Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI SABATO 1° FEBBRAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

28.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA ANTIMERIDIANA DI SABATO 1° FEBBRAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI

INDICE

Le autonomie locali (Seguito della discussione)

Presidente – Mannironi – Fabbri – Nobile – Ambrosini – Grassi – Dominedò – Molè – Uberti – Perassi – Targetti – Tosato – Einaudi – Bozzi – Moro – Lami Starnuti – Laconi – Conti – Togliatti – Fuschini – Iotti Leonilde – Cevolotto.

La seduta comincia alle 10.05.

Seguito della discussione sulle autonomie locali.

PRESIDENTE proseguendo nell’esame degli articoli relativi alle autonomie locali, avverte che all’articolo 4, riguardante la potestà legislativa di competenza della Regione, l’onorevole Mannironi propone di aggiungere, nell’elencazione delle materie, alla voce: «modificazioni delle circoscrizioni comunali», le parole: «e provinciali».

MANNIRONI osserva che il suo emendamento avrebbe avuto indubbiamente maggior rilievo, se fosse stato approvato l’emendamento proposto ieri dall’onorevole Targetti per la conservazione della Provincia. Comunque, ritiene di dover insistere nella sua proposta.

In sostanza, la Provincia, anche se perde la sua qualifica di ente autarchico, rimane sempre come ente amministrativo, come circoscrizione amministrativa della Regione; non solo, ma resterà sovrattutto anche come un ente, nel quale sarà decentrata una parte dell’amministrazione centrale. Quindi la Provincia ha una sua fisionomia, una sua individualità. In queste condizioni, pensa che il diritto a modificare eventualmente le circoscrizioni provinciali debba essere riservato alla Regione, come avviene per le circoscrizioni comunali.

Rileva che, quando alcune circoscrizioni sono state modificate dal potere centrale, si è giunti a commettere addirittura delle aberrazioni; e cita il caso della sua Provincia, Nuoro, alla quale furono assegnati Comuni situati a pochi chilometri da Cagliari. Ora questi errori sarebbero evitati, indubbiamente, se la modifica delle circoscrizioni provinciali fosse riservata alla competenza della Regione.

Insiste pertanto nel suo emendamento.

FABBRI non può aderire alla proposta dell’onorevole Mannironi, soprattutto per una ragione di armonia. Osserva infatti che è già stato approvato un emendamento proposto dall’onorevole Ambrosini all’articolo 2, nel senso che le Provincie sono circoscrizioni amministrative di decentramento regionale e statale. Ciò significa che i servizi provinciali saranno di natura statale e regionale. Attualmente circa il 90 per cento, cioè la grande maggioranza di questi servizi, è di natura esclusivamente statale (Intendenze di finanza, Tribunali, Uffici delle imposte, ecc.), mentre una piccola parte è di natura tipicamente provinciale (strade, brefotrofi, manicomi, ecc.). L’assegnazione alla competenza esclusiva della Regione dell’ordinamento delle Provincie, renderebbe il capoluogo di Regione arbitro di disporre su servizi, i quali emanano direttamente dall’autorità centrale dello Stato.

NOBILE si associa alle considerazioni esposte dall’onorevole Fabbri, rilevando che la circoscrizione provinciale ha più interesse per lo Stato che non per la Regione; e che non si potrebbe ammettere, in alcun modo, che fosse soltanto la Regione a modificare le circoscrizioni provinciali.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta di emendamento dell’onorevole Mannironi.

(Non è approvata).

Avverte che l’onorevole Ambrosini ha presentato la proposta di sopprimere nel penultimo comma dell’articolo 8 («La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge costituzionale») la parola «costituzionale».

La pone ai voti.

(È approvata).

Segue un altro emendamento dell’onorevole Ambrosini all’articolo 12, inteso ad aggiungere nel primo comma, dopo le parole: «o gravi violazioni di legge», le altre: «debitamente contestategli, con facoltà di dare chiarimenti».

AMBROSINI ritiene di non aver bisogno di illustrare il suo emendamento, il quale mira a porre il Consiglio regionale nella possibilità di dare quegli eventuali chiarimenti che possano dissipare le preoccupazioni sorte nel Governo.

GRASSI prega l’onorevole Ambrosini di non insistere nel suo emendamento, in quanto con esso si verrebbe a stabilire un procedimento disciplinare fra Governo e Regione. Si tratta di un principio che non è dignitoso fissare nella Costituzione ma che può invece benissimo esplicarsi nella pratica.

PRESIDENTE concorda con l’osservazione dell’onorevole Grassi.

AMBROSINI non insiste nel suo emendamento.

PRESIDENTE pone in discussione l’emendamento proposto dallo stesso onorevole Ambrosini all’articolo 13, inteso a sopprimere nell’ultimo comma le parole: «ed il Governo consente».

Ritiene che l’emendamento dell’onorevole Ambrosini, abbia lo scopo di affermare che anche se il Governo non consente, la legge regionale può ugualmente entrare in vigore prima dei termini indicati.

AMBROSINI non crede sia questa l’interpretazione da dare all’emendamento. Essendo già prescritto nella prima parte dell’ultimo comma che le leggi regionali debbono essere vistate dal commissario del Governo, è superfluo che si chieda un consenso al Governo: questo deve intendersi dato implicitamente con il visto del Commissario. La soppressione proposta non incide quindi sulla sostanza ma riguarda semplicemente la forma e vuole evitare una ripetizione.

NOBILE potrebbe anche concordare con l’onorevole Ambrosini, ma teme che il testo, modificato nel senso richiesto, possa dar luogo ad equivoci. Sarebbe quindi per il mantenimento della formula adottata dal Comitato di redazione.

DOMINEDÒ rileva che, nonostante gli intendimenti dell’onorevole Ambrosini, vi potrebbe essere un divario sostanziale fra la formulazione originaria e quella modificata, considerando che il visto del Commissario attiene di regola ad un vero intervento di legalità, mentre nel consenso del Governo è inclusa una valutazione di merito. Per tale ragione, voterà contro la proposta di emendamento.

MOLÈ concorda con l’onorevole Dominedò.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento Ambrosini.

(Non è approvato).

Sottopone ora alla Commissione l’emendamento presentato dall’onorevole Perassi, il quale all’articolo 6, ultimo comma, propone di inserire la seguente disposizione: «Le leggi dello Stato possono demandare alle Regioni il potere di emanare norme regolamentari di esecuzione».

Ricorda che in una discussione generale fu approvato che le categorie in cui si distingue la competenza delle Assemblee regionali sono: competenza diretta o esclusiva; facoltà legislativa supplettiva e concorrente; facoltà integrativa di adattamento delle norme generali emanate dallo Stato alle condizioni ed ai bisogni locali. Il Comitato di redazione aveva ritenuto che in questa categoria fosse compresa la cosiddetta potestà regolamentare, che del resto è concessa anche ai Comuni. Ad ogni modo, essendo sorto il dubbio e chiedendo l’onorevole Perassi la specificazione, pone ai voti la sua proposta di emendamento.

(È approvata).

