Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 15 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

38.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 15 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

indi

DEL DEPUTATO CORSANEGO

INDICE

Dichiarazioni di voto

Marchesi – De Vita.

I principî dei rapporti politici (Seguito della discussione)

Tupini, Presidente – Merlin Umberto, Relatore – Mancini, Relatore – Marchesi – Mastrojanni – La Pira – Lucifero – Caristia – Cevolotto – Basso – Togliatti – De Vita – Moro – Dossetti – Corsanego, Presidente.

La seduta comincia alle 10.45.

Dichiarazioni di voto.

MARCHESI dichiara che, se un incidente non gli avesse impedito di essere presente nella passata adunanza, avrebbe votato a favore della mozione dell’onorevole Togliatti, secondo la quale non si riteneva opportuno di parlare nel testo costituzionale della questione riguardante l’indissolubilità del matrimonio.

DE VITA dichiara che anch’egli, se fosse stato presente, avrebbe votato a favore della mozione dell’onorevole Togliatti.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti politici.

PRESIDENTE legge il secondo articolo proposto dai Relatori: «Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale; esso è un dovere pubblico, quindi obbligatorio e di regola deve essere esercitato col sistema della rappresentanza proporzionale».

Apre la discussione sulla prima parte di questo articolo: «Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale; esso è un dovere pubblico», invitando i Relatori ad illustrarlo.

MERLIN UMBERTO, Relatore, chiarisce che tra lui e il Correlatore onorevole Mancini era sorto dissenso a proposito del voto obbligatorio; che secondo lui deve costituire un preciso dovere del cittadino, mentre secondo l’onorevole Mancini costituisce solo un dovere morale. Si cercò allora di conciliare le due tesi dicendo che l’esercizio del voto è un dovere pubblico.

Fa presente che l’onorevole Moro ha suggerito di sostituire le parole «dovere pubblico» con quelle «dovere civico», proposta alla quale egli aderisce.

MANCINI, Relatore, si associa alla proposta dell’onorevole Moro, purché si dica «dovere civico e morale del cittadino».

MARCHESI aderisce alla formula proposta dall’onorevole Mancini.

PRESIDENTE comunica che i Relatori hanno così modificato la dizione dell’articolo:

«Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale e rappresenta un dovere civico e morale del cittadino».

MASTROJANNI ritiene opportuno aggiungere alle parole «uguale, libero, segreto e personale» il termine «diretto», per evitare ad esempio che, pur rimanendo il voto personale, le associazioni le quali rappresentino i singoli restino investite del diritto di esprimere l’opinione di quella data categoria che rappresentano.

PRESIDENTE ritiene che la preoccupazione dell’onorevole Mastrojanni resti soddisfatta dal termine «personale» in quanto, se il voto è personale, è anche diretto.

LA PIRA dichiara che l’osservazione fatta dall’onorevole Mastrojanni ha una importanza rilevante, poiché investe tutto il problema della seconda Camera. Se, ad esempio, la seconda Camera dovesse essere formata secondo la rappresentanza organica degli interessi, cioè essere l’espressione delle associazioni sindacali, culturali, morali, religiose, si presenterebbe il caso specifico del voto personale, indiretto. Pertanto si dichiara favorevole al termine «personale», ma non può aderire alla proposta dell’onorevole Mastrojanni di aggiungere il termine «diretto», perché si precluderebbe la possibilità di formare una rappresentanza organica degli interessi di tutta la nazione.

MERLIN UMBERTO, Relatore, chiarisce che il termine «personale» vuol dire che non è ammesso il mandatario per l’esercizio del voto, ma che ciascuno deve esercitare tale diritto di persona. Del resto anche la legge attuale ammette il mandato nell’esercizio per il caso dei ciechi o delle persone gravemente mutilate negli arti superiori. Ritiene pertanto che il termine «personale» sia più che sufficiente, ed insiste perché esso sia mantenuto.

MASTROJANNI precisa che egli non sostiene la soppressione del termine «personale», ma l’aggiunta del termine «diretto».

LUCIFERO dichiara che la questione sollevata dall’onorevole Mastrojanni è di particolare delicatezza e ritiene che non possa essere affrontata nell’attuale seduta, essendo giunta improvvisa. Dichiara altresì che, in teoria, non è alieno dall’elezione indiretta, e del resto la seconda Sottocommissione ha affermato il principio dell’elezione indiretta del Capo dello Stato, il quale dovrebbe essere nominato dalle due Assemblee legislative. Occorre quindi tener presenti che, se si stabilisce ora che il voto sia diretto, l’elezione del Capo dello Stato non potrebbe più avvenire col sistema approvato dalla seconda Sottocommissione.

Propone perciò che tale questione venga risolta alla fine dei lavori della Sottocommissione.

PRESIDENTE ritiene che, accettando la proposta dell’onorevole Mastrojanni, si creerebbero delle difficoltà in ordine ai lavori della seconda Sottocommissione, difficoltà che non è opportuno sollevare.

D’altra parte, per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Lucifero di rinviare una decisione alla fine dei lavori della Sottocommissione, non crede che con ciò si potranno eliminare le preoccupazioni dei Commissari che esitano nell’accettare il termine «diretto».

LUCIFERO dichiara di non essere in grado di prendere una decisione in merito alla questione sollevata dall’onorevole Mastrojanni, poiché si tratta di un problema che richiede un esame approfondito. Ritiene però giustificata la preoccupazione dell’onorevole Mastrojanni di fronte alla tendenza di dare a determinati enti od organizzazioni pubbliche, di natura privata, una capacità politica che va al di là della loro natura.

CARISTIA si dichiara convinto che le obiezioni fatte dall’onorevole La Pira rispondano alla realtà. Inoltre osserva che la materia che oggi viene trattata è collegata a quella della seconda Sottocommissione per quanto si riferisce alla composizione della seconda Camera.

Ritiene che sia compito della prima Sottocommissione insistere sul concetto personale, senza precisare se questo debba essere diretto o indiretto.

PRESIDENTE chiede all’onorevole Mastrojanni se insiste nella sua proposta.

MASTROJANNI dichiara di insistervi.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Mastrojanni, tendente ad aggiungere, dopo le parole «uguale, libero, segreto e personale» il termine «diretto».

LUCIFERO dichiara di astenersi dal voto, in quanto si riserva di studiare a fondo il problema e, nel caso, di risollevarlo in altra sede.

CEVOLOTTO dichiara che voterà contro, perché l’aggiunta proposta dall’onorevole Mastrojanni potrebbe dar luogo ad interpretazioni ambigue.

(L’emendamento proposto è respinto con 8 voti contrari, 5 favorevoli e 1 astenuto).

PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dai Relatori:

«Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale e rappresenta un dovere civico e morale del cittadino».

LUCIFERO chiede che la votazione avvenga per divisione e precisamente che si voti a parte il termine «morale». Ritiene infatti che non si debba fare un trattato di etica, ma una Costituzione che deve dare un orientamento giuridico al legislatore.

BASSO propone che si voti per proposizioni.

(La Sottocommissione concorda).

