ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
47.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 10 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
INDICE
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento
Presidente – Lucifero – Togliatti – Cevolotto – Moro – Mancini –Merlin Umberto – Amadei – Caristia – De Vita – Marchesi.
La seduta comincia alle 11.
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento.
PRESIDENTE, data l’assenza dell’onorevole Dossetti, ritiene che non sia il caso di riprendere la discussione che era rimasta in sospeso al termine dell’ultima riunione. Propone perciò di riesaminare, dal punto di vista formale, gli articoli riguardanti i principî dei rapporti civili, con esclusione degli articoli 1, 2, 3, e dell’articolo 17, sui quali la Sottocommissione si riserva di ritornare per un più approfondito esame.
LUCIFERO non ritiene che la Sottocommissione possa in questa sede tornare su quanto ha deliberato. Anche per quello che riguarda la questione di forma, la competenza non può essere che del Comitato di coordinamento, il quale ha lo scopo di dare una forma univoca a tutta la Costituzione.
TOGLIATTI si dichiara sostanzialmente d’accordo con l’onorevole Lucifero. Non sarebbe contrario, però, a rileggere gli articoli, sia per ragioni di coordinamento che per la necessità di qualche eventuale piccolo ritocco.
PRESIDENTE fa presente all’onorevole Lucifero che non si tratta di un riesame di merito, ma soltanto di forma, prima di inviare gli articoli al Comitato dei 18.
(Gli articoli 4, 5 e 6 non danno luogo ad osservazioni).
TOGLIATTI, sull’articolo 7, osserva che nel primo capoverso, invece di: «è vietata ogni violenza fisica e morale», si dovrebbe dire: «è vietata ogni violenza fisica o morale», per evitare che si possa da taluno intendere che la violenza debba essere fisica e morale nel medesimo tempo.
CEVOLOTTO concorda con l’onorevole Togliatti. Ritiene che si debba usare la particella disgiuntiva «o», altrimenti in sede di interpretazione si potrebbe ritenere che sia vietata la violenza fisica, solo quando si sommi con quella morale.
PRESIDENTE mette ai voti la proposta di sostituire alla dizione: «è vietata ogni violenza fisica e morale» l’altra: «è vietata ogni violenza fisica o morale».
(La proposta è approvata all’unanimità).
MORO, sull’articolo 8, propone che nella prima proposizione si sopprima la parola «definitiva», lasciando, in questo modo, alla legge di decidere se l’innocenza dell’imputato debba essere presunta fino alla condanna definitiva o no.
MANCINI è d’avviso che per condanna si debba intendere quella definitiva.
PRESIDENTE ritiene che la proposta dell’onorevole Moro non possa essere accolta in quanto non concerne una revisione di forma, ma un mutamento sostanziale circa una questione su cui la Sottocommissione ha già espresso il suo parere mediante un voto.
(La Sottocommissione concorda).
TOGLIATTI, sull’articolo 9, in cui è detto che la pena di morte non è ammessa, domanda se la Commissione ritenga fuor di luogo sollevare, a questo punto, la questione della pena dell’ergastolo, che essendo altrettanto inumana quanto da pena di morte, dovrebbe essere parimenti soppressa.
Fa presente che, comunque, si riserva di riprospettare la questione della esclusione della pena dell’ergastolo in sede di Comitato di coordinamento e in sede di Commissione dei 75.
LUCIFERO si associa alle considerazioni dell’onorevole Togliatti, che hanno un valore sostanziale, oltre che di umanità. Trattasi di una condanna talmente grave che, dopo i trenta anni, interviene quasi sempre la concessione della grazia sovrana, per cui si potrebbe consacrare nel diritto ciò che attualmente avviene come prassi.
PRESIDENTE non è insensibile alle umane osservazioni dell’onorevole Togliatti, ma desidera far rilevare che la pena dell’ergastolo, la quale si commina solo in casi di eccezionale gravità, mette il condannato in condizioni di non poter fruire di tutti quei decreti di amnistia che, succedendosi anche a breve distanza uno dall’altro, gli permetterebbero di riavere la libertà dopo pochi anni.
