Come nasce la Costituzione

LUNEDÌ 15 LUGLIO 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

IV.

SEDUTA DI LUNEDÌ 15 LUGLIO 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

INDICE

 

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Messaggio del Capo provvisorio dello Stato:

Presidente                                                                                                        

Per l’italianità delle terre di confine:

Presidente                                                                                                        

Saluto della Camera Cilena all’Assemblea Costituente:

Presidente                                                                                                        

Costituzione di gruppi parlamentari:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente del Consiglio:

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, Ministro degli affari esteri        

Dichiarazioni del Presidente del Consiglio:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ministro dell’interno e, ad interim, Ministro degli affari esteri         

Proposte della Giunta del Regolamento relative alla determinazione dei modi e degli organi per la formazione del progetto di Costituzione e alla istituzione della Commissione per i trattati internazionali:

Presidente                                                                                                        

Calamandrei                                                                                                   

Mastrojanni                                                                                                    

Calosso                                                                                                            

Bruni                                                                                                                

Terracini                                                                                                          

Gronchi                                                                                                            

Persico                                                                                                             

Lussu                                                                                                                

Mazzoni                                                                                                            

Caroleo                                                                                                           

Zuccarini                                                                                                         

Perassi                                                                                                                

Stampacchia                                                                                                    

Martino Gaetano                                                                                           

Benedetti                                                                                                         

Tupini                                                                                                                

Colitto                                                                                                             

Giannini                                                                                                            

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

Molinelli, Segretario                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 giugno.

(È approvato).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che dopo la riunione del 28 giugno ho così telegrafato al Capo provvisorio dello Stato, onorevole Enrico De Nicola:

«Sono lieto comunicarle che nella sua seduta odierna l’Assemblea Costituente l’ha nominato Capo provvisorio dello Stato, salutando l’annunzio del risultato della votazione con fervidissima manifestazione».

 

Il Capo provvisorio dello Stato si è compiaciuto di rispondere col seguente telegramma:

«Mi inchino con animo riconoscente e commosso di fronte alla volontà sovrana dell’Assemblea Costituente. L’onore che mi è stato conferito supera troppo la mia persona e le mie forze. Non avrò altra ambizione che di rendermene degno. Gradisca, onorevole Presidente, le espressioni della mia profonda deferenza e devoti ossequi».

Messaggio del Capo provvisorio dello Stato.

PRESIDENTE. Do lettura del messaggio che il Capo provvisorio della Repubblica italiana rivolge alla Nazione:

(Si leva in piedi – Si alzano pure i Ministri, i Deputati e il pubblico delle tribune – Grida ripetute di: Viva la Repubblica! – Vivissimi, prolungati, reiterati applausi).

«Giuro davanti al popolo italiano, per mezzo della Assemblea Costituente, che ne è la diretta e legittima rappresentanza, di compiere la mia breve ma intensa missione di Capo provvisorio dello Stato inspirandomi ad un solo ideale: di servire con fedeltà e con lealtà il mio Paese.

Per l’Italia si inizia un nuovo periodo storico di decisiva importanza. All’opera immane di ricostruzione politica e sociale dovranno concorrere, con spirito di disciplina e di abnegazione, tutte le energie vive della Nazione, non esclusi coloro i quali si siano purificati da fatali errori e da antiche colpe.

Dobbiamo avere la coscienza dell’unica forza di cui disponiamo: della nostra infrangibile unione. Con essa potremo superare le gigantesche difficoltà che s’ergono dinanzi a noi; senza di essa precipiteremo nell’abisso per non risollevarci mai più.

I partiti – che sono la necessaria condizione di vita dei governi parlamentari – dovranno procedere, nelle lotte per il fine comune del pubblico bene, secondo il monito di un grande stratega: Marciare divisi per combattere uniti.

La grandezza morale di un popolo si misura dal coraggio con cui esso subisce le avversità della sorte, sopporta le sventure, affronta i pericoli, trasforma gli ostacoli in alimento di propositi e di azione, va incontro al suo incerto avvenire. La nostra volontà gareggerà con la nostra fede. E l’Italia – rigenerata dai dolori e fortificata dai sacrifici – riprenderà il suo cammino di ordinato progresso nel mondo, perché il suo genio è immortale.

Ogni umiliazione inflitta al suo onore, alla sua indipendenza, alla sua unità provocherebbe non il crollo di una Nazione, ma il tramonto di una civiltà: se ne ricordino Coloro che sono oggi gli arbitri dei suoi destini.

Se è vero che il popolo italiano partecipò a una guerra, che – come gli Alleati più volte riconobbero, nel periodo più acuto e più amaro delle ostilità – gli fu imposta contro i suoi sentimenti, le sue aspirazioni e i suoi interessi, non è men vero che esso diede un contributo efficace alla vittoria definitiva, sia con generose iniziative, sia con tutti i mezzi che gli furono richiesti, meritando il solenne riconoscimento – da Chi aveva il diritto e l’autorità di tributarlo – dei preziosi servigi resi continuamente e con fermezza alla causa comune, nelle forze armate – in aria, sui mari, in terra e dietro le linee nemiche.

La vera pace – disse un saggio – è quella delle anime. Non si costruisce un nuovo ordinamento internazionale, saldo e sicuro, sulle ingiustizie che non si dimenticano e sui rancori che ne sono l’inevitabile retaggio.

La Costituzione della Repubblica italiana – che mi auguro sia approvata dall’Assemblea, col più largo suffragio, entro il termine ordinario preveduto dalla legge – sarà certamente degna delle nostre gloriose tradizioni giuridiche, assicurerà alle generazioni future un regime di sana e forte democrazia, nel quale i diritti dei cittadini e i poteri dello Stato sieno egualmente garantiti, trarrà dal passato salutari insegnamenti, consacrerà per i rapporti economico-sociali i principî fondamentali, che la legislazione ordinaria – attribuendo al lavoro il posto che gli spetta nella produzione e nella distribuzione della ricchezza nazionale – dovrà in seguito svolgere e disciplinare.

Accingiamoci, adunque, alla nostra opera senza temerarie esaltazioni e senza sterili scoramenti, col grido che erompe dai nostri cuori, pervasi dalla tristezza dell’ora ma ardenti sempre di speranza e di amore per la Patria: Che Iddio acceleri e protegga la resurrezione d’Italia!».

Roma, 15 luglio 1946.

Enrico De Nicola.

(L’Assemblea saluta la fine del messaggio con vivissimi, prolungati, ripetuti applausi).

Per l’italianità delle terre di confine.

PRESIDENTE. Comunico che, prima e dopo le decisioni di Parigi, mi sono pervenuti numerosi telegrammi che riaffermano la indistruttibile fedeltà alla Madre Patria delle italianissime terre colpite dal verdetto dei Quattro Grandi e chiedono la solidarietà dell’Assemblea Costituente. (Applausi).

Hanno fra l’altro telegrafato:

in rappresentanza della Venezia Giulia e dell’Istria, il Consiglio della zona di Trieste, città e provincia, il Comitato di liberazione nazionale della Venezia Giulia, l’Associazione triestina dei partigiani e reduci, la Segreteria provinciale di Trieste della Federazione italiana postelegrafonici, la delegazione torinese della Lega nazionale triestina, il Comitato di liberazione nazionale clandestino di Capodistria:

in nome e per solidarietà con la popolazione di Briga e Tenda, il Comitato di tutela degli interessi dell’Alta Roia, il Comitato provinciale torinese dell’Unione Donne Italiane, i Sappisti della SIP di Torino, il Comitato di liberazione nazionale della Fiat-Mirafiori.

