Come nasce la Costituzione

MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

39.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

 

INDICE

Comunicazioni del Presidente

Presidente.

I principî dei rapporti politici (Seguito della discussione)

Presidente – Cevolotto – La Pira – Dossetti – Togliatti – Basso – Corsanego – Caristia – Moro – Marchesi.

La seduta comincia alle 18.15.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE comunica che, in sostituzione dell’onorevole Lombardi Giovanni, deceduto, è stato chiamato a far parte della Sottocommissione l’onorevole Leonetto Amadei.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti politici.

PRESIDENTE legge e pone in discussione i seguenti articoli proposti dai Relatori e dall’onorevole Basso:

«Tutti i cittadini debbono sottostare alle leggi costituzionali e alle norme giuridiche dello Stato e degli enti autarchici; debbono obbedire agli ordini legalmente impartiti dagli organi competenti, debbono adempiere alle prestazioni personali in condizioni di parità e di eguaglianza, con diritto ad equo risarcimento in caso di requisizioni». (Merlin Umberto e Mancini).

«Tutti i cittadini sono tenuti alle prestazioni personali allo Stato per servizio militare e di lavoro. I cittadini e tutti coloro che producono, scambiano, consumano beni nel territorio della Repubblica e comunque partecipano alla vita della società, nazionale sono tenuti alle prestazioni patrimoniali per corresponsione di tributi personali e reali in rapporto alla loro capacità contributiva. Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non per legge». (Basso).

«Nessuna prestazione o servizio dello Stato può determinare situazioni di ingiustificati privilegi di fatto a beneficio di singoli o di categorie di cittadini» (Basso).

CEVOLOTTO, riferendosi all’articolo proposto dagli onorevoli Mancini e Merlin, ricorda che iniziandosi nella seduta precedente la discussione di tale articolo, si era fatta la proposta, che era stata presa in considerazione, di eliminare tutta la prima parte dell’articolo, riducendo la formula alla questione delle prestazioni personali. Riprende tale proposta che sottopone al parere dei Commissari.

LA PIRA si dichiara d’accordo con l’onorevole Cevolotto.

DOSSETTI fa presente che, con l’eliminazione della prima parte, l’articolo finisce col non avere più senso.

TOGLIATTI propone che tutto l’articolo proposto dagli onorevoli Mancini o Merlin sia soppresso.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell’onorevole Togliatti.

BASSO si dichiara d’accordo con l’onorevole Togliatti circa l’opportunità di sopprimere l’articolo proposto dagli onorevoli Mancini e Merlin, ma fa presente che egli non può rinunciare a che i concetti riguardanti le prestazioni personali siano affermati nella Carta costituzionale.

(La proposta Togliatti è approvata alla unanimità).

PRESIDENTE apre la discussione sul testo proposto dall’onorevole Basso, che nella sua prima parte è così formulato: «Tutti i cittadini sono tenuti alle prestazioni personali allo Stato per servizio militare e di lavoro».

CORSANEGO ricorda che, nella precedente seduta, l’onorevole Basso aveva proposto che nell’articolo già approvato, riguardante l’obbligatorietà del servizio militare, si aggiungesse anche l’obbligatorietà delle prestazioni personali.

BASSO fa presente che è suo desiderio che sia affermata la facoltà da parte dello Stato di imporre prestazioni di servizio personale oltre che prestazioni di carattere militare.

LA PIRA osserva che il concetto delle prestazioni personali rientra nei rapporti tra cittadino e Stato. Non ritiene che si debba formulare un apposito articolo per l’affermazione di tale principio, poiché le leggi elaborate dallo Stato attraverso i suoi organi competenti obbligano tutti i cittadini, e inoltre nessuna prestazione può essere imposta, se non per legge.

Prega l’onorevole Basso di chiarire che cosa si deve intendere per prestazioni personali, prima di sancire nella Costituzione un principio così vago.

BASSO risponde che per prestazioni personali si possono intendere, per esempio, le prestazioni urgenti richieste da pubbliche calamità.

