Come nasce la Costituzione

VENERDÌ 13 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXVIII.

SEDUTA DI VENERDÌ 13 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

indi

DEI VICEPRESIDENTI TERRACINI E CONTI

INDICE

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                          

Brusasca, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri                                        

Persico                                                                                                             

Sansone, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione                                    

Faralli                                                                                                             

Cassiani, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale                 

Di Giovanni                                                                                                      

Martino Enrico, Sottosegretario di Stato per la guerra                                      

Pajetta Giuliano                                                                                             

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                         

Interpellanza (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Bellavista                                                                                                       

Spano Velio, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste                      

Bosi                                                                                                                   

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Disegno di legge: Nuove formule di giuramento (Seguito della discussione):

Presidente                                                                                                        

Molè, Presidente della Commissione                                                                   

Fabbri                                                                                                               

Riccio                                                                                                               

Bencivenga                                                                                                      

Russo Perez                                                                                          Persico      

Rescigno                                                                                                           

Scoca                                                                                                                

Risultato della votazione segreta:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni e interpellanze d’urgenza:

Presidente                             De Gasperi, Presidente del Consiglio del Ministri,

Ministro dell’interno                                                                                           

Silipo                                                                                                                

Sullo                                                                                                                

Caroleo                                                                                                           

Di Fausto                                                                                                         

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, in sostituzione dell’onorevole Tupini, nominato Vicepresidente dell’Assemblea, ho chiamato a far parte della Giunta delle elezioni, l’onorevole Firrao e che il compianto onorevole Corazzin è stato sostituito, come componente della terza Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge con l’onorevole Rapelli.

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è dell’onorevole Persico, al Ministro degli affari esteri, «per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei Trattati per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo egiziano a Parigi 1’11 settembre 1946».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha facoltà di rispondere.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo ringrazia l’onorevole interrogante per avergli dato occasione di informare la Costituente sullo stato dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto concernente i nostri connazionali di laggiù. Allo scoppio della guerra tra l’Italia e l’Inghilterra, l’Egitto immediatamente ruppe le relazioni diplomatiche con l’Italia e fra le misure che il Governo egiziano prese vi fu anche l’internamento degli italiani di sesso maschie residenti in Egitto. A richiesta delle autorità militari britanniche alcune decine di italiani che occupavano cariche nelle organizzazioni fasciste o nelle associazioni ad esse aderenti furono arrestati ed internati il giorno stesso della rottura delle relazioni. Successivamente, la grande maggioranza degli italiani in Egitto fu posta in campi di concentramento e allogata in parte in edifici scolastici e nel campo di corse e per la maggior parte in baraccamenti e attendamenti nella zona del Canale presso Ismailia; i loro beni furono sequestrati. Rispettivamente, le condizioni di questi internati sono state migliori per coloro che furono allogati in edifici e meno buone negli altri luoghi di concentramento.

Analogo trattamento avevano subito i cittadini tedeschi in Egitto all’inizio della seconda guerra mondiale, i quali furono tutti subito arrestati e posti in campi di concentramento.

Un certo numero di connazionali non ha subito le misure di internamento, in seguito a discriminazione decisa per ragioni razziali o politiche.

La situazione degli italiani è venuta alquanto migliorando dal momento dell’armistizio in poi. In base ad accertamenti sul loro atteggiamento nei confronti del Governo italiano legittimo, il numero degli internati è andato diminuendo, in particolare durante il 1945. L’Internamento è venuto a cessare totalmente al principio del 1946.

Le condizioni attuali degli italiani in Egitto risentono naturalmente dalle misure prese a suo tempo nei loro confronti.

Mentre una parte ha potuto riprendere le sue attività, sia pure con qualche limitazione, altri non hanno potuto ancora essere reintegrati nell’impiego o nelle mansioni che avevano esercitato e trovano grosso inceppo nelle restrizioni conseguenti al sequestro dei beni. Il Governo italiano si è preoccupato della loro sorte ed ha cercato, non appena possibile, di iniziare rapporti con il Governo egiziano per lo studio dei problemi relativi alla normalizzazione della situazione di quella collettività. Ad un primo contatto iniziatosi nel settembre del 1945 con l’invio della missione De Astis, protrattasi fino al dicembre del 1945, è subentrata l’attuale fase delle relazioni italo-egiziane con il ritorno della missione De Astis e la successiva riapertura di uffici a Cairo, Alessandria e Porto Said.

Da questa ripresa di rapporti diretti si sono già avute conseguenze di notevole utilità per il miglioramento delle condizioni degli italiani. È stata restituita ad essi la capacità giuridica. Le istituzioni assistenziali, scolastiche e culturali hanno beneficiato di un trattamento speciale che ne consente la graduale ripresa di attività. Tra l’altro hanno potuto far ritorno in Egitto duecento connazionali che dal 1940 si trovavano bloccati in Italia.

Le conversazioni con il Governo egiziano continuano per procedere quanto più speditamente possibile verso il raggiungimento di una completa normalizzazione delle condizioni degli italiani in Egitto.

L’Accordo con l’Egitto, concluso a Parigi nel settembre scorso, fu stipulato soprattutto con lo scopo di affrettare il dissequestro dei beni italiani; ma non può entrare in vigore, se prima non viene conclusa una convenzione per la sua esecuzione.

In tale occasione si terrà il più largo conto dei rilievi e dei desideri formulati dagli interessati.

Il valore dei beni italiani sottoposti a sequestro è molto considerevole; era quindi dovere del Governo italiano di ottenerne lo svincolo, in difesa degli interessi dei nostri connazionali colpiti dal provvedimento.

Nel determinare la somma che il Governo italiano dovrà versare al Governo egiziano, si è tenuto conto naturalmente dell’entità dei danni che l’Egitto abbia potuto ricevere a causa delle operazioni di guerra. Ma la transazione, come era inevitabile, ha dovuto essere fatta tenendo conto anche delle esigenze del Governo egiziano.

Da taluno è stato osservato che l’Accordo crea una situazione di ineguaglianza tra i cittadini italiani, che subirono il sequestro delle somme liquide di loro pertinenza, somme che il Governo egiziano incamererà in parziale pagamento di quanto dovutogli, e quei cittadini italiani, che sono possessori di beni immobili e che, allorquando tali beni saranno stati restituiti, si troveranno reintegrati nella loro proprietà.

Il Governo italiano si propone, in sede di accordo di esecuzione, di rimediare con ogni suo mezzo, nei limiti del possibile, ad una tale situazione.

Per ciò è intendimento del Governo italiano di regolare le questioni di esecuzione prima ancora che l’Accordo di Parigi entri in vigore: quando questi secondi accordi complementari, ma essenziali, saranno stati stipulati, tutta la materia sarà trasmessa all’esame della Commissione dei Trattati.

Il Governo rinnuova intanto da questo banco agli italiani dell’Egitto l’assicurazione del suo vivissimo interessamento in difesa dei loro legittimi diritti ed è certo di interpretare il pensiero della Costituente esprimendo ad essi la fraterna solidarietà di tutto il Paese.

PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PERSICO. Sono molto lieto che il Sottosegretario agli esteri ci abbia dato così ampi ragguagli, perché giungevano a noi in Italia notizie veramente allarmantissime. La nostra collettività italiana in Egitto, che conta ben 50.000 connazionali e che era una delle più fiorenti, delle più antiche e più prospere del vicino Oriente, è stata duramente trattata nel periodo della guerra, in quanto, senza che l’Italia fosse stata mai in guerra con l’Egitto, i nostri connazionali sono stati considerati come sudditi nemici, inviati in campi di concentramento e privati di tutti i loro beni; sono state sequestrate le loro aziende e distrutte le loro attività, con danni che ritengo purtroppo irreparabili.

Quello che preoccupava i nostri connazionali e fratelli in Egitto era che a Parigi l’11 settembre si fosse stipulato un vero e proprio trattato, col quale tutti i loro diritti sembravano irreparabilmente compromessi.

È vero che il nostro firmatario, onorevole Ivanoe Bonomi, ci garantiva con la sua stessa personalità che non si sarebbe mai fatto nulla che fosse contrario agli interessi italiani; ma i giornali egiziani, riferendo un comunicato sul preteso trattato, o accordo, firmato 1’11 settembre a Parigi, tra Shall Pascià e l’onorevole Bonomi, avevano intonato un peana di vittoria, dicendo che tutte le loro richieste erano state accolte, con il pagamento di 4 milioni e 890.000 lire egiziane (che è una somma notevolissima), col mantenimento del sequestro dei beni dei nostri connazionali, compreso l’impossessamento di tutte le floride aziende italiane.

Ora, questo a noi sembrava impossibile, e sono soddisfatto che l’onorevole Brusasca ci abbia rassicurato al riguardo: non un trattato fu stipulato a Parigi, ma si sono presi soltanto degli accordi, i quali accordi pare che abbiano avuto anche un seguito con la venuta in Italia di un inviato straordinario egiziano S.E. Ahmed Bonghdadi, il quale sembra abbia fatto delle aperture in senso più umano ed accettabile.

Comunque, sarebbe bene che la Commissione dei Trattati fosse investita al più presto del delicato problema, per dare a queste nostre collettività, che rappresentano una vivente e fiorente immagine della Patria nel vicino Oriente, la sensazione che gli interessi degli italiani all’estero saranno attentamente tutelati dal nuovo Governo democratico italiano per la sacra difesa della giustizia e del diritto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Faralli, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) «per sapere che cosa ci sia di esatto e di vero nella notizia pubblicata da un giornale di Roma, secondo la quale un forte quantitativo di latte in polvere sarebbe sottratto al normale consumo, facendolo apparire come scondizionato, e quindi ceduto a lire 16 il chilogrammo all’industria privata, mentre dovrebbe essere impiegato per approvvigionare le popolazioni, specie delle grandi città, fra le quali Genova, più di ogni altra deficitaria di tale indispensabile alimento».

L’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Il latte in polvere e il latte evaporato, risultante da rimanenze della gestione A.C. e da arrivi U.N.R.R.A., è tutto a disposizione dell’Alto Commissariato dell’alimentazione presso i depositi sbarco o magazzini nazionali.

Quel latte viene assegnato alle province per soddisfare le categorie speciali che godono di un particolare trattamento (degenti, ospedali, sanatori, profughi e reduci, raccolti in campi o ai posti di ristori, detenuti minorenni e ammalati, bambini allattati artificialmente, assistenza U.N.R.R.A.).

Il latte, come ogni altro prodotto, è sottoposto a vigilanza di apposite commissioni che mensilmente accertano le consistenze e provvedono all’esame dei prodotti che sono scondizionati o presentano pericolo di scondizionamento, applicando le norme della circolare 153-bis.

In base a tale procedura nessun quantitativo può essere considerato non più idoneo all’alimentazione umana, se non dietro dichiarazione dell’ufficiale sanitario che fa parte della Commissione di accertamento.

I prodotti dichiarati scondizionati vengono passati dalle gestioni alimentari della Federconsorzi alla gestione mangimi della Federconsorzi stessa, perché siano usati come ingrediente nella preparazione di mangimi composti o siano venduti al meglio sotto la sorveglianza del Ministero del Tesoro, che è interessato negli utili della gestione.

Per il latte in polvere è avvenuto, che non essendo gradito, si sono determinate forti giacenze tanto nei magazzini controllati direttamente dall’Alto Commissariato quanto nei magazzini provinciali controllati dalla S.E.P.R.A.L.

Da due mesi una situazione nuova si è presentata agli uffici dell’Alto Commissariato: province che avevano rifiutato le assegnazioni di latte ne richiedevano; le giacenze presso i magazzini provinciali diminuirono improvvisamente, e richieste di assegnazioni di latte in polvere pervenivano da parte di ditte all’Alto Commissariato.

Da una indagine risultò che le provincie avevano venduto e stavano vendendo il latte in polvere dichiarato scondizionato o che si riteneva che non sarebbe stato ritirato dagli aventi diritto, a ditte industriali del ramo caseario e dei prodotti conservati.

La S.E.P.R.A.L. di Roma, per esempio, ha venduto circa 1000 quintali di latte in polvere ceduti dalla gestione mangimi della Federconsorzi a lire 70,35, prezzo fissato dalla gestione mangimi; di queste, lire 35 sono state versate dalla S.E.P.R.A.L. alla gestione stessa e con il resto la S.E.P.R.A.L. ha ricevuto salumi che tra giorni assegnerà alle cucine popolari e ai ristoranti dell’E.C.A.

Di fronte a questa irregolarità, l’Alto Commissariato stabilì il blocco di tutto il prodotto, in deroga alla citata circolare 153-bis, con telegramma in data 9 novembre G.A.R. 3-42848 e siccome risultava che non tutti si erano attenuti alla nuova disposizione impartita, rinnovava l’ordine e invitava a comunicare gli eventuali quantitativi ceduti in deroga.

In quanto alla possibilità di usare il latte in polvere per la popolazione civile, si deve far presente che, il prodotto, per la sua natura e per la ormai vecchia data di preparazione, risulta per lo più inidoneo e le rimanenze, con rigido controllo, saranno assegnate per usi zootecnici.

