ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
51.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA POMERIDIANA DI GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
INDICE
La libertà di opinione, di coscienza e di culto (Seguito della discussione)
Presidente – Dossetti, Relatore – Moro – Cevolotto, Relatore – Marchesi –De Vita – La Pira – Grassi.
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento
Presidente – Cevolotto – Moro – Dossetti.
L’insegnamento religioso nelle scuole elementari (Discussione)
Marchesi – Presidente – Moro – Togliatti.
Chiusura dei lavori della Sottocommissione
Presidente – La Pira – Togliatti.
La seduta comincia alle 19.
Seguito della discussione sulla libertà di opinione, di coscienza e di culto.
PRESIDENTE apre la discussione sul quarto ed ultimo articolo proposto dall’onorevole Dossetti nella sua relazione e così formulato: «Il carattere ecclesiastico o lo scopo di religione o di culto di una associazione o di una istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative per la sua costituzione od attività, per la sua erezione in persona giuridica e per la sua capacità di acquistare, di possedere ed amministrare beni mobili ed immobili, come non possono essere causa di speciali gravami fiscali».
DOSSETTI, Relatore, fa presente che vi sono degli Stati in cui la personalità giuridica degli enti ecclesiastici non è mai stata contestata, anche se ha subito rare o lievi compressioni in linea di fatto. Invece nello Stato italiano, in seguito a vicende a tutti note, è stata tolta agli enti ecclesiastici la personalità di diritto. Questo articolo vuole, quindi, affermare un concetto negativo, che cioè il carattere ecclesiastico o lo scopo di culto non possono essere causa di un trattamento odioso a danno degli enti stessi. La norma si giustifica non solo come esigenza particolare degli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, ma anche degli enti religiosi non appartenenti alla Chiesa cattolica, tanto è vero che essa è stata invocata da appartenenti a Chiese non cattoliche.
MORO dichiara di aderire alle considerazioni svolte dall’onorevole Dossetti.
CEVOLOTTO, Relatore, propone che all’ultima proposizione dell’articolo in discussione, la quale dice: «come non possono essere causa di speciali gravami fiscali», sia fatta la seguente aggiunta: «Tali limitazioni possono essere però sancite dalla legge quando l’ente e i suoi titolari siano sussidiati dallo Stato o da altri enti pubblici, o godano esenzioni tributarie».
Osserva che il principio generale affermato nell’articolo proposto dall’onorevole Dossetti è giusto, ma per gli enti religiosi sussidiati dallo Stato o da altri enti pubblici vi dovrebbe essere una norma speciale, essendo logico che, se lo Stato paga, può imporre delle limitazioni.
DOSSETTI, Relatore, riconosce che l’osservazione dell’onorevole Cevolotto, il quale dice che nell’eventualità in cui sussista un onere a carico dello Stato a favore di un ente ecclesiastico, lo Stato avrà un diritto di intervento nel regime dell’ente stesso, diritto che egli esclude quando quest’onere non c’è, è fondata e risponde all’attuale disciplina degli enti ecclesiastici.
La limitazione riaffermata nell’aggiunta proposta dall’onorevole Cevolotto non è in contradizione con la norma posta nell’articolo in discussione, perché questo non riguarda le eventuali restrizioni o il diritto di intervento dello Stato là dove lo Stato dà una contropartita all’ente stesso, ma riguarda il principio della riconoscibilità, per cui si vuole assicurare che non ci siano esclusioni di riconoscibilità fondate sul carattere ecclesiastico e lo scopo dell’ente.
MARCHESI domanda all’onorevole Dossetti se, a queste associazioni ecclesiastiche che in qualità di persone giuridiche possono avere il possesso e l’amministrazione di beni mobili ed immobili, sia consentita la proprietà di larghe estensioni di terreno, che restino immuni da riforme legislative.
DOSSETTI, Relatore, risponde che anzitutto va tenuto presente che esiste una legge la quale disciplina gli acquisti degli enti morali, legge che è alla base del nostro ordinamento giuridico. Questa legge stabilisce che un ente morale non può acquistare beni se non entro determinate condizioni e entro certi limiti; e precisamente stabilisce che non possa acquistare beni mobili mortis causa o per atto di donazione o per compravendita se non con l’autorizzazione governativa, la quale è un atto discrezionale che può essere dal Governo dato o rifiutato. Il Governo ha quindi in mano un’arma per garantirsi che questi enti non si espandano eccessivamente.