DOSSETTI osserva che nella proposta dell’onorevole Basso sono espressi tre problemi distinti: l’affermazione della possibilità da parte dello Stato di imporre al cittadino prestazioni personali diverse dal servizio militare; la disciplina relativa alle prestazioni patrimoniali; il principio che nessuna prestazione personale può essere imposta, se non per legge.

È del parere che la prima affermazione si debba ritenere implicita nell’ordinamento giuridico italiano e nella prassi costantemente seguita; che sia opportuno fare la seconda affermazione relativa a una certa disciplina nelle prestazioni di carattere patrimoniale, ma con una specificazione ulteriore la quale significhi l’eguaglianza dei cittadini sotto questo riguardo; e infine che sia da accogliere la proposta dell’onorevole Basso sul terzo principio, che nessuna prestazione personale o patrimoniale potrà essere imposta, se non per legge.

BASSO replica all’onorevole Dossetti non essere esatto che nel nostro ordinamento sia implicito che lo Stato può richiedere al cittadino prestazioni personali. Anche l’obbligatorietà del servizio militare è da ritenersi implicita tra i poteri che ha lo Stato, eppure si è ritenuto necessario farne menzione nella Costituzione.

Fa inoltre presente che nella Costituzione si sono affermati dei diritti, sulla libertà del cittadino che potrebbero essere interpretati nel senso che lo Stato non può imporre prestazioni personali, ad eccezione del servizio militare, per cui si fa un esplicito richiamo.

Ritiene perciò necessario evitare una interpretazione delle norme costituzionali che sarebbe contro il pensiero degli stessi deputati della Costituente.

DOSSETTI fa rilevare all’onorevole Basso che, rappresentando il servizio militare la forma estrema di imposizione personale, quando si ammette che il cittadino può essere assoggettato a questa forma estrema di costrizione, è implicito il concetto che esso può essere assoggettato a una imposizione meno grave quale è quella della prestazione personale di lavoro.

LA PIRA si dichiara d’accordo con l’onorevole Dossetti nel ritenere superflua la prima affermazione contenuta nell’articolo proposto dall’onorevole Basso anche per una considerazione di carattere teorico. L’obbligatorietà del servizio militare riguarda una specifica prestazione e pone dei limiti oltre i quali non si può andare. Quando invece si dice che lo Stato può imporre delle prestazioni di lavoro, non si dà alcuna garanzia per evitare che lo Stato esorbiti nel limitare le libertà dei cittadini.

BASSO dichiara che le osservazioni dell’onorevole La Pira lo hanno maggiormente convinto della necessità di fissare nella Costituzione il principio da lui affermato. Infatti l’onorevole La Pira ha detto che tale principio potrebbe contrastare con l’affermazione della libertà e della dignità della persona umana sancita nel primo articolo della Costituzione. Ora, se il principio del lavoro non fosse affermato nella Costituzione, se ne potrebbe trarre la conclusione che lo Stato non ha il potere di limitare l’autonomia della persona umana attraverso le prestazioni personali.

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Marchesi aderisce alla proposta dell’onorevole Dossetti di approvare l’articolo dell’onorevole Basso limitatamente alla sua ultima parte e che l’onorevole Moro propone un articolo sostitutivo di quello dell’onorevole Basso, e accettato da quest’ultimo, del seguente tenore:

«La legge può sancire obblighi di prestazioni di lavoro in modo conforme alle attitudini e alle possibilità dei cittadini e salvaguardando nel miglior modo il compito della donna nella famiglia».

CARISTIA si associa alla proposta dell’onorevole Marchesi che l’articolo dell’onorevole Basso sia approvato solo nella sua ultima parte: «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta, se non per legge».

MORO richiama l’attenzione della Commissione sull’opportunità di tenere distinti i due concetti delle prestazioni personali e di quelle patrimoniali, per le quali ultime non solo ritiene conveniente fare un articolo apposito, ma anche necessario sancire il principio della proporzionalità degli oneri economici che ricadono sui singoli cittadini.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo sostitutivo proposto dall’onorevole Moro e accettato dall’onorevole Basso:

«La legge può sancire obblighi di prestazioni di lavoro in modo conforme alle attitudini e possibilità dei cittadini e salvaguardando nel miglior modo il compito della donna nella famiglia».

