più rispondente alla stringatezza, alla semplicità ed alla chiarezza che devono essere le caratteristiche di una Costituzione. Se non si fossero avute le rivoluzioni americana, francese e russa, molti dei principî consacrati nel testo in esame potrebbero trovarvi posto; ma ribadire oggi questi principî sembra non rispondente alle esigenze di un testo costituzionale che non deve consistere in una serie di principî teorici, sia pure solenni, ma nella consacrazione di norme legislative. La Costituzione è una legge, anzi è la legge delle leggi, e quindi ogni suo articolo deve contenere un precetto giuridico.

Molti principî affermati in questi articoli dovrebbero, pertanto, trovare la sede opportuna in un preambolo sobrio e solenne. Si tratta, in effetti, di principîi magnifici, ma che appesantiscono la Costituzione e non legano in nessuna forma il legislatore ed i poteri pubblici ad una data azione.

Quando legge, ad esempio, nell’articolo 3 che chiunque sia inabile al lavoro ha diritto ad ottenere la necessaria assistenza, pensa che tale affermazione non serve a nulla, se non ha come sostegno una legge speciale che crei istituti adatti a far sì che chiunque è inabile al lavoro non muoia di fame.

Cita, in proposito, la Costituzione russa, la quale nell’articolo 1 dice: «L’Unione delle Repubbliche socialiste è lo Stato socialista degli operai e dei contadini». Si tratta di una precisa affermazione che ha un contenuto reale, storico e politico e che è la base dell’organizzazione della Repubblica sovietica e nessuno può dire che sia pleonastica.

Anche la Costituzione spagnuola dice nell’articolo 1: «La Spagna è una Repubblica democratica di lavoratori di ogni classe, organizzata in regime di libertà e di giustizia»; ma l’affermazione getta solo polvere negli occhi e non dà alcuna garanzia giuridica.

Ora, alla Repubblica italiana bisogna dare una Costituzione formulata in modo che ad ogni articolo corrisponda un’adeguata garanzia ed una possibilità di esecuzione della garanzia stessa; altrimenti si corre il rischio di creare una specie di vangelo etico, politico e religioso, il quale può avere importanza per gli studiosi e per i mistici, ma non certamente per la società politica che vogliamo guidare.

CALAMANDREI sperava di non dover interloquire, perché riteneva che il suo ordine del giorno fosse la prosecuzione di quella discussione che sullo stesso argomento ebbe luogo in ottobre, in questa stessa aula. Allora, come si ricorderà, osservò che nella Costituzione si devono includere unicamente norme giuridiche, cioè, regole di condotta che dicano quali sono i diritti sodisfattibili oggi e quali sono le conseguenze delle violazioni di norme che vengono violate oggi. Di fronte a queste osservazioni vi fu chi disse – e soprattutto l’onorevole Togliatti – che siccome la nostra è la Costituzione non di una rivoluzione già fatta, ma di una rivoluzione pacifica e legale da fare in venti anni, era opportuno che comprendesse anche norme le quali, pur non consacrando diritti immediatamente attuabili, costituissero una specie di orientamento – e quindi sotto questo punto di vista avessero anche un carattere di impegno giuridico e politico – per il legislatore futuro. Si tratta dei così detti diritti sociali che in tante Costituzioni create dopo la prima guerra mondiale sono ormai stati accolti fra le apparenti norme giuridiche, anche se di norme giuridiche non hanno la sostanza.

Ora, il suo ordine del giorno vorrebbe appunto – venendo incontro alle osservazioni dei colleghi e specialmente a quelle dell’onorevole Togliatti – consacrare nella Costituzione questi diritti sociali, stabilendo però un’ulteriore distinzione fra quelli che, pur non essendo ancora diritti, hanno la sostanza che li rende suscettibili di diventare domani dei veri e propri diritti e altri che siano invece semplicemente dei credi religiosi, filosofici, delle finalità etiche, che possono avere anche nella vita sociale più importanza delle formulazioni giuridiche, ma che non trovano in una Costituzione, cioè in una legge, la sede meglio adatta per la loro formulazione. Chi proclama che l’anima è immortale, può trovare in tale affermazione la soluzione di tutta la sua vita intima, ma non può tradurla in articoli di legge; così se dal punto di vista filosofico si dice che il fine della vita umana è la felicità, o che la sostanza della vita umana è l’angoscia, o che il diritto nasce prima dello Stato, o lo Stato nasce prima del diritto, si fanno enunciazioni che non si possono tradurre in articoli di legge.

Ed allora, siccome può darsi che la maggioranza della Commissione ritenga che alcune di queste finalità etico-politiche siano menzionate nella Costituzione, propone che invece di formularle in articoli di legge, si includano in una parte introduttiva, la quale sia redatta in forma tale da far capire ai lettori che non si tratta di articoli di legge, ma premesse di altro ordine. Si intende che bisognerà stabilire le norme da formulare come articoli ed i principî da mettere nel preambolo.

TOGLIATTI pensa che si stia ripetendo una discussione già fatta in sede di adunanza plenaria, e che alcune volte si è ripetuta in sede di prima Sottocommissione. A suo avviso la Commissione dovrebbe attenersi all’ordine del giorno già approvato e non riaprire una discussione per arrivare a nuove conclusioni, dato che ad una determinata conclusione già si arrivò una volta, realizzando la quasi unanimità dei presenti.

Se si vuole riaprire la discussione non ha che da ripetere quanto già disse. Noi siamo effettivamente in periodo transitorio, e non scriviamo una Costituzione dopo venti anni di lavoro costruttivo, come avvenne nella Costituzione a cui si riferiva uno dei precedenti oratori, la quale registrava conquiste realizzate e consolidate attraverso un’opera costruttiva. Noi scriviamo una Costituzione la quale deve esprimere, registrare e consolidare la conquista democratica che abbiamo realizzato attraverso l’abbattimento del regime fascista, ma che in pari tempo deve attuare una trasformazione profonda di carattere economico, sociale e politico, secondo le aspirazioni della grande maggioranza della popolazione italiana. Per questo, nella Costituzione non deve essere consacrato soltanto quello che succede oggi, ma anche norme che illuminano la strada del legislatore. Si potrebbe fare questo nel proemio; ma che valore ha un proemio? Lo Statuto Albertino ebbe anche un proemio, ma oggi lo si ignora. Scritte nel proemio, le norme perdono il loro valore.

Non esclude che si possa ammettere, nella formulazione di determinati articoli, qualcosa che non è la norma giuridica stretta che reclama l’onorevole Calamandrei, ma che può essere – come egli dice – la proclamazione di una idealità oppure l’enunciazione di finalità etico-politiche. Questo sarà anche un orientamento, tanto più efficace in quanto sarà formulato in articoli e non confinato in un proemio. Ad ogni modo, non si sente di approvare l’ordine del giorno che modifica la posizione già assunta. Sarebbe, pertanto, del parere di esaminare volta per volta, a proposito di ciascun articolo, se sia il caso di sfrondarlo, oppure se si vuole mantenere una formulazione generale la quale orienti il legislatore.

COLITTO si associa all’onorevole Togliatti. Ricorda che anche un’altra volta la Commissione si è occupata della stessa cosa, e che allora egli ebbe a presentare un ordine del giorno, con il quale chiedeva appunto che le enunciazioni di carattere programmatico fossero poste non già nella Costituzione, propriamente detta, la quale è una legge che deve, come tale, contenere disposizioni di carattere normativo, ma nel preambolo. La Commissione non credette di seguire il suo avviso. Oggi si ritorna sull’argomento. Egli pensa che, se si distingue tra norme di legge ed affermazioni di natura etico-politica o affermazioni esprimenti – come si dice nell’ordine del giorno Calamandrei – esigenze individuali-collettive, non bisogna fare eccezioni. La sua attenzione è attratta dal secondo capoverso dell’ordine del giorno stesso, quello, cioè, in cui si afferma che la Costituzione dovrebbe riconoscere l’opportunità di inserire, nel testo dei suoi articoli, anche l’enunciazione di esigenze individuali e collettive nel campo economico-sociale, le quali, quand’anche non raggiungano oggi una maturità di diritti perfetti ed attuali, si prestano pur tuttavia a diventare diritti sanzionati dalla legge. Ora, a lui sembra, che non si possa far distinzione tra enunciazioni ed enunciazioni. Ove si sia di accordo nell’inserire nel testo della Costituzione soltanto disposizioni che rivestano carattere normativo, tutte le altre che, invece, non lo rivestono non possono essere poste che nel preambolo.