Fa osservare in secondo luogo che la norma dell’articolo 4 in discussione non preclude allo Stato la possibilità di introdurre ulteriori limitazioni. Vuole soltanto stabilire che queste eventuali limitazioni devono essere adottate per tutti gli enti e non soltanto per gli enti aventi scopo o finalità di culto. Se lo Stato in futuro decidesse che le persone giuridiche non possono possedere la terra, la norma in discussione non contraddirebbe a tale decisione e non verrebbe a garantire agli enti ecclesiastici un trattamento particolare.
MARCHESI torna a domandare se la norma non mira a stabilire oasi ferme di proprietà, escluse dalle vicende delle legislazioni sociali.
DOSSETTI, Relatore, ripete che la norma in esame mira soltanto a escludere un privilegio negativo e odioso. La personalità giuridica degli enti ecclesiastici può essere colpita da tutte le leggi restrittive in vigore per gli altri enti morali; ma, in base a questo articolo, non può essere colpita in modo speciale per il semplice fatto di essere persona ecclesiastica.
CEVOLOTTO, Relatore, fa osservare all’onorevole Marchesi, che dopo il Concordati, in realtà è cessato il divieto di possedere e che quindi esiste la possibilità di una ricostituzione della manomorta, ricostituzione che l’articolo in esame né facilita né contrasta. Non resta ora che vedere come essa si svilupperà, e se diverrà una questione che andrà risolta. Allo stato attuale non ravvisa la possibilità di tornare a imporre quei divieti che sono stati tolti.
MARCHESI domanda se non si ritengano sufficienti, allo scopo che si propone l’articolo dell’onorevole Dossetti, le disposizioni del Concordato.
CEVOLOTTO, Relatore, risponde che nell’articolo proposto dall’onorevole Dossetti non v’è niente di sostanzialmente diverso dalle disposizioni concordatarie. È da osservare, inoltre, che la norma è richiesta anche da associazioni religiose appartenenti ad altre Chiese. Non si possono certo porre le associazioni cattoliche in una situazione peggiore delle associazioni protestanti o di altre religioni.
MARCHESI obietta che si potrebbero applicare allora le disposizioni concordatarie.
CEVOLOTTO fa presente che si tratta di arrivare ad una norma comune per tutte quante le associazioni dei diversi culti. Se questa presenterà dei pericoli, lo si vedrà nel corso della sua applicazione.
DE VITA osserva che, secondo la legge civile, quando viene a cessare lo scopo per cui l’ente morale è stato costituito, il patrimonio va devoluto allo Stato. Per quel che riguarda gli enti morali non religiosi il pericolo della manomorta è dunque evitato; invece, per quanto riguarda gli enti ecclesiastici, questo pericolo esiste perché non c’è per essi la possibilità di devoluzione del loro patrimonio allo Stato. Con l’articolo in esame gli enti morali ecclesiastici potranno costituire patrimoni, anche vistosi, e attraverso la costituzione di questi patrimoni si può creare quella situazione giuridica che comunemente si chiama manomorta.
DOSSETTI, Relatore, ricorda che la legge del 1855 prescrive che un ente morale, sia esso ecclesiastico o no, per acquistare determinati beni, specialmente immobili, ha bisogno dell’autorizzazione governativa. C’è quindi un controllo. Se lo Stato, in futuro, notasse un fenomeno di eccessivo afflusso di beni specialmente immobili agli enti in genere, può non dare l’autorizzazione a nuovi acquisti.
Osserva quindi non essere esatta l’affermazione dell’onorevole De Vita che i beni delle persone giuridiche estinte vadano allo Stato. Ci vanno solo in ultima istanza, giacché nel caso di estinzione di un ente morale il suo patrimonio andrà ad enti che si prefiggono scopi analoghi e, in mancanza di questi, allo Stato. Ma tale questione non interessa la norma in esame, perché, restino o no quei bini nell’ambito di un determinato tipo di ente, ciò non significa che attraverso estinzioni successive si aumenti il patrimonio globale di un determinato tipo di ente. Ciò non può avvenire, perché alla base di tutto il sistema vi è un controllo da parte dello Stato.