(È respinto con 7 voti contrari, 4 favorevoli e 1 astenuto).

Mette ai voti la proposta dell’onorevole Marchesi di approvare soltanto l’ultima parte dell’articolo dell’onorevole Basso, così formulata:

«Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta, se non per legge».

DOSSETTI dichiara che voterà a favore della proposta dell’onorevole Marchesi, intendendo di dare alla formula l’interpretazione che le veniva dalla precedente proposta dall’onorevole Moro.

MORO dichiara di votare contro la formula proposta dall’onorevole Marchesi, perché, senza le specificazioni contenute nella formula da lui proposta, la ritiene molto pericolosa.

BASSO dichiara che voterà contro la proposta dell’onorevole Marchesi, perché è d’avviso che nell’articolo si debba fare un accenno alle prestazioni patrimoniali.

(La proposta dell’onorevole Marchesi è approvata con 8 voti favorevoli, 3 contrari e 1 astenuto).

PRESIDENTE fa presente che non è il caso di occuparsi del seguente articolo presentato dagli onorevoli Merlin e Mancini: «Lo Stato riconosce l’esistenza, la libertà e concede autonomia agli enti autarchici locali (comune, provincia, regione) in conformità alle leggi particolari», poiché esso ha già formato oggetto di esame e di votazione da parte della seconda Sottocommissione. Pone quindi in discussione l’ultimo degli articoli proposti dagli onorevoli Merlin e Mancini, che è il seguente:

«Ciascun cittadino può presentare petizione alle Camere su qualunque oggetto personale o generale, privato o pubblico. Ciascuna Camera nominerà una Giunta delle petizioni, la quale esaminerà i ricorsi ricevuti in seduta pubblica e pronuncerà su ciascuno con deliberazione motivata».

CARISTIA osserva che tutte le specificazioni contenute nell’articolo sono inutili.

PRESIDENTE propone che l’articolo sia sostituito con la seguente formula più semplice: «Il diritto di petizione è garantito».

CEVOLOTTO dichiara di ritenere troppo ampia la formula presentata dai Relatori, la quale permetterebbe ad ogni cittadino di portare davanti alla Camera, in forma di petizione, qualunque questione personale anche già giudicata, costringendo la Camera a nominare una Giunta per esaminare il ricorso in seduta pubblica, e a pronunciarsi sulla questione con deliberazione motivata.

Esprime il parere che il diritto di petizione debba essere concesso solo per questioni riguardanti interessi generali.

BASSO dichiara di ritenere che si possano anche ammettere petizioni per questioni di carattere personale, e ricorda di aver proposto nella sua relazione la formula seguente:

«Chiunque, cittadino o straniero, ritenga di aver subito un abuso da parte dei pubblici poteri della Repubblica, può portarne reclamo innanzi al Parlamento. Al Parlamento può pure essere rivolta petizione da ogni cittadino, per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere comuni necessità.

«Il Parlamento provvede a norma del proprio regolamento interno».

Fa presente che con questa formula si viene a distinguere la petizione di carattere generale e tradizionale, che richiede e può suggerire un provvedimento, da quella di carattere personale che mira a difendere il cittadino da un abuso.

Osserva che non è possibile ammettere nella Costituzione che la Camera esamini il ricorso ricevuto in seduta pubblica, perché si rischierebbe di tenere la Camera convocata in seduta pubblica soltanto per l’esame delle petizioni.

Fa presente infine di aver distinto la doglianza per abuso ricevuto dalla petizione rivolta per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere comuni necessità, riconoscendo il diritto di petizione per doglianza a chiunque, cittadino o straniero, e il diritto di petizione per chiedere provvedimenti legislativi soltanto al cittadino italiano.

CARISTIA esprime il parere che il diritto di petizione debba essere limitato a questioni riguardanti la tutela di interessi di carattere pubblico generale, tanto più che il cittadino ha la possibilità di essere tutelato contro gli abusi dal principio già sancito della responsabilità dei pubblici funzionari.