MORTATI potrebbe rinunziare alla parola, dato che condivide pienamente il punto di vista esposto dall’onorevole Togliatti. Ritiene tuttavia opportuno procedere a qualche precisazione in ordine alla proposta dell’onorevole Calamandrei. Deve esprimere il suo netto dissenso da questa, in primo luogo per il concetto di Costituzione da essa presupposto; in secondo luogo per la differenza di regolamentazione che vorrebbe attuare fra i principî economico-sociali e gli altri. Per quanto riguarda la Costituzione, sembra che se ne travisi l’essenza, allorché la si configura quale un insieme di norme direttamente azionabili di fronte al magistrato.

CALAMANDREI osserva che non ha detto questo.

MORTATI. La Costituzione, sia per la natura degli organi cui si dirige, sia per la relativa genericità e la elasticità delle sue statuizioni, derivanti dalla funzione che essa ha di presiedere alla vita dello Stato per lunghi periodi di tempo, è destinata a contenere piuttosto principî direttivi che non norme direttamente ed immediatamente azionabili. In ogni caso, per potere distinguere, come vorrebbe l’onorevole Calamandrei, le norme dai principî, bisognerebbe possedere un criterio distintivo, che invece manca. In realtà quelli che si chiamano principî sono anche essi normativi, se non altro perché vincolano quanti debbono applicare le leggi, sia nell’attività interpretativa, che in quella di completamento delle lacune. Inoltre, in quanto sia ammesso un controllo di costituzionalità sostanziale delle leggi, possono avere per effetto di invalidare quelle fra esse che contrastino con i principî. Così, per esempio, l’affermazione, che sia fatta nella Costituzione, di un diritto al lavoro, non riveste solo carattere teorico, ma assume anche l’efficacia pratica, se non di suscitare la pretesa alla emanazione di leggi che lo realizzino concretamente, per lo meno di abilitare all’azione diretta ad impedire l’attuazione di leggi che siano in netto contrasto con esso.

Il collocamento nel preambolo dei principî, proposto dall’onorevole Calamandrei, se fatto con l’espressa intenzione di escludere pratica efficacia normativa ai medesimi, potrebbe riuscire dannoso, perché porterebbe ad irrigidire la concezione dominante al momento della compilazione della Costituzione, ponendosi come ostacolo all’evolversi di future correnti interpretative, che potrebbero, in aderenza con lo svolgersi della coscienza sociale, ampliare, anche all’infuori di espliciti interventi del legislatore, l’efficacia presupposta dal costituente.

D’altra parte è da considerare che il semplice fatto di spostare nel preambolo la collocazione di dati principî, di per sé ed ove si rinunzi ad espressa dichiarazione dell’intenzione, non farebbe raggiungere il risultato desiderato dal proponente, poiché essi, per il fatto stesso di emanare da un potere statale – il quale per sua natura non fa mai dichiarazioni teoriche – verrebbero ad assumere necessariamente un valore normativo.

È però da osservare come sia estraneo all’indole propria del preambolo di contenere enunciazioni su materie particolari, mentre appare più proprio inserire in esso le dichiarazioni generalissime, espressive del tipo specifico di ordinamento posto in essere con la Costituzione. Così, seguendo la proposta dell’onorevole Calamandrei di indicare nel preambolo la forma dello Stato, si potrebbero inserire nel medesimo i due primi articoli formulati dalla prima Sottocommissione, i quali contengono l’enunciazione dei fini essenziali posti a base della Costituzione, e che perciò appaiono atti a definire la forma statale, intesa nel senso comprensivo di concezione politica fondamentale.

In ogni caso, comunque si risolva questo problema generale, sembra sia da rigettare a priori la proposta di porre in una posizione speciale i principî sociali. Essi non costituiscono se non lo svolgimento e l’integrazione del generale diritto di libertà, e non potrebbero perciò venire separati dalle enunciazioni esplicative di quest’ultimo, con le quali formano un’unità sistematica.

DOSSETTI concorda con l’onorevole Togliatti, nel senso che all’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei sia sostituito il principio direttivo già approvato dalla Commissione plenaria. Osserva, in proposito, che si sta discutendo di un principio direttivo e non, come si dovrebbe, dell’applicazione di esso. Sappiamo benissimo che il tornare a dire che la Costituzione deve essere possibilmente breve, possibilmente chiara, possibilmente concreta e che possibilmente deve contenere norme di valore giuridico, non è che un pleonasmo; ciò che in realtà ci interessa è invece l’applicazione che ciascuno intende fare, con perfetta buona fede, di questo principio. Questa questione è stata affrontata, quando sono stati discussi i singoli articoli. Vano quindi è ora il discutere ulteriormente; si pongano piuttosto i singoli articoli in discussione e allora ciascuno potrà esporre le proprie idee. Accade, infatti, anche che, molte volte, quando non si vuol prendere posizione diretta di fronte ad un articolo e negarne sostanzialmente il contenuto, ma per ragioni di convenienza non si vuole apertamente confessarlo, si finisce col dire che l’articolo ha una portata non pertinente ad una Carta costituzionale. Ecco quindi perché questa discussione è inutile: perché, quand’anche sia stabilito il principio, esso sarebbe pur sempre soggetto a forti contestazioni nell’applicazione pratica.

CAPPI dalle parole pronunciate nella precedente seduta dall’onorevole Calamandrei, ha avuto l’impressione che si trattasse soltanto di una questione di topografia o di euritmia giuridica. Se così fosse, sarebbe da accettarsi senz’altro la proposta dell’onorevole Togliatti; ma si accorge invece che, nell’ordine del giorno presentato oggi, la sostanza della tesi dell’onorevole Calamandrei sta nelle ultime parole, con le quali non solo vuol relegare certe norme, che ha chiamato etico-politiche, nel preambolo, ma implicitamente dichiara di ritenere certi articoli formulati dalle Sottocommissioni immeritevoli di essere inseriti nella Costituzione. Il carattere quindi del proprio dissenso è il medesimo di quello degli oratori che già hanno così bene interloquito al riguardo: gli onorevoli La Pira, Mortati e Dossetti. Che si possa anche un poco sfrondare, non intende escludere: ma il taglio chirurgico proposto dall’onorevole Calamandrei è, per la verità, un po’ troppo forte. Pensa che il suo criterio discretivo tra norme azionabili e norme non azionabili non sia assolutamente da accogliersi, poiché certi princìpi direttivi possono avere una grande importanza di orientamento per il legislatore e per l’interpretazione delle leggi che il potere legislativo promulgherà.

Questi principî direttivi, se non hanno un contenuto e un effetto positivo, se non sono, cioè, azionabili nel senso che possano dar diritto ad una prestazione da parte dello Stato, possono però avere un valore negativo, di limite alla potestà del potere legislativo e di quello esecutivo. Così, ad esempio, in un articolo si dice: «La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il libero esercizio della propria attività professionale». Non crede l’onorevole Calamandrei che questa norma abbia un contenuto giuridico positivo e concreto di fronte ad un legislatore che domani stabilisse dei vincoli, dei principî ristretti di corporativismo medioevale? Non è una norma importante questa? Non darà essa diritto al cittadino, che si sentisse leso da una legge restrittiva della libertà professionale, di impugnarla?

Crede che, in via pratica, convenga passare all’esame degli articoli e decidere se vadano compresi nel preambolo o nel testo. In secondo luogo ritiene che, sia pure sfrondando il troppo e il vano, convenga inserire questi principî direttivi, siano essi di carattere economico-sociale o etico-politico, nel preambolo o nel testo.

GRASSI ritiene che sia inutile porre in votazione l’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei, in quanto che, se con esso si voglia mantenere il criterio, già approvato, di dare alla Costituzione una linea sobria, la Commissione è d’accordo. Aggiunge che l’ordine del giorno gli sembra un po’ pericoloso, perché (e non occorre dirlo all’onorevole Calamandrei, insigne giurista) non siamo nel campo del diritto privato, ma in quello del diritto pubblico, per creare uno status rei publicae. Ne si può dire che fra le norme costituzionali non possano trovar posto anche enunciazioni di principî: tutte le Costituzioni li hanno sempre ammessi.

