ASSEMBLEA COSTITUENTE
CIV.
SEDUTA DI LUNEDÌ 28 APRILE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
indi
DEL VICEPRESIDENTE PECORARI
INDICE
Congedi:
Presidente
Ringraziamento del Capo dello Stato:
Presidente
Ringraziamento del Corpo accademico dell’Università di Trieste:
Presidente
Sulla composizione della Commissione degli Undici:
Presidente
Commemorazione di Antonio Gramsci:
Scoccimarro
Gabrieli
Lussu
Targetti
Calosso
Macrelli
Corsi
Colitto
Cevolotto
Crispo
Bruni
Gronchi
Gasparotto, Ministro della difesa
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione
Tumminelli
Franceschini
Binni
Codignola
Treves
Rivera
Leone Giovanni
Pignedoli
Colonnetti
Martino Gaetano
Bernini Camposarcuno
Fabriani
Bruni
Rescigno
Corbino
Marchesi
Dossetti
Corsanego
Condorelli
Moro
Gronchi
Lucifero
Crispo
Tonello
Scoccimarro
Votazione segreta:
Presidente
Presentazione di un disegno di legge:
Sforza, Ministro degli affari esteri
Presidente
Votazione nominale:
Presidente
Sulla verifica del numero legale:
Presidente
Taviani
Piccioni
Dossetti Cevolotto
Cingolani
Corbino
Cappa
La sedata comincia alle 15.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta pomeridiana del 23 aprile.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati: Cartia, Cairo, Angelini, Lombardo Ivan Matteo, Caprani, Roselli, Arata, Canevari, Iotti Leonilde.
(Sono concessi).
Ringraziamento del Capo dello Stato.
PRESIDENTE. Comunico che in occasione della celebrazione del 25 aprile, che consacra la nuova libertà italiana rinata per sacrificio sanguinoso di popolo, ho creduto di interpretare il comune sentimento esprimendo al Capo dello Stato la costante e riconoscente deferenza dell’Assemblea Costituente.
L’onorevole De Nicola mi ha fatto pervenire il suo vivo ringraziamento. (Vivi applausi).
Ringraziamento del Corpo Accademico dell’Università di Trieste.
PRESIDENTE. In seguito alla manifestazione dell’Assemblea per l’Università di Trieste, mi è pervenuto il seguente telegramma:
«Meglio non potevasi alzare dalla Costituente italiana una voce che rivendicasse in faccia al mondo il diritto di Roma contro il diritto di Brenno.
«Corpo Accademico Università Trieste ringraziavi avere fraternamente inteso e nobilmente espresso significato universale nostra protesta e lotta, oltre episodio contingente». (Vivi applausi).
Sulla composizione della Commissione degli Undici.
PRESIDENTE. Comunico infine che l’onorevole Barbareschi ha rassegnato le sue dimissioni da componente della Commissione degli Undici, non potendo – in relazione ai suoi impegni di carattere politico – partecipare assiduamente ai lavori di essa.
A sostituirlo ho chiamato l’onorevole Giua.
Commemorazione di Antonio Gramsci.
SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO. Il 27 aprile 1937 moriva in stato di prigionia Antonio Gramsci, già deputato al Parlamento. La rievocazione che oggi qui ne facciamo supera il consueto e doveroso omaggio alla scomparsa di un rappresentante del popolo. Essa ha un più alto valore e significato: è una solenne riaffermazione della Costituente italiana di ciò che Gramsci volle affermare col sacrificio della sua vita: lo spirito di libertà contro la tirannia.
Mai come dopo la pronunciata decadenza del mandato parlamentare illegittimamente statuita dal fascismo, Antonio Gramsci fu veramente il rappresentante del popolo italiano. Mai come nell’ultimo periodo della sua vita, nel periodo del carcere e del martirio, egli fu l’espressione più alta e più nobile di quanto di più sano sopravviveva nella coscienza nazionale, in quel tempo di smarrimento in cui il dilagare dei più bassi istinti e dei più volgari appetiti, dello scetticismo e della corruzione, del cinismo e della brutalità parvero segnare il declino delle forze spirituali del nostro popolo e con esso la fatale decadenza della Nazione italiana. La sorte ha voluto che fosse riservato proprio ad un uomo come Gramsci, nel quale più acuto era il contrasto fra la debolezza fisica e la forza spirituale, di esprimere con la sua stessa vicenda personale il dramma di tutto un popolo: nel dissolversi delle forze fisiche si potenziavano le energie spirituali, quasi si alimentassero dello stesso sacrificio, fino ad elevarsi al vertice sublime del supremo sacrificio. Come tutti i grandi spiriti dell’umanità, Gramsci ci ha ricordato, col suo esempio, cos’è la vita e cos’è la morte: gli offrirono la vita e la libertà a patto della sua passiva acquiescenza alla tirannia, ed egli rispose: voi mi offrite la morte spirituale. E rifiutò.
Vi sono fondamentali valori umani che superano ogni dottrina ed ogni ideologia; un esempio di stoico eroismo come quello dato da Antonio Gramsci non onora soltanto il Partito in cui Egli militò: esso è titolo d’onore e di gloria per tutto il popolo italiano. Esso fa parte ormai del patrimonio spirituale della Nazione. Perciò, quando rievochiamo una qualsiasi delle grandi vittime del fascismo, ci pare che tutte risorgano, come se un vincolo ideale tutte le unisca.
Noi pensiamo a Gramsci e con lui ed intorno a lui vediamo risorgere Matteotti, Amendola, Gobetti, Rosselli, e tanti e tanti altri fra i migliori figli del popolo italiano, caduti nella lotta per la libertà. Il loro sacrificio è il titolo di nobiltà col quale noi rientriamo nella vita dei popoli liberi e civili. È necessario mantenere viva la suggestione educativa di questi grandi esempi di fierezza, di dirittura morale, di spirito di sacrificio. Ma, in questa sede del Parlamento, il sacrificio di Antonio Gramsci assume un particolare significato: Gramsci è caduto anche in difesa dei diritti del Parlamento. Nel giugno dello scorso anno, il decano di cui si onora questa Assemblea, Vittorio Emanuele Orlando, inaugurando i tre busti di Matteotti, Amendola, Gramsci – posti accanto ai grandi statisti del passato per ricordare ai posteri che la libertà si difende anche col sacrificio della vita – li chiamò la «triade luminosa», «la triade del sacrificio parlamentare», perché soppressi nell’adempimento del loro mandato parlamentare, soppressi per impedire l’affermazione del loro ministero politico nazionale, di questo loro dovere di rappresentanti del popolo. In quest’Aula si è fatto scempio della libertà del popolo italiano: l’olocausto di Matteotti, Amendola, Gramsci basta da solo a riscattare l’onore del Parlamento italiano. Antonio Gramsci entrò nel Parlamento come deputato della circoscrizione veneta nel 1924: egli concepì il Parlamento come un posto di combattimento. In quel breve, drammatico periodo dal maggio 1924 all’ottobre 1926, in cui egli esercitò il mandato parlamentare, svolse un’intensa attività per collegare l’opposizione parlamentare ad una attività popolare nel Paese, poiché nel legame parlamentare fra deputati e popolo egli vedeva la sostanza del mandato parlamentare democratico. Nel maggio 1925 egli prese la parola contro la legge fascista sulle organizzazioni, denunciando con potenza straordinaria di intuizione politica, la marcia progressiva del fascismo verso la tirannia. Invano la canea urlante dei gerarchi fascisti lo stringevano da presso con insulti e minacce. Gramsci continuò impavido: volle dire e disse al popolo italiano la verità che il fascismo nascondeva. Ed al governo fascista così parlò: «Noi dobbiamo dire alla popolazione lavoratrice che cosa è il vostro governo, per organizzarla contro di voi, per metterla in condizione di vincervi». E poi: «Voi potete conquistare lo Stato, potete modificare i codici, potete cercare di impedire alle organizzazioni di esistere… ma non potete prevalere sulle condizioni obiettive in cui siete costretti a muovervi… Noi vogliamo dire al proletariato ed alle masse contadine da questa tribuna: le forze rivoluzionarie italiane non si lasceranno schiantare, il vostro torbido sogno non riuscirà a realizzarsi».
Con quel suo discorso Antonio Gramsci aveva steso il suo atto d’accusa per il futuro processo dinanzi al Tribunale speciale.
Nel pieno esercizio del mandato parlamentare, che la Costituzione copriva di immunità, Antonio Gramsci fu arrestato nella notte fra il 7 e 1’8 novembre 1926. Il giorno dopo doveva riaprirsi la Camera. Il gran Consiglio fascista aveva vagamente preannunciato minacciosi provvedimenti; soppressione di partiti, pena di morte, ecc. Era un momento drammatico della vita politica del nostro Paese.
Tutti gli amici di Gramsci lo consigliavano ad allontanarsi: avevano preparato la sua fuga con tutte le garanzie di sicurezza. Per due volte Gramsci rifiutò. Non volle muoversi, non volle partire. Egli volle restare perché, in un momento decisivo come quello, egli sentiva che spettava a lui esprimere in Parlamento lo sdegno del popolo contro un governo di avventurieri. Egli sentiva che spettava a lui fustigare a sangue gli autori dei propositi liberticidi che si annunciavano. Egli conosceva i rischi a cui si esponeva: ma Antonio Gramsci era di quegli uomini i quali, di fronte al dovere, non usano patteggiare con la propria coscienza. E rimase. L’onnipotente governo fascista ebbe paura della parola di Gramsci: la notte prima lo arrestarono, prima ancora che fosse pronunciata la decadenza del mandato parlamentare, in aperta violazione alla Costituzione che garantiva l’immunità.
Ma Antonio Gramsci rimase sempre eguale a se stesso. Quello che non poté dire alla Camera, lo disse dinanzi al Tribunale speciale. E, quando più odiosa si fece la brutalità e l’arroganza dei suoi accusatori, egli, senza gesti e senza pose da cui era alieno per carattere e per cultura, ai suoi carnefici in veste di giudici, lanciò in faccia la tremenda apostrofe: «Voi distruggerete l’Italia, spetterà a noi ricostruirla»: quelle parole risuonarono nell’aula come il sibilo di una sferzata a sangue. L’imputato si faceva accusatore. La sua condanna era segnata: lo condannarono a più di venti anni di reclusione, pur senza potergli imputare alcun reato. Per Antonio Gramsci questo significava la condanna a morte. E così fu.
Onorevoli colleghi, la sorte ha voluto che l’opera di Antonio Gramsci rimanesse per tanto tempo in gran parte sconosciuta agli italiani. Ma i suoi scritti saranno presto pubblicati: molti stupiranno allora nello scoprire che Antonio Gramsci, come pensatore, come politico, come scrittore è forse la più forte personalità apparsa sulla scena politica italiana nel primo trentennio del secolo. Tutti i problemi sui quali noi qui ci affatichiamo furono da lui indagati a fondo, con tale acutezza e penetrazione critica, con tale chiarezza e profondità di pensiero da costituire il contributo più alto, più serio, che abbia dato un uomo di cultura italiano durante il periodo del fascismo. In tutta l’opera di Gramsci si ritroverà sempre al centro un pensiero nazionale, unitario, popolare, democratico.
Non dirò qui del suo pensiero: un solo punto voglio ricordare, per tutti coloro che si affaticano invano per ricercare il senso recondito della politica comunista. Poco prima di morire egli richiamava l’attenzione del suo Partito su questo elemento essenziale: «Dopo venti anni di fascismo, nelle nuove condizioni storiche che si sono create, la lotta dei lavoratori per assurgere a classe dirigente deve porsi in termini nuovi. Bisogna lottare per creare in Italia una solida e stabile democrazia nazionale. Bisogna unificare tutte le forze sane e progressive della Nazione e guidarle verso una rivoluzione democratica che conduca a termine l’opera rimasta incompiuta nel nostro Risorgimento».
Questo è il testamento politico che ci ha lasciato Antonio Gramsci: noi vi resteremo fedeli e lo tradurremo in realtà.
Ad Antonio Gramsci, a questo grande figlio del popolo italiano che, per altezza di ingegno e nobiltà di carattere onora la nostra terra, a questo eroico combattente della libertà, a questo martire del dovere, vada l’omaggio riverente e commosso della Costituente italiana; (Vivi, generali applausi).
GABRIELI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELI. Conobbi Antonio Gramsci in tribunale, lui sul banco del dolore, io avvolto nella toga. Non difendevo Antonio Gramsci, ma altri affratellati alla sua sorte. Alle inquisizioni volgari dei giudici per violare il segreto santuario della sua coscienza, egli oppose la sua recisa fermezza e ne impedì la profanazione. Di là della fragile barriera di carne, brillava dal fondo della sua anima la luce di una fede incrollabile, che fiammeggiava negli occhi, nei pensieri, negli accenti, nella parola.
Libertà e giustizia sociale erano gli ideali a cui si era votato, e che egli proclamò impavido nel pubblico dibattimento.
Alla difesa di tali supremi valori egli aveva impegnato tutta la sua vita: per la difesa di tali valori egli cadde. A lui il nostro omaggio reverente e commosso, la nostra perenne gratitudine di uomini liberi. (Applausi).
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSSU. Ho l’onore di pronunciare poche parole su Antonio Gramsci a nome del Partito d’azione e del Partito sardo d’azione.
Ieri in Sardegna il collega onorevole Togliatti ha pronunciato una grande commemorazione di Gramsci, presenti, tra le altre, le bandiere del Partito sardo d’azione e dei contadini. E nel piccolo paese di Ales dove Antonio Gramsci nacque, il massimo rappresentante delle organizzazioni del Partito sardo d’azione ha commemorato Antonio Gramsci presenti i rappresentanti di tutti i contadini della zona, forse la più povera, come condizioni sociali, dei lavoratori rurali della Sardegna.
Io vorrei qui, di fronte a tutti i colleghi che hanno vissuto questi ultimi venti anni, portare l’espressione di ammirazione e di riconoscenza di quanti han visto in Gramsci la magnifica e salda guida che con l’esempio additava per l’azione politica e per la resistenza agli oppressori la via sicura.
