ASSEMBLEA COSTITUENTE
XXIX.
SEDUTA DI SABATO 14 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT
indi
DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
INDICE
Congedi:
Presidente
Comunicazioni del Presidente:
Presidente
Verifica di poteri:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Presidente
Sansone, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione
Sardiello
Priolo
Mazza
Labriola
Jervolino, Sottosegretario di Stato per i trasporti
Meda
Aldisio, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno
Marazza, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia
Di Fausto
Medi
De Maria
Interpellanze (Svolgimento):
Presidente
Silipo
Caroleo
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste
RICCIO
Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze
Condorelli
Scoccimarro, Ministro delle finanze Togni D’Aragona, Ministro del lavoro
Sullo Fiorentino
Romita, Ministro dei lavori pubblici
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno Togliatti
Lucifero
Gronchi
Patrissi
Terracini
Bellavista
Lussu
Targetti
Sui lavori dell’Assemblea:
Presidente
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 15.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo gli onorevoli Tosi e Lettieri.
(Sono concessi).
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE: Comunico che l’onorevole Patricolo ha dato le dimissioni da componente della Commissione per la Costituzione. A sostituirlo, è stato chiamato l’onorevole Cannizzo.
Verifica di poteri.
PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella riunione odierna, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei deputati: Adolfo Quintieri per la Circoscrizione di Catanzaro (XXVIII), Ivo Coccia per la Circoscrizione di Perugia (XIX) e, concorrendo negli eletti i requisiti previsti dalla legge elettorale, ne ha dichiarata valida la elezione.
Do atto alla Giunta di questa sua comunicazione e, salvo i casi d’incompatibilità preesistenti e non conosciuti sino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.
Svolgimento di interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è quella dell’onorevole Sardiello, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) ed al Ministro dei trasporti, «per sapere: A) se hanno presente: 1°) che la provincia di Reggio Calabria da molto tempo difetta dei generi razionati essenziali per l’alimentazione; che ormai cronicamente la farina ed il grano assegnati giungono con enorme ritardo ed in una quantità grandemente inferiore a quella dovuta; che l’olio – in una regione largamente produttrice e dove non è consueto un notevole uso di altri grassi – difetta; 2°) che ciò è dovuto in gran parte – per quanto attiene alle deficienze del grano e della farina – alla inadeguata assegnazione dei mezzi di trasporto, e – per quanto attiene alla mancanza dell’olio – alla continua e più volte invano denunziata esportazione di grossi quantitativi di detto prodotto per iniziative di speculatori forniti di permessi a ripetizione; cosa che suona irrisione del bisogno del popolo; mentre nessun provvedimento dell’autorità riesce a raggiungerla e colpirla; 3°) che la situazione predetta ha creato tale disagio da costituire un grave imminente pericolo per la salute cittadina e per l’ordine pubblico; come da tempo vanno denunciando la stampa locale, alcuni ordini del giorno dei Comitati di agitazione e recentemente anche il Consiglio comunale di Reggio con votazioni unanimi dei rappresentanti di tutti i partiti. B) Quali pronti e radicali provvedimenti intendano di adottare per riparare – come è indispensabile ed urgente – alle deplorevoli negligenze, alla insaziabile avidità degli speculatori, e per garantire finalmente da oggi innanzi almeno il minimo – per quantità e qualità – dovuto per legge ad una popolazione che si sente ed è eguale nel diritto e nel dovere a tutte le altre d’Italia».
L’onorevole Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. La situazione dell’approvvigionamento cerealicolo della provincia di Reggio Calabria, come è di tutte le provincie scarsamente produttrici, risente in modo particolare dell’eccezionale carenza di cereali, dovuta, come è noto, ai mancati arrivi di grano previsti col piano di importazione dell’U.N.R.R.A. Le assegnazioni già predisposte a favore di detta provincia prevedevano la copertura del suo fabbisogno fino al 25 dicembre prossimo. Al fine di espletare, nel più breve tempo possibile, queste assegnazioni, come tutte quelle previste per l’approvvigionamento cerealicolo di tutte le regioni, sono stati predisposti, da parte delle Ferrovie dello Stato, su richiesta di questo Alto Commissariato, programmi di trasporto di grano a treni completi dalle regioni centrosettentrionali a quelle meridionali, principalmente alla Calabria, che si stanno svolgendo regolarmente.
Numerosi natanti sono stati noleggiati a cura del Ministero della marina mercantile per i trasporti via mare. Da parte del Ministero dell’interno si sta facendo tutto il possibile per favorire il prelievo dei cereali dalle provincie di produzione e per sollecitare i trasferimenti di grano verso le provincie deficitarie, specialmente della Calabria e della Sicilia.
D’altra parte, fino a quando non potrà riprendere il normale flusso dei cereali esteri, l’approvvigionamento di dette provincie non potrà avere che miglioramenti modesti rispetto alla situazione attuale.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento in olio, deve rilevarsi che la provincia di Reggio Calabria è stata largamente soddisfatta per il fabbisogno della sua popolazione non approvvigionata, se ci si riferisce alle vigenti norme sul razionamento di detto genere.
In merito alle lamentate esportazioni di grossi quantitativi di olio dalla provincia di Reggio Calabria, si fa rilevare che quelle regolarmente autorizzate dagli uffici dell’alimentazione rientravano nel piano di distribuzioni dell’olio reperito a norma del decreto 22 maggio ultimo scorso. Tale decreto infatti autorizzava l’Alto Commissariato dell’alimentazione ad acquistare le disponibilità di olio economizzate dai produttori sui diritti di trattenuta, e dava altresì facoltà all’Alto Commissariato stesso di avvalersi per detto acquisto di enti fiduciari e ditte nazionali particolarmente attrezzati. L’olio reperito in base a dette disposizioni di legge ha infatti permesso all’Alto Commissariato di soddisfare il fabbisogno minimo, in base al razionamento, di alcune provincie del Nord assolutamente deficitarie.
La speculazione pertanto potrà essersi verificata nella prima fase commerciale delle operazioni di reperimento, cioè nel passaggio della merce dal produttore all’Ente o Ditta autorizzati al reperimento; e ciò ovviamente non poteva evitarsi, avendo sostanzialmente il produttore la libera disponibilità della merce. Ma è da escludersi che la speculazione abbia potuto agire nelle fasi di trasferimento e distribuzione dell’olio reperito, controllate dall’Alto Commissariato.
Con provvedimento 16 agosto 1946 il reperimento stesso fu vietato ed attualmente vige il sistema normale di ammasso.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
SARDIELLO. Sarei lieto di potermi dire soddisfatto, ma non lo sono, soprattutto perché non avevo portato all’Assemblea la questione per avere soltanto delle notizie che avrei potuto procurarmi altrimenti. Ho portato qui la questione perché i fatti da me lamentati non soltanto mortificano i bisogni materiali di popolazioni che hanno diritto di avere riconosciuto quello che ad esse spetta, ma ne mortificano soprattutto il senso di giustizia e ne deprimono la fede, che noi vogliamo che abbiano nella nuova vita italiana.
So che la situazione alimentare di tutto il Paese non è rosea, ma so anche che quando è stato assegnato un quantitativo di generi ad una popolazione, deve pure essere dato. Ora, la situazione della Calabria, particolarmente della provincia di Reggio, all’epoca dell’interrogazione – e debbo risalire a quella epoca purtroppo, perché le interrogazioni, anche se sono urgenti, si sa che non viaggiano col rapido – la situazione della provincia di Reggio era questa: assegnazione di farina e grano per 145.000 quintali; effettivamente corrisposti 32.698 quintali: un deficit di 112.000 quintali. Pane questo, onorevoli colleghi, che manca alla povera gente, perché gli altri lo possono acquistare al mercato nero, dove non manca mai.
E questa situazione non si verificava per mancanza dei generi. Se così fosse stato, si sarebbero rassegnate quelle popolazioni, ci rassegneremmo tutti; ma i generi destinati alla Calabria c’erano; c’erano sulla piazza di Venezia, Ravenna, Ferrara, Macerata e Perugia. Dovevano essere trasportati ai centri di destinazione. Perché non sono stati trasportati? Perché si disse che la difficoltà era nei mezzi di trasporto. Ma, intanto, le agitazioni – quelle che io additavo nella mia interrogazione – erano vivissime: erano le agitazioni promosse dalla Camera del Lavoro, erano insurrezioni della stampa. Ho qui dei verbali del Consiglio comunale di Reggio (e c’è nell’Aula il nostro collega sindaco che mi ascolta) che deplorava assai gravemente queste deficienze. Ancora stamani mi è giunto dalla Calabria un giornale, l’organo quotidiano democratico cristiano, dal quale rilevo che c’è un altro sindaco che suona le campane e chiama a raccolta tutti i sindaci per una protesta per questa deficienza che si continua a verificare.
Un lieve miglioramento, da allora ad oggi, c’è stato. Bisogna renderne merito all’interessamento del Ministro dei trasporti onorevole Ferrari, da me personalmente sollecitato, al Ministro Macrelli nella qualità di presidente del Comitato interministeriale per gli approvvigionamenti. Questo miglioramento non dà però il conforto al quale quelle popolazioni anelavano e che hanno diritto di avere, anche perché apprendo che una recente comunicazione del prefetto di Reggio Calabria, cioè del funzionante prefetto (perché, fra l’altro, Reggio Calabria manca di prefetto da due mesi, e quando il prefetto non c’è, tutto è da guadagnare; ma quando c’è nell’ordinamento è bene che ci sia anche di fatto), ha annunciato per questo mese di dicembre una ulteriore riduzione della distribuzione della pasta.
È un provvedimento generale, disposto ovunque? Ci inchiniamo. Ma se fosse un provvedimento particolare, la cosa sarebbe maggiormente preoccupante.
Quindi, la assicurazione di un miglioramento certo e costante non c’è.
E sentite il commento del giornale, che citavo dianzi. È un commento che non mi piace incondizionatamente sottoscrivere, perché pone la questione su un piano sul quale non è forse opportuno che sia posta; ma bisogna tenerlo presente. Quel giornale dice così: «Tanto più grave, se si pensa che l’arretrato è cominciato a formarsi quando imperversava la calata in Calabria degli accaparratori di olio e diecine e diecine di mezzi di trasporto giungevano vuoti, per ripartire col nostro prezioso prodotto, che non trovava nessuna contropartita, nemmeno in quel famoso riso, che ancora si attende e si attenderà invano».
E questo mi porta diritto all’altro punto della mia interrogazione: la faccenda dell’olio, che – vivaddio! – non è però così semplice, così chiara e così pulita come all’onorevole Sottosegretario è apparsa nella sua risposta alla mia interrogazione.
Dalla faccenda dell’olio affiora qualcosa che è più deplorevole del fatto, che ho lamentato a proposito della deficienza della pasta.
Tonnellate di olio, dico tonnellate a diecine, su automezzi, su carri ferroviari, sono andate al largo della provincia di Reggio. Cosa è accaduto? Che nella provincia di Reggio, produttrice di olio, ed in altre provincie della Calabria, è mancata qualche volta la distribuzione dei pochi decilitri, che spettano di diritto ai consumatori.
Voi mi dite: sì, il fatto è vero, ma è stato autorizzato. Ma cosa avete autorizzato?
La risposta dell’onorevole Sottosegretario parla di «olio reperito». Olio di recupero, dicono altri. Che cosa vuol dire olio reperito, olio di recupero? È quello rimasto alle economie dei grossi produttori.
Ma pensate che avanzino, dalle economie dei grossi produttori, delle diecine di tonnellate? Quando si misura a tonnellate, non è olio di recupero. È olio sottratto alla sua destinazione; è olio sottratto ai consumatori.
Ed allora cosa si fa? Con quello che si toglie ai poveri, che più hanno bisogno, si alimenta la più ingorda speculazione.
Non sarebbe un fuor d’opera l’indagine sul prezzo pagato per l’acquisto di quest’olio reperito.
Ed allora, o signori, io ho bisogno, dicevo, non solo di avere le notizie, ma di avere delle assicurazioni precise: non soltanto che non si ripeteranno più questi fatti, non soltanto che sarà provveduto alla continuità delle assegnazioni; ma che per l’avvenire terrete presenti quelle provincie lontane, quelle povere e generose popolazioni, che hanno sinora patito ingiuste minorazioni del loro diritto.
Apprendo di assegnazioni di grano annunziate come prossime dall’UNRRA, in notevoli quantità. Ricordatevene! Non dirò, come qualcuno chiede da laggiù non senza qualche giustificazione, che voi diate tutto l’arretrato; conosco la situazione. Ma dirò: tenete presenti quelle popolazioni, che hanno patito tante privazioni e parlano e protestano in nome di bisogni imprescindibili e fanno appello a quel sentimento di giustizia che deve esser vivo in questo momento e che dobbiamo difendere e tutelare. Si rassegnano i sofferenti, anche ad uno strappo, se fosse necessario, della libertà; ma restituite a tutti il senso pieno della giustizia, dell’onestà, nel significato più lato dell’espressione; offrite la considerazione che è dovuta egualmente alle popolazioni d’ogni parte, che, ripeto, sanno accettare il sacrificio, purché sia comune a tutti, e non dia vita a differenze odiose, che devono sparire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Priolo per fatto personale. Ne ha facoltà.
PRIOLO. Io mi inserisco nella discussione per fatto personale, ma effettivamente di personale c’è soltanto questo: che l’amico onorevole Sansone, ripetutamente interessato da me circa la gravissima situazione alimentare, determinatasi in provincia di Reggio Calabria, mi aveva sempre cortesemente dato dei chiarimenti in proposito, soggiungendomi che avrebbe fatto del suo meglio per provvedere.
Sottoscrivo tutto quanto il collega Sardiello ha detto: la situazione permane grave e dolorosa e bisogna prendere rapidi ed energici provvedimenti, quanto mai opportuni per le martoriate terre meridionali.
Io posso dirvi questo: quando ero prefetto di quella provincia arrivavano nel porto di Reggio dei piroscafi di grano e la situazione era relativamente tranquilla, perché le distribuzioni di pane e di pasta potevano avvenire con una certa regolarità. È per ciò che chiedo all’onorevole Sansone di servirsi dei mezzi di trasporto via mare, perché ora, fra l’altro, comincia la campagna agrumaria, ed a me consta, per la esperienza fatta come Sottosegretario ai trasporti, che i carri ferroviari difettano, mentre le richieste sono innumerevoli.
Dicevo, ora comincia la campagna agrumaria ed assegnare per la provincia di Reggio il grano, che si trova a Ravenna, Ferrara, Perugia, ecc., è un nonsenso, mentre potrebbe essere mandato nel porto di Reggio uno di quei piroscafi, che, a quanto abbiamo appreso, cominceranno quanto prima a giungere dall’America, consentendo così un approvvigionamento rapido e sicuro.
È questa la viva raccomandazione che faccio all’amico Sansone e per tutto il resto mi associo pienamente a quanto il collega onorevole Sardiello ha detto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sansone. Ne ha facoltà.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Desidero dare un chiarimento agli onorevoli Sardiello e Priolo: circa la distribuzione dei generi da minestra, la razione è ridotta temporaneamente ad un chilogrammo per tutte le provincie d’Italia. Quindi, allorché l’onorevole Sardiello notava un miglioramento, che era il frutto di uno dei tanti sforzi, dal punto di vista organizzativo e tecnico, dell’Alto Commissariato per l’alimentazione, riconosceva uno stato di fatto. Il miglioramento però è stato praticamente annullato dalla razione che si è ridotta in tutta l’Italia per la carenza assoluta di arrivi di piroscafi con grano estero.
La raccomandazione dell’onorevole Priolo resta assorbita nel senso che noi, quando avremo i nuovi piroscafi di grano estero, terremo naturalmente, come è nostro dovere, in debito conto le provincie meridionali.
Circa l’olio, terrei a precisare la genesi e lo svolgimento di quel decreto 22 aprile 1946. Avevamo le provincie del Nord completamente deficitarie di grassi; non avevamo né grassi solidi, né olio. C’era, viceversa, una quantità di olio non consegnata all’ammasso, che filtrava al mercato nero attraverso la speculazione privata.
Il provvedimento emesso dal Governo il 22 aprile del 1946 dava facoltà a poche ditte, con attrezzatura nazionale, e a pochissimi enti, come le grandi cooperative, di poter reperire questo olio, consegnarlo alle S.E.P.R.A.L. del Nord e del Centro per farlo distribuire, così come l’hanno distribuito, alle popolazioni.
Con questo sistema è stato possibile fronteggiare, nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre la situazione gravissima dei grassi nell’Italia centro-settentrionale. (Interruzioni).
È molto facile fare osservazioni, ma si tratta di problemi tecnici che vanno esaminati con ponderazione.
Che poi, in questo sistema, si sia inserita una forma speculativa, lo possiamo anche ammettere, così come si inserisce la speculazione in molte cose. L’Alto Commissariato ha avuto sentore di questa speculazione ed in data 15 agosto ha completamente sospeso tale reperimento. Attualmente vige il sistema dell’ammasso totale che, speriamo, dia i frutti dovuti, così che riusciremo ad assicurare – se avremo anche arrivi esteri di olio e di semi oleosi – per l’intero anno la razione di grasso a tutta la popolazione.
È stata quindi una forma di reperimento che, se ha avuto i suoi inconvenienti, ha avuto anche i suoi benefici effetti per le provincie del Nord. Si ricordi che queste provincie acquistavano l’olio al mercato nero a mille, mille due o mille e trecento lire al litro, mentre attraverso questo sistema le S.E.P.R.A.L. hanno potuto distribuire l’olio a quasi la metà del prezzo del mercato nero.
Se quindi, in un settore così difficile, l’Alto Commissariato per l’alimentazione ha inteso fare un esperimento circa il reperimento dell’olio, penso che gli onorevoli colleghi debbano vedere in questo la nostra continua preoccupazione per le necessità del paese e non un’azione fatta a cuor leggero o per favorire la speculazione di qualcuno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sardiello. Ne ha facoltà.
SARDIELLO. Vorrei chiedere solo un chiarimento: se, una volta accertata la speculazione che si inseriva in quello che era stato un provvedimento governativo, ed accertato che quella speculazione era rovinosa per gl’interessi delle popolazioni in un settore così vitale in questo momento, si siano presi provvedimenti di qualsiasi genere a carico degli speculatori.
PRIOLO. Onde evitare proteste quanto mai legittime tra quelle popolazioni, non solo era necessario stroncare le speculazioni, ma bisognava altresì assicurare le razioni dell’olio per Reggio e provincia, inviando nelle altre regioni soltanto il rimanente dell’olio reperito.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Moltissimi speculatori sono stati denunciati all’Autorità giudiziaria e arrestati, come è avvenuto a Catanzaro e anche in provincia di Reggio; del resto gli onorevoli colleghi possono assumere informazioni presso le Prefetture. Comunque, ripeto, col 15 agosto il provvedimento è venuto a cessare.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mazza, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere perché, mentre a Roma ed in altre grandi città italiane la distribuzione dei generi alimentari avviene regolarmente, ciò non avviene per la città di Napoli. Chiede altresì perché, mentre si è firmato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto della perequazione del carovita agli impiegati statali nei comuni viciniori in continuità di grandi città del Nord di Italia, questo non sia stato fatto per i comuni vesuviani nelle stesse condizioni dei comuni suddetti».
Sullo stesso argomento ha presentato una interrogazione l’onorevole Labriola, per la quale ha chiesto lo svolgimento d’urgenza, che il Governo ha accettato.
L’Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Rispondo alla prima parte dell’interrogazione dell’onorevole Mazza, perché di mia competenza.
Se la richiesta vuole riferirsi alle assegnazioni di generi razionati fatte alla provincia di Napoli, rispondo che le assegnazioni medesime sono state sempre disposte da questo Alto Commissariato a Napoli come a tutte le provincie, nella stessa data e nelle stesse misure, in base alle tabelle di razionamento attualmente in vigore. All’uopo si tenga presente che la media calorica da gennaio a tutto ottobre 1946 per i generi forniti con tessera ai normali consumatori è la seguente: Torino ha ricevuto in media 737 calorie per giorno; Genova 757; Milano 887; Venezia 751; Bologna 780; Firenze 772; Roma 778; Napoli 783; Bari 753; Palermo 695.
Come si vede, la media è costante pressoché per tutte le città; solo Milano appare di poco superiore, perché distribuisce con tessera anche il latte, genere che è lasciato libero nelle altre provincie.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento cerealicolo, le attuali difficoltà che si lamentano per Napoli sono comuni a tutte le provincie non sufficientemente produttrici e che, pertanto, devono essere rifornite con grano di importazione, oppure attraverso trasferimenti interni dalle zone di produzione.
Sono ormai ben noti i mancati arrivi di grano estero e le grandi difficoltà di ordine politico che ostacolano i trasferimenti degli ultimi residui di ammasso. Comunque, l’approvvigionamento in grano della città di Napoli per il fabbisogno di panificazione è stato finora sempre assicurato e forma oggetto di quotidiano collegamento tra i servizi centrali e gli organi periferici di questo Alto Commissariato, proprio per continuare a rifornirla, nel quadro delle disponibilità.
Assicuro formalmente l’onorevole interrogante che Napoli, proprio perché tra le città più provate dalla guerra, è attentamente seguita dal Commissariato.
A questo vorrei far seguire una dimostrazione pratica di come può avvenire che una provincia creda di avere un trattamento alimentare differente da altre provincie. Se facciamo per ipotesi un raffronto fra le città di Napoli e Roma, abbiamo questa situazione: Roma ha dato in gennaio 6200 grammi di pane; Napoli 6200; nel febbraio Roma 5600, Napoli 5600; nel marzo Roma 6200, Napoli 6200 e così di seguito. Solo nel luglio si nota per Roma 7050 e Napoli 7250; nel mese successivo Roma 7510 e Napoli 7750.
Quindi, vi sono delle disparità dovute ad approvvigionamento momentaneo della città, nel senso che, se in quel momento è affluita una quantità di merce per fare la distribuzione, una città la compie prima dell’altra, ma ciò non sposta che la tabella del razionamento sia uguale, ed in conseguenza la perequazione avviene nel mese successivo.
Aggiungo ancora, per esempio, la distribuzione del baccalà in Roma: nel mese di marzo 200 grammi, nel mese di luglio 250 grammi; invece a Napoli, nel febbraio 200 grammi, nel maggio 200 grammi, in agosto 225 grammi. Ora, nei mesi successivi Roma riuscirà a perequare questa distribuzione. Non già che vi sia una disparità tra l’una e l’altra città, ma date la situazione dei trasporti e la deficienza dei rifornimenti, avviene questa, che è, ripeto, una sperequazione momentanea e non sostanziale.
PRESIDENTE. L’onorevole Mazza ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MAZZA. Onorevole Presidente, io non sono soddisfatto; mi conforta però il pensiero che dopo di me un Maestro prenderà la parola, l’onorevole Labriola.
L’onorevole Alto Commissario ci ha ammannito una serie di numeri e di calorie, e io lo ringrazio. Per quanto medico, però, non sono riuscito molto abilmente a seguirlo.
Io, medico, vorrei fare una considerazione di ordine assolutamente pratico. A Napoli è stata distribuita la pasta del mese di ottobre; a Roma è stato dato anche il chilo del mese di novembre. Dico questo non perché noi napoletani possiamo essere invidiosi di quello che si fornisce ad un’altra città. Io condivido a pieno le parole che ieri pronunciava l’onorevole Faralli, che oggi ha pronunciato l’onorevole Sardiello: noi vogliamo soltanto la giustizia.
Ma, a parte le differenze nella distribuzione di pasta, vi sono anche altre cose che vorrei far notare all’Alto Commissario. A Napoli, per esempio, è in vendita della sugna americana che i consorzi agrari hanno venduto perché guasta ad un prezzo bassissimo, e noi napoletani dobbiamo comprarla in borsa nera; a Napoli, per esempio, si vende dello zucchero in borsa nera perché, dicono, era inumidito, mentre era inumidita soltanto la parte esterna del sacco. E così… noi napoletani compriamo lo zucchero in borsa nera.
Ora ho ritenuto necessario fare questi rilievi, senza per altro sapere che esisteva un fermento nella popolazione. Ieri, infatti, gli onorevoli colleghi hanno letto sui giornali quello che è successo a Napoli. Nessuno potrà dire che sia stato io o i miei amici della destra a mettere in rivoluzione la città; eppure cinquantamila napoletani sono andati in Prefettura a chiedere giustizia. Io non ho altro da aggiungere e spero che dopo di me, e meglio di me, l’onorevole Labriola saprà difendere Napoli.
PRESIDENTE. L’onorevole Labriola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
LABRIOLA. Non ho da difendere nessuno, meno ancora la mia città, la quale si difende da se stessa. Le cose essenziali le ha dette appunto l’onorevole Mazza. Or ora ho letto sui giornali la notizia delle agitazioni che sono avvenute a Napoli e mi è venuta l’idea di chiedere l’opinione del Governo su questo fatto e sulle cause di esso. La Camera del lavoro di Napoli si è trovata costretta a chiedere che per il giorno 16 si sia in qualche modo provveduto. Sono nemico dei termini perentori e non lodo coloro che hanno voluto indicare al Governo una data precisa perché prendesse i suoi provvedimenti. Tuttavia, il semplice fatto che un grande sodalizio operaio si sia visto costretto a iniziare non soltanto un’agitazione di questa portata, ma a dire entro quale termine si dovrebbe provvedere, è la dimostrazione della gravità della situazione locale.
Noi ci troviamo a Napoli in una situazione assolutamente speciale; non è quella di Roma, non è quella di Milano, né di nessuna altra città d’Italia, o lo è in limiti molto più ristretti, mentre a Napoli la situazione si presenta in termini enormemente più complicati. Purtroppo – è proprio il caso di dire purtroppo – Napoli è un porto; è il porto di coloro che noi chiamiamo gli alleati. Per la città passano tutti i giorni cinquanta o sessantamila, ed in certi giorni cento mila uomini delle truppe di occupazione e questa popolazione si rinnova. Essa non si limita a mettere sotto i propri camions e le altre macchine i poveri cittadini di quella città. Io stesso ho avuto l’onore di provare le delizie di questo trattamento; non dissi nessuna parola l’altro giorno allorché si parlava della situazione di Padova, perché è ridicolo occupare i colleghi delle cose proprie. Ma in realtà gli alleati agiscono con la massima disinvoltura verso la città, ed anche per quanto riguarda l’alimentazione. Ma questo fatto produce delle conseguenze. La città di Napoli è probabilmente la città, anzi è certamente la città dove ì viveri hanno raggiunto i prezzi più alti. Molti dicono: è la borsa nera. Certamente il fattore della borsa nera agisce in maniera notevole, ma a questo bisogna aggiungere altri fattori che operano con terribile efficacia. Ciò si verifica anche altrove, ma non certo in quelle proporzioni. Le ingenti forze di occupazione straniere affollano i ristoranti, gli empori, i luoghi di rivendita: essi vivono sulla città di cui depauperano le stremate risorse. I prezzi salgono per il fatto loro, e ciò crea un disagio generale soprattutto nelle classi meno agiate della città, cioè le classi operaie, le classi lavoratrici e soprattutto i ceti minuti della borghesia.
Ecco perché si reclama qualche provvedimento speciale.
II nostro amico Sansone (mi scusi se l’ho chiamato amico), l’onorevole Sansone ha messo in rilievo una serie di cifre in cui si stabilisce che le calorie godute dalla città di Napoli non sono inferiori alle calorie godute dalle altre parti d’Italia.
Questa storia delle calorie me la ricordo fin da quando stavo in America, dove si mangiava malissimo, ma si aveva la soddisfazione di sapere che uno, consumando quei determinati piatti, aveva tutte le calorie di cui il proprio organismo aveva bisogno. Le calorie non vogliono dire assolutamente nulla.
I provvedimenti possono essere tanti. Certo, uno da consigliare sarebbe appunto quello di dire, per mezzo delle autorità diplomatiche straniere, ai nostri ospiti, ai rappresentanti delle forze militari straniere – che alcuni chiamano alleati, ma non capisco perché, in quanto sono alleati fra di loro, ed anzi ci tengono a far ben capire che non sono alleati nostri – che a Napoli i loro automezzi ammazzano volentieri i cittadini, mentre i loro uomini mangiano a spese delle nostre piccole risorse.
Intanto toccherebbe al Governo rimettere alla città ciò che i soldati stranieri consumano.
Vorrei segnalare al Governo, ora che si parla di questioni di carattere alimentare, che appunto, in seguito al calcolo fatto che nella città si trovano tante forze militari straniere, e quindi dei consumatori addizionali il cui numero è di gran lunga più elevato rispetto a quello delle altre città, occorrerebbe almeno assicurare alla città il volume legale dei rifornimenti che le occorrono. Chiedo pertanto al Governo che si provveda almeno a quello che è stranamente necessario.
Ora le angustie hanno prodotto agitazioni, ma mi auguro che le cose non peggiorino.
Alcuni si meravigliano che Napoli ha in questo momento un sindaco monarchico.
Su questa faccenda, ho già avuto la occasione d’esprimere la mia opinione. A Napoli ci sono dei monarchici, ma non credo che ciò sia per amore della monarchia. La città è una vecchia città repubblicana. Lo è stata fin dal V secolo, ed è l’unica città che durante l’oppressione spagnola, nella rassegnazione generale, si rivoltò e si dette una repubblica. Lo stesso fece nel 1799. Il senso repubblicano quindi c’è. Ma quando si è maltrattati, sorgono reazioni, ed il monarchismo napoletano è una reazione.
