ASSEMBLEA COSTITUENTE
XXVI.
SEDUTA DI MERCOLEDÌ 11 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT
indi
DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
INDICE
Congedo:
Presidente
Comunicazioni del Presidente:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Presidente
Cassiani, Sottosegretario di Stato per il lavoro
Lombardi Carlo
Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze
Riccio
Bellusci, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione
Longhena
Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno
Terracini
Martino, Sottosegretario di Stato per la guerra
Preziosi
Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro
Lozza
Coccia
Restagno, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici Carboni
Pastore Raffaele
Cevolotto
Miccolis
Tremelloni, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio
Bibolotti
Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Discussione):
Presidente
Reale Vito
Corsanego
Rescigno
Cianca
Bellavista
Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni
Presentazione di una mozione:
Presidente
Macrelli, Ministro senza portafoglio
Persico
Interpellanze e interrogazioni d’urgenza:
Presidente
Macrelli, Ministro senza portafoglio
Cingolani, Ministro dell’aeronautica
pignatari
Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):
Presidente
La sedata comincia alle 16.
BATTISTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il Deputato Pignedoli.
(È concesso).
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che la Commissione speciale per il disegno di legge sulle nuove formule di giuramento si è costituita nella sua adunanza di stamane, nominando presidente l’onorevole Molè, Segretario l’onorevole Moro.
Comunico inoltre che l’onorevole Caroleo ha cessato di far parte del Gruppo parlamentare del Blocco della Libertà e si è inscritto a quello Misto.
L’onorevole Pucci si è dimesso da componente della prima Commissione per l’esame dei disegni di legge. È stato sostituito dall’onorevole Minio.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni.
La prima è quella dell’onorevole Lombardi Carlo, controfirmata dagli onorevoli Farina, Leone e Scarpa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se – considerato che la monda del riso è in corso quest’anno con la retribuzione giornaliera di lire 285, che lo stesso Ministero dell’agricoltura riconosceva al termine delle trattative come inferiore di lire 15 al minimo necessario per un lavoro fra i più faticosi tuttora condotto in condizioni di alimentazione, di alloggio e di igiene indegne di una società civile ed organizzata – non ritenga equo ed opportuno estendere il premio della Repubblica a questa categoria di lavoratrici nella misura di lire 500 per ogni mondariso locale o forestiero. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro ha facoltà di rispondere.
CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro. Secondo le norme in corso di emanazione, al personale avente con l’azienda un rapporto stabile di occupazione (impiegati, salariati fissi, obbligati e simili) il premio della Repubblica viene corrisposto direttamente dal datore di lavoro, mentre ai giornalieri di campagna, non aventi stabilità di occupazione, il premio viene corrisposto dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, che si rivale poi della spesa sostenuta a carico delle aziende agricole, mediante un contributo a carattere mutualistico.
Secondo quanto previsto, l’Istituto corrisponderà il premio:
- a) senza alcuna particolare formalità a tutti i giornalieri di campagna che risultino iscritti negli appositi elenchi dei lavoratori agricoli con la qualifica di «permanenti» e di «abituali»;
- b) in tutti gli altri casi dietro presentazione di apposito certificato rilasciato dalle già esistenti Commissioni comunali per l’accertamento dei lavoratori, attestante che si tratta di lavoratore che è stato occupato prevalentemente quale giornaliero di campagna nell’anno corrente.
Per il caso delle mondariso, potranno dunque verificarsi le seguenti ipotesi:
1°) cha si tratti di lavoratrici che, oltre alla monda del riso, si dedicano con carattere di stabilità ai lavori agricoli, e come tali risultino iscritte negli elenchi sopracitati quali permanenti o abituali, e in tal caso riscuoteranno automaticamente il premio della repubblica;
2°) che si tratti di lavoratrici non comprese negli elenchi di permanenti e abituali, ma che, oltre ad eseguire la monda del riso, si dedicano anche ad altri lavori come giornaliere di campagna; in tal caso richiederanno il certificato attestante che la loro attività «prevalente» è stata nel corrente anno quella di «giornaliere» ed avranno, di conseguenza, diritto al premio;
3°) che si tratti di lavoratrici non comprese nei menzionati elenchi di permanenti ed abituali, e che oltre ad eseguire la monda, durante il rimanente periodo dell’anno, esplicano attività (artigiane, lavoranti sui propri fondi quali coltivatrici dirette), per cui non può affermarsi che la loro attività prevalente sia quella di giornaliere di campagna: in tal caso non avranno diritto al premio.
In conclusione, fra le mondariso, saranno escluse dal beneficio del premio della repubblica solo quelle che hanno quale occupazione normale un lavoro in proprio, per il quale non compete il premio. L’esclusione si giustifica per la considerazione che le attività esplicate in proprio possono dare una remunerazione superiore a quella attualmente goduta da coloro che lavorano alle dipendenze altrui, e che non esiste un datore di lavoro su cui incomba l’onere del premio.
Né in questo caso potrebbe addossarsene l’onere lo Stato, in quanto non si tratta di lavoratori disoccupati.
Si deve aggiungere, infine, che, dovendosi avere riferimento, per il pagamento del premio, alla data 26 luglio, i lavori di monda del riso a tale data sono generalmente terminati, per cui le lavoratrici di cui trattasi non potrebbero, per il solo specifico titolo di mondariso, pretendere la corresponsione del premio; il quale va pertanto erogato in rapporto alla posizione lavorativa generale, considerata complessivamente nel corso dell’anno agrario.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
LOMBARDI CARLO. Mi dichiaro soddisfatto.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Riccio, al Ministro delle finanze, «per sapere se intende, in considerazione che gli aumenti salariali corrispondono a necessità insopprimibili ed agli aumentati costi di vita, concedere ai dipendenti dello Stato ed agli agenti ferroviari con famiglia numerosa esenzioni tributarie totali o parziali, e non limitarle alle prime lire 100.000, in esecuzione dell’articolo della legge 14 giugno 1928, n. 1312, non più corrispondente alle esigenze di equità e di giustizia».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Alla concessione dell’esenzione tributaria totale a favore dei dipendenti dello Stato e degli agenti ferroviari con famiglia numerosa ostano le ben note esigenze attuali del bilancio, le quali impongono molta circospezione nella delicata materia delle esenzioni e richiedono, d’altra parte, che la generalità dei cittadini debba concorrere, sia pure in misura ridotta per i meno abbienti e per coloro che hanno carichi di famiglia, a sopperire agli oneri dello Stato.
Assicuro, peraltro, l’onorevole interrogante che, per le stesse considerazioni di equità e di giustizia da lui accennate, è stato provveduto, con decreto legislativo presidenziale 27 giugno 1946, n. 87, pubblicato nel supplemento della Gazzetta Ufficiale n. 207 del 13 settembre 1946, ad elevare da lire 100.000 a lire 200.000, con decorrenza dal 1° gennaio 1947, i limiti di esenzione tributaria per i capi di famiglia numerosa, siano essi dipendenti dello Stato o altri contribuenti.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
RICCIO. Non sono troppo soddisfatto, perché a me sembra che quei criteri di equità e di giustizia, cui si è richiamato il Sottosegretario Pella, debbano valere per giungere a una esenzione totale o parziale, in rapporto a quelli che hanno famiglia numerosa, ed in considerazione e proporzione della sua composizione.
Se ci siamo tanto battuti, tutti, per arrivare a un salario reale e se diciamo che questo salario deve corrispondere a quelle che sono le esigenze di famiglia, è vero che, da una parte, lo Stato deve incassare, ma è pur vero che può e deve, dall’altra parte, concedere privilegi fiscali proprio in omaggio alle esigenze di famiglia. Il fisco ha una funzione sociale, che deve essere esercitata. La giustizia sociale impone una migliore distribuzione della ricchezza, per cui non solo si deve dare anche in rapporto ai bisogni ed alle esigenze di vita, ma la collettività, per il bene ed il servizio comune, ha l’obbligo di prendere in proporzione contraria a quelle esigenze, nel senso che chi ha bisogno di più dà di meno. Le famiglie numerose hanno maggiori bisogni; e perciò l’esenzione va data, divenendo così il tributo strumento di realizzazione sociale.
Quindi credo che criteri di giustizia debbano consigliare di rivedere questa materia e giungere a una esenzione totale o parziale, o all’una e all’altra, in rapporto al numero dei figli.
Perciò ritengo doveroso insistere e chiedere al Governo la revisione della legislazione relativa.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Longhena, firmata anche dall’onorevole Bianchi Bianca, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se non reputi necessità urgente assegnare – sia pure in via temporanea – ai comuni capoluoghi di provincia i patrimoni (edifici e ville) già appartenenti alla disciolta G.I.L., onde sia lecito a tali comuni proseguire l’opera di difesa e di assistenza ai fanciulli bisognosi, opera interrotta per i danni recati dalla guerra ai loro stabilimenti. Si ritiene questa concentrazione di attività nei comuni più rispondente alla pochezza dei mezzi attuali e più conforme alla magnifica attività da essi dispiegata nel passato».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.
BELLUSCI, Sottosegretari di Stato per la pubblica istruzione. L’attribuzione patrimoniale dei beni dell’ex G.I.L. costituisce una delle numerose e complesse questioni sorte dalla soppressione dell’Ente, questioni che presentemente sono in corso di avanzata elaborazione.
Tali beni, come è noto, sono costituiti da immobili destinati a vari usi (palestre, impianti sportivi, colonie climatiche, collegi, case della gioventù, cinematografi, ecc.).
È in corso di studio la questione preliminare relativa a quelli dei predetti immobili che debbono essere mantenuti per l’assistenza dei giovani e quelli che debbono essere assegnati ad altri eventuali fini. Il problema, come è intuitivo, è collegato con quello dell’assistenza ai giovani in genere, e scolastica in specie.
Nel frattempo, il patrimonio è amministrato dall’apposito Commissariato, al quale possono essere avanzate richieste di assegnazione di immobili in uso provvisorio, assegnazioni che in molti casi sono avvenute.
Comunque, si fa rilevare che già da questo anno il Governo ha ritenuto opportuno utilizzare per l’assistenza estiva all’infanzia gran numero degli stabili dell’ex G.I.L.: quelli cioè utilizzabili perché meno danneggiati e più speditamente riparabili.
Infatti, il Commissariato ha in funzione, in tutta Italia., n. 121 colonie climatiche in cui sono assistiti n. 40.590 bambini; e circa 300 colonie diurne in cui saranno assistiti 58.690 ragazzi bisognosi.
Complessivamente si è potuto fornire assistenza, nei mesi di luglio ed agosto a circa 100.000 bambini: risultato indubbiamente rilevante, quando si consideri la devastazione a cui per la guerra è andato soggetto il patrimonio della ex G.I.L.
Allo stato delle cose, non sembra che l’assistenza alla quale si è accennato possa essere più proficuamente esercitata, nella presente fase transitoria di liquidazione della ex G.I.L., da Enti diversi dal Commissariato, che dispone dell’apposita attrezzatura ed organizzazione.
La questione della liquidazione della ex G.I.L. comporta la risoluzione di problemi importanti e complessi. La definizione di tali problemi ha richiesto ponderato esame, ma è ormai allo stato di avanzata elaborazione.
Si prevede che la soluzione definitiva non dovrà tardare e che, di conseguenza, si potrà far luogo alla cessazione dell’attività dell’apposito Commissariato.
PRESIDENTE. L’onorevole Longhena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
LONGHENA. Io non sono completamente soddisfatto e perciò mi permetto di parlare brevemente.
La mia domanda è stata avanzata prima dell’estate. Speravo – forse era una ingenua speranza – che non restasse senza utilizzazione la non piccola e non disadatta proprietà dell’ex G.I.L. Fervente sostenitore, e non da oggi, della assistenza più larga all’infanzia, io speravo nell’apporto dei beni dell’ex G.I.L., che desideravo fossero affidati al comune, perché il comune a me pare l’istituto più snello e il più vigile custode dei bisogni e dei desideri infiniti dei figli del popolo.
Invece, la mia interrogazione ha una risposta solo ora. Speriamo che nel terzo anno dalla liberazione – nel primo e nel secondo s’è fatto assai poco – si possa fare qualche cosa di più, poiché, onorevoli colleghi, io vivo in una città dove i bisogni sono numerosissimi. Presidente di ospedali e di un grande tubercolosario, ho visto con l’anima angosciata in questi ultimi mesi raggiunte le cifre più alte: noi siamo costretti non solo a stipare le sale, ma anche a riempire le corsie. La clientela è fatta di giovani e di giovanissimi: sono le nuove, le sempre crescenti vittime prodotte dalla guerra e dai sacrifici che essa ha imposti.
Io mi rivolgo all’onorevole Bellusci e al suo collega onorevole Gonella; essi hanno intelletto e cuore, hanno arditezza di azione: siano degni del primo Governo repubblicano. Pensino che sono folle di giovani ai quali basterebbero poche provvidenze tempestive perché fossero strappati al male.
Un giorno, ormai lontano, due comuni, infrangendo pregiudizi e superando preconcetti – il comune di Milano e il comune di Bologna – hanno portato in Italia i bimbi di Vienna, strappandoli alla fame e al male.
Salvate i nostri figli! Voi lo dovete. E non c’è bisogno, signori miei, che voi domandiate sacrifici all’onorevole Ministro del tesoro. I denari ci sono e sono abbondanti: basterebbe che i dirigenti del Ministero dell’istruzione pubblica inducessero l’onorevole Corsi a presentare una piccola legge, una legge la quale potrebbe suonare press’a poco così:
«Tutti i beni destinati all’assistenza dell’infanzia e della fanciullezza sono concentrati momentaneamente in un tutto, provincia per provincia: li amministra il comune capoluogo».
Io so che coloro i quali sono studiosi delle leggi grideranno alla mia iconoclastia; diranno che ho poco rispetto a vecchie tavole testamentarie ed a secolari statuti. Ma, colleghi carissimi, io penso che valga più salvare vite umane e forse alti valori umani che inchinarsi a statuti ormai pietrificati ad opera del tempo. Noi, in provincia, abbiamo cominciato a lavorare. Speriamo che da Roma non ci vengano ostacoli: noi vogliamo a quest’infanzia, che dolorosamente soffre, dare tutto quello che le è necessario. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Terracini al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, «per conoscere se data la irrigidita opposizione di tutti i prefetti ad autorizzare la inclusione nei bilanci comunali di stanziamenti, pur modestissimi, per indennità di carica ai sindaci, esplicitamente previste e autorizzate dalla legge per la ricostituzione delle Amministrazioni comunali e provinciali (decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1), nonché di ogni spesa per quote di adesione alle volontarie associazioni e leghe di comuni in via di costituzione o ricostituzione in numerose province, con il programma di offrire agli amministratori comunali, in gran parte non ancora esperti nelle discipline amministrative, consigli e sostegno di esperti e di tecnici; e ravvisando in tale atteggiamento, avallato da sottili ed artificiose interpretazioni di testi legislativi, un inspiegabile ed inescusabile impedimento alla effettiva partecipazione alla amministrazione pubblica degli eletti non dotati di beni di fortuna e di estrazione popolare, ed un’avversione ingiustificata al moto di libera consociazione degli Enti autarchici territoriali, dei quali si sostanzia il tessuto unitario della società nazionale non sia avvertita la impellente urgenza di un severo richiamo a detti funzionari, affinché, rinunciando ad atteggiamenti mentali ed a metodi di governo locale che furono propri dei tempi peggiori della nostra storia più recente, non ostacolino le iniziative suddette segnalatrici della più rapida ripresa di una vita municipale veramente democratica ».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Al Ministero non risulta che da parte delle Prefetture vengano posti ostacoli alla facoltà concessa alle amministrazioni comunali di attribuire, compatibilmente con le possibilità finanziarie del comune, una indennità di carica a favore dei sindaci e degli assessori nominati in seguito alle elezioni.