Hanno pure espresso la propria solidarietà, i dirigenti centrali dell’Associazione nazionale mutilati di guerra, riuniti a Roma per la prima volta dopo l’avvento della Repubblica; i rappresentanti dei partiti democristiano, liberale, repubblicano, socialista, uomo qualunque, di Pantelleria, e quelli dei partiti movimento unionista italiano, socialista, democratico cristiano, uomo qualunque, repubblicano, sardo d’azione, comunista, di S. Antioco; gli agricoltori combattenti del 1915-18 di Grottammare; la Sezione socialista di Marsala; i mutilati e invalidi di guerra della sezione di Genova, la Federazione socialista friulana.

L’Assemblea Costituente raccoglie questo grido di dolore e di fede, che ha avuto così commossa ripercussione nell’anima del popolo italiano, e fa suo il voto e il proposito che giustizia sia resa al diritto e al sentimento nazionale dei nostri fratelli. (Vivissimi applausi – Si grida: Evviva la Venezia Giulia sempre italiana! – Nuovi ripetuti applausi).

Saluto della Camera Cilena all’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. Sono lieto di comunicare il seguente telegramma pervenutomi da Santiago del Cile:

«La Camera dei Deputati del Cile ha deliberato di inviare all’Assemblea Costituente della Repubblica italiana un cordiale saluto di felicitazioni e fervidi voti perché sia concessa una pace giusta e onorevole a codesta Nazione.

«Dio vi assista». (Vivi applausi).

A nome dell’Assemblea ho ringraziato la Camera cilena per questo cortese saluto augurale, manifestando la più viva gratitudine per le nobili espressioni rivolte alla Nazione italiana.

Costituzione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, a norma del Regolamento, si sono costituiti i seguenti gruppi parlamentari: autonomista, blocco nazionale della libertà, comunista, democratico cristiano, democratico del lavoro, repubblicano, socialista, unione democratica nazionale, uomo qualunque.

I Deputati, che non fanno parte di alcuno di tali gruppi, costituiranno il gruppo misto.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ha facoltà di parola l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, Ministro degli affari esteri. Mi onoro informare l’Assemblea che il Capo provvisorio dello Stato, con decreti in data 1° luglio 1946, ha accettato le dimissioni da me presentate anche a nome dei miei Colleghi Ministri Segretari di Stato ed ha, altresì, accettato le dimissioni dalla carica rassegnate dai Sottosegretari di Stato.

Con successivo decreto del 3 detto mese, il Capo provvisorio dello Stato mi ha incaricato di comporre il nuovo Ministero.

In relazione a tale incarico, con decreti del 13 luglio 1946, il Capo provvisorio dello Stato mi ha nominato Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro Segretario di Stato per l’interno e ad interim per gli affari esteri e per l’Africa Italiana, ed ha nominato, su mia proposta:

Ministri Segretari di Stato senza portafoglio: l’onorevole Pietro Nenni, deputato all’Assemblea Costituente; l’onorevole Cino Macrelli, deputato all’Assemblea Costituente.

Ministri Segretari di Stato per: la grazia e la giustizia, l’onorevole Fausto Gullo, deputato all’Assemblea Costituente; le finanze, l’onorevole Scoccimarro, deputato all’Assemblea Costituente; il tesoro, l’onorevole professor Epicarmo Corbino, deputato all’Assemblea Costituente; la guerra, l’onorevole Cipriano Facchinetti, deputato all’Assemblea Costituente; la marina militare, l’onorevole dottor Giuseppe Micheli, deputato all’Assemblea Costituente; l’aeronautica, l’onorevole dottor Mario Cingolani, deputato all’Assemblea Costituente; la pubblica istruzione, l’onorevole dottor Guido Gonella, deputato all’Assemblea Costituente; i lavori pubblici, l’onorevole ingegner Giuseppe Romita, deputato all’Assemblea Costituente; l’agricoltura e le foreste, l’onorevole professor Antonio Segni, deputato all’Assemblea Costituente; i trasporti, l’onorevole ingegner Giacomo Ferrari, deputato all’Assemblea Costituente; le poste e telecomunicazioni, l’onorevole avvocato Mario Scelba, deputato all’Assemblea Costituente; l’industria ed il commercio, l’onorevole professor Rodolfo Morandi, deputato all’Assemblea Costituente; il lavoro e la previdenza sociale, l’onorevole Lodovico D’Aragona, deputato all’Assemblea Costituente; il commercio con l’estero, l’onorevole dottor Pietro Campilli, deputato all’Assemblea Costituente; l’assistenza post-bellica, l’onorevole avvocato Emilio Sereni, deputato all’Assemblea Costituente; la marina mercantile, l’onorevole Salvatore Aldisio, deputato all’Assemblea Costituente.

Dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, Ministro degli affari esteri. Il primo Governo della Repubblica italiana, per corrispondere alle aspirazioni e alle aspettative del popolo che la Repubblica ha voluto, dovrebbe poter presentarsi in un momento di elevata temperatura psicologica, corrispondente a quella palingenesi profonda che deve attuarsi nella volontà e nell’immaginazione creatrice, quando una nazione rinnova da cima a fondo il suo regime e stabilisce il suo autogoverno.

Ora questo senso di consapevolezza, quest’energia di propositi, questa volontà di rinnovamento esiste davvero tra noi e fra voi, membri dell’Assemblea che siete interpreti fedeli dei voti e delle aspirazioni popolari, e ne è prova la stessa struttura del Ministero, il quale, fondandosi sui settori di più larga base in codesta Camera, accoglie in sé anche i rappresentanti di quella storica corrente che fin dai tempi del Risorgimento ha alimentato le idealità e le speranze repubblicane. Ma parte di queste speranze erano e sono rivolte ad un simultaneo rinnovamento della vita internazionale, e si sono fuse nel corso della storia con le tendenze di solidarietà mondiale delle organizzazioni operaie e sindacali e si sostanziano ora anche del carattere e della funzione universalista del cristianesimo, irradiante dall’Italia sul mondo.

Ora dobbiamo ammettere che tali speranze di giustizia internazionale sono gravemente minacciate, e la Repubblica italiana ne soffre come di una insufficiente ossigenazione nel momento stesso in cui essa intraprende il suo nuovo viaggio nella storia del mondo. La Repubblica italiana si attendeva e attende ancora, e spera fino all’ultimo che la democrazia internazionale le sia madrina; le sarà invece noverca?

Tuttavia, non verremo meno; il viaggio si farà a qualunque costo, anche se si tentasse di tarparci le ali. Se è in pericolo la nostra speranza nella giustizia internazionale, ferma è la nostra fede nel ritmo possente dei nostri motori (scusate l’immagine) che sono le forze del nostro lavoro e l’energia spirituale della nostra civiltà.

La Repubblica non vuol essere regime di parte, ma Governo di tutti e il Ministero attuale, se risponde all’impulso di forze sociali di rinnovamento, non è rivolto contro nessuno, se non contro chi volesse insidiare i nostri liberi ordinamenti. Esso intende consolidare la Repubblica, ma la difende e la consolida con una politica costruttiva, suscitando le libere energie e facendo appello alla solidarietà nazionale.

Purtroppo esso è costretto a fronteggiare subito le difficoltà gravissime della pace. Ed eccomi a rendervi conto – riservando alla Commissione dei trattati ulteriori particolari – dei nostri propositi e delle nostre direttive su questo terreno.

Le difficoltà della pace.

Qui sarò schematico, lasciando al libero dibattito di codest’Assemblea di esprimere l’ansia del Paese, ma una sola assicurazione voglio anticipare: noi tenderemo tutte le forze alla difesa dell’italianità sulla frontiera orientale; tutto il popolo italiano è solidale cogli italiani, con tutti gli italiani della Venezia Giulia. (Vivissimi applausi). Noi chiediamo che essi ci aiutino in uno sforzo d’unità e di concordia. Del pari la nostra solidarietà va agli italiani di altre frontiere e altri territori contestati.

