ASSEMBLEA COSTITUENTE
LXXXVI.
SEDUTA POMERIDIANA DI SABATO 12 APRILE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Congedi:
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Dossetti
Caroleo
Cevolotto
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione
Cappi
Laconi
Labriola Della Seta
Grassi
Cianca
Crispo
Binni
Rubilli
Lucifero
Bruni
Calosso
Annunzio di una mozione:
Presidente
Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro
Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni:
Presidente
Sui lavori dell’Assemblea:
Presidente
D’Aragona
Tupini
Corbino
La seduta comincia alle 16.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati Tosi, Corsini, Macrelli, Spallicci, Rapelli, Chiostergi, La Malfa, Pacciardi, Tega e Abozzi.
(Sono concessi).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Compiuto l’esame degli emendamenti all’articolo 14, spetta ora alla Commissione di esprimere su di essi il proprio parere.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Ho chiesto di parlare soprattutto per un chiarimento procedurale, relativo all’ordine dei nostri lavori. Nella seduta del 25 marzo, dopo l’approvazione dei primi due comma dell’articolo 5 del progetto, poi diventato articolo 7 del testo costituzionale, noi abbiamo anche posto in votazione una serie di emendamenti relativi al terzo comma, che, secondo un’ultima deliberazione si sarebbe poi dovuto trasferire nell’attuale articolo 14. Ora, gli emendamenti respinti contenevano una parte, che viene oggi riproposta in alcuni, anzi in quasi tutti gli emendamenti che sono stati presentati, particolarmente in quelli degli onorevoli Binni, Pajetta-La Rocca, Laconi e Cianca. La parte che ha formato oggetto di votazione riguarda precisamente due punti:
1°) la eliminazione della formula «in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano»;
2°) la inversione della formula «sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano richieste», con alterazione profonda del significato della formula stessa.
Quindi, volevo sottoporle, onorevole Presidente, questo problema e sapere da lei se, come sommessamente mi pare, su questi due punti, già decisi dalle votazioni del 25 marzo, non si abbia più la possibilità di presentare nuovi emendamenti che ritornerebbero a proporre, come oggetto di votazione, modificazioni che sono già state respinte. Resta invece aperta la questione sollevata dall’ultimo emendamento proposto nella seduta del 25 marzo, dall’onorevole Lucifero, relativo alla sostituzione della parola «tutte» alla formula che era nell’originario ultimo comma dell’articolo 5 del progetto, cioè «le altre confessioni religiose».
Così stando le cose, mi pare che la discussione di oggi sui singoli emendamenti e le relative votazioni dovranno sostanzialmente assumere, dal punto di vista procedurale, questo aspetto: quello di una discussione e di votazioni relative a un solo emendamento come emendamento aggiuntivo, cioè quello che dovrebbe avere come contenuto la proposizione «tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge», salvo poi, s’intende, il coordinamento del testo già approvato in sede di votazione dell’articolo 7, con le nuove deliberazioni che oggi prenderemo.
PRESIDENTE. Circa il quesito posto dall’onorevole Dossetti, dal resoconto stenografico della seduta del 25 marzo scorso, risulta che, a proposito del terzo comma dell’articolo 5 – divenuto poi articolo 7 – comma che fu deciso di trasferire all’articolo 14, furono fatte votazioni sulla base di due emendamenti presentati dagli onorevoli Pajetta Giancarlo, Laconi e Mattei Teresa. Il primo di questi emendamenti mirava a far sopprimere nella prima parte del terzo comma dell’articolo 7, la frase «in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano» e non fu approvato.
Il secondo emendamento, presentato dagli stessi Deputati, tendeva a sostituire la seconda parte del terzo comma dell’articolo 7 con la seguente formulazione:
«I rapporti con lo Stato sono regolati, ove sia richiesto, per legge sulla base di intese, con le rispettive rappresentanze».
Il testo della Commissione diceva invece: «I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze». Anche questo emendamento fu respinto.
È pertanto evidente che, nelle votazioni che dobbiamo fare sugli emendamenti dell’articolo 14, questi due punti non possono essere modificati senza annullare il risultato delle votazioni già fatte. Tutto il resto dell’articolo può, invece, subire modificazioni.
CAROLEO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAROLEO. A proposito del rilievo fatto dall’onorevole Dossetti, credo che vi sia ancora da osservare qualche cosa relativamente alla parola: «tutte» che si legge nei varî emendamenti proposti per la formulazione dell’articolo 14, in quanto, avendo l’Assemblea regolato all’articolo 7 i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, non può in un altro articolo comprendersi con aggettivazione totalitaria la stessa Chiesa cattolica, la cui condizione giuridica, ripeto, ha già formato oggetto di esame e di approvazione, da parte dell’Assemblea Costituente.
PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Caroleo, lei entra nel merito della questione, mentre in questo momento si sta esaminando una questione procedurale relativa alla votazione degli emendamenti.
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Osservo che nell’emendamento proposto in questo momento dall’onorevole Laconi, dall’onorevole Cianca, e da altri, che riassume, e coordina i due diversi emendamenti che erano stati presentati dagli onorevoli Laconi e Cianca separatamente, si è usata per l’ultimo capoverso dell’articolo 14 l’espressione: «Le confessioni religiose diverse dalla Chiesa cattolica, o dalla confessione cattolica»: Ora, questo non è altro che un coordinamento rispetto al testo dell’articolo 7 che è stato votato: «le altre confessioni religiose». Naturalmente, poiché non si parla della confessione cattolica nella prima parte dell’articolo 14, è evidente che bisognerà usare un’altra dizione da quella del progetto – e precisamente quella che è stata ora proposta – per coordinare col testo dell’articolo il capoverso. Del resto, anche per le altre questioni che si potranno fare relative a diversità di dizione fra ciò che è stato proposto nel nuovo emendamento e ciò che è stato votato nell’articolo 7, salvo le questioni che, come ha osservato il Presidente, sono state deliberate, potremo vedere se in linea di coordinamento non ci potremo intendere su tutti i punti.
PRESIDENTE. Mi pare, onorevole Cevolotto, che la sua osservazione sia interessante e valida; ma devo farle notare che, come ho ricordato, nella seduta del 25 marzo non si è affatto votato a questo proposito; e quindi si possono fare proposte di modificazioni.
Così chiarite le posizioni, chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere sugli emendamenti proposti all’articolo 14.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Questa mattina ai lavori del Comitato di redazione non ha potuto partecipare l’onorevole Tupini, perché era occupato nell’ufficio di Presidenza dell’Assemblea. Quindi riferirò io.
Questa mattina, come mai, si è vista la difficoltà dei compiti del Comitato di redazione, che rappresenta tutta la Commissione; difficoltà che vanno aumentando ora per ora. Quella che era stata gestazione di nove mesi, tenace e paziente – e di tutto ci avete rimproverati, tranne del non aver lavorato – diventa ora necessità di emendare, mutare, sostituire, in un’ora, in meno di un’ora, con proposte presentate all’ultimo momento, e talvolta su questioni sostanzialmente nuove, di grande gravità. Ho il dovere di richiamare su di ciò l’attenzione dell’Assemblea Costituente, prima di entrare in argomento; ma sarò brevissimo.
In realtà che cosa avviene? Quanto era difficile fare con Settantacinque membri – metterli d’accordo, trovare la formula esatta e risolutiva – diventa ora molto più difficile con 550. Uomini di valore e di cultura; ma anche se ciascuno fosse un redivivo Solone, non potrebbero pel loro stesso numero formare un Comitato tecnico di redazione. L’onorevole Croce avrebbe voluto che vi fosse un solo estensore, un solo costituente, un solo artefice della Costituzione. Anche se fosse stato, e non era possibile, che il testo fosse redatto, da uno solo, si sarebbero avute, alla sua presentazione all’Assemblea, 550 che avrebbero messo le mani in pasta con facoltà, spesso improvvisata, di spostare quanto di ordine e di coerenza logica, anche prescindendo da questioni particolari di contenuti, era stato raggiunto. Che cosa fare? Io mi inchino naturalmente alle decisioni dell’Assemblea; nell’Assemblea tutti siamo costituenti; ed abbiamo diritto di esercitare pienamente le funzioni delegate dalla sovranità popolare. È necessario che la Costituzione passi attraverso il vaglio di tutti. Non tutti possono avere la stessa esperienza tecnica nel faticoso lavoro di legislatori; ma tutti sono competenti, in quanto esprimono la volontà del popolo. Si è constato, di fatto, in tutti i Paesi, che le Assemblee che pur si chiamano legislative non possono adempiere a tutte le esigenze della legislazione. I Codici non possono essere discussi ed approvati da più centinaia di Deputati. Dopo una discussione generale, ne è approvata la redazione a Commissione. Il che non è possibile per una Costituzione; tutta l’Assemblea deve approvarlo. Ma, esclusa ogni limitazione formale, vi è la necessità di un’autolimitazione, e di metodi di discussione che gli stessi Deputati pongono, con senso di responsabilità a se stessi.
Io faccio una viva raccomandazione: di tener presenti alcuni criteri, almeno per le modifiche che non toccano la sostanza delle cose:
1°) Gli emendamenti di pura forma, e quelli di spostamento della collocazione dovrebbero essere rinviati alla revisione definitiva che sarà fatta, nel modo che l’Assemblea riterrà opportuno, quando tutto il testo sarà stato discusso ed approvato, articolo per articolo. Le modifiche proposte sono spesso minime: un verbo al soggiuntivo, invece che all’indicativo, soppresso un «che è». Oppure due comma, invece di uno. E così via. Vedremo tutto questo a suo tempo: quando si dovrà coordinare e cercare lo stile della Costituzione.
2°) Dovrebbe essere rispettata la deliberazione già presa; che gli emendamenti siano presentati quarantotto ore prima della discussione. Il Regolamento consente di poter presentare emendamenti con dieci firme durante la discussione, ma di ciò logicamente dovrebbe farsi limitato uso per sole questioni di una certa importanza. Il Comitato di redazione dei Settantacinque, impegnato in due e forse in tre sedute quotidiane dell’Assemblea, ha pur necessità di raccogliersi, di esaminare meditatamente gli emendamenti, di non improvvisare sulle improvvisazioni. Se continueranno a piovere gli emendamenti, anche non stampati, anche non dattilografati, inviati mentre si discute alla Presidenza o alla Commissione, saremo costretti ad avvalerci del diritto che ci dà il Regolamento di chiedere un rinvio di ventiquattr’ore, per potere avere la possibilità dell’esame.
3°) Dichiaro e mi impegno che, quando siano presentati a tempo gli emendamenti, il Comitato pregherà i presentatori di prendere parte ai suoi lavori, per mettersi d’accordo.
Aggiungo una raccomandazione. Una Commissione come questa, che non è Governo, sebbene sieda al banco dei Sottosegretari, non può evidentemente sollevare una questione di fiducia; ma abbiate presente che siete voi che ci avete designati, pel tramite della Presidenza dell’Assemblea, che i membri della Commissione sono rimasti in contatto continuo coi loro gruppi, che abbiamo fatto un immane lavoro, che di questo lavoro è giusto tener conto; e prima di gettarlo a mare, di modificarlo in un attimo, è bene pensarvi un po’ su. Ho ancora nell’animo l’invocazione con cui ho finito la mia relazione verbale ed espresso il voto che la Costituente migliori la Costituzione. Ciò che è già in alcuni punti avvenuto. Ma bisogna evitare che i repentini e subitanei dibattiti la peggiorino, se non altro spezzando e rendendo informe nelle sue linee l’edificio costruito. Mi sia concesso chiedere ancora all’Assemblea, nel suo senso di responsabilità, l’autodisciplina indispensabile per giungere alla buona Costituzione che tutti desideriamo.