PRESIDENTE fa presente alla Commissione l’articolo 57 dello Statuto Albertino, il quale dice: «Ognuno che sia maggiore di età ha il diritto di mandare petizioni alle Camere, le quali debbono farle esaminare da una Giunta e, dopo la relazione della medesima, deliberare se debbano essere prese in considerazione, e, in caso affermativo, mandarsi al Ministro competente, o depositarsi negli uffizi per gli opportuni riguardi», formula che si potrebbe accettare limitatamente alla prima proposizione: «Ognuno che sia maggiore di età ha il diritto di mandare petizioni alle Camere» e presenta come semplice contributo alla discussione una sua formula del seguente tenore: «Il diritto di petizione è garantito a ogni cittadino».

DOSSETTI ritiene troppo estensiva la formula proposta dall’onorevole Basso, perché essa permette praticamente, con la giustificazione di un abuso subito, di portare dinanzi alla Camera ogni questione di carattere personale.

CEVOLOTTO propone la seguente formula:

«Ogni cittadino può rivolgere petizioni al Parlamento per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere comuni necessità.

«Il Parlamento provvede a norma del proprio Regolamento».

BASSO e MORO dichiarano di accettare la formula proposta dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo proposto dall’onorevole Cevolotto.

(L’articolo è approvato all’unanimità).

Pone in discussione il seguente articolo presentato dagli onorevoli Merlin e Mancini.

«I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i principî di libertà ed uguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare».

Avverte che sullo stesso argomento l’onorevole Basso ha proposto i seguenti articoli:

Art. 3. – «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

Art. 4. – «Ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti, sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa, e di altre leggi».

MARCHESI dichiara di non poter accettare l’articolo nella formulazione degli onorevoli Merlin e Mancini, poiché gli sembra che non offra garanzie contro i pericoli della tirannia e gli abusi delle organizzazioni politiche. Ogni limitazione posta al principio della libertà costituisce un pericolo.

Osserva che, in virtù della prima parte dell’articolo: «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici», tutti i partiti politici possono sentirsi garantiti circa la libera esplicazione della propria attività; e insiste sulla poco sicurezza che può derivare dalla formulazione degli onorevoli Merlin e Mancini, citando l’esempio del partito comunista, che molti ritengono, a torto, favorevole all’adozione della violenza, anche quando questa non costituisce legittima difesa. Rileva che mentre il partito comunista vuole essere lo strumento del rinnovamento e della trasformazione civile e sociale, non pochi sono del parere che esso tenda invece ad una dittatura del proletariato, cioè ad una forma di tirannia. Dichiara che la cosa non risponde a verità, che la violenza non è il mito che i comunisti vogliono porre sugli altari. La dittatura di una classe non è certo lo sbocco finale del programma politico dei comunisti, i quali non intendono affatto di convertire i procedimenti difensivi in realizzazioni stabili di idealità politica.

Ha ragioni per ritenere che questo, che è il reale pensiero dei comunisti, non sia riconosciuto da altri partiti, e fa presente che anche un Governo con basi democratiche potrebbe, servendosi dell’articolo in esame, mettere senz’altro il partito comunista fuori legge. Considera pertanto l’articolo lesivo della libertà dell’organizzazione dei partiti politici.

Conclude osservando che, d’altra parte, se i partiti politici nella loro organizzazione ricorressero a mezzi illeciti, incorrerebbero nelle sanzioni previste dal regolamento di polizia che vieta le organizzazioni armate.

PRESIDENTE chiede all’onorevole Marchesi se accetta l’articolo 3 dell’onorevole Basso.

MARCHESI dichiara di accettarlo.