Ed ecco quali saranno i criteri della nostra azione:

1°) Frontiera orientale:

  1. a) rivendicare all’Italia il diritto di una frontiera etnica tracciata sulla base delle deliberazioni dei Quattro a Londra in data del 19 settembre 1945 e del successivo rapporto degli esperti delle 4 Potenze inviati in loco, la quale ci assicuri, come minimo, Gorizia, Trieste e l’Istria occidentale e meridionale;
  2. b) riaffermare la nostra volontà di collaborare con la Jugoslavia e di accettare a questo scopo il concorso e la garanzia delle grandi Potenze, sia per quanto riguarda il reciproco equo trattamento delle rispettive minoranze etniche, sia per quanto concerne la gestione del porto di Trieste con eventuale zona franca, sia, infine, per l’elaborazione di un sistema di coordinamento dei servizi ferroviari che fanno capo a quel porto, inteso ad assicurarne la migliore, più economica e più liberale utilizzazione a vantaggio dell’Italia, della Jugoslavia e degli Stati del bacino danubiano;
  3. c) nell’azione tattica, aver di mira soprattutto gli indissolubili legami che vincolano nazionalmente ed economicamente Trieste con la zona sud-ovest della penisola istriana, senza dimenticare gli altri centri di italianità.

2°) Frontiera occidentale:

Il Governo francese ha presentato una serie di rivendicazioni sulla frontiera occidentale, che sono state integralmente accolte dal Consiglio dei Quattro. Il Governo italiano si è dichiarato disposto ad accettare quelle richieste che fossero soprattutto giustificate dal criterio fondamentale di riportare la frontiera alla linea di cresta, mantenendo invece ferma la sua intransigenza per quanto concerne quelle fra le rivendicazioni francesi che non sono giustificate da alcuna ragione storica, etnica, geografica, economica: Briga, Tenda, Moncenisio. Per venire incontro alle richieste francesi anche in questi ultimi settori, il Governo italiano si è dichiarato disposto ad addivenire ad accordi molto vasti di collaborazione italo-francese per lo sviluppo in comune delle forze idrauliche dei bacini del Moncenisio e dell’Alta Valle della Roja. Dopo la decisione dei Quattro, che contrasta col rapporto degli esperti inviati a suo tempo nelle sole zone di Briga e Tenda, il Governo italiano ha chiesto di essere consultato su tutto intero il problema posto dalle rivendicazioni francesi nel loro complesso e non soltanto su quello di Briga e Tenda, come è invece avvenuto; ha dichiarato di considerare l’intero problema tuttora aperto; ha riconfermato il suo atteggiamento conciliante e il suo profondo desiderio di giungere a una onesta, seria, leale intesa con la Francia.

Il Governo Italiano dovrà continuare ad insistere con fermezza su questa linea, e, soprattutto, persuadere i Governi amici e particolarmente quello francese che l’accoglimento di richieste a esclusivo carattere strategico bloccherebbe quel riavvicinamento tra Francia e Italia che è un dato essenziale della pacificazione europea.

3°) Colonie:

Nella riunione di Parigi è stato stabilito di rinviare di un anno ogni decisione sul problema dei territori italiani in Africa, lasciandone nel frattempo l’amministrazione alla Potenza occupante. Tale proposta è stata demandata all’esame di una Commissione di esperti appositamente nominata. Al tempo stesso è stata in via di massima approvata l’inserzione nel Trattato di pace di una clausola contemplante un «surrender of rights» da parte dell’Italia sui suoi territori africani.

Noi non possiamo dare al rinvio tale significazione pregiudiziale che implica un evidente carattere punitivo. Il rinvio dovrebbe in ogni caso permetterci, sia pure sotto il controllo della Potenza occupante, la possibilità di una ripresa di contatto colle nostre colonie.

L’Italia – che fin dal 1919 aveva promulgato in Tripolitania e in Cirenaica ordinamenti costituzionali ispirati al principio democratico di una forma di governo largamente rappresentativa, appoggiandola in Cirenaica anche ad accordi liberali e di reciproca convenienza con la Confraternita dei Senussi – dichiara oggi nel modo più esplicito di accettare senza riserve i principî sanciti nella Carta delle Nazioni Unite, e di voler a tali principî inspirare la propria azione politica e amministrativa in Libia e nelle altre colonie. Ciò allo scopo di avviare la loro popolazione – cui la uniscono tanti vincoli di sangue e di cultura, e alla cui coesione e socialità le varie diecine di migliaia di italiani stabiliti in quelle terre hanno portato e porteranno un valido e fraterno contributo – verso quelle forme di autogoverno che dovranno assicurare loro una prosperità sempre maggiore, guidandola al tempo stesso verso la libera e cosciente determinazione dei suoi destini.

Questo – nell’interesse del lavoro italiano e delle popolazioni native – diremo con fermezza alle 21 Nazioni se vorranno ascoltare la nostra difesa.

4°) Riparazioni:

La tesi sostenuta dal Governo italiano in materia di riparazioni è che l’Italia non può e non deve pagarle; non può, in ragione delle distruzioni subite e dei sacrifici compiuti; non deve, in ragione della cobelligeranza e della lotta condotta a fianco degli Alleati.

Contro la nostra tesi è stato tuttavia ammesso il principio che l’Italia debba pagare riparazioni alla Russia, in ragione di 100 milioni di dollari, e, in via subordinata, alla Jugoslavia e alla Grecia in misura non ancora fissata.

Il Governo italiano, nel riconfermare il suo punto di vista, ha fatto ufficialmente presente ai quattro Governi che sia almeno:

  1. a) preventivamente accertata la nostra capacità globale di pagamento;
  2. b) anche preventivamente, vagliate ed accertate le pretese che parecchie delle Nazioni Unite hanno iniziato ad avanzare a questo titolo;
  3. c) la determinazione delle modalità degli eventuali pagamenti da parte nostra, non ci sia imposta autoritariamente, ma sia invece concordata con noi che siamo evidentemente i migliori giudici per procedere in concreto a quella determinazione;
  4. d) che almeno un rappresentante italiano qualificato sia autorizzato ad esporre in contraddittorio il nostro punto di vista;

5°) La flotta:

All’inizio della guerra la consistenza della nostra flotta era di 665.581 tonnellate; all’atto dell’armistizio essa era già ridotta a 401.454 tonnellate; in seguito alle perdite subìte durante il trasferimento alle basi alleate e nel periodo di cobelligeranza, la consistenza si è ulteriormente ridotta a 266.011 tonnellate.

In relazione alla leale applicazione dell’armistizio ed al cospicuo contributo dato durante la cobelligeranza, è stato rivendicato il diritto morale di vedere confermato il possesso della flotta che l’Italia attualmente detiene. Tale diritto trova una giustificazione anche nello spirito e nella lettera del documento di Quebec e dell’accordo Cunningham-de Courten, i quali, messi in correlazione con gli avvenimenti di due anni di azione comune, escludono qualsiasi tesi che voglia far apparire la flotta italiana bottino di guerra da ripartire fra vincitori veri o presunti.

In pratica tuttavia abbiamo fatto sapere che saremo disposti:

  1. a) a ridurre la flotta alle 100.000 tonnellate di naviglio difensivo in buone condizioni di efficienza sulle 266.000 residuate dalla guerra, e che appaiono già insufficienti ad assicurare la autodifesa delle frontiere marittime e dei traffici marittimi;
  2. b) a conservare due navi da battaglia (e possibilmente le due più moderne) con funzione di navi-scuola, accettando eventuali riduzioni del loro potenziale bellico;
  3. c) a contribuire nei limiti del richiesto alla costituzione delle forze armate a disposizione del Comitato di Sicurezza dell’O.N.U.;
  4. d) a radiare e demolire tutte le eccedenze;
  5. e) a lasciare agli organi competenti dell’O.N.U. la determinazione definitiva delle forze navali difensive dell’Italia, tenendo conto della particolare situazione geografico-economica italiana e delle forze assegnate alle altre Nazioni.