PRESIDENTE mette ai voti la prima proposizione dell’articolo: «Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale».

(La proposizione è approvata all’unanimità, meno 1 voto contrario).

Mette ai voti la proposizione: «e rappresenta un dovere civico».

BASSO dichiara di votare contro, perché con questa frase si verrebbe ad affermare il principio del voto obbligatorio da un punto di vista giuridico, principio che non può assolutamente ammettere.

(La proposizione è approvata con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).

PRESIDENTE mette ai voti l’ultima parte della formula «e morale del cittadino».

LUCIFERO dichiara di votare contro questa dizione in quanto essa non ha alcun significato in un testo costituzionale.

CEVOLOTTO dichiara di votare a favore, avendo prima votato contro, perché la formula, così come era intesa senza l’aggiunta di «morale», avrebbe significato l’adozione del voto obbligatorio alla quale è contrario. L’aggiunta del termine «morale», anche se all’onorevole Lucifero può sembrare superflua, toglie questo carattere di obbligatorietà giuridica al voto.

MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara che questa formula rispecchia il principio contenuto nella legge del 10 marzo 1946 in materia di elezioni. E pertanto dichiara di accettare l’emendamento Mancini.

(L’aggiunta proposta dall’onorevole Mancini è approvata con 13 voti favorevoli e 2 contrari).

TOGLIATTI propone che nell’articolo si sostituisca il termine «rappresenta» con quello di «è».

MANCINI e MERLIN UMBERTO, Relatori, accettano.

PRESIDENTE mette ai voti la prima parte dell’articolo nel seguente testo definitivo:

«Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale ed è un dovere civico e morale del cittadino».

(È approvata con 11 voti favorevoli e 4 contrari).

PRESIDENTE sottopone alla Sottocommissione la successiva proposizione dell’articolo proposto dai Relatori: «Di regola deve essere esercitato col sistema della rappresentanza proporzionale».

Apre la discussione su questo articolo e osserva che, pur essendo favorevole al sistema proporzionale, ritiene che mettere questo principio nella Costituzione non sia opportuno, perché non si deve vincolare il legislatore: questo deve essere lasciato libero di adottare un sistema piuttosto che un altro, secondo la situazione politica del momento in cui si dovrà fare la legge elettorale.

LUCIFERO dichiara che le osservazioni del Presidente sono in gran parte anche le sue. Afferma di essere anch’egli un fautore del sistema proporzionale, tanto è vero che alla Consulta presentò un controprogetto di sistema proporzionale in contrapposto a quello dello scrutinio di lista. Aggiunge però che non si può, in una materia così opinabile come quella della legge elettorale, fissare un determinato sistema vincolando così le generazioni future. Le elezioni dovranno essere fatte in quella forma che la maggioranza del Parlamento riterrà più opportuno di adottare, purché naturalmente siano elezioni democratiche.

CARISTIA ritiene che, proprio per le ragioni accennate dal Presidente e dall’onorevole Lucifero, si debba fare nella Costituzione un accenno esplicito al sistema proporzionale, che è il presupposto di uno Stato democratico, poiché in uno Stato veramente democratico si deve supporre l’esistenza dei partiti.

CEVOLOTTO ritiene che la proporzionale in questo momento può rappresentare una necessità, ma osserva che nelle recenti elezioni amministrative si è ritenuto opportuno adottare un sistema diverso per quanto riguarda i comuni minori. Fa presente inoltre che varie considerazioni potrebbero far ritenere opportuna l’adozione d’un sistema diverso anche nelle elezioni nei comuni maggiori, data la difficoltà che presenta la costituzione di un’amministrazione comunale eletta col sistema della proporzionale.

Ricorda che, nel corso della storia parlamentare italiana, il sistema è stato cambiato quattro volte. Ora potrà darsi che durante il periodo in cui la presente Costituzione dovrà aver vigore, si trovino dei sistemi anche migliori della proporzionale, ed allora non vede perché si dovrebbe modificare la Costituzione per variare il sistema elettorale. Ritiene quindi che l’accenno ai sistema proporzionale non debba essere fatto nella Costituzione.

TOGLIATTI pone la questione pregiudiziale che l’affermazione del sistema proporzionale non sia di competenza della prima Sottocommissione. La prima Sottocommissione deve affermare i diritti dei cittadini, ma non entrare nel tema dell’esercizio di tali diritti, che sono di particolare competenza della seconda Sottocommissione.

PRESIDENTE apre la discussione sulla questione pregiudiziale sollevata dall’onorevole Togliatti.

DE VITA dichiara di essere favorevole all’inclusione nella Costituzione di un’affermazione relativa al sistema proporzionale, perché ritiene che questo sistema offra una garanzia ai partiti di minoranza.

MORO e LA PIRA dichiarano di essere favorevoli alla mozione dell’onorevole Togliatti.

LUCIFERO dichiara che voterà a favore della mozione dell’onorevole Togliatti, non perché ritenga che l’affermazione riguardante il sistema elettorale sia di competenza di un’altra Sottocommissione, ma perché la mozione esclude l’affermazione in un articolo di un principio che egli, pur accettandolo, ritiene non debba essere sancito nella Costituzione.

MANCINI, Relatore, aderisce alla mozione dell’onorevole Togliatti.

MERLIN UMBERTO, Relatore, aderisce anch’egli dichiarando però che si riserva, qualora la seconda Sottocommissione non affermi il principio del sistema proporzionale, di ripresentare una proposta in tal senso, perché ritiene che questo principio debba essere affermato.

CARISTIA dichiara di aderire alla mozione dell’onorevole Togliatti, pur non rinunciando alla sua opinione in proposito.

PRESIDENTE mette ai voti la mozione dell’onorevole Togliatti di escludere in questa sede il sistema del voto e di rinviarlo all’esame della seconda Sottocommissione, senza però pregiudicare il merito della questione.

(La mozione dell’onorevole Togliatti è approvata all’unanimità, meno 1).

Fa presente che l’on. Basso – il quale ha proposto anch’egli una serie di articoli sui principî dei rapporti politici – ha così formulato la seconda proposizione del suo primo articolo: «Tutti i cittadini concorrono all’esercizio di questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati» (e, fino a questo punto della formula, i concetti in essa contenuti sono stati già approvati nella seduta precedente) «o che volontariamente non esercitino un’attività produttiva». In quest’ultima proposizione è contenuto un concetto nuovo sul quale è necessario discutere.

BASSO chiarisce che la sua proposta va inquadrata negli articoli che sono stati già approvati, e particolarmente nel primo articolo, in cui si dice che il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana. Afferma che, se questo articolo ha un contenuto serio, si deve pure ammettere la conseguenza che ne deriva, cioè che chi non lavora non partecipa concretamente alla vita politica della Nazione. Ritiene che la sua proposta sia la prima e più diretta conseguenza di quella affermazione, e che pertanto debba essere approvata.

MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presenti le difficoltà pratiche che questa norma potrebbe portare. Dichiara in ogni modo di essere favorevole alla proposta dell’onorevole Basso.

