Come nasce la Costituzione

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GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

TERZA SOTTOCOMMISSIONE

8.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI

INDICE

Garanzie economico-sociali per l’assistenza della famiglia (Seguito della discussione)

Presidente – Federici Maria, Correlatrice – Merlin Angelina, Relatrice – Giua – Fanfani – Taviani – Dominedò.

Garanzie economico-sociali del diritto all’affermazione della personalità del cittadino (Discussione)

Giua, Relatore – Marinaro – Taviani – Presidente – Dominedò – Molè – Merlin Angelina – Colitto.

La seduta comincia alle 9.35.

Seguito della discussione sulle garanzie economico-sociali per l’assistenza della famiglia.

PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Marinaro e Federici Maria si sono accordati sulla presentazione di un’unica formulazione di articolo, tenendo conto della discussione avvenuta il giorno precedente. Apre pertanto la discussione su tale articolo così formulato: «Alla famiglia è assicurata la condizione necessaria alla sua difesa ed al suo progressivo sviluppo».

FEDERICI MARIA, Correlatrice, tenendo conto delle obiezioni che le sono state mosse dagli onorevoli colleghi sulla prima parte dell’articolo da lei proposto il giorno avanti, ha ridotto, d’accordo con l’onorevole Marinaro, la sua proposta all’affermazione che alla famiglia verranno assicurate le condizioni necessarie alla sua difesa ed al suo progressivo sviluppo. Conviene che anche questa affermazione potrebbe essere materia di altri articoli e propone che sia premessa all’articolo approvato il giorno avanti, che dice: «La Repubblica riconosce che è interesse sociale la protezione della maternità e dell’infanzia. In particolare le condizioni di lavoro devono consentire il completo adempimento delle funzioni e dei doveri della maternità. Istituzioni previdenziali, assistenziali e scolastiche, predisposte o integrate, ove occorra, dallo Stato, devono tutelare ogni madre e la vita e lo sviluppo di ogni fanciullo».

MERLIN ANGELINA, Relatrice, è del parare che non si dovrebbe modificare un articolo già approvato, ed insiste perché in ogni caso sia fatto un articolo a parte. Propone la seguente formula, che ha il pregio di una maggiore semplicità: «Lo Stato protegge la famiglia».

FEDERICI MARIA, Correlatrice, ritiene inaccettabile, perché dubbia, la formula proposta.

GIUA ritiene che il termine «Stato» sia troppo generico e che la dizione «protegge» non sia chiara.

MERLIN ANGELINA, Relatrice, spiega che si riferisce a quelle forme di protezione che si riterrà opportuno adottare da parte dello Stato in relazione ai tempi. Anche la dizione proposta dalla onorevole Federici: «progressivo sviluppo» non è sufficientemente chiara.

FANFANI propone di adottare la dizione: «a libero sviluppo», che sottolineerebbe, come nella Costituzione francese, la libertà della famiglia in tutte le sue attività. In altri termini lo Stato dovrebbe intervenire nel campo della famiglia per integrarne le attività.

GIUA propone di mettere in luogo di «Stato» la parola «Repubblica».

MERLIN ANGELINA, Relatrice, tenuto conto delle osservazioni fatte, modifica così la proposta Federici: «La Repubblica assicura alla famiglia le condizioni necessarie alla sua difesa economica e al suo sviluppo». Ha usato la dizione «difesa economica» in quanto ritiene necessario ben precisare il campo in cui si deve esplicare la protezione della famiglia da parte dello Stato.

FEDERICI MARIA, Correlatrice, fa osservare che già negli altri articoli sono stati risolti i problemi riguardanti la tutela della famiglia nel campo della previdenza e della assistenza; quindi la sua formula, con un contenuto volutamente generico, meglio risponde alle esigenze che non la formulazione troppo impegnativa di «difesa economica», proposta dalla onorevole Merlin.

MERLIN ANGELINA, Relatrice, ritiene necessaria una maggiore precisazione; potrebbe tuttavia modificare così la dizione: «condizioni economiche necessarie alla sua difesa ed al suo sviluppo».

TAVIANI fa rilevare che l’articolo in discussione va considerato come un richiamo su questo particolare problema, ma, con tutta probabilità, esso verrà a fondersi con altri articoli.