Passo ora al merito della questione.
CRISPO. L’Assemblea dovrebbe essere dunque spossessata del diritto di fare la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, prego: io non voglio spossessare nessuno. Ho riconosciuto il pieno diritto dell’Assemblea e di ogni suo componente.
Ho pregato di presentare gli emendamenti quarantott’ore prima, come era stato deciso; ho pregato di cercare che gli emendamenti di pura forma fossero rimandati; e così quelli di mera collocazione; ho ricordato che è nostro diritto, e finora non l’abbiamo esercitato, di chiedere un rinvio di ventiquattr’ore per esaminare gli emendamenti fioriti nella discussione; mi sono impegnato, se gli emendamenti son presentati a tempo, di esaminarli in Comitato insieme coi loro autori. Che cosa vi poteva essere di più riguardoso? Ho fatto bensì un richiamo al senso di responsabilità, e sono abituato a farlo a me stesso prima che non agli altri. Ho raccomandato all’Assemblea, col pieno rispetto per i suoi poteri, che la Costituzione venga fatta nel modo migliore possibile, secondo i nostri desideri.
Ed eccoci all’articolo 14. Il fascicolo degli emendamenti ne figlia, ogni giorno, dei nuovi. Li abbiamo esaminati tutti; ed abbiamo anche preso conoscenza dei memoriali che ci sono giunti e delle proposte che ci hanno fatte alcune confessioni religiose, come l’Evangelica e l’Israelitica. La Commissione è decisa a fare di tutto per venire incontro ai loro desideri.
Gli emendamenti, spesso analoghi fra loro – e credo che si siano concordati testi comuni – riguardano quelle che saranno le due parti del futuro articolo 14. La prima è costituita dall’articolo 14, quale era nel progetto della Commissione, la seconda da ciò che era una volta l’ultimo comma dell’articolo 7, ed è stato invece trasferito qui, in fine all’articolo 14, come ha deliberato l’Assemblea, e la Presidenza vi ha ricordato e precisate le sue decisioni.
Parliamo anzitutto di quanto è stato votato, e poi di quanto è ancora allo stadio di progetto. Il comma approvato dall’articolo 7 è questo:
«Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano richieste dalle rispettive rappresentanze».
Nell’approvare tale formulazione, l’Assemblea ha respinto due emendamenti allora proposti: uno dei quali voleva togliere il richiamo all’ordinamento giuridico italiano, e l’altro subordinare la regolazione con legge dei rapporti con lo Stato alla richiesta delle confessioni interessate. Delle decisioni già prese noi dobbiamo tener conto, secondo i criteri testé accennati dall’onorevole Dossetti e dal Presidente dell’Assemblea, ma è chiaro che, quando sorgono esigenze di coordinamento col nuovo articolo in cui il comma già approvato viene inserito, siamo autorizzati a provvedere a tali esigenze.
Alcuni degli attuali emendamenti propongono di sopprimere la frase «in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano», di cui fu altra volta respinta la soppressione. Ciò costituisce un evidente ostacolo. La questione potrebbe essere considerata soltanto dal punto di vista del coordinamento, per il fatto che l’altro comma dell’articolo 14 parla di contrasto «col buon costume e con l’ordine pubblico». Possiamo certamente togliere quest’ultima espressione. Altro è se possiamo, per evitare duplicati e per ragioni di miglioramento formale, cancellare invece la frase già confermata.
Possiamo modificare l’ultimo periodo: «I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulle base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze». L’onorevole Pajetta Giancarlo proponeva di rimettere alle rappresentanze della confessione religiosa la decisione se i rapporti con lo Stato dovessero venire o no regolati con legge. Ma l’Assemblea nella sua maggioranza non ha accolto questo criterio; e, come risulta dall’avvenuta discussione, ha ritenuto che, pur non essendo obbligatorio regolare con legge i rapporti con le varie Chiese, a ciò sia da addivenire a richiesta della Chiesa o anche senza sua richiesta, quando lo Stato lo giudicasse necessario. Insistevo, nel senso che occorresse sempre la richiesta della Chiesa, soprattutto quella Israelita; e per essa sarebbe, a mio avviso giusto, perché non ravviso motivi di intervento regolatore dello Stato. Ma la disposizione è generale, e vi possono essere confessioni religiose per le quali la regolazione occorra, anche senza loro richiesta; come potrebbe essere, ad esempio, per l’islamismo (facciamo un’ipotesi teorica) che diventasse una Chiesa italiana. Dovremmo evidentemente regolarla per quei suoi ordinamenti interni, quale è la poligamia, che contrastano con l’ordinamento giuridico italiano.
Un nuovo emendamento Pajetta ed altri riproducono la questione. A mio avviso, quanto fu deliberato deve rimaner fermo nella sua sostanza. Altro è se non siano ammissibili ritocchi di forma che consentano una migliore espressione del concetto accolto; e ciò, anche in relazione al fatto che, nell’allora avvenuta discussione, l’onorevole Leone aveva proposto di mettere «possono essere regolati» invece che «sono regolati»; ma, se ben ricordo, una vera votazione non vi fu, essendosi intanto preceduto all’approvazione della proposta Lucifero di spostamento dell’intero comma. Voglio ricordare che, in un memorandum delle chiese evangeliche si adotta una formula consona al testo del progetto già approvato, quindi non conforme all’emendamento Pajetta, salvo modifiche secondarie di forma sui modi d’intesa con lo Stato. Ritengo che su questo punto, ormai, non possa sorgere grande battaglia…
Veniamo ora a ciò che era nel disegno della Commissione l’articolo 14 tutto intero, ed ora divenuto il primo comma del nuovo articolo 14. Qui siamo perfettamente liberi, perché l’Assemblea non si è pronunciata. Il testo dice: «Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purché non si tratti di principî o riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume». Devo constatare che gli emendamenti riguardano solo le ultime parole: e del rimanente non toccano lo spirito e neppure la forma della disposizione, che è veramente larga e sodisfacente. Me lo hanno dichiarato anche rappresentanti esteri di confessioni religiose. È una affermazione vigorosa di libertà di coscienza e di fede, che è doverosa, ma farà onore alla nostra Costituzione.
Il solo punto controverso è: «purché non si tratti di principî o riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume». L’onorevole Binni propone di cancellare tutta la frase, ispirandosi ad un apprezzabile riguardo verso le attuali chiese minori, che non sono in contrasto con il buon costume e l’ordine pubblico; ma vi sono proposte di tali chiese, ad esempio delle evangeliche, che fanno proprio, almeno in parte, il testo della Commissione, e dicono: «purché non si tratti di principî o riti contrari al buon costume».
L’Assemblea Costituente deciderà in questa questione. Si potrebbe, andando più in là di quanto chiedono gli evangelici, togliere la parola «principî», che potrebbe prestarsi a discussioni più teoriche; e lasciar soltanto «rito»: un limite occorre. Vi possono essere riti contrari al buon costume («stravaganti» dice in un suo emendamento l’onorevole Nobile); si è accennato ai nudisti, ai tremolanti, alla setta russa degli eviratori, che predica il sacrificio di Origene. Vi saranno o no in Italia, e comunque deciderà volta per volta lo Stato, se il buon costume sia o no offeso; ma non può dar senz’altro via libera.
Le questioni più vive ed ardenti sorgono per aggiunte che si inseriscono, per così dire, fra il vecchio ed il nuovo; ed hanno diritto di essere prese in esame. Si tratta di aggiungere che: «tutte le confessioni religiose sono uguali di fronte alla legge». L’espressione «tutte» era stata fin dalla prima discussione avanzata dall’onorevole Lucifero, in luogo alle «altre» che aveva un senso, quando era collegata alle altre disposizioni dell’articolo 7 sulla Chiesa cattolica; ma ora che è avvenuto il distacco, deve essere senza dubbio sostituita; alcuni propongono «tutte»; altri «le confessioni diverse dalla cattolica». Con quest’ultima dizione si elimina il punto vero del dibattito; che vede, invece, con la formula Lucifero «tutte», implicarvi la questione dell’eguaglianza fra la religione cattolica e le minori confessioni.
Riferisco obiettivamente gli argomenti pro e contro. La tesi che propone «l’eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge», svolta in seno alla Commissione dall’onorevole Lucifero, e ripresa stamani dagli onorevoli Laconi ed altri, è questa: quando si è stabilito che i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato siano regolati dal Concordato – e precisamente dai Patti lateranensi – si sono regolati i rapporti colla Chiesa cattolica, non colla religione cattolica, si sono regolati rapporti dell’ordinamento dello Stato con un altro ordinamento che ha profilo politico ed internazionale; non con la religione in sé stessa, possiamo quindi (così sostengono) mettere l’affermazione della «eguaglianza di tutte le confessioni religiose»; che, se fosse tolto, sottolineerebbe il carattere confessionale, che gli stessi cattolici negano allo Stato italiano.
Obiezioni fatte dall’altra parte: dopo che si è parlato ad un certo momento della Chiesa cattolica, dandole una speciale posizione, non si può dichiarare una formale eguaglianza; del resto un alto spirito laico, il Ruffini, diceva che non può considerarsi alla stessa stregua il cattolicesimo e l’esercito della salute.
La corrente che si oppone alla proclamazione dell’eguaglianza intende chiarire il suo pensiero: «Noi rispettiamo la libertà religiosa degli appartenenti a qualunque confessione, nel senso che sono eguali di fronte alla legge. Ma questo è già detto nell’articolo 3: «I cittadini, a qualunque religione appartengano, sono eguali di fronte alla legge». Quando si tratta di eguaglianza delle Chiese – e questo è stato l’argomento svolto, soprattutto dall’onorevole Dossetti – vi sono differenze tecniche. Non può un ordinamento religioso dirsi perfettamente eguale all’altro, poiché fra di loro, ci sono differenze, dipendenti dalla loro struttura e da ragioni storiche. «Quindi – dice Dossetti – quell’affermazione non avrebbe nessun valore tecnico o avrebbe valore politico, che respingiamo».
Ecco il dissenso: la Commissione ne prende atto e vi riferisce.
Spetta ora a voi decidere. Mi auguro – vorrei dire, sono sicuro – che, se non la formula dell’eguaglianza delle confessioni, trovi posto nella nostra Costituzione il principio della eguale libertà, così che sia tranquillizzata e sodisfatta l’opinione pubblica degli altri Paesi, che attende un giusto riconoscimento anche delle religioni minori.
PRESIDENTE. Sono stati presentati altri emendamenti che, data la delicatezza della materia, ritengo opportuno porre in discussione.
Gli onorevoli Cappi e Gronchi hanno proposto di modificare il comma che si viene ad aggiungere all’articolo 14, dopo la trasposizione dall’articolo 7, come segue:
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge».
L’onorevole Cappi ha facoltà di svolgerlo.