Segue l’emendamento dell’onorevole Uberti all’articolo 14, inteso ad aggiungere il seguente comma:

«In tali circoscrizioni sono elette dai Comuni Giunte provinciali con funzioni delegate dalla Regione secondo norme da stabilirsi».

UBERTI precisa che la sua proposta è dettata dall’esigenza di ottenere una maggiore precisazione circa le funzioni delle Giunte provinciali, per le quali, in base al principio della unicità amministrativa, è meglio parlare di funzioni delegate dalla Regione.

MOLÈ ritiene sia una incongruenza che le funzioni vengano delegate dalla Regione e che, viceversa, a nominare questi delegati della Regione siano chiamati i Comuni. Chi delega, dà le funzioni.

PERASSI crede conveniente mantenere la formula che era stata adottata dalla seconda Sottocommissione che è più larga e non esclude, eventualmente, che le Giunte provinciali siano elette anche dai Consigli comunali.

Viceversa, riterrebbe opportuno precisare che queste funzioni vanno determinate non con una legge della Repubblica ma con una legge della Regione interessata. Invita, pertanto, l’onorevole Uberti a non insistere sul suo emendamento e propone che nel testo dell’articolo 14, secondo comma, adottato dalla Sottocommissione, anziché dire: «nei modi e con i poteri stabiliti da una legge della Repubblica», si dica: «nei modi e con i poteri stabiliti dalla legge regionale».

FABBRI accoglie anch’egli la prima parte dell’osservazione Perassi, che cioè sia preferibile il testo della seconda Sottocommissione al testo formulato dal Comitato di coordinamento, che può dare origine ad incertezze.

Da parte della maggioranza della seconda Sottocommissione, si era infatti pensato ad un organo che fosse in qualche modo di sorveglianza, e collaterale nella esplicazione delle funzioni amministrative da parte degli uffici decentrati della Regione. Quindi, completa soppressione di organi aventi l’autonomia degli antichi Consigli provinciali, per evitare un ritorno all’organizzazione autarchica ed autonoma della Provincia. Rimanendo però la circoscrizione provinciale, si era ritenuto necessario dare agli elementi locali una certa responsabilità inerente alla esplicazione dei vari servizi, ed istituire una sorveglianza proveniente da un principio elettorale, l’attuazione del quale sarà stabilito, secondo i modi e le forme più opportune, dalla legge.

Su questo punto è completamente d’accordo con l’onorevole Perassi per mantenere la dicitura della Commissione; senonché, quando si tratta di indicare questa legge, l’onorevole Perassi – che ha una tendenza regionalistica più spinta – dice che occorre una legge della Regione. Crede, invece, che questo ordinamento di carattere unitario per tutte le Regioni in ordine appunto al funzionamento dei servizi debba essere mantenuto. Non erede opportuno che le Giunte elettive, che saranno quali la legge dello Stato determinerà, debbano essere diverse da Regione a Regione, salvo, naturalmente, le maggiori autonomie contemplate per determinate Regioni.

A questo proposito fa presente che pur essendo contrario – come prima ha accennato – ad una tendenza regionalistica troppo spinta, è d’avviso che per le Regioni insulari e per quelle mistilingui di confine siano opportune disposizioni particolari in omaggio alla democrazia, alla libertà ed agli interessi di razze e di Paesi non del tutto italiani per lingua. Ed egli chiede alla Commissione di considerare l’opportunità – ove si mantenga il concetto di dare un ordinamento speciale alle Regioni di confine mistilingui, con riferimento specifico alla Val d’Aosta e all’Alto Adige – se non sarebbe opportuno fin da adesso includere nel secondo comma dell’articolo 3, che prevede condizioni particolari di autonomia per le due Isole e per le Regioni di confine mistilingui, anche la Venezia Giulia ed il Friuli; a meno che non si preferisca abbandonare il criterio della precisazione e parlare soltanto, in forma generica, delle due Regioni insulari e delle Regioni di confine mistilingui.

PRESIDENTE osserva all’onorevole Fabbri che questi, parlando dell’emendamento Targetti, ha affermato che il testo del Comitato di redazione gli sembrava meno felice di quello della seconda Sottocommissione. Fa presente che tale testo fu discusso lungamente dal Comitato stesso. La Sottocommissione aveva stabilito che i modi di elezione della Giunta avrebbero dovuto essere stabiliti dalla legge, ciò che poteva portare anche ad un suffragio diretto. La maggioranza ha ritenuto invece che non fosse opportuno caricare di un suffragio diretto questa fioritura di elezioni che vi è nelle Regioni.

Quanto alla nuova proposta dell’onorevole Fabbri, rileva trattarsi di una questione che ha un tale riflesso di natura anche nazionale e politica che non può non metterla in discussione, se la Commissione lo ritiene. Però, la discussione dovrà essere fatta a parte, perché si tratterà di ritornare sull’articolo 3 e di modificarne la dizione.

TARGETTI dichiara di apprezzare le ragioni che hanno ispirato l’onorevole Uberti nel compilare il suo emendamento, perché vi vede un gentile pensiero verso la vecchia Provincia che alcuni si augurano possa essere fatta risorgere.

Ma la proposta dell’onorevole Uberti non gli sembra logica. Essendo stata soppressa la Provincia, è contrario anche alla istituzione di queste Giunte elettive, le quali non sarebbero altro che uffici distaccati dalla Regione; ed egli si domanda se si voglia dare l’aspetto di un corpo elettivo ad un ufficio burocratico impiegatizio. Voterà, quindi, contro l’emendamento Uberti e contro l’istituzione delle Giunte.

TOSATO si dichiara favorevole alla proposta Perassi, perché la ritiene conforme a tutto il sistema, per il quale la Giunta provinciale non è altro che un ufficio regionale decentrato. Si tratta di vedere come questo ufficio potrà essere costituito, e se rappresenti una partecipazione diretta o indiretta dei cittadini della Provincia al controllo ed alla vigilanza delle funzioni regionali nell’ambito della Provincia. Sotto questo aspetto, ritiene sia meglio adottare la formula più generica della Sottocommissione, e per questo non è favorevole a quella predisposta dal Comitato di redazione.

Proporrebbe, inoltre, un emendamento formale, alla prima parte dell’articolo 14. Dove e detto: «La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative a mezzo delle circoscrizioni provinciali», sostituirebbe le parole: «a mezzo di organi provinciali».

AMBROSINI è favorevole alla proposta Uberti, in quanto crede che essa rappresenti una ulteriore precisazione di quanto ha già stabilito il Comitato di redazione. Non si tratta di una incongruenza, come ha detto l’onorevole Molè, ma si tratta di una commistione di vari elementi tale da riaffermare il principio che le circoscrizioni provinciali esistono in funzione dell’amministrazione regionale, e d’altra parte di dare un peso alla voce degli enti locali e principalmente dei Comuni. Crede che, in questi termini, la proposta Uberti possa accettarsi.