DE VITA obietta che la sua osservazione rimane valida nonostante le delucidazioni dell’onorevole Dossetti. La legge civile, per quanto riguarda la disciplina di questa materia, non è applicabile agli enti ecclesiastici.
DOSSETTI, Relatore, replica che per tutti gli enti vale la stessa norma, e fa notare che vi è una vasta dottrina sul principio della estinzione delle persone giuridiche e la conseguente assunzione dei beni.
PRESIDENTE conferma che le finalità dell’articolo in discussione sono quelle indicate dal Relatore, onorevole Dossetti.
DE VITA spiega il suo rilievo precedente nel senso che, mentre per tutti gli altri enti morali c’è la possibilità che i loro beni a lungo andare vadano a finire nelle mani dello Stato, per gli enti ecclesiastici ciò non avviene. Lo Stato quindi può concedere agli enti morali l’autorizzazione ad acquistare immobili, ma non conviene che la conceda agli enti ecclesiastici, perché altrimenti vi è la possibilità che si ricostituisca la manomorta attraverso il patrimonio degli enti ecclesiastici stessi.
LA PIRA ricorda che lo Stato controlla tutti gli enti giuridici. Quando lo Stato si accorge che per le persone giuridiche si forma la cosiddetta manomorta, non dà l’autorizzazione e quindi il patrimonio non cresce e può anche essere eliminato. Non comprende pertanto le difficoltà sollevate dall’onorevole De Vita.
DE VITA dichiara di aver compreso lo spirito della disposizione, ma insiste sul fatto da lui indicato.
DOSSETTI, Relatore, sostiene con un esempio concreto che in ogni caso il patrimonio non si accresce. Infatti, supponendo che gli enti ecclesiastici in Italia abbiano un patrimonio complessivo di un miliardo, e che questo miliardo sia distribuito tra cento enti ecclesiastici, se ad un determinato momento novanta di questi enti si estinguono e ne restano soltanto dieci, è chiaro che il patrimonio di un miliardo va a concentrarsi nei dieci enti superstiti, ma non per questo aumenterà.
DE VITA obietta che possono sorgere nuovi enti ecclesiastici, e che lo Stato deve anche ad essi accordare l’autorizzazione; per questa via il patrimonio degli enti ecclesiastici può certamente aumentare.
DOSSETTI, Relatore, precisa che le sue osservazioni in risposta all’onorevole De Vita volevano sottolineare il fatto che il regime di evoluzione degli enti ecclesiastici non costituisce ragione per l’espansione del loro patrimonio. La Chiesa avrebbe altrimenti un sistema molto semplice per aumentare il suo patrimonio: distruggere gli enti ecclesiastici.
GRASSI osserva che attualmente gli enti ecclesiastici possono possedere ed acquistare e che l’articolo proposto dall’onorevole Dossetti potrebbe anche essere superfluo, poiché la materia è già regolata dal Concordato. Se mai, la norma può valere per gli enti religiosi non cattolici.
L’unico inconveniente è che i beni religiosi sono sottratti alla successione e quindi, mentre gli altri patrimoni nel giro di poche generazioni fatalmente si disperdono, quelli degli enti ecclesiastici non si estinguono. D’altra parte, la legge fissa al posto della tassa di successione quella di manomorta.
DE VITA fa presente che la sua osservazione mirava proprio a segnalare il pericolo di una possibile ricostituzione della manomorta.
GRASSI rileva che, in questo caso, lo Stato si difenderà con le sue leggi.
PRESIDENTE mette ai voti l’articolo 4 nel testo proposto dall’onorevole Dossetti, di cui ripete la formulazione:
«Il carattere ecclesiastico o lo scopo di religione o di culto di una associazione o di una istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative per la sua costituzione od attività, per la sua erezione in persona giuridica e per la sua capacità di acquistare, di possedere ed amministrare beni mobili ed immobili, come non possono essere causa di speciali gravami fiscali».
CEVOLOTTO dichiara che rinuncia alla sua proposta aggiuntiva e voterà a favore di questo articolo, tenendo però presenti i chiarimenti dati dall’onorevole Dossetti.
(L’articolo è approvato con 13 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astenuti).
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento.