CAPPI. Vorrei che mi si credesse quando affermo che dirò una parola schietta a tutti i colleghi dell’Assemblea: mi sembra che sia una mala sorte della politica italiana degli ultimi decenni (che è spiegabile con le note situazioni passate, storiche e politiche, che furono superate di fatto il 20 settembre 1870 e furono superate anche di diritto 1’11 febbraio 1929), mala sorte che in Italia (la quale, o per indifferentismo religioso o per una superiore civile tolleranza religiosa non ebbe guerre di religione) la materia ecclesiastica, la materia dei rapporti fra Stato e Chiesa, sia delicata, e qualche volta addirittura esplosiva.
Voi potete credere che chi vi parla, come pure la totalità degli amici democristiani di quest’Aula, è decisamente fautore della più ampia libertà religiosa.
Chi vi parla frequentò dall’asilo in poi le scuole pubbliche e fu educato in questo clima di libertà. Per essere, però, sincero, devo dire che ho talora incontrato negli insegnanti della scuola pubblica qualche cosa che si può definire un dogmatismo, se non un settarismo, laico.
Sarebbe desiderabile, nell’interesse di quella pace religiosa da tutti invocata, che non vi fossero dogmatismi o settarismi, né laici né religiosi.
Ora, veniamo al punto. L’onorevole Laconi ha proposto questo emendamento:
«Tutte le confessioni religiose sono uguali davanti alla legge». È un emendamento, è una formula che da noi non può essere accettata. Non può essere accettata perché può implicare, nella sua formulazione, una specie di giudizio nel merito, sul contenuto delle singole confessioni religiose: giudizio di parità che – voi lo comprendete – non solo i cattolici, ma neanche gli appartenenti ad altre confessioni religiose non possono ammettere, perché è impossibile che un credente di una data fede ammetta una parità con le altre fedi. (Commenti a sinistra). Né lo Stato ha competenza in ciò.
Voi mi dite: «davanti alla legge». Siamo schietti! Quello che preme e che dovrebbe premere principalmente a voi, se non avete secondi pensieri, è questo: che sia libero l’esercizio della confessione religiosa e sia libero con parità, tanto per quella religione che raccoglie nel suo seno la quasi totalità dei cittadini, quanto per quelle confessioni religiose che raccolgono una infima minoranza.
Questa è l’esigenza della libertà religiosa: che, cioè, qualunque confessione abbia la possibilità di esercitare liberamente su un piede di uguaglianza con le altre la propria religione.
Cosa si può pretendere di più per rispondere ad una esigenza di libertà e di tolleranza religiosa?
Questo desidererei che gli avversari mi spiegassero.
Quando noi diciamo all’articolo 15 che: «Il carattere ecclesiastico ed il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative»; quando, in un altro articolo, è sancita la piena libertà del culto e della propaganda religiosa, pare proprio, a noi, che evocare fantasmi di intolleranza e di oppressione religiosa sia assolutamente fuori luogo.
Se volessi aggiungere qualche considerazione di opportunità a queste considerazioni di ordine teorico, non dovrei che ripetere quanto, con parola alata e commossa, disse in quest’Aula pochi giorni fa l’onorevole Calamandrei, quando ricordò le benemerenze della Chiesa cattolica nel periodo dell’oppressione nazi-fascista; benemerenze, badate, onorevoli colleghi, non ispirate soltanto ad un principio di umanità, non benemerenze del povero parroco di campagna o del guardiano di un convento che diede asilo ai perseguitati, ma benemerenze della Chiesa cattolica in consapevole difesa di un principio di libertà civile e religiosa.
Io vi potrei citare anche una testimonianza dell’Einstein, il grande scienziato israelita, il quale disse che nell’ultimo ventennio grandi forze dello spirito, come le università, come la stampa, fallirono, piegarono di fronte all’oppressione nazi-fascista: la sola istituzione che non piegò fu quella della Chiesa cattolica. (Commenti a sinistra).
Una voce a sinistra. Siamo fuori di strada.
CAPPI. Queste vostre interruzioni non vorrei, onorevoli colleghi, dessero ragione a me quando parlavo di un certo dogmatismo laico.
Ad ogni modo, noi su questo emendamento ci batteremo; che, cioè, le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge, perché questo – e il giudizio di qualsiasi uomo sereno non può essere diverso – garantisce in pieno la libertà di tutte le confessioni religiose. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha proposto di sostituire le parole: «Tutte le confessioni religiose» con le altre: «Anche le confessioni religiose non cattoliche».
CAROLEO. Dopo quello che ha detto l’onorevole Cappi, ritiro il mio emendamento e aderisco all’emendamento Cappi-Gronchi. (Approvazioni al centro).
PRESIDENTE. Sta bene. Gli onorevoli Binni, Pajetta Giancarlo, La Rocca, Basso, Nobili Tito Oro, Cianca, Laconi, De Michelis, Giua, Pieri, Tonello e altri, hanno presentato un testo unitario dei loro emendamenti, così formulato:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purché non si tratti di riti contrari all’ordinamento giuridico dello Stato.
«Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge.
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, ed i loro rapporti con lo Stato sono regolati, per legge, mediante intese con le rispettive rappresentanze».
LACONI. Chiedo di poter illustrare l’emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Non ho che da richiamarmi a quanto ho esposto questa mattina. In sostanza, il contenuto essenziale del mio emendamento, come di quelli dell’onorevole Cianca, dell’onorevole Basso ed altri, si ritrova nell’emendamento che abbiamo ora, di comune accordo e con un maggiore apporto di adesione, presentato.
Il Presidente Ruini ha, poco fa, esposto il movente che ha portato a quest’ultima formulazione, ed io non mi soffermerò su questo punto. Voglio soltanto accennare ad un argomento che è stato, sia pure di sfuggita, avanzato dall’onorevole Caroleo, il quale diceva che quando noi abbiamo, nell’articolo 7, stabilito una posizione particolare per la Chiesa cattolica, abbiamo con ciò stesso esclusa l’eguaglianza delle diverse confessioni religiose. All’onorevole Caroleo, io ripeto quello che ho detto stamani in quest’aula, che in questa particolare sede e con questa particolare formulazione non si intende più ritornare sulla questione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, come entità giuridica, come un’organizzazione particolare. Qui si vuole, invece, stabilire la condizione delle diverse confessioni religiose nel loro momento pre-giuridico, preorganizzativo, rispetto allo Stato. Questo soltanto. Ed è quindi una questione del tutto diversa ed in sede appropriata.
Vero è che altra obiezione è stata avanzata, in questo momento, dall’onorevole Cappi. Io non so per quale ragione, l’onorevole Cappi voglia vedere una intenzione così sottile e malevola dove non c’è, voglia richiamarsi a tendenze e preoccupazioni che non vi sono da parte nostra. Io parlo in nome di un Gruppo che ha votato per l’articolo 7. Evidentemente, le preoccupazioni da cui moviamo in questo momento sono forse le stesse da cui movevamo allora, ma non sono certo preoccupazioni che si indirizzano contro la Chiesa cattolica. Non ve ne sarebbe ragione. Noi qui non ci troviamo a regolare i rapporti fra Stato e Chiesa, ma ci troviamo a regolare i rapporti fra Stato e confessioni religiose nella loro generalità, e anzi mi sorprende un atteggiamento come quello dell’onorevole Cappi. Non so perché egli abbia voluto fare quella strana affermazione che, escludendo l’eguaglianza delle diverse confessioni, si verrebbe ad introdurre una sorta di valutazione di merito sul contenuto di esse. Ciò significherebbe che, affermando l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, si viene anche a stabilire ed introdurre una determinata valutazione circa la capacità intellettuale dei diversi cittadini. Non credo che si possa supporre una intenzione di questo genere. Faccio, del resto, notare all’onorevole Cappi che qui non di religione si parla. Comprenderei la sua eccezione se qui si dicesse che tutte le religioni sono eguali di fronte allo Stato italiano. Potrebbe trovarsi in una formula di questo genere una illegittima intromissione dello Stato italiano nella valutazione di questioni che sono al di fuori dei suoi interessi e della sua competenza. Ma qui non di religioni si parla, non di fedi religiose, si parla di confessioni religiose e ci si riferisce a quegli atti di adesione e di riconoscimento per cui cittadini dello Stato italiano aderiscono ad una determinata religione; e questa è un’altra cosa. È soltanto in questo momento che lo Stato interviene per regolare i suoi rapporti e, constatando che esistono queste confessioni religiose che variamente raggruppano i suoi cittadini, ne riconosce l’eguaglianza in se stesse.
D’altra parte, non credo che a questo punto sarebbe necessaria ed utile una riaffermazione della libertà. La libertà delle confessioni religiose è in altra parte e l’abbiamo già approvata. Io direi che qui si tratta di altro, di stabilire non la libertà delle confessioni religiose nei confronti dello Stato, ma l’indipendenza dello Stato nei confronti delle confessioni religiose, e cioè la aconfessionalità dello Stato. In questo senso questa affermazione ha un valore. Mutando la formulazione in quella particolare forma che l’onorevole Cappi propone, mi pare che l’affermazione sarebbe completamente svuotata di significato e inaccettabile per tutti coloro che qui intendono fare un’affermazione della aconfessionalità dello Stato.
Altra questione è quella sollevata dall’onorevole Dossetti, cioè l’eccezione che egli ha fatto circa il diritto da parte nostra di presentare determinate modificazioni. Io voglio far notare che per quanto riguarda l’«ove sia richiesto» è soppresso nell’emendamento che noi abbiamo presentato con l’onorevole Cianca. Figurava nell’emendamento che io presentai, ma è stato di comune accordo eliminato, e l’eccezione dell’onorevole Dossetti, a questo proposito, cade.
Cade anche per la seconda questione, cioè per quanto riguarda il richiamo all’ordinamento giuridico dello Stato, in quanto, in realtà, noi non abbiamo soppresso il richiamo all’ordinamento giuridico dello Stato, ma lo abbiamo trasferito nel primo comma dello stesso articolo, e penso che in sede di coordinamento siamo pienamente nel diritto di far questo.
Vorrei, come ultima questione, accennare al fatto che da qualche parte si è sollevata un’eccezione per quanto riguarda la formula: «i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge». Qualcuno mi faceva notare che questo verrebbe a stabilire un obbligo da parte dello Stato a regolare per legge i suoi rapporti con le diverse confessioni religiose. Credo di interpretare il pensiero degli altri proponenti dicendo che noi non avremo nessuna difficoltà ad aggiungere sono regolati «se del caso», o sostituire un «possono» al «sono», in modo che sia lasciata la facoltà allo Stato di intervenire in questa materia senza fargliene un obbligo.
PRESIDENTE. L’onorevole Labriola ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:
«Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a credenze religiose».
L’onorevole Labriola ha facoltà di svolgerlo.
LABRIOLA. Nell’articolo 16 del progetto in esame si parla di credenze religiose, di fede religiosa e di Chiese di vario genere, ma non vi è nessun cenno dell’esistenza di organizzazioni dette «del libero pensiero», o che prendono un nome analogo. Dette organizzazioni non hanno a che vedere con le Chiese, sia pure del più vario tipo.
