Come nasce la Costituzione

RELAZIONE DEL DEPUTATO BASSO LELIO SULLE LIBERTÀ CIVILI

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

I SOTTOCOMMISSIONE

RELAZIONE

del deputato BASSO LELIO

SULLE LIBERTÀ CIVILI

Art. 1.

Nessuno può essere privato della libertà personale se non per atto della autorità giudiziaria, nei casi e nei modi previsti dalla legge.

La privazione della libertà personale può essere disposta anche dall’autorità di pubblica sicurezza; tuttavia in questo caso l’individuo non può essere trattenuto per più di 48 ore, a meno che entro tale termine non sia intervenuta denunzia all’autorità giudiziaria, e questa non la abbia convalidata, con proprio atto motivato, entro le successive ulteriori 48 ore. La convalida deve essere ripetuta periodicamente, secondo quanto dispongono le leggi.

È vietato sottoporre l’individuo privato della libertà personale a trattamenti brutali e a costrizioni morali e materiali.

Art. 2.

L’imputato è presunto innocente, fino a che un atto dell’autorità giudiziaria non lo abbia dichiarato colpevole.

La norma penale non può essere retroattiva; nessuno può essere sottoposto se non a giudici precostituiti.

Le sanzioni detentive devono tendere alla rieducazione del colpevole. La pena di morte non è ammessa se non nei codici penali militari di guerra. Non possono istituirsi pene crudeli: sono vietate le sanzioni collettive.

 

Con i due precedenti articoli si regola la libertà personale, secondo quei criteri informatori che sono ormai accolti in tutte le Costituzioni moderne. Si è avuto unicamente cura di dare ad essi un contenuto il più possibile esatto e preciso, in modo che l’azionabilità del diritto di libertà personale – regolata dal successivo articolo 11 – sia non un nome vuoto, ma una effettiva realtà.

Il termine di 48 ore più 48, stabilito per l’arresto o per il fermo di polizia, costituisce un termine medio tra quello di otto o dieci giorni di alcune Costituzioni, e quello di 24 ore, proprio di altre.

All’articolo 2 viene esplicitamente data veste costituzionale ai principî di irretroattività delle norme penali, e di non sottrazione ai giudici precostituiti al compimento del fatto (così detti giudici naturali, secondo una locuzione di gergo). La norma relativa al divieto di giudici speciali troverà più idonea sede nella parte relativa al potere giudiziario.

Necessario appare il comma in cui è detto che le pene detentive debbono aver scopo rieducativo: ciò per far cadere molte norme di diritto penitenziario oggi superate dai tempi.

Art. 3.

Il domicilio è inviolabile. Nessuno può introdurvisi se non per ordine dell’autorità giudiziaria, salvo il caso di flagranza di reato, o altri casi eccezionali, tassativamente regolati dalle leggi, per necessità di ordine pubblico.

Le ispezioni e le perquisizioni domiciliari debbono essere fatte in presenza dell’interessato o di persona di famiglia o, in mancanza, di due vicini facenti fede, e secondo le forme stabilite dalle leggi.

 

Anche questa norma ha contenuto preciso, in vista dell’azionabilità del diritto di libertà domiciliare. Per il resto essa riproduce con lievi varianti la formulazione della Commissioni del Ministero per la Costituente, alla cui relazione si rinvia per la motivazione.

Art. 4.

Ogni cittadino può circolare e fissare la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio, salvi i limiti imposti dalla legge per motivi di sanità o di ordine pubblico.

 

Con questa norma vengono stabilite le libertà dette di residenza e di circolazione. Non pare il caso di sancire costituzionalmente il diritto a non essere estradato, che non è accolto, nelle legislazioni moderne, se non per i reati politici (eccettuati alcuni pochi casi) e che non ha carattere costituzionale.

Neppure è necessario dare formulazione costituzionale alla così detta libertà di emigrazione, che appare piuttosto come un corollario di tutti i diritti di libertà nel loro insieme, e di alcuni di essi in particolare, e che è quindi un implicitum. Egualmente deve dirsi per la libertà professionale, che oltre tutto va posta in relazione con le norme che saranno stabilite in materia di lavoro.

Art. 5.

Nessuno può essere privato della cittadinanza come sanzione, anche indirettamente, di carattere politico.

 

È l’unica parte del diritto di cittadinanza che appaia idonea a rivestire carattere costituzionale. Non è nelle nostre tradizioni dar rilievo costituzionale a quanto riflette la cittadinanza, né ricorrono per noi quei presupposti che altrove – Stati plurinazionali dell’Europa orientale e balcanica – ne hanno consigliato l’assunzione in rilevanza costituzionale.