Quindi, venire incontro alle esigenze di questa città può essere non solo questione di giustizia…
Una voce. Alle esigenze di tulle le città.
LABRIOLA. Sono d’accordo col collega che m’interrompe: di tutte le città, ma segnalo il caso particolare di Napoli, perché principalmente in quella città è continuo il passaggio di forze militari straniere. È dunque una questione di opportunità, di giustizia e di convenienza.
In nome della mia città io reclamo che per essa si faccia tutto il possibile onde sollevarla dalle strettezze alimentari nelle quali si trova. (Approvazioni).
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Come napoletano, ringrazio gli onorevoli Mazza e Labriola di aver richiamato l’attenzione dell’Assemblea sui problemi della città di Napoli. Ma all’onorevole Labriola devo chiarire che il nostro conteggio di calorie non è basato sul complesso dei generi vari, ma soltanto sul pane, sulla pasta, sull’olio e sullo zucchero, cioè soltanto sui generi tesserati. Evidentemente al numero di calorie che viene assicurato con i generi tesserati bisogna aggiungere quelle che derivano dal consumo degli altri generi, patate, frutta, verdura, ecc.
Accolgo le osservazioni che riguardano la città di Napoli e assicuro, anche come napoletano, che terremo la nostra città nella dovuta considerazione. Ma vi sono delle difficoltà obiettive che non possiamo superare. La deficienza dei cereali è insuperabile, e se non arriva il grano dall’estero Napoli non potrà essere approvvigionata.
Per Napoli inoltre v’è tutta una situazione speciale. Napoli possiede i molini e i pastifici più forti d’Europa, e accade che gli industriali, per poter tenere in attività i loro esercizi, pastificano con tanta lentezza che la produzione diviene inferiore a quella di altre città. Di qui deriva il ritardo nella distribuzione.
Una voce al centro. Questo non c’interessa.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Ma questo è il problema, e il ritardo così si spiega. Infatti se si accelera la produzione, vi sono diecimila operai che in breve rimangono senza lavoro, e allora le autorità locali procedono alle distribuzioni con lentezza, in modo da diminuire la disoccupazione.
Non bisogna pensare che il Governo voglia estraniarsi dai problemi della città di Napoli; il Governo ne è pienamente informato e fa quanto gli è possibile.
Il ritardo che si verifica nella distribuzione dei generi alimentari non è un fatto da attribuirsi al centro, ma deriva unicamente dalla situazione tutta speciale della città di Napoli. Per cui l’attenzione che il Governo deve portare alla città va intesa in senso generale, in tutti i settori, tanto in quello dell’alimentazione, quanto negli altri della ricostruzione edilizia ed industriale. E io posso assicurare che questa attenzione del Governo non manca.
JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Vorrei aggiungere qualche elemento di maggiore importanza a ciò che ha detto l’amico Sansone.
In punto di fatto: l’altro ieri sono partiti per Napoli 25 carri di grano dall’Emilia; ieri altri 25 dalle provincie viciniori; stasera alle 22 altri 50 carri di grano partiranno per Napoli. Domani partiranno 50 carri con 10.000 quintali di pasta e dopodomani 91 carri con riso. Credo che queste notizie possano tranquillizzare molto di più delle comunicazioni di Sansone e voglio sperare che questi dati certi e positivi saranno di piena soddisfazione degli onorevoli Mazza e Labriola. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Meda Luigi, Pajetta Gian Carlo, Morelli, Mariani, Alberganti, Targetti, Clerici, Lombardi Riccardo, Gasparotto, Scotti Francesco, Cavallotti, al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) e al Ministro dell’interno, «perché diano ragguagli sul criterio e sulle norme che regolano l’approvvigionamento della provincia e della città di Milano. I rifornimenti di grano in dette località non risultano effettuati con la dovuta regolarità; già da tempo in dati giorni della settimana la distribuzione del pane è stata sostituita con una assegnazione di farina gialla. Tale provvedimento, che rende ancor più penose le già critiche condizioni delle masse popolari, ha provocato a Monza reazioni che potrebbero essere origine anche di più gravi disordini. Gli interroganti chiedono pertanto che gli organi responsabili del Governo intervengano con prontezza ed energia perché la disciplina dell’alimentazione venga fatta rigidamente osservare in ogni provincia e in modo particolare in quelle che dispongono di notevoli scorte di cereali».
L’Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. È stata sempre viva preoccupazione dell’Alto Commissariato dell’alimentazione di provvedere tempestivamente alle assegnazioni di grano, di sfarinati e di riso per sopperire alle necessità della provincia e della città di Milano che hanno complessivamente un fabbisogno giornaliero di 8500 quintali di grano.
Essendo stati ammassati 450.000 quintali fra grano e granturco, l’importazione in provincia, nel secondo semestre 1946, è stata non inferiore ad un milione e mezzo di quintali.
È stata fino ad oggi impresa assai ardua il convogliamento verso la metropoli lombarda di tale ingente massa di cereali per assicurare la continuità della distribuzione delle razioni di pane e dei generi da minestra. Buona parte delle provincie cerealicole della Lombardia, del Piemonte, del Veneto e dell’Emilia hanno giornalmente avviato con tradotte e con colonne automobilistiche i quantitativi necessari di grano, granturco, farina, pasta e riso.
In particolare vorrei dire agli onorevoli interroganti che soltanto dal 1° novembre ad oggi, per l’approvvigionamento cerealicolo della provincia di Milano, oltre all’utilizzazione delle disponibilità locali, si sono mossi 32.000 quintali di grano dalle provincie di Mantova, Reggio Emilia, Modena e Forlì; 39.500 quintali di farina dalle provincie di Modena, Mantova, Verona, Cremona, Treviso e Forlì, oltre a 10.000 quintali di farina di importazione dall’estero; 10.000 quintali di pasta da Mantova; 24.000 quintali di granturco da Mantova e Pavia e 20.000 quintali di riso quale scorta per necessità di emergenza, oltre alla normale assegnazione del prodotto per il trimestre ottobre-dicembre.
Le disponibilità nazionali e il modesto apporto dei cereali dall’estero, non hanno permesso la costituzione di sufficienti scorte. Malgrado questo, la situazione di Milano, con le assegnazioni disposte fino ad oggi, presupponendo che esse abbiano attuazione integrale ed a tempo debito, assicurano la copertura fino a quasi la fine del mese, in modo da permettere il collegamento con gli arrivi preannunziati nel porto di Genova per la terza decade di dicembre.
Un più largo impiego di farina di polenta si è reso necessario in tutte le regioni settentrionali e centrali per aumentare l’utilizzazione di questo cereale nel periodo attuale. Questo, infatti, è per l’approvvigionamento nazionale, il momento più delicato, in quanto rappresenta il collegamento fra le ormai ridottissime disponibilità nazionali e l’inizio dei nostri acquisti di cereali sui mercati esteri che dovranno permetterci di giungere alla saldatura del prossimo raccolto. Si è cercato di attenuare gli inconvenienti derivanti da questa più intensa utilizzazione di grano turco con assegnazioni di riso ai centri più vicini alle riserie, poiché in tal modo sono stati resi più immediati i trasferimenti verso le provincie consumatrici.
Questa è la situazione di Milano, per il cui approvvigionamento non sono certo mancati le premure e gli sforzi da parte dell’Alto Commissariato per l’alimentazione.
I colleghi interroganti possono trarre la sicurezza che si è sempre fatto il possibile e si farà sempre il possibile per non far mancare il pane quotidiano alla laboriosa metropoli lombarda.
PRESIDENTE: L’onorevole Meda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MEDA. Ringrazio l’onorevole Allo Commissario per l’alimentazione per le cifre che ci ha comunicato, cifre che peraltro non hanno mai messo Milano in condizione di avere il pane e la farina di polenta indispensabili per la popolazione. Non voglio fare appunti agli uffici dell’Alto Commissariato dell’alimentazione; ho però l’impressione che tra le cifre dei libri e la realtà del grano che arriva a Milano, vi sia una certa differenza. Se le cifre fossero esatte, Milano non si troverebbe nella drammatica situazione di dovere da un giorno all’altro dubitare se possa o non possa dare il pane ai lavoratori. Questa è la realtà. Sarebbe pertanto opportuno che l’Alto Commissariato indagasse un po’ sui suoi organi centrali e periferici per vedere quale sia in realtà la situazione dell’approvvigionamento di Milano.
È stato detto che c’è la possibilità di arrivare alla fine del mese. Noi sappiamo invece che la situazione di Milano è tale che, fra tre o quattro giorni, non avremo la possibilità di distribuire il grano e la farina di polenta. Supplico quindi il Governo, a nome del comune, perché voglia intervenire con provvedimenti energici presso le provincie viciniori produttrici di grano.
È vero che ci si manda qualche cosa; ma troppo poco: le provincie si chiudono in se stesse; sono diventate delle piccole repubbliche; i prefetti non consentono che la farina venga nella provincia di Milano. Mi permetto ancora di chiedere che l’Alto Commissariato per l’alimentazione voglia stabilire una vigilanza rigorosa ed energica sui mulini, donde non tutto il grano esce come farina da distribuire alle masse dei lavoratori. Noi abbiamo già chiesto un’altra volta che tutti i mulini fossero controllati da Commissari del Commissariato dell’alimentazione. Si deve porre termine a questo sistema iugulatorio: il pane deve uscire integralmente dai mulini. Si prendano quindi provvedimenti energici.
E, giacché siamo in tema di alimentazione, vorrei che l’Alto Commissariato si interessasse anche dei caseifici, dei burrifici. Abbiamo grandi ditte di Milano che guadagnano milioni quotidianamente e lasciano invece mancare il latte per gli ammalati e per i bambini di Milano.
Questa è la situazione. Quindi intervento energico, drastico. Non si guardi in faccia a nessuno. Si guardi unicamente a quelle che sono le necessità di vita del popolo lavoratore di Milano. (Approvazioni).
ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Dalle interrogazioni degli onorevoli Sardiello, Mazza, Labriola, Meda ed altri si rileva che la Costituente non ha ancora un’idea molto approssimativa degli sforzi che l’Alto Commissariato dell’alimentazione ha fatto e fa per assicurare il pane e i generi di minestra a tutte le regioni, soprattutto a quelle deficitarie di cereali. Desidero cogliere l’occasione per richiamare l’attenzione di tutti gli onorevoli colleghi sulla situazione alimentare del Paese determinatasi in seguito alla sospensione degli approvvigionamenti che, non certo per colpa del Comitato generale e di quello nazionale dell’U.N.R.R.A., non sono stati fatti all’Italia nel secondo semestre del 1946. In questo momento a Washington si sta discutendo sulla assegnazione di grano al nostro Paese. Ma se questa assegnazione non sarà concessa nella misura da noi richiesta e se gli invii di grano non saranno tempestivi, certamente l’Italia si troverà in una stretta abbastanza difficile e critica.
L’Alto Commissariato dell’alimentazione ha messo in opera tutti i mezzi di trasporto, marittimi e terrestri, per cercare di coprire le deficienze. Ben 240 navi sono state messe a disposizione della alimentazione da parte del Ministero della marina mercantile, per cercare di venire tempestivamente incontro ai bisogni alimentari delle varie regioni. A diverse migliaia ammontano i vagoni che il Ministero dei trasporti ha messo a nostra disposizione. Il cattivo tempo ha rallentato il ritmo dei rifornimenti sia marittimi che terrestri.
Ognuno abbia la sensazione, e la Costituente sappia, che se notizie tranquillanti non dovessero venire su immediate partenze dall’America, probabilmente per un periodo, sia pur ristretto, dovremmo ricorrere disgraziatamente a diminuzioni del razionamento del pane. Speriamo che queste diminuzioni possano essere evitate, o limitate, se mai ad un breve tempo: ma ad ogni modo è bene che ciascuno conosca la situazione: se non saranno riconosciuti tempestivamente a Washington i più urgenti ed elementari bisogni del nostro popolo (e colgo questa occasione per esprimere il voto che gli Alleati accolgano le nostre richieste, che sono richieste minime, assolutamente necessarie) indubbiamente delle misure dovranno essere prese, sia pure temporaneamente,
Su questo terreno, occorre che da parte di tutti vi sia stretta collaborazione, collaborazione delle provincie produttrici ed anche di quelle non produttrici, le quali debbono sapere che uno sforzo costante, giornaliero, si esercita affinché le popolazioni abbiano quello che devono avere. Ma vi sono dei limiti imposti da una situazione che purtroppo si determina al di fuori di noi, perché il frumento ci viene concesso da altri sulla base delle allocazioni, ed ancora queste allocazioni non sono arrivate.
MAZZONI. Però fra quindici giorni a Milano tutti faranno il panettone! Aboliteli questi sconci. (Approvazioni).
SANSONE, Alto Commissario aggiunto per l’alimentazione. Fate arrestare i responsabili. Collaborate con noi!
ALDISIO, Alto Commissario ad interim per l’alimentazione. Le autorità locali hanno avuto ordine di prendere misure severissime in questi casi.
PRESIDENTE. Seguono tre interrogazioni sullo stesso argomento. La prima è degli onorevoli Di Fausto, Codacci Pisanelli, Zotta, Guidi Cingolani Angiola, De Palma, Corsanego, Orlando Camillo, Delli Castelli Filomena, Castelli Avolio, Martinelli, Leone Giovanni, Jacini, Dominedò, Fabriani, Bettiol, Moro, Froggio, Scalfaro, Ciccolongo, Tozzi Condivi, Monticelli, Cavalli, Vicentini, Merlin Umberto, Uberti, Medi Enrico, De Maria, Terranova, Caso, ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, «per sapere se, nei ripetuti episodi di aggressione e di provocazione di sacerdoti, non ravvisino lo sviluppo di una predisposta campagna anticlericale, sostenuta da una inqualificabile quanto vistosa stampa, dimentica delle tragiche vicende trascorse, e sorda, naturalmente, alle conclusioni che se ne sarebbero dovute trarre. A scongiurare deprecabili ulteriori scissure nella dolorante compagine nazionale, con la distruzione dei superstiti valori morali, l’interrogante chiede che la propaganda pornografica, la calunnia ed il vilipendio, che offendono il senso morale e religioso degli italiani, siano stroncati senza indugio con la integrale e vigile applicazione della legge, per tutelare, nelle supreme esigenze della Nazione, le particolari esigenze di Roma. Poiché, caduto il prestigio politico, non può in nessun modo essere compromesso, attraverso bestiali manifestazioni settarie, il più alto e vasto splendore che deriva a Roma in quanto capitale della Cristianità Universale».
La seconda degli onorevoli Medi, Ermini, La Pira, al Ministro dell’interno, «per sapere quali urgenti provvedimenti intenda prendere in relazione al vilipendio e alle gravi offese del sentimento cattolico del popolo italiano, arrecati, in violazione di precise norme di legge, da un settimanale, edito di recente in Roma; e come intenda provvedere perché oltraggi del genere non abbiano a ripetersi».
La terza degli onorevoli De Maria, Giordani, Zerbi, Colombo. Codacci Pisanelli, Motolese, Franceschini, Delli Castelli Filomena, Quarello, Monterisi, Caso, Marzarotto, Caccuri, Gabrieli, Leone Giovanni, Monticelli, Bellato, Moro, Corsanego, De Martino, Zotta, Germano, Geuna, Gotelli Angela, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se a carico della redazione e direzione del settimanale Il Mercante sia stato proceduto a norma dell’articolo 297 del Codice penale, che contempla le sanzioni per chi offende l’onore o il prestigio del capo di uno Stato estero».
L’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, ha facoltà di rispondere.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Governo deve francamente riconoscere che gli eccessi di certe pubblicazioni passano ogni limite del tollerabile.
Il nuovo regime, non avvalendosi più delle leggi restrittive che il fascismo aveva emanato nel 1923, 1924 e 1925, ha dimostrato coi fatti di voler ridare alla stampa la più ampia ed assoluta libertà, onde essa diventi efficace strumento di educazione civile e di controllo politico nella nuova democrazia sorta sulle rovine del fascismo e della guerra.
L’attuale Ministero è stato in particolar modo aperto alla concezione più liberale. Nessuna autorizzazione è stata negata alle nuove pubblicazioni quando non ricorressero avverso i richiedenti particolari eccezioni d’ordine morale o fossero politicamente pregiudicati.
Nella necessità, da tutti riconosciuta, di attuare nuove norme in sostituzione di quelle fasciste sulla stampa, il Governo ha provveduto alla nomina di una Commissione, composta di studiosi, nella quale sono autorevolmente rappresentati i giornalisti, gli scrittori e gli editori di tutta Italia e di ogni corrente di pensiero e di parte. Ad essa è stata affidata l’elaborazione di un progetto che si riserva sottoporre, appena sarà definitivamente approntato ed avrà potuto esaminarlo, alla discussione dell’Assemblea Costituente.
Nelle direttive tracciate alla Commissione il Governo ha indicato come strada maestra quella della maggiore libertà di stampa.
La Repubblica deve darsi e si darà al più presto, per volontà del Governo e col concorso di questa Assemblea, una legge che assicurerà la piena indipendenza, di opinione e di propaganda, e nello stesso tempo manterrà la dignità della professione, facendone un elemento fondamentale al progresso politico del nostro paese.
Purtroppo, e debbo riconoscerlo con vivo rammarico, se la grandissima maggioranza dei giornali, dirò meglio, la pressoché quasi totalità, ha dimostrato di apprezzare convenientemente la riconquistata libertà di discussione e di polemica e di usarne civilmente, alcuni ve ne sono stati e ve ne sono, i quali si sono dimostrati e vanno dimostrandosi non capaci e non meritevoli di usarne. È veramente deplorevole che alcuni di essi, abusando della generosità veramente liberale della Repubblica, cerchino rinnovare in mezzo a coscienze ingenue quasi il rimpianto del passato regime, sfruttando le difficoltà del momento presente che sono una conseguenza della dittatura e dei sistemi fascisti.
Inoltre parecchi editori hanno approfittato della libertà per organizzare la più turpe speculazione di stampa pornografica.
Mentre altri paesi, che in passato erano stati corrivi verso pubblicazioni offensive al buon costume, ripulivano, in questo dopo guerra, le tipografie e le edicole, l’Italia andava acquistando un tristo primato per la sfacciataggine di speculatori che fanno mercato della sanità morale e fisica delle nostre giovani generazioni. (Approvazioni).
Infine, quando meno potevasi attenderlo, è stato un improvviso divampare di pubblicazioni libellistiche contro la religione, la Chiesa ed i suoi Ministri, avverso le quali giustamente elevano le loro proteste gli onorevoli colleghi interroganti, anche per le conseguenze che questa violenta campagna di odio e di disprezzo sta provocando, dando luogo ad incidenti, i quali non possono non compromettere l’unità morale della Nazione, che mai come in questo momento deve essere difesa, onde il nostro popolo possa superare le tragiche difficoltà dell’ora.
Purtroppo, non ricorrendo alle leggi fasciste sulla stampa, il Governo è in gran parte disarmato contro questa degenerazione di licenza della libertà di stampa, degenerazione la quale non può che comprometterla nell’opinione pubblica, inducendo taluni a dubitare che il nostro popolo sia realmente maturo per quella moderna e piena concezione della libertà di cui noi siamo assertori e a cui vogliamo abituare il costume della nostra vita politica.
In realtà il decreto legislativo del 31 maggio 1946, n. 561, sul sequestro delle pubblicazioni, non consente il sequestro amministrativo se non nei casi di offesa al pudore e alla morale. Per tutti gli altri casi, per poter provvedere al sequestro, occorre una sentenza dell’autorità giudiziaria passata in giudicato.
La pubblica autorità può disporre solo il sequestro di tre copie per acquisire il corpo del reato.
Non v’è chi non veda come in base a questa legge il Governo non abbia possibilità di intervenire ed evitare che lo scandalo avvenga e che il danno, la diffamazione, la propaganda di odio possano aver corso anche in violazione alle leggi penali e dei trattati che lo Stato è impegnato ad osservare ed intende rispettare.
Dopo un lungo periodo di tolleranza, anche di fronte alla provocazione più sfacciata, il Governo è ricorso al decreto 26 aprile 1945, n. 149, che colpisce gli apologisti del passato regime, per cercare di contenere gli eccessi della stampa neofascista.
Sono stati sequestrati alcuni settimanali per contravvenzione alle norme sulla autorizzazione, sono stati denunciati alla Commissione del confino alcuni giornalisti ed altri sono stati diffidati in base a detto decreto.
Io non sono davvero entusiasta di ricorrere a limitazioni del diritto di opinione e voglio sinceramente augurarmi che il monito quale viene oggi da questo banco induca i giornalisti di queste tendenze a contenere e moderare la loro asperità faziosa. Però, anche ad impedire la reazione dell’opinione pubblica contro il risorgere di una mentalità e di concezioni politiche che hanno portato la Patria alla tirannide e alla catastrofe, avverto che il Governo è disposto a riesaminare, in base all’articolo 4 della legge 14 gennaio 1944, recentemente prorogata al 31 marzo del prossimo anno, le già concesse autorizzazioni per le pubblicazioni. Tale articolo contempla l’obbligo della richiesta di rinnovo trimestrale della pubblicazione stessa.
Avvalendosi della facoltà di sequestro contro la stampa pornografica i questori ed i prefetti hanno in questi ultimi mesi iniziato la lotta contro la speculazione sull’oscenità. Il Governo ha richiamato, nelle recenti riunioni dei prefetti, tenutesi a Roma, la loro attenzione su questo problema, invitandoli ad agire per stroncarla.
È da attendersi che ai provvedimenti amministrativi dei sequestri, faccia seguito una severa persecuzione dell’autorità giudiziaria. Alcune sentenze di condanna si sono avute in queste ultime settimane a Roma. La magistratura farà certamente il suo particolare dovere nel dar corso esemplarmente sollecito alle procedure. Un’assicurazione in proposito è stata in questi giorni data alla Presidenza del Consiglio dalla Procura generale della Corte di appello di Roma.
Sono convinto che tutte le parti politiche del paese concorderanno in questa opera di risanamento, in questa difesa della nostra gioventù contro i mercati volgari della pornografia che invano, anche essi, cercano appellarsi ai diritti della libertà di opinione e di stampa. (Applausi).
Veramente preoccupante, per chi ha a cuore la resurrezione della Patria nella concordia degli spiriti e nella difesa dei suoi superstiti valori morali, è il problema sollevato dall’improvvisa germinazione della stampa antireligiosa, avvenuta soprattutto a Roma.
Non voglio lanciare sospetti, né qui indagare chi finanzi, chi favorisca la diffusione di questi fogli. Certo è che non siamo di fronte ad una discussione su principî religiosi, filosofici, contrasti di opinione, che nessuno intende evitare nella piena libertà di pensiero.
Qui si tratta di una organizzata campagna di vilipendio della religione cattolica che è, vivaddio, la religione professata dalla grandissima maggioranza del nostro popolo! (Vivissimi applausi al centro e a destra).
Qui si tratta di una satanica campagna di diffamazione e di odio contro i sacerdoti indicati come nemici del popolo e come inquinati di tutte le turpitudini.
Qui ci si avvia, evidentemente, a creare una nuova divisione fra gli italiani attraverso una lotta volgare condotta contro i sentimenti più sacri.
Qui infine si ingiuria e si vilipende la persona del Sommo Pontefice, che i credenti hanno sacra e che lo Stato italiano è impegnato da un trattato, che fu e resta di pacificazione spirituale, a far rispettare, anche in considerazione del carattere particolare di questa città eterna che è sede del cattolicesimo e centro di pellegrinaggi internazionali. (Vivissimi applausi al centro e a destra – Si grida: Viva il Papa!)
È bensì vero che gli articoli del Codice penale provvedono a colpire i responsabili di tali offese; ma è anche vero che nel frattempo questa sfrenata campagna riesce a conseguire i suoi effetti nella fatale tardività della procedura giudiziaria. E le conseguenze purtroppo sono quelle che gli onorevoli interroganti hanno denunciato. Sacerdoti aggrediti e spogliati del loro saio come a Bologna; colpi di mitra contro i fedeli che uscivano da una Chiesa in un paese dell’Emilia; giovinastri che a Milano, indossando abiti sacerdotali, si recano in ritrovi notturni per recare scandalo, mentre altri, per aiutare la diffamazione contro il clero, tengono contegno immorale.
Infine qui in Roma alcuni di questi fogli sono affissi ai muri delle Chiese e persino tra gli avvisi sacri, con evidente intenzione di faziosità provocatoria ai sentimenti dei cittadini credenti. E, alla festa dell’Immacolata, giovinastri che lanciano bombe lagrimogene fra la folla di uomini, di donne e di fanciulli, raccolta per pia tradizione intorno alla statua dell’Immacolata. Contro queste conseguenze, fatali, anche ove non fossero predisposte e volute, della propaganda di vilipendio e di odio, non può non reagire la coscienza del nostro popolo e di quanti hanno a cuore la pace religiosa della Nazione.
In attesa che il Consiglio dei Ministri possa esaminare il progetto di legge, ormai completato dalla Commissione appositamente nominata, e questa Assemblea sia messa in grado di discutere ed approvare la nuova legge, la quale indubbiamente assicurerà la libertà di stampa, non solo contro ogni possibilità di ritorni reazionari, ma anche contro la possibilità della licenza, della diffamazione, della speculazione antireligiosa e pornografica, il Governo agirà, in caso di necessità, nello spirito delle leggi generali che presiedono al mantenimento dell’ordine pubblico.
La scorsa settimana gli incidenti cui ha dato luogo il lancio di un nuovo settimanale anticlericale, uscito a Roma coi tipi concessigli dall’Unione editrice sindacale italiana, hanno costretto il Ministro dell’interno a disporre il suo sequestro in base all’articolo 2 del testo unico della legge di pubblica sicurezza. Passi diplomatici sono stati fatti per denunciare le offese recate alla persona del Sommo Pontefice, alla religione, ai suoi sacerdoti che debbono essere tutelati a norma del Codice penale italiano, sì come il carattere speciale di Roma va particolarmente rispettato in base all’articolo 1 del trattato.
Dopo questo monito che oggi loro rivolgo, gli editori di detti giornali non avranno ragione di lamentarsi, ove continuassero nella loro trista intrapresa, se il Ministro dell’interno, visto il caso di necessità ed urgenza, farà adottare dal prefetto di Roma e dai prefetti delle altre provincie, i provvedimenti che crederà indispensabili nel pubblico interesse in base al testo unico della legge comunale e provinciale.
È veramente doloroso che il Governo della Repubblica, sorto nella rinascita della libertà della Patria, sia costretto a richiamare in tal modo alcuni pochi speculatori che attentano alla dignità e alla serietà del nostro giornalismo, al senso doveroso della disciplina. Ma sono convinto che solo in questo modo veramente si potrà difendere e assicurare alla nostra Nazione la libertà della stampa, nella quale, come vecchio giornalista, profondamente credo ed evitare che contro i nuovi istituti repubblicani si appuntino le critiche e le diffidenze di quanti non possono ammettere che le libertà civili degenerino in una indiscriminata licenza che offende i più sacri sentimenti di tutto un popolo civile. (Vivissimi, prolungati applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Marazza, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. Rispondo in particolare all’interrogazione dell’onorevole De Maria.
Il procuratore della Repubblica del Tribunale di Roma, subito interpellato, ha dichiarato che gli è pervenuta bensì una denunzia contro il settimanale II Mercante, ma per il reato di cui all’articolo 403 del Codice penale e cioè per il reato di offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di persona, non già per quello di cui all’articolo 297 del Codice penale, cioè per offesa all’onore dei Capi di Stato esteri.
Da parte sua, lo stesso procuratore della Repubblica di Roma non ha finora rappresentato al Ministero di grazia e giustizia l’ipotesi di un tale reato, per la richiesta del procedimento di cui all’articolo 313 del Codice penale, come in precedenza si è sempre praticato.
In ogni modo, stiano certi gli onorevoli interroganti che al Ministro non sfugge la grave importanza della questione e che ne farà attento oggetto delle sue massime cure.
PRESIDENTE. L’onorevole Di Fausto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
DI FAUSTO. Ringrazio il Presidente del Consiglio, Ministro dell’interno, per i chiarimenti e per gli ampi affidamenti dati circa la vigile ed integrale applicazione della legge da me invocata nei confronti della stampa oscena, criminologica ed anticlericale. Prendo atto delle assicurazioni ricevute, augurandomi che esse trovino, per il vigore dell’applicazione, pratica conferma nei fatti.
Per quanto è, peraltro, già avvenuto non posso non elevare alta e ferma protesta.
La campagna di vilipendio, di calunnia e di odio contro il clero – così benemerito nel campo della educazione ed in quello dell’assistenza civile svolta nelle tragiche vicende della guerra – non rifuggendo dal tentativo di colpire più alto, ha osato accennare anche al Supremo Pastore.
Come cattolico, come deputato di Roma e come artista, debbo ricordare con riconoscente commozione, in seno a questa solenne Assemblea, come il Pontefice, salvando Roma, capitale della cristianità universale, non ha soltanto sottratto una città alla distruzione ed al massacro, ma ha salvato il più singolare tesoro di storia di arte e di bellezza che i secoli abbiano donato all’umanità e che fanno della «Città delle città» la capitale spirituale del mondo. (Applausi al centro e a destra).