Di fronte alle difficoltà di approvvigionamento dei grandi centri e in particolare di Genova, l’Alto Commissariato si è fatto premura presso la missione U.N.R.R.A. fin dal 16 novembre 1946, perché venisse autorizzata l’assegnazione di latte condensato ai grandi centri deficitari. Non si è ancora avuta risposta.

Il problema del latte alimentare permane grave e si spera dalla nuova disciplina, di cui al decreto 20 novembre 1946, n. 342, e della quale ora inizia l’applicazione, di potere ovviare alle deficienze che si verificano in quel settore.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

FARALLI. Ringrazio l’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione della spiegazione che ha dato a proposito della mia interrogazione, ma non posso dichiararmi soddisfatto, perché il problema del latte dall’Alto Commissario dell’alimentazione non è stato considerato sempre nel modo con cui avrebbe dovuto essere considerato. Non c’è bisogno che io dica all’Assemblea quale importanza ha il latte nell’alimentazione delle popolazioni, specificatamente nelle grandi città dove abbondano gli ammalati, i vecchi ed i bambini. Io ricordo soltanto che nelle ripetute riunioni tenute dai Sindaci dei capiluogo di provincia e di regione, assieme ai rappresentanti delle Camere del lavoro e dei prefetti dell’alta Italia, il problema del latte è stato negli ultimi mesi ripetutamente esaminato, e ripetutamente è stato chiesto al Governo il modo con cui questo problema avrebbe dovuto essere risolto.

Noi avevamo domandato, come sindaci di capoluogo di regione e di provincia, come rappresentanti delle Camere del lavoro, che venisse abolito (non da oggi, ma da parecchi mesi) il famoso decreto 16 febbraio 1946, che divideva il latte in due categorie: una categoria per l’alimentazione e una categoria per l’industria; donde tutto il male che in questi mesi si è dovuto constatare, perché non è ammissibile che un produttore di latte sia obbligato a vendere il latte a lire 20 all’Alimentazione, quando c’è l’industria che le offre 40, 50, 60 lire il litro per poter produrre formaggi che poi vengono esportati a prezzi favolosi.

Ora, noi avevamo domandato l’abolizione di questo decreto e insieme avevamo anche chiesto il controllo della produzione, la regolamentazione dell’esportazione ed il contingentamento.

Di tutto questo, onorevoli colleghi, il Governo non ha tenuto conto o ha tenuto soltanto conto relativamente in questi ultimi giorni con quel famoso decreto che intanto ancora non è stato attuato, o che è attuato soltanto in parte, precisando il prezzo di base a lire 32, il che comporta la vendita a 40-45 lire il litro.

Ma soprattutto questo decreto è stato attuato in modo assolutamente impossibile nell’interesse della collettività, perché ha lasciato ancora la possibilità di vendere il latte all’Alimentazione e la possibilità di vendere il latte per uso industriale.

Quindi la ragione per la quale noi sindaci dell’Alta Italia e rappresentanti delle Camere del lavoro avevamo lottato per ottenere l’abolizione di quel decreto non può avere e non ha nessun effetto.

Detto questo, non m’indugio più oltre nel problema, ma approfitto dell’occasione per richiamare l’attenzione del Governo e dell’Assemblea sul problema dell’alimentazione in generale.

Badate che in questo momento in tutta Italia serpeggia un senso gravissimo di inquietudine, e non più tardi di stamane mi sono giunte telefonale da Genova annunziantimi che gli operai di alcuni stabilimenti hanno abbandonate le officine per protestare perché non soltanto la roba manca, ma il prezzo aumenta in proporzioni favolose.

Ora se il Governo, se l’Alto Commissario all’alimentazione avessero accolto l’invito ripetutamente fatto dai sindaci dei capoluoghi di provincia e di regione, i quali si sono riuniti più volte a questo scopo; se avesse il Governo accolto l’invito che noi avevamo fatto, forse oggi il problema dell’alimentazione non sarebbe così difficile e così grave come purtroppo sì presenta.

Perché, onorevoli signori del Governo, non basta dire che abbiamo perduto la guerra; non basta dire che siamo senza materie prime, che manca il carbone, il grano, la benzina; le masse operaie hanno la comprensione e la consapevolezza di sapere che purtroppo così è, ma hanno anche la umiliazione di vedere che i ricchi seguitano ad arricchirsi, gli speculatori seguitano a speculare, e che la borsa nera si fa sempre più forte ed ingigantisce. Intanto il Governo non ha preso e sembra che non abbia intenzione di prendere nessun provvedimento decisivo.

Si dice – io non so quanto ci sia di vero – che esista uno scandalo per il formaggio grana, per il grano che non viene consegnato agli ammassi; per l’olio, che ancora non si distribuisce, sebbene ve ne sia grande abbondanza specie nell’Italia meridionale. Ed i produttori intanto ricevono prezzi superiori a quello dell’ammasso. Si dice che in una regione si sono prodotti quasi sette milioni di quintali di grano e se ne sono consegnati all’ammasso soltanto settecento quintali. E il Governo non soltanto non prende alcun provvedimento, ma non fa sapere che cosa pensa in proposito.

Ebbene, io richiamo l’attenzione dell’Assemblea sul problema dell’alimentazione, richiamo l’attenzione del Governo perché la inquietudine è tale che ce ne sentiamo vivamente preoccupati.

Noi speravamo che l’Assemblea avrebbe esaminato il problema dell’alimentazione; speravamo di poter tornare nelle province portando il pensiero preciso dell’Assemblea Costituente, che dopo due mesi si era ancora una volta riunita; viceversa torniamo nelle province portando ancora una volta la delusione e lo sconforto, perché i problemi che soprattutto assillano e tormentano in questo momento la popolazione italiana non trovano risoluzione, e noi in questa Assemblea non li abbiamo ancora potuti esaminare.

Una voce al centro. Ma ci stiamo occupando del giuramento!

FARALLI. Possiamo filosofare sul giuramento, ma le masse operaie non filosofano, anche se il giuramento è necessario. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Faralli, stia all’argomento!

FARALLI. Ad ogni modo, onorevole Presidente, io faccio soltanto presente questo, che le masse operaie hanno già prestato giuramento alla Repubblica col loro sacrificio. Richiamo dunque l’attenzione del Governo e dei colleghi sul problema dell’alimentazione, perché si sappia che il popolo ha bisogno di pane e di giustizia. Al pane il popolo può rinunziare in parte, a condizione che la rinunzia sia di tutti, e che sia anche dei privilegiati. Ma alla giustizia il popolo italiano non rinunzia ed io domando a voi, onorevoli colleghi: se davvero desideriamo e vogliamo il bene del nostro Paese, si ascolti questo grido di giustizia e si trovi il modo di tradurre in concreta realtà l’anelito del popolo italiano. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione, per un chiarimento. Ne ha facoltà.

SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Il decreto del quale l’onorevole Faralli chiedeva l’approvazione è stato approvato in data 20 novembre 1946 ed è andato in applicazione il 6 dicembre. La sua disciplina è quindi in corso di attuazione: essa prevede proprio il convogliamento del latte verso le grandi città e tende a stabilizzare il prezzo del latte industriale. Noi quindi ci auguriamo che la disciplina abbia gli effetti voluti e che l’inconveniente possa essere ovviato. Per la disciplina, facciamo appello sia ai produttori che ai distributori di latte, perché vi s’attengano. (Commenti).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, «per sapere se non ritenga opportuno impartire disposizioni agli Uffici provinciali del lavoro perché la procedura relativa alla risoluzione delle controversie individuali e collettive si svolga con la maggiore rapidità e con le minori difficoltà formali e sostanziali. L’esperienza dimostra l’utilità dei Collegi arbitrali aventi competenza giurisdizionale, composti da rappresentanti diretti delle parti, con l’intervento facoltativo delle associazioni sindacali ai fini dell’eventuale tutela di principî di interesse generale riguardanti la categoria».

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Il Ministero del lavoro, in occasione dei continui rapporti con gli Uffici provinciali del lavoro, ha sempre fatto e continuerà a fare raccomandazioni perché le controversie di lavoro siano trattate nel più breve tempo.

Allo stato attuale, le controversie demandate alla competenza dei Collegi arbitrali sono quelle che derivano dall’applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio 1944, n. 303, relativo all’indennità di carovita, del decreto legislativo luogotenenziale 25 gennaio 1945, n. 13, riguardante i miglioramenti economici straordinari a favore dei lavoratori (13a mensilità, gratifica straordinaria per l’anno 1944, indennità di mensa) e del decreto legislativo luogotenenziale 7 dicembre 1943, n. 23-B, riguardante l’aumento dei salari, stipendio e compensi a carattere continuativo corrisposti a prestatori d’opera ai quali si applicano comunque le norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro.

Soltanto per le controversie individuali e collettive sorgenti dall’applicazione delle predette disposizioni di legge sono competenti a decidere i Collegi arbitrali di cui agli articoli 10 e 11 del citato decreto 2 febbraio 1944, n. 303, i cui arbitri, se non sono nominati dalle parti interessate, vengono eletti dagli Uffici provinciali del lavoro o dagli Uffici regionali del lavoro o da questo Ministero, a seconda che la controversia interessi una o più province o più regioni. Questi Collegi arbitrali giudicano senza l’osservanza di speciali forme procedurali e secondo equità e le decisioni emesse da loro costituiscono titolo esecutivo.

Per tutte le controversie di lavoro che non derivino dall’applicazione dei decreti indicati, rimangono in vigore le norme contemplate dal codice di procedura civile agli articoli 429 e seguenti e 810 e seguenti.

È ad ogni modo allo studio del Ministero il problema della eventuale costituzione di Collegi arbitrali, anche per le altre controversie individuali, tenendo conto in modo particolare della esperienza già acquisita in materia col funzionamento dei Collegi probivirali soppressi dal fascismo.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Giovanni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DI GIOVANNI. Mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pajetta Giuliano al Ministro della guerra «per conoscere quali misure intenda prendere in relazione con gli ordini dati dal comandante della piazza di Verona, interdicendo la partecipazione delle reclute alle feste organizzate in loro onore dalle organizzazioni popolari femminili e giovanili il 25 agosto 1946 e intimando alle ronde di sorvegliare l’esecuzione di tale misura».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

MARTINO ENRICO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Il giorno 25 agosto 1946 la direzione del partito comunista italiano di Verona organizzò la «giornata della recluta» invitando, mediante manifesti e comunicati sul giornale locale del partito, tutte le reclute a feste e balli nelle sedi di Verona e località viciniori, con promesse di doni agli intervenuti.

Il comandante militare territoriale di Bolzano non approvò tale manifestazione e non concesse l’autorizzazione ai militari di parteciparvi, ma tuttavia non pose alcuna limitazione alla normale libera uscita.

Alcuni militari però, intervenuti ugualmente alla festa, vennero sobillati da giovani comunisti a non rientrare in caserma. Essi rientrarono ai rispettivi reparti con ritardo.

Le decisioni prese dall’autorità militare trovano la loro naturale giustificazione nell’evidente scopo militare e propagandistico che le manifestazioni si proponevano.

Poiché in Verona, gli altri partiti politici non hanno fatto manifestazioni del genere, se ai militari non fosse stata negata l’autorizzazione a partecipare alla festa, non sarebbe stato salvaguardato il principio dell’assoluta apoliticità dell’esercito.

Il Ministro Brosio vietò opportunamente la partecipazione di militari a manifestazioni ed a dimostrazioni politiche, da qualsiasi parte promosse. Autorizzò la partecipazione soltanto a dimostrazioni politiche di carattere nazionale purché, però, autorizzate dalle competenti autorità.

Evidentemente le manifestazioni promosse dal partito comunista di Verona non avevano alcun carattere nazionale, ma avevano l’evidente scopo di propaganda politica. Il Ministero è di avviso che l’esercito non debba essere oggetto di propaganda di alcun partito politico; ciò è dettato dall’interesse del Paese e dello stesso esercito, in quanto soltanto attraverso la più scrupolosa apoliticità è possibile fare dell’esercito uno strumento disciplinarmente solido e imparziale, sicuro nelle mani dell’autorità costituita.

Non si è ritenuto quindi di prendere alcun provvedimento nei confronti del comandante militare territoriale di Bolzano. (Applausi a destra e al centro Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PAJETTA GIULIANO. Non posso considerarmi soddisfatto della risposta data dall’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra. La mia interrogazione prendeva lo spunto dall’avvenimento in sé, non molto importante, ma molto significativo. Il 25 agosto è stata indetta a Verona una festa per le reclute, di cui è giusto che i meriti di iniziativa vengano al partito comunista, ma che ha trovato l’adesione, l’appoggio e la collaborazione del partito socialista, del partito d’azione, dell’associazione dei partigiani di Italia, dell’Unione donne italiane, del fronte della gioventù.

Le pratiche fatte presso il Comando militare di Verona, le domande rivolte al generale Reggiani, sono state appoggiate calorosamente dal sindaco della città di Verona, un nostro onorevole collega socialista. Il programma della festa, che è a disposizione dell’onorevole Sottosegretario per la guerra, nel caso che nei tre mesi decorsi dal giorno in cui ho presentato l’interrogazione ad oggi non abbia avuto il tempo di informarsi a Verona, non comprendeva promesse di doni agli intervenuti. Non si trattava di una festa in cui si allettavano i soldati con doni allo scopo di convincerli della bontà del programma comunista. E non credo, per esempio, che si possa riprovare il fatto che, nella mattinata del 25 agosto, delegazioni dell’Unione donne italiane e dell’Associazione ragazze d’Italia abbiano distribuito a tutti i degenti dell’Ospedale militare – ben 270 – dei pacchi raccolti con sottoscrizione popolare e non come elemento di corruzione od altra cosa del genere.

