Come nasce la Costituzione

LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXXIII.

SEDUTA DI LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Manifestazione di protesta per le condizioni di pace:

Presidente                                                                                                        

Dichiarazioni del Ministro degli affari esteri:

Sforza, Ministro degli affari esteri                                                                     

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro                                                     

Carratelli                                                                                                       

Gasparotto, Ministro della difesa                                                                     

Chiaramello                                                                                                    

Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno                                   

Di Giovanni                                                                                                      

Mastino Pietro                                                                                                

Votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario:

Presidente                                                                                                        

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Conti                                                                                                                

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario:

Presidente                                                                                                        

Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

Reale Vito                                                                                                       

Annunzio di una mozione:

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Stella                                                                                                              

Svolgimento di interrogazione d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Grilli                                                                                                                

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

DE VITA, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Villabruna e Lettieri.

(Sono concessi).

Manifestazione di protesta per le condizioni di pace.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui si levano i membri del Governo, i deputati ed il pubblico delle tribune). Onorevoli colleghi, l’Assemblea Costituente, in pienezza di solidarietà con le manifestazioni di protesta di tutti gli Italiani contro le condizioni durissime del cosiddetto Trattato di pace, imposto alla Nazione, deve esprimere nel modo più alto e solenne il suo fiero dignitoso unanime sentimento.

Sicuro e fedele interprete di esso, invito l’Assemblea a sospendere la seduta per trenta minuti. (Segni unanimi di assenso).

(La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,45).

Dichiarazioni del Ministro degli affari esteri.

SFORZA, Ministro degli affari esteri (Segni di attenzione). Dichiaro che il Governo desidera fare una comunicazione all’Assemblea Costituente, benché – per tutti i membri di essa – la comunicazione sia quasi superflua.

È noto che, fino all’ultimo momento, in alcuni Paesi si era ammesso che l’approvazione del Trattato da parte dell’Assemblea Costituente era necessaria, ma da altri ciò si contestava.

Desideroso di agire di fronte a tutti con cristallina lealtà – e per quanto i diritti del- l’Assemblea Costituente fossero stati già formalmente riservati nei pieni poteri firmati dal Capo dello Stato – feci sapere ieri che non potevamo firmare, se la cosa non era chiarita per tutti.

Fu quindi ammesso per noi, a titolo eccezionale, di deporre una dichiarazione formale su questo punto prima della firma.

Ecco il testo della dichiarazione di cui il Segretariato generale della Conferenza ha dato oggi atto per iscritto alla nostra Ambasciata:

«Il Governo italiano appone la sua firma al Trattato, subordinandola alla ratifica che spetta alla sovrana decisione dell’Assemblea Costituente, alla quale è attribuita dalla legislazione italiana l’approvazione dei Trattati internazionali».

Quanto alle considerazioni generali del Governo italiano sul Trattato e sui problemi permanenti dell’Italia, che trascendono anche il Trattato stesso, ho diretto oggi a tutti i Governi una nota che sarà pubblicata quando sarà stata ricevuta da tutti i destinatari (Approvazioni).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Avverto che i Ministri dell’agricoltura e foreste, della pubblica istruzione, di grazia e giustizia e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno chiesto che siano rinviate ad una prossima seduta, rispettivamente, le interrogazioni degli onorevoli Gabrieli, Pastore Raffaele, Leone Giovanni, Russo Perez, Di Giovanni, Bordon, Rodi e Ravagnan.

È così rinviata la| prima interrogazione all’ordine del giorno dell’onorevole Gabrieli, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e foreste, «per conoscere le ragioni che hanno determinato il legislatore, nel recente decreto legislativo sull’assegnazione delle terre incolte ai contadini, a non fissare il criterio da seguire per i terreni alberati. L’interrogante (ad evitare divergenze d’interpretazione, che si sono già verificate) segnala l’opportunità di integrare il testo del decreto con una norma interpretativa, diretta a stabilire che, in caso di terreni alberati, si deve avere riguardo allo stato tecnico colturale dell’albero, più che a quello del terreno sottostante».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Carratelli al Ministro delle finanze, «se non sia giusto riesaminare il decreto ministeriale 15 giugno 1946, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, n. 150, dell’8 luglio 1946, relativo al concorso per il conseguimento dell’idoneità, per titoli e per esame, all’esercizio delle funzioni di esattore delle imposte dirette, al fine di mantenere in carica coloro che, non iscritti all’albo nazionale, ebbero conferite le esattorie per il decennio 1943-52 o per il quinquennio 1943-47, ovvero ne assunsero la gestione durante il decennio o il quinquennio, a seguito di decadenza di esattori nominati sin dall’inizio della gestione. Se non sia conseguentemente giusto, che tutti gli esattori nominati prima del 30 luglio 1944, e che abbiano compiuto due anni di servizio, vengano inscritti, in seguito a domanda, all’albo nazionale, e che siano pure iscritti, a domanda, coloro che abbiano un servizio cumulabile di un anno di collettore e due di esattore, e si trovino attualmente in carica, con l’intera cauzione versata ed approvata. Se non sia almeno giusto che vengano rispettati i contratti esistenti, di coloro che nel 1950 saranno in carica, e riconosciuto il diritto degli stessi alla iscrizione nell’albo nazionale, senza obbligo di concorso per la idoneità, per titoli o per esami, qualora durante l’esercizio della funzione esattoriale, abbiano dato, a giudizio del Ministero competente, prova sicura di capacità».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il decreto ministeriale 15 giugno 1946, n. 10411 (bando per il conseguimento per titoli e per esami delle funzioni di esattore delle imposte dirette) ha inteso agevolare, nel senso più largo possibile, le varie categorie di persone che abbiano svolto servizi esattoriali, provvedendo così a sanare varie situazioni irregolari determinate dallo stato di guerra.

Gli esattori, nominati all’inizio del decennio 1943-52 o del quinquennio 1943-47, erano in possesso, al momento della loro nomina, del prescritto requisito della iscrizione nell’albo, la cui istituzione fu determinata nell’interesse dello Stato e degli Enti impositori ed anche in conformità dei desideri espressi dalla stessa categoria degli esattori a tutela della loro funzione nei riguardi del requisito della capacità tecnico-professionale e morale.

Per coprire le vacanze avvenute successivamente, durante lo stato di guerra, si è verificata qualche deroga per esigenze di servizio ed allo scopo di sistemare tali irregolari situazioni, gli interessati potevano avvalersi dell’articolo 3 del decreto prima citato, che consente la partecipazione all’esame di coloro i quali siano muniti soltanto del titolo di studio di scuola media inferiore, purché abbiano svolto un servizio qualsiasi nelle esattorie, anche di durata minima.

Non essendo possibile modificare ora il bando emesso con decreto ministeriale 15 giugno 1946, n. 10411, essendo già scaduti, sin dal 15 novembre 1946, i termini per la presentazione delle domande, per corrispondere alle richieste degli onorevoli interroganti, si potrà, dopo espletati i lavori relativi al bando suddetto, pubblicare un nuovo bando che consenta agli esattori, con meno di cinque anni di servizio, ed in possesso del titolo di scuola media inferiore, di conseguire la prescritta idoneità.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CARRATELLI. Non posso essere sodisfatto perché i contratti esistenti alla data del 1950 devono essere espletati. Coloro che sono stati ritenuti idonei per fare questi contratti debbono poter esercitare questa loro funzione fino alla scadenza del contratto. Perciò insisto nel chiedere la deroga al decreto dell’8 luglio 1946.

PRESIDENTE. Si intendono rinviate, per il motivo già indicato, anche le seguenti interrogazioni:

Bordon, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga di emettere, senza ulteriori dilazioni, i provvedimenti che vennero ripetutamente richiesti a favore dei partigiani, disponendo: a) che sia concesso a coloro di essi, che incorsero in reati anteriormente alla data del 22 giugno 1946, di beneficiare, anche per i reati comuni, del condono di cui all’articolo 9 del citato decreto, abrogando nei loro confronti le eccezioni di inapplicabilità del condono, di cui alla lettera c) dell’articolo 10 del decreto stesso; b) che, in subordine, rispetto ai reati cui fosse negata l’applicabilità del condono, sia concesso a coloro che parteciparono alla guerra di liberazione, di avere almeno il beneficio della libertà condizionale, indipendentemente dal termine prescritto dalla legge per l’applicabilità di tale beneficio, ovverosia anche quando la pena scontata sia inferiore a tale termine; c) che, con apposito decreto, sia concessa la riabilitazione d’ufficio a coloro che, avendo riportato condanne anteriormente alla data dell’8 settembre 1943, si siano, colla loro partecipazione alla guerra di liberazione, resi meritevoli dell’invocato beneficio».

Rodi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere le ragioni per le quali è stata ripristinata l’efficacia del decreto-legge 14 gennaio 1944, n. 13, riguardante la disciplina della stampa, considerato che: 1°) il provvedimento è stato preso dal Consiglio dei Ministri subito dopo l’aggiornamento dell’Assemblea Costituente, che doveva essere consultata in proposito; 2°) l’articolo 4 del decreto in questione, imponendo l’obbligo agli editori dei giornali di richiedere ogni tre mesi una nuova autorizzazione, pone praticamente la stampa alla discrezione delle autorità competenti e di eventuali interferenze di natura politica; 3°) l’articolo 7 dello stesso decreto dispone che le norme ivi contenute vanno applicate per tutta la durata della guerra, il cui stato è ora ufficialmente cessato; 4°) il provvedimento in parola non trova giustificazioni plausibili nell’eccessivo esercizio della libertà di stampa, perché ogni licenza può e dev’essere punita con le leggi ordinarie».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Chiaramello, al Ministro della guerra, «per sapere se non creda opportuno, al fine di portare un efficace contributo alla soluzione del problema del ripopolamento della montagna, di fare studiare da un’apposita Commissione parlamentare un provvedimento atto a dispensare dal servizio militare, anche ridotto, gli alpigiani che si trovino in particolari ed eccezionali condizioni economiche, e le cui famiglie siano stabilmente residenti nelle zone alpine, dedite all’agricoltura, alla pastorizia od al piccolo artigianato di montagna».

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa ha facoltà di rispondere.

