Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

43.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 29 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

 

INDICE

Lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti (Seguito della discussione)

Mancini – Presidente – Togliatti – Cevolotto, Relatore – Grassi – Caristia – Lucifero – Mancini – Mastrojanni – Dossetti, Relatore – De Vita – Moro – Basso – Marchesi – La Pira.

La seduta comincia alle 11.

Seguito della discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.

MANCINI dichiara che, se fosse stato presente nella seduta precedente, avrebbe votato a favore della proposta dell’onorevole Togliatti, nel senso cioè di specificare che lo Stato italiano è una repubblica democratica di lavoratori.

PRESIDENTE ricorda che l’onorevole Togliatti nella precedente riunione aveva presentato la seguente proposta:

«La forma repubblicana dello Stato non può essere messa in discussione né davanti al popolo né davanti alle Assemblee legislative».

La formulazione di tale proposta, in relazione alle osservazioni di altri Commissari, è stata dallo stesso onorevole Togliatti così modificata:

«L’adozione della forma repubblicana è definitiva: né l’iniziativa popolare, né il voto delle Assemblee legislative possono metterla in discussione».

TOGLIATTI fa presente di aver ritenuto di modificare la sua primitiva proposta, i cui termini troppo recisi potevano forse essere interpretati nel senso che la propaganda dell’idea monarchica fosse da considerarsi come sovversiva. Pur non escludendo che nella legge si possa anche arrivare a questa affermazione, ha voluto cercare una formula meno drastica che esprimesse lo stesso concetto, escludendo in termini costituzionali la possibilità, per esempio, di indire un referendum sulla forma istituzionale dello Stato, senza condannare per questo la propaganda dell’idea monarchica come sovversiva.

CEVOLOTTO, Relatore, vorrebbe chiarito il significato delle parole: «iniziativa popolare».

GRASSI fa presente che il referendum è una proposta che le autorità dello Stato fanno al popolo perché esso dica se accetta o meno una determinata forma istituzionale, mentre l’iniziativa popolare è la facoltà del popolo di proporre direttamente una legge per rivedere la forma istituzionale dello Stato. Ritiene, però, che parlare di iniziativa popolare, quando ancora non si sa se questa sarà consentita nella Costituzione, sia una cosa tecnicamente e giuridicamente non opportuna.

CARISTIA è d’avviso che la proposta dell’onorevole Togliatti potrebbe avere un significato più preciso e più concreto, se collocata nella parte relativa ai modi di revisione della Costituzione. In Itale sede, crede, potrebbe anche stabilirsi un limite assoluto al potere di revisione della Costituzione, come è previsto in quella francese.

CEVOLOTTO, Relatore, ricorda che il concetto espresso dall’onorevole Caristia era contenuto in un suo ordine del giorno che è stato respinto.

LUCIFERO è del parere che ogni affermazione contenuta in una Costituzione sia definitiva senza bisogno di dirlo specificatamente. Tale definitività, però, è soltanto relativa, nel senso che ha valore fino al giorno in cui la volontà popolare, manifestata nelle forme legali, non intenda modificarla.

Osserva, poi, che se si adottasse la formula dell’onorevole Togliatti, anche la petizione alle Assemblee legislative (che, a suo avviso, rientra nell’iniziativa popolare) pure se presentata nelle forme previste dalla legge, costituirebbe un reato. Fa quindi rilevare che da un punto di vista giuridico, poiché le leggi, anche quelle costituzionali, sono il portato della coscienza generale in un determinato momento storico del Paese (coscienza che può variare a seconda delle contingenze), non sarebbe ammissibile sancire determinate norme fisse ed eterne in una Costituzione, nel senso cioè che non possano essere tangibili, nemmeno se le situazioni e i tempi rendessero necessario di trasformarle.

Tale concetto, oltre che antigiuridico, sarebbe anche assurdo, perché ciò che si vuole soffocare troverebbe egualmente il modo di esplodere e di affermarsi al di fuori delle normali procedure.

Dichiara, inoltre, di essere contrario alla formula dell’onorevole Togliatti per un altro motivo particolare. Premesso esser di avviso che, divenuto lo Stato repubblicano, i monarchici debbano diventare una disciplinata, civica massa inquadrata nelle nuove forme dello Stato, non crede però opportuno non tener conto di questa massa di oltre 10 milioni di cittadini, cui la suddetta formula potrebbe dare la sensazione che si vogliano prendere contro di essa atteggiamenti di ostracismo. Tale sensazione si acuirebbe, poi, maggiormente, se i monarchici venissero a conoscenza dell’intenzione dell’onorevole Togliatti di statuire, in sede di legislazione, che la propaganda dell’idea monarchica è un atto sovversivo che deve essere represso. Questa intenzione è assai grave, perché in uno Stato democratico ognuno dovrebbe essere libero di propagandare le sue idee nei termini consentiti dalla legge. D’altra parte, è risaputo che ogni persecuzione non costituisce altro che un lievito del pensiero, un incremento all’idea che la fa meglio fiorire. Pertanto, se si vuol fare una Costituzione non solo democraticamente, ma anche politicamente, concepita, la Sottocommissione dovrebbe respingere la proposta dell’onorevole Togliatti, che rappresenterebbe politicamente un assurdo, perché da un lato verrebbe a creare una maggiore divisione tra gli italiani, che si deve cercare invece di unificare, e dall’altro rafforzerebbe quell’idea che si vorrebbe soffocare.

TOGLIATTI precisa che, nel parlare della possibilità di una legge che riconoscesse come reato la propaganda monarchica, ha inteso alludere a particolari casi in cui gli elementi monarchici si mettessero sul terreno dell’organizzazione armata e del colpo di Stato. In questi casi ritiene legittimo, anche in un regime democratico, che lo Stato repubblicano cerchi di difendersi. Come ha già affermato nella precedente riunione, non vuole precludere assolutamente la strada al manifestarsi di un’opinione contraria, ma fissare un’àncora che politicamente ritiene necessaria e indispensabile per la stabilità del nuovo regime repubblicano, senza escludere la possibilità che nell’avvenire possa crearsi una situazione tale, per cui quest’àncora potrebbe divenire inservibile.

Costituzionalmente, l’articolo che ha proposto vuol significare una remora di più per una sua eventuale abrogazione, nel senso cioè che se in un domani vi fosse una maggioranza monarchica nel Parlamento, prima di poter proporre una riforma istituzionale, dovrà iniziare il procedimento per l’abrogazione di questo articolo, come del resto è avvenuto negli Stati Uniti per sopprimere il regime secco. Ricorda che anche nella Costituzione francese vi è un articolo di analogo contenuto, che dovrebbe essere abrogato prima di poter prendere in esame una proposta di mutamento costituzionale. La questione quindi, costituzionalmente, non è rilevante e non si presta affatto alle critiche mosse dall’onorevole Lucifero.

LUCIFERO non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare una particolare procedura di revisione della Costituzione, specialmente nei riguardi della forma istituzionale, se si fosse accettato l’ordine del giorno proposto nella precedente seduta dall’onorevole Cevolotto, nel senso cioè di trattare la questione non nei principî generali, ma, come ha fatto la Costituzione francese, nel capitolo relativo alla revisione della Costituzione. Tiene a richiamare nuovamente l’attenzione dell’onorevole Togliatti e di tutta la Sottocommissione sulla reazione che un articolo di questo genere potrebbe portare in seno ad una notevole parte dell’opinione pubblica. Non avrebbe, invece, alcuna preoccupazione se si adottasse una formulazione sul genere di quella della Costituzione francese, mettendola nella sede appropriata. Dal punto di vista del diritto costituzionale, la questione non ha forse grande rilevanza, perché quando un convincimento è entrato nell’animo delle masse, lo consenta o meno la Costituzione, la volontà popolare trova sempre il modo di esprimersi e di farsi valere. La sua preoccupazione è, invece, di carattere politico per le reazioni che l’articolo provocherebbe in un notevolissimo settore del Paese, reazioni che potrebbero nuocere al consolidamento della nascente Repubblica.

CEVOLOTTO, Relatore, è d’avviso che l’ultimo testo proposto limiti molto l’estensione della norma, rendendo sempre più evidente la difficoltà di una formulazione non coordinata con le disposizioni relative alla revisione della Costituzione. Può essere d’accordo che l’iniziativa popolare non dovrà avere tale ampiezza da poter chiedere il mutamento della forma istituzionale dello Stato, però fa osservare che la Sottocommissione non sa ancora in che forme e in che limiti l’iniziativa popolare sarà concessa.

Potrebbe essere parimenti favorevole al divieto per le Assemblee legislative di deliberare sul mutamento della forma istituzionale, che, se sarà ammesso, dovrà essere circondato da eventuali garanzie, ma approvando fin d’ora tale divieto si rischia, a suo avviso, di fare un lavoro inutile, o almeno provvisorio, perché è probabile che nel capitolo relativo alla revisione della Costituzione si escluda la possibilità per le Assemblee legislative di poter intervenire con un voto immediato sulla questione istituzionale. L’articolo proposto, quindi, dovendo necessariamente essere coordinato con le norme che saranno stabilite per la revisione della Costituzione, ritarderebbe la presentazione all’Assemblea dei 75 del progetto di Costituzione, nella parte attinente alla Sottocommissione, fino a quando tutto il progetto non sarà terminato. Dato il risultato della votazione della precedente riunione, non vede però come sia possibile uscire dalla situazione.

MANCINI crede che si debba discutere ed approvare in questa sede l’articolo dell’onorevole Togliatti per ragioni politiche, giuridiche e di opportunità.

Per ragioni politiche, perché, avendo proclamato la Repubblica, la Costituzione deve essere repubblicana e, come tale, non può non contenere delle norme che rendano più difficile o impossibile un ritorno della monarchia. Per ragioni giuridiche, perché, contrariamente a quanto è stato affermato dall’onorevole Lucifero, le leggi non sono il prodotto spirituale della coscienza di tutto il popolo, ma della maggioranza. Ora quando tale maggioranza ha dimostrato di preferire una particolare forma politica, come quella che è stata ratificata dalle elezioni del 2 giugno, la legge deve intervenire perché la minoranza non contrasti con essa. Per ragioni di opportunità, infine, perché preoccupandosi delle reazioni che l’articolo potrebbe suscitare nell’animo dei monarchici, si cadrebbe in un altro errore, simile a quello in cui si è incorsi a proposito dell’amnistia. Ritiene infatti che in questo campo l’indulgenza sarebbe causa di pericolo per la Repubblica e per la democrazia, sia in relazione a certe manifestazioni criminali dei monarchici, sia perché la democrazia, che si identifica con la Repubblica, in tanto esiste in quanto sappia difendere se stessa.

L’articolo proposto dall’onorevole Togliatti risponde, quindi, a suoi avviso, ad un elementare sentimento di legittima difesa della Repubblica.

MASTROJANNI ritiene che la Repubblica, essendosi ormai affermata nella coscienza popolare, non debba temere gli assalti di alcuno, anche se sconsideratamente qualche fanatico può essere andato oltre quello che è il sentimento prevalente.

Dichiara, poi, di non potere accettare il concetto di democrazia, così come lo ha espresso l’onorevole Mancini, perché sarebbe in perfetto contrasto con lo stesso significato della parola democrazia. Se, come vorrebbe l’onorevole Mancini, non si ammettesse la possibilità di discutere sulla forma istituzionale, non si avrebbe più un regime repubblicano democratico, ma il più preoccupante regime assolutista. La democrazia, invece, è la libera espressione del pensiero di tutti, nei limiti consentiti dalla legge, per l’esercizio di quelle libertà originarie, imprescrittibili, sacre e inalienabili che sono state sancite nell’esordio della nuova Costituzione.

Condivide, invece, le osservazioni dell’onorevole Lucifero, che ha obiettivamente messo in luce la questione, sia dal punto di vista giuridico che da quello politico.

Dal punto di vista giuridico, infatti, l’affermazione della immutabilità di una norma è antigiuridica per eccellenza, perché le leggi rispecchiano quella che è la morale prevalente nella coscienza popolare, che essendo, a sua volta, il risultato di concezioni e di situazioni oggettive, è suscettibile nel tempo di tutte le possibili variazioni e non può quindi ritenersi immutabile.

Dal punto di vista politico, non vi è dubbio che un’affermazione come quella dell’onorevole Togliatti, offenderebbe i sentimenti di una grande massa di cittadini, che hanno dimostrato di prediligere un’altra forma istituzionale.

In un momento in cui dovrebbe prevalere, nei confronti di questa tutt’altro che trascurabile massa di cittadini, il criterio della persuasione e della forza del ragionamento, sarebbe un atto politicamente inopportuno sancire solennemente nella Carta costituzionale la impossibilità, persino, di discutere sulla forma istituzionale, in relazione ad un eventuale diverso orientamento della coscienza popolare.

Concorda che la democrazia repubblicana debba difendersi, ma l’onorevole Mancini gli deve dare atto che nessuna istituzione, quali che siano le coercizioni, può logicamente affermarsi e sussistere se non risponde spontaneamente a quella che è la coscienza collettiva del popolo. Per ciò, la difesa della Repubblica italiana sta appunto nella coscienza del popolo italiano e se questa è matura, nulla vi sarà da temere. D’altra parte, ricorrendo a questa norma coercitiva, antigiuridica e anticostituzionale, si potrebbe ingenerare il dubbio che la Repubblica non risponda effettivamente alla coscienza popolare. Ritiene, invece, che la Repubblica italiana possa durare, se è effettivamente nella coscienza del popolo, e la forza materiale e spirituale di questa affermazione deve costituire la più efficace garanzia per escludere la possibilità di attentati contro la Repubblica.

Conclude condividendo in subordine l’opinione dell’onorevole Cevolotto, nel senso di demandare la questione alla seconda Sottocommissione che dovrà redigere un articolo relativo alla possibilità e alle modalità per poter addivenire alla revisione del testo costituzionale.

MANCINI obietta all’onorevole Mastrojanni che se nella coscienza del popolo esiste la difesa della Repubblica, tale difesa non può esprimersi che mediante una legge, in quanto democrazia significa libera espressione delle proprie idee, nei limiti però consentiti dalla legge, rappresentando il prodotto spirituale della maggioranza dei cittadini. Poiché attualmente la maggioranza è repubblicana, ha il dovere di difendere e consolidare la Repubblica con l’arma democratica più adatta, costituita appunto da una legge mirante ad impedire eventuali insidie da parte della minoranza.

BASSO esprime l’avviso che la discussione sia uscita fuori binario, trattandosi in sostanza di stabilire una norma la quale affermi che la forma repubblicana dello Stato non può essere modificata con quello che sarà il normale procedimento di revisione della Carta costituzionale, ma eventualmente con una procedura di secondo grado.

CARISTIA propone la chiusura della discussione generale.

(La proposta, messa ai voti, è approvata all’unanimità).

PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Dossetti e La Pira hanno presentato un ordine del giorno così formulato:

«La prima Sottocommissione delibera che la Costituzione debba dichiarare la definitività della forma repubblicana dello Stato e garantirla costituzionalmente. Rinvia alla seconda Sottocommissione l’elaborazione tecnica di questo principio».

Personalmente preferirebbe la seguente dizione:

«La prima Sottocommissione dichiara che la forma repubblicana è definitiva e deve essere garantita costituzionalmente, ecc.».

Rende noto che l’onorevole Togliatti accetterebbe l’ordine del giorno degli onorevoli Dossetti e La Pira, emendandone così la prima parte:

«La prima Sottocommissione delibera che la forma repubblicana è definitiva e che essa non può fare oggetto di una proposta di revisione della Costituzione».

Domanda agli onorevoli Dossetti e La Pira se accettano l’emendamento dell’onorevole Togliatti.

DOSSETTI, Relatore, nella sostanza, è d’accordo con l’onorevole Togliatti sulla necessità di affermare nella Costituzione la definitività della forma repubblicana, ed individuare il modo per escludere che essa possa essere messa in discussione. Quanto alla forma, però, si dichiara contrario ad affermare nella Costituzione che la forma repubblicana non possa in alcuna maniera formare oggetto di proposte di revisione, perché evidentemente si direbbe una cosa che giuridicamente non può essere accettata.

Ognuno sa quanto gli stiano a cuore certi principî fondamentali riguardanti i rapporti fra Stato e Chiesa; eppure, se venisse proposto, si dichiarerebbe egualmente contrario ad affermare nella Costituzione l’impossibilità di una loro revisione. Sancire perciò nella Costituzione che la forma repubblicana non può formare oggetto di una revisione, sarebbe un non senso, in quanto si verrebbe a sottolineare un atteggiamento di cristallizzazione anti-democratico. Si dichiara, invece, disposto a specificare quali attività debbano essere impedite, come per esempio l’iniziativa popolare, nel senso che non sia possibile che domani, in una città o in una regione, si attui un’iniziativa per mettere in discussione la forma repubblicana.

Data la concordanza di sostanza, se si dovesse venire ad una votazione, evidentemente sarà favorevole alla primitiva formula dell’onorevole Togliatti e, in caso estremo, alla nuova formula. Pregherebbe però l’onorevole Togliatti di rimettere effettivamente la determinazione tecnica delle garanzie sostanziali alla seconda Sottocommissione.

CARISTIA non vede niente di antigiuridico e di assurdo nella formula dell’onorevole Togliatti, il cui concetto è riportato più volte anche dalla stessa Costituzione francese e da altre Costituzioni. Giuridicamente, infatti, si può porre un limite ad un determinato potere, che nel caso in questione, è il potere di revisione.

DE VITA è perfettamente d’accordo con l’onorevole Caristia. Non si tratta di una immutabilità della legge, come ha sostenuto l’onorevole Mastrojanni, ma di porre il legislatore di fronte ad un limite, oltre il quale non può andare. Questo limite significherebbe, in sostanza, una procedura di secondo grado per la revisione della forma costituzionale dello Stato.

DOSSETTI, Relatore, ripete che è d’accordo sulla sostanza, ma è d’avviso che non corrisponda a uno spirito democratico l’escludere a priori la revisione della forma istituzionale.

Se per modificare la Costituzione che è ora in elaborazione, si richiedesse la convocazione di una nuova Assemblea costituente, evidentemente non si potrebbe disconoscere ad essa lo stesso potere che ha l’attuale Costituente. Per questo motivo una simile affermazione, anche se fornita di significato politico, non può ritenersi giuridicamente esatta.

TOGLIATTI ritiene che la questione sia stata posta giuridicamente dall’onorevole De Vita. La formula presentata è di compromesso, in quanto tiene a che su una deliberazione di questo genere vi sia la maggioranza.

DOSSETTI, Relatore, riafferma che la sua preoccupazione è che giuridicamente tale formula sia inesatta e antidemocratica.

MASTROJANNI osserva che l’onorevole Dossetti è sostanzialmente d’accordo sulla formula dell’onorevole Togliatti, ma si preoccupa di salvare la forma.

Gli sembra però che questo sistema non sia ortodosso, perché la forma e la sostanza debbono coerentemente non essere in contrasto e se si vuole che il popolo possa apprendere dalla sola lettura della Costituzione quello che essa vuol dire, si deve essere il più chiari possibile, senza usare eufemismi che sono da condannare in modo assoluto, perché antidemocratici. Perciò, se si vuole precludere ogni possibilità di revisione della forma istituzionale, si deve formalmente e sostanzialmente dirlo.

Circa l’esempio, portato dall’onorevole Caristia, di Costituzioni straniere, rivendica a Roma il diritto di insegnare, d’avere insegnato e di continuare a insegnare per il futuro quelli che sono i fondamenti del diritto.

CARISTIA obietta all’onorevole Mastrojanni che, a parte il rispetto per il diritto di Roma, che è comune a tutti, ha citato le altre Costituzioni soltanto a titolo di esemplificazione. Ad ogni modo, la disposizione dovrebbe essere collocata non nella sede in esame, ma in quella relativa ai modi di revisione della Costituzione.

MORO è del parere che in sede di Costituzione si debba far cenno alla definitività della forma istituzionale, ma fa rilevare che il problema della garanzia costituzionale della Repubblica è un problema complesso che va oltre la questione della revisione della Costituzione e di cui dovrà occuparsi la seconda Sottocommissione.

Ritiene, pertanto, opportuno limitarsi a sancire il principio che «l’adozione della forma repubblicana dello Stato è definitiva», facendolo seguire da un ordine del giorno nel quale si affermi che: «La prima Commissione, avendo sancito il principio della definitiva adozione del regime repubblicano, rinvia alla seconda Sottocommissione per tutte le opportune garanzie costituzionali».

BASSO si dichiara contrario ad una affermazione generica che la forma repubblicana dello Stato è definitiva, inquantoché una norma del genere avrebbe carattere puramente pedagogico e potrebbe anche urtare una parte notevole dell’opinione pubblica. Sarebbe favorevole invece ad un’affermazione come quella proposta dall’onorevole Togliatti, la quale è veramente una norma avente valore eminentemente giuridico. In sostanza, si viene a porre il principio che una revisione in materia istituzionale non potrebbe essere proposta, se prima non sia stato soppresso questo articolo. La seconda Sottocommissione stabilirà poi le norme mediante le quali si possa addivenire alla revisione della Costituzione.

LUCIFERO non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare il principio enunciato dall’onorevole Basso, cioè che, per determinate riforme costituzionali, si debba seguire una procedura speciale di secondo grado. Ma affermare che la forma repubblicana è definitiva gli sembra perfettamente inutile, sia perché la definitività, come ha già detto, deve sempre intendersi in modo relativo, sia perché la formula, che ha votato favorevolmente, ossia «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica», già afferma un concetto di per sé definitivo.

Dichiara, infine, di non aver difficoltà a rinviare alla seconda Sottocommissione la stesura delle speciali procedure alle quali dovrebbe essere sottoposta una eventuale pratica di revisione istituzionale.

CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che voterà a favore della proposta dell’onorevole Togliatti, inquantoché ritiene anch’egli necessario che in questa materia si abbia una votazione di maggioranza. Sarebbe, invece, contrario a mettere nella Costituzione un principio isolato circa la definitività della forma repubblicana dello Stato, perché ciò potrebbe far supporre che vi sia alcuno che possa immaginare che la Repubblica è provvisoria.

PRESIDENTE ritiene anch’egli che affermare che la Repubblica è definitiva, oltre ad essere superfluo, sembrerebbe tradire quasi la preoccupazione che la Repubblica non fosse tale. Prega, pertanto, i colleghi di non volere insistere su una tale affermazione.

Sarebbe invece favorevole ad una formula che, senza ripetere quella francese, dicesse che effettivamente la forma repubblicana dello Stato si sottrae al procedimento normale di revisione della Costituzione.

All’onorevole Togliatti, che giustamente si preoccupa che su questa questione venga raggiunta una larga maggioranza, fa rilevare che se si insiste su certe formule, si rischierà di avere una maggioranza così debole da essere più pregiudizievole che non il passare sotto silenzio la questione.

Personalmente, proporrebbe due formule identiche nella sostanza, ma differenti nella forma, una come articolo e l’altra come ordine del giorno.

La prima è così formulata:

«La forma repubblicana dello Stato non è soggetta al normale procedimento di revisione della Costituzione».

La seconda è la seguente:

«La prima Sottocommissione delibera che la forma istituzionale dello Stato non debba essere soggetta al normale procedimento di revisione della Costituzione e rinvia per la formulazione definitiva alla seconda Sottocommissione».

Qualora la Commissione fosse d’accordo sul merito, dovrebbe stabilire se dare la preferenza all’articolo o all’ordine del giorno.

CEVOLOTTO, Relatore, non sarebbe favorevole ad esporre il concetto sotto forma di un articolo che, data la dizione proposta, potrebbe dare l’impressione che fosse proprio la Costituente ad indicare che con un procedimento straordinario si possono modificare le istituzioni repubblicane. Qualora il concetto venisse inserito e coordinato con gli articoli riguardanti la revisione della Costituzione, assumerebbe, invece, un altro aspetto e valore. Tuttavia, dichiara che se la Sottocommissione preferirà la forma dell’articolo, voterà favorevolmente.

PRESIDENTE osserva che, rendendosi interprete del disagio derivante dal fatto che non siano state ancora stabilite le forme di revisione della Costituzione, ha proposto lo stesso concetto anche come ordine del giorno.

MORO ritiene anch’egli che non sia il caso di formulare un articolo, poiché trattasi di una materia in cui la Sottocommissione non è competente.

È, pertanto, favorevole all’ordine del giorno.

TOGLIATTI dichiara invece di essere favorevole a definire la questione con un articolo, in quanto ritiene che la Commissione sia competente a decidere, rientrando nella sua specifica competenza tutto quanto attiene alla forma istituzionale dello Stato. Il coordinamento e la collocazione definitiva dell’articolo potranno successivamente essere effettuati in altra sede. Inserirebbe l’articolo proposto dal Presidente subito dopo la definizione: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica».

PRESIDENTE crede che un ordine del giorno raccoglierebbe più facilmente il consenso della grande maggioranza dei Commissari.

MASTROJANNI si dichiara contrario sia all’ordine del giorno che all’articolo, in quanto ritiene che non si possa alludere ad un procedimento non normale di revisione della Costituzione quando ancora non si conosce quale sarà quello normale. Di conseguenza, esprime il voto che la discussione sia rinviata a quando l’apposita Sottocommissione avrà stabilito i mezzi normali di revisione della Costituzione.

LUCIFERO si associa all’onorevole Mastrojanni. Si dichiara contrario all’articolo, perché non ritiene che la materia sia di competenza della prima Sottocommissione. Per quanto riguarda l’ordine del giorno, ripete che non sarebbe alieno ad una forma particolare di procedimento per determinate revisioni costituzionali, ma prima di potersi pronunciare, desidererebbe averne esatta conoscenza. Inoltre, data la sua forma vaga e negativa, non crede che tale ordine del giorno potrebbe riuscire di soddisfazione dei monarchici, dai cui voti è stato inviato alla Costituente. Per questi motivi è contrario all’ordine del giorno e all’articolo.

CARISTIA dichiara che voterà a favore dell’ordine del giorno, ritenendo che la norma dovrebbe essere rinviata al capitolo relativo ai modi di revisione della Costituzione.

MORO in relazione a quanto ha precedentemente affermato, domanda che sia messo ai voti il seguente articolo:

«L’adozione della forma repubblicana dello Stato è definitiva».

Nel caso che fosse respinto, voterà l’articolo proposto dall’onorevole Togliatti.

TOGLIATTI dichiara che voterà favorevolmente la proposta dell’onorevole Moro.

MANCINI afferma che voterà anch’egli favorevolmente la proposta dell’onorevole Moro, specialmente dopo le osservazioni dell’onorevole Lucifero.

CEVOLOTTO, Relatore, rileva che la questione, così come è stata impostata, non lascia a tutti i repubblicani altra via che di votare a favore della proposta dell’onorevole Moro, perché essendo stata portata sul terreno politico, una votazione contraria implicherebbe necessariamente il sospetto che si nutra qualche riserva mentale sulla forma repubblicana.

Data questa impostazione, per quanto tutto il suo passato di repubblicano elimini ogni dubbio in proposito, voterà favorevolmente. Dichiara, però, che portare sul terreno politico una questione che avrebbe dovuto essere esclusivamente tecnica, è andare contro alla possibilità di fare una buona Costituzione.

MASTROJANNI si associa alle ultime considerazioni svolte dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE mette ai voti la proposizione proposta dall’onorevole Moro.

(È approvata con 13 voti favorevoli e 4 contrari).

Mette ai voti la proposizione seguente, avvertendo che dovrà seguire a quella testé approvata: «e non può essere oggetto di normale procedimento di revisione della Costituzione».

(È approvata con 15 voti favorevoli e 2 contrari).

CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di riservarsi di discutere in sede di Commissione plenaria sul collocamento di questo articolo e di proporre che venga inserito nella parte relativa alla revisione della Costituzione.

PRESIDENTE fa presente che vi è una proposta aggiuntiva dell’onorevole Togliatti, così formulata:

«I beni della Casa di Savoia sono confiscati a favore dello Stato».

CEVOLOTTO, Relatore, prospetta due dubbi. Il primo è se la Costituzione sia il luogo adatto per includere una disposizione che gli sembrerebbe piuttosto oggetto di una legge speciale. Il secondo dubbio è di natura politica, in quanto mettendo una simile disposizione nella Costituzione, teme che si possa vedere in essa un’apparenza di persecuzione e di accanimento particolari contro la monarchia, dando così esca ad eventuali ed incresciose polemiche e fornendo i mezzi di propaganda all’azione della massa monarchica, di cui non si può disconoscere la notevole entità, come è stato dimostrato dal referendum istituzionale.

Per questi motivi, pur non avendo un pensiero preciso sulla questione, ha l’impressione che il collocamento della disposizione in questa sede non sia politicamente opportuno.

TOGLIATTI spiega che si tratta appunto di una misura di garanzia per eliminare gli strumenti della propaganda monarchica, che sono costituiti oggi dai beni della Corona.

Circa la votazione del 2 giugno, ricorda che essa ebbe luogo in particolari circostanze politiche per cui non può avere un valore assoluto il numero dei voti raggiunto dai monarchici. Ad ogni modo, appunto perché la Repubblica non ha ottenuto una maggioranza assoluta di voti, bisogna che si garantisca contro un ritorno della monarchia.

Ritiene, poi, che l’argomento possa far parte della Costituzione, dal momento che essa è la prima Costituzione repubblicana. Ricorda anche che in quasi tutte le Costituzioni repubblicane, sorte dopo la soppressione della monarchia, vi è un’altra norma, che si propone di presentare all’esame della Sottocommissione, relativa al divieto di residenza nel territorio della Repubblica per i membri della ex casa reale.

CEVOLOTTO, Relatore, è d’avviso che questa seconda norma possa essere accolta senza discussione.

MARCHESI rileva che moltissimi italiani, durante gli anni, non dirà della tirannia, ma della malavita fascista, pensavano che il popolo italiano, restituito alla libertà mediante la sua rappresentanza nazionale, non avrebbe esitato a mettere in stato di accusa la monarchia dei Savoia, non per ragioni ideologiche, ma soltanto per un atto di riparazione nazionale, in relazione alla complicità continua e necessaria che essa ha dato per più di 20 anni al fascismo. Probabilmente la nave che portava in Egitto l’ex re d’Italia, portava un uomo che in un Paese non occupato dai vincitori sarebbe stato dichiarato reo di delitto capitale. Ora non si domandano processi, ma crede che non si possa spingere la generosità fino al punto di riconoscere che i Savoia possano conservare i loro beni in una Nazione che hanno portata alla rovina.

LUCIFERO è contrario alla proposta dell’onorevole Togliatti per diversi motivi, tra i quali, in primo luogo, il fatto che la materia non può formare oggetto di una norma costituzionale, ma di una legge speciale, che sarebbe del resto assai discutibile, in quanto sancirebbe il principio che un cittadino possa essere spogliato dei suoi beni, senza che concorra una sentenza del magistrato. Per questa ragione ritiene che i beni privati di casa Savoia debbano restare di proprietà dei legittimi proprietari.

Senza entrare nella discussione delle osservazioni dell’onorevole Marchesi, non essendo questa la sede adatta, si rende interprete dei sentimenti di affetto e di devozione non solo suoi, ma anche di moltissimi italiani, verso la famiglia Savoia che ha reso innumerevoli servizi al Paese.

MASTROJANNI è anch’egli d’avviso che ogni decisione in ordine ai beni di casa Savoia debba formare oggetto di una legge speciale, ritenendo che la Costituzione non sia giuridicamente né politicamente adatta ed opportuna per affermazioni di tal genere.

MANCINI è favorevole alla proposta dell’onorevole Togliatti, oltre che per le ragioni addotte dal proponente, anche perché crede che i beni della famiglia dei Savoia siano beni usurpati, da considerarsi come profitti del regime monarchico.

PRESIDENTE desidera soltanto fare considerare che con l’articolo proposto dall’onorevole Togliatti si porrebbe in essere una sanzione, la quale si giustificherebbe solo in seguito ad una sentenza. Inoltre non crede che il far deliberare dalla Costituzione una sanzione sia conforme al suo carattere, fondato su enunciazioni di diritto e su affermazioni di principio.

TOGLIATTI tiene a mettere in evidenza che non si è fatto luogo ad un processo e ad una sentenza capitale, unicamente per la preoccupazione di non turbare la pace politica del Paese. Ma non si deve, a suo avviso, da questo fatto trarre ingiustificate conseguenze giuridiche, nel senso che i Savoia, non essendo stati processati, non debbano perdere i loro beni, in relazione anche alle migliaia di cittadini che per loro colpa furono privati dei beni e della Patria.

PRESIDENTE osserva che rimane sempre impregiudicata la questione se, cioè, in una Costituzione convenga adottare una sanzione. D’altra parte, per quella nota di umanità che gli è consueta, non crede che sarebbe veramente una cosa umana privare una famiglia di beni che non possono considerarsi usurpati o come profitti di regime. Pertanto, anche per questa ragione, è contrario alla proposta dell’onorevole Togliatti.

LA PIRA può essere d’accordo con l’onorevole Togliatti nel senso che effettivamente qualche cosa bisogna togliere alla famiglia Savoia, ma gli sembra che vi sia una evidente sproporzione tra l’oggetto proprio della Costituzione e l’oggetto specifico della proposta in discussione. È del parere, quindi, che l’argomento della confisca dei beni di casa Savoia dovrebbe formare piuttosto oggetto di una legge speciale.

CEVOLOTTO, Relatore, insiste perché la materia relativa alla proposta dell’onorevole Togliatti sia rinviata ad una legge speciale.

TOGLIATTI dichiara di non poter accettare la proposta dell’onorevole Cevolotto.

DOSSETTI, Relatore, condivide il dubbio dell’onorevole La Pira che vi sia una sproporzione tra l’oggetto proprio della Costituzione e l’oggetto specifico della proposta Togliatti. Ad ogni modo, se si giungerà ad una votazione, dichiara che voterà favorevolmente.

CEVOLOTTO, Relatore, propone il seguente ordine del giorno:

«La Sottocommissione ritiene che la questione della confisca dei beni dei Savoia non faccia parte della materia costituzionale, pur affermando che essa dovrà essere risolta in senso positivo per mezzo di una legge speciale».

Gli sembra che tale formula sia chiara, esplicita e non dia luogo a possibilità di dubbi.

DOSSETTI, Relatore, dichiara di non essere favorevole alla dizione della prima parte dell’ordine del giorno Cevolotto, perché, pur essendo dell’avviso che l’argomento non debba far parte della Carta costituzionale, ritiene che possa rientrare nella competenza di quelle leggi costituzionali le quali dovranno porre in applicazione la Costituzione e che la Costituente dovrà approvare.

PRESIDENTE rileva che per eliminare il dubbio dell’onorevole Dossetti sarebbe sufficiente sostituire alle parole: «della materia costituzionale», le altre: «della Carta costituzionale».

Mette ai voti la proposta dell’onorevole Togliatti.

GRASSI dichiara di votare contro, in quanto è favorevole all’ordine del giorno Cevolotto.

MORO domanda all’onorevole Togliatti se accetterebbe di sostituire la sua formula con la seguente: «La legge disporrà idonee misure per l’avocazione allo Stato dei beni dei Savoia». Con tale dizione sarebbero superate le difficoltà circa l’asserita incostituzionalità della materia, rinviando l’attuazione del principio alle leggi aggiuntive alla Costituzione.

TOGLIATTI accetterebbe, se la formula fosse più tassativa, vale a dire: «Verrà disposta con legge la confisca dei beni di casa Savoia».

MASTROJANNI rileva che evidentemente l’articolo avrebbe sempre sapore e carattere di sanzione. Pone in evidenza, però, che se si esamina la causale di questa sanzione nei confronti dei Savoia, causale che è di una tale vastità da rendere inutile qualsiasi accenno, emerge subito l’assoluta sproporzione tra di essa e l’effetto che si vuole raggiungere e che rimarrebbe limitato nel campo puramente economico. Gli sembra quindi che di fronte alla storia si farebbe una figura poco edificante.

TOGLIATTI risponde all’onorevole Mastrojanni che casa Savoia ha già avuto una prima sanzione del suo operato con il referendum ed una seconda sanzione dalla Costituzione repubblicana con le sue norme antimonarchiche.

PRESIDENTE rende noto che l’onorevole Moro propone un articolo così formulato:

«La legge disporrà per l’avocazione allo Stato dei beni di casa Savoia».

CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di mantenere il suo ordine del giorno per le ragioni precedentemente svolte.

TOGLIATTI dichiara di essere favorevole alla nuova dizione dell’onorevole Moro.

MASTROJANNI fa rilevare che con la formula dell’onorevole Moro si viene a dare un ordine al legislatore, perché metta in pratica un desiderio della Costituente. Il compito del legislatore è invece soltanto quello di tradurre in leggi i principî che saranno affermati nella Costituzione.

Per questa ragione prega il proponente di trovare un’altra formula che sia conforme alle esigenze di carattere costituzionale e giuridico.

MORO è dell’avviso che la legge, a cui ha fatto cenno, debba essere una legge aggiuntiva della Costituzione, quindi fatta dallo stesso organo sovrano, ossia dalla Costituente.

MASTROJANNI obietta che la Costituente è delegata a fare la Costituzione e non le leggi costituzionali, che sono di competenza del legislatore.

GRASSI dichiara che voterà contro l’articolo dell’onorevole Moro. Non c’è dubbio che la Costituzione possa deferire al legislatore incarichi speciali in determinati limiti, ma nel caso in discussione non si tratterebbe di stabilire i limiti di un principio costituzionale, ma di una questione sostanzialmente specifica. Ritiene perciò preferibile attenersi all’ordine del giorno dell’onorevole Cevolotto.

CARISTIA si associa alle considerazioni svolte dall’onorevole Grassi e dichiara che anch’egli voterà a favore dell’ordine del giorno dell’onorevole Cevolotto.

CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che voterà contro la proposta dell’onorevole Moro, in quanto intende mantenere il suo ordine del giorno.

LA PIRA dichiara che, per coerenza a quanto ha detto precedentemente, voterà contro l’articolo; voterà invece a favore dell’ordine del giorno dell’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE dichiara che, per le ragioni già esposte, voterà contro l’articolo.

Mette ai voti l’articolo proposto dall’onorevole Moro:

«La legge disporrà l’avocazione allo Stato dei beni di casa di Savoia».

(È approvato con 9 voti favorevoli e 8 contrari).

Mette in discussione l’altro articolo proposto dall’onorevole Togliatti, così formulato:

«Ai membri della casa Savoia è proibita la residenza sul territorio della Repubblica».

LUCIFERO dichiara che voterà contro l’articolo in quanto lo ritiene inutile, dato che ormai è consuetudine che i membri delle famiglie reali, che hanno perduto il trono, risiedano fuori delle Nazioni sulle quali hanno regnato.

Ciò premesso, voler inserire un provvedimento del genere nella Costituzione, significherebbe dargli un carattere di odiosità che non farebbe altro che urtare la sensibilità di una notevole parte dell’opinione pubblica.

DOSSETTI, Relatore, dichiara di votare a favore dell’articolo proposto dall’onorevole Togliatti, in quanto lo ritiene, nella presente situazione storico-politica italiana, un provvedimento di difesa dell’ordine repubblicano.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo proposto dall’onorevole Togliatti.

(È approvato con 14 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astenuti).

La seduta termina alle 13.15.

Erano presenti: Amadei, Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Moro, Togliatti e Tupini.

Assente giustificato: Merlin Umberto.