Del resto, prima che venisse questa risposta negativa del Comando di Bolzano, per due volte si è discusso con il generale Reggiani: prima fu fatta l’obiezione che non tutti i partiti locali aderivano, poi fu detto che si dava l’autorizzazione. Il problema non è che si sia violata una legge non dando questa autorizzazione alle reclute; il problema è che si è andati contro lo spirito e la lettera di una circolare dell’onorevole Ministro della guerra Facchinetti, circolare che è stata mostrata da ufficiali del Comando territoriale di Verona agli stessi giovani quando sono andati a chiedere l’autorizzazione e con la quale si raccomandava ai Comandi delle varie guarnigioni, ed in particolare ai centri di addestramento reclute, di cogliere tutte le occasioni per permettere una fraternizzazione ed una spontanea collaborazione fra popolo e militari. D’altra parte, nel corso dei lavori della prima Sottocommissione della Costituzione, si è sostenuto più volte il diritto dei soldati a partecipare a manifestazioni popolari.

Era la prima leva della Repubblica e i nuovi militari avevano occasione di fraternizzare con il popolo di Verona; ma il Comando locale ha fatto tutto il possibile perché ciò non avvenisse. Con questo, a mio parere, si è andati contro lo spirito della circolare e contro lo spirito che deve animare il nostro esercito repubblicano. L’esercito, limitato nei suoi effettivi, può avere una forza illimitata nella misura in cui sarà amato dalle masse popolari e non sarà isolato. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, ai Ministri della agricoltura e foreste e dell’interno, «sulla deplorevole condiscendenza della Prefettura di Siracusa, in occasione del sequestro di un rilevante quantitativo di grano evaso dall’ammasso. Sta in fatto che, in seguito al sequestro operato dai carabinieri di Buccheri di un carico di quaranta quintali di grano, l’U.P.S.E.A. di Siracusa provocava dal prefetto, in data 8 luglio, la requisizione dell’autocarro, che a norma di legge doveva essere confiscato. Senonché, un intervento qualunquista otteneva dal prefetto, in data 10 luglio, la derequisizione dell’automezzo e la restituzione, malgrado le legittime proteste della U.P.S.E.A., anche con telegrammi al Ministero. I quaranta quintali di grano, che avrebbero dovuto confiscarsi, con l’applicazione della penale e la denunzia dei responsabili, venivano ammassati e pagati. Così l’audacia degli evasori è incoraggiata ed il grano può impunemente emigrare perfino verso la Grecia e la Jugoslavia. Già in precedenza l’atteggiamento della Prefettura aveva dato luogo a non favorevoli rilievi. Il 14 aprile 1941, con nota n. 3500, la S.E.P.R.A.L. notificava al comune di Solarino che sessanta quintali di grano in carico al mulino Mangiafico, autorizzato a fornire la farina alla popolazione, avrebbero dovuto discaricarsi perché avariati; ma nessuna quantità di grano veniva consegnata perché avariata, ed il sindaco di Solarino non avallava lo scarico. La Prefettura informata si appagava di puerili giustificazioni invece di andare a fondo; e dei sessanta quintali di grano si ignora, ma si intuisce, la fine. Successivamente lo stesso mulino Mangiafico veniva chiarito in contravvenzione per accertata alterazione del prodotto della macinazione. La Prefettura ordinava la chiusura; ma dopo due ore annullava l’ordine. In seguito alle continue proteste dei lavoratori di Solarino per la pessima qualità della farina distribuita dallo stesso mulino Mangiafico, la Prefettura disponeva che a partire dal 1° agosto la distribuzione fosse fatta dal mulino Cossigliaro di Siracusa; ma dopo qualche ora la stessa Prefettura revocava l’ordine ed il piego a mano veniva consegnato allo stesso gestore del mulino. Ancora: gli agenti preposti alla vigilanza degli ammassi accertavano a carico del barone Catalano di Lentini il tentativo di evasione di circa ottocento quintali di grano. Il barone Catalano veniva fermato, ma successivamente rilasciato, non si sa per quale provvidenziale intervento, e si ha ragione di dubitare che la denunzia di autorità giudiziaria abbia messo in evidenza le effettive responsabilità. Gli esempi potrebbero continuare! Una rigorosa inchiesta s’impone ed un energico provvedimento che ripulisca e risani tutto l’ambiente inquinato e corrotto della Prefettura di Siracusa».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. La interrogazione alla quale rispondo si riferisce a tre ordini di fatti che, nella loro generica oggettività sussistono, per quanto esposti dall’onorevole interrogante con circostanze non esatte.

Dico subito che non è da affermarsi la responsabilità del prefetto di Siracusa in quanto è avvenuto. L’azione del prefetto poteva peraltro essere più energica, dopo che i fatti, a sua insaputa, si erano verificati. A questo fine, per quanto quel funzionario non sia più in sede e si trovi attualmente a disposizione, il Ministero dell’interno ha disposto che egli fornisca ulteriori e precisi chiarimenti. Nello stesso tempo, su tutto ciò di cui tratta l’interrogazione, sono stati disposti precisi e rigorosi accertamenti.

Dei fatti, dunque, ai quali si riferisce l’interrogazione, deve dirsi: Quanto ai 45 quintali – e non 40 – di grano non consegnati all’ammasso, non si tratta di prodotto non confiscato, come dice l’interrogazione; si tratta d’un irregolare intervento del sindaco locale, il quale, per i bisogni della popolazione (che si era precedentemente agitata nel timore d’un deficiente approvvigionamento), dispose che quel prodotto fosse trattenuto.

Evidentemente, tutto ciò non comportava il pagamento della merce sequestrata e molto meno non comportava che la denunzia fosse omessa. Perciò, ripeto, abbiamo richiesto precisi ulteriori elementi e le responsabilità che risulteranno saranno punite.

La Prefettura di Siracusa, però, venne informata e dell’accertamento di questo fatto e dell’operato del sindaco, che aveva preteso ed ottenuto l’ammasso per il consumo locale, a cose già fatte.

Così non è esatto che l’autocarro adibito al trasporto di questo grano sia stato confiscato. L’autocarro di cui parla l’onorevole interrogante era stato semplicemente requisito per necessità della U.P.S.E.A.; senonché, risultando sprovvisto di licenza di circolazione, fu restituito, anche perché esso era ancora in proprietà della Fiat, poiché non ne era stato effettuato il pagamento, e la vendita era stata fatta sotto la condizione della prova di collaudo. Si provvide però, a richiesta della stessa U.P.S.E.A., alla requisizione di un altro autocarro.

I due fatti, dunque, quello dei 40-45 quintali di grano e quello dell’autocarro, sono indipendenti l’uno dall’altro.

L’altro gruppo di fatti verificatisi nel comune di Solarino riguarda il mancato scarico da parte del mulino Mangiafico di 60 quintali di grano, dichiarato avariato. Il fatto, però, si riferisce ad un periodo nel quale il paese era sotto controllo delle autorità alleate, e pertanto nulla risulta al Ministero su questo fatto.

D’altra parte l’Alto Commissariato per l’alimentazione, all’uopo interessato, ha comunicato di avere disposto una inchiesta in materia.

Per quanto concerne la sospensione di un provvedimento di chiusura per giorni 10 del mulino Mangiafico, nel giugno di quest’anno, per l’accertamento di una contravvenzione, bisogna dire che dalla Prefettura fu disposta tale sospensione, poiché la S.E.P.R.A.L. affermava l’assoluta necessità che questo molino continuasse a lavorare per i bisogni della popolazione la quale, in caso diverso, sarebbe rimasta gravemente pregiudicata.

Peraltro, bisogna dire che pochi giorni dopo, in seguito ad una nuova violazione delle norme da parte del proprietario del mulino, esso fu chiuso e per un periodo doppio di quello che era stato precedentemente stabilito.

Eccoci all’ultimo caso: quello del barone Catalano di Lentini. Il Catalano venne fermato dai carabinieri, perché per suo conto veniva trasportato senza bolletta di accompagnamento un carico di 16 quintali di grano. Senonché, a questo punto, intervennero e l’ispettore compartimentale dell’agricoltura ed il direttore della S.E.P.R.A.L. ad instaurare una disputa di carattere giuridico sulla essenza del reato che questo fatto costituiva. Interventi manifestamente inopportuni, poiché è pacifico che la definizione del reato e l’accertamento della responsabilità compete soltanto all’autorità giudiziaria.

Fu così che, in seguito alle diverse opinioni espresse e alla contraddittorietà dei vari elementi, il barone Catalano fu rimesso in libertà; ma gli atti furono trasmessi regolarmente all’autorità giudiziaria, con la documentazione di quanto era stato accertato.

Anche su questa materia, come ho detto, abbiamo disposto l’appuramento di ulteriori elementi.

Non pare, come ho detto, che al prefetto possano farsi le accuse di cui nella interrogazione, poiché, per esempio, nei riguardi di questo fatto del barone Catalano, il prefetto rimase assolutamente estraneo agli accertamenti degli ufficiali di polizia giudiziaria.

Voglio aggiungere che, in questo campo di violazioni annonarie e di regole per gli ammassi, oggi è in vigore un decreto che comporta il sequestro dell’azienda e la successiva confisca, ove l’autorità giudiziaria ritenga che i fatti attribuiti siano effettivamente avvenuti.

La repressione è già in atto: qualche esercizio, anche qualche importante azienda agraria, sono stati già sequestrati per effetto delle violazioni appurate dagli agenti competenti, e le numerose sollecitazioni che ci sono pervenute da più parti perché i provvedimenti adottati non avessero esecuzione non sono state prese in alcuna considerazione. In questa materia le istruzioni del Ministero dell’interno ai prefetti sono del massimo rigore.

Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, al quale è stata data una larga diffusione in più modi, comporta – come ho detto – delle sanzioni gravissime; noi le applicheremo con la dovuta energia.

Presidenza del Vicepresidente TERRACINI

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

DI GIOVANNI. Non posso dichiararmi soddisfatto. Sono grato, anzitutto, all’onorevole Sottosegretario per l’interno per le comunicazioni fattemi e per le accurate indagini compiute sull’argomento della mia interrogazione.

Confido che l’inchiesta, che mi si assicura essere stata disposta, potrà rigorosamente compiersi e in quella sede io mi riservo di presentare quella specifica documentazione, che sin da ora ho in atti e sulla quale non intendo infastidire l’Assemblea.

Dei chiarimenti e della giustificazione dell’onorevole Sottosegretario di Stato prendo atto; ora non posso assolutamente convenire in quella che è la giustificazione sul sequestro dei 45 quintali di grano in Buccheri, dato che il Sottosegretario di Stato si riferisce ad un quantitativo di grano bloccato per l’intervento del sindaco del luogo e riservato al consumo della popolazione: il fatto invece, che diede origine alla mia interrogazione, era ben altro. Si trattava di 42 quintali di grano in transito per Buccheri, che i carabinieri fermarono e sequestrarono. Fu sequestrato anche l’automezzo.

Secondo la legge vigente, già in applicazione, il grano si sarebbe dovuto confiscare e il proprietario avrebbe dovuto essere sottoposto al pagamento di 60 volte il prezzo del grano sottratto all’ammasso; l’automezzo avrebbe dovuto confiscarsi. Non fu così. L’automezzo fu rilasciato; il grano fu ammassato, ma ne fu pagato l’importo.

Ecco l’infrazione manifesta della legge. Non rilevo l’episodio Mangiafico; ma quanto all’ultimo, del barone Catalano, le giustificazioni non sono accettabili. Risulta infatti che furono sequestrati effettivamente trecento e più quintali di grano non denunciati, e quindi sottratti all’ammasso. Il fermo del Catalano avrebbe dovuto convertirsi in arresto, come avviene tante volte per la povera gente (Applausi a sinistra), che viene arrestata e denunciata all’autorità giudiziaria in condizioni di arresto.

Io non ho particolari ragioni di ostilità verso il barone Catalano, e non chiedo una persecuzione specifica; ma rilevo come questi episodi siano demoralizzanti; perché noi assistiamo ogni giorno al diverso trattamento di gente che, per le proprie influenze, elude la legge, senza incorrere in responsabilità, sottraendosi alle sanzioni gravissime che regolano l’ammasso dei generi contingentati; mentre altri, per piccole quantità, sono sottoposti alle più rigorose sanzioni.

Devo ricordare un fatto che merita veramente rilievo: uno dei non molti funzionari, che sentono l’alta responsabilità del dovere, il dottor Matarazzo, direttore dell’U.P.S.E.A. di Siracusa, che effettivamente agiva con coscienza e rigore e sentimento altissimo del dovere nell’applicazione della legge, e che aveva presieduto alle operazioni di accertamento delle evasioni all’ammasso, è stato d’improvviso trasferito da Siracusa (Commenti), sotto, non direi il pretesto, ma la motivazione che la sua opera di dirigente solerte fosse necessaria in altro ambiente più vasto.