MANCINI, Relatore, dichiara di essere anch’egli favorevole alla proposta dell’onorevole Basso.

MORO si dichiara contrario alla esplicita indicazione contenuta nella formula dell’onorevole Basso, appunto perché sono state già sancite alcune norme nella Costituzione, in base alle quali non è assolutamente concepibile che vi siano in Italia persone che non si dedichino volontariamente ad un’attività produttiva. Ritiene che introdurre una disposizione del genere di quella proposta dall’onorevole Basso, oltre che rappresentare una ripetizione, significherebbe andare incontro al pericolo che la disposizione sia usata come un’arma per escludere dal voto cittadini che si presume o si vuol presumere non esercitino un’attività produttiva, mentre in realtà la esercitano. Si cade in sostanza nell’equivoco del significato che può avere il termine: «attività produttiva». Ricorda che è stato già chiarito che cosa si debba intendere per lavoro utile socialmente, e non ritiene che in questa sede si debba ritornare sulla discussione.

LUCIFERO dichiara che l’onorevole Moro ha anticipato in gran parte le sue osservazioni. Esprime la sua netta opposizione alla proposta dell’onorevole Basso, facendo presente che ci si è già trovati un’altra volta di fronte alla difficoltà di stabilire che cosa sia il lavoro produttivo. Conclude affermando che una formula del genere non sarebbe altro che la negazione di una sana democrazia, e permetterebbe qualunque speculazione e forma di ricatto morale e politico.

MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presente che è stato già approvato un articolo in cui si dice che «Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un’attività o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo economico, o culturale o morale o spirituale della società umana conformemente alle proprie possibilità ed alla propria scelta». Dal momento che un articolo della Costituzione non può essere interpretato distaccato da altri, dichiara di approvare la proposta dell’onorevole Basso in relazione a quell’articolo che è stato già approvato.

MORO ribadisce il concetto che la norma cui ha accennato l’onorevole Merlin sarebbe svalutata, se si potesse pensare che esistano ancora persone che non lavorano, dopo che si è sancito il diritto e il dovere al lavoro. La norma dell’onorevole Basso puntualizzerebbe l’attenzione sopra un lato negativo della società italiana, che invece si vuole eliminare.

MASTROJANNI, richiamandosi a quanto ebbe già occasione di dire in ordine al dovere al lavoro, come dovere morale e non come imposizione costituzionale, dichiara di votare contro la formula dell’onorevole Basso e si associa alle considerazioni dell’onorevole Lucifero.

MANCINI, Relatore, dichiara di accettare la proposta dell’onorevole Basso, perché in precedenti discussioni ha sostenuto e dimostrato che prima si deve essere produttori e poi cittadini. Afferma che soltanto chi produce e con la sua attività incrementa la società nella quale vive, ha il diritto di scegliersi i suoi rappresentanti.

PRESIDENTE dichiara di concordare nell’interpretazione data dall’onorevole Merlin alla formulazione dell’onorevole Basso, ma di non poter dare voto favorevole alla sua proposizione, perché non la ritiene capace di riferirsi all’articolo cui è stato accennato. Ricorda che quell’articolo diede luogo ad un’ampia discussione conclusasi con l’accettazione della formula «socialmente utile» che aveva destato le preoccupazioni di una parte dei Commissari. Fa osservare che, in ordine al diritto di voto, il legislatore potrebbe essere indotto a dare alla formula dell’onorevole Basso un’interpretazione univoca nel senso di ritenere soltanto produttivi lavori tecnici, manuali, e non anche un’attività spirituale la cui utilità sociale da alcuni è accettata, mentre da altri è rifiutata.

Per queste regioni dichiara che voterà contro la proposta dell’onorevole Basso.

MORO propone che la formula dell’onorevole Basso venga inserita nell’articolo riguardante il lavoro, dicendosi, ad esempio, che: «L’adempimento di questo dovere al lavoro è presupposto per l’esercizio dei diritti politici». In tal modo si rafforzerebbe il contenuto dell’articolo con una specie di sanzione, e nello stesso tempo si eliminerebbe il pericolo di erronee interpretazioni.

LA PIRA si associa all’emendamento sostitutivo dell’onorevole Moro.

BASSO rileva che questa proposta non fa che collimare con le osservazioni già fatte dall’onorevole Moro, che cioè non si deve supporre che ci siano in Italia delle persone che non svolgano un’attività produttiva.

Ad ogni modo dichiara di non avere difficoltà ad accettare la proposta dell’onorevole Moro.

PRESIDENTE comunica che l’emendamento sostitutivo proposto dall’onorevole Moro e accettato dall’onorevole Basso è il seguente: «L’adempimento di questo dovere è presupposto per l’esercizio dei diritti politici». Tale proposizione dovrebbe essere inserita alla fine dell’articolo già approvato, in cui si dice: «Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un’attività o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo economico o culturale o morale o spirituale della società umana conformemente alle proprie possibilità ed alla propria scelta».

LUCIFERO dichiara che voterà contro questa formula. Osserva che non si possono fare continuamente delle affermazioni di principio che poi non hanno nessun valore, e finiscono per svalutare principî nobili e seri da tutti accettati.

Ritiene che l’articolo che si vuole introdurre abbia un carattere demagogico e privo di un contenuto giuridico.

BASSO dichiara di respingere l’appellativo di «demagogico» usato dall’onorevole Lucifero, appellativo che, se mai, si dovrebbe riferire non alla formula in discussione ma all’articolo già approvato. Si tratta ora di dare un contenuto concreto a questo articolo; si tratta di stabilire che chi non adempie all’obbligo in esso stabilito incorre nella privazione dei diritti politici. O si viene a riconoscere che quando è stato formulato quell’articolo non si intendeva fare sul serio, o si deve ammettere che l’articolo è stato creato perché avesse un valore concreto, e in tal caso si devono tradurre in conseguenze giuridiche le norme fissate.

Ritiene che la formula da lui proposta costituisca una prova della serietà delle intenzioni di chi partecipa ai lavori por la Costituzione.

MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara di accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Moro. Invita gli onorevoli Commissari a considerare che vi sono individui, anche se pochi, i quali passano la loro vita senza attendere ad alcuna occupazione. Anche se si tratta di poche persone, egli ritiene che escluderli dai diritti politici sia cosa meritoria.

LUCIFERO dichiara di votare contro questa proposizione che, mentre in se stessa non ha alcun significato effettivo, può essere il mezzo attraverso il quale l’autorità che dovrà determinare se una data attività è produttiva o no, potrà eliminare intere categorie di cittadini dai diritti civili, servendosi di un articolo formulato in maniera molto vaga e che può essere interpretato in modo arbitrario.

MANCINI, Relatore, dichiara di accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Moro.

MASTROJANNI dichiara che voterà contro per le stesse ragioni esposte dall’onorevole Lucifero.

PRESIDENTE mette ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Moro, da inserirsi quale comma aggiuntivo nel secondo articolo sui principî dei rapporti sociali (economici) già approvato.

(L’emendamento è approvato con 12 voti favorevoli, 2 astenuti e 2 contrari).