TOGLIATTI dichiara di associarsi alla opinione espressa dall’onorevole Marchesi e afferma che, vertendo la discussione sull’argomento più delicato dell’organizzazione dello Stato democratico, non si deve formulare un articolo che possa fornire pretesto a misure antidemocratiche, prestandosi ad interpretazioni diverse. Afferma che, mentre oggi si conoscono i partiti esistenti, domani potrebbe svilupparsi in Italia un movimento nuovo, anarchico, per esempio, e si domanda su quali basi lo si dovrebbe combattere. È del parere che dovrebbe essere combattuto sul terreno della competizione politica democratica, convincendo gli aderenti al movimento della falsità delle loro idee, ma non si potrà negargli il diritto di esistere e di svilupparsi, solo perché rifiuta alcuni dei principî contenuti nella formula in esame.

Ritiene che l’articolo debba essere limitato concretamente, riferendolo a movimenti politici già esistiti; ed è disposto pertanto a votare la formulazione dell’onorevole Basso, ove la limitazione in essa contenuta venga riferita al partito fascista.

Suggerisce si dica che è proibita, in qualsiasi forma, la riorganizzazione di un partito fascista, perché si deve escludere dalla democrazia chi ha manifestato di essere il suo nemico.

Facendo questa proposta, egli si riferisce ad un fatto preciso storicamente determinato. Il partito fascista ha dimostrato di voler distruggere le libertà umane e civili del cittadino ed ha portato il Paese alla rovina: per questo gli si deve negare il diritto all’esistenza.

CEVOLOTTO pur dichiarando di consentire con le affermazioni degli onorevoli Marchesi e Togliatti, ritiene che una norma come quella dell’onorevole Togliatti, relativa ad un fatto contingente per quanto gravissimo, non possa far parte della Costituzione. Osserva che essa è già compresa nella formulazione dell’onorevole Basso, dove si afferma che tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi democraticamente. Poiché il partito fascista è nella sua struttura essenzialmente antidemocratico, viene escluso automaticamente dai partiti riconosciuti. Inoltre potrà essere emanata una legge speciale che proibisca la ricostituzione del partito fascista.

PRESIDENTE chiede all’onorevole Togliatti se intende dare il carattere di una proposta specifica alle sue dichiarazioni circa l’articolo in discussione.

TOGLIATTI risponde affermativamente.

CARISTIA ritiene inutile aggiungere una specificazione particolare per ciò che riguarda il partito fascista, perché, se esso dovesse risorgere, evidentemente si presenterebbe sotto un’altra forma, non di un partito unico e militarista, ma se mai di un partito estremamente conservatore, a cui non si potrebbe negare il diritto di esistere, quando si ammette, ad esempio, tale diritto per un partito anarchico.

LA PIRA dichiara di preferire l’articolo proposto dall’onorevole Basso, perché non vede, ove venisse accolta l’aggiunta proposta dall’onorevole Togliatti, come potrebbe fare il legislatore a definire quale sia un partito fascista, e perché non ritiene che si debba lasciare al legislatore, con una formula vaga, la possibilità di commettere arbìtri a danno di qualsiasi partito.

TOGLIATTI replica che la sua aggiunta non è affatto imprecisa, perché si riferisce ad un fatto e non ad un concetto. Il movimento e il partito fascista sono determinati storicamente, se ne conoscono il programma, l’attività, l’azione, i quadri; se un partito sorgesse con simili manifestazioni, sarebbe facile riconoscere in esso il partito fascista.

Dichiara di voler evitare la discussione ideologica generale, perché sa che non se ne uscirebbe: è fascista quel movimento politico che prese corpo in Italia dal 1919 fino al 25 luglio 1943, e che si chiamò fascismo.

LA PIRA dichiara di non essere convinto delle precisazioni dell’onorevole Togliatti, osservando che, ad esempio, vi è chi crede perfino di ravvisare le sembianze del fascismo proprio nel partito comunista.

CEVOLOTTO ritiene che la formulazione si presti a manovre dannose per la democrazia, e che su questo argomento si dovrebbe provvedere con una legge speciale, caso per caso, quando sorgesse il pericolo di un ritorno del fascismo.

DOSSETTI si dichiara favorevole alla formulazione dell’articolo 3 dell’onorevole Basso, senza alcuna integrazione.