GASPAROTTO, Ministro della difesa. Il provvedimento di dispensa dal servizio militare proposto dall’interrogante a favore degli alpigiani che si trovino in particolari condizioni economiche e familiari e che risiedono nelle zone alpine, non sembra per il momento opportuno che formi oggetto di particolare regolamentazione, specie nel confronto di altre sensibilissime attenuazioni, più necessarie, a favore delle famiglie e della economia italiana.

Le disposizioni emanate dal Governo, con criteri di assai largo temperamento, circa la chiamata alle armi hanno determinato ampie possibilità di dispensa a favore dei giovani che si trovino in particolari condizioni.

Tra l’altro, l’onorevole interrogante deve tener presente che si è disposto il rinvio indeterminato, oltre che dei partigiani e dei volontari di guerra, delle seguenti categorie, entro i limiti delle quali – forse – sono comprese anche le popolazioni alpigiane di cui parla l’onorevole interrogante; cioè:

1°) giovani che si trovino in speciali condizioni di famiglia, per la composizione della medesima o per benemerenze militari acquisite da altri membri della famiglia stessa;

2°) giovani, in particolari condizioni, indispensabilmente necessari per il governo di piccole aziende, sia agricole, sia industriali che commerciali.

Però il Ministero, pur non ravvisando la convenienza di deferire ad apposita Commissione parlamentare l’esame del provvedimento proposto dall’interrogante, poiché si rende conto della particolare gravità dello spopolamento delle zone alpine, terrà presente nella chiamata delle venture classi, per eventuali possibilità, le raccomandazioni dell’onorevole stesso; il quale non può, d’altronde, dimenticare che l’ordinamento militare attualmente vigente contempla già una ferma militare relativamente breve, di 18 mesi, e che è orientamento del Governo di arrivare alla ferma di 12 mesi, al che sarà provveduto, eventualmente, per legge.

PRESIDENTE. L’onorevole Chiaramello ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GHIARAMELLO. Mi dichiaro sodisfatto della risposta dell’onorevole Ministro della difesa.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Di Giovanni, al Ministro dell’interno, «sull’arbitraria proibizione opposta dal Prefetto di Siracusa alla pubblicazione di un manifesto alla cittadinanza da parte di un Comitato dei partiti di sinistra e della Camera del Lavoro, manifesto ispirato al lodevole scopo di assecondare e rinvigorire l’azione governativa e delle autorità in quei settori in cui era apparsa meno efficiente, e in difesa della giovane Repubblica».

Il Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Prefetto di Siracusa non credette di autorizzare l’affissione di un manifesto presentato in data 22 agosto 1946 da un comitato di appartenenti a partiti di sinistra e alla Camera del Lavoro, in quanto ritenne che vi fossero affermazioni tali da sminuire nel pubblico ogni fiducia nell’autorità governativa locale e amministrativa, sì da annullarne il prestigio, con conseguenti prevedibili disordini e tumulti di piazza, contro le stesse autorità.

Il diniego dell’affissione avvenne, quindi, unicamente per motivi di ordine pubblico. Però, il contenuto del manifesto ha potuto avere pubblicità completa attraverso la pubblicazione apparsa sul numero 122 del quotidiano «Voce della Sicilia».

PRESIDENTE. L’onorevole Di Giovanni ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

DI GIOVANNI. Ringrazio il Sottosegretario per l’interno della cortesia avuta nell’indagare sul contenuto della mia interrogazione.

La verità è questa: che ormai l’interrogazione è superata nel tempo, dato che si riferisce a fatti di 3 o 4 mesi or sono, quando vi era in Siracusa un altro Prefetto. Quel Prefetto è stato ormai trasferito da Siracusa e ciò costituisce la prova migliore della fondatezza della mia interrogazione.

Del resto, non avrei altro da aggiungere, perché il tempo trascorso e gli avvenimenti posteriori hanno fatto giustizia dell’inconveniente deplorato.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mastino Pietro al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere, in rapporto al recente provvedimento che triplica la pena per l’evasione dagli ammassi, quale azione pratica intenda svolgere in Roma contro il mercato nero, esercitato pubblicamente, in modo che il suddetto provvedimento abbia ovunque effettiva applicazione.

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’onorevole interrogante aveva formulato l’interrogazione in data 31 luglio dello scorso anno, quando ancora non era avvenuta la pubblicazione della legge che reca la data del 5 ottobre successivo. In quell’epoca, effettivamente, non erano state predisposte ancora le misure adeguate a stroncare il fenomeno del mercato nero, particolarmente intenso nella capitale.

In seguito all’emanazione del suddetto decreto, che stabilisce una più severa repressione delle infrazioni alla disciplina dei consumi e della evasione dagli ammassi, il Ministero hai rinnovato e ripetutamente ribadito ai dipendenti organi di polizia opportune istruzioni per svolgere un’azione vigile e costante, impegnando tutta la loro attività al fine di sradicare il mercato nero e reprimere le trasgressioni sui conferimenti obbligatori, a Roma non meno che altrove.

Per la normalizzazione del mercato della capitale si è anzi svolta un’azione particolarmente intensa, nella quale si sono impegnati direttamente anche gli uffici centrali dell’Alto Commissariato per l’alimentazione e del Ministero dell’interno, presso il quale funziona un apposito ufficio per la repressione del mercato nero, e sono noti i provvedimenti radicali predisposti in quest’ultimo torno di tempo e che sono tuttora in corso di graduale attuazione e di adeguamento alla situazione.

Le disposizioni di vigilanza impartite hanno dato notevoli risultati, con il recupero di quantitativi di merce di un certo rilievo e con una sensibile diminuzione dell’illecito commercio di generi tesserati.

Naturalmente vi sono ancora delle deficienze, anche perché l’azione non può svolgersi che gradualmente, ma gli organi del Ministero sono impegnati per condurla a fondo con ogni costanza ed energia.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MASTINO PIETRO. Osservo, nel non dichiararmi sodisfatto, che l’onorevole Sottosegretario per l’interno ha giustamente rilevato come la mia interrogazione rimonti a parecchi mesi or sono. Ma ciò non autorizza alla conclusione la quale egli è giunto, vale a dire che l’interrogazione non sia più, in certo senso, attuale; poiché, per quanto siano passati vari mesi – e troppi mesi – la situazione è, in conclusione, la stessa.

La mia interrogazione ha un riferimento specifico: il mercato nero sfacciatamente esercitato in Roma; ed ha, soprattutto, questo programma: mettere in evidenza la profonda ingiustizia che si verifica, pel comportamento del Governo, nei confronti delle varie regioni, relativamente alla lotta contro il mercato nero. Oggi, ad esempio, è in atto la propaganda perché l’olio sia conferito agli ammassi; io non so quanto possa contribuire al buon esito di codesta lotta il fatto che qui in Roma, pubblicamente, l’olio sia venduto, mentre in altre regioni coloro che detengono, sia pure illecitamente, un limitato quantitativo di olio, sono rinviati a giudizio, processati e condannati.

Questo consente una visione del problema affatto diversa da quella esaminata finora e precisamente la constatazione innegabile di una palese ingiustizia esercitata in favore di determinate categorie e di determinate regioni o città; di determinate categorie, in quanto sono soprattutto le classi agiate quelle che possono specialmente profittare del mercato nero; di determinate regioni, fra le quali certo è quella che sovrattutto mi sprona alla presentazione della interrogazione intendo parlare della Sardegna. Ecco i motivi per i quali non mi posso assolutamente dichiarare sodisfatto.

E finisco. Il Sottosegretario di Stato ha terminato col dire che è stato costituito un apposito ufficio e come ultimamente sia stata iniziata una lotta quotidiana e tenace contro il mercato nero in Roma. Ma io so ed ho anche letto sui giornali di un’azione condotta per due giorni con invio di squadre nei vari rioni cittadini per la repressione del mercato nero, e so di aver poi anche letto che, appena due giorni dopo, le disposizioni circa quest’azione sono state revocate. Ora io dico: il Governo veda la strada da seguire. A mio avviso, il mercato nero deve essere combattuto. In qualunque caso, parità ed uguaglianza di comportamento, ché altrimenti mancheremmo ai fini di giustizia.

PRESIDENTE. Anche le seguenti interrogazioni, come già prima le altre, si intendono rinviate:

Russo Perez, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se, secondando i desiderata espressi dai maestri elementari nell’ultimo Congresso di Palermo, il Ministero, prima che siano banditi nuovi concorsi per posti vacanti di maestri elementari nei vari comuni d’Italia, intenda, e fino all’esaurimento, avvalersi dei pochi concorrenti risultati idonei nell’ultimo concorso per titoli ed esami ultimatosi nell’anno 1942, e non assunti, disponendo conseguentemente per la loro nomina ai posti in atto vacanti o che si renderanno tali».

Pastore Raffaele, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se, per combattere la disoccupazione, non creda opportuno applicare il decreto ministeriale 19 dicembre 1938, n. 12571, riflettente la trasformazione dell’agricoltura nel Tavoliere di Puglia ed estendendo lo stesso piano di trasformazione a tutta la fascia pre-murgiana».

Leone Giovanni, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell’interno, dell’agricoltura e foreste e dei lavori pubblici, «per conoscere se non reputino opportuno promuovere un provvedimento legislativo che, abrogando il regio decreto 11 marzo 1923, n. 691 (in Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11 aprile 1923), richiami in vigore l’ultimo comma dell’articolo 60 (dal predetto decreto abrogato) della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità. Il comma dell’articolo 60 – di cui si chiede il ripristino – stabiliva che, in caso di retrocessione per l’ipotesi che il fondo «non ricevette in tutto o in parte la preveduta destinazione», il prezzo da pagare da parte del proprietario espropriato non poteva eccedere «l’ammontare della indennità ricevuta dal proprietario per la espropriazione del suo fondo»; e rispondeva ad un indiscutibile criterio di giustizia diretto a ripristinare, senza danno, il proprietario nel suo diritto, quando fosse cessato il motivo superiore dell’utilità pubblica, che legittimava l’espropriazione, e ad impedire, in conseguenza, l’ingiustificato arricchimento da parte dell’ente espropriante per l’eventuale aumentato valore del fondo. L’abrogazione di quel comma fu ispirata dal criterio statolatrico della legislazione fascista, forse non scevro di sotterranei riflessi particolari; e non è compatibile con il rinnovato spirito di difesa dei diritti dell’individuo. Il ripristino dell’ultimo comma dell’articolo 60, oltre che al segnalato motivo di guarentigia del diritto del cittadino, risponde ad una più rispettabile ed urgente esigenza: quella di consentire, mediante il facilitato diritto di retrocessione, il ritorno di molti fondi ai proprietari, che in regime di coltivazione diretta o di affitto riconquisterebbero alla coltivazione ed alla produzione appezzamenti, talora vasti, che dall’ente espropriante o sono abbandonati o non sono utilizzati a scopo di produzione agraria».