NOBILE ritiene che la proposta Uberti non sia da accettare perché sin da adesso cristallizzerebbe il modo nel quale queste Giunte debbono essere elette. I modi di poter eleggere le Giunte sono vari: vi possono essere sistemi che, forse, rispondano meglio che non la proposta Uberti alle esigenze della Provincia e della Regione.

È favorevole, quindi, alla dizione adottata dal Comitato di redazione.

UBERTI sottolinea che, effettivamente, la Provincia ha un’efficienza ed un valore. Rileva che dalla Provincia sono stati soppressi il bilancio ed il Consiglio provinciale; ma se si sopprimono le forze locali che sono nella Provincia si arriva ad un accentramento regionale quanto mai pericoloso. Se l’esistenza della Provincia avrebbe intaccato l’unità della Regione, d’altra parte occorre tener presente che un decentramento è necessario. Ora questo ha luogo attraverso un puro decentramento burocratico; cioè di organi dipendenti dalla Regione, di funzionari della Provincia: si arriverà così ad avere una Provincia gestita semplicemente dai funzionari, mentre per attuare il criterio fondamentale della utilizzazione delle forze locali nella Regione, occorre che il decentramento sia compiuto da forze di carattere locale elettive, cioè dai Comuni. Afferma, pertanto, che non si può ammettere il criterio che queste forze locali siano nominate dalla Regione, perché vi potrebbe essere domani un contrasto fra gli elementi scelti dalla Regione, che non sono espressione delle forze locali.

Non crede che si possa rimandare alla legge una questione come questa che ha rilevanza costituzionale.

EINAUDI domanda all’onorevole Uberti se, con la parola Comuni, intenda i Consigli comunali.

UBERTI risponde affermativamente.

PRESIDENTE, in base a questa precisazione, rileva che l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Uberti può essere così modificato: «In tali circoscrizioni sono elette dai Consigli comunali Giunte provinciali con funzioni delegate dalla Regione secondo norme da stabilirsi».

Lo pone ai voti in questa dizione.

(Non è approvato).

Pone ora ai voti l’emendamento Perassi, tendente a sostituire alla fine dell’articolo le parole: «da una legge della Repubblica», con le altre: «da una legge regionale».

BOZZI è contrario all’emendamento Perassi non solo per le ragioni già rilevate dall’onorevole Fabbri e dal Presidente, che cioè si viene a creare una disarmonia in questa regolamentazione, ma anche per una ragione più sostanziale. Sono state create le Regioni per eliminare l’accentramento statale; non si deve sostituire all’accentramento statale un accentramento che forse sarebbe peggiore, cioè l’accentramento regionale. Ora, se si lasciasse alla facoltà legislativa della Regione la potestà di regolare i suoi servizi interni, si potrebbe proprio arrivare all’assurdo di un accentramento regionale. Viceversa, demandando alla Repubblica una funzione unitaria, cioè la regolamentazione del decentramento burocratico nell’interno della Regione, questi pericoli sono evitati.

(L’emendamento Perassi non è approvato).

PRESIDENTE pone in discussione l’emendamento dell’onorevole Ambrosini all’articolo 16. Precisa che l’articolo 16, ultimo comma, dice:

«Il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali è esercitato da un organo regionale in maggioranza elettivo nei modi e limiti stabiliti con leggi della Repubblica. Per le deliberazioni amministrative indicate dalla legge, l’autorità deliberante può essere invitata a riesaminare il merito della deliberazione».

L’onorevole Ambrosini propone di sostituire il comma con il seguente:

«Il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali è esercitato dalla Regione per mezzo di una Giunta nominata dal Consiglio regionale e con l’intervento di un funzionario governativo a ciò delegato. Per le deliberazioni amministrative ecc.».

AMBROSINI dichiara che nel proporre l’emendamento è stato mosso da due scopi: uno di precisare l’organo che deve procedere alla nomina delle persone incaricate di esercitare il controllo di legittimità, l’altro di precisare che interverrà nella Giunta un funzionario governativo a ciò delegato. La portata di questa aggiunta è manifesta. Si è preoccupato della opportunità che lo Stato intervenga sul controllo di legittimità per assicurare che la legalità venga ovunque osservata e così si evitino errori o arbitrî da parte di amministrazioni locali inesperte o faziose.

Crede che l’aggiunta di questo funzionario governativo non turbi l’armonia del sistema, ma, anzi, contribuisca al suo migliore funzionamento.

PRESIDENTE osserva che con l’emendamento si altera profondamente il sistema adottato per la formazione della Commissione regionale, che cioè fosse in maggioranza elettivo, lasciando alla legge di determinare la composizione più opportuna.

MANNIRONI chiede se nel proporre il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni si intenda attribuire questo diritto di controllo in modo esclusivo alla Giunta provinciale, oppure se non si preveda la possibilità che la stessa facoltà possa essere delegata dalla Giunta provinciale a quelle Giunte comunali di cui si è parlato.

GRASSI osserva che il controllo di legittimità sui Comuni, dal momento che la Regione rappresenterà molte Provincie, non potrà essere dato da un solo organo regionale, ma bisognerà che siano gli organi provinciali a dare la possibilità ai Comuni di poter svolgere la loro vita, in quanto, date anche le grandi distanze che vi possono essere tra i vari Comuni, il controllo si renderà difficile. E d’avviso che, agli effetti di questo controllo, si potrà stabilire che esso sia esercitato per mezzo di Giunte nominate dal Consiglio regionale.

PERASSI crede si possa dire che il controllo è esercitato dalla Regione per mezzo di organi regionali.

NOBILE è d’avviso che il suggerimento dato dall’onorevole Grassi sia da accogliersi, mutando la dizione proposta dal Comitato e parlando di organi al plurale. Crede però che, per il resto, l’emendamento dell’onorevole Ambrosini sia da respingere.

Propone inoltre, in fine, il seguente comma aggiuntivo:

«Di tali organi dovrà far parte di diritto un rappresentante delegato dal Governo centrale».

AMBROSINI dichiara di accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Grassi, perché crede che il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni ed altri enti locali debba essere esercitato per mezzo di organi regionali e con l’intervento di un funzionario governativo a ciò delegato. Così gli sembra che possano tenersi in considerazione tutte le esigenze sulle quali crede che tutti siano d’accordo.

MORO richiama l’attenzione sulla connessione tra le due parti dell’articolo. Nella prima parte si prende in considerazione il controllo sulle Regioni e nella seconda quello sui Comuni. Quindi, o si scende ai particolari così nell’una come nell’altra parte, oppure non se ne parla in nessuna delle due.

PRESIDENTE concorda.

AMBROSINI osserva che, giacché si solleva una questione pregiudiziale, è bene che venga chiarita e che si ritorni anche sul primo comma per stabilire che non esistono disarmonie.

PERASSI non vede una disarmonia tra il primo comma ed il secondo, perché è chiaramente inteso che quando si parla del controllo sugli atti della Regione, l’organo centrale che eserciterà questo controllo è un organo dello Stato. Nella seconda parte dell’articolo 16 si è inteso dire che l’organo che esercita il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni è invece un organo della Regione.

