Come nasce la Costituzione

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MARTEDÌ 3 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

44.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 3 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

Lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti (Seguito della discussione)

Presidente – Cevolotto, Relatore – Togliatti – De Vita – Dossetti, Relatore – Caristia – Grassi – Moro – La Pira – Corsanego – Lucifero – Amadei – Marchesi.

La seduta comincia alle 18.

Seguito della discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.

PRESIDENTE fa presente che, secondo l’ordine dei lavori precedentemente stabilito, dovrebbero essere messi in discussione gli articoli 2 e 5 della relazione dell’onorevole Cevolotto.

Quanto all’articolo 3: «Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La nascita, il sesso, la razza, la condizione sociale, le credenze religiose, o il fatto di non avere alcuna credenza, non possono costituire la base di privilegio o di inferiorità legale», può intendersi soppresso, in quanto il suo concetto è contenuto nell’articolo 2 dei principî generali, già approvato.

Per l’articolo 4, che tratta del riconoscimento delle norme del diritto delle genti da parte della Repubblica italiana, poiché l’argomento è stato trattato anche dall’onorevole Dossetti, dovrà cercarsi di arrivare ad una fusione.

Per semplificare, pone in discussione l’articolo 5, sul quale non crede vi sarà luogo a dissensi:

«La bandiera della Repubblica italiana è verde, bianca e rossa».

Domanda innanzi tutto se sia necessario o meno mettere un simile articolo nella Costituzione.

CEVOLOTTO, Relatore, osserva che un articolo sulla bandiera vi è in tutte le Costituzioni.

TOGLIATTI riconosce l’opportunità dell’articolo, ma, così come è formulato, gli sembra insufficiente, in quanto non dice se i colori della bandiera sono disposti nella direzione orizzontale o in quella verticale. Rimane, inoltre, aperto il problema dell’emblema della Repubblica italiana che, se venisse approvato dalla Costituente, dovrebbe occupare il centro della bandiera.

CEVOLOTTO, Relatore, propone che, in analogia a quanto è stabilito nel corrispondente articolo della Costituzione francese, si dica:

«La bandiera della Repubblica italiana è verde, bianca e rossa, a tre bande verticali di eguali dimensioni».

DE VITA osserva che se non si stabilisce l’emblema, la bandiera italiana potrebbe confondersi con quella messicana.

PRESIDENTE ritiene opportuno lasciare per il momento impregiudicata la questione dell’emblema.

Mette ai voti l’articolo nel testo proposto dall’onorevole Cevolotto.

(È approvato all’unanimità).

Apre la discussione sull’articolo 2 della relazione Cevolotto, così formulato:

«Tutti i poteri spettano al popolo che li esercita o li delega secondo la Costituzione e le leggi».

DOSSETTI, Relatore, osserva che tale articolo si connette strettamente con il suo articolo 2, formulato nel modo seguente:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell’ordinamento giuridico costituito dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi».

Con questo articolo ha inteso riferirsi principalmente a quello che è il fondamento della sovranità dello Stato, derivante dall’ordinamento giuridico e dalla configurazione che questo ordinamento fa dello Stato, mentre nell’articolo 2 dell’onorevole Cevolotto si fa riferimento principalmente all’esercizio della sovranità, specificando che «tutti i poteri spettano al popolo», che può esercitarli direttamente o indirettamente. Affrontando il problema della sovranità dello Stato, riterrebbe necessario affermare congiuntamente i due concetti relativi sia al fondamento che all’esercizio della sovranità. Per questo motivo, ha proposto all’onorevole Cevolotto una formula risultante dalla fusione dei due articoli.

CEVOLOTTO, Relatore, dà lettura della formula concordata:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell’ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi.

«Tutti i poteri sono esercitati dal popolo direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti».

Precisa che nella sua dizione aveva seguito la formula tradizionale mazziniana, ma poiché in sostanza l’espressione: «Tutti i poteri sono esercitati dal popolo» ha lo stesso significato, ha aderito alla proposta dell’onorevole Dossetti.