Ravagnan, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere se non ritenga, dati i continui investimenti stradali con conseguenze il più delle volte mortali, che si verificano per colpa dei conducenti alleati, di compiere dei passi presso il Comando militare alleato al fine di ottenere che sia prescritta velocità moderata ai conducenti di automezzi alleati, specie nell’attraversamento degli abitati, nonché una sorveglianza su di essi con sanzioni ai contravventori e risarcimenti materiali e morali alle vittime. Considerati, inoltre, i frequenti incidenti tra militari alleati e civili italiani, tra cui particolarmente gravi furono quelli verificatisi a Mestre il 23 e 24 agosto scorso, nel corso dei quali le «Jeeps» della Polizia alleata, lanciate di proposito contro i civili, causarono la morte di due di questi, se il Governo non ritenga di prospettare al Comando militare alleato questo stato di cose, di modo che siano prese disposizioni atte ad evitare il ripetersi di tali gravi incidenti».

Ravagnan, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere se non si ritenga necessario, a circa tre mesi dalla proclamazione della Repubblica, di dare disposizioni precise perché dai fregi e distintivi militari vengano tolti gli emblemi della Monarchia e perché dai timbri, sigilli e intestazioni di Uffici e di Enti dell’Amministrazione dello Stato siano eliminate le diciture monarchiche».

Di Giovanni, al Ministro della pubblica istruzione, «sulla assurda disposizione, relativa alla compilazione delle graduatorie per il conferimento di incarichi e supplenze nelle cattedre delle scuole medie, per cui viene considerato a favore dei reduci, ai fini del punteggio, il servizio militare o il periodo di prigionia subito posteriormente alla laurea e non anche quello anteriore a detta laurea, creando così una ingiusta disparità di trattamento verso coloro che furono costretti a ritardare la laurea per la chiamata alle armi e per l’impossibilità di conseguirla durante il tormentoso e difficile periodo della guerra. Per evidenti ragioni di giustizia si dovrebbero impartire disposizioni ai capi d’Istituto tendenti ad equiparare agli effetti del punteggio in graduatoria tanto il servizio militare ed il periodo di prigionia sostenuto dopo il conseguimento della laurea, quanto quello anteriore».

Avverto che l’onorevole Sardiello ha dichiarato di rinunziare alla seguente interrogazione, essendo la questione delle Corti d’assise all’esame della Commissione permanente dell’Assemblea:

Al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga opportuno sospendere l’attuazione della legge che ripristina la giustizia popolare nei giudizi di assise; affinché non sia preclusa la via per elaborare ed attuare, nel più breve tempo, norme le quali (secondo un’aspirazione sempre più viva nella coscienza collettiva e già largamente espressa da giuristi ed avvocati) consentano il riesame nel merito anche per i giudizi riguardanti i reati più gravi».

Infine l’onorevole Bencivenga ha ritirato la seguente interrogazione:

Al Ministro della guerra, «per sapere se egli non ritenga doveroso ed urgente far conoscere ufficialmente, con una succinta relazione, ciò che il soldato italiano fece nella guerra che, fedele alle tradizioni, combatté con disciplina ed alto valore per l’onore delle proprie bandiere, obbediente agli ordini del Sovrano. Il silenzio finora tenuto dall’ufficio storico del nostro Stato maggiore non depone a favore di quella fierezza di carattere che è doverosa, quando si tratti di rendere omaggio e riconoscenza a chi fece getto della vita per la Patria; a chi, vivente, porta il segno del sacrificio; al popolo italiano tutto che, all’appello per la salute della Patria, rispose disciplinatamente, senza chiedersi se la guerra fosse giusta od ingiusta: giudizio codesto che darà la storia».

È così trascorso il tempo assegnato alle interrogazioni.

Votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

Prima che si proceda alla votazione, estraggo a sorte i nomi di 24 deputati, che comporranno le due Commissioni di scrutinio.

(Esegue il sorteggio).

La Commissioni risultano così composte: per la nomina del Vicepresidente, gli onorevoli: Andreotti, Cortese, Pressinotti, Venditti, Alberti, Tosi, Selvaggi, Veroni, Lagravinese Pasquale, Guerrieri, Lozza, Farina;

per la nomina del Segretario, gli onorevoli: Azzi, Varvaro, Gallico Spano Nadia, Togliatti, Flecchia, Marconi, Finocchiaro Aprile, Patricolo, Taddia, Pollastrini Elettra, Musotto e Calosso.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli scrutatori a recarsi nella sala all’uopo destinata per procedere immediatamente alle operazioni di scrutinio.

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri. È iscritto a parlare l’onorevole Conti. Ne ha facoltà.

CONTI. Onorevoli colleghi, io terrò un breve discorso. Credo che sia volere di noi tutti limitare la discussione, rendere questa nostra Assemblea degna degli argomenti importanti dei quali ci dobbiamo occupare.

Riguardo al Trattato si è detto già molto; si è detto molto con sobrietà, non si è ecceduto. Era necessario dare prova di grande serenità e, direi, di austerità di fronte al grave fatto che si è consumato. Dobbiamo essere decisamente fermi in un atteggiamento che possa essere inteso, compreso all’estero, in un atteggiamento di popolo forte, di popolo capace di rinascere, di ricostruire il Paese, lavorando, provvedendo a tutte le necessità, senza mai ridurre la propria dignità di fronte a tutti.

Che cosa si deve dire della situazione politica in questo momento? Ecco l’argomento più importante, dopo quello sul quale ho detto le poche parole che dovevo dire.

È veramente necessario che noi continuiamo nelle nostre esercitazioni parlamentaristiche, che riprendiamo, cioè, l’analisi della crisi recente? Io non ho l’attitudine a questo genere di indagini. Cercherò di non occuparmi più di tanto dell’argomento. Se la discussione dell’Assemblea sarà dedicata alla crisi, io credo che ognuno dovrà limitarsi allo stretto necessario, perché il Paese deve avere finalmente dalla nostra Assemblea un esempio di sobrietà, anche di fronte a questo troppo spesso ricorrente avvenimento.

Il Paese prende troppo gusto nell’esaminare certe situazioni e perde il senso della realtà, si corrompe e si devia, come si è deviato nei lunghi anni del parlamentarismo. Non va il Paese all’esame dei problemi seri e fondamentali della nostra vita nazionale: chiacchiera, si diffonde in una quantità di elucubrazioni di carattere politico, sociale, psicologico; si avventura nelle più strane ipotesi; cerca con la fantasia la soluzione dei problemi, si svia e perde il senso della realtà, e non compie il suo dovere di assistere l’Assemblea con la serietà, che pure il Paese deve osservare.

Noi dobbiamo compiere il dovere di non accendere le fiammelle di pettegolezzo paesano; dobbiamo essere i primi a ridurre le nostre discussioni ai punti sostanziali, alle questioni solide.

Perciò io non mi occuperò del perché della crisi, del come si è composta, di chi l’ha composta. Mi potrei anche dilettare con alcune osservazioni, ma esse non farebbero piacere a molti colleghi di qualche parte della Assembla: e non sono di mio gusto. Sapere se l’onorevole De Gasperi ha opportunamente o no aperto la crisi mi interessa fino a un certo punto. Questi sono problemi che pongono gli uomini politici che hanno tempo da perdere.

Sapere se ancora siamo sotto il dominio dei tre partiti, è anche questo un problema interessante per molti: per me non lo è, perché ritengo che la realtà è oggi questa e che, per ora, è insopprimibile.

Io raccomanderei ai tre partiti, i quali hanno la pretesa di dominare la vita italiana, e si disputano la prevalenza, di avere pietà per questo nostro povero Paese: di non tormentarlo con le loro polemiche, con le loro questioni, con il moto continuo delle passioni che nel Paese si sviluppano e fanno gran danno.

Siamo in un periodo in cui s’impone una tregua fra i partiti. I partiti se ne dovrebbero persuadere a rimandare alle elezioni generali la soluzione dei problemi e, direi quasi, il giudizio sul loro atteggiamento, e il giudizio del Paese sui loro programmi.

Un problema grosso mi pare ci sia per tutti noi, e prego i colleghi di considerarlo con molta serietà, direi con austerità: quello della conclusione dei nostri lavori.

Noi siamo Assemblea Costituente. Questa è destinata e chiamata non a legiferare, ma ad elaborare e deliberare la Costituzione.

Se usciamo dai fini e dai termini fissati dalla legge, cadremo in un eccesso di mandato, e mancheremo al nostro dovere.

Fin dal primo tempo si è voluto, si è preteso, anzi, che la Costituente svolgesse una vasta funzione legislativa; era una pretesa che molti hanno avanzato in buona fede, senza rendersi conto del compito specifico di quest’Assemblea. E si è corso pericolo di trasmodare nelle nostre discussioni, di uscire dal terreno sul quale vogliamo rimanere.

L’Assemblea Costituente deve dare al Paese la Costituzione della Repubblica.

E poiché siamo all’inizio della discussione del progetto elaborato dalla Commissione dei 75, dico che noi abbiamo il dovere di dedicarci a questo lavoro, di non distrarci con altre attività, con altri esami, perdendo tempo.

I problemi grossi, quelli che preoccupano il Paese, le grandi riforme di struttura, tutte le riforme radicali, che sono parti del programma di tutti i partiti, saranno un giorno affrontate dall’Assemblea legislativa.

Basta con la promessa al Paese che questa Assemblea risolverà problemi, che oggi non si possono risolvere.