La sola questione che si presenta adesso è quella di vedere se non sia il caso di non vincolare in maniera così rigida la soluzione del problema parlando di un organo regionale. È favorevole alla proposta dell’onorevole Grassi, che si riconnette all’idea dell’onorevole Ambrosini, nel senso che questo controllo sia esercitato dalla Regione per mezzo di organi provinciali, in maggioranza elettivi, e nei modi e termini stabiliti dalle leggi della Repubblica.

Ritiene che l’onorevole Nobile potrebbe non insistere nella sua proposta perché, dicendo «in maggioranza elettivo», non si esclude che vi possano essere anche membri non elettivi.

MORO è d’avviso che se si dice nella seconda parte che il controllo sugli atti del Comune spetta alla Regione, nella prima parte bisogna dire anche che spetta allo Stato per mezzo di uno o più organi.

LAMI STARNUTI è contrario alla creazione di organi provinciali secondo la formula proposta. Avrebbe preferito che l’onorevole Ambrosini avesse abolito l’aggettivo «provinciali» lasciando soltanto «organi». Sottolinea la necessità che la Commissione tenga presente che con questo testo il controllo di tutela viene soppresso e rimane soltanto il controllo di legittimità. Quindi la creazione di organi provinciali è superflua e serve soltanto ad appesantire l’apparato burocratico di controllo.

Che possa occorrere in una determinata Regione un numero maggiore di organi di controllo, può ammetterlo; ma gli sembra superfluo che ogni Provincia abbia il suo organo provinciale per il controllo di legittimità. Propone quindi che nella formulazione dell’onorevole Ambrosini sia soppressa la parola: «provinciali».

GRASSI si associa.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento nella seguente dizione:

«Il controllo di legittimità sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali è esercitato dalla Regione per mezzo di organi in maggioranza elettivi nei limiti e modi stabiliti con leggi della Repubblica».

(È approvato).

Pone in discussione l’emendamento proposto dall’onorevole Grieco all’articolo 18. Con esso non si accetta la creazione delle nuove Regioni e il loro inserimento nella Costituzione, ma si propone un articolo così formulato:

«Le Regioni sono costituite secondo la tradizionale ripartizione geografica dell’Italia. È fatta eccezione per la Valle d’Aosta, che costituisce una Regione distinta».

LACONI, illustrando l’emendamento per incarico dell’onorevole Grieco, osserva che la Commissione si è trovata dinanzi ad una molteplicità di richieste presentate con le più strane procedure. La scelta delle Regioni cui la Commissione ha proceduto ha avuto luogo secondo criteri anche empirici.

Osserva che quando si è decisa la costituzione dell’ente Regione, e quindi la sostituzione della Provincia, si è inteso dire che, benché della Regione non fosse cenno nell’ordinamento italiano, tuttavia alla Regione si era mantenuta una qualche struttura comprensiva delle vecchie circoscrizioni. Se così è, occorre dare un riconoscimento a queste circoscrizioni, che si sono mantenute durevolmente, così come sono state tramandate dalla tradizione popolare.

Non crede però che questa regola debba essere introdotta in via assoluta senza eccezione. È evidente che si dovrà aprire una possibilità perché determinate parti di una Regione possano staccarsi ed unirsi ad altre Regioni. Ed è stato appunto introdotto un articolo, il 20, nel quale si prevede che con una legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali interessati, si possa consentire la fusione di Regioni esistenti e la creazione di nuove Regioni, con un minimo di 500 mila abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino un terzo della popolazione e che la proposta sia approvata con referendum popolare.

Evidentemente, nel testo della Costituzione si è aperta una possibilità legale per addivenire alla formazione di nuove Regioni e alla divisione di quelle esistenti, qualora però le relative richieste abbiano raccolto il suffragio di una certa parte della popolazione. Ora, facendo eccezione alla procedura qui prevista, in sede di Sottocommissione è stato ritenuto di dover accettare alcune richieste, anche se formulate in base ai criteri più strani. Alcuni Commissari avevano raccolto da parte delle popolazioni interessate dei loro collegi elettorali, da parte di gruppi di amici, di uomini politici, una certa documentazione, di cui si sono fatti portatori, sostenendola con argomenti, talvolta anche validi, ma evidentemente senza alcuna procedura che avesse un minimo carattere costituzionale e potesse offrire al Paese e alla Costituente un minimo di garanzia. È stata così adottata la formulazione dell’articolo 18 che elenca le nuove Regioni.

Ora gli sembra assurdo che nella Costituzione siano previste tante cautele, si stabilisca il numero degli elettori che devono firmare le richieste, si adotti il referendum popolare, ecc., e poi la Costituente, nell’atto in cui viene decisa l’istituzione di queste Regioni, violi completamente tutto quello che ha stabilito e accetti l’istituzione delle Regioni in base ai buoni uffici presentati da un determinato numero di suoi componenti. Qualora vi fossero ragioni particolari per adottare una procedura d’urgenza, queste ragioni dovrebbero essere prese in seria considerazione. Il Governo, prima della Costituente, ha dovuto riconoscere appunto per ragioni politiche impellenti l’autonomia alla Sicilia, e ha dovuto costituire un Commissariato generale in Sardegna. Oggi nessuno può affermare che nella Regione emiliana-lunense, o nel Salento o nel Friuli, si assista a fatti così importanti, a così gravi movimenti, a tali agitazioni politiche che impongano la necessità di immediati provvedimenti.

Crede quindi che la Costituente compirà opera molto più seria e rispondente al mandato ricevuto, se nella Costituzione si farà unicamente riferimento alle Regioni storiche, che si sono tramandate nonostante il loro mancato riconoscimento nella Costituzione italiana, in quanto sono nel riconoscimento unanime delle nostre popolazioni; salvo poi ad introdurre – come giustamente è stata introdotta – una procedura che consenta in un secondo momento, a Costituzione entrata in vigore, la possibilità di costituire nuove Regioni.

CONTI, regionalista convinto, anche perché federalista, crede però che occorra esaminare il problema con molta prudenza e ponderazione. Ha già avuto modo di affermare nella seconda Sottocommissione che il criterio che lo ispira nel configurare le nuove Regioni e nel riconoscere le vecchie è questo: avere la certezza della vitalità dell’ente che si costituisce. Non potrebbe concepire un aborto, né formazioni artificiali, capricciose. Crede che il desiderio, l’aspirazione alla creazione dell’ente Regione sia profondo nelle Regioni già costituite, in quelle geografiche, tradizionali, ma che il desiderio sia vivissimo anche in altre zone del territorio. Tuttavia non si può oggi fare buon viso a tutte le richieste che vengono dalle diverse parti. Quelle che sono state esaminate, sono state esaminate con notevole prudenza. Non è proprio esatto quello che ha detto il collega Laconi, che si sia proceduto per suggestione.

Vi sono stati, comunque, movimenti da varie parti e questo dimostra, se mai, che vi è già in atto un’espressione di quell’altro elemento che si desidera entri nella soluzione del problema: una specie cioè di auto-decisione delle popolazioni. Per le Regioni che sono state iscritte nell’elenco che è nell’articolazione, questa espressione della volontà delle popolazioni si è avuta.

