ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
49.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 18 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
INDICE
Lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti (Seguito della discussione)
Presidente – De Vita – Marchesi – Cevolotto, Relatore – Grassi – Merlin Umberto – Togliatti – Corsanego – Dossetti, Relatore – Basso – Lucifero – Moro.
La libertà di opinione, di coscienza e di culto (Discussione)
Presidente – Dossetti, Relatore – Moro – Cevolotto, Relatore – Marchesi – La Pira – Lucifero – Basso – Mastrojanni – De Vita – Togliatti – Grassi – Corsanego – Caristia.
La seduta comincia alle 16.30.
Seguito della discussione dello Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.
PRESIDENTE ricorda che nella precedente seduta era stata iniziata la discussione sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, sulla base di tre diverse formule rispettivamente presentate dall’onorevole Dossetti, dall’onorevole Togliatti e da lui. Nell’intento di facilitare un accordo tra i diversi punti di vista manifestatisi nel corso della discussione, ha formulato un nuovo articolo composto di due parti. La prima parte: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani», riassume il pensiero espresso nella sua formula primitiva e nella prima parte di quella dell’onorevole Togliatti. La seconda parte: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi», differisce dalla formula dell’onorevole Togliatti, in quanto questa stabiliva che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati in termini concordatari.
Pone in discussione la prima parte della sua nuova formula:
«Lo Stato e la Chiesa cattolica, sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».
DE VITA dichiara di non poter accettare né la formulazione dell’onorevole Togliatti né quella proposta dal Presidente, osservando che il problema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, chiaramente impostato in un primo tempo su un terreno politico, è andato a poco a poco scivolando sul terreno giuridico, che è assai insidioso. Fa presente che l’ordinamento giuridico della Chiesa, ad esempio in materia di matrimonio, sottrae allo Stato il potere di legiferare sulla sostanza del matrimonio stesso e sugli effetti intimamente connessi con esso, lasciando alla sua competenza gli effetti separabili, cioè puramente civili. Riconoscendo, quindi, la sovranità della Chiesa, si vengono a porre gravi limiti alla sovranità e ai poteri dello Stato; le formule proposte riproporrebbero, perciò, una delle questioni politiche più complesse ed oscure della nostra storia.
Dichiara di non esitare a rivendicare la sovranità dello Stato in tutte quelle materie di privato e pubblico interesse che da qualcuno ancora sono riconosciute di competenza della Chiesa.
MARCHESI dichiara di non essere alieno dall’accettare la prima parte della formula proposta dal Presidente; ma, per quanto riguarda la seconda parte, fa presente che l’ultimo comma dell’articolo proposto dall’onorevole Togliatti, così formulato: «I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari», rappresenta il limite estremo di ogni concessione che può essere fatta in materia dai Commissari di parte comunista. Essi non hanno chiesto e non chiederanno una denuncia del Concordato, ed hanno accettato che in sede costituzionale i rapporti tra Stato e Chiesa siano regolati in termini concordatari. Esiste un Concordato stabilito tra la Santa Sede e il Governo fascista: dunque esso mantiene la sua validità fino a che le parti – come sarebbe augurabile – non decidano di emendarlo in quei luoghi che lo spirito democratico dei tempi non più comporterebbe. I colleghi democristiani vorrebbero che quel Concordato pattuito tra Santa Sede e Governo fascista entrasse nel tessuto vitale ed organico della Repubblica italiana.
Fa osservare però all’onorevole Dossetti – il quale ha detto che la garanzia costituzionale del Concordato vigente è richiesta dalla coscienza cattolica italiana – che ci sono moltissimi cattolici italiani che appartengono a partiti diversi dalla Democrazia cristiana; ed è il caso di domandarsi se la coscienza di questi cattolici, appartenenti a tutte le tendenze politiche, esiga veramente il solenne riconoscimento costituzionale del Concordato vigente, o piuttosto non chieda soltanto che la Chiesa cattolica sia libera e rispettata, ma non le si attribuiscano poteri che spettano allo Stato italiano.
Fa presente infine all’onorevole Dossetti, preoccupato per le persecuzioni subite dalla Chiesa in passato, che un articolo della Costituzione non varrebbe certo ad arrestare una eventuale ondata di anticlericalismo, che i comunisti sono i primi a deprecare, e che a scongiurare siffatto pericolo nulla potrà meglio giovare di una riduzione delle pretese avanzate dalla Democrazia cristiana.
Conclude ripetendo di poter accettare solo la formula dell’onorevole Togliatti, sia pure con qualche modificazione di forma.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di poter accettare la formula proposta dal Presidente, solo nel caso che per ordine proprio della Chiesa si intenda l’ordine spirituale. Non può invece accettarla, se il riconoscimento della sovranità riguarda l’ordinamento giuridico della Chiesa, il quale è molto vasto e comprende anche materie che interferiscono nell’ordinamento giuridico dello Stato.
Pur essendo convinto che la Chiesa è troppo sapiente per approfittare di una simile formula oltre certi limiti, la ritiene ambigua e perciò voterà contro di essa.
GRASSI osserva che con la formula dell’onorevole Togliatti «in termini concordatari» non si dice tutto, perché oltre il Concordato c’è il Trattato del Laterano che regola i rapporti tra Stato e Chiesa nella parte più essenziale, e quindi non si può non menzionare questo Trattato. Per quanto riguarda la parte concordataria, fa presente che tutti sono d’accordo nel ritenere che il Concordato possa essere rivedibile, trattando materia mista. Propone pertanto che la formula del Presidente sia modificata in questo senso: «I rapporti sono regolati in base ai Patti Lateranensi».
DE VITA ripete che con l’articolo proposto si apre la strada alla invadenza della legge canonica nel terreno della legge civile. Dichiara di poter accettare la formula dell’onorevole Togliatti, purché vi si aggiunga: «Allo Stato spetta il potere legislativo, integrale ed esclusivo in tutte le materie di privato e pubblico interesse».
CEVOLOTTO, Relatore, fa presente che è stata posta in discussione solo la prima parte dell’articolo proposto dal Presidente e propone che essa sia votata separatamente.
PRESIDENTE, poiché non si fanno obiezioni alla mozione d’ordine dell’onorevole Cevolotto, mette ai voti la prima parte dell’articolo da lui proposto e così formulato:
«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».
DE VITA dichiara che voterà contro.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara anch’egli che darà voto contrario.
(La prima parte dell’articolo proposto dal Presidente è approvata con 12 voti favorevoli e 3 contrari).