Si potrebbe sostenere che con l’articolo 16 dello stesso progetto di Costituzione, il caso di queste libere organizzazioni sia stato riconosciuto, poiché si parla del fatto che i cittadini hanno piena libertà di esprimere il loro pensiero. Si potrebbe anche aggiungere che, essendo stato riconosciuto coll’articolo 13 il diritto di libera associazione di tutti i cittadini, si è implicitamente ammessa la legalità delle organizzazioni le quali possono diffondere un pensiero come quello definito libero.
Tuttavia, poiché così a lungo si è discusso intorno alle singole confessioni e si è parlato delle varie Chiese cristiane, io trovo naturale e giusto che proprio in questa sede di discussione il discorso cada su quelle organizzazioni le quali non possono considerarsi come professanti opinioni mistiche o trascendenti. Aggiungo che, quando io propongo si tenga conto dell’esistenza di queste organizzazioni, di questi aggruppamenti, e delle opinioni relative, non faccio opera di opposizione alle confessioni e alle dottrine religiose dichiarate. Potrei essere un cattolico, e proporre questo articolo; potrei essere un evangelico o un israelita, e proporre appunto l’articolo medesimo. Mi preoccupo del fatto che, tacendo degli aggruppamenti laicistici e del libero pensiero, voi lasciate aperto il campo alla possibilità che domani un Governo, quale esso sia, possa interdire il diffondersi di un’opinione non confessionale. Vi sono uomini, vi sono nuclei, vi sono organizzazioni, che non sanno collocarsi in una dottrina religiosa determinata, e io chiedo per essi il diritto di organizzarsi e far propaganda. Del resto e di passaggio, alcuni hanno assunto che anche l’ateismo può essere una religione; Hebbel era un ateo e si proclamava un credente, Spengler diceva appunto che anche l’ateismo possa essere una religione. Ma smettiamo di teologizzare.
Tuttavia, non è di ciò che io parlo; constato il fatto dell’esistenza di uomini, per i quali il pensiero laico od estraneo ai culti ha un valore assoluto, e dell’esistenza nel nostro Paese di organizzazioni le quali si propongono una critica del pensiero religioso in quanto sia concretato nelle forme di una fede, di un catechismo, di una dottrina. Il negare l’esistenza di queste correnti sarebbe negare la pura verità.
Constato che noi non abbiamo una statistica delle opinioni religiose del nostro Paese; l’ultima statistica a tale proposito mi pare sia quella che risulta dal censimento del 1912. Già io dissi che nel 1922, allorché si trattò di compilare il formulario del nuovo censimento, ogni cosa fu messa in opera perché il quesito relativo alle religioni non venisse considerato nella formula stessa. Quando ci riferiamo al censimento del 1912, troviamo indicato un gruppo di persone – senza confessioni, direbbero i tedeschi – rilevantissimo. Se non ricordo male, superava il milione.
Non so che cosa sia accaduto dal 1922 ai nostri giorni. Suppongo che le persone estranee ai culti siano diventate un tantino più numerose. Si parla molto degli israeliti, e per il rispetto che si deve al loro culto se ne parli finché si vuole; ma, in realtà, secondo la statistica del 1912, non si tratterebbe che di 60 mila persone; ora il preoccuparsi di 60 mila persone è cosa certamente egregia; ma l’occuparsi di opinioni che riguardano più di un milione di persone è cosa assai più importante e che non si può assolutamente trascurare.
Io vi ripeto ancora una volta che, a furia di voler sottilizzare, si potrebbe anche trovare che la propaganda di un pensiero puramente laico, di un pensiero estraneo a credenze positive, sia ammesso nell’articolo 16 del progetto di Costituzione e che nell’articolo 13 sia ammessa la loro libertà di organizzazione; ma io penso che sia meglio dichiarare esplicitamente – come si fa per i cattolici, i protestanti e gli israeliti – che i liberi pensatori non sono proscritti dalla nostra Costituzione. È una buona misura di precauzione.
Se infatti il Governo interdicesse domani la professione di un pensiero estraneo ad ogni culto positivo ed a qualsiasi credenza religiosa, potrebbe farlo – esagerando un poco, questo è vero – perché con l’articolo 7 o 5 del nostro progetto di Costituzione noi siamo legati ai Patti lateranensi. Questa mi parve allora, ed io lo dissi, cosa pericolosissima per tutti. Ci saremmo potuti trovare, come oggi ci troviamo, dinanzi al fatto che in determinati casi, quei Patti rappresentano un inutile ostacolo. Il resto lo vedremo quando si parlerà del divorzio… E quante difficoltà essi non potrebbero crearci per cose di minor conto!
Ricorderò ancora una volta che, per effetto dei Patti lateranensi, all’articolo 5 del concordato col Vaticano, l’Italia è tenuta ad escludere dall’insegnamento gli apostati, le persone che siano state colpite da una censura ecclesiastica. Il Buonaiuti non potrebbe mai più insegnare in Italia; eppure un ministro monarchico italiano, il Baccelli, volle in piena monarchia nominare l’Ardigò professore di filosofia nelle nostre università, e l’Ardigò, oltre ad essere l’unico grande filosofo italiano moderno che io conosca, era appunto un ecclesiastico «apostata», e anche il Renan, se per caso fosse venuto in Italia, non avrebbe potuto insegnare.
Perciò appunto può avere la sua importanza pratica che per coloro i quali non appartengono a culti generalmente riconosciuti, sia non solo ammessa la parità dei diritti con tutti gli altri italiani, ma la possibilità di far piena propaganda delle loro idee.
Domani un Governo, il quale lo volesse, potrebbe interdire le associazioni del libero pensiero, e bisogna impedire questa possibilità, per la democrazia e per la civiltà italiana.
Io non sono qui a fare l’apologista di nessuna fede che sia in contrasto con l’opinione degli altri: faccio una riserva a favore della libertà per tutti. Questa parola «libertà» è ripetuta sovente in quest’Assemblea; eppure accade che non sempre siamo disposti a trarne tutte le conseguenze. C’è sempre una riserva mentale a detrimento di qualcheduno.
Richiamo l’attenzione dei colleghi sul fatto che nell’articolo 16 non si parla che di una generica libertà di opinione, ma si potrebbe sostenere per il fatto che i Patti lateranensi sono inclusi nella nostra Costituzione, che alle organizzazioni che siano espressione del libero pensiero non sia lasciata la stessa libertà che agli altri cittadini. Per riservare a questi cittadini, ai quali appartengo io stesso, la libertà di fare la propaganda del loro pensiero, estranea ai culti positivi, ho proposto il mio emendamento o la mia aggiunta e potremmo consigliare a questi miei colleghi di destra dell’Assemblea Costituente, proprio socialisti e comunisti, di non rigettare la mia aggiunta e fare in modo che un gruppo notevole di cittadini possa affermare il diritto della propria opinione, ad ottenere il loro riconoscimento.
Noi abbiamo un’esperienza tale del passato che non ci permette di pensare che il passato non possa ritornare. Non dobbiamo dimenticare le lezioni del passato. La libertà di coscienza è cosa gravissima ed importantissima anche per coloro che non professano nessun culto riconosciuto. (Applausi).
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ruini ad esprimere il suo avviso sopra questi ultimi emendamenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Pregherei di consentire una interruzione di pochi minuti perché, raccogliendo insieme i presentatori degli ordini del giorno, si veda fino a che punto è possibile mettersi d’accordo. La Commissione ha per regolamento il diritto di chiedere 24 ore di sospensione per esaminare gli emendamenti; chiediamo dieci minuti.
PRESIDENTE. Accedo alla richiesta del Presidente della Commissione.
La seduta sospesa alle 17.20, è ripresa alle 17.40.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo comunicare all’Assemblea che, in seguito ad uno scambio di vedute con i presentatori degli emendamenti, si è realizzato un accordo parziale, un accordo cioè sulle altre parti dell’ordine del giorno, tranne per un contrasto che non è stato possibile superare: la questione dell’eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge.
Accantonando tale questione, leggerò, il testo sul quale si è verificata l’unanimità dei presentatori di emendamenti sul primo comma: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto»; e fin qui si era già tutti d’accordo; l’accordo si estende ora anche all’ultima frase: «purché non si tratti di riti contrari al buon costume».
I colleghi che avevano poi proposto di mettere qui «ordinamento giuridico» togliendolo dall’ultimo comma, hanno riconosciuto che potrebbe essere pericoloso, perché lo Stato, emanando norme legislative di volta in volta, limiterebbe la libertà dei culti, più che rimettendosi al criterio obbiettivo del buon costume.
Unanimità vi è pure stata su ciò che sarà il terzo comma:
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica» (testo Cianca) «hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano». Qui è necessario parlare di ordinamento giuridico, perché si tratta di intese fra due ordinamenti; e del resto vi è già una decisione dell’Assemblea. Come pure vi è sul successivo ed ultimo periodo, che viene ritoccato solo formalmente, nel senso richiesto dalle Chiese evangeliche; e con la espressa dichiarazione (che a nome della Commissione ripeto) che non è necessario avvenga la regolazione per legge; e che nei riguardi degli israeliti potrà essere accolto il loro desiderio di non far luogo a legge regolatrice.
Proporrei che tutti i presentatori, ritirando i loro emendamenti, si associassero a questo testo, di cui poi si votassero le due parti.
In quanto al secondo comma, non essendo stata possibile una intesa, deciderà la maggioranza sulle proposte presentate. La Commissione non poteva far altro: agevolare i consensi, semplificare e precisare i dissensi.
LABRIOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LABRIOLA. La mia aggiunta ha valore di per sé. Chiederò che sia messa in votazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Poiché il testo di cui ha già dato lettura l’onorevole Ruini è un testo concordato, devo ritenere che i presentatori dei vari emendamenti abbiano acceduto a tale formulazione. Passiamo pertanto alla votazione, del primo comma che rileggo:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».
DELLA SETA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DELLA SETA. Sull’articolo 14 ebbi già occasione di esprimere il mio modesto giudizio, in sede di discussione generale del titolo primo.
In sede di votazione, non posso ancora una volta non rilevare che la libertà religiosa, per quanto esplicitamente riconosciuta e sancita nell’articolo 14, non armonizza coll’articolo 7, cioè con i Patti lateranensi, inseriti nella Costituzione stessa.
Non posso non rilevare che l’ultimo inciso, sul quale tanto e tanto ormai abbiamo discusso, se venisse mantenuto, sarebbe, da un lato, poco rispettoso verso le minoranze religiose, e, dall’altro, si presterebbe ad un possibile arbitrio dell’autorità amministrativa o di polizia, per limitare quella libertà, religiosa, che nell’articolo stesso vuole essere affermata.
Sono stato in tutta la mia vita troppo difensore della libertà religiosa, perché io possa oggi votare contro, sia contro l’articolo 14, come è stato formulato nel testo, sia contro tutti gli emendamenti presentati.
Quindi, non voterò contro; ma mi asterrò, dando alla mia astensione il significato di una constatazione storica. Constato che, nella prima Costituzione dello Stato repubblicano – una volta conferito a questo il carattere della confessionalità – non ha potuto essere sancito quel principio della libertà di coscienza che, nel rispetto di tutte le fedi, è il dettato della coscienza moderna, è il portato della moderna scienza giuridica.
Esprimo l’augurio che, nella evoluzione, lenta, ma ineluttabile, delle istituzioni repubblicane, questo principio della libertà di coscienza, nel rispetto di tutte le fedi, possa una volta per sempre essere solennemente, esplicitamente ed integralmente riconosciuto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 14 nel testo già letto.