Abbiamo anche dimostrato di essere disposti a prendere in considerazione eventuali risarcimenti di danni a qualche Marina, la quale potesse invocare particolari condizioni, ma con la procedura stabilita dall’accordo Cunningham-de Courten, il quale prevede sull’argomento negoziati diretti tra i Governi interessati.

Tali più che ragionevoli proposte provano la volontà leale dell’Italia di dare, con proprio sacrificio, un effettivo contributo alla limitazione degli armamenti navali, e di evitare nel contempo di ferire inutilmente e ingiustamente nel suo onore la Marina italiana.

Onorevoli colleghi, questa è stata la linea seguita dal Governo nella questione della pace e questa, se l’Assemblea vorrà, sarà la nostra difesa di domani.

Comunque il Governo dichiara che non impegnerà la sua parola prima di aver consultato la Costituente, alla quale ad ogni modo rimane per legge riservato il diritto di decidere sull’accettazione o sul rifiuto del trattato di pace.

Il Governo considera necessario raggiungere l’unità di tutto il popolo italiano attorno alla difesa del suo avvenire nazionale e democratico e intende che la Repubblica italiana appaia all’Europa e al mondo col suo volto nuovo, pur solcato dai segni profondi delle sofferenze, ma illuminato dalla speranza in una effettiva e concreta collaborazione dei popoli.

Il Governo è animato dal fermo proposito di non cedere alle suggestioni di un nazionalismo della rivincita, né di un angusto egoismo; deve però ammonire che le aberrazioni del passato, come la storia documenta, riaffiorerebbero pericolosamente, se i sacrifici della pace imposta all’Italia oltrepassassero quei limiti che una democrazia sincera, di antica e luminosa civiltà e di 45 milioni di abitanti, può moralmente e materialmente sopportare. (Applausi).

L’Italia non intende far parte di blocchi che non siano di leale, aperta, sincera collaborazione internazionale, né alimentare avversioni fra i popoli, né essere teatro di guerre, né di contrasti economici, preannunciatori di quelle.

Il Governo rinnova all’Austria la dichiarazione impegnativa che intendiamo considerare i duecentomila tedeschi – se tanti sono – che rimarranno al di qua del Brennero, non come una barriera, ma come un ponte fra le due Nazioni. Ogni facilitazione di comunicazioni, ogni possibilità di scambio verrà accolta e promossa, ogni garanzia di giusto rispetto del carattere e del costume nazionale verrà data.

Grande conforto morale ci reca l’azione di solidarietà in corso nell’America latina. Alle sorelle repubbliche latine americane inviamo i sensi della nostra riconoscenza e della nostra speranza. (Vivissimi applausi).

Il Governo rivolge il suo pensiero a tutti gli Italiani all’estero, che hanno assistito da lontano, con angoscia fraterna, alla tragedia della Patria (Applausi), ai prigionieri e internati civili che tuttora soffrono nei campi di concentramento (Applausi), e tiene sopra tutto a che essi abbiano nel loro cuore la nostra certezza: la rinascita della Patria. (Applausi).

Essa non può attuarsi che nella dignità e nell’indipendenza politica ed economica. Da tale punto di vista giudicheremo la pace, il nuovo armistizio, le amicizie e le cooperazioni. Il popolo italiano non è un ingrato, ma esso non può fondare il suo avvenire che sull’integrità e indipendenza nazionale, perché solo la coscienza del proprio onore e della propria unità gli può dare la forza di forgiare – dopo il disastro della guerra fascista – il suo nuovo destino.

Questioni economico-finanziarie. Riforme sociali.

Un programma di lunga portata che riguardi tutte le questioni economiche e finanziarie non può essere fissato in questo momento, perché troppi sono gli elementi che sfuggono alla nostra valutazione.

Si pensi all’incidenza delle eventuali riparazioni (sia nei loro effetti immediati, sia nell’influenza indiretta che esse possono esercitare); alle difficoltà per una ripresa degli scambi internazionali – prestiti esteri, movimento di merci, emigrazione – così connesse al trattato di pace; ai riflessi della situazione valutaria internazionale; al capitolo spese di occupazione e alle possibilità di trasporto, tutti elementi che non dipendono dalla sola nostra volontà né dalla nostra condotta.

Il settore in cui può agire il Governo italiano è oggi molto limitato. I programmi possono contribuire a fissare delle direttive e degli obiettivi e solo limitatamente ed in modo relativo a formulare le soluzioni.

Gli obiettivi da tenersi presenti ed ai quali devono tendere i nostri sforzi sono:

  1. a) sviluppare e razionalizzare la produzione per fronteggiare la disoccupazione; abbassare i costi e consentire la ripresa delle esportazioni;
  2. b) assicurare agli impiegati, ai salariati ed ai ceti medi sufficienti mezzi di vita;
  3. c) difendere il potere di acquisto della lira avviando il bilancio ordinario dello Stato all’equilibrio e procurando con risorse straordinarie il finanziamento di un vasto programma di lavori pubblici che efficacemente promuova la ricostruzione e assicuri la massima occupazione possibile.

Importa, soprattutto, lo spirito con il quale si intende raggiungere tali obiettivi.

Condizione pregiudiziale di una sana politica è la fiducia delle forze che liberamente operano nel Paese. Ma lo Stato ha il compito di animarle, disciplinarle e, ove sia indispensabile, intervenire con la sua partecipazione ed il suo controllo.

In particolare nel campo industriale l’indirizzo della nostra azione dovrà tener conto della importanza che, nel complesso della struttura economica, hanno le piccole e le medie aziende. Occorrerà inoltre riorganizzare e semplificare i vasti settori controllati dallo Stato, e dare infine ad alcune industrie particolarmente connesse – come quelle elettriche – con la ricostruzione e la ripresa produttiva, un regime che meglio risponda agli interessi dell’economia nazionale.

Potenziamento del Comitato della Ricostruzione.

La direttiva della politica economica del Governo viene elaborata, formulata e vigilata nella sua applicazione dal C.I.R. il quale è costituito dai Ministri che dirigono i dicasteri finanziari ed economici e si vale della cooperazione dell’I.R.I. e di quella di organismi statali e parastatali (Banca d’Italia, Consorzio di credito opere pubbliche, I.M.I., ecc.) e del consiglio delle Confederazioni dei sindacati. Il C.I.R. nei suoi sottocomitati economico-fìnanziario, tecnico e dell’alimentazione, ai quali si potrà aggiungere un comitato per la riforma agraria, dovrà essere potenziato al massimo per divenire l’organo di coordinamento della nuova direttiva del Governo democratico, il quale deve tendere a dare agli italiani pane e lavoro ed una più equa distribuzione della ricchezza.

Il C.I.R. sottoporrà al Consiglio dei Ministri le proposte concrete che si adeguino alle mutevoli esigenze della situazione economico-finanziaria.

Dalle discussioni di questi giorni è emerso però che uomini e partiti chiamati a costituire il Governo si trovano concordi nel riconoscere che bisogna:

1°) insistere nel perseguire e potenziare i sistemi d’accertamento e d’imposizione per proporzionare il gettito delle imposte ordinarie a quello dell’anteguerra, allo scopo di coprire le esigenze del bilancio ordinario;

2°) emettere un prestito interno, facendo appello alla solidarietà fattiva dei cittadini, per fronteggiare in uno sforzo comune la situazione finanziaria dello Stato e quella della pubblica economia, prestito che consenta di predisporre le misure fiscali necessarie a coprire le spese del bilancio straordinario;

3°) a quest’ultimo scopo applicare una imposta straordinaria sul patrimonio. Tale imposta straordinaria, che risponde ad esigenze di giustizia sociale, dovrà anche fornire i presupposti di una riforma fiscale a base personale;

4°) fare appello al credito estero, considerando che, quando cessasse il concorso dell’U.N.R.R.A. e di altri contributi contingenti dall’estero, la ripresa industriale e quindi la nostra capacità di esportazione non potrebbe sostenersi con le sole nostre risorse.