FEDERICI MARIA, Correlatrice, propone che si dica: «condizioni economiche e sociali», in armonia al tema per il quale è Correlatrice.»

PRESIDENTE propone di dire «condizioni necessarie al suo sviluppo», già adottate nella Carta costituzionale francese.

FEDERICI MARIA, Correlatrice, dichiara che non le sembra sufficiente, mancando il concetto di difesa che le sembra importante ed al quale non crede di rinunziare.

TAVIANI accetta l’aggettivo «economiche» accanto al sostantivo «condizioni», appunto perché è compito della Commissione occuparsi di garanzie economiche. L’articolo, in sede di coordinamento, richiamerà l’attenzione della Commissione a fondare la difesa della famiglia sulle condizioni economiche, oltre che giuridiche.

MERLIN ANGELINA, Relatrice, propone la dizione: «condizioni economiche necessarie alla sua difesa e al suo sviluppo».

TAVIANI per dichiarazione di voto, chiarisce che voterà l’articolo, perché gli riconosce anche un carattere giuridico, alla cui precisa enunciazione rinuncia soltanto in quanto la protezione strettamente giuridica è compito particolare della prima Sottocommissione.

FANFANI ritiene che, dato che la Sottocommissione non si è preoccupata di precisare e fissare l’aspetto giuridico e politico dei problemi da essa affrontati inerenti alla difesa dell’uomo e della donna, si debba anche qui seguire lo stesso criterio. D’altronde, l’articolo proposto sarà assorbito da altre norme in sede di coordinamento. Esso costituisce un suggerimento dato dalla Sottocommissione perché nella formulazione definitiva della Carta costituzionale si tenga presente che alla famiglia spettano garanzie di natura economica e sociale.

FEDERICI MARIA, Correlatrice, è d’accordo con i colleghi Taviani e Fanfani. Nella sua relazione si è inspirata strettamente al tema delle garanzie economiche e sociali. In questo senso accetta la formulazione della onorevole Merlin, che parla di «condizioni economiche». Vorrebbe insistere sulla parola «sociali», che risponde al tema affidato allo studio della Sottocommissione. Sottintende, in ogni caso, che l’articolo come si prospetta non esaurisce le garanzie dovute alla famiglia.

Si riserva, in sede di coordinamento, di insistere perché si tenga presente che alla famiglia sono dovute garanzie economiche e giuridiche.

DOMINEDÒ accetta la terminologia «economiche», nell’intendimento che tale espressione non debba essere interpretata in senso restrittivo, bensì con riguardo, alle più complesse finalità economico-sociali, che qui possono entrare in giuoco, perché possono palesemente configurarsi ipotesi di trattamento familiare, aventi una funzione sociale che può eccedere il contenuto strettamente edonistico della terminologia economica.

FEDERICI MARIA, Correlatrice, si associa alla dichiarazione dell’onorevole Dominedò.

PRESIDENTE mette in votazione la formula: «La Repubblica assicura alla famiglia condizioni economiche necessarie alla sua difesa e al suo sviluppo».

(È approvata).

Discussione sulle garanzie economico-sociali del diritto all’affermazione della personalità del cittadino.

GUIA, Relatore, fa notare che gli articoli proposti sono stati concretati in occasione della discussione preliminare, quindi appartengono un po’ a tutti i componenti della Commissione.

Il primo articolo, che tratta dell’istruzione, è così formulato: «L’istruzione è un bone sociale. È dovere dello Stato di organizzare l’istruzione di qualsiasi grado, in modo che tutti i capaci possano usufruire di essa. L’insegnamento elementare gratuito è obbligatorio per tutti. La frequenza delle scuole di gradi superiori è permessa ai soli capaci. All’istruzione dei ragazzi poveri, che per capacità possano frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali».

Aggiunge che dei sei articoli che fanno parte della relazione dell’onorevole Marchesi, il terzo corrisponde a questo, però contiene espressioni più vaghe nella prima parte; nella seconda parte impegna la Repubblica a mantenere questo insegnamento primario da impartirsi in otto anni, periodo che, secondo l’oratore, è troppo lungo, date le attuali condizioni, mentre domani potrebbe essere anche troppo breve.