(È approvato).
Passiamo alla votazione del terzo comma:
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino coll’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive rappresentanze».
(È approvato).
Dobbiamo ora passare alla votazione del secondo comma, sui quale non si è raggiunta un’intesa:
«Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge».
Su di esso sono state presentate due richieste di votazione per appello nominale. La prima è firmata dagli onorevoli Cevolotto, Lombardi, Filippini, Foa, Zanardi, Binni, Di Gloria, Cianca, Canevari, Preti, Labriola, Schiavetti, Bassano, Carboni, Rossi Paolo, Carmagnola, Luisetti, Chiaramello; la seconda è firmata dagli onorevoli Andreotti, Tozzi Condivi, Recca, Cremaschi, Dominedò, Turco, Castelli Avolio, Valenti, Ferrarese, Leone Giovanni, De Caro, Castelli, Coppi, Salizzoni, Bianchini Laura, Fabriani, Taviani, Fanfani, Ferrario Celestino, Sampietro, Marzarotto.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. Non a nome della Commissione, ma a nome di uno che ha seguito i lavori della prima Sottocommissione, vorrei ricordare all’Assemblea, in questo momento in cui ci accingiamo a votare questo secondo comma dell’articolo, se non sia il caso di conservare quella unanimità che ci ha spinto ad approvare i due primi comma e a sopprimere questa parte. Vi sembrerà strana questa mia proposta, ma io voglio soltanto farvi considerare questo: noi abbiamo approvato due parti dell’articolo; con la prima abbiamo affermato la libertà di coscienza e di culto: manifestazione solenne di questa libertà, che è una delle più grandi conquiste dello spirito umano.
Con la seconda parte, che viene qui per trasferimento, abbiamo regolati i rapporti fra Stato e Chiese. Questi rapporti erano compresi, secondo la Commissione, nell’articolo 5, divenuto poi articolo 7.
La proposta dell’onorevole Lucifero di trasferire questa parte dall’articolo 7 all’articolo che noi abbiamo votato, non può modificare l’economia che dal punto di vista costituzionale la Commissione aveva concepito, ossia, stabilendo che i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica venivano regolati non in forma giurisdizionale, ossia per legge dello Stato, ma in forma concordataria, regolava per legge i rapporti tra lo Stato e le altre Chiese sulla base di preventive intese.
Il problema, quindi, trasferito in questo articolo, non è di libertà; già questo è stato assodato nel primo comma testé approvato, nel senso che ciascuno è libero della propria coscienza religiosa, non solo internamente, ma anche esteriormente, in tutte le manifestazioni del culto esterno, in cui si concretizza la libertà religiosa. Qui si tratta soltanto di regolare i rapporti tra l’ordinamento giuridico dello Stato e le singole Chiese. Ora, se ammettiamo che tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge, diciamo cosa diversa dell’articolo 7, con il quale si sono regolati i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa. Quindi se questo comma si deve approvare dobbiamo parlare delle altre Chiese, e non della Chiesa cattolica. Questa è l’esigenza tecnica dell’articolo.
D’altra parte, siccome votando l’ultimo comma abbiamo detto che le confessioni religiose hanno diritto di costituirsi secondo i propri statuti, che non possono essere identici, ma saranno diversi secondo l’organizzazione interiore delle Chiese stesse; e siccome abbiamo detto che i rapporti sono regolati per legge, secondo intese singole, non è più possibile concepire che sono tutte eguali, perché le leggi potranno essere diverse regolando questi diversi rapporti. Mi pare che qui usciamo fuori dalla direttiva giuridica tenuta; e finiamo per creare un precetto oscuro che o non significa niente o modifica le disposizioni già votate.
Io, quindi, voglio domandare a voi, alla vostra coscienza, se non ritenete che questa sia una votazione equivoca che non corrisponde allo spirito di chiarezza che deve avere ogni norma costituzionale.
Quindi, io proporrei la soppressione di questo comma.
PRESIDENTE. Dovrei porre in votazione la proposta formale dell’onorevole Grassi di soppressione del secondo comma.
CEVOLOTTO. Domando che la richiesta di votazione per appello nominale, già fatta per il secondo comma, sia estesa alla proposta dell’onorevole Grassi. (Commenti).
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. Avevo fatto questa proposta di soppressione con lo scopo di raggiungere la finalità di una votazione unanime da parte dell’Assemblea. Ma, dal momento che su questa questione si domanda l’appello nominale, io, per non complicare la soluzione, ritiro la mia proposta.
PRESIDENTE. Dobbiamo, quindi, passare alla votazione del secondo comma proposto.
DOSSETTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Dichiaro di votare contro – come, del resto, era prevedibile – alla proposta del secondo comma, con questo intendimento: che né io né i miei amici vogliamo rinnegare l’esigenza che ha indotto alcuni colleghi a presentare questo emendamento.
Se ho bene inteso, l’esigenza si può sostanzialmente esprimere così: si vuole assicurare che la libertà e l’uguaglianza di tutti i cittadini, a qualunque confessione appartengano, sia garantita non soltanto per essi in quanto cittadini singoli, professanti una determinata fede religiosa, ma in quanto anche membri di una determinata forma sociale, in cui si concreta e si esprime quella fede religiosa.
Ora, questa esigenza – a nostro giudizio – era espressa con tutta schiettezza, categoricità e lealtà non solo dalla norma dell’articolo 14, nella quale si parla di uguaglianza e libertà religiosa in qualsiasi forma sia individuale sia associata, ma ancor più dalla norma dell’articolo 15 successivo, sulla quale è da lamentare che molti colleghi non abbiano portato la loro attenzione.
Questa norma, in tutta la sua estensione, ha una portata categorica che vuole esprimere in termini più corretti e più precisi tecnicamente la suddetta esigenza specifica, che, io voglio ancora sperare, sia l’unico motivo che induce i colleghi a presentare l’emendamento.
Infatti, nell’articolo 15 si dice: «Il carattere ecclesiastico ed il fine di religione e di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, ecc., per ogni sua forma di attività». Un principio che ha una portata così ampia, non mi pare possa essere espresso che attraverso queste precise determinazioni tecniche. Invece, la formulazione che ora ci viene proposta, oltre che avere la portata tecnica già compresa nelle attuali espressioni dell’articolo 14 e 15, sembrerebbe, specialmente nell’interpretazione data da alcuni colleghi durante questa discussione, assumere in più un significato politico che è estraneo alla portata tecnica della dichiarazione stessa. Sembra così atteggiarsi quasi ad un tentativo di svuotamento e di riduzione del consenso da alcuni dato alla norma dell’articolo 7, od essere, invece, per altri, la manifestazione della coerenza della loro opposizione alla norma posta nell’articolo 7.
E questa supposizione di una interpretazione politica, che altera il significato tecnico della portata dell’emendamento proposto, che lo snatura e lo rende quindi incompatibile col sistema già deliberato, questa supposizione trae fondamento e si avvalora per quella singolarissima insinuazione di nuove dottrine ecclesiasticistiche, che stamani abbiamo sentito farci dall’onorevole Laconi. Questi, con qualcosa che è certamente molto originale, ma è per questo anche disorientante, è venuto ad insegnarci che si può distinguere fra Chiese e confessioni religiose, e si può quindi dire che la norma in questione, la norma cioè che viene proposta, con questo emendamento, è perfettamente compatibile con la norma dell’articolo 7, e, quindi, col consenso dato all’articolo 7, in quanto nell’articolo 7 si veda la Chiesa cattolica, mentre questa norma non sarebbe perfettamente compatibile, in quanto nell’articolo 7 si veda non più la Chiesa cattolica, ma la confessione cattolica.
Per queste ragioni, dunque, e perché riteniamo che l’esatta portata tecnica dell’emendamento proposto sia già sodisfatta, e dall’articolo 14, e, ancor più, dall’articolo 15; e perché riteniamo che un’eventuale aberrante interpretazione, cui l’emendamento facilmente si presta in sede politica, snaturerebbe il sistema che si è già da alcuni tanto formalmente approvato, dichiariamo di votare contro l’emendamento proposto. (Applausi al centro).
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Io, naturalmente, voterò a favore del capoverso che è stato proposto, e non soltanto per le ragioni che ha detto stamattina, così bene, l’onorevole Laconi, ma anche per un’altra ragione che viene incontro proprio a quello che diceva ora l’onorevole Dossetti. Questi diceva: «Noi abbiamo già espresso il concetto che voi volete affermare più fortemente. Perché volete questa accentuazione?». Il perché lo dicemmo già quando discutemmo in seno alla Sottocommissione. Anche allora io osservai: badate, che se la formula, che poi è stata adottata nell’articolo 7, passa, allora sarà necessario rinforzare il concetto dell’uguaglianza di tutte le Chiese, della libertà assoluta di tutte le religioni, libertà che non vi è, se non vi è l’uguaglianza.
DOSSETTI. Perché non l’ha proposto in Sottocommissione?
CEVOLOTTO. Io avevo anzi proposto una formula molto più ampia, che del resto è stampata nei verbali della Sottocommissione.
DOSSETTI. La sua formula non ha niente a che vedere con questo problema.
CEVOLOTTO. Nella mia relazione, lo avevo detto in tutti i modi. Allora avevo osservato anche questo: che l’esperienza storica dimostra la necessità dell’affermazione che noi proponiamo, perché l’Assemblea ha richiamato i Patti lateranensi nella Costituzione (e va bene o, secondo me, va male; ma insomma, va bene perché l’ha voluto la maggioranza), ma quando vigevano i Patti lateranensi, nel brutto tempo del fascismo, vigeva anche una legge che, in sostanza, dava formalmente la libertà ai culti ammessi, cioè ai culti diversi del culto cattolico. Eppure, questa libertà non c’è stata.
DOSSETTI. Con provvedimenti di polizia non c’è libertà che vada.
CEVOLOTTO. C’è stata una forma di persecuzione, specialmente contro i Valdesi.
Badate che io non l’attribuisco affatto, come i Valdesi credono, alla Chiesa cattolica; l’attribuisco all’esecutivo: la polizia, data l’affermazione di superiorità della Chiesa cattolica nel Trattato e nel Concordato lateranense, riteneva di dover considerare in fatto e in diritto deteriori tutte le altre religioni. Ora voi dite sinceramente che, inserendo i Patti lateranensi nella Costituzione, non avete voluto creare uno stato confessionale, né dare una supremazia di azione alla Chiesa cattolica a danno delle altre Chiese, e che volete affermare la libertà di tutti nella forma più ampia e più concreta. Allora, per evitare quelle deformazioni da parte dell’esecutivo che ci sono state in questi anni, è necessaria un’affermazione la quale tolga ogni dubbio ed è l’affermazione che noi intendiamo di fare votando il capoverso che abbiamo proposto.
Noi non ci proponiamo con questo di voler dire – e sarebbe una stupidaggine – che tutte le religioni devono essere regolate nello stesso modo. Sono fenomeni di estensione differente, di contenuto differente, che hanno una storia e un’organizzazione diverse; e infatti noi diciamo che saranno regolate diversamente. Ma, appunto perché non si abbia, in queste diverse organizzazioni legislative e nella esecuzione, una violazione della libertà, è indispensabile una netta dichiarazione di principio che metta concettualmente tutte le religioni alla pari, come tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge, anche se lo stato personale dei singoli uomini è regolato diversamente, a seconda della loro professione, della loro attività, della loro posizione.