DOSSETTI, Relatore, spiega che la prima parte dell’articolo ha precisamente lo scopo di specificare in termini più corretti quello che è il concetto della sovranità dello Stato. Non sarebbe stato esatto, infatti, parlare secondo una dottrina politica che risale al secolo scorso, di sovranità del popolo, perché la sovranità è dello Stato, e il popolo è il soggetto che l’esercita. Il concetto di sovranità popolare della formula mazziniana aveva senso in quanto lo si contrapponeva alla sovranità del principe, che era il soggetto in cui si identificava lo Stato e che esercitava tutti i poteri inerenti allo Stato stesso.

Ciò premesso, gli è sembrato più corretto e più conforme all’impostazione della Costituzione di parlare di sovranità dello Stato, che si fonda sull’ordinamento giuridico stabilito dalla Costituzione e dalle altre leggi da essa derivanti, mentre i poteri, che sono in concreto il modo con cui si attua la sovranità dello Stato, emanano dal popolo che li esercita o direttamente, o mediante i suoi rappresentanti.

CARISTIA non crede che sia necessario dichiarare nella Costituzione che la sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell’ordinamento giuridico, essendo questa una cosa naturale e da tutti pacificamente ammessa. È necessario, invece, stabilire chi esercita la sovranità ed i relativi poteri. Tale esigenza è già, a suo avviso, in modo concreto e corretto, affermata nell’articolo dell’onorevole Cevolotto a cui si dichiara favorevole.

DE VITA si dichiara anch’egli favorevole alla formula dell’onorevole Cevolotto. Osserva che, secondo la dottrina mazziniana, la sovranità risiede nel popolo e non nello Stato.

GRASSI prega l’onorevole Dossetti di non insistere nella sua proposta, in quanto con essa si entrerebbe in un campo dottrinale che non è quello delle norme costituzionali. Oltre il fatto che, addentrandosi in una discussione teorica, sarebbe molto difficile giungere ad una conclusione, la formula dell’onorevole Dossetti non è molto felice, perché la sovranità dello Stato non consiste nei limiti in cui si esplica, ma è il potere di comando, che in tanto si chiama sovranità, in quanto nega che vi sia un’altra autorità al di sopra di essa.

A suo giudizio, quello che la Costituzione deve fissare è che la sovranità viene dal popolo. Lo Stato, che è depositario del potere di comando, lo esercita attraverso gli organi del suo ordinamento, ma questi organi sono azionati e ricevono autorità e forma dal popolo che, direttamente o indirettamente, dà ad essi tutta la capacità della sua sovranità.

Ritiene, pertanto, preferibile la formula dell’onorevole Cevolotto, che senza avere pretese giuridiche esplica un concetto fondamentale giuridico e politico di una Costituzione democratica.

MORO non entra nella disputa sottile e interessante se la sovranità spetti al popolo o allo Stato, ma non può essere d’accordo con l’onorevole Grassi quando ritiene non necessaria la specificazione dei limiti giuridici e politici in cui si esplica la sovranità dello Stato. Dopo venti anni di arbitrio del potere esecutivo che avevano portato alla creazione di una dottrina per la quale la sovranità dello Stato consisteva nell’assoluta potenza, o prepotenza, si deve affermare nella Costituzione che il potere dello Stato è un potere giuridico, e che lo Stato comanda nei limiti della Costituzione e delle leggi ad essa conformi. Questa precisazione è tanto più necessaria in relazione all’articolo 3 formulato dall’onorevole Dossetti, nel quale si precisa come al singolo, o alla collettività, spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranità tenta di menomare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi. Solo dopo aver dichiarato che la sovranità dello Stato è nell’ambito dell’ordinamento giuridico, si ha la possibilità di sancire nella Costituzione il diritto di resistenza contro gli atti di arbitrio dello Stato.

Dopo una esperienza storica come quella vissuta, non crede si possa fare a meno di fissare con la massima chiarezza i seguenti concetti: sovranità dello Stato nell’ambito della legge; organi del popolo o delegati dal popolo all’esercizio della sovranità; diritto e dovere di resistenza del singolo e della collettività agli atti arbitrari dello Stato.

LA PIRA ricorda che tutta la più recente letteratura di diritto pubblico si è preoccupata di riaffermare il concetto di stato di diritto, e d’altra parte, tutta la Costituzione è stata imperniata sul fatto che lo Stato ha dei limiti di diritto naturale e di diritto positivo.

Ritiene, pertanto, che l’articolo così come è stato proposto dall’onorevole Dossetti sia fondamentale e che debba far parte della Costituzione.

CORSANEGO fa presente che l’onorevole Cevolotto ha aderito alla formula proposta dall’onorevole Dossetti, sicché l’articolo si presenta come concordato fra i due Relatori.

LUCIFERO dichiara di non essere stato convinto dalle argomentazioni svolte dagli onorevoli La Pira, Moro e Dossetti, che, anzi, lo hanno confermato nella decisione di votare a favore del testo proposto dall’onorevole Cevolotto. Richiede, perciò, che se si dovesse mettere ai voti l’articolo concordato dai due Relatori, esso sia messo ai voti per divisione.

TOGLIATTI dichiara di concordare sostanzialmente con le considerazioni svolte dall’onorevole Moro. In netta opposizione a quella profonda deviazione verificatasi nella dottrina giuridica, in senso assolutistico e reazionario, per opera del diritto tedesco attraverso una deformazione dell’hegelismo, ritiene che in una Costituzione fatta dopo il fascismo, un’affermazione quale quella proposta dall’onorevole Dossetti non sia da respingere, a condizione che si affermi anche che il depositario della sovranità è il popolo.

DOSSETTI, Relatore, precisa che era sua intenzione far seguire all’articolo 2, da lui proposto, un ulteriore articolo, o un secondo comma, nel quale si dicesse che tutti i poteri emanano dal popolo, che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti.

CARISTIA nota che qualunque Paese retto liberamente da una Costituzione ha una sovranità che si esercita entro i limiti imposti dalla legge e dalla Costituzione. Perciò affermare il principio che la sovranità ha dei limiti è una cosa, a suo avviso, perfettamente inutile, perché lo Stato, in quanto è democratico, ha di per sé una sovranità limitata, derivante anche dal fatto che la sovranità proviene dal popolo. Il fascismo aveva sorpassato questo concetto, perché forma di Governo che non era né liberale né democratica.

Concludendo, ritiene assolutamente inopportuno l’articolo proposto dall’onorevole Dossetti. Non crede parimenti giusto inserire il diritto alla resistenza in una Costituzione, nella quale vi sono molti mezzi per resistere legalmente agli arbitri.

GRASSI riconosce che l’onorevole Dossetti si è preoccupato che lo Stato, nella esplicazione della sua autorità sovrana, non possa andare oltre i limiti dell’ordinamento giuridico; ma affermare che la sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell’ordinamento giuridico è, a suo avviso, una espressione priva di significato pratico perché lo Stato, concepito democraticamente, non è altro che l’ordinamento giuridico. A dimostrare meglio l’inutilità di tale affermazione, ricorda che la dottrina tedesca dei tempi dell’impero, pur essendo interamente fondata sullo stato di diritto, non impedì che nel suo ambito si sviluppasse il massimo strapotere statale.

A suo parere, il concetto che deve essere affermato nella Costituzione è quello dell’onorevole Cevolotto, cioè che il potere emana dal popolo, principio squisitamente democratico e comune a tutte le attuali tendenze politiche del Paese.

PRESIDENTE non comprende l’opposizione alla formula concordata, dato che in essa non si sopprime il concetto affermato nell’articolo dell’onorevole Cevolotto, ma vi si aggiunge un principio che mira a soddisfare un’altra esigenza. Ritenendo inutile ogni ulteriore discussione, pone ai voti l’articolo concordato, di cui dà nuovamente lettura, avendo subito nella seconda parte qualche leggera modificazione:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell’ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi.

«Tutti i poteri emanano dal popolo che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti».

LUCIFERO dichiara di votare contro, senza più insistere nella votazione per divisione, perché nella seconda parte non si afferma più il principio, contenuto nella dizione dell’onorevole Cevolotto, che la sovranità risiede nel popolo.

DE VITA dichiara di votare contro, perché nella prima parte si personifica lo Stato come un ente che sovrasta il popolo.

AMADEI, pur dichiarando che voterà in ogni caso a favore dell’articolo concordato, propone la seguente dizione: «La sovranità dello Stato emana dal popolo e si esercita nell’ambito dell’ordinamento giuridico, sia direttamente che mediante rappresentanti da esso eletti». Ritiene che questa formula metta meglio in evidenza la sovranità dello Stato come emanazione dal popolo.

LUCIFERO, dovendosi assentare, dichiara che vota contro anche alla formula dell’onorevole Amadei, se questa sarà posta ai voti, in quanto, a suo parere, la sovranità non emana né promana dal popolo, ma risiede nel popolo stesso.

AMADEI, dato che la sua formula risponde ai medesimi concetti di quella concordata, se i Relatori insistono sul loro articolo, dichiara di ritirare la sua proposta.

DOSSETTI e CEVOLOTTO, Relatori, insistono sul loro articolo.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo proposto dai Relatori.

(È approvato con 12 voli favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).

Fa quindi presente che nella relazione dell’onorevole Cevolotto è formulato un articolo i cui concetti sono stati trattati con maggior diffusione dall’articolo 3 dell’onorevole Dossetti, che, se sarà preso come base di discussione e accolto, dovrebbe essere collocato dopo quello testé approvato.

CEVOLOTTO, Relatore, è favorevole ad assumere come base di discussione l’articolo 3 dell’onorevole Dossetti, in quanto trattasi di una formula già accolta in altre Costituzioni.

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 3 dell’onorevole Dossetti:

«La resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino».

MARCHESI domanda a quali organi dovrebbe essere devoluta la garanzia di tale diritto che, a suo avviso, dovrebbe avere una base giuridica e non rivoluzionaria. Infatti una insurrezione contro i poteri dello Stato non avrebbe bisogno di appellarsi ad un articolo della Costituzione.

CEVOLOTTO, Relatore, risponde all’onorevole Marchesi che, trattandosi di materia contemplata nel Codice penale, la garanzia giuridica è data dall’autorità giudiziaria. In sede costituzionale si afferma soltanto una direttiva, ma sarà poi compito della legge penale sancire e regolare concretamente il principio.

MARCHESI si dichiara soddisfatto della spiegazione dell’onorevole Cevolotto, ma avrebbe preferito che fosse stata usata la formula dell’articolo 21 della Costituzione francese: «Qualora il Governo violi la libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri». Con le parole «sotto ogni forma» si implica il ricorso a forme anche non strettamente legali.

DOSSETTI, Relatore, dichiara di non aver nulla in contrario ad accettare la formula della Costituzione francese, pur essendo dell’avviso che le parole «sotto ogni forma» possano ritenersi assorbite dall’espressione: «la resistenza individuale e collettiva».

MARCHESI crede che per resistenza individuale e collettiva possano intendersi solo le manifestazioni regolabili dall’autorità giudiziaria.

DOSSETTI, Relatore, essendo sostanzialmente d’accordo con l’onorevole Marchesi, ripete di non aver nulla in contrario ad accettare la dizione della Costituzione francese.

GRASSI fa presente che l’articolo 21 della Costituzione francese risponde ad un momento storico particolare della Francia, in quanto si è voluto affermare che la resistenza francese al governo Pétain, durante il periodo dell’occupazione tedesca, è stata un sacro diritto ed un dovere del popolo. Invece nel caso in esame si vuole affermare il diritto alla resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali. Considera quindi la formula proposta dall’onorevole Dossetti più ampia di quella francese, in quanto si sancisce un principio generale, già affermato in dottrina, che cioè l’atto compiuto dal pubblico potere al di fuori della legge può essere oggetto di ribellione individuale o collettiva. È perciò favorevole alla proposta Dossetti.

CARISTIA pensa che il diritto alla resistenza non possa essere inserito in una Carta costituzionale, sia perché, se considerato individualmente, oltre la difficoltà di poterne definire la natura, ogni cittadino ha altri modi per far valere le sue ragioni; sia perché, da un punto di vista collettivo, corrisponde ad un movimento chiamato rivoluzione, che quando fosse riuscito ad affermarsi, non avrebbe alcun bisogno di appellarsi ad un articolo della Costituzione.

Dichiara, pertanto, che voterà contro l’articolo.

CEVOLOTTO, Relatore, è favorevole all’articolo 3 della relazione Dossetti. All’onorevole Marchesi fa rilevare che la formula della Costituzione francese è un po’ retorica e demagogica, mentre in una Costituzione, quanto meno si abbonda in aggettivi, tanto più hanno efficacia le norme che si sanciscono.

PRESIDENTE è favorevole a sopprimere nell’articolo che il diritto alla resistenza è anche un dovere, perché tale affermazione avrebbe solo allora un significato concreto quando fosse stabilita una sanzione in caso di trasgressione.

DOSSETTI, Relatore, ritiene che si debba affermare che la resistenza non solo è un diritto, ma è un dovere, suscettibile di determinare delle sanzioni, in caso di inosservanza, salvo stabilire di volta in volta la sanzione in relazione alle singole situazioni ed alle conseguenze che ne sono derivate, come si è verificato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

CEVOLOTTO, Relatore, è favorevole ad affermare che la resistenza è anche un dovere, specialmente nei riguardi di alcune categorie di cittadini, come per esempio i pubblici ufficiali che devono avere il dovere di opporsi a un ordine del superiore che sia contrario alle norme della Costituzione. La distinzione tra i casi in cui sia un dovere e quelli in cui sia soltanto un diritto, potranno essere specificati da una legge speciale.

MORO crede che la richiesta dell’onorevole Marchesi, circa l’articolo 21 della Costituzione francese, abbia avuto principalmente lo scopo di individuare il significato della, norma in discussione. A parte la non opportunità di copiare l’articolo della Costituzione francese, sostanzialmente la formula proposta dall’onorevole Dossetti raggiunge lo stesso scopo del suddetto articolo 21, vale a dire di sancire il diritto alla rivoluzione, dandogli una giustificazione etico-giuridica.

Insieme a questa giustificazione si è posto però un limite, perché in tanto la rivoluzione è legittima in quanto nasca da uno stato di indebita compressione dei diritti di libertà sanciti dalla Costituzione.

A quanto è stato dichiarato dai Relatori sull’espressione: «dovere», aggiunge che essa può essere intesa anche come un dovere morale, che è bene sia affermato dalla Costituzione, nel senso che la passività, di fronte all’arbitrio dello Stato, costituisce inosservanza di un dovere morale fondamentale.

Crede, pertanto, che la norma abbia un preciso e netto significato giuridico, in quanto pone un criterio direttivo al legislatore penale, affinché non consideri come reati degli atti commessi con apparenza delittuosa, ma che hanno invece il nobile scopo di garantire la libertà umana.

TOGLIATTI può accettare l’articolo in esame, quantunque annetta poca importanza alla giustificazione legale di una rivoluzione, perché, a suo avviso, ciò che legittima una rivoluzione è la vittoria. Però, fa rilevare che la formula, così come è stata redatta dall’onorevole Dossetti, pur essendo accettabile, potrebbe dar luogo in un domani ad inconvenienti nella pratica legislativa. Fa così l’esempio di uno sciopero fiscale di fronte ad una nuova imposizione di tasse da parte dello Stato.

Ad ogni modo, dichiara che voterà favorevolmente, perché in caso contrario potrebbe sembrare che si voglia precludere la via all’azione di resistenza contro un potere tirannico.

PRESIDENTE osserva che la teoria del successo, posta come base di legittimazione di ogni rivoluzione, non gli sembra accettabile, in quanto sarebbe stata legale anche la rivoluzione fascista.

CARISTIA è d’accordo con l’onorevole Togliatti che lo stato di fatto si traduce sempre in uno stato di diritto. Non gli sembra quindi una cosa utile sancire nella Costituzione una giustificazione della rivoluzione.

PRESIDENTE domanda ai Relatori se insistono nel presentare l’articolo.

DOSSETTI, Relatore, non fa dell’articolo una questione di principio, ma dato che le obiezioni che sono state fatte non sono insuperabili, e che lo stesso onorevole Togliatti non si è dichiarato contrario, gli sembra che esso possa essere messo in votazione.

PRESIDENTE pone in votazione l’articolo 3 della relazione Dossetti:

«La resistenza, individuale e collettiva, agli atti dei pubblici poteri che violino lo libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino».

CARISTIA dichiara che voterà contro questo articolo perché lo ritiene superfluo.

DE VITA dichiara di astenersi dalla votazione.

MARCHESI dichiara che, rinunciando alla sua proposta, voterà a favore.

(L’articolo è approvato con 10 voti favorevoli, 2 astenuti e 1 contrario).

PRESIDENTE fa presente che dovrebbe essere discusso l’articolo 4, che nella relazione dell’onorevole Cevolotto è così formulato: «Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana». Tale articolo nella relazione dell’onorevole Dossetti è del seguente tenore: «Lo Stato si riconosce membro della comunità internazionale e riconosce perciò come originari l’ordinamento giuridico internazionale, gli ordinamenti degli altri Stati e l’ordinamento della Chiesa».

Considerando che gli articoli 4 e 6 della relazione Dossetti coinvolgono, tra l’altro, il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa, pone la questione se non sarebbe il caso di affrontare prima la trattazione dei diritti relativi alla libertà di opinione, di coscienza e di culto, in quanto diritti che dovrebbero integrare quelli fondamentali dell’uomo e del cittadino, che sono stati approvati nel primo tema dei lavori della Sottocommissione.

CEVOLOTTO, Relatore, fa rilevare che il suo articolo l’afferma soltanto che le norme del diritto delle genti, generalmente riconosciute, sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana, mentre l’articolo 4 dell’onorevole Dossetti imposta un altro problema, perché viene a trattare del riconoscimento dell’ordinamento giuridico della Chiesa cattolica, entrando così nel vivo di una questione che potrà dare luogo a notevoli discussioni, date le conseguenze che ne possono derivare.

È, quindi, dell’avviso di rinviare l’argomento alla prossima seduta, esaminando, invece, l’articolo 5 dell’onorevole Dossetti, sul quale più facilmente si potrà arrivare ad una deliberazione.

DOSSETTI, Relatore, è d’accordo. Per quanto riguarda la questione posta dal Presidente, richiama il principio, espresso da più parti nella Sottocommissione, che gli articoli relativi alla libertà di coscienza e di culto, e quelli relativi ai rapporti tra Stato e Chiesa, naturalmente sotto punti di vista diversi e forse contrastanti, sono da considerare come direttamente collegati. La loro trattazione e votazione perciò dovrebbe essere connessa e reciprocamente condizionata. Non ritiene, quindi, opportuno spostare l’ordine del giorno.

PRESIDENTE ritiene che la Sottocommissione sia d’accordo nel rinviare alla loro rispettiva sede sia l’argomento che riguarda i diritti di libertà, di coscienza e di culto, sia quello relativo ai rapporti tra Stato e Chiesa, in quanto l’uno è condizionato dall’altro. Sottopone, pertanto, all’esame della Sottocommissione l’articolo 5 dell’onorevole Dossetti:

«Lo Stato rinuncia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli.

«Lo Stato consente, a condizioni di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie all’organizzazione e alla difesa della Patria».

CEVOLOTTO, Relatore, non ha niente in contrario alla prima parte dell’articolo, il cui concetto è stato già adottato in altre Costituzioni. Nutre invece forti dubbi sulla seconda parte perché, pur essendo convinto che in relazione all’Organizzazione delle Nazioni Unite potranno stabilirsi delle norme per cui tutti gli Stati debbano consentire a limitazioni della loro sovranità, non vede il motivo di introdurre nella Costituzione un principio di questo genere, che, a suo avviso, è piuttosto materia di trattative e di rapporti internazionali. Data la variabilità dei rapporti internazionali, pensa che farne cenno nella Costituzione vorrebbe dire cristallizzare una materia che è di per se stessa mutevole.

Per queste ragioni, propone di limitare l’esame e l’eventuale approvazione alla sola prima parte dell’articolo.

CORSANEGO prega l’onorevole Cevolotto di recedere dalla sua opposizione alla seconda parte dell’articolo. Gli sembra infatti opportuno affermare nella Costituzione questo principio dell’autolimitazione della sovranità, in considerazione che quasi tutte le rovine che si sono verificate in questi ultimi tempi sono dovute alla protervia con cui ogni Stato ha voluto sostenere in modo assoluto, senza limitazioni, la propria sovranità. Se si vuole veramente arrivare ad un lungo periodo di pace tra i popoli, bisogna invece che le Nazioni si assoggettino a norme internazionali che rappresentino veramente una sanzione. Fare una Costituzione moderna che finalmente rompa l’attuale cerchio di superbia e di nazionalismo, e sia una mano tesa verso gli altri popoli, nel senso di accettare da un lato delle limitazioni nell’interesse della pace internazionale e col riconoscere dall’altro un’autorità superiore che dirima tutte le controversie, gli sembra che sarebbe mettere la Repubblica italiana tra i pionieri del diritto internazionale.

DOSSETTI, Relatore, rileva che forse l’onorevole Cevolotto non ha tenuto nel debito conto una espressione del suo articolo e cioè l’inciso: «a condizioni di reciprocità». Mediante questo inciso, mentre da un lato si afferma il principio internazionale così bene illustrato dall’onorevole Corsanego, dall’altro si vuole precostituire nella Costituzione quasi un alibi di fronte alle altre Nazioni con le quali l’Italia si trova in fase di trattative, per non accettare eventuali limitazioni di sovranità, se non a condizione di reciprocità. Quindi, sotto tutti i punti di vista, l’articolo si rivela non solo opportuno, ma addirittura necessario.

CEVOLOTTO, Relatore, richiama l’attenzione della Sottocommissione sulla possibilità che l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per una qualsiasi ragione, non sia più in grado di funzionare. In tal caso, rimarrebbe in sospeso nella Costituzione una formula senza più alcuna giustificazione.

Circa l’inciso: «a condizioni di reciprocità», fa rilevare che se da parte delle Nazioni Unite si ritenesse opportuno, nell’interesse della pace, di chiedere solo ad una determinata Nazione delle limitazioni al suo diritto di sovranità, come l’uso di certi porti e campi di aviazione, in questo caso non si verificherebbe la condizione di reciprocità nei riguardi di altre Nazioni. Ad ogni modo non è contrario alla norma e finirà anche per accettarla, se per ragioni di principio si ritiene opportuno inserirla nella Costituzione. Ripete però che, a suo avviso, trattasi di una norma da discutere quando l’Italia entrerà a far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Attraverso questa società di Stati si formeranno anche i diritti superiori che spetteranno a questa organizzazione internazionale, a cui, nell’interesse della pace generale, ogni Stato dovrà sottostare.