Rileva che nel testo degli articoli proposti dai Relatori onorevoli Mancini e Merlin viene a questo punto un articolo riguardante l’età per l’elezione a Capo dello Stato: «Per essere eletti a Capo dello Stato occorre avere raggiunto l’età di anni 40».

Osserva che l’oggetto di questo articolo è di competenza della seconda Sottocommissione, che si occupa dei poteri dello Stato. Propone pertanto che lo si rimandi alla seconda Sottocommissione.

MERLIN UMBERTO e MANCINI, Relatori, aderiscono alla proposta del Presidente.

(È approvata all’unanimità).

Comunica che nel testo proposto dai Relatori segue a questo punto un articolo riguardante l’organizzazione dei partiti politici:

«I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e che rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i principî di libertà e di uguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare».

DOSSETTI propone di accantonare per il momento l’articolo e di passare all’esame dogli articoli successivi che presentano minore complessità, allo scopo di consultare l’orientamento della seconda Sottocommissione al riguardo, dato che l’articolo proposto è anche di competenza di quella Sottocommissione.

PRESIDENTE ritiene che la materia di cui tratta l’articolo proposto dall’onorevole Merlin sia di competenza della seconda Sottocommissione. Quindi, se mai, ci si può riservare di esprimere il proprio parere nella discussione che avrà luogo in sede di Commissione plenaria.

MERLIN UMBERTO, Relatore, a giustificazione del fatto che sia stato presentato alla discussione della Sottocommissione l’articolo in questione, ricorda che nello schema dei lavori della Sottocommissione, approvato il 30 luglio, si menzionava, tra i diritti derivanti dalle libertà politiche, anche il «diritto ad organizzarsi in partiti politici».

Dichiara che, comunque, non ha difficoltà a che l’articolo venga esaminato in un secondo tempo, oppure che esso venga demandato alla competenza della seconda Sottocommissione.

MORO osserva che basterà rimandarne l’esame alla prossima riunione.

PRESIDENTE crede che sia opportuna una proposta intermedia, né eliminatoria, né sospensiva in senso assoluto, e di rimandare la discussione ad una delle prossime sedute, dopo aver sentito il parere della seconda Sottocommissione, al fine di delimitare i compiti rispettivi.

DOSSETTI osserva che si tratta di un argomento complesso, per il quale la Sottocommissione ha competenza per quanto attiene ad un’affermazione di diritto, mentre non ha competenza per quanto riguarda l’inserimento in una determinata organizzazione strutturale.

TOGLIATTI si dichiara d’accordo circa l’opportunità del rinvio della discussione dell’articolo. Osserva, peraltro, che quando si addivenisse a tale discussione, egli si riserverebbe di fare alcune serie obiezioni in merito all’articolo.

PRESIDENTE mette ai voti il rinvio della discussione dell’articolo.

(È approvato all’unanimità).

Presidenza del deputato CORSANEGO

PRESIDENTE legge il testo del quinto articolo proposto dai Relatori:

«Tutti i cittadini di entrambi i sessi sono ammissibili alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza, conformemente alle loro attitudini e facoltà.

«Per l’adempimento delle sue funzioni pubbliche, ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presente che il secondo comma riproduce il capoverso dell’art. 2 proposto dall’onorevole Basso.

Osserva che non è competenza della Sottocommissione discutere quanto attiene al lato economico della questione. In questa sede ci si dovrà limitare a fissare solo il principio che, quando un lavoratore viene ad essere investito di una carica pubblica, non deve essere per questo licenziato, ma deve essere ritenuto in congedo o in aspettativa, per modo che, quando cessi l’incarico pubblico, egli possa riprendere il suo posto.

MASTROJANNI osserva che una disposizione del genere implica anche una corresponsione di indennità. Vi è poi la questione di coloro che svolgono una libera professione, i quali, se eletti deputati, finiscono col sacrificare la loro clientela.

Si dichiara del parere che chiunque sia chiamato all’esercizio della cosa pubblica possa conservare il diritto al posto od all’impiego, purché si escluda nel periodo corrispondente il pagamento di assegni.

Ritiene, ad ogni modo, che un principio del genere potrebbe essere lasciato alla legislazione ed alla regolamentazione.

BASSO obietta che la questione è trattata anche da altre Costituzioni moderne, e in particolare da quella di Weimar, e che non può essere rimandata alla regolamentazione.

Se si respinge una norma del genere, si toglie alla maggioranza degli italiani la possibilità di accedere alle funzioni pubbliche. Si tratta, in sede di Costituzione, di affermare un principio generale; nell’applicazione pratica vi saranno poi norme diverse a seconda delle varie situazioni e delle diverse cariche pubbliche.

MASTROJANNI obietta che chiunque esercita una funzione pubblica o amministrativa deve essere assolutamente libero. Se si esercita il mandato parlamentare o amministrativo e si è al tempo stesso dipendenti, per ragioni di impiego o per ragioni economiche, di enti od istituti privati, od anche dello Stato, non si potrà esercitare tale mandato in assoluta indipendenza ed in piena libertà.

Ritiene, pertanto, incompatibile – e del resto la legge elettorale ne fa menzione – il contemporaneo esercizio del mandato politico o amministrativo e dell’impiego.

Per queste ragione la preoccupazione che si vorrebbe eliminare attraverso la formula dell’onorevole Basso gli sembra superflua, se si ammette il principio che, dal momento in cui si eserciti un mandato pubblico viene a cessare qualsiasi rapporto di dipendenza con qualsiasi altro ente statale, parastatale o privato.

LA PIRA dichiara di non poter concordare con le osservazioni svolte dall’onorevole Mastrojanni. Se si ammette in linea generale il principio che chiunque ha un lavoro non può esercitare una funzione pubblica, si viene a vulnerare il principio essenziale della vita democratica. Ricorda che molti deputati alla Costituente sono professori universitari, e non vi è incompatibilità tra le due funzioni.

Ritiene che si debba affermare il principio generale, che chiunque può accedere a funzioni pubbliche, e che deve essere mantenuto nel suo rapporto d’impiego per la durata dell’esercizio di tali funzioni. Questo per un principio di natura democratica, che ha poi anche un valore umano ed attuale, perché indica che si va incontro ai meno abbienti per dare loro la possibilità di esercitare tranquillamente le funzioni pubbliche alle quali sono chiamati.

DE VITA rileva che le osservazioni dell’onorevole Mastrojanni sono fondate solo in parte. Il cumulo delle due funzioni non è possibile e vi è una vera e propria incompatibilità, almeno per quanto riguarda gli impiegati dello Stato. In caso di nomina a deputato, vi deve essere per l’impiegato una forma di aspettativa, che purtroppo per alcuni impiegati dello Stato diventa un’aspettativa senza assegni. Ritiene esagerato che si debba privare degli assegni l’impiegato dello Stato investito di un mandato pubblico. Prospetta anche la questione della interruzione del servizio agli effetti delle promozioni e della carriera. È chiaro che un impiegato dello Stato non potrà fare l’impiegato per tutta la durata del mandato parlamentare, ma non deve avere per questo fatto pregiudicata la sua carriera. Non si può ammettere come un’interruzione del servizio l’aspettativa per causa di pubblico mandato, e non si può nemmeno ammettere che un impiegato venga ad essere privato dei suoi assegni se l’indennità parlamentare serve soltanto a coprire le spese a cui verrà incontro per l’espletamento del suo mandato.