Sui risultati di questi provvedimenti sarà commisurata l’ampiezza del piano di lavori pubblici che dovrà fronteggiare la disoccupazione con opere di ricostruzione e di ripresa economica, di bonifica, d’irrigazione e di risanamento di campi minati, attingendo i mezzi dal bilancio straordinario.

Circa i lavori pubblici, un migliore decentramento negli organi tecnici statali ed una più stretta loro cooperazione con i comuni e con le regioni, appaiono indispensabili.

In genere, pur essendo riservata ogni organica riforma costituzionale a codesta Assemblea, il Governo, interpretandone la direttiva, agevolerà nei suoi provvedimenti una maggiore autonomia dei comuni e ogni possibile avviamento alle autonomie regionali.

Il risarcimento dei danni di guerra sarà affrontato con particolare riguardo alle categorie più sprovviste di mezzi ed alle esigenze della produzione industriale e agricola, estendendolo anche ai danni della rappresaglia.

Il miglioramento delle condizioni dei salariati e degli stipendiati sarà oggetto di particolare cura da parte del Governo.

È ovvio che le attuali condizioni del reddito e della ancor precaria ripresa della produzione non permettono di portare salari, rimunerazioni e stipendi alle proporzioni dell’anteguerra ed è anche ormai esperimentato che un aumento dei salari si annulla rapidamente se esso porta, come finora è avvenuto, ad una ascesa dei prezzi con il conseguente pericolo dell’inflazione.

La politica del Governo deve quindi agire sulla disponibilità e sui prezzi dei beni di consumo. Per questo il Governo ha aumentato la razione del pane a 250 grammi e aumenterà i generi da minestra da 2 a 3 chilogrammi, mantenendo il pane allo stesso prezzo, cioè ponendo per ora a carico dello Stato la differenza del costo del grano, contribuendo così al miglioramento delle condizioni di vita in questo settore con un onere di oltre 3 miliardi mensili.

Sarà stabilita una più organica cooperazione del Dicastero dell’alimentazione con quello dell’agricoltura per un miglior rendimento degli ammassi.

Lo Stato, inoltre, si propone di importare generi di prima necessità, utilizzando per lo scambio le eccedenze di alcuni prodotti agrari, di facilitare l’approvvigionamento dei grandi agglomerati urbani per i prodotti ortofrutticoli coordinando l’azione dello Stato con quella dei Comuni, e di procurare agli impiegati e salariati, anche con misure incisive, generi di abbigliamento a prezzi accessibili.

Esso conta che le Confederazioni sindacali seguano questa direttiva di politica economica anche nella revisione dei contratti in scadenza e collaborino con il Governo affinché non si faccia una politica di salari di facilità e di illusioni.

La scala mobile, opportunamente applicata, può adeguare periodicamente le mercedi ai costi della vita. La vasta zona dell’industria è d’altra parte estremamente eterogenea. Vi sono delle industrie che possono sopportare aumenti di spesa, altre che si alimentano solo del soccorso dello Stato. L’eccedenza complessiva della mano d’opera crea un’altra disparità tra le industrie che ne potrebbero assorbire di più e quelle che vanno alla rovina per non poter ridurre le maestranze superflue.

Il Governo dovrà intervenire nel senso di facilitare il trasferimento degli operai nell’ambito dei vari settori industriali o di assicurare loro occupazione nei pubblici lavori e nel senso di permettere alle industrie di proporzionare il proprio personale alle esigenze della produzione, addossando allo Stato le previdenze di disoccupazione in adeguata misura.

In tutta quest’opera di sollecitazione, di coordinamento e di fattivo contributo, lo Stato conta sulla efficace collaborazione degli operai e sulla loro comprensione che la sorte del Paese e delle loro stesse famiglie è legata al superamento della crisi economica ed industriale.

Lo Stato si propone anche di intensificare con provvedimenti che verranno fra poco formulati le misure di lotta contro la tubercolosi, la malaria e in genere le malattie infettive.

Esso disciplinerà pure i Consigli di gestione nelle forme già esperimentate alla Fiat: verrà così creato per la collaborazione della classe operaia un pratico ed efficace strumento.

Mentre seguirà con vigile interessamento l’azione di revisione dei contratti che venisse invocata dagli organi sindacali competenti nei casi di particolare riguardo, il primo Governo della Repubblica, nei limiti delle sue possibilità finanziarie odierne, vuol dare alla classe operaia una prova della sua sollecitudine stabilendo che una volta tanto venga versato un contributo ai suoi dipendenti e chiedendo che altrettanto facciano i privati datori di lavoro.

Il premio della Repubblica verrà corrisposto nella misura di lire 1500 a tutti i dipendenti dallo Stato, dagli enti locali e parastatali e dalle aziende private i quali abbiano una retribuzione mensile inferiore a 30.000 lire.

Esso sarà esteso anche ai reduci ed ai partigiani capi famiglia che non abbiano titolo di impiego per ottenerlo e che si trovino nelle condizioni previste per avere diritto al sussidio di disoccupazione con assegni per la famiglia. Sarà altresì concesso ai mutilati ed invalidi di guerra non dipendenti da aziende dello Stato, e aventi famiglia a carico.

Il premio sarà aumentato a 3000 lire per tutti gli appartenenti alle stesse categorie, i quali siano capi famiglia, e sarà pagato in due rate.

Ai pensionati civili di ogni genere con decorrenza dall’agosto si verrà incontro con un provvedimento da emanarsi prossimamente circa le nuove condizioni per la liquidazione delle pensioni e per l’aggiornamento relativo di quelle in atto godute.

Il Governo si propone inoltre – in attesa che la riforma che sta allo studio di un’apposita commissione presso il Ministero dei lavori pubblici venga formulata e presentata – di rivedere il sistema assicurativo degli operai ed impiegati, unificando i contributi e semplificando conseguentemente il modo di esazione dei contributi e sburocratizzando i rapporti fra gli Istituti assicurativi e i contribuenti delle assicurazioni.

E ora veniamo ad un capitolo molto importante: l’avviamento alla riforma agraria.

La riforma fondiaria, che porti ad una più equa ridistribuzione delle proprietà, è uno dei principali obbiettivi del Governo. Essa può essere efficace solo se preceduta dalla attuazione di imponenti opere di trasformazione agraria sui terreni a coltura estensiva, e suppone quindi impiego di ingenti mezzi finanziari, creazione di appositi enti regionali per l’attuazione della trasformazione, periodo non breve di tempo.

L’espropriazione, anche parziale, delle grandi proprietà a coltura estensiva, non può per se stessa costituire che il primo passo della riforma: ripartire ai contadini la terra non trasformata sarebbe, infatti, condannarli a soccombere.

In attesa della fondamentale riforma, i cui principî saranno fissati dalla Costituente, e verranno formulati da un’apposita Commissione, misure di emergenza e di avviamento alla stessa riforma verranno prese dal Governo.