Questo vogliamo affermare e vogliamo così affermare una necessità storica che è stata dimostrata dall’esperienza di questi anni. Poiché voi desiderate che vi sia un’ampia libertà religiosa per tutti, poiché voi, democratici cristiani, domandate che questa libertà sia riconosciuta, come noi, non dovreste opporvi alla nostra formula; perché non penso neanche lontanamente che le vostre parole non siano sincere e che sotto alla vostra adesione alla parità religiosa e alla libertà di culto per tutti si celi un pensiero reticente che vagheggi l’attribuzione di una superiorità alla Chiesa cattolica a detrimento delle altre religioni. Questo vogliamo evitare e riteniamo necessario, per evitarlo, che la formula da noi proposta venga votata. (Applausi a sinistra).
CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIANCA. L’onorevole Grassi, quando ha accennato alla sua proposta, la quale tendeva in realtà a sopprimere il comma che stiamo discutendo, ha detto che bisognava evitare equivoci. A mio giudizio, l’equivoco sarebbe consistito in una unanimità la quale non poteva essere assolutamente sincera. Noi stiamo assumendo in questo momento una precisa responsabilità e dobbiamo dire le ragioni per le quali, manteniamo un atteggiamento che non risponde affatto – caro collega Cappi – a una preoccupazione di dogmatismo laico. Noi potremmo anche consentire nella impostazione che il collega Dossetti ha fatto quando ha spiegato i motivi per i quali egli è contrario al nostro ordine del giorno. Egli ha detto: ma le vostre esigenze sono garantite dalle disposizioni contenute nell’articolo successivo, e da quelle contenute in altri articoli. Uscendo anche qui dall’equivoco, caro collega Dossetti, io mi domando, perché voi vogliate ripudiare una affermazione di principio, dalla quale discendono logicamente proprio quelle disposizioni che sono contenute negli articoli a cui ella si è riferito. Quali sono le ragioni per cui voi respingete il principio che, viceversa, affermate di voler consacrare in disposizioni concrete?
Noi per questo vogliamo che venga messo ai voti per appello nominale il nostro emendamento.
Il collega Cappi ha accennato a motivi di opportunità. Io penso che questi motivi appartengono ad uno stile politico che deve essere estraneo al nostro spirito, di fronte a problemi di tanta importanza. Alle ragioni di opportunità che l’onorevole Cappi ha accennato, io potrei opporre altre ragioni di opportunità; ma me ne dispenso. E non è neppure il caso di ricordare, come l’onorevole Cappi ha fatto, le benemerenze della Chiesa cattolica. Questo non è un motivo che possa determinare il nostro atteggiamento di fronte alle responsabilità che ci spettano. Noi rispondiamo di fronte alla nostra coscienza, di fronte a quello che per noi è il principio della libertà e dell’eguaglianza. Siamo fedeli all’osservanza di questo principio, e soltanto ad essa, quando, ripudiando la concezione dello Stato confessionale, vogliamo che l’Assemblea Costituente della Repubblica italiana affermi l’eguaglianza di tutte le fedi religiose davanti alla legge. (Applausi).
CRISPO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPO. Vorrei fare qualche osservazione di carattere rigorosamente giuridico, per rendere ragione del mio voto.
PRESIDENTE. Onorevole Crispo, le faccio presente che siamo in sede di dichiarazione di voto; non si tratta, quindi, di considerazioni di carattere giuridico.
CRISPO. Sì, di carattere giuridico per giustificare il voto favorevole che io darò all’emendamento Cianca.
PRESIDENTE. Rammento solo, per tutti coloro che faranno dichiarazioni di voto, che la dichiarazione di voto è una succinta spiegazione del proprio voto. La faccia, onorevole Crispo.
CRISPO. A me sembra, contrariamente all’opinione espressa dall’onorevole Dossetti, che il contenuto dell’emendamento Cianca non sia compreso nell’articolo 14, né nell’articolo 15. Ond’è che l’onorevole Dossetti potrebbe essere d’accordo con me, se quel che io assumo risponde esattamente all’interpretazione e dell’articolo 14 e dell’articolo 15.
L’articolo 14 contempla il diritto dei singoli come tali, o dei singoli in quanto pensino di riunirsi in più persone per professare un determinato culto, una determinata fede religiosa. Difatti, l’articolo 14 stabilisce: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma individuale o associata», «forma associata» è in rapporto alla forma individuale; individuo, cioè, e pluralità di persone che si riuniscono per professare il loro culto, e farne propaganda. Il concetto non si identifica, adunque, con quello di chiesa o di organizzazione religiosa, o di confessione religiosa, che, per me, è assolutamente diverso e distinto.
Né mi pare – ed ho finito – che sia contenuto l’emendamento nell’articolo 15, in quanto l’articolo 15 stabilisce che il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di un’associazione o di una istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni o di speciali gravami fiscali in rapporto alla sua costituzione, alla sua capacità giuridica e ad ogni forma di attività che sia in relazione con la detta capacità giuridica.
Noi diciamo, invece, che tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge, nel senso che la legge non può porre, comunque, restrizioni alle esplicazioni del contenuto religioso dell’associazione; onde, sotto questo aspetto e per questa interpretazione, io dichiaro di votare a favore.
BINNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BINNI. Dichiaro di associarmi alle osservazioni fatte dagli onorevoli colleghi che hanno parlato dichiarando di votare a favore. Il nostro voto è la logica conseguenza del nostro atteggiamento generale, ed è anche la logica conseguenza delle dichiarazioni fatte da me questa mattina, e del nostro atteggiamento tenuto nel corso della discussione sull’articolo 7, quando dicemmo di preoccuparci del principio dell’eguaglianza delle fedi religiose.
È naturale, quindi, che anche oggi noi votiamo sinceramente e lealmente per questo principio fondamentale.
RUBILLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUBILLI. Parlo per dichiarazione di voto a nome mio ed a nome anche di parecchi amici e colleghi. Ho seguìto con grande attenzione tutto quanto il dibattito che si è svolto intorno alla questione di cui ci siamo occupati nella seduta antimeridiana e poi in quella pomeridiana; si è arrivati ad una quasi completa intesa, con votazione pressoché unanime, su quelli che sono i punti fondamentali della disposizione di legge di cui trattiamo.
C’è una divergenza soltanto su questo comma, divergenza che io e coloro, a nome dei quali parlo, non riusciamo in alcun modo a comprendere nella portata e nel significato vero che ad essa si vuol dare. Pare, infatti, che le due formule proposte dall’una e dall’altra parte siano completamente uguali.
E se si volesse, in certo modo, dal punto di vista grammaticale, sofisticare sulle due formule, si troverebbe, a parer mio, migliore per la libertà religiosa, ed anche dal punto di vista giuridico, quella proposta dalla parte democristiana che non l’altra. Le parole sono queste; la prima dice: «Tutte le professioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge». La seconda dice invece: «Tutte le professioni religiose sono uguali di fronte alla legge». Ora, «ugualmente libere» dice qualche cosa di più e di meglio che non dica la parola «uguali». (Applausi al centro – Commenti a sinistra).
Non si può d’altronde stabilire un’eguaglianza completa in ciò che nel fatto e nella realtà non è uguale, poiché è innegabile che una delle religioni, la cattolica, è in Italia di gran lunga preminente sulle altre.
Allora, appunto per questo, non comprendiamo il grande dibattito che si è svolto al riguardo tra due formule in sostanza accettabili questa mattina e nell’attuale seduta; vi deve essere, e vi è senza dubbio, dall’una all’altra parte, una divergenza ed un antagonismo di partito. Ma, noi siamo e vogliamo essere estranei a simili competizioni ed a simili manovre; quindi ci asteniamo dalla votazione. (Commenti).
LUCIFERO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Le mie parole possono essere una risposta a quanto ha detto or ora l’onorevole Rubilli. Io avrei anche potuto fare a meno di una dichiarazione di voto; prima di tutto, perché sono un poco il responsabile di questo dibattito, e non me ne pento, perché penso che in democrazia i dibattiti sono più utili dell’unanimità; e poi perché in quella sede ed in questa avevo già espresso chiaramente il mio pensiero.
Ma forse c’è qualche parola da dire, che forse nessuno ha voluto dire, ed è bene che sia detta.
Qui non si tratta soltanto di una questione di tecnica costituzionale. Abbiamo sentito interpretazioni varie di tecnica costituzionale, le une favorevoli ad una tesi, le altre favorevoli all’altra.
Mi riallaccio a quanto ebbe a dire l’onorevole Corbino in occasione della votazione sull’articolo 7.
Qui vi è una questione politica complementare alla votazione dell’articolo 7. Quando si votò l’articolo 7, ad un certo momento, non si votava più un articolo di Costituzione; per la procedura, per la quale si era arrivati a quel voto, per le discussioni che vi erano state, si era giunti al punto di votare non un articolo di Costituzione, ma di votare a favore o contro i Patti lateranensi. (Approvazioni).
Quindi ci siamo trovati, moltissimi di noi, a mettere la nostra riconferma a quella pace religiosa che i Patti lateranensi avevano consacrata in Italia.
Ed il nostro voto – sia stata errata o non errata la nostra interpretazione – il nostro voto è stato squisitamente e responsabilmente politico. Oggi la questione si pone di nuovo in termini politici. Qui non si vota una proposizione della Costituzione, qui si vota – sia giusta o errata la proposizione – sulla confessionalità dello Stato; perché questa è l’interpretazione, giusta o sbagliata, che dalla massa degli italiani, e forse non solo degli italiani, sarà data a questo voto; ripeto, giusta o sbagliata, sarà una interpretazione sul fatto se lo Stato italiano sarebbe (non dico sarà) uno Stato confessionale o meno.
Io credo che nessuno possa mettere in dubbio che fra i cattolici che sono in quest’aula vi saranno altri cattolici come me, ma non credo che ve ne possa essere uno più profondamente cattolico e cristiano di me (Commenti – Interruzioni al centro).
Signori, (Accenna al centro) la fede, se l’avete, non si discute! Se non credete alla fede degli altri, vuol dire che manca a voi! (Rumori al centro – Applausi a sinistra).
Ma appunto perché sono cattolico e sono gelosissimo della preminenza della mia religione in Italia, non credo che una dichiarazione di confessionalità possa convenire né alla Chiesa, né all’Italia; non voglio che l’Italia possa anche soltanto sembrare uno Stato confessionale, perché questo è contrario agli interessi del Paese ed è contrario agli interessi della religione che professo.
Vi è una preminenza della Chiesa cattolica in Italia, una preminenza di cui, noi cattolici, siamo fieri e convinti, e di cui gli altri non potranno che essere lieti, come già hanno avuto occasione di esserne lieti e beneficati, e questa preminenza non è data dall’articolo 7. Questa preminenza è data dal numero dei cattolici che sono in Italia e che costituiscono una maggioranza che è al di là e al di sopra di tutte le altre maggioranze, più o meno passeggere, più o meno fittizie, perché è una maggioranza che ha le sue radici nei secoli e nei cuori.
Ed è soprattutto la preminenza della sua verità che non ha bisogno dei nostri voti per essere confermata ed affermata.