PRESIDENTE pone in discussione la seconda parte dell’articolo: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi», avvertendo che l’onorevole Grassi ha proposto un emendamento nel senso che si dica «dai Patti Lateranensi», invece che «in base ai Patti Lateranensi».
CEVOLOTTO, Relatore, si dichiara contrario tanto alla formula dell’onorevole Grassi, quanto a quella del Presidente, osservando che i Patti Lateranensi sono ormai una realtà indistruttibile, e nessuno pensa a distruggere lo Stato della Città del Vaticano; ma perché esso continui ad esistere, non c’è bisogno di menzionare i Patti Lateranensi nella Costituzione, come non c’è nessun bisogno di enumerare ed includere nella Costituzione nessun altro trattato.
Fa presente inoltre che nei Patti Lateranensi vi sono parti caduche che potranno essere modificate in avvenire; non vi è quindi ragione di cristallizzare il Trattato con la Santa Sede inserendolo nella Costituzione.
Osserva che anche dicendo – come ha proposto l’onorevole Grassi – «in base ai Patti Lateranensi» non si fa che consacrare nella Costituzione la piena validità di questi Patti. Ritiene che né il Governo italiano attuale, né i Governi futuri vogliano denunciare il Trattato Lateranense, né in tutto né in parte; ma fa presente che, anche senza denuncia, i trattati internazionali si modificano in vari modi e non conviene, quindi, impedire il processo di evoluzione che potranno subire anche i Patti Lateranensi, con l’inserirli nella Costituzione.
Riconosce che il Concordato costituisce una materia più strettamente costituzionale, ma ritiene che ne debba essere fatta menzione solo nella forma proposta dall’onorevole Togliatti, perché non può essere tolta allo Stato la facoltà di risolvere in un determinato modo la questione della modifica di corte statuizioni del Concordato per accordo bilaterale, ed anche di considerare la convenienza di modificarle, ove l’accordo non intervenga. Questa libertà di scelta deve essere lasciata allo Stato. Ricorda ad esempio la questione dell’articolo 5 che diede origine al caso Bonaiuti, sollevando una vera indignazione in tutte le coscienze libere.
MERLIN UMBERTO osserva che l’articolo 5 fu applicato solo in quel caso.
CEVOLOTTO, Relatore, replica che, quando la libertà è ferita in una persona, tutta la libertà è ferita. Ritiene che, prima o poi, il Vaticano dovrà pensare a modificare questo articolo; ma, se il Vaticano non provvede alla modifica, lo Stato deve essere libero di modificarlo per proprio conto.
Rileva che vi sono anche altri punti del Concordato che dovranno formare oggetto di revisione, possibilmente concordata, come, per esempio, la questione della giurisdizione delle cause matrimoniali, che è una vera e propria rinuncia da parte dello Stato alla sovranità nella più gelosa delle sue funzioni.
Per queste ragioni, ripete di essere contrario a menzionare il Trattato Lateranense e il Concordalo nella Costituzione. Non si oppone invece alla formula dell’onorevole Togliatti.
GRASSI, pur riconoscendo giuste le osservazioni dall’onorevole Cevolotto, ricorda che i Patti Lateranensi hanno regolato una questione concernente il territorio italiano, cioè una questione interna dello Stato italiano, e insiste perciò sulla convenienza che essi siano menzionati nella Costituzione. Osserva che tale menzione non impedisce che le parti caduche possano essere modificate, quando si adotti la formula da lui proposta: «in base ai Patti Lateranensi».
MERLIN UMBERTO dichiara di essere sinceramente soddisfatto delle dichiarazioni fatte dagli onorevoli Togliatti e Marchesi, e di prendere atto della formula proposta dall’onorevole Togliatti come di una volontà seria e precisa di non turbare in Italia la pace religiosa. Rileva che gli onorevoli Togliatti e Marchesi, avendo ammesso che il regolamento dei rapporti tra Stato e Chiesa debba avvenire in termini concordatari, ed avendo poi dichiarato di non intendere di toccare sostanzialmente il Trattato e il Concordato con il Vaticano, sono giunti praticamente alle stesse conclusioni dei Commissari di parte democristiana. Infatti, anche essi sono contrari a quel famoso articolo 5, che però, ripete, ha avuto una sola applicazione nel caso Bonaiuti.
TOGLIATTI ricorda che quell’articolo è stato applicato anche in un altro caso, riguardante un prefetto.
MERLIN UMBERTO ritiene che la Santa Sede non sarebbe forse aliena dal consentire ad una modifica di quell’articolo, quando le si facesse presente che esso non corrisponde più al nuovo clima del Paese, dopo aver preso la solenne deliberazione di inserire i Patti Lateranensi nella Costituzione. Quando invece si votasse una formula come quella proposta dall’onorevole Togliatti, la Santa Sede potrebbe dubitare che da parte comunista si manifesti il proposito di discutere un nuovo Concordato. Di fronte ad una simile possibilità i Commissari democristiani dovrebbero prendere una posizione nettamente contraria, perché si tratterebbe di rimettere in discussione una materia delle più difficili, che ha importato anni di lavoro e di discussione tra giuristi di gran valore. Invita perciò i Commissari comunisti ad aderire alla formula proposta dal Presidente, mettendo a verbale che i Commissari di parte democristiana si dichiarano disposti ad adoperarsi affinché quegli articoli che non si ritenessero più confacenti al nuovo clima del Paese siano modificati col consenso delle due parti contraenti.
TOGLIATTI rileva che l’onorevole Merlin ha fatto dichiarazioni interessanti circa il desiderio dei comunisti di mantenere e difendere la pace religiosa nel nostro Paese.
Afferma che i comunisti dal giorno in cui hanno ripreso un’attività aperta in Italia, anzi anche prima, si sono adoperati in questo senso. Non esiste alcun atto della loro politica che tenda in qualsiasi modo a ledere la pace religiosa del popolo italiano. Essi comprendono che si apre per il popolo italiano un periodo difficile, periodo di ricostruzione e di rinnovamento politico ed economico, e che questo processo non deve essere complicato da conflitti religiosi. I compiti che si pongono in questo periodo per le masse lavoratrici, a cui il partito comunista è legato in modo particolare e a cui sono legati anche altri partiti, saranno risolti in Italia attraverso una collaborazione tra gli elementi lavoratori di diverse correnti, e la pace religiosa dovrà conservarsi nel nostro Paese per un lungo periodo di tempo.