Non continuiamo nell’errore, che è stato grave nel periodo della lotta per la Costituente e per il referendum. Allora troppo si è predicato sulle piazze che questa Assemblea avrebbe risolto i problemi più gravi della vita italiana: problemi economici, sociali. Questa Assemblea è chiamata ad altro; essa non ha questo compito.

Il Paese lo deve sapere e deve attendere fiduciosamente l’opera che si svolgerà per il perfezionamento del testo della Costituzione elaborato dalla Commissione del 75.

Quando l’Assemblea adempirà questo dovere, avrà fatto tutto quello che poteva fare ed il Paese le sarà grato.

Perché dobbiamo affrontare altri problemi? Da dove si comincia? Dov’è l’elaborazione preliminare, preparatoria, che ci può indurre ad affrontare le soluzioni?

Non c’è nulla: bisogna dirlo al Paese, coraggiosamente, tranquillamente.

Il Paese è stanco di chiacchiere. Il Paese desidera che si concluda, non vuole i grandi programmi. Siamo in un periodo, nel quale, fortunatamente, il popolo italiano ha raggiunto un grado di maturità ed un desiderio di riflessione su tutto, per cui noi non possiamo autorizzarci a far credere che qui si possa fare più di quello che si può fare.

Diciamo al Paese: l’Assemblea Costituente non potrà risolvere tanti problemi; essa potrà risolvere quello, unico e solo, della Costituzione. (Commenti).

Il collega, di cui non conosco il nome, (Accenna verso i banchi di sinistra) non sembra consentire col mio punto di vista. Io dico che deve sforzarsi di consentire, perché è veramente necessario che noi ci diamo, senza perdere tempo e con grande intensità, a questo lavoro di formazione della Costituzione. Noi abbiamo la necessità assoluta, per il nostro Paese, di uscire presto da questa aula con la Costituzione compiuta. Non possiamo ammettere, non dobbiamo credere, di poter rinviare di giorno in giorno, di settimana in settimana: abbiamo il dovere di concludere, e presto, i nostri lavori. Il Paese non può vivere nella condizione provvisoria, nella quale vive da troppi mesi. Noi continuiamo a vivere come nel periodo in cui imperavano i Comitati di liberazione nazionale. Di poco è cambiata la situazione politica del Paese: deve invece cambiare. Il Paese deve avere la sensazione che qui si conclude; e noi abbiamo il dovere di chiedere al Paese un giudizio sull’opera nostra nel più breve tempo possibile.

Lo so che v’è riluttanza a intendere ciò che io dico. Ma so che la serietà dei membri dell’Assemblea suggerirà ad ognuno che qui si deve compiere il nostro dovere senza esitazioni. E dobbiamo far presto, e presentarci al Paese per il suo giudizio sull’opera nostra. E questa dobbiamo compierla con grande impegno, perché è necessità assoluta, onorevoli colleghi, che la Costituzione sia approvata con un grande numero di voti. Non possiamo invitare il Paese a giudicare il nostro operato, se non avremo compiuto opera coscienziosa, se non avremo apportato al progetto dei 75 tutti i perfezionamenti necessari.

Io dico, con tutta sincerità a quella parte dell’Assemblea, a quei colleghi che vogliono ancora restare in atteggiamento ostile contro questa povera nostra Repubblica… (Commenti a destra)

Una voce a destra. Chi lo ha detto? È un’affermazione gratuita.

CONTI. Dico ai colleghi di quella parte dell’Assemblea che noi, repubblicani vecchi «storici» e repubblicani nuovi, desideriamo di essere tutti concordi ed operosi nell’elaborare questo documento che dovrà dare al Paese la certezza di possedere una Costituzione moderna, tale che garantisca tutte le sue libertà, di una Costituzione che apra le vie a nuovo cammino, di una Costituzione nella quale l’Italia trovi finalmente consacrata la pace per il suo avvenire.

Una voce a destra. Che sarà sottoposta al referendum.

CONTI. Molti di voi, per vero, hanno dato, nella Commissione dei 75 e nelle Sottocommissioni, prova di lealtà e di buona volontà. Io auguro che le discussioni che faremo in quest’Aula si improntino alla stessa serenità e alla stessa buona volontà.

Una voce a destra. Ma ne abbiamo da vendere di buona volontà!

CONTI. Il proposito deve essere di non riaccendere nel Paese le dispute, la guerra dei partiti, che ha dato tanti dolori all’Italia. Spero che vi persuaderete che il Paese ha bisogno di tranquillità e di pace, e che non sarete voi a promuovere incidenti.

MICCOLIS. Vada a far scuola altrove: non siamo noi che provochiamo incidenti.

CONTI. Accetto volentieri questa dichiarazione; aggiungo che io non faccio scuola a nessuno. Faccio appello al vostro patriottismo. (Commenti a destra).

BENEDETTINI. Il patriottismo noi lo abbiamo.

CONTI. V’è un altro argomento del quale l’Assemblea è chiamata ad occuparsi: il programma di governo che è stato annunziato nel discorso dell’onorevole De Gasperi. Ci dobbiamo occupare di questo programma? Debbo io occuparmene? Non ne ho l’intenzione, perché ritengo che il Governo di oggi, come i Governi di ieri, non abbia una funzione organica. L’attuale è anch’esso un Governo provvisorio. Si tratta di un Governo che non può promettere nulla e non può attuare alcun programma; il periodo di tempo in cui esso deve agire è ristretto. Lo appoggeremo, o faremo opposizione? Questa è la domanda che viene rivolta a noi repubblicani che partecipammo al precedente Governo e non partecipiamo all’attuale. Che faremo?

Anche su questo punto debbo spiegarmi.

Chi è vissuto nella Camera italiana nel periodo precedente al fascismo e chi ha tentato di far rivivere i costumi parlamentari del tempo pre-fascista, ha un modo tutto suo di concepire l’opposizione.

L’opposizione è per molti un sistematico dispetto a chi sta al banco del Governo. Per essa si deve dir male del Governo, si debbono combattere gli uomini del Governo, si deve ostacolare l’azione del Ministero. Questo modo di concepire l’opposizione promosse un costume che chiamo funesto, per il quale il sistema rappresentativo degenerò nel parlamentarismo ed il parlamentarismo fu la causa di tanti mali per il nostro Paese.

Ebbene, noi non intendiamo l’opposizione in questo modo: per noi l’opposizione è concepita, mi sia consentito il dirlo, in un modo più elevato.

Noi non siamo nel Governo. Non siamo, dunque, pienamente favorevoli alla sua politica; ma questo non significa che noi non daremo eventualmente il nostro voto favorevole.

Noi consideriamo l’opposizione come impulso, come agitazione continua di idee per indurre il Governo alla soluzione dei problemi. Pensiamo che l’opposizione debba essere collaborazione ardente e vivace; critica tale da non consentire al Governo né riposi né tranquillità. Il gruppo al quale appartengo assumerà questo atteggiamento: non lascerà tranquillo il Governo; se esso non provvederà ad alcune fondamentali necessità. Ve n’è una, di fronte alla quale non ci siamo mai posti con la decisione necessaria.

Nel Paese vi è una grande corruzione. Parlo di quella dell’amministrazione dello Stato; la corruzione dei costumi è un altro grave problema, ma esso va al di là, della contingenza. Noi abbiamo residuati di guerra anche nel campo morale; abbiamo i residuati dei regimi precedenti e ne dobbiamo sopportare gli effetti.

Io parlo della corruzione dei Ministeri e delle pubbliche amministrazioni. (Commenti a destra).

Le voci che si levano sono forse di dissenso?

Voci a destra. No, no, siamo d’accordo.

CONTI. Se siamo, dunque, d’accordo, mettiamo meglio il dito sulla piaga, perché questo problema della moralità nelle pubbliche amministrazioni è un problema fondamentale in questo momento, se vogliamo ridare coraggio al nostro Paese, scoraggiato anche dalla corruzione.

Una voce a destra. Pagare gli impiegati!

CONTI. Tutti coloro che vogliono lavorare nel nostro Paese e che hanno rapporti con la pubblica amministrazione lamentano lo stato deplorevole nel quale le nostre amministrazioni si trovano. Non andiamo nelle nuvole, no. Può darsi che abbiamo, prima o poi, qualche indice grave della corruzione dei Ministeri e, forse, di uomini politici. (Proteste – Commenti – Interruzioni a destra).

Voci. I nomi!

CONTI. Se mai sarebbero cognomi… (Si ride). Io non mi occupo specificamente di questo problema, lo presento. D’altra parte non mi rendo conto di questo vostro mormorare…

PRESIDENTE. Onorevole Conti, sono d’accordo con lei; quindi, prosegua.

CONTI. Tanto meglio. Dicevo, dunque, che questo stato di cose gravissimo, e che fa tanto male al Paese, ha la sua origine specialmente a Roma, nei Ministeri. (Commenti). Gli uomini che presiedono ai Ministeri hanno l’obbligo di studiare il problema e di provvedere, anche per un motivo molto importante: il paese confonde facilmente Governo, uomini, Amministrazione con l’istituzione repubblicana; ma noi vogliamo che la Repubblica non sia confusa con i governanti e con gli amministratori. Gli uomini possono commettere delitti, la Repubblica sta in alto per giudicare; non per essere compromessa con chi la deturpa, con chi la offende, con chi la tradisce. E allora, ripeto, gli uomini del Governo hanno il dovere assoluto di svegliarsi e di provvedere. Hanno troppo dormito, diciamo la verità. Che nomi e che cognomi! Non si sa da tutti che nei Ministeri non si entra tranquillamente, che per entrarvi bisogna avere portafogli gonfi (Rumori, commenti), che bisogna, dappertutto, ungere le mani per poter riuscire negli intenti che la gente si ripromette? (Commenti).

MICCOLIS. Non sono tutti così i funzionari!

PRESIDENTE. Non interrompano! Lascino parlare.

BRUSASCA. Non si può lasciare insultare così la pubblica Amministrazione.

CONTI. Io credo che l’ipocrisia sia il peggiore dei mali. Dobbiamo svegliarci, dobbiamo svelare il male, frustare, se c’è bisogno. Bisogna porre questo problema una volta per sempre. Non è più possibile che l’Italia viva oggi come per il passato. Al tempo della monarchia, lo scandalo era un fatto ricorrente.

BENEDETTINI. Adesso è permanente.