Soprattutto io qui sento che esprimo la coscienza di una generazione di giovani che nelle carceri, nel confino, nell’esilio, non ha affatto sentito di essere sacrificata per il fatto che più che altri era obbligata a soffrire in questa lotta che una piccola avanguardia conduceva, che non si sentiva sacrificata, ma che voleva il suo posto per compiere il proprio dovere senza alcuna iattanza. In Antonio Gramsci questa generazione vede il Maestro, per cui egli appartiene a tutti, a tutti i partiti, a quanti hanno anteposto la dignità umana e la volontà di liberazione agli altri problemi contingenti. È il Maestro di tutti, una guida del popolo italiano, che ha dimostrato a tutti la dignità della rinascita, che noi commemoriamo oggi in Antonio Gramsci.
Egli svolse la sua azione, egli proveniente da un paese rurale infinitamente povero, e fece la sua esperienza in una città fermento di vita moderna, e nella fabbrica, nella Fiat. Egli ha saputo creare nel movimento operaio un ambiente nuovo che ha suscitato un fermento nuovo. Noi tutti abbiamo sentito, lontani o vicini a lui, a fianco degli operai e a fianco dei contadini, tutti abbiamo sentito questa impronta nuova che Antonio Gramsci ha portato con la sua azione e col suo pensiero nella fabbrica. Ed egli ha creato una nuova forma di vita nella fabbrica e una nuova coscienza, per cui al vecchio, o al socialismo tradizionale fatto di motivi di agitazione e di spontaneità, egli ha sostituito con ferrea decisione questa nuova volontà politica della classe operaia: volontà politica come volontà critica di costruzione che in sé aveva la visione del problema operaio e dei problemi di tutto il Paese; classe che si poneva come classe dirigente in un momento infinitamente complicato della vita europea, e che in sé riassumeva i motivi generali di tutto il Paese, perché non parlava solo come classe, con motivi di classe, come esclusività di classe: era in fondo l’intuizione che gli operai della Fiat avevano avuto quando, con la semplicità che allora faceva sorridere qualcuno, offrirono la loro candidatura, la loro rappresentanza di operai a Gaetano Salvemini, figlio di contadini poveri delle Puglie, del Mezzogiorno.
E vorrei sottolineare a questa Assemblea, un altro spiccato carattere dell’individualità umana e morale di Antonio Gramsci. Quando si leggono le lettere che di lui recentemente sono state pubblicate, si vede che Antonio Gramsci non era solo il politico, il pensatore geniale, l’organizzatore senza fatica, ma era soprattutto portatore di un grande senso umano della vita. Queste sue lettere lo ricorderanno; e lo ricorderanno ovunque le ultime parole della sua vita, che egli rivolse poco prima che spirasse, in sardo, nell’idioma del suo piccolo villaggio natale, alla madre lontana.
Antonio Gramsci è per noi, oltre che un maestro di vita, oltre che una guida, anche un esempio umano, profondamente umano.
Egli, come Piero Gobetti, aveva imparato a conoscere i problemi delle isole del Mezzogiorno, più che nella vita vissuta nella letteratura sociale e politica, ed era arrivato, come Gobetti, alla visione della conciliazione necessaria in Italia fra operai e contadini per risolvere il problema meridionale come problema nazionale.
Delle lunghe conversazioni che io ebbi con lui in questi corridoi e in queste sale, potrei ricordare molte cose. Egli era diventato anche – cosa quasi strana – un autonomista; e a me, nel settembre del 1926, disse che se in Europa vi fosse stata la situazione favorevole per una rivoluzione comunista e l’Italia avesse potuto, attraverso un grande partito comunista, portare il Paese alla rivoluzione, si sarebbe lasciato certissimamente il governo dell’Isola al Partito sardo d’azione con istituti particolari. Consapevole come egli era che il problema che poneva il Partito sardo d’azione per la Sardegna, per le isole, per il Mezzogiorno, era identico, della stessa natura politica di quel problema che egli poneva a Torino, in mezzo agli operai di quelle fabbriche.
Onorevoli colleghi, a qualunque partito noi apparteniamo, comunisti, filocomunisti, differenziati in grandi o in piccole forme dal Partito comunista, democratici delle varie tinte, tutti quanti abbiamo fede nella ricostruzione del nostro Paese, dobbiamo guardare ad Antonio Gramsci come ad una delle più luminose luci che, nelle tenebrose notti del popolo italiano, si è accesa come faro, guida e speranza. Egli è certamente una delle più grandi figure unitarie del genio del popolo italiano. (Applausi).
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Onorevoli colleghi, in uno dei giorni più tristi, più grigi per la libertà, per la civiltà politica d’Italia, in questa stessa Aula, un’accozzaglia di pretoriani che si erano camuffati da deputati tolsero ai veri rappresentanti del popolo quella immunità che dal popolo a loro derivava.
Prima ancora di questa violazione scandalosa ed aperta di fondamentali norme costituzionali Antonio Gramsci – lo ricordava poc’anzi l’onorevole Scoccimarro – era stato tratto in arresto. Ma quella violazione sfacciata della Costituzione dette un aspetto legale alla più grande illegalità.
Il fascismo voleva Antonio Gramsci nelle sue mani, sapendo che da quelle mani criminali non sarebbe uscito vivo: Amendola, Matteotti – per restare nell’ambito dei rappresentanti del popolo al Parlamento – furono abbattuti d’un sol colpo; Pilati, il nostro caro compagno Pilati, fu, con pochi colpi, in un solo istante trucidato.
Contro Antonio Gramsci, la condanna a morte non si poteva pronunciare, ma si pronunziò una condanna forse ancora più spietata, la condanna a morire, perché per 10 anni, si può dire che abbia durato la sua morte: morte sicuramente prevista, morte voluta.
Onorevoli colleghi, noi del Partito socialista italiano sentiamo di ricordare, di rimpiangere, di piangere Antonio Gramsci come un fratello, come un compagno.
Egli in quei giorni lontani si allontanò da noi, ma le ragioni del dissenso non trovano posto nel ricordo, nel rimpianto e nel compianto degli animi nostri. Non vi troverebbero posto neppure se non fossero state in gran parte superate da quel testamento politico, al quale si riferiva il compagno Scoccimarro.
Però, onorevoli colleghi, lasciatemi aggiungere anche questo: a me sembra che, quando ci accade, cedendo ad un desiderio, ad un bisogno, ad un orgoglio più che legittimo, di rievocare queste grandi figure nel nome della parte che fu la loro, mi sembra che, contro la nostra volontà, se ne circoscriva la grandezza. Quando per una fede si è capaci di volere, di soffrire, di morire come Antonio Gramsci, vien fatto quasi di non chiederci più quale fosse quella fede, tanto l’animo nostro rimane preso di ammirazione, di commossa riconoscenza, innanzi a queste superbe testimonianze di grandezza morale che anche in mezzo a tante debolezze, a tante cose tristi, rafforzano in noi la fede in un migliore destino di questo mondo di umani che, alle volte, appare, sotto certi aspetti, disumano. (Applausi).
CALOSSO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALOSSO. Dirò due parole su Antonio Gramsci, come suo compagno di scuola di 32 anni fa. Ciò che in lui era più vivo, ed in certo senso incomunicabile, era il senso di concretezza con cui Gramsci affrontava tutti i problemi. Egli partiva dalla cosa concreta e solo dopo una lunga analisi obiettiva si comprendeva che la obiettività stessa coincideva col marxismo e il socialismo. Si poteva parlare con lui delle ore senza afferrare che egli era un socialista. Lo si intravedeva poi fra le linee generali del suo pensiero. Come tale si può dire che egli sia stato antidemagogo, anti-Mussolini, l’uomo più lontano da quel massimalismo mussoliniano astratto, fatto di schemi violenti, che hanno portato tanta jattura nel nostro Paese.
Aveva vivo il senso della concretezza, della Nazione che sentiva fortemente, e nella sua originalità dell’Italia, in quel che ha di incomunicabile, di peculiare, di divino, se vogliamo. Il senso della regione era, in lui, fortissimo e ci può guidare ancora adesso in questa nostra discussione sulle regioni. Egli era sardo di origine, divenuto piemontese di elezione, ma sentiva in sé profondamente la Sardegna ed il Piemonte e sentiva la saldezza d’Italia come un allacciamento del settentrione e del meridione, della classe operaia del settentrione e della classe contadina del meridione.
Quello che egli scriveva, prima di essere un’idea, era un’esperienza personale. Così egli aveva vivo il senso della qualifica operaia. Egli sentiva la classe operaia come l’aristocrazia del genere umano e quindi sentiva vivo il senso della qualifica dell’operaio. E questo suo orientamento si esplicò in una famosa battaglia con cui, in un certo senso coincide la sua vita, quella di trasformare le Commissioni interne di fabbrica, organo sindacale creato durante la guerra, nei consigli di fabbrica; egli cioè sentiva la lotta operaia per la redenzione del mondo non come una battaglia frontale, alla Cadorna, o anche come la sentivano lo organizzazioni sindacali, ma come qualche cosa che si concretava in quei consigli di fabbrica interni, germi vivi, organici dal cui evolvere doveva fiorire la nuova società.
Io mi ricordo quando parlava agli operai o ai piccoli gruppi che egli amava, oppure quando parlava nella Camera del lavoro di Torino, con quella sua voce esile esile, che appena si sentiva, cercando a stento le parole, senza la minima demagogia o gesticolazione, rimproverando gli operai aspramente, talvolta, su qualche problema, parlando sempre alla classe operaia, alla aristocrazia del genere umano il linguaggio più difficile, voglio dire il più alto possibile, perché non si va alla classe operaia, non si scende alla classe operaia, si eleva la classe operaia, si sale alla classe operaia. Perciò il suo linguaggio, che può sembrare duro, e che a Torino era compreso, di fatto, dagli operai, era meno compreso dalle altre classi. E gli operai lo stavano a sentire in un religioso silenzio.
Dato questo temperamento così geniale, egli fu l’uomo più grande che ho avuto la fortuna di incontrare. È naturale che egli non fosse chiuso nei settarismi di partito. Egli, che pure aveva certi settarismi, in certi campi – non vogliamo che dirne bene soltanto, anche se non vogliamo farne un elogio funebre, perché vorremmo averlo qui vivo – è naturale che uscisse fuori dello stesso partito ed avesse un senso umano larghissimo. La sua cultura filosofica era di primo ordine, per cui credo che in quest’Aula possa dirsi erede Togliatti suo amico. Mi ricordo che fu tra i primi, tra i primissimi durante la guerra ad annunciare Pirandello, di cui ebbe una visione notevole; cioè sentì in Pirandello non il filosofo ma il poeta, specie in quelle note regionali siciliane. Nel campo religioso noi tutti siamo tributari a lui, perché se abbiamo abbandonato certe posizioni di anticlericalismo (parlerò da questa parte, verso la sinistra, per essere compreso)…
Una voce al centro. Parli pure da questa parte che la comprendiamo lo stesso.
CÀLOSSO. …lo dobbiamo ad Antonio Gramsci, il quale in Italia ha abolito il vecchio anticlericalismo. Il primo ad avere un vivo interesse ai problemi religiosi fu Gramsci. Mi ricordo che una volta l’Ordine Nuovo fu l’unico giornale a recensire un quaresimale. Egli diceva che solo il socialismo ci può dare la pace religiosa.
E questo è profondamente vero quando si trovano degli uomini di buona volontà capaci di capire queste parole. Per noi è più facile comprenderle oggi, dopo l’esperienza che abbiamo fatto: era difficilissimo comprenderle nel 1919.
E così in molti altri problemi portò questa larghezza mentale che fa la sua gloria.
Non si parla, non si può parlare di un morto, che è ancora vivo, senza fare qualche critica. Anch’egli avrebbe fatto così. Bisogna fare qualche critica per sottolineare la vita di quest’uomo.
Ebbene, mi pare che egli abbia sbagliato in una cosa, egli che pur partiva dalla concretezza spregiudicata. Dove sbagliò fu nel non vedere a tempo il fascismo prima della marcia su Roma. Carne, sangue, manganello: un pericolo. No: egli non lo vide. Siccome non credeva al movimento fascista, egli lo ignorava, diceva che non esisteva. Ma un giorno a me confessò confidenzialmente, a tarda notte: «Il fascismo è un mistero!».
Non dobbiamo più ripetere questo errore: fare degli schemi e ignorare la realtà. Nonostante questo errore, credo che Gramsci sia l’uomo più grande, insieme con Gobetti, prodotto in questi ultimi trent’anni. (Applausi).
MACRELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACRELLI. I repubblicani si associano alla commemorazione di Antonio Gramsci. Noi lo ricordiamo qui esile, pallido, tutto fronte e sguardo alzarsi a difesa delle libertà del popolo, della libertà del Parlamento.
Egli era veramente un cervello che funzionava: e quando nell’aula oscura del Tribunale speciale si alzò il rappresentante del regime fascista, della legge fascista e pronunciò quella frase tragica e beffarda nello stesso tempo: «Per vent’anni quel cervello cesserà di funzionare», noi sentimmo che il regime aveva tentato di liberarsi di un suo avversario formidabile e pericoloso. Ma comprendemmo nello stesso tempo che Antonio Gramsci anche nel carcere avrebbe continuato a combattere e a lottare: e così fu. Ecco perché oggi noi, voi, doverosamente lo ricordiamo, soprattutto come esempio e come monito, per noi e per i venturi. (Applausi).
CORSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORSI. Come in quest’Aula per le nobili parole dell’onorevole Scoccimarro e degli altri colleghi nostri, così, oggi, in tutte le città e i villaggi di Sardegna si evoca la figura eroica di Antonio Gramsci e questo avviene con la partecipazione spontanea dei cittadini di ogni parte politica, i quali hanno voluto rendere soprattutto omaggio alla forza morale e spirituale che animò l’opera generosa ed eroica del nostro collega scomparso. Non poteva essere diversamente in una regione dove l’austerità della vita ed il dolore umano caratterizzano ogni rapporto per l’asprezza di quella vita e di quei rapporti.
Antonio Gramsci svolse la sua azione molteplice di uomo di cultura e di uomo di azione, nel campo politico e sindacale, soprattutto fuori della sua Isola, fuori della nostra Sardegna. Ma egli fu ben apprezzato e riconosciuto in questa molteplicità di lavoro intellettuale e pratico, perché in Sardegna è antica la tradizione del movimento operaio, perché ivi, contadini, minatori, ceti intellettuali da molti decenni si orientano e si affermano anch’essi verso un’opera di redenzione, di conquista di più alti valori spirituali e di rivendicazioni materiali. Ecco perché io ho voluto aggiungere la mia modesta parola, come rappresentante dei socialisti di Sardegna, per associarmi nell’omaggio alla memoria del nostro compagno e collega. Oltre ogni divisione scolastica, oggi Antonio Gramsci, mentre la democrazia ed il lavoro italiano riprendono l’opera di ricostruzione del nostro Paese, segna una luce alla quale noi continueremo a guardare. (Applausi).
COLITTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. Il gruppo del quale faccio parte si associa a mio mezzo, con cuore sincero, alla commemorazione vibrante, che dagli altri settori dell’Assemblea è stata fatta di Antonio Gramsci. La sua anima non è indubbiamente di quelle che si perdono nel vuoto. Il ricordo di essa ritornerà, perciò, con pungente nostalgia, di continuo, tutte le volte in cui la nostra mente ed il nostro cuore andranno alla ricerca del prototipo di un uomo, dalla fede indefettibile, figura nobilmente luminosa, che profondamente ami la Patria e la libertà. (Applausi).
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. A nome del mio Gruppo, mi associo alle parole che sono state dette per esaltare la figura di Antonio Gramsci, che alla lotta per la libertà dette tutta l’altezza del suo pensiero, tutta la grandezza del suo animo, sorretta malamente da così scarse forme fisiche; ma in lui il pensiero vinceva sempre la materia. Gli italiani tutti, anche quella enorme maggioranza che in questi vent’anni ha sopportato e si è adattata – e oggi molti sembrano ostentare, quasi come un merito, di aver agito in un modo ma di avere segretamente pensato in modo diverso – anche questa maggioranza deve inchinarsi ai martiri che col loro sacrificio hanno rivendicato la dignità della nostra Nazione e hanno aperto le vie verso l’avvenire. (Applausi).
CRISPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPO. Il gruppo liberale si associa con vivo fervore alla rievocazione della grande figura di Antonio Gramsci. Noi lo consideriamo al di sopra di tutte le ideologie che possono essere il patrimonio di un partito: il suo nome riassume per noi, come in una espressione simbolica, tutti i grandi valori etici universali.
La sua vita, il suo sacrificio, il suo martirio restano, e vogliono essere, non soltanto come la protesta dello spirito umano contro l’infamia della tirannide, ma come un esempio, come un ammonimento, soprattutto come una grande eredità che noi abbiamo il dovere di raccogliere per i futuri destini della democrazia italiana. (Applausi).
BRUNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNI. Mi associo di tutto cuore alla commemorazione di Antonio Gramsci, intendendo di onorare in lui un infaticabile apostolo delle libertà politiche e dell’elevazione delle classi lavoratrici. (Applausi).
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Il collega Gabrieli ha voluto portare la sua espressione di omaggio personale alla memoria di Gramsci. Non può mancare la ufficiale partecipazione del Gruppo democristiano a questa commemorazione.
Per noi, ogni combattente per un ideale di libertà e di giustizia è degno di omaggio, al di sopra di ogni dissenso; ma, quando un combattente ha la statura morale e intellettuale di Gramsci, ed ha testimoniato la sincerità della sua fede col sacrificio supremo di ogni suo interesse e della sua vita medesima, raggiunge veramente un’altezza che può per noi rappresentare, e non iperbolicamente, la incarnazione di quel principio di devozione alla propria fede, che è a fondamento del nostro pensiero e delle nostre idealità.
Egli fu un combattente per la causa della libertà e della giustizia; fu perciò un combattente per la causa della civiltà.
Noi ci sentiamo identificati in lui ogni volta che, dimenticando gli interessi di parte, ci eleviamo ad una considerazione più alta e più integrale degli interessi del popolo e della giustizia, che sono, insieme, interessi del nostro Paese e dell’umanità rinnovata. (Applausi).
GASPAROTTO, Ministro della difesa. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPAROTTO, Ministro della difesa. Il Governo si associa a queste nobili parole. I precedenti di questi grandi, fra i quali rifulge il nome di Antonio Gramsci, costituiscono il germe dal quale è fiorito lo spirito di resistenza che ha riabilitato l’Italia di fronte al mondo. Il nome di Gramsci, insieme con i suoi compagni di sventura e di gloria, è luce di esempio per i nostri figli. (Applausi).
PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutti i deputati e il pubblico delle tribune). Onorevoli colleghi, ieri folle attente e commosse hanno ascoltato, in diecine e diecine di località, la parola commemorativa della vita nobilissima e della morte tragica di Antonio Gramsci. Oggi, a coronamento della celebrazione, a significarne il carattere non di parte, ma nazionale, i rappresentanti del popolo hanno riassunto e fissato, in espressioni di pietà reverente e di ammirata esaltazione, il sentimento unanime che in loro suscita il ricordo del grande italiano che seppe e volle morire perché nel mondo fosse riscattato il nome d’Italia, e in Italia fosse riscattata la libertà degli italiani.
Antonio Gramsci sedette in quest’Aula deputato di un Partito che, fin dalla sua prima costituzione, egli aveva pensato come destinato ai maggiori sacrifici in servizio del bene comune del nostro popolo. Ma se si ricercano, negli atti parlamentari, le parole che Gramsci pronunciò in quest’Aula, poche se ne trovano, poiché Egli esercitò il suo mandato nel tempo nel quale grandi furono le offese e le umiliazioni che il fascismo, reso tracotante dalla pavidità remissiva dei più, impose all’istituto massimo della democrazia, il Parlamento, non ancora soppresso per più beffarlo e più farne ludibrio. Ma quelle poche parole stanno, nel grigiore opaco di quei tempi, come un balenante mane-techel-phares gettato in sfida ai dominatori imbestialiti.
Ponendo il busto di Antonio Gramsci nella galleria consacrata ai cittadini che nel corso dell’ultimo secolo più hanno dato per l’unità, la libertà, l’indipendenza dell’Italia, il Parlamento ne ha dichiarato, dinanzi ai tempi futuri, i meriti senza pari di cittadino, come pensatore e studioso, come educatore ed organizzatore di popolo, come dirigente politico, come uomo dall’animo eroico e virtuoso che seppe seguire per primo e seppe sacrificarsi alla legge di fraternità e di altruismo, che sognò divenisse, che diverrà; che noi faremo divenire legge suprema del popolo italiano. (Vivissimi, generali applausi).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana. Nell’ultima seduta è stato esaurito lo svolgimento di tutti gli emendamenti all’articolo 27. Chiedo ora alla Commissione di esprimere il suo parere su di essi.
TUPINI, Presidente della prima sottocommissione. Onorevole Presidente, è stato presentato, all’ultim’ora, il seguente emendamento che gradirei fosse svolto:
Sostituire l’articolo 27 col seguente:
«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
«La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione, ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole con la sola osservanza delle norme di diritto comune.
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parificazione, deve assicurare ad esse libertà effettiva ed ai loro alunni parità di trattamento con gli alunni degli istituti statali.
«Per garantire l’eguaglianza di condizioni a tutte le scuole e la serietà degli studi nell’interesse della collettività, un esame di Stato è prescritto al termine degli studi secondari e per l’abilitazione all’esercizio delle professioni.
«Alle istituzioni di alta cultura, università e accademie, è riconosciuto il diritto di darsi autonomi ordinamenti.
«Dossetti, Gronchi, Moro, Monterisi, Di Fausto, Franceschini, Bianchini Laura, Foresi, Caronia, Guerrieri Filippo, Bertola».
PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Tupini, ma io non credo che possa essere ancora svolto questo emendamento, poiché avevamo già chiuso la parte della nostra discussione dedicata allo svolgimento degli emendamenti. D’altra parte, mi pare che in questo tardivo emendamento siano riassunti molti concetti contenuti in emendamenti già presentati e svolti. Pertanto, penso che la Commissione possa senz’altro esprimere il suo avviso, oltre che sugli altri emendamenti, anche su questo.
TUPINI, Presidente della Prima Sottocommissione. Sta bene. Tuttavia la Commissione non ha avuto occasione, né tempo, né modo di esaminare quest’ultimo emendamento. Io ne ho fatto or ora un esame sommario e ho l’impressione che esso veramente riassuma in gran parte i precedenti emendamenti presentati dagli onorevoli Tumminelli, Rossi Paolo, Trevos, Rodi e altri, nonché quelli degli onorevoli Camposarcuno, Bettiol, Leone, Martino, Caronia e Colonnetti.
Vi sono poi altri emendamenti a firma Bernini, Bianchi, Marchesi ed altri. A me sembra che questi riassumano un pensiero unitario da contrapporre a quello degli onorevoli Dossetti, Gronchi, Monterisi ecc. Si è venuto così a determinare uno schieramento di due gruppi distinti, per non dire avversi, ciascuno dei quali si è allontanato in modo notevole dal pensiero e dalla formula dell’art. 23 del progetto. Di fronte a tale situazione la Commissione, pur rammaricandosi di non poter insistere sulla sua formula, si rimette completamente all’Assemblea e al suo Presidente.
Tocca dunque a lei, onorevole Presidente, di fare la fatica maggiore in questa tornata dell’Assemblea, per orientare la votazione verso risultati chiari e soddisfacenti.
TUMMINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUMMINELLI. Del mio emendamento manterrei soltanto i commi secondo, terzo ed ultimo; e per il resto mi assocerei all’emendamento Dossetti.
PRESIDENTE. Sta bene.
Chiederò ora agli onorevoli presentatori degli emendamenti se, dopo le dichiarazioni che sono state fatte dall’onorevole Tupini, essi intendano mantenerli o meno.
Pregherei i colleghi che hanno presentato emendamenti di commisurarli alla stregua dell’emendamento presentato nella giornata di oggi a firma degli onorevoli Dossetti, Gronchi e altri, e poi agli altri emendamenti che l’onorevole Tupini ha designato giustamente, come emendamenti base in contrapposto al primo testo della Commissione – per esempio quello dell’onorevole Paolo Rossi – e di tener presente anche l’emendamento dell’onorevole Tumminelli, nei limiti in cui egli in questo momento ha dichiarato di conservarlo.
Vi è, anzitutto, l’articolo 26-bis presentato dagli onorevoli Franceschini, Bianchini Laura, Lazzati, Cremaschi Carlo, Gortani, che avevamo indicato come emendamento da prendere in considerazione in sede di esame dell’articolo 27. Esso è del seguente tenore:
«Ogni cittadino ha diritto a ricevere istruzione ed educazione adeguate allo sviluppo integrale della propria personalità e all’adempimento dei propri compiti sociali».
Chiedo ai presentatori se intendono mantenerlo.
FRANCESCHINI. Avendo aderito all’emendamento Dossetti-Gronchi, i miei colleghi ed io rinunciamo al nostro emendamento.
PRESIDENTE. L’onorevole Tumminelli ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«Le manifestazioni e le creazioni dell’arte, della scienza, del pensiero sono libere: e libero è il loro insegnamento.
«La scuola è libera nel metodo e nell’interiore respiro, entro i lineamenti generali sull’istruzione dettati dalle leggi.
«L’educazione fisica è organizzata e impartita in armonia e in correlazione a principî auxologici, con finalità esclusive di sanità, igiene e attività ginnico-sportiva.
«Lo Stato favorisce e istituisce gli organi idonei a tale scopo.
«Lo Stato detta i lineamenti generali sull’istruzione e organizza la scuola, in tutti i suoi gradi, mediante istituti statali.
«La scuola di Stato, presidio della cultura e della continuità della tradizione spirituale del popolo italiano, favorisce e appaga tutte le esigenze tecniche, professionali e scientifiche per la specializzazione dei lavoratori e il conseguente incremento della produzione industriale e agricola del Paese».
Egli ha ora dichiarato di mantenere soltanto i commi secondo, terzo ed ultimo.
Gli onorevoli Rossi Paolo, Binni, Preti e Mazzei hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«L’arte e la scienza sono libere in ogni loro manifestazione; e libero è il loro insegnamento.
«L’istruzione, di qualunque grado, è tra le precipue funzioni dello Stato, che detta le norme generali, organizza la scuola statale in tutti i suoi gradi e tipi e riconosce ad enti ed a privati la facoltà di istituire scuole e istituti d’educazione. La legge ne determina i diritti e gli obblighi.
«Spetta allo Stato il conferimento dei titoli legali di studio nei vari ordini e gradi di scuole e dei diplomi di abilitazione all’esercizio professionale».
Non essendo presente l’onorevole Rossi Paolo, il secondo firmatario, onorevole Binni, ha facoltà di dichiarare se intende mantenerlo.
BINNI. Lo mantengo, e desidero anche precisare che l’onorevole Rossi, nel corso dello svolgimento dell’emendamento, aveva dichiarato di accettare l’inserimento dell’emendamento Marchesi, del seguente tenore:
«Aggiungere alla fine dell’articolo il seguente comma:
«La scuola privata ha pieno diritto alla libertà d’insegnamento».
Desidererei che l’emendamento avesse la precedenza nella votazione.
PRESIDENTE. Adesso vedremo, onorevole Binni.
Gli onorevoli Codignola, Zanardi, Corsanego, Priolo, Pera e Preti hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«La Repubblica garantisce la libertà d’insegnamento, organizza la scuola in ogni ordine e grado, conferisce i titoli legali di studio».
Chiedo all’onorevole Codignola se intende mantenerlo.
CODIGNOLA. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Treves se intende mantenere il suo emendamento, del seguente tenore:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«Libero è l’insegnamento dell’arte e della scienza».
TREVES. Lo ritiro, associandomi all’emendamento dell’onorevole Rossi Paolo ed altri.
PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Rodi:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La Repubblica assicura e garantisce il libero esercizio e il libero insegnamento dell’arte e della scienza».
Non essendo presente l’onorevole Rodi, l’emendamento si intende decaduto.
Gli onorevoli Rivera, Montemartini, Gortani, Ermini, Firrao, Caso, hanno presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«Le istituzioni di alta cultura, Accademie ed Università, sono politicamente indipendenti e funzionalmente autonome».
Onorevole Rivera, lo mantiene?
RIVERA. Onorevole Presidente, la parte essenziale del mio emendamento è sufficientemente riprodotta nell’ultima parte dell’emendamento presentato dall’onorevole Dossetti. Pertanto lo ritiro.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Leone Giovanni, Bettiol, Medi hanno presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«Per assicurare la libertà dell’insegnamento universitario i professori di ruolo delle Università statali sono inamovibili dalle funzioni e dalla sede».