Di fronte alla immane rovina morale e materiale della nazione, ogni nostro atto risulterebbe impari al formidabile compito, ove esso non fosse soccorso dalle invincibili forze dello spirito.
Attentare a queste forze è insidiare e sabotare nel più profondo l’opera stessa della ricostruzione.
Ed un Governo, il quale non sentisse l’esigenza della difesa ad ogni costo e con ogni mezzo delle intangibili ragioni dello spirito, verrebbe meno al suo primo e fondamentale dovere.
Poiché è in gioco, con l’Italia, il destino dell’occidente e della sua civiltà antica, poiché è in gioco il destino stesso dell’uomo!
Nella dissociazione dei principî basilari di unità, di personalità, di autorità e di gerarchia cadono le strutture stesse della società (risultante del paziente misterioso sforzo costruttivo dei secoli), generandosi quel senso di inquietudine, di impotenza e di smarrimento a danno della resistenza e della ripresa, senso che pare dominare il mondo.
E poiché non si vede chi possa raccogliere tanta eccelsa ma terribile eredità di tradizione e di gloria, non voglio affacciare l’ipotesi che taluno osi qui pensare che l’incomparabile patrimonio dello spirito vada irrimediabilmente sommerso e perduto.
Ma la Chiesa di Cristo, incrollabile al vertice della verità rivelata, sta a riaffermare, attraverso i millenni e le lotte, la sua missione di affratellare gli uomini e l’amore del Dio vivente!
Al bianco Pastore Angelico che, unica e sola voce umana, ha dominato la bestiale bufera sanguigna (Rumori a sinistra – Interruzioni) che pare ancora sommergere il mondo ed oscurare le sue luci superstiti, all’impavido difensore della dignità e della libertà dell’uomo contro tutte le bieche tirannidi in armi (Rumori a sinistra), va la riconoscenza imperitura delle innumerevoli miserie soccorse, di tutte le speranze non spente; va la riconoscenza dell’umano pensiero che, nella libertà ripetutamente attestata dall’alta non sopprimibile parola, trasse e trae le ansie della certa redenzione in Cristo! (Vivissimi applausi al centro e a destra).
A tale certezza, malgrado tutto, noi, al di sopra delle discordie che tuttora alimentano il veleno della guerra e della disfatta, vogliamo attingere un fervido incitamento alla concordia, alla carità ed all’amore fraterno. Perché il comune dolore sofferto non sia stato inutile e vano, ma sia finalmente, come deve essere, fecondo di speranza e di pace, per la dolorante divina patria nostra e pel mondo. (Vivi applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. L’onorevole Medi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MEDI. In mezzo alle materiali rovine che preoccupano ciascuno di noi, nella visione di case distrutte, chiese devastate, industrie sconvolte dalla guerra, dobbiamo soffermarci sopra una più vasta rovina che si è abbattuta sul cammino della civiltà: il crollo del senso morale della vita.
È il soffocamento della spiritualità terrorizzata dall’invasione della materialità. È lo spirito che deve muovere la materia e generare la storia (Rumori a sinistra – Applausi al centro), non la materia che imprigiona lo spirito e ne spezza l’ascesa. Le leggi fissate solo sulla carta con la carta si stracciano, le leggi scolpite nei cuori con i cuori vivono. La riedificazione quindi della nostra vita sociale deve procedere non tanto per l’imposizione dal di fuori di regolamenti e disposizioni più o meno vincolanti l’uomo, quanto da un’azione interiore che lo trasforma, perfeziona, vivifica. Questo apostolato che opera uomo per uomo, pensiero per pensiero, cuore per cuore, affinché nella libera e cosciente adesione illuminata da superiori verità, gli uomini insieme armonicamente fratelli si intendano, questo apostolato è democrazia.
In essa non esistono avversari che si vincono eliminandoli, ma fratelli che si convincono illuminandoli. È uno sforzo che consuma noi stessi, perché altri più degni di noi delle idee altissime che difendiamo prendano questa bandiera e la sollevino ancora.
Quale idea di più splendente fulgore filosofico teologico scientifico umano che nella intima persuasione e dedizione porta l’uomo alle vette più eccelse della perfezione spirituale in vista di eterne mete dell’idea cristiana?
È quindi dovere di noi, rappresentanti del popolo, alzare una diga contro il dilagare della immoralità nel pensiero e nel costume, e contare come tradimento ogni azione palese o nascosta che tenda a degradare la dignità del popolo italiano.
Quale delitto vanno commettendo coloro che vogliono demolire con basse e vili calunnie la fede cattolica, che di questa gente ha fatto uno dei popoli che più illuminano e guidano la civiltà nella libertà. (Interruzioni – Rumori all’estrema sinistra).
La libertà significa testimonianza di verità, non sfrenamento della menzogna che uccide la libertà nell’ansia della paura. Chi scrive accusando deve provare, se è leale e onesto, la sua accusa. Il giornalista è uomo d’onore. Non è lecito accusare alcuna classe di cittadini (avvocati, medici, professori, lavoratori, ecc.) e coprirla di fango. Perché dovrebbe essere permesso ciò verso ministri del culto, che nell’eroismo del sacrificio portano l’uomo, attraverso il travaglio terreno, sulle vie dell’eterno?
Questo è contro ogni legge civile e morale, contro la dignità umana; il sentimento cristiano del nostro popolo è offeso, questo popolo che della sua invincibile cattolicità fa fondamento della sua vita e delle sue speranze. Vincere la battaglia dello spirito è dare all’Italia una vittoria sopra tutte le vittorie. Da questa Assemblea sale un giuramento dinanzi a Dio, per la grandezza della Patria, di salvare in lealtà e coscienza l’onore e la fede cristiana del popolo italiano. (Vivi applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. L’onorevole De Maria ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
DE MARIA. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario di Stato per le dichiarazioni fatte.
Devo ricordare che l’articolo 297 del Codice penale dice: «Chiunque nel territorio dello Stato offende l’onore o il prestigio del Capo di uno Stato estero è punito con la reclusione da uno a tre anni».
L’articolo 1 del Concordato sancisce: «In considerazione del carattere sacro della città eterna, la sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico, e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere».
Il giornale II Mercante, contro cui abbiamo chiesto l’applicazione del citato articolo del Codice penale, ed altri, come il Don Basilio, il Pollo, e a quanto ci consta, un quarto sarà pubblicato tra poco, contengono tutto un cumulo d’insulti, di vilipendi, di calunnie contro l’augusta persona del Sommo Pontefice, Capo dello Stato della Città del Vaticano. Non è fuori luogo elevare una voce di protesta in quest’aula del Parlamento italiano contro tutta questa stampa anticlericale che oggi pullula nella nostra Patria, ed attraverso gli insulti e la diffamazione contro la Chiesa, i suoi Ministri, il suo Capo, oltraggia il popolo italiano nel suo sentimento più intimo e sacro, il sentimento religioso. In quest’aula non dobbiamo pensare soltanto ai problemi economici e finanziari; dobbiamo soprattutto tutelare gl’interessi morali e spirituali del nostro popolo. Oggi si vuole ledere l’unità spirituale della nostra gente e si vuole togliere l’unica ricchezza che ancora le rimane in mezzo a tanta miseria: quella dei valori dello spirito. Oggi si vuole scindere quella unione di anime che fu cementata dal sangue dei nostri eroici sacerdoti morti nella lotta partigiana. In nome loro rivendichiamo l’onore ed il valore del clero italiano. (Applausi). Noi vogliamo la libertà religiosa per tutti gl’italiani, ma abbiamo il diritto di chiedere al Governo, in nome dell’immensa maggioranza dei cattolici che formano la quasi totalità del nostro popolo, che sia rispettata la loro fede, che siano prese severe misure di legge contro chi si permette di profanarla.
Per citare qualche dato di fatto, ci consta che, se siamo stati bene informati, risulta essere proprietario e finanziatore del Don Basilio il signor Primo Parrini, presidente dell’Unione Editori Giornali e delle Messaggerie romane, già amministratore dell’Avanti!, il che forse spiega perché in tempi di carenza di carta non ne manchi per determinate pubblicazioni ! Ed uno dei collaboratori dello stesso giornale (Don Basilio), il signor Scattolini Vittorio, autore di romanzi pornografici della collana «Pitigrilli», collaboratore per un certo tempo dell’Osservatore Romano per la pagina cinematografica (Commenti), anche compreso nelle liste dell’Ovra. Molti di questi stessi anticlericali di oggi conobbero ieri la carità del Sommo Pontefice. Essi cercano oggi di demolire l’asilo che ieri li salvò dalle persecuzioni nazi-fasciste. (Applausi).
Eppure, se Roma tutta è salva dalle rovine della guerra, se i suoi tesori di arte e di gloria sono intatti, ciò si deve soltanto all’opera personale di Pio XII. E mentre da tutto il mondo, uomini di qualunque fede religiosa e politica riconoscono nel Papa la più alta autorità spirituale e guardano a Roma come alla Capitale del mondo, perché detiene il primato dello spirito, dobbiamo assistere al triste spettacolo di una minoranza faziosa che in questa stessa città getta fango sulla persona del Pontefice e discredita l’Italia!
Contro questi rinnegati che offendono la civiltà e sono colpevoli di lesa nazione, torniamo a chiedere energici provvedimenti di legge. (Vivi applausi al centro e a destra).
Svolgimento di interpellanze.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Svolgimento di interpellanze. La prima è quella degli onorevoli Silipo e Musolino, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinello) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».
La seconda è quella dell’onorevole Caroleo, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, e ai Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, «per conoscere se il Governo abbia avuto piena notizia della preoccupante situazione determinatasi da qualche settimana in Calabria, e particolarmente nella provincia di Catanzaro, dove si sono invase e si vanno alla giornata invadendo estese zone di terre coltivate e avviatissime aziende, ad opera di numerosi gruppi di contadini con minacce e violenze contro persone e cose, tra l’indifferenza o l’impotenza delle autorità costituite. Si chiede altresì di sapere quali misure siano stato adottate od intenda di attuare il Governo per il più rapido ristabilimento dell’ordine, non tanto in ossequio alla legge e al diritto privato, quanto in difesa del tranquillo lavoro e della pacifica convivenza di quelle pazienti e generose popolazioni, abbandonate a se stesse, e in difesa anche della continuità della produzione agricola, a cui è interessata, oggi più che mai, l’intera Nazione. Dovrebbe darsi preferenza a provvedimenti rivolti a superare o almeno ad attenuare i disagi e le sperequazioni nel campo economico, altra volta dall’interpellante segnalati in questa Assemblea e manifestatisi ora come la principale causa dei sopravvenuti disordini e dell’instaurato deprecabile sistema di «ragion fattasi».
Poiché le due interpellanze riguardano argomenti identici e strettamente connessi, possono venire svolte contemporaneamente.
Se non vi sono osservazioni in contrario, rimane così stabilito.
Ha facoltà di parlare d’onorevole Silipo.
Presidenza del Vicepresidente TUPINI
SILIPO. Onorevoli colleghi, non avrei certamente insistito ieri affinché la mia interpellanza fosse discussa nella presente sessione parlamentare, se la natura dei fatti, che mi accingo a citare, non fosse di una gravità tale da non permettere ulteriori dilazioni. Ringrazio l’onorevole Presidente del Consiglio di essersi reso conto di quanto io asserivo ieri e di aver permesso che la discussione si tenesse oggi.
Per comprendere bene la situazione, che si è creata in Calabria e specialmente nella provincia di Catanzaro in seguito all’applicazione dei decreti Segni, non bisogna perdere di vista il problema generale: il problema della terra, problema millenario che ha creato una particolare psicologia nella massa dei nostri braccianti agricoli.
In ogni tempo si è parlato della necessità di una riforma agraria, specialmente dopo gravi rivolgimenti sociali e politici; in ogni tempo si è parlato della necessità di elevare lo stato economico, spirituale, intellettuale dei nostri contadini; ma sono state sempre discussioni da salotto: nella realtà il bracciante è rimasto sempre povero, analfabeta, oppresso! Il passato sopravvive tuttora, anche nella denominazione medioevale dei terreni: da noi molti di questi portano ancora il nome di «feudo» o di «marchesato». Tipico il Marchesato di Crotone, dove predomina il latifondo, la piaga sociale dell’Italia meridionale. E sopravvivessero del passato soltanto i nomi! Il fatto è che ne sopravvive anche la concezione!
Nella sola Italia meridionale esistono oltre dieci milioni e mezzo di tomolate di latifondo: immense estensioni di terreno, senza alberi, senza case coloniche, senza stalle, senza una goccia d’acqua; in questa specie di lande desolate esistono soltanto le riserve di caccia ed il tutto è oggetto di sfruttamento da parte dei proprietari, che sono assenti, lontani dalla terra, di cui ignorano la funzione sociale. Latifondo: miseria enorme dei più di fronte ad enormi ricchezze di pochi. Ecco in particolare la Calabria: latifondo e i mali del latifondo: malaria, tubercolosi e tracoma, le malattie della miseria.
A completare la visione panoramica della regione è necessario aggiungere che vi sono moltissime terre demaniali, gran parte delle quali è stata illegittimamente usurpata con l’infausta legge sugli usi civici.
I secoli sono passati e nulla di sostanziale si è fatto.
Oggi, come nel passato, il bracciante agricolo calabrese, col suo fagotto di cenci sotto il braccio, cerca lavoro e non lo trova; oggi, come nel passato, le sue condizioni intellettuali, spirituali ed economiche sono ad un livello bassissimo e richiamano i tempi dei Borboni ed anche quelli anteriori.
Orbene: durante l’ultima guerra, che, come tutte le guerre, fu sostenuta essenzialmente, per non dire esclusivamente, dalle masse dei proletari e dei contadini, a questi furono fatte tante promesse. Fu promessa loro la terra, fu assicurato loro il lavoro ed un tenore umano di vita; ma quando ritornarono, se pur ritornarono e ritrovarono intatti i loro focolari domestici, intatto l’onore delle loro famiglie, invano chiesero la terra, il diritto al lavoro.
Vennero i decreti Gullo. Sul modo come questi furono applicati ci sarebbe molto da dire; ma è noto a tutti che da parte dei proprietari vi fu una sistematica opera di sabotaggio; è noto a tutti che una volta il presidente di una Commissione dovette minacciare i proprietari di farli tradurre con l’arma dei carabinieri, per ottenere che si presentassero; è noto a tutti che vi sono delle terre incolte ancora in contestazione dai primi mesi del 1945.
I nostri contadini hanno fame di terra, e intanto si sono sempre trovati di fronte ad una procedura dilazionatrice. Alle sedute delle Commissioni il proprietario la prima volta non veniva (e perciò l’esame del problema era rinviato); la seconda volta si presentava, ma non aveva tutti i documenti necessari; qualche volta presentava anche dei documenti falsi per dimostrare l’esistenza di numerosi armenti ed assicurarsi così il mantenimento delle terre a pascolo.
Rinvii, quindi, su rinvii. Questo ostruzionismo dei proprietari, del resto, non è nuovo nella storia d’Italia, perché avveniva lo stesso ai tempi della antichissima Repubblica Romana, quando i signori patrizi accettavano le leggi agrarie e poi le sabotavano con lo stesso sistema odierno.
Per tutto questo nell’animo dei nostri contadini sono subentrate la sfiducia, la depressione: si è creata in essi la convinzione che oggi, come allora, i loro legittimi desideri sarebbero stati frustrati.
E vennero i decreti Segni, lodevolissimi, come quelli Gullo; ma, ad ostacolarne l’applicazione, gli agrari del luogo ricorsero allo stesso sistema, allo stesso sabotaggio. Per essi non esisteva nemmeno un pezzo di terra incolto; per essi non esisteva nemmeno un palmo di terra da concedere a questi contadini; per essi esistevano soltanto terreni coltivatissimi ed avviatissime aziende. A prescindere dalla considerazione che il parlare di terreni coltivatissimi e di avviatissime aziende in una regione dove domina il latifondo, può essere soltanto il frutto di una fantasia molto fervida, per non dire malata, anche se fosse stato così, i braccianti agricoli avrebbero avuto pur diritto di lavorare queste terre.
Dato ora l’ambiente, dato lo stato psicologico delle nostre masse agricole, è evidente che ogni ulteriore indugio doveva essere considerato come un’irrisione, come un voler rimandare ancora per un anno la soluzione del problema, tanto più che, sebbene le Commissioni avessero incominciato a funzionare con uno spirito nuovo, pur tuttavia non tutte funzionarono con rapidità e spirito di comprensione e in alcune l’ingerenza disonesta degli agrari ebbe successo. Fu allora che si giunse all’occupazione pacifica delle terre. Desidererei sapere quale avviatissima azienda, quali terreni coltivatissimi siano stati invasi od occupati dalle nostre parti, nell’intera provincia: non basta mantenersi sulle generali; bisogna fare i nomi: i nomi sono quelli che contano.
BELLAVISTA. Li faremo.
SILIPO. Voi parlate sempre al futuro, promettete sempre tante cose. Così vi togliete d’imbarazzo nel presente. Quale è stato il contegno della forza pubblica in molti comuni? È stato questo: in molti comuni – nell’interpellanza ho citato alcuni nomi – si procedette ad arresti inconsulti di poveri contadini.
CAPUA. Che sequestravano nelle loro case poveri proprietari, come a Crotone.
SILIPO. Parleremo anche di questo e dei «poveri» proprietari.
CAPUA. Li sequestravano a mano armata.
SILIPO. Si vede dal numero delle armi sequestrate agli arrestati: nemmeno una! A chi dicesse poi che ad essere arrestati erano calzolai o barbieri, invece che contadini, io rispondo che bisogna essere in mala fede o ignorare completamente la vita dei comuni rurali per credere che un individuo possa vivere del solo mestiere di barbiere o calzolaio, o falegname, o sarto. Nel comune rurale c’è un’attività plurima: nessuno può vivere esercitando un solo mestiere; tutti sono contadini e tutti dalla terra traggono i mezzi principali di sussistenza: gli altri mestieri sono esercitati saltuariamente. Che, del resto, si sia trattato, con questi arresti, di un’azione intimidatrice e sabotatrice, fatta soltanto in determinati comuni, ad opera di determinati organi della forza pubblica, risulta dal fatto che non ci si limitava al solo fermo, ma si facevano denunzie all’autorità giudiziaria, appunto per sottrarre per molto tempo i prevenuti dalla circolazione e per fare così penetrare un senso di sfiducia e di scoramento nell’animo dei contadini.
Onorevoli colleghi, che le imputazioni loro fatte non corrispondessero alla realtà – parola pomposa: istigazione a delinquere – risulta dal fatto che dopo 15 o 20 giorni di permanenza nelle carceri giudiziarie di Catanzaro, che si possono paragonare – e chi le ha visitate, ne può far fede – ad una vera «Casa dei morti», essi vennero liberati, alcuni anzi in guardina furono bastonati (Belvedere Spinello).
È evidente, o colleghi, che il motivo dell’arresto era quello da me citato. E come si spiega, d’altra parte, che, mentre nei riguardi dei contadini si procedeva in un modo così rigoroso nell’applicazione letterale del decreto, non penetrando affatto nello spirito che informò il legislatore nell’emanarlo, nulla si fece, allorché a Stromboli, su di un terreno legalmente concesso ad una cooperativa agricola e sul quale già i cooperativisti avevano seminato, i proprietari, con la solita tracotanza del tempo passato, osarono mandare i loro animali per distruggere le semine, commettendo un delitto contro la società, un tradimento contro la Patria, specialmente in questi momenti gravi?
E giacché mi si è interrotto per ricordarmi Crotone, ebbene, dirò anche io qualche cosa di Crotone. In verità non riguarderebbe l’argomento; ma, siccome è stata fatta una insinuazione, è bene che si risponda. Crotone è l’unico centro industriale della nostra regione; è una cittadina di 27 mila abitanti, con industrie, come la Montecatini e la Pertusola, con lavori portuali, ecc. È un centro industriale in mezzo al latifondo desolato: centro di grossi latifondisti e di grossi agrari. Questa cittadina ha ben 2000 disoccupati. Si badi che questa cifra comprende soltanto quelli che figurano iscritti negli uffici del lavoro; ma, se si pensa che da noi sono moltissimi quelli che non sono iscritti a questi uffici, si comprenderà facilmente come il numero dei disoccupati sia molto al di sopra di duemila.
Dicevo, dunque, in questa Crotone, dove le forze della reazione non avevano permesso, prima delle elezioni amministrative, che si formasse una giunta comunale, in questa città, dove era rimasto un Commissario prefettizio fino al giorno delle elezioni – soltanto in questo giorno il popolo di Crotone poté rispondere e mandare al municipio la sua amministrazione democratica – contro il Consiglio comunale si scagliarono le ire dei grossi agrari, dei grandi latifondisti, che sabotarono l’opera della nuova amministrazione in tutti i sensi. Si pensava, per esempio, di arrivare ad una specie di compromesso per le costruzioni delle case popolari, dato che vi sono ancora 500 famiglie – in una città di 27 mila abitanti – che non hanno una casa: non si poté far nulla. In questa città che vive in mezzo alla grande produzione agricola e a quella connessa con l’agricoltura, il costo della carne fu elevato a 400 lire, mentre nel capoluogo della provincia, Catanzaro, la carne si vendeva a 280 lire! Era evidente lo scopo dei grossi agrari e dei grossi latifondisti: eliminare l’amministrazione comunale, allontanare in una maniera perfettamente demagogica (la demagogia non si fa soltanto con le parole, ma soprattutto con i fatti) la massa dalla sua amministrazione, separarla cioè da quegli uomini che aveva liberamente eletto contro la loro volontà, da quegli uomini che si erano fatto unico scopo della loro vita il miglioramento del proletariato.
Lotta aspra e difficile, che seguiva due altre lotte parimenti aspre e difficili: quella per le elezioni amministrative e quella per le elezioni politiche. Fu questa così dura, che, dopo il trionfo della Repubblica, l’onorevole Ministro della guerra dovette prendere dei provvedimenti contro alcuni ufficiali dell’arma dei carabinieri, i quali, manifestamente, invece di dare esempio di quella imparzialità che avrebbero dovuto mantenere, si erano asserviti ad alcune liste e avevano fatto propaganda monarchica. (Rumori a destra). La fecero in una maniera così sleale che il Ministro, si capisce, dovette prendere provvedimenti. Ecco come si svolse la lotta dalle nostre parti; ecco qual è la situazione di Crotone.
E giungiamo ai fatti del 30 settembre: grande disoccupazione (oltre 2 mila persone), aumento impensato e ingiustificato dei viveri. In tempi duri è noto che il costo della vita è molto superiore all’aumento reale dei salari. Ebbene, è umano, è comprensibile che in questo stato di cose una classe di lavoratori protesti e si agiti per ottenere giustizia.
Una folla di oltre settemila persone andò a manifestare sotto il Municipio, chiedendo la riduzione del prezzo della carne, del prezzo del formaggio, che a Crotone, luogo di produzione, era stato aumentato di 250 lire sul prezzo corrente in altri luoghi; insomma del prezzo dei generi non tesserati.
Ebbene, a questa folla manifestante e chiedente sollievo nelle sue miserie – non sappiamo con quali intenzioni; non vogliamo entrare nelle intenzioni, con le quali fu pronunziata la frase – il commissario di pubblica sicurezza di Crotone disse: «Noi per l’aumento dei generi alimentari non abbiamo nulla da fare; rivolgetevi ai proprietari».
Qualche proprietario si reca spontaneamente al municipio; qualche altro, invece, memore della supremazia feudale, si fa trovare a casa con la cartuccera e col fucile spianato; ma, in ogni caso, tutti si recano al municipio. Ed io desidero sapere se fu loro torto un capello o tirato qualche schiaffo, per potere giustificare l’accusa di sequestro di persona, a scopo di estorsione, onorevoli colleghi!
La sera, mentre si discuteva nella sala del municipio, quando già i proprietari avevano detto di rinunziare ad ogni aumento, arrivano le autoblinde, le quali (l’ordine era stato dato evidentemente da un’autorità superiore) seminano il terrore; si effettuano degli arresti, e, laddove non si trovano uomini, vengono arrestate le donne, (fra le altre, una madre di 9 figli). Furono arrestati circa 60 persone. Questo stato di terrore a Crotone fu mantenuto per tre giorni col coprifuoco.
I sessanta arrestati – ed una trentina si era sottratta all’arresto, dandosi alla latitanza – vennero deferiti all’autorità giudiziaria, sotto l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione!
L’accusa non poteva reggere, tanto è vero che dopo due mesi incominciarono le libertà provvisorie. Io non sono giurista, né avvocato; ma si comprende benissimo il significato delle cose. Si era ricorso a quella imputazione gravissima, onde impedire una immediata escarcerazione. Lo scopo fu raggiunto, giacché, ripeto, soltanto dopo due mesi che gli arrestati languivano nelle carceri giudiziarie di Catanzaro, una parte fu messa in libertà provvisoria e il resto è ancora in attesa. La magistratura si rese conto, una volta tanto, che il capo d’accusa non reggeva, che c’era qualcosa che non andava.
Sono questi i fatti di Crotone. Ma chiudiamo la parentesi di Crotone e ritorniamo all’argomento per conchiudere.
Diceva ieri un onorevole collega, parlando del modo come si rende giustizia, a seconda che si tratti di un povero o di un ricco, che iniquamente, talvolta, si usano due pesi e due misure. Ebbene è legale, dico io, che si arrestino i contadini e che si lascino liberi ed impuniti coloro che distruggono il lavoro dei contadini?
Sono evidenti le conseguenze di questo sistema, sono evidenti i motivi di questo sistema: da una parte si cerca di demoralizzare la massa; dall’altra si fa penetrare nell’animo dei baroni della terra la convinzione che possono fare tutto quello che vogliono, senza pericolo, come se godessero di una immunità unica e particolare.
Non si spiega diversamente; ma questo stato di cose può creare una mentalità tale da condurre all’eccesso. Per questa convinzione, non sempre infondata, a Calabritata, il 30 novembre scorso venne uccisa una donna, una contadina: Giuditta Levato in Scumace. L’autore dell’omicidio si recò sul luogo con un berretto pieno di cartucce e col fucile carico. Certo è che costui doveva credere che sarebbe rimasto impunito. Si trattava di una madre di due ragazzi – un terzo alimentava nel seno – che venne colpita a morte nel ventre! Nessuno mette in dubbio la qualità di lavoratrice di questa donna. Basta pensare che il cappellano dell’ospedale che andò a confessarla, credendo che avesse le mani sporche, disse alla suora: «Voi non avete lavato le mani a questa donna!» ma la suora rispose: «Le mani sono state lavate». Quella che sembrava sporcizia altro non era che la santa stigmata del lavoro, perché quella donna si era curvata per anni sui campi per dare il pane ai propri figli; per anni aveva bagnato la terra col sudore della sua fronte: la terra bevve il suo sangue. Si trattava anche in questo caso di un terreno già concesso.
In vista di questo stato di cose che si è creato nella nostra regione, ho rivolto l’interpellanza all’onorevole Presidente del Consiglio, chiedendo di sapere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia che si comportano in una maniera così partigiana, perché è necessario che si sappia se il primo Governo della Repubblica italiana sia il Governo dei lavoratori oppure il Governo di coloro che hanno condotto l’Italia alla rovina. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.
CAROLEO. Onorevoli colleghi, non intendo polemizzare con l’onorevole Silipo, il quale ha creduto, in qualche parte del suo discorso, di porsi in antagonismo con la mia persona e con alcune proposizioni della mia interpellanza.
SILIPO. Ma nemmeno per sogno!
CAROLEO. …interpellanza che intervenne allorquando, nella provincia di Catanzaro, tutti i contadini si erano agitati per l’applicazione della nuova legge per le terre incolte.
Non voglio polemizzare, perché non posso abusare della pazienza degli onorevoli colleghi, e anche perché, in sostanza, l’onorevole Silipo ed io siamo sullo stesso piano e, forse per vie non perfettamente uguali, perseguiamo la stessa mèta, perseguiamo l’identico scopo, che è quello soltanto di restituire alla nostra povera Calabria, alla nostra abbandonata Calabria, la tranquillità del lavoro, la pace di quei campi, che, fino a qualche mese addietro, non davano molestia ad alcuno. Solo che, mentre l’onorevole Silipo invoca provvedimenti e sanzioni contro questo o quell’organo, contro questa o quella persona, io insisto nel chiedere al Governo provvedimenti urgenti per la nostra Calabria, provvedimenti urgenti di Governo, come quelli, che fin dal luglio scorso avevo avuto l’onore di segnalare al Presidente del Consiglio e che coincidono perfettamente con grande parte del programma esposto dall’altro onorevole interpellante.