CONTI. Non dica così, giovane collega! Io ho quasi cinquant’anni di vita politica, e conosco la vita vissuta del nostro paese. Chi non la conosce ha l’obbligo di conoscere la cronaca e la storia nostra. Io vi dico che nel nostro Paese, sotto la dominazione monarchica, abbiamo avuto scandali su scandali ogni anno, ogni cinque anni, ogni dieci anni, piccoli e grossi scandali…

MICCOLIS. Ed oggi tutti i giorni.

CONTI. Quando dalla parte vostra, per giustificare gli scandali che venivano dalla corruzione monarchica, si obiettavano gli scandali ricorrenti in Francia, nella Repubblica francese, noi potevamo trionfalmente far constatare che in Francia si facevano processi e si condannavano i colpevoli, mentre in Italia si coprivano tutte le porcherie. Questa è la differenza. Oggi…

MICCOLIS. È peggio!

CONTI. Onorevole Miccolis, noi diventeremo amici certamente, ma lei ora si preoccupa troppo di interrompermi. Oggi, dicevo, in Italia, abbiamo la Repubblica, nella quale non vi sono privilegiati, non dominazioni di cricche, non trono circondato da gerarchi organizzati per sfruttare, deprimere e opprimere il Paese. Repubblica è porta aperta, finestre aperte, aria pura, bandiere pulite. E tutti possiamo dire quello che vogliamo per risanare questo Paese che è corrotto dal passato.

Ed allora, signori Ministri, è vostro impegno d’onore, se non volete l’opposizione più ardente da questi banchi, procedere ad una radicale epurazione. Siate severi!

Questo è un problema da risolvere, in questo momento. I problemi dell’organizzazione dello Stato, le riforme di struttura sono del prossimo domani. È tempo perduto dire, oggi, al Ministro Segni di preparare la riforma agraria; è tempo perduto dire, oggi, al Ministro Gullo di riordinare il potere giudiziario; è perfettamente inutile dire al Ministro Campilli… Ma Dio ne scampi dai problemi di quel Ministero. (Si ride).

Il problema che ho indicato è veramente, in questo momento politico, uno dei più gravi. Bisogna ridare coraggio al Paese, bisogna risanare la vita pubblica, bisogna indagare, scoprire colpe, punire. Ecco, dunque, una delle funzioni del Governo che noi consideriamo provvisorio.

E le altre funzioni? Non pretendiamo tante cose. Ma volete risolvere quel benedetto problema dell’alimentazione del Paese? (Commenti). Io sono separato specialmente da questo settore (Accenna a sinistra); sono separato dagli amici comunisti e socialisti, che considero poeti della lotta politica (Si ride), o, perché non inorgogliscano per questa qualifica, architetti, o ingegneri, o costruttori del futuro (Vivi commenti a destra). Io sono separato da questi colleghi ed amici, perché sono contrario alle loro concezioni, qualche volta fantastiche, di preparatori di piani, di costruzioni economiche, di preparatori di enti, di commissariati… Non condivido le loro idee, perché non riesco a concepire la lotta, direi meglio, il litigio, nel campo della economia, degli uomini con le leggi economiche che sono quelle che sono e che ci impongono la fame, o ce la fanno evitare, che ci mettono in condizioni di superare durezze, o ci condannano a sopportarle. Ma se non condivido l’intervenzionismo degli amici comunisti e socialisti e di altri colleghi di questa Assemblea, se non partecipo alle illusioni dell’intervenzionismo, non posso vietarmi di pensare che il problema dell’alimentazione possa anche uscire dalla stretta delle pianificazioni, delle organizzazioni fantastiche delle quali si dilettano i facili risolutori dei problemi economici e posso pensare che qualche provvedimento e incoraggiamento possano esservi e che una maggiore quantità di merci, di generi alimentari, di cose necessarie per la soddisfazione dei bisogni del popolo italiano possano essere fornite al popolo italiano.

Se si comincerà ad abolire una quantità di commissariati, di enti, di costruzioni fantastiche nelle quali la burocrazia… (Interruzioni. – Applausi a destra), rende difficile e spesso impossibile ogni azione economica, si darà inizio alla soluzione del problema. Vi dovete persuadervi, signori del Governo, che la ragione principale del male economico del nostro Paese risiede in questa enorme quantità di commissariati, di commissioni, di commissari, di individui che mettono le mani nelle cose dell’economia. (Applausi a destra – Commenti a sinistra).

Non crediate, cari colleghi di sinistra, che certe coincidenze casuali rappresentino la possibilità di coincidenze radicali… Il consenso di quella parte alle mie vedute economiche ha la durata dell’applauso.

Onorevoli signori del Governo, io vi ho richiamato a due necessità fondamentali: epurare l’Amministrazione pubblica, eliminando la corruzione; dare a questo Paese, tranquillità con provvedimenti di carattere economico.

Ma ci sono altri suggerimenti utili per l’opera vostra.

Noi repubblicani, da questo stesso banco, sei mesi or sono, quando si è costituito il primo Ministero, abbiamo affermato due necessità fondamentali. La prima, far rivivere i Comuni; la seconda, far agire le Regioni.

Noi abbiamo detto: signori del Governo, pensate che la vita del Paese non si svolge a Roma, non si svolge sotto l’ombrellone governativo: si svolge nei Comuni, nelle Regioni. Se non terrete d’occhio Comuni e Regioni, non concluderete nulla, ingannerete il Paese. Ed è per questo nostro progetto fondamentale che alla Commissione dei 75 ci siamo battuti per l’organizzazione autonomistica regionale; è per questa convinzione profonda che ci siamo battuti per l’autonomia comunale. Queste parole le dicemmo al Governo e le ripetiamo appassionatamente, perché crediamo che in esse sia gran parte della verità politica alla quale ci dobbiamo ispirare oggi: fate vivere i Comuni e create la vita regionale. Voi avrete fatto un gran passo sulla via del progresso economico, politico e sociale del nostro Paese. Fate vivere i Comuni! Oggi i Comuni non vivono, perché il Governo ha continuato a rimanere sulla vecchia strada.

I Comuni vivono sotto l’oppressione governativa; continuano a vivere sotto la dominazione dei prefetti, continuano a vivere senza mezzi, a vivere (o a non vivere) nelle condizioni in cui hanno vissuto per 80 anni sotto la dominazione monarchica. Se il Governo non penserà a risolvere questo problema, che può essere avviato a soluzione anche con piccoli provvedimenti, darà al Paese altre delusioni.

La funzione dei Comuni in questo momento potrebbe essere di importanza grandissima. Tutti i problemi della ricostruzione, quei problemi che si pretende di risolvere da Roma, al Ministero dei lavori pubblici, attraverso la burocrazia dei Provveditorati, del Genio civile, possono essere risolti nei Comuni.

Mettere in diretto rapporto Stato e Comuni, senza intermediari burocratici, significherebbe risolvere il problema della ricostruzione. Risolvere il problema della ricostruzione significa affrontare seriamente il problema della disoccupazione, significa risparmiare denaro, fare enormi economie. Se i denari che sono passati attraverso ai Provveditorati, alle autorità del Genio civile, attraverso a tutti gli organi che si frappongono fra Stato e Comuni, fossero stati direttamente affidati ai Comuni, noi avremmo avuto grandissimi progressi nel lavoro di ricostruzione del nostro Paese.

Facciamo vivere le regioni! Cominciamo ad occuparci, onorevoli colleghi, della creazione delle Amministrazioni regionali, cominciamo ad organizzare la vita regionale, a dar animo alle nostre popolazioni, ad immetterle nel movimento democratico che noi vogliamo creare nelle singole regioni. Certi problemi si risolvono unicamente per questa via.

Si parla del problema del Mezzogiorno; siamo continuamente richiamati alla sua soluzione; dal Mezzogiorno giungono continuamente reclami perché si provveda alla sua sorte. Ebbene, perché il Mezzogiorno possa essere redento bisogna dar vita alle regioni, portare laggiù un indirizzo di vita nuova attraverso l’attività degli stessi uomini che vivono nelle regioni. Non vengano a Roma gli uomini di valore: essi possono rimanere nelle loro regioni ad organizzare la vita nuova del Paese. Ma diamo la possibilità di far ciò, non li teniamo tutti a Roma, non stringiamo qui le catene che purtroppo sono intorno al corpo di questa povera Italia.

Questa è la via nella quale potremo avviare a soluzione tanti problemi. Il problema del Mezzogiorno, onorevoli colleghi, non è un problema di parole. Se ne dicono troppe di parole, si fanno troppi congressi, si fanno troppe riunioni, si scrivono troppi libri, si fanno troppe promesse alle popolazioni dell’Italia meridionale. Il problema del Mezzogiorno vuole l’ingresso delle classi rurali nella sua vita. Portiamo i contadini nei Comuni, facciamo vivere le amministrazioni comunali, immettiamo in esse le forze dei lavoratori. Si troveranno in conflitto con le forze agrarie, con il latifondo, con le formazioni reazionarie, che purtroppo vivono ancora nell’Italia meridionale; ma quando noi avremo dato ingresso ai contadini nella vita amministrativa e politica nelle loro regioni, i conflitti si ridurranno e seguirà l’assestamento.

Signori del Governo, io non mi trattengo nell’esame degli altri problemi sui quali si sono detti fiumi di parole. Si è parlato da mesi e mesi del cambio della moneta, di riforme finanziarie, di confische di beni. Sono tutte cose che stanno scritte sulla carta da tanti mesi ed è perfettamente inutile che mi trattenga sulla necessità di richiamare questi provvedimenti che il Paese aspetta. Non so se voi attuerete quel cambio della moneta, che due anni or sono poteva avere i vantaggi che era lecito ripromettersi e che oggi può essere guardato con diffidenza e scetticismo. Certo è che di provvedimenti finanziari ha bisogno il Paese. La nostra lira slitta, slitta. Dovete pensarci. Date al Paese fiducia, incoraggiate il Paese con provvedimenti che non siano illusori e che possano rappresentare l’inizio di una vita nuova in tutti i campi.