Si è creata, per esempio, la Regione friulana; e nessuno può negare che il Friuli sia una Regione assolutamente caratteristica, una Regione la quale da anni e anni si agita per questa sua autonomia. C’è poi un’altra Regione per la quale crede non si debba discutere: è una piccola Regione, una Provincia: il Molise. Ma se nel Friuli c’è stata sempre una viva aspirazione all’autonomia, nel Molise si è avuta tutta una serie di manifestazioni individuali e collettive per la creazione di una Regione separata.

TOGLIATTI fa presente che lo stesso si potrebbe dire, ad esempio, anche per la Valtellina.

CONTI, proseguendo, osserva che quanto al Salento vi è stata una larga discussione nella Sottocommissione. Per il Salento ci possono essere delle difficoltà; in altre parti della Puglia sono sorte delle avversioni a questa formazione. Tuttavia ritiene, d’accordo con i colleghi che hanno propugnata l’istituzione del Salento a Regione, che vi siano moltissime ragioni a sostegno di questa tesi. Basterebbe soltanto un elemento di giudizio: le Puglie hanno una lunghezza di ben quattrocento chilometri; su quattrocento chilometri, è evidente che si può fare un taglio a metà, allo scopo di rendere più facile l’amministrazione locale e l’autonomia del territorio. Non crede dunque che la Sottocommissione abbia errato nel dichiarare la costituzione di quella Regione.

Quanto alla costituzione delle Regioni emiliana-lunense ed emiliana romagnola, ritiene si tratti di una delle migliori attuazioni. Questa bipartizione dell’Emilia, cioè l’unione nella parte occidentale alla Regione lunense e nella parte orientale alla Romagna risponde alle tradizioni, in primo luogo, ed in secondo luogo alle necessità e all’economia delle popolazioni interessate.

Per la Regione emiliana-romagnola ricorda le tradizioni storiche le quali dicono che la Romagna è sempre stata con Bologna e con Ferrara: nello Stato pontificio, infatti, essa era unita con queste due città, ed era una Regione più vasta di quella odierna. E gli interessi sono tutti collegati: Bologna, Imola, Faenza, Forlì, Cesena, Rimini, sono tutte città le quali convivono, mentre non hanno nulla a che fare con Parma e Piacenza, e in genere, con quella parte della Regione emiliana. La Regione emiliana occidentale è poi nelle identiche condizioni e sente gravitare tutti i propri interessi verso La Spezia; e gli spezzini sanno di avere interessi comuni con la Provincia di Parma e in genere con quella parte settentrionale della Regione.

Non vede i motivi per cui si debbano contrastare interessi locali, di ripresa di commerci, di industrie, di trasporti, di comunicazioni, e perciò ritiene che anche la dichiarazione della possibilità di due Regioni, l’emiliana-romagnola e l’emiliana-lunense sia perfettamente legittimata.

Si dice che vi è un articolo 20 che apre l’adito alla costituzione di Regioni, quando si voglia e quando siano riconosciute dalle leggi future le condizioni necessarie per tale costituzione. È vero; ma oggi si elabora la prima legge in questo senso, si fa il primo impianto delle Regioni; le altre potranno venire; alcune potranno anche essere soppresse, riassorbite. Non si compie quindi nulla di irrimediabile compiendo questa prima regolamentazione.

D’altra parte, fa anche presente che le decisioni definitive dovranno essere prese dall’Assemblea costituente, la quale potrà anche modificare la costituzione delle Regioni in conseguenza dell’espressione di volontà diverse da parte degli interessati.

GRASSI rileva che l’emendamento dell’onorevole Grieco, là ove dice che bisogna tener conto di quelle Regioni le quali rispondono alla tradizionale ripartizione geografica dell’Italia, non afferma nulla su cui si possa essere d’accordo. Il Salento, ad esempio, rappresenta, in via geografica e in via storica, tutta una tradizione per cui si è sentito sempre come Regione a sé stante.

Comunque, è d’avviso che la procedura prevista dal progetto all’articolo 20, per la creazione di nuove Regioni, che contempla perfino un referendum popolare, è una vera prova del fuoco per una Regione.

Quanto poi all’osservazione che nessuna procedura sia stata seguita per la creazione delle nuove Regioni, ricorda invece che l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea ha esplicato indagini attraverso i vari Comuni, sì che sono pervenute dalle singole Regioni, attraverso i rispettivi Prefetti, le deliberazioni di tutti i Consigli comunali. L’Assemblea non difetterà quindi di tutto il materiale necessario per decidere. Insiste quindi per l’accoglimento del testo proposto dalla seconda Sottocommissione.

FUSCHINI vorrebbe innanzi tutto che si dicesse qual è la tradizione alla quale la proposta Grieco intende riferirsi. In essa si parla infatti della tradizione della ripartizione geografica; ma la ripartizione geografica del nostro Paese ha avuto parecchie fasi nelle quali si sono manifestate posizioni geografiche diverse. Fare quindi riferimento alla tradizione, è quanto vi può essere di più indeterminato e troppo vago per servire al fine di stabilire quelle che possono essere le Regioni. D’altra parte, se proprio ci si volesse rifare alle tradizioni veramente storiche del Paese, si giungerebbe a conclusioni assolutamente contrarie a quelle che si intende raggiungere: si dovrebbe cioè aumentare ancora il numero delle Regioni, poiché tutte le Regioni potrebbero sentirsi sollecitate, secondo l’articolo 20, a richiedere una tale suddivisione.

Desidera richiamare in modo particolare l’attenzione su un punto fondamentale messo in luce dall’onorevole Laconi, che cioè la suddivisione di cui all’articolo 18 sarebbe stata fatta in base a richieste più o meno capricciose. Risponde che, per il Friuli e per la Venezia Giulia, ad esempio, la richiesta è partita da un Comitato cittadino di cui facevano parte tutte le correnti politiche. Per quanto poi si riferisce alla Regione emiliana-lunense, osserva che tale Regione ha un suo inconfondibile carattere.

Nell’effettuare la suddivisione, la Sottocommissione non ha preso in considerazione, perciò, alcuna richiesta di carattere arbitrario, ma seri documenti pervenuti da Consigli comunali e da Deputazioni provinciali. Inoltre la Presidenza dell’Assemblea costituente, in data 1° gennaio, ha trasmesso a tutte le Deputazioni provinciali e a tutti i Comuni una circolare nella quale sono indicate le Regioni stabilite dalla seconda Sottocommissione, e si domanda, su ciò, il pensiero di tali enti locali. Le risposte non Sono ancora interamente pervenute. Ritiene pertanto che sia opportuno lanciare l’articolo 18 nel testo del Comitato di redazione, in attesa che l’Assemblea Costituente sia in possesso di tutte le risposte, pro e contro, degli enti che sono stati chiamati a riferire il loro pensiero.

Quanto all’Emilia, osserva che, anche con il criterio proposto dall’onorevole Grieco, essa avrebbe sempre il diritto storicamente e tradizionalmente, di essere costituita in Regione.