Onorevole Leone Giovanni, lo mantiene?
LEONE GIOVANNI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. L’onorevole Pignedoli ha presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma aggiungere il seguente:
«La Repubblica protegge e promuove, con ogni possibile aiuto, la creazione artistica e la ricerca scientifica».
Onorevoli Pignedoli, lo mantiene?
PIGNEDOLI. Avendo aderito all’emendamento degli onorevoli Dossetti e Gronchi, rinunzio al mio; però, se possibile, lo trasformerei in raccomandazione al legislatore futuro, perché siano tenute presenti le necessità dell’alta cultura.
PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Colonnetti ha presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«Le istituzioni di alta cultura, Università ed Accademie, sono autonome».
Onorevole Colonnetti, lo mantiene?
COLONNETTI. Lo considero assorbito dall’emendamento dell’onorevole Dossetti.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Martino Gaetano, Labriola, Della Seta, Lucifero, Corbino hanno presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere dopo il primo comma:
«La legge garantisce l’autonomia funzionale delle Università dello Stato e l’inamovibilità dei professori universitari di ruolo».
Onorevole Martino, lo mantiene?
MARTINO GAETANO. Del mio emendamento una parte figura in quello dell’onorevole Dossetti, mentre un’altra parte non vi figura. Pregherei pertanto i presentatori di quell’emendamento di voler aggiungere al loro le seguenti parole: «Ai professori universitari è garantita l’inamovibilità dalla funzione e dalla sede».
Se essi vorranno aderirvi, ritirerò il mio emendamento; in caso contrario, lo manterrò.
PRESIDENTE. Sta bene; lo chiederemo a suo tempo ai presentatori.
Gli onorevoli Bernini, Basso, Cevolotto, Calamandrei hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il secondo, il terzo e il quarto comma col seguente:
«L’istruzione, di qualunque grado, è tra le precipue funzioni dello Stato, che detta le norme generali, organizza la scuola statale in tutti i suoi gradi e tipi e riconosce ad enti e a privati la facoltà di istituire scuole e istituti d’educazione. La legge ne determina i diritti e gli obblighi, graduandoli eventualmente secondo diverse possibili forme di autorizzazione».
Onorevole Bernini, lo mantiene?
BERNINI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Camposarcuno, Delli Castelli Filomena, Colombo Emilio, Lazzati hanno presentato il seguente emendamento:
«Sopprimere, al secondo comma, le parole: riconosce ad enti ed a privati la facoltà di formare scuole ed istituti d’educazione; e sostituire il terzo e quarto comma coi seguenti:
«Enti e privati hanno diritto di aprire scuole ed istituti d’educazione soggetti soltanto alle norme per la tutela del diritto comune e della morale pubblica.
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parificazione, deve assicurare ad esse una libertà effettiva e garantire ai loro alunni parità di trattamento con gli alunni degli istituti statali».
Onorevole Camposarcuno, lo mantiene?
CAMPOSARCUNO. Rilevo che il mio emendamento è stato riprodotto integralmente nella nuova formula dell’intero articolo 27 concordato fra alcuni gruppi dell’Assemblea e firmato dall’onorevole Dossetti e da altri.
Per tale ragione non ritengo di dover insistere nell’emendamento stesso in separata sede.
Dichiaro però che se, per una qualsiasi ragione, non sarà messa ai voti la nuova formula dell’articolo 27, manterrò l’emendamento da me presentato.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Fabriani e Federici Maria hanno presentato il seguente emendamento:
«Alla fine del secondo comma, dopo la parola: educazione, aggiungere: favorendone il funzionamento e lo sviluppo».
Onorevole Fabriani, lo mantiene?
FABRIANI. Vi rinuncio.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Codignola e Foa hanno proposto di sopprimere il terzo comma.
Onorevole Codignola, mantiene l’emendamento?
CODIGNOLA. Lo ritiro.
PRESIDENTE. L’onorevole Bruni ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il terzo, quarto e quinto comma col seguente:
«Le scuole, che ottengono il riconoscimento giuridico dei loro titoli, acquistano nella libertà del loro particolare indirizzo educativo gli stessi diritti e si sottopongono agli stessi obblighi di quelle statali. La legge determina le condizioni di tale riconoscimento».
Onorevole Bruni, lo mantiene?
BRUNI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Bianchi Bianca, Tega, Cevolotto, Arata, Pistoia, Momigliano, Giua, Calamandrei, Fornara, Costa, Caldera hanno presentato il seguente emendamento:
«Al quarto comma, sostituire alle parole: la parificazione, le parole: il pareggiamento.
«Allo stesso comma, alle parole: parità di trattamento, sostituire: parità di trattamento scolastico agli alunni».
Non essendo presente nessuno dei firmatari, l’emendamento si intende decaduto.
L’onorevole Rescigno ha presentato il seguente emendamento:
«Al quarto comma, alle parole: parità di trattamento agli alunni, sostituire le altre: parità di trattamento agli insegnanti e agli alunni».
Onorevole Rescigno, lo mantiene?
RESCIGNO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Bernini, Basso, Cevolotto, Calamandrei hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il quinto comma col seguente:
«Spetta allo Stato il conferimento dei titoli legali di studio; la legge garantisce, attraverso gli esami che saranno da essa prescritti, parità di trattamento a tutti i candidati, da qualsiasi scuola provengano».
Onorevole Bernini, lo mantiene?
BERNINI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. L’onorevole Corbino ha presentato il seguente emendamento:
«Al quinto comma, sopprimere le parole: e per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuola indicati dalla legge».
Onorevole Corbino, lo mantiene?
CORBINO. Lo mantengo.
PRESIDENTE. L’onorevole Bruni ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere il seguente comma:
«Le scuole di qualsiasi tipo compiono un servizio pubblico, e sono tenute ad impartire un insegnamento ed un’educazione civica d’ispirazione democratica e nazionale».
Onorevole Bruni, lo mantiene?
BRUNI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Infine l’onorevole Marchesi ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere alla fine dell’articolo il seguente comma:
«La scuola privata ha pieno diritto alla libertà d’insegnamento».
Onorevole Marchesi, lo mantiene?
MARCHESI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora passare alla votazione degli emendamenti. Avverto che gli onorevoli Lussu, Bernini, Lami Starnuti, Mastino Pietro, Codignola, Valiani, Binni, Pistoia, Carpano Maglioli, Mariani, Caldera, Grazia, Vischioni hanno presentato richiesta di verifica del numero legale. Data l’assenza degli onorevoli Lami Starnuti, Lussu, Martino Gaetano, Valiani, Caldera e Vischioni questa domanda non può esser presa in considerazione, poiché non reca più il numero di firme stabilito dal Regolamento. (Commenti).
Onorevoli colleghi, se il Regolamento offre numerosi mezzi per ordinare i nostri lavori, non li offre però per turbarli. Ed io richiamò tutti i colleghi che legittimamente, di volta in volta, ricorrono a tali mezzi a considerare che essi devono essere applicati in forma adeguata alla serietà dei nostri lavori.
Si dovrà ora passare alla votazione del primo comma dell’articolo 27. Il testo proposto dalla Commissione è del seguente tenore: «L’arte e la scienza sono libere; e libero è il loro insegnamento».
L’emendamento sostitutivo proposto dall’onorevole Dossetti ed altri ha la seguente formulazione: «L’arte o la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».
La formula dell’onorevole Rossi Paolo è la seguente: «L’arte e la scienza sono libere in ogni loro manifestazione; e libero è il loro insegnamento».
Vi è poi un emendamento presentato dagli onorevoli Codignola, Zanardi e altri nel quale questo primo comma scompare perché questo emendamento restringe l’intero articolo ad un solo comma nel quale non vi è riferimento specifico alla questione della libertà dell’insegnamento dell’arte e della scienza. Ad ogni modo, poiché evidentemente coloro che non accettano o propongono implicitamente la soppressione di un determinato comma, manifestano questa loro volontà votando contro la formulazione del comma stesso, tengo in considerazione in questo momento solo le tre formulazioni delle quali ho dato lettura. E poiché mi pare che la formulazione contenuta nell’emendamento dell’onorevole Rossi Paolo è quella che più si allontana dal testo della Commissione, si dovrà passare alla votazione di questo emendamento.
MARCHESI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCHESI. Dichiaro che il nostro gruppo voterà per l’emendamento Rossi Paolo, Binni e altri.
È questo, onorevoli colleghi, un momento grave della nostra opera costituzionale. Permettetemi che io adoperi parole brevi ma precise. Si tratta in sostanza oggi di sapere se l’Assemblea Costituente della prima Repubblica italiana deciderà la capitolazione della scuola pubblica nazionale di fronte alla scuola privata e confessionale. Questa sarà la sostanza vera della nostra votazione. Dovrei anzitutto scolpare la mia imprudenza nell’aver adoperato a introduzione dell’articolo 27 quelle deplorate parole che non sono parole mie ma della Costituzione di Weimar, come ho detto in un precedente discorso. L’arte e la scienza sono libere. I colleghi Rossi o Treves mi hanno detto: si sa bene che l’arte e la scienza sono libere, non occorre che una verità tanto palese sia dichiarata in una Carta costituzionale.
No, permettetemi colleghi Rossi e Binni: arte e scienza sono per se stesse fantasmi e mere astrazioni e non sono per se stesse né libere né serve. Esistono nelle manifestazioni scientifiche ed artistiche del genio individuale; esistono nelle opere di arte e di scienza. E così possono essere colpite da coazione e così possono non essere libere. Ad ogni modo accetto la formulazione proposta perché in questo momento importa votare e non dissertare.
Ringrazio gli onorevoli Binni ed altri presentatori dell’emendamento, di aver accolto la mia prima proposta per ciò che riguarda la scuola privata. La scuola privata ha diritto alla piena libertà d’insegnamento. La stampa democratico-cristiana fino ad ora, e più in queste ultime ore, ha dichiarato che della libertà d’insegnamento non sa che farsi, perché tale libertà essa possiede incontestabilmente. Non ne dubito; ma se sedessi su codesti banchi – perdonate, colleghi, alla irriverente ipotesi (Commenti) – io non vorrei altra concessione che questa. Ma ho motivo di sospettare che sia intendimento vostro, conforme alla vostra dottrina e alla fermezza con cui rispettate i vostri principî, che sia intendimento vostro negare questa libertà alle altre scuole (Proteste al centro).
No, colleghi, le mie non sono parole polemiche sfuggite in un momento acceso di discussione. È un momento grave questo; e delle mie parole assumo piena responsabilità in nome mio e di coloro che pensano e votano con me.
Non mi richiamo ai testi pontifici di cui ho fatto già cenno né ad altre dichiarazioni: mi richiamo a un documento recentissimo, che mi è capitato ora fra le mani e che voi certamente conoscete. È una scheda in data 18 aprile 1947 diffusa tra le famiglie da un collegio famoso, che ha certo molte benemerenze, il collegio S. Carlo di Milano. In questa scheda sono invitati i sottoscrittori a dichiarare – riporto le testuali parole:
1°) che la famiglia ha il diritto e il gravissimo dovere di assicurare ai figli una scuola secondo la propria coscienza, in condizione di effettiva parità giuridica fra le scuole statali e non statali;
2°) che sull’istruzione ed educazione dei giovani la famiglia e la chiesa hanno rispettivamente diritto «nativo» (questa è parola propria del vostro lessico) e inalienabile, confermato da venti secoli di civiltà cristiana.
Qui si risentono le parole del pontefice Pio XI che nel 1927, venti anni addietro, rivendicava il pieno mandato educativo alla Chiesa «la cui educazione aveva generato – siccome diceva – la civiltà moderna in quanto essa ha di migliore e più elevato».
Orbene, colleghi, in questa Assemblea della prima Repubblica italiana mi sia lecito affermare, ed affermare altamente, che anche oltre i confini della civiltà cattolica il pensiero moderno ha levato una luce d’arte e di scienza, di progresso civile e sociale, a cui non il Santo Uffizio, ma la coscienza del genere umano, ha dato e darà il suo riconoscimento. (Applausi a sinistra – Proteste e rumori al centro e a destra).
PRESIDENTE. Prego i colleghi di non interrompere. Mi pare che essi abbiano la memoria labile. Noi abbiamo udite delle dichiarazioni di voto da tutti i settori lunghe almeno quanto quella che sta facendo l’onorevole Marchesi.
MARCHESI. Concludendo, dico che nella libertà che lo Stato concede alla scuola privata, questa ponga la base del suo merito e della sua fortuna.
Il legislatore penserà se l’istituto della parificazione o del pareggiamento sia da conservare, e con quali modificazioni e con quali garanzie. Ma non ritengo che debba essere inserito in una Carta costituzionale una materia che è stata sempre ed è oggi più che mai controversa. Questo è stato mio dovere dichiarare a nome mio e del mio gruppo e così, colleghi democristiani, posso finire con le parole cristiane: servavi animam meam, siccome voi avete provveduto a salvare la vostra. (Applausi a sinistra – Commenti).
DOSSETTI. Onorevole Presidente, poiché l’onorevole Marchesi ha fatto una dichiarazione di voto che investe non soltanto il primo comma, ma l’intero articolo, chiedo se anch’io posso fare una dichiarazione di voto che analogamente riguardi l’intero articolo.
PRESIDENTE. Come vuole; se la fa ora non la farà successivamente.
DOSSETTI. Ed allora io, più che soffermarmi sul testo del primo comma dell’emendamento da me proposto, che è sostanzialmente quello originario, dichiaro i motivi per i quali noi voteremo a favore del testo presentato oggi, particolarmente per quanto riguarda il penultimo comma circa la garanzia «effettiva» della libertà nella scuola.