I provvedimenti, che chiedevo fin dal luglio, erano quelli di una onesta perequazione economica tra le nostre popolazioni, perché c’erano ricchi, che continuavano ad accumulare denaro senza limiti, e poveri – la grande massa, costituita da contadini, impiegati e pensionati – che non riuscivano a superare il disagio della giornata; e chiedevo che questa perequazione si attuasse principalmente (onorevole Silipo, dovreste ricordarlo perché foste tra quelli che plaudirono alle mie franche e sincere dichiarazioni) attraverso una revisione totale delle affittanze agrarie. C’erano affitti, che rimontavano a molti anni avanti, e che dovevano essere riveduti a favore dei proprietari; ma c’erano affitti ai quali bisognava imporre un limite, dopo che una improvvida legge – il decreto di sblocco delle locazioni di fondi rustici – aveva messo i proprietari terrieri, soprattutto del Crotonese, in condizione di poter senza misura elevare i canoni annuali. E chiedevo anche che si garantisse il lavoro ai contadini di Calabria. Non abbiamo grandi industrie nella nostra regione: solo i due o tre stabilimenti che l’onorevole Silipo ha nominati. I nostri lavoratori sono una grande massa di contadini e, cosi come attraverso il blocco dei licenziamenti si provvede a favore degli operai dell’industria del Centro e del Nord, dicevo fin dal luglio scorso, alla stessa maniera si doveva provvedere per il blocco dei licenziamenti a favore delle categorie agricole del Mezzogiorno, le quali invece erano state messe allo sbaraglio dei proprietari e della loro avidità mercé lo svincolo delle locazioni. Con eccezione soltanto per i piccoli coltivatori, che per altro da noi risultano in numero limitato, in quanto non esistono molte terre appoderate. Da noi vi sono estensioni di terreno, come diceva l’altro interpellante, per migliaia di ettari senza una casa, senza una goccia d’acqua, e i nostri coltivatori, nella grande maggioranza, sono, per necessità ambientali, grossi coltivatori e per essi la legge ordinò Il sfratto, dopo decenni di sudato lavoro.
Al proposito, in quello stesso luglio in cui presentavo l’interpellanza, ebbi l’onore di conferire con il Sottosegretario di Stato all’agricoltura; gli presentai anche un pro-memoria in questo senso e quel pro-memoria non significava certo tenerezza, onorevole Silipo, per i signori proprietari di Crotone. Ma i provvedimenti non vennero, così com’era da attendersi, ed in loro vece immediatamente ci trovammo di fronte alla quadruplicazione del prezzo del grano (per i signori proprietari) ed alla riduzione, da metà ad un terzo, del sussidio di coltivazione per i lavoratori della terra. E più tardi ci siamo trovati di fronte all’inatteso inasprimento dei prezzi dell’olio. Bisogna decidersi a comprimere le rendite ed a limitarle, se si vuole veramente arrivare ad una compressione dei prezzi; bisogna fermarsi ai costi e nel costo, dicevo ancora nel luglio scorso, incide principalmente il corrispettivo della terra. E dicevo anche che i prezzi devono essere ridotti, e taluni generi di produzione locale vincolati a favore, almeno, delle classi non abbienti dei nostri paesi, dove, ad esempio, i fichi secchi si pagano più che a Roma e le castagne secche, che cadono dal cielo per grazia divina senza nessun concorso di spese da parte del proprietario, si vendono a prezzi esosi e, poiché le nostre popolazioni non sono in grado di comprarle, trovano la via dei mercati più remunerativi.
Ma, oltre all’aumento del prezzo del grano e dell’olio, ci è stato regalato il nuovo decreto per le cosiddette terre incolte del settembre 1946. Io sono stato sempre un fervido sostenitore delle esigenze di lavoro dei nostri contadini, e, più che dell’esistenza di un vero e proprio problema di latifondo, mi sono sempre preoccupato dell’iniqua distribuzione del lavoro agricolo in Calabria e sono stato tra i più tenaci sostenitori dei decreti del nostro Ministro conterraneo, fra cui principalmente quello del 19 ottobre 1944.
E quel decreto, per la verità, poneva le cose in maniera che, applicandosi nella nostra Calabria, non ci saremmo mai potuti trovare di fronte ad agitazioni ed a sommosse di qualsiasi natura. L’articolo 1 di quel decreto, mentre stabiliva la possibilità di concessione di terre a contadini costituiti in cooperative ed in altri enti, soggiungeva: «che risultino non coltivati o insufficientemente coltivati, in relazione alla loro qualità, alle condizioni agricole del luogo e alle esigenze colturali dell’azienda».
E soggiungeva ancora, con la separazione di una semplice virgola: «in relazione con le necessità della produzione agricola nazionale».
Sapeva, doveva sapere il Ministro Gullo che in Calabria abbiamo, per nostra disgrazia e per un complesso di ragioni che per la verità non sono tutte addebitabili ai signori proprietari, una economia agricola arretrata, arretratissima: mancanza di opere di bonifica e di irrigazione (la Calabria è stato sempre un territorio abbandonato da tutti i Governi), mancanza di mezzi meccanici, mancanza di tutto. E quindi provvidamente la legge dell’ottobre 1944 si richiamava ad una incoltura totale o parziale in relazione alle qualità dei nostri terreni, di cui parecchi sono impraticabili; e il nostro contadino terre incolte ne ha lasciate poche in Calabria, perché, dove ha potuto, si è inerpicato sulle rupi per piantarvi la vite.
E poi, al di sopra di tutte queste esigenze, «la necessità della produzione agricola nazionale» che, separata dal resto della dizione con una virgola, sta a significare: al di sopra di tutto, la produzione agricola nazionale.
Che cosa ci è stato dato in Calabria dal nuovo decreto legislativo del settembre 1946? «Concessione di terreni incolti o insufficientemente coltivati»; e fin qui la formula è identica nei due testi. Ma poi si spiega che cosa debba intendersi per terreni insufficientemente coltivati, cioè, udite, onorevoli colleghi, «tali da potervi praticare colture o metodi colturali più attivi o intensivi». E segue pure il riferimento alla produzione nazionale. Ma come? «In relazione anche alle necessità della produzione agricola nazionale». Vengono trascurate le qualità, le condizioni agricole del luogo, le esigenze colturali, e la stessa necessità della produzione nazionale, quando si aggiunge un «anche» che significa, pure, indipendentemente da questa produzione.
Signori, con questo decreto, e me ne possono far fede i miei conterranei, la Calabria è stata già per intero espropriata.
MUSOLINO. Magari fosse vero!
CAROLEO. Se fosse vero, potrei esserne lieto anch’io, collega Musolino, ma occorre che nella legge si abbia il coraggio di dirlo e non si finga di riprodurre il testo del decreto Gullo, che era di rispetto al diritto della proprietà privata, mentre nella sostanza in Calabria, e soltanto in Calabria e soltanto nella provincia di Catanzaro, il diritto di proprietà è stato soppresso. Da qui le agitazioni.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Quindicimila ettari di terra occupata in tutta la provincia, non di più. Come si parla di espropriazione totale?
CAROLEO. Io non parlo di quello che è stato espropriato e di quello che è avvenuto, con una veramente appassionata assistenza e un appassionato intervento di tutti gli organi chiamati a presiedere al componimento delle vertenze e anche con la comprensione dei proprietari, così come fa fede anche la sua risposta, la sua prima risposta alla mia interpellanza, dove si precisava che su 13.000 tomolate, soltanto per 590 erasi adito il magistrato, mentre per tutto il resto la occupazione risultava pacificamente concordata, e quindi senza sabotaggi.
Di sabotaggio, l’onorevole Presidente del Consiglio può farmene fede, non si è mai inteso parlare, perché i proprietari stettero con le mani in tasca dinanzi alle violenze e alle minacce, ubbidirono agli ordini del prefetto e delle Commissioni, e guai se questo non si fosse verificato. Avremmo avuto disgraziatamente in Italia, e per maggior disgrazia tra la nostra misera e abbandonata popolazione, il primo esperimento di una guerra civile.
Non dicevo dunque per quello che si è occupato, ma per quello che il decreto in Calabria autorizza ad occupare è si occuperà, se non ne verrà chiarito il testo.
La legge, onorevole Presidente del Consiglio, qualunque legge, deve, nella sua formula precisa, indicare soprattutto il caso a cui essa va applicata; all’interprete deve essere lasciata soltanto una limitata attività di applicazione per quel caso concreto; se questo non si fa, si sottoscrive una norma in bianco, si delegano ad interpreti quei poteri legislativi che sono oggi del Consiglio dei Ministri e in parte di questa Assemblea Costituente, e le conseguenze sono, di regola, sinistre, sono caotiche, possono diventare sanguinose, come avrebbero potuto diventarlo in Calabria, se non ci fosse stato il pronto intervento di tutti gli organi e delle parti che erano interessate, compresi, è doveroso riconoscerlo, anche i dirigenti della Federterra di Catanzaro.
Devo confessare che mi ero, per caso, trovato ad assistere ad un congresso della Federterra della mia città, in cui fra gli oratori primeggiava il Sottosegretario all’agricoltura, onorevole Spano.
In un primo momento, ad ascoltare le sue parole, abituato come sono, un po’ per la professione, un po’ per abito mentale, ad ubbidire alla legge nella legge, ero rimasto contrariato da talune affermazioni; specialmente di fronte al suo modo brillante di superare una certa contraddittorietà nella sua duplice posizione di esponente di un partito e di membro del Governo; perché diceva – ricordo esattamente le sue parole – : «Come esponente di un partito, dovrei incitarvi all’azione; come rappresentante del Governo, dovrei esortarvi al rispetto rigoroso della legge. Ma io supero questa che sembra una contraddizione, ricordando ai contadini di Calabria che il Capo del Governo italiano – espressione più alta della legge italiana – S.E. De Gasperi, ha ordinato a tutti i contadini d’Italia di produrre pane per sé e per i figli, per gl’italiani, e che di fronte all’adempimento di questo dovere non c’è ostacolo che tenga». Eravamo alla vigilia delle semine.
Mi era sembrato illegale, un po’ strano questo ragionamento del Sottosegretario per l’agricoltura; ma ho dovuto ricredermi, quando, nell’esaminare la legge, nel leggere il decreto del settembre, vedevo tra le righe – un po’ da modesto avvocato – che nel decreto stava scritto assai di più di quel veramente poco che dal Sottosegretario dell’agricoltura si era sentito.
Ora, non è per il passato, onorevole Presidente del Consiglio, è per l’avvenire, è per le semine di aprile e per le semine del nuovo ottobre che occorrerà provvedere, perché l’articolo 1 del decreto 6 settembre 1946, n. 89, ha messo in grado le «cooperative costituite e da costituire» (è stato dato loro perfino il termine di sei mesi per la regolarizzazione dei propri atti costitutivi) di avanzare in ogni tempo domande di assegnazione di terre. Bisogna ricordare che per l’aprile e per l’ottobre la posizione risorgerà alla stessa maniera, e non sappiamo se varranno tutti i mezzi, con buona volontà adoperati questa volta, a superare i dissidi, che potranno invece essere inevitabili.
Comunque, noi non intendiamo che si protegga la categoria dei proprietari in danno e in pregiudizio della categoria dei lavoratori della terra, che meritano tutto il riconoscimento da parte del Governo italiano, perché sono quelli che sudano, sono quelli che lavorano la terra, che è una cosa che senza lavoro non dà nulla a nessuno. Ma chiediamo soltanto che il Governo apertamente dica se in base a questo decreto tutte le terre di Calabria debbono essere concesse, perché non abbiamo in Calabria terre alle quali con nuovi metodi colturali o nuovi metodi intensivi non si possa cambiare il volto.
Bisogna dirlo, bisogna dirlo apertamente, perché quando si sarà detto, né io né l’onorevole Silipo avremo necessità di incomodare il Governo con queste nostre dispute provinciali, che sono però, per taluni aspetti, credo, di interesse nazionale. Quando si sarà detto senza ambiguità od incertezze, i signori proprietari, quei signori proprietari per i quali io condivido in gran parte gli apprezzamenti dell’onorevole Silipo, sapranno che nella legge il loro destino è segnato: vedranno la fine di ogni ingorda speculazione coloro i quali hanno sempre parassitariamente vissuto e nient’altro hanno saputo fare che staccare cedole e sfruttare il lavoro di Calabria, senza dar nulla di quello che prendevano dalle nostre terre. Per costoro, come per tutti gli sfruttatori oziosi, il destino è ben certo: fuori i parassiti d’Italia! Ma per quelli che hanno lavorato, che hanno appoderato i terreni, che, con migliaia di armenti, hanno dato tutta la loro attività e si sono prodigati con tutta la famiglia nel lavoro della terra, vi sarà almeno la via della costituzione di una cooperativa, ed essi potranno partecipare a questo indirizzo associativo, cooperativistico nazionale, e ognuno vedrà fino a qual limite può giungere il diritto di difesa del proprio interesse. Non ci sarà lotta civile, perché, di fronte alla legge, quando la legge è ben fatta, quando la legge non ha riserve e non presenta ambiguità, ogni buon cittadino trova la via del suo diritto, nel rispetto del diritto altrui.
Ma la legge deve essere–giusta e soprattutto chiara, perché possiamo essere tutti d’accordo oggi che sia resa giustizia sociale a chi lavora. Ma soprattutto chiarezza occorre. Perché noi non vogliamo scendere nelle strade coi coltelli alla mano; vogliamo essere lasciati in pace nella nostra Calabria, che ha vissuto soltanto di lavoro silenzioso ed onesto.
Se ci sarà da ridurre qualcuno alla ragione, lo si riduca pure, se potrà giungersi ancora in tempo; perché più d’uno, alla maniera dei furbi, ha saputo già prendere la sua callida strada ed è riuscito a sfuggire al prestito della ricostruzione ed all’imposta patrimoniale, con affrettata vendita dei propri terreni a caro prezzo, senza portarne il denaro né al Ministro Corbino, né al Ministro Bertone, ma impiegandolo nel mercato nero delle valute, nella borsa nera di Piazza Colonna o altrove.
Ma al difuori dell’azione di questi sciacalli, con i quali tanto l’onorevole Silipo che io cercheremo, per quanto possibile, di contrastare nelle ingiuste aspettative, voi, onorevole Presidente del Consiglio e voi membri del Governo, difendete la nostra Calabria dal disordine.
Nella risposta del Presidente del Consiglio, in un primo tempo, si disse che erano i prefetti, erano le Commissioni che avrebbero dovuto concedere la terra. Ma, alla vigilia delle semine, attendere l’intervento dei prefetti o delle Commissioni da parte dei contadini affamati non era possibile. Né pensiamo che sarebbe stato possibile, con tutta la buona volontà, alla Federterra di contenere le aspirazioni dei contadini.
Bisogna, quando si fanno leggi che devono avere una rilevante applicazione, preordinare anche gli organi e i mezzi che per tale applicazione occorrono. È vero che nell’assegnazione delle terre entra l’elemento tecnico degli Ispettorati agrari, ma questi Ispettorati, se anche non seguono il sistema del ventennio fascista – (tutto va bene, mentre tutto va male) – hanno sempre funzionato male, non hanno fatto mai nulla né mai di utile faranno nulla, in tema di concessione di terre. Ora io tutto questo, onorevoli colleghi, avevo segnalato in un mio ordine del giorno dello scorso luglio, e, in sintesi, pur da lontano, dopo di aver avuto sentore solo a distanza delle agitazioni che si muovevano in Calabria, avevo cercato di condensare nella interpellanza, che ho avuto l’onore di svolgere oggi innanzi a voi.
Vorrei chiudere questa breve esposizione, raccomandando al Governo di interrogare qualche volta, quando lo ritenga utile, questi deputati alla Costituente, questi rappresentanti politici delle regioni, da cui potrà avere qualche opportuno suggerimento, qualche opportuna segnalazione e, mentre esso queste segnalazioni e questi suggerimenti potrà in qualche maniera utilizzare, darà anche ai rappresentanti del popolo italiano, ansiosi del pubblico bene, la modesta soddisfazione di sapere che qualche cosa di proficuo riescono a fare per il loro Paese, in questo duro momento in cui, come altri colleghi dicevano nel corso di queste sedute, dalle varie provincie, alla partenza e all’arrivo, affannosamente si chiede loro: «che farete? Che avete fatto?» Ebbene, anche questa volta l’onorevole Silipo ed io torneremo in Calabria con un modesto consuntivo; l’annullamento della elezione Visocchi, il rinvio del caso de Martino, e la modifica transitoria alle transitorie formule del giuramento. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’agricoltura e delle foreste ha facoltà di rispondere.
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Porterò alla Costituente anzitutto alcuni dati di fatto, i quali smentiranno certe apprensioni ingiustificate e dimostreranno come talune affermazioni non siano perfettamente esatte. In base al decreto 19 ottobre 1944, era stata iniziata una serie di vertenze dinanzi all’apposita Commissione di Catanzaro e, in due anni, si era arrivati alla concessione di 7610 tomolate di terreno. Le controversie rimaste pendenti nell’agosto del 1946 ascendevano a 12 solamente: e ciò dimostra che, in complesso, nei due anni, le Commissioni avevano quasi totalmente esaurito le controversie ad esse sottoposte. Il ritmo di domande si veniva invece accelerando verso la fine dell’agosto 1946, in guisa che, nei mesi di agosto, settembre e ottobre, furono presentate oltre 1050 domande di concessione di terre. Le Commissioni, che originariamente erano costituite a Catanzaro in numero di due, furono aumentate e portate al numero di 6. Furono inviati sul luogo ispettori agrari incaricati di controllare le applicazioni delle leggi esistenti. Furono dal Presidente del Consiglio e Ministro dell’interno emanate varie disposizioni affinché fossero evitate le occupazioni arbitrarie di terreni e fosse invece applicato nel modo più rapido il decreto del 6 settembre 1946. Alcune occupazioni arbitrarie avvennero invece il giorno 13 settembre 1946 ed altre ne seguirono nei giorni successivi. Queste occupazioni furono nella massima parte pacifiche, e i terreni stessi vennero presto sgomberati dagli stessi occupanti, in modo che poté riprendersi pacificamente il lavoro di composizione delle vertenze esistenti e quello della definizione delle controversie non composte. Il lavoro fu svolto in circa tre mesi, e alla fine del novembre pochissime controversie rimanevano ancora da decidere, mentre erano stati complessivamente assegnati, fra i terreni bonariamente concessi e quelli concessi in virtù di decreti prefettizi, circa 15.600 ettari di terreno.
Non pare quindi giustificato l’appunto che le Commissioni abbiano operato con lentezza, abbiano sabotato l’applicazione della legge. Non pare nemmeno giustificato l’altro appunto: che queste Commissioni abbiano potuto deviare ed applicare inconsultamente la legge stessa.
La legge, infatti, prevede un caso tipico, non così vago né così elastico come l’onorevole Caroleo ci dice. La legge ricorda l’interesse della produzione, non in modo secondario, ma in modo riassuntivo e completante la precedente disposizione di legge. Il fatto che si possano concedere dei terreni suscettivi di ordinamento colturale più intensivo non significa che si debbano concedere tutti i terreni che teoricamente siano suscettivi di quelle coltivazioni. Occorre verificare in concreto la situazione dei terreni stessi; quindi la elasticità della norma non è affatto esistente, perché la norma stessa deve riguardare la situazione, in concreto, del terreno.
La dimostrazione migliore che non vi è il minacciato pericolo di una occupazione totale dei terreni in Calabria è data dalle numerosissime domande respinte dalle stesse Commissioni in base alla stessa legge. I terreni concessi sono molto minori dei terreni richiesti; il che dimostra che questo pericolo di totale espropriazione è in fatto inesistente e che le Commissioni hanno, nell’opera dei tecnici che le assistono e nei termini della legge, criteri chiari e precisi, sì che tutte le domande che esorbitano da tali criteri sono rigettate dalle Commissioni e gli appelli proposti dagli ispettori regionali alle autorità superiori sono in numero limitatissimo. Tutto ciò dimostra che il criterio tecnico della legge è facilmente individuabile dagli organi tecnici che devono applicarla.
È inesatto che si sia abbattuta sulla Calabria la catastrofe della espropriazione totale. Io ho avuto non solo le testimonianze dei tecnici agrari inviati dal centro per accertare il modo di applicazione della legge, ma anche testimonianze di agricoltori delle vostre provincie, i quali hanno riconosciuto che in fondo il decreto aveva avuto proprio il benefico effetto di ricondurre la pace in provincie agitate in modo veramente pericoloso, e di indurre anche gli agricoltori a fare opera di pacificazione diretta (il che era sommamente lodevole) ed anche a dare ai propri terreni destinazioni più conformi alla moderna tecnica agricola. Noi ci siamo occupati delle conseguenze pratiche dell’applicazione del decreto. Una inchiesta è in corso, attraverso indagini degli uffici statali e attraverso richieste fatte agli stessi privati. Da questa indagine verrà fuori certo il risultato che già prevediamo dalle prime risposte, ed in complesso i timori affacciati dall’onorevole Caroleo non sono fondati, non sono giustificati.
Ma non mi pare nemmeno giustificata l’accusa fatta all’opera della Commissione, all’opera dei tecnici agrari, dall’onorevole Silipo. Se qualche Commissione può avere errato, sono sicuro che ha errato in piena buona fede (dato che abbia errato), e non ho visto affatto in tutte queste lunghe vicende quell’opera defatigatoria che l’onorevole Silipo ha affermato. La stessa quantità di terreni concessi in provincia di Catanzaro sembra essere la migliore dimostrazione che quest’opera sabotatrice o defatigatoria non è affatto avvenuta. Se i terreni concessi sono molto inferiori alle richieste, tutto questo è avvenuto per ben fondati motivi, e l’esame di tutte le doglianze pervenute al Ministero in materia, hanno dimostrato che le Commissioni si sono comportate obiettivamente, tenendo presenti tutti gli elementi della vertenza: dalla composizione delle cooperative alla loro potenzialità di lavoro, dalla loro possibilità di usufruire dei terreni concessi alla natura dei terreni stessi, al modo con cui le aziende venivano condotte, e si è avuto anche riguardo agli allevamenti zootecnici, perché precisamente, in considerazione delle necessità della produzione nazionale, è stata sempre tenuta presente anche la necessità della nostra produzione carnea (non solo della produzione di grano), in modo da non recare danno agli allevamenti stessi.
In complesso, dando uno sguardo allo svolgimento della vertenza in tutta Italia, abbiamo evitato conflitti sanguinosi; abbiamo dato possibilità di collocamento di mano d’opera a molti disoccupati che era difficile occupare attraverso altri sistemi.
L’onorevole Caroleo si è riferito anche ad altre questioni che esulano dal presente tema. Per quanto riguarda il presente tema il fatto che i contadini possano avere direttamente, attraverso l’opera della Commissione, dei terreni sui quali lavorare, impedisce appunto che essi siano angariati da fitti eccessivi. È dunque questo già un risultato positivo e non è affatto esatto che in provincia di Catanzaro esista solo il grande affitto; esistono anche i piccoli, piccolissimi affittuari, che saranno magari dei subaffittuari, perché purtroppo questa piaga dell’affittuario intermediario esiste e, nemmeno per disposizione del decreto Gullo, si è riusciti ad estirparla. Il decreto viene incontro alle esigenze dell’equo affitto che l’onorevole Caroleo ha richiamato. Gli altri argomenti dell’onorevole Caroleo escono fuori dal quadro di questo episodio della concessione delle terre nella provincia di Catanzaro. Tuttavia, voglio dare una risposta anche a questi altri argomenti. Egli ha richiesto un maggior vincolo dei prodotti agrari, ha richiesto dei calmieri sui prodotti agrari, ha richiesto dei calmieri anche sugli affitti agrari. Non so quanto questo si accordi con le richieste di altre parti per avere piena libertà invece di prezzi vincolati e via di seguito. In ogni, modo questo riguarda una politica generale del Governo, la quale è troppo nota perché io voglia interloquire. Per quanto riguarda gli affitti l’onorevole Caroleo avrà visto, appunto, che il Consiglio dei Ministri si è occupato recentemente della questione, la quale, però, è oltremodo complessa ed offre quindi delle difficoltà di soluzione, che si sta vedendo di superare, per arrivare precisamente a colpire gli affitti eccessivamente esagerati, dei quali egli si è giustamente lamentato.
Il provvedimento, al quale il Governo attende, cerca il contemperamento – che non è facile – tra esigenze diverse, tra regioni e situazioni locali estremamente diverse; perché se si passa dalla considerazione d’una unica provincia o regione, alla considerazione dell’aspetto generale dell’agricoltura italiana, lo stesso onorevole Caroleo dovrà riconoscere come una regolamentazione in campo nazionale – e per il momento non possiamo fare altro che una regolamentazione nazionale – è estremamente complessa.
Devo anche difendere l’operato della polizia; devo difenderla perché abbiamo avuto in essa, dal prefetto all’ultimo agente, il più valido appoggio, sia nella provincia di Catanzaro, sia in altre provincie.
Gli ordini del Governo centrale erano stati tassativi: solamente in casi eccezionali si sarebbe potuto fare ricorso all’articolo 19 della legge comunale e provinciale. Negli altri casi si doveva applicare la legge del settembre, evitando le usurpazioni e le occupazioni coattive.
In provincia di Catanzaro, in particolare, nessun terreno è stato concesso in forza dell’articolo 19. Tutte le concessioni sono avvenute o attraverso le composizioni delle parti – e queste sono state larghe e le ho viste con molto piacere – oppure attraverso decreti prefettizi emanati in base alle decisioni della Commissione; il che ha dimostrato che l’opera dell’autorità è stata energica e tempestiva.
Sono avvenute delle occupazioni, come ebbi a dire, ma esse nella maggior parte erano simbolistiche o pacifiche. E furono gli stessi lavoratori ad abbandonare i terreni occupati, sottomettendosi al giudicato della Commissione.
In qualche altro caso la forza pubblica fece evacuare i terreni stessi, senza l’uso della forza o spargimento di sangue.
In tutti i casi noi dobbiamo, secondo le informazioni ricevute, ritenere che le varie censure all’operato della forza pubblica, ed in particolare quelle ricordate specificatamente dall’ultima parte dell’interpellanza dell’onorevole Silipo, non siano giustificate. Il prefetto di Catanzaro, al quale sono state comunicate le censure dell’onorevole Silipo, ci ha potuto oggi rassicurare che avendo fatto un’inchiesta immediata, con l’intervento dei rappresentanti di tutti ì partiti, compreso quello comunista, essa ha dato esito negativo per quel che riguarda il comune di Strongoli. Per gli altri comuni, dalle stesse informazioni del prefetto si rileva che occupazioni dei terreni furono represse, ma senza uso di violenza.
Questo fatto risale al settembre; dal settembre ad oggi, fatti di violenza se fossero avvenuti, sarebbero stati segnalati in maniera più concreta.
L’opera dell’autorità, quindi, è stata energica e prudente, in pari tempo; ha assicurato il pieno rispetto della legge. La legge è stata applicata con quei criteri obiettivi e tecnici, coi quali doveva essere applicata.
Turbamenti all’economia della regione non ne sono avvenuti. Il che dimostra che l’opera degli ispettori agrari, della quale devo fare la difesa contro gli attacchi che mi vengono da tutte le parti – perché sento accuse da parte dell’onorevole Silipo, come dall’altra parte – è stata imparziale. Devo ritenere che queste accuse, che vengono da parti opposte, si elidono e dimostrano che gli ispettori agrari fanno il loro dovere.
Il fatto di essere censurati dalla destra e dalla sinistra significa precisamente che gli ispettori sono stati nel giusto, tanto che hanno scontentato tutti; perché, se avessero contentato una parte, avrebbero certamente favorito gli uni e compiuto ingiustizia verso gli altri.
La censura che proviene dalle due parti è, secondo me, la migliore prova della giustizia delle loro decisioni.
Gli ispettori agrari, che hanno dovuto in questi anni di guerra così laboriosi assolvere a dei compiti ingrati, meritano veramente il nostro pieno plauso e così tutti i tecnici agrari: sono tecnici valenti, sempre in primo piano nell’opera di ricostruzione. Spero che l’onorevole Caroleo avrà a ricredersi sul loro operato. Ritengo di avere risposto così alla interpellanza anche nei riguardi del Ministero dell’interno. (Applausi al centro e a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Silipo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
SILIPO. Ringrazio l’onorevole Segni delle delucidazioni che mi ha dato; ma, in quanto ad essere soddisfatto, non lo sono.
Non ho detto che tutte le Commissioni funzionano male; ho parlato di alcune Commissioni, e che sia esatto quello che ho asserito risulta dal fatto che nella Commissione giudicatrice delle terre incolte di Nicastro si dovette sostituire il giudice, perché in oltre due mesi non aveva condotto a termine che sette pratiche delle 100 sottoposte al suo esame.
Quindi non credo di avere affermato una cosa inesatta. Riguardo, poi, agli organi ai quali l’onorevole Segni dice di essersi rivolto per avere dilucidazioni, non erano certamente i più idonei, in quanto erano proprio essi gli incriminati. Se proprio contro di essi chiedevo che si prendessero provvedimenti, come si poteva pretendere che dicessero la verità? Sarebbe stato strano che il prefetto – anch’egli responsabile – avesse dato informazioni diverse da quelle che ha dato. Per lui tutto è logico, tutto va bene, tutto va nel migliore dei modi possibili. Per convincersi della veridicità delle mie asserzioni, sarebbe stato sufficiente che si fosse chiesto il numero degli arrestati, le loro generalità, i capi di accusa e per quanto tempo costoro fossero rimasti in carcere. Se ad un maresciallo o brigadiere bastonatore dei contadini si domanda chi ha bastonato questi ultimi, si può umanamente pretendere che risponda: «Sì, li ho bastonati io»?
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Riguarda la questione di Strongoli questo?
SILIPO. È detto nella mia interpellanza e a questo si doveva rispondere.
Io mi sarei atteso qualche cosa di più preciso, di più concreto che una generica affermazione. Desidererei, se fosse possibile, che si procedesse ad una vera inchiesta, in cui non siano interrogati soltanto gli imputati, perché gli imputati non potrebbero rispondere diversamente da come hanno risposto. Occorrerebbe pur sentire la parte lesa!