Ora, questo provvedimento ha determinato le rimostranze dei partiti di sinistra e della Camera del Lavoro ed ha dato luogo anche a manifestazioni collettive di protesta, alle quali il Governo è rimasto sordo. Questo è un fatto che io devo rilevare, perché, se anche fosse vero che l’opera del dottor Matarazzo fosse necessaria altrove, nel momento in cui il provvedimento è avvenuto è stato di una depressione morale gravissima, avendo dato la sensazione che il sentimento del dovere e la coscienza di rigido, rigoroso e giusto persecutore delle iniquità dei potenti, fosse causa per lui di persecuzione con la conseguenza del suo trasferimento.

Ciò, ripeto, è assai deplorevole, e mi auguro – non ripeterò sulla delicatezza e gravità dell’argomento quanto ha efficacemente detto il collega che mi ha preceduto, rilevando le ripercussioni dipendenti dalla mancata applicazione delle sanzioni all’inosservanza delle norme per l’alimentazione – mi auguro che, accanto all’inchiesta rigorosamente condotta sia emanato il provvedimento della restituzione del dottor Matarazzo all’U.P.S.E.A. di Siracusa, per dare la conferma che il Governo intende che giustizia sia sempre fatta. Perché i lavoratori possono, sì, subire le privazioni e la scarsezza dell’alimentazione e del pane, ma non subiscono l’ingiustizia; e manifesta ingiustizia è l’applicazione della legge con la norma dei due pesi e delle due misure. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Poiché è trascorso il tempo destinato allo svolgimento delle interrogazioni, le altre interrogazioni iscritte all’ordine del giorno si intendono rinviate.

Svolgimento di una interpellanza.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento della seguente interpellanza dell’onorevole Bellavista, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere se rientreranno nella disciplina del recente decreto sulla attribuzione delle terre incolte quei terreni nei quali i mezzadri, sulla istigazione della Federterra, abbiano, senza giustificato motivo, interrotte o non iniziate le colture autunnali al solo scopo fazioso di creare artificialmente una situazione di fatto che, cogliendo di sorpresa i proprietari, possa determinare i presupposti per la spoliazione e l’annullamento del diritto di proprietà».

L’onorevole Bellavista ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.

BELLAVISTA. Onorevoli colleghi, presentata il 21 settembre questa mia interpellanza, non ha perduto la sua attualità, quella logica almeno, anche se, evidentemente, ha in parte perduto l’attualità cronologica, perché fu presentata quando i terreni aspettavano di essere arati e si discute oggi quando le semine sono già un fatto compiuto.

Il fatto denunciato nella mia interpellanza ha un valore sintomatico, perché va inquadrato in quella che è stata la tristissima applicazione del decreto Segni, per lo meno per quanto riguarda la Sicilia.

Devo a questo punto, perché non si possa equivocare sulle mie parole e soprattutto sulle mie intenzioni, rendere omaggio a quelli che sono i fini nobilissimi del decreto Segni, che fu concepito nel senso e con lo scopo di cercare di far produrre la terra quanto più essa potesse per alleviare la tragica situazione alimentare del popolo italiano, specie sotto l’aspetto frumentario.

Ma altre sono state e sono le intenzioni di quel metaforico personaggio che è il legislatore, ed altra è la vita vera del diritto che si risolve e si concreta nella sua pratica applicazione. Ed io debbo allora dichiarare che questo ottimo decreto, a prescindere da qualsiasi sentimento classista, che si proponeva soltanto di obbedire ai fini superiori dell’interesse nazionale, è stato nella pratica applicazione tradito e violato in tutte le maniere, perché di questa legge si è fatta un’arma demagogica e politica da servire soltanto a bassi interessi elettorali. (Applausi a destra Rumori ed interruzioni a sinistra).

È questa la verità, amara, che non volete rinfacciata. È questa tutta la verità. (Rumori a sinistra).

Dovevo logicamente aspettarmi questa reazione dai banchi dell’estrema sinistra, nella quale si annidano i beneficiari unici del decreto Segni sotto l’aspetto politico e demagogico che ho ricordato. (Vive proteste Commenti a sinistra Approvazioni a destra).

Ma i fatti che io vi denunzio, e che ricadono in gran parte sulla vostra responsabilità, sono quelli che sono, e il tumulto e il vostro chiasso non possono smentirli.

Quali sono i fatti? Ho detto che sono quelli denunziati, e c’è in proposito una circolare della Federterra che mi accompagnò in due viaggi precedenti a Roma. Non sorrida il collega Priolo, perché io prometto di portare, e porterò, la circolare (Rumori a sinistra), mentre aspetto ancora che il collega Lizzadri presenti quella tal circolare che riguarda l’«Uomo Qualunque». (Commenti).

PRIOLO. Io sorridevo per un’altra cosa.

BELLAVISTA. È accaduto che la Federterra ha istigato alcuni mezzadri – soddisfatti appieno, secondo le norme del decreto Gullo, nella spartizione del prodotto granario nel luglio e nell’agosto – a non presentarsi a coltivare i terreni di loro spettanza, al solo scopo (questo è stato detto, e se n’è fatto motivo di propaganda pubblica e privata) di predeterminare quelle condizioni di fatto che avrebbero reso possibile ad una Commissione circondariale compiacente di poter dire che il terreno non era coltivato o per lo meno non era sufficientemente coltivato.

Da ciò la richiesta di chiarimenti al Governo perché le Commissioni fossero messe nelle condizioni di poter interpretare la legge, secondo essa va interpretata, cioè secondo i fini di quel metaforico personaggio che è il suo legislatore.

Questo punto della battaglia per le terre incolte è trascorso, ma si ripresenterà in aprile e nell’anno prossimo. Intanto le Commissioni hanno funzionato sotto l’impulso e sotto la permanente minaccia di cavalcate di tremila persone; tanto è vero che più di un presidente di Commissione circondariale, fra i quali il giudice Corselli del Tribunale di Palermo, ha rifiutato dignitosamente di presiedere, incombente tale minaccia, che suona offesa alla libertà del giudizio. Ad Agrigento poi la storia del buon ladrone e del cattivo ladrone si è ripetuta nell’aspetto di due giudici presidenti, perché uno diceva pubblicamente: «a me non interessa che le terre siano coltivate o no; io so che devo assolutamente darle ai contadini». Mentre questo giudice, che è un candidato bocciato nelle trascorse elezioni politiche, ha tentato di farsi un facile parterre di elettori attraverso questo ignobile mercato della giustizia, un altro giudice, che conosceva soltanto i limiti della sua coscienza e del suo dovere, veniva minacciato da una turba di oltre 1000 persone riunite davanti al palazzo di Giustizia, ed esso, per non subire ricatti, si è pure dimesso. Del resto, c’è un fatto del quale posso rendervi la mia personale testimonianza. Il giorno 22 novembre, la seconda Commissione circondariale di Palermo si recava in territorio di Corleone, in località ex feudo Ridocco, per procedere al sopraluogo richiesto dalle parti. Sui colli, si trovava schierata – triste parodia dei «picciotti» garibaldini – la Cooperativa della Federterra di Campo Fiorito, in armi, bandiere e bagagli. (Commenti). Nulla da eccepire, perché la vigilanza diretta all’interesse proprio è un diritto; ma si spegnerà il vostro sorriso – può darsi che io equivochi come per quello del collega Priolo – quando vi dirò che, arrivata la Commissione, i cooperativisti fecero fantasia, nel senso lato, cioè spararono ed uccisero la mula di un tale Salvatore Sciacchitano, da Corleone, che compiva il delitto di arare le terre avute a mezzadria.

Una voce a sinistra. In un altro paese, è stato un agrario a sparare contro una donna.

BELLAVISTA. Io non so se l’onorevole interruttore abbia inteso che parlavo della mula di certo Salvatore Sciacchitano. Insomma, onorevoli colleghi, io non ho – e aspetto il solito sorriso – alcuna prevenzione contro le cooperative; tanto è vero e me ne può far fede l’onorevole Canevari, pioniere della cooperazione dentro e fuori il Parlamento, che io sono dei pochi di mia parte a partecipare all’unione parlamentare per la cooperazione. Però io dico che non si improvvisano le cooperative per farne banchi lotto di elettoralismo; non si improvvisano i coltivatori della terra, perché – e Dio disperda questa profezia, che è confortata da molti tecnici dei vostri Ispettorati agrari – se le cooperative coltiveranno i terreni così come pare lecito attendersi dai primi segni fin qui visti, il nostro raccolto granario, l’anno prossimo, subirà un sensibilissimo calo. Tanto ciò è vero, che alcune coraggiose Commissioni, su richiesta degli interessati, hanno provveduto a revocare la concessione a cooperative le quali hanno avuto concessi terreni di pascolo permanente o semi-permanente col solo scopo di bonifica ed hanno trovato che è economicamente più utile e più è facile surrogarsi ai proprietari e vendere l’erbaggio senza peraltro pagare l’estaglio relativo. Noi questo solo invochiamo: che il decreto Segni, che risponde a quei fini sociali che superano l’interesse delle parti, perché investono l’interesse della Patria, sia rispettato per quello che è, e venga rispettato attraverso gli organi che la legge ha stabilito, e che questi possano funzionare come liberi organi tecnici e di diritto che debbono liberamente esprimersi, senza che la loro volontà venga coartata, come è avvenuto nei fatti che vi ho denunciati. (Applausi a destra e al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’agricoltura ha facoltà di rispondere.

SPANO VELIO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Sarebbe stato probabilmente più opportuno e più proficuo che in rapporto a questa interpellanza nella quale si parla di istigazione della Federterra e di malafede di mezzadri, i quali avrebbero, senza giustificato motivo, interrotto le iniziate colture autunnali, l’onorevole interpellante avesse prodotto la circolare della Federterra alla quale ha accennato o avesse citato un solo fatto che avesse effettivamente attinenza con la interpellanza, invece di parlarci della mula di Salvatore Sciacchitano, la quale evidentemente fa parte di un episodio che rientra in un altro ordine di idee e di fatti.

Ora, in mancanza di questi fatti, dobbiamo dire che al Governo non consta se e in quali circostanze si sia verificato il fatto che ha dato luogo alla interpellanza, o il supposto fatto. In mancanza della cognizione di circostanze di fatto in proposito, anzi della sussistenza stessa del fatto, mi pare che la risposta non possa rimanere se non nelle linee generali di una ipotesi. È noto, e forse è noto anche all’onorevole interpellante che si occupa di questi problemi, a quanto pare, che il giudizio sulla procedibilità per l’aggiudicazione di un terreno ad una cooperativa agricola ai sensi dei decreti legislativi 19 ottobre 1944, n. 279; 26 aprile 1946, n. 597 e 6 settembre 1944, n. 89, vale a dire il giudizio sulla ricorrenza dello stato di incoltura o di insufficiente coltura, è demandato alle Commissioni provinciali e che i decreti del prefetto, emanati in conformità delle decisioni delle commissioni, non sono soggetti ad impugnazione delle parti, né in sede amministrativa né in sede giudiziaria. Al solo ispettore compartimentale agrario è data facoltà, in caso di rigetto della domanda della cooperativa, di ricorrere al Ministro per ottenere il riesame.

Alla stregua di queste disposizioni, non si può enunciare un criterio generale di valutazione del fatto ipotizzato dall’onorevole interpellante, in quanto una tale enunciazione, che non potrebbe, d’altronde, a sensi di legge, costituire vincolo per le Commissioni provinciali, correrebbe il rischio di essere interpretata come ingerenza nel compito demandato alle Commissioni, ingerenza indebita in quanto fatta o tentata senza neppure precisa cognizione di causa nel caso specifico.

È di esclusiva spettanza delle Commissioni di giudicare se un terreno rientri nel novero di quelli incolti o insufficientemente coltivati, secondo la definizione datane, agli effetti dell’applicazione dei ricordati decreti, dall’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 89.

Il quesito che, nel caso ipotizzato dall’onorevole interpellante, si propone all’esame della Commissione, è se ricorra lo stato di incoltura quando il mezzadro, allo scopo di nuocere al proprietario e in collusione con la cooperativa aspirante alla concessione del fondo, abbia volutamente interrotto o addirittura omesso l’inizio dei lavori autunnali.

È evidente che la Commissione porterà il suo esame su tutti gli elementi che emergeranno da accurati accertamenti, i quali riguarderanno non soltanto lo stato attuale dei lavori, ma anche l’ordinamento colturale del fondo, l’utilizzazione che esso ha avuto nelle annate precedenti fino a quella ultima, l’atteggiamento assunto dal proprietario di fronte alla negligenza del mezzadro e i rimedi, sia legali che tecnico-economici, da lui posti in essere. È dalla valutazione – analitica e complessiva – di tutti questi elementi, sulla cui variabilità nella molteplicità dei casi è superfluo soffermarsi, che la Commissione sarà in grado di formarsi il convincimento della ricorrenza degli estremi di legge per il riconoscimento dello stato di incoltura o di insufficiente coltura o della ricorrenza di un semplice e riparabile ritardo, non imputabile al conduttore del fondo, nell’esecuzione di determinati lavori.