Esse potranno essere:

1°) ripresa delle espropriazioni delle terre, suscettibili di trasformazione, da parte degli enti esistenti, forniti di mezzi e di organizzazione tecnica, quali l’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti), l’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano, e l’Ente sardo di colonizzazione, con eventuali contributi di finanziamenti da parte dello Stato. Tali Enti dovranno rapidamente procedere all’esecuzione delle opere indispensabili per la messa in coltura della terra ed al loro successivo trasferimento ai contadini;

2°) formazione di piani di trasformazione obbligatoria, da parte dei proprietari, di terreni a coltura estensiva. La mancata ottemperanza all’obbligo importerebbe il trapasso automatico agli enti espropriatori, o a coltivatori diretti in grado di acquistarli con concessioni di credito da parte dello Stato;

3°) provvedimenti per favorire l’acquisto di terre da parte di lavoratori agricoli consistenti in:

  1. a) facilitazioni fiscali (riduzione delle tasse di registro di iscrizione e trascrizione, e della imposta fondiaria);
  2. b) facilitazioni di credito (per una parte del prezzo di acquisto);
  3. c) sollecitazione di offerta di terre, assicurando i venditori che i terreni volontariamente ceduti verranno considerati come espropriati in casi di trasferimenti coattivi della proprietà fondiaria. Tale offerta verrà provocata anche dai provvedimenti ai commi a) e b).

Per la trasformazione dei poderi familiari così acquistati, lo Stato concederà contributi che per l’anno finanziario 1946-47 potrebbero fissarsi in 10 miliardi (che rappresentano contributi per le trasformazioni di circa 100.000 ettari) da aumentarsi, secondo le necessità, negli esercizi seguenti;

4°) per i contadini che non possono acquistare la terra, incoraggiamento dell’affittanza collettiva, con adeguate forme di facilitazioni fiscali e contributi dello Stato per favorirne il finanziamento;

5°) organizzazione di Centri statali di moto-aratura e di macchine agricole, per favorire le imprese agricole contadine e istituzione dell’agronomo condotto, per dar loro un indirizzo tecnico;

6°) modificazioni alle norme vigenti per la concessione temporanea di terra alle cooperative di contadini, estendendo il periodo di occupazione e consentendo l’occupazione di terreni suscettibili di un razionale avvicendamento colturale, che le cooperative si propongono di realizzare.

Saranno studiati provvedimenti di immediata attuazione per venire incontro alle necessità e alle aspirazioni delle masse agricole del Mezzogiorno.

Il Governo è deciso ad affrontare nel suo complesso il problema del Mezzogiorno e delle Isole e a compiere ogni sforzo perché nell’opera di ricostruzione economica del Paese i problemi dell’economia meridionale abbiano la giusta ed equa soluzione, sicché le condizioni sociali di queste regioni possano essere portate al livello delle regioni più progredite d’Italia.

A tal fine verrà perseguita una politica di lavori pubblici e saranno attuate tutte le provvidenze di carattere fiscale a finanziario per promuovere il sorgere di industrie, specie trasformatrici di prodotti agricoli. Saranno pure studiate provvidenze di immediata attuazione per migliorare le condizioni delle masse agricole del Mezzogiorno.

Alla fine di questa esposizione, che non vuol essere un panorama integrale dei propositi del Governo, ma piuttosto una messa in rilievo dei punti sui quali si propone di concentrare i suoi sforzi, perché imposti dalle contingenze del momento, vorrei aggiungere due punti cardinali del nostro orientamento economico:

1°) noi intendiamo suscitare e incoraggiare, non deprimere le iniziative e le intraprese private, creando le possibilità del loro sviluppo: ecco perché, soddisfacendo un legittimo desiderio degli armatori e dei marinai, abbiamo creato un Ministero della marina mercantile che dovrà ricostruire i nostri trasporti marittimi;

2°) nello sviluppo del nostro programma economico-ricostruttivo e riformatore, terremo d’occhio particolarmente il Mezzogiorno e le Isole, di cui riconosciamo le particolari e più urgenti esigenze.

Infine un’altra osservazione che dovrebbe parere superflua. Anche questo Governo, come i precedenti, non intende spostare come che sia lo stato giuridico e di fatto esistente nelle zone ove non si ha coincidenza ideologica fra le varie correnti rappresentate nel gabinetto. Esso si mantiene entro i limiti segnati dalle leggi fondamentali e dai vigenti Patti Lateranensi e l’entrata di un democratico cristiano al Ministero dell’istruzione non sposta tale base, come non l’ha fatto per il passato e non lo può fare la presenza di un comunista alla Giustizia.

Poiché oggi più che mai la repubblica nasce facendo appello alla santità dei trattati, più che mai è doveroso che noi diamo esempio di reciproca lealtà, ispirandoci nella nostra politica interna alle quattro libertà di Roosevelt, che ci proponiamo d’invocare e rivendicare presso Nazioni grandi e piccole nei rapporti internazionali e nella nostra giusta pace. (Vivissimi, prolungati applausi).

PRESIDENTE. La discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio avrà inizio nella seduta di domani.

Proposte della Giunta del Regolamento relative alla determinazione dei modi e degli organi per la formazione del progetto di Costituzione e alla istituzione della Commissione per i trattati internazionali. (Doc. II N. 1)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Proposte della Giunta del Regolamento relative alla determinazione dei modi e degli organi per la formazione del progetto di Costituzione e alla istituzione della Commissione per i trattati internazionali. (Doc. II N. I).

Come i colleghi sanno, è stata distribuita una relazione a stampa con la quale la Giunta del Regolamento propone l’approvazione di tre articoli aggiuntivi all’attuale Regolamento, diretti a stabilire la nomina di due Commissioni, una per la Costituzione e l’altra per i trattati internazionali, composte rispettivamente di settantacinque e di trentasei membri.

Ha chiesto di parlare sull’argomento l’onorevole Calamandrei. Ne ha facoltà.

CALAMANDREI. Non è per fare una proposta che io parlo a nome del partito d’azione, ma soltanto per impostare un problema e per proporre in dubbio alla Giunta ed all’onorevole Presidente. Il regolamento che oggi si tratta di approvare riguarda il modo con cui la Costituente dovrà esercitare i suoi poteri. Sembra che sia preliminare all’approvazione di questo regolamento un chiarimento su questo punto: quali sono i poteri dell’Assemblea Costituente? Perché, onorevoli colleghi, la nostra Assemblea, che desume il suo nome da quella funzione augusta e solenne che è la preparazione di una nuova costituzione, è in realtà una specie di erma a due facce: da una parte è la Costituente che, come ha detto il Presidente della Repubblica nel suo nobile messaggio, deve guardare all’avvenire e lavorare per il futuro; ma nell’altra faccia è, già in atto, se pur con qualche limitazione, un Parlamento. E queste due facce non hanno la stessa espressione: perché, mentre quella che guarda verso l’avvenire deve essere serena ed austera, quella che guarda verso i problemi immediati del presente ha già l’aria preoccupata e – direi quasi – un po’ convulsa di chi vede una realtà che la turba, e più si turba pensando a quello che accadrà da qui a dieci mesi, alle nuove elezioni.

Ora, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che nella sua funzione fondamentale di Costituente la nostra Assemblea è sovrana, perché essa è l’unico organo, è il primo organo dell’Italia repubblicana che abbia carattere rappresentativo, e quindi i suoi poteri sono virtualmente illimitati: l’unica limitazione di questi poteri le deriva dal referendum istituzionale, in cui il popolo con diretto responso ha già risolto il problema istituzionale ed ha tolto all’Assemblea Costituente il potere di rimettere in discussione questo problema.

Ma ciò che invece è importante e dà luogo a dubbio sono i rapporti tra il potere costituente e il potere legislativo ordinario. Chi esercita il potere legislativo ordinario? Quali poteri ha la Costituente per controllarne l’esercizio?

Voi sapete che un decreto-legge luogotenenziale del 16 marzo 1946 ha regolato in anticipo i rapporti tra la Costituente c il governo ed ha all’incirca stabilito, con qualche eccezione, che l’assemblea abbia il potere costituente da cui trae il nome, e che il potere legislativo ordinario resti delegato al governo, ad eccezione delle leggi relative ai trattati o alle leggi elettorali.