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Sono stati anche gli ispettori del Governo centrale varie volte sul posto.
SILIPO. Allora vuol dire che noi attenderemo il risultato delle loro inchieste.
PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CAROLEO. Ringrazio l’onorevole Ministro dell’agricoltura delle assicurazioni date e confido nella possibilità di attuazione dei suoi buoni propositi.
PRESIDENTE. Segue l’interpellanza presentata dagli onorevoli Riccio Stefano, Rodinò Mario, Tumminelli, Venditti, Abozzi, Rodi, Lucifero, Dominedò, Quintieri Quinto, Bonino, Badini Confalonieri, Bellavista, Galioto, Colonna, La Gravinese Nicola, Trulli, Coppa, Ayroldi Carissimo, Vilardi, Maffioli, Corsini, Colitto, Lagravinese Pasquale, Marina, De Falco, Perugi, Patrissi, Rognoni, Cortese, Miccolis, Mastrojanni, Fresa, Castiglia, Caso, D’Amico Diego, Monticelli, De Maria, Quintieri Adolfo, Froggio, Condorelli, Taviani, De Martino, Pallastrelli, Belotti, Cremaschi Carlo, Angelucci, Jacini, Monterisi, Bellato, Dugoni, Borsellino, Tambroni, Rubilli, Zotta, Federici Maria, Sullo, Meda, Sartor, Bianchini Laura, Gotelli Angela, Rodinò Ugo, Fuschini, Leone Giovanni, Di Fausto, Siles, Trimarchi, Cuomo, Marinaro, Numeroso, Bozzi, Corsanego, Notarianni, Giordani, Merlin Umberto, Cimenti, Arcangeli, Ferrarese, Delli Castelli Filomena, Lazzati, Salizzoni, Tosi, Murdaca, Falchi, Nicotra Maria, Roselli, Bazoli, Chieffi, Arcaini, Ferrario, Alberti, Clerici, Perrone Capano, Belloni, Sampietro, Avanzini, Balduzzi, Caristia, Cappugi, Fanfani, Adonnino, Colonnetti, Fusco, Covelli, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delle finanze, «perché – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione – la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime, rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole provincie, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del Tribunale: tenendo presente che, nella scelta dei nomi, debba prevalere la competenza tecnica sul criterio politico». L’onorevole Riccio ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.
RICCIO. Sulla Gazzella Ufficiale, pubblicata ieri, abbiamo avuto la sorpresa, per quanto sto per dire, di leggere un articolo, e precisamente l’articolo 10 di un decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 19 novembre 1946, che porta disposizioni di modifica in rapporto al decreto luogotenenziale del 26 marzo 1946.
Questo articolo 10, che si riferisce alla formazione delle Commissioni provinciali per l’avocazione dei profitti del regime, tassativamente stabilisce che le nomine sono di esclusiva competenza del Ministro delle finanze. Ora, noi diciamo che questo criterio di scelta, previsto nelle disposizioni di legge, è un criterio che assolutamente non può, né deve essere seguito.
Ci si dirà: «Che cosa volete? È una legge!» E noi diciamo che siamo qui proprio per fare le leggi e diciamo che siamo qui proprio per controllare sul piano legislativo quello che fa il Governo: chiediamo di modificare delle leggi. Se le leggi non si potessero modificare, sarebbe inutile che la Costituente fosse convocata. Quindi, se questo argomento ci venisse opposto, noi risponderemmo in questo modo, che mi sembra del tutto evidente.
Ma, ci si dirà, forse, che con questa nostra interpellanza vogliamo procrastinare la realizzazione di quei profitti che devono essere realizzati. Questa osservazione sarebbe espressione di superficialità e di mancata incomprensione. Noi protestiamo perché troppo si è tardato su questa realizzazione, che pure interessa la vita dello Stato.
Però, dopo di avere elevato questa protesta, affermiamo che questa realizzazione deve essere fatta sul piano del rispetto della libertà e sul piano della effettiva giustizia. Perché, se vi dovesse essere un giudice, che è anche parte, noi questi criteri di libertà e di giustizia verremmo a violare, ché anzi, ci troviamo precisamente in questo caso. Infatti, quando è il Ministro delle finanze a nominare la Commissione, è evidente che il Ministro delle finanze è il giudice dei giudici; ed è evidente altresì, che il Ministro delle finanze, che rappresenta lo Stato che è una parte, è parte ed è giudice. Né ci si dica che siamo in una materia tributaria, perché sarebbe un errore grossolano. Non siamo in una materia tributaria; siamo in una materia sostanzialmente ed essenzialmente sanzionatoria e punitiva: non siamo sul piano dell’imposta, non siamo sul piano del tributo, siamo sul piano in cui vogliamo colpire degli illeciti profitti; vogliamo cioè realizzare una giustizia sostanziale, stabilendo una sanzione economica. Non siamo dunque sul piano tributario, ed è allora diritto del cittadino chiedere che vi siano dei giudici imparziali, cioè una Commissione imparziale; e, per aversi un giudice imparziale, non si può dare al Ministro delle finanze l’esclusiva competenza per le nomine. Già è strano che non vi sia una Commissione di appello, in modo che il giudizio di quella Commissione non sia definitivo ed esecutivo. Eppure non si tratta soltanto di colpire un cittadino nella sua sostanza economica, ma bensì di dichiararlo «profittatore illecito», cioè togliergli il patrimonio di onore e di probità. Si può, in uno stato democratico, violare i diritti fondamentali del cittadino ed accertare, inappellabilmente a mezzo di una Commissione tributaria, uno stato di indegnità morale e politica?
A noi non sembra; e la situazione diviene più grave col sistema prescelto per le nomine.
Ci si potrà osservare – ed ecco perché non vogliamo ritardare, ma vogliamo accelerare la realizzazione della giustizia – che le proposte devono essere fatte dal prefetto e, per il presidente, dal presidente del Tribunale. Se vi sono le proposte fatte da chi conosce, la garanzia di scelta v’è. Noi diciamo, in sostanza: come volete realizzare celermente questa giustizia? Dovete scrivere in tutta l’Italia, avere queste risposte, poi formare queste Commissioni. E perché, se voi dovete appoggiarvi su quelle che sono le proposte che vi verranno dal presidente del Tribunale e dal prefetto, perché non demandate ad una Commissione composta del prefetto, dell’intendente di finanza e del presidente del Tribunale la nomina di questa Commissione stessa? Potrei essere un ingenuo a fare questa osservazione, perché vi è un’ultima affermazione nell’articolo 10, la quale dice: «Tali designazioni non hanno valore vincolativo». Ed allora, perché si vuole incomodare un po’ tutti in Italia per avere dei nomi che poi in definitiva potranno servire e potranno non servire, quando vi è la libertà assoluta, da parte del Ministro delle finanze, di nominare chi crede e chi vuole?
Sorge quindi una seconda ragione per insistere sulla nostra proposta e sulla nostra richiesta di modifica della legge. Dobbiamo avere un giudice capace, probo; un giudice cioè che abbia quegli elementi subiettivi che diano garanzia del rispetto dei diritti di tutti i cittadini. Come si farà? Il Ministro delle finanze conoscerà questi uomini? Li conoscerà per le indicazioni che verranno dalla periferia, cioè si baserà su quello che gli diranno gli altri? Li sceglierà veramente fra quelli che saranno designati dal presidente del Tribunale o dal prefetto (e quindi rispetterà le designazioni che nasceranno da una indicazione tecnica e di capacità) o invece il Ministro delle finanze seguirà altri criteri e si lascerà guidare da altri motivi? No, non lo crediamo, anzi siamo convinti che il Ministro delle finanze si lascerà guidare soltanto da un criterio di scelta che abbia a rispondere alle designazioni fatte dalla periferia. Ma se un altro criterio dovesse essere seguito, noi, evidentemente, abbiamo il diritto di protestare e protestiamo; chiediamo perciò che quel criterio, che è l’unico rispondente alla giustizia, sia seguito, e perché si arrivi concretamente a seguire questo criterio di giustizia noi diciamo: modificate subito questa legge, date la responsabilità a coloro che effettivamente debbono averla e cioè prefetto, intendente di finanza e presidente del Tribunale. Facciamo sì che il popolo sappia che queste tre persone scelgono i nomi secondo la probità e la capacità di ciascuno. Soltanto così creeremo nel Paese un clima di tranquillità che è necessario per la ricostruzione; soltanto così creeremo un clima di fiducia nello Stato che deve colpire sì, ma deve colpire rispettando i diritti del cittadino ed i criteri di giustizia.
Ecco perché insisto nell’interpellanza e chiedo che il Governo l’accetti. (Applausi).
Presidenza del Presidente SARAGAT
PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. L’onorevole interpellante ha radicato il suo ragionamento sulla modifica contenuta nell’articolo 10 del recente decreto legislativo. Per una corretta interpretazione della questione penso che sia opportuno esaminarla prevalentemente, se non esclusivamente, sul piano tecnico ed è necessario quindi rifare brevemente la storia della legislazione relativa all’avocazione dei profitti di regime.
Gli onorevoli colleghi sanno che la prima configurazione di tale avocazione risale al decreto legislativo luogotenenziale del 27 luglio 1944, n. 159, e alle successive norme di attuazione contenute nel decreto del 31 maggio 1945, n. 364.
Alla stregua di tali provvedimenti, l’avocazione dei profitti ebbe veramente ed esclusivamente quella sanzione punitiva sia nel diritto sostanziale, sia nel diritto procedurale a cui ha fatto cenno l’onorevole interpellante. Senonché l’evoluzione successiva di questo istituto ha portato al decreto legislativo luogotenenziale del 26 marzo 1946, n. 134, col quale l’istituto dell’avocazione dei profitti di regime è stato innestato sostanzialmente e proceduralmente nel quadro dell’ordinamento tributario, ed in particolare nel settore della finanza straordinaria.
Con questo non voglio affermare che sia completamente sottratto all’istituto in questione il suo carattere di natura politica, nel suo spirito informatore, ma voglio affermare che nel diritto positivo attualmente esistente, l’istituto dell’avocazione dei profitti del regime fa parte del complesso tributario e pertanto la questione sollevata circa il giudice che, contemporaneamente, sarebbe parte in causa, non può trarre origine dall’articolo 10 del recente provvedimento del 19 novembre: bisognerebbe risalire al momento in cui è stato emanato il decreto del 26 marzo 1946, poiché proprio allora è inserito nell’ordinamento tributario italiano tutta la questione dell’avocazione dei profitti di regime.
Ed allora non discuto la bontà o meno del sistema seguito. Constato quella che è la posizione rispetto al diritto positivo tributario vigente, e pertanto tutto il resto diventa un corollario: un corollario, il sistema della procedura degli accertamenti, un corollario il sistema del contenzioso amministrativo. L’articolo 21 del decreto del 26 marzo 1946, n. 134, che configura come primo gradino di contenzioso la Commissione provinciale, sezione speciale, adotta la stessa procedura seguita dalla legislazione sui profitti derivanti dalla guerra 1915-1918, nonché norme che alla data del 26 marzo 1946 erano state stabilite in materia di avocazione dei maggiori utili di guerra. Orbene tale Commissione, secondo l’articolo 21, viene costituita secondo i principî generali contenuti nella legge fondamentale del 7 agosto 1936 relativa al riordinamento del contenzioso tributario, che investe il Ministro delle facoltà relative alla nomina delle Commissioni provinciali, su designazione di organi locali. In altri termini, ha continuato a funzionare il sistema tradizionale che, d’altra parte, risale ad epoca ben anteriore al 1936, in quanto bisogna senz’altro risalire, in materia, ai primordi dell’imposta di ricchezza mobile.
L’articolo 10 del decreto 26 novembre 1946 ha semplicemente risolto in sede legislativa quella che era una controversia sul potere vincolante o meno della designazione degli organi locali.
La questione, perciò, è ridotta in questi termini: col sistema attuale siamo o non siamo fuori del sistema tradizionale? Siamo entro il sistema tradizionale. È opportuno cambiare questo sistema tradizionale agli effetti del particolare istituto della avocazione dei profitti di regime? Questo è il contenuto dell’interpellanza, la quale vorrebbe che si sostituisse una apposita Commissione composta localmente da tre funzionari per designare i membri della Commissione.
Ora su questo punto il pensiero del Ministro, in nome del quale ho l’onore di parlare, è che non convenga apportare modifiche al sistema attuale, soprattutto per non perdere altro tempo nell’avviare le procedure in corso verso esiti concreti. Do senz’altro atto che non era nelle intenzioni nell’onorevole interpellante suggerire una procedura tale che costituisse una ulteriore perdita di tempo, ma evidentemente un determinato numero di settimane e forse qualche mese sarebbe necessario per attuare la modifica proposta e renderla definitiva. (Commenti). In secondo luogo, l’onorevole Ministro mi ha assicurato che nella scelta dei membri della Commissione sono stati adottati questi criteri: innanzi tutto, indagine sul carattere, sul grado di onestà e moralità delle persone chiamate a far parte delle Commissioni. In secondo luogo, la competenza delle singole persone. L’onorevole Ministro mi prega di rappresentare che non è mai stato, nelle sue intenzioni, di dare un criterio prevalente a quello che poteva essere il colore politico dei singoli membri delle Commissioni.
Una voce. Non è questione di prevalenza.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Per quanto riguarda le designazioni locali si può e si deve tener presente, ed in questo senso l’onorevole Ministro mi prega di richiamare la vostra attenzione, l’opportunità di non mettere funzionari locali nella delicata condizione di dover designare membri destinati a costituire un collegio di importanza eccezionale.
Queste sono le sommarie ragioni per cui il Ministro delle finanze non ritiene di poter aderire alla proposta modifica la quale, ripeto, si tradurrebbe in una modifica di quello che è il solco, l’alveo tradizionale in cui scorre tutto il contenzioso tributario.
PRESIDENTE. L’onorevole interpellante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
RICCIO. Sono dolente di dovere affermare che è soprattutto la premessa posta dall’onorevole Sottosegretario a non convincermi, in quanto non la posizione topografica di una norma decide della natura di essa. Non perché una norma è nel Codice civile, per questo è di natura civilistica. Potrà essere di natura penale e sarà certamente di natura penale se tende alla punizione in rapporto ad una responsabilità, anche se si trovi in quel determinato complesso di norme. Nel nostro caso ci si trova di fronte ad una norma essenzialmente sanzionatoria e punitiva; e perciò non mi posso dichiarare soddisfatto. E pertanto mi riserbo di presentare, a norma di regolamento, alla Segreteria la richiesta di trasformare l’interpellanza in mozione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Ho chiesto di parlare, quale firmatario dell’interpellanza, perché intendo trasformare in mozione questa interpellanza e dire le ragioni per cui ritengo che essa debba trasformarsi in mozione sin da questo momento. Perché io appunto le mie critiche precisamente sul principio informatore di questa legge, che sta proprio nell’arbitrario inquadramento di queste disposizioni relative all’avocazione dei profitti di regime nel sistema tributario.
Come ha già esattamente accennato l’oratore che mi ha preceduto, noi non ci troviamo qui di fronte ad uno dei soliti accertamenti di imposte, ma di fronte ad un apparato attraverso il quale si imprime su un cittadino italiano, o su molti cittadini italiani, il marchio dell’infamia di profittatore della politica. È una condanna molto più grave di quella che si potrebbe avere in applicazione di molti articoli del Codice penale. Non si tratta di accertare il quantum di una imposta, si tratta anzitutto di vedere se ad un cittadino italiano può essere applicata questa sanzione, può essere impresso il marchio d’infamia di essere stato un profittatore nel più ignobile dei modi, cioè avvalendosi di una sua situazione di preminenza politica o approfittando del malcostume altrui. Ora, non è concepibile questo alla luce del secolo ventesimo, dopo gli splendori dello Stato di diritto che demanda esclusivamente alla magistratura il decidere dell’onore, della libertà, delle sostanze del cittadino. Non è ammissibile che il patrimonio più sacro della persona umana, l’onore, la dignità, siano a disposizione di una Commissione amministrativa comunque essa sia stata creata. (Approvazioni a destra).
Il legislatore, non per la prima volta peraltro, è caduto in un grosso equivoco, mettendo questa legge sullo stesso livello della legge per l’avocazione dei profitti di guerra. Sono cose che non hanno nulla a che vedere le une con le altre: lì non si comprime in nessun senso l’onore di nessuno; si dice semplicemente: «Hai guadagnato per una situazione straordinaria; riversa allo Stato»; qui si dice: «Sei un profittatore, una persona che ha agito con malcostume». E questa qualifica deve essere applicata, alla luce dei nuovi principî di diritto della Repubblica democratica, da una Commissione amministrativa!?
Ora, si aggiunga, signori colleghi, che qui la cosa è assai più grave, perché non solo si sono infranti questi principî fondamentali del vivere civile, rimandando l’accertamento ad una Commissione amministrativa, ma la nomina di questa Commissione amministrativa-tributaria è circondata di cautele infinitamente minori di quelle che ordinariamente si ravvisano.
Presidente di queste Commissioni provinciali, presidente nato, è il presidente del Tribunale. Qui il presidente del Tribunale c’entra soltanto come proponente. Sissignori! E perché tutto questo? Proprio perché si tratta di discutere della cosa più sacra di un cittadino, del suo onore! Si aggiunge sotto, come per voler dire che tutto deve avvenire ad arbitrio di sua eccellenza, che il Ministro delle finanze può in ogni istante modificare in tutto o in parte, cioè mandare via tutti i membri della Commissione, in qualsiasi momento, intesa soltanto un’altra Commissione: la Commissione d’appello.
E tanto per completare il quadro con una pennellata magistrale, si aggiunge che non è ammesso il ricorso all’autorità giudiziaria, facendo così eccezione alla norma comune. È ammesso soltanto, in ultima istanza, il ricorso alla Cassazione, per difetto assoluto di giurisdizione. Ma che cosa ha da vedere il sostitutivo col precedente non si comprende.
Non ho bisogno di fare appello, onorevoli colleghi, al vostro squisito senso di responsabilità politica e morale per dimostrare che questi sono colpi gravi che si scagliano contro i fondamenti del viver civile. (Approvazioni a destra – Interruzioni a sinistra – Rumori – Scambio di apostrofi fra la sinistra e la destra). Quando si tratta di aumenti di salari si può impegnare l’attenzione di tutta la Nazione, ma quando si tratta di disposizioni che devono tutelare l’onore dei cittadini italiani, allora non si può parlare. (Interruzioni a sinistra – Rumori).
Onorevole Presidente, ella vede che se il mio discorso si prolunga la colpa non è mia.
PRESIDENTE. La colpa è anche sua, perché lei, a termini del regolamento, non aveva diritto di parlare.
CONDORELLI. Ma io dovevo spiegare le ragioni per cui intendo trasformare l’interpellanza in mozione.
Voci a sinistra. Tirate fuori i quattrini!
BELLAVISTA. Restituite allo Stato il tesoro di Mussolini! (Vivi rumori a sinistra – Interruzioni – Scambio di vivaci apostrofi fra l’estrema sinistra e la destra).
CONDORELLI. Come se lo scempio fatto nell’articolo 21 della legge 26 marzo 1946 non bastasse, si è fatto seguire l’articolo 10 della legge 19 novembre per dire che le designazioni non sono neanche vincolanti.
Evidentemente, signor Presidente, signori colleghi, siamo arrivati a degli eccessi…
TOGLIATTI. Quali eccessi? (Interruzioni – Rumori).
CONDORELLI. Io richiamo, signori del Governo, la vostra attenzione su un punto di giustizia, e faccio appello alla vostra prudenza di reggitori, perché, come dice il Ministro delle finanze, è necessario dare la sensazione che non si voglia far vendetta, ma giustizia. La fiducia del pubblico è conciliata, prima di tutto, da una legge giusta. (Interruzioni a sinistra – Rumori – Commenti). A noi interessa che i giudizi della Commissione possano aver luogo con la massima garanzia di obiettività e che non sia possibile alcun sospetto. (Interruzioni a sinistra – Rumori – Applausi a destra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro delle finanze. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Si è proposto che l’interpellanza sia trasformata in mozione: nessuno è più lieto di me di affrontare in Parlamento una discussione su questo argomento.
Una voce al centro. Con metodi civili, però.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Coi metodi della verità, della verità per tutti, coi documenti alla mano. Io desidero oggi dire solo poche cose e avrei desiderato di non prendere la parola su questa questione, perché, in questo momento, stiamo concludendo i primi seri atti di pagamento dei profitti di regime.
Una voce al centro. È una sopraffazione che si vuol fare. (Rumori).
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. L’esperienza mi insegna che, ogni qualvolta in base ad una legge esistente si stava per arrivare al punto della pratica realizzazione, proprio in quel momento, si sono avanzate proposte di modifica della legge che hanno fatto perdere molto tempo. (Applausi a sinistra). Ora si ripete questo giuoco: ma questa volta, signori, il giuoco non riesce. (Vivi applausi a sinistra – Rumori – Commenti a destra).
RICCIO. Questa non è una discussione seria: non si debbono dire queste cose. (Rumori).
ALBERGANTI. Non è seria perché vi tocca il portafoglio.
BELLAVISTA. Restituite allo Stato il tesoro di Dongo! (Vivi rumori a sinistra).
MINIO. Possiamo darvi tutti gli anni di galera che abbiamo sofferto!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Voglio dire agli onorevoli interpellanti, che con il primo punto della loro interpellanza io sono completamente d’accordo: urge in Italia la necessità di creare un ambiente di tranquillità. (Applausi a sinistra). È necessario risolvere tutto il problema dei profitti di regime con tale rapidità che al più presto non se ne parli più. (Applausi al centro e a sinistra).
Ma non si crea, onorevoli colleghi, un ambiente di tranquillità in Italia se non a due condizioni: far presto e far pagare. (Applausi a sinistra).
Ora io vi posso dire per esperienza che, se la proposta attuale ci fosse stata fatta sei mesi fa, si sarebbe anche potuta accogliere. Ma oggi che tutte le Commissioni sono già costituite, proprio nel momento in cui devono entrare in funzione, ricominciare da capo tutto il lavoro, perdere altri sei mesi, signori, no, non è possibile (Applausi a sinistra); anche perché abbiamo già incominciato a riscuotere, e dovremmo incominciare a restituire quello che abbiamo riscosso per fare giustizia uguale per tutti.
Voci al centro. No! No!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Mi sia consentito dire che se in questo problema io porto una severa fermezza, ho diritto di essere creduto che porto anche la più assoluta obiettività. Nessuno potrebbe rimproverarmi, né per la mia opera come Commissario per l’epurazione – e lo richiamo appositamente qui – né oggi, come Ministro che tutela l’applicazione della legge sui profitti di regime, un solo atto di ingiustizia, un solo atto di faziosità. Nessuno potrebbe farlo.
Ora, voi direte, questo non c’entra; ma c’entra invece quando vi è una legge che demanda al Ministro delle finanze anche la nomina delle Commissioni, come diceva or ora l’oratore che mi ha preceduto.
Vi devo dire che la prima condizione per i membri costitutivi delle sezioni speciali per l’avocazione dei profitti di regime è questa: devono essere degni antifascisti. (Approvazioni a sinistra). Non è possibile, o signori, ammettere che per giudicare sull’applicazione di un tributo così delicato fossi stato obbligato ad accettare certe proposte – e non voglio fare nomi per ragioni di riserbo, ma questi sono a disposizione dei colleghi – riguardanti persone fra le quali si è trovalo un certo avvocato che poi figura nelle liste dell’O.V.R.A. Proprio lui avrebbe dovuto essere un giudice in materia di profitti di regime! Ne troviamo un altro – scusatemi, sono informazioni che vi do…
Voci a destra. Nomi! Nomi!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. No, venite in ufficio e ve li dirò, uno per uno. Qui, penso, che non sia giusto chiamare in causa della gente che non è colpa sua se è stata designata in queste Commissioni. Abbiamo trovato, dicevo, il nome di una persona che fu membro del Consiglio di disciplina di una federazione fascista. Altro nome è quello di una persona legata, per ragioni di interesse e di professione, ai profittatori del regime.
Una voce al centro. Chi l’ha nominato?
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Sono stati in certe Commissioni chiamati a fare da giudici uomini che per la loro attività professionale dovevano tutelare gli interessi dei profittatori di regime. Voi comprendete la delicatezza del problema. Io non voglio far colpa ad un commercialista se fra i suoi clienti vi è qualcuno che deve rispondere per profitti di regime, ma penso che vi sia incompatibilità che proprio lui debba essere chiamato a fare da giudice in una Commissione.
Ora, signori, è un’esperienza di questo genere, che ci ha consigliato di chiarire quell’ultimo punto, quella pennellata di cui si parlava or ora, e cioè che le designazioni non sono vincolanti. Perché? Perché io penso che è un buon servizio che rendiamo a quelle stesse persone. Per il loro stesso bene è necessario che essi non siano in quelle Commissioni; ed è bene che non vi siano gli ex fascisti a giudicare, perché alle volte sono proprio quelli i più feroci nel colpire i loro ex amici, per rifarsi una verginità.
Noi siamo pronti a sottoporre all’opinione pubblica, all’Assemblea, anche il giudizio, uno per uno, degli uomini che abbiamo scelto a costituire le Commissioni. Vi dirò di più: ho consigliato, per motivo di incompatibilità, che non si designino i consulenti tributari, i commercialisti, perché è gente che, per necessità di lavoro, ha rapporti di affari con uomini che sono chiamati a versare i profitti di regime. E vorrei rispondere ancora al collega di quella parte (Accenna a destra), che uno degli scopi che ci siamo proposti inquadrando tutta la materia dei profitti di regime nel sistema della legislazione tributaria, è stato anche quello di attenuare, ed in alcuni casi di togliere, il carattere punitivo e sanzionatorio della legge. E questo abbiamo fatto, badate, con la proposta che è venuta da me per il concordato: istituto tipicamente tributario che non può avere carattere di sanzione politica. E nel concordato – dirò ancora di più – abbiamo acconsentito a che l’interessato possa includere a verbale una norma, nella quale egli dichiari che, a norma delle risultanze, ciò che egli paga non lo paga come profitto di regime, ma come contributo alla ricostruzione del Paese. E noi abbiamo accettato questa dichiarazione. Però, nessuno più di noi sa a quali arti, a quanti sotterfugi e scappatoie si ricorre per sfuggire al fatto essenziale: il pagamento dei profitti di regime. Su questo punto non potremo fare nessuna concessione. Oggi in Italia, in sei mesi di lavoro, abbiamo accertato per circa 20 miliardi di profitti di regime.
Una voce a sinistra. Sono pochi.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Gli accertamenti sono per sei mesi; in seguito altri ne verranno; ma, badate, gli accertamenti sono fatti con lo stesso rigoroso criterio oggettivo col quale si accertano i tributi ordinari dello Stato. E vi dirò di più, e cioè che l’abito mentale dei nostri funzionari non è riuscito a stare al passo dei prezzi che salgono. Certe cifre ad essi fanno ancora troppa impressione, e se un pericolo c’è non è che eccedano, ma piuttosto che rimangano troppo indietro rispetto a quella che è la verità dei profitti da accertare.
Oggi mi limito a queste semplici indicazioni. Si vuole trasformare l’interpellanza in mozione: siamo pronti a discutere tutto quello che è stato fatto, a portare dinanzi all’Assemblea anche i casi particolari, anche il modo come è stato organizzato l’ufficio ed a portarvi qui tutte le circolari e le istruzioni da noi date in questa materia. Per le Commissioni abbiamo chiesto una cosa sola: che oltre alla competenza, perché si riesca a comprendere la materia del proprio giudizio, vogliamo uomini di carattere, uomini che non cedano alle influenze personali, alle pressioni delle amicizie e dei favoritismi che purtroppo in Italia ancora esistono e dilagano nel nostro costume politico.
Abbiamo anche raccomandato che si escludano gli ex fascisti, sia per timore di collusioni, sia per timore di eccesso in senso opposto. Abbiamo voluto uomini obiettivi. In taluni casi ho escluso dalle Commissioni designazioni, che mi venivano dai prefetti, di miei compagni di partito, perché mi sembrava che non potessero essere abbastanza obiettivi.
Una voce a sinistra. Dicono il contrario.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Lo so; ma in una discussione in questa sede potrò portare nomi e cognomi. E dirò di più: questo l’ho fatto proprio a Napoli.
Ora, cosa occorre oggi, signori?
Oggi occorre non perder più tempo. Se dovessimo accettare la vostra proposta, sarebbero sei mesi di tempo perduti; l’esperienza insegna questo.
Ed allora vi dico che la realizzazione di quella tranquillità di ambiente che occorre creare in Italia, per i bisogni della ricostruzione voi non l’affrettate, ma l’allontanate nel tempo. E per di più create nuove possibilità di evasione. Anch’io mi pongo l’obiettivo che voi vi ponete.
Per questo vi dico: applichiamo la legge così com’è.
I provvedimenti dinanzi alle Sezioni speciali sono pubblici. Io, d’altronde, mi accingo a fare una pubblicazione, in cui saranno resi noti tutti gli elementi di questo problema, perché sia l’opinione pubblica a giudicare, sovrattutto l’operato dell’amministrazione finanziaria.