Teme, inoltre, che l’abolizione della pena dell’ergastolo potrebbe essere un incentivo a commettere delitti efferati, essendosi soppressa l’unica pena, quella di morte, capace di incutere paura ai grandi criminali.
MERLIN UMBERTO ricorda il delitto commesso recentemente a Milano da una donna, che ha barbaramente ucciso la moglie del suo amante e i suoi tre figlioletti, di cui uno appena di dieci mesi. In casi come questo, non si può non dare alla coscienza popolare la soddisfazione di sapere che colui che è stato capace di compiere un così nefando delitto non potrà più uscire dal carcere.
MANCINI osserva che la sua esperienza professionale lo porta ad essere completamente d’accordo con l’onorevole Togliatti. Cita l’episodio di un condannato all’ergastolo, che ha preferito suicidarsi pochi giorni dopo la condanna. Per quanto concerne le amnistie, ricorda al Presidente che dai beneficî in esse previsti è stato sempre escluso il reato di omicidio.
Richiama poi l’attenzione sul fatto che quando si verificano delitti così gravi, che esorbitano i limiti dell’umanità, vi è sempre in chi li commette un fondo di malattia e di anormalità, che anche da un punto di vista scientifico non può essere colpito così inumanamente. È da considerare, infatti, che l’ergastolo porta con sé la segregazione cellulare che nessun condannato arriva a completare, senza aver momenti di oscuramento mentale.
CEVOLOTTO concorda con i sentimenti di umanità espressi dagli onorevoli Togliatti e Mancini; prega però i colleghi di voler riflettere sulla gravità della questione, prima di prendere una decisione.
Premesso che la segregazione cellulare è stata abolita, è d’avviso che l’argomento dovrebbe formare oggetto di norme di Codice penale, piuttosto che di Costituzione, trattandosi in sostanza di modificare l’attuale sistema delle pene e carcerario.
MANCINI obietta che la segregazione cellulare esiste anche attualmente, sotto il nome di «isolamento».
MORO è d’accordo con l’onorevole Cevolotto che la questione rientri nella competenza del legislatore penale, in sede di riforma del sistema delle pene e carcerario. Circa la sostanza dell’emendamento che si vorrebbe introdurre, pone in evidenza l’esigenza della difesa della società umana che è compromessa dal moltiplicarsi di atti nefandi. Soppressa la pena di morte, l’ergastolo è rimasto l’unico motivo di inibizione al delitto. Per i casi patologici, a cui accennava l’onorevole Mancini, il legislatore penale potrà studiare dei sistemi più perfezionati di accertamento e potrà altresì prevedere delle diminuzioni di pena per i casi di carattere eccezionale, umanizzando ad ogni modo la detenzione. D’altra parte bisogna tener conto dell’esistenza del potere di grazia, conferito al Capo dello Stato, che, senza venir meno alla esigenza di una intimidazione preventiva, può interrompere la pena dell’ergastolo nei casi in cui il colpevole sia considerato degno di rientrare nella società.
LUCIFERO dichiara di non credere affatto al potere inibitorio della pena per coloro che, per temperamento o per particolare stato d’animo, sono portati a commettere simili delitti. Circa la questione delle amnistie, crede che si potrebbe trovare una formula mediante la quale la pena massima di 30 anni, comminata senza attenuanti, impedisca di usufruire di qualsiasi condono di pena.
Ad ogni modo, è d’avviso che bisognerebbe sempre stabilire che la segregazione cellulare deve essere proibita, come inumana e perciò contraria all’ultimo comma dell’articolo in esame.
MANCINI non crede anch’egli alla efficacia intimidatrice della pena, tanto è vero che il maggior numero di delitti si verifica proprio nelle nazioni dove è prevista la pena di morte.
Gli sembra che 30 anni di privazione della libertà siano più che sufficienti per soddisfare le esigenze del diritto. Ricorda che in Italia la pena dell’ergastolo non era prevista e che fu introdotta come surrogato della pena di morte.