FABBRI, anche per ragioni di coerenza rispetto a quanto ha sempre affermato in sede di seconda Sottocommissione in cui è stato modestamente entusiasta della creazione dell’ente Regione, fa solo eccezione, come già appunto fece in quella sede, per alcune Regioni per le quali concorrono elementi di carattere geografico e storico, ai quali sopravvengono, per così dire, anche elementi di carattere politico. Ha aderito quindi al concetto che si possa pensare ad un ordinamento in qualche modo diverso e caratteristico, rispetto a quella che possa essere la generalità delle altre Regioni di Italia, nei confronti della Sicilia, della Sardegna e delle Regioni mistilingui di confine, fra le quali desidererebbe, anche per una ragione di fede, di speranza, nonché per la possibilità di accordi futuri con i Paesi confinanti, che si facesse menzione della Venezia Giulia.

È rimasto sempre ed è tuttora molto perplesso circa i possibili vantaggi di questo ordinamento regionalistico, anche perché essendovi innegabilmente una notevole differenza di sviluppo economico e di condizioni generali fra una parte e l’altra d’Italia, ha avuto la preoccupazione che l’istituzione delle Regioni, piuttosto che contribuire al progresso dell’Italia, potesse eventualmente essere di pregiudizio alla situazione generale del Paese, con evidente discapito delle Regioni più povere.

Quanto alla istituzione di nuove Regioni, confessa che una volta adottato il criterio regionalistico, sperava che il concetto della Regione fosse qualche cosa di più organico, e di più complesso di quello che invece è uscito dai lavori della seconda Sottocommissione; e quando si è detto che era indispensabile il requisito per le nuove Regioni dei 500 mila abitanti, ha ritenuto che il requisito stesso fosse troppo basso, e quindi si è stupito che, per il Molise, si sia ritenuto di poter prescindere dal fatto che non si arrivi nemmeno a questi 500 mila abitanti. Ed ugualmente si è stupito dell’esigenza di dividere in due l’Emilia e si è preoccupato che l’eventuale soddisfazione di paesi che si vedrebbero eletti capoluoghi di Regione, potesse esser stata presa in considerazione senza tener conto delle lacerazioni e del dolore di altri paesi vicini.

Anche rimanendo nell’esempio classico dell’Emilia, si domanda se la separazione di Modena da Bologna determini tutto quell’entusiasmo che l’onorevole Fuschini suppone. E relativamente alla Romagna, egli, originario di Forlì, ha sempre avuto molti dubbi che i veri romagnoli siano convinti che Bologna o Ferrara facciano parte della Romagna, in quanto hanno sempre creduto che la Romagna finisse a Imola. Quindi si domanda se non sia troppo affrettata l’introduzione di queste nuove Regioni.

È quindi favorevole all’emendamento Grieco, insistendo peraltro per il mantenimento della Regione del Friuli e della Venezia Giulia, per i motivi accennati.

NOBILE si dichiara anch’egli favorevole all’emendamento Grieco. Può darsi che in esso vi sia qualche indeterminatezza. Quando si parla di circoscrizioni regionali di carattere storico e geografico, si potrebbe non sapere esattamente quali siano queste Regioni; ma bisogna andare allo spirito di questo emendamento, che è evidentemente quello di ridurre al minimo la frammentazione dello Stato italiano in Regioni autonome.

Avrebbe capito la preoccupazione di creare, sviluppare, incoraggiare la vita culturale regionale, facendo rivivere una vita amministrativa locale. Se si fosse parlato soltanto di decentramento delle attribuzioni dello Stato, allora si poteva incoraggiare la via sulla quale ci si è messi. Ma il fatto è che le Regioni, così come sono configurate, hanno anche una autonomia legislativa: ognuna di queste Regioni ha un suo piccolo Parlamento al quale è attribuita una parte dell’attività legislativa dello Stato.

Non crede che si debba incoraggiare su questa via la divisione dello Stato italiano.

Fa osservare che le 22 Regioni previste significano press’a poco 2 milioni di abitanti per Regione, con un massimo di quattro Provincie per ogni Regione.

L’emendamento Grieco ha tendenza a restringere ancora questo numero. Con il progetto invece, che all’articolo 20 stabilisce essere sufficiente un minimo di 500 mila abitanti per richiedere l’istituzione di una nuova Provincia, si potrebbe arrivare all’assurdo di frazionare l’Italia in 84 Regioni autonome.

Per tali motivi, ritiene che l’emendamento Grieco come tendenza limitatrice di questo frazionamento debba essere accolto.

PRESIDENTE avverte che è stata chiesta la chiusura della discussione. La mette ai voti, riservando la parola agli oratori iscritti.

(È approvata).

IOTTI LEONILDE ha sentito da diversi colleghi parlare di un sentimento popolare largamente diffuso che potrebbe portare alla creazione delle diverse Regioni.

Non sa e non vuole neppure esaminare i casi delle Regioni del Friuli e del Salento che non conosce; vuole soltanto limitare le sue osservazioni alla Regione dove ha sempre vissuto, cioè l’Emilia.

Sostiene, senza tema di essere smentita, che questo sentimento popolare di una divisione dell’Emilia in due parti non esiste nel modo più assoluto, o esiste in gruppi molto ristretti.

D’altra parte, ritiene che l’ultimo argomento portato dall’onorevole Fuschini sia la miglior prova e il miglior sostegno all’emendamento Grieco. L’onorevole Fuschini faceva notare che in data 1° gennaio la Presidenza dell’Assemblea Costituente ha chiesto il parere a tutte le Deputazioni provinciali e comunali delle Regioni che verrebbero costituite. Ciò vuol dire che la divisione come è stata formulata nell’articolo 18 del progetto di Costituzione è una divisione artificiosa che non trova il suo consenso nel parere democraticamente espresso dalle popolazioni locali. Ritiene quindi che, proprio in base a queste ultimo argomento, occorra lasciare le Regioni così come sono in Italia, e procedere poi ad un’eventuale divisione se questa viene richiesta dalle popolazioni locali. Questo – le sembra – sarebbe stato il modo più democratico di procedere.

Quanto alla divisione dell’Emilia, non è affatto del parere dell’onorevole Fuschini, che pretende che l’Emilia sia una Regione che possa essere divisa, né è del parere dell’onorevole Conti, il quale diceva che questa divisione è stato uno dei risultati più brillanti, che Spezia deve unirsi a Parma o viceversa. Ma l’Emilia non è solo Parma. Parma è stata presa dal sogno di diventare la capitale di quella Regione, quasi per rinnovare la tradizione del vecchio Ducato di Parma e Piacenza e di Maria Luisa. Vivendo a Reggio, conosce Modena e Piacenza e può dire che colà non si sente alcun particolare affetto per La Spezia, diverso da quello sentito per qualsiasi altra città d’Italia. Inoltre l’Emilia economicamente, linguisticamente ed anche come storia è una Regione perfettamente unita, da Piacenza a Rimini.