Non crede, dunque, che si possa dubitare delle intenzioni dei comunisti, i quali hanno presentato una formula nella quale hanno tenuto conto della richiesta democristiana di un riconoscimento della sovranità della Chiesa. Ma, mentre i comunisti facevano questo sforzo di avvicinamento, i democristiani facevano un movimento opposto, presentando formule sempre più tassative sull’altra questione dei Patti Lateranensi.
Ora, venendo al fondo della questione, dichiara, in risposta ai dubbi avanzati dall’onorevole Merlin, che i comunisti non intendono affatto porre il problema di una revisione del complesso degli accordi tra Stato e Chiesa, come essi sono sanciti dal Trattato e dal Concordato del Laterano. Ma, d’altra parte, non ritengono giustificate le ragioni che sono state portate in favore di un inserimento di quei Patti nella Costituzione. Non vale l’argomento che il Trattato Lateranense regola la materia del territorio dello Stato, perché non c’è nulla di strano che un trattato che regola una materia territoriale non venga richiamato espressamente nella Costituzione.
Invece, contro l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione, vi è l’argomento dei possibili ritocchi che verrebbero ad essere esclusi, e potrebbero essere fatti soltanto attraverso un procedimento di revisione costituzionale, almeno come ratifica. E ad esso si aggiungono altri due argomenti: uno di valore psicologico-politico e l’altro di natura dottrinaria.
L’argomento psicologico è che i trattati hanno la firma del fascismo; vale a dire che sono stati conclusi dal Governo fascista. Vorranno i democristiani ignorare questo fatto, chiedendo di inserire nella Costituzione dei Patti che vennero considerati come una delle più grandi opere del regime fascista?
L’argomento dottrinario consiste nel fatto che i comunisti intendono respingere l’affermazione che lo Stato possa avere una religione. Lo Stato non può avere una religione; lo Stato garantisce la religione, ma non ha una religione sua; la religione l’hanno gli individui. Ora nella vecchia Costituzione italiana, cioè nello Statuto Albertino, c’era un articolo che affermava che lo Stato aveva una religione e che questa era la religione cattolica apostolica romana. Questo articolo, che i comunisti respingono per una questione di principio, viene riportato dal Trattato Lateranense e, attraverso questo, verrebbe ad essere inserito nella Costituzione.
I democristiani possono domandare come mai i comunisti intendono di mantenere in piedi il Concordato e il Trattato Lateranense, se poi respingono l’articolo citato. I comunisti rispondono che quell’articolo nella Costituzione Albertina ha un valore storico, ed essi non sollevano la questione, ma si oppongono a che venga inserito nella nuova Costituzione, perché esso potrebbe costituire domani uno strumento internazionale col quale si richiami lo Stato a condizioni giuridiche e a concezioni preesistenti.
Conclude dichiarando di ritenere che il dissidio tra i punti di vista comunista e democristiano non sia insolubile in linea politica, e che esso potrebbe essere risolto facilmente con un atto dell’Assemblea, la quale, nel momento in cui voterà la Costituzione, potrà votare anche un ordine del giorno in cui, nella forma più solenne, dichiari di ammettere che il Concordato e il Trattato del Laterano sono in vigore.
CORSANEGO rileva che la seconda osservazione dell’onorevole Togliatti si presenta molto grave nella sua formulazione. Ma tale gravità è conferita piuttosto da una abilità politica che non da una consistenza sostanziale. Quando poi l’onorevole Togliatti dice: Non vogliamo consacrare nella Costituzione i Trattati Lateranensi perché furono fatti dal fascismo, egli fa un’affermazione pericolosa, perché bisogna prima domandarsi se i Trattati Lateranensi corrispondevano alla volontà della maggioranza del popolo italiano. Se questo era, il fatto che li abbia stipulati il fascismo ha poca importanza. Se si insistesse su questo argomento, si dovrebbe spiegare anche perché l’Italia democratica ha istituito la Repubblica, quando il primo a fondarla fu proprio il fascismo. Come anche ci si dovrebbe domandare perché si parli di socializzazione, quando la prima socializzazione fu fatta proprio dal fascismo repubblicano.
DOSSETTI, Relatore, dichiara che l’affermazione dell’onorevole Togliatti circa una certa accentuazione delle pretese democristiane non corrisponde alla realtà. Osserva anzi, a questo proposito, che l’onorevole Togliatti è stato il primo a pronunciarsi sulla materia in discussione, facendo affermazioni che, sotto certi aspetti formali, erano più decise di quante ne siano state mai fatte da parte democristiana.
La richiesta di un’affermazione più esplicita nei riguardi dei Patti Lateranensi è giustificata dal fatto che l’onorevole Togliatti, nelle sue nuove proposte, è venuto a restringere la portata del riconoscimento di quei Patti, che egli aveva mostrato di voler effettuare nelle sue precedenti dichiarazioni del 21 novembre.
Per quanto riguarda l’argomento avanzato dall’onorevole Togliatti della firma fascista dei Patti Lateranensi, si richiama alle osservazioni già fatte dall’onorevole Corsanego. Aggiunge che vi sono molti esempi di Patti che hanno assunto un aspetto diverso quando sono apparsi contrastanti con una determinata linea politica, e che non vi è bisogno di richiamare i precedenti storici dei Patti Lateranensi per mostrare come essi già fossero maturi nella coscienza del popolo italiano, attraverso i numerosi tentativi falliti, per vari motivi, prima del fascismo.
Circa la ragione di principio riguardante l’articolo 1 dello Statuto Albertino, osserva che il significato di questo articolo va valutato non per quello che esso dice formalmente, ma per il suo contenuto specifico assunto in relazione all’organizzazione giuridica concreta nella quale si inserisce. D’altra parte, che questo non sia un argomento valido contro la tesi dell’inserzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione, è dimostrato anche dalla proposta fatta in fine dall’onorevole Togliatti, che l’Assemblea, attraverso un atto, sia pure fuori della Carta costituzionale, riconosca il Trattato e il Concordato. La distinzione che egli fa è di carattere estrinseco e riguarda esclusivamente il «pezzo di carta» in cui questa norma verrà scritta. Se invece l’onorevole Togliatti ritiene che questa enunciazione non abbia valore di norma costituzionale, allora non sarà che un voto, un auspicio di cui si può apprezzare il significato al fine di tranquillizzare la vigile coscienza cattolica, ma che non può accontentare chi rappresenta questa coscienza in seno all’Assemblea costituente.
PRESIDENTE comunica che alla formula da lui presentata l’onorevole Lucifero propone di aggiungere un capoverso così formulato:
«Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».