Il Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste – che segue con attenzione l’attività degli organi ai quali è demandata l’applicazione della legislazione sulla concessione delle terre incolte ai contadini – coglie l’occasione di questa interpellanza per riaffermare la sua fiducia nella serenità, nel sano criterio e nella diligenza degli accertamenti istruttori delle Commissioni e degli Ispettorati provinciali dell’agricoltura.

BOSI. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Lo indichi.

BOSI. L’onorevole interpellante ha parlato della Federterra. Siccome sono il Segretario della Federterra, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI. La Federterra è chiamata in causa a proposito dell’occupazione delle terre, e dell’applicazione del decreto Segni. Ci facciamo un merito, innanzitutto, di essere stati un po’ i propugnatori del decreto e di essere riusciti a fare accettare quel principio fondamentale del decreto che tutti riconoscono essere un principio giustissimo: è necessario oggi, cioè, di poter procedere ad un miglioramento delle colture e dell’agricoltura italiana, attraverso lo sforzo diretto dei contadini e dei lavoratori che prima di oggi ne sono stati esclusi. Ci facciamo un merito di questo, e non vediamo per quale ragione ci sia un demerito nel tutelare l’interesse di quei mezzadri, che non sono i mezzadri classici della Toscana, dell’Umbria o dell’Emilia, ma sono i mezzadri della mezzadria impropria, i quali non ricevono nulla dal proprietario della terra e viceversa devono dare molto spesso al proprietario della terra il 50 e anche il 60 per cento del prodotto.

BELLAVISTA. È stato mai in Sicilia?

BOSI. Ebbene, questi mezzadri della mezzadria impropria, che sono i paria dell’agricoltura siciliana, hanno fatto, secondo noi, molto bene a domandare l’applicazione del decreto Segni sul terreno che essi, fino ad allora, avevano avuto a mezzadria impropria, perché il decreto Segni stabilisce che quando la terra è data nuda, il contadino che la riceve in concessione paga il 20 per cento del prodotto. Non c’è bisogno di pressioni della Federterra per far capire ai contadini siciliani che è molto meglio che domandino l’applicazione del decreto Segni piuttosto che essere sempre soggetti allo strozzinaggio da parte dei proprietari, col pagare il 50-60 per cento dei prodotti che sono frutto del loro lavoro. Questa è la situazione, e quindi non c’è proprio nessuna ragione di accusare la Federterra.

C’è qualcosa di più che ritengo opportuno rilevare, ed è che si sono imputati i contadini siciliani di aver fatto pressioni sulle Commissioni incaricate di applicare il decreto Segni. Queste pressioni sono tanto violente e tanto forti che queste Commissioni sono riuscite a stabilire che in Sicilia ci sono soltanto 40 mila ettari di terra che sono mal coltivati, di fronte alle centinaia di migliaia di ettari realmente e sul serio mal coltivati. L’agricoltura che produce la miseria dei lavoratori siciliani è la vergogna dei proprietari delle terre dell’Italia meridionale e della Sicilia in particolare. Mi dispiace che qui si debba parlare ancora di certe cose; spero che presto non si debba più parlare di queste controversie, perché il problema sarà risolto in modo definitivo, e spero che non dobbiamo più sentir difendere gli interessi di una categoria che in Italia ha soltanto da vergognarsi di quello che fino ad oggi ha fatto. (Applausi a sinistra).

Presidenza del Presidente SARAGAT

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. L’intervento dell’onorevole Bosi mi denunzia un litisconsorzio dei rappresentanti della Federterra col Ministero dell’agricoltura, che io non sospettavo davvero; tuttavia, siccome non sono un proprietario… (Interruzioni a sinistra).

Una voce. Lei è difensore degli agrari!

BELLAVISTA. …non ho un fatto personale con la Federterra; e se anche fossi difensore dei proprietari, questo potrebbe offendere soltanto chi annega il proprio mondo dialettico nell’imperio di una parte sola, e siete voi dell’estrema sinistra (Rumori a sinistra).

Devo soltanto dire questo: gli apporti di capitale tecnico, cui ha fatto cenno il collega che ha parlato per fatto personale, si riducono ai sei chili del peso approssimativo della zappa. Io sostengo ed affermo che egli non conosce la Sicilia, se osa affermare che i nostri terreni sono incolti. Vada a vedere, anche con l’ausilio dei tecnici del Ministero dell’agricoltura, e si accorgerà che la realtà è ben diversa. (Interruzioni a sinistra).

Rispondo adesso all’onorevole Sottosegretario di Stato. Mi era sembrato che il legislatore, per lo meno quello scolastico che è perfetto, potesse in vitro, astrazion facendo perciò da aride casistiche, prevedere i disturbi di applicazione delle leggi e rimediarvi.

Pare che l’onorevole Sottosegretario non condivida questa idea; allora aggiungo che la casistica c’è, e la faccio subito. I fatti da me lamentati sono avvenuti negli ex feudi di Casal Giordano e di San Giovanni in territorio di Petralia Soprana di proprietà Mocciaro, Sgadari e Pottino. Ho detto sono avvenuti; mi correggo, avvengono, perché l’astensione dal lavoro dei contadini, degli ex mezzadri dell’ex feudo di San Giovanni in atto sussiste e ve ne spiego subito la ragione. Da principio, senza attendere le istruzioni che l’interpellanza voleva provocare da parte del Ministero, i contadini si astennero dal lavoro e frattanto le cooperative chiesero l’assegnazione delle terre. Malgrado le cavalcate e malgrado le minacce, la Commissione circondariale di Termini, dopo un sopralluogo e su conforme parere del vostro Ispettorato agrario, del vostro organo tecnico periferico, non volle concedere le terre perché erano perfettamente coltivate. I contadini allora si misero in sciopero; questa volta oggetto della minaccia non era più la Commissione che aveva deciso, ma era appunto quell’Ispettorato agrario compartimentale, cui la legge, come ha ricordato l’onorevole Sottosegretario, preserva il diritto – stranamente – di impugnativa nel caso di rigetto da parte della Commissione.

Io non so se qualche altra cavalcata possa convincere il Commendator Petronio, Ispettore agrario compartimentale, a gravare di appello la sentenza della Commissione di Termini che ha rigettato la domanda della Cooperativa di Petralia Soprana.

Devo, però, aggiungere questo, e concludo.

Io non penso che il Ministro, interpretando, sia pure con la forza esegetica limitatissima che la dottrina assegna alle circolari ministeriali, violi la legge o sconfini in un campo di competenza non propria. Che, se così fosse, dovrei pubblicamente dichiarare che il Ministro questo ha fatto, perché sono note le circolari con le quali il Ministero dell’agricoltura e foreste è intervenuto e presso gli Ispettorati agrari compartimentali e provinciali e presso le Commissioni, per suggerire criteri di interpretazione.

Ciò che ha fatto a favore di quella tanto nobile categoria dei lavoratori, lo faccia anche per ragioni di giustizia, a favore della «ignobile» categoria dei proprietari. (Applausi al centro e a destra Commenti).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che le Commissioni permanenti per i disegni di legge, seconda e quarta, si sono riunite stamane per l’esame dello schema di provvedimento legislativo concernente la costituzione dell’Ente siciliano di elettricità.

Le due Commissioni hanno deliberato alla unanimità il rinvio del provvedimento al Governo per l’immediata esecuzione, plaudendo all’iniziativa che rappresenta un contributo notevole e concreto alla risoluzione del problema meridionale e un atto di solidarietà verso una regione il cui miglioramento economico e sociale è legato all’avvenire di tutta la Nazione. (Vivi applausi).

Comunico inoltre che il Presidente della prima Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge ha chiesto che la Commissione stessa sia autorizzata a presentare alla Presidenza la sua relazione sul disegno di legge: «Modificazioni alla legge comunale e provinciale», anche durante il periodo di aggiornamento dei lavori parlamentari.

Se non vi sono osservazioni, così rimarrà stabilito.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento (n. 1).

Come l’Assemblea ricorda, nella seduta di ieri, chiusa la discussione generale, si passò alla discussione degli articoli. Sull’articolo 1 erano stati presentati due emendamenti al testo della Commissione accettato dal Governo: il primo dell’onorevole Riccio Stefano e il secondo dell’onorevole Fabbri. La discussione fu rinviata per dar modo alla Commissione di concordare col Governo l’accoglimento o meno dell’emendamento Riccio. Darò pertanto la parola al Presidente della Commissione, perché esprima il suo avviso sull’emendamento Riccio, avvertendo che, anche in caso di accettazione dell’emendamento Riccio, dovrò prima mettere ai voti la proposta Fabbri, che costituisce, a sua volta, un emendamento alla proposta Riccio.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione.

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione stamane, dopo ampia discussione (alla quale ha partecipato anche il rappresentante del Governo) sulla opportunità di modificare le categorie dei funzionari tenuti al giuramento è venuta unanime nella decisione contraria, per le considerazioni che ho l’onore di esporre.

La Commissione ha ritenuto di dovere ancora una volta richiamare l’Assemblea alla valutazione del carattere transitorio e dei criteri informativi di questo progetto di legge.

Nel passaggio dal vecchio regime al nuovo, bisogna risolvere una situazione, che non consente indugi.

Il giuramento è presupposto di conferimento o condizione di validità per l’esercizio di uffici, cariche, funzioni, impieghi.

Ora noi ci troviamo in questa situazione: ci sono funzionari che hanno giurato precedentemente alla caduta della vecchia forma istituzionale; ci sono funzionari che hanno giurato nel periodo che intercorre tra la fine del regime monarchico e la presentazione di questo progetto di legge; ci sono funzionari che devono e dovranno giurare in questo periodo di «vacatio statutaria». I primi devono rinnovare il giuramento, i secondi completarlo, gli altri devono prestarlo «ex novo».

Codesti giuramenti, sia che debbano essere rinnovati, completati, o prestati «ex novo», sono necessari, perché per diritto pubblico, se non fossero prestati, non ci sarebbe la possibilità del conferimento degli uffici o verrebbe a mancare la condizione di validità per la continuazione degli incarichi. Noi dobbiamo soddisfare questa esigenza pratica, transitoria, che non è differibile, adeguando alla realtà della repubblica le vecchie formule dei giuramenti prestati o da prestare, senza pregiudicare le soluzioni definitive che in tema di giuramento adotterà la Costituzione e senza modificare la legislazione vigente che non potrebbe subire mutamenti o variazioni (se non in rapporto a quelli che saranno i nuovi orientamenti della nuova Costituzione) per quanto attiene alle categorie obbligate a giurare.

Muovendo da queste considerazioni, la Commissione, dopo aver discusso ampiamente, è venuta a questa conclusione unanime: che non potendo interferire nelle categorie di coloro che sono tenuti al giuramento, non è nemmeno il caso di ritornare allo stato di fatto e di diritto precedente alla instaurazione del regime fascista, perché, ad eccezione del giuramento dei professori universitari, capricciosamente imposto, per motivo di rappresaglia e senza relazione col loro stato giuridico, il giuramento delle altre categorie di funzionari è una conseguenza, «ipso iure», scaturita dall’inquadramento di alcuni funzionari fra gli impiegati statali.

L’onorevole Longhena domandava, per esempio, che fosse abolito il giuramento per i maestri elementari; ma non si può abolirlo per una ragione semplicissima: perché i maestri elementari, prima del regime fascista, dipendevano dagli enti locali, ma sono poi divenuti impiegati statali, come i segretari dei comuni; onde non potremmo sopprimere l’obbligo del giuramento senza incidere o modificare il loro stato giuridico e quello degli altri impiegati, esaminando caso per caso.

Questa discriminazione fuoriesce dai confini ben definiti del progetto di legge.

In coerenza a tali principî, la Commissione, anche prima che fosse presentato dall’Assemblea un emendamento specifico, aveva soppresso dal testo presentato dal Governo l’inclusione della categoria dei professori universitari nel novero di coloro che sono tenuti al giuramento. Quella inclusione costituiva, allo stato della legislazione, una innovazione contraria allo spirito e allo scopo di questo progetto di legge, perché i professori universitari, a norma dell’articolo 6 del decreto-legge del 1945 sull’insegnamento superiore, non sono più costretti a giurare, essendo stato abolito questo obbligo. A contrario, per lo stesso motivo, non possono essere escluse le categorie che, per la legge vigente, conservano questo obbligo, perché la loro esclusione, come la inclusione dei professori universitari, costituirebbe innovazione legislativa, che per ragione di correttezza istituzionale s’intende assolutamente evitare.