Un’altra parola voglio dire: è per la scuola, signori del Governo. Per la scuola si è fatto troppo poco. Si è spiegato che il Tesoro è stato avaro con il Ministro dell’istruzione. Mi rendo conto dell’avarizia del Tesoro e delle difficoltà incontrate dal Ministro dell’istruzione; ma il problema della scuola è il più grave problema della vita nazionale, della vita morale della Nazione. L’analfabetismo è arrivato per la guerra ad un grado preoccupante. Noi dobbiamo escogitare tutti i mezzi perché l’analfabetismo sia combattuto e fugato. Abbiamo la necessità di dare al Paese finalmente la garanzia di moralità e di civiltà che può derivare dalla scuola, la garanzia di educazione civica che soltanto la scuola può dare.

Onorevoli signori del Governo, io, lo ripeto, considero provvisoria la vostra funzione. Non vi incalzo con grandi pretese, ma vi dico: provvedete a queste necessità fondamentali. Non so se il mio gruppo deciderà di darvi un voto di fiducia. Io son pronto a darvelo. (Commenti).

Ho imparato a dire di sì. La prima volta, dopo tanti anni di no, di no, dopo tanti anni nei quali sistematicamente ho detto di no a tutti i Governi che siedevano a quel banco, ho detto, per la prima volta, di sì al Governo De Gasperi.

NASI. Allora faceva l’opposizione sistematica!

CONTI. Spero di continuare. Ma non escludo voti contrari. Non escludo neppure un’appassionata requisitoria contro di voi, se non farete le tre o quattro cose che vi ho pregato di fare: lottare contro la corruzione, dare qualche provvedimento perché la vita economica del Paese sia meno preoccupante, pensare alla scuola, pensare alla vita dei Comuni, pensare a dare agilità a questo popolo che si è risvegliato, pensare a dare all’Italia calore e vita.

Signori, abbiamo oggi, firmato il Trattato che ci è stato imposto. Non ci pensiamo più. Disse benissimo l’onorevole Sforza in una intervista o in un suo scritto suo: la politica internazionale dell’Italia incomincia oggi. Abbiamo liquidato il passato. La nostra vita nazionale riprende oggi. L’Italia sarà una Nazione piena di vita; sarà il Paese della libertà, un Paese che potrà guardare all’avvenire con tranquillità, con fierezza, con volontà di riscatto, a tutti i costi. (Vivi applausi).

Risultato della votazione per la nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per l’elezione di un Vicepresidente.

Votanti             343

Hanno ottenuto voti i deputati: Targetti 201, Lucifero 53, Persico 50.

Voti dispersi 13, schede bianche 26.

Proclamo eletto Vice Presidente dell’Assemblea Costituente l’onorevole Targetti. (Vivissimi applausi).

Comunico il risultato della votazione per l’elezione di un Segretario.

Votanti             337

Hanno ottenuto voti i deputati: Amadei 110, Badini Confalonieri 101, Rodi 38, Nenni17.

Voti dispersi 25, schede bianche 46.

Proclamo eletto Segretario dell’Assemblea Costituente l’onorevole Amadei. (Vivi applausi).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Arcaini – Assennato – Avanzini – Ayroldi – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barontini Anelito – Basile – Bassano – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bergamini – Bernabei – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosi – Bovetti – Bozzi – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Buonocore – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Caiati – Caldera – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carboni – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Cianca – Cicerone – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsi – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – Dozza.

Fabbri – Facchinetti – Faccio – Falchi – Fanfani – Fantoni – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacometti – Giolitti – Gorreri – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Maffi – Maffioli – Magnani – Maltagliati – Mancini – Manzini – Marazza – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzoni – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli –_ Minella Angiola – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montemartini – Monticelli – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Moro – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musotto.

Nasi – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Notarianni – Novella.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perrone Capano – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piccioni – Platone – Ponti – Pratolongo – Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Rapelli – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rodi – Rodinò Mario – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Sardiello – Sartor – Scarpa – Scelba – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Segni – Selvaggi – Sforza – Sicignano – Siles – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taddia – Targetti – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tonello – Tosi –Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Turco.

Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zotta – Zuccarini.

Si riprende la discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Reale Vito. Ne ha facoltà.

REALE VITO. Onorevoli colleghi, io non sono del parere dell’oratore che mi ha preceduto: che sia fatica inutile esaminare le ragioni che hanno determinato la crisi, il modo come ad essa si è provveduto e se la crisi abbia dato finalmente quel Governo, che governi, come ha detto l’onorevole De Gasperi, quando ha voluto giustificare le ragioni delle sue dimissioni.

Quali le cause che hanno determinato le dimissioni dell’onorevole De Gasperi? Sono di due ordini: di ordine interno, la composizione del Gabinetto; d’ordine sostanziale, più importante, la coalizione dei partiti che erano e sono al Governo.

L’onorevole De Gasperi ha risoluto o ha tentato di risolvere il primo problema; ha creduto, abolendo il Ministero per l’assistenza post-bellica, fondendo quelli delle finanze e del tesoro, riunendo i ministeri delle forze armate, di creare quella concentrazione governativa, che evidentemente mancava al precedente Gabinetto.

Ha fatto anche un altro passo avanti. Ha dato al nuovo Gabinetto una direzione più fattiva, più organica, io mi auguro; perché il Presidente del Consiglio si è liberato dal peso del Ministero degli affari esteri e di quello dell’interno.

È evidente che, da questo punto di vista, dobbiamo attenderci miglioramenti e vantaggi notevoli.

L’onorevole Nitti aveva indicato questi rimedi, ma sono state necessarie ben due esperienze ministeriali perché l’ammonimento fosse accolto.

Non credo che la riduzione dei Ministeri possa trovare quella efficacia che il Presidente del Consiglio si ripromette, sovratutto quando egli ha popolato il suo Gabinetto d’una molteplicità di sottosegretari, che terranno in vita e in agitazione i contrasti e gli attriti, i conflitti di competenze tra i vari sottosegretariati, e creeranno o continueranno a mantenere quella paralisi governativa che il Presidente del Consiglio ha voluto giustamente rimuovere.

Ma il problema fondamentale che doveva risolvere il Presidente del Consiglio e che in parte sopravvive alla crisi recente è un altro: la coabitazione, che si è detta forzata, la collaborazione, che potremmo dire con linguaggio più semplice e chiaro, dei vari partiti al Governo. Ci sono al Governo due concezioni politiche opposte, due concezioni economiche opposte. Bisognava trovare una soluzione a questa situazione, che era determinata dalla necessità di ottenere una maggioranza parlamentare. Il Presidente del Consiglio, come chiunque altro che fosse stato al suo posto, aveva un compito estremamente arduo: assicurarsi una maggioranza e non avere una competizione, un contrasto violento nel suo Gabinetto. E il Presidente del Consiglio non ha negato a se stesso queste difficoltà: non le ha taciute e non le ha dimenticate, anzi ha tentato con tutti i mezzi di superarle. In un primo momento ha tentato l’allargamento del Gabinetto, per poter diluire il contrasto con una maggiore partecipazione di partiti al potere, e poter così trovare più facilmente una via di compromesso nel Gabinetto stesso.

Ma questo tentativo è fallito. Anzi, ad una base più larga è stata sostituita una base più limitata, più ristretta della sua formazione ministeriale. Invece di tre partiti, sono due e mezzo. Il partito repubblicano se ne è andato; il partito socialista si è diviso, e una parte dei socialisti non ha partecipato alla nuova formazione governativa. È capitato come a Nenni, che aveva proclamato che passava dal Governo al potere, e ha finito per lasciare il Governo. (Si ride).

Sono cose che capitano. E allora il Presidente del Consiglio ha avuto un’altra idea che non era sbagliata: dare una prevalenza decisiva ad uno dei partiti della formazione governativa e avere con questa prevalenza la garanzia di una continuità di indirizzo.

Anche questa idea non è riuscita. Si è ricorso al sistema dei competenti e degli indipendenti; e di fronte a sette democristiani vi sono, sì, sei socialcomunisti, ma pure due indipendenti, e l’assurdo è questo, che un contrasto di indirizzo che possa verificarsi domani tra queste due potenti tendenze politiche dovrà essere risolto dagli indipendenti; cioè, gli arbitri della vita politica italiana di domani saranno Sforza e Gasparotto.

Se abbia fatto bene i suoi calcoli il Presidente del Consiglio, ce lo dirà l’esperienza.

Ma vi era un modo, a mio giudizio, molto più logico, molto più leale, molto più aperto per risolvere questo contrasto, e consisteva nella determinazione di un programma organico su cui i partiti chiamati a formare un nuovo Governo dovevano mettersi d’accordo.

Questa che era la strada maestra, che era la soluzione ideale per una crisi che travaglia il Paese, non so se sia stata tentata, se sia riuscita.

Le dichiarazioni del Governo su questo punto – me lo perdoni il Presidente del Consiglio – ci lasciano assolutamente perplessi. Le enunciazioni sono enunciazioni di ordine generico, e non di ordine specifico; e dopo una così lunga esperienza era necessario che i problemi fossero esattamente enunciati, ed esattamente prospettati, ed esattamente risoluti. Perché il Paese avesse potuto sapere con esattezza con quali criteri questo terribile contrasto veniva risoluto, bisognava scegliere i problemi di maggiore attualità, bisognava individuare i problemi più urgenti per la vita del Paese, bisognava dare a questi problemi una soluzione precisa, coerente, organica. Noi nelle dichiarazioni del Governo abbiamo cercato questa soluzione, ma con franchezza io devo riconoscere che non c’è; non c’è per i problemi più importanti, per i problemi fondamentali della vita del Paese.

Il Presidente del Consiglio ha detto che per lui la questione fondamentale, essenziale, è quella di migliorare ed aumentare la produzione. Onorevole Presidente del Consiglio, ha pensato che non è possibile risolvere questo problema – che io riconosco con lei, è veramente fondamentale, essenziale per la vita del Paese – senza avere determinato con esattezza i rapporti fra impresa e lavoratori? Il problema della disoccupazione è un problema di enorme gravità; ma esso va risolto organicamente e compiutamente. Il blocco dei licenziamenti, l’imposizione della mano d’opera sono espedienti momentanei, sono espedienti che non possono sciogliere il nodo fondamentale del problema. Bisogna trovare una soluzione; bisogna che i tre partiti al potere esaminino questo problema sia nel campo agricolo, sia nel campo industriale, e lo risolvano organicamente e tecnicamente in un modo soddisfacente.