Per quanto riguarda la questione se queste direttive debbano essere inserite negli articoli o nel preambolo, crede che si possa accettare la proposta dell’onorevole Togliatti, di decidere caso per caso nell’esame degli articoli.

Ha notato che molte volte si è tenuto a specificare nelle norme positive il loro fine. Ciò gli sembra assurdo, in quanto saranno gli studiosi di domani e il legislatore futuro a determinare tali fini.

TARGETTI prega l’onorevole Calamandrei di non insistere nel suo ordine del giorno per una ragione pratica. È convintissimo che nel progetto di Costituzione vi sia una pletora di affermazioni etico-politiche; ma è parimenti convinto dell’impossibilità di stabilire in un ordine del giorno un criterio discretivo che si possa applicare per eliminare dal progetto soltanto il superfluo che vi possa essere.

D’altra parte, non bisogna dimenticare che un ordine del giorno come quello dell’amico Calamandrei avrebbe trovato una sua logica impostazione prima che le Sottocommissioni iniziassero il loro lavoro. Dare ora delle direttive a chi direttive ha già seguito, non sembra la cosa più opportuna, logica e pratica, quando poi ciascuno, nell’esame dei singoli articoli, ha la possibilità, anzi, il dovere di ispirarsi a quei concetti che lo guidano in questa materia. L’approvazione dell’ordine del giorno potrebbe trovare dissenzienti anche alcuni di coloro che, di fronte a determinati articoli, sarebbero del parere di attenuare qualche affermazione etico-politica; e, nello stesso tempo, si dovrebbe procedere ad una revisione di tutti gli articoli che contengono affermazioni che si ritengono eccessive o deficienti.

D’altra parte, il ritiro dell’ordine del giorno lascerebbe impregiudicata la questione sollevata dall’onorevole Calamandrei.

GHIDINI rileva che la terza Sottocommissione si è attenuta ai criteri generali enunciati dall’onorevole Calamandrei.

Per quanto riguarda, ad esempio, il diritto al lavoro, non ostante che l’onorevole Colitto sostenesse che si tratta di un diritto che non è azionabile vigorosamente, la terza Sottocommissione ha ritenuto che questa distinzione non regge in materia di diritto pubblico, secondo le considerazioni esposte dall’onorevole Grassi.

La terza Sottocommissione, d’altra parte, si è preoccupata di spogliare più che fosse possibile gli articoli di enunciazioni di carattere filosofico, politico, morale, sociale, anche perché esse possono, in una legislazione futura, costituire una menomazione della libertà del legislatore, cioè una menomazione della libertà della volontà popolare, il che è contrario allo spirito democratico che è alla base della Repubblica italiana.

PERASSI osserva che l’ordine del giorno dell’onorevole Calamandrei contiene due concetti: uno, è quello di prevedere un preambolo, l’altro concerne quale deve essere il contenuto della Costituzione.

Dichiara di essere favorevole alla proposta che la Costituzione sia preceduta da un preambolo. Per quanto riguarda invece la determinazione di ciò che si deve inserire nella parte articolata, ha l’impressione che l’onorevole Calamandrei sia andato perfino al di là delle idee che sono espresse nel testo del suo ordine del giorno. In particolare ritiene – come ha detto l’onorevole Grassi, e come ha osservato l’onorevole Mortati, richiamandosi al concetto di Costituzione – che nella Costituzione non possano trovar posto soltanto norme giuridiche del tipo di quelle accennate, ma anche principî e direttive.

A conferma di questa tesi richiama quanto è stato fatto nella seconda Sottocommissione per quanto riguarda la distribuzione della competenza legislativa fra lo Stato e la Regione, nel senso che la legge dello Stato, rispetto ad una certa materia, si limita a fissare dei principî, delle direttive a cui le leggi della Regione devono conformarsi, e che costituiscono quindi orientamento e limite. Nello stesso modo la Costituzione può contenere principî e direttive che funzionano come limite e come orientamento alle leggi dello Stato.

CALAMANDREI dichiara di ritirare il suo ordine del giorno.

PRESIDENTE ricorda l’ordine del giorno Bozzi, approvato nella adunanza del 25 ottobre:

«1°) La Costituzione dovrà essere più che possibile semplice e chiara, tale che tutto il popolo la possa comprendere».

«2°) Il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete di carattere normativo e istituzionale, anche nel campo economico e sociale».

«3°) La Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilevanza costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle disposizioni conseguenti a leggi che non richiedano, per le eventuali modificazioni, il ricorso al processo di revisione costituzionale».

TERRACINI presenta il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per la Costituzione, riconfermando le direttive enunciate nell’ordine del giorno 25 ottobre, delibera di passare all’esame degli articoli, riservandosi di decidere nel suo corso quali siano le affermazioni di principio che devono trovar posto nel preambolo della Costituzione».

LUSSU dichiara di far proprio l’ordine del giorno Calamandrei, sintetizzandolo come segue: «La Commissione per la Costituzione, richiamato il suo ordine del giorno del 25 ottobre, delibera che nel testo della Costituzione trovino posto le formulazioni di articoli, che hanno carattere di norme giuridiche o stabiliscano anche nel campo economico e sociale diritti che devono essere attuati a cura del legislatore; rinvia ad un sobrio e sintetico preambolo le dichiarazioni di principî e di finalità generali d’ordine politico, economico e sociale che la Repubblica si propone».

Esprime il suo dissenso dalle affermazioni conclusive che imporrebbero una Costituzione in cui il preambolo non sia inteso come il faro che illumina il legislatore, ma come una parte secondaria, riservando ai singoli articoli affermazioni di principio, che non trovano poi riscontro nella possibilità di applicazione della norma.

È convinto che molti colleghi siano sostanzialmente dello stesso parere e chiede che l’ordine del giorno sia posto in votazione.

FABBRI è favorevole all’ordine del giorno Calamandrei fatto proprio dal collega Lussu, perché ritiene essenziale rispettare il principio della certezza del diritto, che sarebbe compromesso da norme tendenziali. Ricorda il caos determinato in Italia dalla Carta del lavoro fascista, che stabiliva principî bellissimi, ma a proposito della quale si è discusso 12 o 13 anni per stabilire se le norme in essa dettate avessero valore di legge o di semplice tendenza. La Carta del lavoro è stata riconosciuta come testo di legge soltanto il giorno in cui crollava il regime che l’aveva fatta.

CONTI osserva che i due ordini del giorno Lussu e Terracini non sono fra di loro contradittori, in quanto tendono a stabilire il modo di distribuire la materia nel testo della Costituzione con un criterio di praticità. L’ordine del giorno Lussu invita a questa praticità e l’ordine del giorno Terracini ne determina l’attuazione.

Dichiara pertanto che voterà l’ordine del giorno Lussu.

CEVOLOTTO dichiara di associarsi alle osservazioni dell’onorevole Conti.

PRESIDENTE pone ai voti l’ordine del giorno Lussu.

(Non è approvato).

 

Pone ai voti l’ordine del giorno Terracini.

(È approvato).

La seduta termina alle 19.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Caristia, Cevolotto, Colitto, Conti, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lussu, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Paratore, Perassi, Pesenti, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni e Zuccarini.

Erano assenti: Bordon, Canevari, Castiglia, Codacci Pisanelli, Corsanego, Einaudi, Farini, Finocchiaro Aprile, Lucifero, Mancini, Mastrojanni, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Molè, Patricolo, Piccioni, Porzio e Togni.

MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

7.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Sui lavori della Commissione

Presidente – Terracini – Lussu – Rossi Paolo – Ghidini – Grassi – Cappi – Togliatti – Leone Giovanni – Mastrojanni – Conti – Piccioni – Cevolotto – Tupini – Caristia – Togni – Moro – Pesenti – Calamandrei – La Pira.

La seduta comincia alle 17.15.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE rileva la necessità di esaminare lo stato dei lavori delle Sottocommissioni. Ricorda che la Commissione plenaria, mentre era imminente la scadenza del termine del 20 ottobre, stabilito dalla Costituente per la presentazione del progetto, dovette constatare che tale termine non poteva essere mantenuto.

I Presidenti delle Sottocommissioni fecero dichiarazioni precise sul punto in cui si trovavano i lavori e manifestarono la fiducia che avrebbero potuto compirsi in modo che entro il 15 novembre sarebbero state pronte, per essere presentate alla Costituente, le parti riguardanti i diritti e i doveri del cittadino e le autonomie regionali.