E per fissare anche più evidentemente questo principio ed evitare ogni possibilità di equivoco, abbiamo creduto opportuno da una parte, accentuare il carattere di transitorietà del progetto, modificandone l’intitolazione, che sarà: «Modificazione delle formule di giuramento», anziché: «Nuove formule di giuramento»; e, dall’altra, accogliendo parzialmente l’emendamento Riccio mantenere, all’articolo 1, la proposizione iniziale contenuta nel testo governativo e che a un primo esame era apparsa pleonastica e inutile, ma che meglio riafferma la provvisorietà della norma:

«Fino a quando non venga diversamente stabilito dalla nuova Costituzione dello Stato, i militari, i dipendenti civili, ecc. presteranno o rinnoveranno il giuramento…»

La Commissione ritiene in questo modo di aver accolto, per quanto era possibile, lo spirito delle proposte avanzate dall’Assemblea, che volendo segnare un netto distacco dai metodi del regime, esprimono il proposito di riesaminare la materia del giuramento, riportandola alle tradizioni del regime democratico: e ritiene, nello stesso tempo, di avere fornito al Governo lo strumento legislativo per ovviare all’inconveniente che si presenta nell’attuale periodo di transizione: che ci siano dei funzionari che hanno giurato fedeltà alla monarchia o a uno stato non definito nella sua forma istituzionale, ma non alla Repubblica, o che non possano, senza l’adozione delle nuove formule, giurare fedeltà alla Repubblica, che non abbiano cioè assolto o non possono questa condizione di validità del conferimento dell’incarico o della continuazione dell’incarico stesso.

Non crediamo infine di dover accettare l’emendamento dell’onorevole Fabbri, che domanda per i notai, per gli avvocati, e per i procuratori una esplicita soppressione del giuramento, perché per i notai questa soppressione non è possibile e per gli avvocati e procuratori non ha ragione di essere legiferata. Questi ultimi non sono tenuti a dichiarare fedeltà od obbedienza al regime. Per costoro, come per i periti e per i testimoni, il giuramento è connesso alla funzione temporanea o permanente, che ha riflessi di diritto pubblico, e attiene allo scrupoloso adempimento dei loro doveri, senza accenni alla forma istituzionale. Non è il caso di sollevare una discussione inutile, ma sia detto esplicitamente – e spero che questa dichiarazione induca l’onorevole Fabbri a ritirare il suo emendamento – che gli avvocati e i procuratori, come non giuravano fedeltà al regime passato, non devono nemmeno prestare o rinnovare il giuramento di obbedienza al regime presente: giuramento che contrasterebbe con la natura stessa del loro libero ufficio. (Applausi).

Per i notai non è la stessa cosa. Il notaio giurava fedeltà alla monarchia e al re: deve perciò giurare oggi fedeltà alla Repubblica.

Io ritengo che, delimitato il campo di questo progetto di legge, ridotto il terreno della contestazione a questa che è soddisfazione di una esigenza concreta, tanto transitoria quanto urgente, la Camera potrà, con voto unanime, approvare le modificazioni delle formule di giuramento, dando la sensazione che vi è una perfetta concordia in una questione che attiene alla vita e al prestigio dello Stato repubblicano. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Fabbri se mantiene il suo emendamento.

FABBRI. Quando sia chiaro che la formula del giuramento attualmente vigente per i procuratori e gli avvocati non viene toccata da questo provvedimento e che quindi né deve essere rinnovato da parte di coloro che lo hanno prestato, né a coloro che lo presteranno «ex novo» si può chiedere di giurare con una formula diversa da quella vigente, non ho nessuna difficoltà a ritirare l’emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Riccio se mantiene il suo emendamento.

RICCIO. Prendo atto delle dichiarazioni del Presidente della Commissione e, giacché sono stati accettati i motivi sostanziali dell’emendamento con l’aggiunta della prima parte dell’articolo 1 e con l’inclusione specifica e tassativa dell’esclusione dei professori universitari, pur meravigliandomi che la dizione «28 ottobre 1922» non sia stata accettata, in quanto questa dizione aveva uno squisito valore politico, non insisto nell’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in discussione l’articolo nel nuovo testo proposto dalla Commissione:

«Fino a quando non venga diversamente stabilito in dipendenza della nuova Costituzione dello Stato, i dipendenti civili e militari dello Stato, i dipendenti degli enti locali e le persone incaricate di pubbliche funzioni, che siano tenute al giuramento, lo presteranno o lo rinnoveranno secondo le formule stabilite negli articoli seguenti».

Poiché nessuno chiede di parlare, lo metto ai voti.

(È approvato).

Do ora lettura dell’articolo 2, che non ha subito emendamenti da parte della Commissione:

«La formula di giuramento per gli appartenenti alle Forze armate dello Stato è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi e di adempiere tutti i doveri del mio stato al solo scopo del bene della Patria».

«La stessa formula si applica per gli appartenenti ai corpi militarizzati, nei casi in cui il giuramento sia previsto dalle vigenti disposizioni».

BENCIVENGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENCIVENGA. Devo fare una semplice osservazione in armonia a quanto dissi ieri: non credo che si possa giurare fedeltà ad un Capo, se il Capo non giura fedeltà lui per primo alla Repubblica e alle istituzioni.

Pertanto io chiedo che da questo articolo siano stralciate le parole: «ed al suo Capo».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Russo Perez.

RUSSO PEREZ. In fondo, intendo fare una dichiarazione di voto, che vale per tutti gli articoli. Io approvo il disegno di legge perché, al di sopra delle pur alte considerazioni fatte dal Generale Bencivenga e dall’onorevole Condorelli, la mia sensibilità politica mi avverte che è necessario che la coscienza popolare sia rassicurata, non dalle semplici parole ma dai fatti, che nessuno intende opporsi al consolidarsi delle nuove istituzioni repubblicane. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

FABBRI. Domando all’onorevole Commissione, nell’ipotesi che si passi alla votazione di questo articolo, se ha difficoltà, che, al secondo comma, alla espressione «Repubblica italiana» sia aggiunto l’aggettivo «parlamentare».

PRESIDENTE. L’onorevole Molè ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Rispondo insieme all’onorevole Bencivenga e all’onorevole Fabbri. Faccio osservare all’onorevole Bencivenga che in tutti gli articoli del progetto si parla di fedeltà al Capo della Repubblica, genericamente, senza distinguere fra il «Capo provvisorio» che è in carica oggi e quello che sarà eletto domani, a costituzione ultimata, dopo la precisa determinazione dei suoi poteri. Si accenna dunque insieme al Capo che avrà giurato, come al Capo provvisorio che non ha giurato, non essendo ancora stabilita la formula del giuramento che dovrà prestare il Capo dello Stato. Ma occorre non dimenticare che anche il Capo provvisorio dello Stato, con un solenne messaggio alla Costituente, che fu diretto e diramato per la stampa anche al Paese, dichiarò fedeltà piena e leale alla Repubblica. Onde è da domandare se tale messaggio non costituisca documento solenne e inequivocabile, da equiparare, in periodo di preparazione, al vero e proprio giuramento formale, che non poteva e non può essere prestato, finché il periodo di preparazione della nuova Carta non sarà esaurito.

All’onorevole Fabbri osservo che, mentre ieri dalla sua parte si opponeva l’impossibilità di un giuramento obbligatorio a una repubblica che ancora non è definita o determinabile nei suoi istituti rappresentativi e nel suo contenuto, egli oggi invoca una dizione specifica «Repubblica parlamentare» che presuppone una determinazione avvenuta.

Io sono per la Repubblica parlamentare, ma non credo che si possa chiedere il giuramento specifico a una repubblica parlamentare, finché la maggioranza della Costituente non abbia fissato le forme e il funzionamento dell’organo rappresentativo della sovranità popolare, attraverso le Camere.

Per questo evidente motivo, di carattere transitorio, la Commissione non può accettare l’emendamento Fabbri.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta dell’onorevole Bencivenga che al secondo comma dell’articolo 2 siano soppresse le parole «ed al suo Capo».

(Non è approvata).

Metto ai voti l’emendamento Fabbri che al secondo comma, alle parole: «Repubblica italiana» proporre sia aggiunta la parola «parlamentare».

(Non è approvato).

Metto ai voti l’articolo 2.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 3 nel testo della Commissione:

«La formula di giuramento per i dipendenti civili dello Stato e per i dipendenti degli Enti locali è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato, di adempiere tutti i miei doveri, serbando scrupolosamente il segreto d’ufficio, nell’interesse dell’Amministrazione e per il pubblico bene».

«Per la promessa solenne, richiesta dalle vigenti disposizioni agli impiegati in prova, si applica la formula, di cui al comma precedente, sostituendo la parola «prometto» alla parola «giuro».

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Vorrei fare due proposte. La prima, di tornare al testo del disegno di legge come predisposto dal Governo, includendo la frase: «conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego».

Non vedo la ragione per cui si debba sopprimere quest’ultima parte. La condotta privata del pubblico funzionario interessa la pubblica Amministrazione, e questo giuramento, per quanto abbia un valore solamente morale, secondo me, deve riguardare anche la condotta privata.

Poi non comprendo perché, per gli impiegati in prova, si voglia sostituire la parola «prometto» alla parola «giuro». Se gli impiegati in prova non sono ancora impiegati non devono giurare, o il loro giuramento deve essere come quello di tutti gli altri.

Né riesco a capire che cosa sia una promessa rispetto ad un giuramento: la promessa evidentemente non ha valore di giuramento.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Presidente della Commissione a esprimere il suo parere sulla proposta Persico.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Devo dire all’onorevole Persico che è stato lungamente discusso, in sede di Commissione, questo tema del decoro obbligatorio e della impeccabilità della condotta privata del funzionario. Ma l’espressa inclusione nel giuramento di questo dovere, che nessuno disconosce, potrebbe costituire la giustificazione di un opprimente continuo sindacato del superiore gerarchico sulla condotta privata del dipendente e una intollerabile intrusione nella sua vita intima. I governi tirannici se ne sono serviti, come pretesto d’interventi illegittimi e strumento d’insidiose persecuzioni.

Quanto alla formula «prometto» in luogo dell’altra «giuro», per gl’impiegati in prova, il Governo non ha fatto che riprodurre (e, in conformità del criterio già espresso, noi lo abbiamo seguito) le formule che si trovavano nelle disposizioni vigenti.

Il giuramento non è contemplato soltanto da leggi, ma anche da regolamenti, e vi si contengono accenni alla necessità di questa promessa. La Commissione non ha creduto di entrare nel merito, dal momento che non doveva modificare le formule, se non in quanto si riferivano alla forma istituzionale.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Persico se insiste nei suoi emendamenti.

PERSICO. Insisto.

PRESIDENTE. Metto allora ai voti il primo emendamento dell’onorevole Persico, tendente a ripristinare, al secondo comma, il testo governativo che recava le parole: «e conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego».

(Non è approvato).

Metto ai voti il secondo emendamento, tendente alla soppressione dell’ultimo comma dell’articolo 3.

(Non è approvato).

Metto ai voti l’articolo 3 nel testo della Commissione.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 4, il quale nel testo originario era così formulato:

«La formula di giuramento per i magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo, per i professori universitari e per i notai è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato, e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio».

A questo articolo la Commissione ha proposto una variante: quella di sopprimere, al primo comma, le parole: «per i professori universitari».

Ha chiesto di parlare l’onorevole Rescigno. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Propongo che qui si aggiungano al primo comma le parole: «per gl’insegnanti primari e secondari», perché non so concepire per essi una formula di giuramento come quella di cui all’articolo 3, dove si parla di conservazione del segreto d’ufficio. Non saprei quale segreto gli insegnanti abbiano da conservare.

PRESIDENTE. Domando quale è il parere della Commissione su questa proposta.

MOLÈ, Presidente della Commissione. Io credevo di aver spiegato i motivi per cui non era possibile alcuna innovazione per quanto attiene all’obbligo dei professori delle scuole medie e dei maestri elementari, ricordando che esiste uno stato giuridico che li parifica agl’impiegati dello Stato o li considera tali; per cui, modificare la legge del giuramento significa modificare lo stato giuridico.

Quanto ai professori universitari, dovendo, per essi, restare in vigore la disposizione abrogativa contenuta nell’articolo 6 del decreto-legge 5 aprile 1945, abbiamo accolto la proposta che la esclusione dell’obbligo venga espressamente ribadita nella presente legge, perché essi non possano, sia pure inesattamente, venir compresi nel novero dei dipendenti civili dello Stato.

PRESIDENTE. Avverto che all’articolo 4 è stato presentato il seguente emendamento dagli onorevoli Scoca, De Martino, Preziosi, Vinciguerra, Colombo Emilio, Castelli Avolio, Caronia, Orlando Camillo, Guerrieri Emanuele, Priolo:

«All’articolo 4 del testo ministeriale, aggiungere dopo le parole: per i magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo, le altre: per gli avvocati e procuratori dello Stato».

L’onorevole Scoca ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

SCOCA. Credo che non ci sia bisogno di svolgere l’emendamento da me proposto. Si tratta evidentemente di una pura dimenticanza, perché gli avvocati e i procuratori dello Stato hanno nell’attuale ordinamento una equiparazione ai magistrati. Quindi la formula con la quale devono prestare giuramento deve essere la stessa che viene stabilita per i magistrati.

PRESIDENTE, Quale è il parere della Commissione?

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione accetta.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno mantiene il suo emendamento?

RESCIGNO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento dell’onorevole Rescigno, inteso ad inserire al primo comma, dopo le parole «ed amministrativo» le altre «per i professori primari e secondari».

(Non è approvato).

Pongo ora ai voti l’emendamento dell’Onorevole Scoca ed altri, accettato dalla Commissione.

(È approvato).

Metto ai voti l’intero articolo 4 nel testo proposto dalla Commissione, il quale con l’emendamento Scoca ora approvato, risulta così formulato:

«La formula di giuramento per i magistrati dell’Ordine giudiziario ed amministrativo, per gli avvocati e procuratori dello Stato e per i notai è stabilita come segue:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio».