BASSO dichiara di accettare l’aggiunta dell’onorevole Togliatti, e di ritenere che non si debba lasciar passare l’occasione per fare una delle poche affermazioni concrete e innovatrici della Costituzione.

Osserva che finora, in Italia, ci si è preoccupati di assicurare la continuità giuridica dello Stato, evitando ogni aperta condanna del fascismo e ciò ha prodotto la situazione di disagio in cui si trova il Paese.

È necessario quindi che nella Costituzione ci sia finalmente un’affermazione concreta e precisa per cui si sappia che tutto ciò che è stato fascista è condannato. Bisogna fare in modo che il popolo abbia la sensazione precisa che la Repubblica segna una data nuova nella storia d’Italia. Dichiara pertanto di accettare pienamente l’aggiunta proposta dell’onorevole Togliatti.

DOSSETTI dichiara di condividere le affermazioni dell’onorevole Basso per quanto riguarda la cesura che si vuol porre tra il passato e il presente, anche motivata dal giusto rilievo che sino ad oggi, nello sviluppo della nostra situazione costituzionale e politica, ci si è troppo preoccupati di voler assicurare una continuità legale dello Stato. Ma ritiene che l’esclusione proposta dall’onorevole Togliatti, con la sua aggiunta, possa un giorno essere causa di altre esclusioni in senso opposto a quello che oggi si vuole intendere, e con fini che non hanno niente a che vedere con quella cesura e con quella totale condanna del fascismo che tutti i Commissari sono d’accordo nel voler accettare. Fa presente che non saranno i Commissari ad interpretare i termini della formula in discussione, ma altri uomini politici i quali, quando si trovassero di fronte ad un partito comunista non più governato dall’onorevole Togliatti, il quale oggi può richiamarsi ai suoi 25 anni di antifascismo, potrebbero ritenere che esso nel suo indirizzo riproducesse il partito fascista, e volessero sopprimerlo proprio in base alla formula proposta dall’onorevole Togliatti. Pertanto è perplesso circa l’opportunità di adottare tale formula.

TOGLIATTI dichiara di non voler seguire l’onorevole Dossetti nelle sue esemplificazioni riguardanti il partito comunista, per non inasprire la discussione.

Fa presente che le osservazioni fatte alla sua proposta sarebbero giustificate, se essa mirasse a definire il contenuto di un movimento o di un partito fascista. Contro una tale formulazione sarebbero lecite tutte le critiche, perché qualunque partito potrebbe essere ricondotto sotto la figura del partito fascista attraverso disquisizioni dialettiche; così il partito democristiano, come quello liberale ed altri.

Fa presente che nella sua proposta egli si limita al richiamo storico del partito fascista quale si è manifestato nella realtà politica del Paese dal 1919 al 1943 e non è quindi possibile alcuna interpretazione equivoca.

È disposto, allo scopo di rassicurare l’onorevole Dossetti, a modificare la sua formula nel senso che si parli «del» partito fascista, anziché di «un» partito fascista.

Ricorda del resto che una dichiarazione riguardante l’inammissibilità del partito fascista è contenuta nell’armistizio e nelle clausole del Trattato di pace che si sta elaborando nei riguardi dell’Italia e inoltre nei Trattati di pace che sono stati già formulali per altri Paesi.

DOSSETTI dichiara che le spiegazioni dell’onorevole Togliatti lo tranquillizzano completamente. È disposto ad accettare la formula dell’onorevole Togliatti così come questi l’ha modificata, in quanto viene ad assumere un significato storico. Propone inoltre all’onorevole Togliatti che, per maggiore chiarezza e per voler significare che si tratta di un dato storico, l’articolo venga così formulato: «È proibita sotto qualsiasi forma la riorganizzazione del partito fascista».

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Caristia ha presentato la seguente formula sostitutiva dell’articolo proposto dall’onorevole Basso:

«I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici. La legge detta le norme perché la loro attività si svolga pacificamente. È vietata la ricostituzione del partito fascista».

BASSO dichiara di accettare la formula dell’onorevole Dossetti.