Del resto, il controllo di merito sulle relative deliberazioni non è di competenza del prefetto, bensì della Giunta provinciale amministrativa.
In ogni modo il Ministero, allo scopo di uniformare i criteri d’attuazione delle disposizioni di cui trattasi, evitando abusi e sperequazioni, specialmente in rapporto alla situazione finanziaria alla quale è subordinata la concessione stessa, ha ritenuto opportuno diramare recentemente una circolare con la quale si prescrive che la concessione suddetta debba aver luogo nei casi di riconosciuta necessità e che, comunque, le deliberazioni debbano essere inviate per visione al Ministero, che ha così modo di vigilare sull’osservanza della legge, nell’interesse delle amministrazioni locali e degli stessi amministratori.
In seguito a tali disposizioni sono infatti già affluite al Ministero, che ne ha preso atto, numerose deliberazioni con le quali è stata disposta la concessione delle indennità.
Sarebbe, pertanto, opportuno specificare in quale provincia sono eventualmente sorti gli inconvenienti lamentati dall’onorevole interrogante, in modo che il Ministero possa opportunamente intervenire.
Per quanto riguarda, invece, i contributi di partecipazione a leghe o libere associazioni di comuni, faccio presente che tali spese, non essendo previste dall’articolo 91 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con Regio decreto 3 marzo 1934, e da altre disposizioni di legge, sono da considerarsi facoltative, e, come tali, non computabili ai fini dell’integrazione del disavanzo economico dei comuni deficitari ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 24 agosto 1944, n. 211.
Pertanto, allo stato attuale della legislazione, i contributi di partecipazione a leghe o libere associazioni sono consentiti soltanto per quei comuni che non abbiano integrato il proprio bilancio a carico dello Stato.
PRESIDENTE. L’onorevole Terracini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
TERRACINI. Risponderò anzitutto alla richiesta di qualche indicazione precisa. L’onorevole Corsi, personalmente e non più tardi di una settimana fa, con molta cortesia ha risposto ad una mia lettera nella quale gli segnalavo il comune di Morrodoro in provincia di Teramo, per il quale, appunto, avendo votata il Consiglio una indennità di carica al sindaco, la decisione relativa era stata respinta dalla Giunta provinciale amministrativa (e noi sappiamo da quanto tempo queste Giunte, per la loro struttura burocratica, non sono più altro se non uno strumento del prefetto e della prefettura); e, ad una rinnovata deliberazione del Consiglio, per una seconda volta la decisione era stata cassata.
L’onorevole Corsi ha quindi avuto la segnalazione, quanto meno di un caso specifico. Ma se egli ricerca o fa ricercare nel suo protocollo, ne troverà numerose altre, di ugual genere, fattegli da me personalmente.
Una ne aggiungo ancora, pervenutami proprio nella giornata di ieri.
Il sindaco di Calamandrano, in provincia d’Asti, o meglio quel Consiglio comunale, si è visto cassare la deliberazione di una indennità di carica. L’onorevole Corsi vede dunque che io non parlo per casi ipotetici, ma in relazione a casi comprovati.
La seconda cosa che voglio dire all’onorevole Corsi è questa: ci sono, è vero, istruzioni del Ministero in proposito, e precisamente una circolare emanata con telegramma del 29 giugno; ma è questa circolare appunto che costituisce l’argomento principale di cui tutti i prefetti, o meglio tutte le Giunte provinciali amministrative, si valgono per respingere le deliberazioni che formano argomento della mia interrogazione. Ciò mi autorizza ad affermare che più ancora che responsabilità dei prefetti, questa politica – inspirata ad una insufficiente comprensione delle necessità della nostra democrazia – risale direttamente alla responsabilità del Ministero. Non dico del Ministro, e neanche del Sottosegretario, ma certamente di qualche alto funzionario del Ministero.
Ed ora dovrei diffondermi a giustificare la mia interrogazione ed il tono vibrato di essa. Ma non ce n’è veramente bisogno. Ognuno conosce infatti la ragione per la quale noi, e con noi tutti i partiti, abbiamo chiesto che nella legge elettorale fosse inserito il principio della corresponsione ai sindaci ed agli assessori, nei casi nei quali i Consigli lo ritenessero opportuno, di una indennità di carica. Si tratta, onorevole Corsi, di aprire finalmente la strada della pubblica amministrazione a quella enorme maggioranza di cittadini italiani che, per le loro condizioni economiche, se ne sono visti fino ad oggi sbarrato l’accesso. Ed io ribadisco che in sede di Consulta, quando si è esaminata la legge per la ricostituzione delle amministrazioni locali, tutti i partiti, nessuno escluso, sono stati d’accordo perché venisse inserito nel progetto ministeriale, che ne mancava, un articolo ispirato a tale principio. Evidentemente questo doveva essere e fu contornato da certe cautele, la principale delle quali è che il bilancio comunale possa sopportare l’aggravio. Ma alle spese di carattere obbligatorio e a quelle di carattere facoltativo, che i bilanci consentono, occorre capire che altre se ne aggiungono che dirò «necessarie».
Fra queste, se vogliamo davvero che uomini tratti da ogni strato del popolo italiano possano esercitare le loro attitudini nella pubblica amministrazione, stanno certamente queste, destinate alle indennità di carica. Spese necessarie, se anche non obbligatorie. E tutti noi, che siamo qui dotati di una indennità di carica, possiamo ben renderci conto che questa rappresenta, per assolvere i doveri dell’ufficio che ricopriamo, una necessità e non già, per il pubblico bilancio, un inutile dispendio. Noi non chiederemo mai e nessuno la chiederà in Italia, è sperabile, una indennità per il cittadino che compie occasionalmente una pubblica funzione, ad esempio come già in certe antiche e lodatissime democrazie, per l’esercizio del voto. Ma insistiamo ed insisteremo sempre perché una se ne corrisponda ai sindaci di origine popolare, che sono quasi ovunque artigiani, operai, contadini, professionisti, piccoli e medi commercianti perché, altrimenti, i municipi italiani continuerebbero ad essere esclusivamente dominio dei delegati delle classi abbienti, gente rispettabilissima certo, ma che non rappresenta schiettamente tutto il popolo italiano.
Per quanto si riferisce alle Associazioni di comuni, anche qui risuona la solita solfa: che non si tratta di una spesa obbligatoria, ma facoltativa. Che cosa sono dunque queste associazioni? Prima del fascismo vi era una Lega dei comuni socialisti; e possiamo spiegarci che bastasse questo titolo per spaventare tutte le anime pavide dell’autorità costituita. Ma oggi c’è una unica associazione di comuni alla quale aderiscono comuni diretti da maggioranze di ogni colore politico. Essa ha recentemente tenuto, qui in Roma, un congresso. È tollerabile che i prefetti non se ne siano accorti; ma che il Ministero dell’interno lo abbia ignorato e lo ignori e non abbia capito l’importanza dell’iniziativa e non abbia dato espresse disposizioni per favorirla ed appoggiarla, questo è assolutamente inspiegabile e deplorevole.
Avevo presentata l’interrogazione quattro mesi fa; e speravo che in questo frattempo quella tale circolare ministeriale del giugno venisse modificata, corretta o sostituita con una nuova circolare. Siamo invece di fronte alla stessa ed immutata situazione. Non posso dichiararmi soddisfatto della risposta.
Se esaminiamo gli elenchi delle amministrazioni che sono state recentemente elette nei municipi italiani; se scorriamo le biografie dei sindaci che oggi guidano la maggior parte dei comuni del nostro Paese, facile ci è constatare quanto numerosi siano quelli che appartengono ai ceti laboriosi di ogni categoria. Ebbene, bisogna dare loro la possibilità di assolvere, in tranquillità di vita e di spirito, il compito del quale sono stati investiti dalla massa dei cittadini. Ogni provvedimento che ostacoli il loro fecondo operare non può essere che deplorato, e penso che questa mia deplorazione sia unanime in tutta quanta l’Assemblea. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Corsi, Sottosegretario di Stato per l’Interno. Ne ha facoltà.
CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Volevo dire all’onorevole Terracini che io, personalmente, e ritengo tutto il Governo, conveniamo nella necessità di concedere ai sindaci, allorché le finanze comunali hanno questa possibilità, la indennità di carica, la quale risponde, come egli ha illustrato magnificamente, ad un principio democratico; ma l’attuazione di questo concetto è strettamente legata alle possibilità finanziarie del comune. Posso assicurare l’onorevole Terracini che in numerosi comuni la indennità è stata deliberata e dalle Giunte provinciali amministrative approvata; le relative deliberazioni sono pervenite al Ministero ed io potrei sottoporle alla sua attenzione. Se nel caso del comune di Calamandrana o in qualche altro ciò non è avvenuto, occorre esaminare specificatamente le ragioni che hanno indotto la Giunta provinciale amministrativa a dissentire dalle deliberazioni adottate dai rispettivi comuni. Comunque la questione di principio ci trova perfettamente concordi.
Per quanto invece riguarda l’adesione dei comuni ad un’unica lega nazionale dei comuni, che dà ad essi una necessaria e preziosa assistenza, anche qui non possiamo dissentire, ma il problema è regolato da una serie di disposizioni di legge.
Il mio onorevole collega sa che non è in facoltà del Ministero, e molto meno del Sottosegretario, eludere queste leggi. Esse vanno rispettate. La legge stabilisce che le spese facoltative sono possibili allorché il comune non richiede la integrazione di bilancio. Proprio fra giorni credo debba essere qui esaminato il disegno di legge presentato dalla Presidenza del Consiglio per alcuni emendamenti al testo unico della legge comunale e provinciale, e ciò darà la opportunità alla Assemblea, ove lo creda, di modificarlo; e noi, naturalmente, daremo corso a questa volontà sovrana.
Presidenza del Vicepresidente TUPINI
TERRACINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERRACINI. C’è un comune in Italia che conosciamo tutti: il comune di Milano. Esso ha un deficit di bilancio – e non ne faccio colpa ai suoi amministratori – che supera il miliardo; e riceve pertanto una integrazione di bilancio da parte dello Stato ammontante a molte centinaia di milioni annui.
E tuttavia il prefetto di Milano non solleva l’eccezione mossa da quei prefetti sui quali ho espresso il mio giudizio poco fa, e che ripetono ad ogni ora le comode argomentazioni loro suggerite dall’onorevole Corsi, per giustificare il loro metodico ostruzionismo dei municipi popolari; ma ha ratificato la deliberazione concedente al sindaco e agli assessori una indennità di carica.
La mia lamentela si riassume in definitiva in ciò: che anche in questo campo sono i piccoli quelli che ci rimettono, mentre i grandi riescono a cavarsela. Gli amministratori dei grandi comuni hanno visto riconosciuto questo che io chiamo un loro diritto e non già una concessione. I prefetti avvertono infatti che non è possibile sfidare corpi elettorali di centinaia, di migliaia di cittadini. Ma gli amministratori dei minori comuni, che sono quasi sempre più premuti dei primi dai bisogni elementari della loro vita famigliare, sono posti permanentemente nella alternativa di dovere rinunciare al loro ufficio o di dovere sacrificarsi duramente. E nella lotta diretta ad ottenere il riconoscimento del loro diritto all’indennità sono, se non sempre, quasi sempre sconfitti. Basta dunque con il ritornello del bilancio che non lo consente o con l’altro della integrazione corrisposta. È questione di volere o non volere un comune di popolo od un comune di magnati. E se per avere un comune di popolo occorresse anche una violazione formale di legge, si rassicuri l’onorevole Corsi: contro di questa nessuno ricorrerà a nessuna Corte ed a nessun tribunale.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Preziosi ai Ministri della guerra e delle finanze, «per chiedere spiegazioni sulla illegittimità della nomina a Comandante generale della Guardia di finanza, di cui al decreto luogotenenziale 12 marzo 1945, nella persona del Generale di divisione in servizio permanente effettivo Gio. Batta. Oxilia, con palese violazione dell’articolo 1 della legge 20 marzo 1940, n. 234, sull’ordinamento della Guardia di finanza. Infatti tale articolo dispone che il Corpo della Guardia di finanza è comandato da un generale di Corpo d’armata dell’Esercito in servizio permanente effettivo, senza distinzione alcuna fra stato di guerra e stato di pace».
L’onorevole Sottosegretario per la guerra ha facoltà di rispondere.
MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. L’articolo 5 della legge 9 maggio 1940, n. 368, sull’ordinamento dell’Esercito, determina l’organico degli ufficiali generali e dispone che con detti ufficiali si provvede a ricoprire le cariche previste dalla legge suddetta.
Fra dette cariche figura anche quella di comandante generale della Guardia di finanza.
L’impiego degli ufficiali è in via normale fatto secondo la rigida applicazione della corrispondenza dei gradi; ma non sempre ciò è possibile, sia per particolari esigenze di servizio, che per disponibilità dei quadri.
In tali casi, non potendosi lasciare vacanti le cariche, se ne attribuiscono le funzioni ad un ufficiale del grado immediatamente inferiore.
All’attribuzione di tali funzioni s’è dovuto ricorrere in guerra ed in pace: anche attualmente, ad esempio, le cariche di Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, di Comandante di 6 degli 11 comandi militari territoriali – devolute al grado di Generale di Corpo d’Armata – sono affidate, per necessità di impiego, a generali di divisione, investiti delle funzioni del grado superiore.
Non diversamente si è verificato per il Comando Generale della Guardia di finanza.
PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Aderisco alle considerazioni del Sottosegretario alla guerra.
PRESIDENTE. L’onorevole Preziosi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
PREZIOSI. Mi preme riaffermare che non posso dichiararmi soddisfatto per questa violazione di legge che si verifica da ben 18 mesi, cioè dal marzo 1945.
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra, al quale ha aderito anche l’onorevole Sottosegretario per le finanze, afferma che nel momento della nomina dell’Oxilia, nel marzo 1945, il Generale Oxilia fu prescelto con l’incarico di comandante generale della Guardia di finanza, perché il Ministero non aveva disponibilità alcuna di ufficiali generali che avessero sia il grado voluto, sia gli speciali requisiti consigliati dalla delicatezza dell’alta carica.
Sta di fatto che in quella data il ruolo dei generali di corpo d’armata dell’Esercito comprendeva 11 ufficiali e precisamente: Zingales, Pafundi, Nasci Sogno, De Simone, Armellini, Negri, Orlando, Toddu, Zannini, Marras, Berardi.
Dice il Sottosegretario per la guerra, per giustificare questa evidente violazione di legge, che, per l’Arma dei Carabinieri, e per 6 degli 11 comandi militari territoriali, le cariche sono affidate a generali di divisione, investiti delle funzioni del grado superiore. Ciò viene a dimostrare la fallacia dell’assunto.
Basterà ricordare: a) che per l’Arma dei Carabinieri non esiste – nella legge – divieto di sorta perché sia comandata da un generale di divisione, ed esistono in proposito vari precedenti; b) che analogo stato di diritto esiste anche per altre armi, e servizi per delle forze armate dipendenti dall’Amministrazione della guerra, in quanto la legge istitutiva degli incarichi del grado superiore, alla quale accenna il Sottosegretario, ma che non è applicabile alla Guardia di finanza, rispondeva appunto allo scopo di coprire, durante la guerra, le imprevedibili necessità che si sarebbero potute verificare nell’impiego bellico di ufficiali dell’esercito, potendosi ricorrere ad ufficiali incaricati delle funzioni del grado superiore (v. art. 33 e 129 della legge 8-6-34 n. 899).