CARISTIA rileva che vi sono due questioni diverse. Una riguarda unicamente l’incompatibilità tra due determinate funzioni che si svolgono effettivamente, e l’altra riguarda il diritto del cittadino, investito del pubblico incarico, ad avere quel margine di tempo necessario per svolgere la sua attività politica.

Ritiene comunque che si vogliano affermare troppe cose in sede di Costituzione, mentre si dovrebbe rinviarle puramente e semplicemente alla legislazione normale ed alla regolamentazione.

MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presente che la norma in discussione si riferisce solamente al rapporto di lavoro, ed assicura in primo luogo al lavoratore il tempo necessario per espletare le funzioni pubbliche alle quali fosse chiamato, perché vi può anche essere il caso che un industriale neghi questo diritto ad un lavoratore chiamato ad esplicare un pubblico mandato, adducendo a motivo che egli è legato con contratto di lavoro e deve compiere le sue ore di lavoro. In secondo luogo, la norma proposta tende ad assicurare al lavoratore che cessa dalle funzioni pubbliche la ripresa del suo posto di lavoro.

Non vede come si possano contrastare questi due principî ed esorta i Commissari a voler considerare la giustezza della disposizione proposta.

CARISTIA osserva che, comunque, la dizione dell’articolo non è felice.

MASTROJANNI osserva che l’onorevole Merlin ha considerato una questione inesistente. Nessun industriale può vietare ad un operaio di adempiere al mandato parlamentare. Il contratto, infatti, si può rescindere per volontà reciproca delle parti.

È d’accordo però sul principio che il rapporto d’impiego non debba restare rescisso. Se questo si vuole affermare, propone un emendamento così formulato: «L’adempimento di una funzione pubblica non scinde il rapporto di impiego, ma lo sospende».

MERLIN UMBERTO, Relatore, osserva che si deve completare la norma nel senso che quando il lavoratore decade dal mandato pubblico deve poter riprendere il suo posto di lavoro.

MORO osserva che la formula proposta dall’onorevole Mastrojanni è troppo estensiva. È chiaro che i benefici di carriera, per esempio, debbano essere garantiti.

PRESIDENTE rileva che la discussione potrebbe intanto limitarsi al primo comma dell’articolo.

MORO osserva che, per quanto riguarda il primo comma dell’articolo, sarebbe preferibile, invece di «ammissibili alle cariche pubbliche», dire: «sono ammessi alle cariche pubbliche» oppure «hanno diritto di accedere alle cariche pubbliche».

PRESIDENTE riconosce che la formulazione dell’articolo non è troppo felice. Si dichiara favorevole all’articolo stesso, nella sostanza, ma desidererebbe una formulazione migliore.

BASSO ricorda che nella sua formulazione era detto: «Tutti i cittadini… possono accedere alle cariche pubbliche».

MANCINI, Relatore, dichiara di accettare la formulazione proposta dall’onorevole Basso.

MORO dichiara che nell’articolo dell’onorevole Basso si accenna alle limitazioni nell’accesso alle cariche, derivanti da incapacità naturali o da incapacità legali. È d’accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Merlin e Mancini, che si deve essere ammessi alle cariche pubbliche secondo le attitudini e le facoltà, ma fa presente che con ciò non si accenna alla possibilità che, per ragioni naturali o legali, vi possa essere ad opera della legge qualche limitazione ad accedere a determinati impieghi. È quindi del parere che si debba dire qualche cosa in questo caso.

MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara di comprendere la preoccupazione dell’onorevole Moro. Osserva però che quando si dice: «conformemente alle loro attitudini e facoltà» si comprende l’esclusione da determinate funzioni tanto per l’uomo quanto per la donna.

PRESIDENTE dichiara che le preoccupazioni manifestate dall’onorevole Moro potrebbero essere soddisfatte, se la legge provvedesse anche per le incapacità naturali legali.

MORO chiarisce che non pensa si debba fare, in sede costituzionale, una casistica, ma ritiene che, dopo aver detto che tutti i cittadini di entrambi i sessi sono ammissibili alle cariche pubbliche, si debba porre una limitazione a questo principio. Dichiara comunque di non insistere su tale questione.

MASTROJANNI rileva che non viene indicato chi dovrà giudicare in merito alle attitudini e alle facoltà dei cittadini per essere ammessi alle cariche pubbliche.

BASSO, accogliendo l’osservazione dell’onorevole Mastrojanni, ritiene si dovrebbe dire «a norma di legge», in modo che si intenda che è la legge che deve stabilire in quali casi si potrà accedere alle cariche pubbliche e con quali attitudini.

TOGLIATTI propone di sostituire le parole «secondo le norme stabilite dalla legge» a quelle «conformemente alle loro attitudini e facoltà».

MANCINI e MERLIN UMBERTO, Relatori, accettano l’emendamento dell’onorevole Togliatti soltanto come emendamento aggiuntivo.

MASTROJANNI dichiara invece di essere d’accordo con l’onorevole Togliatti che il suo emendamento debba intendersi sostitutivo.

MORO dichiara di accettare la proposta dell’onorevole Togliatti come emendamento aggiuntivo.

DOSSETTI propone che, invece della formula: «secondo le norme stabile dalla legge», per sottolineare che l’idoneità alle pubbliche cariche deve essere stabilita con criteri generali fissati per legge, si dica: «secondo norme stabilite per legge».

TOGLIATTI accetta la proposta dell’onorevole Dossetti.

MERLIN UMBERTO e MANCINI, Relatori, accettano anch’essi la proposta dell’onorevole Dossetti.

MASTROJANNI è d’avviso che anche la formula proposta dall’onorevole Dossetti debba essere sostitutiva delle parole «conformemente alle loro attitudini e facoltà». Infatti non ritiene opportuno sottoporre il cittadino a un giudizio di idoneità da parte di un organo governativo per stabilire la sua capacità a ricoprire pubbliche cariche.

 

TOGLIATTI insiste perché il suo emendamento, con la modifica proposta dall’onorevole Dossetti, sia inteso come sostitutivo.

PRESIDENTE rileva che la Sottocommissione è d’accordo nell’accettare l’emendamento dell’onorevole Togliatti, modificato dall’onorevole Dossetti. Il dissenso sorge se si deve intendere tale emendamento come aggiuntivo della proposta dei Relatori, o come sostitutivo delle parole: «conformemente alle loro attitudini e facoltà».

Pone ai voti tale questione.

BASSO dichiara di votare contro la proposta che l’emendamento Togliatti sia considerato come sostitutivo, in quanto ritiene che le parole soppresse limitino ulteriormente la formula Togliatti. È d’accordo che le limitazioni debbano essere fatte per legge soltanto su questa enunciazione.