CEVOLOTTO dichiara di non avere alcuna difficoltà ad accettare la formula dell’onorevole Dossetti, pur ritenendola superflua per le ragioni precedentemente esposte.

TOGLIATTI rileva che la formula presentata dall’onorevole Caristia è imprecisa e sotto l’aspetto giuridico nasconde una profonda contraddizione, in quanto prima, afferma che tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi, e poi dichiara che la legge determina le condizioni di tale diritto. Fa presente che non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel Paese. Ritiene quindi che sia meglio adottare la formula dell’onorevole Basso.

CARISTIA si rende conto delle obiezioni dell’onorevole Togliatti e riconosce che un partito politico ha diritto di provvedere alla sua organizzazione in quanto ha una sua autonomia ammessa dalla natura stessa dello stato democratico, ma fa presente che perché i partiti non arrivino a una lotta non pacifica, occorre che la leggo provveda in proposito.

Non si vuole perciò porre un limite allo sviluppo dei partiti politici come tali, ma soltanto un limite alla lotta la quale si deve svolgere in un piano pacifico, il che è molto diverso.

Lo statuto dei partiti provvederà alla loro organizzazione, al loro incremento, ma per quanto si voglia essere democratici, non si potrà mai fare a meno di una legge di pubblica sicurezza che regoli la lotta politica.

TOGLIATTI fa presente che la legge di pubblica sicurezza non è la legge dei partiti, poiché è fatta essenzialmente per reprimere la delinquenza. I partiti vi possono essere contemplati in quanto invadono un terreno che è quello della delinquenza.

CARISTIA obietta che la legge di pubblica sicurezza è fatta anche per regolare la lotta politica, la quale si deve svolgere sul terreno pacifico. Se sconfina da questo terreno, la legge di pubblica sicurezza deve intervenire al fine di riportarla su un terreno di dignità. Quindi la legge non fa altro che dare una garanzia per lo svolgimento della lotta politica.

TOGLIATTI osserva che tale garanzia, anziché dalla legge, deve essere data dalla Costituzione.

CARISTIA non vede come la Costituzione possa dare questa garanzia, in quanto si limita ad affermare il diritto che i cittadini hanno di organizzarsi in partiti politici.

TOGLIATTI fa rilevare che il riferimento che l’onorevole Caristia desidera fare alla legge di pubblica sicurezza è contenuto in quegli articoli della Costituzione nei quali è detto che la libertà è concessa entro limiti stabiliti dalla legge. Non è quindi necessario faro un riferimento esplicito nella Carta costituzionale.

PRESIDENTE dichiara che preferirebbe una formula la quale esprimesse in modo inequivocabile il concetto che è proibita, sotto qualsiasi forma, l’organizzazione di un movimento o di un partito fascista o totalitario. Di tale sua preferenza non fa una precisa proposta, in quanto, dopo le dichiarazioni dell’onorevole Togliatti, è apparso chiaro che si vuole impedire la ricostituzione del partito fascista, così come si è storicamente manifestato negli ultimi 20 anni.

Per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Basso, propone il seguente emendamento: «Il diritto di organizzarsi in partiti che accettino il metodo democratico della lotta politica è garantito a tutti i cittadini». A suo parere, una volta affermato in linea principale questo concetto, nei termini da lui proposti, il capoverso che riguarda la proibizione della riorganizzazione del partito fascista, assume un maggior risalto.

CEVOLOTTO si dichiara contrario all’adozione di formule che affermino garanzie, poiché la Costituzione non è un patto di fideiussione fra cittadini e Stato. È contrario anche all’adozione dell’espressione: «metodo democratico» poiché essa comporterebbe, ad esempio, l’esclusione di un partito anarchico, esclusione che non sarebbe democraticamente concepibile.

Ritiene che la formula dell’onorevole Basso sia preferibile.

BASSO fa presente che l’affermare che sono ammessi i partiti i quali accettino il metodo democratico della lotta politica implica delle limitazioni, poiché presuppone una valutazione in merito alle dottrine seguite dai partiti. Fa presente inoltre che il termine di democrazia ha oggi diversi significati e si presta a diverse interpretazioni. Ritiene che sia preferibile la formula da lui proposta, che non solleva tale questione di interpretazione.