PRESIDENTE condivide il parere dell’onorevole Cevolotto che la questione debba formare oggetto di revisione del sistema penale e carcerario. Ad ogni modo ritiene che prima di arrivare anche ad un semplice voto, l’argomento dovrebbe essere più attentamente sceverato ed approfondito.
MORO fa presente all’onorevole Lucifero che l’abolizione della segregazione cellulare deve intendersi inclusa nell’articolo della Costituzione che garantisce a ciascun cittadino un trattamento umano.
PRESIDENTE, riassunta la discussione, dà atto all’onorevole Togliatti del voto espresso per l’abolizione della pena dell’ergastolo, cui si sono associati gli onorevoli Lucifero e Mancini. Trattandosi però di argomento di tale importanza da meritare di essere più approfondito, ritiene che la Sottocommissione possa essere concorde nel rinviarlo in sede più opportuna.
(Così rimane stabilito).
AMADEI propone che il secondo comma dell’articolo («La responsabilità penale è personale») divenga primo comma.
MORO è d’accordo.
(La Sottocommissione approva la proposta dell’onorevole Amadei. – Gli articoli 10 e 11 non danno luogo ad osservazioni).
AMADEI, all’articolo 12, osserva che nell’ultimo capoverso, in luogo di: «La divulgazione di notizie conosciute per questi tramiti è vietata», sarebbe più opportuno dire: «per tal modo conosciute».
(La Sottocommissione concorda – L’articolo 13 non dà luogo ad osservazioni)
PRESIDENTE, sull’articolo 14, ricorda che in sede di discussione dell’articolo fu fatta una riserva circa l’opportunità di apposito riferimento alle società segrete.
Ritiene giunto il momento di sciogliere tale riserva.
TOGLIATTI aggiungerebbe all’ultimo comma l’espressione seguente: «Sono proibite le associazioni segrete».
AMADEI si associa alla proposta dell’onorevole Togliatti, e per collegare l’espressione con il concetto precedente, direbbe: «Sono parimenti proibite le associazioni segrete».
LUCIFERO è d’avviso che il concetto sia troppo vago e tale da dare adito ad errate interpretazioni da parte degli organi di polizia con conseguenti abusi.
A suo avviso si dovrebbe invece aver riguardo al fine che queste associazioni segrete perseguono, precisandosi che sono proibite le associazioni aventi un fine politico, che possa minacciare o minare la Costituzione dello Stato.
PRESIDENTE ritiene che in un regime di democrazia non si possano concepire società segrete di alcun genere che, a suo avviso, dovrebbero essere proibite alla pari di quelle aventi un’organizzazione militare. Le società segrete si possono soltanto concepire in un regime dittatoriale, quando la libertà è limitata o inesistente, ma non in un regime democratico dove ogni associazione può vivere alla luce del sole. Pertanto, se si vuole fare una Costituzione democratica, bisogna essere logici, affermando il divieto di ogni associazione segreta, senza bisogno di scendere nella Costituzione a specificazioni che potrebbero essere imperfette, o incomplete. Sarà compito del legislatore stabilire quali possono essere le società segrete, o che si presumano tali, nei confronti delle quali si debba applicare il divieto.
CEVOLOTTO pensa che quando si parla di società segrete, alcuni intendono di riferirsi alla massoneria. Precisa che la massoneria non può ritenersi un’associazione segreta, essendo noti a tutti i suoi programmi, i suoi dirigenti e la sua sede. Bisognerebbe quindi stabilire che cosa si intenda per società segreta, perché non crede che certe forme particolari di riservatezza, sia per quanto riguarda particolari deliberazioni, sia nei confronti dell’elenco dei soci, bastino per qualificare una società come segreta, non potendosi pretendere, senza violare la libertà dei cittadini, che sia di assoluto dominio pubblico anche tutto ciò che riflette la vita interna delle associazioni, specialmente se di carattere politico. La proibizione deve perciò rivolgersi principalmente a quelle società che segretamente tendono a minare la compagine dello Stato e che agiscono contro la legge. Si dichiara pertanto contrario alla formula proposta dall’onorevole Togliatti.