Il significato sostanziale di questo emendamento si riconduce ai concetti che sono stati testé espressi dallo stesso onorevole Marchesi. Egli si è manifestato propenso a che venga data una effettiva garanzia della libertà di insegnamento, della libertà della scienza e dell’arte, ed ha riconosciuto che l’arte e la scienza sono dei fantasmi e che invece la libertà di cui ora si deve assicurare la consistenza è la libertà delle loro manifestazioni: manifestazioni non soltanto dottrinali o scientifiche o artistiche, ma anche manifestazioni direi organizzative ed istituzionali. Con la formula che è contenuta nell’emendamento da noi proposto stamane, vogliamo precisamente assicurare non soltanto la libertà della manifestazione concettuale, ma anche la effettiva libertà della manifestazione organizzativa e strutturale dell’insegnamento. D’altro canto noi riteniamo che le preoccupazioni espresse dall’onorevole Marchesi con una parola molto grave (cioè «capitolazione», egli ha detto, dinanzi alla scuola confessionale) siano quanto mai esagerate, se si considerano due cose. In primo luogo che la libertà effettiva rivendicata dal nostro emendamento è inquadrata in una serie di proporzioni, le quali la mantengono nell’ambito della funzione ordinativa generale e di controllo dello Stato in materia scolastica. Ecco perché nell’emendamento da noi proposto si ritrova l’espressione originaria del testo della prima Sottocommissione, con la quale si riconosce formalmente allo Stato una funzione ordinativa generale della istruzione. E questo noi abbiamo riconosciuto in base, appunto, ad un accordo che era stato raggiunto nella prima Sottocommissione con i colleghi di parte comunista.
In secondo luogo si dice che questa libertà effettiva è una libertà la quale deve essere riconosciuta dalla legge, nell’atto in cui essa fissa i diritti e gli obblighi delle scuole non statali; dunque si presume che la legge «fissi gli obblighi» della scuola non statale e, perciò, stabilizzi condizioni tecniche di questa libertà effettiva, tali da garantire la dignità della scuola.
In terzo luogo, questo concetto viene ulteriormente ribadito nel penultimo comma là dove si dice che, per garantire uguaglianza di condizioni a tutte le scuole e la serietà degli studi nell’interesse della collettività, un esame di stato prescritto, ecc.
Quindi, la nostra affermazione generale della libertà effettiva viene inquadrata in modo più che sufficiente per assicurare che lo Stato avrà sempre una effettiva possibilità di controllo, pari alla effettiva libertà che alle scuole viene riconosciuta.
D’altro canto, la considerazione decisiva che ci fa ritenere che questo emendamento – così come noi lo proponiamo, o meglio lo riproponiamo – non significhi per nulla quella drammatica capitolazione, sulla quale ha richiamato con accento tanto commosso (ma forse troppo commosso) l’onorevole Marchesi la nostra attenzione…
MARCHESI. Non era commosso, era freddo.
D’OSSETTI. …deriva dal fatto che il testo ora in votazione riproduce la sostanza – più che la sostanza anche la lettera – del testo iniziale approvato dalla prima Sottocommissione, con l’accordo particolarmente di questo settore e del settore comunista, su iniziativa proprio dell’onorevole Togliatti, cioè su proposta fatta dall’onorevole Togliatti nella seduta del 29 ottobre dello scorso anno.
Per questi motivi riteniamo che, approvando questo emendamento, da un lato si garantisce la libertà di insegnamento, non soltanto nel suo aspetto di fantasma come ha dichiarato l’onorevole Marchesi, ma anche nel suo aspetto concreto e organizzativo, e, d’altro canto, si garantisce allo Stato una possibilità di ordinamento e di controllo che assicuri la parità sia delle scuole statali sia di tutte le altre scuole e, soprattutto assicuri – come da tutti è desiderato – la massima serietà della scuola. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Desidero ricordare che per ora si pone in votazione il primo comma dell’articolo. Chiedo, quindi, ai colleghi che fanno dichiarazioni di voto, ove non ritengano più opportuno di fare dichiarazioni riassuntive su tutto l’articolo, di dichiarare se intendono restare alla materia del primo comma.
BERNINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERNINI. Poiché i colleghi che mi hanno preceduto hanno preso in esame l’intero articolo, credo di poter fare, a nome del Partito socialista italiano, le seguenti dichiarazioni.
Il primo comma è presso a poco eguale nella formulazione di tutte e due le parti. Su questo non mi soffermo. Ricordo che durante l’epoca fascista era di moda opporre a noi, che dicevamo l’arte e la scienza sono conculcate, il dirci che l’arte e la scienza sono sempre libere, perché, se non fossero libere, non sarebbero arte e scienza. Al che opponevamo che una cosa era libertà interiore dell’arte e della scienza e una cosa è l’estrinsecazione dell’arte e della scienza; ragione per cui è pienamente giustificato aggiungere che è libero ogni insegnamento.
Per ciò che riguarda il resto, mi permetto di fare le seguenti osservazioni, in questo momento che veramente è drammatico, onorevole Dossetti, per la storia d’Italia. È drammatico perché, se sarà approvato il nuovo articolo 27 proposto dai colleghi democristiani, cadrà un sistema politico e perché crollerà la scuola pubblica e la scuola della libertà. (Commenti al centro).
Il secondo comma, nel testo dell’onorevole Dossetti «La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione, ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi», era preceduto da un’altra definizione che era stata accettata all’unanimità, onorevole Dossetti, dalla prima Sottocommissione. Il testo diceva: «Lo Stato ha la precipua funzione, ecc.». Questa seconda formulazione è notevolmente diversa dall’altra: una cosa è dire «la Repubblica», e una cosa è dire «lo Stato». Una cosa è dire che «lo Stato ha la precipua funzione», ed una cosa è dire «la Repubblica detta le norme generali». In nome di che la Repubblica detta le norme generali? Bisogna dire che questa sua possibilità di dettare norme generali dipende da una funzione superiore.
Terzo comma: «Enti e privati hanno diritto di istituire scuole con la sola osservanza delle norme di diritto comune». Questa è una aggiunta che, in forma lievemente diversa dalla presente, noi abbiamo trovato solo alla fine dei lavori della Commissione e che non vi era alla fine dei lavori della prima Sottocommissione.
Quarto comma. Noi abbiamo domandato, e domandiamo ancora, che al sostantivo «trattamento» si aggiungesse l’aggettivo «scolastico». Se i colleghi democratici cristiani, come dicono, sono d’accordo in questo, che cioè per trattamento non si intenda trattamento economico, e veramente non si domandi che la scuola privata sia mantenuta dallo Stato, come la scuola pubblica, mi pare che non ci dovrebbe essere nessuna difficoltà ad accordare ciò.
DOSSETTI. Si parla di parità di trattamento agli alunni non alle scuole.
BERNINI. Ho capito perfettamente. Credo di conoscere anch’io la vostra teoria. Voi parlate di trattamento agli alunni, ma, in definitiva, questa formula giova alle scuole ancor più che il trattamento agli individui.
DOSSETTI. Perché?
BERNINI. La ragione è evidente, perché quanto maggiore sarà il numero degli alunni delle scuole private, tanto più sarà agevolata la scuola privata.
PRESIDENTE. Onorevole Bernini, faccia la dichiarazione di voto e non dia spiegazioni all’onorevole Dossetti.
BERNINI. Onorevole Presidente, sarebbe stato opportuno che l’interruzione non fosse avvenuta, ma, dato che l’interruzione è stata fatta, mi permetto di rispondere.
Quinto comma. Osservo che si è ritirato quel minimo che la prima Sottocommissione aveva ottenuto. La prima Sottocommissione aveva ottenuto che, oltre agli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale, si fosse aggiunto anche «per l’ammissione ai varî ordini e gradi di scuole».
Nell’ultima formulazione si trovava anche questo, e questo è scomparso. (Interruzioni al centro).
PRESIDENTE. Non interrompano; se no l’onorevole Bernini ha buoni pretesti per dire cose che non devono essere dette. Prosegua, onorevole Bernini.
BERNINI. Nell’ultima formulazione si è tolta anche quell’unica cosa nella quale si era riuscito a fare entrare le proposte delle minoranze nella prima Sottocommissione, e che minoranze non erano. Vorrei sapere per quale ragione è stata tolta la frase «per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole», e perché si è conservato soltanto «al termine degli studi secondari». La ragione la dirò io ed è questa, che questo è un mezzo di più per poter sfuggire a quello che è il controllo dello Stato.
In conclusione, tutti i commi, tranne il primo, sono il risultato di successive modificazioni e manipolazioni fatte in maniera che chiameremmo surrettizia. (Commenti).
Ragione per cui noi insistiamo nel dichiarare che votiamo l’emendamento Rossi, e ripetiamo ancora una volta che, qualunque sia il risultato della votazione, se saremo in minoranza, la parte democristiana avrà vinto senza dubbio, ma con questa vittoria non vi sarà stato il trionfo della scuola di tutti, ma il trionfo della scuola di parte. (Applausi a sinistra – Commenti).
PRESIDENTE. C’è nessun altro che domanda la parola per dichiarazione di voto o sul primo comma dell’articolo 27?
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Desidererei fare una dichiarazione di voto non soltanto sul primo comma, ma, come hanno fatto altri colleghi, sull’intero articolo.
PRESIDENTE. Il mio consiglio è di non fare dichiarazioni riassuntive, poiché quando passeremo alla votazione dell’ultimo comma, probabilmente molte delle cose dette in questo momento, saranno già passate dalla mente di molti colleghi. Comunque se lei vuol fare la dichiarazione, parli pure.
CODIGNOLA. Rinvierò la mia dichiarazione di voto ai successivi commi. Devo far presente però una questione pregiudiziale: insieme con altri colleghi avevo presentato un emendamento sostitutivo dell’intero articolo 27, e questo emendamento non è congegnato in modo da risultare costituito dallo stesso numero di commi dell’articolo proposto dalla Commissione. Si dovrebbe, quindi, mettere in votazione per primo questo mio emendamento, che è il più lontano dal testo originario proposto dalla Commissione: mentre, col sistema di votazione che si sta per iniziare, in realtà non si potrà più mettere in votazione il mio emendamento, che non prevede la divisione della materia così come si trova divisa nella formulazione originaria.
PRESIDENTE. Onorevole Codignola, ho già fatto un breve commento sopra l’emendamento da lei presentato e suppongo che lei fosse presente nell’Aula quando ho parlato.
CODIGNOLA. L’ho ascoltato.
PRESIDENTE. Ho anche detto che poiché il suo emendamento non riprendeva tutti i concetti contenuti nel testo della Commissione, il modo col quale si poteva dichiarare la volontà farlo proprio consisteva nel votare contro quei commi non contenuti nel suo emendamento; poiché è chiaro che non possiamo sottrarre all’Assemblea il diritto di votare, ad esempio, sul comma in cui si parla esplicitamente dell’arte e della scienza. Nella sua formulazione sono compresi tre soli concetti del testo della Commissione. L’Assemblea ha diritto di pronunciarsi anche sugli altri due che lei ha lasciato cadere.
Per questa ragione non ho messo in votazione la sua formulazione. Nel momento in cui giungeremo, seguendo il testo della Commissione, ai punti in cui si parla della libertà di insegnamento, dell’organizzazione della scuola nei vari ordini e gradi e del conferimento dei titoli, anche la sua formulazione sarà posta ai voti.
CODIGNOLA. Mi permetto di far osservare che, nel caso che l’Assemblea approvi il primo comma dell’articolo presentato dalla Commissione con l’emendamento Rossi Paolo, evidentemente la votazione sul mio emendamento diventerà inutile, perché il valore del mio emendamento è appunto quello di non contenere alcuni concetti che figurano espressi nel testo della Commissione. Se il mio emendamento passasse col primo comma dell’emendamento Rossi, esso diventerebbe un’altra cosa.
Mi permetto, quindi, di insistere, perché sia posto in votazione prima il mio emendamento, che è un emendamento che trasforma radicalmente la formulazione originaria della Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Codignola, io forse sbaglio nel pensare di avere una certa sensibilità dell’atmosfera che c’è in questa Aula, ma ho creduto di avvertire che una riduzione così drastica di questo articolo per la quale si tacerebbe su alcuni punti che stanno a cuore a tutti i settori di questa Assemblea, sia pure in maniera diversa e contrastante, probabilmente non avrebbe alcuna possibilità di essere accolta.
Ed è per questo che io pensavo che per intanto la votazione dell’Assemblea si dovesse svolgere sui punti ai quali si sono riferite le dichiarazioni di voto.
Comunque, di fronte alla sua insistenza, pongo in votazione l’emendamento così formulato:
Sostituire l’articolo col seguente:
«La Repubblica garantisce la libertà d’insegnamento, organizza la scuola in ogni ordine e grado, conferisce i titoli legali di studio».
Su questo emendamento è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Preti, Barbereschi, Gullo Rocco, Salerno, Crispo, Nasi, Lami Starnuti, Faralli, Saragat, Treves, Grilli, Damiani, Valiani, Lombardi, Caporali, Malagugini, Foa, Carpano, Grazia, Lussu, Tremelloni, Bocconi, Pertini, Montemartini, Fogagnolo, Merighi, Tomba e altri. (Commenti).
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
(Segue la votazione).
Presidenza del Vicepresidente PECORARI
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli segretari numerano i voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti 396
Maggioranza 199
Voti favorevoli 177
Voti contrari 219
(L’Assemblea non approva l’emendamento Codignola).
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.
Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Bennani – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.
Cacciatore – Caiati – Caldera – Calosso – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni – Carignani – Caristia – Carmagnola – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Costa – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.
Damiani – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza.
Einaudi – Ermini.
Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Faccio – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale.
Jacini – Jacometti – Jervolino.
La Gravinese Nicola – Lami Starnuti – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier – Lombardi Riccardo – Longo – Lozza – Lucifero – Lupis – Lussu.
Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia – Musolino.
Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.
Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pera – Perlingieri – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Preziosi – Proia – Pucci.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruini – Rumor.
Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Saragat – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Selvaggi – Sforza – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valiani – Valmarana – Vanoni – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi – Villani – Vischioni.
Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.
Sono in congedo:
Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Canevari – Caprani – Cartia – Cosattini.
Gavina.
Iotti Leonilde.
Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Montalbano.
Parri – Penna Ottavia.
Repelli – Roselli.
CORSANEGO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORSANEGO. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Poiché ciascuno deve assumere le proprie responsabilità, devo dichiarare che il fatto che l’emendamento testé respinto portasse la mia firma – il mio nome è apparso nell’elenco dei firmatari dell’emendamento che è stato distribuito a stampa – è dovuto soltanto ad un errore materiale, in quanto al posto del mio nome vi doveva essere quello dell’onorevole Costantini, che aveva firmato l’emendamento. La tipografia, interpretando la firma dell’onorevole Costantini come la mia, ha posto il mio nome; ma io non ho firmato questo emendamento.