BASSO dichiara di non comprendere la ragione per cui si chieda di inserire il concordato ed il Trattato del Laterano nella nuova Costituzione. Osserva che da 17 anni il Trattato e il Concordato con la Santa Sede vivono in Italia, e mai in passato si è chiesto che essi fossero inseriti nello Statuto Albertino. Non vede, pertanto, la necessità di inserirli oggi nella Carta costituzionale; anzi, a suo parere, vi sono ragioni per non farlo.
Osserva a questo proposito che, al fine di assicurare la pace religiosa, è utile all’Italia un Concordato approvato da un Governo il quale sia la legittima espressione della volontà popolare.
All’onorevole Corsanego, fa presente che il concetto degli accordi con la Santa Sede risponde alla volontà del popolo italiano, ma non le singole statuizioni di essi, alcune delle quali debbono essere modificate o aggiornate. Nessuno oggi intende turbare la pace religiosa, e tanto meno i socialisti; essi però ritengono che questa pace deve riposare su una base solida, e non su un Concordato il quale contiene statuizioni contrarie alla loro coscienza giuridica e civile. È necessario modificare alcuni articoli del Concordato, e d’altra parte non è possibile affermare questa necessità, nello stesso momento in cui si chiede che il Concordato venga inserito con tutti i suoi articoli nella Carta costituzionale, precludendo la via ad ogni revisione.
Va inoltre considerato il fatto che alcuni articoli del Concordato contrastano con lo spirito della Carta costituzionale. Ad esempio, l’articolo 5 offende due esigenze della Costituzione: l’indipendenza dello Stato e l’eguaglianza fra i cittadini. Inoltre l’articolo 36, in cui si parla dell’insegnamento religioso come culmine dell’educazione secondo i principî della Chiesa cattolica, offende il principio dell’eguaglianza tra cittadini appartenenti a fedi diverse. Egualmente deve essere modificato l’articolo 20 del Concordato, relativo al giuramento dei vescovi nelle mani del re.
Conclude dichiarando che si può affermare nella Costituzione l’indipendenza della Chiesa ed altri principî che meritano un’affermazione di carattere costituzionale; ma non si può arrivare ad inserire nella Costituzione il Concordato in toto. Il Concordato è un avvenimento importante poiché ha rappresentalo l’avvento in Italia della pace religiosa, fatto storico che nessuno disconosce. Ma è lecito non riconoscere che la specifica forma data allora al Concordato possa ancora rispondere alla situazione attuale.
Quanto all’emendamento proposto dall’onorevole Lucifero ritiene che esso possa fornire un mezzo più spedito per modificare il Concordato, ma che non soddisfi a quelle esigenze più importanti che non gli consentono di votare a favore della formula proposta dal Presidente.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di non poter accettare l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Lucifero che aggrava la situazione, perché viene a consacrare nella maniera più rigida l’inserimento del Concordato nella Costituzione, confermando l’impossibilità di modificare il Concordato stesso con atti che non siano bilaterali.
PRESIDENTE osserva che questo non è lo spirito con il quale l’onorevole Lucifero ha presentato il suo emendamento.
CEVOLOTTO, Relatore, obietta che questa, però, ne è la conseguenza, rilevando che, invece, l’emendamento proposto dall’onorevole Grassi costituiva un’attenuazione della formula del Presidente.
Si dichiara favorevole alla formula proposta dall’onorevole Togliatti per le ragioni che il proponente ed egli stesso hanno esposto.
LUCIFERO fa osservare all’onorevole Cevolotto che il problema cui ci si trova di fronte è quello della possibilità di modifiche del Concordato accettate bilateralmente dalla Santa Sede e dallo Stato italiano. Qualora non si dica niente in proposito, per una modificazione del genere bisognerà seguire la procedura della revisione costituzionale.
A questo inconveniente ovvia la dichiarazione che la revisione del Concordato avviene col normale sistema di ratifica. In questo modo, se mai, si attenua, non si aggrava, il peso dell’inserimento del Concordalo nella Costituzione.
PRESIDENTE dichiara di insistere nella sua proposta aggiuntiva, e domanda all’onorevole Grassi se mantiene la sua proposta di emendamento.
GRASSI dichiara di insistervi, perché ritiene che la dizione «I rapporti sono regolati in base ai Patti Lateranensi» possa risolvere sia la questione di sostanza, sia quella di forma accennata dall’onorevole Lucifero. Se si dicesse soltanto «sono regolati dai Patti Lateranensi», potrebbe darsi che per la modifica dei Patti Lateranensi si dovesse ricorrere a strumenti complessi, dato che quella italiana non è una Costituzione flessibile ma rigida; invece con la formula da lui proposta si potrebbe ratificare qualunque nuove accordo, senza bisogno di ricorrere ad una procedura extra-parlamentare.
LUCIFERO chiede che il suo emendamento venga messo ai voti prima della formula proposta dal Presidente, perché ciò potrebbe indurre qualcuno a votare quella parte della proposta che sarebbe per lui inaccettabile senza l’emendamento.
PRESIDENTE fa osservare all’onorevole Lucifero che la sua richiesta non può essere accolta, perché il suo è un emendamento aggiuntivo e come tale presuppone una formula precedente.
Mette ai voti in primo luogo la formula proposta dall’onorevole Togliatti: «I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari».
LUCIFERO dichiara di votare contro, perché ritiene che la formula, richiamandosi solo alla parte concordataria, non contempli quegli altri rapporti che sono previsti dal Trattato. Inoltre, dicendo «in termini concordatari», si lascia adito al dubbio che non ci si riferisca al Concordato vigente.
(La formula Togliatti è respinta con 10 voti contrari e 7 favorevoli).
PRESIDENTE avverte che rimane da porre in votazione la formula da lui proposta, sulla quale l’onorevole Grassi ha presentato un emendamento.
GRASSI dichiara di ritirarlo.
PRESIDENTE pone ai voti la formula da lui proposta: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi».
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di votare contro per le ragioni che ha già ampiamente esposto, riservandosi di risollevare la questione, sia nella Commissione plenaria che davanti all’Assemblea Costituente.
DE VITA dichiara di votare contro.
GRASSI dichiara di votare a favore, con l’intesa che egli ritiene che il Trattato e il Concordato debbano essere la base delle relazioni tra Stato e Chiesa, ma che essi vanno modificati in alcune parti. Con questo spirito, voterà anche a favore dell’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Lucifero.
MORO dichiara di votare a favore, sicuro di interpretare in questo modo la coscienza cattolica del popolo italiano, e anche di quella parte cattolica del popolo italiano che milita in altri partiti. Dichiara altresì, che con questo voto i Commissari di parte democristiana non intendono imporre l’affermazione di una maggioranza transitoria, ma vogliono avviare tutta la vita politica italiana verso la pace religiosa, nella certezza che, anche per mezzo del loro contributo, saranno operati nel Concordato quei ritocchi che valgano a rendere i termini della pace religiosa perfettamente aderenti allo spirito liberale e democratico della nostra Costituzione.
(La formula proposta dal Presidente è approvata con 10 voti favorevoli e 7 contrari).
PRESIDENTE mette ai voti l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Lucifero: «Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».
DOSSETTI, Relatore, riservandosi, quanto al merito della proposizione proposta, di esprimere il suo avviso in sede più opportuna, dichiara di votare contro perché l’adozione di questa norma, quando ancora non si conosce la procedura che verrà adottata per la revisione della Costituzione, gli sembra inopportuna.
GRASSI dichiara di votare a favore per le ragioni già esposte.
TOGLIATTI dichiara di votare a favore.
(L’emendamento aggiuntivo è approvato con 8 voti favorevoli e 7 contrari).
PRESIDENTE rileva che la dizione dell’articolo, nel suo testo definitivo, rimano la seguente: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».
Discussione sulla libertà di opinione, di coscienza e di culto.
PRESIDENTE apre la discussione sugli articoli proposti dai Relatori in materia di libertà di opinione, di coscienza e di culto. Fa presente che il primo articolo proposto dall’onorevole Dossetti dice:
«Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, purché non contrastino con le supreme norme morali, con la libertà e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, con i principî dell’ordine pubblico».
L’onorevole Cevolotto, a sua volta, ha proposto l’articolo seguente:
«Tutti i cittadini hanno diritto alla piena libertà di fede e di coscienza».
Invita i Relatori ad illustrare le loro formule.
DOSSETTI, Relatore, fa osservare che l’articolo 1 della sua relazione non corrisponde propriamente all’articolo 1 proposto dall’onorevole Cevolotto. Il suo articolo riguarda soltanto la libertà di professione di idee e di convinzioni genericamente intesa, mentre l’articolo della relazione Cevolotto riguarda anche la libertà di fede di cui l’oratore fa parola all’articolo 2. Quindi si presentano due eventualità: esaminare, discutere ed eventualmente votare il suo articolo 1 riguardo alla libertà di professione delle proprie idee e convinzioni, oppure fonderlo con la trattazione relativa alla libertà di fede e di coscienza religiosa.
MORO ritiene che si debba fare distinzione tra la libertà di opinione e di coscienza intesa in senso generale, e la professione religiosa. Pertanto le due questioni vanno trattate separatamente.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di non essere contrario alla discussione iniziale sull’articolo dell’onorevole Dossetti riguardante la libertà di opinione, restando salva la questione del suo collocamento.
PRESIDENTE apre la discussione sull’articolo proposto dall’onorevole Dossetti.
MARCHESI ricorda che nella relazione sul programma della Democrazia cristiana della primavera scorsa si affermava la necessità che nella Carta costituzionale la religione cattolica venisse riconosciuta come religione di Stato, e se ne ricavava la conseguenza che gli istituti fondamentali dello Stato dovessero conformarsi alla morale cristiana che poi – come risultava da altri passi della relazione – era la morale cristiana cattolica. Rileva quindi come l’onorevole Dossetti faccia proprie le conseguenze che venivano tratte in quella relazione, quando stabilisce nel suo articolo che ogni uomo ha diritto alla libera professione delle idee, purché esse non contrastino con le supreme norme morali. Le quali supreme norme morali proposte dall’onorevole Dossetti – che è una così fervida anima cristiana – non possono che esser quelle della morale cattolica. Ma, con quella semplice parola «purché», si viene a distruggere il principio della libertà di pensiero, il quale pensiero può anche esigere la libertà di concepire e di formulare norme che siano in disaccordo con quelle della morale cattolica. Per queste ragioni dichiara di non accettare l’articolo dell’onorevole Dossetti, così come è stato formulato.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di ritenere l’articolo dell’onorevole Dossetti non necessario, dal momento che nei principî sulla libertà si è già garantita la libertà di esporre le proprie opinioni e di propagandarle.
Quanto alla formulazione dell’articolo, aderisce pienamente alle osservazioni dell’onorevole Marchesi, aggiungendo che esso rafforza in lui l’impressione che si stia facendo una Costituzione paolotta, mentre le formule dovrebbero essere, per dir così, un poco laicizzate.
LA PIRA fa presente che la stessa terminologia è usata anche in libri di autori non cattolici e non cristiani, e che la Costituzione che si sta facendo non è paolotta, ma umana. Essa ha per termine comune la personalità umana, accettata da tutte le correnti politiche.
DOSSETTI, Relatore, fa osservare che un richiamo alla morale si legge anche nell’articolo 2 proposto dall’onorevole Cevolotto, dove si dice che tutti i cittadini hanno diritto di professare qualsiasi culto che non sia contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon postume, mentre egli aveva semplicemente detto: «all’ordine pubblico e al buon costume», perché i due concetti di ordine pubblico e di buon costume sono concetti più limitati di quanto non sia il concetto di morale. Fa presente inoltre che egli non si è richiamato genericamente alla morale, ma a quelle supreme norme morali che devono essere alla base di ogni convivenza civile.
Ricorda all’onorevole Cevolotto che il professore Jemolo, nel suo opuscolo per la pace religiosa in Italia, ha sostenuto che la nuova disciplina e il nuovo ordinamento giuridico italiani debbono cominciare con una dichiarazione di adesione a quei principî etici del Cristianesimo che rappresentano, indipendentemente da qualsiasi specifica tesi religiosa, la base della nostra coscienza e della nostra civiltà.
Ritiene quindi che il richiamo alle supreme norme morali non possa bastare per qualificare «paolotta» la Costituzione; non ritiene parimenti che il suo riferimento alle norme morali possa suscitare allarmi, perché non ha nulla a che vedere con la relazione sul programma della Democrazia cristiana, cui si è richiamato l’onorevole Marchesi.
LUCIFERO osserva che una buona Costituzione è tutta un dettame morale, e che il richiamo alle supreme norme della morale è nelle norme stesse che la Costituzione detta, e non come richiamo a sé stante. Quindi, pur dichiarando di consentire con le intenzioni dell’onorevole Dossetti, si domanda se è necessario il suo riferimento alle norme morali, e se non sia più pratico e più costituzionale l’accenno al buon costume e all’ordine pubblico.
BASSO, pure essendo ossequiente alle supreme norme morali, si dichiara contrario alla formulazione dell’articolo, in quanto esso esprime un concetto che può essere interpretato in modi diversi, mentre una precisa definizione della norma in esame è di suprema importanza, perché riguarda la libertà di coscienza.
Ricorda che, per avere in sede di Sottocommissione sostenuto una volta che il principio dell’indissolubilità del matrimonio riguardava piuttosto il Codice civile che la Costituzione – e non crede che questa fosse una violazione della morale – è stato attaccato dall’Osservatore Romano che lo ha accusato di volere distruggere il vincolo familiare, di voler introdurre il libero amore, ecc. Ora, quando si stabilisce che la libertà di coscienza può essere sottoposta ad esame in base a una formula suscettibile di interpretazioni diverse, si va incontro al pericolo che questo esame possa variare da persona a persona. Perciò, pur essendo d’accordo che si debbano rispettare le supreme norme morali, ritiene inaccettabile una formula che si richiami alle norme morali, senza averle prima ben definite.
MASTROJANNI ritiene che sia da accogliere la formula dell’onorevole Dossetti, il quale ha esattamente limitato le supreme norme morali a quelle che hanno resistito attraverso il corso dei secoli. La resistenza nel tempo di questa morale accettata da tutti la mette fuori di discussione, e non giustifica le preoccupazioni dell’onorevole Marchesi.
MARCHESI domanda all’onorevole Mastrojanni quali sono secondo lui queste supreme norme morali.
MASTROJANNI risponde che sono quelle – come la morale cristiana cattolica – che attraverso i secoli hanno resistito e sono rimaste integre nella coscienza collettiva.
MARCHESI osserva che tali norme non sono state mai assolute nel tempo; sono materia di esortazione, non di storia; sono state predicate, non praticate.
MASTROJANNI replica che la predicazione del Cristianesimo è servita ad esaltare la norma morale, perché venga praticata con sempre maggiore profondità. Ma il fatto della predicazione non ha fatto che confermare l’esistenza di quella morale universale. Attraverso i secoli non vi è alcun’altra forza morale accettata dalla collettività, né ancora oggi vi è una morale da contrapporre a quella cristiana.
MARCHESI domanda all’onorevole Mastrojanni se egli proibirebbe la pubblicazione dell’opera Così parlò Zarathustra di Nietzsche.
MASTROJANNI dichiara che se quell’opera urta contro l’umana coscienza e suscettibilità, non avrebbe alcuna difficoltà a contrastarla, appunto perché turba le coscienze. Egli è del parere che il bene supremo deve essere difeso. Le manifestazioni del pensiero debbono rientrare in quello che è il patrimonio spirituale dell’umanità. È questo un diritto dell’umanità.
L’onorevole Lucifero ritiene che meglio converrebbe alla nostra Costituzione la formula che pone il limite dell’ordine pubblico e del buon costume. Egli ritiene invece che quegli aspetti particolari possano far parte di leggi speciali, ma nella Costituzione debba affermarsi il principio generale da cui il legislatore trarrà argomento per formulare altri divieti che attingono il loro valore da questa enunciazione generale. Per queste ragioni è favorevole alla formula Dossetti.
DE VITA esprime l’avviso che i principî supremi della morale somiglino un po’ al diritto naturale: sono, cioè, vaghi ed inafferrabili. Ritiene che la morale sia variabile attraverso il tempo e da luogo a luogo. Per queste considerazioni dichiara di non potere aderire alla proposta dell’onorevole Dossetti. Per il resto, aderisce alla dichiarazione fatta dall’onorevole Marchesi.
TOGLIATTI dichiara di non comprendere perché venga proposto l’articolo in esame. Esso – a suo avviso – rappresenta una forma di ipocrisia. Quali sono i principî supremi della morale? Forse: non uccidere e non rubare? Ma è proprio la società, così come è oggi costituita, che spinge ad uccidere e a rubare.
Quali sono le norme morali? Il movimento anarchico può essere dichiarato contro le supreme norme morali; il movimento comunista può essere dichiarato immorale, perché non riconosce quel mito della proprietà che è a base della società capitalistica di oggi, ed è quasi una divinità per alcuni movimenti politici. Si vuol forse, proponendo una norma del genere, esacerbare i rapporti tra i partiti?
Osserva che qui non si mira a giudicare delle azioni, ma delle idee e delle convinzioni, la cui espressione deve essere invece libera. Con una norma del genere, si arriverebbe all’assurdo che un uomo non può più pensare una cosa che a giudizio dei proponenti dell’articolo sia considerata da essi contro le supreme norme della morale, supreme norme che non si conoscono e non vengono precisate.
La verità è che qui si nasconde il tranello della soppressione della libertà di pensiero, di convinzione, e di ogni altro principio di libertà.
Per questi motivi, dichiara che voterà contro la proposta dell’onorevole Dossetti.
MASTROJANNI ritiene che l’onorevole Togliatti abbia esasperato al massimo il pensiero che la formula rappresenta. Le supreme norme morali non possono preoccupare alcuno. La libertà di pensiero non è da esse violata. Qualunque aspirazione politica è salva, perché le supreme norme morali non colpiscono le idee, ma i delitti, quali per esempio l’omicidio o la rapina e ogni lesione al diritto.
TOGLIATTI osserva che con un articolo di legge, quale quello proposto dall’onorevole Dossetti, si sarebbero potuti mettere in prigione e sopprimere i primi predicatori del Vangelo. Quanto all’omicidio e alla rapina, cui ha accennato l’onorevole Mastrojanni, si tratta di materia riguardante il Codice penale. Ripete che l’inserimento di questo articolo nella Carta costituzionale farebbe sì che chi, come i comunisti, respinge ad esempio il diritto di proprietà così come ora è concepito dalla società capitalistica, sarebbe considerato rapinatore ed assassino.
GRASSI rileva che la libertà di opinione è a base dell’articolo proposto, e che essa va qui affermata, perché in nessuna parte della Costituzione ne è stato finora fatto cenno. Crede però che l’onorevole Dossetti sia andato oltre le sue intenzioni con le limitazioni che egli ha poste alla libertà di opinione.