CARISTIA è d’accordo con il Presidente che non possano concepirsi in regime democratico società segrete. A suo avviso, però, il tener celato lo statuto, o gli elenchi dei soci, incide in minima parte sulla natura segreta della società, il cui carattere di segretezza va piuttosto ricercato nel fatto che questa caratteristica rappresenti lo scopo precipuo di tale società.
Ritiene quindi che non sarebbe difficile trovare gli estremi per definire quando una associazione è veramente segreta.
MORO propone le seguenti due formule, di cui la seconda sostitutiva dell’ultimo comma dell’articolo in esame: «Sono proibite quelle associazioni che hanno consacrato nel loro statuto il vincolo della segretezza»; «Le associazioni che perseguono fini politici mediante un’organizzazione militare o col vincolo del segreto sono vietate».
PRESIDENTE ripete che qualunque specificazione potrebbe essere incompleta. Fa poi osservare che se si sancisce il divieto delle associazioni che nel loro statuto consacrino il vincolo della segretezza, le società che vorranno mantenersi segrete, non introdurranno nel loro statuto ltale norma. Pertanto insiste nel ritenere che la Costituzione si debba limitare ad un’affermazione normativa generale che indirizzi la vita, la legge, il costume del Paese, riservando al legislatore di stabilire gli elementi caratteristici delle associazioni che si vogliono proibire.
MORO precisa di aver inteso esprimere il concetto che il carattere della segretezza dovesse essere essenziale e non transitorio nell’associazione, e che per tanto non si potesse fare a meno di consacrarlo nello statuto. Ad ogni modo, più che lo statuto, si deve vedere il fatto sostanziale, vale a dire l’intenzione della società di essere segreta.
DE VITA pensa che l’unico criterio distintivo potrebbe essere quello di ritenere segrete quelle associazioni che tendono a non far conoscere la propria esistenza.
MORO è d’accordo con l’onorevole De Vita. Il carattere della segretezza deve essere essenziale alla natura dell’associazione e non deve riguardare i particolari del suo funzionamento.
MANCINI concorda anch’egli con l’onorevole De Vita, che per società segreta si debba intendere non quella di cui si ignorino le finalità o il numero dei soci, ma quella che mira a mantenere segreta la propria esistenza.
MORO propone la dizione: «Sono proibite le società che hanno come carattere essenziale la segretezza».
PRESIDENTE ritiene che la formula dell’onorevole Togliatti sia la più esauriente.
Mette, pertanto, ai voti la seguente dizione aggiuntiva: «Sono parimenti proibite le associazioni segrete».
CEVOLOTTO dichiara che voterà a favore di questa formula, nel senso che debbono essere proibite le associazioni che tendano a mantenere segreta la loro esistenza.
DE VITA dichiara di votare a favore, secondo l’interpretazione che ha dato precedentemente.
MORO dichiara di votare a favore, secondo quanto ha esposto in precedenza.
MANCINI dichiara di votare a favore, nel senso che devono intendersi per associazioni segrete quelle che cercano di nascondere la propria esistenza.
(La proposizione aggiuntiva è approvata all’unanimità).
MARCHESI, sull’articolo 15, dichiara di riservarsi di domandare in sede competente l’abolizione della casistica contemplata nell’articolo stesso».
DE VITA si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Marchesi.
(Gli articoli 15, 16 e 18 non danno luogo ad osservazioni).
PRESIDENTE, essendo esaurita la revisione degli articoli relativi ai principî dei rapporti civili da sottoporre al Comitato di coordinamento, salvo per quanto concerne gli articoli 1, 2, 3 e 17, sui quali la Commissione si è riservata di ritornare per un esame più approfondito, sottopone a revisione gli articoli relativi ai principî dei rapporti sociali (culturali).
(I primi tre articoli non danno luogo ad osservazioni).
Rinvia il seguito della discussione alla seduta successiva.
La sedata termina alle 13.15.
Erano presenti: Amadei, Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mancini, Marchesi, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.
Assenti giustificati: Grassi, Dossetti, Mastrojanni.