La Commissione stabilì che di ciò si desse comunicazione alla Presidenza della Costituente; il che fu fatto. Questa previsione, nonostante tutti gli sforzi, non poté essere mantenuta e pertanto, alla vigilia della seconda scadenza, il Presidente della Costituente convocò i Presidenti della Commissione e delle Sottocommissioni e i segretari dei partiti. La discussione fu molto lunga e viva e nel suo corso ebbe occasione di porre in evidenza il lavoro compiuto dalle Sottocommissioni, che il Presidente della Costituente dichiarò essere mirabile. Però vennero da tutte le parti vive sollecitazioni ad accelerare i lavori e i rappresentanti dei partiti fecero presente la necessità che non si prorogasse la Costituente oltre l’anno, ciò che implica già una proroga di quattro mesi.

Anche in quella occasione non fu deciso, perché la competenza di decidere è della Costituente, se sia da discutere la Costituzione in parti distinte o nel suo insieme. Fu presa soltanto in esame la possibilità che entro il 2 dicembre fossero pronte le due parti riguardanti i diritti e doveri del cittadino e le autonomie regionali.

Ora, essendo trascorsa anche questa seconda data, ed essendo probabile che il 10 o l’11 dicembre l’Assemblea costituente riprenda le sedute, bisogna rifare il punto dei nostri lavori e valutare la proroga che ci occorre.

Si tratta, in fondo, di un problema che, come una medaglia, ha due facce: da una parte c’è l’inesorabilità del tempo e dall’altra le imprescindibili necessità del lavoro da compiere.

Finora, l’Assemblea costituente ha potuto lavorare ben poco, perché Governo e Consulta, nel formulare la legge che la istituì, pensarono di non caricarla di soverchio lavoro, e di concentrare tutti i suoi sforzi sulla Costituzione. È invece avvenuto che, siccome fatalmente il progetto di Costituzione non è pronto, la Costituente non è stata più convocata. È da chiedersi se questa condizione di cose possa durare ancora.

D’altro lato è fermo che la Costituente non possa essere prorogata oltre i dodici mesi stabiliti dal decreto legislativo 16 marzo 1946. Nell’adunanza dianzi citata si osservò che è assolutamente necessario uscire al più presto dall’attuale stato di provvisorietà. Il Paese ha bisogno di aver qualcosa di saldo in una Costituzione.

La Commissione ha molto lavorato, ed ha fatto di tutto per preparare il progetto entro i tre mesi previsti. La durata dei lavori è determinata soprattutto da necessità intrinseche. Una Costituzione non è una cosa semplice: è la prima che si fa in Italia nel corso della sua storia, a cura del popolo. Si fa ex novo; e ciò avviene dopo venti anni di compressione e desuetudine del lavoro parlamentare. Si aggiunga che storicamente il momento è difficilissimo, perché il vecchio tipo ottocentesco di Governo parlamentare è finito e il nuovo non si è ancora delineato in pieno.

Si crede, ora, di poter compiere tutto il lavoro della Commissione entro il 20 gennaio, lasciando così all’Assemblea costituente di discutere nei restanti cinque mesi il progetto di Costituzione e la legge elettorale?

Per ciò che riguarda la terza Sottocommissione il lavoro è già compiuto; per la prima potrebbe esserlo entro il mese.

In ordine alla seconda Sottocommissione, si rende perfettamente conto del gravissimo compito attribuitole; ma bisogna fare in modo che essa concluda i suoi lavori entro il 20 gennaio, perché sia possibile presentare l’intero progetto della Costituzione.

Ho già fatto un vivissimo appello alle Sottocommissioni, occorre ora fare uno scadenzario: da oggi all’11-12 dicembre la seconda Sottocommissione potrebbe riunirsi la mattina e andare avanti col suo lavoro, mentre la Commissione plenaria si potrebbe convocare il pomeriggio per completare la prima e la terza parte della Costituzione. Dal 12 dicembre in poi, finché è aperta la Costituente, la Commissione plenaria dovrà sospendere le sue riunioni, mentre la seconda potrebbe continuare con sedute antimeridiane. Tutto ciò fino al 23 dicembre, perché poi cominceranno le ferie natalizie.

Si sente la seconda Sottocommissione di poter compiere il suo lavoro entro dicembre? In caso affermativo nei primi giorni dell’anno la Commissione plenaria potrebbe esaminare il lavoro da essa compiuto, avendo giù esaurito quello della prima e della terza e si potrebbe così arrivare in tempo per il 20 gennaio.

Ha creduto suo dovere esporre in una forma molto arida date e cifre. Desidera che la Commissione si pronunci al riguardo.

TERRACINI osserva che, qualora si faccia il confronto fra il lavoro che la seconda Sottocommissione ha già fatto e ciò che resta da fare e si tenga presente il tempo impiegato per l’opera compiuta, si giunge alla spiacevole conclusione che nel corso di dicembre non si potrebbe esaurire il compito assegnatole.

La seconda Sottocommissione ha completato il progetto sul potere legislativo, ha quasi completato quello sulle autonomie regionali, ma resta tutto il capitolo sopra il potere esecutivo, il potere giudiziario ed eventualmente sopra la Corte delle garanzie costituzionali.

Il problema è, a suo parere, da porre in questi termini: non c’è da rivolgere sollecitazioni alla Sottocommissione in sé, ma ai singoli componenti, ciascuno dei quali replicate volte, nel corso dei lavori, ha affermato la necessità di accelerarli, mentre poi metodicamente ha sempre avvertito il bisogno di dire, sia pure utilmente, molte cose, talché si è giunti a questa eccessiva lunghezza delle discussioni.

Crede che se tutti i colleghi sapranno imporsi una misura nella necessaria collaborazione ai lavori, questi potranno essere molto accelerati. Si chiede, per altro, se 17 o 18 sedute possano essere sufficienti, e pensa che alla fine di dicembre non si possa essere pronti, il che vuol dire che si impone una proroga, sia pure non esagerata, nel mese di gennaio.

PRESIDENTE nota che l’onorevole Terracini ha posto la questione benissimo. Evidentemente, si tratta anche di un impegno che riguarda i singoli componenti la Sottocommissione.

LUSSU osserva che, non rappresentando un grande partito che abbia molti deputati alla Camera, in un certo senso si trova in una posizione di privilegio, ed è forse per questo che è stato sostenitore molto deciso della impossibilità di presentare il progetto di Costituzione all’Assemblea costituente a pezzi staccati. Da quanto hanno detto il Presidente della Commissione e il Presidente della seconda Sottocommissione è da prevedere che, malgrado si intensifichino i lavori, sarà estremamente difficile presentare l’intero progetto, in modo che sia pronto all’apertura dell’Assemblea costituente. Occorre vedere la situazione così come si presenta materialmente e rendersi conto che sarà inevitabile chiedere che la durata della Costituente vada oltre il dodicesimo mese. A tale scopo tutti i partiti, d’accordo, dovrebbero farsi eco nel Paese della estrema difficoltà di determinare il progetto della Costituzione per la data stabilita.

Cita, in proposito, l’esempio dell’Assemblea costituente francese, la quale, pur dovendo preparare la Costituzione di uno Stato repubblicano consolidato da circa 75 anni, dopo un anno di lavoro ha visto respingere il progetto sottoposto a referendum e ha dovuto riunirsi per altri 6 mesi, dopo i quali la seconda Costituzione è stata approvata, ma comincia già ad essere criticata da più parti.

Al di sopra della volontà di tutti, uscendo il Paese da un regime monarchico tradizionale, bisogna creare una nuova Costituzione che risponda alle esigenze del periodo politico e storico attuale.

E bene quindi, per non fare un lavoro affrettato, che fin da adesso si esamini la necessità di chiedere una proroga. È vero che vi sarebbero delle complicazioni perché le elezioni della nuova Camera cadrebbero d’inverno, ma l’essenziale è che tutti i partiti incomincino a preparare il Paese a questa necessità.

Afferma che in un Paese come il nostro, in cui la preparazione politica ha subìto un arresto per venti anni, in cui tutto è sconvolto e distrutto e tutto è da rifare, in un Paese che non ha più un ceto dirigente, tutti i cittadini devono avere la possibilità di conoscere nel suo testo completo la Costituzione che si presenta alla Costituente, e non solo i deputati estranei alla Commissione. Soltanto in questo modo la Costituzione, preparata da un’Assemblea che rappresenta il Paese, diventa una conquista della coscienza popolare.