Signori: abbiamo bisogno di tranquillità, ma abbiamo bisogno della tranquillità di tutto il popolo italiano e non soltanto dei profittatori di regime. (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interpellanza dell’onorevole Togni, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, «sui motivi che lo hanno spinto a non dare attuazione al Regio decreto 13 marzo 1944, col quale venne istituita una Commissione per la riforma della previdenza sociale, perpetuando una caotica situazione altamente lesiva degli interessi dei lavoratori».
L’onorevole Togni ha facoltà di svolgerla.
TOGNI. Cercherò di essere breve e molto conciso nell’illustrare questa interpellanza, che ho ritenuto doveroso presentare non solo quale membro di questa Assemblea, ma anche quale membro della Commissione per la riforma della previdenza sociale, che non è stata finora messa in condizioni di funzionare.
È questa una interpellanza, se volete, di carattere tecnico-giuridico, ma che ha un’importanza e un riflesso politico non trascurabile.
Se vi è un settore, nel quale il fascismo si è sbizzarrito con le sue improvvisazioni, i suoi abusi, le sue megalomanie, è quello della previdenza e dell’assistenza sociale.
Noi tutti ricordiamo i tre famosi carrozzoni, che rispondono ai nomi dell’Istituto per la previdenza sociale, dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro, dell’Istituto nazionale assistenza malattie lavoratori; carrozzoni i quali, in definitiva, non erano e non rappresentavano che dei posti e degli appannaggi riservati ai gerarchi, che si trovavano in disgrazia o che aspettavano una nuova sistemazione.
Era, quindi, evidente come la nuova democrazia, appena instaurata in Italia, dovesse preoccuparsi primariamente di questo grave problema, il quale ha un aspetto e un’esigenza sociale non trascurabili. Fu così che il Ministro socialista Attilio Di Napoli, nel marzo del 1944, propose la nomina di una Commissione…
CORBINO. Ministro ero io e non ero ministro socialista. La legge è mia, perché ero io allora Ministro dell’industria e commercio.
TOGNI. È giusto quanto osserva l’onorevole Corbino; però debbo anche affermare che la prima iniziativa partì proprio dall’onorevole Di Napoli, Ministro del lavoro col primo Governo italiano di Bari.
In ogni modo il 15 marzo 1944 fu emanato un primo provvedimento il quale dispose la nomina di una Commissione reale per la riforma della previdenza sociale. Le funzioni e le finalità erano chiaramente espresse all’articolo 1, che diceva come fosse istituita presso i Ministeri dell’industria e del commercio, del lavoro e della previdenza sociale, una Commissione per l’esame delle forme di previdenza e di assicurazione sociale in vigore in Italia, ai fini di una riforma della legislazione vigente, ispirata alle esigenze di un ordinamento più semplice ed uniforme e tale da stabilire i limiti della assistenza dello Stato in favore delle classi lavoratrici.
A questo primo Regio decreto seguì il decreto del 1° ottobre 1944, il quale apportò alcune rettifiche, confermando la costituzione, le finalità, le funzioni ed i poteri di questa Commissione, alla quale in definitiva venne data concreta attuazione con la nomina dei suoi componenti per mezzo del decreto 12 maggio 1945.
Con tale decreto furono nominati tre membri effettivi liberi docenti universitari e due supplenti, due esperti effettivi e tre supplenti, quattro rappresentanti dei datori di lavoro effettivi e altrettanti supplenti, quattro rappresentanti dei prestatori d’opera effettivi e quattro supplenti, quattro rappresentanti dei rispettivi Ministeri oltre ai membri supplenti.
Non essendo allora l’Italia ancora completamente liberata si ritenne opportuno riservare alcuni posti al Nord per quando esso fosse stato liberato. Perciò all’articolo 2 di quella disposizione è detto che con successivo decreto si sarebbe provveduto al completamento della Commissione, rilevandosi all’uopo la necessità di lasciare a disposizione del Nord un posto fra i membri effettivi docenti universitari, due posti fra i membri supplenti docenti universitari, due posti fra i membri effettivi esperti ed un posto fra i membri supplenti esperti, nel mentre appalesavasi con evidenza che analoga riserva non s’imponeva per i rappresentanti dei Ministeri, per i rappresentanti dei prestatori d’opera e dei datori di lavoro, in quanto le singole organizzazioni, e i singoli Ministeri, avrebbero potuto provvedere a tempo debito alla integrazione, modifica o sostituzione dei membri a ciascuno di essi assegnati.
La Commissione, ispirata ai criteri che ho esposto, ebbe una composizione a carattere prevalentemente tecnico, rispondente ad un triplice ordine di finalità.
Fra queste, di maggiore rilievo la finalità di predisporre una riforma di ordine generale di tutti gli istituti che attengono alla previdenza e assistenza sociale, compresi quelli relativi al settore infortunistico e assistenziale, settore che, soprattutto in questa delicata fase di assestamento sociale, ha una importanza tutta particolare.
La seconda finalità informativa della Commissione fu quella di provvedere, quale organo tecnico di consulenza e di controllo, a confortare il Ministero nella emanazione di tutti quei provvedimenti di carattere contingente che nel frattempo si fossero resi necessari.
Infine, è stata tenuta presente una terza finalità – la cui importanza certamente non vi può sfuggire, conoscendo le difficoltà e i ricorrenti sistemi di allegra e caotica amministrazione di taluni istituti – e cioè quella di attuare un sistema di ispezione, controllo, vigilanza, direi giornaliera, sullo sviluppo e sull’attività di questi istituti, per mezzo dei membri partecipi della Commissione.
La Commissione stessa fu insediata con una cerimonia, a dire il vero, solenne, voluta dall’allora Ministro dell’industria, commercio e lavoro, onorevole Gronchi, e svoltasi alla presenza di autorità italiane ed estere: un insediamento, insomma, che lasciò largamente sperare in un proficuo e sollecito lavoro in un campo tanto difficile, e, nel contempo, tanto delicato e necessario.
In tale occasione, furono brevemente delineati i fini, o meglio, gli indirizzi che la Commissione si proponeva di seguire nello svolgimento dei propri lavori, indirizzi che io desumo, per miglior memoria, da una esposizione alla Consulta, che brevemente rileggo:
«Il primo problema posto sul tappeto fu quello della semplificazione, dello snellimento, del coordinamento, se non della unificazione, dei vari istituti al servizio della previdenza nelle sue varie forme ed aspetti di esplicazione: infortunistico, assistenziale e sociale in senso lato. Fu preso in considerazione il problema della ripartizione annuale delle spese sul criterio del cumulo patrimoniale complessivo (quel cumulo patrimoniale, che, poi, ha dato quei risultati che tutti conosciamo).
«Attualmente vige il sistema di far versare determinati contributi, i quali vanno a costituire un fondo patrimoniale per far fronte alle necessarie prestazioni volta a volta richieste ai vari istituti. Si presentò la possibilità, e forse la necessità di sostituire a questo sistema una forma di ripartizione annua in relazione al carico; vale a dire, di trasformare, in definitiva, questi istituti in una specie di cassa di compensazione, la quale, anno per anno, avrebbe chiuso il proprio bilancio ripartendo le prestazioni in relazione alle controprestazioni.
«Il terzo punto preso in esame, si riferisce al carico dei contributi (il quale effettivamente nel frattempo è stato risolto secondo i voti della Commissione, e cioè ponendolo tutto a carico dei datori di lavoro).
«Venne inoltre posto sul tappeto il problema delle prestazioni per adeguarle, sia sotto forma di pensioni, sia sotto forma di prestazioni in natura a quelle che sono e che saranno le vere necessità nel momento nel quale le necessità stesse dovranno essere affrontate.
«Si trattava, in sostanza, di stabilire una vera e propria scala mobile delle prestazioni, in relazione alle esigenze del momento (eravamo al maggio 1945).
«Fu, infine, affermata la necessità (ed era questa la base, il punto di partenza, l’elemento coordinatore, la finalità prima) di rendere le prestazioni veramente serie ed adeguate alle necessità dei lavoratori».
Dopo tanto buon seme, la Commissione non è stata più convocata.
Subito dopo il suo insediamento sopravvenne la nota crisi ministeriale, che portava alla divisione del Ministero dell’industria commercio e lavoro nei due distinti Ministeri, dando vita a quel Ministero del lavoro che noi tutti abbiamo visto sorgere con tante speranze e con tanta fiducia, perché sentivamo la necessità di un Ministero che, in un momento tanto difficile della vita italiana, potesse promuovere una giusta tutela degli interessi dei lavoratori e nel contempo potesse servire, quale elemento contemperatore, là, dove e quando le opposte esigenze fossero diventate eccessivamente critiche.
Ho detto che la Commissione non fu più convocata. A nulla valsero le richieste del presidente, le richieste dei singoli membri; fu steso un velo su questa Commissione, finché, il 25 ottobre del 1945, ebbi l’onore, quale membro della Commissione del lavoro e della previdenza sociale della Consulta, proprio nella seduta di inaugurazione dei lavori, di sollevare una formale eccezione sul modo e sui sistemi che al Ministero del lavoro si erano seguiti nei confronti della Commissione.
Rileggo brevemente quanto allora ebbi modo di rilevare:
«Desidero attirare l’attenzione sulla Commissione per la riforma della previdenza istituita con apposita legge… Essa fu creata per l’esame delle norme di previdenza, assistenza e assicurazione sociale attualmente in vigore in Italia, ai fini di una riforma della legislazione vigente, ma non è stata mai più convocata, nonostante che tutti riconoscano l’urgenza di risolvere questo problema, perché l’attuale trattamento di previdenza non soddisfa nessuno ed i maggiori istituti assistenziali hanno necessità di una riforma radicale e di una pronta ricostruzione dei rispettivi organi normali amministrativi».
A questo mio rilievo altri Consultori si associavano e l’allora Ministro del lavoro Barbareschi rispondeva:
«Avverto che la Commissione per la riforma della previdenza sociale non è costituita in modo del tutto soddisfacente e dovrà essere, con l’ausilio delle organizzazioni sindacali, opportunamente modificata».
Vi risparmio l’elencazione dei successivi solleciti e delle successive riserve, ma credo che non può esser tra voi chi non veda come la risposta del Ministro Barbareschi sia risultata abbastanza strana in quanto noi ci trovavamo, come ci troviamo, di fronte ad un regolare decreto che aveva investito questa Commissione di determinati poteri, i quali non potevano esserle tolti che dall’organo – il Consiglio dei Ministri – che tali poteri aveva ad essa conferito.
Arrivammo alla seduta 6 marzo 1946, seduta plenaria della Consulta, nella quale il compianto onorevole Grandi, cui va ancora una volta il nostro pensiero commosso, preoccupato della situazione dei lavoratori, presentava una interpellanza di contenuto identico a quello che io oggi presento e che fu da lui illustrata nei suoi particolari, fra il grande interesse e la sentita commozione degli ascoltatori.
Non voglio leggervi, per brevità, quanto fu allora discusso, anche col mio diretto intervento, e le assicurazioni che furono date dall’allora Ministro del lavoro circa una sollecita ripresa di attività della Commissione. L’esigenza insopprimibile, anche sotto il profilo politico, dell’iniziativa veniva nuovamente riconosciuta e veniva, anzi, sottolineata l’urgenza indilazionabile del suo operare.
Neppure tale interpellanza, le assicurazioni date in risposta, la bontà degli argomenti svolti ebbero l’esito sperato. Sembra che su questa Commissione e su questo problema (e non vorrei dire sull’ingerenza nell’attuale amministrazione degli enti previdenziali) vi sia qualche cosa che non consente interventi di sorta, che non consente di porre limiti, di riformare, di modificare la situazione attuale di caos, della quale tutti non possiamo che essere decisamente scontenti.
Intanto, nel mentre coloro i quali avevano competenza ed esperienza e preparazione per studiare, riferire, proporre quanto urgeva e quanto, ancora a distanza di due anni, si impone, mentre questa Commissione veniva costretta ad un sopore di origine niente affatto legale e niente affatto democratica, si provvedeva, e si continuava a provvedere attraverso una serie di provvedimenti più o meno improvvisati, più o meno rispondenti a determinate contingenti necessità, con metodi sui quali non voglio intrattenermi in questa sede e sui quali molto ci sarebbe da dire, e che hanno portato comunque a gravi distruzioni di reddito con la massima incoscienza, senza sentire mai, ripeto, mai, il competente ed esperto pensiero di questa Commissione.
Non si sono ancora, nonostante l’indirizzo base, vivo oggi come ieri, ricostituite, a distanza di anni, le regolari amministrazioni, cui la Consulta apprestò, approvandoli, i relativi schemi di provvedimenti,
Siamo ancora in regime commissariale, e come le cose vadano tutti lo sappiamo. Pur tuttavia non si pensa ancora a riformare un settore di così grande e delicata importanza.
Intanto i contributi salgono, mentre le prestazioni diminuiscono. Faccio appello all’obiettività del ministro d’Aragona in proposito perché riconosca quanti rilievi, quante proteste e lagnanze pervengono a lui da ogni parte per il modo con cui le prestazioni stesse vengono effettuate, sulla loro forma e sulla loro misura.
Nella mia città, a Pisa, vi è un palazzo, sul frontone del quale figura il motto: «Alla giornata». Sembra che questo sia diventato il programma degli istituti di previdenza e di assistenza italiani, quegli istituti che manipolano, che amministrano centinaia di miliardi, dico centinaia di miliardi. Ma vogliamo sperare che anche il Ministero del lavoro non abbia fatto suo questo motto. Proprio in questi giorni, infatti, noi abbiamo avuto il piacere, e abbiamo il piacere, di rivedere in circolazione schemi di provvedimenti di legge a suo tempo elaborati dall’allora Ministro Gronchi, riferentisi all’ordinamento dello stesso Ministero del lavoro ed a un complesso di ordinamenti dei quali, in piena carenza legislativa sul lavoro, sentiamo l’assoluta natura impellente.
Vogliamo sperare che tutto questo sia un sintomo di ripresa di una attività decisa, che porti a coprire ed a colmare le gravi lacune, per normalizzare gli istituti con una sana regolamentazione.
Il problema ha una sua alta importanza morale, sociale e giuridica. Non dimentichiamo che il tema riguarda enti con facoltà di imporre contributi, cui è affidata in monopolio un’attività particolarmente delicata.
Voi tutti sapete certamente quale sia la misura dei contributi che vengono oggi a gravare sui salari e sugli stipendi degli operai e degli impiegati. Senza discendere ad eccessivi dettagli, potrei dirvi, ad esempio, che per gli impiegati di prima categoria l’ammontare complessivo dei tributi destinati ai tre Istituti è del 28,45 per cento sullo stipendio base, vale a dire che di fronte ad una retribuzione, stipendio ed indennità di contingenza compresi, di lire 22.075, gravano, per contributi vari, lire 4290.20.
L’impiegato di terza categoria ha un carico ancora superiore, nonostante sia limitato alle prime 6.200 lire, perché sullo stipendio base esso grava per il 45 per cento, mentre sullo stipendio base ed indennità di contingenza conglobate ammonta ad 26 per cento. Ad un totale di lire 15.875 corrispondono 3.985,30 lire di contributi. Ma dove la percentuale sale a cifre veramente astronomiche è sui salari, sulle retribuzioni degli operai. Abbiamo una media, a seconda delle categorie, e dei rami di attività, che va dal 55,50 per cento minimo al 75,65 per cento sulla paga base, e, facendo la percentuale sul cumulo della paga e della contingenza, si va da un minimo del 35 a un massimo del 41 per cento. È questa una ridda di miliardi, perché se moltiplichiamo dette cifre per i milioni di contribuenti, di lavoratori manuali ed intellettuali ai quali vengono applicati, avremo un’idea abbastanza approssimativa della enorme massa di denaro che confluisce nelle casse di questi istituti, massa di denaro, cifre ingenti, carico veramente notevole che in definitiva paga il consumatore, paga lo stesso popolo italiano, evidente essendo che il datore di lavoro non fa altro che rivalersi dei contributi a suo carico sui prezzi di costo e quindi sui prezzi di vendita.
Ora, quali sono le prestazioni effettivamente date da questi istituti? Non scendo al dettaglio, perché è veramente triste constatare la misura in cui le pensioni vengono liquidate, sapere la cifra dei capitali che vengono corrisposti per infortunio.
Sono veramente delle prestazioni inadeguate, e si capisce la ragione di ciò, quando, a parte ogni altra considerazione di ordine amministrativo, si pensi e si percepisca il cumulo di spese generali oggi gravanti questi istituti.
A quanto mi risulta, perché nonostante in mia facoltà, non mi è stato possibile accertare ed appurare esattamente, vi sono alcuni settori dell’attività previdenziale che hanno spese generali sul cumulo dei premi superiori al 50 per cento.
Non voglio oltre dilungarmi. Ho ritenuto doveroso – dopo essermi intrattenuto qualche settimana fa in tema col direttore generale della previdenza al Ministero del lavoro – rinnovare la preghiera di prendere in considerazione il problema della previdenza, di cercare in qualche modo di rispettare il famoso decreto, di proporre questa mia interpellanza, perché confido che finalmente essa si imporrà all’attenzione di chi è chiamato alla risoluzione delle ricordate necessità.
Occorre che noi snelliamo, coordiniamo gli organismi esistenti, occorre che creiamo degli organismi nuovi. Cosi, come abbiamo affrontato nelle nostre Commissioni della Costituente quel principio della previdenza e dell’assistenza che è un riflesso diretto e concreto del diritto alla vita da parte di tutti gli uomini, e in particolare dei lavoratori, oggi chiediamo che, finalmente, questo problema sia risolto, non già con provvedimenti palliativi, temporanei e contingenti, che aggraverebbero il problema generale, ma con provvedimenti decisi e definiti che valgano a risolvere il problema stesso nella sua concretezza, nelle sue multiformi esigenze, nell’interesse vero dei consumatori e dei lavoratori italiani. (Vivi applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Ministro del lavoro e della previdenza sociale ha facoltà di rispondere.
D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Sarò molto breve, anche perché voglio limitarmi soltanto all’oggetto dell’interpellanza. L’interpellante lamenta che la Commissione che doveva essere, anzi che è stata costituita in base al decreto del 13 marzo 1944, non ha incominciato ancora a funzionare.
Il mio predecessore ha creduto opportuno, considerando che il provvedimento di cui al decreto del 25 marzo 1944 e successivo decreto del 1° ottobre 1944 precedevano l’unione delle varie regioni d’Italia, apportare ad essi quelle modifiche che la nuova situazione determinava e consigliava.
Rendo lode all’onorevole Corbino, che volle l’istituzione di una Commissione per la riforma sociale, perché anch’io penso non solo ciò che l’interpellante ha affermato qui, che cioè gli istituti di assicurazione hanno bisogno di riorganizzarsi e di trasformarsi; ma che hanno bisogno anche di una riforma non solo le stesse leggi che regolano gli istituti, ma tutte le leggi che riguardano l’assistenza e la previdenza sociale. Purtroppo nel nostro paese la legislazione sociale in merito alla previdenza è un po’ come un mosaico: sono sorte varie leggi e sono stati attribuiti i compiti da esse previsti a quegli istituti che esistevano, chiamando così alcuni istituti a compiere funzioni che indiscutibilmente esulavano dai loro compiti, appesantendo così la stessa attività di tali istituti e aumentandone i costi dei servizi, di modo che realmente oggi noi abbiamo oneri eccessivamente gravi per il funzionamento degli enti cui sono affidate le gestioni delle assicurazioni sociali di previdenza e di assistenza. È quindi giusto che si nomini una Commissione che compia degli studi, non si limiti soltanto a stabilire il regolamento degli istituti assicurativi, ma a predisporre tutta la materia delle assicurazioni in Italia con tutte le trasformazioni che sono ora necessarie.
Indubbiamente, mentre ci sarà un lavoro di unificazione da un lato e di decentramento dall’altro, bisognerà anche determinare le categorie che dovranno usufruire dell’assicurazione ed in quale forma. Ma inoltre c’è da rivedere il concetto fondamentale informatore: fin adesso abbiamo sempre considerato che l’assicurazione debba derivare puramente e semplicemente dal contratto di lavoro. Ebbene, bisogna esaminare se il nostro Paese è effettivamente maturo per trasformare anche questo concetto, cioè se dobbiamo vedere come soggetto del diritto di assicurazione soltanto coloro la cui attività è regolata da un contratto di lavoro, oppure se dobbiamo considerare soggetto di esso il cittadino come tale.
È un problema che non si risolve con delle conversazioni accademiche, ma che richiede studi severi. È un problema da esaminare in base a dati ed elementi molto complessi. Ecco perché la Commissione ha un grave compito da assolvere.
Quando sono stato nominato Ministro, non sapendo ancora se fosse stato o no emanato un decreto per l’istituzione di una Commissione del genere, mio primo pensiero fu, per la competenza che ho in questi problemi che seguo da più di quaranta anni e per la esperienza organizzativa che mi deriva dall’aver fatto parte di molti istituti come consigliere di amministrazione, di nominare subito una simile Commissione.
Ho presentato quindi un progetto per modificare la struttura, la composizione della istituita Commissione, la quale aveva forse un eccessivo numero di professori universitari, e aveva troppo pochi rappresentanti degli interessi. Mancava cioè la rappresentanza equa, che a Salerno non poteva essere tenuta in grande considerazione, ma che diveniva necessaria quando in Italia l’organizzazione sindacale, sia padronale, sia delle classi lavoratrici, si è sviluppata.
GRONCHI. Non si tratta di Salerno ma di Roma, perché la composizione della Commissione è mia.
D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Quindi ho proposto che si aumentasse il numero dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Se volevamo sul serio avere una Commissione di competenti, bisognava richiedere anche alle organizzazioni sindacali che il concetto che esse dovevano seguire nella nomina dei loro rappresentanti fosse non di mandare dei rappresentanti generici soltanto per fare affermazioni di principio, ma dei competenti in materia, che potessero con perfetta conoscenza di causa discutere nel merito.
GRONCHI. Due anni sono troppi per questa trasformazione.
D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Due anni fa io non c’ero e non so che cosa avete fatto voialtri. Vi lamentate che oggi gli istituti assicuratori abbiano ancora dei commissari: vorrei pregare tutti i partiti di fare l’esame di coscienza per vedere di chi è la colpa. (Applausi).
GRONCHI. Facciamolo pure!
D’ARAGONA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Quindi ho proposto al Consiglio dei Ministri, prima che sapessi dell’interpellanza, un progetto di legge per arrivare alla nomina di questa Commissione. Nel Consiglio dei Ministri mi si è fatto il rilievo che non era necessario un progetto di legge, poiché bastava un decreto presidenziale, sentito il parere del Consiglio di Stato. Oggi la proposta per questa Commissione è davanti al Consiglio di Stato. Io mi impegno, non appena il Consiglio di Stato avrà espresso il suo parere, di presentare il decreto nuovamente al Consiglio dei Ministri e a provvedere immediatamente alla nomina di una Commissione.
Questa è la situazione di fatto; se dovessi poi entrare in tutta la discussione fatta, che però esula dall’interpellanza, dovrei riconoscere che indubbiamente le assicurazioni sociali costano molto e rendono poco: ecco quindi un altro dei motivi che rendono necessaria la Commissione. I datori di lavoro si lamentano che gli oneri sono eccessivi ed hanno ragione; i lavoratori si lamentano perché i vantaggi sono limitati ed hanno perfettamente ragione. Ma io voglio raccomandare a tutti gli onorevoli colleghi che facciano opera di propaganda perché i datori di lavoro rispondano alle esigenze che ho sopra illustrate e che potranno essere soddisfatte con minori costi attraverso le riforme che poi potremmo escogitare, mediante i lavori e gli studi di questa Commissione.
La verità è che gli istituti di assicurazione vivono oggi con i quattrini che incassano. In Italia, per esempio, abbiamo ancora i lavoratori della terra che hanno gli assegni familiari di una lira al giorno. Voi capite che è una irrisione, una mortificazione; è possibile oggi pensare che gli assegni familiari possano limitarsi ad una lira al giorno? Ora se noi vogliamo elevare questi assegni, bisogna che si aumentino i contributi; ma se aumentano i contributi, aumentano anche le proteste. Voi capite quindi qual è la situazione; non dipende dal Ministro, bisogna infatti che egli abbia i mezzi per poter consentire agli istituti di assicurazione di effettuare quelle prestazioni che giustamente la classe lavoratrice ritiene eque. Ecco quindi la necessità che la Commissione esamini anche questi particolari problemi. All’Istituto di previdenza sociale resta ancora, per esempio, affidato tutto il problema degli assegni familiari. Ma gli assegni familiari non sono assicurazioni, sono un’integrazione salariale per la quale non era il caso di fare intervenire l’istituto, facendo gravare su di esso una spesa che non dovrebbe sostenere.
Anche su ciò, la Commissione dovrà volgere il suo esame e dovrà indicare al Ministero ed al Parlamento – si tratterà probabilmente dell’Assemblea che seguirà a questa, – con tecnica, con competenza, con senso di giustizia ed equanimità le possibili soluzioni di tutti questi problemi, perché finalmente anche in Italia si possano avere previdenze e assicurazioni sociali gestite in modo da garantire l’economicità delle gestioni ai datori di lavoro, i lavoratori e tutti i cittadini, perché, in ultima analisi, chi paga e sopporta il peso di tutti gli oneri delle assicurazioni è il consumatore. Quindi è bene che il cittadino, sul quale gravano tutti gli oneri delle assicurazioni, sappia, attraverso i suoi rappresentanti al Parlamento, come è gestita questa forma di assicurazione ed abbia la sicurezza che sarà sempre gestita con economia e con criteri sani. (Applausi).
TÓGNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOGNI. Ritengo opportuno intrattenermi brevemente sui punti toccati dal Ministro D’Aragona.
Non mi dilungo sugli orientamenti di una eventuale riforma, sui quali ed oltre i quali possiamo essere perfettamente d’accordo. Io vorrei venire al grano, come dicono al mio paese, e cioè scendere al concreto su quello che è l’argomento preciso della interpellanza.
Il Ministro ha parlato della giusta necessità di tenere conto del Nord, ma se non sbaglio ho già fatto presente come la costituzione della Commissione già questo consentisse largamente e comunque come in 18 mesi di tempo, ché tanti ne sono trascorsi dall’inizio dei lavori della Commissione e dalla sua, diciamo così, «serrata», ben altre nomine noi potevamo e il Ministro poteva effettuare.
Vi è, dice il Ministro, una eccessiva presenza di elementi tecnici, di professori, di docenti. Mi sia permesso di contestare questa affermazione, perché su circa 40 membri vi sono, se non erro, solamente 5 professori universitari. Quindi non vi è che un minimum di partecipazione di quegli elementi che occorrono perché si abbia il doveroso e necessario contributo tecnico che in simile materia si impone. Nei problemi assicurativi non si tratta di fare semplici affermazioni di principio, né tanto meno formulazioni a sfondo demagogico, ma si tratta di affrontare i problemi stessi con competenza, con serietà e con preparazione. Ciò non toglie che sarebbe stato e sia ora opportuno integrare la Commissione nel modo ritenuto più giusto e necessario. Ma perché questo non si è fatto in 18 mesi?
Dice il Ministro che vi è in Italia una inflazione di provvedimenti. Non tiriamo sassi in piccionaia! Questa inflazione si è verificata proprio in questi 18 mesi, durante i quali la Commissione avrebbe dovuto fare opera di controllo su di essi e dare il suo esperto, fattivo, responsabile contributo in una materia che ciascuno di noi comprende, appena appena la sfiori, quali grandi responsabilità comporti; questa essendo una materia irta di particolari difficoltà, che pretende il contemperarsi dei principî, delle aspirazioni e delle necessità con le esigenze reali.
L’onere contributivo è grave, ha detto giustamente il Ministro. Ma non è questo che più preoccupa. Accettiamo pure che questo onere sia rilevante, ma consenta in effetti determinate reali provvidenze, la necessità delle quali tutti avvertiamo. Questo onere deve essere però chiaramente giustificato attraverso un riordinamento, una seria amministrazione e attraverso una adeguata prestazione. È la Commissione che doveva e deve fare l’esame di tutto il problema. Al Ministro può essere sfuggito che la Commissione doveva portare i risultati delle proprie funzioni in questa Assemblea. Egli ha affermato che provvederà ad aggiornare la Commissione attraverso un semplice decreto ministeriale, che sarebbe attualmente sottoposto al parere del Consiglio di Stato. Io sono di opinione leggermente diversa da quella del Ministro e ritengo che questa sia materia costituzionale, sulla quale dobbiamo pronunciarci, perché investe un settore di grande importanza per la vita pubblica e sociale italiana. Pur apprezzando lo sforzo tardivo del Ministro del lavoro, formalmente ritengo e credo oggi mio dovere chiedere che il provvedimento stesso sia portato alla discussione di questa Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sullo Fiorentino. Ne ha facoltà.
SULLO FIORENTINO. Chiedo se il Governo intenda rispondere ad una interpellanza che ho presentato, circa la sperequazione dei lavori pubblici a Roma in confronto delle altre città.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro dei lavori pubblici.