PRESIDENTE ritiene che le limitazioni non debbono spaventare, poiché è necessario porre nel testo costituzionale qualche cosa che costituisca difesa della democrazia contro tutti coloro che attentano alla sua esistenza.

BASSO risponde di essere d’accordo col Presidente per quanto riguarda la difesa della democrazia, ma fa presente che una cosa è il dire che i cittadini hanno diritto di organizzarsi democraticamente e altra cosa è accettare il metodo democratico. In base alla formula proposta dal Presidente, domani si potrebbe dire, per esempio, che il partito socialista non adotta il metodo democratico.

CARISTIA dichiara di insistere perché sia messa ai voti la sua formula, rinunciando però a quella parte che rinvia alla legge, in quanto questo concetto è implicito in altri articoli della Costituzione.

PRESIDENTE dà lettura della formula proposta dall’onorevole Basso: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partiti politici».

Fa presente che a questo punto l’onorevole Basso aggiungerebbe le seguenti parole: «allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese». Ritiene che questa ultima proposizione si possa accantonare salvo un successivo riesame.

Di fronte a questo formula, vi è anche l’altra da lui proposta sulla quale però dichiara di non insistere: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che accettino il metodo democratico della lotta politica».

Vi è poi la formula, proposta dall’onorevole Caristia: «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici».

MORO propone un emendamento alla formula dell’onorevole Basso. In essa si dice: «organizzarsi in partiti politici liberamente e democraticamente». Ritiene che questa espressione riguardi piuttosto la fase di formazione dei partiti politici; onde sarebbe opportuno aggiungere un’espressione che possa togliere ogni equivoco e, cioè, dire: «possono organizzarsi ed operare liberamente e democraticamente in partiti politici».

PRESIDENTE dà lettura della formula così come risulterebbe con l’emendamento proposto dall’onorevole Moro: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi e di operare liberamente e democraticamente in partiti politici, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

BASSO dichiara di accettare la formula proposta dall’onorevole Moro.

PRESIDENTE dichiara che, dal momento che vede garantita l’essenzialità del metodo democratico nella lotta dei partiti di cui si era preoccupato nel presentare la sua formula, accetta la formula Basso-Moro e ritira la sua.

CARISTIA dichiara di insistere nella formula da lui proposta, ritenendo inutili le specificazioni.

TOGLIATTI ritiene che l’espressione: «operare democraticamente e liberamente in partiti politici» non suoni molto bene, e pertanto propone la formula: «organizzarsi liberamente in partiti politici ed operare democraticamente allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

MORO dichiara di accettare la formula proposta dall’onorevole Togliatti.

PRESIDENTE mette ai voti la formula dell’onorevole Caristia:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici».

(È respinta con 8 voti contrari 3 favorevoli e 1 astenuto).

PRESIDENTE comunica che una formula, quale risulta dalla collaborazione di vari Commissari e che sembra sia accettata dalla maggioranza della Commissione, sarebbe la seguente:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti politici allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica del Paese».

CARISTIA, dichiara di votare contro questa formula, perché la ritiene troppo vaga.

(La formula è approvata con 11 voti favorevoli e 1 contrario).

PRESIDENTE pone in votazione l’altra proposizione dell’articolo:

«È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista».

(È approvata all’unanimità).

Fa presente che l’articolo risulta definitivamente così formulato: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti politici, allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica del Paese.

«È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista».

BASSO ricorda che tra le formule da lui proposte vi era anche quella contenuta nell’articolo 4, del seguente tenore:

«Ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquantamila voti sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa e di altre leggi».

PRESIDENTE ritiene che dal momento che sono assenti i due Relatori, onorevoli Merlin e Mancini, sia opportuno rinviare la discussione di questo articolo alla seduta di domani.

(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 20.30.

Erano presenti: Amadei, Basso, Cevolotto Corsanego, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Marchesi, Moro, Togliatti e Tupini.

Assenti giustificati: De Vita, Grassi, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto.