Come nasce la Costituzione

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MARTEDÌ 11 FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXXIV.

SEDUTA DI MARTEDÌ 11 FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Congedo:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno                                   

Russo Perez                                                                                                     

Gasparotto, Ministro della difesa                                                                     

Martino Gaetano                                                                                           

Coccia                                                                                                              

Baracco                                                                                                           

Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze                                                       

Mattarella                                                                                                     

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Lombardi Riccardo                                                                                         

Labriola                                                                                                           

Perrone Capano                                                                                              

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

AMADEI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Ha chiesto un congedo il deputato Dossetti.

(È concesso).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni.

Gli onorevoli Ministri della pubblica istruzione e delle poste e telecomunicazioni e l’onorevole Sottosegretario di Stato per gli italiani all’estero, non potendo essere presenti alla seduta di oggi, hanno chiesto che sia rinviata ad altra seduta lo svolgimento delle interrogazioni degli onorevoli. Angelucci, Scotti Alessandro, Pajetta e Volpe, che sono all’ordine del giorno.

La prima interrogazione è quella dell’onorevole Russo Perez, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti abbia presi o intenda prendere per garantire la libertà dei cittadini, a qualsiasi partito appartengano, in vista di quanto è accaduto a Partanna (Trapani), dove il professore Vito De Simone (già candidato nella lista dell’Uomo qualunque per quella circoscrizione), intervenuto a un comizio comunista, fu aggredito e gravemente ferito di coltello. Si desidera anche conoscere se, coi responsabili diretti, anche gli istigatori sono stati assicurati alla giustizia e se sia stato fatto quanto occorre perché nessuno sfugga al giusto castigo».

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. È noto che gli organi di polizia hanno tassative disposizioni di predisporre adeguati servizi d’ordine in occasione di qualsiasi pubblica manifestazione, allo scopo di assicurare il regolare svolgimento e reprimere eventuali incidenti, a garanzia della libertà di tutti i cittadini.

A Partanna, durante un comizio indetto dal partito socialista per illustrare l’azione svolta da quella amministrazione comunale e per controbattere gli attacchi rivoltile in sede polemica dagli oppositori, alcune interruzioni del professor Vito De Simone, esponente qualunquista, determinavano una sovraeccitazione tale che il De Simone e la guardia comunale Guzzo Liborio riportavano alcune lesioni.

L’intervento tempestivo degli organi di polizia valse a circoscrivere l’incidente e ad evitare ulteriori conseguenze. In seguito a tali fatti sono stati adottati i seguenti provvedimenti: 1°) arresto di Stassi Giovanni di Vincenzo, comunista, per lesioni con circostanze aggravanti in persona del professor Vito De Simone, qualunquista da Castelvetrano, ed in persona della guardia municipale Guzzo Liborio, qualunquista, a mente degli articoli 582, 583, comma 2°, n. 4 Codice penale; 2°) denunzia a piede libero del sindaco di Partanna, geometra Costantino Cascio, socialista, oratore, per avere tenuto un comizio in ora diversa da quella stabilita dalle autorità competenti; 3°) denunzia a piede libero del dottor Benedetto Bruscia, medico di Partanna, democristiano, per falso in certificato medico; 4°) denunzia a piede libero di Barbara Rosario, qualunquista, da Partanna, per aver provocato disordini durante il comizio; 5°) denunzia a piede libero del professor Vito De Simone, qualunquista, da Castelvetrano, per essere andato armato di rivoltella ad un pubblico comizio.

Gli atti relativi sono stati già trasmessi dalla Pretura di Partanna alla Procura della Repubblica di Trapani, ed i procedimenti penali sono ancora in corso. Oltre i reati che hanno portato alle denunzie suddette, non se ne sono rilevati altri, neanche durante l’istruzione formale del processo, ed è da escludersi che vi siano altri istigatori o responsabili diretti che siano sfuggiti all’azione della giustizia.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

RUSSO PEREZ. Avevo già fatto togliere il microfono, perché speravo di potermi dichiarare sodisfatto, ma una parte della risposta del Governo non mi ha lasciato contento, tanto più che l’affermazione che l’ex candidato qualunquista prof. Vito De Simone era fornito di rivoltella è stata sottolineata da qualche commento in quel settore della Camera. (Accenna a sinistra).

Partanna è un centro molto rosso e l’Amministrazione comunale è social-comunista. Durante la campagna elettorale fu permesso a un solo oratore di parlare in quella piccola cittadina: a me, perché mio padre è nato in quella città e vi sono abbastanza ben voluto; però, quando andai a parlare a Partanna ed un avversario fece esattamente quello che fece il professore De Simone, cioè invitò l’oratore del momento al contradittorio, lo invitai cortesemente a salire sul tavolo dal quale parlavo io, gli diedi la parola, gli risposi e, dopo avergli stretto cordialmente la mano, lo rimandai incolume e contento al suo posto. Viceversa il professore De Simone – armato – ma teneva la rivoltella in tasca – chiese il contradittorio ed ebbe in risposta una bella coltellata, giacché l’aggravante di cui parla il Sottosegretario è proprio quella dell’uso dell’arma. Ecco il secondo personaggio che tentò di parlare a Partanna, col risultato che avete sentito.

Le dichiarazioni del Governo sono rassicuranti, nel senso che sono state impartite le necessarie disposizioni, che l’Autorità di pubblica sicurezza ha il dovere di fare questo e di fare quest’altro.

Però, quando a Sciacca, recentemente, è successo il fatto dolorosissimo dell’uccisione del Segretario della Camera del Lavoro (e tutti i Partiti si sono associati nel deplorare il fatto, e nell’augurare che gli autori e gli istigatori fossero assicurati alla Giustizia), a Sciacca piombarono insieme cinque o sei deputati e sottosegretari, ed anche alcuni alti ispettori di Pubblica sicurezza e misero sottosopra l’intera città.

Una voce all’estrema sinistra. Era l’ottavo che ammazzavano.

RUSSO PEREZ. Ma chi l’ha ammazzato? Io sono innocente (Si ride).

Concludendo: Mi reputo sodisfatto delle dichiarazioni del Sottosegretario, anche perché altrimenti l’onorevole Conti direbbe che noi facciamo l’opposizione a qualunque costo, mentre poi ha confessato che per trent’anni ha detto di no, al tempo della Monarchia, senza eccezione alcuna.

Però la mia sodisfazione è a metà.

PRESIDENTE. Vedo che fa progressi, onorevole Russo Perez (Si ride).

Seguono le interrogazioni dell’onorevole Finocchiaro Aprile:

Al Ministro dell’interno, «sui fatti di Caccamo e per sapere se intenda di ordinare che siano ripristinati finalmente in Sicilia sistemi di civiltà e di umanità, facendo cessare le intimidazioni e le coercizioni che agenti della forza pubblica compiono a danno dei contadini dell’Isola, vittime sempre di soprusi e di sopraffazioni».

Al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se, riconosciuta l’assoluta insufficienza dei fondi stanziati per le opere della provincia di Catania, intenda di aumentare l’assegnazione di varie centinaia di milioni, sino al limite almeno delle somme concesse per le altre provincie dell’Isola; e ciò anche al fine di diminuire la preoccupante disoccupazione locale».

Non essendo presente l’onorevole Finocchiaro Aprile, s’intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Martino Gaetano, al Ministro della guerra, «per conoscere se non ritenga opportuno emanare provvedimenti atti a favorire, nell’occasione dello sfollamento dei quadri dell’Esercito, quegli ufficiali i quali si siano resi meritevoli di particolare considerazione: a) perché danneggiati nella loro carriera durante il regime fascista per motivi direttamente o indirettamente di carattere politico; b) per il contegno, aderente alle leggi dell’onore ed ai doveri militari, tenuto 1’8 settembre 1943 e successivamente in territori controllati dai nazi-fascisti».

L’onorevole Ministro della difesa ha facoltà di rispondere.

GASPAROTTO, Ministro della difesa. Il personale militare danneggiato nella carriera per motivi politici può, in analogia alle disposizioni di legge, chiedere al Ministero la revisione della propria condizione. Posso annunziare fin da ora che il Ministero ha dato corso alle pratiche.

Oltre a ciò il Governo, preoccupato di alcune sperequazioni determinatesi nella carriera degli ufficiali per effetto della legge sullo stato di avanzamento del 1940, legge fascista, ha, da tempo, demandato ad una commissione ministeriale:

1°) l’esame della revisione dei vantaggi conseguiti nell’avanzamento per titoli vari da alcune categorie di ufficiali e parallelamente;

2°) l’esame della possibilità di attribuire determinati vantaggi a taluni gruppi di ufficiali dei quali l’avanzamento è stato particolarmente lento come, ad esempio, gli ufficiali col grado di tenente che hanno avuto semplicemente il grado di primo tenente.

Il personale militare che dopo l’8 settembre del 1943, ha tenuto fede alle leggi dell’onore e del dovere, è tenuto dal Ministero nella dovuta considerazione sia nei riguardi dell’impiego, sia nei riguardi dell’avanzamento.

Per converso, le sanzioni disciplinari riportate dal militare in sede di discriminazione, in dipendenza del comportamento tenuto dopo l’8 settembre, sono determinate, ai sensi dell’articolo 2 del decreto 5 maggio 1940, n. 384, con la cessazione del servizio permanente.

Esse, però, diventano esecutive dopo essere state vagliate da apposite Commissioni e sanzionate dal Ministro o dal Consiglio dei Ministri, a seconda dei gradi.

L’espressione «di massima» contenuta in detto decreto, concede di indulgere nei confronti di ufficiali generali e superiori, puniti con sanzioni lievissime, quando tutti gli altri elementi di giudizio nei loro confronti risultino decisamente favorevoli.

Ciò determina, automaticamente, una separazione ben netta tra gli ufficiali che hanno tenuto fede alle leggi dell’onore militare ed ai doveri della situazione contingente, e quelli che, anche parzialmente, vi siano venuti meno.

Infine, a favore del militare che, oltre ad aver tenuto fede alle leggi dell’onore militare, hanno attivamente partecipato alla lotta di liberazione nel territorio occupato dai nazi-fascisti, sono stati recentemente disposti particolari riconoscimenti, fra i quali i seguenti: equiparazione, a tutti gli effetti, dei volontari che hanno operato con le unità regolari delle forze armate della guerra di liberazione; concessione di promozioni e avanzamenti per merito di guerra, sanzionati coi decreti legislativi del Capo provvisorio dello Stato, 6 settembre 1946, n. 93 e 6 settembre 1946, n. 94.

Ritengo che l’onorevole interrogante possa ritenersi pienamente sodisfatto.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MARTINO GAETANO. Ringrazio l’onorevole Ministro per la difesa e poiché egli ritiene che io possa ritenermi sodisfatto, dichiaro di esserlo.

Mi pare infatti di poter pensare che, citando diffusamente tutte le provvidenze disposte dal Governo a favore delle due categorie di benemeriti, menzionate nella mia interrogazione, l’onorevole Ministro abbia voluto implicitamente darmi l’assicurazione che di queste benemerenze sarà tenuto conto anche in sede di sfollamento dei quadri dell’esercito: il che, appunto, costituisce lo scopo della mia interrogazione.

PRESIDENTE. Segue un’altra interrogazione dell’onorevole Martino Gaetano al Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga necessario disporre che l’applicazione del regio decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384 (riguardante il collocamento nella riserva degli ufficiali generali e superiori), avvenga gradualmente secondo le norme precise ed uniformi e nell’ordine seguente: 1°) ufficiali comunque compromessi con la repubblica sociale di Salò; 2°) ufficiali richiamati dal congedo durante la guerra e non ancora congedati; 3°) ufficiali già collocati nella riserva e trattenuti in servizio; 4°) a domanda degli interessati; 5°) di autorità.

L’onorevole Ministro per la difesa ha facoltà di rispondere.

GASPAROTTO, Ministro per la difesa. Siccome si tratta di risposta assai complessa, l’ho trasmessa per iscritto all’onorevole interrogante.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MARTINO GAETANO. Mi dichiaro sodisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Coccia, al Ministro dell’interno, «per sapere se è vero che si starebbe preparando il decreto per distaccare dalla provincia di Rieti il mandamento di Cittaducale per unirlo ad altra provincia, il cui capoluogo è distante dal detto paese 50 chilometri, mentre Rieti ne dista solo 9, ed è separato dalle montagne dell’Abruzzo, con comunicazioni stradali e ferroviarie difficilissime. E ciò disprezzando la volontà di quelle popolazioni, che vogliono restare unite con la provincia di Rieti per entrare a far parte della costituenda Regione romana: aspirazione questa secolare e unanime di tutte le popolazioni sabine».

COCCIA. Rinunzio.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Giacchero (Scotti Alessandro, Baracco, Stella), ai Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se non ritengano opportuno di proporre un provvedimento legislativo che, a modifica delle disposizioni vigenti, consenta il beneficio della libertà provvisoria ai contadini attualmente detenuti per lievi inadempienze, compiute non a scopo speculativo, ma per necessità familiari e aziendali, nel conferimento agli ammassi, nella considerazione del danno che ne deriva all’agricoltura per l’assenza di braccia all’atto della preparazione delle semine, ed anche per una perequazione con quegli agricoltori delle provincie meridionali, che, pur avendo commesso lo stesso reato, hanno beneficiato dell’amnistia, perché l’infrazione fu commessa prima del 18 giugno, relativamente all’anticipato raccolto del grano».

BARACCO. Rinunzio.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Gortani, ai Ministri dell’agricoltura e delle foreste e dei lavori pubblici, «sulla convenienza economica e sociale di combattere finalmente la piaga della disoccupazione, ricorrendo a larghi programmi di bonifica integrale del monte e del piano, finora lasciati di gran lunga in sottordine rispetto alle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici.

Non essendo presente l’onorevole interrogante, s’intende che vi abbia rinunciato.

Sono rinviate, per la ragione già indicata, le seguenti interrogazioni:

Scotti Alessandro (Giacchero, Scalfaro), ai Ministri della pubblica istruzione e dei lavori pubblici, «per sapere se non intendano svolgere una ben coordinata azione ai fini di porre i Comuni in condizione di rimettere in efficienza gli edifici scolastici delle zone rurali che sono il più delle volte inadeguati alle esigenze scolastiche e quasi sempre privi di impianti igienico-sanitari che possono e devono essere parte integrante dei mezzi educativi».

Pajetta Giuliano, al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, «a) sulla possibilità della concessione di un quantitativo fisso mensile di francobolli di franchigia militare per i militari di leva e di sottufficiali delle Forze armate, tenuto conto del livello estremamente basso della decade e del soldo. b) sulla possibilità di un’assegnazione fissa mensile di una certa quantità di carta da lettere, buste e cartoline postali semplici a detti militari».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Mattarella, al Ministro delle finanze, «per sapere se non intenda chiarire che l’imposta di fabbricazione, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 1946, n. 43, sugli zuccheri invertiti, non è applicabile ai mosti muti concentrati naturali, destinati ad usi enologici e che solo eccezionalmente in questo periodo di emergenza sono stati utilizzati come dolcificanti. Una tale imposta, che si vorrebbe applicata ai prodotti accennati, verrebbe a danneggiare notevolmente le industrie enologiche siciliane, specie quelle del «marsala», che rappresentano una delle attività economiche più notevoli della Sicilia occidentale. È poi da notare che i concentrati di tali zone sono naturalmente scarsi di acidità e ricchi di contenuto zuccherino, e sarebbe assai strano che per tale loro pregio e qualità essi dovessero venir sottoposti a dei pesi tributari non sopportabili, che, se mai, potrebbero colpire i concentrati deacidificati chimicamente».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. La questione che forma oggetto dell’interrogazione è nota al Ministero delle finanze, il quale l’ha considerata con tutta l’attenzione che merita.

Apposito schema di provvedimento conterrà particolari agevolazioni nel senso richiesto dall’onorevole interrogante, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei mosti concentrati di uva destinati ad uso enologico.

Si può assicurare l’onorevole interrogante che, in attesa di tale provvedimento, sono state impartite disposizioni perché siano sospese le riscossioni coattive in corso.

PRESIDENTE. L’onorevole Mattarella ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MATTARELLA. Mi dichiaro sodisfatto e mi auguro che il provvedimento preannunziato sia emanato con l’urgenza che il caso richiede.

PRESIDENTE. È rinviata l’interrogazione dell’onorevole Natoli, al Ministro del commercio con l’estero, «per conoscere esattamente i criteri che hanno informato l’accordo concluso col Governo norvegese per la costruzione di navi nei Cantieri Ansaldo. E per sapere se è vero che il Governo ha accettato in pagamento una quantità di stoccafisso per 1’86 per cento ceduto ad un gruppo di commercianti. Tale stoccafisso sarebbe ceduto al pubblico ad un prezzo elevatissimo. Questo gravoso sopraprezzo su un alimento di consumo popolare contribuisce all’aumento del costo della vita e rappresenta un premio che i consumatori dovrebbero pagare ai Cantieri Ansaldo, rinnovandosi così un protezionismo dannoso che il regime repubblicano deve invece eliminare.

È così trascorso il tempo assegnato alle interrogazioni.

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

È iscritto a parlare l’onorevole Lombardi Riccardo. Ne ha facoltà.

LOMBARDI RICCARDO. Onorevoli colleghi, io non ho il privilegio al quale si è richiamato l’onorevole Corbino, di parlare prima della firma del Trattato; io parlo dopo che il Trattato è stato firmato dal nostro rappresentante. Ma mi atterrò ugualmente all’impegno di non turbare, con una vera e propria discussione sui termini del Trattato di pace, la libertà di manovra e di azione che il Governo sta svolgendo in questo momento per migliorare almeno le condizioni di applicazione del Trattato stesso. Tuttavia, poiché l’onorevole Corbino ha espresso i sentimenti di questa Assemblea, e a questi sentimenti l’Assemblea si è associata in modo unanime, e questa unanimità d’ordinario dice troppo o dice troppo poco, io penso che sia indispensabile chiarire anche il senso di questa unanimità, anche a nome del gruppo a cui appartengo.

Il Presidente del Consiglio, con le sue dichiarazioni, si è assunto la responsabilità di firmare il Trattato di pace a nome del Governo, ma non si è assunto la responsabilità di proporre all’Assemblea la ratifica dello strumento. Cioè, il Presidente del Consiglio, per l’azione che egli, a nome del Governo, svolgerà durante questi mesi che ci separano dalla firma del Trattato alla ratifica, si propone evidentemente di usare della forza, dell’azione, del prestigio dell’Assemblea a favore dell’azione diplomatica che il Governo dovrà svolgere. Al che noi, come Assemblea, potremmo consentire, alla condizione però che l’Assemblea sia informata dei criteri direttivi che presiedono all’opera del Governo, informata, cioè, di quanto non lo è stata fino ad oggi; poiché nell’azione che il Governo svolge, non è vero che la voce dell’Assemblea possa recare un elemento di debolezza: essa reca in ogni caso un elemento di forza, quale avrebbe portato anche se una discussione preventiva fosse stata fatta. L’Assemblea avrebbe allora illuminato il Governo e l’avrebbe forse deviato dalla sua azione indiscriminata ed uniforme che, a nostro avviso, non è stata la più valida per la tutela dei nostri diritti nazionali.

Il rimprovero che noi rivolgiamo all’azione del Governo fino alla firma del Trattato è proprio di aver posto tutte le questioni che affiorano dal Trattato sullo stesso piano uniforme, piatto, senza rilievo, senza cioè sforzarsi di centrare quei due o tre elementi essenziali che sono effettivamente non accettabili dal Governo e dal popolo italiano. Si sono poste sullo stesso piano la questione di Trieste e quella delle colonie; la questione della sistemazione della Germania e quella della flotta. Si è rifiutato tutto in modo indiscriminato e così non si è avuto il punto di appoggio necessario per poter svolgere un’azione coerente e continuativa, ispirata ad un fine preciso, la sola che ci avrebbe consentito di ottenere i risultati che, secondo noi, si sarebbero potuti ottenere.

Il Governo avrebbe potuto, in questi ultimi mesi, proporre ed isolare le due o tre questioni in cui è impegnato l’onore nazionale, e che riguardano la sistemazione della Germania, da cui dipende la sistemazione dell’Europa ed alla quale quindi non possiamo essere estranei, e la questione delle garanzie delle frontiere e delle nostre minoranze nazionali. Su questi due punti, avrebbe dovuto richiedere delle garanzie e domandare la solidarietà dei molti interessi, che, nell’Europa e nel mondo, premono nello stesso senso e non proporre una discussione ed un rifiuto in blocco, quasi che tutte le questioni, da quelle economiche a quelle militari, avessero lo stesso rilievo e la stessa importanza per noi, col risultato che abbiamo visto, di aver, cioè, preclusa ogni via di miglioramento del Trattato e la stessa possibilità di revisione; revisione che non si può richiedere per tutto il Trattato.

Il Governo non ci ha informati, e per questa ragione, noi che pensiamo che bene abbia fatto ad assumersi la responsabilità della firma del Trattato, non possiamo sgravarlo della responsabilità che si è assunta circa il modo, le condizioni e lo spirito con il quale si è arrivati alla firma del Trattato.

L’onorevole De Gasperi ci ha detto che egli non aveva avuto il tempo, malauguratamente, di fare davanti all’Assemblea un discorso approfondito sulla questione, in quanto la lunghezza inopinata della crisi di Governo lo aveva costretto a rinunciarvi; ma ci ha detto che il programma del nuovo Governo è sostanzialmente quello del Governo precedente; ed allora, perché questa crisi, proprio nel momento in cui dovevamo essere chiamati a valutare tutta la sostanza e l’orrore dei patti che eravamo chiamati a firmare?

Vi è una certa diffidenza del Governo verso quest’Assemblea, una diffidenza che è necessario rompere. Durante i lunghi mesi nei quali si è fatta la grande operazione del prestito nazionale, l’Assemblea è stata tenuta chiusa, perché si temeva che la voce dei contrasti politici potesse turbarne lo svolgimento. Tutti abbiamo potuto vedere che, anche ad Assemblea chiusa, l’operazione è stata turbata da interventi, anche di uomini del Governo, spesso contradittorî e persino privi di tecnicismo, o fatti con spirito di improvvisazione. Non è vero che se l’Assemblea fosse rimasta aperta ed avesse potuto funzionare durante i mesi in cui si sono svolte le sottoscrizioni al prestito nazionale, i suoi dibattiti avrebbero sinistramente influito sui risultati del prestito. È vero, probabilmente, il contrario.

Se questa Assemblea fosse stata chiamata a discutere l’indirizzo delle trattative diplomatiche che il Governo in nostro nome svolgeva con Potenze alleate, noi avremmo potuto dargli qualche lume, avremmo potuto mitigare qualche contrasto, e mettere il Governo stesso in grado di trattare con maggiore autorità e con maggiore fermezza i sostanziali interessi dello Stato che rappresenta. Tuttavia, l’Assemblea non è stata chiamata a pronunciarsi e perciò ritengo che debba essere interamente riservato il suo giudizio sul modo e sullo spirito col quale le trattative che portarono alla firma del Trattato sono state svolte.

Giacché mi trovo a parlare, sia pure di scorcio, sulla questione dell’indirizzo della nostra politica estera, sento il dovere di affermare che per noi è un elemento sostanzialmente favorevole, è un elemento di credito, è un elemento positivo per il nuovo Governo, il fatto che di esso faccia parte l’onorevole Sforza. Io non voglio discutere la persona dell’onorevole Sforza, ma egli rappresenta la continuità di una tradizione politica democratica nella politica estera che è stato un torto e un delitto gravido di conseguenze l’avere abbandonata. La presenza dell’onorevole Sforza al Governo rappresenta per noi la ripresa di una tradizione che fu chiamata rinunciataria, ma lo fu proprio da coloro che hanno portato alla firma di ieri.

Questa crisi di Governo, che ha portato alla nuova compagine ministeriale, ha rappresentato per noi un abbassamento del livello delle precedenti crisi, di quelle crisi che portarono al secondo e al terzo Ministero De Gasperi. Nella crisi di giugno, subito dopo le elezioni per la Costituente, si era discusso, sì, di equilibrio dei partiti, di leve di comando, di zone di influenza riservate ai Partiti che partecipavano al Governo; tuttavia, c’era stata anche una discussione sostanziale di indirizzo programmatico. Si parlò e si discusse a lungo, per esempio, della scuola e della politica economica del Governo; ed anche nella seconda crisi del settembre – determinata dalle dimissioni dell’onorevole Corbino – si discusse dell’indirizzo economico e finanziario.

Invece, durante queste ultime trattative, nessuna discussione programmatica si è affrontata: il Paese ha avuto l’impressione, a mio avviso corrispondente alla realtà, che le trattative si svolgessero su un piano di pura divisione d’influenza, di pure zone riservate – non voglio dire di divisione delle spoglie – per cui si è avuta la sensazione netta che il piano anche morale, sul quale queste trattative si sono svolte, sia notevolmente abbassato rispetto alle trattative precedenti. Probabilmente c’era qualche sintomo, qualche segno di stanchezza. Non si è più ripresa la discussione sulla scuola. Gli onorevoli colleghi, molto probabilmente, avranno ormai scontato il fatto che il Ministro Gonella è destinato ad essere un elemento permanente di tutti i Governi che a mano a mano si succedono, probabilmente nella stessa misura in cui l’Ammiraglio De Courten fu un elemento permanente di tutti i Governi fino alla Costituente.

Oggi, però, il Governo si è formato e l’onorevole De Gasperi ha detto che il programma che sarà chiamato a svolgere è sostanzialmente quello stesso dei passati Governi, o, almeno, quello stesso del Governo precedente. Tuttavia, abbiamo visto alcune omissioni preoccupanti: per esempio, non si è più parlato del programma di nazionalizzazione dell’industria elettrica, che pure era stato uno dei punti della piattaforma del passato Governo. E si è parlato del progetto per i Consigli di gestione in una forma così involuta e ambigua, da suscitare delle reali preoccupazioni.

L’onorevole De Gasperi ci ha esposto un programma molto vago, non dettagliato, ed io posso anche pensare che questo sia un elemento positivo, che questo atto di modestia, il quale contrasta rudemente con la relativa prolissità del programma esposto in occasione della formazione dei precedenti governi, possa essere l’indizio di maggiore coscienza dei limiti che questo Governo ha, del fatto che più che risolvere problemi di largo respiro, esso è chiamato a risolvere problemi, apparentemente di breve momento, ma essenziali per la vita del Paese. Questo Governo che noi abbiamo sempre desiderato non come Governo di ordinaria amministrazione, ma di salute pubblica, può, attraverso la modestia del programma, dare qualche indizio di una più risoluta volontà di mettersi all’opera per realizzare dei programmi minimi sì, ma realizzarli effettivamente. Da qui alle elezioni legislative ci sono problemi che non ammettono di essere rimandati, problemi elementari sui quali qualsiasi Governo degno di questo nome deve impegnare tutta la sua azione, tutta la sua energia. Non si può lasciare un popolo nella vana aspettativa; non si può permettere che dei problemi capitali non siano neanche affrontati. Far questo significherebbe arrivare alle elezioni in uno stato tale che il primo esperimento democratico e repubblicano sarebbe definitivamente screditato.

Il Governo ha risolto, nella sua stessa formula di composizione, qualche problema di apparato: c’è l’unificazione dei Ministeri del tesoro e delle finanze che noi stessi avevamo chiesto e che, a mio avviso, è opportuna e saggia. Ma, badiamo bene, l’abbiamo chiesta in quanto sia garanzia di unicità di direttive della politica economica e finanziaria. Se il Governo, con l’unificazione dei Ministeri del tesoro e delle finanze, ci vuol dare una preventiva assicurazione che da oggi in poi ci sarà una direttiva unitaria nella politica economica, che il Comitato interministeriale per la ricostruzione comincerà finalmente ad essere un vero organismo direttivo di questa politica e che ancora l’azione che sarà svolta dai Ministeri delle finanze, dell’industria, dell’agricoltura e del commercio estero non sarà più slegata e quasi affidata alla iniziativa ed alla responsabilità dei singoli Ministri, ma sarà unitaria e controllata dal Governo con responsabilità collegiale, se questo è, effettivamente, pensiamo che un passo avanti sia stato fatto.

Ma se ciò non dovesse essere, l’unificazione in sé e per sé non significherebbe altro che scaricare sulle spalle (buone come quelle dell’onorevole Campilli, ma assolutamente incapaci, non per difetto della persona ma per la enormità dei problemi) una responsabilità che nessun uomo singolarmente può portare.

Se ciò non fosse, noi dovremmo pensare che tutto il risultato nella variazione della composizione del nuovo Governo rispetto al vecchio altro non sia che lo smantellamento del Ministero dell’assistenza postbellica. Del resto, noi non pensiamo che sia stato un bene eliminare il Ministero: questo era un Ministero nuovo e come tale aveva tutti i difetti, anche di improvvisazione, che hanno tutti i nuovi organismi, ma aveva anche dei pregi.

Perché era stato voluto il Ministero dell’assistenza post-bellica? Perché doveva costituire il primo gradino per arrivare a quel Ministero dell’assistenza sociale, la cui fondazione doveva provare che il Governo democratico e repubblicano considerava l’assistenza come parte integrante dei suoi doveri e dei suoi compiti, dei doveri e dei compiti di uno Stato moderno.

Invece di fare un passo avanti, cioè di passare dal Ministero dell’Assistenza post-bellica al Ministero dell’Assistenza, tout court, si è fatto un passo indietro, si è abolito il Ministero; ma non si sono aboliti gli assistiti, non si sono aboliti i reduci, non si sono aboliti i partigiani, che da oggi in avanti avranno delle difficoltà perfino per sapere a quale dei diversi Ministeri, fra i quali sono stati ripartiti i diversi servizi del soppresso Ministero dell’assistenza post-bellica, dovranno indirizzare le loro domande. Non si sa neanche come e chi dovrà coordinare l’assistenza alle diverse categorie. Certo si farà un passo indietro, cioè da un tentativo di portare l’intervento dello Stato su un piano di assistenza, si ritornerà ad un piano di beneficenza; il che, a mio avviso, è un netto svantaggio, è un notevole regresso rispetto alla stessa difettosa situazione di prima.

Io voglio sperare che il Governo, soppresso che sia il Ministero dell’assistenza post-bellica, non si impunterà nello smantellamento dei servizi. Non so se il braccio secolare dell’onorevole Cappa è già pronto per questa operazione, ma io prego il Governo di pensare che un esperimento che aveva dei lodevoli lati di modernità (poiché era stata tentata la democratizzazione nella distribuzione regionale e provinciale dagli aiuti e delle sovvenzioni che attraverso il Ministero venivano ai diversi organi periferici), non debba essere abbandonato.

Questo esperimento democratico, nella sua modestia, era un passo importante, era qualcosa che tranquillizzava le numerose categorie che fino ad oggi hanno visto nel Ministero dell’assistenza post-bellica non certo una cosa perfetta, ma il primo gradino per qualcosa di sostanziale e qualcosa, soprattutto, di continuativo, che involgesse la responsabilità del Governo e dello Stato nel suo dovere elementare di non lasciare che alcun cittadino fosse messo in condizione di essere privo degli elementi indispensabili alla vita.

Ora, pur senza sottovalutare i compiti e le difficoltà del nuovo Governo, io penso che compito dell’opposizione parlamentare debba essere quello, non già di riconoscere che alcune cose non si sono fatte e che alcune non si possono fare, ma di centrare i punti sui quali, a nostro avviso, l’opera e la responsabilità del Governo sono impegnate.

Noi assistiamo, direi con simpatia, allo sforzo ed alla responsabilità che il Ministro del tesoro e delle finanze si assume. Egli è certamente chiamato ad un compito enormemente grave, tuttavia non disperato. Nessuno oserebbe chiedergli dei provvedimenti di disperazione. Ma se il Ministro del tesoro e delle finanze guarderà a quelli che sono i sui compiti immediati (che, a nostro parer sono quelli di decidere sulla incidenza delle imposte straordinarie e delle imposte ordinarie e di portare l’apparato tributario ad un grado di funzionalità tale che il programma di mille miliardi annui di imposte possa essere realizzato col tempo, e con l’aumento del reddito nazionale), se egli metterà a concorrere fermamente in questo piano, nei prossimi mesi, potrà essere sodisfatto della propria opera. Noi pensiamo che le imposte straordinarie, alle quali siamo stati, siamo e saremo favorevoli, oggi abbiano perduto in gran parte il campo stesso sul quale possono incidere. C’è stato un momento, da questo punto di vista felice, nel quale i detentori di ricchezza, coloro che si erano arricchiti lecitamente o illecitamente durante il fascismo, erano pronti ed avevano perfino delle riserve precostituite per poter fronteggiare un’efficace e moderna finanza democratica. E coloro che rimproverano all’onorevole Scoccimarro di non aver fatto abbastanza in questo senso, sono coloro stessi che hanno ostacolato l’opera sua, per poter portare ad altri altri provvedimenti indirizzati allo stesso fine. (Applausi a sinistra).

Ora il tempo non è più così favorevole. Siamo nelle condizioni in cui, malgrado tutti gli sforzi fatti da questa sinistra per poter arrivare a determinati provvedimenti, come quello del cambio della moneta (che andava fatto nell’epoca e nelle condizioni opportune, che ci furono e che furono condizioni ideali) i provvedimenti stessi hanno perduto in gran parte, se non tutta la loro validità. Ci troviamo oggi a dover dire che, dopo due anni di spese eccezionali per le industrie, dopo due anni nei quali i detentori di ricchezze, bene o male guadagnate, hanno avuto tempo e larghe possibilità per poterle investire (e molte volte in investimenti speculativi o investimenti all’estero), il mordente della finanza straordinaria è in gran parte caduto. Ed allora il Governo deve onestamente porsi questo problema e porlo davanti all’Assemblea, informandola dei suoi propositi. Oggi nessuno sa che cosa il Governo intenda fare, se intende premere le leve delle finanza ordinaria più che quelle della finanza straordinaria.

C’è il problema, al quale l’onorevole Corbino ha accennato, dei cinquecento miliardi di deficit annuo, sui quali la finanza straordinaria potrà incidere per una parte che io non credo modesta. L’onorevole Scoccimarro ci dirà probabilmente a che punto ha lasciato le cose, e l’onorevole Campilli ci dirà come intende proseguire quest’opera. Ma è certo che soltanto con le imposte straordinarie non si assicura una continuità di gettito alla finanza dello Stato.

Oggi ci sono altre leve sulle quali operare: ci sono industrie in condizioni eccezionalmente favorevoli, e ci sono i redditi di queste industrie. Noi non siamo contro i profitti, sebbene vogliamo che il profitto sia investito sotto controllo nazionale per il miglioramento del nostro apparato produttivo. Ci sono redditi eccezionali in determinate branche dell’industria e tutti sanno che essi sfuggono sistematicamente al fisco. Ora, il primo compito dell’onorevole Campilli è proprio questo, di impedire che tale sconcio continui, di impedire che le industrie che si arricchiscono (e fanno bene ad arricchirsi) neghino la loro solidarietà.

La fame di gran parte del popolo non è una invenzione propagandistica o demagogica, ma è una triste realtà, che tutti noi, che viviamo a contatto con la vita popolare, sentiamo ogni giorno. (Applausi).

Io credo che l’opera del Ministro delle finanze e del tesoro abbia qualche possibilità di respiro.

Noi osserviamo che il livello attuale dei prezzi è notevolmente superiore al livello attuale dell’aumento della circolazione (ci sono prezzi stabilizzati a circa trenta volte quelli dell’anteguerra, mentre il carico di inflazione è sulle venti-ventidue volte). Evidentemente abbiamo un margine che può resistere a questi mesi in cui necessariamente si dovrà stampare; e non lo neghiamo, non diciamo che ci taglieremo le mani al momento di firmare un decreto per la stampa di nuova moneta, quando la stampa si continua a fare.

A questo proposito invito il Governo a ristabilire la pubblicità dei conti del tesoro e della situazione decadale della Banca d’Italia, perché tutto il popolo italiano ha il diritto di sapere queste cose. Questo diritto è stato soppresso all’inizio della guerra dal fascismo, e non si capisce perché dobbiamo essere informati attraverso conti complicati, quando la Banca d’Italia ha l’elementare dovere, per legge, di informare l’Assemblea Costituente ed il popolo italiano dello stato della nostra finanza.

L’onorevole Campilli dovrà essere sufficientemente accorto per utilizzare questo margine. Che cosa vuol dire avere un moltiplicatore d’inflazione minore del moltiplicatore dei prezzi? Vuol dire che i prezzi non sono aumentati soltanto come conseguenza dell’inflazione, ma che su di essi operano delle situazioni, direi psicologiche, alle quali il Governo è chiamato a far fronte.

Durante questo periodo, noi possiamo scontare la possibilità di stampare un po’ di nuova carta-moneta, senza che i prezzi crescano, a patto che non intervengano altri elementi psicologici capaci di contrastare la manovra. E perché non intervengano questi elementi, il Governo deve operare alla luce del sole, deve dire qual è il suo programma, deve stabilire un programma anche audace, se vuole, ma limitato, in modo che tutti siano in grado di sapere fino a quale limite opereranno le nuove imposte e tutti possano sapere se il Governo intende svolgere un’azione in questo senso o in senso opposto, in modo che vi sia l’elemento della fiducia, che non è mai elemento astratto, astrale, ma nasce dalla sensazione che alla testa della nostra amministrazione finanziaria vi sono uomini saggi che non vogliono certo sopprimere le difficoltà, che nessuno può sopprimere, ma nella cerchia di queste difficoltà sanno operare assegnandosi dei limiti ed impegnando il loro onore e la loro responsabilità politica a non varcarli.

In questo modo, se il Governo riuscirà ad abbozzare, ma soprattutto a realizzare un programma che sia limitato, ma che si sappia esattamente quale sia, quegli elementi psicologici indispensabili, perché i prezzi non reagiscano a loro volta, e non si abbia una nuova discrepanza fra tasso di inflazione e tasso di prezzi, potranno operare e servire come uno strumento utile nelle mani della nostra amministrazione.

Certo, uno dei principali elementi perché questa fiducia rinasca, è costituito dalla politica che si intende svolgere in materia di cambio della moneta. Non starò qui a riprendere una vecchia polemica, che ormai si trascina da mesi, su questa eterna questione del cambio della moneta. Penso, però, che il Governo, dopo avere impostato tutta la sua propaganda per il lancio del Prestito sulla base che il cambio della moneta si sarebbe fatto, non può onestamente rinunziare a questa operazione.

Ed allora mi permetto di riprendere la mia vecchia proposta, che forse è ancora attuale: cioè che il cambio della moneta debba esser fatto, non tanto a scopi statistici di accertamento delle ricchezze monetarie individuali, ma in modo che si traduca in una vera e propria imposta sulla moneta; la quale, per riuscire, deve essere limitata e con aliquote modeste.

Questo si può fare, anche perché, se il Governo ricorre a tale sistema, esso, intanto, terrà fede agli impegni (ed in fatto di credito pubblico il tener fede agli impegni è cosa sostanziale e fondamentale) e, nello stesso tempo, potrà preparare e applicare, con relativa rapidità, un’operazione che non esige la creazione di grossi sistemi di accertamento, un’operazione che potrebbe essere addirittura effettuata in forma di stampigliatura, senza prelevamento diretto in moneta, ma soltanto con una decurtazione nominale, facilitando l’operazione e mettendo lo Stato in grado di far fronte ai propri doveri e di rispettare gli impegni assunti.

Una errata presa di posizione su questo problema ha turbato l’opinione pubblica; e non c’è ragione che essa si turbi. Un’infinità di gente ha pagato in investimenti di riparo assai di più di quanto avrebbe pagato con un tasso di decurtazione, anche il massimo, che il Governo poteva avere intenzione di applicare, ove l’operazione del cambio fosse stata fatta come preparazione della imposta progressiva sul patrimonio.

Se il Governo, con coscienza e con chiarezza, giustificando le ragioni della propria azione, ricorrerà ancora a questo sistema, finalmente libererà l’atmosfera finanziaria ed economica del Paese da un incubo sproporzionato all’effettiva realtà del problema, e potremo fare un passo avanti, senza avere il cielo oscurato da questa minaccia.

Io non penso che il Governo – come mi pare abbia detto ieri l’onorevole Conti – sia chiamato a compiti di ordinaria amministrazione; sono persuaso, invece, che sia chiamato a compiti di emergenza della massima importanza. Noi siamo veramente in una situazione grave per le ragioni obiettive che tutti riconoscono e che non potrebbero essere diverse, ma anche perché ci troviamo di fronte ad una reviviscenza, ad un tentativo di organizzazione e di potenziamento di organismi, senza diretta responsabilità politica, i quali intendono sempre più controllare l’opera del Governo e dell’Amministrazione. Io non so spiegarmi la campagna continua, dura, che si fa oggi non contro questo o quel Ministro dell’industria, ma dentro il Ministero dell’industria. La Confederazione Generale dell’Industria pubblica un organo di stampa solo per combattere tutti i provvedimenti che il Ministro dell’industria propone, applica o si propone di applicare.

A cosa vogliamo arrivare? Parliamoci chiaro. Io non credo al liberismo della Confederazione dell’industria. Quei signori industriali della Confederazione non sono stati mai liberisti. (Approvazioni a sinistra). Quando hanno avuto la possibilità di operare nella vita economica nazionale, non lo sono stati.

Protezionisti prima del fascismo, corporativisti durante il fascismo, e oggi all’improvviso tutti seguaci dell’onorevole Einaudi, tutti fautori del libero scambio. Quando si fa una campagna di questo genere è legittimo il sospetto che non si vogliano abolire le bardature; ed effettivamente ci sono bardature eccessive, irrazionali, come ci sono bardature necessarie. È legittimo il sospetto che non si voglia ritornare alla politica del libero scambio, perché ho visto in questi mesi che quando si è trattato di arrivare a determinati obiettivi, anche questa politica liberista, affermata in linea di principio, è stata abbandonata. È stata abbandonata quando era chiaro che non poteva servire a determinati interessi. E allora è legittimo il sospetto che si voglia, non già abolire i controlli, ma mantenerli, ma averli in mano per farli servire a determinati interessi. Contro queste manovre è necessario reagire, è compito nostro reagire. Dobbiamo richiamare il Governo ad avere la chiara coscienza che è necessario fronteggiare questa situazione, opporre forza contro forza; opporre la forza della risolutezza politica, la forza del coraggio politico. Perché tutto quello che oggi si fa, tutti i tentativi in gran parte modesti, se vogliamo, ma anche necessari per arrivare ad una programmazione, ad una pianificazione della nostra vita economica, devono essere guardati con l’occhio volto avanti e non indietro, devono essere guardati come il primo gradino per dare un’organizzazione razionale alla nostra vita economica, quali strumenti al servizio degli interessi della collettività nazionale e non di interessi particolari che non sempre coincidono con quelli del Paese.

La stessa minaccia, io credo, che dobbiamo prepararci a fronteggiare nel Ministero dell’onorevole Segni, il Ministero dell’agricoltura. Perché la Confederazione dell’agricoltura dà indizi di terremoto, dei segni sismici curiosi; si sta riorganizzando in una forma che assomiglia stranamente ad una reviviscenza di sistemi corporativi che abbiamo conosciuti molto da vicino. Questi tentativi della Confida di organizzarsi per branche di prodotti, sebbene appena abbozzati, e per quanto ancora tenuti, diremo, sotto banco, suscitano il grave sospetto che la Confederazione dell’agricoltura, reputando che la situazione politica sia favorevole a questo esperimento, intenda ripristinare un sistema complesso e rigido di corporativismo. Io credo che sia persino superfluo richiamare l’attenzione dell’onorevole Segni su questo pericolo reale, non effimero, che minaccia tutta la vita della Nazione in una parte sostanziale e fondamentale come l’agricoltura.

I nostri amici della Confederazione del lavoro, della Federterra debbono non soltanto preoccuparsi delle agitazioni salariali, ma capire che ci sono alcune fondamentali esigenze che ci interessano tutti molto da vicino e che sono gravemente minacciate dal tipo di organizzazione a cui ho accennato. Sarebbe stolta politica voler guardare le prime e non le seconde, perché la Confederazione dell’industria e la Confederazione dell’agricoltura, o amici della Confederazione del lavoro, si indurranno facilmente, sia pure esteriormente molto riluttanti, a cedere a richieste salariali. Si faranno pregare molto e diranno che sono rovinati; ma cederanno, e cederanno molto volentieri. Ma di fronte a questo e dietro a questo preparano la conquista di ben altre leve di comando, di ben più solido terreno; e quando avremo ottenuto dei miglioramenti di salari, ma troveremo tutti i gangli dello Stato permanentemente occupati da forze che ci faranno scontare il loro peso, la loro forza, per lunghi anni, che cosa avremo ottenuto?

E poiché sono a parlarvi della politica economica del Governo, io credo che questa Assemblea debba finalmente occuparsi della questione dell’Istituto per la ricostruzione industriale. L’I.R.I. è nato, si può dire, per caso, in Italia, con un programma che è stato poi largamente superato dagli avvenimenti. Debbo dire che, nato male, nel corso della sua vita è diventato una bella donna, uno strumento utile. Però, guardate che questo uno dei pochi strumenti efficienti di cui lo Stato dispone per la sua politica, sta per liquefarsi. Quello che sta avvenendo all’I.R.I. è cosa che ci deve gravemente preoccupare. Non ho visto ancora nessuna domanda di smobilitazione del1’I.R.I.; nessuno ha pensato che l’I.R.I. potesse essere di ostacolo al liberismo economico. Debbo pensare con ragione che ciò non è stato chiesto, perché l’I.R.I. minaccia di diventare uno strumento non già del Paese, ma, ancora una volta, di determinati gruppi. (Commenti). Io credo che il Governo non abbia l’intenzione di privare il Paese di uno strumento essenziale che esso ha in mano.

C’è stato un momento, in cui alcuni di noi (che allora eravamo prefetti del Comitato di liberazione nazionale) hanno in tutti i modi cercato di incanalare, di favorire l’opera del Governo, perché questo strumento dell’Istituto della ricostruzione italiana diventasse una cosa seria nelle sue mani, perché alcune partecipazioni si mutassero nella proprietà statale di determinate industrie. Alcuni dei miei colleghi, che sono stati prefetti durante quel tempestoso periodo, ricorderanno che noi non abbiamo facilitato determinati crediti e industrie siderurgiche e metallurgiche, perché volevamo portarle a rivolgersi allo Stato, cioè all’Istituto della ricostruzione italiana, per essere acquistate per poco, perché in quel momento ciò era possibile. Ma lo Stato, invece di impadronirsi di queste industrie, ha concesso crediti per dieci miliardi prima e venti miliardi dopo, che sono stati bruciati per l’eccesso di mano d’opera o in opere più o meno utili; e tutto ciò, con quello stesso denaro dello Stato che avrebbe potuto costituire uno strumento ben più efficiente di governo dell’apparato industriale.

Comunque, è chiaro che oggi ci troviamo nella curiosa situazione, per cui il Presidente dell’Istituto per la ricostruzione industriale – persona per la quale io credo che tutta questa Assemblea abbia il massimo rispetto e la massima considerazione – è nello stesso tempo Presidente dell’Associazione fra le Società italiane per azioni e ciò nonostante una certa, anzi una radicale, opposizione di interessi fra la grande industria, che domina l’Associazione delle Società per azioni e l’Istituto della ricostruzione italiana, strumento dello Stato, chiamato proprio a garantirlo contro lo strapotere della grande industria. È questo un problema sul quale, con tutta la moderazione necessaria, richiamo l’attenzione del Governo e particolarmente del Ministro dell’industria.

Io penso perciò che in materia di politica economica il Governo non abbia poco da fare: esso avrà molto da fare; avrà soprattutto il compito di perfezionare i suoi organi e di perfezionarli in modo serio, perché tutto il Paese è stanco di sentire che determinate operazioni, che sono elementari in qualsiasi paese, non si possono fare da noi, perché l’apparato statale ed amministrativo è distrutto.

Ciò è vero, ma ci sono stati due anni di tempo: che quindi non si possa proprio far niente, che anche nell’alimentazione non si riesca a rimettere nulla in piedi, questo è eccessivo per qualsiasi amministrazione statale ed è assolutamente intollerabile per il Governo di un grande Paese come l’Italia. In queste cose, non è tanto la volontà di questo o di quel Ministro che possono essere determinanti, quanto la solidarietà fra i Ministri, e questo è un compito del Governo nel suo complesso, il quale, su questi problemi che sono pochi, ma sostanziali, deve assumere un determinato indirizzo e dire al Paese ciò che intende fare, mentre l’Assemblea potrà essere chiamata a pronunciare un determinato giudizio. Sotto questo aspetto, si può dare un valore positivo alla modestia del programma esposto dall’onorevole De Gasperi, perché proprio questa modestia può essere garanzia di maggior coscienza dei propri compiti.

Prima di finire, voglio richiamare l’attenzione dell’Assemblea e del Governo sulla sistemazione che è stata data ai Ministeri delle forze armate, con la creazione del Ministro della difesa. Non avrò il cattivo gusto di dilungarmi sul fatto che il cambiamento del Ministero della guerra in Ministero della difesa non è poi una garanzia efficace contro lo spirito di guerra, una dimostrazione tanto sicura della volontà di pace. C’è stato qualche precedente che farebbe pensare esattamente il contrario; tuttavia, poiché il programma del Governo, come ci ha detto l’onorevole De Gasperi, è sostanzialmente identico a quello precedente, il programma di sfollamento degli alti gradi dell’esercito dovrà essere proseguito, sottraendolo all’opera di erosione e di sabotaggio che di esso si vuol fare.

Ci sono interessi che premono in questo senso; io penso che i compiti dello Stato maggiore debbano tornare ad essere quelli naturali, dell’attrezzamento e dell’addestramento, con la soppressione di una quantità di uffici e di servizi; perché effettivamente, ci sono delle soprastrutture che vanno eliminate corrispondentemente ai compiti più modesti che, non so se sfortunatamente o fortunatamente – a mio avviso, fortunatamente – vengono assegnati all’esercito.

L’onorevole De Gasperi ha detto giustamente che si deve fare in modo che tutti i combattenti delle passate guerre siano reinseriti nella compagine nazionale. Approvo incondizionatamente questo indirizzo; e penso che tutti coloro i quali hanno combattuto o sofferto, anche sotto una falsa bandiera, sotto la bandiera fascista, debbano tornare ad essere cittadini nella totalità dei loro diritti. Ma non i generali faziosi ed inetti, non i responsabili, non dico di una politica sbagliata, ma di una direzione dell’esercito, la quale ci ha portati a quello che tutti sappiamo, a una condotta della guerra, indipendente dalle ragioni politiche della guerra stessa, ad una direzione, oserei dire, tecnicamente e moralmente responsabile del modo come si sono verificate la ritirata di Russia e la ritirata di El Alamein.

La nuova democrazia italiana deve avere la certezza che il nuovo esercito abbia liquidato tutti i marescialli ed i generali prestigiosi. Deve avere la garanzia che il nuovo esercito rappresenti una forza democratica, a disposizione soltanto del Paese. Su questo io spero di poter trovare il consenso di tutta l’Assemblea. (Applausi a sinistra – Commenti).

Voci all’estrema destra. No, no!

LOMBARDI RICCARDO. Questa interruzione mi fa ricordare che ad un amico, parlando proprio del Ministero della guerra, dicevo che un Ministro della guerra, il quale si assume questo grave compito, che voglia cioè svolgerlo sul serio, deve essere un Ministro preparato ad interrompere la sua carriera politica. Non aggiungo altro. (Commenti).

Se il Governo affronterà i compiti ai quali ho, sia pure di scorcio, accennato, esso avrà in questi mesi, che ci separano dalla approvazione della Costituzione e dalle nuove elezioni, un compito meritorio da assolvere e che non sarà certamente di ordinaria amministrazione.

Il poter affrontare questi problemi, il poter resistere a tutte le minacce ed alle manovre contrarie, e svolgere una politica coerente e indirizzata in senso veramente democratico, è un compito duro per qualunque Governo, ed io mi auguro che questo Governo sia pari al suo compito.

Per quanto riguarda i compiti della nostra opposizione, cioè della opposizione di sinistra, che è la sola opposizione reale che esista in questa Assemblea…

Una voce all’estrema destra. Lei presume troppo!

LOMBARDI RICCARDO. E vi dico subito il perché: quando l’altro ieri l’onorevole Corbino fece un discorso di opposizione così blando, così amichevole, io me ne meravigliai, ma un uomo politico assai fine, al quale facevo questa osservazione, mi disse: ciò è naturale, perché Corbino è al Governo ed all’opposizione siete voi. (Commenti – Si ride).

Credo che questo Governo debba dimostrare di non essere ispirato ad una politica conservatrice, dimostrare che esso è effettivamente un Governo di sinistra o almeno un Governo di centro sinistra. Ed è strano che l’opposizione debba essere organizzata proprio a sinistra, dove siedono i maggiori fautori di questo Governo.

Il nostro compito di oppositori, al quale abbiamo assegnato una divisa che credo non sia disdicevole, quella di non criticar mai senza avanzare proposte costruttive, è quello stesso tipo di opposizione che il nostro gruppo ha fatto dal 2 giugno ad oggi, e sarà continuato, in modo che l’azione del Governo sia, non intralciata, ma stimolata.

Noi vogliamo rappresentare la viva coscienza delle esigenze democratiche della resistenza, le quali continueranno ad essere la sola cosa viva, pulita ed efficacemente operante che esista in questo Paese. (Vivi applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

LABRIOLA Onorevoli colleghi, credo che l’unica risposta che possa farsi alle comunicazioni del Capo del Governo consista nell’esortazione: facciamo le elezioni il più presto che sia possibile.

La triarchia ha fatto seguito all’esarchia. Le deficienze e gl’inconvenienti dell’una sono le stesse qualità dell’altra. Essi si riassumono in un disordine interno, dal quale non emergono se non confuse speranze per l’avvenire.

Ho sentito dire che la sola democrazia possibile al tempo nostro non sia che una democrazia di partiti. Ciò può essere vero o non vero. Ma una tale democrazia sarebbe desiderabile, soltanto se potesse dimostrarsi che essa è stata e può ancora esser benefica.

Dubito dell’esattezza del principio, specie se la politica dei partiti si debba intendere come un monopolio. Ma vero o non vero, è certo che se non si tratti se non di un male necessario, noi vorremo fare tutto quello che è in noi per distruggere il male. E l’appello agli elettori può essere un rimedio.

Sventuratamente esso non può funzionar subito.

Un pubblicista, che molti si accordano a ritenere equo ed avveduto – io stesso sono di questa opinione – don Luigi Sturzo, ha lanciato la formula (slogan in americano): le elezioni o il caos. Ho già risposto per le stampe all’illustre scrittore, che le elezioni, allo stato attuale delle cose, sarebbero esse stesse il caos. «Il caos oppure il caos» non è una formula molto chiara. La questione consisterebbe nell’avere un corpo elettorale o consapevole o indirizzato a diventarlo. Nelle ultime elezioni si è visto il caso che mentre undici milioni di elettori hanno votato contro l’esarchia, nel referendum istituzionale e nelle elezioni per la Costituente, quest’ultima è risultata composta, per circa i quattro quinti, di componenti dell’antica esarchia, diventata poi triarchia. Se gli elettori continueranno a commettere di simili solecismi, l’anarchia italiana non avrà mai termine.

L’idea che i partiti trionfati col luglio del 1943 si son fatta del loro compito è tutta nella espressione: noi dobbiamo agire come un Comitato di salute pubblica. Quindi il Governo deve rimanere nelle nostre mani; e poi fare in modo che un generico popolo non venga ad occupare i nostri seggi. Se no, la rivoluzione antifascista è in pericolo. La rivoluzione antifascista siamo noi.

Tutta la situazione politica italiana, dal luglio del 1943, è dominata da questa preoccupazione. Dirò poi che questa preoccupazione era un errore.

La prima constatazione da fare è: alle sorgenti della crisi presente italiana c’è la presunzione degli attuali partiti dominanti che essi erano la rivoluzione antifascista. Ciò condusse ad un duplice erroneo atteggiamento: 1°) diffidenza generica del popolo purché non passato per il filtro dei partiti ammessi; 2°) risoluzione di conservare il potere nelle proprie mani. Da quest’ultima volontà l’inclinare verso una legge elettorale, che creasse il monopolio dei partiti, e che permettesse la conservazione del potere nelle mani dei gruppi dirigenti di questi partiti (Applausi – Commenti).

Ma prima di affrontare la questione delle conseguenze di questo duplice fatto, giova vedere in che cosa consistesse l’errore fondamentale della preoccupazione del Comitato di salute pubblica.

Il concetto di esso sorse in Francia dalla necessità di concentrare i poteri in vista della guerra esterna, e perciò di garantirsi contemporaneamente contro i loro complici interni: monarchici, ecclesiastici ed aristocratici. Però volle essere essenzialmente un organo democratico, articolato in modo da impedire la formazione di un potere personale o della parte. La catastrofe di Robespierre è una conseguenza della psicologica preparazione di esso contro ogni potere personale.

L’idea della dittatura del proletariato fu ripresa – attraverso il laburismo o il blanquismo – dal Comitato di salute pubblica. Ma si ebbe sempre la preoccupazione di aggiungere che si trattava di un potere impersonale, ed infatti si disse: dittatura impersonale del proletariato. La dittatura di una classe è cosa ben diversa dalla dittatura di una persona.

In Italia, purtroppo, non si trattava di difendere il paese dal nemico esterno. L’istessa nozione di «nemico esterno» era complicata e contraddittoria. Chi era il nemico esterno? Il tedesco già alleato del Governo rovesciato, o l’inglese che si disponeva ad occupare il nostro territorio? Noi, è doloroso constatarlo, eravamo forse persino costretti a considerare come un «amico interno» quello che era un nemico esterno.

In Italia non si trattava oramai di concentrare intorno ad un potere centrale la nazione per la sua difesa militare, ma di procedere alla riorganizzazione della sua vita interna. Quindi un’opera di essenza democratica, questa parola intesa nel suo significato filologico. Aprire i quadri della classe dirigente, non restringendoli a quelli dei partiti improvvisati.

La parola «fascismo», diventata ingiuriosa e denunziatrice, servì per concentrare il potere nelle mani dei gruppi dirigenti dei partiti e per escluderne coloro che non avevano accettato di subirne monopolio.

L’idea dominante del Comitato di salute pubblica spiega la politica: 1°) del rinvio delle elezioni per la Costituente al più tardi possibile; 2°) la legge elettorale, che doveva assicurare ai partiti ufficiali la maggioranza in questa Assemblea; 3°) la riduzione dei poteri di questa Assemblea al semplice ufficio di preparare una legge costituzionale, mentre il Governo era sottratto all’Assemblea e concentrato nei partiti ufficiali; 4°) una politica del Governo consistente nella soddisfazione da accordare esclusivamente ai ceti o classi che si supponeva dovevano sostenere il Governo. E di ciò varrebbe la pena di parlare più distesamente.

Ad ogni modo, per restare sul terreno puramente parlamentare, questa politica condusse ad un effetto o impreveduto dagli autori stessi, o bensì preveduto, ma destinato ad un inganno reciproco.

Tralasciando la menzione di gruppi, bensì rispettabili, ma che l’esperienza ha dimostrato trascurabili, i gruppi ammessi all’esercizio unilaterale del potere, erano tre, e tutti miranti allo stesso effetto di rimanere… uno. Che cosa hanno di comune democratici-cristiani, da una parte, e socialisti e comunisti dall’altra?

Lo so che se mi metto a dire che il fideismo cristiano e l’antimisticismo socialistico sono idee contrastanti, corro rischio di essere smentito dagli uni e dagli altri. «È la comune difesa di una classe economica che ci unisce, e non il dettaglio di una opinione filosofica» essi dicono. Non ammetto nessuna di queste idee: la classe economica comune da patrocinare è una classe differenziata sino all’ultimo punto, e le idee filosofiche delle quali si parla sono il senso della vita delle singole parti. Come si conciliano due orientamenti della vita così contrastanti come quello che chiede la perfezione all’al di là e quello che chiede un al di là quaggiù?

Ma si può scendere a terra.

Le parti coalizzate erano parti coalizzate per il Governo, e non per un’opera sociale comune (salvo, forse, quella immediata); esse miravano chi alla Città del Vaticano, chi a Mosca, chi a Londra, e recentemente anche a New York. Senza immeschinire la questione sino a pretendere che si mirava soltanto ai vantaggi temporali del potere; è certo che il Comitato di salute pubblica si proponeva soltanto l’utile particolare di ciascuna delle tre parti coalizzate.

Da ciò la loro crisi permanente. La triarchia ebbe per progenitrice l’esarchia. Triarchia ed esarchia non hanno mai fatto altro che beccarsi. Le critiche personali che i capi dei sei gruppi, poi dei tre, si son rivolte reciprocamente hanno superato anche la media di una polemica politica giunta in Italia al livello del truogolo o del rigagnolo. Si può persino ammettere che i propositi delle parti contendenti fossero retti, ma le manifestazioni delle divergenze furono pietose.

Volendo essere giusti anche col diavolo, si deve ammettere che tutto questo fu la conseguenza di una lega assurda fra elementi incompatibili, tenuti insieme dall’artificiale pretesto della difesa del nuovo Stato italiano di fronte al passato prossimo del fascismo, in realtà dalla illusione che ognuna delle parti potesse ricavare un vantaggio dallo stare insieme. Che poi si sia decaduti nella omertà, il passo era breve.

È lecito parlare apertamente, senza essere tacciati di fini obliqui, come di chi sia un reazionario in agguato, o un neo-fascista dissimulato, un vero e proprio marrano o un criptofascista? Ad ogni modo è un diritto che mi prendo e che la lealtà del Presidente vorrà garantirmi.

Anzi tutto eliminiamo questa idea della reazione in agguato, anzi della destra che vuol rinascere. Questa differenza di destra o sinistra io non la capisco più. Anzi, volete che io vi dica una cosa? Se oggi ci sono, non dei reazionari, non degli induriti conservatori, ma semplicemente dei moderati o dei gradualisti, siete stati proprio voi a dare a certi elementi della vita italiana questa idea, ed a sistemare le loro teorie, alle quali essi non pensavano punto. Il nemico è sempre il nostro maestro.

Il luglio del 1943 è stato veramente uria rivoluzione, e come deve essere veramente una rivoluzione, essa cominciò dagli spiriti. La scossa fu tremenda. Credo che con l’unica eccezione degli antichi gaudenti e profittatori dei fascismo, tutti si accorsero della manifesta fallacia del fascismo. Il fascismo era la guerra, ma cosa più terribile, esso era la guerra perduta. E sia detto di passaggio: questa fu la vera colpa di Mussolini, di aver messo mano non tanto ad una guerra – perché la guerra è il destino cosmico dell’umanità – ma ad una guerra perduta in partenza, come è perduta in precedenza ogni guerra ideologica, cioè non risultante da una necessità nazionale, e che perciò non può affrontarsi senza un pieno combaciamento dell’ideologia astratta e dei sentimenti del popolo, mentre il popolo italiano, nella sua quasi totalità, era contrario all’ideologia di quella guerra. La caduta del fascismo significò del pari la caduta della monarchia e dei privilegi locali ed economici. Essa – liberando il terreno da tutte le istituzioni tradizionali o recentemente introdotte dal fascismo – aprì per l’Italia l’èra socialista, come avvenimenti analoghi l’hanno preparata ed iniziata altrove. Peraltro, dirò di passaggio, il socialismo aveva proprio per nemici i socialisti tradizionali.

Codesto socialismo non rassomigliava affatto a quello preveduto nella sua realizzazione dai «maestri». Del resto non ci sono «maestri» nelle scienze sociali. Nelle matematiche, nella fisica è differente; ed anche nelle scienze naturali, ma nelle scienze sociali le cose vanno in altro modo: si è sempre parte. Pigliate in mano un libro di disciplina storica o economica, e voi subodorerete sempre un rivoluzionario o un conservatore. I «maestri» del socialismo non parlarono mai per illustrare la verità, ma per servire le proprie tendenze. Il crescere indefinito della ricchezza, preveduto dal Marx, per esempio, non è più cosa da prendere sul serio. (Commenti – Approvazioni).

La caduta del fascismo era inevitabilmente l’avvento del socialismo. Lo provo: gli stessi democratici-cristiani, fattisi, da confessionalisti, socialisti.

Credo che ad un dipresso tutte le classi storiche del paese lo compresero. Chi non lo comprese fu – non il socialismo della parte – ma i gruppi dirigenti di esso. Del resto i veri nemici del progresso storico sono appunto le cricche dominanti delle parti. (Applausi).

Due tesi che gli avvenimenti suggerivano: favorire le esperienze immediate delle classi lavoratrici (consigli di fabbrica, consigli di gestione, cooperative socialiste, ecc.) e mettersi nelle vie della esperienza socialista. Confesso che la cosa era difficile. Non sempre gli uomini sono eguali alle circostanze, come non sempre le circostanze sono eguali agli uomini. La farsa umana è tutta in questo contrasto. Tempi possibili ed uomini impossibili, tempi impossibili e uomini possibilissimi; e si può dimostrarlo con la storia del socialismo, che non va esposta qui.

Come fu inteso il socialismo italiano? Uno spoglio dei ricchi, elemosine per i poveri: questa fu la sua pratica concreta. Non un tentativo di organizzazione industriale nel senso del socialismo fu tentato: aumenti dei salari nominali, depauperamento dell’impresa privata. Così si inaugurava soltanto il socialismo della mendicità. Ed il suo effetto fu: l’aumento della disoccupazione.

La politica del Governo, se non creò, favorì largamente l’effetto dell’aumento dei prezzi, della disoccupazione e della miseria. Le mie «avverate» previsioni all’epoca del prestito furono appunto che il prestito avrebbe accresciuta l’inflazione monetaria e fatta aumentare la disoccupazione (Commenti – Approvazioni).

Perché? Perché si fece la politica della parte al posto della politica nazionale. Politica nazionale e politica socialista possono coincidere. Però il socialismo deve essere il socialismo del proprio paese, e non quello dello straniero. Non crediate che io accetti una facile calunnia. Non ho però aspirazioni personali. Ma si può amare nella più perfetta buona fede il modello russo. Esso è inapplicabile nel nostro paese, a causa delle tradizioni, liberali le nostre, dispotiche le altre; a causa delle condizioni, di un paese ricco e disordinato quello, d’un paese povero e spontaneamente parsimonioso il nostro.

Ma è un errore supporre che il socialismo si faccia distruggendo una classe e mettendone su un’altra. Ogni società di classe è una società antisocialista. II socialismo è aclassista, vuole la soppressione delle classi. Quando è di una classe è necessariamente autoritario. Ma è così facile confondere statalismo e socialismo! Ogni socialismo statalista è un socialismo burocratico e poliziesco. Essi sono fondati sul lavoro improduttivo, e, perciò, sullo sperpero. La società socialista è una società produttivista.

In Italia era possibile avviare un’economia socialista, pigliando per punto di partenza la cooperazione, e ce ne era la predisposizione nel lassallismo. L’assistenza statale alla cooperazione è su di una strada diversa dal burocratismo e dall’autoritarismo. Nulla di tutto questo si è poi fatto.

Il triennio che va dal 1943 al 1946 ha visto la dissoluzione irreparabile della vecchia Italia agraria, padronale e protezionista plutocratica. Dire che c’è una reazione in agguato è negare la realtà della rivoluzione avvenuta in Italia. Essa però è stata il pretesto per non far nulla e per consolidare un’egemonia delle parti politiche; anzi per creare l’officialismo delle parti politiche.

Praticamente parlando, la rivoluzione antifascista è andata a finire nella disgregazione dell’economia italiana, di cui è un indice la crescente disoccupazione, e nella consolidazione della oligarchia delle parti politiche.

E passiamo alla politica estera.

È certo che i Governi formatisi dopo il luglio del 1943 non hanno fatto nulla per intraprenderne una.

Non è una giustificazione che la situazione non lo consentiva. Anche in regime di occupazione militare straniera una politica estera è possibile. La questione è di sapersi nettamente orientare. Questa politica impone, come tutte le politiche estere, un duplice atteggiamento: nelle condizioni presenti, nelle speranze future.

Una politica estera attualista è tutta volta alla soluzione delle difficoltà immediate. Esse sono: la pace e la cessazione della occupazione militare straniera. Confesso che il Trattato di pace m’interessa poco. Tutto al più può interessarmi come un problema di storia politica. Nel «Salvate l’Italia» previdi perfettamente come le cose sarebbero andate a finire. Il delitto storico di Mussolini e di Hitler fu di non prevedere che essi offrivano, ad un nemico deciso a cercarle, le occasioni che esso desiderava.

Tutta la storia d’Italia è determinata dalla situazione geografica del Paese, estrema parte di un’Europa centrale perpendicolare. Fino al XVII secolo, le sue parti settentrionali sono il campo di battaglia delle rivalità austro-francesi; a partire dalle guerre della rivoluzione francese e di Napoleone è il punto nevralgico della solidità dell’Impero britannico, o anche, se vi piace, la cerniera di esso.

L’adesione dell’Italia all’alleanza dei due Imperi, che poi fu chiamata la Triplice alleanza, fu più un desiderio britannico congiunto ad un interesse dinastico sabaudo, che una spinta italiana. E noi fummo anti-francesi per una suggestione britannica, poscia confluenti con la Francia, dopo che per la Gran Bretagna era apparso il pericolo navale germanico.

Presa dalla Gran Bretagna la decisione di eliminare per sempre il pericolo germanico, le sorti della parte meridionale dell’Europa centrale (in ordine perpendicolare) erano decise. È chiaro che ormai la nostra sorte è decisa, decisa almeno per i prossimi vent’anni.

La vecchia tesi inglese che l’Italia possa diventare un collaboratore dell’Inghilterra nel Mediterraneo: la tesi che portò ad una offerta di collaborazione nelle cose dell’Egitto, è per sempre scartata. Potrei dire «per ora»; ma gl’inglesi sono lenti e duri, e poi ormai è apparsa – sì, nel disastro – anche una volontà di indipendenza dell’Italia.

La nostra politica estera immediata è in funzione della nostra politica interna. Così si sono rovesciati i termini tradizionali di ogni politica estera: la politica interna in funzione della politica estera.

Oggi per noi non esiste la questione del Trattato di pace. Data la volontà degli alleati di farci ritornare al XVI secolo, e quindi di distruggere la nostra capacità di lavoro internazionale, non è più il caso di discutere questa o quella clausola del Trattato di pace.

Noi possiamo accettar tutto, purché ci restituiscano la nostra indipendenza su quella parte del territorio che ci hanno lasciata e ci permettano di ricostituire la nostra vita interna.

Non credo che ci sia stato un tentativo di politica estera italiana in questo triennio; e riconduco l’assenza alle condizioni di predominio delle parti politiche. Prima di tutto si è fatta della politica interna. E poi si è ceduto alla fisima di una politica estera di tradizioni internazionalistiche.

Intanto i vincitori si rifiutano di ammettere una possibilità di revisione delle loro conquiste: forse loro unico punto di convergenza e di accordo. Perché non si fece l’unità d’Italia sino dai principî del XIX secolo; perché oggi l’Italia deve essere mantenuta nella dipendenza? Fino ai principî del secolo XIX l’Italia era il campo di aggiramento reciproco della Germania e della Francia. Scartata la Germania, il suo posto è preso dalla Russia. Ad ogni modo essa è l’unico ostacolo al predominio inglese nel Mediterraneo. Si tratta di eliminare definitivamente questo ostacolo.

Ecco il vero segreto del rifiuto dei vincitori di ammettere la possibilità di una revisione del trattato imposto all’Italia.

L’Italia deve ripiegarsi su se stessa, e pensare alla propria ricostituzione interna. L’idea di rendersi estranei tanto ad un blocco occidentale, quanto a un blocco orientale, deve considerarsi soltanto come una conseguenza di questa politica. Non mi pare nemmeno che sia da prendere in considerazione il suggerimento di mostrare la propria condiscendenza verso vicini di destra o di sinistra che non inclinano verso nessuna reciprocità. La Francia non ci ama; sono quaranta anni che facciamo degli inutili sforzi per renderla nostra amica. La conformità linguistica non è conformità razziale. Essa ritorna alla nozione dell’impero coloniale, e si trova accanto all’Inghilterra nella sua politica di abbassamento dell’Italia nel Mediterraneo. Quanto alla Jugoslavia, essa eredita le posizioni austriache verso l’Italia. Il grande dissenso è l’Adriatico. L’Austria popolò di slavi l’Istria per disitalianizzarla. La Jugoslavia ne approfitta per prendersi l’Adriatico.

Quali illusioni avere? L’Italia deve pensare a sé. Se l’Italia ridiventerà una nazione forte, questi problemi – anche senza guerre – potranno risolversi; e se no, il triste destino del nostro Paese, dal XVI al XIX secolo, continuerà.

Per noi non c’è che il problema della ricostruzione interna. Tutto il resto è secondario.

Per la ricostruzione interna occorre soprattutto un Governo serio, omogeneo, intraprendente. Il Governo attuale non può aspirare a soddisfare queste esigenze.

La mia opinione è che la futura consultazione elettorale non potrà perpetuare l’attuale compagine. Io credo che i risultati del referendum permettono qualche speranza. I dieci milioni di voti per la monarchia non sono voti per la triarchia. Il problema istituzionale è sciolto. Le illusioni di qualche ritardatario gruppo monarchico sono fantastiche. Ma se voi lo ricordate, io non credo più alla esistenza di reazionari nel nostro Paese. Credo che il dilemma sia: inettitudine triarchica e iniziativa popolare. L’iniziativa popolare può venire dai dieci milioni di voti che, votando contro l’esarchia, preparano un governo migliore.

La mia idea è che voi non potete fare nulla d’efficace. Il miscuglio della vostra composizione lo esclude. Confido in un’Italia che cominci dalle prossime elezioni. (Applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Perrone-Capano. Ne ha facoltà.

PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, conto di restare strettamente all’argomento: «Comunicazioni del Governo» e, forse, vi stupirà quello che sto per dirvi.

Mi propongo di esaltare – allegro, ma non troppo – l’opera di Fausto Gullo, di criticare l’opera dell’onorevole De Gasperi e dell’onorevole Segni.

Vi farò grazia di un discorso sulla firma del Trattato, e sul modo onde è stata impostata e poi risolta la crisi ministeriale.

La firma che disonora e degrada di fronte alla storia non è, a mio avviso, quella del vinto che, inerme e con la coscienza a posto, deve subire il dettato; ma è quella che al dettato appone il vincitore, il quale, abusando della sua forza, abusando delle sue possibilità, viene meno alla sua parola e offende, prima che il popolo italiano, l’Europa e la democrazia con una pace che è ingiusta quanto sciocca.

Della crisi vorrei dire una sola cosa: che essa ha avuto anche un altro benefico effetto, oltre quello indicato l’altro ieri in quest’aula dall’onorevole Corbino: ha provocato, cioè, questa discussione.

Onorevoli colleghi, il patto tra Governo e popolo, che fu sancito dalla legge 16 marzo 1945 e poi dal voto del 2 giugno, attribuiva a questa Assemblea Costituente, accanto al compito di stendere la Costituzione del nuovo Stato italiano e di approvare i trattati e le leggi elettorali, il compito che, sino ad oggi, l’Assemblea non ancora ha iniziato, cioè una funzione strettamente e squisitamente politica che l’Assemblea ha cercato in tutti i modi di esercitare e che, viceversa, le è stata, si può dire costantemente, inibita. Onde appunto dobbiamo ringraziare la crisi, se possiamo finalmente in un certo qual modo esercitarla.

Noi abbiamo cercato – deputati di tutti i settori e gruppi di deputati – di investire l’opera del Governo con le nostre interpellanze volte a considerare, a criticare aspetti molteplici e, molte volte, notevoli dell’azione governativa. Abbiamo visto le nostre interpellanze quasi costantemente muffire o sugli scrittoi dei Ministri o tra la polvere degli archivi. E, questo sia consentito dirlo; e chi lo dice crede di interpretare un sentimento, un’idea comune a tutti i banchi di questa Assemblea: non è un contributo dato all’attuazione della democrazia, un contributo, onorevole De Gasperi, a quella educazione democratica che al Paese deve esser data sotto la guida e, vorrei aggiungere, la responsabilità del Governo. Perché è impossibile negare che anche una Assemblea Costituente deve essere guidata dal Governo. Il Governo è costantemente fuggito di fronte alle nostre richieste: è parso che non avesse voluto sentir parlare, ad esempio, delle inchieste sui fatti del Viminale o sui fatti d’Emilia, né dei Consorzi agrari e del modo onde tecnicamente, ad esempio, deve essere disciplinato il fenomeno dell’assorbimento della disoccupazione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non siamo fuggiti. Abbiamo agito, e non abbiamo parlato.

PERRONE CAPANO. Dei fatti diremo dopo. Ma ella non ha, signor Presidente, accordato all’Assemblea, opposizione e maggioranza, quella soddisfazione che l’Assemblea aveva il diritto di avere, perché, quando l’Assemblea poneva, come tante volte ha posto, queste questioni sul terreno, aveva diritto di ottenere una risposta, aveva diritto di affrontare su ciascuno di questi argomenti una pubblica discussione.

DE GASPERI Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma lei non è l’Assemblea!

PERRONE CAPANO. L’Assemblea è rimasta completamente chiusa. Anche questa nostra discussione solo oggi sembra che si avvii veramente ad essere una discussione, mentre nei giorni passati è trascorsa di rinvio in rinvio. Noi diciamo, onorevole De Gasperi, che l’insegnamento di Cavour non deve essere dimenticato. Il Governo si deve e si può sentire tanto più forte, quanto più a lungo è aperta la Camera.

Benvenuto, sia detto dunque a questa discussione, nel corso della quale mi auguro che siano portati al vaglio della critica argomenti concreti.

Ho detto che avrei voluto esaltare l’opera dell’onorevole Gullo, criticare quella dei suoi successori. Non sembri questa una battuta di spirito. Vuole essere, fino ad un certo punto, una sincera constatazione.

Voglio dunque alludere al settore dell’azione politica del Governo nel campo dell’agricoltura. È un campo di importanza fondamentale nella vita del Paese; un campo nel quale, potrei osare di affermare che andrebbe capovolta la proposizione tante volte enunciata dall’onorevole Nenni: technique, non politique d’abord! Si guardi, per esempio, al settore dei Consorzi agrari. Non si preoccupi il mio amico onorevole Pastore. Non intendo dire che nella famiglia consortile debba essere inibito l’ingresso al lavoratore. Al contrario. Io, infatti, sono perfettamente d’accordo con quella parte della Camera nel ritenere che i Consorzi agrari devono essere restituiti agli agricoltori. E, quando si dice agricoltori, si dice innanzitutto lavoratori della terra, perché i lavoratori della terra sono, senza dubbio, parte integrante della famiglia degli agricoltori. Ma quello che io deploro, ed in questa deplorazione ritengo che dovremmo essere tutti d’accordo, è che si continua a tenere in sofferenza l’attesa, l’annunciata, riforma della legge regolatrice dei Consorzi agrari, e si continua a mantenere la quasi totalità dei Consorzi stessi sotto il regime commissariale, affidato ieri ad uomini di parte comunista, oggi in maggioranza ad uomini di parte democristiana. (Commenti).

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e foreste. Non è vero.

PERRONE CAPANO. È verissimo. E potrei fare i nomi. Incominciamo, per esempio, dal Consorzio agrario di Bari. (Interruzioni a sinistra).

PRESIDENTE. Non interrompano!

PERRONE CAPANO. Dalla lettura dei giornali che si occupano di agricoltura vedo che questa lamentela parte anche da altre parti d’Italia. Ad ogni modo, onorevoli colleghi, lasciamo i casi particolari e guardiamo il problema nel suo complesso.

Darò conto frase per frase, fatto per fatto, di tutto ciò che verrò affermando. Ma lasciatemi dire. Non ho detto che i commissari sono dei disonesti. Dico che sono commissari, mentre sarebbe necessario, una buona volta, che non i commissari reggessero i Consorzi, ma delle regolari amministrazioni nominate dai Consorzi stessi. Dico che, per effetto delle amministrazioni commissariali, si verifica che i commissari, per essere in generale degli elementi politici, si occupano di politica e non si occupano dei Consorzi. Ed allora accade quanto, ad esempio, è accaduto nell’ambito del Consorzio agrario provinciale di Bari, dove di fatti, per dirne alcune, in questo momento si celebra un gravissimo dibattito in Corte di assise per malversazioni in danno del patrimonio consortile; dove, a Canosa, è accaduto che, recatasi una Commissione ad ispezionare i depositi dell’olio di quel Consorzio agrario comunale, in uno ne ha trovato 200 quintali di meno e in un altro ha trovato 150 quintali di acqua invece di olio, e dove è accaduto ancora che un cassiere ha potuto prendere il volo con dodici milioni in tasca! Ora, noi non diciamo che questo è dipeso dalla complicità di Tizio o Caio, ma diciamo che i Consorzi agrari hanno bisogno una buona volta di uscire dal regime eccezionale per rientrare nel regime ordinario.

Regolamento tecnico della disoccupazione.

La disoccupazione, di cui si è parlato fino ad oggi, è stata sempre e soltanto la disoccupazione industriale, al riguardo della quale lo Stato è intervenuto soccorrendo gli industriali. Occupiamoci invece, una buona volta, della disoccupazione nel campo agricolo, ove essa non è meno gravosa e deleteria.

Ora sta di fatto che in questo campo non si possono, in sostanza, fare rimproveri né ai lavoratori né agli agricoltori, ma se ne devono fare allo Stato. I lavoratori hanno ragione, perché chi ha fame ha diritto ad avere lavoro e pane. Gli agricoltori hanno ragione, e sono venuti incontro ai lavoratori attuando un po’ in tutte le provincie degli accordi sindacali, consacrati da altrettanti decreti prefettizi, che hanno dato luogo a quella che si suole chiamare l’imposizione obbligatoria della mano d’opera.

Ma non basta questa buona volontà degli uni e degli altri. Quando, onorevoli colleghi, si addiviene alla stipulazione di questi accordi, in sostanza si consacrano due principî egualmente esatti: il primo è che il lavoratore veramente disoccupato ha il diritto di essere occupato; il secondo è che ogni azienda agricola ha il dovere di assorbire tanta mano d’opera fin quanto è capace di assorbirne, e non oltre. E quando appunto si dice «quanta è capace di assorbirne», si allude evidentemente al massimo della sua capacità. Ma a questo punto, perché si evitino inconvenienti spiacevoli, i quali tornano a danno, non soltanto delle aziende agricole, ma della produzione, del mantenimento dell’ordine pubblico, della tranquillità cittadina e quindi in definitiva degli stessi lavoratori, occorrono due cose e queste due cose sono a carico dello Stato. Lo Stato, fino adesso, non ha mostrato di aver compiuto con piena intelligenza questo suo duplice dovere, giacché, mentre ha fatto qualche cosa con il decreto 1° luglio 1946, che tende ad aiutare gli agricoltori i quali si accingano ad opere straordinarie, nei loro terreni, al fine di determinare un maggiore assorbimento di lavoratori, mentre ha teso la mano ai disoccupati, elargendo dei sussidi, i quali sussidi, in definitiva, costituiscono una causa di moltiplicazione e di mortificazione dei disoccupati stessi, non ha pensato e sembra che non intenda pensare, ma deve pensarci, a garantire che la selezione della disoccupazione avvenga in maniera che sia dato definitivamente il bando a quel fenomeno della inflazione della disoccupazione, di cui si sono dati carico tante volte onestamente gli stessi autorevoli rappresentanti della classe lavoratrice; e perché le aliquote di disoccupati, risultanti in eccedenza sulle quantità assorbibili in ogni zona cruciale da parte dello aziende agricole, trovino lavoro presso lo Stato stesso, cioè a dire in opere pubbliche preparate, progettate, disposte in tempo. Questo è fondamentale, onorevoli colleghi, perché non è scritto in nessun libro, che, dispostasi l’imposizione obbligatoria della mano d’opera, la capacità di assorbimento delle singole zone sia tale da poter dare lavoro a tutte le maestranze locali. Le maestranze locali possono eccedere questa capacità di assorbimento ed alle quote che eccedono non si può rispondere dicendo di mangiare domani, né si può pretendere che esse siano addebitate alle stesse aziende, che abbiano già avuto le precedenti assegnazioni, perché in questo modo si attenterebbe alla base stessa della produzione, si determinerebbero maggiori costi di produzione, e quindi il danno delle classi lavoratrici.

Ed è così che si spiegano quegli incidenti, quelle manifestazioni che tante volte la stampa ha narrato e che con vivo senso di raccapriccio tutti quanti noi abbiamo appreso. Allora si suole dare dagli uni il crucifige ai lavoratori, come colpevoli, o agli agricoltori, come se essi fossero tetragoni ai loro doveri. La verità invece è che la colpa non è né degli uni né degli altri, ma risale a chi, pur dovendolo, non ha saputo disciplinare il fenomeno del collocamento dei disoccupati; giacché i tumulti sono opera delle quote di lavoratori rimasti in eccedenza, le quali non possono non protestare. Ed è noto che quando taluno protesta, e legittimamente protesta per l’affermazione e per il riconoscimento di un suo diritto sacrosanto, accade, e tutti noi ne siamo esperti, che agenti provocatori, elementi torbidi si mescolano alle agitazioni e alle manifestazioni con le conseguenze che sono note e che io ho or ora deprecate e ne derivano speculazioni politiche e confusione sociale.

Quindi è necessario che lo Stato consideri il problema della disoccupazione, non solo nel quadro dell’incremento dell’iniziativa privata, trionfando la quale e dandosi progresso e sviluppo alla produzione sarà il medicamento sovrano, ma facendo sì che, in corso di applicazione delle panacee, dei rimedî, cioè, diretti a curare le manifestazioni, le conseguenze del male, queste cure, queste panacee abbiano luogo in maniera organica e preventiva.

Terre incolte ed occupazioni di terreni. Ecco il primo punto dove il contrasto fra la legislazione Segni e la legislazione Gullo appare in tutta la sua evidenza, e dobbiamo riconoscere che l’onorevole Gullo, forse perché a parte il rimprovero che tempo fa poté muovergli il suo compagno Pertini – è uomo di legge. (Commenti – Interruzioni al centro).

Se anche l’onorevole Segni proviene dalla stessa categoria, sono ben lieto di dargliene atto, ma devo ritenere che, di fronte ai canoni che presiedono alla formulazione delle leggi, che sono cioè la chiarezza e la delimitazione dell’oggetto di fronte al quale le norme giuridiche devono avere esecuzione, è stato più in linea l’onorevole Gullo che non l’onorevole Segni. Absit injuria verbis. Sono i documenti che parlano. E sono ben lieto di poter ricorrere, da avvocato, alle testimonianze e ai titoli che mi vengono proprio dalla parte opposta.

Perché, vedete, io trovo che la legge 19 ottobre 1944, quando dettava che oggetto di assegnazione alle cooperative dovessero essere i terreni non coltivati o insufficientemente coltivati, in relazione alle loro qualità, alle condizioni agricole del luogo, e alle esigenze colturali dell’azienda, delimitava, con chiarezza e precisione maggiori di quanto non siano usate nel successivo decreto Segni, la sfera di applicazione del decreto stesso. Il decreto Segni, infatti, ha parlato invece di terreni incolti o insufficientemente coltivati, tali da poter essere suscettibili di un metodo di coltura più intensivo in relazione alle necessità della produzione agricola nazionale, con una dizione, dunque, equivoca e troppo lata.

Ora, sia bene inteso, non si tratta di attentare ai principî informatori di questi due decreti. I principî noi li accettiamo pienamente. Sono principî profondamente liberali, perché non può esservi liberale che non combatta la proprietà assenteistica, che non riconosca la necessità che la terra sia resa il più possibile produttiva e che al fenomeno della produzione siano chiamati a partecipare in prima linea i contadini, i quali sono coloro che indiscutibilmente, in ordine logico e morale, costituiscono il numero uno nella famiglia agricola.

Si tratta soltanto di criticare la dizione tecnica del decreto per le conseguenze che l’errata dizione determina.

Certo è che, mentre il decreto Gullo non dette luogo ad inconvenienti ed abusi, il decreto Segni è stato come una maglia attraverso la quale è riuscito possibile immettere ogni sorta di incongruenze e di abusi.

I fatti parlano; i fatti che sono stati denunciati con ripetute interpellanze da diversi settori di questa Assemblea al Governo; i fatti di cui sono piene le gazzette, e che tutti segnalano. Perché non è una menzogna, per esempio, che in provincia di Caltanissetta un prefetto, richiesto di assegnare ad una cooperativa settanta ettari di terreno in una tenuta che ne contava 750 (e questi 750 erano perfettamente in regola sotto l’aspetto della coltivazione e della produttività), avendo avuto parere negativo dal consulente tecnico richiesto di esporre la sua opinione in merito alla domanda avanzata dalla cooperativa, non potendo accordare i 70 ettari, ha concesso l’intera tenuta di 750 ettari. (Commenti).

Una voce. Allora è il prefetto che ha sbagliato.

PERRONE CAPANO. Non avrebbe potuto sbagliare, se la legge fosse stata concepita in termini diversi. Il prefetto, in tanto ha sbagliato, in quanto la legge, con la sua dizione elastica, troppo elastica, gli permetteva di fare entrare dalla finestra quello che non poteva entrare dalla porta. A Grosseto sono stati concessi a pseudocooperative di contadini terreni che erano in regolare possesso di mezzadri; e questi hanno fatto ricorso alle autorità contro il provvedimento.

Ad Agrigento si sono avuti episodi ancora più spiacevoli. Si è verificato, ad esempio, il caso d’un provvedimento che doveva essere dato in contradittorio in un determinato giorno e che, viceversa, è stato dato in anticipo di parecchi giorni per mettere la parte interessata, che aveva dalla sua la ragione, di fronte al fatto compiuto.

In Calabria si è verificata una serie di occupazioni di terreni da parte di cooperative.

Una voce a sinistra. Citi i nomi, quando parla della Calabria.

PERRONE CAPANO. Voi li conoscete molto bene i nomi, anche qui dentro.

Ogni sorta di accuse è venuta in seguito alla emanazione di questa legge, la quale non ha saputo segnare confini chiari e limpidi alla sua applicazione; sino al caso classico di Matera.

Lì, come sapete, il prefetto, invocando il famoso articolo 19 della legge comunale e provinciale (in merito alla interpretazione del quale ci si dovrebbe una buona volta mettere d’accordo, perché non se ne faccia uso ed abuso), ha ritenuto di potere staccare sistematicamente da ogni azienda, che eccedesse i 40 ettari di terreno, una quota proporzionale e progressiva, determinando, naturalmente, le proteste di quella popolazione. C’è stato il ricorso al Consiglio di Stato e questo ha annullato il decreto.

Ora non è evidentemente in questo modo, onorevoli colleghi, che si può e si deve attendere all’applicazione d’un saggio principio, il quale ha, indiscutibilmente, un altissimo contenuto etico, economico e sociale e che non deve essere, appunto per questo suo contenuto, strumento di violenza e di abusi, sovrattutto di abusi, e di abusi talvolta deplorevoli, e tanto maggiormente, in quanto essi hanno rivelato apertamente il proposito speculativo.

Perché, onorevoli colleghi, non è stato soltanto il prefetto, che si è rivelato debole e che ha abusato della larghezza della legge, per farvi rientrare quello che non poteva entrarvi, ma sono state d’accordo le cooperative, che, tante volte, sono sorte col nome di cooperative di reduci o di combattenti e nel loro seno, invece di contadini, contenevano, sì, reduci e combattenti, ma reduci maestri elementari, combattenti farmacisti! E queste cooperative, una volta avuta l’assegnazione del terreno, hanno finito spesso col retrocederlo, a titolo di affitto, allo stesso proprietario!

Un terreno pascolativo, assegnato per la trasformazione in seminativo, veniva nel Lazio affittato a pastori.

Questi sono fatti documentati e documentabili, contro i quali tutti quanti dobbiamo concordamente reagire, perché a tutti deve premere che, viceversa, il decreto serva ai fini, per i quali è stato dettato. E perché serva a questi fini, il da fare non è poi tanto arduo e non deve essere ispirato a criteri reazionari o a criteri riprovevoli. Basta, ad esempio, che si ritorni alla dizione più chiara della legge Gullo 19 ottobre 1944; basta che si chiarisca ai prefetti che l’articolo 19 della legge comunale e provinciale non è la boîte à surprise, il dato del quale il prefetto si possa servire per mettere fondo a tutte le leggi patrie e passare al di sopra delle leggi stesse, ma è la facoltà di agire con la massima libertà entro l’orbita dei poteri che al prefetto stesso vengono dalla legge comunale e provinciale, di cui l’articolo 19 fa parte. Basterà che si riconosca, anche nel campo dell’assegnazione delle terre incolte, il diritto di appello dal provvedimento di primo grado; in quanto oggi si verifica la strana situazione per cui, mentre il reclamo è consentito, nel caso di rigetto della domanda, attraverso l’azione dell’Ispettorato compartimentale dell’agricoltura, mentre il reclamo è consentito altresì avverso il provvedimento che per avventura revochi l’assegnazione della terra – e tutto questo non si può dire malfatto… (Interruzioni a sinistra) giacché il doppio grado di giurisdizione è sempre una garanzia di giustizia – viceversa l’appello, il ricorso non è consentito nel caso in cui l’assegnazione sia accolta! (Commenti a sinistra).

Ma perché vi dispiacete, se in definitiva io non faccio che richiamare le norme che sono venute proprio da voi, dai vostri uomini, i principî da voi enunciati, e che sono in questo caso anche i nostri? Io mi richiamo alle norme dettate legislativamente dai vostri esponenti, e dico che il doppio grado di giurisdizione è un diritto che deve essere riconosciuto a tutti, e non riconosciuto agli uni e negato agli altri.

E infine mi appello ancora una volta ad un altro vostro autorevole esponente, perché noi siamo i primi a riconoscere, quando i vostri autorevoli esponenti fanno bene, che essi obbediscono a dettati di ragione e di logica: mi appello a quanto è stato fatto dall’onorevole Romita nel campo di applicazione delle cooperative nel settore dei lavori pubblici. È necessario richiedere dalle cooperative assegnatarie dei terreni le stesse garanzie di tecnica, di capacità, di organizzazione, di attitudine a finanziare le opere, che sono state richieste per le cooperative che concorrono per l’assegnazione dei lavori pubblici.

E quando parlo di Gullo o di Romita, parlo, tra l’altro, di due immobili per destinazione (Commenti), perché essi sono infatti immobili per destinazione al Governo dell’esarchia prima, della triarchia dopo.

Ultimo argomento. (Rumori al centro).

Vi dà fastidio la critica? No? E allora noi dobbiamo in questo essere d’accordo – penso – con l’onorevole Conti, il quale appunto ieri diceva: «Parole poche, ma critica, ma opposizione – purché non sia sistematica, ma ragionata – sì». E del resto, se non vi fosse un’opposizione, se non vi fosse una critica, l’unanimità dei consensi sarebbe veramente avvilente.

Mezzadrie e compartecipazioni. Anche qui bisogna riconoscere che, per lo meno sotto l’aspetto dell’astuzia elettoralistica, il comunista è stato più abile del democratico cristiano.

Perché anche qui assistiamo a questa situazione: che, mentre di fronte alle sperequazioni determinate dalla guerra nell’economia dei contratti di mezzadria e di compartecipazione, l’onorevole Gullo dette, con altro decreto del 19 ottobre 1944, una disposizione elastica, la quale permetteva, nei singoli casi, di adeguare il compenso all’indole e all’entità dei danni e alla diminuzione di produzione, quando essi vi fossero stati, il cosiddetto giudizio dell’onorevole De Gasperi non ha fatto altrettanto, perché ha avuto il torto di porre su una stessa piattaforma automaticamente i casi di danno in dipendenza del conflitto con i casi in cui, al contrario, non un danno, ma un vantaggio vi era stato, perché non si può negare che, dove la guerra sia realmente passata ed abbia operato le sue distruzioni, ivi sia stato un danno, ivi siasi verificata una diminuzione di produzione, ivi ricorra un titolo di risarcimento; dove viceversa la guerra non sia passata e l’agricoltura abbia potuto ugualmente esplicare la sua mansione, ivi quegli, che ha avuto la fortuna di rimanere attaccato alla terra e di goderne i frutti, dei vantaggi ha riportato e non dei danni dalla guerra. Ebbene, il giudizio dell’onorevole De Gasperi – non vorrei che tutto il giudizio dell’onorevole De Gasperi rimanesse condensato lì – ha fatto piazza pulita, ha posto sullo stesso piano un caso e l’altro!

Una voce a sinistra. Ha fatto bene.

PERRONE CAPANO. Ed oggi si afferma di volere l’estensione, dalle Alpi al Lilibeo, di quei criteri di cui ho parlato e di volerli applicare nel settore delle compartecipazioni. Ora siamo ancora al punto di partenza, dove eravamo a proposito del problema che abbiamo considerato prima: nessuna reiezione, accoglimento integrale, anzi, del principio informatore che bisogna venire incontro al mezzadro, come al compartecipante, perché l’uno e l’altro sono, in linea astratta, da segnare all’ordine del giorno della nazione come benemeriti della produzione nazionale e quindi di quel campo dal quale la vita del Paese ha potuto trarre alimento. Ma un altro concetto occorre fissare e, al riguardo di esso, bisogna avere l’onestà di parlarsi con chiarezza: si intende mantenere in vita il contratto di mezzadria? Si intende mantenere in vita il contratto di compartecipazione? O si intende attentare alla esistenza di essi, e quindi, in definitiva, travolgerli? Se si intende travolgerli, che questo avvenga e avvenga con chiarezza, senza determinare tutti fenomeni e tutti gli episodi che sono passati dinanzi agli occhi attoniti del Paese e passano tuttora: alludo ai dolorosi episodi delle campagne emiliane e toscane, di cui sono piene tutte le nostre gazzette. È superfluo attardarsi a sequestrare o sopprimere agricoltori ed a creare consigli di fattorie, di aziende o di cascine; è meglio dire chiaro e tondo che la mezzadria e la compartecipazione hanno fatto il loro tempo. Ma, se è vero, onorevoli colleghi, che la mezzadria è un contratto che ha ricevuto attraverso una esperienza secolare il collaudo e il vaglio della storia e del tempo, se è vero che la compartecipazione, pur non potendo vantare gli stessi titoli di anzianità secolare vantati dal contratto di mezzadria classica, previsto dall’articolo 2141 del Codice civile, ha prodotto anch’essa i suoi benefici effetti, specialmente nelle provincie meridionali, dove infatti, a mezzo delle compartecipazioni, il bracciantato agricolo è stato largamente ridotto ed una parte notevolissima di esso si è trasformata in una agiata piccola borghesia rurale; se dunque è vero che la mezzadria e la compartecipazione hanno questi titoli, allora riformiamole, adeguiamole ai tempi, poniamo indiscutibilmente al numero uno il diritto del mezzadro e del partecipante alla pari con gli altri diritti del lavoro, ma non facciamo tutto questo caoticamente e in maniera demagogica, facciamolo razionalmente.

Nel corso delle discussioni e dei dibattiti, che si sono svolti proprio per l’esame di questi problemi, si sono manifestati due indirizzi: quello distributivo e quello produttivo. L’indirizzo distributivo si rivela indubbiamente più demagogico; quello produttivo più aderente alle necessità dell’ora che volge, della nazione, della classe lavoratrice.

Intendo dire, onorevoli colleghi, che bisogna uscire, sì, d’accordo, dall’astrattismo delle formule rigide, dalla tirannia di certi cancelli, i quali talvolta possono rappresentare veramente delle ingiustificate barriere; ma non bisogna creare cancelli nuovi, criteri rigidi nuovi. Così, per esempio, in materia di mezzadria e di compartecipazione, non spostare il contenuto fondamentale e la base strutturale del contratto si deve, ma tenere presente, ad esempio, l’adozione del criterio della quota di conguaglio, come quella, che, adattandosi caso per caso, meglio rispetta le variabili, mutevoli condizioni degli ambienti, delle persone, delle cose.

E che cosa è la quota di conguaglio?

È precisamente il prelievo che può venire riconosciuto al mezzadro o al compartecipante in ragione della diversa produttività del terreno, e quindi della maggiore entità di sforzi che egli abbia dovuto compiere per rendere il terreno arido altamente produttivo.

Bisogna, dunque, adottare formule che non siano demagogiche, a sfondo elettoralistico, ma abbiano un concreto e profondo contenuto sociale ed economico. Bisogna avere di mira, innanzitutto e soprattutto, l’interesse della produzione, e così mettere in pratica ciò che avant’ieri diceva il Presidente del Consiglio. Bisogna – egli affermava – fare in maniera che la collaborazione organica fra capitale e lavoro si affermi sempre di più: ed il Governo si impegna di proteggerla.

Ebbene, i contratti di mezzadria e di compartecipazione segnano proprio il punto di incontro fra capitale e lavoro, la consacrazione della collaborazione sociale fra queste due forze che rappresentano le due diverse e concorrenti facce del fenomeno della produzione. Facciamo in modo che la collaborazione, e non il contrasto, trionfi e si affermi. Quando avremo fatto questo, avremo reso un servizio all’agricoltura e all’Italia.

A questo punto, onorevoli colleghi, debbo dirvi che i problemi dell’agricoltura non si debbono dissociare da quelli della politica interna, e particolarmente da quelli che riguardano il rispetto dell’ordine pubblico.

Tutta l’attività dei nostro Paese che, come ebbe esattamente a notare l’onorevole Corbino, dimostra una crescente vitalità e di essere tanto più capace e feconda quanto meno è inceppata dall’azione di un Governo in cui elementi disparati e contrari si elidano e contrastino a vicenda; tutta l’attività nazionale ha bisogno di serenità e di pace, per svolgersi in un ambiente di sicurezza e di tranquillità.

Noi non invochiamo, onorevole Nenni, il feticcio insanguinato, perché nessun feticcio insanguinato ha rappresentato mai l’elemento di una collaborazione feconda ed utile per l’avvenire delle categorie sociali che operano nell’interesse del Paese.

Noi diciamo che il Governo deve dare la sensazione di essere, esso per il primo, al servizio della legge e deve operare perché l’impero della legge in Italia, una volta per sempre, si affermi e sia rispettato.

Non vi può essere ordine senza legalità, senza rispetto della legge, e quando non v’è rispetto della legge non vi può essere libertà, e senza libertà non vi può essere giustizia.

Onorevoli colleghi, in Italia circolano ancora troppi stranieri per le vie e sono quelli che ci portano via l’olio ed il grano per restituirci armi e tritolo. Abbiamo letto persino ieri sulla stampa che automobili innocentissime in apparenza trasportavano quintali di tritolo!

Noi vogliamo che questi stranieri diano conto della loro presenza. Il Governo si è preoccupato di questo fatto, ma soltanto dopo che uno slavo ha ucciso un altro slavo. Noi diciamo che non doveva il Governo attendere che sul suolo della nostra Patria, l’Irgun Zwei Leumi venisse a compiere le sue esercitazioni terroristiche o che lo slavo cetnico venisse a massacrare lo slavo titino, per darci finalmente la soddisfazione di dire allo straniero che non ha le carte in regola: tu non hai diritto di venire a mangiare il nostro pane e a disturbare la nostra pace e devi uscire dal territorio nazionale e non avvicinarti di notte tempo alle nostre coste con velieri o con barche per portar via i prodotti alimentari necessari alla vita del nostro Paese. (Interruzioni – Commenti all’estrema sinistra).

Ma voi siete Deputati della Jugoslavia o siete Deputati italiani, siete i Deputati della Camera di Tito o i Deputati della Camera italiana? (Commenti).

Noi non possiamo ammettere che vi sia questa gente che ci derubi e che ci porti in cambio il tritolo!

Io credo di avere una dizione limpida ed una parola dall’accento potente (Si ride), se anche non armonioso. So bene che voi amate la musica monocorde. Lo spettacolo della partitocrazia trionfante che ci state offrendo è la dimostrazione migliore dell’esattezza di quello che affermo.

Io ho cominciato, mi sono poi inoltrato nel mio dire, cercando di portare il massimo rispetto a tutti i settori di questa Assemblea e di discutere delle leggi e della loro applicazione senza veleno, senza esagerazioni partigiane, ma con un solo spirito, una sola finalità: servire la verità, mettere il tecnicismo a servizio dei principî sociali. E ho detto, onorevoli colleghi, che noi accettiamo tutti i postulati, ineccepibilmente, che sono stati consacrati nelle leggi di cui abbiamo discorso, ma vogliamo che quei postulati si incornicino nel quadro della calma, della pace, della collaborazione sociale e, soprattutto, sul terreno del più completo e sicuro trionfo della democrazia.

Se ho potuto lamentare che questa Assemblea sia stata sino ad oggi chiamata poche volte ad occuparsi di quella funzione politica che non è meno aderente agli attributi suoi, di quanto lo siano la funzione costituzionale e l’obbligo di occuparsi del trattato di pace, ho potuto farlo perché, non solo il Governo ha messo le interpellanze e la funzione politica dell’Assemblea a dormire, ma perché questo hanno fatto anche – ed è doloroso constatarlo – le tre direzioni dei partiti di massa.

Ora, signori, in questo, le direzioni dei partiti di massa non si devono e non si possono sentire solidali col Governo, ma si devono sentire solidali con noi, col diritto ineccepibile di questa Assemblea. Onorevoli colleghi, è stato autorevolmente insegnato da uomini che sono in questo Parlamento e lo onorano ancora, che la democrazia cade e si corrompe quando, dimenticando il Parlamento, distribuisce onori, titoli e prebende e legifera a più non posso. L’insegnamento è di Francesco Saverio Nitti. È stato insegnato pochi giorni or sono, con l’autorità del suo nome, della sua carica, dal Capo dello Stato italiano, che non vi può essere democrazia, se non sia restituito il prestigio al Parlamento. E il prestigio al Parlamento lo potremo restituire noi, soltanto noi (Commenti a sinistra); dico tutti noi, se ci sentiremo veramente gli apostoli di questa idea democratica e degni di sedere in quest’aula. Tutti, ma noi dell’opposizione non meno di voi. E l’opposizione, onorevoli colleghi, farà onore a voi e dimostrerà il vostro sincero spirito democratico, quanto più voi le lascerete libertà di parola, tolleranza di opinioni e rispetto delle affermazioni sue. Il Parlamento in Italia deve ritornare in auge come ai tempi nei quali a quel banco (Accenna al banco del Governo) un uomo, che si chiamava Giovanni Giolitti, non soleva alzarsi e andarsene quando parlavano oratori, sia pur modestissimi, dell’opposizione. Vi sedevano, i Ministri, inchiodati con i gomiti sul banco, la testa appoggiata sulle mani per ascoltare. Perché anche le parole dell’ultimo gregario dell’ultimo partito – ed io sono il modesto rappresentante di un partito illustre – può essere il portatore di un briciolo di luce e di verità. (Applausi a destra – Commenti).

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato a domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se non ritenganecessario, per elementare dovere di giustizia e di somiglianza di trattamento con altre classi di lavoratori, per i quali esiste il blocco dei licenziamenti, di sospendere di urgenza il provvedimento di congedo dei sottufficiali e dei militari di finanza, richiamati o trattenuti alle armi per il periodo bellico. Si fa notare che con il Diktat il Corpo delle guardie di finanza deve diventare un Corpo civile per cui potrà adottarsi lo stesso provvedimento elaborato dal Ministero dell’interno per la pubblica sicurezza, evitando a migliaia di padri di famiglia di essere condannati alla disoccupazione ed alla fame.

«Mazza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere: se non ritenga opportuno ed urgente che la linea Bologna-Lecce per la sua importanza, e la grande affluenza di viaggiatori, sia migliorata adeguatamente con treni meglio rispondenti alle esigenze del traffico esistente.

«Se, perdurando l’impossibilità del sollecito ripristino della tratta Pescara-Roma, non debba considerarsi indispensabile concedere ai viaggiatori dell’Abruzzo un collegamento più sollecito con Ancona a mezzo treni coincidenti con quelli in partenza da Ancona per Roma e viceversa, istituendo almeno due vetture Roma-Pescara.

«Cotellessa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, e i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intendano adottare nei confronti del professore Livio Tanfani, preside dell’Istituto «Dante Alighieri» di Roma, qualora risultassero veri i fatti riferiti dal giornale La Repubblica d’Italia.

«Detto giornale nel suo numero dell’11 febbraio 1947, ha scritto: «… Il professore Livio Tanfani, preside del suddetto Istituto, ha fatto riunire tutti gli alunni, propinando loro una melodrammatica concione nazionalistica, al termine della quale ha lanciato il grido di Viva il re! Non contento di ciò, ha preteso – a quanto ci viene riferito – che gli studenti intonassero in coro la marcia reale e «Giovinezza».

«Corbi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non si ravvisi la necessità di sollecitare la preparazione e l’approvazione del progetto per la trasformazione della strada nazionale Torino-Alba-Savona in strada camionale, alla finalità di assicurare con rapido mezzo le comunicazioni Torino-Mare e di togliere dall’isolamento la ricca regione delle Langhe albesi, che solo dall’auspicata rettifica stradale attendono il loro progresso agricolo e commerciale.

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga ormai tempo di adeguare gli assegni degli assuntori di stazione ferroviaria e passaggi a livello alle paghe percepite dal personale di ruolo di eguale qualifica e liquidare gli arretrati che loro spettano. Detto personale percepisce dal 1° settembre 1945 l’irrisorio acconto mensile di lire 5700. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Biagioni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se abbia preso in considerazione il grave fatto, lesivo del normale funzionamento delle Università della Sardegna, secondo il quale i professori vincitori di concorso bandito per cattedre delle facoltà di Cagliari e di Sassari, non raggiungono neppure la sede, chiamati da facoltà della Penisola; e se non intenda ripristinare per i vincitori dei concorsi universitari l’obbligo della permanenza di due anni nella cattedra della facoltà per cui è stato bandito il concorso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Falchi».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se siano allo studio disposizioni intese ad assicurare alle Amministrazioni comunali il rimborso integrale da parte dello Stato della spesa per il servizio del razionamento consumi e non nella somma forfetizzata in lire 39 per ogni abitante, sempre e di gran lunga inferiore al costo effettivo del servizio, che, interessando la generalità dei cittadini, dovrebbe essere a carico esclusivo dello Stato, con sollievo dei bilanci comunali da un onere notevole da fronteggiarsi sempre, trattandosi di spesa effettiva ricorrente, con mezzi straordinari. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bulloni, Bazoli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se sia allo studio il provvedimento inteso ad estendere ai militari volontari della Guerra di Liberazione il beneficio della riduzione della pratica notarile a sei mesi, già riconosciuto ai reduci dalla prigionia e dalla deportazione, quale giusto riconoscimento dei meriti di coloro, che, dopo avere combattuto a fianco delle truppe alleate, non hanno potuto subito rientrare nella vita civile, e mentre molti degli stessi, non avendo potuto usufruire del beneficio di potere terminare gli studi prima della chiamata alle armi, all’atto del congedo si sono trovati nella necessità di riprendere gli studi da lungo tempo interrotti e nella impossibilità di iscriversi alla pratica notarile se non dopo il conseguimento della laurea e di conseguire quindi l’anno di pratica egualmente ridotto per i militari della sedicente repubblica sociale. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bulloni, Bazoli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se sia vera la voce della prossima soppressione dei Depositi cavalli stalloni per motivi di economia.

«Un tale provvedimento sarebbe disastroso per la buona produzione ippica, mentre alle deficienze finanziarie si può ovviare passando all’Amministrazione dell’agricoltura i centri rifornimenti, non più necessari all’Amministrazione della guerra e facile preda di speculazioni private.

«La diretta conduzione di tali aziende da parte del Ministero dell’agricoltura (com’è avvenuto per la tenuta di Scordia in Sicilia, condotta dal Deposito di Catania) potrebbe non solo consentire un più utile impiego di quelle tenute, ma fornirebbe senza spesa i foraggi necessari ai vari Depositi, che potrebbero vivere senza gravare sul bilancio dello Stato e darebbe possibilità ai palafrenieri e alle rispettive famiglie di trovare ottima sistemazione nell’azienda invece di gettare, con la soppressione dei Depositi, centinaia di famiglie tra la schiera dei disoccupati.

«Indipendentemente da tutto ciò, l’interrogante ritiene che, per qualsiasi provvedimento si intenda adottare riguardo ai Depositi cavalli stalloni, debba essere esclusa l’applicazione al Deposito di Catania, in quanto, con l’imminente attuazione dell’autonomia regionale siciliana, quel Deposito passerà alle dipendenze del Governo regionale, che emetterà i provvedimenti che riterrà meglio rispondenti ai bisogni della produzione ippica della Sicilia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Giovanni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se rispondano a verità i fatti segnalati dalla Federterra di Brescia, secondo cui in data 27 gennaio scorso le preture riunite di Brescia ordinavano al Consorzio di Brescia la restituzione agli agricoltori Trebeschi Paolo e Gatti Giovanni di Passirano di quintali 8,34 di granoturco sequestrato dalla squadra annonaria e versato all’ammasso. Nello stesso tempo e per lo stesso fatto le preture riunite condannavano i suddetti agricoltori al pagamento di lire 1500 ciascuno. In caso affermativo l’interrogante chiede quali provvedimenti siano stati adottati, visto che non si può conciliare il pagamento di un’ammenda con la restituzione del grano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vischioni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare ì Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, per chiedere la revoca della disposizione (circolare del Ministero dell’interno ai Prefetti, n. 2198 del 13 novembre 1946) che pone a parziale carico dei comuni l’onere del funzionamento degli uffici imposte di consumo.

«Tutte le disposizioni governative finora emanate concernenti le amministrazioni comunali impongono pesi sempre più gravosi; nessuna di esse contempla provvidenze atte a fornire ai comuni possibilità di ricupero. Gli uffici razionamento consumi assolvono ad un servizio che in riguardo alle caratteristiche della sua organizzazione centrale e periferica, deve essere soddisfatto dallo Stato, com’è avvenuto finora.

«Se il Ministero del tesoro rileva che l’attuale situazione finanziaria del Paese non consente ulteriori aggravi per le pubbliche spese, l’argomento vale per l’Amministrazione dello Stato, ma vale ancor più per le amministrazioni comunali. Gli aumenti degli stipendi e salari ai dipendenti comunali – ampiamente giustificati dalla situazione economica – disposti d’autorità senza offrire adeguata contropartita, hanno già alterato notevolmente l’equilibrio dei bilanci comunali: il nuovo onere per gli uffici annonari accrescerà il disagio finanziario e impedirà ai comuni di por mano, sia pure con la massima parsimonia di denaro, a quelle opere ordinarie la cui esigenza di attuazione è improrogabile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Luisetti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non crede necessario disporre perché gli appalti di lavori approvati dai Provveditorati di opere pubbliche e per i quali lo Stato dovrebbe anticipare il finanziamento, possano essere di diritto esperiti direttamente da quei comuni che hanno adeguata attrezzatura di uffici tecnici, senza che gli Uffici provinciali del Genio civile possano interferire, ostacolando talvolta la rapidità della procedura. In casi recenti, i ritardi degli appalti dovuti a questa causa hanno determinato rilevanti aumenti nei prezzi di capitolato e resa impossibile l’esecuzione dei lavori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Luisetti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri degli affari esteri e della difesa nazionale, per conoscere:

1°) quali passi diplomatici siano stati fatti, dopo il triste epilogo del processo contro il colonnello Lozzi, e quali assicurazioni furono ricevute sul conto degli altri ufficiali medici ed i connazionali tutti, rimasti in territorio albanese per sola opera umanitaria e sociale;

2°) quale trattamento economico sia stato fissato per le famiglie, di quegli arrestati, che vivono in misere condizioni economiche;

3°) se non si creda necessario ed urgente (fallendo ogni nostra diretta opera diplomatica) svolgere una decisa azione presso l’O.N.U. per tale ingiusto trattamento verso i nostri connazionali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cotellessa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per prospettargli il pericolo di uno sviluppo esplosivo della peronospora del frumento (sclerospora) in seguito alle estese inondazioni degli scorsi giorni, sviluppo che l’esperienza ci ammonisce essere molto probabile, poco dopo il ritiro delle acque; e per sapere se, in tali circostanze, non creda necessario ed urgente di far affluire al più presto nelle zone danneggiate la quantità di nitrato di soda indispensabile come mezzo di lotta, per dare alle piantine di grano il vigore necessario per giungere a dare prodotto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per sapere se non creda urgente di chiarire, possibilmente nell’auspicato testo unico delle disposizioni sul risarcimento dei danni di guerra, la portata del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 226 (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1946, n. 240), particolarmente in ordine al termine perentorio di presentazione delle domande; termine che nel testo del citato decreto potrebbe ritenersi riferito ai soli fatti citati nell’ultimo capoverso dell’articolo 1, e non esteso (come sarebbe logico) a tutti i fatti elencati anche nei capoversi precedenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare affinché i nostri Consoli agevolino il movimento turistico verso l’Italia anziché ostacolarlo sottoponendo i visti di ingresso a lungaggini burocratiche, sviando cosi l’afflusso dei turisti a beneficio delle stazioni climatiche di altri paesi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Pera, Canepa, Viale, Rossi Paolo, Martino Enrico, Parri».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti sono in corso o s’intendono prendere per dare autorità alle amministrazioni locali al fine di risolvere la posizione di alcuni dipendenti a suo tempo sospesi e successivamente discriminati dalle Commissioni provinciali di epurazione, quando la loro riassunzione è in contrasto con la volontà della popolazione e con gl’interessi dell’Amministrazione stessa, che oggi è tenuta ad erogare stipendi a personale che non presta servizio. Ciò anche allo scopo di evitare turbamenti alla vita cittadina e municipale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Pucci, Bianchi Bruno, Gorreri, Dozza, Landi, Bucci, Platone, Lombardi Carlo, Negarville, Ricci Giuseppe».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se e quali provvidenze egli abbia in animo di promuovere per attenuare i gravi danni economici subìti dai professori che, nel 1941, per avere raggiunto gli anni 65, furono collocati a riposo anche con meno di quaranta anni di servizio, in base all’iniqua legge De Vecchi, la quale modificava arbitrariamente il diritto, vigente all’atto della loro prima nomina, di insegnare fino agli anni settanta, ciò che attualmente viene concesso, pur con opportune cautele.

«E per conoscere, altresì, se egli, per evidenti ragioni di umanità, ritenga opportuno di ottenere anche per i pensionati la continuazione dell’assistenza sanitaria di cui godono i professori in servizio. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Marzarotto, Gui».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.25.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  3. – Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXXIII.

SEDUTA DI LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Manifestazione di protesta per le condizioni di pace:

Presidente                                                                                                        

Dichiarazioni del Ministro degli affari esteri:

Sforza, Ministro degli affari esteri                                                                     

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro                                                     

Carratelli                                                                                                       

Gasparotto, Ministro della difesa                                                                     

Chiaramello                                                                                                    

Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno                                   

Di Giovanni                                                                                                      

Mastino Pietro                                                                                                

Votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario:

Presidente                                                                                                        

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Conti                                                                                                                

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario:

Presidente                                                                                                        

Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Reale Vito                                                                                                       

Annunzio di una mozione:

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Stella                                                                                                              

Svolgimento di interrogazione d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Grilli                                                                                                                

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

DE VITA, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Villabruna e Lettieri.

(Sono concessi).

Manifestazione di protesta per le condizioni di pace.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui si levano i membri del Governo, i deputati ed il pubblico delle tribune). Onorevoli colleghi, l’Assemblea Costituente, in pienezza di solidarietà con le manifestazioni di protesta di tutti gli Italiani contro le condizioni durissime del cosiddetto Trattato di pace, imposto alla Nazione, deve esprimere nel modo più alto e solenne il suo fiero dignitoso unanime sentimento.

Sicuro e fedele interprete di esso, invito l’Assemblea a sospendere la seduta per trenta minuti. (Segni unanimi di assenso).

(La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,45).

Dichiarazioni del Ministro degli affari esteri.

SFORZA, Ministro degli affari esteri (Segni di attenzione). Dichiaro che il Governo desidera fare una comunicazione all’Assemblea Costituente, benché – per tutti i membri di essa – la comunicazione sia quasi superflua.

È noto che, fino all’ultimo momento, in alcuni Paesi si era ammesso che l’approvazione del Trattato da parte dell’Assemblea Costituente era necessaria, ma da altri ciò si contestava.

Desideroso di agire di fronte a tutti con cristallina lealtà – e per quanto i diritti del- l’Assemblea Costituente fossero stati già formalmente riservati nei pieni poteri firmati dal Capo dello Stato – feci sapere ieri che non potevamo firmare, se la cosa non era chiarita per tutti.

Fu quindi ammesso per noi, a titolo eccezionale, di deporre una dichiarazione formale su questo punto prima della firma.

Ecco il testo della dichiarazione di cui il Segretariato generale della Conferenza ha dato oggi atto per iscritto alla nostra Ambasciata:

«Il Governo italiano appone la sua firma al Trattato, subordinandola alla ratifica che spetta alla sovrana decisione dell’Assemblea Costituente, alla quale è attribuita dalla legislazione italiana l’approvazione dei Trattati internazionali».

Quanto alle considerazioni generali del Governo italiano sul Trattato e sui problemi permanenti dell’Italia, che trascendono anche il Trattato stesso, ho diretto oggi a tutti i Governi una nota che sarà pubblicata quando sarà stata ricevuta da tutti i destinatari (Approvazioni).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Avverto che i Ministri dell’agricoltura e foreste, della pubblica istruzione, di grazia e giustizia e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno chiesto che siano rinviate ad una prossima seduta, rispettivamente, le interrogazioni degli onorevoli Gabrieli, Pastore Raffaele, Leone Giovanni, Russo Perez, Di Giovanni, Bordon, Rodi e Ravagnan.

È così rinviata la| prima interrogazione all’ordine del giorno dell’onorevole Gabrieli, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e foreste, «per conoscere le ragioni che hanno determinato il legislatore, nel recente decreto legislativo sull’assegnazione delle terre incolte ai contadini, a non fissare il criterio da seguire per i terreni alberati. L’interrogante (ad evitare divergenze d’interpretazione, che si sono già verificate) segnala l’opportunità di integrare il testo del decreto con una norma interpretativa, diretta a stabilire che, in caso di terreni alberati, si deve avere riguardo allo stato tecnico colturale dell’albero, più che a quello del terreno sottostante».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Carratelli al Ministro delle finanze, «se non sia giusto riesaminare il decreto ministeriale 15 giugno 1946, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, n. 150, dell’8 luglio 1946, relativo al concorso per il conseguimento dell’idoneità, per titoli e per esame, all’esercizio delle funzioni di esattore delle imposte dirette, al fine di mantenere in carica coloro che, non iscritti all’albo nazionale, ebbero conferite le esattorie per il decennio 1943-52 o per il quinquennio 1943-47, ovvero ne assunsero la gestione durante il decennio o il quinquennio, a seguito di decadenza di esattori nominati sin dall’inizio della gestione. Se non sia conseguentemente giusto, che tutti gli esattori nominati prima del 30 luglio 1944, e che abbiano compiuto due anni di servizio, vengano inscritti, in seguito a domanda, all’albo nazionale, e che siano pure iscritti, a domanda, coloro che abbiano un servizio cumulabile di un anno di collettore e due di esattore, e si trovino attualmente in carica, con l’intera cauzione versata ed approvata. Se non sia almeno giusto che vengano rispettati i contratti esistenti, di coloro che nel 1950 saranno in carica, e riconosciuto il diritto degli stessi alla iscrizione nell’albo nazionale, senza obbligo di concorso per la idoneità, per titoli o per esami, qualora durante l’esercizio della funzione esattoriale, abbiano dato, a giudizio del Ministero competente, prova sicura di capacità».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il decreto ministeriale 15 giugno 1946, n. 10411 (bando per il conseguimento per titoli e per esami delle funzioni di esattore delle imposte dirette) ha inteso agevolare, nel senso più largo possibile, le varie categorie di persone che abbiano svolto servizi esattoriali, provvedendo così a sanare varie situazioni irregolari determinate dallo stato di guerra.

Gli esattori, nominati all’inizio del decennio 1943-52 o del quinquennio 1943-47, erano in possesso, al momento della loro nomina, del prescritto requisito della iscrizione nell’albo, la cui istituzione fu determinata nell’interesse dello Stato e degli Enti impositori ed anche in conformità dei desideri espressi dalla stessa categoria degli esattori a tutela della loro funzione nei riguardi del requisito della capacità tecnico-professionale e morale.

Per coprire le vacanze avvenute successivamente, durante lo stato di guerra, si è verificata qualche deroga per esigenze di servizio ed allo scopo di sistemare tali irregolari situazioni, gli interessati potevano avvalersi dell’articolo 3 del decreto prima citato, che consente la partecipazione all’esame di coloro i quali siano muniti soltanto del titolo di studio di scuola media inferiore, purché abbiano svolto un servizio qualsiasi nelle esattorie, anche di durata minima.

Non essendo possibile modificare ora il bando emesso con decreto ministeriale 15 giugno 1946, n. 10411, essendo già scaduti, sin dal 15 novembre 1946, i termini per la presentazione delle domande, per corrispondere alle richieste degli onorevoli interroganti, si potrà, dopo espletati i lavori relativi al bando suddetto, pubblicare un nuovo bando che consenta agli esattori, con meno di cinque anni di servizio, ed in possesso del titolo di scuola media inferiore, di conseguire la prescritta idoneità.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CARRATELLI. Non posso essere sodisfatto perché i contratti esistenti alla data del 1950 devono essere espletati. Coloro che sono stati ritenuti idonei per fare questi contratti debbono poter esercitare questa loro funzione fino alla scadenza del contratto. Perciò insisto nel chiedere la deroga al decreto dell’8 luglio 1946.

PRESIDENTE. Si intendono rinviate, per il motivo già indicato, anche le seguenti interrogazioni:

Bordon, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga di emettere, senza ulteriori dilazioni, i provvedimenti che vennero ripetutamente richiesti a favore dei partigiani, disponendo: a) che sia concesso a coloro di essi, che incorsero in reati anteriormente alla data del 22 giugno 1946, di beneficiare, anche per i reati comuni, del condono di cui all’articolo 9 del citato decreto, abrogando nei loro confronti le eccezioni di inapplicabilità del condono, di cui alla lettera c) dell’articolo 10 del decreto stesso; b) che, in subordine, rispetto ai reati cui fosse negata l’applicabilità del condono, sia concesso a coloro che parteciparono alla guerra di liberazione, di avere almeno il beneficio della libertà condizionale, indipendentemente dal termine prescritto dalla legge per l’applicabilità di tale beneficio, ovverosia anche quando la pena scontata sia inferiore a tale termine; c) che, con apposito decreto, sia concessa la riabilitazione d’ufficio a coloro che, avendo riportato condanne anteriormente alla data dell’8 settembre 1943, si siano, colla loro partecipazione alla guerra di liberazione, resi meritevoli dell’invocato beneficio».

Rodi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere le ragioni per le quali è stata ripristinata l’efficacia del decreto-legge 14 gennaio 1944, n. 13, riguardante la disciplina della stampa, considerato che: 1°) il provvedimento è stato preso dal Consiglio dei Ministri subito dopo l’aggiornamento dell’Assemblea Costituente, che doveva essere consultata in proposito; 2°) l’articolo 4 del decreto in questione, imponendo l’obbligo agli editori dei giornali di richiedere ogni tre mesi una nuova autorizzazione, pone praticamente la stampa alla discrezione delle autorità competenti e di eventuali interferenze di natura politica; 3°) l’articolo 7 dello stesso decreto dispone che le norme ivi contenute vanno applicate per tutta la durata della guerra, il cui stato è ora ufficialmente cessato; 4°) il provvedimento in parola non trova giustificazioni plausibili nell’eccessivo esercizio della libertà di stampa, perché ogni licenza può e dev’essere punita con le leggi ordinarie».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Chiaramello, al Ministro della guerra, «per sapere se non creda opportuno, al fine di portare un efficace contributo alla soluzione del problema del ripopolamento della montagna, di fare studiare da un’apposita Commissione parlamentare un provvedimento atto a dispensare dal servizio militare, anche ridotto, gli alpigiani che si trovino in particolari ed eccezionali condizioni economiche, e le cui famiglie siano stabilmente residenti nelle zone alpine, dedite all’agricoltura, alla pastorizia od al piccolo artigianato di montagna».

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa ha facoltà di rispondere.

GASPAROTTO, Ministro della difesa. Il provvedimento di dispensa dal servizio militare proposto dall’interrogante a favore degli alpigiani che si trovino in particolari condizioni economiche e familiari e che risiedono nelle zone alpine, non sembra per il momento opportuno che formi oggetto di particolare regolamentazione, specie nel confronto di altre sensibilissime attenuazioni, più necessarie, a favore delle famiglie e della economia italiana.

Le disposizioni emanate dal Governo, con criteri di assai largo temperamento, circa la chiamata alle armi hanno determinato ampie possibilità di dispensa a favore dei giovani che si trovino in particolari condizioni.

Tra l’altro, l’onorevole interrogante deve tener presente che si è disposto il rinvio indeterminato, oltre che dei partigiani e dei volontari di guerra, delle seguenti categorie, entro i limiti delle quali – forse – sono comprese anche le popolazioni alpigiane di cui parla l’onorevole interrogante; cioè:

1°) giovani che si trovino in speciali condizioni di famiglia, per la composizione della medesima o per benemerenze militari acquisite da altri membri della famiglia stessa;

2°) giovani, in particolari condizioni, indispensabilmente necessari per il governo di piccole aziende, sia agricole, sia industriali che commerciali.

Però il Ministero, pur non ravvisando la convenienza di deferire ad apposita Commissione parlamentare l’esame del provvedimento proposto dall’interrogante, poiché si rende conto della particolare gravità dello spopolamento delle zone alpine, terrà presente nella chiamata delle venture classi, per eventuali possibilità, le raccomandazioni dell’onorevole stesso; il quale non può, d’altronde, dimenticare che l’ordinamento militare attualmente vigente contempla già una ferma militare relativamente breve, di 18 mesi, e che è orientamento del Governo di arrivare alla ferma di 12 mesi, al che sarà provveduto, eventualmente, per legge.

PRESIDENTE. L’onorevole Chiaramello ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GHIARAMELLO. Mi dichiaro sodisfatto della risposta dell’onorevole Ministro della difesa.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, al Ministro dell’interno, «sull’arbitraria proibizione opposta dal Prefetto di Siracusa alla pubblicazione di un manifesto alla cittadinanza da parte di un Comitato dei partiti di sinistra e della Camera del Lavoro, manifesto ispirato al lodevole scopo di assecondare e rinvigorire l’azione governativa e delle autorità in quei settori in cui era apparsa meno efficiente, e in difesa della giovane Repubblica».

Il Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Prefetto di Siracusa non credette di autorizzare l’affissione di un manifesto presentato in data 22 agosto 1946 da un comitato di appartenenti a partiti di sinistra e alla Camera del Lavoro, in quanto ritenne che vi fossero affermazioni tali da sminuire nel pubblico ogni fiducia nell’autorità governativa locale e amministrativa, sì da annullarne il prestigio, con conseguenti prevedibili disordini e tumulti di piazza, contro le stesse autorità.

Il diniego dell’affissione avvenne, quindi, unicamente per motivi di ordine pubblico. Però, il contenuto del manifesto ha potuto avere pubblicità completa attraverso la pubblicazione apparsa sul numero 122 del quotidiano «Voce della Sicilia».

PRESIDENTE. L’onorevole Di Giovanni ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

DI GIOVANNI. Ringrazio il Sottosegretario per l’interno della cortesia avuta nell’indagare sul contenuto della mia interrogazione.

La verità è questa: che ormai l’interrogazione è superata nel tempo, dato che si riferisce a fatti di 3 o 4 mesi or sono, quando vi era in Siracusa un altro Prefetto. Quel Prefetto è stato ormai trasferito da Siracusa e ciò costituisce la prova migliore della fondatezza della mia interrogazione.

Del resto, non avrei altro da aggiungere, perché il tempo trascorso e gli avvenimenti posteriori hanno fatto giustizia dell’inconveniente deplorato.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mastino Pietro al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere, in rapporto al recente provvedimento che triplica la pena per l’evasione dagli ammassi, quale azione pratica intenda svolgere in Roma contro il mercato nero, esercitato pubblicamente, in modo che il suddetto provvedimento abbia ovunque effettiva applicazione.

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’onorevole interrogante aveva formulato l’interrogazione in data 31 luglio dello scorso anno, quando ancora non era avvenuta la pubblicazione della legge che reca la data del 5 ottobre successivo. In quell’epoca, effettivamente, non erano state predisposte ancora le misure adeguate a stroncare il fenomeno del mercato nero, particolarmente intenso nella capitale.

In seguito all’emanazione del suddetto decreto, che stabilisce una più severa repressione delle infrazioni alla disciplina dei consumi e della evasione dagli ammassi, il Ministero hai rinnovato e ripetutamente ribadito ai dipendenti organi di polizia opportune istruzioni per svolgere un’azione vigile e costante, impegnando tutta la loro attività al fine di sradicare il mercato nero e reprimere le trasgressioni sui conferimenti obbligatori, a Roma non meno che altrove.

Per la normalizzazione del mercato della capitale si è anzi svolta un’azione particolarmente intensa, nella quale si sono impegnati direttamente anche gli uffici centrali dell’Alto Commissariato per l’alimentazione e del Ministero dell’interno, presso il quale funziona un apposito ufficio per la repressione del mercato nero, e sono noti i provvedimenti radicali predisposti in quest’ultimo torno di tempo e che sono tuttora in corso di graduale attuazione e di adeguamento alla situazione.

Le disposizioni di vigilanza impartite hanno dato notevoli risultati, con il recupero di quantitativi di merce di un certo rilievo e con una sensibile diminuzione dell’illecito commercio di generi tesserati.

Naturalmente vi sono ancora delle deficienze, anche perché l’azione non può svolgersi che gradualmente, ma gli organi del Ministero sono impegnati per condurla a fondo con ogni costanza ed energia.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MASTINO PIETRO. Osservo, nel non dichiararmi sodisfatto, che l’onorevole Sottosegretario per l’interno ha giustamente rilevato come la mia interrogazione rimonti a parecchi mesi or sono. Ma ciò non autorizza alla conclusione la quale egli è giunto, vale a dire che l’interrogazione non sia più, in certo senso, attuale; poiché, per quanto siano passati vari mesi – e troppi mesi – la situazione è, in conclusione, la stessa.

La mia interrogazione ha un riferimento specifico: il mercato nero sfacciatamente esercitato in Roma; ed ha, soprattutto, questo programma: mettere in evidenza la profonda ingiustizia che si verifica, pel comportamento del Governo, nei confronti delle varie regioni, relativamente alla lotta contro il mercato nero. Oggi, ad esempio, è in atto la propaganda perché l’olio sia conferito agli ammassi; io non so quanto possa contribuire al buon esito di codesta lotta il fatto che qui in Roma, pubblicamente, l’olio sia venduto, mentre in altre regioni coloro che detengono, sia pure illecitamente, un limitato quantitativo di olio, sono rinviati a giudizio, processati e condannati.

Questo consente una visione del problema affatto diversa da quella esaminata finora e precisamente la constatazione innegabile di una palese ingiustizia esercitata in favore di determinate categorie e di determinate regioni o città; di determinate categorie, in quanto sono soprattutto le classi agiate quelle che possono specialmente profittare del mercato nero; di determinate regioni, fra le quali certo è quella che sovrattutto mi sprona alla presentazione della interrogazione intendo parlare della Sardegna. Ecco i motivi per i quali non mi posso assolutamente dichiarare sodisfatto.

E finisco. Il Sottosegretario di Stato ha terminato col dire che è stato costituito un apposito ufficio e come ultimamente sia stata iniziata una lotta quotidiana e tenace contro il mercato nero in Roma. Ma io so ed ho anche letto sui giornali di un’azione condotta per due giorni con invio di squadre nei vari rioni cittadini per la repressione del mercato nero, e so di aver poi anche letto che, appena due giorni dopo, le disposizioni circa quest’azione sono state revocate. Ora io dico: il Governo veda la strada da seguire. A mio avviso, il mercato nero deve essere combattuto. In qualunque caso, parità ed uguaglianza di comportamento, ché altrimenti mancheremmo ai fini di giustizia.

PRESIDENTE. Anche le seguenti interrogazioni, come già prima le altre, si intendono rinviate:

Russo Perez, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se, secondando i desiderata espressi dai maestri elementari nell’ultimo Congresso di Palermo, il Ministero, prima che siano banditi nuovi concorsi per posti vacanti di maestri elementari nei vari comuni d’Italia, intenda, e fino all’esaurimento, avvalersi dei pochi concorrenti risultati idonei nell’ultimo concorso per titoli ed esami ultimatosi nell’anno 1942, e non assunti, disponendo conseguentemente per la loro nomina ai posti in atto vacanti o che si renderanno tali».

Pastore Raffaele, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se, per combattere la disoccupazione, non creda opportuno applicare il decreto ministeriale 19 dicembre 1938, n. 12571, riflettente la trasformazione dell’agricoltura nel Tavoliere di Puglia ed estendendo lo stesso piano di trasformazione a tutta la fascia pre-murgiana».

Leone Giovanni, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell’interno, dell’agricoltura e foreste e dei lavori pubblici, «per conoscere se non reputino opportuno promuovere un provvedimento legislativo che, abrogando il regio decreto 11 marzo 1923, n. 691 (in Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11 aprile 1923), richiami in vigore l’ultimo comma dell’articolo 60 (dal predetto decreto abrogato) della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità. Il comma dell’articolo 60 – di cui si chiede il ripristino – stabiliva che, in caso di retrocessione per l’ipotesi che il fondo «non ricevette in tutto o in parte la preveduta destinazione», il prezzo da pagare da parte del proprietario espropriato non poteva eccedere «l’ammontare della indennità ricevuta dal proprietario per la espropriazione del suo fondo»; e rispondeva ad un indiscutibile criterio di giustizia diretto a ripristinare, senza danno, il proprietario nel suo diritto, quando fosse cessato il motivo superiore dell’utilità pubblica, che legittimava l’espropriazione, e ad impedire, in conseguenza, l’ingiustificato arricchimento da parte dell’ente espropriante per l’eventuale aumentato valore del fondo. L’abrogazione di quel comma fu ispirata dal criterio statolatrico della legislazione fascista, forse non scevro di sotterranei riflessi particolari; e non è compatibile con il rinnovato spirito di difesa dei diritti dell’individuo. Il ripristino dell’ultimo comma dell’articolo 60, oltre che al segnalato motivo di guarentigia del diritto del cittadino, risponde ad una più rispettabile ed urgente esigenza: quella di consentire, mediante il facilitato diritto di retrocessione, il ritorno di molti fondi ai proprietari, che in regime di coltivazione diretta o di affitto riconquisterebbero alla coltivazione ed alla produzione appezzamenti, talora vasti, che dall’ente espropriante o sono abbandonati o non sono utilizzati a scopo di produzione agraria».

Ravagnan, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere se non ritenga, dati i continui investimenti stradali con conseguenze il più delle volte mortali, che si verificano per colpa dei conducenti alleati, di compiere dei passi presso il Comando militare alleato al fine di ottenere che sia prescritta velocità moderata ai conducenti di automezzi alleati, specie nell’attraversamento degli abitati, nonché una sorveglianza su di essi con sanzioni ai contravventori e risarcimenti materiali e morali alle vittime. Considerati, inoltre, i frequenti incidenti tra militari alleati e civili italiani, tra cui particolarmente gravi furono quelli verificatisi a Mestre il 23 e 24 agosto scorso, nel corso dei quali le «Jeeps» della Polizia alleata, lanciate di proposito contro i civili, causarono la morte di due di questi, se il Governo non ritenga di prospettare al Comando militare alleato questo stato di cose, di modo che siano prese disposizioni atte ad evitare il ripetersi di tali gravi incidenti».

Ravagnan, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere se non si ritenga necessario, a circa tre mesi dalla proclamazione della Repubblica, di dare disposizioni precise perché dai fregi e distintivi militari vengano tolti gli emblemi della Monarchia e perché dai timbri, sigilli e intestazioni di Uffici e di Enti dell’Amministrazione dello Stato siano eliminate le diciture monarchiche».

Di Giovanni, al Ministro della pubblica istruzione, «sulla assurda disposizione, relativa alla compilazione delle graduatorie per il conferimento di incarichi e supplenze nelle cattedre delle scuole medie, per cui viene considerato a favore dei reduci, ai fini del punteggio, il servizio militare o il periodo di prigionia subito posteriormente alla laurea e non anche quello anteriore a detta laurea, creando così una ingiusta disparità di trattamento verso coloro che furono costretti a ritardare la laurea per la chiamata alle armi e per l’impossibilità di conseguirla durante il tormentoso e difficile periodo della guerra. Per evidenti ragioni di giustizia si dovrebbero impartire disposizioni ai capi d’Istituto tendenti ad equiparare agli effetti del punteggio in graduatoria tanto il servizio militare ed il periodo di prigionia sostenuto dopo il conseguimento della laurea, quanto quello anteriore».

Avverto che l’onorevole Sardiello ha dichiarato di rinunziare alla seguente interrogazione, essendo la questione delle Corti d’assise all’esame della Commissione permanente dell’Assemblea:

Al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga opportuno sospendere l’attuazione della legge che ripristina la giustizia popolare nei giudizi di assise; affinché non sia preclusa la via per elaborare ed attuare, nel più breve tempo, norme le quali (secondo un’aspirazione sempre più viva nella coscienza collettiva e già largamente espressa da giuristi ed avvocati) consentano il riesame nel merito anche per i giudizi riguardanti i reati più gravi».

Infine l’onorevole Bencivenga ha ritirato la seguente interrogazione:

Al Ministro della guerra, «per sapere se egli non ritenga doveroso ed urgente far conoscere ufficialmente, con una succinta relazione, ciò che il soldato italiano fece nella guerra che, fedele alle tradizioni, combatté con disciplina ed alto valore per l’onore delle proprie bandiere, obbediente agli ordini del Sovrano. Il silenzio finora tenuto dall’ufficio storico del nostro Stato maggiore non depone a favore di quella fierezza di carattere che è doverosa, quando si tratti di rendere omaggio e riconoscenza a chi fece getto della vita per la Patria; a chi, vivente, porta il segno del sacrificio; al popolo italiano tutto che, all’appello per la salute della Patria, rispose disciplinatamente, senza chiedersi se la guerra fosse giusta od ingiusta: giudizio codesto che darà la storia».

È così trascorso il tempo assegnato alle interrogazioni.

Votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

Prima che si proceda alla votazione, estraggo a sorte i nomi di 24 deputati, che comporranno le due Commissioni di scrutinio.

(Esegue il sorteggio).

La Commissioni risultano così composte: per la nomina del Vicepresidente, gli onorevoli: Andreotti, Cortese, Pressinotti, Venditti, Alberti, Tosi, Selvaggi, Veroni, Lagravinese Pasquale, Guerrieri, Lozza, Farina;

per la nomina del Segretario, gli onorevoli: Azzi, Varvaro, Gallico Spano Nadia, Togliatti, Flecchia, Marconi, Finocchiaro Aprile, Patricolo, Taddia, Pollastrini Elettra, Musotto e Calosso.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli scrutatori a recarsi nella sala all’uopo destinata per procedere immediatamente alle operazioni di scrutinio.

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri. È iscritto a parlare l’onorevole Conti. Ne ha facoltà.

CONTI. Onorevoli colleghi, io terrò un breve discorso. Credo che sia volere di noi tutti limitare la discussione, rendere questa nostra Assemblea degna degli argomenti importanti dei quali ci dobbiamo occupare.

Riguardo al Trattato si è detto già molto; si è detto molto con sobrietà, non si è ecceduto. Era necessario dare prova di grande serenità e, direi, di austerità di fronte al grave fatto che si è consumato. Dobbiamo essere decisamente fermi in un atteggiamento che possa essere inteso, compreso all’estero, in un atteggiamento di popolo forte, di popolo capace di rinascere, di ricostruire il Paese, lavorando, provvedendo a tutte le necessità, senza mai ridurre la propria dignità di fronte a tutti.

Che cosa si deve dire della situazione politica in questo momento? Ecco l’argomento più importante, dopo quello sul quale ho detto le poche parole che dovevo dire.

È veramente necessario che noi continuiamo nelle nostre esercitazioni parlamentaristiche, che riprendiamo, cioè, l’analisi della crisi recente? Io non ho l’attitudine a questo genere di indagini. Cercherò di non occuparmi più di tanto dell’argomento. Se la discussione dell’Assemblea sarà dedicata alla crisi, io credo che ognuno dovrà limitarsi allo stretto necessario, perché il Paese deve avere finalmente dalla nostra Assemblea un esempio di sobrietà, anche di fronte a questo troppo spesso ricorrente avvenimento.

Il Paese prende troppo gusto nell’esaminare certe situazioni e perde il senso della realtà, si corrompe e si devia, come si è deviato nei lunghi anni del parlamentarismo. Non va il Paese all’esame dei problemi seri e fondamentali della nostra vita nazionale: chiacchiera, si diffonde in una quantità di elucubrazioni di carattere politico, sociale, psicologico; si avventura nelle più strane ipotesi; cerca con la fantasia la soluzione dei problemi, si svia e perde il senso della realtà, e non compie il suo dovere di assistere l’Assemblea con la serietà, che pure il Paese deve osservare.

Noi dobbiamo compiere il dovere di non accendere le fiammelle di pettegolezzo paesano; dobbiamo essere i primi a ridurre le nostre discussioni ai punti sostanziali, alle questioni solide.

Perciò io non mi occuperò del perché della crisi, del come si è composta, di chi l’ha composta. Mi potrei anche dilettare con alcune osservazioni, ma esse non farebbero piacere a molti colleghi di qualche parte della Assembla: e non sono di mio gusto. Sapere se l’onorevole De Gasperi ha opportunamente o no aperto la crisi mi interessa fino a un certo punto. Questi sono problemi che pongono gli uomini politici che hanno tempo da perdere.

Sapere se ancora siamo sotto il dominio dei tre partiti, è anche questo un problema interessante per molti: per me non lo è, perché ritengo che la realtà è oggi questa e che, per ora, è insopprimibile.

Io raccomanderei ai tre partiti, i quali hanno la pretesa di dominare la vita italiana, e si disputano la prevalenza, di avere pietà per questo nostro povero Paese: di non tormentarlo con le loro polemiche, con le loro questioni, con il moto continuo delle passioni che nel Paese si sviluppano e fanno gran danno.

Siamo in un periodo in cui s’impone una tregua fra i partiti. I partiti se ne dovrebbero persuadere a rimandare alle elezioni generali la soluzione dei problemi e, direi quasi, il giudizio sul loro atteggiamento, e il giudizio del Paese sui loro programmi.

Un problema grosso mi pare ci sia per tutti noi, e prego i colleghi di considerarlo con molta serietà, direi con austerità: quello della conclusione dei nostri lavori.

Noi siamo Assemblea Costituente. Questa è destinata e chiamata non a legiferare, ma ad elaborare e deliberare la Costituzione.

Se usciamo dai fini e dai termini fissati dalla legge, cadremo in un eccesso di mandato, e mancheremo al nostro dovere.

Fin dal primo tempo si è voluto, si è preteso, anzi, che la Costituente svolgesse una vasta funzione legislativa; era una pretesa che molti hanno avanzato in buona fede, senza rendersi conto del compito specifico di quest’Assemblea. E si è corso pericolo di trasmodare nelle nostre discussioni, di uscire dal terreno sul quale vogliamo rimanere.

L’Assemblea Costituente deve dare al Paese la Costituzione della Repubblica.

E poiché siamo all’inizio della discussione del progetto elaborato dalla Commissione dei 75, dico che noi abbiamo il dovere di dedicarci a questo lavoro, di non distrarci con altre attività, con altri esami, perdendo tempo.

I problemi grossi, quelli che preoccupano il Paese, le grandi riforme di struttura, tutte le riforme radicali, che sono parti del programma di tutti i partiti, saranno un giorno affrontate dall’Assemblea legislativa.

Basta con la promessa al Paese che questa Assemblea risolverà problemi, che oggi non si possono risolvere.

Non continuiamo nell’errore, che è stato grave nel periodo della lotta per la Costituente e per il referendum. Allora troppo si è predicato sulle piazze che questa Assemblea avrebbe risolto i problemi più gravi della vita italiana: problemi economici, sociali. Questa Assemblea è chiamata ad altro; essa non ha questo compito.

Il Paese lo deve sapere e deve attendere fiduciosamente l’opera che si svolgerà per il perfezionamento del testo della Costituzione elaborato dalla Commissione del 75.

Quando l’Assemblea adempirà questo dovere, avrà fatto tutto quello che poteva fare ed il Paese le sarà grato.

Perché dobbiamo affrontare altri problemi? Da dove si comincia? Dov’è l’elaborazione preliminare, preparatoria, che ci può indurre ad affrontare le soluzioni?

Non c’è nulla: bisogna dirlo al Paese, coraggiosamente, tranquillamente.

Il Paese è stanco di chiacchiere. Il Paese desidera che si concluda, non vuole i grandi programmi. Siamo in un periodo, nel quale, fortunatamente, il popolo italiano ha raggiunto un grado di maturità ed un desiderio di riflessione su tutto, per cui noi non possiamo autorizzarci a far credere che qui si possa fare più di quello che si può fare.

Diciamo al Paese: l’Assemblea Costituente non potrà risolvere tanti problemi; essa potrà risolvere quello, unico e solo, della Costituzione. (Commenti).

Il collega, di cui non conosco il nome, (Accenna verso i banchi di sinistra) non sembra consentire col mio punto di vista. Io dico che deve sforzarsi di consentire, perché è veramente necessario che noi ci diamo, senza perdere tempo e con grande intensità, a questo lavoro di formazione della Costituzione. Noi abbiamo la necessità assoluta, per il nostro Paese, di uscire presto da questa aula con la Costituzione compiuta. Non possiamo ammettere, non dobbiamo credere, di poter rinviare di giorno in giorno, di settimana in settimana: abbiamo il dovere di concludere, e presto, i nostri lavori. Il Paese non può vivere nella condizione provvisoria, nella quale vive da troppi mesi. Noi continuiamo a vivere come nel periodo in cui imperavano i Comitati di liberazione nazionale. Di poco è cambiata la situazione politica del Paese: deve invece cambiare. Il Paese deve avere la sensazione che qui si conclude; e noi abbiamo il dovere di chiedere al Paese un giudizio sull’opera nostra nel più breve tempo possibile.

Lo so che v’è riluttanza a intendere ciò che io dico. Ma so che la serietà dei membri dell’Assemblea suggerirà ad ognuno che qui si deve compiere il nostro dovere senza esitazioni. E dobbiamo far presto, e presentarci al Paese per il suo giudizio sull’opera nostra. E questa dobbiamo compierla con grande impegno, perché è necessità assoluta, onorevoli colleghi, che la Costituzione sia approvata con un grande numero di voti. Non possiamo invitare il Paese a giudicare il nostro operato, se non avremo compiuto opera coscienziosa, se non avremo apportato al progetto dei 75 tutti i perfezionamenti necessari.

Io dico, con tutta sincerità a quella parte dell’Assemblea, a quei colleghi che vogliono ancora restare in atteggiamento ostile contro questa povera nostra Repubblica… (Commenti a destra)

Una voce a destra. Chi lo ha detto? È un’affermazione gratuita.

CONTI. Dico ai colleghi di quella parte dell’Assemblea che noi, repubblicani vecchi «storici» e repubblicani nuovi, desideriamo di essere tutti concordi ed operosi nell’elaborare questo documento che dovrà dare al Paese la certezza di possedere una Costituzione moderna, tale che garantisca tutte le sue libertà, di una Costituzione che apra le vie a nuovo cammino, di una Costituzione nella quale l’Italia trovi finalmente consacrata la pace per il suo avvenire.

Una voce a destra. Che sarà sottoposta al referendum.

CONTI. Molti di voi, per vero, hanno dato, nella Commissione dei 75 e nelle Sottocommissioni, prova di lealtà e di buona volontà. Io auguro che le discussioni che faremo in quest’Aula si improntino alla stessa serenità e alla stessa buona volontà.

Una voce a destra. Ma ne abbiamo da vendere di buona volontà!

CONTI. Il proposito deve essere di non riaccendere nel Paese le dispute, la guerra dei partiti, che ha dato tanti dolori all’Italia. Spero che vi persuaderete che il Paese ha bisogno di tranquillità e di pace, e che non sarete voi a promuovere incidenti.

MICCOLIS. Vada a far scuola altrove: non siamo noi che provochiamo incidenti.

CONTI. Accetto volentieri questa dichiarazione; aggiungo che io non faccio scuola a nessuno. Faccio appello al vostro patriottismo. (Commenti a destra).

BENEDETTINI. Il patriottismo noi lo abbiamo.

CONTI. V’è un altro argomento del quale l’Assemblea è chiamata ad occuparsi: il programma di governo che è stato annunziato nel discorso dell’onorevole De Gasperi. Ci dobbiamo occupare di questo programma? Debbo io occuparmene? Non ne ho l’intenzione, perché ritengo che il Governo di oggi, come i Governi di ieri, non abbia una funzione organica. L’attuale è anch’esso un Governo provvisorio. Si tratta di un Governo che non può promettere nulla e non può attuare alcun programma; il periodo di tempo in cui esso deve agire è ristretto. Lo appoggeremo, o faremo opposizione? Questa è la domanda che viene rivolta a noi repubblicani che partecipammo al precedente Governo e non partecipiamo all’attuale. Che faremo?

Anche su questo punto debbo spiegarmi.

Chi è vissuto nella Camera italiana nel periodo precedente al fascismo e chi ha tentato di far rivivere i costumi parlamentari del tempo pre-fascista, ha un modo tutto suo di concepire l’opposizione.

L’opposizione è per molti un sistematico dispetto a chi sta al banco del Governo. Per essa si deve dir male del Governo, si debbono combattere gli uomini del Governo, si deve ostacolare l’azione del Ministero. Questo modo di concepire l’opposizione promosse un costume che chiamo funesto, per il quale il sistema rappresentativo degenerò nel parlamentarismo ed il parlamentarismo fu la causa di tanti mali per il nostro Paese.

Ebbene, noi non intendiamo l’opposizione in questo modo: per noi l’opposizione è concepita, mi sia consentito il dirlo, in un modo più elevato.

Noi non siamo nel Governo. Non siamo, dunque, pienamente favorevoli alla sua politica; ma questo non significa che noi non daremo eventualmente il nostro voto favorevole.

Noi consideriamo l’opposizione come impulso, come agitazione continua di idee per indurre il Governo alla soluzione dei problemi. Pensiamo che l’opposizione debba essere collaborazione ardente e vivace; critica tale da non consentire al Governo né riposi né tranquillità. Il gruppo al quale appartengo assumerà questo atteggiamento: non lascerà tranquillo il Governo; se esso non provvederà ad alcune fondamentali necessità. Ve n’è una, di fronte alla quale non ci siamo mai posti con la decisione necessaria.

Nel Paese vi è una grande corruzione. Parlo di quella dell’amministrazione dello Stato; la corruzione dei costumi è un altro grave problema, ma esso va al di là, della contingenza. Noi abbiamo residuati di guerra anche nel campo morale; abbiamo i residuati dei regimi precedenti e ne dobbiamo sopportare gli effetti.

Io parlo della corruzione dei Ministeri e delle pubbliche amministrazioni. (Commenti a destra).

Le voci che si levano sono forse di dissenso?

Voci a destra. No, no, siamo d’accordo.

CONTI. Se siamo, dunque, d’accordo, mettiamo meglio il dito sulla piaga, perché questo problema della moralità nelle pubbliche amministrazioni è un problema fondamentale in questo momento, se vogliamo ridare coraggio al nostro Paese, scoraggiato anche dalla corruzione.

Una voce a destra. Pagare gli impiegati!

CONTI. Tutti coloro che vogliono lavorare nel nostro Paese e che hanno rapporti con la pubblica amministrazione lamentano lo stato deplorevole nel quale le nostre amministrazioni si trovano. Non andiamo nelle nuvole, no. Può darsi che abbiamo, prima o poi, qualche indice grave della corruzione dei Ministeri e, forse, di uomini politici. (Proteste – Commenti – Interruzioni a destra).

Voci. I nomi!

CONTI. Se mai sarebbero cognomi… (Si ride). Io non mi occupo specificamente di questo problema, lo presento. D’altra parte non mi rendo conto di questo vostro mormorare…

PRESIDENTE. Onorevole Conti, sono d’accordo con lei; quindi, prosegua.

CONTI. Tanto meglio. Dicevo, dunque, che questo stato di cose gravissimo, e che fa tanto male al Paese, ha la sua origine specialmente a Roma, nei Ministeri. (Commenti). Gli uomini che presiedono ai Ministeri hanno l’obbligo di studiare il problema e di provvedere, anche per un motivo molto importante: il paese confonde facilmente Governo, uomini, Amministrazione con l’istituzione repubblicana; ma noi vogliamo che la Repubblica non sia confusa con i governanti e con gli amministratori. Gli uomini possono commettere delitti, la Repubblica sta in alto per giudicare; non per essere compromessa con chi la deturpa, con chi la offende, con chi la tradisce. E allora, ripeto, gli uomini del Governo hanno il dovere assoluto di svegliarsi e di provvedere. Hanno troppo dormito, diciamo la verità. Che nomi e che cognomi! Non si sa da tutti che nei Ministeri non si entra tranquillamente, che per entrarvi bisogna avere portafogli gonfi (Rumori, commenti), che bisogna, dappertutto, ungere le mani per poter riuscire negli intenti che la gente si ripromette? (Commenti).

MICCOLIS. Non sono tutti così i funzionari!

PRESIDENTE. Non interrompano! Lascino parlare.

BRUSASCA. Non si può lasciare insultare così la pubblica Amministrazione.

CONTI. Io credo che l’ipocrisia sia il peggiore dei mali. Dobbiamo svegliarci, dobbiamo svelare il male, frustare, se c’è bisogno. Bisogna porre questo problema una volta per sempre. Non è più possibile che l’Italia viva oggi come per il passato. Al tempo della monarchia, lo scandalo era un fatto ricorrente.

BENEDETTINI. Adesso è permanente.

CONTI. Non dica così, giovane collega! Io ho quasi cinquant’anni di vita politica, e conosco la vita vissuta del nostro paese. Chi non la conosce ha l’obbligo di conoscere la cronaca e la storia nostra. Io vi dico che nel nostro Paese, sotto la dominazione monarchica, abbiamo avuto scandali su scandali ogni anno, ogni cinque anni, ogni dieci anni, piccoli e grossi scandali…

MICCOLIS. Ed oggi tutti i giorni.

CONTI. Quando dalla parte vostra, per giustificare gli scandali che venivano dalla corruzione monarchica, si obiettavano gli scandali ricorrenti in Francia, nella Repubblica francese, noi potevamo trionfalmente far constatare che in Francia si facevano processi e si condannavano i colpevoli, mentre in Italia si coprivano tutte le porcherie. Questa è la differenza. Oggi…

MICCOLIS. È peggio!

CONTI. Onorevole Miccolis, noi diventeremo amici certamente, ma lei ora si preoccupa troppo di interrompermi. Oggi, dicevo, in Italia, abbiamo la Repubblica, nella quale non vi sono privilegiati, non dominazioni di cricche, non trono circondato da gerarchi organizzati per sfruttare, deprimere e opprimere il Paese. Repubblica è porta aperta, finestre aperte, aria pura, bandiere pulite. E tutti possiamo dire quello che vogliamo per risanare questo Paese che è corrotto dal passato.

Ed allora, signori Ministri, è vostro impegno d’onore, se non volete l’opposizione più ardente da questi banchi, procedere ad una radicale epurazione. Siate severi!

Questo è un problema da risolvere, in questo momento. I problemi dell’organizzazione dello Stato, le riforme di struttura sono del prossimo domani. È tempo perduto dire, oggi, al Ministro Segni di preparare la riforma agraria; è tempo perduto dire, oggi, al Ministro Gullo di riordinare il potere giudiziario; è perfettamente inutile dire al Ministro Campilli… Ma Dio ne scampi dai problemi di quel Ministero. (Si ride).

Il problema che ho indicato è veramente, in questo momento politico, uno dei più gravi. Bisogna ridare coraggio al Paese, bisogna risanare la vita pubblica, bisogna indagare, scoprire colpe, punire. Ecco, dunque, una delle funzioni del Governo che noi consideriamo provvisorio.

E le altre funzioni? Non pretendiamo tante cose. Ma volete risolvere quel benedetto problema dell’alimentazione del Paese? (Commenti). Io sono separato specialmente da questo settore (Accenna a sinistra); sono separato dagli amici comunisti e socialisti, che considero poeti della lotta politica (Si ride), o, perché non inorgogliscano per questa qualifica, architetti, o ingegneri, o costruttori del futuro (Vivi commenti a destra). Io sono separato da questi colleghi ed amici, perché sono contrario alle loro concezioni, qualche volta fantastiche, di preparatori di piani, di costruzioni economiche, di preparatori di enti, di commissariati… Non condivido le loro idee, perché non riesco a concepire la lotta, direi meglio, il litigio, nel campo della economia, degli uomini con le leggi economiche che sono quelle che sono e che ci impongono la fame, o ce la fanno evitare, che ci mettono in condizioni di superare durezze, o ci condannano a sopportarle. Ma se non condivido l’intervenzionismo degli amici comunisti e socialisti e di altri colleghi di questa Assemblea, se non partecipo alle illusioni dell’intervenzionismo, non posso vietarmi di pensare che il problema dell’alimentazione possa anche uscire dalla stretta delle pianificazioni, delle organizzazioni fantastiche delle quali si dilettano i facili risolutori dei problemi economici e posso pensare che qualche provvedimento e incoraggiamento possano esservi e che una maggiore quantità di merci, di generi alimentari, di cose necessarie per la soddisfazione dei bisogni del popolo italiano possano essere fornite al popolo italiano.

Se si comincerà ad abolire una quantità di commissariati, di enti, di costruzioni fantastiche nelle quali la burocrazia… (Interruzioni. – Applausi a destra), rende difficile e spesso impossibile ogni azione economica, si darà inizio alla soluzione del problema. Vi dovete persuadervi, signori del Governo, che la ragione principale del male economico del nostro Paese risiede in questa enorme quantità di commissariati, di commissioni, di commissari, di individui che mettono le mani nelle cose dell’economia. (Applausi a destra – Commenti a sinistra).

Non crediate, cari colleghi di sinistra, che certe coincidenze casuali rappresentino la possibilità di coincidenze radicali… Il consenso di quella parte alle mie vedute economiche ha la durata dell’applauso.

Onorevoli signori del Governo, io vi ho richiamato a due necessità fondamentali: epurare l’Amministrazione pubblica, eliminando la corruzione; dare a questo Paese, tranquillità con provvedimenti di carattere economico.

Ma ci sono altri suggerimenti utili per l’opera vostra.

Noi repubblicani, da questo stesso banco, sei mesi or sono, quando si è costituito il primo Ministero, abbiamo affermato due necessità fondamentali. La prima, far rivivere i Comuni; la seconda, far agire le Regioni.

Noi abbiamo detto: signori del Governo, pensate che la vita del Paese non si svolge a Roma, non si svolge sotto l’ombrellone governativo: si svolge nei Comuni, nelle Regioni. Se non terrete d’occhio Comuni e Regioni, non concluderete nulla, ingannerete il Paese. Ed è per questo nostro progetto fondamentale che alla Commissione dei 75 ci siamo battuti per l’organizzazione autonomistica regionale; è per questa convinzione profonda che ci siamo battuti per l’autonomia comunale. Queste parole le dicemmo al Governo e le ripetiamo appassionatamente, perché crediamo che in esse sia gran parte della verità politica alla quale ci dobbiamo ispirare oggi: fate vivere i Comuni e create la vita regionale. Voi avrete fatto un gran passo sulla via del progresso economico, politico e sociale del nostro Paese. Fate vivere i Comuni! Oggi i Comuni non vivono, perché il Governo ha continuato a rimanere sulla vecchia strada.

I Comuni vivono sotto l’oppressione governativa; continuano a vivere sotto la dominazione dei prefetti, continuano a vivere senza mezzi, a vivere (o a non vivere) nelle condizioni in cui hanno vissuto per 80 anni sotto la dominazione monarchica. Se il Governo non penserà a risolvere questo problema, che può essere avviato a soluzione anche con piccoli provvedimenti, darà al Paese altre delusioni.

La funzione dei Comuni in questo momento potrebbe essere di importanza grandissima. Tutti i problemi della ricostruzione, quei problemi che si pretende di risolvere da Roma, al Ministero dei lavori pubblici, attraverso la burocrazia dei Provveditorati, del Genio civile, possono essere risolti nei Comuni.

Mettere in diretto rapporto Stato e Comuni, senza intermediari burocratici, significherebbe risolvere il problema della ricostruzione. Risolvere il problema della ricostruzione significa affrontare seriamente il problema della disoccupazione, significa risparmiare denaro, fare enormi economie. Se i denari che sono passati attraverso ai Provveditorati, alle autorità del Genio civile, attraverso a tutti gli organi che si frappongono fra Stato e Comuni, fossero stati direttamente affidati ai Comuni, noi avremmo avuto grandissimi progressi nel lavoro di ricostruzione del nostro Paese.

Facciamo vivere le regioni! Cominciamo ad occuparci, onorevoli colleghi, della creazione delle Amministrazioni regionali, cominciamo ad organizzare la vita regionale, a dar animo alle nostre popolazioni, ad immetterle nel movimento democratico che noi vogliamo creare nelle singole regioni. Certi problemi si risolvono unicamente per questa via.

Si parla del problema del Mezzogiorno; siamo continuamente richiamati alla sua soluzione; dal Mezzogiorno giungono continuamente reclami perché si provveda alla sua sorte. Ebbene, perché il Mezzogiorno possa essere redento bisogna dar vita alle regioni, portare laggiù un indirizzo di vita nuova attraverso l’attività degli stessi uomini che vivono nelle regioni. Non vengano a Roma gli uomini di valore: essi possono rimanere nelle loro regioni ad organizzare la vita nuova del Paese. Ma diamo la possibilità di far ciò, non li teniamo tutti a Roma, non stringiamo qui le catene che purtroppo sono intorno al corpo di questa povera Italia.

Questa è la via nella quale potremo avviare a soluzione tanti problemi. Il problema del Mezzogiorno, onorevoli colleghi, non è un problema di parole. Se ne dicono troppe di parole, si fanno troppi congressi, si fanno troppe riunioni, si scrivono troppi libri, si fanno troppe promesse alle popolazioni dell’Italia meridionale. Il problema del Mezzogiorno vuole l’ingresso delle classi rurali nella sua vita. Portiamo i contadini nei Comuni, facciamo vivere le amministrazioni comunali, immettiamo in esse le forze dei lavoratori. Si troveranno in conflitto con le forze agrarie, con il latifondo, con le formazioni reazionarie, che purtroppo vivono ancora nell’Italia meridionale; ma quando noi avremo dato ingresso ai contadini nella vita amministrativa e politica nelle loro regioni, i conflitti si ridurranno e seguirà l’assestamento.

Signori del Governo, io non mi trattengo nell’esame degli altri problemi sui quali si sono detti fiumi di parole. Si è parlato da mesi e mesi del cambio della moneta, di riforme finanziarie, di confische di beni. Sono tutte cose che stanno scritte sulla carta da tanti mesi ed è perfettamente inutile che mi trattenga sulla necessità di richiamare questi provvedimenti che il Paese aspetta. Non so se voi attuerete quel cambio della moneta, che due anni or sono poteva avere i vantaggi che era lecito ripromettersi e che oggi può essere guardato con diffidenza e scetticismo. Certo è che di provvedimenti finanziari ha bisogno il Paese. La nostra lira slitta, slitta. Dovete pensarci. Date al Paese fiducia, incoraggiate il Paese con provvedimenti che non siano illusori e che possano rappresentare l’inizio di una vita nuova in tutti i campi.

Un’altra parola voglio dire: è per la scuola, signori del Governo. Per la scuola si è fatto troppo poco. Si è spiegato che il Tesoro è stato avaro con il Ministro dell’istruzione. Mi rendo conto dell’avarizia del Tesoro e delle difficoltà incontrate dal Ministro dell’istruzione; ma il problema della scuola è il più grave problema della vita nazionale, della vita morale della Nazione. L’analfabetismo è arrivato per la guerra ad un grado preoccupante. Noi dobbiamo escogitare tutti i mezzi perché l’analfabetismo sia combattuto e fugato. Abbiamo la necessità di dare al Paese finalmente la garanzia di moralità e di civiltà che può derivare dalla scuola, la garanzia di educazione civica che soltanto la scuola può dare.

Onorevoli signori del Governo, io, lo ripeto, considero provvisoria la vostra funzione. Non vi incalzo con grandi pretese, ma vi dico: provvedete a queste necessità fondamentali. Non so se il mio gruppo deciderà di darvi un voto di fiducia. Io son pronto a darvelo. (Commenti).

Ho imparato a dire di sì. La prima volta, dopo tanti anni di no, di no, dopo tanti anni nei quali sistematicamente ho detto di no a tutti i Governi che siedevano a quel banco, ho detto, per la prima volta, di sì al Governo De Gasperi.

NASI. Allora faceva l’opposizione sistematica!

CONTI. Spero di continuare. Ma non escludo voti contrari. Non escludo neppure un’appassionata requisitoria contro di voi, se non farete le tre o quattro cose che vi ho pregato di fare: lottare contro la corruzione, dare qualche provvedimento perché la vita economica del Paese sia meno preoccupante, pensare alla scuola, pensare alla vita dei Comuni, pensare a dare agilità a questo popolo che si è risvegliato, pensare a dare all’Italia calore e vita.

Signori, abbiamo oggi, firmato il Trattato che ci è stato imposto. Non ci pensiamo più. Disse benissimo l’onorevole Sforza in una intervista o in un suo scritto suo: la politica internazionale dell’Italia incomincia oggi. Abbiamo liquidato il passato. La nostra vita nazionale riprende oggi. L’Italia sarà una Nazione piena di vita; sarà il Paese della libertà, un Paese che potrà guardare all’avvenire con tranquillità, con fierezza, con volontà di riscatto, a tutti i costi. (Vivi applausi).

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per l’elezione di un Vicepresidente.

Votanti             343

Hanno ottenuto voti i deputati: Targetti 201, Lucifero 53, Persico 50.

Voti dispersi 13, schede bianche 26.

Proclamo eletto Vice Presidente dell’Assemblea Costituente l’onorevole Targetti. (Vivissimi applausi).

Comunico il risultato della votazione per l’elezione di un Segretario.

Votanti             337

Hanno ottenuto voti i deputati: Amadei 110, Badini Confalonieri 101, Rodi 38, Nenni17.

Voti dispersi 25, schede bianche 46.

Proclamo eletto Segretario dell’Assemblea Costituente l’onorevole Amadei. (Vivi applausi).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Arcaini – Assennato – Avanzini – Ayroldi – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barontini Anelito – Basile – Bassano – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bergamini – Bernabei – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosi – Bovetti – Bozzi – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Buonocore – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Caiati – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carboni – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Cianca – Cicerone – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsi – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – Dozza.

Fabbri – Facchinetti – Faccio – Falchi – Fanfani – Fantoni – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacometti – Giolitti – Gorreri – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Maffi – Maffioli – Magnani – Maltagliati – Mancini – Manzini – Marazza – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzoni – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli –_ Minella Angiola – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montemartini – Monticelli – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Moro – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musotto.

Nasi – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Notarianni – Novella.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piccioni – Platone – Ponti – Pratolongo – Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Rapelli – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rodi – Rodinò Mario – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Sardiello – Sartor – Scarpa – Scelba – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Segni – Selvaggi – Sforza – Sicignano – Siles – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Targetti – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tonello – Tosi –Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Turco.

Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zotta – Zuccarini.

Si riprende la discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Reale Vito. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Onorevoli colleghi, io non sono del parere dell’oratore che mi ha preceduto: che sia fatica inutile esaminare le ragioni che hanno determinato la crisi, il modo come ad essa si è provveduto e se la crisi abbia dato finalmente quel Governo, che governi, come ha detto l’onorevole De Gasperi, quando ha voluto giustificare le ragioni delle sue dimissioni.

Quali le cause che hanno determinato le dimissioni dell’onorevole De Gasperi? Sono di due ordini: di ordine interno, la composizione del Gabinetto; d’ordine sostanziale, più importante, la coalizione dei partiti che erano e sono al Governo.

L’onorevole De Gasperi ha risoluto o ha tentato di risolvere il primo problema; ha creduto, abolendo il Ministero per l’assistenza post-bellica, fondendo quelli delle finanze e del tesoro, riunendo i ministeri delle forze armate, di creare quella concentrazione governativa, che evidentemente mancava al precedente Gabinetto.

Ha fatto anche un altro passo avanti. Ha dato al nuovo Gabinetto una direzione più fattiva, più organica, io mi auguro; perché il Presidente del Consiglio si è liberato dal peso del Ministero degli affari esteri e di quello dell’interno.

È evidente che, da questo punto di vista, dobbiamo attenderci miglioramenti e vantaggi notevoli.

L’onorevole Nitti aveva indicato questi rimedi, ma sono state necessarie ben due esperienze ministeriali perché l’ammonimento fosse accolto.

Non credo che la riduzione dei Ministeri possa trovare quella efficacia che il Presidente del Consiglio si ripromette, sovratutto quando egli ha popolato il suo Gabinetto d’una molteplicità di sottosegretari, che terranno in vita e in agitazione i contrasti e gli attriti, i conflitti di competenze tra i vari sottosegretariati, e creeranno o continueranno a mantenere quella paralisi governativa che il Presidente del Consiglio ha voluto giustamente rimuovere.

Ma il problema fondamentale che doveva risolvere il Presidente del Consiglio e che in parte sopravvive alla crisi recente è un altro: la coabitazione, che si è detta forzata, la collaborazione, che potremmo dire con linguaggio più semplice e chiaro, dei vari partiti al Governo. Ci sono al Governo due concezioni politiche opposte, due concezioni economiche opposte. Bisognava trovare una soluzione a questa situazione, che era determinata dalla necessità di ottenere una maggioranza parlamentare. Il Presidente del Consiglio, come chiunque altro che fosse stato al suo posto, aveva un compito estremamente arduo: assicurarsi una maggioranza e non avere una competizione, un contrasto violento nel suo Gabinetto. E il Presidente del Consiglio non ha negato a se stesso queste difficoltà: non le ha taciute e non le ha dimenticate, anzi ha tentato con tutti i mezzi di superarle. In un primo momento ha tentato l’allargamento del Gabinetto, per poter diluire il contrasto con una maggiore partecipazione di partiti al potere, e poter così trovare più facilmente una via di compromesso nel Gabinetto stesso.

Ma questo tentativo è fallito. Anzi, ad una base più larga è stata sostituita una base più limitata, più ristretta della sua formazione ministeriale. Invece di tre partiti, sono due e mezzo. Il partito repubblicano se ne è andato; il partito socialista si è diviso, e una parte dei socialisti non ha partecipato alla nuova formazione governativa. È capitato come a Nenni, che aveva proclamato che passava dal Governo al potere, e ha finito per lasciare il Governo. (Si ride).

Sono cose che capitano. E allora il Presidente del Consiglio ha avuto un’altra idea che non era sbagliata: dare una prevalenza decisiva ad uno dei partiti della formazione governativa e avere con questa prevalenza la garanzia di una continuità di indirizzo.

Anche questa idea non è riuscita. Si è ricorso al sistema dei competenti e degli indipendenti; e di fronte a sette democristiani vi sono, sì, sei socialcomunisti, ma pure due indipendenti, e l’assurdo è questo, che un contrasto di indirizzo che possa verificarsi domani tra queste due potenti tendenze politiche dovrà essere risolto dagli indipendenti; cioè, gli arbitri della vita politica italiana di domani saranno Sforza e Gasparotto.

Se abbia fatto bene i suoi calcoli il Presidente del Consiglio, ce lo dirà l’esperienza.

Ma vi era un modo, a mio giudizio, molto più logico, molto più leale, molto più aperto per risolvere questo contrasto, e consisteva nella determinazione di un programma organico su cui i partiti chiamati a formare un nuovo Governo dovevano mettersi d’accordo.

Questa che era la strada maestra, che era la soluzione ideale per una crisi che travaglia il Paese, non so se sia stata tentata, se sia riuscita.

Le dichiarazioni del Governo su questo punto – me lo perdoni il Presidente del Consiglio – ci lasciano assolutamente perplessi. Le enunciazioni sono enunciazioni di ordine generico, e non di ordine specifico; e dopo una così lunga esperienza era necessario che i problemi fossero esattamente enunciati, ed esattamente prospettati, ed esattamente risoluti. Perché il Paese avesse potuto sapere con esattezza con quali criteri questo terribile contrasto veniva risoluto, bisognava scegliere i problemi di maggiore attualità, bisognava individuare i problemi più urgenti per la vita del Paese, bisognava dare a questi problemi una soluzione precisa, coerente, organica. Noi nelle dichiarazioni del Governo abbiamo cercato questa soluzione, ma con franchezza io devo riconoscere che non c’è; non c’è per i problemi più importanti, per i problemi fondamentali della vita del Paese.

Il Presidente del Consiglio ha detto che per lui la questione fondamentale, essenziale, è quella di migliorare ed aumentare la produzione. Onorevole Presidente del Consiglio, ha pensato che non è possibile risolvere questo problema – che io riconosco con lei, è veramente fondamentale, essenziale per la vita del Paese – senza avere determinato con esattezza i rapporti fra impresa e lavoratori? Il problema della disoccupazione è un problema di enorme gravità; ma esso va risolto organicamente e compiutamente. Il blocco dei licenziamenti, l’imposizione della mano d’opera sono espedienti momentanei, sono espedienti che non possono sciogliere il nodo fondamentale del problema. Bisogna trovare una soluzione; bisogna che i tre partiti al potere esaminino questo problema sia nel campo agricolo, sia nel campo industriale, e lo risolvano organicamente e tecnicamente in un modo soddisfacente.

Non sono facili problemi; ma è un anno che noi vediamo rinviare costantemente e continuamente la loro soluzione. E proprio stamane ho dovuto rivolgermi ad un competente di questi problemi per sapere se il blocco dei licenziamenti esisteva ancora, se l’imposizione della mano d’opera esiste ancora, o se, per avventura, questo problema, a mia insaputa – perché io non ho contatti continui e costanti, soprattutto con quello che è il movimento industriale dell’Alta Italia, fosse stato o meno risoluto: problema così importante, così imponente per la vita economica del Paese. Ed ho saputo ancora una volta che questo problema è rinviato, non si sa come, non si sa a quando. E nelle dichiarazioni del Governo, che pure fa appello alla necessità di migliorare e rinvigorire la produzione come elemento di salvezza del Paese, non vi è un solo accenno a problemi cosi essenziali, così vitali.

Una politica di prezzi, che contenga i prezzi, senza una politica di costi, è assurda. Una politica che voglia ribassare i prezzi deve tener conto dei costi; ed a che i costi siano ribassati devono contribuire non solo il capitale e il profitto, ma anche il salario. Siamo in ore estremamente difficili e gravi, da cui non si esce se non con il solidale sacrificio, e con la solidale collaborazione di tutte le classi e di tutti i fattori che costituiscono e formano la produzione. Su questo punto le dichiarazioni del Governo sono veramente monche; lasciano attendere per lo meno dettagli e precisazioni.

Ma vi è un altro problema che è importante quanto quello che ho precedentemente enunciato. Si è risoluto un problema fondamentale, che è di carattere politico e non di carattere economico, si è risoluto con i colleghi socialisti e comunisti, che la politica del Governo deve essere una sola e non insieme la politica del Governo e la politica della piazza?

Si è posto mai il problema, cioè che il Governo deve indicare le direttive, ma che, contro le direttive del Governo, si può insorgere in questa Assemblea, dove è la sede della rappresentanza di tutti i partiti e di tutto il Paese, e che non è lecito, senza turbare profondamente la vita del Paese, portare costantemente queste questioni sulla piazza, con le conseguenze che il Governo conosce, che l’Assemblea sa? Ciò vuol dire fare una politica che non sia soltanto una politica governativa dal di dentro, ma sia anche una politica dal di fuori. La Confederazione Generale del Lavoro, che è diretta e rappresentata dai tre grandi partiti italiani, vuol discutere col Governo, o con le agitazioni, i problemi fondamentali della sua esistenza? Fino a quando non ci sia un Governo che imponga la sua legge, la legge del Governo, che sia la legge di tutti i cittadini, questa legge non può essere violata; fino a quando non vi sarà né Governo, né sistemazione economica, non vi sarà tranquillità nel Paese.

Ora è questo il problema fondamentale che va risoluto con criteri di equità e di equanimità, tenuto conto dei bisogni della massa lavoratrice; va risoluto per la rinascita della vita italiana, per la risurrezione della vita economica del Paese.

E permettetemi che io accenni anche a qualche altro problema tecnico, la cui soluzione ci è stata promessa da parte del Governo; a problemi precisi, specifici: al problema, per esempio, dei rapporti tra inquilini o proprietari. Non c’è alcuno che in questa Assemblea non senta la necessità del blocco dei fitti; ma questo blocco impone alcune limitazioni, impone alcune eccezioni. Vi sono commercianti che si prendono il grandissimo lusso di spogliare i consumatori ed i proprietari di casa. Vi sono i nuovi ricchi che, insieme con le infinite ragioni di congiuntura per cui aumentano i loro redditi e le loro ricchezze godono anche, per poche lire al giorno, del beneficio della casa, che non hanno pagato, e che non intendono lasciare. Volete incoraggiare la ricostruzione edilizia? Ma come volete incoraggiarla, se non costringendo i nuovi ricchi a costruire, a fabbricare, mettendoli fuori da quelle case che in questo momento usurpano? Sono provvedimenti di giustizia assoluti, che il Paese reclama da tempo e che sono costantemente delusi.

Questa è la situazione governativa: dare al Paese quel Governo che il Presidente del Consiglio ha messo come causa, come ragione, come fondamento della sua ultima crisi. Però io debbo aggiungere che, di fronte a questa situazione, governativa, è una situazione parlamentare infinitamente più chiara e più limpida. Prima avevamo una maggioranza massiccia di oltre 400 voti che rendeva quasi impossibile una voce di opposizione e di controllo. Vorranno fare i socialisti del nuovo partito un’opposizione ancien règime, o vorranno fare un’opposizione del tipo 1914? O vorranno fare, almeno, i socialisti che si sono distaccati e costituiscono il partito dei lavoratori italiani, il controllo parlamentare, vorranno richiamare il Governo ad una suprema necessità: a quella non solo di portare i partiti al Governo, ma di formare il Governo di una nazione, non un Governo di partiti?

Noi finora abbiamo avuto un Governo di partiti. Ogni partito aveva la sua zona, secondo la sfera di azione che gli veniva assegnata; e quella zona veniva integralmente sfruttata da quel partito, incurante di quelli che erano i supremi bisogni, le supreme necessità del Paese. Abbiamo avuto per lunghi anni il Ministero dell’agricoltura e delle foreste come demanio particolare dei comunisti: e tutti i consorzi agrari erano in mano a commissari comunisti. Ora abbiamo l’inverso. Ora tutti i commissari sono democristiani. Così è avvenuto per le Camere di commercio ed industria, per le quali non si è trovato ancora il tempo di formare le liste elettorali per dare a questi importanti organi propulsori della vita economica del Paese un’amministrazione regolare, ordinaria. A capo delle Camere di commercio vi erano ieri democristiani: oggi vi sono socialisti. Se il Partito socialista vuole avere veramente una grande funzione, dovrà dire al Governo che la partitocrazia, il totalitarismo, sono finalmente cessati, e che da oggi si governa per l’Italia, per il Paese, per la Nazione. Solo così incomincerà a risanarsi l’organo più importante della vita del Paese, il Parlamento, di fronte ad una minoranza agguerrita, ad una pressione parlamentare forte e solida, che metterà fine a tutte le aberrazioni a cui abbiamo assistito durante i Comitati di liberazione nazionale e durante i Governi del tripartito.

Noi speriamo che finalmente quest’ora per l’Italia sia suonata, convinti che, se il Parlamento non funzionerà e se la giustizia non si imporrà, se gli organi dello Stato varranno non a servire lo Stato ma a servire le persone, non avremo in Italia né democrazia né libertà. (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato a domani.

Annunzio di una mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuta alla Presidenza la seguente mozione, per la quale è stata chiesta la discussione d’urgenza:

«L’Assemblea Costituente, in nome del popolo italiano, saluta con fraterno affetto i profughi italiani, che dalle loro terre accorrono a rifugio e libertà nel territorio patrio;

invita il Governo ad accogliere i profughi con provvedimenti degni della augusta maternità d’Italia,

«Stella, Sampietro, Belotti, Cremaschi Carlo, Coppi, Malvestiti, Arcaini, Balduzzi, Scalfaro, Zerbi, Valenti, Del Curto, Roselli, Uberti, Ferrario, Burato, Rescigno, Zaccagnini, Pignedoli, Manzini».

Chiedo all’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri se accetta di discutere subito questa mozione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo precedente già aveva costituito un apposito Comitato di Sottosegretari per dirigere tutta l’opera di assistenza cui questi nostri carissimi fratelli hanno diritto. Il Governo non solo accetta la mozione, ma continuerà con la massima energia l’azione che ha iniziata, e rivolgerà tutte le cure che sono possibili ai profughi. Evidentemente un movimento di trasferimento su così larga scala potrà incontrare notevoli difficoltà. Faremo di tutto per superarle. Però, nel contempo, poiché intende fare tutto il suo dovere, il Governo rivolge anche un appello alla collaborazione attiva delle popolazioni. Bisogna che ci sia reso possibile di ospitare questi fratelli non in campi di concentramento, ma presso le famiglie. (Vivi applausi). Già qualche provincia e qualche Comune, nonostante le difficoltà, hanno generosamente accolto questo appello, seguendo un impulso del cuore.

Io spero che l’Assemblea si associ al mio invito perché altri seguano l’esempio e perché possiamo dare ai nostri fratelli non soltanto l’assistenza economica, ma anche la dimostrazione del particolare affetto con il quale li accogliamo. (Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Stella, dopo le spiegazioni dell’onorevole Presidente del Consiglio, insiste perché la sua mozione sia svolta d’urgenza?

STELLA. Ringrazio il Governo per le sue dichiarazioni. Non insisto.

Svolgimento d’interrogazione d’urgenza.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha presentato, chiedendone lo svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione:

«Interrogo d’urgenza il Presidente del Consiglio per sapere:

  1. a) se non ritenga necessario accertare quanto possa esserci di vero nella notizia riferita dall’«Europeo» del 9 corrente, sotto il titolo «Lo sa soltanto il barbiere», largamente commentata da un noto giornalista, che, cioè un grande industriale, in attesa di un’assegnazione di materia prima, si sarebbe sentito richiedere dal Ministro in persona 40 milioni e che, dopo la ripulsa dell’interessato, l’assegnazione sarebbe andata ad una industria concorrente; notizia che tanto più turba la coscienza dei galantuomini, in quanto il giornale che la riferisce, pur affermando che di storie di questo genere è piena Roma, manifesta il dubbio che sia possibile provarne la verità in tribunale;
  2. b) se non pensi che per l’onore e la dignità del Governo, sia indispensabile che venga fatta luce; perché, o il fatto è vero, e bisogna colpire i responsabili che mantengono i sistemi camorristici del passato regime tanto deprecati dagli italiani onesti; o il fatto non è vero, e bisogna rassicurarne la pubblica opinione e agire contro chi, con una campagna scandalistica, getta ombre sulla onestà dei membri del Governo».

L’onorevole Presidente del Consiglio accetta di rispondere d’urgenza a questa interrogazione?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ho appena letto l’articolo a cui l’interrogante si riferisce. La pubblicazione è deplorevole, e ben più deplorevole sarebbe se davvero un membro dell’attuale o del passato Governo potesse essere indiziato o sospettato di un siffatto delitto. Ho la certezza che ciò non sia, che non possa essere. Dichiaro tuttavia che ho già disposto per un’accurata inchiesta. Aggiungo però che l’autore dell’articolo, al quale ho già fatto chiedere delucidazioni, ha dichiarato che egli, riferendo la voce effettivamente raccolta da un barbiere di Milano, non ha per nulla inteso di incriminare alcuno, ed ha voluto soltanto registrare il mal vezzo di queste voci che egli dice di deplorare. (Commenti).

 SCOCCIMARRO. In galera quel giornalista!

Una voce. Vogliamo sapere chi è quel giornalista.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri L’articolo è firmato Barzini Junior. Comunque, il Governo ha il dovere di chiarire dinanzi all’Assemblea ed al pubblico come stanno i fatti e lo farà entro il più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GRILLI. A presentare questa interrogazione d’urgenza io sono stato mosso da un vero senso di pena nel leggere una notizia così grave, pubblicata in un giornale di larga diffusione, nella prima pagina, con caratteri che richiamano l’attenzione dei lettori, e commentata da un giornalista che porta un nome insigne. (Commenti).

È parecchio tempo che noi nel Paese, dovunque, ci sentiamo come perseguitati da una quantità di voci che parlano ancora di camorre affaristiche, di corruzioni sistematiche, di funzionari che si vendono, di speculatori che pagano mance, peggio che nel periodo fascista, perché, allora, certe dicerie si sussurravano a bassa voce, mentre oggi si parla chiaramente e senza sottintesi.

Ora si parla perfino di un Ministro che avrebbe chiesto 40 milioni. Io premetto che non ci credo e mi sforzo di non crederci. Mi auguro che si tratti di un volgarissimo pettegolezzo; ma siccome la stampa l’ha raccolto, è necessario fare luce, perché noi abbiamo il diritto e il dovere di sapere se tutti questi vociferatori sono dei cittadini onesti che protestano contro un malcostume, o se sono degli avversari in malafede che tentano di calunniare il Governo della giovane Repubblica. Nel primo caso, abbiamo l’obbligo di associarci a loro per una epurazione completa; nel secondo caso abbiamo il diritto di denunziare al Paese certe forme di propaganda sleale e scorretta (Approvazioni).

Noi che abbiamo conosciuto la vita pubblica italiana nel periodo pre-fascista, quando i Ministri, terminato il loro compito, tornavano più poveri di prima (Approvazioni), a riprendere il loro lavoro per guadagnarsi la vita, e qualsiasi scorrettezza commessa da un uomo politico era immediatamente denunziata, fustigata e punita, noi che vorremmo che questa nostra nuova Italia fosse ripulita di quei sistemi che ci hanno disonorato per venti anni, non possiamo non sentirci fremere di sgomento di fronte a queste notizie; per questo, insistiamo e chiediamo che luce sia fatta, affinché, onorevoli colleghi, per lo meno l’onore sia salvo in questo tremendo periodo di rovine. (Approvazioni).

Mi dichiaro sodisfatto della risposta del Presidente del Consiglio, ad una condizione: che le ricerche siano fatte seriamente (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Presidente del Consiglio ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Devo dire che il Ministero che ho avuto l’onore di presiedere ha dato in questo campo alcuni esempi che meritano rilievo. Mi riferisco all’intervento del Ministro delle poste ed alla energica azione che ha portato ad una epurazione notevole e ad un’azione penale in corso; mi riferisco all’intervento del Ministro delle finanze; mi riferisco agli interventi del Ministro Campilli di fronte a qualche funzionario. Vi sono dei processi in corso. Quindi, non è che vi sia la minima tendenza a tollerare; la verità è che queste voci sono complesse e per la maggior parte imprecise, e vengono da corruttori ai quali non è riuscita la corruzione. (Commenti). È una concorrenza di corruzione ed è bene che ci aiutiate a cercare di conoscere i nomi, ad individuare i responsabili da parte del Ministero e dell’esecutivo in genere. Aiutateci anche a precisare e ad individuare i corruttori che, semplicemente perché non sono riusciti, lasciano correre queste insinuazioni che poi non possono provare.

Quindi il mio impegno è di indagare nella Amministrazione, di fare la massima pulizia possibile, e questo impegno lo posso prendere anche a nome di tutti i miei colleghi. L’Assemblea ha diritto che noi rendiamo conto della moralità pubblica e soprattutto di quella dell’Amministrazione. 1 colleghi, ed il pubblico in genere, devono anche aiutarci perché i corruttori, coloro dai quali viene la pressione e la seduzione di fronte agli impiegati mal pagati, siano i primi a venir messi alla gogna e puniti dall’opinione pubblica. (Vivi applausi).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DE VITA, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e della difesa nazionale, per sapere se non credano giunto il momento di provvedere a liberare dalla occupazione dell’Autorità militare i locali del Brefotrofio e dell’Ospedale della Maternità di Foggia, locali occupati senza atto di requisizione, senza compenso e senza il consenso di quella Amministrazione provinciale, la quale è costretta a far funzionare i due importanti istituti in due centri lontani con sensibile aumento di spese e di difficoltà per la gestione e la sorveglianza.

«Fioritto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ritenga opportuno promuovere, di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale, un’aggiunta alle leggi 3 marzo 1938, n. 680 e 25 luglio 1941, n. 934, nel senso di rendere possibile che siano accumulati, col servizio prestato presso enti locali, precedenti e successivi servizi eventualmente prestati presso privati, con assicurazione presso la Cassa nazionale della previdenza sociale.

«Costa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ritenga opportuno di promuovere una modificazione al decreto legislativo 21 novembre 1945, n. 722, nel senso che nell’articolo 2 alle parole: «non si tiene conto della moglie legalmente separata», si aggiunga: «a favore della quale non sia effettuata trattenuta sulla retribuzione del marito».

«Costa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga necessario avocare a servizi meglio organizzati l’esame delle domande e ricorsi per il riconoscimento delle qualità di partigiano, posto che domande e ricorsi del genere non sono stati, dagli attuali organismi provinciali e regionali, definiti dopo oltre un anno e mezzo dalla liberazione, come ne è particolare testimonianza la situazione dei partigiani di Taipana, Resia e Lusevera (Udine). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere se intendano prendere con urgenza provvedimenti che sanciscano il diritto di preferenza nelle concessioni di terreni demaniali a cooperative edilizie di lavoratori, facilitandone la costituzione, oltre che con il solito concorso dello Stato, anche con convenienti sgravi fiscali, in modo da potersi mettere in concorrenza col capitale privato nell’opera di ricostruzione del Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bruni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se intenda provvedere alla istituzione di un’altra coppia almeno di treni viaggiatori sulla linea Napoli-Avellino-Benevento, in coincidenza con quelli di Salerno e Rocchetta Sant’Antonio. Questi ultimi, invero, non offrono possibilità di proseguimento, dato il ridotto servizio di una sola coppia di treni al mattino ed una alla sera sulla predetta linea, onde i numerosi viaggiatori che, per ragioni professionali, commerciali ed agricole, debbono recarsi dalla finitima provincia di Avellino in quella di Salerno e viceversa, sono costretti ad impiegarvi una giornata di tempo.

«Per conoscere altresì se, qualora non si possa subito provvedere alla invocata istituzione, intenda almeno disporre che il TV 3967, in partenza da Mercato San Severino alle 16,10, sia ritardato di 30 minuti, in modo da attendere il coincidente treno 2853, proveniente da Avellino. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e delle finanze e tesoro, per conoscere se e quando gl’insegnanti secondari potranno ottenere il pagamento dell’indennità giornaliera di presenza, che agli altri dipendenti dello Stato viene corrisposta dall’aprile 1946. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se non credano di intervenire:

1°) perché l’Istituto nazionale della previdenza sociale, ove non possa provvedere direttamente a mezzo dei propri uffici, ai servizi relativi al controllo della disoccupazione indennizzata, all’istruttoria delle domande di indennità ed al pagamento di esse, si serva, almeno, in principalità, come, del resto, prescritto dall’articolo 31 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, degli Uffici pubblici di collocamento, là dove esistono, togliendo così ai comuni un compito che, da un lato, esula dalle loro normali funzioni e, dall’altro, grava in maniera insopportabile sui già stremati loro bilanci;

2°) perché, nell’ipotesi in cui il servizio debba essere ancora disimpegnato dai comuni, l’Istituto provveda almeno a rimborsare tutte le spese che i comuni stessi sostengono senza che sia stato osservato il disposto dell’articolo 2 del testo unico della legge comunale e provinciale per quanto riguarda l’assegnazione dei corrispondenti mezzi di entrata, essendo irrisorio (circa un centesimo della spesa reale) il compenso che, mensilmente, l’Istituto corrisponde per il servizio medesimo. È noto che, nella quasi totalità dei casi, i comuni hanno dovuto persino assumere personale a carico dei propri bilanci. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«FAntoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quale sorte subiranno gli Ispettorati provinciali dell’agricoltura e l’Ispettorato compartimentale agrario della Sicilia, in vista della costituzione di quell’Ente Regione. Ciò allo scopo di tranquillizzare il personale interessato ed assicurare la continuità dei servizi agrari, fino ad ora a tali uffici demandati.