ROMITA, Ministro dei lavori pubblici. Prego l’interpellante di rinviare di poco la interpellanza per varie ragioni. Innanzitutto perché essa dovrebbe essere abbinata ad un’altra interpellanza, presentata dall’estrema sinistra. Le due interpellanze mi daranno modo quindi di esporre alla Camera tutto il programma di lavoro eseguito, le opere costruite e da costruirsi dal mio Ministero, perché la Camera ed il Paese possano conoscere quanto si è fatto. Un’altra ragione particolare, che riguarda l’interpellanza dell’onorevole Sullo Fiorentino e per cui chiedo un breve rinvio, è che c’è stata un’inchiesta da me provocata, per la quale proprio in questi giorni è stata presentata una relazione con delle proposte, relazione consegnata al Capo del Governo. In settimana potremo discuterla, al Consiglio dei Ministri, in modo che potrò poi comunicare alla Camera ed all’onorevole interpellante i provvedimenti che saranno presi in materia.
PRESIDENTE. L’onorevole Sullo Fiorentino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
SULLO FIORENTINO. Sono soddisfatto delle parole del Ministro. Quello che a me importa però è che il Ministro tenga presenti le critiche che facciamo in sede di interpellanza, anche se poi la discussione dell’interpellanza stessa dovrà avvenire di qui a qualche mese. Quello che m’interessa è che il Ministro tenga presente che esiste nel Paese uno stato di disagio e che l’opinione pubblica manifesta vivo malcontento per il modo come i lavori pubblici sono stati organizzati in Roma e nei dintorni di Roma. È bene che una discussione sia fatta su questo argomento quando il Ministro crederà di avere gli elementi a disposizione, in maniera che tutti noi deputati possiamo essere illuminati, e, particolarmente, il Paese possa conoscere la verità.
PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Condorelli ha chiesto che sia discussa d’urgenza la seguente mozione, firmata anche dagli onorevoli Bellavista, Lucifero, Benedettini, Marinaro, Siles, Fresa, Ayroldi Carissimo, Miccolis, Coppa, Colonna, Dominedò, Abozzi, Puoti, Maffioli, Tumminelli, Patrissi, Penna Ottavia, Patricolo, Giacchero:
«L’Assemblea Costituente – premessa la urgente necessità di creare un ambiente di tranquillità nel Paese, ai fini della ricostruzione; ritenendo opportuno che la nomina dei componenti le Commissioni per le avocazioni dei profitti di regime, rimessa al Ministro delle finanze, sia invece devoluta ad una Commissione composta, nelle singole provincie, dal prefetto, dall’intendente di finanza e dal presidente del tribunale, e ciò perché, nella scelta dei nomi, deve prevalere la competenza tecnica sul criterio politico, invita il Governo a sospendere l’insediamento delle Commissioni nominate e disporne la nomina in conformità del criterio su richiamato».
I proponenti osservano che nella discussione dell’interpellanza sull’argomento il Ministro delle finanze ha dichiarato di accettare il dibattito e che è sorta la proposta di rendere più attivo e determinante l’intervento dell’autorità giudiziaria, in considerazione del carattere sanzionatorio della legge.
Chiedono pertanto la immediata fissazione della mozione e che nel frattempo sia sospesa l’esecuzione della legge.
Qual è l’opinione del Governo?
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Ministro delle finanze ha dichiarato di accettare la discussione, ma non di sospendere l’applicazione del provvedimento. Quindi, noi siamo d’accordo nell’accettare la discussione di questa mozione; ma il giorno non mi pare si possa stabilire in questo momento.
PRESIDENTE. La Camera potrà essere riconvocata in gennaio.
CONDORELLI. A gennaio sarà inutile discutere la mozione. L’Assemblea ha dimostrato il suo vivo interesse a trattare questo problema. Credo che si possa benissimo fissare la seduta di lunedì.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Il Sottosegretario di Stato per le finanze mi dice essere impossibile che il Ministro per lunedì abbia tutti i dati, cui ha accennato, in modo che si possa controllare come le Commissioni sono state costituite.
D’altra parte, la legge è in attuazione; non mi pare possibile sospenderla.
Il Ministro si è dichiarato contrario alla sospensione della legge; noi stessi l’abbiamo votata. Essa, per gli scopi cui mira, è di assoluta urgenza. È l’organo esecutivo che dovrebbe essere modificato; ma questo non è necessario sia fatto domani o dopodomani.
Sono quindi contrario a discutere immediatamente. Alcuni giorni occorrono perché il Ministro possa riferire dettagliatamente.
CONDORELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Osservo che non mi pare che occorrano dei dati circa la formazione delle Commissioni, già avvenuta.
Si tratta di discutere una questione di puro diritto, in cui non v’è altro dato che la nostra coscienza giuridica e la nostra intelligenza.
Secondo me, la questione si potrebbe discutere anche stasera, se non vi fossero impedimenti di regolamento. Solo per questo ho chiesto che si discuta lunedì o martedì.
Ma la discussione sarebbe perfettamente vana, se rinviassimo di un mese o due, tanto più che la legge è in attuazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.
TOGLIATTI. Vorrei chiedere a qualche competente del Governo: è vero o non è vero che sono in corso da due giorni gli accertamenti di un miliardo di sopraprofitti di regime per il signor conte Vaselli? Perché vorrei sapere quale legame potrebbe avere una proposta di sospensiva con l’esecuzione della legge. (Applausi all’estrema sinistra – Commenti – Vivissimi rumori e proteste al centro e a destra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. A nome di tutti i deputati, (Commenti) che sentono la solidarietà collegiale e la gravità della loro missione di rappresentanti del popolo, io protesto contro questa forma di insinuazioni e chiedo al Presidente di nominare una Commissione parlamentare, a norma di Regolamento, per stabilire se per qualcuno di noi ci sono collusioni con chicchessia. (Applausi a destra – Commenti – Rumori).
PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti non ha mossa una specifica accusa ad alcun deputato. Leggo l’articolo 80-bis del Regolamento, il quale dice: «Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi il fondamento dell’accusa; alla Commissione può essere assegnato un termine per riferire».
Non mi sembra, però, che si sia verificato questo caso.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Non so se l’allusione dell’onorevole Togliatti si riferisse per avventura anche ai firmatari della prima interpellanza Riccio. Gliene faccio formale richiesta. (Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Patrissi. Ne ha facoltà.
PATRISSI. Debbo ringraziare l’onorevole Togliatti e l’onorevole Gronchi. Comincerò dall’onorevole Gronchi: lo ringrazio della ingenerosità con la quale tende a distinguere la responsabilità dei suoi colleghi di gruppo da quella dei colleghi degli altri settori. (Applausi).
Una voce. Che c’entra?
PATRISSI. Ringrazio poi l’onorevole Togliatti perché mi offre il destro di precisare che in tutto il Paese circolano voci deplorevoli sulla attività della direzione generale della finanza straordinaria ed io ne porto formale accusa.
Il primo accertamento per il signor Vaselli – che non ho il piacere di conoscere – era di 4 miliardi. In seguito a losche manovre e oblique trattative esso è stato ridotto a due. Intanto queste manovre continuano (Rumori – Commenti).
Ora devo dire al Ministro delle finanze che le trattative in materia di accertamento per avocazione di profitti di regime vengono fatte direttamente dal Gabinetto del Ministro. Informo da collega a collega il Ministro delle finanze di ciò che avviene nel suo Gabinetto: due ispettori generali del Ministero, lo stesso direttore generale della finanza straordinaria girano in tutta Italia e trattano direttamente.
Siamo in grado di precisare i nomi di coloro che funzionano da galoppini in queste scandalose manovre del Gabinetto del Ministro! (Applausi a destra). Chiedo formalmente che una inchiesta parlamentare tendente a salvaguardare la dignità ed il prestigio del Governo e dello stesso Ministro delle finanze – che, per quanto di parte avversa, è investito di uno dei massimi poteri dello Stato – accerti le responsabilità e faccia piazza pulita dei colpevoli. (Approvazioni).
Non abbiamo nessuna tenerezza per gli speculatori e per coloro che hanno realizzato profitti di regime. (Rumori a sinistra – Approvazioni a destra).
Onorevoli colleghi, l’ipotesi più generosa è che queste manovre fruttino a privati; ma la voce pubblica insinua che fruttano anche a qualche partito! Sono più geloso di voi della nostra dignità parlamentare e chiedo che coloro che hanno realizzato profitti illeciti restituiscano il mal tolto.
Ma, in seno alla Commissione legislativa, solo io e due colleghi qualunquisti abbiamo chiesto che nella procedura stabilita dal Ministro delle finanze non si incuneassero lacune o parentesi di arbitrio: mentre in un primo momento i colleghi socialisti erano d’accordo, il giorno dopo, per una delle solite sospensive, furono tutti contrari alla nostra proposta di rinviare all’Assemblea plenaria un argomento così grave e così delicato. Noi ci preoccupavamo allora della dignità dello stesso Ministro delle finanze: il magistero dell’autorità dello Stato è così avvilito, così lacero, così malconcio che, se tutti insieme non ci preoccupiamo di risollevarlo, gravi giorni ci attendono e nere nubi sovrastano il nostro destino.
Pertanto, rinnovo e confermo la necessità di una inchiesta parlamentare che accerti a fondo le responsabilità. (Vivi applausi a destra e al centro – Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.
TOGLIATTI. Devo una risposta all’onorevole Gronchi e non ho che da dirgli: controlli il resoconto parlamentare. Io ho unicamente chiesto se – dato che era giunto al mio orecchio che erano in corso questi accertamenti a carico di un tipico profittatore fascista – la richiesta di sospensiva di tutta questa procedura non potesse nuocere troppo gravemente allo Stato. (Commenti – Rumori vivissimi – Proteste al centro e a destra).
GRONCHI. L’onorevole Togliatti ha chiesto se, per avventura, non vi fosse qualche collegamento…
LUCIFERO. Ha detto «collusione»!
PRESIDENTE. Non c’è nessuna collusione! È esclusa dalla interpretazione che l’onorevole Togliatti ha dato. (Rumori a destra e al centro).
LUCIFERO. L’onorevole Togliatti deve ritirare quello che ha detto; deve ritirare la parola «collusione»!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Terracini. Ne ha facoltà.
TERRACINI. Mi pare molto strano che, in una maniera così inattesa, si cerchi di eludere il primo problema che è stato posto di fronte all’Assemblea, il quale è costituito dalla trasformazione in mozione di una interpellanza. È mezz’ora che, attraverso a un chiasso di vario genere, si cerca di dimenticare la prima impostazione del problema. Perché, egregio collega onorevole Lucifero, io ammiro la sua sensibilità, per quanto possa anche non riconoscere in lei questo spontaneo impulso che lo ha spinto a parlare, senza delega, a nome di tutta l‘Assemblea…
Una voce. Siamo d’accordo tutti.
TERRACINI. …ma chiedo per quale ragione pochi minuti prima delle parole dell’onorevole Togliatti, che l’hanno così profondamente offesa – ed intercorrevano venti metri di distanza – lei non ha affatto udito l’ingiuria assai più grave rivolta da un collega che siede molto vicino a lei quando, accennando a questi banchi, ha chiesto in maniera insolente che si rendesse conto, da noi, dei milioni di Dongo. Era un’offesa assai più grave perché, non dico che si possa tollerare, ma si possa anche accettare che in un maneggio pubblico di danaro qualcuno riesca ad approfittare di denaro di privati; ma a quei tali ipotetici milioni di Dongo sarebbe commisto il sangue dei caduti per la liberazione del nostro Paese. (Rumori a destra – Interruzioni). E lei, onorevole Lucifero, e tutti i suoi vicini di banco che hanno sentito quell’ingiuria, non hanno elevato protesta; ma in questo momento, poiché si tratta di uno degli affaristi più spregevoli del nostro Paese, ecco che la sensibilità si acuisce. Ed io di questo mi meraviglio, non per lei che conosco e rispetto, ma per il senso strano che le sue parole hanno avuto in questa Assemblea.
Chiedo veramente al senso di dignità di tutti i miei colleghi: ritorniamo al problema quale esso è stato impostato.
Vi è una richiesta perché una interpellanza sia trasformata in mozione; si è domandata la discussione urgente della mozione; il Governo, per bocca dell’onorevole De Gasperi, ha risposto. Decidiamo su questa questione e se mai si vogliano fare delle inchieste parlamentari, per carità! prendiamo un foglio bianco e scriviamoci in fila tutte le questioni tristi sulle quali il Parlamento dovrebbe indagare.
E penso che le questioni intorno alle quali si acuiscono tanti sdegni in questo momento avrebbero il loro posto, non dico in coda, ma abbastanza in fondo. È meglio, quindi, che ciò non avvenga per rispetto nostro e del nostro popolo. (Approvazioni a sinistra – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. L’onorevole Terracini, che mi conosce bene, ed al quale sono unito da vincoli di sincera stima e cordialità, ha voluto richiamarmi all’ordine del giorno. Nessuno aveva dimenticato gli argomenti di cui si trattava, perché proprio da questa parte era venuta l’iniziativa. Nessuno intende sviare la discussione, perché l’onorevole Terracini sa che i miei amici ed io abbiamo proprio il difetto, certe volte se si vuole l’imprudenza, di affrontare le discussioni e di non accettare che si sviino. Ma noi non possiamo accettare che una causa che riteniamo giusta venga torta ad offesa o ad insinuazione; perché, quando l’onorevole Togliatti ha detto che non sapeva se il fatto che in questi giorni si trattasse una non so quale transazione Vaselli potesse avere collegamento con questa nostra proposta e se non ci potesse essere collusione, debbo sinceramente pensare – poiché conosco la prudenza dell’onorevole Togliatti – che forse non era sua intenzione di dire qualcosa che suonasse offesa; ma la sua parola suonava offesa: l’abbiamo ascoltata noi e l’ha ascoltata il pubblico che rappresenta la Nazione. Abbiamo il diritto che siano chiarite: o la parola o la nostra posizione. (Approvazioni a destra – Commenti).
PRESIDENTE. Ha già chiarito l’onorevole Togliatti con le sue dichiarazioni. (Approvazioni – Commenti).
LUCIFERO. Non sono soddisfatto. Quando pronuncio frase che possa suonare offesa a qualcuno, io ritengo di essere a posto, soltanto quando questo qualcuno è soddisfatto delle spiegazioni che gli do.
Ora le spiegazioni che ha dato l’onorevole Togliatti, me personalmente non hanno soddisfatto. Ho l’impressione che ci siano in quest’aula molti gentiluomini che non ne sono soddisfatti come me! (Approvazioni al centro e a destra).
E visto che l’onorevole Terracini ha voluto fare accenno ad altra frase e si è stupito che io non sia insorto, faccio notare all’onorevole Terracini che io credo di essere nelle nostre discussioni, quando non ho la parola, il più silenzioso dei deputati; e che quando una frase, da qualunque banco venga, colpisce qualcuno, non ho il diritto di reagire quando lo stesso colpito non reagisce. Ma ho il diritto di riferirmi alla dignità dell’Assemblea, della quale faccio parte, quando un incidente ferisce tutta la dignità dell’Assemblea. E quando l’onorevole Terracini parla di lunghe liste, noi abbiamo il diritto di chiedere che si indaghi, per sapere se qui c’è un solo nome che debba esser messo su quella lista, e se c’è, che sia individuato davanti alla Camera e davanti al Paese. (Applausi a destra e al centro – Rumori a sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bellavista. Ne ha facoltà.
BELLAVISTA. Dubito di aver ferito la suscettibilità di alcuno non soltanto per l’effetto ritardato di questa reazione, ma soprattutto perché l’onorevole Terracini ha qui riconfermato che il tesoro di Dongo è ipotetico, e quello che è ipotetico e comunque non è reale, non può ferire. (Commenti).
Se poi non fosse ipotetico, ma reale, ho richiamato l’attenzione del Ministro delle finanze su cosa che, essendo tipicamente profitto del regime, perché frutto del ventennale delitto del dittatore, ritorni allo Stato e allo Stato soltanto. (Applausi a destra – Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Devo dichiarare a nome del gruppo democristiano che, dopo le dichiarazioni del Ministro e del Presidente del Consiglio, i colleghi Dominedò, Siles e Giacchero hanno apposto la firma alla mozione dell’onorevole Condorelli senza alcuna autorizzazione del gruppo. (Commenti – Rumori). E questo io affermo perché desidero che sia lontano da ogni possibilità di interpretazione come manovra dilatoria la richiesta che era stata fatta nella prima interpellanza.
Noi siamo quindi con il Presidente del Consiglio del parere che si possa e si debba discutere questa mozione, perché darà occasione di esaminare profondamente la questione, ma che questo non debba ritardare l’applicazione della legge. (Applausi al centro – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lussu. Ne ha facoltà.
LUSSU. Quando fu esaminata, in seno al Governo, la questione di far passare i sopraprofitti del regime dall’Alto Commissariato per l’epurazione, che allora era ancora in piedi, al Ministero delle finanze, fu discusso ampiamente il problema e fummo tutti d’accordo, compresi i Ministri di parte liberale (se non mi sbaglio il Ministro Ricci, il Ministro Brosio, il Ministro Arangio Ruiz) sull’opportunità di questo passaggio.
Ed io ricordo, e prego i colleghi di volerlo ricordare con me, che concordammo tutti con le argomentazioni obiettive espresse dall’onorevole Scoccimarro, il quale voleva impedire che sanzione fosse quello che invece doveva essere criterio obiettivo di giustizia e che non si intaccassero eccessivamente, nell’interesse della ricostruzione nazionale, alcune grosse aziende, le quali, se fossero state colpite con criteri esclusivamente punitivi, sarebbero cadute in rovina.
Ora fummo d’accordo che dovesse tutto passare al Ministero delle finanze e ne vedemmo allora le difficoltà. Dopo un anno circa, mentre le Commissioni sono organizzate e stanno preparando la loro attuazione, improvvisamente sorge una interpellanza che si trasforma in mozione.
Io ho per tutti lo stesso rispetto che reclamo per me; in sostanza quindi mi considererei un uomo fuori dell’onore politico se rivolgessi una particolare insinuazione verso qualcuno.
Ma se non voglio insinuare niente verso nessuno, dico che è strano che ci sia questa coincidenza e chiedo a voi, all’onorevole Patrissi, che ha parlato con tanto calore poc’anzi, all’onorevole Lucifero, a tutti i colleghi di parte demo-cristiana: c’è ragione di avere qualche preoccupazione oppur no? Evidentemente c’è. Questa è una manovra dilatoria che l’Assemblea non può permettere. (Applausi a sinistra). Si è accennato a fatti che se esistessero in realtà sarebbero delitti gravi. Ebbene, si denunzino in sede opportuna. C’è un Procuratore della Repubblica. Si presentino al Procuratore della Repubblica testimonianze e fatti, e potremo avere la coscienza tranquilla; ma dilazioni su questo problema non credo siano opportune. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Onorevoli colleghi, il prolungarsi della discussione mi offre l’opportunità di aggiungere qualche nuovo elemento a ciò che ho già detto poco fa. Mi si riferisce che qui si è rilevato, a proposito di taluni accertamenti per profitti di regime, che le cifre sembrano alquanto elastiche, che vanno dai miliardi, ai milioni, e si è fatto anche un nome, l’accertamento Vaselli. Io devo dichiarare qui che proprio due o tre giorni fa è stato concluso l’accertamento Vaselli. (Interruzioni).
Una voce al centro. Ecco perché è falsa quella insinuazione: è già concluso. (Commenti).
Una voce a destra. Lo dica all’onorevole Togliatti.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Ma debbo anche dichiarare che se oggi decidessimo di sospendere l’applicazione della legge, penso che il signor Vaselli sarebbe molto contento di questa decisione. (Approvazioni a sinistra).
Ora, permettetemi qualche parola sulle cifre, perché queste vi dimostreranno con quale criterio e con quale obiettività si opera al Ministero delle finanze. Prima cifra: quattro miliardi. Non so come questa cifra, che non era definitiva, sia uscita dagli uffici. (Interruzioni). Abbiate pazienza! Ma so soltanto che in quella cifra c’era un errore, che un funzionario delle finanze poteva anche commettere, e cioè che nella valutazione degli immobili, uno è il prezzo dei vani occupati, altro è il prezzo dei vani liberi; e precisamente i vani occupati valgono la metà dei vani non occupati.
Ora, il funzionario che ha calcolato quella cifra…
Una voce a sinistra. Che cosa vuol dire?
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Vuol dire che quando si è accertato questo elemento, ho ordinato che si precisasse con quale criterio era stata fatta la valutazione, che mi sembrava eccessivamente elevata; e si è accertato allora che quell’apprezzamento generale doveva essere dimezzato; doveva essere dimezzato, badate, esclusivamente per questa ragione. Io stesso, non mi vergogno di dirlo, ignoravo che un appartamento occupato ha un prezzo diverso da quello di un appartamento libero. (Interruzioni – Commenti). Ma appena ciò è stato segnalato si è proceduto alla rettifica. Successivamente è intervenuto un altro motivo di riduzione. I funzionari dell’amministrazione finanziaria hanno una abitudine, che io mi sforzo di capovolgere, e cioè che quando trattano col contribuente, sapendo che si cerca di sottrarre ed occultare tutto il possibile all’accertamento del fisco, elevano le cifre per potere alla conclusione avvicinarsi alla realtà. È un metodo che penso sarete tutti d’accordo con me nel disapprovare. Ed io cerco di cambiare queste abitudini.
Ora, che cosa è avvenuto? Lo stesso criterio si è portato anche nel campo dei profitti di regime ed io sono intervenuto in modo particolarmente energico, perché esso è da escludere a maggior ragione in questo campo: specialmente in questa materia non si può e non si deve contrattare col contribuente.
Non è possibile fare un accertamento di una cifra, poniamo mille, e poi concordare con duecento, perché l’opinione pubblica giustamente ci chiederebbe: «O l’accertamento era sbagliato, e allora correggete i funzionari; o l’accertamento era giusto, e non avete il diritto di fare una concessione così larga».
È perciò che ho ordinato che nel caso specifico si rifacessero tutte le valutazioni e si precisassero esattamente i profitti di regime, separandoli da quelli che sono gli utili e i profitti ordinari dell’attività d’un qualsiasi industriale. In questa revisione le cifre hanno subito una ulteriore modificazione. Ora mi pare che tutto questo dimostri all’evidenza con quale criterio noi operiamo, non di persecuzione, non di vendetta, ma di obiettiva e giusta valutazione di ciò che nel patrimonio di un cittadino italiano costituisce il settore specifico dei profitti di regime, separato da ciò che è l’utile normale delle attività industriali.
Si è detto anche qui che le pratiche per profitti di regime vengono definite con metodi particolari nel Gabinetto del Ministro. Smentisco nel modo più categorico affermazioni del genere: nel mio Gabinetto non si è trattata nessuna pratica di profitti di regime. Dico di più; la sola volta che sono intervenuto in una pratica di questo genere è stato giorni fa, quando un delegato provinciale si trovava in disaccordo con l’accertamento fatto d’ufficio, ed ho voluto sentire personalmente le ragioni degli uni e degli altri. Ma ho lasciato libero l’ufficio nelle sue valutazioni e il delegato nei suoi apprezzamenti. Sarà la Commissione che giudicherà quando avrà tutto il materiale a sua disposizione.
E devo aggiungere qualcosa ancora: per norma mi sono rifiutato personalmente di ricevere chiunque fosse interessato ad una pratica di profitti di regime. Nessuno è mai entrato nel mio ufficio a parlare di problemi di questo genere, e nemmeno è entrato nel Gabinetto del Ministro. Hanno invece accesso gli interessati alla Direzione generale della finanza straordinaria, per portare i loro memoriali, i loro documenti, le loro difese e tutto ciò che occorre per accertare rigorosamente ed esattamente i profitti di regime.
Ora ogni indicazione, ogni presupposto che facesse pensare in questa materia a qualcosa di poco pulito, di non regolare, io la respingo, con indignazione.
Badate, i funzionari che operano nella Direzione della finanza straordinaria sono stati scelti con un criterio particolare, ed io personalmente ho voluto conoscere tutti i loro precedenti, persino la loro condotta nella vita privata. (Approvazioni).
Può essere che possa capitare a qualcuno di cadere in peccato: io assicuro che costui sarà colpito come già sono stati colpiti alcuni funzionari che oggi sono in carcere per aver proseguito in certi metodi di corruzione che si usavano in passato.
Devo aggiungere ancora qualcosa, per l’accenno fatto ad un direttore generale e a due ispettori che girano l’Italia per concordare le pratiche relative ai profitti di regime. Badate, tutti possono sbagliare, ma per quel direttore generale e per quei due ispettori io metterei la mano sul fuoco: sono tali galantuomini che non un soldo entrerà illegittimamente nelle loro tasche. Costoro girano l’Italia, e purtroppo sono ancora pochi, per andare ad ispezionare come funzionano gli uffici provinciali, per stimolare, per vedere dove c’è bisogno di rafforzare qualche ufficio, per risolvere questioni controverse tra uffici e delegati provinciali. Ma una norma è precisa, e cioè che il delegato provinciale, che non è un funzionario dell’amministrazione, ma colui che rappresenta il controllo dell’opinione pubblica nell’attività dell’Amministrazione finanziaria, il delegato provinciale – dico – ha la possibilità di controllare tutti gli atti, tutti i documenti. Egli rappresenta, dinanzi all’opinione pubblica, la garanzia della correttezza dei funzionari dell’Amministrazione.
Ora, il direttore generale della finanza straordinaria e i due ispettori, che probabilmente dovranno moltiplicare i loro sforzi per accelerare l’azione, devono spesso muoversi, ma non sono loro che concordano le pratiche di profitti di regime. La conclusione di tali pratiche avviene in questo modo: un funzionario anonimo dell’ufficio delle imposte dirette calcola rigorosamente i documenti che ha sottomano; essi passano poi al giudizio del delegato provinciale. Il delegato provinciale li valuta e li esamina, anche in relazione alle sue particolari informazioni. Una volta che il funzionario ha il consenso di questo delegato, l’interessato viene invitato: gli si rende noto tutto, ed egli può contestare, portare tutte le difese, tutti gli elementi che ritiene opportuni. Quando la pratica è definita, allora si offre il concordato. Se vi si arriva, bene; se no, si va al giudizio della sezione speciale.
Di concordati, finora ne abbiamo fatti per una cifra di 150 milioni ed uno solo a Milano per 70 milioni. In materia di concordati giudicano insieme l’interessato e il funzionario anonimo delle imposte dirette. Non c’entrano né il direttore generale né gli ispettori. Entrano in un solo caso, quando il concordato è troppo basso, nel qual caso chiedono l’autorizzazione. Noi, per norma, pensiamo che bisogna mantenere una certa elasticità: il 10 o il 15 per cento, ma non si può arrivare al 50 per cento.
PATRISSI. Non si deve.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Non si deve: benissimo. Ma se voi chiedete a me di quali concordati, di quali pratiche di profitti di regime si stiano occupando le Commissioni, vi dirò che non lo so.
PATRISSI. Lei è fuori causa.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. E il direttore generale è anche lui fuori causa, perché egli esamina semplicemente se la legge è stata rispettata: questa è la pratica concreta. Ora, onorevoli colleghi, qui si chiede una inchiesta parlamentare: voi mi dovete scusare, ma in questa richiesta c’è il presupposto che stia avvenendo qualcosa di illecito negli uffici dell’Amministrazione finanziaria. Io vi prego, se avete dei dati su questo, di passarli e possibilmente di passarli direttamente all’autorità giudiziaria, non fermandovi dinanzi a nessuno, neanche dinanzi a me; qualunque elemento voi abbiate, investitene l’autorità giudiziaria immediatamente. Se avete solo dei dubbi, io posso fare quello che sempre si è fatto, utilizzare cioè colui stesso che solleva il dubbio per una inchiesta che accerti immediatamente la verità. Ma io non posso accettare un’inchiesta parlamentare, perché questo getterebbe un’ombra su tutti questi galantuomini che lavorano in questo campo, e che io ho il dovere e il diritto di difendere da questo banco.
Voci a destra. Benissimo!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Però io accetto la discussione. Accetto di portare qui tutti i documenti che volete, ma non parliamo di inchieste parlamentari, non parliamo di sospensione della legge, perché l’applicazione della legge deve andare avanti. In questo momento io credo che, quando coloro i quali sono chiamati a dare il contributo di illecite ricchezze acquisite, nelle forme che sono previste dalla legge, vedranno che non c’è più nulla da sperare, né in rinvii, né in attese, né in cavilli giuridici, come sperano tuttora, voi potete essere certi che la corsa al concordato sarà rapida da parte di tutti e in tutta Italia.
E sapete perché? Perché il concordato toglie la caratteristica di profittatore di regime. Quando interviene il concordato, non vi è più un giudizio, vi è un accertamento di una legge tributaria, per cui il profittatore diventa un contribuente come gli altri. Ed è per questo che io mi attendo dal concordato la rapida conclusione di quella grossa faccenda che sono i profitti di regime. Ma se noi oggi qui facessimo soltanto sperare che è possibile, attraverso inchieste, attraverso mutamenti di legge, rinviarne di nuovo l’applicazione, allora noi non avremmo più concordati e demoralizzeremmo gli stessi funzionari che lavorano. Uomini che guadagnano quattordici, quindicimila lire al mese…
PATRISSI. Male, non è giusto!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. …con una famiglia sulle spalle, devono essere moralmente ben corazzati per respingere le offerte di milioni che hanno da chi ha l’interesse di farle. Ed è per questo che io, d’accordo con il Governo, ho ottenuto di dare loro una particolare indennità (Vive approvazioni), anche perché questi funzionari lavorano dalla mattina alla sera, come tutti sanno.