Pensa, inoltre, che sarebbe stato opportuno convocare l’Assemblea costituente per la normale attività di carattere legislativo, che pure interessa il Paese.

ROSSI PAOLO condivide in gran parte le osservazioni dell’onorevole Lussu. In realtà l’opera affidata alla Commissione è imponente e forse il tempo stabilito è troppo ristretto per rifare tutta l’organizzazione costituzionale dello Stato.

Non concorda, però, con l’onorevole Lussu circa l’opportunità di chiedere una proroga indefinita per la durata della Costituente, per le inevitabili ripercussioni politiche che si avrebbero e per le polemiche cui si darebbe luogo fra i partiti. La premessa che giustamente l’onorevole Lussu pone come indispensabile per poter ottenere una proroga, cioè l’accordo fra i partiti, manca di fondamento. Bisogna che si cerchi un mezzo concreto per concludere i lavori nel tempo stabilito. Ora è da rilevare che la seconda Sottocommissione ha lavorato molto e se non ha potuto esaurire il suo compito, come le altre due Sottocommissioni, è perché il suo lavoro era stato ritenuto doppio, tanto è vero che si erano attribuiti alla seconda Sottocommissione altrettanti Commissari quanti alle altre due Sottocommissioni riunite. Ciò, peraltro, non le ha consentito di accelerare i lavori: se gli è consentito un paragone, è evidente che una pariglia di cavalli non corre più velocemente di un cavallo. E poiché tutte le Sottocommissioni sono egualmente qualificate, per la loro composizione che ha, più che altro, carattere di rappresentanza politica, a studiare problemi d’ordine costituzionale, non si potrebbe affidare alla prima e alla seconda Sottocommissione una parte del lavoro ancora da svolgere, come, ad esempio, il potere giudiziario e la Corte delle garanzie costituzionali?

Sottopone all’esame della Commissione questa proposta.

GHIDINI non crede sia il caso di esaminare in questo momento la proposta dell’onorevole Lussu circa una eventuale proroga dell’Assemblea costituente oltre il dodicesimo mese. Piuttosto farebbe in modo da accelerare i lavori della seconda Sottocommissione, ciò che potrebbe eliminare l’eventualità di una proroga.

Dichiara di non essere d’accordo con la proposta dell’onorevole Rossi, in quanto se la prima e la terza Sottocommissione dovessero lavorare insieme con la seconda, verrebbero a costituire un parlamentino, a tutto scapito della rapidità delle decisioni; se, invece, lavorassero da sole, non potrebbero dare una collaborazione efficace, essendo stata la materia già precedentemente elaborata.

In sostanza, la seconda Sottocommissione è a buon punto, perché i temi principali sono stati ormai esauriti. Con la buona volontà, e con un po’ di freno alle discussioni, si potrebbe portare davanti all’Assemblea all’inizio di febbraio il progetto nella sua integrità. Pensa che tre o quattro mesi siano sufficienti per l’esame da parte dell’Assemblea Costituente.

GRASSI ritiene che la proposta accennata dall’onorevole Rossi debba essere presa in considerazione. Oggi è importante mettersi al lavoro più intensamente; sarebbe, pertanto, utile che la seconda Sottocommissione si dividesse in sottocomitati, ai quali si potrebbero eventualmente aggregare anche elementi delle altre Sottocommissioni. D’altra parte, i temi relativi ai poteri legislativo, esecutivo e giudiziario potrebbero essere esaminati separatamente, come si è già fatto per le autonomie regionali.

Non è soltanto il Paese, ma tutti i deputati alla Costituente che si trovano a disagio. Quindi bisogna affrettare i tempi, perché tutti diano efficacemente la loro opera.

CAPPI dichiara di essere nettamente contrario all’idea di chiedere una proroga della Costituente oltre l’anno per ragioni evidenti, che non sta a ripetere. Aderendo ai criteri espressi dagli onorevoli Rossi e Grassi, propone che la seconda Sottocommissione si sdoppi in due parti autonome, alla prima delle quali sarebbe affidato l’esame del potere esecutivo e del potere legislativo, all’altra l’esame del potere giudiziario e della Corte delle garanzie.

TOGLIATTI è contrario alla proroga della Costituente oltre l’anno, non essendovi alcun motivo fondato per proporre ciò. Accetta che si fissi il termine della fine di gennaio per andare all’Assemblea costituente. Si deciderà alla vigilia della scadenza di quel termine che cosa dovrà essere portato all’esame di quell’Assemblea.

Quanto ai lavori della seconda Sottocommissione, propone che si riduca alla metà il numero dei suoi componenti: così si farà doppio lavoro, perché si faranno meno discorsi.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Conti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione per il progetto di Costituzione dichiara inammissibile la proposta di proroga della durata della Costituente oltre gli otto mesi stabiliti dalla legge;

visto lo stato dei lavori delle Sottocommissioni;

delibera di assegnare alla terza Sottocommissione la preparazione del progetto articolato sul potere giudiziario e sulla Corte Costituzionale:

invita la Presidenza della Commissione a procedere alla coordinazione delle parti della Costituzione deliberate dalle Sottocommissioni e ad approntare il testo costituzionale per la trattazione in Assemblea non oltre il 10 gennaio 1947».

TERRACINI pensa che la proposta dell’onorevole Cappi di dividere in due parti la seconda Sottocommissione, affidando a ciascuna di esse la materia residua della seconda Sottocommissione sia la soluzione migliore, in quanto passare alla prima o alla terza Sottocommissione una parte del lavoro della seconda non sembra opportuno. I componenti della prima e della terza Sottocommissione, nel lavoro svolto in relazione ad una determinata materia ad essi affidata, son venuti in fondo creandosi una determinata preparazione, una certa impostazione mentale di esaminare i problemi sotto un certo angolo visuale e si richiederebbe certamente ad essi un certo sforzo nel rettificare questa particolare impostazione dei problemi.

Viceversa, se si prendesse la metà della seconda Sottocommissione, potrebbe con molta semplicità e con maggiore facilità applicare la sua forma di lavoro alla materia già predisposta. In generale, i colleghi della seconda Sottocommissione sono venuti preparandosi singolarmente sulle materie che dovevano affrontare. Si tratta di una preparazione utile che non è opportuno che vada dispersa. Quindi pensa che si possa accedere al criterio espresso dall’onorevole Cappi che la seconda Sottocommissione si divida in due parti, ciascuna delle quali è responsabile direttamente verso la Commissione plenaria del proprio lavoro, senza dover sottoporre ancora una volta alla Sottocommissione stessa le decisioni prese.

ROSSI PAOLO aderisce a questa proposta.

LEONE GIOVANNI, in relazione alle parole testé pronunciate dall’onorevole Togliatti, tiene a precisare che non è esatto che nella seconda Sottocommissione vi sia stata una maggiore loquacità che nelle altre. Quanto afferma si può rilevare dai verbali: è infatti esclusivamente l’imponenza della materia che ha costretto la Sottocommissione ad impiegare maggior tempo delle altre. Ritiene pertanto sia impossibile ridurre gli interventi nella discussione, che già sono stati contenuti nel maggior limite possibile di stringatezza.

LUSSU si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Leone.

PRESIDENTE rileva che si inserisce nel tema generale una proposta particolare, la quale, movendo dall’onorevole Cappi, è poi arrivata alla formulazione dell’onorevole Terracini: quella cioè di accelerare i lavori della seconda Sottocommissione, suddividendola in due sezioni, così da poter andare direttamente all’Assemblea costituente. La proposta potrebbe essere pertanto accolta dalla Commissione plenaria, salvo poi a riprendere, spera rapidamente, la discussione sulle dichiarazioni che si dovranno fare all’Assemblea costituente il 10 o l’11 dicembre. Pone a partito la proposta Cappi, accettata dall’onorevole Terracini e da altri.

(È approvata).

L’onorevole Conti desidera ora sia messo in votazione il suo ordine del giorno per la prima parte, avendo, per la seconda, aderito alla proposta Cappi. L’ordine del giorno dell’onorevole Conti resta pertanto il seguente:

«La Commissione per il progetto di Costituzione dichiara inammissibile la proposta di proroga della durata della Costituente oltre gli otto mesi stabiliti dalla legge».