PRESIDENTE fa presente che, avendo la Sottocommissione esaurito il suo compito nei riguardi della formulazione degli articoli, restano ora da rivedere quegli articoli già approvati che non sono stati trasmessi al Comitato di coordinamento perché la Sottocommissione si era riservata di riesaminarli, non solo al punto di vista del testo, ma anche del loro collocamento.
Avverte che, essendosi avuto sentore della possibilità che venga proposta la soppressione dalla Costituzione dei tre articoli che egli si appresta a sottoporre alla revisione della Sottocommissione, salvo a inserirne il concetto nel preambolo, è bene che anche questa eventualità sia tenuta presente nel riesame.
Passa quindi alla lettura dell’articolo 1:
«La presente Costituzione, al fine di assicurare l’autonomia, la libertà e la dignità della persona umana, e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica, spirituale, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri dell’uomo sia come singolo, sia nelle forme sociali nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».
CEVOLOTTO dichiara che, essendo contrario a questo articolo, se verrà proposto in sede di Commissione plenaria o di Assemblea plenaria di trasferirne il concetto nel preambolo, sarà favorevole a questa proposta.
PRESIDENTE dà lettura dell’articolo 2:
«Gli uomini, a prescindere dalle diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad un eguale trattamento sociale.
«È compito perciò della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico, culturale e spirituale di essa».
CEVOLOTTO dichiara che se anche per questo secondo articolo sarà proposto il collocamento nel preambolo, voterà a favore di tale proposta.
PRESIDENTE legge l’articolo 3:
«Ogni uomo è soggetto di diritto».
CEVOLOTTO propone che questo articolo sia soppresso, perché ritiene che il concetto sia già compreso nell’articolo 4, così come è stato formulato dal Comitato di coordinamento.
MORO ricorda di aver fatto un’esplicita riserva, dichiarando che questo articolo doveva essere sottoposto ad una seconda elaborazione.
PRESIDENTE propone che i tre articoli, così come sono stati formulati, vengano inviati al Comitato di coordinamento.
(Così rimane stabilito).
Ricorda che il Comitato di coordinamento ha abolito l’articolo 6, già approvato dalla Sottocommissione, che era così formulato:
«È riconosciuto ad ogni lavoratore, nei modi indicati dalla legge, uno stato professionale che è fondamento di diritto».
Legge quindi il penultimo articolo sui rapporti civili, non ancora trasmesso al Comitato di coordinamento:
«Le libertà garantite dalla presente Costituzione devono essere esercitate per il perfezionamento integrale della persona umana, in armonia con le esigenze della solidarietà sociale e in modo da favorire lo sviluppo del regime democratico mediante la sempre più attiva e concreta partecipazione di tutti alla cosa pubblica.
«La libertà è fondamento di responsabilità».
CEVOLOTTO dichiara di essere contrario a questo articolo, perché dire che le libertà garantite devono essere esercitate in modo da assicurare lo sviluppo del regime democratico rappresenta una formula che permette di sopprimere tutte le libertà che si vogliono negare, con la giustificazione che non sono dirette a favorire il regime democratico.
PRESIDENTE propone che anche questo articolo, così come è formulato, venga rinviato al Comitato di coordinamento, e fa presente che a suo parere esso dovrebbe essere collocato al n. 3 del tema dei rapporti civili.
(Così rimane stabilito).
Ricorda che, secondo l’ordine dato ai lavori della Sottocommissione, il tema dei principî dei rapporti politici e sociali deve riprendere il suo posto, di precedenza rispetto al tema della famiglia. Fa inoltre presente che questo tema dei rapporti politici avrebbe dovuto concludersi all’articolo 7, ma invece fu estesa la discussione a punti che non erano compresi nelle proposte dei Relatori e furono votati i seguenti articoli riguardanti le forme dello Stato italiano e i provvedimenti nei confronti della Casa Savoia:
«Art. … – Lo Stato italiano è una Repubblica democratica. Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese».
«Art. … – L’adozione della forma repubblicana dello Stato è definitiva e non può essere oggetto di normale procedimento di revisione della Costituzione».
«Art. … – La legge disporrà l’avocazione allo Stato dei beni di Casa Savoia».
«Art. … – Ai membri della Casa Savoia è proibita la residenza nel territorio della Repubblica».