PATRISSI. Deve essere una indennità uguale per tutti.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. È una indennità speciale. Ed io vi dirò di più. Ho già detto ai miei funzionari che il giorno in cui i maggiori accertamenti saranno tradotti nella realtà di centinaia di milioni che entreranno nelle casse dello Stato per opera della loro attività, proporrò al collega del tesoro di dar loro un premio particolare (Applausi generali), che deve essere dato non soltanto come premio al maggior lavoro compiuto ma – ciò che per me ha ancora maggior valore – deve essere un premio alla onestà di cui si è data prova nell’assolvere ad un compito così delicato (Applausi).
In conclusione, discutiamo pure, se volete. Discutiamo in qualunque momento. Ma non si insista, ripeto, sulla inchiesta parlamentare. Questa proposta avrebbe una influenza deleteria da una parte sull’animo dei funzionari, dall’altra su coloro che sono colpiti dagli accertamenti e che sarebbero incoraggiati a resistere.
Tutto deve essere chiarito. Fra qualche settimana il Ministero delle finanze comincerà a pubblicare un giornale quindicinale nel quale l’opinione pubblica potrà trovare tutto quello che vuole e ricercare tutti gli elementi che crede. D’altra parte chiunque può venire al Ministero delle finanze e chiedere su qualunque problema tutte le spiegazioni che desidera.
Il Ministero delle finanze è già oggi trasparente, ma lo deve divenire ancora di più (Approvazioni); direi quasi che di tutte le amministrazioni dello Stato l’amministrazione finanziaria è quella nella quale si deve avere la netta impressione, entrando nei suoi uffici, che dei galantuomini vi lavorano per il Paese e che su di essi non si deve avere il minimo dubbio di corruttibilità.
Coloro che si dimostrino inadatti, che dimostrino di non sapersi mettere per questa via – lo sanno già – se ne andranno, e forse se ne andranno in carcere. Ma su quelli che rimangono dovremo poter dire: se questo è un funzionario dell’amministrazione finanziaria, a priori è un galantuomo nel quale possiamo aver fiducia. (Vivi generali applausi).
PATRISSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATRISSI. Ringrazio l’onorevole Ministro delle finanze. Lo ringrazio per i chiarimenti che ci ha forniti e per l’enunciazione dei propositi che guideranno la sua prossima politica nel dicastero cui presiede, e nel ringraziarlo mi permetterò di fare alcune amichevoli considerazioni, che muovono da questo fatto: è di dominio pubblico ciò che ho avuto l’onore di riferire all’Assemblea, sia pure con un certo impeto. Non discuto le affermazioni del Ministro, anzi, siccome è nei nostri postulati programmatici la restaurazione dell’ordine e la restaurazione della autorità dello Stato, ritengo che le affermazioni del Ministro delle finanze siano assolutamente tranquillanti. Però, il fatto che circolino delle insinuazioni, che si credano delle cose non giuste (Rumori a sinistra) sta a dimostrare che nella procedura stabilita c’è una parentesi, c’è una possibilità, c’è un’intercapedine nella quale la legge non ha preso le dovute precauzioni per evitare che si inserisca l’arbitrio.
Circa il sistema di accertamento, nulla da dire; la difesa dei funzionari l’onora: lei è il capo del Dicastero e deve difendere i suoi funzionari. Io conosco la tradizione di onestà, di mortificante onestà, della burocrazia italiana, che purtroppo è costretta a tirare la carretta del pane quotidiano e della alimentazione dei propri figli in condizioni di estremo disagio e, talvolta, anche di indigenza. La proposta di venire incontro a questi bisogni ha trovato il consenso di tutti i settori dell’Aula. Ma i dubbi che provocano le dicerie, che si trasformano in calunnie e diffamazioni, scaturiscono proprio dalla legge.
L’onorevole Lussu, cui con una certa intemperanza ho rimproverato di non aver compresa la materia del contendere, dovrebbe conoscere quali sono state le ultime vicende del decreto che ci occupa in questo momento. Non si è parlato di togliere la competenza relativa a questa materia al Ministero delle finanze. Sta bene che sia passata dall’Alto Commissariato alle finanze: non si discute. Però, l’ultimo decreto Scoccimarro, all’articolo 10, prevede che la nomina dei commissari debba esser fatta direttamente dal Ministro delle finanze. Fiducia assoluta nel Ministro delle finanze, ma bisogna riconoscere che per salvaguardare la delicatezza della carica ed il prestigio della funzione, il Ministro delle finanze avrebbe fatto meglio a lasciare agli organi che la legge primitivamente stabiliva, la facoltà di nominare, anzi di designare questi commissari.
Ora, non insisto per l’inchiesta parlamentare. Credo che più che il passato politico, la linea di carattere dell’onorevole Scoccimarro ci diano sufficiente garanzia che egli sorveglierà il funzionamento del suo Ministero in questo delicato settore, ponendo mente a quelle che sono le voci che circolano pel pubblico, e uniformerà la sua azione in modo da dissipare queste nubi che sono oltremodo perniciose, data la gravità dei tempi che corriamo. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Vorrei pregare l’onorevole Condorelli di non insistere perché la mozione sia discussa lunedì. La discuteremo alla riapertura della Camera.
CONDORELLI. Sono costretto ad insistere. Si è parlato di sospensione. La legge coi suoi accertamenti, col suo iter continuerà liberamente. Qui si tratta del funzionamento delle Commissioni che devono risolvere le controversie. Non vi è nessuna difficoltà a che queste Commissioni incomincino a funzionare tra 15 giorni. Tutto l’apparato fiscale funziona indipendentemente da queste Commissioni. Ho chiesto, e lo hanno chiesto anche gli amici, la sospensione soltanto di quell’articolo di legge che si riferisce alla composizione della Commissione. Qui si vuol fare apparire che avverrebbe un cataclisma. Avviene solo questo: che le udienze di questa Commissione cominceranno tra 15 giorni, ma gli accertamenti sono stati fatti e continueranno.
Sono costretto a insistere perché questa discussione, che è richiesta dalla nostra coscienza giuridica, dalla difesa che dobbiamo fare dei principî che devono stare a base delle nostre istituzioni, sia fatta.
PRESIDENTE. C’è dunque la proposta dell’onorevole Condorelli di discutere lunedì prossimo la sua mozione. Il Governo ha considerato che la proposta potrà essere discussa quando l’Assemblea sarà riconvocata, cioè fra 15 o 20 giorni.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro delle finanze. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Un chiarimento ulteriore all’onorevole Condorelli.
Il problema delle Commissioni è delicato. Gli accertamenti in gran parte sono compiuti ed attendono il giudizio delle Commissioni. Ora non so se sia cosa utile che, mentre le Commissioni siedono, noi discutiamo qui della loro competenza a decidere.
CONDORELLI. La legge è stata pubblicata ieri.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Quella legge, non è una novità, è un chiarimento della legge che esiste da sei mesi.
Comunque, se si vuole discutere solo il problema delle Commissioni, è cosa limitata e ristretta.
CONDORELLI. Nessuno si sogna di discutere l’intera legge. Si tratta dell’articolo della nuova legge in relazione all’articolo 21 della precedente.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Io, personalmente, non ho nessuna difficoltà a discutere anche lunedì. (Approvazioni a destra).
CONDORELLI. Le siamo gratissimi.
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Sospensione della legge, no! Parliamoci chiaro.
Voci a destra. No, no!
SCOCCIMARRO, Ministro delle finanze. Leggendo ora la mozione, osservo che lei, onorevole Condorelli, dicendo che si tratta solo delle Commissioni e non della sospensione nell’applicazione della legge, mi aveva tratto in inganno. La sua mozione invita a sospendere l’insediamento delle Commissioni.
Questo non posso accettarlo, perché invalida i criteri, coi quali sono stati scelti i suoi membri; criteri di tale obiettività e correttezza, da non ammettere discussione alcuna.
Perciò, devo respingere la proposta.
CONDORELLI. Chiedo la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Stasera si tratta di decidere se questa nostra mozione debba essere discussa lunedì.
Non chiediamo che il Ministro faccia ora stesso un decreto per sospendere l’insediamento delle Commissioni; sarebbe anche impossibile. Speriamo che questo sia il risultato della nostra prossima discussione. Noi chiediamo soltanto la discussione per lunedì.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno. Si è già dichiarato di non potere accettare in nessun caso la sospensione per quanto riguarda la costituzione delle Commissioni. Non c’è quindi nessuna ragione di fare una discussione immediata. Comunque noi possiamo discutere su questa materia anche prima del giorno 21, in una particolare seduta, e possiamo rivedere tutto questo lavoro delle Commissioni.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta dell’onorevole Condorelli, non accettata dal Governo, di discutere d’urgenza la sua mozione.
(La proposta non è approvata).
Ricevo ora una comunicazione di cui do lettura: «Signor Presidente, riconfermo la richiesta di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle «collusioni» che possono intercorrere tra i deputati e la Ditta Vaselli, come con qualunque altra». Questa comunicazione è firmata dagli onorevoli Lucifero, Condorelli, Colonna, Benedettini, Bellavista, Coppa, Mastrojanni, Fresa, Corsini, Abozzi, Maffioli, Puoti, Tripepi, Rodi, Ayroldi, Marina.
Osservo, peraltro, che per la nomina di una Commissione d’inchiesta è necessaria una legge di iniziativa parlamentare.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Qui si è parlato di collusione. La frase non si rivolgeva alla mia persona, ma a questo settore.
Ora, io penso che se ognuno di noi deve essere una torre di avorio, coloro che hanno la difficilissima funzione della opposizione lo debbano essere due volte. Noi non possiamo accettare (noi che siamo gli interpreti della critica dell’opinione pubblica) di essere comunque sospettati e che questo sospetto sia espresso in quest’aula.
Quando un sospetto su alcuno di noi viene manifestato, abbiamo il diritto che l’opinione pubblica sappia se questo sospetto è o non è fondato.
Credo che ciascuno di noi si debba sentire in questo stato d’animo. In ogni modo, se è un eccesso di delicatezza da conservatori sorpassati, siamo fieri di essere quei cavalieri antichi che hanno ancora una epidermide sottile. (Approvazioni – Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Targetti. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Se ho ben compreso, vi sarebbe una proposta di inchiesta parlamentare; ma credo di dover far presente una cosa che deve essere ricordata da tutti: non si può arrivare alla decisione di una inchiesta parlamentare sopra un determinato argomento, se non come conclusione dell’apprezzamento di elementi probatori che autorizzano il Parlamento a far luce sopra una determinata questione. Perché, se si venisse a un ordine di idee diverso, se cioè si ammettesse che fosse sufficiente una richiesta non motivata, anche di dieci o quindici deputati, si potrebbe dire che un’Assemblea parlamentare sarebbe destinata a vivere in mezzo alle inchieste. Se fosse vero che per ottenere un’inchiesta basta dire che corrono delle voci, che ci sono dei sospetti…
LUCIFERO. Si è parlato di collusione!…
TARGETTI. …allora, andremmo incontro ad una epidemia di inchieste, che non starebbero neppure a deporre favorevolmente sulla serietà delle inchieste che effettivamente si potrebbero fare.
Credo, pertanto, che non debba essere neppure presa in considerazione la proposta avanzata dall’onorevole Lucifero. (Applausi a sinistra – Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. È sempre per quella rimanenza di epidermide troppo sottile… L’onorevole Togliatti ha detto una frase in cui si parlava di collusione con la ditta Vaselli, riferendosi anche a trattative che sarebbero state fatte in questi giorni; e il Ministro delle finanze ha confermato che queste trattative sono state concluse in questi giorni.
Lei, signor Presidente, non ha ritenuto di richiamare l’onorevole Togliatti, non ha ritenuto di fargli ritirare la frase.
PRESIDENTE. L’onorevole Togliatti ha già dato una interpretazione della sua frase. (Rumori a destra).
LUCIFERO. In sostanza, si è sollevato un incidente e non è venuto nessun chiarimento; quindi l’accusa rimane, tanto più che io, verso il quale non era rivolta, ma che ho l’onore di sedere in questo settore, sento di rendermi interprete dell’opinione del nostro settore nel dire che queste accuse o si provano o si ritirano. Questa è anche lealtà parlamentare!
Se l’onorevole Togliatti è convinto di aver detto una cosa giusta, lo prego di appoggiare la mia richiesta; se ha detto una frase che andava al di là delle sue intenzioni, lo dica lealmente e non avremo più ragione di protestare. (Applausi a destra – Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.
TOGLIATTI. L’onorevole Lucifero ha parlato di suscettibilità. Io pure sono suscettibile; e in questa Assemblea mi sento suscettibile sotto due aspetti: prima di tutto come membro di essa e rappresentante qui del popolo italiano…
Una voce a destra. Di una parte del popolo italiano!
TOGLIATTI. …e, in secondo luogo, come combattente contro il fascismo.
Come membro di questa Assemblea, la mia suscettibilità questa sera è stata offesa per questo fatto: che noi abbiamo seduto qui una settimana, abbiamo discusso alcune questioni interessanti, ma su altre questioni non ci siamo soffermati. Non abbiamo creduto opportuno di soffermarci quando venne sollevata da un collega di questa parte la questione del pane.
LUCIFERO. L’ho sollevata anch’io.
TOGLIATTI. Ci dicono che, forse, mancherà il pane al popolo italiano (Rumori a destra – Interruzioni). Non ritenemmo discutere, lasciando al Governo ampia facoltà e lasciandolo tranquillo nel suo lavoro per risolvere questi gravi problemi, dato che in questo Governo noi abbiamo fiducia. (Commenti).
La mia suscettibilità è stata offesa quando ho visto che questa Assemblea, che si era comportata in questo modo per i problemi cui ho accennato, sta perdendo una serata per vedere se sia necessario modificare una determinata procedura per evitare la confisca di qualche milione (Approvazioni – Interruzioni – Commenti); oppure la questione è stata sollevata qui a garanzia di coloro verso i quali, se non contro i quali o con i quali, si sta procedendo. Questo è il primo motivo per cui la mia suscettibilità è stata offesa.
In secondo luogo è stata offesa la mia suscettibilità di combattente contro il fascismo, durante tutta la mia esistenza politica, per la libertà, per la dignità e per la felicità del mio Paese. (Commenti – Interruzioni).
Sissignori, perché io penso che tanta sollecitudine giuridica o non giuridica, tanta preoccupazione per fare una situazione più favorevole a coloro che sono i veri nemici del nostro Paese (Rumori a destra – Interruzioni) sia una cosa fuori di luogo. Forse la mia suscettibilità di combattente contro il fascismo è più grande… (Rumori a destra – Commenti – Interruzioni). Io penso che coloro i quali hanno profittato del regime fascista, nel modo che sappiamo, e verso i quali deve rivolgersi l’azione del Ministero delle finanze, sono nemici del popolo italiano.
Una voce a destra. Ma su questo siamo d’accordo!
GRONCHI. Tutti d’accordo.
TOGLIATTI. Ed io mi auguro che nella lotta contro questi nemici e nell’azione che dev’essere condotta per toglier loro quello che è stato estorto al popolo italiano (Rumori – Interruzioni), valga l’autorità di tutto il popolo e siano concordi tutti coloro che lo rappresentano.
Dopo di che non ho nulla da aggiungere o da rettificare a tutto quello che ho detto. (Applausi a sinistra – Commenti a destra – Rumori).
Una voce a destra. Con questo l’onorevole Togliatti ha confermato l’offesa, ma non ha rettificato niente.
PATRISSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATRISSI. Onorevoli colleghi, l’ora è tarda e credo che, data la natura dei contendenti, potremmo continuare la conversazione fino a dopodomani. D’altra parte, a noi che siamo avvezzi ai colpi dì maggioranza (Commenti) non conviene neanche insistere; però debbo a conclusione affermare che la nostra sensibilità dovrebbe essere riassunta ed interpretata dal Presidente. (Applausi a destra – Commenti).
PRESIDENTE. Leggo la seconda dichiarazione dell’onorevole Togliatti: «Devo una risposta all’onorevole Gronchi e non ho che da dirgli: controlli il resoconto parlamentare. lo ho unicamente chiesto se – dato che era giunto al mio orecchio che erano in corso questi accertamenti a carico di un tipico profittatore fascista – la richiesta di sospensiva di tutta questa procedura non potesse nuocere troppo gravemente allo Stato».
So benissimo che questa dichiarazione non è identica alla prima, ma è chiaro che l’onorevole Togliatti ha tenuto che fosse la seconda dichiarazione ad essere messa a verbale. (Approvazioni).
LUCIFERO. Signor Presidente, prendo atto, ed accetto la dichiarazione dell’onorevole Togliatti nella di lei autorevole interpretazione. (Approvazioni).
BELLAVISTA. Dichiaro di non insistere nella richiesta di spiegazione da parte del l’onorevole Togliatti, perché mi sono accorto, specialmente quando ha fatto riferimento ad uno slogan giuridico, che noi giuristi non conosciamo, che parliamo due linguaggi completamente differenti e che io non comprendo il suo. (Applausi a destra – Commenti).
PRESIDENTE. L’incidente è chiuso. Lo ordine del giorno è esaurito.
Sui lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Ricordo che l’Assemblea, nella prima seduta di questa ripresa, all’atto stesso in cui si consentiva la proroga chiesta dalla Commissione per la Costituzione, stabilì che la Costituente sarà convocata martedì 21 gennaio 1947 per iniziare, subito dopo l’esame di alcuni disegni di legge, la discussione della nuova Costituzione, il cui progetto dovrà essere completo in tutte le sue parti non oltre il 31 gennaio.
Le sedute dell’Assemblea proseguiranno ininterrottamente ed intensamente fino all’approvazione della Costituzione e delle leggi elettorali. In conseguenza di quanto sopra, è necessario che la Commissione per la Costituzione possa presentare alla Presidenza, anche durante il periodo di aggiornamento dei lavori, le parti del progetto già pronte, le quali potranno così essere stampate e distribuite agli onorevoli deputati prima della ripresa. E ciò anche in relazione a quanto è stato previsto circa la possibilità di iniziare senz’altro la discussione delle parti medesime nel caso che la seconda Sottocommissione non abbia ancora esaurito il suo compito.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MOLINELLI, Segretario, legge.
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere se non credano necessario ed urgente adottare nei confronti del regime attuale della Spagna le stesse misure diplomatiche deliberate dall’O.N.U., dimostrando così la sincera avversione della Repubblica italiana ai regimi fascisti.
«Fioritto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno, nei prossimi bandi di concorsi magistrali, riservare una percentuale di posti (10-15 per cento) per i maestri e le maestre anziane. L’interrogante fa presente che esiste una categoria di insegnanti elementari fuori ruolo che hanno superato il quarantesimo anno di età e con un’anzianità di servizio di oltre dieci anni, ma che più non si sentono di presentarsi ai concorsi magistrali fondati in gran parte sulla cultura umanistica e sulla capacità mnemonica.
«Pare all’interrogante che riservare ad essi un concorso speciale fondato sui programmi elementari e su una lezione pratica, sarebbe non soltanto un’azione umanitaria, ma si doterebbe la scuola di un valido complesso di insegnanti che alla scuola stessa hanno già sacrificato e sacrificano la parte migliore della loro vita.
«Bertola».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere i motivi che sino ad oggi hanno impedito che il «Lodo De Gasperi» sulla ripartizione dei prodotti mezzadrili venisse trasformato in legge, mentre il Consiglio dei Ministri ha già da tempo espresso parere favorevole alla richiesta della Confederterra.
«Il ritardo nella promulgazione della legge, oltre che generare perturbamento nelle campagne, fa supporre ai contadini che si voglia di fatto eludere quanto in principio si è riconosciuto; il che genera sfiducia nei confronti del Governo.
«Corbi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti intende prendere per la carriera dei maestri elementari fuori ruolo idonei a uno o più concorsi.
«Trattandosi di elementi di una certa età e con famiglia a carico, sarebbe atto di giustizia l’esentare tali maestri dal partecipare a nuovi concorsi e dichiararli titolari di ruolo, in modo da poterli sistemare al più presto, così come è stato fatto per gli idonei dell’ultimo concorso delle scuole medie.
«D’Amico Diego».
«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per sapere se non ritenga necessaria una pronta liquidazione degli arretrati amministrativi dall’8 settembre 1943 al 1° maggio 1945 ai soldati che rispondendo all’appello e alle promesse del Governo, rifiutarono di servire ancora nell’esercito nazifascista, e in particolare ai carabinieri già sottoposti alle Commissioni di discriminazione, liquidazione già avvenuta o in corso per gli ufficiali, anche in considerazione che molti di essi presero parte o collaborarono al movimento partigiano e al Corpo dei volontari della liberazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Piemonte».
«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se gli consti:
- a) che la gestione di liquidazione della cessata confederazione degli industriali, dopo oltre un anno di funzionamento, ha corrisposto – salvo rare eccezioni – alla massa del personale dipendente, soltanto le indennità di preavviso;
- b) che il personale suddetto, il quale ha cessato il rapporto di impiego col 31 marzo 1945, aveva in precedenza percepito un modesto acconto dalla cassa interna di previdenza, acconto il quale rappresenta una infima percentuale sul dovuto;
- c) che la gestione di liquidazione è dotata di personale in soprannumero per cui riesce inspiegabile il ritardo frapposto alla liquidazione degli ex impiegati.
«Per sapere, inoltre, quali provvedimenti ritenga di adottare con ogni urgenza allo scopo di vincere l’inerzia fin qui mantenuta con grave danno degli interessati le cui condizioni finanziarie sono deplorevoli, facendo presente che la gestione di liquidazione deve disporre di somma liquida proveniente dalle cessate unioni territoriali, la quale somma dovrebbe essere più che sufficiente per completare il pagamento del personale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Costantini».
«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, sul deplorevole ritardo dei lavori – già riconosciuti di urgenza per l’igiene e la sanità delle popolazioni dei comuni di Cirò, Crucoli, Melissa, Carfizzi, San Nicola dell’Alto, Pallagorio, Casabona, Belvedere Spinello e Verzino (Catanzaro) consorziati per l’acquedotto del Lese; e sull’abbandono e deterioramento del gruppo dei lavori già eseguiti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Turco».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, in virtù del decreto 6 dicembre 1943, n. 16/B, con il quale si è provveduto alla soppressione della milizia forestale e alla ricostituzione del Corpo forestale, disciolto dal regime fascista, non sia rispondente ad opportunità e giustizia la riassunzione dei sottufficiali e militi che fecero parte un giorno del suddetto corpo, dal quale erano stati mandati via e collocati in pensione, giovani ancora di età e di servizio, rovinandone la carriera con l’estendere il disposto dell’articolo 17 del predetto decreto a questi ultimi, così come fu fatto per gli ufficiali, i quali, per decisione del 30 luglio 1946 del Consiglio di Stato e per retta interpretazione del decreto in oggetto, sono stati riammessi nel ricostituito Corpo forestale.
Nel fatto in ispecie trattasi di circa duecento militi, richiamati oggi e che dovrebbero essere congedati, contrariamente a quelli assunti dal fascismo, e che hanno il privilegio di essere mantenuti in servizio nei confronti dei primi, in violazione di ogni principio di equità e di giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Musolino».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere le ragioni che hanno dettato la circolare 2 novembre 1946, n. 60, di codesto Ministero che fissa nuove notevoli restrizioni alla libertà di circolazione degli autoveicoli.
«Interessa al commercio ed alla ripresa del Paese che i vincoli burocratici siano aboliti e non appesantiti e resi più gravosi.
«Se la circolare sopra indicata è stata dettata soltanto dalla penuria dei carburanti, a questa deficienza si poteva provvedere con un efficace razionamento della benzina, sistema anche questo che l’interrogante spera sia momentaneo e transitorio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Merlin Umberto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, circa la gestione dei diritti demaniali nello stagno di Santa Gilla in provincia di Cagliari. Detta concessione, attribuita da oltre un ventennio alla cooperativa Pescatori Sant’Efisio di Cagliari, sarebbe stata attribuita ad altra cooperativa recentemente costituita senza che il provvedimento risulti motivato da fondate ragioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Cimenti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non creda opportuno predisporre i lavori necessari per l’elettrificazione delle ferrovie in Sicilia, tenendo presente che si tratta di opere che già iniziate, sono in procinto di deteriorarsi per l’abbandono in cui furono lasciate, mentre rappresentano un fattore di prosperità pel risparmio di carbone che sarà realizzato e per lo sviluppo dell’economia siciliana collegata alla ricostruzione nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Basile».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se non creda opportuno, per il miglioramento dei servizi delle navi traghetto nello Stretto di Messina, sollecitare il recupero già predisposto del traghetto affondato durante la guerra e la rapida costruzione dei due nuovi traghetti a tre binari che sono assolutamente indispensabili per le esigenze del traffico e disporre, intanto, che le vetture provenienti da Siracusa e da Palermo, di 2a e 3a classe, dirette nel Continente, passino sui traghetti come si fa già per le vetture-letto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Basile».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda necessario di dare disposizioni per indire le elezioni amministrative nel comune di Mongiussi Melia, (Messina), arbitrariamente sospese alla vigilia della data già fissata; col pretesto della imminente separazione da quel comune di una frazione, che invece sino ad oggi non è avvenuta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Basile».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere se non ritenga giusto e urgente affrettare l’atteso provvedimento legislativo sulla istituzione di un punto franco nel porto di Messina, per sollevare dalle angustie economiche la gloriosa e sventurata città che ha sofferto i maggiori danni dalla guerra e due volte distrutta, manca di ogni risorsa per la sua seconda rinascita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Basile».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere:
1°) quale sia il pensiero del Governo in merito alla questione, ancora pendente, della concessione di licenze di giuoco ai casinò gestiti da comuni o consorzi di comuni;
2°) se, nell’esame del principio se debba considerarsi consentanea alla morale la casa da giuoco vigilata e controllata dallo Stato, non sia doveroso – sull’esempio di quanto è avvenuto in Francia – affrontare coraggiosamente il problema, in base alla considerazione che è morale pratica redditizia vigilare e controllare un vizio, per impedire che esso cada, come è già caduto in Italia, nelle braccia della losca speculazione clandestina di individui senza scrupoli che, abbinandolo alla frode organizzata e alla prostituzione, ne fanno una piaga sociale che l’autorità di pubblica sicurezza si è mostrata incapace di fronteggiare, anche minimamente;
3°) se non sia il caso intanto di prendere in benevolo esame le istanze dei comuni che già beneficiavano della concessione, con autorizzazioni provvisorie, allo scopo di fronteggiare urgenti necessità amministrative che, nell’imminenza dei rigori invernali, si fanno più pressanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Tumminelli».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga necessaria e urgente una inchiesta sulle origini e sulla vasta diffusione della epidemia di tifo che la scorsa estate ha funestato la zona di Diano Marina, in modo che vengano accertate le singole responsabilità, e sia restituita la tranquillità a quella popolazione tuttora giustamente allarmata. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).
«Gotelli, Guerrieri Filippo, Pellizzari, taviani, viale».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione), per sapere se e quando e come intenda provvedere perché l’Associazione nazionale casearia si decida a consegnare agli Enti cooperativi interessati le partite di formaggio grana assegnati agli Enti stessi dall’Alto Commissariato dell’alimentazione fin dal giugno 1946. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Canevari».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, per chiedere, facendosi eco della vivissima indignazione suscitata fra la popolazione di Melilli (Siracusa) per il sacrilego attentato contro la locale basilica di San Sebastiano, che sia fatta quanto prima piena luce sui responsabili del sacrando misfatto, e su di essi venga esercitato il rigore della giustizia e perché sia stanziata d’urgenza una congrua somma per iniziare i lavori di restauro dell’insigne monumento che costituisce il centro della vita religiosa della laboriosa cittadina. Poiché il ripetersi, in molte parti d’Italia, di tali attentati contro persone e luoghi sacri è anche frutto della campagna di calunnia e di odio, che con intensificato ritmo vien fatta contro la Religione da pubblicazioni sacrileghe ed oscene, l’interrogante chiede, infine, che siano presi dei provvedimenti energici per stroncare questa indegna produzione di stampa, che mortifica lo spirito del nostro popolo e disonora il nome d’Italia presso quanti guardano ad essa come la loro Patria ideale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Terranova».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per conoscere se non ritenga necessario ed urgente la soppressione dei campi profughi, divenuti ormai, per universale constatazione, da campi di ristoro e di sollievo, centri, invece, di malattie e di immoralità.
«L’interrogante propone, pertanto, che le ingenti somme (parecchi miliardi al mese) che lo Stato spende per l’organizzazione ed il funzionamento dei detti campi, siano più utilmente devolute alla costituzione di un Ente (Istituto nazionale abitazione profughi, I.N.A.P.), col preciso scopo dell’immediata costruzione di fabbricati a tipo popolare, da assegnarsi in uso alle singole famiglie, fino a quando, dopo un determinato periodo di anni e la corresponsione di un leggero onere finanziario, esse ne acquistino la piena proprietà. Suggerisce, infine, che nell’intervallo di tempo strettamente necessario per la costruzione di detti immobili, lo Stato si preoccupi di avviare al lavoro quanti tra i profughi ne sono capaci, organizzando particolari iniziative, secondo le esigenze industriali, artigiane o agricole del luogo, al fine di nobilitarne l’esistenza e di dar loro la possibilità di svincolarsi dalla soggezione del sussidio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Terranova».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’aeronautica, per conoscere se non creda opportuno di istituire un aeroporto a Messina, città di oltre duecentomila abitanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Basile».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno, iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 21.