(La proposta Togliatti d’intendere l’emendamento come sostitutivo è respinta con 9 voti contrari, 1 astenuto e 4 favorevoli).

PRESIDENTE mette pertanto ai voti il primo comma dell’articolo, con l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Togliatti, modificato dall’onorevole Dossetti, nella seguente formulazione:

«Tutti i cittadini di entrambi i sessi possono accedere alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza, conformemente alle loro attitudini e facoltà, secondo norme stabilite per legge».

(L’articolo è approvato con 13 voti favorevoli e 1 contrario).

Apre la discussione sul secondo comma dell’articolo proposto dai Relatori:

«Per l’adempimento delle funzioni pubbliche, ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara che voterà a favore di questa proposizione, avendo aderito ad inserirla nell’articolo.

MASTROJANNI ricorda di aver proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«L’adempimento delle funzioni pubbliche non scinde il rapporto di impiego, ma lo sospende».

DOSSETTI fa osservare che l’articolo, nella formulazione proposta dall’onorevole Mastrojanni, viene ad avere una portata giuridica ben precisa, perché il concetto di sospensione del rapporto di impiego è un concetto strettamente tecnico. L’impostazione sintetica dell’onorevole Mastrojanni all’articolo implicherebbe che colui il quale viene, per esempio, eletto ad una carica politica o ad una carica amministrativa, non solo non ne avrebbe nessun vantaggio, ma anzi un evidente danno, perché il rapporto di impiego resterebbe sospeso con grave danno per la carriera, l’anzianità, ecc. Si dichiara quindi contrario alla proposta dell’onorevole Mastrojanni.

CARISTIA dichiara di astenersi dal voto, perché questa materia è di pertinenza della legge elettorale.

DE VITA dichiara che potrebbe accettare la proposta dell’onorevole Mastrojanni, qualora egli volesse integrarla nel senso che nessun pregiudizio di carattere economico, o nei riguardi della carriera, deve derivare per chi ricopre cariche politiche o pubbliche.

CEVOLOTTO dichiara di votare contro l’emendamento dell’onorevole Mastrojanni, non soltanto per le ragioni che ha espresso l’onorevole Dossetti, alle quali aderisce, ma anche perché vi sono delle cariche pubbliche le quali importano un impiego di tempo così limitato che non è affatto necessario di sospendere il rapporto di impiego.

MASTROJANNI chiarisce che non è il fatto economico che lo preoccupa, ma quello di rendere assolutamente libero l’individuo di poter esercitare una pubblica funzione: libertà che non potrebbe essere esplicata nell’interesse della collettività se persistesse quel rapporto di soggezione all’ente datore di lavoro da cui il lavoratore continuerà a dipendere.

(L’emendamento dell’onorevole Mastrojanni è respinto con 12 voti contrari, 1 favorevole e 1 astenuto).

PRESIDENTE pone in votazione il secondo comma dell’articolo: «Per l’adempimento delle funzioni pubbliche ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

MASTROJANNI dichiara di votare contro questo capoverso per le ragioni che ha già esposto e che intende ribadire: chi è investito di pubbliche funzioni deve essere persona assolutamente libera da vincoli di impiego e da soggezioni, perché solo l’uomo libero ha diritto di esercitare il mandato della collettività e deve per l’esercizio di questa alta ed eccelsa missione sacrificare quello che può essere anche l’interesse particolare ed economico.

(Il capoverso è approvato con 11 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo seguente proposto dai Relatori:

«Tutti i cittadini debbono sottostare alle leggi costituzionali ed alle altre norme giuridiche dello Stato e degli enti autarchici; debbono obbedire agli ordini legalmente impartiti dagli organi competenti e debbono adempiere alle prestazioni personali in condizioni di parità ed uguaglianza, con diritto ad equo risarcimento in caso di requisizioni».

CEVOLOTTO non vede la necessità di porre nella Costituzione un articolo di questo genere che, in sostanza, riassume un identico articolo delle preleggi, il quale dice che la legge è obbligatoria per tutti. Si tratta di concetti ovvî che sono ormai acquisiti alla coscienza giuridica di tutti e che, ripete, trovano già la loro formulazione nelle preleggi del Codice civile.

ROSSETTI rileva che l’articolo in esame contiene molti argomenti, e sarebbe anzitutto conveniente articolarlo in più capoversi per poter individuare i problemi che esso affronta. Osserva che alcuni di questi problemi sono anche affrontati dall’articolo 6 e dall’articolo 7 della proposta dell’onorevole Basso. Fa poi rilevare che, in linea di massima, è d’accordo con l’onorevole Cevolotto nel ritenere superflua quella parte dell’articolo in cui si dice che tutti i cittadini devono sottostare alle leggi costituzionali ed alle altre norme giuridiche dello Stato e degli enti autarchici, ecc.; mentre riterrebbe fondamentale una dichiarazione più approfondita ed anche più analitica, precisamente del tipo di quella proposta dall’onorevole Basso, per quanto riguarda l’obbligo di sottostare, eventualmente con qualche criterio restrittivo, alle prestazioni patrimoniali.

PRESIDENTE ritiene che un articolo così complesso potrà dar luogo a una discussione molto lunga, e pertanto propone di passare alla discussione degli articoli che seguono, sui quali è presumibile che si troverà facilmente l’accordo. Crede opportuno incaricare i Relatori onorevoli Merlin e Mancini, e l’onorevole Dossetti, di trovare una formula più semplice che sfrondi questo articolo e faccia convergere l’attenzione soltanto sugli elementi essenziali.

MASTROJANNI fa presente che non potrà partecipare alla prossima seduta, e perciò chiede gli sia consentito di esprimere il suo pensiero sul contenuto dell’articolo in esame.

Dichiara di essere assolutamente contrario alla dizione dell’articolo in esame. Essa fa pensare che si versi in uno stato di guerra: il susseguirsi di imperativi categorici fa ritenere che i diritti della libertà umana non siano tenuti più in alcuna considerazione. È d’accordo con l’onorevole Cevolotto nel ritenere che si tratta di disposizioni che rientrano nelle norme generali del diritto, e che vengono con questo articolo addirittura esasperate al punto da far soggiacere i cittadini all’obbedienza assoluta agli organi autarchici, sottoponendoli a prestazioni le quali possono costituire il più largo arbitrio da parte di enti, che non hanno neppure la potestà di stabilire con criteri giuridici la libertà del cittadino.

Per questa considerazione chiede che questo articolo venga soppresso e in linea subordinata che la sua dizione sia categorica ma non imperativa.

PRESIDENTE pone ai voti la mozione d’ordine da lui formulata, che rinvia ad altra seduta la discussione dell’articolo in esame.

TOGLIATTI dichiara di votare a favore della mozione d’ordine del Presidente, raccomandando ai Relatori di fondere l’articolo in esame con l’articolo 6 proposto dall’onorevole Basso, in quanto che nell’articolo in esame viene lasciata in disparte la questione essenziale delle prestazioni patrimoniali (cioè che il cittadino deve contribuire alle spese dello Stato), mentre vi sono espressi altri concetti che possono essere trascurati.