Dovendosi dare ora un collocamento a questi articoli, fa presente che essi, per il loro carattere generale, andrebbero collocati in testa o in coda al testo costituzionale. Ritiene che la Sottocommissione debba limitarsi a stabilire tale collocazione, lasciando alla Costituente la definitiva decisione.
Apre la discussione su questo punto.
DOSSETTI si dichiara del parere che l’articolo riguardante la dichiarazione dello Stato come Repubblica, che qualcuno vorrebbe vedere in testa alla Carta costituzionale, sia da mettere invece in testa alla parte riguardante la struttura dello Stato, come esplicazione logica dei principî affermati nell’ordinamento precedente, anche perché, nella coscienza collettiva, l’adesione alla Repubblica democratica da parte di tutti gli italiani sarà tanto più approfondita, in quanto sarà sentita non come un cappello imposto un po’ forzosamente all’apice del nostro ordinamento, ma come lo sviluppo logico ed ultimo di una catena che dal riconoscimento dei diritti della persona arriva all’affermazione dello Stato repubblicano.
CEVOLOTTO, contrariamente allo schema di collocazione prospettato dall’onorevole Rossetti, ritiene che l’articolo riguardante la dichiarazione dello Stato come Repubblica vada collocato nella prima parte della Carta costituzionale, quella cioè che riguarda la sovranità, come è appunto nell’attuale Costituzione francese. Poiché non si sta facendo un trattato di sociologia, ma la Costituzione della Repubblica italiana, è del parere che, per un principio politico, questa Costituzione debba cominciare con l’affermazione: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica».
MORO, associandosi alle osservazioni dell’onorevole Dossetti, fa presente che gli articoli in discussione non hanno formato oggetto di alcuna decisione da parte del Comitato di coordinamento, il quale ha ritenuto di doverne rimandare la decisione alla Commissione plenaria. Crede quindi opportuno che ciascuno si riservi di esprimere in quella sede il proprio parere sull’argomento.
PRESIDENTE comunica che rimane inteso che la decisione circa il collocamento di questi articoli è rinviata in sede di Commissione plenaria.
(La Sottocommissione concorda).
Proseguendo nell’esame degli articoli non ancora sottoposti a revisione, fa presente che a due articoli riguardanti la bandiera nazionale e la sovranità dello Stato, già esaminati dal Comitato di coordinamento, seguono quelli concernenti la resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione e l’altro che stabilisce la rinuncia da parte della Repubblica alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli.
MORO fa presente che il Comitato di coordinamento ha approvato il concetto che, per quanto riguarda il collocamento e la formulazione di questi articoli, la decisione debba spettare alla Commissione plenaria.
PRESIDENTE ricorda che la Sottocommissione ha approvato nella seduta di stamane un articolo in cui è detto: «Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa interiore ed esteriore, alla libera manifestazione individuale ed associata della propria fede, alla propaganda di essa e al libero esercizio privato e pubblico del proprio culto, purché non si tratti di religione e di culto implicanti principî o riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume».
Propone che questo articolo venga collocato nella prima parte che riguarda i principî dei rapporti civili.
(Così resta stabilito).
Fa presente che ci sono infine i due articoli riguardanti la questione dei rapporti internazionali e quella dei rapporti tra Stato e Chiesa.
DOSSETTI ricorda che la Sottocommissione aveva già stabilito un ordine di collocamento per questi articoli.
PRESIDENTE dichiara di ritenere che i due articoli debbano essere collocati nel capitolò che riguarda i principî dei rapporti civili.
(Così resta stabilito).
Discussione sull’insegnamento religioso nelle scuole elementari.
MARCHESI fa presente che è rimasto sospeso un articolo proposto dall’onorevole Moro concernente l’insegnamento religioso nelle scuole elementari. Su questo articolo, a proposito del quale egli fece una dichiarazione di voto preliminare, la Sottocommissione non si è pronunciata.
PRESIDENTE ricorda all’onorevole Marchesi che quell’articolo fu oggetto di una lunga discussione, troncata in seguito a una proposta dell’onorevole Dossetti di rinviarne la discussione dopo che la Sottocommissione avesse deliberato circa le relazioni tra lo Stato e la Chiesa. Invita l’onorevole Moro, che insieme all’onorevole Marchesi fu Relatore del tema dei rapporti culturali, a cui l’articolo si riferisce, ad esprimere il suo pensiero sull’argomento.