Non sono facili problemi; ma è un anno che noi vediamo rinviare costantemente e continuamente la loro soluzione. E proprio stamane ho dovuto rivolgermi ad un competente di questi problemi per sapere se il blocco dei licenziamenti esisteva ancora, se l’imposizione della mano d’opera esiste ancora, o se, per avventura, questo problema, a mia insaputa – perché io non ho contatti continui e costanti, soprattutto con quello che è il movimento industriale dell’Alta Italia, fosse stato o meno risoluto: problema così importante, così imponente per la vita economica del Paese. Ed ho saputo ancora una volta che questo problema è rinviato, non si sa come, non si sa a quando. E nelle dichiarazioni del Governo, che pure fa appello alla necessità di migliorare e rinvigorire la produzione come elemento di salvezza del Paese, non vi è un solo accenno a problemi cosi essenziali, così vitali.

Una politica di prezzi, che contenga i prezzi, senza una politica di costi, è assurda. Una politica che voglia ribassare i prezzi deve tener conto dei costi; ed a che i costi siano ribassati devono contribuire non solo il capitale e il profitto, ma anche il salario. Siamo in ore estremamente difficili e gravi, da cui non si esce se non con il solidale sacrificio, e con la solidale collaborazione di tutte le classi e di tutti i fattori che costituiscono e formano la produzione. Su questo punto le dichiarazioni del Governo sono veramente monche; lasciano attendere per lo meno dettagli e precisazioni.

Ma vi è un altro problema che è importante quanto quello che ho precedentemente enunciato. Si è risoluto un problema fondamentale, che è di carattere politico e non di carattere economico, si è risoluto con i colleghi socialisti e comunisti, che la politica del Governo deve essere una sola e non insieme la politica del Governo e la politica della piazza?

Si è posto mai il problema, cioè che il Governo deve indicare le direttive, ma che, contro le direttive del Governo, si può insorgere in questa Assemblea, dove è la sede della rappresentanza di tutti i partiti e di tutto il Paese, e che non è lecito, senza turbare profondamente la vita del Paese, portare costantemente queste questioni sulla piazza, con le conseguenze che il Governo conosce, che l’Assemblea sa? Ciò vuol dire fare una politica che non sia soltanto una politica governativa dal di dentro, ma sia anche una politica dal di fuori. La Confederazione Generale del Lavoro, che è diretta e rappresentata dai tre grandi partiti italiani, vuol discutere col Governo, o con le agitazioni, i problemi fondamentali della sua esistenza? Fino a quando non ci sia un Governo che imponga la sua legge, la legge del Governo, che sia la legge di tutti i cittadini, questa legge non può essere violata; fino a quando non vi sarà né Governo, né sistemazione economica, non vi sarà tranquillità nel Paese.

Ora è questo il problema fondamentale che va risoluto con criteri di equità e di equanimità, tenuto conto dei bisogni della massa lavoratrice; va risoluto per la rinascita della vita italiana, per la risurrezione della vita economica del Paese.

E permettetemi che io accenni anche a qualche altro problema tecnico, la cui soluzione ci è stata promessa da parte del Governo; a problemi precisi, specifici: al problema, per esempio, dei rapporti tra inquilini o proprietari. Non c’è alcuno che in questa Assemblea non senta la necessità del blocco dei fitti; ma questo blocco impone alcune limitazioni, impone alcune eccezioni. Vi sono commercianti che si prendono il grandissimo lusso di spogliare i consumatori ed i proprietari di casa. Vi sono i nuovi ricchi che, insieme con le infinite ragioni di congiuntura per cui aumentano i loro redditi e le loro ricchezze godono anche, per poche lire al giorno, del beneficio della casa, che non hanno pagato, e che non intendono lasciare. Volete incoraggiare la ricostruzione edilizia? Ma come volete incoraggiarla, se non costringendo i nuovi ricchi a costruire, a fabbricare, mettendoli fuori da quelle case che in questo momento usurpano? Sono provvedimenti di giustizia assoluti, che il Paese reclama da tempo e che sono costantemente delusi.

Questa è la situazione governativa: dare al Paese quel Governo che il Presidente del Consiglio ha messo come causa, come ragione, come fondamento della sua ultima crisi. Però io debbo aggiungere che, di fronte a questa situazione, governativa, è una situazione parlamentare infinitamente più chiara e più limpida. Prima avevamo una maggioranza massiccia di oltre 400 voti che rendeva quasi impossibile una voce di opposizione e di controllo. Vorranno fare i socialisti del nuovo partito un’opposizione ancien règime, o vorranno fare un’opposizione del tipo 1914? O vorranno fare, almeno, i socialisti che si sono distaccati e costituiscono il partito dei lavoratori italiani, il controllo parlamentare, vorranno richiamare il Governo ad una suprema necessità: a quella non solo di portare i partiti al Governo, ma di formare il Governo di una nazione, non un Governo di partiti?

Noi finora abbiamo avuto un Governo di partiti. Ogni partito aveva la sua zona, secondo la sfera di azione che gli veniva assegnata; e quella zona veniva integralmente sfruttata da quel partito, incurante di quelli che erano i supremi bisogni, le supreme necessità del Paese. Abbiamo avuto per lunghi anni il Ministero dell’agricoltura e delle foreste come demanio particolare dei comunisti: e tutti i consorzi agrari erano in mano a commissari comunisti. Ora abbiamo l’inverso. Ora tutti i commissari sono democristiani. Così è avvenuto per le Camere di commercio ed industria, per le quali non si è trovato ancora il tempo di formare le liste elettorali per dare a questi importanti organi propulsori della vita economica del Paese un’amministrazione regolare, ordinaria. A capo delle Camere di commercio vi erano ieri democristiani: oggi vi sono socialisti. Se il Partito socialista vuole avere veramente una grande funzione, dovrà dire al Governo che la partitocrazia, il totalitarismo, sono finalmente cessati, e che da oggi si governa per l’Italia, per il Paese, per la Nazione. Solo così incomincerà a risanarsi l’organo più importante della vita del Paese, il Parlamento, di fronte ad una minoranza agguerrita, ad una pressione parlamentare forte e solida, che metterà fine a tutte le aberrazioni a cui abbiamo assistito durante i Comitati di liberazione nazionale e durante i Governi del tripartito.

Noi speriamo che finalmente quest’ora per l’Italia sia suonata, convinti che, se il Parlamento non funzionerà e se la giustizia non si imporrà, se gli organi dello Stato varranno non a servire lo Stato ma a servire le persone, non avremo in Italia né democrazia né libertà. (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato a domani.

Annunzio di una mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuta alla Presidenza la seguente mozione, per la quale è stata chiesta la discussione d’urgenza:

«L’Assemblea Costituente, in nome del popolo italiano, saluta con fraterno affetto i profughi italiani, che dalle loro terre accorrono a rifugio e libertà nel territorio patrio;

invita il Governo ad accogliere i profughi con provvedimenti degni della augusta maternità d’Italia,

«Stella, Sampietro, Belotti, Cremaschi Carlo, Coppi, Malvestiti, Arcaini, Balduzzi, Scalfaro, Zerbi, Valenti, Del Curto, Roselli, Uberti, Ferrario, Burato, Rescigno, Zaccagnini, Pignedoli, Manzini».

Chiedo all’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri se accetta di discutere subito questa mozione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo precedente già aveva costituito un apposito Comitato di Sottosegretari per dirigere tutta l’opera di assistenza cui questi nostri carissimi fratelli hanno diritto. Il Governo non solo accetta la mozione, ma continuerà con la massima energia l’azione che ha iniziata, e rivolgerà tutte le cure che sono possibili ai profughi. Evidentemente un movimento di trasferimento su così larga scala potrà incontrare notevoli difficoltà. Faremo di tutto per superarle. Però, nel contempo, poiché intende fare tutto il suo dovere, il Governo rivolge anche un appello alla collaborazione attiva delle popolazioni. Bisogna che ci sia reso possibile di ospitare questi fratelli non in campi di concentramento, ma presso le famiglie. (Vivi applausi). Già qualche provincia e qualche Comune, nonostante le difficoltà, hanno generosamente accolto questo appello, seguendo un impulso del cuore.

Io spero che l’Assemblea si associ al mio invito perché altri seguano l’esempio e perché possiamo dare ai nostri fratelli non soltanto l’assistenza economica, ma anche la dimostrazione del particolare affetto con il quale li accogliamo. (Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Stella, dopo le spiegazioni dell’onorevole Presidente del Consiglio, insiste perché la sua mozione sia svolta d’urgenza?

STELLA. Ringrazio il Governo per le sue dichiarazioni. Non insisto.

Svolgimento d’interrogazione d’urgenza.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha presentato, chiedendone lo svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione:

«Interrogo d’urgenza il Presidente del Consiglio per sapere:

  1. a) se non ritenga necessario accertare quanto possa esserci di vero nella notizia riferita dall’«Europeo» del 9 corrente, sotto il titolo «Lo sa soltanto il barbiere», largamente commentata da un noto giornalista, che, cioè un grande industriale, in attesa di un’assegnazione di materia prima, si sarebbe sentito richiedere dal Ministro in persona 40 milioni e che, dopo la ripulsa dell’interessato, l’assegnazione sarebbe andata ad una industria concorrente; notizia che tanto più turba la coscienza dei galantuomini, in quanto il giornale che la riferisce, pur affermando che di storie di questo genere è piena Roma, manifesta il dubbio che sia possibile provarne la verità in tribunale;
  2. b) se non pensi che per l’onore e la dignità del Governo, sia indispensabile che venga fatta luce; perché, o il fatto è vero, e bisogna colpire i responsabili che mantengono i sistemi camorristici del passato regime tanto deprecati dagli italiani onesti; o il fatto non è vero, e bisogna rassicurarne la pubblica opinione e agire contro chi, con una campagna scandalistica, getta ombre sulla onestà dei membri del Governo».