Presentazione di un disegno di legge.
SFORZA, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SFORZA, Ministro degli affari esteri. Ho l’onore di presentare all’Assemblea il disegno di legge per l’approvazione dell’accordo concluso a Parigi il 10 settembre 1946 tra il Governo italiano e il Governo egiziano circa il risarcimento dei danni subiti dall’Egitto per effetto delle operazioni militari svoltesi sul suo territorio e il dissequestro dei beni italiani in Egitto.
PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Ministro degli affari esteri della presentazione di questo disegno di legge. Sarà inviato alla Commissione competente.
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Si dovrà procedere ora alla votazione del primo comma dell’emendamento degli onorevoli Rossi Paolo, Binni ed altri, di cui do ancora lettura:
«L’arte e la scienza sono libere in ogni loro manifestazione; e libero è il loro insegnamento».
TUMMINELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUMMINELLI. Desidero fare una dichiarazione per tutto l’articolo 27.
Noi siamo favorevoli alla formulazione dell’articolo dell’onorevole Dossetti, con raggiunta di quei tre commi di cui ho detto prima.
Siamo favorevoli perché qui si è parlato vanamente di privilegi e di capitolazione. La libertà della scuola rientra nella libertà dei principî di tutte le democrazie, e poi c’è un fatto molto più profondo che è il seguente: da secoli tutto quello che c’è di progresso, di vivo nel campo dell’educazione appartiene esclusivamente alla scuola libera. Di conseguenza la libertà della scuola risponde ad un principio di avanzamento nel campo della cultura.
Basti pensare che nel nostro Paese la scuola ufficiale è totalmente assente da tutto quello che costituisce progresso pedagogico, ricerche psichiche…
MALAGUGINI. È intollerabile che si diffami in questo modo la scuola pubblica. E da che pulpito!
PRESIDENTE. Onorevole Malagugini, non interrompa!
TUMMINELLI. All’onorevole interruttore faccio presente, a titolo di esempio, che nel 1934, quando vi fu a Roma il primo congresso internazionale per la cinematografia educativa, la scuola ufficiale fu totalmente assente. Su 450 rappresentanti di tutti i Paesi, di cui molli appartenenti a libere istituzioni, vi erano soltanto due osservatori che rappresentavano la nostra scuola di Stato; e nel 1936, quando ci fu, in occasione della mostra coloniale, un congresso per una cartella bio-clinico-ortogenetica dell’età scolare, la scuola ufficiale aveva solo osservatori, mentre quella libera era rappresentata.
PRESIDENTE. Onorevole Tumminelli, la prego di non svolgere nuovamente il suo emendamento.
TUMMINELLI. Ho finito. Concludo facendo presente che nel nuovo orientamento della civiltà la scuola di Stato deve mirare ad appagare le nuove esigenze del lavoro, con scuole specializzate, per l’avanzamento del popolo. Deve altresì lasciare largo respiro alla scuola libera. Ciascuna ha un suo compito. Per questo noi voteremo l’emendamento Dossetti e siamo favorevoli alla libertà dell’insegnamento. (Commenti a sinistra – Applausi a destra).
PRESIDENTE. Vorrei che i colleghi si persuadessero che non è questa la sede per parlare di cose che non sono pertinenti alla votazione alla quale vogliamo dare inizio.
BRUNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNI. Ho presentato un emendamento sostitutivo dei commi terzo, quarto e quinto e desidero far presente che non posso votare né a favore dell’emendamento Dossetti né a favore dell’emendamento Binni.
Le nostre formule sono sufficienti a garantire la libertà d’insegnamento e di uguaglianza di doveri e di diritti, e perciò io mi asterrò dal votare sulle formule presentate dagli onorevoli Dossetti e Binni.
CONDORELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Voterò contro l’emendamento Rossi come pure contro qualsiasi altro emendamento che, con formule esplicite o nascoste, tendesse ad incrinare il principio della libertà della scuola. La libertà della scuola è un principio che va integralmente approvato, prima di tutto perché attraverso la libertà della scuola si attua quel diritto fondamentale che testé anche la nostra Costituzione ha riconosciuto ai genitori, di educare e di istruire la prole. Questo diritto non si può esercitare praticamene che avendo la possibilità di scegliere liberamente la scuola. È un principio da difendere anche nell’interesse della cultura, che è accresciuta dalla varietà e dalla molteplicità delle scuole e delle idee, e che invece è mortificata dalla unicità della scuola.
Va difeso anche nell’interesse dello Stato, che non ha nessuna ragione di assumersi il pesante monopolio della scuola media e superiore. Per tutte queste ragionino sono per la libertà della scuola e sono anche per l’esame di Stato, che è un corollario necessario del principio della libertà della scuola, perché è il mezzo tecnico attraverso cui i provenienti dalle varie scuole vengono messi sul piede di eguaglianza. Aggiungo che ormai l’articolo 7 della nostra Costituzione, che richiama i Patti lateranensi ed il Concordato (al cui articolo 35 è appunto sancito il principio dell’esame di Stato) rende, secondo me, superflua questa discussione perché la Costituente, che ha approvato l’articolo 7, non può oggi disdire il principio dell’esame di Stato, che, nell’articolo 7, attraverso i richiami su indicati, è affermato.
MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Per quanto riguarda il primo comma dell’emendamento Rossi-Binni, dichiaro, a nome del mio gruppo, che noi voteremo contro, preferendo la nostra formulazione, che più si avvicina al testo della Commissione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Rossi Paolo. Avverto che su di esso è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Gullo Rocco, Grilli, Crispo, Grazia, Spallacci, Villani, Calosso, Di Gloria, Persico, Bocconi, Veroni, Nasi, Pera e altri.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Stavamo per proporre la votazione a scrutinio segreto, perché essa è più rapida e servirebbe a contrastare un tentativo che per noi traspare abbastanza chiaro – chiediamo scusa ai colleghi se ciò sembra un processo alle loro intenzioni – quello cioè di mandare per le lunghe la discussione e la votazione su questo articolo.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Io non so ancora se vi sarà un voto segreto, o un appello nominale. Se vi sarà un voto segreto, per correttezza, non potrò fare la mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Poiché, fino a questo momento, la richiesta di votazione segreta non è pervenuta alla Presidenza, è evidente che si procederà a quella per appello nominale.
Lei ha quindi facoltà di fare la dichiarazione di voto.
LUCIFERO. Se il voto è palese, devo giustificare il motivo della mia astensione.
Avendo votato a favore dell’ordine del giorno dell’onorevole Orlando, mi sono finora astenuto da tutte le votazioni sul Titolo secondo. Ma qui mi astengo con particolare evidenza, perché di tutte le formulazioni che sono state proposte nessuna garantisce effettivamente la libertà della scuola. Vi sono formule diverse di limitazione della libertà della scuola, per diversi intendimenti; ma per la libertà della scuola effettiva non è nessuna delle formulazioni.
Dato che io credo profondamente nella necessità di una scuola libera, mi asterrò dal voto, perché dovrei votare ugualmente contro tutte le formulazioni. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Lucifero, desidero precisare che, per adesso, votiamo sul primo comma al quale non è connesso ancora, nel suo complesso, il problema della libertà della scuola. Tanto le dovevo per la chiarezza della votazione.
LUCIFERO. La mia dichiarazione vale per tutto il testo dell’articolo.
CRISPO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPO. Desidero dichiarare, anche a nome dei colleghi Morelli, Einaudi, Cortese, Martino Gaetano, Cifaldi e Rubilli, che noi voteremo a favore dell’emendamento Rossi.
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Si proceda alla votazione per appello nominale.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Bordon.
Si faccia la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Allegato – Amadei – Assennato – Azzi.
Baldassari – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Basso – Bei Adele – Bellusci – Bennani – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bianca – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bosi – Bruni – Bucci.
Cacciatore – Calamandrei – Caldera – Calosso – Camangi – Canepa – Caporali – Carboni – Carmagnola – Carpano Maglioli – Cavallari – Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chiostergi – Cianca – Cifaldi – Codignola – Conti – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo – Crispo.
Damiani – D’Amico Michele – D’Aragona – Della Seta – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Vita – Di Gloria – Di Vittorio – D’Onofrio – Dozza.
Einaudi.
Fabbri – Faccio – Fantuzzi – Faralli – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Fornara.
Gasparotto – Ghidetti – Ghidini – Giolitti – Giua – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale.
Jacometti.
Lami Starnuti – Lombardi Riccardo – Longhena – Longo – Lozza – Lupis – Lussu.
Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Martino Enrico – Martino Gaetano – Massola – Mastino Pietro – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazzei – Mazzoni – Merighi – Merlin Angelina – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montemartini – Morandi – Moranino – Morelli Renato – Morini – Musolino.
Nasi – Natoli Lamantea – Negro – Nenni – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Novella.
Pacciardi – Pajetta Giuliano – Paolucci – Paris – Pastore Raffaele – Pera – Perassi – Persico – Pertini Sandro – Pesenti – Piemonte – Pistoia – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preti – Preziosi – Pucci.
Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggiero Carlo.
Saccenti – Salerno – Saragat – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Secchia – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Stampacchia.
Targetti – Tega – Tomba – Tonello – Tremelloni – Treves.
Valiani – Veroni – Villani – Vischioni.
Zagari – Zanardi – Zappetti – Zuccarini.
Rispondono no:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carignani – Caristia – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chatrian – Chieffi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilia – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppi Alessandro – Corsanego – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo.
De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrano Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini – Jervolino.
Lagravinese Pasquale – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier.
Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Pella – Perlingieri – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Rumor.
Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Segni – Selvaggi – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta.
Astenuti:
Lucifero.
Nitti.
Orlando Vittorio Emanuele.
Sono in congedo:
Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Canevari – Caprani – Cartia – Cosattini.
Gavina.
Iotti Leonilde.
Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Montalbano.
Parri – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti 418
Votanti 415
Astenuti 3
Maggioranza 208
Hanno risposto sì 192
Hanno risposto no 223
(L’Assemblea non approva il primo comma dell’emendamento Rossi Paolo).
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Pongo ora in votazione il primo comma dell’articolo nel testo dell’onorevole Dossetti, che differisce da quello della Commissione perché vi si aggiunge la particella «ne»:
«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».
(È approvato).
Nel testo proposto dall’onorevole Rossi Paolo si riscontra una formula di carattere aggiuntivo che non esiste nel testo proposto dalla Commissione.
La stessa formula dell’onorevole Rossi Paolo si trova nell’emendamento proposto dall’onorevole Bernini, che egli ha dichiarato di conservare. Poiché le due formule coincidono in maniera assoluta, credo che l’onorevole Bernini aderirà all’emendamento dell’onorevole Rossi.
BERNINI. Perfettamente.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione della formula aggiuntiva, che è del seguente tenore:
«L’istruzione, di qualunque grado, è tra le precipue funzioni dello Stato».
È stata presentata una richiesta di votazione per appello nominale dagli onorevoli Bassano, Morini, Preti, Calosso, Tremelloni, Zagari, Ghidini, Filippini, Veroni, Binni, Ruggiero, Bocconi, Treves, Di Gloria, Foa, Villani.
È stata anche presentata una richiesta di votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Gronchi, Dossetti, Bianchini Laura, Moro, Mattarella, Togni, Viale, Arcaini, Jervolino, Conci Elisabetta, Ferrario Celestino, Vitali, Galati, Coppi, Morelli Luigi, Tosi, Salvatori, Ermini, Federici Maria, Marconi, Fabriani, Balduzzi.
La richiesta di votazione a scrutinio segreto ha la precedenza su quella per appello nominale.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO GAETANO. Desidero far notare che questo è un emendamento aggiuntivo al secondo comma dell’articolo, mentre esistono parecchi emendamenti aggiuntivi al primo comma, sui quali non si è ancora votato. Fra gli altri ve ne è uno presentato dagli onorevoli Labriola, Della Seta, Lucifero, Corbino e da me.
PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Martino: esiste infatti questo emendamento che da lei e dagli altri proponenti è stato presentato in aggiunta al primo comma; ma io penso – non so se l’Assemblea vorrà concedermi questa facoltà – che i vari concetti espressi nell’articolo possono da me essere ordinati secondo un loro senso logico.
La votazione pertanto sulla sua proposta non è decaduta; vorrei riservarmi di porla ai voti insieme con formulazioni analoghe.
Ella insiste perché sia messo in votazione subito il suo emendamento?
MARTINO GAETANO. Non insisto.
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto della formula aggiuntiva proposta dall’onorevole Rossi Paolo.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
(Segue la votazione).
Presidenza del Vicepresidente PECORARI
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione, e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti 418
Maggioranza 210
Voti favorevoli 200
Voti contrari 218
(L’Assemblea non approva la formula aggiuntiva).
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.
Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Benedettini – Bennani – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.
Cacciatore – Caccuri – Caiati – Calamandrei – Caldera – Calosso – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni – Carignani – Caristia – Carmagnola – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.
Damiani – D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza – Dugoni.
Einaudi – Ermini.
Fabbri – Fabriani – Faccio – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gatta – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale.
Jacini – Jacometti – Jervolino.
Lagravinese Pasquale – Lami Starnuti – Landi – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier – Lombardi Riccardo – Longhena – Lozza – Lussu.
Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia – Musolino.
Nasi – Natoli Lamantea – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.
Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pera – Perassi – Perlingieri – Persico – Pertini Sandro – Pertugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Preziosi – Proia – Pucci – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggiero Carlo – Rumor.
Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Saragat – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Secchia – Segni – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valiani – Valmarana – Vanoni – Veroni – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi – Villani – Vischioni.
Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.
Sono in congedo:
Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Canevari – Caprani – Cartia – Cosattini.
Gavina.
Iotti Leonilde.
Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Montalbano.
Parri – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
Si riprende la discussione del progetto di costituzione della Repubblica italiana.
MARCHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCHESI. Domando alla sua benignità che ci conceda una tregua di dieci minuti. (Rumori).
PRESIDENTE. Ritengo che ragioni di cortesia elementare mi consentano di accedere, come in analoghe circostanze è stato fatto, a questo desiderio.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
Una voce al centro. Domando se sia stata interrogata l’Assemblea su questa sospensione.
PRESIDENTE. In tal caso decido io che la seduta sia sospesa per un breve riposo.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Gronchi.