Data poi la complicazione inerente allo status di cittadinanza, propria di tutte le legislazioni moderne, si sarebbe piuttosto imbarazzati nello scegliere delle statuizioni costituzionali, a meno che non si vogliano porre numerose e particolareggiate norme in materia, il che però appesantirebbe inutilmente la Costituzione.

Art. 6.

La libertà e la segretezza di comunicazione e corrispondenza sono garantite. Solo in tempo di guerra e in casi tassativamente regolati possono essere stabilite limitazioni e istituite censure. Tuttavia la divulgazione di notizie, conosciute per questi tramiti, è punita dalla legge.

 

Anche per questa norma è stato seguito il criterio che ha prevalso nella Commissione del Ministero per la Costituente, alla cui relazione si invia per i motivi. Le sanzioni a tutela di tale libertà dovranno essere particolarmente rigorose.

Art. 7.

Ognuno è libero di professare la propria fede religiosa, e di manifestare le proprie convinzioni politiche, sociali, filosofiche e scientifiche, e può porre in essere ogni atto idoneo a diffondere le proprie credenze e opinioni, purché non leda i diritti altrui. Nessuna differenza può farsi tra gli individui in base alla religione e alle opinioni politiche, sociali, filosofiche e scientifiche. Nessun limite può porsi alla libertà di coscienza.

L’esercizio di ogni culto è libero.

 

Nessun limite può porsi alla libertà di coscienza, che dev’essere in ogni tempo e luogo azionabile, verso qualunque autorità.

Sembra opportuno disciplinare in questa sede la libertà di religione e di culto, anziché rinviarla alla norma relativa ai rapporti tra Stato e Chiesa, se dovrà esservi. Non appare invece necessario scendere a specificazioni delle varie estrinsecazioni della libertà di coscienza, di religione e di culto, come fanno alcune Costituzioni, in ordine, per esempio, al giuramento, ai rapporti di lavoro, al servizio militare, ecc., poiché queste specificazioni per un lato non sono complete, onde danno luogo a difficoltà interpretative per i casi non enunciati; per un altro sono superflue, in quanto conseguenze immediate e dirette del principio enunciato.

Art. 8.

In nessun caso possono essere impedite le riunioni pacifiche e senza armi in luogo privato. Di quelle in luogo pubblico debbono essere preavvisate le autorità, le quali possono vietarle, ma solo per comprovate ragioni di sicurezza pubblica e di sanità.

Art. 9.

Tutti i cittadini, senza autorizzazione preventiva, possono liberamente associarsi per il raggiungimento di scopi considerati leciti per i singoli dalle leggi penali. Non sono consentite le associazioni a tipo militare.

Il regime patrimoniale delle associazioni è regolato dalla legge.

 

Anche a questa norma è stato dato un contenuto tale da consentire una piena e rapida azionabilità. Per essa si è seguita l’indicazione della Commissione ministeriale.

Art. 10.

La libertà di esposizione del pensiero mediante la stampa non può essere limitata da autorizzazioni e censure. Il sequestro può essere disposto solo dall’autorità giudiziaria.

Tuttavia per la stampa periodica, può procedersi a sequestro senza atto dell’autorità giudiziaria in caso di assoluta urgenza, e solo per violazione delle norme amministrative che regolano l’esercizio del diritto e per quei reati tassativamente elencati dalla legge. Il sequestro deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria. Per le funzioni speciali proprie della stampa periodica, la legge prescrive severe pene per i reati commessi mediante la stessa, e cautele amministrative idonee a garantire la fede pubblica.

Solo la legge può limitare le manifestazioni del pensiero compiute con mezzi differenti dalla stampa.

 

In questa norma è condensata la disciplina – anch’essa concreta – della libertà di stampa e di pensiero, secondo le indicazioni della Commissione del Ministero della Costituente. Una legge speciale costituzionale sulla stampa stabilirà poi la disciplina amministrativa della stampa periodica, le forme dei procedimenti penali inerenti alla stampa, nonché i reati e le pene che riguardano la stampa, pene che, secondo quanto avviene negli Stati Uniti di America e in Gran Bretagna, dovranno essere particolarmente severe.

Troverà in questa legge disciplina più acconcia che nella Costituzione quanto riflette alcune misure che oggi reclama una gran parte della pubblica opinione, quale la pubblicità dei fondi e dei bilanci dei quotidiani, l’indicazione dei titolari delle aziende giornalistiche, l’indicazione delle fonti delle notizie e la disciplina delle agenzie di stampa; in una parola tutto ciò che concorre a garantire il gran pubblico dei lettori, e quindi la pubblica opinione, contro le notizie false o deformate; misure già in atto in paesi di alta civiltà, quali quelli scandinavi e anglosassoni.