«Tale richiesta scaturisce dal fatto che corre voce di un’azione svolta dall’Ente per la colonizzazione della Sicilia per assumere la direzione di tutte le attività tecniche ed assistenziali del nuovo ordinamento regionale, nel settore agricolo siciliano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Patricolo»

Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se e quali provvedimenti siano stati presi perché d’urgenza l’Ente economico di viticoltura in liquidazione, con sede in Roma, cessi dalla avocazione e centralizzazione dei contributi versati dai viticoltori per la lotta antifillosserica, nonché degli stessi canoni locativi detratti dagli stabili di particolare proprietà dei singoli Consorzi provinciali antifillosserici; quale distrazione dei fondi deve urgentemente essere eliminata soprattutto nell’attuale periodo in cui si impone la ricostituzione dei vigneti fillosserati, che per causa della guerra è stata negli ultimi anni ritardata e limitata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 19,15.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  3. – Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

SABATO 8 FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXXII.

SEDUTA DI SABATO 8 FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Sul processo verbale:

Russo Perez                                                                                                     

Condorelli                                                                                                      

Congedi:

PRESIDENTE                                                                                                    

Annuncio della nomina di Sottosegretari di Stato:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Commemorazione:

Bruni                                                                                                                

Merlin Umberto, Sottosegretario di stato per la grazia e giustizia                      

Ghidetti                                                                                                            

Presidente                                                                                                        

Elezione del Presidente dell’Assemblea:

Presidente                                                                                                        

Costituzione degli uffici di presidenza di Gruppi parlamentari:

Presidente                                                                                                        

Insediamento del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Corbino                                                                                                            

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

Sul processo verbale.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. La mia proposta di mettere ai voti il rinvio della seduta non venne ieri presa in considerazione dalla Presidenza; ma, se avessi potuto chiarire, in un’atmosfera più calma, e, vorrei dire, più aderente alle norme regolamentari, il mio pensiero, forse la proposta avrebbe avuto una sorte diversa: «Chiarire il proprio pensiero» è l’esatta locuzione dell’articolo 32 del Regolamento, in base al quale prendo la parola.

Nelle attribuzioni della Presidenza non vi è la facoltà di rinviare una seduta quando vi è tempo e materia, secondo l’ordine del giorno, per la prosecuzione dei lavori. Nessuna disposizione conferisce tale diritto al presidente. Difatti l’onorevole Conti si è appellato alla tradizione, ai precedenti parlamentari.

Non ho fatto ricerche d’archivio, ma un giornale del mattino le ha fatte per noi e ha trovato precedenti, del 1906, 1909, 1914 e 1920, contrari alla tesi sostenuta dall’onorevole Conti e dai suoi consiglieri. Ma perché appellarsi al passato ed ai precedenti in una situazione, qual è quella italiana di oggi, senza precedenti? Nel passato vi sono tante cose. Perché ad esso ricorrere soltanto per coonestare un espediente governativo che qui ieri è stato definito «fuga»?

Dirò di più: Il Presidente dell’Assemblea suggeriva ieri di costituirla in un modo più perfetto; quindi perfetta lo era già. Non solo vi erano i Vicepresidenti, ma era ancora in carica il Presidente Saragat, perché, come è noto, in carica rimane ogni dimissionario da qualsiasi pubblico ufficio sino al trapasso dei poteri; e l’onorevole Conti fu così frettoloso e sommario, ieri, che dimenticò perfino di fare accettare quelle dimissioni da questo onorevole Consesso.

A me personalmente il Presidente rispose (ricordo esattamente le parole): «Faccio osservare che è l’Assemblea che deve volere che sia costituita perfettamente con la sua Presidenza, data l’importanza delle dichiarazioni che dovrà fare il Governo. Di fronte a questa considerazione, è evidente che tanto l’onorevole Russo Perez, che l’onorevole Benedetti e l’onorevole Lombardi, mi consentiranno di rimandare a domani». Dunque egli non pretendeva esercitare un suo diritto, ma chiedeva, come era giusto che facesse, il consenso dell’Assemblea per l’esercizio di un diritto proprio della stessa.

Alla domanda se consentissimo, non solo risposi di no, ma chiesi la votazione, e per appello nominale, dichiarando che il numero di deputati prescritto per esigere tale forma di votazione era accanto a me per sostenere la mia richiesta. Il Presidente rispose col togliere la seduta.

Noi affermiamo che con ciò fu commesso un arbitrio e furono violate le libertà fondamentali del Parlamento italiano (Rumori), di questa eccezionale Assemblea, che assomma in sé, e per la prima volta, l’intera sovranità del popolo. Violazioni molto più modeste in altri tempi avrebbero provocato l’insorgere del Parlamento, dell’opinione pubblica e la caduta dei più agguerriti Ministeri.

E questa violazione è stata fatta nell’interesse del Governo e contro i diritti dell’Assemblea da chi, non il Governo rappresentava, ma l’Assemblea, che a quel posto lo pose perché fosse l’inflessibile tutore dei suoi diritti sovrani.

Si noti ancora, ad aggravare l’arbitrio, che tutto ciò è avvenuto allo scopo, anzi (voglio rispettare, in questo, le tradizioni garbate del Parlamento italiano), col risultato di fare arrivare il Governo, come ad una meta da raggiungere a qualunque costo e senza il controllo dell’Assemblea, a quella firma che il popolo italiano, finalmente concorde (e concorde voglia Iddio che rimanga) depreca come una sventura ed una ignominia.

Così, mentre, da varie tribune, giornalisti ed uomini politici esprimono il loro parere, ed anche il capo spirituale della Democrazia Cristiana può liberamente gridare: «Non firmate», all’Assemblea Costituente, unico organo rappresentativo del popolo italiano, non è permesso dire il suo pensiero, pensiero che da parte nostra sarebbe ed è appunto: «non firmate»; per infiniti motivi, che non posso esporre perché esorbiterei dai diritti che mi dà il regolamento, come esorbiterei se dimostrassi che i pericoli insiti alla firma sono superiori a quelli del rifiuto della firma stessa a un trattato, sul cui contenuto non è stata abbastanza illuminata la pubblica opinione.

Il Governo, pure stretto da difficoltà, che non mi dissimulo immense, ha offeso, attraverso questa Assemblea, le libertà fondamentali del popolo italiano. (Commenti).

In quest’ora drammatica, nella quale viene perpetrata una delle più grandi iniquità che la storia ricordi, il Gruppo parlamentare del Fronte liberale democratico dell’Uomo Qualunque eleva la sua vibrata protesta a nome della Nazione, che può subire, ma non mai accettare, l’ingiusto trattato e la sua firma. E chiede che il 10 febbraio sia proclamato giorno di lutto nazionale. (Applausi all’estrema destra – Commenti).

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su quale argomento?

CONDORELLI. Sul processo verbale.

PRESIDENTE. Il processo verbale è già approvato.

CONDORELLI. Dichiaro: non si firmi! (Rumori – Commenti).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati: Einaudi e Rivera.

(Sono concessi).

Annuncio della nomina dei Sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi onoro di informare l’Assemblea che il Capo provvisorio dello Stato, con decreto in data 6 corrente, ha nominato Sottosegretario di Stato:

per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le funzioni di Segretario del Consiglio stesso, l’onorevole avvocato Paolo Cappa, deputato all’Assemblea Costituente.

Con successivi decreti in data 7 corrente, ha nominato Sottosegretari di Stato:

per la Presidenza del Consiglio dei Ministri (assistenza ai reduci e partigiani): l’onorevole Vincenzo Moscatelli, deputato all’Assemblea Costituente;

per gli affari esteri: l’onorevole dottor Eugenio Reale, deputato all’Assemblea Costituente;

per gli affari esteri (italiani all’estero): l’onorevole dottor Giuseppe Lupis, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’interno: l’onorevole avvocato Ernesto Carpano Maglioli, deputato all’Assemblea Costituente;

per la grazia e giustizia: l’onorevole avvocato Umberto Merlin, deputato all’Assemblea Costituente;

per le finanze e il tesoro (finanze): l’onorevole professor dottor Giuseppe Pella, deputato all’Assemblea Costituente;

per le finanze e il tesoro (tesoro): l’onorevole avvocato Raffaele Pio Petrilli, deputato all’Assemblea Costituente;

per le finanze e il tesoro (danni di guerra): l’onorevole avvocato Giovanni Braschi, deputato all’Assemblea Costituente;

per le finanze e il tesoro (profitti di regime e di guerra): l’onorevole avvocato Vincenzo Cavallari, deputato all’Assemblea Costituente;

per la pubblica istruzione: l’onorevole professor dottor Ferdinando Bernini, deputato all’Assemblea Costituente;

per i lavori pubblici: l’onorevole ragionier Pier Carlo Restagno, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’agricoltura e le foreste: l’onorevole dottor Luigi De Filpo, deputato all’Assemblea Costituente;

per i trasporti: l’onorevole professor avvocato Angelo Raffaele Jervolino, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’industria e il commercio (industria): l’onorevole avvocato Vannuccio Faralli, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’industria e il commercio (commercio): l’onorevole professor avvocato Antonio Cavalli, deputato all’Assemblea Costituente;

per il lavoro e la previdenza sociale: l’onorevole professor Giuseppe Togni, deputato all’Assemblea Costituente;

per il commercio con l’estero: l’onorevole avvocato Mario Assennato, deputato all’Assemblea Costituente.

Con altri decreti in data 7 corrente, il Capo provvisorio dello Stato ha nominato:

Alto Commissario per l’alimentazione: l’onorevole Giulio Cerreti, deputato all’Assemblea Costituente;

Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione: l’onorevole dottor Mario Saggin, deputato all’Assemblea Costituente;

Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica: il dottor Nicola Perrotti.

Infine, con suo decreto di egual data, è stato nominato Alto Commissario aggiunto per l’igiene e la sanità pubblica l’onorevole professor dottor Diego D’Amico, deputato all’Assemblea Costituente.

Commemorazione:

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bruni. Ne ha facoltà.

BRUNI. Onorevoli colleghi, la notte del 6 gennaio 1947, a 60 anni, moriva improvvisamente, nella sua casa di Treviso, l’onorevole Italico Corredino Cappellotto, Deputato della 25a legislatura. Si era laureato in legge nel 1907; nel 1908 aveva ottenuto il diploma della Scuola superiore di commercio a Venezia per abilitazione all’insegnamento delle scienze economiche; dal maggio 1908 all’ottobre 1910 fu allievo ispettore del movimento e traffico nelle Ferrovie dello Stato, compartimenti di Venezia e Mestre; nel 1910 ottenne la cattedra di scienze giuridiche ed economiche nell’Istituto tecnico superiore di Treviso, dalla quale fu rimosso dalla Commissione fascista per il confino, e sulla quale venne reintegrato solo con la fine della dittatura. Dal 1898 fino alla morte, militò nell’Azione cattolica, e con Romolo Murri (dal 1900 al 1905) partecipò al primo movimento della democrazia italiana.

Dal 1909 al 1915 spese molta parte delle sue energie nell’organizzazione dei contadini della Marca Trevigiana. Con il grado di maggiore del genio, partecipò alla guerra 1915-1918 nella prima e quarta armata.

Fu eletto Deputato per il Partito popolare italiano nel 1919. Fu membro della Commissione permanente di finanza e tesoro.

Nel 1921 fondò il Partito cristiano del lavoro e ne diresse il settimanale «La Battaglia», che venne poi soppresso dal fascismo.

In seno al Consiglio comunale di Treviso capeggiò la minoranza antifascista. E molti lo ricordano ancora, durante il periodo della Quartarella, lanciare solo ed impavido, contro la maggioranza, il grido di sfida: «Viva Matteotti!».

Nel 1942 si unì al Partito cristiano sociale che rappresentò in seno al Comitato di liberazione nazionale provinciale di Treviso.

L’8 gennaio 1945 fu catturato dalla brigata nera «Cavallin» e minacciato di impiccagione. Fu rilasciato dopo che si constatò la sua cecità in seguito a retinite bilaterale.

Ma questa malattia, che lo afflisse negli ultimi anni di vita, non riuscì a piegare la naturale tempra di lottatore. Confesso di non aver conosciuto un antifascista più deciso di lui, un cavaliere dell’onore, della libertà e della giustizia sociale, di lui più virile ed inflessibile.

Al di fuori del Parlamento, del giornalismo, del foro, della politica, non conobbe altre distrazioni. Tutta la sua vita fu un’ascesi. Tutte le sue energie fisiche e spirituali furono messe a servizio del suo ideale politico, fino all’ultimo.

Ormai cieco, si faceva leggere tutti i giornali, riviste e libri di economia e di politica, che poteva acquistare, tenendosi sempre al corrente della situazione in campo nazionale ed internazionale. La cecità pare avesse raddoppiate le sue doti mnemoniche, e certamente ne aveva sviluppato quelle di preveggenza e di saggezza, com’è dimostrato dai rapporti politici ch’egli inviava, di tanto in tanto, alla direzione del suo Partito. Ma il valore, del tutto straordinario dell’uomo, rifulse soprattutto nell’incondizionato attaccamento in cui egli sempre visse, al Vangelo dei poveri; nella fedeltà che dimostrò, in ogni sua azione, alle sue convinzioni e sentimenti cristiani.

In difetto di questi, mi sarebbe arduo spiegare la sua prodigiosa attività anche durante la sua cecità, la sua fierezza d’uomo libero, il suo assoluto distacco dal successo e dalle ricchezze, che lo resero moralmente un gigante.

Non c’è dubbio che con lui sia scomparsa una delle più nobili figure della resistenza e della rinascita italiana.

E ritengo, pertanto, d’interpretare il sentimento di cordoglio di questa Assemblea, se prego la Presidenza di far pervenire ai familiari del defunto ufficiali condoglianze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. Ne ha facoltà.

MERLIN UMBERTO, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. Con cuore fraterno di amico mi associo, a nome del Governo, alla degna commemorazione fatta dal collega Bruni di un Deputato che onorò l’Assemblea in momenti di libertà. Corradino Cappellotto fu un cristiano sociale convinto fin dai suoi giovani anni. Appartenne al Partito popolare italiano e difese sempre la causa degli umili. Dopo l’ultima guerra si fece apostolo indefesso degli interessi dei danneggiati di guerra delle regioni venete. Egli fu un assertore convinto della libertà nel più ampio senso della parola. Fu antifascista, nettamente, ritenendo inconciliabile, in via assoluta, il suo pensiero cristiano con la dottrina fascista. Sofferse la persecuzione, ma non piegò mai, ed oggi, quando ancora la Patria molto poteva attendersi da lui, è morto tra il generale rimpianto.

Propongo che l’Assemblea mandi le sue condoglianze alla famiglia e alla città di Treviso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ghidetti. Ne ha facoltà.

GHIDETTI. Mi associo al cordoglio per la morte di Corradino Cappellotto, uno dei fondatori del Partito cristiano sociale. Noi comunisti, a Treviso, dove egli ha esplicato la coraggiosa sua attività, specialmente all’inizio della lotta di liberazione, ricordiamo in Italico Corradino Cappellotto un fiero combattente della libertà.

PRESIDENTE. Mi associo alle parole commemorative degli onorevoli Bruni, Merlin e Ghidetti e metto ai voti la proposta di inviare le condoglianze alla famiglia.

(È approvata).

Elezione del Presidente dell’Assemblea.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: votazione per la nomina del Presidente dell’Assemblea.

Procediamo alla votazione segreta.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti     436

Maggioranza           219

Hanno ottenuto voti: Terracini 279; Pecorari 38; Bencivenga 32; Schede bianche 64; Voti dispersi 21; Voti nulli 2.

Proclamo eletto Presidente dell’Assemblea Costituente l’onorevole Umberto Terracini. (Vivissimi ripetuti applausi).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberganti – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcami – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Ayroldi – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bassano – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bennani – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bosi – Bozzi – Bruni – Brusasca – Bucci – Buffoni Francesco – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Caiati – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carbonari – Carboni – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cicerone – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Filpo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dozza.

Ermini.

Fabbri – Facchinetti – Faccio – Falchi – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Fietta – Finocchiaro Aprile – Fioritto – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa– Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giolitti – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Iotti Leonilde.

Jacini – Jervolino.

Labriola – Laconi – La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Landi – La Pira – La Rocca – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Maffi – Maffloli – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Marazza – Marchesi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Modigliani – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Montermartini – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Moscatelli – Murdaca – Murgia.

Nasi – Negarville – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piccioni – Pieri Gino – Pignatari – Pignedoli – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Pucci – Puoti.

Qnarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Santi – Saragat – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Schiavetti – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Secchia – Segala – Segni – Selvaggi – Sereni – Sforza – Sicignano – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Tupini – Turco.

Valenti – Valiani – Vallone – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vilardi – Villabruna – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Costituzione degli Uffici di presidenza di Gruppi parlamentari.

PRESIDENTE comunica che i seguenti Gruppi parlamentari hanno proceduto alla elezione dei rispettivi Uffici di presidenza, come segue:

Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque: Presidente, onorevole Giannini; Vicepresidente, onorevole Selvaggi; componenti del Comitato direttivo: onorevoli Bencivenga, Marinaro, Mastrojanni.

Partito Repubblicano: Presidente, onorevole Facchinetti; Vicepresidente, onorevole Macrelli; Segretario, onorevole Santi.

Partito Socialista Italiano: Presidente, onorevole Nenni; Vicepresidente, onorevole Barbareschi; Segretario, onorevole De Michelis; componenti del Comitato direttivo, onorevoli Malagugini e Vernocchi.

Partito Socialista Lavoratori Italiani: Presidente, onorevole Modigliani; Vicepresidente, onorevole Canevari; Segretario, onorevole Lami Starnuti; componenti del Comitato direttivo, onorevoli Carboni, D’Aragona, Salerno, Treves.

Insediamento del Presidente.

(Il Presidente Terracini sale al suo seggio e scambia l’abbraccio con il Vicepresidente Conti – L’Assemblea si leva in piedi – Vivissimi prolungati applausi – All’applauso si associano le tribune della stampa).

Presidenza del Vicepresidente TERRACINI

PRESIDENTE. (Segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi. Essere elevati a questo alto e responsabile ufficio di regolatore imparziale e diligente dei lavori dell’Assemblea rappresentativa già costituirebbe, anche in tempi di pacifica ed ordinata vita della Nazione, per ognuno pur conscio della propria rettitudine e del proprio civismo, cagione di ansia ben giustificata: poiché la formazione delle leggi resta sempre, e resterà in ogni società nazionale comunque organizzata, il momento supremo e decisivo della comune sorte progressiva del popolo. Esservi chiamati oggi, per sovraintendere a lavori cui dedicheranno capitoli le storie future – le quali, parlando dei dolori infiniti generati alla nostra gente dalla folle bestialità di tanti ascesi a potenza sfruttandone i più nobili ed umani sentimenti, offriranno insieme ai nuovi italiani materia di conforto e di vanto, ricordando il travaglio generoso, i sacrifici incomparabili, la fede tenace con cui gli italiani di questi anni durissimi di transizione hanno, nonostante tutto, gettato il ponte verso l’avvenire migliore – esservi chiamati oggi non potrebbe non costituire, anche per chi ultrapresumesse delle proprie doti di intelletto e d’esperienza, un severo richiamo a responsabilità.

Onorevoli colleghi, in questo modo io intendo il vostro voto, e da questo senso di responsabilità mi farò guidare ad ogni ora nel corso molteplice del nostro fecondo veniente lavoro.

Questo era d’altronde l’insegnamento prodigatomi dai mesi che ho trascorsi, ancora per volere vostro, a fianco di colui che già sedette, primo vostro eletto, in questo seggio; e che, dopo avere, con sensibilità squisita di uomini e di situazioni, diretta un’Assemblea nuova, nella maggioranza dei propri componenti, all’attività parlamentare, a tutti noi, ed ai nuovi ed agli anziani, ha offerto colla decisione, riconfermata ma ancora da noi tutti rammaricata, delle sue dimissioni un alto e prezioso esempio di ossequio alle norme di vita di un vero reggimento democratico. (Vivissimi applausi).

I compiti che ci si propongono sono ardui. E sebbene essi già ci fossero nettamente designati al momento nel quale non tememmo di candidarci ad interpreti e realizzatori della volontà popolare, oggi ben più gravi ci appaiono, fatti attuali per il maturato concludersi di ogni preparativo.

Agli uni voi vi siete apprestati, con un fervore di studi, di ricerche, di approfondite discussioni che stupiranno, conosciute che siano, coloro che scioccamente credono o fanno credere che, ove un’Assemblea non parli a gran giorno, fra bagliori di eloquenza, si addormenti in lei ogni ritmo d’opera. Ed i poderosi volumi che la Commissione dei 75 già ha licenziati, e gli altri che ancora darà all’esame dei membri di questa Assemblea, forniranno testimonianza al mondo di ciò che gli italiani sanno fare, quando la loro coscienza ed il loro intelletto non siano raffrenati od umiliati da interne prevaricazioni o da esterne intromissioni.

Parlo della Costituzione del nostro Stato, che la maggioranza del popolo, nelle sue forze meno irretite per illuse consuetudini di pensiero o di sentimento o per interessi consolidati alle vecchie istituzioni cariche di colpe, ha voluto fosse retto a Repubblica. E da questo ineludibile comandamento prendendo le mosse, grato che esso fosse o meno ai propri convincimenti, deputati di ogni settore hanno dato concorso validissimo di consigli, di argomenti, di proposte ed anche – ciò che forse più vale in momenti infelicissimi della vita di un popolo – di mutua comprensione, di volontà di accordo e di concordia, per redigere quel progetto che fra pochi giorni – portato al vostro esame ed al vostro voto – darà al titolo solenne di questa Assemblea non più dubitabile sanzione.

Io oso fare l’auspicio, onorevoli colleghi, che anche qui, in questa più larga cerchia ed in aperto dibattito, si rinnovi e prolunghi quel nobile e confortevole spettacolo di solidarietà spirituale e nazionale, che, non dimentica delle idealità politiche e sociali cui diversamente si appellano i vari partiti, pur riesce ad affratellarli nel compito di dare alla democrazia repubblicana italiana un suo primo, solido, certo – se anche ancor perfettibile – bastione di legalità. E che in tal modo, sia pure dopo dibattiti lunghi ed anche appassionati, la Costituzione abbia il suggello – se non dell’unanimità dell’Assemblea – per lo meno di un tale numero di voti da dare garanzia anche ai più sospettosi e malvolenti che la nostra legge fondamentale, somma di libertà già raggiunte ed avviamento ad altre, maggiori, di sociale contenuto che essa appena delinea, non sarà frutto d’una vittoria di parte.

Ma la vita di un popolo travalica le frontiere della sua terra e, quanto più esso è maturato a civiltà, tanto più avverte la necessità che anche la maggiore convivenza dei popoli abbia le sue leggi. Onorevoli colleghi, una ne è stata foggiata di queste leggi, che voi dovrete esaminare nei prossimi tempi: legge d’imperio e perciò stesso legge iniqua. Nessun italiano vi ha posto mano, e perciò suona a beffa il titolo di trattato del quale si orna. Essa non corrisponde ai diritti sacri che vennero proclamati come nuova Carta del mondo liberato dai fascismi; e per ciò manca di fondamento giuridico.

Essa misconosce i sacrifici immani non ancora conclusi, che il popolo italiano incontrò per rovesciare la tirannide fascista, e, volontario, per la comune salvezza dei popoli; e per ciò è ingiusta. Ma se essa intende umiliarci e deprimere in noi la capacità di ristimolare, centuplicandole, le nostre energie e la fermezza dei propositi tesi a rifare del nome italico un segnacolo di gloriose conquiste nel campo della pace feconda e laboriosa; qui essa perderà ogni vigore. Poiché non vi è arbitrio di forze collegate che abbia imperio su spiriti riconsacratisi, per olocausto di popolo, a libertà.

Onorevoli colleghi!

Voi deciderete, giunto il momento, e per bocca vostra tutti gli italiani parleranno, qual risposta competa al documento. Ma per intanto, misurando alla sua lettura tutta l’immensità del male, un irrefrenabile impeto di odio erompe dal nostro profondo: contro il fascismo, contro coloro che lo protessero, lo aiutarono, lo sospinsero al potere, ve lo difesero (Vivissimi applausi), insensibili alle sofferenze del popolo, rallegrati del suo decadimento, prodighi di onta al suo nome nel mondo, pur di dare respiro alle proprie fortune insanguinate.

Un trattato così infame il fascismo con le sue infamie l’ha imposto all’Italia, prima ancora che i Governi dei popoli vincitori, traducendole sottilmente in termini territoriali e monetari, non le inserissero al proprio attivo. Ma vanamente si crede di potere insieme giudicare così, come nel documento, la miseranda guerra fascista e la generosa battaglia popolare di liberazione; quella ci ha tratti a rovina; questa ci ha riaperta, la via a salvezza. Ma se anche la democrazia italiana è oggi costretta a pagare per le colpe della tirannide e dei suoi corifei, essa ha forza e capacità per riportare la Nazione, corrette che saranno, attraverso un’avveduta e conseguente azione internazionale, le ingiuste clausole, a rioccupare in Europa e nel mondo il posto che già le avevano assicurato le sue lunghe tradizioni di cultura e le doti creatrici del suo popolo lavoratore.

I popoli stanno: attraverso ai secoli, nella buona e nell’avversa fortuna. Ai popoli tutti che patirono anche per causa nostra – ma che sanno che anche noi patimmo e patiamo per le guerre imposte dalla tirannide fascista – ai popoli che parlano, in diversi accenti, lo stesso nostro linguaggio della speranza e dell’aspirazione alla pace, alla concordia, al perdono, alla collaborazione; ai popoli – l’occhio fisso al domani – questa Assemblea, figlia del popolo italiano, rivolgerà il suo appello fervido, senza venir meno con ciò al grande lavoro costituzionale al quale è consacrata. Poiché la vita di un popolo ha un solo respiro, nella sua terra e più in là nel mondo intero, se essa sa essere – come la vita nuova cui intende risorgere e certissimamente risorgerà il popolo italiano – tutta un’impresa sola di pace e di lavoro, nella libertà e nella giustizia sociale. (Vivissimi, ripetuti, prolungati applausi).

Dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri ha facoltà di parlare.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. (Segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi, molte e gravi furono le responsabilità che nella mia carriera politica dovetti assumere innanzi al Paese ed a voi; forse nessuna è più grave e più crudele di quella che pesa su di me e sui miei colleghi di Governo in questa vigilia.

Volontà e circostanze più forti di noi non ci hanno lasciato – di fronte all’invito perentorio di apporre la parafasi al trattato – che due alternative sole: o firmare sotto la nostra responsabilità di Governo, o impegnare per tale atto la responsabilità dell’Assemblea Costituente. Questa seconda via sarebbe stata per noi e sarebbe ancora più agevole, perché avrebbe alleggerita la responsabilità governativa, riversandola sulla responsabilità collettiva dell’Assemblea.

Ma con ciò già al primo atto iniziale della procedura avremmo impegnato la Costituente, alla quale invece è riservato un secondo e più definitivo intervento, cioè la ratifica o meglio, come più esattamente prevede la nostra legge, l’approvazione o meno del trattato.

Nelle appassionate polemiche di questi giorni si manifesta la tendenza di sopravalutare la firma e di svalutare la decisione definitiva dell’Assemblea.

Opino che questa tendenza non corrisponda né agli interessi del Paese, né alla realtà oggettiva. Non agli interessi del Paese, perché tra la firma e la ratifica, vale a dire tra la firma e l’esecuzione del trattato, trascorrerà un certo periodo di tempo, durante il quale l’Italia potrà ancora tentare di ottenere dalle Potenze alleate o da talune di esse affidamenti di revisione, impegni di attenuata applicazione delle clausole del trattato, promesse di appoggio nelle questioni che il trattato non chiude, quale quella delle Colonie e delle nostre rivendicazioni verso la Germania. Nessuno può prevedere se veramente in tale periodo ci riuscirà di ottenere qualche concessione; ma sta il fatto che fino ad oggi ogni nostro ripetuto tentativo in tale senso è fallito, perché ognuna delle quattro Potenze dichiarava di essere bensì disposta per quanto la riguardava a fare questa o quella concessione, ma di sentirsi vincolata al compromesso faticosamente raggiunto tra i quattro Grandi, che ci veniva così opposto come un blocco intoccabile.

Questa situazione nel periodo tra la firma e la ratifica delle varie Potenze potrà darsi si presenti alquanto alleggerita. Conviene quindi che in tale periodo l’Italia sia in grado di intervenire attivamente, per esplorare tutte le possibilità, prima che l’Assemblea dica la sua parola decisiva. Si obietta che questa arriverà comunque troppo tardi e riuscirà inefficace. Qui, secondo il mio parere, c’è errore. L’articolo 90 dice che il trattato, oltre che dalle Potenze alleate ed associate, dovrà essere ratificato dall’Italia, ratifica che equivale appunto all’approvazione dell’Assemblea prevista dalle nostre leggi.

Lo so che si è arzigogolato intorno alla forse intenzionale mancanza di chiarezza della suddetta formula. Lo so che fra gli alleati non c’è concordanza nell’interpretazione di essa; ma da una inchiesta fatta dai Ministero degli esteri risulta che almeno due fra i rappresentanti delle quattro maggiori Potenze ritengono che la ratifica dell’Italia di fatto sia necessaria. Ma questo, comunque, rimane certo, che in Italia e per l’Italia, un trattato non è valido, cioè non diventa legge, senza l’approvazione dell’Assemblea Costituente. (Applausi). È vero che gli autori del trattato prevedono l’entrata in vigore immediatamente dopo il deposito delle ratifiche dei quattro Grandi, ma è altrettanto vero che essi non possono aver prevista la pratica esecuzione in Italia del trattato, senza la cooperazione dell’Italia, cooperazione che né questo, né alcun altro Governo, può volontariamente dare, finché manchi la decisione dell’Assemblea. (Applausi).

D’altro canto, chi vi dice che i Parlamenti delle Nazioni Unite, taluno dei quali è così sensibile all’opinione pubblica, restino permanentemente sordi agli appelli che venissero da questa nostra rappresentanza popolare?

Mi pare così dimostrato che è nell’interesse del Paese che l’Assemblea non rimanga impegnata fin dal primo momento e pure mi pare dimostrato che ad essa resti ancora riservato un importante ruolo da compiere. Ed anche in confronto del nostro Paese stesso non sarebbe degno che una tale decisione venisse presa senza la preparazione e la solennità che l’importanza storica dell’avvenimento richiede, cioè nell’incalzare di un termine che ci ha colto durante una crisi durata troppo a lungo e mescolando un atto storico che supera Governi e problemi quotidiani con gli aspetti contingenti di una situazione ministeriale.

Queste ragioni ci hanno indotto ad assumere sulle nostre povere spalle la responsabilità della firma, sia pure ex informata conscientia, cioè dopo aver esposto il nostro punto di vista alla Commissione degli esteri, che ne prese atto riservando i diritti dell’Assemblea, e ai rappresentanti dei gruppi parlamentari.

Resta a precisare quale carattere possa avere per noi tale atto, il quale sarà preceduto da una nostra dichiarazione diretta agli Alleati.

Potrà la firma aver carattere consensuale?

Gli Alleati non ci faranno il torto di credere che la nostra resistenza al trattato sia stata una meschina ed ipocrita manovra. Dalla più profonda intimità del mio spirito ho espresso io stesso nelle solenni conferenze internazionali, in forma pacata ma ferita, la nostra convinzione di uomini liberi e democratici; il modo con cui fu combinato questo trattato e i termini nei quali fu imposto non ne fanno uno strumento atto a realizzare un nuovo assetto internazionale del mondo. (Vivi applausi). A noi non è stata concessa nessuna partecipazione né alla negoziazione, né alle deliberazioni; del trattato non abbiamo quindi né davanti alla nostra Nazione, né innanzi al mondo internazionale corresponsabilità veruna. La nostra firma non può mutare la realtà come si è svolta e quale fu denunziata in ogni fase della Conferenza. Essa non può cancellare il fatto che, nonostante la Carta Atlantica e la stessa recente Costituzione francese (che all’articolo 27 dice «nessuna cessione, nessuno scambio, nessuna annessione di territorio è valida, senza il consenso delle popolazioni interessate»), il trattato dispone dei popoli senza consultarli, né può eliminare il fatto purtroppo incontrovertibile che la nostra economia da sola, nonostante ogni buon volere, non può portare il peso di cui il trattato la grava.

Mancheremmo alla lealtà se intendessimo avallare con la nostra firma l’immeritata umiliazione imposta alla flotta, nonostante la sua efficace e riconosciuta partecipazione alla guerra accanto agli Alleati (I deputati si levano in piedi – Vivissimi, generali, prolungati applausi – Si grida: Viva la Marina!), l’insufficiente considerazione del nostro contributo alla lotta per la liberazione (Vivissimi applausi), e se lasciassimo credere che ci acquieteremo alla totale eliminazione delle Colonie e alla rinunzia a qualsiasi rivendicazione nei confronti della Germania. (Applausi).

Non rifiutare la firma richiesta, vuol dire che il Governo italiano non intende pregiudizialmente fare atto di resistenza contro l’esecuzione del trattato, nella eventualità che esso, perfezionato dal consenso dei parlamenti, in forza delle prevedute ratifiche, entrasse in vigore; significa che l’Italia vuol dare prova di buona volontà e di ogni sforzo ragionevole e possibile per liquidare la guerra; vuol dire che l’Italia – nonostante il contenuto del trattato – non dispera, non vuole disperare del suo avvenire. (Vivi applausi).

Se un giorno essa potrà onoratamente uscire dallo stato armistiziale, imposto dalla capitolazione e questa imposta dalla disfatta – fatale epilogo d’un disastroso regime – non sarà solamente per fini propri che essa si appellerà alle Nazioni Unite, ma sarà nell’interesse generale di una evoluzione pacifica dei rapporti internazionali, che reclamerà una procedura revisionistica di clausole ingiuste o inattuabili. (Applausi).

Il quesito non è dunque quello di consentire o non consentire, perché un trattato imposto non può essere oggetto né di consenso né di dissenso, ma si tratta di giudicare se il rifiuto pregiudiziale ci lascerebbe una via per uscire dalla pericolosa situazione di oggi o dell’immediato domani: se questo non è, resta solo il tentativo di fare una sortita dallo stato di capitolazione e di guerra dando la firma. Ogni sortita ha i suoi rischi. Bisogna passare su campi minati. Noi abbiamo creduto di servire il Paese decidendo che il rischio sia affrontato prima dal Governo, e mantenendo in riserva l’Assemblea. (Approvazioni).

In questo momento sorge irrefrenabile dal nostro animo come un senso di ribellione contro la sciagura immeritata del popolo italiano, e il pensiero di Trieste e di Pola (I deputati si levano in piedi – Vivissimi prolungati applausi – Si grida: Viva Pola! Viva Trieste italiana!) e di tante altre terre fedelissime dell’una e dell’altra frontiera che non abbiamo potuto salvare, ci serra alla gola.

Eppure la nostra civiltà è una grande civiltà, madre a tante genti, eppure il nostro popolo è un grande popolo industre e laborioso. (Approvazioni).

Nel viaggio recente centinaia di migliaia di italiani mi gridavano nelle città più popolose d’America: «Abbiate coraggio, siate uniti, vi aiuteremo» (Applausi), ed erano lavoratori che avevano dovuto abbandonare la Patria troppo povera e si erano rifatta una vita più prospera in spiagge lontane.

A Washington fui ricevuto un giorno nel palazzo dell’Unione panamericana da ventuno rappresentanti degli Stati dell’America Latina: e furono alte parole di riconoscenza e di conforto per l’alma mater Italia. E a migliaia uomini di pensiero e di affari ci sussurravano nei ricevimenti e nelle riunioni auguri e parole di fede e di incoraggiamento per l’avvenire d’Italia.

«Questi sono i vostri ambasciatori permanenti presso di noi», mi diceva il Direttore della Galleria di Washington, indicandomi i capolavori famosi degli artisti italiani! E tutto questo tributo di riconoscimenti e di simpatia, questi incoraggiamenti ed appoggi, tutto questo omaggio alla civiltà del nostro popolo dovrebbe essere compresso, soffocato, annullato entro le sbarre giuridiche di un trattato? No! Noi riaffermiamo la nostra volontà di vita e la nostra speranza, e al di là del trattato abbiamo fede nell’insopprimibile vitalità della nostra stirpe, che attrae a noi l’omaggio e il concorso dei popoli liberi. (I deputati si levano in piedi – Vivissimi generali prolungati applausi – Si grida: Viva l’Italia!).

Egregi colleghi, il Governo non si affida però a generiche speranze, ma tiene i piedi in terra e sa che il popolo italiano deve salvarsi anzitutto da sé con il suo lavoro e colla sua disciplina (Applausi).

Non intendo diffondermi sul nostro programma economico che, dovendo dominare la stessa situazione, non può essere, tendenzialmente diverso da quello del Governo precedente. Nel settore economico l’esigenza fondamentale si riassume, come fu detto altrove, nella formula: produrre in un clima di efficienza tecnica e di perequazione sociale.

L’aumento della produzione è indispensabile per il mercato interno, affinché diminuiscano i prezzi, salgano i salari reali, cessi la disoccupazione e si disponga di mezzi per la ricostruzione; è del pari urgentemente necessario per poter pagare con l’esportazione l’introduzione delle derrate alimentari, del carbone e delle materie prime.

Il Governo intende incoraggiare e sostenere l’iniziativa privata. Ma già la necessità di corrispondere a giuste esigenze di quanti dall’estero sono disposti a sostenere lo sforzo ricostruttivo dell’Italia e l’opportunità di dirigere l’impiego delle limitate risorse disponibili nel senso più utile alla collettività ci impongono di elaborare un piano di ricostruzione e di sviluppo della nostra economia. Simile programma si è già fatto per l’anno in corso e molti elementi sono già elaborati per un piano più esteso per gli anni venturi. Per la sua formulazione definitiva il Governo intende chiedere il parere di tutte le categorie interessate alla ripresa della produzione, in modo che il piano economico tenga conto delle varie esigenze e possa riuscire di guida e di sostegno agli stessi operatori privati.

L’aumento della produzione sarà favorito anche da una collaborazione organica fra capitale e lavoro.

Senza il concorso di entrambi, la ripresa della produzione è impossibile: premesse indispensabili sono lo spirito d’intrapresa ed un clima d’interessamento e di cooperazione operaia. Da tale punto di vista sarà affrontato e a voi sottoposto il problema dei consigli di gestione, che nel progetto Morandi abbiamo ereditato dal precedente Governo.

Un altro problema s’impone sopra ogni altro alla nostra attenzione: quello di avviare gradualmente la moneta verso la sua stabilizzazione;

Presenteremo subito alla Camera il progetto di legge per l’adesione dell’Italia agli accordi di Bretton Woods e vi domanderemo la vostra urgente approvazione, data l’importanza che rappresenta pel nostro Paese la sua entrata nei due organismi creati da quegli accordi.

È questo il primo atto con cui l’Italia rientra di pieno diritto nella vita economica internazionale e nel novero delle Nazioni che dovranno presiedere alla creazione e al mantenimento del nuovo ordine economico e finanziario mondiale.

Tale intervento ha un’importanza capitale pel nostro Paese, perché ci darà modo di risolvere nel campo internazionale il problema del risanamento e della stabilizzazione della moneta, non attingendo soltanto alle nostre risorse nazionali o a prestiti, come quello ottenuto negli Stati Uniti, ma usufruendo del valido appoggio che ci potranno offrire i due istituti di Bretton Woods.

Gli impegni assunti con l’adesione al Fondo internazionale e più ancora la necessità di offrire una base sicura di valutazione agli operatori economici, ci portano a dedicare il massimo sforzo alla difesa della moneta.

A quest’opera dura deve concorrere una accorta e tenace azione della finanza per accrescere al massimo le entrate normali. Nel quadro delle imposte ordinarie verrà esaminata anche l’opportunità di rivedere le aliquote per adeguarle al mutato valore della moneta ed in relazione a tali provvedimenti sarà considerato anche lo spostamento dei minimi imponibili dei redditi di lavoro.

Nello stesso tempo converrà esercitare un rigoroso controllo delle spese per eliminare quelle superflue e graduare le altre a seconda della loro capacità produttiva.

Entro breve termine verrà presentata ed applicata l’imposta straordinaria sul patrimonio nelle forme più atte a cavarne il massimo gettito compatibile con l’assestamento dell’economia. In questa occasione sarà risolta definitivamente la questione del cambio della moneta, tenendo conto dell’esigenza di una rapida applicazione dell’imposta sul patrimonio.

Il Governo controllerà attentamente il corso dei prezzi, avvisando nel momento opportuno ai mezzi di contenerli o comprimerli, e si propone di accelerare l’inserimento dell’economia italiana nel mercato internazionale, evitando con opportuni accorgimenti dannose ripercussioni sulle classi meno agiate.

È venuto il momento anche di preparare la ripresa di due elementi invisibili di pareggio della nostra bilancia commerciale: turismo ed emigrazione.

Per l’industria del forestiere sono premesse indispensabili la derequisizione degli alberghi, il rinnovamento dell’attrezzatura turistica, la facilitazione dei passaporti, la risoluzione del problema della valuta. Come centro di propulsione e coordinamento pensiamo di costituire un organo snello statale che collabori cogli Enti e colle associazioni interessate. È col concorso tecnico di queste che è stato abbozzato il relativo progetto.

La massima cura dev’essere dedicata alla tutela dell’emigrazione, che entro certa misura ed a certe condizioni va favorita.

Non abbiamo ancora preso in considerazione il ritorno al vecchio Commissariato, ma frattanto siamo d’accordo nel richiamare in vita, coi debiti adattamenti, l’antico Consiglio Superiore dell’emigrazione che aveva fatto ottima prova.

Ai lavori pubblici necessari alla nostra ricostruzione dedicheremo tutte le risorse possibili. Il Ministro del lavoro mi assicura che il rendimento operaio nei lavori pubblici tende a crescere e va avviandosi alla normalità.

Ci proponiamo anche di stimolare al massimo le imprese private e dovremo affrontare, come già in parte è avvenuto in progetti in corso, l’esigenza di leggi speciali per zone quasi totalmente distrutte.

La ricostruzione delle comunicazioni dovrebbe essere completa per la fine del 1949, purché non ci vengano meno i mezzi finanziari ed i materiali. L’elettrificazione vi giocherà una grande parte.

La Marina mercantile avrà notevole impulso dall’acquisto di altre 50 navi, che abbiamo ottenuto in America e idonei provvedimenti sono in corso per stimolare l’iniziativa privata alla ricostruzione delle navi perdute.

Nel campo dell’agricoltura, oltre al proseguire attivamente l’attuazione del programma di opere di bonifica e di irrigazione, specie nelle regioni meridionali, si procederà all’emanazione di provvedimenti sulla proroga delle piccole affittanze, che è particolarmente urgente, sui canoni di affitti agrari, sullo sviluppo della piccola proprietà coltivatrice, sulla composizione delle vertenze mezzadrili in base al giudizio De Gasperi, e sul credito alle cooperative agricole.

La Commissione presso il Ministero dell’agricoltura, che ha testé completato, con una notevole relazione, lo studio della questione mezzadrile, prenderà ora in esame i contratti di compartecipazione, comuni soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.

Inutile farvi rilevare un’altra volta che questa legislazione, che in buona parte ha già predisposto o elaborerà il Ministro Segni, mira non solo ad aumentare sui campi la produzione ed a garantire la pace sociale, ma costituirà anche un avviamento ed una preparazione alla auspicata riforma fondiaria.

Predisponendo il piano alimentare per l’anno venturo dovremo affrontare di nuovo il problema del tesseramento. Siamo tutti tendenzialmente d’accordo, ma la difficoltà è nella esecuzione. Faremo ogni sforzo perché le discipline ritenute necessarie ed attuabili vengano rigorosamente applicate, ma bisogna ammettere che se l’ammasso dei cereali può dirsi riuscito, è invece per ora poco incoraggiante il risultato della disciplina del latte e dei grassi solidi.

Intendiamo assolutamente di insistere sulla creazione degli Enti di consumo, facilitando il loro finanziamento, e sviluppare più oltre le mense aziendali e i ristoranti popolari, usufruibili dai disoccupati con tariffe di favore. Tesseramento di favore è fatto alle gestanti e nutrici e ai giovani nei convitti e negli Istituti di assistenza.

Sul tesseramento differenziato si è discusso molto in seno al passato Governo.

Una relazione riassuntiva, presentata dall’Alto Commissariato, potrà servire di base per ulteriori decisioni.

Passando ad altro campo dichiaro che il Governo considera come suo naturale dovere quello di fare opera di consolidamento e, quando occorresse, di difesa del Regime repubblicano, deliberato dal popolo nel referendum del 2 giugno. (Applausi).

Non riteniamo che a tale scopo sia necessario ricorrere ad una legislazione eccezionale. Basterà applicare contro quei funzionari che venissero meno al giuramento le sanzioni previste dalla legge sullo stato giuridico degli impiegati, applicare ai funzionari che si rifiutassero di prestare il giuramento un trattamento speciale che potrebbe essere analogo a quello della legge sulla smobilitazione delle Forze armate.

Le istituzioni repubblicane e le libertà democratiche troveranno una adeguata protezione nell’aggiornamento e rispettivamente nella riforma degli articoli 270-274; 276-279 e 290 del Codice penale, libro 2°, titolo I; nel richiamo in vigore, entro certi limiti opportunamente aggiornati, del decreto legislativo 26 aprile 1945, n. 195, e nell’applicazione del decreto legislativo 26 aprile 1945, n. 149.

Da varie parti si sollecita un regolamento della stampa, reso necessario dalla cessata applicazione delle leggi fasciste e dalle manchevolezze dei provvedimenti provvisori circa l’autorizzazione dei giornali ed il sequestro delle stampe pornografiche.

Uno schema di disegno di legge è stato nel frattempo preparato da una Commissione di studiosi e di giornalisti di ogni tendenza politica, all’uopo nominata dalla Presidenza del Consiglio, e servirà di base a quello definitivo che il Governo sottoporrà alla decisione sovrana di questa Assemblea, in armonia coi principî che la stessa Assemblea vorrà fissare nella nuova Costituzione.

Frattanto è già pronto il progetto per stabilire il procedimento per direttissima nei processi per diffamazione.

Nel trattamento della ex famiglia regnante ci atterremo alle direttive che fisserà la Costituente; il Governo è fin d’ora d’accordo di stabilire il divieto di residenza per l’ex-re, in quanto pretendente, e per i suoi diretti discendenti.

Convinti che l’Italia potrà rinascere dalla scuola, le nostre cure, a mano a mano che crescono i mezzi, si rivolgeranno sempre più verso l’educazione del popolo.

Per combattere il preoccupante analfabetismo del periodo bellico, si sono istituite, negli ultimi mesi, varie migliaia di nuove scuole elementari dello Stato, sdoppiando le classi numerose, e proprio ora si inizia a Roma un nuovo esperimento di scuola popolare per analfabeti adulti e disoccupati.

Disciplinati giuridicamente i patronati scolastici, li renderemo strumenti atti a rendere sempre più intima la collaborazione tra la scuola, la famiglia ed il Comune, mentre con i ruoli aperti assicuriamo ai maestri una maggiore dignità economica della loro funzione educativa.

Nella scuola secondaria abbiamo istituito nuove sezioni staccate, aumentando così la sfera d’azione della scuola statale, mentre venivano ridotte a poche unità le nuove parificazioni.

I prossimi concorsi, sia per maestri che per professori, permetteranno l’immissione di nuove e giovani forze nel campo della scuola, e una ristabilita severità degli esami servirà a rialzare il tono della scuola secondaria che è stato depresso dalle agevolazioni del periodo bellico. (Approvazioni).

Mentre la esiguità delle tasse scolastiche permette a tutti i figli del popolo di percorrere ogni grado di studio, una più rigorosa selezione dovrà eliminare gli inconvenienti della sovrapopolazione universitaria.

Lo Statosi propone nel contempo di aumentare i suoi sforzi finanziari per venire incontro alle disagiate condizioni dell’alta cultura universitaria.

Seguendo queste linee, intendiamo ridare al popolo italiano una scuola statale che, nello spirito della libertà, sia all’altezza delle sue tradizioni educative.

Onorevoli colleghi, l’incalzare del problema internazionale, che agita giustamente la coscienza nazionale e avvince l’interessamento dell’Assemblea, giustifica forse che io rinunzi a parlarvi diffusamente delle ragioni della crisi ministeriale e dei suoi sviluppi.

Sono ad ogni modo a vostra disposizione per rendervene conto, quando il dibattito lo dimostri necessario od opportuno.

Il mio proposito è stato duplice: cercare il massimo numero di consensi e di collaboratori nell’esclusivo interesse del Paese; aumentare l’efficienza del Governo, riducendo e semplificando i Ministeri e vincolando i Ministri a una solidarietà ministeriale più evidente. (Approvazioni).

Se non è riuscito di allargare la partecipazione al Gabinetto nella misura desiderata, credo tuttavia che nell’Assemblea sia cresciuto il senso di corresponsabilità che ci lega ai destini del Paese. Con questa Assemblea, che ha fatto opera così egregia e così poderosa nell’elaborare il progetto della nuova Costituzione e che si accinge al compito storico di dare alla Repubblica i suoi organi vitali permanenti, il Governo intende collaborare più strettamente anche nel settore della legislazione ordinaria. Uniremo i nostri sforzi per giungere più rapidamente che sia possibile a una nuova consultazione popolare, alla quale rimetteremo la decisione sui programmi massimi che in questo breve periodo costituente non riusciamo ad attuare. Siamo sicuri di avere fra tutti quei benemeriti colleghi, che hanno partecipato finora alle nostre fatiche ed ai quali invio un particolare ringraziamento, dei cooperatori oggettivi non solo per la loro competenza, ma soprattutto perché la loro esperienza li rende più atti a comprendere appieno la nostra fatica e la nostra devozione agli interessi del Paese.

La smobilitazione del Ministero dell’assistenza post-bellica è una misura rivolta a farci rientrare nella normalità amministrativa, ma non diminuisce per nulla il dovere e l’impegno che abbiamo di dedicare le più attente cure alle categorie finora affidate alla sua tutela. Il decreto relativo, già approvato dal Consiglio dei Ministri, contiene anche disposizioni tranquillanti circa gli attuali funzionari o impiegati del disciolto Dicastero.

Confido che l’unificazione del tesoro e delle finanze contribuisca a dare al Paese il senso di una direzione finanziaria unica e che la concentrazione dei Ministeri militari, esigenza fatale della nostra situazione, si compia gradualmente colla piena collaborazione dei tre organismi, fondendo assieme le virtù militari dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione.

In questo momento di forzata umiliazione, la Repubblica d’Italia risponde alle sanzioni di guerra non con un grido di rivincita, ma della guerra cancellando perfino il nome e sostituendolo colla Difesa, difesa che coll’apertura delle nostre frontiere, la demolizione delle nostre fortificazioni, pur di fronte ai potenti eserciti altrui, e colla riduzione dei nostri armamenti tecnici, è affidata ormai soprattutto al genio dei comandanti e al petto valoroso del nostro popolo in armi. (Applausi). La Repubblica dedicherà tutte le cure possibili a quest’ultima difesa che ci rimane, qualora l’organizzazione internazionale non riuscisse ad escludere, come auspichiamo, ogni aggressione, e terrà in onore i combattenti di ieri e i soldati di oggi affinché si sentano circondati dall’amore del popolo, anzi una cosa sola col regime popolare, il quale ambisce di trasfondere in sé tutte le nobili tradizioni del passato, facendole convergere al progresso della democrazia nazionale e di quella pacifica convivenza tra le genti, vicine e lontane, nella quale, nonostante tutto, sempre crediamo. (Vivissimi, prolungati applausi).

Discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. È aperta la discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il primo iscritto a parlare è l’onorevole Corbino. Ne ha facoltà.

C0RBIN0. Onorevoli colleghi, la condizione nella quale, come primo oratore iscritto sulle comunicazioni del Governo, io mi trovo, è, come voi potete facilmente intendere, estremamente difficile e delicata.

Io credo che nella esposizione che il Presidente del Consiglio ha fatto nei riguardi della firma del Trattato di pace vi sia una sottintesa preghiera all’Assemblea di non parlarne.

Poiché avrei il privilegio di essere o il solo, o uno dei pochi oratori che parlano prima della firma, non intendo abusare di questo privilegio. Ma il Governo e l’Assemblea mi consentano una brevissima dichiarazione, fatta a nome di coloro che, di fronte all’atto che il Governo andrà a compiere lunedì, si sono manifestati in senso contrario, od hanno delle legittime perplessità.

Credo che sia nell’interesse del Paese di separare nettamente la nostra responsabilità di Assemblea da quella del Governo. Ed è giusto che una voce in questo senso si levi dall’Assemblea dopo le accorate parole del nostro Presidente, che precedevano quelle con cui il Governo ci ha informato delle sue intenzioni. Perché, se nessuna voce si alzasse, domani si potrebbe dire che l’Assemblea col suo silenzio ha autorizzato la firma; e noi, per bocca dello stesso Presidente del Consiglio e per la sua stessa richiesta, come Assemblea non autorizziamo.

È un atto di responsabilità che il Governo compie come Governo, e noi sentiamo quanto debba pesare, a quegli uomini che vogliono il bene del Paese come noi, di dover assumere una responsabilità così tremenda di fronte a se stessi e di fronte alla storia.

La firma che lunedì il Governo apporrà al Trattato imposto è una firma che implica la sua responsabilità come implica la responsabilità degli altri, perché dei Trattati iniqui non è responsabile il Paese vinto, che è obbligato a firmare, ma sono responsabili i Paesi vincitori, che abusano delle loro forze. (Applausi a destra).

E, del resto, non è una firma in più o in meno che può deviare il corso della storia d’una Nazione, come l’Italia, che ha dato al mondo così largo contributo di civiltà, da potersi considerare la madre di quella che oggi costituisce l’essenza della civiltà moderna.

Ecco perché, o signori del Governo, vi parlo non come capo d’un gruppo di oppositori, perché, come tale, non potrei darvi la mia solidarietà; vi parlo come uomo di cuore o di sentimento, ed in tale qualità la solidarietà ve la do intera. Io vi dico: «Fate il vostro dovere, secondo la vostra coscienza. Avete ancora delle ore. Credo che la vostra decisione si debba considerare come definitiva. Ma pensate! Per conto mio non faccio che una sola invocazione per voi e per il Paese: Dio vi illumini e Dio assista il nostro Paese». (Applausi).

Dopo di che, per la logica stessa di quello che ho detto, faccio le mie osservazioni sulle comunicazioni del Governo. Rientriamo nella normalità.

Noi siamo di fronte ad un Governo nato da una crisi, che è stata chiamata una inutile crisi e che si è risolta con quello che lo stesso Presidente del Consiglio ha definito come matrimonio di convenienza. Io la chiamerei piuttosto una mancata separazione di convenienza, perché i due principali esponenti delle forze politiche del Governo sono rimasti uniti; non sappiamo se nelle intenzioni d’una parte o dell’altra o di tutt’e due vi fosse desiderio o timore di doversi separare. Il Governo si presenta, dunque, dopo una crisi che non si può considerare inutile.

Per me, nella situazione politica attuale dell’Italia, le crisi non sono inutili, perché portano sempre a un processo di chiarificazione, portano sempre ad eliminare degli equivoci, possono portare anche ad un miglioramento della struttura tecnica dei Governo.

Dal punto di vista tecnico, noi abbiamo uno snellimento del Governo. È scomparso il Ministero dell’assistenza post-bellica; e sia lodato Iddio! (Si ride). Si è arrivati alla fusione tra finanze e tesoro, sulla quale dal punto di vista tecnico, potrei anche fare qualche riserva. Ma il Presidente del Consiglio aveva a portata di mano l’uomo di coraggio che si assumesse questo compito, e bene ha fatto ad attuare una unificazione che più tardi sarebbe stata difficile. Coraggio notevole, per l’onorevole Campilli, il quale avrà da fare con quattro Sottosegretari di provenienza diversa, e metterli d’accordo sarà una delle fatiche più grosse che egli dovrà affrontare. (Commenti).

C’è poi – e anche su questo mi permetto di fare delle riserve – l’unificazione delle forze militari, perché ho paura che le ancora giovanili spalle dell’onorevole Gasparotto non possano agevolmente sopportare il grave peso che in questo momento gli imporranno i problemi di ordine tecnico e politico che sono connessi al funzionamento delle Forze armate.

Mi ricordo che una volta egli mi parlava di una macchina per raddrizzare i chiodi che aveva visto in una esposizione. Se ora l’avesse, gli potrebbe essere di grande aiuto in questa situazione. (Si ride).

GASPAROTTO, Ministro della difesa. La sto cercando in questi giorni!

CORBINO. Nel complesso il Ministero è il risultato di una dosatura molto precisa, in cui si è fatto ricorso a bilance, credo, atte a misurare il peso del nucleo; perché ad un certo momento non sono bastate più le risorse della fisica, e si è pensato di ricorrere alla matematica con il calcolo della probabilità, estraendo eventualmente a sorte due Alti Commissariati fra i partiti che sono entrati al Governo. (Si ride).

Comunque, la dosatura è stata quella che è stata, e il Governo ci si presenta con la capacità di fare per lo meno quello che faceva il Governo precedente. (Si ride). Ecco perché io giudico che le crisi siano utili. Non è vero, badate bene, che durante le crisi non si risolvano dei problemi. Dalla caduta del secondo Ministero Bonomi ad oggi l’Italia ha fatto cinque grosse crisi, della durata media – compreso il periodo di incubazione e di completamento del programma – di quasi quattro settimane ciascuna, di maniera che in centodieci mesi abbiamo avuto ventidue mesi di crisi. Ora, io mi sono divertito a sfogliare i giornali dei periodi di crisi e quelli dei periodi di ministeri, diciamo così, a piena carica. Nei periodi di crisi il Paese è più tranquillo; ci sono meno agitazioni, ci sono meno disordini.

Badate, non voglio dire con questo che il Governo è causa delle agitazioni; ma non v’è dubbio che resistenza di un Governo in piena carica non è elemento necessario per avere il Paese in ordine.

Ma la crisi ci ha insegnato altre cose; e comincio subito da una di esse. Voi ricorderete che all’ottavo giorno vi fu un colloquio fra il Presidente del Consiglio e l’onorevole Togliatti, l’uno tornato dagli ozi di Castel Gandolfo, l’altro tornato da Milano, colloquio dopo il quale l’onorevole Togliatti, uscendo dalla Camera del Presidente del Consiglio, dichiarò: «Si sono fatti dei passi avanti; dipende dal Presidente del Consiglio sapere sfruttare il successo già conseguito, cercando di non umiliare gli altri partiti che devono far parte della combinazione». Poi l’onorevole Togliatti aggiunse: «Ho parlato anche della eventualità della formazione di un Ministero esclusivamente democristiano; ho avvertito il Presidente De Gasperi che questa eventualità ci troverebbe nettamente avversi e che la sua realizzazione potrebbe esporre a seri rischi la Repubblica e, credo anche, la pace interna».

Prego l’onorevole Togliatti di perdonarmi se non sono preciso nella citazione, perché è fatta a memoria; non vorrei essere inesatto.

Ora, mi consenta l’onorevole Togliatti di fargli osservare una circostanza, che, a mio giudizio, ha una notevole gravità. Egli ha detto: Un Ministero democristiano ci troverebbe nettamente avversi e ne potrebbero derivare pericoli per la Repubblica. Ora, per la Repubblica in genere, di pericoli ne vedo due: o il ritorno della monarchia, o una guerra civile che sbocchi in una dittatura. Siccome escludo che l’onorevole Togliatti, per vendicarsi di non essere entrato nel Governo, potesse volere instaurare di nuovo la monarchia, devo arrivare alla conclusione che egli potesse anche minacciare la dittatura.

Credo che questo non sia certamente nella concezione dei Paesi democratici. Sono convinto che noi avremmo fatto un gran passo avanti nel consolidamento della democrazia in Italia, quando anche i colleghi del settore comunista, di fronte a possibilità di combinazioni nelle quali essi non potessero entrare, rispondessero: «Le condizioni perché noi si faccia parte del Governo sono queste; se non le accettate, staremo alla opposizione».

Mi auguro che questo giorno venga presto, non perché voglia augurare all’onorevole De Gasperi una crisi imminente, ma perché mi preme di assicurare alla democrazia italiana questo elemento di vitalità.

TOGLIATTI. Non ho mai detto niente di diverso (Commenti).

CORBINO. Prendo atto.

V’è poi un secondo aspetto della crisi che merita di essere rilevato e che, a momenti, pareva dovesse mandare a gambe all’aria tutta la fatica dell’onorevole De Gasperi. Alludo al famoso articolo dell’onorevole Togliatti.

Io, badate bene, conosco, perché l’ho avuto per otto mesi collega al Governo e vicino di destra, l’onorevole Togliatti (Si ride); dico, vicino alla mia destra, per ragioni di gerarchia, e so che possiamo attribuirgli la massima buona fede quando egli ha detto che non intendeva menomare per nulla la personalità dell’onorevole De Gasperi. Forse, nello scrivere, le cose hanno preso una forma tale che non hanno nettamente espresso il suo pensiero. Voglio immediatamente aggiungere all’onorevole De Gasperi che, per parte nostra, non abbiamo aspettato quello che fu definito il «certificato di buona condotta» di Togliatti, per dare all’onorevole De Gasperi la certezza assoluta che lo giudichiamo incapace di potere, non dico cedere, ma soltanto accettare di discutere sulla indipendenza del Governo italiano e dell’Italia rispetto a rapporti che passano con qualsiasi potenza straniera.

Ma l’episodio ha un valore significativo, che è illustrato non tanto dall’articolo dell’onorevole Togliatti, quanto dai manifesti che sono apparsi sui muri qua e là: quello cioè che sia un delitto di lesa Patria da parte nostra avere delle simpatie per Paesi che hanno un certo tipo di civiltà. Ora, io riconosco a voi il diritto di condividere e propagandare l’ideologia comunista e quindi di avere delle simpatie per quegli Stati che questa ideologia hanno, in certo senso, concretizzato; ma vi chiedo di lasciarci il diritto di nutrire simpatie per i Paesi nei quali noi troviamo quello che c’è di sopravvissuto nella latinità, quello che c’è di più eterno nella cristianità. (Approvazioni).

È il diritto al rispetto delle ideologie reciproche quello che io domando. Purtroppo noi siamo oggi nella situazione molto curiosa che la guerra, la quale è stata condotta contro i totalitarismi, si è potuta vincere soltanto con l’aiuto di un paese totalitario; di maniera che il totalitarismo è stato sconfitto da una parte, ma ha vinto dall’altra, e quindi il mondo è ancora oggi, relativamente, più diviso di quanto non lo fosse nel 1939, tanto che noi ci possiamo anche domandare ad un certo punto: «E perché si è fatta la guerra?»

Ecco la ragione delle crisi che noi tutti attraversiamo. Ed è una ragione per la quale ciascuno di noi pensa che l’altro sia non un semplice simpatizzante, ma, qualche volta, un agente. Io ritengo che non possa essere messa in dubbio la nostra buona fede. Aggiungete poi che, rispetto alle nostre simpatie, è naturale che noi le manifestiamo per i paesi che hanno una civiltà più affine alla nostra, che per una ragione umana sono i soli paesi dai quali abbiamo avuto, non dirò delle cose, ma anche delle buone parole; mentre dall’altro lato, oh, Dio!, non abbiamo ricevuto niente o, se vogliamo essere sinceri, per via indiretta, stiamo ricevendo i profughi di Pola. (Applausi a destra).

Il programma del Governo, come tutti i programmi di Governo, è necessariamente generico. Questa volta poi, sulla genericità, influiva la esistenza di un argomento predominante, che per la sua enorme dimensione fatalmente faceva passare in seconda linea tutto il resto. Il programma è però interessante non soltanto per quello che dice in senso positivo, ma anche per quello che non dice, né in senso positivo, né in senso negativo. Va dato atto all’onorevole Presidente del Consiglio che egli non ha fatto proprie, cioè non ha fatto del Governo, alcune proposte avanzate da due dei gruppi che hanno formato il Governo medesimo, ed ha lasciato quindi al suo Governo non dirò il carattere di Governo di pura e semplice amministrazione, ma di Governo che sente la tremenda difficoltà di uscire dalla pura e semplice amministrazione.

Non vorrei che questa, diciamo così, disintossicazione del programma ministeriale avesse un significato politico; o meglio potrei anche rallegrarmene se lo avesse, perché in sostanza è vero che il Ministero è stato formato con un partito di meno, il Partito repubblicano, è vero che vi è stata quella tal presa di posizione dell’onorevole Saragat, ma è anche vero che l’onorevole Saragat fece in sede preventiva una dichiarazione di solidarietà dei partiti di sinistra circa la permanenza dei comunisti al Governo.

Il problema che ci si pone dal punto di vista politico è questo: la dichiarazione di solidarietà che, a mio giudizio, i partiti di sinistra, i quali non fanno parte del Governo, hanno fatto bene a fare, perché ciascuno deve assumere la sua parte nelle assemblee politiche; questa dichiarazione di solidarietà, è essa un mezzo con cui il partito comunista chiede di poter conservare un controllo anche sugli altri partiti – controllo, badate bene, nella forma, diciamo così, di collaborazione più intima – o non è invece un mezzo con cui, per ragioni di gratitudine, il partito comunista dovrà rinunziare a qualche cosa delle sue affermazioni nettamente programmatiche?

Io pongo il quesito e non ho nessuna intenzioni di risolverlo per conto mio, né di pretendere che gli amici del partito comunista lo risolvano di fronte all’Assemblea.

Sarà il prossimo avvenire che ci dirà come la realtà delle cose si svolgerà, cioè a dire sarà il prossimo avvenire che ci dirà quale grado di efficienza avrà raggiunto l’azione governativa per effetto di questo mutamento di posizioni relative dei gruppi che compongono la maggioranza e dei gruppi che sono all’opposizione.

Nel programma del Governo – voi lo avete sentito come l’ho sentito io – alcune cose non vi sono, e sono lieto che non vi siano. Per esempio, si parlava di estendere il razionamento, ed era questa una preoccupazione per tutti; si parlava di altre riforme; ma in verità, dopo gli esperimenti che abbiamo fatto – e mi rendo conto della perplessità del Governo in materia di tesseramento – io credo che sia il caso di andare con i piedi di piombo in eventuali allargamenti dei compiti dello Stato, perché purtroppo l’esperienza mostra che, per un complesso di cause che tutti conosciamo, pretendiamo di dare allo Stato dei compiti che sono superiori alla sua capacità organizzata in questo momento.

Mi basta citare un esempio (me lo consenta l’amico Scoccimarro, che aveva fatto sforzi notevoli per uscire dalla situazione di cui parlerò) ricordando che in Italia esiste il monopolio dei tabacchi. Sapete tutti, meglio di me, come funziona questo monopolio: le rivendite di tabacchi sono il solo posto in cui, se non si è muniti di una tessera, non si possono comperare più di due pacchetti di sigarette per settimana, mentre fuori ne potete anche caricare un camioncino e chiedere eventualmente anche la scorta della forza armata. (Si ride).

Questo dimostra che esiste negli organi dello Stato una malattia piuttosto costituzionale, che è dovere del Governo e dovere dell’Assemblea di curare nei limiti massimi consentiti dalle circostanze.

Non entro nel campo politico, perché non voglio tediare l’Assemblea, che penso sia piuttosto stanca dopo una lunga seduta; ma consentite che mi soffermi su quella parte della politica del Governo che mi è parsa la meno chiaramente tracciata, cioè a dire la politica economica e finanziaria.

Mi è parsa la meno tracciata, e mi rendo conto delle difficoltà che il Governo doveva superare per tracciarla un po’ più dettagliatamente. È una politica, dice il Governo, di rafforzamento delle entrate. D’accordo. Già parecchio si era incominciato a fare, ma molto di assai importante c’è ancora da fare. Ma la politica finanziaria, per quello che concerne le entrate ordinarie, non può prescindere dall’andamento generale della politica economica del Governo. E fino a quando noi, attraverso particolari forme di politica economica, manteniamo quasi intatta una bardatura di guerra che il Paese si leverebbe molto volentieri di dosso, il Ministro delle finanze avrà poche speranze di vedere aumentate le entrate; perché, in sostanza, oggi accade che le entrate sulle quali il fisco aveva il diritto di prendere qualche cosa sono scomparse, avendole la legge praticamente soppresse con il blocco dei prezzi, con il blocco delle tariffe dei servizi pubblici, e con altri blocchi, mentre i soli settori nei quali esistono redditi sono i settori extralegali, rispetto ai quali il fisco non ha possibilità di fare niente, perché prima che arrivi l’agente delle imposte, bisogna ch’e sia chiamato in causa il Procuratore della Repubblica.

Ci troviamo, dunque, di fronte alla impossibilità di aumento immediato delle entrate, e quanto alla diminuzione delle spese non mi faccio nessuna illusione, non perché non creda gli uomini che sono al Governo capaci di ridurre le spese, ma perché sono gli eventi che non lo consentiranno. Durante la formazione del Governo – (di questo Governo che si raffigurava in una specie di statua di Budda che doveva stare sopra un perno) – si diceva: «niente spostamento della base a destra»; ora credete pure che la politica di freno alle spese è una politica di destra ed allora, siccome voi avete voluto fare un Governo di sinistra – ed avevate il diritto di farvelo – non vi illudete di fare una politica di freno alle spese: la sinistra, da che mondo è mondo, ha fatto sempre aumentare le spese. (Commenti).

Resta il problema non tanto della politica finanziaria, come ex-Ministero delle finanze, quanto della politica finanziaria, come ex Ministero del tesoro: e la situazione non mi pare eccessivamente rosea. Il Governo non ha detto niente e ci ha lasciati arbitri di pensare quello che vogliamo in base a quei dati scarnificati che sono ordinariamente pubblicati nelle statistiche, dati che si possono, in termini molto elementari, sintetizzare così: spese previste all’incirca 750-800 miliardi; entrate ordinarie previste all’incirca 350 e forse anche 400 miliardi per il 1947-48; debito di tesoreria, se le spese non aumenteranno, cosa che richiede per lo meno qualche riserva, 400 miliardi almeno. Il che significa che il Governo, o meglio, per il Governo il Ministro delle finanze e del tesoro dovrà risolvere il problema che ogni buona madre di famiglia purtroppo deve risolvere quotidianamente: dove trovare da 35 a 40 miliardi al mese in più di quelli riscossi per fronteggiare gli oneri del bilancio ordinario e straordinario? Come si risolverà questo problema? Mistero! C’è l’annuncio di una imposta sul patrimonio imminente. Io ho già detto che l’imposta sul patrimonio non potrà mai risolvere il problema di cassa, perché ci vuole del tempo prima che sia accertata e riscossa. Occorrono quindi altre misure. Evidentemente le altre misure non possono essere che i debiti. È inutile farsi illusioni: bisogna fare debiti e non bisogna aver paura di farli. I nostri nonni, in condizioni non molto diverse di queste, non ebbero paura e fecero l’Italia. O perché dovremmo aver paura noi? Ma i debiti bisogna saperli fare, ed è probabile che il Governo li saprà fare. Io mi auguro che li sappia fare; ma dalle dichiarazioni del Governo, fino a questo momento, non ne sono affatto convinto. Il Presidente del Consiglio dice: rinviamo all’epoca in cui sarà stabilita l’imposta sul patrimonio la decisione definitiva sul cambio della moneta. Consentitemi che non insista molto su questo motivo, per ragioni di ordine personale, perfettamente comprensibili.

Mi viene un dubbio: la crisi è durata a lungo. Quanto tempo avrebbe dovuto durare di più per sapere dal Governo, all’atto delle sue dichiarazioni, se il cambio della moneta si farà o non si farà? Ed allora mi viene un altro dubbio: dissi che il cambio della moneta non si doveva fare e me ne sono andato; Scoccimarro disse che il cambio della moneta non si doveva fare e se ne è andato; è probabile che Campilli abbia detto: «per il sì e per il no, noi stiamo zitti, perché altrimenti me ne dovrò andare anch’io». (Si ride). Ma, così, il problema non si risolve ed il Paese attende una decisione su questo punto; l’attende tanto più in quanto esso è collegato strettamente con l’imposta sul patrimonio e con le possibilità di affluenza dei mezzi al Tesoro. È evidente che il giorno in cui si dirà che il cambio della moneta non si farà più, nasce un piccolo terremoto nella politica finanziaria italiana, che negli ultimi tre mesi è stata impostata sul presupposto del cambio. Ed allora, bisogna cambiare, perché non si può più estendere l’imposta sul patrimonio ai depositi bancari e non la si può estendere neppure ai titoli di Stato.

SCOCCIMARRO. È proprio sicuro, onorevole Corbino?

CORBINO. È la mia opinione. Se l’onorevole Scoccimarro ne ha un’altra, noi siamo qui per sentire tutte le opinioni. Soltanto immagino che il giorno in cui voi vi dovrete decidere ad esentare i titoli dall’imposta sul patrimonio, dovrete fare un passo avanti e annullare l’ultimo prestito, che in tanto è stato emesso, in quanto c’era il presupposto del cambio e dell’imposta sui titoli di Stato, altrimenti voi esporrete il credito dello Stato ad un danno enorme, che non è soltanto un danno nei riguardi di coloro che hanno sottoscritto, ma è un danno nei riguardi del credito dello Stato, cioè a dire del mezzo maggiore – dico di più, del solo mezzo – che abbia oggi il Ministro del tesoro per risolvere il problema affannoso della tesoreria, senza mettere in circolazione ancora masse enormi di denaro.

Il Presidente del Consiglio ha parlato degli accordi di Bretton Woods. È necessario che l’Italia vada a Bretton Woods, ma ci deve andare con un mercato monetario già rassettato. E vi dico di più: non è soltanto per Bretton Woods che bisogna rassettare il mercato monetario. L’Europa va incontro ad un temporale monetario senza precedenti. Nel mese di agosto scadrà il termine di un anno contemplato dall’accordo anglo-americano per il prestito di 3 miliardi e 750 milioni di dollari degli Stati Uniti alla Gran Bretagna. In base ad una clausola di quel prestito, a metà di agosto la sterlina dovrà diventare una moneta spendibile in tutto il mondo. Cesserà l’area della sterlina. Ora, non è che noi si voglia augurare il male degli altri, ma la situazione economica reale è quella che è. Io non voglio dire quello che potrà accadere, ma è certo che noi per quell’epoca dobbiamo avere già messo il nostro sistema monetario al coperto da qualsiasi rischio, perché è buona regola di ogni capitano di nave che quando le tempeste si avvicinino cominci a prendere le precauzioni che sono necessarie per fronteggiarle. (Approvazioni a destra).

Quindi andiamo a Bretton Woods, ma andiamoci forti come è necessario che ci si vada, e si faccia quella politica monetaria e finanziaria che occorre per essere forti.

Un’ultima considerazione e ho finito, perché credo di avere forse abusato della vostra pazienza.

Su quali risorse può contare il Tesoro per uscire da questa situazione? Cinquecento miliardi circa occorrono fino al dicembre 1947. Il mercato interno non potrà dare questa cifra. Badate, non la può dare non nei riguardi dei valori mobiliari, perché è un errore immaginare che i valori mobiliari possano fornire al Tesoro i mezzi che gli occorrono per sanare il deficit. I valori mobiliari sono già stati quasi tutti mobilitati dal Tesoro o sotto forma di buoni del tesoro ordinari, o sotto forma di conti correnti bancari, o sotto forma di anticipazioni bancarie, o sotto forma di biglietti di banca tesaureggiati, perché, pare impossibile, ma c’è ancora della gente che, malgrado lo slittamento continuo della nostra moneta, ha ancora fiducia in questa lira e continua a conservare dentro le damigiane i biglietti dello Stato Italiano. Quello che oggi il Governo deve mobilitare è il capitale circolante sotto forma di beni, di scorte che esistono da per tutto. Con questi capitali circolanti, uniti alla formazione del nuovo risparmio, che sarà più copioso il giorno in cui la gente avrà la certezza che se mette da parte una lira mette da parte veramente una lira e non una quantità evanescente nel tempo, sì e no si arriverà a 300 miliardi. Con uno sforzo ci si può arrivare. E gli altri 200? Gli altri 200, o colleghi, bisogna trovarli fuori. Bisogna trovarli dove è possibile trovarli. Io non voglio sottovalutare i risultati economici del viaggio del Presidente De Gasperi negli Stati Uniti, perché l’ordine di grandezza degli aiuti che gli sono stati promessi incondizionatamente non è trascurabile; ma ci vuole dell’altro. E quest’altro noi lo potremo avere ad una sola condizione: quella di dimostrare di sentire per il nostro Paese un attaccamento più forte che per il nostro partito.

Quando questa condizione sarà stata realizzata, il credito di tutto il mondo verrà all’Italia, perché fra i Paesi del mondo che più hanno sofferto dalla guerra, l’Italia mostra di avere attitudini di sopravvivenza, di vitalità, di avere il desiderio di vincere tutte le avversità, che solo nella vecchia Inghilterra possono trovare un punto di paragone.

Noi stiamo ricostruendo, o colleghi, più di quanto comunemente si creda, e ciascuno di voi, viaggiando sulle strade ferrate o sulle grandi arterie rotabili, può notare che ogni giorno c’è qualche cosa di più: lì c’è un tetto rifatto, lì c’è una capanna ricostruita, lì è un campanile che risorge, qui è un palazzo o un ponte che ritornano alla vita economica, a soddisfare i bisogni imprescindibili delle nostre genti.

E questo è il risultato dell’azione lenta, ma inesorabile, della volontà dei singoli individui, che talvolta devono anche, non dico rassegnarsi a rinunziare all’aiuto del Governo, ma anche vincere le resistenze che inconsapevolmente l’azione governativa oppone alla singola attività degli individui.

Ed allora, o colleghi, se questi sono gli elementi obiettivi, io ritengo che possiamo e dobbiamo aver fede nel nostro Paese. Per ragioni strutturali e per uno svolgimento logico della vita parlamentare, noi siamo all’opposizione del Governo, ma questa opposizione concepiamo come forma di critica positiva, costruttiva.

Che cosa potrebbe succedere se il Governo smentisse tutte le nostre previsioni e facesse bene? Nessuno sarà più contento di noi, perché quello che avremmo perduto come oppositori, sarebbe ben piccola cosa di fronte al di più che avremmo guadagnato come italiani. (Vivi applausi a destra).

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato a lunedì prossimo.

Interrogazioni e interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se per le opere pubbliche da eseguire in Sicilia sono state date istruzioni precise perché sia data la precedenza ai lavori urgenti e siano completati quelli iniziati e lasciati in sospeso. In provincia di Messina i comuni di Antillo, Limino, Roccafiorita non hanno ancora strade rotabili di accesso e rimangono durante il periodo invernale isolati e privi di qualsiasi comunicazione. Esistono lavori iniziati da qualche decennio e ancora incompleti.

«L’interrogante chiede, inoltre, di sapere se, dato il carattere di urgente e inderogabile necessità di dette opere, il Ministro voglia far disporre il finanziamento completo dei lavori in corso e da eseguire, perché si proceda alla soluzione di uno dei problemi più gravi della Sicilia, quale quello delle strade, almeno per i comuni del tutto privi di collegamento con le strade rotabili nazionali e provinciali.

«Trimarchi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se il Governo non intenda con apposito provvedimento estendere agli orfani della guerra 1915-18 il beneficio del 50 per cento delle assunzioni disposto dal decreto 4 agosto 1945 per i combattenti ed orfani della guerra 1940-1943.

«Non si spiega perché gli orfani della grande guerra debbano essere esclusi da tale beneficio, quando le condizioni di essi sono eguali e forse peggiori di quelle degli orfani della recente guerra.

«Trimarchi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’agricoltura e foreste e della marina mercantile, per chiedere con urgenza:

  1. a) come e perché, nonostante la istituzione del Ministero della marina mercantile, la divisione della pesca sia rimasta ancora al Ministero dell’agricoltura e foreste;
  2. b) perché, nonostante precedenti richieste, ancora non sono stati emanati i provvedimenti urgenti indispensabili per la repressione della pesca di frodo, che va distruggendo il patrimonio ittico.

«Riccio Stefano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere quali provvedimenti intenda prendere per evitare l’inconveniente, gravissimo, specie in questi tempi d’inflazione e carovita, conseguente al fatto che la liquidazione della pensione avviene oltre un anno dopo che l’agente ferroviario ha cessato il servizio. E se non crede possibile, per ovviare alle tristi condizioni in cui questa lungaggine precipita il ferroviere in quiescenza, iniziare le pratiche relative alla pensione almeno un anno prima del giorno, facilmente individuabile, in cui l’agente andrà in pensione.

«E se, accettando tale principio, non ritiene conforme a giustizia applicarlo immediatamente a tutti, rinviando, del tempo necessario, l’invio in pensione dei ferrovieri, il cui rapporto di lavoro o d’impiego dovesse venir a cessare entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento invocato.

«Morini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere: se non ritiene urgente giungere alla sistemazione dei ferrovieri colpiti dalle leggi fasciste e se non ritiene che unica via, per impedire che la trafila burocratica trasformi un atto di giustizia e di solidarietà in una procedura esasperata ed esasperante del caso per caso, stia nel capovolgere la situazione giuridica, ritenendo licenziati per ragioni politiche tutti i ferrovieri colpiti dai provvedimenti fascisti del 1922 e del 1923, salvo il diritto all’Amministrazione ferroviaria d’impugnare singolarmente le riammissioni dei ferrovieri, che essa ritenga esser stati allontanati dal servizio per motivi diversi da quelli politici; se non ritiene conforme a giustizia estendere le disposizioni di riammissione, prese o da prendere, anche ai ferrovieri licenziati dal Ministero Facta a seguito dello sciopero agosto 1922; se infine – nel caso che non credesse di poter accettare il principio dell’inversione della presunzione – non ritiene indispensabile – per una più sollecita definizione delle pratiche – eliminare, con chiara disposizione legislativa, la disposizione aberrante, in forza della quale, per la riammissione definitiva in servizio, occorrono atteggiamenti antifascisti dell’agente, anche nel periodo che va dalla marcia su Roma al giorno del licenziamento.

«Morini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se non ritiene urgente:

  1. a) riorganizzare tutta la materia del risarcimento danni ai nostri connazionali in Africa Orientale Italiana eliminando il formalismo burocratico (specie la documentazione ingombrante ed inutile) che intralcia ed esaspera senza alcun costrutto pratico ed introducendo, invece, nuovi criteri deduttivi, che permetterebbero un lavoro sollecito e sbrigativo e liquidazione rispondente, almeno in parte, alla realtà dei danni subiti;
  2. b) dotare gli uffici di locali, che permettano all’unica divisione (la 4a) – che attualmente lavora faticosamente con funzionari ottimi e fattivi e con un capo valoroso e preparato – di sviluppare la propria attività, eliminando l’inconveniente di dover lavorare, pigiati, in stanze insufficienti, con pacchi di pratiche sotto ai tavoli, nonché di essere affiancata dalle altre tre divisioni, oggi praticamente ferme per mancanza di locali, in modo di poter far fronte alle necessità d’espletamento delle pratiche attualmente ammontanti ad oltre 70.000; pratiche che aumentano di 150 al giorno e che vengono smaltite con una media giornaliera di 15-20, di modo che – continuando con tale ritmo – si giungerà alla liquidazione totale fra 20 anni.

«Morini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se non ritiene urgente provvedere alla riorganizzazione del servizio pensioni di guerra e infortunati civili, riunendo le varie sezioni – oggi disseminate in quattro edifici lontani l’uno dall’altro – in un unico edificio, in modo di poter coordinare le varie branche ed attività ed iniziare un sollecito lavoro di espletamento delle 550.000 pratiche che attendono la definizione, ponendo fine in tal modo ad inconvenienti gravissimi quali quelli di mucchi di pratiche e di documenti accatastati e dell’esistenza, in via Stampatori 8, del casellario dei fascicoli di via Flaminia 388.

«Morini».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere, se gli è nota la lungaggine burocratica che intralcia l’evasione delle domande di pensione per tubercolotici di guerra, e se intende prendere provvedimenti affinché le Commissioni pensioni di guerra lavorino più speditamente, senza far attendere oltre chi, combattendo una guerra ingiusta, ne porta le conseguenze peggiori.

«Cavallotti, Scotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del commercio con l’estero, dell’industria e commercio e delle finanze e tesoro, per conoscere:

quali ragioni possano aver determinato la riduzione del contingente di carta d’importazione svedese, che, nel corso della discussione del trattato commerciale concluso con la Svezia, era stato previsto in 20.000 quintali per il 1947, mentre in realtà è stato poi ridotto a soli 10.000 quintali;

se sia esatta la notizia secondo la quale delle cartiere dell’Alta Italia si rifiutano di versare la tassa pagata da alcune categorie di acquirenti di carta, sotto la voce di «Tasse Ente Cellulosa e Carta», e se non ravvisino in questo rifiuto un vero e proprio reato di appropriazione indebita che le cartiere commettono nei riguardi di un Ente parastatale;

quale fondamento abbia la notizia secondo la quale il Ministero dell’industria e commercio si sarebbe reso promotore della soppressione pura e semplice dell’Ente nazionale per la cellulosa e la carta, anziché prendere l’iniziativa di trasformarlo in un organismo atto a svolgere i nuovi compiti imposti dalla grave situazione della carta che potrà essere risolta soltanto con larghi acquisti da effettuarsi sui mercati esteri, valendosi dell’attrezzatura e dei mezzi finanziari di cui dispone l’Ente suddetto.

«Benedetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, sulla possibilità da parte dei comuni montani produttori di energia idroelettrica ed in particolare dei comuni valtellinesi di istituire un diritto fisso sulla produzione locale di energia giusto quanto contempla il recente provvedimento in materia di finanza locale approvato dal Governo ma ancora allo studio alla Costituente, ciò allo scopo di venire fattivamente in aiuto dell’economia di detti comuni che versa in condizioni precarie.

«E sulla possibilità che detti comuni possano, nell’attesa, applicare senz’altro all’energia elettrica esportata il diritto del 5 per cento sul valore in base all’articolo 41, comma secondo, della legge 8 marzo 1945, n. 62, controllando l’energia in base ai chilovattore prodotti e non ai cavalli nominali.

«Pajetta Giuliano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per sapere se non sia un preciso dovere del Governo verso i minorati di guerra e le famiglie dei Caduti procedere con la più intensa celerità alla liquidazione delle pensioni di guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carratelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere quali provvedimenti di urgenza il Governo intenda adottare per riparare alla gravissima ingiustizia derivante dalla esclusione di partecipazione ai concorsi per insegnamento dell’ordine medio delle scuole, riservati ad alcune categorie, di coloro che, pure avendo tutti i titoli necessari, erano stati esclusi dai concorsi banditi con decreto ministeriale 28 dicembre 1942, non avendo il requisito allora richiesto della iscrizione al partito fascista.

Il Ministro della pubblica istruzione, al quale l’interrogante ha rivolto una interrogazione in merito, ha risposto che il Ministero non era competente ad apportare modifiche di propria iniziativa alle disposizioni del decreto legislativo 26 marzo 1946, n. 141, ai sensi del quale verranno banditi i concorsi, contenendo esso decreto disposizioni d’ordine generale per tutti i rami delle Amministrazioni dello Stato.

«Ora risulta che, invece, il Ministero della giustizia, in occasione del concorso a 150 posti di notaio, bandito con decreto 7 giugno 1946 (Gazzetta Ufficiale n. 133, del 10 giugno 1946, pagina 1351), ha disposto giustamente che a tale concorso erano ammessi «coloro che non poterono partecipare a precedenti concorsi per effetto esclusivo della mancata iscrizione al partito fascista».

«In conseguenza pare, senza dubbio alcuno, giustificato che di urgenza vengano emanati dal Governo dei provvedimenti, perché anche per i concorsi del Ministero della pubblica istruzione vengano ammessi, insieme alle categorie speciali, anche coloro che non poterono partecipare ai concorsi banditi con il già indicato decreto ministeriale 28 dicembre 1942, per mancanza d’iscrizione al partito fascista.

«Se ciò non avvenisse, si arriverebbe all’assurdo giuridico e morale per cui lo Stato repubblicano verrebbe a preferire negli impieghi i già appartenenti al partito fascista a coloro che per dignità e coerenza con la loro fede preferirono i più gravi sacrifici alla umiliazione morale che veniva loro imposta.

«Sta in fatto che questi laureati «perché non fascisti» non hanno potuto partecipare ad alcun concorso, rimanendo sino ad ora completamente dimenticati e continuando a sopportare situazioni di grave disagio morale ed economico, mentre non pochi loro colleghi, coetanei e con eguale anzianità di laurea, sono diventati e possono diventare, «perché già fascisti», impiegati di ruolo dello Stato, in esecuzione del predetto concorso del 1942.

«Si confida che delle immediate disposizioni saranno adottate per sanare una situazione che offende la equità e la giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per sapere a che punto sono le revisioni dei redditi di ricchezza mobile dell’industria della pesca e in particolare di quelli della vallicultura, e se il Ministero intende ancora esentare la pesca e in particolare la produzione ittica valliva dal pagamento dell’imposta fino al 70 per cento del reddito, come secondo la precedente disposizione fascista, che rimonta al 1941 e scaduta alla fine del 1946.

«Si deve segnalare a tale proposito il fatto, di cui i dati possono essere confermati dai competenti uffici imposte, che fino ad oggi, alle valli da pesca, in seguito alla summenzionata esenzione, è stata applicata l’imposta di ricchezza mobile su di un reddito medio inferiore alle 200 lire per ettaro mentre esse hanno, ai prezzi attuali del pesce di 300 e fino di 500 lire al chilo, produzioni per ettaro anche di 20 mila lire di valore, con relativamente scarse spese di manutenzione delle valli, e scarsissime di manodopera impiegata in tale attività, per ragioni tecniche in misura assolutamente insignificante. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quanto vi sia di vero nella notizia, secondo cui in occasione della recente visita del Sottosegretario Spano a Venezia, una rappresentanza di vallicultori avrebbe ad esso richiesto un contributo da parte dello Stato di molte centinaia di milioni per migliorare la produzione ittica delle valli, in gran parte di proprietà privata.

«Ove ciò fosse, l’interrogante richiede il parere del Ministero su tale questione, facendo presente il carattere assolutamente antieconomico della produzione ittica valliva, dal punto di vista nazionale, e quanto sarebbe, nel caso, più opportuno assegnare contributi per i progetti di bonifica, così arretrati e male eseguiti sulla costa della pianura padana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per sapere se, con riferimento all’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 26 marzo 1946, n. 221 – che, nelle controversie non ancora definite per la determinazione del valore venale in comune commercio della ricchezza a qualunque titolo trasferita in dipendenza di successioni apertesi e di atti pubblici stipulati entro il 31 marzo 1945, ovvero di scritture private registrate entro lo stesso termine, dava facoltà all’Amministrazione delle finanze, ai fini di un accordo bonario, di consentire sino al 18 novembre 1946, un abbuono non superiore al terzo del valore presunto dall’amministrazione stessa, ed all’articolo 3 del decreto legislativo 16 novembre 1946, n. 476, che ha prorogato tale termine sino al 2 luglio 1947 ed ha consentito altresì l’esercizio di detta facoltà sino a trenta giorni dopo la notifica dell’avviso di accertamento valori, se questo non era stato ancora notificato alla data di entrata in vigore di quest’ultimo decreto – non ritenga opportuno ed equo di prorogare quantomeno di un termine eguale a quello che intercorre tra il 18 novembre 1946 ed il 2 luglio 1947, il termine del 31 marzo 1945 anzidetto, che in tal modo verrebbe portato almeno al 12 novembre 1945, mantenendo il termine del 2 luglio 1947 nei casi di notifica dell’accertamento di valore anteriore al 2 giugno 1947, ed in caso di notifica in epoca posteriore, tenendo fermo il termine di 30 giorni dalla notifica per il conseguimento dell’abbuono di che trattasi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, per conoscere se non ritengano urgente ed opportuno disporre che il dazio sui materiali da costruzione nei centri dei paesi rurali venga abolito, e ciò allo scopo di incrementare le nuove costruzioni e le riparazioni di quelle esistenti, dando così la possibilità, da un lato, di ridurre il fenomeno dell’urbanesimo e nel contempo di alleviare la enorme disoccupazione della classe edile, tenuto conto che per le spese di trasporto dei materiali, le costruzioni nei paesi, specie montani, importano un costo unitario di gran lunga superiore a quello degli altri paesi, senza che ne risulti un corrispondente reddito.

«Ciò concedendo, sarà reso anche possibile il rinnovamento di vecchie case antiigieniche ed anti-sociali. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro delle finanze e tesoro, per conoscere se – tenendo presente che il comma 5 dell’articolo 1 del regio decreto legislativo 27 maggio 1946, n. 436, consente che le perdite rappresentate dai danni di guerra sono da calcolarsi, per le aziende industriali o commerciali in detrazione, dal reddito dell’esercizio in cui si sono verificate, e che proprio gli esercizi, in cui tali danni si verificarono, sono stati generalmente passivi o poco redditizi e quindi la compensazione tra utili d’esercizio e perdite per danni di guerra praticamente non è operante – non ritenga opportuno abbandonare, per l’oggetto, il principio generale d’ordine fiscale della autonomia dei bilanci, il quale, se giustificato in tempi normali, non può invece ammettersi in periodi eccezionali come quelli occorsi durante la guerra; e se – tenuto presente, altresì, che numerose aziende hanno già concordato i loro redditi relativi agli esercizi in cui si verificarono i danni di guerra, prima ancora dell’emanazione del succitato regio decreto legislativo 27 maggio 1946, n. 436, e quindi a tali aziende sarebbe precluso il beneficio predetto –, non ritenga opportuno ed equo proporre al Consiglio dei Ministri la modifica della superiore disposizione di legge, nel senso che le perdite per danni di guerra siano ammesse in detrazione – non soltanto dal reddito lordo dell’esercizio in cui si sono verificate –, ma anche da quello degli esercizi successivi, e che sia consentita la compensazione anche per gli esercizi già definiti prima della pubblicazione del provvedimento petito. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere se non ritiene equo promuovere una disposizione di legge per la proroga delle locazioni di quegli impianti industriali che scadranno entro il 1947 e, comunque, stabilire norme che, senza offendere gli interessi dei locatari, mettano riparo alle giuste esigenze dei conduttori, tra i quali molti, in conseguenza della guerra, per mancanza di energia elettrica, deficienza di materie prime, danni bellici in seguito riparati, hanno subito spese e perdite che vanno giustamente considerate. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, per conoscere se non ritengano opportuno ed equo di abolire la tassa comunale che in atto grava sul bestiame da lavoro e di proprietà dei coltivatori diretti, essendo lo stesso strumento integrante della produzione, come qualunque altro attrezzo agricolo, e ciò anche in analogia alla esenzione accordata per tutti i fabbricati rurali ed al fine di incrementare il lavoro dei campi, riducendo le spese di trasporto dei concimi e delle derrate e dando la possibilità, ai coltivatori diretti, di raggiungere i luoghi di lavoro con maggiore assiduità e celerità, specie nelle campagne siciliane dove i centri abitati sono spesso a grande distanza dalle zone agricole. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per conoscere se non ritiene equo ed opportuno concedere ai piccoli comuni la franchigia postale e telegrafica nei rapporti con gli uffici statali e parastatali, tenuto conto che, nelle attuali condizioni, l’onere relativo grava fortemente sui bilanci degli stessi e che i rapporti con detti uffici sono in atto obbligatoriamente di gran lunga superiori ai normali per le varie discipline che vincolano i comuni nel campo annonario, pre-elettorale, militare ed assistenziale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bonino, Bellavista».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se intendano mantenere ancora in vita l’incivile disposizione contenuta nell’articolo 9 del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 89, secondo la quale contro il provvedimento del prefetto, che assegna a cooperative di contadini terre incolte o non sufficientemente coltivate, non è dato alle parti ricorso al Consiglio di Stato, né azione innanzi ai giudici.

«L’interrogante osserva che disposizioni del genere si spiegano in regimi autoritari, ma non in un regime che vuole essere democratico. La tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi dei cittadini è guarentigia fondamentale, che non può essere soppressa nello Stato di diritto. Il progetto di Costituzione riafferma questo principio (articolo 19 e articolo 103).

«L’abrogazione della citata disposizione nulla toglierà al valore politico e sociale della legge sull’assegnazione delle terre incolte, ma varrà a ricondurne l’applicazione nelle vie della legalità, facendo cessare procedure aberranti, che a volte configurano arbitrarie espropriazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa nazionale, sulla opportunità di modificare l’articolo 1 del bando di concorso per il reclutamento straordinario di cento sottotenenti in servizio permanente effettivo nell’Arma dei carabinieri, indetto con decreto ministeriale del 3 ottobre 1946, registrato alla Corte dei conti il 17 dicembre 1946, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 28 dicembre 1946, nel senso di estendere il diritto di partecipazione al concorso anche ai sottufficiali che non parteciparono al concorso indetto il 26 marzo 1943, successivamente annullato con decreto ministeriale 17 ottobre 1944.

«Invero, a causa della limitazione inopportuna di cui si chiede la soppressione, restano esclusi dal concorso sottufficiali in possesso di requisiti anche notevolmente superiori a quelli richiesti per l’avanzamento, sia per titoli di studio che per servizi prestati e per speciali benemerenze.

«Di più è da osservare che, limitando il diritto di partecipazione al concorso a quei sottufficiali che già erano stati ammessi all’annullato concorso del 26 marzo 1943, non sembra che sia possibile raggiungere il numero di cento concorrenti idonei, secondo gli scopi del concorso attuale.

«Infine si fa notare che parecchi sottufficiali sicuramente, e più di molti altri ammissibili in virtù dell’articolo in questione, forniti di titoli di idoneità, resterebbero definitivamente esclusi dalla possibilità di avanzamento per sorpassati limiti di età in rapporto a concorsi futuri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Varvaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga necessario ed urgente – in relazione anche allo stato di acuita tensione esistente fra i comuni di Lastebasse (provincia di Vicenza) e di Folgaria (provincia di Trento) – provvedere a por termine con una equa decisione alla secolare controversia tra i sopradetti comuni, riconoscendo al comune di Lastebasse quei diritti – lungamente trascurati o negati – cui dànno consistenza ragioni di storia e di giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rumor».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non creda urgente (anche ai fini dell’assorbimento della disoccupazione), provvedere per l’allargamento della strada provinciale Trento-Vicenza, che rappresenta la più breve comunicazione fra il Trentino e il Veneto e che è linea di traffico intensivo, mentre lo scambio degli autocarri e delle corriere sulla stessa è reso assai difficile, specialmente nel tratto Villazzano-Fricca-Lastebasse-Arsiero. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Carbonari, Conci Elisabetta, Cimenti, Tosato, Valmarana, Rumor, Marzarotto, Gui, Burato, Cappelletti, Jervolino Maria, Bettiol, Ferrarese, Alberti».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se gli consta che ai nostri operai reduci dalla Francia viene versata la quota di pensione rispettivamente di assicurazione nella misura del 37 per cento dell’equivalente in franchi francesi e come intenda provvedere. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Carbonari, Conci Elisabetta».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se intenda provvedere affinché agli infortunati, che hanno subìto una minorazione inferiore al 40 per cento, sia assegnato un congruo aumento di pensione. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Carbonari, Conci Elisabetta».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Governo, per conoscere – data la grave situazione creatasi nella provincia di Napoli con la chiusura di alcuni pastifici e la minacciata chiusura di altri per il giorno 15 febbraio 1947 – come il Governo intenda intervenire per evitare il crollo della industria della pastificazione ed il conseguente aumento della disoccupazione.

«In particolare chiede perché il Governo non ha ancora adottati i provvedimenti da tempo richiesti, e cioè:

  1. a) equa ripartizione del grano in modo da assicurare concrete ed eguali possibilità di lavoro a tutte le industrie in tutte le zone;
  2. b) perequazione dei dati di molitura e di pastificazione ed unificazione del prezzo della pasta in tutto il Paese, avocando allo Staio le eventuali differenze per costituire una entrata alla Cassa integrazione salari;
  3. c) intervento della Cassa integrazione salari nei confronti di almeno il 50 per cento dell’attuale mano d’opera, in modo da garantire la ripresa del lavoro in condizioni possibili di spesa.

«Riccio Stefano».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure l’interpellanza sarà inscritta all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 19.15.

Ordine del giorno per la seduta di lunedì 11.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.
  3. – Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  4. – Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

 

VENERDÌ 7 FEBBRAIO 1947

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Congedo:

Presidente                                                                                                        

Costituzione di gruppi parlamentari:

Presidente                                                                                                        

Sulle dimissioni del Presidente e sull’ordine del giorno:

Presidente                                                                                                        

Lombardi Riccardo                                                                                         

Benedetti                                                                                                         

Russo Perez                                                                                                     

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente, che è approvato.

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo l’onorevole Grassi.

(È concesso).

Costituzione di Gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che si è costituito il Gruppo parlamentare liberale, composto degli onorevoli: Badini Confalonieri, Bellavista, Bonino, Cifaldi, Colonna di Paliano, Condorelli, Corbino, Cortese, Crispo, Croce, Cuomo, De Caro Raffaele, Einaudi, Fusco, Galioto, Lucifero, Martino Gaetano, Morelli Renato, Perrone Capano, Quintieri Quinto, Rubilli, Villabruna.

Il Gruppo ha eletto a Presidente l’onorevole Corbino, a Vicepresidente l’onorevole De Caro, a Segretario l’onorevole Cifaldi.

Si è costituito pure il Gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani, che è composto degli onorevoli: Arata, Bennani, Bianchi Bianca, Binni, Bocconi, Bonfantini, Cairo, Calosso, Canepa, Canevari, Carboni, Cartia, Chiaramello, Corsi, D’Aragona, Di Giovanni, Di Gloria, Fietta, Filippini, Ghidini, Grilli, Gullo Rocco, Lami Starnuti, Longhena, Matteotti Matteo, Mazzoni, Modigliani, Momigliano, Montemartini, Morini, Paris, Pera, Pignatari, Preti, Rossi Paolo, Ruggiero, Salerno, Saragat, Segala, Simonini, Taddia, Tranquilli, Tremelloni, Treves, Vigorelli, Villani, Zagari, Zanardi.

Sulle dimissioni del Presidente e sull’ordine del giorno.

PRESIDENTE comunica all’Assemblea la seguente lettera dell’onorevole Saragat:

Roma, 6 febbraio 1947

«Onorevole Vice Presidente,

sono assai grato all’Assemblea della manifestazione affettuosa, con la quale ha voluto non accogliere le mie dimissioni: manifestazione che costituisce per me un nuovo legame con i colleghi di tutti i settori e mi incoraggia nella attività che, da semplice deputato, mi accingo a svolgere in mezzo ad essi.

«Pur cordialmente sensibile alle espressioni di stima di cui sono stato oggetto, debbo tuttavia pregare l’Assemblea di considerare definitiva la mia decisione.

«Voglia, dunque, partecipare all’Assemblea questi miei sentimenti e gradire i più cordiali saluti.

«Giuseppe Saragat».

Pur accogliendo con rammarico la decisione dell’onorevole Saragat, non resta ormai che prenderne atto.

Ora, poiché non si può procedere oggi stesso alla votazione per la nomina del Presidente, dato che essa non è iscritta all’ordine del giorno, ed essendo indispensabile, secondo le tradizioni parlamentari, che l’Assemblea provveda, prima di ogni altro oggetto, a integrare la propria costituzione con la nomina del Presidente, rinvio la seduta a domani per l’elezione e l’insediamento del Presidente e per le dichiarazioni immediatamente successive del Presidente del Consiglio.

LOMBARDI RICCARDO. Devo esprimere io stupore e il disappunto – che credo condivisi da tutta l’Assemblea – (Approvazioni a destra – Commenti) che il Governo abbia pensato di rinviare ancora una volta la comunicazione del suo programma all’Assemblea Costituente. Questo suscita il legittimo sospetto che tale programma non esista ancora. (Commenti – Approvazioni a destra).

Alla vigilia delle gravi responsabilità a cui il Governo è chiamato, io credo che l’Assemblea Costituente non debba essere informata per ultima delle deliberazioni del Governo. La Costituente non intende essere un organo docile.

Chiedo che l’ufficio di Presidenza si faccia interprete di questo nostro disappunto presso il Presidente del Consiglio. (Commenti – Approvazioni).

PRESIDENTE. Credo di dover avvertire l’onorevole Lombardi della necessità assoluta che le dichiarazioni del Governo siano fatte di fronte all’Assemblea costituita nel modo più perfetto, cioè con la sua Presidenza al completo. (Commenti a destra).

BENEDETTI. Sono scuse. È una fuga! (Rumori – Commenti).

PRESIDENTE. Non interrompa! È necessario che l’Assemblea abbia la sua Presidenza al completo, ed oggi essa non è ancora interamente costituita. (Commenti).

Ha chiesto di parlare l’onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

BENEDETTI. Onorevoli colleghi, lunedì prossimo, a Parigi, si firmerà il Trattato di pace in nome dell’Italia. Il Trattato di pace condizionerà la vita nazionale, e in limiti insopportabili, per decenni. L’Assemblea Costituente ha il diritto, e soprattutto il dovere, di esprimere la propria opinione su questo Trattato. (Approvazioni a destra). Ci vorrebbero far credere che si subordinerà l’applicazione del Trattato alla ratifica della nostra Assemblea e invece tale possibilità di subordinazione non esiste. È ancora una impostura. La firma del Trattato di pace equivale ad un’accettazione. Io protesto per la mancata discussione che è una fuga. (Rumori al centro – Approvazioni a destra – Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Russo Perez. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Mi associo alle proteste che sono venute da due diversi settori di questa Assemblea. Chiedo poi, siccome sono un novellino in materia parlamentare, quali sarebbero codesti precedenti cui accenna l’illustre Presidente. Il regolamento della Camera prescrive – ed è costumanza conosciuta anche dai novellini – che, quando manchi, per una ragione qualsiasi, il Presidente, uno dei Vicepresidenti, come è accaduto tante volte qui e come accade anche oggi, ne prenda il posto e presieda l’Assemblea. Io credo che i vecchi parlamentari che onorano questa Assemblea, possano dare dei lumi in proposito. (Approvazioni a destra – Commenti).

PRESIDENTE. Faccio osservare all’onorevole Russo Perez che è l’Assemblea che deve volere che sia costituita perfettamente la sua Presidenza, data l’importanza delle dichiarazioni che dovrà fare il Governo. Di fronte a questa considerazione, è evidente che tanto l’onorevole Russo Perez, quanto l’onorevole Benedetti e l’onorevole Lombardi, riconosceranno la necessità di rinviare a domani la seduta, per discutere il seguente ordine del giorno: elezione del Presidente; dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri; esame del progetto di Costituzione della Repubblica.

RUSSO PEREZ. Chiedo la votazione nominale sulla di opportunità del rinvio, e tale domanda appoggiano i miei colleghi del gruppo. (Approvazioni a destra – Rumori – Commenti).

PRESIDENTE. Osservo che non vi è materia per una votazione. (Commenti).

La seduta è rinviata a domani per le ore 16.

La seduta termina alle 16.15.

GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXX.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente                                                                                                        

Annunzio di dimissioni e nomina del Governo:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Verifica di poteri:

Presidente                                                                                                        

Sostituzione di Deputati:

Presidente                                                                                                        

Nomina di componenti di Commissioni:

Presidente                                                                                                        

Domande di autorizzazione a procedere:

Presidente                                                                                                        

Risposte scritte ad interrogazioni: (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

Commemorazioni:

Presidente                                                                                                        

Paris                                                                                                                 

Costantini                                                                                                        

Pacciardi                                                                                                         

Conci Elisabetta                                                                                             

Schiavetti                                                                                                        

Colitto                                                                                                             

Maffi                                                                                                                

Badini Confalonieri                                                                                        

Gabrieli                                                                                                            

Sardiello                                                                                                         

Carboni                                                                                                            

Lucifero                                                                                                           

Dugoni                                                                                                              

Preziosi                                                                                                            

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Dimissioni del Presidente dell’Assemblea Costituente:

Presidente                                                                                                        

Conti                                                                                                                

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Lussu                                                                                                                

Togliatti                                                                                                          

Presentazione di relazioni:

Presidente                                                                                                        

Ciampitti                                                                                                          

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 dicembre 1946.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo l’onorevole Vittorio Emanuele Orlando.

(È concesso).

Annunzio di dimissioni e nomina del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Onorevoli colleghi, mi onoro informarvi che il Capo provvisorio dello Stato, con decreti in data 28 gennaio 1947, ha accettato le dimissioni da me presentate anche a nome dei miei colleghi Ministri segretari di Stato, ed ha, altresì, accettato le dimissioni dalla carica, rassegnate dai Sottosegretari di Stato.

Con successivo decreto dello stesso giorno 28 gennaio 1947, il Capo provvisorio dello Stato mi ha incaricato di comporre il nuovo Ministero.

In relazione a tale incarico, con decreti del 2 febbraio 1947, il Capo provvisorio dello Stato mi ha nominato Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro ad interim, dell’Africa Italiana, e, su proposta sua, ha riunito i Ministeri delle finanze e del tesoro in un unico Ministero, che assume la denominazione di Ministero delle finanze e del tesoro, ed ha nominato Ministri Segretari di Stato:

per gli affari esteri: l’onorevole dottor Carlo Sforza, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’interno: l’onorevole avvocato Mario Scelba, deputato all’Assemblea Costituente;

per la grazia e giustizia: l’onorevole avvocato Fausto Gullo, deputato all’Assemblea Costituente;

per le finanze ed il tesoro: l’onorevole dottor Pietro Campilli, deputato all’Assemblea Costituente;

per la pubblica istruzione: l’onorevole professore Guido Gonella, deputato all’Assemblea Costituente;

per i lavori pubblici: l’onorevole dottor Emilio Sereni, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’agricoltura e le foreste: l’onorevole professore Antonio Segni, deputato all’Assemblea Costituente;

per i trasporti: l’onorevole ingegnere Giacomo Ferrari, deputato all’Assemblea Costituente;

per le poste e le telecomunicazioni: l’onorevole ingegnere Luigi Cacciatore, deputato all’Assemblea Costituente;

per l’industria ed il commercio: l’onorevole dottor Rodolfo Morandi, deputato all’Assemblea Costituente;

per il lavoro e la previdenza sociale: l’onorevole ingegnere Giuseppe Romita, deputato all’Assemblea Costituente;

per il commercio con l’estero: l’onorevole professor Ezio Vanoni, deputato all’Assemblea Costituente;

per la marina mercantile: l’onorevole dottor Salvatore Aldisio, deputato all’Assemblea Costituente.

Con successivi decreti in data 4 febbraio 1947, il Capo provvisorio dello Stato, su proposta mia, ha riunito i Ministeri della guerra, della marina militare e dell’aeronautica in un unico Ministero, che assume la denominazione di Ministero della difesa ed ha nominato Ministro Segretario di Stato per la difesa l’onorevole avvocato Luigi Gasparotto.

Verifica di poteri.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella riunione del 28 gennaio 1947, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei deputati:

Celeste Bastianetto, per la Circoscrizione di Venezia (X); Luigi Renato Sansone, per la Circoscrizione di Napoli (XXIII); Giovanni Persico, per la Circoscrizione di Roma (XX); e, concorrendo negli eletti i requisiti previsti dalla legge elettorale, ne ha dichiarata valida l’elezione.

Do atto alla Giunta di questa sua comunicazione e, salvo i casi di incompatibilità preesistenti e non conosciuti sino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.

Sostituzione di deputati.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella riunione del 28 gennaio 1947, in seguito alla morte dei deputati Luigi Battisti della Circoscrizione di Trento (VIII) e Girolamo Grisolia della Circoscrizione di Roma (XX), ha deliberato di proporre, a termini dell’articolo 64 della vigente legge elettorale, la proclamazione dei candidati risultati primi dei non eletti nelle rispettive liste.

Conseguentemente, al deputato Luigi Battisti subentra per la Circoscrizione di Trento (VIII) il candidato Danilo Paris e al deputato Girolamo Grisolia subentra per la Circoscrizione di Roma (XX) il candidato Bruno Bernabei.

Il deputato Giovanni Persico, eletto e convalidato per la Circoscrizione di Roma (XX) e di Napoli (XXIII), ha dichiarato di optare per quest’ultima Circoscrizione. Pertanto la Giunta delle elezioni, nella stessa riunione del 28 gennaio, ha deliberato di proclamare in sua sostituzione nella Circoscrizione di Roma (XX) il candidato Dante Veroni, che lo segue immediatamente nella medesima lista.

Do atto alla Giunta di questa comunicazione e metto ai voti le proclamazioni proposte.

(Sono approvate).

Avverto che da oggi decorre nei riguardi dei nuovi proclamati il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali proteste e reclami.

Nomina di componenti di Commissioni.

PRESIDENTE. Comunico che in sostituzione dell’onorevole Sforza, nominato Ministro degli affari esteri, è stato chiamato a far parte della Commissione per i Trattati internazionali l’onorevole Nenni.

A sostituire poi gli onorevoli Caristia e Vanoni nella Commissione per la Costituzione, sono stati chiamati gli onorevoli Gotelli Angela e Froggio.

L’onorevole Corbi, infine, è stato nominato componente della seconda Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge, in sostituzione dell’onorevole Carlo Lombardi.

Domande di autorizzazione a procedere.

PRESIDENTE. Informo che il Ministro di grazia e giustizia ha trasmesso tre domande di autorizzazione a procedere in giudizio per diffamazione a mezzo della stampa contro il deputato Li Causi e una, per lo stesso reato, contro il deputato Zappelli.

Ha pure trasmesso una domanda a procedere contro il deputato Tega, per concorso nel reato di vilipendio della Magistratura.

Saranno stampate, distribuite e inviate alla Commissione competente.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

PRESIDENTE. Comunico che i Ministri competenti hanno inviato le risposte scritte a interrogazioni presentate prima e dopo la sospensione dei lavori dell’Assemblea.

Saranno pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta di oggi (1).

 

  • Vedi allegato a parte.

Commemorazioni.

PRESIDENTE (Si leva in piedi e con lui si levano in piedi i membri del Governo, tutti i deputati ed il pubblico nelle tribune. – Segni di attenzione): È con un cordoglio maggiore dell’usato che mi accingo oggi ad assolvere il triste impegno dal quale il destino pare mai voglia esonerarci ad ogni ripresa dei nostri lavori: la reverente evocazione di quelli che già fummo usi ad avere con noi in questa aula, intenti con noi all’opera responsabile e grave della creazione legislativa e costituzionale, e di cui gli scanni vuoti ci confermano con inesorabile e muto linguaggio la scomparsa luttuosa.

Ed il cordoglio è oggi maggiore, non già perché ogni altro, che ci fu sottratto dalla morte dacché questa Assemblea è sorta, ci fosse meno necessario o meno prezioso per il contributo che avrebbe potuto dare ancora al comune lavoro, o perché sentissimo meno fervidamente nei suoi confronti i legami di amicizia che fra uomini di parti anche le più lontane spesso finiscono per intrecciarsi qui per le occasioni che ci si offrono di una più profonda reciproca conoscenza umana.

Ma Luigi Battisti e Girolamo Grisolia rappresentavano fra noi una parte del popolo italiano che tutti avvertiamo come portatrice di energie fra le più gelose per la nostra rinascita; quella, senza la cui dedizione illimitata, la causa della democrazia e della Repubblica potrebbe ancora essere messa in forse e seriamente insidiata. Parlo di coloro che, dopo una gioventù trascorsa senza soggiacere alla deformatrice pressione della pseudo moralità fascista, giunti alla più vigorosa maturità del loro spirito, sono naturalmente destinati a costituire la nuova classe dirigente della nostra società nazionale riscattata a libertà.

Luigi Battisti non aveva invero atteso ad offrirsi alla lotta popolare per una vita umana migliore, la quale ponesse fine all’umiliante eclisse morale che ha poi oscurato il cielo della nostra Patria. Né poteva essere altrimenti da parte di uno che, appena diciassettenne, sull’orma del padre, ma non soltanto per l’esempio paterno, aveva volontariamente preso le armi e degnamente combattuto per liberare la sua terra dal secolare giogo d’altra gente. Non per la vecchia Italia monarchica tuttavia egli aveva posto a rischio la sua vita: ché dietro alle assise monarchiche, nelle quali necessariamente doveva ancora drappeggiarsi in quel tempo ogni eroismo e sacrificio, egli scorgeva e vagheggiava una Italia rinnovata per il libero voto di tutti gli italiani. Ed iscrivendosi nel 1921 al Partito Repubblicano quasi pareva volesse, in quel livido ed insanguinato crepuscolo del nostro primo Risorgimento, preannunciare le insegne, che l’alba del secondo, non ancora oggi completamente concluso, avrebbe illuminato. Egli respinge sdegnato le profferte e le seduzioni che la dittatura profonde pur di impadronirsi del retaggio di venerazione legato al nome del quale egli era il continuatore; e, sospinto anzi a segnare ancora più profondamente il suo distacco dal regime trionfante, dà la sua adesione ai gruppi di «Giustizia e Libertà» e si fa, attraverso i valichi più rischiosi dei suoi monti, guida sicura ed audace per i transiti clandestini di materiale di propaganda antifascista e di perseguitati in cerca di scampo. La mutilazione della mano destra, ch’egli aveva però rifatta docile ad ogni compito con tenacia di perduranti esercizi, testimoniava dell’asprezza della battaglia che, a soccorso degli uomini liberi, egli aveva per anni condotta contro la natura ostile: frutto di congelamento che l’aveva colpito durante una di quelle traversate avventurose. Sottoposto a sorveglianza speciale, deferito alla Commissione per il confino, ostacolato nell’esercizio della sua professione d’ingegnere, Luigi Battisti trae, dall’inasprirsi della persecuzione, motivo a sempre maggiore approfondimento del suo pensiero politico; e, fattosi consapevole della funzione decisiva che le masse lavoratrici avrebbero svolta nella liberazione dell’Italia dall’onta impostale dai vecchi ceti dominanti, volle unirsi più direttamente a loro, schierandosi nel rinascente fronte del socialismo militante. Nel Governo provvisorio dell’Ossola dell’anno 1944, nelle formazioni partigiane di Valtellina all’atto dell’insurrezione dell’aprile 1945, poi sindaco di Trento, poi deputato in questa Assemblea, egli fu da allora instancabile portatore dell’idea nella quale si era finalmente ritrovato, come alla confluenza naturale della sua umanità di affetti e della sua maturità di intelletto.

Un’altra perdita dolorosa per la nostra Assemblea è quella di Girolamo Grisolia, morto a Roma il 18 gennaio.

Militante nel Partito Repubblicano Italiano, ne era una delle personalità più eminenti, non soltanto per la carica di Vicesegretario, alla quale il Congresso del Partito lo aveva designato nel febbraio del 1946, ma per il fervore e la passione che egli metteva nell’opera di propaganda e che dava alla sua attività l’impronta di un vero apostolato.

Fedele all’insegnamento mazziniano, egli si propose e riuscì sempre, nel campo dell’azione politica, ad adeguare alla realtà concreta e mutevole il concetto fondamentale del suo Maestro: che l’educazione della coscienza popolare costituisce la premessa irrinunciabile di ogni progresso civile e sociale. Cultore di discipline giuridiche e filosofiche, dettò in questo campo pregevoli pubblicazioni. La lunga e dolorosa infermità, che lo ha spento in età ancora così giovane (non aveva che 44 anni), ha stroncato un’attività, che sarebbe stata preziosa per l’Assemblea Costituente, alla quale era stato eletto in rappresentanza del Collegio di Roma. (Segni di assenso).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Paris. Ne ha facoltà.

PARIS. In rappresentanza del Partito socialista dei lavoratori italiani e come socialista trentino, mi è particolarmente gradito ricordare Gigino Battisti, questo degnissimo continuatore del pensiero e dell’opera di Cesare Battisti. Alla sua scuola crebbe Gigino, da Lui ereditò uno spiccato senso del dovere, la più rigida coerenza fra pensiero ed azione, la concezione altruistica della vita. Queste sue eccelse qualità affiorarono quando egli, non ancor quindicenne, affrontò i disagi ed i pericoli della guerra, arruolandosi come volontario.

Il fascismo lo circuisce con mille lusinghe per attirarlo nelle sue file, ma cadono tutte, ed egli non si lascia abbagliare dal miraggio di ricchezze e di presunti onori, ma si erige anzi a strenuo difensore del genuino pensiero di suo padre, che il fascismo intende falsare per far apparire Cesare Battisti un proprio precursore. Sempre in omaggio alla coerenza, che è caratteristica preminente nei Battisti, egli è fra i pochi volontari che il 4 novembre del 1924 rivendicano a sé il diritto di celebrare l’anniversario della vittoria, sottraendola all’impudente speculazione fascista, e affrontano manganelli e moschetti.

Gigino ha in quell’occasione il battesimo della lotta antifascista. La violenza non l’intimorisce; all’opposto, rinvigorisce il suo amore per la verità, per la libertà, il suo pensiero politico prende corpo, si precisa, si caratterizza.

La sua casa e quella dei suoi amici trentini, fra i quali si eleva quella del conte Giannantonio Manci, è aperta a tutti gli antifascisti che cercano rifugio all’estero passando attraverso le giogaie del Trentino.

Tutto viene attuato in grande segretezza, con la massima serietà organizzativa, sostenendo gravi sacrifizi finanziari, anche qui emulo fedele del padre.

È appunto durante una di queste rischiose operazioni che Gigino subisce un congelamento e deve sottoporsi ad un intervento chirurgico, che gli asporta quasi completamente le falangi delle dita di una mano.

Non è nel suo carattere di attendere fatalisticamente gli eventi, ma di sollecitarli, di promuoverli. È tra i fondatori del movimento «Giustizia e Libertà».

Durante tutto il periodo della cattività fascista, Gigino si prepara, attraverso studi e con l’esercizio della sua professione per un sicuro domani di lotte politiche, per l’instaurazione nel nostro Paese di una civiltà basata sui principî di giustizia e di libertà.

Il 25 luglio del 1943 non lo entusiasma, ma lo rammarica, lo esaspera, poiché nel crollo del fascismo non è stata travolta anche la monarchia. L’8 settembre vede il suo nome fra i primissimi di una lista che il prefetto fascista di Trento intende proporre ai tedeschi per la fucilazione, ed egli è costretto a riparare in Svizzera. Né può ritornare, essendo facilmente riconoscibile per le mutilazioni alle mani.

Nella Svizzera ospitale continua l’attività nell’opera generosa di rifornimento alla lotta partigiana.

La ferale notizia del sacrificio di Giannantonio Manci, caduto vittima della Gestapo, centuplica le sue energie; passa e ripassa il confine italo-svizzero, partecipa alle azioni della Valle d’Ossola e fa parte di quel governo provvisorio.

Nei primi mesi del 1944 aderisce al Movimento Socialista Trentino, ed il socialismo diviene in lui un’essenza intima, una seconda natura.

Dopo la liberazione fa ritorno a Trento, e tale e tanta è la stima che gode, che è nominato sindaco della città. Fu nell’esercizio di queste funzioni che rivelò doti non comuni di lavoratore, di organizzatore, di socialista e seppe amministrare la città con grande soddisfazione di amici e di avversari, pur in quei tempi difficilissimi.

Eletto Deputato, volse la sua opera colta, sagace e avveduta alla ricerca di una sodisfacente risoluzione, per mezzo di un’appropriata autonomia, dello spinoso problema delle particolari condizioni locali e della convivenza pacifica e proficua di italiani e altoatesini nella Venezia Tridentina.

Un avverso destino troncò la sua vita ed è certo che noi italiani, noi socialisti, perdiamo con lui un uomo di non dubbio alto valore.

Noi socialisti trentini, particolarmente colpiti dal martirio di Cesare Battisti, dal sacrificio di Giannantonio Manci, della tragica fine di Gigino Battisti, siamo fieri di aver dato al partito ed al Paese tali uomini.

In Gigino perdiamo un compagno che sentiva il dovere come qualcosa di sacro, felice di potersi considerare come il primo servitore del bene pubblico; perdiamo in lui il compagno di fede politica, l’amico per comunità di sentimenti, il fratello per intimità di rapporti, il padre per superiorità di doti e per quella conseguente autorità che tutti gli riconoscevamo.

Aveva un culto rustico della libertà, ma non per sé la rivendicava, sibbene s’addossava gli sforzi maggiori per conseguirla e offrirla assoluta a tutti, pago di poter dare, senza nulla chiedere.

Noi auguriamo al mondo, auguriamo particolarmente al nostro Paese di esprimere giovani che a lui si ispirano, a lui che per tutta la sua vita «elegge a sé il dovere e darà altrui la gloria».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. A nome del gruppo parlamentare del Partito socialista italiano, mi associo con animo profondamente commosso alla commemorazione del compagno Gigino Battisti, che una tragedia inattesa tolse a questa Assemblea, tolse al nostro affetto di compagni e di amici.

Voi, onorevoli colleghi, potete comprendere la mia personale commozione, perché Gigino Battisti non era per me soltanto un compagno di fede politica, ma era anche un vero e sincero amico. Gigino era buono, era modesto ed era un bravo lavoratore. Egli ha saputo essere degno rappresentante del grande suo padre, che è stato per la nostra generazione un simbolo della libertà e del socialismo. Gigino aveva dedicate la sua vita e la sua opera a quell’ideale di libertà e di redenzione degli umili che il Partito socialista persegue.

Egli scomparve immaturamente; non ho mai potuto rendermi conto della sua inattesa dipartita, perché l’avevo salutato e lasciato, all’uscita da questa Assemblea, sano, poche ore prima che ci giungesse la ferale notizia. Se è vero che solo nella dimenticanza sta la vera morte, Gigino non è morto. Non è morto, perché noi tutti lo ricorderemo.

L’avere assistito, nella sua Trento, alle estreme onoranze che gli sono state rese, ha significato comprendere quale fosse il sentimento della sua terra verso di lui, quale fosse l’affetto delle sue popolazioni, quale fosse la stima che egli godeva. Lasciate che a questo ricordo io associ la esile, ma tanto grande sua madre, Ernesta Battisti; quella donna che, se ebbe nella vita le gioie della maternità, ebbe dalla vita tutti i dolori e tutte le angosce, quella donna che sopravvisse al marito e sopravvive al figlio, tenace continuatrice di una generosa tradizione familiare, tenace assertrice della giustizia e di una concezione superiore di vita sociale, degna sposa di un grande martire della libertà e madre eroica del valoroso figlio che noi qui rimpiangiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Pacciardi. Ne ha facoltà.

PACCIARDI. È veramente con un grande schianto nel cuore che noi abbiamo appreso la notizia della morte del nostro Battisti, nelle circostanze cosi orribili in cui è avvenuta, ed è con indicibile dolore che portiamo il triste privilegio di associarci alle nobili parole del Presidente e dei rappresentanti socialisti.

Io ricordo Battisti, quando militava con me giovinetto nelle nostre file in uno dei primi congressi repubblicani, ai quali partecipavamo, rinunziare ad una carica che gli avevamo offerto, dicendoci che di dinastie in Italia ve n’era una ed era già troppa e che egli non ne voleva fondare una seconda. Voleva, cioè, operare secondo la sua personalità, e la Camera deve constatare tristemente che, come persona e come simbolo nazionale, ha perso una grande personalità.

Fu fondatore, con alcuni di noi, del primo movimento di ex combattenti italiani che volevano contestare al fascismo il diritto di proclamarsi il custode della verità e l’accaparratore del sentimento nazionale. Io lo rivedo con me in Piazza Venezia, in una delle tante sagre fasciste, gridare sotto il famoso balcone: «Viva l’Italia libera!».

Fu milite ardente del partito repubblicano. Quando fu costretto, non per non condividere i rischi degli altri italiani, come qualche volta si insinua, ma per sottrarsi, dopo le leggi eccezionali, alla condanna del confino già decretata, a passare la frontiera, fu ancora Gigino Battisti che nelle Alpi impervie ci portò quasi per mano nelle vie dell’esilio. E fu là che ebbe il tragico incidente da altri oratori ricordato. Qualche volta, essendo stati lungo tempo lontani dall’Italia, ci siamo domandati con il cuore esulcerato se avremmo ritrovato, ritornando, antichi amici nelle antiche posizioni e serventi le antiche idealità. Questo dubbio non ci è mai venuto per Gigino Battisti. Lo abbiamo infatti ritrovato ardente, tenace combattente nelle file partigiane.

Si deve a Luigi Battisti ed alla eroica sua madre, se gli osceni accaparratori del sentimento nazionale italiano non sono riusciti a rubarci, dopo Filzi e Nazario Sauro, Cesare Battisti, che è stato così conservato alla riconoscenza nazionale di tutti gli italiani.

Alla sua mamma, veramente solida quercia sbattuta da tutti i fulmini e da tutte le tempeste, e ancora così eroica servitrice degli ideali democratici e repubblicani, vada la riconoscenza dell’Assemblea Costituente; e vada alla moglie di Luigi Battisti, alla sua degna compagna Enrica ed ai suoi tenerissimi figli, con l’assicurazione che la Repubblica Italiana non dimenticherà mai la riconoscenza che deve a questa tragica ed eroica famiglia italiana. (Vivi consensi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la onorevole Conci Elisabetta. Ne ha facoltà.

CONCI ELISABETTA. Mi unisco, a nome del gruppo della Democrazia Cristiana, all’unanime rimpianto per la tragica immatura fine dell’onorevole Battisti; ma vorrei, quale rappresentante del suo stesso collegio, aggiungere una parola di particolare cordoglio e di commosso ricordo per il figlio del grande Eroe trentino. Cesare Battisti personifica per tutti gli italiani, ma specialmente per i trentini, la Patria, il sacrificio eroico per la sua redenzione. Quando noi nel 1918, dopo l’armistizio, ritornammo dal confino o dalla guerra in Trento finalmente libera, con il tricolore finalmente issato sul Castello del Buon Consiglio, sentimmo che Cesare Battisti era divenuto un simbolo, e suo figlio Gigino ci apparve circondato dall’aureola della gloria paterna. Ma questo giovane, che a soli sedici anni, appena avuta notizia della morte del padre, aveva tentato di fuggire per arruolarsi, per correre a prendere il suo posto, e che poi con la sua costante tenacia era riuscito a farsi assumere nell’esercito ed era venuto tra i primi in Trento italiana, si conquistava anche personalmente la simpatia generale. Egli sembrava non accorgersene nemmeno ed attribuire ogni manifestazione di onore alla memoria del padre.

Durante il fascismo, Luigi Battisti non mutò atteggiamento in nessuna circostanza, per nessuna ragione. Fedelissimo alla eredità spirituale lasciatagli dal padre, geloso custode del pensiero di lui, non permise mai che la figura del Martire trentino fosse offuscata da ombra alcuna o venisse anche menomamente svisata per adattarla alle esigenze dei tempi nuovi, come altri uomini, meno saldi e meno fedeli di lui, avrebbero certamente fatto. Ad ogni tentativo in questo senso, richiamandosi all’esempio eroico di Cesare Battisti, il figlio resistette con fierezza indomita.

Dopo la liberazione, i trentini tutti lo vollero per primo sindaco ed egli si consacrò alla nuova fatica, non davvero facile, con profondo spirito di sacrificio, con dedizione assoluta e generosa; e soltanto allora, per amore della sua città, si giovò del suo nome e delle sue aderenze.

Come Deputato, ritiratosi dal municipio per leale riconoscimento dell’esito delle elezioni del 2 giugno, egli continuò l’opera fattiva e tenace a vantaggio della sua terra, e con i colleghi di Trento, militanti in partiti diversi, mantenne continuamente le più cordiali relazioni, corroborate dal rispetto reciproco e dalla mutua stima.

Si realizzò così una serena, schietta, concreta collaborazione, che rendeva l’attività di tutti veramente benefica al Paese.

Io sono sicura che Gigino Battisti avrebbe dato volentieri la sua vita, perché la collaborazione che lassù tra i suoi, tra i nostri monti, era divenuta feconda realtà, si attuasse nell’interesse del popolo nostro, in quest’ora grave per l’Italia, fra tutti gli italiani che amano la loro terra.

Sono sicura che questa attuazione sarebbe il tributo più bello, più gradito alla memoria di lui, il conforto più efficace al dolore inconsolabile della vedova e della madre. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Schiavetti. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Mi associo, a nome del Partito d’Azione, alle parole pronunciate dal Vicepresidente Terracini in memoria di Girolamo Grisolia e di Luigi Battisti.

Quando nel luglio scorso avemmo occasione di commemorare in quest’aula il trentesimo anniversario della morte di Cesare Battisti, nessuno di noi avrebbe mai pensato che pochi mesi dopo avremmo dovuto commemorare la morte del figlio, che aveva seguito tanto degnamente le orme del padre e che si era mantenuto nella scia del suo pensiero e della sua azione, dominato sempre dal doppio ideale della redenzione delle masse lavoratrici e della redenzione nazionale.

Ai motivi generali di cordoglio espressi per il luttuoso avvenimento che ha colpito la nostra Assemblea, mi permetto di aggiungerne uno particolare che è stato qui già accennato.

Quando, un anno prima della marcia su Roma, avevamo iniziato la lotta contro il fascismo, e il fascismo aveva sollevato contro di noi i fantasmi della Patria e degli interessi nazionali, improvviso giunse a Roma fra noi un giovane che portò alla nostra lotta il singolare conforto del suo grande nome; in quel giorno noi avemmo la più grande consolazione che potessimo sperare, allora, nella nostra lotta politica, perché sentimmo che quello che ancora vi era di più alto, di più puro in Italia era insieme con noi per smascherare la demagogia e la vergogna fascista.

Vada alla vedova, ai figliuoli e, soprattutto, alla madre, a quella che i devoti concittadini chiamano con affettuosa deferenza la signora Ernesta, vada a tutta la famiglia Battisti l’espressione della nostra solidarietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Colitto. Ne ha facoltà.

COLITTO. Interpretando il pensiero ed il sentimento dei colleghi tutti del gruppo del quale fo parte, mi associo con cuore profondamente commosso al cordoglio vivo manifestato dalle altre parti dell’Assemblea per la improvvisa scomparsa degli insigni colleghi onorevole Battisti ed onorevole Grisolia. Li abbiamo sempre sentiti e sempre ancora li sentiremo a noi fortemente uniti, al di fuori ed al di sopra delle ideologie, dall’amore infinito per la Patria nostra immortale, di quella Patria, per la quale Cesare Battisti combatté ed affrontò il sacrificio supremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Maffi. Ne ha facoltà.

MAFFI. Il Partito comunista vuole che il suo tributo di affetto, di cordoglio e di ammirazione a Luigi Battisti, si aggiunga alla voce che si è levata da tutti i settori di questa Assemblea.

Noi abbiamo sempre visto nella modestia attiva di Luigi Battisti una vera, una sincera, una schietta, una nobile eredità spirituale.

Quell’uomo, che in tutta la sua vita dimostrò di non avere ereditato alcun privilegio dall’essere figlio d’un Eroe e d’un Martire, nella sua vita prese come dettame la vita del Padre.

Ricordo che durante quella guerra, che ci ebbe nella posizione particolare di non interventisti, noi distinguemmo Cesare Battisti dalla grande massa di altri, che avevano preso i più disparati atteggiamenti. Egli era cittadino austriaco, ma italiano nell’anima; egli corse tutti i rischi ed affrontò tutti pericoli per un senso di devozione alla libertà del proprio Paese, perché la sua anima di socialista non era in conflitto con la sua anima di italiano.

Quell’Uomo si avviò alla morte fiero, superbo, sdegnoso e modesto, sereno.

E coloro che lo accompagnavano, di scorta, al patibolo, avevano il capo chino al suo fianco; sapevano di compiere opera di scherani a danno di un uomo simbolo, il simbolo della rivendicazione patria, della rivendicazione della libertà della Patria, a cui noi, appunto perché internazionalisti, siamo tutt’altro che estranei, come abbiamo dimostrato in tutti i momenti della vita italiana. Il fascismo, sfruttatore ignobile di tutto ciò che v’era di nobile nella vita italiana, cercò di sfruttare la memoria di Cesare Battisti col tentativo di adescare la madre e il figlio, la compagna di Cesare Battisti e il figlio. Invano: Luigi Battisti sapeva tutto ciò che aveva da conservare della sua eredità spirituale; e la vita di quell’uomo, che fu sempre lottatore, ebbe uno sbocco graduale verso il riconoscimento di ciò che è essenziale nella vita veramente elevata, veramente sana, veramente morale di un paese: il riconoscimento del diritto del lavoro. E perciò egli gradatamente si accostò alle linee del Partito socialista ed entrò a far parte di questo Partito stesso come lottatore concreto; ma nella forma la più modesta, nella forma la meno appariscente, attraverso una vita di semplicità, di bontà, di lavoro, che era propagandistica, perché era schietta, perché era onesta: poiché questa è la più grande forza di tutti gli elementi propagandisti.

Io ho conosciuto Luigi Battisti in Svizzera, e l’ho visto al fianco della sua impareggiabile compagna, quasi fratello dei suoi teneri bambini. La sua compagna è veramente una eletta educatrice dei figli. Gigi Battisti morendo ha pensato che la sua eredità poteva essere trasmessa ai suoi figli come esempio, perché la sua compagna avrebbe certamente coltivato tali principî nella educazione sana, leale e onesta dei suoi figliuoli.

Noi perciò mandiamo un pensiero commosso alla madre di Luigi Battisti, alla sua compagna e ai suoi figli. Noi plaudiamo alla sua opera, la quale deve servire di esempio.

Poiché quest’opera deve servire di esempio, io penso che sia qui doveroso ricordare anche la figura di Girolamo Grisolia, al quale tributiamo tutto il nostro rimpianto, perché la sua morte è una grave perdita per il Partito repubblicano, per quel grande Partito che rappresenta un nucleo che può e che deve essere fattivo, concretamente fattivo, nella vita della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Badini Confalonieri. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. A nome del Gruppo parlamentare liberale, mi associo alle espressioni di cordoglio e di rimpianto dei colleghi di questa Assemblea per la immatura dipartita dell’onorevole Battisti; ed è partecipazione che, provenendo da persone che non sono della sua parte politica, vuole essere leale riconoscimento del contributo di italianità da lui offerto; leale riconoscimento fatto con viva cordialità di espressione e con non minore intensità di sentimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gabrieli. Ne ha facoltà.

GABRIELI. Le mie modeste parole vogliono esprimere il mio personale rimpianto e quello più vasto del Foro di Roma che con Girolamo Grisolia ha perduto un campione di probità, una sicura difesa del suo prestigio, delle sue luminose tradizioni.

Dalla nativa Calabria, Grisolia portò nell’arringo romano un empito di fierezza che lo animò costantemente nelle quotidiane fatiche professionali.

Credente nella libertà e nella democrazia, il suo spirito negli anni tristi della dittatura trovò nella toga il rifugio necessario per ripararsi dagli assilli soffocanti della tirannide.

Lo vidi esultare come un fanciullo nei giorni della liberazione e poi confondersi e sparire tra le moltitudini acclamanti.

Sotto le bandiere di un glorioso Partito la sua fede riarse ed egli ne comunicò la fiamma a vaste masse di popolo.

Il destino gli ha reciso la vita nel pieno meriggio delle sue forze: nell’ora in cui la sua esperienza e la sua dottrina avrebbero dato valido contributo ai nostri dibattiti.

A nome anche del gruppo parlamentare democratico-cristiano, esprimo l’espressione del nostro cordoglio alla famiglia desolata.

Voglia il Presidente dell’Assemblea Costituente rendersi interprete presso la famiglia desolata dei nostri sentimenti di dolore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sardiello. Ne ha facoltà.

SARDIELLO. Poche volte questa Assemblea durante i suoi lavori ha veduto Girolamo Grisolia. Dai primi giorni il male lo colse e lo allontanò da quest’Aula. Per questo molti colleghi non hanno forse avuto occasione di conoscerlo appieno. Ma chi ha vissuto od ha seguito in questi anni l’attività politica nella Nazione liberata, anche nel campo dei partiti, sa che il valore ed il merito di Girolamo Grisolia avevano già avuto il riconoscimento del Paese, prima di quello del corpo elettorale. Valore e merito, come accennava il collega Gabrieli, nel campo professionale, ma valore e merito anche nel campo degli studi politici e sociali, e valore e merito di cittadino. E non erano, onorevoli colleghi, tre attività diverse: erano gli aspetti di un carattere forte e sintetico, il segno della terra di Calabria natia. Perché in Girolamo Grisolia il problema giuridico che egli proponeva al suo pensiero, acquistava vivezza e forza per l’aderenza che egli sapeva imprimergli alla realtà politica e sociale; e così prorompeva l’imperativo categorico del dovere del cittadino.

Per questo egli, pur giovanissimo, poté e seppe trovare nella sua cultura e nella sua coscienza la forza di resistere alle lusinghe, alle minacce del fascismo trionfante e di superarle. Per questo egli, conoscitore acuto ed appassionato studioso del pensiero mazziniano, ne approfondì il lato più attuale, dopo la proclamazione della Repubblica, rilevando il contenuto sociale dell’idea mazziniana in una pubblicazione di altissimo pregio; dacché Girolamo Grisolia sentiva l’ansia che oggi sale dall’anima del popolo e la fa anelante di una profonda trasformazione nella quale, secondo l’insegnamento di Giuseppe Mazzini, la libertà sia garantita e difesa e trionfi alla fine non disgiunta dalla giustizia sociale.

Per questo egli alla sua visione ideale consacrò anche la sua azione pronta, tenace, della quale il magnifico epilogo fu la battaglia istituzionale che egli combatté in due collegi diversi e lontani: nella Calabria, dalla quale si era allontanato ancora fanciullo, e qui a Roma. Ed ebbe da quella battaglia, che ha stremato le sue forze fisiche, più che la soddisfazione del successo personale (del quale non era ambizioso) la gioia di vedere – e questo accendeva il palpito più vivo della sua anima – che nella sua terra lontana, percossa e abbandonata da tanti decenni in mano alle clientele che deformano la lotta politica nelle beghe meschine, poteva trionfare ed aveva trionfato un principio nel nome dell’ideale repubblicano. Patì anch’egli il brivido di amarezza che in certi momenti prende tutti noi vedendo la grande opera ancora combattuta, incompresa, non ancora compiuta; ma lo fronteggiò, lo vinse con una fede che è il retaggio spirituale più nobile che noi prendiamo da lui; lo fronteggiò, lo vinse, con la fede che fatalmente gli ideali di libertà e di giustizia dovranno avere il loro trionfo, che sarà il trionfo del popolo, con la forza e nel nome della Repubblica italiana.

Con questo animo il Gruppo parlamentare repubblicano, a nome del quale ho l’onore di parlare, ed i repubblicani di Calabria, che qui rappresento, si inchinano reverenti alla memoria di Girolamo Grisolia e ricordano il monito che nelle ultime appassionate parole dell’onorevole Maffi mi è parso vibrante; il monito mazziniano che ora più che mai deve essere vivo per noi ed in quest’Aula: oggi ogni commemorazione che non sia una promessa è una profanazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Carboni. Ne ha facoltà.

CARBONI. A nome del gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani, e come collega in deputazione per la circoscrizione di Roma e nell’esercizio professionale, mi associo alle nobili parole con le quali il nostro Presidente ha espresso il commosso cordoglio dell’Assemblea per l’immatura scomparsa dell’onorevole Grisolia. Dotato di uno squisito senso di equilibrio e di responsabilità e di un carattere saldo e rettilineo, egli, per quanto modesto e riservato, aveva la tempra del combattente tenace e coraggioso dell’idea repubblicana e democratica. E noi rimpiangiamo dal profondo del cuore che egli sia mancato troppo presto e quando ancora tanto contributo di ingegno e di fede egli avrebbe potuto dare alla nascente Repubblica ed alla risorgente democrazia italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. A nome del gruppo liberale, mi associo al cordoglio che prova l’Assemblea per la dipartita dell’onorevole Grisolia. Ma mi associo anche a nome della mia terra. Non è il liberale, non è l’avversario che ha combattuto contro di lui la lotta elettorale; è il calabrese che sente il dolore profondo per la dipartita di un altro calabrese; di un calabrese che, onorando se stesso e combattendo per le sue idee ben diverse dalle mie, onorava la mia terra ed onorava me che, come lui, a quella terra appartengo. Onorava tutta la nostra Calabria e noi, che dalle nostre montagne e dai nostri mari siamo assurti ad una armonia superiore, al di là delle divisioni di opinione e di pensiero, al di là delle ostilità necessarie delle battaglie, e che sentiamo, tutti noi calabresi, l’impulso a che questa nostra armonia si estenda all’intiera patria italiana. E lo rimpiangiamo e lo rievochiamo con l’impegno di questa nostra passione italiana di unità e di armonia, la quale ancor manca in Italia e che ognuno di noi, nel proprio campo, cerca affannosamente di raggiungere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Dugoni. Ne ha facoltà.

DUGONI. Il gruppo parlamentare del Partito Socialista Italiano si associa alle nobili parole che sono state pronunciate per commemorare il collega Girolamo Grisolia. Il Partito Socialista tiene a ricordare, in questa circostanza dolorosa, che era legato a Girolamo Grisolia da due vincoli: l’amore per la Repubblica e l’amore per il progresso e la soluzione del problema sociale. Con questo io credo di interpretare il pensiero di tutti i miei compagni di gruppo, pregando il Presidente di rivolgere alla famiglia di Grisolia tutto il senso del nostro cordoglio per la sua immatura dipartita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Preziosi. Ne ha facoltà.

PREZIOSI. A nome del gruppo democratico del lavoro, mi associo alle nobile parole dette dai colleghi per commemorare l’onorevole Battisti. Quando, in una sera di dicembre, poche ore dopo la chiusura dei lavori dell’Assemblea, apprendemmo della tragica morte di Gigino Battisti, rimanemmo atterriti, soprattutto per una specie di beffa che il destino tragicamente aveva voluto giocare a questo meraviglioso combattente della libertà e della democrazia.

Gigino Battisti, che aveva rischiato la vita, che aveva compiuto ogni sacrificio in omaggio alla sua terra, che aveva in ogni momento combattuto per la libertà e la democrazia, doveva perdere la vita nel più banale degli incidenti; Gigino Battisti, da un investimento fatale, doveva essere strappato al nostro affetto e soprattutto all’affetto della sua terra e della Patria.

Ed ancor più vivo è in me il dolore per la perdita di Girolamo Grisolia che io ricordo magnifico combattente della democrazia rifulgere nel vaglio del periodo di lotta clandestina. Egli affrontava il rischio con quel suo sorriso sempre uguale ed allorché si trovava a combattere la sua bella battaglia per la democrazia e per la Repubblica era contento, perché vedeva diventare realtà la sua più grande aspirazione.

Egli era sempre animato dalla speranza di poter ritornare al suo lavoro, alla sua famiglia, dopo aver combattuto questa bella battaglia che ogni giorno combattiamo.

È motivo di grande tristezza questa sera per noi il commemorare questi nostri due compagni scomparsi, è una tristezza profonda per aver perduto due compagni di lotta lungo il nostro cammino, poiché essi non possono più lavorare con noi e non possono con noi combattere le altre battaglie per la democrazia del nostro Paese e per i supremi interessi della Patria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Di Gigino Battisti è detto tutto, quando si può affermare che egli portò con onore e con notevole vantaggio per la sua e mia città il nobilissimo peso del suo grande nome.

Mi associo col più vivo sentimento di personale amicizia al cordoglio della Camera, della sua regione, della sua famiglia.

Mi inchino del pari alla cara e degna memoria del Vicepresidente del gruppo parlamentare repubblicano Girolamo Grisolia.

Dimissioni del Presidente dell’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. Comunico che, in data del 12 gennaio, ultimo scorso, mi è pervenuta la seguente lettera:

«On. Avv. Umberto Terracini

Vicepresidente dell’Assemblea Costituente

Roma

«Rassegno le dimissioni da Presidente dell’Assemblea Costituente.

«La prego di comunicare all’Assemblea tali mie dimissioni, perché voglia prenderne atto.

«Gradisca, onorevole collega, l’espressione della mia più alta considerazione.

«Giuseppe Saragat».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Conti. Ne ha facoltà.

CONTI. Propongo all’Assemblea di non accettare le dimissioni del Presidente Giuseppe Saragat. Noi conosciamo i motivi della sua determinazione: sono le polemiche interne del partito al quale appartiene.

In quest’aula non sembra che debbano avere eco le discussioni interne dei partiti. Noi dobbiamo compiere un’opera serena, improntata agli ideali dei partiti politici, ma non turbata dalle discussioni e dalle polemiche che si svolgono fuori di qui.

Abbiamo bisogno di grande serenità. A me sembra che l’Assemblea debba apprezzare questo punto di vista, e per questo motivo debba respingere le dimissioni dell’onorevole Saragat.

Abbiamo conosciuto l’onorevole Saragat nella sua azione politica, nobilissima sempre, serena. Lo abbiamo visto al seggio presidenziale, sereno, imparziale, cortese verso tutti. Non possiamo in quest’aula trascurare la valutazione di questa situazione ed accogliere le sue dimissioni. Chiedo all’Assemblea di respingerle. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Non intendo interferire in una questione di esclusiva competenza dell’Assemblea; ma poiché il Presidente Saragat ha sempre collaborato con opera fraterna ed efficace con il Governo, è lecito e doveroso che io esprima l’augurio che tale cooperazione possa continuare. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lussu. Ne ha facoltà.

LUSSU. Io mi sento imbarazzato, ma poiché in questa Assemblea soltanto l’onorevole Conti e l’onorevole Presidente del Consiglio hanno espresso il loro parere, desidero esporre il mio punto di vista.

Sono noti a tutti i rapporti di grande amicizia che legano molti di noi, e me in modo particolare, all’onorevole Saragat, e per la comunanza della lotta politica e della lotta clandestina, e per la ferma decisione di fare e di difendere la Repubblica. Ma è appunto per questi rapporti personali, che sono diventati rapporti di grande e reciproca amicizia, che mi permetto esprimere un parere contrario a quello espresso dal Presidente del Consiglio e dall’onorevole Conti. Non si tratta di una questione sentimentale. Noi saremmo tutti perfettamente d’accordo nel ritenere che l’onorevole Saragat debba rimanere al suo posto di Presidente dell’Assemblea, per cui riscuote tanta unanimità di fiducia e di consensi; ma, a mio parere, questa è una questione puramente politica ed ho l’impressione che se noi respingessimo le dimissioni, scenderemmo ad una specie di corruzione parlamentare. (Commenti – Rumori).

Nella Camera, italiana, il Presidente appartiene, per tradizione costante, ad uno dei partiti della maggioranza, cioè il Presidente della Camera deve avere un certo rapporto di solidarietà politica con il Governo. (Commenti – Rumori).

Evidentemente io dissento dall’opinione di parecchi, o della maggioranza, dei colleghi, ma ho il dovere di esprimere il mio dissenso. Ho l’impressione che di fronte al Governo che si è costituito, il Presidente della Camera Saragat, che appartiene ad un gruppo che non ha dato la sua collaborazione al Governo, si troverebbe in una situazione di disagio. (Commenti – Rumori).

Mi permettano, gli onorevoli colleghi, di affermare che è una pura questione politica quella che io sollevo.

La Camera italiana non è come la Camera inglese, dove il presidente spesso non appartiene alla maggioranza. Alla Camera dei Comuni lo Speaker assiste quasi sacerdotalmente alla cerimonia. Tutto si svolge secondo una procedura tradizionale che dura da secoli. Chi ha avuto occasione di assistere alle Assemblee della Camera dei Comuni sa che ogni Deputato prende la parola seguendo il suo turno, secondo l’ordine del giorno, ed il Presidente della Camera non interviene quasi mai. Da noi non è la stessa cosa. Ecco perché mi permetto di dissentire dalla proposta fatta, nell’interesse della democrazia parlamentare dell’Assemblea. (Commenti). Poiché ho l’impressione che il Governo che si è costituito presti per molte ragioni il fianco a parecchie critiche, credo che l’onorevole Saragat sarà più legato alla democrazia parlamentare di questa Assemblea stando al suo banco di Deputato che non alla Presidenza. (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Onorevoli colleghi, il collega Lussu ha sollevato una questione di pura politica. Credo non sia oggi nostra funzione affrontare tale questione: spetterà, se mai, all’onorevole Saragat affrontarla e prendere liberamente le sue decisioni secondo la sua coscienza. Per quanto ci riguarda, nostro dovere è compiere un atto di deferenza verso un uomo, il quale ha presieduto la nostra Assemblea con dignità, con imparzialità, con signorilità. Per questo mi associo a nome del mio gruppo, alla proposta, fatta dall’onorevole Conti. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta dell’onorevole Conti, alla quale si è associato l’onorevole Togliatti, di respingere le dimissioni dell’onorevole Saragat.

(La proposta è approvata – Vivissimi applausi).

Presentazione di relazioni.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ciampitti a recarsi alla tribuna per la presentazione di alcune relazioni.

CIAMPITTI. Ho l’onore di presentare due relazioni della Commissione per l’autorizzazione a procedere nei confronti di Parise Michele per il reato di vilipendio della Assemblea Costituente (Doc. I, n. 3-A) e del deputato Colombi per il reato di diffamazione a mezzo della stampa. (Doc. I, n. 4-A).

PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Ciampitti della presentazione di queste relazioni. Saranno stampate e distribuite.

Interrogazioni e interpellanze.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e delle interpellanze pervenute alla Presidenza, durante la sospensione dei lavori e nella seduta odierna.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della guerra, per conoscere se il Governo abbia fatto quanto era necessario per onorare degnamente i nostri eroici caduti di Cefalonia (400 ufficiali e 8000 soldati), raccogliendone le salme in un degno Cimitero, la cui custodia potrebbe essere affidata a dei religiosi italiani presenti nell’isola.

«Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali provvedimenti intende adottare per la pronta riattivazione del doppio binario sulla linea Roma-Formia-Napoli.

«Porzio».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se sia a conoscenza dell’avvenuto arresto dei dirigenti del Partito d’azione a Trieste e se non ritenga di segnalare alle competenti autorità l’impressione sfavorevole che questo arresto ha suscitato nel Paese.

«Cianca, Calamandrei, Codignola, Foa, Lombardi Riccardo, Lussu, Mastino Pietro, Schiavetti, Valiani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga necessario – nell’attuale situazione di grande bisogno in cui versano vaste masse di disoccupati di ogni categoria – di emanare un provvedimento transitorio, inteso a subordinare qualsiasi assunzione in ruolo o fuori di ruolo presso tutte le pubbliche Amministrazioni, all’accertamento delle condizioni economiche e familiari di ciascun concorrente, e a stabilire opportune preferenziali, nelle graduatorie degli idonei, a favore dei candidati meno abbienti.

«Gui, Franceschini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se intenda aumentare le indennità ai membri delle commissioni distrettuali e provinciali per le imposte, che oggi vengono remunerati con appena lire 45 per ogni ricorso definitivo e per ogni sentenza rispettivamente compilata, con fatiche spesso non lievi e con studi prolungati. Se tali indennità venissero equamente ed umanamente aumentate, ed insieme si rimborsassero adeguatamente le spese di viaggio che le suddette persone debbono sopportare per raggiungere la sede dei loro lavori, senza dubbio avrebbe incremento il rendimento dell’opera loro, con vantaggio delle entrate fiscali, ed i Commissari conseguirebbero l’indipendenza indispensabile al giusto adempimento delle loro mansioni.

«Recca».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non intenda esonerare, previo controllo sull’effettivo carattere cooperativistico degli enti, da qualsiasi tassa ed imposta, le Società cooperative in genere ed in special modo quelle di consumo; o, per lo meno, se non intenda diminuire sensibilmente i gravami fiscali che oggi opprimono le cooperative stesse e che ne rendono grama la esistenza, o, peggio, finiscono per trascinarle alla liquidazione o al fallimento. Non possono, né debbono, infatti, agli effetti fiscali, codesti Enti venire equiparati alle altre Società con forti capitali e con mire speculative, o a quei commercianti, che in dispregio del fisco, non presentano bilanci sinceri, così come necessariamente li presentano le cooperative, le quali, mirando veramente a scopi di utilità pubblica, con modesti capitali, operano come calmieri sui mercati, e alleviano il disagio economico che opprime le classi meno abbienti.

«Recca».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se, dopo il provvedimento di amnistia per dolose azioni politiche, concesso in occasione della proclamazione della Repubblica italiana, non creda giusto, anche per senso di perequazione, un provvedimento a favore di quei reduci dal campo di concentramento di Coltano, che abbiano aderito, e solo per necessità di esistenza, alla cosiddetta repubblica sociale italiana (come risulta dal loro foglio di congedo), senza aver partecipato a nessuna azione criminosa e che oggi sono esclusi da tutti i concorsi, vedendosi preclusa ogni possibilità di vita onesta ed operosa.

«Recca».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per sapere se non intendano dare disposizioni alle Prefetture perché si provveda alla abolizione delle cosiddette squadre di privati cittadini per il reperimento annonario. Tali squadre, per vero, oltre a non raggiungere gli intenti loro prefissi e animate non poche volte da spirito di parzialità, hanno dato luogo ad incresciosi incidenti, turbando quella serenità che deve presiedere al lavoro in qualunque settore esso si svolga.

«Bovetti, Stella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e commercio, per conoscere se gli risulti che richieste da parte di laboratori scientifici statali, rivolte ad ottenere l’assegnazione gratuita di materiale da laboratorio in possesso dell’A.R.A.R., non siano state accolte e se non ritenga di dichiarare quali ostacoli si frappongono al loro accoglimento: considerando il fatto che l’attuale depauperamento dell’attrezzatura di ricerche scientifiche consiglia il massimo interesse da parte dello Stato, anche allo scopo di permettere ai ricercatori e scienziati italiani possibilità di utile lavoro in Patria, e all’industria, sia privata che controllata dallo Stato, di superare l’attuale stato di arretratezza tecnica.

«Foa».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere i motivi, per i quali si sono arrestate le pratiche relative alla ricostituzione dei Comuni soppressi dal fascismo; se non ritenga di dover invece accelerare la definizione delle pratiche stesse, allo scopo di venire incontro al desiderio delle popolazioni interessate, che attendono il riconoscimento del loro diritto; se non ritenga che il parere espresso dalla prima Commissione legislativa dell’Assemblea Costituente, in riferimento alla deliberazione della seconda Sottocommissione per il progetto della Costituzione non possa arrestare il procedimento di ricostituzione in quanto detta delibera è soltanto una proposta, che in alcun modo può modificare, fino a che non sia approvata, la legge vigente; se detto parere non debba per lo meno limitarsi alla creazione di nuovi Comuni e non al ristabilimento di un diritto, confiscato dal regime fascista in contrasto con la volontà delle popolazioni interessate.

«Uberti, Cavalli, Vicentini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga giusto estendere anche agli agenti forestali impiegati in servizio di ordine pubblico durante le elezioni, il beneficio dell’indennità straordinaria già corrisposta agli altri agenti della forza pubblica.

«Fresa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere a quale principio si ispiri e a quale esigenza pratica risponda la circolare 7 giugno 1944, n. 1, n. 111800 1 l/110-I-17, che dispone l’eliminazione dal servizio entro il più breve tempo possibile di tutti gli ufficiali e sottufficiali dell’Arma dei carabinieri che abbiano riportato una sanzione disciplinare anche lievissima per fatti già vagliati dalla Commissione di epurazione o dal Consiglio di Stato e per i quali furono assolti con formula piena.

«Fresa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le provvidenze che intende adottare, affinché le scienze sperimentali, e in particolare le scienze fisiche, possano, in maniera adeguata al moderno sviluppo della ricerca, assolvere decorosamente al loro compito per la dignità morale e il maggiore progredire della vita della Nazione.

«Medi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri di grazia e giustizia e del tesoro, per sapere se non ritengano di dover finalmente adottare provvedimenti che valgano a sanare la gravissima ingiustizia che si è finora commessa a danno degli Arcivescovi e Vescovi i quali percepiscono ancora gli assegni d’anteguerra, talmente inadeguati alle loro necessità da dover ritenerli offensivi e della loro dignità e della serietà dello Stato.

«Mannironi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per apprendere se intenda, senza ulteriori tergiversazioni, emanare l’atteso e non più rinviabile provvedimento di definitiva trasformazione in autonoma della Sezione provvisoria della Corte d’appello di Messina funzionante da più anni a Reggio Calabria, in conformità del preciso impegno scritto e orale, ripetutamente e personalmente assunto.

«Tripepi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri della marina militare e marina mercantile, per conoscere se il Governo abbia preso in esame i complessi problemi derivanti dalla prevista demilitarizzazione dell’isola di La Maddalena che minaccia l’avvenire dell’intera popolazione di 12.000 anime e interessa l’economia di tutta la Gallura, e quale seguito intenda dare alle richieste formulate dalla locale Amministrazione che così si compendiano: 1°) istituzione di una zona franca; 2°) trasformazione della base navale in cantiere civile; 3°) costruzione di un bacino di carenaggio.

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per chiedere se non ritenga giusto il momento di restituire alle famiglie le salme dei Caduti dispersi nei vari cimiteri in Italia. Per sapere, inoltre, se sono in corso pratiche a questo riguardo e quale indirizzo si penserebbe di seguire; se si sono iniziati accertamenti e pratiche, per conoscere dove ebbero sepoltura i nostri Caduti lontano dal suolo metropolitano, in modo da poterne dare notizia e conforto al maggior numero possibile di madri e di congiunti inconsolabili nel loro dolore.

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda urgente la creazione di un Ente nazionale di assistenza agli artisti, controllato dal Ministero della pubblica istruzione, che si ponga lo scopo di aiutare e sorreggere moralmente e materialmente i sacerdoti dell’arte, per impedire che tante giovani energie vengano perdute per il progresso dell’arte italiana.

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda urgente la istituzione di un Ente nazionale di assistenza ai lavoratori intellettuali al fine di assistere moralmente e materialmente gli intellettuali disoccupati di tutte le categorie; disoccupati che aumentano vertiginosamente di anno in anno, con l’inflazione delle lauree di tutte le Facoltà, senza che nessuna autorità si preoccupi di avvertire i giovani che la laurea non è un punto di arrivo, bensì il punto di partenza di una serie infinita di amarezze e delusioni.

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intenda prendere per la carriera dei maestri elementari fuori ruolo idonei a uno o più concorsi. Trattandosi di elementi di una certa età e con famiglia a carico, sarebbe atto di giustizia l’esentare tali maestri dal partecipare a nuovi concorsi e dichiararli titolari di ruolo in modo da poterli sistemare al più presto, così come è stato fatto per gli idonei dell’ultimo concorso delle Scuole medie.

«D’Amico Diego».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere le ragioni per le quali nella rinnovazione del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 106, non si sia tenuto conto degli emendamenti suggeriti dall’A.N.P.I., e – poiché questo fatto ha provocato un vivace e giustificato malcontento fra tutti gli ausiliari di polizia – per chiedere che venga temporaneamente sospeso il decreto stesso onde poter riesaminare le proposte dei partigiani, che intendono difendere i diritti acquisiti in un anno e più di servizio a protezione dell’ordine e del Paese.

«Faralli, Barbareschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intenda adottare nei confronti del professore Petini, preside dell’Istituto tecnico di Teramo, il quale fa sospendere le regolari lezioni per consentire a religiosi di trattenere la scolaresca in conferenze di carattere spiccatamente anticomunista, cosa che ha già suscitato il risentimento di gran parte della scolaresca stessa e di numerosi insegnanti, i quali, giustamente, ritengono che le aule scolastiche, nelle ore di studio, non debbano servire a comizi politici che offendono partiti e Capi di Governi esteri.

«Corbi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se sia al corrente delle richieste fatte dai geometri, periti agrari e studenti di numerose città tendenti ad ottenere la facoltà di adire agli studi universitari; diritto di cui hanno goduto fino all’anno 1923 e del quale furono privati dal Ministro Giovanni Gentile. E per sapere se non ritenga opportuno soddisfare con sollecitudine questa giusta richiesta, sia in omaggio ad un principio di giustizia, sia nell’interesse nazionale, che vuole sia favorita la formazione di tecnici sperimentati e volonterosi.

«Corbi».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quali provvedimenti intenda prendere in riferimento all’aumento del contributo e alla proroga della concessione del premio di acceleramento per le riparazioni edilizie.

«Bargagna, Bibolotti, Baldassarri, Barontini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda predisporre onde ricondurre alla normalità la situazione della stampa quotidiana, gravemente pregiudicata, nella sua missione, dalla limitazione della carta. L’interrogante ritiene che una tempestiva azione di Governo risponderebbe ad un duplice interesse d’ordine nazionale:

1°) convogliare la grande massa del pubblico verso letture accessibili e di elevato livello, quali, per tradizione, le terze pagine dei quotidiani, oggi soppresse, a vantaggio esclusivo di libelli infamanti e corruttori;

2°) scongiurare il pericolo che le categorie degli autentici scrittori e dei giornalisti siano gradualmente e fatalmente eliminate (con enorme scapito di quella formazione spirituale e culturale così essenziale ai fini della ricostruzione) ed a beneficio della più bassa ed equivoca speculazione pubblicitaria. Ritiene infine l’interrogante che si debba veramente questo riconoscimento ai grandi quotidiani per il senso di responsabilità e di dignità dimostrato nell’ambito della libertà di stampa.

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se ritiene conforme ai fini della scuola ed alla sana educazione della gioventù, l’aver richiamato all’insegnamento nelle scuole elementari di Venzone (Udine) Barbieri Serafino, ex giudice conciliatore, sciarpa littorio, centurione della milizia e podestà durante il periodo repubblichino.

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’industria e commercio, del tesoro, delle finanze e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se intendono estendere all’Italia meridionale, il decreto legislativo 8 maggio 1946, n. 470, emanato per l’Italia settentrionale, relativo all’indennizzo agli agricoltori, che non hanno potuto, per cause di forza maggiore, consegnare agli zuccherifici le bietole da essi obbligatoriamente coltivate nella campagna 1944.

«Riccio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri degli affari esteri e dell’assistenza post-bellica, per sapere con urgenza se essi sono a conoscenza che in Russia, contrariamente a quanto è stato dichiarato, vi sono ancora dei prigionieri italiani, tra cui alcuni ufficiali e due cappellani, e se intendano svolgere la doverosa azione per il rimpatrio.

«Riccio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per conoscere se intendano istituire cattedre di ruolo di storia dell’arte nei licei ed inquadrare in pianta organica i professori abilitati ed in servizio.

«Riccio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per conoscere se intendano istituire nelle Università una cattedra ufficiale di «Storia e legislazione comparata del lavoro» o, quanto meno, rendere biennale il corso di «Diritto del lavoro» trasformandolo in «Storia e diritto del lavoro».

«Riccio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’interno, della guerra e della marina militare, per sapere se l’ultimo comma della nota che si riporta, sia stato incluso in ottemperanza a istruzioni impartite dai Comandi superiori, o se invece sia dovuto a deprecabili sentimenti antidemocratici del firmatario della nota stessa. «Al Comando deposito C.E.M.M. Commissione arruolamenti volontari, Venezia. L’aspirante in oggetto risulta di buona condotta morale e politica, senza precedenti o pendenze penali a questi atti. Non ha collaborato coi nazi-fascisti e con altre organizzazioni. Si fa però notare quale acceso aderente a partiti estremisti e come tale non gode la stima del pubblico, che, nella maggioranza, propende per partiti di destra. Il maresciallo maggiore comandante, Antonio Mocerino, Montebelluna, 7 dicembre 1946». Merita sottolineare che l’ultima parte dell’informazione, è stata espressamente aggiunta in calce al modulo d’uso per normali informazioni.

«Ghidetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della marina militare, per conoscere l’esattezza della notizia pubblicata da vari giornali settimanali circa l’ordine dato, e pare eseguito, di distruggere tutto il materiale dimostrativo dell’eroico comportamento dei marinai d’Italia prima dell’8 settembre 1943. Si spera trattarsi di una panzana giornalistica, non potendosi ammettere una diversa valutazione dell’eroismo italiano, stabilita da una data. Si chiede anzi, se non si senta la necessità di onorare pubblicamente i nostri morti, eroici fratelli caduti sul mare in ogni tempo. (L’interrogante chiede l’urgenza per la sua interrogazione).

«Mazza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere se non creda necessario deplorare il comportamento di determinate Camere del lavoro dell’Italia meridionale, denunziando i dirigenti responsabili per il sabotaggio del Prestito della Ricostruzione, speranza per la comune salvezza, effettuato con gli scioperi a catena.

«Mazza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere i motivi per i quali si starebbe per concedere nel comune di Negrar una nuova licenza di cinematografo chiuso, contrariamente alla volontà delle popolazioni interessate espressa dalle autorità locali e in particolare dal capo dell’amministrazione comunale; e per sapere come possa essere avvenuto che siano stati non esattamente o parzialmente informati gli organi centrali circa i dati di fatto e precisamente si sia affermato che il comune di Negrar conta 8 mila abitanti, senza aggiungere che è costituito di sette paesi (Negrar, Arbizzano, Montecchio, Torbe, Prun, Marzano e Fane) con distanze dal capoluogo fino a 8 chilometri; si sia affermato che esiste un solo cinematografo, mentre nell’ambito del Comune ne esistono tre; si sia affermato che nel cinema del capoluogo vi siano 286 posti, mentre quelli a sedere sono 344.

«Uberti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se il Governo intenda sistemare in carriera quei pochi magistrati nominati dal Governo alleato, in servizio da oltre tre anni, attualmente in carica; come è stato già disposto dal Ministro dell’interno per i commissari di pubblica sicurezza e dal Ministro della pubblica istruzione per i docenti universitari nominati dal Governo alleato, mentre pare che un simile provvedimento stia per essere adottato nei confronti dei dipendenti dell’Amministrazione finanziaria. L’eventuale sistemazione dei magistrati predetti risponderebbe ad evidenti criteri di giustizia e di equità, potendo essi legittimamente aspirare ad una giusta sanatoria in forza dell’articolo 2 della legge 31 agosto 1945, n. 571, che prevede espressamente la possibilità della immissione nei ruoli dei funzionari nominati dal Governo alleato. Nel contempo l’Amministrazione della giustizia si gioverebbe di elementi di provata capacità ed esperienza. Del resto lo stesso onorevole Ministro di grazia e giustizia ha già ravvisato l’opportunità, mediante la legge 6 aprile 1946, di assumere nella Magistratura vice pretori onorari, procuratori legali e laureati in giurisprudenza, in favore dei quali depone solo una semplice presunzione di idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, mentre i magistrati nominati dal Governo militare alleato, tuttora in carica, sono stati già provati da non breve esperienza e dànno affidamento di sicura garanzia.

«Romano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere – nel momento in cui l’Assemblea Costituente sta per accogliere nei nuovi ordinamenti della Repubblica italiana la giusta ed antica aspirazione della Magistratura alla sua piena ed effettiva indipendenza, che ha come indispensabile premessa la leale accettazione e comprensione da parte di tutti i magistrati, a cominciare da quelli investiti dei più alti uffici, della legalità repubblicana – se siano vere le notizie riferite dalla stampa su recenti episodi, i quali potrebbero far ritenere che altissimi magistrati in adunanze solenni si compiacciano di ignorare la Repubblica e pubblicamente rifiutino al Presidente della Repubblica quel non servile ossequio che in regime democratico è dovuto al Capo dello Stato, simbolo dell’unità, della concordia e della sovranità del popolo; e, qualora tali notizie siano vere, per conoscere quali immediati provvedimenti intenda prendere o promuovere per far sì che nel popolo rimanga intatta la fiducia nella Magistratura e per evitare che, in seguito alla impressione suscitata da siffatti isolati gesti individuali, l’opinione pubblica possa essere indotta a considerare con timore quelle garanzie di assoluta indipendenza che stanno per essere date alla Magistratura e a diffidarne come di possibili pericolosi strumenti di resistenza e di ostilità contro le istituzioni repubblicane.

«Calamandrei».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere per quali ragioni, con inescusabile sperpero del pubblico danaro, sia conservato in funzione, dopo oltre venti mesi dalla cessazione d’ogni azione bellica, il minuscolo ospedale della Croce Rossa, che occupa oltre metà del fabbricato delle scuole «IV Novembre» in Udine, ad onta che l’Autorità militare disponga, per circa duecento degenti, dell’intero ospedale vecchio, capace d’oltre settecento letti, e quando il nuovo Ospedale civile versa in penosissima allarmante deficienza di spazio e il Comune non dispone di sufficienti edifici per la sua popolazione scolastica.

«Cosattini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno per sapere quali provvedimenti intenda adottare contro il Prefetto di Palermo, che, violando apertamente la legge, venendo meno ai doveri di tutela della dipendente amministrazione comunale di Lercara e rendendosi inconsapevole strumento di privati interessi in contrasto con quelli della predetta amministrazione, illegittimamente ed arbitrariamente invitava quel sindaco a revocare nel termine perentorio di tre giorni un decreto con il quale era stata disposta per gravi e conclamate ragioni di urgente necessità pubblica, ai sensi dell’articolo 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2258, all. E, la occupazione dell’Azienda elettrica di Lercara, ed avuta dal sindaco risposta negativa, per quanto largamente motivata, offendendo il prestigio degli ordinari amministratori, riteneva di potere, in applicazione dell’articolo 19 della legge comunale e provinciale, inviare in quel Comune un Commissario prefettizio allo scopo di gestire il servizio elettrico, senza che ne ricorressero le condizioni di legge e sotto lo specioso pretesto di assicurare il detto servizio, già perfettamente assicurato dal provvedimento del sindaco e per garantire una imparzialità nella gestione, che svolgendosi esclusivamente nell’interesse del Comune, non poteva, né può interessare il privato, di cui il Prefetto di Palermo ritenne di dovere assumere la premurosa tutela.

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e i Ministri dell’assistenza post-bellica e l’Alto Commissario per l’alimentazione, per conoscere se e quali provvedimenti siano stati adottati o si intenda adottare per lenire, anche in minima parte, le terribili sofferenze – rese più atroci dai rigori di un inverno eccezionale – delle popolazioni dei Comuni maggiormente sinistrati d’Abruzzo – specie di quelli della montagna, già sepolti dalla neve – giunte ormai al massimo di una pericolosa esasperazione. Si chiede per esse, costrette a vivere una vita che è una lenta agonia, che si provveda d’urgenza all’invio di indumenti, di coperte, di calzature, di soccorsi sanitari; alla distribuzione supplementare di viveri di prima necessità; alla erogazione di speciali sussidi invernali per tutti i minorati dalla guerra, per i partigiani, i reduci, i disoccupati, i pensionati, per gli innumerevoli senza tetto che hanno bisogno dei più elementari aiuti immediati per non morire di fame, di freddo e di tubercolosi. (L’interrogante chiede la risposta urgentissima).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per conoscere se non si ravvisi opportuno, oltreché giusto ed umano, disporre che i contribuenti dei Comuni d’Abruzzo maggiormente sinistrati dalla guerra siano esonerati dal pagamento di tutte le imposte almeno fino a quando non vengano dall’Erario risarciti dei danni sofferti a causa della guerra, scomputandosi, in tal caso – mediante una innovazione nel campo tributario, che non deve sembrare strana se si tien conto della immane sciagura che si è abbattuta su quelle martoriate popolazioni – il loro debito per tributi verso l’Erario medesimo dall’indennizzo ad essi dovuto per quei danni e debitamente accertato. L’interrogante chiede che si provveda, nel frattempo, d’urgenza, ad ordinare la sospensione degli atti esecutivi a loro carico, ovunque minacciati o già in corso su vasta scala.

«Paolucci».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’aeronautica, per sapere se sia vero che la Società italo-americana di trasporti aerei (LAI) abbia ottenuto, in regime di monopolio, l’esercizio della linea Cagliari-Roma, con esclusione di un’altra società, sorta per sviluppare e sostenere, principalmente, gli interessi isolani con capitali sardi, che già dal 1944 aveva avanzato richiesta di concessione della suddetta linea ed alla quale la possibilità di tale esercizio era stato riconosciuta. Ciò costituirebbe non solo disconoscimento di un giusto diritto di precedenza ed un danno sicuro per la società, che vi ha già impegnato ingenti capitali, ma annullerebbe anche le iniziative e danneggerebbe gli interessi dell’Isola. (Gli interroganti chiedono la risposta d’urgenza).

«Mastino Pietro, Lussu, Mastino Gesumino, Bozzi, Laconi, Mannironi, Murgia, Falchi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se: gli risulti che – mentre il Senato ha per legge cessato dalle sue funzioni e – per conseguenza – è venuto altresì a cessare il privilegio del Foro a favore dei suoi Membri, continui invece a funzionare l’Alta Corte di Giustizia per procedimenti a carico di coloro che – pur godendo del titolo di «Senatori discriminati» – non possono e non debbono essere sottratti alla giurisdizione delle autorità giudiziarie; e – constatati i fatti – non ritenga che il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma debba avocare a sé l’azione penale negli accennati procedimenti, richiamando dagli uffici della cessata Alta Corte gli atti relativi, non potendosi a questa consentire alcun potere, neppure istruttorio, che, oltre ad essere illegale, riuscirebbe anacronistico e sospetto.

«Santi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del lavoro e previdenza sociale, per conoscere le ragioni per cui il Governo è rimasto indifferente dinanzi al gravissimo fenomeno della disoccupazione agricola nel Salento, ove la piccola e media proprietà terriera, essendo costretta da oltre un anno ad assorbire la mano d’opera disoccupata in lavori improduttivi, se non dannosi, si è venuta a trovare in condizioni quasi disperate. L’interrogante segnala l’opportunità politica e sociale di disciplinare il fenomeno con un provvedimento legislativo che metta a carico dello Stato, e quindi della generalità dei cittadini, l’onere dei veri disoccupati e bisognosi.

«Gabrieli».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se è a conoscenza che l’indennità di residenza, fissata a lire 4000 annue, nell’anteguerra, per i farmacisti delle farmacie in zone rurali, è rimasta la stessa, malgrado il diminuito valore della moneta e l’aumentato costo della vita, o se intenda impartire alle Prefetture e ai Comuni opportune disposizioni perché detta indennità di residenza venga adeguata agli indici della vita di oggi, come è stato fatto per ogni altra categoria di professionisti e di lavoratori.

«Federici Maria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri degli affari esteri e dell’agricoltura e foreste, per conoscere quali gravi ragioni abbiano impedito a tutt’oggi la costituzione ed il funzionamento della Organizzazione italiana per l’alimentazione e l’agricoltura, da porre in collegamento con la F.A.O. La necessità di tale costituzione e la urgenza del funzionamento di essa, indicata all’Italia dai dirigenti stessi della F.A.O., nell’interesse del nostro Paese ed in particolare per salvaguardare la nostra aspirazione di stabilire la sede europea della F.A.O. a Roma, è stata dall’interrogante parecchi mesi fa, al suo ritorno da Kopenaghen, segnalata alla Presidenza del Consiglio, al Ministro degli affari esteri ed a quello dell’agricoltura e foreste, come provvedimento necessario ed urgente. A malgrado di tali preghiere ed avvertimenti, il Governo ha creduto di dover prolungare per oltre tre mesi l’incubazione di un provvedimento che poteva essere preso in poche ore.

«In questi giorni una Commissione della F.A.O. si è recata a Roma per studiare il problema della propria sede europea, ma non ha trovato ancora costituita la F.A.O. italiana. Ciò può seriamente compromettere il risultato felice dell’ultima Assemblea dell’Istituto internazionale di agricoltura, nella quale le cinquantadue Nazioni rappresentate votarono all’unanimità la scelta di Roma come sede europea della F.A.O., ed anche il risultato favorevole ottenuto dalla Delegazione italiana alla Conferenza F.A.O. a Kopenaghen sulla stessa questione. Si domanda che il Governo faccia conoscere i motivi di tale inspiegabile pausa, così pregiudizievole per gli interessi del nostro Paese e che provveda finalmente alla costituzione della F.A.O. italiana.

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e del tesoro, per segnalare la ingiustizia delle differenti misure di contributo accordate ai territori agricoli italiani a seconda che si trovino dentro o fuori i «comprensori di bonifica». Tale situazione di assoluto privilegio concessa a determinate zone, scelte con criteri tecnici non sempre giustificati, mentre concentra per una serie di anni i benefici governativi in poche fortunate aree, li rarefà per il resto del Paese, e crea una disparità di trattamento che nulla giustifica. Vi sono zone le quali, come la vallata Aquilana e quella di Sulmona, sono bisognose di contributi governativi adeguati per regolamentare ed incrementare l’irrigazione e per i bisogni urgentissimi della montagna, opere queste che significano aumento della ricchezza nazionale; e quasi nulla in queste zone può intraprendersi, con i contributi attribuibili attualmente; esse oggi scontano la disavventura di non aver trovato nel regime passato chi patrocinasse la loro inclusione in «comprensori di bonifica».

«Si domanda che il Governo non persista a considerare congelati i comprensori già esistenti, sui quali soltanto seguita a concedere contributi, ma che faccia un trattamento equo ed equivalente a tutto il territorio agricolo italiano, bisognoso di miglioramenti e bonifiche. Ciò può ottenersi o prescindendo dai «comprensori» nella concessione dei contributi più urgenti ed utili o rotando la dichiarazione ed il riconoscimento dei «comprensori».

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro per il commercio estero, per sapere i criteri che lo hanno guidato nella concessione della licenza al Consorzio importatori conservieri per 20.000 tonnellate di sostanza zuccherina proveniente dal Perù, e per sapere se il prezzo di 155 lire al chilogrammo è quello normale del mercato o è superiore.

«Natoli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro per il commercio estero, per sapere se non creda conveniente concedere licenza di importazione di uova, offerte a prezzi convenienti sui mercati esteri, mentre in Italia sono vendute ad un prezzo tanto alto da favorire il rialzo del prezzo della carne e del pesce.

«Natoli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se gli risulta rispondente a verità quanto ha affermato nel suo discorso a Firenze l’onorevole Togliatti, ex Ministro della giustizia, e cioè che in molte regioni la «Magistratura italiana» non si è ancora staccata dalla vecchia consuetudine di lasciarsi trattare e considerare come un corpo di servitori della classe possidente, tenuti a interpretare le leggi secondo gli interessi dei signorotti e dei grandi proprietari locali.

«Cortese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere quando intenderà dare esecuzione al deliberato del Consiglio dei Ministri del 24 giugno 1946, con il quale fu disposta la revoca del collocamento a riposo, con la conseguente riammissione in attività di servizio, del dottor Leonida Bonanni, direttore generale del Ministero del tesoro.

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, ed i Ministri dei lavori pubblici, dell’assistenza post-bellica e del tesoro, per conoscere se non ritengano rispondente a giustizia, oltreché conforme all’universale aspettazione, inserire opportunamente nel prossimo decreto, che regola il vasto piano della ricostruzione edilizia, una disposizione che distingua i sinistri per causa di rappresaglia da tutti gli altri considerati comunque effetto di eventi bellici; e concedano ai primi speciali condizioni di favore, sia quanto alla misura del risarcimento, che dovrebbe essere in buon numero di casi anche totale, sia quanto alla precedenza ed alla procedura nel vaglio dei progetti, nelle anticipazioni e nella esecuzione dei lavori.

«Il criterio discriminatorio per l’invocato provvedimento è imposto soprattutto dalla considerazione che, mentre i danneggiati da bombardamento o da altre operazioni belliche furono passivi verso l’azione causa di sinistro, i rappresagliati invece, nella loro quasi totalità, determinarono direttamente l’atto di devastazione nei propri riguardi col rendersi attivi nei confronti della lotta clandestina, per efficace partecipazione ad essa o per vario favoreggiamento: sì da incorrere coscientemente nelle barbare misure di repressione o di intimidazione, singola come collettiva. Tali specifiche benemerenze, frutto di amore, di fede, di sacrificio, non possono non essere ritenute sacrosanto motivo per il riconoscimento d’un particolare debito della Patria.

«Franceschini».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per chiedere – in relazione alle notizie della grave crisi che si prospetta nel settore dell’energia elettrica in Italia settentrionale, che minaccia una paralisi totale della già grave situazione esistente – che siano ufficialmente comunicati i dati statistici dell’energia prodotta nell’anno 1946 e della sua distribuzione per i vari usi. E per conoscere quali provvedimenti saranno adottati per la disciplina dei consumi e per il rafforzamento del controllo da parte dei pubblici poteri.

«Pesenti, Alberganti, Roveda, Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga di proporre una norma di legge, per la quale sia consentito ai geometri di iscriversi alla facoltà di ingegneria civile ed a quella agraria.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, perché consideri se non sia il caso di provvedere alla sistemazione in ruolo dei professori dichiarati, a seguito di esami sostenuti in regolari concorsi, idonei all’insegnamento nei precedenti concorsi, non sistemati in ruolo per mancanza di cattedre. Trattasi di docenti, che per lo più insegnano da diversi anni.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno autorizzare al più presto i Provveditori agli studi a bandire, nei modi di legge, i concorsi magistrali, in guisa che col nuovo anno scolastico ogni scuola abbia il proprio titolare, il che è indispensabile per la normale ripresa dell’educazione dei figli del popolo.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quali provvedimenti siano in via di elaborazione per il ripristino, in conformità dell’articolo 17 (secondo capoverso), del regio decreto-legge 6 dicembre 1943, n. 16 B, del Corpo delle foreste. Tale richiesta è motivata dal fatto che sono stati, in quest’ultimo periodo di tempo, messi in giro vari schemi di decreti, proposti ad iniziativa di funzionari interessati o da commissioni non regolarmente costituite, con i quali si prevedono solo parziali e transitorie riforme.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei trasporti e dell’industria e commercio, per conoscere se non credano di ovviare, con la urgenza che il caso richiede, alla incresciosa situazione determinatasi nel Molise a seguito e per effetto della irregolare ripartizione del carburante – che viene mensilmente assegnato a detta Regione – fra le ditte concessionarie di autolinee, sì che queste sono state costrette a ridurre i propri servizi (anche postali) a soli due giorni la settimana. L’interrogante desidererebbe sapere dagli onorevoli Ministri quali provvedimenti intendano prendere per evitare ulteriormente simili sperequazioni, per le quali le popolazioni di quella laboriosa tranquilla Regione ricevono incalcolabili danni.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda ormai doveroso ed urgente bandire un concorso per cattedre di scuole medie riservato esclusivamente a coloro che, non avendo accettato il regime fascista, ed anzi avendolo apertamente avversato, furono per venti anni esclusi dall’insegnamento. E ciò a titolo di riparazione di un’ingiustizia che non può ulteriormente protrarsi, ed in vista della quale si addicono, in ogni caso, provvedimenti di particolare considerazione non diversi da quelli adottati per reduci e partigiani.

«Salerno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere in quale situazione si trova oggi la Casa Carducci a Bologna, chi ne abbia la direzione e la custodia, ed a chi sia affidata la continuazione della edizione nazionale delle opere carducciane, nella quale la pubblicazione dell’epistolario si è arrestata al 1878.

«Calamandrei».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere se, di fronte alle necessità ogni giorno più urgenti della ricostruzione in tutti i campi della vita nazionale, si sia reso conto che gli organi esecutivi della burocrazia camminano in gran parte a ritroso, e se non sia indispensabile promuovere un provvedimento che affretti la conclusione delle pratiche, evitando quei ritardi che, molte volte, frustrano la tempestività della legge. Basta citare l’abituale modo di procedere degli uffici periferici del Provveditorato alle opere pubbliche e del Genio civile per convincersi della necessità di riparare, con l’urgenza che il momento richiede, alle deficienze che ritardano la ricostruzione e aggravano quella disoccupazione che, invece, il Governo vuole giustamente combattere.

«Le ragioni principali che determinano la lentezza nell’esecuzione delle opere vanno ricercate nel sistema pletorico e accentratore del Provveditorato alle opere pubbliche e nel mancato decentramento deliberante da parte del Genio civile. Quest’ultimo importante organo dei lavori pubblici può approvare progetti fino alla concorrenza di lire 500 mila, laddove, data la svalutazione della lira, la sua competenza dovrebbe allargarsi fino al limite di trenta volte almeno quella delle 250 mila lire di anteguerra, val quanto dire all’incirca gli 8 milioni di lire attuali.

«L’interrogante richiama l’attenzione del Governo sui provvedimenti che si rendono indispensabili, se alle vantate promesse si vuol far seguire la realizzazione pratica di opere veramente produttive per l’assorbimento dei lavoratori disoccupati e per una sollecita e proficua ricostruzione.

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga opportuno disporre con la massima urgenza l’attuazione della costruzione della ferrovia Nardò-Manduria-Taranto, già data in concessione da vario tempo alla Società delle ferrovie del sud-est. Ciò è tanto più necessario per alleviare la grave disoccupazione nel Salento, che diventa sempre più preoccupante, ed anche per facilitare la trasformazione fondiaria della Puglia. Tale ferrovia renderebbe abitabile e quindi più intensamente coltivabile una zona, attualmente pressoché abbandonata.

«De Maria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se è stato disposto l’invio alle Università dei fondi necessari al pagamento degli stipendi dei professori incaricati, di cui all’articolo 1 del regio decreto legislativo 27 maggio 1946, n. 537. All’interrogante risulta, invero, che la corresponsione degli stipendi, in base al decreto citato, non ha ancora avuto luogo, con grave danno per una categoria di insegnanti universitari, che con tanta abnegazione si preparano in momenti e situazioni economiche cosi difficili ai concorsi per entrare nei ruoli dello Stato.

«Bettiol».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

1°) perché non si provvede, attraverso il reclutamento straordinario per titoli di funzionari di cancelleria e di segreteria avventizi (da scegliersi preferibilmente tra diplomati reduci, ex combattenti e partigiani di ineccepibile moralità), a dare entro febbraio o marzo del 1947 agli Uffici giudiziari il personale ausiliario della Magistratura sufficiente affinché i giudici siano convenientemente coadiuvati nelle numerose mansioni burocratiche loro affidate e, soprattutto, assistiti in tutti gli atti per i quali la legge richiede l’intervento del cancelliere o del segretario. Sicché non si perpetui il malvezzo (meglio lo sconcio) che i magistrati, che sono in numero assolutamente insufficiente alle necessità attuali della Giustizia debbano commettere quotidiani falsi in atto pubblico, facendo risultare nei verbali, da loro stessi o dagli avvocati redatti, l’assistenza del cancelliere, che quasi mai li assiste. Con quanto decoro per la funzione giudiziaria ognuno vede! Si fa presente che ogni magistrato dovrebbe avere a propria disposizione, per le mansioni sopra indicate, almeno un cancelliere o segretario, e che quindi l’organico del personale in parola va notevolmente aumentato;

2°) perché non vengono espletati, con l’estrema sollecitudine che le circostanze impongono, i concorsi per uditori giudiziari e perché particolarmente quello in corso non è ancor giunto in porto, benché bandito circa un anno e mezzo fa, e quello per titoli, pure in corso, non viene sollecitamente esaurito, con la conseguenza per entrambi che molti concorrenti, stanchi di attendere la propria sistemazione, scelgono altre più proficue occupazioni;

3°) perché non si forniscono gli Uffici dei giudici istruttori e dei procuratori della Repubblica di automezzi, onde possano detti magistrati decorosamente e rapidamente esperire le istruttorie che spesso languono per mancanza di mezzi di comunicazione che potrebbero, se forniti agli Uffici giudiziari come a tanti altri, agevolare il compito immane che incombe sugli organi della Giustizia per la sempre crescente criminalità;

4°) perché il costo della carta da bollo non viene adeguato al mutato valore della moneta, tenendo presente che rispetto al costo del 1865 quello attuale è irrisorio, al fine di provvedere l’Amministrazione della giustizia dei mezzi, cose e persone, di cui attualmente è priva se non si vuole che la più alta tra le funzioni statali versi perennemente, in regime di democrazia come in regime di tirannia, in stato fallimentare.

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare l’Alto Commissario per l’alimentazione, per conoscere in virtù di quali disposizioni la Sepral di Pavia fornisce ai panificatori della Provincia rilevanti quantitativi di farina, oltre quelli dovuti per assegnazione, al prezzo di lire 10.318,50 al quintale, e per essere edotto sulla destinazione delle somme ricavate da tale mercato.

«Pistoia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere i provvedimenti che intenda adottare per por fine alla reazione scatenata dagli agrari in provincia di Lecce contro i lavoratori organizzati, con la complicità delle autorità locali.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere se sia a sua conoscenza che il sindaco di Galatina (Lecce), Deputato alla Costituente, sia stato, in seguito ad invasione nel proprio domicilio, prelevato con violenza e condotto alla locale Camera del lavoro e là trattenuto per obbligarlo a pagare con proprio denaro o con quello della Cassa comunale, l’importo di giornate lavorative di disoccupati assegnati dalla commissione locale ad alcuni proprietari che erano temporaneamente assenti dal Comune; e per conoscere quali provvedimenti abbia presi od intenda prendere contro gli autori di tali violenze e soprusi a tutela della dignità del cittadino, del rappresentante dell’Amministrazione comunale e soprattutto del Deputato all’Assemblea Costituente.

«Grassi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno, del tesoro e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se non si ravvisi la urgente necessità di revocare il recente provvedimento per cui si sono addossati agli stremati bilanci dei Comuni le ingenti spese per il servizio del tesseramento annonario, che fin dall’origine è sempre stato a carico dello Stato; e se, in subordine, non si ritenga indilazionabile un congruo aumento del contributo fissato pro capite in misura di gran lunga inferiore alle entità della spesa effettiva ognora crescente per il funzionamento del complesso servizio.

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del commercio estero, per sapere quali criteri hanno ispirato la conclusione del protocollo addizionale del 26 ottobre 1946, all’accordo commerciale italo-belga. Tale accordo prevede la fornitura di quantitativi notevoli di prodotti siciliani senza che la Sicilia riceva il corrispettivo di materie prime e di merci a cui ha diritto e che sono destinati invece all’industria delle regioni settentrionali d’Italia, le quali beneficeranno delle valute estere ricavate dalla vendita di prodotti siciliani. E per sapere, inoltre, le ragioni che impediscono l’assegnazione di macchine belghe per la filatura alla Sicilia, mentre il cotone siciliano deve essere inviato alle industrie dell’Italia settentrionale per essere filato.

«Natoli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere:

  1. a) se a loro consta che organi della polizia, nel sottoporre ad interrogatorio indiziati di reati, usano metodi illeciti, disumani ed anche sevizie, le quali – come di recente qui in Roma – sono, talvolta, persino causa di morte dell’inquisito;
  2. b) quali provvedimenti intendano prendere per impedire nel modo più drastico che abbiano a ripetersi questi veri abusi d’ufficio, i quali, oltre a costituire una palese violazione della legge, offendono quel concetto della dignità umana, che deve stare a fondamento d’ogni vera democrazia.

«Pertini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non creda necessario disciplinare con opportune norme e restrizioni le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia tuttora esistenti e precisamente:

  1. a) vietare il cumulo delle specializzazioni in branche che non siano almeno affini e che non hanno scopo di approfondire la propria cultura, ma solo reclamistico e commerciale;
  2. b) obbligare una effettiva frequenza ai singoli corsi con l’istituzione delle firme di frequenza indispensabili per essere ammessi agli esami;
  3. c) limitare l’ammissione alle scuole di specializzazioni suddividendo per turno alle singole Università i corsi biennali o triennali, ecc., e richiedendo per l’ammissione un preventivo esame di concorso.

«Cotellessa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere quale ragione, se non politica, ha indotto il Sottosegretariato per i danni di guerra a modificare, con circolare del 28 agosto 1946, la legge vigente sul risarcimento dei danni di guerra, ordinando alle Intendenze di finanza di non dar corso che alle sole istanze per anticipi danni guerra immobiliari, per le quali sia stata fatta apposita segnalazione dalla Camera confederale del lavoro. Tale disposizione, in zone come l’Abruzzo ed in ispecie le provincie di Chieti, Aquila e Pescara, in cui molti piccoli paesi furono completamente distrutti e dove esistono raramente Camere del lavoro, ha portato necessariamente all’esclusione di molti danneggiati, mentre sarebbe più giusto procedere alle liquidazioni secondo le condizioni di effettiva indigenza dei richiedenti e il già esistente sistema di precedenza secondo la data di presentazione della richiesta.

«Cotellessa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se non ritenga giusto promuovere, d’accordo coi competenti Ministeri, l’emanazione di opportune disposizioni tendenti a concedere sgravi fiscali e facilitazioni nell’assegnazione di materiali a favore dei piccoli industriali e artigiani, che attualmente, equiparati negli oneri alle grandi aziende e meno favoriti nelle assegnazioni, sentono in maniera gravissima la difficoltà di una ripresa produttiva, peraltro utilissima e necessaria agli interessi del Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zaccagnini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se, in attesa che nuove leggi regolino in maniera più democratica e giusta la chiamata alle armi dei cittadini di leva, non sia possibile ripristinare le disposizioni di legge esistenti prima del fascismo, che stabilivano tre categorie di cittadini: la prima per quelli che dovevano compiere l’intera durata del servizio militare; la seconda per i figli unici per i quali il servizio era limitato alla durata di sei mesi; la terza per i capi famiglia che erano esonerati dal servizio militare. Al fine di riparare ingiustizie commesse ed anomalie volute da facili raccomandazioni e da situazioni createci al momento della chiamata alle armi, l’interrogante chiede che venga esaminata d’urgenza la situazione di tutti i cittadini che per ragioni di leva si trovano attualmente sotto le armi; e che, per coloro che risultassero capi famiglia, o unico sostegno di famiglia, si provveda all’immediato invio in licenza straordinaria in attesa di congedo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vischioni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se e quali provvedimenti intenda adottare per la riparazione e ricostruzione di case d’abitazione danneggiate o distrutte dalla guerra, o appartamenti a famiglie operaie. Esistono numerosi operai, che a costo di duri sacrifici riuscirono a costruirsi modestissime casette per abitazione delle loro famiglie, e ai quali è attualmente impossibile cogli aiuti promessi, e non sempre praticamente concessi in maniera eguale a tutti i proprietari, di provvedere alla riparazione e ricostruzione della propria casa. Si ravvisa perciò la necessità che lo Stato, considerando le abitazioni di operai adibite a esclusivo uso familiare alla stessa stregua delle case popolari, intervenga in maniera ben diversa e praticamente tale da permettere a questa modesta categoria di lavoratori la riparazione o ricostruzione delle loro abitazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zaccagnini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se non ritenga necessario studiare con urgenza un provvedimento che dia la possibilità a tutti i pensionati (specie a quelli dipendenti da istituti amministrati dalla Cassa depositi e prestiti) di fruire dell’assistenza medica e ospedaliera e somministrazione di medicinali da parte delle mutue. Per questi lavoratori, le cui pensioni rappresentano un mezzo ancor troppo lontano dal minimo necessario per vivere, ogni eventuale (e, data l’età, tutt’altro che improbabile) malattia rappresenta un tale aggravio da rendere veramente e tragicamente inumana la loro situazione. Ritengo, perciò, che tale provvedimento meriti di essere con urgenza studiato e tradotto in realtà. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zaccagnini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica e del tesoro, per sapere perché a molti reduci non siano stati ancora liquidati i crediti da essi acquisiti col lavoro durante i mesi di prigionia e che rappresentano per molti di essi, ancora disoccupati, oltre che il frutto di lunghi sacrifici, un mezzo necessario per poter affrontare i duri mesi di sistemazione in Patria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zaccagnini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se e quando, dopo tanta attesa, saranno pagate al comune di Alba e a diverse imprese locali le spese anticipate per le riparazioni alla caserma militare Govone e per i posti di blocco; e se non si ravvisi la necessità di non ritardare oltre tale liquidazione, in considerazione che le spese furono imposte dal locale Comando di presidio in forme strettamente coattive, cui né privati, né comune potevano sottrarsi; quale liquidazione si ravvisa anche opportuna, dopo i gravissimi sacrifici sopportati dalla popolazione albese nell’aspra lotta per la liberazione, come il Ministero ebbe già à riconoscere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le ragioni che lo hanno indotto a preferire, nell’incarico di direttore della Scuola di Arte di Castelli, il professore Giorgio Baitello, ex segretario politico di fascio, al professore Vincenzo Fuina, benemerito della lotta clandestina contro il nazifascismo; e come intenda riparare a tale decisione nei confronti di un noto ed apprezzato artista ed insegnante – qual è il Fuina, rimasto disoccupato – cui in un momento di urgente necessità (1933-1934) si fece ricorso incaricandolo appunto, in considerazione dei suoi meriti, della direzione della detta scuola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per conoscere quali seri ed effettivi provvedimenti si intendano prendere per meglio disciplinare e definitivamente organizzare tutto il sistema relativo alla liquidazione delle pensioni di guerra.

«Risulta infatti che, nonostante precedenti assicurazioni date, negli uffici burocratici della Direzione generale delle pensioni di guerra permane tuttora un deplorevole disservizio legato sia alla mancanza di personale specializzato che alla incomprensibile lentezza con la quale le pratiche vengono avviate in istruttoria.

«Si tratta, in verità, di decine di migliaia di istanze che giacciono inevase da mesi e da anni, lasciando in completo abbandono la numerosa classe degli interessati composta da mutilati di varie guerre, invalidi, infortunati civili, genitori, vedove ed orfani di caduti, tutti in condizioni di grave difficoltà economiche perché privi di sostegno e di beni di fortuna.

«Urge che il Ministero del tesoro intervenga decisamente nella questione, provvedendo ad integrare con personale adatto e sufficiente gli uffici della Direzione generale, al fine di metterla in grado di poter espletare le istruttorie pendenti.

«Inoltre è pure assolutamente necessario ed indilazionabile che il predetto Ministero di concerto col Ministero della guerra, per quanto di competenza, provveda a far integrare le Commissioni mediche per le pensioni di guerra regionali di personale medico legale ed anche impiegatizio, perché esse attualmente non sono in grado di poter funzionare e di precedere con la dovuta sollecitudine alle visite dirette di migliaia di interessati disposte dai superiori uffici. Poiché tale disservizio crea legittimo malcontento in tutta una provata categoria di persone che meritano ben altra considerazione da parte del Governo, si richiama la particolare attenzione dell’onorevole Presidente del Consiglio perché esamini l’opportunità di costituire un apposito Sottosegretariato di Stato che meglio organizzi tutto il complesso degli uffici, al fine di poterne garantire il reclamato funzionamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fresa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se risponda a verità:

1°) che presso il Ministero dei lavori pubblici sarebbe in preparazione uno schema di provvedimento legislativo contenente disposizioni integrative degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo luogotenenziale 15 novembre 1944, n. 425, per i soci della Cooperativa edilizia «Il Villaggio dei Giornalisti»;

2°) che detto provvedimento farebbe scempio dei più elementari principî generali del nostro ordinamento giuridico e sarebbe in assoluto e stridente contrasto con le disposizioni del vigente Codice civile;

3°) che detto provvedimento, disponendo in materia di rivendicazione degli alloggi non soltanto dei soci a suo tempo estromessi dalla Cooperativa per motivi politici, ma anche e soprattutto di speculatori che soffrirono tale estromissione perché non in possesso dei requisiti professionali previsti dalla legge, innoverebbe profondamente al concetto stesso di «terzo di buona fede», alla tutela che ad esso la legge accorda, arrivando a stabilire presunzioni di malafede arbitrarie e gratuite che mai la legge ha fin qui consentito e che il diritto non può quindi ammettere;

4°) che nello schema del predetto provvedimento verrebbe dichiarata l’inammissibilità di qualsiasi gravame in via amministrativa e in via giurisdizionale contro i provvedimenti ministeriali disponenti le reintegrazioni, ponendo così, in base a puerili pretesti, il diritto dei singoli in balia del più deplorevole dispotismo amministrativo proprio in un momento in cui più imperiosa è l’esigenza di una rigida tutela giurisdizionale e di controllo per la carenza dei normali organi costituzionali;

5°) che il predetto provvedimento sancirebbe, in contrasto con quanto asserito nella relazione al Consiglio dei Ministri, che si prescinderà dal possesso o meno, da parte dei soci reintegrandi, dei requisiti professionali voluti espressamente dalla legge, e si stabilirebbe la non applicabilità degli articoli 98, 100 e 110 del Testo unico sulla edilizia popolare ed economica;

6°) che un particolare ed ingiustificato trattamento di favore verrebbe stabilito in favore dei proprietari del suolo non in possesso dei predetti requisiti, allo scopo di consentire il ripetersi di tentativi di speculazione già altra volta falliti;

7°) che il predetto provvedimento sarebbe personale opera del prefetto Vicari, il quale ripeterebbe metodi è sistemi appresi nel periodo in cui prestò lungamente servizio presso la Segreteria di Mussolini. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quando intenda dare finalmente definitiva sistemazione agli istituti di insegnamento artistico e musicale con la fissazione dei nuovi organici e con la revisione delle nomine senza concorso, annullate per effetto del decreto 15 febbraio 1945, n. 139, tenendo presente la legittima aspirazione di tutti coloro che, dalla abusiva estensione della facoltà di nomina senza concorso e dalla loro non appartenenza al partito fascista, furono impediti di cimentarsi in regolari concorsi. Perché assicuri che in nessun modo si intende di eludere, attraverso a pseudo-interpretazioni o a duttili adattamenti, il preciso disposto e l’inequivocabile intendimento di detto decreto. Ed infine perché confermi nella loro giustificata attesa di una definitiva sistemazione coloro che, per effetto del suddetto decreto si sono trovati in una posizione di incertezza amministrativa, nociva ad essi e al buon funzionamento dell’insegnamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere: quali provvedimenti intenda adottare per ovviare alla grave disoccupazione degli insegnanti di scuole medie esistente specialmente in provincia di Bari, e se non ritenga a tal riguardo opportuno:

  1. a) sdoppiare le classi con più di venticinque alunni;
  2. b) istituire doposcuole e scuole serali soprattutto ad indirizzo tecnico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere: se non sia equo inquadrare nei ruoli organici gli insegnanti di scuole medie che abbiano conseguita l’idoneità in precedenti concorsi e che abbiano lodevolmente insegnato in istituti d’istruzione per almeno un quinquennio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se intenda accrescere finalmente in giusta misura le congrue ed i supplementi di assegni agli aventi diritto, affinché il clero italiano sia posto in condizione di vita equa e dignitosa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Recca».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritiene opportuno, nell’interesse delle finanze dello Stato, e allo scopo di facilitare l’occupazione a numerosi braccianti, di disporre perché gli alvei abbandonati di natura alluvionale, di proprietà del demanio pubblico dello Stato, siano dati in concessione a cooperative di lavoratori, particolarmente nella provincia di Pavia.

«In proposito si fa presente che in provincia di Pavia, lungo i corsi dei fiumi Po e Ticino, esistono appezzamenti di terreni, per lo più alvei abbandonati di natura alluvionale, di proprietà del demanio pubblico dello Stato, e come tali inscritti nei registri catastali. Allo scopo di ricavarne un utile, lo Stato, attraverso l’Intendenza di finanza ed organi competenti, procede alla assegnazione (mediante asta pubblica o a licitazione privata) delle suddette pertinenze demaniali con contratti poliennali e canone annuo per lo più non proporzionato all’effettivo reale valore del terreno e soprasuolo legnoso. Altre volte, allo scopo di incrementare la coltivazione di determinate essenze legnose, cede tali terreni in concessione per la pioppicoltura in aeternum, con diritto di prelazione per i proprietari frontisti, e sempre dietro compenso di tenuissimo canone annuo. Quasi sempre avviene che il frontista si fa assegnare il terreno per la coltivazione del pioppo; ma poi non rispetta tale accordo, e lascia crescere la vegetazione spontanea (salici, pioppelle, ecc.) che le acque del Po e del Ticino con tanta feracità alimentano. Da ciò, illegale detenzione dei terreni, passibile di immediata revoca della concessione.

«L’Intendenza di finanza, in questi ultimi casi, si fa pagare dal poco scrupoloso e negligente concessionario, attraverso licitazione privata, prezzi semplicemente assurdi ed irrisori. Esiste una circolare del Ministero delle finanze che regola detti abusi; ma il risultato sembra negativo.

«Sembrerebbe pertanto opportuno che il Ministero stesso disponesse per gli accertamenti di tali irregolarità, incaricando all’uopo persone estranee ai funzionari che in passato hanno regolato tali concessioni; raccomandando che l’assegnazione del terreno e del relativo soprasuolo legnoso sia fatta a Consorzi e a Cooperative alla scopo di alleviare l’incombente disoccupazione, ed elevare i relativi cespiti nell’interesse dello Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canevari».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intenda prendere per sistemare la posizione degli ex partigiani e reduci inseriti nella polizia ausiliaria. La circolare della direzione generale di pubblica sicurezza, a proposito del bando di concorso, esclude dall’assunzione in ruolo coloro i quali abbiano superato il 40° anno di età e coloro che non siano in possesso di determinati titoli di studio, impedendo ai più di procurarsi, mediante corsi straordinari già da tempo richiesti, titoli sufficienti all’entrata in carriera; e contiene altre limitazioni che offendono i diritti degli agenti, sottufficiali e ufficiali della polizia ausiliaria. Il Ministero non può ignorare che questi uomini hanno il merito di aver costituito la polizia ausiliaria nell’Italia del Nord in un momento in cui la tutela dell’ordine pubblico doveva essere assunta da quegli stessi combattenti della libertà che avevano dato il loro sangue per cacciare i tedeschi ed i fascisti.

«Gl’interroganti considerano contrarie agli interessi della democrazia le disposizioni della Direzione generale della pubblica sicurezza, anche perché esse favoriscono l’arruolamento nel Corpo della polizia di ex agenti della Polizia ausiliaria italiana, di funzionari ed agenti repubblichini, i quali compromettono il carattere della Polizia italiana. Lo stato d’animo di profondo malcontento a cui danno luogo le predette disposizioni deve indurre, a parere degli interroganti, il Ministero dell’interno a sospenderne l’applicazione, o quanto meno prorogarne i termini in attesa di un riesame di tutto il problema. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Negarville, Giua».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere quali criteri siano stati seguiti per la ripartizione delle linee aeree civili tra le società richiedenti e se risponda a verità che nella ripartizione delle linee aeree, da esercitarsi in Italia, sia stata accordata una situazione di privilegio al capitale ed alla aviazione straniera. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Orlando, Camillo, Rodinò Ugo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze, per sapere – premesso che nel 1922 e negli anni successivi, nella provincia di Alessandria e in altre, i fascisti, cacciati i legittimi proprietari, si impossessavano delle sedi operaie «Società mutuo soccorso» e delle «Case del popolo»; che alcune di tali sedi vennero adibite a «Case del fascio» ed ora sono di proprietà dello Stato (Intendenza di finanza), ed altre vennero vendute ai comuni ed ai privati – come possono i legittimi proprietari ritornare in possesso delle case dalle quali furono estromessi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lozza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se sia esatta la notizia pubblicata da giornali tecnici e sportivi della vendita all’estero dell’unico superstite campione, destinato alla riproduzione del puro sangue in Italia, previa autorizzazione dei competenti uffici; e per sapere altresì quanto sia fondata l’accusa pubblicamente espressa che l’operazione sarebbe stata predisposta a vantaggio di un ristretto gruppo di speculatori e con la mediazione di chi, per l’ufficio ricoperto, avrebbe dovuto ben diversamente tutelare gli interessi e la rinascita del patrimonio ippico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Monticelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se sia a sua conoscenza che i lavori di ripristino del tratto ferroviario Roccasecca-Sora procedono con lentezza e discontinuità tali, che recano grave danno alla ripresa industriale ed economica della zona ed acuiscono il fenomeno della disoccupazione; e se non creda che si debbano dare precise disposizioni, perché i lavori siano effettuati con ritmo di urgenza, sì che possano essere prontamente compiuti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se creda opportuno:

  1. a) di dare pratica esecuzione ai decreti che hanno abolito la gioventù italiana del littorio ordinandone la liquidazione. È da notare a questo proposito che, se il decreto 2 agosto 1943, parlava di provvisoria conservazione, nel 1944 fu costituito l’Ente liquidatore e quindi dovrebbe cessare la provvisoria conservazione della gioventù italiana del littorio;
  2. b) di presentare il nuovo disegno di legge sui patronati scolastici, il decreto già pronto sin dal settembre 1945 e che a tale epoca doveva essere discusso dal Consiglio dei Ministri;
  3. c) di perorare dal Ministro del tesoro che annulli la disposizione della circolare 18 aprile 1945, che metteva sotto suggello tutte le giacenze della gioventù italiana del littorio, onde esaudire le richieste dei creditori privilegiati e dare la possibilità ai liquidatori di restituire ai patronati scolastici comunali quanto loro fu tolto affinché si possano supplire le deficienti attuali attrezzature scolastiche.

«Per sapere inoltre se sia a conoscenza del Ministro:

1°) che tuttora esiste un’organizzazione quasi clandestina di essa gioventù italiana del littorio con un semi-Ministero in via Fornovo, forte di trecento impiegati;

2°) che, oltre la suddetta centrale i nuclei provinciali per istinto di conservazione lavorano per la resurrezione dell’Opera, esigendo dai Provveditori provinciali agli studi, locali che sono tanto deficienti per le scuole, riaprendo colonie che furono un vanto dei vecchi patronati ed esigendo l’opera dei maestri con l’abituale minaccia fascista di note caratteristiche negative.

«L’interrogante si augura che non si ripeta, col risorgere di questa istituzione, quello che è accaduto all’E.N.A.L. che ha ripristinato il dopolavoro fascista, dando lo spettacolo di vedere dimissionato dall’alto un direttore provinciale senza motivazione e addebiti a mezzo di un telegramma lampo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se è possibile preveder la data in cui il Consiglio dei Ministri vorrà dare forma e valore di legge al lodo De Gasperi sulla mezzadria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere quali motivi ostino alla sollecita discriminazione, da parte delle competenti Commissioni di inchiesta per i reduci, degli ufficiali e militari di truppa, che, prigionieri degli inglesi, chiesero fin dagli anni 1941-42 di far parte, in qualità di cooperatori, delle Forze armate alleate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Silipo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se, per ragioni di equità, non ritenga opportuno di ammettere al concorso per gli ex-dirigenti rurali quei dirigenti che hanno raggiunto, dopo la legge del 31 maggio 1943, n. 570, il numero di anni di servizio richiesti dall’articolo 5 della legge, e di estendere il provvedimento per gli ex-dirigenti rurali ai direttori didattici urbani che hanno eguali diritti, per non creare disparità di trattamento e ottenere la possibilità di prescegliere i migliori su un maggior numero di concorrenti, nell’interesse stesso della scuola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se, allo scopo di eliminare lo stato di incertezza e di disagio morale che tuttora permane in seno agli ufficiali che hanno mantenuto integro il loro onore di soldati, non ritenga opportuno precisare, in relazione a quanto pubblicato nel n. 43 del Notiziario dell’Esercito in data 20 novembre 1946:

  1. a) se effettivamente, ed in base a quale disposizione di legge, gli ufficiali assegnati alla prima categoria sono da considerarsi «discriminati» e quelli assegnati alla terza categoria «non discriminati» agli effetti dell’applicazione del decreto legislativo n. 384;
  2. b) in caso affermativo – premesso che gli ufficiali assegnati alla terza categoria (quindi non discriminati) non possono essere allontanati dal servizio in base al succitato decreto legislativo n. 384, articolo 2 (ove si parla di ufficiali «discriminati», sia pure con punizione) – in base a quale disposizione di legge saranno allontanati dal servizio gli ufficiali (non ritenuti passibili di denunzia al Tribunale militare, né della rimozione dal grado, né dispensati dal servizio in sede di epurazione) assegnati alla suddetta terza categoria per essere venuti meno alle leggi dell’onore militare e non avere ottemperato ai doveri derivanti dalla situazione contingente, che pur tuttavia non vengono presi in esame all’articolo 36 della legge sullo stato degli ufficiali per l’eventuale cessazione dal servizio, per non possedere le qualità che diano garanzia di un pieno adempimento dei loro doveri.

«Inoltre, se non ritenga opportuno precisare i motivi per i quali, agli effetti dell’applicazione del predetto articolo 36, i competenti organi ministeriali hanno disposto che nel giudizio di valutazione debba tenersi conto non soltanto del comportamento dell’ufficiale alla data e dopo 1’8 settembre 1943, ma anche di tutti i precedenti di carriera, quali risultano dal libretto personale dell’interessato (venendo così ad attenuare la gravità della posizione di coloro che sono venuti meno alle leggi dell’onore e non hanno ottemperato ai doveri della situazione contingente); ciò invece di prescrivere, come sembrerebbe opportuno, che nella valutazione di cui sopra fosse tenuto in particolare e preminente considerazione il comportamento dell’ufficiale sottoposto ad esame all’atto e dopo la data dell’armistizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Foa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere per quali ragioni, nonostante il peggioramento della grave crisi dell’industria zolfifera siciliana, non è stata, con pregiudizio della stabilità dell’occupazione operaia e dell’ordine pubblico, stabilita la misura del prezzo minimo garantito per gli zolfi greggi ai sensi dell’articolo 3 della legge 2 aprile 1940, n. 287. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Li Causi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere, qualora non sia possibile disporre un’altra sia pur breve proroga del termine per la presentazione delle domande per il risarcimento dei danni di guerra, se non sia il caso di disporre fin d’ora che i reduci dalla prigionia, i quali rientreranno in Patria dopo il 31 dicembre, potranno presentare egualmente le loro domande, quantunque oltre il termine, beneficiando della regola derivante dal caso di forza maggiore. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere in base a quale disposizione ed emanata da chi e quando, gli agenti di pubblica sicurezza pretendono di essere incaricati ed autorizzati a presenziare alle private riunioni ed assemblee delle Camere del lavoro, sindacati ed anche partiti politici, ed a fare opera di pressione e di spionaggio presso gl’impiegati degli organismi suddetti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro delle poste e telecomunicazioni, per conoscere:

1°) da quali ragioni il Ministero è stato mosso nel dare istruzioni alla Direzione provinciale di Massa e Carrara per ricuperare, mediante trattenute mensili, le somme che la Direzione provinciale aveva pagato a titolo di stipendi arretrati a quei dipendenti che avevano temporaneamente lasciato il servizio per arruolarsi fra i partigiani;

2°) da quali ragioni il Ministero è stato mosso, nel fare un trattamento diverso a quei dipendenti che si erano assentati dall’ufficio nella provincia di Massa e Carrara per prestare servizio nella guardia repubblicana: a tali dipendenti, infatti, furono pagati gli stipendi per il tempo passato nella guardia repubblicana e nessuna trattenuta è stata mai ordinata a loro carico per ricuperare le somme a loro in tal modo pagate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lami Starnuti, Amadei».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere se non creda doveroso e opportuno far luogo a provvedimenti, di carattere urgente, per alleviare le gravi condizioni economiche in cui versano gli agenti di polizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lami Starnuti, Barontini Ilio, Cerreti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ravvisi l’opportunità di venire incontro ai voti formulati dal Comune di Carbonia, e concordemente appoggiati da tutte le autorità della Sardegna, disponendo per una sollecita trasformazione in governativa della scuola media comunale legalmente riconosciuta di quella città. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali siano le ragioni per le quali, contrariamente alla richiesta inoltrata in data 29 gennaio 1946, dal comune di Vigevano, affinché venissero statizzati l’Istituto tecnico commerciale pareggiato «Luigi Casale», e la Scuola media pareggiata annessa, si sia creduto di accogliere la richiesta, per quanto riguarda l’Istituto, mentre per la scuola media, si è disposto da parte di codesto Ministero, in senso negativo, gravando in tale modo di un onere non indifferente il comune le cui finanze consigliano le più rigorose economie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pistoia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali ostacoli si oppongono alla tanto auspicata abolizione delle categorie delle scuole elementari, abolizione che varrebbe a dare tranquillità a quelle insegnanti sposate che, con gran danno economico e disagio materiale, non possono risiedere nelle città dei rispettivi mariti, funzionari statali e parastatali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e foreste, per sapere se non intendano farsi iniziatori di un provvedimento di legge, in virtù del quale gli usi civici di cui il governo fascista ha fatto strazio delle note forme, siano rivendicati agli Enti cui gli usi stessi appartenevano da secoli, ritenendo che l’usurpazione da parto del governo fascista ha costituito uno degli atti più gravi rivolti al depauperamento delle popolazioni di montagna. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non intenda entrare nell’ordine di idee, di provvedere di personale giudicante le preture da anni ormai scoperte di titolare, nominando, quali pretori in prova, elementi tolti dagli ex combattenti, partigiani e reduci, forniti di titoli adeguati, determinandosi esattamente nel modo come ebbero a determinarsi i Governi che si succedettero alla guerra 1915-18, che, pure trovandosi a fronteggiare lo stesso problema, tolsero i pretori dalla compagine combattentistica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non intendano bandire sollecitamente un concorso straordinario per titoli per le cattedre disponibili in tutte le scuole medie di qualsiasi ordine e grado, al quale, fermi restando i diritti dei reduci ed assimilati, possano partecipare idonei, laureati, analogamente a quanto è stato fatto con decreto legislativo 25 maggio 1919, n. 615, con decreto ministeriale 26 giugno 1919, con le opportune cautele che gli organi competenti vorranno stabilire. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lozza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se abbia preso in esame la particolare situazione degli insegnanti del ruolo «Egeo» e se non ritenga urgente emanare disposizioni per il loro trasferimento nei ruoli metropolitani, previo accertamento del servizio effettivamente e lodevolmente prestato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere per quale ragione non sono ancora state corrisposte le indennità ai componenti i seggi elettorali della Sardegna, e se non ritenga di dover emanare sollecitamente le necessarie disposizioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se e quali provvedimenti intenda adottare per la ricostituzione del patrimonio zootecnico dei comuni della provincia di Frosinone – fra i quali sono da ricordare, a mo’ d’esempio, Esperia ed Ausonia – quasi totalmente distrutto dalla guerra o razziato dai tedeschi con grave danno per la popolazione e per la ripresa agricola della zona. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno, in via eccezionale e date le condizioni presenti, di concedere agli ufficiali che lasciano il servizio attivo e desiderano riprendere gli studi superiori interrotti al momento della loro incorporazione nell’esercito, che possano riprenderli e continuarli, considerando tuttora validi gli esami speciali da loro superati prima dell’interruzione degli studi, e ciò sospendendo e modificando le disposizioni del regio decreto 28 agosto 1931, n. 1227, a loro riguardo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della guerra e dell’interno, per conoscere i motivi per i quali tutti gli ufficiali e sottufficiali dei carabinieri, dopo esser stati prosciolti dalle Commissioni di epurazione di primo grado o dalla Sezione speciale del Consiglio di Stato, vengano sottoposti a punizione disciplinare, in difformità di quanto è stato finora praticato per altre forze di polizia. La punizione segue automaticamente quando i militari siano rimasti in servizio dopo l’8 settembre 1943, mentre questo fatto non è riconosciuto rilevante né ai fini penali né a quelli epurativi, in quanto esso è stato considerato conforme alle leggi internazionali e ai compiti istituzionali dei corpi di polizia.

«In conseguenza, l’Amministrazione viola la forza del giudicato e, per via indiretta ed arbitraria, raggiunge lo scopo di dispensare dal servizio attivo ufficiali e sottufficiali discriminati in sede di epurazione, valutando gli stessi fatti sotto il riflesso disciplinare. Così avviene, ad esempio, per gli ufficiali superiori dell’Arma in base all’articolo 2 del Regio decreto-legge 14 maggio 1946, n. 384. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulle ragioni di umanità e di giustizia sociale che impongono un provvedimento in favore degli operai colpiti da infortunio sul lavoro e che, assicurati presso Istituti di Nazioni a moneta oggi fortemente svalutata, languono con pensioni irrisorie od anche praticamente nulle. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della guerra, per conoscere:

1°) se non ritengano opportuno provvedere alla modifica dell’articolo 9 del regio decreto 8 maggio 1924, n. 843, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 giugno 1924, n. 131, contenente «aggiunte al regio decreto 11 novembre 1923, n. 2395 e successive modificazioni sull’ordinamento gerarchico delle Amministrazioni dello Stato», laddove vengono sancite norme che creano un’ingiusta situazione d’inferiorità ai funzionari ed impiegati statali aventi diritto alla qualifica di combattente per servizio militare prestato dopo l’assunzione all’impiego civile. Infatti, stando alla disposizione del citato articolo, il servizio militare prestato nei reparti combattenti viene computato in aumento al servizio civile, ai fini dell’anzianità minima richiesta per la partecipazione ai concorsi ed alle graduatorie di merito per il conferimento dei posti di primo segretario, primo ragioniere ed equiparati, soltanto per coloro che tale servizio abbiano prestato anteriormente alla nomina all’impiego di ruolo, mentre non viene computato per coloro che tale servizio abbiano prestato successivamente all’assunzione nell’impiego. Per conseguenza un eguale servizio reso nei reparti combattenti produce effetti favorevoli per il cittadino non ancora impiegato, mentre non li produce per colui che era già impiegato al momento della prestazione;

2°) se nell’attesa della logica e necessaria modifica sopradetta, non credano di emanare le opportune disposizioni affinché ai concorsi e scrutini per promozione di gradi di primo segretario, primo ragioniere ed equiparati nei ruoli dell’Amministrazione dello Stato, già banditi ed in via di svolgimento, vengano ammessi con riserva anche quei funzionari che vi avrebbero diritto in base all’emittenda modifica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Varvaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere:

1°) se non creda sia venuto il momento di sciogliere la riserva contenuta nel paragrafo IV della circolare del 10 ottobre 1945, n. 21394, stabilendo i benefici spettanti ai partigiani combattenti in Italia ed all’estero;

2°) se non creda di impartire, con la dovuta sollecitudine, opportune disposizioni ai Comandi dei Distretti militari, i quali determinano gravi danni economici e morali rifiutandosi di far prendere nota, nello stato matricolare di militari, della qualifica e della durata del servizio di partigiano combattente, già ufficialmente riconosciuta e partecipata agli interessati dalla competente Commissione centrale, assumendo di non avere istruzioni al riguardo;

3°) se non creda di affrettare l’emanazione delle preannunziate norme relative alla concessione della Croce al merito di guerra ai partigiani combattenti, stabilendo, tra l’altro, con disposizioni da avere efficacia immediata, che a coloro i quali, in base ai documenti ufficiali già acquisiti, possa ritenersi spettante la distinzione onorifica sopra cennata, vengano, frattanto, valutati, sia pure con riserva, nel caso di concorsi già banditi, sia per ammissione ad impieghi statali, sia per promozione al grado di primo segretario, primo ragioniere ed equiparati, i benefici conseguenziali alla distinzione anzidetta. Ciò per evitare i dannosi ed irrimediabili effetti della esclusione;

4°) se non creda di chiarire ai Comandi distrettuali il significato del paragrafo secondo della circolare del 10 ottobre 1945, n. 21394, laddove è prescritto che «sono ammessi a fruire dei benefici e riconoscimenti derivanti dall’aver partecipato ad operazioni di guerra: 1°) tutti i militari e militarizzati appartenenti a comandi, uffici, reparti, servizi ed enti vari militari dislocati in territorio dichiarato zona di operazioni regolarmente mobilitati da questo Stato maggiore: dalla data dell’8 settembre 1943, qualora già mobilitati a tale data; dalla data di mobilitazione, se mobilitati successivamente».

«Il chiarimento dovrebbe specificare che l’appartenenza a comandi, uffici, reparti, ecc., debba ritenersi accertata per i militari tutti dislocati in quelle zone di operazioni che, come la Grecia, dopo l’8 settembre 1943 non ebbero più alcun comando, ufficio o reparto regolarmente costituiti, mentre singoli ufficiali e soldati, sottrattisi con pericolo della propria vita alla cattura dei tedeschi, continuarono isolatamente o in piccoli gruppi le azioni contro i nazisti. Per tutti costoro il periodo utile ai fini della circolare sopra ricordata dovrebbe estendersi dall’8 settembre 1943 sino alla data del rimpatrio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Varvaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, sulla opportunità di voler riportare ad un minimo di duecento posti il numero degli incarichi da conferire per l’esercizio delle funzioni giudiziarie ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 30 aprile 1946, n. 352, considerando l’attuale notevole deficienza dei ruoli organici della Magistratura e tenendo presente che le condizioni saggiamente previste dal detto decreto, tra le quali il sostenimento degli esami dopo un periodo di tempo non superiore a tre anni, rappresentano una garanzia per la buona selezione dei nominati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per sapere se è a sua conoscenza che da vari anni, ostinatamente, e sin da prima della guerra, la Società esercizi telefonici, mentre riscuote dagli abbonati canoni in misura sempre più elevata, mantiene la rete telefonica urbana di Bari in una condizione di crescente disservizio, in virtù della quale le interruzioni nell’esecuzione dei contratti di abbonamento sono sempre più frequenti, interi rioni rimangono molto spesso bloccati per numerosi giorni o addirittura per intere settimane e il disservizio assume paurose proporzioni in particolar modo nel periodo invernale e in occasione delle piogge, rimanendo la Società costantemente sorda alle proteste e ai richiami degli interessati. E per conoscere se e quali provvedimenti ritiene di dover adottare perché sia posto una buona volta riparo a così increscioso stato di cose, che investe una delle più popolose ed operose città del Mezzogiorno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Perrone Capano».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere se intenda, come giustizia richiede, promuovere un provvedimento, tendente ad equiparare agli effetti amministrativi e morali, le vittime politiche con i reduci e i partigiani. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Barontini, Bibolotti, Bargagna, Baldassari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro degli affari esteri, per conoscere se risulti che corrispondano a verità le dichiarazioni del nuovo Ambasciatore in Italia degli Stati Uniti, signor James C. Dunn, secondo le quali egli si proporrebbe di dare il suo appoggio, in Italia, a un partito politico determinato e a una particolare tendenza di questo partito e del movimento sindacale italiano. Qualora queste dichiarazioni siano state veramente fatte, desidera sapere se non ritengano necessario, a tutela della indipendenza e della dignità del popolo italiano e dello Stato italiano, far conoscere al Governo degli Stati Uniti che è assolutamente inammissibile che un ambasciatore dichiari in modo così spudorato di volersi immischiare negli affari interni del nostro Paese, il quale, se è vero che ha bisogno di aiuti internazionali ed è profondamente riconoscente ai popoli che hanno distrutto militarmente la tirannide fascista, non è però una colonia degli Stati Uniti né di alcun’altra grande potenza e non ha intenzione di diventarlo mai. (L’interrogante chiede la risposta scritta d’urgenza).

«Togliatti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti abbia emanato o intenda emanare a favore di quegli insegnanti di Stato di qualunque ordine e grado che durante il periodo fascista abbiano subito persecuzioni e rappresaglie d’ordine politico, sia coll’interruzione forzata del servizio, sia coll’arresto o retrocessione della carriera. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere se non ritengano opportuno provvedere, nelle borgate e nelle frazioni di comuni non ancora elevate a comuni autonomi, all’istituzione di un ufficio anagrafico, conforme alle prescrizioni del regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2133, assieme ai separati uffici di stato civile, previsti dall’articolo 2 del regio decreto 9 luglio 1921, n. 1238. L’istituzione di codesti uffici anagrafici, ispirati ad un criterio più largamente decentrativo, corrisponde ai voti insistentemente espressi dalle popolazioni delle borgate e frazioni, le quali così vedono realizzata la speranza di poter fruire dei servizi inerenti all’anagrafe, senza quello sperpero di tempo, quello sciupio di denaro, e quella fatica materiale cui oggi soggiace l’uso di tali servizi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno – per alleviare la disoccupazione nel campo magistrale e prima del prossimo bando di concorso – sistemare in ruolo gli insegnanti che in precedenti concorsi (dal 1940 in poi) riuscirono idonei. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Nasi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se non ritiene iniquo che:

1°) il lavoratore Severini Giovanni fu Giuseppe, di Altavilla Irpina, infortunato nel 1921, con amputazione del piede sinistro e del dito medio alla mano destra, già operaio delle Miniere di zolfo «S.A.I.M.» munito del certificato di pensione n. 493, categoria la, inabile a qualunque lavoro, padre di tre figli, di cui due minorenni, debba, oggi, percepire una pensione di lire dieci mensili, corrispondenti a centesimi 33 il giorno;

2°) il lavoratore Martinelli Pietro, di Spoleto, infortunato il 7 ottobre 1937, già operaio della Società «Terni», dichiarato ridotto del venticinque per cento nella sua capacità lavorativa, debba, oggi, percepire un indennizzo giornaliero di lire una e centesimi ottanta.

«E se non ritenga doveroso e urgentissimo di:

  1. a) corrispondere a tutti i lavoratori che si trovano in queste tragiche condizioni un immediato sussidio straordinario;
  2. b) proporre un provvedimento idoneo a sollevare subito una vasta categoria di sventurati lavoratori;
  3. c) nominare, senza ulteriore indugio, la Commissione per la riforma della previdenza onde liberare l’Italia da una situazione morale insostenibile nei confronti della classe lavoratrice. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Santi».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere quali solleciti provvedimenti intende prendere, onde evitare ì gravissimi inconvenienti che si verificano, causa l’enorme lentezza nella liquidazione delle pensioni dirette ed indirette. Sono assai numerosi i casi pietosissimi: impiegati, vedove ed orfani, che soffrono letteralmente la fame, perché si tarda la liquidazione di quanto ad essi spetta di diritto, pur essendo cifra tanto esigua. Le pratiche si arenano alla Corte dei conti ed anche i Ministeri tardano assai nelle liquidazioni provvisorie, mentre è preciso diritto dei funzionari, che, cessati gli emolumenti del servizio attivo, subentrano immediatamente gli assegni dello stato di riposo; come è evidente il diritto, e corrisponde ad una alta esigenza sociale ed umanitaria, che vedova ed orfani di un funzionario defunto percepiscano senza ritardo quanto loro è dovuto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Conci Elisabetta».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere quali provvedimenti si intenda adottare per lenire in questo momento di disagio la disoccupazione degli intellettuali e per avviare a soluzione questo importantissimo problema avendo presente la numerosa e benemerita categoria dei maestri, i quali più soffrono nella presente situazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere le ragioni per le quali prima ancora che venissero riaperti i principali Consolati in Francia, ha di fatto soppresso per mancato finanziamento le Delegazioni della Croce Rossa, lasciando i connazionali indigenti ivi residenti ed in transito, privi di assistenza. E per conoscere, altresì, se non ritenga opportuno, in considerazione dell’onere finanziario assai modesto, di mantenere e riportare alla precedente efficienza, alcune delegazioni, e tra queste quella di Nizza, tenuto conto della sua particolare posizione geografica e della esistente numerosa colonia italiana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi che lo hanno determinato ad ordinare recentemente all’ufficio del Genio civile di Udine la sospensione della stipulazione del contratto d’appalto per la costruzione di quattro lotti di case popolari in Udine. L’asta per detta costruzione risale al 30 settembre 1946 e l’impresa «Edilindustria», cui i lavori vennero aggiudicati a seguito di lieve ribasso sull’importo di 64 milioni, non ha iniziato i lavori stessi sollevando eccezioni che si desidera conoscere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tessitori».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere il suo pensiero in merito alla definitiva sistemazione nei ruoli degli impiegati dello Stato, del personale locale che da molti anni presta servizio presso gli uffici delle Rappresentanze diplomatiche e consolari, ed al quale non sembra riservato fino ad oggi alcun trattamento, qualora venga a cessare il rapporto di impiego. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se – dato lo stato attuale della organizzazione sanitaria deficiente, frammentaria, costosa e data l’azione che vari Enti vanno svolgendo nel tentativo di consolidare posizioni particolaristiche con grave pregiudizio della riforma sanitaria che si sta elaborando con il concorso dell’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica e di tutta la classe sanitaria italiana i cui voti si sono espressi attraverso un vasto referendum indetto dal Gruppo medico parlamentare – non creda opportuna l’istituzione di una Commissione interministeriale di tecnici allo scopo di definire, in modo unitario, le linee fondamentali di una riforma sanitaria nazionale, rispondente alle esigenze di una migliore assistenza sanitaria dei cittadini e dei lavoratori italiani. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per conoscere se, in considerazione dei risultati dell’inchiesta recentemente svolta dal Governo canadese, dalla quale sarebbe emerso, come ha pubblicato la stampa estera e nazionale, che presso le rappresentanze estere d’una grande Potenza esisterebbe uno specifico Ufficio di permanente collegamento coi partiti comunisti locali, il Governo italiano abbia fatto indagini in proposito e, in caso affermativo, per conoscere i risultati di tali indagini. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cortese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica e della guerra, per conoscere se, tenendosi presenti i dati in possesso dei due Ministeri, possa ritenersi esatto che tutti i militari italiani catturati sul fronte russo siano rimpatriati, e, in caso negativo, per conoscere il numero dei prigionieri italiani non ancora rimpatriati dal territorio dell’Unione Sovietica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cortese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica, della guerra e degli affari esteri, per conoscere se i suddetti Ministeri abbiano accertato che prigionieri italiani siano stati arruolati nella Legione straniera francese ed attualmente impiegati in operazioni militari nei possedimenti francesi in Asia e, in caso affermativo, per conoscere quali passi siano stati svolti presso il Governo francese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cortese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere – premesso che all’ufficio requisizione di Napoli è stato più volte risposto che si è in attesa di disposizioni del Ministero – se effettivamente devono essere date ulteriori disposizioni in materia di risarcimento danni ai mobili requisiti dagli Alleati in derivazione del decreto legislativo 21 maggio 1946, n. 451, e se tali disposizioni saranno emanate subito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Riccio».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se non ritenga opportuno emanare provvedimenti che autorizzino la concessione d’un acconto a favore delle laboriose categorie dei contadini piccoli coltivatori e degli artigiani danneggiati nei loro attrezzi di lavoro dalle azioni belliche e dalle rappresaglie dei nazi-fascisti, per dar loro modo di contribuire alla ricostruzione del Paese, giusta l’indirizzo espresso dalle rispettive organizzazioni di categoria. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Tonetti, Ghidetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non ritenga che nella stipulazione dei contratti per l’assegnazione di lavori pubblici venga tenuta maggiormente presente la necessità di farli servire anche ad alleviare, nella misura più larga possibile, la persistente disoccupazione, inserendo a tale riguardo specifici impegni contrattuali o particolari limitazioni di tempo, affinché non avvenga, per esempio, quanto avvenuto a Fontaniva e segnalato da quella Camera del lavoro, e cioè che appena un centinaio di operai hanno trovato occupazione nei due lunghi ponti in costruzione sul Brenta, mentre nella zona vi è una larga disoccupazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Storchi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se sia possibile andare incontro alle esigenze di circa duecento operai, studenti, insegnanti e impiegati, i quali, per ragioni di lavoro e di studio, devono servirsi del treno sul percorso Treviso-Conegliano Veneto giornalmente, con un orario che, a causa d’un inevitabile quotidiano ritardo, al mattino li porta a destinazione alle ore 9-9,30, con le conseguenze che sono facili ad immaginare: continue minacce di licenziamento e rimbrotti da parte dei superiori. Si tratterebbe di anticipare di 30 minuti la partenza del treno da Venezia – che però di consueto ritarda a causa delle coincidenze – o, meglio, di mettere a disposizione una automotrice con vetture per quel tratto di percorso. Di ritardare infine la partenza del treno da Udine, in transito a Conegliano alle ore 17,35, di un’ora, o di provvedere altrimenti, in modo che alle ore 18,30 i duecento viaggiatori circa che devono rientrare a Treviso da Conegliano, non siano costretti ad abbandonare il lavoro un’ora prima. (L’interrogante chiede la risposta).

«Ghidetti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non consideri doveroso e conforme a giustizia emettere sollecitamente un provvedimento mediante il quale ai funzionari del gruppo C (Regio decreto-legge 14 novembre 1926, numero 1935) definiti «aiutanti di segreteria e di cancelleria giudiziarie», i quali hanno svolto molto spesso con diligenza e capacità e continuativamente le stesse identiche funzioni di quelli del gruppo B, sia riconosciuto il diritto alla promozione a quest’ultima categoria, magari dopo un conveniente controllo sul prestato servizio, e ciò anche al fine di evitare che ad identiche funzioni e responsabilità si persista a corrispondere un ben diverso trattamento economico e morale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali ostacoli ancora si frappongono alla istituzione delle scuole complementari serali nella provincia di Aquila, dagli organi competenti proposte da circa tre mesi, e tanto vivamente attese da giovani operai e contadini delle zone rurali, tuttora sprovvisti dell’attestato di compimento del corso elementare superiore e, spesso, anche di quello inferiore; e se non creda di affrettare l’apertura di detti corsi i quali, per ovvie ragioni, possono utilmente funzionare soltanto durante il periodo invernale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lopardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, sulle difficoltà che si frappongono alla sistemazione idraulico-forestale della montagna di Casteldelmonte (Aquila) nella zona denominata «Campo Imperatore», il cui stato di degradazione e di abbandono preoccupa vivamente per l’avvenire di quella vasta ed un tempo florida superficie a pascolo, dalla quale traevano alimento migliaia di capi di bestiame. Il lamentato ritardo appare tanto più inesplicabile, in quanto risulta che da tempo gli organi competenti dell’Amministrazione forestale hanno segnalato l’urgenza dello stanziamento occorrente per l’inizio dei lavori nel corrente esercizio, allo scopo di avviare alla normalizzazione le dirupate pendici e i fossi alluvionali confluenti nella piana, con crescente gravissimo danno dei coltivatori di essa. E ciò anche per infrenare la dilagante disoccupazione che affligge la laboriosa popolazione montana di Casteldelmonte, acuita dal fatto che, per recenti disposizioni, vengono rimpatriati di autorità i numerosi lavoratori che in passato tradizionalmente si recavano nelle Puglie e nell’Agro Romano, per dare la preferenza alla mano d’opera locale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lopardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni che ritardano il finanziamento dei lavori di sistemazione idraulico-forestale delle montagne di Bagno, Ocre e L’Aquila, in conformità del progetto redatto dall’ex comando della coorte della milizia nazionale fascista, e che hanno carattere di urgenza, anche per combattere la dilagante disoccupazione degli operai di quella zona, acuita dal forzato rimpatrio di molti di essi per disposizione dell’autorità della provincia di Roma, nella quale, in passato, essi si recavano a scopo di lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lopardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga più opportuno, anziché bandire altro concorso, assumere gli idonei risultati non vincitori nell’ultimo concorso indetto per titoli a 200 posti di vice commissario di pubblica sicurezza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se sia vera la notizia, pubblicata da alcuni giornali, che il Governo abbia in animo di emettere un decreto di amnistia per i reati commessi in occasione della concessione delle terre incolte e della ripartizione dei prodotti agrari, tenendo presente che tale ingiustificato provvedimento di clemenza suonerebbe incoraggiamento alla reiterazione delle violazioni di legge in occasione delle annunziate richieste di concessione di terre per il prossimo anno agrario, e della prossima spartizione dei prodotti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere:

1°) se sono esatte le accuse che si diffondono contro il Commissario di pubblica sicurezza dirigente la stazione ferroviaria di Ventimiglia e di confine dottor Mele;

2°) se è esatto che il Governo francese ha già provveduto alla sostituzione e punizione dei funzionari responsabili delle stesse accuse che pubblicamente vengono fatte ai funzionari italiani;

3°) se è infine esatto che a Ventimiglia si è cercato allontanare dal servizio tutti i partigiani senza tener conto né del loro passato, né delle loro capacità.

«Poiché trattasi di servizio di frontiera e quindi di situazione estremamente delicata, l’interrogante invoca una immediata inchiesta e intanto chiede assicurazioni scritte. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Faralli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno e l’Alto Commissario per l’alimentazione, perché espongano i motivi che li determinarono ad ordinare al prefetto di Perugia la revoca di un decreto col quale veniva stabilito l’obbligo della consegna del bestiame bovino da parte di tutti coloro che non avevano ancora per intero conferite le quote vincolate con i decreti emanati dal 1940 al 1946, nonostante sia ben noto essere, i renitenti, prevalentemente ex gerarchi fascisti, quali il già sottosegretario alla presidenza del consiglio, Giunta, il già console della milizia, Battaglia, il già segretario del fascio, marchese Pucci, ecc.; e benché detto decreto, obbligatoriamente revocato, si proponesse di assicurare un modesto rifornimento alimentare alle popolazioni della provincia, colpendo all’origine il mercato nero contro il quale, a parole, il Ministero dell’interno e l’Alto Commissario dell’alimentazione tanto combattono. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle finanze, per conoscere i motivi per i quali non hanno ritenuto di accogliere le giuste ed umane richieste dei cittadini del comune di Gessopalena (Chieti) – già sinistrato dalla guerra – tendenti ad ottenere, a seguito della terribile grandinata che il 31 maggio 1946 distrusse l’intero loro raccolto di grano, che costituiva l’unica loro risorsa, la erogazione di speciali sussidi e l’esonero dal pagamento delle imposte sui terreni per l’annata 1946-47. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, perché spieghi le ragioni che lo convincono a rinnovare, con metodica pertinacia, gli ordini alle Prefetture di vietare nel modo più assoluto da parte dei comuni ogni forma di adesioni a Leghe, Associazioni, Uffici di consulenza, nonostante le dichiarazioni conciliative fatte già sull’argomento in sede di precedente interrogazione; e perché dica, egli personalmente, dinanzi all’Assemblea Costituente se ritenga davvero di servire le esigenze democratiche e le rivendicazioni di autonomia locale, cui così spesso fa ossequio formale, frapponendo al moto associativo dei municipi tanti ostacoli ingiustificati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere per porre fine all’iniquo procedimento finora seguito nei riguardi dei pensionati statali e parastatali della Sardegna, i quali – pur trovandosi in miserrime condizioni di vita – sono costretti a dover ancora attendere la liquidazione ed il pagamento degli aumenti di pensione loro concessi con decorrenza 1° settembre 1946. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastino Gesumino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non ritenga opportuno ripristinare il testo del decreto-legge 22 novembre 1943, n. 791, non mai abrogato, ma solo decaduto per omessa convalida determinata da circostanze ed avvenimenti universalmente noti per i quali ebbe a verificarsi un caso di forza maggiore paralizzatrice dei poteri legiferanti dello Stato. Tale decreto contiene disposizioni relative ai concorsi ed agli scrutini, affinché i magistrati che partecipino ai medesimi per la promozione al grado superiore, qualora concorrano gravi impedimenti per effetto di avvenimenti bellici, possano ottenere di essere dispensati dalla osservanza del «periodo obbligatorio» dei lavori richiesti per la partecipazione al concorso od allo scrutinio anzidetto. L’invocato provvedimento è perfettamente analogo al trattamento riservato ai magistrati residenti in Colonia od all’estero, i quali sono infatti ammessi – di ufficio – alle prove anzidette con dispensa della presentazione di qualsiasi lavoro giudiziario, salvo beninteso, il giudizio di merito riservato alla Commissione giudicatrice dei requisiti di capacità dei magistrati di cui sopra. Codesto trattamento si ravvisa tanto più opportuno, giusto e necessario estendere ai magistrati compresi nel novero dei reduci fiumani e giuliani, gravemente sinistrati e colpiti nella salute, negli averi e nella carriera, ed impossibilitati per effetto di eventi bellici a produrre i titoli richiesti con riferimento al brevissimo periodo di cui sopra, e spesso anche al periodo che abbraccia la parte migliore, più lunga ed importante della loro carriera, e perfino l’intera attività giudiziaria da essi svolta nel grado precedentemente raggiunto. In tali casi essi verrebbero a trovarsi – sol perché sinistrati di guerra, completamente sforniti di titoli, o sprovvisti di quelli relativi ad un periodo di tempo più o meno remoto, o addirittura ai primordi della loro carriera – in una condizione di enorme inferiorità morale rispetto a tutti gli altri concorrenti pur essendo valorosi magistrati. Imporre la esibizione di titoli capestro di tal fatta, sarebbe una vera ingiustizia onde si chiede se non sia opportuno disporre che i magistrati, che nel concorso in atto abbiano dovuto subire o siano esposti a subire incolpevolmente un così duro trattamento di sfavore, incompatibile con elementari criteri di equità, di eguaglianza e di giustizia, siano autorizzati al ritiro di siffatti titoli o dispensati dalla esibizione dei medesimi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Trulli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per sapere se non credano conveniente proibire d’urgenza tutti gli sfratti agricoli in provincia di Padova, sfratti dovuti alla ingiusta pretesa dei proprietari di non osservare per i canoni in natura l’articolo 4 del decreto legislativo Presidenziale 22 giugno 1946, n. 44, per il frumento, e l’articolo 4 del decreto legislativo Presidenziale 14 settembre 1946, n. 311, per il granoturco. Con tali decreti è tassativamente stabilito che, quanto al prezzo del frumento, i 2/3 spettano al proprietario ed 1/3 spetta al fittavolo od all’enfiteuta e, quanto al prezzo del granoturco, il 75 per cento spetta al proprietario ed il 25 percento al fittavolo od enfiteuta e tale reparto ha per sua legittima giustificazione il fatto che il prezzo venne aumentato in considerazione delle maggiori spese di coltivazione che stanno, come è ovvio, a carico del fittavolo e dell’enfiteuta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e il Ministro dell’agricoltura e foreste, per sapere:

1°) se il Governo è a conoscenza di quanto è successo in Friuli a seguito della vaccinazione al bestiame bovino, praticata con materiale non idoneo prodotto e messo in circolazione dall’istituto zooprofilattico di Milano;

2°) quali misure intenda adottare la Direzione di sanità del Ministero dell’interno per evitare il ripetersi di inconvenienti analoghi a quelli che si lamentano;

3°) quali provvidenze si ritiene opportuno adottare per venire incontro alla popolazione così gravemente colpita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Schiratti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del commercio estero, per sapere a quale punto sono le trattative con l’Austria per il trasferimento in Italia – in valuta o in forma di compensazione merci – dei risparmi colà realizzati nell’estate scorsa da circa 600 emigranti friulani e se non ritengano di imprescindibile opportunità politica e di morale doverosità coprire immediatamente i detti operai, dei risparmi effettuati in conseguenza di un lavoro prestato all’estero su autorizzazione governativa con il versamento per subito agli stessi di corrispettiva valuta italiana sul rapporto originariamente fissato di lire 200 per ogni tre scellini o quanto sul rapporto di un quintale di cemento valutato lire 400 nette per scellini 7,50. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Schiratti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere:

1°) come mai al terzo anno dallo scioglimento delle Confederazioni sindacali non ancora è stato provveduto alla chiusura delle liquidazioni, e neppure al pagamento dei crediti privilegiati del personale dipendente dalle Confederazioni stesse. Il ritardo delle operazioni di liquidazioni, di cui l’interrogante desidera conoscere le cause, provoca ingenti spese, le quali vanno a detrimento del patrimonio, danneggiando i creditori e gli enti pubblici, cui per legge lo Stato trasmetterà il patrimonio disponibile. Tale ritardo risulta gravemente pregiudizievole agli interessi degli unici creditori, e cioè del personale licenziato, che per effetto dello svilimento della moneta vede sostanzialmente scomparire il frutto di molti anni di lavoro;

2°) quali provvedimenti ha adottato il Ministro di fronte all’ordine del giorno votato nell’Assemblea del 24 novembre 1946 da varie migliaia di ex dipendenti e comunicato ufficialmente al Ministro stesso; ordine del giorno che insistendo più che mai sulle richieste contenute negli ordini del giorno del 28 aprile e del 19 maggio stesso anno, votati da precedenti Assemblee:

  1. a) denunziava ancora una volta l’incompatibilità morale e giuridica del cumulo delle cariche delle liquidazioni con quella di esponenti della Confederazione generale del lavoro, la quale di fatto detiene tutto il patrimonio delle cessate Confederazioni di prestatori d’opera. Tale situazione crea evidentemente un contrasto di interessi tra le liquidazioni, che avrebbero dovuto e debbono tra l’altro reperire e far fruttare convenientemente i cospicui patrimoni, e la nuova organizzazione dei lavoratori che di fatto si è formata una situazione di privilegio a danno dei creditori e degli enti pubblici accennati;
  2. b) chiedeva la nomina di una Commissione d’inchiesta costituita da esperti in materia amministrativa e da rappresentanti degli ex impiegati unici creditori, allo scopo di accertare: i motivi per i quali alcune gestioni liquidatorie, opponendosi alle ispezioni disposte nel maggio 1946 dal Ministro del tempo onorevole Barbareschi, impedirono che la Commissione di funzionari da lui nominata; esplicasse il proprio compito; le responsabilità d’ogni specie in materia di realizzo delle attività, di entità e legittimità di spese; il ritardo delle operazioni di liquidazioni; il mancato riperimento e rendimento del patrimonio; i criteri seguiti nell’utilizzazione delle aziende tipografiche ed editoriali di proprietà confederali, il cui valore ammonta a varie centinaia di milioni; il mancato funzionamento degli organi di controllo delle gestioni;
  3. c) domandava, tenuto conto che il patrimonio delle liquidazioni accertate fin’ora è considerevolmente superiore al passivo, che ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 369, fosse provveduto all’immediato pagamento del personale, o quanto meno alla concessione di acconti veramente congrui secondo criteri di imparzialità;

3°) i motivi che hanno indotto i liquidatori delle gestioni dei prestatori d’opera, che sono i dirigenti della Confederazione del lavoro a non attenersi, a differenza dei liquidatori delle altre Confederazioni alle decisioni del Ministro (nota n. 2343/2-28 del 20 ottobre 1946), con cui veniva stabilito per ragioni legali, morali e politiche la non convalida dei licenziamenti attuati per rappresaglia nell’autunno del 1943 dal pseudo governo della repubblica sociale, e il pagamento delle relative competenze sino al giugno 1944. Al riguardo l’interrogante fa notare che i dubbi sollevati appunto da tali liquidatori, sono stati eliminati da apposito parere dalla Avvocatura generale dello Stato, interpellata dal Ministero del lavoro;

4°) come mai i liquidatori delle Confederazioni dei lavoratori non abbiano provveduto alla corresponsione del 30 per cento delle competenze dovute agli ex dipendenti, pure avendo chiesto ed ottenuto dal Ministero del lavoro, di concerto con quello del tesoro, lo sblocco dei fondi necessari (20 milioni) mentre le altre Confederazioni hanno già da molto tempo provveduto a tale pagamento, e quale eventuale destinazione hanno avuto i venti milioni sbloccati. Rileva, infine, l’interrogante che la questione interessa una numerosissima categoria di lavoratori, che da oltre tre anni attende invano l’applicazione della legge, e che ogni ulteriore ritardo potrebbe maggiormente esasperare la massa degli interessati, quasi nella totalità in condizione di bisogno, e provocare intemperanze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere quali considerazioni abbiano indotto a permettere all’INCIS di sestuplicare i canoni di affitto. L’interrogante si riserva di proporre l’abrogazione del decreto relativo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Andreotti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, per sapere se intendano – in accoglimento del voto espresso dai repubblicani umbri riuniti a Congresso regionale il 5 gennaio 1947 e soddisfacendo alle più urgenti ed assolute necessità spirituali della giovanissima Repubblica italiana – di provvedere immediatamente a che:

1°) venga istituita la «Cattedra di studi mazziniani» presso l’Università di Roma;

2°) venga ripristinato nelle scuole primarie, quale libro di testo, «I doveri dell’uomo»;

3°) sia resa obbligatoria l’effigie di Giuseppe Mazzini in tutti gli uffici pubblici statali, parastatali, enti locali, scuole, ecc. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Santi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei trasporti e dei lavori pubblici, per conoscere lo stato della pratica per la costruzione del tronco ferroviario Imperia-Garessio, utile non solo all’intensificazione dei rapporti commerciali liguri-piemontesi, ma anche allo snellimento dei nostri scambi via mare con conseguente diminuzione del posto di transito per la Svizzera. L’interrogante ricorda agli onorevoli Ministri che questa vecchia necessità, sentita grandemente dalla popolazione della Liguria di ponente e dal Piemonte, è stata spesso frustrata da gruppi di armatori speculatori, preoccupati solo dei loro guadagni e non della necessità di maggiori e migliori vie di comunicazione nell’interesse della popolazione delle due regioni e dell’intero Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roveda».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se non ravvisi indispensabile:

  1. a) di ordinare che siano accelerati i lavori di ricostruzione della linea Pescara-Roma, che si sarebbero dovuti completare per la fine del decorso anno;
  2. b) di istituire una coppia giornaliera di direttissimi sulla importantissima arteria ferroviaria Lecce-Milano che è attualmente servita, per l’intero percorso, da una sola coppia di diretti (il 157 ed il 158) affollati fino all’inverosimile ed al punto che assai spesso non si riesce nemmeno a mettervi piede. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della guerra, della marina militare e dell’aeronautica, per conoscere i motivi per i quali non ritengono opportuno di emanare delle disposizioni che dispensino dagli obblighi di leva quei giovani, che hanno la possibilità di trasferirsi all’estero presso congiunti colà residenti e che li attendono. Numerosi sono, infatti, i casi in cui i giovani delle classi di leva – per lo più disoccupati o che vivono in paesi sinistrati dalla guerra – non possono raggiungere i loro stessi genitori, stabilitisi da anni in America, e crearsi un avvenire, perché sforniti del nulla osta del competente Ministero militare, che è prescritto per il rilascio del passaporto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non creda opportuno provvedere alla immediata promulgazione, a mezzo di decreto legislativo, delle norme di modificazione del vigente Codice di procedura civile, già preparate dall’apposita Commissione, in attesa di una ulteriore e completa revisione di detto Codice. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Salvatore».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere per quali motivi con il legittimo ed atteso ripristino del Tribunale di Mistretta si è creduto di potere sottrarre alla giurisdizione di detto Tribunale una parte di territorio della provincia di Messina, attribuendola al Tribunale di altra provincia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Salvatore».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno, dei lavori pubblici e della pubblica istruzione, per conoscere se non ritengano opportuno che gli immobili denominati «Dormitorio» e «Torre» in Ponza – di notevole interesse storico, ma di trista fama per essere stati adibiti durante la ventennale tirannia a luogo di confino di tanti nostri generosi fratelli – vengano riattati allo scopo di istruirvi la gioventù secondo i più moderni indirizzi educativi. Si fa rilevare che, togliendo quei monumenti dall’abbandono e dai saccheggi e destinandoli all’indicato fine, verrebbero ad essere sottratti alla rovina del tempo ed il nome di essi diventerebbe, per l’avvenire, simbolo di cristiane virtù. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Orlando Camillo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e dell’industria e commercio, per sapere se non ritengono opportuno sollecitare la ripersa del lavoro degli alti forni di Portoferraio, in considerazione della forte disoccupazione che esiste nell’isola d’Elba. Oltre alla necessità di evitare disordini, conseguenza dell’esasperazione, della lunga disoccupazione e della constatazione che con poca spesa detti forni potrebbero essere in grado di funzionare, deve tenersi presente la necessità di non disperdere una mano d’opera così specializzata e rara in un periodo in cui il Paese ha tanto bisogno delle sue capacità lavorative per risollevarsi. L’interrogante fa inoltre noto che il forte aggravio che lo Stato è costretto ad accollarsi per sussidi inadeguati, si riduce ad essere puramente negativo, in quanto non serve a mantenere sereni gli animi dei lavoratori, che per la mancanza del lavoro, sono pressoché alla fame con le loro famiglie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roveda».

«Il sottoscritto chiede di interrogare l’Alto Commissario per l’alimentazione, per sapere quali provvedimenti d’urgenza intenda prendere per migliorare la situazione alimentare della provincia di Padova, nella quale, sino al 17 gennaio 1947, non sono stati distribuiti i generi razionati – generi da minestra, grassi, zucchero – e se non ritenga opportuno di elevare le assegnazioni di grano (al presente si distribuisce metà pane e metà farina di polenta spesso scadentissima), tenendo conto che la provincia di Padova è tra le prime che hanno compiuto il dovere di conferire ai granai del popolo la totalità del frumento denunziato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Guariento».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sulla opportunità di prorogare anche nell’anno accademico in corso la facoltà per gli studenti siciliani dell’Istituto orientale di Napoli di potere sostenere esami in tutte le sessioni, ordinarie e straordinarie, presso le Facoltà di lettere delle Università siciliane. Il provvedimento sarebbe quanto mai giustificato, dato che non sono venuti meno i motivi che determinarono la concessione negli anni precedenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere le ragioni per le quali: mentre al termine dei corsi dell’Accademia navale viene assegnato gratuitamente agli ufficiali di marina di nuova nomina un corredo personale di vestiario e biancheria, pienamente rispondente alle esigenze di uso e di decoro, agli ufficiali dell’esercito licenziati dall’Accademia militare – i quali per la maggior parte versano in condizioni economiche criticissime – non viene effettuata alcuna distribuzione del genere, cosicché consumati gli scarsi effetti di vestiario ricevuti durante i mesi dell’Accademia, essi si trovano nella materiale impossibilità di vestirsi in modo confacente al prestigio del grado acquisito; mentre alle Accademie navale ed aeronautica è concesso un assegno di miglioramento vitto di lire 75 giornaliere per allievo, per l’Accademia militare tale assegno è di sole lire 30, il che determina una forte sperequazione di trattamento, inammissibile fra allievi delle forze armate dello stesso Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Perugi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga giusto ed equo valutare e riconoscere, agli effetti della pensione e delle eventuali promozioni, il servizio prestato dai ferrovieri riutilizzati durante il grave periodo delle offese belliche. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, sulla mancanza di personale al Tribunale di Rovigo, che conta due soli giudici, uno in partenza (Stellatelli) ed uno oberato di lavoro (Carleschi), senza presidente, perché il consigliere Alessandri ha già molto lavoro come presidente della Corte di assise. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere la ragione per cui la categoria degli agenti e rappresentanti di commercio sia considerata soggetta all’imposta sui maggiori profitti di guerra. L’interrogante ritiene:

1°) che l’applicazione alla categoria dell’articolo 1 della legge fondamentale che riflette gli utili derivanti dall’esercizio di «attività industriali» e «commerciali» o di affari derivanti da attività intermediaria è frutto di un’interpretazione estensiva ed analogica della norma tributaria, il che è in contrasto stridente con l’articolo 4 delle preleggi (vecchio Codice) e 14 delle disposizioni preleggi del Codice civile vigente;

2°) che i rappresentanti ed agenti «ausiliari», e non intermediari «professionisti» e non commercianti (tale qualifica essendo sempre stata espressamente loro disconosciuta a tutti gli effetti di legge ed in tutte le leggi, sia di diritto comune, che di diritto tributario), sono gli unici contribuenti che pur essendo tassati in categoria C1 sono soggetti all’imposta sui maggiori utili di guerra;

3°) che, come gli artigiani, i piccoli affittuari agricoli, gli appartenenti alle minori attività commerciali ed industriali, i quali hanno ottenuto il passaggio dei redditi dalla categoria B alla C1, con il privilegio dell’esenzione dall’imposta sui maggiori utili di guerra, anche gli agenti ed i rappresentanti di commercio iscritti nei ruoli di ricchezza mobile in categoria C1, sin dall’emanazione della legge fondamentale tributaria, hanno diritto all’esenzione dal pagamento di tale imposta, dalla quale, invece, sono gli unici a non essere esonerati;

4°) che i redditi di questa categoria non hanno subito nessun incremento per effetto della guerra (la massa degli affari essendo rappresentata da provviste belliche o dagli affari della cosiddetta «borsa nera», trattati personalmente da improvvisati e poco scrupolosi commercianti) e che anche l’aumentato costo degli scarsi prodotti e l’irrisorio aumento del 10 per cento del tasso delle provvigioni viene ampiamente assorbito dall’aumento del costo della vita e dai ripetuti aggravi delle tariffe ferroviarie. L’interrogante chiede che questa situazione venga attentamente presa in esame. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio e del commercio con l’estero, per sapere se i permessi per l’esportazione, soprattutto verso il Belgio, delle piante ornamentali da serra e di piena aria, prodotte nella riviera ligure e specialmente nella provincia di Imperia, non potrebbero essere rilasciati con maggiore sollecitudine di quella che ora non si usi; anzi meglio, se non potrebbero essere rilasciati direttamente dalle dogane italiane di confine, Ventimiglia e Chiasso, trattandosi di prodotti non necessari in alcun modo ai bisogni interni della vita economica, ed in presenza del fatto che in linea generale il Belgio rilascia permessi di importazione valevoli per un solo mese; onde spesso accade che, quando giunge il permesso italiano di esportazione, sia già scaduto quello estero di importazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pellizzari».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio, dell’agricoltura e foreste e del commercio con l’estero, circa il modo come intendano risolvere il problema del divieto opposto dalla Francia all’entrata ed al transito per il Belgio delle piante ornamentali provenienti dall’Italia, per motivi sanitari, provocati dal parassita «aspidiotus perniciosus» (coccinella di San Josè). L’interrogante fa presente che le piante ornamentali sono immuni da questo parassita, come può far fede l’Osservatorio di fitopatologia di San Remo; e che il certificato rilasciato da tale Osservatorio, ed eventualmente controllato dal delegato francese in materia, dovrebbe bastare, non soltanto a far concedere il libero transito sul territorio francese alla piante ornamentali spedite nel Belgio da Ventimiglia o da Chiasso in vagoni chiusi, ma anche ad aprire loro l’importazione ed il commercio e la vendita nello stesso territorio francese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pellizzari».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio, dell’agricoltura e foreste e del commercio con l’estero, intorno ai provvedimenti che intendono prendere affinché, nella rinnovazione dei trattati commerciali con la Francia, venga tenuto conto della vasta e florida produzione di piante e semi di piante ornamentali da serra e da piena aria, che viene fatta nella riviera ligure, e specialmente nella provincia di Imperia. Più specialmente l’interrogante chiede se si propongano di fare includere, sia nei trattati con la Francia, sia in quelli con altri Stati, le seguenti voci doganali: fiori e foglie ornamentali; piante ornamentali in genere, da serra o da piena aria; cactea (piante grasse) e semi di piante ornamentali; le quali tutte, prima della guerra, venivano esportate in Germania, in Ungheria, in Austria, in Cecoslovacchia; ciò tanto più che gli orticoltori francesi, belgi, svizzeri ed inglesi fanno larga richiesta di tali prodotti, e dall’esportazione di questi generi, non necessari per l’economia nazionale, verrebbe il doppio vantaggio delle divise estere, e dell’occupazione di una mano d’opera attualmente inutilizzata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pellizzari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se gli consti che nella città e nel circondario di Milano le privative sono sovente, e per più giorni, prive di sale, cosicché il pubblico è costretto a perdere giornate per rintracciare una derrata, che dovrebbe essere costantemente alla portata di tutti, e nel caso che tale deficienza sia imputabile non alla Amministrazione dei monopoli, ma a negligenza dei rivenditori (negligenza dovuta a sua volta al minimo interesse che essi hanno a rivendere il sale), quale provvedimento abbia preso o intenda prendere per fare cessare uno stato di cose che compromette gravemente, quanto inutilmente, il Governo nella opinione pubblica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Clerici».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se e quali provvedimenti siano stati presi in vista del grave pericolo che incombe al Cenacolo Vinciano di Milano, che, quasi miracolosamente salvatosi dalle bombe aeree, sta ora rovinandosi per colpa di insipienze, incoscienze, incapacità ed inerzie burocratiche neppure credibili; e particolarmente se siano stati presi o si intendano prendere provvedimenti adeguati contro i responsabili organi amministrativi, i quali, avvertiti il 2 febbraio 1946, con telegramma del professore Ettore Modigliani, sovraintendente alle Gallerie di Milano, che urgeva provvedere alle condizioni estremamente gravi del Cenacolo, causate sia da intonaci inconsideratamente praticati durante l’inverno nell’ambiente, che dal sommovimento di trecento metri cubi di terra bagnata e fetida senza la minima preoccupazione dell’insigne monumento, attesero tre mesi ad inviare sul posto una commissione (aprile 1946) e quindi restarono praticamente in inerzia per quasi un anno, senza preoccuparsi dei pericoli del nuovo inverno, e degli irreparabili danni all’insigne pittura che costituirebbero onta indelebile per il Governo e per il popolo italiano verso il mondo e verso i posteri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Clerici».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti abbia preso o intenda prendere in merito alle disastrose condizioni in cui versa a Milano il Pio Istituto di Santa Corona, a proposito del quale dal dicembre 1946 è pervenuto al Ministero dell’interno un dettagliato rapporto del Prefetto di Milano.

«È da tenersi presente che il Pio Istituto, una antichissima fondazione assai popolare a Milano, gestisce nell’Istituto ospitaliero di Pietra Ligure 1500 letti per tubercolotici extra polmonari, nell’Istituto eliotermale di Sirmione 120 letti per bambini profilattici, e nel Sanatorio di Garbagnate Milanese oltre 1250 letti per tubercolotici polmonari; che esso è creditore per lire 81 milioni a tutto il 31 dicembre 1946 verso il comune di Milano, mentre questo ha dichiarato di non essere in grado di far fronte al proprio debito, ed inoltre lo stesso Istituto di Santa Corona era in tale data debitore per 70.500.000 lire per anticipazioni del tesoriere, per stipendi arretrati e scaduti, per mandati di pagamento ineseguiti, e cioè per debiti tutti scaduti ed urgentissimi, oltreché per altre decine di milioni di lire di debiti in scadenza per importo di forniture.

«La situazione appare disperata e l’Istituto di Santa Corona, se non soccorso, dovrà a breve scadenza declinare il ricovero di oltre 2500 ammalati, che sono a carico del comune di Milano, chiudere il Sanatorio di Garbagnate e l’Istituto di Sirmione e pressoché arrestare l’attività dell’Istituto di Pietra Ligure. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Clerici».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, e i Ministri della guerra e dell’assistenza post-bellica, per sapere se corrisponda al vero quanto è stato di recente pubblicato da un settimanale romano, e cioè che i prigionieri italiani fatti in Russia ammontavano a 115.000, e che di essi sono tornati in Patria soltanto 18.000, e se, in caso affermativo, vi siano speranze di sapere la sorte degli altri 97.000, e quali passi si siano fatti e si intendano fare in proposito presso la U.R.S.S. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Clerici».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se gli annunciati provvedimenti intesi a lenire l’imponente disoccupazione magistrale, resa più grave dall’esodo dei maestri giuliani, e disperata per la mancanza di una forma qualsiasi di sussidio, saranno adottati d’urgenza, come richiede la dolorosa situazione di tanti insegnanti esclusi dalla scuola dopo anni di servizio, senza indennità di sorta. (L’interrogante chiedo la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali sono le ragioni che impediscono l’emanazione di un decreto che annulli la disposizione del tesoro, per sapere se intenda mettivo 27 maggio 1946, n. 557, e dia agli insegnanti di materie speciali una retribuzione pari a quella accordata agli incaricati fuori ruolo delle scuole medie, avendo gli stessi titoli di studio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del Tesoro, per sapere se intenda mettere a disposizione del Ministero della pubblica istruzione i fondi necessari, affinché gli annunciati provvedimenti contro la disoccupazione magistrale, che condanna alla fame tante famiglie di maestri, siano attuati con carattere di urgenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga opportuno concedere l’autonomia comunale alla frazione di Santa Giusta (Oristano), venendo incontro al concorde voto della popolazione interessata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora presentato alla Costituente il disegno di legge sulla stampa, che l’apposita Commissione nominata dal Governo ha compilato e consegnato oltre un mese fa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cianca».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere quale azione abbia svolto o intenda svolgere, affinché siano identificati e chiamati a rispondere dei loro delitti, i criminali di guerra responsabili dei massacri perpetrati nella Valle del Reno, e in particolare nel comune di Marzabotto dove, dal 28 settembre al 10 ottobre 1944, 1830 persone furono atrocemente trucidate dal barbaro invasore tedesco. Gli interroganti sono certi che qualora il Governo italiano facesse le pratiche necessarie presso le Autorità alleate, queste non negherebbero il loro concorso ad un’opera di giustizia umana. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Colombi, Dozza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se sia vero che a Cortina d’Ampezzo all’albergo Miramonti, sotto il nome apparente di Club Dolomiti, sia stato aperto un casino da giuoco e quali provvedimenti intenda prendere perché cessino queste violazioni palesi della legge. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quali misure intenda prendere per venire incontro alla crisi manifestatasi nella coltivazione dell’olivo, particolarmente nei vivai della zona pesciatina, alla reintegrazione delle piante distrutte dalla guerra, e allo sviluppo di nuove piantagioni di questo albero prezioso; se non ritenga opportuno, nell’interesse nazionale, accogliere la proposta degli olivicultori di Pescia, avanzata al Ministero in data 12 settembre 1946, a mezzo della Confederazione nazionale coltivatori diretti (Federazione provinciale di Pistoia), tendente ad ottenere, previa congrua assegnazione di mezzi finanziari da parte del Ministero stesso, che, attraverso le associazioni di categoria ed il controllo degli Ispettorati agrari, si proceda all’acquisto almeno di una parte delle pianticelle di olivo esistenti, per decongestionare la produzione giacente, facendola distribuire gratuitamente a coloro che ebbero le piante distrutte dalla guerra, e semi gratuitamente per le nuove piantagioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Maltagliati».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e il Ministro dell’agricoltura e foreste, per sapere quali provvedimenti d’ordine disciplinare e giudiziario si intendano prendere nei confronti dei dirigenti del Consorzio agrario provinciale di Bergamo, al cospetto dei quali starebbe una situazione di fatto, che si riassume nel modo che segue:

1°) recentissimamente il giornale L’Unità, pagina di Bergamo, pubblicava come un quantitativo di zucchero, di cui il predetto Consorzio è responsabile, fosse adulterato con barite in ragione del 9,60 per cento;

2°) immediatamente dopo, pure il giornale Eco di Bergamo, ribadiva la gravissima accusa di cui sopra, annunciando che erano stati posti in arresto due operai per nome Imberti e Brambilla, nonché un impiegato per nome Mincia;

3°) secondo le asserzioni di cittadini, che affermano di essere bene informati, tanto il presidente che il vicepresidente del suddetto Consorzio erano da tempo perfettamente al corrente dei fatti delittuosi, ma ciò non pertanto non si decidevano a presentare denuncia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere in base a quali segni della volontà popolare si sta predisponendo il distacco dei due Comuni di Badia Tedalda e di Sestino dalla provincia di Arezzo per aggregarli alla non ancora costituita, ma progettata, provincia di Rimini. L’interrogante domanda se non sia il caso di sospendere la creazione della suddetta provincia, in attesa che l’Assemblea Costituente abbia predisposto la ripartizione delle circoscrizioni regionali. E in ogni caso fa presente l’inopportunità di distaccare i due predetti Comuni dalla provincia di Arezzo, senza aver prima interrogato mediante referendum le popolazioni interessate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fanfani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere quali provvedimenti sono stati presi a carico dei responsabili della rissa che ebbe luogo a Roma in via Tor di Schiavi, alla vigilia delle elezioni amministrative, tra elementi del «Blocco del Popolo» e elementi del «Fronte dell’Uomo Qualunque». Il Commissariato distrettuale di pubblica sicurezza del Quadraro espletò subito le necessarie indagini, identificò le persone implicate nel fatto e stese un rapporto, in base al quale vennero deferiti all’Autorità giudiziaria tutti coloro che presero parte attiva alla rissa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canevari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per sapere:

1°) se è esatto quanto è stato pubblicato da alcuni giornali, circa la giacenza nei depositi centrali dell’Endimea di notevoli quantità di materiale sanitario – pari a varie diecine di milioni – che avrebbero dovuto essere distribuite a prezzi americani;

2°) se è esatto che tali notevoli quantità di materiale sanitario siano in procinto di essere vendute in blocco ad una o più ditte, che, comperando a prezzi americani e rivendendo a prezzi italiani, effettuerebbero senza dubbio, una indegna speculazione;

3°) come intenda provvedere alla distribuzione del suddetto materiale ed evitare che esso divenga oggetto di speculazione, dato che l’Endimea avrebbe dovuto cessare dalle sue funzioni il 31 dicembre 1946;

4°) se non ritenga di dover chiedere conto a chi di ragione soprattutto della mancata tempestiva distribuzione del materiale sanitario deperibile, quali i vaccini, le insuline, i prodotti ipoterapici, cosa che, oltre al danno di ordine sanitario, importa un danno economico rilevantissimo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Coppa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della Marina mercantile, per sapere:

1°) come intende provvedere al rifornimento idrico delle isole Pontine, essendo venuto a cessare il servizio finora effettuato con mezzi Alleati;

2°) se non creda opportuno e necessario, data l’urgenza di provvedere a tale servizio soprattutto sotto l’aspetto dell’igiene pubblica, di assegnare a pagamento con l’impegno di provvedere al trasporto dell’acqua necessaria ai bisogni delle popolazioni delle isole Pontine, due delle motozattere con cisterna cedute dagli Alleati, che attualmente si trovano nel porto di Napoli, invece di destinarle – come sembra che si sia in procinto di fare – ad armatori che le adibirebbero a traffici ordinari e liberi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Coppa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non ritenga urgente procedere alla concessione della autonomia comunale alla frazione di Suelli, in provincia di Cagliari. Il decreto, già approvato dal Consiglio dei Ministri, risulta infatti sospeso unicamente perché vi era anche prevista la concessione dell’autonomia alla frazione di Selargius, concessione alla quale si è dovuto soprassedere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri degli affari esteri e dell’assistenza post-bellica, per conoscere se non ritengano necessario ed urgente chiarire la discordanza esistente tra la Commissione ufficiale del Governo dell’U.R.S.S. che dichiara di aver provveduto al rimpatrio di circa 21.000 prigionieri italiani, e quanto risulta dalle comunicazioni ufficiali del Ministero dell’assistenza post-bellica, e cioè che finora sono stati rimpatriati circa 12.000 ex prigionieri italiani nell’U.R.S.S. Questo per porre termine alla tragica incertezza nella quale tante famiglie italiane vivono – tra la speranza e la pena – senza avere notizia alcuna dei loro cari, ancora dopo più di un anno e mezzo dalla fine delle ostilità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rumor».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga opportuno modificare l’articolo 1 del decreto legislativo 28 dicembre 1946, n. 298, col quale veniva bandito il reclutamento straordinario di cento sottotenenti in servizio permanente nell’Arma dei carabinieri. Tale concorso è riservato ai sottufficiali dell’Arma stessa, che parteciparono al concorso indetto con decreto ministeriale 26 marzo 1943, successivamente annullato con decreto ministeriale 17 ottobre 1944. Come è noto, solo pochissimi aspiranti poterono partecipare al concorso indetto con decreto ministeriale 26 marzo 1943, in quanto in quel periodo di guerra molti sottufficiali erano mobilitati e molti ammalati. Si chiede se non sia opportuno estendere agli altri sottufficiali la possibilità di partecipare al concorso in parola, per evidenti ragioni di equità e di giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per conoscere se si è indagato al fine di accertare che fine hanno fatto i fondi da distribuire ai disoccupati per l’assistenza natalizia, i fondi per l’assistenza ai reduci disoccupati e tutte le altre provvidenze, essendo noto che in talune provincie è mancata qualsiasi assistenza ai disoccupati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere quali passi siano stati fatti dal Governo presso le Autorità britanniche allo scopo di ottenere da loro il consenso al rientro in Africa dei profughi che abbiano colà il capofamiglia. In particolare: quello che si è fatto nei riguardi dei giovani appartenenti a famiglie residenti in Africa, che abbiano superato i 16 anni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga conforme a giustizia rivedere i soprassoldi delle ricompense al valore e le competenze, compresa quella della posizione di riserva, che sono rimaste ancora come nell’anteguerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, sul modo con cui viene ripartito lo zucchero per le industrie marmellate ed affini. Si lascia la distribuzione alla Confederazione marmellatieri di Roma, la quale, essendo costituita in prevalenza da rappresentanti di vecchie industrie, assegna lo zucchero prima di tutto alle industrie di cui detti rappresentanti fanno parte ed assegna alle nuove industrie soltanto le briciole. Per ciò si mantengono in vita vecchie organizzazioni fasciste, si perpetuano situazioni di privilegio e si va contro alla libertà di industria e di commercio, che gioverebbe invece ai consumatori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare di urgenza per affrettare la liquidazione del personale delle disciolte organizzazioni sindacali fasciste, liquidazione che, attraverso alcune ingiustificate lentezze della gestione commissariale, ha dato e dà l’impressione che si prolunghi oltre i limiti del tollerabile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se rispondano ad esattezza le notizie pubblicate da alcuni quotidiani dell’Emilia (Unità Democratica del 23 gennaio 1947, ecc.), a tenore delle quali a San Felice sul Panaro, dopo la rappresentazione del dramma «Senza patria» dell’anarchico Pietro Gori, il sindaco del luogo, Cesare Menarini, che aveva vivamente applaudito la scena in cui il protagonista del dramma calpestava la bandiera dello Stato, avrebbe rifiutato ad un gruppo di reduci ed ex combattenti, il permesso di affiggere un manifesto di protesta, dichiarando di riconoscere quale sola bandiera nazionale quella rossa con falce, martello e stella. Nella ipotesi che i fatti accennati rispondano ad esattezza, chiede se e quali provvedimenti il Governo abbia preso ed intenda prendere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Coppi Alessandro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se sia informato che, contrariamente al tassativo disposto dell’articolo 280 del testo unico della legge sull’istruzione superiore, vi sono dei pensionati del Politecnico di Torino, ai quali i recenti provvedimenti in favore dei pensionati sono stati solo parzialmente applicati; e se non creda che il secondo comma dell’articolo citato costituisca pei pensionati stessi un indiscutibile diritto a fruire del medesimo trattamento che compete a tutti indistintamente gli impiegati civili dello Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colonnetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non sia d’avviso di provvedere al trasferimento del maresciallo comandante la stazione dei carabinieri di San Giorio Lomellina, il quale, per il suo comportamento rispetto ai partiti politici locali, va creando un’atmosfera di diffidenza e di ostilità con le autorità comunali, non consigliabile al mantenimento dell’ordine pubblico.

«L’interrogante fa presente che l’azione del citato maresciallo, ha provocato un procedimento penale, per cui a giorni, avanti al tribunale di Vigevano, verrà celebrato un processo nel quale si assisterà al poco edificante spettacolo di due autorità, l’una contro l’altra, in un duello di reciproche accuse.

«L’interrogante fa pure presente, che sul conto del prefato maresciallo ebbe, da parte dei superiori del medesimo, giudizi poco benevoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta.

«Pistoia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere i motivi per i quali non si è ancora provveduto dalla concessionaria Società ferrovie Adriatico-Appennino alla riattivazione della ferrovia Sangritana nel tratto stazione di Guardiagrele-Ortona a mare. Il ripristino di tale linea (che importa una spesa irrisoria, perché non richiede la ricostruzione di nessuna opera d’arte) è di vitale importanza per la rinascita di molti Comuni sinistrati dalla guerra, le cui popolazioni sono tuttora tagliate dal mondo e servirebbe anche ad impiegare numerosi dipendenti di quella stessa Società rimasti disoccupati da oltre tre anni. (L’interrogante chiede d’urgenza la risposta scritta).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se sia informato dell’opera altamente benefica svolta nello scorso anno dall’UNRRA-CASAS a vantaggio delle popolazioni più gravemente colpite dalla guerra, e se sia vero che i più larghi finanziamenti predisposti dalla Missione dell’UNRRA per intensificare l’opera predetta siano stati in qualche modo ostacolati dalla Delegazione italiana, che vorrebbe almeno in parte distrarli a favore di consorzi a carattere capitalistico e speculativo. (L’interrogante chiede la risposta scritta, segnalando il carattere d’urgenza che la questione riveste nell’interesse degli innumerevoli senza tetto dell’Abruzzo).

«Paolucci».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere entro quale termine intende presentare al Consiglio dei Ministri lo schema di decreto che deve dare pratica attuazione alle promesse pubblicamente fatte sull’introduzione dei ruoli aperti nella carriera degli insegnanti elementari, dal momento che ogni ulteriore ritardo si risolve in un sempre maggiore danno per la scuola e per la categoria dei maestri che attendono da anni giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Iotti Leonilde».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, in vista della agitazione che si va diffondendo ed intensificando fra gli insegnanti degli istituti medi per l’abrogazione della legge De Vecchi 24 aprile 1935, n. 565, che abbassava i limiti di età per il collocamento a riposo dai 70 anni ai 65, intenda promuovere i provvedimenti per l’abolizione della legge fascista. È superfluo riferire le ragioni di carattere giuridico ed i motivi di indole umana che militano a favore della richiesta degli insegnanti, di quelli specialmente che furono assunti in ruolo prima del 1935, tanto essi sono evidenti. Allo scopo di eliminare un’altra causa di turbamento nel campo della scuola sarebbe opportuno andare sollecitamente incontro alla legittima richiesta degli insegnanti e risparmiare loro, oltre le mortificazioni cui oggi sono sottoposti ed alle quali accennò lo stesso Ministro nel saluto diretto alla scuola con parole gravi ed allarmanti, l’umiliazione di questuare di anno in anno il mantenimento in servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ruggeri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della guerra e del tesoro, per sapere se non ritengano doveroso ed urgente regolare la posizione dei militari reduci ed ex internati in Germania colpiti da tubercolosi per causa di servizio, ed oggi ricoverati nei Sanatori. Poiché attualmente le pratiche per l’assegnazione delle pensioni si svolgono con una lentezza e con una sperequazione di trattamento, tali da suscitare le più vive preoccupazioni ed un diffuso malcontento in questa massa di giovani così duramente colpiti, e allo scopo di evitare che il malcontento si traduca in dimostrazioni pregiudizievoli al buon nome dell’Esercito e della Nazione, è necessario:

1°) che siano accelerati i lavori delle Commissioni mediche per le pensioni di guerra per la fissazione delle visite collegiali che devono definire i gradi della pensione da corrispondersi;

2°) che, in attesa, venga corrisposto l’assegno mensile sospeso dal mese di ottobre 1946;

3°) che si provveda alla corresponsione del premio della Repubblica nella misura stabilita;

4°) che sia riveduta la disposizione secondo la quale viene tolto ogni sussidio dal giorno del rilascio della licenza di convalescenza, tenendo presente le conseguenze che si ripercuotono sulle famiglie degli interessati bisognosi di un trattamento speciale, al quale le famiglie non sempre possono provvedere;

5°) che sia estesa la distribuzione del corredo, oggi limitata agli appartenenti alla Marina e all’Aeronautica, anche ai ricoverati appartenenti all’Esercito (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Leone Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per richiamare la sua attenzione sul fatto che l’Ente distribuzione medicinali alleati (Endimea), ha i suoi depositi rigurgitanti di materiali in deperimento in oltre dieci grandi città italiane. Si tratta di circa duemila tonnellate di merce corrispondente a poco meno di due miliardi di valore. Talune forniture sono già scadute e rimaste inutilizzate nonostante le segnalazioni tempestive fatte e ripetute al Ministero dell’interno ed alla Presidenza del Consiglio. Gravissime fra le quali le lastre radiografiche e gli estratti epatici di cui il commercio è assetato da qualche anno, e che han raggiunto prezzi iperbolici assolutamente proibitivi. Imperdonabile poi è la perdita di forte quantitativo di pituitrina, scaduta, e di 232 mila flaconi di insulina, scaduti a fine 1946. Nessuno ignora che questi farmaci han la possibilità di letteralmente salvar la vita di moribondi. È tanto che il commercio nazionale ha sospeso la vendita di insulina, perché non ce n’è più. E la gente muore di coma diabetico e di gangrena diabetica, mentre l’insulina si perde nei vari depositi. Altri 37 mila flaconi di insulina stanno per scadere nei primi mesi del 1947. Ospedali e cliniche dappertutto han penuria di medicinali, mentre lo Stato per tenerli depositati inattivi ed in istato di progressivo deperimento spende attualmente circa due milioni al mese. L’interrogante domanda di conoscere quali urgenti provvedimenti il Governo intenda adottare per eliminare i gravi inconvenienti segnalati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«La Gravinese Nicola».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e degli affari esteri, per conoscere le ragioni dell’ordine dato al nostro Ministro a Berna di non vistare passaporti a stranieri desiderosi di venire in Italia e di ritardare di venti giorni il rilascio del visto agli svizzeri. L’interrogante, anche nella sua qualità di sindaco di Verbania, protesta energicamente chiedendo la revoca di tale insano provvedimento, causa di rovina per la risorgente industria turistica e di chiusura degli alberghi, fonte di eventuali gravi disordini, di cui non risponde. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zappelli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per conoscere i provvedimenti che intende adottare per ovviare alla sperequazione cui hanno dato luogo i decreti-legge 11 ottobre 1944, n. 257; 26 aprile 1945, n. 294 e 9 novembre 1945, n. 702, in base ai quali agli ufficiali cancellati dai ruoli con perdita del grado per collaborazionismo, ai funzionari collaborazionisti o che disobbedirono al governo legittimo, è concesso il ricorso al Consiglio di Stato, mentre detto ricorso è negato ai primi colpiti (gennaio 1945), che notoriamente avevano obbedito al governo legittimo (come è dimostrato dal fatto che essi erano fisicamente presenti al sud nel gennaio 1945), o che addirittura avevano agito attivamente contro i tedeschi ed il fascismo, oppure che avevano fatto parte del governo legittimo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bruni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere:

1°) perché non si procede alla pubblicazione annuale delle presidenze e cattedre vacanti negli istituti medi di istruzione, considerando anche che tale pubblicazione venne soppressa dal cessato regime fascista, senza dubbio allo scopo di facilitare abusi e favoritismi;

2°) perché, come per gli insegnanti, anche per i presidi, non si tiene conto delle esigenze di famiglia in concorso col merito e l’anzianità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rubilli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze, per sapere quali disposizioni siano state impartite alle Intendenze di finanza provinciali per indennizzare quelle persone che, dietro promesse di restituzione, offersero somme rilevanti alle formazioni partigiane e detengono delle semplici ricevute provvisorie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze, per sapere quali disposizioni siano state emanate perché sia pagato il bestiame che dalle formazioni partigiane venne requisito agli agricoltori, ai quali vennero rilasciate delle semplici ricevute provvisorie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti Alessandro».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e del tesoro, per conoscere se non ritengano opportuno, al fine di consentire la sollecita riparazione degli edifici di proprietà degli Enti comunali di assistenza, non direttamente adibiti a servizi assistenziali, ripristinare la disposizione di cui all’articolo 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543, la quale poneva a carico dello Stato tutto l’onere della riparazione dei beni immobili di proprietà degli Istituti di pubblica beneficenza distrutti o danneggiati da eventi bellici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio e della guerra, per conoscere quali siano le norme giuridiche attualmente vigenti per la raccolta e il commercio dei rottami ferrosi sparsi, o sepolti, in larghe zone di campagna, ove più ha infuriato la guerra (come, ad esempio, nella zona del Cassinate). E ciò perché i contadini, che hanno visto distrutte le case e gli alberi e sconvolti i campi, avevano avuto fino ad oggi una piccolissima risorsa nella raccolta e nella vendita (che ritenevano libera) dei rottami metallici (non degli esplosivi, dei quali si occupano le competenti autorità militari) abbandonati, o ritrovati occasionalmente durante i lavori agricoli. La cosa è tanto più grave, in quanto sembra che si sia vietato a questi poveri e disgraziati contadini perfino la vendita dei rottami di provenienza casalinga, e ciò con inesplicabile arbitrio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda opportuno intervenire urgentemente e con mezzi adeguati a mettere in condizione i comuni di poter risolvere il problema degli ospedali ed in modo particolare quello dei sanatori antitubercolari, molti dei quali, stracarichi di debiti, non sono in condizione di curare, in modo adeguato, i degenti, ed in qualche caso mancano addirittura di biancheria e dei mezzi indispensabili all’igiene di questi luoghi di cura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere le ragioni per le quali non sono state alimentate le Casse degli Uffici regionali del Ministero dell’assistenza post-bellica (ed in particolare l’ufficio regionale di Padova), creando disagio nell’erogazione dei sussidi agli aventine diritto, sussidi che sono mancati dal luglio 1946 e che tuttora non vengono erogati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rognoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le ragioni che hanno impedito finora l’assunzione in ruolo degli insegnanti elementari dichiarati idonei in esito al concorso nazionale rurale bandito con decreto ministeriale 26 marzo 1940, che prevedeva l’efficacia della graduatoria «fino al suo esaurimento» (Bollettino Ufficiale 4 aprile 1940, Parte II, n. 14). Della predetta graduatoria fanno parte reduci, sinistrati di guerra e supplenti, i quali hanno già avuto modo di dimostrare le loro attitudini didattiche. Con la nomina dei predetti idonei e la loro destinazione alle scuole urbane o rurali, si verrebbe a sostituire personale stabile e capace a personale avventizio e si realizzerebbe una più razionale ripartizione di posti, secondo i vari bisogni di ogni provincia. Ne deriverebbe, altresì, una notevole riduzione di concorrenti ai futuri concorsi, che si farebbero con maggiore ordine e serietà e con sensibile economia di spese. Lo Stato, infine, manterrebbe fede all’impegno morale e legale assunto in modo esplicito col bando del concorso succitato e darebbe sollievo a tante famiglie, che in questo duro periodo vivono di ansiose incertezze e di stenti. La preferenza accordata ai predetti idonei alle graduatorie annuali dei supplenti costituisce un beneficio del quale non si avvantaggia che un’esigua minoranza, sia perché vi sono altre categorie di preferiti, sia perché le innumeri domande di incarico sono oggi limitate alla sola provincia di residenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Guerrieri Emanuele».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere come egli possa giustificare l’ingiusto ed illegale provvedimento di sospensione dell’esercizio, preso a carico della benemerita azienda di autoservizi Sereni & Maselli di Bazzano, che per circa un anno ed a prezzo di gravissimi sacrifici ha servito la popolazione di Savigno, Castel di Serravalle, Bologna, ricollegando fra loro questi importanti centri, quando nessun’altra via di comunicazione era attivata e nessuna ditta si era sentita di assumere i gravi rischi economici e umani. Nella ditta Sereni & Maselli, fra l’altro, il Maselli valoroso ex partigiano e benemerito combattente della Causa democratica, trae l’unico cespite di vita dall’esercizio dell’Azienda nella quale ha impegnato gravissimi interessi con pericolo attuale di una completa rovina economica: mentre la S.A.T.I.B., alla quale la nuova concessione è stata accordata gestisce altre linee. Si domanda che per elementare principio di equità e per la restaurazione di un diritto acquisito, almeno una delle due linee (e cioè quella gestita già da circa un anno) sia concessa alla ditta Sereni & Maselli. (Gli interroganti chiedono la risposta. scritta).

«Manzini, Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se, esaminata la relazione inviatagli in data 27 gennaio 1947, tramite il prefetto di Aquila, da 219 firmatari, che costituiscono la maggioranza dei contribuenti del comune di Collepietro; accertati i fatti e ritenuti validi i motivi in essa esposti, non ritenga opportuno modificare quanto disposto nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 novembre 1946, n. 511, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1947 circa la delimitazione territoriale fra il comune di Collepietro e la frazione di San Benedetto in Perillis, eretta a comune autonomo in virtù di detto decreto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Corbi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se la linea ferroviaria Battipaglia-Potenza-Taranto si svolga in Italia o su terreno coloniale; se e per quali ragioni in questi treni non sia possibile trovare vetture per viaggiatori; se e per quali ragioni su queste linee non sia possibile l’istituzione di littorine che congiungano i numerosi ed importanti centri a sud-est di Battipaglia con i treni veloci e comodi che uniscono Napoli e Roma con le Calabrie e la Sicilia, mentre ciò è possibile per tutte le altre regioni d’Italia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Reale Vito».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e l’Alto Commissario per l’alimentazione, per sapere se sono a conoscenza del fatto che nella provincia di Reggio Calabria è stato denunziato a mezzo della stampa che cinquanta quintali di latte evaporato sarebbero stati buttati in mare perché ridotti in istato di avaria e una ingente quantità di marmellata starebbe per subire la stessa sorte; ed, in conseguenza, quali provvedimenti si è pensato di disporre per l’accertamento del fatto e delle eventuali responsabilità, ed – ove queste sussistano – quali misure si intende adottare perché la cosa non abbia a ripetersi e per assicurare la popolazione, turbata dalla notizia predetta, che non può esservi indulgenza verso chiunque, preposto ad uffici ed incarichi di responsabilità, non senta il dovere di cooperare ad attenuare o per lo meno di non aggravare le presenti dolorose condizioni alimentari del Paese, specialmente dei poveri e dei malati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non ritenga opportuno modificare l’articolo 17, n. 5, del Regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1570, sull’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, eliminando l’obbligo dei due anni consecutivi di pratica fatta posteriormente alla laurea, come condizione per la inscrizione all’albo dei procuratori, e ripristinando la facoltà agli aspiranti di inscriversi nell’albo dei praticanti procuratori legali subito dopo aver superato gli esami delle materie professionali. In tal modo i laureati potranno affrontare l’esame di procuratore subito dopo la laurea e comunque senza lasciare trascorrere, dopo di essa, un biennio di attesa spesso insostenibile. Coerentemente a tale modifica si chiede di conoscere se non ritenga del caso l’onorevole Ministro emanare delle disposizioni transitorie a favore dei laureati inscritti nell’albo dei praticanti da meno di due anni, autorizzandoli a sostenere gli esami di procuratore ancora prima dello spirare del biennio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se non creda di dover intervenire per il sollecito ripristino del servizio tramviario Frascati-Monte Porzio-Monte Compatri, servizio che apporterebbe grande sollievo alle popolazioni di quella zona dei Castelli tanto provate dalla guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere come si concilii con l’ordinamento tributario dello Stato l’obbligo imposto, col decreto 10 giugno 1946 dell’Alto Commissario per l’alimentazione, legislativamente convalidato col decreto del Capo Provvisorio dello Stato in data 23 dicembre 1946, n. 553, di corrispondere una quota di lire 300 o 400 al chilogrammo (da versare presso istituti bancari su un conto speciale vincolato a disposizione dell’Alto Commissariato dell’alimentazione) sulle giacenze di formaggio grana al 1° agosto 1945 della produzione dell’annata 1944 e precedenti, in dipendenza della concessione della libera vendita delle giacenze medesime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere quali criteri intende adottare per risolvere ì gravi ed urgenti problemi che assillano la città di Napoli.

«Porzio».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro del tesoro, per conoscere quali solleciti e reali provvedimenti si propongono di adottare per migliorare sostanzialmente le condizioni economiche degli impiegati statali, e dei pensionati, e per sanare la piaga dell’avventiziato.

«Di Giovanni».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Governo, perché voglia dare le spiegazioni necessarie intorno alle notizie pubblicate dal giornale Roma di Napoli nei giorni 18, 19 e 20 dicembre 1946, concernenti il fatto che da circa quattro mesi 75 mila tonnellate di viveri sono depositate nei magazzini dell’UNRRA di Napoli senza che si sia proceduto alla loro ripartizione, mentre una parte cospicua di essi è andata perduta in seguito alla loro prolungata giacenza e alla nessuna cura avuta della loro conservazione.

«Labriola».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della marina militare, per conoscere se risponde a verità quanto è stato pubblicato da qualche giornale circa la distruzione di tutto il materiale relativo alla documentazione delle gesta dei nostri marinai prima del1’8 settembre 1943. E, in caso affermativo, quali sono state le ragioni che hanno determinato un tale ordine che, se vero, offenderebbe le più pure e gloriose tradizioni della nostra Marina, calpesterebbe la sacra memoria dei nostri morti. Per conoscere infine quali provvedimenti sono stati presi o saranno presi contro l’ideatore di un sì mostruoso atto di pirateria.

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’aeronautica, per conoscere:

  1. a) perché si è negata ad una società, che ne aveva fatto richiesta e che avrebbe ripristinato l’aeroporto di Agrigento, l’autorizzazione all’esercizio di una linea aerea che avrebbe congiunto, con scali intermedi, Roma ad Agrigento, lasciando quella provincia e la limitrofa provincia di Caltanissetta sprovviste di servizi aerei;
  2. b) perché, anziché lasciar vivere l’«Ala italiana», società con capitale esclusivamente statale e provvista di una organizzazione e di una attrezzatura di primissimo ordine, si è creduto di metterla in liquidazione, disperdendo un ingente patrimonio nazionale, con gravissimo danno per l’Erario, e si è stipulata una inqualificabile, antigiuridica convenzione con una privata società americana che, come si apprende, versa in gravi difficoltà finanziarie, associando lo Stato a tale società, con gli evidenti pericoli che una associazione del genere potrà arrecare alle pubbliche finanze e stanziando per l’esecuzione della convenzione la somma di un miliardo e mezzo di lire;
  3. c) perché la mostruosa convenzione, redatta a tutto beneficio della società straniera e che vincola lo Stato per dieci anni, non è stata portata all’esame del Consiglio di Stato e fatta sanzionare da un decreto del Capo dello Stato, per cui la convenzione stessa deve ritenersi nulla ed improduttiva di effetti giuridici;
  4. d) perché, nella distribuzione delle linee aeree si è concessa la totalità delle più importanti e redditizie linee, fra cui la Roma-Palermo-Catania, alla società italo-americana costituita con capitale statale italiano e privato americano, malgrado che il Vice Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America Dean Acheson abbia pubblicamente sconfessato la società americana, dichiarando che il suo Governo è contrario ai privilegi commerciali nei paesi ex nemici e che «l’Italia è completamente libera di organizzare ed esercitare le sue linee aeree nel modo da essa ritenuto più adatto»;
  5. e) perché si è rifiutata la concessione delle linee richieste ad attrezzate società con capitale privato interamente italiano, alle quali per maggiore beffa ed allo scopo di impedirne l’esercizio, sono stati concessi soltanto tronconi inattuabili di linee secondarie, a cui le società stesse sono costrette a rinunciare, per non incorrere in sicuro fallimento, pregiudicando così i diritti nazionali in materia di traffico interno;
  6. f) perché il Ministero dell’aeronautica ha omesso di agire, come sarebbe stato suo dovere, a carico del colonnello Gallo, ex direttore generale dell’aviazione civile e del traffico aereo, il quale, mettendo interessi privati negli atti del suo pubblico ufficio, ha annientato, per suo esclusivo tornaconto personale, i diritti dell’aviazione civile italiana in favore della società italo-americana, della quale, come è notorio, fin da quando era in servizio attivo permanente, si era accaparrato, in compenso dei suoi favori, il posto di direttore, che ha occupato, non appena costituita la società da lui, per le sue pubbliche funzioni, patrocinata e posta in essere, con la inesplicabile connivenza degli organi direttivi del Ministero, il quale ne ha avallato l’azione, in favore della predetta società, continuandola e portandola a compimento;
  7. g) se non ritengano doveroso di sospendere il piano di distribuzione delle linee predisposto, portando la convenzione e la procedura da adottare nell’assegnazione delle linee alla discussione dell’Assemblea Costituente, che sentirà il dovere di nominare una Commissione parlamentare d’inchiesta per acclarare fatti e circostanze.

«Finocchiaro Aprile».

«I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, perché confermi, che, respingendo ogni suggerimento o richiesta comunque motivata e da qualunque parte proveniente, diretta ad ottenere la concessione di licenze per casinò ed altri locali da giuoco da gestirsi da comuni ed altri enti pubblici, egli si atterrà, col Governo tutto, all’impegno pubblicamente e solennemente assunto di non autorizzare nuove iniziative del genere e di stroncare quelle abusivamente permesse.

«Nobile, Terracini».

«I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere quali misure intende immediatamente adottare per reprimere energicamente la delinquenza politica e prevenire altri assassini organizzati dagli esponenti del blocco agrario monarchico neo-fascista in danno di elementi democratici, colpevoli solo di lottare con i mezzi legali, cioè facendone espressa richiesta alle autorità competenti, per l’applicazione anche in Sicilia della legge in favore dei lavoratori, delle istituzioni repubblicane e delle libertà democratiche.

«I molti assassinî consumati recentemente e sistematicamente in danno di dirigenti delle organizzazioni contadine siciliane, tra cui l’ultimo quello del ragioniere Accursio Miraglia, segretario della Camera del lavoro di Sciacca, rimasti tutti impuniti, destano un gravissimo allarme tra tutta la popolazione siciliana, mettono in evidenza che il blocco agrario monarchico neo-fascista riceve in Sicilia l’appoggio delle prefetture e dell’autorità di polizia e fanno recisamente affermare agli interroganti che le cose non possono più rimanere come per il passato.

«Il Governo democratico deve subito intervenire nell’Isola con la massima energia per salvare le istituzioni repubblicane e colpire i responsabili morali e materiali, diretti e indiretti, della criminalità politica in Sicilia, che fa capo agli agrari ed ha per complice (almeno indirettamente) l’apparato poliziesco dell’Isola.

«Li Causi, D’Amico Michele, D’Agata».

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro delle finanze, per conoscere le ragioni che hanno determinato il Governo a ridurre, nel Salento, di 1200 ettari la superficie autorizzata alla coltivazione del tabacco orientale. Tale provvedimento lede le condizioni economico-agricole della Regione Salentina ed aggrava in maniera allarmante il fenomeno della disoccupazione perché fa venire meno un milione e trecentomila giornate lavorative. Esso non tiene conto inoltre che gran parte della superficie coltivata a tabacco è costituita da terreni per cui non sono possibili altre colture.

«Gabrieli».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere il suo pensiero in merito alla situazione, che qui di seguito si denunzia.

«Nella provincia di Campobasso la maggior parte dei veri braccianti agricoli, per ignoranza delle disposizioni a suo tempo in vigore e per incuria degli organi comunali, che su tali disposizioni avrebbero dovuto richiamare la loro attenzione, non si trovano iscritti negli elenchi anagrafici degli anni 1940-41 e successivi. Si è così determinata una situazione di fatto, incresciosa per tale categoria, che, pur avendo in effetti prestato la sua opera esclusivamente presso terzi, non ha, malgrado ciò, diritto a quelle prestazioni concesse ai soli iscritti negli elenchi suddetti.

«Poiché è rilevante il numero di coloro che si trovano in queste condizioni, sarebbe opportuno continuare ad adottare il sistema, che fu adottato sino al 1942 per i non iscritti (informazioni a mezzo carabinieri), limitando, però, le prestazioni a coloro che, unitamente ad informazioni favorevoli, possano dimostrare di non avere mai posseduto terreno od altri beni immobili. Si verrebbe, in tal modo, ad eliminare il diffuso malcontento di tanta povera gente e si ridurrebbero al minimo gli abusi, che potrebbero derivare dalle molteplici richieste di informazioni.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se, accogliendo le istanze delle Accademie scientifiche e delle Società storiche, si intenda provvedere ad evitare che esse continuino, come oggi accade, a trovarsi nella assoluta impossibilità di assolvere al loro ufficio essenziale, che è mezzo di comunicazione fra le scoperte e le indagini italiane e straniere, con grave nocumento alla parte che l’Italia ha ragione di avere nell’avanzamento scientifico e culturale internazionale.

«Einaudi».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dei trasporti, per sapere se gli accertamenti da lui disposti – come deriva da una risposta scritta data ad una interrogazione del sottoscritto nello scorso agosto – per la ricostruzione del tronco Triflisco-Piedimonte d’Alife della ferrovia alifana si siano conclusi e con quali esiti.

«Il sottoscritto fa osservare:

  1. a) che nell’interesse esclusivo e precipuo di oltre 30 comuni aventi una popolazione di 85.000 abitanti operai su una superficie di 92.000 ettari, non sia più il caso di trascinare oltre la discussione dell’inizio dei lavori di ripristino e riparazione del tronco ferroviario Biforcazione-Piedimonte d’Alife della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife;
  2. b) che non è logico ed umano, dopo la catastrofe, studiare la possibilità di altre linee e tratti ferroviari da costruire ex novo, abbandonando le riparazioni di un tronco ferroviario già esistente e funzionante da oltre 30 anni e reclamato dalle popolazioni interessate;
  3. c) che la ventilata proposta di aumentare, come soluzione definitiva, le corse degli attuali autobus dell’autolinea Napoli-Piedimonte d’Alife, al posto della messa in efficienza del tronco ferroviario, è semplicemente da scartarsi perché non rispondente allo scopo del traffico moderno sia per passeggeri sia, maggiormente, per le merci; e che fino a quando non sarà ricostruito il tronco a vapore è necessario aumentare le coppie delle due autolinee in modo da dare la possibilità di viaggiare a circa 300 persone al giorno.

«Chiede che la presente interpellanza sia posta di urgenza all’ordine del giorno dell’Assemblea Costituente.

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare i Ministri dei lavori pubblici e del lavoro e previdenza sociale, per sapere:

1°) come sia stato possibile che una Società con denominazione di «Consorzio Ricostruente» e mascherata come Consorzio di cooperative di lavori, con sede in Roma, presieduta da un impresario e con la partecipazione di funzionari dell’ufficio provinciale del lavoro, abbia potuto ottenere dallo Stato, mediante cottimi fiduciari, per lire 99.735.000 di lavori, e abbia pure ottenuto per circa lire 300 milioni di lavori a regia;

2°) quali provvedimenti si intendano adottare con la maggiore urgenza perché siano colpiti con la giusta severità i colpevoli di simile truffa, e siano riparati i danni in tal modo causati allo Stato.

«Canevari».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure le interpellanze saranno iscritte all’ordine del giorno, qualora i ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 17.25.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  2. – Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

 

SABATO 14 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXIX.

SEDUTA DI SABATO 14 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

indi

DEL VICEPRESIDENTE TUPINI

INDICE

 

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Verifica di poteri:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Sansone, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione                                    

Sardiello                                                                                                         

Priolo                                                                                                               

Mazza                                                                                                               

Labriola                                                                                                           

Jervolino, Sottosegretario di Stato per i trasporti                                               

Meda                                                                                                                 

Aldisio, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione                                    

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Marazza, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia                                  

Di Fausto                                                                                                         

Medi                                                                                                                  

De Maria                                                                                                          

Interpellanze (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Silipo                                                                                                                

Caroleo                                                                                                           

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste                                                   

RICCIO                                                                                                              

Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze                                                       

Condorelli                                                                                                      

Scoccimarro, Ministro delle finanze                                                         Togni       D’Aragona, Ministro del lavoro        

Sullo Fiorentino                                                                                             

Romita, Ministro dei lavori pubblici                                                                   

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno Togliatti     

Lucifero                                                                                                             

Gronchi                                                                                                            

Patrissi                                                                                                             

Terracini                                                                                                          

Bellavista                                                                                                       

Lussu                                                                                                                  

Targetti                                                                                                           

Sui lavori dell’Assemblea:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 15.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo gli onorevoli Tosi e Lettieri.

(Sono concessi).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE: Comunico che l’onorevole Patricolo ha dato le dimissioni da componente della Commissione per la Costituzione. A sostituirlo, è stato chiamato l’onorevole Cannizzo.

Verifica di poteri.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella riunione odierna, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei deputati: Adolfo Quintieri per la Circoscrizione di Catanzaro (XXVIII), Ivo Coccia per la Circoscrizione di Perugia (XIX) e, concorrendo negli eletti i requisiti previsti dalla legge elettorale, ne ha dichiarata valida la elezione.

Do atto alla Giunta di questa sua comunicazione e, salvo i casi d’incompatibilità preesistenti e non conosciuti sino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è quella dell’onorevole Sardiello, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) ed al Ministro dei trasporti, «per sapere: A) se hanno presente: 1°) che la provincia di Reggio Calabria da molto tempo difetta dei generi razionati essenziali per l’alimentazione; che ormai cronicamente la farina ed il grano assegnati giungono con enorme ritardo ed in una quantità grandemente inferiore a quella dovuta; che l’olio – in una regione largamente produttrice e dove non è consueto un notevole uso di altri grassi – difetta; 2°) che ciò è dovuto in gran parte – per quanto attiene alle deficienze del grano e della farina – alla inadeguata assegnazione dei mezzi di trasporto, e – per quanto attiene alla mancanza dell’olio – alla continua e più volte invano denunziata esportazione di grossi quantitativi di detto prodotto per iniziative di speculatori forniti di permessi a ripetizione; cosa che suona irrisione del bisogno del popolo; mentre nessun provvedimento dell’autorità riesce a raggiungerla e colpirla; 3°) che la situazione predetta ha creato tale disagio da costituire un grave imminente pericolo per la salute cittadina e per l’ordine pubblico; come da tempo vanno denunciando la stampa locale, alcuni ordini del giorno dei Comitati di agitazione e recentemente anche il Consiglio comunale di Reggio con votazioni unanimi dei rappresentanti di tutti i partiti. B) Quali pronti e radicali provvedimenti intendano di adottare per riparare – come è indispensabile ed urgente – alle deplorevoli negligenze, alla insaziabile avidità degli speculatori, e per garantire finalmente da oggi innanzi almeno il minimo – per quantità e qualità – dovuto per legge ad una popolazione che si sente ed è eguale nel diritto e nel dovere a tutte le altre d’Italia».

L’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. La situazione dell’approvvigionamento cerealicolo della provincia di Reggio Calabria, come è di tutte le provincie scarsamente produttrici, risente in modo particolare dell’eccezionale carenza di cereali, dovuta, come è noto, ai mancati arrivi di grano previsti col piano di importazione dell’U.N.R.R.A. Le assegnazioni già predisposte a favore di detta provincia prevedevano la copertura del suo fabbisogno fino al 25 dicembre prossimo. Al fine di espletare, nel più breve tempo possibile, queste assegnazioni, come tutte quelle previste per l’approvvigionamento cerealicolo di tutte le regioni, sono stati predisposti, da parte delle Ferrovie dello Stato, su richiesta di questo Alto Commissariato, programmi di trasporto di grano a treni completi dalle regioni centrosettentrionali a quelle meridionali, principalmente alla Calabria, che si stanno svolgendo regolarmente.

Numerosi natanti sono stati noleggiati a cura del Ministero della marina mercantile per i trasporti via mare. Da parte del Ministero dell’interno si sta facendo tutto il possibile per favorire il prelievo dei cereali dalle provincie di produzione e per sollecitare i trasferimenti di grano verso le provincie deficitarie, specialmente della Calabria e della Sicilia.

D’altra parte, fino a quando non potrà riprendere il normale flusso dei cereali esteri, l’approvvigionamento di dette provincie non potrà avere che miglioramenti modesti rispetto alla situazione attuale.

Per quanto riguarda l’approvvigionamento in olio, deve rilevarsi che la provincia di Reggio Calabria è stata largamente soddisfatta per il fabbisogno della sua popolazione non approvvigionata, se ci si riferisce alle vigenti norme sul razionamento di detto genere.

In merito alle lamentate esportazioni di grossi quantitativi di olio dalla provincia di Reggio Calabria, si fa rilevare che quelle regolarmente autorizzate dagli uffici dell’alimentazione rientravano nel piano di distribuzioni dell’olio reperito a norma del decreto 22 maggio ultimo scorso. Tale decreto infatti autorizzava l’Alto Commissariato dell’alimentazione ad acquistare le disponibilità di olio economizzate dai produttori sui diritti di trattenuta, e dava altresì facoltà all’Alto Commissariato stesso di avvalersi per detto acquisto di enti fiduciari e ditte nazionali particolarmente attrezzati. L’olio reperito in base a dette disposizioni di legge ha infatti permesso all’Alto Commissariato di soddisfare il fabbisogno minimo, in base al razionamento, di alcune provincie del Nord assolutamente deficitarie.

La speculazione pertanto potrà essersi verificata nella prima fase commerciale delle operazioni di reperimento, cioè nel passaggio della merce dal produttore all’Ente o Ditta autorizzati al reperimento; e ciò ovviamente non poteva evitarsi, avendo sostanzialmente il produttore la libera disponibilità della merce. Ma è da escludersi che la speculazione abbia potuto agire nelle fasi di trasferimento e distribuzione dell’olio reperito, controllate dall’Alto Commissariato.

Con provvedimento 16 agosto 1946 il reperimento stesso fu vietato ed attualmente vige il sistema normale di ammasso.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

SARDIELLO. Sarei lieto di potermi dire soddisfatto, ma non lo sono, soprattutto perché non avevo portato all’Assemblea la questione per avere soltanto delle notizie che avrei potuto procurarmi altrimenti. Ho portato qui la questione perché i fatti da me lamentati non soltanto mortificano i bisogni materiali di popolazioni che hanno diritto di avere riconosciuto quello che ad esse spetta, ma ne mortificano soprattutto il senso di giustizia e ne deprimono la fede, che noi vogliamo che abbiano nella nuova vita italiana.

So che la situazione alimentare di tutto il Paese non è rosea, ma so anche che quando è stato assegnato un quantitativo di generi ad una popolazione, deve pure essere dato. Ora, la situazione della Calabria, particolarmente della provincia di Reggio, all’epoca dell’interrogazione – e debbo risalire a quella epoca purtroppo, perché le interrogazioni, anche se sono urgenti, si sa che non viaggiano col rapido – la situazione della provincia di Reggio era questa: assegnazione di farina e grano per 145.000 quintali; effettivamente corrisposti 32.698 quintali: un deficit di 112.000 quintali. Pane questo, onorevoli colleghi, che manca alla povera gente, perché gli altri lo possono acquistare al mercato nero, dove non manca mai.

E questa situazione non si verificava per mancanza dei generi. Se così fosse stato, si sarebbero rassegnate quelle popolazioni, ci rassegneremmo tutti; ma i generi destinati alla Calabria c’erano; c’erano sulla piazza di Venezia, Ravenna, Ferrara, Macerata e Perugia. Dovevano essere trasportati ai centri di destinazione. Perché non sono stati trasportati? Perché si disse che la difficoltà era nei mezzi di trasporto. Ma, intanto, le agitazioni – quelle che io additavo nella mia interrogazione – erano vivissime: erano le agitazioni promosse dalla Camera del Lavoro, erano insurrezioni della stampa. Ho qui dei verbali del Consiglio comunale di Reggio (e c’è nell’Aula il nostro collega sindaco che mi ascolta) che deplorava assai gravemente queste deficienze. Ancora stamani mi è giunto dalla Calabria un giornale, l’organo quotidiano democratico cristiano, dal quale rilevo che c’è un altro sindaco che suona le campane e chiama a raccolta tutti i sindaci per una protesta per questa deficienza che si continua a verificare.

Un lieve miglioramento, da allora ad oggi, c’è stato. Bisogna renderne merito all’interessamento del Ministro dei trasporti onorevole Ferrari, da me personalmente sollecitato, al Ministro Macrelli nella qualità di presidente del Comitato interministeriale per gli approvvigionamenti. Questo miglioramento non dà però il conforto al quale quelle popolazioni anelavano e che hanno diritto di avere, anche perché apprendo che una recente comunicazione del prefetto di Reggio Calabria, cioè del funzionante prefetto (perché, fra l’altro, Reggio Calabria manca di prefetto da due mesi, e quando il prefetto non c’è, tutto è da guadagnare; ma quando c’è nell’ordinamento è bene che ci sia anche di fatto), ha annunciato per questo mese di dicembre una ulteriore riduzione della distribuzione della pasta.

È un provvedimento generale, disposto ovunque? Ci inchiniamo. Ma se fosse un provvedimento particolare, la cosa sarebbe maggiormente preoccupante.

Quindi, la assicurazione di un miglioramento certo e costante non c’è.

E sentite il commento del giornale, che citavo dianzi. È un commento che non mi piace incondizionatamente sottoscrivere, perché pone la questione su un piano sul quale non è forse opportuno che sia posta; ma bisogna tenerlo presente. Quel giornale dice così: «Tanto più grave, se si pensa che l’arretrato è cominciato a formarsi quando imperversava la calata in Calabria degli accaparratori di olio e diecine e diecine di mezzi di trasporto giungevano vuoti, per ripartire col nostro prezioso prodotto, che non trovava nessuna contropartita, nemmeno in quel famoso riso, che ancora si attende e si attenderà invano».

E questo mi porta diritto all’altro punto della mia interrogazione: la faccenda dell’olio, che – vivaddio! – non è però così semplice, così chiara e così pulita come all’onorevole Sottosegretario è apparsa nella sua risposta alla mia interrogazione.

Dalla faccenda dell’olio affiora qualcosa che è più deplorevole del fatto, che ho lamentato a proposito della deficienza della pasta.

Tonnellate di olio, dico tonnellate a diecine, su automezzi, su carri ferroviari, sono andate al largo della provincia di Reggio. Cosa è accaduto? Che nella provincia di Reggio, produttrice di olio, ed in altre provincie della Calabria, è mancata qualche volta la distribuzione dei pochi decilitri, che spettano di diritto ai consumatori.

Voi mi dite: sì, il fatto è vero, ma è stato autorizzato. Ma cosa avete autorizzato?

La risposta dell’onorevole Sottosegretario parla di «olio reperito». Olio di recupero, dicono altri. Che cosa vuol dire olio reperito, olio di recupero? È quello rimasto alle economie dei grossi produttori.

Ma pensate che avanzino, dalle economie dei grossi produttori, delle diecine di tonnellate? Quando si misura a tonnellate, non è olio di recupero. È olio sottratto alla sua destinazione; è olio sottratto ai consumatori.

Ed allora cosa si fa? Con quello che si toglie ai poveri, che più hanno bisogno, si alimenta la più ingorda speculazione.

Non sarebbe un fuor d’opera l’indagine sul prezzo pagato per l’acquisto di quest’olio reperito.

Ed allora, o signori, io ho bisogno, dicevo, non solo di avere le notizie, ma di avere delle assicurazioni precise: non soltanto che non si ripeteranno più questi fatti, non soltanto che sarà provveduto alla continuità delle assegnazioni; ma che per l’avvenire terrete presenti quelle provincie lontane, quelle povere e generose popolazioni, che hanno sinora patito ingiuste minorazioni del loro diritto.

Apprendo di assegnazioni di grano annunziate come prossime dall’UNRRA, in notevoli quantità. Ricordatevene! Non dirò, come qualcuno chiede da laggiù non senza qualche giustificazione, che voi diate tutto l’arretrato; conosco la situazione. Ma dirò: tenete presenti quelle popolazioni, che hanno patito tante privazioni e parlano e protestano in nome di bisogni imprescindibili e fanno appello a quel sentimento di giustizia che deve esser vivo in questo momento e che dobbiamo difendere e tutelare. Si rassegnano i sofferenti, anche ad uno strappo, se fosse necessario, della libertà; ma restituite a tutti il senso pieno della giustizia, dell’onestà, nel significato più lato dell’espressione; offrite la considerazione che è dovuta egualmente alle popolazioni d’ogni parte, che, ripeto, sanno accettare il sacrificio, purché sia comune a tutti, e non dia vita a differenze odiose, che devono sparire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Priolo per fatto personale. Ne ha facoltà.

PRIOLO. Io mi inserisco nella discussione per fatto personale, ma effettivamente di personale c’è soltanto questo: che l’amico onorevole Sansone, ripetutamente interessato da me circa la gravissima situazione alimentare, determinatasi in provincia di Reggio Calabria, mi aveva sempre cortesemente dato dei chiarimenti in proposito, soggiungendomi che avrebbe fatto del suo meglio per provvedere.

Sottoscrivo tutto quanto il collega Sardiello ha detto: la situazione permane grave e dolorosa e bisogna prendere rapidi ed energici provvedimenti, quanto mai opportuni per le martoriate terre meridionali.

Io posso dirvi questo: quando ero prefetto di quella provincia arrivavano nel porto di Reggio dei piroscafi di grano e la situazione era relativamente tranquilla, perché le distribuzioni di pane e di pasta potevano avvenire con una certa regolarità. È per ciò che chiedo all’onorevole Sansone di servirsi dei mezzi di trasporto via mare, perché ora, fra l’altro, comincia la campagna agrumaria, ed a me consta, per la esperienza fatta come Sottosegretario ai trasporti, che i carri ferroviari difettano, mentre le richieste sono innumerevoli.

Dicevo, ora comincia la campagna agrumaria ed assegnare per la provincia di Reggio il grano, che si trova a Ravenna, Ferrara, Perugia, ecc., è un nonsenso, mentre potrebbe essere mandato nel porto di Reggio uno di quei piroscafi, che, a quanto abbiamo appreso, cominceranno quanto prima a giungere dall’America, consentendo così un approvvigionamento rapido e sicuro.

È questa la viva raccomandazione che faccio all’amico Sansone e per tutto il resto mi associo pienamente a quanto il collega onorevole Sardiello ha detto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sansone. Ne ha facoltà.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Desidero dare un chiarimento agli onorevoli Sardiello e Priolo: circa la distribuzione dei generi da minestra, la razione è ridotta temporaneamente ad un chilogrammo per tutte le provincie d’Italia. Quindi, allorché l’onorevole Sardiello notava un miglioramento, che era il frutto di uno dei tanti sforzi, dal punto di vista organizzativo e tecnico, dell’Alto Commissariato per l’alimentazione, riconosceva uno stato di fatto. Il miglioramento però è stato praticamente annullato dalla razione che si è ridotta in tutta l’Italia per la carenza assoluta di arrivi di piroscafi con grano estero.

La raccomandazione dell’onorevole Priolo resta assorbita nel senso che noi, quando avremo i nuovi piroscafi di grano estero, terremo naturalmente, come è nostro dovere, in debito conto le provincie meridionali.

Circa l’olio, terrei a precisare la genesi e lo svolgimento di quel decreto 22 aprile 1946. Avevamo le provincie del Nord completamente deficitarie di grassi; non avevamo né grassi solidi, né olio. C’era, viceversa, una quantità di olio non consegnata all’ammasso, che filtrava al mercato nero attraverso la speculazione privata.

Il provvedimento emesso dal Governo il 22 aprile del 1946 dava facoltà a poche ditte, con attrezzatura nazionale, e a pochissimi enti, come le grandi cooperative, di poter reperire questo olio, consegnarlo alle S.E.P.R.A.L. del Nord e del Centro per farlo distribuire, così come l’hanno distribuito, alle popolazioni.

Con questo sistema è stato possibile fronteggiare, nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre la situazione gravissima dei grassi nell’Italia centro-settentrionale. (Interruzioni).

È molto facile fare osservazioni, ma si tratta di problemi tecnici che vanno esaminati con ponderazione.

Che poi, in questo sistema, si sia inserita una forma speculativa, lo possiamo anche ammettere, così come si inserisce la speculazione in molte cose. L’Alto Commissariato ha avuto sentore di questa speculazione ed in data 15 agosto ha completamente sospeso tale reperimento. Attualmente vige il sistema dell’ammasso totale che, speriamo, dia i frutti dovuti, così che riusciremo ad assicurare – se avremo anche arrivi esteri di olio e di semi oleosi – per l’intero anno la razione di grasso a tutta la popolazione.

È stata quindi una forma di reperimento che, se ha avuto i suoi inconvenienti, ha avuto anche i suoi benefici effetti per le provincie del Nord. Si ricordi che queste provincie acquistavano l’olio al mercato nero a mille, mille due o mille e trecento lire al litro, mentre attraverso questo sistema le S.E.P.R.A.L. hanno potuto distribuire l’olio a quasi la metà del prezzo del mercato nero.

Se quindi, in un settore così difficile, l’Alto Commissariato per l’alimentazione ha inteso fare un esperimento circa il reperimento dell’olio, penso che gli onorevoli colleghi debbano vedere in questo la nostra continua preoccupazione per le necessità del paese e non un’azione fatta a cuor leggero o per favorire la speculazione di qualcuno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sardiello. Ne ha facoltà.

SARDIELLO. Vorrei chiedere solo un chiarimento: se, una volta accertata la speculazione che si inseriva in quello che era stato un provvedimento governativo, ed accertato che quella speculazione era rovinosa per gl’interessi delle popolazioni in un settore così vitale in questo momento, si siano presi provvedimenti di qualsiasi genere a carico degli speculatori.

PRIOLO. Onde evitare proteste quanto mai legittime tra quelle popolazioni, non solo era necessario stroncare le speculazioni, ma bisognava altresì assicurare le razioni dell’olio per Reggio e provincia, inviando nelle altre regioni soltanto il rimanente dell’olio reperito.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Moltissimi speculatori sono stati denunciati all’Autorità giudiziaria e arrestati, come è avvenuto a Catanzaro e anche in provincia di Reggio; del resto gli onorevoli colleghi possono assumere informazioni presso le Prefetture. Comunque, ripeto, col 15 agosto il provvedimento è venuto a cessare.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mazza, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere perché, mentre a Roma ed in altre grandi città italiane la distribuzione dei generi alimentari avviene regolarmente, ciò non avviene per la città di Napoli. Chiede altresì perché, mentre si è firmato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto della perequazione del carovita agli impiegati statali nei comuni viciniori in continuità di grandi città del Nord di Italia, questo non sia stato fatto per i comuni vesuviani nelle stesse condizioni dei comuni suddetti».

Sullo stesso argomento ha presentato una interrogazione l’onorevole Labriola, per la quale ha chiesto lo svolgimento d’urgenza, che il Governo ha accettato.

L’Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Rispondo alla prima parte dell’interrogazione dell’onorevole Mazza, perché di mia competenza.

Se la richiesta vuole riferirsi alle assegnazioni di generi razionati fatte alla provincia di Napoli, rispondo che le assegnazioni medesime sono state sempre disposte da questo Alto Commissariato a Napoli come a tutte le provincie, nella stessa data e nelle stesse misure, in base alle tabelle di razionamento attualmente in vigore. All’uopo si tenga presente che la media calorica da gennaio a tutto ottobre 1946 per i generi forniti con tessera ai normali consumatori è la seguente: Torino ha ricevuto in media 737 calorie per giorno; Genova 757; Milano 887; Venezia 751; Bologna 780; Firenze 772; Roma 778; Napoli 783; Bari 753; Palermo 695.

Come si vede, la media è costante pressoché per tutte le città; solo Milano appare di poco superiore, perché distribuisce con tessera anche il latte, genere che è lasciato libero nelle altre provincie.

Per quanto riguarda l’approvvigionamento cerealicolo, le attuali difficoltà che si lamentano per Napoli sono comuni a tutte le provincie non sufficientemente produttrici e che, pertanto, devono essere rifornite con grano di importazione, oppure attraverso trasferimenti interni dalle zone di produzione.

Sono ormai ben noti i mancati arrivi di grano estero e le grandi difficoltà di ordine politico che ostacolano i trasferimenti degli ultimi residui di ammasso. Comunque, l’approvvigionamento in grano della città di Napoli per il fabbisogno di panificazione è stato finora sempre assicurato e forma oggetto di quotidiano collegamento tra i servizi centrali e gli organi periferici di questo Alto Commissariato, proprio per continuare a rifornirla, nel quadro delle disponibilità.

Assicuro formalmente l’onorevole interrogante che Napoli, proprio perché tra le città più provate dalla guerra, è attentamente seguita dal Commissariato.

A questo vorrei far seguire una dimostrazione pratica di come può avvenire che una provincia creda di avere un trattamento alimentare differente da altre provincie. Se facciamo per ipotesi un raffronto fra le città di Napoli e Roma, abbiamo questa situazione: Roma ha dato in gennaio 6200 grammi di pane; Napoli 6200; nel febbraio Roma 5600, Napoli 5600; nel marzo Roma 6200, Napoli 6200 e così di seguito. Solo nel luglio si nota per Roma 7050 e Napoli 7250; nel mese successivo Roma 7510 e Napoli 7750.

Quindi, vi sono delle disparità dovute ad approvvigionamento momentaneo della città, nel senso che, se in quel momento è affluita una quantità di merce per fare la distribuzione, una città la compie prima dell’altra, ma ciò non sposta che la tabella del razionamento sia uguale, ed in conseguenza la perequazione avviene nel mese successivo.

Aggiungo ancora, per esempio, la distribuzione del baccalà in Roma: nel mese di marzo 200 grammi, nel mese di luglio 250 grammi; invece a Napoli, nel febbraio 200 grammi, nel maggio 200 grammi, in agosto 225 grammi. Ora, nei mesi successivi Roma riuscirà a perequare questa distribuzione. Non già che vi sia una disparità tra l’una e l’altra città, ma date la situazione dei trasporti e la deficienza dei rifornimenti, avviene questa, che è, ripeto, una sperequazione momentanea e non sostanziale.

PRESIDENTE. L’onorevole Mazza ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MAZZA. Onorevole Presidente, io non sono soddisfatto; mi conforta però il pensiero che dopo di me un Maestro prenderà la parola, l’onorevole Labriola.

L’onorevole Alto Commissario ci ha ammannito una serie di numeri e di calorie, e io lo ringrazio. Per quanto medico, però, non sono riuscito molto abilmente a seguirlo.

Io, medico, vorrei fare una considerazione di ordine assolutamente pratico. A Napoli è stata distribuita la pasta del mese di ottobre; a Roma è stato dato anche il chilo del mese di novembre. Dico questo non perché noi napoletani possiamo essere invidiosi di quello che si fornisce ad un’altra città. Io condivido a pieno le parole che ieri pronunciava l’onorevole Faralli, che oggi ha pronunciato l’onorevole Sardiello: noi vogliamo soltanto la giustizia.

Ma, a parte le differenze nella distribuzione di pasta, vi sono anche altre cose che vorrei far notare all’Alto Commissario. A Napoli, per esempio, è in vendita della sugna americana che i consorzi agrari hanno venduto perché guasta ad un prezzo bassissimo, e noi napoletani dobbiamo comprarla in borsa nera; a Napoli, per esempio, si vende dello zucchero in borsa nera perché, dicono, era inumidito, mentre era inumidita soltanto la parte esterna del sacco. E così… noi napoletani compriamo lo zucchero in borsa nera.

Ora ho ritenuto necessario fare questi rilievi, senza per altro sapere che esisteva un fermento nella popolazione. Ieri, infatti, gli onorevoli colleghi hanno letto sui giornali quello che è successo a Napoli. Nessuno potrà dire che sia stato io o i miei amici della destra a mettere in rivoluzione la città; eppure cinquantamila napoletani sono andati in Prefettura a chiedere giustizia. Io non ho altro da aggiungere e spero che dopo di me, e meglio di me, l’onorevole Labriola saprà difendere Napoli.

PRESIDENTE. L’onorevole Labriola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

LABRIOLA. Non ho da difendere nessuno, meno ancora la mia città, la quale si difende da se stessa. Le cose essenziali le ha dette appunto l’onorevole Mazza. Or ora ho letto sui giornali la notizia delle agitazioni che sono avvenute a Napoli e mi è venuta l’idea di chiedere l’opinione del Governo su questo fatto e sulle cause di esso. La Camera del lavoro di Napoli si è trovata costretta a chiedere che per il giorno 16 si sia in qualche modo provveduto. Sono nemico dei termini perentori e non lodo coloro che hanno voluto indicare al Governo una data precisa perché prendesse i suoi provvedimenti. Tuttavia, il semplice fatto che un grande sodalizio operaio si sia visto costretto a iniziare non soltanto un’agitazione di questa portata, ma a dire entro quale termine si dovrebbe provvedere, è la dimostrazione della gravità della situazione locale.

Noi ci troviamo a Napoli in una situazione assolutamente speciale; non è quella di Roma, non è quella di Milano, né di nessuna altra città d’Italia, o lo è in limiti molto più ristretti, mentre a Napoli la situazione si presenta in termini enormemente più complicati. Purtroppo – è proprio il caso di dire purtroppo – Napoli è un porto; è il porto di coloro che noi chiamiamo gli alleati. Per la città passano tutti i giorni cinquanta o sessantamila, ed in certi giorni cento mila uomini delle truppe di occupazione e questa popolazione si rinnova. Essa non si limita a mettere sotto i propri camions e le altre macchine i poveri cittadini di quella città. Io stesso ho avuto l’onore di provare le delizie di questo trattamento; non dissi nessuna parola l’altro giorno allorché si parlava della situazione di Padova, perché è ridicolo occupare i colleghi delle cose proprie. Ma in realtà gli alleati agiscono con la massima disinvoltura verso la città, ed anche per quanto riguarda l’alimentazione. Ma questo fatto produce delle conseguenze. La città di Napoli è probabilmente la città, anzi è certamente la città dove ì viveri hanno raggiunto i prezzi più alti. Molti dicono: è la borsa nera. Certamente il fattore della borsa nera agisce in maniera notevole, ma a questo bisogna aggiungere altri fattori che operano con terribile efficacia. Ciò si verifica anche altrove, ma non certo in quelle proporzioni. Le ingenti forze di occupazione straniere affollano i ristoranti, gli empori, i luoghi di rivendita: essi vivono sulla città di cui depauperano le stremate risorse. I prezzi salgono per il fatto loro, e ciò crea un disagio generale soprattutto nelle classi meno agiate della città, cioè le classi operaie, le classi lavoratrici e soprattutto i ceti minuti della borghesia.

Ecco perché si reclama qualche provvedimento speciale.

II nostro amico Sansone (mi scusi se l’ho chiamato amico), l’onorevole Sansone ha messo in rilievo una serie di cifre in cui si stabilisce che le calorie godute dalla città di Napoli non sono inferiori alle calorie godute dalle altre parti d’Italia.

Questa storia delle calorie me la ricordo fin da quando stavo in America, dove si mangiava malissimo, ma si aveva la soddisfazione di sapere che uno, consumando quei determinati piatti, aveva tutte le calorie di cui il proprio organismo aveva bisogno. Le calorie non vogliono dire assolutamente nulla.

I provvedimenti possono essere tanti. Certo, uno da consigliare sarebbe appunto quello di dire, per mezzo delle autorità diplomatiche straniere, ai nostri ospiti, ai rappresentanti delle forze militari straniere – che alcuni chiamano alleati, ma non capisco perché, in quanto sono alleati fra di loro, ed anzi ci tengono a far ben capire che non sono alleati nostri – che a Napoli i loro automezzi ammazzano volentieri i cittadini, mentre i loro uomini mangiano a spese delle nostre piccole risorse.

Intanto toccherebbe al Governo rimettere alla città ciò che i soldati stranieri consumano.

Vorrei segnalare al Governo, ora che si parla di questioni di carattere alimentare, che appunto, in seguito al calcolo fatto che nella città si trovano tante forze militari straniere, e quindi dei consumatori addizionali il cui numero è di gran lunga più elevato rispetto a quello delle altre città, occorrerebbe almeno assicurare alla città il volume legale dei rifornimenti che le occorrono. Chiedo pertanto al Governo che si provveda almeno a quello che è stranamente necessario.

Ora le angustie hanno prodotto agitazioni, ma mi auguro che le cose non peggiorino.

Alcuni si meravigliano che Napoli ha in questo momento un sindaco monarchico.

Su questa faccenda, ho già avuto la occasione d’esprimere la mia opinione. A Napoli ci sono dei monarchici, ma non credo che ciò sia per amore della monarchia. La città è una vecchia città repubblicana. Lo è stata fin dal V secolo, ed è l’unica città che durante l’oppressione spagnola, nella rassegnazione generale, si rivoltò e si dette una repubblica. Lo stesso fece nel 1799. Il senso repubblicano quindi c’è. Ma quando si è maltrattati, sorgono reazioni, ed il monarchismo napoletano è una reazione.

Quindi, venire incontro alle esigenze di questa città può essere non solo questione di giustizia…

Una voce. Alle esigenze di tulle le città.

LABRIOLA. Sono d’accordo col collega che m’interrompe: di tutte le città, ma segnalo il caso particolare di Napoli, perché principalmente in quella città è continuo il passaggio di forze militari straniere. È dunque una questione di opportunità, di giustizia e di convenienza.

In nome della mia città io reclamo che per essa si faccia tutto il possibile onde sollevarla dalle strettezze alimentari nelle quali si trova. (Approvazioni).

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Come napoletano, ringrazio gli onorevoli Mazza e Labriola di aver richiamato l’attenzione dell’Assemblea sui problemi della città di Napoli. Ma all’onorevole Labriola devo chiarire che il nostro conteggio di calorie non è basato sul complesso dei generi vari, ma soltanto sul pane, sulla pasta, sull’olio e sullo zucchero, cioè soltanto sui generi tesserati. Evidentemente al numero di calorie che viene assicurato con i generi tesserati bisogna aggiungere quelle che derivano dal consumo degli altri generi, patate, frutta, verdura, ecc.

Accolgo le osservazioni che riguardano la città di Napoli e assicuro, anche come napoletano, che terremo la nostra città nella dovuta considerazione. Ma vi sono delle difficoltà obiettive che non possiamo superare. La deficienza dei cereali è insuperabile, e se non arriva il grano dall’estero Napoli non potrà essere approvvigionata.

Per Napoli inoltre v’è tutta una situazione speciale. Napoli possiede i molini e i pastifici più forti d’Europa, e accade che gli industriali, per poter tenere in attività i loro esercizi, pastificano con tanta lentezza che la produzione diviene inferiore a quella di altre città. Di qui deriva il ritardo nella distribuzione.

Una voce al centro. Questo non c’interessa.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Ma questo è il problema, e il ritardo così si spiega. Infatti se si accelera la produzione, vi sono diecimila operai che in breve rimangono senza lavoro, e allora le autorità locali procedono alle distribuzioni con lentezza, in modo da diminuire la disoccupazione.

Non bisogna pensare che il Governo voglia estraniarsi dai problemi della città di Napoli; il Governo ne è pienamente informato e fa quanto gli è possibile.

Il ritardo che si verifica nella distribuzione dei generi alimentari non è un fatto da attribuirsi al centro, ma deriva unicamente dalla situazione tutta speciale della città di Napoli. Per cui l’attenzione che il Governo deve portare alla città va intesa in senso generale, in tutti i settori, tanto in quello dell’alimentazione, quanto negli altri della ricostruzione edilizia ed industriale. E io posso assicurare che questa attenzione del Governo non manca.

JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Vorrei aggiungere qualche elemento di maggiore importanza a ciò che ha detto l’amico Sansone.

In punto di fatto: l’altro ieri sono partiti per Napoli 25 carri di grano dall’Emilia; ieri altri 25 dalle provincie viciniori; stasera alle 22 altri 50 carri di grano partiranno per Napoli. Domani partiranno 50 carri con 10.000 quintali di pasta e dopodomani 91 carri con riso. Credo che queste notizie possano tranquillizzare molto di più delle comunicazioni di Sansone e voglio sperare che questi dati certi e positivi saranno di piena soddisfazione degli onorevoli Mazza e Labriola. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Meda Luigi, Pajetta Gian Carlo, Morelli, Mariani, Alberganti, Targetti, Clerici, Lombardi Riccardo, Gasparotto, Scotti Francesco, Cavallotti, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e al Ministro dell’interno, «perché diano ragguagli sul criterio e sulle norme che regolano l’approvvigionamento della provincia e della città di Milano. I rifornimenti di grano in dette località non risultano effettuati con la dovuta regolarità; già da tempo in dati giorni della settimana la distribuzione del pane è stata sostituita con una assegnazione di farina gialla. Tale provvedimento, che rende ancor più penose le già critiche condizioni delle masse popolari, ha provocato a Monza reazioni che potrebbero essere origine anche di più gravi disordini. Gli interroganti chiedono pertanto che gli organi responsabili del Governo intervengano con prontezza ed energia perché la disciplina dell’alimentazione venga fatta rigidamente osservare in ogni provincia e in modo particolare in quelle che dispongono di notevoli scorte di cereali».

L’Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. È stata sempre viva preoccupazione dell’Alto Commissariato dell’alimentazione di provvedere tempestivamente alle assegnazioni di grano, di sfarinati e di riso per sopperire alle necessità della provincia e della città di Milano che hanno complessivamente un fabbisogno giornaliero di 8500 quintali di grano.

Essendo stati ammassati 450.000 quintali fra grano e granturco, l’importazione in provincia, nel secondo semestre 1946, è stata non inferiore ad un milione e mezzo di quintali.

È stata fino ad oggi impresa assai ardua il convogliamento verso la metropoli lombarda di tale ingente massa di cereali per assicurare la continuità della distribuzione delle razioni di pane e dei generi da minestra. Buona parte delle provincie cerealicole della Lombardia, del Piemonte, del Veneto e dell’Emilia hanno giornalmente avviato con tradotte e con colonne automobilistiche i quantitativi necessari di grano, granturco, farina, pasta e riso.

In particolare vorrei dire agli onorevoli interroganti che soltanto dal 1° novembre ad oggi, per l’approvvigionamento cerealicolo della provincia di Milano, oltre all’utilizzazione delle disponibilità locali, si sono mossi 32.000 quintali di grano dalle provincie di Mantova, Reggio Emilia, Modena e Forlì; 39.500 quintali di farina dalle provincie di Modena, Mantova, Verona, Cremona, Treviso e Forlì, oltre a 10.000 quintali di farina di importazione dall’estero; 10.000 quintali di pasta da Mantova; 24.000 quintali di granturco da Mantova e Pavia e 20.000 quintali di riso quale scorta per necessità di emergenza, oltre alla normale assegnazione del prodotto per il trimestre ottobre-dicembre.

Le disponibilità nazionali e il modesto apporto dei cereali dall’estero, non hanno permesso la costituzione di sufficienti scorte. Malgrado questo, la situazione di Milano, con le assegnazioni disposte fino ad oggi, presupponendo che esse abbiano attuazione integrale ed a tempo debito, assicurano la copertura fino a quasi la fine del mese, in modo da permettere il collegamento con gli arrivi preannunziati nel porto di Genova per la terza decade di dicembre.

Un più largo impiego di farina di polenta si è reso necessario in tutte le regioni settentrionali e centrali per aumentare l’utilizzazione di questo cereale nel periodo attuale. Questo, infatti, è per l’approvvigionamento nazionale, il momento più delicato, in quanto rappresenta il collegamento fra le ormai ridottissime disponibilità nazionali e l’inizio dei nostri acquisti di cereali sui mercati esteri che dovranno permetterci di giungere alla saldatura del prossimo raccolto. Si è cercato di attenuare gli inconvenienti derivanti da questa più intensa utilizzazione di grano turco con assegnazioni di riso ai centri più vicini alle riserie, poiché in tal modo sono stati resi più immediati i trasferimenti verso le provincie consumatrici.

Questa è la situazione di Milano, per il cui approvvigionamento non sono certo mancati le premure e gli sforzi da parte dell’Alto Commissariato per l’alimentazione.

I colleghi interroganti possono trarre la sicurezza che si è sempre fatto il possibile e si farà sempre il possibile per non far mancare il pane quotidiano alla laboriosa metropoli lombarda.

PRESIDENTE: L’onorevole Meda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MEDA. Ringrazio l’onorevole Allo Commissario per l’alimentazione per le cifre che ci ha comunicato, cifre che peraltro non hanno mai messo Milano in condizione di avere il pane e la farina di polenta indispensabili per la popolazione. Non voglio fare appunti agli uffici dell’Alto Commissariato dell’alimentazione; ho però l’impressione che tra le cifre dei libri e la realtà del grano che arriva a Milano, vi sia una certa differenza. Se le cifre fossero esatte, Milano non si troverebbe nella drammatica situazione di dovere da un giorno all’altro dubitare se possa o non possa dare il pane ai lavoratori. Questa è la realtà. Sarebbe pertanto opportuno che l’Alto Commissariato indagasse un po’ sui suoi organi centrali e periferici per vedere quale sia in realtà la situazione dell’approvvigionamento di Milano.

È stato detto che c’è la possibilità di arrivare alla fine del mese. Noi sappiamo invece che la situazione di Milano è tale che, fra tre o quattro giorni, non avremo la possibilità di distribuire il grano e la farina di polenta. Supplico quindi il Governo, a nome del comune, perché voglia intervenire con provvedimenti energici presso le provincie viciniori produttrici di grano.

È vero che ci si manda qualche cosa; ma troppo poco: le provincie si chiudono in se stesse; sono diventate delle piccole repubbliche; i prefetti non consentono che la farina venga nella provincia di Milano. Mi permetto ancora di chiedere che l’Alto Commissariato per l’alimentazione voglia stabilire una vigilanza rigorosa ed energica sui mulini, donde non tutto il grano esce come farina da distribuire alle masse dei lavoratori. Noi abbiamo già chiesto un’altra volta che tutti i mulini fossero controllati da Commissari del Commissariato dell’alimentazione. Si deve porre termine a questo sistema iugulatorio: il pane deve uscire integralmente dai mulini. Si prendano quindi provvedimenti energici.

E, giacché siamo in tema di alimentazione, vorrei che l’Alto Commissariato si interessasse anche dei caseifici, dei burrifici. Abbiamo grandi ditte di Milano che guadagnano milioni quotidianamente e lasciano invece mancare il latte per gli ammalati e per i bambini di Milano.

Questa è la situazione. Quindi intervento energico, drastico. Non si guardi in faccia a nessuno. Si guardi unicamente a quelle che sono le necessità di vita del popolo lavoratore di Milano. (Approvazioni).

ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Dalle interrogazioni degli onorevoli Sardiello, Mazza, Labriola, Meda ed altri si rileva che la Costituente non ha ancora un’idea molto approssimativa degli sforzi che l’Alto Commissariato dell’alimentazione ha fatto e fa per assicurare il pane e i generi di minestra a tutte le regioni, soprattutto a quelle deficitarie di cereali. Desidero cogliere l’occasione per richiamare l’attenzione di tutti gli onorevoli colleghi sulla situazione alimentare del Paese determinatasi in seguito alla sospensione degli approvvigionamenti che, non certo per colpa del Comitato generale e di quello nazionale dell’U.N.R.R.A., non sono stati fatti all’Italia nel secondo semestre del 1946. In questo momento a Washington si sta discutendo sulla assegnazione di grano al nostro Paese. Ma se questa assegnazione non sarà concessa nella misura da noi richiesta e se gli invii di grano non saranno tempestivi, certamente l’Italia si troverà in una stretta abbastanza difficile e critica.

L’Alto Commissariato dell’alimentazione ha messo in opera tutti i mezzi di trasporto, marittimi e terrestri, per cercare di coprire le deficienze. Ben 240 navi sono state messe a disposizione della alimentazione da parte del Ministero della marina mercantile, per cercare di venire tempestivamente incontro ai bisogni alimentari delle varie regioni. A diverse migliaia ammontano i vagoni che il Ministero dei trasporti ha messo a nostra disposizione. Il cattivo tempo ha rallentato il ritmo dei rifornimenti sia marittimi che terrestri.

Ognuno abbia la sensazione, e la Costituente sappia, che se notizie tranquillanti non dovessero venire su immediate partenze dall’America, probabilmente per un periodo, sia pur ristretto, dovremmo ricorrere disgraziatamente a diminuzioni del razionamento del pane. Speriamo che queste diminuzioni possano essere evitate, o limitate, se mai ad un breve tempo: ma ad ogni modo è bene che ciascuno conosca la situazione: se non saranno riconosciuti tempestivamente a Washington i più urgenti ed elementari bisogni del nostro popolo (e colgo questa occasione per esprimere il voto che gli Alleati accolgano le nostre richieste, che sono richieste minime, assolutamente necessarie) indubbiamente delle misure dovranno essere prese, sia pure temporaneamente,

Su questo terreno, occorre che da parte di tutti vi sia stretta collaborazione, collaborazione delle provincie produttrici ed anche di quelle non produttrici, le quali debbono sapere che uno sforzo costante, giornaliero, si esercita affinché le popolazioni abbiano quello che devono avere. Ma vi sono dei limiti imposti da una situazione che purtroppo si determina al di fuori di noi, perché il frumento ci viene concesso da altri sulla base delle allocazioni, ed ancora queste allocazioni non sono arrivate.

MAZZONI. Però fra quindici giorni a Milano tutti faranno il panettone! Aboliteli questi sconci. (Approvazioni).

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Fate arrestare i responsabili. Collaborate con noi!

ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Le autorità locali hanno avuto ordine di prendere misure severissime in questi casi.

PRESIDENTE. Seguono tre interrogazioni sullo stesso argomento. La prima è degli onorevoli Di Fausto, Codacci Pisanelli, Zotta, Guidi Cingolani Angiola, De Palma, Corsanego, Orlando Camillo, Delli Castelli Filomena, Castelli Avolio, Martinelli, Leone Giovanni, Jacini, Dominedò, Fabriani, Bettiol, Moro, Froggio, Scalfaro, Ciccolongo, Tozzi Condivi, Monticelli, Cavalli, Vicentini, Merlin Umberto, Uberti, Medi Enrico, De Maria, Terranova, Caso, ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, «per sapere se, nei ripetuti episodi di aggressione e di provocazione di sacerdoti, non ravvisino lo sviluppo di una predisposta campagna anticlericale, sostenuta da una inqualificabile quanto vistosa stampa, dimentica delle tragiche vicende trascorse, e sorda, naturalmente, alle conclusioni che se ne sarebbero dovute trarre. A scongiurare deprecabili ulteriori scissure nella dolorante compagine nazionale, con la distruzione dei superstiti valori morali, l’interrogante chiede che la propaganda pornografica, la calunnia ed il vilipendio, che offendono il senso morale e religioso degli italiani, siano stroncati senza indugio con la integrale e vigile applicazione della legge, per tutelare, nelle supreme esigenze della Nazione, le particolari esigenze di Roma. Poiché, caduto il prestigio politico, non può in nessun modo essere compromesso, attraverso bestiali manifestazioni settarie, il più alto e vasto splendore che deriva a Roma in quanto capitale della Cristianità Universale».

La seconda degli onorevoli Medi, Ermini, La Pira, al Ministro dell’interno, «per sapere quali urgenti provvedimenti intenda prendere in relazione al vilipendio e alle gravi offese del sentimento cattolico del popolo italiano, arrecati, in violazione di precise norme di legge, da un settimanale, edito di recente in Roma; e come intenda provvedere perché oltraggi del genere non abbiano a ripetersi».

La terza degli onorevoli De Maria, Giordani, Zerbi, Colombo. Codacci Pisanelli, Motolese, Franceschini, Delli Castelli Filomena, Quarello, Monterisi, Caso, Marzarotto, Caccuri, Gabrieli, Leone Giovanni, Monticelli, Bellato, Moro, Corsanego, De Martino, Zotta, Germano, Geuna, Gotelli Angela, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se a carico della redazione e direzione del settimanale Il Mercante sia stato proceduto a norma dell’articolo 297 del Codice penale, che contempla le sanzioni per chi offende l’onore o il prestigio del capo di uno Stato estero».

L’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, ha facoltà di rispondere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Governo deve francamente riconoscere che gli eccessi di certe pubblicazioni passano ogni limite del tollerabile.

Il nuovo regime, non avvalendosi più delle leggi restrittive che il fascismo aveva emanato nel 1923, 1924 e 1925, ha dimostrato coi fatti di voler ridare alla stampa la più ampia ed assoluta libertà, onde essa diventi efficace strumento di educazione civile e di controllo politico nella nuova democrazia sorta sulle rovine del fascismo e della guerra.

L’attuale Ministero è stato in particolar modo aperto alla concezione più liberale. Nessuna autorizzazione è stata negata alle nuove pubblicazioni quando non ricorressero avverso i richiedenti particolari eccezioni d’ordine morale o fossero politicamente pregiudicati.

Nella necessità, da tutti riconosciuta, di attuare nuove norme in sostituzione di quelle fasciste sulla stampa, il Governo ha provveduto alla nomina di una Commissione, composta di studiosi, nella quale sono autorevolmente rappresentati i giornalisti, gli scrittori e gli editori di tutta Italia e di ogni corrente di pensiero e di parte. Ad essa è stata affidata l’elaborazione di un progetto che si riserva sottoporre, appena sarà definitivamente approntato ed avrà potuto esaminarlo, alla discussione dell’Assemblea Costituente.

Nelle direttive tracciate alla Commissione il Governo ha indicato come strada maestra quella della maggiore libertà di stampa.

La Repubblica deve darsi e si darà al più presto, per volontà del Governo e col concorso di questa Assemblea, una legge che assicurerà la piena indipendenza, di opinione e di propaganda, e nello stesso tempo manterrà la dignità della professione, facendone un elemento fondamentale al progresso politico del nostro paese.

Purtroppo, e debbo riconoscerlo con vivo rammarico, se la grandissima maggioranza dei giornali, dirò meglio, la pressoché quasi totalità, ha dimostrato di apprezzare convenientemente la riconquistata libertà di discussione e di polemica e di usarne civilmente, alcuni ve ne sono stati e ve ne sono, i quali si sono dimostrati e vanno dimostrandosi non capaci e non meritevoli di usarne. È veramente deplorevole che alcuni di essi, abusando della generosità veramente liberale della Repubblica, cerchino rinnovare in mezzo a coscienze ingenue quasi il rimpianto del passato regime, sfruttando le difficoltà del momento presente che sono una conseguenza della dittatura e dei sistemi fascisti.

Inoltre parecchi editori hanno approfittato della libertà per organizzare la più turpe speculazione di stampa pornografica.

Mentre altri paesi, che in passato erano stati corrivi verso pubblicazioni offensive al buon costume, ripulivano, in questo dopo guerra, le tipografie e le edicole, l’Italia andava acquistando un tristo primato per la sfacciataggine di speculatori che fanno mercato della sanità morale e fisica delle nostre giovani generazioni. (Approvazioni).

Infine, quando meno potevasi attenderlo, è stato un improvviso divampare di pubblicazioni libellistiche contro la religione, la Chiesa ed i suoi Ministri, avverso le quali giustamente elevano le loro proteste gli onorevoli colleghi interroganti, anche per le conseguenze che questa violenta campagna di odio e di disprezzo sta provocando, dando luogo ad incidenti, i quali non possono non compromettere l’unità morale della Nazione, che mai come in questo momento deve essere difesa, onde il nostro popolo possa superare le tragiche difficoltà dell’ora.

Purtroppo, non ricorrendo alle leggi fasciste sulla stampa, il Governo è in gran parte disarmato contro questa degenerazione di licenza della libertà di stampa, degenerazione la quale non può che comprometterla nell’opinione pubblica, inducendo taluni a dubitare che il nostro popolo sia realmente maturo per quella moderna e piena concezione della libertà di cui noi siamo assertori e a cui vogliamo abituare il costume della nostra vita politica.

In realtà il decreto legislativo del 31 maggio 1946, n. 561, sul sequestro delle pubblicazioni, non consente il sequestro amministrativo se non nei casi di offesa al pudore e alla morale. Per tutti gli altri casi, per poter provvedere al sequestro, occorre una sentenza dell’autorità giudiziaria passata in giudicato.

La pubblica autorità può disporre solo il sequestro di tre copie per acquisire il corpo del reato.

Non v’è chi non veda come in base a questa legge il Governo non abbia possibilità di intervenire ed evitare che lo scandalo avvenga e che il danno, la diffamazione, la propaganda di odio possano aver corso anche in violazione alle leggi penali e dei trattati che lo Stato è impegnato ad osservare ed intende rispettare.

Dopo un lungo periodo di tolleranza, anche di fronte alla provocazione più sfacciata, il Governo è ricorso al decreto 26 aprile 1945, n. 149, che colpisce gli apologisti del passato regime, per cercare di contenere gli eccessi della stampa neofascista.

Sono stati sequestrati alcuni settimanali per contravvenzione alle norme sulla autorizzazione, sono stati denunciati alla Commissione del confino alcuni giornalisti ed altri sono stati diffidati in base a detto decreto.

Io non sono davvero entusiasta di ricorrere a limitazioni del diritto di opinione e voglio sinceramente augurarmi che il monito quale viene oggi da questo banco induca i giornalisti di queste tendenze a contenere e moderare la loro asperità faziosa. Però, anche ad impedire la reazione dell’opinione pubblica contro il risorgere di una mentalità e di concezioni politiche che hanno portato la Patria alla tirannide e alla catastrofe, avverto che il Governo è disposto a riesaminare, in base all’articolo 4 della legge 14 gennaio 1944, recentemente prorogata al 31 marzo del prossimo anno, le già concesse autorizzazioni per le pubblicazioni. Tale articolo contempla l’obbligo della richiesta di rinnovo trimestrale della pubblicazione stessa.

Avvalendosi della facoltà di sequestro contro la stampa pornografica i questori ed i prefetti hanno in questi ultimi mesi iniziato la lotta contro la speculazione sull’oscenità. Il Governo ha richiamato, nelle recenti riunioni dei prefetti, tenutesi a Roma, la loro attenzione su questo problema, invitandoli ad agire per stroncarla.

È da attendersi che ai provvedimenti amministrativi dei sequestri, faccia seguito una severa persecuzione dell’autorità giudiziaria. Alcune sentenze di condanna si sono avute in queste ultime settimane a Roma. La magistratura farà certamente il suo particolare dovere nel dar corso esemplarmente sollecito alle procedure. Un’assicurazione in proposito è stata in questi giorni data alla Presidenza del Consiglio dalla Procura generale della Corte di appello di Roma.

Sono convinto che tutte le parti politiche del paese concorderanno in questa opera di risanamento, in questa difesa della nostra gioventù contro i mercati volgari della pornografia che invano, anche essi, cercano appellarsi ai diritti della libertà di opinione e di stampa. (Applausi).

Veramente preoccupante, per chi ha a cuore la resurrezione della Patria nella concordia degli spiriti e nella difesa dei suoi superstiti valori morali, è il problema sollevato dall’improvvisa germinazione della stampa antireligiosa, avvenuta soprattutto a Roma.

Non voglio lanciare sospetti, né qui indagare chi finanzi, chi favorisca la diffusione di questi fogli. Certo è che non siamo di fronte ad una discussione su principî religiosi, filosofici, contrasti di opinione, che nessuno intende evitare nella piena libertà di pensiero.

Qui si tratta di una organizzata campagna di vilipendio della religione cattolica che è, vivaddio, la religione professata dalla grandissima maggioranza del nostro popolo! (Vivissimi applausi al centro e a destra).

Qui si tratta di una satanica campagna di diffamazione e di odio contro i sacerdoti indicati come nemici del popolo e come inquinati di tutte le turpitudini.

Qui ci si avvia, evidentemente, a creare una nuova divisione fra gli italiani attraverso una lotta volgare condotta contro i sentimenti più sacri.

Qui infine si ingiuria e si vilipende la persona del Sommo Pontefice, che i credenti hanno sacra e che lo Stato italiano è impegnato da un trattato, che fu e resta di pacificazione spirituale, a far rispettare, anche in considerazione del carattere particolare di questa città eterna che è sede del cattolicesimo e centro di pellegrinaggi internazionali. (Vivissimi applausi al centro e a destra Si grida: Viva il Papa!)

È bensì vero che gli articoli del Codice penale provvedono a colpire i responsabili di tali offese; ma è anche vero che nel frattempo questa sfrenata campagna riesce a conseguire i suoi effetti nella fatale tardività della procedura giudiziaria. E le conseguenze purtroppo sono quelle che gli onorevoli interroganti hanno denunciato. Sacerdoti aggrediti e spogliati del loro saio come a Bologna; colpi di mitra contro i fedeli che uscivano da una Chiesa in un paese dell’Emilia; giovinastri che a Milano, indossando abiti sacerdotali, si recano in ritrovi notturni per recare scandalo, mentre altri, per aiutare la diffamazione contro il clero, tengono contegno immorale.

Infine qui in Roma alcuni di questi fogli sono affissi ai muri delle Chiese e persino tra gli avvisi sacri, con evidente intenzione di faziosità provocatoria ai sentimenti dei cittadini credenti. E, alla festa dell’Immacolata, giovinastri che lanciano bombe lagrimogene fra la folla di uomini, di donne e di fanciulli, raccolta per pia tradizione intorno alla statua dell’Immacolata. Contro queste conseguenze, fatali, anche ove non fossero predisposte e volute, della propaganda di vilipendio e di odio, non può non reagire la coscienza del nostro popolo e di quanti hanno a cuore la pace religiosa della Nazione.

In attesa che il Consiglio dei Ministri possa esaminare il progetto di legge, ormai completato dalla Commissione appositamente nominata, e questa Assemblea sia messa in grado di discutere ed approvare la nuova legge, la quale indubbiamente assicurerà la libertà di stampa, non solo contro ogni possibilità di ritorni reazionari, ma anche contro la possibilità della licenza, della diffamazione, della speculazione antireligiosa e pornografica, il Governo agirà, in caso di necessità, nello spirito delle leggi generali che presiedono al mantenimento dell’ordine pubblico.

La scorsa settimana gli incidenti cui ha dato luogo il lancio di un nuovo settimanale anticlericale, uscito a Roma coi tipi concessigli dall’Unione editrice sindacale italiana, hanno costretto il Ministro dell’interno a disporre il suo sequestro in base all’articolo 2 del testo unico della legge di pubblica sicurezza. Passi diplomatici sono stati fatti per denunciare le offese recate alla persona del Sommo Pontefice, alla religione, ai suoi sacerdoti che debbono essere tutelati a norma del Codice penale italiano, sì come il carattere speciale di Roma va particolarmente rispettato in base all’articolo 1 del trattato.

Dopo questo monito che oggi loro rivolgo, gli editori di detti giornali non avranno ragione di lamentarsi, ove continuassero nella loro trista intrapresa, se il Ministro dell’interno, visto il caso di necessità ed urgenza, farà adottare dal prefetto di Roma e dai prefetti delle altre provincie, i provvedimenti che crederà indispensabili nel pubblico interesse in base al testo unico della legge comunale e provinciale.

È veramente doloroso che il Governo della Repubblica, sorto nella rinascita della libertà della Patria, sia costretto a richiamare in tal modo alcuni pochi speculatori che attentano alla dignità e alla serietà del nostro giornalismo, al senso doveroso della disciplina. Ma sono convinto che solo in questo modo veramente si potrà difendere e assicurare alla nostra Nazione la libertà della stampa, nella quale, come vecchio giornalista, profondamente credo ed evitare che contro i nuovi istituti repubblicani si appuntino le critiche e le diffidenze di quanti non possono ammettere che le libertà civili degenerino in una indiscriminata licenza che offende i più sacri sentimenti di tutto un popolo civile. (Vivissimi, prolungati applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Marazza, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. Rispondo in particolare all’interrogazione dell’onorevole De Maria.

Il procuratore della Repubblica del Tribunale di Roma, subito interpellato, ha dichiarato che gli è pervenuta bensì una denunzia contro il settimanale II Mercante, ma per il reato di cui all’articolo 403 del Codice penale e cioè per il reato di offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di persona, non già per quello di cui all’articolo 297 del Codice penale, cioè per offesa all’onore dei Capi di Stato esteri.

Da parte sua, lo stesso procuratore della Repubblica di Roma non ha finora rappresentato al Ministero di grazia e giustizia l’ipotesi di un tale reato, per la richiesta del procedimento di cui all’articolo 313 del Codice penale, come in precedenza si è sempre praticato.

In ogni modo, stiano certi gli onorevoli interroganti che al Ministro non sfugge la grave importanza della questione e che ne farà attento oggetto delle sue massime cure.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Fausto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DI FAUSTO. Ringrazio il Presidente del Consiglio, Ministro dell’interno, per i chiarimenti e per gli ampi affidamenti dati circa la vigile ed integrale applicazione della legge da me invocata nei confronti della stampa oscena, criminologica ed anticlericale. Prendo atto delle assicurazioni ricevute, augurandomi che esse trovino, per il vigore dell’applicazione, pratica conferma nei fatti.

Per quanto è, peraltro, già avvenuto non posso non elevare alta e ferma protesta.

La campagna di vilipendio, di calunnia e di odio contro il clero – così benemerito nel campo della educazione ed in quello dell’assistenza civile svolta nelle tragiche vicende della guerra – non rifuggendo dal tentativo di colpire più alto, ha osato accennare anche al Supremo Pastore.

Come cattolico, come deputato di Roma e come artista, debbo ricordare con riconoscente commozione, in seno a questa solenne Assemblea, come il Pontefice, salvando Roma, capitale della cristianità universale, non ha soltanto sottratto una città alla distruzione ed al massacro, ma ha salvato il più singolare tesoro di storia di arte e di bellezza che i secoli abbiano donato all’umanità e che fanno della «Città delle città» la capitale spirituale del mondo. (Applausi al centro e a destra).

Di fronte alla immane rovina morale e materiale della nazione, ogni nostro atto risulterebbe impari al formidabile compito, ove esso non fosse soccorso dalle invincibili forze dello spirito.

Attentare a queste forze è insidiare e sabotare nel più profondo l’opera stessa della ricostruzione.

Ed un Governo, il quale non sentisse l’esigenza della difesa ad ogni costo e con ogni mezzo delle intangibili ragioni dello spirito, verrebbe meno al suo primo e fondamentale dovere.

Poiché è in gioco, con l’Italia, il destino dell’occidente e della sua civiltà antica, poiché è in gioco il destino stesso dell’uomo!

Nella dissociazione dei principî basilari di unità, di personalità, di autorità e di gerarchia cadono le strutture stesse della società (risultante del paziente misterioso sforzo costruttivo dei secoli), generandosi quel senso di inquietudine, di impotenza e di smarrimento a danno della resistenza e della ripresa, senso che pare dominare il mondo.

E poiché non si vede chi possa raccogliere tanta eccelsa ma terribile eredità di tradizione e di gloria, non voglio affacciare l’ipotesi che taluno osi qui pensare che l’incomparabile patrimonio dello spirito vada irrimediabilmente sommerso e perduto.

Ma la Chiesa di Cristo, incrollabile al vertice della verità rivelata, sta a riaffermare, attraverso i millenni e le lotte, la sua missione di affratellare gli uomini e l’amore del Dio vivente!

Al bianco Pastore Angelico che, unica e sola voce umana, ha dominato la bestiale bufera sanguigna (Rumori a sinistra Interruzioni) che pare ancora sommergere il mondo ed oscurare le sue luci superstiti, all’impavido difensore della dignità e della libertà dell’uomo contro tutte le bieche tirannidi in armi (Rumori a sinistra), va la riconoscenza imperitura delle innumerevoli miserie soccorse, di tutte le speranze non spente; va la riconoscenza dell’umano pensiero che, nella libertà ripetutamente attestata dall’alta non sopprimibile parola, trasse e trae le ansie della certa redenzione in Cristo! (Vivissimi applausi al centro e a destra).

A tale certezza, malgrado tutto, noi, al di sopra delle discordie che tuttora alimentano il veleno della guerra e della disfatta, vogliamo attingere un fervido incitamento alla concordia, alla carità ed all’amore fraterno. Perché il comune dolore sofferto non sia stato inutile e vano, ma sia finalmente, come deve essere, fecondo di speranza e di pace, per la dolorante divina patria nostra e pel mondo. (Vivi applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Medi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MEDI. In mezzo alle materiali rovine che preoccupano ciascuno di noi, nella visione di case distrutte, chiese devastate, industrie sconvolte dalla guerra, dobbiamo soffermarci sopra una più vasta rovina che si è abbattuta sul cammino della civiltà: il crollo del senso morale della vita.

È il soffocamento della spiritualità terrorizzata dall’invasione della materialità. È lo spirito che deve muovere la materia e generare la storia (Rumori a sinistra Applausi al centro), non la materia che imprigiona lo spirito e ne spezza l’ascesa. Le leggi fissate solo sulla carta con la carta si stracciano, le leggi scolpite nei cuori con i cuori vivono. La riedificazione quindi della nostra vita sociale deve procedere non tanto per l’imposizione dal di fuori di regolamenti e disposizioni più o meno vincolanti l’uomo, quanto da un’azione interiore che lo trasforma, perfeziona, vivifica. Questo apostolato che opera uomo per uomo, pensiero per pensiero, cuore per cuore, affinché nella libera e cosciente adesione illuminata da superiori verità, gli uomini insieme armonicamente fratelli si intendano, questo apostolato è democrazia.

In essa non esistono avversari che si vincono eliminandoli, ma fratelli che si convincono illuminandoli. È uno sforzo che consuma noi stessi, perché altri più degni di noi delle idee altissime che difendiamo prendano questa bandiera e la sollevino ancora.

Quale idea di più splendente fulgore filosofico teologico scientifico umano che nella intima persuasione e dedizione porta l’uomo alle vette più eccelse della perfezione spirituale in vista di eterne mete dell’idea cristiana?

È quindi dovere di noi, rappresentanti del popolo, alzare una diga contro il dilagare della immoralità nel pensiero e nel costume, e contare come tradimento ogni azione palese o nascosta che tenda a degradare la dignità del popolo italiano.

Quale delitto vanno commettendo coloro che vogliono demolire con basse e vili calunnie la fede cattolica, che di questa gente ha fatto uno dei popoli che più illuminano e guidano la civiltà nella libertà. (Interruzioni Rumori all’estrema sinistra).

La libertà significa testimonianza di verità, non sfrenamento della menzogna che uccide la libertà nell’ansia della paura. Chi scrive accusando deve provare, se è leale e onesto, la sua accusa. Il giornalista è uomo d’onore. Non è lecito accusare alcuna classe di cittadini (avvocati, medici, professori, lavoratori, ecc.) e coprirla di fango. Perché dovrebbe essere permesso ciò verso ministri del culto, che nell’eroismo del sacrificio portano l’uomo, attraverso il travaglio terreno, sulle vie dell’eterno?

Questo è contro ogni legge civile e morale, contro la dignità umana; il sentimento cristiano del nostro popolo è offeso, questo popolo che della sua invincibile cattolicità fa fondamento della sua vita e delle sue speranze. Vincere la battaglia dello spirito è dare all’Italia una vittoria sopra tutte le vittorie. Da questa Assemblea sale un giuramento dinanzi a Dio, per la grandezza della Patria, di salvare in lealtà e coscienza l’onore e la fede cristiana del popolo italiano. (Vivi applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole De Maria ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DE MARIA. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario di Stato per le dichiarazioni fatte.

Devo ricordare che l’articolo 297 del Codice penale dice: «Chiunque nel territorio dello Stato offende l’onore o il prestigio del Capo di uno Stato estero è punito con la reclusione da uno a tre anni».

L’articolo 1 del Concordato sancisce: «In considerazione del carattere sacro della città eterna, la sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico, e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere».

Il giornale II Mercante, contro cui abbiamo chiesto l’applicazione del citato articolo del Codice penale, ed altri, come il Don Basilio, il Pollo, e a quanto ci consta, un quarto sarà pubblicato tra poco, contengono tutto un cumulo d’insulti, di vilipendi, di calunnie contro l’augusta persona del Sommo Pontefice, Capo dello Stato della Città del Vaticano. Non è fuori luogo elevare una voce di protesta in quest’aula del Parlamento italiano contro tutta questa stampa anticlericale che oggi pullula nella nostra Patria, ed attraverso gli insulti e la diffamazione contro la Chiesa, i suoi Ministri, il suo Capo, oltraggia il popolo italiano nel suo sentimento più intimo e sacro, il sentimento religioso. In quest’aula non dobbiamo pensare soltanto ai problemi economici e finanziari; dobbiamo soprattutto tutelare gl’interessi morali e spirituali del nostro popolo. Oggi si vuole ledere l’unità spirituale della nostra gente e si vuole togliere l’unica ricchezza che ancora le rimane in mezzo a tanta miseria: quella dei valori dello spirito. Oggi si vuole scindere quella unione di anime che fu cementata dal sangue dei nostri eroici sacerdoti morti nella lotta partigiana. In nome loro rivendichiamo l’onore ed il valore del clero italiano. (Applausi). Noi vogliamo la libertà religiosa per tutti gl’italiani, ma abbiamo il diritto di chiedere al Governo, in nome dell’immensa maggioranza dei cattolici che formano la quasi totalità del nostro popolo, che sia rispettata la loro fede, che siano prese severe misure di legge contro chi si permette di profanarla.

Per citare qualche dato di fatto, ci consta che, se siamo stati bene informati, risulta essere proprietario e finanziatore del Don Basilio il signor Primo Parrini, presidente dell’Unione Editori Giornali e delle Messaggerie romane, già amministratore dell’Avanti!, il che forse spiega perché in tempi di carenza di carta non ne manchi per determinate pubblicazioni ! Ed uno dei collaboratori dello stesso giornale (Don Basilio), il signor Scattolini Vittorio, autore di romanzi pornografici della collana «Pitigrilli», collaboratore per un certo tempo dell’Osservatore Romano per la pagina cinematografica (Commenti), anche compreso nelle liste dell’Ovra. Molti di questi stessi anticlericali di oggi conobbero ieri la carità del Sommo Pontefice. Essi cercano oggi di demolire l’asilo che ieri li salvò dalle persecuzioni nazi-fasciste. (Applausi).

Eppure, se Roma tutta è salva dalle rovine della guerra, se i suoi tesori di arte e di gloria sono intatti, ciò si deve soltanto all’opera personale di Pio XII. E mentre da tutto il mondo, uomini di qualunque fede religiosa e politica riconoscono nel Papa la più alta autorità spirituale e guardano a Roma come alla Capitale del mondo, perché detiene il primato dello spirito, dobbiamo assistere al triste spettacolo di una minoranza faziosa che in questa stessa città getta fango sulla persona del Pontefice e discredita l’Italia!

Contro questi rinnegati che offendono la civiltà e sono colpevoli di lesa nazione, torniamo a chiedere energici provvedimenti di legge. (Vivi applausi al centro e a destra).

Svolgimento di interpellanze.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Svolgimento di interpellanze. La prima è quella degli onorevoli Silipo e Musolino, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinello) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».

La seconda è quella dell’onorevole Caroleo, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e ai Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, «per conoscere se il Governo abbia avuto piena notizia della preoccupante situazione determinatasi da qualche settimana in Calabria, e particolarmente nella provincia di Catanzaro, dove si sono invase e si vanno alla giornata invadendo estese zone di terre coltivate e avviatissime aziende, ad opera di numerosi gruppi di contadini con minacce e violenze contro persone e cose, tra l’indifferenza o l’impotenza delle autorità costituite. Si chiede altresì di sapere quali misure siano stato adottate od intenda di attuare il Governo per il più rapido ristabilimento dell’ordine, non tanto in ossequio alla legge e al diritto privato, quanto in difesa del tranquillo lavoro e della pacifica convivenza di quelle pazienti e generose popolazioni, abbandonate a se stesse, e in difesa anche della continuità della produzione agricola, a cui è interessata, oggi più che mai, l’intera Nazione. Dovrebbe darsi preferenza a provvedimenti rivolti a superare o almeno ad attenuare i disagi e le sperequazioni nel campo economico, altra volta dall’interpellante segnalati in questa Assemblea e manifestatisi ora come la principale causa dei sopravvenuti disordini e dell’instaurato deprecabile sistema di «ragion fattasi».

Poiché le due interpellanze riguardano argomenti identici e strettamente connessi, possono venire svolte contemporaneamente.

Se non vi sono osservazioni in contrario, rimane così stabilito.

Ha facoltà di parlare d’onorevole Silipo.

Presidenza del Vicepresidente TUPINI

SILIPO. Onorevoli colleghi, non avrei certamente insistito ieri affinché la mia interpellanza fosse discussa nella presente sessione parlamentare, se la natura dei fatti, che mi accingo a citare, non fosse di una gravità tale da non permettere ulteriori dilazioni. Ringrazio l’onorevole Presidente del Consiglio di essersi reso conto di quanto io asserivo ieri e di aver permesso che la discussione si tenesse oggi.

Per comprendere bene la situazione, che si è creata in Calabria e specialmente nella provincia di Catanzaro in seguito all’applicazione dei decreti Segni, non bisogna perdere di vista il problema generale: il problema della terra, problema millenario che ha creato una particolare psicologia nella massa dei nostri braccianti agricoli.

In ogni tempo si è parlato della necessità di una riforma agraria, specialmente dopo gravi rivolgimenti sociali e politici; in ogni tempo si è parlato della necessità di elevare lo stato economico, spirituale, intellettuale dei nostri contadini; ma sono state sempre discussioni da salotto: nella realtà il bracciante è rimasto sempre povero, analfabeta, oppresso! Il passato sopravvive tuttora, anche nella denominazione medioevale dei terreni: da noi molti di questi portano ancora il nome di «feudo» o di «marchesato». Tipico il Marchesato di Crotone, dove predomina il latifondo, la piaga sociale dell’Italia meridionale. E sopravvivessero del passato soltanto i nomi! Il fatto è che ne sopravvive anche la concezione!

Nella sola Italia meridionale esistono oltre dieci milioni e mezzo di tomolate di latifondo: immense estensioni di terreno, senza alberi, senza case coloniche, senza stalle, senza una goccia d’acqua; in questa specie di lande desolate esistono soltanto le riserve di caccia ed il tutto è oggetto di sfruttamento da parte dei proprietari, che sono assenti, lontani dalla terra, di cui ignorano la funzione sociale. Latifondo: miseria enorme dei più di fronte ad enormi ricchezze di pochi. Ecco in particolare la Calabria: latifondo e i mali del latifondo: malaria, tubercolosi e tracoma, le malattie della miseria.

A completare la visione panoramica della regione è necessario aggiungere che vi sono moltissime terre demaniali, gran parte delle quali è stata illegittimamente usurpata con l’infausta legge sugli usi civici.

I secoli sono passati e nulla di sostanziale si è fatto.

Oggi, come nel passato, il bracciante agricolo calabrese, col suo fagotto di cenci sotto il braccio, cerca lavoro e non lo trova; oggi, come nel passato, le sue condizioni intellettuali, spirituali ed economiche sono ad un livello bassissimo e richiamano i tempi dei Borboni ed anche quelli anteriori.

Orbene: durante l’ultima guerra, che, come tutte le guerre, fu sostenuta essenzialmente, per non dire esclusivamente, dalle masse dei proletari e dei contadini, a questi furono fatte tante promesse. Fu promessa loro la terra, fu assicurato loro il lavoro ed un tenore umano di vita; ma quando ritornarono, se pur ritornarono e ritrovarono intatti i loro focolari domestici, intatto l’onore delle loro famiglie, invano chiesero la terra, il diritto al lavoro.

Vennero i decreti Gullo. Sul modo come questi furono applicati ci sarebbe molto da dire; ma è noto a tutti che da parte dei proprietari vi fu una sistematica opera di sabotaggio; è noto a tutti che una volta il presidente di una Commissione dovette minacciare i proprietari di farli tradurre con l’arma dei carabinieri, per ottenere che si presentassero; è noto a tutti che vi sono delle terre incolte ancora in contestazione dai primi mesi del 1945.

I nostri contadini hanno fame di terra, e intanto si sono sempre trovati di fronte ad una procedura dilazionatrice. Alle sedute delle Commissioni il proprietario la prima volta non veniva (e perciò l’esame del problema era rinviato); la seconda volta si presentava, ma non aveva tutti i documenti necessari; qualche volta presentava anche dei documenti falsi per dimostrare l’esistenza di numerosi armenti ed assicurarsi così il mantenimento delle terre a pascolo.

Rinvii, quindi, su rinvii. Questo ostruzionismo dei proprietari, del resto, non è nuovo nella storia d’Italia, perché avveniva lo stesso ai tempi della antichissima Repubblica Romana, quando i signori patrizi accettavano le leggi agrarie e poi le sabotavano con lo stesso sistema odierno.

Per tutto questo nell’animo dei nostri contadini sono subentrate la sfiducia, la depressione: si è creata in essi la convinzione che oggi, come allora, i loro legittimi desideri sarebbero stati frustrati.

E vennero i decreti Segni, lodevolissimi, come quelli Gullo; ma, ad ostacolarne l’applicazione, gli agrari del luogo ricorsero allo stesso sistema, allo stesso sabotaggio. Per essi non esisteva nemmeno un pezzo di terra incolto; per essi non esisteva nemmeno un palmo di terra da concedere a questi contadini; per essi esistevano soltanto terreni coltivatissimi ed avviatissime aziende. A prescindere dalla considerazione che il parlare di terreni coltivatissimi e di avviatissime aziende in una regione dove domina il latifondo, può essere soltanto il frutto di una fantasia molto fervida, per non dire malata, anche se fosse stato così, i braccianti agricoli avrebbero avuto pur diritto di lavorare queste terre.

Dato ora l’ambiente, dato lo stato psicologico delle nostre masse agricole, è evidente che ogni ulteriore indugio doveva essere considerato come un’irrisione, come un voler rimandare ancora per un anno la soluzione del problema, tanto più che, sebbene le Commissioni avessero incominciato a funzionare con uno spirito nuovo, pur tuttavia non tutte funzionarono con rapidità e spirito di comprensione e in alcune l’ingerenza disonesta degli agrari ebbe successo. Fu allora che si giunse all’occupazione pacifica delle terre. Desidererei sapere quale avviatissima azienda, quali terreni coltivatissimi siano stati invasi od occupati dalle nostre parti, nell’intera provincia: non basta mantenersi sulle generali; bisogna fare i nomi: i nomi sono quelli che contano.

BELLAVISTA. Li faremo.

SILIPO. Voi parlate sempre al futuro, promettete sempre tante cose. Così vi togliete d’imbarazzo nel presente. Quale è stato il contegno della forza pubblica in molti comuni? È stato questo: in molti comuni – nell’interpellanza ho citato alcuni nomi – si procedette ad arresti inconsulti di poveri contadini.

CAPUA. Che sequestravano nelle loro case poveri proprietari, come a Crotone.

SILIPO. Parleremo anche di questo e dei «poveri» proprietari.

CAPUA. Li sequestravano a mano armata.

SILIPO. Si vede dal numero delle armi sequestrate agli arrestati: nemmeno una! A chi dicesse poi che ad essere arrestati erano calzolai o barbieri, invece che contadini, io rispondo che bisogna essere in mala fede o ignorare completamente la vita dei comuni rurali per credere che un individuo possa vivere del solo mestiere di barbiere o calzolaio, o falegname, o sarto. Nel comune rurale c’è un’attività plurima: nessuno può vivere esercitando un solo mestiere; tutti sono contadini e tutti dalla terra traggono i mezzi principali di sussistenza: gli altri mestieri sono esercitati saltuariamente. Che, del resto, si sia trattato, con questi arresti, di un’azione intimidatrice e sabotatrice, fatta soltanto in determinati comuni, ad opera di determinati organi della forza pubblica, risulta dal fatto che non ci si limitava al solo fermo, ma si facevano denunzie all’autorità giudiziaria, appunto per sottrarre per molto tempo i prevenuti dalla circolazione e per fare così penetrare un senso di sfiducia e di scoramento nell’animo dei contadini.

Onorevoli colleghi, che le imputazioni loro fatte non corrispondessero alla realtà – parola pomposa: istigazione a delinquere – risulta dal fatto che dopo 15 o 20 giorni di permanenza nelle carceri giudiziarie di Catanzaro, che si possono paragonare – e chi le ha visitate, ne può far fede – ad una vera «Casa dei morti», essi vennero liberati, alcuni anzi in guardina furono bastonati (Belvedere Spinello).

È evidente, o colleghi, che il motivo dell’arresto era quello da me citato. E come si spiega, d’altra parte, che, mentre nei riguardi dei contadini si procedeva in un modo così rigoroso nell’applicazione letterale del decreto, non penetrando affatto nello spirito che informò il legislatore nell’emanarlo, nulla si fece, allorché a Stromboli, su di un terreno legalmente concesso ad una cooperativa agricola e sul quale già i cooperativisti avevano seminato, i proprietari, con la solita tracotanza del tempo passato, osarono mandare i loro animali per distruggere le semine, commettendo un delitto contro la società, un tradimento contro la Patria, specialmente in questi momenti gravi?

E giacché mi si è interrotto per ricordarmi Crotone, ebbene, dirò anche io qualche cosa di Crotone. In verità non riguarderebbe l’argomento; ma, siccome è stata fatta una insinuazione, è bene che si risponda. Crotone è l’unico centro industriale della nostra regione; è una cittadina di 27 mila abitanti, con industrie, come la Montecatini e la Pertusola, con lavori portuali, ecc. È un centro industriale in mezzo al latifondo desolato: centro di grossi latifondisti e di grossi agrari. Questa cittadina ha ben 2000 disoccupati. Si badi che questa cifra comprende soltanto quelli che figurano iscritti negli uffici del lavoro; ma, se si pensa che da noi sono moltissimi quelli che non sono iscritti a questi uffici, si comprenderà facilmente come il numero dei disoccupati sia molto al di sopra di duemila.

Dicevo, dunque, in questa Crotone, dove le forze della reazione non avevano permesso, prima delle elezioni amministrative, che si formasse una giunta comunale, in questa città, dove era rimasto un Commissario prefettizio fino al giorno delle elezioni – soltanto in questo giorno il popolo di Crotone poté rispondere e mandare al municipio la sua amministrazione democratica – contro il Consiglio comunale si scagliarono le ire dei grossi agrari, dei grandi latifondisti, che sabotarono l’opera della nuova amministrazione in tutti i sensi. Si pensava, per esempio, di arrivare ad una specie di compromesso per le costruzioni delle case popolari, dato che vi sono ancora 500 famiglie – in una città di 27 mila abitanti – che non hanno una casa: non si poté far nulla. In questa città che vive in mezzo alla grande produzione agricola e a quella connessa con l’agricoltura, il costo della carne fu elevato a 400 lire, mentre nel capoluogo della provincia, Catanzaro, la carne si vendeva a 280 lire! Era evidente lo scopo dei grossi agrari e dei grossi latifondisti: eliminare l’amministrazione comunale, allontanare in una maniera perfettamente demagogica (la demagogia non si fa soltanto con le parole, ma soprattutto con i fatti) la massa dalla sua amministrazione, separarla cioè da quegli uomini che aveva liberamente eletto contro la loro volontà, da quegli uomini che si erano fatto unico scopo della loro vita il miglioramento del proletariato.

Lotta aspra e difficile, che seguiva due altre lotte parimenti aspre e difficili: quella per le elezioni amministrative e quella per le elezioni politiche. Fu questa così dura, che, dopo il trionfo della Repubblica, l’onorevole Ministro della guerra dovette prendere dei provvedimenti contro alcuni ufficiali dell’arma dei carabinieri, i quali, manifestamente, invece di dare esempio di quella imparzialità che avrebbero dovuto mantenere, si erano asserviti ad alcune liste e avevano fatto propaganda monarchica. (Rumori a destra). La fecero in una maniera così sleale che il Ministro, si capisce, dovette prendere provvedimenti. Ecco come si svolse la lotta dalle nostre parti; ecco qual è la situazione di Crotone.

E giungiamo ai fatti del 30 settembre: grande disoccupazione (oltre 2 mila persone), aumento impensato e ingiustificato dei viveri. In tempi duri è noto che il costo della vita è molto superiore all’aumento reale dei salari. Ebbene, è umano, è comprensibile che in questo stato di cose una classe di lavoratori protesti e si agiti per ottenere giustizia.

Una folla di oltre settemila persone andò a manifestare sotto il Municipio, chiedendo la riduzione del prezzo della carne, del prezzo del formaggio, che a Crotone, luogo di produzione, era stato aumentato di 250 lire sul prezzo corrente in altri luoghi; insomma del prezzo dei generi non tesserati.

Ebbene, a questa folla manifestante e chiedente sollievo nelle sue miserie – non sappiamo con quali intenzioni; non vogliamo entrare nelle intenzioni, con le quali fu pronunziata la frase – il commissario di pubblica sicurezza di Crotone disse: «Noi per l’aumento dei generi alimentari non abbiamo nulla da fare; rivolgetevi ai proprietari».

Qualche proprietario si reca spontaneamente al municipio; qualche altro, invece, memore della supremazia feudale, si fa trovare a casa con la cartuccera e col fucile spianato; ma, in ogni caso, tutti si recano al municipio. Ed io desidero sapere se fu loro torto un capello o tirato qualche schiaffo, per potere giustificare l’accusa di sequestro di persona, a scopo di estorsione, onorevoli colleghi!

La sera, mentre si discuteva nella sala del municipio, quando già i proprietari avevano detto di rinunziare ad ogni aumento, arrivano le autoblinde, le quali (l’ordine era stato dato evidentemente da un’autorità superiore) seminano il terrore; si effettuano degli arresti, e, laddove non si trovano uomini, vengono arrestate le donne, (fra le altre, una madre di 9 figli). Furono arrestati circa 60 persone. Questo stato di terrore a Crotone fu mantenuto per tre giorni col coprifuoco.

I sessanta arrestati – ed una trentina si era sottratta all’arresto, dandosi alla latitanza – vennero deferiti all’autorità giudiziaria, sotto l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione!

L’accusa non poteva reggere, tanto è vero che dopo due mesi incominciarono le libertà provvisorie. Io non sono giurista, né avvocato; ma si comprende benissimo il significato delle cose. Si era ricorso a quella imputazione gravissima, onde impedire una immediata escarcerazione. Lo scopo fu raggiunto, giacché, ripeto, soltanto dopo due mesi che gli arrestati languivano nelle carceri giudiziarie di Catanzaro, una parte fu messa in libertà provvisoria e il resto è ancora in attesa. La magistratura si rese conto, una volta tanto, che il capo d’accusa non reggeva, che c’era qualcosa che non andava.

Sono questi i fatti di Crotone. Ma chiudiamo la parentesi di Crotone e ritorniamo all’argomento per conchiudere.

Diceva ieri un onorevole collega, parlando del modo come si rende giustizia, a seconda che si tratti di un povero o di un ricco, che iniquamente, talvolta, si usano due pesi e due misure. Ebbene è legale, dico io, che si arrestino i contadini e che si lascino liberi ed impuniti coloro che distruggono il lavoro dei contadini?

Sono evidenti le conseguenze di questo sistema, sono evidenti i motivi di questo sistema: da una parte si cerca di demoralizzare la massa; dall’altra si fa penetrare nell’animo dei baroni della terra la convinzione che possono fare tutto quello che vogliono, senza pericolo, come se godessero di una immunità unica e particolare.

Non si spiega diversamente; ma questo stato di cose può creare una mentalità tale da condurre all’eccesso. Per questa convinzione, non sempre infondata, a Calabritata, il 30 novembre scorso venne uccisa una donna, una contadina: Giuditta Levato in Scumace. L’autore dell’omicidio si recò sul luogo con un berretto pieno di cartucce e col fucile carico. Certo è che costui doveva credere che sarebbe rimasto impunito. Si trattava di una madre di due ragazzi – un terzo alimentava nel seno – che venne colpita a morte nel ventre! Nessuno mette in dubbio la qualità di lavoratrice di questa donna. Basta pensare che il cappellano dell’ospedale che andò a confessarla, credendo che avesse le mani sporche, disse alla suora: «Voi non avete lavato le mani a questa donna!» ma la suora rispose: «Le mani sono state lavate». Quella che sembrava sporcizia altro non era che la santa stigmata del lavoro, perché quella donna si era curvata per anni sui campi per dare il pane ai propri figli; per anni aveva bagnato la terra col sudore della sua fronte: la terra bevve il suo sangue. Si trattava anche in questo caso di un terreno già concesso.

In vista di questo stato di cose che si è creato nella nostra regione, ho rivolto l’interpellanza all’onorevole Presidente del Consiglio, chiedendo di sapere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia che si comportano in una maniera così partigiana, perché è necessario che si sappia se il primo Governo della Repubblica italiana sia il Governo dei lavoratori oppure il Governo di coloro che hanno condotto l’Italia alla rovina. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.

CAROLEO. Onorevoli colleghi, non intendo polemizzare con l’onorevole Silipo, il quale ha creduto, in qualche parte del suo discorso, di porsi in antagonismo con la mia persona e con alcune proposizioni della mia interpellanza.

SILIPO. Ma nemmeno per sogno!

CAROLEO. …interpellanza che intervenne allorquando, nella provincia di Catanzaro, tutti i contadini si erano agitati per l’applicazione della nuova legge per le terre incolte.

Non voglio polemizzare, perché non posso abusare della pazienza degli onorevoli colleghi, e anche perché, in sostanza, l’onorevole Silipo ed io siamo sullo stesso piano e, forse per vie non perfettamente uguali, perseguiamo la stessa mèta, perseguiamo l’identico scopo, che è quello soltanto di restituire alla nostra povera Calabria, alla nostra abbandonata Calabria, la tranquillità del lavoro, la pace di quei campi, che, fino a qualche mese addietro, non davano molestia ad alcuno. Solo che, mentre l’onorevole Silipo invoca provvedimenti e sanzioni contro questo o quell’organo, contro questa o quella persona, io insisto nel chiedere al Governo provvedimenti urgenti per la nostra Calabria, provvedimenti urgenti di Governo, come quelli, che fin dal luglio scorso avevo avuto l’onore di segnalare al Presidente del Consiglio e che coincidono perfettamente con grande parte del programma esposto dall’altro onorevole interpellante.

I provvedimenti, che chiedevo fin dal luglio, erano quelli di una onesta perequazione economica tra le nostre popolazioni, perché c’erano ricchi, che continuavano ad accumulare denaro senza limiti, e poveri – la grande massa, costituita da contadini, impiegati e pensionati – che non riuscivano a superare il disagio della giornata; e chiedevo che questa perequazione si attuasse principalmente (onorevole Silipo, dovreste ricordarlo perché foste tra quelli che plaudirono alle mie franche e sincere dichiarazioni) attraverso una revisione totale delle affittanze agrarie. C’erano affitti, che rimontavano a molti anni avanti, e che dovevano essere riveduti a favore dei proprietari; ma c’erano affitti ai quali bisognava imporre un limite, dopo che una improvvida legge – il decreto di sblocco delle locazioni di fondi rustici – aveva messo i proprietari terrieri, soprattutto del Crotonese, in condizione di poter senza misura elevare i canoni annuali. E chiedevo anche che si garantisse il lavoro ai contadini di Calabria. Non abbiamo grandi industrie nella nostra regione: solo i due o tre stabilimenti che l’onorevole Silipo ha nominati. I nostri lavoratori sono una grande massa di contadini e, cosi come attraverso il blocco dei licenziamenti si provvede a favore degli operai dell’industria del Centro e del Nord, dicevo fin dal luglio scorso, alla stessa maniera si doveva provvedere per il blocco dei licenziamenti a favore delle categorie agricole del Mezzogiorno, le quali invece erano state messe allo sbaraglio dei proprietari e della loro avidità mercé lo svincolo delle locazioni. Con eccezione soltanto per i piccoli coltivatori, che per altro da noi risultano in numero limitato, in quanto non esistono molte terre appoderate. Da noi vi sono estensioni di terreno, come diceva l’altro interpellante, per migliaia di ettari senza una casa, senza una goccia d’acqua, e i nostri coltivatori, nella grande maggioranza, sono, per necessità ambientali, grossi coltivatori e per essi la legge ordinò Il sfratto, dopo decenni di sudato lavoro.

 

Al proposito, in quello stesso luglio in cui presentavo l’interpellanza, ebbi l’onore di conferire con il Sottosegretario di Stato all’agricoltura; gli presentai anche un pro-memoria in questo senso e quel pro-memoria non significava certo tenerezza, onorevole Silipo, per i signori proprietari di Crotone. Ma i provvedimenti non vennero, così com’era da attendersi, ed in loro vece immediatamente ci trovammo di fronte alla quadruplicazione del prezzo del grano (per i signori proprietari) ed alla riduzione, da metà ad un terzo, del sussidio di coltivazione per i lavoratori della terra. E più tardi ci siamo trovati di fronte all’inatteso inasprimento dei prezzi dell’olio. Bisogna decidersi a comprimere le rendite ed a limitarle, se si vuole veramente arrivare ad una compressione dei prezzi; bisogna fermarsi ai costi e nel costo, dicevo ancora nel luglio scorso, incide principalmente il corrispettivo della terra. E dicevo anche che i prezzi devono essere ridotti, e taluni generi di produzione locale vincolati a favore, almeno, delle classi non abbienti dei nostri paesi, dove, ad esempio, i fichi secchi si pagano più che a Roma e le castagne secche, che cadono dal cielo per grazia divina senza nessun concorso di spese da parte del proprietario, si vendono a prezzi esosi e, poiché le nostre popolazioni non sono in grado di comprarle, trovano la via dei mercati più remunerativi.

Ma, oltre all’aumento del prezzo del grano e dell’olio, ci è stato regalato il nuovo decreto per le cosiddette terre incolte del settembre 1946. Io sono stato sempre un fervido sostenitore delle esigenze di lavoro dei nostri contadini, e, più che dell’esistenza di un vero e proprio problema di latifondo, mi sono sempre preoccupato dell’iniqua distribuzione del lavoro agricolo in Calabria e sono stato tra i più tenaci sostenitori dei decreti del nostro Ministro conterraneo, fra cui principalmente quello del 19 ottobre 1944.

E quel decreto, per la verità, poneva le cose in maniera che, applicandosi nella nostra Calabria, non ci saremmo mai potuti trovare di fronte ad agitazioni ed a sommosse di qualsiasi natura. L’articolo 1 di quel decreto, mentre stabiliva la possibilità di concessione di terre a contadini costituiti in cooperative ed in altri enti, soggiungeva: «che risultino non coltivati o insufficientemente coltivati, in relazione alla loro qualità, alle condizioni agricole del luogo e alle esigenze colturali dell’azienda».

E soggiungeva ancora, con la separazione di una semplice virgola: «in relazione con le necessità della produzione agricola nazionale».

Sapeva, doveva sapere il Ministro Gullo che in Calabria abbiamo, per nostra disgrazia e per un complesso di ragioni che per la verità non sono tutte addebitabili ai signori proprietari, una economia agricola arretrata, arretratissima: mancanza di opere di bonifica e di irrigazione (la Calabria è stato sempre un territorio abbandonato da tutti i Governi), mancanza di mezzi meccanici, mancanza di tutto. E quindi provvidamente la legge dell’ottobre 1944 si richiamava ad una incoltura totale o parziale in relazione alle qualità dei nostri terreni, di cui parecchi sono impraticabili; e il nostro contadino terre incolte ne ha lasciate poche in Calabria, perché, dove ha potuto, si è inerpicato sulle rupi per piantarvi la vite.

E poi, al di sopra di tutte queste esigenze, «la necessità della produzione agricola nazionale» che, separata dal resto della dizione con una virgola, sta a significare: al di sopra di tutto, la produzione agricola nazionale.

Che cosa ci è stato dato in Calabria dal nuovo decreto legislativo del settembre 1946? «Concessione di terreni incolti o insufficientemente coltivati»; e fin qui la formula è identica nei due testi. Ma poi si spiega che cosa debba intendersi per terreni insufficientemente coltivati, cioè, udite, onorevoli colleghi, «tali da potervi praticare colture o metodi colturali più attivi o intensivi». E segue pure il riferimento alla produzione nazionale. Ma come? «In relazione anche alle necessità della produzione agricola nazionale». Vengono trascurate le qualità, le condizioni agricole del luogo, le esigenze colturali, e la stessa necessità della produzione nazionale, quando si aggiunge un «anche» che significa, pure, indipendentemente da questa produzione.

Signori, con questo decreto, e me ne possono far fede i miei conterranei, la Calabria è stata già per intero espropriata.

MUSOLINO. Magari fosse vero!

CAROLEO. Se fosse vero, potrei esserne lieto anch’io, collega Musolino, ma occorre che nella legge si abbia il coraggio di dirlo e non si finga di riprodurre il testo del decreto Gullo, che era di rispetto al diritto della proprietà privata, mentre nella sostanza in Calabria, e soltanto in Calabria e soltanto nella provincia di Catanzaro, il diritto di proprietà è stato soppresso. Da qui le agitazioni.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Quindicimila ettari di terra occupata in tutta la provincia, non di più. Come si parla di espropriazione totale?

CAROLEO. Io non parlo di quello che è stato espropriato e di quello che è avvenuto, con una veramente appassionata assistenza e un appassionato intervento di tutti gli organi chiamati a presiedere al componimento delle vertenze e anche con la comprensione dei proprietari, così come fa fede anche la sua risposta, la sua prima risposta alla mia interpellanza, dove si precisava che su 13.000 tomolate, soltanto per 590 erasi adito il magistrato, mentre per tutto il resto la occupazione risultava pacificamente concordata, e quindi senza sabotaggi.

Di sabotaggio, l’onorevole Presidente del Consiglio può farmene fede, non si è mai inteso parlare, perché i proprietari stettero con le mani in tasca dinanzi alle violenze e alle minacce, ubbidirono agli ordini del prefetto e delle Commissioni, e guai se questo non si fosse verificato. Avremmo avuto disgraziatamente in Italia, e per maggior disgrazia tra la nostra misera e abbandonata popolazione, il primo esperimento di una guerra civile.

Non dicevo dunque per quello che si è occupato, ma per quello che il decreto in Calabria autorizza ad occupare è si occuperà, se non ne verrà chiarito il testo.

La legge, onorevole Presidente del Consiglio, qualunque legge, deve, nella sua formula precisa, indicare soprattutto il caso a cui essa va applicata; all’interprete deve essere lasciata soltanto una limitata attività di applicazione per quel caso concreto; se questo non si fa, si sottoscrive una norma in bianco, si delegano ad interpreti quei poteri legislativi che sono oggi del Consiglio dei Ministri e in parte di questa Assemblea Costituente, e le conseguenze sono, di regola, sinistre, sono caotiche, possono diventare sanguinose, come avrebbero potuto diventarlo in Calabria, se non ci fosse stato il pronto intervento di tutti gli organi e delle parti che erano interessate, compresi, è doveroso riconoscerlo, anche i dirigenti della Federterra di Catanzaro.

Devo confessare che mi ero, per caso, trovato ad assistere ad un congresso della Federterra della mia città, in cui fra gli oratori primeggiava il Sottosegretario all’agricoltura, onorevole Spano.

In un primo momento, ad ascoltare le sue parole, abituato come sono, un po’ per la professione, un po’ per abito mentale, ad ubbidire alla legge nella legge, ero rimasto contrariato da talune affermazioni; specialmente di fronte al suo modo brillante di superare una certa contraddittorietà nella sua duplice posizione di esponente di un partito e di membro del Governo; perché diceva – ricordo esattamente le sue parole – : «Come esponente di un partito, dovrei incitarvi all’azione; come rappresentante del Governo, dovrei esortarvi al rispetto rigoroso della legge. Ma io supero questa che sembra una contraddizione, ricordando ai contadini di Calabria che il Capo del Governo italiano – espressione più alta della legge italiana – S.E. De Gasperi, ha ordinato a tutti i contadini d’Italia di produrre pane per sé e per i figli, per gl’italiani, e che di fronte all’adempimento di questo dovere non c’è ostacolo che tenga». Eravamo alla vigilia delle semine.

Mi era sembrato illegale, un po’ strano questo ragionamento del Sottosegretario per l’agricoltura; ma ho dovuto ricredermi, quando, nell’esaminare la legge, nel leggere il decreto del settembre, vedevo tra le righe – un po’ da modesto avvocato – che nel decreto stava scritto assai di più di quel veramente poco che dal Sottosegretario dell’agricoltura si era sentito.

Ora, non è per il passato, onorevole Presidente del Consiglio, è per l’avvenire, è per le semine di aprile e per le semine del nuovo ottobre che occorrerà provvedere, perché l’articolo 1 del decreto 6 settembre 1946, n. 89, ha messo in grado le «cooperative costituite e da costituire» (è stato dato loro perfino il termine di sei mesi per la regolarizzazione dei propri atti costitutivi) di avanzare in ogni tempo domande di assegnazione di terre. Bisogna ricordare che per l’aprile e per l’ottobre la posizione risorgerà alla stessa maniera, e non sappiamo se varranno tutti i mezzi, con buona volontà adoperati questa volta, a superare i dissidi, che potranno invece essere inevitabili.

Comunque, noi non intendiamo che si protegga la categoria dei proprietari in danno e in pregiudizio della categoria dei lavoratori della terra, che meritano tutto il riconoscimento da parte del Governo italiano, perché sono quelli che sudano, sono quelli che lavorano la terra, che è una cosa che senza lavoro non dà nulla a nessuno. Ma chiediamo soltanto che il Governo apertamente dica se in base a questo decreto tutte le terre di Calabria debbono essere concesse, perché non abbiamo in Calabria terre alle quali con nuovi metodi colturali o nuovi metodi intensivi non si possa cambiare il volto.

Bisogna dirlo, bisogna dirlo apertamente, perché quando si sarà detto, né io né l’onorevole Silipo avremo necessità di incomodare il Governo con queste nostre dispute provinciali, che sono però, per taluni aspetti, credo, di interesse nazionale. Quando si sarà detto senza ambiguità od incertezze, i signori proprietari, quei signori proprietari per i quali io condivido in gran parte gli apprezzamenti dell’onorevole Silipo, sapranno che nella legge il loro destino è segnato: vedranno la fine di ogni ingorda speculazione coloro i quali hanno sempre parassitariamente vissuto e nient’altro hanno saputo fare che staccare cedole e sfruttare il lavoro di Calabria, senza dar nulla di quello che prendevano dalle nostre terre. Per costoro, come per tutti gli sfruttatori oziosi, il destino è ben certo: fuori i parassiti d’Italia! Ma per quelli che hanno lavorato, che hanno appoderato i terreni, che, con migliaia di armenti, hanno dato tutta la loro attività e si sono prodigati con tutta la famiglia nel lavoro della terra, vi sarà almeno la via della costituzione di una cooperativa, ed essi potranno partecipare a questo indirizzo associativo, cooperativistico nazionale, e ognuno vedrà fino a qual limite può giungere il diritto di difesa del proprio interesse. Non ci sarà lotta civile, perché, di fronte alla legge, quando la legge è ben fatta, quando la legge non ha riserve e non presenta ambiguità, ogni buon cittadino trova la via del suo diritto, nel rispetto del diritto altrui.

Ma la legge deve esseregiusta e soprattutto chiara, perché possiamo essere tutti d’accordo oggi che sia resa giustizia sociale a chi lavora. Ma soprattutto chiarezza occorre. Perché noi non vogliamo scendere nelle strade coi coltelli alla mano; vogliamo essere lasciati in pace nella nostra Calabria, che ha vissuto soltanto di lavoro silenzioso ed onesto.

Se ci sarà da ridurre qualcuno alla ragione, lo si riduca pure, se potrà giungersi ancora in tempo; perché più d’uno, alla maniera dei furbi, ha saputo già prendere la sua callida strada ed è riuscito a sfuggire al prestito della ricostruzione ed all’imposta patrimoniale, con affrettata vendita dei propri terreni a caro prezzo, senza portarne il denaro né al Ministro Corbino, né al Ministro Bertone, ma impiegandolo nel mercato nero delle valute, nella borsa nera di Piazza Colonna o altrove.

Ma al difuori dell’azione di questi sciacalli, con i quali tanto l’onorevole Silipo che io cercheremo, per quanto possibile, di contrastare nelle ingiuste aspettative, voi, onorevole Presidente del Consiglio e voi membri del Governo, difendete la nostra Calabria dal disordine.

Nella risposta del Presidente del Consiglio, in un primo tempo, si disse che erano i prefetti, erano le Commissioni che avrebbero dovuto concedere la terra. Ma, alla vigilia delle semine, attendere l’intervento dei prefetti o delle Commissioni da parte dei contadini affamati non era possibile. Né pensiamo che sarebbe stato possibile, con tutta la buona volontà, alla Federterra di contenere le aspirazioni dei contadini.

Bisogna, quando si fanno leggi che devono avere una rilevante applicazione, preordinare anche gli organi e i mezzi che per tale applicazione occorrono. È vero che nell’assegnazione delle terre entra l’elemento tecnico degli Ispettorati agrari, ma questi Ispettorati, se anche non seguono il sistema del ventennio fascista – (tutto va bene, mentre tutto va male) – hanno sempre funzionato male, non hanno fatto mai nulla né mai di utile faranno nulla, in tema di concessione di terre. Ora io tutto questo, onorevoli colleghi, avevo segnalato in un mio ordine del giorno dello scorso luglio, e, in sintesi, pur da lontano, dopo di aver avuto sentore solo a distanza delle agitazioni che si muovevano in Calabria, avevo cercato di condensare nella interpellanza, che ho avuto l’onore di svolgere oggi innanzi a voi.

Vorrei chiudere questa breve esposizione, raccomandando al Governo di interrogare qualche volta, quando lo ritenga utile, questi deputati alla Costituente, questi rappresentanti politici delle regioni, da cui potrà avere qualche opportuno suggerimento, qualche opportuna segnalazione e, mentre esso queste segnalazioni e questi suggerimenti potrà in qualche maniera utilizzare, darà anche ai rappresentanti del popolo italiano, ansiosi del pubblico bene, la modesta soddisfazione di sapere che qualche cosa di proficuo riescono a fare per il loro Paese, in questo duro momento in cui, come altri colleghi dicevano nel corso di queste sedute, dalle varie provincie, alla partenza e all’arrivo, affannosamente si chiede loro: «che farete? Che avete fatto?» Ebbene, anche questa volta l’onorevole Silipo ed io torneremo in Calabria con un modesto consuntivo; l’annullamento della elezione Visocchi, il rinvio del caso de Martino, e la modifica transitoria alle transitorie formule del giuramento. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’agricoltura e delle foreste ha facoltà di rispondere.

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Porterò alla Costituente anzitutto alcuni dati di fatto, i quali smentiranno certe apprensioni ingiustificate e dimostreranno come talune affermazioni non siano perfettamente esatte. In base al decreto 19 ottobre 1944, era stata iniziata una serie di vertenze dinanzi all’apposita Commissione di Catanzaro e, in due anni, si era arrivati alla concessione di 7610 tomolate di terreno. Le controversie rimaste pendenti nell’agosto del 1946 ascendevano a 12 solamente: e ciò dimostra che, in complesso, nei due anni, le Commissioni avevano quasi totalmente esaurito le controversie ad esse sottoposte. Il ritmo di domande si veniva invece accelerando verso la fine dell’agosto 1946, in guisa che, nei mesi di agosto, settembre e ottobre, furono presentate oltre 1050 domande di concessione di terre. Le Commissioni, che originariamente erano costituite a Catanzaro in numero di due, furono aumentate e portate al numero di 6. Furono inviati sul luogo ispettori agrari incaricati di controllare le applicazioni delle leggi esistenti. Furono dal Presidente del Consiglio e Ministro dell’interno emanate varie disposizioni affinché fossero evitate le occupazioni arbitrarie di terreni e fosse invece applicato nel modo più rapido il decreto del 6 settembre 1946. Alcune occupazioni arbitrarie avvennero invece il giorno 13 settembre 1946 ed altre ne seguirono nei giorni successivi. Queste occupazioni furono nella massima parte pacifiche, e i terreni stessi vennero presto sgomberati dagli stessi occupanti, in modo che poté riprendersi pacificamente il lavoro di composizione delle vertenze esistenti e quello della definizione delle controversie non composte. Il lavoro fu svolto in circa tre mesi, e alla fine del novembre pochissime controversie rimanevano ancora da decidere, mentre erano stati complessivamente assegnati, fra i terreni bonariamente concessi e quelli concessi in virtù di decreti prefettizi, circa 15.600 ettari di terreno.

Non pare quindi giustificato l’appunto che le Commissioni abbiano operato con lentezza, abbiano sabotato l’applicazione della legge. Non pare nemmeno giustificato l’altro appunto: che queste Commissioni abbiano potuto deviare ed applicare inconsultamente la legge stessa.

La legge, infatti, prevede un caso tipico, non così vago né così elastico come l’onorevole Caroleo ci dice. La legge ricorda l’interesse della produzione, non in modo secondario, ma in modo riassuntivo e completante la precedente disposizione di legge. Il fatto che si possano concedere dei terreni suscettivi di ordinamento colturale più intensivo non significa che si debbano concedere tutti i terreni che teoricamente siano suscettivi di quelle coltivazioni. Occorre verificare in concreto la situazione dei terreni stessi; quindi la elasticità della norma non è affatto esistente, perché la norma stessa deve riguardare la situazione, in concreto, del terreno.

La dimostrazione migliore che non vi è il minacciato pericolo di una occupazione totale dei terreni in Calabria è data dalle numerosissime domande respinte dalle stesse Commissioni in base alla stessa legge. I terreni concessi sono molto minori dei terreni richiesti; il che dimostra che questo pericolo di totale espropriazione è in fatto inesistente e che le Commissioni hanno, nell’opera dei tecnici che le assistono e nei termini della legge, criteri chiari e precisi, sì che tutte le domande che esorbitano da tali criteri sono rigettate dalle Commissioni e gli appelli proposti dagli ispettori regionali alle autorità superiori sono in numero limitatissimo. Tutto ciò dimostra che il criterio tecnico della legge è facilmente individuabile dagli organi tecnici che devono applicarla.

È inesatto che si sia abbattuta sulla Calabria la catastrofe della espropriazione totale. Io ho avuto non solo le testimonianze dei tecnici agrari inviati dal centro per accertare il modo di applicazione della legge, ma anche testimonianze di agricoltori delle vostre provincie, i quali hanno riconosciuto che in fondo il decreto aveva avuto proprio il benefico effetto di ricondurre la pace in provincie agitate in modo veramente pericoloso, e di indurre anche gli agricoltori a fare opera di pacificazione diretta (il che era sommamente lodevole) ed anche a dare ai propri terreni destinazioni più conformi alla moderna tecnica agricola. Noi ci siamo occupati delle conseguenze pratiche dell’applicazione del decreto. Una inchiesta è in corso, attraverso indagini degli uffici statali e attraverso richieste fatte agli stessi privati. Da questa indagine verrà fuori certo il risultato che già prevediamo dalle prime risposte, ed in complesso i timori affacciati dall’onorevole Caroleo non sono fondati, non sono giustificati.

 

Ma non mi pare nemmeno giustificata l’accusa fatta all’opera della Commissione, all’opera dei tecnici agrari, dall’onorevole Silipo. Se qualche Commissione può avere errato, sono sicuro che ha errato in piena buona fede (dato che abbia errato), e non ho visto affatto in tutte queste lunghe vicende quell’opera defatigatoria che l’onorevole Silipo ha affermato. La stessa quantità di terreni concessi in provincia di Catanzaro sembra essere la migliore dimostrazione che quest’opera sabotatrice o defatigatoria non è affatto avvenuta. Se i terreni concessi sono molto inferiori alle richieste, tutto questo è avvenuto per ben fondati motivi, e l’esame di tutte le doglianze pervenute al Ministero in materia, hanno dimostrato che le Commissioni si sono comportate obiettivamente, tenendo presenti tutti gli elementi della vertenza: dalla composizione delle cooperative alla loro potenzialità di lavoro, dalla loro possibilità di usufruire dei terreni concessi alla natura dei terreni stessi, al modo con cui le aziende venivano condotte, e si è avuto anche riguardo agli allevamenti zootecnici, perché precisamente, in considerazione delle necessità della produzione nazionale, è stata sempre tenuta presente anche la necessità della nostra produzione carnea (non solo della produzione di grano), in modo da non recare danno agli allevamenti stessi.

In complesso, dando uno sguardo allo svolgimento della vertenza in tutta Italia, abbiamo evitato conflitti sanguinosi; abbiamo dato possibilità di collocamento di mano d’opera a molti disoccupati che era difficile occupare attraverso altri sistemi.

L’onorevole Caroleo si è riferito anche ad altre questioni che esulano dal presente tema. Per quanto riguarda il presente tema il fatto che i contadini possano avere direttamente, attraverso l’opera della Commissione, dei terreni sui quali lavorare, impedisce appunto che essi siano angariati da fitti eccessivi. È dunque questo già un risultato positivo e non è affatto esatto che in provincia di Catanzaro esista solo il grande affitto; esistono anche i piccoli, piccolissimi affittuari, che saranno magari dei subaffittuari, perché purtroppo questa piaga dell’affittuario intermediario esiste e, nemmeno per disposizione del decreto Gullo, si è riusciti ad estirparla. Il decreto viene incontro alle esigenze dell’equo affitto che l’onorevole Caroleo ha richiamato. Gli altri argomenti dell’onorevole Caroleo escono fuori dal quadro di questo episodio della concessione delle terre nella provincia di Catanzaro. Tuttavia, voglio dare una risposta anche a questi altri argomenti. Egli ha richiesto un maggior vincolo dei prodotti agrari, ha richiesto dei calmieri sui prodotti agrari, ha richiesto dei calmieri anche sugli affitti agrari. Non so quanto questo si accordi con le richieste di altre parti per avere piena libertà invece di prezzi vincolati e via di seguito. In ogni, modo questo riguarda una politica generale del Governo, la quale è troppo nota perché io voglia interloquire. Per quanto riguarda gli affitti l’onorevole Caroleo avrà visto, appunto, che il Consiglio dei Ministri si è occupato recentemente della questione, la quale, però, è oltremodo complessa ed offre quindi delle difficoltà di soluzione, che si sta vedendo di superare, per arrivare precisamente a colpire gli affitti eccessivamente esagerati, dei quali egli si è giustamente lamentato.

Il provvedimento, al quale il Governo attende, cerca il contemperamento – che non è facile – tra esigenze diverse, tra regioni e situazioni locali estremamente diverse; perché se si passa dalla considerazione d’una unica provincia o regione, alla considerazione dell’aspetto generale dell’agricoltura italiana, lo stesso onorevole Caroleo dovrà riconoscere come una regolamentazione in campo nazionale – e per il momento non possiamo fare altro che una regolamentazione nazionale – è estremamente complessa.

Devo anche difendere l’operato della polizia; devo difenderla perché abbiamo avuto in essa, dal prefetto all’ultimo agente, il più valido appoggio, sia nella provincia di Catanzaro, sia in altre provincie.

Gli ordini del Governo centrale erano stati tassativi: solamente in casi eccezionali si sarebbe potuto fare ricorso all’articolo 19 della legge comunale e provinciale. Negli altri casi si doveva applicare la legge del settembre, evitando le usurpazioni e le occupazioni coattive.

In provincia di Catanzaro, in particolare, nessun terreno è stato concesso in forza dell’articolo 19. Tutte le concessioni sono avvenute o attraverso le composizioni delle parti – e queste sono state larghe e le ho viste con molto piacere – oppure attraverso decreti prefettizi emanati in base alle decisioni della Commissione; il che ha dimostrato che l’opera dell’autorità è stata energica e tempestiva.

Sono avvenute delle occupazioni, come ebbi a dire, ma esse nella maggior parte erano simbolistiche o pacifiche. E furono gli stessi lavoratori ad abbandonare i terreni occupati, sottomettendosi al giudicato della Commissione.

In qualche altro caso la forza pubblica fece evacuare i terreni stessi, senza l’uso della forza o spargimento di sangue.

In tutti i casi noi dobbiamo, secondo le informazioni ricevute, ritenere che le varie censure all’operato della forza pubblica, ed in particolare quelle ricordate specificatamente dall’ultima parte dell’interpellanza dell’onorevole Silipo, non siano giustificate. Il prefetto di Catanzaro, al quale sono state comunicate le censure dell’onorevole Silipo, ci ha potuto oggi rassicurare che avendo fatto un’inchiesta immediata, con l’intervento dei rappresentanti di tutti ì partiti, compreso quello comunista, essa ha dato esito negativo per quel che riguarda il comune di Strongoli. Per gli altri comuni, dalle stesse informazioni del prefetto si rileva che occupazioni dei terreni furono represse, ma senza uso di violenza.

Questo fatto risale al settembre; dal settembre ad oggi, fatti di violenza se fossero avvenuti, sarebbero stati segnalati in maniera più concreta.

L’opera dell’autorità, quindi, è stata energica e prudente, in pari tempo; ha assicurato il pieno rispetto della legge. La legge è stata applicata con quei criteri obiettivi e tecnici, coi quali doveva essere applicata.

Turbamenti all’economia della regione non ne sono avvenuti. Il che dimostra che l’opera degli ispettori agrari, della quale devo fare la difesa contro gli attacchi che mi vengono da tutte le parti – perché sento accuse da parte dell’onorevole Silipo, come dall’altra parte – è stata imparziale. Devo ritenere che queste accuse, che vengono da parti opposte, si elidono e dimostrano che gli ispettori agrari fanno il loro dovere.

Il fatto di essere censurati dalla destra e dalla sinistra significa precisamente che gli ispettori sono stati nel giusto, tanto che hanno scontentato tutti; perché, se avessero contentato una parte, avrebbero certamente favorito gli uni e compiuto ingiustizia verso gli altri.

La censura che proviene dalle due parti è, secondo me, la migliore prova della giustizia delle loro decisioni.

Gli ispettori agrari, che hanno dovuto in questi anni di guerra così laboriosi assolvere a dei compiti ingrati, meritano veramente il nostro pieno plauso e così tutti i tecnici agrari: sono tecnici valenti, sempre in primo piano nell’opera di ricostruzione. Spero che l’onorevole Caroleo avrà a ricredersi sul loro operato. Ritengo di avere risposto così alla interpellanza anche nei riguardi del Ministero dell’interno. (Applausi al centro e a sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Silipo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

SILIPO. Ringrazio l’onorevole Segni delle delucidazioni che mi ha dato; ma, in quanto ad essere soddisfatto, non lo sono.

Non ho detto che tutte le Commissioni funzionano male; ho parlato di alcune Commissioni, e che sia esatto quello che ho asserito risulta dal fatto che nella Commissione giudicatrice delle terre incolte di Nicastro si dovette sostituire il giudice, perché in oltre due mesi non aveva condotto a termine che sette pratiche delle 100 sottoposte al suo esame.

Quindi non credo di avere affermato una cosa inesatta. Riguardo, poi, agli organi ai quali l’onorevole Segni dice di essersi rivolto per avere dilucidazioni, non erano certamente i più idonei, in quanto erano proprio essi gli incriminati. Se proprio contro di essi chiedevo che si prendessero provvedimenti, come si poteva pretendere che dicessero la verità? Sarebbe stato strano che il prefetto – anch’egli responsabile – avesse dato informazioni diverse da quelle che ha dato. Per lui tutto è logico, tutto va bene, tutto va nel migliore dei modi possibili. Per convincersi della veridicità delle mie asserzioni, sarebbe stato sufficiente che si fosse chiesto il numero degli arrestati, le loro generalità, i capi di accusa e per quanto tempo costoro fossero rimasti in carcere. Se ad un maresciallo o brigadiere bastonatore dei contadini si domanda chi ha bastonato questi ultimi, si può umanamente pretendere che risponda: «Sì, li ho bastonati io»?

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Riguarda la questione di Strongoli questo?

SILIPO. È detto nella mia interpellanza e a questo si doveva rispondere.

Io mi sarei atteso qualche cosa di più preciso, di più concreto che una generica affermazione. Desidererei, se fosse possibile, che si procedesse ad una vera inchiesta, in cui non siano interrogati soltanto gli imputati, perché gli imputati non potrebbero rispondere diversamente da come hanno risposto. Occorrerebbe pur sentire la parte lesa!

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Sono stati anche gli ispettori del Governo centrale varie volte sul posto.

SILIPO. Allora vuol dire che noi attenderemo il risultato delle loro inchieste.

PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CAROLEO. Ringrazio l’onorevole Ministro dell’agricoltura delle assicurazioni date e confido nella possibilità di attuazione dei suoi buoni propositi.

PRESIDENTE. Segue l’interpellanza presentata dagli onorevoli Riccio Stefano, Rodinò Mario, Tumminelli, Venditti, Abozzi, Rodi, Lucifero, Dominedò, Quintieri Quinto, Bonino, Badini Confalonieri, Bellavista, Galioto, Colonna, La Gravinese Nicola, Trulli, Coppa, Ayroldi Carissimo, Vilardi, Maffioli, Corsini, Colitto, Lagravinese Pasquale, Marina, De Falco, Perugi, Patrissi, Rognoni, Cortese, Miccolis, Mastrojanni, Fresa, Castiglia, Caso, D’Amico Diego, Monticelli, De Maria, Quintieri Adolfo, Froggio, Condorelli, Taviani, De Martino, Pallastrelli, Belotti, Cremaschi Carlo, Angelucci, Jacini, Monterisi, Bellato, Dugoni, Borsellino, Tambroni, Rubilli, Zotta, Federici Maria, Sullo, Meda, Sartor, Bianchini Laura, Gotelli Angela, Rodinò Ugo, Fuschini, Leone Giovanni, Di Fausto, Siles, Trimarchi, Cuomo, Marinaro, Numeroso, Bozzi, Corsanego, Notarianni, Giordani, Merlin Umberto, Cimenti, Arcangeli, Ferrarese, Delli Castelli Filomena, Lazzati, Salizzoni, Tosi, Murdaca, Falchi, Nicotra Maria, Roselli, Bazoli, Chieffi, Arcaini, Ferrario, Alberti, Clerici, Perrone Capano, Belloni, Sampietro, Avanzini, Balduzzi, Caristia, Cappugi, Fanfani, Adonnino, Colonnetti, Fusco, Covelli, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delle finanze, «perché – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione – la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime, rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole provincie, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del Tribunale: tenendo presente che, nella scelta dei nomi, debba prevalere la competenza tecnica sul criterio politico». L’onorevole Riccio ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.

RICCIO. Sulla Gazzella Ufficiale, pubblicata ieri, abbiamo avuto la sorpresa, per quanto sto per dire, di leggere un articolo, e precisamente l’articolo 10 di un decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 19 novembre 1946, che porta disposizioni di modifica in rapporto al decreto luogotenenziale del 26 marzo 1946.

Questo articolo 10, che si riferisce alla formazione delle Commissioni provinciali per l’avocazione dei profitti del regime, tassativamente stabilisce che le nomine sono di esclusiva competenza del Ministro delle finanze. Ora, noi diciamo che questo criterio di scelta, previsto nelle disposizioni di legge, è un criterio che assolutamente non può, né deve essere seguito.

Ci si dirà: «Che cosa volete? È una legge!» E noi diciamo che siamo qui proprio per fare le leggi e diciamo che siamo qui proprio per controllare sul piano legislativo quello che fa il Governo: chiediamo di modificare delle leggi. Se le leggi non si potessero modificare, sarebbe inutile che la Costituente fosse convocata. Quindi, se questo argomento ci venisse opposto, noi risponderemmo in questo modo, che mi sembra del tutto evidente.

Ma, ci si dirà, forse, che con questa nostra interpellanza vogliamo procrastinare la realizzazione di quei profitti che devono essere realizzati. Questa osservazione sarebbe espressione di superficialità e di mancata incomprensione. Noi protestiamo perché troppo si è tardato su questa realizzazione, che pure interessa la vita dello Stato.

Però, dopo di avere elevato questa protesta, affermiamo che questa realizzazione deve essere fatta sul piano del rispetto della libertà e sul piano della effettiva giustizia. Perché, se vi dovesse essere un giudice, che è anche parte, noi questi criteri di libertà e di giustizia verremmo a violare, ché anzi, ci troviamo precisamente in questo caso. Infatti, quando è il Ministro delle finanze a nominare la Commissione, è evidente che il Ministro delle finanze è il giudice dei giudici; ed è evidente altresì, che il Ministro delle finanze, che rappresenta lo Stato che è una parte, è parte ed è giudice. Né ci si dica che siamo in una materia tributaria, perché sarebbe un errore grossolano. Non siamo in una materia tributaria; siamo in una materia sostanzialmente ed essenzialmente sanzionatoria e punitiva: non siamo sul piano dell’imposta, non siamo sul piano del tributo, siamo sul piano in cui vogliamo colpire degli illeciti profitti; vogliamo cioè realizzare una giustizia sostanziale, stabilendo una sanzione economica. Non siamo dunque sul piano tributario, ed è allora diritto del cittadino chiedere che vi siano dei giudici imparziali, cioè una Commissione imparziale; e, per aversi un giudice imparziale, non si può dare al Ministro delle finanze l’esclusiva competenza per le nomine. Già è strano che non vi sia una Commissione di appello, in modo che il giudizio di quella Commissione non sia definitivo ed esecutivo. Eppure non si tratta soltanto di colpire un cittadino nella sua sostanza economica, ma bensì di dichiararlo «profittatore illecito», cioè togliergli il patrimonio di onore e di probità. Si può, in uno stato democratico, violare i diritti fondamentali del cittadino ed accertare, inappellabilmente a mezzo di una Commissione tributaria, uno stato di indegnità morale e politica?

A noi non sembra; e la situazione diviene più grave col sistema prescelto per le nomine.

Ci si potrà osservare – ed ecco perché non vogliamo ritardare, ma vogliamo accelerare la realizzazione della giustizia – che le proposte devono essere fatte dal prefetto e, per il presidente, dal presidente del Tribunale. Se vi sono le proposte fatte da chi conosce, la garanzia di scelta v’è. Noi diciamo, in sostanza: come volete realizzare celermente questa giustizia? Dovete scrivere in tutta l’Italia, avere queste risposte, poi formare queste Commissioni. E perché, se voi dovete appoggiarvi su quelle che sono le proposte che vi verranno dal presidente del Tribunale e dal prefetto, perché non demandate ad una Commissione composta del prefetto, dell’intendente di finanza e del presidente del Tribunale la nomina di questa Commissione stessa? Potrei essere un ingenuo a fare questa osservazione, perché vi è un’ultima affermazione nell’articolo 10, la quale dice: «Tali designazioni non hanno valore vincolativo». Ed allora, perché si vuole incomodare un po’ tutti in Italia per avere dei nomi che poi in definitiva potranno servire e potranno non servire, quando vi è la libertà assoluta, da parte del Ministro delle finanze, di nominare chi crede e chi vuole?

Sorge quindi una seconda ragione per insistere sulla nostra proposta e sulla nostra richiesta di modifica della legge. Dobbiamo avere un giudice capace, probo; un giudice cioè che abbia quegli elementi subiettivi che diano garanzia del rispetto dei diritti di tutti i cittadini. Come si farà? Il Ministro delle finanze conoscerà questi uomini? Li conoscerà per le indicazioni che verranno dalla periferia, cioè si baserà su quello che gli diranno gli altri? Li sceglierà veramente fra quelli che saranno designati dal presidente del Tribunale o dal prefetto (e quindi rispetterà le designazioni che nasceranno da una indicazione tecnica e di capacità) o invece il Ministro delle finanze seguirà altri criteri e si lascerà guidare da altri motivi? No, non lo crediamo, anzi siamo convinti che il Ministro delle finanze si lascerà guidare soltanto da un criterio di scelta che abbia a rispondere alle designazioni fatte dalla periferia. Ma se un altro criterio dovesse essere seguito, noi, evidentemente, abbiamo il diritto di protestare e protestiamo; chiediamo perciò che quel criterio, che è l’unico rispondente alla giustizia, sia seguito, e perché si arrivi concretamente a seguire questo criterio di giustizia noi diciamo: modificate subito questa legge, date la responsabilità a coloro che effettivamente debbono averla e cioè prefetto, intendente di finanza e presidente del Tribunale. Facciamo sì che il popolo sappia che queste tre persone scelgono i nomi secondo la probità e la capacità di ciascuno. Soltanto così creeremo nel Paese un clima di tranquillità che è necessario per la ricostruzione; soltanto così creeremo un clima di fiducia nello Stato che deve colpire sì, ma deve colpire rispettando i diritti del cittadino ed i criteri di giustizia.

Ecco perché insisto nell’interpellanza e chiedo che il Governo l’accetti. (Applausi).

Presidenza del Presidente SARAGAT

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. L’onorevole interpellante ha radicato il suo ragionamento sulla modifica contenuta nell’articolo 10 del recente decreto legislativo. Per una corretta interpretazione della questione penso che sia opportuno esaminarla prevalentemente, se non esclusivamente, sul piano tecnico ed è necessario quindi rifare brevemente la storia della legislazione relativa all’avocazione dei profitti di regime.

Gli onorevoli colleghi sanno che la prima configurazione di tale avocazione risale al decreto legislativo luogotenenziale del 27 luglio 1944, n. 159, e alle successive norme di attuazione contenute nel decreto del 31 maggio 1945, n. 364.

Alla stregua di tali provvedimenti, l’avocazione dei profitti ebbe veramente ed esclusivamente quella sanzione punitiva sia nel diritto sostanziale, sia nel diritto procedurale a cui ha fatto cenno l’onorevole interpellante. Senonché l’evoluzione successiva di questo istituto ha portato al decreto legislativo luogotenenziale del 26 marzo 1946, n. 134, col quale l’istituto dell’avocazione dei profitti di regime è stato innestato sostanzialmente e proceduralmente nel quadro dell’ordinamento tributario, ed in particolare nel settore della finanza straordinaria.

Con questo non voglio affermare che sia completamente sottratto all’istituto in questione il suo carattere di natura politica, nel suo spirito informatore, ma voglio affermare che nel diritto positivo attualmente esistente, l’istituto dell’avocazione dei profitti del regime fa parte del complesso tributario e pertanto la questione sollevata circa il giudice che, contemporaneamente, sarebbe parte in causa, non può trarre origine dall’articolo 10 del recente provvedimento del 19 novembre: bisognerebbe risalire al momento in cui è stato emanato il decreto del 26 marzo 1946, poiché proprio allora è inserito nell’ordinamento tributario italiano tutta la questione dell’avocazione dei profitti di regime.

Ed allora non discuto la bontà o meno del sistema seguito. Constato quella che è la posizione rispetto al diritto positivo tributario vigente, e pertanto tutto il resto diventa un corollario: un corollario, il sistema della procedura degli accertamenti, un corollario il sistema del contenzioso amministrativo. L’articolo 21 del decreto del 26 marzo 1946, n. 134, che configura come primo gradino di contenzioso la Commissione provinciale, sezione speciale, adotta la stessa procedura seguita dalla legislazione sui profitti derivanti dalla guerra 1915-1918, nonché norme che alla data del 26 marzo 1946 erano state stabilite in materia di avocazione dei maggiori utili di guerra. Orbene tale Commissione, secondo l’articolo 21, viene costituita secondo i principî generali contenuti nella legge fondamentale del 7 agosto 1936 relativa al riordinamento del contenzioso tributario, che investe il Ministro delle facoltà relative alla nomina delle Commissioni provinciali, su designazione di organi locali. In altri termini, ha continuato a funzionare il sistema tradizionale che, d’altra parte, risale ad epoca ben anteriore al 1936, in quanto bisogna senz’altro risalire, in materia, ai primordi dell’imposta di ricchezza mobile.

L’articolo 10 del decreto 26 novembre 1946 ha semplicemente risolto in sede legislativa quella che era una controversia sul potere vincolante o meno della designazione degli organi locali.

La questione, perciò, è ridotta in questi termini: col sistema attuale siamo o non siamo fuori del sistema tradizionale? Siamo entro il sistema tradizionale. È opportuno cambiare questo sistema tradizionale agli effetti del particolare istituto della avocazione dei profitti di regime? Questo è il contenuto dell’interpellanza, la quale vorrebbe che si sostituisse una apposita Commissione composta localmente da tre funzionari per designare i membri della Commissione.

Ora su questo punto il pensiero del Ministro, in nome del quale ho l’onore di parlare, è che non convenga apportare modifiche al sistema attuale, soprattutto per non perdere altro tempo nell’avviare le procedure in corso verso esiti concreti. Do senz’altro atto che non era nelle intenzioni nell’onorevole interpellante suggerire una procedura tale che costituisse una ulteriore perdita di tempo, ma evidentemente un determinato numero di settimane e forse qualche mese sarebbe necessario per attuare la modifica proposta e renderla definitiva. (Commenti). In secondo luogo, l’onorevole Ministro mi ha assicurato che nella scelta dei membri della Commissione sono stati adottati questi criteri: innanzi tutto, indagine sul carattere, sul grado di onestà e moralità delle persone chiamate a far parte delle Commissioni. In secondo luogo, la competenza delle singole persone. L’onorevole Ministro mi prega di rappresentare che non è mai stato, nelle sue intenzioni, di dare un criterio prevalente a quello che poteva essere il colore politico dei singoli membri delle Commissioni.

Una voce. Non è questione di prevalenza.

PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Per quanto riguarda le designazioni locali si può e si deve tener presente, ed in questo senso l’onorevole Ministro mi prega di richiamare la vostra attenzione, l’opportunità di non mettere funzionari locali nella delicata condizione di dover designare membri destinati a costituire un collegio di importanza eccezionale.

Queste sono le sommarie ragioni per cui il Ministro delle finanze non ritiene di poter aderire alla proposta modifica la quale, ripeto, si tradurrebbe in una modifica di quello che è il solco, l’alveo tradizionale in cui scorre tutto il contenzioso tributario.

PRESIDENTE. L’onorevole interpellante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

RICCIO. Sono dolente di dovere affermare che è soprattutto la premessa posta dall’onorevole Sottosegretario a non convincermi, in quanto non la posizione topografica di una norma decide della natura di essa. Non perché una norma è nel Codice civile, per questo è di natura civilistica. Potrà essere di natura penale e sarà certamente di natura penale se tende alla punizione in rapporto ad una responsabilità, anche se si trovi in quel determinato complesso di norme. Nel nostro caso ci si trova di fronte ad una norma essenzialmente sanzionatoria e punitiva; e perciò non mi posso dichiarare soddisfatto. E pertanto mi riserbo di presentare, a norma di regolamento, alla Segreteria la richiesta di trasformare l’interpellanza in mozione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Ho chiesto di parlare, quale firmatario dell’interpellanza, perché intendo trasformare in mozione questa interpellanza e dire le ragioni per cui ritengo che essa debba trasformarsi in mozione sin da questo momento. Perché io appunto le mie critiche precisamente sul principio informatore di questa legge, che sta proprio nell’arbitrario inquadramento di queste disposizioni relative all’avocazione dei profitti di regime nel sistema tributario.

Come ha già esattamente accennato l’oratore che mi ha preceduto, noi non ci troviamo qui di fronte ad uno dei soliti accertamenti di imposte, ma di fronte ad un apparato attraverso il quale si imprime su un cittadino italiano, o su molti cittadini italiani, il marchio dell’infamia di profittatore della politica. È una condanna molto più grave di quella che si potrebbe avere in applicazione di molti articoli del Codice penale. Non si tratta di accertare il quantum di una imposta, si tratta anzitutto di vedere se ad un cittadino italiano può essere applicata questa sanzione, può essere impresso il marchio d’infamia di essere stato un profittatore nel più ignobile dei modi, cioè avvalendosi di una sua situazione di preminenza politica o approfittando del malcostume altrui. Ora, non è concepibile questo alla luce del secolo ventesimo, dopo gli splendori dello Stato di diritto che demanda esclusivamente alla magistratura il decidere dell’onore, della libertà, delle sostanze del cittadino. Non è ammissibile che il patrimonio più sacro della persona umana, l’onore, la dignità, siano a disposizione di una Commissione amministrativa comunque essa sia stata creata. (Approvazioni a destra).

Il legislatore, non per la prima volta peraltro, è caduto in un grosso equivoco, mettendo questa legge sullo stesso livello della legge per l’avocazione dei profitti di guerra. Sono cose che non hanno nulla a che vedere le une con le altre: lì non si comprime in nessun senso l’onore di nessuno; si dice semplicemente: «Hai guadagnato per una situazione straordinaria; riversa allo Stato»; qui si dice: «Sei un profittatore, una persona che ha agito con malcostume». E questa qualifica deve essere applicata, alla luce dei nuovi principî di diritto della Repubblica democratica, da una Commissione amministrativa!?

Ora, si aggiunga, signori colleghi, che qui la cosa è assai più grave, perché non solo si sono infranti questi principî fondamentali del vivere civile, rimandando l’accertamento ad una Commissione amministrativa, ma la nomina di questa Commissione amministrativa-tributaria è circondata di cautele infinitamente minori di quelle che ordinariamente si ravvisano.

Presidente di queste Commissioni provinciali, presidente nato, è il presidente del Tribunale. Qui il presidente del Tribunale c’entra soltanto come proponente. Sissignori! E perché tutto questo? Proprio perché si tratta di discutere della cosa più sacra di un cittadino, del suo onore! Si aggiunge sotto, come per voler dire che tutto deve avvenire ad arbitrio di sua eccellenza, che il Ministro delle finanze può in ogni istante modificare in tutto o in parte, cioè mandare via tutti i membri della Commissione, in qualsiasi momento, intesa soltanto un’altra Commissione: la Commissione d’appello.

E tanto per completare il quadro con una pennellata magistrale, si aggiunge che non è ammesso il ricorso all’autorità giudiziaria, facendo così eccezione alla norma comune. È ammesso soltanto, in ultima istanza, il ricorso alla Cassazione, per difetto assoluto di giurisdizione. Ma che cosa ha da vedere il sostitutivo col precedente non si comprende.

Non ho bisogno di fare appello, onorevoli colleghi, al vostro squisito senso di responsabilità politica e morale per dimostrare che questi sono colpi gravi che si scagliano contro i fondamenti del viver civile. (Approvazioni a destra Interruzioni a sinistra Rumori Scambio di apostrofi fra la sinistra e la destra). Quando si tratta di aumenti di salari si può impegnare l’attenzione di tutta la Nazione, ma quando si tratta di disposizioni che devono tutelare l’onore dei cittadini italiani, allora non si può parlare. (Interruzioni a sinistra Rumori).

Onorevole Presidente, ella vede che se il mio discorso si prolunga la colpa non è mia.

PRESIDENTE. La colpa è anche sua, perché lei, a termini del regolamento, non aveva diritto di parlare.

CONDORELLI. Ma io dovevo spiegare le ragioni per cui intendo trasformare l’interpellanza in mozione.

Voci a sinistra. Tirate fuori i quattrini!

BELLAVISTA. Restituite allo Stato il tesoro di Mussolini! (Vivi rumori a sinistra Interruzioni Scambio di vivaci apostrofi fra l’estrema sinistra e la destra).

CONDORELLI. Come se lo scempio fatto nell’articolo 21 della legge 26 marzo 1946 non bastasse, si è fatto seguire l’articolo 10 della legge 19 novembre per dire che le designazioni non sono neanche vincolanti.

Evidentemente, signor Presidente, signori colleghi, siamo arrivati a degli eccessi…

TOGLIATTI. Quali eccessi? (Interruzioni Rumori).

CONDORELLI. Io richiamo, signori del Governo, la vostra attenzione su un punto di giustizia, e faccio appello alla vostra prudenza di reggitori, perché, come dice il Ministro delle finanze, è necessario dare la sensazione che non si voglia far vendetta, ma giustizia. La fiducia del pubblico è conciliata, prima di tutto, da una legge giusta. (Interruzioni a sinistra Rumori Commenti). A noi interessa che i giudizi della Commissione possano aver luogo con la massima garanzia di obiettività e che non sia possibile alcun sospetto. (Interruzioni a sinistra Rumori Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro delle finanze. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Si è proposto che l’interpellanza sia trasformata in mozione: nessuno è più lieto di me di affrontare in Parlamento una discussione su questo argomento.

Una voce al centro. Con metodi civili, però.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Coi metodi della verità, della verità per tutti, coi documenti alla mano. Io desidero oggi dire solo poche cose e avrei desiderato di non prendere la parola su questa questione, perché, in questo momento, stiamo concludendo i primi seri atti di pagamento dei profitti di regime.

Una voce al centro. È una sopraffazione che si vuol fare. (Rumori).

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. L’esperienza mi insegna che, ogni qualvolta in base ad una legge esistente si stava per arrivare al punto della pratica realizzazione, proprio in quel momento, si sono avanzate proposte di modifica della legge che hanno fatto perdere molto tempo. (Applausi a sinistra). Ora si ripete questo giuoco: ma questa volta, signori, il giuoco non riesce. (Vivi applausi a sinistra Rumori Commenti a destra).

RICCIO. Questa non è una discussione seria: non si debbono dire queste cose. (Rumori).

ALBERGANTI. Non è seria perché vi tocca il portafoglio.

BELLAVISTA. Restituite allo Stato il tesoro di Dongo! (Vivi rumori a sinistra).

MINIO. Possiamo darvi tutti gli anni di galera che abbiamo sofferto!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Voglio dire agli onorevoli interpellanti, che con il primo punto della loro interpellanza io sono completamente d’accordo: urge in Italia la necessità di creare un ambiente di tranquillità. (Applausi a sinistra). È necessario risolvere tutto il problema dei profitti di regime con tale rapidità che al più presto non se ne parli più. (Applausi al centro e a sinistra).

Ma non si crea, onorevoli colleghi, un ambiente di tranquillità in Italia se non a due condizioni: far presto e far pagare. (Applausi a sinistra).

Ora io vi posso dire per esperienza che, se la proposta attuale ci fosse stata fatta sei mesi fa, si sarebbe anche potuta accogliere. Ma oggi che tutte le Commissioni sono già costituite, proprio nel momento in cui devono entrare in funzione, ricominciare da capo tutto il lavoro, perdere altri sei mesi, signori, no, non è possibile (Applausi a sinistra); anche perché abbiamo già incominciato a riscuotere, e dovremmo incominciare a restituire quello che abbiamo riscosso per fare giustizia uguale per tutti.

Voci al centro. No! No!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Mi sia consentito dire che se in questo problema io porto una severa fermezza, ho diritto di essere creduto che porto anche la più assoluta obiettività. Nessuno potrebbe rimproverarmi, né per la mia opera come Commissario per l’epurazione – e lo richiamo appositamente qui – né oggi, come Ministro che tutela l’applicazione della legge sui profitti di regime, un solo atto di ingiustizia, un solo atto di faziosità. Nessuno potrebbe farlo.

Ora, voi direte, questo non c’entra; ma c’entra invece quando vi è una legge che demanda al Ministro delle finanze anche la nomina delle Commissioni, come diceva or ora l’oratore che mi ha preceduto.

Vi devo dire che la prima condizione per i membri costitutivi delle sezioni speciali per l’avocazione dei profitti di regime è questa: devono essere degni antifascisti. (Approvazioni a sinistra). Non è possibile, o signori, ammettere che per giudicare sull’applicazione di un tributo così delicato fossi stato obbligato ad accettare certe proposte – e non voglio fare nomi per ragioni di riserbo, ma questi sono a disposizione dei colleghi – riguardanti persone fra le quali si è trovalo un certo avvocato che poi figura nelle liste dell’O.V.R.A. Proprio lui avrebbe dovuto essere un giudice in materia di profitti di regime! Ne troviamo un altro – scusatemi, sono informazioni che vi do…

Voci a destra. Nomi! Nomi!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. No, venite in ufficio e ve li dirò, uno per uno. Qui, penso, che non sia giusto chiamare in causa della gente che non è colpa sua se è stata designata in queste Commissioni. Abbiamo trovato, dicevo, il nome di una persona che fu membro del Consiglio di disciplina di una federazione fascista. Altro nome è quello di una persona legata, per ragioni di interesse e di professione, ai profittatori del regime.

Una voce al centro. Chi l’ha nominato?

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Sono stati in certe Commissioni chiamati a fare da giudici uomini che per la loro attività professionale dovevano tutelare gli interessi dei profittatori di regime. Voi comprendete la delicatezza del problema. Io non voglio far colpa ad un commercialista se fra i suoi clienti vi è qualcuno che deve rispondere per profitti di regime, ma penso che vi sia incompatibilità che proprio lui debba essere chiamato a fare da giudice in una Commissione.

Ora, signori, è un’esperienza di questo genere, che ci ha consigliato di chiarire quell’ultimo punto, quella pennellata di cui si parlava or ora, e cioè che le designazioni non sono vincolanti. Perché? Perché io penso che è un buon servizio che rendiamo a quelle stesse persone. Per il loro stesso bene è necessario che essi non siano in quelle Commissioni; ed è bene che non vi siano gli ex fascisti a giudicare, perché alle volte sono proprio quelli i più feroci nel colpire i loro ex amici, per rifarsi una verginità.

Noi siamo pronti a sottoporre all’opinione pubblica, all’Assemblea, anche il giudizio, uno per uno, degli uomini che abbiamo scelto a costituire le Commissioni. Vi dirò di più: ho consigliato, per motivo di incompatibilità, che non si designino i consulenti tributari, i commercialisti, perché è gente che, per necessità di lavoro, ha rapporti di affari con uomini che sono chiamati a versare i profitti di regime. E vorrei rispondere ancora al collega di quella parte (Accenna a destra), che uno degli scopi che ci siamo proposti inquadrando tutta la materia dei profitti di regime nel sistema della legislazione tributaria, è stato anche quello di attenuare, ed in alcuni casi di togliere, il carattere punitivo e sanzionatorio della legge. E questo abbiamo fatto, badate, con la proposta che è venuta da me per il concordato: istituto tipicamente tributario che non può avere carattere di sanzione politica. E nel concordato – dirò ancora di più – abbiamo acconsentito a che l’interessato possa includere a verbale una norma, nella quale egli dichiari che, a norma delle risultanze, ciò che egli paga non lo paga come profitto di regime, ma come contributo alla ricostruzione del Paese. E noi abbiamo accettato questa dichiarazione. Però, nessuno più di noi sa a quali arti, a quanti sotterfugi e scappatoie si ricorre per sfuggire al fatto essenziale: il pagamento dei profitti di regime. Su questo punto non potremo fare nessuna concessione. Oggi in Italia, in sei mesi di lavoro, abbiamo accertato per circa 20 miliardi di profitti di regime.

Una voce a sinistra. Sono pochi.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Gli accertamenti sono per sei mesi; in seguito altri ne verranno; ma, badate, gli accertamenti sono fatti con lo stesso rigoroso criterio oggettivo col quale si accertano i tributi ordinari dello Stato. E vi dirò di più, e cioè che l’abito mentale dei nostri funzionari non è riuscito a stare al passo dei prezzi che salgono. Certe cifre ad essi fanno ancora troppa impressione, e se un pericolo c’è non è che eccedano, ma piuttosto che rimangano troppo indietro rispetto a quella che è la verità dei profitti da accertare.

Oggi mi limito a queste semplici indicazioni. Si vuole trasformare l’interpellanza in mozione: siamo pronti a discutere tutto quello che è stato fatto, a portare dinanzi all’Assemblea anche i casi particolari, anche il modo come è stato organizzato l’ufficio ed a portarvi qui tutte le circolari e le istruzioni da noi date in questa materia. Per le Commissioni abbiamo chiesto una cosa sola: che oltre alla competenza, perché si riesca a comprendere la materia del proprio giudizio, vogliamo uomini di carattere, uomini che non cedano alle influenze personali, alle pressioni delle amicizie e dei favoritismi che purtroppo in Italia ancora esistono e dilagano nel nostro costume politico.

Abbiamo anche raccomandato che si escludano gli ex fascisti, sia per timore di collusioni, sia per timore di eccesso in senso opposto. Abbiamo voluto uomini obiettivi. In taluni casi ho escluso dalle Commissioni designazioni, che mi venivano dai prefetti, di miei compagni di partito, perché mi sembrava che non potessero essere abbastanza obiettivi.

Una voce a sinistra. Dicono il contrario.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Lo so; ma in una discussione in questa sede potrò portare nomi e cognomi. E dirò di più: questo l’ho fatto proprio a Napoli.

Ora, cosa occorre oggi, signori?

Oggi occorre non perder più tempo. Se dovessimo accettare la vostra proposta, sarebbero sei mesi di tempo perduti; l’esperienza insegna questo.

Ed allora vi dico che la realizzazione di quella tranquillità di ambiente che occorre creare in Italia, per i bisogni della ricostruzione voi non l’affrettate, ma l’allontanate nel tempo. E per di più create nuove possibilità di evasione. Anch’io mi pongo l’obiettivo che voi vi ponete.

Per questo vi dico: applichiamo la legge così com’è.

I provvedimenti dinanzi alle Sezioni speciali sono pubblici. Io, d’altronde, mi accingo a fare una pubblicazione, in cui saranno resi noti tutti gli elementi di questo problema, perché sia l’opinione pubblica a giudicare, sovrattutto l’operato dell’amministrazione finanziaria.

Signori: abbiamo bisogno di tranquillità, ma abbiamo bisogno della tranquillità di tutto il popolo italiano e non soltanto dei profittatori di regime. (Vivi applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Segue l’interpellanza dell’onorevole Togni, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, «sui motivi che lo hanno spinto a non dare attuazione al Regio decreto 13 marzo 1944, col quale venne istituita una Commissione per la riforma della previdenza sociale, perpetuando una caotica situazione altamente lesiva degli interessi dei lavoratori».

L’onorevole Togni ha facoltà di svolgerla.

TOGNI. Cercherò di essere breve e molto conciso nell’illustrare questa interpellanza, che ho ritenuto doveroso presentare non solo quale membro di questa Assemblea, ma anche quale membro della Commissione per la riforma della previdenza sociale, che non è stata finora messa in condizioni di funzionare.

È questa una interpellanza, se volete, di carattere tecnico-giuridico, ma che ha un’importanza e un riflesso politico non trascurabile.

Se vi è un settore, nel quale il fascismo si è sbizzarrito con le sue improvvisazioni, i suoi abusi, le sue megalomanie, è quello della previdenza e dell’assistenza sociale.

Noi tutti ricordiamo i tre famosi carrozzoni, che rispondono ai nomi dell’Istituto per la previdenza sociale, dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro, dell’Istituto nazionale assistenza malattie lavoratori; carrozzoni i quali, in definitiva, non erano e non rappresentavano che dei posti e degli appannaggi riservati ai gerarchi, che si trovavano in disgrazia o che aspettavano una nuova sistemazione.

Era, quindi, evidente come la nuova democrazia, appena instaurata in Italia, dovesse preoccuparsi primariamente di questo grave problema, il quale ha un aspetto e un’esigenza sociale non trascurabili. Fu così che il Ministro socialista Attilio Di Napoli, nel marzo del 1944, propose la nomina di una Commissione…

CORBINO. Ministro ero io e non ero ministro socialista. La legge è mia, perché ero io allora Ministro dell’industria e commercio.

TOGNI. È giusto quanto osserva l’onorevole Corbino; però debbo anche affermare che la prima iniziativa partì proprio dall’onorevole Di Napoli, Ministro del lavoro col primo Governo italiano di Bari.

In ogni modo il 15 marzo 1944 fu emanato un primo provvedimento il quale dispose la nomina di una Commissione reale per la riforma della previdenza sociale. Le funzioni e le finalità erano chiaramente espresse all’articolo 1, che diceva come fosse istituita presso i Ministeri dell’industria e del commercio, del lavoro e della previdenza sociale, una Commissione per l’esame delle forme di previdenza e di assicurazione sociale in vigore in Italia, ai fini di una riforma della legislazione vigente, ispirata alle esigenze di un ordinamento più semplice ed uniforme e tale da stabilire i limiti della assistenza dello Stato in favore delle classi lavoratrici.

A questo primo Regio decreto seguì il decreto del 1° ottobre 1944, il quale apportò alcune rettifiche, confermando la costituzione, le finalità, le funzioni ed i poteri di questa Commissione, alla quale in definitiva venne data concreta attuazione con la nomina dei suoi componenti per mezzo del decreto 12 maggio 1945.

Con tale decreto furono nominati tre membri effettivi liberi docenti universitari e due supplenti, due esperti effettivi e tre supplenti, quattro rappresentanti dei datori di lavoro effettivi e altrettanti supplenti, quattro rappresentanti dei prestatori d’opera effettivi e quattro supplenti, quattro rappresentanti dei rispettivi Ministeri oltre ai membri supplenti.

Non essendo allora l’Italia ancora completamente liberata si ritenne opportuno riservare alcuni posti al Nord per quando esso fosse stato liberato. Perciò all’articolo 2 di quella disposizione è detto che con successivo decreto si sarebbe provveduto al completamento della Commissione, rilevandosi all’uopo la necessità di lasciare a disposizione del Nord un posto fra i membri effettivi docenti universitari, due posti fra i membri supplenti docenti universitari, due posti fra i membri effettivi esperti ed un posto fra i membri supplenti esperti, nel mentre appalesavasi con evidenza che analoga riserva non s’imponeva per i rappresentanti dei Ministeri, per i rappresentanti dei prestatori d’opera e dei datori di lavoro, in quanto le singole organizzazioni, e i singoli Ministeri, avrebbero potuto provvedere a tempo debito alla integrazione, modifica o sostituzione dei membri a ciascuno di essi assegnati.

La Commissione, ispirata ai criteri che ho esposto, ebbe una composizione a carattere prevalentemente tecnico, rispondente ad un triplice ordine di finalità.

Fra queste, di maggiore rilievo la finalità di predisporre una riforma di ordine generale di tutti gli istituti che attengono alla previdenza e assistenza sociale, compresi quelli relativi al settore infortunistico e assistenziale, settore che, soprattutto in questa delicata fase di assestamento sociale, ha una importanza tutta particolare.

La seconda finalità informativa della Commissione fu quella di provvedere, quale organo tecnico di consulenza e di controllo, a confortare il Ministero nella emanazione di tutti quei provvedimenti di carattere contingente che nel frattempo si fossero resi necessari.

Infine, è stata tenuta presente una terza finalità – la cui importanza certamente non vi può sfuggire, conoscendo le difficoltà e i ricorrenti sistemi di allegra e caotica amministrazione di taluni istituti – e cioè quella di attuare un sistema di ispezione, controllo, vigilanza, direi giornaliera, sullo sviluppo e sull’attività di questi istituti, per mezzo dei membri partecipi della Commissione.

La Commissione stessa fu insediata con una cerimonia, a dire il vero, solenne, voluta dall’allora Ministro dell’industria, commercio e lavoro, onorevole Gronchi, e svoltasi alla presenza di autorità italiane ed estere: un insediamento, insomma, che lasciò largamente sperare in un proficuo e sollecito lavoro in un campo tanto difficile, e, nel contempo, tanto delicato e necessario.

In tale occasione, furono brevemente delineati i fini, o meglio, gli indirizzi che la Commissione si proponeva di seguire nello svolgimento dei propri lavori, indirizzi che io desumo, per miglior memoria, da una esposizione alla Consulta, che brevemente rileggo:

«Il primo problema posto sul tappeto fu quello della semplificazione, dello snellimento, del coordinamento, se non della unificazione, dei vari istituti al servizio della previdenza nelle sue varie forme ed aspetti di esplicazione: infortunistico, assistenziale e sociale in senso lato. Fu preso in considerazione il problema della ripartizione annuale delle spese sul criterio del cumulo patrimoniale complessivo (quel cumulo patrimoniale, che, poi, ha dato quei risultati che tutti conosciamo).

«Attualmente vige il sistema di far versare determinati contributi, i quali vanno a costituire un fondo patrimoniale per far fronte alle necessarie prestazioni volta a volta richieste ai vari istituti. Si presentò la possibilità, e forse la necessità di sostituire a questo sistema una forma di ripartizione annua in relazione al carico; vale a dire, di trasformare, in definitiva, questi istituti in una specie di cassa di compensazione, la quale, anno per anno, avrebbe chiuso il proprio bilancio ripartendo le prestazioni in relazione alle controprestazioni.

«Il terzo punto preso in esame, si riferisce al carico dei contributi (il quale effettivamente nel frattempo è stato risolto secondo i voti della Commissione, e cioè ponendolo tutto a carico dei datori di lavoro).

«Venne inoltre posto sul tappeto il problema delle prestazioni per adeguarle, sia sotto forma di pensioni, sia sotto forma di prestazioni in natura a quelle che sono e che saranno le vere necessità nel momento nel quale le necessità stesse dovranno essere affrontate.

«Si trattava, in sostanza, di stabilire una vera e propria scala mobile delle prestazioni, in relazione alle esigenze del momento (eravamo al maggio 1945).

«Fu, infine, affermata la necessità (ed era questa la base, il punto di partenza, l’elemento coordinatore, la finalità prima) di rendere le prestazioni veramente serie ed adeguate alle necessità dei lavoratori».

Dopo tanto buon seme, la Commissione non è stata più convocata.

Subito dopo il suo insediamento sopravvenne la nota crisi ministeriale, che portava alla divisione del Ministero dell’industria commercio e lavoro nei due distinti Ministeri, dando vita a quel Ministero del lavoro che noi tutti abbiamo visto sorgere con tante speranze e con tanta fiducia, perché sentivamo la necessità di un Ministero che, in un momento tanto difficile della vita italiana, potesse promuovere una giusta tutela degli interessi dei lavoratori e nel contempo potesse servire, quale elemento contemperatore, là, dove e quando le opposte esigenze fossero diventate eccessivamente critiche.

Ho detto che la Commissione non fu più convocata. A nulla valsero le richieste del presidente, le richieste dei singoli membri; fu steso un velo su questa Commissione, finché, il 25 ottobre del 1945, ebbi l’onore, quale membro della Commissione del lavoro e della previdenza sociale della Consulta, proprio nella seduta di inaugurazione dei lavori, di sollevare una formale eccezione sul modo e sui sistemi che al Ministero del lavoro si erano seguiti nei confronti della Commissione.

Rileggo brevemente quanto allora ebbi modo di rilevare:

«Desidero attirare l’attenzione sulla Commissione per la riforma della previdenza istituita con apposita legge… Essa fu creata per l’esame delle norme di previdenza, assistenza e assicurazione sociale attualmente in vigore in Italia, ai fini di una riforma della legislazione vigente, ma non è stata mai più convocata, nonostante che tutti riconoscano l’urgenza di risolvere questo problema, perché l’attuale trattamento di previdenza non soddisfa nessuno ed i maggiori istituti assistenziali hanno necessità di una riforma radicale e di una pronta ricostruzione dei rispettivi organi normali amministrativi».

A questo mio rilievo altri Consultori si associavano e l’allora Ministro del lavoro Barbareschi rispondeva:

«Avverto che la Commissione per la riforma della previdenza sociale non è costituita in modo del tutto soddisfacente e dovrà essere, con l’ausilio delle organizzazioni sindacali, opportunamente modificata».

Vi risparmio l’elencazione dei successivi solleciti e delle successive riserve, ma credo che non può esser tra voi chi non veda come la risposta del Ministro Barbareschi sia risultata abbastanza strana in quanto noi ci trovavamo, come ci troviamo, di fronte ad un regolare decreto che aveva investito questa Commissione di determinati poteri, i quali non potevano esserle tolti che dall’organo – il Consiglio dei Ministri – che tali poteri aveva ad essa conferito.

Arrivammo alla seduta 6 marzo 1946, seduta plenaria della Consulta, nella quale il compianto onorevole Grandi, cui va ancora una volta il nostro pensiero commosso, preoccupato della situazione dei lavoratori, presentava una interpellanza di contenuto identico a quello che io oggi presento e che fu da lui illustrata nei suoi particolari, fra il grande interesse e la sentita commozione degli ascoltatori.

Non voglio leggervi, per brevità, quanto fu allora discusso, anche col mio diretto intervento, e le assicurazioni che furono date dall’allora Ministro del lavoro circa una sollecita ripresa di attività della Commissione. L’esigenza insopprimibile, anche sotto il profilo politico, dell’iniziativa veniva nuovamente riconosciuta e veniva, anzi, sottolineata l’urgenza indilazionabile del suo operare.

Neppure tale interpellanza, le assicurazioni date in risposta, la bontà degli argomenti svolti ebbero l’esito sperato. Sembra che su questa Commissione e su questo problema (e non vorrei dire sull’ingerenza nell’attuale amministrazione degli enti previdenziali) vi sia qualche cosa che non consente interventi di sorta, che non consente di porre limiti, di riformare, di modificare la situazione attuale di caos, della quale tutti non possiamo che essere decisamente scontenti.

Intanto, nel mentre coloro i quali avevano competenza ed esperienza e preparazione per studiare, riferire, proporre quanto urgeva e quanto, ancora a distanza di due anni, si impone, mentre questa Commissione veniva costretta ad un sopore di origine niente affatto legale e niente affatto democratica, si provvedeva, e si continuava a provvedere attraverso una serie di provvedimenti più o meno improvvisati, più o meno rispondenti a determinate contingenti necessità, con metodi sui quali non voglio intrattenermi in questa sede e sui quali molto ci sarebbe da dire, e che hanno portato comunque a gravi distruzioni di reddito con la massima incoscienza, senza sentire mai, ripeto, mai, il competente ed esperto pensiero di questa Commissione.

Non si sono ancora, nonostante l’indirizzo base, vivo oggi come ieri, ricostituite, a distanza di anni, le regolari amministrazioni, cui la Consulta apprestò, approvandoli, i relativi schemi di provvedimenti,

Siamo ancora in regime commissariale, e come le cose vadano tutti lo sappiamo. Pur tuttavia non si pensa ancora a riformare un settore di così grande e delicata importanza.

Intanto i contributi salgono, mentre le prestazioni diminuiscono. Faccio appello all’obiettività del ministro d’Aragona in proposito perché riconosca quanti rilievi, quante proteste e lagnanze pervengono a lui da ogni parte per il modo con cui le prestazioni stesse vengono effettuate, sulla loro forma e sulla loro misura.

Nella mia città, a Pisa, vi è un palazzo, sul frontone del quale figura il motto: «Alla giornata». Sembra che questo sia diventato il programma degli istituti di previdenza e di assistenza italiani, quegli istituti che manipolano, che amministrano centinaia di miliardi, dico centinaia di miliardi. Ma vogliamo sperare che anche il Ministero del lavoro non abbia fatto suo questo motto. Proprio in questi giorni, infatti, noi abbiamo avuto il piacere, e abbiamo il piacere, di rivedere in circolazione schemi di provvedimenti di legge a suo tempo elaborati dall’allora Ministro Gronchi, riferentisi all’ordinamento dello stesso Ministero del lavoro ed a un complesso di ordinamenti dei quali, in piena carenza legislativa sul lavoro, sentiamo l’assoluta natura impellente.

Vogliamo sperare che tutto questo sia un sintomo di ripresa di una attività decisa, che porti a coprire ed a colmare le gravi lacune, per normalizzare gli istituti con una sana regolamentazione.

Il problema ha una sua alta importanza morale, sociale e giuridica. Non dimentichiamo che il tema riguarda enti con facoltà di imporre contributi, cui è affidata in monopolio un’attività particolarmente delicata.

Voi tutti sapete certamente quale sia la misura dei contributi che vengono oggi a gravare sui salari e sugli stipendi degli operai e degli impiegati. Senza discendere ad eccessivi dettagli, potrei dirvi, ad esempio, che per gli impiegati di prima categoria l’ammontare complessivo dei tributi destinati ai tre Istituti è del 28,45 per cento sullo stipendio base, vale a dire che di fronte ad una retribuzione, stipendio ed indennità di contingenza compresi, di lire 22.075, gravano, per contributi vari, lire 4290.20.

L’impiegato di terza categoria ha un carico ancora superiore, nonostante sia limitato alle prime 6.200 lire, perché sullo stipendio base esso grava per il 45 per cento, mentre sullo stipendio base ed indennità di contingenza conglobate ammonta ad 26 per cento. Ad un totale di lire 15.875 corrispondono 3.985,30 lire di contributi. Ma dove la percentuale sale a cifre veramente astronomiche è sui salari, sulle retribuzioni degli operai. Abbiamo una media, a seconda delle categorie, e dei rami di attività, che va dal 55,50 per cento minimo al 75,65 per cento sulla paga base, e, facendo la percentuale sul cumulo della paga e della contingenza, si va da un minimo del 35 a un massimo del 41 per cento. È questa una ridda di miliardi, perché se moltiplichiamo dette cifre per i milioni di contribuenti, di lavoratori manuali ed intellettuali ai quali vengono applicati, avremo un’idea abbastanza approssimativa della enorme massa di denaro che confluisce nelle casse di questi istituti, massa di denaro, cifre ingenti, carico veramente notevole che in definitiva paga il consumatore, paga lo stesso popolo italiano, evidente essendo che il datore di lavoro non fa altro che rivalersi dei contributi a suo carico sui prezzi di costo e quindi sui prezzi di vendita.

Ora, quali sono le prestazioni effettivamente date da questi istituti? Non scendo al dettaglio, perché è veramente triste constatare la misura in cui le pensioni vengono liquidate, sapere la cifra dei capitali che vengono corrisposti per infortunio.

Sono veramente delle prestazioni inadeguate, e si capisce la ragione di ciò, quando, a parte ogni altra considerazione di ordine amministrativo, si pensi e si percepisca il cumulo di spese generali oggi gravanti questi istituti.

A quanto mi risulta, perché nonostante in mia facoltà, non mi è stato possibile accertare ed appurare esattamente, vi sono alcuni settori dell’attività previdenziale che hanno spese generali sul cumulo dei premi superiori al 50 per cento.

Non voglio oltre dilungarmi. Ho ritenuto doveroso – dopo essermi intrattenuto qualche settimana fa in tema col direttore generale della previdenza al Ministero del lavoro – rinnovare la preghiera di prendere in considerazione il problema della previdenza, di cercare in qualche modo di rispettare il famoso decreto, di proporre questa mia interpellanza, perché confido che finalmente essa si imporrà all’attenzione di chi è chiamato alla risoluzione delle ricordate necessità.

Occorre che noi snelliamo, coordiniamo gli organismi esistenti, occorre che creiamo degli organismi nuovi. Cosi, come abbiamo affrontato nelle nostre Commissioni della Costituente quel principio della previdenza e dell’assistenza che è un riflesso diretto e concreto del diritto alla vita da parte di tutti gli uomini, e in particolare dei lavoratori, oggi chiediamo che, finalmente, questo problema sia risolto, non già con provvedimenti palliativi, temporanei e contingenti, che aggraverebbero il problema generale, ma con provvedimenti decisi e definiti che valgano a risolvere il problema stesso nella sua concretezza, nelle sue multiformi esigenze, nell’interesse vero dei consumatori e dei lavoratori italiani. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro del lavoro e della previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Sarò molto breve, anche perché voglio limitarmi soltanto all’oggetto dell’interpellanza. L’interpellante lamenta che la Commissione che doveva essere, anzi che è stata costituita in base al decreto del 13 marzo 1944, non ha incominciato ancora a funzionare.

Il mio predecessore ha creduto opportuno, considerando che il provvedimento di cui al decreto del 25 marzo 1944 e successivo decreto del 1° ottobre 1944 precedevano l’unione delle varie regioni d’Italia, apportare ad essi quelle modifiche che la nuova situazione determinava e consigliava.

Rendo lode all’onorevole Corbino, che volle l’istituzione di una Commissione per la riforma sociale, perché anch’io penso non solo ciò che l’interpellante ha affermato qui, che cioè gli istituti di assicurazione hanno bisogno di riorganizzarsi e di trasformarsi; ma che hanno bisogno anche di una riforma non solo le stesse leggi che regolano gli istituti, ma tutte le leggi che riguardano l’assistenza e la previdenza sociale. Purtroppo nel nostro paese la legislazione sociale in merito alla previdenza è un po’ come un mosaico: sono sorte varie leggi e sono stati attribuiti i compiti da esse previsti a quegli istituti che esistevano, chiamando così alcuni istituti a compiere funzioni che indiscutibilmente esulavano dai loro compiti, appesantendo così la stessa attività di tali istituti e aumentandone i costi dei servizi, di modo che realmente oggi noi abbiamo oneri eccessivamente gravi per il funzionamento degli enti cui sono affidate le gestioni delle assicurazioni sociali di previdenza e di assistenza. È quindi giusto che si nomini una Commissione che compia degli studi, non si limiti soltanto a stabilire il regolamento degli istituti assicurativi, ma a predisporre tutta la materia delle assicurazioni in Italia con tutte le trasformazioni che sono ora necessarie.

Indubbiamente, mentre ci sarà un lavoro di unificazione da un lato e di decentramento dall’altro, bisognerà anche determinare le categorie che dovranno usufruire dell’assicurazione ed in quale forma. Ma inoltre c’è da rivedere il concetto fondamentale informatore: fin adesso abbiamo sempre considerato che l’assicurazione debba derivare puramente e semplicemente dal contratto di lavoro. Ebbene, bisogna esaminare se il nostro Paese è effettivamente maturo per trasformare anche questo concetto, cioè se dobbiamo vedere come soggetto del diritto di assicurazione soltanto coloro la cui attività è regolata da un contratto di lavoro, oppure se dobbiamo considerare soggetto di esso il cittadino come tale.

È un problema che non si risolve con delle conversazioni accademiche, ma che richiede studi severi. È un problema da esaminare in base a dati ed elementi molto complessi. Ecco perché la Commissione ha un grave compito da assolvere.

Quando sono stato nominato Ministro, non sapendo ancora se fosse stato o no emanato un decreto per l’istituzione di una Commissione del genere, mio primo pensiero fu, per la competenza che ho in questi problemi che seguo da più di quaranta anni e per la esperienza organizzativa che mi deriva dall’aver fatto parte di molti istituti come consigliere di amministrazione, di nominare subito una simile Commissione.

Ho presentato quindi un progetto per modificare la struttura, la composizione della istituita Commissione, la quale aveva forse un eccessivo numero di professori universitari, e aveva troppo pochi rappresentanti degli interessi. Mancava cioè la rappresentanza equa, che a Salerno non poteva essere tenuta in grande considerazione, ma che diveniva necessaria quando in Italia l’organizzazione sindacale, sia padronale, sia delle classi lavoratrici, si è sviluppata.

GRONCHI. Non si tratta di Salerno ma di Roma, perché la composizione della Commissione è mia.

D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Quindi ho proposto che si aumentasse il numero dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Se volevamo sul serio avere una Commissione di competenti, bisognava richiedere anche alle organizzazioni sindacali che il concetto che esse dovevano seguire nella nomina dei loro rappresentanti fosse non di mandare dei rappresentanti generici soltanto per fare affermazioni di principio, ma dei competenti in materia, che potessero con perfetta conoscenza di causa discutere nel merito.

GRONCHI. Due anni sono troppi per questa trasformazione.

D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Due anni fa io non c’ero e non so che cosa avete fatto voialtri. Vi lamentate che oggi gli istituti assicuratori abbiano ancora dei commissari: vorrei pregare tutti i partiti di fare l’esame di coscienza per vedere di chi è la colpa. (Applausi).

GRONCHI. Facciamolo pure!

D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Quindi ho proposto al Consiglio dei Ministri, prima che sapessi dell’interpellanza, un progetto di legge per arrivare alla nomina di questa Commissione. Nel Consiglio dei Ministri mi si è fatto il rilievo che non era necessario un progetto di legge, poiché bastava un decreto presidenziale, sentito il parere del Consiglio di Stato. Oggi la proposta per questa Commissione è davanti al Consiglio di Stato. Io mi impegno, non appena il Consiglio di Stato avrà espresso il suo parere, di presentare il decreto nuovamente al Consiglio dei Ministri e a provvedere immediatamente alla nomina di una Commissione.

Questa è la situazione di fatto; se dovessi poi entrare in tutta la discussione fatta, che però esula dall’interpellanza, dovrei riconoscere che indubbiamente le assicurazioni sociali costano molto e rendono poco: ecco quindi un altro dei motivi che rendono necessaria la Commissione. I datori di lavoro si lamentano che gli oneri sono eccessivi ed hanno ragione; i lavoratori si lamentano perché i vantaggi sono limitati ed hanno perfettamente ragione. Ma io voglio raccomandare a tutti gli onorevoli colleghi che facciano opera di propaganda perché i datori di lavoro rispondano alle esigenze che ho sopra illustrate e che potranno essere soddisfatte con minori costi attraverso le riforme che poi potremmo escogitare, mediante i lavori e gli studi di questa Commissione.

La verità è che gli istituti di assicurazione vivono oggi con i quattrini che incassano. In Italia, per esempio, abbiamo ancora i lavoratori della terra che hanno gli assegni familiari di una lira al giorno. Voi capite che è una irrisione, una mortificazione; è possibile oggi pensare che gli assegni familiari possano limitarsi ad una lira al giorno? Ora se noi vogliamo elevare questi assegni, bisogna che si aumentino i contributi; ma se aumentano i contributi, aumentano anche le proteste. Voi capite quindi qual è la situazione; non dipende dal Ministro, bisogna infatti che egli abbia i mezzi per poter consentire agli istituti di assicurazione di effettuare quelle prestazioni che giustamente la classe lavoratrice ritiene eque. Ecco quindi la necessità che la Commissione esamini anche questi particolari problemi. All’Istituto di previdenza sociale resta ancora, per esempio, affidato tutto il problema degli assegni familiari. Ma gli assegni familiari non sono assicurazioni, sono un’integrazione salariale per la quale non era il caso di fare intervenire l’istituto, facendo gravare su di esso una spesa che non dovrebbe sostenere.

Anche su ciò, la Commissione dovrà volgere il suo esame e dovrà indicare al Ministero ed al Parlamento – si tratterà probabilmente dell’Assemblea che seguirà a questa, – con tecnica, con competenza, con senso di giustizia ed equanimità le possibili soluzioni di tutti questi problemi, perché finalmente anche in Italia si possano avere previdenze e assicurazioni sociali gestite in modo da garantire l’economicità delle gestioni ai datori di lavoro, i lavoratori e tutti i cittadini, perché, in ultima analisi, chi paga e sopporta il peso di tutti gli oneri delle assicurazioni è il consumatore. Quindi è bene che il cittadino, sul quale gravano tutti gli oneri delle assicurazioni, sappia, attraverso i suoi rappresentanti al Parlamento, come è gestita questa forma di assicurazione ed abbia la sicurezza che sarà sempre gestita con economia e con criteri sani. (Applausi).

TÓGNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGNI. Ritengo opportuno intrattenermi brevemente sui punti toccati dal Ministro D’Aragona.

Non mi dilungo sugli orientamenti di una eventuale riforma, sui quali ed oltre i quali possiamo essere perfettamente d’accordo. Io vorrei venire al grano, come dicono al mio paese, e cioè scendere al concreto su quello che è l’argomento preciso della interpellanza.

Il Ministro ha parlato della giusta necessità di tenere conto del Nord, ma se non sbaglio ho già fatto presente come la costituzione della Commissione già questo consentisse largamente e comunque come in 18 mesi di tempo, ché tanti ne sono trascorsi dall’inizio dei lavori della Commissione e dalla sua, diciamo così, «serrata», ben altre nomine noi potevamo e il Ministro poteva effettuare.

Vi è, dice il Ministro, una eccessiva presenza di elementi tecnici, di professori, di docenti. Mi sia permesso di contestare questa affermazione, perché su circa 40 membri vi sono, se non erro, solamente 5 professori universitari. Quindi non vi è che un minimum di partecipazione di quegli elementi che occorrono perché si abbia il doveroso e necessario contributo tecnico che in simile materia si impone. Nei problemi assicurativi non si tratta di fare semplici affermazioni di principio, né tanto meno formulazioni a sfondo demagogico, ma si tratta di affrontare i problemi stessi con competenza, con serietà e con preparazione. Ciò non toglie che sarebbe stato e sia ora opportuno integrare la Commissione nel modo ritenuto più giusto e necessario. Ma perché questo non si è fatto in 18 mesi?

Dice il Ministro che vi è in Italia una inflazione di provvedimenti. Non tiriamo sassi in piccionaia! Questa inflazione si è verificata proprio in questi 18 mesi, durante i quali la Commissione avrebbe dovuto fare opera di controllo su di essi e dare il suo esperto, fattivo, responsabile contributo in una materia che ciascuno di noi comprende, appena appena la sfiori, quali grandi responsabilità comporti; questa essendo una materia irta di particolari difficoltà, che pretende il contemperarsi dei principî, delle aspirazioni e delle necessità con le esigenze reali.

L’onere contributivo è grave, ha detto giustamente il Ministro. Ma non è questo che più preoccupa. Accettiamo pure che questo onere sia rilevante, ma consenta in effetti determinate reali provvidenze, la necessità delle quali tutti avvertiamo. Questo onere deve essere però chiaramente giustificato attraverso un riordinamento, una seria amministrazione e attraverso una adeguata prestazione. È la Commissione che doveva e deve fare l’esame di tutto il problema. Al Ministro può essere sfuggito che la Commissione doveva portare i risultati delle proprie funzioni in questa Assemblea. Egli ha affermato che provvederà ad aggiornare la Commissione attraverso un semplice decreto ministeriale, che sarebbe attualmente sottoposto al parere del Consiglio di Stato. Io sono di opinione leggermente diversa da quella del Ministro e ritengo che questa sia materia costituzionale, sulla quale dobbiamo pronunciarci, perché investe un settore di grande importanza per la vita pubblica e sociale italiana. Pur apprezzando lo sforzo tardivo del Ministro del lavoro, formalmente ritengo e credo oggi mio dovere chiedere che il provvedimento stesso sia portato alla discussione di questa Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sullo Fiorentino. Ne ha facoltà.

SULLO FIORENTINO. Chiedo se il Governo intenda rispondere ad una interpellanza che ho presentato, circa la sperequazione dei lavori pubblici a Roma in confronto delle altre città.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro dei lavori pubblici.

ROMITA, Ministro dei lavori pubblici. Prego l’interpellante di rinviare di poco la interpellanza per varie ragioni. Innanzitutto perché essa dovrebbe essere abbinata ad un’altra interpellanza, presentata dall’estrema sinistra. Le due interpellanze mi daranno modo quindi di esporre alla Camera tutto il programma di lavoro eseguito, le opere costruite e da costruirsi dal mio Ministero, perché la Camera ed il Paese possano conoscere quanto si è fatto. Un’altra ragione particolare, che riguarda l’interpellanza dell’onorevole Sullo Fiorentino e per cui chiedo un breve rinvio, è che c’è stata un’inchiesta da me provocata, per la quale proprio in questi giorni è stata presentata una relazione con delle proposte, relazione consegnata al Capo del Governo. In settimana potremo discuterla, al Consiglio dei Ministri, in modo che potrò poi comunicare alla Camera ed all’onorevole interpellante i provvedimenti che saranno presi in materia.

PRESIDENTE. L’onorevole Sullo Fiorentino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

SULLO FIORENTINO. Sono soddisfatto delle parole del Ministro. Quello che a me importa però è che il Ministro tenga presenti le critiche che facciamo in sede di interpellanza, anche se poi la discussione dell’interpellanza stessa dovrà avvenire di qui a qualche mese. Quello che m’interessa è che il Ministro tenga presente che esiste nel Paese uno stato di disagio e che l’opinione pubblica manifesta vivo malcontento per il modo come i lavori pubblici sono stati organizzati in Roma e nei dintorni di Roma. È bene che una discussione sia fatta su questo argomento quando il Ministro crederà di avere gli elementi a disposizione, in maniera che tutti noi deputati possiamo essere illuminati, e, particolarmente, il Paese possa conoscere la verità.

PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Condorelli ha chiesto che sia discussa d’urgenza la seguente mozione, firmata anche dagli onorevoli Bellavista, Lucifero, Benedettini, Marinaro, Siles, Fresa, Ayroldi Carissimo, Miccolis, Coppa, Colonna, Dominedò, Abozzi, Puoti, Maffioli, Tumminelli, Patrissi, Penna Ottavia, Patricolo, Giacchero:

«L’Assemblea Costituente – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione; ritenendo opportuno che la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime, rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole provincie, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del tribunale, e ciò perché, nella scelta dei nomi, deve prevalere la competenza tecnica sul criterio politico, invita il Governo a sospendere l’insediamento delle Commissioni nominate e disporne la nomina in conformità del criterio su richiamato».

I proponenti osservano che nella discussione dell’interpellanza sull’argomento il Ministro delle finanze ha dichiarato di accettare il dibattito e che è sorta la proposta di rendere più attivo e determinante l’intervento dell’autorità giudiziaria, in considerazione del carattere sanzionatorio della legge.

Chiedono pertanto la immediata fissazione della mozione e che nel frattempo sia sospesa l’esecuzione della legge.

Qual è l’opinione del Governo?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Ministro delle finanze ha dichiarato di accettare la discussione, ma non di sospendere l’applicazione del provvedimento. Quindi, noi siamo d’accordo nell’accettare la discussione di questa mozione; ma il giorno non mi pare si possa stabilire in questo momento.

PRESIDENTE. La Camera potrà essere riconvocata in gennaio.

CONDORELLI. A gennaio sarà inutile discutere la mozione. L’Assemblea ha dimostrato il suo vivo interesse a trattare questo problema. Credo che si possa benissimo fissare la seduta di lunedì.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Sottosegretario di Stato per le finanze mi dice essere impossibile che il Ministro per lunedì abbia tutti i dati, cui ha accennato, in modo che si possa controllare come le Commissioni sono state costituite.

D’altra parte, la legge è in attuazione; non mi pare possibile sospenderla.

Il Ministro si è dichiarato contrario alla sospensione della legge; noi stessi l’abbiamo votata. Essa, per gli scopi cui mira, è di assoluta urgenza. È l’organo esecutivo che dovrebbe essere modificato; ma questo non è necessario sia fatto domani o dopodomani.

Sono quindi contrario a discutere immediatamente. Alcuni giorni occorrono perché il Ministro possa riferire dettagliatamente.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Osservo che non mi pare che occorrano dei dati circa la formazione delle Commissioni, già avvenuta.

Si tratta di discutere una questione di puro diritto, in cui non v’è altro dato che la nostra coscienza giuridica e la nostra intelligenza.

Secondo me, la questione si potrebbe discutere anche stasera, se non vi fossero impedimenti di regolamento. Solo per questo ho chiesto che si discuta lunedì o martedì.

Ma la discussione sarebbe perfettamente vana, se rinviassimo di un mese o due, tanto più che la legge è in attuazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Vorrei chiedere a qualche competente del Governo: è vero o non è vero che sono in corso da due giorni gli accertamenti di un miliardo di sopraprofitti di regime per il signor conte Vaselli? Perché vorrei sapere quale legame potrebbe avere una proposta di sospensiva con l’esecuzione della legge. (Applausi all’estrema sinistra Commenti Vivissimi rumori e proteste al centro e a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. A nome di tutti i deputati, (Commenti) che sentono la solidarietà collegiale e la gravità della loro missione di rappresentanti del popolo, io protesto contro questa forma di insinuazioni e chiedo al Presidente di nominare una Commissione parlamentare, a norma di Regolamento, per stabilire se per qualcuno di noi ci sono collusioni con chicchessia. (Applausi a destra Commenti Rumori).

PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti non ha mossa una specifica accusa ad alcun deputato. Leggo l’articolo 80-bis del Regolamento, il quale dice: «Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi il fondamento dell’accusa; alla Commissione può essere assegnato un termine per riferire».

Non mi sembra, però, che si sia verificato questo caso.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Non so se l’allusione dell’onorevole Togliatti si riferisse per avventura anche ai firmatari della prima interpellanza Riccio. Gliene faccio formale richiesta. (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Patrissi. Ne ha facoltà.

PATRISSI. Debbo ringraziare l’onorevole Togliatti e l’onorevole Gronchi. Comincerò dall’onorevole Gronchi: lo ringrazio della ingenerosità con la quale tende a distinguere la responsabilità dei suoi colleghi di gruppo da quella dei colleghi degli altri settori. (Applausi).

Una voce. Che c’entra?

PATRISSI. Ringrazio poi l’onorevole Togliatti perché mi offre il destro di precisare che in tutto il Paese circolano voci deplorevoli sulla attività della direzione generale della finanza straordinaria ed io ne porto formale accusa.

Il primo accertamento per il signor Vaselli – che non ho il piacere di conoscere – era di 4 miliardi. In seguito a losche manovre e oblique trattative esso è stato ridotto a due. Intanto queste manovre continuano (RumoriCommenti).

Ora devo dire al Ministro delle finanze che le trattative in materia di accertamento per avocazione di profitti di regime vengono fatte direttamente dal Gabinetto del Ministro. Informo da collega a collega il Ministro delle finanze di ciò che avviene nel suo Gabinetto: due ispettori generali del Ministero, lo stesso direttore generale della finanza straordinaria girano in tutta Italia e trattano direttamente.

Siamo in grado di precisare i nomi di coloro che funzionano da galoppini in queste scandalose manovre del Gabinetto del Ministro! (Applausi a destra). Chiedo formalmente che una inchiesta parlamentare tendente a salvaguardare la dignità ed il prestigio del Governo e dello stesso Ministro delle finanze – che, per quanto di parte avversa, è investito di uno dei massimi poteri dello Stato – accerti le responsabilità e faccia piazza pulita dei colpevoli. (Approvazioni).

Non abbiamo nessuna tenerezza per gli speculatori e per coloro che hanno realizzato profitti di regime. (Rumori a sinistra Approvazioni a destra).

Onorevoli colleghi, l’ipotesi più generosa è che queste manovre fruttino a privati; ma la voce pubblica insinua che fruttano anche a qualche partito! Sono più geloso di voi della nostra dignità parlamentare e chiedo che coloro che hanno realizzato profitti illeciti restituiscano il mal tolto.

Ma, in seno alla Commissione legislativa, solo io e due colleghi qualunquisti abbiamo chiesto che nella procedura stabilita dal Ministro delle finanze non si incuneassero lacune o parentesi di arbitrio: mentre in un primo momento i colleghi socialisti erano d’accordo, il giorno dopo, per una delle solite sospensive, furono tutti contrari alla nostra proposta di rinviare all’Assemblea plenaria un argomento così grave e così delicato. Noi ci preoccupavamo allora della dignità dello stesso Ministro delle finanze: il magistero dell’autorità dello Stato è così avvilito, così lacero, così malconcio che, se tutti insieme non ci preoccupiamo di risollevarlo, gravi giorni ci attendono e nere nubi sovrastano il nostro destino.

Pertanto, rinnovo e confermo la necessità di una inchiesta parlamentare che accerti a fondo le responsabilità. (Vivi applausi a destra e al centro Rumori Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Devo una risposta all’onorevole Gronchi e non ho che da dirgli: controlli il resoconto parlamentare. Io ho unicamente chiesto se – dato che era giunto al mio orecchio che erano in corso questi accertamenti a carico di un tipico profittatore fascista – la richiesta di sospensiva di tutta questa procedura non potesse nuocere troppo gravemente allo Stato. (Commenti Rumori vivissimi Proteste al centro e a destra).

GRONCHI. L’onorevole Togliatti ha chiesto se, per avventura, non vi fosse qualche collegamento…

LUCIFERO. Ha detto «collusione»!

PRESIDENTE. Non c’è nessuna collusione! È esclusa dalla interpretazione che l’onorevole Togliatti ha dato. (Rumori a destra e al centro).

LUCIFERO. L’onorevole Togliatti deve ritirare quello che ha detto; deve ritirare la parola «collusione»!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Terracini. Ne ha facoltà.

TERRACINI. Mi pare molto strano che, in una maniera così inattesa, si cerchi di eludere il primo problema che è stato posto di fronte all’Assemblea, il quale è costituito dalla trasformazione in mozione di una interpellanza. È mezz’ora che, attraverso a un chiasso di vario genere, si cerca di dimenticare la prima impostazione del problema. Perché, egregio collega onorevole Lucifero, io ammiro la sua sensibilità, per quanto possa anche non riconoscere in lei questo spontaneo impulso che lo ha spinto a parlare, senza delega, a nome di tutta l‘Assemblea…

Una voce. Siamo d’accordo tutti.

TERRACINI. …ma chiedo per quale ragione pochi minuti prima delle parole dell’onorevole Togliatti, che l’hanno così profondamente offesa – ed intercorrevano venti metri di distanza – lei non ha affatto udito l’ingiuria assai più grave rivolta da un collega che siede molto vicino a lei quando, accennando a questi banchi, ha chiesto in maniera insolente che si rendesse conto, da noi, dei milioni di Dongo. Era un’offesa assai più grave perché, non dico che si possa tollerare, ma si possa anche accettare che in un maneggio pubblico di danaro qualcuno riesca ad approfittare di denaro di privati; ma a quei tali ipotetici milioni di Dongo sarebbe commisto il sangue dei caduti per la liberazione del nostro Paese. (Rumori a destra Interruzioni). E lei, onorevole Lucifero, e tutti i suoi vicini di banco che hanno sentito quell’ingiuria, non hanno elevato protesta; ma in questo momento, poiché si tratta di uno degli affaristi più spregevoli del nostro Paese, ecco che la sensibilità si acuisce. Ed io di questo mi meraviglio, non per lei che conosco e rispetto, ma per il senso strano che le sue parole hanno avuto in questa Assemblea.

Chiedo veramente al senso di dignità di tutti i miei colleghi: ritorniamo al problema quale esso è stato impostato.

Vi è una richiesta perché una interpellanza sia trasformata in mozione; si è domandata la discussione urgente della mozione; il Governo, per bocca dell’onorevole De Gasperi, ha risposto. Decidiamo su questa questione e se mai si vogliano fare delle inchieste parlamentari, per carità! prendiamo un foglio bianco e scriviamoci in fila tutte le questioni tristi sulle quali il Parlamento dovrebbe indagare.

E penso che le questioni intorno alle quali si acuiscono tanti sdegni in questo momento avrebbero il loro posto, non dico in coda, ma abbastanza in fondo. È meglio, quindi, che ciò non avvenga per rispetto nostro e del nostro popolo. (Approvazioni a sinistra Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. L’onorevole Terracini, che mi conosce bene, ed al quale sono unito da vincoli di sincera stima e cordialità, ha voluto richiamarmi all’ordine del giorno. Nessuno aveva dimenticato gli argomenti di cui si trattava, perché proprio da questa parte era venuta l’iniziativa. Nessuno intende sviare la discussione, perché l’onorevole Terracini sa che i miei amici ed io abbiamo proprio il difetto, certe volte se si vuole l’imprudenza, di affrontare le discussioni e di non accettare che si sviino. Ma noi non possiamo accettare che una causa che riteniamo giusta venga torta ad offesa o ad insinuazione; perché, quando l’onorevole Togliatti ha detto che non sapeva se il fatto che in questi giorni si trattasse una non so quale transazione Vaselli potesse avere collegamento con questa nostra proposta e se non ci potesse essere collusione, debbo sinceramente pensare – poiché conosco la prudenza dell’onorevole Togliatti – che forse non era sua intenzione di dire qualcosa che suonasse offesa; ma la sua parola suonava offesa: l’abbiamo ascoltata noi e l’ha ascoltata il pubblico che rappresenta la Nazione. Abbiamo il diritto che siano chiarite: o la parola o la nostra posizione. (Approvazioni a destra Commenti).

PRESIDENTE. Ha già chiarito l’onorevole Togliatti con le sue dichiarazioni. (Approvazioni Commenti).

LUCIFERO. Non sono soddisfatto. Quando pronuncio frase che possa suonare offesa a qualcuno, io ritengo di essere a posto, soltanto quando questo qualcuno è soddisfatto delle spiegazioni che gli do.

Ora le spiegazioni che ha dato l’onorevole Togliatti, me personalmente non hanno soddisfatto. Ho l’impressione che ci siano in quest’aula molti gentiluomini che non ne sono soddisfatti come me! (Approvazioni al centro e a destra).

E visto che l’onorevole Terracini ha voluto fare accenno ad altra frase e si è stupito che io non sia insorto, faccio notare all’onorevole Terracini che io credo di essere nelle nostre discussioni, quando non ho la parola, il più silenzioso dei deputati; e che quando una frase, da qualunque banco venga, colpisce qualcuno, non ho il diritto di reagire quando lo stesso colpito non reagisce. Ma ho il diritto di riferirmi alla dignità dell’Assemblea, della quale faccio parte, quando un incidente ferisce tutta la dignità dell’Assemblea. E quando l’onorevole Terracini parla di lunghe liste, noi abbiamo il diritto di chiedere che si indaghi, per sapere se qui c’è un solo nome che debba esser messo su quella lista, e se c’è, che sia individuato davanti alla Camera e davanti al Paese. (Applausi a destra e al centro Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bellavista. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Dubito di aver ferito la suscettibilità di alcuno non soltanto per l’effetto ritardato di questa reazione, ma soprattutto perché l’onorevole Terracini ha qui riconfermato che il tesoro di Dongo è ipotetico, e quello che è ipotetico e comunque non è reale, non può ferire. (Commenti).

Se poi non fosse ipotetico, ma reale, ho richiamato l’attenzione del Ministro delle finanze su cosa che, essendo tipicamente profitto del regime, perché frutto del ventennale delitto del dittatore, ritorni allo Stato e allo Stato soltanto. (Applausi a destra Rumori Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Devo dichiarare a nome del gruppo democristiano che, dopo le dichiarazioni del Ministro e del Presidente del Consiglio, i colleghi Dominedò, Siles e Giacchero hanno apposto la firma alla mozione dell’onorevole Condorelli senza alcuna autorizzazione del gruppo. (Commenti Rumori). E questo io affermo perché desidero che sia lontano da ogni possibilità di interpretazione come manovra dilatoria la richiesta che era stata fatta nella prima interpellanza.

Noi siamo quindi con il Presidente del Consiglio del parere che si possa e si debba discutere questa mozione, perché darà occasione di esaminare profondamente la questione, ma che questo non debba ritardare l’applicazione della legge. (Applausi al centro Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lussu. Ne ha facoltà.

LUSSU. Quando fu esaminata, in seno al Governo, la questione di far passare i sopraprofitti del regime dall’Alto Commissariato per l’epurazione, che allora era ancora in piedi, al Ministero delle finanze, fu discusso ampiamente il problema e fummo tutti d’accordo, compresi i Ministri di parte liberale (se non mi sbaglio il Ministro Ricci, il Ministro Brosio, il Ministro Arangio Ruiz) sull’opportunità di questo passaggio.

Ed io ricordo, e prego i colleghi di volerlo ricordare con me, che concordammo tutti con le argomentazioni obiettive espresse dall’onorevole Scoccimarro, il quale voleva impedire che sanzione fosse quello che invece doveva essere criterio obiettivo di giustizia e che non si intaccassero eccessivamente, nell’interesse della ricostruzione nazionale, alcune grosse aziende, le quali, se fossero state colpite con criteri esclusivamente punitivi, sarebbero cadute in rovina.

Ora fummo d’accordo che dovesse tutto passare al Ministero delle finanze e ne vedemmo allora le difficoltà. Dopo un anno circa, mentre le Commissioni sono organizzate e stanno preparando la loro attuazione, improvvisamente sorge una interpellanza che si trasforma in mozione.

Io ho per tutti lo stesso rispetto che reclamo per me; in sostanza quindi mi considererei un uomo fuori dell’onore politico se rivolgessi una particolare insinuazione verso qualcuno.

Ma se non voglio insinuare niente verso nessuno, dico che è strano che ci sia questa coincidenza e chiedo a voi, all’onorevole Patrissi, che ha parlato con tanto calore poc’anzi, all’onorevole Lucifero, a tutti i colleghi di parte demo-cristiana: c’è ragione di avere qualche preoccupazione oppur no? Evidentemente c’è. Questa è una manovra dilatoria che l’Assemblea non può permettere. (Applausi a sinistra). Si è accennato a fatti che se esistessero in realtà sarebbero delitti gravi. Ebbene, si denunzino in sede opportuna. C’è un Procuratore della Repubblica. Si presentino al Procuratore della Repubblica testimonianze e fatti, e potremo avere la coscienza tranquilla; ma dilazioni su questo problema non credo siano opportune. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Onorevoli colleghi, il prolungarsi della discussione mi offre l’opportunità di aggiungere qualche nuovo elemento a ciò che ho già detto poco fa. Mi si riferisce che qui si è rilevato, a proposito di taluni accertamenti per profitti di regime, che le cifre sembrano alquanto elastiche, che vanno dai miliardi, ai milioni, e si è fatto anche un nome, l’accertamento Vaselli. Io devo dichiarare qui che proprio due o tre giorni fa è stato concluso l’accertamento Vaselli. (Interruzioni).

Una voce al centro. Ecco perché è falsa quella insinuazione: è già concluso. (Commenti).

Una voce a destra. Lo dica all’onorevole Togliatti.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Ma debbo anche dichiarare che se oggi decidessimo di sospendere l’applicazione della legge, penso che il signor Vaselli sarebbe molto contento di questa decisione. (Approvazioni a sinistra).

Ora, permettetemi qualche parola sulle cifre, perché queste vi dimostreranno con quale criterio e con quale obiettività si opera al Ministero delle finanze. Prima cifra: quattro miliardi. Non so come questa cifra, che non era definitiva, sia uscita dagli uffici. (Interruzioni). Abbiate pazienza! Ma so soltanto che in quella cifra c’era un errore, che un funzionario delle finanze poteva anche commettere, e cioè che nella valutazione degli immobili, uno è il prezzo dei vani occupati, altro è il prezzo dei vani liberi; e precisamente i vani occupati valgono la metà dei vani non occupati.

Ora, il funzionario che ha calcolato quella cifra…

Una voce a sinistra. Che cosa vuol dire?

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Vuol dire che quando si è accertato questo elemento, ho ordinato che si precisasse con quale criterio era stata fatta la valutazione, che mi sembrava eccessivamente elevata; e si è accertato allora che quell’apprezzamento generale doveva essere dimezzato; doveva essere dimezzato, badate, esclusivamente per questa ragione. Io stesso, non mi vergogno di dirlo, ignoravo che un appartamento occupato ha un prezzo diverso da quello di un appartamento libero. (Interruzioni Commenti). Ma appena ciò è stato segnalato si è proceduto alla rettifica. Successivamente è intervenuto un altro motivo di riduzione. I funzionari dell’amministrazione finanziaria hanno una abitudine, che io mi sforzo di capovolgere, e cioè che quando trattano col contribuente, sapendo che si cerca di sottrarre ed occultare tutto il possibile all’accertamento del fisco, elevano le cifre per potere alla conclusione avvicinarsi alla realtà. È un metodo che penso sarete tutti d’accordo con me nel disapprovare. Ed io cerco di cambiare queste abitudini.

Ora, che cosa è avvenuto? Lo stesso criterio si è portato anche nel campo dei profitti di regime ed io sono intervenuto in modo particolarmente energico, perché esso è da escludere a maggior ragione in questo campo: specialmente in questa materia non si può e non si deve contrattare col contribuente.

Non è possibile fare un accertamento di una cifra, poniamo mille, e poi concordare con duecento, perché l’opinione pubblica giustamente ci chiederebbe: «O l’accertamento era sbagliato, e allora correggete i funzionari; o l’accertamento era giusto, e non avete il diritto di fare una concessione così larga».

È perciò che ho ordinato che nel caso specifico si rifacessero tutte le valutazioni e si precisassero esattamente i profitti di regime, separandoli da quelli che sono gli utili e i profitti ordinari dell’attività d’un qualsiasi industriale. In questa revisione le cifre hanno subito una ulteriore modificazione. Ora mi pare che tutto questo dimostri all’evidenza con quale criterio noi operiamo, non di persecuzione, non di vendetta, ma di obiettiva e giusta valutazione di ciò che nel patrimonio di un cittadino italiano costituisce il settore specifico dei profitti di regime, separato da ciò che è l’utile normale delle attività industriali.

Si è detto anche qui che le pratiche per profitti di regime vengono definite con metodi particolari nel Gabinetto del Ministro. Smentisco nel modo più categorico affermazioni del genere: nel mio Gabinetto non si è trattata nessuna pratica di profitti di regime. Dico di più; la sola volta che sono intervenuto in una pratica di questo genere è stato giorni fa, quando un delegato provinciale si trovava in disaccordo con l’accertamento fatto d’ufficio, ed ho voluto sentire personalmente le ragioni degli uni e degli altri. Ma ho lasciato libero l’ufficio nelle sue valutazioni e il delegato nei suoi apprezzamenti. Sarà la Commissione che giudicherà quando avrà tutto il materiale a sua disposizione.

E devo aggiungere qualcosa ancora: per norma mi sono rifiutato personalmente di ricevere chiunque fosse interessato ad una pratica di profitti di regime. Nessuno è mai entrato nel mio ufficio a parlare di problemi di questo genere, e nemmeno è entrato nel Gabinetto del Ministro. Hanno invece accesso gli interessati alla Direzione generale della finanza straordinaria, per portare i loro memoriali, i loro documenti, le loro difese e tutto ciò che occorre per accertare rigorosamente ed esattamente i profitti di regime.

Ora ogni indicazione, ogni presupposto che facesse pensare in questa materia a qualcosa di poco pulito, di non regolare, io la respingo, con indignazione.

Badate, i funzionari che operano nella Direzione della finanza straordinaria sono stati scelti con un criterio particolare, ed io personalmente ho voluto conoscere tutti i loro precedenti, persino la loro condotta nella vita privata. (Approvazioni).

Può essere che possa capitare a qualcuno di cadere in peccato: io assicuro che costui sarà colpito come già sono stati colpiti alcuni funzionari che oggi sono in carcere per aver proseguito in certi metodi di corruzione che si usavano in passato.

Devo aggiungere ancora qualcosa, per l’accenno fatto ad un direttore generale e a due ispettori che girano l’Italia per concordare le pratiche relative ai profitti di regime. Badate, tutti possono sbagliare, ma per quel direttore generale e per quei due ispettori io metterei la mano sul fuoco: sono tali galantuomini che non un soldo entrerà illegittimamente nelle loro tasche. Costoro girano l’Italia, e purtroppo sono ancora pochi, per andare ad ispezionare come funzionano gli uffici provinciali, per stimolare, per vedere dove c’è bisogno di rafforzare qualche ufficio, per risolvere questioni controverse tra uffici e delegati provinciali. Ma una norma è precisa, e cioè che il delegato provinciale, che non è un funzionario dell’amministrazione, ma colui che rappresenta il controllo dell’opinione pubblica nell’attività dell’Amministrazione finanziaria, il delegato provinciale – dico – ha la possibilità di controllare tutti gli atti, tutti i documenti. Egli rappresenta, dinanzi all’opinione pubblica, la garanzia della correttezza dei funzionari dell’Amministrazione.

Ora, il direttore generale della finanza straordinaria e i due ispettori, che probabilmente dovranno moltiplicare i loro sforzi per accelerare l’azione, devono spesso muoversi, ma non sono loro che concordano le pratiche di profitti di regime. La conclusione di tali pratiche avviene in questo modo: un funzionario anonimo dell’ufficio delle imposte dirette calcola rigorosamente i documenti che ha sottomano; essi passano poi al giudizio del delegato provinciale. Il delegato provinciale li valuta e li esamina, anche in relazione alle sue particolari informazioni. Una volta che il funzionario ha il consenso di questo delegato, l’interessato viene invitato: gli si rende noto tutto, ed egli può contestare, portare tutte le difese, tutti gli elementi che ritiene opportuni. Quando la pratica è definita, allora si offre il concordato. Se vi si arriva, bene; se no, si va al giudizio della sezione speciale.

Di concordati, finora ne abbiamo fatti per una cifra di 150 milioni ed uno solo a Milano per 70 milioni. In materia di concordati giudicano insieme l’interessato e il funzionario anonimo delle imposte dirette. Non c’entrano né il direttore generale né gli ispettori. Entrano in un solo caso, quando il concordato è troppo basso, nel qual caso chiedono l’autorizzazione. Noi, per norma, pensiamo che bisogna mantenere una certa elasticità: il 10 o il 15 per cento, ma non si può arrivare al 50 per cento.

PATRISSI. Non si deve.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Non si deve: benissimo. Ma se voi chiedete a me di quali concordati, di quali pratiche di profitti di regime si stiano occupando le Commissioni, vi dirò che non lo so.

PATRISSI. Lei è fuori causa.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. E il direttore generale è anche lui fuori causa, perché egli esamina semplicemente se la legge è stata rispettata: questa è la pratica concreta. Ora, onorevoli colleghi, qui si chiede una inchiesta parlamentare: voi mi dovete scusare, ma in questa richiesta c’è il presupposto che stia avvenendo qualcosa di illecito negli uffici dell’Amministrazione finanziaria. Io vi prego, se avete dei dati su questo, di passarli e possibilmente di passarli direttamente all’autorità giudiziaria, non fermandovi dinanzi a nessuno, neanche dinanzi a me; qualunque elemento voi abbiate, investitene l’autorità giudiziaria immediatamente. Se avete solo dei dubbi, io posso fare quello che sempre si è fatto, utilizzare cioè colui stesso che solleva il dubbio per una inchiesta che accerti immediatamente la verità. Ma io non posso accettare un’inchiesta parlamentare, perché questo getterebbe un’ombra su tutti questi galantuomini che lavorano in questo campo, e che io ho il dovere e il diritto di difendere da questo banco.

Voci a destra. Benissimo!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Però io accetto la discussione. Accetto di portare qui tutti i documenti che volete, ma non parliamo di inchieste parlamentari, non parliamo di sospensione della legge, perché l’applicazione della legge deve andare avanti. In questo momento io credo che, quando coloro i quali sono chiamati a dare il contributo di illecite ricchezze acquisite, nelle forme che sono previste dalla legge, vedranno che non c’è più nulla da sperare, né in rinvii, né in attese, né in cavilli giuridici, come sperano tuttora, voi potete essere certi che la corsa al concordato sarà rapida da parte di tutti e in tutta Italia.

E sapete perché? Perché il concordato toglie la caratteristica di profittatore di regime. Quando interviene il concordato, non vi è più un giudizio, vi è un accertamento di una legge tributaria, per cui il profittatore diventa un contribuente come gli altri. Ed è per questo che io mi attendo dal concordato la rapida conclusione di quella grossa faccenda che sono i profitti di regime. Ma se noi oggi qui facessimo soltanto sperare che è possibile, attraverso inchieste, attraverso mutamenti di legge, rinviarne di nuovo l’applicazione, allora noi non avremmo più concordati e demoralizzeremmo gli stessi funzionari che lavorano. Uomini che guadagnano quattordici, quindicimila lire al mese…

PATRISSI. Male, non è giusto!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. …con una famiglia sulle spalle, devono essere moralmente ben corazzati per respingere le offerte di milioni che hanno da chi ha l’interesse di farle. Ed è per questo che io, d’accordo con il Governo, ho ottenuto di dare loro una particolare indennità (Vive approvazioni), anche perché questi funzionari lavorano dalla mattina alla sera, come tutti sanno.

PATRISSI. Deve essere una indennità uguale per tutti.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. È una indennità speciale. Ed io vi dirò di più. Ho già detto ai miei funzionari che il giorno in cui i maggiori accertamenti saranno tradotti nella realtà di centinaia di milioni che entreranno nelle casse dello Stato per opera della loro attività, proporrò al collega del tesoro di dar loro un premio particolare (Applausi generali), che deve essere dato non soltanto come premio al maggior lavoro compiuto ma – ciò che per me ha ancora maggior valore – deve essere un premio alla onestà di cui si è data prova nell’assolvere ad un compito così delicato (Applausi).

In conclusione, discutiamo pure, se volete. Discutiamo in qualunque momento. Ma non si insista, ripeto, sulla inchiesta parlamentare. Questa proposta avrebbe una influenza deleteria da una parte sull’animo dei funzionari, dall’altra su coloro che sono colpiti dagli accertamenti e che sarebbero incoraggiati a resistere.

Tutto deve essere chiarito. Fra qualche settimana il Ministero delle finanze comincerà a pubblicare un giornale quindicinale nel quale l’opinione pubblica potrà trovare tutto quello che vuole e ricercare tutti gli elementi che crede. D’altra parte chiunque può venire al Ministero delle finanze e chiedere su qualunque problema tutte le spiegazioni che desidera.

Il Ministero delle finanze è già oggi trasparente, ma lo deve divenire ancora di più (Approvazioni); direi quasi che di tutte le amministrazioni dello Stato l’amministrazione finanziaria è quella nella quale si deve avere la netta impressione, entrando nei suoi uffici, che dei galantuomini vi lavorano per il Paese e che su di essi non si deve avere il minimo dubbio di corruttibilità.

Coloro che si dimostrino inadatti, che dimostrino di non sapersi mettere per questa via – lo sanno già – se ne andranno, e forse se ne andranno in carcere. Ma su quelli che rimangono dovremo poter dire: se questo è un funzionario dell’amministrazione finanziaria, a priori è un galantuomo nel quale possiamo aver fiducia. (Vivi generali applausi).

PATRISSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRISSI. Ringrazio l’onorevole Ministro delle finanze. Lo ringrazio per i chiarimenti che ci ha forniti e per l’enunciazione dei propositi che guideranno la sua prossima politica nel dicastero cui presiede, e nel ringraziarlo mi permetterò di fare alcune amichevoli considerazioni, che muovono da questo fatto: è di dominio pubblico ciò che ho avuto l’onore di riferire all’Assemblea, sia pure con un certo impeto. Non discuto le affermazioni del Ministro, anzi, siccome è nei nostri postulati programmatici la restaurazione dell’ordine e la restaurazione della autorità dello Stato, ritengo che le affermazioni del Ministro delle finanze siano assolutamente tranquillanti. Però, il fatto che circolino delle insinuazioni, che si credano delle cose non giuste (Rumori a sinistra) sta a dimostrare che nella procedura stabilita c’è una parentesi, c’è una possibilità, c’è un’intercapedine nella quale la legge non ha preso le dovute precauzioni per evitare che si inserisca l’arbitrio.

Circa il sistema di accertamento, nulla da dire; la difesa dei funzionari l’onora: lei è il capo del Dicastero e deve difendere i suoi funzionari. Io conosco la tradizione di onestà, di mortificante onestà, della burocrazia italiana, che purtroppo è costretta a tirare la carretta del pane quotidiano e della alimentazione dei propri figli in condizioni di estremo disagio e, talvolta, anche di indigenza. La proposta di venire incontro a questi bisogni ha trovato il consenso di tutti i settori dell’Aula. Ma i dubbi che provocano le dicerie, che si trasformano in calunnie e diffamazioni, scaturiscono proprio dalla legge.

L’onorevole Lussu, cui con una certa intemperanza ho rimproverato di non aver compresa la materia del contendere, dovrebbe conoscere quali sono state le ultime vicende del decreto che ci occupa in questo momento. Non si è parlato di togliere la competenza relativa a questa materia al Ministero delle finanze. Sta bene che sia passata dall’Alto Commissariato alle finanze: non si discute. Però, l’ultimo decreto Scoccimarro, all’articolo 10, prevede che la nomina dei commissari debba esser fatta direttamente dal Ministro delle finanze. Fiducia assoluta nel Ministro delle finanze, ma bisogna riconoscere che per salvaguardare la delicatezza della carica ed il prestigio della funzione, il Ministro delle finanze avrebbe fatto meglio a lasciare agli organi che la legge primitivamente stabiliva, la facoltà di nominare, anzi di designare questi commissari.

Ora, non insisto per l’inchiesta parlamentare. Credo che più che il passato politico, la linea di carattere dell’onorevole Scoccimarro ci diano sufficiente garanzia che egli sorveglierà il funzionamento del suo Ministero in questo delicato settore, ponendo mente a quelle che sono le voci che circolano pel pubblico, e uniformerà la sua azione in modo da dissipare queste nubi che sono oltremodo perniciose, data la gravità dei tempi che corriamo. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Vorrei pregare l’onorevole Condorelli di non insistere perché la mozione sia discussa lunedì. La discuteremo alla riapertura della Camera.

CONDORELLI. Sono costretto ad insistere. Si è parlato di sospensione. La legge coi suoi accertamenti, col suo iter continuerà liberamente. Qui si tratta del funzionamento delle Commissioni che devono risolvere le controversie. Non vi è nessuna difficoltà a che queste Commissioni incomincino a funzionare tra 15 giorni. Tutto l’apparato fiscale funziona indipendentemente da queste Commissioni. Ho chiesto, e lo hanno chiesto anche gli amici, la sospensione soltanto di quell’articolo di legge che si riferisce alla composizione della Commissione. Qui si vuol fare apparire che avverrebbe un cataclisma. Avviene solo questo: che le udienze di questa Commissione cominceranno tra 15 giorni, ma gli accertamenti sono stati fatti e continueranno.

Sono costretto a insistere perché questa discussione, che è richiesta dalla nostra coscienza giuridica, dalla difesa che dobbiamo fare dei principî che devono stare a base delle nostre istituzioni, sia fatta.

PRESIDENTE. C’è dunque la proposta dell’onorevole Condorelli di discutere lunedì prossimo la sua mozione. Il Governo ha considerato che la proposta potrà essere discussa quando l’Assemblea sarà riconvocata, cioè fra 15 o 20 giorni.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro delle finanze. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Un chiarimento ulteriore all’onorevole Condorelli.

Il problema delle Commissioni è delicato. Gli accertamenti in gran parte sono compiuti ed attendono il giudizio delle Commissioni. Ora non so se sia cosa utile che, mentre le Commissioni siedono, noi discutiamo qui della loro competenza a decidere.

CONDORELLI. La legge è stata pubblicata ieri.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Quella legge, non è una novità, è un chiarimento della legge che esiste da sei mesi.

Comunque, se si vuole discutere solo il problema delle Commissioni, è cosa limitata e ristretta.

CONDORELLI. Nessuno si sogna di discutere l’intera legge. Si tratta dell’articolo della nuova legge in relazione all’articolo 21 della precedente.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Io, personalmente, non ho nessuna difficoltà a discutere anche lunedì. (Approvazioni a destra).

CONDORELLI. Le siamo gratissimi.

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Sospensione della legge, no! Parliamoci chiaro.

Voci a destra. No, no!

SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Leggendo ora la mozione, osservo che lei, onorevole Condorelli, dicendo che si tratta solo delle Commissioni e non della sospensione nell’applicazione della legge, mi aveva tratto in inganno. La sua mozione invita a sospendere l’insediamento delle Commissioni.

Questo non posso accettarlo, perché invalida i criteri, coi quali sono stati scelti i suoi membri; criteri di tale obiettività e correttezza, da non ammettere discussione alcuna.

Perciò, devo respingere la proposta.

CONDORELLI. Chiedo la parola.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Stasera si tratta di decidere se questa nostra mozione debba essere discussa lunedì.

Non chiediamo che il Ministro faccia ora stesso un decreto per sospendere l’insediamento delle Commissioni; sarebbe anche impossibile. Speriamo che questo sia il risultato della nostra prossima discussione. Noi chiediamo soltanto la discussione per lunedì.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Si è già dichiarato di non potere accettare in nessun caso la sospensione per quanto riguarda la costituzione delle Commissioni. Non c’è quindi nessuna ragione di fare una discussione immediata. Comunque noi possiamo discutere su questa materia anche prima del giorno 21, in una particolare seduta, e possiamo rivedere tutto questo lavoro delle Commissioni.

PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta dell’onorevole Condorelli, non accettata dal Governo, di discutere d’urgenza la sua mozione.

(La proposta non è approvata).

Ricevo ora una comunicazione di cui do lettura: «Signor Presidente, riconfermo la richiesta di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle «collusioni» che possono intercorrere tra i deputati e la Ditta Vaselli, come con qualunque altra». Questa comunicazione è firmata dagli onorevoli Lucifero, Condorelli, Colonna, Benedettini, Bellavista, Coppa, Mastrojanni, Fresa, Corsini, Abozzi, Maffioli, Puoti, Tripepi, Rodi, Ayroldi, Marina.

Osservo, peraltro, che per la nomina di una Commissione d’inchiesta è necessaria una legge di iniziativa parlamentare.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Qui si è parlato di collusione. La frase non si rivolgeva alla mia persona, ma a questo settore.

Ora, io penso che se ognuno di noi deve essere una torre di avorio, coloro che hanno la difficilissima funzione della opposizione lo debbano essere due volte. Noi non possiamo accettare (noi che siamo gli interpreti della critica dell’opinione pubblica) di essere comunque sospettati e che questo sospetto sia espresso in quest’aula.

Quando un sospetto su alcuno di noi viene manifestato, abbiamo il diritto che l’opinione pubblica sappia se questo sospetto è o non è fondato.

Credo che ciascuno di noi si debba sentire in questo stato d’animo. In ogni modo, se è un eccesso di delicatezza da conservatori sorpassati, siamo fieri di essere quei cavalieri antichi che hanno ancora una epidermide sottile. (Approvazioni Rumori Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Targetti. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Se ho ben compreso, vi sarebbe una proposta di inchiesta parlamentare; ma credo di dover far presente una cosa che deve essere ricordata da tutti: non si può arrivare alla decisione di una inchiesta parlamentare sopra un determinato argomento, se non come conclusione dell’apprezzamento di elementi probatori che autorizzano il Parlamento a far luce sopra una determinata questione. Perché, se si venisse a un ordine di idee diverso, se cioè si ammettesse che fosse sufficiente una richiesta non motivata, anche di dieci o quindici deputati, si potrebbe dire che un’Assemblea parlamentare sarebbe destinata a vivere in mezzo alle inchieste. Se fosse vero che per ottenere un’inchiesta basta dire che corrono delle voci, che ci sono dei sospetti…

LUCIFERO. Si è parlato di collusione!…

TARGETTI. …allora, andremmo incontro ad una epidemia di inchieste, che non starebbero neppure a deporre favorevolmente sulla serietà delle inchieste che effettivamente si potrebbero fare.

Credo, pertanto, che non debba essere neppure presa in considerazione la proposta avanzata dall’onorevole Lucifero. (Applausi a sinistra Rumori Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. È sempre per quella rimanenza di epidermide troppo sottile… L’onorevole Togliatti ha detto una frase in cui si parlava di collusione con la ditta Vaselli, riferendosi anche a trattative che sarebbero state fatte in questi giorni; e il Ministro delle finanze ha confermato che queste trattative sono state concluse in questi giorni.

Lei, signor Presidente, non ha ritenuto di richiamare l’onorevole Togliatti, non ha ritenuto di fargli ritirare la frase.

PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti ha già dato una interpretazione della sua frase. (Rumori a destra).

LUCIFERO. In sostanza, si è sollevato un incidente e non è venuto nessun chiarimento; quindi l’accusa rimane, tanto più che io, verso il quale non era rivolta, ma che ho l’onore di sedere in questo settore, sento di rendermi interprete dell’opinione del nostro settore nel dire che queste accuse o si provano o si ritirano. Questa è anche lealtà parlamentare!

Se l’onorevole Togliatti è convinto di aver detto una cosa giusta, lo prego di appoggiare la mia richiesta; se ha detto una frase che andava al di là delle sue intenzioni, lo dica lealmente e non avremo più ragione di protestare. (Applausi a destra Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. L’onorevole Lucifero ha parlato di suscettibilità. Io pure sono suscettibile; e in questa Assemblea mi sento suscettibile sotto due aspetti: prima di tutto come membro di essa e rappresentante qui del popolo italiano…

Una voce a destra. Di una parte del popolo italiano!

TOGLIATTI. …e, in secondo luogo, come combattente contro il fascismo.

Come membro di questa Assemblea, la mia suscettibilità questa sera è stata offesa per questo fatto: che noi abbiamo seduto qui una settimana, abbiamo discusso alcune questioni interessanti, ma su altre questioni non ci siamo soffermati. Non abbiamo creduto opportuno di soffermarci quando venne sollevata da un collega di questa parte la questione del pane.

LUCIFERO. L’ho sollevata anch’io.

TOGLIATTI. Ci dicono che, forse, mancherà il pane al popolo italiano (Rumori a destra Interruzioni). Non ritenemmo discutere, lasciando al Governo ampia facoltà e lasciandolo tranquillo nel suo lavoro per risolvere questi gravi problemi, dato che in questo Governo noi abbiamo fiducia. (Commenti).

La mia suscettibilità è stata offesa quando ho visto che questa Assemblea, che si era comportata in questo modo per i problemi cui ho accennato, sta perdendo una serata per vedere se sia necessario modificare una determinata procedura per evitare la confisca di qualche milione (Approvazioni Interruzioni Commenti); oppure la questione è stata sollevata qui a garanzia di coloro verso i quali, se non contro i quali o con i quali, si sta procedendo. Questo è il primo motivo per cui la mia suscettibilità è stata offesa.

In secondo luogo è stata offesa la mia suscettibilità di combattente contro il fascismo, durante tutta la mia esistenza politica, per la libertà, per la dignità e per la felicità del mio Paese. (Commenti Interruzioni).

Sissignori, perché io penso che tanta sollecitudine giuridica o non giuridica, tanta preoccupazione per fare una situazione più favorevole a coloro che sono i veri nemici del nostro Paese (Rumori a destra Interruzioni) sia una cosa fuori di luogo. Forse la mia suscettibilità di combattente contro il fascismo è più grande… (Rumori a destra Commenti Interruzioni). Io penso che coloro i quali hanno profittato del regime fascista, nel modo che sappiamo, e verso i quali deve rivolgersi l’azione del Ministero delle finanze, sono nemici del popolo italiano.

Una voce a destra. Ma su questo siamo d’accordo!

GRONCHI. Tutti d’accordo.

TOGLIATTI. Ed io mi auguro che nella lotta contro questi nemici e nell’azione che dev’essere condotta per toglier loro quello che è stato estorto al popolo italiano (Rumori Interruzioni), valga l’autorità di tutto il popolo e siano concordi tutti coloro che lo rappresentano.

Dopo di che non ho nulla da aggiungere o da rettificare a tutto quello che ho detto. (Applausi a sinistra Commenti a destra Rumori).

Una voce a destra. Con questo l’onorevole Togliatti ha confermato l’offesa, ma non ha rettificato niente.

PATRISSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRISSI. Onorevoli colleghi, l’ora è tarda e credo che, data la natura dei contendenti, potremmo continuare la conversazione fino a dopodomani. D’altra parte, a noi che siamo avvezzi ai colpi dì maggioranza (Commenti) non conviene neanche insistere; però debbo a conclusione affermare che la nostra sensibilità dovrebbe essere riassunta ed interpretata dal Presidente. (Applausi a destra Commenti).

PRESIDENTE. Leggo la seconda dichiarazione dell’onorevole Togliatti: «Devo una risposta all’onorevole Gronchi e non ho che da dirgli: controlli il resoconto parlamentare. lo ho unicamente chiesto se – dato che era giunto al mio orecchio che erano in corso questi accertamenti a carico di un tipico profittatore fascista – la richiesta di sospensiva di tutta questa procedura non potesse nuocere troppo gravemente allo Stato».

So benissimo che questa dichiarazione non è identica alla prima, ma è chiaro che l’onorevole Togliatti ha tenuto che fosse la seconda dichiarazione ad essere messa a verbale. (Approvazioni).

LUCIFERO. Signor Presidente, prendo atto, ed accetto la dichiarazione dell’onorevole Togliatti nella di lei autorevole interpretazione. (Approvazioni).

BELLAVISTA. Dichiaro di non insistere nella richiesta di spiegazione da parte del l’onorevole Togliatti, perché mi sono accorto, specialmente quando ha fatto riferimento ad uno slogan giuridico, che noi giuristi non conosciamo, che parliamo due linguaggi completamente differenti e che io non comprendo il suo. (Applausi a destra Commenti).

PRESIDENTE. L’incidente è chiuso. Lo ordine del giorno è esaurito.

Sui lavori dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Ricordo che l’Assemblea, nella prima seduta di questa ripresa, all’atto stesso in cui si consentiva la proroga chiesta dalla Commissione per la Costituzione, stabilì che la Costituente sarà convocata martedì 21 gennaio 1947 per iniziare, subito dopo l’esame di alcuni disegni di legge, la discussione della nuova Costituzione, il cui progetto dovrà essere completo in tutte le sue parti non oltre il 31 gennaio.

Le sedute dell’Assemblea proseguiranno ininterrottamente ed intensamente fino all’approvazione della Costituzione e delle leggi elettorali. In conseguenza di quanto sopra, è necessario che la Commissione per la Costituzione possa presentare alla Presidenza, anche durante il periodo di aggiornamento dei lavori, le parti del progetto già pronte, le quali potranno così essere stampate e distribuite agli onorevoli deputati prima della ripresa. E ciò anche in relazione a quanto è stato previsto circa la possibilità di iniziare senz’altro la discussione delle parti medesime nel caso che la seconda Sottocommissione non abbia ancora esaurito il suo compito.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere se non credano necessario ed urgente adottare nei confronti del regime attuale della Spagna le stesse misure diplomatiche deliberate dall’O.N.U., dimostrando così la sincera avversione della Repubblica italiana ai regimi fascisti.

«Fioritto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno, nei prossimi bandi di concorsi magistrali, riservare una percentuale di posti (10-15 per cento) per i maestri e le maestre anziane. L’interrogante fa presente che esiste una categoria di insegnanti elementari fuori ruolo che hanno superato il quarantesimo anno di età e con un’anzianità di servizio di oltre dieci anni, ma che più non si sentono di presentarsi ai concorsi magistrali fondati in gran parte sulla cultura umanistica e sulla capacità mnemonica.

«Pare all’interrogante che riservare ad essi un concorso speciale fondato sui programmi elementari e su una lezione pratica, sarebbe non soltanto un’azione umanitaria, ma si doterebbe la scuola di un valido complesso di insegnanti che alla scuola stessa hanno già sacrificato e sacrificano la parte migliore della loro vita.

«Bertola».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere i motivi che sino ad oggi hanno impedito che il «Lodo De Gasperi» sulla ripartizione dei prodotti mezzadrili venisse trasformato in legge, mentre il Consiglio dei Ministri ha già da tempo espresso parere favorevole alla richiesta della Confederterra.

«Il ritardo nella promulgazione della legge, oltre che generare perturbamento nelle campagne, fa supporre ai contadini che si voglia di fatto eludere quanto in principio si è riconosciuto; il che genera sfiducia nei confronti del Governo.

«Corbi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intende prendere per la carriera dei maestri elementari fuori ruolo idonei a uno o più concorsi.

«Trattandosi di elementi di una certa età e con famiglia a carico, sarebbe atto di giustizia l’esentare tali maestri dal partecipare a nuovi concorsi e dichiararli titolari di ruolo, in modo da poterli sistemare al più presto, così come è stato fatto per gli idonei dell’ultimo concorso delle scuole medie.

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per sapere se non ritenga necessaria una pronta liquidazione degli arretrati amministrativi dall’8 settembre 1943 al 1° maggio 1945 ai soldati che rispondendo all’appello e alle promesse del Governo, rifiutarono di servire ancora nell’esercito nazifascista, e in particolare ai carabinieri già sottoposti alle Commissioni di discriminazione, liquidazione già avvenuta o in corso per gli ufficiali, anche in considerazione che molti di essi presero parte o collaborarono al movimento partigiano e al Corpo dei volontari della liberazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se gli consti:

  1. a) che la gestione di liquidazione della cessata confederazione degli industriali, dopo oltre un anno di funzionamento, ha corrisposto – salvo rare eccezioni – alla massa del personale dipendente, soltanto le indennità di preavviso;
  2. b) che il personale suddetto, il quale ha cessato il rapporto di impiego col 31 marzo 1945, aveva in precedenza percepito un modesto acconto dalla cassa interna di previdenza, acconto il quale rappresenta una infima percentuale sul dovuto;
  3. c) che la gestione di liquidazione è dotata di personale in soprannumero per cui riesce inspiegabile il ritardo frapposto alla liquidazione degli ex impiegati.

«Per sapere, inoltre, quali provvedimenti ritenga di adottare con ogni urgenza allo scopo di vincere l’inerzia fin qui mantenuta con grave danno degli interessati le cui condizioni finanziarie sono deplorevoli, facendo presente che la gestione di liquidazione deve disporre di somma liquida proveniente dalle cessate unioni territoriali, la quale somma dovrebbe essere più che sufficiente per completare il pagamento del personale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, sul deplorevole ritardo dei lavori – già riconosciuti di urgenza per l’igiene e la sanità delle popolazioni dei comuni di Cirò, Crucoli, Melissa, Carfizzi, San Nicola dell’Alto, Pallagorio, Casabona, Belvedere Spinello e Verzino (Catanzaro) consorziati per l’acquedotto del Lese; e sull’abbandono e deterioramento del gruppo dei lavori già eseguiti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, in virtù del decreto 6 dicembre 1943, n. 16/B, con il quale si è provveduto alla soppressione della milizia forestale e alla ricostituzione del Corpo forestale, disciolto dal regime fascista, non sia rispondente ad opportunità e giustizia la riassunzione dei sottufficiali e militi che fecero parte un giorno del suddetto corpo, dal quale erano stati mandati via e collocati in pensione, giovani ancora di età e di servizio, rovinandone la carriera con l’estendere il disposto dell’articolo 17 del predetto decreto a questi ultimi, così come fu fatto per gli ufficiali, i quali, per decisione del 30 luglio 1946 del Consiglio di Stato e per retta interpretazione del decreto in oggetto, sono stati riammessi nel ricostituito Corpo forestale.

Nel fatto in ispecie trattasi di circa duecento militi, richiamati oggi e che dovrebbero essere congedati, contrariamente a quelli assunti dal fascismo, e che hanno il privilegio di essere mantenuti in servizio nei confronti dei primi, in violazione di ogni principio di equità e di giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere le ragioni che hanno dettato la circolare 2 novembre 1946, n. 60, di codesto Ministero che fissa nuove notevoli restrizioni alla libertà di circolazione degli autoveicoli.

«Interessa al commercio ed alla ripresa del Paese che i vincoli burocratici siano aboliti e non appesantiti e resi più gravosi.

«Se la circolare sopra indicata è stata dettata soltanto dalla penuria dei carburanti, a questa deficienza si poteva provvedere con un efficace razionamento della benzina, sistema anche questo che l’interrogante spera sia momentaneo e transitorio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, circa la gestione dei diritti demaniali nello stagno di Santa Gilla in provincia di Cagliari. Detta concessione, attribuita da oltre un ventennio alla cooperativa Pescatori Sant’Efisio di Cagliari, sarebbe stata attribuita ad altra cooperativa recentemente costituita senza che il provvedimento risulti motivato da fondate ragioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cimenti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non creda opportuno predisporre i lavori necessari per l’elettrificazione delle ferrovie in Sicilia, tenendo presente che si tratta di opere che già iniziate, sono in procinto di deteriorarsi per l’abbandono in cui furono lasciate, mentre rappresentano un fattore di prosperità pel risparmio di carbone che sarà realizzato e per lo sviluppo dell’economia siciliana collegata alla ricostruzione nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se non creda opportuno, per il miglioramento dei servizi delle navi traghetto nello Stretto di Messina, sollecitare il recupero già predisposto del traghetto affondato durante la guerra e la rapida costruzione dei due nuovi traghetti a tre binari che sono assolutamente indispensabili per le esigenze del traffico e disporre, intanto, che le vetture provenienti da Siracusa e da Palermo, di 2a e 3a classe, dirette nel Continente, passino sui traghetti come si fa già per le vetture-letto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda necessario di dare disposizioni per indire le elezioni amministrative nel comune di Mongiussi Melia, (Messina), arbitrariamente sospese alla vigilia della data già fissata; col pretesto della imminente separazione da quel comune di una frazione, che invece sino ad oggi non è avvenuta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere se non ritenga giusto e urgente affrettare l’atteso provvedimento legislativo sulla istituzione di un punto franco nel porto di Messina, per sollevare dalle angustie economiche la gloriosa e sventurata città che ha sofferto i maggiori danni dalla guerra e due volte distrutta, manca di ogni risorsa per la sua seconda rinascita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere:

1°) quale sia il pensiero del Governo in merito alla questione, ancora pendente, della concessione di licenze di giuoco ai casinò gestiti da comuni o consorzi di comuni;

2°) se, nell’esame del principio se debba considerarsi consentanea alla morale la casa da giuoco vigilata e controllata dallo Stato, non sia doveroso – sull’esempio di quanto è avvenuto in Francia – affrontare coraggiosamente il problema, in base alla considerazione che è morale pratica redditizia vigilare e controllare un vizio, per impedire che esso cada, come è già caduto in Italia, nelle braccia della losca speculazione clandestina di individui senza scrupoli che, abbinandolo alla frode organizzata e alla prostituzione, ne fanno una piaga sociale che l’autorità di pubblica sicurezza si è mostrata incapace di fronteggiare, anche minimamente;

3°) se non sia il caso intanto di prendere in benevolo esame le istanze dei comuni che già beneficiavano della concessione, con autorizzazioni provvisorie, allo scopo di fronteggiare urgenti necessità amministrative che, nell’imminenza dei rigori invernali, si fanno più pressanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tumminelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga necessaria e urgente una inchiesta sulle origini e sulla vasta diffusione della epidemia di tifo che la scorsa estate ha funestato la zona di Diano Marina, in modo che vengano accertate le singole responsabilità, e sia restituita la tranquillità a quella popolazione tuttora giustamente allarmata. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Gotelli, Guerrieri Filippo, Pellizzari, taviani, viale».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione), per sapere se e quando e come intenda provvedere perché l’Associazione nazionale casearia si decida a consegnare agli Enti cooperativi interessati le partite di formaggio grana assegnati agli Enti stessi dall’Alto Commissariato dell’alimentazione fin dal giugno 1946. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canevari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, per chiedere, facendosi eco della vivissima indignazione suscitata fra la popolazione di Melilli (Siracusa) per il sacrilego attentato contro la locale basilica di San Sebastiano, che sia fatta quanto prima piena luce sui responsabili del sacrando misfatto, e su di essi venga esercitato il rigore della giustizia e perché sia stanziata d’urgenza una congrua somma per iniziare i lavori di restauro dell’insigne monumento che costituisce il centro della vita religiosa della laboriosa cittadina. Poiché il ripetersi, in molte parti d’Italia, di tali attentati contro persone e luoghi sacri è anche frutto della campagna di calunnia e di odio, che con intensificato ritmo vien fatta contro la Religione da pubblicazioni sacrileghe ed oscene, l’interrogante chiede, infine, che siano presi dei provvedimenti energici per stroncare questa indegna produzione di stampa, che mortifica lo spirito del nostro popolo e disonora il nome d’Italia presso quanti guardano ad essa come la loro Patria ideale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere se non ritenga necessario ed urgente la soppressione dei campi profughi, divenuti ormai, per universale constatazione, da campi di ristoro e di sollievo, centri, invece, di malattie e di immoralità.

«L’interrogante propone, pertanto, che le ingenti somme (parecchi miliardi al mese) che lo Stato spende per l’organizzazione ed il funzionamento dei detti campi, siano più utilmente devolute alla costituzione di un Ente (Istituto nazionale abitazione profughi, I.N.A.P.), col preciso scopo dell’immediata costruzione di fabbricati a tipo popolare, da assegnarsi in uso alle singole famiglie, fino a quando, dopo un determinato periodo di anni e la corresponsione di un leggero onere finanziario, esse ne acquistino la piena proprietà. Suggerisce, infine, che nell’intervallo di tempo strettamente necessario per la costruzione di detti immobili, lo Stato si preoccupi di avviare al lavoro quanti tra i profughi ne sono capaci, organizzando particolari iniziative, secondo le esigenze industriali, artigiane o agricole del luogo, al fine di nobilitarne l’esistenza e di dar loro la possibilità di svincolarsi dalla soggezione del sussidio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere se non creda opportuno di istituire un aeroporto a Messina, città di oltre duecentomila abitanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno, iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 21.

VENERDÌ 13 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXVIII.

SEDUTA DI VENERDÌ 13 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

indi

DEI VICEPRESIDENTI TERRACINI E CONTI

INDICE

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                          

Brusasca, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri                                        

Persico                                                                                                             

Sansone, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione                                    

Faralli                                                                                                             

Cassiani, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale                 

Di Giovanni                                                                                                      

Martino Enrico, Sottosegretario di Stato per la guerra                                      

Pajetta Giuliano                                                                                             

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                         

Interpellanza (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Bellavista                                                                                                       

Spano Velio, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste                      

Bosi                                                                                                                   

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Disegno di legge: Nuove formule di giuramento (Seguito della discussione):

Presidente                                                                                                        

Molè, Presidente della Commissione                                                                   

Fabbri                                                                                                               

Riccio                                                                                                               

Bencivenga                                                                                                      

Russo Perez                                                                                          Persico      

Rescigno                                                                                                           

Scoca                                                                                                                

Risultato della votazione segreta:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni e interpellanze d’urgenza:

Presidente                             De Gasperi, Presidente del Consiglio del Ministri,

Ministro dell’interno                                                                                           

Silipo                                                                                                                

Sullo                                                                                                                

Caroleo                                                                                                           

Di Fausto                                                                                                         

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, in sostituzione dell’onorevole Tupini, nominato Vicepresidente dell’Assemblea, ho chiamato a far parte della Giunta delle elezioni, l’onorevole Firrao e che il compianto onorevole Corazzin è stato sostituito, come componente della terza Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge con l’onorevole Rapelli.

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è dell’onorevole Persico, al Ministro degli affari esteri, «per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei Trattati per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo egiziano a Parigi 1’11 settembre 1946».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha facoltà di rispondere.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo ringrazia l’onorevole interrogante per avergli dato occasione di informare la Costituente sullo stato dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto concernente i nostri connazionali di laggiù. Allo scoppio della guerra tra l’Italia e l’Inghilterra, l’Egitto immediatamente ruppe le relazioni diplomatiche con l’Italia e fra le misure che il Governo egiziano prese vi fu anche l’internamento degli italiani di sesso maschie residenti in Egitto. A richiesta delle autorità militari britanniche alcune decine di italiani che occupavano cariche nelle organizzazioni fasciste o nelle associazioni ad esse aderenti furono arrestati ed internati il giorno stesso della rottura delle relazioni. Successivamente, la grande maggioranza degli italiani in Egitto fu posta in campi di concentramento e allogata in parte in edifici scolastici e nel campo di corse e per la maggior parte in baraccamenti e attendamenti nella zona del Canale presso Ismailia; i loro beni furono sequestrati. Rispettivamente, le condizioni di questi internati sono state migliori per coloro che furono allogati in edifici e meno buone negli altri luoghi di concentramento.

Analogo trattamento avevano subito i cittadini tedeschi in Egitto all’inizio della seconda guerra mondiale, i quali furono tutti subito arrestati e posti in campi di concentramento.

Un certo numero di connazionali non ha subito le misure di internamento, in seguito a discriminazione decisa per ragioni razziali o politiche.

La situazione degli italiani è venuta alquanto migliorando dal momento dell’armistizio in poi. In base ad accertamenti sul loro atteggiamento nei confronti del Governo italiano legittimo, il numero degli internati è andato diminuendo, in particolare durante il 1945. L’Internamento è venuto a cessare totalmente al principio del 1946.

Le condizioni attuali degli italiani in Egitto risentono naturalmente dalle misure prese a suo tempo nei loro confronti.

Mentre una parte ha potuto riprendere le sue attività, sia pure con qualche limitazione, altri non hanno potuto ancora essere reintegrati nell’impiego o nelle mansioni che avevano esercitato e trovano grosso inceppo nelle restrizioni conseguenti al sequestro dei beni. Il Governo italiano si è preoccupato della loro sorte ed ha cercato, non appena possibile, di iniziare rapporti con il Governo egiziano per lo studio dei problemi relativi alla normalizzazione della situazione di quella collettività. Ad un primo contatto iniziatosi nel settembre del 1945 con l’invio della missione De Astis, protrattasi fino al dicembre del 1945, è subentrata l’attuale fase delle relazioni italo-egiziane con il ritorno della missione De Astis e la successiva riapertura di uffici a Cairo, Alessandria e Porto Said.

Da questa ripresa di rapporti diretti si sono già avute conseguenze di notevole utilità per il miglioramento delle condizioni degli italiani. È stata restituita ad essi la capacità giuridica. Le istituzioni assistenziali, scolastiche e culturali hanno beneficiato di un trattamento speciale che ne consente la graduale ripresa di attività. Tra l’altro hanno potuto far ritorno in Egitto duecento connazionali che dal 1940 si trovavano bloccati in Italia.

Le conversazioni con il Governo egiziano continuano per procedere quanto più speditamente possibile verso il raggiungimento di una completa normalizzazione delle condizioni degli italiani in Egitto.

L’Accordo con l’Egitto, concluso a Parigi nel settembre scorso, fu stipulato soprattutto con lo scopo di affrettare il dissequestro dei beni italiani; ma non può entrare in vigore, se prima non viene conclusa una convenzione per la sua esecuzione.

In tale occasione si terrà il più largo conto dei rilievi e dei desideri formulati dagli interessati.

Il valore dei beni italiani sottoposti a sequestro è molto considerevole; era quindi dovere del Governo italiano di ottenerne lo svincolo, in difesa degli interessi dei nostri connazionali colpiti dal provvedimento.

Nel determinare la somma che il Governo italiano dovrà versare al Governo egiziano, si è tenuto conto naturalmente dell’entità dei danni che l’Egitto abbia potuto ricevere a causa delle operazioni di guerra. Ma la transazione, come era inevitabile, ha dovuto essere fatta tenendo conto anche delle esigenze del Governo egiziano.

Da taluno è stato osservato che l’Accordo crea una situazione di ineguaglianza tra i cittadini italiani, che subirono il sequestro delle somme liquide di loro pertinenza, somme che il Governo egiziano incamererà in parziale pagamento di quanto dovutogli, e quei cittadini italiani, che sono possessori di beni immobili e che, allorquando tali beni saranno stati restituiti, si troveranno reintegrati nella loro proprietà.

Il Governo italiano si propone, in sede di accordo di esecuzione, di rimediare con ogni suo mezzo, nei limiti del possibile, ad una tale situazione.

Per ciò è intendimento del Governo italiano di regolare le questioni di esecuzione prima ancora che l’Accordo di Parigi entri in vigore: quando questi secondi accordi complementari, ma essenziali, saranno stati stipulati, tutta la materia sarà trasmessa all’esame della Commissione dei Trattati.

Il Governo rinnuova intanto da questo banco agli italiani dell’Egitto l’assicurazione del suo vivissimo interessamento in difesa dei loro legittimi diritti ed è certo di interpretare il pensiero della Costituente esprimendo ad essi la fraterna solidarietà di tutto il Paese.

PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PERSICO. Sono molto lieto che il Sottosegretario agli esteri ci abbia dato così ampi ragguagli, perché giungevano a noi in Italia notizie veramente allarmantissime. La nostra collettività italiana in Egitto, che conta ben 50.000 connazionali e che era una delle più fiorenti, delle più antiche e più prospere del vicino Oriente, è stata duramente trattata nel periodo della guerra, in quanto, senza che l’Italia fosse stata mai in guerra con l’Egitto, i nostri connazionali sono stati considerati come sudditi nemici, inviati in campi di concentramento e privati di tutti i loro beni; sono state sequestrate le loro aziende e distrutte le loro attività, con danni che ritengo purtroppo irreparabili.

Quello che preoccupava i nostri connazionali e fratelli in Egitto era che a Parigi l’11 settembre si fosse stipulato un vero e proprio trattato, col quale tutti i loro diritti sembravano irreparabilmente compromessi.

È vero che il nostro firmatario, onorevole Ivanoe Bonomi, ci garantiva con la sua stessa personalità che non si sarebbe mai fatto nulla che fosse contrario agli interessi italiani; ma i giornali egiziani, riferendo un comunicato sul preteso trattato, o accordo, firmato 1’11 settembre a Parigi, tra Shall Pascià e l’onorevole Bonomi, avevano intonato un peana di vittoria, dicendo che tutte le loro richieste erano state accolte, con il pagamento di 4 milioni e 890.000 lire egiziane (che è una somma notevolissima), col mantenimento del sequestro dei beni dei nostri connazionali, compreso l’impossessamento di tutte le floride aziende italiane.

Ora, questo a noi sembrava impossibile, e sono soddisfatto che l’onorevole Brusasca ci abbia rassicurato al riguardo: non un trattato fu stipulato a Parigi, ma si sono presi soltanto degli accordi, i quali accordi pare che abbiano avuto anche un seguito con la venuta in Italia di un inviato straordinario egiziano S.E. Ahmed Bonghdadi, il quale sembra abbia fatto delle aperture in senso più umano ed accettabile.

Comunque, sarebbe bene che la Commissione dei Trattati fosse investita al più presto del delicato problema, per dare a queste nostre collettività, che rappresentano una vivente e fiorente immagine della Patria nel vicino Oriente, la sensazione che gli interessi degli italiani all’estero saranno attentamente tutelati dal nuovo Governo democratico italiano per la sacra difesa della giustizia e del diritto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Faralli, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) «per sapere che cosa ci sia di esatto e di vero nella notizia pubblicata da un giornale di Roma, secondo la quale un forte quantitativo di latte in polvere sarebbe sottratto al normale consumo, facendolo apparire come scondizionato, e quindi ceduto a lire 16 il chilogrammo all’industria privata, mentre dovrebbe essere impiegato per approvvigionare le popolazioni, specie delle grandi città, fra le quali Genova, più di ogni altra deficitaria di tale indispensabile alimento».

L’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Il latte in polvere e il latte evaporato, risultante da rimanenze della gestione A.C. e da arrivi U.N.R.R.A., è tutto a disposizione dell’Alto Commissariato dell’alimentazione presso i depositi sbarco o magazzini nazionali.

Quel latte viene assegnato alle province per soddisfare le categorie speciali che godono di un particolare trattamento (degenti, ospedali, sanatori, profughi e reduci, raccolti in campi o ai posti di ristori, detenuti minorenni e ammalati, bambini allattati artificialmente, assistenza U.N.R.R.A.).

Il latte, come ogni altro prodotto, è sottoposto a vigilanza di apposite commissioni che mensilmente accertano le consistenze e provvedono all’esame dei prodotti che sono scondizionati o presentano pericolo di scondizionamento, applicando le norme della circolare 153-bis.

In base a tale procedura nessun quantitativo può essere considerato non più idoneo all’alimentazione umana, se non dietro dichiarazione dell’ufficiale sanitario che fa parte della Commissione di accertamento.

I prodotti dichiarati scondizionati vengono passati dalle gestioni alimentari della Federconsorzi alla gestione mangimi della Federconsorzi stessa, perché siano usati come ingrediente nella preparazione di mangimi composti o siano venduti al meglio sotto la sorveglianza del Ministero del Tesoro, che è interessato negli utili della gestione.

Per il latte in polvere è avvenuto, che non essendo gradito, si sono determinate forti giacenze tanto nei magazzini controllati direttamente dall’Alto Commissariato quanto nei magazzini provinciali controllati dalla S.E.P.R.A.L.

Da due mesi una situazione nuova si è presentata agli uffici dell’Alto Commissariato: province che avevano rifiutato le assegnazioni di latte ne richiedevano; le giacenze presso i magazzini provinciali diminuirono improvvisamente, e richieste di assegnazioni di latte in polvere pervenivano da parte di ditte all’Alto Commissariato.

Da una indagine risultò che le provincie avevano venduto e stavano vendendo il latte in polvere dichiarato scondizionato o che si riteneva che non sarebbe stato ritirato dagli aventi diritto, a ditte industriali del ramo caseario e dei prodotti conservati.

La S.E.P.R.A.L. di Roma, per esempio, ha venduto circa 1000 quintali di latte in polvere ceduti dalla gestione mangimi della Federconsorzi a lire 70,35, prezzo fissato dalla gestione mangimi; di queste, lire 35 sono state versate dalla S.E.P.R.A.L. alla gestione stessa e con il resto la S.E.P.R.A.L. ha ricevuto salumi che tra giorni assegnerà alle cucine popolari e ai ristoranti dell’E.C.A.

Di fronte a questa irregolarità, l’Alto Commissariato stabilì il blocco di tutto il prodotto, in deroga alla citata circolare 153-bis, con telegramma in data 9 novembre G.A.R. 3-42848 e siccome risultava che non tutti si erano attenuti alla nuova disposizione impartita, rinnovava l’ordine e invitava a comunicare gli eventuali quantitativi ceduti in deroga.

In quanto alla possibilità di usare il latte in polvere per la popolazione civile, si deve far presente che, il prodotto, per la sua natura e per la ormai vecchia data di preparazione, risulta per lo più inidoneo e le rimanenze, con rigido controllo, saranno assegnate per usi zootecnici.

Di fronte alle difficoltà di approvvigionamento dei grandi centri e in particolare di Genova, l’Alto Commissariato si è fatto premura presso la missione U.N.R.R.A. fin dal 16 novembre 1946, perché venisse autorizzata l’assegnazione di latte condensato ai grandi centri deficitari. Non si è ancora avuta risposta.

Il problema del latte alimentare permane grave e si spera dalla nuova disciplina, di cui al decreto 20 novembre 1946, n. 342, e della quale ora inizia l’applicazione, di potere ovviare alle deficienze che si verificano in quel settore.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

FARALLI. Ringrazio l’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione della spiegazione che ha dato a proposito della mia interrogazione, ma non posso dichiararmi soddisfatto, perché il problema del latte dall’Alto Commissario dell’alimentazione non è stato considerato sempre nel modo con cui avrebbe dovuto essere considerato. Non c’è bisogno che io dica all’Assemblea quale importanza ha il latte nell’alimentazione delle popolazioni, specificatamente nelle grandi città dove abbondano gli ammalati, i vecchi ed i bambini. Io ricordo soltanto che nelle ripetute riunioni tenute dai Sindaci dei capiluogo di provincia e di regione, assieme ai rappresentanti delle Camere del lavoro e dei prefetti dell’alta Italia, il problema del latte è stato negli ultimi mesi ripetutamente esaminato, e ripetutamente è stato chiesto al Governo il modo con cui questo problema avrebbe dovuto essere risolto.

Noi avevamo domandato, come sindaci di capoluogo di regione e di provincia, come rappresentanti delle Camere del lavoro, che venisse abolito (non da oggi, ma da parecchi mesi) il famoso decreto 16 febbraio 1946, che divideva il latte in due categorie: una categoria per l’alimentazione e una categoria per l’industria; donde tutto il male che in questi mesi si è dovuto constatare, perché non è ammissibile che un produttore di latte sia obbligato a vendere il latte a lire 20 all’Alimentazione, quando c’è l’industria che le offre 40, 50, 60 lire il litro per poter produrre formaggi che poi vengono esportati a prezzi favolosi.

Ora, noi avevamo domandato l’abolizione di questo decreto e insieme avevamo anche chiesto il controllo della produzione, la regolamentazione dell’esportazione ed il contingentamento.

Di tutto questo, onorevoli colleghi, il Governo non ha tenuto conto o ha tenuto soltanto conto relativamente in questi ultimi giorni con quel famoso decreto che intanto ancora non è stato attuato, o che è attuato soltanto in parte, precisando il prezzo di base a lire 32, il che comporta la vendita a 40-45 lire il litro.

Ma soprattutto questo decreto è stato attuato in modo assolutamente impossibile nell’interesse della collettività, perché ha lasciato ancora la possibilità di vendere il latte all’Alimentazione e la possibilità di vendere il latte per uso industriale.

Quindi la ragione per la quale noi sindaci dell’Alta Italia e rappresentanti delle Camere del lavoro avevamo lottato per ottenere l’abolizione di quel decreto non può avere e non ha nessun effetto.

Detto questo, non m’indugio più oltre nel problema, ma approfitto dell’occasione per richiamare l’attenzione del Governo e dell’Assemblea sul problema dell’alimentazione in generale.

Badate che in questo momento in tutta Italia serpeggia un senso gravissimo di inquietudine, e non più tardi di stamane mi sono giunte telefonale da Genova annunziantimi che gli operai di alcuni stabilimenti hanno abbandonate le officine per protestare perché non soltanto la roba manca, ma il prezzo aumenta in proporzioni favolose.

Ora se il Governo, se l’Alto Commissario all’alimentazione avessero accolto l’invito ripetutamente fatto dai sindaci dei capoluoghi di provincia e di regione, i quali si sono riuniti più volte a questo scopo; se avesse il Governo accolto l’invito che noi avevamo fatto, forse oggi il problema dell’alimentazione non sarebbe così difficile e così grave come purtroppo sì presenta.

Perché, onorevoli signori del Governo, non basta dire che abbiamo perduto la guerra; non basta dire che siamo senza materie prime, che manca il carbone, il grano, la benzina; le masse operaie hanno la comprensione e la consapevolezza di sapere che purtroppo così è, ma hanno anche la umiliazione di vedere che i ricchi seguitano ad arricchirsi, gli speculatori seguitano a speculare, e che la borsa nera si fa sempre più forte ed ingigantisce. Intanto il Governo non ha preso e sembra che non abbia intenzione di prendere nessun provvedimento decisivo.

Si dice – io non so quanto ci sia di vero – che esista uno scandalo per il formaggio grana, per il grano che non viene consegnato agli ammassi; per l’olio, che ancora non si distribuisce, sebbene ve ne sia grande abbondanza specie nell’Italia meridionale. Ed i produttori intanto ricevono prezzi superiori a quello dell’ammasso. Si dice che in una regione si sono prodotti quasi sette milioni di quintali di grano e se ne sono consegnati all’ammasso soltanto settecento quintali. E il Governo non soltanto non prende alcun provvedimento, ma non fa sapere che cosa pensa in proposito.

Ebbene, io richiamo l’attenzione dell’Assemblea sul problema dell’alimentazione, richiamo l’attenzione del Governo perché la inquietudine è tale che ce ne sentiamo vivamente preoccupati.

Noi speravamo che l’Assemblea avrebbe esaminato il problema dell’alimentazione; speravamo di poter tornare nelle province portando il pensiero preciso dell’Assemblea Costituente, che dopo due mesi si era ancora una volta riunita; viceversa torniamo nelle province portando ancora una volta la delusione e lo sconforto, perché i problemi che soprattutto assillano e tormentano in questo momento la popolazione italiana non trovano risoluzione, e noi in questa Assemblea non li abbiamo ancora potuti esaminare.

Una voce al centro. Ma ci stiamo occupando del giuramento!

FARALLI. Possiamo filosofare sul giuramento, ma le masse operaie non filosofano, anche se il giuramento è necessario. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Faralli, stia all’argomento!

FARALLI. Ad ogni modo, onorevole Presidente, io faccio soltanto presente questo, che le masse operaie hanno già prestato giuramento alla Repubblica col loro sacrificio. Richiamo dunque l’attenzione del Governo e dei colleghi sul problema dell’alimentazione, perché si sappia che il popolo ha bisogno di pane e di giustizia. Al pane il popolo può rinunziare in parte, a condizione che la rinunzia sia di tutti, e che sia anche dei privilegiati. Ma alla giustizia il popolo italiano non rinunzia ed io domando a voi, onorevoli colleghi: se davvero desideriamo e vogliamo il bene del nostro Paese, si ascolti questo grido di giustizia e si trovi il modo di tradurre in concreta realtà l’anelito del popolo italiano. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione, per un chiarimento. Ne ha facoltà.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Il decreto del quale l’onorevole Faralli chiedeva l’approvazione è stato approvato in data 20 novembre 1946 ed è andato in applicazione il 6 dicembre. La sua disciplina è quindi in corso di attuazione: essa prevede proprio il convogliamento del latte verso le grandi città e tende a stabilizzare il prezzo del latte industriale. Noi quindi ci auguriamo che la disciplina abbia gli effetti voluti e che l’inconveniente possa essere ovviato. Per la disciplina, facciamo appello sia ai produttori che ai distributori di latte, perché vi s’attengano. (Commenti).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, «per sapere se non ritenga opportuno impartire disposizioni agli Uffici provinciali del lavoro perché la procedura relativa alla risoluzione delle controversie individuali e collettive si svolga con la maggiore rapidità e con le minori difficoltà formali e sostanziali. L’esperienza dimostra l’utilità dei Collegi arbitrali aventi competenza giurisdizionale, composti da rappresentanti diretti delle parti, con l’intervento facoltativo delle associazioni sindacali ai fini dell’eventuale tutela di principî di interesse generale riguardanti la categoria».

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Il Ministero del lavoro, in occasione dei continui rapporti con gli Uffici provinciali del lavoro, ha sempre fatto e continuerà a fare raccomandazioni perché le controversie di lavoro siano trattate nel più breve tempo.

Allo stato attuale, le controversie demandate alla competenza dei Collegi arbitrali sono quelle che derivano dall’applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio 1944, n. 303, relativo all’indennità di carovita, del decreto legislativo luogotenenziale 25 gennaio 1945, n. 13, riguardante i miglioramenti economici straordinari a favore dei lavoratori (13a mensilità, gratifica straordinaria per l’anno 1944, indennità di mensa) e del decreto legislativo luogotenenziale 7 dicembre 1943, n. 23-B, riguardante l’aumento dei salari, stipendio e compensi a carattere continuativo corrisposti a prestatori d’opera ai quali si applicano comunque le norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro.

Soltanto per le controversie individuali e collettive sorgenti dall’applicazione delle predette disposizioni di legge sono competenti a decidere i Collegi arbitrali di cui agli articoli 10 e 11 del citato decreto 2 febbraio 1944, n. 303, i cui arbitri, se non sono nominati dalle parti interessate, vengono eletti dagli Uffici provinciali del lavoro o dagli Uffici regionali del lavoro o da questo Ministero, a seconda che la controversia interessi una o più province o più regioni. Questi Collegi arbitrali giudicano senza l’osservanza di speciali forme procedurali e secondo equità e le decisioni emesse da loro costituiscono titolo esecutivo.

Per tutte le controversie di lavoro che non derivino dall’applicazione dei decreti indicati, rimangono in vigore le norme contemplate dal codice di procedura civile agli articoli 429 e seguenti e 810 e seguenti.

È ad ogni modo allo studio del Ministero il problema della eventuale costituzione di Collegi arbitrali, anche per le altre controversie individuali, tenendo conto in modo particolare della esperienza già acquisita in materia col funzionamento dei Collegi probivirali soppressi dal fascismo.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Giovanni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DI GIOVANNI. Mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pajetta Giuliano al Ministro della guerra «per conoscere quali misure intenda prendere in relazione con gli ordini dati dal comandante della piazza di Verona, interdicendo la partecipazione delle reclute alle feste organizzate in loro onore dalle organizzazioni popolari femminili e giovanili il 25 agosto 1946 e intimando alle ronde di sorvegliare l’esecuzione di tale misura».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

MARTINO ENRICO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Il giorno 25 agosto 1946 la direzione del partito comunista italiano di Verona organizzò la «giornata della recluta» invitando, mediante manifesti e comunicati sul giornale locale del partito, tutte le reclute a feste e balli nelle sedi di Verona e località viciniori, con promesse di doni agli intervenuti.

Il comandante militare territoriale di Bolzano non approvò tale manifestazione e non concesse l’autorizzazione ai militari di parteciparvi, ma tuttavia non pose alcuna limitazione alla normale libera uscita.

Alcuni militari però, intervenuti ugualmente alla festa, vennero sobillati da giovani comunisti a non rientrare in caserma. Essi rientrarono ai rispettivi reparti con ritardo.

Le decisioni prese dall’autorità militare trovano la loro naturale giustificazione nell’evidente scopo militare e propagandistico che le manifestazioni si proponevano.

Poiché in Verona, gli altri partiti politici non hanno fatto manifestazioni del genere, se ai militari non fosse stata negata l’autorizzazione a partecipare alla festa, non sarebbe stato salvaguardato il principio dell’assoluta apoliticità dell’esercito.

Il Ministro Brosio vietò opportunamente la partecipazione di militari a manifestazioni ed a dimostrazioni politiche, da qualsiasi parte promosse. Autorizzò la partecipazione soltanto a dimostrazioni politiche di carattere nazionale purché, però, autorizzate dalle competenti autorità.

Evidentemente le manifestazioni promosse dal partito comunista di Verona non avevano alcun carattere nazionale, ma avevano l’evidente scopo di propaganda politica. Il Ministero è di avviso che l’esercito non debba essere oggetto di propaganda di alcun partito politico; ciò è dettato dall’interesse del Paese e dello stesso esercito, in quanto soltanto attraverso la più scrupolosa apoliticità è possibile fare dell’esercito uno strumento disciplinarmente solido e imparziale, sicuro nelle mani dell’autorità costituita.

Non si è ritenuto quindi di prendere alcun provvedimento nei confronti del comandante militare territoriale di Bolzano. (Applausi a destra e al centro Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PAJETTA GIULIANO. Non posso considerarmi soddisfatto della risposta data dall’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra. La mia interrogazione prendeva lo spunto dall’avvenimento in sé, non molto importante, ma molto significativo. Il 25 agosto è stata indetta a Verona una festa per le reclute, di cui è giusto che i meriti di iniziativa vengano al partito comunista, ma che ha trovato l’adesione, l’appoggio e la collaborazione del partito socialista, del partito d’azione, dell’associazione dei partigiani di Italia, dell’Unione donne italiane, del fronte della gioventù.

Le pratiche fatte presso il Comando militare di Verona, le domande rivolte al generale Reggiani, sono state appoggiate calorosamente dal sindaco della città di Verona, un nostro onorevole collega socialista. Il programma della festa, che è a disposizione dell’onorevole Sottosegretario per la guerra, nel caso che nei tre mesi decorsi dal giorno in cui ho presentato l’interrogazione ad oggi non abbia avuto il tempo di informarsi a Verona, non comprendeva promesse di doni agli intervenuti. Non si trattava di una festa in cui si allettavano i soldati con doni allo scopo di convincerli della bontà del programma comunista. E non credo, per esempio, che si possa riprovare il fatto che, nella mattinata del 25 agosto, delegazioni dell’Unione donne italiane e dell’Associazione ragazze d’Italia abbiano distribuito a tutti i degenti dell’Ospedale militare – ben 270 – dei pacchi raccolti con sottoscrizione popolare e non come elemento di corruzione od altra cosa del genere.

Del resto, prima che venisse questa risposta negativa del Comando di Bolzano, per due volte si è discusso con il generale Reggiani: prima fu fatta l’obiezione che non tutti i partiti locali aderivano, poi fu detto che si dava l’autorizzazione. Il problema non è che si sia violata una legge non dando questa autorizzazione alle reclute; il problema è che si è andati contro lo spirito e la lettera di una circolare dell’onorevole Ministro della guerra Facchinetti, circolare che è stata mostrata da ufficiali del Comando territoriale di Verona agli stessi giovani quando sono andati a chiedere l’autorizzazione e con la quale si raccomandava ai Comandi delle varie guarnigioni, ed in particolare ai centri di addestramento reclute, di cogliere tutte le occasioni per permettere una fraternizzazione ed una spontanea collaborazione fra popolo e militari. D’altra parte, nel corso dei lavori della prima Sottocommissione della Costituzione, si è sostenuto più volte il diritto dei soldati a partecipare a manifestazioni popolari.

Era la prima leva della Repubblica e i nuovi militari avevano occasione di fraternizzare con il popolo di Verona; ma il Comando locale ha fatto tutto il possibile perché ciò non avvenisse. Con questo, a mio parere, si è andati contro lo spirito della circolare e contro lo spirito che deve animare il nostro esercito repubblicano. L’esercito, limitato nei suoi effettivi, può avere una forza illimitata nella misura in cui sarà amato dalle masse popolari e non sarà isolato. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, ai Ministri della agricoltura e foreste e dell’interno, «sulla deplorevole condiscendenza della Prefettura di Siracusa, in occasione del sequestro di un rilevante quantitativo di grano evaso dall’ammasso. Sta in fatto che, in seguito al sequestro operato dai carabinieri di Buccheri di un carico di quaranta quintali di grano, l’U.P.S.E.A. di Siracusa provocava dal prefetto, in data 8 luglio, la requisizione dell’autocarro, che a norma di legge doveva essere confiscato. Senonché, un intervento qualunquista otteneva dal prefetto, in data 10 luglio, la derequisizione dell’automezzo e la restituzione, malgrado le legittime proteste della U.P.S.E.A., anche con telegrammi al Ministero. I quaranta quintali di grano, che avrebbero dovuto confiscarsi, con l’applicazione della penale e la denunzia dei responsabili, venivano ammassati e pagati. Così l’audacia degli evasori è incoraggiata ed il grano può impunemente emigrare perfino verso la Grecia e la Jugoslavia. Già in precedenza l’atteggiamento della Prefettura aveva dato luogo a non favorevoli rilievi. Il 14 aprile 1941, con nota n. 3500, la S.E.P.R.A.L. notificava al comune di Solarino che sessanta quintali di grano in carico al mulino Mangiafico, autorizzato a fornire la farina alla popolazione, avrebbero dovuto discaricarsi perché avariati; ma nessuna quantità di grano veniva consegnata perché avariata, ed il sindaco di Solarino non avallava lo scarico. La Prefettura informata si appagava di puerili giustificazioni invece di andare a fondo; e dei sessanta quintali di grano si ignora, ma si intuisce, la fine. Successivamente lo stesso mulino Mangiafico veniva chiarito in contravvenzione per accertata alterazione del prodotto della macinazione. La Prefettura ordinava la chiusura; ma dopo due ore annullava l’ordine. In seguito alle continue proteste dei lavoratori di Solarino per la pessima qualità della farina distribuita dallo stesso mulino Mangiafico, la Prefettura disponeva che a partire dal 1° agosto la distribuzione fosse fatta dal mulino Cossigliaro di Siracusa; ma dopo qualche ora la stessa Prefettura revocava l’ordine ed il piego a mano veniva consegnato allo stesso gestore del mulino. Ancora: gli agenti preposti alla vigilanza degli ammassi accertavano a carico del barone Catalano di Lentini il tentativo di evasione di circa ottocento quintali di grano. Il barone Catalano veniva fermato, ma successivamente rilasciato, non si sa per quale provvidenziale intervento, e si ha ragione di dubitare che la denunzia di autorità giudiziaria abbia messo in evidenza le effettive responsabilità. Gli esempi potrebbero continuare! Una rigorosa inchiesta s’impone ed un energico provvedimento che ripulisca e risani tutto l’ambiente inquinato e corrotto della Prefettura di Siracusa».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. La interrogazione alla quale rispondo si riferisce a tre ordini di fatti che, nella loro generica oggettività sussistono, per quanto esposti dall’onorevole interrogante con circostanze non esatte.

Dico subito che non è da affermarsi la responsabilità del prefetto di Siracusa in quanto è avvenuto. L’azione del prefetto poteva peraltro essere più energica, dopo che i fatti, a sua insaputa, si erano verificati. A questo fine, per quanto quel funzionario non sia più in sede e si trovi attualmente a disposizione, il Ministero dell’interno ha disposto che egli fornisca ulteriori e precisi chiarimenti. Nello stesso tempo, su tutto ciò di cui tratta l’interrogazione, sono stati disposti precisi e rigorosi accertamenti.

Dei fatti, dunque, ai quali si riferisce l’interrogazione, deve dirsi: Quanto ai 45 quintali – e non 40 – di grano non consegnati all’ammasso, non si tratta di prodotto non confiscato, come dice l’interrogazione; si tratta d’un irregolare intervento del sindaco locale, il quale, per i bisogni della popolazione (che si era precedentemente agitata nel timore d’un deficiente approvvigionamento), dispose che quel prodotto fosse trattenuto.

Evidentemente, tutto ciò non comportava il pagamento della merce sequestrata e molto meno non comportava che la denunzia fosse omessa. Perciò, ripeto, abbiamo richiesto precisi ulteriori elementi e le responsabilità che risulteranno saranno punite.

La Prefettura di Siracusa, però, venne informata e dell’accertamento di questo fatto e dell’operato del sindaco, che aveva preteso ed ottenuto l’ammasso per il consumo locale, a cose già fatte.

Così non è esatto che l’autocarro adibito al trasporto di questo grano sia stato confiscato. L’autocarro di cui parla l’onorevole interrogante era stato semplicemente requisito per necessità della U.P.S.E.A.; senonché, risultando sprovvisto di licenza di circolazione, fu restituito, anche perché esso era ancora in proprietà della Fiat, poiché non ne era stato effettuato il pagamento, e la vendita era stata fatta sotto la condizione della prova di collaudo. Si provvide però, a richiesta della stessa U.P.S.E.A., alla requisizione di un altro autocarro.

I due fatti, dunque, quello dei 40-45 quintali di grano e quello dell’autocarro, sono indipendenti l’uno dall’altro.

L’altro gruppo di fatti verificatisi nel comune di Solarino riguarda il mancato scarico da parte del mulino Mangiafico di 60 quintali di grano, dichiarato avariato. Il fatto, però, si riferisce ad un periodo nel quale il paese era sotto controllo delle autorità alleate, e pertanto nulla risulta al Ministero su questo fatto.

D’altra parte l’Alto Commissariato per l’alimentazione, all’uopo interessato, ha comunicato di avere disposto una inchiesta in materia.

Per quanto concerne la sospensione di un provvedimento di chiusura per giorni 10 del mulino Mangiafico, nel giugno di quest’anno, per l’accertamento di una contravvenzione, bisogna dire che dalla Prefettura fu disposta tale sospensione, poiché la S.E.P.R.A.L. affermava l’assoluta necessità che questo molino continuasse a lavorare per i bisogni della popolazione la quale, in caso diverso, sarebbe rimasta gravemente pregiudicata.

Peraltro, bisogna dire che pochi giorni dopo, in seguito ad una nuova violazione delle norme da parte del proprietario del mulino, esso fu chiuso e per un periodo doppio di quello che era stato precedentemente stabilito.

Eccoci all’ultimo caso: quello del barone Catalano di Lentini. Il Catalano venne fermato dai carabinieri, perché per suo conto veniva trasportato senza bolletta di accompagnamento un carico di 16 quintali di grano. Senonché, a questo punto, intervennero e l’ispettore compartimentale dell’agricoltura ed il direttore della S.E.P.R.A.L. ad instaurare una disputa di carattere giuridico sulla essenza del reato che questo fatto costituiva. Interventi manifestamente inopportuni, poiché è pacifico che la definizione del reato e l’accertamento della responsabilità compete soltanto all’autorità giudiziaria.

Fu così che, in seguito alle diverse opinioni espresse e alla contraddittorietà dei vari elementi, il barone Catalano fu rimesso in libertà; ma gli atti furono trasmessi regolarmente all’autorità giudiziaria, con la documentazione di quanto era stato accertato.

Anche su questa materia, come ho detto, abbiamo disposto l’appuramento di ulteriori elementi.

Non pare, come ho detto, che al prefetto possano farsi le accuse di cui nella interrogazione, poiché, per esempio, nei riguardi di questo fatto del barone Catalano, il prefetto rimase assolutamente estraneo agli accertamenti degli ufficiali di polizia giudiziaria.

Voglio aggiungere che, in questo campo di violazioni annonarie e di regole per gli ammassi, oggi è in vigore un decreto che comporta il sequestro dell’azienda e la successiva confisca, ove l’autorità giudiziaria ritenga che i fatti attribuiti siano effettivamente avvenuti.

La repressione è già in atto: qualche esercizio, anche qualche importante azienda agraria, sono stati già sequestrati per effetto delle violazioni appurate dagli agenti competenti, e le numerose sollecitazioni che ci sono pervenute da più parti perché i provvedimenti adottati non avessero esecuzione non sono state prese in alcuna considerazione. In questa materia le istruzioni del Ministero dell’interno ai prefetti sono del massimo rigore.

Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, al quale è stata data una larga diffusione in più modi, comporta – come ho detto – delle sanzioni gravissime; noi le applicheremo con la dovuta energia.

Presidenza del Vicepresidente TERRACINI

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DI GIOVANNI. Non posso dichiararmi soddisfatto. Sono grato, anzitutto, all’onorevole Sottosegretario per l’interno per le comunicazioni fattemi e per le accurate indagini compiute sull’argomento della mia interrogazione.

Confido che l’inchiesta, che mi si assicura essere stata disposta, potrà rigorosamente compiersi e in quella sede io mi riservo di presentare quella specifica documentazione, che sin da ora ho in atti e sulla quale non intendo infastidire l’Assemblea.

Dei chiarimenti e della giustificazione dell’onorevole Sottosegretario di Stato prendo atto; ora non posso assolutamente convenire in quella che è la giustificazione sul sequestro dei 45 quintali di grano in Buccheri, dato che il Sottosegretario di Stato si riferisce ad un quantitativo di grano bloccato per l’intervento del sindaco del luogo e riservato al consumo della popolazione: il fatto invece, che diede origine alla mia interrogazione, era ben altro. Si trattava di 42 quintali di grano in transito per Buccheri, che i carabinieri fermarono e sequestrarono. Fu sequestrato anche l’automezzo.

Secondo la legge vigente, già in applicazione, il grano si sarebbe dovuto confiscare e il proprietario avrebbe dovuto essere sottoposto al pagamento di 60 volte il prezzo del grano sottratto all’ammasso; l’automezzo avrebbe dovuto confiscarsi. Non fu così. L’automezzo fu rilasciato; il grano fu ammassato, ma ne fu pagato l’importo.

Ecco l’infrazione manifesta della legge. Non rilevo l’episodio Mangiafico; ma quanto all’ultimo, del barone Catalano, le giustificazioni non sono accettabili. Risulta infatti che furono sequestrati effettivamente trecento e più quintali di grano non denunciati, e quindi sottratti all’ammasso. Il fermo del Catalano avrebbe dovuto convertirsi in arresto, come avviene tante volte per la povera gente (Applausi a sinistra), che viene arrestata e denunciata all’autorità giudiziaria in condizioni di arresto.

Io non ho particolari ragioni di ostilità verso il barone Catalano, e non chiedo una persecuzione specifica; ma rilevo come questi episodi siano demoralizzanti; perché noi assistiamo ogni giorno al diverso trattamento di gente che, per le proprie influenze, elude la legge, senza incorrere in responsabilità, sottraendosi alle sanzioni gravissime che regolano l’ammasso dei generi contingentati; mentre altri, per piccole quantità, sono sottoposti alle più rigorose sanzioni.

Devo ricordare un fatto che merita veramente rilievo: uno dei non molti funzionari, che sentono l’alta responsabilità del dovere, il dottor Matarazzo, direttore dell’U.P.S.E.A. di Siracusa, che effettivamente agiva con coscienza e rigore e sentimento altissimo del dovere nell’applicazione della legge, e che aveva presieduto alle operazioni di accertamento delle evasioni all’ammasso, è stato d’improvviso trasferito da Siracusa (Commenti), sotto, non direi il pretesto, ma la motivazione che la sua opera di dirigente solerte fosse necessaria in altro ambiente più vasto.

Ora, questo provvedimento ha determinato le rimostranze dei partiti di sinistra e della Camera del Lavoro ed ha dato luogo anche a manifestazioni collettive di protesta, alle quali il Governo è rimasto sordo. Questo è un fatto che io devo rilevare, perché, se anche fosse vero che l’opera del dottor Matarazzo fosse necessaria altrove, nel momento in cui il provvedimento è avvenuto è stato di una depressione morale gravissima, avendo dato la sensazione che il sentimento del dovere e la coscienza di rigido, rigoroso e giusto persecutore delle iniquità dei potenti, fosse causa per lui di persecuzione con la conseguenza del suo trasferimento.

Ciò, ripeto, è assai deplorevole, e mi auguro – non ripeterò sulla delicatezza e gravità dell’argomento quanto ha efficacemente detto il collega che mi ha preceduto, rilevando le ripercussioni dipendenti dalla mancata applicazione delle sanzioni all’inosservanza delle norme per l’alimentazione – mi auguro che, accanto all’inchiesta rigorosamente condotta sia emanato il provvedimento della restituzione del dottor Matarazzo all’U.P.S.E.A. di Siracusa, per dare la conferma che il Governo intende che giustizia sia sempre fatta. Perché i lavoratori possono, sì, subire le privazioni e la scarsezza dell’alimentazione e del pane, ma non subiscono l’ingiustizia; e manifesta ingiustizia è l’applicazione della legge con la norma dei due pesi e delle due misure. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Poiché è trascorso il tempo destinato allo svolgimento delle interrogazioni, le altre interrogazioni iscritte all’ordine del giorno si intendono rinviate.

Svolgimento di una interpellanza.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento della seguente interpellanza dell’onorevole Bellavista, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere se rientreranno nella disciplina del recente decreto sulla attribuzione delle terre incolte quei terreni nei quali i mezzadri, sulla istigazione della Federterra, abbiano, senza giustificato motivo, interrotte o non iniziate le colture autunnali al solo scopo fazioso di creare artificialmente una situazione di fatto che, cogliendo di sorpresa i proprietari, possa determinare i presupposti per la spoliazione e l’annullamento del diritto di proprietà».

L’onorevole Bellavista ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.

BELLAVISTA. Onorevoli colleghi, presentata il 21 settembre questa mia interpellanza, non ha perduto la sua attualità, quella logica almeno, anche se, evidentemente, ha in parte perduto l’attualità cronologica, perché fu presentata quando i terreni aspettavano di essere arati e si discute oggi quando le semine sono già un fatto compiuto.

Il fatto denunciato nella mia interpellanza ha un valore sintomatico, perché va inquadrato in quella che è stata la tristissima applicazione del decreto Segni, per lo meno per quanto riguarda la Sicilia.

Devo a questo punto, perché non si possa equivocare sulle mie parole e soprattutto sulle mie intenzioni, rendere omaggio a quelli che sono i fini nobilissimi del decreto Segni, che fu concepito nel senso e con lo scopo di cercare di far produrre la terra quanto più essa potesse per alleviare la tragica situazione alimentare del popolo italiano, specie sotto l’aspetto frumentario.

Ma altre sono state e sono le intenzioni di quel metaforico personaggio che è il legislatore, ed altra è la vita vera del diritto che si risolve e si concreta nella sua pratica applicazione. Ed io debbo allora dichiarare che questo ottimo decreto, a prescindere da qualsiasi sentimento classista, che si proponeva soltanto di obbedire ai fini superiori dell’interesse nazionale, è stato nella pratica applicazione tradito e violato in tutte le maniere, perché di questa legge si è fatta un’arma demagogica e politica da servire soltanto a bassi interessi elettorali. (Applausi a destra Rumori ed interruzioni a sinistra).

È questa la verità, amara, che non volete rinfacciata. È questa tutta la verità. (Rumori a sinistra).

Dovevo logicamente aspettarmi questa reazione dai banchi dell’estrema sinistra, nella quale si annidano i beneficiari unici del decreto Segni sotto l’aspetto politico e demagogico che ho ricordato. (Vive proteste Commenti a sinistra Approvazioni a destra).

Ma i fatti che io vi denunzio, e che ricadono in gran parte sulla vostra responsabilità, sono quelli che sono, e il tumulto e il vostro chiasso non possono smentirli.

Quali sono i fatti? Ho detto che sono quelli denunziati, e c’è in proposito una circolare della Federterra che mi accompagnò in due viaggi precedenti a Roma. Non sorrida il collega Priolo, perché io prometto di portare, e porterò, la circolare (Rumori a sinistra), mentre aspetto ancora che il collega Lizzadri presenti quella tal circolare che riguarda l’«Uomo Qualunque». (Commenti).

PRIOLO. Io sorridevo per un’altra cosa.

BELLAVISTA. È accaduto che la Federterra ha istigato alcuni mezzadri – soddisfatti appieno, secondo le norme del decreto Gullo, nella spartizione del prodotto granario nel luglio e nell’agosto – a non presentarsi a coltivare i terreni di loro spettanza, al solo scopo (questo è stato detto, e se n’è fatto motivo di propaganda pubblica e privata) di predeterminare quelle condizioni di fatto che avrebbero reso possibile ad una Commissione circondariale compiacente di poter dire che il terreno non era coltivato o per lo meno non era sufficientemente coltivato.

Da ciò la richiesta di chiarimenti al Governo perché le Commissioni fossero messe nelle condizioni di poter interpretare la legge, secondo essa va interpretata, cioè secondo i fini di quel metaforico personaggio che è il suo legislatore.

Questo punto della battaglia per le terre incolte è trascorso, ma si ripresenterà in aprile e nell’anno prossimo. Intanto le Commissioni hanno funzionato sotto l’impulso e sotto la permanente minaccia di cavalcate di tremila persone; tanto è vero che più di un presidente di Commissione circondariale, fra i quali il giudice Corselli del Tribunale di Palermo, ha rifiutato dignitosamente di presiedere, incombente tale minaccia, che suona offesa alla libertà del giudizio. Ad Agrigento poi la storia del buon ladrone e del cattivo ladrone si è ripetuta nell’aspetto di due giudici presidenti, perché uno diceva pubblicamente: «a me non interessa che le terre siano coltivate o no; io so che devo assolutamente darle ai contadini». Mentre questo giudice, che è un candidato bocciato nelle trascorse elezioni politiche, ha tentato di farsi un facile parterre di elettori attraverso questo ignobile mercato della giustizia, un altro giudice, che conosceva soltanto i limiti della sua coscienza e del suo dovere, veniva minacciato da una turba di oltre 1000 persone riunite davanti al palazzo di Giustizia, ed esso, per non subire ricatti, si è pure dimesso. Del resto, c’è un fatto del quale posso rendervi la mia personale testimonianza. Il giorno 22 novembre, la seconda Commissione circondariale di Palermo si recava in territorio di Corleone, in località ex feudo Ridocco, per procedere al sopraluogo richiesto dalle parti. Sui colli, si trovava schierata – triste parodia dei «picciotti» garibaldini – la Cooperativa della Federterra di Campo Fiorito, in armi, bandiere e bagagli. (Commenti). Nulla da eccepire, perché la vigilanza diretta all’interesse proprio è un diritto; ma si spegnerà il vostro sorriso – può darsi che io equivochi come per quello del collega Priolo – quando vi dirò che, arrivata la Commissione, i cooperativisti fecero fantasia, nel senso lato, cioè spararono ed uccisero la mula di un tale Salvatore Sciacchitano, da Corleone, che compiva il delitto di arare le terre avute a mezzadria.

Una voce a sinistra. In un altro paese, è stato un agrario a sparare contro una donna.

BELLAVISTA. Io non so se l’onorevole interruttore abbia inteso che parlavo della mula di certo Salvatore Sciacchitano. Insomma, onorevoli colleghi, io non ho – e aspetto il solito sorriso – alcuna prevenzione contro le cooperative; tanto è vero e me ne può far fede l’onorevole Canevari, pioniere della cooperazione dentro e fuori il Parlamento, che io sono dei pochi di mia parte a partecipare all’unione parlamentare per la cooperazione. Però io dico che non si improvvisano le cooperative per farne banchi lotto di elettoralismo; non si improvvisano i coltivatori della terra, perché – e Dio disperda questa profezia, che è confortata da molti tecnici dei vostri Ispettorati agrari – se le cooperative coltiveranno i terreni così come pare lecito attendersi dai primi segni fin qui visti, il nostro raccolto granario, l’anno prossimo, subirà un sensibilissimo calo. Tanto ciò è vero, che alcune coraggiose Commissioni, su richiesta degli interessati, hanno provveduto a revocare la concessione a cooperative le quali hanno avuto concessi terreni di pascolo permanente o semi-permanente col solo scopo di bonifica ed hanno trovato che è economicamente più utile e più è facile surrogarsi ai proprietari e vendere l’erbaggio senza peraltro pagare l’estaglio relativo. Noi questo solo invochiamo: che il decreto Segni, che risponde a quei fini sociali che superano l’interesse delle parti, perché investono l’interesse della Patria, sia rispettato per quello che è, e venga rispettato attraverso gli organi che la legge ha stabilito, e che questi possano funzionare come liberi organi tecnici e di diritto che debbono liberamente esprimersi, senza che la loro volontà venga coartata, come è avvenuto nei fatti che vi ho denunciati. (Applausi a destra e al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’agricoltura ha facoltà di rispondere.

SPANO VELIO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Sarebbe stato probabilmente più opportuno e più proficuo che in rapporto a questa interpellanza nella quale si parla di istigazione della Federterra e di malafede di mezzadri, i quali avrebbero, senza giustificato motivo, interrotto le iniziate colture autunnali, l’onorevole interpellante avesse prodotto la circolare della Federterra alla quale ha accennato o avesse citato un solo fatto che avesse effettivamente attinenza con la interpellanza, invece di parlarci della mula di Salvatore Sciacchitano, la quale evidentemente fa parte di un episodio che rientra in un altro ordine di idee e di fatti.

Ora, in mancanza di questi fatti, dobbiamo dire che al Governo non consta se e in quali circostanze si sia verificato il fatto che ha dato luogo alla interpellanza, o il supposto fatto. In mancanza della cognizione di circostanze di fatto in proposito, anzi della sussistenza stessa del fatto, mi pare che la risposta non possa rimanere se non nelle linee generali di una ipotesi. È noto, e forse è noto anche all’onorevole interpellante che si occupa di questi problemi, a quanto pare, che il giudizio sulla procedibilità per l’aggiudicazione di un terreno ad una cooperativa agricola ai sensi dei decreti legislativi 19 ottobre 1944, n. 279; 26 aprile 1946, n. 597 e 6 settembre 1944, n. 89, vale a dire il giudizio sulla ricorrenza dello stato di incoltura o di insufficiente coltura, è demandato alle Commissioni provinciali e che i decreti del prefetto, emanati in conformità delle decisioni delle commissioni, non sono soggetti ad impugnazione delle parti, né in sede amministrativa né in sede giudiziaria. Al solo ispettore compartimentale agrario è data facoltà, in caso di rigetto della domanda della cooperativa, di ricorrere al Ministro per ottenere il riesame.

Alla stregua di queste disposizioni, non si può enunciare un criterio generale di valutazione del fatto ipotizzato dall’onorevole interpellante, in quanto una tale enunciazione, che non potrebbe, d’altronde, a sensi di legge, costituire vincolo per le Commissioni provinciali, correrebbe il rischio di essere interpretata come ingerenza nel compito demandato alle Commissioni, ingerenza indebita in quanto fatta o tentata senza neppure precisa cognizione di causa nel caso specifico.

È di esclusiva spettanza delle Commissioni di giudicare se un terreno rientri nel novero di quelli incolti o insufficientemente coltivati, secondo la definizione datane, agli effetti dell’applicazione dei ricordati decreti, dall’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 89.

Il quesito che, nel caso ipotizzato dall’onorevole interpellante, si propone all’esame della Commissione, è se ricorra lo stato di incoltura quando il mezzadro, allo scopo di nuocere al proprietario e in collusione con la cooperativa aspirante alla concessione del fondo, abbia volutamente interrotto o addirittura omesso l’inizio dei lavori autunnali.

È evidente che la Commissione porterà il suo esame su tutti gli elementi che emergeranno da accurati accertamenti, i quali riguarderanno non soltanto lo stato attuale dei lavori, ma anche l’ordinamento colturale del fondo, l’utilizzazione che esso ha avuto nelle annate precedenti fino a quella ultima, l’atteggiamento assunto dal proprietario di fronte alla negligenza del mezzadro e i rimedi, sia legali che tecnico-economici, da lui posti in essere. È dalla valutazione – analitica e complessiva – di tutti questi elementi, sulla cui variabilità nella molteplicità dei casi è superfluo soffermarsi, che la Commissione sarà in grado di formarsi il convincimento della ricorrenza degli estremi di legge per il riconoscimento dello stato di incoltura o di insufficiente coltura o della ricorrenza di un semplice e riparabile ritardo, non imputabile al conduttore del fondo, nell’esecuzione di determinati lavori.

Il Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste – che segue con attenzione l’attività degli organi ai quali è demandata l’applicazione della legislazione sulla concessione delle terre incolte ai contadini – coglie l’occasione di questa interpellanza per riaffermare la sua fiducia nella serenità, nel sano criterio e nella diligenza degli accertamenti istruttori delle Commissioni e degli Ispettorati provinciali dell’agricoltura.

BOSI. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Lo indichi.

BOSI. L’onorevole interpellante ha parlato della Federterra. Siccome sono il Segretario della Federterra, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI. La Federterra è chiamata in causa a proposito dell’occupazione delle terre, e dell’applicazione del decreto Segni. Ci facciamo un merito, innanzitutto, di essere stati un po’ i propugnatori del decreto e di essere riusciti a fare accettare quel principio fondamentale del decreto che tutti riconoscono essere un principio giustissimo: è necessario oggi, cioè, di poter procedere ad un miglioramento delle colture e dell’agricoltura italiana, attraverso lo sforzo diretto dei contadini e dei lavoratori che prima di oggi ne sono stati esclusi. Ci facciamo un merito di questo, e non vediamo per quale ragione ci sia un demerito nel tutelare l’interesse di quei mezzadri, che non sono i mezzadri classici della Toscana, dell’Umbria o dell’Emilia, ma sono i mezzadri della mezzadria impropria, i quali non ricevono nulla dal proprietario della terra e viceversa devono dare molto spesso al proprietario della terra il 50 e anche il 60 per cento del prodotto.

BELLAVISTA. È stato mai in Sicilia?

BOSI. Ebbene, questi mezzadri della mezzadria impropria, che sono i paria dell’agricoltura siciliana, hanno fatto, secondo noi, molto bene a domandare l’applicazione del decreto Segni sul terreno che essi, fino ad allora, avevano avuto a mezzadria impropria, perché il decreto Segni stabilisce che quando la terra è data nuda, il contadino che la riceve in concessione paga il 20 per cento del prodotto. Non c’è bisogno di pressioni della Federterra per far capire ai contadini siciliani che è molto meglio che domandino l’applicazione del decreto Segni piuttosto che essere sempre soggetti allo strozzinaggio da parte dei proprietari, col pagare il 50-60 per cento dei prodotti che sono frutto del loro lavoro. Questa è la situazione, e quindi non c’è proprio nessuna ragione di accusare la Federterra.

C’è qualcosa di più che ritengo opportuno rilevare, ed è che si sono imputati i contadini siciliani di aver fatto pressioni sulle Commissioni incaricate di applicare il decreto Segni. Queste pressioni sono tanto violente e tanto forti che queste Commissioni sono riuscite a stabilire che in Sicilia ci sono soltanto 40 mila ettari di terra che sono mal coltivati, di fronte alle centinaia di migliaia di ettari realmente e sul serio mal coltivati. L’agricoltura che produce la miseria dei lavoratori siciliani è la vergogna dei proprietari delle terre dell’Italia meridionale e della Sicilia in particolare. Mi dispiace che qui si debba parlare ancora di certe cose; spero che presto non si debba più parlare di queste controversie, perché il problema sarà risolto in modo definitivo, e spero che non dobbiamo più sentir difendere gli interessi di una categoria che in Italia ha soltanto da vergognarsi di quello che fino ad oggi ha fatto. (Applausi a sinistra).

Presidenza del Presidente SARAGAT

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. L’intervento dell’onorevole Bosi mi denunzia un litisconsorzio dei rappresentanti della Federterra col Ministero dell’agricoltura, che io non sospettavo davvero; tuttavia, siccome non sono un proprietario… (Interruzioni a sinistra).

Una voce. Lei è difensore degli agrari!

BELLAVISTA. …non ho un fatto personale con la Federterra; e se anche fossi difensore dei proprietari, questo potrebbe offendere soltanto chi annega il proprio mondo dialettico nell’imperio di una parte sola, e siete voi dell’estrema sinistra (Rumori a sinistra).

Devo soltanto dire questo: gli apporti di capitale tecnico, cui ha fatto cenno il collega che ha parlato per fatto personale, si riducono ai sei chili del peso approssimativo della zappa. Io sostengo ed affermo che egli non conosce la Sicilia, se osa affermare che i nostri terreni sono incolti. Vada a vedere, anche con l’ausilio dei tecnici del Ministero dell’agricoltura, e si accorgerà che la realtà è ben diversa. (Interruzioni a sinistra).

Rispondo adesso all’onorevole Sottosegretario di Stato. Mi era sembrato che il legislatore, per lo meno quello scolastico che è perfetto, potesse in vitro, astrazion facendo perciò da aride casistiche, prevedere i disturbi di applicazione delle leggi e rimediarvi.

Pare che l’onorevole Sottosegretario non condivida questa idea; allora aggiungo che la casistica c’è, e la faccio subito. I fatti da me lamentati sono avvenuti negli ex feudi di Casal Giordano e di San Giovanni in territorio di Petralia Soprana di proprietà Mocciaro, Sgadari e Pottino. Ho detto sono avvenuti; mi correggo, avvengono, perché l’astensione dal lavoro dei contadini, degli ex mezzadri dell’ex feudo di San Giovanni in atto sussiste e ve ne spiego subito la ragione. Da principio, senza attendere le istruzioni che l’interpellanza voleva provocare da parte del Ministero, i contadini si astennero dal lavoro e frattanto le cooperative chiesero l’assegnazione delle terre. Malgrado le cavalcate e malgrado le minacce, la Commissione circondariale di Termini, dopo un sopralluogo e su conforme parere del vostro Ispettorato agrario, del vostro organo tecnico periferico, non volle concedere le terre perché erano perfettamente coltivate. I contadini allora si misero in sciopero; questa volta oggetto della minaccia non era più la Commissione che aveva deciso, ma era appunto quell’Ispettorato agrario compartimentale, cui la legge, come ha ricordato l’onorevole Sottosegretario, preserva il diritto – stranamente – di impugnativa nel caso di rigetto da parte della Commissione.

Io non so se qualche altra cavalcata possa convincere il Commendator Petronio, Ispettore agrario compartimentale, a gravare di appello la sentenza della Commissione di Termini che ha rigettato la domanda della Cooperativa di Petralia Soprana.

Devo, però, aggiungere questo, e concludo.

Io non penso che il Ministro, interpretando, sia pure con la forza esegetica limitatissima che la dottrina assegna alle circolari ministeriali, violi la legge o sconfini in un campo di competenza non propria. Che, se così fosse, dovrei pubblicamente dichiarare che il Ministro questo ha fatto, perché sono note le circolari con le quali il Ministero dell’agricoltura e foreste è intervenuto e presso gli Ispettorati agrari compartimentali e provinciali e presso le Commissioni, per suggerire criteri di interpretazione.

Ciò che ha fatto a favore di quella tanto nobile categoria dei lavoratori, lo faccia anche per ragioni di giustizia, a favore della «ignobile» categoria dei proprietari. (Applausi al centro e a destra Commenti).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che le Commissioni permanenti per i disegni di legge, seconda e quarta, si sono riunite stamane per l’esame dello schema di provvedimento legislativo concernente la costituzione dell’Ente siciliano di elettricità.

Le due Commissioni hanno deliberato alla unanimità il rinvio del provvedimento al Governo per l’immediata esecuzione, plaudendo all’iniziativa che rappresenta un contributo notevole e concreto alla risoluzione del problema meridionale e un atto di solidarietà verso una regione il cui miglioramento economico e sociale è legato all’avvenire di tutta la Nazione. (Vivi applausi).

Comunico inoltre che il Presidente della prima Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge ha chiesto che la Commissione stessa sia autorizzata a presentare alla Presidenza la sua relazione sul disegno di legge: «Modificazioni alla legge comunale e provinciale», anche durante il periodo di aggiornamento dei lavori parlamentari.

Se non vi sono osservazioni, così rimarrà stabilito.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento (n. 1).

Come l’Assemblea ricorda, nella seduta di ieri, chiusa la discussione generale, si passò alla discussione degli articoli. Sull’articolo 1 erano stati presentati due emendamenti al testo della Commissione accettato dal Governo: il primo dell’onorevole Riccio Stefano e il secondo dell’onorevole Fabbri. La discussione fu rinviata per dar modo alla Commissione di concordare col Governo l’accoglimento o meno dell’emendamento Riccio. Darò pertanto la parola al Presidente della Commissione, perché esprima il suo avviso sull’emendamento Riccio, avvertendo che, anche in caso di accettazione dell’emendamento Riccio, dovrò prima mettere ai voti la proposta Fabbri, che costituisce, a sua volta, un emendamento alla proposta Riccio.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione.

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione stamane, dopo ampia discussione (alla quale ha partecipato anche il rappresentante del Governo) sulla opportunità di modificare le categorie dei funzionari tenuti al giuramento è venuta unanime nella decisione contraria, per le considerazioni che ho l’onore di esporre.

La Commissione ha ritenuto di dovere ancora una volta richiamare l’Assemblea alla valutazione del carattere transitorio e dei criteri informativi di questo progetto di legge.

Nel passaggio dal vecchio regime al nuovo, bisogna risolvere una situazione, che non consente indugi.

Il giuramento è presupposto di conferimento o condizione di validità per l’esercizio di uffici, cariche, funzioni, impieghi.

Ora noi ci troviamo in questa situazione: ci sono funzionari che hanno giurato precedentemente alla caduta della vecchia forma istituzionale; ci sono funzionari che hanno giurato nel periodo che intercorre tra la fine del regime monarchico e la presentazione di questo progetto di legge; ci sono funzionari che devono e dovranno giurare in questo periodo di «vacatio statutaria». I primi devono rinnovare il giuramento, i secondi completarlo, gli altri devono prestarlo «ex novo».

Codesti giuramenti, sia che debbano essere rinnovati, completati, o prestati «ex novo», sono necessari, perché per diritto pubblico, se non fossero prestati, non ci sarebbe la possibilità del conferimento degli uffici o verrebbe a mancare la condizione di validità per la continuazione degli incarichi. Noi dobbiamo soddisfare questa esigenza pratica, transitoria, che non è differibile, adeguando alla realtà della repubblica le vecchie formule dei giuramenti prestati o da prestare, senza pregiudicare le soluzioni definitive che in tema di giuramento adotterà la Costituzione e senza modificare la legislazione vigente che non potrebbe subire mutamenti o variazioni (se non in rapporto a quelli che saranno i nuovi orientamenti della nuova Costituzione) per quanto attiene alle categorie obbligate a giurare.

Muovendo da queste considerazioni, la Commissione, dopo aver discusso ampiamente, è venuta a questa conclusione unanime: che non potendo interferire nelle categorie di coloro che sono tenuti al giuramento, non è nemmeno il caso di ritornare allo stato di fatto e di diritto precedente alla instaurazione del regime fascista, perché, ad eccezione del giuramento dei professori universitari, capricciosamente imposto, per motivo di rappresaglia e senza relazione col loro stato giuridico, il giuramento delle altre categorie di funzionari è una conseguenza, «ipso iure», scaturita dall’inquadramento di alcuni funzionari fra gli impiegati statali.

L’onorevole Longhena domandava, per esempio, che fosse abolito il giuramento per i maestri elementari; ma non si può abolirlo per una ragione semplicissima: perché i maestri elementari, prima del regime fascista, dipendevano dagli enti locali, ma sono poi divenuti impiegati statali, come i segretari dei comuni; onde non potremmo sopprimere l’obbligo del giuramento senza incidere o modificare il loro stato giuridico e quello degli altri impiegati, esaminando caso per caso.

Questa discriminazione fuoriesce dai confini ben definiti del progetto di legge.

In coerenza a tali principî, la Commissione, anche prima che fosse presentato dall’Assemblea un emendamento specifico, aveva soppresso dal testo presentato dal Governo l’inclusione della categoria dei professori universitari nel novero di coloro che sono tenuti al giuramento. Quella inclusione costituiva, allo stato della legislazione, una innovazione contraria allo spirito e allo scopo di questo progetto di legge, perché i professori universitari, a norma dell’articolo 6 del decreto-legge del 1945 sull’insegnamento superiore, non sono più costretti a giurare, essendo stato abolito questo obbligo. A contrario, per lo stesso motivo, non possono essere escluse le categorie che, per la legge vigente, conservano questo obbligo, perché la loro esclusione, come la inclusione dei professori universitari, costituirebbe innovazione legislativa, che per ragione di correttezza istituzionale s’intende assolutamente evitare.

E per fissare anche più evidentemente questo principio ed evitare ogni possibilità di equivoco, abbiamo creduto opportuno da una parte, accentuare il carattere di transitorietà del progetto, modificandone l’intitolazione, che sarà: «Modificazione delle formule di giuramento», anziché: «Nuove formule di giuramento»; e, dall’altra, accogliendo parzialmente l’emendamento Riccio mantenere, all’articolo 1, la proposizione iniziale contenuta nel testo governativo e che a un primo esame era apparsa pleonastica e inutile, ma che meglio riafferma la provvisorietà della norma:

«Fino a quando non venga diversamente stabilito dalla nuova Costituzione dello Stato, i militari, i dipendenti civili, ecc. presteranno o rinnoveranno il giuramento…»

La Commissione ritiene in questo modo di aver accolto, per quanto era possibile, lo spirito delle proposte avanzate dall’Assemblea, che volendo segnare un netto distacco dai metodi del regime, esprimono il proposito di riesaminare la materia del giuramento, riportandola alle tradizioni del regime democratico: e ritiene, nello stesso tempo, di avere fornito al Governo lo strumento legislativo per ovviare all’inconveniente che si presenta nell’attuale periodo di transizione: che ci siano dei funzionari che hanno giurato fedeltà alla monarchia o a uno stato non definito nella sua forma istituzionale, ma non alla Repubblica, o che non possano, senza l’adozione delle nuove formule, giurare fedeltà alla Repubblica, che non abbiano cioè assolto o non possono questa condizione di validità del conferimento dell’incarico o della continuazione dell’incarico stesso.

Non crediamo infine di dover accettare l’emendamento dell’onorevole Fabbri, che domanda per i notai, per gli avvocati, e per i procuratori una esplicita soppressione del giuramento, perché per i notai questa soppressione non è possibile e per gli avvocati e procuratori non ha ragione di essere legiferata. Questi ultimi non sono tenuti a dichiarare fedeltà od obbedienza al regime. Per costoro, come per i periti e per i testimoni, il giuramento è connesso alla funzione temporanea o permanente, che ha riflessi di diritto pubblico, e attiene allo scrupoloso adempimento dei loro doveri, senza accenni alla forma istituzionale. Non è il caso di sollevare una discussione inutile, ma sia detto esplicitamente – e spero che questa dichiarazione induca l’onorevole Fabbri a ritirare il suo emendamento – che gli avvocati e i procuratori, come non giuravano fedeltà al regime passato, non devono nemmeno prestare o rinnovare il giuramento di obbedienza al regime presente: giuramento che contrasterebbe con la natura stessa del loro libero ufficio. (Applausi).

Per i notai non è la stessa cosa. Il notaio giurava fedeltà alla monarchia e al re: deve perciò giurare oggi fedeltà alla Repubblica.

Io ritengo che, delimitato il campo di questo progetto di legge, ridotto il terreno della contestazione a questa che è soddisfazione di una esigenza concreta, tanto transitoria quanto urgente, la Camera potrà, con voto unanime, approvare le modificazioni delle formule di giuramento, dando la sensazione che vi è una perfetta concordia in una questione che attiene alla vita e al prestigio dello Stato repubblicano. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Fabbri se mantiene il suo emendamento.

FABBRI. Quando sia chiaro che la formula del giuramento attualmente vigente per i procuratori e gli avvocati non viene toccata da questo provvedimento e che quindi né deve essere rinnovato da parte di coloro che lo hanno prestato, né a coloro che lo presteranno «ex novo» si può chiedere di giurare con una formula diversa da quella vigente, non ho nessuna difficoltà a ritirare l’emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Riccio se mantiene il suo emendamento.

RICCIO. Prendo atto delle dichiarazioni del Presidente della Commissione e, giacché sono stati accettati i motivi sostanziali dell’emendamento con l’aggiunta della prima parte dell’articolo 1 e con l’inclusione specifica e tassativa dell’esclusione dei professori universitari, pur meravigliandomi che la dizione «28 ottobre 1922» non sia stata accettata, in quanto questa dizione aveva uno squisito valore politico, non insisto nell’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in discussione l’articolo nel nuovo testo proposto dalla Commissione:

«Fino a quando non venga diversamente stabilito in dipendenza della nuova Costituzione dello Stato, i dipendenti civili e militari dello Stato, i dipendenti degli enti locali e le persone incaricate di pubbliche funzioni, che siano tenute al giuramento, lo presteranno o lo rinnoveranno secondo le formule stabilite negli articoli seguenti».

Poiché nessuno chiede di parlare, lo metto ai voti.

(È approvato).

Do ora lettura dell’articolo 2, che non ha subito emendamenti da parte della Commissione:

«La formula di giuramento per gli appartenenti alle Forze armate dello Stato è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi e di adempiere tutti i doveri del mio stato al solo scopo del bene della Patria».

«La stessa formula si applica per gli appartenenti ai corpi militarizzati, nei casi in cui il giuramento sia previsto dalle vigenti disposizioni».

BENCIVENGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENCIVENGA. Devo fare una semplice osservazione in armonia a quanto dissi ieri: non credo che si possa giurare fedeltà ad un Capo, se il Capo non giura fedeltà lui per primo alla Repubblica e alle istituzioni.

Pertanto io chiedo che da questo articolo siano stralciate le parole: «ed al suo Capo».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Russo Perez.

RUSSO PEREZ. In fondo, intendo fare una dichiarazione di voto, che vale per tutti gli articoli. Io approvo il disegno di legge perché, al di sopra delle pur alte considerazioni fatte dal Generale Bencivenga e dall’onorevole Condorelli, la mia sensibilità politica mi avverte che è necessario che la coscienza popolare sia rassicurata, non dalle semplici parole ma dai fatti, che nessuno intende opporsi al consolidarsi delle nuove istituzioni repubblicane. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

FABBRI. Domando all’onorevole Commissione, nell’ipotesi che si passi alla votazione di questo articolo, se ha difficoltà, che, al secondo comma, alla espressione «Repubblica italiana» sia aggiunto l’aggettivo «parlamentare».

PRESIDENTE. L’onorevole Molè ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Rispondo insieme all’onorevole Bencivenga e all’onorevole Fabbri. Faccio osservare all’onorevole Bencivenga che in tutti gli articoli del progetto si parla di fedeltà al Capo della Repubblica, genericamente, senza distinguere fra il «Capo provvisorio» che è in carica oggi e quello che sarà eletto domani, a costituzione ultimata, dopo la precisa determinazione dei suoi poteri. Si accenna dunque insieme al Capo che avrà giurato, come al Capo provvisorio che non ha giurato, non essendo ancora stabilita la formula del giuramento che dovrà prestare il Capo dello Stato. Ma occorre non dimenticare che anche il Capo provvisorio dello Stato, con un solenne messaggio alla Costituente, che fu diretto e diramato per la stampa anche al Paese, dichiarò fedeltà piena e leale alla Repubblica. Onde è da domandare se tale messaggio non costituisca documento solenne e inequivocabile, da equiparare, in periodo di preparazione, al vero e proprio giuramento formale, che non poteva e non può essere prestato, finché il periodo di preparazione della nuova Carta non sarà esaurito.

All’onorevole Fabbri osservo che, mentre ieri dalla sua parte si opponeva l’impossibilità di un giuramento obbligatorio a una repubblica che ancora non è definita o determinabile nei suoi istituti rappresentativi e nel suo contenuto, egli oggi invoca una dizione specifica «Repubblica parlamentare» che presuppone una determinazione avvenuta.

Io sono per la Repubblica parlamentare, ma non credo che si possa chiedere il giuramento specifico a una repubblica parlamentare, finché la maggioranza della Costituente non abbia fissato le forme e il funzionamento dell’organo rappresentativo della sovranità popolare, attraverso le Camere.

Per questo evidente motivo, di carattere transitorio, la Commissione non può accettare l’emendamento Fabbri.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta dell’onorevole Bencivenga che al secondo comma dell’articolo 2 siano soppresse le parole «ed al suo Capo».

(Non è approvata).

Metto ai voti l’emendamento Fabbri che al secondo comma, alle parole: «Repubblica italiana» proporre sia aggiunta la parola «parlamentare».

(Non è approvato).

Metto ai voti l’articolo 2.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 3 nel testo della Commissione:

«La formula di giuramento per i dipendenti civili dello Stato e per i dipendenti degli Enti locali è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato, di adempiere tutti i miei doveri, serbando scrupolosamente il segreto d’ufficio, nell’interesse dell’Amministrazione e per il pubblico bene».

«Per la promessa solenne, richiesta dalle vigenti disposizioni agli impiegati in prova, si applica la formula, di cui al comma precedente, sostituendo la parola «prometto» alla parola «giuro».

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Vorrei fare due proposte. La prima, di tornare al testo del disegno di legge come predisposto dal Governo, includendo la frase: «conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego».

Non vedo la ragione per cui si debba sopprimere quest’ultima parte. La condotta privata del pubblico funzionario interessa la pubblica Amministrazione, e questo giuramento, per quanto abbia un valore solamente morale, secondo me, deve riguardare anche la condotta privata.

Poi non comprendo perché, per gli impiegati in prova, si voglia sostituire la parola «prometto» alla parola «giuro». Se gli impiegati in prova non sono ancora impiegati non devono giurare, o il loro giuramento deve essere come quello di tutti gli altri.

Né riesco a capire che cosa sia una promessa rispetto ad un giuramento: la promessa evidentemente non ha valore di giuramento.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Presidente della Commissione a esprimere il suo parere sulla proposta Persico.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Devo dire all’onorevole Persico che è stato lungamente discusso, in sede di Commissione, questo tema del decoro obbligatorio e della impeccabilità della condotta privata del funzionario. Ma l’espressa inclusione nel giuramento di questo dovere, che nessuno disconosce, potrebbe costituire la giustificazione di un opprimente continuo sindacato del superiore gerarchico sulla condotta privata del dipendente e una intollerabile intrusione nella sua vita intima. I governi tirannici se ne sono serviti, come pretesto d’interventi illegittimi e strumento d’insidiose persecuzioni.

Quanto alla formula «prometto» in luogo dell’altra «giuro», per gl’impiegati in prova, il Governo non ha fatto che riprodurre (e, in conformità del criterio già espresso, noi lo abbiamo seguito) le formule che si trovavano nelle disposizioni vigenti.

Il giuramento non è contemplato soltanto da leggi, ma anche da regolamenti, e vi si contengono accenni alla necessità di questa promessa. La Commissione non ha creduto di entrare nel merito, dal momento che non doveva modificare le formule, se non in quanto si riferivano alla forma istituzionale.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Persico se insiste nei suoi emendamenti.

PERSICO. Insisto.

PRESIDENTE. Metto allora ai voti il primo emendamento dell’onorevole Persico, tendente a ripristinare, al secondo comma, il testo governativo che recava le parole: «e conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego».

(Non è approvato).

Metto ai voti il secondo emendamento, tendente alla soppressione dell’ultimo comma dell’articolo 3.

(Non è approvato).

Metto ai voti l’articolo 3 nel testo della Commissione.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 4, il quale nel testo originario era così formulato:

«La formula di giuramento per i magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo, per i professori universitari e per i notai è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato, e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio».

A questo articolo la Commissione ha proposto una variante: quella di sopprimere, al primo comma, le parole: «per i professori universitari».

Ha chiesto di parlare l’onorevole Rescigno. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Propongo che qui si aggiungano al primo comma le parole: «per gl’insegnanti primari e secondari», perché non so concepire per essi una formula di giuramento come quella di cui all’articolo 3, dove si parla di conservazione del segreto d’ufficio. Non saprei quale segreto gli insegnanti abbiano da conservare.

PRESIDENTE. Domando quale è il parere della Commissione su questa proposta.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Io credevo di aver spiegato i motivi per cui non era possibile alcuna innovazione per quanto attiene all’obbligo dei professori delle scuole medie e dei maestri elementari, ricordando che esiste uno stato giuridico che li parifica agl’impiegati dello Stato o li considera tali; per cui, modificare la legge del giuramento significa modificare lo stato giuridico.

Quanto ai professori universitari, dovendo, per essi, restare in vigore la disposizione abrogativa contenuta nell’articolo 6 del decreto-legge 5 aprile 1945, abbiamo accolto la proposta che la esclusione dell’obbligo venga espressamente ribadita nella presente legge, perché essi non possano, sia pure inesattamente, venir compresi nel novero dei dipendenti civili dello Stato.

PRESIDENTE. Avverto che all’articolo 4 è stato presentato il seguente emendamento dagli onorevoli Scoca, De Martino, Preziosi, Vinciguerra, Colombo Emilio, Castelli Avolio, Caronia, Orlando Camillo, Guerrieri Emanuele, Priolo:

«All’articolo 4 del testo ministeriale, aggiungere dopo le parole: per i magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo, le altre: per gli avvocati e procuratori dello Stato».

L’onorevole Scoca ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

SCOCA. Credo che non ci sia bisogno di svolgere l’emendamento da me proposto. Si tratta evidentemente di una pura dimenticanza, perché gli avvocati e i procuratori dello Stato hanno nell’attuale ordinamento una equiparazione ai magistrati. Quindi la formula con la quale devono prestare giuramento deve essere la stessa che viene stabilita per i magistrati.

PRESIDENTE, Quale è il parere della Commissione?

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione accetta.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno mantiene il suo emendamento?

RESCIGNO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento dell’onorevole Rescigno, inteso ad inserire al primo comma, dopo le parole «ed amministrativo» le altre «per i professori primari e secondari».

(Non è approvato).

Pongo ora ai voti l’emendamento dell’Onorevole Scoca ed altri, accettato dalla Commissione.

(È approvato).

Metto ai voti l’intero articolo 4 nel testo proposto dalla Commissione, il quale con l’emendamento Scoca ora approvato, risulta così formulato:

«La formula di giuramento per i magistrati dell’Ordine giudiziario ed amministrativo, per gli avvocati e procuratori dello Stato e per i notai è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio».

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 5 del testo proposto dalla Commissione:

«Per le persone estranee all’Amministrazione dello Stato, investite occasionalmente di pubbliche funzioni, che, secondo le preesistenti disposizioni, sono tenute a prestare giuramento con riferimento alla forma istituzionale dello Stato, si applica la seguente formula:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le funzioni affidatemi con coscienza e diligenza e con l’unico intento di perseguire il pubblico interesse».

Nessuno chiedendo di parlare lo pongo ai voti.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 6, avvertendo che il testo del progetto governativo non è stato modificato dalla Commissione:

«I sindaci dei comuni ed i presidenti delle deputazioni provinciali prestano giuramento con la seguente formula:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le mie funzioni col solo scopo del pubblico bene».

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Per regolarità di forma, poiché all’articolo 2 si è approvata la dizione: «al solo scopo del bene della Patria», mi pare che anche in questo articolo 6 bisognerebbe sostituire le parole «col solo scopo» con le altre «al solo scopo».

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione accetta.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, pongo ai voti l’articolo 6 con l’emendamento proposto dall’onorevole Persico e accettato dalla Commissione.

(È approvato).

Avverto che la Commissione ha proposto il seguente articolo 6-bis:

«Per i professori universitari resta fermo il decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1945, n. 238».

Lo metto ai voti.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 7.

«Il giuramento prescritto dall’articolo 5 della legge 13 giugno 1912, n. 555, e dall’articolo 3 del Regio decreto 2 agosto 1912, n. 949, per coloro ai quali sia stata concessa la cittadinanza italiana, deve essere prestato con la formula seguente:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo e di osservare lealmente le leggi dello Stato».

Nessuno chiedendo di parlare, lo metto ai voti.

(È approvato).

La Commissione ha proposto di aggiungere il seguente articolo 8:

«Fino a quando non sia prestato il giuramento con le nuove formule, resta fermo il disposto del primo comma dell’articolo 9 del decreto legislativo presidenziale 19 giugno 1946, n. 1».

Nessuno chiedendo di parlare lo metto ai voti.

(È approvato).

La Commissione ha infine proposto di modificare il titolo del disegno di legge nel modo seguente: «Modificazione delle formule di giuramento». Nessuno chiedendo di parlare, inetto ai voti questa proposta.

(È approvata).

Tutti gli articoli risultano così approvati. Procederemo alla votazione della legge a scrutinio segreto.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

Presidenza del Presidente CONTI

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a numerare i voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente SARAGAT

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Nuove formule di giuramento:

Presenti e votanti 432

Maggioranza        217

Voti favorevoli     343

Voti contrari           89

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberganti – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Amendola – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Ayroldi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Basile – Bassano – Basso – Battisti – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernamonti – Bertini Giovanni – Bertola – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonfantini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Bosi – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carbonari – Carboni – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Carpano Maglioli – Caratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese – Cosattini – Costa – Costantini – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Cuomo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza – Dugoni.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Faccio – Falchi – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fioritto – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giolitti – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacini – Jacometti.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lupis – Lussu.

Macrelli – Maffi – Maffioli – Magnani – Magrini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Natoli Lamantea – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paratore – Parri – Pastore Giulio – Pat – Patricolo – Patrissi – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pignatari – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pratolongo – Preti – Preziosi – Priolo – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Santi – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Francesco – Segni – Sforza – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terracini – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vilardi – Villabruna – Villani – Vinciguerra – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zappelli – Zotta.

Interrogazioni e interpellanze d’urgenza.

PRESIDENTE. È stata presentata la seguente interpellanza, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti deputati, Riccio Stefano, Rodinò Mario, Tumminelli, Venditti, Abozzi, Rodi, Lucifero, Dominedò, Quintieri Quinto, Bonino, Badini Confalonieri, Bellavista, Galioto, Colonna, La Gravinese Nicola, Trulli, Coppa, Ayroldi Carissimo, Vilardi, Maffioli, Corsini, Colitto, Lagravinese Pasquale, Marina, De Falco, Perugi, Patrissi, Rognoni, Cortese, Miccolis, Mastrojanni, Fresa, Castiglia, Caso, D’Amico Diego, Monticelli, De Maria, Quintieri Adolfo, Froggio, Condorelli, Taviani, De Martino, Pallastrelli, Belotti, Cremaschi Carlo, Angelucci, Jacini, Monterisi, Bellato, Dugoni, Borsellino, Tambroni, Rubilli, Zotta, Federici Maria, Sullo, Meda, Sartor, Bianchini Laura, Gotelli Angela, Rodinò Ugo, Fuschini, Leone Giovanni, Di Fausto, Siles, Trimarchi, Cuomo, Marinaro, Numeroso, Bozzi, Corsanego, Notarianni, Giordani, Merlin Umberto, Cimenti, Arcangeli, Ferrarese, Delli Castelli Filomena, Lazzati, Salizzoni, Tosi, Murdaca, Falchi, Nicotra Maria, Roselli, Bazoli, Chieffi, Arcaini, Ferrario, Alberti, Clerici, Perrone Capano, Belloni, Sampietro, Avanzini, Balduzzi, Caristia, Cappugi, Fanfani, Adonnino, Colonnetti, Fusco, Covelli:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delle finanze, perché – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione – la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole province, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del tribunale; tenendo presente che, nella scelta dei nomi, debba prevalere la competenza tecnica sul criterio politico».

Domando al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che l’interpellanza sia discussa d’urgenza; ma devo avvertire che viene richiesta la modificazione della legge. Quindi una discussione d’urgenza non può portare ad un risultato immediato.

Comunque consento che sia messa all’ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. È stata presentata una interpellanza, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti Deputati: Colonnetti, Alberganti, Ambrosini, Arcaini, Arcangeli, Bargagna, Bellavista, Bettiol, Bianchi Bianca, Binni, Bonino, Bulloni Pietro, Calamandrei, Calosso, Cappi, Caristia, Caso, Cavalli, Cavallotti, Cianca, Codignola, Cosattini, Einaudi, Ermini, Fanfani, Ferrario Celestino, Foa, Fornara, Giacchero, Giua, Gortani, Gui, Jacini, La Pira, Leone Giovanni, Lettieri, Lombardi Riccardo, Lucifero, Lussu, Marchesi, Martinelli, Martino Gaetano, Mattei Teresa, Medi Enrico, Mortati, Musotto, Pajetta Giancarlo, Pecorari, Pesenti, Pieri Gino, Pignedoli, Ponti, Riccio Stefano, Rivera, Rodinò Ugo, Schiavetti, Togni, Tomba, Tosato, Tosi, Valiani, Valmarana:

«Al Governo, per sapere se – accogliendo finalmente le ripetute istanze del Consiglio nazionale delle ricerche, i voti unanimi dei Corpi accademici e degli studiosi, nonché l’esempio dei Paesi più consapevoli e progrediti – intenda dare adeguato e stabile finanziamento alla ricerca scientifica, necessaria non solo per il progresso culturale e spirituale, ma anche per l’urgente ricostruzione e per l’invocato sviluppo economico nazionale».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. La questione non può essere risolta molto sollecitamente, richiedendo lo stanziamento di spese in bilancio. Quindi, propongo che l’interpellanza sia discussa alla ripresa dei lavori parlamentari.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. È stata presentata una interrogazione, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti Deputati: De Maria, Giordani, Zerbi, Colombo, Codacci Pisanelli, Motolese, Franceschini, Delli Castelli Filomena, Quarello, Monterisi, Caso, Marzarotto, Caccuri, Gabrieli, Leone Giovanni, Monticelli, Bellato, Moro, Corsanego, De Martino, Zotta, Germano, Geuna, Gotelli Angela:

«Al Ministro di grazia e giustizia, per sapere se a carico della redazione e direzione del settimanale «Il Mercante» sia stato proceduto a norma dell’articolo 297 del Codice penale, che contempla le sanzioni per chi offende l’onore o il prestigio del capo di uno Stato estero».

PRESIDENTE. Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Non ho nulla in contrario a che sia iscritta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Silipo. Ne ha facoltà.

SILIPO. Ho presentato, insieme all’onorevole Musolino, un’interpellanza per la quale ho chiesto la discussione di urgenza, che mi è stata riconosciuta. Desidero sapere quando sarà trattata, perché la gravità dei motivi che mi hanno indotto a presentarla permangono immutati.

PRESIDENTE. Ecco il testo dell’interpellanza presentata:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti, allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinello) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».

Chiedo al Governo se intenda discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sullo Fiorentino. Ne ha facoltà.

SULLO FIORENTINO. Ho presentato l’altro ieri la seguente interpellanza, e ne chiedo la discussione d’urgenza:

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dei lavori pubblici per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.

«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse l’esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.

«In tale maniera si sarebbe andati incontro anche ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta), normalmente purtroppo non mantenute».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Riconosco l’urgenza, ma chiedo il tempo necessario per assumere informazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Caroleo. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Chiedo che, come sarà posta all’ordine del giorno di domani l’interpellanza Silipo, vi sia posta anche la seguente da me presentata fin dal 25 settembre scorso:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e ai Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se il Governo abbia avuto piena notizia della preoccupante situazione determinatasi da qualche settimana in Calabria, e particolarmente nella provincia di Catanzaro, dove si sono invase e si vanno alla giornata invadendo estese zone di terre coltivate e avviatissime aziende, ad opera di numerosi gruppi di contadini con minacce e violenze contro persone e cose, tra l’indifferenza o l’impotenza delle autorità costituite. Si chiede altresì di sapere quali misure siano state adottate od intenda di attuare il Governo per il più rapido ristabilimento dell’ordine, non tanto in ossequio alla legge e al diritto privato, quanto in difesa del tranquillo lavoro e della pacifica convivenza di quelle pazienti e generose popolazioni, abbandonate a se stesse, e in difesa anche della continuità della produzione agricola, a cui è interessata, oggi più che mai, l’intera Nazione. Dovrebbe darsi preferenza a provvedimenti rivolti a superare o almeno ad attenuare i disagi e le sperequazioni nel campo economico, altra volta dall’interpellante segnalati in questa Assemblea e manifestatisi ora come la principale causa dei sopravvenuti disordini e dell’instaurato deprecabile sistema di «ragion fattasi».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento.

PRESIDENTE. L’onorevole Togni ha presentato la seguente interpellanza, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sui motivi che lo hanno spinto a non dare attuazione al Regio decreto 13 marzo 1944, col quale venne istituita una Commissione per la riforma della previdenza sociale, perpetuando una caotica situazione altamente lesiva degli interessi dei lavoratori».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. L’onorevole Carratelli ha presentato la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro delle finanze, se non sia giusto riesaminare il decreto ministeriale 15 giugno 1946, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, n. 150, dell’8 luglio 1946, relativo al concorso per il conseguimento dell’idoneità, per titoli e per esame, all’esercizio delle funzioni di esattore dalle imposte dirette, al fine di mantenere in carica coloro che, non iscritti all’albo nazionale, ebbero conferite le esattorie per il decennio 1943-52 o per il quinquennio 1943-47, ovvero ne assunsero la gestione durante il decennio o il quinquennio, a seguito di decadenza di esattori nominati sin dall’inizio della gestione. Sa non sia conseguentemente giusto che tutti gli esattori nominati prima del 30 luglio 1944, e che abbiano compiuto due anni di servizio, vengano inscritti, in seguito a domanda, all’albo nazionale, e che siano pure iscritti, a domanda, coloro che abbiano un servizio cumulabile di un anno di collettore e due di esattore e si trovino attualmente in carica, con l’intera cauzione versata ed approvata. Se non sia almeno giusto che vengano rispettati i contratti esistenti, di coloro che nel 1950 saranno in carica, e riconosciuto il diritto degli stessi alla iscrizione nell’albo nazionale, senza obbligo di concorso per la idoneità, per titoli o per esami, qualora durante l’esercizio della funzione esattoriale, abbiano dato, a giudizio del Ministero competente, prova sicura di capacità».

Chiedo al Governo se consente la discussione di urgenza.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Di Fausto. Ne ha facoltà.

DI FAUSTO. Chiedo di trasformare in interrogazione orale la seguente interrogazione con risposta scritta, presentata il 23 novembre:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere se, nei ripetuti episodi di aggressione e di provocazione di sacerdoti, non ravvisino lo sviluppo di una predisposta campagna anticlericale, sostenuta da una inqualificabile quanto vistosa stampa, dimentica delle tragiche vicende trascorse, e sorda, naturalmente, alle conclusioni che se ne sarebbero dovute trarre. A scongiurare deprecabili ulteriori scissure nella dolorante compagine nazionale, con la distruzione dei superstiti valori morali, gli interroganti chiedono che la propaganda pornografica, la calunnia ed il vilipendio, che offendono il senso morale e religioso degli italiani, siano stroncati senza indugio con la integrale e vigile applicazione della legge, per tutelare, nelle supreme esigenze della Nazione, le particolari esigenze di Roma. Poiché, caduto il prestigio politico, non può in nessun modo essere compromesso, attraverso bestiali manifestazioni settarie, il più alto e vasto splendore che deriva a Roma in quanto capitale della Cristianità Universale».

«Di Fausto, Codacci Pisanelli, Zotta, Guidi Cingolani Angiola, De Palma, Corsanego, Orlando Camillo, Delli Castelli Filomena, Castelli Avolio, Martinelli, Leone Giovanni, Jacini, Dominedo, Fabriani, Bettiol, Moro, Froggio, Scalfaro, Ciccolongo, Tozzi Condivi, Monticelli, Cavalli, Vicentini, Merlin Umberto, Uberti, Medi Enrico, De Maria, Terranova, Caso».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento cha questa interrogazione sia discussa unitamente a quella dell’onorevole De Maria.

PRESIDENTE. È stata presentata, con richiesta di svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione firmata dagli onorevoli Meda Luigi, Pajetta Gian Carlo, Morelli, Mariani, Alberganti, Targetti, Clerici, Lombardi Riccardo, Gasparotto, Scotti Francesco, Cavallotti:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e al Ministro dell’interno, perché diano ragguagli sul criterio e sulle norme che regolano l’approvvigionamento della provincia e della città di Milano. I rifornimenti di grano in dette località non risultano effettuati con la dovuta regolarità; già da tempo, in dati giorni della settimana la distribuzione del pane è stata sostituita con una assegnazione di farina gialla. Tale provvedimento, che rende ancor più penose le già critiche condizioni delle masse popolari, ha provocato a Monza reazioni che potrebbero essere origine anche di più gravi disordini. Gli interroganti chiedono pertanto che gli organi responsabili del Governo intervengano con prontezza ed energia, perché la disciplina dell’alimentazione venga fatta rigidamente osservare in ogni provincia e in modo particolare in quelle che dispongono di notevoli scorte di cereali».

Chiedo al Governo se accetta che sia discussa.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che la discussione avvenga nella seduta di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se non ritengano opportuno ed urgente, specialmente in considerazione delle enormi difficoltà di vita, sveltire la burocrazia che inceppa la liquidazione delle pensioni statali.

«L’interrogante richiama l’attenzione del Governo verso lo stuolo numeroso di vecchi lavoratori, di minorati di guerra, di vedove e di orfani che sono costretti a lottare con la fame nella lunga attesa (che si protrae per anni) di avere ciò che loro spetta di diritto.

«Ragioni di umanità e di giustizia sollecitano un immediato intervento del Governo:

1°) perché tutti e subito possano godere un adeguato anticipo;

2°) perché le pensioni vengano corrisposte senza che le pratiche debbano subire inutili e dannose soste negli uffici.

«Bellato».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere che cosa intenda fare nei confronti del settimanale denominato Fracassa.

«Detto giornale, malgrado abbia già subìto sequestro, prosegue la sua azione apologetica del fascismo e denigratrice dei partigiani di Italia. È inoltre evidente il tentativo di organizzare i residui fascisti incitandoli all’odio contro la Repubblica democratica italiana.

«Gli interroganti esprimono lo sdegno di tutti i partigiani d’Italia e chiedono, nel ricordo dei combattenti caduti per la libertà, che vengano prese energiche e definitive misure nei confronti di questo settimanale di sicuro marchio fascista.

«Cavallotti, Scotti Francesco, Boldrini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere:

1°) quali ragioni nuove siano intervenute per impedire al Ministero la integrale attuazione del provvedimento annunciato dal Bollettino Ufficiale dell’ottobre – in esecuzione dell’annunciato piano di graduale normalizzazione della scuola – che insediava o trasferiva al posto di alcuni presidi reggenti, funzionari titolari di provata competenza, sciolti da ogni e qualsiasi addebito dai tribunali di epurazione;

2°) con particolare riferimento alla scuola milanese, se sia vero che la comunicazione esecutiva del provvedimento ministeriale anzidetto, veniva ritardata dal provveditore reggente di quella città, per molti giorni, sicché dell’indugio si avvalsero alcuni presidi reggenti, per organizzare un piano di resistenza inteso ad impedire l’esecuzione del decreto ministeriale, trasferendo alla « piazza » una questione personale – di esclusiva competenza del Ministero – attraverso manifestazioni di studenti e professori, che concludevano in uno sciopero, organizzato, a quanto si dice, dallo stesso preside reggente colpito dal provvedimento, e rimasto al posto dal quale era stato rimosso con regolare e legale decreto ministeriale.

«Tumminelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri degli affari esteri e del lavoro e previdenza sociale, per sapere quali trattative abbiano allacciate con i paesi dell’America latina per favorire l’indispensabile sbocco emigratorio dei nostri lavoratori; a quale punto tali trattative si trovino; ed in ispecie se non ritengano utile ed opportuno inviare nei detti paesi una apposita missione con partecipazione parlamentare, che studi le possibilità concrete e tratti gli aspetti economici e sociali di tale problema.

«Schiratti, Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non creda opportuna la istituzione di Commissioni provinciali per le revisioni dei fitti con criteri di giustizia equitativa nei confronti di proprietari ed inquilini, da applicarsi caso per caso.

«Monterisi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se sia a conoscenza di un progetto presentato al Ministero dei lavori pubblici per la costruzione di tre impianti idroelettrici nel bacino imbrifero dell’altissimo fiume Oglio nell’Alta Val Camonica, dal sindaco di Brescia.

«L’interrogante chiede, in conseguenza, se non si ritenga urgente, agli effetti della disoccupazione, della carenza di energia elettrica, e per il benessere della Valle alpina, esaminare attentamente la questione e risolverla in senso costruttivo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se non ritengano doveroso ed urgente andare incontro alle accorate pressanti richieste dei vecchi lavoratori artigiani che percepiscono dalla Previdenza sociale la pensione categoria «solo facoltativa».

«E ciò se non per ragioni di diritto, per ragioni di umanità, trattandosi di lavoratori che per primi e volontariamente hanno appoggiato il movimento di previdenza e che oggi sono costretti a dover constatare amaramente l’inutilità dei loro sforzi e della buona volontà, di fronte al tragico problema del carovita.

«L’interrogante richiama l’attenzione dell’onorevole Ministro del tesoro sul numero relativamente esiguo di aderenti a questa forma di assicurazione e sul conseguente limitato aggravio al bilancio statale, qualora il Governo si decidesse a venire giustamente incontro alle impellenti necessità di questi vecchi lavoratori come ha fatto per quelli assicurati obbligatoriamente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quali misure intenda prendere affinché venga provveduto alla rapida applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 19 aprile 1946, n. 331, che stabilisce la ripartizione dei prodotti erborei ed erbacei, nella colonia parziaria, del 60 per cento a favore del colono e del 40 per cento a favore del proprietario, e, comunque, una ripartizione di detti prodotti non inferiore al 50 per cento. E questo onde evitare incidenti gravi che turbano l’ordine pubblico e la tranquillità delle popolazioni rurali come è avvenuto recentemente nel comune di Montecchio in provincia di Terni.

«Per sapere inoltre se egli non intenda intervenire contro le vessazioni e le violenze esercitate a Montecchio, da parte dell’Arma locale dei carabinieri, contro un colono e gli organizzatori sindacali locali, i quali facendosi strumenti dell’interesse della parte padronale, in dispregio alla legge stessa, sono intervenuti, con violenza brutale e col sopruso, a dirimere una contesa di carattere pacifico e puramente sindacale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Farini Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere quali misure intenda prendere contro il maresciallo Granati della stazione di Montecchio (Terni), l’appuntato e il carabiniere Montebove che, intervenendo su richiesta di un proprietario locale, in una pacifica contesa di carattere strettamente sindacale riguardante l’applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 19 aprile 1946, numero 331, regolante la ripartizione dei prodotti erborei ed erbacei nella colonia parziaria, si lasciava trascinare a commettere atti inauditi, illegali e ingiustificati di violenza contro un colono, la sua famiglia e contro gli stessi rappresentanti locali della Federterra.

«E se non intenda pertanto, a scopo di ristabilire l’ordine nella giustizia e riportare la calma nella popolazione giustificatamente indignata, provvedere all’immediato trasferimento del maresciallo Granati e dell’appuntato, all’allontanamento e alla punizione esemplare del carabiniere Montebove resosi colpevole di minaccia a mano armata contro pacifici e inermi cittadini e di avere ingiustificatamente malmenato il colono Zappitelli e nel contempo provvedere al rilascio dei rappresentanti locali della Federterra e del colono rei di aver chiesto, nelle forme consentite dalla consuetudine e dalla legge, l’applicazione del sopra indicato decreto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Farini Carlo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se, avendo espresso il suo consenso circa la necessità di agevolare e affrettare il ripristino delle aziende artigiane distrutte o danneggiate dalla guerra, non ritenga urgente di risolvere tale problema con la concessione di appositi contributi, particolarmente per le piccole aziende, combinati con facilitazioni creditizie per ricostituire gli impianti, ivi compresi strumenti da lavoro, macchinari e materie prime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere come intenda propugnare e salvaguardare gli interessi dell’agricoltura minacciati e spesso compromessi dalle concessioni di sfruttamento dei corsi d’acqua a scopo industriale; specialmente quando le concessioni stesse sono viziate di procedura affrettata e fautrice dell’alta finanza, o quando, come nel periodo fascista, le categorie agricole erano rappresentate da gerarchi imposti dalla dittatura, i quali rappresentavano, non di rado, non i pubblici ma i propri privati interessi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga opportuno emanare provvedimenti legislativi atti ad accelerare e facilitare l’espletamento delle procedure per ottenere la dichiarazione di morte presunta nei riguardi dei militari dispersi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Badini Confalonieri, Perrone Capano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere le ragioni che inducono gli organi competenti ad escludere Barletta dai porti utilizzati per lo sbarco del grano proveniente dal Veneto, Romagne, Marche, a mezzo velieri. Difatti tutto il grano destinato alla provincia di Bari viene sbarcato solamente in porti più a sud di Barletta, anche quando, per la macinazione, deve essere poi avviato ai molini di Andria, Barletta, Corato e Spinazzola, ecc., determinando i seguenti gravi inconvenienti:

1°) inutili spese di trasporto via terra, aumento di manipolazioni, sfridi, cali, avarie, ecc.;

2°) superfluo e non trascurabile spreco di carburante, lubrificanti, gomme, ecc. per riportare indietro detto grano;

3°) sperequazione nella distribuzione del lavoro fra i lavoratori portuali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Monterisi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere le ragioni per cui non è stata ancora data concreta applicazione ai decreti legislativi luogotenenziali 16 novembre 1944, n. 1125 e 25 maggio 1945, n. 413, con i quali i funzionari delle Ferrovie dello Stato, esonerati dal servizio, ai sensi dei Regi decreti 28 gennaio 1923, n. 143 e 28 gennaio 1923, n. 153, e per conseguenza esclusi dall’assegnazione dell’alloggio nelle cooperative edilizie a contributo statale, per l’articolo 23 del Regio decreto-legge 7 febbraio 1926, n. 193, venivano reintegrati in tutti i loro diritti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non sia equo stabilire nella misura unica di lire 35 giornaliere, senza distinzione di qualifiche e di gradi, l’indennità prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 11 gennaio 1946, n. 18, a favore del personale di ruolo e non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, in servizio nei centri distrutti, semidistrutti o danneggiati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

  1. a) se non sia equo concedere il patrocinio nelle preture anche ai laureati in legge che, per motivi dipendenti dallo stato di guerra, non si siano potuti iscrivere nell’albo dei praticanti procuratori, entro i quattro anni dalla laurea, come prescrive l’articolo 8 del Regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578;
  2. b) se non sia opportuno inquadrare nei ruoli di gruppo C delle cancellerie e segreterie giudiziarie quegli aiutanti di cancelleria che – provvisti del titolo di studio prescritto – a giudizio dei superiori gerarchici ne siano ritenuti meritevoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

  1. a) se non sia opportuno, in via eccezionale, con apposito provvedimento legislativo, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia, ammettere ai concorsi di consigliere di Corte di appello, per le vacanze degli anni 1945 e successivi, tutti i magistrati assunti in servizio nel 1931, tenuto conto che a tali concorsi, come già a quello indetto con decreto ministeriale 10 marzo 1943, per le vacanze del 1944, non vi potrà essere apporto di nuovi elementi (poiché, come è noto, dal 1926 al 1931 non hanno avuto luogo nuove assunzioni in magistratura), ma potranno parteciparvi soltanto quei magistrati già sottoposti al vaglio di almeno due precedenti concorsi con esito negativo;
  2. b) se non sia rispondente a criterio di sana giustizia riconoscere a tutti gli effetti il servizio prestato ai sensi del Regio decreto 6 febbraio 1927, n. 131, dai magistrati successivamente sistemati in carriera per la legge 17 giugno 1930, n. 421, o per il Regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e per il Regio decreto 12 maggio 1930, n. 663. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Caccuri, Scalfaro, Romano».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La sedata termina alle 19.25.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 15:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Svolgimento di interpellanze.

GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXVII.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

indi

DEL VICEPRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Sul processo verbale:

Gasparotto                                                                                       Congedo:

Presidente.                                                                                                       

Verifica di poteri:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Brusasca, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri                                        

Russo Perez                                                                                                      

Cacciatore, Sottosegretario di Stato per l’assistenza post-bellica                        

Bibolotti                                                                                                          

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale               

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                         

Rodi                                                                                                                  

Restagno, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici                                       

Pastore Raffaele                                                                                            

Chatrian, Sottosegretario di Stato per la guerra                                                 

Chiaramello                                                                                                    

Bellusci, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione                                

Pellizzari                                                                                                         

Presentazione di disegni di legge:

Gullo, Ministro di grazia e giustizia:

Modificazioni al regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento della Corte d’assise

Norme complementari per l’applicazione del regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento della Corte d’assise     

Procedura per i reati di competenza della Corte d’assise                                        

Disegno di legge: Nuove formule di giuramento (N. 1) (Discussione):

Presidente                                                                                                        

Della Seta, Relatore                                                                                         

Lucifero                                                                                                           

Bencivenga                                                                                                      

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Lussu                                                                                                                

Giannini                                                                                                            

Badini Confalonieri                                                                                        

Molè, Presidente della Commissione                                                                   

Pellizzari                                                                                                         

Condorelli                                                                                                      

Fabbri                                                                                                               

Gabrieli                                                                                                            

Riccio                                                                                                               

Persico                                                                                                             

Longhena                                                                                                         

Rescigno                                                                                                           

Interrogazioni, interpellanze e mozione d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                         

Costa                                                                                                                

Ravagnan                                                                                                        

Merlin Umberto                                                                                              

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Gullo, Ministro di grazia e giustizia                                                                   

Castelli Avolio                                                                                               

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

Sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul processo verbale l’onorevole Gasparotto. Ne ha facoltà.

GASPAROTTO. Mi sia consentito dire una parola in onore di una nobile e singolare figura di uomo, di parte conservatrice, amico della libertà e della libertà difensore, anche, e soprattutto, nei momenti più torbidi, quando la onorata bandiera era stata disertata da gran parte dei suoi amici.

Uomo che, se non appartenne a questa Assemblea, fu deputato per sei legislature, successivamente senatore e consultore, Enrico Scalini, è morto nei giorni decorsi all’età veneranda di 90 anni, uno dei pochi, ahimè troppo pochi, membri del Senato che abbiano osato resistere costantemente e palesemente alla cosiddetta rivoluzione legislativa che ha frodato il paese delle garanzie costituzionali.

Enrico Scalini, agronomo, industriale, patriota, fu monarchico, il che non gli impediva – ed era caratteristico in lui – di portare costantemente all’occhiello il garofano rosso, perché, diceva: «Se sono monarchico, la repubblica non mi spaventa».

E di lui vorrei ricordare ai giovani questo episodio caratteristico: quando, durante la guerra di Eritrea, per obbedienza cieca al loro duce, deputati e senatori si affrettarono ad offrire all’erario la medaglia parlamentare, egli vi si ricusò, non perché lesinasse l’obolo alla patria – verso la quale fu sempre generoso – ma per marcare ancora una volta e clamorosamente la sua resistenza all’uomo, che non stimava e non temeva. E poiché il Presidente del Senato credette di fare anche il suo nome fra i senatori offerenti, con una lettera sdegnosa gli impose la rettifica, per non essere compreso nel novero dei sottomessi.

Se, fino all’ultimo giorno, ebbe costante ed affettuosa amicizia col più anziano dei principi di casa reale – pur esso morto recentemente in malinconico esilio – dell’amicizia si valse per far arrivare al sovrano, ben prima del 25 luglio, i sensi della sua umiliazione per veder la corona prostrata ai piedi del dittatore che – a giudizio di tutti gli uomini di senno – stava portando il paese verso la sua rovina, tentando, in questo nobile gesto, di separare la causa del Paese da quella della monarchia.

Non poté assistere ai lavori della Consulta perché sentiva le forze venirgli meno, e allora si ritrasse nella pace dei campi, ai piedi delle sue prealpi lombarde: e qui stoicamente attese la fine, serenamente affidandosi al destino, come un umanista del buon tempo antico. Pareva fino agli ultimi giorni, agli amici che ebbero a fargli conforto di visita, che dal bel volto perpetuamente sereno spirassero le parole memorabili di Leonardo da Vinci che egli stesso si ripeteva: «Nella contemplazione soave e lieta dell’alma natura che al ciel ci invita, sta la gioia serena e il piacer della vita».

Così in gioia serena, coll’animo placato nel vedere il paese restituito alla libertà, è morto Enrico Scalini.

Ora è ombra; ombra che lascia dietro a sé una luce di esempio: la fedeltà alle proprie opinioni, che dà forma e forza al carattere, il rispetto al proprio passato che gli dona prestigio.

Chiedo al Presidente che all’unica sua figlia, Contessa Ada Gabrielli, sia trasmessa l’espressione della nostra solidarietà al suo dolore (Applausi).

PRESIDENTE. Mi renderò interprete dei sentimenti di cordoglio dell’Assemblea.

Nessun altro chiedendo di parlare, il processo verbale s’intende approvato.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Corsini.

(È concesso).

Verifica di poteri.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni nella riunione odierna, in seguito alla morte dei deputati: Achille Grandi, della Circoscrizione di Milano (IV); Giovanni Lombardi, della Circoscrizione di Napoli (XXIII); Luigi Corazzin, della Circoscrizione di Venezia (X); ha deliberato di proporre, a termini dell’articolo 64 della vigente legge elettorale, la proclamazione dei candidati che risultino primi dei non eletti nelle rispettive liste.

Conseguentemente, al deputato Achille Grandi subentra, per la Circoscrizione di Milano (IV), il candidato Pietro Ferreri; al deputato Giovanni Lombardi subentra, per la Circoscrizione di Napoli (XXIII), il candidato Luigi Renato Sansone; al deputato Luigi Corazzin subentra, per la Circoscrizione di Venezia (X), il candidato Celeste Bastianetto.

In seguito all’annullamento della elezione dell’ingegner Guglielmo Visocchi nella Circoscrizione di Roma (XX), deliberato dall’Assemblea Costituente nella seduta del 10 dicembre, la Giunta stessa propone che sia proclamato in sua vece l’onorevole Giovanni Persico, primo dei non eletti della medesima lista.

Do atto alla Giunta di queste comunicazioni e metto ai voti le proclamazioni proposte.

(Sono approvate).

Avverto che da oggi decorre, nei riguardi dei nuovi proclamati, il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali proteste o reclami.

Comunico inoltre che la Giunta delle elezioni nella riunione odierna ha verificato non essere contestabili le elezioni dei deputati: Roberto Tremelloni per la Circoscrizione di Milano (IV), Olinto Cremaschi per la Circoscrizione di Parma (XIV), Reginaldo Monticelli per la Circoscrizione di Siena (XVII), Luigi Benedettini per la Circoscrizione di Roma (XX), Italo Giulio Caiati per la Circoscrizione di Lecce (XXVI), Michelangelo Galioto per la Circoscrizione di Palermo (XXX), e, concorrendo negli eletti i requisiti previsti dalla legge elettorale, ne ha dichiarata valida l’elezione.

Do atto alla Giunta di questa sua comunicazione e, salvo i casi di incompatibilità preesistenti e non conosciuti sino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.

La prima, per la quale è stata chiesta la discussione di urgenza, è quella dell’onorevole Russo Perez, al Ministro degli affari esteri, «per conoscere se, in vista del fatto che le trattative preliminari per la pace con la Germania sembrano già iniziate dai rappresentanti delle Nazioni vincitrici, si sia fatto, e in che forma, quanto era necessario per l’ammissione dei nostri rappresentanti alle dette trattative, com’è buon diritto dell’Italia in vista della cobelligeranza, ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni unite».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha facoltà di rispondere.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. I quattro Grandi si sono messi d’accordo in questi giorni a New York per fissare il mese di marzo come epoca in cui essi prenderanno in esame la questione della pace con la Germania. Nel frattempo una Commissione di supplenti inizierà il lavoro preparatorio.

Le trattative si svolgeranno fra le quattro Potenze che esercitano il controllo sulla Germania senza la partecipazione di nessuna delle altre Nazioni Unite.

Il Governo italiano, come non ha mancato finora, non mancherà di compiere i passi necessari per la tutela dei nostri diritti e dei nostri legittimi interessi.

Già nel passato il Governo italiano non ha infatti trascurato di fare quanto era nelle sue possibilità, affinché l’Italia, nella sua qualità di. cobelligerante, fosse considerata nei confronti della Germania alla stessa stregua delle Nazioni Unite.

Fin dal 12 settembre del 1944, in vista del crollo del Reich, chiedeva al Capo della Commissione Alleata assicurazioni che l’Italia avesse potuto attivamente partecipare all’armistizio con la Germania.

La stessa richiesta veniva ripetuta il 30 dello stesso mese dal Presidente Bonomi all’Ammiraglio Stone.

Cessata la guerra in Europa, fu nuovamente e reiteratamente richiamata l’attenzione delle quattro Grandi Potenze sulla necessità giuridica, politica, economica e morale che l’Italia fosse ammessa a sottoscrivere gli strumenti di resa stipulati fra le Nazioni Unite e la Germania.

Le nostre ragioni furono, allora, dettagliatamente esposte in un memorandum rimesso il 28 giugno 1945 agli Ambasciatori delle due predette Potenze, nonché a quelli dell’U. R. S. S. e della Francia.

Tali ragioni da allora il Governo italiano non ha cessato di ribadire, senza peraltro avere sinora ottenuto un favorevole risultato.

Il Governo italiano avanzò, a suo tempo, richiesta che l’Italia fosse tenuta presente nel conteggio delle riparazioni da esigere dalla Germania, e ciò solo al fine di ottenere da quel Paese un congruo indennizzo per le depredazioni e le razzie compiute dalle truppe hitleriane sul territorio italiano. Questa richiesta di legittimità incontestabile, non fu tuttavia presa in considerazione.

Il Governo italiano sottopose ancora agli Alleati una delle questioni che maggiormente interessano il nostro Paese, cioè quella della tutela dei diritti che competono all’Italia per il recupero dei crediti vantati dal Governo e da cittadini italiani verso il Governo e cittadini tedeschi, crediti che ammontano a parecchie centinaia di miliardi di lire italiane. Anche questa richiesta non ebbe risultato favorevole. Anzi, l’articolo 67 del progetto di Trattato di Pace impone all’Italia la rinuncia ad ogni reclamo nei riguardi della Germania, ivi compresi i crediti di qualsiasi natura.

Il Ministero degli esteri, nel corso delle discussioni relative al trattato di pace, cercò di ottenere che il testo dell’articolo 67 fosse modificato, tenendo conto dei gravi sacrifici della cobelligeranza italiana, cobelligeranza che fu appunto la causa delle più gravi ed onerose spoliazioni tedesche. L’azione della nostra Delegazione tuttavia non ha trovato purtroppo accoglienza favorevole e l’articolo 67 fu approvato senza variazioni dalla Conferenza di Parigi, né consta che la Conferenza di New York lo abbia, malgrado le nostre rinnovate insistenze, ripreso in esame.

Unica possibilità finora offertaci è quella di inviare nella zona americana della Germania una missione per il ricupero delle opere d’arte e del materiale industriale asportato dai tedeschi.

Assicuro l’onorevole interrogante che la questione sarà mantenuta viva e attentamente seguita dal Governo italiano, che non tralascerà alcun tentativo per la difesa dei legittimi diritti del nostro Paese nei confronti della Germania.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

RUSSO PEREZ. Ringrazio nell’onorevole Brusasca il Ministro degli esteri e il Governo, che ha voluto subito rispondere alla mia interrogazione, dimostrandone così l’urgenza, l’importanza e la costruttività. Mi duole che il Ministro degli esteri di oggi e quello di ieri non siano presenti, certo non per loro volontà; ma ciò, se può togliere onore alla discussione, non credo possa togliere importanza all’argomento. Io apprezzo questa risposta del Governo, ma non posso dichiararmi in tutto soddisfatto delle dichiarazioni. In fondo, noi abbiamo saputo dal Sottosegretario agli esteri che attualmente sono già in corso le trattative preliminari della pace con la Germania e noi ne siamo assenti.

Il mondo ignora se noi abbiamo fatto quanto era necessario per tentare di essere presenti. Noi non abbiamo fatto quanto era necessario per cercare di essere presenti, perché, attraverso le vostre dichiarazioni, onorevole Brusasca, io ho sentito che noi abbiamo parlato dei nostri diritti di cobelligeranti solamente in sede di tribunale, nel quale eravamo imputati, cioè durante le trattative per la pace delle Nazioni vincitrici con l’Italia sconfitta. Credo sia invece necessario incaricare i nostri ambasciatori a New York, a Londra, a Mosca, a Parigi, per una richiesta formale di partecipazione, quale che possa esserne la risposta, e di dare risonanza a questo nostro passo.

Permettetemi, illustre Presidente dell’Assemblea, di rubare qualche altro minuto ai cinque che mi assegna il regolamento, ma io non credo che ci possano essere questioni più gravi di questa per la nostra Patria, perché mediante una buona pace noi avremo le fondamenta per poter ricostruire, mentre mediante una cattiva pace potrebbe crollare l’intera economia italiana e non ci potrebbe essere sforzo di Governo e sforzo di popolo capaci di far risorgere la nostra Italia. Queste, onorevoli colleghi, sono parole quasi testuali che trovo nel nostro memorandum a Parigi dell’agosto 1946. Noi abbiamo molto parlato della guerra nella quale siamo stati sconfitti, abbiamo poco parlato della guerra in cui siamo stati convincitori, e pure sono stati 18 mesi di durissima guerra nella quale noi abbiamo perduto 65.000 uomini delle nostre forze regolari e 65.000 delle forze partigiane, alle quali mando il nostro commosso saluto, come lo mando a tutti coloro che hanno combattuto per la Patria e per i loro ideali. Inoltre abbiamo perduto oltre 200 aerei e abbiamo subito 5000 miliardi di danni.

Il nostro apporto alla sconfitta dei tedeschi è stato chiamato da Sir. Noël Charles «imponente», ed anche l’attuale Ministro degli esteri inglese, Bevin, disse che fu un «sostanziale contributo».

Del resto gli onorevoli colleghi non ignorano che non per colpa nostra il nostro contributo non fu maggiore, perché molte volte noi chiedemmo di contribuire con maggiori sforzi e alla nostra richiesta si opposero dei rifiuti.

Tutto questo nostro sacrificio e questo nostro sforzo diventò diritto. Infatti il 5 ottobre 1943 il generale Eisenhower consigliava al nostro Governo di dichiarare la guerra alla Germania. Il 13 ottobre 1943 la dichiarazione formale di guerra fu fatta dall’Italia e il 13 stesso i tre Governi alleati annunciavano al mondo la nostra cobelligeranza, la quale è stata anche riconosciuta dal preambolo dell’ordine di pace, perché è improprio chiamarlo trattato.

Della nostra cobelligeranza si è parlato poco in forma giuridica, anzi niente. Si è posto un problema soltanto di carattere morale. Non si è mai detto: noi abbiamo il diritto di intervenire al trattato di pace e di fare le nostre richieste, giacché anche il signor Molotov a Parigi, l’11 agosto, riconobbe, proprio parlando della Germania, che le nazioni che sono state in guerra con essa hanno il diritto alle riparazioni.

Anche in sede di Commissione dei trattati ebbi l’onore di chiedere al Ministro De Gasperi perché non siano stati fatti passi per essere ammessi alle trattative di pace con la Germania, ed egli mi rispose, come risponde ora il Sottosegretario agli esteri: al momento opportuno…

Intanto, ci si farà trovare bello e pronto il trattato di pace con la Germania e, quale che esso sia, in base all’articolo 15 del trattato del Lussemburgo, noi dovremo riconoscerlo senz’altro.

Alla nostra richiesta gli Alleati potranno rispondere sì o no; ma se risponderanno no, è difficile che possano ben motivare il diniego, in modo che l’opinione pubblica internazionale non si schieri a nostro favore.

Pensate, onorevoli colleghi, che malgrado la dizione dell’articolo 78 del trattato di pace, secondo cui esso entrerebbe in vigore quando avrà la firma delle quattro grandi potenze, è evidente che anche i Parlamenti dovranno ratificare il trattato. E come possiamo noi sperare, per esempio, che il nobile Senato americano si unisca a noi nel deplorare questo trattato di pace e possa non approvarlo, quando noi stessi italiani non siamo concordi nel far sentire la nostra voce al mondo, non siamo concordi nel muovere e commuovere l’opinione pubblica perché i nostri interessi siano riconosciuti, e perché i popoli si schierino solidali con noi, visto che spesso i popoli sono migliori dei loro governanti?

Io mi auguro che il Governo voglia rimeditare la questione e incaricare i nostri rappresentanti di fare una richiesta formale. In questo, io penso, potremo essere tutti concordi, in tutti i settori della Camera; concordi in questo tentativo di spronare l’opinione pubblica mondiale in nostro favore, di suscitare un moto di consenso e di comprensione a favore di questa nostra Italia. In questo, ripeto, saremo concordi in tutti i settori, perché sono convinto che in Italia non può e non deve esservi nessun cittadino che non aspiri a rivedere la Patria libera, prospera e felice, pacificata nella democrazia e nel lavoro. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione del l’onorevole Bibolotti, al Ministro dell’assistenza post-bellica, «per conoscere se non sia suo intendimento promuovere, di concerto con il Ministro dell’interno, un provvedimento di eccezione, allo scopo di andare incontro ai bisogni delle popolazioni della provincia di Massa e Carrara, della Versilia e della Garfagnana, che più a lungo e più duramente ebbero a soffrire i danni morali e materiali della guerra, subendo distruzioni, evacuazioni forzate di intere popolazioni, incendi ed atrocità senza nome e che oggi si vedono costrette alla disoccupazione ed alla indigenza per la perdurante paralisi dell’industria marmifera e per la ritardata riattivazione di molti stabilimenti della «Zona industriale» apuana».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’assistenza post-bellica ha facoltà di rispondere.

CACCIATORE, Sottosegretario di Stato per l’assistenza post-bellica. Il Ministero per l’assistenza post-bellica, nella sua sfera di competenza, ha erogato le seguenti somme alle provincie della Versilia e della Garfagnana:

per la ricostruzione di case distrutte dai nazifascisti (somme prelevate dal Fondo di solidarietà nazionale):

Apuania, lire 80.880.000; Pisa 65.830.000; Pistoia 45 milioni; Lucca 43 milioni;

per la ricostruzione di case per i reduci, secondo l’articolo 1 del decreto 26 aprile 1946, n. 240; Apuania 30 milioni; Pisa 50 milioni; Pistoia 30 milioni, Lucca 25 milioni.

Devesi rilevare che in confronto delle altre province, quelle sopra elencate hanno avuto dal Ministero un trattamento di favore eccezionale, in considerazione appunto delle condizioni di estremo bisogno in cui trovansi quelle popolazioni.

Ulteriori provvedimenti di particolare eccezione, in favore delle ripetute provincie, possono essere adottati se ed in quanto venga emanata, di concerto con gli altri Ministeri interessati, un’apposita legge che prevede particolari agevolazioni in confronto delle altre provincie della Repubblica. In tal senso, il Ministero dell’Assistenza Post-bellica sta provvedendo ad avanzare preposte alla Presidenza del Consiglio.

PRESIDENTE. L’onorevole Bibolotti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BIBOLOTTI. Mi riferisco alle cose che ho avuto occasione di dire ieri: le due interrogazioni di ieri e quella di oggi in fondo si riferiscono allo stesso problema. Io chiedo venia quindi all’Assemblea se intervengo oggi ancora su questo problema.

I provvedimenti che ho invocati ieri dal Ministero della industria e commercio si riferiscono sì ad un periodo prossimo; ma sempre differito nel tempo; i provvedimenti che invocai alcuni mesi addietro dal Ministero dell’assistenza post-bellica si riferiscono, invece, alla situazione presente, situazione veramente grave, sulla quale ancora oggi richiamo l’attenzione di tutti i membri del Governo.

Tutta l’Italia oggi è in una situazione di grave disagio, e questo porta ad una certa insensibilità quando si accenna a situazioni particolari. Ma io penso che tutti noi che abbiamo avuto occasione di transitare, per ferrovia e per via ordinaria, per quelle contrade, non possiamo non essere stati colpiti dalle distruzioni sistematiche che vi ha portato la guerra, e, soprattutto, il permanere della guerra. Otto mesi di fronte, otto mesi quindi di azioni dall’una e dall’altra parte hanno portato alla distruzione sistematica di abitati, di cose e di persone; la stessa terra, la stessa agricoltura, ha risentito danni enormi. Ora, le popolazioni che sono rientrate, come dicevo ieri, non hanno più trovato le loro case o le hanno trovate del tutto vuote, saccheggiate dai tedeschi, saccheggiate non si sa da chi.

Allora, è necessario, io penso, che il Governo ponga la sua attenzione su queste situazioni particolari, che visiti quelle località. Vorrei che il Ministro dell’assistenza post-bellica visitasse quelle contrade, le quali gli riveleranno una situazione veramente grave, eccezionalmente grave. Salga sui monti, se è possibile, vada a visitare là dove i tedeschi hanno distrutto letteralmente i paesi. Questi non si vedono dalla ferrovia. Il solo paese di Sant’Anna, piccola frazione di comune, ha avuto 650 vite umane distrutte, fra bambini, donne e vecchi. La stessa cosa a Vinca, a San Terenzo; qualcosa di meno, ma di analogo a Val di Castello. Tutta una serie di paesi hanno subito queste distruzioni.

Ora, quando si visitano quelle contrade, come è accaduto frequentemente a me, si prova un senso di scoramento e di rammarico, perché si pensa che il Governo le abbia dimenticate. Mi sono trovato a Vinca nel giorno anniversario della strage. Il parroco del paese mi ha accolto come se giungessi da un altro pianeta ed ha detto: «Finalmente c’è qualcuno che si ricorda di noi». Ed avendogli io ricordato che in quella occasione, nella quale aveva raccolto a scopo celebrativo la popolazione superstite – superstite, perché quando giunsero i tedeschi si era dispersa e nascosta sui monti, così che gli uccisi furono i vecchi, le donne i bambini, gli infermi – non avesse avvisato le autorità, egli si è meravigliato ed ha detto: «Io pensavo che una data come questa non potesse essere ignorata né dimenticata da alcun italiano», perché in quel giorno tutta la popolazione presente in questo paese è stata letteralmente distrutta, come sono state distrutte le cose, come sono stati distrutti gli animali. Con le fucilazioni e gli incendi, tutto è stato distrutto.

Ora, di questi paesi, nella montagna apuana ve ne sono almeno tre. Vi è quindi la necessità di provvedere in qualche modo e d’urgenza. Qualche cosa è stato fatto, anzi è stato fatto molto, secondo le cifre indicate dall’onorevole Cacciatore. Anche il Ministero delle finanze è venuto incontro a quelle popolazioni. Io faccio una invocazione al Governo. Si tratta di un problema morale, politico. Si facciano vedere, i membri del Governo; vadano a visitare quelle fiere popolazioni che sono, come dicevo ieri, popolazioni tradizionalmente repubblicane, tradizionalmente e fortemente democratiche, che sperano nella Repubblica, perché la Repubblica l’hanno sempre voluta e per la Repubblica hanno molto combattuto. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Bibolotti, al Ministro dei lavoro e della previdenza sociale, «per sapere se non intenda promuovere, di concerto con gli altri Ministeri interessati, una vasta riforma a favore di tutti i pensionati, tendente: 1°) a migliorare sensibilmente il loro trattamento, tenuto conto che il fondo di quiescenza venne a suo tempo costituito da trattenute e da contributi in moneta avente ben più alta capacità d’acquisto; 2°) a promuovere il collocamento a riposo di tutti gli aventi diritto a pensione con un quinquennio di anticipo, assicurando loro il trattamento normale di compiuto servizio, rendendo così possibile e lo svecchiamento delle pubbliche amministrazioni e l’assorbimento dei giovani reduci e partigiani ed ex combattenti della guerra di liberazione ancora disoccupati in grande numero».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Il Ministero del lavoro non ha mancato di promuovere, anche recentemente, provvedimenti diretti a migliorare, nei limiti del possibile, la situazione dei pensionati, essendo ben consapevole che tale categoria, per la mancanza e la riduzione della capacità lavorativa, è quella che meno di ogni altra può reagire con mezzi propri al disagio economico derivante dalle ben note cause di ordine generale.

È da rilevare, a tale riguardo, che ben poco assegnamento si è potuto fare sulle risorse del sistema assicurativo vigente (capitalizzazione) che soltanto da un numero di anni relativamente scarso (1939 in poi) aveva cominciato a funzionare con apporti contributivi realmente efficienti.

La maggior parte delle pensioni base le cui riserve matematiche, occorre ricordare, furono a suo tempo prevalentemente investite in titoli pubblici e nel finanziamento di altre gestioni bisognose di anticipazioni (quale, ad esempio, l’assicurazione tubercolosi) ha, infatti, importi assolutamente irrisori.

Dopo un primo aumento del 25 per cento attuato nel 1943, si è dovuto pertanto, nel 1945, introdurre un sistema autonomo di integrazioni di ben più vasta portata, basato sul principio della ripartizione, con aumenti che, nel corrente anno, hanno raggiunto il 700 per cento a scalare, della pensione base, con la garanzia di un minimo annuo indipendente dall’ammontare della stessa pensione base.

Si è fatto, inoltre, ricorso alla finanza statale che ha assicurato una ulteriore integrazione a proprio carico.

Laddove si consideri il minimo stabilito per la pensione di vecchiaia uomini – lire 10.800 – e vi si aggiungano le lire 3.600 della integrazione statale, si raggiunge attualmente un importo minimo complessivo che, pur essendo indiscutibilmente non adeguato alle necessità dei pensionali, raggiunge, rispetto al livello medio delle pensioni base, un rapporto all’incirca corrispondente a quello di svalutazione della moneta.

Nonostante ciò, il Ministero del lavoro non è certo alieno dal prendere in considerazione ulteriori miglioramenti.

È da ricordare, tuttavia, che la possibilità di tali miglioramenti è condizionata alla ulteriore capacità contributiva delle forze produttive (le quali generalmente già ritengono eccessivi ed insostenibili gli attuali oneri) ovvero ad un più generoso intervento dello Stato, di cui sono note però le difficili condizioni di bilancio.

In meritò alla seconda richiesta – abbassamento del limite di età – è da rilevare, per quanto concerne l’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti, che la riduzione di un quinquennio del detto limite (ora 60 anni per gli uomini e 55 per le donne) è già entrata in pieno vigore fin dal 1° gennaio 1944, con corrispondente considerevole aggravio delle gestioni assicurative.

L’attuale limite, che corrisponde, del resto, salvo rare eccezioni per speciali categorie, a quelli più favorevoli delle principali legislazioni straniere, non sembra ulteriormente riducibile.

Appare invece da studiarsi, sia pure con la ponderatezza richiesta dai considerevoli riflessi cui può dare luogo, la estensione della predetta riduzione al personale delle pubbliche amministrazioni, problema che, peraltro, non è di esclusiva competenza del Ministero del lavoro.

PRESIDENTE. L’onorevole Bibolotti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BIBOLOTTI. Non mi posso dichiarare pienamente soddisfatto anche se io debba ben riconoscere che molto è già stato fatto. Ma il problema dei pensionati, di tutti i pensionati d’Italia, da quelli civili a quelli militari, dai pensionati di guerra a quelli della previdenza sociale e degli enti locali, a quelli della marina mercantile, è un problema che investe una massa enorme di cittadini.

Le cifre che posseggo sono le seguenti:

1°) Pensioni ordinarie da parte della Amministrazione statale, n. 350.000.

Aumento della pensione da 1 a 10; aumento del carovita da 1 a 30. In media la pensione è di circa otto decimi dello stipendio.

Esempio: una pensione di lire 800 è stata elevata a, lire 8.000 e il carovita da lire 80 è stato elevato a lire 2.400, con un totale di lire 10.400.

2°) Pensioni di guerra, n. 750.000.

Aumento della pensione da 1 a 10.

Esempio: soldato categoria la (inabile 100 per cento): una pensione da lire 340 mensili (1° luglio 1923) è stata elevata a lire 3696 mensili; soldato categoria 2ᵃ (inabile 80 per cento): una pensione da lire 240 mensili (1° luglio 1923) è stata elevata a lire 1292 mensili; vedova di soldato: una pensione da lire 90 mensili (1° luglio 1923) è stata elevata a lire 660 mensili.

3°) Pensioni da parte della Cassa depositi e prestiti, n. 50.000.

Aumento della pensione da 1 a 7; aumento del carovita da 0 a 1500 mensili.

Esempio: pensione prima della guerra lire 650 mensili; pensione attuale lire 3000 mensili; carovita lire 1500 mensili = 4500 mensili.

4°) Rendite infortunio da parte dell’Istituto nazionale infortuni, n. 200.000.

Aumento rendita da 1 a 1 e mezzo; carovita super invalidi da 0 a lire 250 mensili.

Esempio: lavoratore invalido al 35 per cento (perdita di un occhio): rendita prima della guerra lire 160 al mese, rendita attuale lire 250 al mese; lavoratore invalido al 50 per cento (perdita gamba 3° inferiore, oppure di un piede): rendita prima della guerra circa lire 275 al mese, rendita attuale circa lire 350 al mese, più carovita lire 200 mensili.

5°) Pensioni invalidità e vecchiaia da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, n. 1.128.000.

Aumento pensione da 1 a 4 ½.

Esempio: pensione massima d’invalidità: prima della guerra lire 340 mensili, pensione attuale lire 1350 mensili.

Esempio: pensione massima di vecchiaia: prima della guerra lire 350 mensili, pensione attuale lire 1366.

6°) Pensioni da parte delle Amministrazioni autonome circa n. 200.000. Totale n. 2.678.000.

Si tratta dunque di trecentocinquantamila pensioni ordinarie dell’Amministrazione dello Stato, settecentocinquantamila pensionati di guerra, cinquantamila della Cassa depositi e prestiti, duecentomila rendite da infortuni, sul lavoro, 1.128.000 per invalidità e vecchiaia, una cifra approssimativa di duecentomila dipendenti delle amministrazioni autonome. Il totale ci porta a oltre due milioni e mezzo; ma se noi andiamo con la mente agli altri pensionati delle banche, di altri istituti privati, abbiamo una massa enorme di cittadini che sono oggi costretti a vivere con una retribuzione assolutamente insufficiente. Si tratta di vecchi lavoratori, di vecchi servitori dello Stato, di funzionari, di ufficiali, di insegnanti; gente che ha dedicato tutta la vita al servizio della collettività, che ha partecipato alla produzione ed all’arricchimento del Paese e che oggi soffre in modo particolarmente atroce. Il vecchio che non ha il minimo per vivere diventa elemento di turbamento nella stessa famiglia nella quale si sente ed è di peso. Noi dobbiamo pensare al dramma di questi nostri vecchi, che hanno lavorato e che, lavorando e producendo, hanno sperato di avere nella loro vecchiaia di che vivere, sia pure modestamente, ma indipendentemente.

Ora, il problema finanziario è certamente grave, e potrebbe apparire insolubile. Che cosa fare? È necessario che, amministrazione per amministrazione, si riesamini la posizione di questi pensionati e si studi se non sia possibile un ulteriore svecchiamento di esse, concedendo il massimo della pensione alcuni anni prima. Ciò permetterà una maggiore ed una più sollecita assunzione dei reduci, dei partigiani ed, in genere, dei nostri giovani senza impiego, senza pane, senza avvenire. Io penso in modo particolare agli insegnanti; ci sono insegnanti che hanno trenta e quarant’anni di insegnamento e che non osano abbandonare l’insegnamento perché, abbandonare il servizio, significa la fame e la morte lenta.

Ora, io dico: se gli istituti previdenziali non possono, quali enti erogatori, fare di più di quello che hanno fatto, occorre un provvedimento legislativo, occorre cioè che l’insieme del Governo pensi ai pensionati e provveda adeguatamente. I pensionati coprono i nostri tavoli di lettere, di memoriali, di telegrammi; io parlo qui un po’ anche come sindacalista: ricevo da ogni associazione di pensionati e da pensionati singoli, invocazioni perché l’autorità costituita si occupi dei loro problemi. Essi chiedono, intanto, che non vi sia differenza tra uomini e donne.

Com’è si è provveduto per i salari, è necessario si provveda a ristabilire il rapporto tra salario normale e pensione, tra stipendio e pensione, a ristabilire cioè il rapporto preesistente alla guerra. Per citare soltanto l’esempio dei pensionati per l’invalidità e la vecchiaia; si hanno queste cifre di riferimento. Mentre l’aumento delle pensioni va da uno a quattro, il salario è stato aumentato da uno a tredici, mentre i generi alimentari sono saliti da uno a trentatre. Potrei citare molte altre cifre, ma scopo della mia interrogazione è quello di invitare il Governo, e specialmente il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, a fare non soltanto quello che è di sua particolare competenza e di sua diretta spettanza, ma di promuovere i provvedimenti necessari, di concerto con tutti gli altri Ministri, perché sia fatto, a favore dei pensionati, uno sforzo maggiore e siano deliberate misure di solidarietà nazionale.

Si tratta di alcuni milioni di cittadini, che devono chiudere la loro vita, ma che devono chiuderla salutando l’alba della Repubblica, della nuova democrazia, ed il ritorno della libertà, con la constatazione che qualche cosa nei loro confronti viene fatto e fatto sistematicamente ed adeguatamente. Quanto è stato già fatto è indubbiamente meritorio e ne faccio elogio al Ministro, ed agli organismi che hanno provveduto.

Ma io insisto perché qualcosa di più organico e di più sistematico sia fatto, sulla base d’un piano finanziario, che faccia gravare questi maggiori oneri su proventi particolari, che devono considerarsi come espressione della solidarietà nazionale verso coloro che dettero alla Patria ed alla ricchezza nazionale tutte le loro energie vitali, fisiche ed intellettuali.

Mi auguro e spero che il Ministro del lavoro – il quale può anch’egli considerarsi un pensionato delle lotte del lavoro – sia sensibile a questo problema e lo affronti coraggiosamente; e si presenti candidato alle benemerenze verso i vecchi lavoratori, verso tutti i pensionati statali e non statali, civili e militari, che attendono dal Governo un’opera di riparazione. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Rodi al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere le ragioni per le quali è stata ripristinata l’efficacia del decreto-legge 14 gennaio 1944, n. 13, riguardante la disciplina della stampa, considerato che: 1°) il provvedimento è stato preso dal Consiglio dei Ministri subito dopo l’aggiornamento dell’Assemblea Costituente, che doveva essere consultata in proposito; 2°) l’articolo 4 del decreto in questione, imponendo l’obbligo agli editori dei giornali di richiedere ogni tre mesi una nuova autorizzazione, pone praticamente la stampa alla discrezione delle autorità competenti e di eventuali interferenze di natura politica; 3°) l’articolo 7 dello stesso decreto dispone che le norme ivi contenute vanno applicate per tutta la durata della guerra, il cui stato è ora ufficialmente cessato; 4°) il provvedimento in parola non trova giustificazioni plausibili nell’eccessivo esercizio della libertà di stampa, perché ogni licenza può e dev’essere punita con le leggi ordinarie».

Ha chiesto di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno. Ne ha facoltà.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’onorevole Cappa, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, competente a rispondere alla interrogazione, che riguarda la stampa, è infermo; quindi non può oggi dare le notizie che l’onorevole interrogante richiede.

Vorrei pregare il Presidente e l’interrogante di rinviare lo svolgimento dell’interrogazione.

RODI. Acconsento al rinvio.

PRESIDENTE. Lo svolgimento di questa interrogazione è dunque rinviato.

Presidenza del Vicepresidente TERRACINI

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pastore Raffaele al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se non creda opportuno richiamare gli Uffici del Genio civile a che negli appalti a società cooperative venga applicato l’articolo 42 del regolamento 12 febbraio 1911, n. 278».

L’onorevole Sottosegretario per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. La materia degli appalti a società cooperative e ai loro consorzi fu disciplinata con circolare 28 settembre 1945, n. 721-53, con la quale si autorizzava la concessione di appalto a trattative privale, a cooperative e loro consorzi, lo scorporamento di appalti e concessioni a trattative private a cooperative della parte di essi in cui fosse prevalente la mano d’opera.

Con la stessa circolare si prescriveva poi che, per il caso che per la esecuzione di lavori non fosse richiesta una specifica dotazione di mezzi di opera, si potesse procedere agli appalti mediante licitazione fra cooperative della stessa provincia ed in mancanza di provincie limitrofe.

Si raccomandava altresì di applicare le disposizioni di cui sopra quando si fosse trattato di autentiche cooperative, cioè di cooperative che non servono di mascheramento a privati speculatori, e si prescriveva che gli ingegneri capi potessero prescindere dalle gare ufficiose normalmente esperite per affidare i lavori che si eseguono da cooperative in seguito a trattative dirette ed anche provvedendo con cottimi parziali successivi, sempre che la tecnica del lavoro lo consentisse.

A norma del Regio decreto 8 febbraio 1923, n. 422, l’importo massimo degli appalti da affidarsi per licitazione a trattative private a cooperative di produzione e lavoro ed a cooperative agricole di produzione, nonché a Consorzi di cooperative, fu stabilito rispettivamente in 1 milione e 5 milioni e fu poi elevato con provvedimento dell’11 giugno 1946 a 5 milioni e 25 milioni.

Il Ministero dei lavori pubblici, accogliendo i voti recentemente espressi al Congresso nazionale delle cooperative, ha predisposto uno schema di decreto sul quale si attende l’adesione dei Ministeri interessati, con cui detti limiti vengono elevati rispettivamente a 20 milioni e a 100 milioni.

In sede di comunicazione delle deliberazioni che saranno prese, assicuro l’onorevole Pastore che si provvederà a richiamare l’attenzione degli uffici del Genio civile su quanto forma oggetto della sua interrogazione, ma nello stesso tempo si richiamerà l’attenzione degli uffici stessi sulla necessità che le cooperative favorite dalla legge siano organizzazioni di autentici lavoratori e non aziende mascherate a scopo speculativo.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PASTORE RAFFAELE. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario di Stato delle informazioni e delle assicurazioni datemi, però non posso dichiararmi soddisfatto, perché le dichiarazioni del Governo non rispondono a quello che gli uffici da esso dipendenti praticano ogni giorno.

Gli uffici del Genio civile pare che tengano poco conto delle circolari emanate dal Ministero dei lavori pubblici. Siamo d’accordo sul fatto che i lavori vengano assegnati alle cooperative, alle vere cooperative, però richiamo l’attenzione del Governo sul fatto che le Commissioni di vigilanza sono composte in maggioranza di componenti di diritto, cioè di impiegati statali, fra cui anche funzionari del Genio civile. Ed all’uopo richiamo l’attenzione del Ministro del lavoro perché metta in condizione la Commissione di vigilanza di funzionare, perché fino ad oggi i suoi componenti non hanno potuto assolutamente vigilare sulle cooperative, e quindi non si è potuto constatare se una cooperativa è o non è una vera cooperativa, per modo che oggi, all’ombra delle cooperative, assistiamo a tutte le speculazioni possibili.

Noi cooperatori siamo d’accordo che la vigilanza sia esercitata e sia pronta e tale da escludere quelle cooperative che di cooperazione hanno il solo nome.

Io mi auguro che il Governo tenga presenti queste considerazioni e ponga le Commissioni in condizione di esercitare il loro mandato.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Reale Vito al Ministro della pubblica istruzione, «per sapere le ragioni che ancora impediscono i concorsi per le scuole elementari e per le scuole medie per collocare i migliori, per togliere alla scuola lo stato di provvisorietà che tanto danno le arreca».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Pieri, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «per conoscere quale risposta intenda dare al memoriale inviatogli da una parte degli abitanti di Cortina d’Ampezzo, richiedente l’annessione del territorio di Cortina alla provincia di Bolzano».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Tessitori al Ministro delle finanze, «per sapere se e quando creda disporre la ripresa dei lavori di costruzione – interrotti da anni – del palazzo per gli uffici finanziari di Udine e ciò sia per concorrere a lenire la disoccupazione, sia per liberare gli edifizi attualmente occupati da detti uffici, edifìzi per i quali lo Stato corrisponde al comune di Udine l’affitto mensile di lire 500 e che potrebbero servire ad altro uso».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Chiaramello al Ministro della guerra, «per conoscere se non intende provvedere con la massima urgenza, in considerazione della riduzione degli effettivi attualmente alle armi – effettivi che si presume, e si augura, non verranno più aumentati – a rendere liberi il più rapidamente possibile tutti i locali (alberghi, case, immobili in genere di proprietà privata) occupati come accantonamenti, uffici, depositi, officine, ecc., dalle forze armate, sia allo scopo di diminuzione di spese, sia per riportare anche in questo campo il paese alla normalità dopo oltre un anno e mezzo dalla cessazione delle operazioni belliche. Le numerose caserme possono ampiamente ospitare le truppe e gli uffici di qualsiasi genere, anche se di carattere militare riservato. L’interrogante, inoltre, chiede che sia provveduto con rapidità all’alienazione di caserme, casermette. ricoveri, baracche, capannoni, campi, ecc., di proprietà od in consegna al Genio militare, attualmente in completo stato di abbandono, che si trovano sparse in tutta Italia, ed in particolar modo nell’Italia del Nord e nella zona alpina. Molti di questi immobili potrebbero essere assegnati ad istituzioni di beneficenza, ai comuni ed enti locali, ad opere assistenziali per i lavoratori, che potrebbero adibirli a colonie estive ed invernali, sia per i bimbi, come per i lavoratori stessi. L’importante è di rientrare nella normalità anche in questo campo e dimostrare che i miliardi malamente spesi dall’Amministrazione militare per opere inutili possono in parte essere ricuperati o meglio utilizzati per l’avvenire in favore delle classi meno abbienti e della collettività».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

CHATRIAN, Sottosegretario di Stato per la guerra. Il Ministero della guerra si rende pienamente conto del dovere e della necessità di restituire nella misura maggiore possibile gli immobili civili, requisiti per necessità militari, alle normali esigenze della vita civile. Da tempo ha perciò disposto la derequisizione di tutti i locali, la cui occupazione non era più resa necessaria da perduranti esigenze militari e la quasi totalità degli alberghi e altri immobili è stata derequisita nelle varie città.

Il Ministero della guerra non ha, poi, costantemente omesso di insistere presso le autorità militari alleate, perché queste addivenissero alla derequisizione degli immobili da esse occupati. Anzi, spesso, ha provveduto a trasferire enti dell’esercito italiano in altre sedi, per lasciare immobili militari propri alle suddette autorità, consentendo così la dismissione di stabili civili.

Anche il problema della cessione degli immobili militari esuberanti al fabbisogno presente dell’esercito e a quello prevedibile futuro è stato da tempo affrontato dal Ministero della guerra, con spirito di comprensione, sia per le necessità sociali, sia ai fini di una riduzione delle spese militari a cui accenna l’onorevole interrogante.

Sin dall’agosto scorso sono stati interessati i comandi periferici militari per la precisa definizione degli immobili da riservare all’Amministrazione militare e di quelli cedibili a enti civili. Nelle direttive emanate in materia, rendendosi conto dei bisogni particolari delle grandi città, il Ministero ha disposto che le truppe fossero, di massima, sistemate alla periferia, per lasciare gli immobili resi liberi nell’interno delle città a disposizione delle autorità civili.

Intanto, in relazione alle necessità urgenti prospettategli volta per volta, il Ministero non ha mancato di venire incontro, per quanto possibile, alle richieste di altre amministrazioni dello Stato, di enti parastatali, di cooperative, di comunità religiose, ecc., col disporre la cessione in via definitiva o temporanea di numerose caserme, depositi, baracche, terreni ecc.

Alcune cessioni da temporanee potranno diventare definitive, non appena sarà reso possibile definire meglio la struttura dell’esercito. Infine, altre cessioni potranno aver luogo allorché saranno restituiti all’Amministrazione militare numerosi immobili, tutti occupati, per esigenze di comandi e di truppe delle Nazioni Unite.

L’onorevole interrogante dimostra una giusta preoccupazione per il ritorno alla normalità anche in questo campo, e perché siano evitate spese per opere inutili. Il Ministro della guerra, mentre si associa ai suoi rilievi, fa notare che dopo l’8 settembre 1943 le spese relative agli immobili militari sono state limitate a lavori di riattamento e di sistemazione di installazioni preesistenti, per necessità inderogabili di vita degli enti destinati ad occuparli.

In conclusione, il problema sollevato dall’onorevole interrogante è stato affrontato e in parte risolto. Lo assicuro che esso verrà ulteriormente perseguito; nella sua interezza potrà però essere definito soltanto quando sarà possibile stabilire l’ordinamento di pace dell’esercito nazionale.

PRESIDENTE. L’onorevole Chiaramello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CHIARAMELLO. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario per la guerra; e infatti devo constatare, dopo l’inoltro della mia interrogazione nello scorso mese di agosto, che molto il Ministero della guerra ha fatto attraverso i comandi periferici. Mi permetto però di insistere ancora, affinché molte richieste fatte da comuni, soprattutto dell’Italia del Nord, vengano accolte con una certa sollecitudine. Nell’Italia dei Nord, soprattutto nelle piccole cittadine, noi manchiamo di case popolari e di edifici pubblici, e come tali destinati ad enti di beneficenza; e quindi molte caserme, ormai inutilizzate, servirebbero benissimo allo scopo.

Richiamo ancora all’attenzione dell’onorevole Sottosegretario per la guerra la necessità urgente che molti baraccamenti, casermette, ecc., siti nelle nostre zone di montagna, siano concesse al più presto ad istituzioni di beneficenza ed enti collettivi, perché potrebbero servire per gli alloggi delle colonie estive, delle colonie invernali, per bambini e anche per aderenti alle organizzazioni sindacali. Su questo punto mi permetto ancora di insistere, ringraziando però il Sottosegretario per la guerra, che molto ha fatto in questo campo, ma spero ancora di riuscire ad ottenere dallo stesso qualche cosa di più, perché le necessità sono urgenti.

Non vorrei poi che nei paesi di montagna, dove molti terreni sono ancora soggetti a servitù militare, si verificasse quello ch’è avvenuto nella zona di Chivasso, dove un campo dell’aeronautica venne occupato dai contadini nei passati giorni, campo inutilizzato che lo Stato non aveva e non ha ancora retrocesso per gli usi dell’agricoltura.

Insisto quindi affinché baracche, edifici e terreni ancora in consegna alle autorità militari, e site in qualsiasi regione d’Italia, vengano senz’altro retrocessi ai vecchi proprietari oppure alle istituzioni di beneficenza o enti pubblici di cui ho fatto cenno nella mia interrogazione.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Cicerone al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri, «per conoscere se il Governo abbia consentito che personalità estranee alla Delegazione italiana presso la Conferenza dei Ventuno espatriassero e raggiungessero Parigi, e se non abbia intenzione, il Governo, di impedire che simili incidenti si ripetano. Tanto, in considerazione della circostanza che alcuna di tali personalità ha manifestamente svolto azione contraria alla condotta ufficiale del Governo, compromettendo così gli interessi del Paese agli effetti della pace».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Chiaramello, ai Ministri della guerra e dei lavori pubblici, «per sapere se, in considerazione che molte strade, e soprattutto quelle in zone alpine, di arroccamento e di allacciamento fra i valichi terminali delle valli, già costruite dal Genio militare e ad esso in consegna, sono ora completamente abbandonate e prive anche di un minimo di manutenzione, tanto nelle massicciate, quanto nelle opere d’arte (ponti, cunette, ecc.), non sia opportuno e conveniente passare le strade stesse direttamente in consegna agli speciali Uffici del Genio civile per la viabilità statale, istituiti in ogni regione, data anche l’impossibilità dei comuni e delle provincie di provvedervi per l’esiguità e la deficienza dei loro bilanci. L’interrogante fa presente che buona parte di queste strade collegano le varie valli attraverso valichi importantissimi, servono non solo dal lato turistico, ma soprattutto contribuiscono a risolvere in parte il sempre aperto problema della montagna finora mai affrontato da nessun Governo; valgono a mettere in efficienza, anche dal lato agricolo, economico ed industriale, terreni, corsi d’acqua, miniere, ecc., che non devono essere trascurati in questo momento nel quale tutte le energie della Nazione devono essere impegnate nella ricostruzione e costituiscono una cospicua parte del patrimonio stradale nazionale che deve essere con energia salvaguardato».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

CHATRIAN, Sottosegretario di Stato per la guerra. Da tempo il Ministero della guerra ha preso in esame il problema delle strade militari di frontiera, nel quadro della cessione degli immobili esuberanti rispetto alle esigenze future dell’esercito. A tale scopo, sono state chieste ai comandi periferici precise segnalazioni circa le strade militari di interesse prevalentemente civile cedibili ad enti locali.

Le esigenze prospettate e gli inconvenienti lamentati dall’onorevole interrogante sono già stati considerati. Quanto prima verranno definite le condizioni di cessione tendenti a consentire di mantenere in efficienza, a favore delle popolazioni di montagna, un ingente e prezioso patrimonio stradale. È inoltre in corso lo studio delle modalità con cui potrà essere attuata la manutenzione delle strade che non verranno cedute, di quelle strade cioè che conserveranno la caratteristica di strade militari.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere l’onorevole Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. Per quanto concerne il Ministero dei lavori pubblici, convengo che il problema che forma oggetto dell’interrogazione è molto importante. L’Amministrazione dei lavori pubblici attende dal Ministero della guerra di conoscere quali sono le strade in parola, e, di esse, quali eventualmente dovranno rimanere a questo ultimo dicastero, perché di esclusivo interesse militare.

Delle rimanenti, quelle alle quali saranno riconosciuti i caratteri di strade di grande comunicazione, potranno classificarsi tra le statali e, di conseguenza, saranno sistemate e mantenute dall’Azienda della strada. Le altre strade, a seconda dell’interesse particolare che ad esse sarà riconosciuto, potranno essere classificate tra le strade provinciali o tra le strade comunali e godere degli eventuali benefici della legislazione vigente per la viabilità minore e di quelli previsti dalla legge sulla disoccupazione.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CHIARAMELLO. Ringrazio i due Sottosegretari della guerra e dei lavori pubblici; però devo consigliare a che queste strade non siano consegnate ai comuni, che non avrebbero la possibilità di mantenerle. È preferibile che siano date in consegna ai vari uffici speciali, creati dal Ministero dei lavori pubblici, attraverso il Genio civile.

È molto più comodo che queste strade, che hanno una importanza colossale perché servono d’allacciamento delle varie vallate e d’arroccamento, e che hanno una importanza enorme anche per le nostre popolazioni alpine, restino affidate alla manutenzione dello Stato. Mi permetto quindi di insistere che sia il Genio civile a prenderle in consegna, sia direttamente, sia attraverso l’Azienda della strada. Neppure le nostre provincie hanno la possibilità di assumerle, perché si tratta di una manutenzione quasi sempre assai costosa: meglio dunque lo Stato che assuma direttamente, attraverso i suoi organismi specializzati dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, la consegna e la conseguente manutenzione delle strade oggetto dell’interrogazione.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pellizzari, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se non ritenga equa l’emanazione di un provvedimento legislativo col quale si disponga che il limite d’età per il collocamento a riposo degli insegnanti nelle scuole medie venga esteso fino a compimento del settantesimo anno, almeno limitatamente agli insegnanti i quali erano già in servizio di ruolo nel 1935, quando una legge fascista modificò in modo arbitrario il patto giuridico col quale essi erano stati assunti in servizio».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

BELLUSCI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. II Ministero della pubblica istruzione non ignora le aspirazioni degli insegnanti, specie di quelli assunti in ruolo anteriormente al 1935, dirette ad ottenere il ripristino del vecchio limite di età di 70 anni, abbassato a 65 in periodo fascista, col decreto 24 aprile 1935, n. 565. Tuttavia non sembra opportuno affrontare ora isolatamente il problema. Appare invece preferibile l’esame e la soluzione, in sede di riassetto generale, della legislazione scolastica vigente.

Frattanto si è consentito di mantenere in servizio, per l’anno scolastico 1946-47, il personale che abbia raggiunto, o raggiungerà entro il 31 dicembre 1946, l’età di 65 anni e sia ancora in grado di prestare servizio nelle scuole.

Con apposita circolare in data 24 agosto 1946, n. 11692, diretta ai Provveditori agli studi e ai capi degli istituti di istruzione artistica, sono state impartite in proposito le istruzioni del caso.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PELLIZZARI. In un certo senso io dovrei dichiararmi soddisfatto della risposta del Sottosegretario di Stato alla pubblica istruzione, perché egli riconosce la giustizia nel desiderio degli insegnanti.

Tuttavia mi ridomando, e domando a lui perché quando si riconosce la giustizia di un provvedimento si debba rinunciare a prenderlo, sostituendolo con una serie di circolari, di provvedimenti parziali, quasi che si avesse paura di riconoscere che in passato si è sbagliato e che ora è bene rimediare. Il Governo ha sufficienti mezzi a sua disposizione per risparmiarsi questo abuso delle circolari, le quali già costituiscono un abuso ad un altro abuso che è quello del decreto-legge. Ma almeno il decreto-legge prende una misura di carattere generale, riconosce la giustizia generale e non riduce ad una serie di favori individuali ciò che si ritiene opportuno ed equo. Quindi non mi posso dichiarare soddisfatto della risposta. Mi rincresce, onorevole Bellusci, ma fra lei e me c’è una specie di incompatibilità di carattere per cui tutte le volte che presento un’interrogazione sono costretto a dichiararmi insoddisfatto della sua risposta. Mi auguro che la prossima volta possa dichiararmi pienamente soddisfatto.

PRESIDENTE. Essendo trascorso il tempo dedicato alle interrogazioni, lo svolgimento delle altre interrogazioni è rinviato a domani.

Presentazione di disegni di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro di grazia e giustizia. Ne ha facoltà.

GULLO, Ministro di grazia e giustizia. Ho l’onore di presentare i seguenti disegni di legge:

Modificazione al regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento della Corte d’assise;

Norme complementari per l’applicazione del regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento della Corte d’assise;

Procedura per i reati di competenza della Corte d’assise.

Chiedo che l’Assemblea autorizzi la Commissione permanente, che esaminerà i disegni di legge, a presentare la sua relazione alla Presidenza anche durante l’aggiornamento dei lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Do atto della presentazione di questi disegni di legge che saranno trasmessi alla Commissione competente. Se non vi sono osservazioni sulla richiesta dell’onorevole Ministro, così rimarrà stabilito.

(Così rimane stabilito).

Discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge circa le nuove formule di giuramento, per il quale l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri aveva chiesto l’urgenza ed era stata nominata una Commissione speciale.

Secondo la deliberazione dell’Assemblea, la Commissione nella sua riunione di ieri ha stabilito di riferire oralmente.

E do, pertanto, facoltà di parlare al Relatore, onorevole Della Seta.

Presidenza del Presidente SARAGAT

DELLA SETA, Relatore. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, cari colleghi, nell’accingermi a fare una breve, brevissima relazione sul disegno di legge, presentato dal Presidente del Consiglio in accordo con tutti i Ministri, non posso sottrarmi alla suggestione dei ricordi; non posso dimenticare che non è la prima volta che nel Parlamento italiano viene presentata una legge sul giuramento.

Non posso non ricordare che nel dicembre del 1882 (taluni di noi erano appena nati, e molti fra voi erano tra i nascituri), non posso non ricordare che allora fu presentato un disegno di legge sul giuramento, che diede luogo ad una discussione memoranda.

Il disegno di legge era presentato da Agostino Depretis, ed erano in Commissione uomini come Marco Minghetti e Ferdinando Martini. Alla discussione parteciparono uomini come un Andrea Costa, un Benedetto Cairoli, un Agostino Bertani. E sul problema, il mio gruppo, il gruppo del Partito Repubblicano, espresse il suo giudizio con la parola di un uomo che fu il vanto dell’Ateneo napoletano, che fu l’onore del Parlamento italiano, e al quale gli onesti di tutti i partiti, pur dissentendo, si inchinarono come innanzi ad un uomo rispettabilissimo per la integrità del carattere e per la nobiltà dell’intelletto: alludo a Giovanni Bovio. Invito i più giovani a leggere quel discorso, denso di pensiero, di Giovanni Bovio.

Ma è pur vero che trattavasi allora di una legge specifica, di una legge concernente il giuramento politico dei deputati, un giuramento da prestarsi quando lo Stato viveva, per così dire, la sua vita normale, nel suo assetto monarchico-costituzionale; mentre oggi si tratta di una ben altra legge, di una legge generica, di una legge concernente il giuramento di ogni cittadino in quanto funzionario dello Stato e di uno Stato che – per quanto, dopo il referendum, inequivocabilmente repubblicano – è ancora nel suo formarsi e attende ancora dalla nuova costituzione e dalla nuova legislazione il suo vero fondamento, il suo stabile assetto democratico e costituzionale.

Per essere quanto più possibile fedele nella mia relazione, dirò che in seno alla Commissione non sono mancati pregiudizialmente giudizi di carattere etico e filosofico.

Taluno ha detto che il giuramento in tanto ha valore in quanto risponde all’intimo convincimento della coscienza. Perfettamente d’accordo. Non sono i giuramenti che sostengono le istituzioni vacillanti, non sono i giuramenti che consolidano le istituzioni nascenti. Questo è stato ed è il pensiero costante della scuola repubblicana italiana. Se un giuramento non risponde all’intimo dettato della coscienza, non è più un giuramento. Un giuramento in sé ha un carattere essenzialmente religioso.

Altri ha osservato una certa contraddittorietà in questo disegno di legge. Si è detto: con quale coerenza possiamo noi discutere un disegno di legge sul giuramento di fedeltà ad una istituzione che ancora attende dalla Costituzione la sua formulazione giuridica? Sotto un dato aspetto, anche questo è vero, e certo la Commissione si sarebbe trovata molto più a suo agio se avesse avuto innanzi a sé quello che sull’argomento ha deciso o dovrà decidere la prima o la seconda Sottocommissione per la Costituzione. Questo è vero, ma è anche vero che, nella mora della futura prossima Costituzione, lo Stato ha ben il diritto ed il dovere di esigere dai cittadini, in quanto funzionari dello Stato, un atto di fedeltà alle istituzioni repubblicane.

Sono state fatte altre due considerazioni di carattere generale. Lo dico per offrire materia di una possibile discussione.

La prima considerazione è stata quella dell’onorevole Lucifero. È presente?

LUCIFERO. Sono qui.

DELLA SETA. E voglia essere questo un omaggio personale all’onorevole Lucifero, il quale, pur considerando, come egli mi ha dichiarato, la monarchia una forma perfetta di Governo, tuttavia, come riconoscimento di un fatto storico, come rispetto delle leggi esistenti, non ha esitato a fare in seno alla Commissione una dichiarazione di lealismo repubblicano. (Commenti).

L’onorevole Lucifero così argomenta: perché far rinnovare il giuramento a quelli che hanno già prestato sotto la formula monarchica? Ormai, egli dice, quelli che hanno già prestato un tale giuramento, ne sono stati prosciolti dal luogotenente; quindi il primo termine, la formula «il re e la monarchia», se ne è andato, rimanendo il secondo termine, il giuramento verso la patria. Non v’è bisogno quindi di far ripetere questo giuramento. E perché? Perché, dice, noi turberemmo la coscienza di questi cittadini. Conclusione? Nessuna necessità, per questi funzionari, di un nuovo giuramento.

Noi apprezziamo molto le preoccupazioni psicologiche dell’onorevole Lucifero, ma non possiamo accettare questo psicologismo luciferiano (Ilarità): non può valere come giuramento repubblicano un giuramento che antecedentemente fu prestato con intendimento monarchico. Non si tratta di filologia, di parole spostate od aggiunte. Si tratta di psicologia, di morale e di politica: e perciò giustamente, nel disegno di legge, è stato affermato che non solo dovranno prestare il giuramento quei cittadini che non lo hanno mai prestato, ma anche quelli che già lo prestarono. Questi ultimi, dopo l’approvazione di questo disegno di legge, dovranno rinnovare il giuramento. Ciò è consacrato nell’articolo 1, dove dice: «prestare o rinnovare il giuramento».

Una seconda considerazione è stata fatta da chi ha l’onore di parlarvi. Noi siamo rimasti impressionati come nel disegno di legge siasi troppo accentuato il carattere della provvisorietà. Si dice che fino a quando non verrà deliberata la nuova Costituzione la disciplina della materia non potrà non avere evidentemente che carattere provvisorio, in quanto che le formule di giuramento sono strettamente collegate alla struttura politica e amministrativa dello Stato.

Si ripete infatti nel già citato articolo 1° del disegno di legge: «fino a quando non venga diversamente stabilito in dipendenza della nuova Costituzione dello Stato».

Nessun dubbio, dal punto di vista formale e costituzionale, sulla provvisorietà di questo giuramento.

Ma, a parte la considerazione preliminare che si è troppo esagerato nell’affermazione di questa provvisorietà (Capo provvisorio dello Stato, Repubblica provvisoria, ecc.), a parte tutto questo, vi è una certa logica in questa nostra seconda considerazione. Il giuramento provvisorio è prestato da un cittadino al Capo provvisorio dello Stato; e poiché questo Capo provvisorio – l’osservazione non ha nessun carattere personale, – non ha prestato il giuramento innanzi alla Assemblea da cui è stato eletto, si avrebbe un cittadino che presta il giuramento nelle mani del Capo che non ha giurato.

Non bisogna esagerare. Anche se provvisorio, si tratta pur sempre di un giuramento di fedeltà alla Repubblica, che non potrà essere sostanzialmente diverso da quello che verrà sancito nella Costituzione. Si tratta sempre di un giuramento alle istituzioni repubblicane. Non dobbiamo dunque troppo accentuare questo carattere della provvisorietà.

Per la chiarezza dei concetti dobbiamo considerare la norma giuridica che disciplina tutta questa materia come distinta in tre momenti:

primo momento, il momento attuale: fino a che questo disegno di legge non sarà approvato, rimane in vigore l’articolo 9 del decreto legislativo presidenziale 9 giugno 1946, vale a dire si presterà il giuramento secondo la formula che già si prestava sotto la monarchia, tolto naturalmente ogni accenno al re ed all’istituto monarchico;

secondo momento: si giurerà conforme alla formula dell’attuale disegno di legge, dopo la sua approvazione;

terzo momento: si giurerà secondo la formula approvata dalla nuova Costituzione, per quanto, ripeto, tra il secondo momento ed il terzo non ci potrà essere un grande divario, perché si tratterà sempre di un giuramento di fedeltà prestato alle istituzioni repubblicane.

Ed ora veniamo agli articoli. Per quanto riguarda l’articolo 1, la Commissione ha ritenuto di staccarne il secondo comma per farne un articolo a parte, l’ultimo articolo, l’articolo 8.

L’articolo 2 riguarda le Forze armate, e dice: «La formula di giuramento per gli appartenenti alle Forze armate dello Stato è stabilita come segue: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi e di adempiere tutti i doveri del mio stato al solo scopo del bene della Patria». La stessa formula si applica per gli appartenenti ai corpi militarizzati, nei casi in cui il giuramento sia previsto dalle vigenti disposizioni».

Su questo articolo la Commissione non ha avuto nulla da obiettare: era pienamente giustificato che, tra le categorie, in primissima linea venissero le Forze armate. È da queste sovrattutto che lo Stato ha il diritto di esigere un giuramento di fedeltà. La storia insegna che molte volte le Forze armate potrebbero ben tramutarsi in bande armate per qualche colpo di mano o per qualche criminale politica avventura. È anche giusto l’aver incluso il concetto di «Patria». Se il milite rimane sempre un cittadino con tutti i diritti civili e politici – questo è il principio della democrazia – tuttavia le Forze armate stanno al di sopra e al di fuori dei partiti, essendo loro compito specifico quello di difendere la Patria.

Per quanto riguarda l’articolo 3, circa la formula di giuramento per i dipendenti civili dello Stato e degli enti locali, la Commissione, pure accettandone sostanzialmente la formulazione, ha proposto una forma molto più concisa, ponendo soprattutto in rilievo il dovere del mantenimento del segreto di Stato, un segreto che troppe volte purtroppo non viene rispettato. La formula proposta è la seguente:

«La formula di giuramento per i dipendenti civili dello Stato e per i dipendenti degli enti locali è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato, di adempiere tutti i miei doveri, serbando scrupolosamente il segreto d’ufficio, nell’interesse dell’Amministrazione e per il pubblico bene».

Per la promessa solenne, richiesta dalle vigenti disposizioni agli impiegati in prova, si applica la formula di cui al comma precedente, sostituendo la parola «prometto» alla parola «giuro».

L’articolo 4, a parte un inciso sul quale richiamerò tra breve la vostra attenzione, riguarda i magistrati dell’Ordine giudiziario od amministrativo.

Si potrebbe osservare che, in fondo, il dovere del magistrato può essere equiparato al dovere cui deve attenersi qualsiasi altro funzionario dello Stato. Ma qui giustamente si è voluto rendere un particolare omaggio alla magistratura nel grande suo compito di amministrare la giustizia.

Se la Costituzione, da una parte, sancirà la indipendenza della magistratura, dall’altra è un dovere per il magistrato di essere fedele alle istituzioni dello Stato, specie in questo delicato momento, nel quale non poche ancora sono le cause di carattere essenzialmente politico. È bene che il magistrato conservi, con la indipendenza, anche una grande serenità di giudizio.

All’articolo 5 la Commissione ha apportato una modificazione. La disposizione riguarda coloro che «occasionalmente» sono investiti di pubbliche funzioni. Si è voluto distinguere il giuramento di chi deve semplicemente adempiere un dovere inerente alla funzione temporanea che esercita – per esempio un perito o un giurato – dal giuramento di coloro che sono investiti di vere e proprie funzioni di Stato.

Sull’articolo 6, riguardante il giuramento dei sindaci e dei presidenti delle deputazioni provinciali, e sull’articolo 7, riguardante il giuramento prescritto per coloro ai quali sia stata concessa la cittadinanza italiana, la Commissione non ha nulla da eccepire.

Ripeto che, dopo l’articolo 7, viene posto, sotto forma di articolo 8, il secondo comma dell’articolo 1, concernente la formula del giuramento, sino a che questo disegno di legge non sarà approvato.

Ed ora eccomi all’inciso dell’articolo 4 cui dianzi accennavo. Con questo inciso si richiamano all’obbligo del giuramento, come i magistrati, così i professori universitari.

La Commissione unanime, proponendo un emendamento e attenendosi, del resto, a quanto già disposto nel decreto legislativo in data 5 luglio 1945, ha invece ritenuto che i professori universitari debbano essere esentati dal giuramento.

Vedo in questo momento il Ministro della pubblica istruzione, onorevole Gonella. Sono lieto di tributargli un pubblico plauso, non solo in quanto, nel discorso inaugurale del Congresso internazionale di filosofia, ha esaltato la libertà della scienza, la libertà del pensiero, la libertà dell’indagine scientifica, ma soprattutto in quanto più recentemente, in una radio-conversazione, ed all’inaugurazione dell’anno accademico dell’università di Padova, si è pronunciato esplicitamente per l’esonero dei professori universitari da ogni obbligo del giuramento.

Suggestionato da un parvente egalitarismo, taluno ha pur voluto osservare; che, se i professori universitari non giurano, dovrebbero non giurare anche i professori degli altri gradi, i professori delle scuole medie e delle elementari; e che, se questi insegnanti giurano, dovrebbero giurare anche i professori universitari. Noi teniamo a rilevare che nel proporre l’emendamento la Commissione ha seguito un ben altro criterio: noi non abbiamo voluto costituire per i professori universitari un privilegio, il che non sarebbe democrazia; né tanto meno riteniamo che un professore universitario, venendo meno alla dignità della cattedra, possa tramutare la cattedra in tribuna od in pulpito per farvi della propaganda politica, o confessionale. La ragione è ben più alta. Noi abbiamo proposto il nostro emendamento non tanto per una ragione di ordine contingente – che in questo momento avrebbe pure il suo alto significato – cioè come condanna ancora una volta di un regime che fra tante ignominie ebbe pur quella di innalzare alla dignità della cattedra insegnanti che alla propria ignoranza supplivano col servilismo della coscienza (Approvazioni) e di costringere molti docenti, insigni per nobiltà di vita e per altezza di mente, a scendere dalla cattedra piuttosto che prestare un giuramento che non rispondesse al proprio intimo convincimento. Noi abbiamo proposto l’emendamento perché vogliamo la libertà dell’insegnamento per tutti; perché vogliamo la libertà del pensiero e della scienza, perché vogliamo la libertà dell’indagine, senza di cui l’Ateneo non può essere quello che fu, e dovrà essere, cioè il vero tempio civile della Nazione, cioè l’istituto che dovrà stare alla avanguardia nella ricostruzione spirituale della Patria.

Con questo io chiudo la mia relazione. Spero essere stato interprete fedele del pensiero della Commissione. La Commissione non dubita che, con tutte le modificazioni che, attraverso la libera discussione, potranno essere apportate, questo disegno di legge abbia presto la sua applicazione. Questa legge non vuole essere una violenza esercitala all’altrui coscienza, né tanto meno vuole essere l’affermazione esclusiva di un principio ideologico proprio di un dato partito politico. Questo giuramento di fedeltà alla Repubblica vuol essere un segno di riconciliazione, non di disgregazione e di odio di parte; vuole essere il riconoscimento di quanto la Nazione ha affermato nel pieno esercizio della sua sovranità; vuol essere l’ossequio alle leggi dello Stato democraticamente costituito; vuol essere un giuramento di fedeltà alla Patria. Patria e repubblica oggi s’identificano: questa patria, questa repubblica, che noi tutti oggi, senza restrizioni mentali e contro ogni possibile insidia, abbiamo il diritto e il dovere di difendere, di consolidare c di perfezionare con devozione di figli e con lealtà di cittadini. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Non era mia intenzione di chiedere la parola su questo argomento, perché avevo già avuto l’onore di esporre il mio pensiero alla Commissione, di cui il Presidente ha voluto chiamarmi a far parte.

Ma poiché l’onorevole Della Seta, con tanta cordialità e lealtà di avversario e di amico, ha voluto richiamare e ricordare le affermazioni da me fatte in tale sede, ritengo mio dovere di assumerne personalmente la responsabilità in questa aula e di chiarirne il significato, onde non vi possano essere – come altra volta è accaduto – false interpretazioni.

Io ho confermato in quella, come in ogni sede, la mia convinzione e la fede che è nota: io ero e sono un monarchico. Chi ha combattuto come io ho combattuto una battaglia, non la può combattere in quel modo senza una profonda convinzione, e le convinzioni non possono cambiare per un voto.

Non nego, però, che oggi lo Stato italiano abbia una forma e che in questa forma esso si esplichi e si sviluppi: questa forma è quella che sta diventando e si sta costruendo nella forma repubblicana. Quindi, pur restando monarchico, vedo – come ha detto l’onorevole Della Seta – dietro questa forma la patria e confermo ancora una volta che, come ieri gli italiani repubblicani servirono questa patria fedelmente quando era retta a monarchia, con la stessa fedeltà i monarchici italiani servono la patria, oggi che si avvia a costituirsi in repubblica.

È un atto di lealtà verso la patria e le sue leggi; è un dovere di cittadino, di tutti gli italiani di qualunque fede, di fronte all’Italia; è la convinzione profonda del dovere che ci accomuna e ci impone di vivere per la patria e, se è necessario, per la patria morire. (Applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Bencivenga. Ne ha facoltà.

BENC1VENGA. La nostra Assemblea è messa di fronte ad un disegno di legge, cui è doveroso annettere grande importanza data l’urgenza richiesta dal Governo, senza che l’Assemblea abbia avuto il tempo necessario per fare indagini sulla sua portata.

Non mi dilungo sulla opportunità di un giuramento. Potrei qui leggere le bellissime parole pronunciate alla radio dal Ministro della pubblica istruzione, onorevole Gonella; potrei ricordare le discussioni avvenute alla Camera dei Deputati nel 1882; potrei, infine, ricordare come la Repubblica francese, dopo l’infelice esperimento della Repubblica del 1848 abolì il giuramento che – si noti – era allora limitato a quello del solo Presidente.

Ricorderò come gli uomini di sinistra furono tutti avversi al giuramento, il quale avrebbe solo un valore se religioso. Ricorderò come lo statuto di re Carlo Alberto stabiliva il giuramento dei soli Deputati e Senatori e che solo nel 1872 fu introdotto il giuramento nell’esercito dal regolamento di disciplina.

Ma non è il caso di dilungarsi sull’argomento; basta accennare al fatto che il giuramento è stato abolito dalle democrazie più evolute, per chiedersi se la nostra Costituzione dovrà stabilire l’obbligo del giuramento. Una discussione in tal senso avrebbe dovuto avere la precedenza. Ma la cosa più grave è che la legge, che viene sottoposta al nostro esame, parla di giuramento al Capo dello Stato e alla Repubblica, senza che siano definiti i poteri del Capo dello Stato e la forma della Repubblica. E si noti che deliberatamente si è introdotta una formula che lega il giuramento non a quello che è oggi la Repubblica, né a quello che è oggi il Capo dello Stato, ma a quello che risulterà dalla Costituzione, che deve essere ancora discussa e approvata. Faccio rilevare, comunque, che nelle Costituzioni che prescrivono il giuramento, esso viene prestato per primo dal Capo dello Stato.

Ora, quale sarà la formula di questo giuramento al Capo dello Stato nella nuova Repubblica? Io non sollevo la questione per spirito di parte o per virtuosismi giuridici, ma perché ciò che è stabilito dalla legge presenta gravi pericoli; e qui mi riferisco essenzialmente alle forze armate. Quali poteri avrà in questo campo il Presidente della Repubblica? Sarà, come nella monarchia di Carlo Alberto, il Presidente della Repubblica anche il Capo delle forze armate? E in tal caso, in quale situazione le forze armate si troverebbero nella eventualità di un colpo di Stato da parte del Presidente, quale fu quello di Luigi Napoleone del 2 dicembre 1851? Ho accennato a questi punti, non già illudendomi di sviscerare l’argomento, ma per mettere in luce la stretta correlazione che esiste tra la formula del giuramento, il tipo di Repubblica e i poteri del suo Presidente.

Ora, sembra strano che tutte queste considerazioni non siano venute in mente al Governo. Perché allora strozzare la discussione con la presentazione di un disegno di legge di urgenza, che molti di noi non hanno neppure letto e sul quale non hanno potuto meditare, tanto meno sulle considerazioni del relatore del disegno di legge?

Questa fretta può dar luogo a sospetti che è bene diradare. Aggiungerò che sollevare oggi una tale questione è un contributo a quel malessere che è in molti strati della pubblica opinione. Mi permetterò di ricordare che la moderazione è saggia arte di Governo e che la storia insegna che anche le più desiderate restaurazioni e invocate radicali riforme hanno fallito quando ha fatto difetto la misura dei provvedimenti. Stiano sicuri i colleghi del Parlamento che oggi la Repubblica non corre alcun percolo e che, comunque, non sarebbe un giramento, come la storia insegna, quello che ne garantirebbe la stabilità. Propongo quindi all’Assemblea il rinvio alla discussione in sede di esame del progetto della nuova Costituzione. Prego, comunque, di prendere atto che la mia proposta di rinvio non parte da propositi ostruzionistici, ma da una gelosa cura perché la libertà e la democrazia siano, per quanto è umanamente possibile, messe al sicuro sotto ogni aspetto. (Vivi applausi a destra).

PRESIDENTE. Pongo in discussione la proposta di sospensiva dell’onorevole Bencivenga. Chiedo al Governo di esprimere il suo parere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Vorrei osservare, egregi colleghi, ciò che è evidente, che questo progettino non pregiudica affatto i diritti dell’Assemblea e quindi le tesi generali per cui il giuramento si possa mantenere o non mantenere nel nuovo Stato. Noi ci troviamo dinanzi a delle condizioni di fatto; alcune formule di giuramento devono essere modificate. Noi le abbiamo modificate una prima volta omettendole, e questo nelle prime 36 ore dopo la proclamazione del referendum; ma oggi quelle formule sono diventate vacue; bisogna quindi sostituirle con qualche cosa dopo il fatto compiuto ed è quello che abbiamo disposto, senza voler pregiudicare menomamente una deliberazione definitiva dell’Assemblea circa la formula del giuramento.

Io convengo che, in tesi generale, si possa essere contrari a qualsiasi formula di giuramento; ma questo è mantenuto in quanto costituisce per il funzionario direttiva sostanziale che riguarda l’esistenza dello Stato. Bisognava dunque creare, almeno provvisoriamente, una formula che potesse essere consolidata nella Costituzione stessa. Nell’articolo primo, si dice precisamente: «Fino a quando non venga diversamente stabilito in dipendenza della nuova Costituzione dello Stato». E qui è già fissato subito il carattere transitorio del provvedimento.

Non si tratta poi di un tentativo d’urgenza di consolidare la Repubblica, perché la Repubblica è già viva ed è già un fatto che è nella coscienza del popolo. Non è quindi che dalla nostra formula possa dipendere il suo consolidamento. Sono favorevole, e sempre lo sono stato fin dall’inizio, a questa affermazione d’una formula per tutto quanto riguarda i militari e i funzionari dello Stato. Perché? Proprio per un senso diverso che pare preoccupi l’onorevole Bencivenga. Ci sono degli uomini i quali lealmente hanno servito la Monarchia e conservano ancora in sé un senso di devozione, sia alle persone, sia all’istituto come tale; però sono uomini leali, sono uomini che riconoscono che fondamentalmente si deve obbedire alle leggi; essi accettano la forma democratica; riconoscono che il popolo ha deliberato coscientemente e deliberato definitivamente.

L’onorevole Lucifero qui alla Camera ha avuto occasione di chiarire il suo pensiero e nessuno – a cominciare dal Relatore – può mettere in dubbio la lealtà che si rivela nelle parole dell’onorevole Lucifero, cioè la lealtà del suo impegno ad obbedire alle leggi dello Stato e a collaborare al consolidamento della sua forma presente.

Ma quanti altri nel servizio militare o nel servizio civile dello Stato hanno questa occasione?

E come potrebbe serpeggiare il sospetto che siano dei traditori di fronte ai loro compiti nella gerarchia civile e militare? Se si tratta di uomini d’onore che, pur avendo servito la Monarchia, alzeranno la mano per giurare il rispetto alla Repubblica italiana, non ci sarà motivo di ritenere e nessuno potrà dubitare che non lo facciano con piena coscienza è lealtà.

E allora io dico che questa è una misura di conciliazione, una misura di libertà; che mette dinanzi a tutto il popolo l’impegno dell’onore, l’impegno della coscienza.

Perciò non mi pare che si possa rinviare la legge del giuramento, nell’interesse stesso della conciliazione nazionale, guidali da un pensiero unico, il pensiero delle sorti della Patria, alle quali l’onorevole Lucifero, con parole cosi eloquenti, ha inneggiato.

Quindi prego la Camera di respingere la proposta di rinvio. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Sulla proposta di sospensiva hanno diritto di parlare due deputati a favore e due contro.

LUSSU. Chiedo di parlare per esprimere parere contrario.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Non mi ero proposto di parlare su questo argomento, e se non avessi udito le argomentazioni dell’onorevole Bencivenga non avrei parlato.

Ma ho sentito, e sono certo che molti colleghi di quest’aula hanno sentito, con me, il pericolo politico che nel pensiero dell’onorevole Bencivenga e di altri suoi colleghi è implicitamente posto, quando si sostenga che non è più necessario che l’Esercito pronunci il giuramento di fedeltà tradizionale agli istituti della Nazione.

Io so, per mia esperienza personale, avendo l’onore di annoverare nell’Esercito molti ufficiali miei amici repubblicani o monarchici, quale peso abbia questo impegno d’onore per quanti prestano il loro servizio nelle forze armate.

Io so che nel periodo critico, in cui si discuteva di monarchia e di repubblica, molti ufficiali che, per una profonda crisi di coscienza subita durante il periodo della lotta clandestina, erano arrivati al convincimento della necessità di questa nostra Repubblica, dicevano: «Ma noi siamo legati dal giuramento alla monarchia!»

E io deferivo a questo senso d’onore che impegnava alla monarchia molti cittadini, mettendoli al bivio di fronte al problema centrale della ricostruzione nazionale.

Non è quindi vero (e voi, onorevole Bencivenga, valoroso soldato e capo di valorosi combattenti dovete riconoscerlo per primo), non è vero che il giuramento non significhi nulla per quanti prestino servizio nelle forze armate.

Il giuramento è un grande impegno di onore, del quale ciascuno riconosce l’indispensabilità dell’adempimento, e che è pertanto una cosa estremamente seria. Ecco perché mi stupisco che l’onorevole Bencivenga faccia questa proposta.

Da questi banchi, dove era venti anni fa, l’onorevole Bencivenga è passato adesso a quei banchi… (Applausi a sinistra Rumori a destra).

PATRISSI. È un apprezzamento gratuito!

LUSSU. Noi ci conosciamo da tempo, onorevole Bencivenga, e lei sa che qui affermo una cosa profondamente vera. Non si presta giuramento? Come non si presta giuramento? Dice l’onorevole Bencivenga: Lo si presterebbe al Capo della Repubblica e alla Repubblica, ma a quale Capo e a quale Repubblica?

Ma questa Assemblea Costituente è precisamente convocata per darsi una Costituzione democratica e non già dittatoriale. Sappiamo quindi che noi avremo un Presidente, che avrà posto in istituti democratici, e che avremo una Costituzione repubblicana democratica e non dittatoriale (Rumori a destra); per cui quando l’onorevole Bencivenga si pone il quesito quasi drammatico «che cosa farà l’Esercito se, per ipotesi, si ripetesse il triste avvenimento per cui Napoleone III andò al potere col colpo di Stato, quale contegno in quel caso terranno le forze armate?», io rispondo, onorevole Bencivenga, che in quel caso le forze armate, che hanno prestato il giuramento di servire il Capo dello Stato e la Repubblica democratica, hanno un solo dovere: quello di sparare su Napoleone Bonaparte… (Applausi all’estrema sinistra Commenti e rumori a destra) che suppongo potrà essere, per esempio, una volta che abbia deposto la sua bella penna per la spada folgorante, il leader dell’Uomo Qualunque…

PATRISSI. Anche questi sono apprezzamenti gratuiti. Siate più seri. (Rumori).

Una voce a destra. È un vecchio slogan!

BENCIVENGA. Questo è il giuramento fascista.

LUSSU. Esattamente il 5 dicembre l’onorevole leader dell’Uomo Qualunque, parlando in un comizio a Cagliari, ha detto: «C’è in Italia il pericolo della guerra civile. Uno solo non la vuole e la impedisce: e sono io, Guglielmo Giannini!» (Ilarità Interruzioni Commenti).

Una voce a destra. Ma cosa c’entra questo col giuramento? Qui non si fa ora un comizio.

PRESIDENTE. Lascino parlare l’oratore. Non interrompano!

LUSSU. Se non mi sbaglio, chi interrompe è l’onorevole Giannini in persona?… (Rumori Commenti Proteste).

Ho ascoltato quasi religiosamente il collega Bencivenga quando esponeva delle idee totalmente contrarie alle mie. (Interruzioni Rumori).

PRESIDENTE. Non interrompano!

LUSSU. Se, come è da ritenere, il «Buon senso» è l’organo ufficiale del qualunquismo… (Interruzioni Rumori).

Una voce a destra. Ma che c’entra questo? Parli del giuramento! (Interruzioni Rumori).

LUSSU. Anche io ho il diritto di rispondere alle interruzioni. (Rumori).

Il discorso dell’onorevole Giannini, che ho rievocato in parte, perché è riportato nell’organo ufficiale dell’«Uomo Qualunque»…

Una voce a destra. Ma che c’entra l’«Uomo Qualunque» col giuramento? (Interruzioni Rumori).

LUSSU… il discorso dell’onorevole Giannini – e cito testualmente – è riprodotto nell’organo ufficiale dell’«Uomo Qualunque»…

RUSSO PEREZ. Parli del giuramento. (Rumori Interruzioni).

PRESIDENTE. Continui, onorevole Lussu.

LUSSU. Senza queste interruzioni avrei già finito. L’onorevole Giannini, dunque, leader del qualunquismo… (Interruzioni Rumori).

PRESIDENTE. Vada avanti, onorevole Lussu.

LUSSU… allora, l’onorevole Giannini… (Interruzioni Rumori).

Una voce a sinistra. Non parli dell’Uomo Qualunque; parli di fascisti, perché sono fascisti quelli dell’Uomo Qualunque… (Vivi rumori a destra Interruzioni RumoriScambio di vivaci apostrofi fra l’estrema sinistra e la destra).

PRESIDENTE. Proseguiamo nella discussione, che dovrebbe essere molto seria. (Approvazioni). Prego l’onorevole Lussu di continuare.

LUSSU. Io sono lieto che in questo momento sia rientrato nell’aula l’onorevole Giannini, il quale garantirà della fedeltà con la quale ho citato il suo pensiero espresso in un grande comizio pubblico nella città di Cagliari il 5 dicembre, nel quale – desidero collegare il ragionamento che le molte interruzioni hanno allungato – nel quale l’onorevole Giannini diceva che egli solo, Guglielmo Giannini, egli solo ha impedito e impedisce la guerra civile. (Rumori Commenti).

GIANNINI. È vero! (Rumori vivissimi all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. È una opinione personale dell’onorevole Giannini. Continui, onorevole Lussu.

LUSSU. Io ho riferito dunque il pensiero in modo perfettamente esatto. (Rumori).

PRESIDENTE. Sta bene. Continui.

LUSSU. Dobbiamo essere grati all’onorevole Giannini per tanto spirito patriottico accomodante, e in un certo senso ci sentiamo tranquilli dopo questa dichiarazione che egli ancora ha riconfermato poc’anzi. Però dall’altro canto noi dobbiamo esprimere le nostre preoccupazioni, perché se da una parte soltanto l’onorevole Giannini, ed egli solo, impedisce la guerra civile, dall’altra, quelli che la vorrebbero, evidentemente la grande maggioranza dei suoi seguaci… (InterruzioniRumori) cioè, c’è una grande parte di voi che prenderebbe gusto letterario a un simile avvenimento, il quale – onorevole Giannini, io non lo auguro a nessuno, per le sorti del nostro Paese – è una cosa ben differente da una commedia teatrale. (Applausi a sinistra Rumori Commenti a destra).

Questo dicevo per affermare che è falso che la Repubblica sia consolidata.

Onorevole Bencivenga, è falso che la Repubblica sia sicura, e i vostri stessi argomenti per impedire che si presti il giuramento rivelano una speranza che la Repubblica non sia consolidata (Applausi a sinistra Rumori, proteste a destra).

Ma quanti nel nostro Paese hanno speso la loro vita e impegnato tutta la loro azione per il trionfo della democrazia e della Repubblica non permetteranno così facilmente che questa grande e fondamentale conquista democratica possa essere distrutta.

Il giuramento è necessario a consolidare la stabilità della democrazia; non vi sarebbe niente di più catastrofico per la ricostruzione del nostro Paese che avere l’opinione pubblica permanentemente divisa tra monarchia e repubblica, perché non possiamo permetterci il lusso di un secondo referendum, dopo di che ne verrebbe un terzo. La volontà popolare si è espressa. Noi abbiamo una democrazia repubblicana, abbiamo la Repubblica e dobbiamo consolidarla come istituto permanente, storico. (Interruzioni a destra).

Ed allora, onorevole Bencivenga, mi consenta: bisogna che tutti i soldati siano chiamati a questo dovere. E qui mi permetto rivolgermi al Governo, al Presidente del Consiglio, a tutti i Ministri, che hanno responsabilità collegiale, e soprattutto ai tre Ministri delle forze armate: noi non ci sentiamo ancora garantiti. In regime monarchico era giusto, era politico, era necessario che l’esercito fosse monarchico; ma in regime di Repubblica è utile, è necessario, è indispensabile che l’esercito sia repubblicano. (Applausi a sinistra).

CAPUA. È indispensabile che l’esercito sia italiano! (Rumori a sinistra).

LUSSU. Ho espresso le mie preoccupazioni e, credo, quelle di parecchi settori di quest’aula: i tre Ministri delle forze armate lavorano troppo lentamente. Noi abbiamo bisogno della riforma integrale dell’organizzazione del Ministero della guerra, dell’esercito, del Ministero della marina, della flotta anche se ridotta, del Ministero dell’aeronautica…

CAPUA…. di essere repubblicani obbligatori!

LUSSU…. noi esigiamo che queste forze armate siano, per la riforma dei quadri, garantite da capi sicuri. Essi debbono riscattarle dal periodo miserabile dell’avventura fascista, in cui lo stesso esercito è stato ingolfato; essi sono chiamati a riscattare questo periodo e ridare al paese forze armate espresse dagli interessi, dalla volontà, dalla dignità e dall’onore della Nazione, della nuova democrazia repubblicana.

Concludo affermando che non basta, onorevole Bencivenga, pronunciarsi per la libertà e la democrazia; siamo tutti per la libertà e la democrazia: però oggi in Italia non c’è libertà, né democrazia senza la Repubblica. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per fatto personale, l’onorevole Bencivenga. Ne ha facoltà.

BENCIVENGA. Dirò due parole semplicemente. Il collega Lussu è in un momento di cattivo umore e soprattutto non ha ascoltato quello che ho detto; aggiungo che, forse, non ha tutto compreso. Io ho fatto la questione se era veramente urgente presentare un disegno di legge ed imporne la trattazione di urgenza non dando nemmeno il tempo di riflettere. Non so spiegarmi perché questo sia avvenuto. Quanto alla questione del giuramento, non ho espresso nessun parere, né pro, né contro, perché ciò dipende dalla formula stessa del giuramento. Che vi siano molti contrari ai giuramenti, voi potete accertavene ricordando ciò che scrissero o dissero pensatori ed anche molti uomini politici.

PRESIDENTE. Onorevole Bencivenga, si limiti al fatto personale.

BENCIVENGA. Quanto poi al fatto che nell’esercito sia necessario il giuramento, non l’ho nemmeno messo in dubbio: ma, quale giuramento? Per la Patria, altrimenti nel passato tutti i repubblicani, che hanno Combattuto sotto casa Savoia, avrebbero tradito la loro fede.

Hanno combattuto per la Patria. Il giuramento dell’esercito infatti è: «Giuro di essere fedele al Re ed ai suoi Reali successori, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato al solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria». Ora io dico: i repubblicani dell’esercito hanno combattuto per il Re, per la monarchia? No, hanno combattuto per la Patria! Quindi il giuramento che sancirà l’obbligo del cittadino italiano di lottare per la Patria è sacrosanto!

GIANNINI. Chiedo la parola per fatto personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Desidero rassicurare l’onorevole Lussu.

È vero che ho detto sulla piazza di Cagliari che la guerra civile in Italia non si fa anche perché io non la voglio. (Interruzioni a sinistra).

Amici miei, io vi consiglio, nel vostro interesse, di non interrompermi. Io sono uomo di battute: più interrompete e più mi incitate. (Si ride Commenti).

Volevo dire all’onorevole Lussu che si rassicuri. È sempre un bene che ci sia qualcuno che non voglia la guerra civile; ed il fatto che io non la voglia lo dovrebbe rassicurare. Ad ogni modo, posso effettivamente giurare, con la formula del giuramento che egli vorrà, che alla guerra civile non ci voglio arrivare; e che del fatto che non ci voglio arrivare ne ho dato prova e ne do prova ogni giorno.

Onorevole Lussu, legga le cronache dei giornali e si convincerà della nostra sincerità.

Sarebbe opportuno nelle nostre discussioni non mettere tanto odio, tanto astio; innanzitutto non è bello, e poi non risponde al nostro temperamento. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore della proposta Bencivenga l’onorevole Badini Confalonieri. Ne ha facoltà.

BAD1NI CONFALONIERI. Premetto che non mi interessa la questione personale dell’onorevole Lussu con l’onorevole Bencivenga o con l’onorevole Giannini. Mi interessa soltanto la questione del giuramento. Alle osservazioni dell’onorevole Lussu posso rispondere con due brevi obiezioni. L’onorevole Lussu ha detto che non sarà il caso, ma che se comunque fosse il caso, dovrebbe l’esercito sparare su colui che ritentasse il gesto di Napoleone Buonaparte. Sono d’accordo. Ma ritengo che col giuramento o senza il giuramento, questo comportamento sarà sempre di obbligo per un qualsiasi esercito italiano. E pertanto l’argomento dell’onorevole preopinante nulla conferisce a favore o contro il giuramento.

Afferma drasticamente l’onorevole Lussu: è falso che la Repubblica si sia consolidata. Posso obiettare che è altrettanto falso che la Repubblica si possa consolidare mediante atti formali quali il giuramento.

Ci auguriamo che con altri istituti di ben diversa, concreta sostanza si possa, e si debba consolidare la Repubblica.

Ci sono poi gli argomenti dell’onorevole Presidente del Consiglio, il quale asserisce che la proposta di oggi non pregiudica quella decisione che l’Assemblea Costituente potrà assumere domani. Non pregiudica; la cosa è dubbia. Ma pregiudica forse il sospendere la sottomissione al giuramento oggi, in attesa di quella deliberazione che con ben maggiore ponderatezza, domani potrà questa Assemblea assumere?

Io penso assolutamente di no. A prescindere da ovvie ragioni di opportunità politica, mi pare che questo istituto del giuramento, di natura indiscutibilmente feudale, non sia oggi di conveniente e urgente attuazione, e lo sia tanto meno dopo quella inflazione di continui giuramenti che abbiamo avuto durante il ventennio fascista, e che hanno dimostrato come un istituto di natura puramente formale nulla aggiunga e nulla tolga a quello che è il vincolo contrattuale – e insieme di onore – che deve legare il funzionario allo Stato. Tant’è che in ogni altro contratto di lavoro, in quel contratto di lavoro che unisce il lavoratore privato al suo datore di lavoro, mai si è ritenuto di ricorrere alla formula del giuramento, e non vedo proprio i motivi che impongono una tale differenza di situazione tra il lavoratore comune delle aziende private ed il lavoratore alle dipendenze dello Stato.

Se una persona dovesse per caso essere legata ad un giuramento, questa dovrebbe essere il Capo dello Stato, e per motivi evidenti. Per ogni altro funzionario statale, se uomo d’onore, il giuramento è superfluo; se non uomo di onore, il giuramento è inutile; ma è comunque evidente che il giuramento oggi è cosa del tutto prematura. Mi richiamo alle osservazioni alle quali ha già fatto cenno l’onorevole Bencivenga: ma che cosa si giura? A quale repubblica? A quella che noi domani intendiamo costituire attraverso i lavori di questa Assemblea Costituente? Ed allora, siamo logici: costituiamo prima la Repubblica, rinsaldiamola mediante una sana Carta costituzionale, e poi parleremo eventualmente di un giuramento. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Molè. Presidente della Commissione. Ne ha facoltà.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Devo dire il mio pensiero, che è quello della Commissione nella sua grandissima maggioranza, la quale rispecchia la grande maggioranza dell’Assemblea. La eventualità di un rinvio era stata ventilata da qualche Commissario, ma fu respinta dalla Commissione, la quale non può dunque non rinnovare la sua netta opposizione alla proposta di sospensiva dell’onorevole Bencivenga.

A me pare che la discussione sia sconfinata dal tema e minacci amplificazioni, diversioni e sconfinamenti, che dobbiamo assolutamente evitare.

Ho sentito dibattere questioni teoriche, fare affermazioni di principio, affrontare problemi ideologici, che debbono essere riservati ad altra sede. Ma chi ha mai invitato l’Assemblea a discutere sull’opportunità ed estensione del giuramento, sul suo valore religioso, morale, giuridico, sulle funzioni e uffici che importano o non importano l’obbligo del giuramento? Di queste cose, come di tutti i problemi annessi e connessi, parleremo quando discuteremo il progetto di Costituzione.

Il Presidente del Consiglio non ha presentato e non poteva presentare un progetto di legge organico sul giuramento per porre in campo ex novo le quistioni di merito e di fondo. Egli ha presentato un disegno di carattere transitorio, di proporzioni ben limitate, per soddisfare una concreta esigenza: la sostituzione delle formule di giuramento per coloro che son tenuti a giurare, allo stato della legislazione vigente. Esigenza concreta così evidente, come è evidente il suo carattere di urgenza. L’obbligo di giuramento esiste. Esiste nello Statuto per la parte che provvisoriamente sopravvive, sino alla formazione della nuova Costituzione. Esiste in tutta la legislazione vigente. Se esiste, se è legalmente obbligatorio, come dev’essere prestato?

Ecco lo scopo di questo progetto di legge.

Voi sapete che, dopo il referendum che segnò la fine della monarchia e l’alba della Repubblica, il decreto presidenziale del 19 giugno 1946 mantenne temporaneamente in vigore le vecchie formule, con la sola eliminazione di ogni accenno al cessato regime monarchico. Ora quel decreto, emanato di urgenza dal Presidente del Consiglio, nel momento in cui assumeva la rappresentanza della sovranità nazionale, prima dell’insediamento dell’Assemblea Costituente e della nomina del Capo dello Stato, configurava necessariamente un tipo monco, vago, ambiguo, mutilato di giuramento, perché sanciva l’obbligo generico di fedeltà allo Stato, senza specificazione di forma e di contenuto. Altro allora non si poteva fare. Ma è chiaro che una siffatta formulazione (che poteva essere necessaria e fu necessaria, in quel periodo di trapasso, per assolvere lo scopo indilazionabile di estromettere la crollata sovranità) oggi non può e non deve sussistere, perché anacronistica, antistorica, priva di valore morale e di efficacia obbligatoria.

Signori, ecco la necessità urgente.

Lo Stato non è più monarchico, è repubblicano e occorre giurare fedeltà alla Repubblica e al suo Capo.

Il progetto attuale ha il solo scopo di colmare una lacuna. Poiché l’obbligo di giurare esiste – e non può non esistere, perché non possiamo abrogarlo senza legiferare in materia, squisitamente statutaria, fino a che la Costituzione nuova non sia compiuta – bisogna aggiornare le vecchie formule, nel quadro della legislazione vigente. E noi le abbiamo adeguate alla nuova realtà senza innovare né nel contenuto, né nel numero delle formule e nemmeno quanto alle categorie che ne sono obbligate. Questo è tutto. Volete negare il passo alla realtà? Respingere questo disegno di legge, che ha un mero valore strumentale di governo? Perché? Perché abbiamo sostituito alla monarchia e al re la Repubblica e il suo Capo?

Ma insomma la Repubblica è stata o non è stata instaurata dal referendum? Ma insomma questa Assemblea Costituente ha solennemente conclamato la Repubblica? Ha nominato il suo Capo? La Repubblica, dunque, esiste ed esisterà e ve ne accorgerete, signori. (Applausi a sinistra e al centro).

E se la Repubblica esiste, è illogico, vano, ridicolo, vorrei dirvi, che si voglia impedire un giuramento valido per tutti coloro che devono servire questo Stato, che ormai ha una forma repubblicana, e per legge vigente, non possono, senza giurare, servire lo Stato.

Perché il giuramento, ridotto, com’è ora, alla sua agnostica indeterminazione non è giuramento. Giuramento di fedeltà allo Stato? Ma lo Stato s’identifica attraverso la forma e il contenuto, attraverso gl’istituti e le leggi, attraverso le rappresentanze, gli organi e le funzioni. È Stato la monarchia come la repubblica, quello dei Soviet, quello d’America, quello d’Inghilterra – e anche – quello tedesco di Hitler, d’infame memoria.

In attesa della Costituzione, per evitare che la formula generica si presti alle restrizioni mentali, c’è almeno un elemento che definisce il nostro Stato: la forma repubblicana. Si giuri, identificando il nostro Stato con questo elemento inconfondibile.

Non meno di questo e non più di questo si poteva oggi fare. E non meno e non più di questo noi chiediamo all’Assemblea con l’attuale disegno di legge.

Amputiamo, per evitare di trascendere nel vaniloquio, ciò che fuoriesce dal tema del dibattito. Del valore morale e giuridico, dell’obbligo, dell’estensione del giuramento, delle categorie tenute a giurare in rapporto alle loro funzioni, del numero delle formule o dell’unicità della formula, l’Assemblea discuterà liberamente e ampiamente quando si determinerà, in sede di Costituzione, la divisione dei poteri, la confluenza e gerarchia dei poteri, e in funzione dei poteri che avrà il Capo dello Stato, quali sono i funzionari che dovranno giurare fedeltà alla persona fisica che rappresenta lo Stato. «Non est hic locus», dico meglio, non è ancora il tempo di risolvere, in questa sede, questi problemi. Oggi dobbiamo soltanto sostituire le vecchie formule, per quanto attiene alla nuova forma istituzionale.

Io spero che non s’insisterà, dopo queste chiarificazioni, nel ripetere che non vale la pena di contendere sull’argomento, perché il giuramento non ha valore.

Prima di tutto respingo questa affermazione. Vorrei domandare ad uomini d’onore, ad un soldato, che ha giurato e che per esser fedele al giuramento offre la vita, se il giuramento lo vincola o non lo vincola…

Una voce. È quello che ci chiediamo da un pezzo!…

MOLÈ. Presidente della Commissione. Vorrei domandare a un magistrato – il quale nella coscienza del suo alto ufficio porta in giro la sua splendida miseria come un titolo di nobiltà – se il giuramento lo vincola o non lo vincola… Sì, ci sono gli uomini del doppio giuoco; ma quelli sono le anomalie, la patologia umana, come il tradimento di Napoleone il piccolo è la patologia della storia. E del resto, di fronte al colpo di stato c’è il correttivo della rivoluzione. Non ci sono giuramenti che tengano. Di fronte al Capo di Stato che può spergiurare, c’è il cittadino che si ribella e insorge. (Applausi a sinistra).

Io capovolgo l’obiezione. Il giuramento non ha valore? E allora, scusate, perché proprio voi avete ricordato che gli ufficiali monarchici hanno voluto essere sciolti da questo vincolo alla monarchia per rimanere a servire lo Stato? Dunque, ha valore. E se non ha valore, perché ve ne preoccupate? E se ha valore, perché non lo volete?

È vano nascondere sotto paraventi teorici lo scopo evidente della opposizione. Lo scopo è politico.

E allora lasciamo da parte le ipocrisie e gli equivoci. Portiamo la questione sul piano politico.

C’era un giuramento per la monarchia? È giusto che ci sia un giuramento per la Repubblica. C’era un giuramento per il re? Ci dev’essere per il Capo della Repubblica. Vedremo poi se dovremo limitarlo, vedremo, «dopo», le modalità. Ma il giuramento ci dev’essere. Se ci tenevano i seguaci della monarchia, non possono non tenerci quelli della Repubblica. E se quelli della monarchia ritengono che sia inutile giurare per la Repubblica, mentre per la monarchia ritenevano il giuramento valido, tanto più noi repubblicani esigeremo il giuramento.

Sul piano politico, signori. Bisogna giurare alla Repubblica e al suo Capo. Anche al suo Capo. Per estromettere dal giuramento il vincolo della fedeltà al Capo provvisorio dello Stato, si è finanche fatto ricorso al fantasma della dittatura. Prepara dunque la dittatura il nostro insigne maestro e amico Enrico De Nicola? (Ilarità). Ah, voi lo sapete, non può essere questo il pericolo. E allora in questo stato di vacatio statutaria giureremo fedeltà a lui. Poi stabiliremo se le sole Forze armate o tutti i funzionari devono essere vincolati al Capo dello Stato. Ma ricordiamo comunque che le idee camminano nelle scarpe degli uomini e gli istituti sono personificati in coloro che legittimamente hanno diritto di personificarli. Il Capo dello Stato personifica lo Stato. Il giuramento non si fa solo ad un istituto: si fa anche all’uomo che per volontà della maggioranza del Paese personifica questo istituto. Rinviamo, senza comprometterle, tutte queste quistioni teoriche e rimaniamo sul piano politico. Sarà, in definitiva, quello che sarà, ma intanto il giuramento ci deve essere. Non può farsene a meno: risponde alle necessità del momento.

Perché non ci dovrebbe essere? Forse perché si ritiene che nella vacatio statutaria tutto è provvisorio, ed è provvisoria, transitoria anche la Repubblica? Amico Lussu, io non so se la Repubblica si sia consolidata. Io penso che si sia consolidata. Comunque, la Repubblica esiste, ed esisterà.

Ça ira! (Commenti Vive approvazioni a sinistra).

E se esiste uno Stato repubblicano, per il solo fatto che esiste, anche se una minoranza si ostina a volerlo disconoscere, tanto più se si ostina a non riconoscerlo, questo Stato ha il diritto di esigere, da coloro che ripetono dallo Stato la loro investitura o la loro autorità, l’obbedienza e la fedeltà. Ha il diritto e il dovere di esigerlo.

Si è parlato di crisi di coscienza. Che cosa sono le crisi di coscienza per i funzionari dello Stato? Sono queste crisi di coscienza che non ammettiamo e che vogliamo eliminare. Il privato ha il diritto di pensare quello che vuole; il cittadino, il libero professionista, l’operaio, il deputato può esprimere la sua opinione, può essere di qualunque partito. Il funzionario dello Stato, cioè colui che deve attuare la volontà sovrana dello Stato, deve essere fedele allo Stato. Non sono per lui ammissibili queste crisi di coscienza. Perché, sapete che cosa significano le crisi di coscienza? Significano non soltanto lo stato di perplessità, ma qualche volta la vocazione alla sedizione o al tradimento.

Signori, i funzionari, se restano al servizio dello Stato repubblicano, devono giurare fedeltà alla Repubblica. (Applausi a sinistra).

Se, persistendo nell’equivoco, la maggioranza repubblicana rinunciasse alla nuova formula, la Repubblica italiana, la cui generosità è già tanto dileggiata come esempio di debolezza, dimostrerebbe davvero di essere pavida, tollerata, imbelle, impotente, incapace di esistere, di difendere la sua esistenza, il suo diritto alla vita contro tutti i tentativi di sovvertimento e tutte le nostalgie degli impossibili ritorni.

Chiedo quindi che sia respinta la proposta di sospensiva. (Vivi applausi a sinistra e al centro).

PRESIDENTE. Onorevole Bencivenga, lei insiste nella sua proposta di sospensiva?

BENCIVENGA. Insisto.

PRESIDENTE. Metto ai voti la sospensiva proposta dall’onorevole Bencivenga.

(Non è approvata Si grida: Viva la Repubblica! – Tutti i settori della Camera, ad eccezione dell’estrema destra, si levano in piedi Vivissimi prolungati applausi alle sinistre, al centro e a destra).

Continuiamo la discussione del disegno di legge. Ha chiesto di parlare l’onorevole Pellizzari. Ne ha facoltà.

PELLIZZARI. L’onorevole Martino ha proposto una modifica all’articolo 4 che consiste nell’abolire il giuramento per i professori universitari. La Commissione ha accettato questo emendamento; desidero sapere dal Presidente del Consiglio se il Governo accetta questo emendamento.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto l’emendamento e tutto il testo formulato dalla Commissione.

PELLIZZARI. Lo ringrazio e rinunzio alla parola.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Onorevoli colleghi, inaugurandosi, giorni addietro, l’anno accademico all’Università di Catania, parlai della crisi del diritto. Credo che stasera io abbia avuto la conferma di questo continuo e sempre accrescentesi prevalere della politica sul diritto, della collettività sull’individuo, che viene polverizzato e sacrificato, anche nel patrimonio più goloso.

Questa sera ho visto trascurati tutti gli argomenti, tutti i dettami enunciati dallo schieramento avversario, 64 anni addietro, proprio di questi tempi, colla voce austera di Giovanni Bovio. E la parola che non avete saputo raccogliere voi, la raccogliamo noi, perché gli eredi spirituali di quella tradizione siamo soltanto noi. Noi, che questa sera rivendichiamo le cagioni della libertà e del diritto. (Interruzioni Commenti Rumori). No, non è retorica, a meno che non fosse retorica anche quella di Giovanni Bovio, a meno che non fosse bolsa retorica quella di Felice Cavallotti.

Rievochiamole queste ragioni, tranquillamente, se è possibile raccoglierci in tranquillità quando si dibattono i supremi problemi dello spirito.

Da quando parlò Giovanni Bovio in quest’aula, le ragioni contro il giuramento politico diventarono luoghi comuni, e se quella volta non prevalsero, fu anche perché allora prevalse la politica sul diritto, la politica sulla ragione, e soprattutto perché esisteva uno Statuto il quale non consentiva che la legge particolare, la legge che lo attuava, fosse diversa. Ritengo anzi che se non ci fosse stato lo Statuto albertino, come non c’è oggi, le ragioni di Bovio, che furono condivise anche da uomini della destra, che furono condivise anche da Crispi (Rumori Interruzioni) avrebbero prevalso.

Quali sono queste ragioni. Le ragioni sono evidenti. Una prima ragione è di carattere morale: laddove ci sono giuramenti obbligatori, lussureggia l’immoralità della riserva mentale, laddove ci sono giuramenti obbligatori, lussureggia l’immoralità della interpretazione farisaica, che a lungo andare abituano gli uomini a mentire a se stessi.

Questa è la ragione suprema, la sola ragione politica ammissibile in questo dibattito per far respingere la tesi da voi sostenuta.

Vi sono poi ragioni che sono alle basi della nostra coscienza etica, della nostra coscienza storica, della nostra coscienza giuridica. E poiché noi parliamo a Roma ed in Roma, maestra di diritto, non può il Parlamento italiano trascurare queste supreme ragioni.

Un giuramento obbligatorio è un giuramento coatto ed è perciò stesso che perde ogni valore etico e giuridico. Il giuramento obbligatorio è contraddittorio. (Interruzioni Rumori).

Amerei che i colleghi che mi contradicono così disordinatamente, vociando, mi facessero il favore di espormi le loro dotte argomentazioni. Potrei imparare o potrei anche respingerle. Amerei che i colleghi della sinistra si iscrivessero per contradirmi.

Ma ho constatato che nessuno si è iscritto a parlare, il che prova che questo voto deve essere un atto di volontà, e non un atto di intelligenza.

Dunque, consentitemi, signori, che io dica le ragioni che secondo me si oppongono all’ammissione di questo giuramento.

La prima fondamentale è quella che un giuramento coatto è una contradictio in adiecto e non ha nessun valore morale e giuridico. È una proposizione così semplice, questa, che non ha bisogno di essere illustrata e aggiungo che, quando un giuramento coatto o obbligatorio si pone come condizione per l’esercizio di un diritto o, ancor peggio, per l’esercizio di un ufficio, ogni onest’uomo è in coscienza autorizzato a venir meno a quel giuramento, a giurare con tutte le riserve mentali, a non dare nessun peso al giuramento. È questa una dimostrazione affatto lapalissiana. Come si può subordinare l’esercizio di un mio diritto ad una condizione ingiusta? Questa condizione non può essere che una sopraffazione e non posso essere obbligato a fare gettito del mio diritto per osservare questa ingiusta condizione.

Prendete il caso di un uomo che abbia vinto un concorso ed abbia acquistato il diritto all’impiego. Quale norma può obbligarlo in coscienza a perdere quello che è la conquista del suo lavoro, della sua scienza, del suo studio, che è il pane per lui e per la sua famiglia, solo perché gli è stata posta la necessità di un giuramento che in coscienza non può fare? La cosa è moralmente molto più grave nel momento in cui questo giuramento coattivo diviene condizione per l’esercizio di un dovere. Io potrei rinunziare al dovere di adempiere al mandato che i miei elettori mi avessero dato, o, per mantenerci nell’ambito della legge che andiamo esaminando, ad una pubblica funzione, perché ad alcuno sia piaciuto mettere la regola d’un giuramento che la mia coscienza non mi consenta di prestare? Ma io ho un dovere da adempiere, e per adempiere a questo dovere posso non riconoscere alcun valore obbligatorio a quel giuramento, anzi debbo non riconoscerlo.

Abbiamo avuto degli esempi nobilissimi: l’adempimento del più alto dei doveri, l’adempimento del dovere militare verso la Patria, specialmente quando la Patria sia in guerra. Anche ai volontari era fatto l’obbligo del giuramento, ma non si è trovato volontario repubblicano che abbia rinunziato a servire la Patria in armi e in pericolo perché gli si poneva un giuramento. Quelli che, in simili circostanze, giurano, sapendo di spergiurare, non sono dei fedifraghi, sono degli eroi!

Queste sono le ragioni base che affermano e pongono in maniera indiscutibile la immoralità della legge che vi si vuole fare approvare.

Aggiungo che ve n’è qualche altra che attinge alla parte più squisita della coscienza, quella che si riferisce alla libertà di coscienza dei credenti e degli atei, perché il giuramento, come testé ha confermato l’illustre relatore, è inconfondibilmente un atto religioso in quanto non ha significato se non come invocazione della Divinità a testimone della sincerità delle nostre affermazioni.

Ebbene, ognuno si rende conto come un giuramento obbligatario è inconcepibile, appunto perché si tratta di un atto religioso; e gli atti religiosi non possono essere obbligatori al cospetto di una legge civile, ma possono esserlo soltanto al cospetto della legge religiosa. E allora viene sacrificata la coscienza del credente, perché sotto l’imperio di una legge umana gli si fa compiere un atto religioso, e la coscienza dell’ateo perché lo si costringe a mentire.

Sembrano queste delle quisquilie, come potrebbe dedursi dalla scarsa attenzione di alcuni o di molti colleghi al mio dire.

Ma non sono quisquilie, o per lo meno possono apparire tali soltanto alle coscienze in cui il pragmatismo politico ha soffocato ogni aspirazione ideale.

Ma io voglio un po’ concedere all’esigenza politica, e posso anche ammettere che possa essere politicamente utile prescrivere un giuramento perché, come ha accennato l’onorevole Lussu, può anche avvenire che in alcune coscienze semplici, istintive, non scaltrite in questi problemi, questo giuramento, pur moralmente invalido, possa costituire una seria garanzia etico-religiosa che rafforza la garanzia giuridica.

Questa, è da supporre, sia la ragione per cui molti legislatori hanno conservato l’istituto del giuramento.

E allora astraiamoci pure dalle esigenze supreme della morale e del diritto. Ma non ci possiamo sottrarre alle esigenze logiche che sono insopprimibili, anche e soprattutto nel campo politico, ed esaminiamo questa formula del giuramento così come è proposta dal disegno di legge.

Tutte le formule di giuramento proposte, che tra loro si differenziano nei particolari, sono essenzialmente costituite da tre elementi: il primo è la fedeltà alla Repubblica e al suo Capo; il secondo è l’osservanza leale alle leggi dello Stato; il terzo riguarda quelli che si chiamano i doveri della propria condizione, i doveri specifici del proprio stato, i doveri del proprio ufficio.

La inclusione del terzo elemento nella formula è certamente plausibile, perché rafforza l’obbligo giuridico di adempiere al proprio dovere.

Il giuramento può avere la sua ragion d’essere, ed ha anzi certamente la sua logica, anche nel secondo elemento della formula, cioè nella parte nella quale è contemplata la promessa solenne di osservare lealmente le leggi dello Stato. Giuramento non pleonastico questo, perché, come abbiamo imparato fin da Aristotile, ci sono due modi di osservare le leggi. Vi è un modo esteriore, formalistico, farisaico, e tale è quello che purtroppo assai spesso si tiene nei confronti della legge giuridica, cioè fare quel tanto che la legge prescrive, per non andare al di fuori dei suoi limiti e non incontrarne le sanzioni. L’altro modo è quello con cui il buon cittadino, il buon funzionario deve osservare la legge. La deve osservare per il rispetto che la legge impone, per l’interesse, per l’amore che egli da buon cittadino deve avere per la legge. Perciò, può essere opportuno questo giuramento di osservare lealmente le leggi dello Stato, benché il giuramento di osservare la legge sarebbe anche inutile, perché la legge ripete da altro, che non sia la volontà del singolo, la sua validità e la sua obbligatorietà.

Quello che io avviso assolutamente inconcepibile ed illogico è il primo elemento: il giuramento di fedeltà alla Repubblica ed al suo Capo.

Non pensate, o amici, che qui parli la mia fede morale; parlano i miei convincimenti di modesto studioso.

È stata testé accennata, proprio da questi banchi, la ragione per cui il giuramento di fedeltà è un residuo feudale. Si concepisce il giuramento di fedeltà ad un monarca, non si concepisce il giuramento di fedeltà ad un capo gerarchico, ad un magistrato, quale è il Presidente di una Repubblica. Con un Re, con un monarca, vi sono dei rapporti personali, tanto che il monarca si chiama sovrano, ed in questo rapporto di sottoposizione il cittadino si chiama suo suddito. Nessuno è suddito di un Presidente di Repubblica, e nessuno, fino a questo momento, ha chiamato mai un Presidente di Repubblica sovrano. Questo giuramento di fedeltà, mancando un rapporto personale, non ha significato.

Come nessuno ha mai giurato fedeltà ad un Presidente di Consiglio, ad un Ministro, ad un Primo Presidente di Cassazione, ad un Rettore di Università, così non si può giurare fedeltà ad un Capo di Repubblica. Credete; la formula che vi si propone non è che la traduzione pigra della formula del giuramento monarchico. Dove c’era scritto «Re» c’è scritto «Repubblica e suo Capo». Non ha nessunissimo significato il giuramento di fedeltà ad un capo democratico, ad un capo elettivo. Questi è puramente e semplicemente un magistrato, il più alto magistrato dello Stato, verso il quale si ha un rapporto di dipendenza gerarchica dal quale è escluso ogni rapportò personale, rapporto che non è per nulla paragonabile al rapporto di fedeltà del suddito verso il proprio Re.

Il giuramento di fedeltà al Capo della Repubblica non ha nessunissimo significato.

Viceversa dobbiamo esaminare con maggiore attenzione che significato possa avere il giuramento di fedeltà alla Repubblica. Qui potrei ripetere gli argomenti del Generale Bencivenga, ma non li ripeto per la semplice ragione che così bene li ha detti lui. Questo giuramento all’indeterminato non ha, veramente, nessun significato. Si è giurato fedeltà alle leggi, allo Statuto, al Re ed ai suoi legittimi successori, insomma ad entità certe; ma giurare fedeltà ad una Costituzione, della quale non sappiamo se possiamo accettarla noi stessi che la stiamo facendo, questo è semplicemente enorme, è proprio pretendere una tipica firma in bianco dalla coscienza dei cittadini. Si deve preventivamente giurare rispetto a questa Costituzione in fieri, qualunque cosa ci si scriva dentro. Ma chi mi potrà rinfacciare di avere contravvenuto al giuramento se non sapevo nemmeno quello che giuravo?

La domanda di rinvio di questa discussione si imponeva per ragioni palesi. Ma anche del negato rinvio la colpa non è tanto vostra, o colleghi, quanto della prevalenza, propria del nostro secolo, della politica sulla ragione, del pragmatismo su quelle che sono le esigenze della libertà e della coscienza.

Tuttavia domandiamoci che significato possa avere il giuramento ad una Repubblica anche quando sia concretamente conformata da una carta costituzionale.

Non ne ha, nessuno. E dico subito perché.

Che cosa è una Repubblica? Ma Repubblica, consentite, non è che un concetto tecnico col quale noi esprimiamo unitariamente un molteplice giuridico. Il molteplice giuridico è costituito da tutte le norme costituzionali che pongono in essere questa istituzione che si chiama Repubblica. Repubblica, adunque, altro non è che un ordinamento giuridico, cioè un insieme di norme considerate unitariamente. Non è che questo. Ora che cosa possa significare giurare fedeltà ad un sistema di norme, io francamente non lo capisco. Alle norme si può giurare osservanza, e questo è posto proprio dal secondo elemento del giuramento, che rende, perciò, assolutamente pleonastico il primo, nel quale, consentitemelo, si contiene anche uno sproposito concettuale e filosofico.

Signori, io credo di avere sufficientemente detto le ragioni che sono tutte quante attinenti alle esigenze della nostra coscienza etica e della nostra tradizione giuridica. Mi sono volutamente astenuto da considerazioni politiche che, secondo me, in questo problema squisito della nostra intimità, devono essere tenute a parte, se non si vuole proprio soffocare la coscienza dell’individuo nell’interesse della parte che ha il potere.

Ma io una sola suprema ragione politica voglio invocare, ed è la ragione dei nostri soldati.

Avete voi riflettuto che cosa significhi imporre ad un soldato un giuramento? Questi non ha nemmeno l’alternativa che ha ogni impiegato o funzionario, quella di rinunciare all’impiego o all’ufficio e di incontrare, sia pure con eroico sacrificio, la fame. Il soldato questa alternativa non ha. Ha solo l’alternativa fra giurare e andare in carcere. Che valore può avere questo giuramento?

Una voce a sinistra. Era così anche nella monarchia!

CONDORELLI. Le ragioni che ho detto le ho attinte in gran parte da uno che è il santo di tutti, ma che dovrebbe essere principalmente il vostro santo, le ho tolte da un nobile pensatore che può essere ascritto fra i maggiori filosofi della democrazia italiana.

Amici delle sinistre, siate fedeli alle vostre idee! (Applausi a destra).

PRESIDENTE. La. discussione generale è chiusa. Passiamo alla discussione degli articoli nel testo proposto dalla Commissione e accettato dal Governo.

Art. 1.

I dipendenti civili e militari dello Stato, i dipendenti degli Enti letali e le persone incaricate di pubbliche funzioni, che siano tenute al giuramento, lo presteranno o rinnoveranno secondo le formule stabilite dagli articoli seguenti.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Chiedo che sia soppressa la parola «rinnoveranno», in quanto, secondo l’ordinamento di diritto pubblico vigente e sostanzialmente ancora fascista, che il Governo attuale non si è dato alcuna premura di rimuovere, vi sono i giuramenti prescritti anche per l’esercizio delle libere professioni, a cominciare da quelle di avvocato, procuratore e notaio. Ora io non vedo nessuna ragione al mondo per cui un ordinamento che si dice democratico inviti, prima ancora che sia approvata la nuova Costituzione dello Stato, gli avvocati, i procuratori ed i notai – e certamente chi è più informato di me in materia potrebbe aggiungere anche altre professioni e attività – a prestare un giuramento provvisorio, dal momento che essi esplicano da un certo numero di anni una libera professione, della quale sono legalmente investiti.

Io posso comprendere che all’atto dell’assunzione dell’ufficio un avvocato, un procuratore, un notaio possano avere l’obbligo di prestare un giuramento in quelle forme che la nuova Costituzione imporrà, o non imporrà, a seconda delle tendenze che prevarranno, ma escludo che si possa dire ordinamento democratico quello per cui, in questo momento, gli esercenti le libere professioni sopraindicate siano chiamati a prestare un nuovo giuramento. Ed aggiungo, per quel che personalmente mi riguarda come avvocato e come procuratore, che se fossi chiamato ancora una volta a prestare un nuovo giuramento io mi ispirerei ai luminosi insegnamenti dei miei egregi amici e colleghi Molè e Lussu, i quali hanno creduto di far benissimo in passato ad esplicare il loro mandato politico nel senso repubblicano, dopo aver prestato un giuramento coatto alla monarchia. (Applausi a destra).

Presento, quindi, insieme agli onorevoli Lucifero, Condorelìi, Bellavista, Colonna, Benedettini, Bonino, Badini Confalonieri, Covelli, il seguente emendamento: sostituire alle parole: lo presteranno o rinnoveranno, le altre: lo presteranno all’atto dell’assunzione dell’ufficio.

PRESIDENTE. All’articolo 1 è stato proposto dagli onorevoli Riccio Stefano, Leone Giovanni, D’Amico Diego, Cotellessa, Numeroso, Rescigno, Titomanlio Vittoria, Notarianni, Lettieri, Bettiol, Castelli Avolio di sostituire il seguente articolo:

«Fino a quando non venga diversamente stabilito, in dipendenza della nuova Costituzione, i dipendenti civili e militari dello Stato, i dipendenti degli enti locali e le persone incaricate di pubbliche funzioni, che siano tenute al giuramento per legge anteriore al 28 ottobre 1922, lo presteranno o rinnoveranno secondo le formule stabilite negli articoli seguenti».

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Mole.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Io credo che sia troppo ampia questa dizione e che non si possa accettare. Porterebbe alla necessità di rivedere per ogni categoria lo stato giuridico, con cui è connesso l’obbligo di giuramento.

Quanto all’obbligo del giuramento dei professionisti liberi (a parte il ricordo personale dell’onorevole Fabbri, il quale sa che abbiamo esercitato durante il regime fascista la professione di avvocato a nostro rischio e pericolo, con la sanzione dell’ammonizione per ragioni politiche e del procedimento di cancellazione dagli albi), io sono d’accordo con lui che il giuramento di fedeltà istituzionale contrasti con l’esercizio delle libere professioni.

FABBRI. Anche per i notai.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Per i notai no; quella del notaio è una funzione pubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Se ben ricordo, una legge che ha innovato riguardo al giuramento nel periodo fascista è stata quella del 1925, la quale ha introdotto il giuramento per i dipendenti degli enti locali, per i quali prima non esisteva.

Quindi, accettando la proposta Riccio, verrebbero esclusi da quest’obbligo gli addetti agli enti locali. Io, da un mio punto di vista non faccio eccezione; però, mi rimetto alla decisione della Commissione, che avrà più esattamente studiata la formula.

MOLÈ, Presidente della Commissione. I segretari comunali dipendono dallo Stato.

PRESIDENTE. La Commissione accetta l’emendamento Riccio?

MOLÈ, Presidente della Commissione. Non l’accetta.

PRESIDENTE. La Commissione accetta l’emendamento Fabbri?

MOLÈ, Presidente della Commissione. Ritengo che non sia necessario, perché gli avvocati e procuratori – a parte la natura delle loro funzioni – non giurano fedeltà allo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gabrieli. Ne ha facoltà.

GABRIELI. Desidero fare un’osservazione su quanto ha detto l’onorevole Molè.

Con la dizione dell’articolo 1 e dell’emendamento proposto dall’onorevole Riccio gli avvocati e i procuratori non sono obbligati al giuramento, in quanto né gli uni né gli altri appartengono alle categorie dei dipendenti civili e militari dello Stato e dei dipendenti degli enti locali, né esercitano pubbliche funzioni.

Quindi non ritengo opportuno l’emendamento proposto dall’onorevole Fabbri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Riccio sull’emendamento proposto.

RICCIO. L’emendamento da me proposto in sostanza comprende anche l’altro, che è stato presentato, e risponde ad esigenze giuridiche e politiche:

  1. a) La prima è di mettere in evidenza la provvisorietà della legge, che non significa assolutamente provvisorietà della forma dello Stato, ma bensì soltanto necessario coordinamento fra la legislazione che ci accingiamo a fare, e quella definitiva e generale di cui alla Costituzione. La legislazione del ventennio è decaduta e non ci può guidare nella ricerca delle categorie obbligate al giuramento e, tanto meno, nella indicazione delle formule.

La Costituzione nuova non è ancora nata, ma, occorrendo provvisoriamente regolare i rapporti di vita, sorge la necessità di una legislazione provvisoria: quella in discussione. Trattandosi, però, di materia indubbiamente costituzionale, ad evitare il dubbio che la Costituente (come sarebbe di sua competenza) abbia voluto definitivamente regolare il giuramento, salvo ad incorporare la norma emanata nella Costituzione, è opportuno mantenere la prima parte dell’articolo del progetto presentato dal Governo, e, cioè: «Fino a quando non venga diversamente stabilito in dipendenza della nuova Costituzione». Nella stessa relazione del Governo si legge «Fino a quando non venga deliberata la nuova Costituzione, la disciplina della materia non può avere evidentemente che carattere provvisorio, in quanto che le formule di giuramento sono strettamente collegate alla struttura politico-amministrativa dello Stato, sia per quanto riguarda il contenuto di esse, sia per quel che concerne la loro differenziazione rispetto alle diverse categorie di persone destinatarie del vincolo».

È evidente quindi che, per esser coerenti con l’orientamento, che risponde in pieno ai motivi per cui nasce la legge, debba rimanere la formula proposta; e cioè l’articolo 1 deve mantenere la frase, che è stata eliminata dalla Commissione. Diversamente si verrebbe a mutare lo spirito informatore della legge nascente; il che non è opportuno, in quanto nella Commissione della Costituzione questo problema è stato studiato e dovrà trovare la soluzione definitiva nella Costituzione.

Decidere secondo l’emendamento della Commissione significherebbe stralciare una questione dalla emananda Costituzione e deciderla autonomamente, ma come un frammento.

  1. b) La prima affermazione ci porta logicamente ad un’altra osservazione. Giacché il giuramento in tempi fascisti fu strumento di servitù per un regime ed un uomo, è indispensabile, per stabilire le categorie di coloro che devono giurare e determinare il contenuto del giuramento, e specificamente se questo debba avere o meno riferimento alla forma istituzionale, risalire alla libera legislazione anteriore al 28 ottobre 1922. Ecco perché è stato indicato il secondo emendamento all’articolo 1 in rapporto ai soggetti e all’articolo 5 in relazione al contenuto dell’impegno sacro e solenne.

Una osservazione maggiormente chiarirà l’idea. Si è detto che i professori universitari non giurano e che la categoria è stata eliminata; ma, se si dice che devono giurare tutti i dipendenti civili e non civili dello Stato, risorgerà quell’obbligo, che era in una legge fascista. Onde la necessità della specifica e tassativa indicazione del tempo della legislazione richiamata. La data del 28 ottobre 1922 elimina ogni equivoca posizione. Né si dica che la questione dei professori universitari ha trovato già risoluzione in un decreto precedente che aboliva quell’obbligo. Quando si pensi che con la legge da approvare si regola tutta la materia del giuramento sul piano della costituzione provvisoria dello Stato, si comprenderà subito che questa norma, e soltanto essa, potrà e dovrà essere invocata ed interpretata, in sé, senza riferimenti, eccetto quelli espressamente fatti a leggi precedenti.

Sarà fatto il richiamo? Si risolverà questa questione; ma rimarrà quella generale dello spirito e dell’orientamento della legge. Prima dell’approvazione della nuova Costituzione, noi non possiamo sul terreno democratico che risalire ai tempi prefascisti ed alla libera tradizione italiana.

  1. c) La fedeltà alla Repubblica impone la fedeltà a tutti i suoi organi, tra cui il Capo dello Stato. Il richiamo è, quindi, inutile; ma non è inutile soltanto, è anche giuridicamente errato, in quanto in una Repubblica democratica non vi sono vincoli personali tra i cittadini, sia pure investiti di particolari mansioni e funzioni, ed il Capo dello Stato. Anche il Capo è legato allo Stato per mezzo della Costituzione: comunque, ogni rapporto con lui si deve stringere per mezzo della Costituzione e nel suo ambito. Parlare di fedeltà, oltre che alla Repubblica, «al suo Capo» potrebbe interpretarsi come un rapporto personale e diretto, che è al di fuori di ogni concezione di uno Stato veramente democratico. Potrebbe essere quella usata una endiadi, che vuole esprimere una sola idea; ma, essendo equivoca espressione, è il caso di chiarirla. In ogni ipotesi non è opportuno mai parlare di «Capo». È una dizione democraticamente sospetta e politicamente per niente attraente. Considerazioni giuridiche e politiche consigliano, concludendo, l’accoglimento dell’emendamento, l’abolizione in tutte le formule delle parole: «e al suo Capo». Ho fiducia che l’Assemblea, nella sua alta squisitezza democratica e giuridica, vorrà accogliere la proposta. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico. Ne ha facoltà.

PERSICO. A me sembra che la soluzione migliore sia quella di tornare al disegno di legge presentato dal Governo. In questo modo, noi obbediamo all’esigenza della provvisorietà di questo giuramento e diventa superfluo l’articolo 8, perché resta fermo il capoverso dell’articolo 1.

Pertanto, propongo di tornare puramente e semplicemente al testo dell’articolo 1 proposto dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Vorrei fare appello alla Commissione, perché accetti l’emendamento Riccio, che mi pare soddisfi ad una situazione anche morale.

Per quale ragione noi in questo momento vorremmo estendere il giuramento attraverso il mantenimento di disposizioni fatte, con altro spirito, dal regime fascista? Accontentiamoci di continuare la tradizione, quale era nelle nostre leggi fino al 28 ottobre 1922. Mi pare che, con ciò, siamo fuori del pericolo di interpretarle diversamente. Quindi, se con ciò cade il giuramento degli enti locali, questo non mi pare un gran male: siamo nel campo non diretto dell’influenza dello Stato e limitare questa norma del giuramento a quel tanto che è necessario, mi pare cosa ovvia, ragionevole e prudente.

Avete visto che vi sono, fra i repubblicani e. i monarchici, differenti tesi, circa la opportunità di fare o di non fare il giuramento.

Ora, se proprio si vuol fare la questione, si potrà farla in sede di Costituzione e non in sede di una disposizione provvisoria.

Credo che la Commissione farebbe bene (però m’inchino se mantiene parere contrario) ad accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Riccio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione.

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione osserva che con l’emendamento Riccio si viene a spostare quello che è il tema, l’argomento, la ragione di questo progetto di legge, che consiste nel sostituire alle vecchie formule le nuove, per le categorie che la legge contempla, senza altre innovazioni in materia.

Abbiamo fatto un’eccezione per i professori universitari, in quanto la tipica legge fascista, che impose il giuramento, senza modificare lo stato giuridico dei professori, ma al solo scopo di allontanare i professori che notoriamente erano antifascisti, era stata già abrogata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Longhena. Ne ha facoltà.

LONGHENA, Io penso che non soltanto per i professori universitari, ma anche per gli insegnanti di scuole medie non vi dovrebbe essere l’obbligo del giuramento.

RESCIGNO. Chiedo di parlare sull’emendamento Riccio.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Penso che dell’emendamento Riccio debba per lo meno rimanere necessariamente la parte che si riferisce all’anteriorità al 28 ottobre 1922 dell’obbligo del giuramento, perché prima di quella data neppure i professori di scuole secondarie e i maestri elementari erano tenuti al giuramento.

Ora, con la dizione proposta dalla Commissione, non si saprebbe in virtù di quale disposizione debbano essere tenute al giuramento le persone ivi contemplate. Mi sembra quindi indispensabile aggiungere la specificazione di quella data, e per questa parte mi associo all’emendamento Riccio.

PRESIDENTE. Propongo una breve sospensione della seduta.

(Cosi rimane stabilito – La seduta, sospesa alle 19,35, è ripresa alle 19,50).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Molè. Ne ha facoltà.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si verifica una condizione per la quale è necessario rinviare a domani la discussione di questo progetto di legge. Fino a questo momento, si trattava soltanto della sostituzione delle formule di giuramento, lasciando immutate le categorie di coloro che sono tenuti a giurare. Poiché, dall’Assemblea, sono sorte molte voci a richiedere un riesame di queste categorie, riducendole e riportandole a quelle che erano prima dell’instaurazione del fascismo e il Governo accetta questa richiesta, è necessario da parte nostra un riesame. La Commissione si riunirà domattina e riporterà domani sera dinanzi all’Assemblea il progetto di legge o immutato o con le modifiche invocate che imporrebbero, insieme col nuovo contenuto, una nuova intestazione: «nuove formule di giuramento e revisione delle categorie tenute a giurare». (Approvazioni).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione di questo disegno di legge è rinviato a domani.

Interrogazioni, interpellanze e mozione d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Costa ha rivolto al Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’interno un’interrogazione intorno «ai gravi incidenti di Padova fra cittadini e truppe alleate e circa la azione che il Governo intende di svolgere per la normalizzazione della situazione».

L’interrogante domanda risposta d’urgenza.

Gli onorevoli Ravagnan, Pellegrini, Marchesi, Ghidetti, Rossi Maria, Bolognesi, hanno rivolto un’interpellanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’interno – chiedendone lo svolgimento d’urgenza – «per conoscere l’opinione sua e quella del Governo sui luttuosi fatti che hanno funestato la città di Padova e per conoscere altresì se e quali passi abbia il Governo intrapreso e si proponga di intraprendere presso il Governo militare alleato, affinché si proceda severamente contro i responsabili, e siano prese misure atte ad impedire il ripetersi di atti che giustamente feriscono l’opinione pubblica italiana».

Infine gli onorevoli Merlin Umberto, Saggin, Bettiol, Gui e Guariento hanno interrogato, chiedendo risposta urgente, il Ministro dell’interno, «per conoscere la consistenza dei gravi e dolorosi fatti di Padova, le eventuali responsabilità e l’azione che il Governo intende di svolgere presso le Autorità alleate, onde evitare il rinnovarsi di tali incresciosi incidenti, che hanno finora mietuto tante vittime tra le nostre popolazioni».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Nella città di Padova, in seguito al deplorevole ripetersi di gravi investimenti dovuti ad automezzi alleati, lamentati anche in altre città (questa volta l’investimento è avvenuto in una zona centrale della città dove esisteva il divieto di passaggio, ma per evitare l’investimento di due ciclisti che incrociavano nel senso consentito) si verificò una clamorosa protesta da parte della popolazione. Alcuni automezzi alleati furono danneggiati. Il conducente della macchina investitrice fu malmenato e tre cittadini restarono feriti, uno dei quali gravemente. Le nostre forze di polizia, prontamente intervenute, evitarono più gravi fatti e ristabilirono l’ordine, il che fu riconosciuto e lodato dalle autorità alleate. Ma, mentre la calma era ormai ritornata dovunque, ieri circa 200 militari alleati circolarono per le vie della città, percuotendo i cittadini e infrangendo le vetrine dei negozi. Il Comando alleato, subito informato dalle nostre autorità, intervenne con la propria polizia facendo rientrare i militari in caserma e deplorandone l’azione.

Seguì ieri, giorno 11, altra dimostrazione della popolazione controllata e repressa dalla polizia. Oggi, poi, abbandonato ogni proposito di sciopero generale per la responsabile azione pacificatrice di esponenti politici e sindacali di ogni partito e delle autorità locali, ha avuto luogo una corretta dimostrazione di protesta alla quale hanno partecipato molte migliaia di persone. In questo momento la calma è succeduta ai dolorosi incidenti.

Il Governo non può che esprimere tutto il suo più vivo rincrescimento per quanto è colà avvenuto.

Oltre i deplorevoli fatti, per altro di carattere episodico, non dobbiamo né vogliamo dimenticare che coi soldati alleati abbiamo combattuto insieme la guerra di liberazione. (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Costa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

COSTA. Purtroppo, i fatti dei giorni 10 e 11, hanno un precedente, perché, nella scorsa estate, in seguito ad investimenti automobilistici alleati, vi furono alcuni morti e qualche reazione cittadina. Io, come sindaco della città, non mancai di fare un passo presso le autorità alleate. Fummo convocati, il prefetto, il questore o il sindaco presso il Comando della piazza e ottenemmo affidamento che sarebbe stato dato ordine perché i grossi mezzi automobilistici alleati non transitassero per il centro cittadino, essendoci possibilità di usare di larghe strade di circonvallazione. Il centro di Padova, città vecchia, è stretto. Quasi tutte le strade cittadine sono strette. Il transito per tali strade è facile a coloro che le conoscono, ma non per quelli che non le conoscono, specialmente se i conducenti sono avvinazzati.

Malgrado detto affidamento è accaduto che, aumentata la quantità delle truppe alleate a Padova, in seguito al trasferimento del Comando di Caserta, si sono verificati gli altri investimenti dei quali ha parlato l’onorevole Sottosegretario di Stato. Il giorno 10, automezzi alleati volevano transitare per una strada per la quale era vietato il passaggio. Hanno perfino travolto il vigile che era a regolare il transito ed a proibire il passaggio nel senso vietato. È avvenuto quello che avete sentito. Vi sono stato, naturalmente, delle reazioni, che a noi possono spiacere, come possono spiacere a tutti coloro i quali desiderano che non sorgano complicazioni con le truppe d’occupazione. È certo, però, che sulla entità della reazione hanno influito anche i precedenti. La reazione è stata di una certa violenza, ma la rappresaglia, poi, è stata addirittura gravissima, nel senso indicato dal Sottosegretario. Io ho una doppia preoccupazione per quello che è accaduto, come rappresentante politico e come capo dell’Amministrazione comunale. Le ultime parole della risposta del Sottosegretario mi hanno sufficientemente tranquillizzato. Ne prendo atto. Mi resta di augurare che realmente la situazione si sia normalizzata e di esprimere, nella solennità di questa Assemblea, un sentimento di dolore e di solidarietà con tutti i colpiti, nello stesso tempo che esprimo anche l’augurio che al più presto si arrivi ad essere lasciati soli a meditare sulle nostre sventure ed a rimarginare le nostre ferite. (Vivi e generali applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Ravagnan ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

RAVAGNAN. Vorrei ricordare al Governo che un mese fa presentai una interrogazione su fatti analoghi accaduti a Mestre, sebbene di proporzioni inferiori a quelli di Padova. Non ho avuto risposta, perché il Governo non ha ritenuto di poterla dare o, probabilmente, a causa del numero delle interrogazioni che precedevano la mia. Penso che la situazione diventi grave, perché questi incidenti, di Padova, ripetono in proporzioni più grandi, ciò che è avvenuto a Mestre.

Quel che ha affermato l’onorevole Costa è esattissimo. È evidente che la reazione della popolazione è proporzionata al ripetersi ed aggravarsi del fenomeno dell’assoluto disprezzo dei regolamenti stradali, e della persona umana, da parte delle truppe alleate. Noi abbiamo l’impressione che non siano emanati dalle autorità responsabili alleate provvedimenti sufficientemente energici per frenare gli eccessi ai quali si abbandonano certi militari alleati e soprattutto per impedire il sistema delle rappresaglie effettuate in risposta al risentimento manifestato dalla popolazione.

Ora noi pensiamo che la civile Inghilterra dovrebbe provvedere nelle forme legali e normali rivolgendosi alle nostre autorità per tenere eventualmente in freno i risentimenti o le legittime proteste della popolazione italiana. Inoltre è avvenuto che quando la popolazione di Padova si era pacificata, come ha ricordato il Sottosegretario di Stato, e come ha confermato il sindaco di Padova, militari alleati hanno reagito contro la popolazione inerme, bastonando, inviando numerosi feriti all’ospedale, saccheggiando e distruggendo i negozi lungo le strade per le quali la manifestazione passava.

Credo che sia necessario che ci rendiamo interpreti in questa Assemblea del risentimento delle nostre popolazioni, onde chiedere misure atte ad impedire che siano intaccati i rapporti normali tra la popolazione italiana e le truppe alleate.

Vi è un altro motivo il quale, secondo me e secondo i colleghi che hanno firmato questa interpellanza, dovrebbe indurre il Governo ad intervenire energicamente, e cioè che su questi incidenti vi sono purtroppo elementi determinati che tentano di speculare onde invelenire i dissidi, e portare questi episodi al di là della loro reale portata, ossia sul piano dell’odio generale della popolazione italiana verso le truppe alleate e contro quel principio per cui insieme ad esse abbiamo combattuto. Si cerca cioè di inscenare manifestazioni di tipo fascista, di portare atti ed episodi a conseguenze che si deve cercare di impedire. Bisogna evitare che i neo-fascisti cerchino di scendere in piazza, prendendo a pretesto questi incidenti ed acuendoli, per fare manifestazioni contro il Governo democratico della Repubblica italiana.

Perciò esorto il Governo a fare in modo che il Comando militare alleato dia soddisfazione alla popolazione italiana e prenda tutte le misure affinché incidenti del genere siano definitivamente evitati per l’avvenire. (Approvazioni).

PRESIDENTE. L’onorevole Merlin Umberto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MERLIN UMBERTO. È con un senso di profondo dolore che parlo in questo momento, esprimendo sentimenti perfettamente conformi a quelli dei colleghi che mi hanno preceduto.

Purtroppo quello che avviene in varie città d’Italia dimostra che gli alleati (od almeno qualcuno di essi) non rispettano in alcun modo le più elementari norme della circolazione, dando luogo così a continui e gravi incidenti di cui la popolazione civile è la vittima.

Quello poi che è accaduto a Padova è ancora più grave. Noi non ci scordiamo di quanto dobbiamo agli alleati per la nostra libertà, ma bisogna che gli alleati si comportino in modo da non farcelo dimenticare.

Nell’interesse comune, nell’interesse della civiltà e della pace, bisogna che i comandi alleati diano ordini severi ai loro subordinati di obbedire alle nostre leggi ed ai nostri regolamenti, se no gli incidenti deplorevoli si ripeteranno e si creerà uno stato d’animo assai pericoloso per tutti.

Noi siamo un popolo povero, sia pure vinto, colpito dalle sorti di una guerra orrenda che non abbiamo voluto; ma sia ben chiaro, e noi solennemente lo proclamiamo, che siamo un popolo che ha il coraggio e la dignità di alzare fiera e solenne la sua ferma protesta.

Bisogna impedire il ripetersi di questi incidenti. Bisogna che il Governo, come certamente avrà già fatto, faccia sentire alle autorità alleate che è comune interesse che questi incidenti non abbiano più a verificarsi e che gli alleati si comportino in Italia col rispetto dovuto alla nostra storia, alla nostra grandezza, alla nostra libertà. (Vivi e generali applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne fa facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Devo aggiungere a quanto qui è stato comunicato che l’ordine è stato ristabilito a Padova per la concordia delle forze civili organizzate e con la collaborazione della polizia italiana e della polizia militare alleata. Devo dire con soddisfazione che il comandante della polizia, colonnello Galli, valoroso partigiano, è stato in grado, per i suoi ottimi rapporti con gli alleati, di impedire che le legittime reazioni passassero un certo limite. Tuttavia, quello che è avvenuto nella prima fase con le aggressioni, nella seconda con la reazione, nella terza con la rappresaglia, rappresenta un episodio dolorosissimo di cui noi tutti sentiamo nel nostro animo commiserazione e dolore. Però, è nel nostro animo anche la preoccupazione di non permettere a noi stessi che questo risentimento induca a deduzioni generiche che possano far sorgere dubbi circa le nostre speranze, circa i nostri propositi, circa quello che insieme abbiamo fatto nella guerra passata.

La gloriosa e partigiana Padova ed i valorosi soldati della Gran Bretagna in questo momento devono pensare soprattutto alla guerra di liberazione che hanno fatto in comune e, salve le responsabilità individuali e collettive che devono venire accertate e trovare le debite e doverose sanzioni, per comune accordo, fra le autorità di occupazione e le autorità del Governo italiano, devono ricordare la guerra combattuta insieme per la libertà e la democrazia. (Applausi generali).

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata alla Presidenza la seguente mozione, firmata dagli onorevoli Spataro, Castelli Avolio, Cotellessa, Fabriani, Rivera, Rescigno, Lettieri, Proia, Delli Castelli Filomena, Notarianni, Terracini, Silone, Bassano e Lopardi:

«L’Assemblea Costituente invita il Governo a presentare un disegno di legge per la creazione di un Ente o Commissariato il quale, con completa autonomia, assommi in sé tutti i poteri necessari per promuovere e compiere al più presto la ricostruzione di quelle zone dell’Abruzzo, specialmente in provincia di Chieti, Pescara e nel versante aquilano del Sangro, che maggiormente sono state devastate dalla guerra.

«Si chiede che la presente mozione sia discussa insieme con quella presentata per la zona di Cassino».

Chiedo al Governo di esprimere su di essa il proprio parere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Sono favorevole a discutere la mozione insieme con quella presentata per la zona di Cassino.

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata alla Presidenza una interpellanza d’urgenza al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e al Ministro di grazia e giustizia, firmata dagli onorevoli Leone Giovanni, Carpano, Gasparotto, Pignatari, Pertini, Costantini, Vigna, Nasi, Carboni, Di Gloria, Treves, Castiglia, Rossi Paolo, Crispo, Cortese, Bettiol e Riccio, «per conoscere se non ritengano necessario ed urgente – soprattutto in conformità dell’orientamento già espresso dalla Commissione per la Costituzione sul tema dell’organizzazione del potere giudiziario – in primo luogo abrogare il decreto legislativo sulla repressione delle rapine aggravate per quanto concerne il complesso delle norme processuali, restituendo la cognizione dei reati in esso previsti alla competenza ordinaria, sia pure prescrivendo il rito del giudizio direttissimo, in modo da sopprimere quelle forme straordinarie di giurisdizione attualmente esistenti, incompatibili con i principî fondamentali della civiltà giuridica del Paese, e in particolare col principio del divieto di tribunali straordinari e delle garanzie della difesa; o, per lo meno, emendare tali norme processuali dell’imponente cumulo di enormità, sboccanti in un giudizio pronunciato da un organo ad esasperata composizione mista e senza alcuna forma d’impugnazione neppure straordinaria; riconducendo in sostanza tali processi, che sono i più gravi del momento attuale, nel quadro delle normalità della disciplina processuale».

GULLO, Ministro di grazia e giustizia. Accetto di discutere l’interpellanza, ma non d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Marinaro, chiedendone la discussione d’urgenza, ha presentato una interpellanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «in merito al preannunciato progetto di legge sui Consigli di gestione e particolarmente sulla opportunità di emanare un provvedimento di Governo avente valore legislativo, mentre la Costituente sta fissando nel testo della Costituzione le basi ed i limiti della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Avverto che è in corso un progetto del Governo in materia e accetto di discutere questa interpellanza, ma senza urgenza.

PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Castelli Avolio ha presentato un’interpellanza d’urgenza al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno «per sapere se esso intenda adottare nuovi provvedimenti per porre fine, con rimedi di carattere amministrativo, alle procedure di epurazione».

Ha chiesto di parlare l’onorevole Castelli Avolio. Ne ha facoltà.

CASTELLI AVOLIO. Desidero chiarire che si tratta di sostituire, con provvedimenti di carattere amministrativo l’attuale eccezionale procedura in materia di epurazione; cioè adottare un provvedimento amministrativo come la revisione di carriera per coloro che hanno avuto un indebito avanzamento o, in altre parole, far ridare il maltolto attraverso trattenute o altro.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto di trattare l’interpellanza, ma senza fissarne la data.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Faralli ha presentato un’interrogazione urgente al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) «per sapere che cosa ci sia di esatto e di vero nella notizia pubblicata da un giornale di Roma, secondo la quale un forte quantitativo di latte in polvere sarebbe sottratto al normale consumo, facendolo apparire come scondizionato e quindi ceduto a lire 16 al chilogrammo all’industria privata, mentre dovrebbe essere impiegato per approvvigionare le popolazioni specie delle grandi città, fra le quali Genova, più di ogni altra deficitaria di tale indispensabile alimento».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Riconosco l’urgenza e avverto che il Governo risponderà domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste, dei lavori pubblici, del tesoro e delle finanze, per conoscere se intendano di dare una disciplina ai «comprensori di bonifica», soprattutto permettendo che si costituiscano nuovi comprensori, là dove si ritiene che essi siano necessari.

«Al di fuori dei comprensori oggi esistenti, le opere di miglioramento, di irrigazione e di bonifica agricola, sono così scarsamente sovvenute, che ben di rado risultano praticamente eseguibili, mentre entro il perimetro dei comprensori è possibile compiere, attraverso il contributo governativo, opere notevoli.

«Ne risulta una estrema povertà di iniziative e di finanziamento al di fuori dei comprensori, nei quali si spendono dal Governo le somme maggiori.

«Il differente trattamento fatto a territori che, pur trovandosi fuori dei comprensori oggi delimitati, hanno talora bisogni maggiori ed anche più urgenti di quelli privilegiati, spinge le popolazioni agricole neglette a chiedere che siano slargati i comprensori di bonifica oppure che siano concessi vantaggi equivalenti ad Enti o persone che intendano fare miglioramenti e bonifiche anche fuori degli attuali comprensori.

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quando sarà messo a disposizione del Corpo forestale di Udine la somma di 12 milioni stanziati per l’esecuzione del programma di sistemazioni idrauliche forestali per l’esercizio 1946-47, sia per impiegare la mano d’opera disoccupata e toglierla dalla depredazione dei boschi, sia per eseguire i lavori previsti prima che la caduta della neve renda irrisorio lo stanziamento stesso.

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga opportuno, allo scopo di meglio tutelare il patrimonio artistico delle storiche Pinete Ravennati, tanto compromesse dalla guerra, di sottoporle ad un rigido controllo nazionale, sotto la denominazione di Parco nazionale del Medio Adriatico, conservando all’ammirazione di tutti gli italiani questi monumenti forestali che non hanno minore pregio artistico delle gloriose Basiliche ravennati.

«Spallicci».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere se sia stata, o meno aperta un’inchiesta circa la responsabilità della pubblicazione, su un quotidiano, di una circolare segreta, diretta dal Capo della polizia italiana ai questori della Repubblica.

«Chiedono inoltre se non si ritenga opportuno perseguire gli eventuali responsabili della divulgazione della circolare, con i provvedimenti del caso, trattandosi di un atto che investe gravi problemi di politica interna, e gravissime questioni di politica estera.

«Da ultimo chiedono quali siano i risultati della inchiesta della polizia sull’attività di organizzazioni segrete con mire rivoluzionarie in Italia.

«Cremaschi, Sullo Fiorentino, Belotti».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se le conclusioni della Commissione ministeriale, incaricata di esaminare la rivendicazione dell’ammissione alle Facoltà scientifiche universitarie dei diplomati degli Istituti tecnici, e che ha recentemente espresso parere positivo circa l’idoneità all’ammissione dei diplomati di tale ordine e l’annuncio riferito dalla stampa, secondo cui entro il mese di gennaio verrà formulato un progetto di provvedimento destinato a regolare tale ammissione, significhino che effettivamente le richieste dei diplomati sono state accolte e che essi potranno in ogni caso accedere all’università a partire dal prossimo anno accademico, secondo le norme che verranno stabilite, o se invece possa ancora permanere il dubbio che si tratti anche in questo caso di una generica promessa destinata soltanto a procrastinare ulteriormente le giuste ed urgenti soluzioni del problema, e ciò in riferimento all’affermazione riportata nelle suddette notizie di stampa, che l’ammissione verrà concessa «nel quadro di una riforma generale delle Facoltà di ingegneria».

«Pajetta Giuliano, Alberganti, Mattei Teresa, Boldrini».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ravvisi l’urgente inderogabile necessità di predisporre tempestivamente un complesso di provvedimenti atti a modificare per il 1947 l’attuale sistema degli ammassi cereali in quello del contingentamento fisso per comune, che, ove in tempo organizzato, sarebbe atto ad eliminare gran parte dei gravissimi ed ormai intollerabili inconvenienti odierni, fonte di spese gravissime e di crescente malcontento.

«Bubbio, Baracco, Stella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non ritenga opportuno ed anzi necessario di mantenere in servizio, quanto meno in soprannumero e per il 1947, i funzionari di grado più nazionale, istituire in Italia una zona franca elevato, veramente idonei, che dovrebbero essere collocati in pensione per limiti di età, in quanto gli stessi potrebbero in questo delicato periodo di transizione e di assestamento dare un competentissimo ed efficacissimo contributo alla pubblica finanza.

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno ed i Ministri dei lavori pubblici e dell’industria e commercio, per sapere quali siano state le ragioni che hanno impedito l’attuazione della derivazione elettrica del Basso Mera, in provincia di Sondrio, per la quale già era stato approvato un progetto presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, e per conoscere con precisione gli elementi in base ai quali la Edison abbia avocato in giudizio, presso il Tribunale superiore delle acque, l’ingegner Bernori Ferruccio, la Società Somaggia Tartano, nonché il Ministero dei lavori pubblici, per sentirsi condannare a riprendere tutte le pratiche dal principio, in concorrenza con la Edison, quando si pensi che il progetto era già stato accettato in concorrenza eccezionale, sulla base dell’articolo 10°, testo unico sulle acque, ed era già stato firmato il disciplinare di concessione, e pagate le relative tasse.

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, ed i Ministri dell’industria e commercio, del commercio con l’estero e della marina mercantile, per conoscere se è vero che voti e studi sono in atto per il riconoscimento della qualifica dì «portofranco» al porto di Genova e se il Governo ricorda e tiene presente che, fra le più vive aspirazioni ed attese del popolo napoletano, vi è quella di veder riconosciuta tale qualifica al porto di Napoli, che, per la sua particolare posizione geografica e per la mancanza di un adeguato retroterra di base al suo traffico, risulta naturalmente ed in modo addirittura unico designato per tale funzione.

«Per conoscere altresì se il Governo ha esaminato o ha intenzione di tempestivamente esaminare fino a che punto l’assegnazione al porto di Napoli della funzione di portofranco, completato da una adeguata zona in regime di franchigia doganale a carattere commerciale e industriale, contribuirebbe alla ripresa di Napoli e della provincia e se, ricordando le vecchie e recenti, continue promesse elargite a Napoli e al Mezzogiorno, il Governo stesso non ritenga, dovendosi, nell’interesse doganale a riva di mare, giusto e doveroso che tale vantaggio, anche a voler astrarre dalle considerazioni geografiche avanti esposte, venga senz’altro riservato a Napoli, che della guerra è stata protagonista generosa e vittima sacrificata e che trovasi, oggi, in condizioni di stasi e di disagio peggiori di ogni altra.

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti per reclamare provvedimenti di urgenza perché affluiscano nei luoghi di grande produzione di agrumi nella Riviera Jonica (Locri, Carbonia, Roccella, Soverato, ecc.) carri ferroviari a sufficienza, per evitare che la merce, così preziosa per gli scambi internazionali, deperisca sul posto, con grave danno pubblico e privato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se ritenga opportuno modificare il grave provvedimento di dispensa dal servizio che si è preso per carabinieri e graduati che hanno contratto matrimonio senza la richiesta autorizzazione nel periodo supremamente eccezionale bellico ed anche post-bellico.

«Si intende che se vi sono posizioni personali e familiari di immoralità, indegnità, pericolosità che feriscono e compromettono l’uomo e l’abito, per il matrimonio contratto, in questo caso l’allontanamento dal Corpo si spiegherebbe. Nella maggioranza dei casi vi sono situazioni umane, affettive, talvolta nobili che giustificano, spiegano il matrimonio contratto in momenti tanto turbinosi.

«La dispensa dal servizio colpisce elementi talvolta tra i migliori per precedenti di servizio, amore al Corpo, dignità di vita.

«Si dovrebbe ancora concedere autorizzazione a contrarre matrimonio a coloro che non potettero a tempo inoltrare domanda per fatto dipendente da eventi bellici, e, sopraggiunta poi la disposizione restrittiva, si trovano in una posizione di non poterlo più fare per la nuova legge. Sono questi i casi nei quali il carabiniere si era impegnato con la donna, pensando di poter subito contrarre matrimonio, mentre il decreto legislativo luogotenenziale 20 marzo 1946, n. 155, richiede che il militare per avanzare istanza di contrarre matrimonio debba aver compiuto la terza ferma triennale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Notarianni».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri della guerra, della marina militare, dell’aeronautica e del tesoro, per conoscere quali urgenti provvedimenti intendono adottare per annullare o, quanto meno, attenuare, gli iniqui effetti del Regio decreto 19 aprile 1923, n. 945, in forza del quale i salariati a matricola e permanenti, in servizio presso le Amministrazioni militari, vennero licenziati ed immediatamente riassunti in qualità di operai temporanei, ma continuando a prestare lo stesso servizio ai medesimi posti continuativamente per ben altri 23 anni, ledendo così il contratto di lavoro e privando i predetti operai del diritto acquisito della pensione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ermini, Rapelli».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro del tesoro, per sapere se non ritengano equa, doverosa e urgente la modifica dell’articolo 13 del decreto-legge 25 ottobre 1946, n. 263, nel senso di rendere obbligatoria (e non facoltativa) l’estensione ai pensionati, già dipendenti dalle amministrazioni degli Enti locali, dei miglioramenti concessi ai pensionati statali, a termini degli articoli 10 e 13 del citato decreto.

«La modifica è richiesta e sollecitata dalle stesse autorità tutorie provinciali, costrette, in assenza di tassativo obbligo di legge, a rendere esecutive le delibere in senso negativo appoggiate a ragioni di bilancio; delibere che, in concreto, vengono a negare ai pensionati già dipendenti dagli Enti locali il diritto di vivere.

«Gli interroganti ravvisano, infine, la necessità inderogabile che lo Stato abbia a stanziare uno speciale contributo integrativo a detto titolo, a favore di quelle amministrazioni locali che documenteranno l’assoluta impossibilità di far fronte, coi propri mezzi, ai maggiori oneri relativi, fino a che le amministrazioni stesse non saranno poste in grado, in seguito alla riforma dei tributi locali, di provvedervi direttamente. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Belotti, Cremaschi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere quale definizione intenda dare alla incerta condizione giuridica dei pochissimi magistrati di nomina alleata, tuttora preposti ad uffici giudiziari e tenuti ancora in una situazione incerta e precaria, e ciò ad onta e delle disposizioni del Governo Badoglio, che le nomine fatte dagli Alleati ebbero a confermare, e del decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 1945, n. 571, che, all’articolo 2, dei predetti magistrati prevede la eventuale immissione in ruolo.

«Per conoscere inoltre perché esso Ministro non ha creduto finora di inquadrarli nei gradi iniziali della carriera o di comprenderli almeno fra coloro che, a termini dell’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 30 aprile 1946, n. 352, possono aspirare ad incarichi di funzioni di pretore, di giudice o di sostituto.

«La estensione di tale possibilità ad una categoria esigua di funzionari, che per un triennio hanno svolto una attività giudiziaria con lo stesso zelo, probità e senso di responsabilità dei magistrati di carriera, è una esigenza assoluta di giustizia, per obbedire alla quale si chiede che il Ministro interrogato voglia riaprire i termini per la presentazione da parte degli interessati delle domande di predetti incarichi e prorogare quello del 31 dicembre 1946, fissato alla propria facoltà di concessione degli incarichi stessi col citato decreto legislativo luogotenenziale 30 aprile 1946, n. 352. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della marina militare, per sapere quali sono stati i criteri che hanno indotto a prendere due diverse decisioni in occasione di due esperimenti d’asta per il ricupero delle navi «Savoia» ed «Ottaviano Augusto», affondate nel porto di Ancona, gare che si sono svolte nello stesso giorno e vinte rispettivamente dalla cooperativa palombari «Dorica» e dalla ditta S.I.C.A.M. (emanazione del gruppo finanziario Scalera), risultando che, a seguito di un forte aumento avvenuto nei giorni immediatamente dopo la gara sul mercato dei materiali ferrosi, gli organi ministeriali (giustamente) non ritennero conveniente per il Tesoro accettare l’offerta della cooperativa palombari «Dorica», mentre la stessa considerazione, pur trattandosi di lavoro di dimensioni e caratteristiche simili, non venne fatta nell’aggiudicare il lavoro per il ricupero della nave «Ottaviano Augusto», per il quale il Ministero perfezionò la gara e stipulò il contratto, dando modo a questa Ditta di realizzare uno scandaloso utile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ruggeri Luigi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e i Ministri dei lavori pubblici e dell’industria e commercio, per sapere se non sia il caso di rimuovere, con adeguati provvedimenti legislativi, gli ostacoli che particolarmente si oppongono allo sfruttamento idroelettrico delle valli, in conformità dei disposti della legge 5 novembre 1937, n. 2101, i quali sottintendendo la imperiosa necessità di utilizzare risorse ingenti, ancora inoperose, nell’interesse della economia nazionale, sanciscono la possibilità rimessa a chiunque, di chiedere la costruzione e l’esercizio di centrali elettriche. Se non sia il caso di invigilare sul fatto, che gli ostacoli di ordine burocratico vengono sempre frapposti su eccitazione della grossa speculazione finanziaria, tipo Edison, S.I.P., ecc., costituenti di fatto un centro monopolistico per eccellenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere le circostanze ed i motivi per cui il 26 ottobre 1946 venne perquisita la casa dell’ingegnere Marino, sindaco della città di Savigliano, il quale fu tratto in arresto e costretto per diverse ore nel palazzo comunale da parte di una squadra di polizia armata di mitra e proveniente da Torino; e se e quali provvedimenti siano stati presi a carico di coloro, che con calunniose denuncie hanno provocato la grave e ingiustificata manomissione dei diritti dell’interessato, la cui figura di sindaco e di cittadino è sempre stata riconosciuta degna di ogni ammirazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendo ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La sedata termina alle 20.20.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Svolgimento di una interpellanza dell’onorevole Bellavista al Ministro dell’agricoltura e delle foreste.
  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:

Nuove formule di giuramento (N. 1) (Urgenza).

MERCOLEDÌ 11 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXVI.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 11 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

indi

DEL VICEPRESIDENTE TUPINI

INDICE

Congedo:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Cassiani, Sottosegretario di Stato per il lavoro                                                    

Lombardi Carlo                                                                                              

Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze                                                         

Riccio                                                                                                               

Bellusci, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione                                

Longhena                                                                                                         

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                        

Terracini                                                                                                          

Martino, Sottosegretario di Stato per la guerra                                                  

Preziosi                                                                                                            

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro                                                     

Lozza                                                                                                                

Coccia                                                                                                              

Restagno, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici                        Carboni      

Pastore Raffaele                                                                                            

Cevolotto                                                                                                        

Miccolis                                                                                                           

Tremelloni, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio                     

Bibolotti                                                                                                          

Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Discussione):

Presidente                                                                                                        

Reale Vito                                                                                                       

Corsanego                                                                                                       

Rescigno                                                                                                           

Cianca                                                                                                              

Bellavista                                                                                                       

Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni                                                    

Presentazione di una mozione:

Presidente                                                                                                        

Macrelli, Ministro senza portafoglio                                                                 

Persico                                                                                                             

Interpellanze e interrogazioni d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

Macrelli, Ministro senza portafoglio                                                                 

Cingolani, Ministro dell’aeronautica                                                                 

pignatari                                                                                                          

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La sedata comincia alle 16.

BATTISTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il Deputato Pignedoli.

(È concesso).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione speciale per il disegno di legge sulle nuove formule di giuramento si è costituita nella sua adunanza di stamane, nominando presidente l’onorevole Molè, Segretario l’onorevole Moro.

Comunico inoltre che l’onorevole Caroleo ha cessato di far parte del Gruppo parlamentare del Blocco della Libertà e si è inscritto a quello Misto.

L’onorevole Pucci si è dimesso da componente della prima Commissione per l’esame dei disegni di legge. È stato sostituito dall’onorevole Minio.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni.

La prima è quella dell’onorevole Lombardi Carlo, controfirmata dagli onorevoli Farina, Leone e Scarpa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se – considerato che la monda del riso è in corso quest’anno con la retribuzione giornaliera di lire 285, che lo stesso Ministero dell’agricoltura riconosceva al termine delle trattative come inferiore di lire 15 al minimo necessario per un lavoro fra i più faticosi tuttora condotto in condizioni di alimentazione, di alloggio e di igiene indegne di una società civile ed organizzata – non ritenga equo ed opportuno estendere il premio della Repubblica a questa categoria di lavoratrici nella misura di lire 500 per ogni mondariso locale o forestiero. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro ha facoltà di rispondere.

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro. Secondo le norme in corso di emanazione, al personale avente con l’azienda un rapporto stabile di occupazione (impiegati, salariati fissi, obbligati e simili) il premio della Repubblica viene corrisposto direttamente dal datore di lavoro, mentre ai giornalieri di campagna, non aventi stabilità di occupazione, il premio viene corrisposto dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, che si rivale poi della spesa sostenuta a carico delle aziende agricole, mediante un contributo a carattere mutualistico.

Secondo quanto previsto, l’Istituto corrisponderà il premio:

  1. a) senza alcuna particolare formalità a tutti i giornalieri di campagna che risultino iscritti negli appositi elenchi dei lavoratori agricoli con la qualifica di «permanenti» e di «abituali»;
  2. b) in tutti gli altri casi dietro presentazione di apposito certificato rilasciato dalle già esistenti Commissioni comunali per l’accertamento dei lavoratori, attestante che si tratta di lavoratore che è stato occupato prevalentemente quale giornaliero di campagna nell’anno corrente.

Per il caso delle mondariso, potranno dunque verificarsi le seguenti ipotesi:

1°) cha si tratti di lavoratrici che, oltre alla monda del riso, si dedicano con carattere di stabilità ai lavori agricoli, e come tali risultino iscritte negli elenchi sopracitati quali permanenti o abituali, e in tal caso riscuoteranno automaticamente il premio della repubblica;

2°) che si tratti di lavoratrici non comprese negli elenchi di permanenti e abituali, ma che, oltre ad eseguire la monda del riso, si dedicano anche ad altri lavori come giornaliere di campagna; in tal caso richiederanno il certificato attestante che la loro attività «prevalente» è stata nel corrente anno quella di «giornaliere» ed avranno, di conseguenza, diritto al premio;

3°) che si tratti di lavoratrici non comprese nei menzionati elenchi di permanenti ed abituali, e che oltre ad eseguire la monda, durante il rimanente periodo dell’anno, esplicano attività (artigiane, lavoranti sui propri fondi quali coltivatrici dirette), per cui non può affermarsi che la loro attività prevalente sia quella di giornaliere di campagna: in tal caso non avranno diritto al premio.

In conclusione, fra le mondariso, saranno escluse dal beneficio del premio della repubblica solo quelle che hanno quale occupazione normale un lavoro in proprio, per il quale non compete il premio. L’esclusione si giustifica per la considerazione che le attività esplicate in proprio possono dare una remunerazione superiore a quella attualmente goduta da coloro che lavorano alle dipendenze altrui, e che non esiste un datore di lavoro su cui incomba l’onere del premio.

Né in questo caso potrebbe addossarsene l’onere lo Stato, in quanto non si tratta di lavoratori disoccupati.

Si deve aggiungere, infine, che, dovendosi avere riferimento, per il pagamento del premio, alla data 26 luglio, i lavori di monda del riso a tale data sono generalmente terminati, per cui le lavoratrici di cui trattasi non potrebbero, per il solo specifico titolo di mondariso, pretendere la corresponsione del premio; il quale va pertanto erogato in rapporto alla posizione lavorativa generale, considerata complessivamente nel corso dell’anno agrario.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

LOMBARDI CARLO. Mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Riccio, al Ministro delle finanze, «per sapere se intende, in considerazione che gli aumenti salariali corrispondono a necessità insopprimibili ed agli aumentati costi di vita, concedere ai dipendenti dello Stato ed agli agenti ferroviari con famiglia numerosa esenzioni tributarie totali o parziali, e non limitarle alle prime lire 100.000, in esecuzione dell’articolo della legge 14 giugno 1928, n. 1312, non più corrispondente alle esigenze di equità e di giustizia».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Alla concessione dell’esenzione tributaria totale a favore dei dipendenti dello Stato e degli agenti ferroviari con famiglia numerosa ostano le ben note esigenze attuali del bilancio, le quali impongono molta circospezione nella delicata materia delle esenzioni e richiedono, d’altra parte, che la generalità dei cittadini debba concorrere, sia pure in misura ridotta per i meno abbienti e per coloro che hanno carichi di famiglia, a sopperire agli oneri dello Stato.

Assicuro, peraltro, l’onorevole interrogante che, per le stesse considerazioni di equità e di giustizia da lui accennate, è stato provveduto, con decreto legislativo presidenziale 27 giugno 1946, n. 87, pubblicato nel supplemento della Gazzetta Ufficiale n. 207 del 13 settembre 1946, ad elevare da lire 100.000 a lire 200.000, con decorrenza dal 1° gennaio 1947, i limiti di esenzione tributaria per i capi di famiglia numerosa, siano essi dipendenti dello Stato o altri contribuenti.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

RICCIO. Non sono troppo soddisfatto, perché a me sembra che quei criteri di equità e di giustizia, cui si è richiamato il Sottosegretario Pella, debbano valere per giungere a una esenzione totale o parziale, in rapporto a quelli che hanno famiglia numerosa, ed in considerazione e proporzione della sua composizione.

Se ci siamo tanto battuti, tutti, per arrivare a un salario reale e se diciamo che questo salario deve corrispondere a quelle che sono le esigenze di famiglia, è vero che, da una parte, lo Stato deve incassare, ma è pur vero che può e deve, dall’altra parte, concedere privilegi fiscali proprio in omaggio alle esigenze di famiglia. Il fisco ha una funzione sociale, che deve essere esercitata. La giustizia sociale impone una migliore distribuzione della ricchezza, per cui non solo si deve dare anche in rapporto ai bisogni ed alle esigenze di vita, ma la collettività, per il bene ed il servizio comune, ha l’obbligo di prendere in proporzione contraria a quelle esigenze, nel senso che chi ha bisogno di più dà di meno. Le famiglie numerose hanno maggiori bisogni; e perciò l’esenzione va data, divenendo così il tributo strumento di realizzazione sociale.

Quindi credo che criteri di giustizia debbano consigliare di rivedere questa materia e giungere a una esenzione totale o parziale, o all’una e all’altra, in rapporto al numero dei figli.

Perciò ritengo doveroso insistere e chiedere al Governo la revisione della legislazione relativa.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Longhena, firmata anche dall’onorevole Bianchi Bianca, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se non reputi necessità urgente assegnare – sia pure in via temporanea – ai comuni capoluoghi di provincia i patrimoni (edifici e ville) già appartenenti alla disciolta G.I.L., onde sia lecito a tali comuni proseguire l’opera di difesa e di assistenza ai fanciulli bisognosi, opera interrotta per i danni recati dalla guerra ai loro stabilimenti. Si ritiene questa concentrazione di attività nei comuni più rispondente alla pochezza dei mezzi attuali e più conforme alla magnifica attività da essi dispiegata nel passato».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

BELLUSCI, Sottosegretari di Stato per la pubblica istruzione. L’attribuzione patrimoniale dei beni dell’ex G.I.L. costituisce una delle numerose e complesse questioni sorte dalla soppressione dell’Ente, questioni che presentemente sono in corso di avanzata elaborazione.

Tali beni, come è noto, sono costituiti da immobili destinati a vari usi (palestre, impianti sportivi, colonie climatiche, collegi, case della gioventù, cinematografi, ecc.).

È in corso di studio la questione preliminare relativa a quelli dei predetti immobili che debbono essere mantenuti per l’assistenza dei giovani e quelli che debbono essere assegnati ad altri eventuali fini. Il problema, come è intuitivo, è collegato con quello dell’assistenza ai giovani in genere, e scolastica in specie.

Nel frattempo, il patrimonio è amministrato dall’apposito Commissariato, al quale possono essere avanzate richieste di assegnazione di immobili in uso provvisorio, assegnazioni che in molti casi sono avvenute.

Comunque, si fa rilevare che già da questo anno il Governo ha ritenuto opportuno utilizzare per l’assistenza estiva all’infanzia gran numero degli stabili dell’ex G.I.L.: quelli cioè utilizzabili perché meno danneggiati e più speditamente riparabili.

Infatti, il Commissariato ha in funzione, in tutta Italia., n. 121 colonie climatiche in cui sono assistiti n. 40.590 bambini; e circa 300 colonie diurne in cui saranno assistiti 58.690 ragazzi bisognosi.

Complessivamente si è potuto fornire assistenza, nei mesi di luglio ed agosto a circa 100.000 bambini: risultato indubbiamente rilevante, quando si consideri la devastazione a cui per la guerra è andato soggetto il patrimonio della ex G.I.L.

Allo stato delle cose, non sembra che l’assistenza alla quale si è accennato possa essere più proficuamente esercitata, nella presente fase transitoria di liquidazione della ex G.I.L., da Enti diversi dal Commissariato, che dispone dell’apposita attrezzatura ed organizzazione.

La questione della liquidazione della ex G.I.L. comporta la risoluzione di problemi importanti e complessi. La definizione di tali problemi ha richiesto ponderato esame, ma è ormai allo stato di avanzata elaborazione.

Si prevede che la soluzione definitiva non dovrà tardare e che, di conseguenza, si potrà far luogo alla cessazione dell’attività dell’apposito Commissariato.

PRESIDENTE. L’onorevole Longhena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

LONGHENA. Io non sono completamente soddisfatto e perciò mi permetto di parlare brevemente.

La mia domanda è stata avanzata prima dell’estate. Speravo – forse era una ingenua speranza – che non restasse senza utilizzazione la non piccola e non disadatta proprietà dell’ex G.I.L. Fervente sostenitore, e non da oggi, della assistenza più larga all’infanzia, io speravo nell’apporto dei beni dell’ex G.I.L., che desideravo fossero affidati al comune, perché il comune a me pare l’istituto più snello e il più vigile custode dei bisogni e dei desideri infiniti dei figli del popolo.

Invece, la mia interrogazione ha una risposta solo ora. Speriamo che nel terzo anno dalla liberazione – nel primo e nel secondo s’è fatto assai poco – si possa fare qualche cosa di più, poiché, onorevoli colleghi, io vivo in una città dove i bisogni sono numerosissimi. Presidente di ospedali e di un grande tubercolosario, ho visto con l’anima angosciata in questi ultimi mesi raggiunte le cifre più alte: noi siamo costretti non solo a stipare le sale, ma anche a riempire le corsie. La clientela è fatta di giovani e di giovanissimi: sono le nuove, le sempre crescenti vittime prodotte dalla guerra e dai sacrifici che essa ha imposti.

Io mi rivolgo all’onorevole Bellusci e al suo collega onorevole Gonella; essi hanno intelletto e cuore, hanno arditezza di azione: siano degni del primo Governo repubblicano. Pensino che sono folle di giovani ai quali basterebbero poche provvidenze tempestive perché fossero strappati al male.

Un giorno, ormai lontano, due comuni, infrangendo pregiudizi e superando preconcetti – il comune di Milano e il comune di Bologna – hanno portato in Italia i bimbi di Vienna, strappandoli alla fame e al male.

Salvate i nostri figli! Voi lo dovete. E non c’è bisogno, signori miei, che voi domandiate sacrifici all’onorevole Ministro del tesoro. I denari ci sono e sono abbondanti: basterebbe che i dirigenti del Ministero dell’istruzione pubblica inducessero l’onorevole Corsi a presentare una piccola legge, una legge la quale potrebbe suonare press’a poco così:

«Tutti i beni destinati all’assistenza dell’infanzia e della fanciullezza sono concentrati momentaneamente in un tutto, provincia per provincia: li amministra il comune capoluogo».

Io so che coloro i quali sono studiosi delle leggi grideranno alla mia iconoclastia; diranno che ho poco rispetto a vecchie tavole testamentarie ed a secolari statuti. Ma, colleghi carissimi, io penso che valga più salvare vite umane e forse alti valori umani che inchinarsi a statuti ormai pietrificati ad opera del tempo. Noi, in provincia, abbiamo cominciato a lavorare. Speriamo che da Roma non ci vengano ostacoli: noi vogliamo a quest’infanzia, che dolorosamente soffre, dare tutto quello che le è necessario. (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Terracini al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «per conoscere se data la irrigidita opposizione di tutti i prefetti ad autorizzare la inclusione nei bilanci comunali di stanziamenti, pur modestissimi, per indennità di carica ai sindaci, esplicitamente previste e autorizzate dalla legge per la ricostituzione delle Amministrazioni comunali e provinciali (decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1), nonché di ogni spesa per quote di adesione alle volontarie associazioni e leghe di comuni in via di costituzione o ricostituzione in numerose province, con il programma di offrire agli amministratori comunali, in gran parte non ancora esperti nelle discipline amministrative, consigli e sostegno di esperti e di tecnici; e ravvisando in tale atteggiamento, avallato da sottili ed artificiose interpretazioni di testi legislativi, un inspiegabile ed inescusabile impedimento alla effettiva partecipazione alla amministrazione pubblica degli eletti non dotati di beni di fortuna e di estrazione popolare, ed un’avversione ingiustificata al moto di libera consociazione degli Enti autarchici territoriali, dei quali si sostanzia il tessuto unitario della società nazionale non sia avvertita la impellente urgenza di un severo richiamo a detti funzionari, affinché, rinunciando ad atteggiamenti mentali ed a metodi di governo locale che furono propri dei tempi peggiori della nostra storia più recente, non ostacolino le iniziative suddette segnalatrici della più rapida ripresa di una vita municipale veramente democratica ».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Al Ministero non risulta che da parte delle Prefetture vengano posti ostacoli alla facoltà concessa alle amministrazioni comunali di attribuire, compatibilmente con le possibilità finanziarie del comune, una indennità di carica a favore dei sindaci e degli assessori nominati in seguito alle elezioni.

Del resto, il controllo di merito sulle relative deliberazioni non è di competenza del prefetto, bensì della Giunta provinciale amministrativa.

In ogni modo il Ministero, allo scopo di uniformare i criteri d’attuazione delle disposizioni di cui trattasi, evitando abusi e sperequazioni, specialmente in rapporto alla situazione finanziaria alla quale è subordinata la concessione stessa, ha ritenuto opportuno diramare recentemente una circolare con la quale si prescrive che la concessione suddetta debba aver luogo nei casi di riconosciuta necessità e che, comunque, le deliberazioni debbano essere inviate per visione al Ministero, che ha così modo di vigilare sull’osservanza della legge, nell’interesse delle amministrazioni locali e degli stessi amministratori.

In seguito a tali disposizioni sono infatti già affluite al Ministero, che ne ha preso atto, numerose deliberazioni con le quali è stata disposta la concessione delle indennità.

Sarebbe, pertanto, opportuno specificare in quale provincia sono eventualmente sorti gli inconvenienti lamentati dall’onorevole interrogante, in modo che il Ministero possa opportunamente intervenire.

Per quanto riguarda, invece, i contributi di partecipazione a leghe o libere associazioni di comuni, faccio presente che tali spese, non essendo previste dall’articolo 91 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con Regio decreto 3 marzo 1934, e da altre disposizioni di legge, sono da considerarsi facoltative, e, come tali, non computabili ai fini dell’integrazione del disavanzo economico dei comuni deficitari ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 24 agosto 1944, n. 211.

Pertanto, allo stato attuale della legislazione, i contributi di partecipazione a leghe o libere associazioni sono consentiti soltanto per quei comuni che non abbiano integrato il proprio bilancio a carico dello Stato.

PRESIDENTE. L’onorevole Terracini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

TERRACINI. Risponderò anzitutto alla richiesta di qualche indicazione precisa. L’onorevole Corsi, personalmente e non più tardi di una settimana fa, con molta cortesia ha risposto ad una mia lettera nella quale gli segnalavo il comune di Morrodoro in provincia di Teramo, per il quale, appunto, avendo votata il Consiglio una indennità di carica al sindaco, la decisione relativa era stata respinta dalla Giunta provinciale amministrativa (e noi sappiamo da quanto tempo queste Giunte, per la loro struttura burocratica, non sono più altro se non uno strumento del prefetto e della prefettura); e, ad una rinnovata deliberazione del Consiglio, per una seconda volta la decisione era stata cassata.

L’onorevole Corsi ha quindi avuto la segnalazione, quanto meno di un caso specifico. Ma se egli ricerca o fa ricercare nel suo protocollo, ne troverà numerose altre, di ugual genere, fattegli da me personalmente.

Una ne aggiungo ancora, pervenutami proprio nella giornata di ieri.

Il sindaco di Calamandrano, in provincia d’Asti, o meglio quel Consiglio comunale, si è visto cassare la deliberazione di una indennità di carica. L’onorevole Corsi vede dunque che io non parlo per casi ipotetici, ma in relazione a casi comprovati.

La seconda cosa che voglio dire all’onorevole Corsi è questa: ci sono, è vero, istruzioni del Ministero in proposito, e precisamente una circolare emanata con telegramma del 29 giugno; ma è questa circolare appunto che costituisce l’argomento principale di cui tutti i prefetti, o meglio tutte le Giunte provinciali amministrative, si valgono per respingere le deliberazioni che formano argomento della mia interrogazione. Ciò mi autorizza ad affermare che più ancora che responsabilità dei prefetti, questa politica – inspirata ad una insufficiente comprensione delle necessità della nostra democrazia – risale direttamente alla responsabilità del Ministero. Non dico del Ministro, e neanche del Sottosegretario, ma certamente di qualche alto funzionario del Ministero.

Ed ora dovrei diffondermi a giustificare la mia interrogazione ed il tono vibrato di essa. Ma non ce n’è veramente bisogno. Ognuno conosce infatti la ragione per la quale noi, e con noi tutti i partiti, abbiamo chiesto che nella legge elettorale fosse inserito il principio della corresponsione ai sindaci ed agli assessori, nei casi nei quali i Consigli lo ritenessero opportuno, di una indennità di carica. Si tratta, onorevole Corsi, di aprire finalmente la strada della pubblica amministrazione a quella enorme maggioranza di cittadini italiani che, per le loro condizioni economiche, se ne sono visti fino ad oggi sbarrato l’accesso. Ed io ribadisco che in sede di Consulta, quando si è esaminata la legge per la ricostituzione delle amministrazioni locali, tutti i partiti, nessuno escluso, sono stati d’accordo perché venisse inserito nel progetto ministeriale, che ne mancava, un articolo ispirato a tale principio. Evidentemente questo doveva essere e fu contornato da certe cautele, la principale delle quali è che il bilancio comunale possa sopportare l’aggravio. Ma alle spese di carattere obbligatorio e a quelle di carattere facoltativo, che i bilanci consentono, occorre capire che altre se ne aggiungono che dirò «necessarie».

Fra queste, se vogliamo davvero che uomini tratti da ogni strato del popolo italiano possano esercitare le loro attitudini nella pubblica amministrazione, stanno certamente queste, destinate alle indennità di carica. Spese necessarie, se anche non obbligatorie. E tutti noi, che siamo qui dotati di una indennità di carica, possiamo ben renderci conto che questa rappresenta, per assolvere i doveri dell’ufficio che ricopriamo, una necessità e non già, per il pubblico bilancio, un inutile dispendio. Noi non chiederemo mai e nessuno la chiederà in Italia, è sperabile, una indennità per il cittadino che compie occasionalmente una pubblica funzione, ad esempio come già in certe antiche e lodatissime democrazie, per l’esercizio del voto. Ma insistiamo ed insisteremo sempre perché una se ne corrisponda ai sindaci di origine popolare, che sono quasi ovunque artigiani, operai, contadini, professionisti, piccoli e medi commercianti perché, altrimenti, i municipi italiani continuerebbero ad essere esclusivamente dominio dei delegati delle classi abbienti, gente rispettabilissima certo, ma che non rappresenta schiettamente tutto il popolo italiano.

Per quanto si riferisce alle Associazioni di comuni, anche qui risuona la solita solfa: che non si tratta di una spesa obbligatoria, ma facoltativa. Che cosa sono dunque queste associazioni? Prima del fascismo vi era una Lega dei comuni socialisti; e possiamo spiegarci che bastasse questo titolo per spaventare tutte le anime pavide dell’autorità costituita. Ma oggi c’è una unica associazione di comuni alla quale aderiscono comuni diretti da maggioranze di ogni colore politico. Essa ha recentemente tenuto, qui in Roma, un congresso. È tollerabile che i prefetti non se ne siano accorti; ma che il Ministero dell’interno lo abbia ignorato e lo ignori e non abbia capito l’importanza dell’iniziativa e non abbia dato espresse disposizioni per favorirla ed appoggiarla, questo è assolutamente inspiegabile e deplorevole.

Avevo presentata l’interrogazione quattro mesi fa; e speravo che in questo frattempo quella tale circolare ministeriale del giugno venisse modificata, corretta o sostituita con una nuova circolare. Siamo invece di fronte alla stessa ed immutata situazione. Non posso dichiararmi soddisfatto della risposta.

Se esaminiamo gli elenchi delle amministrazioni che sono state recentemente elette nei municipi italiani; se scorriamo le biografie dei sindaci che oggi guidano la maggior parte dei comuni del nostro Paese, facile ci è constatare quanto numerosi siano quelli che appartengono ai ceti laboriosi di ogni categoria. Ebbene, bisogna dare loro la possibilità di assolvere, in tranquillità di vita e di spirito, il compito del quale sono stati investiti dalla massa dei cittadini. Ogni provvedimento che ostacoli il loro fecondo operare non può essere che deplorato, e penso che questa mia deplorazione sia unanime in tutta quanta l’Assemblea. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Corsi, Sottosegretario di Stato per l’Interno. Ne ha facoltà.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Volevo dire all’onorevole Terracini che io, personalmente, e ritengo tutto il Governo, conveniamo nella necessità di concedere ai sindaci, allorché le finanze comunali hanno questa possibilità, la indennità di carica, la quale risponde, come egli ha illustrato magnificamente, ad un principio democratico; ma l’attuazione di questo concetto è strettamente legata alle possibilità finanziarie del comune. Posso assicurare l’onorevole Terracini che in numerosi comuni la indennità è stata deliberata e dalle Giunte provinciali amministrative approvata; le relative deliberazioni sono pervenite al Ministero ed io potrei sottoporle alla sua attenzione. Se nel caso del comune di Calamandrana o in qualche altro ciò non è avvenuto, occorre esaminare specificatamente le ragioni che hanno indotto la Giunta provinciale amministrativa a dissentire dalle deliberazioni adottate dai rispettivi comuni. Comunque la questione di principio ci trova perfettamente concordi.

Per quanto invece riguarda l’adesione dei comuni ad un’unica lega nazionale dei comuni, che dà ad essi una necessaria e preziosa assistenza, anche qui non possiamo dissentire, ma il problema è regolato da una serie di disposizioni di legge.

Il mio onorevole collega sa che non è in facoltà del Ministero, e molto meno del Sottosegretario, eludere queste leggi. Esse vanno rispettate. La legge stabilisce che le spese facoltative sono possibili allorché il comune non richiede la integrazione di bilancio. Proprio fra giorni credo debba essere qui esaminato il disegno di legge presentato dalla Presidenza del Consiglio per alcuni emendamenti al testo unico della legge comunale e provinciale, e ciò darà la opportunità alla Assemblea, ove lo creda, di modificarlo; e noi, naturalmente, daremo corso a questa volontà sovrana.

Presidenza del Vicepresidente TUPINI

TERRACINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TERRACINI. C’è un comune in Italia che conosciamo tutti: il comune di Milano. Esso ha un deficit di bilancio – e non ne faccio colpa ai suoi amministratori – che supera il miliardo; e riceve pertanto una integrazione di bilancio da parte dello Stato ammontante a molte centinaia di milioni annui.

E tuttavia il prefetto di Milano non solleva l’eccezione mossa da quei prefetti sui quali ho espresso il mio giudizio poco fa, e che ripetono ad ogni ora le comode argomentazioni loro suggerite dall’onorevole Corsi, per giustificare il loro metodico ostruzionismo dei municipi popolari; ma ha ratificato la deliberazione concedente al sindaco e agli assessori una indennità di carica.

La mia lamentela si riassume in definitiva in ciò: che anche in questo campo sono i piccoli quelli che ci rimettono, mentre i grandi riescono a cavarsela. Gli amministratori dei grandi comuni hanno visto riconosciuto questo che io chiamo un loro diritto e non già una concessione. I prefetti avvertono infatti che non è possibile sfidare corpi elettorali di centinaia, di migliaia di cittadini. Ma gli amministratori dei minori comuni, che sono quasi sempre più premuti dei primi dai bisogni elementari della loro vita famigliare, sono posti permanentemente nella alternativa di dovere rinunciare al loro ufficio o di dovere sacrificarsi duramente. E nella lotta diretta ad ottenere il riconoscimento del loro diritto all’indennità sono, se non sempre, quasi sempre sconfitti. Basta dunque con il ritornello del bilancio che non lo consente o con l’altro della integrazione corrisposta. È questione di volere o non volere un comune di popolo od un comune di magnati. E se per avere un comune di popolo occorresse anche una violazione formale di legge, si rassicuri l’onorevole Corsi: contro di questa nessuno ricorrerà a nessuna Corte ed a nessun tribunale.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Preziosi ai Ministri della guerra e delle finanze, «per chiedere spiegazioni sulla illegittimità della nomina a Comandante generale della Guardia di finanza, di cui al decreto luogotenenziale 12 marzo 1945, nella persona del Generale di divisione in servizio permanente effettivo Gio. Batta. Oxilia, con palese violazione dell’articolo 1 della legge 20 marzo 1940, n. 234, sull’ordinamento della Guardia di finanza. Infatti tale articolo dispone che il Corpo della Guardia di finanza è comandato da un generale di Corpo d’armata dell’Esercito in servizio permanente effettivo, senza distinzione alcuna fra stato di guerra e stato di pace».

L’onorevole Sottosegretario per la guerra ha facoltà di rispondere.

MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. L’articolo 5 della legge 9 maggio 1940, n. 368, sull’ordinamento dell’Esercito, determina l’organico degli ufficiali generali e dispone che con detti ufficiali si provvede a ricoprire le cariche previste dalla legge suddetta.

Fra dette cariche figura anche quella di comandante generale della Guardia di finanza.

L’impiego degli ufficiali è in via normale fatto secondo la rigida applicazione della corrispondenza dei gradi; ma non sempre ciò è possibile, sia per particolari esigenze di servizio, che per disponibilità dei quadri.

In tali casi, non potendosi lasciare vacanti le cariche, se ne attribuiscono le funzioni ad un ufficiale del grado immediatamente inferiore.

All’attribuzione di tali funzioni s’è dovuto ricorrere in guerra ed in pace: anche attualmente, ad esempio, le cariche di Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, di Comandante di 6 degli 11 comandi militari territoriali – devolute al grado di Generale di Corpo d’Armata – sono affidate, per necessità di impiego, a generali di divisione, investiti delle funzioni del grado superiore.

Non diversamente si è verificato per il Comando Generale della Guardia di finanza.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Aderisco alle considerazioni del Sottosegretario alla guerra.

PRESIDENTE. L’onorevole Preziosi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PREZIOSI. Mi preme riaffermare che non posso dichiararmi soddisfatto per questa violazione di legge che si verifica da ben 18 mesi, cioè dal marzo 1945.

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra, al quale ha aderito anche l’onorevole Sottosegretario per le finanze, afferma che nel momento della nomina dell’Oxilia, nel marzo 1945, il Generale Oxilia fu prescelto con l’incarico di comandante generale della Guardia di finanza, perché il Ministero non aveva disponibilità alcuna di ufficiali generali che avessero sia il grado voluto, sia gli speciali requisiti consigliati dalla delicatezza dell’alta carica.

Sta di fatto che in quella data il ruolo dei generali di corpo d’armata dell’Esercito comprendeva 11 ufficiali e precisamente: Zingales, Pafundi, Nasci Sogno, De Simone, Armellini, Negri, Orlando, Toddu, Zannini, Marras, Berardi.

Dice il Sottosegretario per la guerra, per giustificare questa evidente violazione di legge, che, per l’Arma dei Carabinieri, e per 6 degli 11 comandi militari territoriali, le cariche sono affidate a generali di divisione, investiti delle funzioni del grado superiore. Ciò viene a dimostrare la fallacia dell’assunto.

Basterà ricordare: a) che per l’Arma dei Carabinieri non esiste – nella legge – divieto di sorta perché sia comandata da un generale di divisione, ed esistono in proposito vari precedenti; b) che analogo stato di diritto esiste anche per altre armi, e servizi per delle forze armate dipendenti dall’Amministrazione della guerra, in quanto la legge istitutiva degli incarichi del grado superiore, alla quale accenna il Sottosegretario, ma che non è applicabile alla Guardia di finanza, rispondeva appunto allo scopo di coprire, durante la guerra, le imprevedibili necessità che si sarebbero potute verificare nell’impiego bellico di ufficiali dell’esercito, potendosi ricorrere ad ufficiali incaricati delle funzioni del grado superiore (v. art. 33 e 129 della legge 8-6-34 n. 899).

Il sistema seguito dal Ministero della guerra per le proprie necessità non può trovare applicazione per il corpo della Guardia di finanza, per le specifiche ragioni alle quali il Sottosegretario per la guerra e quello per le finanze hanno accennato. E difatti, in omaggio alla legge d’ordinamento del corpo stesso, il cui tenore è stato riportato integralmente nell’articolo 1 della legge 20 marzo 1940, n. 234, quando nel 1928 il Ministero della guerra pose a disposizione di quello delle finanze il generale di divisione Benedetti Vincenzo – che pur si trovava in attesa della promozione intervenuta poche settimane dopo – la Corte dei conti non ammise la registrazione al decreto relativo, fino a quando il predetto generale di divisione non ebbe conseguito l’avanzamento al grado superiore.

Tutto ciò premesso, è lecito affermare, contrariamente a quanto ha obiettato l’onorevole Sottosegretario per la guerra, che neanche il generale di divisione Oxilia poteva comunque esercitare le funzioni del grado superiore per assumere il comando generale del corpo: a) perché l’Oxilia medesimo, non possedendo i prescritti requisiti di anzianità non è mai stato riconosciuto incaricato del grado superiore col voluto decreto previsto dalla legge 8 giugno 1934, n. 899, applicabile al Corpo per effetto dell’articolo 3 del Regio decreto legge 25 gennaio 1937, n. 116; b) perché, in mancanza di tale decreto, egli non poteva conseguire naturalmente la nomina a comandante generale della Guardia di finanza, anche se la legge di ordinamento relativa nell’articolo 1 della legge 23 marzo 1940, n. 234, non avesse tassativamente prescritto che tale carica può essere attribuita unicamente ad ufficiale dell’esercito in servizio permanente effettivo, avente grado di generale di corpo d’armata; c) perché nel citato decreto luogotenenziale di nomina in data 12 marzo 1945 è disposto che il generale Oxilia «assume le funzioni di comandante generale del corpo anzidetto», tanto è vero che nella firma su tutti gli atti ufficiali, il generale stesso figura quale funzionante del grado superiore; posizione di stato questa finora non prevista neanche per l’esercito.

Ricordo poi che all’atto del collocamento a riposo del generale di corpo d’armata Ajmonino, comandante generale del corpo anzidetto, il Ministero della guerra, stante la tassatività della legge di ordinamento, avrebbe dovuto porre a disposizione del Ministero delle finanze un generale di corpo d’armata, sia pure procedendo alla necessaria proporzione di un generale di divisione avente i prescritti requisiti, salvo a ricorrere ad un generale di divisione «incaricato del grado superiore», ma non indi funzionante nel grado superiore, come è per il generale Oxilia. E ciò gli sarebbe riuscito facile, in quanto il comandante generale del corpo grava per le sue competenze sul bilancio delle Finanze.

D’altro canto, se ciò non fosse stato possibile, il corpo avrebbe potuto benissimo rimanere sotto il comando del generale di divisione comandante in seconda, fino a quando le mutate condizioni dei quadri dell’esercito avrebbero consentita la disponibilità di un generale di corpo d’armata. Ma, poiché il generale Oxilia evidentemente appartiene alla categoria dei raccomandati di ferro, da 18 mesi è nella sua poltrona di comandante generale della Guardia di finanza, pur senza averne il diritto. Ho sentito il dovere di richiamare l’attenzione degli onorevoli Ministri della guerra e delle finanze, perché stiano attenti a certe violazioni della legge, le quali certo non depongono a sfavore di quella che un collega ieri chiamava «la nostra rinascente democrazia».

MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Mi permetto di ripetere all’onorevole Preziosi che è possibilissimo che si dia ad un generale, o ad un altro ufficiale, l’incarico del grado superiore. L’onorevole Preziosi non ha dimostrato che in quel momento il Ministero disponesse di generali di corpo d’armata da poter mettere a quel posto. Ha fatto un elenco di nomi, ma dimentica che in quel momento, ed è un tempo piuttosto lontano, tutti i generali, o parte dei generali, erano soggetti a giudizio di discriminazione, e che pertanto occorreva mettere a quel posto un generale che fosse già discriminato. Dei nomi che il collega ha fatto, posso dire che probabilmente alcuni saranno passati nella riserva, proprio per quel motivo per cui allora non si potevano nominare. Quindi, non c’è violazione di legge, in quanto il Ministero in quel momento, non avendo generali di grado di corpo d’armata da mettere in quel posto, poteva benissimo, così come ha fatto per i comandi territoriali, per il comando dell’arma dei carabinieri, mettere a disposizione del Ministero delle finanze un generale di divisione.

PREZIOSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PREZIOSI. Le considerazioni che l’onorevole Sottosegretario alla guerra ha voluto portare innanzi all’Assemblea per contestare le mie affermazioni, non sono accettabili, perché io le ho smentite, a priori, quando ho affermato che in quell’epoca c’erano ben 11 generali di Corpo d’Armata che potevano essere, dal Ministero della guerra, messi a disposizione del Ministero delle finanze per ricoprire la carica di Comandante generale della Guardia di finanza, ed aggiungevo che di questi 11 generali, che non erano sottoposti a giudizio di epurazione, ora è nella riserva solamente il generale Zannini. Quindi c’erano ben 10 generali. A tutto ciò si aggiunga – e non ho voluto dirlo, perché si sarebbe potuto affermare che io volevo che il generale Oxilia fosse stato sostituito, in quel momento, da un generale che era stato sotto giudizio di epurazione e poi discriminato – che c’era persino il Comandante in seconda della Guardia di finanza, il generale di divisione Francesco Poli, che sin dal 22 gennaio 1945 avrebbe dovuto essere riassunto in servizio, dacché nessun provvedimento era mai intervenuto per il suo collocamento a riposo o per la sospensione dal servizio. Questo chiarimento ho voluto dare per la verità.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pietro Mastino al presidente del Consiglio dei ministri, Ministro dell’interno, «per sapere, in rapporto al recente provvedimento che triplica la pena per l’evasione dagli ammassi, quale azione pratica intenda svolgere in Roma contro il mercato nero, esercitato pubblicamente; in modo che il suddetto provvedimento abbia ovunque effettiva applicazione».

D’accordo col Governo, lo svolgimento di questa interrogazione è rinviato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Lozza ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, «per sapere se non intendano prontamente aderire alle richieste circa l’aumento delle diarie e propine nella misura richiesta dal Sindacato scuole medie, in modo da far cessare l’agitazione, a cui sono stati costretti i Commissari d’esame di maturità e d’abilitazione, i quali non firmeranno i verbali e gli atti di scrutinio inerenti agli esami in corso, se la loro giusta rivendicazione non sarà soddisfatta dal Governo».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

BELLUSCI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Anche a nome del collega del tesoro, preciso che alla interrogazione dell’onorevole Lozza la risposta è data dal decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 24 ottobre u.s.n. 381, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri 10 dicembre, n. 281. Tale decreto accoglie appunto i voti e le aspirazioni della categoria interessata, cui si riferiva l’onorevole interrogante. Infatti il decreto legislativo in parola è così intitolato: «Indennità da corrispondere ai componenti le Commissioni, al personale di segreteria, tecnico e subalterno, per gli esami negli istituti e nelle scuole di istruzione media, classica, scientifica, magistrale e tecnica». Mi risulta che la categoria di questi interessati è rimasta soddisfatta del provvedimento che il Ministro della pubblica istruzione ha adottato di concerto con quello del tesoro.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha nulla da aggiungere?

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Mi associo.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

LOZZA. L’interrogazione fu presentata nel luglio scorso, quando l’agitazione era in corso. Il riconoscimento da parte del Governo delle giuste rivendicazioni del Sindacato scuole medie, di cui è oggetto l’interrogazione, venne, abbastanza tardi, ma venne. Solo in questi giorni la Banca d’Italia versa l’indennità ai Commissari per la prima e seconda sessione d’esami.

Perciò mi ritengo soddisfatto della dichiarazione dell’onorevole Sottosegretario.

Raccomando, però ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, e prima a quello del tesoro, maggiore sollecitudine per la soluzione dei problemi della scuola e degli insegnanti.

C’è la richiesta da parte dei professori non di ruolo, riuniti oggi a Congresso in Roma, d’un bando di concorso per ex combattente, partigiani e reduci, analogo a quello del 1918.

Prego il Governo di esaminare con benevolenza questa richiesta. Si bandiscano i concorsi! Non si lascino passare i mesi o magari gli anni!

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Coccia, al Ministro del tesoro «per conoscere le ragioni per cui non vennero riammessi i dipendenti dell’Istituto Poligrafico dello Stato, che erano stati licenziati nel periodo repubblichino per non aver voluto recarsi al Nord».

Il Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. In risposta a questa interrogazione devo precisare alcuni dati di fatto.

Anzitutto, nell’ottobre 1943 fu licenziata la quasi totalità del personale dell’Istituto Poligrafico dello Stato in Roma e gli stabilimenti, praticamente, sospesero ogni attività: presso i medesimi rimase solo qualche decina di persone che costituivano l’Ufficio Stralcio, col compito di portare a termine la liquidazione del personale che l’Amministrazione trasferita non era stata in grado di esaurire.

Il Governo della pseudo Repubblica di Salò dispose il trasferimento al Nord dell’Istituto. Furono portate infatti nell’Italia settentrionale 48 macchine ed, al seguito di queste, si trasferì personale operaio ed impiegatizio, nel complesso 209 elementi.

Verso la metà del dicembre 1943, per iniziativa dei rimasti, fu ripresa, in parte, la lavorazione; si iniziarono le riassunzioni di personale, tanto che nel giugno 1944, all’arrivo in Roma degli Alleati, tali riassunzioni avevano raggiunto il numero di circa ottocento persone. Le Autorità alleate, però, in seguito ad agitazioni avvenute tra il personale, disponevano subito la chiusura degli stabilimenti.

Nel luglio 1944 gli stabilimenti furono riaperti e gradualmente si iniziarono le riassunzioni del personale licenziato in relazione alle esigenze delle lavorazioni. A tutt’oggi gli stabilimenti dell’Istituto in Roma hanno riassorbito circa 4.900 persone; restano circa 700 elementi non ancora riassunti, o perché non hanno risposto all’invito dell’Amministrazione per riprendere servizio, o per aver superato il limite di età, o per mancanza di lavoro nelle officine di composizioni, o per non aver mai richiesto la riassunzione, o perché richiamati o perché dispensati per epurazione, o perché occupati altrove, o perché a suo tempo assunti in sostituzione dei richiamati e che hanno diritto alla riassunzione, o perché resisi irreperibili per cambio di domicilio o perché prigionieri.

Comunque, per i dipendenti riassumibili, la riassunzione ha luogo man mano che i servizi tecnici dell’Istituto lo esigono.

È infine da rilevarsi che l’Istituto Poligrafico dello Stato è un Ente autonomo, sottoposto alla vigilanza del Ministero del tesoro, ed il personale gode del trattamento previsto dal contratto collettivo privato, senza usufruire dei privilegi propri dei dipendenti statali, fra i quali quello della inamovibilità.

Non riesce possibile imporre all’Istituto l’ammissione di personale che non sia richiesto dalle necessità di lavorazione.

PRESIDENTE; L’onorevole Coccia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

COCCIA. La mia interrogazione è di qualche mese indietro. Sono lieto ora di sapere che la situazione è mutata in quanto sono stati riassunti molti impiegati.

Poiché si era verificata questa situazione: gl’impiegati che erano andati al Nord col governo repubblichino erano stati tutti riassunti, quelli invece che erano stati licenziati perché si erano rifiutati di servire la repubblica di Salò, non erano stati riassunti ed erano rimasti senza lavoro. Ho il piacere oggi di sapere che anche questi sono stati quasi tutti ripresi in servizio e mi dichiaro pertanto soddisfatto. Raccomando solo che, ravvisata la necessità di assumere altro personale, questo venga fatto al più presto, perché si tratta di poveri impiegati che vivono in estremo bisogno.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Carboni al Ministro dei lavori pubblici.

«Sulla urgente necessità d’intensificare la ricostruzione dei paesi della provincia di Frosinone, devastati dalla guerra, dando la precedenza alle opere ed agli edifici destinati a servizi di interesse generale (acquedotti, ospedali, scuole), alla bonifica igienica di vaste zone infestate dalla malaria, alla ripristinazione di stabilimenti industriali, alla edificazione di case popolari, in modo da affrettare il ritorno a normali condizioni di vita civile, la rinascita economica della Regione, l’eliminazione della piaga dei senza tetto e degli sfollati e la riduzione della disoccupazione».

Il Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. La ricostruzione dei paesi della Provincia di Frosinone, devastati dalla guerra, iniziata subito dopo la liberazione del territorio nazionale, ha formato oggetto di larghe previsioni di spesa nella compilazione del programma dei lavori da eseguire nell’esercizio finanziario in corso.

Infatti, per gli 82 Comuni che ricadono sotto la giurisdizione dell’ufficio del Genio civile di Frosinone è stata prevista la spesa di lire 4.925.000.000, delle quali lire 3.651.000.000 per riparazioni di danni bellici alle varie categorie di opere pubbliche, lire 158.000.000 per nuove opere idrauliche ed edilizie, lire 445.000.000 per costruzioni di case popolari e per l’I.N.C.I.S. e lire 671.000.000 per nuove opere di interesse degli Enti locali, ripartite per opere idrauliche, per opere stradali, per opere edilizie e per opere igieniche.

Per i 17 Comuni della Provincia che ricadono sotto la giurisdizione della Sezione autonoma del Genio civile di Cassino, è stata prevista la spesa di lire 5.176.000.000, delle quali lire 4.955.000.000 per riparazioni di danni bellici alle varie categorie di opere pubbliche e lire 221.000.000 per nuove opere di interessi degli Enti locali, di cui lire 65.000.000 per opere stradali, lire 74.000.000 per opere edilizie e lire 82.000.000 per opere igieniche.

Per quanto riguarda le opere idrauliche e di bonifica, è già in avanzato corso di esecuzione un vasto programma concordato con il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, per la bonifica della piana di Cassino, mediante la deviazione in un apposito allacciante delle acque alte del fiume Rapido e dei suoi affluenti montani.

Tutte le opere previste nel programma sono in sviluppo e, per affrettarne la realizzazione, si è affidata la progettazione dei piani di ricostruzione, degli edifici pubblici, degli ospedali e degli edifici scolastici a professionisti privati, che, in massima parte, hanno già presentato i loro elaborati.

In complesso, è stata prevista la somma di lire 10.101.000.000 per la ricostruzione della Provincia di Frosinone.

PRESIDENTE. L’onorevole Carboni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CARBONI. Sono grato all’onorevole Sottosegretario per le informazioni fornite circa gli stanziamenti di spesa e, soprattutto, gli sono grato per il suo personale interessamento.

La mia gratitudine va però in modo speciale all’onorevole Ministro, il quale come ho constatato in molteplici occasioni, si è sempre preoccupato ed interessato dei bisogni della mia provincia.

Però, come osservava e conveniva lo stesso onorevole Sottosegretario, se si può prendere atto delle imponenti somme stanziate e dei buoni propositi per affrettare la ricostruzione dei paesi devastati della provincia di Frosinone, non si può tacere che questi lavori non procedono con la dovuta celerità.

Si tratta di una delle province più devastate d’Italia: nel Cassinate vi sono paesi completamente rasi al suolo; e larghe zone mancanti delle condizioni più essenziali alla vita civile; nel resto della provincia comuni semidistrutti, dove mancano non soltanto scuole ed ospedali, ma anche acqua e luce.

Per far fronte a questi bisogni, per coprire le spese preventivate occorre procedere senza ritardo ai necessari stanziamenti; ed allora la mia preghiera va oltre la persona e le funzioni del Ministro dei lavori pubblici, al Governo, al Ministro del tesoro. Io penso però che l’acceleramento della ricostruzione, della provincia di Frosinone, non sia soltanto un problema finanziario, ma anche un problema di organizzazione. Il Sottosegretario accennava all’opportunità della costituzione di consorzi; io penso all’opportunità di decentrare i servizi che oggi sono troppo accentrati presso il Provveditorato delle opere pubbliche, gravato da una mole di lavoro superiore alle sue possibilità, superiore alle possibilità di un limitato numero di funzionari. Penso che una maggiore autonomia data agli uffici del Genio civile di Frosinone e di Cassino, la dotazione a quegli uffici di un quantitativo sufficiente di personale, lo snellimento dei servizi, l’abolizione di tutte quelle formalità burocratiche che oggi appesantiscono il funzionamento degli uffici, potrebbero giovare ad accelerare la ricostruzione, e soprattutto a dare un po’ di benessere a quelle popolazioni, che pazientemente attendono da due anni e mezzo.

Questa è una raccomandazione che io faccio al Ministro ed al Sottosegretario; è una invocazione all’attuazione di un improrogabile dovere di solidarietà verso coloro che della guerra hanno sofferto i danni più gravi.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Coccia, al Ministro dei trasporti, «per sapere se è intendimento del Ministero di abbandonare la ricostruzione quasi ultimata della stazione di Terontola per provvedere alla ricostruzione di quella di Camucia-Cortona, che diventerebbe la stazione di smistamento per Perugia. E ciò con enorme nocumento sia dell’Erario, che sarebbe gravato di una spesa notevolissima, sia della città di Perugia, le cui comunicazioni con il resto dell’Umbria subirebbero un maggior percorso di oltre 12 chilometri».

L’onorevole Jervolino, Sottosegretario di Stato per i trasporti, fa sapere di aver risposto per iscritto a questa interrogazione.

Intende l’onorevole interrogante dichiararsi soddisfatto della risposta scritta o mantiene l’interrogazione?

COCCIA. Rinuncio all’interrogazione perché la risposta è stata pienamente soddisfacente.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pastore Raffaele, al Ministro dell’interno, «per sapere se non creda necessario promuovere un’accurata inchiesta, con funzionario da inviarsi da Roma, circa lo scoppio di una bomba presso una chiesa a Bisceglie, avvenuto durante lo sciopero dei contadini in quel comune, onde poter procedere contro i responsabili».

L’onorevole Sotto segretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Lo scoppio di un tubo di gelatina avvenne a Bisceglie alle ore 0,30 del 2 agosto scorso, in via Prisari angolo Arco delle Monache, in occasione dello sciopero generale proclamato la sera antecedente dalla Camera del lavoro.

Per eseguire al riguardo un’accurata inchiesta, è stato inviato sul posto un Ispettore Generale del Ministero, e dalla sua relazione è risultato che l’esplosivo fu collocato nella grondaia all’angolo della base del palazzo delle scuole, sito presso la Chiesa di San Luigi e il Monastero delle Clarisse. La esplosione provocò la rottura dei vetri della Chiesa, del Convento, dell’Ufficio postale sito dirimpetto allo stabile attentato, e di molte abitazioni vicine. Si sono anche determinate lesioni e cadute di calcinacci nel monastero.

Tenuto conto della natura degli edifici esistenti nel luogo ove è avvenuto lo scoppio, deve desumersi che non si tratta di un attentato a scopo determinato, bensì di un atto terroristico.

Poiché la situazione ambientale era all’epoca molto tesa, e quel giorno 2 agosto l’ordine pubblico era particolarmente minacciato dallo sciopero in atto, un pattuglione di carabinieri provvedeva alla perlustrazione ed allo sblocco delle vie d’accesso al Comune sbarrate dagli scioperanti.

Fu in occasione di tali servizi tra l’una e le sei del mattino, sempre del 2 agosto, che sulla Via di Molfetta, fuori dell’abitato di Bisceglie, fu dai carabinieri sorpresa una squadra di dieci scioperanti, alcuni dei quali, all’intimazione del fermo, si dileguarono. Fra quelli rimasti, certo De Feudis Sabastiano fu trovato in possesso di gelatina con miccia, contenuta in un involucro di carta gialla, e fu dichiarato in arresto.

Sulla Via Nuova di Corato, in località Sant’Andrea, verso le 13,15, i carabinieri accertarono la presenza di altre squadre di scioperanti, composte di 15 elementi, molti dei quali, alla vista dei carabinieri, pure si dileguarono.

Furono arrestati certi Cappolocchia Giovanni, trovato anch’esso in possesso di esplosivo con miccia, e dell’Olio Antonio, trovato in possesso di una rivoltella a rotazione.

Sulla Via Vecchia di Corato, verso le ore 3,30, fu accertata la presenza di altra squadra di scioperanti, datasi anch’essa alla fuga. L’unico raggiunto fu trovato in possesso di un’accetta.

Tutti i predetti indiziati sono stati denunziati alla competente Autorità Giudiziaria di Bari, cui sono stati trasmessi anche gli atti concernenti le accuse formulate dal signor Porcelli Nicola, Commissario della Camera del lavoro di Bisceglie, in ordine allo scoppio dell’ordigno, a carico del qualunquista Antifora Sergio e di tali Lomanuzzi Mauro e Carulli Girolamo, nonché dei fratelli Patruno Leonardo, Mauro e Cesare.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PASTORE RAFFAELE. Prendo atto della risposta data dal Sottosegretario, la quale, pur, essendo giunta tardi, è pur sempre di attualità. Sono infatti frequenti nell’Italia meridionale gli agenti provocatori i quali, ogni qualvolta vedono che la quiete pubblica non è turbata dalle manifestazioni dei lavoratori, provocano incidenti. All’indomani dello scoppio della bomba, dalla Camera del lavoro furono denunziati i presunti autori, ma da parte dei carabinieri nulla si fece, né si poteva fare, data la loro connivenza coi reazionari del posto.

Leggo una lettera che la Camera del lavoro ha esibito al questore di Bari, che dimostra quale è l’interferenza che vi è tra i carabinieri ed i ricchi del posto.

«Legione dei Carabinieri di Bari – Stazione di Bisceglie.

Sig. Interlizzi (l’Interlizzi è un grosso commerciante del posto). Favorite al ragazzo un po’ di pasta, perché lei è troppo gentile. Scusate se approfittiamo; noi vi saremo sempre riconoscenti; la pasta è un po’ per i carabinieri e un po’ per la casa del maresciallo».

Ora io domando: quando l’arma dei Carabinieri è così legata ai signori del posto, come può fare il suo dovere? Appena è scoppiata la bomba, anziché perquisire coloro che erano stati indicati come autori, furono perquisiti migliaia di contadini e solo tre furono trovati in possesso di armi. Invece gli individui indicati dalla Camera del lavoro furono lasciati indisturbati.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Cevolotto, al Ministro dell’interno, «per sapere se sia vero che il prefetto di Roma sta per ricostituire l’amministrazione ordinaria dell’Istituto Margherita di Savoia per i ciechi, rinominando il vice presidente dell’Istituto nel periodo fascista e poi presidente nel periodo nazifascista (1944) e altri membri del vecchio Consiglio di amministrazione o loro stretti amici, mentre la gestione commissariale odierna ha accertato gravi responsabilità amministrative a carico di costoro, in quanto ha dovuto denunciare per peculato e altri delitti alcuni dirigenti dell’Istituto, e altro processo penale pende presso la Corte d’assise di Firenze (oltre una pratica per avocazione di profitti di regime) contro un precedente commissario e poi presidente dell’ente nel periodo in cui era vice presidente l’attuale maggior candidato. Per cui si potrebbe sospettare che le nomine in progetto – che risultano vivamente ed inopportunamente caldeggiate da elementi di qualche Ministero – siano dirette a impedire che si faccia luce sulle gravissime irregolarità di ogni genere che si sono verificate nella gestione dell’Istituto».

L’onorevole Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno, ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Con decreto 24 ottobre 1944 del Prefetto di Roma fu disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione dell’Ospizio Margherita di Savoia, in Roma, per donne cieche, con annessa scuola di metodo per gli educatori dei ciechi, gestita dal Ministero della pubblica istruzione, e fu nominato Commissario per la gestione straordinaria il dottor Carlo Innamorati.

Già nel giugno del corrente anno la Prefettura di Roma, alla quale era stata segnalata resistenza, fra l’amministrazione della opera pia e la direzione della scuola, di vivi contrasti che stavano per compromettere il buon andamento della scuola stessa, decise di procedere alla ricostituzione della ordinaria amministrazione dell’Istituto, ed all’uopo furono invitati gli enti indicati dallo statuto in vigore (Ministero dell’interno d’intesa con quello della pubblica istruzione, provincia di Roma e comune di Roma), a designare i propri rappresentanti in seno al Consiglio.

Effettivamente, tra i membri designati dai suddetti Enti figuravano due persone già facenti parte del precedente Consiglio disciolto, compreso l’ex presidente dell’ospizio, la cui nomina poteva non apparire opportuna, specie in relazione ad una denunzia pendente presso l’autorità giudiziaria a carico di alcuni dirigenti dell’Istituto per irregolarità accertate dall’amministrazione commissariale e riferentisi appunto all’epoca delle passate gestioni. Per queste considerazioni fu soprasseduto all’insediamento del nuovo Consiglio. Senonché, prolungandosi troppo la gestione commissariale, la Prefettura ha provveduto a riprendere le pratiche per la ricostituzione dell’amministrazione ordinaria, avendo cura di richiamare l’attenzione degli Enti, competenti secondo le norme statutarie a fare le nomine, sulla opportunità di tenere presente la suddetta situazione nel procedere alle rispettive designazioni.

PRESIDENTE L’onorevole Cevolotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CEVOLOTTO. Posso dichiararmi soddisfatto delle parole che ha pronunciato il Sottosegretario, in quanto è evidente che quella frase in cui ha detto che si è soprasseduto all’insediamento della nuova amministrazione, va completata con l’altra che si intende di modificare questo Consiglio d’amministrazione, non rinominando coloro che sono stati gli amministratori durante il periodo fascista e persino repubblichino.

Perché questo è il punto: noi vediamo troppi ex amministratori fascisti riprendere il loro posto ed è ora che questo sistema abbia a finire. (Applausi).

Bisogna che si abbia l’impressione che non è vero che i fascisti sono rimasti ai loro posti (Approvazioni) e che soltanto i Ministri o i deputati non sono più fascisti, quantunque io mi proponga di domandare che si formi un gruppo dei deputati che non sono stati mai iscritti né al fascio né ai sindacati. (Applausi a sinistra). Così ci conteremo.

Ad ogni modo, io voglio cogliere l’occasione per raccomandare che finalmente in tutte le amministrazioni sia fatta pulizia, e che gli ex fascisti siano tolti da tutti i posti che comunque importino responsabilità. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Miccolis, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere quali provvedimenti intende di adottare: a) per sanare il dissidio esistente, in materia di competenza professionale, fra laureati ingegneri e diplomati di Istituti secondari, nell’esercizio della libera professione e negli incarichi conferiti in uffici tecnici governativi; b) per venire incontro alla imperante disoccupazione di tecnici maggiori e minori a causa degli inconvenienti denunziati dall’Associazione nazionale ingegneri ed architetti italiani ed a causa dell’arresto di ogni iniziativa privata in materia edilizia».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. La competenza professionale dei geometri è quella specificatamente indicata dal Regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274, concernente il regolamento per la professione di geometra.

Detto decreto, all’articolo 16, elenca in dettaglio le attività che i geometri possono svolgere nel loro esercizio professionale, attività commisurate agli studi percorsi per il conseguimento del titolo.

Purché l’attività dei geometri sia circoscritta nei limiti specificati dalla legge, non può sussistere dissidio di competenza professionale fra diplomati presso istituti secondari e laureati, ai quali è invece riservata, se ingegneri, la più ampia attività tecnica in ogni campo, e, se architetti, quella più ristretta nel campo delle costruzioni civili, come è riconosciuto dall’articolo 51 del Regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, che approva il regolamento per la professione di ingegnere e architetto.

Il Ministero dei lavori pubblici, allo scopo di andare incontro alla disoccupazione dei tecnici liberi professionisti, e per conseguire una maggiore rapidità negli interventi tecnici per l’esecuzione delle opere, non ha mancato di impartire disposizioni agli ingegneri capi degli uffici del Genio civile autorizzandoli ad avvalersi dell’opera di liberi professionisti per la progettazione delle opere di competenza degli enti locali, ed, in via eccezionale, anche per la direzione e conduzione dei lavori, specialmente allorquando il personale degli uffici del Genio civile risulti insufficiente a provvedere direttamente alla vera e propria esecuzione delle opere.

PRESIDENTE. L’onorevole Miccolis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MICCOLIS. Potrei dichiararmi soddisfatto se la questione prospettata non andasse al di là di una semplice interrogazione. Noi abbiamo in Italia periti industriali e geometri che, nell’ambito della legge, appunto, hanno certi indefiniti limiti per i quali non è perfettamente stabilito fin dove il geometra può o non deve arrivare. Negli uffici accade spesso che, a capo di un reparto, dove dovrebbe esservi un ingegnere, c’è invece un geometra.

Ma, a parte queste considerazioni, va osservato un fatto strano. Mentre geometri e periti industriali hanno, entro non determinati limiti, la possibilità di esercitare la professione di ingegnere, essi sono poi nella condizione di non poter varcare le soglie dell’Università. Ogni anno si ripete la protesta di giovani iscritti agli Istituti tecnici che domandano, a buon diritto, di poter continuare i loro studi.

È questo un punto che va chiarito ed eliminato.

Circa poi la seconda parte, che riguarda la disoccupazione da cui è afflitta la classe tecnica, noi osserviamo che in questo momento, quando si stanno eseguendo non poche opere per miliardi e miliardi di lire d’importo, in Italia non esiste effettivamente un piano prestabilito di lavori, talché molte opere si costruiscono senza la base di reali progetti.

L’onorevole Sottosegretario accennava appunto alle convenzioni dei comuni. Vi sono dei comuni che una circolare del Ministro dei lavori pubblici considera come non sufficientemente attrezzati, e che non sono in condizioni di poter fare progetti. Ebbene, questi comuni si rivolgono effettivamente al Genio civile, e il Genio civile si rivolge ad un ingegnere o ad un geometra, perché spesso non riesce a fare la distinzione di quella che è la competenza dell’uno o dell’altro, ed allora, in base ad una convenzione, si attende che il progetto possa avere la sua realizzazione.

Purtroppo, onorevole Sottosegretario, queste convenzioni si perdono per le vie burocratiche. A me risulta che molte dovrebbero essere in via di realizzazione, ma invece non ritornano approvate, perché pare che, niente di meno, vadano al Consiglio Superiore.

Ora, negli uffici del Genio civile, accade che un geometra od ingegnere ha l’incarico della direzione di lavori per decine di milioni di importo. Questo pover’uomo – così bisogna chiamarlo – non è in condizioni neppure di fare la contabilità, e figuriamoci se può dirigere l’esecuzione dei lavori. Se ne lamentano anche le stesse ditte, nonostante che dall’assenza degli ingegneri sul posto esse trovino motivo di approfittare.

Ora bisogna domandarsi: è mai possibile che se gli uffici del Genio civile hanno bisogno di personale idoneo, non possano e debbano provvedersene?

È possibile che l’ordinamento, le circolari, il funzionamento del Ministero non siano semplificati in modo che i professionisti liberi possano intervenire alle opere, invece di restare disoccupati a casa?

È da osservare ancora che vi sono degli uffici tecnici, che in questo momento possono considerarsi anch’essi disoccupati, mentre per i lavori di ricostruzione affidati agli uffici tecnici comunali si stanno commettendo non pochi errori.

Ricapitolando, noi desideriamo che sia chiarita la situazione dei periti industriali e geometri in rapporto al proseguimento degli studi e che sia reso possibile ai nostri tecnici di intervenire validamente nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori di ricostruzione.

PRESIDENTE. Seguono due interrogazioni dell’onorevole Bibolotti al Ministro dell’industria e del commercio:

la prima, «per sapere se intende affrontare e risolvere, nell’interesse dell’economia nazionale, il problema di una vasta ripresa della industria marmifera, atteso che essa è stata gravemente danneggiata dalla politica monopolistica prima, di autarchia e di guerra poi, praticata dal fascismo. E se non ritenga doveroso verso quelle patriottiche popolazioni, duramente provate da ben otto mesi di guerra (testa tirrenica della linea gotica) favorire l’impiego dei marmi apuani nel mercato interno e la loro esportazione verso i tradizionali mercati d’oltr’alpe e d’oltre oceano, adottando intanto, d’urgenza, di concerto coi Ministri interessati, misure atte a non lasciar disperdere il patrimonio delle maestranze specializzate nella escavazione, nel trasporto, e specialmente nella lavorazione artistica dei nostri marmi»;

la seconda, «per sapere che cosa intende fare per favorire la ripresa di attività produttiva della «Zona industriale» di Apuania, grandemente danneggiata dalle operazioni belliche, e più particolarmente: 1°) se intende favorire e promuovere il ritorno del macchinario rubato dai nazifascisti, da essi trasportato al Nord ed attualmente trattenutovi da ditte capitalistiche soltanto sollecite dei loro interessi egoistici; 2°) se intende provvedere il carbone metallurgico indispensabile alla riattivazione dello stabilimento «Cokapuania», dal quale dipende la ripresa di numerose altre attività produttive».

L’onorevole Sottosegretario per l’industria e il commercio ha facoltà di rispondere.

TREMELLONI, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio. Per quanto riguarda la prima interrogazione, credo che l’onorevole interrogante, il quale si riferisce ai danni che l’industria marmifera ha avuto dalla politica autarchica del regime fascista, non intenda proporre provvedimenti di carattere autarchico. Nelle possibilità di intervento da parte dello Stato noi dobbiamo distinguere quelle che si limitano a ridurre le difficoltà esistenti dal lato dell’offerta, e quelle che viceversa tendono a limitare le difficoltà sorgenti dalla limitazione della domanda.

Per quanto riflette l’estrema limitazione della domanda nel campo dell’industria marmifera, non ho bisogno di sottolineare che è assai difficile incrementare artificialmente una domanda di beni strumentali. È quindi necessario cercare di facilitare in ogni modo la penetrazione dei nostri marmi nei mercati nei quali la domanda possa essere riattivata.

A questo proposito sono in corso studi col Ministero del commercio estero, e sarà cura del Ministero dell’industria di affrettare questi studi. Osta, però, la difficoltà insita nel fatto che i marmi sono beni strumentali pesanti e che attualmente le difficoltà dei trasporti consentono che i trasporti avvengano soprattutto per merci leggiere, comunque non per merci così dette povere. Ad ogni modo, anche sotto questo aspetto, sono in corso col Ministero dei trasporti trattative per cercare di venire incontro a questa categoria industriale. Vi possono essere invece delle facilitazioni di carattere fiscale. A questo proposito è stato di recente emanato un provvedimento legislativo, a cura del Ministero delle finanze, col quale vengono prorogate fino al 31 dicembre 1946 le agevolazioni fiscali della industria e del commercio dei marmi apuani, previste nella legge 23 marzo 1940, n. 285. Mi auguro che queste facilitazioni possano essere rinnovate alla scadenza.

Per quanto riflette la seconda interrogazione, che è di carattere più vasto, rispondo che ai fini della ricostruzione della zona industriale di Apuania, particolarmente danneggiata dalla guerra, nonché per favorire l’incremento delle industrie ed il sorgere di nuovi stabilimenti in una località particolarmente affetta dalla disoccupazione per la crisi dell’industria marmifera, era allo studio del Ministero la costituzione di un Ente per la zona di Apuania, con una dotazione di lire cento milioni sul bilancio statale, e con la potestà contributiva sulle risorse locali.

Si è rilevato, nel corso degli studi preparatori del provvedimento, come la creazione di un ente «ad hoc» sarebbe particolarmente costosa per quanto riguarda le spese di impianto e di esercizio, venendosi così ad assorbire, infruttuosamente, parte considerevole dei cespiti attivi.

Si è allora sentito il parere del Ministero dell’interno, circa la possibilità di una riunificazione dei tre comuni di Massa, Carrara, e Montignoso, costituenti il territorio della zona, o quanto meno di consorziarli obbligatoriamente per meglio raggiungere i fini dell’Ente.

Nell’attesa gli studi progrediscono, e si sta considerando la possibilità di fare un consorzio con ampli poteri, di carattere aperto, cui partecipino gli enti pubblici territoriali e alcuni enti finanziari.

Per il recupero del macchinario asportato oltre frontiera, è in corso un’azione concordata col Ministero degli esteri presso le Autorità militari alleate che occupano la Germania: non è dato prevedere quali potranno essere i risultati.

Per il recupero del macchinario asportato al Nord, ogni azione è per legge demandata all’A.R.A.R.; per gli impianti integralmente trasferiti al Nord ed ivi funzionanti durante l’occupazione tedesca non esistono norme cogenti per il rientro in sede, all’infuori di un voto del C.L.N. dell’Alta Italia.

In quanto riflette la riattivazione dello stabilimento «Cokapuania», l’assegnazione di fossile per la riattivazione di questa cokeria è già stata deliberata dal Ministero, che si è trovato però imprevedutamente impedito dall’attuarla, a causa delle nuove più incisive restrizioni imposte dai mancati arrivi dalla America per effetto dello sciopero minerario.

Infine, per quanto riflette le tariffe ferroviarie, è stato chiesto il ripristino delle agevolazioni ferroviarie per i servizi della zona industriale. La materia non rientra nella disposizione del Ministero dell’industria; esso ha però girato la richiesta al Ministero dei trasporti, che peraltro non risulterebbe, al momento, favorevole.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BIBOLOTTI. Pur dando atto della buona volontà del Ministro e del Sottosegretario che mi ha risposto, non posso dichiararmi completamente soddisfatto. Non lo posso, perché noi ci troviamo di fronte ad un problema sul quale io desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea.

L’Apuania è una regione di tipo particolare, che aveva conosciuto negli anni passati grande prosperità, anni lontani, se vogliamo, anni del prefascismo, quando in quella regione era assolutamente sconosciuto il reato contro la proprietà, quando i lavoratori, relativamente agli altri lavoratori di Italia, vivevano in condizioni notevolmente vantaggiose.

Si è che quell’industria è una industria di pace, è un’industria di lusso, se noi vogliamo, è un’industria che, attraverso i secoli e potremmo dire attraverso i millenni, ha avuto la possibilità di prosperare tutte le volte che i rapporti internazionali sono stati rapporti pacifici, di collaborazione e di scambio.

Anche nella regione marmifera il fascismo è passato come un ciclone devastatore, con la sua politica autarchica. Io sono ben lontano dal volerla ripristinare, perché è una politica di minaccia agli altri popoli; essa portò, e non poteva che portare, come conseguenza, restrizioni nel campo doganale, difficoltà negli scambi, ed acutizzazione nei rapporti internazionali.

Questa regione che viveva in condizioni che le permettevano di mai chiedere nulla al Governo, ma di contribuire largamente all’erario statale, è ridotta oggi, e non solo da oggi, ma da un ventennio, in una situazione insostenibile.

Arrestata l’esportazione, reso sempre più difficile l’impiego dei marmi all’interno per la politica di autarchia che aveva fatto crescere enormemente il costo di produzione, che aveva fermato lo sviluppo della tecnica, che aveva distrutto ogni iniziativa di organizzazione, questa industria è venuta isterilendosi e quel popolo, che conosceva prima la prosperità, venne ridotto, intorno al 1930-31, in una situazione ben più grave ancora di quella nella quale si trova attualmente.

I vecchi lavoratori del marmo ricordano e dichiarano ancor oggi che stanno molto male attualmente, perché hanno tanto sofferto per le conseguenze della guerra, ma hanno sofferto ancor di più quando il fascismo, appunto, con la sua politica economica di autarchia, li condusse alla miseria. A profitto di chi o di che cosa? C’è il ricordo di un consorzio, che non fu un consorzio di comuni, ma di grossi industriali, di un numero così ristretto di famiglie che i miei concittadini individuano in tre nomi: Ricci, Figaia, Dell’Amico.

Qualcuno di questi è ancora a Regina Coeli in attesa di giudizio; v’è l’educatore dei figli del duce, capo dello squadrismo locale, il massacratore di quella popolazione. Costoro spogliarono inizialmente i piccoli e medi proprietari, e condussero una politica di generale spoliazione.

Ma quasi a voler documentare, proprio in quella regione, la verità della dottrina marxista, gli espropriatori a loro volta vennero espropriati da una sopraggiunta più forte società capitalistica, che i miei paesani chiamano la piovra: la «Montecatini». Essa fece «tabula rasa», gettò nella miseria coloro che prima erano nell’agiatezza, e non parlo dei lavoratori soltanto, ma degli stessi industriali. La rovina fu completa e la popolazione venne gettata nella miseria, quasi in regime schiavistico. La miseria si aggiunse alla miseria. Era la debilitazione.

Tuttavia il fascismo fu obbligato a cercare una soluzione – e qui mi riferisco alla seconda mia interrogazione – a creare intorno al 1939 una zona industriale franca, beneficiante di tariffe particolari ferroviarie, di esenzioni fiscali, perché si sentiva che il problema sociale si imponeva e chiedeva una soluzione. E la «zona industriale» fu creata e concepita nello spirito di farne un centro di produzione bellica. Ma noi sappiamo che non c’è macchina, non c’è stabilimento che non possano essere trasformati e destinati ad una produzione di pace anche se concepiti per la guerra.

Ora, in che cosa io non sono soddisfatto, onorevole Tremelloni? Non sono soddisfatto perché mi pare di notare nella sua risposta una certa qual rassegnazione: lusso, merci pesanti, crisi che dura da molti anni! No, onorevole Tremelloni, non appena crollato il fascismo, non appena finita la guerra, non appena si avverte un barlume di speranza nei rapporti pacifici dei popoli, le richieste di spedizione dei marmi sono accresciute e si accrescono continuamente.

È possibile andare incontro a queste richieste? Sì, sebbene si tratti di materiali pesanti, perché i marmi furono sempre spediti nel passato come zavorra per caricare i piroscafi, che venivano a Genova e a Livorno carichi di carbone o di altre merci.

Ma c’è un’altra cosa. È necessario che il Governo intervenga per consorziare i comuni di tutta la regione marmifera, o li obblighi a consorziarsi.

Perché il ritorno alle condizioni antefascismo non significa progresso; significa tornare indietro. Oggi la situazione è statica. Il costo di produzione è troppo elevato. Come ridurlo, se non si organizza meglio l’escavazione, la lavorazione, il trasporto e la stessa esportazione? È necessario che un ente sorga ed operi per l’abbandono della vecchia pratica, passiva e parassitaria: quella, cioè, di attendere che si venga dall’America o dall’Inghilterra a chiedere il nostro marmo.

Il marmo è una merce come un’altra. Bisogna portarlo sul luogo di consumo. Nessun comune oggi, singolarmente, nessun industriale singolo prenderebbe, ad esempio, l’iniziativa di creare delle «case del marmo», delle mostre permanenti a Roma, Firenze o in altre città di grande consumo, in Italia e fuori d’Italia.

Noi siamo ospiti di questo grande palazzo. Ebbene, tutti possiamo constatare ogni giorno di quale bellezza sia strumento il nostro marmo apuano: dalla statuaria all’architettura, al pavimento, sul quale camminiamo. Ebbene, a nome del popolo che rappresento e a nome anche dei miei colleghi, onorevoli Lami, Amadei e Angelini, chiedo che il Governo rivolga la sua attenzione a quella regione.

Quello che il Governo dà oggi, lo riprenderà domani attraverso l’Erario.

Bisogna creare questo ente, che studii ed escogiti le misure da prendere e che non saranno mai prese né dall’iniziativa industriale, né dai singoli comuni.

È una vasta regione, la cui economia è unica ed inscindibile.

Quindi, vorrei che il Ministro si ponesse su questa via, studiasse questo provvedimento e avviasse a soluzione questo problema.

Al problema dell’industria marmifera si aggiunge necessariamente quello della zona industriale. Ma una parola ancora per l’industria del marmo.

In questi giorni si stano trattando i rapporti commerciali con la Francia. So che gli industriali del marmo hanno chiesto l’inclusione del marmo fra le merci italiane da esportare. È stata fatta la cifra di 30 mila tonnellate, cosa irrisoria, ma servirà come avviamento.

Mi auguro che il Ministero del commercio estero e quello degli affari esteri tengano conto dei bisogni di quelle popolazioni, che hanno subito il massimo di pressione bellica, essendo state obbligate ad evacuare le città, per mesi e mesi; e quando son tornate dai monti, ove i partigiani hanno salvato gli impianti, non hanno più trovato le loro case, oppure le hanno trovate completamente vuote, perché saccheggiate.

Per la zona industriale, mi si dice di segnalare i casi di asportazione di macchinari. C’è un Comitato a Massa che, del resto, il Ministro Morandi conosce. Esso segnala, giorno per giorno, attraverso la stampa, e direttamente, le macchine portate via che non sono tutte in Germania. Vennero acquistate a condizioni fiscali di favore e di privilegio. Gli industriali acquirenti hanno l’obbligo materiale e morale di riportarle nel luogo di produzione. Invece, quelle macchine vengono trattenute in centri del Settentrione, perché al capitalista fa più comodo utilizzarle, per esempio, a Dalmine che a Massa Carrara, dove c’è la miseria e ci sono altre difficoltà.

Il favorire l’industria del marmo e la ripresa della zona industriale apuana costituisce ottimo investimento per la finanza dello Stato, poiché si tratta di una industria di esportazione che renderà domani il 100 per cento all’Erario ciò che esso avrà ricevuto, come lo ha fatto sempre per decenni, per lunga tradizione.

Quelle popolazioni attendono. Esse hanno salutato con gioia la visita del Ministro Morandi. Sono popolazioni repubblicane per tradizione, sono fiere popolazioni disposte a dare tutte se stesse per la Patria repubblicana, ma in questo momento non possono fare affidamento che sulla solidarietà nazionale.

Si prendano dunque in esame questi problemi, si osservino e studino con intelletto d’amore, si pensi a queste popolazioni ridotte alla fame e si vedrà ciò che è possibile di fare. Voi vedrete che avrete tutta la collaborazione da parte di queste popolazioni, senza distinzione di partito politico. Io vi chiedo, dunque, amici del Governo: studiate questo problema e portatelo a soluzione. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tremelloni, Sottosegretario di Stato per l’industria e commercio. Ne ha facoltà.

TREMELLONI, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio. Posso assicurare l’onorevole interrogante, anche a nome del Ministero del commercio estero, che i due Ministeri uniti, insieme a quelli dei trasporti e delle finanze, studieranno la questione cosi come l’ha posta l’onorevole interrogante.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno.

Presidenza del Presidente SARAGAT

Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno. (Doc. III, n. 3).

Apro la discussione sulla relazione presentata dalla Giunta delle elezioni. Ha chiesto di parlare l’onorevole Vito Reale. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Onorevoli colleghi, è per impegno di coerenza che prendo la parola. Ieri abbiamo discusso a lungo se l’ingegnere Visocchi, concessionario di derivazione di acque per forza motrice, potesse o non potesse essere dichiarato eleggibile.

Oggi si presenta all’esame dell’Assemblea Costituente un caso analogo: l’onorevole Carmine De Martino, infatti, è concessionario di linee automobilistiche e di linee di trasporti, e per questo deve onestamente riconoscere che non esiste per lui una ragione di eleggibilità. Egli è inoltre concessionario di licenze per la coltivazione di tabacchi e questo, a mio giudizio, crea un rapporto che lo rende assolutamente ed evidentemente ineleggibile.

La relazione della Giunta, di fronte a questa situazione di fatto, crede di poter eliminare le ragioni di ineleggibilità con queste considerazioni: «Le cosiddette concessioni speciali per la coltivazione e la prima manipolazione del tabacco debbono precisamente essere considerate come «concessioni-autorizzazioni». Esse infatti non trasferiscono beni od attività proprie dello Stato, bensì consentono a privati di coltivare e conservare le foglie sino alla consegna, con licenze, come risulta specificatamente dalla intestazione dei moduli relativi alle predette concessioni speciali. E per maggiormente convincerci di questo basta ricordare che le norme che disciplinano la coltura e la prima manipolazione del tabacco sono contenute in una legge generale dello Stato».

Io domando a quelli che mi ascoltano se le concessioni di derivazione di acque pubbliche non erano egualmente previste e disciplinate in lunghe leggi organiche e con disciplinari che stabilivano in ogni particolare la regolamentazione di queste concessioni.

Ma il punto delicato, che sta a stabilire la profonda diversità, non è nell’atto e nel momento in cui lo Stato rilascia le concessioni di coltivazione. Il rapporto di affari, cioè la possibilità del sorgere di una situazione di contrastanti interessi incomincia non quando il privato riceve l’autorizzazione alla coltivazione, ma nel momento in cui il coltivatore consegna il prodotto all’amministrazione, alla gestione del monopolio. Il coltivatore non può che consegnare al monopolio e, nell’atto che consegna, sorge un vero e proprio rapporto d’affari, sorge una situazione di permanente ed evidente contrasto di interessi. Il coltivatore ha interesse che tutta la quantità coltivata, e che ha ricevuto la prima manipolazione, sia ricevuta dall’Amministrazione del monopolio e l’Amministrazione del monopolio potrebbe – e chi sa quante volte dovrebbe – respingere il manufatto stesso.

Ma questo non basta: non è soltanto limitato l’esame degli organi della pubblica Amministrazione alla ricevibilità della merce; ma questa è sottoposta ad un altro più profondo e delicato esame. Vi sono ben cinque categorie e ad ogni categoria corrisponde un prezzo diverso, per cui chi consegna la merce ha l’interesse evidente di fare in modo che la merce sia classificata di prima, anziché di ultima categoria, perché alla prima devesi corrispondere e si corrisponde un prezzo più alto di quello che si può e si deve corrispondere se la merce fosse catalogata e classificata in una categoria diversa e differente.

Io parlo ad uomini esperti e quindi non ho bisogno di insistere per dimostrare quanto in questa materia possa influire il giudizio dell’amministrazione e come la veste del concessionario, rivestito di un’alta autorità, possa determinare il giudizio dell’amministrazione per il riconoscimento della merce.

Signori, qui si parla sempre di democrazia, si parla sempre di rinascente movimento verso la democrazia, ma ricordino gli onorevoli colleghi che si preparano – in aperto contrasto col voto di ieri – a dare il voto favorevole a questa elezione, che la democrazia sarà vitale se avrà per fondamento la moralità e la giustizia; diversamente assisteremo ad amare, profonde delusioni. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Corsanego. Ne ha facoltà.

CORSANEGO. Onorevoli colleghi, abbiamo avuto l’impressione che l’onorevole Reale abbia voluto tentare di fare una difesa postuma della elezione dell’ingegner Visocchi, poiché egli – se ben ricordo – fin da ieri aveva chiesto con una mozione che fossero insieme discusse le convalide degli onorevoli Visocchi e De Martino. Oggi egli ha tentato di puntare i suoi strali contro la convalida dell’onorevole De Martino, ponendo in raffronto la situazione di fatto e di diritto dell’onorevole De Martino ancora con quella dell’onorevole Visocchi. Ora, la posizione dell’onorevole De Martino in questa questione della convalida della sua elezione, non soltanto è diversa da quella dell’onorevole Visocchi, e si trova in condizioni migliori, ma è molto più semplice. Non fa bisogno in questo caso ricorrere alla dotta esegesi, che è stata fatta ieri dell’articolo 11 della legge elettorale che governa, oggi, le elezioni, perché l’onorevole De Martino non è – come ha detto inesattamente l’onorevole Reale – concessionario di linee filoviarie; l’onorevole De Martino non è – come ha detto inesattamente l’onorevole Reale – concessionario di licenza di coltivazione di tabacco. Perché? Perché l’onorevole De Martino è soltanto l’accomandatario di una società, ed esattamente della Società agricola industriale meridionale… (Commenti).

Una voce. Giuochi di prestigio!

CORSANEGO. …la quale ha in concessione sia le linee filoviarie, sia la coltivazione del tabacco. Non è concessionario personalmente, e quindi non si può applicare la prima parte dell’articolo 11, la quale dice esattamente: «Non sono eleggibili «coloro» che siano vincolati con lo Stato per concessioni o contratti di opere o di somministrazioni». Questo «coloro» evidentemente si riferisce alle persone fisiche. Per quello che si riferisce poi agli amministratori c’è la seconda parte dell’articolo che pone una condizione perché gli amministratori di una società, che ha rapporti di concessioni o contratti di opere o di somministrazioni, non possono essere eleggibili; e questa condizione è che le società siano sussidiate dallo Stato. Questo dice la legge. E la legge dice anche che questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato.

Ora, qui ci troviamo di fronte al titolare non di una concessione, ma di una società, la S.A.I.M., la quale ha una concessione speciale di licenza per la coltivazione e la prima cura delle foglie di tabacco, con l’obbligo di conferire tutto quanto il prodotto al monopolio. Che cosa fa la S.A.I.M.? Fa quello che ogni coltivatore di grano, di olio e di riso fa normalmente: ogni coltivatore di grano, di olio o di riso, conferisce all’ammasso il suo prodotto; e così colui che ha la licenza di coltivare tabacco, conferisce tutto il suo prodotto all’ammasso. E, badate, onorevoli colleghi, allo stesso prezzo d’imperio che è prezzo d’imperio come per il grano, l’olio ed il riso. Non c’è possibilità di contrattazioni, perché, come noi consumatori non possiamo dire al tabaccaio che ci dà la modesta razione di tabacchi, che ce l’aumenti e diminuisca di prezzo perché siamo deputati, così colui che consegna le foglie di tabacco al monopolio non può ottenere un centesimo di più dal monopolio, se è deputato.

Ora, la Giunta delle elezioni, la quale è composta – come voi tutti sapete – dei rappresentanti di tutti i partiti, che proporzionalmente riproducono in piccolo le diverse forze di questa Camera, la Giunta delle elezioni, che va quindi dall’estrema destra – con l’onorevole Lucifero, in questo caso – all’estrema sinistra – con l’onorevole signorina Iotti – che è composta di uomini di fama come il professore Calamandrei, di uomini politici ed autorevoli, come l’onorevole Piccioni, si è pronunciata in favore della convalida.

Chi fu il Relatore di questa causa? Fu uno dei più autorevoli esponenti del partito socialista, l’onorevole Pertini; il quale, nella sua obiettività e con la maggioranza assoluta dei suoi colleghi, ha dichiarato che non si può non convalidare l’elezione dell’onorevole De Martino. Ieri, l’onorevole Bertini, presidente della Giunta per le elezioni, vi ha detto, con parola eloquente e grave che, se la Camera ha tutto il diritto di discutere anche le conclusioni della Giunta delle elezioni, pur quando la Giunta delle elezioni, nella sua stragrande maggioranza, quasi anzi all’unanimità, si è pronunciata in favore della convalida, c’è veramente una grande presunzione a favore. La Giunta ha concluso i suoi lavori esaminando ed applicando obiettivamente l’articolo 11 della legge ed ha concluso con queste parole testuali: «Esaminato obiettivamente, nei confronti dell’onorevole De Martino, l’articolo 11, non si poteva non giungere alla convalida dell’onorevole De Martino». E sapete perché? Perché la concessione, o meglio la licenza di coltivare e curare le foglie di tabacco, è una semplice autorizzazione che non fa amministrare beni demaniali, tanto vero, che essa è concessa con un modulo ove è scritto: «modulo di licenza» e che riguarda quindi l’oggetto della concessione. Ora noi abbiamo questo fatto certo: le norme che disciplinano tutta l’attività di colui che riceve una licenza sono contenute in una norma generale dello Stato che va dal permesso di coltivazione alla fissazione del prezzo, senza possibilità di intervento dell’interessato. Tale prezzo è indistintamente uguale per tutti; non vi è quindi un capitolato d’appalto; non vi sono clausole speciali. È stato detto dall’onorevole Reale: ma, al momento della consegna, lo Stato fa una cernita delle diverse qualità. Sì, rispondiamo, proprio come quando si consegna del riso all’ammasso. Per quanto poi riguarda la concessione della filovia, anche qui ripetiamo: l’onorevole De Martino non è il concessionario di una filovia; è soltanto concessionaria la società. Ora la Giunta ha escluso tassativamente che si possa parlare di incompatibilità, non avendo mai la società che gestisce questa filovia ricevuto alcun contributo dallo Stato e ciò perché la società vi ha legalmente ed espressamente rinunciato. Quindi noi abbiamo l’esercizio di una filovia, che non ha mai ricevuto e non riceverà mai aiuti dallo Stato, e che di conseguenza non graverà di un centesimo sulle casse dello Stato, mentre tutte le altre società analoghe sono passive. Ho qui un giornale in cui si dice che una Commissione di tranvieri napoletani è venuta a Roma per chiedere provvedimenti per sanare il deficit di 80 milioni al mese di quell’azienda tranviaria. Io penso che, dinanzi a un’azienda che non chiede nulla, non si possa dire né sostenere che vi sia un’incompatibilità per una elezione a deputato. Ma tutto questo che noi abbiamo detto è in fondo superfluo, perché basta leggere attentamente l’articolo 11, dove sono fatti chiaramente due casi: il primo caso è quello della persona fisica che abbia direttamente una concessione dallo Stato e questo non è il caso dell’onorevole De Martino. Il secondo è quello delle società e per questo si dice espressamente che l’amministratore delle società in tanto è escluso dalla eleggibilità in quanto queste società abbiano un sussidio ed un concorso dello Stato.

Nel nostro caso non c’è nessun sussidio e nessun concorso dello Stato; quindi manca l’elemento fondamentale voluto dalla legge e pertanto l’elezione dell’onorevole De Martino è valida.

Inutile fare perorazioni eloquenti per ricordare che l’onorevole De Martino è l’anima della ricostruzione nella regione salernitana, che è stato il primo eletto non della zona, ma di tutta la circoscrizione, con 40.410 voti, in quanto tutto questo non varrebbe se fossero applicabili le norme dell’articolo 11; ma l’articolo 11 non è applicabile a questo caso. Quindi confido che la Camera vorrà convalidare, in conformità alle decisioni della Giunta delle elezioni, l’elezione dell’onorevole De Martino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Rescigno. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Quale deputato della circoscrizione Salerno-Avellino, sento il dovere di rilevare che al fondamento giuridico sul quale riposa la convalida dell’onorevole De Martino, fondamento giuridico costituito dal fatto che la concessione della coltivazione e della prima lavorazione del tabacco è da ritenersi piuttosto un’autorizzazione che non una concessione vera e propria, ed al profilo sociale, che per me distingue soprattutto il caso dell’onorevole De Martino da quello dell’onorevole Visocchi, profilo sociale che si concreta nel fatto che la società di cui l’onorevole De Martino è amministratore rende in sostanza un servizio alla collettività, laddove invece l’onorevole Visocchi dallo Stato riceveva beni, come acque pubbliche e patrimonio minerario dello Stato, a questi due fondamenti corrisponde perfettamente un fondamento morale, costituito non solo dalla volontà espressa dal corpo elettorale con ben 40.710 voti preferenziali, ma dal desiderio e dall’aspettativa di tutti i cittadini della provincia di Salerno, la quale, mercé l’attività intelligente ed alacre dell’onorevole De Martino, si è potuta collocare veramente fra i primi posti, sia nell’opera di riassorbimento della disoccupazione, sia nell’opera della ricostruzione nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cianca. Ne ha facoltà.

CIANCA. Avrei anch’io delle obiezioni da fare alle conclusioni cui è arrivata la Giunta delle elezioni nel caso sottoposto al nostro esame; ma mi rendo conto che la Giunta, di cui nella discussione che si è svolta ieri tutti hanno giustamente lodato l’alto spirito di obiettività, è pervenuta a quelle conclusioni in base agli elementi di fatto che erano in suo possesso.

Ora io chiedo se alla Giunta delle elezioni sia risultato, come a noi risulta, che l’esercizio delle filovie di cui è proprietaria la società amministrata da Carmine De Martino, si svolge non in sede propria, ma su strada nazionale; se sia vero che su questa strada la società abbia stabilito impianti aerei e terrestri. Ove questo risultasse alla Giunta, è evidente che ci si troverebbe di fronte ad un caso tipico di concessione di uso di beni demaniali, cioè di fronte ad un problema che la Camera ha ieri risolto nel modo già noto. Ecco perché, senza entrare nel merito di tutti i motivi che sono stati accennati nella brevissima discussione, io mi permetto di chiedere che la Giunta delle elezioni sia invitata a riesaminare il problema, tenendo conto degli elementi di fatto che noi abbiamo sottoposti alla sua attenzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Bellavista.

BELLAVISTA. Aderisco a quanto ha proposto l’onorevole Cianca in relazione al riesame da parte della Giunta e svolgo brevi considerazioni contro la convalida dell’onorevole Carmine De Martino, per quanto attiene la seconda parte del reclamo, cioè la concessione della coltivazione di tabacco. L’argomento che io trovo contro la convalida me lo dà lo stesso relatore in un onesto periodo, del quale gli do atto, che è nella stessa relazione e che confessa un legame di interessi esistente fra il De Martino e lo Stato.

Dice il relatore onorevole Pertini, che è per la esclusione della ineleggibilità: «Ci preme aggiungere che se si vuole veramente moralizzare il costume parlamentare politico, sarà necessario dar vita ad una nuova legge elettorale più drastica in questa materia e per cui si possa dichiarare ineleggibile chiunque sia vincolato da interessi con lo Stato».

Se io mal non leggo, dunque l’interesse lega De Martino, eletto deputato, nella qualità di concessionario o autorizzatario, se meglio vi piace, con lo Stato stesso. Questo interesse c’è. Crede l’onorevole relatore che non raggiunga quella rilevanza prevista dall’articolo 11? Ma la semplice contrapposizione al caso Visocchi, giudicato dall’Assemblea ieri, ci denunzia la somiglianza e ci impone l’applicazione analogica. Accomandatario quello, accomandatario questo. Malgrado non sia sorto a parlare l’onorevole Molè, perché non è nell’aula, quest’aula stessa è piena della nobile eco delle sue parole che volevano circondare i membri di questa Assemblea della stessa aura di castità della moglie di Cesare. In virtù degli stessi argomenti che furono detti contro Visocchi e che Molè espresse in questa Assemblea, oggi dobbiamo votare contro la convalida di Carmine De Martino, che è legato da vincoli di interesse economico con lo Stato, come lo stesso Relatore della Giunta riconosce.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni. Ne ha facoltà.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni. Se avessi voglia di discutere in merito alla contestazione, potrei fare agevolmente giustizia di molte parole grosse o inconsistenti che sono state adoperate dai tre preopinanti per contrastare le conclusioni della Giunta delle elezioni.

Potrei anche dire all’onorevole Cianca che, quando si presenta una obiezione di fatto, e una obiezione della natura ascoltata or ora, sarebbe doveroso presentare un qualche indizio documentario, atto a stabilire la proponibilità della eccezione.

Però io sono disposto a minimizzare la questione, senza impelagarci in una discussione od in un contrasto perfettamente inutile.

Dunque, colgo a volo l’invito, o meglio che invito, l’osservazione fatta dall’onorevole Cianca, affinché la Giunta delle elezioni stia nel sicuro, col riscontro di tutti gli elementi di fatto, anche meno ponderabili, attinenti alla questione in esame e la sua probità nel decidere emerga così ancora di più agli occhi dell’Assemblea Costituente.

Tuttavia devo dare una breve giustificazione ed è questa che dirò, e di cui può far fede l’onorevole Pertini, al quale devo render lode per la preparazione di tutto il fascicolo delle contestazioni, voi vedete coi vostri occhi quanto voluminoso.

Si è scritto, per notizia, ai Ministeri interessati, alle Autorità locali, una serie continua di missive, in modo che queste premure voi le vedete, nel fascicolo, sorrette non da una sola risposta sullo stesso argomento, ma da tre, da quattro risposte dei Ministeri competenti.

Starei per dire, che fra le contestazioni avute a mano in questo periodo, sarebbe difficile trovare elementi cosi affaticati di indagine, come per la elezione di Salerno. Ma che cosa è avvenuto? Informazioni sono state chieste personalmente allo stesso Ministero delle finanze, giacché lo scrupolo del Relatore è arrivato fino al punto di voler prevenire deviazioni o adombramenti di chi stava fuori dell’orbita di riscontro del Ministro. Siamo dunque voluti arrivare direttamente e personalmente al Ministro delle finanze per accertare, con la sua precisa affermazione, la posizione del contestato nelle concessioni relative ai tabacchi; e, per quel che riguarda la filovia, ai Ministri competenti dei lavori pubblici e del tesoro.

Orbene, questa ricerca ha escluso qualsiasi elemento della natura di quelli a cui accennava or ora l’onorevole Cianca.

Dico tutto questo per rilevare che, se si è arrivati ad un punto del tutto nuovo e inatteso, la colpa è dei ricorrenti che furono chiamati a dare spiegazioni con lettere allegate agli atti, affinché la Giunta potesse avvantaggiarsi di ogni più minuta informazione sulle questioni dibattute; ma i signori ricorrenti non si sono mai dati la cura di rispondere alle nostre reiterate premure.

In ogni modo sia terminata ogni esitanza ed ogni dubbio.

La Giunta aderisce a riscontrare la fondatezza o meno, delle osservazioni sollevate dall’onorevole Cianca.

PRESIDENTE Metto ai voti la proposta dell’onorevole Cianca così formulata:

«La Camera, presa in esame la relazione della Giunta delle elezioni in merito alla elezione contestata di Carmine De Martino per la circoscrizione di Salerno-Avellino, rinvia alla Giunta stessa l’esame del caso».

(È approvata).

Presentazione di una mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata alla Presidenza la seguente mozione a firma dei deputai: Persico, Carboni, Targetti, Camangi, La Malfa, Nasi, Jacini, Lucifero, Dugoni, Bencivenga, Molè, Titomanlio Vittoria, Cianca, Fuschini, Terracini, Sforza e Ruini:

«L’Assemblea Costituente invita il Governo a presentare un disegno di legge in base al quale tutte le attività statali che riguardano la resurrezione e la ricostruzione della regione di Cassino (dove più ha sostato con la sua opera di distruzione la guerra) vengano concentrate in un solo Ente o Commissariato, che riunisca in sé con completa autonomia i necessari poteri per la rapida ed integrale soluzione del problema della rinascita di una zona, dove da oltre due anni mancano le più elementari condizioni di vita e dove si sono spese inutilmente centinaia di milioni».

A norma del Regolamento, chiedo al Governo di esprimere su di essa il proprio parere.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio, Il Governo non ha nulla in contrario a discutere tale mozione e si riserva di mettersi d’accordo con i proponenti per la fissazione della data.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico.

PERSICO. Sono d’accordo, esprimendo la speranza che la discussione possa aver luogo nell’attuale periodo di lavori.

Interpellanze e interrogazioni d’urgenza.

PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Silipo ha presentato la seguente interpellanza, firmata anche dall’onorevole Musolino, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Minestri, Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio, arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinelli) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».

Domando al Governo quando intende fissare lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Il Governo risponderà in una delle prossime sedute.

PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha chiesto che sia svolta d’urgenza la seguente interpellanza:

«Al Ministro degli esteri, per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei Trattati, per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo Egiziano a Parigi 1’11 settembre 1946».

Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Credo che il Ministro degli affari esteri abbia già fissato, d’accordo con l’onorevole interpellante, il giorno in cui l’interpellanza si dovrà discutere.

PRESIDENTE. L’onorevole Rivera ha chiesto che sia fissato lo svolgimento della seguente interpellanza, da lui rivolta, nella seduta del 25 luglio 1946:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritengano opportuno e necessario, in concordanza con le emanate disposizioni di clemenza, dirette a pacificare il Paese, far tornare la serenità anche in seno all’alta cultura, revocando, a tutti gli effetti, i decreti legislativi luogotenenziali 12 aprile 1945, n. 178 e 16 novembre 1945, n. 801, in forza dei quali sono stati radiati dall’Accademia nazionale dei Lincei, senza neppure essere stati invitati a discolparsi, molti studiosi italiani, tra i quali alcuni di alta fama scientifica e se non credano, con la revoca dei decreti legislativi indicati, di restituire alla Accademia nazionale dei Lincei l’antica autonomia ed indipendenza dalle influenze politiche e burocratiche, garantendo in tal modo, anche per l’avvenire, i diritti del pensiero e l’attività degli intellettuali dalla politica contingente».

Domando al Governo se e quando intende fissare la data per lo svolgimento della interpellanza, avvertendo che sullo stesso argomento v’è anche una interpellanza dell’onorevole Marchesi.

MACRELLI. Ministro senza portafoglio. Il Governo fisserà la data di svolgimento, d’accordo con gli onorevoli interpellanti.

PRESIDENTE. L’onorevole Sardiello ha chiesto lo svolgimento d’urgenza della seguente interrogazione:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) ed ai Ministri dell’interno e dei trasporti, per sapere: a) se hanno presente: 1°) che la provincia di Reggio Calabria da molto tempo difetta dei generi razionati essenziali per l’alimentazione; che ormai cronicamente la farina ed il grano assegnati giungono con enorme ritardo ed in una quantità grandemente inferiore a quella dovuta; che l’olio – in una regione largamente produttrice e dove non è consueto un notevole uso di altri grassi – difetta; 2°) che ciò è dovuto in gran parte – per quanto attiene alla deficienza del grano e della farina – alla inadeguata assegnazione dei mezzi di trasporto e – per quanto attiene alla mancanza dell’olio – alla continua e più volte invano denunziata esportazione di grossi quantitativi di detto prodotto per iniziativa di speculatori forniti di permessi a ripetizione; cosa che suona irrisione del bisogno del popolo; mentre nessun provvedimento dell’autorità riesce a raggiungerla e colpirla; 3°) che la situazione predetta ha creato tale disagio da costituire un grave imminente pericolo per la salute cittadina e per l’ordine pubblico; come da tempo vanno denunciando la stampa locale, alcuni ordini del giorno dei Comitati di agitazione e recentemente anche il Consiglio comunale di Reggio, con votazioni unanimi dei rappresentanti di tutti i partiti; b) quali pronti e radicali provvedimenti intendano di adottane per riparare – come è indispensabile ed urgente – alle deplorevoli negligenze, alla insaziabile avidità degli speculatori e per garantire finalmente da oggi innanzi almeno il minimo – per quantità e qualità – dovuto per legge ad una popolazione che si sente ed è uguale nel diritto e nel dovere a tutte le altre d’Italia».

Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Prima del termine dell’attuale periodo di lavori, il Governo si metterà d’accordo con l’onorevole interrogante sulla data di svolgimento.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Nobile e Terracini hanno rivolto la seguente interpellanza, chiedendone l’urgenza:

«Ai Ministri della guerra e dell’aeronautica, per conoscere: 1°) quali criteri verranno seguiti nel collocamento nella riserva o in posizione ausiliaria di ufficiali generali e superiori, da effettuarsi in base alle disposizioni contenute nell’articolo 2 del decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384; 2°) come intendano tener conto del fatto che nelle discriminazioni degli ufficiali compromessi per il loro comportamento dopo l’8 settembre 1943 non sempre si sono seguiti criteri uniformi, ragione per cui spesso si verifica che per le medesime mancanze sono state inflitte punizioni disciplinari diverse; 3°) se non ritengano, pertanto, necessario che la Commissione da nominarsi in base all’articolo 3 del decreto legislativo suddetto sia costituita di parlamentari da designarsi dall’Assemblea Costituente, dato che la scelta degli ufficiali generali da trattenere in servizio deve rispondere non tanto a requisiti di carattere tecnico-professionale, quanto ad un giudizio ispirato alle esigenze di una sicura garanzia democratica delle forze armate; 4°) se per i motivi anzidetti non ritengano altresì necessario di incaricare le Commissioni parlamentari proposte nel precedente paragrafo di stabilire i criteri da seguire per il collocamento di autorità nella riserva o in ausiliaria di tutti gli altri ufficiali generali e superiori».

Domando al Governo quando intende fissarne lo svolgimento.

CINGOLANI, Ministro dell’aeronautica. Sono disposto a rispondere prestissimo, anche domani, a questa interpellanza. Bisogna però che mi metta d’accordo col Ministro della guerra, essendo l’interpellanza diretta tanto a lui che a me. Mi farò premura di informare l’Assemblea, attraverso il suo Presidente, del giorno nel quale la interpellanza sarà discussa.

PRESIDENTE. L’onorevole Gabrieli ha rivolto la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni che hanno determinato il legislatore, nel recente decreto legislativo sulla assegnazione delle terre incolte ai contadini, a non fissare il criterio da seguire per i terreni alberati. L’interrogante (ad evitare divergenze d’interpretazione, che si sono già verificate) segnala l’opportunità di integrare il testo del decreto con una norma interpretativa, diretta a stabilire che, in caso di terreni alberati, si deve avere riguardo allo stato tecnico colturale dell’albero, più che a quello del terreno sottostante».

Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Questa interrogazione sarà svolta in una delle prossime sedute.

PRESIDENTE. L’onorevole Nobile ha rivolto la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere: 1°) quali provvedimenti intenda prendere per mettere i Provveditorati regionali in condizioni di corrispondere alle esigenze richieste dal piano nazionale della ricostruzione; 2°) in particolare, se non creda necessario evitare, anzitutto, cambiamenti di programma finora avvenuti con eccessiva frequenza, ed anche non giustificati mutamenti nel personale direttivo dei Provveditorati stessi; 3°) se non ravvisi la necessità urgente di aumentare il personale tecnico di ruolo dei Provveditorati regionali delle opere pubbliche, oggi assolutamente insufficiente di numero, migliorandone altresì il trattamento economico, in considerazione anche che esso si trova in contatto quotidiano con imprenditori di lavoro avidi di guadagni smodati, e spesso di pochi scrupoli morali; 4°) quali provvedimenti intenda prendere per assicurare che i fondi stanziati in bilancio siano impiegati in lavori che tornino veramente utili al Paese, per la sua rinascita economica o per la pubblica igiene; 5°) se non creda debba porsi termine al sistema di concedere, per fronteggiare la disoccupazione, anziché lavori di importanza immediata, altri non necessari, e talvolta perfino dannosi perché eseguiti intempestivamente, come ad esempio i lavori di sgombero e di demolizione su aree private, indipendentemente dalla ricostruzione degli edifici distrutti, e fuori dei casi di muri pericolanti, compromettenti la pubblica incolumità; o anche lavori per movimento di terra relativi a strade di nessuna utilità presente; 6°) se non ritenga che debba abbandonarsi il sistema di pagamento delle imprese a rimborso di spese, che si risolve in un indebito arricchimento delle imprese stesse, che non hanno alcun interesse al compimento dei lavori loro affidati, e perciò incoraggiano gli operai a lavorare svogliatamente, cosa che questi fanno anche perché consapevoli della poca utilità dei lavori stessi; 7°) se è esatto che col sistema anzidetto, seguito in 50 cantieri nell’ambito del comune di Roma, si sperpera senza alcun beneficio, tranne che per gli appaltatori, un miliardo e un terzo al mese, che potrebbe essere utilmente speso per ricostruzione di case o per lavori di irrigazione o bonifica; 8°) se non ritenga opportuno che almeno i più giovani degli operai non qualificati attualmente impiegati nei cantieri di Roma, spesso in condizioni demoralizzanti, pur continuando a corrispondere loro la paga, frequentino una scuola professionale, che li metta in condizione di venire utilmente impiegati nei lavori di ricostruzione del Paese; 9°) se, infine, non ravvisi l’opportunità di selezionare, mediante concorsi, il numeroso personale avventizio tecnico del Genio civile, migliorandone anche il trattamento economico».

Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sarà svolta in una delle prossime sedute.

PRESIDENTE. L’onorevole Mazza chiede che sia dichiarata d’urgenza la seguente interrogazione:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere perché, mentre a Roma ed in altre grandi città italiane la distribuzione dei generi alimentari avviene regolarmente, ciò non avviene per la città di Napoli. Chiede altresì perché, mentre si è firmato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto della perequazione del carovita agli impiegati statali nei comuni viciniori in continuità di grandi città del nord di Italia, questo non sia stato fatto per i comuni vesuviani nelle stesse condizioni dei comuni suddetti».

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Il Governo acconsente.

PRESIDENTE. È stata presentata dall’onorevole Pignatari, firmata anche dagli onorevoli Carboni, Dugoni, Lami Starnuti, Luisetti, Cairo, Carpano Maglioli, la seguente interrogazione, per cui si chiede lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro del tesoro, per sapere quanto ci sia di vero circa le accuse rivolte alla Ragioneria dello Stato che avrebbe determinato, per inerzia o per spirito ostruzionistico, lo sciopero dei parastatali; e per sapere se intende venire incontro alle richieste dei parastatali in vista delle gravi conseguenze che il protrarsi dell’agitazione potrebbe avere sulle opere e sui servizi dell’assistenza sociale».

Chiedo al Governo quando intende fissarne lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sono in corso trattative che saranno probabilmente concluse entro domani. Prego pertanto l’onorevole Pignatari di voler soprassedere alla sua richiesta.

PIGNATARI. Consento.

PRESIDENTE. L’onorevole Sullo Fiorentino ha presentato la seguente interpellanza chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.

«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse la esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.

«In tale maniera si sarebbe venuti incontro ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta) normalmente purtroppo non mantenute».

Domando al Governo quando intende fissare lo svolgimento.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sarà svolta in una delle prossime sedute.

Interrogazioni e interpellanze.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e delle interpellanze pervenute oggi alla Presidenza.

MATTEI TERESA, Segretaria, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti sono stati presi a carico del commissario prefettizio di Canosa di Puglia, sorpreso dal maresciallo dei carabinieri a complottare con ex gerarchi fascisti.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga di emettere, senza ulteriori dilazioni, i provvedimenti che vennero ripetutamente richiesti a favore dei partigiani, disponendo:

  1. a) che sia concesso a coloro di essi, che incorsero in reati anteriormente alla data del 22 giugno 1946, di beneficiare, anche per i reati comuni, del condono di cui all’articolo 9 del citato decreto, abrogando nei loro confronti le eccezioni di inapplicabilità del condono, di cui alla lettera c) dell’articolo 10 del decreto stesso;
  2. b) che, in subordine, rispetto ai reati cui fosse negata l’applicabilità del condono, sia concesso a coloro che parteciparono alla guerra di liberazione, di avere almeno il beneficio della libertà condizionale, indipendentemente dal termine prescritto dalla legge per l’applicabilità di tale beneficio, ovverosia anche quando la pena scontata sia inferiore a tale termine;
  3. c) che, con apposito decreto, sia concessa la riabilitazione d’ufficio a coloro che, avendo riportato condanne anteriormente alla data dell’8 settembre 1943, si siano, colla loro partecipazione alla guerra di liberazione, resi meritevoli dell’invocato beneficio.

«Bordon».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei trattati, per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo egiziano a Parigi l’11 settembre 1946.

«Persico».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se, dovendosi emanare norme che proroghino il blocco sui fitti delle case, non si ritenga opportuno esentare dal blocco tutti i proprietari di fabbricati danneggiati da eventi bellici.

«È all’uopo da notarsi che la permanenza del blocco dei fitti, in questi casi, impedisce ai proprietari di eseguire i lavori di riparazione che in molti casi, se non eseguiti tempestivamente, pregiudicano addirittura la stabilità e la consistenza stessa degli immobili.

«È da tenere presente ancora che molti acquirenti di immobili, i quali sono tenuti (per le note agevolazioni fiscali in materia di trasferimento di immobili danneggiati) a riparare gli immobili, non possono farlo per la permanenza degli inquilini nelle case da riparare.

«Trulli, Perugi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere le risultanze precise dell’inchiesta condotta dagli organi competenti governativi sui gravi fatti dell’Emilia e quali provvedimenti sono stati o stanno per essere adottati contro i responsabili, nonché quali misure sono state prese per prevenire il dilagare di una così pericolosa forma di criminalità organizzata.

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione), per conoscere per quali motivi nelle province di Napoli e Caserta e nei rispettivi capoluoghi si distribuisce metà razione di pasta in conto mese di dicembre, senza aver effettuata alcuna distribuzione per il mese di novembre.

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica e della guerra, per conoscere quale sorte è riservata ai reduci dai campi di prigionia, che hanno le famiglie in Tunisia o in territorio attualmente non sottoposto alla giurisdizione del Governo italiano, per cui è inibito ad essi il ritorno presso i propri familiari; costoro dopo tante sofferenze vengono a trovarsi di fronte alla disoccupazione senza nemmeno il conforto e l’aiuto delle famiglie.

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali azioni il Governo intende svolgere a favore dei capi-famiglia italiani espulsi dalla Tunisia, perché professionisti o agricoltori. Detti italiani sono stati costretti a lasciare le proprie famiglie senza alcuna assistenza e il frutto di lunghi anni di lavoro di colonizzazione senza alcuna tutela.

«Per conoscere anche se e quando detti colonizzatori italiani possono far ritorno in Tunisia.

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri degli affari esteri e dell’interno, per conoscere quali provvedimenti il Governo intenda adottare a favore dei profughi della Venezia Giulia, costretti a rifugiarsi in Italia per non sottostare al regime jugoslavo. Questi profughi hanno bisogno di una sistemazione definitiva, specie se provenienti da zone che, molto probabilmente, le condizioni del Trattato di pace sottrarranno alla giurisdizione del Governo italiano.

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, in vista del ritorno di parte della provincia di Gorizia all’Amministrazione italiana dopo l’entrata in vigore del Trattato di pace, sia in previsione un provvedimento eccezionale che immetta nei ruoli dello Stato gli insegnanti delle scuole medie in possesso dell’abilitazione e che abbiano almeno due anni d’anzianità di incarico. Il provvedimento si impone come giusto riconoscimento per l’opera di insegnamento svolta in situazioni difficilissime e delicate.

«Bettiol».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri del tesoro e delle finanze, per conoscere i risultati dell’inchiesta intesa ad accertare le responsabilità e ad individuare i colpevoli di un reato che non ha precedenti in Italia, e cioè del furto dei clichés della nuova carta-moneta presso lo stabilimento Staderini di Roma, quasi concomitante al furto di carta filigranata presso la cartiera Miliani di Fabriano. Per conoscere altresì in quale modo il Ministero del tesoro provvede attualmente al controllo diretto della stampa dei biglietti di banca, dal momento che il Provveditorato generale dello Stato è stato escluso da detto controllo diretto e che l’Istituto di emissione, in seguito alla distruzione bellica degli stabilimenti specializzati di sua proprietà, deve affidare a private aziende la stampa dei biglietti di banca.

«Belotti, Cremaschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno emettere i provvedimenti del caso per la sistemazione in ruolo degli insegnanti di scuole medie i quali, pur essendo stati giudicati idonei nei concorsi, da diversi anni continuano ad insegnare quali incaricati e supplenti.

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se, a seguito dell’aggressione, a suo tempo denunciata, sofferta dall’interrogante a Monza il 10 novembre in un comizio – durante il quale ebbero a lamentarsi altresì spari contro l’altoparlante, getto di gas lacrimogeni nella sala e violenze a pacifici cittadini fra cui una donna – sia stata aperta una inchiesta per accertare la sussistenza o meno di responsabilità dell’autorità di pubblica sicurezza di Monza che, con le forze più che sufficienti a disposizione, bene avrebbe potuto impedire che il grave fatto si verificasse.

«Tumminelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se è a conoscenza che sono in vendita, in quasi tutte le edicole d’Italia, giornaletti e albi per ragazzi, che, scritti, illustrati e stampati, con evidente fine di lucro da persone senza scrupolo, eccitano la fantasia dei fanciulli, ne corrompono il gusto e il senso morale. Domanda l’interrogante se non sia il caso di intervenire energicamente e tempestivamente perché, alle cause di decadimento morale e di perturbamento psichico di molti ragazzi, in conseguenza della guerra, non si aggiunga la volontà degli uomini, per bieca speculazione.

«Tumminelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga opportuno consentire un più umano trattamento alle orfane povere nubili e inabili degli impiegati dello Stato ammesse al godimento di assegno vitalizio da parte dell’Istituto di previdenza amministrato dalla Cassa depositi e prestiti.

«Tale assegno, che inizialmente era di mille lire annue, ha subito un aumento di contingenza di sole 720 lire annue. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere i motivi per i quali non è stata data esecuzione al provvedimento di corresponsione, a datare dallo scorso mese di novembre, di anticipi di varia misura ai titolari di pensione.

«Tale provvedimento venne emesso in attesa che fosse completato il lavoro di organizzazione e quello tecnico, che avrebbe consentito il regolare pagamento degli aumenti stabiliti.

«Le condizioni economiche dei pensionati non consentono alcuna dilazione nell’attuazione di provvedimenti che possano alleviare tante sofferenze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sull’agitazione che gli studenti degli Istituti industriali di tutta Italia hanno da ieri iniziata:

premesso che in base alle vigenti disposizioni i licenziati degli Istituti tecnici industriali possono adire esclusivamente alle Scuole superiori di economia e commercio;

considerato che gli studenti degli Istituti tecnici industriali alla fine del loro periodo di studi hanno acquisito una non comune preparazione nei vari rami della tecnica industriale e della meccanica, che li mette nella condizione di poter affrontare senza difficoltà gli eventuali corsi universitari, qualora essi intendano completare la loro preparazione tecnico-professionale; diritto questo loro riconosciuto prima della riforma Gentile;

consci della serietà degli studi che vengono compiuti nell’Istituto tecnico industriale «A. Rossi», vanto della città e della Nazione, come pure negli altri Istituti della Repubblica;

chiedono che il Governo, accogliendo la richiesta della numerosa categoria di detti studenti, li ammetta alle Facoltà di ingegneria delle varie Università, aprendo loro la via al conseguimento della laurea almeno nelle specialità elettromeccanica, elettrotecnica e radiotecnica, certi che nel lento ma sicuro cammino della ricostruzione l’industria italiana potrà contare su valenti e capaci professionisti. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Faccio, Cimenti, Marzarotto, Rumor, Segala, Valmarana».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per sapere quali ragioni abbiano finora ritardato il pagamento delle lettere di credito rilasciate dagli Alleati per i nostri soldati che hanno lavorato in prigionia alle loro dipendenze.

«Il ritardo è tanto più inescusabile, in quanto risulta che in molti casi i Comandi alleati hanno già direttamente provveduto al pagamento.

«E mentre i pagamenti vennero effettuati al cambio di lire 225 per dollaro, i pochi pagamenti finora effettuati nei vari distretti militari sono stati eseguiti al cambio di lire cento e, come se non bastasse tale patente ingiustizia, si minaccia persino di chiedere il rimborso della differenza, in quanto, secondo quel che si dice, il cambio da praticarsi non doveva essere neppure di lire 100, bensì di lire 18. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Coccia».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se risponda a verità quanto il giornale Il Globo ha pubblicato in merito all’imposizione, mediante una semplice circolare, di un diritto fisso ad valorem nella misura di lire 0,50 per cento su tutti i prodotti e materie prime di importazione e di produzione nazionale assegnati dalla Commissione centrale dell’industria, e come un siffatto provvedimento possa conciliarsi con i princìpi di un ordinamento statale democratico, il quale vuole che ogni misura contributiva sia applicata in conformità di un provvedimento legislativo e nei limiti e modi dal provvedimento stesso stabiliti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro delle finanze, circa i motivi che hanno indotto l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato a non rinnovare per il prossimo quinquennio numerose concessioni speciali per la coltivazione del tabacco in provincia di Lecce, sopprimendo in tal modo molti complessi industriali, con irreparabile danno per l’economia agraria della zona e minaccioso aggravamento della disoccupazione, specialmente invernale, per migliaia di operaie specializzate (tabacchine);

circa l’opportunità di non ispirarsi a malintesi criteri di perfezionamento della produzione di un genere voluttuario come il tabacco, anche a costo di sottrarre i terreni più fertili delle altre regioni alla produzione di derrate alimentari di prima necessità, sconvolgendo in tal modo la già difficile situazione economico-sociale del Leccese, di cui viene colpita la fondamentale risorsa industriale;

e circa la conseguente necessità di rinnovare tutte le concessioni speciali finora esistenti, attribuendole ad associazioni di coltivatori, preferibilmente dei comuni privi di simili concessioni, qualora gli attuali titolari se ne siano dimostrati immeritevoli.

«Codacci Pisanelli».

«La sottoscritta chiede d’interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno, nell’attesa di una saggia riforma dell’ordinamento scolastico, concedere ai diplomati degli Istituti tecnici industriali l’accesso agli Istituti superiori e in specie alle Facoltà scientifiche, prima fra tutte quella di ingegneria. Si tratta di un numero rilevante di diplomati, i quali, dopo aver sostenuto otto anni di studio, a differenza dei loro colleghi di agraria e di ragioneria, si vedono preclusa la possibilità di migliorare la loro cultura e la loro posizione.

«Bianchi Bianca».

«La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a vantaggio degli insegnanti di scuole sussidiate, i quali, mentre sentono il dovere di combattere per loro iniziativa la piaga dell’analfabetismo, non hanno nessuna garanzia, né giuridica, né economica. Perché essi siano posti nella condizione di svolgere il loro difficile compito si chiede:

1°) che le scuole sussidiate siano tenute da insegnanti forniti del diploma di abilitazione;

2°) che sia abolito il premio di lire 500 per ogni promosso dalla prima e di lire 1500 per ogni promosso dalla terza e sia dato invece all’insegnante uno stipendio mensile minimo (almeno lire 3000) ed un premio annuo per ogni promosso, indistintamente dalle tre classi e nella stessa misura;

3°) che sia concessa la qualifica del servizio prestato;

4°) che si dia all’insegnante fornito del diploma di abilitazione almeno un punto per ogni anno di servizio prestato nel passato;

5°) che siano nominati di ruolo senza concorso coloro che hanno prestato o presteranno 15 anni di servizio in queste scuole.

«L’adozione sollecita di tali provvedimenti – il minimo di quanto si possa richiedere – sembra necessaria per la vita delle scuole sussidiate.

«Bianchi Bianca».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.

«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse la esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.

«In tale maniera si sarebbe venuto incontro anche ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta) normalmente purtroppo non mantenute.

«Sullo Fiorentino».

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti, allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinelli), onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra.

«Silipo, Musolino».

 

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Ministro del tesoro, per sapere quanto vi sia di vero circa le accuse rivolte alla Ragioneria dello Stato che avrebbe determinato, per inerzia o per spirito ostruzionistico, lo sciopero dei para-statali; e per sapere se intende venire incontro alle richieste dei para-statali in vista delle gravi conseguenze che il protrarsi dell’agitazione potrebbe avere sulle opere e sui servizi dell’assistenza sociale.

«Pignatari, Carboni, Dugoni, Lami Starnuti, Luisetti, Cairo, Carpano Maglioli».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure le interpellanze saranno iscritte all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 18.55.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento (N. 1) (Urgenza).

MARTEDÌ 10 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXV.

SEDUTA DI MARTEDÌ 10 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

INDI

DEL VICEPRESIDENTE PECORARI

INDICE

Commemorazioni:

Presidente                                                                                                        

Jacini                                                                                                                

Bruni                                                                                                                

Bitossi                                                                                                                

Mariani                                                                                                              

Gronchi                                                                                                            

Tumminelli                                                                                                         

Salerno                                                                                                            

Colitto                                                                                                             

Persico                                                                                                             

Lettieri                                                                                                            

La Rocca                                                                                                          

Russo Perez                                                                                                     

Rodinò Ugo                                                                                                      

Cimenti:                                                                                                            

Ravagnan                                                                                                        

Tonello                                                                                                            

Lucifero                                                                                                           

Sardiello                                                                                                         

Cianca                                                                                                              

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Per l’esame dei disegni di legge:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

La rappresentanza dell’Assemblea nella Unione interparlamentare:

Presidente                                                                                                        

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni:

Presidente                                                                                                        

Nomina di nuovi Ministri e Sottosegretari di Stato (Annuncio):

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Presentazione di disegni di legge:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno:

Determinazione delle nuove formule di giuramento                                               

Modifiche al Testo unico della legge comunale e provinciale approvato con Regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e successive modifiche

Presidente                                                                                                        

Votazione per la nomina di un Vicepresidente:

Presidente                                                                                                        

Proroga del termine assegnato alla Commissione per la presentazione del progetto di Costituzione:

Presidente                                                                                                        

Nomina di una Commissione:

Presidente                                                                                                        

Convocazione di una Commissione:

Presidente                                                                                                        

Elezione contestata per la circoscrizione di Roma (Discussione):

Reale Vito                                                                                                        

Crispo                                                                                                               

Molè                                                                                                                 

Presidente                                                                                                        

Mastrojanni                                                                                                    

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente:

Presidente                                                                                                        

Si riprende la discussione della elezione contestata per la circoscrizione di Roma:

Reale Vito                                                                                                        

Crispo                                                                                                               

Molè                                                                                                                 

La Rocca                                                                                                          

Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni                                                     

Lucifero                                                                                                           

Presidente                                                                                                        

Macrelli, Ministro senza portafoglio                                                                 

Sull’ordine del giorno:

Presidente                                                                                                        

Lucifero                                                                                                           

Bellavista                                                                                                       

Russo Perez                                                                                                      

Togliatti                                                                                                          

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno               

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

Schiratti, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 settembre ultimo scorso.

(È approvato).

Commemorazioni.

PRESIDENTE (Si leva in piedi e con lui tutta l’Assemblea). Tre gravi lutti hanno colpito la nostra Assemblea, con la scomparsa dei colleghi onorevoli Achille Grandi, morto a Desio il 27 settembre, Giovanni Lombardi, morto a Napoli il 29 ottobre, e Luigi Corazzin, morto a San Pietro in Casale il 3 corrente.

Achille Grandi era una nobile espressione di quella virtù onde il popolo nostro sa dall’umiltà delle origini ascendere ai posti di più alta responsabilità sociale ed alle più ardite concezioni ideali.

Nato a Como il 24 agosto 1883 da genitori operai, fu egli stesso operaio tipografo sino al 1903.

Autodidatta, divenne assai presto un attivo organizzatore sindacale: a lui si deve, infatti, l’organizzazione del movimento cattolico sociale e del primo movimento operaio cristiano, nonché la creazione del Sindacato italiano tessili, e di altri sindacati di categoria.

Nel 1918-19 fondò la Confederazione italiana dei lavoratori, della quale fu consigliere, prima, e quindi Segretario generale; e ad essa diede veramente il meglio di sé. Dopo la creazione del partito popolare; del quale fu uno dei fondatori, fu eletto deputato il 16 novembre 1919, nella Legislatura XXV, dai Collegi di Como e di Milano, od optò per quest’ultimo. Ritornò alla Camera nelle Legislature XXVI e XXVII. La sua particolare competenza nei problemi del lavoro, della organizzazione sindacale, dell’emigrazione, nonché nelle questioni agrarie, fece sì che egli divenisse membro autorevole delle relative Commissioni parlamentari.

Avversario naturale del fascismo, fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare con la mozione Turati il 9 novembre 1926, insieme ai deputati aventiniani; ma in quella stessa Camera che doveva violentare e annullare la sovranità popolare, l’onorevole Grandi – che aveva con eroica energia difeso sino all’ultimo, contro la soffocazione intrapresa dall’infausto regime, la Confederazione da lui creata – volle riaffermare, e forse fu l’ultima volta, la libertà di organizzazione.

Durante il ventennio fascista, ritornato al lavoro tipografico, la sua vita fu di lavoro e di sacrificio, ma anche di collegamenti e di intese tra le forze che avrebbero trovato la loro espressione nella lotta per la liberazione del Paese. Sin dal 1942 partecipò all’attività clandestina, che tesseva i fili della cospirazione e della riscossa; più attivamente dopo 1’8 settembre 1943 e sino alla liberazione di Roma.

Nel 1943, crollato il fascismo, l’onorevole Grandi fu chiamato, come Commissario, alla direzione e alla trasformazione in libera organizzazione della Confederazione dei lavoratori agricoli. Dopo la liberazione di Roma, partecipò alla costituzione della Confederazione generale italiana del lavoro, della quale, sino alla morte, fu uno dei tre Segretari Generali.

Sostenitore tenace della unità sindacale, la sua battaglia fu tutta rivolta a mantenerla salda nella coscienza e nelle organizzazioni dei lavoratori. Figlio del popolo, considerava la sua una missione: perciò poteva prodigarsi in un’operosità senza tregua, in una fatica diuturna e animatrice, pur sopraffatto da un male crudele, che lo costrinse a lunghe degenze nelle cliniche e a dolorosi interventi chirurgici. Il suo fragile corpo era sostenuto da un indomabile spirito: e lo spirito gli dava, appunto, la energia del pensiero, la continuità dell’azione, il calore persuasivo della parola.

Sofferente nel corpo, ma valido nello spirito, egli ritornò in quest’Aula per riaffermare la sua fede nell’unità e nel divenire sociale delle classi lavoratrici e le ragioni del sindacalismo democratico, prima come componente della Consulta Nazionale, poi come membro dell’Assemblea Costituente, della quale la vostra stima l’aveva voluto Vice Presidente. In questo profilo, in quest’anima, è il senso della sua vita, tutta dedicata al lavoro e all’amore fraterno del popolo.

Giovanni Lombardi fu, a un tempo, un temprato combattente della lotta politica e un insigne sociologo e giurista.

Nato a Rutino il 4 febbraio 1872, la sua formazione mentale e il suo indirizzo dottrinario si svolsero in quella Napoli, che fu sempre centro di avanguardia dei più alti movimenti del pensiero, e al fecondo fermento delle nuove correnti filosofiche e sociali dava la passione polemica, il fervore propagandistico, il vasto sapere di illustri maestri e di brillanti ingegni che dovevano lasciare di sé un’orma in ogni campo della scienza e dell’azione.

Avvocato tra i più rinomati e cultore di diritto penale, che professo con autorità di dottrina e di parola nella Università di Napoli ed al quale dedicò opere meritamente famose, professò sin da giovane idee socialiste, più come sentimento di una esigenza della società moderna e come atteggiamento del suo mondo morale e spirituale, che come uomo di parte. Per questo, pur impegnandosi con vivacità e con ardore in tutte le battaglie che, anche nel campo elettorale, il partito socialista svolgeva, specie nell’Italia meridionale, egli mantenne sempre verso di esso una certa libertà e indipendenza di atteggiamento. Poté, pertanto, rimaner fedele all’idea e tenersi lontano in determinati periodi dal partito: solidale, tuttavia, con esso e nelle sue file ancora una volta militante, quando il fascismo lo fece bersaglio delle sue persecuzioni.

Già candidato socialista nel Collegio di Corato-Trani, nel 1913, fu eletto deputato dal collegio di Bari delle Puglie nel novembre 1919, per la Legislatura XXV. Alla Camera – dove votò contro la politica del Governo Giolitti, che aveva strenuamente combattuto nelle lotte elettorali – svolse attività varia, occupandosi non soltanto di problemi locali, ma anche di questioni di interesse generale, specie nel campo dell’ordinamento giudiziario. Fu autore, tra l’altro, di proposte di legge: per l’obbligo di lavoro, la tassa sull’ozio e l’assistenza ai disoccupati invalidi e vecchi, per la modificazione del sistema penitenziario; per la bonifica agraria.

Due volte conobbe il carcere fascista: nel 1921 e nel 1942; e ben meritò, per la fede tenuta agli ideali della libertà e della democrazia, di essere eletto deputato all’Assemblea Costituente per il Collegio di Napoli. In rappresentanza del Gruppo parlamentare socialista, fece parte della I Sottocommissione per la Costituzione, alla quale diede il contributo della sua esperienza e della sua competenza di giurista. Anche di lui può dirsi che ha assolto il suo mandato sino all’ultimo momento: intervenne, infatti, alla seduta del 24 ottobre della Sottocommissione, poche ore dopo aver sofferto un attacco dell’inesorabile male, che in pochi giorni doveva condurlo alla tomba fra l’unanime compianto.

Ragione di vivo rimpianto è anche la immatura scomparsa di Luigi Corazzin, che pur ieri vedemmo così esuberante di vitalità e nel ritmo di una febbrile attività, e che un male insospettato doveva abbattere con repentina violenza. Con la sua morte, non soltanto la nostra Assemblea, ma il Paese perde un eminente tecnico dei problemi economici ed organizzativi, un esperto ineguagliabile del cooperativismo, cui aveva dedicato tutta la sua vita e tutti i suoi entusiasmi.

Nato ad Arcade il 22 ottobre 1888, era venuto alla Camera – per voto degli elettori del collegio di Treviso – nella XXV Legislatura, militando nei ranghi del partito popolare italiano. Fu riconfermato nella Legislatura successiva, e della sua assidua attività parlamentare è da ricordare l’intenso interessamento, oltre che alle questioni agricole ed a quelle relative alle cooperative di lavoro e ai consorzi, alla ricostruzione delle terre liberate.

Travolto nell’opera di distruzione del fascismo il complesso cooperativistico da lui creato, egli ritornò – dopo la liberazione – con rinnovata lena al suo lavoro di organizzazione e, in rappresentanza delle Associazioni cooperativistiche, fece parte della Consulta nazionale, della quale fu uno degli elementi più laboriosi. Segretario generale della Confederazione Cooperativa Italiana, risorta per sua iniziativa, di questo imponente nucleo di forze dell’attività produttiva della Nazione fu autorevole rappresentante nella nostra Assemblea, nella quale era Vicepresidente della terza Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge e così apprezzato per le sue doti intellettuali e morali.

Ho creduto di interpretare il sentimento dell’Assemblea, inviando, in suo nome, alle famiglie dei colleghi scomparsi le più vive condoglianze. (Segni di assenso).

Ha chiesto di parlare l’onorevole Jacini. Ne ha facoltà.

JACINI. Onorevoli colleghi, quale unico deputato lombardo superstite dell’antico partito popolare italiano, amico da 35 anni di Achille Grandi, di un’amicizia che nessuna divergenza di vedute o di formazione culturale e politica poté mai né incrinare né scalfire, io porto qui il mio saluto accorato alla sua dipartita, sicuro di interpretare quello di tutti gli antichi militi del partito popolare italiano.

Se di qualcuno si può dire che la fede abbia rappresentato la vita e si sia con essa confusa così da formare un’unica sostanza spirituale, ciò può dirsi di Achille Grandi, che fu uno dei pochissimi uomini i quali vissero integralmente la propria fede religiosa e la tradussero in opere di bene ed in attività profondamente sociale.

Noi lo abbiamo conosciuto dai giorni antichi della democrazia cristiana di Romolo Murri, a quelli del partito popolare, a quelli più recenti della Consulta e della Costituente. Noi lo abbiamo conosciuto sempre alacre e vivo al suo posto, sempre pronto a dare tutto se stesso alla causa dei lavoratori, con uno spirito di equilibrio, di temperanza, di equità che raramente si possono trovare fra uomini di parte. E lo abbiamo anche ammirato nelle ore tragiche della persecuzione, allorché solo a sua insaputa si poteva fargli pervenire qualche aiuto, mentre egli riprendeva la sua dura vita di fatica e di lavoro.

Chi vi parla ha visto questo antico segretario generale della Confederazione dei lavoratori, questo deputato di tre legislature, distribuire biglietti in un bar per sostentare la propria famiglia.

Colpito da una malattia che non perdona, egli non per questo abbandonò il suo posto. L’ultima campagna elettorale egli svolse in mezzo a sofferenze inaudite. Ricordo che, avendolo incontrato a Milano in occasione del suo ultimo discorso elettorale, mi disse che aveva subito una trasfusione di sangue alla vigilia e che fra pochi giorni avrebbe dovuto sopportarne una nuova.

Eppure lottò fino all’ultimo per le idee che gli erano care, soprattutto per l’idea democristiana, che era l’anima della sua anima.

Io ritengo che finché l’idea cattolica, la idea cristiana, l’idea democratica potranno contare nell’Italia uomini del valore e della tempra del nostro indimenticabile amico Achille Grandi, noi non dovremo e non potremo disperare dell’avvenire. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, l’onorevole Bruni. Ne ha facoltà.

BRUNI. I cristiani sociali nutrirono sempre una grande stima per l’onorevole Grandi. Pertanto, a nome loro, mi associo di tutto cuore al rammarico, che sale da questa Assemblea, per la sua scomparsa dalla scena di questo mondo.

Non è una novità per nessuno com’egli, per la sua grande umanità – affinata alla scuola del Cristianesimo, e continuamente educata al contatto delle classi più umili – abbia avuto la felice ventura di essere stato apprezzato ed amato anche dai suoi avversari politici. In lui i cristiano-sociali videro l’uomo che seppe sempre attenuare, con la sua grande lealtà, le diffidenze di parte; l’operaio tutto dedito, con missionario fervore, alla elevazione della classe da cui proveniva; il sindacalista che volle mantenere, anche a costo di duri sacrifici, l’unità sindacale, mentre contemporaneamente si adoperava a tutt’uomo al fine di mantenere questa unità anche nell’avvenire ed a sottrarre dalle più grosse competizioni e speculazioni di parte la Confederazione, di cui fu uno dei tre Segretari generali.

In lui i cristiano-sociali salutarono soprattutto il tentativo di abbandono della politica economica, cosiddetta interclassista, politica infeconda, che per nulla elimina l’odio di classe, praticamente diretta a mantenere gli attuali privilegi economici e, perciò, classista nella sua essenza. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bitossi. Ne ha facoltà.

BITOSSI. Personalmente, ed anche a nome della corrente comunista della Confederazione generale italiana del lavoro, nell’assenza del Segretario generale, onorevole Di Vittorio, mi associo alle parole di cordoglio che gli altri oratori hanno pronunciate per la morte di Achille Grandi.

Achille Grandi non va soltanto ricordato per l’opera sua di realizzatore del patto di unità sindacale, ma per tutta la sua attività di sindacalista e di difensore degli interessi della massa lavoratrice. Ed è all’esempio di tutta la sua opera, di cittadino, di uomo e di organizzatore, che noi tutti dobbiamo ispirarci per proseguire la sua strada, l’unità fra tutti i lavoratori italiani. L’unità sindacale non va soltanto considerata come generatrice di beni materiali per i lavoratori, ma anche come portatrice di beni morali e di valori inestimabili.

La nostra unità sindacale ha creato un nuovo costume morale nel mondo del lavoro.

I più anziani di noi ricorderanno certamente lo spettacolo doloroso, di divisioni e di lotte fratricide che funestarono il periodo dell’ultimo dopoguerra, quando lavoratori rossi e bianchi si guardavano in cagnesco e si azzuffavano fra di loro. Tutto il mondo operaio era avvelenato dal più cieco settarismo, da uno spirito di intolleranza che approfondiva la divisione, e della grande debolezza che derivava al movimento sindacale per le sue divisioni, approfittò il fascismo per sopraffare, gli uni dopo gli altri, i lavoratori di tutte le correnti, e trascinare l’Italia alla catastrofe.

A tal fine, è bene ricordare il pensiero che Achille Grandi espresse al primo Congresso unitario della Confederazione generale del lavoro a Napoli, secondo il quale, se nel 1922 fosse esistita l’unità sindacale, forse la reazione non sarebbe passata.

Achille Grandi aveva concepito con noi l’unità sindacale, non come un atto provvisorio e di opportunità temporanea, ma come un’alta missione sociale di carattere storico, e spesso egli amava ripeterlo: «Se l’unità sindacale dovesse rompersi, io considererei fallita la più grande missione della mia vita e cesserei di essere uomo politico ed organizzatore sindacale».

Egli ha tenuto fede al suo impegno. Egli ha servito la causa dell’unità sino al suo ultimo respiro. Egli ha chiuso serenamente, da buon cristiano, la sua vita operosa ed esemplare nella vita della nostra unità sempre più forte ed infrangibile. E noi, fedeli al pensiero ed al principio di Achille Grandi, continueremo la sua opera per rafforzare sempre più questa unità, nell’interesse delle masse lavoratrici, della nazione, di tutto il popolo italiano. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

MARIANI. Il gruppo parlamentare socialista si associa alla commemorazione di Achille Grandi. Noi lo ricordiamo particolarmente nella cameretta della clinica ov’era ricoverato, nella sua casa di dolore, trasformata in ufficio per il proprio lavoro. A lui ricorrevamo, spesso, tutti indistintamente, di tutte le tendenze, di tutte le frazioni, di tutti i partiti; sentivamo di avere in Achille Grandi il grande amico del lavoratore, il grande apostolo della redenzione umana. Achille Grandi è stato l’esaltatore dei valori umani e della dignità umana nel campo del lavoro. Seppe, però, molte volte rinunciare alle proprie ambizioni, alla propria personalità, al proprio io, mai alla propria fede, onde dedicarsi interamente, con gioia, al benessere della classe lavoratrice. Ed è per questo che noi ricordiamo Achille Grandi e lo ricorderemo sempre con animo commosso. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Se l’onorevole Jacini ha ritenuto doveroso di portare il suo pensiero riverente alla memoria di Achille Grandi, come l’ultimo superstite della vecchia deputazione popolare lombarda, non può mancare dopo la sua, e dopo le testimonianze venute dalle altre parti della Camera, il commosso e riverente saluto a nome del gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana e mio personale.

Di Achille Grandi interessano certamente i dati biografici che hanno avuto così larga parte sia nella commemorazione del Presidente, sia nella rievocazione dell’onorevole Jacini, ma quello che più interessa ed è caratteristico di lui è il vigore della spiritualità nel suo pensiero, di quel pensiero che diventò in lui sostanza di attività e di vita, segno distintivo e ispiratore di tutta l’opera svolta in piena coerenza di animo, d’intelletto, e di azione. Per lui il sindacalismo non era il semplice strumento di miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici o della loro difesa. Per lui erra, chi considerando in senso esclusivamente materialistico questo grande fenomeno della vita sociale moderna, rapporta la capacità, la fecondità del sindacalismo ai cicli economici in cui esso si svolge, quasi ritenendo – come fu detto da un nostro pure eminente collega in un articolo recente – che il sindacalismo abbia la sua funzione in periodo di inflazione, perdendola o quasi quando il mercato si riassesta e le classi lavoratrici non possono aspettare dalla loro organizzazione alcun miglioramento. Grandi aveva una visione integrale e superiore della vita, come l’hanno tutti coloro che al centro della loro coscienza si alimentano di un fermento spirituale che è come un riflesso del divino che è in noi. Egli non vedeva, anche nell’attuale momento, soltanto lo sviluppo di una crisi politica, ma piuttosto il travaglio più profondo, più vasto, più fecondo di una crisi di civiltà, e sentiva come il dato caratteristico dell’epoca in cui viviamo non è il trapasso dal predominio di un partito o di una organizzazione politica ad un’altra, ma è piuttosto il tramonto di una classe dirigente ed il sorgere tormentato di un’altra.

Le classi dirigenti del passato, pur con le funzioni utilmente esplicate al servizio del progresso, hanno dimostrato, attraverso le vicende dolorose di questi ultimi anni, di aver mancato alla loro missione storica o almeno di averla esaurita: donde la necessità, storica anche essa, che le sostituiscano o almeno le integrino classi dirigenti nuove. Sotto questa luce egli valutava l’importanza del sindacato; e poiché per lui, sotto questa luce, la ricostruzione non è soltanto un problema economico, ma è soprattutto un problema spirituale, di uomini e di classi dirigenti, egli concepiva il sindacato come mezzo e strumento di preparazione di questa classe dirigente nuova e ne vedeva il grande compito di maturare gradualmente il suo pensiero: l’ingresso più largo nella vita politica e sociale, nei paesi moderni, delle masse lavoratrici. Egli pensava che l’insufficienza del sindacato stesse appunto in questo: nell’essersi chiuso troppo spesso in una funzione, in uno sforzo di difesa dei miglioramenti di salario e degli accessori, come taluno di scuola liberale curiosamente li chiama, e di non aver compreso questa sua missione più alta a cui l’avvenire lo chiama, nel campo interno di ogni paese come nel campo internazionale.

Il sindacato, così concepito, diventa veramente uno strumento di difesa della democrazia nella vita interna delle nazioni, poiché la democrazia è inseparabile dall’attuazione di una più larga e sostanziale giustizia sociale; e nel campo internazionale, perché la creazione di una umanità nuova, di un nuovo costume, di una nuova convivenza fra i popoli non può venire se non da questa esigenza più complessa di collaborazione, da questo senso più alto di solidarietà che troppo informe e sordo è oggi fra le stesse classi lavoratrici, tanto che troppo spesso fra queste trovano eco e consenso posizioni nazionalistiche ed egoismi economici che sono il più vero ostacolo alla instaurazione di un ordine internazionale nuovo. Egli sentiva, cioè, spiritualmente il sindacato, e conseguentemente dava alla unità sindacale un significato ed una portata più vasta di quella che pure appare ed è la sua grande e specifica missione, cioè la costituzione del fronte unico delle classi meno abbienti per la propria legittima difesa. Egli andava ancora più in là, e questa unità, considerava come campo e mezzo di avvicinamento di ideologie diverse, nel senso di suscitar fra esse un principio pacificatore di solidarietà umana che superi, se non estingua, l’istinto dell’odio e della violenza spesso così vivo nel contrasto delle classi; così, come nel campo internazionale la democrazia deve avere la funzione di accostare e fondere gradualmente le opposte concezioni della civiltà in una armonica, superiore visione di fraternità umana, sotto il cui segno, interessi, mentalità, tradizioni, costumi, finiscono per integrarsi in convergenze feconde.

Certo, per sostenere e attuare una concezione di questo genere, bisogna avere la tempra spirituale del nostro amico Grandi, bisogna credere, cioè, intimamente, nelle idee che si professano, bisogna essere cristiani non per retorico umanitarismo o per abitudine, ma vivendone sostanzialmente il senso profondo, permeandosi nell’anima e nell’intelletto della vitalità perenne del pensiero cristiano. In questo pensiero Grandi vedeva la radice di quella eguaglianza, che è il più naturale fondamento della giustizia sociale; di questo pensiero si materiava in lui quel senso del divino che egli portava, direi quasi impresso, nel suo aspetto fisico, da far definire qualche volta il nostro grande ed umile amico un santo.

Ma non era, la sua, la figura spirituale di uno che consideri astrattamente i problemi in mezzo ai quali vive, ma di uno che permeava la vita e le vicende nelle quali era chiamato ad operare di questa sua concezione alta, elevata, morale della vita. Questo è il significato maggiore della sua opera, il tratto più caratteristico della sua azione e della sua figura; ed è per noi caro e doveroso il ricordarlo in quest’Aula, per noi che ai fattori etici e spirituali diamo il primo posto nella vita interna ed internazionale. Se noi non purificassimo i contrasti delle nostre idee e dei nostri interessi dalle irose esasperazioni di una visione puramente materialistica della vita, instaureremmo un costume di lotta senza quartiere da cui non uscirebbe alcuna civiltà nuova. Poiché la civiltà non può se non avere i segni del pensiero cristiano. (Approvazioni).

PRESIDENT’E. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tumminelli. Ne ha facoltà.

TUMMINELLI. Mi associo, a nome del gruppo parlamentare dell’Uomo Qualunque, alle nobili parole espresse dai colleghi per la morte di Achille Grandi, soprattutto per l’alto senso di equilibrio, di virtù morale e di grandezza d’animo che dimostrò come uomo, come cittadino, come parlamentare, come sindacalista.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Salerno. Ne ha facoltà.

SALERNO. Il gruppo socialista condivide il compianto espresso con tanta nobiltà dal Presidente della nostra Assemblea per la scomparsa di Giovanni Lombardi, la cui figura di uomo, di combattente d’un ideale, di giurista, di sociologo, merita di essere fermata e consacrata fra gli esempi del viver civile, specie in un periodo come questo, nel quale si tenta il rinnovamento della vita politica e morale della nazione; perché la vita, il pensiero, l’opera di lui, pur esplicandosi su un terreno sostanziato di contenuto pratico e reale, si innalzarono sempre verso un vertice di squisita eticità che, irradiando e vivificando le cose intorno, le involse in un ampio raggio di universale umanità. E fu questo senso umano, questo senso etico della vita che gli consentì di rimanere coerente a se stesso sempre, anche al di fuori delle forme e delle convenzioni; coerente nella condotta e nelle idee, al punto da poter essere anche da altri giudicato come un fuori-legge o da avere anche, qualche volta; l’atteggiamento di un audace e di un ribelle. Fu perciò sempre un socialista, perché non si staccò mai da quell’ideale di redenzione umana che ritenne, attraverso le lotte sociali, dovesse portare al trionfo della libertà, bene e fastigio supremo dell’essere, libertà nella quale credette con incorrotta fede ed alla quale offrì tutti i sacrifici dell’esistenza.

Un siffatto temperamento non poteva non essere in antitesi profonda con ogni possibilità di tirannide; ed egli insorse fin dai primi cenni della reazione, come della reazione fu una delle prime vittime, in quel lontano 1921, allorché, recandosi coi suoi fedeli lavoratori di Corato, ai quali aveva portato tutta la fiamma del suo entusiasmo e delle sue idee, ad un comizio, fu fatto segno ad un’imboscata, fu tratto in arresto e gettato in carcere, sotto un’accusa tanto iniqua quanto balorda. Si iniziò allora la sua opposizione al fascismo, si iniziò allora un periodo durante il quale rifulse tutta la sua coerenza, tutta la fermezza e la fierezza del suo carattere, perché la sua opposizione non si risolse in un vuoto e sterile dissenso, ma gli costò il sacrificio e la rinuncia di tutti i giorni e di tutte le ore, l’abbandono dell’insegnamento universitario, la limitazione estrema del lavoro professionale, l’isolamento, il bando di alcuni suoi libri, la persecuzione costante della polizia, ed un nuovo imprigionamento, ogni occasione essendo per lui buona per far sentire la protesta e lo sdegno contro le nequizie del fascismo.

A queste idealità e a questa coerenza egli improntò anche il pensiero e l’opera scientifica. I vari volumi sulla delinquenza e le cause che la determinano recano questo anelito verso un mondo nuovo che ritempri e rinnuovi l’uomo non come entità astratta, ma come entità sociale, che nella società ha il centro della sua vita.

Fu per ciò dissenziente da coloro che ritennero potersi parlare di delinquenza naturale o di tipo criminale, perché egli considerò il delitto un fenomeno sociale, promosso da quell’insieme di sentimenti atavici, di credenze, di superstizioni, che risorgono nell’animo dell’individuo con la forza incoercibile della suggestione; sicché al delitto si è trascinati attraverso correnti spirituali ataviche, ed ogni popolo è guidato più dai suoi morti che dai suoi vivi.

Egli queste concezioni sociologiche tenne ferme in contrapposto ad altre di ben differente contenuto, e non pochi dibattiti sereni, sempre proficui, si aprirono su queste sue idee in Italia e all’estero. Proprio pochi giorni prima della sua fine, egli si compiaceva dei consensi che gli giungevano dal mondo scientifico russo, dove le sue opere avevano trovato un caldo successo.

Ma anche quelle opere furono per lui tribuna di idealità e professione di fede, come lo fu l’eloquenza con la quale egli esercitò il suo ministero dalla cattedra e nel foro, nelle riunioni pubbliche, in questo Parlamento; eloquenza che egli lamentava fosse andata decadendo, perché, specialmente nelle aule giudiziarie, si era fatta troppo tecnica e mercantile, in rispondenza ai trasformati interessi e sentimenti sociali.

Volle, perciò, che il livello morale si risollevasse, e da buon meridionale fu propugnatore della soluzione sollecita del problema meridionale, che egli vedeva come un problema di giustizia, problema etico e psicologico, oltre che economico, da inserire in cima ad un programma di redenzione nazionale.

Se questi furono per sommi capi i tratti del sociologo, del politico, dell’oratore, non si può però non mettere in luce anche quella parte della sua anima meno appariscente, forse meno solenne, ma non meno essenziale: cioè quel suo io intimo, personale, quel suo io sincero, che fece appunto vedere come quest’uomo, che aveva amato la libertà e la giustizia, e cioè il bene della vita, amava anche la bellezza e la gioia e il sorriso della vita; e un sorriso gli fiorì sulle labbra fra quel suo pizzetto caratteristico e gli occhi scintillanti dietro il cristallo delle lenti. Giacché quest’uomo credette anche nell’amicizia come nella generosità degli uomini, sempre pronto all’affratellamento delle anime, e tese la sua mano verso la mano dell’amico.

Se è vero che un mondo nuovo sorgerà perché uno vecchio tramonta, e tramonta soprattutto per mancanza di cuore, noi siamo certi che questo mondo nuovo avrà una nuova fiamma e sarà alimentato da una nuova giustizia.

Di questi sentimenti e di queste idealità, Giovanni Lombardi fu certamente un annunziatore. Noi socialisti, e meridionali in specie, guardammo a lui come ad una guida; lo ricordiamo e lo ricorderemo come un esempio, con orgoglio e con venerazione. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Colitto. Ne ha facoltà.

COLITTO. Dell’insigne professore Lombardi – vivida luce intellettuale e morale, testé spentasi – io parlo, interpretando il sentimento dei colleghi liberi docenti dell’Ateneo napoletano, ove egli profuse per parecchi anni i tesori della sua dottrina.

Mal si presta, senza dubbio, la mia parola ad una celebrazione, che sia di Lui veramente degna; ma non è possibile che io mi distacchi per sempre da Lui, rassegnandomi a non vederlo mai più, senza aver ricordato almeno un aspetto della movimentata nobilissima Sua esistenza.

Altri vi ha detto della Sua fede e della Sua attività politica. Io desidero, parlarvi, invece, della Sua attività scientifica.

Per quaranta anni, dal 1902 al 1942 – salvo alcune interruzioni – egli si piegò sui libri e studiò. Frutto delle sue meditazioni furono molteplici lavori.

Possono questi essere divisi, a mio giudizio, in due gruppi: lavori di carattere sociologico e lavori di carattere giuridico. Rientrano nel primo i seguenti: Lo Stato Saggio di sociologia (1902); Civiltà e delitto (1929); La dottrina sociologica del reato (1931); Costume sociale e delinquenza (1933); Le leggi penali di repressione e prevenzione nel loro clima sociale politico (1936); Il delitto come fenomeno sociale e storico (1938); La psicologia del delinquente (1940); Sociologia criminale (1942).

Sono lavori riguardanti la delinquenza e le sue cause. Fra queste, Egli pose prima l’ambiente sociale, per cui auspicò un ordine nuovo, nel quale trovasse la sua realizzazione una più umana concezione etica della vita.

Rientrano nel secondo gruppo i seguenti altri lavori; La bancarotta (1905); Delitti contro la fede pubblica (1923 e 1926); La pena di morte e il suo fondamento (1933), i quali tutti attestano quanto poderosi fossero il suo intuito e la sua dottrina giuridica.

Precedono l’inizio della sua attività scientifica due lavori giovanili, di carattere politico (La base dell’evoluzione filosofica, ch’egli scrisse nel 1895 a ventitré anni e Il dinamismo economico-psichico, che scrisse due anni dopo). E la segue un lavoro anche di carattere politico (Risorgimento, fascismo, socialismo), da lui completato lo scorso anno. Altri due lavori vanno ancora ricordati, che dimostrano quanto acuto e versatile fosse il suo ingegno: Avvocati, apostoli e tribuni del 1927 e l’Arte e delinquenza del 1940.

Tralucono da questi lavori la Sua dottrina, il Suo intuito, il Suo ingegno; ma tralucono anche – questo piacemi, terminando, innanzi a voi sottolineare – il Suo carattere ed il Suo cuore: il carattere di un lottatore fiero e dignitoso per il trionfo della verità e della libertà, un cuore veramente aperto alla bontà, diventata di giorno in giorno sempre più per Lui guida di ogni Suo gesto, profumo di ogni Suo pensiero.

La Sua anima, perciò, non è di quelle che si smarriscono nel tempo. Il ricordo di Lui ritornerà al nostro spirito, con pungente insistenza, al di fuori delle date, come una eco, che non si spegne. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico. Ne ha facoltà.

PERSICO. Parlo a nome del gruppo a cui ho l’onore di appartenere e mi associo alle nobili parole pronunciate in quest’aula alla memoria di Achille Grandi e di Luigi Corazzin.

Desidero aggiungere un mio personale ricordo per l’onorevole Giovanni Lombardi: quarant’anni di ininterrotta fraterna amicizia, una larga affinità di idee sociali e politiche, vivaci battaglie professionali e giuridiche combattute insieme, mi impongono il dovere di porgere una parola di commosso cordoglio alla cara ed indimenticabile memoria di Giovanni Lombardi.

Giovanni Lombardi fu un giurista ed un filosofo di alto rilievo, che si colloca nella tradizione gloriosa dei pensatori meridionali, da Vico a Bovio. Sia dalla cattedra, sia negli scritti, sia nei cimenti forensi, egli ha creata una nuova e originale teoria di diritto penale, accanto alla scuola positiva di Lombroso e di Ferri, attribuendo una influenza decisiva al fattore sociale nella genesi del delitto.

In una serie poderosa di volumi, densi di pensiero e ricchi di cultura, Giovanni Lombardi ha fissato in modo lucido e preciso le linee e i confini di questa dottrina, talché bene gli si può attribuire il titolo di caposcuola.

L’infinita bontà dell’animo, la probità proverbiale della vita, la dedizione assoluta, attraverso lotte difficili e violente, all’idea socialista, di cui fu fedele assertore dalla prima giovinezza alla morte, fanno di lui una figura di apostolo, della quale resterà perenne il ricordo nei nostri cuori di ammiratori e di amici.

Giovanni Lombardi costituiva un elemento di nobiltà e di decoro della nostra Assemblea, la quale si inchina reverente dinanzi al collega caduto, che, vincendo l’insidia del male, ha dato fino all’ultimo tutta la forza del suo poderoso ingegno alla difesa del suo ideale di redenzione umana. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

LETTIERA. Conterraneo, amico e ammiratore di Giovanni Lombardi, mi associo alle nobili parole dette dal nostro Presidente e dagli altri oratori in sua memoria.

Giovanni Lombardi sortì dalla natura un animo nobilissimo, un vivo attaccamento al lavoro, un forte intelletto. Fu sposo e padre esemplare, avvocato e oratore di grido, valoroso e appassionato docente universitario, eminente scrittore. Le sue opere, profonde di cultura e ricche di idee geniali, furono quasi tutte tradotte all’estero. Fu rettilineo nella politica; subì sereno, sorridente, tranquillo i pedinamenti, le persecuzioni, il carcere impostogli dal fascismo, senza mai deflettere dalle sue idee politiche. Lottò e vinse, finanche nella miseria; ma non volle mai venir meno alla sua fede politica. Finì col trionfare e, dopo l’armistizio, fu Presidente del Comitato di liberazione di Napoli. Alla virtuosa e fedelissima compagna della sua vita, Nella Pignatari, il commosso saluto di tutti i concittadini del Cilento e di tutto il Salernitano, che ammirarono e apprezzarono le doti del suo Giovanni. Al figlio Franco e alle sue figliole l’augurio che, sulle orme paterne, raggiungano le mete che essi desiderano nel campo scientifico e nel campo politico. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha. chiesto di parlare l’onorevole La Rocca. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Anche a nome del gruppo parlamentare comunista, mi associo all’onorevole Presidente dell’Assemblea e agli oratori degli altri partiti nel rimpianto e nel compianto per la morte dell’onorevole Giovanni Lombardi.

Cultore di discipline giuridiche e sociali, egli mostrò qualità notevoli di indagine ed altezza di ingegno.

Fu uomo di carattere e di fede schietta; e, in tempi di baratti, di traffici, di simonie, offrì l’esempio della rinunzia, seppe trarsi in disparte e soffrire: specchio di rettitudine, in cui ogni cittadino onesto avrebbe potuto rimirarsi.

Avvocato – in quel foro di Napoli che pare custodisca l’eredità degli antichi rostri e, certo, continua la tradizione della parola ornata, nutrita di un pensiero robusto – onorò l’esercizio forense. Sentì la toga come una bandiera di fiamma, come un’arma di combattimento; e, quando l’Italia, fu ridotta a un carcere, dove non s’udiva se non lo stridere delle catene e la denunzia delle spie, egli tenne la curia per un asilo del pensiero e un rifugio illustre della dignità umana.

Pieno di spregio per la casistica disseccata, si levò a parlare in gravi processi e in momenti difficili, incarnando in sé la missione del difensore, che è quella di sostenere nell’individuo il diritto di tutti, che è quella di piegarsi sulle sciagure umane e far valere la ragione misconosciuta, risollevare una fonte calpestata. Studioso di molte scienze e incline alla meditazione, egli crebbe, alla scuola di Bovio, nel culto di Bruno, di Campanella, di Vico, cioè di quei filosofi nei quali primo balenò il lampo di un pensiero non più platonico né platonizzante, ma concreto, immanente, dialettico; e via via, di libro in libro, secondo l’espressione goethiana, passò nel campo del materialismo, che intese e seguì a suo modo; è insegnò dalla cattedra, condensò il succo del suo orientamento in opere che, se pure non sono valse ad innalzare nuove colonne nella casa del diritto, hanno dato un contributo all’esame ed allo studio di taluni aspetti del diritto, specie in materia di falso e di bancarotta; e, alla stregua della teorica positivista, hanno considerato il crimine non più come una spinta individuale soltanto, ma come un prodotto e una conseguenza dell’ambiente sociale, dei rapporti sociali: onde la necessità di estirpare le radici del male, spezzando la molla del delinquere e trasformando la base materiale, cioè l’insieme dei rapporti economici, su cui si eleva il resto della sovrastruttura.

Uomo politico, si tenne saldo e fermo alla fede abbracciata nella giovinezza; e già le classi lavoratrici della Puglia lo scelsero a loro rappresentante alla Camera, avanti che il fascismo venisse a spegnere la libertà nel vomito della crapula e si desse al saccheggio e alla rovina del Paese.

L’avvento della tirannide parve accrescere in lui l’ardore e l’impeto della lotta, a tutela degli interessi fondamentali del popolo italiano, avvilito e depredato. In tempi, in cui molti o troppi rinnegarono se stessi, e vacillarono, si perdettero o tradirono, egli non diede crollo, «non piegò sua costa», e restò nella sua trincea con coraggio, con fermezza, con una sorta di temerità, che sapeva quasi di romanticismo: in quella Napoli, guida del Mezzogiorno, che pure espresse dal suo seno, e vorrei dire dal suo cuore, una schiera di italianissimi senza secondi fini, che, nel sacrificio e nell’azione, paiono nutriti del polline succhiato ai fiori della passione del Risorgimento: operai e intellettuali: da Cacciapuoti a Reale e ad Amendola, da Scaglione a Roberto Bracco; in quella Napoli martoriata che, nell’ora in cui si pesa veramente la virtù degli uomini su bilance infallibili, si mise all’avanguardia di tutte le altre città e indicò la via della riscossa: fu il rogo che primo arse la baldanza dell’invasore hitleriano e cacciò il barbaro con furia concorde; combatté per tutti gli italiani, anticipando l’eroismo del movimento partigiano, e mostrò coi fatti che solamente nel solco della battaglia, della battaglia per la liberazione, poteva risollevarsi per noi la fronte della dignità nazionale.

Arricchito dalla esperienza tragica della dittatura terroristica del fascismo, che fu la dittatura terroristica dei gruppi più rapaci e briganteschi del capitale finanziario italiano, egli, da militante socialista, seppe mettersi alla scuola dei fatti e trarre le conseguenze dalle lezioni degli avvenimenti. Si levò sulle macerie a cui erano ridotte le fabbriche, le case, i villaggi, le città, ad affermare la necessità di un fronte unico di tutte le forze conseguentemente democratiche, il fronte unico delle classi lavoratrici, allo scopo di costruire un muro contro i tentativi di un ritorno offensivo del passato, cioè di quelle forze reazionarie che ci hanno già una volta portato alla disfatta e alla catastrofe. Sostenne la necessità di una unione intima di tutte le forze conseguentemente democratiche, e davvero pensose della sorte e dell’avvenire della patria, per un’azione comune, volta ad affrettare il processo di quel profondo rinnovamento, economico, sociale, politico, che non solo risponde alle aspirazioni del popolo, ma è richiesto dalle esigenze più vive e prementi del paese.

Questo pensiero, che informò la sua condotta politica, specie negli ultimi anni, può dirsi il suo testamento spirituale e il monito che ci viene dalla sua tomba.

Per la sua vita operosa, consacrata dalla fede, è bene ricordare qui Giovanni Lombardi e indicarlo al ricordo di tutti gli italiani, come un combattente della buona causa, per la giustizia sociale e per la libertà, al servizio degli interessi superiori della Nazione. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Russo Perez. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. In nome dei colleghi del mio gruppo mi associo alle parole di elogio e di rimpianto che sono state pronunziate da colleghi di altri gruppi e dal Presidente dell’Assemblea, per l’improvvisa e dolorosa scomparsa del collega Corazzin.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Rodinò Ugo. Ne ha facoltà.

RODINÒ UGO. A nome del gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana e quale deputato di Napoli, mi associo con animo commosso alle nobili parole che sono state pronunziate dall’onorevole Presidente e dagli altri colleghi della Camera in memoria di Giovanni Lombardi. Napoli, che lo ebbe quasi come suo figlio, ed in momenti particolarmente difficili ne apprezzò le doti quale presidente del Comitato di liberazione nazionale, ricorda in lui non solo il giurista, l’avvocato, il sociologo, il parlamentare esperto, l’amministratore capace, ma soprattutto l’uomo buono, probo, onesto, che riusciva ad elevarsi al di sopra delle passioni di parte, conciliare le opposte tendenze convogliandole per il bene comune, con profondo rispetto e piena comprensione delle esigenze democratiche. Alla sua memoria vada il nostro pensiero riverente, alla famiglia le espressioni del nostro cordoglio. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cimenti. Ne ha facoltà.

CIMENTI. Con animo turbato e commosso mi appresto a ricordare in quest’aula un’altra degnissima figura di organizzatore e di animatore: quella dell’onorevole Luigi Corazzin, strappato repentinamente alla vita e alle molteplici attività della sua laboriosa giornata in una età in cui volontà e forze erano ancora nel pieno delle umane possibilità.

Milite fedelissimo di un’idea, trascinatore più con l’esempio che con la parola, egli è caduto veramente sulla breccia, mentre, terminato un convegno organizzativo a Bologna, ai cui lavori aveva fedelmente partecipato, si disponeva a ritornare nella sua Treviso, alla quale anche nei lunghi anni della forzata lontananza era rimasto figlio devoto ed amoroso.

Non aveva che 58 anni, in gran parte spesi al servizio di un apostolato che per lui era un sentimento naturale, un dovere della sua coscienza adamantina, una necessità della sua concezione cristiana della vita.

Dinamico ed attivo, umile e schivo di umani riconoscimenti, di temperamento buono e gioviale, cresciuto alla scuola dell’amore e del sacrificio, non conobbe i detestabili sentimenti dell’odio e della violenza, neppure quando le passioni e le sopraffazioni politiche, così facili a determinare stati d’animo di contrasto e di risentimento, potevano trascinare lo spirito a soggiacere agli impulsi dell’umana debolezza. Uscito da modesta famiglia, corrispose ai sacrifici del padre dedicandosi con passione allo studio e più tardi – conseguito il diploma di ragioniere e l’abilitazione di segretario comunale – alla professione, che lo portò giovanissimo alla nomina di segretario capo della città di Asolo e quindi a quella di direttore di banca.

Munito di una soda preparazione religiosa e trascinato dall’esempio di quell’anima di apostolo che fu il fratello Beppi, animatore e trascinatore delle falangi di lavoratori cristiani della Marca trevigiana, ebbe cariche importanti nel movimento giovanile cattolico, nel Sindacato veneto dei lavoratori della terra e nella Federazione delle casse rurali, che, quale segretario, condusse a conseguire una situazione di primato.

Eletto nel 1914 consigliere comunale di Treviso, e rieletto nel 1920, fu capo della maggioranza consiliare del Partito Popolare fino allo scioglimento del partito stesso, facendo più volte risaltare in riunioni, anche tempestose, la sua preparazione ed il suo spirito moderatore.

Nell’immediato dopoguerra egli fu animatore di un forte movimento cooperativo, particolarmente di consumo e di lavoro, che contribuì notevolmente alla ricostruzione delle martoriate provincie del Piave, del Grappa e del Montello; movimento che fu ritenuto degno, nel 1921, di ospitare il primo Congresso nazionale della cooperazione cristiana. Aveva appena compiuto i 30 anni, allorquando, nel 1919, fu eletto deputato al Parlamento, riuscendo capolista nella circoscrizione elettorale di Treviso e conservando tale primato anche nella elezione del 1921. Durante queste due legislature fu segnalato dalla Direzione del Partito al Governo, che lo inviò, quale competente, in Libia a studiare le possibilità di colonizzazione, e quindi in Francia, pure a studiare le forme migliori per l’impiego della mano d’opera italiana e per l’assistenza agli emigranti. Appassionato, fino da giovane, dell’arte drammatica, si produsse, e diede vita alle prime compagnie dilettantistiche nei circoli ed oratori cattolici. Si dedicò con passione alla composizione di lavori drammatici e più di una sua commedia acquistò notorietà e lo coronò di meritata fama.

Intelletto aperto a tutte le manifestazioni dell’arte e della bellezza, coltivò gli studi dell’arte antica e medievale, fu conoscitore profondo dei monumenti e delle memorie di Roma antica e moderna, come pure della sua Marca «gioiosa ed amorosa».

Amava la poesia, e gli amici ricordano ancora alcuni suoi apprezzati componimenti sulla fede, sull’amore cristiano e sulla sua città di Treviso. Nel 1925, perseguitato dal fascismo, si ritirò a Roma. Nei tempi duri della dittatura, privo di ogni mezzo di sostentamento per non aver mai voluto rinunziare ai suoi ideali, visse modestamente, adattandosi a qualunque lavoro decoroso pur di non piatire il pane a scapito della sua dirittura morale e politica. Chi gli fu vicino in quel tempo sa quali sacrifici ebbe a sopportare per mantenere fede all’ideale che fu lo scopo di tutta la sua vita e come fosse ultimamente orgoglioso di ricordare il periodo di rinunzie e di vita francescana in cui visse, isolato nella sua dignità e pieno di fiducia in un avvenire di libertà.

Allorché l’alba della liberazione spuntò, Luigi Corazzin dedicò al movimento clandestino tutto se stesso e fu fra coloro che attivamente collaborarono per la lotta di resistenza e per la resurrezione della Patria, libera e democratica.

Chiamato a risolvere i problemi della città di Roma, egli intraprese con energia e con competenza la sua attività, risolvendo con audaci provvedimenti difficilissime situazioni. E qui, lasciatemi, onorevoli colleghi, che io ricordi, a monito e ad esempio, come sul suo tavolo di Commissario dell’Alimentazione, espressione la più pura della sua fede e della sua vita, spiccasse un Crocifisso, recante ben visibile un cartello con la scritta, «per ricordarmi di essere onesto».

La democrazia cristiana lo volle Consultore nazionale in rappresentanza del movimento cooperativo, del quale fu esperto e valido organizzatore, ricoprendo la carica di segretario generale della Confederazione cooperativa Italiana, dalla ripresa, nel maggio 1945, fino alla sua morte.

Parlò in quest’aula a favore della cooperazione; fece parte della Commissione di Agricoltura e dell’Alimentazione; fu relatore di diversi provvedimenti legislativi, non ché del bilancio del Ministero dell’alimentazione.

Riuscito eletto nelle elezioni del 2 giugno per il Collegio Treviso-Venezia, quale fu la sua opera nella III Commissione legislativa della Costituente (della quale ricopriva la carica di vicepresidente) ben lo sanno i colleghi, che ebbero modo più da vicino di conoscerla ed apprezzarla. L’Assemblea Costituente ha perduto, con l’improvvisa scomparsa di Luigi Corazzin, una figura eminente, perché veramente rappresentativa del popolo e degli interessi del popolo; ha perduto soprattutto un valido collaboratore che ai lavori dell’Assemblea ha dato, e molto più avrebbe dato in avvenire, il prezioso contributo della sua preparazione culturale e politica e della sua esperienza nel campo amministrativo ed economico e sociale.

Io vi invito, onorevoli colleghi, a rivolgere un pensiero alla sua memoria, nel mentre, interprete sicuro del vostro animo, mi associo alle espressioni del Presidente di questa Assemblea nel mandare alla desolata vedova, ai fratelli e ai congiunti, le espressioni del più vivo cordoglio. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ravagnan. Ne ha facoltà.

RAVAGNAN. Il gruppo parlamentare comunista si associa all’omaggio che l’Assemblea tributa in questo momento alla memoria di Luigi Corazzin, così improvvisamente ed immaturamente scomparso.

Particolarmente i deputati veneti di questa parte dell’Assemblea ricordano, del nostro collega defunto, le doti di probità, di dirittura, di fedeltà alle istituzioni libere che gli fecero respingere gli allettamenti della tirannide durante il triste ventennio fascista e lo indussero naturalmente a partecipare alla lotta di liberazione.

L’attività esemplare di Luigi Corazzin è provata dal fatto che egli morì povero.

Vada l’espressione del nostro unanime cordoglio alla sua famiglia, ai suoi amici, ai lavoratori cattolici che lo elessero a questa Assemblea. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tonello.

TONELLO. Onorevoli colleghi, a nome del Partito socialista, e a nome segnatamente del collega Canevari, porto alla memoria di Luigi Corazzin un saluto reverente e commosso, perché io fui per oltre trent’anni suo amico personale. Egli era mio conterraneo: militava in un campo opposto al mio, dove frequenti erano le battaglie, i contrasti, talvolta anche violenti. Ebbene, durante questi lunghi anni di battaglia, io mantenni sempre il mio affetto e la mia stima per Luigi Corazzin. Certi uomini guardati da lontano, dentro una determinata cornice, hanno una certa luce, ma poi mutano da vicino. Corazzin invece era uomo che, osservato da vicino, scandagliato nel fondo del suo animo, riusciva più accetto e più degno di ammirazione. Aveva un’anima generosa, era buono, sincero, lontano da ogni odio di fazione, tollerante nel vero senso della parola.

Luigi Corazzin iniziò il suo lavoro di organizzatore nel campo cristiano sociale fin da giovanetto. Aveva sentito un grande sociologo cristiano, Giuseppe Toniolo, e della sua dottrina fu dal principio seguace. Era cresciuto accanto al fratello suo maggiore Giuseppe Corazzin, che fu con Cappellotto e con altri il grande propagatore dell’organizzazione cristiano-cattolica nella provincia di Treviso. E Giuseppe Corazzin seppe affrontare battaglie difficili nel campo dell’organizzazione di classe. Pensate che la provincia di Treviso era una delle più lontane dal movimento di classe. Da noi, 50 anni or sono, c’era una classe agricola abbandonata, avvilita, c’era una classe borghese agraria refrattaria ad ogni movimento e ad ogni elevamento della classe lavoratrice dei campi. Ebbene, Corazzin, insieme coi suoi compagni della democrazia cristiana di allora, iniziò un movimento di organizzazione accanto al movimento del Partito socialista. Ci furono, dapprima, onorevoli colleghi, degli scontri, ci furono dei contrasti, perché ciascuno di noi sentiva dentro il proprio animo una diversa concezione del domani; ma poi finimmo anche per intenderci nel campo dell’azione. Per tanti e tanti anni noi lavorammo insieme, insieme avemmo gli stessi palpiti di fronte al bisogno del proletariato dei campi, di fronte ai bisogni delle classi lavoratrici di quella Regione. Luigi Corazzin fu una di quelle figure che eccellono per bontà ingenua: era, vi ripeto, un lavoratore modesto, ma altrettanto tenace; era uno di quegli uomini che sono preziosi nella vita e che sono indispensabili nei partiti. Se i partiti non avessero uomini come Luigi Corazzin, molto difficilmente potrebbero esplicare la loro azione nel campo politico e nel campo sociale. Noi abbiamo bisogno, onorevoli colleghi, di uomini modesti e tenaci che abbiano la fede perseverante che ebbe in vita Luigi Corazzin. Egli era, ripeto, un puro credente e sui fianchi cingeva il cilicio di San Francesco: era terziario francescano. Eppure, tante volte con me discutendo, quando io, spinto dall’arguzia del mio temperamento, gli facevo obiezioni scherzose, egli non si impermaliva; sentiva che alla fine dei conti anche io potevo essergli amico, per quanto differente fosse il mio pensiero. Io vorrei che questo sentimento di comprensione fraterna fra gli uomini diventasse un costume anche nel nostro Paese. (Applausi). Vorrei che i cuori si avvicinassero di più, che noi sentissimo il palpito più vicino dei nostri cuori, e le tante risse inutili e le tante divisioni, perniciose per la vita dell’Italia, scomparirebbero. Alla memoria di Luigi Corazzin vada dunque il mio saluto, riverente e commosso e vada alla sua povera famiglia l’espressione del mio più vivo cordoglio. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Dopo tanti oratori che hanno parlato a nome dei loro gruppi, mi sia consentito, oggi, di parlare soltanto a nome di me stesso; di me stesso oggi profondamente commosso, perché Luigi Corazzin per me non era né un avversario né un collega, ma semplicemente un amico, un amico carissimo, un amico insostituibile. Ed oggi parlo solamente da amico per l’amico che, anche se non vedo più in quest’aula, sento vivere in me per l’affetto che ci univa e per la bontà profonda che spirava da lui.

In quest’aula, che dovrebbe essere ispirata a seri volti ed a più serie discussioni, mi è gradito oggi ricordare un sorriso, il sorriso che era l’anima di Corazzin, quel sorriso di cui Sterne dice che aggiunge un filo tenuissimo alla trama delicata della vita. Per me oggi quel sorriso non è più al di fuori, è all’interno di me. Ed ho sentito profondo il dovere per l’amico carissimo di ricordare, al di là e prima dei suoi meriti politici, dei suoi meriti organizzativi, questa luce profonda della sua anima che è stata veramente l’anima di un italiano, di un cristiano che ha saputo riunire lo spirito del dovere con la letizia della vita e condurre sotto questa bandiera una battaglia di nobiltà e di patriottismo (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sardiello. Ne ha facoltà.

SARDIELLO. Parlo a nome del gruppo parlamentare repubblicano. Per quanto nessuno dei tre grandi scomparsi abbia appartenuto al nostro partito, noi sentiamo di portare la nostra viva adesione alla manifestazione di oggi. I valorosi colleghi che hanno parlato sinora hanno additato nella personalità dei tre scomparsi due note nobilissime: la loro passione per l’ascesa delle classi umili, per il trionfo dei lavoratori e la visione ideale che essi hanno avuto nella lotta politica. E per questa il partito repubblicano, che ha vibranti nel suo programma queste due note, si associa oggi al rimpianto ed alla esaltazione. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cianca. Ne ha facoltà.

CIANCA. Anche a nome dei colleghi del mio gruppo, porto un saluto deferente e caldo alla memoria di Achille Grandi. Nello scomparso noi abbiamo sempre rispettato e spesso ammirato il servitore costante e sicuro del Paese. Nulla trattenne mai Achille Grandi dall’adempiere il proprio dovere; la sua coscienza non si piegò mai, né a calcoli né a paure, quali che fossero le lusinghe o le minacce. Achille Grandi fu uno dei più fieri e nobili lottatori per la causa della giustizia sociale e della democrazia, di quella democrazia la cui difesa egli sapeva esser in larga misura affidata alla unità operante delle forze del lavoro. Egli lascia un esempio di dignità, di coerenza, di disinteressata devozione all’interesse pubblico, dinanzi al quale noi ci inchiniamo. Un altro esempio ci viene lasciato da Giovanni Lombardi, il quale, in altro settore di questa Assemblea, lottò fermamente per l’avvento di una moderna democrazia. Spirito illuminato e colto, sociologo, giurista, politico di studi severi, Giovanni Lombardi è fra coloro che, fin dal primo momento, assunsero un atteggiamento di netta opposizione al fascismo. Dalle prime battaglie parlamentari fino all’ultima lotta elettorale, da lui sostenuta nel Mezzogiorno contro il trasformismo, le clientele locali e la potenza corruttrice di un capitalismo feudale, l’attività politica di Giovanni Lombardi si è svolta lungo una linea di inflessibile fedeltà ai suoi ideali di libertà e di socialismo. Noi ci associamo alle parole con cui il nostro Presidente ha ricordato Achille Grandi e Giovanni Lombardi, così come ci associamo a quelle con cui ha reso l’omaggio dell’Assemblea alla memoria di un altro degnissimo nostro collega scomparso: Luigi Corazzin. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Faccio mie, a nome del Governo, le parole di rimpianto e di ammirazione qui pronunciate e mi unisco all’augurio, che di questi nostri cari colleghi passati alla vita eterna noi imitiamo lo spirito di sacrificio e la fede nel progresso umano dell’Italia. (Approvazioni).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i Deputati: Arata, Ambrosini, Biagioni, Pucci.

(Sono concessi).

Per l’esame dei disegni di legge.

PRESIDENTE. Nella riunione del 28 novembre dei quattro Presidenti delle Commissioni per l’esame dei disegni di legge, presieduta dal Presidente dell’Assemblea Costituente, si è stabilito che gli schemi di provvedimenti legislativi importanti oneri finanziari saranno dalla Presidenza dell’Assemblea, appena pervenuti dal Governo, comunicati all’ufficio di Presidenza della Commissione competente per materia e all’Ufficio di Presidenza della Commissione finanze e tesoro.

I due Uffici di Presidenza stabiliranno se sarà il caso di promuovere una riunione comune delle due Commissioni per la deliberazione di tali provvedimenti, esercitando così, nei rapporti interni delle Commissioni, la funzione a queste delegata dall’Assemblea circa la procedura della deliberazione stessa.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, in sostituzione degli onorevoli Assennato e Corbi, i quali hanno rassegnato le dimissioni da componenti della Commissione per la Costituzione, ho chiamato rispettivamente gli onorevoli Di Vittorio e Pesenti.

Inoltre, in sostituzione degli onorevoli Bertone, nominato Ministro del tesoro, Assennato, nominato Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio, Pella, nominato Sottosegretario di Stato per le finanze, e Stampacchia, nominato Sottosegretario di Stato per la marina militare, ho chiamato rispettivamente gli onorevoli Colonnetti, nella Commissione per i trattati internazionali, Giolitti, nella Giunta delle elezioni e nella II Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge, Castelli-Avolio, nella Commissione medesima, della quale è stato nominato segretario, e Jacometti, nella IV Commissione permanente.

Infine, in sostituzione dell’onorevole Lombardi Giovanni, deceduto, ho chiamato l’onorevole Amadei a far parte della Commissione per la Costituzione.

L’onorevole Marinaro ha cessato di far parte del Gruppo parlamentare del Blocco della Libertà ed ha aderito a quello dell’Uomo Qualunque.

La quarta Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge, nella seduta del 3 corrente, ha nominato suo Vicepresidente l’onorevole Firrao, in sostituzione dell’onorevole Stampacchia, nuovo Sottosegretario di Stato per la marina militare, e Segretario l’onorevole Colombo, in sostituzione dell’onorevole Schiavetti, dimissionario dalla carica.

La rappresentanza dell’Assemblea nella Unione interparlamentare.

PRESIDENTE. Il Comitato esecutivo dell’Unione interparlamentare, nella quale il Parlamento italiano sino all’inizio della guerra era rappresentato da un Comitato permanente di quattro senatori e quattro deputati, ha con recente deliberazione rivolto invito alla Rappresentanza parlamentare italiana di riprendere il proprio posto in seno ad essa.

È stato, pertanto, costituito un Comitato provvisorio di otto membri, designati dai Gruppi parlamentari, che – in attesa della formazione del nuovo Parlamento – rappresenterà l’Assemblea Costituente ai prossimi lavori dell’Unione.

Esso è composto degli onorevoli colleghi: Cianca, Einaudi, Fresa, Gronchi, Persico, Sforza, Terracini, Villani.

Annuncio di risposte scritte a interrogazioni.

PRESIDENTE. Comunico che i Ministri competenti hanno inviato le risposte scritte a interrogazioni presentate prima e dopo la sospensione dei lavori dell’Assemblea.

Saranno pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta di oggi (1). (1) Vedi allegato a parte.

Colgo l’occasione per rilevare che un certo numero di interrogazioni, presentate in data non recente, attendono ancora le risposte scritte e rivolgo invito agli onorevoli Ministri, perché normalmente le risposte siano inviate nel termine previsto dal Regolamento. (Approvazioni).

Nomina di nuovi Ministri e Sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Informo l’Assemblea che il Capo Provvisorio dello Stato, con decreti in data 18 ottobre 1946, ha:

1°) nominato l’onorevole Pietro Nenni Ministro per gli affari esteri, cessando dalla carica di Ministro Segretario di Stato senza portafoglio;

2°) accettato le dimissioni rassegnate dall’onorevole dottor Antonio Giolitti dalla carica di Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, e dall’onorevole avvocato professor Salvatore Scoca, dalla carica di Sottosegretario di Stato per le finanze;

3°) nominato l’onorevole avvocato Giuseppe Brusasca Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, cessando dalla carica di Sottosegretario di Stato per l’industria ed il commercio;

4°) nominato l’onorevole dottor professor Giuseppe Pella Sottosegretario di Stato per le finanze;

5°) nominato l’onorevole avvocato Vito Mario Stampacchia Sottosegretario di Stato per la marina militare.

Con successivo decreto in data 19 ottobre 1946, l’onorevole avvocato Mario Assennato è stato, infine, nominato Sottosegretario di Stato per l’industria ed il commercio.

Presentazione di disegni di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, Presento all’Assemblea il seguente disegno di legge: Determinazione delle nuove formule di giuramento.

Ne propongo la discussione di urgenza.

PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Presidente del Consiglio della presentazione di questo disegno di legge.

Come l’Assemblea ha udito, egli ha proposto che il provvedimento sia discusso di urgenza.

Pongo ai voti questa proposta.

approvata).

Data l’importanza dell’argomento e il termine immediato di discussione, è da esaminare se il disegno di legge non possa essere affidato all’esame di una Commissione speciale.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’interno. Concordo e propongo che la nomina di questa Commissione sia deferita al Presidente dell’Assemblea.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Mi riservo di comunicare, in fine di seduta, i nomi dei componenti della Commissione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Presento all’Assemblea il seguente disegno di legge: Modifiche al Testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con Regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e successive modifiche.

PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Presidente del Consiglio della presentazione di questo disegno di legge.

Votazione per la nomina di un Vicepresidente.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la votazione per la nomina di un Vicepresidente.

Prima che si proceda alla votazione, estraggo a sorte i nomi di dodici deputati che comporranno la Commissione di scrutinio.

(Segue il sorteggio).

Comunico i nomi degli scrutatori sorteggiati: Salvatore, Pellizzari, Segala, Zaccagnini, Pistoia, Notarianni, Merlin Umberto, Mattarella, Rodinò Mario, Sartor, Mazzola e Pignatari.

Dichiaro aperta la votazione.

Presidenza del Vicepresidente PECORARI

SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.

(Segue la votazione).

Presidenza del Presidente SARAGAT

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli scrutatori a recarsi nella sala a ciò destinata per procedere immediatamente alle operazioni di scrutinio.

Proroga del termine assegnato alla Commissione per la presentazione del progetto di Costituzione.

PRESIDENTE. Com’è noto all’Assemblea, la Commissione per la Costituzione avrebbe dovuto – a norma del Regolamento – presentare alla Presidenza il progetto e la relazione entro tre mesi dal suo insediamento, cioè il 20 ottobre scorso. Senonché a quella data i lavori delle tre Sottocommissioni, in cui la Commissione si è divisa, erano lungi dall’essere ultimati, e ciò, a onor del vero, non già per difetto di diligenza da parte delle Sottocommissioni stesse, che, anzi, hanno lavorato in modo assai intenso, ma principalmente per la necessità di procedere ad un’ampia discussione generale atta a determinare le grandi linee del progetto da redigere.

Tutti sanno infatti che, a differenza di quanto è avvenuto in altri Paesi, noi non abbiamo avuto un progetto preliminare, né governativo, né di singoli gruppi, epperò la Commissione ha dovuto creare ex-novo; il che, d’altra parte, giova a conferire al suo studio ed al suo lavoro tanto maggiore autorità, in quanto assicura la diretta ed autonoma espressione delle varie correnti politiche rappresentate nell’Assemblea.

Il Presidente della Commissione, fin dai primi di ottobre, mi fece presente l’impossibilità in cui la Commissione stessa si trovava di osservare il termine prefissole. Oggi, riunendosi per la prima volta l’Assemblea Costituente dopo la scadenza di tale termine, è necessario decidere sulla proroga che si è resa indispensabile di concedere alla Commissione per il completamento dei suoi lavori, e che la Commissione ha sollecitato con la seguente lettera a me diretta dal suo Presidente onorevole Ruini:

Roma, 6 dicembre 1946

«La Commissione per la Costituzione ha, con mia nota dell’11 ottobre, segnalato alla Presidenza dell’Assemblea Costituente l’impossibilità di presentare tutto lo schema nel termine previsto.

«Mi pregio ora comunicarle che la Commissione oggi riunita ha constatato che, malgrado ogni intensità di lavoro, le è necessaria una proroga sino al 31 gennaio per l’adempimento del suo compito.

«Ruini».

La Giunta del Regolamento, da me convocata per esprimere il suo parere, dato che il termine era stato fissato in tre mesi su sua proposta, ha manifestato l’avviso che la proroga possa essere concessa. Il 31 gennaio quindi – se l’Assemblea consente la proroga – il progetto definitivo dovrà essere già stato presentato alla Presidenza in tutte le sue parti.

L’Assemblea, per altro, non può limitarsi a concedere la proroga in parola, senza decidere sul metodo di lavoro che essa intende adottare per la discussione. Alla Presidenza risulta che la prima Sottocommissione, la quale si è occupata dei diritti e doveri dei cittadini, ha quasi ultimato il suo lavoro e che la terza, la quale si è occupata dei diritti e doveri economico-sociali, lo ha del tutto ultimato, così che la redazione del progetto relativo a tale materia è affidata ad un apposito Comitato.

Di questa prima parte della Costituzione, che si presenta a sé stante (conviene ricordare che la recentissima Costituzione francese ne ha fatto oggetto di un Preambolo), l’Assemblea potrebbe, alla ripresa dei lavori, iniziare senz’altro l’esame, anche nella deprecata ipotesi che la seconda Sottocommissione non abbia esaurito in tempo utile i suoi lavori per la redazione della parte centrale e fondamentale della Costituzione, cioè l’organizzazione dello Stato.

In ogni modo resta inteso fin da ora che la Costituente sarà riconvocata martedì 21 gennaio 1947, per esaminare alcuni disegni di legge, dopo di che sarà iniziata o la discussione generale sulla nuova Costituzione o l’esame della parte già pronta, proseguendo, comunque, il suo lavoro intensamente e ininterrottamente. Le sedute – una volta iniziata la discussione della Costituzione – cominceranno alle ore 15 e nessun oratore potrà fino alle ore 20 rifiutarsi di prendere la parola.

Soggiungo che fin da ora è prevedibile che sarà necessario, alla ripresa dei nostri lavori, addivenire ad una, sia pur breve, proroga del termine di otto mesi stabilito dall’articolo 4 del Regio decreto 16 marzo 1946 per i compiti dell’Assemblea Costituente. A norma, infatti, di tale articolo, l’Assemblea è sciolta di diritto il giorno dell’entrata in vigore della nuova Costituzione e comunque non oltre l’ottavo mese dalla sua prima riunione, che ebbe luogo il 25 giugno; essa tuttavia può prorogare questo termine, ma per non più di quattro mesi.

Constatata l’assoluta impossibilità che la nuova Costituzione sia approvata entro il 25 febbraio, una proroga sarà indispensabile per dar modo all’Assemblea di approvare tempestivamente non solo la Costituzione, ma anche le leggi elettorali necessarie per la sua entrata in vigore, che saranno discusse in apposite sedute mattutine.

Prima di mettere ai voti la proroga del termine per la presentazione del progetto, chiedo se nessuno chieda di parlare.

Nessuno chiedendo di parlare, pongo ai voti la domanda di proroga.

(È approvata all’unanimità).

Nomina di una Commissione.

PRESIDENTE. In relazione al mandato conferitomi dall’Assemblea, ho chiamato a far parte della Commissione speciale per l’esarne del disegno di legge sulle nuove formule di giuramento gli onorevoli Arcangeli, Bergamini, Capua, Cianca, Cifaldi, Della Seta, Galati, Lucifero, Mazzoni, Molè, Moro, Guerrieri Filippo, Ravagnan, Targetti, Terracini.

Prego i suddetti onorevoli Colleghi di riunirsi domattina, alle ore 10, e di procedere all’esame del provvedimento, in modo che la sua discussione possa svolgersi nella seduta di giovedì, 11 corrente, o su relazione scritta, che dovrebbe esser presentata alla Presidenza non più tardi di domani, per essere stampata e distribuita, o anche su relazione orale, che potrà esser fatta durante la seduta medesima.

Chiedo all’Assemblea se consente in questa procedura.

(Così rimane stabilito).

Convocazione di una Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che la prima Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge è convocata per venerdì, 13 corrente, alle ore 10.

Elezione contestata per la circoscrizione di Roma.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Elezione contestata per la circoscrizione di Roma (Guglielmo Visocchi). (Doc. III, n. 2).

Ha chiesto di parlare l’onorevole Reale Vito. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Desideravo pregare la Presidenza di rinviare a domani la discussione di questa contestazione, perché possa essere unita alla contestazione per la circoscrizione di Salerno, relativa all’onorevole De Martino.

I due casi si riferiscono entrambi all’applicazione dell’articolo 11, ed è quindi opportuno che l’Assemblea tenga presenti le due decisioni e le due relazioni per decidere, se possibile, uniformemente su questi due casi, i quali sono stati decisi dalla Giunta in modo difforme.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Crispo. Ne ha facoltà.

CRISPO. Onorevoli colleghi, aderisco alla richiesta dell’onorevole Reale.

La questione che viene demandata all’esame dell’Assemblea, non è una questione ad personam. È, bensì, una questione di principio. Si tratta, cioè, di stabilire se per il caso Visocchi ricorra l’ipotesi della ineleggibilità contemplata dall’articolo 11 della legge elettorale.

È evidente, pertanto, che, se si presentino all’esame dell’Assemblea due casi perfettamente identici o simili (noi assumiamo che i due casi sono simili), debba seguirsi un unico criterio per la decisione di essi, in rapporto all’articolo 11 della legge elettorale.

Di qui l’opportunità, o addirittura la necessità che l’Assemblea decida contestualmente del caso Visocchi e del caso De Martino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Molè. Ne ha facoltà.

MOLÈ. Mi oppongo alla richiesta dell’onorevole Reale. Non mi limito semplicemente a delle osservazioni procedurali: che cioè l’abbinamento di una discussione che è già all’ordine del giorno con una discussione che ancora non lo è, che cioè non è giunta alla cognizione dell’Assemblea è contraria al Regolamento della Camera; ma mi oppongo soprattutto per una ragione sostanziale, perché l’articolo 20 del regolamento della Giunta delle elezioni impone che su ciascuna elezione la Giunta debba portare il suo esame specifico, e di ciascuna elezione la Camera deve decidere, con un giudizio che riguarda quel candidato, quel collegio, quella elezione, – personalità umane e fattispecie inconfondibili – non con un giudizio complessivo che manda e giudica insieme candidati e collegi diversi.

L’onorevole Reale e l’onorevole Crispo hanno parlato di connessione; hanno parlato di caso identico nelle contestazioni Visocchi e De Martino. Bisognava dimostrarlo. Allo stato non c’è che un’affermazione – la sola ammissibile, finché non decida contrariamente l’Assemblea: quella della Giunta delle elezioni che, nella sua quasi unanimità, ritiene che i casi sono diversi. Ad ogni modo, io non capisco la necessità di abbinamento – questo cordone ombelicale – che debba unire le sorti dell’un candidato alle sorti dell’altro. Fosse anche possibile – e non lo è – non ne vedo il motivo e la convenienza. Qual è il pericolo? La contraddittorietà delle due decisioni? La opposizione dei giudicati? Ma io non credo che la Camera, un’Assemblea di legislatori, soltanto perché non discuta contemporaneamente i due casi, il giorno dopo avrà dimenticato quello che ha fissato come ragion del decidere il giorno prima.

Quindi, non tanto per richiamare all’osservanza del Regolamento, e non solo perché praticamente è impossibile che sulle due elezioni, anche a discuterle insieme, si possa venire ad una decisione unica, giacché dovremmo votare prima per una elezione e poi per l’altra elezione – ma soprattutto per allontanare dall’Assemblea l’irriverenza di questo sospetto: che il ritardo di 24 ore le faccia perdere la nozione dei casi giuridici e le ragioni del decidere, mi oppongo alla proposta Crispo-Reale. E chiedo che seguendo l’ordine del giorno, si proceda oggi alla discussione della elezione Visocchi, e domani – o quando verrà alla cognizione dell’Assemblea – si discuta l’elezione De Martino.

La Camera saprà decidere rettamente dal punto di vista morale, politico e giuridico nell’un caso e nell’altro. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Vi è una proposta dell’onorevole Reale di rinviare la discussione sull’elezione contestata della circoscrizione di Roma a quando sarà discussa l’altra elezione contestata dell’onorevole De Martino, in maniera che la discussione avvenga congiuntamente. Metto ai voti questa proposta.

(Non è approvata).

Procediamo dunque dallo svolgimento del terzo punto dell’ordine del giorno.

La Giunta delle elezioni propone che sia annullata la proclamazione del candidato Guglielmo Visocchi. Apro la discussione su questa proposta. Ha chiesto di parlare l’onorevole Mastrojanni. Ne ha facoltà.

MASTROJANNI. Onorevoli colleghi, parlo per Guglielmo Visocchi, cui la Giunta delle elezioni ha contestato la validità della elezione a deputato in questa Assemblea Costituente; elezione voluta con voto segreto, personale e preferenziale da 12.507 elettori della circoscrizione di Roma e del Lazio.

Prima che questa Assemblea Costituente, sovrana espressione della libera volontà del popolo italiano, decida se l’onorevole Guglielmo Visocchi abbia il diritto di esercitare il mandato parlamentare e se 12.507 cittadini della Repubblica democratica italiana possano essere privati del loro diritto primigenio, sacro, imprescrittibile, inalienabile della libera scelta del loro deputato, io ritengo per fermo che debba la questione essere esaminata col più profondo senso politico, con la più acuta indagine giuridica e con il più alto e sereno omaggio alla giustizia.

Onorevoli colleghi, qui non si tratta di interessi personali, né il dibattito è aperto per il trionfo di ideologie o di programmi politici. Qui, al di sopra ed al di fuori di ogni nostra convinzione, di ogni nostro orientamento, di ogni nostra aspirazione sociale e politica, si erge ammonitore ed insuperabile per le esperienze di noi tutti, il più grande amico e il nemico più implacabile per tutti; ed esso è un mito, il mito che dobbiamo tradurre in realtà, perché ci acqueti e perché non ci perseguiti; ed esso, voi, onorevoli colleghi, già avete udito, è la giustizia! Consentitemi che per la benevolenza che vi chiedo di ascoltarmi, io possa in rapidissima sintesi rappresentarvi la questione di fatto e di diritto, sì che nel giudizio che sarete per dare sia salva, con la dignità vostra, la vostra responsabilità di fronte alla legge, di fronte alla storia parlamentare del nostro paese, di fronte alla democrazia, se democrazia è sinonimo di libertà e di giustizia per il nostro popolo, per tutti i popoli.

Guglielmo Visocchi ebbe contestata la elezione in conseguenza di tre reclami presentati da tre cittadini elettori. Il primo è del ragioniere Giuseppe Molitor, per fatti che dalla Giunta delle elezioni furono riconosciuti non provati. Inutile, quindi, a me sembra, la discussione su questo primo argomento, dato che la Giunta delle elezioni si è pronunziata in senso negativo per il ricorrente ragioniere Molitor.

Il secondo ricorso è quello dell’elettore Romano Dragoni, il quale sostiene la ineleggibilità di Guglielmo Visocchi ai sensi dell’articolo 11 della legge elettorale 10 marzo 1946, assumendo che il Visocchi sia concessionario della derivazione di acque pubbliche dal fiume Melfa.

II terzo reclamo è del candidato Dante Veroni, il quale adduce la ineleggibilità di Guglielmo Visocchi e per la ragione rappresentata dall’elettore Romano Dragoni, e perché risulterebbe che il Visocchi è concessionario inoltre di derivazione di acque dai fiume Liri ed altresì titolare della concessione per lo sfruttamento di una miniera di manganese nel comune di Casalattico, in provincia di Frosinone.

Ho esaminato attentamente, come il caso richiedeva, l’analitica relazione della Giunta delle elezioni, il cui relatore ed estensore è l’onorevole Ruggero Grieco, e non so francamente se questa relazione io debba considerarla come la espressione di un’analisi accurata dei fatti e di un’applicazione ortodossa del diritto, ovvero se essa più non rappresenti, come a me sembra, una requisitoria nella quale, come spesso avviene, il severo persecutore dell’illecito penale trasfonde la passione del suo nobile ministero per reclamare la punizione del reo.

Invero, nella relazione lo sforzo della dialettica supera, adombra e comprime gli argomenti di diritto, esasperati da una casistica esemplificativa costruita su situazioni illogiche, che sullo stesso piano pongono e il concessionario di un cartello pubblicitario in una stazione ferroviaria e il concessionario di derivazione di acque pubbliche. Vi è una preoccupazione costante di giungere, anche per assurdo, alla dimostrazione dell’assunto. Si sorvola, ed anzi, la relazione non se ne interessa in modo assoluto, sulla situazione di fatto, sulla quale la difesa del Visocchi rappresentò i motivi e presentò una imponentissima documentazione, di cui la Giunta delle elezioni non tenne alcun conto; risultando anzi dimostrato che tale documentazione, la quale, se esaminata, avrebbe deciso in punto di fatto la inesistenza della concessione, fu richiesta al Ministero dei lavori pubblici dopo che la decisione era stata pronunziata.

Di conseguenza non è imprudente, né è audace, da parte di chi ha l’onore di parlarvi, affermare che non si sia, come il caso richiedeva, esaminata ponderatamente la questione, ma si sia, assai affrettatamente, pervenuti a conclusioni decisive, le cui conseguenze hanno riflessi non solo di diritto, ma anche politici, perché qui si incide sulla sensibilità di 12.507 cittadini della Repubblica italiana, i quali hanno liberamente scelto questo deputato che riscuote la loro illimitata stima e fiducia.

La stessa relazione della Giunta delle elezioni, che ha sorvolato i fatti e tutte le questioni ad essi inerenti, si indugia invece nella parte conclusiva, con argomentazioni seducenti e particolaristiche che rappresentano uno stato d’animo personale, non consentito a rappresentanti di una giustizia, che dovrebbe essere espressione di fatti reali e non di induzioni soggettive.

Si è sorvolato su questioni che sono state presentate dall’abile difesa del professor Vassallo e si è concluso in un modo che è bene l’Assemblea Costituente conosca per formarsi adeguata impressione del modo come la giustizia sia stata amministrata.

Dice la relazione:

«Con il suo voto essa ha voluto sbarrare l’adito a certe distinzioni sottili, che tendono a farci perdere il contatto con la norma positiva ed a farci smarrire in una casistica complicata ed ingannevole, con il risultato di annullare praticamente l’efficacia di una disposizione considerata, giustamente, come una guarentigia della democrazia e come una condizione del buon funzionamento del regime parlamentare.

«Si tratta di evitare che nell’Assemblea abbiano ingresso cittadini che, qualunque opinione si abbia sulla loro funzione e sulla loro utilità in altri campi, non possono far parte delle Assemblee parlamentari senza implicare timori di eventuali perturbazioni, sia per l’intreccio di interessi particolari da cui è retta e indirizzata la loro attività, che potrebbe esporli a vincolare le loro azioni e dominare la loro stessa persona, sia per la potenza di quel danaro che essi maneggiano e che talora diffonde la sua forza seduttrice, sia per quella preoccupazione e per quel sospetto che, per queste ragioni, desterebbe nel pubblico la loro partecipazione alla formazione delle leggi ed alla sorveglianza sulle amministrazioni pubbliche. Preoccupazione e sospetto i quali, inevitabilmente, si riverserebbero su tutti gli organi supremi dello Stato, menomando quella fiducia che, per il supremo interesse del Paese, deve sempre esistere fra governati e governanti».

Or dunque, onorevoli colleghi, in quanto rapidamente vi ho letto, nulla di apprezzabile avete potuto sottolineare per tranquillizzare la vostra coscienza. Non un fatto, non una data, non un accertamento di circostanze, non un indizio; ma una serie di sospetti contro coloro i quali si sperimentano nell’esercizio delle industrie, e che, come tali, devono essere messi al bando della società, in quanto si presume «juris et de jure» che la loro attività sia truffaldina; contro di essi, tutte le nostre armi devono essere appuntate e contro di essi deve ergersi una barriera insormontabile perché non partecipino nell’esercizio della cosa pubblica.

Mi domando se questa democrazia rinascente, in nome della quale la relazione perviene alla sua negativa decisione, costituisca un progresso verso il quale noi dobbiamo tendere o, invece, un regresso nel quale dobbiamo adattarci!

Noi non difendiamo alcuno, ma è solo la nostra sensibilità giuridica, che mai ci ha fatto indietreggiare di fronte a problemi che interessano la nostra coscienza, che ci ha indotti a parlare per potere a voi rappresentare le nostre convinzioni invitandovi a meditare profondamente su questa situazione, la quale oltrepassa la vicenda personale e contingente, e proietta, nell’avvenire non solo, ma anche nel passato parlamentare (dagli albori della nostra vita nazionale unitaria fino al 1920), serie conseguenze.

Guglielmo Visocchi non è l’ultimo giunto in quest’Assemblea Costituente. Egli è figlio non degenere di tutta una stirpe che dal 1880, credo, fino al 1920, costantemente ha avuto in quest’aula membri della sua famiglia. (Si ride Commenti) Onorevoli colleghi, (Interruzioni) il vostro sorriso di disprezzo per coloro che hanno esercitato, in epoca non sospetta, il mandato parlamentare, non vedo che sia espressione di obiettività! Non è vergogna essere figli di coloro che per la cosa pubblica hanno speso la loro esistenza. Fra questi banchi abbiamo ancor oggi uomini illustri e intemerati e venerandi per canizie, i quali, con i familiari del Visocchi, qui condivisero i fasti ed i nefasti della vita politica italiana. Il vostro sorriso suona oltraggio non solo agli scomparsi, ma anche ai sopravvissuti. (Interruzioni Commenti).

Vengo ai fatti: nulla a me importa che la decisione possa essere contraria. Io difendo il diritto e la giustizia! Si accusa Guglielmo Visocchi di essere titolare della concessione di derivazione di acque dal fiume Melfa. In linea di fatto dimostriamo che egli non è titolare della concessione di derivazione d’acqua dal fiume Melfa. Nel 1898, con decreto del Prefetto di Caserta, in data 18 agosto, veniva concesso alla ditta Visocchi, composta di diversi fratelli, la derivazione di litri 430 di acqua. La concessione, in data 24 agosto 1928, con decreto reale, veniva prorogata fino al 31 dicembre del 1977. Nel 1936 la ditta inoltrava domanda per ottenere una derivazione di acque di altri 430 litri, in aggiunta ai 430 di cui già godeva.

Nel 1937 (vi prego di tenere presente le date in quanto che sono decisive per la dimostrazione del nostro assunto), il 22 novembre, tale derivazione veniva concessa; nelle more dell’istruttoria, venuti a mancare alcuni dei componenti della ditta, la stessa veniva consolidata esclusivamente nella persona dell’ingegnere Guglielmo Visocchi. A questo punto è da notarsi che il 19 giugno del 1937, cioè a dire circa 6 mesi prima del decreto reale di concessione, Guglielmo Visocchi aveva fatto, per rogito del notaio Fienga, la rinuncia della concessione a favore della Società anonima Cartiere di Ceprano Orazio Arata; di guisa che la ditta veniva consolidata sotto la nuova denominazione di Cartiere di Ceprano e di Atina, Visocchi ed Arata. Di tale cessione, come ne fa obbligo la legge sulle acque, si sarebbe dovuto ottenere il nulla osta da parte del Ministero dei lavori pubblici, nulla osta che fu richiesto nel 1939, ma che il Ministero mai notificò. Però è da tenere in evidenza che il 22 novembre del 1937 la concessione per litri 430 di acqua (seconda concessione) era stata fatta con decreto reale non in via definitiva, ma in via precaria. Che cosa conseguì da una tale concessione precaria di acque? Che nel 1939, in seguito all’invito rivolto al Ministero dei lavori pubblici dalla Società mediterranea di elettricità, oggi Società romana di elettricità, le Cartiere di Ceprano e Atina, ereditarie della concessione Visocchi, raggiunsero un accordo con la Mediterranea di elettricità per una migliore utilizzazione del Melfa. Il Ministero dei lavori pubblici, nell’invitare la Società anonima Cartiere di Ceprano e di Atina, Visocchi ed Arata, e la Società mediterranea di elettricità, indicava la prima ditta non col nome dell’ingegnere Visocchi, ma sotto la denominazione che era conseguenza della cessione fatta nel 1937.

Quali sono le conseguenze che derivano da questa situazione di fatto? Quanto sto per dire è formalmente e sostanzialmente documentato negli atti depositati presso la Giunta delle elezioni, dove esiste altresì un atto di diffida giudiziaria notificato a cura dell’ingegnere Visocchi al Ministero dei lavori pubblici, perché risponda alla richiesta fatta fin dal 1939 per ottenere il nulla osta in ordine alla cessione della sua ditta a favore dell’altra ditta con la quale avvenne successivamente il consolidamento.

Comunque, le conseguenze che derivano da questa situazione di fatto sono due. Se in ipotesi il Ministero dei lavori pubblici dovesse in prosieguo di tempo notificare la concessione del nulla osta, non ci troveremmo più di fronte alla ditta Guglielmo Visocchi, ma di fronte alla Società anonima Cartiere di Ceprano e di Atina, Visocchi ed Arata. Poiché le società sono cosa diversa dalle persone che le costituiscono, la contestazione per la eleggibilità a deputato di Guglielmo Visocchi viene a mancare, inquantoché non è Guglielmo Visocchi il concessionario di derivazioni di acque del fiume Melfa, ma concessionaria è la Società anonima Cartiere di Ceprano e di Atina, Arata e Visocchi. Ché se, in ipotesi contraria, noi vogliamo attardarci ad esaminare la situazione di fatto, così come attualmente si presenta, cioè senza il nulla osta del Ministero dei lavori pubblici, noi ci troveremmo di fronte ad un Visocchi il quale si è spogliato irrimediabilmente della concessione di derivazione di acqua del fiume Melfa per la rinunzia esplicita fatta dal titolare in favore della Società anonima predetta.

Questa mia affermazione è confortata da una sentenza della Corte suprema di cassazione. E la sentenza è questa: la Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza n. 3344, nel ricordare che l’articolo 20 del testo unico stabilisce il divieto della cessione dell’utenza senza il nulla osta del Ministero dei lavori pubblici, ebbe a statuire che tale divieto comminato, porta come conseguenza la decadenza della concessione, non essendo obbligata la pubblica Amministrazione a riconoscere colui che se ne sia reso rinunziatario senza il suo consenso. Mi sembra, onorevoli colleghi, che, di fronte ad una lapalissiana rappresentazione delle situazioni di fatto così come vi ho dimostrato, non vi sia possibilità di discussione, a meno che non si voglia arzigogolare per contestare quanto la stessa Corte di cassazione ha già stabilito.

Resterebbe l’altra concessione, quella per cui ha fatto reclamo l’onorevole Dante Veroni: si tratta di una utenza riconosciuta alla Ditta Ferrari, ecc., e da questa ceduta alle Cartiere di Ceprano e di Atina, Visocchi ed Arata. Per tale cessione, con decreto 31 ottobre 1932, il Ministero dei lavori pubblici concesse il nulla osta. L’originale decreto è in atti. Risulta quindi, anche per questa cessione, dimostrato che Guglielmo Visocchi non è concessionario delle acque del fiume Liri.

Terzo ed ultimo: concessione mineraria. Non è stata fatta all’ingegnere Visocchi, ma, come risulta dagli atti, alla Società anonima Melfa. Il fatto è quindi escluso. È superfluo aggiungere che la coltivazione della miniera fu abbandonata nel 1943 e tutto il patrimonio sociale, a causa di fatti di guerra, è andato in fumo.

Concludendo, onorevoli colleghi, in punto di fatto, laddove la Giunta delle elezioni avrebbe dovuto dimostrare il suo convincimento, non si ha nulla che ci consenta di ritenere applicabile l’articolo 11 della legge elettorale del 10 marzo del 1946; perché manca, in modo assoluto, la generica, manca cioè il fatto.

Ma se, per ipotesi, e solo per ipotesi dovessimo scendere nella discussione di diritto, laddove assai rapidamente la Giunta delle elezioni ha portato la sua attenzione e la sua dimostrazione, non avrei che da dirvi poche parole.

Giuristi di me più valenti e preparati vi intratterranno, meglio di quanto io non possa fare, su questo argomento.

Dirò semplicemente che la Giunta delle elezioni ha esaurito il suo compito in diritto con queste semplici affermazioni:

Richiamata la dizione dell’articolo 11 della legge elettorale attualmente vigente, che stabilisce: «non sono eleggibili coloro che siano vincolati verso lo Stato per concessioni o contratti di opere o somministrazioni», e ritenuto che questo caso di ineleggibilità fu introdotto, per la prima volta nella nostra legislazione, dall’articolo 4 della legge 13 maggio 1877, n. 3830, la Giunta delle elezioni aggiunge:

Si sono considerate come cause di ineleggibilità le concessioni (quando comportino, beninteso, per il concessionario, obblighi verso lo Stato). Tale interpretazione è evidentemente soggettiva e non è dottrinale, né è confortata dalla giurisprudenza. Chi gode di una concessione, dice la Giunta, viene a trovarsi in una particolare situazione di privilegio rispetto agli altri cittadini, quasi che, in un certo senso, partecipi all’esercizio della sovranità, e, nello stesso tempo, viene ad essere vincolato, verso l’Ente concedente, da un rapporto di diritto pubblico, dal quale scaturiscono per lui speciali doveri, il cui adempimento può comportare anche sacrifici finanziari ingenti ed imprevisti, e per la pubblica Amministrazione speciali facoltà di intervento e di sorveglianza, il più delle volte affidati alla discrezionalità dei suoi organi».

Dimodoché, secondo la Giunta delle elezioni, tutte le concessioni governative sono di ostacolo per l’elettorato passivo.

Unica distinzione che la Giunta ci fornisce è quella che debbano concorrere gli obblighi verso lo Stato.

Che cosa ciò significa? Che la concessione la quale importi verso lo Stato degli obblighi debba costituire ostacolo all’elettorato?

Noi non lo comprendiamo e tanto meno lo comprendiamo, in quanto che, esaminando attentamente l’articolo nella sua dizione ed interpretandolo secondo i criteri della logica e della grammatica e secondo la «ratio legis», noi rileviamo di quell’articolo la dimostrazione negli aggettivi, che seguono la prima affermazione, per identificare e individuare quelle determinate concessioni, le quali veramente sono di ostacolo all’elettorato passivo.

Difatti, onorevoli colleghi, l’articolo 11 dice:

«Non sono eleggibili coloro che siano vincolati verso lo Stato per concessioni o contratti di opere o somministrazioni; i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzione continuativa o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato; i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle società e imprese suddette».

Evidentemente, il legislatore ha voluto intendere non tutte le concessioni, in quanto che è indubitato che non tutte le concessioni possono rappresentare ostacolo per l’elettorato passivo, ma solo le concessioni di opere o di somministrazioni.

Se questi aggettivi sono stati inseriti nel periodo, che deve esaurire il concetto del legislatore, evidentemente una ragione vi ha. E se questi aggettivi esistono, non vediamo la ragione per la quale si debbano enucleare dall’intero contesto e che si debba interpretare l’articolo soltanto con la prima parte, cui la Giunta delle elezioni fa seguire la sua aggiunta nel senso che si riferisca alle concessioni di rilevante importanza.

Le concessioni sono assai numerose e diverse: da quelle che concedono uno «status» a quelle che riguardano i titoli accademici, nobiliari, cavallereschi e fino a scendere alla concessione di un porto d’armi o di uno spazio sulla spiaggia per collocarvi una cabina, ecc., per i bagni.

In qualche modo, tutti noi siamo concessionari dello Stato stesso. Ora, non è possibile che per tutte le concessioni si sia voluto creare un ostacolo all’elettorato passivo, ma si sono volute considerare a questo riguardo quelle concessioni che, secondo le disposizioni esplicite, dipendono da contratti di opere o di somministrazioni. Ma, la concessione di derivazione di acque pubbliche non è una concessione di opere né di somministrazioni. È semplice una concessione. Le concessioni di opere o di somministrazioni sono invece precisamente quelle per le quali la Giunta delle elezioni, in modo esemplificativo, ha illustrato il concetto informatore, stabilendo che un rapporto esiste fra lo Stato ed il concessionario, un rapporto che implica una infinità di interferenze per le quali in modo negativo o in modo positivo può il concessionario intervenire sui diritti o interessi dello Stato, o può lo Stato, in senso positivo o negativo, attraverso i suoi organi, far sì che illecitamente goda di benefici il concessionario. Le concessioni per la costruzione ed esercizio di linee ferroviarie, o tranviarie o lacunari, trasferiscono nel concessionario una parte dell’autorità dello Stato. Il concessionario si sostituisce allo Stato stesso distribuendo o concedendo, nel pubblico interesse, opere o somministrazioni che avrebbe dovuto direttamente concedere lo Stato. In questi casi, logicamente, è da pretendersi che la concessione per la prestazione o somministrazione di opere costituisca ostacolo all’elettorato passivo; ma, quando la concessione si esaurisce nel godimento della cosa pubblica e nel proprio esclusivo interesse, i rapporti fra lo Stato ed il cittadino concessionario hanno dei limiti che sono precisati nel «disciplinare». Non vi ha il capitolato di appalto, in questi casi, ma si instaura una norma disciplinare, mentre per le concessioni di opere o di somministrazioni si provvede per mezzo di «capitolato d’appalto».

Nel caso in cui la concessione è regolata dal così detto «disciplinare» e non dal capitolato di appalto, si individua la differenza che esiste tra il concessionario di opere o somministrazioni ed il concessionario puro e semplice. La concessione pura e semplice è regolata dal disciplinare; la concessione di opera o di somministrazione è regolata dal capitolato di appalto.

Nei confronti dello Stato, con la concessione delle acque del fiume Liri e del fiume Melfa, non esiste «capitolato di appalto», ma esiste il disciplinare. D’altra parte giova considerare che nessuna conseguenza può derivare per i rapporti fra Stato o pubblica Amministrazione e il concessionario di derivazione d’acqua, in quanto che il rapporto stesso si esaurisce con il pagamento del canone e nessuna vigilanza è richiesta allo Stato e alla pubblica Amministrazione nei confronti del concessionario di acque pubbliche.

I rapporti di natura complessa, costanti, e che sono di ordine economico, di ordine pubblico, di sicurezza, ecc., sono quelli che nascono per le concessioni di opere o di somministrazioni, e perciò stesso l’articolo 11 della legge elettorale ha riguardo solo a queste concessioni per opere o per somministrazioni, in quanto queste sole vincolano il cittadino allo Stato e rendono il rapporto incompatibile per l’esercizio del mandato parlamentare.

In linea di diritto, se la Giunta delle elezioni ha voluto esasperare i suoi concetti per interpretare con un apprezzamento esclusivamente soggettivo e in modo assolutamente arbitrario il contenuto dell’articolo 11, noi crediamo di aver sufficientemente dimostrato che, mentre in linea di fatto non esistono concessioni a nome dell’ingegner Guglielmo Visocchi, in linea di diritto, debbano per concessioni di acque pubbliche intendersi quelle che non rientrano nell’articolo 11, in quanto rientrano solo le concessioni di somministrazioni o di opere.

La Giunta delle elezioni, mi sembra, abbia fatto cenno, così come il presentatore dei reclami, circa le lacune delle nostre legislature precorse, le quali non ebbero a rilevare queste incompatibilità, lasciando che per molte legislature si fossero succeduti in questo Parlamento i titolari di quelle concessioni, di cui oggi si discute. «La lacuna di allora non può costituire argomento di difesa», si dice: «ex adverso»; «chè anzi, in questa nuova democrazia risorgente, devesi dimostrare più acuta sensibilità politica».

Io faccio appello alla vostra lealtà e alla vostra coscienza, perché proprio in omaggio a questa democrazia rinascente vogliate considerare che nessun regime politico, nessun partito, nessuno Stato può prosperare e vivere, se non abbia il senso della giustizia, se non abbia il culto del diritto. E, pur parlando io ad una Assemblea politica, devo ricordare che anche la politica è diritto e che la tranquillità delle coscienze, la sete di giustizia prevalgono su qualsiasi orientamento politico, su qualsiasi ideologia, su qualsiasi aspirazione sociale.

Se questa democrazia risorgente, onorevoli colleghi, intendete affermarla in modo classico e civile per il presente e per il futuro, e se un’ombra di dissenso non volete gettare verso le legislature che fino al 1920 hanno onorato la Patria – delle cui Assemblee ancora oggi qui vedo illustri parlamentari, maestri incontestati di diritto – se questa ombra al passato volete risparmiare ed un ponte verso l’avvenire volete solidamente costruire, abbiate per fermo che contro ogni interesse di parte, contro ogni aspirazione di partito, contro ogni ragione di sentimentalità o di avversione personale deve prevalere il diritto, quel diritto che, nei secoli, ha preservato la più alta civiltà e le vere democrazie. L’elezione a deputato di Guglielmo Visocchi non può essere contestata.

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente:

Votanti             416

Hanno ottenuto voti i deputati: Tupini 293, Jacini 47, La Gravinese Nicola 23, Andreotti 13, Proia 6, Bergamini 2, De Gasperi 1, Gronchi 1, Vanoni 1, Malvestiti 1, Giannini 1, Franceschini 1, Federici Maria 1, Montemartini 1, Guidi Cingolani Angela 1, Rapelli 1, Zerbi 1, Cappi 1, Fanfani 1, Firrao 1. Schede bianche 18.

Ha pertanto la maggioranza dei voti il Deputato Tupini. Proclamo eletto Vicepresidente dell’Assemblea Costituente l’onorevole Umberto Tupini. (Applausi).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberganti – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Amendola – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Ayroldi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Basile – Bassano – Basso – Battisti – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Belolti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bennani – Bergamini – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Bosco Lucarelli – Bozzi – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Cacciatore – Caiati – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappugi – Capua – Carboni – Caristia – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cicerone – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo – Cuomo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dugoni.

Fabbri – Facchinetti – Faccio – Fanfani – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Firrao – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Gallico Spano Nadia – Gasparotto – Gatta – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacini – Jacometti – Jervolino.

Labriola – La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lettieri – Lombardi Carlo – Lombardo Matteo Ivan – Longhena – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lupis – Lussu.

Macrelli – Maffi – Maffioli – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montemartini – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Motolese – Mùrdaca – Musolino.

Nasi – Natoli Lamantea – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Patrissi – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccione – Piemonte – Pieri Gino – Pignatari – Pignedoli – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti– Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romita – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Santi – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Secchia – Segni – Sforza – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terracini – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Treves – Trimarchi – Trulli – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vilardi – Villani – Vinciguerra – Vischioni – Visocchi – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Si riprende la discussione sulla elezione contestata per la circoscrizione di Roma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Reale Vito. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Onorevoli colleghi, è una questione che supera le persone dell’onorevole Visocchi o di chi aspira alla successione; qui si tratta dell’interpretazione dell’articolo 11 della legge, e l’Assemblea deve pensare, prima ancora di prendere la sua decisione, perché creerebbe un nuovo caso di ineleggibilità che la legge non si è mai sognata di pensare e di volere.

In punto di fatto io credo che sia chiaramente stabilito che non la concessione mineraria può rappresentare una ragione di ineleggibilità dell’onorevole Visocchi, perché questa concessione in punto di fatto non esiste, e in ogni caso l’onorevole Visocchi ha fatto esplicita rinuncia a questa concessione. Rimane dunque una sola la questione: le concessioni di derivazione per forza motrice rappresentano una ragione di ineleggibilità? Creano, cioè, quella contraddizione di interessi che ha dettato l’articolo 11? Determinano quel rapporto di affari fra lo Stato e il concessionario, da cui proviene una situazione di permanente contrasto fra lo Stato e il concessionario? Ecco il quesito che l’Assemblea deve risolvere.

Si è detto nella relazione: «La concessione di derivazioni importa tali oneri, per cui basta leggere il disciplinare per avvertire il contrasto fra la pubblica amministrazione e il concessionario». Io voglio leggere le parole che lo stesso Relatore ha utilizzato per sintetizzare e rappresentare questi rapporti: «Il concessionario deve raccogliere, condurre, regolare, usare e restituire le acque di cui ha concessione». Queste opere sono dettate a favore dello Stato, o sona la garanzia che lo Stato vuole perché la concessione abbia la finalità per cui è stata data?

Basta esaminare, basta guardare le disposizioni del disciplinare per dover rispondere affermativamente a questa domanda. In effetti, una concessione di acqua per forza motrice, se non abbia il canale conduttore, se non sia raccolta, se non sia restituita al suo corso, non può naturalmente agire secondo la finalità della stessa concessione. Ma io domando all’Assemblea che dica in perfetta coscienza, in perfetta onestà, qual è il rapporto di affari contrastanti che sorge fra lo Stato, fra l’Ente concedente e il concessionario. Il giorno in cui queste opere sono imposte, si crea forse un diritto, un rapporto di vantaggio a favore dello Stato, o si mettono in essere, in evidenza, soltanto le concessioni perché la concessione abbia la finalità che lo Stato vuole raggiungere? Mi pare che noi siamo in materia di concessione di acque pubbliche, per cui in Italia sono già migliaia quelli che ne usano agli effetti delle irrigazioni e più ne useranno nell’interesse del Paese.

Il giorno in cui l’Assemblea dovesse dichiarare uno stato di ineleggibilità là dove non esiste un contrasto di interessi, essa creerebbe una teoria infinita di ineleggibili.

Ma io devo, in punto di fatto, richiamare l’attenzione dell’Assemblea su di un’altra circostanza che a me pare decisiva. Il Relatore si è indugiato molto su questi lavori, senza però valutarne e la finalità e lo scopo e la natura; ma ha dimenticato una circostanza fondamentale, che cioè tutte queste opere sono state eseguite da decenni. Il giorno in cui l’onorevole Visocchi è stato candidato per la Costituente non è sorto né poteva sorgere alcun rapporto e alcun contrasto fra il concessionario ed il concedente. Quindi voi artificiosamente create una ragione di ineleggibilità per arrivare ad una conseguenza profondamente antidemocratica: sostituire la Giunta delle elezioni al corpo elettorale; sostituire questa assemblea non come corpo a sé, ma come corpo elettorale; e voi comprendete quanto sia grande un errore di questo genere.

Ma voi non vedete un altro elemento fondamentale: il costume politico, per cui i componenti della stessa lista si possono accorgere dell’ineleggibilità del candidato che è meglio favorito dal corpo elettorale soltanto quando questo candidato ha raggiunto il maggior numero dei suffragi, e voi venite così a violentare profondamente un principio ed a creare quella situazione che un giornale poco fa indicava come un fatto compiuto, cioè che all’onorevole Visocchi sarebbe stato sostituito il tal dei tali che arriva terzo o quarto dopo di lui. Voi comprendete la gravità di questo fatto.

Ma io voglio richiamarvi ancora su due altri fatti. Vi ha detto già l’oratore che mi ha proceduto che l’ingegner Visocchi non è il concessionario attuale: il concessionario è una società anonima. Si potrebbe dire che questo è un paracadute, ma se l’Assemblea rileverà che la cessione, o più esattamente la fusione di questa società, rimonta al 1937, non vi è alcuno che possa far risaltare questo come un tentativo per mascherare l’ineleggibilità.

Vi è ancora un altro dato di fatto: ha detto l’oratore che mi ha preceduto che vi sono altri concessionari (ed io non giuro che in questa Assemblea non ci siano concessionari di derivazioni di acque allo scopo di irrigazione o allo scopo di forze motrici); e precisamente lo sono stati gli antenati congiunti dell’onorevole Visocchi, i quali hanno già avuto il crisma dell’eleggibilità per un lungo periodo di anni. Si è osservato dall’acuto talento dell’amico Grieco che l’aver violato la legge una volta, non deve giustificare una continua violazione.

Faccio un altro rilievo più calzante: se in 30 o 40 anni non è mai sorto alcun contrasto fra lo Stato che ha ceduto ed il concessionario, ciò è la riprova, il collaudo dell’esattezza della tesi che vi ho prospettato; cioè la concessione, che poi è l’uso di un bene demaniale e la registrazione del diritto di potersi servire di un bene demaniale, non è affatto un caso di ineleggibilità, perché non crea quel rapporto d’affari che è alla base della ineleggibilità.

Devo ancora richiamare l’attenzione su un altro punto, ed ecco perché io invano avevo scritto al Presidente di questa nostra Assemblea, invano avevo pregato che i due casi fossero abbinati e fossero contemporaneamente portati dinanzi al giudizio dell’Assemblea nello stesso giorno, nella stessa seduta: il caso della contestazione di Salerno ed il caso della contestazione di Roma. E ciò perché in un altro caso, infinitamente più grave, la Giunta delle elezioni, sia pure a maggioranza, è arrivata a conclusioni perfettamente difformi.

Il Paese non riconosce molto prestigio alla nostra Assemblea; ma se questa darà ancora una volta la prova di adottare per casi analoghi due decisioni difformi, anche opposte, essa cadrà ancora in quella disistima del pubblico che già la circonda. (Commenti).

Non esageriamo; ma io prego l’Assemblea di non esagerare, la prego di vagliare e di valutare, di stabilire con esattezza il principio se una derivazione di acque pubbliche, che non può creare nessun rapporto di contrasto, nessun rapporto di affari fra lo Stato e il concessionario, possa costituire motivo di ineleggibilità. Solo per ragioni politiche o personali posso privare domani chi usa le acque e concorre al miglioramento delle industrie e del progresso del proprio paese.

Io confido ancora una volta, nonostante il vostro diniego, nel vostro senso di giustizia, nel vostro senso illuminato di equanimità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Crispo. Ne ha facoltà.

CRISPO. Onorevoli colleghi, la proposta di annullamento della elezione di Guglielmo Visocchi trae la sua ragione da due concessioni di derivazione di acque dal fiume Melfa, dalla concessione di una derivazione di acque del fiume Liri, e dalla concessione per lo sfruttamento di una miniera di manganese.

Ritengo opportuno, prima di intrattenervi sulle questioni alle quali dà luogo la interpretazione dell’articolo 11 della legge elettorale, soffermare brevemente, in punto di fatto, la vostra attenzione sulla concessione di acque del fiume Liri e sulla concessione per lo sfruttamento della miniera, perché queste concessioni non possono dar luogo ad alcuna discussione.

Sta in fatto che, per la derivazione del Liri, alla Società Arata e Visocchi subentrò la Società romana di elettricità; epperò, a norma dell’articolo 45 della legge sulle acque pubbliche, non sussiste più alcun rapporto tra la precedente concessionaria e lo Stato. Il rapporto intercede, invece fra le due società, e lo Stato riconosce ormai, come concessionaria la Società romana. Su questo punto non può cadere dubbio di sorta, ed è, pertanto, pacifico, che la Società Arata e Visocchi ripete il diritto alla sua quota di acqua soltanto dalla Società romana di elettricità, alla quale corrisponde anche il canone dovuto.

Quanto alla concessione mineraria, basterà ricordare che la miniera fu distrutta per gli eventi bellici, giusta la documentazione in atti, per modo che, in fatto, non sussiste più la concessione. L’indagine è, dunque, circoscritta alle due concessioni di derivazione di acque dal fiume Melfa.

Si tratta, onorevoli colleghi, di una questione squisitamente tecnica, ond’è che per superare la intolleranza, propria di un’assemblea politica, dinanzi ad una disamina giuridica, cercherò di contenerla in due proposizioni fondamentali.

La prima è questa che, a norma dell’articolo 11 della legge elettorale, le concessioni di derivazione di acque, qualunque sia la destinazione alla quale la concessione deve rispondere, non rientrano fra quelle contemplate come causa d’ineleggibilità.

La seconda è che l’ingegner Guglielmo Visocchi non era personalmente destinatario delle due concessioni di derivazione di acque dal fiume Melfa, perché le due concessioni appartenevano, prima del 2 giugno, ed appartengono tuttora, alla Società cartiere Arata-Visocchi, ed è errore grossolano, dal punto di vista giuridico, confondere l’ente sociale col socio di esso.

L’articolo 11 stabilisce, difatti, la ineleggibilità «ad personam», occupandosi, in altra parte della stessa disposizione, della incapacità dei rappresentanti o dei soci o degli amministratori d’una società, che sia sovvenzionata dallo Stato, con sovvenzioni non contemplate in una legge generale.

Si legge nella suddetta disposizione: «Non sono eleggibili coloro che siano vincolati verso lo Stato per concessioni o contratti di opere o somministrazioni». A quali concessioni vuole riferirsi la disposizione? In generale, si usa la denominazione di concessioni, per distinguere dagli atti amministrativi in genere quei provvedimenti della pubblica Amministrazione, coi quali si conferisce un diritto, o si attribuisce una prerogativa, o si concede una facoltà, o l’esercizio di un pubblico servizio e simili. Si tratta di atti unilaterali, di imperio, nei quali la volontà del concessionario è come il presupposto della concessione, ma non interviene per dare vita ad un negozio giuridico. La concessione, cioè, deriva esclusivamente dalla sovranità dello Stato. E sono, pertanto, concessioni il conferimento d’uno «status», la legittimazione per decreto reale, il riconoscimento della personalità giuridica, il conferimento della cittadinanza, il conferimento di una laurea «ad honorem», il conferimento di una pensione, di grazia e simili.

Del pari, sono concessioni amministrative anche quelle che vanno più specificamente sotto il nome di autorizzazioni o licenze, come la licenza di porto d’armi, di condurre una caldaia a vapore, di condurre un veicolo meccanico, di aprire una farmacia, o simili. Evidentemente tutti questi atti non sono compresi fra le concessioni contemplate nell’articolo 11 della legge elettorale come causa di ineleggibilità. Per potere individuare le concessioni di cui all’articolo 11, dobbiamo, adunque, pensare ad un’altra serie di concessioni, a quelle, cioè che si distinguono, per dottrina concorde, in due grandi categorie: concessioni su beni pubblici, concessioni di pubblici servizi.

Concessioni su beni pubblici, come quelle su strade, su aree pubbliche, sul demanio marittimo o lacuale, per derivazione di acque pubbliche o per lo sfruttamento di cave, di miniere, di torbiere; concessioni di pubblici servizi, come per la gestione di tranvie, di filovie, di forniture di gas, di elettricità, di riscossione di tributi, diretti o indiretti che siano, e simili.

A quali concessioni ha voluto riferirsi la legge elettorale? Noi diciamo che la parola concessioni di cui all’articolo 11, non è per sé stante, staccata, cioè, come ritiene la relazione, dalle altre parole seguenti: «opere e somministrazioni», per modo che la legge intende riferirsi esclusivamente alle concessioni di opere o somministrazioni.

Non è possibile, adunque, isolare la parola «concessione», sia per esigenze grammaticali e logiche, sia per esigenze giuridiche.

Non si riuscirebbe, difatti, ad intendere, perché la parola «concessioni» non debba e non possa riferirsi ad opere e somministrazioni. L’onorevole Relatore ha ricordato tutta la legislazione precedente, per rilevare che – secondo lui – le concessioni non potessero riferirsi alle «opere e alle somministrazioni» a causa della preposizione «per», posta a stabilire come una netta separazione tra concessioni e contratti. È un evidente errore, perché la preposizione «per» non disgiunge, ma unisce, invece, i due termini in una evidente unità logica e grammaticale.

Soggiunge il Relatore: «soltanto nell’ultimo testo dell’articolo 11 del decreto legislativo del 10 marzo 1946, è stata soppressa – notate bene – la preposizione «per» che, nelle leggi precedenti, era stata posta dinanzi alla parola «contratti».

Ora è evidente che se la preposizione «per», ritenuta disgiuntiva, è stata soppressa, la soppressione non può avere altra portata che quella di riferire il complemento di specificazione tanto alle concessioni quanto ai contratti.

Comunque, non può sfuggire ad alcuno che, separate dalle parole «opere e somministrazioni», le «concessioni» resterebbero senza un contenuto determinato, sì che l’interprete non sarebbe in grado d’individuarle ai fini dell’articolo 11 della legge elettorale.

La Giunta delle elezioni ritiene, per altro, non essere configurabili concessioni di opere o di somministrazioni, ma, bensì, soltanto, contratti relativi ad opere o somministrazioni. Tale opinione è del tutto erronea. Se, per vero, si contesta dalla dottrina italiana, in contrasto con la dottrina francese, la possibilità di rapporti contrattuali con lo Stato, nell’ambito del diritto pubblico, non si dubita, ormai, da alcuno della distinzione tra concessioni e contratti. Non se ne dubita, nel senso che le concessioni sono atti unilaterali, d’imperio, nei quali la volontà del concessionario non ha rilevanza giuridica, sì che non si stabilisce un rapporto contrattuale o un negozio giuridico tra lo Stato e il concessionario, mentre nei contratti relativi ad opere e somministrazioni si stabilisce, invece, un vero e proprio negozio giuridico tra il privato e lo Stato.

La conseguenza quale è? È evidente: la legge richiama le concessioni e i contratti allo scopo di stabilire che sia gli atti unilaterali (concessioni) sia gli atti bilaterali (contratti) relativi ad «opere o somministrazioni» sono causa d’ineleggibilità. È questa, dunque, la ragione per la quale le parole «opere e somministrazioni» costituiscono un complemento di specificazione sia per le «concessioni», sia per i contratti.

A ribadire la fondatezza dell’assunto, si potrebbe aggiungere che, nella nostra legislazione, non v’è alcuna norma che vieti di conferire delle concessioni mercé contratto.

Di qui la conseguenza assurda che, conferita per contratto, la concessione su beni pubblici non sarebbe causa d’ineleggibilità, e, conferita, invece, per atto unilaterale, sarebbe causa d’incapacità.

È ovvia, infine, l’osservazione che, isolata la parola «concessioni», senza riferimento alle «opere e alle somministrazioni», essa non avrebbe un significato concreto, data la varietà infinita di concessioni, le quali tutte, per altro, importano, comunque, un vincolo verso lo Stato che concede. Ciò premesso, per non uscire dal campo della questione che ne occupa, a che può servire (ecco il quesito) la concessione di acque pubbliche?

Può servire o per trasformazione in energia motrice, o a scopo di irrigazione, o per azionare molini o per fluitare merci.

E chi potrà dire che il proprietario di un terreno, il quale usufruisca, a scopo irrigatorio, di una concessione di acqua (posto il principio, è irrilevante l’importanza maggiore o minore o la destinazione diversa della concessione), sia ineleggibile, ai sensi dell’articolo 11? La stessa domanda potrebbe porsi in rapporto a chi goda della facoltà di mandare il gregge a pascolare in una determinata zona, o abbia la facoltà di esercitare un diritto di pesca o di caccia.

Se, dunque, non è possibile staccare la parola «concessione» da «opere o somministrazioni», e se la legge ha voluto colpire soltanto le «concessioni di opere o di somministrazioni», è evidente che la concessione di derivazione di acque pubbliche non è compresa fra quelle di cui all’articolo 11, essendo tale concessione in funzione esclusiva di una privata utilità.

Ciò premesso in diritto, sta in fatto che l’ingegnere Visocchi non era intestatario, alla data del 2 giugno 1946, delle concessioni che gli sono state attribuite.

Difatti, il 6 giugno 1937, per atto notar Fienga, le concessioni erano state cedute alla Società Cartiere Arata e Atina, la quale assumeva la denominazione di Società Cartiere Arata e Visocchi.

Ora si oppone che, se poteva essere ceduta la concessione originaria, non poteva essere ceduta, per l’atto Fienga del giugno 1937, la concessione successiva al detto atto, giusta il decreto del 22 novembre 1937.

È evidente l’errore di tale affermazione, perché qui non si tratta di cessione o trasferimento di singoli diritti, bensì del trasferimento dell’intera azienda Visocchi a quella Arata. Pertanto, se fu trasferito l’intero patrimonio, se furono trasferiti gli impianti, se furono trasferite le opere, è evidente che furono anche trasferite tutte le accessioni, e, quindi, tutti i diritti dell’Azienda, anche quelli «in fieri», o condizionati. A ribadire l’evidenza di tale assunto, sta il fatto che nell’articolo 2 dell’atto Fienga si contemplava l’obbligo dell’ingegnere Visocchi di non esercitare alcuna attività in concorrenza con la società cessionaria. Né varrebbe opporre che il trasferimento non ebbe il «nulla osta» del Ministero dei lavori pubblici, richiesto per la convalida del trasferimento stesso.

La legge, per vero, non esige un «nulla osta» formale per atto scritto, bastando, all’uopo, anche l’acquiescenza di fatto, e tale acquiescenza o consenso non può mettersi in dubbio, se, per anni ed anni, la società cessionaria eserciti tutti i diritti relativi alla concessione, fino alla richiesta dell’ampliamento degli impianti presentata nel 1940 al Ministero dei lavori pubblici.

In punto di fatto, adunque, sta che nel 1937 si ebbe il trasferimento dell’azienda Visocchi nell’azienda Arata, la quale fu dal Ministero riconosciuta come cessionaria. Comunque, se si dovesse ritenere non valida la cessione per mancanza d’un «nulla osta» formale, si sarebbe «ope legis» verificata la decadenza dalla concessione da parte del Visocchi, risolvendosi la cessione in una evidente rinunzia alla concessione.

Se non che, qui non si versa nel caso di cessione, bensì in quello di fusione per incorporazione, a norma dell’articolo 196 del Codice di commercio. È banale la distinzione tra cessione e fusione per incorporazione, e non occorre che io insista su di essa.

È applicabile, pertanto, l’ultima parte dell’articolo 20 della legge nelle acque pubbliche, per la quale si esige soltanto che la trasformazione sociale sia resa nota al Ministero, come in effetti avvenne.

Né vale opporre che nel 1942 la società divenne un’accomandita semplice, con Visocchi socio accomandatario e, come tale, a responsabilità illimitata.

Altra cosa è, difatti, la responsabilità illimitata del socio accomandatario ed altra cosa è l’autonomia patrimoniale della società in accomandita, autonomia che non si elimina per la responsabilità del socio accomandatario. Non si può, adunque, confondere l’ente sociale con la persona del socio; tanto più in quanto la legge provvede specificamente per le società, e stabilisce la ineleggibilità per i rappresentanti, gli amministratori e i dirigenti di società ed imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni e di interessi, quando questi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato.

Pertanto, se i soci sono ineleggibili solo nel caso suddetto, innegabilmente il socio di una società che non abbia alcuna sovvenzione non può essere compreso nella norma di cui all’articolo 11.

Sono queste le ragioni giuridiche e di fatto per le quali noi riteniamo che l’Assemblea debba respingere la proposta di annullamento, e che, in ogni caso, debba ordinare che gli atti siano restituiti all’onorevole Giunta delle elezioni per un supplemento di istruttoria, soprattutto in rapporto ai documenti che la Giunta non poté esaminare, per non essere stati tempestivamente presentati.

PRESIDENTE Ha chiesto di parlare l’onorevole Molè. Ne ha facoltà.

MOLÈ. Onorevoli colleghi, non abuserò della vostra pazienza, perché ormai la discussione si è protratta tanto che mi domando – se la soluzione giuridica di un piccolo episodio elettorale già tiene impegnata da tre ore l’Assemblea – quanto durerà la discussione della Costituzione: non delle settimane e dei mesi, ma degli anni (ilarità).

Il caso è di una semplicità elementare. Vero che è stato portato dinanzi a voi dentro una cortina fumogena, con una quantità di elementi estranei, su cui non mi soffermerò: il lamento dei 12.000 elettori orfani o vedovi del loro rappresentante, la lotta di classe, l’assalto contro il capitale, che in Visocchi coinciderebbe con il lavoro; la illustre discendenza gentilizia. Ma tutto questo non ha nessuna importanza, per quanto sarebbe facile rispondere. Tutto questo non ha nessuna importanza, come non ha nessuna importanza la insinuazione che la Giunta abbia cercato di gravare la mano, per passione di parte, su questo candidato, quando, è viceversa pacifico che la Giunta delle elezioni ha deciso all’unanimità dei rappresentanti di tutti i partiti, di cui soltanto uno ha ritenuto di astenersi; ma l’astensione non significa voto o parere contrario, può significare tutt’al più dubbiezza di coscienza. Apprendiamo che posteriormente questo Saulo ha cambiato opinione, fulminato dalla luce divina sulla via di Damasco, ma intanto è certo che la relazione della Giunta viene a noi con la proposta di annullamento, votata da tutti i rappresentanti di tutti i partiti. Quindi lasciamo stare le amplificazioni, le deviazioni, le questioni classiste ad uso di mozione degli affetti dei borghesi capitalisti che possono sedere nell’Assemblea. Veniamo invece alla questione essenziale ed esaminiamola in termini froebeliani, rapidamente, succintamente senza abusare della vostra pazienza.

Il cittadino Visocchi, come concessionario di grandi derivazioni di acque (2500 cavalli di forza motrice, 850 litri di acqua al secondo) e come concessionario di miniere, è eleggibile o è ineleggibile?

Cominciamo dalle derivazioni di acque pubbliche. Leggo l’articolo 11: «sono (fra gli altri) ineleggibili coloro che sono vincolati verso lo Stato da concessioni o da contratti di opere e di somministrazioni».

Il primo cavillo per escludere l’ineleggibilità non regge.

Avete sentito la tesi sostenuta dall’onorevole Crispo. Il complemento di specificazione (di opere e di somministrazioni) andrebbe riferito così alle concessioni che ai contratti. Anche le concessioni devono essere di opere e somministrazioni. Ma la concessione di acque pubbliche non è concessione di opere o di somministrazioni. Dunque non è la concessione che giustifichi la sanzione delle ineleggibilità.

Potrei ribattere l’affermazione, con le stesse parole dell’onorevole Crispo, laddove definendo le concessioni atti unilaterali del potere discrezionale della pubblica amministrazione, egli le divideva in due categorie: concessione di beni pubblici e concessione di servizi pubblici. Poiché, le opere e le somministrazioni non sono né beni pubblici, né servizi pubblici, non si può fare rientrare in uno di questi due casi la concessione. Non si concedono opere pubbliche, non si concedono somministrazioni. Si può appaltare la costruzione di un’opera pubblica o un servizio di somministrazioni. Ma appalto non è concessione, concessione non è contratto. E comunque, perché usare due espressioni se concessione e contratto dovessero – per assurdo – significare la stessa cosa? Sarebbe una ripetizione, un pleonasma, un bis in idem. No. La legge ha voluto con le due diverse espressioni indicare due diverse fonti: contratto e concessione, e due generi di rapporti: quelli che sorgono contrattualmente in condizioni di parità fra amministrazione e privato sullo stesso piano per opere e somministrazioni, e quelli che sorgono per potere discrezionale della pubblica amministrazione dall’atto amministrativo, che concede al privato il godimento o l’uso di un bene pubblico o l’esercizio di un’attività con speciali condizioni di esercizio e di controllo. Quando la legge all’articolo 11 parla di concessione o di contratto di opere e somministrazioni, non accomuna il complemento di specificazione alle due ipotesi distinte, di due diversi rapporti. Che sono: concessioni tout court da una parte – e dall’altra contratti di opere e di somministrazioni.

E non argomenta da causidico o «da paglietta» – come fu detto irriverentemente – la Giunta delle elezioni, quando, risalendo ai precedenti, ricorda che le disposizioni di tutte le leggi anteriori parlavano di vincoli del privato verso lo Stato «per concessioni o per contratti di opere e somministrazioni», per dedurne che la ripetizione del «per» significa una disgiunzione precisa fra i due concetti.

Perché la Giunta non doveva ricordare questi precedenti? Se la legge attuale riproduce senza variazioni le disposizioni delle leggi anteriori – se nelle leggi anteriori è scolpito il distacco fra i due casi, è evidente, anche per questa via, l’assurdità del tentativo di appiccicare alle concessioni, il complemento di specificazione, che viceversa riguarda solo i contratti.

Ma voi dite: parlando di concessioni in generale, senza specificazione, come causa d’ineleggibilità, bisogna dunque intendere tutte le concessioni? Anche la concessione di aprire una bettola, anche la concessione del porto d’armi, anche la concessione di vendere dei tabacchi, anche la concessione di un diritto subiettivo, anche il riconoscimento di uno status, anche il conferimento della cittadinanza? Sarebbe assurdo.

Sarebbe assurdo, ma non è vero.

No, signori, non si tratta di tutte le concessioni. Non tutte le concessioni rendono ineleggibili. Rileggiamo l’articolo 11. Quando sanziona la ineleggibilità di coloro che sono vincolati per concessioni verso lo Stato, per ciò stesso definisce le concessioni che rendono ineleggibile.

Bisogna che siano concessioni che vincolano il privato verso lo Stato: concessioni vincolanti.

Ma quali sono le concessioni vincolanti? È vincolante la concessione che riguarda diritti subiettivi, il riconoscimento di uno status, la concessione della cittadinanza, cioè quella concessione che esaurisce il rapporto fra Stato e privato, perché la facoltà discrezionale dello Stato si consuma e l’intervento si esaurisce nell’atto stesso in cui la concessione ha luogo? No, queste concessioni non sono vincolanti. I rapporti che si esauriscono nell’atto stesso della concessione, non vincolano, perché nel concetto del vincolo è scolpito il concetto della permanenza del rapporto. Dunque debbono essere rapporti continuativi, e rapporti continuativi soggetti ad una disciplina, che vincolano il privato verso lo Stato.

Le concessioni vincolanti sono quelle che hanno un contenuto economico, e creano una situazione giuridica permanente di limitazione ed obblighi del privato nel godimento o uso del bene pubblico, e di continuo controllo dello Stato, perché il privato non ecceda nel godimento o uso a lui concesso: una serie di rapporti per cui il privato si trova di fronte allo Stato in una condizione di perpetua soggezione e lo Stato di fronte al privato, in una condizione di perpetua vigilanza. Casi tipici: la grande derivazione di acque pubbliche o la concessione di sfruttamento di una miniera, nei quali fra sorvegliante e sorvegliato, fra vigilante e vigilato, anche per la possibilità immanente e permanente dello intervento dello Stato col suo potere d’imperio è connaturato un conflitto, un contrasto d’interessi, fra privato e Stato.

Conflitto d’interessi, ecco il criterio discriminatore delle ineleggibilità.

La legge sanziona la ineleggibilità, perché vuole evitare che nel conflitto permanente, attuale o potenziale, fra privato e Stato, il privato abbia il prestigio e l’autorità della più elevata funzione pubblica nel tutelare il suo interesse privato di fronte all’interesse pubblico.

Non perdiamo, dunque, tempo in sottili disquisizioni teoriche o ricerche esegetiche. Non occorrono. Per risolvere il problema concreto della ineleggibilità, basta risalire allo spirito della legge. La legge, anzi, le leggi, hanno avuto questo scopo ben preciso: chiudere le porte del Parlamento a chi è nella situazione particolarmente delicata di dovere contendere con lo Stato, facendosi forte del munus publicum, riunendo e confondendo nella sua persona la rappresentanza della sovranità popolare e la titolarità di un interesse privato. Ecco dunque l’esame che occorre compiere. Codesto conflitto d’interessi, e il pericolo o il sospetto d’interferenze deviatrici e d’inframmettenze vietate che la legge vuole eliminare con la sanzione dell’ineleggibilità, esiste o non esiste nella grande deviazione di acque pubbliche? Indubbiamente esiste.

L’amico Reale sostiene che noi colpiamo con la risposta affermativa tutti i derivatori di acqua, anche i piccoli proprietari che irrigano le proprie terre. Accomuna così il grande industriale Visocchi al piccolo contadino della mia terra di Calabria. E non pensa quanto siano diversi i due casi-limite.

Diversi, per la forma della concessione, per l’autorità da cui emana, per la disciplina cui è sottoposta, ma soprattutto per la rilevanza del valore economico – meschino nell’un caso, formidabile nell’altro – alla quale correlativamente corrisponde la maggiore o minore possibilità e gravita del contrasto fra interesse pubblico e interesse privato e la maggiore o minore possibilità del pericolo che venga sacrificato l’interesse pubblico – elemento decisivo che lo spirito della legge pone a fondamento della ineleggibilità.

La concessione ad un modesto privato non configura per la pubblica Amministrazione, la pericolosità del conflitto con la grande industria, questa potente organizzazione di capitali e di mezzi tecnici che può adergersi da pari a pari nella lotta contro lo Stato.

Il diritto deve adeguarsi alle realtà della vita. È relatività, è proporzione. Non possiamo porre i due capi dallo stesso piano.

E quand’anche la legge fosse così rigida da costituire summum jus, summa iniuria, la giurisprudenza interverrebbe caso per caso, col correttivo dall’equità ad evitare la summa iniuria. Col criterio discriminatore del conflitto d’interessi giudicheremo caso per caso. Se invece che di fronte a Visocchi ci trovassimo di fronte a un piccolo proprietario il quale utilizza non 860 litri al secondo e 2500 cavalli di forza motrice, ma pochi moduli di acqua, senza decreti reali, senza progetti esecutivi di grandi opere da sottoporre al Consiglio superiore dei lavori pubblici, col solo obbligo di pagare il canone modesto uguale per tutti, prefissato dalla legge, dovremmo porre la questione se la sua concessione è o non è una concessione vincolante. Ma quando ci troviamo di fronte alla grande concessione di acque, alla grande impresa che deriva forze idriche per vendere la energia elettrica, per sfruttarla a scopi industriali, all’attività facilmente sovvertitrice della grande speculazione, il caso è ben diverso, da quello del modesto coltivatore che deriva l’acqua pubblica per poter rendere fertile il suo terreno, caro amico Reale (Interruzione del deputato Reale Vito. – Approvazioni al centro e a sinistra).

Qui abbiamo la grande concessione, la concessione in senso stretto, la concessione tipica che tutti i trattatisti hanno citato (e di questi trattatisti almeno tre siedono fra di noi ed il più grande, ho l’onore di salutare in questo momento) (Si rivolge all’onorevole Orlando): la concessione vincolante del privato per antonomasia, sottoposta a continuo controllo, non soltanto per norma comune di legge (il testo unico sulle acque pubbliche), ma anche per il suo specifico disciplinare che costituisce un sistema corrispettivo di obblighi e di limitazioni per Visocchi e di guarentigie e potestà discrezionali per lo Stato, che può dichiarare la decadenza, procedere al riscatto, e revocare la concessione, fatta in via precaria, con espressa riserva «che la concessione è accordata fino a quando non sia stata attuata una più vasta (ed incompatibile con la concessione) utilizzazione del Melfa».

E allora, non rimane che trarre le conseguenze ineluttabili, ai fini dell’ineleggibilità.

Esiste o non esiste il vincolo? e attraverso la disciplina vincolatrice, si profila la possibilità di un contrasto in questa concessione, che lo Stato nella sua facoltà discrezionale da un momento all’altro può revocare? Perché, notate bene è molto più pericolosa l’ipotesi della concessione, della ipotesi del contratto, perché quando ci troviamo di fronte ad una norma contrattuale, che mette Stato e privato sullo stesso piano, possiamo ricorrere al magistrato, ma quando ci troviamo di fronte alla discrezionalità dello Stato, della pubblica amministrazione, siamo appunto in quel campo di rapporti, diciamo cosi, elastici, in cui maggiormente può incidere la inframmettenza deviatrice, tanto più efficace quanto più irraggiungibile e irresponsabile. Sono questi i casi in cui il conflitto di interessi suggerisce e determina il ricorso alle interferenze e alle inframmettenze vietate. E qui appunto ci troviamo in un conflitto di interessi fra lo Stato e colui che nel medesimo tempo è investito di un mandato pubblico, membro dell’Assemblea Costituente sovrana, e titolare dell’interesse privato. Può darsi il caso che la forza deviatrice e conduttrice di questa sua autorità giovi al suo interesse privato?

Basta per determinare la incompatibilità, la potenzialità del conflitto e dell’interferenza. Ma c’è di più, molto di più nel caso dell’industriale Visocchi. Altro che conflitto potenziale. Il conflitto è attuale. Ecco i giornali che ne parlano. Il «Messaggero», qualche mese fa, pubblicò la notizia che era di imminente attuazione, ad iniziativa del Ministro dei lavori pubblici, la regolamentazione del bacino idrografico del Liri. II bacino del Liri, come è noto, raccoglie nel suo corso anche le acque del Melfa, del Rapido e di altri fiumi e le grandi derivazioni progettate per intensificare la produzione di forza motrice saranno eseguite – annunciava il giornale – non per fini privati ma per fini di pubblica utilità, e sono invano avversate dagli attuali cessionari delle industrie private (leggi: Arata e Visocchi). Che altro volete? Di fronte a questo conflitto di interessi in atto è inutile parlare di conflitti potenziali. Io non voglio dire una sola parola che sia meno che riguardosa pel candidato Visocchi. Amo anzi pensare che egli personifichi l’imperativo categorico della legge morale. Ma foss’egli più serafico in ardore e purità del fraticello di Assisi e rinunciasse per il bene dello Stato, a tutelare i suoi interessi e fosse capace di regalare ai poveri i suoi milioni; qui dobbiamo vedere se ci sono o non ci sono le condizioni obiettive che rendono incompatibile la sua carica di Deputato alla Costituente con la titolarità della concessione vincolante contemplata dalla legge. Esiste o non esiste questa incompatibilità? Rispondete a questa domanda!

Per eludere la necessità di rispondere nella sola maniera possibile, si è detto che la concessione non lo riguarda più, perché è stata ceduta ad una società (di cui però il Visocchi è socio accomandatario). Ma è operante questa cessione? C’è un articolo della legge sulle acque pubbliche il quale testualmente dice che senza il nulla osta e fino a che non sia intervenuto il nulla osta dell’autorità amministrativa «la cessione non è traslativa». Il nulla osta non esiste: il trasferimento non è avvenuto: Visocchi è ancora il titolare della concessione vincolante verso lo Stato.

Ma si fosse verificata, fosse perfetta la concessione, egli, socio accomandatario della Società cessionaria, e come tale, obbligato oltre quota illimitatamente e personalmente verso lo Stato, potrebbe farsi schermo della teorica distinzione fra le persone fisiche dei soci e la personalità giuridica della società in accomandita? Cesserebbe in concreto il conflitto d’interessi? Finirebbe il pericolo o – basta pure – il sospetto che possa servirsi del mandato parlamentare a fini privati?

Ora dovrei parlare, ma me ne guardo bene, della miniera: godimento di un bene dello Stato, concessione vincolante, per la quale non mancano i precedenti: ultimo quello dell’onorevole Luzzatto, di cui la Camera dei Deputati annullò l’elezione.

Vi dicono: la miniera non è in funzione, è quasi distrutta per eventi di guerra. Ma la concessione è ancora sua, o di quella tale società di cui è accomandatario? La conseguenza è sempre la stessa. Conflitto d’interessi. Non può essere deputato alla Costituente chi ha una situazione così delicata di rapporti economici così rilevanti con lo Stato. Visocchi non può essere deputato.

Il deputato Visocchi è escluso dall’industriale Visocchi. E non c’è altro da aggiungere.

Tutto il resto è chicane, contorno, vaniloquio, insinuazione. Qui non si fa una quistione di classe: si fa una quistione di moralità politica, che trascende le persone.

La ricchezza di Visocchi come l’onestà di Visocchi sono fuori discussione. E deploro – perché ripugna alla mia coscienza di uomo, al di fuori delle ideologie, delle tendenze dei partiti – l’attacco iniquo e ingeneroso contro la Giunta delle elezioni, che viene accusata di avere per faziosità violato la legge.

La faziosità è esclusa dalla unanimità della decisione.

E quanto alla violazione di legge… sì, è vero: la Giunta ha violato la legge; ma l’ha violata a favore del Visocchi, per soverchia longanimità o per eccesso di scrupolo. L’ha violata una prima volta, quando ha ricevuto i documenti fuori termini: l’ha violata una seconda volta, quando ha atteso per settimane e per mesi la nomina dell’avvocato, l’ha violata una terza volta, in maniera clamorosa, con un esempio che non ha precedenti negli annali parlamentari, quando ha rinviato, attendendo i comodi della difesa, una seduta pubblica, improrogabile per norma testuale di Regolamento: l’ha violata una quarta volta, insinuando nuove istanze e documenti dopo la decisione, nel fascicolo presentato all’Assemblea. (Applausi).

E ora si parla di «pruderie» e di quacquerirismo? Il gerarca Visocchi si acqueti. E gl’immemori che han dimenticato e gl’ignari che non sanno riguardino i precedenti parlamentari. Troveranno che gli uomini che sedevano nel Parlamento e – cito nomi di tutti i partiti – si chiamavano Bonghi, Coppino, Cairoli, Spaventa, Imbriani, Prampolini, manifestarono senza limitazioni la esigenza assoluta della insospettabilità della rappresentanza parlamentare e furono concordi nel volere e osservare una legge che impedisse l’ingresso in questa aula dagli uomini d’affari.

Perché Giovanni Bovio (che abbiamo sentito tanto dileggiare nel ventennio sciagurato, ma che era una delle più grandi anime d’italiano che io abbia conosciuto), ammoniva che bisogna evitare, non che il pericolo, la legittima suspicione delle inframmettenze estranee.

Poi quando questo stile di austerità, di severità, di probità, ch’era nel costume, prima che nelle leggi, decadde e col sovvertimento politico trionfò lo scetticismo morale, accadde quello che accadde. Assistemmo a episodi edificanti come questo: che un ministro delle comunicazioni formava le società per conceder loro l’appalto dei pubblici servizi; e un altro firmava come rappresentante dello Stato i contratti di forniture con se stesso, come rappresentante delle ditte fornitrici.

Torniamo alle origini. E se la Costituente deve fare risorgere le antiche tradizioni e rinnovare il costume politico, noi dobbiamo dimostrare che, nella sua continuità, soltanto interrotta, il Parlamento, che ebbe il coraggio di respingere deputati garibaldini, se non ha violato la legge per le camicie rosse, non la viola neppure per un centurione di camicie nere. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole La Rocca. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Mi rendo conto dell’ora tarda e della stanchezza dell’Assemblea; e perciò rinunzio a parlare. D’altra parte il terreno della questione è stato arato in ogni sua parte è non c’è bisogno d’una lunga discussione, anche perché la Camera già conosce la relazione della Giunta, chiara, minuta, obbiettiva e fondata, in fatto e in diritto.

Mi associo alle argomentazioni esposte con sottigliezza dall’onorevole Molè; e credo sarebbe ingiurioso per l’Assemblea se mi stendessi, in parole, per invitarla ad accogliere le conclusioni proposte dalla Giunta, e quindi, l’annullamento della proclamazione dell’ingegnere Visocchi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni. Ne ha facoltà.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni. Sarò brevissimo, ma non posso tacere il mio sdegno per le offese lanciate, sia pure sotto forma di insinuazioni, alla Giunta delle elezioni. Si dovrebbe sapere dall’onorevole Mastrojanni, il quale mi conosce da tempo, con quale imparzialità e superiorità io attenda sempre ai privati e pubblici uffici. Ma non mi importa di me. La mia opera è conosciuta ed apprezzata dai colleghi della Giunta e questo basta alla mia coscienza. Peraltro, debbo respingere le insinuazioni, perché toccano un egregio collega, l’onorevole Grieco, a cui va resa questa testimonianza coscienziosa; e, cioè, che nella discussione davanti alla Giunta egli ha portato tutto lo scrupolo dell’indagine fino al punto che, quando dopo la discussione in seduta pubblica, era da affrontare l’esame delle questioni, è rimasto persino un momento esitante domandando alla Giunta se, per lo scrupolo di approfondire alcuni aspetti del dibattito, fosse necessario da parte sua di rimandare al giorno successivo la discussione. Inoltre (e ciò ha sollevato anche osservazioni da parte di qualche collega della Giunta), essendo io stato, secondo il mio solito, eccessivo nel darmi carico delle richieste del contestato, quando, nella giornata dedicata la prima volta alla discussione in seduta pubblica, si venne a far presente da parte dei mandatari del Visocchi che il suo avvocato era assente per malattia, nonostante che il regolamento della Giunta vieti ogni rinvio, essendo questo concesso soltanto nel caso di impedimento del Relatore, mi interposi tra le parti ed indussi l’avvocato Selvaggi ad aderire in via di amichevole deferenza alla richiesta del rinvio. Ciò feci perché dedicandoci con imparzialità al nostro compito, non volli si sospettasse che le ragioni del contestato fossero obliterate per l’assenza del suo valoroso patrono. Ma in un secondo ed in un terzo senso ho voluto dimostrare la mia imparzialità, procurandomi anche per questo qualche rilievo da un collega, a proposito di una interpretazione, per me restrittiva, del Regolamento della Camera. E vale spiegarlo, per porre in vista l’imparzialità mia e dei colleghi. Alla fine della seduta pubblica, quando il professore Vassalli aveva largamente esposto il suo punto di vista, mi sono accorto che egli si riferiva a documenti non presentati nel termine stabilito dal Regolamento. Con tutto questo ammisi che i documenti fossero consegnati alla Presidenza, salvo mantener fermo il criterio della legge, la quale sancisce che i documenti proposti fuori termini non debbano formare argomento di decisione o di discussione. Così io interpretavo largamente il regolamento della Giunta. Anzi, siccome qualche collega riteneva che non si potesse dar luogo all’esame di documenti, richiesti dalla Giunta fuori del termine di rigore al Ministero dei lavori pubblici per chiarire la situazione del concessionario, espressi il pensiero, condiviso dalla Giunta, che il termine di rigore riguarda le parti, ma non il giudicante che ha sempre facoltà, per ragioni di ufficio, di indagare, anche dopo la scadenza del termine anzidetto. In ultimo volli che la relazione dell’onorevole Grieco non soltanto fosse portata al mio esame, come è di diritto, trattandosi di un documento collegiale, prima della sua presentazione alla Camera, ma volli altresì (e sui verbali qualunque collega può verificarlo), che la Giunta in seduta plenaria, cosa non consueta, ne sentisse la lettura e l’approvasse anche nella sua letterale dizione. Salvo un collega che si era astenuto nel giorno della deliberazione (mutò, poi, come aveva diritto, l’astensione in un voto contrario) la deliberazione fu approvata alla l’unanimità.

Sta di fatto pertanto che tutti i colleghi, rappresentanti i vari partiti della Camera, e così anche il partito Qualunquista, hanno votato per l’annullamento.

Dopo di ciò, non aggiungo altro. Sento di portare nella Giunta tutta la mia attività e una assoluta imparzialità e posso dirmi quindi contento di quanto ha detto qui l’onorevole Molè, rispondendo a tutte le obiezioni affiorate durante la discussione.

Comunque, signori, credo di poter dire che la relazione dell’onorevole Grieco è importantissima dal punto di vista del diritto e dal punto di vista del fatto. In ogni modo, fra qualche giorno, – non so se domani o dopodomani – avrete occasione di esaminare la relazione Pertini sulla questione che si dice identica, e identica non è, riguardante la convalida del Deputato De Martino.

Al termine di quella relazione, si fa voto perché l’Assemblea Costituente riesamini la questione della incompatibilità e della ineleggibilità con ampiezza e profondità. A questo voto mi associo completamente. Oggi peraltro non dovete decidere che in sede «de lego condita». Quello che sarà la legge futura, l’onorevole Mastrojanni e tutti i colleghi che hanno oggi interloquito lo diranno e lo sosterranno nel momento in cui questa Assemblea sarà in possesso della delicata questione in tutta la sua interezza. Sulla questione, come è stata prospettata all’Assemblea, giudichi essa in ogni modo nella pienezza della sua libertà e della sua convinzione. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Sarò brevissimo, tanto più che dovrò parlare ancora una volta stasera.

Non avrei chiesto la parola, se non si fosse parlato di quella mia astensione e successivo voto contrario; perché io sono quel membro della Giunta che si è astenuto alla prima deliberazione e che ha votato contro la seconda. Quindi, non è esatto quanto è stato detto che sia stata approvata all’unanimità la proposta della non convalida dell’onorevole Visocchi, perché io mi astenni fin dal primo momento e mi astenni motivando il mio voto, cioè dicendo che ero anch’io preso dalla suggestiva relazione dell’onorevole Grieco – perché questa relazione non solo è molto interessante, ma è anche molto bella ed impressionante – ma che, ciononostante, non ero convinto delle sue argomentazioni e che non mi sentivo, in quel momento, di esprimere un voto. I colleghi della Giunta me ne possono dare atto.

Successivamente, quando si dovette votare la relazione Grieco, avendo riesaminato il problema, sciolsi la mia riserva, dicendo che se l’interpretazione della legge elettorale sulla quale si basava l’onorevole Grieco fosse stata accolta, noi avremmo – di fronte alla moderna economia che sempre maggiormente creerà rapporti fra i cittadini e lo Stato – finito con l’escludere almeno metà della popolazione dall’elettorato passivo. (Commenti).

Sarà un’opinione sbagliata; ma, visto che sono qui per votare secondo la mia coscienza, voterò secondo la mia coscienza, come ho votato allora.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mastrojanni, Reale Vito e Crispo hanno presentato il seguente emendamento alla proposta della Giunta:

«L’Assemblea afferma che le concessioni attribuite all’onorevole Guglielmo Visocchi non sono comprese fra quelle di cui all’articolo 11 della legge elettorale, e delibera di respingere la proposta di annullamento della elezione dell’onorevole Visocchi.

«In ogni caso, l’Assemblea non ritiene provato, allo stato, che l’onorevole Guglielmo Visocchi sia intestatario delle concessioni suddette, data la incompleta documentazione in atti; epperò delibera di restituire gli atti alla Giunta delle elezioni, per il prosieguo della istruttoria».

Avverto che procederò ad una votazione distinta delle due parti dell’emendamento.

Pongo in votazione la prima parte.

MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Il Governo, come è consuetudine, si asterrà, dalla votazione.

(Dopo prova e controprova, è respinta).

PRESIDENTE Pongo in votazione la seconda parte.

(Dopo prova e controprova, è respinta).

Pongo ai voti la proposta della Giunta di annullare la elezione dell’onorevole Guglielmo Visocchi per la circoscrizione di Roma.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Sull’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Do lettura dell’ordine del giorno per la seduta di domani:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Carmine De Martino).

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Chiedo scusa all’Assemblea se sono costretto a prendere per la terza volta la parola nella seduta odierna; e sono mortificato di dover far questo per i motivi che mi costringono a farlo. Ma io in quest’aula non sono venuto: sono stato mandato, debbo adempiere al mandato che mi è stato affidato, e debbo quindi esercitare quella funzione di critica leale e serena che è la distinzione della democrazia, se di democrazia vogliamo onestamente parlare.

Io credo di rendermi interprete di un sentimento che serpeggia per vasti strati della pubblica opinione italiana, dicendo che provo un certo stupore leggendo l’ordine del giorno di queste nostre sedute. Per tre mesi l’Assemblea Costituente è stata chiusa; dopo tre mesi ci riuniamo e si parla di interpellanze, di interrogazioni di vecchissima data, di elezioni contestate, di qualche decisione di urgenza. Ma in questi tre mesi, signori, sono accaduti dei fatti, e altri fatti non sono accaduti, che forse sarebbe stato bene accadessero. Io credo opportuno, per il prestigio stesso della nostra Assemblea, che non si dica che i signori deputati vengono a Roma, sbrigano quattro o cinque pratiche di urgenza e cinque o sei interrogazioni e se ne tornano a casa. L’opinione pubblica del nostro Paese ci domanda: «Insomma, che cosa fate? Che cosa discutete? Domandate conto al Governo di questo o di quest’altro?» Potrà avere torto o ragione di pretendere che noi chiediamo ciò al Governo, ma noi abbiamo il dovere di chiedere che il Governo ci faccia un consuntivo di questi tre mesi ed un preventivo per i mesi successivi. Questo per la nostra funzione democratica di controllo e di opposizione, di fronte ad un Governo che si dice democratico in un Paese che vuole e deve essere democratico. (Applausi).

Vi sono problemi gravissimi, di estrema gravità e urgenza, sui quali qualche membro del Governo ha dato luogo, in sedi meno qualificate, ad espressioni della sua preoccupazione.

Non voglio perdermi in dettagli, ma voglio accennarne solo qualcuno, perché non si dica che qui mi sono alzato a parlare per ragioni di opposizione sistematica. Mi sono alzato per dimostrare che argomenti gravi di preoccupazioni e di discussioni in questi tre mesi si sono presentati: argomenti gravi di preoccupazioni e discussioni in campo economico, come la questione gravissima del grano e quella del carbone, questioni vitali che preoccupano il popolo italiano. E il popolo italiano vuol sentire qui dal Governo qual è la reale situazione e come esso intende fronteggi aria.

Dichiaro al Governo che per questo, come per qualunque altro problema, noi dell’opposizione siamo a sua disposizione per aiutarlo nei suoi sforzi.

Una voce. Fate un’interpellanza.

LUCIFERO. Il regolamento della Camera dice che questa è la sede in cui si devono sollevare queste questioni. Le interpellanze lasciano il tempo che trovano. Ne abbiamo fatte decine e il Governo non ha mai risposto. (Applausi a destra).

Per quanto riguarda la politica interna, gravi fatti e soprattutto gravi polemiche si sono verificati. Accenno, senza esprimere alcun giudizio, ai fatti dell’Emilia (Rumori), per i quali ci sono state discussioni fra gli stessi partiti al Governo. (Interruzioni). Il Parlamento italiano ha il diritto di sapere dal Governo quale è il suo pensiero ufficiale su questa questione (Applausi); ed è perfettamente inutile che voi mi interrompiate, perché in questo momento, difendendo gli interessi e la dignità dell’Assemblea, io non rappresento la mia parte, ma rappresento tutte le parti e difendo anche vostri interessi e la vostra dignità (Rumori – Interruzioni). Ci sono questioni gravissime di politica estera; il trattato di pace e le sue conseguenze; la questione dell’intervento o della attività diplomatica di individui che, pur essendo autorevolissimi e degni della maggior stima, non sona qualificati a svolgere questa attività. Ci sono le trattative con la Jugoslavia, che per tanti motivi appassionano tutti noi e ci rendono ansiosi. Noi vogliamo sapere dal Governo a quale punto siamo in queste questioni; e non lo vogliamo sapere soltanto noi come deputati; ma vogliamo che si dica da quest’aula, onde il popolo apprenda quello che il Governo fa o tenta di fare e non riesce a fare.

L’onorevole De Gasperi non creda che io abbia voluto assumere un atteggiamento di opposizione alla sua persona, e nel caso specifico al suo Governo. Questo potrò farlo se le sue dichiarazioni non mi convinceranno in sede di discussione delle sue dichiarazioni. Io qui ho voluto rivendicare i sacri diritti del primo libero Parlamento italiano, e questo era mio dovere come liberale, come italiano, e come democratico. È la prima volta che una voce si leva per reclamare questi diritti ed io mi auguro che l’onorevole De Gasperi voglia rispondere all’invito che gli rivolgo con cordialità, perché ritengo, che, ciò facendo, renderà un servizio al suo Paese. Solo quando il Paese sarà ufficialmente illuminato delle difficoltà che si affrontano e si attraversano, potrà anch’esso affrontare con maggiore rassegnazione le prove gravissime che gli si presentano per l’avvenire. Ed auguro all’onorevole De Gasperi di poterle risolvere tutte. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bellavista. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Nella seduta del 21 settembre 1946 io presentai una interpellanza al Governo per la quale chiedevo l’urgenza sulla disciplina delle terre incolte.

Nella generale contumacia del Governo, presente un Ministro, si accettò l’interpellanza e si rispose che si sarebbe provveduto in una seduta successiva.

Attesi sino alla seduta del 25 settembre e non ebbi risposta, ed allora chiesi, parlando sull’ordine del giorno, al Governo, quando avrebbe risposto e l’onorevole Presidente del Consiglio mi assicurò che avrebbe risposto nella seduta immediatamente successiva; ma quella del 25 settembre era purtroppo l’ultima.

Molta acqua è passata sotto i ponti di Roma ed oggi io attendo ancora quella risposta, che era necessaria e che è necessaria ancora più, perché noi sappiamo con quale indisciplina si è proceduto, specialmente in Sicilia, all’assegnazione delle terre cosiddette incolte. (Rumori).

MUSOTTO. Non è vero. La Magistratura non ha mai concesso le terre! È un’affermazione inesatta.

BELLAVISTA. L’onorevole Musotto sa che ciò è perfettamente esatto. Del resto, io piglio spunto da questo per sollecitare un diritto parlamentare che, se è normale in tutti i membri del Parlamento per la opposizione parlamentare, è davvero diritto eminente e principale. E devo ancora aggiungere che nell’ordine del giorno di questa 26a seduta pubblica figurano 241 interrogazioni a risposta orale da svolgere; 347 interrogazioni con risposte scritte, di cui 125 già pervenute e 222 in attesa di risposta, tanto è vero che l’onorevole Presidente dell’Assemblea ha sollecitato il Governo a rispondere nella seduta di oggi. Ci sono poi tante interpellanze che attendono risposta. La mia voce si leva a protestare perché si rispettino i diritti del Parlamento. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Russo Perez. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Ho presentato oggi un’interrogazione al Ministro degli esteri per conoscere se, in vista del fatto che le trattative preliminari per la pace con la Germania sembrano che siano state già iniziate dai rappresentanti delle Nazioni vincitrici, si sia fatto, ed in che forma, quanto era necessario per l’ammissione dei nostri rappresentanti alle dette trattative, come è buon diritto dell’Italia, in vista della sua cobelligeranza ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite.

Chiedo al Governo se non creda opportuno riconoscere l’urgenza della risposta a questa mia interrogazione, affinché sia inserita nell’ordine del giorno della seduta di domani.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Desidero protestare contro questo sistema di impostare una discussione politica su temi di politica interna e di politica estera in fine di seduta, ad Assemblea stanca, quando l’aula già si sta sfollando. Per quanto io conosca – può darsi che la mia conoscenza sia limitata – ciò non è mai avvenuto nel Parlamento italiano, a meno che non fossero state presentate alla Presidenza, ed a tempo, proposte concrete per la discussione. La fissazione dell’ordine del giorno è compito dell’ufficio di Presidenza, nel quale tutti i gruppi hanno la loro rappresentanza. (Interruzioni). Il Regolamento dà la facoltà di presentare mozioni, interpellanze e interrogazioni urgenti. L’Assemblea può essere chiamata, sentito il Governo, ad esprimere il suo parere circa l’opportunità di concedere l’urgenza. Ma nessuna di queste proposte è stata presentata dall’onorevole Lucifero, che aveva tutte le possibilità di farlo.

Inoltre, desidero ricordare che abbiamo, poche ore fa, approvato una proroga dei termini già precedentemente concessi alla Commissione dei 75 per riferire sul progetto della nuova Costituzione. L’onorevole Lucifero, che si dichiara liberale, democratico e tutto il resto, ma non osa dichiararsi repubblicano, ha trovato modo di attaccare questa Assemblea per il modo con cui organizzerebbe i suoi lavori. Egli ha detto, in sostanza, che i membri dell’Assemblea si preoccuperebbero di sbrigare le pratiche dei loro elettori, ma non degli interessi del Paese. Questa è una offesa che dobbiamo respingere. Ma perché l’onorevole Lucifero non era presente quando si è discusso di questa proroga? Forse veramente si stava occupando di sue pratiche personali o di altre cose nei corridoi. Ad ogni modo, non ho sentito che abbia chiesto la parola in quella sede. Se l’avesse chiesta per criticare il nostro modo di lavorare, il suo intervento sarebbe stato in sede opportuna e forse anche ragionevole.

Se vogliamo fare discussioni politiche, ripeto, vi è il modo di rivolgersi al Governo, con apposite interrogazioni o interpellanze o mozioni. Ma, io sono nettamente contrario a che, per scopo di speculazione politica, si inscenino frammentarie discussioni e attacchi in fine di seduta, senza che nessuna proposta concreta di questo genere sia stata presentata. (Applausi – Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Sono molto sorpreso di questo gesto di impazienza che si è verificato.

Il Governo non ha nessuna intenzione di sottrarsi alla discussione sui problemi politici generali, salvo che l’Assemblea provveda ai suoi compiti, specie in vista del fatto che era stata messa all’ordine del giorno la proroga o meno del termine per la presentazione del progetto di Costituzione.

Confesso che personalmente mi aspettavo una discussione che avesse un significato, circa i lavori dell’Assemblea, circa i termini per la presentazione del progetto di Costituzione. Invece, con mia grande meraviglia, non ci si è preoccupati di questo. Ci si è trovati d’accordo per differire il termine proposto e non si è fatto, intorno a questo, alcuna discussione riguardante il programma dei lavori dell’Assemblea.

Il Governo ha il dovere di essere a disposizione dell’Assemblea, ma anche l’Assemblea ha un regolamento, in base al quale può chiedere al Governo quando intenda rispondere sopra certi argomenti.

In linea generale, poi, avverto che se non ho nessuna ragione, come Governo, di evitare la discussione anche di problemi di carattere politico attuale, come rappresentante gl’interessi del Paese invece ne ho qualcuno.

Siamo all’inizio del periodo di proroga del prestito e non è in un simile momento che il Governo debba per proprio conto procedere a discussioni accalorate. Io ripeto che il Governo è a disposizione dell’Assemblea per tutte quelle informazioni che vorrà avere, per tutte quelle responsabilità che il Governo deve portare di fronte ad essa.

Se c’è una lagnanza generale circa le interpellanze, confesso che il lungo periodo di vacanza ci ha impedito di affrontarle tutte, o le principali. Ho esortato i miei colleghi di Governo a rispondere più rapidamente alle interrogazioni e ad essere pronti a rispondere sulle interpellanze.

Riguardo all’urgenza delle trattative sulla Germania, manca in questo momento il Ministro degli esteri.

RUSSO PEREZ. Avrei voluto dirlo preliminarmente.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Non sono in grado di rispondere prima che abbia sentito a che punto stiano le cose. Non credo che vi sia tale urgenza che il differire a domani o dopodomani l’eventuale discussione possa portare nocumento all’interesse del Paese. Quindi direi: in via di massima, nessuna obiezione perché la cosa venga discussa e trattata; riguardo al termine di domani o di dopodomani, l’onorevole collega abbia la compiacenza di farmi consultare il Ministro degli esteri. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Prendo atto delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio e mi auguro che esse aprano una discussione libera e serena sui problemi del Paese, e che le interpellanze e le interrogazioni possano essere il mezzo per quell’osmosi di opinione tra Parlamento e Governo che fino ad oggi è mancata.

Tengo a respingere pubblicamente le ingiurie che mi sono state rivolte (Approvazioni a destra – Commenti).

PRESIDENTE. Chiedo al Governo quando intenda rispondere all’interpellanza dell’onorevole Bellavista.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Governo risponderà nella seduta di venerdì.

PRESIDENTE. La seduta è rinviata a domani con l’ordine del giorno di cui ho dato precedentemente lettura.

Interrogazioni e interpellanze.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere allo scopo di disciplinare la Cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori, e se non sia intendimento del Governo di trasformare, mediante le opportune disposizioni, tale Cassa di previdenza nella tanto auspicata Cassa pensioni, realizzando, così, i legittimi desideri di numerosissimi professionisti esercenti una funzione di pubblica utilità, oltre che di alto prestigio, i quali aspirano a vedere finalmente risolto il grave problema del loro domani.

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere se gli risulta che un generale ed un capitano dell’arma aerea, che seguirono l’ex Re a Lisbona e che tutt’ora si trovano in Portogallo, continuino a percepire regolarmente tutti i loro assegni, e nel caso positivo come possa ciò giustificarsi.

«Nobile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, ed il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se sia esatta la notizia, pubblicata dai giornali, di un giuramento che sarebbe domandato ai funzionari civili dello Stato, compresi fra questi i magistrati ed i professori d’Università; in tale ipotesi se non credano di tornare sulla decisione presa rinunciando a tale coercizione delle coscienze dei civili cittadini, dimostratasi chiaramente inefficace e frustranea per gli scopi che intende conseguire, o almeno se non giudichino doveroso esonerare i docenti universitari da tale obbligo, imposto ad essi per la prima volta dal fascismo, obbligo costituente una limitazione ai diritti del pensiero ed alla libertà dell’insegnamento.

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per conoscere le ragioni per le quali è stato vietato ai Comuni dell’Oltrepò pavese di imporre sulla produzione dell’uva un piccolo tributo che, senza incidere sul prezzo del vino, assicurerebbe il pareggio dei loro bilanci senza chiedere contributi allo Stato. Il provvedimento venne già applicato l’anno scorso colla autorizzazione del Governo alleato e l’esperimento ha dato risultati soddisfacenti. Per questa annata lo hanno deliberato, senza distinzione di parte, i consigli comunali usciti dalle recenti elezioni popolari, lo ha approvato la G.P.A., trova il consenso del Ministero dell’interno; non se ne lagnano i contribuenti eccetto una piccola minoranza che, contraria a tutte le tasse, trova anche gravoso dare al comune cento lire a quintale di uva che vendono a 4-5 mila. Sarebbe un primo passo verso un po’ di autonomia comunale, quale fu chiesta dai comizi.

«Montemartini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere: 1°) quale ragione giustifica la disposizione di cui all’ultimo comma dell’articolo 2 della circolare 15 giugno 1946, n. 6489/84, con la quale si richiede all’insegnante elementare fuori ruolo che presenta domanda di nomina a provvisorio o a supplente in provincia diversa da quella di sua ordinaria residenza, la documentazione del suo particolare interesse a richiedere quella determinata sede, quando è evidente che l’interesse è di natura generale ed è originato dalla disoccupazione e dalla mancanza di possibilità di lavoro nel luogo di residenza. E se non intende revocare questa disposizione rimettendo in termini e disponendo che si riesaminino le domande dei richiedenti che hanno avuto respinta la domanda per la mancanza di detta documentazione; 2°) quale ragione ha determinato la esclusione dalla Commissione per le graduatorie e le supplenze esistente presso ogni Provveditorato della rappresentanza della categoria insegnanti fuori ruolo, quando invece essa sarebbe la sola da includervi, perché la sola direttamente rappresentante dei graduandi.

«Di Giovanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere quanto ci sia di vero nella dolorosa notizia riportata dai giornali circa la fucilazione, avvenuta in Albania, di quattro cittadini italiani fra cui un valoroso medico, il professore Venanzio Lozzi, direttore dell’ospedale civile di Tirana.

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere i motivi dell’avocazione al suo dicastero della nomina del Presidente dell’Istituto autonomo delle case popolari di Palermo nella persona del deputato alla Costituente del gruppo dell’Uomo Qualunque, onorevole Russo Perez. Tale nomina, infatti, è di competenza dell’Alto Commissariato per la Sicilia. Ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto dell’Istituto autonomo approvato con decreto ministeriale 9 luglio 1936, il presidente e il vice presidente dell’Istituto stesso sono nominati con decreto reale su proposta del Ministro dei lavori pubblici. Tale norma trova conferma nel disposto di cui all’articolo 27 del testo unico sull’edilizia popolare ed economica 28 aprile 1938, n. 1165. Ma la legge 5 dicembre 1941, n. 1540, che reca modifiche agli articoli 27, 106, 297, 373 e 376 del testo unico del 1938, all’articolo 1 dice testualmente «l’articolo 27 del testo unico 28 aprile 1938, n. 1165, sulla edilizia popolare ed economica è sostituito dal seguente: Il presidente dei singoli Istituti autonomi provinciali è nominato con decreto del Ministro dei lavori pubblici… ecc.». Nel caso della nomina del presidente dell’Istituto di Palermo, tuttavia, la nomina fatta dal Ministro dei lavori pubblici è invalida, in quanto avrebbe dovuto esser fatta dall’Alto Commissario per la Sicilia. Ai sensi del decreto luogotenenziale 18 marzo 1944, n. 91, e del decreto legislativo luogotenenziale 28 dicembre 1944, n. 416, infatti, che recano norme sulla istituzione dell’Alto Commissariato per la Sicilia, viste le successive chiarificazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e i pareri della Commissione normativa Alto Commissariato, sono di competenza dell’Alto Commissario tutti quei provvedimenti concernenti le materie delegate a questo, e specialmente lavori pubblici e agricoltura, che prendono i Ministri come capi del ramo d’amministrazione di cui sono titolari e pei quali provvedono con decreto ministeriale. Per tali motivi il decreto che nomina presidente dell’Istituto autonomo provinciale delle case popolari di Palermo nella persona dell’onorevole Russo Perez deve essere ritenuto non valido.

«Natoli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, sulla urgente necessità della ricostruzione dei vari ponti sul delta del Po, che permettevano sollecite, rapide e sicure comunicazioni dall’isola di Ariano, del vastissimo comune di Porto Tolle, e da altri centri minori col resto della provincia di Rovigo.

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere quali siano le intenzioni del Governo a favore dei pensionati (impiegati enti locali, medici, maestri, ecc.) che ricevono la loro misera pensione dagli Istituti di previdenza. Un aumento anche di tali pensioni si impone per motivi di umanità, in relazione a quanto stanno per ottenere i pensionati dello Stato.

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga dannoso per il prestigio delle istituzioni democratiche che membri del Governo ricoprano cariche amministrative in società finanziate o sovvenzionate a qualsiasi titolo dallo Stato, fatto che si verifica attualmente per la carica di presidente della Società carbonifera sarda.

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se, tenuto conto del licenziamento già in parte attuato, e per il resto in corso di attuazione, del personale degli Enti economici dell’agricoltura in liquidazione, non creda opportuno procedere alla immediata costituzione dei fondi per il pagamento totale delle indennità di quiescenza agli aventi diritto, ad evitare che i medesimi – come si rileva dall’agitazione tuttora in corso della categoria e già da tempo a conoscenza di codesto Ministero – inizino azioni legali per riscuotere immediatamente le loro competenze, azioni che complicherebbero e procrastinerebbero le gestioni commissariali di liquidazione degli Enti in questione, con conseguente sperpero di pubblico danaro.

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e del tesoro, per conoscere se, tenuto conto dello stato di agitazione permanente del personale degli Enti economici dell’agricoltura in liquidazione, ingiustamente ed arbitrariamente lesi nei loro diritti acquisiti dal disposto dell’articolo 7, lettera C, del decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722 (non quiescibilità del carovita), nei riguardi dei predetti dipendenti – che non godono di trattamento di pensione, perché assunti con contratto riferito alla legge sull’impiego privato – non credano opportuno chiarire formalmente, sia pure con apposito decreto legislativo, che detta disposizione non è applicabile agli impiegati legati da tale forma di contratto. Ciò allo scopo di evitare che il già minacciato ricorso al Consiglio di Stato, da parte degli interessati, prolunghi la gestione di liquidazione degli Enti predetti, con conseguente aggravio di spese per le pubbliche finanze, e di non aggravare la già critica situazione economica di detti lavoratori nel periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della materiale corresponsione delle indennità loro spettanti.

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste, del tesoro, e del commercio con l’estero, per conoscere se non ritengano necessario e urgente abolire la norma emanata in via interna dal Consorzio nazionale canapa, in virtù della quale «è corrisposta una provvigione dal 4 al 7 per cento a favore di chi si rende promotore di vendite all’estero» e si riconosce agli stessi promotori l’intera differenza di prezzo tra quello ufficiale praticato dal Consorzio e quello da essi spuntato nella contrattazione con i commercianti esteri. È noto che questa eccedenza, tradotta in lire italiane, è corrisposta ai promotori dallo stesso Consorzio, il quale fattura direttamente al prezzo indicato dal promotore. Questo sistema dà adito ad interferenze deplorevoli a mezzo di presunti promotori, i quali spesse volte nascondono persone che dovrebbero in queste trattazioni di null’altro preoccuparsi che dell’interesse del Consorzio, e cioè in definitiva dell’Erario. D’altra parte la domanda abbondantissima che gioca attualmente sul mercato della canapa, esclude la necessità di ricercarla e stimolarla a mezzo di simili misure che danneggiano l’interesse collettivo per centinaia di milioni all’anno.

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere se è a conoscenza di quanto è accaduto ed accade in quel di S. Agata di Puglia in merito al trasferimento del segretario comunale signor Anzano, di grado inferiore per due punti a quello richiesto per quel comune, trasferimento ordinato per competenza dal prefetto della provincia, revocato o sospeso dall’interno. Il 28 settembre il sindaco di S. Agata non potette consegnare al segretario subentrante, signor Raiola, le chiavi dell’ufficio perché in possesso del segretario Anzano partito per Roma; la sera dello stesso giorno, presenti il Raiola, il sindaco, il comandante la stazione dei Carabinieri di Accadia, arrivò in piazza un corteo di una cinquantina di persone, preceduto da una bandiera rossa al seguito del rientrante segretario Anzano e del segretario della Camera del lavoro, signor Barbarito. Entrati tutti nel locale della Camera del lavoro, il sindaco annunziò che il provvedimento del prefetto era stato revocato. Il segretario della Camera del lavoro, Barbarito, rivolgendosi ai compagni, ebbe ad affermare che gli onorevoli Scoccimarro, Nenni, Lombardi e Corsi avevano assecondato il loro desiderio di conservare il segretario Anzano, che il prefetto era per essere trasferito e che erano state sventate le manovre dei corridoi della prefettura, tendenti a violentare la volontà del popolo. Se è a conoscenza che il segretario Anzano, eretto su di un tavolo, ebbe anch’egli a parlare per dire: «Compagni, il Ministero ha deciso che io resti fra voi – posso assicurare che parecchi provvedimenti verranno a vostro favore – attendete». Si chiede se tutto questo non basta a ridurre, se non addirittura ad annientare, l’autorità dello Stato innanzi alla massa dei cittadini, assetati di ordine, disciplina e legalità.

«Miccolis».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se, a sollievo della preoccupante disoccupazione, a concreto inizio dell’auspicata e ripetutamente promessa redenzione del Mezzogiorno ed alla indifferibile valorizzazione delle nostre scarse risorse, in attesa che sia con oculato discernimento accertata o meno la opportunità e convenienza tecnica ed economica di creare un Ente irrigazione per la Puglia e Lucania mentre continuano discussioni, obbiezioni e diffidenze fra uomini e regioni e da tutti si sente vivo il bisogno di essere affrancati da pesanti e burocratici organismi, che soffocano e intralciano ogni benefica iniziativa; in attesa che siano, con le Regioni, definiti di questi diritti, doveri ed attribuzioni, non riconoscano sufficiente capacità, attrezzatura e maturità di studi ed accertamenti negli esistenti Uffici e personali del Genio civile, Consorzi di bonifica e Ente acquedotto pugliese, per rompere dannosi e pericolosi indugi e passare senz’altro al finanziamento e messa in esecuzione di già pronti progetti d’invasi montani ed utilizzazione delle acque di questi, delle falde freatiche e subalvee e di quelle di scolo. Se non vedano in ulteriori indugi giustificato motivo di appunto al Governo da parte delle popolazioni lavoratrici del Mezzogiorno, che anzitutto nel potenziamento irriguo vedono la possibilità di valorizzazione e distribuzione ai contadini di quelle terre, di cui in estensione a noi è avara la natura. Se non ritengano dannoso il procrastinare, comunque, la realizzazione dei progetti esistenti e già approvati per la facile irrigazione del Tavoliere in Capitanata, che ha acqua, terre e mano d’opera proprie e pronte per una rapida trasformazione agraria, ricca di sicure prospettive.

«Miccolis».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non creda sia tempo di revocare tutte le concessioni per piantagioni di tabacco in Puglia, concessioni date dal gerarca Starace, limitandole agli organismi cooperativi.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se sia vero che il trasferimento dei prefetti di Foggia e di Taranto sia dovuto al fatto che gli stessi prefetti avevano emesso decreti per l’assorbimento obbligatorio della mano d’opera agricola.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se abbia agito di sua iniziativa o in base a direttive ministeriali l’Ufficio del Genio civile di Torino, il quale, dopo di essere intervenuto nei lavori di ripristino dei fabbricati in Torino, Corso Altacomba n. 32, li sospese quando essi non erano ancora ultimati, rifiutandone ingiustificatamente, anche giudizialmente, il pagamento alle imprese assuntrici, impedendo così l’ultimazione dei serramenti, degli impianti igienico-sanitari, di acqua, gas, luce elettrica, ecc., il che ha provocato la violenta, arbitraria invasione dello stabile stesso da parte di oltre un centinaio di persone, che lo danneggia con adattamenti di fortuna, manomissioni, ecc. Ciò evidentemente con grave pregiudizio per gli stessi interessi e per il prestigio dell’Amministrazione dei lavori pubblici, dell’autorità dello Stato, e soprattutto della ripresa edilizia, tanto che il Consiglio di presidenza dell’Associazione fra i proprietari di fabbricati del Piemonte, nella seduta del 14 settembre 1946 constatato che le autorità non sono intervenute per la reintegrazione dei diritti della proprietà e per il rispetto della legge e che le occupazioni arbitrarie stanno assumendo proporzioni allarmanti, ha invitato tutti i soci a sospendere immediatamente qualsiasi opera intesa a rendere abitabili gli edifici.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri di grazia e giustizia e dell’interno, per conoscere se e quali disposizioni siano state impartite e quali provvedimenti adottati per lo sgombro coattivo della casa di 24 alloggi in Torino, Corso Altacomba n. 32, in corso di riparazione da parte del Genio civile, invasa nel luglio scorso mediante sfondamento di porte e finestre, da un centinaio di persone, senza che l’autorità giudiziaria e di pubblica sicurezza intervenissero, nonostante fossero state avvertite; si tratta di reato di azione pubblica (articolo 663 codice penale), di due regolari querele sporte dal proprietario e di denuncia al Prefetto.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere se non ritenga equo ed opportuno che i danni ricevuti dai privati nei mobili casalinghi indispensabili, a causa di rappresaglie nazifasciste, siano assimilati, per gl’indennizzi, ai consimili danni prodotti da azioni belliche. La legge che regola questa materia è ancora quella del giugno 1940, che naturalmente non poteva prevedere le rappresaglie nazifasciste. Ma è evidente che non vi è nessuna distinzione né morale, né fisica, né giuridica, legittimamente sostenibile fra l’una e l’altra specie di danni; né è giusto dividere i danneggiati in due categorie, una delle quali iniquamente trascurata e obliata.

«Pellizzari».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quali provvedimenti definitivi intende adottare nell’assegnazione di fondi alla Sicilia per l’esecuzione di opere pubbliche di bonifica in relazione all’esercizio 1946-47. Sta di fatto che con decreto legislativo Presidenziale 22 giugno 1946, n. 30, vennero stanziati 5 miliardi per l’esecuzione di opere pubbliche di bonifica e su di essi la Sicilia ha avuto assegnati solo 40 milioni. Recentemente sono stati ulteriormente stanziati dal Governo, sempre per lo stesso fine, (decreto legislativo 2 agosto 1946, n. 101) 2 miliardi, e dieci miliardi (decreto legislativo 9 agosto 1946, n. 102) sui quali il Ministero dell’agricoltura e foreste avrebbe destinato alla Sicilia 420 milioni per la diga di Disuer: in complesso, su uno stanziamento di 17 miliardi sono stati sinora destinati alla Sicilia soltanto 460 milioni, dei quali 420 assorbiti da una sola opera; mentre il programma, già trasmesso per tramite del Provveditorato alle opere pubbliche, è per la cifra di un miliardo e 700 milioni, corrispondente al decimo dello stanziamento su piano nazionale, che è l’equa percentuale di reparto che va tenuta in conto per la Sicilia. In relazione a quanto sopra si fa presente l’urgenza e la necessità dell’assegnazione di altro miliardo e 240 milioni per l’esecuzione di opere pubbliche di bonifica in Sicilia.

«Cartia, Gullo Rocco, Di Giovanni, Musotto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della marina mercantile e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se non ritengano necessario ed urgente abolire il Regio decreto-legge 24 gennaio 1929, n. 166, che istituiva le compagnie portuali con criteri ed impalcatura strettamente fascisti, e disciplinare la materia con una legge nuova, ove ogni privilegio sia bandito e sia rispettato e tutelato il libero lavoro di tutti.

«Salerno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se ritenga ispirate a criteri morali e di giustizia le disposizioni con le quali viene corrisposta la razione viveri in contanti, a partire dal 16 febbraio 1946 anziché dal giorno dell’internamento, agli ufficiali internati in Germania, che non aderirono al servizio del lavoro, né furono inquadrati nelle formazioni repubblicane in Germania. È da tener conto che non può considerarsi vitto la scarsa quantità di cibo che essi giornalmente ricevevano (deficienti quantitativi di pane, rape secche e patate) e che il sostentamento fu esclusivamente basato sui pochi fra i pacchi loro pervenuti dall’Italia, con gravi sacrifici da parte delle famiglie e con impegni finanziari verso privati, che molti non hanno ancora potuto assolvere.

«Perugi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga di riesaminare la disparità del trattamento economico verso il personale militare catturato dai tedeschi in Italia ed internato in Germania, rispetto a quello usato agli altri colleghi che, catturati fuori delle frontiere della Patria, continuarono a godere dell’indennità che percepivano in precedenza, in base all’articolo 40 del Regio decreto 16 maggio 1941, n. 583. Poiché le disposizioni contenute in detta legge furono modificate a favore dei prigionieri catturati in Sicilia e, con disposizioni del Ministero della guerra, venne riconosciuto il diritto al trattamento economico di guerra intero, razione viveri compresa, anche al personale civile militarizzato alle dipendenze di detto Ministero, equiparandolo agli internati in Germania, già catturati in Italia, sembra equo, per ovvie ragioni d’ordine morale, applicare a questi ultimi lo stesso trattamento usato ai prigionieri catturati in Sicilia e cioè: corrispondere loro l’indennità speciale di categoria B.

«Perugi».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri della marina mercantile e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere che cosa si intenda fare al fine di una reintegrazione, per il periodo di sospensione, nelle matricole della Marina mercantile, a tutti gli effetti ed in special modo a quelli della pensione, per quei marittimi i quali, per ragioni politiche, erano stati privati del libretto di navigazione.

«Novella, Negro, Barontini Anelito, Minella Angiola».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere se – di fronte al susseguirsi in Genova e nelle altre provincie liguri di sentenze di sfratto emanate dall’autorità giudiziaria senza tener conto delle possibilità di sistemazione degli sfrattati – intendano stabilire d’urgenza norme per cui il pretore si limiti alla sentenza di sfratto, demandando per l’esecuzione caso per caso o al sindaco o alla commissione di seconda istanza istituita con decreto 25 maggio 1946, n. 425, articolo 4 (Gazzetta Ufficiale n. 133 del 10 giugno 1946).

«Novella, Negro, Barontini, Anelito, Minella Angiola».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se ritiene opportuno introdurre delle norme del Commissariato alloggi nuove facoltà devolute ai commissari, per la suddivisione in appartamenti indipendenti di case o ville esuberanti ai bisogni dei proprietari o inquilini; e facoltà di richiedere la disponibilità e l’adattamento ad abitazioni civili di edifici pubblici scarsamente utilizzati.

«Novella, Negro, Barontini Anelito, Minella Angiola».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non avverta l’urgente necessità di emettere – in conformità alle leggi emanate in favore degli esonerati politici, che abbiano dovuto anche in epoca remota abbandonare forzatamente il servizio – disposizioni adeguate alle varie posizioni degli interessati, al fine di accelerare decisamente le pratiche di revisione che sono di competenza delle Commissioni preposte al giudizio di riabilitazione e che attualmente subiscono troppo lunghi ritardi, spesso causati da impedimenti di carattere puramente formale e burocratico.

«Novella, Negro, Barontini Anelito, Minella Angiola».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se è a sua conoscenza che sia stato riassunto in servizio, in qualità d’incaricato dell’educazione fisica, nella Scuola di avviamento industriale di Cividale (Udine), certo Tamaro Giorgio, già comandante della C.F.C., tedescofilo e fascista durante la repubblica di Salò, incitatore degli allievi ad arruolarsi nei Battaglioni M ed SS., persecutore dei colleghi e allievi antifascisti, e se ritiene che tale provvedimento non porti nocumento al regolare funzionamento della scuola e dia lustro alla scuola italiana.

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri delle finanze e dell’agricoltura e foreste, per sapere:

1°) se non consentano nel ritenere che la passività dell’azienda agraria montana dipenda in gran parte dalla diminuita produttività del suolo per causa del clima, e che i fattori di questo, in un paese vario come l’Italia per latitudine, esposizione, morfologia ed elementi meteorologici, lungi dal corrispondere semplicemente all’altezza sul livello del mare, possono venire indicati nella loro complessiva influenza soltanto dalle fasce altimetriche della vegetazione spontanea e delle colture;

2°) se non convengano nell’opportunità ed equità di prendere come indice di una produttività diminuita al punto da reclamare speciali misure di favore, il limite superiore dei vigneti (e colture climaticamente equivalenti) e dei boschi di querce; se, di conseguenza, non ritengano di dover modificare il decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 98, nel senso di esentare dall’imposta fondiaria e da quella sul reddito agrario, anziché i territori dei comuni aventi il capoluogo ad altitudine non inferiore ai 700 metri sul mare, i terreni superiori al limite dei vigneti e dei querceti; e, in pratica, per avvicinarsi il più possibile a una misura di equità, i territori di tutti i comprensori catastali, cioè delle singole frazioni comunali (spesso a centinaia di metri di dislivello fra loro) superiori al detto limite.

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se – in seguito alla rimozione delle autorità governative di Palermo, accusate di non aver impedito la libera espressione dei sentimenti di parte della popolazione palermitana; in seguito .alla nomina ad Alto Commissario per la Sicilia di un uomo rappresentante del partito meno votato nell’Isola, in spregio alle più elementari regole della democrazia; ed in seguito alla campagna intimidatoria svolta, tramite le questure, ai danni dei partiti di opposizione – il Governo non intenda porsi sulla via del regime di polizia, né impedire l’esercizio delle libertà fondamentali garantiteci dai vincitori, tra le quali essenziale quella di parola, di stampa e di riunione, né continuare a svolgere opera di repressione violenta, diretta o indiretta, di quelli che sono sempre i sentimenti delle popolazioni meridionali e insulari, le quali non chiedono che di vivere nel lavoro e nel rispetto della legalità, nell’esercizio dei loro diritti democratici e nel culto delle loro tradizioni.

«Cicerone».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno, dell’industria e commercio e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere se è loro intendimento continuare a sopportare che i problemi sociali del centro minerario di Carbonia si risolvano con misure di polizia. Gli interroganti si riferiscono particolarmente al rastrellamento, ordinato dalle autorità, di poco più di 200 disoccupati in attesa di lavoro presi il 12 ottobre 1946 e trasportati di viva forza ai loro rispettivi comuni di provenienza, senza neppure quell’assistenza che, obbligatoria per dei concittadini, è persino doverosa per stranieri. Gli interroganti chiedono di conoscere:

1°) se non si ritenga necessario dare immediate disposizioni perché nessun lavoratore venga assunto a Carbonia prima che siano stati occupati quelli che così stranamente ne sono stati allontanati;

2°) quali disposizioni generali si intendano dare affinché i lavoratori sardi, che chiedono lavoro, possano avere lo stesso trattamento fatto ad operai d’altre regioni, non apparendo degno né di un Governo democratico, in cui sono rappresentate le classi del lavoro, né della politica di unità nazionale, che il trattamento fatto ai lavoratori più bisognosi vari in Italia a seconda della posizione geografica delle sue regioni.

«Lussu, Mastino Pietro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, sul disservizio attualmente esistente per la posta normale e aerea e per i telefoni fra la Sardegna e Roma. Per quanto i mezzi siano insufficienti, non appare giustificabile che, per corrispondere per posta normale, occorrano 15 giorni per andata e ritorno, e che ne occorrano 10 per via aerea: poco più del tempo richiesto per la posta fra l’Italia e il Brasile. E appare straordinario che, dopo oltre due anni dalla liberazione di Roma, il telefono fra Roma e la Sardegna funzioni un giorno sì e due no. L’interrogante chiede di conoscere: se non si ritenga giunto il momento di spendere quanto è necessario per rendere permanentemente efficiente la linea telefonica, onde impedire il prolungarsi di un isolamento dannoso alla ripresa del lavoro e del commercio e psicologicamente esasperante; e se non si ritenga doveroso che, nell’attesa d’un prossimo miglioramento dei servizi, i telegrammi fra la Sardegna e il continente e viceversa abbiano precedenza assoluta.

«Lussu».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a favore di oltre mille operai dipendenti dalla Direzione di artiglieria di Verona, sospesi alla data della liberazione e licenziati con ordine del giorno n. 412 del 16 gennaio 1946, con effetto dal 1° maggio 1945, senza alcun indennizzo.

«Bacciconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali misure intendano prendere per garantire agli Istituti italiani di ricerche scientifiche e alle nostre Università la presenza di quegli scienziati e studiosi di fama mondiale, che già per circostanze diverse hanno dovuto lasciare il nostro paese, o che si preparano a farlo, per sollecitazione di Enti o personalità stranieri.

«Pajetta Giuliano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del tesoro, della guerra e dell’assistenza post-bellica, intorno alla necessità umana e sociale di sveltire con semplificazioni di procedura, con decentramento di uffici o di funzioni, o con altri mezzi che si ravvisino idonei allo scopo, la liquidazione delle pensioni di guerra, oggi invischiata in una lentezza esasperante, che richiede anni di attesa e genera disagio e sfiducia.

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non ritenga equo ed opportuno un provvedimento legislativo che consenta il ricorso alla Corte suprema di cassazione contro le sentenze pronunziate dall’Alta Corte di giustizia istituita con decreto-legge luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159. Trattandosi di sentenze di condanna di un giudice penale speciale, sarebbe stato il gravame consentito, a sensi dell’articolo 528 del Codice di procedura penale, se col decreto-legge luogotenenziale 13 settembre 1944, n. 198, articolo 9, non si fosse derogato espressamente alla legge generale. Contro le sentenze delle Corti di assise straordinarie, che successivamente assorbirono la competenza della ormai cessata Alta Corte di giustizia, è consentito il ricorso davanti la Corte suprema di cassazione. Manifesta è quindi la disparità di trattamento fra condannati dalle Corti di assise straordinarie e condannati dall’Alta Corte di giustizia, pur trattandosi di identica materia, devoluta, con disposizioni legislative successive, a giudici penali egualmente speciali.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga opportuno provvedere alla immediata emanazione delle necessarie norme legislative per la invocata riforma dell’istituto delle pensioni, provvedendo nel contempo alla riliquidazione delle vecchie pensioni di fame, nel senso che la base di pensione sia eguale allo stipendio dei pari grado in attività di servizio commisurato alle tabelle in vigore per ciascuna qualifica, comprese le competenze accessorie di carattere continuativo, che formano parte integrante dello stipendio; e se non ritenga conforme a giustizia disporre che il pagamento del premio della Repubblica sia esteso ai pensionati.

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga sia il caso di parificare, nei concorsi alle cattedre di diritto negli Istituti tecnici e commerciali per geometri ed Istituti medi affini, la laurea in scienze coloniali alle lauree in giurisprudenza e scienze politiche. Sarebbe sommamente ingiusto se tale uguaglianza non fosse disposta, non potendo disconoscersi che le materie fondamentali del piano di studi, seguito a suo tempo dai laureati in scienze coloniali, sono, nel campo giuridico e linguistico, pressoché le stesse materie del piano di studi, che seguono gli aspiranti alle altre due lauree. Si noti, anzi, che per conseguire la laurea in scienze coloniali si dovevano superare anche esami scritti in materie giuridiche.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga opportuna la preparazione di un progetto di legge, che abroghi la innovazione, introdotta dall’articolo 12 del decreto legislativo luogotenenziale 8 dicembre 1944, n. 428, relativa alla riscossione in favore della Cassa nazionale del notariato della intera quota di onorario corrispondente alla differenza fra il valore accertato ai fini fiscali e quello dichiarato dalle parti per ciascun atto ricevuto od autenticato da notaio, disponendosi, invece, che gli onorari relativi al maggior valore accertato dagli uffici fiscali vengano devoluti ai notari, tranne il quinto, da corrispondersi alla Cassa notariato, in conformità di quanto è disposto per gli onorari principali. Bisogna evitare che i notai, per affrontare le attuali enormi difficoltà della vita, percepiscano, mettendosi al di fuori della legge, onorari diversi da quelli inadeguati previsti dalla tariffa.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga sia il caso, così come fu praticato dopo l’altra guerra, di disporre, in ogni concorso, la formazione di una graduatoria speciale per i mutilati ed invalidi di tutte le categorie, da mantenersi ferma sino al suo completo esaurimento.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere se non ritenga sia il caso di parificare, nei concorsi che saranno banditi, la laurea in scienze coloniali alle lauree in giurisprudenza e scienze politiche. Sarebbe sommamente ingiusto se tale uguaglianza non fosse disposta, non potendo disconoscersi che le materie fondamentali del piano di studi, seguito a suo tempo dai laureati in scienze coloniali, sono, nel campo giuridico e linguistico, pressoché le stesse materie del piano di studi, che seguono gli aspiranti alle altre due lauree. Si noti, anzi, che, per conseguire la laurea in scienze coloniali, si dovevano superare anche esami scritti in materie giuridiche.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere le ragioni per le quali la Direzione generale delle imposte dirette, pur essendo decorsi ormai oltre due anni, non provvede alla liquidazione degli aumenti degli assegni spettanti al 1° maggio 1944 ai funzionari dipendenti, per essere scaduto a quella data il secondo quadriennio di servizio nel grado attualmente ricoperto. È noto che gli impiegati dello Stato lottano con la fame. Or, se non è possibile concedere loro aumenti di stipendio, perché il bilancio non lo consente, non si neghi almeno ad essi quello che loro spetta in virtù di legge.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, per conoscere quali provvedimenti d’urgenza il Governo intende disporre per venire in soccorso delle popolazioni dei comuni sardi devastati dalla recente alluvione; e se non ravvisi la necessità di provvedere immediatamente al regolamento delle acque nelle zone interessate, in modo da garantire per il futuro la sicurezza dei centri abitati.

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali provvedimenti sono allo studio per risolvere la grave situazione creatasi nel campo dei lavori pubblici a seguito della decadenza dei decreti 5 aprile 1945, n. 192 e 9 luglio 1940, n. 1137, sulla revisione dei prezzi degli appalti. A datare dal 16 aprile 1946 (data di decadenza dei suddetti decreti) tutti i lavori pubblici di durata inferiore ad un anno sono stati appaltati con la clausola della invariabilità dei prezzi. Questi ultimi hanno già subito da quell’epoca un aumento di circa il 50 per cento ed altri aumenti sono in corso di applicazione. Si reputa perciò necessario ed urgente richiamare in vita il già citato decreto 5 aprile 1945, n. 192, allo scopo di evitare la sospensione dei lavori in corso, con conseguente licenziamento o sospensione degli operai occupati e permetterne la prosecuzione che al momento si presenta alquanto problematica ed incerta, dato l’onere già sopportato dalle imprese a tutt’oggi e quello che si sta maturando (aumento del 35 per cento sulla mano d’opera).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, sull’opportunità di vietare in questo momento la vendita dei vini di bassa gradazione (9 gradi) che erano già in vendita un tempo e lo sono ancora da 4 anni.

«Montemartini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) ed il Ministro dei trasporti, per sapere:

  1. A) se hanno presente:

1°) che la provincia di Reggio Calabria da molto tempo difetta dei generi razionati essenziali per l’alimentazione; che ormai cronicamente la farina ed il grano assegnati giungono con enorme ritardo ed in una quantità grandemente inferiore a quella dovuta; che l’olio – in una regione largamente produttrice e dove non è consueto un notevole uso di altri grassi – difetta;

2°) che ciò è dovuto in gran parte – per quanto attiene alle deficienze del grano e della farina – alla inadeguata assegnazione dei mezzi di trasporto e – per quanto attiene alla mancanza dell’olio – alla continua e più volte invano denunziata esportazione di grossi quantitativi di detto prodotto per iniziative di speculatori forniti di permessi a ripetizione; cosa che suona irrisione del bisogno del popolo; mentre nessun provvedimento dell’autorità riesce a raggiungerla e colpirla;

3°) che la situazione predetta ha creato tale disagio da costituire un grave imminente pericolo per la salute cittadina e per l’ordine pubblico; come da tempo vanno denunciando la stampa locale, alcuni ordini del giorno dei Comitati di agitazione e recentemente anche il consiglio comunale di Reggio, con votazioni unanimi dei rappresentanti di tutti i partiti;

  1. B) quali pronti e radicali provvedimenti intendano di adottare per riparare – come è indispensabile ed urgente – alle deplorevoli negligenze, alla insaziabile avidità degli speculatori, e per garantire finalmente da oggi innanzi almeno il minimo – per quantità e qualità – dovuto per legge ad una popolazione che si sente ed è eguale nel diritto e nel dovere a tutte le altre d’Italia.

«Sardiello».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere – in vista della necessità, largamente riconosciuta attraverso i lavori preparatori della nuova Costituzione della Repubblica italiana, di agevolare al massimo gli scambi di pensiero con l’estero, abolendo ogni discriminazione di carattere nazionale per quel che riguarda l’attività culturale e la ricerca scientifica, e nello stesso tempo per impedire che la larga richiesta da parte di Università e Istituti scientifici stranieri di nostri studiosi, richiesta che onora il nostro Paese, si risolva in un definitivo indebolimento delle nostre possibilità di sviluppo scientifico, in particolare nel campo della fisica nucleare – quali provvedimenti intendano adottare:

  1. a) per agevolare il ritorno anche temporaneo di quegli studiosi italiani recatisi all’estero prima della guerra che desiderino tornare;
  2. b) per invitare studiosi stranieri a svolgere una attività didattica e scientifica nel nostro Paese;
  3. c) per agevolare l’invio temporaneo all’estero di studiosi italiani;
  4. d) per garantire i mezzi di ricerca ed i mezzi economici di vita ai ricercatori italiani, onde i migliori di essi non siano costretti a recarsi definitivamente all’estero.

«Calamandrei, Foa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se pensi di provvedere alla situazione difficile di alcune Facoltà universitarie, determinata dalla pletora degli studenti. La preparazione tecnica dei giovani ed il loro addestramento attraverso le esercitazioni non possono farsi con serietà e completezza, ad esempio nelle Facoltà di medicina e di ingegneria, quando il numero dei giovani sia eccessivo, come si verifica in alcune grandi Università. In tali condizioni riesce impossibile ai docenti guidare personalmente i giovani, seguendoli individualmente, e ne risulta gravemente compromessa la serietà degli studi e la preparazione scientifica e professionale dei giovani: la scuola si riduce poco più che ad una parvenza e non può ottenersi l’elevazione del tono e della pratica dello studio, come da dovunque è reclamato.

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere come abbiano potuto permettere e se ritengano compatibile con l’alta e piena indipendenza dell’Autorità giudiziaria il fatto di aperte ed aspre critiche mosse in seno al Consiglio dei Ministri, e riportate da tutta la stampa, alla Suprema Corte di cassazione, in riferimento ad una pronuncia di amnistia emessa dalla Corte stessa in un procedimento di natura politica.

«Venditti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se e quando saranno emessi i decreti:

  1. a) per autorizzare i liquidatori delle disciolte Confederazioni dei lavoratori dell’industria, commercio, credito e assicurazione a pagare le competenze spettanti ai funzionari già dipendenti dalle predette ex Confederazioni;
  2. b) per provvedere sui fondi di previdenza, del riscatto delle polizze dell’Istituto nazionale delle assicurazioni e di tutte le altre indennità previste dal contratto di impiego privato e maturate in dipendenza del rapporto di impiego e di lavoro con le disciolte Confederazioni.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali provvedimenti ha già preso od intende adottare in seguito alla mancata applicazione del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 6 settembre 1946, n. 96, relativo al divieto di emissione di mandati o ordini di cattura  o di arresto nei confronti dei partigiani e patrioti per l’attività svolta nella lotta contro il nazi-fascismo. L’interrogante deve denunciare che molti partigiani – pur non risultando «per prove certe», come richiesto dal decreto stesso, «che i fatti addebitati costituiscono reati comuni» – sono tuttora trattenuti nelle carceri a Treviso e altrove, nonostante le chiare disposizioni vincolative per la Magistratura requirente contenute nel predetto Decreto, il quale fa obbligo di revoca dei mandati e ordini di cattura emessi a carico dei partigiani e categorie assimilate.

«Ghidetti».

Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non trovi equo che agli insegnanti dei corsi di avviamento (commerciali, industriali, ecc.), di cui alla legge 24 aprile 1932, istitutiva dei corsi e scuole di avviamento in parola, sia provveduto al più presto con riunirli nel ruolo delle scuole, abolendo quello dei corsi, causa non ultima dei deprecati trasferimenti d’ufficio. Scelti tra la parte migliore della classe magistrale primaria e passati mediante concorso per esami e per titoli ad un tipo di scuola secondaria, nella speranza di veder migliorate le proprie condizioni economiche – e si tratta ormai di poche decine in tutta Italia – sono rimasti al grado 10° del gruppo B, mentre i loro colleghi delle scuole arrivano al grado 8° del gruppo A. È consigliabile pertanto risolvere tale incongruenza di trattamento, passando anche quel gruppo di insegnanti dal ruolo dei corsi a quello delle scuole, restituendo loro tranquillità morale ed economica nell’alta funzione educativa.

«Ghidetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delia pubblica istruzione, per sapere se risponde a verità la notizia, secondo la quale sarebbero per essere istituite, col rilevante onere finanziario che ne deriverebbe per l’erario, due nuove facoltà di agraria presso l’Università di Roma e presso quella di Padova, e ciò in un momento come l’attuale, in cui, per deficienza di mezzi, le numerose facoltà già esistenti conducono vita oltremodo stentata, le biblioteche universitarie non possono venire aggiornate, i musei e le collezioni rischiano di andare in malora, gli istituti scientifici trovano gravi difficoltà a condurre avanti le loro ricerche, il personale universitario docente e assistente riceve compensi di fame alle proprie fatiche; e per conoscere altresì se non ritenga opportuno, in attesa di un generale esame di tutto il problema universitario, di opporre un argine all’accoglimento di richieste di apertura di nuove facoltà, e di nuovi corsi, e di porre subito allo studio la questione della sopravvivenza o meno delle varie facoltà e dei vari corsi istituiti nell’ultimo periodo di guerra, con decisioni affrettate e quando gran parte del Paese non era ancora liberato dallo straniero.

«Ermini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se è esatto che trovasi in preparazione un disegno di legge, avente la finalità di recare benefici di carriera ai capitani dei carabinieri, di commissariato e di amministrazione. Tali benefici sarebbero concessi a quei capitani che, a suo tempo, tennero il grado di tenente per almeno dodici anni e conseguirono la qualifica di primo tenente.

«L’interrogante si permette di far rilevare che il provvedimento legislativo, se così redatto, sarebbe quanto mai ingiusto, perché finirebbe con l’autorizzare un trattamento disuguale in confronto di ufficiali che pur avrebbero percorso la stessa carriera. Non avrebbero, infatti, diritto ai detti benefici quei capitani che, pur avendo tenuto il grado di tenente per oltre dodici anni ed aver conseguito la qualifica di primo tenente, ebbero la promozione a capitano con effetto retroattivo tale da farli apparire rimasti col grado di tenente per meno di dodici anni.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, perché esamini la necessità di migliorare notevolmente il servizio ferroviario nel tratto Campobasso-Termoli. Attualmente vi sono solo pochissime vetture di 3a classe, integrate nel servizio, per il trasporto di persone, da carri ferroviari. Le vetture sono prive di vetri e di impianto elettrico e la pulizia lascia molto a desiderare. Bisognerebbe altresì accelerare la velocità dei treni ed aumentare il numero delle corse.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno provvedere con apposita norma alla sistemazione in ruolo degli insegnanti delle scuole elementari che nei precedenti concorsi hanno conseguito la idoneità. La maggior parte di essi non riuscirono vincitori, non avendo titoli rivelatori di meriti fascisti. Sembra che in tali sensi si sia già provveduto per le insegnanti di Roma.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere quali provvedimenti intende adottare per por fine ai continui deplorevoli incidenti che si verificano in Trani contro la sede della sezione di un partito democratico, incidenti provocati da elementi stranieri, e se non creda opportuno che simili indesiderabili individui vengano allontanati dalla città di Trani.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere in base a quale legge il maresciallo dei carabinieri di Lesina, istigato dai commercianti del posto, ha sequestrato i registri alla cooperativa pescatori locale, inceppandone il suo funzionamento.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se le dichiarazioni, attribuitegli dalla stampa e non smentite, fatte presso la Camera di commercio di Milano, e secondo le quali il Governo non si propone di incoraggiare l’afflusso in Italia di prestiti dall’estero, rispondono a una particolare direttiva del Ministero del tesoro o, invece, esprimono la politica solidale del Governo in tale materia. E se egli può meglio e più dettagliatamente illustrare alla Costituente i fini, i metodi e i limiti di cosifatta politica.

«Lombardi Riccardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non gli risulti che numerose banche, e fra di esse anche banche di diritto pubblico (sulle quali perciò dovrebbe esercitarsi in maniera particolare il controllo dello Stato) si prestano volonterosamente a creare fittizi conti debitori a favore di clienti abbienti, i quali ultimi in tal maniera si provvedono di titoli di debito apparenti in previsione dell’imposta sul patrimonio; e se non pensi che, nella situazione particolarmente seria in cui versano le finanze dello Stato, sia il caso di farsi iniziatore in tale materia di provvedimenti adeguati.

«Lombardi Riccardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per conoscere se consti ad essi che nelle ultime settimane il senatore di nomina fascista Vittorio Cini aveva avviato trattative per la vendita del suo pacchetto azionario della Società anonima cotonificio veneziano di Venezia alla Società Snia Viscosa, vendita alla quale avrebbero partecipato anche gli altri due possessori, insieme al Cini, della totalità del pacchetto azionario, cioè il senatore Achille Gaggia e il conte Volpi. E se consti altresì ad essi che tale proposito avrebbe incontrato l’opposizione dei dirigenti del Cotonificio, appunto perché, nelle condizioni eccezionalmente floride dell’industria in parola, esso tradiva il proposito di disporre di capitali liquidi facilmente esportabili; opposizione che si sarebbe tradotta nella proposta di consentire l’operazione a patto che una forte quota dell’incasso, di lire cioè 500 milioni (su di un valore totale presunto di 3-5 miliardi di lire), fosse donata al personale dell’azienda.

«Per conoscere, infine, se gli onorevoli Ministri interrogati non si propongano di iniziare un’inchiesta su tali fatti e di provvedere in conseguenza, considerando il lato particolarmente odioso dei fatti stessi – se confermati – alla vigilia delle sottoscrizioni per il Prestito nazionale della ricostruzione e dell’imposta straordinaria sul patrimonio.

«Lombardi Riccardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non creda indispensabile ed urgente integrare l’organico dei Magistrati della Pretura unificata di Palermo, attesa l’estensione della competenza nel campo civile e penale, che ha reso ancor più inadeguato il numero dei Magistrati che in atto vi prestano servizio. Invero l’organico è costituito da tre primi pretori, da 12 pretori o pretori aggiunti e da 7 uditori vice pretori. In tutto 22 Magistrati. Attualmente si hanno 3 primi pretori, dei quali uno sta per trasferirsi alla Procura della Repubblica, giusta decreto in corso di registrazione.

«Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere il suo pensiero ed i provvedimenti che intende adottare per l’atto arbitrario del presidente del Tribunale di Bari che, ignorando il decreto prefettizio che ordinava l’occupazione di terre incolte nell’agro di Bitonto, ha, per due anni consecutivi, disposto il sequestro preventivo dei frutti di dette terre, spogliando i contadini del frutto del loro lavoro.

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, sulle cause del mancato rimpatrio dei prigionieri in Jugoslavia, che sono in gran parte siciliani; mancato rimpatrio che, anche in base alle dichiarazioni ufficiali, è da attribuirsi a gravissima colpa del Capo del Governo che non può essere sanata da una insincera e compiacente deliberazione del Consiglio dei Ministri, solo diretta ad evitare la crisi.

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere:

1°) se non ritenga necessario istituire in Sardegna un ente per la irrigazione e trasformazione fondiaria, analogamente a quanto per le Puglie e la Lucania, dato che nell’Isola si presentano condizioni di fatto che determinano l’urgenza del provvedimento per ragioni economiche, sociali ed igieniche; che la regolamentazione e lo sfruttamento delle risorse idriche è fattore indispensabile per la rinascita dell’agricoltura, certamente più arretrata di quelle regioni, e che la riuscita della intrapresa è dimostrata da qualcuna già in passato attuata;

2°) se, conseguentemente, non ritenga di dovere estendere alla Sardegna analogo disegno di legge con analoghe provvidenze, tra cui lo stanziamento di mezzo miliardo di lire quale fondo patrimoniale di avviamento dell’ente, un contributo dello Stato non inferiore a 10 milioni per studi e ricerche sperimentali nel campo della irrigazione e della bonifica, l’autorizzazione a Istituti di credito soggetti a vigilanza governativa a concedere mutui che saranno garantiti dallo Stato per l’ammontare di due miliardi, e contributi dello Stato fino al 92 per cento della spesa per le opere di competenza statale (bacini, derivazioni, canalizzazioni, strade di bonifica principali) e fino al 50 per cento per le opere di competenza privata, aumentabile al 60 per cento per le piccole aziende quando le opere presentino carattere di notevole gravosità.

«Murgia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga necessario che il Governo provveda d’urgenza al saldo dei salari di 596 operai fornaciai della provincia di Udine emigrati l’estate scorsa, regolarmente ingaggiati dalla Bauwirtschaftstelle di Graz, ed ormai rimpatriati per fine stagione, in attesa che siano definite le pratiche di trasferimento in Italia dei loro risparmi, previsto con equivalente quantità di merci da importarsi, contratto che non ha avuto piena soluzione per divergenze burocratiche dei vari Ministeri interessati.

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere per quale motivo non è stato ancora emanato il predisposto decreto legislativo col quale la Sezione provvisoria della Corte d’appello di Messina, sedente in Reggio Calabria, «viene definitivamente trasformata in sezione autonoma ed aggregata alla Corte d’appello di Catanzaro», mentre tutta la cittadinanza del distretto giudiziario di Reggio Calabria tiene come inviolabile l’impegno che l’onorevole Ministro della giustizia ha esplicitamente assunto, anche con l’annuncio ufficiale dato nella risposta ad altra interrogazione sul medesimo oggetto presentata dall’interrogante.

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga equo ed opportuno far revocare d’urgenza il provvedimento per il quale i «diurnisti» alle dipendenze del suo Dicastero, che col 30 giugno 1946 hanno raggiunto i 65 anni di età, devono essere licenziati. Trattasi, nella specie, di benemeriti ufficiali superiori dell’Esercito, che in ancora valida e piena efficienza fisica si sono acconciati ai lavori più modesti per arrotondare la misera pensione, che si aggira per i colonnelli sulle lire 6000 mensili. Il provvedimento di licenziamento non consente alcuna economia nelle spese dello Stato, perché l’altro personale che deve sostituire quello che si licenzia, apporta oneri di gran lunga superiori; non soddisfa alle esigenze di servizio, perché il personale da licenziare è tecnicamente il meglio attrezzato ed è il più competente ed idoneo per smaltire, nel minor tempo possibile, l’enorme arretrato che riguarda specialmente interessi dei combattenti, reduci e partigiani; non soddisfa alle aspirazioni di giustizia, perché, mentre si licenzia il benemerito predetto personale, si è deciso di trattenere in servizio, per eque considerazioni, il personale di uffici soppressi, nonché quello licenziato per «scarso rendimento»; è infine contrario a ragioni di umanità, perché viene a privare di un modesto assegno integrativo una benemerita categoria di ufficiali che non può, specie nella stagione invernale, sopperire ai più essenziali bisogni dell’esistenza.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non creda di prendere in considerazione la richiesta dei diplomati dagli Istituti tecnici agrari che, per proseguire negli studi universitari, desiderano la parificazione del corso di studi fatti presso detti Istituti, con quelli dei licei classici o scientifici. L’iscrizione con dispensa da esami integrativi per l’anno accademico in corso, per i diplomati dagli Istituti tecnici agrari del Veneto, alla Facoltà di agraria recentemente istituita presso l’Università di Padova, consentirebbe a moltissimi giovani di perfezionarsi in un ramo tanto importante per il maggiore e migliore sviluppo dell’agricoltura. Tale agevolazione, mentre lascia immutate sostanzialmente le linee fondamentali sulla pubblica istruzione, è intesa a dare un più giusto riconoscimento agli Istituti tecnici agrari del Veneto ed in modo particolare a quello di Conegliano, rinomato in Italia ed all’estero, anche per la costante affluenza di studenti stranieri.

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga necessario, ed anzi doveroso, preoccuparsi della situazione in cui versano già da troppo tempo le molte centinaia dei civili e dei loro congiunti, rimasti vittime di investimenti da parte di automezzi tedeschi (prima della liberazione), polacchi ed alleati, i quali debbono mendicare le cure mediche, le protesi e, peggio ancora, i mezzi necessari alla vita, precisando su chi debba ricadere la responsabilità di tali ingenti danni. E se, nell’ipotesi che il Governo italiano debba far fronte anche a tali oneri, non ritenga equo ed urgente di semplificare e di accelerare la procedura di detti danni, adottando in proposito le norme portate dai Codici vigenti, e specie per i casi in cui le responsabilità sono già evidenti e dimostrabili tali, salvo ad ammettere al beneficio della pensione di guerra gli altri, in cui, per ovvie circostanze di tempo, di tali responsabilità non sia possibile dare che una prova indiretta.

«Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intende prendere per accertare, a mezzo di una severa inchiesta, le frodi, i furti e gli atti illeciti di mole rilevante commessi, sotto il passato regime e nel periodo successivo, dal sovraintendente Aurelio Nicolodi e dal Consiglio d’amministrazione dell’Istituto nazionale dei ciechi «Vittorio Emanuele II», con sede a Firenze, via Antonio Cocchi n. 2, in danno del detto Istituto. Se non ritiene sia assolutamente indispensabile revocare con la massima urgenza dalla sua carica l’attuale Commissario governativo di questo Istituto, dottor Camillo Quercia (che già capo divisione della Divisione ciechi e sordomuti esercitava il potere tutorio e quindi esaminava gli atti dei Consigli di amministrazione e li approvava, senza di che non potevano avere valore esecutivo) dovendosi considerare il dottor Quercia complice delle lamentate frodi, furti ed atti illeciti di cui sopra. Se non ritenga opportuno impedire ogni e qualsiasi ulteriore ingerenza del dottor Quercia nei rapporti che intercorrono tra il Ministero della pubblica istruzione e le istituzioni pro-ciechi.

«Maltagliati».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se sia vera la notizia pubblicata da alcuni giornali che il Governo della nuova Italia democratica tolleri la costituzione, presso la Direzione generale della Polizia, del S.I.S. (Servizio informazioni speciali), che avrebbe preso in tutto e per tutto l’eredità della famigerata O.V.R.A., con compito tra l’altro di segnalare per eventuali provvedimenti tutti coloro che nel passato e nel presente, con atti o con parole, abbiano manifestato il proprio attaccamento alla Monarchia e con speciale sorveglianza sull’operato dei carabinieri.

«Bellavista».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali urgenti provvedimenti intende adottare per impedire che sui giornali quotidiani vengano segnalate le virtù di ipotetici rimedi contro le malattie in generale e la tubercolosi in particolare, rimedi che accendono speranze ed illusioni negli infermi, cui corrisponde profonda amarezza ad ogni prevedibile insuccesso terapeutico; e se non sia consigliabile – come saggiamente hanno proposto i medici del primo Convegno scientifico dell’Associazione regionale Lazio-Umbria contro la tubercolosi, tenuto a Roma il 28-29 ottobre 1946 – un provvedimento ministeriale che faccia obbligo ai giornali politici, d’informazioni e di varietà, di pubblicare soltanto quegli articoli di medicina e di terapia che siano stati sottoposti all’esame ed alla regolare autorizzazione dell’Ordine dei medici della provincia in cui il giornale si stampa.

«D’Amico, Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se corrispondono a verità le notizie date dalla stampa quotidiana, secondo le quali la polizia, per indurre la presunta autrice di un grave reato di sangue a confessare il suo delitto, l’avrebbe sottoposta a interrogatori estenuanti, continuati ininterrottamente notte e giorno per più di ottanta ore, accompagnati da impiego di luci accecanti e di voci suggestive, tali da ridurla in condizioni di sfinimento psichico e quindi di assoluta passività di fronte ai funzionari inquirenti; e se, qualora tali notizie abbondantemente diffuse dalla stampa corrispondano a verità, non creda che l’impiego di tali metodi, i quali, nonostante la parvenza scientifica di cui si ammantano, non sono che forme tecnicamente ammodernate di tortura giudiziaria, sia in contrasto, oltreché all’antico riconoscimento della inutilità della tortura come preteso mezzo di scoprire la verità, coi principî fondamentali di umanità ai quali deve ispirarsi il processo di un paese civile, e specialmente col principio secondo il quale l’imputato è sacro ed ha diritto di essere interrogato e di difendersi in condizioni di libertà e di tranquillità psichica, che lascino intera in lui la consapevolezza delle proprie risposte e il senso della propria responsabilità.

«Calamandrei».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della guerra e dell’assistenza post-bellica, per sapere, in relazione con l’immane tragedia avvenuta a Cefalonia negli infausti giorni del settembre 1943, in cui perirono oltre 5000 soldati e 500 ufficiali italiani e i superstiti furono deportati in Germania, dove trovarono quasi tutti una lenta morte, tragedia causata da insipienza e incoscienza di capi lontani e da spietata ferocia dei barbari tedeschi nazisti, e prescindendo dalla questione delle responsabilità alte e basse, quali provvedimenti siano stati adottati e si trovino allo studio per onorare degnamente le vittime e dare alle loro famiglie quel conforto morale e materiale che è anche una doverosa riparazione.

«Bernamonti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e del tesoro, sui motivi per i quali non sono stati finora concessi ai beneficiari di enti ecclesiastici congruati gli aumenti dei quali di recente hanno goduto gli impiegati dello Stato. In favore del richiesto nuovo miglioramento economico sta il precedente che fino al 1945 (decreto legislativo luogotenenziale 22 marzo 1945, n. 213) ad ogni maggiorazione di assegni concessa agli impiegati dello Stato è subito seguita una ulteriore integrazione di assegni in favore del clero congruato, pur riconoscendo che la posizione giuridica delle due categorie sia differente. L’interrogante chiede se non sia il caso di prendere in considerazione, più che gli invocati aumenti, la cifra stessa che ne costituisce la base, elevandola adeguatamente all’attuale valore della moneta, in conformità a quanto stabilito nell’articolo 30 del Concordato, specialmente per i benefici congruati che sono stati eretti, negli ultimi venti anni, con dotazione costituita da titoli di rendita pubblica. Ciò perché, anche dopo la eventuale concessione degli aumenti, i beneficiari verrebbero a percepire una somma talmente esigua, data l’odierna svalutazione della lira, da ritenersi insufficiente per il loro mantenimento e per le necessarie spese di culto. L’interrogante fa inoltre notare che codesti provvedimenti rivestono il carattere di urgenza, dato che il fattore economico incide profondamente in quella esterna dignità di cui deve godere il clero nello svolgimento della sua missione spirituale, per la rinascita morale del popolo.

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se, oltre che in omaggio alla serietà e al buon senso del popolo italiano, per evidenti ragioni culturali, non ritengano opportuno che una legge sancisca l’assoluto divieto di cambiare i nomi a strade, piazze e altri luoghi o edifici pubblici; e, laddove sostituzioni siano state già fatte, imponga il ritorno ai nomi originari o a quelli che un lungo uso e l’adesione della coscienza popolare consigli di ritenere definitivi.

«Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se intenda, in vista dell’agitazione in atto del personale non di ruolo degli uffici del Genio civile, provvedere alla sistemazione in ruolo del personale avventizio che ha già dato prova di idoneità, riconoscendo in tale sistemazione tutto il periodo prestato nell’Amministrazione dello Stato, sia agli effetti della pensione che a quelli del grado e ciò in considerazione dell’ininterrotto servizio prestato da circa venti anni negli uffici del Genio civile da ingegneri, geometri, assistenti e personale di ordine ed amministrativo. Tale sistemazione, oltre ad essere il riconoscimento delle benemerenze di una classe di impiegati che si è sacrificata sempre in pro dell’Amministrazione, rendesi necessaria a causa della scarsità numerica del personale di ruolo e degli immani compiti che l’Amministrazione dei lavori pubblici è chiamata a risolvere ed è tanto più urgente quando si consideri che gli avventizi squadristi vennero tutti sistemati come impiegati di ruolo e, dopo il fallimento dell’epurazione e le larghe amnistie, continuano ad ottenere gli scatti periodici ed il passaggio nei gradi superiori.

«Pignatari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e foreste, per conoscere le ragioni che hanno determinato il legislatore, nel recente decreto legislativo sulla assegnazione delle terre incolte ai contadini, a non fissare il criterio da seguire per i terreni alberati. L’interrogante (ad evitare divergenze d’interpretazione, che si sono già verificate) segnala l’opportunità di integrare il testo del decreto con una norma interpretativa, diretta a stabilire che, in caso di terreni alberati, si deve avere riguardo allo stato tecnico-colturale dell’albero, più che a quello del terreno sottostante.

«Gabrieli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali ragioni lo hanno indotto ad accogliere per la soluzione del problema idrico della città di Caltagirone il progetto della captazione delle acque del bacino Bellia, che danneggerà notevolmente l’agricoltura nel comune di Piazza Armerina, rinunziando alla utilizzazione della sorgente Masciona più ricca di acque e più vicina all’abitato di Caltagirone; e per conoscere se, in vista della legittima agitazione degli abitanti e dell’Amministrazione comunale di Piazza Armerina, non ritiene opportuno riesaminare la questione con criteri di equità e di giustizia.

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non ritenga opportuno accogliere il voto formulato dall’Associazione inquilini dell’istituto nazionale case economiche e popolari di Messina:

  1. a) perché sia revocato il disposto dell’articolo 2 del regio decreto-legge 21 agosto 1940, n. 1289, col quale venne annullato il beneficio già concesso ai messinesi disastrati dal terremoto del 1908 di acquistare a scomputo gli appartamenti ad essi assegnati;
  2. b) perché sia ammesso nel Consiglio di amministrazione un rappresentante della suddetta Associazione.

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere:

  1. a) se ritiene conciliabile col prestigio e con la sicurezza dello Stato il fatto che una circolare segreta, inviata dal Direttore generale della pubblica sicurezza ai Questori, sia stata comunicata ad una organizzazione politica e da questa pubblicata nei propri organi di stampa;
  2. b) se è stata disposta una inchiesta per identificare i funzionari infedeli che, tradendo delittuosamente i doveri dell’ufficio, hanno dimostrato di essere al servizio di un partito politico, anziché della pubblica Amministrazione.

«Cortese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della marina mercantile, per sapere se intenda mantenere la revoca della concessione del tratto di arenile sul quale, fin dal 1938, fu costruito il campo di tiro a volo di Messina; revoca fatta a favore di un privato per proprio esclusivo interesse e con il pretesto d’impiego di manodopera, mentre è noto che esistono a Messina cantieri che difettano di lavoro. La revoca della concessione ha provocato le unanime disapprovazioni e deplorazioni della cittadinanza messinese per il danno che ne deriva alla Fiera permanente delle attività siciliane e ad uno sport tradizionale che ha costituito un vanto dell’Isola.

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere i motivi per cui gli insegnanti di religione nelle scuole di Stato non vengono considerati capi famiglia agli effetti della corresponsione del premio della Repubblica, mentre tali vengono considerati agli effetti anagrafici ed economici quando, specialmente se parroci, hanno genitori e familiari a carico.

«Monticelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se, dopo la revoca delle autorizzazioni all’esercizio delle case da giuoco di Livorno e di Montecatini, non ritenga necessario impedire che il giuoco d’azzardo prosegua camuffato sotto l’insegna di circoli di pseudo partigiani e reduci, senza alcuna modalità e garanzia, dando luogo a losche speculazioni e sottraendo allo Stato e agli altri Enti di assistenza ingenti entrate.

«Monticelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se sia esatto che, nell’assegnazione alla provincia di Verona di ulteriori 100 milioni per case popolari, sia stata posta la disposizione che venissero distribuiti ai comuni dall’Istituto autonomo provinciale delle case popolari in collaborazione con un deputato; se sia esatto che ciò sia stato eseguito sulla base delle proposte di detto deputato con criteri di parte, esclusivamente a favore di comuni retti da amministrazioni socialcomuniste, con esclusione di altri ben maggiormente provati dalla guerra; se non ritenga ingiusto che il danaro dello Stato, di tutti ì cittadini, venga per tal guisa erogato senza seguire criteri di giustizia e di rigida imparzialità e che le provvidenze di alta finalità sociale di venir incontro al bisogno dei senza tetto diventino strumento di corruttela politica e rendano possibili fenomeni di balcanizzazione di provincie finora esempio di correttezza amministrativa; se pertanto non ritenga necessario ed urgente:

1°) di dover sottoporre a riesame da parte di organi tecnici e di una commissione provinciale, nella quale siano rappresentate tutte le amministrazioni comunali e tutte le forze politiche, le assegnazioni per case popolari e in special modo quelle summenzionate;

2°) di dare incarico a detta commissione di stabilire una graduatoria delle opere pubbliche da eseguire, per la ricostruzione e per ovviare alla disoccupazione, al fine di evitare ogni improvvisazione, ogni arbitrio, ogni favoreggiamento e di seguire esclusivamente criteri oggettivi di giustizia, di bisogno, di utilità sociale.

«Uberti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere se, in vista del fatto che le trattative preliminari per la pace con la Germania sembrano già iniziate dai rappresentanti delle Nazioni vincitrici, si sia fatto, e in che forma, quanto era necessario per l’ammissione dei nostri rappresentanti alle dette trattative, com’e buon diritto dell’Italia in vista della cobelligeranza ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni unite.

«Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere perché, mentre a Roma ed in altre grandi città italiane la distribuzione dei generi alimentari avviene regolarmente, ciò non avviene per la città di Napoli. Chiede altresì perché, mentre si è firmato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto della perequazione del carovita agli impiegati statali nei comuni viciniori in continuità di grandi città del nord di Italia, questo non sia stato fatto per i comuni vesuviani nelle stesse condizioni dei comuni suddetti.

«Mazza».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, come da tante parti si invoca, sarà soppresso per l’imminente raccolto l’ammasso dell’olio di oliva, bardatura che non può assolutamente funzionare e che la costante esperienza ha irrefragabilmente dimostrato dannosa tanto ai consumatori quanto ai produttori, e ora, stante la buona annata, non può suffragarsi con nessuna ragione anzi appare contraria al buon senso. Si fa inoltre notare che segnatamente in Liguria, ove per la conformazione del terreno l’olivicoltura è costosissima e per le vicende atmosferiche e per il dacus oleae la rarità delle annate buone è proverbiale, i produttori (in grandissima maggioranza piccoli proprietari coltivatori, ai quali l’ammasso ha corrisposto un prezzo inferiore a quello che poi ha imposto ai consumatori) hanno abbandonato la terra che non rimunera le loro fatiche e non compensa nemmeno la spesa dei concimi. Questo male, rovinoso per l’economia nazionale, andrà aggravandosi se l’Autorità non abbandonerà il pernicioso sistema fin qui seguito. Se pertanto, contro ragione, l’ammasso fosse mantenuto, il prezzo corrisposto ai produttori sia almeno tale da non costringerli ad abbandonare la terra. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Canepa, Viale, Pera, Rossi Paolo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’aeronautica, della guerra, e della marina militare, per sapere se non intendano rimediare ad una evidente omissione incorsa nel decreto 384 del 14 maggio 1946 (cosiddetto dello: sfollamento).

«Secondo l’articolo 11 di tale decreto, com’è noto, possono fruire del trattamento economico stabilito dall’articolo 5 del decreto stesso gli ufficiali che già furono collocati nella riserva o in ausiliaria per limiti d’età entro determinate date.

«Senonché taluni di tali ufficiali hanno nel frattempo ottenuto il riconoscimento di una mutilazione o infermità prodotta od aggravata da causa di servizio di volo o di guerra, e sono stati collocati a riposo con diritto a pensione di guerra; essi, secondo gli uffici competenti, hanno così perduto il diritto a fruire dei vantaggi previsti dal decreto 384 sopra citato.

«Ma i loro emolumenti, in totale (cioè pensione di guerra compresa) risultano, almeno per alcuni anni, inferiori, e in molti casi notevolmente inferiori, a quelli che avrebbero percepito se non fossero stati collocati a riposo.

«Siccome aver subito una mutilazione od infermità per causa di servizio di volo o di guerra non costituisce un demerito ma una benemerenza, e siccome la pensione di guerra costituisce un parziale risarcimento del danno che sul mutilato od invalido continua a gravare anche nella vita civile, si ritiene equo che tutti gli ufficiali i quali si trovino nelle suddette condizioni fruiscano del trattamento concesso dall’articolo 5 sopra citato, ed inoltre che tale trattamento sia cumulabile con la pensione di guerra.

«Se la questione non possa risolversi, come sembra, in sede di interpretazione del decreto 384, converrà provvedere, con la sollecitudine richiesta dai motivi di giustizia, ad una rettifica della omissione incorsa.

«Nobile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se sia vera la notizia secondo la quale il Prefetto di Padova si sarebbe permesso di chiamare il distributore del giornale satirico «Don Basilio» e di diffidarlo a metterlo in distribuzione senza la preventiva autorizzazione della Prefettura di Padova. E per conoscere, in caso affermativo, in base a quali leggi il Prefetto si sia permesso di prendere una iniziativa che annulla praticamente la libertà di stampa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tonello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere se non sia loro noto che il settimanale Il Merlo giallo sin dalle sue origini va svolgendo una sfacciata e impudente propaganda neofascista contro i poteri dello Stato e contro la stessa Repubblica. Nel numero 25 del 17 settembre 1946 sotto il titolo «L’errore di Mussolini» è pubblicato un articolo che è una evidente esaltazione del fascismo e di Mussolini, al quale solo si rimprovera l’errore «di aver incominciato una rivoluzione senza portarla sino in fondo». Inoltre, nel mentre si giustifica e si approva l’intesa colla Germania nazista e la politica dell’Asse, si esasperano ancora di più i motivi di dissenso e di urto colla Francia e coll’Inghilterra, e ciò nel momento nel quale l’Italia ha bisogno della comprensione degli Alleati per mitigare le già dure condizioni di pace, suscitando all’estero l’impressione che in Italia vengono tollerate correnti di idee che contengono nostalgici richiami al passato regime. Ancora, nello stesso articolo, l’eroica lotta sostenuta al di qua e al di là delle Alpi dai nostri figli migliori contro i nazi-fascisti viene definita come «casi di tradimento, di ignavia, di defezione» e i nostri partigiani sono diventati «i traditori che spuntano quando ci sono occasioni di tradimento». Infine con un’impudenza che sfida l’inesplicabile e strana tolleranza delle Autorità della Repubblica, lo stesso articolo contiene un chiaro invito ad «elaborare una nuova forma di politica, che dia una fisionomia precisa e una funzione determinata… a queste esigenze e a queste idee che mai come adesso sono state così vive ed attuali» facendo appello a tutti «gli ex fascisti che spendono talvolta tanto ingegno in una sterile, se pur brillante opera polemica (?)… insieme a tutti gli uomini di buona volontà». (Dall’articolo: L’errore di Mussolini, a commento del quale la redazione del giornale dichiara: «Noi condividiamo le opinioni del nostro C.P. per quel che riguarda la critica del fascismo di Mussolini e siamo d’accordo con lui nelle conclusioni alle quali arriva). L’interrogante chiede al Ministro dell’interno di preoccuparsi delle reazioni che simili libelli possono avere su tanta parte del popolo italiano, che ancora oggi sconta duramente i delitti del fascismo e del suo fondatore, e di esercitare un più accurato controllo sulla stampa per impedire che in avvenire si ripetano tali pubbliche provocazioni che sono di danno evidente alla tranquillità della Repubblica. Chiede, anche, al Ministro dell’interno di ordinare l’immediata revoca della concessione di pubblicazione del giornale Il Merlo giallo e di provocare immediati provvedimenti di polizia nei confronti del suo direttore. Chiede, poi, al Ministro di grazia e giustizia di fargli conoscere se il Procuratore della Repubblica ha, con riferimento all’articolo dianzi citato, promosso un’azione penale contro il direttore del suddetto giornale e, in caso negativo, che il Procuratore della Repubblica dia motivata giustificazione del mancato provvedimento. Chiede in ogni caso al Ministro di grazia e giustizia di deferire all’Autorità giudiziaria per il relativo procedimento penale il direttore del giornale Il Merlo giallo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bernardi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica e della guerra, per sapere:

1°) se conoscono e approvano le misure della Presidenza dell’O.N.I.G. dirette alla revoca delle disposizioni del cessato Commissario per l’Italia del nord a favore dei partigiani e reduci invalidi della guerra di liberazione, che erano stati ammessi – con evidente semplificazione ed unificazione dei servizi – all’assistenza dell’Opera, mentre ora debbono, con grave danno e disguido, richiedere assistenza ad uffici diversi dipendenti da diversi Ministeri;

2°) se non ritengono doveroso ed urgente fornire all’O.N.I.G. i mezzi indispensabili perché l’assistenza protetica e sanitaria possa svolgersi con maggiore compiutezza e rapidità;

3°) se non ascrivano fra i compiti essenziali dell’O.N.I.G. l’espletamento sollecito delle pratiche per la liquidazione delle pensioni privilegiate ai partigiani e reduci ed alle famiglie dei Caduti ed in quale modo pensino di organizzare codesto servizio, sottraendo alla miseria coloro che, sacrificandosi, hanno bene meritato della Patria e della libertà, e le loro famiglie;

4°) se non si propongono di disporre la cessazione degli effetti iniqui e deleteri per il servizio, di una deliberazione 27 luglio 1946 della Presidenza dell’O.N.I.G., che annulla tutte le promozioni e sistemazioni in ruolo di dipendenti, disposte dal Commissario per il Nord in applicazione delle disposizioni alleate e del proclama 31 dicembre 1945 del Presidente del Consiglio dei Ministri;

5°) se trovino conforme alla legge ed alla moralità lo zelo della Presidenza dell’O.N.I.G. nel pagamento di tutti gli arretrati ad amnistiati già condannati per violenza, faziosità o corruzione, nel momento stesso in cui si lesinano le somme necessarie all’assistenza ai combattenti della libertà invalidi e mutilati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vigorelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e foreste, per sapere quali provvedimenti si intendono prendere per soddisfare le esigenze esistenti nella provincia di Mantova circa la controversia fra gli affittuali ed i proprietari con i beni affittati, dato:

1°) che lo stato continuo di disaccordo esistente fra gli affittuali e i proprietari con beni affittati, provocati dal fatto che i canoni di affitto sono troppo elevati, esige una concessione di percentuale di riduzione sul valore dei profitti che servono come pagamento del canone di affitto;

2°) che il Governo, con decreto del Ministro Gullo (1945), convertito in legge con decreto legislativo n. 44 del 22 giugno 1946, ha stabilito un premio di maggioranza sul costo di produzione a favore dell’affittuale sui prodotti del grano, granone, risone per l’annata 1944-45, un premio sul grano per l’annata agraria 1945-46;

3°) che sugli altri prodotti esiste lo stesso maggiorato costo di produzione e che nella detta provincia vi sono canoni di affitto con una media di quintali 12 di latte, quintali 3 di grano e quintali 3 di granone e di uva per ogni ettaro. Si fa presente all’uopo, l’opportunità di una concessione analoga fatta per il grano, granone e risone per le annate 1944-45 e 1945-46, anche per i prodotti di latte, uva, canapa, riso per l’annata in corso. Questa concessione risolverebbe i disaccordi esistenti fra le parti succitate e nello stesso tempo allevierebbe la disoccupazione delle campagne, permettendo l’esecuzione di lavori di miglioramento fondi, ad esclusivo vantaggio della produzione agricola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bianchi Bruno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle finanze, per sapere se: dato che lungo tutto il corso del fiume Po, che scorre attraverso la provincia di Mantova, vi sono numerose isole del Demanio, coltivate a pioppeto e date in concessione a piccoli canoni di affitto a dei privati, i quali le sfruttano a loro solo esclusivo vantaggio, realizzando lauti profitti; e dato che i comuni limitrofi a questo tratto del fiume Po si trovano a dover provvedere al rinsanguamento delle loro finanze, è possibile che queste isole siano concesse ai-comuni, con lo stesso canone col quale erano concesse ai privati, o che siano date a delle Cooperative di lavoro, che già esistono, in efficienza, nella zona. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bianchi Bruno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti ritenga opportuno adottare per dare una definitiva sistemazione a quei dipendenti comunali che in virtù della legge 1° settembre 1940, n. 1488, furono chiamati a coprire il posto di segretario comunale in sostituzione di richiamati alle armi o nelle segreterie vacanti. Moltissimi di questi benemeriti si sono particolarmente distinti durante il passaggio del fronte, dando prova di disciplina e di attaccamento al dovere, nonché di essere ottimi funzionari. Si impone un provvedimento, a simiglianza di quello adottato durante la guerra 1915-18, previsto dal decreto-legge 2 ottobre 1919, n. 1858, che prorogava la validità delle patenti provvisorie e stabiliva le norme per la conversione delle patenti in definitive offrendo la possibilità di presentarsi ad una sessione straordinaria di esami. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Landi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere se sia vero che l’Istituto ricostruzione industriale (I.R.I.) che oggi possiede il pacchetto azionario delle Terme di Agnano (Napoli) anziché procedere, come sarebbe da attendersi dopo nove mesi dalla derequisizione americana, alla loro riattivazione, abbia deciso, invece, di vendere una quota parte del terreno di proprietà della Società medesima a privati, e ciò allo scopo di realizzare, oltre che il rimborso del proprio capitale azionario, anche un sopraprezzo di pura speculazione. Sicché l’I.R.I., cui è devoluto il compito di attuare o sorreggere iniziative di produzione, diverrebbe – per il caso delle Terme di Agnano – il liquidatore di una ingente ricchezza idrotermale cui annualmente attingevano rimedio e salute circa 100.000 infermi cronici, ed attività di lavoro molti sanitari e personale vario e specializzato. L’interrogante chiede l’assicurazione che il Governo vorrà intervenire energicamente, evitando così alla già disagiata città di Napoli la perdita di una fonte di produzione ed in pari tempo di vicino e comodo luogo di cura per le popolazioni meridionali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere come il Governo intenda sistemare il nuovo organico «cosiddetto di pace» dei vigili del fuoco, sistemazione che, a quanto risulta, porterebbe alla eliminazione dai quadri di moltissimi militi diligenti e fedeli, che hanno contribuito, in anni eccezionalmente gravi per il Paese, alla tutela dei cittadini e degli averi, esposti ai rischi degli incendi ed ai pericoli della guerra; e se non sia consigliabile, invece, non procedere ad alcuna riduzione di personale in vista di un ampliamento del servizio antincendio che si potrebbe istituire, con un sano criterio di decentramento, in molti centri periferici (ad esempio ex capoluoghi di circondario), i quali attualmente, in caso di sinistro, sono destinati a soggiacere per lo più alla irruenza ed alla fatalità del fuoco, che viene domato con personale volontario e con mezzi di fortuna dopo ore ed ore di improvvisato, stentato e faticoso lavoro, con un danno incalcolabile per l’economia locale e nazionale. L’interrogante richiama l’attenzione del Governo sull’importanza del servizio antincendio e sulle benemerenze del personale che, in molte occasioni, ha svolto il suo compito persino con eroismo e sacrificio della vita, invitandolo ad attuare un piano più vasto di difesa dei cittadini e delle cose contro gli incendi e gli altri eventi improvvisi ed imprevisti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere perché il professore Anesi Umberto sia tuttora incaricato interinalmente della presidenza della scuola media di Stato di Trento, con grave danno del prestigio di una categoria di impiegati che nel Trentino hanno sempre opposto al fascismo tenace opposizione. Il professore Anesi fu fervente fascista, tenente della GIL, conferenziere e istruttore appassionato degli avanguardisti. Altri insegnanti, non compromessi col passato regime, potrebbero tenere interinalmente l’incarico che, conferito al professore Anesi per le sue doti di fascista dalle autorità tedesche di occupazione, gli venne stranamente confermato anche successivamente dalle autorità scolastiche della Repubblica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bernardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non sia il caso che il Governo intervenga presso la Direzione generale della Banca d’Italia per evitare nuove e gravose spese causate dal trasferimento a Roma dei macchinari esistenti presso l’officina carte e valori de L’Aquila e dalla necessaria costruzione di nuovi padiglioni per il collocamento delle macchine stesse, mentre a L’Aquila l’officina potrebbe funzionare riparando gli stabili già esistenti. Le spese per le riparazioni degli stabili e delle macchine «Lambert» esistenti a L’Aquila sarebbero state di molto inferiori a quelle enormi sostenute per la fabbricazione dei nuovi biglietti presso la «Staderini», che ora sembra sia stata chiusa per gravi manchevolezze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se, ai fini di un graduale sfollamento del personale presso le Amministrazioni dello Stato e la conseguente sistemazione dei reduci, non sia il caso di provvedere:

l°) al licenziamento di tutto il personale collocato a riposo e riassunto come avventizio, cottimista o comunque denominato che, specie presso il Ministero, ha trovato sistemazioni comodissime e molto rimunerative, determinando un certo disagio fra funzionari in servizio, che avrebbero maggior titolo a percepire detti assegni speciali;

2°) a concedere facilitazioni per il collocamento a riposo volontario dei funzionari di ruolo che hanno raggiunto il minimo di pensione o siano vicini ai limiti prescritti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei trasporti e dei lavori pubblici, per conoscere se non ritengano necessario, per lenire la disoccupazione della zona e per riparare ai danni causati dalla guerra e dall’aumentato traffico, che oggi si svolge nella strada nazionale n. 82 (circa 400 automezzi giornalmente passano nei due sensi del percorso):

1°) dare subito il via ai lavori di riparazione del tratto di ferrovia Avezzano-Sora. Si toglierebbero così dall’isolamento molti paesi e si creerebbero più facile smaltimento e più utile sbocco non solo alle merci in arrivo nel porto di Napoli, ma anche alla grande produzione orto-frutticola del Napoletano;

2°) di completare la sistemazione della strada nazionale n. 82, bituminandola dai Piani Palentini a Sora, tenendo presente con particolare carattere d’urgenza dettata da necessità igieniche, gli attraversamenti degli abitati di Balsorano, S. Restituta, Pero dei Santi, Civitella Roveto e Capistrello. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e delle poste e telecomunicazioni, per conoscere se non ritengano opportuno, di comune accordo, prendere solleciti provvedimenti perché venga ordinato alle ditte concessionarie UNES e TIMO e col concorso dello Stato – se necessario – il ripristino delle linee telefoniche e degli allacciamenti di energia elettrica in molte zone dell’Abruzzo disastrate dalla guerra (Valle Roveto e Atlo Sangro, per esempio). L’UNES e la TIMO accampano la gravità delle spese di riattamento mentre tanti paesi, e da tre anni, prolungano i loro gravi disagi nell’isolamento e nell’oscurità e vedono, preoccupati, che nulla si fa all’avvicinarsi di un nuovo inverno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere se non ritenga opportuno un provvedimento di legge che accresca in misura adeguata l’indennità di volo agli ufficiali piloti, che effettivamente volano. Tale indennità, che prima della guerra era di lire 736 nette mensili è ora di lire 889, ed in questa irrisoria misura viene pagata agli ufficiali piloti, che compiendo esercitazioni di acrobazie su apparecchi da caccia si trovano esposti a gravi rischi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Nobile».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere quali provvedimenti ha adottati o intende adottare per salvare i vigneti del comune di Montecalvo Versiggia (provincia di Pavia) dalle distruzioni provocate con le cave di marna dalla Società anonima cementifera italiana; e perché siano giustamente indennizzati i proprietari interessati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canevari».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi per i quali non si è ancora intervenuti coattivamente presso le società interessate per far ripristinare il servizio di illuminazione nei comuni di Aquino, Roccasecca, Castrocielo, Colle S. Magno, Piedimonte S. Gennaro e in tutti gli altri della provincia di Frosinone, che pagano ancora questo duro tributo alla guerra sconvolgitrice. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Andreotti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e delle finanze, per sapere se, di fronte alla iugulazione del diritto di difesa fatta con semplice disposizione interpretativa contenuta nell’articolo 84 del Regio decreto 12 luglio 1933, n. 1214 (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), affermante l’inappellabilità delle decisioni soltanto pei giudizi di conto e di responsabilità della sezione giurisdizionale speciale per l’arretrato in materia di contenzioso contabile antecedente alla legge modificatrice dell’ordinamento della Corte dei conti 3 aprile 1933, n. 255, mentre esplicitamente è affermata l’appellabilità alle sezioni unite delle decisioni nei giudizi di conto e di responsabilità amministrativa dall’articolo 15 della legge 3 aprile 1933, n. 255, non ritengano urgente e doveroso togliere questa disparità di trattamento a danno dei funzionari dello Stato che hanno avuto il solo torto di essere coinvolti in ingiuste od erronee decisioni nell’esame affrettato dei giudizi rimasti arretrati pel solo fatto del disordine amministrativo e giurisdizionale del periodo fascista, e provvedere subito con apposito decreto legislativo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bruni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere le ragioni per le quali ai dipendenti delle ferrovie dello Stato che giudicati in base al decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, ebbero a riportare le sanzioni minori (censura, sospensione temporanea o dal servizio o dallo stipendio, ecc.), pur essendo loro stato comunicato, con lettera ufficiale, la revoca della sanzione loro irrogata, non si corrispondono gli emolumenti dovuti per l’intero periodo di allontanamento dall’ufficio per misure cautelari. Poiché il disposto dell’articolo 13 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 702, dispone la revoca delle sanzioni disciplinari diverse dalla dispensa dal servizio, dalla cancellazione dagli albi e dalla retrocessione, irrogate con decisioni definitive, tale disposto restituisce i dipendenti, contro cui fu applicata e revocata la sanzione, nella posizione giuridica per la quale, a tutti gli effetti, e quindi anche a quelli amministrativi, deve ritenersi come non avvenuta e quindi come non produttiva di effetti la sanzione stessa. La sanzione di natura amministrativa non prevista ed anzi esclusa dal disposto dell’articolo 13 predetto, sembra arbitraria e pertanto si chiede alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale sia il criterio che dispone in senso contrario e lesivo degli interessi dei dipendenti delle ferrovie dello Stato che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 702. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se sia intendimento del Governo di emanare gli opportuni provvedimenti perché ai dattilografi ed amanuensi degli uffici giudiziari sia data la necessaria sistemazione giuridica e una corrispondente tranquillità economica, che renda meno tribolata la vita di questi preziosi collaboratori della giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga opportuno provvedere alla riattivazione, per gestione diretta o per tramite dell’industria privata, dell’officina di costruzione e riparazione vetture ferroviarie e tramviarie (F.E.R.V.E.T.) di Carmagnola, che è stata chiusa nel 1936 per interferenza di grossi personaggi fascisti, ed il cui macchinario è stato trasportato in altra regione.

«Tale officina è stata costruita nel 1908 con largo concorso del comune, il quale intendeva assicurare lavoro alle maestranze locali; sorge a circa 200 metri dalla stazione ferroviaria, alla quale è unita da un binario a normale scartamento, che si dirama nell’interno dei vari padiglioni; è situata nel mezzo della più importante rete ferroviaria piemontese ed è pertanto in vantaggiose condizioni per essere riattivata specie in questo momento in cui la Nazione ha urgente bisogno di ricostruire il suo patrimonio ferroviario, dalla cui efficienza dipendono vitali problemi di trasporto e di costo delle derrate.

«La riapertura dell’officina di Carmagnola darà lavoro stabile a due o tre mila operai e concorrerà validamente a riparare o demolire quelle molte migliaia di vetture e di carri danneggiati dagli eventi bellici, che ancor oggi ingombrano – come inutili relitti – tutte le stazioni ferroviarie del Paese.

«Il compito del Ministero dei trasporti è facilitato dal fatto che l’officina in questione è di proprietà del Demanio dello Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonfantini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali provvedimenti siano stati presi o siano da prendere per attuare la definitiva sistemazione degli ufficiali giudiziari e dei commessi giudiziari, onde ovviare alla precarietà della loro situazione giuridica ed economica, che tanto pregiudizievole appare nei riguardi degli interessati e ai fini del regolare funzionamento di uno dei settori fondamentali della Amministrazione della giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per conoscere le ragioni che hanno indotto i competenti uffici ad assegnare in appalto ad una sola ditta «La Cigar» le forniture a ben 47 ospedali della Croce Rossa italiana, compreso l’ospedale Putti di Bologna, mentre nella città che l’interrogante ha l’onore di rappresentare vi sono organizzazioni cooperative le quali possono fornire, senza scopo speculativo, quanto è necessario alla assistenza dei gloriosi mutilati, che godono le cure morali e materiali con l’amore degno delle tradizioni del grande Istituto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zanardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ravvisi l’opportunità di estendere il beneficio della graduatoria speciale per gli incarichi e le supplenze nelle scuole elementari anche alle madri e sorelle nubili dei caduti in guerra e nella lotta per la liberazione, che pure sono tanto benemerite della Patria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castelli Edgardo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, e il Ministro degli affari esteri, per conoscere se risponde a verità l’informazione secondo la quale i nostri prigionieri in Jugoslavia non possono essere rimpatriati non per il mal volere di quel Governo, ma per il mancato versamento da parte del Governo italiano dei fondi necessari ad assicurare il loro viaggio di ritorno; e, se ciò risultasse vero, per sapere quali misure intende prendere per ovviare al più presto a quello che sarebbe una grave inadempienza verso la Nazione, un condannabile disinteresse, suscettibile di creare sospetti contro un Paese con il quale vogliamo vivere in rapporti di buon vicinato e di amicizia e che priva tante famiglie dei loro cari e tanti giovani italiani della libertà. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Farini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, per sapere se non intendano risolvere sollecitamente la incresciosa situazione determinatasi all’Istituto tecnico governativo «Leardi» di Casale Monferrato (Alessandria), ove il personale di segreteria e di servizio da circa tre mesi non percepisce lo stipendio, per mancanza di fondi, e da circa tre settimane si è posto in sciopero. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lozza».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non creda opportuno di ridare ai licenziati dagli Istituti tecnici industriali il diritto, che essi ebbero sino al settembre 1943, di iscriversi alle facoltà universitarie di ingegneria industriale, di ingegneria mineraria, di chimica industriale, di chimica pura, piuttosto che limitarlo, come ora si fa, alla iscrizione alla sola facoltà di scienze economiche e commerciali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri delle finanze, della guerra e dei trasporti, per sapere se, al fine di evitare la disoccupazione di 1800 operai, oltre che per la produzione in sé e per sé, non ritengano di venire incontro alla Ditta O.M. di Brescia, che nello stabilimento di Gardone Valle Trompia occupa appunto la maestranza di cui sopra, e se sulla base delle istanze già mosse a mezzo dei deputati Caprani, Roselli e Vischioni, rispettivamente per la Camera del lavoro di Brescia e per l’ufficio del lavoro, non si creda di prendere l’iniziativa di proporre alla O. M. di Brescia una sistemazione sulle basi seguenti:

1°) che il Governo offra alla ditta l’affitto dello stabilimento di Gardone Valle Trompia, a condizioni massime di vantaggio;

2°) che il Governo si proponga di corrispondere una ulteriore assegnazione di lavoro alla O.M. a mezzo del Ministero dei trasporti, alla condizione che la direzione dia tranquillanti garanzie sul regolare funzionamento dello stabilimento di Gardone Valle Trompia, e dietro applicazione del criterio che gli stabilimenti da quella direzione dipendenti, in funzione a Milano e a Brescia, passino la lavorazione leggera alla sede di Gardone Valle Trompia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non sia il caso di dare poteri di polizia eccezionali alle squadre di vigilanza annonaria, sorte per combattere la borsa nera, nei vari centri del paese, e costituite da funzionari di polizia di carriera, nonché da operai scelti a mezzo delle varie Camere del lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se il Governo sia già entrato o intenda entrare nell’ordine di idee di sostituire il personale d’ordine di Ambasciate e Consolati, compromesso con il passato nefasto regime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per sapere se il Governo non intenda decretare che per i figli dei partigiani e combattenti caduti per il Paese, vengano istituiti posti gratuiti e semigratuiti, a seconda delle condizioni economiche dei singoli, nei convitti nazionali e nei collegi od accademie militari e navale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, per quello che riguarda le scuole italiane all’estero, funzionanti frammezzo all’emigrazione, con personale italiano e per conto dell’Amministrazione nostra, si sia già provveduto o si intenda provvedere a sostituire gli insegnanti epurati od epurandi con elementi schiettamente antifascisti, reclutandoli fra partigiani, reduci e combattenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere se anche per quello che riguarda gli impiegati degli enti locali, discriminati dal punto di vista dell’epurazione, il Governo non ritenga, almeno in linea di massima, nei limiti del possibile, emanare norme per cui, se riassunzione deve operarsi per disposizione di legge, la stessa venga a prodursi non già nei centri, ove già costoro prestavano servizio, ma in altri luoghi. Ciò a scanso della possibilità di creare situazioni del tutto incresciose, facilmente intuibili. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Capuani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se intenda ricostituire il Consiglio superiore per le Belle Arti e quali siano le ragioni che ritardano così giusto provvedimento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se sia vero che, prorogati ancora per un anno i pubblici concorsi, si pensa ad un concorso interno tra avventizi, con grave danno di giovani valorosi e ben preparati, che sono pronti a subire la prova del concorso e che in tal modo si vedrebbero posposti e quindi danneggiati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere le ragioni che hanno determinato la Direzione della finanza straordinaria a promuovere la procedura di confisca dei beni dell’ex gerarca Roberto Farinacci innanzi al Tribunale di Roma, sezione X, anziché innanzi al Tribunale di Cremona, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 31 maggio 1945, n. 364, contenente le norme integrative e di attuazione del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 154, per la parte riguardante l’avocazione e la confisca dei profitti di regime, dato che a Cremona è situata la maggior parte dei beni che si presumono di proprietà del gerarca. Per sapere altresì i motivi che trattengono il Ministero delle finanze dal rispondere ad un memoriale indirizzatogli dal comune di Cremona in data 12 luglio 1946, nel quale il Sindaco, in base ad una decisione della Commissione per gli indebiti arricchimenti di Brescia, del 15-24 giugno 1944, la cui efficacia giuridica e morale non può essere disattesa, rivendicava al comune i beni dell’ex Società Cremona Nuova gestiti dal gerarca Farinacci ai sensi della legge comunale e provinciale testo unico 3 marzo 1934, n. 363. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pressinotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se abbia dato o meno istruzioni ai Procuratori generali di interessarsi delle procedure concernenti l’avocazione dei profitti di regime, che, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 31 maggio 1945, n. 364, contenente le norme integrative e di attuazione del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 154, per la parte riguardante l’avocazione e la confisca dei profitti di regime, si dovrebbero ora svolgere innanzi alle Camere di Consiglio dei tribunali penali nella cui giurisdizione sono situati i beni o la maggior parte dei beni da confiscare, e ciò con particolare riguardo alla confisca dei beni dell’ex gerarca Farinacci, della quale è stato investito il Tribunale di Roma anziché quello di Cremona. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pressinotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere i motivi che hanno indotto il Ministero a non aderire, sino ad oggi, alle richieste inoltrate dalla Prefettura di Cremona per ottenere la nomina della Sezione speciale: avocazione dei profitti di regime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pressinotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, sulla opportunità di disporre l’inizio dei lavori per la costruzione della stazione ferroviaria Mimiani-Antinello, sulla linea Palermo-Catania, scartando il progetto che prevede sola fermata agricola, ed approvando il progetto di stazione ferroviaria, che valorizzerebbe la vicina miniera di salgemma, con sensibile vantaggio per lo sfruttamento della medesima nell’interesse superiore dell’economia nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e il Ministro dei lavori pubblici, per sapere dal Ministro dell’interno come intenda provvedere per fronteggiare subito l’epidemia di tifo, sviluppatasi a Santa Teresa di Riva – uno dei più fiorenti e popolosi centri della provincia di Messina, ancora sfornito di acquedotto – che si è già diffusa ad Antillo e ad altri comuni e villaggi della città di Messina (che ha un acquedotto, il cui volume di acqua è così scarso che la popolazione è privata dell’acqua per diciassette-diciotto ore sulle 24), per cui si rende necessario in via immediata adottare energiche misure profilattiche e inviare copioso materiale sanitario all’Ufficio provinciale di sanità che ne difetta – come purtroppo in tutte le altre provincie siciliane – per venire in aiuto dei centri colpiti o minacciati dall’epidemia, e aumentare il numero dei posti-letto degli ospedali di Messina che è insufficiente per i bisogni normali; e per sapere dal Ministro dei lavori pubblici se non ritenga necessario di assegnare alla Sicilia uno speciale stanziamento di spese per la realizzazione in Sicilia di opere igieniche e sanitarie per provvedere almeno per l’acquedotto e la fognatura dei comuni, e particolarmente di dare disposizioni perché l’Ente acquedotti siciliani provveda d’urgenza ad aumentare il volume dello acquedotto della città di Messina, captando le due sorgenti del Niceto e del Camaro e disporre la sollecita esecuzione dell’acquedotto di Santa Teresa di Riva, il cui progetto è pronto, nonché dare disposizioni all’Alto Commissariato della Sicilia – rimasto senza capo da oltre cinque mesi con grave danno dell’Isola – per affrettare al massimo l’ampliamento dell’ospedale «Margherita» di Messina per cui sono stati assegnati sulla carta cento milioni, senza che si siano ancora iniziati i lavori, per dar prova della sincera decisione del Governo di voler risolvere rapidamente i più impellenti e vitali problemi di interesse siciliano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se per i reduci combattenti ed invalidi del lavoro ricoverati presso i sanatori per le malattie polmonari, e che sarebbero in condizione di essere dimessi dai sanatori stessi, non sia il caso di provvedere per un’assistenza post-sanatoriale mediante corresponsione di una adeguata sovvenzione mensile a tempo indeterminato e fino a quando, restituiti a lavoro proficuo compatibile con la malattia di cui sono affetti, possano provvedere alla loro esistenza. La proposta di una sovvenzione di lire 300 giornaliere, per mesi tre successivi alla dimessione dal sanatorio, non può tranquillizzare gli ammalati, che preoccupati per la riacutizzazione eventuale della malattia in seguito ai disagi fisici e morali, ambirebbero un trattamento d’assicurazione idoneo a renderli sereni pur nella minorazione che li affligge. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se, per i grandi invalidi e per i mutilati di guerra «dispensati dal servizio» in seguito a giudizio delle disciolte Commissioni politiche epurative ed in virtù della legge 1944 (con l’attuale sarebbero esenti da ogni pena) non ritenga opportuno e doveroso intervenire, con provvedimento d’urgenza, per la loro provvisoria riassunzione in servizio e per una rapida revisione dei singoli giudizi da parte della Magistratura, la quale, sola competente a giudicare in merito, dovrà pronunziarsi definitivamente nei loro riguardi. Tanto si chiede nella considerazione che il cittadino, che nell’esplicazione del più nobile dei doveri si è prodigato fino all’estremo limite e che nella vita civile ebbe solo onesto e modesto lavoro, non possa non essere considerato, sotto ogni aspetto un ottimo italiano ed in considerazione altresì che i colpiti da tanta severa sanzione non solo hanno dato sangue alla Patria, ciò che sarebbe già di per sé titolo altissimo per avere diritto al rispetto ed all’amore del prossimo, ma sono fra quelli che preferirono i sacrifici e le privazioni agli allettamenti ed ai facili guadagni della repubblichetta di Salò. Il provvedimento, che costituirà un atto di serena se pur tardiva giustizia, s’impone anche per il fatto che perfino quelli che andarono volontariamente al Nord – solo per essere rientrati dopo l’emanazione della nuova legge e sotto il suo imperio – riebbero i loro posti di lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non intenda, dopo oltre due anni dalla liberazione, disporre perché sia provveduto alla ricostruzione dei ponti sul Tevere di Montorso e di Castel Giubileo, a monte di Roma, i cui progetti, già redatti ed approvati, potrebbero essere eseguiti senz’altro con largo impiego dei disoccupati della zona. Si fa presente in proposito, che la ricostruzione del primo dei due ponti è assolutamente necessaria ed urgente, confluendovi gli abitanti dei vari centri della bassa Sabina e del Lazio, che hanno per unico scalo ferroviario la stazione di Poggio Mirteto, mentre è indispensabile ai numerosi pedoni che non potranno più servirsi del ponte-acquedotto del Peschiera, che sarà prossimamente chiuso al traffico; e, d’altro canto, il traghetto provvisorio non risponde alle più modeste necessità delle popolazioni delle provincie di Roma e Rieti ed è inutilizzabile durante le piene del Tevere. Va, infine, segnalato che al distrutto ponte di Montorso si appoggiava l’acquedotto di Sant’Oreste, servente il Soratte ed i numerosi centri abitati fra Sant’Oreste ed il Tevere, ora totalmente sprovvisti d’acqua: acquedotto che potrà essere riattivato soltanto dopo la ricostruzione del ponte stesso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Orlando Camillo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare in base ad un ricorso presentato in data 2 ottobre da alcuni cittadini di Giarratana (Ragusa) contro l’applicazione in quel comune della imposta di famiglia. Si fa all’uopo presente che la detta imposta è stata applicata con manifesta violazione di legge perché il comune aveva già scelto di applicare la imposta sul valore locativo che è stata posta in riscossione anche nel 1945, anno per il quale retroattivamente è stata applicata la imposta di famiglia. Si fa anche presente che il comune ha proceduto alla notifica degli accertamenti senza avere preventivamente pubblicato la matricola, la quale è stata formata illegalmente a lapis e coi numeri pronti ad essere sostituiti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cannizzo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non ritengano opportuno riesaminare il decreto legislativo Presidenziale 27 giugno 1946, n 35, col quale sono state radicalmente modificate le disposizioni per la riparazione e la ricostruzione degli edifici di culto e di quelli degli Enti di pubblica beneficenza, nonché dei loro beni mobili danneggiati o distrutti da offese belliche con limitazione a quelli esclusivamente adibiti a scopi assistenziali: e ciò contrariamente ai diritti quesiti in base al disposto dell’articolo 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543, che comprendeva indistintamente tutti i beni mobili e immobili di proprietà degli Enti pii. La predetta norma ha poi subito un’ulteriore limitazione con l’interpretazione del decreto presidenziale ad opera della circolare del Ministero dei lavori pubblici 9 settembre 1946, n. 11647, che causa danno gravissimo alla situazione economico-patrimoniale delle istituzioni di beneficenza, già per altri motivi precaria, e la dolorosa prospettiva che l’esplicazione della beneficenza debba essere ridotta e, in taluni casi, anche soppressa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Badini Confalonieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga opportuno (per quanto riguarda il Centro e il Mezzogiorno d’Italia a due anni di distanza dalla liberazione, e per il Nord ad un anno e mezzo), di procedere a raccogliere tutti i relitti e residuati delle macchine, mezzi meccanici d’ogni genere e d’ogni specie, sparsi ed abbandonati ovunque in ogni strada d’Italia. Crede che parte di detto materiale possa ancora essere utilizzato ed inviato alle ferriere. Si tratta ad ogni modo di eliminare una delle brutture lasciate dalla guerra nel nostro Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non creda opportuno accertare presso il Genio civile e il Provveditorato alle opere pubbliche di Bari, le ragioni per cui le Cooperative non riescono mai ad incassare i mandati a tempo utile per poter pagare gli operai. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pastore Raffaele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, per venire incontro alla disoccupazione dei contadini pugliesi, non creda opportuno, in deroga all’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 89, disporre che le cooperative richiedenti possano fin dal primo anno domandare il prolungamento della durata di concessione iniziando subito la trasformazione agraria con colture legnose. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pastore Raffaele».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali passi abbiano fatto presso la Commissione alleata e quali provvedimenti intendano prendere, nell’ambito dei loro poteri, per ottenere lo scioglimento del Campo profughi croati di Val di Tenna o comunque per evitare che la loro permanenza nel territorio del comune di Fermo continui a fomentare incidenti, già ripetutamente verificatisi, di conflitti fra gli ospitati di detti campi e la popolazione civile, quale l’ultimo accaduto il 6 ottobre e che ha provocato l’indignazione della intera cittadinanza. Gli interroganti fanno presente che l’attuale stato di cose non potrebbe essere ulteriormente prorogato senza incresciose e funeste conseguenze. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ciccolungo, Molinelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere quali provvedimenti abbia adottato per i gravi fatti dall’interrogante in più riprese denunziati e documentati e cioè per persecuzioni e torture esercitate al fine di strappare confessioni calunnionse a danno dei partiti democratici, e per il trattamento inumano verso fermati o detenuti praticato in alcune caserme di carabinieri in Sicilia. La particolare coincidenza di questi fatti nei comuni dove la maggioranza al potere appartiene ai partiti di sinistra, accredita la voce che una particolare organizzazione di partito esiste tra i sottufficiali dell’Arma e che gli appartenenti ad essa siano destinati in questi comuni, mentre d’altra parte è notorio come la maggior parte degli ufficiali sia di sentimenti monarchici. Mentre l’interrogante rivolge un reverente saluto a tutti i caduti dell’Arma in Sicilia, nell’attuale momento, chiede al Ministro se ha in animo di provvedere alla democratizzazione dell’Arma. Ciò è necessario perché per la doppia dipendenza dell’Arma stessa dal Ministero della guerra e da quello dell’interno, praticamente essa non dipende che dai superiori gerarchici, per il 95 per cento antidemocratici e contrari alla Repubblica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste, dell’interno, delle finanze, e del tesoro, per sapere:

1°) quali provvedimenti le autorità hanno preso nei riguardi dei responsabili di un grosso contrabbando di olio accertato dalla Guardia di finanza allo scalo merci di Messina per 50 tonnellate del valore di 30 milioni circa, e di un altro contrabbando per circa 10 tonnellate di olio accertato alla società CAIAS di Siracusa; e precisamente se si è proceduto a norma di legge o se, per le solite interferenze politiche diffuse in Sicilia, le autorità locali hanno cooperato al salvataggio degli evasori dell’ammasso, non procedendo alla confisca, e hanno ammassato semplicemente la merce non denunziando i colpevoli;

2°) perché non si è proceduto ancora, nonostante la lodevole insistenza dell’UPSEA di Siracusa, alla denunzia dell’evasione all’ammasso di quintali 400 di grano e alla destituzione dell’agente del Consorzio di Lentini, che ha compiacentemente rilasciata una bolletta di conferimento prima che fosse consegnato il grano, per fare percepire allo stesso evasore di cui sopra il premio di accelerata consegna. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non giudichino urgente modificare il disposto dell’articolo 65 del Testo unico 5 febbraio 1928, n. 577, nel senso di ridurre da sessanta a trenta il numero massimo di alunni di ogni singola scuola, mandando a sdoppiarla ogni qualvolta gli alunni iscritti e frequentanti superino il numero di trenta di almeno dieci unità. Ciò in considerazione che i programmi per le scuole elementari, di cui al decreto luogotenenziale 24 maggio 1945, n. 459, promuovono lo sviluppo della libera personalità del fanciullo, tenuto a collaborare col maestro in continue ricerche e osservazioni dirette a dare concretezza al sapere; e che al raggiungimento di tale fine contrasta il disposto dell’articolo 65 del vigente Testo unico sull’istruzione elementare 5 febbraio 1928, n. 577, determinante che una scuola classificata per essere sdoppiata deve superare i sessanta alunni almeno per un mese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lozza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro ad interim dell’Africa Italiana, per sapere le ragioni per le quali il piroscafo Toscana, contrariamente a quel che fu assicurato in risposta a precedente interrogazione relativa allo stesso tema, non è stato inviato in settembre in Somalia, per effettuare il rimpatrio di nostri connazionali che colà attendono ansiosamente da mesi il ritorno in Italia. (L’interrogante chiede la risposta scritta.).

«Moro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere, se non ritenga opportuno sottoporre a revisione le norme che disciplinano il conferimento degli incarichi di insegnamento delle lingue straniere nelle scuole medie, allo scopo di permettere che le persone fornite di titolo speciale precedano in ogni caso quelle che non hanno conseguito la laurea in lingue o nella lingua di cui si tratta, le quali ultime possono essere ammesse all’insegnamento solo in via sussidiaria. E ciò nell’interesse della giustizia, in omaggio alla serietà degli studi e per un giusto riguardo verso coloro che, avendo questa sola possibilità di sistemazione, aspirano legittimamente a vincere la concorrenza di laureati ai quali sono offerte altre possibilità di impiego e che hanno in ogni caso minore preparazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moro».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se, in vista della revisione dei patti colonici per i salariati dell’agricoltura, non sia il caso d’intervenire affinché, nella stesura di ogni patto, vengano incluse quelle norme di carattere sociale ed economico ed organizzativo che introducano nel mondo del lavoro agrario il concetto della compartecipazione a tutti gli effetti sopra ricordati tra lavoratori e datori di lavoro. Gli interroganti chiedono al Ministro se intenda opportuno d’intervenire in tal senso con i mezzi a sua disposizione, legislativi e tecnici (decreti, Ispettorati dell’agricoltura, Uffici del lavoro). (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Rapelli, Caprani, Vischioni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali criteri intenda adottare per il concorso ai posti disponibili nelle Scuole elementari. E particolarmente per sapere se ritenga, come apparisce doveroso, rispondente a principio di giustizia:

  1. a) riservare un numero adeguato di posti disponibili da assegnare mediante concorso per soli titoli a quegli insegnanti provvisori che conseguirono in precedenti concorsi il titolo di idoneità e prestano servizio scolastico da più anni con classifica “buono”;
  2. b) riservare altra quota adeguata di posti disponibili da assegnare mediante concorso per titoli e per esame limitato ad un colloquio tecnico-professionale a quegli insegnanti provvisori che conseguirono il titolo di idoneità in precedenti concorsi e prestano servizio scolastico da un anno con la qualifica “buono”, nonché a quelli che tale servizio prestano da non meno di cinque anni senza avere in precedenza ottenuto il titolo di idoneità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vigna».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali ragioni, dopo diciassette mesi dalla avvenuta liberazione della provincia di Belluno, rendano così incredibilmente lenta la ricostruzione dei due ponti, uno sul torrente Viera (Busche) e l’altro sul torrente Cordevole (Bribano) indispensabili per la riattivazione del servizio ferroviario Padova-Belluno. E ciò mentre fu già provveduto alla ricostruzione di ponti di ben secondaria importanza, tenuto presente che la massima parte della attività commerciale della provincia di Belluno fa capo e si sviluppa in Padova e che a questa città, sede della Università, devono andare tutti gli studenti, e che la riattivazione di detta parte del servizio ferroviario produrrebbe sensibile diminuzione sul costo del trasporto dei principali generi alimentari di prima necessità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vigna».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici, dell’industria e commercio e del tesoro, per sapere se non ritengano giusto ed opportuno estendere agli alberghi e pensioni di ogni categoria, a prescindere dalle particolari valutazioni di ordine turistico, le provvidenze di cui al Regio decreto legislativo 29 maggio 1946, n. 452, disponendo, in conseguenza, ulteriori più congrui stanziamenti. Si chiede in particolare se tale estensione non debba almeno trovare applicazione nelle zone, come Rimini, maggiormente colpite e distrutte dalla guerra e se non si ritenga opportuno prorogare fin d’ora il termine previsto per le domande di contributo, dato il ritardo delle emanate norme di attuazione del decreto e la complessità delle pratiche e della procedura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere perché il prefetto di Sondrio ritarda l’esecuzione della sentenza con la quale il Comitato giurisdizionale centrale per le controversie in materia di requisizioni di guerra ha annullato il decreto emanato da esso prefetto di Sondrio per requisire il Preventorio Luigi Concetti di Sondrio di proprietà dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, e quali provvedimenti intende adottare perché il detto Preventorio ritorni alla sua primitiva funzione di ricoverare i figli dei lavoratori italiani col cui denaro fu costruito. I bambini che dovrebbero essere ricoverati nel detto Preventorio sono attualmente nel villaggio sanatoriale di Sondalo, località assolutamente inadatta per la loro cura, perché in alta montagna, e dalla quale dovrebbero essere entro breve tempo allontanati perché il Commissariato della sanità pubblica – che ha preso in gestione il Villaggio sanatoriale – deve farlo occupare da ammalati adulti, con i quali è incompatibile la presenza dei bambini. L’interrogante fa presente che – oltre ai gravi inconvenienti lamentati – il costo per il mantenimento dei bambini è molto più elevato di quanto sarebbe a Sondrio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per sapere se non ritenga opportuno, analogamente a quanto disposto per i profughi dalla Venezia Giulia, assumersi a suo carico anche per quelli dell’Alta Valle Roia le tasse ferroviarie ridotte del 25 per cento per il trasporto in conto corrente delle loro masserizie. Il Ministro dei trasporti, interrogato in merito, ha già risposto che da parte delle Ferrovie dello Stato non vi è nulla in contrario ad estendere ai profughi della Alta Valle Roia lo stesso trattamento previsto per quelli della Venezia Giulia e della Dalmazia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Badini Confalonieri».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, e i Ministri dell’agricoltura e foreste e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se non consti loro che molti agricoltori del Milanese e particolarmente della zona del Lodigiano (Orio Litta, Ospedaletto e località finitime) abbiano ridotto alla metà, in confronto della scorsa annata agraria, la superficie del terreno seminato a frumento. Se intendano, una volta accertato il fatto, intervenire con provvedimento immediato e, comunque, tempestivo da emanarsi nella volgente stagione delle semine, che vincoli gli agricoltori a destinare una parte dei loro terreni alla coltura del frumento e ciò allo scopo di evitare che il grave fatto denunciato si estenda, con evidente, irreparabile danno dell’intera economia nazionale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Cairo, Mariani Francesco».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e il Ministro del commercio con l’estero, per sapere: quali siano i motivi che li hanno indotti a cedere ad un gruppo di speculatori la quasi totalità dello stoccafisso assegnato dalla Norvegia all’Italia in compensazione del prezzo per la fornitura di quattro navi costruite nei Cantieri Ansaldo di Genova e nei Cantieri navali di Monfalcone; e quanto vi sia di vero nelle notizie diffuse dalla stampa di Genova, Torino e Milano sui lucri enormi assicurati dall’operazione, con evidente danno della massa dei consumatori e particolarmente dei meno abbienti, agli speculatori così favoriti. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Vigorelli, Mariani Francesco, Mazzoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere perché, avendo avuto, in uno con numerosi altri membri del Governo, la triste ventura di assistere alla volgarissima gazzarra antirepubblicana inscenata a Palermo, in occasione della visita del Capo provvisorio dello Stato e con offesa allo spirito tradizionale di ospitalità della grande maggioranza di quella popolazione, da bande di giovinastri notoriamente mobilitate dai partiti reazionari e monarchici; in base alle informazioni dirette – che senza dubbio, egli poté, come tutti i convenuti, largamente procacciarsi in ordine alle responsabilità – non abbia ancora provveduto a fare di queste pubblica denuncia, annunciando le severe, esemplari, ammonitrici misure unanimamente invocate contro i funzionari che, per insipienza o per collusione colle trame ordite contro la democrazia repubblicana, hanno favorito e tollerato i fatti deplorabili; ed in particolare:

1°) il Segretario generale dell’Alto Commissariato per la Sicilia che, da troppo tempo esercitando concretamente – e malamente – le funzioni di Alto Commissario (data la prolungata ed ingiustificata vacanza di questa carica), è il primo responsabile del fatto incredibile che la città di Palermo sia stata lasciata priva di pane per l’appunto nei giorni, da lungo tempo prestabiliti, della visita del Capo provvisorio dello Stato. Fatto che autorizza i più fondati sospetti di una premeditata provocazione al malcontento ed ai torbidi conseguenti;

2°) il Prefetto, che ha dimostrato, con la sua incuria verso l’aperta pubblica sobillazione antirepubblicana dei partiti reazionari, di meritare una sanzione ben più severa della messa a disposizione, già decisa nei suoi confronti nel quadro degli ultimi movimenti di prefetti disposti dal Consiglio dei Ministri;

3°) il Questore, che ha tollerato, se non favorito, il permanere ed il potenziarsi di un tale spirito antirepubblicano nelle forze di polizia da lui dipendenti, da rendere possibile lo scandaloso spettacolo di cittadini plaudenti al Capo provvisorio dello Stato bestialmente percossi da quegli stessi agenti che rimanevano benevolmente neutrali dinnanzi al prolungato e sfrenato tumulto che le bande monarchico-reazionarie, sicure d’impunità, poterono protrarre per un’intera mattinata; e se non ritenga dovere proprio e del Governo tutto, liberare l’apparato statale, specie nei suoi più alti gradi, di quei funzionari che di volta in volta, con la loro azione e con la loro inazione, dimostrino la propria pervicace ostilità contro la nuova legalità democratica e repubblicana e ne sabotino lo sviluppo e l’affermarsi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere la ragione per la quale, in base alla circolare n. 308, in data 22 novembre 1945, vengono rimborsate le tasse universitarie pagate dai reduci dai campi di concentramento tedeschi dopo il 1° ottobre 1945, e non quelle pagate antecedentemente, per esempio, il 30 settembre dello stesso anno. Provvedimento con il quale si puniscono in modo singolare e del tutto ingiustificabile proprio coloro i quali furono, se mai, più solleciti nell’adempimento dei loro doveri verso l’erario. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pellizzari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, in ossequio ad una antica consuetudine, ed al fine di alleviare il disagio che, a causa della recente guerra, tuttora risentono i coltivatori delle zone di frontiera, non creda di impartire opportune disposizioni, dirette ad acconsentire, alle popolazioni alpigiane delle valli del Pellice, del Chisone e di Susa, di procedere, sotto la vigilanza delle autorità comunali, ed entro i limiti delle assegnazioni legali, al cambio di castagne, di cui esiste largo raccolto in quelle zone, con il granturco assegnato agli agricoltori della pianura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Villabruna».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se risponde a verità la notizia apparsa sul quotidiano Italia Nuova e riportata dalla Gazzetta Sera del 4-5 ottobre corrente secondo la quale, due cittadini, fermati per propaganda monarchica, sarebbero stati maltrattati da un funzionario della questura di Torino. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Villabruna».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere quali destituzioni immediate hanno colpito le autorità di Palermo responsabili dell’ordine pubblico durante le giornate di lunedì 7 e martedì 8 ottobre 1946. Lunedì 7 corrente, convocati nel gabinetto del sindaco, s’erano riuniti i deputati siciliani convenuti a Palermo e le autorità dell’Alto Commissariato e della prefettura, nonché i rappresentanti della Camera del lavoro, per esaminare:

  1. a) la minaccia, da parte di un gruppo non aderente alla Camera del lavoro, di proclamare uno sciopero dell’arte bianca che avrebbe privato di pane Palermo, incominciando dalla giornata in cui sarebbe arrivato il Presidente della Repubblica;
  2. b) la manifestazione ostile, contro il Presidente della Repubblica, progettata da elementi politici individuati. La riunione nel gabinetto del sindaco aveva esaminato, dunque, problemi che erano a perfetta conoscenza delle autorità responsabili dell’ordine pubblico, come erano a conoscenza delle autorità stesse le parole dirette contro il Presidente della Repubblica durante un comizio dell’«Uomo Qualunque», tenuto a Palermo domenica 6 ottobre, dove parlarono gli onorevoli Patricolo e Bencivenga.

«Le autorità e i rappresentanti di tutti i partiti politici, dopo di aver disposto per la regolare distribuzione del pane alla popolazione, non soltanto nel giorno della venuta del Presidente ma anche nei seguenti, s’erano impegnati al mantenimento dell’ordine. Martedì 8, nella mattinata, prima ancora che il Presidente della Repubblica arrivasse al teatro Massimo per salutare il Congresso della Stampa, un gruppetto ostile, senza nascondere le sue intenzioni, si riunì nella piazza, senza che le autorità pensassero a scioglierlo o a isolarlo. Un camion carico di giovinastri, d’altra parte, venne lasciato libero di circolare. La complicità delle autorità nell’organizzazione della disgustosa scenata da parte di elementi identificati e conosciutissimi è quindi evidente. È evidente anche nel fatto inaudito che siano stati maltrattati, bastonati e feriti sette giovani del Partito Repubblicano italiano i quali reagivano contro le manifestazioni ostili. Gli interroganti per la difesa dell’onore di Palermo, offeso da una minoranza facinorosa e provocatoria, chiedono di sapere quali destituzioni immediate delle autorità complici volontarie o per inettitudine siano state disposte. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Natoli, La Malfa».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se, anche in considerazione degli orientamenti e degli sviluppi degli studi universitari presso le altre nazioni, non ritenga opportuno di disporre il ripristino, presso le Università italiane, della facoltà di scienze politiche. La utilità di una adeguata conoscenza dei problemi del mondo contemporaneo è vivamente sentita dai giovani, ed infatti, un corso di perfezionamento per gli studi internazionali, sorto a Roma per iniziativa privata, risulta largamente frequentato. L’insegnamento delle scienze politiche, ripreso in tutte quelle Università, che già ne erano dotate, ed impartito in base a nuovi e più adatti piani, permetterebbe a tutti quei giovani che si sentono portati verso tal genere di studi di dedicarvisi ed alla Nazione di poter contare, per i suoi rapporti con l’estero, su elementi adeguatamente preparati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se, con la elaborazione della legge per una nuova razionale disciplina delle locazioni degli immobili urbani, non ritenga opportuno sollecitare anche un provvedimento legislativo, col quale venga imposta ai datori di lavoro, aventi un determinato numero di operai alle proprie dipendenze, la costruzione, entro giusto termine, di case di abitazione con numero di vani tali da provvedere all’alloggio almeno di una percentuale, sia pure modesta, dei propri dipendenti. Pare all’interrogante che con questa disposizione si concorrerà in modo efficace e concreto alla soluzione del problema delle abitazioni, costringendo i datori di lavoro, taluni dei quali continuano a realizzare guadagni ingentissimi, ad investire parte di questi guadagni in immobili a profitto specialmente dei ceti più numerosi e bisognevoli. Senza dire che è sommamente ingiusto vi siano industriali i quali richiamano nei centri urbani forti nuclei di lavoratori, rendendo così sempre più acuta la crisi edilizia e non provvedono alla costruzione di case ad uso dei propri dipendenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carpano Maglioli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali concreti provvedimenti intenda prendere a tutela della posizione giuridica di ufficiali partigiani mutilati per la causa dell’insurrezione ed assunti nel gruppo della polizia ausiliaria.

«Per sapere inoltre se sia vero che il Ministero abbia disposto in virtù di precedenti decreti, l’allontanamento dal corpo di polizia ausiliaria di detti ufficiali partigiani, per il solo fatto della loro mutilazione per la causa della libertà, pur essendo gli stessi provvisti dei titoli di studio richiesti e idonei a svolgere ancora la loro attività in particolari servizi della polizia. In ogni caso per sapere se non ritenga conveniente assumere i detti ufficiali partigiani nei ruoli dei funzionari di pubblica sicurezza, analogamente a quanto si è fatto in passato per gli ufficiali della polizia Africa Italiana (P.A.I.), in considerazione anche della opportunità di mantenere in servizio presso le varie questure ufficiali che hanno dimostrato, con lo strazio delle loro carni, di sapere difendere la nuova democrazia italiana fino al sacrificio della vita.

«L’interrogante chiede specificatamente se sia vero che il capitano P.A. Rotolo Nicolò fu Nicolò, classe 1916, dottore in giurisprudenza, mutilato di guerra per amputazione avambraccio sinistro ed ex partigiano, in forza presso la questura di Como, debba venire allontanato dal servizio per il fatto della sua mutilazione, pur avendo dimostrato la sua capacità tecnica e fisica nei servizi della polizia, avendo diretto con esito brillante la squadra mobile della questura ed essendo ora a capo dell’ufficio tessere di frontiera. Si chiede pertanto se non si ritenga quanto meno disporre per l’assunzione del dott. Rotolo nel ruolo dei funzionari di pubblica sicurezza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bernardi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se ritenga sia in relazione all’attuale costo della vita e rispondente ai criteri, in base ai quali ne fu stabilito l’importo pei vari gradi, l’indennità fissata per gli ufficiali transitati nella riserva in base alla legge n. 369 del 9 maggio 1940: indennità che, insieme ad un assegno speciale, avrebbe dovuto rappresentare circa il 55 per cento della pensione e costituire funzione integratrice per raggiungere i quattro quinti degli assegni di attività. Anche l’importo di detta indennità, rimasto inalterato dal 1940, dovrebbe essere messo in relazione, specie per gli ufficiali di grado meno elevato, agli aumenti apportati a tutti gli assegni corrisposti al personale dipendente dallo Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Perugi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della marina mercantile, per sapere se sia esatta la notizia che il Governo argentino avrebbe restituito agli armatori le navi italiane rimaste durante la guerra nei porti di quella Repubblica, corrispondendo inoltre agli stessi l’ammontare di tutti i noli guadagnati in dollari, per un importo di diversi miliardi di lire; e se, nel caso, trovi giusto che tale somma venga ripartita tra pochi e fortunati armatori, o se non creda di dover promuovere un provvedimento per una più equa distribuzione, in rapporto alle enormi perdite subite dalla nostra marina mercantile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rossi Paolo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente dei Consiglio dei Ministri, ed i Ministri di grazia e giustizia e dell’interno, per conoscere se, per contribuire alla auspicata pacificazione degli animi, non ritengano urgente ed indilazionabile una disposizione di legge che ripari alle numerose ingiustizie compiute ai danni dei benemeriti della causa anti nazi-fascista, sottraendoli o allontanandoli dai posti di lavoro che già occupavano; e se non ritengano, pertanto, che – per un elementare senso di giustizia e per non lasciare sussistere un evidente ed assurdo contrasto, nel momento in cui molti fascisti ritornano ad occupare i loro posti – siano subito reintegrati ai loro posti di lavoro, a qualunque ente od azienda abbiano appartenuto, i benemeriti della liberazione, che furono allontanati dal servizio in regime nazifascista o che subirono tale trattamento dopo la liberazione, senza che il licenziamento fosse causato da condanna civile o penale; che ai detti licenziati siano corrisposte – entro quindici giorni dalla emanazione della legge – tutte le competenze, nessuna esclusa, per il periodo di assenza; che per i casi, invece, in cui sia intervenuta condanna, presa a motivo determinante del licenziamento, sia sancito per legge il diritto, sia del licenziato sia della parte avversa, di chiedere l’istituzione immediata di una Commissione di inchiesta, composta da un rappresentante per parte e da un presidente di gradimento di entrambe o nominato dal tribunale, la quale, entro il periodo massimo di trenta giorni, dia il proprio giudizio definitivo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonfantini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se e come intendano provvedere presso gli uffici competenti affinché sia snellito ed accelerato il lavoro concernente le pratiche di pensione a favore dei mutilati e degli invalidi di guerra, i quali, pur avendo ottenuto il riconoscimento della loro mutilazione e della loro invalidità, attendono da mesi e talvolta da anni il pagamento della pensione e non hanno nemmeno potuto usufruire del premio della liberazione e della Repubblica, permanendo in uno stato di avvilimento morale e materiale non certo conforme a quello che dovrebbe ad essi derivare dal riconoscimento del loro sacrificio e del loro diritto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Filippini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per conoscere se non credano umano ed equo estendere le provvidenze di cui alla lettera circolare del Ministero della Pubblica istruzione n. 4079/69 del 13 aprile 1946, a favore anche di quegli insegnanti elementari, che, per cause derivanti dallo stato di guerra, sfollati, e, come tali, comandati nelle località di affluenza e considerati trasferiti, giusta la lettera circolare del Ministero stesso 3 dicembre 1945, n. 3076/38, sono stati o saranno obbligati a rientrare in sede per ragioni di servizio; e se non ritengano che le provvidenze in oggetto siano limitate al rimborso delle sole spese effettivamente sostenute o da sostenere dai maestri stessi per il trasporto delle masserizie dalla località di affluenza alla sede di provenienza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Taviani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda dare istruzioni d’urgenza ai Provveditorati provinciali, perché nelle liste speciali dei maestri aspiranti ad un posto provvisorio per l’anno scolastico 1946-47, siano inclusi, per evidenti ragioni di equità, non solo i candidati orfani di guerra, ma altresì quelli orfani di invalidi di guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga opportuno e rispondente a senso di equità e di giustizia promuovere un provvedimento legislativo, il quale commuti la pena dell’ergastolo, inflitta, per attenuante generica, ai detenuti che commisero nella minore età, durante il passato regime, un delitto, per il quale il Codice penale fascista comminava la pena di morte, in quella minore di trent’anni. Poiché il Governo democratico, seguendo una tradizione nobilissima del giure italiano, abolì, in linea di principio, la pena di morte, ritenendo l’ergastolo pena estrema da infliggersi nei reati più gravi, l’interrogante ravvisa conseguente ed opportuno un provvedimento legislativo, il quale adegui alla vigente disposizione la pena (ergastolo) inflitta ai rei minorenni, nel regime fascista, con la commutazione di essa in quella di trenta anni per l’attenuante generica, della minore età, onde prevenire la sperequazione, che in avvenire si verificherà fra i condannati minorenni di ieri e quelli eventuali di domani, qualora il provvedimento invocato non venga preso dal Governo, che sancì l’abolizione della pena di morte. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se è a conoscenza dei gravissimi fatti delittuosi (omicidi a scopo di furto, rapine, ecc.) che si svolgono nelle campagne della Murgia in Terra di Bari e particolarmente in agro di Minervino Murge, ove negli scorsi giorni piombo omicida ha soppresso la vita di un povero pastore, tale Pietro di Tria e dell’agricoltore Carmine Lombardi per dar mano libera a ladri di prodotti e di armenti, e se non creda che, nel quadro dei provvedimenti generali diretti a guarire tali malanni, sia il caso di istituire d’urgenza in Minervino Murge un congruo presidio di forza pubblica (almeno 30 carabinieri) che incuta con la sua presenza rispetto e cooperi alla difesa della legge. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Perrone Capano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere:

1°) perché non ha creduto opportuno di accogliere la richiesta della Cooperativa di consumo del popolo di Bolzano, tendente ad ottenere l’annullamento del contratto stipulato con il Commissariato di Bolzano in data 1° luglio 1946, con validità di mesi tre, per la fornitura di carne a quel Presidio militare, annullamento motivato dal forte aumento dei prezzi di acquisto del bestiame, ciò che ha messo la Cooperativa nell’assoluta impossibilità di far fronte alla rilevante perdita;

2°) se nella futura stipulazione dei contratti per forniture agli enti militari non creda opportuno sopprimere la clausola secondo la quale la sola Autorità militare ha la facoltà di rinnovare il contratto, senza dare la possibilità alla controparte di esprimere la sua accettazione o meno all’imposizione della proroga per altri tre mesi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cimenti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, essendo a conoscenza delle norme che regolano i rapporti di impiego del personale subalterno dei Convitti nazionali, non ritenga giusto e necessario di riconoscere ad essi un preciso e definitivo stato giuridico analogo a quello del personale superiore di detti Istituti, in tal modo che essi siano al riparo da improvvise e spesso arbitrarie misure incidenti sulle loro condizioni di vita e di lavoro; e se per intanto non ritenga di dovere, con provvedimento di urgenza, cancellare la vergogna dei salari di fame, oscillanti sulle 3000 lire mensili, ivi comprese tutte le indennità, che questi lavoratori percepiscono ancora dopo molti anni di servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se – pur considerando le ultime disposizioni della Direzione generale per la previdenza sociale secondo cui col 1° novembre 1946, dovrebbero finalmente essere corrisposte ai beneficiari le nuove pensioni a norma del decreto 20 maggio 1946, n. 374 – intendano, in riferimento al continuo elevarsi dell’indice reale del costo della vita, prendere urgenti provvedimenti, rivedendo radicalmente e in modo unitario le basi attuali delle norme previdenziali ed assistenziali, ed evitando soprattutto gli ostacoli di carattere burocratico nella forma di pagamento, al fine di alleviare in modo decoroso le condizioni:

1°) dei pensionati di qualsiasi categoria;

2°) dei disoccupati;

3°) dei tubercolosi; dopo avere coordinato e vagliato i mezzi di emergenza atti a predisporre un «fondo previdenziale» adeguato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se intende ammettere, nei prossimi concorsi a posti di direttori didattici, i maestri che, per non essere stati mai iscritti al disciolto partito fascista, non poterono per tale requisito partecipare ai concorsi precedenti, concedendo loro l’ammissione senza limiti di età e con una riserva di posti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se le limitazioni alle formazioni delle classi collaterali ed alle iscrizioni alle scuole medie, di cui alla circolare n. 46, del 4 ottobre 1946, del Ministero della pubblica istruzione, non siano di pregiudizio alla scuola pubblica ed a vantaggio delle scuole private; e se non creda di revocare le disposizioni date, promovendo la formazione di classi complementari per soddisfare alle richieste degli studenti i quali, anche per le loro condizioni economiche, chiedono di frequentare le pubbliche scuole medie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se non ritenga necessaria l’opportunità di apportare una modifica al Regio decreto-legge 1° aprile 1939, n. 636, nel senso di rendere reversibili le pensioni previdenziali anche, nei vari casi specifici, a favore della madre vedova, o comunque dei parenti ascendenti di primo grado. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo ed il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se non siano dell’avviso di studiare uno schema di provvedimento tendente ad una tutela da parte dello Stato, che assicuri misure assistenziali, sia pure in forma limitata, verso coloro i quali – per il fatto che lavorarono totalmente o parzialmente prima del 1920, ossia in un periodo in cui ancora non vigeva la norma delle marche previdenziali, anche se a suo tempo liquidati – oggi, e specie nelle contingenze attuali, non sono in grado di vivere o almeno di trovare sufficiente asilo per il loro non esiguo numero. E in pari tempo, se non ritengano opportuno di estendere tale tutela anche alle categorie degli orchestrali e dei coristi che, prestando la loro opera periodicamente, e necessariamente con società o organismi orchestrali o coristi diversi, sono in condizioni del tutto particolari agli effetti della pensione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se intende proporre provvedimenti che diano facoltà ai laureati che non hanno mai avuto la tessera del partito nazionale fascista, che per questa loro posizione non hanno mai potuto prendere parte a concorsi, e che attualmente, avendo superato i limiti di età, sono esclusi da recenti concorsi banditi dal Governo della Repubblica e dagli Enti locali, di partecipare ai concorsi stessi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ruggeri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’agricoltura e foreste, per sapere perché, dopo le notizie di sapore ufficioso diffuse in questi giorni, non credano necessario soprassedere ad improvvisazioni legislative sulla vertenza mezzadrile e sul regime dei contratti agrari, rinviando invece argomenti di così vitale e delicata importanza per l’economia del Paese alla cognizione dell’Assemblea Costituente, in modo da evitare altri provvedimenti tecnicamente imperfetti e socialmente insufficienti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bertini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere il motivo della mancata risposta alle due interrogazioni precedenti sulla questione degli impiegati irrevocabilmente discriminati nel giudizio di epurazione e dei quali si minaccia la dispensa dal servizio; e per sapere se il Governo, spogliando l’Assemblea Costituente del diritto di esprimere il proprio avviso sul tema così fondamentale della stabilità del rapporto d’impiego rispetto ai funzionari e dipendenti degli Enti pubblici, creda veramente di insistere nella adozione di provvedimenti costituenti vera e propria violazione delle norme disposte dopo la liberazione in tema di epurazione, col risultato di gravare lo Stato e gli Enti locali di oneri ingiustificati e col pieno esautoramento della loro autorità di fronte a pressioni equivoche, artificiose ed interessate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bertini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se non concordi nella necessità di corrispondere ai familiari dei nostri militari dispersi in Russia e dichiarati irreperibili, anticipazioni mensili da recuperarsi poi sugli assegni del militare in caso di suo ritorno o altrimenti sulla pensione; e se non giudichi deplorevole che tale quesito, sottoposto al competente organo amministrativo del Ministero fin dallo scorso luglio ad opera del Distretto militare di Sacile, e sollecitato nel mese di agosto dallo stesso Ministro, rimanga a tutt’oggi senza risposta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione, del tesoro, dei lavori pubblici e dell’interno, per sapere se non ritengano doveroso reintegrare al più presto il mobilio e il materiale didattico delle scuole danneggiate dalla guerra che sarebbero in grado di utilizzarlo; e se a tale scopo – constatata l’insufficienza della circolare 12 dicembre 1945 del Ministero dell’interno, n. 15400 R.6/3 – non credano di dovere impartire o ripetere precise istruzioni agli uffici del Genio civile (taluni dei quali, ad esempio quello di Udine, non ne ricevettero), affinché immediatamente vi provvedano, d’accordo con le Prefetture e con i Provveditorati agli studi, ai sensi dell’articolo 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543, sul risarcimento dei danni di guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato dell’alimentazione) ed il Ministro dell’interno, per sapere:

se siano a conoscenza degli sforzi sovrumani, pericoli, stenti e spogliazioni a cui si son dovute assoggettare in questi ultimi anni, per assoluta necessità di vita, quelle popolazioni montane dell’Alto Veneto – in specie del Friuli, della Carnia, del Bellunese – la cui base alimentare è costituita essenzialmente di polenta e formaggio, allo scopo di procurarsi il granoturco indispensabile ricorrendo al mercato nero della pianura;

se siano a conoscenza: del fatto che soltanto in virtù di questo – sia pure illegale – rifornimento capillare, quelle popolazioni si sono potute mantenere in vita;

del depauperamento che anche per questa causa (oltre che per la loro eroica resistenza ai nazifascisti) esse hanno subito;

dei sintomi di insufficiente nutrizione che esse oggi presentano, segnatamente nei bambini e nei convalescenti;

se pertanto non ritengano necessario concedere a coteste popolazioni un’integrazione alimentare costituita in parte di alimenti vitaminici, in parte da un essenziale aumento della razione di granoturco: aumento che, ove per ragioni di carattere generale non potesse venire accordato come assegnazione suppletiva o integrativa, potrebbe essere studiato sotto il punto di vista fisiologicamente esatto che a una data razione di farina da pane corrisponde, per capacità assimilatrice dell’organismo umano, un peso assai più elevato (almeno una volta e mezzo tanto) di farina di granoturco. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Gortani, Garlato, Fantoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno ed il Ministro dei lavori pubblici, per sapere – con riferimento alla lettera del Ministro dei lavori pubblici al Presidente della deputazione provinciale di Salerno 30 settembre 1946, n. 6876, ed al telegramma del Sottosegretariato di detto Dicastero in risposta alle sollecitazioni dell’interrogante – se intendano, a termini dell’articolo 9, capoverso 3°, del decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 38, provvedere con decreto presidenziale al mantenimento della Sezione staccata dell’A.N.A.S. di Salerno, compiendo così un atto di giustizia verso una provincia tanto benemerita quanto negletta, obbedendo altresì alla lodevole odierna tendenza al decentramento dei servizi statali ed evitando la notevole spesa occorrente pel trasferimento di impianti, uffici e funzionari della predetta Sezione nel lontano centro di Napoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se gli consti che la Sezione compartimentale delle ferrovie di Napoli ha modificato radicalmente il programma del servizio viaggiatori espletato dai rapidi R. 50 ed R. 51, istituiti per il sollecito allacciamento alla Capitale dell’estrema Calabria, assegnando ad essi anche servizio locale, e se, in considerazione di tale modificazione, non creda opportuno istituire altra coppia di rapidi sullo stesso tratto, con esclusivo servizio di collegamento tra i capoluoghi delle provincie meridionali e la Capitale, istituzione che, mentre non apporterà alcun onere di natura tecnica, risponde ad una esigenza di giustizia nei confronti delle altre regioni d’Italia. Tale istituzione andrebbe poi integrata con quella di un’altra coppia di treni Sapri-Salerno e viceversa, al fine di decongestionare l’affollamento davvero eccessivo dei due soli treni attualmente in servizio sul detto tratto ed assolutamente insufficienti alle esigenze locali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per sapere se non ritengano atto di giustizia verso una plaga importante del negletto Mezzogiorno, ripristinare a Capaccio (Salerno) l’Ufficio del registro, aggregandovi, come per legge, anche quello delle Imposte dirette. Il detto Ufficio venne soppresso nel 1937 con provvedimento fascista, per ignoranza della topografia d’Italia, e l’invocato suo ripristino è una necessità, più che una utilità, per ben undici comuni e rispettive frazioni, a Capaccio congiunti da ottimi autoservizi postali giornalieri e che attualmente debbono far capo ad uffici di centri lontanissimi e con difficoltà accessibili, quali Agropoli e Castellabate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere quanto ci sia di vero nelle voci correnti, e che hanno vivamente allarmato l’opinione pubblica della provincia di Salerno, della soppressione cioè di una delle quattro Sezioni del tribunale di Salerno a seguito della istituzione del tribunale di Vallo della Lucania, il cui personale dovrebbe trarsi dall’organico del detto tribunale di Salerno; ed ove tali siano i propositi, se non ritenga rinunziarvi, per ragioni di assoluta necessità. Il tribunale di Salerno aveva quattro Sezioni già prima della soppressione del tribunale di Vallo della Lucania, avvenuta in regime fascista, ed esse attualmente sono insufficienti al lavoro giudiziario sia civile che penale. I dati statistici comparativi per gli anni 1943, 1944 e 1945, stanno a dimostrarlo mentre, essendo Salerno capoluogo di provincia, i magistrati del suo tribunale sono altresì gravati dal lavoro di numerose Commissioni (imposte, profitti di guerra e di regime, proroga contratti agrari, terre incolte, alloggi), onde è logico che non da esso, ma da altri centri non capoluoghi di provincia, si tragga il personale del ripristinato tribunale di Vallo della Lucania. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere se è vero che la provincia di Foggia è stata autorizzata al recesso dal Consorzio relativo all’ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore, recesso contrario alle norme statutarie del Consorzio stesso e deprecabile per ragioni morali, economiche e politiche; ed in caso affermativo se non ritenga giusto ed opportuno sospendere la esecuzione del provvedimento di autorizzazione e riesaminare, d’accordo coi rappresentanti di tutte le provincie interessate (Foggia, Cosenza, Campobasso e Salerno), la questione, specie ai fini della sistemazione del personale che, per effetto del detto recesso, è minacciato di licenziamento, colla conseguente messa sul lastrico di un centinaio di famiglie, che sono perciò in fermento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non ritengano essere ormai tempo di chiarire, e, se occorre, disporre con apposito ma sollecito decreto, che nei centri riconosciuti sinistrati (nella specie Salerno), ai fini della indennità giornaliera e della indennità di prima sistemazione da corrispondersi agli insegnanti elementari, sono da comprendersi, non solo il capoluogo, ma anche le frazioni dei centri stessi. Escludendo, invero, dette frazioni, si danneggiano proprio gli insegnanti che, per l’esercizio della loro nobile funzione, vivono una vita più disagiata, con evidente ingiustizia verso di essi in confronto di altre categorie di dipendenti dello Stato e degli enti locali, godenti delle cennate indennità. Ciò senza dire che nel caso particolare di cui si tratta talune frazioni sono più sinistrate del capoluogo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se intenda – ora che l’Intendenza di finanza di Frosinone ha lasciata la sede provvisoria di Fiuggi e ha fatto ritorno nel capoluogo della provincia – istituire una Sezione distaccata e temporanea dell’Intendenza stessa in Cassino, per rendere meno disagevole e più sollecito il disbrigo delle infinite pratiche di liquidazione di danni di guerra e pensioni di guerra per le martoriate popolazioni delle zone di Cassino, di Pontecorvo e dei paesi limitrofi, che più delle altre hanno subito le terribili distruzioni derivate dagli eventi bellici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere se non ritenga giusto ed opportuno disporre perché, a spese dello Stato, siano restituite alle Chiese che ne furono derubate, le campane asportate dai tedeschi o dal governo della repubblica sociale fascista. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere in base a quale disposizione di legge i medici degli ospedali sanatoriali dell’Istituto nazionale della previdenza sociale sono obbligati a rimanere in servizio continuativo oltre le ventiquattr’ore quando sono comandati di guardia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Galioto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’assistenza post-bellica, per sapere:

1°) se siano a conoscenza dello stato spaventoso di miseria e disagio in cui, dal passaggio all’Amministrazione delle isole italiane di Lampedusa e Linosa, la popolazione di quelle isole è costretta a vivere, e particolarmente dello stato di abbandono dei bambini, la cui mortalità per denutrizione e malattie raggiunge percentuali altissime; della disoccupazione pressoché totale dei lavoratori di quelle isole; dell’inefficienza degli impianti idraulici, elettrici, telegrafici, delle fognature e dell’acquedotto; della quasi assoluta mancanza di generi alimentari per la inefficienza dei trasporti;

2°) quali provvedimenti abbiano adottato o intendano adottare per lenire le sofferenze ed i disagi di quelle miserrime popolazioni;

3°) se in ispecie non considerino urgente e doveroso provvedere:

  1. a) all’invio di derrate alimentari, medicinali, vestiario, coperte, lenzuola da distribuirsi gratuitamente in previsione della stagione invernale;
  2. b) all’istituzione di un asilo per fanciulli;
  3. c) all’istituzione di un ospedale o per lo meno di un’infermeria modernamente attrezzata;
  4. d) ad un’assegnazione di carburante per rimettere in efficienza gli impianti idraulici ed elettrici;
  5. e) alla riparazione della linea telegrafica, degli acquedotti, delle fognature, ecc.;
  6. f) ad attuare un programma di lavori tale da alleviare la grave disoccupazione;
  7. g) a concedere una speciale assegnazione di fondi all’E.C.A. del luogo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vigorelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non intende modificare il bando di arruolamento del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza di militari ausiliari, emanato con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 106 in data 6 settembre 1946, nel quale risulta che i combattenti della guerra di liberazione nazionale sono ammessi al concorso con un limite massimo di anni 35 per le guardie ed i sottufficiali, portando tale limite agli anni 40, come per la categoria ufficiali, in quanto un grande numero di guardie e sottufficiali, che già hanno reso ottimo servizio per oltre un anno, appunto per l’anzianità rimarrebbero esclusi dal concorso suddetto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mezzadra, Farina».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della guerra e dell’assistenza post-bellica, per sapere se sono state definite le modalità di pagamento al cambio corrente, delle lettere di credito ritirate ai reduci dalla prigionia di guerra all’atto del loro rientro in Patria, e se non ritengano opportuno, data la grave disoccupazione esistente tra i reduci stessi, di provvedere al pagamento medesimo in due o tre rate, oppure mediante adeguati acconti mensili. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Foa’».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, se non creda di dover pubblicamente avvertire che il Congresso indetto in Roma dall’Istituto di studi filosofici non può avere l’adesione del Governo della Repubblica, né quella particolare del Ministero della pubblica istruzione, in quanto l’anzidetto Istituto, sostituito, con decreto di polizia alla libera e gloriosa Società filosofica (il cui ultimo congresso, nel 1926, fu interrotto con la violenza ad impedire che i pensatori italiani esprimessero il loro giudizio storico e morale), è ancora il medesimo che raccolse non i filosofi ma gli apologeti ufficiosi del regime fascista. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rossi Paolo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali provvedimenti intenda assumere per sveltire ed adattare alle particolari necessità del momento la eccessiva burocrazia in atto, che ritarda oltremodo i pagamenti da parte degli enti pubblici dei crediti nei confronti delle imprese di costruzione edili e stradali:

1°) provvedendo ad una urgente liquidazione di tutte le pendenze in corso con la riduzione al minimo delle difficoltà burocratiche;

2°) mettendo effettivamente a disposizione degli enti appaltanti i fondi necessari sin dal momento nel quale i lavori sono appaltati;

3°) ripristinando l’esonero dalle cauzioni per le imprese di fiducia, le quali d’altronde sono già gravate di altre ritenute cautelative.

«A tal uopo fa presente che il lamentato ritardo importa:

1°) senso di sfiducia verso gli organi di governo preposti alle opere pubbliche che promettono ed iniziano lavori senza avere provveduto al loro tempestivo e regolare finanziamento;

2°) impossibilità per le imprese che non hanno forti possibilità finanziarie e titubanza di ognuna a concorrere a nuovi lavori ed appalti;

3°) il pericolo, già più volte ed esplicitamente denunziato, che le imprese stesse sospendano i lavori in corso col conseguente licenziamento delle maestranze e con quelle successive gravi ripercussioni di carattere politico e sociale di cui nella stessa Roma e di recente si è avuta la eco. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Badini Confalonieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali motivi ostacolano il necessario inderogabile miglioramento dei servizi di comunicazioni ferroviarie fra i due importanti centri del meridione Bari e Foggia, ed hanno impedito ogni miglioramento in ripetute occasioni di concessioni per altre linee. Si rileva che una notevole diradazione di treni nell’intervallo Barletta-Termoli viene a rendere enormemente gravoso e quasi inutile il servizio ferroviario per Foggia, sia nei rapporti del capoluogo di regione, che dei centri locali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Miccolis».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quali provvedimenti si sono presi a carico dei responsabili di occultamento e mancata consegna all’ammasso di circa 300 quintali di grano sequestrato dal brigadiere di pubblica sicurezza Baiardo con gli agenti Mingoia e D’Urso in territorio di Rosolini (Siracusa); e se devesi, al solito, assistere alla commedia del favoreggiamento, che lascia impuniti i responsabili, i quali, nonostante l’aggravamento delle pene sanzionato dall’ultima legge, godono della libertà provvisoria. Per conoscere, inoltre se il Ministro non crede giusto premiare le squadre di agenti che, benché demoralizzati dalla inutilità del loro servizio, fanno coraggiosamente il proprio dovere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per chiedere se non sia il caso di provvedere al sollecito disbrigo delle pratiche riguardanti i ferrovieri, esonerati politici, che sono riammessi col contagocce al loro posto, mentre, in seguito alla generale amnistia concessa dalla Repubblica, i ferrovieri fascisti, militi e responsabili di gravi fatti, rientrano in servizio con tutti gli onori, corrispondendo loro i pagamenti di tutti gli arretrati e regolarizzando intanto la loro carriera; e, inoltre, se non creda di istituire, invece della Commissione unica di Roma, diverse Commissioni intercompartimentali per accelerare il lavoro oggi riunito tutto a Roma, istituendo in conformità al numero di questi benemeriti, vittime della persecuzione fascista, cinque Commissioni e cioè: una a Milano per i ferrovieri della Lombardia e del Piemonte, una a Venezia per quelli di Venezia e Trieste, una a Bologna per l’Emilia e Marche, una a Roma per l’Umbria, Toscana, Lazio e Sardegna, una a Napoli per il Mezzogiorno e le Isole. Infine se non crede opportuno, perché la voce degli esonerati giunga a queste Commissioni, tante volte formate da gretti funzionari schiettamente reazionari o fascisti o che nel fascismo hanno fatta la loro fortunata carriera, trasformare le dette Commissioni anche esse in Commissioni paritetiche. Sta di fatto che le Commissioni paritetiche compartimentali specialmente del Mezzogiorno, marciano a passo di lumaca e non si degnano neppure di rispondere alle sollecitazioni degli interessati, che sopportano con esasperazione la denegata giustizia. L’interrogante, chiede, inoltre, se non si creda, invece di queste burocratiche modifiche, di ricorrere al solo e vero rimedio a questi inconvenienti a danno dei già troppo duramente colpiti esonerati politici, adottando il provvedimento di:

1°) lasciare al Sindacato ferrovieri la responsabilità di fatto e morale della riassunzione;

2°) epurare e cacciar via i funzionari e gli alti dirigenti responsabili di questo lento sabotaggio della giustizia e metter fine così allo sconcio che funzionari fascisti e reazionari, che furono direttamente responsabili o collaborarono indirettamente ai licenziamenti del 1921-22-23, compilino inutili circolari e mettano ostacoli alla pronta riabilitazione degli esonerati politici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non ritenga di emettere i provvedimenti opportuni perché i diritti di trasferta dei periti e consulenti tecnici incaricati dall’autorità giudiziaria siano equiparati a quelli concessi agli impiegati dello Stato con la circolare del Ministero del tesoro del 26 giugno 1946, numero 139009, con gli eventuali aumenti futuri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non intenda disporre affinché la Rassegna della Stampa, edita a cura della Presidenza del Consiglio, assolva la sua funzione di documentazione sulla stampa italiana e straniera, e cessi di propagandare ed avallare le informazioni e le considerazioni della stampa gialla italiana e straniera. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cerreti».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se non intenda emanare un sollecito provvedimento in merito alle concessioni a favore dei pensionati in base a convenzioni speciali, provvedimento vivamente atteso. Questi pensionati – come ad esempio i pensionati dell’O.N.A.I.R. (Opera Nazionale Alta Italia Redenta) – percepiscono pensioni irrisorie (che si aggirano sulle 200 lire mensili). È inumano ritardare l’emanazione di un decreto che deve por fine a una vera ingiustizia sociale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Conci Elisabetta, Carbonari, Battisti».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, ed il Ministro degli affari esteri, per sapere quali provvedimenti intendano prendere in conseguenza della scoperta nella città di Bologna di un centro malauguratamente costituito da sacerdoti, i quali, esulando dal loro ministero universalmente rispettato, si sono abbandonati ad una attività di redazione, stampa e diffusione di fogli clandestini, il cui contenuto avrebbe potuto aggravare la già difficile situazione internazionale del nostro paese e provocare turbamento nell’ordine pubblico. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Grazia, Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se ritenga opportuno di prendere in esame la situazione della scuola sussidiata e dei suoi insegnanti, dei quali la circolare diramata dal Ministero della pubblica istruzione col numero 6489/84 il 15 giugno 1946, relativa alla formazione della graduatoria per gli incarichi provvisori dei maestri elementari, non fa alcuna menzione. Poiché è noto che le scuole sussidiate recano un valido contributo all’insegnamento elementare, e che gli insegnanti sussidiati svolgono la loro opera con grande sacrificio in centri rurali spesso remoti e privi di ogni conforto, non si comprende perché tale categoria di lavoratori tenaci e silenziosi sia tuttora retribuita con emolumenti che appaiono veramente irrisori se raffrontati alle dure condizioni in cui il loro lavoro si svolge, e sia privata del riconoscimento del servizio prestato, ai fini dei concorsi e della concessione di incarichi provvisori nelle scuole elementari di Stato. Si attendono, pertanto, dal Ministro provvedimenti intesi a portare su di un piano di maggiore dignità gli interessi dei maestri sussidiati, consentendo che ad essi siano estesi i benefici di cui godono gli altri insegnanti elementari, fra i quali, appunto, il riconoscimento del servizio prestato, per ogni utile fine di carriera, e l’adeguamento del modestissimo emolumento percepito alle attuali esigenze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per conoscere se – dopo la mozione del Comitato direttivo della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che mette in rilievo come i più larghi strati del popolo siano convinti dell’importanza della ricerca scientifica – non sia stato vagliato l’urgente bisogno di stanziare un congruo fondo, da destinarsi ai laboratori universitari, e di rivolgere ai ricercatori l’incoraggiamento solidale del Governo, per dimostrare loro che la Nazione li segue ed è compresa della ideale portata e della pratica necessità del loro lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, per conoscere il motivo del provvedimento riguardante l’assegnazione al comune di Caltagirone delle acque del bacino idrico Bellia di Piazza Armerina, provvedimento lesivo degli interessi della popolazione di Piazza Armerina, sia per il danno che verrà arrecato ad oltre mille ettari di terreno coltivato a noccioleto e ad ortaggi, sia perché gli abitanti di Piazza Armerina non avrebbero più il quantitativo di acqua necessario per tutto il comune. La popolazione di Caltagirone potrebbe utilizzare le acque delle sorgenti Mascione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Romano».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere il suo pensiero in merito alla condizione economica dei parroci di moltissime parrocchie d’Italia, prive di beneficio. Trattasi di sacerdoti che esercitano il loro ministero in mezzo a ristrettezze economiche addirittura inverosimili. Basti dire che, col supplemento di congrua, riescono a realizzare appena diecimila lire all’anno, quanto non basta nemmeno a procurare loro il solo pane. Se si pensa che molti parroci appartengono a zona dove è passata la guerra ed ha tutto distrutto, in modo che sono rimasti privi di tutte le masserizie e, in alcuni casi, financo degli abiti, si vede come sia necessario ed indilazionabile un miglioramento economico, che metta questi benemeriti parroci in grado di non morire di fame. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Quintieri Adolfo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non sia il caso di emettere un provvedimento legale che imponga soprattutto alle aziende agricole di un certo valore produttivo di revisionare la situazione delle case dei contadini soprattutto salariati, provvedendo con certe norme a riparazioni o costruzioni da eseguire entro un determinato periodo, risollevando quindi in sicuri termini la penosissima situazione domiciliare di troppe famiglie di contadini. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non sia ritenuto opportuno un provvedimento legale che definisca il dovere di stabilire scuole professionali e di cultura generale, con opportuni programmi tecnici ed educativi, in tutte le aziende produttive di una certa importanza e di qualsiasi categoria ed anche nelle aziende minori d’ogni categorie, con opportuni consorzi sotto il controllo dello Stato e con gestione a carico delle aziende stesse. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se non ritenga opportuno seguire l’esempio del suo collega della marina, mantenendo in servizio fino al 31 dicembre prossimo gli operai anziani dipendenti dall’Amministrazione della guerra, che hanno raggiunto il 65° anno di età. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ravagnan».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere quali provvedimenti intenda promuovere allo scopo di reintegrare nei suoi diritti e nelle sue proprietà, confiscate dal fascismo a favore dell’Opera Balilla, il Corpo nazionale giovani esploratori italiani. Tale benemerita istituzione eretta in ente morale con decreto luogotenenziale n. 1881 del 21 dicembre 1916, possedeva un notevole patrimonio facilmente ancora oggi identificabile attraverso i verbali di consegna delle autorità tutorie dello Stato ed è nella necessità di tornarne in possesso per riprendere la sua piena attività. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Battisti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali provvedimenti intende prendere per assicurare il sollecito rimpatrio dall’Albania dei medici civili e militari, che senza un giustificato motivo vi sono trattenuti; e per conoscere inoltre quali provvedimenti pensa di adottare affinché le famiglie e gli stessi interessati, le cui sollecitazioni persistenti fanno supporre che entrambi si sentano trascurati o abbandonati, abbiano invece la garanzia che essi sono convenientemente assistiti e protetti dalle autorità politiche competenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Motolese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere:

  1. a) se non ravvisi opportuno accelerare ed intensificare le ricerche e gli accertamenti relativamente ai numerosissimi dispersi di guerra, così da poter fornire al più presto concrete notizie alle famiglie in ansia;
  2. b) se non ravvisi frattanto urgentemente necessario migliorare il trattamento economico delle famiglie dei dispersi, trattamento che è tuttora limitato al semplice sussidio di lire 10 (dieci) al giorno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Schiratti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della guerra e dei lavori pubblici, per sapere se, in vista del diminuito carico di lavori del Genio militare, per cui, nell’ambito dello stesso, è dato prevedere come opportuno e necessario, e per ciò prossimo, un vasto licenziamento di personale avventizio; ed in vista del carico di lavori, enormemente aumentato per quantità numerica ed importanza economica, del Genio civile, per cui spesso accade che il personale addetto alla assistenza tecnica dei lavori viene assunto di volta in volta, in loco, e per la sola durata dei lavori, e gli accertamenti ed i controlli ritardano oltre misura, il che tutto dà luogo ad inconvenienti di evidenza, non ritengano opportuno predisporre e, nelle forme debite, attuare urgentemente un travaso di personale tecnico amministrativo dal Genio militare al Genio civile, sopperendo alle esigenze di questo senza danneggiare quello, ed ovviando al presumibile grave inconveniente di porre in istato di disoccupazione migliaia di impiegati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Schiratti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se – dato che le pensioni delle donne non arrivano quasi mai a beneficiare per intero dell’aumento del 150 per cento sulle prime 12.000 lire in quanto non raggiungono tale somma – non ritengano necessario concedere in questo caso un assegno temporaneo e scalare sino a conseguire la somma globale di lire 25.000. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Taviani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se non ritengano necessario riparare all’errore compiuto dal legislatore del decreto n. 116 del 13 marzo 1945, consistente nel non tener presente che il personale proveniente dalle Forze armate, per disposizioni di legge contenute nel loro stato giuridico, viene messo in quiescenza al 52° anno di età per i sottufficiali e al 58° per gli ufficiali. Onde riparare a tale errore è necessario modificare il quarto capoverso dell’articolo 16 del decreto citato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Taviani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere i motivi per i quali il personale che prestò servizio presso i disciolti Uffici controllo formaggi – già alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura e delle foreste – non è stato a tutt’oggi liquidato delle indennità di licenziamento, fondo di previdenza, premio congiuntura, ecc.; e per sapere altresì se non si ritenga necessario ed urgente provvedere al più presto al pagamento di quanto sopra, tenuto presente che gli Uffici controllo formaggi vennero già disciolti in data 31 agosto 1945. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per conoscere se non sia doveroso ed urgente disporre anche a favore dei danneggiati dalle rappresaglie nazi-fasciste – in analogia a quanto già stabilito ed effettuato per i danneggiati dagli eventi di guerra – il pagamento di acconti (percentuale) sull’ammontare del danno denunciato e riconosciuto dagli organi competenti, con particolare riguardo alle categorie più bisognose. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri degli affari esteri e del lavoro e previdenza sociale per sapere:

1°) se siano a giorno della gravissima crisi che per la mancata emigrazione travaglia la provincia di Udine, dove l’emigrazione stagionale era abitualmente seguita in periodo prefascista da 90 mila lavoratori, e anche dopo essere stata contenuta in tutti i modi, giungeva a un terzo di tale cifra; dove (sia per il grande numero di operai in relazione all’attrezzatura industriale e all’economia della provincia, sia per la specializzazione localizzata delle maestranze) manca la possibilità di dar lavoro, malgrado le varie provvidenze del Governo e la buona volontà dei privati, alla maggior parte dei 53 mila disoccupati, e dove la situazione si è fatta particolarmente grave per il rimpatrio di tutti i comprovinciali dall’estero e dalla prigionia, e per il rovesciarsi in Friuli di sbandati, di profughi dalle Colonie e di esuli dalla Venezia Giulia;

2°) se siano a conoscenza del fatto che già il censimento dello scorso febbraio dava la cifra di oltre 27 mila lavoratori desiderosi di espatriare per assoluto bisogno di lavoro, numero ora notevolmente cresciuto; e che tale desiderio è reso dalla necessità così prepotente, da promuovere ormai su scala preoccupante l’emigrazione clandestina verso la Francia, con irreparabili danni morali, economici e sociali;

3°) se, in tali circostanze, non ritengano necessario e doveroso accelerare con ogni mezzo la ripresa della nostra emigrazione verso gli Stati che si mostrano disposti a riceverla, risolvendo con avveduta sollecitudine il problema di sostituire le rimesse degli emigranti con importazioni di merci utili alla Nazione;

4°) se e quali altre vie abbiano tentate o abbiano in animo di tentare, con la necessaria avvedutezza e solerzia, onde aprire nuovi sbocchi alla nostra emigrazione stagionale, con speciale riguardo a quelle maestranze, venete in generale e friulane in particolare, che già sono conosciute e apprezzate in tutta Europa e anche fuori d’Europa per perizia tecnica e saldezza morale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non si ritenga equo ed utile – in analogia a quanto disposto con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 20 settembre 1946, n. 159 (che ammette al concorso per titoli «coloro che esplichino in atto mansioni di funzionario di pubblica sicurezza per nomina e conferma ottenuta con disposizione delle autorità alleate, o con decreto prefettizio o con provvedimento dei Comitati provinciali di liberazione»), di estendere tale disposizione anche a quei funzionari dell’Amministrazione civile che si trovano nelle stesse condizioni di fatto e possiedano i requisiti voluti dal loro grado. Infatti le ragioni che hanno giustificato il provvedimento per i funzionari avventizi di pubblica sicurezza, sussistono in pieno anche per i dipendenti avventizi di prima e seconda categoria dell’Amministrazione civile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Filippini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità) e il Ministro dell’interno, sulla situazione dei farmacisti italiani già residenti in Tunisia. Espulsi dal Protettorato, confiscati i loro beni e le loro farmacie, essi vivono presentemente in patria senza mezzi di fortuna e nell’impossibilità di esercitare la loro professione. L’interrogante chiede se non si ritenga opportuno che, a favore dei suddetti farmacisti, la cui azione politica in Tunisia sia stata onorevole, si prendano subito dei provvedimenti speciali, come:

1°) il rinvio dei concorsi già banditi (di cui quello dell’11 ottobre 1946 a Roma) per la concessione di farmacie vacanti, onde consentire loro di prendervi parte;

2°) nel caso che si rendesse loro difficile la concessione della precedenza assoluta, riservare loro in ogni provincia una congrua percentuale di posti scelti con criteri di equità fra quelli di medio rendimento;

3°) autorizzazione ai prefetti a concedere loro in via temporanea e in seguito a richiesta quelle piazze farmaceutiche la cui occupazione non è prevista sulle piante organiche, basate sui censimenti remoti, e appaia conforme agli interessi della popolazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lussu».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga necessario procedere senz’altro, per le considerazioni che hanno inspirato il recente, provvido decreto di soppressione del ruolo degli Amministratori giudiziari, alla soppressione del ruolo dei Revisori ufficiali dei conti, istituito con decreto legislativo 24 luglio 1936, n. 1548, convertito nella legge 3 aprile 1937, n. 517. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Targetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, in accoglimento dei voti degli insegnanti fuori ruolo della scuola media, espressi dal Sindacato provinciale di Trapani, intenda:

1°) collocare a riposo tutto il personale in servizio che ha raggiunto il limite di età;

2°) bandire immediatamente concorsi per titoli tra i militari della guerra 1940-45 e fra i civili che abbiano prestato servizio di supplenza nelle scuole medie di ogni ordine e grado, in analogia al decreto luogotenenziale 25 aprile 1919;

3°) trasformare, prima del bando, in cattedre di ruolo i corsi collaterali che sussistono da tre anni e ripristinare o istituire a cattedre di ruolo quelle materie il cui insegnamento è per ora dato per incarico;

4°) pubblicare dati ufficiali relativi al numero di tutte le cattedre effettivamente vacanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro delle finanze, per sapere se non ritengano sia giunto il momento di definire la posizione degli stabili costruiti dal fascismo su terreno ceduto dai Comuni e con mezzi finanziari quasi sempre estorti ai lavoratori ed agli industriali, passandoli in proprietà definitiva dei Comuni. La legge Badoglio, che passa allo Stato tutte le proprietà fasciste, non ha tenuto conto che queste proprietà erano state dai fascisti estorte ai Comuni ed alle popolazioni delle singole città, che hanno oggi diritto di ritornare proprietarie di quanto è loro. L’interrogante chiede quindi se non si ritenga di modificare la legge Badoglio in questo senso. Tanto più che questi stabili affidati al Comune potranno avere una manutenzione più accurata, ed il loro uso – naturalmente per puri scopi di utilità generale – potrà essere assai più razionalmente disposto di quanto non possa fare lo Stato per un così ingente numero di stabili. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roveda».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga opportuno impartire precise disposizioni agli Uffici della Direzione generale delle bonifiche acciocché, superando le formule più rispondenti ai tempi, la cui sopravvivenza si spiega con la forma d’inerzia, caratteristica delle prassi burocratiche, diano larga applicazione, nelle concessioni di opere ai consorzi di bonifica, al sistema del forfait ed a quello della liquidazione a misura, abbandonando, fino a quando il mercato dei materiali e dei servizi non si riassesti, il sistema, attualmente preferito, della liquidazione a consuntivo. Si osserva al riguardo che il sistema a forfait consente allo Stato una previsione certa ed invariabile delle cosiddette «spese generali» e che il sistema della liquidazione a misura (consistente nell’applicazione di prezzi invariabili alle quantità di lavoro effettivamente eseguite) gli consente con molta approssimazione la stessa previsione certa ed invariabile delle spese predette, non potendosi aumentare le quantità se non mediante l’approvazione di perizie suppletive da parte di competenti organi statali; mentre nel sistema consuntivo, dovendosi rimborsare al Consorzio concessionario le spese effettive, lo Stato è andato sempre incontro a costi di molto superiori a quelli previsti in sede di progettazione e di concessione. La tendenza delle Commissioni liquidatrici di limitare il rimborso delle dette spese (che incidono notevolmente sul costo delle opere) con una percentuale massima e fissa non risponde a criteri di correttezza amministrativa, non essendo lecito allo Stato di ripudiare gli effetti del sistema di concessione che esso ha prescelto, soltanto perché le sue previsioni di convenienza vengono, a conti fatti, compromesse. Si aggiunge che, con le attuali esigenze dell’economia del Paese, di fronte alle quali assume specifico e predominante rilievo la rapidità dell’incremento produttivo, l’amministrazione, potendo scegliere fra i sistemi più sciolti e sistemi più macchinosi, deve preferire i primi: il sistema a consuntivo implica una enorme perdita di tempo per necessari minuziosi accertamenti delle Commissioni liquidatrici e per la conseguente elaborazione delle loro relazioni, con evidente dispendio dei Consorzi per indispensabile assistenza alle Commissioni liquidatrici e con evidente ritardo di tutte le attività consorziali e relativo onere sui Consorzi stessi, i quali, oggi, per la importante funzione che essi compiono nell’interesse della Nazione e della collettività in genere, devono invece essere agevolati ed incoraggiati per il raggiungimento degli scopi che la legge, nell’istituirli, si è prefissa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se, considerato l’attuale stato di incertezza e di disagio determinato dalla frammentarietà delle disposizioni finora emanate, non intenda provvedere sollecitamente alla pubblicazione integrale e definitiva delle disposizioni relative al pagamento del Premio della Repubblica, in base alle quali si possa stabilire secondo criteri legalmente definiti i diritti dei lavoratori in proposito, in particolare di quelle categorie sulle quali pesa la massima indeterminazione, quali vedove di guerra e pensionati. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Minella Angiola, Novella, Negro, Barontini Anelito».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della marina militare, per sapere se non creda necessario sollecitare la liquidazione delle competenze per il servizio partigiano prestato spettanti a ufficiali, sottufficiali e marinai, ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 93, e quella delle competenze arretrate per il periodo di prigionia agli ex internati già dipendenti dalla regia Marina. Tale liquidazione, che viene effettuata attualmente dal Ministero della guerra, non è stata ancora corrisposta dal Ministero della marina, che non risulta abbia ancora dato disposizioni in merito alle capitanerie di porto, creando così una diversità di trattamento non giustificabile e cause di profondo malcontento. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Minella Angiola, Novella, Negro, Barontini Anelito».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se, in considerazione delle precarie condizioni economiche di tutti i pensionati ed in modo particolare dei ferrovieri, non crede opportuno che siano sospesi «temporaneamente» tutti i collocamenti a riposo e cioè che sia accordata la conservazione in servizio a tutti quei ferrovieri che, pur avendo raggiunti i limiti di età fissati dal Regolamento vigente (58 e 62), ne faranno regolare domanda. Tale disposizione potrà essere abrogata solo quando saranno stati effettivamente pagati, ai pensionati, quei miglioramenti che attualmente sono in corso di approvazione, (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Faralli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, sui numerosissimi ufficiali e sottufficiali cui spetta da anni la promozione al grado superiore e per i quali da tempo furono istruite ed inoltrate le prescritte pratiche di avanzamento. Questo enorme ritardo provoca un disagio morale, che si riflette negativamente sul rendimento in servizio. Anche dal lato finanziario il ritardo, per moltissimi casi non imputabile agli interessati, è di notevole danno in quanto tutte le indennità occasionali, percepite nel grado inferiore a quello spettante, non sono suscettibili di conguaglio in sede di liquidazione degli assegni arretrati. Si dà infine il caso di ufficiali e sottufficiali che rivestono, ad esempio, il grado di tenente o di sergente maggiore, mentre spetterebbe loro rispettivamente, quello di maggiore o di maresciallo capo. Pur avendo essi, all’atto della promozione a capitano o maresciallo ordinario, il riconoscimento della giusta anzianità, non possono subito essere promossi al grado superiore, che già loro spetta, perché debbono trascorrere nel nuovo grado un periodo minimo di permanenza. E sulla voce che circola fra i numerosi interessati, che le «raccomandazioni» servirebbero ad estrarre e concludere le pratiche. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere come sono stati distribuiti fino ad oggi, a quali Ditte o Enti, e per quali importi, gli indumenti di provenienza americana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canevari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga giusto e conveniente provvedere acché:

1°) nei concorsi riservati ai perseguitati politici e razziali le lauree conseguite all’estero prima del 1942 dai perseguitati razziali costretti all’esilio e dichiarate equipollenti, a tutti gli effetti, alla corrispondente laurea conferita da un’Università italiana, siano equiparate, per quanto concerne la data di laurea, alle lauree ottenute nell’anno in cui la laurea fu conseguita all’estero;

2°) sia nei prossimi concorsi, sia nelle future norme sul conferimento delle supplenze e degli incarichi, le lauree conseguite entro un determinato termine dalla liberazione del territorio nazionale dall’occupazione tedesca da studenti già considerati di razza ebraica ed iscritti all’Università quando le leggi razziali entrarono in vigore siano equiparate, agli effetti della data in cui furono conseguite, alle lauree rilasciate nell’anno accademico a partire dal quale questi studenti, per essere andati fuori corso, furono definitivamente privati, con circolare ministeriale 16 gennaio 1939, del diritto di conseguire la laurea;

3°) nei concorsi a cattedre negli istituti governativi d’istruzione media, coloro i quali, per motivi politici o di razza, furono esclusi dagli incarichi e dalle supplenze, abbiano il diritto, a decorrere dalla data di esclusione, alla valutazione degli anni in cui rimasero assenti per tali motivi dalla scuola; e che tale disposizione si applichi indipendentemente dalla data di laurea nel caso di candidati i cui studi universitari, iniziati prima delle leggi razziali, furono interrotti in seguito all’emanazione della circolare ministeriale 16 gennaio 1939 e completati, entro un certo termine da fissarsi, dopo l’abrogazione delle leggi razziali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tessitori».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per sapere se l’Associazione nazionale internati e l’Associazione nazionale reduci hanno avuto il loro riconoscimento giuridico, in base anche alla richiesta formulata sin dal settembre 1946 dal loro Presidente a Roma. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zappelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ai dipendenti statali e parastatali di Verbania la misura dell’indennità caro vita deve essere corrisposta come al personale con sede in Comuni di grande importanza turistica, tenendo presente che appunto, fin dal giugno 1946, il Prefetto di Novara trasmise al Ministero parere favorevole al riconoscimento di Verbania come grande centro turistico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zappelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se sia attendibile la notizia relativa al progetto di costruzione di una strada carrozzabile di attraversamento della villa Ruffolo in Ravello e quali disposizioni siano state date dalla Sopraintendenza ai monumenti di Napoli per scongiurare la minaccia di scempio di uno dei luoghi più suggestivi del mondo.

(L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga oramai indilazionabile dare un riconoscimento per l’opera prestata e per i danni sofferti, talora assai gravi, al personale insegnante e dirigente che, all’atto dell’armistizio, si trovava a prestare la propria opera sia come personale di ruolo comandato, che come personale provvisorio appositamente assunto fuori del territorio nazionale e nelle terre che allora risultavano annesse od occupate. Poiché per una parte di questo personale erano state concretate provvidenze legislative che erano in corso di imminente pubblicazione, queste costituivano evidentemente un affidamento dello Stato italiano verso gli interessati. Risulterebbe, in armonia a quanto esposto, che da tempo il Ministro della pubblica istruzione avrebbe esaminata l’opportunità di sanare la posizione di questo personale e una Commissione appositamente nominata avrebbe presentato le sue conclusioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e dell’assistenza post-bellica, per conoscere se risulti loro che il Provveditore agli studi di Cagliari, nell’assegnazione degli incarichi e delle supplenze nelle scuole medie, non ha tenuto conto della legge 21 agosto 1921, n. 1312, che all’articolo 8 concede la precedenza agli invalidi di guerra, nella misura di uno ogni dieci, in tutti i posti di straordinariato e di avvenziato esistenti presso le pubbliche Amministrazioni. Tali disposizioni non possono intendersi superate dal decreto legislativo luogotenenziale 4 agosto 1945, n. 453, che anzi vi fa implicito riferimento all’articolo 4, né tanto meno dalla circolare 7717 del 1° luglio 1946 del Ministero della pubblica istruzione. Parrebbe quindi opportuno che i Ministeri interessati chiarissero al suddetto Provveditore che, tanto nell’ambito dei posti riservati agli abilitati, quanto tra i posti rimanenti per i laureati, la precedenza fino al dieci per cento spetta agli invalidi, salvo poi a computarla agli effetti dell’aliquota del cinquanta per cento riservata a tutti i reduci, come all’articolo 4 del citato decreto legislativo luogotenenziale 4 agosto 1945, n. 453. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere come e quando sarà provveduto alla sistemazione del personale della soppressa «Milizia della strada», tenendo conto che si tratta di personale che ha sempre esplicate mansioni tecniche e non politiche. Per sapere anche se non s’intenda ricostituire, sotto altro nome, l’importantissimo servizio, avvalendosi di tutto il personale tecnico licenziato che possa venire utilmente riassunto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere per quali particolari motivi il capo della polizia italiana signor Ferrari ha rilasciato al noto comandante repubblichino Enzo Grossi, assertamente residente a Brienno, un nulla osta, da lui stesso firmato, diretto alla questura di Como, allo scopo di ottenere il rilascio del passaporto per la Svizzera, Francia e Spagna per il commercio e la vendita di pastine alimentari. Il repubblichino Enzo Grossi, munito dell’eccezionale documento del capo della polizia italiana otteneva in pochissime ore, il passaporto, mentre seri commercianti e lavoratori comaschi che non hanno così improvvisate ragioni di commercio coll’estero, dopo parecchie settimane e talora dopo parecchi mesi di attesa si vedono respinta la domanda di passaporto, perché insufficientemente motivata. L’interrogante domanda, comunque, se sia nelle abitudini del capo della polizia italiana di rilasciare a privati individui documenti del genere che hanno l’evidente significato di un ordine scritto, al quale le questure non saprebbero in ogni modo sottrarsi o se tale intervento sia limitato al solo caso Enzo Grossi. Il fatto di cui più sopra è cenno, assume tutto il sapore di uno scandalo che investe nei suoi organi dirigenti la stessa polizia italiana, se risultasse conforme al vero la notizia, riportata dal giornale Milano-Sera del 28 ottobre, relativa a certi viaggi che il comandante Enzo Grossi faceva regolarmente fra Milano e Roma per non bene chiariti motivi di carattere politico. L’interrogante chiede che il Ministro dell’interno intervenga immediatamente con un’inchiesta e chiarisca le eventuali responsabilità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bernardi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere per quale motivo, sino a questo momento, non sono state corrisposte anche agli agenti di custodia che durante le elezioni per la Costituente e per il Referendum furono mobilitati per il mantenimento dell’ordine pubblico, le indennità straordinarie che invece sono già state liquidate a tutti gli altri agenti addetti a questo servizio. Per il rafforzamento del principio della disciplina, con i conseguenti benefici riflessi sull’andamento del servizio, gli agenti di custodia delle carceri sono stati equiparati, a tutti gli effetti, agli agenti di pubblica sicurezza per cui, avendo essi caratteristiche e funzioni analoghe a quelle degli altri Corpi armati in servizio di pubblica sicurezza non dovrebbero essere esclusi dai benefìci economici concessi a tali corpi impegnati in servizio d’ordine pubblico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Trulli».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro del tesoro, per sapere, se, conformemente ai voti ripetutamente espressi dai vari congressi della cooperazione ed in considerazione delle innegabili esigenze di vita e di sviluppo del movimento cooperativo, non ritengano di dar vita all’Istituto nazionale di credito per la cooperazione o quanto meno di costituire presso enti bancari di portata nazionale un fondo particolare con garanzia dello Stato, a favore della cooperazione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ghislandi, Roselli, Vischioni».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se non intenda applicare su maggiore scala l’assegnazione di generi alimentari e di abbigliamento, provenienti da rifornimenti americani, verso le Cooperative che servono il popolo e combattono la speculazione dei privati, per impedire che per altre vie la merce vada a finire al mercato nero. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ghislandi, Roselli, Vischioni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se intende procedere con la necessaria urgenza all’istituzione in Sardegna delle commissioni arbitrali per la composizione delle controversie tra terrieri e pastori affittuari, e se abbia dato nel frattempo disposizioni alla Magistratura affinché sospenda i sequestri giudiziari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga opportuno autorizzare i produttori sardi a trattenere il quantitativo di orzo necessario all’alimentazione del bestiame, in difetto del granone mais che altrove viene utilizzato a tale scopo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non intende rivedere le disposizioni vigenti in materia di patronato scolastico, aumentando il contributo dei comuni e adottando convenienti misure a carico delle categorie più abbienti, al fine di assicurare una migliore assistenza e di favorire le più assidue frequenze degli alunni. E se non ritenga altresì necessario disporre misure adeguate per assicurare i locali necessari al buon funzionamento della scuola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere le ragioni che hanno determinato la corresponsione delle razioni viveri in contanti agli Ufficiali internati in mano tedesca, soltanto e per il solo periodo di prigionia posteriore al 15 febbraio 1945, quando è a tutti noto l’infame trattamento alimentare praticato dai tedeschi fin dall’inizio della prigionia e, ancora, per conoscere i motivi della mancata estensione del provvedimento a favore dei sottufficiali e soldati in mano tedesca che tanto soffersero e soffrono in causa dell’iniquo trattamento alimentare. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ferrarese».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministri dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se non ritengano che il Prefetto di Belluno abbia esorbitato dai suoi poteri, avendo, con suo decreto del 4 ottobre 1946, autorizzato l’Ufficio provinciale del lavoro a richiedere, a tutte indistintamente le cooperative, la presentazione dei loro bilanci e dei loro statuti, «per l’accertamento della rispondenza di requisiti mutualistici richiesti dalle vigenti leggi». Si fa presente:

1°) che nessuna disposizione legislativa ha mai investito gli Uffici provinciali del lavoro di una funzione di vigilanza sulle cooperative;

2°) che è la legislazione fiscale che concede speciali agevolazioni alle cooperative alle condizioni che esse posseggano determinati requisiti mutualistici e che perciò spetta solo all’Amministrazione finanziaria l’accertamento di questi requisiti, limitatamente alle cooperative che intendono usufruire delle agevolazioni fiscali;

3°) che le vigenti leggi già fanno obbligo alle cooperative di inviare i loro bilanci ed i loro statuti al Ministero del lavoro, oltre che a molti organi della pubblica Amministrazione, secondo la loro natura, e che perciò non si vede come possa essere utile ed opportuno, disporre che gli Uffici provinciali del lavoro, dipendenti dal Ministero del lavoro, raccolgano documenti che il Ministero stesso già possiede o dovrebbe possedere;

4°) che una ingerenza degli Uffici provinciali del lavoro sulla costituzione e sulla gestione delle cooperative, non essendo nei compiti degli Uffici stessi, non può essere autorizzata, in base all’articolo 19 della legge comunale e provinciale, con decreto prefettizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cimenti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga urgente emanare un provvedimento o, nella ipotesi che questo sia già in preparazione, sollecitarlo, allo scopo siano devoluti alla competenza dei tribunali ordinari i giudizi sui reati di rapina aggravata ed estorsione aggravata. Tale provvedimento, ad avviso del sottoscritto, si rende necessario per la impossibilità in cui si trovano gli Uffici giudiziari di provvedere alla definizione davanti le Corti d’assise ordinarie, con giudizio rapido, dei numerosissimi processi in corso: ciò che è causa di grave malcontento fra le centinaia di detenuti in attesa di giudizio, con possibile ripetersi di reazioni, ammutinamenti e rivolte nelle carceri, nel mentre tale stato di cose è anche causa di turbamento nella pubblica opinione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tessitori».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non creda opportuno adottare per il personale di concetto e di ordine, collocando a riposo, delle Intendenze di finanza (gruppi A e C), l’identico trattamento accordato ai funzionari ed impiegati di ragioneria (gruppi B e C), ai quali viene concesso di rimanere in servizio sino al settantesimo anno di età, mentre il suddetto personale di concetto e di ordine viene mandato in quiescenza anche a sessantotto anni di età, anche se in grado di prestare ancora utile servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere per quali motivi il personale delle disciolte organizzazioni sindacali, licenziato il 30 maggio 1945, non abbia ancora percepito le spettanze di liquidazione ad oltre 18 mesi dalla cessazione del rapporto d’impiego ed a malgrado della costituzione presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale di un apposito ufficio coordinamento liquidazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Badini Confalonieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere se e quali provvedimenti intenda adottare per venire incontro alle giuste aspirazioni dei sottufficiali piloti, i quali, in materia di avanzamento, si trovano in una condizione di netto svantaggio rispetto ai pari grado degli altri ruoli e categorie. Tale situazione, che costituisce un grave pregiudizio per gli interessati, particolarmente nella imminenza dei provvedimenti di sfollamento, ha determinato uno stato di profondo malcontento, al quale urge ovviare, provvedendo perché i sottufficiali piloti, primi nei disagi, nei sacrifici e nelle responsabilità, abbiano un trattamento almeno eguale a quello del personale similare degli altri ruoli e categorie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Giordani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga opportuno venire incontro ai viticultori del Campidano di Cagliari, che negli ultimi quattro anni hanno avuto annullato il raccolto dalla siccità, aderendo alle richieste da essi formulate nel convegno del 25 novembre ultimo scorso:

1°) esenzione dalle tasse per l’annata 1946-47;

2°) concessione di crediti rimborsabili in 20 anni ad un tasso d’interesse non superiore all’1,50 per cento;

3°) acceleramento dei lavori per l’irrigazione del Campidano con le acque del basso Flumendosa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere:

1°) perché i maestri pensionati furono esclusi dal beneficio concesso ai pensionati statali col decreto legislativo luogotenenziale del 13 marzo 1945, n. 116, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1945;

2°) perché con il decreto legislativo luogotenenziale del 6 febbraio 1946, n. 160, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 1946, n. 88, si concedeva un assegno di contingenza nelle misure di lire 10.960 annue sulle pensioni dirette e di lire 9600 sulle pensioni indirette a tutte le categorie a carico delle casse di previdenza dei sanitari, degli impiegati e dei salariati degli enti locali, nonché degli ufficiali giudiziari, mentre ai maestri pensionati lo stesso assegno veniva concesso nella misura di lire 6000 sulle pensioni dirette e di lire 4800 sulle indirette;

3°) perché l’ultimo acconto concesso ai pensionati è stato corrisposto a tutte le categorie nella misura di lire 1500 ed ai maestri nella misura di lire 800. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le ragioni per le quali si è creduto opportuno modificare, mediante telegramma del Ministro Gonella, n. 9630 del 13 agosto corrente anno, l’ordinanza ministeriale n. 7777 del luglio corrente anno a firma Molè. In seguito a tale telegramma il servizio prestato dopo il conseguimento della laurea nelle scuole legalmente riconosciute doveva essere ritenuto valido, alla stessa stregua di quello prestato negli istituti governativi e pareggiati, a favore anche degli aspiranti sforniti di abilitazione, mentre invece in base all’ordinanza n. 7777 era ritenuto valido il servizio prestato «dopo il conseguimento del titolo di abilitazione». A una precedente interrogazione dell’onorevole Costantini, il Ministro giustificò il suo telegramma affermando non essere ammissibile alcuna interferenza fra la scuola privata e quella pubblica, la prima dovendosi considerare autonoma rispetto all’amministrazione dello Stato. La situazione che deriva dal telegramma sopra accennato è che la scuola privata si vede riconosciuti tutti i diritti e i vantaggi della scuola pubblica, ma ne respinge i doveri (chiamata degli insegnanti per fiducia e non per concorso) conseguendo così la scuola privata una condizione di privilegio rispetto a quella pubblica in quanto che i titoli conseguiti nella prima danno diritto di accesso alla seconda, ma quelli conseguiti nella seconda non danno alcun diritto di accesso alla prima. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Codignola, Lombardi Riccardo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le ragioni per le quali è intercorso un grave e pregiudizievole ritardo nei trasferimenti dei professori, trasferimenti la cui pubblicazione era stata preannunciata per il 31 luglio. Detto ritardo, rendendo impossibile la nomina tempestiva dei supplenti fissata dal Ministero stesso per il 21 settembre ultimo scorso, ha provocato la grave conseguenza che la scuola pubblica si è dovuta riaprire senza organici ben definiti con un numero di insegnanti insufficiente o con insegnanti sempre in attesa di raggiungere nuove sedi, mentre, d’altra parte, la scuola privata ha potuto provvedere tempestivamente all’immediata ripresa delle regolari lezioni lasciando nelle famiglie la ben giustificata convinzione che la scuola pubblica è disordine, mentre la scuola privata è ordine e regolarità. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Codignola, Lombardi Riccardo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga essere il caso che fino all’emanazione della nuova Costituzione siano mantenuti in carica quei reggenti di provveditorati agli studi nominati dai C.L.N., i quali, oltre a possedere titoli adeguati, hanno dato e continuano a dare prova di capacità, di serietà e di imparzialità. E se non ritenga il caso, anche per illuminare l’opinione pubblica, di pubblicare una tabella comparativa dei titoli posseduti dai provveditori nominati in base alla legge De Vecchi del 1936 e quelli di coloro che attualmente reggono lo stesso ufficio per incarico del C.L.N.; la legge De Vecchi infatti stabiliva che i provveditori potevano essere scelti a giudizio insindacabile del ministro fascista dai ruoli dell’amministrazione scolastica o di altre amministrazioni dello Stato o addirittura fra persone estranee all’amministrazione statale che a giudizio insindacabile del predetto ministro dessero garanzia di capacità (leggi: che avessero meriti fascisti). Molti dei provveditori nominati in base a tale legge provenivano perfino dagli ufficiali del regio Esercito in servizio permanente effettivo, altri erano giovani ventisettenni estranei completamente alla scuola, altri erano professori ancora straordinari o comunque non ancora in possesso dei titoli richiesti. Si citano fra gli altri alcuni nominativi risultanti dal ruolo di anzianità edito nel 1939 del Ministero: Aru Luigi, nominato provveditore a 27 anni, estraneo a qualsiasi amministrazione di Stato; Valitutti Salvatore, nominato provveditore a 30 anni non proveniente da alcuna amministrazione di Stato; Valsesia Giuseppe, nominato provveditore nel 1938 quando ancora era professore straordinario; Mauro Vincenzo, non proveniente da alcuna amministrazione di Stato; Pastina Giorgio, Rivara Luigi, Pigli Mario, tutti e tre nelle stesse condizioni del precedente; Mendolia Liborio, impiegato al Ministero delle finanze nominato provveditore nel 1938; Di Tucci Raffaello impiegato al Ministero degli interni nominato provveditore nel 1936; Businelli Alberto militare dal 1914 al 15 giugno 1936 e perciò presumibilmente in servizio permanente effettivo nominato provveditore nel 1936. Gli interroganti desiderano sapere sa fra i «funzionari tecnici di ruolo», di cui una interrogazione dell’onorevole Tuminelli auspica il ritorno nella scuola (interrogazione che ha avuto una pronta adesione nella risposta del Ministro), sono compresi anche i provveditori sopra citati. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Codignola, Lombardi Riccardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se è a loro conoscenza che la quasi totalità delle pensioni di guerra non vengono corrisposte, che le domande restano inevase e che nonostante i ripetuti solleciti le Amministrazioni comunali non ricevono alcun libretto di pensione che permetta anche minimamente di poter soddisfare le numerose domande di pensione di partigiani, di vittime civili di guerra e di vittime militari. La quasi totalità dei richiedenti è costituita da famiglie in estreme difficoltà economiche e che provate duramente dalla perdita dei loro cari o da minorazioni fisiche attendono sfiduciate il doveroso ausilio della pensione. Al Sottosegretariato per le pensioni di guerra è opinione comune che questo stato di cose derivi dallo scarso numero degli impiegati preposti al disbrigo delle pratiche. Non sarebbe allora possibile aumentare adeguatamente il personale all’occorrenza sottraendolo a quei Ministeri che notoriamente ne dispongono in numero superiore alle esigenze? (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Landi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’industria e commercio, per sapere se non ritengano opportuno e urgente intervenire presso la Direzione generale dell’A.R.A.R. per impedire che i comuni, le amministrazioni provinciali, gli enti pubblici in genere quando devono procedere ad acquisti di residuati di guerra occorrenti per i loro servizi, specialmente moto-autoveicoli, debbano sottostare alle aste pubbliche in concorrenza con privati, che riescono sempre a prenderli perché gli enti pubblici non possono avere la stessa elasticità e spregiudicatezza nello svolgimento delle operazioni necessarie. Ciò offende la dignità degli amministratori, diminuisce il prestigio dell’ente e pregiudica il buon funzionamento dei servizi. Se non ritengano altresì doveroso, subordinatamente agli enti sopracitati, concedere la precedenza alle cooperative negli stessi acquisti di residuati di guerra occorrenti per i loro servizi, in considerazione del carattere sociale ed economico delle stesse e della necessità di agevolarne lo sviluppo e il buon funzionamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Landi».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Governo e il Ministro delle poste e telecomunicazioni, per conoscere quali sono le ragioni per cui lo sciopero dell’agosto 1922 non sia stato ancora riconosciuto sciopero politico e per sapere quali provvedimenti si intenda prendere in sede di Governo onde soddisfare le logiche richieste di quegli ex dipendenti delle Poste e Telegrafi, che – per avere partecipato a tale sciopero – furono a suo tempo dichiarati dimissionari e sono ancora oggi fuori servizio. Va rilevato che le numerosissime istanze degli interessati a causa di tale mancato riconoscimento, vengono categoricamente respinte dalle Amministrazioni delle poste e telegrafi. Pertanto risulta particolarmente urgente l’emanazione di un provvedimento che, rifacendosi allo spirito del decreto legislativo luogotenenziale 30 novembre 1945, n. 880, stabilisca una volta per sempre la natura politica dello sciopero in questione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Novella, Negro, Minella Angiola, Barontini Anelito».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica) e il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritengano necessario istituire nel Compartimento ferroviario di Reggio Calabria, come del resto, in tutti gli altri compartimenti d’Italia, una consulenza medica d’ufficio, gratuita, per le malattie di petto. Si rileva che, mentre sono stati nominati specialisti consulenti in medicina interna, in chirurgia, in neuropatologia, in otorinolaringoiatria ecc., non è stato ancora previsto il consulente specialista in malattie di petto. L’interrogante fa rilevare che tra il personale ferroviario si sono verificati alcuni casi pietosi di tubercolosi polmonare, non potuti assistere dal Compartimento suddetto per mancanza di tale consulenza, gravando cosi le famiglie di una spesa, oggi insopportabile, ed in pari tempo, pregiudicando la sanità per i compagni di lavoro e per il pubblico, perché non bene osservati e diagnosticati in tempo utile. In pari tempo l’interrogante chiede di sapere se non sia opportuno ed equo estendere al personale ferroviario di ruolo la legge sull’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, come avviene per le altre categorie di lavoratori, particolarmente esposti e particolarmente indigenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se, in dipendenza dal decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1946, n. 226, non sia opportuno esaminare la situazione dei piccoli appaltatori, aggravatasi enormemente in questo periodo di disagiata economia, e predisporre dei provvedimenti a favore, dei contratti relativi ad opere, il cui importo non superi i 5 milioni e garantire così una possibilità di vita anche alle imprese più modeste, che in genere sono affidate ad autentici lavoratori. La situazione che si è venuta a creare dopo gli accordi salariali con le organizzazioni sindacali degli edili, è la seguente:

1°) con il decreto 5 aprile 1946, n. 226, era prevista una procedura celere e rapida per la revisione dei contratti stipulati prima di tale data. Ma tale procedura non viene eseguita né ai fini di liquidare i crediti, né ai fini di concedere almeno il 5 per cento di essi. I Provveditorati alle opere pubbliche si giustificano adducendo dubbi di interpretazione, che hanno dato motivo a richiesta di chiarimenti;

2°) il riconoscimento di nuovi miglioramenti salariali riconosciuti negli altri settori dell’industria fa sì che non si possa procrastinare ulteriormente il riconoscimento di analoghi miglioramenti anche ai lavoratori dell’edilizia. Tali ulteriori miglioramenti metterebbero però tutte le imprese di portata più modesta, nella pratica impossibilità di poter disporre dei mezzi liquidi necessari per far fronte ai pagamenti stabiliti in una nuova misura. Ne sorgerebbe così la conseguenza che da parte di questi ultimi si dovrebbe sospendere i lavori con aumento della disoccupazione e con la rovina di essi, con pregiudizio dell’andamento generale della ricostruzione nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere, se non ritenga opportuno disporre che i liberi docenti in materie letterarie possano essere nominati senza concorso titolari delle cattedre corrispondenti nelle scuole dell’ordine medio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici e della pubblica istruzione, per sapere se – dato che un’altissima percentuale degli edifici destinati al culto, per non dire la quasi totalità, riveste carattere artistico e monumentale costituendo, oltre che un patrimonio religioso, un patrimonio vivo dello Stato ai fini culturali e artistici – non sia il caso di affidare tutti i lavori di riparazione, restauro e ricostruzione di questi edifici all’organo dello Stato più competente in materia, che è l’Amministrazione delle Belle Arti. L’Amministrazione dei lavori pubblici, già oberata di lavoro per tutte le altre necessità del momento, non può assolvere l’importante e delicatissimo compito con la competenza desiderabile per lo stesso indirizzo necessariamente tecnico che informa l’attività specifica del Genio civile. Né si può parlare di collaborazione giacché, quasi sempre, il problema puramente tecnico è così indissolubilmente connesso ai problemi storici, stilistici, ambientali, scientifici, di grande delicatezza che il lavoro non può essere assolto se non da chi abbia una specifica competenza e una adeguata preparazione culturale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, intorno alla persistente e continua requisizione delle abitazioni private, specialmente di quelle fornite di suppellettili domestiche, da parte delle forze militari straniere occupanti, nonostante che la guerra essendo terminata sia del pari cessato il diritto di requisizione delle cose private; ciò particolarmente in Napoli, dove la penuria delle abitazioni per effetto di oltre cento bombardamenti praticati dalle forze militari straniere, è davvero impressionante, e quindi sulla opportunità di sottoporre il caso ai capi militari ed ai rappresentanti diplomatici delle stesse potenze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Labriola».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere le ragioni specifiche per le quali ha adottato il decreto del 28 ottobre 1946 (riportato nella Gazzetta Ufficiale del 4 novembre) e con il quale ha vietato ad una ditta romana di allestire, in provincia di Caserta, vari impianti per la fabbricazione di fibre tessili artificiali e dei relativi manufatti. E per conoscere altresì – in considerazione che tali impianti avrebbero assorbiti oltre 5000 operai, con 1.500.000 giornate lavorative, con una produzione di 14.000 tonnellate di fiocco e 2000 tonnellate di rayon e tessuti e filati corrispondenti, che a loro volta avrebbero potuto alimentare la celebratissima industria serica di San Leucio – se il Ministro non creda di riesaminare la istanza della Ditta romana, che impiegava 750 milioni quale capitale sociale. E se infine non creda di tener conto delle ulteriori informazioni fornite dal Prefetto e dalla Camera di commercio non solo sull’enorme vantaggio della impresa per la provincia di Caserta, ove si lamenta una esasperata disoccupazione, ma anche sulla possibilità di approntare le materie prime, le quali, già in gran parte attualmente esistenti, potrebbero fra pochi mesi, e cioè a costruzione ultimata degli edifizi, essere sufficienti per la produzione di fibre tessili artificiali ad alta potenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fusco».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga necessario in riferimento al decreto Gullo sui canoni di affitto agricoli 1945-46, che il canone nelle affittanze di piccole unità colturali e di coltivazione diretta sia più equamente calcolato, anche in relazione a valutazioni obbiettive dei bisogni minimi di vita delle famiglie coltivatrici numerose costrette a vivere del reddito di aziende agricole di minima entità e per le quali sono eccessivamente onerosi i conteggi secondo i criteri già fissati dal decreto Gullo stesso; e se di conseguenza ritenga la necessità di costituire organi arbitrali con rappresentanza paritetica delle parti interessate allo scopo di deliberare l’equo affitto nei casi sopraindicati ed in vista delle necessità sociali richiamate, pur confermando in via di massima le disposizioni circa la riduzione del valore dei prodotti del suolo presi a riferimento, così come già sanciti dal decreto Gullo. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Clerici, Jacini, Meda, Arcaini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere le ragioni che lo hanno indotto a sottrarre inopinatamente il territorio di Cesarò alla naturale antica giurisdizione del tribunale di Mistretta, commettendo così una ulteriore grave ed ingiustificata mutilazione del distretto della Corte di appello di Messina. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione), per sapere se è vera la notizia pubblicata da alcuni giornali, secondo la quale sarebbero giunti in Italia considerevoli quantitativi di carne congelata, che invece di essere venduta al pubblico a lire 100 il chilogrammo è stata assegnata ai grossisti dell’Emilia, che ne avrebbero confezionato della mortadella da rivendere a lire 400 il chilogrammo. E per conoscere se l’onorevole Presidente del Consiglio intende intervenire presso gli organi competenti dell’alimentazione per mettere nella sua giusta luce la notizia succitata che, se vera, dimostra come ancora si continua a servirsi degli stessi sistemi di favoritismo che caratterizzarono 20 anni di fascismo, e se intende per l’avvenire controllare tutte le importazioni dall’estero di derrate alimentari ed evitare la speculazione dei grossisti che, godendo di speciali simpatie negli Uffici centrali dell’alimentazione, realizzano enormi utili che potrebbero andare invece a beneficio delle cooperative di consumo gestite dai lavoratori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga finalmente di disporre perché il servizio di conservazione dei vecchi catasti dei terreni, da legge fascista accentrato, con danno rilevantissimo del pubblico, negli Uffici tecnici erariali, sia restituito agli Uffici distrettuali delle imposte dirette, quando è notorio che in ben pochi di questi ultimi esiste copia del catasto rustico della circoscrizione e che là dove questa copia esiste, essa non offre garanzia di sorta, posto il modo con cui fu compilata ed è tenuta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fantoni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non creda doveroso ed urgente:

1°) di istituire sulla linea ferroviaria a trazione elettrica Udine-Tarvisio una nuova coppia di treni la quale, a disposizione principalmente degli operai che, in particolare dalle stazioni di Gemona, Artegna e Tarcento, si recano per lavoro a Udine, serva a togliere l’affollamento enorme (vi sono circa mille abbonamenti fra Gemona ed Artegna) che esiste nei treni numeri 1635 e 1644;

2°) di disporre, in ogni caso, perché – approssimandosi i rigori dell’inverno – sia migliorata la composizione dei due treni stessi, che ora eseguono il trasporto dei viaggiatori con sei carri bestiame e quattro sole vetture, nel senso di eliminare o diminuire i primi ed aumentare le seconde. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fantoni».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica) e il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a favore dei veterinari coloniali civili reduci dall’Africa, i quali, in gran parte, trovansi senza impiego dopo cinque anni di prigionia, e per conoscere, inoltre, se una migliore organizzazione dei servizi non consenta la loro occupazione, date le numerose e sempre maggiori esigenze dell’industria zootecnica. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Lussu, Cianca, Pertini, Amendola».

«Le sottoscritte chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, perché renda noto quali sono i criteri ai quali si attiene per valutare la posizione dei presidi di istituti e dei provveditori agli studi nominati ai loro posti dopo la liberazione dai C.L.N., che ne avevano la facoltà per espressa delega del Governo; e perché esponga i motivi che metodicamente lo convincono ad allontanare dai loro posti detti presidi e provveditori, nonostante l’ottima prova da essi data nell’esplicazione delle loro mansioni, sostituendoli quasi sempre con elementi notoriamente compromessi col passato regime e spesso anche già sottoposti a procedura di epurazione (vedi casi provveditori agli studi di Verona, Istituto magistrale di Parma, Istituto Berchet di Milano, ecc.). (Le interroganti chiedono la risposta scritta).

«Rossi Maria Maddalena, Noce Teresa».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio e dell’agricoltura e foreste, per sapere se sia a loro conoscenza che il Consorzio canapa ha provveduto all’acquisto per la provincia di Bologna di seme canapa assolutamente non idoneo alla medesima zona ed allo scopo di fare la concorrenza al Consorzio delle cooperative, che ha il seme effettivamente idoneo alla zona, tenta di vendere il predetto seme a lire 100 di meno di quanto gli costa arrecando al Consorzio un danno di qualche milione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio e dell’agricoltura e foreste, per sapere se e quando intendano provvedere alla regolarizzazione dell’amministrazione del Consorzio canapa dopo che in una riunione di lavoratori, di coltivatori diretti e di agrari convocata dal vice commissario del Consorzio stesso per giovedì 31 ottobre scorso, in Bologna, tutti quanti i rappresentanti delle varie categorie delle quattro provincie canapicole, si sono manifestati nettamente contrari all’attuale indirizzo del Consorzio canapa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritiene necessario e doveroso che ai prossimi concorsi per insegnamento nell’ordine medio delle scuole riservati ad alcune categorie, siano ammessi anche i laureati e le laureate in lettere, scienze e lingue, che pur avendo tutti gli altri titoli necessari, sono stati esclusi dai concorsi banditi con decreto ministeriale 28 dicembre 1942 non avendo il requisito allora richiesto dell’iscrizione al partito fascista. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali motivi siano valsi a far negare ai professori universitari che abbiano raggiunto il limite di età quel mantenimento in regolare servizio per la durata di un anno concesso ai magistrati con decreto legislativo 30 aprile 1946, n. 35, articolo 8. E per conoscere, inoltre, se il Ministro e l’Amministrazione centrale della pubblica istruzione abbiano notizia del grave ed ingiustificabile disordine ed abbandono in cui vengono già a trovarsi insegnamenti ed istituti fondamentali della ormai travagliatissima Università italiana. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Marchesi, Colonnetti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della marina mercantile, per sapere se ritiene che il trattamento applicato agli ufficiali, sottufficiali e comuni della Marina mercantile internati o prigionieri per cause dipendenti dalla guerra, sia da considerarsi equo rispetto a quello usato nei riguardi dei militari delle forze armate ugualmente internati o prigionieri, pur avendo i marittimi adempiuto con abnegazione doveri e sacrifici analoghi a quelli dei militari. L’interrogante chiede per quale motivo l’Ufficio corresponsione assegni di Roma – via Sabini 7 – preposto alla liquidazione dell’inadeguato trattamento previsto da disposizioni di legge in data 7 aprile 1941 frapponga così lungo tempo al pagamento di dette liquidazioni e non comunichi nemmeno, su richiesta degli interessati, l’ammontare delle stesse ed i criteri in base ai quali esse vengono conteggiate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Faralli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere da quale Ministero dipenda effettivamente il Corpo di polizia ferroviaria, dato che attraverso le informazioni assunte presso la questura o il compartimento ferroviario non risulta se esso sia alle dipendenze del Ministero dei trasporti o del Ministero dell’interno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vischioni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere:

1°) quali provvedimenti intenda prendere per definire al più presto la situazione dei dispersi e delle loro famiglie allo scopo di liquidare loro una pensione;

2°) se nell’attesa di tale definizione, non intenda aumentare l’ammontare degli assegni di assistenza al fine di non fare, dei figlioli: dei candidati alla tubercolosi; delle spose: delle candidate alla prostituzione; dei parenti: dei candidati alla mendicità.

«È da far presente che le famiglie dei soldati dispersi nell’ultima guerra continuano a percepire somme irrisorie a titolo di assistenza; che le povere vedove, per mantenere le loro creature sono costrette ad un doppio lavoro: quello della casa e quello dell’officina; e, in mancanza di quest’ultimo, sono costrette a tutte le rinunce, a tutti gli avvilimenti compreso il mercimonio del loro corpo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vischioni».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se confermi la notizia che il Governo intenda proporre una legge che introduca l’assicurazione obbligatoria degli agricoltori di tutta Italia contro i danni a causa del flagello della grandine, inspirandosi al principio di solidarietà e mutualità nazionale fra quanti conferiscono coi loro beni e colla loro opera alla produzione agricola e alla prosperità del Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gasparotto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, sulla situazione di grave disagio finanziario in cui vengono a trovarsi i comuni sinistrati dalla guerra in conseguenza del criterio restrittivo che si va adottando nell’applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 24 agosto 1944, n. 211, sulla integrazione dei disavanzi economici dei bilanci delle Amministrazioni provinciali e comunali; il criterio, cioè, secondo il quale si nega, sia pure parzialmente, il contributo in capitale, disponendo invece l’assunzione di mutui da parte dei comuni per far fronte alle loro necessità. L’interrogante chiede di sapere se, in considerazione delle speciali condizioni dei comuni sinistrati, il Ministro non ritenga opportuno di fissare per essi una particolare norma in merito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Camangi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se siano in corso discussioni con l’Opera nazionale combattenti al fine di venire incontro nel miglior modo possibile alle aspirazioni dei contadini della montagna della zona pontina, i quali vedono con preoccupazione maturare i termini pel riscatto dei poderi da parte dei coloni dell’Opera combattenti, senza un contemporaneo esame della loro antica aspirazione di avere assegnata una parte della terra in pianura. Sembra all’interrogante che potrebbesi contemperare il diritto dei coloni con la richiesta dei contadini della montagna attraverso una intesa in spirito di reciproca buona volontà e sotto l’autorevole egida dell’autorità governativa. L’interrogante fa infine presente che, a causa di agitazioni talvolta spontanee e non raramente artificiose, che si vanno creando nella zona, il problema potrebbe destare in un vicino futuro serie preoccupazioni per l’ordine pubblico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Andreotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, perché dica se è vero che, in occasione del recente viaggio negli Abruzzi del Capo provvisorio dello Stato – attorno al quale, con schietto e commovente impulso di confidente simpatia, si sono strette quelle popolazioni, in spettacolo di ordinata concordia – egli abbia ordinato che si vietasse a tutti i partiti ed a tutte le Associazioni di recare in pubblico le proprie bandiere; e, se vero – come indubitabilmente risulta al richiedente per diretta informazione – perché si giustifichi dall’avere così gravemente offeso in uno i diritti di associazione e di espressione organizzata del pensiero politico, ponendo in moto contro la libertà dei cittadini quel potere di polizia di cui tanto parsimoniosamente si avvale contro i nemici della stessa libertà. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se non ritenga opportuno, per eliminare lo stato di incertezza e di disagio morale degli ufficiali che hanno tenuto sotto ogni aspetto fede al loro onore di soldati, di confermare con una formale dichiarazione, i propositi manifestati dal Sottosegretario alla guerra in una sua lettera al Lavoro di Genova nel settembre scorso, di procedere, nell’applicazione del decreto 14 maggio 1946, n. 384, al collocamento nella riserva di autorità di tutti gli elementi compromessi, ivi compresi, senza eccezione di sorta, i discriminati di prima categoria colpiti da sanzioni disciplinari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Foa».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se corrisponde a verità quanto pubblicato dall’Unità del 2 novembre circa l’avvenuta cancellazione, in via amministrativa, di alcuni nominativi delle liste dell’Ovra la cui pubblicazione fu a suo tempo disposta dal Governo, e per sapere se esso non ritenga necessario troncare le polemiche periodicamente ricorrenti, circa l’appartenenza all’Ovra di questa o di quella personalità politica e promuovere una inchiesta parlamentare o quanto meno dare qualche esauriente comunicazione atta a tranquillizzare l’opinione pubblica circa la procedura seguita nella pubblicazione dei nominativi compromessi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Lombardi Riccardo, Foa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non sia intendimento del Governo di disporre la corresponsione della indennità di presenza ai salariati dipendenti dalle Amministrazioni di enti morali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, sullo stato di assoluto abbandono e sul totale isolamento nei quali vengono lasciati i comuni di montagna situati nelle vallate del Sesia, Mastallone e Sermenza con la soppressione dei servizi automobilistici festivi. Le popolazioni locali sono indignate per il fatto che, quando si tratta di servire i «forestieri» e i «ricchi» che in estate frequentano le vallate per puro diletto, il servizio festivo è concesso; quando si tratta invece di assicurare un minimo di comodo alle derelitte popolazioni montane, allora subentrano rigide applicazioni di criteri restrittivi. Occorre notare che i paesi interessati sono privi di ogni servizio ospedaliero e finanche di servizi farmaceutici, tanto che vige la prassi del ritiro delle medicine nel capoluogo di Varallo-Sesia mediante appunto il servizio dei fattorini adibiti alle corriere automobilistiche. Mancando tale servizio alla domenica è facile notare la disagiata e pericolosa situazione in cui detti paesi si vengono a trovare. L’interrogante chiede il pronto intervento del Ministero perché il grave inconveniente sia eliminato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pastore Giulio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se creda opportuno, per aiutare la ricostruzione dei paesi della Sicilia, dove manchi per caso la iniziativa degli interessati per la ricostruzione dei fabbricati sinistrati dalla guerra, concedere per decreto ai comuni di sostituirsi ai proprietari sinistrati per la ricostruzione contraendo dei mutui da pagarsi dai sinistrati medesimi per la quota loro spettante, con contributi dilazionati in venti anni, con ruoli esecutivi a favore dei comuni. Il concorso dello Stato e la delega all’Istituto mutuante dei ruoli dei contributi, renderebbe facilissimo ai comuni di contrarre dei mutui. D’altra parte l’esonero dalle imposte per venti anni sui fabbricati ricostruiti renderebbe poco gravoso ai proprietari il pagamento delle rate. Lo Stato si alleggerirebbe di obblighi e impegni diretti che gravano sul bilancio, mentre il personale del Genio civile alleggerirebbe il suo lavoro, rimanendogli solo obblighi di sorveglianza, collaudo e revisione dei progetti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se vera la seguente notizia: «È stato annunziato che il Ministro dell’agricoltura, in seguito ad interessamento dei Deputati pugliesi democristiani, ha concesso per tutte le provincie della Puglia che l’olio sia versato all’ammasso per contingentamento con quote fisse che saranno concordate. Così verranno accolte le proposte dei frantoiani locali, i quali avranno la libera disponibilità del prodotto superiore alla quota versata al contingentamento per conto dello Stato». Conseguentemente chiede, se vero il provvedimento annunziato – il quale sarebbe stato provvido prendere inizialmente per tutti – che esso sia subito esteso alla Sicilia, ove la situazione olearia è tale – a causa del disposto ammasso totale – che le popolazioni continueranno a non ricevere l’olio a cui hanno diritto o in proporzione assolutamente derisoria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Nasi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se e come, indipendentemente dalla riforma giudiziaria che sarà determinata dalla Costituzione della Repubblica, intenda provvedere alla condizione economica dei commessi giudiziari, sempre più grave e tale da compromettere l’esecuzione del delicato servizio e il decoro dell’Amministrazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Conti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per sapere se – esaminata obiettivamente la situazione che si viene creando nel Basso Milanese, là dove salariati fissi sono costretti a consegnare l’eccedenza di granoturco all’ammasso ad un prezzo non rimunerativo, per cui si verifica per gli stessi un’effettiva decurtazione del salario – sono state date disposizioni per evitare spiegamento di forza, produttivo solo di un irrigidimento negativo da parte dei conferenti e di una ostilità verso il Governo e le forze preposte all’ordine pubblico, fidando invece solo nell’azione persuasiva dei sindaci, funzionari dell’U.P.S.E.A., organizzatori sindacali nei confronti dei lavoratori suddetti, affinché adempiano ad un civico dovere. È evidente che l’opera di persuasione verbale è di per se stessa insufficiente se non favorita da un intervento diretto del Governo che stabilisca nel termine più breve una contropartita di prodotti U.N.R.R.A., quali generi di abbigliamento e corredo casalingo, nonché merci indispensabili alla produzione agricola, da assegnarsi in via preferenziale tanto ai salariati fissi quanto ai piccoli coltivatori diretti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritiene necessario e rispondente a senso di equità e di giustizia, emanare un provvedimento legislativo a favore di quei connazionali all’estero che, per effetto dello stato di guerra tra l’Italia e le altre Potenze, non si trovarono in condizioni di provvedere, nei termini contrattuali, all’esecuzione dei propri obblighi o alla difesa dei propri interessi, con grave pregiudizio di questi e a vantaggio dei cittadini rimasti all’interno, profittatori dell’eccezionale momento bellico e del caso di forza maggiore. L’interrogante rileva che, nella precedente guerra 1915-18, tale inconveniente fu evitato con la proroga della scadenza dei contratti a tre mesi dopo la firma della pace. Con tale disposizione ogni controversia, dipendente dallo stato di guerra, fu pacificamente risolta, senza dar luogo a qualsiasi inconveniente. Si chiede che altrettanto sia fatto oggi, e, poiché il provvedimento invocato non può avere effetto retroattivo, l’interrogante ritiene doversi regolare la materia delle sole controversie, che, iniziate giudizialmente, non sono ancora passate in giudicato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica) e il Ministro dell’interno, per conoscere le ragioni che inducono a conservare le disposizioni fasciste che vietano alle cooperative di consumo l’esercizio di nuove farmacie e la loro ammissione a concorso o a rilevare farmacie già in funzione e disponibili. In proposito si fa presente:

1°) che il decreto-legge 22 maggio 1913, n. 468, consentiva l’istituzione di farmacie da parte di cooperative di consumo, quando il loro statuto fosse approvato dal prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, e che tale decreto aveva favorita la costituzione di numerose cooperative farmaceutiche fra consumatori, con notevoli vantaggi per la collettività;

2°) che durante il regime fascista fu emanato il testo unico delle leggi sanitarie 27 giugno 1934, n. 1265, il quale escluse le cooperative dalla gestione di farmacie, limitandone l’esercizio a quelle esistenti, e ammise al concorso per l’apertura e l’esercizio di farmacie soltanto i farmacisti inscritti al relativo albo professionale;

3°) che il recente decreto legislativo 3 ottobre 1946, n. 497, conferma il suddetto criterio fascista, permettendo la vendita delle farmacie per le quali non è riconosciuto il diritto di continuazione, soltanto a farmacisti inscritti nell’albo professionale, e non anche a cooperative di consumo;

4°) che tali disposizioni impediscono alle cooperative di esplicare la loro funzione calmieratrice in un settore di preminente e generale interesse economico e morale. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Canevari, Carmagnola».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non ritenga opportuno – ritenuto che con la legge fascista 6 giugno 1935, n. 1126, e col successivo regolamento approvato con Regio decreto 30 aprile 1936, n. 1031, fu realizzata la riforma degli Istituti autonomi delle case popolari, che dovettero modificare i propri statuti sulla falsariga di uno statuto-tipo e rinunciare in tal modo alla loro autonomia; e che la nomina del presidente, del vicepresidente, di un consigliere e di un sindaco effettivo, venne demandata al Ministero dei lavori pubblici, mentre, prima della riforma, tutte le nomine si effettuavano in loco – ridare agli Istituti l’antica indipendenza, abrogando la legge citata e autorizzando l’adozione dei vecchi statuti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rossi Maria Maddalena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere con quali mezzi e per quali vie possano e debbano provvedere alla riparazione e ricostruzione delle case coloniche, danneggiate o distrutte dalla guerra, i beneficiari di quelle parrocchie che, per essere insufficientemente provvedute, godono del supplemento di congrua. In particolare l’interrogante chiede se siano tenuti ad alienare parte dei terreni prebendali ove la estensione del podere lo consenta, o come debbano contenersi quando detta vendita fosse per nuocere e compromettere la necessaria minima unità colturale (articolo 720 Codice civile). Se, comunque, nel caso di vendita, al beneficiario sia riconosciuto il diritto ad un corrispondente e proporzionato aumento della congrua. Chiede, infine, se, almeno per i benefìci congruati, non si ritenga applicare la norma di cui all’articolo 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere se, nei ripetuti episodi di aggressione e di provocazione di sacerdoti, non ravvisino lo sviluppo di una predisposta campagna anticlericale, sostenuta da una inqualificabile quanto vistosa stampa, dimentica delle tragiche vicende trascorse, e sorda, naturalmente, alle conclusioni che se ne sarebbero dovute trarre. A scongiurare deprecabili ulteriori scissure nella dolorante compagine nazionale, con la distruzione dei superstiti valori morali, l’interrogante chiede che la propaganda pornografica, la calunnia ed il vilipendio, che offendono il senso morale e religioso degli italiani, siano stroncati senza indugio con la integrale e vigile applicazione della legge, per tutelare, nelle supreme esigenze della Nazione, le particolari esigenze di Roma. Poiché, caduto il prestigio politico, non può in nessun modo essere compromesso, attraverso bestiali manifestazioni settarie, il più alto e vasto splendore che deriva a Roma in quanto capitale della Cristianità universale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se, in considerazione delle decisioni della seconda Sottocommissione per la Costituzione, che assegna in materia forestale il potere legislativo alla Regione, non ritenga opportuno soprassedere a qualunque riforma o riorganizzazione del Corpo forestale e in particolare al richiamo in servizio del vecchio personale superiore allontanato per collaborazione col fascismo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se sia vera la progettata soppressione della Pretura di Cavarzere. Questa città, vittima della guerra, e quasi distrutta fra i bombardamenti aerei, che ha perduto il suo magnifico Duomo e che sta faticosamente risorgendo, verrebbe oggi ancor più distrutta moralmente, se perdesse i suoi pubblici uffici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritiene necessario e doveroso che ai prossimi concorsi per insegnamento nell’ordine medio delle scuole riservato ad alcune categorie, siano ammessi anche i laureati e le laureate in lettere, scienze e lingue che, pur avendo tutti gli altri titoli necessari, erano stati esclusi dai concorsi banditi con decreto ministeriale 28 dicembre 1942 non avendo il requisito, allora richiesto, dell’iscrizione al partito fascista. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’industria e commercio e dell’agricoltura e foreste, per sapere quali azioni intendano svolgere e quali provvedimenti emanare per tutelare i diritti degli utenti nei contratti di fornitura di energia elettrica che sono stati denunciati dalle Società fornitrici per la scadenza del 15 ottobre 1946, successivamente prorogata al 31 dicembre 1946. Dette azioni sono tanto più necessarie inquantoché le società fornitrici trattano con gli utenti in condizioni di monopolio e che in molti casi, specialmente per la forza motrice per certe industrie e per i motori agricoli, le società fornitrici non vogliono tener conto del fatto che l’uso effettivo dell’energia è limitato ai pochi mesi dell’anno che non coincidono con i periodi di magra dei bacini montani. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere il loro pensiero in ordine alla opportunità di emanare le disposizioni legislative riservate con l’articolo 39 del decreto legislativo luogotenenziale 12 ottobre 1945, n. 669. Infatti è necessario regolare i rapporti tra locatore e locatario dei locali adibiti ad albergo, per cui, non essendo intervenuta alcuna disposizione, si continuano a corrispondere le pigioni dell’anteguerra con evidente, ingiustificata sperequazione con i fitti degli altri locali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Quintieri Adolfo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per rimediare sollecitamente alla strana situazione creatasi nelle scuole medie in Sicilia, dove i professori titolari sono assegnati provvisoriamente anche ai corsi e classi non di ruolo, che dovrebbero per legge invece essere conferiti ai professori incaricati, determinando così una preoccupante disoccupazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musotto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere – ritenendo contrastante con le libertà democratiche che un solo Ente abbia di fatto il monopolio dell’assistenza ricreativa a tutti i lavoratori e goda perciò di facilitazioni che sono negate ad altri Enti che perseguono gli stessi scopi – se non ritenga giusto ed opportuno che, in attesa della necessaria modifica del decreto ministeriale che dà l’esclusività all’E.N.A.L. dell’assistenza ricreativa, siano concesse ai circoli comunali delle A.C.L.I. quelle facilitazioni per la vendita ai soci di bevande, godute finora esclusivamente dai circoli dell’E.N.A.L. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se è vero che l’apposita commissione ha espresso parere favorevole al riconoscimento dei patronati di assistenza previsti dalle leggi sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni in agricoltura e dell’industria, nonché dalle leggi delle previdenze sociali. In tal caso, se non ritenga opportuno ed urgente provvedere per il riconoscimento di tali patronati, confermando così anche nel campo dell’assistenza sociale quella libera scelta che, in ossequio alle libertà democratiche, deve essere lasciata al lavoratore bisognoso di assistenza nella tutela dei suoi diritti derivatigli dalle leggi sociali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere come si intenda risarcire agli agricoltori delle provincie di Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Salerno, Catanzaro e Cosenza, ai quali fu imposto dal governo fascista l’obbligo della coltura della barbabietola per l’annata agraria 1942-43, il danno derivato dagli eventi bellici che impedirono la consegna agli zuccherifici delle bietole da essi obbligatoriamente coltivate. Ciò in conformità a quanto è già stato stabilito, con il decreto legislativo luogotenenziale 8 maggio 1946, n. 470, per gli agricoltori dell’Italia settentrionale, che si sono trovati nelle stesse condizioni per l’annata agraria 1943-44. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se risponda a verità che nelle saline di Cagliari si sia iniziato lo smontaggio delle macchine centrifughe per asciugare il sale, fatto che starebbe ad annunziare il trasferimento in sedi del Continente della locale raffineria, privando così la Sardegna di una delle sue poche industrie, necessaria allo sviluppo industriale e all’impiego della mano d’opera degli operai sardi. Nel caso affermativo, si chiede quali provvedimenti intenda prendere per impedire questo ingiusto danno inflitto all’economia isolana proprio nel momento in cui la democrazia repubblicana afferma la necessità d’una organica azione nazionale tesa verso una maggiore industrializzazione del Mezzogiorno e delle Isole. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lussu, Mastino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per sapere se non ritenga opportuno modificare la oramai sorpassata disposizione di ordine interno riguardante il personale viaggiante sugli ambulanti postali. Agli impiegati che prestano il servizio di cui sopra dovrebbe essere concessa la facoltà di prestare il servizio stesso sino all’età di 65 anni, com’è prescritto per i messaggeri. Infatti, se costoro, che hanno un compito molto più gravoso di quello degli impiegati sugli ambulanti, prestano la loro opera sino ai 65 anni, a maggior ragione possono farlo questi ultimi, il cui compito è molto più leggero. Questo appare necessario, tanto più che oggi, con un criterio del tutto errato, molti servizi sugli ambulanti vengono affidati a personale avventizio e giornaliero, al quale non dovrebbe, per la delicatezza del compito, essere affidata la responsabilità che deriva dal servizio stesso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Silipo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per avere delucidazioni sul contegno tenuto dagli organi di polizia nei fatti successi a Crotone negli ultimi giorni di settembre. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Silipo, Musolino».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità), Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a favore delle infelici donne «marocchinate» di Esperia (Frosinone) in quanto, secondo una pubblica dichiarazione fatta dal Sindaco di quel comune, su 2500 abitanti si contano 700 donne violentate, cioè la quasi totalità delle donne del comune, tutte infettate, alcune morte, altre moribonde. Di queste donne molte sono giovani, altre giovanissime, e diventano alla loro volta diffonditrici del male che portano; a tutto ciò poi si aggiunge il problema dei figli nati dalle subite violenze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere:

  1. a) se sia a conoscenza che in taluni paesi della provincia di Frosinone (Esperia, Vallecorsa, Castro dei Volsci, ecc.) esistono numerose donne che subirono violenza dalle truppe marocchine, nel maggio-giugno 1944 (nella sola Esperia se ne contano oltre cinquecento), e che rimasero infette da sifilide e da altri mali, che, non curati, si diffondono, creando nuove vittime;
  2. b) se non credano si debba prontamente intervenire con particolari provvidenze, che consistano – oltreché nell’erogazione di sussidi alle vittime – soprattutto nell’apprestamento di servizi sanitari specializzati e di medicinali idonei alla cura efficace di quei terribili mali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritiene necessario e doveroso:

1°) disporre che i familiari dei deportati, reduci e partigiani, gravemente colpiti da tubercolosi e ricoverati, per iniziativa del «Dono Svizzero», nei Sanatori di Arosa (Svizzera), possano ottenere mensilmente al cambio ufficiale poche decine di franchi svizzeri da inviare agli ammalati per le loro piccole spese complementari, cui comprensibilmente non può sopperire l’Ente di assistenza che li ospita;

2°) confermare di essere favorevole a concedere al Ministero dell’assistenza post-bellica uno stanziamento straordinario in franchi svizzeri destinati a finanziare l’invio di modesti doni che diano a quei nostri concittadini infelicissimi la sensazione concreta dell’affettuosa solidarietà del popolo italiano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, perché renda noto se egli non ritiene necessario e doveroso dare istruzioni all’Alto Commissario per l’alimentazione perché autorizzi la inclusione anche di generi razionati nei pacchi che vengono inviati dai familiari ai reduci, partigiani e deportati ricoverati, per iniziativa del «Dono Svizzero», nei Tubercolosari di Arosa (Svizzera). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere se gli risulti:

1°) che il Comando militare territoriale di Roma in data 17 luglio 1946, con foglio n. 36800/Amm., ha autorizzato il Comando Distretto militare di Cagliari a corrispondere al personale militarizzato delle Ferrovie complementari sarde, viaggiante o d’ufficio, l’assegno di razione viveri;

2°) che il medesimo Comando ha abrogato in un secondo tempo la disposizione per il personale d’ufficio, determinando un profondo malcontento in quella categoria, che è stata assoggettata alla medesima disciplina ed esposta agli stessi pericoli del personale viaggiante, data la particolare situazione della Sardegna che era interamente compresa nella zona di guerra. E se non ritenga, anche in considerazione della modesta entità della somma occorrente, di disporre per il pagamento dell’assegno in questione anche al personale d’ufficio delle Complementari sarde, come precedentemente disposto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se intende, a sollievo delle enormi difficoltà delle comunicazioni, che intralciano ogni ripresa agraria, commerciale ed industriale nelle fertili e popolatissime zone di Locri, Palmi e Gioia Tauro, disporre i mezzi necessari alla troppo ritardata congiunzione dei due tronchi ferroviari di Gioiosa-Mammole e Cinquefrondi-Gioia Tauro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se intende, con la necessaria sollecitudine, rimettere in efficienza l’unico mezzo di approdo tra i porti di Taranto e di Crotone, in servizio del vasto retroterra delle provincie di Cosenza e di Matera, già costruito col pontile di Trebisacce in collegamento con la ferrovia jonica e con la statale 106 nella fertile zona dei territori di Rossano, Corigliano, Cassano e Castrovillari, in grande ripresa agricola ed industriale, disponendo le urgenti riparazioni e l’allungamento del pontile con la immediata ricostruzione della quasi distrutta superstruttura di legno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali sono le ragioni per cui molti cittadini – che, prima o dopo l’avvento del fascismo, ebbero a subire condanne per reati commessi in lotta contro il fascismo, o per difendersi dalle persecuzioni fasciste, o per sottrarsi ad esse – sono tuttora in attesa di essere reintegrati con l’amnistia sancita con il decreto legislativo luogotenenziale 17 novembre 1945, n. 141; e per conoscere quali siano gli impedimenti procedurali per l’applicazione del detto decreto nei riguardi di tali persone. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Novella».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se non intende modificare, secondo criteri di maggiore logica e di maggiore giustizia, il disposto della circolare del Ministero della guerra, Direzione generale servizi commissariato e amministrativi, Divisione A.I.E., Sezione I, numero 2900/A.I.E., in data 15 agosto 1945, avente per oggetto il trattamento economico al personale militare recuperato, che alla data dell’8 settembre 1943 trovavasi in servizio alle armi, in base al quale gli effetti del giuramento, dell’adesione o collaborazione prestati allo pseudo governo repubblicano fascista sono valutati a tutto danno dei discriminati delle categorie in congedo, ai quali non viene riconosciuto alcun diritto, mentre a quelli delle categorie in servizio permanente viene attribuito lo stesso trattamento che ai non compromessi; laddove logica e giustizia esigono che se differenza vuol farsi, essa deve giocare a favore delle categorie in congedo, la cui responsabilità, per non aver tenuto fede a un impegno militare assunto per obbligo, è meno grave di quella che pesa su chi tale impegno ha assunto volontariamente e spontaneamente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Giolitti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non creda opportuno porre allo studio un provvedimento tendente ad accordare a tutti gli ex militari – Esercito, Marina ed Aeronautica – quelle facilitazioni per impieghi, concorsi, ecc., già accordati ai reduci, ai partigiani ed agli ex combattenti. Esiste una numerosa categoria di giovani che, pur avendo compiuto – quali trattenuti o richiamati – un periodo di servizio militare che si aggira dai tre ai sette anni, non certo per loro svago, oggi non hanno la qualifica di combattenti e non possono fruire di queste agevolazioni. Si tratta di giovani che, pur non avendo militato in reparti mobilitati per ragioni di idoneità, hanno però servito il Paese secondo la loro possibilità, rimanendo lontani dalla famiglia, senza impiego, senza retribuzioni e spesso in condizioni di disagio pari a quelle di coloro che, pur non essendo in linea, militavano in reparti mobilitati. L’interrogante chiede, quindi, che le suaccennate facilitazioni vengano estese a tutti i militari richiamati o trattenuti per un notevole periodo di tempo per esigenze di carattere eccezionale, indipendentemente dal reparto o dalla località in cui essi hanno prestato servizio non volontario. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Presidente del C.I.R.) ed i Ministri della marina militare, della marina mercantile, dell’industria e commercio e del lavoro e previdenza sociale, per sapere perché non abbiano creduto sino ad oggi di raccogliere l’accorata invocazione delle maestranze dei Cantieri navali del Lazio, le quali, angosciate per la sovrastante disoccupazione, chiedono, ormai da troppo tempo, che non soltanto ai grandi complessi industriali consimili siano assicurate dallo Stato transitorie possibilità di lavoro, ma anche ai nuclei minori, dai quali essi e le loro famiglie traggono sostentamento e ragione di vita. E se non ritengano di intervenire d’urgenza prima che gravi perturbamenti dell’ordine pubblico abbiano a verificarsi, prima che si disperda tanto preziosa mano d’opera locale specializzata e prima che scompaiano risorti complessi industriali ed artigiani tenacemente voluti e faticosamente affermatisi. L’interrogante domanda, pertanto, se non sia giunto il momento di far luogo ad una più equa giustizia distributiva, abbandonando agnosticismi e resistenze e richiamando gli organi tecnici competenti ad una maggiore comprensione e responsabilità, così che vengano superati i protettivi sistemi di gare a carattere nazionale, i quali valgono soltanto ad alimentare grandi imprese già sature, la cui concorrenza, per i lavori accessibili alle medie e piccole industrie, soffoca sane iniziative minori, che non debbono e non possono scomparire senza un grave danno per l’economia nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sull’opportunità – in relazione all’annunziata proroga dei contratti di locazione degli immobili urbani – di una speciale disposizione legislativa che disciplini, tra le eccezioni previste dalla legge, il caso di coloro i quali, avendo avuto per atto di liberalità dagli ascendenti in primo grado l’unica casa di cui sono proprietari, pur versando in stato di necessità, si trovano nelle condizioni di non potere avvalersi della eccezione legislativa per avere ricevuto in proprietà l’immobile in una data posteriore a quelle previste dalla legge, né possono avvantaggiarsi del grado di parentela con l’ascendente per escludere l’immobile dalla proroga, non essendo più questi proprietario. Costoro si troverebbero in una situazione veramente iniqua, non potendo avvalersi dei benefici della legge come proprietari in quanto il loro titolo è posteriore alla data voluta dalla legge che va ad emettersi, né possono avvalersi del beneficio concesso ai figli dei proprietari in quanto il padre non è più proprietario avendo donato ad essi l’immobile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e i Ministri della marina militare, dei lavori pubblici, dell’industria e commercio, della marina mercantile, del commercio estero, per conoscere se e quali concrete iniziative stiano per essere realizzate allo scopo di evitare la paralisi economica del comune di La Maddalena (Sassari), che finora ha tratto dallo Stato i suoi mezzi di vita, convergendo tutta la sua attività verso le organizzazioni militari marittime dislocate nel paese e che, per effetto del trattato di pace, dovrebbero essere smilitarizzate. L’Amministrazione civica di La Maddalena, allo scopo di risolvere la situazione e di evitare l’esodo della popolazione locale (12.000 anime di cui 3000 lavoratori) che, in mancanza di altre possibilità di lavoro, sarebbe costretta a sfollare in altri centri, ha chiesto:

  1. a) l’industrializzazione della Base navale in cantiere civile;
  2. b) la costruzione di un bacino di carenaggio in località idonea.

«Su queste proposte e sulla necessità di attuare concrete urgenti provvidenze in favore di La Maddalena, l’interrogante ha da tempo richiamato l’attenzione delle competenti Autorità di Governo. Egli chiede di conoscere se non si ritenga necessaria una diretta ed urgente intesa fra i Ministeri interessati allo scopo di pervenire all’esame collegiale della situazione di La Maddalena e di concretare, con carattere di urgenza, le disposizioni idonee ad assicurare la soluzione del grave problema che l’Amministrazione civica di quel centro ha impostato nell’interesse della popolazione e del paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chieffi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non ritenga opportuno disporre la revoca del decreto n. 23550 del 20 ottobre 1946, emesso dal prefetto di Bergamo e col quale si bandiscono i concorsi per le condotte mediche. La revoca, richiesta anche dall’Ordine dei medici della provincia di Bergamo con voto del 14 novembre 1946, appare consigliata dall’opportunità di rinviare i concorsi a dopo l’entrata in vigore della nuova legge sanitaria la quale provvederà a definire i nuovi capitolati, mentre i concorsi se fatti oggi dovrebbero svolgersi sulla base della legge fascista 1935, legge in netto contrasto con ogni ipotesi di autonomia comunale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lombardi Riccardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere i motivi che hanno indotto gli uffici competenti ad assegnare alla provincia di Caserta circa 20.000 quintali di solfato ammonico per la concimazione dei terreni destinati alle colture di grano e di altri cereali, mentre alla provincia di Napoli ne sono stati assegnati, per gli stessi scopi, circa 40.000 quintali. La disparità di trattamento si risolve in un gravissimo danno per l’agricoltura della provincia di Caserta, in quanto essa ha oltre 40.000 ettari coltivati a cereali, mentre la provincia di Napoli ha una estensione molto minore investita in colture cerealicole. In proposito l’interrogante prega tener presenti i quantitativi di grano ammassati nelle due provincie per convincersi del grave errore commesso a danno della provincia di Caserta nell’assegnazione di solfato ammonico. Tenuto conto che le semine sono in corso, si rende indispensabile ed urgente provvedere con la maggiore sollecitudine ad una adeguata assegnazione suppletiva per la provincia di Caserta su ditte che possano immediatamente provvedere alle consegne. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Numeroso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, per sapere se non ritengano giusta ed indifferibile la parificazione a tutti gli effetti dei cantonieri delle strade statali ai cantonieri delle Ferrovie dello Stato, specialmente per quanto riguarda i casi di malattie. Infatti, nei casi di assenza per malattia, agli agenti delle ferrovie dello Stato, in base all’articolo 157 del regolamento sul personale, è corrisposta per intero la paga fino al limite di 180 giorni. Ai cantonieri stradali, invece, pel disposto dell’articolo 50 del testo unico sullo stato giuridico ed economico dei salariati dello Stato, in caso di assenza per malattia viene usato un ben diverso e peggiore trattamento: per i primi tre giorni sono senza paga: per i successivi 90 giorni percepiscono metà paga e per i rimanenti periodi di malattia sono senza paga. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vinciguerra».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se non ritenga doveroso emanare un provvedimento che renda meno penosa l’esistenza delle persone che avendo contratti vitalizi con istituti bancari prima del 1940 si trovano, per l’aumento del costo della vita, nella più squallida miseria e spesso alla cruda fame. Trattandosi in gran parte di piccoli e medi risparmiatori, quasi tutti molto anziani, ed anche malfermi di salute, un provvedimento che migliori la loro grama esistenza non solo è urgente, ma anche umano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roveda».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per conoscere quali decisioni intenda adottare circa la Sezione autonoma di artiglieria della Sardegna con sede in Nuoro, considerata la gravità di un licenziamento in massa che viene a colpire ben 830 famiglie e tenuto conto del fatto che è attualmente in corso una pratica per il trasferimento dei macchinari in dotazione a delle cooperative composte dagli stessi operai dipendenti. E per sapere, altresì, quale trattamento economico sia previsto per il personale licenziato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda opportuno dare, al progetto di concorso per posti di direttore didattico riservato ai maestri danneggiati dal fascismo, una interpretazione estensiva in modo di includere anche i maestri sforniti di diploma di abilitazione alla direzione didattica, ma che non si siano mai iscritti al partito fascista. Tale inclusione si rende necessaria per riparare ad una grave ingiustizia subita dai suddetti maestri in quanto, durante il lungo periodo fascista, non ebbero mai la possibilità di partecipare ai numerosi concorsi speciali indetti per i fascisti. Per tali concorsi non si richiedeva infatti il titolo di abilitazione come dai decreti 5 febbraio 1934, n. 461 (articoli 2, 3 e 4) e 22 giugno 1937 (articolo 3), ecc. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cavallotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per avere notizie circa il corso di un’istanza presentata dagli avvocati, procuratori legali ed altri professionisti, con l’adesione dei partiti politici e dei sindaci e di privati cittadini delle città di Noto, Pachino, Avola e Rosolini, per la istituzione in Noto di un tribunale comprendente detti comuni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della marina militare, per conoscere se non si possa abbreviare da quattro a due mesi il corso allievi ufficiali medici, iniziatosi il 3 novembre 1946 così come fu fatto per l’anno 1945-46. Questo, per non allungare troppo il periodo intercorrente tra la laurea e l’inizio dell’esercizio professionale e delle specializzazioni, con danno alle conoscenze scientifiche dei neodottori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cicerone».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della guerra, per sapere se intende aprire un’inchiesta sopra gli incidenti successi a Cuneo e qui in appresso descritti e quali provvedimenti intende adottare contro i militari che li hanno provocati. In seguito alla pubblicazione di una vignetta apparsa su di un giornale umoristico locale, un numeroso gruppo di militari, fra cui si trovavano anche degli ufficiali, malmenava e schiaffeggiava il direttore ed il redattore del giornale. Senza voler entrare nel merito dell’offesa all’Esercito, l’interrogante ritiene che la inconsulta reazione dei militari abbia sorpassato il normale diritto di ogni singolo cittadino a tutelare il proprio onore, adottando metodi poco democratici e che troppo ricordano un regime da poco tramontato, i cui metodi ancora riaffiorano nell’intemperanza di alcuni. La tutela dell’Esercito e di qualsiasi altra istituzione nazionale deve essere lasciata agli organi giudiziari, soli competenti a giudicare senza passione, e non può essere abbandonata all’arbitraria iniziativa di singoli, come nel presente caso, in cui un’offesa, che potrà in altra sede essere provata o no, è stata punita con metodi poco dignitosi, da un gruppo di militari che si sono arrogati il compito di giudici, anche senza l’autorizzazione dei loro capi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, sugli incidenti svoltisi a Cuneo fra militari del presidio e la direzione di un giornale umoristico locale. Alcuni ufficiali, avuto sentore di un articolo di carattere militare, che avrebbe dovuto essere pubblicato sul settimanale in questione, avvertivano il comandante del presidio che non avrebbero tollerato tale fatto. Il comandante a sua volta ne dava avviso al prefetto il quale, convocato il direttore del giornale, gli poneva il dilemma: o sopprimere l’articolo in questione o esporsi al sequestro del giornale nelle edicole. L’articolo veniva soppresso. Si tratta di un arbitrario atto di imperio esercitato dal prefetto, il quale, cedendo a pressioni militari e facendo leva sul regolamento di polizia, traduceva un atto di debolezza in un atto di forza, che si concretava, praticamente, in una censura preventiva, lesiva di quella libertà di stampa da tutti tanto invocata. L’interrogante chiede di conoscere quali provvedimenti intenda adottare ad evitare il ripetersi di simili abusi, che troppo ricordano i deprecati sistemi del fascismo, che tutti vorrebbero veder scomparire per sempre. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non ritenga opportuno di promuovere un provvedimento legislativo che ripristini l’esenzione da imposta generale sull’entrata per i suini macellati dagli allevatori per uso particolare, che era ammessa prima della emanazione dell’articolo 7 del regio decreto-legge 3 giugno 1943, n. 452. Ciò in considerazione che la macellazione per il consumo diretto non dà luogo a scambio tassabile e l’onere fiscale scoraggia gli allevatori in un momento nel quale vi è estremo bisogno di ricostituire il patrimonio zootecnico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonomi Paolo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni che hanno indotto il Ministero a disporre che il vivaio di Badia Polesine, istituito dai viticultori del Polesine col consenso unanime degli agricoltori e con notevole vantaggio per i produttori, passi alla gestione dell’ispettorato agrario. Anziché giovare alla libera iniziativa privata, tanto benemerita soprattutto in questo campo, si vuol tornare a gestioni statali che sono da evitarsi nel ben inteso interesse generale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se – nella eventualità dell’adozione dei provvedimenti chiesti con precedente interrogazione a favore degli ex militari – non creda opportuno estendere la concessione di adeguate facilitazioni sia nel campo degli studi, come per eventuali impieghi, concorsi, ecc., a quei giovani, già allievi delle Scuole ed Accademie militari (Esercito, Marina, Aviazione, ecc.) che negli anni 1941-43 hanno fatto regolare domanda di rafferma per tre anni, considerando gli stessi come ex militari. Ciò servirebbe a sistemare molti giovani e relative famiglie, che potrebbero così vedersi riaperta una via decorosa di possibilità per l’avvenire. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Chiaramello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali siano le ragioni che ritardano le più utili iniziative in materia di cinematografi e teatri del popolo. A Rovigo è sorta una società che tende a costruire un teatro nuovo capace di 1800 posti. Non chiede nulla allo Stato e non riesce ad avere il permesso relativo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se sia vero che si ventili il ritorno dell’amministrazione della marina mercantile alle dipendenze del Ministero della marina militare, ciò che sarebbe deplorevole; e se invece non ritenga che al Ministero della marina mercantile debba essere data piena efficienza, affidandogli la completa tutela delle attività marinare, ivi compresi i servizi della istruzione nautica e della pesca, e ricostituendo il Consiglio superiore della marina mercantile con persone di provata competenza. Le condizioni della marina mercantile non consentono ulteriori indugi alla attuazione di questi provvedimenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Canepa».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda opportuno far riordinare e sorvegliare da appositi commissari gli uffici elettorali e anagrafe della Sicilia, e specialmente di Palermo, in vista delle elezioni per l’Assemblea Nazionale del prossimo 20 aprile 1947, ricordando che, nelle elezioni amministrative del 17 novembre 1946, ben sessantamila certificati elettorali non vennero consegnati agli interessati, a Palermo, e lo stesso interrogante, votante il 2 di giugno ed eletto deputato nella circoscrizione di Palermo, non ha potuto votare il 17 novembre. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Natoli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della marina militare, per conoscere le ragioni che hanno finora impedito la liquidazione degli assegni spettanti ai militari della marina in servizio l’8 settembre 1943 e successivamente sbandati, nonostante che le relative discriminazioni siano da tempo avvenute, contrariamente a quanto risulta essere stato fatto per i facenti parte dell’esercito o dell’aviazione, i quali sono stati nella quasi totalità liquidati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moscatelli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non ritenga opportuno modificare la disposizione del decreto legislativo 9 giugno 1945, n. 387, concernente le assegnazioni di alloggi dell’I.N.C.I.S., la quale limita agli ufficiali in attività di servizio le assegnazioni di tali alloggi, allo scopo di estendere tale beneficio anche ai sottufficiali che versano in condizioni economiche certamente più disagiate, tenendo conto anche del fatto che per le Amministrazioni civili il beneficio è concesso a tutte le categorie d’impiegati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moscatelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se corrisponde a verità la notizia che il divieto di circolazione degli automezzi nei giorni festivi sia stato anticipato nelle Marche arbitrariamente, allo scopo d’impedire il raduno dei partigiani avvenuto a Macerata il 24 corrente mese; e, in ogni caso, per conoscere quali motivi hanno indotto le Autorità a predisporre tale divieto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moscatelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e il Ministro del commercio estero, per sapere se siano a conoscenza che nello scambio di merci con la Cecoslovacchia in corrispettivo di 300 (trecento) vagoni di agrumi è stata autorizzata l’importazione di 500 vagoni di patate. Il prezzo in clearing per le patate rinviene a lire 10 il chilogrammo, mentre coloro che hanno avuto l’assegnazione nella ripartizione hanno rivenduto a grossisti le patate a lire 18 il chilogrammo. D’altra parte il prezzo delle patate nella Sicilia, che ha asportato gli agrumi, ha raggiunto il prezzo di lire 40 il chilogrammo. L’interrogante chiede, per evitare così esose speculazioni, se non credano opportuno disporre che i prossimi arrivi siano dall’I.C.E. destinati e assegnati esclusivamente agli enti e cooperative di consumo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Agata».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere come intenda provvedere per eliminare l’ingiusto trattamento degli olivicultori del Lazio, obbligati, e con duri controlli, all’ammasso della produzione senza riguardo agli oneri gravissimi della produzione, alle necessità delle famiglie, e offesa dell’equità e anche delle buone norme di prelevamento e di controllo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Conti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla necessità di estendere ai profughi dell’Africa, secondo gli affidamenti dati, il decreto che accorda particolari benefìci ai reduci, data la comune dolorosa sorte. Nel contempo l’interrogante chiede se non sia opportuno promuovere l’estensione del decreto relativo alla occupazione delle terre, anche agli agricoltori ed ai dirigenti di aziende agricole profughi delle nostre Colonie, i quali hanno dato prova evidente della loro capacità con la redenzione di terre già allo stato primitivo, inserendoli, con i nuclei di contadini rimpatriati e perduti nell’inedia di onerosi campi di concentramento, nell’orbita della Nazione effettivamente operante per la ricostruzione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare perché, assicurando concretamente, anche in tale settore, il rispetto della legge e della proprietà privata, tutti i locali illegalmente occupati dalle organizzazioni di partiti ed ancora detenuti senza la corresponsione di adeguati canoni di fitto siano nel più breve termine riconsegnati ai proprietari od affittuari, contribuendo così ad alleviare l’attuale deficienza generale di alloggi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se, constatato il succedersi crescente di delitti sempre più efferati, non creda di dare opportune disposizioni perché la pena di morte, teoricamente ripristinata, sia applicata con procedura rapidissima ove le responsabilità siano palesi o confesse, affinché l’atto di giustizia risulti esemplare ed efficace a contenere il minaccioso scatenarsi di bestiali istinti primordiali. L’interrogante rinnova poi la richiesta della integrale e vigile applicazione della legge, nei confronti della stampa pornografica, anticlericale, e di tutta la vasta fioritura editoriale criminologica che, nella dettagliata cronaca e nella copiosa documentazione fotografica, tende alla morbosa apologia del delitto, che già nel cinematografo ha trovato la palestra del perfezionamento tecnico. Il Governo deve sentire, senza ulteriore ritardo, il dovere assoluto della estrema difesa della società, insidiata in tutti i superstiti valori morali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, perché sia provveduto alla riammissione al godimento dell’abitazione (regolarmente affittata dal 1940, in via Colle Oppio, n. 5) della vedova di guerra signora Buccioli-Brunelli, la quale, insieme ad un figliuolo e ad un’altra famiglia profuga della Libia, fu sfrattata in poche ore, il 3 agosto, in seguito a decreto provocato dal Ministero dell’assistenza post-bellica. Il Ministro richiedente non fece uso dell’appartamento requisito, ma vi immetteva abusivamente tale signor Alberti, non domiciliato a Roma e comunque ignorato al Commissariato alloggi. Nell’appartamento lasciato dall’Alberti, all’atto dell’occupazione dell’alloggio di via Colle Oppio, n. 5, si istallava la famiglia del Ministro dell’assistenza post-bellica. Essendo risultati vani tutti i tentativi fatti per la pacifica risoluzione della grave questione, si invoca l’intervento delle Autorità competenti per il ripristino della legalità, con un atto di giustizia nei riguardi di una vedova di guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla convenienza di accordare ai pensionati delle varie categorie la tredicesima mensilità, come si e fatto per gli impiegati e salariati dello Stato, o almeno un sussidio in occasione delle prossime feste natalizie, dato l’estremo disagio in cui vive questa categoria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Labriola».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno concedere, durante questo anno scolastico, una sessione straordinaria di esami riservata ai partigiani, reduci ed ex detenuti politici. Si fa presente che nessuna sessione straordinaria è stata concessa a tutt’oggi a questa categoria di studenti, molti dei quali, oltre a non aver potuto partecipare alle sessioni d’esami nel biennio della repubblica di Salò, al rientro, si sono trovati in tali condizioni di indigenza da essere costretti a lavorare ed a studiare contemporaneamente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Leone Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere i motivi per i quali i direttori didattici, muniti di titolo, incaricati da qualche anno, specialmente reduci e partigiani, non vengono sistemati in ruolo con concorsi speciali per titoli e colloquio; mentre per i direttori delle scuole rurali viene applicato il disposto dell’articolo 5 della legge 31 maggio 1943, n. 520, che contempla la sistemazione, previo colloquio-esame, anche per gli incaricati da 5 anni, privi di diploma. Il numero di tali funzionari è limitatissimo e sembra sia doveroso sistemarli, dopo la dimostrazione di lodevole servizio prestato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tessitori».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, sui provvedimenti che intendono prendere per riportare, negli ambienti dell’alta cultura torinese, l’ordine e la calma, compromessi in seguito alla reintegrazione del professor Giancarlo Vallauri al Politecnico, e alla annunziata reintegrazione dei professori Vezzano e Pivano all’Università.

«Il ritorno a Torino del professor Vallauri e il minacciato ritorno dei professori Pivano e Vezzano, turbano gravemente la coscienza morale dei cittadini torinesi, li offendono nella loro dignità di italiani liberi. La cittadinanza torinese non può dimenticare la tipica figura di fascisti faziosi dei predetti professori.

«In particolare, per il professor Vallauri, i torinesi ricordano il suo spudorato appoggio alla Repubblica di Salò, le sue parole di insulto ai partigiani, i suoi articoli ferocemente nazisti che vituperavano l’eroismo del movimento di resistenza popolare contro i tedeschi invasori e i fascisti ad essi asserviti. Condotta aggravata dalla circostanza che il Vallauri, alto ufficiale della nostra marina, avrebbe dovuto più che altri sentire il dovere di fedeltà assoluta al solo Governo legale italiano e al Comando Supremo del nostro esercito combattente.

«La richiesta avanzata alcune settimane or sono dal Consiglio dei professori della facoltà di ingegneria per la normalizzazione dell’insegnamento di elettrotecnica al Politecnico di Torino non può essere soddisfatta reintegrando il professor Vallauri, perché la sua figura morale e politica soverchia e compromette la sua figura di scienziato, determinando un legittimo fermento tra insegnanti e studenti.

«Sarebbe desiderabile che la cattedra di elettrotecnica venisse affidata ad uno studioso più illustre del Vallauri nelle ricerche scientifiche, degno di quella stima morale che il Vallauri non può riscuotere nella nostra città e che costituisce un indispensabile requisito per chi esercita l’insegnamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Negarville».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sulla soppressione di una sezione staccata a Susa del Liceo V. Gioberti di Torino. Questa sezione, che già funzionò a Susa negli anni scolastici 1944-45 e 1945-46, avrebbe dovuto essere riaperta nell’anno scolastico in corso in seguito all’interessamento del sindaco di Susa, il quale ha avuto dall’attuale Ministro assicurazione telegrafica e per lettera che la sezione sarebbe stata mantenuta; senonché il provveditore agli studi di Torino, avverso all’impegno dell’onorevole Ministro, riuscì a far revocare la decisione. Tale revoca danneggia gravemente un discreto numero di studenti che abitano in Val di Susa, alcuni dei quali in comuni che distano più di un’ora dalla più vicina stazione ferroviaria e che per recarsi a Torino debbono alzarsi ogni mattina alle quattro, ciò che ha degli effetti negativi sul loro profitto scolastico e sulla loro salute. Si tratta di studenti che, per le condizioni economiche delle loro famiglie, non possono sobbarcarsi alle spese di una pensione a Torino e che si vedono umiliati da un trattamento che, ponendoli in condizioni di estremo disagio, compromette la loro lodevole volontà di studio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Negarville».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se, di fronte al continuo aumento dell’emigrazione clandestina, intenda provvedere in misura adeguata alla creazione di corsi celeri di addestramento professionale per trasformare operai, manovali e braccianti in operai più specializzati, specie per la emigrazione edile, e se conseguentemente non sia urgente ripristinare lo stanziamento di 50 milioni per l’anno 1946-47 iscritto solo per memoria al capitolo 65. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, per sapere se, preso seriamente in esame il problema della ricostruzione e riparazione dei fabbricati colpiti dai bombardamenti, intenda provvedere perché:

1°) le disposizioni emanate con decreto 9 giugno 1945 siano sollecitamente attuate;

2°) la misura del contributo dello Stato nelle opere di ricostruzione e riparazione venga elevata al 75 per cento della spesa effettiva, escluse le opere di lusso;

3°) tale misura di contributo venga, per Messina e gli altri comuni terremotati, giusta le tabelle alligate al decreto 22 novembre 1937, ulteriormente elevata all’85 per cento della spesa;

4°) la cifra di spesa indicata negli articoli 12 e 16 del decreto 9 giugno 1945 sia intanto elevata al limite di lire 500.000;

5°) l’esenzione dalle imposte fondiarie e patrimoniali sia concessa ai fabbricati ricostruiti o riparati per un quindicennio;

6°) il concorso integrale degli istituti sovventori per affrancare i mutui necessari con la concessione della garanzia dello Stato alle obbligazioni che essi emetteranno sia assicurato con norme particolari;

7°) la quota di contributo dello Stato sia in ogni caso determinata in una frazione certa del costo effettivo, abolendosi, in questa parte, il decreto 9 giugno 1945 ed ogni altro criterio che faccia dipendere la misura del contributo dalla posizione subiettiva del danneggiato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se reputi opportuno promuovere un provvedimento legislativo che, in deroga all’articolo 3 della legge comunale e provinciale, costituisca in comune autonomo la frazione di Campofelice di Fitalia (di 1600 abitanti) dei comune di Mezzojuso (Palermo) e ciò per appagare una antica aspirazione di quei borghigiani, condivisa dagli amministratori del comune, e per eliminare l’agitazione esistente nella detta frazione, i cui elettori, in segno di protesta, recentemente si sono astenuti in massa dal partecipare alle elezioni amministrative. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se intenda fare opera, nell’interesse delle classi dei mugnai e dei pastai della città e provincia di Catania, perché gli approvvigionamenti del detto territorio avvengano in frumento, anziché in farina, onde dare possibilità di occupazione a quelle numerose maestranze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se intenda ripristinare l’ufficio del registro di Mezzojuso (Palermo), soppresso nel 1934 dal fascismo, costringendo i contribuenti di un intero mandamento giudiziario (Mezzojuso, Villafrati, Cefalà Diana e Godrano) a servirsi di altro ufficio, distante oltre 25 chilometri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se ritenga urgente ed indilazionabile costruire, a cura e spese dello Stato, con i fondi della disoccupazione, l’acquedotto per i due centri abitati di Mezzojuso e Campofelice di Fitalia, che soffrono di grave deficienza di acqua, non essendosi potuti finanziare i progetti già pronti per le difficoltà nelle quali si dibatte l’amministrazione comunale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se intenda provvedere urgentemente, a cura e spese dello Stato, alle opere di riparazione della grave frana che, nell’anno 1943, distrusse in Agrigento l’unica stradale camionabile allacciante la città bassa con quella alta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del tesoro e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere se non reputano urgente una razionale riforma dei sistemi di pagamento dei contributi assicurativi, il cui onere ingentissimo e sempre crescente, pesa totalmente sulla produzione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dei trasporti, per conoscere le ragioni per cui il Governo non ha ancora dato pratica attuazione al decreto legislativo luogotenenziale 26 aprile 1945, n. 286, con il quale è stata istituita una divisione speciale di polizia ferroviaria che dovrebbe assorbire gli elementi che attualmente fanno parte del corpo speciale di polizia ferroviaria per la Sicilia, istituito con ordine ufficiale n. 30 dal Comando militare alleato in data 17 gennaio 1944, e che in questi ultimi anni si è acquistato numerose benemerenze, tutelando coraggiosamente e la vita e gli averi dei cittadini nei treni viaggiatori, e impedendo sulle ferrovie siciliane, con efficace scorta, tutte quelle sottrazioni di merci e talvolta d’interi vagoni che sono tanto spesso lamentate sulla rete ferroviaria del Continente. Il Corpo speciale di polizia ferroviaria per la Sicilia, ad oltre un anno e mezzo dalla pubblicazione del sopraddetto decreto, ha diritto alla sua sistemazione e attende che siano ufficialmente smentite con risposta alla presente interrogazione le voci che circolano e che mettono in dubbio la sistemazione definitiva di questi valorosi agenti, che aspirano ad essere considerati un ramo della pubblica sicurezza alle dipendenze del Ministero dell’interno. Detta sistemazione è urgente ed improrogabile, per la continuazione dell’ottimo servizio e di una disciplina efficace in un settore tanto importante e delicato dell’Isola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quando intenda adeguare il personale di concetto del Genio civile di Messina alle effettive esigenze del servizio, in atto onerosissimo a causa della ingente mole dei lavori e per la riparazione dei danni bellici e per l’esecuzione del programma ordinario e straordinario 1946-47. Ciò al fine di accelerare le progettazioni, gli appalti e l’esecuzione dei lavori finanziati e da finanziarsi e per mettere gli uffici nelle condizioni di poter provvedere alla revisione dei prezzi delle opere compiute ed in corso di esecuzione, conforme le leggi vigenti e le assicurazioni date dai Ministeri competenti in occasione ed in conseguenza dei vari aumenti salariali ed oneri assicurativi verificatisi nel corso del 1946. Il potenziamento degli uffici del Genio civile di Messina è indispensabile perché il personale possa fronteggiare le esigenze del servizio in continuo aumento, con quella sollecitudine ed intelligente alacrità sinora dimostrata. Una decisione nel senso invocato è urgente anche per consentire un ulteriore collocamento di mano d’opera nei lavori pubblici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del tesoro e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere quali provvedimenti intendano prendere a favore dei lavoratori pensionati statali-parastatali dei comuni e delle provincie, per adeguare le pensioni all’effettivo costo della vita, pensioni che in atto corrispondono ad un trattamento assolutamente disumano e mantengono una numerosissima categoria di benemeriti cittadini, impossibilitati a svolgere praticamente qualsiasi altra attività, in uno stato di indigenza, che torna a disdoro di un Governo democratico. Se non ritengono, inoltre, urgente provvedere alla revisione della attuale farraginosa legislazione sulle pensioni civili e militari, demandandone l’esame e la trattazione alla Costituente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per conoscere se ritengono equo che personale operaio che verrà licenziato nella liquidazione della Società Ala italiana sia applicato il trattamento previsto dai contratti di lavoro stipulati sotto il regime fascista, secondo cui ad ogni operaio licenziato dovrebbe corrispondersi una indennità di una giornata lavorativa per ogni anno di lavoro compiuto, mentre per il personale impiegatizio il trattamento previsto è di un mese per ogni anno di servizio; e se non ravvisino, perciò, l’opportunità di emanare un provvedimento per un trattamento più equo degli operai in questione sulla base delle proposte fatte dalla Federazione della Gente dell’aria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Nobile».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga urgente provvedere al miglioramento delle condizioni economiche degli agenti ausiliari delle carceri di San Vittore a Milano, risultando all’interrogante:

1°) che questi agenti, assunti dal Comando alleato con lo stipendio di lire 8000 lorde (per quelli coniugati con un figlio a carico), raggiungevano nel gennaio 1946 le lire 10.000;

2°) che in febbraio 1946 il Ministero di grazia e giustizia emanava una circolare in base alla quale gli assunti dalla locale procura generale dovevano essere retribuiti con stipendio pari ai carabinieri in esperimento per soli sei mesi. Dopo di che avrebbero dovuto percepire lo stipendio di agente effettivo. Ciò che non è avvenuto;

3°) che in base alla circolare succitata lo stipendio da lire 10.000 è sceso a lire 6000 circa;

4°) che di conseguenza, al netto di trattenute, un agente con moglie e un figlio percepisce lo stipendio di lire 4460,05 mentre lo scapolo raggiunge appena le lire 2017;

5°) che ad aggravare la situazione finanziaria di questi agenti è intervenuto un provvedimento del Ministero, col quale si stabilisce di applicare una maggiore trattenuta per la mensa con effetto retroattivo dal 1° settembre corrente anno. L’interrogante domanda se in queste condizioni economiche gli agenti siano in grado di adempiere con spirito di fedeltà e sacrificio i compiti loro assegnati.

«Chiede inoltre che questi agenti vengano reintegrati nei diritti loro spettanti dopo i sei mesi di esperimento con la corresponsione degli arretrati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere la ragione per la quale non ha ancora provveduto ad istituire il servizio sussidiario delle ferrovie dello Stato attraverso lo stretto di Messina per sopperire all’attuale deficienza di ferry-boats, in conformità ai voti espressi dalle varie categorie esportatrici della Sicilia. L’utilizzazione di detto servizio, che ha funzionato lodevolmente fino al luglio 1943, influirebbe favorevolmente sul costo dei trasporti e sul prezzo definitivo dei prodotti di consumo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali provvedimenti intende prendere affinché i carri ferroviari partenti dalla Sicilia siano sollecitamente restituiti all’Isola per essere riutilizzati, ad evitare i gravi danni derivanti in questi ultimi mesi agli esportatori siciliani e inutilmente segnalati agli uffici competenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica), per sapere quanto ci sia di vero nella notizia pubblicata da molti quotidiani – e non smentita – secondo la quale un grande quantitativo di preziosi medicinali, imprudentemente immagazzinato in un forte presso Roma, sarebbe stato reso inservibile dalla recente alluvione del Tevere, con enorme danno, non solo dello Stato, ma di tutti coloro che a mezzo dei detti medicinali si sarebbero potuti avvantaggiare per la loro salute. E nel caso che la notizia sia vera, quali provvedimenti siano stati presi in ordine al fatto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se (al fine di correggere una ingiusta disparità di trattamento tra gli impiegati delle soppresse organizzazioni sindacali, per cui quelle della Sicilia debbono considerarsi sciolte al 30 settembre 1943 e quelle del Continente al 31 dicembre 1944, con enorme differenza nelle indennità di licenziamento, dovuta al diritto degli impiegati delle organizzazioni del Continente di avere la loro liquidazione in base ai successivi aumenti di legge) intenda, modificando il decreto 23 novembre 1944, n. 369, unificare il trattamento medesimo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quali urgenti provvedimenti intenda di adottare di fronte alla viva agitazione della popolazione di Piazza Armerina, gravemente danneggiata dalla consentita captazione delle sorgenti alte del bacino Bellia a favore del comune di Caltagirone, il quale giustamente reclama di essere fornito dell’acqua necessaria ai bisogni di quella cittadinanza, che potranno, tuttavia, essere soddisfatti meglio dalle sorgenti di Mascione in territorio di Caltagirone, senza ledere i diritti di Piazza Armerina ed evitando la distruzione di oltre mille ettari coltivati a noccioleti ed ortaggi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga doveroso oltreché equo che, in analogia a quanto disposto alla lettera A) del n. III della circolare n. 20 protocollo n. 5459 del 20 aprile 1946, delle Direzioni generali media classica e tecnica, sia concesso anche ai provveditori reggenti un adeguato compenso per l’ufficio di grado superiore che sono chiamati a compiere e ciò anche in considerazione che essi vengono ad essere esclusi dai benefìci che ai presidi e professori provengono dalla partecipazione a commissioni d’esame, ecc. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Costantini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere per quale motivo gli insegnanti delle scuole tecniche e professionali hanno un diverso trattamento morale ed economico nei confronti degli insegnanti dei ginnasi superiori e sono regolati da un diverso ruolo, quando non esiste alcuna differenza, né sostanziale né legale tra i due tipi di scuola. Il provvedimento che si invoca è giustificato dalle seguenti ragioni:

  1. a) alla scuola tecnica professionale si accede con la licenza di scuola d’avviamento e di scuola media inferiore, cioè dopo un triennio di studi, così come avviene per l’attuale ginnasio superiore;
  2. b) i licenziati delle scuole tecniche con prove integrative sono ammessi al terzo anno degli istituti tecnici corrispondenti e i professori di questi sono equiparati ai professori insegnanti al primo biennio dei ginnasi superiori;
  3. c) i professori di lingue straniere che insegnano al ginnasio superiore erano un tempo di ruolo B ed ora sono di ruolo A;
  4. d) i professori delle scuole tecniche e professionali hanno superato concorsi propri di scuola media superiore e svolgono nella scuola programmi appartenenti alle scuole medie superiori. L’interrogante chiede di conoscere se l’onorevole Ministro della pubblica istruzione non ritenga di accogliere questo giusto e legittimo desiderio della classe insegnante. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Monticelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, perché dica se ritiene opportuno, dato lo stato di isolamento in cui si trovano molte frazioni del comune di Sorano (Grosseto), particolarmente colpite dalle distruzioni della guerra prima e dai disastri della recente alluvione poi, di ripristinare con assoluta urgenza le comunicazioni telefoniche di quei paesi, delle quali è sentita la urgente necessità in casi di soccorsi sanitari e per esigenze di ordine pubblico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Monticelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, perché sia promossa una istruttoria giudiziaria da parte della Magistratura italiana e sollecitata una inchiesta giudiziaria da parte delle competenti Autorità alleate, per accertare la responsabilità del massacro compiuto dalle SS tedesche in data 12 agosto 1944 in località S. Anna, comune di Stazzema (Lucca). A S. Anna il 12 agosto 1944 furono trucidate ben 650 persone, quasi tutte donne e bambini, colpevoli solo del sospetto di aver dato aiuto ai partigiani. Il paese fu dato alle fiamme. Nella sera dello stesso giorno altri 14 uomini furono fucilati nel vicino paese di Val di Castello dalle stesse belve stanche, ma non ancora sazie di sangue. Un episodio di tale criminalità e di siffatta barbarie, e che fortunatamente trova pochi esempi consimili nella storia delle nefandezze e delle sciagure perpetrate dal tedesco nel nostro Paese, non può restare dimenticato ed impunito. Vi sono troppe famiglie che chiedono giustizia, vi è tutta la popolazione della Versilia che ancora freme di sdegno e che invoca una esemplare punizione dei responsabili. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bibolotti, Amadei».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere se non ritenga, di fronte alla disperata situazione degli Ospedali, prendere decisioni risolutive. Tali Enti, il cui bilancio economico è, per lo più, in modesto deficit, soffrono di dolorose deficienze di cassa. I numerosi debiti dei comuni impotenti a pagare – debiti ormai congelatissimi – hanno costretto le Amministrazioni ospedaliere a ricorrere ad onerosi fidi, che gradualmente dalle Casse concessionarie vengono ridotti. Ora non giova chiedere reintegri, che non farebbero che differire di poco tempo la chiusura degli ospedali, né che il Ministero dell’interno, come nella risposta ad una interrogazione, suggerisca di persuadere i comuni a contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti, poiché tale operazione non può compiersi che attraverso infinite difficoltà e la spesa di lungo tempo: è necessario che, come fu fatto con il decreto-legge 2 febbraio 1922, n. 114, il Ministero dell’interno anticipi agli Ospedali le somme dovute dai comuni e che gli Ospedali cedano a favore del Tesoro i loro crediti certi e liquidi verso i comuni per rimborso di spedalità. Solo così è sperabile salvare gli ospedali dall’abbandono intero della loro funzione.

«Longhena».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno ed il Ministro dell’agricoltura e foreste, per conoscere:

1°) quali provvedimenti intendano adottare per impedire le occupazioni di terre, che sono comunque arbitrarie e non tollerabili se non eseguite in base a legali provvedimenti e con le procedure previste dalla legge, e se non ritengano necessario per la indispensabile tutela dell’ordine giuridico emettere di urgenza un provvedimento legislativo che vieti la concessione di terre violentemente occupate e quanto meno escluda dai benefici dei provvedimenti in esame i singoli e gli enti ed associazioni che abbiano partecipato a violente occupazioni;

2°) quali provvedimenti intendano adottare per impedire che le terre incolte o male coltivate vengano attribuite ad enti o associazioni che non abbiano i mezzi occorrenti per una sufficiente conduzione delle terre;

3°) quali provvedimenti intendano adottare per impedire che, in aperta violazione dei più inconcussi principî di diritto e dello stesso disposto del decreto legislativo 19 ottobre 1944, n. 311, si perpetri l’arbitrio di pretendere e di imporre la divisione dei prodotti in proporzione diversa da quella prevista dal contratto senza aver prima ottenuto la modificazione di tale proporzione dalle competenti Commissioni;

4°) se è a conoscenza del Governo che in molte località della provincia di Catania e delle provincie finitime la forza pubblica si è rifiutata di intervenire per impedire tali sopraffazioni ed ha anzi garantito la legittimità dell’opera di improvvisate commissioni che hanno circolato per le campagne per imporre le lamentate sopraffazioni.

«Condorelli».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dell’interno, per sapere a quali criteri si sia ispirato nell’inviare ai Prefetti il telegramma concernente l’agitazione dei contadini poveri con riferimento a conseguenze che produrrebbero un eventuale sciopero del personale addetto alla cura del bestiame da latte e sulla opportunità di dare istruzioni che, ove questo sciopero dovesse effettuarsi «et agricoltori dovessero provvedere cura bestiame con altro personale et con altri mezzi SS. LL. dovranno provvedere at assicurare libertà lavoro at prestatori d’opera che non partecipano sciopero et evitare energicamente che scioperanti costringano predetti lavoratori at scioperare». Se non abbia pensato che tali istruzioni – mentre pendono le trattative – non potessero essere intese come un atto intimidatorio verso i contadini con effetto di accentuare il malcontento di questi, ed incoraggiare maggiormente gli agricoltori ad irrigidirsi negativamente contro le legittime richieste di questi lavoratori. Per quale ragione il Governo non abbia ritenuto di rivolgersi energicamente anche verso gli agricoltori e se infine, non ritiene potesse, in caso di necessità, esplicare altra azione maggiormente pacificatrice che tenesse conto delle reali necessità dei contadini.

«Mariani Francesco».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla necessità che, in attesa che la Commissione incaricata di redigere uno schema legislativo sulla organizzazione dei servizi sanitari porti a termine i suoi lavori, siano emanate, per quanto specificatamente concerne la Sicilia, norme, che regolino, nell’Isola, la complessa materia, tenendo presente:

1°) con l’ordine ufficiale n. 9 del 23 ottobre 1943 del Governo militare alleato, furono creati gli Uffici provinciali della sanità pubblica della Sicilia;

2°) con l’ordine ufficiale n. 70 dell’8 febbraio 1944 del Governo militare alleato, in Sicilia, tutte le attribuzioni, in materia sanitaria che, prima, erano di competenza del Prefetto, vennero devolute ai medici provinciali nella loro qualità di direttori dell’ufficio provinciale di sanità pubblica;

3°) che successivamente, nonostante i regi decreti-legge 22 febbraio 1944, n. 30 e 22 febbraio 1944, n. 31, che, per altro, conosciuti molto tardi in Sicilia, non ebbero, nel campo sanitario, pratica applicazione, nel mese di novembre 1944, pervenne in Sicilia la circolare n. 20400 I. A. 102/55/289 del Ministero dell’interno, Direzione generale sanità pubblica, che conservava, sia pure a titolo sperimentale, la nuova organizzazione sanitaria in Sicilia;

4°) che in forza delle disposizioni dei Bandi del Governo alleato, gli Uffici provinciali di sanità pubblica emisero disposizioni, specie nel settore amministrativo, emanando provvedimenti di competenza (nomina e sostituzione di ufficiali sanitari, riconoscimento di trasferimenti di farmacie, ordinanze sanitarie, ecc.) i cui effetti, permanendo ancora, portano alla conseguenza che detti provvedimenti potrebbero essere impugnati, creando un grave danno agli interessati che si rivolsero ad organi apparentemente legittimi;

5°) che nonostante la su citata circolare 20400 abbia mantenuto in vita l’ordinamento sanitario in Sicilia, nessun provvedimento legislativo, che era logico aspettarsi, è stato emanato, che riconoscendo, anche temporaneamente ed in via sperimentale, gli Uffici provinciali di sanità pubblica in Sicilia, li avesse in seguito inseriti nella serie degli organi dello Stato, limitatamente al territorio della Sicilia, onde assicurare al nuovo organismo la continuità di vita, e convalidare, riconoscendoli, tutti i provvedimenti amministrativi emanati dagli Uffici provinciali di sanità pubblica;

6°) che la mancanza di una regolamentazione provvisoria ha creato una situazione equivoca, nel senso che nelle provincie sono rimaste due Autorità sanitarie: il Prefetto ed il Medico provinciale, entrambi cogli stessi poteri, il primo di diritto, il secondo di fatto. E mentre l’attività strettamente sanitaria (fruendo della autonomia tecnica ed amministrativa e dello accentramento dei servizi sanitari) si è enormemente avvantaggiata, in contrapposto, per quanto concerne la situazione amministrativa si è creata una sfasatura di competenze che indubbiamente ha nociuto e nuoce all’andamento dei servizi sanitari il cui intervento nella generalità dei casi deve essere tempestivo;

7°) che col decreto legislativo luogotenenziale 12 luglio 1945, n. 417, venne creato l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica. Come corollario, essendo stato fondato l’Alto Commissariato sui principî di autonomia tecnica ed amministrativa, sarebbe dovuto scaturirne il riconoscimento degli Uffici provinciali siciliani che contano ormai tre anni di vita;

8°) che è urgente, anche in armonia con quanto forma oggetto dello Statuto della Regione siciliana, che si emanino urgentemente in proposito norme legislative, che, mentre sanciscono lo stato di fatto (che ha dato nel campo tecnico ottimi risultati), tolgano la sfasatura di competenze, e liberino i dirigenti degli Uffici provinciali di sanità dallo stato di disagio in cui si trovano attualmente.

«Cannizzo».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga opportuno il ripristino in Campobasso della prima e terza Sezione dell’Ufficio tecnico erariale, attualmente aggregate a quello di Benevento. Dette Sezioni eseguono, infatti, nella provincia di Campobasso, stime per conto dello Stato in numero di molto inferiore a quelle che vengono eseguite nell’altra provincia, il che è conseguenza del fatto che, esistendo nella prima n. 1.030.000 particelle terreni contro n. 385.000 esistenti nell’altra e n. 140.000 unità urbane contro 76.000 esistenti nell’altra, in molto maggiore numero sono i trapassi di proprietà nella prima, di quello che non siano nella seconda. Perciò stesso, ai fini della conservazione dei catasti terreno ed edilizio, altro compito delle due Sezioni, ben più importante deve ritenersi il lavoro, che viene compiuto nella provincia di Campobasso, in confronto di quello che è espletato in provincia di Benevento. L’Ufficio di Campobasso, poi, dovrebbe essere completato con la creazione della quinta Sezione, avente, come è noto, il compito di accertare i danni di guerra, le pratiche relative essendo nella provincia di Campobasso molto più numerose di quelle dell’altra provincia. Si aggiunga che, data la difficoltà dei mezzi di trasporto, gli interessati della provincia di Campobasso debbono superare non lievi difficoltà per recarsi a Benevento per il disbrigo di pratiche, come debbono superarle gli stessi uffici finanziari (Agenzia delle imposte ed Ufficio del registro) per tenersi collegati alle indicate Sezioni mancanti dell’Ufficio tecnico. E ciò è bene evitare nell’interesse dei singoli e della collettività. Non è inopportuno, infine, sottolineare che a Campobasso esistono già i locali che possono accogliere la prima, la terza e la quinta Sezione ed il personale è pressoché completo.

«Colitto».

«I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri della guerra e dell’aeronautica, per conoscere:

1°) quali criteri verranno seguiti nel collocamento nella riserva o in posizione ausiliaria di ufficiali generali e superiori, da effettuarsi in base alle disposizioni contenute nell’articolo 2 del decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384;

2°) come intendano tener conto del fatto che nelle discriminazioni degli ufficiali compromessi per il loro comportamento dopo l’8 settembre 1943 non sempre si sono seguiti criteri uniformi, ragione per cui spesso si verifica che per le medesime mancanze sono state inflitte punizioni disciplinari diverse;

3°) se non ritengano, pertanto, necessario che la Commissione da nominarsi in base all’articolo 3 del decreto legislativo suddetto sia costituita di parlamentari da designarsi dall’Assemblea Costituente, dato che la scelta degli ufficiali generali da trattenere in servizio deve rispondere non tanto a requisiti di carattere tecnico-professionale, quanto ad un giudizio ispirato alle esigenze di una sicura garanzia democratica delle forze armate;

4°) se per i motivi anzidetti non ritengano altresì necessario di incaricare le Commissioni parlamentari proposte nel precedente paragrafo di stabilire i criteri da seguire per il collocamento di autorità nella riserva o in ausiliaria di tutti gli altri ufficiali generali e superiori.

«Nobile, Terracini».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, sui gravi fatti accaduti a Margherita di Savoia (Foggia) il 4 novembre, nel corso dei quali i lavoratori comunisti Ronzino Oronzo e Ronzino Leonardo vennero barbaramente assassinati, ed altri cittadini feriti, dai qualunquisti e monarchici locali; nonché sulle responsabilità che di tali fatti di sangue incombono sulle autorità locali e provinciali, le quali incoraggiano apertamente la criminalità neofascista, come risulta anche dal fatto preciso che il principale autore materiale del duplice assassinio di Margherita, benché denunciato mesi or sono dallo stesso scrivente e da altri cittadini, per aver capitanato di pieno giorno – armato di mitra e di bombe a mano, che ostentava pubblicamente – l’assalto e la devastazione delle sedi locali del Partito Comunista e del Partito Socialista, non veniva arrestato, né processato e nemmeno disarmato, incoraggiandolo in tal modo a perpetrare altri delitti.

«Di Vittorio».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, sui motivi per i quali a tutt’oggi, 14 novembre 1946, non si sono ancora resi pubblici i prezzi e le norme che dovranno precisamente regolare il già decretato ammasso dell’olio; onde i coltivatori, vagamente informati di rimunerazioni insufficienti a compensare persino i costi di produzione, sono indotti o ad anticipare il raccolto per prevenire l’ammasso o a tralasciare addirittura di procedervi, per evitare la sicura perdita che vi farebbero.

«Pellizzari».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, sui motivi che lo hanno indotto – contrariamente alle affermazioni programmatiche dei partiti che fanno parte dell’attuale Governo, e in aperto contrasto con promesse fatte dal Governo stesso a mezzo dei suoi rappresentanti nei congressi dei sindaci dei capiluogo di provincia – a negare qualsiasi forma di autonomia comunale, mantenendo quasi completamente in vigore la passata legislazione fascista, purtroppo come un tempo regolatrice di tutta quanta l’attività comunale.

Nonostante il recente invio di circolari ai sindaci che parteciparono all’ultimo congresso tenutosi a Roma ai primi settembre, il Governo smentisce gli impegni assunti e dichiarati, persistendo nell’imporre, con metodi e sistemi da ritenersi superati, una prassi amministrativa che sembrava dovesse cessare con la fine di un regime accentratore e autoritario.

Valga il caso recentemente occorso all’Amministrazione comunale di Pavia, la quale si ebbe designato e inviato di autorità un segretario generale secondo i principî del decreto-legge del 1929, riaffermati dalla legge del 1942, i quali riconsacrano, in piena democrazia, la statizzazione dei segretari comunali, con natura e scopi prettamente fascisti, preordinati al fine esclusivo di perfezionare l’asservimento progressivo totale degli Enti locali allo Stato, solo giustificabile in un regime assoluto e totalitario. Ciò che non soltanto impedisce l’attuarsi di un minimo di autonomia comunale, ma significa evidente negazione di qualsiasi concetto democratico, che rivendica a qualsiasi Amministrazione liberamente eletta il diritto naturale di provvedere in modo diretto, e mediante pubblico concorso, alla nomina del segretario capo, il quale dev’essere il funzionario di fiducia degli amministratori e non un missus dominicus.

Se non sia intenzione del Governo, ad evitare che si vadano creando nei Comuni situazioni che possono seriamente compromettere e turbare l’andamento amministrativo con deciso indirizzo democratico, astenersi dal mutare che si vadano creando nei comuni situa interessati possano avere la possibilità di uniformarsi subito al regime che sarà definitivamente instaurato con le nuove leggi; oppure di provvedere senz’altro a cancellare assurde e anacronistiche sopravvivenze fasciste, del tutto incompatibili col nuovo spirito dei tempi, disponendo che la nomina del segretario generale, anziché con decreto governativo, sia fatta, almeno per i capiluogo di provincia, con pubblico concorso da parte di Amministrazioni liberamente elette e rinnovate con suffragio popolare.

«Fietta».

«I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere come si intenda provvedere alla situazione della Scuola normale superiore di Pisa – collegio universitario statale unico del genere in Italia – che attualmente si trova in particolari difficoltà dato che: la quintuplicazione di contributo promessa dal Ministero non è stata ancora resa esecutiva; la concessione, avvenuta in agosto, di un milione è del tutto inadeguata di fronte ai forti impegni della Scuola verso fornitori di generi alimentari per il mantenimento dei convittori; il rimborso da parte dello Stato di lire 3.742.155 per maggiorazione stipendi dal 1° luglio 1942, non è stato mai effettuato.

Si fa presente che in caso di mancato aiuto immediato da parte dello Stato, la direzione dovrà chiudere l’Istituto e dimettere i convittori, nonché interrompere dalla fine di novembre il pagamento degli emolumenti spettanti al personale.

Si fa presente inoltre che la situazione della Scuola normale di Pisa è degna della massima considerazione da parte del Ministero, dato il carattere tutto particolare di questo Istituto che svolge attualmente una importante funzione sociale di assistenza a giovani di notevole qualità intellettuale e duramente provati in questi anni ed ha dietro di sé una gloriosa tradizione di studi e di opere a vantaggio della cultura e della scuola italiana.

«Binni, Bernini, Schiavetti, Marchesi, Lussu, Parri, Silone, Colonnetti, Togliatti».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle finanze, per conoscere se e quando saranno soddisfatte le legittime aspettative dei pensionati, a cui molto si è promesso e poco finora si è dato, con assai scarso beneficio, sempre assorbito dal progressivo aumento del costo della vita. Questa infelice categoria di vecchi e provati lavoratori a ragione domanda un trattamento di umanità, almeno non inferiore a quello faticosamente accordato agli impiegati in attività di servizio, se è onesto affermare che in nessun caso può la fame essere considerata come il giusto coronamento di una intera esistenza consumata a servizio del bene pubblico. I pensionati chiedono che il rateo mensile sia adeguato allo stipendio del servizio attivo; che siano mantenuti ad essi i pochi vantaggi del servizio attivo, come l’uso del libretto ferroviario; che siano loro concessi i benefizi accordati ai funzionari in servizio: tredicesima mensilità, premio della Repubblica, ecc. Nel momento in cui il Governo, compreso dei doveri di solidarietà sociale, va incontro, a prezzo di gravi sacrifici per la pubblica finanza, ai bisogni dei disoccupati, maggiormente s’impone l’equo riconoscimento dei diritti dei pensionati, che sono tra le prime, deboli e indifese vittime della crisi attuale. Sarà così evitato, anche nell’interesse della tranquillità interna, il sospetto che le premure e le cure dello Stato, verso questa o quella categoria di cittadini, siano soltanto stimolate dalle rumorose manifestazioni di piazza.

«Caroleo».

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Governo, per sapere se – accogliendo finalmente le ripetute istanze del Consiglio nazionale delle ricerche, i voti unanimi dei Corpi accademici e degli studiosi, nonché l’esempio dei Paesi più consapevoli e progrediti – intenda dare adeguato e stabile finanziamento alla ricerca scientifica, necessaria non solo per il progresso culturale e spirituale, ma anche per l’urgente ricostruzione e per l’invocato sviluppo economico nazionale.

«Colonnetti, Alberganti, Ambrosini, Arcaini, Arcangeli, Bargagna, Bellavista, Bettiol, Bianchi Bianca, Binni, Bonino, Bulloni Pietro, Calamandrei, Calosso, Cappi, Caristia, Caso, Cavalli, Cavallotti, Cianca, Codignola, Cosattini, Einaudi, Ermini, Fanfani, Ferrario Celestino, Foa, Fornara, Giacchero, Giua, Gortani, Gui, Jacini, La Pira, Leone Giovanni, Lettieri, Lombardi Riccardo, Lucifero, Lussu, Marchesi, Martinelli, Martino Gaetano, Mattei Teresa, Medi Enrico, Mortati, Musotto, Pajetta Giancarlo, Pecorari, Pesenti, Pieri Gino, Pignedoli, Ponti, Riccio Stefano, Rivera, Rodinò Ugo, Schiavetti, Togni, Tomba, Tosato, Tosi, Valiani, Valmarana».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure le interpellanze saranno iscritte all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 21.10.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Carmine De Martino). (Documento III, n. 3). (Relazione presentata il 18 settembre 1946).