Ritiene che non sia possibile porre una limitazione alla libertà di pensiero nei confronti dei principî affermati dalla Costituzione. L’onorevole Basso ha accennato alla indissolubilità del matrimonio; ed egli si domanda se si possa mai pensare che una opinione diversa possa essere vietata.
Ricorda che una delle ragioni per le quali la prima Costituzione francese fu respinta, derivava dal fatto che in essa vi era un articolo nel quale si dichiarava che i diritti affermati nella Costituzione non potevano essere posti in discussione: sembrò infatti agli elettori francesi che in questa affermazione vi fosse un germe pericoloso contro la libertà.
TOGLIATTI dichiara che, dopo l’accenno ai reati fatto dall’onorevole Mastrojanni, appaiono chiare le intenzioni dell’articolo in discussione. Fa presente che ogni giorno legge giornali di parte cattolica, nei quali si dice che le dottrine politiche che egli professa sono contro le supreme norme morali. È chiaro che, se domani quella parte avesse la maggioranza, egli sarebbe dichiarato fuori legge soltanto perché crede nei principî del socialismo e nella trasformazione della proprietà dei mezzi di produzione e dei mezzi di scambio.
Lasciando da parte l’anarchismo e il comunismo, che sono dottrine politiche, se si desse domani il caso di una eresia religiosa, si potrebbe dire, in base a quest’articolo, che essa è contro le supreme norme morali.
DOSSETTI, Relatore, dichiara di non vedere la ragione dello sdegno manifestato dall’onorevole Togliatti. Osserva anzitutto che, per quella particolare manifestazione che è l’opinione religiosa, si ammette che possa subire un limite nei riguardi dell’«ordine pubblico e buon costume», come è detto nella sua proposta e della «morale» per giunta, come è detto nella formulazione dell’onorevole Cevolotto. Ora, se questo lo si ammette per una manifestazione della coscienza religiosa, non vede perché non possa essere ammesso anche per ogni opinione in genere, in quanto sia contrastante con l’ordine pubblico o il buon costume. Potrà essere, questa, materia opinabile, ma non è cosa che desti sospetti o che possa giustificare la qualifica di forma ipocrita ad essa data dall’onorevole Togliatti.
Quanto poi al richiamo alle supreme norme morali, fa presente che un richiamo esplicito alla «morale» è contenuto anche nella formula dell’onorevole Cevolotto, e chiarisce che l’espressione «supreme norme morali» si riferisce a quei supremi principî morali che non riguardano questa o quella forma di organizzazione della società o di disciplina dell’economia, perché questo non ha niente a che vedere con essi. Supremo principio morale è, ad esempio, quello che proibisce le persecuzioni razziali.
CEVOLOTTO, Relatore, spiega che la sua formula si riferisce a tutt’altro campo. Essa afferma che tutti i cittadini hanno il diritto di professare quella religione e quel culto che desiderano, purché esso non sia contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume. È necessario fare una tale specificazione, perché si può dare il caso di un culto che sia per se stesso immorale. Vi sono state sette religiose che hanno professato il principio che bisogna peccare molto per poi pentirsi e salvarsi. Un tal principio sarebbe contrario alla morale. Questa è la portata ristretta della sua formula.
DOSSETTI, Relatore, osserva che non è in base ad eventuali intenzioni che si deve giudicare, ma in base alla portata oggettiva della norma che si propone. Rileva che quanto dice l’onorevole Cevolotto è tradizionalmente compreso nel concetto di buon costume. Quando si fa un richiamo alla morale senza limitazioni, si richiama qualche cosa di ancor più estensivo delle supreme norme morali.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che la parola «morale» può essere tolta dalla sua formula.
DOSSETTI, Relatore, replica che a lui premeva sottolineare che, anche partendo da un punto di vista che non sia il suo, si può arrivare a stabilire limitazioni più gravi di quelle che egli propone, senza che l’onorevole Togliatti accusi l’onorevole Cevolotto di ipocrisia.
MARCHESI rileva che la «morale» richiamata dall’onorevole Cevolotto è la morale del regolamento di polizia.
CEVOLOTTO, Relatore, fa osservare che la dizione «contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume» è una formula tradizionale della legislazione italiana, ed egli ha inteso qui adoperarla con quel significato e con quel valore.
DOSSETTI, Relatore, dichiara che, data l’interpretazione che egli ha inteso dare alla sua proposta, non può che insistere perché venga posta in votazione.
BASSO osserva che l’articolo, quando fosse approvato, andrebbe soggetto ad interpretazioni diverse dalla interpretazione personale che ne ha dato il proponente onorevole Dossetti. Ritiene logica l’interpretazione datane dall’onorevole Mastrojanni, ed è contro di essa che intende reagire, come hanno già reagito gli onorevoli Togliatti e Marchesi.
Osserva che nell’articolo proposto dall’onorevole Dossetti si dice che non si possono manifestare le proprie idee o convinzioni, quando esse contrastino con le supreme norme morali, con la libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione. Ora, fra i diritti che la Costituzione garantisce vi è il diritto di proprietà. Approvando l’articolo dell’onorevole Dossetti, si verrebbe ad impedire ogni manifestazione di opinioni contrarie al diritto di proprietà, così come esso si esercita nella civiltà capitalistica; si verrebbero pure a impedire tutte le associazioni per il divorzio.
L’onorevole Mastrojanni ha detto che per lui è molto chiaro che le «supreme norme morali» non sono che quelle della religione cattolica. Ora, per la religione cattolica, il Santo Padre è infallibile quando parla ex cathedra, in materia di morale. Accogliendo l’articolo dell’onorevole Dossetti ci si verrebbe quindi a sottoporre all’interpretazione autentica del Santo Padre in materia di morale. Praticamente l’accoglimento della proposta Dossetti significherebbe rendere impossibile qualsiasi manifestazione di pensiero. Si pensi, ad esempio, alle associazioni naturistiche ed a quelle per il controllo delle nascite, che sono associazioni fiorentissime in Paesi di alta civiltà e che verrebbero senz’altro proibite in base all’articolo in discussione. Ciò non implica da parte sua un giudizio di merito sulle predette associazioni: è certo però che egli è favorevole a che queste associazioni esistano e non siano soppresse da quel regime di polizia che verrebbe ad essere instaurato con l’articolo proposto dall’onorevole Dossetti.