Non è poi opportuno dire che le scuole professionali dovranno essere attuate nei cantieri e nelle officine; fin da oggi vi sono grandi fabbriche che hanno provveduto a scuole professionali spontaneamente, anche all’infuori dell’intervento dello Stato. Insiste quindi sulla preferenza da dare all’articolo da lui proposto nei confronti dell’articolo 3 proposto dall’onorevole Marchesi.

Si potrebbe trovare inutile l’affermazione che l’istruzione è un bene sociale; ma tutti sono d’accordo su questo punto di considerare la cultura un bene sociale. È questo un dato di fatto che era stato riconosciuto dallo Stato liberale. Indiscutibile è pure che l’insegnamento elementare debba essere dato gratuitamente dallo Stato; il Marchesi parla di insegnamento primario, ed effettivamente in questo articolo si potrebbe sostituire la parola primario ad elementare.

Insite particolarmente sulla quarta affermazione che la frequenza delle scuole di gradi superiori debba essere permessa ai soli capaci. È una affermazione di principio necessaria per giungere ad una limitazione del numero degli studenti, eliminando coloro che, pur possedendone i mezzi, non hanno la capacità intellettuale di frequentare questi corsi superiori.

In teoria gli esami dovrebbero essere sufficienti a questo scopo, ma, per varie ragioni, in generale ciò non si verifica. Le pressioni o anche le stesse istruzioni ministeriali portano talvolta a tale larghezza di giudizi da produrre quella inflazione di titoli, per la massima parte conseguiti anche senza merito. E basta avere un titolo, anche male acquisito, per occupare talvolta posti direttivi nella burocrazia dello Stato, della quale tutti lamentano il lato negativo.

L’affermazione di questo principio è anche necessaria nel nuovo clima per dare una direttiva a molti giovani che pensano che un titolo universitario sia necessario per crearsi una posizione.

La frequenza all’Università deve essere limitata ai capaci e se questi non hanno mezzi, deve provvedervi lo Stato. Questo principio non solo modificherà la psicologia dei giovani, ma anche quella degli insegnanti, ai quali viene così conferita una grave responsabilità: il dovere, cioè di giudicare i giovani per quello che è la loro vera capacità.

Che all’istruzione dei ragazzi poveri debba provvedere lo Stato crede che non occorra aggiungere spiegazioni.

Fa notare che il concetto che la frequenza alle scuole di grado superiore è permessa solo ai capaci non è fissato in nessuna delle Costituzioni che egli conosce; ma, per le dette ragioni gli sembra necessario; del resto anche nella discussione preliminare ci fu pieno accordo nel riconoscerne la validità.

MARINARO chiede come potrà avvenire l’accertamento della capacità.

Fa considerare che fino ad oggi chi ha conseguito il diploma delle scuole medie ha sempre avuto accesso all’Università, perché è quello il titolo richiesto. Qui con capacità si intende qualche cosa di diverso; lo stesso fascismo aveva tentato di stabilire qualche cosa di simile; per accedere alle Università occorreva che il titolo di studi medi fosse stato conseguito con una certa votazione: sette o otto decimi.

Indipendentemente dalla bontà, del concetto che ha lo scopo di impedire l’inflazione scolastica attuale, che non conferisce serietà agli studi superiori, occorre essere precisi. Fa anche considerare che oggi le Università funzionano assai male, a causa dell’esuberanza degli studenti e della deficienza di personale insegnante; gli esami non si svolgono più con la serietà di una volta; al posto dei professori titolari sono chiamati ad esaminare liberi docenti ed assistenti. Quando la popolazione scolastica supera i trentamila, come avviene a Roma, nei giorni di esame funzionano quattro o cinque commissioni per materia e gli esaminatori sono quasi sempre degli assistenti.

Inoltre ritiene necessario specificare in che cosa consista questa capacità, e stabilire anche in quale epoca occorra fare l’accertamento. Secondo lui, dovrebbe esser fatto abbastanza presto, perché non è umano sbarrare la via dell’Università a chi, magari con sacrificio della famiglia, ha compiuto tutti gli studi liceali.

Concludendo, chiede che si stabilisca il sistema di accertamento di questa idoneità e il momento in cui deve essere fatto.