Il sistema seguito dal Ministero della guerra per le proprie necessità non può trovare applicazione per il corpo della Guardia di finanza, per le specifiche ragioni alle quali il Sottosegretario per la guerra e quello per le finanze hanno accennato. E difatti, in omaggio alla legge d’ordinamento del corpo stesso, il cui tenore è stato riportato integralmente nell’articolo 1 della legge 20 marzo 1940, n. 234, quando nel 1928 il Ministero della guerra pose a disposizione di quello delle finanze il generale di divisione Benedetti Vincenzo – che pur si trovava in attesa della promozione intervenuta poche settimane dopo – la Corte dei conti non ammise la registrazione al decreto relativo, fino a quando il predetto generale di divisione non ebbe conseguito l’avanzamento al grado superiore.
Tutto ciò premesso, è lecito affermare, contrariamente a quanto ha obiettato l’onorevole Sottosegretario per la guerra, che neanche il generale di divisione Oxilia poteva comunque esercitare le funzioni del grado superiore per assumere il comando generale del corpo: a) perché l’Oxilia medesimo, non possedendo i prescritti requisiti di anzianità non è mai stato riconosciuto incaricato del grado superiore col voluto decreto previsto dalla legge 8 giugno 1934, n. 899, applicabile al Corpo per effetto dell’articolo 3 del Regio decreto legge 25 gennaio 1937, n. 116; b) perché, in mancanza di tale decreto, egli non poteva conseguire naturalmente la nomina a comandante generale della Guardia di finanza, anche se la legge di ordinamento relativa nell’articolo 1 della legge 23 marzo 1940, n. 234, non avesse tassativamente prescritto che tale carica può essere attribuita unicamente ad ufficiale dell’esercito in servizio permanente effettivo, avente grado di generale di corpo d’armata; c) perché nel citato decreto luogotenenziale di nomina in data 12 marzo 1945 è disposto che il generale Oxilia «assume le funzioni di comandante generale del corpo anzidetto», tanto è vero che nella firma su tutti gli atti ufficiali, il generale stesso figura quale funzionante del grado superiore; posizione di stato questa finora non prevista neanche per l’esercito.
Ricordo poi che all’atto del collocamento a riposo del generale di corpo d’armata Ajmonino, comandante generale del corpo anzidetto, il Ministero della guerra, stante la tassatività della legge di ordinamento, avrebbe dovuto porre a disposizione del Ministero delle finanze un generale di corpo d’armata, sia pure procedendo alla necessaria proporzione di un generale di divisione avente i prescritti requisiti, salvo a ricorrere ad un generale di divisione «incaricato del grado superiore», ma non indi funzionante nel grado superiore, come è per il generale Oxilia. E ciò gli sarebbe riuscito facile, in quanto il comandante generale del corpo grava per le sue competenze sul bilancio delle Finanze.
D’altro canto, se ciò non fosse stato possibile, il corpo avrebbe potuto benissimo rimanere sotto il comando del generale di divisione comandante in seconda, fino a quando le mutate condizioni dei quadri dell’esercito avrebbero consentita la disponibilità di un generale di corpo d’armata. Ma, poiché il generale Oxilia evidentemente appartiene alla categoria dei raccomandati di ferro, da 18 mesi è nella sua poltrona di comandante generale della Guardia di finanza, pur senza averne il diritto. Ho sentito il dovere di richiamare l’attenzione degli onorevoli Ministri della guerra e delle finanze, perché stiano attenti a certe violazioni della legge, le quali certo non depongono a sfavore di quella che un collega ieri chiamava «la nostra rinascente democrazia».
MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Mi permetto di ripetere all’onorevole Preziosi che è possibilissimo che si dia ad un generale, o ad un altro ufficiale, l’incarico del grado superiore. L’onorevole Preziosi non ha dimostrato che in quel momento il Ministero disponesse di generali di corpo d’armata da poter mettere a quel posto. Ha fatto un elenco di nomi, ma dimentica che in quel momento, ed è un tempo piuttosto lontano, tutti i generali, o parte dei generali, erano soggetti a giudizio di discriminazione, e che pertanto occorreva mettere a quel posto un generale che fosse già discriminato. Dei nomi che il collega ha fatto, posso dire che probabilmente alcuni saranno passati nella riserva, proprio per quel motivo per cui allora non si potevano nominare. Quindi, non c’è violazione di legge, in quanto il Ministero in quel momento, non avendo generali di grado di corpo d’armata da mettere in quel posto, poteva benissimo, così come ha fatto per i comandi territoriali, per il comando dell’arma dei carabinieri, mettere a disposizione del Ministero delle finanze un generale di divisione.
PREZIOSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PREZIOSI. Le considerazioni che l’onorevole Sottosegretario alla guerra ha voluto portare innanzi all’Assemblea per contestare le mie affermazioni, non sono accettabili, perché io le ho smentite, a priori, quando ho affermato che in quell’epoca c’erano ben 11 generali di Corpo d’Armata che potevano essere, dal Ministero della guerra, messi a disposizione del Ministero delle finanze per ricoprire la carica di Comandante generale della Guardia di finanza, ed aggiungevo che di questi 11 generali, che non erano sottoposti a giudizio di epurazione, ora è nella riserva solamente il generale Zannini. Quindi c’erano ben 10 generali. A tutto ciò si aggiunga – e non ho voluto dirlo, perché si sarebbe potuto affermare che io volevo che il generale Oxilia fosse stato sostituito, in quel momento, da un generale che era stato sotto giudizio di epurazione e poi discriminato – che c’era persino il Comandante in seconda della Guardia di finanza, il generale di divisione Francesco Poli, che sin dal 22 gennaio 1945 avrebbe dovuto essere riassunto in servizio, dacché nessun provvedimento era mai intervenuto per il suo collocamento a riposo o per la sospensione dal servizio. Questo chiarimento ho voluto dare per la verità.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pietro Mastino al presidente del Consiglio dei ministri, Ministro dell’interno, «per sapere, in rapporto al recente provvedimento che triplica la pena per l’evasione dagli ammassi, quale azione pratica intenda svolgere in Roma contro il mercato nero, esercitato pubblicamente; in modo che il suddetto provvedimento abbia ovunque effettiva applicazione».
D’accordo col Governo, lo svolgimento di questa interrogazione è rinviato.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Lozza ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, «per sapere se non intendano prontamente aderire alle richieste circa l’aumento delle diarie e propine nella misura richiesta dal Sindacato scuole medie, in modo da far cessare l’agitazione, a cui sono stati costretti i Commissari d’esame di maturità e d’abilitazione, i quali non firmeranno i verbali e gli atti di scrutinio inerenti agli esami in corso, se la loro giusta rivendicazione non sarà soddisfatta dal Governo».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.
BELLUSCI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Anche a nome del collega del tesoro, preciso che alla interrogazione dell’onorevole Lozza la risposta è data dal decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 24 ottobre u.s.n. 381, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri 10 dicembre, n. 281. Tale decreto accoglie appunto i voti e le aspirazioni della categoria interessata, cui si riferiva l’onorevole interrogante. Infatti il decreto legislativo in parola è così intitolato: «Indennità da corrispondere ai componenti le Commissioni, al personale di segreteria, tecnico e subalterno, per gli esami negli istituti e nelle scuole di istruzione media, classica, scientifica, magistrale e tecnica». Mi risulta che la categoria di questi interessati è rimasta soddisfatta del provvedimento che il Ministro della pubblica istruzione ha adottato di concerto con quello del tesoro.
PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha nulla da aggiungere?
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Mi associo.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
LOZZA. L’interrogazione fu presentata nel luglio scorso, quando l’agitazione era in corso. Il riconoscimento da parte del Governo delle giuste rivendicazioni del Sindacato scuole medie, di cui è oggetto l’interrogazione, venne, abbastanza tardi, ma venne. Solo in questi giorni la Banca d’Italia versa l’indennità ai Commissari per la prima e seconda sessione d’esami.
Perciò mi ritengo soddisfatto della dichiarazione dell’onorevole Sottosegretario.
Raccomando, però ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, e prima a quello del tesoro, maggiore sollecitudine per la soluzione dei problemi della scuola e degli insegnanti.
C’è la richiesta da parte dei professori non di ruolo, riuniti oggi a Congresso in Roma, d’un bando di concorso per ex combattente, partigiani e reduci, analogo a quello del 1918.
Prego il Governo di esaminare con benevolenza questa richiesta. Si bandiscano i concorsi! Non si lascino passare i mesi o magari gli anni!
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Coccia, al Ministro del tesoro «per conoscere le ragioni per cui non vennero riammessi i dipendenti dell’Istituto Poligrafico dello Stato, che erano stati licenziati nel periodo repubblichino per non aver voluto recarsi al Nord».
Il Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. In risposta a questa interrogazione devo precisare alcuni dati di fatto.
Anzitutto, nell’ottobre 1943 fu licenziata la quasi totalità del personale dell’Istituto Poligrafico dello Stato in Roma e gli stabilimenti, praticamente, sospesero ogni attività: presso i medesimi rimase solo qualche decina di persone che costituivano l’Ufficio Stralcio, col compito di portare a termine la liquidazione del personale che l’Amministrazione trasferita non era stata in grado di esaurire.
Il Governo della pseudo Repubblica di Salò dispose il trasferimento al Nord dell’Istituto. Furono portate infatti nell’Italia settentrionale 48 macchine ed, al seguito di queste, si trasferì personale operaio ed impiegatizio, nel complesso 209 elementi.
Verso la metà del dicembre 1943, per iniziativa dei rimasti, fu ripresa, in parte, la lavorazione; si iniziarono le riassunzioni di personale, tanto che nel giugno 1944, all’arrivo in Roma degli Alleati, tali riassunzioni avevano raggiunto il numero di circa ottocento persone. Le Autorità alleate, però, in seguito ad agitazioni avvenute tra il personale, disponevano subito la chiusura degli stabilimenti.
Nel luglio 1944 gli stabilimenti furono riaperti e gradualmente si iniziarono le riassunzioni del personale licenziato in relazione alle esigenze delle lavorazioni. A tutt’oggi gli stabilimenti dell’Istituto in Roma hanno riassorbito circa 4.900 persone; restano circa 700 elementi non ancora riassunti, o perché non hanno risposto all’invito dell’Amministrazione per riprendere servizio, o per aver superato il limite di età, o per mancanza di lavoro nelle officine di composizioni, o per non aver mai richiesto la riassunzione, o perché richiamati o perché dispensati per epurazione, o perché occupati altrove, o perché a suo tempo assunti in sostituzione dei richiamati e che hanno diritto alla riassunzione, o perché resisi irreperibili per cambio di domicilio o perché prigionieri.
Comunque, per i dipendenti riassumibili, la riassunzione ha luogo man mano che i servizi tecnici dell’Istituto lo esigono.
È infine da rilevarsi che l’Istituto Poligrafico dello Stato è un Ente autonomo, sottoposto alla vigilanza del Ministero del tesoro, ed il personale gode del trattamento previsto dal contratto collettivo privato, senza usufruire dei privilegi propri dei dipendenti statali, fra i quali quello della inamovibilità.
Non riesce possibile imporre all’Istituto l’ammissione di personale che non sia richiesto dalle necessità di lavorazione.
PRESIDENTE; L’onorevole Coccia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
COCCIA. La mia interrogazione è di qualche mese indietro. Sono lieto ora di sapere che la situazione è mutata in quanto sono stati riassunti molti impiegati.
Poiché si era verificata questa situazione: gl’impiegati che erano andati al Nord col governo repubblichino erano stati tutti riassunti, quelli invece che erano stati licenziati perché si erano rifiutati di servire la repubblica di Salò, non erano stati riassunti ed erano rimasti senza lavoro. Ho il piacere oggi di sapere che anche questi sono stati quasi tutti ripresi in servizio e mi dichiaro pertanto soddisfatto. Raccomando solo che, ravvisata la necessità di assumere altro personale, questo venga fatto al più presto, perché si tratta di poveri impiegati che vivono in estremo bisogno.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Carboni al Ministro dei lavori pubblici.
«Sulla urgente necessità d’intensificare la ricostruzione dei paesi della provincia di Frosinone, devastati dalla guerra, dando la precedenza alle opere ed agli edifici destinati a servizi di interesse generale (acquedotti, ospedali, scuole), alla bonifica igienica di vaste zone infestate dalla malaria, alla ripristinazione di stabilimenti industriali, alla edificazione di case popolari, in modo da affrettare il ritorno a normali condizioni di vita civile, la rinascita economica della Regione, l’eliminazione della piaga dei senza tetto e degli sfollati e la riduzione della disoccupazione».
Il Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. La ricostruzione dei paesi della Provincia di Frosinone, devastati dalla guerra, iniziata subito dopo la liberazione del territorio nazionale, ha formato oggetto di larghe previsioni di spesa nella compilazione del programma dei lavori da eseguire nell’esercizio finanziario in corso.
Infatti, per gli 82 Comuni che ricadono sotto la giurisdizione dell’ufficio del Genio civile di Frosinone è stata prevista la spesa di lire 4.925.000.000, delle quali lire 3.651.000.000 per riparazioni di danni bellici alle varie categorie di opere pubbliche, lire 158.000.000 per nuove opere idrauliche ed edilizie, lire 445.000.000 per costruzioni di case popolari e per l’I.N.C.I.S. e lire 671.000.000 per nuove opere di interesse degli Enti locali, ripartite per opere idrauliche, per opere stradali, per opere edilizie e per opere igieniche.
Per i 17 Comuni della Provincia che ricadono sotto la giurisdizione della Sezione autonoma del Genio civile di Cassino, è stata prevista la spesa di lire 5.176.000.000, delle quali lire 4.955.000.000 per riparazioni di danni bellici alle varie categorie di opere pubbliche e lire 221.000.000 per nuove opere di interessi degli Enti locali, di cui lire 65.000.000 per opere stradali, lire 74.000.000 per opere edilizie e lire 82.000.000 per opere igieniche.
Per quanto riguarda le opere idrauliche e di bonifica, è già in avanzato corso di esecuzione un vasto programma concordato con il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, per la bonifica della piana di Cassino, mediante la deviazione in un apposito allacciante delle acque alte del fiume Rapido e dei suoi affluenti montani.
Tutte le opere previste nel programma sono in sviluppo e, per affrettarne la realizzazione, si è affidata la progettazione dei piani di ricostruzione, degli edifici pubblici, degli ospedali e degli edifici scolastici a professionisti privati, che, in massima parte, hanno già presentato i loro elaborati.
In complesso, è stata prevista la somma di lire 10.101.000.000 per la ricostruzione della Provincia di Frosinone.
PRESIDENTE. L’onorevole Carboni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CARBONI. Sono grato all’onorevole Sottosegretario per le informazioni fornite circa gli stanziamenti di spesa e, soprattutto, gli sono grato per il suo personale interessamento.
La mia gratitudine va però in modo speciale all’onorevole Ministro, il quale come ho constatato in molteplici occasioni, si è sempre preoccupato ed interessato dei bisogni della mia provincia.
Però, come osservava e conveniva lo stesso onorevole Sottosegretario, se si può prendere atto delle imponenti somme stanziate e dei buoni propositi per affrettare la ricostruzione dei paesi devastati della provincia di Frosinone, non si può tacere che questi lavori non procedono con la dovuta celerità.
Si tratta di una delle province più devastate d’Italia: nel Cassinate vi sono paesi completamente rasi al suolo; e larghe zone mancanti delle condizioni più essenziali alla vita civile; nel resto della provincia comuni semidistrutti, dove mancano non soltanto scuole ed ospedali, ma anche acqua e luce.