Rileva che si potrebbe, eventualmente, comprendere la portata ed il significato dell’articolo proposto dall’onorevole Dossetti, qualora esistesse un testo che fissasse tassativamente le norme della morale. Si potrebbe discutere l’opportunità o meno di richiamarle nella Costituzione, ma almeno si saprebbe a che cosa ci si vuol riferire. Invece, così come è formulato l’articolo, non può essere accolto e pertanto ne propone la soppressione.
LUCIFERO dichiara che, se fosse sicuro che l’articolo venisse interpretato nel puro senso delle supreme leggi della morale cattolica, lo accetterebbe, perché esse sono le supreme leggi morali di tutti.
Osserva, però, che nell’articolo vi è una certa improprietà di impostazione. La morale produce la legge, ma la legge non è che il precipitato storico della morale, non è «la morale». Nella legge si fa l’applicazione della morale vigente nell’epoca. La legge è quindi un’applicazione della morale, ma non la richiama. Questo articolo pone di fronte ad una serie di problemi che un interprete di cattiva volontà può torcere come vuole. Compito del legislatore e del costituente è di sviluppare la morale nelle leggi, non di richiamarla come articolo di Codice. Lo stesso fatto che si sia sentita la necessità di spendere tante parole dall’una e dall’altra parte per dire con quale significato si voleva adoperare la parola «morale», dimostra la difficoltà della sua interpretazione.
Dichiara pertanto di associarsi, per motivi diversi da quelli detti dagli altri oratori che lo hanno preceduto, alla proposta di sopprimere quest’affermazione.
CORSANEGO fa notare che la frase che ha destato tanto scandalo si trova in quasi tutte le Costituzioni. La Costituzione dell’Estonia, ad esempio, dice: «È garantita la libertà di manifestare le proprie idee con parole, scritti, stampe, rappresentazioni grafiche o di scultura. Essa non può essere limitata che nell’interesse della morale o della sicurezza dello Stato». Analoghe disposizioni si trovano nella Costituzione democratica spagnola, in quella lituana ed in altre Costituzioni.
TOGLIATTI fa presente che, se alcune sue espressioni possono avere offeso qualche Commissario, si dichiara disposto a rettificarle e a ritirarle, ma prega l’onorevole Dossetti di ritirare l’articolo proposto, onde si possa cercare un accordo su altra formula di comune consenso.
MORO dichiara di non poter concordare con le osservazioni fatte dall’onorevole Lucifero. È vero che la legge è un precipitato storico della morale, ma ciò non toglie che proprio per questa ragione le norme di legge debbano richiamarsi esplicitamente a criteri morali.
Per quanto riguarda il merito della proposta, intende difendere la sincerità con la quale essa è stata formulata. I rappresentanti della Democrazia cristiana sono cristiani e cattolici e sono abbastanza aperti, conoscendo il mondo moderno, per sentire che le loro idee non sono da tutti condivise. Tuttavia, vi è una convivenza civile in Italia e nel mondo tra persone che professano apertamente il Cristianesimo ed altre che solo naturalmente ne seguono la morale; e sia gli uni che gli altri sentono che c’è una moralità comune che li unisce, frutto della civiltà ed elemento comune che permette di vivere insieme realizzando una umanità civile.
A chi ha affermato che una norma come quella proposta può essere pericolosa, fa osservare che essa può essere pericolosa non perché la sostengono i democristiani, ma perché domani potrebbe rappresentare, nelle mani di chi non ha eguale lealtà ed apertura di spirito, un pericolo per la libertà. I democristiani possono sinceramente affermare che nelle loro mani non sarebbe pericolosa, perché essi sono uomini non soltanto cristiani, ma dotati di una spiritualità ricca ed aperta.
MARCHESI obietta che una norma del genere non è pericolosa nelle mani dell’onorevole Moro, ma sarebbe pericolosissima nelle mani di altre persone le quali, in base ad essa, si riterrebbero autorizzate a mandare al rogo i comunisti.
MORO ammette che la norma possa essere pericolosa, ma chiede che i Commissari diano atto della onestà delle intenzioni di chi l’ha proposta.
PRESIDENTE ritiene opportuno sospendere la seduta per qualche minuto per dar modo ai Commissari di chiarire meglio tra di loro il proprio pensiero.
(La seduta è sospesa per alcuni minuti).
DOSSETTI, Relatore, comunica che, avendo l’onorevole Togliatti chiarito il suo pensiero, ed essendosi dichiarato disposto a venire ad un accordo sopra una nuova formulazione, non ha nessuna difficoltà a sopprimere l’articolo 1, purché nel successivo articolo da lui proposto come secondo, si faccia menzione della libertà di espressione delle proprie idee. Tale articolo dovrebbe avere, all’inizio, la seguente dizione:
«Ogni uomo ha diritto alla libera manifestazione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa, ecc.».
CEVOLOTTO, Relatore, ritiene che, se si vuole introdurre il principio della libertà di manifestazione delle proprie idee, questo principio deve essere staccato dall’altro che riguarda la libertà di fede e di coscienza.
CARISTIA ritiene che, se anche si vuol discutere sulla libertà di opinione, del resto ammessa da tutti, le norme relative dovrebbero essere collocate in altra sede.
PRESIDENTE spiega che la Commissione si riservò appunto di discutere il principio della libertà di opinione in questa sede, in quanto poteva avere una connessione con gli articoli che riguardano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa; ma si intende che questi articoli dovranno poi trovare la loro sede nel primo capitolo, che riguarda i diritti fondamentali della personalità umana.
CARISTIA osserva che, dal momento che è stata già garantita la libertà di stampa, basterà dire: è garantita ai cittadini la libertà di opinione, che si esplica in determinati modi. Per quanto riguarda la libertà di coscienza e di culto, adotterebbe una formula molto più semplice.
CEVOLOTTO, Relatore, concorda nella proposta di riunire tutti i concetti nell’articolo 2 della relazione Dossetti, ma ne propone una formulazione diversa.
DOSSETTI, Relatore, dichiara doversi intendere che la sua proposta di fusione dei due articoli in uno solo, cioè nell’articolo 2, è naturalmente subordinata all’inquadramento dell’articolo 2 stesso, nel senso che la libertà di espressione delle proprie idee e convinzioni resti sempre circoscritta da quel limite supremo che è contenuto in fondo all’articolo. In caso contrario, ritirerebbe la sua proposta.
PRESIDENTE rinvia il seguito della discussione alla seduta di domani, ed invita i Relatori onorevoli Dossetti e Cevolotto a trovare una formula dell’articolo 2, possibilmente concordata.
La seduta termina alle 20.15.
Erano presenti: Amadei, Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.
Assente giustificato: Mancini.