TAVIANI propone che l’articolo sia messo in votazione per divisione.

PRESIDENTE consente a mettere ai voti l’articolo punto per punto. Pone ai voti il primo punto: «L’istruzione è un bene sociale».

(È approvato).

Dà lettura del secondo punto: «È dovere dello Stato di organizzare l’istruzione di qualsiasi grado, in modo che tutti i capaci possano usufruire di essa».

DOMINEDÒ pensa che l’espressione «capaci» non sia la più opportuna, trattandosi di un termine che giuridicamente assume una significazione tecnica. Converrebbe un’espressione che rivesta una maggiore duttilità e concretezza insieme: ad esempio si potrebbe dire «idonei».

PRESIDENTE osserva che si parla di istruzione di qualsiasi grado, ma poi nell’articolo si accenna solo a quella elementare e a quella superiore; dell’istruzione media non si fa cenno.

GIUA, Relatore, risponde che qui è stata usata l’espressione «qualsiasi grado», ma forse sarebbe meglio dire media e superiore.

MARINARO osserva che quando si parla di un’istruzione superiore si intende riferirsi all’Università.

PRESIDENTE dice che nella relazione Moro è detto «medio e universitario» e il requisito della capacità è richiesto anche per il liceo e l’istituto tecnico.

MOLÈ trova chiaro che il Relatore intende riferirsi alle scuole di grado superiore a quella elementare. Se poi si volesse tener conto delle denominazioni attuali, non si dovrebbe dire solo scuole medie, ma anche tecniche, professionali. Occorre però badare, modificando la terminologia, di non alterare anche il concetto.

PRESIDENTE aggiunge che alle volte accade che la capacità si riveli in alcuni più tardi che in altri.

TAVIANI, poiché vi è accordo sul secondo e terzo punto, chiede che siano messi ai voti per passare poi alla discussione del quarto, dove si tratterà di stabilire se si intende parlare della frequenza nelle scuole di grado superiore alle elementari o a quella di grado superiore che è l’Università.

PRESIDENTE pone ai voti il secondo punto con l’eliminazione della preposizione «di» e la sostituzione della parola «idonei» a «capaci».

«È dovere dello Stato organizzare l’istruzione di qual siasi grado, in modo che tutti gli idonei possano usufruire di essa».

(È approvato).

MOLÈ al terzo punto propone che si dica «L’insegnamento primario elementare è gratuito e obbligatorio per tutti».

(È approvato).

DOMINEDÒ sul quarto punto, si associa alla proposta dell’onorevole Molè che si precisino i limiti e si determini che cosa debba intendersi per gradi superiori. Secondo lui il problema andrebbe circoscritto nei confronti dell’insegnamento universitario.

GIUA, Relatore, aggiungerebbe anche il liceo classico.

DOMINEDÒ osserva che, indipendentemente da ciò, considerata la grande delicatezza della norma, ne andrebbe ben precisato il significato. Quando si dice «è permesso ai soli idonei» o si fa una affermazione generica che non dice nulla perché l’idoneità giuridicamente sta nel fatto di avere conseguito il titolo idoneo per l’ammissione agli studi superiori, ovvero s’intende dire qualcosa di nuovo per affrontare il problema dell’inflazione dei titoli universitari, e ciò va chiarito.

Usciti dal periodo bellico si tende già verso una ripresa degli studi: si tratta di stabilire se in sede di Costituzione convenga sancire qualche norma organica in vista di rinvigorire il tono dell’insegnamento superiore. Si dovranno forse contemplare, oltre al titolo di ammissione all’Università, ulteriori requisiti di idoneità? Nell’ordinamento vigente qualche precedente esiste: per l’ammissione alle facoltà di magistero si richiede un esame specifico oltre il diploma magistrale; qualche cosa di simile è stato proposto per le facoltà di economia. Converrà che queste od altre norme siano previste nei confronti di altre facoltà, in sede di riforma universitaria? Sembrerebbe allora opportuno che in sede di Costituzione questa esigenza sia prospettata, pur genericamente.

Si potrebbe dire: «L’istruzione superiore deve essere di regola, ecc.».