Per far fronte a questi bisogni, per coprire le spese preventivate occorre procedere senza ritardo ai necessari stanziamenti; ed allora la mia preghiera va oltre la persona e le funzioni del Ministro dei lavori pubblici, al Governo, al Ministro del tesoro. Io penso però che l’acceleramento della ricostruzione, della provincia di Frosinone, non sia soltanto un problema finanziario, ma anche un problema di organizzazione. Il Sottosegretario accennava all’opportunità della costituzione di consorzi; io penso all’opportunità di decentrare i servizi che oggi sono troppo accentrati presso il Provveditorato delle opere pubbliche, gravato da una mole di lavoro superiore alle sue possibilità, superiore alle possibilità di un limitato numero di funzionari. Penso che una maggiore autonomia data agli uffici del Genio civile di Frosinone e di Cassino, la dotazione a quegli uffici di un quantitativo sufficiente di personale, lo snellimento dei servizi, l’abolizione di tutte quelle formalità burocratiche che oggi appesantiscono il funzionamento degli uffici, potrebbero giovare ad accelerare la ricostruzione, e soprattutto a dare un po’ di benessere a quelle popolazioni, che pazientemente attendono da due anni e mezzo.
Questa è una raccomandazione che io faccio al Ministro ed al Sottosegretario; è una invocazione all’attuazione di un improrogabile dovere di solidarietà verso coloro che della guerra hanno sofferto i danni più gravi.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Coccia, al Ministro dei trasporti, «per sapere se è intendimento del Ministero di abbandonare la ricostruzione quasi ultimata della stazione di Terontola per provvedere alla ricostruzione di quella di Camucia-Cortona, che diventerebbe la stazione di smistamento per Perugia. E ciò con enorme nocumento sia dell’Erario, che sarebbe gravato di una spesa notevolissima, sia della città di Perugia, le cui comunicazioni con il resto dell’Umbria subirebbero un maggior percorso di oltre 12 chilometri».
L’onorevole Jervolino, Sottosegretario di Stato per i trasporti, fa sapere di aver risposto per iscritto a questa interrogazione.
Intende l’onorevole interrogante dichiararsi soddisfatto della risposta scritta o mantiene l’interrogazione?
COCCIA. Rinuncio all’interrogazione perché la risposta è stata pienamente soddisfacente.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pastore Raffaele, al Ministro dell’interno, «per sapere se non creda necessario promuovere un’accurata inchiesta, con funzionario da inviarsi da Roma, circa lo scoppio di una bomba presso una chiesa a Bisceglie, avvenuto durante lo sciopero dei contadini in quel comune, onde poter procedere contro i responsabili».
L’onorevole Sotto segretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Lo scoppio di un tubo di gelatina avvenne a Bisceglie alle ore 0,30 del 2 agosto scorso, in via Prisari angolo Arco delle Monache, in occasione dello sciopero generale proclamato la sera antecedente dalla Camera del lavoro.
Per eseguire al riguardo un’accurata inchiesta, è stato inviato sul posto un Ispettore Generale del Ministero, e dalla sua relazione è risultato che l’esplosivo fu collocato nella grondaia all’angolo della base del palazzo delle scuole, sito presso la Chiesa di San Luigi e il Monastero delle Clarisse. La esplosione provocò la rottura dei vetri della Chiesa, del Convento, dell’Ufficio postale sito dirimpetto allo stabile attentato, e di molte abitazioni vicine. Si sono anche determinate lesioni e cadute di calcinacci nel monastero.
Tenuto conto della natura degli edifici esistenti nel luogo ove è avvenuto lo scoppio, deve desumersi che non si tratta di un attentato a scopo determinato, bensì di un atto terroristico.
Poiché la situazione ambientale era all’epoca molto tesa, e quel giorno 2 agosto l’ordine pubblico era particolarmente minacciato dallo sciopero in atto, un pattuglione di carabinieri provvedeva alla perlustrazione ed allo sblocco delle vie d’accesso al Comune sbarrate dagli scioperanti.
Fu in occasione di tali servizi tra l’una e le sei del mattino, sempre del 2 agosto, che sulla Via di Molfetta, fuori dell’abitato di Bisceglie, fu dai carabinieri sorpresa una squadra di dieci scioperanti, alcuni dei quali, all’intimazione del fermo, si dileguarono. Fra quelli rimasti, certo De Feudis Sabastiano fu trovato in possesso di gelatina con miccia, contenuta in un involucro di carta gialla, e fu dichiarato in arresto.
Sulla Via Nuova di Corato, in località Sant’Andrea, verso le 13,15, i carabinieri accertarono la presenza di altre squadre di scioperanti, composte di 15 elementi, molti dei quali, alla vista dei carabinieri, pure si dileguarono.
Furono arrestati certi Cappolocchia Giovanni, trovato anch’esso in possesso di esplosivo con miccia, e dell’Olio Antonio, trovato in possesso di una rivoltella a rotazione.
Sulla Via Vecchia di Corato, verso le ore 3,30, fu accertata la presenza di altra squadra di scioperanti, datasi anch’essa alla fuga. L’unico raggiunto fu trovato in possesso di un’accetta.
Tutti i predetti indiziati sono stati denunziati alla competente Autorità Giudiziaria di Bari, cui sono stati trasmessi anche gli atti concernenti le accuse formulate dal signor Porcelli Nicola, Commissario della Camera del lavoro di Bisceglie, in ordine allo scoppio dell’ordigno, a carico del qualunquista Antifora Sergio e di tali Lomanuzzi Mauro e Carulli Girolamo, nonché dei fratelli Patruno Leonardo, Mauro e Cesare.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
PASTORE RAFFAELE. Prendo atto della risposta data dal Sottosegretario, la quale, pur, essendo giunta tardi, è pur sempre di attualità. Sono infatti frequenti nell’Italia meridionale gli agenti provocatori i quali, ogni qualvolta vedono che la quiete pubblica non è turbata dalle manifestazioni dei lavoratori, provocano incidenti. All’indomani dello scoppio della bomba, dalla Camera del lavoro furono denunziati i presunti autori, ma da parte dei carabinieri nulla si fece, né si poteva fare, data la loro connivenza coi reazionari del posto.
Leggo una lettera che la Camera del lavoro ha esibito al questore di Bari, che dimostra quale è l’interferenza che vi è tra i carabinieri ed i ricchi del posto.
«Legione dei Carabinieri di Bari – Stazione di Bisceglie.
Sig. Interlizzi (l’Interlizzi è un grosso commerciante del posto). Favorite al ragazzo un po’ di pasta, perché lei è troppo gentile. Scusate se approfittiamo; noi vi saremo sempre riconoscenti; la pasta è un po’ per i carabinieri e un po’ per la casa del maresciallo».
Ora io domando: quando l’arma dei Carabinieri è così legata ai signori del posto, come può fare il suo dovere? Appena è scoppiata la bomba, anziché perquisire coloro che erano stati indicati come autori, furono perquisiti migliaia di contadini e solo tre furono trovati in possesso di armi. Invece gli individui indicati dalla Camera del lavoro furono lasciati indisturbati.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Cevolotto, al Ministro dell’interno, «per sapere se sia vero che il prefetto di Roma sta per ricostituire l’amministrazione ordinaria dell’Istituto Margherita di Savoia per i ciechi, rinominando il vice presidente dell’Istituto nel periodo fascista e poi presidente nel periodo nazifascista (1944) e altri membri del vecchio Consiglio di amministrazione o loro stretti amici, mentre la gestione commissariale odierna ha accertato gravi responsabilità amministrative a carico di costoro, in quanto ha dovuto denunciare per peculato e altri delitti alcuni dirigenti dell’Istituto, e altro processo penale pende presso la Corte d’assise di Firenze (oltre una pratica per avocazione di profitti di regime) contro un precedente commissario e poi presidente dell’ente nel periodo in cui era vice presidente l’attuale maggior candidato. Per cui si potrebbe sospettare che le nomine in progetto – che risultano vivamente ed inopportunamente caldeggiate da elementi di qualche Ministero – siano dirette a impedire che si faccia luce sulle gravissime irregolarità di ogni genere che si sono verificate nella gestione dell’Istituto».
L’onorevole Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno, ha facoltà di rispondere.
CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Con decreto 24 ottobre 1944 del Prefetto di Roma fu disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione dell’Ospizio Margherita di Savoia, in Roma, per donne cieche, con annessa scuola di metodo per gli educatori dei ciechi, gestita dal Ministero della pubblica istruzione, e fu nominato Commissario per la gestione straordinaria il dottor Carlo Innamorati.
Già nel giugno del corrente anno la Prefettura di Roma, alla quale era stata segnalata resistenza, fra l’amministrazione della opera pia e la direzione della scuola, di vivi contrasti che stavano per compromettere il buon andamento della scuola stessa, decise di procedere alla ricostituzione della ordinaria amministrazione dell’Istituto, ed all’uopo furono invitati gli enti indicati dallo statuto in vigore (Ministero dell’interno d’intesa con quello della pubblica istruzione, provincia di Roma e comune di Roma), a designare i propri rappresentanti in seno al Consiglio.
Effettivamente, tra i membri designati dai suddetti Enti figuravano due persone già facenti parte del precedente Consiglio disciolto, compreso l’ex presidente dell’ospizio, la cui nomina poteva non apparire opportuna, specie in relazione ad una denunzia pendente presso l’autorità giudiziaria a carico di alcuni dirigenti dell’Istituto per irregolarità accertate dall’amministrazione commissariale e riferentisi appunto all’epoca delle passate gestioni. Per queste considerazioni fu soprasseduto all’insediamento del nuovo Consiglio. Senonché, prolungandosi troppo la gestione commissariale, la Prefettura ha provveduto a riprendere le pratiche per la ricostituzione dell’amministrazione ordinaria, avendo cura di richiamare l’attenzione degli Enti, competenti secondo le norme statutarie a fare le nomine, sulla opportunità di tenere presente la suddetta situazione nel procedere alle rispettive designazioni.
PRESIDENTE L’onorevole Cevolotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CEVOLOTTO. Posso dichiararmi soddisfatto delle parole che ha pronunciato il Sottosegretario, in quanto è evidente che quella frase in cui ha detto che si è soprasseduto all’insediamento della nuova amministrazione, va completata con l’altra che si intende di modificare questo Consiglio d’amministrazione, non rinominando coloro che sono stati gli amministratori durante il periodo fascista e persino repubblichino.
Perché questo è il punto: noi vediamo troppi ex amministratori fascisti riprendere il loro posto ed è ora che questo sistema abbia a finire. (Applausi).
Bisogna che si abbia l’impressione che non è vero che i fascisti sono rimasti ai loro posti (Approvazioni) e che soltanto i Ministri o i deputati non sono più fascisti, quantunque io mi proponga di domandare che si formi un gruppo dei deputati che non sono stati mai iscritti né al fascio né ai sindacati. (Applausi a sinistra). Così ci conteremo.
Ad ogni modo, io voglio cogliere l’occasione per raccomandare che finalmente in tutte le amministrazioni sia fatta pulizia, e che gli ex fascisti siano tolti da tutti i posti che comunque importino responsabilità. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Miccolis, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere quali provvedimenti intende di adottare: a) per sanare il dissidio esistente, in materia di competenza professionale, fra laureati ingegneri e diplomati di Istituti secondari, nell’esercizio della libera professione e negli incarichi conferiti in uffici tecnici governativi; b) per venire incontro alla imperante disoccupazione di tecnici maggiori e minori a causa degli inconvenienti denunziati dall’Associazione nazionale ingegneri ed architetti italiani ed a causa dell’arresto di ogni iniziativa privata in materia edilizia».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. La competenza professionale dei geometri è quella specificatamente indicata dal Regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274, concernente il regolamento per la professione di geometra.
Detto decreto, all’articolo 16, elenca in dettaglio le attività che i geometri possono svolgere nel loro esercizio professionale, attività commisurate agli studi percorsi per il conseguimento del titolo.
Purché l’attività dei geometri sia circoscritta nei limiti specificati dalla legge, non può sussistere dissidio di competenza professionale fra diplomati presso istituti secondari e laureati, ai quali è invece riservata, se ingegneri, la più ampia attività tecnica in ogni campo, e, se architetti, quella più ristretta nel campo delle costruzioni civili, come è riconosciuto dall’articolo 51 del Regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, che approva il regolamento per la professione di ingegnere e architetto.
Il Ministero dei lavori pubblici, allo scopo di andare incontro alla disoccupazione dei tecnici liberi professionisti, e per conseguire una maggiore rapidità negli interventi tecnici per l’esecuzione delle opere, non ha mancato di impartire disposizioni agli ingegneri capi degli uffici del Genio civile autorizzandoli ad avvalersi dell’opera di liberi professionisti per la progettazione delle opere di competenza degli enti locali, ed, in via eccezionale, anche per la direzione e conduzione dei lavori, specialmente allorquando il personale degli uffici del Genio civile risulti insufficiente a provvedere direttamente alla vera e propria esecuzione delle opere.
PRESIDENTE. L’onorevole Miccolis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MICCOLIS. Potrei dichiararmi soddisfatto se la questione prospettata non andasse al di là di una semplice interrogazione. Noi abbiamo in Italia periti industriali e geometri che, nell’ambito della legge, appunto, hanno certi indefiniti limiti per i quali non è perfettamente stabilito fin dove il geometra può o non deve arrivare. Negli uffici accade spesso che, a capo di un reparto, dove dovrebbe esservi un ingegnere, c’è invece un geometra.
Ma, a parte queste considerazioni, va osservato un fatto strano. Mentre geometri e periti industriali hanno, entro non determinati limiti, la possibilità di esercitare la professione di ingegnere, essi sono poi nella condizione di non poter varcare le soglie dell’Università. Ogni anno si ripete la protesta di giovani iscritti agli Istituti tecnici che domandano, a buon diritto, di poter continuare i loro studi.
È questo un punto che va chiarito ed eliminato.
Circa poi la seconda parte, che riguarda la disoccupazione da cui è afflitta la classe tecnica, noi osserviamo che in questo momento, quando si stanno eseguendo non poche opere per miliardi e miliardi di lire d’importo, in Italia non esiste effettivamente un piano prestabilito di lavori, talché molte opere si costruiscono senza la base di reali progetti.
L’onorevole Sottosegretario accennava appunto alle convenzioni dei comuni. Vi sono dei comuni che una circolare del Ministro dei lavori pubblici considera come non sufficientemente attrezzati, e che non sono in condizioni di poter fare progetti. Ebbene, questi comuni si rivolgono effettivamente al Genio civile, e il Genio civile si rivolge ad un ingegnere o ad un geometra, perché spesso non riesce a fare la distinzione di quella che è la competenza dell’uno o dell’altro, ed allora, in base ad una convenzione, si attende che il progetto possa avere la sua realizzazione.
Purtroppo, onorevole Sottosegretario, queste convenzioni si perdono per le vie burocratiche. A me risulta che molte dovrebbero essere in via di realizzazione, ma invece non ritornano approvate, perché pare che, niente di meno, vadano al Consiglio Superiore.
Ora, negli uffici del Genio civile, accade che un geometra od ingegnere ha l’incarico della direzione di lavori per decine di milioni di importo. Questo pover’uomo – così bisogna chiamarlo – non è in condizioni neppure di fare la contabilità, e figuriamoci se può dirigere l’esecuzione dei lavori. Se ne lamentano anche le stesse ditte, nonostante che dall’assenza degli ingegneri sul posto esse trovino motivo di approfittare.
Ora bisogna domandarsi: è mai possibile che se gli uffici del Genio civile hanno bisogno di personale idoneo, non possano e debbano provvedersene?
È possibile che l’ordinamento, le circolari, il funzionamento del Ministero non siano semplificati in modo che i professionisti liberi possano intervenire alle opere, invece di restare disoccupati a casa?
È da osservare ancora che vi sono degli uffici tecnici, che in questo momento possono considerarsi anch’essi disoccupati, mentre per i lavori di ricostruzione affidati agli uffici tecnici comunali si stanno commettendo non pochi errori.
Ricapitolando, noi desideriamo che sia chiarita la situazione dei periti industriali e geometri in rapporto al proseguimento degli studi e che sia reso possibile ai nostri tecnici di intervenire validamente nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori di ricostruzione.
PRESIDENTE. Seguono due interrogazioni dell’onorevole Bibolotti al Ministro dell’industria e del commercio:
la prima, «per sapere se intende affrontare e risolvere, nell’interesse dell’economia nazionale, il problema di una vasta ripresa della industria marmifera, atteso che essa è stata gravemente danneggiata dalla politica monopolistica prima, di autarchia e di guerra poi, praticata dal fascismo. E se non ritenga doveroso verso quelle patriottiche popolazioni, duramente provate da ben otto mesi di guerra (testa tirrenica della linea gotica) favorire l’impiego dei marmi apuani nel mercato interno e la loro esportazione verso i tradizionali mercati d’oltr’alpe e d’oltre oceano, adottando intanto, d’urgenza, di concerto coi Ministri interessati, misure atte a non lasciar disperdere il patrimonio delle maestranze specializzate nella escavazione, nel trasporto, e specialmente nella lavorazione artistica dei nostri marmi»;
la seconda, «per sapere che cosa intende fare per favorire la ripresa di attività produttiva della «Zona industriale» di Apuania, grandemente danneggiata dalle operazioni belliche, e più particolarmente: 1°) se intende favorire e promuovere il ritorno del macchinario rubato dai nazifascisti, da essi trasportato al Nord ed attualmente trattenutovi da ditte capitalistiche soltanto sollecite dei loro interessi egoistici; 2°) se intende provvedere il carbone metallurgico indispensabile alla riattivazione dello stabilimento «Cokapuania», dal quale dipende la ripresa di numerose altre attività produttive».
L’onorevole Sottosegretario per l’industria e il commercio ha facoltà di rispondere.
TREMELLONI, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio. Per quanto riguarda la prima interrogazione, credo che l’onorevole interrogante, il quale si riferisce ai danni che l’industria marmifera ha avuto dalla politica autarchica del regime fascista, non intenda proporre provvedimenti di carattere autarchico. Nelle possibilità di intervento da parte dello Stato noi dobbiamo distinguere quelle che si limitano a ridurre le difficoltà esistenti dal lato dell’offerta, e quelle che viceversa tendono a limitare le difficoltà sorgenti dalla limitazione della domanda.
Per quanto riflette l’estrema limitazione della domanda nel campo dell’industria marmifera, non ho bisogno di sottolineare che è assai difficile incrementare artificialmente una domanda di beni strumentali. È quindi necessario cercare di facilitare in ogni modo la penetrazione dei nostri marmi nei mercati nei quali la domanda possa essere riattivata.
A questo proposito sono in corso studi col Ministero del commercio estero, e sarà cura del Ministero dell’industria di affrettare questi studi. Osta, però, la difficoltà insita nel fatto che i marmi sono beni strumentali pesanti e che attualmente le difficoltà dei trasporti consentono che i trasporti avvengano soprattutto per merci leggiere, comunque non per merci così dette povere. Ad ogni modo, anche sotto questo aspetto, sono in corso col Ministero dei trasporti trattative per cercare di venire incontro a questa categoria industriale. Vi possono essere invece delle facilitazioni di carattere fiscale. A questo proposito è stato di recente emanato un provvedimento legislativo, a cura del Ministero delle finanze, col quale vengono prorogate fino al 31 dicembre 1946 le agevolazioni fiscali della industria e del commercio dei marmi apuani, previste nella legge 23 marzo 1940, n. 285. Mi auguro che queste facilitazioni possano essere rinnovate alla scadenza.
Per quanto riflette la seconda interrogazione, che è di carattere più vasto, rispondo che ai fini della ricostruzione della zona industriale di Apuania, particolarmente danneggiata dalla guerra, nonché per favorire l’incremento delle industrie ed il sorgere di nuovi stabilimenti in una località particolarmente affetta dalla disoccupazione per la crisi dell’industria marmifera, era allo studio del Ministero la costituzione di un Ente per la zona di Apuania, con una dotazione di lire cento milioni sul bilancio statale, e con la potestà contributiva sulle risorse locali.
Si è rilevato, nel corso degli studi preparatori del provvedimento, come la creazione di un ente «ad hoc» sarebbe particolarmente costosa per quanto riguarda le spese di impianto e di esercizio, venendosi così ad assorbire, infruttuosamente, parte considerevole dei cespiti attivi.
Si è allora sentito il parere del Ministero dell’interno, circa la possibilità di una riunificazione dei tre comuni di Massa, Carrara, e Montignoso, costituenti il territorio della zona, o quanto meno di consorziarli obbligatoriamente per meglio raggiungere i fini dell’Ente.
Nell’attesa gli studi progrediscono, e si sta considerando la possibilità di fare un consorzio con ampli poteri, di carattere aperto, cui partecipino gli enti pubblici territoriali e alcuni enti finanziari.
Per il recupero del macchinario asportato oltre frontiera, è in corso un’azione concordata col Ministero degli esteri presso le Autorità militari alleate che occupano la Germania: non è dato prevedere quali potranno essere i risultati.
Per il recupero del macchinario asportato al Nord, ogni azione è per legge demandata all’A.R.A.R.; per gli impianti integralmente trasferiti al Nord ed ivi funzionanti durante l’occupazione tedesca non esistono norme cogenti per il rientro in sede, all’infuori di un voto del C.L.N. dell’Alta Italia.
In quanto riflette la riattivazione dello stabilimento «Cokapuania», l’assegnazione di fossile per la riattivazione di questa cokeria è già stata deliberata dal Ministero, che si è trovato però imprevedutamente impedito dall’attuarla, a causa delle nuove più incisive restrizioni imposte dai mancati arrivi dalla America per effetto dello sciopero minerario.
Infine, per quanto riflette le tariffe ferroviarie, è stato chiesto il ripristino delle agevolazioni ferroviarie per i servizi della zona industriale. La materia non rientra nella disposizione del Ministero dell’industria; esso ha però girato la richiesta al Ministero dei trasporti, che peraltro non risulterebbe, al momento, favorevole.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
BIBOLOTTI. Pur dando atto della buona volontà del Ministro e del Sottosegretario che mi ha risposto, non posso dichiararmi completamente soddisfatto. Non lo posso, perché noi ci troviamo di fronte ad un problema sul quale io desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea.
L’Apuania è una regione di tipo particolare, che aveva conosciuto negli anni passati grande prosperità, anni lontani, se vogliamo, anni del prefascismo, quando in quella regione era assolutamente sconosciuto il reato contro la proprietà, quando i lavoratori, relativamente agli altri lavoratori di Italia, vivevano in condizioni notevolmente vantaggiose.
Si è che quell’industria è una industria di pace, è un’industria di lusso, se noi vogliamo, è un’industria che, attraverso i secoli e potremmo dire attraverso i millenni, ha avuto la possibilità di prosperare tutte le volte che i rapporti internazionali sono stati rapporti pacifici, di collaborazione e di scambio.
Anche nella regione marmifera il fascismo è passato come un ciclone devastatore, con la sua politica autarchica. Io sono ben lontano dal volerla ripristinare, perché è una politica di minaccia agli altri popoli; essa portò, e non poteva che portare, come conseguenza, restrizioni nel campo doganale, difficoltà negli scambi, ed acutizzazione nei rapporti internazionali.
Questa regione che viveva in condizioni che le permettevano di mai chiedere nulla al Governo, ma di contribuire largamente all’erario statale, è ridotta oggi, e non solo da oggi, ma da un ventennio, in una situazione insostenibile.
Arrestata l’esportazione, reso sempre più difficile l’impiego dei marmi all’interno per la politica di autarchia che aveva fatto crescere enormemente il costo di produzione, che aveva fermato lo sviluppo della tecnica, che aveva distrutto ogni iniziativa di organizzazione, questa industria è venuta isterilendosi e quel popolo, che conosceva prima la prosperità, venne ridotto, intorno al 1930-31, in una situazione ben più grave ancora di quella nella quale si trova attualmente.
I vecchi lavoratori del marmo ricordano e dichiarano ancor oggi che stanno molto male attualmente, perché hanno tanto sofferto per le conseguenze della guerra, ma hanno sofferto ancor di più quando il fascismo, appunto, con la sua politica economica di autarchia, li condusse alla miseria. A profitto di chi o di che cosa? C’è il ricordo di un consorzio, che non fu un consorzio di comuni, ma di grossi industriali, di un numero così ristretto di famiglie che i miei concittadini individuano in tre nomi: Ricci, Figaia, Dell’Amico.
Qualcuno di questi è ancora a Regina Coeli in attesa di giudizio; v’è l’educatore dei figli del duce, capo dello squadrismo locale, il massacratore di quella popolazione. Costoro spogliarono inizialmente i piccoli e medi proprietari, e condussero una politica di generale spoliazione.
Ma quasi a voler documentare, proprio in quella regione, la verità della dottrina marxista, gli espropriatori a loro volta vennero espropriati da una sopraggiunta più forte società capitalistica, che i miei paesani chiamano la piovra: la «Montecatini». Essa fece «tabula rasa», gettò nella miseria coloro che prima erano nell’agiatezza, e non parlo dei lavoratori soltanto, ma degli stessi industriali. La rovina fu completa e la popolazione venne gettata nella miseria, quasi in regime schiavistico. La miseria si aggiunse alla miseria. Era la debilitazione.
Tuttavia il fascismo fu obbligato a cercare una soluzione – e qui mi riferisco alla seconda mia interrogazione – a creare intorno al 1939 una zona industriale franca, beneficiante di tariffe particolari ferroviarie, di esenzioni fiscali, perché si sentiva che il problema sociale si imponeva e chiedeva una soluzione. E la «zona industriale» fu creata e concepita nello spirito di farne un centro di produzione bellica. Ma noi sappiamo che non c’è macchina, non c’è stabilimento che non possano essere trasformati e destinati ad una produzione di pace anche se concepiti per la guerra.
Ora, in che cosa io non sono soddisfatto, onorevole Tremelloni? Non sono soddisfatto perché mi pare di notare nella sua risposta una certa qual rassegnazione: lusso, merci pesanti, crisi che dura da molti anni! No, onorevole Tremelloni, non appena crollato il fascismo, non appena finita la guerra, non appena si avverte un barlume di speranza nei rapporti pacifici dei popoli, le richieste di spedizione dei marmi sono accresciute e si accrescono continuamente.
È possibile andare incontro a queste richieste? Sì, sebbene si tratti di materiali pesanti, perché i marmi furono sempre spediti nel passato come zavorra per caricare i piroscafi, che venivano a Genova e a Livorno carichi di carbone o di altre merci.
Ma c’è un’altra cosa. È necessario che il Governo intervenga per consorziare i comuni di tutta la regione marmifera, o li obblighi a consorziarsi.
Perché il ritorno alle condizioni antefascismo non significa progresso; significa tornare indietro. Oggi la situazione è statica. Il costo di produzione è troppo elevato. Come ridurlo, se non si organizza meglio l’escavazione, la lavorazione, il trasporto e la stessa esportazione? È necessario che un ente sorga ed operi per l’abbandono della vecchia pratica, passiva e parassitaria: quella, cioè, di attendere che si venga dall’America o dall’Inghilterra a chiedere il nostro marmo.
Il marmo è una merce come un’altra. Bisogna portarlo sul luogo di consumo. Nessun comune oggi, singolarmente, nessun industriale singolo prenderebbe, ad esempio, l’iniziativa di creare delle «case del marmo», delle mostre permanenti a Roma, Firenze o in altre città di grande consumo, in Italia e fuori d’Italia.
Noi siamo ospiti di questo grande palazzo. Ebbene, tutti possiamo constatare ogni giorno di quale bellezza sia strumento il nostro marmo apuano: dalla statuaria all’architettura, al pavimento, sul quale camminiamo. Ebbene, a nome del popolo che rappresento e a nome anche dei miei colleghi, onorevoli Lami, Amadei e Angelini, chiedo che il Governo rivolga la sua attenzione a quella regione.
Quello che il Governo dà oggi, lo riprenderà domani attraverso l’Erario.
Bisogna creare questo ente, che studii ed escogiti le misure da prendere e che non saranno mai prese né dall’iniziativa industriale, né dai singoli comuni.
È una vasta regione, la cui economia è unica ed inscindibile.
Quindi, vorrei che il Ministro si ponesse su questa via, studiasse questo provvedimento e avviasse a soluzione questo problema.
Al problema dell’industria marmifera si aggiunge necessariamente quello della zona industriale. Ma una parola ancora per l’industria del marmo.
In questi giorni si stano trattando i rapporti commerciali con la Francia. So che gli industriali del marmo hanno chiesto l’inclusione del marmo fra le merci italiane da esportare. È stata fatta la cifra di 30 mila tonnellate, cosa irrisoria, ma servirà come avviamento.
Mi auguro che il Ministero del commercio estero e quello degli affari esteri tengano conto dei bisogni di quelle popolazioni, che hanno subito il massimo di pressione bellica, essendo state obbligate ad evacuare le città, per mesi e mesi; e quando son tornate dai monti, ove i partigiani hanno salvato gli impianti, non hanno più trovato le loro case, oppure le hanno trovate completamente vuote, perché saccheggiate.
Per la zona industriale, mi si dice di segnalare i casi di asportazione di macchinari. C’è un Comitato a Massa che, del resto, il Ministro Morandi conosce. Esso segnala, giorno per giorno, attraverso la stampa, e direttamente, le macchine portate via che non sono tutte in Germania. Vennero acquistate a condizioni fiscali di favore e di privilegio. Gli industriali acquirenti hanno l’obbligo materiale e morale di riportarle nel luogo di produzione. Invece, quelle macchine vengono trattenute in centri del Settentrione, perché al capitalista fa più comodo utilizzarle, per esempio, a Dalmine che a Massa Carrara, dove c’è la miseria e ci sono altre difficoltà.
Il favorire l’industria del marmo e la ripresa della zona industriale apuana costituisce ottimo investimento per la finanza dello Stato, poiché si tratta di una industria di esportazione che renderà domani il 100 per cento all’Erario ciò che esso avrà ricevuto, come lo ha fatto sempre per decenni, per lunga tradizione.
Quelle popolazioni attendono. Esse hanno salutato con gioia la visita del Ministro Morandi. Sono popolazioni repubblicane per tradizione, sono fiere popolazioni disposte a dare tutte se stesse per la Patria repubblicana, ma in questo momento non possono fare affidamento che sulla solidarietà nazionale.
Si prendano dunque in esame questi problemi, si osservino e studino con intelletto d’amore, si pensi a queste popolazioni ridotte alla fame e si vedrà ciò che è possibile di fare. Voi vedrete che avrete tutta la collaborazione da parte di queste popolazioni, senza distinzione di partito politico. Io vi chiedo, dunque, amici del Governo: studiate questo problema e portatelo a soluzione. (Vivi applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tremelloni, Sottosegretario di Stato per l’industria e commercio. Ne ha facoltà.
TREMELLONI, Sottosegretario di Stato per l’industria e il commercio. Posso assicurare l’onorevole interrogante, anche a nome del Ministero del commercio estero, che i due Ministeri uniti, insieme a quelli dei trasporti e delle finanze, studieranno la questione cosi come l’ha posta l’onorevole interrogante.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno.
Presidenza del Presidente SARAGAT
Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno. (Doc. III, n. 3).
Apro la discussione sulla relazione presentata dalla Giunta delle elezioni. Ha chiesto di parlare l’onorevole Vito Reale. Ne ha facoltà.
REALE VITO. Onorevoli colleghi, è per impegno di coerenza che prendo la parola. Ieri abbiamo discusso a lungo se l’ingegnere Visocchi, concessionario di derivazione di acque per forza motrice, potesse o non potesse essere dichiarato eleggibile.
Oggi si presenta all’esame dell’Assemblea Costituente un caso analogo: l’onorevole Carmine De Martino, infatti, è concessionario di linee automobilistiche e di linee di trasporti, e per questo deve onestamente riconoscere che non esiste per lui una ragione di eleggibilità. Egli è inoltre concessionario di licenze per la coltivazione di tabacchi e questo, a mio giudizio, crea un rapporto che lo rende assolutamente ed evidentemente ineleggibile.
La relazione della Giunta, di fronte a questa situazione di fatto, crede di poter eliminare le ragioni di ineleggibilità con queste considerazioni: «Le cosiddette concessioni speciali per la coltivazione e la prima manipolazione del tabacco debbono precisamente essere considerate come «concessioni-autorizzazioni». Esse infatti non trasferiscono beni od attività proprie dello Stato, bensì consentono a privati di coltivare e conservare le foglie sino alla consegna, con licenze, come risulta specificatamente dalla intestazione dei moduli relativi alle predette concessioni speciali. E per maggiormente convincerci di questo basta ricordare che le norme che disciplinano la coltura e la prima manipolazione del tabacco sono contenute in una legge generale dello Stato».
Io domando a quelli che mi ascoltano se le concessioni di derivazione di acque pubbliche non erano egualmente previste e disciplinate in lunghe leggi organiche e con disciplinari che stabilivano in ogni particolare la regolamentazione di queste concessioni.
Ma il punto delicato, che sta a stabilire la profonda diversità, non è nell’atto e nel momento in cui lo Stato rilascia le concessioni di coltivazione. Il rapporto di affari, cioè la possibilità del sorgere di una situazione di contrastanti interessi incomincia non quando il privato riceve l’autorizzazione alla coltivazione, ma nel momento in cui il coltivatore consegna il prodotto all’amministrazione, alla gestione del monopolio. Il coltivatore non può che consegnare al monopolio e, nell’atto che consegna, sorge un vero e proprio rapporto d’affari, sorge una situazione di permanente ed evidente contrasto di interessi. Il coltivatore ha interesse che tutta la quantità coltivata, e che ha ricevuto la prima manipolazione, sia ricevuta dall’Amministrazione del monopolio e l’Amministrazione del monopolio potrebbe – e chi sa quante volte dovrebbe – respingere il manufatto stesso.
Ma questo non basta: non è soltanto limitato l’esame degli organi della pubblica Amministrazione alla ricevibilità della merce; ma questa è sottoposta ad un altro più profondo e delicato esame. Vi sono ben cinque categorie e ad ogni categoria corrisponde un prezzo diverso, per cui chi consegna la merce ha l’interesse evidente di fare in modo che la merce sia classificata di prima, anziché di ultima categoria, perché alla prima devesi corrispondere e si corrisponde un prezzo più alto di quello che si può e si deve corrispondere se la merce fosse catalogata e classificata in una categoria diversa e differente.
Io parlo ad uomini esperti e quindi non ho bisogno di insistere per dimostrare quanto in questa materia possa influire il giudizio dell’amministrazione e come la veste del concessionario, rivestito di un’alta autorità, possa determinare il giudizio dell’amministrazione per il riconoscimento della merce.
Signori, qui si parla sempre di democrazia, si parla sempre di rinascente movimento verso la democrazia, ma ricordino gli onorevoli colleghi che si preparano – in aperto contrasto col voto di ieri – a dare il voto favorevole a questa elezione, che la democrazia sarà vitale se avrà per fondamento la moralità e la giustizia; diversamente assisteremo ad amare, profonde delusioni. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Corsanego. Ne ha facoltà.
CORSANEGO. Onorevoli colleghi, abbiamo avuto l’impressione che l’onorevole Reale abbia voluto tentare di fare una difesa postuma della elezione dell’ingegner Visocchi, poiché egli – se ben ricordo – fin da ieri aveva chiesto con una mozione che fossero insieme discusse le convalide degli onorevoli Visocchi e De Martino. Oggi egli ha tentato di puntare i suoi strali contro la convalida dell’onorevole De Martino, ponendo in raffronto la situazione di fatto e di diritto dell’onorevole De Martino ancora con quella dell’onorevole Visocchi. Ora, la posizione dell’onorevole De Martino in questa questione della convalida della sua elezione, non soltanto è diversa da quella dell’onorevole Visocchi, e si trova in condizioni migliori, ma è molto più semplice. Non fa bisogno in questo caso ricorrere alla dotta esegesi, che è stata fatta ieri dell’articolo 11 della legge elettorale che governa, oggi, le elezioni, perché l’onorevole De Martino non è – come ha detto inesattamente l’onorevole Reale – concessionario di linee filoviarie; l’onorevole De Martino non è – come ha detto inesattamente l’onorevole Reale – concessionario di licenza di coltivazione di tabacco. Perché? Perché l’onorevole De Martino è soltanto l’accomandatario di una società, ed esattamente della Società agricola industriale meridionale… (Commenti).
Una voce. Giuochi di prestigio!
CORSANEGO. …la quale ha in concessione sia le linee filoviarie, sia la coltivazione del tabacco. Non è concessionario personalmente, e quindi non si può applicare la prima parte dell’articolo 11, la quale dice esattamente: «Non sono eleggibili «coloro» che siano vincolati con lo Stato per concessioni o contratti di opere o di somministrazioni». Questo «coloro» evidentemente si riferisce alle persone fisiche. Per quello che si riferisce poi agli amministratori c’è la seconda parte dell’articolo che pone una condizione perché gli amministratori di una società, che ha rapporti di concessioni o contratti di opere o di somministrazioni, non possono essere eleggibili; e questa condizione è che le società siano sussidiate dallo Stato. Questo dice la legge. E la legge dice anche che questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato.
Ora, qui ci troviamo di fronte al titolare non di una concessione, ma di una società, la S.A.I.M., la quale ha una concessione speciale di licenza per la coltivazione e la prima cura delle foglie di tabacco, con l’obbligo di conferire tutto quanto il prodotto al monopolio. Che cosa fa la S.A.I.M.? Fa quello che ogni coltivatore di grano, di olio e di riso fa normalmente: ogni coltivatore di grano, di olio o di riso, conferisce all’ammasso il suo prodotto; e così colui che ha la licenza di coltivare tabacco, conferisce tutto il suo prodotto all’ammasso. E, badate, onorevoli colleghi, allo stesso prezzo d’imperio che è prezzo d’imperio come per il grano, l’olio ed il riso. Non c’è possibilità di contrattazioni, perché, come noi consumatori non possiamo dire al tabaccaio che ci dà la modesta razione di tabacchi, che ce l’aumenti e diminuisca di prezzo perché siamo deputati, così colui che consegna le foglie di tabacco al monopolio non può ottenere un centesimo di più dal monopolio, se è deputato.
Ora, la Giunta delle elezioni, la quale è composta – come voi tutti sapete – dei rappresentanti di tutti i partiti, che proporzionalmente riproducono in piccolo le diverse forze di questa Camera, la Giunta delle elezioni, che va quindi dall’estrema destra – con l’onorevole Lucifero, in questo caso – all’estrema sinistra – con l’onorevole signorina Iotti – che è composta di uomini di fama come il professore Calamandrei, di uomini politici ed autorevoli, come l’onorevole Piccioni, si è pronunciata in favore della convalida.
Chi fu il Relatore di questa causa? Fu uno dei più autorevoli esponenti del partito socialista, l’onorevole Pertini; il quale, nella sua obiettività e con la maggioranza assoluta dei suoi colleghi, ha dichiarato che non si può non convalidare l’elezione dell’onorevole De Martino. Ieri, l’onorevole Bertini, presidente della Giunta per le elezioni, vi ha detto, con parola eloquente e grave che, se la Camera ha tutto il diritto di discutere anche le conclusioni della Giunta delle elezioni, pur quando la Giunta delle elezioni, nella sua stragrande maggioranza, quasi anzi all’unanimità, si è pronunciata in favore della convalida, c’è veramente una grande presunzione a favore. La Giunta ha concluso i suoi lavori esaminando ed applicando obiettivamente l’articolo 11 della legge ed ha concluso con queste parole testuali: «Esaminato obiettivamente, nei confronti dell’onorevole De Martino, l’articolo 11, non si poteva non giungere alla convalida dell’onorevole De Martino». E sapete perché? Perché la concessione, o meglio la licenza di coltivare e curare le foglie di tabacco, è una semplice autorizzazione che non fa amministrare beni demaniali, tanto vero, che essa è concessa con un modulo ove è scritto: «modulo di licenza» e che riguarda quindi l’oggetto della concessione. Ora noi abbiamo questo fatto certo: le norme che disciplinano tutta l’attività di colui che riceve una licenza sono contenute in una norma generale dello Stato che va dal permesso di coltivazione alla fissazione del prezzo, senza possibilità di intervento dell’interessato. Tale prezzo è indistintamente uguale per tutti; non vi è quindi un capitolato d’appalto; non vi sono clausole speciali. È stato detto dall’onorevole Reale: ma, al momento della consegna, lo Stato fa una cernita delle diverse qualità. Sì, rispondiamo, proprio come quando si consegna del riso all’ammasso. Per quanto poi riguarda la concessione della filovia, anche qui ripetiamo: l’onorevole De Martino non è il concessionario di una filovia; è soltanto concessionaria la società. Ora la Giunta ha escluso tassativamente che si possa parlare di incompatibilità, non avendo mai la società che gestisce questa filovia ricevuto alcun contributo dallo Stato e ciò perché la società vi ha legalmente ed espressamente rinunciato. Quindi noi abbiamo l’esercizio di una filovia, che non ha mai ricevuto e non riceverà mai aiuti dallo Stato, e che di conseguenza non graverà di un centesimo sulle casse dello Stato, mentre tutte le altre società analoghe sono passive. Ho qui un giornale in cui si dice che una Commissione di tranvieri napoletani è venuta a Roma per chiedere provvedimenti per sanare il deficit di 80 milioni al mese di quell’azienda tranviaria. Io penso che, dinanzi a un’azienda che non chiede nulla, non si possa dire né sostenere che vi sia un’incompatibilità per una elezione a deputato. Ma tutto questo che noi abbiamo detto è in fondo superfluo, perché basta leggere attentamente l’articolo 11, dove sono fatti chiaramente due casi: il primo caso è quello della persona fisica che abbia direttamente una concessione dallo Stato e questo non è il caso dell’onorevole De Martino. Il secondo è quello delle società e per questo si dice espressamente che l’amministratore delle società in tanto è escluso dalla eleggibilità in quanto queste società abbiano un sussidio ed un concorso dello Stato.
Nel nostro caso non c’è nessun sussidio e nessun concorso dello Stato; quindi manca l’elemento fondamentale voluto dalla legge e pertanto l’elezione dell’onorevole De Martino è valida.
Inutile fare perorazioni eloquenti per ricordare che l’onorevole De Martino è l’anima della ricostruzione nella regione salernitana, che è stato il primo eletto non della zona, ma di tutta la circoscrizione, con 40.410 voti, in quanto tutto questo non varrebbe se fossero applicabili le norme dell’articolo 11; ma l’articolo 11 non è applicabile a questo caso. Quindi confido che la Camera vorrà convalidare, in conformità alle decisioni della Giunta delle elezioni, l’elezione dell’onorevole De Martino.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Rescigno. Ne ha facoltà.
RESCIGNO. Quale deputato della circoscrizione Salerno-Avellino, sento il dovere di rilevare che al fondamento giuridico sul quale riposa la convalida dell’onorevole De Martino, fondamento giuridico costituito dal fatto che la concessione della coltivazione e della prima lavorazione del tabacco è da ritenersi piuttosto un’autorizzazione che non una concessione vera e propria, ed al profilo sociale, che per me distingue soprattutto il caso dell’onorevole De Martino da quello dell’onorevole Visocchi, profilo sociale che si concreta nel fatto che la società di cui l’onorevole De Martino è amministratore rende in sostanza un servizio alla collettività, laddove invece l’onorevole Visocchi dallo Stato riceveva beni, come acque pubbliche e patrimonio minerario dello Stato, a questi due fondamenti corrisponde perfettamente un fondamento morale, costituito non solo dalla volontà espressa dal corpo elettorale con ben 40.710 voti preferenziali, ma dal desiderio e dall’aspettativa di tutti i cittadini della provincia di Salerno, la quale, mercé l’attività intelligente ed alacre dell’onorevole De Martino, si è potuta collocare veramente fra i primi posti, sia nell’opera di riassorbimento della disoccupazione, sia nell’opera della ricostruzione nazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cianca. Ne ha facoltà.
CIANCA. Avrei anch’io delle obiezioni da fare alle conclusioni cui è arrivata la Giunta delle elezioni nel caso sottoposto al nostro esame; ma mi rendo conto che la Giunta, di cui nella discussione che si è svolta ieri tutti hanno giustamente lodato l’alto spirito di obiettività, è pervenuta a quelle conclusioni in base agli elementi di fatto che erano in suo possesso.
Ora io chiedo se alla Giunta delle elezioni sia risultato, come a noi risulta, che l’esercizio delle filovie di cui è proprietaria la società amministrata da Carmine De Martino, si svolge non in sede propria, ma su strada nazionale; se sia vero che su questa strada la società abbia stabilito impianti aerei e terrestri. Ove questo risultasse alla Giunta, è evidente che ci si troverebbe di fronte ad un caso tipico di concessione di uso di beni demaniali, cioè di fronte ad un problema che la Camera ha ieri risolto nel modo già noto. Ecco perché, senza entrare nel merito di tutti i motivi che sono stati accennati nella brevissima discussione, io mi permetto di chiedere che la Giunta delle elezioni sia invitata a riesaminare il problema, tenendo conto degli elementi di fatto che noi abbiamo sottoposti alla sua attenzione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Bellavista.
BELLAVISTA. Aderisco a quanto ha proposto l’onorevole Cianca in relazione al riesame da parte della Giunta e svolgo brevi considerazioni contro la convalida dell’onorevole Carmine De Martino, per quanto attiene la seconda parte del reclamo, cioè la concessione della coltivazione di tabacco. L’argomento che io trovo contro la convalida me lo dà lo stesso relatore in un onesto periodo, del quale gli do atto, che è nella stessa relazione e che confessa un legame di interessi esistente fra il De Martino e lo Stato.
Dice il relatore onorevole Pertini, che è per la esclusione della ineleggibilità: «Ci preme aggiungere che se si vuole veramente moralizzare il costume parlamentare politico, sarà necessario dar vita ad una nuova legge elettorale più drastica in questa materia e per cui si possa dichiarare ineleggibile chiunque sia vincolato da interessi con lo Stato».
Se io mal non leggo, dunque l’interesse lega De Martino, eletto deputato, nella qualità di concessionario o autorizzatario, se meglio vi piace, con lo Stato stesso. Questo interesse c’è. Crede l’onorevole relatore che non raggiunga quella rilevanza prevista dall’articolo 11? Ma la semplice contrapposizione al caso Visocchi, giudicato dall’Assemblea ieri, ci denunzia la somiglianza e ci impone l’applicazione analogica. Accomandatario quello, accomandatario questo. Malgrado non sia sorto a parlare l’onorevole Molè, perché non è nell’aula, quest’aula stessa è piena della nobile eco delle sue parole che volevano circondare i membri di questa Assemblea della stessa aura di castità della moglie di Cesare. In virtù degli stessi argomenti che furono detti contro Visocchi e che Molè espresse in questa Assemblea, oggi dobbiamo votare contro la convalida di Carmine De Martino, che è legato da vincoli di interesse economico con lo Stato, come lo stesso Relatore della Giunta riconosce.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni. Ne ha facoltà.
BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni. Se avessi voglia di discutere in merito alla contestazione, potrei fare agevolmente giustizia di molte parole grosse o inconsistenti che sono state adoperate dai tre preopinanti per contrastare le conclusioni della Giunta delle elezioni.
Potrei anche dire all’onorevole Cianca che, quando si presenta una obiezione di fatto, e una obiezione della natura ascoltata or ora, sarebbe doveroso presentare un qualche indizio documentario, atto a stabilire la proponibilità della eccezione.
Però io sono disposto a minimizzare la questione, senza impelagarci in una discussione od in un contrasto perfettamente inutile.
Dunque, colgo a volo l’invito, o meglio che invito, l’osservazione fatta dall’onorevole Cianca, affinché la Giunta delle elezioni stia nel sicuro, col riscontro di tutti gli elementi di fatto, anche meno ponderabili, attinenti alla questione in esame e la sua probità nel decidere emerga così ancora di più agli occhi dell’Assemblea Costituente.
Tuttavia devo dare una breve giustificazione ed è questa che dirò, e di cui può far fede l’onorevole Pertini, al quale devo render lode per la preparazione di tutto il fascicolo delle contestazioni, voi vedete coi vostri occhi quanto voluminoso.
Si è scritto, per notizia, ai Ministeri interessati, alle Autorità locali, una serie continua di missive, in modo che queste premure voi le vedete, nel fascicolo, sorrette non da una sola risposta sullo stesso argomento, ma da tre, da quattro risposte dei Ministeri competenti.
Starei per dire, che fra le contestazioni avute a mano in questo periodo, sarebbe difficile trovare elementi cosi affaticati di indagine, come per la elezione di Salerno. Ma che cosa è avvenuto? Informazioni sono state chieste personalmente allo stesso Ministero delle finanze, giacché lo scrupolo del Relatore è arrivato fino al punto di voler prevenire deviazioni o adombramenti di chi stava fuori dell’orbita di riscontro del Ministro. Siamo dunque voluti arrivare direttamente e personalmente al Ministro delle finanze per accertare, con la sua precisa affermazione, la posizione del contestato nelle concessioni relative ai tabacchi; e, per quel che riguarda la filovia, ai Ministri competenti dei lavori pubblici e del tesoro.
Orbene, questa ricerca ha escluso qualsiasi elemento della natura di quelli a cui accennava or ora l’onorevole Cianca.
Dico tutto questo per rilevare che, se si è arrivati ad un punto del tutto nuovo e inatteso, la colpa è dei ricorrenti che furono chiamati a dare spiegazioni con lettere allegate agli atti, affinché la Giunta potesse avvantaggiarsi di ogni più minuta informazione sulle questioni dibattute; ma i signori ricorrenti non si sono mai dati la cura di rispondere alle nostre reiterate premure.
In ogni modo sia terminata ogni esitanza ed ogni dubbio.
La Giunta aderisce a riscontrare la fondatezza o meno, delle osservazioni sollevate dall’onorevole Cianca.
PRESIDENTE Metto ai voti la proposta dell’onorevole Cianca così formulata:
«La Camera, presa in esame la relazione della Giunta delle elezioni in merito alla elezione contestata di Carmine De Martino per la circoscrizione di Salerno-Avellino, rinvia alla Giunta stessa l’esame del caso».
(È approvata).
Presentazione di una mozione.
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata alla Presidenza la seguente mozione a firma dei deputai: Persico, Carboni, Targetti, Camangi, La Malfa, Nasi, Jacini, Lucifero, Dugoni, Bencivenga, Molè, Titomanlio Vittoria, Cianca, Fuschini, Terracini, Sforza e Ruini:
«L’Assemblea Costituente invita il Governo a presentare un disegno di legge in base al quale tutte le attività statali che riguardano la resurrezione e la ricostruzione della regione di Cassino (dove più ha sostato con la sua opera di distruzione la guerra) vengano concentrate in un solo Ente o Commissariato, che riunisca in sé con completa autonomia i necessari poteri per la rapida ed integrale soluzione del problema della rinascita di una zona, dove da oltre due anni mancano le più elementari condizioni di vita e dove si sono spese inutilmente centinaia di milioni».
A norma del Regolamento, chiedo al Governo di esprimere su di essa il proprio parere.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio, Il Governo non ha nulla in contrario a discutere tale mozione e si riserva di mettersi d’accordo con i proponenti per la fissazione della data.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico.
PERSICO. Sono d’accordo, esprimendo la speranza che la discussione possa aver luogo nell’attuale periodo di lavori.
Interpellanze e interrogazioni d’urgenza.
PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Silipo ha presentato la seguente interpellanza, firmata anche dall’onorevole Musolino, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:
«Al Presidente del Consiglio dei Minestri, Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio, arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinelli) onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra».
Domando al Governo quando intende fissare lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Il Governo risponderà in una delle prossime sedute.
PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha chiesto che sia svolta d’urgenza la seguente interpellanza:
«Al Ministro degli esteri, per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei Trattati, per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo Egiziano a Parigi 1’11 settembre 1946».
Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Credo che il Ministro degli affari esteri abbia già fissato, d’accordo con l’onorevole interpellante, il giorno in cui l’interpellanza si dovrà discutere.
PRESIDENTE. L’onorevole Rivera ha chiesto che sia fissato lo svolgimento della seguente interpellanza, da lui rivolta, nella seduta del 25 luglio 1946:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritengano opportuno e necessario, in concordanza con le emanate disposizioni di clemenza, dirette a pacificare il Paese, far tornare la serenità anche in seno all’alta cultura, revocando, a tutti gli effetti, i decreti legislativi luogotenenziali 12 aprile 1945, n. 178 e 16 novembre 1945, n. 801, in forza dei quali sono stati radiati dall’Accademia nazionale dei Lincei, senza neppure essere stati invitati a discolparsi, molti studiosi italiani, tra i quali alcuni di alta fama scientifica e se non credano, con la revoca dei decreti legislativi indicati, di restituire alla Accademia nazionale dei Lincei l’antica autonomia ed indipendenza dalle influenze politiche e burocratiche, garantendo in tal modo, anche per l’avvenire, i diritti del pensiero e l’attività degli intellettuali dalla politica contingente».
Domando al Governo se e quando intende fissare la data per lo svolgimento della interpellanza, avvertendo che sullo stesso argomento v’è anche una interpellanza dell’onorevole Marchesi.
MACRELLI. Ministro senza portafoglio. Il Governo fisserà la data di svolgimento, d’accordo con gli onorevoli interpellanti.
PRESIDENTE. L’onorevole Sardiello ha chiesto lo svolgimento d’urgenza della seguente interrogazione:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione) ed ai Ministri dell’interno e dei trasporti, per sapere: a) se hanno presente: 1°) che la provincia di Reggio Calabria da molto tempo difetta dei generi razionati essenziali per l’alimentazione; che ormai cronicamente la farina ed il grano assegnati giungono con enorme ritardo ed in una quantità grandemente inferiore a quella dovuta; che l’olio – in una regione largamente produttrice e dove non è consueto un notevole uso di altri grassi – difetta; 2°) che ciò è dovuto in gran parte – per quanto attiene alla deficienza del grano e della farina – alla inadeguata assegnazione dei mezzi di trasporto e – per quanto attiene alla mancanza dell’olio – alla continua e più volte invano denunziata esportazione di grossi quantitativi di detto prodotto per iniziativa di speculatori forniti di permessi a ripetizione; cosa che suona irrisione del bisogno del popolo; mentre nessun provvedimento dell’autorità riesce a raggiungerla e colpirla; 3°) che la situazione predetta ha creato tale disagio da costituire un grave imminente pericolo per la salute cittadina e per l’ordine pubblico; come da tempo vanno denunciando la stampa locale, alcuni ordini del giorno dei Comitati di agitazione e recentemente anche il Consiglio comunale di Reggio, con votazioni unanimi dei rappresentanti di tutti i partiti; b) quali pronti e radicali provvedimenti intendano di adottane per riparare – come è indispensabile ed urgente – alle deplorevoli negligenze, alla insaziabile avidità degli speculatori e per garantire finalmente da oggi innanzi almeno il minimo – per quantità e qualità – dovuto per legge ad una popolazione che si sente ed è uguale nel diritto e nel dovere a tutte le altre d’Italia».
Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Prima del termine dell’attuale periodo di lavori, il Governo si metterà d’accordo con l’onorevole interrogante sulla data di svolgimento.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Nobile e Terracini hanno rivolto la seguente interpellanza, chiedendone l’urgenza:
«Ai Ministri della guerra e dell’aeronautica, per conoscere: 1°) quali criteri verranno seguiti nel collocamento nella riserva o in posizione ausiliaria di ufficiali generali e superiori, da effettuarsi in base alle disposizioni contenute nell’articolo 2 del decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384; 2°) come intendano tener conto del fatto che nelle discriminazioni degli ufficiali compromessi per il loro comportamento dopo l’8 settembre 1943 non sempre si sono seguiti criteri uniformi, ragione per cui spesso si verifica che per le medesime mancanze sono state inflitte punizioni disciplinari diverse; 3°) se non ritengano, pertanto, necessario che la Commissione da nominarsi in base all’articolo 3 del decreto legislativo suddetto sia costituita di parlamentari da designarsi dall’Assemblea Costituente, dato che la scelta degli ufficiali generali da trattenere in servizio deve rispondere non tanto a requisiti di carattere tecnico-professionale, quanto ad un giudizio ispirato alle esigenze di una sicura garanzia democratica delle forze armate; 4°) se per i motivi anzidetti non ritengano altresì necessario di incaricare le Commissioni parlamentari proposte nel precedente paragrafo di stabilire i criteri da seguire per il collocamento di autorità nella riserva o in ausiliaria di tutti gli altri ufficiali generali e superiori».
Domando al Governo quando intende fissarne lo svolgimento.
CINGOLANI, Ministro dell’aeronautica. Sono disposto a rispondere prestissimo, anche domani, a questa interpellanza. Bisogna però che mi metta d’accordo col Ministro della guerra, essendo l’interpellanza diretta tanto a lui che a me. Mi farò premura di informare l’Assemblea, attraverso il suo Presidente, del giorno nel quale la interpellanza sarà discussa.
PRESIDENTE. L’onorevole Gabrieli ha rivolto la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni che hanno determinato il legislatore, nel recente decreto legislativo sulla assegnazione delle terre incolte ai contadini, a non fissare il criterio da seguire per i terreni alberati. L’interrogante (ad evitare divergenze d’interpretazione, che si sono già verificate) segnala l’opportunità di integrare il testo del decreto con una norma interpretativa, diretta a stabilire che, in caso di terreni alberati, si deve avere riguardo allo stato tecnico colturale dell’albero, più che a quello del terreno sottostante».
Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Questa interrogazione sarà svolta in una delle prossime sedute.
PRESIDENTE. L’onorevole Nobile ha rivolto la seguente interrogazione, chiedendone lo svolgimento d’urgenza:
«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere: 1°) quali provvedimenti intenda prendere per mettere i Provveditorati regionali in condizioni di corrispondere alle esigenze richieste dal piano nazionale della ricostruzione; 2°) in particolare, se non creda necessario evitare, anzitutto, cambiamenti di programma finora avvenuti con eccessiva frequenza, ed anche non giustificati mutamenti nel personale direttivo dei Provveditorati stessi; 3°) se non ravvisi la necessità urgente di aumentare il personale tecnico di ruolo dei Provveditorati regionali delle opere pubbliche, oggi assolutamente insufficiente di numero, migliorandone altresì il trattamento economico, in considerazione anche che esso si trova in contatto quotidiano con imprenditori di lavoro avidi di guadagni smodati, e spesso di pochi scrupoli morali; 4°) quali provvedimenti intenda prendere per assicurare che i fondi stanziati in bilancio siano impiegati in lavori che tornino veramente utili al Paese, per la sua rinascita economica o per la pubblica igiene; 5°) se non creda debba porsi termine al sistema di concedere, per fronteggiare la disoccupazione, anziché lavori di importanza immediata, altri non necessari, e talvolta perfino dannosi perché eseguiti intempestivamente, come ad esempio i lavori di sgombero e di demolizione su aree private, indipendentemente dalla ricostruzione degli edifici distrutti, e fuori dei casi di muri pericolanti, compromettenti la pubblica incolumità; o anche lavori per movimento di terra relativi a strade di nessuna utilità presente; 6°) se non ritenga che debba abbandonarsi il sistema di pagamento delle imprese a rimborso di spese, che si risolve in un indebito arricchimento delle imprese stesse, che non hanno alcun interesse al compimento dei lavori loro affidati, e perciò incoraggiano gli operai a lavorare svogliatamente, cosa che questi fanno anche perché consapevoli della poca utilità dei lavori stessi; 7°) se è esatto che col sistema anzidetto, seguito in 50 cantieri nell’ambito del comune di Roma, si sperpera senza alcun beneficio, tranne che per gli appaltatori, un miliardo e un terzo al mese, che potrebbe essere utilmente speso per ricostruzione di case o per lavori di irrigazione o bonifica; 8°) se non ritenga opportuno che almeno i più giovani degli operai non qualificati attualmente impiegati nei cantieri di Roma, spesso in condizioni demoralizzanti, pur continuando a corrispondere loro la paga, frequentino una scuola professionale, che li metta in condizione di venire utilmente impiegati nei lavori di ricostruzione del Paese; 9°) se, infine, non ravvisi l’opportunità di selezionare, mediante concorsi, il numeroso personale avventizio tecnico del Genio civile, migliorandone anche il trattamento economico».
Domando al Governo quando intenda fissarne lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sarà svolta in una delle prossime sedute.
PRESIDENTE. L’onorevole Mazza chiede che sia dichiarata d’urgenza la seguente interrogazione:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere perché, mentre a Roma ed in altre grandi città italiane la distribuzione dei generi alimentari avviene regolarmente, ciò non avviene per la città di Napoli. Chiede altresì perché, mentre si è firmato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto della perequazione del carovita agli impiegati statali nei comuni viciniori in continuità di grandi città del nord di Italia, questo non sia stato fatto per i comuni vesuviani nelle stesse condizioni dei comuni suddetti».
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Il Governo acconsente.
PRESIDENTE. È stata presentata dall’onorevole Pignatari, firmata anche dagli onorevoli Carboni, Dugoni, Lami Starnuti, Luisetti, Cairo, Carpano Maglioli, la seguente interrogazione, per cui si chiede lo svolgimento d’urgenza:
«Al Ministro del tesoro, per sapere quanto ci sia di vero circa le accuse rivolte alla Ragioneria dello Stato che avrebbe determinato, per inerzia o per spirito ostruzionistico, lo sciopero dei parastatali; e per sapere se intende venire incontro alle richieste dei parastatali in vista delle gravi conseguenze che il protrarsi dell’agitazione potrebbe avere sulle opere e sui servizi dell’assistenza sociale».
Chiedo al Governo quando intende fissarne lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sono in corso trattative che saranno probabilmente concluse entro domani. Prego pertanto l’onorevole Pignatari di voler soprassedere alla sua richiesta.
PIGNATARI. Consento.
PRESIDENTE. L’onorevole Sullo Fiorentino ha presentato la seguente interpellanza chiedendone lo svolgimento d’urgenza:
«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.
«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse la esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.
«In tale maniera si sarebbe venuti incontro ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta) normalmente purtroppo non mantenute».
Domando al Governo quando intende fissare lo svolgimento.
MACRELLI, Ministro senza portafoglio. Sarà svolta in una delle prossime sedute.
Interrogazioni e interpellanze.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e delle interpellanze pervenute oggi alla Presidenza.
MATTEI TERESA, Segretaria, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti sono stati presi a carico del commissario prefettizio di Canosa di Puglia, sorpreso dal maresciallo dei carabinieri a complottare con ex gerarchi fascisti.
«Pastore Raffaele».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga di emettere, senza ulteriori dilazioni, i provvedimenti che vennero ripetutamente richiesti a favore dei partigiani, disponendo:
- a) che sia concesso a coloro di essi, che incorsero in reati anteriormente alla data del 22 giugno 1946, di beneficiare, anche per i reati comuni, del condono di cui all’articolo 9 del citato decreto, abrogando nei loro confronti le eccezioni di inapplicabilità del condono, di cui alla lettera c) dell’articolo 10 del decreto stesso;
- b) che, in subordine, rispetto ai reati cui fosse negata l’applicabilità del condono, sia concesso a coloro che parteciparono alla guerra di liberazione, di avere almeno il beneficio della libertà condizionale, indipendentemente dal termine prescritto dalla legge per l’applicabilità di tale beneficio, ovverosia anche quando la pena scontata sia inferiore a tale termine;
- c) che, con apposito decreto, sia concessa la riabilitazione d’ufficio a coloro che, avendo riportato condanne anteriormente alla data dell’8 settembre 1943, si siano, colla loro partecipazione alla guerra di liberazione, resi meritevoli dell’invocato beneficio.
«Bordon».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere per quali ragioni non sia stato ancora inviato alla Commissione dei trattati, per il necessario esame, il Trattato che, secondo le notizie apparse a suo tempo sui giornali, sarebbe stato stipulato col Governo egiziano a Parigi l’11 settembre 1946.
«Persico».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se, dovendosi emanare norme che proroghino il blocco sui fitti delle case, non si ritenga opportuno esentare dal blocco tutti i proprietari di fabbricati danneggiati da eventi bellici.
«È all’uopo da notarsi che la permanenza del blocco dei fitti, in questi casi, impedisce ai proprietari di eseguire i lavori di riparazione che in molti casi, se non eseguiti tempestivamente, pregiudicano addirittura la stabilità e la consistenza stessa degli immobili.
«È da tenere presente ancora che molti acquirenti di immobili, i quali sono tenuti (per le note agevolazioni fiscali in materia di trasferimento di immobili danneggiati) a riparare gli immobili, non possono farlo per la permanenza degli inquilini nelle case da riparare.
«Trulli, Perugi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere le risultanze precise dell’inchiesta condotta dagli organi competenti governativi sui gravi fatti dell’Emilia e quali provvedimenti sono stati o stanno per essere adottati contro i responsabili, nonché quali misure sono state prese per prevenire il dilagare di una così pericolosa forma di criminalità organizzata.
«Puoti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’alimentazione), per conoscere per quali motivi nelle province di Napoli e Caserta e nei rispettivi capoluoghi si distribuisce metà razione di pasta in conto mese di dicembre, senza aver effettuata alcuna distribuzione per il mese di novembre.
«Puoti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’assistenza post-bellica e della guerra, per conoscere quale sorte è riservata ai reduci dai campi di prigionia, che hanno le famiglie in Tunisia o in territorio attualmente non sottoposto alla giurisdizione del Governo italiano, per cui è inibito ad essi il ritorno presso i propri familiari; costoro dopo tante sofferenze vengono a trovarsi di fronte alla disoccupazione senza nemmeno il conforto e l’aiuto delle famiglie.
«Puoti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali azioni il Governo intende svolgere a favore dei capi-famiglia italiani espulsi dalla Tunisia, perché professionisti o agricoltori. Detti italiani sono stati costretti a lasciare le proprie famiglie senza alcuna assistenza e il frutto di lunghi anni di lavoro di colonizzazione senza alcuna tutela.
«Per conoscere anche se e quando detti colonizzatori italiani possono far ritorno in Tunisia.
«Puoti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri degli affari esteri e dell’interno, per conoscere quali provvedimenti il Governo intenda adottare a favore dei profughi della Venezia Giulia, costretti a rifugiarsi in Italia per non sottostare al regime jugoslavo. Questi profughi hanno bisogno di una sistemazione definitiva, specie se provenienti da zone che, molto probabilmente, le condizioni del Trattato di pace sottrarranno alla giurisdizione del Governo italiano.
«Puoti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, in vista del ritorno di parte della provincia di Gorizia all’Amministrazione italiana dopo l’entrata in vigore del Trattato di pace, sia in previsione un provvedimento eccezionale che immetta nei ruoli dello Stato gli insegnanti delle scuole medie in possesso dell’abilitazione e che abbiano almeno due anni d’anzianità di incarico. Il provvedimento si impone come giusto riconoscimento per l’opera di insegnamento svolta in situazioni difficilissime e delicate.
«Bettiol».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri del tesoro e delle finanze, per conoscere i risultati dell’inchiesta intesa ad accertare le responsabilità e ad individuare i colpevoli di un reato che non ha precedenti in Italia, e cioè del furto dei clichés della nuova carta-moneta presso lo stabilimento Staderini di Roma, quasi concomitante al furto di carta filigranata presso la cartiera Miliani di Fabriano. Per conoscere altresì in quale modo il Ministero del tesoro provvede attualmente al controllo diretto della stampa dei biglietti di banca, dal momento che il Provveditorato generale dello Stato è stato escluso da detto controllo diretto e che l’Istituto di emissione, in seguito alla distruzione bellica degli stabilimenti specializzati di sua proprietà, deve affidare a private aziende la stampa dei biglietti di banca.
«Belotti, Cremaschi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno emettere i provvedimenti del caso per la sistemazione in ruolo degli insegnanti di scuole medie i quali, pur essendo stati giudicati idonei nei concorsi, da diversi anni continuano ad insegnare quali incaricati e supplenti.
«Castiglia».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se, a seguito dell’aggressione, a suo tempo denunciata, sofferta dall’interrogante a Monza il 10 novembre in un comizio – durante il quale ebbero a lamentarsi altresì spari contro l’altoparlante, getto di gas lacrimogeni nella sala e violenze a pacifici cittadini fra cui una donna – sia stata aperta una inchiesta per accertare la sussistenza o meno di responsabilità dell’autorità di pubblica sicurezza di Monza che, con le forze più che sufficienti a disposizione, bene avrebbe potuto impedire che il grave fatto si verificasse.
«Tumminelli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se è a conoscenza che sono in vendita, in quasi tutte le edicole d’Italia, giornaletti e albi per ragazzi, che, scritti, illustrati e stampati, con evidente fine di lucro da persone senza scrupolo, eccitano la fantasia dei fanciulli, ne corrompono il gusto e il senso morale. Domanda l’interrogante se non sia il caso di intervenire energicamente e tempestivamente perché, alle cause di decadimento morale e di perturbamento psichico di molti ragazzi, in conseguenza della guerra, non si aggiunga la volontà degli uomini, per bieca speculazione.
«Tumminelli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga opportuno consentire un più umano trattamento alle orfane povere nubili e inabili degli impiegati dello Stato ammesse al godimento di assegno vitalizio da parte dell’Istituto di previdenza amministrato dalla Cassa depositi e prestiti.
«Tale assegno, che inizialmente era di mille lire annue, ha subito un aumento di contingenza di sole 720 lire annue. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Castiglia».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere i motivi per i quali non è stata data esecuzione al provvedimento di corresponsione, a datare dallo scorso mese di novembre, di anticipi di varia misura ai titolari di pensione.
«Tale provvedimento venne emesso in attesa che fosse completato il lavoro di organizzazione e quello tecnico, che avrebbe consentito il regolare pagamento degli aumenti stabiliti.
«Le condizioni economiche dei pensionati non consentono alcuna dilazione nell’attuazione di provvedimenti che possano alleviare tante sofferenze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Castiglia».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sull’agitazione che gli studenti degli Istituti industriali di tutta Italia hanno da ieri iniziata:
premesso che in base alle vigenti disposizioni i licenziati degli Istituti tecnici industriali possono adire esclusivamente alle Scuole superiori di economia e commercio;
considerato che gli studenti degli Istituti tecnici industriali alla fine del loro periodo di studi hanno acquisito una non comune preparazione nei vari rami della tecnica industriale e della meccanica, che li mette nella condizione di poter affrontare senza difficoltà gli eventuali corsi universitari, qualora essi intendano completare la loro preparazione tecnico-professionale; diritto questo loro riconosciuto prima della riforma Gentile;
consci della serietà degli studi che vengono compiuti nell’Istituto tecnico industriale «A. Rossi», vanto della città e della Nazione, come pure negli altri Istituti della Repubblica;
chiedono che il Governo, accogliendo la richiesta della numerosa categoria di detti studenti, li ammetta alle Facoltà di ingegneria delle varie Università, aprendo loro la via al conseguimento della laurea almeno nelle specialità elettromeccanica, elettrotecnica e radiotecnica, certi che nel lento ma sicuro cammino della ricostruzione l’industria italiana potrà contare su valenti e capaci professionisti. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Faccio, Cimenti, Marzarotto, Rumor, Segala, Valmarana».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’assistenza post-bellica, per sapere quali ragioni abbiano finora ritardato il pagamento delle lettere di credito rilasciate dagli Alleati per i nostri soldati che hanno lavorato in prigionia alle loro dipendenze.
«Il ritardo è tanto più inescusabile, in quanto risulta che in molti casi i Comandi alleati hanno già direttamente provveduto al pagamento.
«E mentre i pagamenti vennero effettuati al cambio di lire 225 per dollaro, i pochi pagamenti finora effettuati nei vari distretti militari sono stati eseguiti al cambio di lire cento e, come se non bastasse tale patente ingiustizia, si minaccia persino di chiedere il rimborso della differenza, in quanto, secondo quel che si dice, il cambio da praticarsi non doveva essere neppure di lire 100, bensì di lire 18. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Coccia».
«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere se risponda a verità quanto il giornale Il Globo ha pubblicato in merito all’imposizione, mediante una semplice circolare, di un diritto fisso ad valorem nella misura di lire 0,50 per cento su tutti i prodotti e materie prime di importazione e di produzione nazionale assegnati dalla Commissione centrale dell’industria, e come un siffatto provvedimento possa conciliarsi con i princìpi di un ordinamento statale democratico, il quale vuole che ogni misura contributiva sia applicata in conformità di un provvedimento legislativo e nei limiti e modi dal provvedimento stesso stabiliti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Marinaro».
«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro delle finanze, circa i motivi che hanno indotto l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato a non rinnovare per il prossimo quinquennio numerose concessioni speciali per la coltivazione del tabacco in provincia di Lecce, sopprimendo in tal modo molti complessi industriali, con irreparabile danno per l’economia agraria della zona e minaccioso aggravamento della disoccupazione, specialmente invernale, per migliaia di operaie specializzate (tabacchine);
circa l’opportunità di non ispirarsi a malintesi criteri di perfezionamento della produzione di un genere voluttuario come il tabacco, anche a costo di sottrarre i terreni più fertili delle altre regioni alla produzione di derrate alimentari di prima necessità, sconvolgendo in tal modo la già difficile situazione economico-sociale del Leccese, di cui viene colpita la fondamentale risorsa industriale;
e circa la conseguente necessità di rinnovare tutte le concessioni speciali finora esistenti, attribuendole ad associazioni di coltivatori, preferibilmente dei comuni privi di simili concessioni, qualora gli attuali titolari se ne siano dimostrati immeritevoli.
«Codacci Pisanelli».
«La sottoscritta chiede d’interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno, nell’attesa di una saggia riforma dell’ordinamento scolastico, concedere ai diplomati degli Istituti tecnici industriali l’accesso agli Istituti superiori e in specie alle Facoltà scientifiche, prima fra tutte quella di ingegneria. Si tratta di un numero rilevante di diplomati, i quali, dopo aver sostenuto otto anni di studio, a differenza dei loro colleghi di agraria e di ragioneria, si vedono preclusa la possibilità di migliorare la loro cultura e la loro posizione.
«Bianchi Bianca».
«La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a vantaggio degli insegnanti di scuole sussidiate, i quali, mentre sentono il dovere di combattere per loro iniziativa la piaga dell’analfabetismo, non hanno nessuna garanzia, né giuridica, né economica. Perché essi siano posti nella condizione di svolgere il loro difficile compito si chiede:
1°) che le scuole sussidiate siano tenute da insegnanti forniti del diploma di abilitazione;
2°) che sia abolito il premio di lire 500 per ogni promosso dalla prima e di lire 1500 per ogni promosso dalla terza e sia dato invece all’insegnante uno stipendio mensile minimo (almeno lire 3000) ed un premio annuo per ogni promosso, indistintamente dalle tre classi e nella stessa misura;
3°) che sia concessa la qualifica del servizio prestato;
4°) che si dia all’insegnante fornito del diploma di abilitazione almeno un punto per ogni anno di servizio prestato nel passato;
5°) che siano nominati di ruolo senza concorso coloro che hanno prestato o presteranno 15 anni di servizio in queste scuole.
«L’adozione sollecita di tali provvedimenti – il minimo di quanto si possa richiedere – sembra necessaria per la vita delle scuole sussidiate.
«Bianchi Bianca».
«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere i motivi per cui gran parte delle somme stanziate dallo Stato per lavori pubblici a sollievo della disoccupazione sia stata spesa nel passato (e si prevede debba essere spesa nel futuro) per opere pubbliche sostanzialmente improduttive, e talora anche disutili, nella città di Roma e nell’Agro Romano.
«L’interpellante ritiene che in tal modo si è provocato afflusso a Roma di giovani reduci e disoccupati, mentre sarebbe stato opportuno provocare il deflusso da Roma, in località nelle quali maggiore fosse la esigenza di opere di ricostruzione, specialmente dei disoccupati più giovani e senza famiglia a carico, assistiti naturalmente da adeguata organizzazione.
«In tale maniera si sarebbe venuto incontro anche ai giusti desideri di zone periferiche, più lontane e più silenziose, ma non meno bisognose, alle quali il Ministro in questi ultimi tempi è stato prodigo di formali promesse (o anche di stanziamenti sulla carta) normalmente purtroppo non mantenute.
«Sullo Fiorentino».
«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere contro quegli organi di polizia, i quali, in provincia di Catanzaro, favoreggiano gli agrari nel sabotare l’applicazione dei decreti Segni per l’assegnazione delle terre incolte, restando inerti, allorché (come a Strongoli) dai latifondisti vengono distrutti i seminati su terreni assegnati alle cooperative agricole con regolare decreto prefettizio; arrestando e malmenando (come a Falerna, Nocera Terinese, Borgia, Scandale, Santa Caterina Jonio, Belvedere Spinelli), onesti lavoratori, rei di chiedere legalmente un pezzo di terra.
«Silipo, Musolino».
«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Ministro del tesoro, per sapere quanto vi sia di vero circa le accuse rivolte alla Ragioneria dello Stato che avrebbe determinato, per inerzia o per spirito ostruzionistico, lo sciopero dei para-statali; e per sapere se intende venire incontro alle richieste dei para-statali in vista delle gravi conseguenze che il protrarsi dell’agitazione potrebbe avere sulle opere e sui servizi dell’assistenza sociale.
«Pignatari, Carboni, Dugoni, Lami Starnuti, Luisetti, Cairo, Carpano Maglioli».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
Così pure le interpellanze saranno iscritte all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.
La seduta termina alle 18.55.
Ordine del giorno per la seduta di domani.
Alle ore 16:
- – Interrogazioni.
- – Discussione del disegno di legge: Nuove formule di giuramento (N. 1) (Urgenza).