MORO dichiara che, essendosi stabilito che i Patti Lateranensi rimangono come base per i rapporti tra Stato e Chiesa, i commissari democristiani rinunciano a richiedere una esplicita dichiarazione su questo punto. Qualora questa disciplina giuridica non avesse più efficacia, egli ed i colleghi della Democrazia cristiana si riservano di presentare quell’articolo nella forma e nella sede più opportuna.
MARCHESI dichiara che l’articolo votato nella seduta precedente, in cui è stato inserito il Concordato come base dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, si presterà certamente ad una ulteriore discussione. L’argomento non si è certo esaurito nella sede della prima Sottocommissione, e parecchi punti saranno particolarmente messi in rilievo, e specialmente quella parte del Concordato che si riferisce all’insegnamento religioso nelle scuole.
Osserva che la formula proposta in un secondo tempo dall’onorevole Moro avrebbe di molto attenuato l’opposizione a quel principio, e farebbe onore all’onorevole Moro il riproporla in questa sede come indizio modificatore di certe inconsulte asprezze delle norme concordatarie. L’articolo però dovrebbe essere riproposto così com’è formulato nella sua seconda redazione.
MORO ricorda all’onorevole Marchesi le vicende subite da quel suo articolo che suscita lo sdegno dell’onorevole Togliatti, in seguito al quale egli dovette rivendicare la propria buona fede. Fa presente come egli, in quella sede, chiarì che se i democristiani avessero potuto ottenere l’unanimità dei voti su quell’articolo, avrebbero potuto giustificare la situazione delicata che veniva a crearsi per la discordanza tra la seconda formulazione dell’articolo stesso e la norma contenuta nel Concordato.
TOGLIATTI fa presente che i comunisti erano disposti a votare l’articolo.
MORO obietta che l’onorevole Marchesi aveva già dichiarato che non l’avrebbe votato. Osserva che ora la situazione è diversa, perché nella seduta precedente è stato votato un articolo che richiama integralmente la disciplina concordataria per tutte le norme di sua competenza, tra cui è compresa una norma relativa all’insegnamento religioso. Quindi, dopo l’inserimento del Concordato nella Costituzione, si potrà sempre apportare a quella norma le modificazioni che si riterranno opportune; ma se, invece, si approvasse in questa sede una norma diversa dal testo concordatario, si creerebbe una situazione non solo particolarmente delicata da un punto di vista politico, ma tale da meritare un attento esame da parte della Sottocommissione nei riguardi del lato giuridico.
MARCHESI osserva che i democristiani darebbero un lodevole e giovevole esempio se, senza smentire la sostanza dell’articolo concordatario, inserissero nella Costituzione una qualche modificazione conforme a quello spirito di libertà che hanno tante volte affermato.
MORO invita l’onorevole Marchesi a rendersi conto dell’importanza del rilievo che egli ha fatto in relazione a questo problema costituzionale, e come egli non possa assumersi leggermente una tale responsabilità.
MARCHESI dichiara fin d’ora che in sede di Commissione plenaria e di Assemblea costituente esprimerà il suo pensiero sull’articolo del Concordato.
PRESIDENTE fa presente all’onorevole Marchesi che, ove l’onorevole Moro non accolga la sua richiesta, egli potrà riservarsi di risollevare la questione in sede di Commissione plenaria o di Assemblea costituente. Ritiene comunque opportuno sospendere brevemente la seduta, per dare modo all’onorevole Moro di consultarsi con i colleghi democristiani prima di rispondere in merito alla richiesta dell’onorevole Marchesi.
(La seduta è sospesa per alcuni minuti).
Comunica che, non avendo lo scambio di idee portato ad alcuna conclusione, si intende che tanto l’onorevole Marchesi come l’onorevole Moro, come anche tutti gli altri Commissari che lo ritenessero opportuno, si riservano il diritto di risollevare tutta la questione in sede di Commissione plenaria ed eventualmente anche in sede di Assemblea costituente.
MORO fa presente che, essendo stati vani i tentativi di giungere a una soluzione concorde, la questione resta impregiudicata ed i contatti in merito tra i rappresentanti delle opposte tendenze saranno ripresi in seno alla Commissione dei settantacinque.