(La mozione del Presidente è approvata all’unanimità).

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo seguente proposto dai Relatori:

«Il servizio militare è obbligatorio per tutti. La difesa della Patria è uno dei più alti doveri».

CEVOLOTTO dichiara di essere d’accordo sui principî contenuti nell’articolo. Fa però osservare che, dicendo che il servizio militare è obbligatorio per tutti, ne viene di conseguenza che anche le donne possono essere obbligate a prestare il servizio militare. Ricorda che vi sono degli Stati in cui si è pensato di servirsi delle donne per certi servizi accessori, relativi all’esercito, ma che non comportano l’impiego nelle unità operanti. È del parere che non si debba estendere anche alle donne l’obbligatorietà del servizio militare.

MERLIN UMBERTO, Relatore, fa notare che egli ha riportato l’articolo 133 della Costituzione russa in cui è detto che la difesa della Patria è un sacro dovere di ogni cittadino. Evidentemente la legge sul servizio militare dirà che soltanto gli uomini potranno prestare il servizio militare.

CEVOLOTTO fa osservare che la formula potrebbe prestarsi ad una interpretazione estensiva del servizio militare obbligatorio anche per le donne. Dichiara di essere favorevole alla formula che la difesa della Patria è un dovere.

MORO dichiara di essere anch’egli favorevole ad una formula in cui si dica che la difesa della Patria è un dovere di ogni cittadino, anche perché questa formula si riferisce piuttosto al concetto di una guerra difensiva che dovrebbe essere il criterio più giusto per una vera democrazia.

Ritiene però necessario aggiungere una norma – che gli sembra sia richiesta dalla coscienza sociale di tutti in questo momento – cioè che l’ordinamento dell’esercito deve riflettere la struttura democratica dello Stato.

DOSSETTI dichiara di essere favorevole alla prima parte della proposta dell’onorevole Moro, che cioè si debba sottolineare il concetto di una guerra difensiva, mentre sulla seconda parte della proposta si riserva di riflettere.

Per quanto si riferisce alla prima proposta, vorrebbe anzi che fosse accentuato il concetto che il servizio militare e l’attività bellica debbono avere essenzialmente carattere difensivo. Pertanto propone di invertire l’ordine dei concetti contenuti nell’articolo; cioè che si dica prima che la difesa della Patria è un dovere del cittadino, e poi che il servizio militare è obbligatorio.

DE VITA dichiara di essere favorevole al concetto che la difesa della Patria è un dovere, mentre per la parte dell’articolo che riguarda l’obbligatorietà del servizio militare si dichiara nettamente contrario, essendo egli invece favorevole al servizio militare volontario per il tempo di pace. Ritiene che anche attraverso il volontariato sia possibile tenere in efficienza tecnica un esercito, anche per quanto riguarda i quadri e nell’eventualità di una guerra che deve essere difensiva. Non vede la necessità di mantenere il servizio militare obbligatorio in un regime democratico, specialmente nella situazione in cui si trova attualmente l’Italia.

TOGLIATTI dichiara di essere nettamente contrario al punto di vista espresso dall’onorevole De Vita. Ritiene che si debba mantenere il servizio militare obbligatorio, qualunque sia l’esercito che il trattato di pace consentirà di mantenere. Afferma che con il servizio militare volontario non si avrebbe più un esercito a carattere nazionale, non si avrebbe più il popolo intero che si arma ed è pronto a difendere il suolo della Patria, ma una categoria di professionisti delle armi che potrebbero rappresentare la rovina di una società e la rovina dello Stato.

Ritiene che il concetto del servizio militare volontario sia da respingere, anche per il fatto che nell’organizzazione del servizio militare obbligatorio, dato che sarà consentilo un esercito di limitate proporzioni, si dovrà adottare il criterio che il maggior numero possibile di cittadini siano istruiti nell’esercizio delle armi, in modo che possano essere utili alla difesa della Patria.

Per quanto riguarda l’estensione del servizio militare obbligatorio ai cittadini di sesso femminile, dichiara che non ne fa una questione, prima di tutto perché si è sempre detto che il servizio militare è obbligatorio, senza, intendere con questo che sia obbligatorio anche per le donne, e poi perché non si potrebbe mai concepire di servirsi delle donne in quei servizi ed in quelle funzioni dell’esercito che sono proprie degli uomini.

Aggiunge che dovrà essere emanata in ogni caso una legge sul servizio militare, che regolerà i casi di obbligatorietà e le diverse categorie di persone che devono sottostare all’obbligo, e non vi sarà ragione di escludere, in linea di principio, l’impiego delle donne per determinati servizi.

BASSO richiama l’attenzione dei Commissari sulla formula da lui proposta, la quale dice: «Tutti i cittadini sono tenuti alle prestazioni personali allo Stato per servizio militare e di lavoro».

MERLIN UMBERTO, Relatore, è d’avviso che ogni democrazia debba stabilire il servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini, poiché troppo spesso i soldati volontari divengono dei mercenari.

DE VITA, riferendosi a quanto ha prima dichiarato, obietta che vi può essere un esercito di volontari, che non sia un esercito mercenario.

MERLIN UMBERTO, Relatore, ricorda che la democrazia, a cominciare dalla Dichiarazione dei principî del 1789, ha affermato il principio dell’obbligatorietà del servizio militare per tutti, e sostiene che questo principio deve essere riconfermato nella Costituzione.

Dichiara, infine, di non aver nessuna difficoltà ad accettare l’aggiunta proposta dall’onorevole Basso.

PRESIDENTE osserva che, adottando la formula proposta dall’onorevole Basso, si dovrebbe rimandarne la discussione, in quanto questa formula fa parte dell’articolo che ha dato luogo alla mozione d’ordine sospensiva.

MASTROJANNI si dichiara pienamente d’accordo circa la coscrizione obbligatoria, ma intende che questa coscrizione debba restringersi alla categoria dei cittadini maschi e non debba essere estesa anche alle donne.

Rileva che quanto ha detto l’onorevole Togliatti risponde indubbiamente alla realtà ed anche alla necessità che determinati servizi possano e debbano essere adempiuti da donne che ne abbiano la capacità, ma osserva che non tutte le donne hanno la capacità di adempiere a quelle prestazioni.

CARISTIA obietta che è evidente che le donne, le quali non hanno una sufficiente capacità per adempiere ad un servizio militare ausiliario, non saranno arruolate.

MASTROJANNI ricorda che il criterio di assegnazione ad una determinata attività nell’ambiente militare ha troppe volte fatto astrazione dalle attitudini e dalle possibilità personali. Questo pericolo deve essere considerato attentamente nell’interesse stesso della donna. Ritiene pertanto che possa essere approvata una formula che consenta il diritto di adibire in tempo di guerra le donne a speciali servizi, ma non parli di coscrizione obbligatoria anche per le donne.

CEVOLOTTO ritiene opportuno che la formula sia limitata alla seguente dizione: «Il servizio militare è obbligatorio». Se invece si vogliono aggiungere le parole «per tutti», allora si verrà ad estendere l’obbligatorietà, sia pure nelle forme speciali, anche a tutte le donne fisicamente abili, il che, a suo avviso, è eccessivo.

TOGLIATTI osserva che il fatto di dire che il servizio militare è obbligatorio per tutti non vuol dire che tutti sono mobilitati.

CEVOLOTTO insiste perché la formula dica soltanto: «Il servizio militare è obbligatorio.

LA PIRA ritiene che si debba rendere obbligatorio il servizio militare esclusivamente per gli uomini, lasciando poi la possibilità dell’accesso volontario delle donne a quei servizi particolari, sanitari, ausiliari ed altri, per i quali abbiano attitudini.

È indispensabile, però, limitare l’obbligatorietà del servizio militare ai soli nomini.

MERLIN UMBERTO, Relatore, osserva che l’impiego delle donne in servizi ausiliari potrà essere stabilito dalla legge.

LA PIRA dichiara di accedere alla formula proposta dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE ricorda che è stato proposto dall’onorevole Dossetti di invertire l’ordine dei concetti nell’articolo in esame, mettendo prima l’affermazione di carattere generale che la difesa della Patria è uno dei più alti doveri, e dopo l’altra riguardante l’obbligo del servizio militare.

Ritiene che su questa proposta tutti i Commissari possano essere d’accordo.

BASSO ritiene che, per quello che riguarda la parte più strettamente tecnica dell’articolo, la formulazione da lui proposta, in un solo articolo comprensivo delle prestazioni personali e patrimoniali alle quali è obbligato il cittadino, sia la migliore.

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Moro ha presentato una nuova formula sostitutiva di quella dei Relatori, la quale tiene conto delle diverse opinioni espresse nel corso della discussione:

«La difesa della Patria e tra i più alti doveri del cittadino.

«Il servizio militare è obbligatorio. Esso non può pregiudicare le posizioni di lavoro del soldato, né l’esercizio dei diritti politici.

«Gli ordinamenti dell’esercito devono riflettere lo spirito democratico dello Stato italiano».

MORO spiega che con le parole: «Esso non può pregiudicare le posizioni di lavoro del soldato», si intende naturalmente che non possono essere pregiudicate le posizioni di lavoro anteriori al servizio militare.

Rileva che la formula da lui proposta pone in primo luogo una nobile affermazione generale circa l’obbligo della difesa della Patria, quale uno dei più alti doveri del cittadino.

In secondo luogo, benché egli sia antimilitarista, ritiene che si debba fissare una formula che riguardi in maniera esclusiva il servizio militare e la sua obbligatorietà.

Sarà la legge che stabilirà i limiti e le categorie che rientrano nell’obbligo.

Ritiene inoltre necessario garantire la posizione di lavoro del cittadino chiamato alle armi, fissando il diritto che egli ha a che gli sia conservato il posto e gli siano conservati gli assegni. Questo di regola presentemente avviene, ma vi sono delle sperequazioni.

Fino a poco tempo fa non si garantiva la conservazione del posto per i militari di leva. Questa era una cosa ingiusta, ed è bene che nella Costituzione si dica espressamente che chi adempie all’obbligo del servizio militare non deve veder pregiudicati i suoi diritti politici.

Osserva, infine, che l’ultima norma fissata nell’articolo da lui presentato è indispensabile dopo quanto è avvenuto in Italia e tende ad avvenire in ogni esercito: la norma ha lo scopo di garantire che lo spirito democratico del Paese entri nell’esercito compatibilmente con la struttura gerarchica dell’esercito stesso. Non è pensabile che la gerarchia militare soffochi la dignità della persona umana, come troppe volte è avvenuto attraverso i regolamenti di disciplina.

MASTROJANNI, osservando che nella prima parte dell’articolo si dice che la difesa della Patria costituisce uno dei più alti doveri del cittadino, dichiara di non vedere quale altro dovere può essere ritenuto più elevato di quello riguardante la difesa della Patria. Ritiene invece che questa affermazione nobilissima debba essere fatta in modo solenne e senza alcuna limitazione.

Si dichiara d’accordo per quanto riguarda la parte centrale dell’articolo, ma sull’ultima parte, laddove si dice che l’esercito deve riflettere lo spirito democratico dello Stato, desidera che i Commissari tengano presente la struttura dell’esercito e il rendimento che esso deve dare attraverso una particolare disciplina, che non può essere influenzata da alcun sistema od orientamento politico. La esperienza recente insegna che il nostro nobilissimo esercito ha subito un’incrinatura ed un avvilimento nel momento in cui il fascismo ha voluto insinuarvisi rompendone la compagine ed esautorando i principî della disciplina. Questa esperienza recente lo conforta nell’affermare che l’ultima proposizione dell’onorevole Moro dovrebbe essere eliminata, per permettere all’esercito di solidificarsi e di perseguire le sue altissime finalità senza l’influenza di orientamenti politici. L’esercito è fatto per difendere la Patria: la Patria si difende sotto qualsiasi regime e con qualsiasi orientamento politico. L’educazione dei giovani, che devono essere portati anche al sacrificio supremo della vita, deve essere lasciata nelle mani di persone le quali non soffrano in modo alcuno né l’influenza né il timore degli atteggiamenti politici.

MERLIN UMBERTO, Relatore, propone di usare la formula: «La difesa della Patria è sacro dovere per i cittadini».

DE VITA chiede che l’articolo sia votato per proposizioni separate.

PRESIDENTE legge l’articolo nella definitiva dizione proposta dall’onorevole Moro:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

«Il servizio militare è obbligatorio.

«L’adempimento degli obblighi militari non può pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.

«Nell’ordinamento dell’esercito deve riflettersi lo spirito democratico dello Stato italiano».

MANCINI, Relatore, dichiara di accettare l’articolo nella dizione proposta dall’onorevole Moro.

MERLIN UMBERTO, Relatore, si associa alla dichiarazione dell’onorevole Mancini.

MASTROJANNI domanda che cosa si intenda con le parole: «non può pregiudicare la posizione del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici».

PRESIDENTE spiega che si vuole intendere che i militari conservano il diritto al voto e ad essere eletti deputati.

Pone ai voti la prima proposizione dell’articolo:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

(È approvata all’unanimità).

Pone ai voti la seconda proposizione: «Il servizio militare è obbligatorio».

DE VITA dichiara di votare contro per i motivi già esposti.

(La proposizione è approvata all’unanimità, meno 1 voto contrario).

PRESIDENTE legge l’altra proposizione:

«L’adempimento degli obblighi militari non può pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino né l’esercizio dei diritti politici».

(La proposta è approvata all’unanimità, meno 1 voto contrario).

Legge l’ultima proposizione:

«Nell’ordinamento dell’esercito deve riflettersi lo spirito democratico dello Stato italiano».

(È approvata all’unanimità, meno 1 astenuto).

PRESIDENTE pone ai voti l’intero articolo.

(È approvato all’unanimità).

La seduta termina alle 13.15.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.

Assente giustificato: Grassi.