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 5 del testo proposto dalla Commissione:

«Per le persone estranee all’Amministrazione dello Stato, investite occasionalmente di pubbliche funzioni, che, secondo le preesistenti disposizioni, sono tenute a prestare giuramento con riferimento alla forma istituzionale dello Stato, si applica la seguente formula:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le funzioni affidatemi con coscienza e diligenza e con l’unico intento di perseguire il pubblico interesse».

Nessuno chiedendo di parlare lo pongo ai voti.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 6, avvertendo che il testo del progetto governativo non è stato modificato dalla Commissione:

«I sindaci dei comuni ed i presidenti delle deputazioni provinciali prestano giuramento con la seguente formula:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le mie funzioni col solo scopo del pubblico bene».

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Per regolarità di forma, poiché all’articolo 2 si è approvata la dizione: «al solo scopo del bene della Patria», mi pare che anche in questo articolo 6 bisognerebbe sostituire le parole «col solo scopo» con le altre «al solo scopo».

MOLÈ, Presidente della Commissione. La Commissione accetta.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, pongo ai voti l’articolo 6 con l’emendamento proposto dall’onorevole Persico e accettato dalla Commissione.

(È approvato).

Avverto che la Commissione ha proposto il seguente articolo 6-bis:

«Per i professori universitari resta fermo il decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1945, n. 238».

Lo metto ai voti.

(È approvato).

Pongo in discussione l’articolo 7.

«Il giuramento prescritto dall’articolo 5 della legge 13 giugno 1912, n. 555, e dall’articolo 3 del Regio decreto 2 agosto 1912, n. 949, per coloro ai quali sia stata concessa la cittadinanza italiana, deve essere prestato con la formula seguente:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo e di osservare lealmente le leggi dello Stato».

Nessuno chiedendo di parlare, lo metto ai voti.

(È approvato).

La Commissione ha proposto di aggiungere il seguente articolo 8:

«Fino a quando non sia prestato il giuramento con le nuove formule, resta fermo il disposto del primo comma dell’articolo 9 del decreto legislativo presidenziale 19 giugno 1946, n. 1».

Nessuno chiedendo di parlare lo metto ai voti.

(È approvato).

La Commissione ha infine proposto di modificare il titolo del disegno di legge nel modo seguente: «Modificazione delle formule di giuramento». Nessuno chiedendo di parlare, inetto ai voti questa proposta.

(È approvata).

Tutti gli articoli risultano così approvati. Procederemo alla votazione della legge a scrutinio segreto.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

Presidenza del Presidente CONTI

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a numerare i voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente SARAGAT

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Nuove formule di giuramento:

Presenti e votanti 432

Maggioranza        217

Voti favorevoli     343

Voti contrari           89

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberganti – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Amendola – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Ayroldi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Basile – Bassano – Basso – Battisti – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernamonti – Bertini Giovanni – Bertola – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonfantini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Bosi – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carbonari – Carboni – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Carpano Maglioli – Caratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese – Cosattini – Costa – Costantini – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Cuomo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza – Dugoni.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Faccio – Falchi – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fioritto – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giolitti – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacini – Jacometti.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lupis – Lussu.

Macrelli – Maffi – Maffioli – Magnani – Magrini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Mariani Francesco – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Natoli Lamantea – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paratore – Parri – Pastore Giulio – Pat – Patricolo – Patrissi – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pignatari – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pratolongo – Preti – Preziosi – Priolo – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Santi – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Francesco – Segni – Sforza – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terracini – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vilardi – Villabruna – Villani – Vinciguerra – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zappelli – Zotta.

Interrogazioni e interpellanze d’urgenza.

PRESIDENTE. È stata presentata la seguente interpellanza, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti deputati, Riccio Stefano, Rodinò Mario, Tumminelli, Venditti, Abozzi, Rodi, Lucifero, Dominedò, Quintieri Quinto, Bonino, Badini Confalonieri, Bellavista, Galioto, Colonna, La Gravinese Nicola, Trulli, Coppa, Ayroldi Carissimo, Vilardi, Maffioli, Corsini, Colitto, Lagravinese Pasquale, Marina, De Falco, Perugi, Patrissi, Rognoni, Cortese, Miccolis, Mastrojanni, Fresa, Castiglia, Caso, D’Amico Diego, Monticelli, De Maria, Quintieri Adolfo, Froggio, Condorelli, Taviani, De Martino, Pallastrelli, Belotti, Cremaschi Carlo, Angelucci, Jacini, Monterisi, Bellato, Dugoni, Borsellino, Tambroni, Rubilli, Zotta, Federici Maria, Sullo, Meda, Sartor, Bianchini Laura, Gotelli Angela, Rodinò Ugo, Fuschini, Leone Giovanni, Di Fausto, Siles, Trimarchi, Cuomo, Marinaro, Numeroso, Bozzi, Corsanego, Notarianni, Giordani, Merlin Umberto, Cimenti, Arcangeli, Ferrarese, Delli Castelli Filomena, Lazzati, Salizzoni, Tosi, Murdaca, Falchi, Nicotra Maria, Roselli, Bazoli, Chieffi, Arcaini, Ferrario, Alberti, Clerici, Perrone Capano, Belloni, Sampietro, Avanzini, Balduzzi, Caristia, Cappugi, Fanfani, Adonnino, Colonnetti, Fusco, Covelli:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delle finanze, perché – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione – la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole province, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del tribunale; tenendo presente che, nella scelta dei nomi, debba prevalere la competenza tecnica sul criterio politico».

Domando al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che l’interpellanza sia discussa d’urgenza; ma devo avvertire che viene richiesta la modificazione della legge. Quindi una discussione d’urgenza non può portare ad un risultato immediato.

Comunque consento che sia messa all’ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. È stata presentata una interpellanza, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti Deputati: Colonnetti, Alberganti, Ambrosini, Arcaini, Arcangeli, Bargagna, Bellavista, Bettiol, Bianchi Bianca, Binni, Bonino, Bulloni Pietro, Calamandrei, Calosso, Cappi, Caristia, Caso, Cavalli, Cavallotti, Cianca, Codignola, Cosattini, Einaudi, Ermini, Fanfani, Ferrario Celestino, Foa, Fornara, Giacchero, Giua, Gortani, Gui, Jacini, La Pira, Leone Giovanni, Lettieri, Lombardi Riccardo, Lucifero, Lussu, Marchesi, Martinelli, Martino Gaetano, Mattei Teresa, Medi Enrico, Mortati, Musotto, Pajetta Giancarlo, Pecorari, Pesenti, Pieri Gino, Pignedoli, Ponti, Riccio Stefano, Rivera, Rodinò Ugo, Schiavetti, Togni, Tomba, Tosato, Tosi, Valiani, Valmarana:

«Al Governo, per sapere se – accogliendo finalmente le ripetute istanze del Consiglio nazionale delle ricerche, i voti unanimi dei Corpi accademici e degli studiosi, nonché l’esempio dei Paesi più consapevoli e progrediti – intenda dare adeguato e stabile finanziamento alla ricerca scientifica, necessaria non solo per il progresso culturale e spirituale, ma anche per l’urgente ricostruzione e per l’invocato sviluppo economico nazionale».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. La questione non può essere risolta molto sollecitamente, richiedendo lo stanziamento di spese in bilancio. Quindi, propongo che l’interpellanza sia discussa alla ripresa dei lavori parlamentari.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. È stata presentata una interrogazione, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dai seguenti Deputati: De Maria, Giordani, Zerbi, Colombo, Codacci Pisanelli, Motolese, Franceschini, Delli Castelli Filomena, Quarello, Monterisi, Caso, Marzarotto, Caccuri, Gabrieli, Leone Giovanni, Monticelli, Bellato, Moro, Corsanego, De Martino, Zotta, Germano, Geuna, Gotelli Angela:

«Al Ministro di grazia e giustizia, per sapere se a carico della redazione e direzione del settimanale «Il Mercante» sia stato proceduto a norma dell’articolo 297 del Codice penale, che contempla le sanzioni per chi offende l’onore o il prestigio del capo di uno Stato estero».

PRESIDENTE. Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Non ho nulla in contrario a che sia iscritta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Silipo. Ne ha facoltà.

SILIPO. Ho presentato, insieme all’onorevole Musolino, un’interpellanza per la quale ho chiesto la discussione di urgenza, che mi è stata riconosciuta. Desidero sapere quando sarà trattata, perché la gravità dei motivi che mi hanno indotto a presentarla permangono immutati.

PRESIDENTE. Ecco il testo dell’interpellanza presentata:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti, allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinello) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».

Chiedo al Governo se intenda discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sullo Fiorentino. Ne ha facoltà.

SULLO FIORENTINO. Ho presentato l’altro ieri la seguente interpellanza, e ne chiedo la discussione d’urgenza:

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dei lavori pubblici per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.

«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse l’esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.

«In tale maniera si sarebbe andati incontro anche ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta), normalmente purtroppo non mantenute».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Riconosco l’urgenza, ma chiedo il tempo necessario per assumere informazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Caroleo. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Chiedo che, come sarà posta all’ordine del giorno di domani l’interpellanza Silipo, vi sia posta anche la seguente da me presentata fin dal 25 settembre scorso:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e ai Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se il Governo abbia avuto piena notizia della preoccupante situazione determinatasi da qualche settimana in Calabria, e particolarmente nella provincia di Catanzaro, dove si sono invase e si vanno alla giornata invadendo estese zone di terre coltivate e avviatissime aziende, ad opera di numerosi gruppi di contadini con minacce e violenze contro persone e cose, tra l’indifferenza o l’impotenza delle autorità costituite. Si chiede altresì di sapere quali misure siano state adottate od intenda di attuare il Governo per il più rapido ristabilimento dell’ordine, non tanto in ossequio alla legge e al diritto privato, quanto in difesa del tranquillo lavoro e della pacifica convivenza di quelle pazienti e generose popolazioni, abbandonate a se stesse, e in difesa anche della continuità della produzione agricola, a cui è interessata, oggi più che mai, l’intera Nazione. Dovrebbe darsi preferenza a provvedimenti rivolti a superare o almeno ad attenuare i disagi e le sperequazioni nel campo economico, altra volta dall’interpellante segnalati in questa Assemblea e manifestatisi ora come la principale causa dei sopravvenuti disordini e dell’instaurato deprecabile sistema di «ragion fattasi».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento.

PRESIDENTE. L’onorevole Togni ha presentato la seguente interpellanza, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sui motivi che lo hanno spinto a non dare attuazione al Regio decreto 13 marzo 1944, col quale venne istituita una Commissione per la riforma della previdenza sociale, perpetuando una caotica situazione altamente lesiva degli interessi dei lavoratori».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. L’onorevole Carratelli ha presentato la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:

«Al Ministro delle finanze, se non sia giusto riesaminare il decreto ministeriale 15 giugno 1946, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, n. 150, dell’8 luglio 1946, relativo al concorso per il conseguimento dell’idoneità, per titoli e per esame, all’esercizio delle funzioni di esattore dalle imposte dirette, al fine di mantenere in carica coloro che, non iscritti all’albo nazionale, ebbero conferite le esattorie per il decennio 1943-52 o per il quinquennio 1943-47, ovvero ne assunsero la gestione durante il decennio o il quinquennio, a seguito di decadenza di esattori nominati sin dall’inizio della gestione. Sa non sia conseguentemente giusto che tutti gli esattori nominati prima del 30 luglio 1944, e che abbiano compiuto due anni di servizio, vengano inscritti, in seguito a domanda, all’albo nazionale, e che siano pure iscritti, a domanda, coloro che abbiano un servizio cumulabile di un anno di collettore e due di esattore e si trovino attualmente in carica, con l’intera cauzione versata ed approvata. Se non sia almeno giusto che vengano rispettati i contratti esistenti, di coloro che nel 1950 saranno in carica, e riconosciuto il diritto degli stessi alla iscrizione nell’albo nazionale, senza obbligo di concorso per la idoneità, per titoli o per esami, qualora durante l’esercizio della funzione esattoriale, abbiano dato, a giudizio del Ministero competente, prova sicura di capacità».

Chiedo al Governo se consente la discussione di urgenza.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento che sia posta all’ordine del giorno di domani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Di Fausto. Ne ha facoltà.

DI FAUSTO. Chiedo di trasformare in interrogazione orale la seguente interrogazione con risposta scritta, presentata il 23 novembre:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere se, nei ripetuti episodi di aggressione e di provocazione di sacerdoti, non ravvisino lo sviluppo di una predisposta campagna anticlericale, sostenuta da una inqualificabile quanto vistosa stampa, dimentica delle tragiche vicende trascorse, e sorda, naturalmente, alle conclusioni che se ne sarebbero dovute trarre. A scongiurare deprecabili ulteriori scissure nella dolorante compagine nazionale, con la distruzione dei superstiti valori morali, gli interroganti chiedono che la propaganda pornografica, la calunnia ed il vilipendio, che offendono il senso morale e religioso degli italiani, siano stroncati senza indugio con la integrale e vigile applicazione della legge, per tutelare, nelle supreme esigenze della Nazione, le particolari esigenze di Roma. Poiché, caduto il prestigio politico, non può in nessun modo essere compromesso, attraverso bestiali manifestazioni settarie, il più alto e vasto splendore che deriva a Roma in quanto capitale della Cristianità Universale».