Ecco la ragione per la quale voterò a favore dell’emendamento proposto. (Applausi).
BRUNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNI. Voterò a favore della formulazione Cianca perché presenta maggior garanzia dei diritti di libertà per le minoranze religiose, ed esprime in modo chiaro, senza possibilità di equivoci, le esigenze di eguaglianza civica che costituiscono l’anima – se una ce ne deve essere – della nostra Costituzione.
Anche in questo emendamento, come vorrebbe l’onorevole Cappi, non esistono valutazioni della «verità» religiosa, e perciò io in piena coscienza lo voterò. Né si tratta, come temono alcuni, di identificare l’ordinamento giuridico della Chiesa cattolica con quello delle altre Chiese. Gli eventuali accordi delle altre Chiese con lo Stato italiano, se avverranno, avverranno sulla base del rispetto dell’ordinamento giuridico di queste Chiese, senza che ciò implichi un giudizio di merito di questo ordinamento di fronte a quello della Chiesa cattolica. Questi eventuali accordi dovranno rimanere semplici problemi di libertà e di autonomia. (Applausi).
CAROLEO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAROLEO. All’autorevole voce degli altri mi permetto di unire la mia debole parola. Voto contro l’emendamento proposto, perché ho votato, a suo tempo, a favore dell’articolo 7.
È per me (con questo non intendo di recare alcuna ombra alla libertà di opinione altrui) nient’altro che una questione di coerenza e di lealtà. Perciò nulla da rilevare nei confronti di coloro, che a suo tempo hanno lealmente votato contro l’articolo 7. Il rilievo è per coloro che, come me, a suo tempo hanno votato a favore di quell’articolo; e la votazione fu fatta senza prevenzione alcuna che dubbio potesse sorgere sulla parità di trattamento per tutte le confessioni religiose in Italia. La votazione fu fatta per il richiamo a quei Patti lateranensi che avevano definitivamente posto in quiete la pace religiosa italiana e che non dovevano (questo mi permisi di dire nella precedente dichiarazione di voto) in nessun caso intendersi come contrastanti con i diritti di libertà che la Costituzione italiana riconosce a tutti i cittadini del mondo. (Rumori a sinistra).
Quando si dice, come si diceva poco fa da parte dell’onorevole Lucifero, che con l’articolo 7 si votarono…
PRESIDENTE. Onorevole Caroleo, l’articolo 7 è passato. Si attenga all’argomento.
CAROLEO. …si votarono i Patti lateranensi, questo è conferma di quel dovere di coerenza a cui poco fa mi riferivo. D’altra parte, l’onorevole Presidente mi fa fede che io avevo presentato un emendamento all’emendamento dell’onorevole Laconi, che poi ho ritirato in seguito all’emendamento, che mi sembrava più comprensivo, dell’onorevole Cappi, come l’onorevole Rubilli ha poi anche riconosciuto.
E questo emendamento tendeva a confermare la parità di trattamento per tutte le confessioni religiose, tenendo però presente che l’Assemblea Costituente aveva già votato nel senso di non costituire un privilegio per la Chiesa cattolica, ma solo un regolamento di fronte alla legge italiana. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione per appello nominale. Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Esegue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Franceschini.
Si faccia la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Allegato – Amadei – Amendola – Assennato – Azzi.
Badini Confalonieri – Baldassari – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bassano – Bei Adele – Bellusci – Bernini Ferdinando – Bianchi Bruno – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bruni – Buffoni Francesco.
Cairo – Calosso – Canevari – Carboni – Carmagnola – Cavallari – Cerretti – Cevolotto – Cianca – Cifaldi – Conti – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo – Crispo.
Damiani – D’Aragona – De Mercurio – De Michelis Paolo – Di Gloria – Di Vittorio – D’Onofrio – Dozza – Dugoni.
Fabbri – Faccio – Fantuzzi – Farina Giovanni – Ferrari Giacomo – Filippini – Flecchia – Foa – Fornara – Fusco.
Gallico Spano Nadia – Gervasi – Ghidetti – Ghidini – Giua – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gullo Fausto.
Imperiale – Iotti Nilde.
Jacometti.
Labriola – Laconi– Landi – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longo – Lozza – Lucifero – Luisetti.
Maffi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Martino Enrico – Massini – Massola – Mattei Teresa – Merighi – Minio – Modigliani – Morandi – Moranino – Morini – Moscatelli – Musolino.
Natoli Lamantea – Nobili Oro – Noce Teresa.
Paris – Pastore Raffaele – Perassi – Pertini Sandro – Piemonte – Pieri Gino – Platone – Preti – Priolo.
Ravagnan – Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Rodi – Romita – Rossi Paolo – Ruggiero Carlo.
Schiavetti – Scotti Francesco – Secchia – Silipo – Stampacchia.
Taddia – Targetti – Tonello – Tonetti – Tremelloni – Treves.
Vernocchi – Veroni – Villabruna – Vischioni.
Zanardi.
Rispondono no:
Alberti – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Belotti – Bencivenga – Bergamini – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.
Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carignani – Caroleo – Carratelli – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chieffi – Ciccolungo – Cicerone – Coccia – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Condorelli – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cremaschi Carlo.
De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – De Michele Luigi – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabriani – Fanfani – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Giacchèro – Giannini – Gonella – Gortani – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo.
Jervolino.
Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri.
Malfidi – Malvestiti – Mannironi – Marazza – Marina Mario – Marinaro – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mazza – Meda Luigi – Miccolis – Micheli – Monticelli – Montini – Moro – Mortati.
Notarianni.
Orlando Camillo.
Pat – Pecorari – Petrilli – Ponti – Proia – Puoti.
Quintieri Adolfo.
Recca – Restagno – Rivera – Roselli.
Salizzoni – Sampietro – Scalfaro – Schiratti – Spataro – Stella – Storchi.
Tambroni Armaroli – Taviani – Tieri Vincenzo – Togni – Tosato – Tozzi Condivi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Vanoni – Vendita – Viale – Vicentini – Vilardi.
Zerbi – Zotta.
Si sono astenuti:
Bonomi Ivanoe – Bozzi.
Della Seta.
Nitti.
Paratore – Preziosi.
Rubilli – Ruini.
Deputati in congedo:
Abozzi.
Bucci.
Cacciatore – Carpano – Cingolani – Chiostergi – Corsini.
D’Amico Michele.
Fiore – Fuschini.
Gavina.
La Malfa – Li Causi.
Macrelli – Mastino Pietro – Montalbano.
Nenni.
Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi – Pallastrelli – Parri – Penna Ottavia.
Rapelli.
Saccenti – Selvaggi – Simonini – Spallicci.
Tega – Tosi.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale.
Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione per appello nominale:
Presenti 283
Votanti 275
Astenuti 8
Maggioranza 138
Hanno risposto sì 135
Hanno risposto no 140
(Il secondo comma dell’emendamento non è approvato).
Pongo ora ai voti la formulazione del secondo comma in base all’emendamento presentato dagli onorevoli Cappi e Gronchi:
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge».
In questo emendamento la formulazione stessa fa parte integrante del secondo comma. Pertanto l’articolo risulta formato di due soli commi e non di tre. Votando questo emendamento resta quindi esplicito che tale formulazione dovrà essere poi coordinata col testo già approvato, in maniera che nel suo risultato finale l’articolo 14 resterà formato di due soli commi.
(È approvata).
Passiamo ora alla votazione dell’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Labriola:
«Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a credenze religiose».
LACONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Premetto che il mio gruppo è perfettamente d’accordo sul contenuto dell’emendamento dell’onorevole Labriola, e noi riteniamo anzi che questo contenuto sia esaurito da una serie di articoli, di cui alcuni sono stati votati ed altri ancora no. Richiamerò a questo riguardo l’articolo 13, nel quale è stato stabilito il diritto di organizzazione senza alcuna limitazione; e così l’articolo 16, nel quale è stabilito il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e di diffonderlo attraverso la stampa, ecc.; richiamerò anche l’articolo 27, nel quale è stabilito che l’arte e la scienza sono libere come pure libero è il loro insegnamento.
Evidentemente tutto lo spirito della Costituzione che noi stiamo elaborando afferma il principio della libertà assoluta del pensiero e della professione e diffusione delle idee, che attengano a determinate ideologie indipendenti o differenziate da quelle religiose.
Sarebbe indubbiamente cosa di gravità incommensurabile se la democrazia italiana non si trovasse in grado oggi di fare una affermazione solenne di questi principî, perché ciò significherebbe che la democrazia italiana è diventata non soltanto uno Stato confessionale, ma è diventata anche uno Stato orientato ideologicamente. Penso che tutti i deputati e tutto il Paese siano unanimi nel respingere una tesi di questo genere.
Ma la domanda che mi faccio, e che discende da queste premesse, è la seguente: riteniamo noi che sia necessaria una nuova affermazione di questo genere?
Se guardiamo al contenuto di questi articoli che ho testé elencato, dobbiamo forse ritenere che il loro contenuto esaurisca l’argomento, rispondendo completamente a tutte le esigenze e che probabilmente sia superflua un’aggiunta di questo genere. Comunque, la questione che appare a noi sostanziale è che questa affermazione non è al suo luogo.
Qui, in questo articolo trasformato, come è stato trasformato con l’aggiunta di una parte dell’articolo 5, si regolano i rapporti fra lo Stato e determinate confessioni religiose. Ed è inutile che io chiarisca che, quando si parla di confessioni, si parla di riti, di culti, e di determinate forme di organizzazione, che sono completamente diverse da quelle alle quali si riferisce l’emendamento dell’onorevole Labriola, organizzazioni che hanno come scopo la diffusione di concezioni laiche, o il progresso della cultura in generale, sia pure orientata in un determinato senso laico e non religioso.
Questa è la riserva fondamentale che noi facciamo.
Se dovessimo entrare nel merito dell’articolo, noi chiederemmo all’onorevole Labriola di recedere dalla sua richiesta, in questo momento, e di preparare, invece, la formula di un altro articolo – se lo ritiene – che abbia però un contenuto più vasto di questo emendamento e che riassuma tutti i principî che sono sparsi nel testo della Costituzione in una solenne affermazione, con cui la democrazia italiana riconosca la libertà di pensiero e la libertà di diffusione del pensiero laico senza limite alcuno, indipendentemente da quanto è detto per le confessioni religiose.
Noi chiederemmo questo all’onorevole Labriola.
LABRIOLA. Allora, fatelo voi.
LACONI. Dato che l’onorevole Labriola, ha già risposto, col proporre a me o al nostro Gruppo di presentare un articolo di questo genere, se questo è il suo pensiero, la nostra posizione può essere precisata in questo modo: se l’onorevole Labriola ritiene di rinunciare al suo emendamento, noi proporremo in altro momento – in quanto non è possibile materialmente farlo adesso – un articolo che riassuma l’esigenza manifestata dall’onorevole Labriola in una formulazione che ci paia più comprensiva.
CALOSSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALOSSO. A proposito di questo emendamento, il meglio per tutti sarebbe che fosse proposto dai democristiani. (Commenti). Questo non è uno scherzo: è la realtà di tutta questa discussione da cui non sappiamo uscire, data l’antitesi tra clericali ed anticlericali.