GRONCHI. Considero esaurito il quesito che volevo rivolgere alla sua cortesia, onorevole Presidente, perché ella ha già risposto.
(La seduta, sospesa alle 19,55, è ripresa, alle 20,10).
PRESIDENTE. Si dovrà procedere ora alla votazione della prima parte del secondo comma, che nel testo della Commissione è del seguente tenore:
«La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione».
Nell’emendamento dell’onorevole Rossi Paolo, che corrisponde a quello proposto dall’onorevole Bernini, si dice: «che detta le norme generali».
L’emendamento dell’onorevole Dossetti riprende integralmente il testo della Commissione: «La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione».
Le tre formulazioni coincidono e pertanto pongo senz’altro in votazione la prima parte del secondo comma nella dizione proposta dalla Commissione:
«La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione».
(È approvata).
La seconda parte di questo comma, nel testo della Commissione, dice:
«organizza la scuola in tutti i suoi gradi mediante istituti statali».
L’onorevole Dossetti propone:
«ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi».
L’onorevole Rossi Paolo propone nel suo emendamento, che coincide con quello dell’onorevole Bernini:
«organizza la scuola statale in tutti i suoi gradi e tipi».
Mi pare che le tre formulazioni non differiscano troppo tra di loro.
TONELLO. Chiedo la verifica del numero legale (Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Tonello, la sua richiesta deve essere presentata nei termini regolamentari, cioè deve essere firmata da dieci deputati.
Pongo, pertanto, in votazione la formulazione dell’onorevole Dossetti, che è quella che più si allontana dal testo: «ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi».
TONELLO. Chiedo l’appello nominale! (Proteste al centro e a destra – Rumori).
PRESIDENTE. Non possiamo continuare in questa maniera i nostri lavori! L’appello nominale si chiede nei modi stabiliti dal Regolamento. (Interruzione dell’onorevole Bernini).
All’onorevole Bernini faccio presente che il Regolamento va osservato. La domanda di votazione per appello nominale non è valida, se non perviene alla Presidenza nei modi prescritti. Avevo già posto in votazione la formula dell’onorevole Dossetti, quindi la richiesta varrà per le votazioni successive.
(La seconda parte del secondo comma nella formulazione dell’onorevole Dossetti è approvata).
Passiamo alla terza parte del secondo comma, che nel testo della Commissione è del seguente tenore:
«riconosce ad enti ed a privati la facoltà di formare scuole ed istituti di educazione».
L’onorevole Dossetti ha proposto il seguente comma: «Enti e privati hanno diritto di istituire scuole con la sola osservanza delle norme di diritto comune», che più si allontana dal testo della Commissione, mentre l’emendamento dell’onorevole Rossi Paolo è così formulato: «e riconosce ad enti ed a privati la facoltà di istituire scuole ed istituti di educazione», riprendendo integralmente la formulazione proposta dalla Commissione.
Pongo, pertanto, in votazione la formulazione dell’onorevole Dossetti.
Avverto che per questa votazione è stato chiesto l’appello nominale dagli onorevoli Scoccimarro, Reale Eugenio, Fogagnolo, Scarpa, Mariani Enrico, Cevolotto, Dugoni, Preti, Gullo Rocco, Treves, Longhena, Minio, Bernini, Cavallari, Codignola.
DOSSETTI. Per quale parte dell’articolo è stata fatta la richiesta di appello nominale?
PRESIDENTE. Onorevole Dossetti, è evidente che la domanda, presentata in questo momento, si riferisce alla votazione annunciata e non può riferirsi ad altri punti dell’articolo che non sono stati posti in votazione. Chiederò, comunque, ai firmatari su che cosa chiedono l’appello nominale.
Onorevole Scoccimarro, la domanda di appello nominale si riferisce al punto che è ora in votazione?
SCOCCIMARRO. Sì, si riferisce a questo punto.
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione per l’appello nominale sul seguente comma proposto dall’onorevole Dossetti, che sostituisce la terza parte del secondo comma dell’articolo 27:
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole con la sola osservanza delle norme di diritto comune».
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Ponti.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carignani – Caristia – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chatrian – Chieffi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cotellessa – Cremaschi Carlo.
Damiani – D’Amico Diego – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini – Jervolino.
Lagravinese Pasquale – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier.
Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Pella – Perlingieri – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Rumor.
Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Segni – Selvaggi – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta.
Rispondono no:
Bellusci – Bernabei – Bibolotti.
Camangi – Cevolotto – Conti – Cortese.
De Vita – Dugoni.
Fedeli Armando.
Longhena.
Mariani Enrico – Massola – Minio – Molinelli – Morelli Renato.
Paolucci.
Ravagnan – Reale Eugenio.
Scarpa – Scoccimarro – Secchia.
Astenuti:
Bruni.
Lucifero.
Sono in congedo:
Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Canevari – Caprani – Cartia – Cosattini.
Gavina.
Iotti Leonilde.
Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Montalbano.
Parri – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).
Sulla verifica del numero legale.
TAVIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TAVIANI. Agli effetti della constatazione del numero legale, con riferimento all’articolo 103-bis del Regolamento, chiedo come la Presidenza consideri che debbano computarsi coloro che hanno firmato il registro di presenza alla seduta, e coloro che hanno partecipato alle precedenti votazioni.
PRESIDENTE. Ella sa che la sua domanda non offre possibilità alcuna di risposta, perché il Regolamento non parla di firme di presenza e considera i presenti alla seduta.
TAVIANI. I presenti alla seduta, non nell’Aula.
PRESIDENTE. La seduta è nell’Aula, e non fuori dell’Aula.
PICCIONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PICCIONI. In aggiunta a quello che ha detto l’onorevole Taviani desidero osservare che il Regolamento fu fatto quando il registro dei presenti non esisteva. È veramente strano che ci sia un registro di presenza che fa fede della presenza e col quale si può constatare il numero dei presenti, senza che poi questi figurino nell’Aula.
PRESIDENTE. Sono tutti problemi che vanno posti al momento opportuno. Quando l’Assemblea in comitato segreto ha votato per la conferma delle firme di presenza, coloro i quali hanno esperienza parlamentare o funzioni direttive avrebbero potuto proporre le norme conseguenti necessarie. Il Regolamento è frutto di lunghi anni di esperienza. Ora sono costretto a ricordare, in seduta pubblica, che la firma di presenza è stata decisa a scopi ben diversi da quello della constatazione del numero legale o delle votazioni nominali e per quanto io possa avere opinioni personali circa la mancata corrispondenza tra la firma e la presenza in Aula, è evidente che non posso tramutarle in disposizione di Regolamento. Ora il Regolamento che applichiamo è quello scritto e non è possibile aggiungere altro.
TAVIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TAVIANI. Il Regolamento, all’articolo 103-bis, parla di deputati presenti alla seduta i quali non partecipano ad una votazione. La seduta è cominciata alle ore 15 e ci sono state altre votazioni; quindi vi è stato modo di accertare quali erano i deputati presenti alla seduta che non hanno partecipato a questa ultima votazione, dato che essa fa parte della seduta. (Approvazioni).
PRESIDENTE. L’articolo 103-bis del Regolamento dice: «Nelle votazioni, per la cui validità è necessaria la constatazione del numero legale, sarà tenuta nota di coloro che si astengono dal voto.
I deputati presenti alla seduta, i quali non partecipino ad una votazione, saranno computati come astenuti agli effetti del numero legale».
Ora i deputati presenti alla seduta sono i deputati presenti alla votazione. (Commenti).
Una voce. No, no, la seduta non è la votazione. (Rumori).
PRESIDENTE. Vorrei pregare l’onorevole Taviani di voler spiegare all’Assemblea che cosa significhi, nel corso di una seduta durante la quale si fanno numerose votazioni, la verifica del numero legale.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Mi pare che se ci sforziamo di esaminare serenamente questo testo, dobbiamo procedere coi soliti criteri ermeneutici: anzitutto cercare di interpretare la norma attraverso il significalo immediato delle parole; in secondo luogo, ricollegare la norma ad altre norme in cui le parole che vengono usate nell’articolo considerato vengono definite e assumono il loro preciso significato giuridico.
Ora, noi ci troviamo di fronte ad una norma che dice:
«I deputati presenti alla seduta, i quali non partecipino ad «una» votazione, saranno computati come astenuti agli effetti del numero legale».
Noi diciamo che in questa seduta sono state fatte già altre votazioni, le quali hanno consentito di accertare in aula – non attraverso il registro di cui l’onorevole Presidente ci dice che l’attestazione non è rispondente ai fini della seduta – di accertare in aula, ai fini della seduta stessa, quali erano i presenti. Ora si tratta di stabilire se la formula dell’articolo 103-bis voglia significare che il numero dei presenti deve essere accertato in base ai deputati presenti in Aula che non rispondano alla votazione, oppure in base al numero dei deputati presenti alla seduta.
Io dico che tra i due concetti c’è netta distinzione; e il legislatore che ha fatto questo Regolamento, ha inteso effettuare la distinzione; perché, se non avesse voluto fare questa distinzione e avesse voluto dare alla norma il significato che sembra volerle attribuire l’onorevole Presidente, avrebbe detto: «I deputati presenti in Aula, i quali non partecipino ad una votazione, saranno computati come astenuti agli effetti del numero legale». Invece il legislatore ci ha detto: «I deputati presenti alla seduta». E allora noi sappiamo dal Capo VII, articolo 31 e seguenti che «Il Presidente apre e chiude le sedute, annunzia l’ora della seduta seguente e l’ordine del giorno, che sarà affisso nella sala». Dal che si desume che per «seduta» si intende quello spazio di tempo che intercorre tra la dichiarazione di apertura e la dichiarazione di chiusura fatte dal Presidente, e che, quando in questo spazio di tempo abbiamo avuto, attraverso uno dei mezzi di cui appunto si riconosce la rilevanza in Aula, cioè attraverso una precedente votazione – una di quelle votazioni, di cui lo stesso articolo 103-bis ammette la molteplicità – un simile accertamento fatto per mezzo di una votazione, la eventuale non risposta da parte di alcuni deputati presenti ad una votazione nell’ambito di questa seduta e non presenti alle altre votazioni – è perciò che si usa l’articolo indeterminato, «una» votazione – vuol dire che quei deputati, non soltanto quelli fisicamente presenti in Aula al momento di quella votazione, ma tutti quelli presenti in quella seduta, devono considerarsi come astenuti. (Vivi applausi al centro e a destra).
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Io non vorrei nemmeno discutere di questa questione di interpretazione di Regolamento, per non trasformare quest’Aula in un’aula di pretura. (Vive proteste – Rumori).
PRESIDENTE. Egregi colleghi, la nostra non è certamente un’aula di pretura, ma non trasformiamola neanche in un comizio.
CEVOLOTTO. Non si possono imporre con la forza del numero interpretazioni del Regolamento che sono fuori dai limiti del giusto e del ragionevole (Interruzioni – Rumori).
PRESIDENTE. Lascino parlare.
CEVOLOTTO. Io domando a voi che significato potrebbe avere la constatazione del numero legale, se non quello di constatare anche nel corso della seduta se il numero legale è venuto a mancare. Nella pratica parlamentare, è sempre accaduto così. Anche se vi è stata una votazione che ha dimostrato che l’Assemblea era allora al completo, se ad un certo momento l’Assemblea non è più in numero, vi è il diritto di domandare la constatazione del numero legale prima di procedere ad una nuova votazione.
Questa è l’unica interpretazione che si può dare al Regolamento, né vi è possibilità di uscire da essa; non è possibile cioè ammettere, anche per un principio di logica, che una votazione, quando sia richiesto l’appello nominale, possa seguire, per esempio, con venti soli presenti, sol perché al principio della seduta, ad una prima votazione, i presenti erano stati, poniamo, quattrocento. (Interruzioni – Rumori).
Quanto poi all’interpretazione dell’articolo 103-bis, il fermarsi, contro tutto il significato dell’articolo nella sua coordinazione, all’«una votazione», come se quell’«una» fosse in contrapposto a «più», è un evidente errore di ermeneutica. Nella votazione, per la cui validità sia necessaria la constatazione del numero legale, si deve infatti prendere nota di coloro che si sono astenuti dal voto. Questo è il principio: chi si astiene dal voto è considerato come presente. Siccome però si affacciava la questione di coloro che, presenti nell’Aula, si fossero astenuti non rispondendo, per questi è stato scritto il capoverso. Si è voluto dire cioè che, se uno è presente nell’Aula, deve votare; che se poi non vota, viene considerato come astenuto. È così evidente! È così chiaro tutto questo! (Rumori).
Io ho voluto parlare per chiarire quale sia la portata della norma. Adesso però dico un’altra cosa: fino alla proclamazione dei risultati noi non possiamo discutere; in sede di votazione non si deve discutere. Non si potrà farlo che dopo la proclamazione del risultato.
Non vi è ora la possibilità di interrompere il computo dei voti con una discussione di questo genere. (Proteste – Rumori).
PRESIDENTE. Desidero far presente ai colleghi che sono in questo momento non la maggioranza, ma, possiamo dire, la totalità dell’Assemblea, l’opportunità che si astengano dall’inveire nei confronti dei pochissimi loro contradittori che sono rimasti nell’Aula. (Rumori).
Quanto all’articolo 103-bis, è evidente che è stato aggiunto per una situazione particolare creatasi nell’Assemblea e che potrebbe essere analoga all’attuale.
Ora, dai precedenti in questo momento ricercati, si rileva che nel giugno del 1922 fu deciso di apportare alcune modificazioni al Regolamento della Camera dei Deputati. La Commissione del Regolamento presentò la sua relazione e la questione fu posta all’ordine del giorno della Camera nella seduta antimeridiana del 22 giugno 1922.
La relazione incomincia così: «Tralasciando riforme minori la cui ragione è ovvia, richiamo la vostra attenzione ecc.»
Ora, fra i punti su cui l’attenzione fu richiamata, non figura l’articolo 103-bis, che fu considerato evidentemente fra le riforme minori.
Ma in sede di discussione fu data la spiegazione di questo articolo in maniera precisa e chiara.
Dal resoconto stenografico ecco quanto risulta:
«Presidente. Passiamo alla proposta di modificazione all’articolo 103-bis:
«Nelle votazioni, per la cui validità è necessaria la constatazione del numero legale, sarà tenuta nota di coloro che si astengono dal voto.