L’onorevole Fuschini ha affermato che la storia dell’Emilia è diversa da quella delle Romagne. Questo è avvenuto nel periodo in cui l’Emilia è stata divisa, ma non si deve fare riferimento all’Italia dai molti staterelli, quando esisteva una frattura artificiale nel corpo della Patria; si deve ritornare indietro, al tempo in cui l’Italia era unita. Ora l’Italia, al tempo dei Romani, era una Regione sola. E la meravigliosa Via Emilia, che è una specie di grande canale collettore da Piacenza a Rimini, non si è mai fermata a Bologna. Non solo, ma anche geograficamente parlando, l’Emilia è la Regione più ben delimitata di tutto il Nord.

Crede quindi che produrre una frattura in questo organismo che, sotto tutti gli aspetti, rappresenta una unità fondamentale, sarebbe realmente grave errore.

Per tutte queste ragioni, si pronuncia a favore dell’emendamento Grieco, ed in via subordinata propone che, in attesa dei risultati dell’inchiesta che è stata aperta dalla Presidenza dell’Assemblea, si sospenda ogni decisione per quanto riguarda la suddivisione delle Regioni.

MORO, dato che sono in corso gli accennati accertamenti che dovranno dare fondamentali elementi di giudizio, e poiché la Commissione dei 75 non esaurisce il suo compito presentando il progetto, ma continuerà a funzionare nel corso dei lavori dell’Assemblea, fa presente che la decisione in merito potrà essere riservata a quando gli elementi di giudizio saranno in possesso della Commissione che potrà decidere senza basarsi su presunzioni e senza dar motivo a sospetti di simpatie per una Regione o per l’altra.

LAMI STARNUTI ritiene che la proposta del collega Moro possa essere accolta, e che si possa portare all’Assemblea costituente una pronuncia provvisoria, non ratificata dal giudizio della Commissione plenaria, dando la giustificazione della mancata ratifica con la mancanza degli elementi per un giudizio sicuro sulle modifiche proposte all’elenco delle Regioni indicate dal Comitato di redazione per l’autonomia regionale.

Non conosce la situazione delle nuove Regioni proposte ed approvate, se non di una, quella nella quale è vissuto e dalla quale proviene, la Regione emiliana-lunense.

Afferma che il problema, nella Regione lunense, si può dire non esista se non in piccoli cenacoli di intellettuali e di amatori delle vecchie storie d’Italia. Nella Regione lunense esiste soltanto un movimento di carattere più limitato, per l’aggregazione di una parte della Provincia alla Provincia di Spezia. Si può pensare, da parte di qualcuno, alla riunione dell’Alta Lunigiana a Parma e all’Emilia come una conseguenza necessaria della aggregazione di questa parte della Provincia alla Provincia spezzina, ma pensare, come cosa naturale, alla riunione della Lunigiana all’Emilia, è cosa, direbbe, quasi assurda. Fra la Lunigiana e l’Emilia vi sono gli Appennini, una barriera che non si supera facilmente. La riunione farebbe a ritroso il cammino di tutti i movimenti che scendono dal monte e vanno al mare.

Disse già, in seno alla seconda Sottocommissione, che mancava una istruttoria seria, precisa sulla utilità e l’opportunità della creazione di queste nuove Regioni. La deliberazione della Sottocommissione è una deliberazione di persone staccate dalla volontà e dai sentimenti delle popolazioni. Ora, si domanda, è possibile creare le Regioni senza che le popolazioni siano interrogate, esprimano il loro pensiero, riescano a far conoscere i loro desideri e i loro sentimenti? Ricorda che la stessa Sottocommissione tenne conto di queste obiezioni, già da lui ripetutamente espresse, votando un ordine del giorno per una inchiesta a posteriori rispetto alla decisione adottata, inchiesta che può essere utile dal momento che l’Assemblea costituente dovrà decidere fra alcune settimane o fra qualche mese. Questa inchiesta è in corso.

È opportuno quindi votare la sospensiva con l’intesa che all’Assemblea costituente sarà portato il testo della Sottocommissione, avvertendo che la Commissione plenaria non si è pronunciata in merito. In caso contrario, sarebbe favorevole all’emendamento dell’onorevole Grieco, che, a suo avviso, non è né impreciso né vago, ma si richiama al primitivo testo del Comitato di redazione per l’autonomia regionale, il quale, all’articolo 22 stabiliva: «Le Regioni sono costituite secondo la tradizionale ripartizione geografica dell’Italia. Esse sono»: (ed indicava le Regioni non facendo menzione delle nuove ora costituite).

Riferendosi, inoltre, ad una dichiarazione fatta ieri in merito all’articolo 4 della Carta costituzionale, osserva che si è sempre continuato a scrivere e a parlare e nel Comitato di redazione per l’autonomia regionale, ed in seno alla seconda Sottocommissione, di una Regione Tridentina e dell’Alto Adige. Richiama l’attenzione della Commissione dei 75 su tale problema, facendo presente di non essere ancora in possesso di tutti gli elementi necessari, che dovevano essere forniti dall’onorevole Battisti, e che non sono giunti in seguito alla dolorosa scomparsa di questi.

Crede ad ogni modo che la riunione del Trentino all’Alto Adige non sia opportuna.

PRESIDENTE comunica che gli è pervenuto il seguente ordine del giorno:

«La Commissione dei 75, preso in esame il problema della istituzione delle nuove Regioni già approvato dalla seconda Sottocommissione, considerato che sono in corso accertamenti presso gli organi locali delle popolazioni interessate, sospende ogni decisione in merito, riservandosi di riprendere in esame il problema non appena in possesso degli ulteriori necessari elementi di giudizio».

L’ordine del giorno è firmato dagli onorevoli Moro, Molè, Targetti, Iotti Leonilde.

Lo pone in discussione.

UBERTI propone, invece di votare la sospensiva secondo l’ordine del giorno, di dichiarare che la seconda Commissione non ha avuto modo di potersi pronunciare appunto in attesa di questa istruttoria in corso e pertanto si approva provvisoriamente il testo della seconda Sottocommissione.

GRASSI, dal momento che la. sospensiva non pregiudica gli interessi di una Regione come il Salento, voterà per la sospensiva.

FUSCHINI fa eguale dichiarazione: aderisce alla sospensiva, intendendo che essa non pregiudichi affatto quello che è stato deliberato dalla seconda Sottocommissione.

EINAUDI voterà per la sospensiva, chiedendo che, nel frattempo, insieme con le altre indicazioni, si dia anche quella del significato dell’espressione «tradizionale ripartizione geografica dell’Italia». Osserva che dal 1860 in poi le Regioni non sono esistite se non negli annuali statistici, ma non hanno mai avuto alcun significato giuridico.

PRESIDENTE mette ai voti l’ordine del giorno testé letto.

(È approvato all’unanimità).

Per associazione di temi, propone di trattare la questione della Regione Friuli-Venezia Giulia, che l’onorevole Fabbri propone di collocare nell’articolo 3, dove si parla delle Regioni mistilingui.

Domanda alla Commissione se ritiene che anche questa questione debba rimanere sospesa.