Voi sareste più adatti di tutti ad afferrare il momento che sfugge e fare questa pacificazione religiosa che è nel pensiero delle sinistre. In quanto poi alla propaganda del libero pensiero – questa è una parola generica, qualche volta banale – sarebbe più chiaro parlare dell’ateismo. Penso che anche in questo voi che vi chiamate cristiani, potreste essere i più interessati, perché il cristianesimo, durante tutto il primo secolo fu confuso con l’ateismo, mai con l’idolatria, mai col pio paganesimo. (Rumori – Commenti al centro).
Tutto il primo secolo della storia della Chiesa cristiana rileva questo; e perché? Eravate confusi con gli atei e con gli epicurei, mai con gli stoici o con i pii pagani. Ed era ben naturale. Il cristianesimo è una rivoluzione, è nel futuro – non è quasi ancora cominciato, a meno che voi non crediate che sia finita – e, quindi, tutto ciò che incomincia è facilmente scambiato per ateismo; quindi, a voi converrebbe di aprire la libertà in questo senso e trovare una formula per il libero pensiero. Si potrà, forse, limitare la formula; per esempio, credo che sarete tutti d’accordo, se si può trovare una certa limitazione a quell’ateismo e a quell’idolatria, che qualche volta sono le manifestazioni follaiole intorno a San Gennaro (questo lo potrete anche proporre, e lo accetterei), quando insultano il Santo e lo chiamano «faccia gialluta e porco» (Si ride – Commenti).
Ora, io vorrei votare questo emendamento proposto dai democratici cristiani e, se l’onorevole Laconi si accordasse e lasciasse ai democratici cristiani la formulazione dell’emendamento, io ne sarei lieto, e questa sarebbe una bella manifestazione, specialmente per voi (Accenna al centro) di fronte al Paese. Sarebbe, effettivamente, un inizio di quella pacificazione religiosa che voi avete avuto al balzo e che non avete saputo cogliere, come tante altre volte, come nell’altro dopo-guerra di cent’anni fa, quando un’ondata di cattolicesimo attraversò la Europa. Allora, avevate dei veri cattolici, come il Manzoni, ma disgraziatamente ci furono altri cattolici, che erano la maggioranza (Interruzioni dell’onorevole Micheli). È il quinto vangelo italiano, credo che lo avrà letto. Invece, prevalse quell’altra corrente che per cent’anni si è opposta criminosamente all’unità d’Italia, finché nel 1929 Mussolini fece quest’accordo, cosa inelegante, cosa anticristiana. Sarebbe stato meglio che avesse prevalso nei cattolici questo filone. (Interruzione al centro).
Mi auguro che ci sia un democratico cristiano, democratico e soprattutto cristiano – perché questa è la critica che facciamo ai democratici cristiani, ed è una critica molto leale, che cioè non sono abbastanza cristiani (Si ride) – che si metta sul terreno di un altro partito. Io non mi professo maestro di cristianesimo, ma, mi pare molto organico per un partito di mettersi gentilmente sul terreno di un altro. Noi siamo pronti a metterci su un terreno di cattolicesimo manzoniano, ma, ogni volta che abbiamo provato, abbiamo visto delle reazioni.
Non è il caso di tirarla alla lunga; mi auguro che ciò avvenga.
LABRIOLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LABRIOLA. Constato che sono tutti d’accordo sul mio emendamento. L’onorevole Laconi ha dichiarato che nella sostanza e persino nella forma, consente con me, salvo che egli avrebbe voluto che questo emendamento fosse proposto in altra sede.
Dell’onorevole Calosso non ho compreso le conclusioni, cioè se vota o no a favore di esso. Lo voterebbe se proposto dai democratici cristiani. Ma, intende votarlo adesso, proposto da me?
CALOSSO. Lo voto, disgraziatamente, in questo caso.
LABRIOLA. Sarebbe odioso, da parte dei comunisti, veder affacciare una tesi cristiana e cattolica, anzi del cattolicesimo deteriore cioè quella espressa con la formula in odium auctoris. Se non ho mal compreso quello che il collega Laconi ha detto poco fa, egli è d’accordo con il mio emendamento, ma vorrebbe che fosse proposto da altra persona. Ignoro se vi siano motivi personali che lo inducano a ciò.
LACONI. In altra parte della Costituzione.
LABRIOLA. In ogni modo, dato l’emendamento, date le opinioni che ho esposto dianzi, dichiarate pure se vi conviene dir no.
Mi duole che voi abbiate votato i Patti lateranensi, ma non vorrete affermare che quelli non vi obbligano a rifiutare la libertà di espressione della loro opinione ai liberi pensatori. Che questa sia la sede per la discussione e soprattutto per la votazione del mio emendamento è cosa evidente. Qui si parla di tutti i culti, ed il libero pensiero potrebbe anche prendere le forme di una Chiesa, ciò che è in certi paesi. Per me, ripeto, non vi è dubbio che il posto del mio emendamento aggiuntivo sia proprio questo. Debbo perciò insistere nella votazione di esso; se rimarremo in pochi, sarà questa la prova che rancori personali, risentimenti, motivi inferiori della medesima natura avranno impedito la prevalenza di un principio riconosciuto da tutte le opinioni democratiche. Io domando per i liberi pensatori lo stesso rispetto che abbiamo dichiarato per tutte le confessioni religiose. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Metto in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Labriola.
(Non è approvato).
Resta così approvato l’articolo 14 nella seguente formulazione, salvo il necessario coordinamento:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge.
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive rappresentanze».
Il seguito della discussione è rinviato alla prossima seduta.
Annunzio di una mozione.
PRESIDENTE. È stata presentata alla Presidenza la seguente mozione:
«L’Assemblea Costituente, riferendosi anche alle interpellanze di molti Deputati, rimaste finora inascoltate, invita il Governo ad adottare per i pensionati le stesse provvidenze che si attendono in questi giorni per i dipendenti dello Stato, perequando innanzi tutto le antiche pensioni alle nuove, specie nell’assegno base per corrispondenti categorie e gradi.
«Incombe sui rappresentanti del popolo italiano il dovere di far cessare la dura ingiustizia, imposta ai più deboli e fedeli servitori della Nazione, condannati alla fame contro ogni senso di elementare umanità.
«Se altri mezzi non sono disponibili, dovranno chiamarsi a contribuzione straordinaria tutti i cittadini della Repubblica, solidali di fronte al commovente spettacolo di vecchi lavoratori, che languono in silenzio nella miseria.
«Caroleo, Carratelli, Del Curto, Quintieri Adolfo, Lucifero, Colonna, Preziosi, Colitto, Mariani Enrico, Fornara, Silipo, Condorelli, Bellusci, Priolo, Carboni, Ghidetti, Natoli, Musolino».
Domando al Governo quando intenda fissare la data di svolgimento di questa mozione.
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il Governo farà conoscere il suo avviso nella prossima seduta.
Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.
PRESIDENTE. Comunico che i Ministri competenti hanno inviato risposte scritte a interrogazioni presentate dagli onorevoli Deputati, in seguito ad una sollecitazione che nei giorni scorsi ho loro inviato.
Saranno pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta di oggi.
Sui lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Ritengo opportuno che lunedì 14 abbia luogo una seduta antimeridiana.
Voci. No! No!
D’ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. Vorrei dire che noi siamo obbligati a due sedute quotidiane; il che significa che il funzionamento dei vari Gruppi parlamentari è completamente sospeso e reso impossibile. Ora, è evidente che questi Gruppi devono avere la possibilità di riunirsi per stabilire l’azione che devono svolgere. Quindi vorrei pregare che per lunedì si faccia una sola seduta pomeridiana, lasciando liberi i Deputati nella mattinata.
PRESIDENTE. Permetta, onorevole D’Aragona, non per farle un rimprovero, ma uno dei Deputati che si è lamentato alcuni giorni fa del poco lavoro dell’Assemblea, è stato proprio lei.
D’ARAGONA. Anche il lavoro dei Gruppi è un lavoro parlamentare.
PRESIDENTE. C’è anche la giornata di domani in cui i Gruppi possono lavorare.
Desidero far presente, che era nel programma – e non soltanto – mio di finire questa sera il Titolo I della prima parte del progetto di Costituzione. Siamo arrivati a poco più della metà. La prossima settimana, che doveva essere destinata alla discussione del Titolo II, incomincerà a cedere una parte del suo tempo alla conclusione di questo lavoro. Ora, io penso che i Gruppi, che possono funzionare, se lo vogliono, hanno le sere a loro disposizione, sino al momento nel quale non dovremo occupare anche le sere per le discussioni in Assemblea plenaria, il che non escludo che debba avvenire. Pregherei pertanto i colleghi di voler accedere alla mia proposta che si tenga una seduta anche lunedì mattina.
D’ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. A me dispiace di dovere insistere, ma credo che, ogni tanto, il dare la possibilità di convocare i Gruppi significhi facilitare i lavori dell’Assemblea. Che cosa si vuole infatti stabilire nelle riunioni dei Gruppi? Si vogliono disciplinare le iscrizioni degli oratori, si vuol limitare quanto più è possibile il loro numero, si vuol disciplinare la presentazione stessa degli emendamenti. Tutto questo serve o non serve ad abbreviare le discussioni dell’Assemblea?
Mi pare, quindi, che sia nell’economia di tempo dei lavori dell’Assemblea la necessità che questi Gruppi possano organizzare tale lavoro.
D’altro canto, ho lamentato che l’Assemblea non abbia lavorato in precedenza; riconosco che adesso l’Assemblea lavora intensamente e mi auguro anzi che essa lavori ancor più intensamente nel futuro; ma bisogna dare ai Gruppi la possibilità di rendere questi lavori efficaci, evitando che essi si risolvano invece in discussioni sforzate.
È per queste ragioni che insisto, perché sia evitato l’inconveniente che i Gruppi non abbiano la possibilità di riunirsi.
TUPINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUPINI. La Commissione è contraria all’accoglimento di questa proposta ed è favorevole alla proposta dell’onorevole Presidente. Noi sentiamo che il lavoro nostro è molto intenso, ma sentiamo anche che è doveroso far questo lavoro, che è arretrato nei confronti di quello che sta ancora davanti a noi. Ciò anche perché c’è un impegno dinanzi al Paese, in virtù del quale noi dobbiamo dare questa parola d’onore che il 24 giugno i nostri lavori siano ultimati. (Commenti – Approvazioni).
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Riconoscendo la fondatezza delle osservazioni dell’onorevole D’Aragona, potremmo chiedere all’onorevole Presidente, quando si prospettino delle questioni che impongono una riunione dei Gruppi, che, in linea eccezionale, qualche volta di mattina non si tenga seduta.
Nel caso concreto però non mi pare che, per la settimana prossima, vi sia questa necessità. Cerchiamo, quindi, di guadagnar tempo e teniamo la seduta antimeridiana di lunedì. Se si dovesse presentare una necessità concreta, domanderemo all’onorevole Presidente di saltare una seduta antimeridiana, con l’impegno di sostituirla con una seduta notturna.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole D’Aragona di tenere nella giornata di lunedì soltanto seduta pomeridiana.
(Non è approvata).
Resta dunque stabilito che lunedì 14 vi sarà seduta alle 10 e alle 16.
La seduta termina alle 20.5.
Ordine del giorno per le sedute di lunedì 14.
Alle ore 10:
- – Interrogazioni.
- – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Alle ore 16:
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.