L’onorevole Presidente del Consiglio accetta di rispondere d’urgenza a questa interrogazione?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ho appena letto l’articolo a cui l’interrogante si riferisce. La pubblicazione è deplorevole, e ben più deplorevole sarebbe se davvero un membro dell’attuale o del passato Governo potesse essere indiziato o sospettato di un siffatto delitto. Ho la certezza che ciò non sia, che non possa essere. Dichiaro tuttavia che ho già disposto per un’accurata inchiesta. Aggiungo però che l’autore dell’articolo, al quale ho già fatto chiedere delucidazioni, ha dichiarato che egli, riferendo la voce effettivamente raccolta da un barbiere di Milano, non ha per nulla inteso di incriminare alcuno, ed ha voluto soltanto registrare il mal vezzo di queste voci che egli dice di deplorare. (Commenti).

 SCOCCIMARRO. In galera quel giornalista!

Una voce. Vogliamo sapere chi è quel giornalista.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri L’articolo è firmato Barzini Junior. Comunque, il Governo ha il dovere di chiarire dinanzi all’Assemblea ed al pubblico come stanno i fatti e lo farà entro il più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. L’onorevole Grilli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GRILLI. A presentare questa interrogazione d’urgenza io sono stato mosso da un vero senso di pena nel leggere una notizia così grave, pubblicata in un giornale di larga diffusione, nella prima pagina, con caratteri che richiamano l’attenzione dei lettori, e commentata da un giornalista che porta un nome insigne. (Commenti).

È parecchio tempo che noi nel Paese, dovunque, ci sentiamo come perseguitati da una quantità di voci che parlano ancora di camorre affaristiche, di corruzioni sistematiche, di funzionari che si vendono, di speculatori che pagano mance, peggio che nel periodo fascista, perché, allora, certe dicerie si sussurravano a bassa voce, mentre oggi si parla chiaramente e senza sottintesi.

Ora si parla perfino di un Ministro che avrebbe chiesto 40 milioni. Io premetto che non ci credo e mi sforzo di non crederci. Mi auguro che si tratti di un volgarissimo pettegolezzo; ma siccome la stampa l’ha raccolto, è necessario fare luce, perché noi abbiamo il diritto e il dovere di sapere se tutti questi vociferatori sono dei cittadini onesti che protestano contro un malcostume, o se sono degli avversari in malafede che tentano di calunniare il Governo della giovane Repubblica. Nel primo caso, abbiamo l’obbligo di associarci a loro per una epurazione completa; nel secondo caso abbiamo il diritto di denunziare al Paese certe forme di propaganda sleale e scorretta (Approvazioni).

Noi che abbiamo conosciuto la vita pubblica italiana nel periodo pre-fascista, quando i Ministri, terminato il loro compito, tornavano più poveri di prima (Approvazioni), a riprendere il loro lavoro per guadagnarsi la vita, e qualsiasi scorrettezza commessa da un uomo politico era immediatamente denunziata, fustigata e punita, noi che vorremmo che questa nostra nuova Italia fosse ripulita di quei sistemi che ci hanno disonorato per venti anni, non possiamo non sentirci fremere di sgomento di fronte a queste notizie; per questo, insistiamo e chiediamo che luce sia fatta, affinché, onorevoli colleghi, per lo meno l’onore sia salvo in questo tremendo periodo di rovine. (Approvazioni).

Mi dichiaro sodisfatto della risposta del Presidente del Consiglio, ad una condizione: che le ricerche siano fatte seriamente (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Presidente del Consiglio ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Devo dire che il Ministero che ho avuto l’onore di presiedere ha dato in questo campo alcuni esempi che meritano rilievo. Mi riferisco all’intervento del Ministro delle poste ed alla energica azione che ha portato ad una epurazione notevole e ad un’azione penale in corso; mi riferisco all’intervento del Ministro delle finanze; mi riferisco agli interventi del Ministro Campilli di fronte a qualche funzionario. Vi sono dei processi in corso. Quindi, non è che vi sia la minima tendenza a tollerare; la verità è che queste voci sono complesse e per la maggior parte imprecise, e vengono da corruttori ai quali non è riuscita la corruzione. (Commenti). È una concorrenza di corruzione ed è bene che ci aiutiate a cercare di conoscere i nomi, ad individuare i responsabili da parte del Ministero e dell’esecutivo in genere. Aiutateci anche a precisare e ad individuare i corruttori che, semplicemente perché non sono riusciti, lasciano correre queste insinuazioni che poi non possono provare.

Quindi il mio impegno è di indagare nella Amministrazione, di fare la massima pulizia possibile, e questo impegno lo posso prendere anche a nome di tutti i miei colleghi. L’Assemblea ha diritto che noi rendiamo conto della moralità pubblica e soprattutto di quella dell’Amministrazione. 1 colleghi, ed il pubblico in genere, devono anche aiutarci perché i corruttori, coloro dai quali viene la pressione e la seduzione di fronte agli impiegati mal pagati, siano i primi a venir messi alla gogna e puniti dall’opinione pubblica. (Vivi applausi).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DE VITA, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e della difesa nazionale, per sapere se non credano giunto il momento di provvedere a liberare dalla occupazione dell’Autorità militare i locali del Brefotrofio e dell’Ospedale della Maternità di Foggia, locali occupati senza atto di requisizione, senza compenso e senza il consenso di quella Amministrazione provinciale, la quale è costretta a far funzionare i due importanti istituti in due centri lontani con sensibile aumento di spese e di difficoltà per la gestione e la sorveglianza.

«Fioritto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ritenga opportuno promuovere, di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale, un’aggiunta alle leggi 3 marzo 1938, n. 680 e 25 luglio 1941, n. 934, nel senso di rendere possibile che siano accumulati, col servizio prestato presso enti locali, precedenti e successivi servizi eventualmente prestati presso privati, con assicurazione presso la Cassa nazionale della previdenza sociale.

«Costa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ritenga opportuno di promuovere una modificazione al decreto legislativo 21 novembre 1945, n. 722, nel senso che nell’articolo 2 alle parole: «non si tiene conto della moglie legalmente separata», si aggiunga: «a favore della quale non sia effettuata trattenuta sulla retribuzione del marito».

«Costa».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga necessario avocare a servizi meglio organizzati l’esame delle domande e ricorsi per il riconoscimento delle qualità di partigiano, posto che domande e ricorsi del genere non sono stati, dagli attuali organismi provinciali e regionali, definiti dopo oltre un anno e mezzo dalla liberazione, come ne è particolare testimonianza la situazione dei partigiani di Taipana, Resia e Lusevera (Udine). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere se intendano prendere con urgenza provvedimenti che sanciscano il diritto di preferenza nelle concessioni di terreni demaniali a cooperative edilizie di lavoratori, facilitandone la costituzione, oltre che con il solito concorso dello Stato, anche con convenienti sgravi fiscali, in modo da potersi mettere in concorrenza col capitale privato nell’opera di ricostruzione del Paese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bruni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se intenda provvedere alla istituzione di un’altra coppia almeno di treni viaggiatori sulla linea Napoli-Avellino-Benevento, in coincidenza con quelli di Salerno e Rocchetta Sant’Antonio. Questi ultimi, invero, non offrono possibilità di proseguimento, dato il ridotto servizio di una sola coppia di treni al mattino ed una alla sera sulla predetta linea, onde i numerosi viaggiatori che, per ragioni professionali, commerciali ed agricole, debbono recarsi dalla finitima provincia di Avellino in quella di Salerno e viceversa, sono costretti ad impiegarvi una giornata di tempo.

«Per conoscere altresì se, qualora non si possa subito provvedere alla invocata istituzione, intenda almeno disporre che il TV 3967, in partenza da Mercato San Severino alle 16,10, sia ritardato di 30 minuti, in modo da attendere il coincidente treno 2853, proveniente da Avellino. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e delle finanze e tesoro, per conoscere se e quando gl’insegnanti secondari potranno ottenere il pagamento dell’indennità giornaliera di presenza, che agli altri dipendenti dello Stato viene corrisposta dall’aprile 1946. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se non credano di intervenire:

1°) perché l’Istituto nazionale della previdenza sociale, ove non possa provvedere direttamente a mezzo dei propri uffici, ai servizi relativi al controllo della disoccupazione indennizzata, all’istruttoria delle domande di indennità ed al pagamento di esse, si serva, almeno, in principalità, come, del resto, prescritto dall’articolo 31 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, degli Uffici pubblici di collocamento, là dove esistono, togliendo così ai comuni un compito che, da un lato, esula dalle loro normali funzioni e, dall’altro, grava in maniera insopportabile sui già stremati loro bilanci;

2°) perché, nell’ipotesi in cui il servizio debba essere ancora disimpegnato dai comuni, l’Istituto provveda almeno a rimborsare tutte le spese che i comuni stessi sostengono senza che sia stato osservato il disposto dell’articolo 2 del testo unico della legge comunale e provinciale per quanto riguarda l’assegnazione dei corrispondenti mezzi di entrata, essendo irrisorio (circa un centesimo della spesa reale) il compenso che, mensilmente, l’Istituto corrisponde per il servizio medesimo. È noto che, nella quasi totalità dei casi, i comuni hanno dovuto persino assumere personale a carico dei propri bilanci. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«FAntoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quale sorte subiranno gli Ispettorati provinciali dell’agricoltura e l’Ispettorato compartimentale agrario della Sicilia, in vista della costituzione di quell’Ente Regione. Ciò allo scopo di tranquillizzare il personale interessato ed assicurare la continuità dei servizi agrari, fino ad ora a tali uffici demandati.

«Tale richiesta scaturisce dal fatto che corre voce di un’azione svolta dall’Ente per la colonizzazione della Sicilia per assumere la direzione di tutte le attività tecniche ed assistenziali del nuovo ordinamento regionale, nel settore agricolo siciliano. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Patricolo»

Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se e quali provvedimenti siano stati presi perché d’urgenza l’Ente economico di viticoltura in liquidazione, con sede in Roma, cessi dalla avocazione e centralizzazione dei contributi versati dai viticoltori per la lotta antifillosserica, nonché degli stessi canoni locativi detratti dagli stabili di particolare proprietà dei singoli Consorzi provinciali antifillosserici; quale distrazione dei fondi deve urgentemente essere eliminata soprattutto nell’attuale periodo in cui si impone la ricostituzione dei vigneti fillosserati, che per causa della guerra è stata negli ultimi anni ritardata e limitata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 19,15.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

  1. – Interrogazioni.
  2. – Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  3. – Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.