Chiusura dei lavori della Sottocommissione.
PRESIDENTE, prima di dichiarare chiusi i lavori della prima Sottocommissione, dà atto ai Commissari della alacrità e assiduità da essi dimostrate. È stato compiuto un lavoro molto interessante; si è lavorato bene e in profondità; sono stati formulati ben 60 articoli della Costituzione.
Ritiene che, quando il Paese avrà cognizione dell’opera svolta dalla Commissione per la Costituente e sarà in grado di valutarne l’importanza, non potrà non riconoscere che a questa Costituzione è stato portato – nel modo più alto – tutto il contributo di attività, di intelligenza, di operosità in corrispondenza con i sentimenti popolari.
Intende sottolineare, soprattutto, lo spirito col quale si è lavorato: spirito di comprensione che ha mirato sempre a raggiungere risultati nei quali le opposte visioni si integrassero e si fondessero in modo da appagare, nei limiti del possibile, le esigenze di ciascuno dei componenti la Sottocommissione. Ritiene che questo sia il carattere più importante che ha contraddistinto i lavori e che di questo soprattutto si debba conservare il ricordo.
Se il sentimento di comprensione che ha animato tutti i commissari durante i loro lavori potesse diventare patrimonio comune dei militanti nei partiti che oggi formano la base della democrazia italiana, l’opera svolta dalla Sottocommissione non avrebbe potuto raggiungere risultato migliore e di miglior auspicio per quel che dovremo ancora fare nell’Assemblea e nel Paese per garantire al popolo un effettivo regime democratico sulla base della libertà e della giustizia.
(Segni di consenso).
LA PIRA ringrazia il Presidente che ha, con alta imparzialità, con paterna sapienza e con squisito tatto, guidato i lavori della Sottocommissione.
I commissari gliene sono tutti grati: la solidarietà raggiunta in seno alla Sottocommissione è dovuta anche alla sua fatica ordinatrice.
Si associa con tutto il cuore alle parole pronunciate dal Presidente, rilevando che, realmente, tutti i commissari sono spiacenti di doversi separare, poiché si era venuta formando fra di essi una consuetudine di vita e di comune sentimento che ha costituito in seno alla Sottocommissione un vincolo di fraternità umana. È questa già una conquista politica ed è un preannunzio della fraternità che legherà in avvenire tutti gli italiani.
(Segni di consenso).
TOGLIATTI si associa all’onorevole La Pira nell’espressione del ringraziamento per l’azione che il Presidente ha svolto nelle sue funzioni. Tutti i commissari gli sono riconoscenti e ne apprezzano la competenza, l’abilità e la capacità. Sarebbe augurabile che tutte le Commissioni costituzionali fossero dirette nello stesso modo e quindi con lo stesso profitto.
Per quanto si riferisce ai risultati del lavoro svolto dalla Sottocommissione, rileva che, di certo, vi sono punti ancora da discutere e che saranno discussi. La lotta politica continuerà anche dopo che sarà compiuta la Costituzione. Il fatto però di essere riusciti, prima di tutto, a comprendersi, e di essere riusciti in secondo luogo a fissare come elementi della Costituzione alcuni punti su cui i rappresentanti di correnti politiche diverse, provenienti da parti molto lontane, di varia preparazione, con ideologie differenti, si sono trovati d’accordo e hanno votato ad unanimità; il fatto che si è riusciti – e si riuscirà in futuro – ad inserire nella Costituzione una maggioranza di articoli sui quali tutti sono fin d’ora concordi, è di buon auspicio per il futuro del Paese.
L’aver collaborato in questa Sottocommissione, pur attraverso dibattiti alle volte tempestosi, è per tutti motivo di soddisfazione: soddisfazione di aver conosciuto degli uomini, di averne constatato la capacità intellettuale e politica, e di aver trovato con essi una base comune di accordo e di discussione.
Questo è un risultato proficuo che certamente riuscirà utile ai partiti, all’Assemblea e a tutto il Paese.
(Segni di assenso).
PRESIDENTE dichiara chiusi i lavori della Sottocommissione.
La seduta termina alle 21.
Erano presenti: Amadei, Basso, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.
Assenti giustificali: Caristia e Mancini.