TOGLIATTI osserva che, trattandosi di altra questione, cioè di una autonomia, non debba essere sospesa. Si associa all’onorevole Fabbri.

PRESIDENTE precisa che la proposta dell’onorevole Fabbri tenderebbe ad aggiungere nel secondo comma dell’articolo 3 la Regione Friuli-Venezia Giulia alle altre (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige e Val d’Aosta) cui sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia.

DOMINEDÒ domanda se, anche allo scopo di evitare le immediate conseguenze inerenti ad una formulazione specifica, non convenga, in questa delicatissima materia, pensare ad una formulazione diversa, di carattere astratto, cioè: «Regioni insulari e quelle confinarie e mistilingui».

PRESIDENTE osserva che questa proposta era stata già avanzata, ma con scarso successo; potrebbe, comunque, essere ripresa.

CEVOLOTTO fa presente che il Friuli ha sempre domandato e domanda di essere costituito come Regione a sé; comitati di agitazione hanno diffuso opuscoli per dimostrare che il Friuli non fa parte del Veneto. E ciò è esatto sia storicamente sia dal punto di vista linguistico ed economico. Ora, a questa Regione Friuli-Venezia Giulia – che è composta essenzialmente dal Friuli, perché la Venezia Giulia è ridotta ad una parte della Provincia di Gorizia – si verrebbe a dare una autonomia speciale, uguale a quella della Sicilia e della Sardegna, che il Friuli non domanda; quindi, si verrebbe ad accentuare quella forma di esasperazione del decentramento regionale che confina con il federalismo.

È perciò assolutamente contrario all’aggiunta proposta.

PERASSI dichiara di votare a favore della proposta, anche perché la formula dell’articolo 2 non dice di quale ampiezza sarà l’autonomia attribuita alle Regioni in esso indicate; fra l’altro, nota che se per la Valle d’Aosta sarà confermato l’attuale Statuto esistente, questo sarà diverso, e cioè meno ampio, rispetto all’ordinamento regionale generale.

Per quanto concerne, in particolare, la Regione Friuli-Venezia Giulia, che sarebbe costituita dalle Provincie di Udine e di Gorizia, con la zona in parte abitata dagli allogeni, fa presente che si porrà un problema che non si pone per altre Regioni e che è affrontato nel progetto relativo all’ordinamento del Trentino attuale: il problema della lingua.

Per conseguenza, ritiene che si possa includere il Friuli-Venezia Giulia nell’articolo 3.

EINAUDI ritiene che non sia opportuno decidere rapidamente e d’improvviso su una questione così grave, che può portare conseguenze al di là del pensiero dell’onorevole Fabbri.

È d’accordo con lui sulla necessità di tener conto del fatto che la Venezia Giulia non deve mai essere dimenticata. Ma consentire senz’altro, senza alcuna richiesta, di inserirla fra le Regioni che avranno un ordinamento speciale, facendo nascere desideri di separazione doganale, come per la Valle d’Aosta, gli pare pericoloso.

PRESIDENTE constata che la proposta dell’onorevole Einaudi tende a rinviare il problema all’Assemblea.

UBERTI concorda, trattandosi di un problema politico.

PRESIDENTE osserva che se l’onorevole Fabbri insiste, dovrà mettere ai voti la sua proposta. Se egli non insiste, dovrà risultare da un ordine del giorno la decisione di rimettersi al giudizio dell’Assemblea.

CEVOLOTTO propone che nell’ordine del giorno di sospensiva già votato sia inclusa anche tale questione.

PRESIDENTE pone ai voti tale proposta.

(È approvata).

Proseguendo nell’esame degli articoli, fa presente che, all’articolo 20, l’onorevole Ambrosini ha proposto un emendamento tendente a sopprimere, nel secondo comma, la parola «costituzionale».

Lo pone ai voti.

(È approvato).

Avverte che l’articolo 21, nel testo del Comitato di redazione, dice:

«Sono regolati con leggi della Repubblica, per ogni ramo della pubblica amministrazione, il trapasso delle funzioni statali attribuite alle Regioni, e quello dei funzionari e dipendenti dello Stato, anche centrali, che si rende necessario in conseguenza del nuovo ordinamento.

«Alla Regione sono trasferiti, nei modi da stabilire con legge della Repubblica, il patrimonio, i servizi ed il personale delle Provincie».

L’onorevole Ambrosini propone di sostituire il primo comma con il seguente:

«Il passaggio delle funzioni statali attribuite alla Regione avverrà, conformemente alle norme che saranno stabilite dalla legge, mediante decreti del Presidente della Repubblica per i singoli rami della pubblica amministrazione».

Fa presente che il Comitato aveva ritenuto che, se si adotta il sistema delle autonomie regionali, si dovrà anche dare la sensazione che questo non deve significare creazione di una nuova burocrazia, ma che la legge avrebbe dovuto attribuire gli impiegati alle Regioni, che assumono funzioni statali.

UBERTI osserva che la questione potrebbe essere posta fra le norme transitorie.

PRESIDENTE dichiara che allora resta inteso che con l’emendamento Ambrosini si è voluto togliere questa parte dell’articolo, la quale ammonisce che il passaggio dei servizi si accompagna al passaggio dei funzionari, nel modo che sarà ritenuto opportuno.

AMBROSINI osserva che, veramente, la sua proposta si limita a che si emani, invece di tante leggi, una legge generale, che regoli il passaggio sia delle funzioni che degli impiegati. La sua proposta tende cioè a semplificare l’attuazione della riforma, prevedendo che si disciplini la materia con una sola e non con molte leggi.

FABBRI fa presente che è così complesso il lavoro che si deve fare durante diversi anni per questo passaggio di funzioni dallo Stato alla Regione che stabilire ora che si faccia un’unica legge che necessariamente risulterebbe affrettata, per poi procedere con singoli decreti, non gli pare una misura prudente e rispondente a quella necessità di uniforme ponderato esame che i provvedimenti di questo genere devono richiedere. È un lavoro, ripete, che si deve svolgere durante diversi anni, e che dovrà essere assistito dagli organi competenti durante tutto il periodo di trasformazione. Quindi propone che si parli di «varie leggi» e non di una legge sola.

PRESIDENTE osserva che l’onorevole Ambrosini ha chiarito che chiedeva soltanto si parlasse di un’unica legge. Pone dunque ai voti la sua proposta.

(Non è approvata).

Dichiara che la proposta Ambrosini essendo stata respinta, rimane approvato il testo del Comitato.

La seduta termina alle 12.40.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Vittorio, Dominedò, Einaudi, Fabbri, Farini, Federici Maria, Froggio, Fuschini, Grassi, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lucifero, Mancini, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Molè, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Uberti.

Assenti: Amadei, Basso, Bordon, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cannizzo, Castiglia, Colitto, Di Giovanni, Dossetti, Fanfani, Finocchiaro Aprile, Giua, Gotelli Angela, Grieco, Merlin Angelina, Paratore, Pesenti, Porzio, Rapelli, Tupini, Zuccarini.

In congedo: Lussu.

Assente giustificato: Ghidini.