CARISTIA non dissente dal contenuto dell’articolo, che esprime anzi un concetto diffusissimo nell’ambito degli studiosi e nella coscienza di ogni popolo civile, ma ritiene che esprimerlo nella Costituzione sia perfettamente superfluo.

TOGLIATTI dissente dalla opinione dello onorevole Caristia, perché, a suo avviso, si tratta di un principio che deve essere affermato nella Costituzione, per chiarire la posizione della Repubblica italiana di fronte a quel grande movimento del mondo intiero, che, per cercare di mettere la guerra fuori legge, tende a creare una organizzazione internazionale nella quale si cominci a vedere affiorare forme di sovranità differenti da quelle vigenti.

In particolare, il principio della rinuncia alla guerra come strumento di politica offensiva e di conquista, oltre il fatto che è compreso in tutte le Costituzioni, deve essere sancito nella Costituzione italiana per un motivo speciale interno, quale opposizione cioè alla guerra che ha rovinato la Nazione.

CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che, dopo le spiegazioni avute, non insiste nella sua opposizione, tanto più che, data la condizione di reciprocità, l’Italia rinuncerà ad una parte della sua sovranità quando anche altre Nazioni come l’U.R.S.S. avranno fatto la stessa rinuncia.

DE VITA accetta la dizione proposta dall’onorevole Dossetti. Propone, però, che alla parola «Stato» sia sostituita l’altra «Repubblica».

DOSSETTI, Relatore, dichiara di accettare l’emendamento.

PRESIDENTE osserva che in sede di coordinamento si potrà decidere sulla collocazione più idonea da dare all’articolo che, a suo avviso, dovrebbe essere collegato alla parte relativa alle questioni di diritto internazionale. Al concetto, già contenuto nell’articolo, di una autolimitazione della sovranità per l’organizzazione e la difesa della pace, aggiungerebbe quello di una eventuale autolimitazione ai fini della collaborazione tra le Nazioni.

Premesso che egli è favorevole all’idea degli Stati Uniti d’Europa, ritiene opportuno esprimere fin d’ora il concetto della collaborazione tra le Nazioni, affermando così un principio originale che non è compreso in nessuna delle Costituzioni moderne.

MORO ritiene che quanto propone l’onorevole Presidente sia già implicito nell’articolo dell’onorevole Dossetti.

DOSSETTI, Relatore, dichiara che, in linea di principio, non è contrario alla proposta del Presidente, la quale rispecchia anche il suo pensiero. Osserva però che invertendo la costruzione della frase, vale a dire dicendo: «necessarie alla difesa e alla organizzazione della pace», apparirebbe meglio il principio della collaborazione tra le Nazioni, giacché quando si parla di «organizzazione» si intende non semplicemente il fatto negativo dell’evitare le guerre, ma anche quello positivo di una collaborazione internazionale per il bene comune.

PRESIDENTE ritiene che, effettivamente, mettendo in primo luogo la difesa della pace, la formula sarebbe più rispondente al concetto da lui espresso. Ricorda che l’onorevole De Vita ha proposto di sostituire alla parola «Stato», la parola «Repubblica».

CARISTIA propone di fondere i due commi dell’articolo.

DOSSETTI, Relatore, è d’accordo.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo nella seguente formulazione:

«La Repubblica rinunzia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli e consente, a condizioni di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie alla difesa e alla organizzazione della pace».

(È approvato all’unanimità).

La seduta termina alle 20.15.

Erano presenti: Amadei, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Marchesi, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.

Assenti giustificati: Basso, Mancini, Mastrojanni.