L’ultima parte dell’articolo si riferisce soprattutto al cinema, alla radio, agli spettacoli, ecc., manifestazioni di pensiero e di arte per le quali da alcuni si reclama l’opportunità di porre in atto misure atte a difendere la pubblica moralità. Queste misure saranno eventualmente stabilite in apposite leggi, essendo sufficiente nella Costituzione la tutela contro atti arbitrari del potere esecutivo, dei quali abbiamo avuto numerosi esempi in passato.

Art. 11.

Le violazioni dolose o colpose dei diritti di libertà stabiliti negli articoli da 1 a 10, comportano il diritto del cittadino ad avere dallo Stato la riparazione in forma specifica e, ove impossibile, il risarcimento dei danni.

Il funzionario o i funzionari dello Stato che hanno violato i diritti di libertà sono responsabili di fronte allo Stato e di fronte ai cittadini, secondo quanto stabilisce la legge.

 

Solo azionando i diritti di libertà, è possibile dare ad essi quella piena tutela, che è nei voti di tutti, e che finora resta frammentata o limitata all’ambito delle norme penali. Stabilendo la responsabilità civile dello Stato (1a parte), e rinviando alla legge speciale per la responsabilità dei funzionari – non essendo opportuno che la Costituzione vada oltre l’affermazione del principio generale – non si fa che portare lo Stato su quel piano in cui, fin dal periodo romano, si trovano tutti i privati. Analoghi principî vigono in Inghilterra, ove la responsabilità statale è del tutto identica a quella di qualunque privato.

Art. 12.

Qualora, nell’esercizio di un’attività lecita, i pubblici poteri arrechino ai cittadini un nocumento materiale di ragguardevole entità – commisurata al patrimonio del danneggiato – essi sono tenuti a versare una riparazione a titolo di solidarietà nazionale. La legge disciplina la forma di questa responsabilità.

 

La responsabilità dello Stato per atti legittimi trova oggi attuazione in molte leggi speciali, ed è, sia pure timidamente, riconosciuta dalla giurisprudenza. È necessario che essa trovi statuizione e dignità costituzionale, con la formulazione su riportata, che la contiene in modo generale e generico.

Art. 13.

Tutti gli italiani sono eguali dinanzi alla legge, senza differenza di sesso, di opinione politica, di fede religiosa e di altre condizioni.

La donna ha gli stessi diritti civili e politici dell’uomo e gli stessi obblighi, nei limiti delle sue capacità naturali.

I titoli nobiliari sono aboliti né possono essere più concessi; i predicati di quelli attualmente esistenti divengono parte integrante del nome, secondo quanto dispone la legge.

Art. 14.

Spetta alla collettività eliminare quegli ostacoli d’ordine sociale ed economico che, limitando la libertà e l’eguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana, e il pieno sviluppo fisico e intellettuale, morale e materiale di essa.

 

Queste due norme non vanno certo collocate a questo punto; ma o al principio di tutta la ripartizione relativa ai rapporti tra pubblici poteri e cittadini, oppure al principio della parte – anche se di fatto poi non formalmente delimitata – dedicata ai principî di libertà ed eguaglianza nel campo sociale ed economico.

La prima di queste norme non solleva osservazioni particolari, potendosi ritenere di universale accettabilità; per i titoli nobiliari si propone di seguire il criterio che già si seguì a Weimar, con buoni risultati. Quanto attiene agli ordinamenti detti cavallereschi – ordini cavallereschi e onorificenze – trova sede più idonea nella parte propria dell’organizzazione dello Stato, essendo da presumere che essa rientrerà nella competenza di un qualche organo costituzionale.

La seconda è una norma nuova, non esistendo in alcuna Costituzione. È una norma-principio, che viene a costituire poi la chiave di tutte quelle altre norme, che la Costituzione conterrà, attinenti al lavoro, all’impresa, alla proprietà, ai servizi pubblici. Sotto tale aspetto essa appare particolarmente consigliabile, e dà alla Costituzione una chiarezza di inquadratura e una solidità di base che altrove non è riscontrabile.

Avvertenza. – Qualora nella parte della Costituzione che regolerà l’organizzazione costituzionale venga posta una norma sulle situazioni di guerra e di emergenza, dovranno modificarsi gli articoli di questo schema nei quali a tali situazioni si fa riferimento.

 

Questa norma appare molto opportuna; essa potrebbe disciplinare in primo luogo i rapporti tra legislativo ed esecutivo, col verificarsi di situazioni di guerra o emergenza. In secondo luogo il regime dei diritti pubblici del cittadino, stabilendone restrizioni da un lato, ma anche garanzie adeguate – da far valere eventualmente in periodo successivo – dall’altro.