«Di Fausto, Codacci Pisanelli, Zotta, Guidi Cingolani Angiola, De Palma, Corsanego, Orlando Camillo, Delli Castelli Filomena, Castelli Avolio, Martinelli, Leone Giovanni, Jacini, Dominedo, Fabriani, Bettiol, Moro, Froggio, Scalfaro, Ciccolongo, Tozzi Condivi, Monticelli, Cavalli, Vicentini, Merlin Umberto, Uberti, Medi Enrico, De Maria, Terranova, Caso».

Chiedo al Governo se accetta di discuterla.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Consento cha questa interrogazione sia discussa unitamente a quella dell’onorevole De Maria.

PRESIDENTE. È stata presentata, con richiesta di svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione firmata dagli onorevoli Meda Luigi, Pajetta Gian Carlo, Morelli, Mariani, Alberganti, Targetti, Clerici, Lombardi Riccardo, Gasparotto, Scotti Francesco, Cavallotti:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e al Ministro dell’interno, perché diano ragguagli sul criterio e sulle norme che regolano l’approvvigionamento della provincia e della città di Milano. I rifornimenti di grano in dette località non risultano effettuati con la dovuta regolarità; già da tempo, in dati giorni della settimana la distribuzione del pane è stata sostituita con una assegnazione di farina gialla. Tale provvedimento, che rende ancor più penose le già critiche condizioni delle masse popolari, ha provocato a Monza reazioni che potrebbero essere origine anche di più gravi disordini. Gli interroganti chiedono pertanto che gli organi responsabili del Governo intervengano con prontezza ed energia, perché la disciplina dell’alimentazione venga fatta rigidamente osservare in ogni provincia e in modo particolare in quelle che dispongono di notevoli scorte di cereali».

Chiedo al Governo se accetta che sia discussa.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Accetto che la discussione avvenga nella seduta di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se non ritengano opportuno ed urgente, specialmente in considerazione delle enormi difficoltà di vita, sveltire la burocrazia che inceppa la liquidazione delle pensioni statali.

«L’interrogante richiama l’attenzione del Governo verso lo stuolo numeroso di vecchi lavoratori, di minorati di guerra, di vedove e di orfani che sono costretti a lottare con la fame nella lunga attesa (che si protrae per anni) di avere ciò che loro spetta di diritto.

«Ragioni di umanità e di giustizia sollecitano un immediato intervento del Governo:

1°) perché tutti e subito possano godere un adeguato anticipo;

2°) perché le pensioni vengano corrisposte senza che le pratiche debbano subire inutili e dannose soste negli uffici.

«Bellato».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere che cosa intenda fare nei confronti del settimanale denominato Fracassa.

«Detto giornale, malgrado abbia già subìto sequestro, prosegue la sua azione apologetica del fascismo e denigratrice dei partigiani di Italia. È inoltre evidente il tentativo di organizzare i residui fascisti incitandoli all’odio contro la Repubblica democratica italiana.

«Gli interroganti esprimono lo sdegno di tutti i partigiani d’Italia e chiedono, nel ricordo dei combattenti caduti per la libertà, che vengano prese energiche e definitive misure nei confronti di questo settimanale di sicuro marchio fascista.

«Cavallotti, Scotti Francesco, Boldrini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere:

1°) quali ragioni nuove siano intervenute per impedire al Ministero la integrale attuazione del provvedimento annunciato dal Bollettino Ufficiale dell’ottobre – in esecuzione dell’annunciato piano di graduale normalizzazione della scuola – che insediava o trasferiva al posto di alcuni presidi reggenti, funzionari titolari di provata competenza, sciolti da ogni e qualsiasi addebito dai tribunali di epurazione;

2°) con particolare riferimento alla scuola milanese, se sia vero che la comunicazione esecutiva del provvedimento ministeriale anzidetto, veniva ritardata dal provveditore reggente di quella città, per molti giorni, sicché dell’indugio si avvalsero alcuni presidi reggenti, per organizzare un piano di resistenza inteso ad impedire l’esecuzione del decreto ministeriale, trasferendo alla « piazza » una questione personale – di esclusiva competenza del Ministero – attraverso manifestazioni di studenti e professori, che concludevano in uno sciopero, organizzato, a quanto si dice, dallo stesso preside reggente colpito dal provvedimento, e rimasto al posto dal quale era stato rimosso con regolare e legale decreto ministeriale.

«Tumminelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri degli affari esteri e del lavoro e previdenza sociale, per sapere quali trattative abbiano allacciate con i paesi dell’America latina per favorire l’indispensabile sbocco emigratorio dei nostri lavoratori; a quale punto tali trattative si trovino; ed in ispecie se non ritengano utile ed opportuno inviare nei detti paesi una apposita missione con partecipazione parlamentare, che studi le possibilità concrete e tratti gli aspetti economici e sociali di tale problema.

«Schiratti, Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non creda opportuna la istituzione di Commissioni provinciali per le revisioni dei fitti con criteri di giustizia equitativa nei confronti di proprietari ed inquilini, da applicarsi caso per caso.

«Monterisi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se sia a conoscenza di un progetto presentato al Ministero dei lavori pubblici per la costruzione di tre impianti idroelettrici nel bacino imbrifero dell’altissimo fiume Oglio nell’Alta Val Camonica, dal sindaco di Brescia.

«L’interrogante chiede, in conseguenza, se non si ritenga urgente, agli effetti della disoccupazione, della carenza di energia elettrica, e per il benessere della Valle alpina, esaminare attentamente la questione e risolverla in senso costruttivo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Roselli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se non ritengano doveroso ed urgente andare incontro alle accorate pressanti richieste dei vecchi lavoratori artigiani che percepiscono dalla Previdenza sociale la pensione categoria «solo facoltativa».

«E ciò se non per ragioni di diritto, per ragioni di umanità, trattandosi di lavoratori che per primi e volontariamente hanno appoggiato il movimento di previdenza e che oggi sono costretti a dover constatare amaramente l’inutilità dei loro sforzi e della buona volontà, di fronte al tragico problema del carovita.

«L’interrogante richiama l’attenzione dell’onorevole Ministro del tesoro sul numero relativamente esiguo di aderenti a questa forma di assicurazione e sul conseguente limitato aggravio al bilancio statale, qualora il Governo si decidesse a venire giustamente incontro alle impellenti necessità di questi vecchi lavoratori come ha fatto per quelli assicurati obbligatoriamente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere quali misure intenda prendere affinché venga provveduto alla rapida applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 19 aprile 1946, n. 331, che stabilisce la ripartizione dei prodotti erborei ed erbacei, nella colonia parziaria, del 60 per cento a favore del colono e del 40 per cento a favore del proprietario, e, comunque, una ripartizione di detti prodotti non inferiore al 50 per cento. E questo onde evitare incidenti gravi che turbano l’ordine pubblico e la tranquillità delle popolazioni rurali come è avvenuto recentemente nel comune di Montecchio in provincia di Terni.

«Per sapere inoltre se egli non intenda intervenire contro le vessazioni e le violenze esercitate a Montecchio, da parte dell’Arma locale dei carabinieri, contro un colono e gli organizzatori sindacali locali, i quali facendosi strumenti dell’interesse della parte padronale, in dispregio alla legge stessa, sono intervenuti, con violenza brutale e col sopruso, a dirimere una contesa di carattere pacifico e puramente sindacale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Farini Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere quali misure intenda prendere contro il maresciallo Granati della stazione di Montecchio (Terni), l’appuntato e il carabiniere Montebove che, intervenendo su richiesta di un proprietario locale, in una pacifica contesa di carattere strettamente sindacale riguardante l’applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 19 aprile 1946, numero 331, regolante la ripartizione dei prodotti erborei ed erbacei nella colonia parziaria, si lasciava trascinare a commettere atti inauditi, illegali e ingiustificati di violenza contro un colono, la sua famiglia e contro gli stessi rappresentanti locali della Federterra.

«E se non intenda pertanto, a scopo di ristabilire l’ordine nella giustizia e riportare la calma nella popolazione giustificatamente indignata, provvedere all’immediato trasferimento del maresciallo Granati e dell’appuntato, all’allontanamento e alla punizione esemplare del carabiniere Montebove resosi colpevole di minaccia a mano armata contro pacifici e inermi cittadini e di avere ingiustificatamente malmenato il colono Zappitelli e nel contempo provvedere al rilascio dei rappresentanti locali della Federterra e del colono rei di aver chiesto, nelle forme consentite dalla consuetudine e dalla legge, l’applicazione del sopra indicato decreto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Farini Carlo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se, avendo espresso il suo consenso circa la necessità di agevolare e affrettare il ripristino delle aziende artigiane distrutte o danneggiate dalla guerra, non ritenga urgente di risolvere tale problema con la concessione di appositi contributi, particolarmente per le piccole aziende, combinati con facilitazioni creditizie per ricostituire gli impianti, ivi compresi strumenti da lavoro, macchinari e materie prime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere come intenda propugnare e salvaguardare gli interessi dell’agricoltura minacciati e spesso compromessi dalle concessioni di sfruttamento dei corsi d’acqua a scopo industriale; specialmente quando le concessioni stesse sono viziate di procedura affrettata e fautrice dell’alta finanza, o quando, come nel periodo fascista, le categorie agricole erano rappresentate da gerarchi imposti dalla dittatura, i quali rappresentavano, non di rado, non i pubblici ma i propri privati interessi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga opportuno emanare provvedimenti legislativi atti ad accelerare e facilitare l’espletamento delle procedure per ottenere la dichiarazione di morte presunta nei riguardi dei militari dispersi. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Badini Confalonieri, Perrone Capano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere le ragioni che inducono gli organi competenti ad escludere Barletta dai porti utilizzati per lo sbarco del grano proveniente dal Veneto, Romagne, Marche, a mezzo velieri. Difatti tutto il grano destinato alla provincia di Bari viene sbarcato solamente in porti più a sud di Barletta, anche quando, per la macinazione, deve essere poi avviato ai molini di Andria, Barletta, Corato e Spinazzola, ecc., determinando i seguenti gravi inconvenienti:

1°) inutili spese di trasporto via terra, aumento di manipolazioni, sfridi, cali, avarie, ecc.;

2°) superfluo e non trascurabile spreco di carburante, lubrificanti, gomme, ecc. per riportare indietro detto grano;

3°) sperequazione nella distribuzione del lavoro fra i lavoratori portuali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Monterisi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere le ragioni per cui non è stata ancora data concreta applicazione ai decreti legislativi luogotenenziali 16 novembre 1944, n. 1125 e 25 maggio 1945, n. 413, con i quali i funzionari delle Ferrovie dello Stato, esonerati dal servizio, ai sensi dei Regi decreti 28 gennaio 1923, n. 143 e 28 gennaio 1923, n. 153, e per conseguenza esclusi dall’assegnazione dell’alloggio nelle cooperative edilizie a contributo statale, per l’articolo 23 del Regio decreto-legge 7 febbraio 1926, n. 193, venivano reintegrati in tutti i loro diritti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non sia equo stabilire nella misura unica di lire 35 giornaliere, senza distinzione di qualifiche e di gradi, l’indennità prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 11 gennaio 1946, n. 18, a favore del personale di ruolo e non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, in servizio nei centri distrutti, semidistrutti o danneggiati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

  1. a) se non sia equo concedere il patrocinio nelle preture anche ai laureati in legge che, per motivi dipendenti dallo stato di guerra, non si siano potuti iscrivere nell’albo dei praticanti procuratori, entro i quattro anni dalla laurea, come prescrive l’articolo 8 del Regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578;
  2. b) se non sia opportuno inquadrare nei ruoli di gruppo C delle cancellerie e segreterie giudiziarie quegli aiutanti di cancelleria che – provvisti del titolo di studio prescritto – a giudizio dei superiori gerarchici ne siano ritenuti meritevoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

  1. a) se non sia opportuno, in via eccezionale, con apposito provvedimento legislativo, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia, ammettere ai concorsi di consigliere di Corte di appello, per le vacanze degli anni 1945 e successivi, tutti i magistrati assunti in servizio nel 1931, tenuto conto che a tali concorsi, come già a quello indetto con decreto ministeriale 10 marzo 1943, per le vacanze del 1944, non vi potrà essere apporto di nuovi elementi (poiché, come è noto, dal 1926 al 1931 non hanno avuto luogo nuove assunzioni in magistratura), ma potranno parteciparvi soltanto quei magistrati già sottoposti al vaglio di almeno due precedenti concorsi con esito negativo;
  2. b) se non sia rispondente a criterio di sana giustizia riconoscere a tutti gli effetti il servizio prestato ai sensi del Regio decreto 6 febbraio 1927, n. 131, dai magistrati successivamente sistemati in carriera per la legge 17 giugno 1930, n. 421, o per il Regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e per il Regio decreto 12 maggio 1930, n. 663. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).

«Caccuri, Scalfaro, Romano».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La sedata termina alle 19.25.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 15:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Svolgimento di interpellanze.