LUSSU, pur avendo sostenuto una tesi contraria, si è poi reso conto che non è questo il momento opportuno per presentare una formale proposta. Prega quindi l’onorevole Conti di non insistere nel suo ordine del giorno, che ritiene intempestivo.

MASTROJANNI osserva che, considerata l’impossibilità che la Costituente adempia al suo mandato in otto mesi, si sarebbe costretti a votare contro l’ordine del giorno Conti. Ora, le ripercussioni di natura politica che in tal caso deriverebbero dal contrasto manifestatosi, potrebbero essere considerate dal popolo italiano nel senso che l’esponente di un partito abbia richiesto che sia esaurito il mandato entro otto mesi, mentre tutti gli altri partiti, insensibili a queste esigenze di natura politica, hanno respinto tale proposta. Prega quindi l’onorevole Conti di voler illustrare l’ordine del giorno al fine di conoscere le ragioni per cui egli insiste nella sua proposta, nonostante gli argomenti in contrario che sono stati portati.

CONTI non è convinto della bontà delle opinioni contrarie ed insiste nel suo ordine del giorno. Il motivo per il quale non accede alle esortazioni dei colleghi che vorrebbero indurlo a ritirare l’ordine del giorno si fonda essenzialmente sul preciso convincimento che i lavori possano essere esauriti in un tempo brevissimo. Quando l’onorevole Togliatti ha accennato all’opportunità di ridurre alla metà la seconda Sottocommissione, si è sentito immediatamente solidale con lui. Sta di fatto che le Sottocommissioni, da piccole assemblee di studio, che avrebbero dovuto essere, sono state trasformate in un’anticamera dell’Assemblea costituente, dove si fanno i discorsi, le lotte di partito e dove tutto concorre a ritardare il lavoro che si deve compiere. Non esita ad affermare che l’articolazione della Costituzione possa essere il risultato di un lavoro modesto di pochi studiosi. Nella seconda Sottocommissione, ad esempio, quasi per iniziativa di alcuni suoi componenti, si è costituito un Comitato per la preparazione degli articoli relativi al potere legislativo ed esecutivo; orbene questo Comitato, in pochissime sedute, messosi a lavorare senza tanti formalismi, è riuscito in cinque o sei riunioni a redigere 24 articoli ed in poche altre potrà certamente completare i suoi lavori.

Pensa dunque che, in poche sedute, si possano magnificamente esaurire i lavori delle Sottocommissioni, sempre che i componenti abbiano la diligenza e il desiderio vivo di partecipare a tutte le riunioni. Tanto meglio si potrà riuscire se, come si è ora deliberato, la seconda Sottocommissione si sdoppierà per esaminare le poche parti che ancora si debbono portare a compimento.

È convinto della possibilità di portare il progetto di Costituzione tutto intero nella prima decade di gennaio, dinanzi all’Assemblea costituente.

TERRACINI rileva che l’onorevole Conti ha dimenticato che il progetto articolato, che con tanta diligenza alcuni colleghi stanno redigendo, non è ancora giunto alla discussione; né l’opinione, certamente degna, di cinque colleghi può impegnare trenta e più colleghi dell’intera Sottocommissione.

CONTI osserva che il Comitato che si è costituito risulta formato dai rappresentanti di tutti i gruppi della seconda Sottocommissione e tutte le deliberazioni sono state prese all’unanimità.

PICCIONI dichiara che voterà a favore dell’ordine del giorno. Pur non condividendo tutte le prospettive rosee affacciate dall’onorevole Conti, ritiene che non sia, comunque, ancora giunto il momento per prospettare l’eventualità di proroghe della Costituente che vadano oltre gli otto mesi stabiliti. Questo voto che la Commissione si appresta a dare, se sarà favorevole all’ordine del giorno Conti, deve servire come sprone per un lavoro più concreto e più risolutivo, perché è esatto che, per quanto si sia lavorato a lungo, tuttavia del tempo si è perduto. E può essere utile, a questo proposito, riaffermare l’intendimento di intensificare ancor più il lavoro delle Sottocommissioni.

Solo quando, in prossimità dello scadere degli otto mesi, si sarà fatto il bilancio del lavoro compiuto, sarà il caso di esaminare l’opportunità o meno di proporre la proroga dei quattro mesi previsti.

TOGLIATTI osserva che l’ordine del giorno dichiara inammissibile una proposta che non ha sentito fare da nessuno. Comunque, è d’accordo con lo spirito della proposta dell’onorevole Conti ed è pronto a votare qualsiasi ordine del giorno che significhi un incitamento a condurre a termine nel più breve periodo di tempo possibile la Costituzione; ma, dato il modo come è formulato l’ordine del giorno e dato che ritiene che la Commissione non possa terminare i suoi lavori entro il 10 gennaio, dichiara che insieme con i suoi amici si asterrà dal voto.

PRESIDENTE desidera chiarire che nessuno ha proposto che la Costituente chieda la proroga da otto a dodici mesi; ma è chiaro che qualora non si potesse presentare il progetto entro gennaio, la Costituente dovrebbe prorogarsi a dodici mesi, non potendo in un solo mese approvare la Costituzione. La Commissione deve considerare, ed ha considerato, la cosa per quanto la riguarda, ossia la proroga che è indispensabile per concludere i propri lavori.

CEVOLOTTO pensa che sia contraddittorio dichiarare, come sarebbe, del resto, desiderio di tutti, che i lavori della Costituente finiscano negli otto mesi stabiliti e domandare che si lasci un termine fino al 20 gennaio alla Commissione per presentare il suo progetto. Non pare possibile che entro il 20 febbraio l’Assemblea esamini il progetto e lo approvi, dovendosi inoltre tener presente che essa dovrà provvedere alle leggi elettorali e che probabilmente in tale periodo verrà in discussione il Trattato di pace e vi potranno essere eventuali discussioni di carattere politico, oltre l’approvazione di qualche legge che le Commissioni legislative invieranno all’Assemblea.

È preferibile, a suo parere, non porre in questo momento il problema di una eventuale proroga della Costituente.

TERRACINI rileva che la previsione fatta dall’onorevole Mastrojanni abbia già trovato un principio di attuazione nella discussione che si sta svolgendo e in verità si è stupito nel sentire talune dichiarazioni di adesione alla proposta obbiettiva dell’onorevole Conti, in quanto venute da colleghi che, partecipando ai lavori di redazione del testo costituzionale, sanno perfettamente che tale proposta nei suoi elementi concreti rappresenta un pio desiderio, che non si può tradurre in una realtà. Preferirebbe piuttosto che i colleghi rispondessero ad una domanda precisa: entro quale data ritengono che la seconda Sottocommissione, della quale fanno parte, possa completare i suoi lavori? È da questa domanda che dipende tutto il resto ed è la sola domanda che si deve porre in questo momento.

PICCIONI nota che, essendo già scaduto il termine assegnato alla Commissione, non si rende conto perché si debba porre il problema della richiesta di una nuova proroga.

PRESIDENTE avverte che il problema si porrà prossimamente quando sarà convocata la Costituente. Se la proroga non è chiesta dalla Commissione, sarà la Costituente a chiedere quale termine occorra.

PICCIONI nota che l’essenziale è di accelerare i lavori delle Sottocommissioni, in modo da prospettare la situazione alla Costituente, che si presume sarà convocata il 10 dicembre. Ora l’ordine del giorno Conti, oltre che un richiamo alla necessità di accelerare i lavori, significa che non è il caso di preoccuparsi fin da oggi di chiedere una proroga della Costituente. In questo senso ha ritenuto di potervi aderire.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Togliatti ha presentato il seguente ordine del giorno:

«La Commissione dei 75 impegna le sue Sottocommissioni e tutti i suoi membri, a condurre i loro lavori in modo tale che la Costituzione della Repubblica italiana possa essere presentata all’Assemblea costituente e da questa approvata entro il termine di otto mesi fissato dalla legge per l’esistenza dell’Assemblea stessa».

TUPINI, poiché l’onorevole Conti insiste che sia messo ai voti il suo ordine del giorno, pur aderendo allo spirito che lo anima e tuttavia rendendosi conto delle difficoltà nelle quali la Commissione dei 75 si trova nell’assumere impegni precisi al riguardo, ritiene che non sia il caso di prendere alcuna deliberazione. Presenta pertanto un ordine del giorno, che per il suo contenuto, pensa debba avere la priorità nella votazione:

«La Commissione plenaria dei 75, facendo il punto sui lavori finora compiuti dalle Sottocommissioni, ritiene allo stato prematura – ed in ogni caso estranea alla sua specifica competenza – qualsiasi deliberazione che abbia per oggetto una richiesta di proroga oltre gli otto mesi di vita previsti per la Costituente».

MASTROJANNI osserva che la Commissione dei 75 debba riconoscere che le tre Sottocommissioni hanno proseguito nei lavori, pur essendo scaduto il termine entro il quale avrebbero dovuto esaurire il loro compito. Il disconoscere questa situazione irrituale non è ortodossamente corretto. La Commissione, se vuole essere assolutamente rispettosa delle norme procedurali, deve dichiarare che si riserva di chiedere la ratifica dei lavori fatti oltre il termine concesso dall’Assemblea Costituente. Quindi è oggi stesso che si deve riconoscere questa situazione di fatto e di diritto, deliberando che la Commissione si riserva di chiedere alla Costituente la ratifica e per il tempo intercorso fra la scadenza del termine ad oggi e per il tempo ancora necessario fino all’esaurimento del mandato.

PRESIDENTE. È chiaro che, chiedendo la proroga per nostri lavori, si chiede anche la ratifica del fatto che la Commissione ha proceduto in essi oltre il termine assegnato. Del resto, non si potevano sospendere i lavori perché si era fuori termine. Né la Costituente non essendo riunita, poteva accordare una proroga. Ripete che se anche la Commissione non chiegga una proroga di propria iniziativa, sarà la Costituente a chiedere entro quale termine la Commissione crede di poter compiere il lavoro affidatole. Sarà pertanto necessario indicare una data. Ora l’onorevole Piccioni ritiene che tale precisazione si debba fare non oggi, ma nell’imminenza della riunione dell’Assemblea costituente.

MASTROJANNI non è d’accordo, in quanto pensa che per ortodossia procedurale si debba oggi stesso dichiarare che la Commissione è già in difetto e che per rispetto all’autorità della Costituente si riserva di chiedere la ratifica del proprio operato.

PRESIDENTE propone di sospendere la seduta perché si possa concordare un ordine del giorno da approvare.

(Così rimane stabilito).

(La seduta, sospesa alle 18.55, è ripresa alle 19.05).

PRESIDENTE avverte che, per sua iniziativa, gli onorevoli Tupini e Togliatti, proponenti degli ordini del giorno, d’accordo con l’onorevole Piccioni, hanno concordato la seguente formula, che peraltro non è stata accolta dall’onorevole Conti: «La Commissione, nell’atto di iniziare l’esame degli articoli formulati dalle Sottocommissioni, afferma la necessità che i suoi lavori si svolgano e si concludano in modo che la Costituente possa adempiere il suo compito nei termini stabiliti dalla legge».

(È approvata).

Chiarisce che resta inteso che, riconoscendosi la necessità che la Commissione stabilisca un termine per la fine dei propri lavori, da comunicare alla Costituente, allo scopo di precisare la richiesta di proroga, tale precisazione sarà fatta prima della convocazione della Costituente.

(Così rimane stabilito).

CONTI rileva che il suo ordine del giorno non è stato votato.

PRESIDENTE osserva che, comunque, se ne prende atto. Allo scopo di accelerare i lavori della Commissione, comunica che da vari Commissari si proporrebbero, insieme con i componenti della Presidenza, le seguenti norme destinate a tal fine:

«1°) iniziando l’esame dello schema della Costituzione, la Commissione stabilisce che la discussione si aprirà sugli articoli formulati dalle Sottocommissioni, e avrà luogo in base ad emendamenti scritti;

«2°) gli emendamenti saranno possibilmente presentati in tempo per poter essere stampati o dattilografati e distribuiti;

«3°) i membri della Commissione potranno parlare sopra ogni articolo una volta e per non più di dieci minuti».

Vi è poi una proposta che non viene dall’Ufficio di Presidenza, la quale dice: «La Commissione potrà stabilire che su ogni emendamento parlino non più di due oratori a favore, e non più di due contro».

Apre la discussione sui primi due punti.

TOGLIATTI ritiene che sia inteso che un emendamento possa essere formulato nel corso della seduta.

PRESIDENTE concorda.

(La Commissione approva i primi due punti).

Si passa al terzo punto: «I membri della Commissione potranno parlare sopra ogni articolo una volta e per non più di dieci minuti».

TOGLIATTI ritiene che, di fronte a testi già formulati, bastino cinque minuti. Si dichiara poi contrario alla norma di limitare ad una volta sola il diritto di parlare, potendosi nel corso della discussione presentare possibilità di emendamenti e di nuove formulazioni degli articoli.

Non bisogna dimenticare che una parte di quel carattere di studio che hanno avuto le Sottocommissioni rimane anche alla Commissione plenaria.

GHIDINI fa osservare che alcuni articoli della terza Sottocommissione sono brevissimi e racchiudono un breve concetto, in modo che per essi possono bastare i dieci minuti; ma vi sono anche articoli, come quelli che riguardano la libertà di stampa, il diritto di proprietà, la libertà personale, formulati con diversi commi, i quali rappresentano concetti diversi, sicché la limitazione della parola a soli dieci minuti potrebbe essere un errore. Propone che si dica che si può parlare per cinque o dieci minuti sopra ogni comma.

PRESIDENTE propone che la limitazione di parola riguardi ogni emendamento.

LUSSU è di parere che bastino cinque minuti. Chiede che sia precisato che la proposta di soppressione di un articolo vale come un emendamento.

PRESIDENTE conferma che l’aggiunta o la soppressione vale come emendamento.

CARISTIA è d’accordo con l’onorevole Togliatti nel senso che si debba abbreviare la discussione ed evitare tutti i particolari già esaminati dalle Sottocommissioni. Osserva però che il termine di dieci minuti può essere o troppo ampio o troppo limitato. Nel caso di un solo articolo possono bastare anche cinque minuti, ma nel caso che si tratti di un argomento sviluppato in più articoli che abbiano un nesso logico fra loro, possono non essere sufficienti né i cinque, né i dieci minuti. Propone quindi che per i singoli articoli vi sia un limite brevissimo, ma che quando si tratta di discutere una serie di articoli venga lasciata facoltà di parlare più a lungo. Questa facoltà può essere anche lasciata alla discrezione del Presidente.

PRESIDENTE. A questo verrebbe incontro una proposta dell’onorevole Togliatti che dice: «Come massimo il tempo di parola è di cinque minuti, salvo una deliberazione esplicita della Commissione che autorizzi un maggior tempo».

Intanto la Commissione è d’accordo che si potrà parlare su ogni articolo e su ogni emendamento; che tanto la proposta di soppressione come quella di aggiunta sono considerate emendamenti. Restano ora altre tre questioni: la durata del tempo in questi interventi; se si possa parlare una volta sola o più volte; infine se, in determinate occasioni, quando la discussione investa principî generali, sia possibile parlare per un tempo maggiore.

TOGLIATTI. Si potrebbe stabilire che la prima volta v’è un tempo massimo e che in seguito si possono fare dichiarazioni più brevi nel corso della discussione.

TERRACINI pensa che, tenendo presente in parte l’ultima proposta, indirettamente avanzata alla Presidenza da alcuni colleghi, ed unendola alle proposte relative al tempo e al numero delle volte che si può parlare, si potrebbe riuscire ad un risultato.

La proposta indiretta era questa: che la Commissione potrà stabilire che su ogni emendamento parleranno due oratori in favore e due contrari. Questa si potrebbe anche respingere e sostituire da quest’altra: che su ogni emendamento non possono parlare più di due rappresentanti per gruppo. Infatti, la Commissione è costituita sulla base della rappresentanza dei gruppi ed è pensabile che, dopo tre o quattro mesi di discussione, trattandosi di concludere, anche due oratori possono bastare. In questo caso gli oratori potrebbero parlare anche più di cinque minuti, perché si sa già in precedenza che non saranno più di due in ogni gruppo e si potrebbe tollerare una ripresa nella parola quando questa fosse necessaria.

LUSSU è contrario a questa proposta, perché non ritiene opportuno stabilire un criterio di gruppo, e quindi un criterio rigidamente politico nella discussione dei vari articoli, tanto più che i vari articoli impegnano nella discussione oratori dello stesso partito che possono avere opinioni diverse. Dovrebbe rimanere quindi la possibilità che ciascuno possa parlare entro i limiti stabiliti.

TOGNI dichiara di essere contrario ad imporre una disciplina rigida circa l’intervento degli oratori. Non accetterebbe pertanto la designazione di due oratori favorevoli e di due contrari, come pure la proposta dell’onorevole Terracini di assegnare ad ogni gruppo parlamentare un certo numero di oratori, in quanto sarebbe difficile di realizzare un intervento proporzionale, anche perché i gruppi sono di composizione diversa numericamente.

PRESIDENTE avverte che è pervenuta la seguente proposta: «I membri della Commissione potranno parlare sopra ogni emendamento per non più di cinque minuti. In casi particolari si potrà concedere la parola per una sola volta per un termine maggiore».

La mette ai voti.

(È approvata).

Avverte che bisognerebbe cominciare a discutere il testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione attinente ai «diritti economici».

Il primo articolo è il seguente:

«La Repubblica democratica italiana ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese».

MORO osserva che sarebbe opportuno seguire un ordine logico, nel senso che, non appena la prima Sottocommissione abbia terminato fra pochi giorni i propri lavori, si iniziasse l’esame dei rapporti civili, passando poi a quelli economici.

PRESIDENTE osserva che la deliberazione, su proposta dell’onorevole Piccioni, era di fare il coordinamento tra le parti su cui la prima e la terza Sottocommissione si erano pronunciate e di portare questo lavoro alla Commissione plenaria. Ora, siccome la parte relativa ai diritti economici può stare a sé, si può procedere subito in questo senso, perché altrimenti si dovrebbero sospendere i lavori per una diecina di giorni.

CEVOLOTTO ritiene opportuno che si rinvii la discussione, allo scopo di permettere la formulazione di emendamenti scritti, secondo quanto è stato deliberato.

PICCIONI osserva che il rilievo dell’onorevole Moro non contraddice minimamente alla deliberazione precedentemente presa relativa alla coordinazione del lavoro della prima e della terza Sottocommissione nell’ordine logico dei lavori svolti.

PRESIDENTE rileva che per non interrompere i lavori della Commissione plenaria bisognerebbe incominciare a discutere gli articoli già concretati dalla prima Sottocommissione che riguardano i diritti civili in concreto: libertà personale, domicilio, stampa, ecc., iniziando l’esame dei primissimi articoli, che hanno un carattere più fondamentale ed essenziale.

LUSSU ritiene indispensabile, agli effetti di una proficua discussione, avere i due testi definiti riguardanti i rapporti politici e civili.

PESENTI nota che non si può stabilire un diritto di quasi precedenza della prima Sottocommissione, cioè considerando che gli articoli iniziali della Costituzione siano quelli relativi alle solite libertà civili e politiche.

Pensa che questo sistema sia da discutere, perché, a suo parere, la Carta Costituzionale italiana potrebbe proprio cominciare con l’affermazione che la Repubblica democratica italiana ha per fondamento il lavoro, ecc. Seguirebbero poi tutte le altre garanzie civili e politiche.

PRESIDENTE osserva che la Commissione plenaria deve ora esaminare i testi preparati dalle Sottocommissioni, salvo poi approvare per il testo definitivo l’ordine e la distribuzione delle materie della Costituzione. Questa potrebbe cominciare con le dichiarazioni di carattere internazionale, oppure con le libertà fondamentali della persona, oppure, come propone l’onorevole Pesenti, con i diritti del lavoro. Sono questioni che si potranno risolvere quando si tratterà di fare un coordinamento definitivo. Per accelerare i lavori, in base all’ordine del giorno approvato, occorre iniziare l’esame dei testi formulati dalla prima Sottocommissione. Sorge ora la questione se si debba cominciare dal testo coordinato fra la prima e la terza Sottocommissione, relativo ai diritti economici, o dal testo della prima sui fondamentali diritti civili e politici.

Rivolge viva preghiera perché non si sospendano i lavori della Commissione.

CONTI ritiene indispensabile che sia predisposto uno schema generale della Costituzione, in modo che ogni articolo in discussione possa essere collocato al suo giusto posto. Si potrebbe, a tal fine, procedere alla nomina di un Relatore, il quale, nella prossima seduta, presenti tale schema; così pure, per le successive sedute, un Relatore dovrebbe presentare la materia da discutere.

PRESIDENTE osserva che lo schema viene già fuori spontaneamente dal lavoro delle Sottocommissioni. Trattandosi ora dell’ordine e della struttura della Commissione, avverte che l’onorevole Calamandrei ha fatto presente di voler presentare un ordine del giorno in proposito e che l’onorevole Caristia ha chiesto di essere iscritto a parlare per primo sull’argomento.

CALAMANDREI ha chiesto di presentare un ordine del giorno per affrontare il problema di metodo, come è stato posto dall’onorevole Conti. Si tratta di stabilire preventivamente se la Costituzione debba avere un preambolo e quali materie della Costituzione sia opportuno includere in esso e quali invece articolare in vere e proprie norme giuridiche. Senonché, questo è un aspetto di un problema più vasto, che si presenta ora: come si può cominciare a discutere su singoli articoli della Costituzione quando non si conoscono ancora quali sono i capitoli di cui la Costituzione si compone? La Costituzione è un lavoro simile a quello della composizione di un libro, di un trattato scientifico, in cui tutti sanno che prima di cominciare a perfezionare i paragrafi bisogna sapere come la materia sia divisa in capitoli. Pensa che quando la Presidenza ha ripartito il lavoro fra le varie Sottocommissioni, avrà avuto certo un’idea di come la Costituzione dovrebbe essere formata, quale è l’ordine degli argomenti, quali le intitolazioni dei vari capitoli, anche per stabilire i criteri in base ai quali gli articoli devono essere formulati. In attesa, pertanto, che termini i suoi lavori la prima Sottocommissione, si potrebbe utilmente cominciare a discutere questo problema, che è preliminare, inevitabile, necessario, della divisione della Costituzione in capitoli e della intitolazione dei vari capitoli.

PRESIDENTE per quanto riguarda le proposte dell’onorevole Calamandrei, si tratta di vedere se il preambolo vi deve essere oppure no, quali disposizioni debbono essere inserite nel testo della Costituzione e quali nel preambolo. Personalmente crede che non si possa seguire l’esempio della Francia, la cui Costituzione ha abolito in un certo senso la dichiarazione di diritti e doveri, trasferendola in forma sommaria nel preambolo, quasi a conferma implicita dei principî sanciti fin dal 1789. Per noi parrebbe opportuno fare, oltre il preambolo, una prima parte sulla dichiarazione di diritti e doveri dei cittadini, e una seconda parte sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

Comunque, per quanto riguarda lo schema delle materie, l’ufficio di Presidenza potrà domani presentare proposte in questo senso. L’onorevole Calamandrei, a sua volta, presenterà il suo ordine del giorno e quindi si potrà affrontare la discussione.

CONTI è d’accordo che la Presidenza presenti domani uno schema di Costituzione comprendente i titoli, in modo che in base a questo schema possano essere poi suddivisi in capitoli gli articoli già discussi ed approvati dalle Sottocommissioni. Così facendo si avrà una idea chiara della architettura della Costituzione.

LA PIRA si richiama a quanto ha detto l’onorevole Calamandrei, cioè che la prima Sottocommissione ha elaborato organicamente alcuni principî e poi li ha articolati, formando una serie di capitoli riguardanti la libertà civile, politica ed economica, le libertà familiari ed i rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Ritiene opportuno che il Presidente Tupini faccia una relazione, illustrando la struttura organica del progetto predisposto dalla prima Sottocommissione.

PICCIONI pensa che analogamente debba farsi per le altre due Sottocommissioni.

PRESIDENTE. Resta inteso che domattina la Presidenza presenterà uno schema provvisorio. Successivamente ogni Presidente di Sottocommissione potrà illustrare i lavori della propria Sottocommissione.

(Cosi rimane stabilito).

La seduta termina alle 19.50.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Caristia, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Colitto, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Giovanni, Di Vittorio, Dominedò, Fabbri, Fuschini, Ghidini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lussu, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Paratore, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Erano assenti: Canevari, Castiglia, Dossetti, Einaudi, Fanfani, Farini, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Lucifero, Mancini, Mannironi, Merlin Lina, Patricolo, Porzio.

In congedo: Bordon, Merlin Umberto.