MERLIN ANGELINA ricorda che quando si discusse sulla relazione Giua, essa aveva già prospettato quanto ha detto oggi l’onorevole Dominedò, anzi aveva citato quanto fa l’Università cattolica per la scuola di magistero. Ritiene però che questo accertamento andrebbe fatto prima dell’ammissione al liceo. Molti che arrestano i loro studi alla licenza liceale trovano impedimenti ad occupare impieghi che invece sono facilmente ricoperti da coloro che hanno frequentato le scuole di avviamento, perché c’è il pregiudizio che i licenziati dal liceo siano incapaci nella vita pratica. Quindi sarebbe del parere che alla Università si dovesse accedere con la licenza liceale, e che a frequentare il liceo fossero ammessi i giovani che dimostrassero una vera capacità; quindi l’accertamento andrebbe fatto all’ingresso al liceo.

TAVIANI accetta il concetto esposto dal Relatore, ma non farebbe tante specificazioni. Se si vuole che gli idonei, anche se di classi povere, possano salire ai gradi superiori della cultura, è indispensabile eliminare gli agiati che vanno avanti solo per mezzo di raccomandazioni; ma non gli pare che questa sia materia di Costituzione, sarà materia di riforma scolastica.

MOLÈ propone di modificare la dizione. Il problema posto dall’onorevole Dominedò preoccupa quanti si interessano di questioni scolastiche. Ci sono degli incapaci che giungono ai gradi superiori, ma qui subentra la responsabilità dei professori, perché attraverso la loro valutazione dovrebbe aversi la soluzione. Questa inflazione di laureati provoca anche la mortificazione dei migliori.

Stabilire il modo di accertare l’idoneità è un problema difficile; normalmente dovrebbe bastare la valutazione dei professori che hanno la possibilità di seguire, durante il corso, i loro discepoli e di esserne i migliori giudici. Fondarsi su un solo esame può, come avviene nei concorsi, non essere sufficiente a giudicare della idoneità. Accetta il concetto del Relatore, ma lo vorrebbe rendere meno drastico. Si potrebbe dire: «L’insegnamento primario è gratuito e obbligatorio per tutti; le scuole di grado superiore sono accessibili a coloro che si dimostrino idonei».

Il modo come accertare l’idoneità dovrebbe formare oggetto di legge o di regolamento.

Chiede poi perché negare la possibilità di studiare a coloro che ne hanno voglia, quando non costituisca onere per lo Stato.

FEDERICI MARTA, Correlatrice, si associa.

GIUA, Relatore, insiste nella sua dizione e anche nel mantenimento di «capacità» in luogo di «idoneità», perché parlare di idoneità sminuirebbe il concetto.

Contentandosi di un’affermazione generica, come ha proposto l’onorevole Molè, non si influirebbe né sul legislatore, né sulla psicologia degli insegnanti.

È necessario lasciare nella Costituzione questa affermazione per fissare le direttive del legislatore, e insiste perché, se non si vuol fare una cosa astratta, occorre preoccuparsi della legislazione futura. L’affermazione è drastica, ma non si debbono avere le preoccupazioni dell’onorevole Marinaro, se si vuol giungere alla auspicata riforma scolastica delle Università e delle scuole di grado superiore, quali il Liceo. Ha usato l’espressione: «la frequenza» e non l’altra «l’accesso» perché l’insegnante deve avere la possibilità di escludere chi non si dimostra capace anche durante il periodo delle lezioni.

Ricorda che la scuola di ingegneria consta di due bienni, ed è stato merito del Colonnetti, direttore del Politecnico di Torino, di avere ottenuto una notevolissima riduzione del numero degli iscritti, avendo stabilito esami molto rigorosi per il passaggio dal primo al secondo biennio; così rigorosi che gli studenti preferivano recarsi a sostenere quell’esame a Milano, dove pure la scuola, sotto il Colombo, era retta molto rigidamente

MOLÈ osserva che si tratta, in definitiva, di materia regolamentare.

GIUA, Relatore, sostiene che il legislatore e gli stessi insegnanti debbono vedere affermato nella Costituzione il principio che la frequenza alle scuole superiori è permessa ai soli capaci. La norma ha funzione giuridica e psicologica, perché formativa del carattere degli insegnanti degli allievi. Una volta riconosciuto che il Liceo classico è aperto solo a chi ha una determinata formazione mentale, e l’Università deve essere frequentata solo dai capaci, non sarà impedita l’esplicazione di altre energie; ognuno potrà scegliere il più adatto per lui dei tanti tipi di scuola.

La laurea non è il titolo che permette sempre di raggiungere le maggiori retribuzioni; è il titolo che deve essere ambito da chi alla quantità preferisce la qualità della retribuzione. Un professore universitario non è sempre meglio retribuito di un capo officina.

MOLÈ ripete che la delicatezza della disposizione sta nello stabilire il modo di accertare la capacità. Egli direbbe: «Le scuole di grado superiore sono accessibili solo a coloro che ne risultino capaci».

PRESIDENTE chiede al Relatore se non riscontra disarmonia fra questi punti dell’articolo e l’articolo primo, dove è affermato che ogni cittadino ha il dovere e il diritto di lavorare conformemente alle proprie possibilità e scelta. Espone anche un altro dubbio: ci può essere qualcuno che voglia accedere alle scuole di grado superiore solo per accrescere il suo patrimonio intellettuale. Poiché non siamo in regime socialista, ma in regime borghese, possiamo impedirgli di raggiungere questa aspirazione?

Quello che più preme è di evitare che accedano alle professioni libere persone che non ne sono capaci, con danno di quelli che sono capaci, e che si determini quella inflazione di professionisti che ha prodotto tanti guai. Sarebbe forse meglio raggiunto lo scopo accertando la capacità prima di iniziare l’esercizio della professione.

TAVIANI obietta che in questo modo si creerebbero degli spostati.

MARINARO precisa il suo pensiero. È pienamente d’accordo col Relatore sui principî generali, ma si preoccupa del modo e del momento più adatti per fare l’accertamento della capacità. Non è d’accordo con l’onorevole Molè, quando dice che questo può formare oggetto di legge o di regolamento. Domani un Ministro, o un direttore generale della pubblica istruzione, può emanare un regolamento in cui si dica: ai sensi dello Statuto l’accertamento della capacità deve essere fatto in questo modo. Sarebbe un’arma pericolosissima nelle mani della burocrazia e degli uomini politici. Quindi riafferma il concetto che le Università vanno aperte ai capaci e invita i colleghi a studiare una formula idonea ad accertare il modo e il momento della indagine.

DOMINEDÒ chiede che si abbandoni una formula priva di contenuto per conferirvi un significato concreto, sia pur generico.

MOLÈ propone che si dica: «sono accessibili a coloro che ne abbiano la capacità».

DOMINEDÒ direbbe piuttosto «attitudini».

GIUA, Relatore, propone che si dica: «Le scuole di grado superiore sono accessibili a coloro che ne abbiano attitudine».

PRESIDENTE terrebbe presente anche il concetto della frequenza, perché la capacità può rivelarsi anche tardivamente.

COLITTO propone la formula: «Le scuole di gradi superiori sono accessibili a coloro che dimostrino le necessarie attitudini».

PRESIDENTE pone ai voti questa formula.

(È approvata).

PRESIDENTE apre la discussione sull’ultimo punto dell’articolo proposto dallo onorevole Giua, così concepito: «All’istruzione dei ragazzi poveri, che per capacità possano frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali».

MOLÈ ritiene che sia meglio mettere al posto del termine: «capacità» la frase «che siano meritevoli».

DOMINEDÒ si associa alla proposta dell’onorevole Molè.

GIUA, Relatore, accetta l’emendamento proposto dall’onorevole Molè e pertanto dichiara che la formulazione dovrebbe essere: «All’istruzione dei poveri, che siano meritevoli di frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali».

PRESIDENTE mette ai voti l’ultimo punto dell’articolo nella forma ora proposta dall’onorevole Giua.

(È approvato).

La sedata termina alle 11.15.

Erano presenti: Ghidini, Marinaro, Colitto, Dominedò, Fanfani, Federici Maria, Giua, Merlin Angelina, Molè, Noce Teresa, Rapelli, Taviani.

Assenti giustificati: Togni, Di Vittorio, Pesenti.

Assenti: Canevari, Lombardo Ivan Matteo, Paratore.