«I deputati presenti alla seduta, i quali non partecipino ad una votazione, saranno computati come astenuti agli effetti del numero legale».
«Matteotti. E cosa vuol dire?
«Presidente. Vuol dire questo: che quando si procede alla votazione per scrutinio segreto, talvolta vi sono nell’Aula dei deputati che non vanno a votare, e proprio per loro manca il numero legale…
«Matteotti. E come si farà a dire che sono presenti?
«Presidente. Lo constata la Presidenza.
«Matteotti. Ma come? Bisognerebbe che li chiamasse per nome…
«Presidente. S’intende. Il Presidente dice: invito l’onorevole X a votare. Se l’onorevole X non va a votare, ai fini del numero legale è dichiarato presente.
«Non essendovi altre osservazioni, metto a partito l’articolo 103-bis.
«(È approvato)».
Questa è la fonte; poi abbiamo l’applicazione.
Nella seduta pomeridiana del 28 giugno 1922 si procede ad una prima votazione per appello nominale sul disegno di legge: Trasformazione del latifondo e colonizzazione interna.
La votazione si conclude in forma regolare. I deputati presenti sono in numero legale e viene proclamato il risultato: la Camera non approva.
Nella stessa seduta si procede ad una seconda votazione per appello nominale; si fa la chiama. Il Presidente comunica: la Camera approva.
Nella stessa seduta – questo ci tranquillizza per le nostre votazioni di quest’oggi – si procede ad una terza votazione per appello nominale:
«Presidente. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.
«(Gli onorevoli segretari numerano i voti).
«Presidente. Annunzio che la Camera non è risultata in numero legale».
Nella seduta del 29 giugno si hanno due votazioni nominali: la prima è regolare; per la seconda il Presidente annunzia che la Camera non è in numero legale per deliberare.
Abbiamo quindi non soltanto la genesi di questo articolo, non soltanto la spiegazione data dal Presidente, circa la sua portata, senza contestazioni da parte di nessun deputato, ma abbiamo anche due applicazioni concrete.
Ed ora, egregi colleghi, una considerazione: qual è la ragion d’essere della constatazione del numero legale?
È evidente che il numero legale è richiesto perché una deliberazione dell’Assemblea, per avere autorità di fronte al Paese, deve essere il risultato del concorso di un numero adeguato di membri dell’Assemblea.
Mi pare che questa sia veramente e soltanto la ragione. È uno dei casi in cui – mi si permetta il richiamo – la quantità si trasforma in qualità. Un numero troppo limitato di deputati non può dare autorità ad una disposizione legislativa. Occorre che vi sia il numero sufficiente, per potere dire: la Camera ha deliberato.
Ed infatti, nell’articolo 36, che è quello che dispone per la verifica del numero legale, il soggetto della norma è la Camera come istituto, come fonte da cui promanano le decisioni e da cui proviene, quindi, l’obbligo dei cittadini di ubbidire a determinate leggi.
Mi pare che, se questa è la ragione, per cui si ritiene necessario il numero legale, è evidente che questa constatazione debba avvenire di volta in volta che l’Assemblea deve prendere una decisione.
Ed infatti, a riprova ultima, il Regolamento prevede all’articolo 35 alcuni casi in cui non è ammessa la constatazione del numero legale, che pertanto si presume.
Onorevoli colleghi, io sono stato molto esitante nel rispondere alle obiezioni validamente sostenute dall’onorevole Taviani e poi dall’onorevole Dossetti, e penso che tutti i colleghi mi sono testimoni dei miei dubbi e delle mie esitazioni.
Ritengo, a questo punto, di poter tuttavia rispondere alla osservazione che mi è stata fatta, che le votazioni avvenute in precedenza nella giornata di oggi non infirmano la constatazione del numero legale in questa votazione.
Stanno per questa mia conclusione la ragione per la quale la disposizione invocata fu inclusa nel Regolamento; la spiegazione che ne dette colui che in quel momento poteva veramente dar ragione della decisione che si prendeva, nei confronti anche di una interrogazione rivolta da un deputato; le applicazioni che successivamente furono fatte.
Penso pertanto di poter dire agli onorevoli Taviani e Dossetti, ed ai colleghi che attendono la mia risposta, che procedo al computo del numero legale, in questa votazione, secondo le norme stabilite dal Regolamento.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Nonostante le spiegazioni date dall’onorevole Presidente, io credo di poter dichiarare che la questione per noi non è risolta e che ci riserviamo di chiarirla attraverso i diversi mezzi che a questo riguardo possono essere invocati.
Non ritengo che sia concludente, nonostante la grande autorità, alla quale tutti noi in più di una occasione abbiamo dimostrato di inchinarci, non crediamo sia concludente la interpretazione che ne ha dato il Presidente di quella seduta della Camera nella quale è stato votato l’articolo 103-bis.
Contro la interpretazione del Presidente e a favore di quella da me proposta, vale il fatto che questa è appunto la stessa che evidentemente era apparsa spontanea all’onorevole Matteotti.
L’onorevole Matteotti, che era pure certo un parlamentare al quale tutti quanti noi intendiamo inchinarci, aveva pensato alla interpretazione che io ora ho sostenuto (Interruzione dell’onorevole Cevolotto) ed è per questo che aveva sollevato la domanda e la obiezione: precisamente perché vedeva quali potevano essere le conseguenze, anche di carattere politico, che dalla applicazione della norma ne sarebbero derivate.
Quanto alle precedenti applicazioni, anche su queste bisognerà effettuare ulteriori accertamenti, fra l’altro allo scopo di vedere se le date a cui questi precedenti si riferiscono riguardano un periodo nel quale il Regolamento era già entrato in vigore.
Comunque, indipendentemente dalla applicazione fattane, resta la portata oggettiva della norma la quale – richiamata al suo significato ed inquadrata nelle altre norme, specialmente in quelle che ci definiscono il concetto di seduta – fa sì che il secondo comma dell’articolo 103-bis non possa essere inteso nel significato, molto più semplice ma che avrebbe potuto essere molto più semplicemente espresso con le parole più adeguate, nel significato cioè di «presenti nell’Aula».
PRESIDENTE. Desidero dire, per rispondere alle argomentazioni dell’onorevole Dossetti, che il Regolamento entrò in vigore immediatamente dopo la sua approvazione. Quindi non v’è dubbio che le decisioni prese nelle tornate successive furono prese in relazione a questo articolo.
In secondo luogo il Presidente di quella seduta della Camera non spiegava la portata di questa disposizione soltanto come Presidente della Camera, ma anche come Presidente della Commissione del Regolamento, avendo partecipato ai lavori della Commissione, ed essendo quindi nelle condizioni migliori di poter dire ciò che la Commissione voleva quando aveva preso quella decisione.
Mi sembra (e mi perdoni l’onorevole Dossetti) che questa nostra discussione, specialmente in questa ultima parte, può indicare come, in mancanza di dati più precisi sulla ragione di una norma di legge, si possa essere portati alle più varie interpretazioni. Abbiamo qui – e si tratta non di una legge, ma di un regolamento – il resoconto della discussione svolta nel momento in cui la disposizione fu adottata; abbiamo la spiegazione di colui che presiedette ai lavori di formulazione e che dette ragione della norma di fronte alla Camera ed abbiamo le prime applicazioni; potremmo consultare tutti i volumi successivi.
Per queste ragioni, ormai senza preoccupazioni, ritengo di dover confermare quanto ho detto.
Poiché la votazione ora effettuata non è valida, in quanto risulta che il numero legale non è stato raggiunto, non ne comunico i risultati.
Dichiaro che i votanti sono stati 258, compresi i firmatari della richiesta di appello nominale e tenuto conto dei congedi, che sono diciotto. Il numero di deputati da considerare è di 538, la cui metà più uno ammonta a 270.
I votanti sono risultati 258 e pertanto mancano dodici voti perché il numero legalo sia raggiunto.
CINGOLANI. Chiedo se vi fossero dei presenti in Aula e non votanti.
PRESIDENTE. Onorevole Cingolani, gli onorevoli colleghi sono stati ben attenti per constatare se tutti i presenti in Aula votavano. Me ne sono stati segnalati due, che io, senza ancora aver consultato i precedenti di cui vi ho informato, ho chiamato per nome, invitandoli a votare: per esempio, l’onorevole Dugoni.
Ripeto che il numero di 258 comprende tutti i colleghi presenti nell’Aula. Se da parte dei colleghi si ritiene che altri ve ne fossero che non hanno risposto alla chiama mentre erano nell’Aula, sono pregati di farne presenti i nomi, per poter procedere agli accertamenti del caso.
CINGOLANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CINGOLANI. Come membro della Commissione del Regolamento, vorrei pregare la sua cortesia di voler convocare al più presto la Commissione stessa, perché indubbiamente, soprattutto per l’interpretazione di quest’ultima parte dell’articolo 103-bis, sarà necessario chiarire molto bene il modo come si debba constatare la presenza in Aula di deputati non votanti, ma presenti.
Non possiamo affidarci allo sforzo di memoria dell’onorevole Presidente per investigare quali siano i presenti e per invitarli a dichiarare se votano o no.
Comunque, la stessa discussione che si è svolta e la gravità della materia della quale dovremo occuparci, nelle sedute successive vuole che il Regolamento sia chiaro, esplicito e non si presti a interpretazioni che possano danneggiare la stessa dignità di rappresentanti del popolo, quali sentiamo di essere noi in quest’Aula che non abbiamo disertato. (Applausi).
PRESIDENTE. Concordo con lei e convocherò al più presto la Commissione del Regolamento, perché sia chiarito, in maniera concorde, questo punto particolare dell’applicazione dell’articolo 103-bis.
Ed ora, in relazione alle disposizioni del Regolamento, si tratta di trarre le conseguenze dalla constatata mancanza del numero legale.
A norma del Regolamento, rinvio di un’ora la seduta. (Commenti).
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Tutto quello che è accaduto è spiacevole evidentemente per tutti (Interruzioni), perché ci dà la prova dell’estrema difficoltà del compito che dobbiamo assolvere. Noi abbiamo discusso due ore su una disposizione di Regolamento della Camera, mentre stiamo preparando una Costituzione che dovrà reggere per decenni il nostro Paese. Questo ci dev’essere di ammonimento, che le parole che adoperiamo non si devono mai prestare a dubbia interpretazione. Ora, il tempo è il nostro più terribile tiranno in questo momento, perché abbiamo una scadenza da rispettare; e allora io vorrei fare appello allo spirito di comprensione di tutti i colleghi presenti e non presenti, perché si ricordi il fine al quale dobbiamo tendere. Il Paese guarda a questa Assemblea per avere la Costituzione; non acuiamo i dissidi, non accentuiamo i distacchi che faranno approvare ogni parte di articolo della Costituzione a colpi di maggioranza lievissima. Cerchiamo, nei limiti in cui un concorde sforzo di buona volontà ci può unire, di lavorare insieme ponendo da parte tutte le questioni non essenziali.
Non so fino a qual punto queste parole possano trovare eco nell’animo vostro e nell’animo degli altri, ma ho creduto di doverle pronunciare alla vigilia di una riunione dei capi dei gruppi parlamentari, in cui si dovrà porre veramente il problema se in queste condizioni la Costituzione per il 24 giugno saremo o no capaci di darla al popolo italiano. (Applausi a destra).
(La seduta, sospesa alle 22,40, è ripresa alle 23,40).
PRESIDENTE. Dobbiamo rimettere in votazione la formula proposta dall’onorevole Dossetti, sostitutiva della terza parte del secondo comma dell’articolo 27:
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole con la sola osservanza delle norme di diritto comune».
È stata chiesta la verifica del numero legale dagli onorevoli Preti, Codignola, Bernini, Pistoia, Rocco Gullo, Binni, Longhena, Foa, Bruni, Cevolotto. (Commenti – Rumori).
Una voce al centro. Lei non dice una parola per gli assenti!
PRESIDENTE. Agli assenti parleremo quando saranno presenti. Non ho l’abitudine di mandare a dire agli assenti cose che posso dire in loro presenza.
In questo momento vi prego, onorevoli colleghi, noi che siamo presenti, conduciamoci in maniera da salvare il prestigio dell’Assemblea, della quale oggi siamo i rappresentanti. (Commenti).
CAPPA. Chiedo che si constati se i firmatari della richiesta per la verifica del numero legale sono presenti.
CINGOLANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CINGOLANI. Signor Presidente, mi ero permesso anch’io, un momento fa, di chiedere alla sua cortesia che accertasse la presenza di coloro che hanno firmato la domanda di verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Non ho udito, onorevole Cingolani.
CINGOLANI. Non voglio fare una doglianza per questo, ma ora mi associo alla richiesta dell’onorevole Cappa.
PRESIDENTE. Passo subito ad accertarmi se i firmatari della domanda di verifica del numero legale sono presenti.
(Fa l’appello degli onorevoli Preti, Codignola, Bernini, Pistoia, Rocco Gullo, Binni, Longhena, Foa, Bruni, Cevolotto, i quali risultano tutti presenti).
Procediamo ora all’appello nominale per la verifica del numero legale. Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Manzini.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario fa la chiama.
Sono presenti:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Bellusci – Belotti – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Binni – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carignani – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cortese – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo.
D’Amico Diego – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fiore – Firrao – Foa – Foresi – Franceschini – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.
Jacini – Jervolino.
Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier – Longhena.
Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia.
Nasi – Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Pella – Perlingieri – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Pistoia – Ponti – Preti – Priolo – Proia – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Rumor.
Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Segni – Selvaggi – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Vanoni – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi.
Zaccagnani – Zerbi – Zotta.
Sono in congedo:
Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Canevari – Caprani – Cartìa – Cosattini.
Gavina.
Iotti Leonilde.
Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Montalbano.
Parri – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
PRESIDENTE. Dichiaro chiuso l’appello.
Invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei presenti.
(Gli onorevoli segretari procedono al computo).
Comunico che, dal computo dei presenti, risulta che l’Assemblea non è in numero legale per deliberare.
I nomi dei deputati assenti senza regolare congedo saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
A termini dell’articolo 36 del Regolamento, la seduta è rinviata alle 15 di martedì 29.
La seduta termina alle 24,45.
Ordine del giorno per la seduta di domani.
Alle ore 15:
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.