L’articolo 3 del decreto contiene appunto questa frase: «Il potere legislativo resta delegato, salva la materia costituzionale, al governo». Delegalo da chi? Perché il governo che emanò il decreto 14 marzo 1946, n. 98, era, come sapete, un governo provvisorio, di fortuna, messo su coi mezzi possibili in quel momento; un governo che, come tutti i Governi provvisori, aspetta la sua ratifica, la sua legittimazione a posteriori dall’assemblea rappresentativa che finalmente è stata creata nella Costituente.

Quindi in tanto le disposizioni contenute in quel decreto possono avere, nei confronti dell’Assemblea Costituente, un potere obbligatorio, in quanto la Costituente ratifichi il decreto stesso. Quando quell’articolo 3 parlava di un potere legislativo che rimaneva delegato, evidentemente il potere delegante non poteva essere che un potere in fieri. Il governo con quel decreto ha voluto dire: io delego oggi in anticipo quel potere legislativo che avrà l’Assemblea Costituente, la quale poi ratificherà questa delega, non avendo potuto delegarlo essa stesso con un mandato iniziale, perché ancora essa non esisteva.

Quindi mi pare che per rendere proficuo e sereno il nostro lavoro, che soprattutto ha la sua più importante espressione nella creazione della nuova costituzione, giovi fin da oggi, sulla soglia della nostra attività legislativa, non nascondere a noi stessi questo problema che potrebbe risorgere in avvenire ad attraversare il nostro lavoro, ma cercar di eliminarlo fin da ora. Ed io chiedo appunto alla Giunta del Regolamento ed al suo Presidente che cosa pensino di questo problema e di questo dubbio, che ho accennati.

Non come proposta, ma come suggerimento, crederei che in occasione dell’approvazione del regolamento l’Assemblea Costituente dovrebbe ratificare il decreto 16 marzo 1946, n. 98, in modo da non pensarci più; in modo che non risorga più il problema che ora ho posto. L’Assemblea Costituente dovrebbe, cioè, approvare che l’esercizio del potere legislativo ordinario, con le eccezioni fatte in quel regolamento, rappresentasse una specie di concessione di pieni poteri al governo. In questo modo, dal punto di vista costituzionale, la situazione sarebbe sanata.

Se non che a questo punto domando: crede l’Assemblea che la ratifica di questa delega del potere legislativo ordinario al governo si possa fare in modo definitivo e irrevocabile? Oppure crede opportuno o necessario che sia fatta con qualche riserva, cioè che l’Assemblea Costituente, la quale è sovrana e alla quale, se questa delega non fosse stata fatta, competerebbe anche il potere legislativo ordinario, si riservi, tutte le volte in cui ci sia materia legislativa d’importanza tale da dover riprendere la sua libera iniziativa, di limitare la delega data in anticipo e di riprendere su quel punto oltre che il potere costituente anche il potere legislativo ordinario?

In realtà, come sapete, in virtù del decreto del 16 marzo, l’Assemblea Costituente ha già riservato su certe materie l’esercizio del potere legislativo ordinario, non soltanto sui trattati internazionali e sulle leggi elettorali, ma anche sulle più diverse materie, tutte le volte che al Governo piaccia di prendere l’iniziativa di sottoporle leggi che rientrerebbero nel potere legislativo ordinario a lui delegato.

Ora noi crediamo che l’iniziativa non debba essere soltanto del governo, al quale solo possa spettare il potere di restituirci, quando gli piacerà, una parte del potere legislativo ordinario che gli abbiamo delegato; ma che anche l’Assemblea debba aver la possibilità di riprendere, in quanto lo ritenga opportuno, una parte del potere legislativo ordinario delegato al Governo, che, quantunque da lei delegato, è istituzionalmente suo.

Queste, onorevoli colleghi, non sono proposte; sono dubbi intorno ai quali ameremmo di ottenere un chiarimento dagli organi competenti. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Mastrojanni. Ne ha facoltà.

MASTRO JANNI. Condivido le opinioni espresse, con fine senso giuridico, dall’onorevole Calamandrei; ma ritengo che si possa andare anche oltre le argomentazioni di carattere squisitamente giuridico da lui espresse.

Penso che questa Assemblea Costituente, sulla cui sovranità non v’ha alcun dubbio, così come l’onorevole Presidente ha anche confermato, traendo le sue origini dalle fonti più pure e più dirette, che sono quelle del suffragio universale espresso dal popolo, non abbia, per la stessa sua dignità e per la stessa coerenza di sovranità, a tollerare che un Governo, il quale ci ha preceduto, possa, in qualche modo, ipotecare la nostra stessa intangibile ed assoluta sovranità. In altri termini, il decreto luogotenenziale col quale si è data al popolo la possibilità di esprimere la sua volontà sovrana, all’articolo 3, faceva delle riserve, nel senso che, dando a noi il potere di fare la Costituzione, cioè l’atto più solenne, l’atto più importante dal quale debbono scaturire tutte le altre leggi, contemporaneamente ci toglieva il diritto di legiferare, e contemperava questa ipoteca anticipata alla nostra autorità sovrana con una ratifica che dovrà esser data, badate bene, onorevoli colleghi, non da questa Assemblea Costituente, ma dall’Assemblea legislativa che dovrà a noi succedere.

Ed allora noi osserviamo: quando il popolo ci ha investiti del potere sovrano (oltre al quale altro non esiste) per formare la Costituzione, il potere legislativo transitoriamente rimasto nelle mani del Governo trae il suo diritto e la sua origine dalla nostra stessa autorità sovrana. Attraverso di essa, noi possiamo delegare al Governo un potere legislativo, ma non può il Governo affermare il suo diritto mediante un decreto legislativo luogotenenziale che è l’espressione della volontà di un Governo il quale ci ha governati in tempi eccezionali, ma che non ha tratto la sua origine legittima dalla sovrana volontà del popolo! (Approvazioni).

Quindi, onorevoli colleghi, io penso che l’Assemblea Costituente abbia non solo il diritto, ma anche il dovere di negare a quel decreto legislativo luogotenenziale, col quale il Governo si è arrogato il diritto di legiferare, ogni diritto e ogni consistenza dal punto di vista giuridico costituzionale, in quanto che, essendosi formata oggi l’Assemblea Costituente sovrana, tutte le leggi che l’hanno preceduta e che hanno avuto la loro origine non suffragata né giustificata dalla volontà espressa del popolo, debbano, per poter perpetuare in avvenire la loro esistenza e giustificare la loro consistenza giuridico-costituzionale, ricevere il crisma della nostra volontà, cioè della volontà sovrana del popolo che si è espressa recentemente attraverso di noi, che dobbiamo difendere il popolo nei suoi sacrosanti diritti.

Ed aggiungo, onorevoli colleghi, che quando davanti all’Alta Corte di Giustizia sono stati portati quei legislatori i quali, attraverso la impeccabile legalità della forma, avevano creato delle leggi che, incrinando le libertà individuali, avevano anche soppresse le libertà costituzionali, quelle leggi ratificate dalla supina acquiescenza del Parlamento, trovarono in prosieguo di tempo quel legislatore che identificò in quel comportamento un attentato alle libertà costituzionali dello Stato e dei cittadini, tanto che trascinò, e giustamente, davanti all’Alta Corte di Giustizia, gli imprudenti legiferatori.

Di conseguenza, se ratificassimo la situazione di fatto e di diritto che il noto decreto legislativo luogotenenziale ha creato ipotecando la nostra alta e assoluta sovranità, noi, di fronte al popolo, ci renderemmo responsabili di tutte quelle leggi che questo Governo avrebbe il diritto di fare. E voi avete sentito, attraverso le analitiche affermazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, quale congerie di provvedimenti si intendono adottare da questo Governo, leggi e provvedimenti che investono tutta la vita della Nazione, da quella economica e sociale a quella costituzionale, sottraendo a noi il diritto di intervenire in una legislazione che è essenziale per la vita della Nazione, e lasciando che altri, che a noi succederà, possa ratificare questa legislazione, che noi dobbiamo subire e che moralmente impegnerebbe la nuova Camera legislativa e la metterebbe di fronte ad uno stato di fatto e ad un avvenuto esperimento che più non deve esser fatto senza il consenso del popolo, in danno o in beneficio del popolo, perché il popolo ha il diritto di essere governato da leggi sagge e giuste, ma solamente da leggi che siano la espressione della sua volontà attraverso la volontà dei suoi legittimi rappresentanti.

Concludo, chiedendo all’Assemblea Costituente che voglia preliminarmente affermare questo sacrosanto principio di giustizia e di libertà, per cui l’Assemblea Costituente non riconosce la legislazione precorsa, e chiedo che sia demandata alla sua alta sovranità la ratifica o l’abrogazione o le modifiche di tutta la legislazione precorsa e che solo dopo questo atto di sovrano nostro intervento e di sovrano nostrodiritto si possa dar corso costituzionalmente ai lavori della nostra Assemblea. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Calosso. Ne ha facoltà.

CALOSSO. Devo fare una piccola osservazione. Penso anzitutto che non si possa non aderire alla proposta dell’onorevole Calamandrei, perché noi siamo qui la prima Assemblea che direttamente rispecchia la voce dell’uomo comune. (Commenti – Applausi da parte del gruppo dell’Uomo Qualunque).

L’Uomo Qualunque, preso a caso, potrebbe essere un delegato di Mussolini o un gerarca….. (Rumori – Vivaci apostrofi dal gruppo dell’Uomo Qualunque).

GIANNINI. Non faccia dello spirito, Onorevole Calosso, perché ci scapita!

CALOSSO. Nessuno può negare, dicevo, questa sovranità di fatto. Noi rappresentiamo quella scintilla dell’uomo comune, del cittadino del Paese, che in questo momento è molto impaziente e vuole che facciamo qualche cosa.

Innegabilmente gli esecutivi sono troppo forti per le necessità attuali, perché venti anni di fascismo ci hanno abituati a delegare tutto agli esecutivi, di modo che la base, sia del Governo che dei partiti, molto spesso non sa quello che avviene al di fuori. È innegabile, è un fatto, che la base sbaglia meno degli esecutivi; non dico, che faccia bene, ma certamente sbaglia meno. Che cosa si potrebbe fare in pratica? Quello che importa, la forma elementare di democrazia, non è forse tanto il diritto astratto dell’Assemblea di discutere quanto il fatto che il Paese conosca quello che avviene alla base. Se i disegni di legge fossero pubblicati, tanti errori non si farebbero.

Noi tutti, per poco che abbiamo seguito qualche piccolo disegno di legge, abbiamo visto come sarebbe stato facilissimo correggerlo in tempo, se l’avessimo conosciuto quindici giorni prima. Qualche volta vi si insinua, anche ad insaputa del Ministero stesso, qualche elemento di corruzione, oppure nomine di uomini, ecc. Per esempio, la Radio è stata sistemata in un determinato modo e nessuno ne ha saputo niente; avete visto l’amnistia, ma anche questa ne avrebbe guadagnato, come atto di grazia della Repubblica, se fosse stata conosciuta prima. Quindi se i giuristi qui presenti, che se ne intendono più di noi che siamo dei novellini, ci aiutassero a fare in modo che i decreti-legge fossero noti alla Nazione prima, io credo che ne verrebbe un vantaggio per questa delega che noi facciamo al Governo. (Approvazioni – Commenti).

PRESIDENTE Ha chiesto di parlare l’onorevole Bruni. Ne ha facoltà.

BRUNI. Ritengo molto opportuno, in questa occasione in cui il primo Governo della Repubblica Italiana si è presentato alla nostra Assemblea, che l’Assemblea stessa prenda atto della propria natura pienamente sovrana di fronte al potere esecutivo.

Il decreto-legge luogotenenziale del 16 marzo scorso, noto come il decreto della Costituente, che mirava a perpetuare l’annosa e pericolosa abitudine di attribuire mansioni legislative ad un organo di sua natura esecutivo, deve essere ormai considerato irrito e nullo, e definitivamente superato.

Questa Assemblea è pienamente sovrana, e credo sia conveniente consacrare questa sua presa di coscienza in un ordine del giorno, a scanso di ogni equivoco. D’altra parte dobbiamo, mi pare, riconoscere che le attuali condizioni interne ed estere del nostro Paese, ancora lontane dalla normalità, e la necessità che abbiamo di non intralciare soverchiamente l’urgente lavoro della Costituente, ci impongano di circondare l’esercizio di questa sovranità con speciali garanzie ed accorgimenti.

Sarei pertanto del parere che l’Assemblea, prima di prendere in esame il programma di lavoro che il Governo intende di svolgere e che ha già ottenuto l’approvazione, almeno di massima, delle direzioni di quattro partiti, nominasse una Commissione piuttosto ristretta, con il compito di discutere le proposte di legge che, nell’ambito di quel programma, dal Governo le saranno presentate. Il varo di queste proposte sarà compiuto da questa Commissione in via provvisoria, in nome dell’Assemblea, sino a tanto che il prossimo Parlamento non avrà il tempo di riprenderle in esame con maggiore cura e di apporvi la sua sanzione definitiva, come del resto prevede lo stesso decreto del marzo. Tale commissione dovrebbe essere autorizzata, a mio avviso, a ricorrere al giudizio dell’Assemblea plenaria in tutte quelle occasioni che essa ritenesse gravi. In ogni caso all’Assemblea dovrà essere sottoposta direttamente dal Governo tutta la materia già prevista dal decreto del 16 marzo.

Onorevoli Colleghi, evidentemente questa soluzione rappresenta un compromesso fra l’inderogabile imperativo giuridico e morale di affermare la natura sovrana di questa Assemblea e la necessità di non disperdere soverchiamente le energie di essa dirette a creare la nuova Carta costituzionale del popolo italiano, nonché di tener conto di quelle che ancora sono le contingenze nazionali ed internazionali nelle quali deve muoversi l’azione della nostra neonata repubblica.

Io non sono un giurista, né tanto meno un costituzionalista, e qualunque altra proposta, che salvi queste due esigenze meglio di quella da me accennata, sia la benvenuta. In questo senso presento il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea, preso atto della natura pienamente sovrana del suo mandato, dichiara di volerlo esercitare tenendo nel dovuto conto le condizioni d’ordine nazionale ed internazionale, ancora anormali, del Paese e senza pregiudizio del carattere d’urgenza che rivestono i suoi lavori per dare al popolo italiano una nuova Carta, costituzionale».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Terracini. Ne ha facoltà.

TERRACINI. Mi pare che noi dovremmo esprimerci innanzi tutto sopra la proposta dell’onorevole Calamandrei; poiché, in definitiva, è una proposta quella che egli ha fatta, per quanto l’abbia definita semplicemente un dubbio. Ma desidero ancor prima rilevare che, l’onorevole Mastrojanni, sebbene abbia dichiarato di essere completamente d’accordo con la proposta dell’onorevole Calamandrei, in realtà, nelle sue parole, ha messo in evidenza un concetto ben diverso. Mi pare di aver compreso che l’onorevole Calamandrei non desidera che venga mutato l’equilibrio generale politico dei rapporti di lavoro fra l’Assemblea ed il Governo, così com’è stato definito nel decreto luogotenenziale del marzo scorso; mentre l’onorevole Mastrojanni in realtà inficia, ponendo in mora il valore di tutta la legislazione precedente a quella che l’Assemblea Costituente potrà svolgere, la stessa legalità di quel decreto. Né io me ne meraviglio. Da parte dell’onorevole Mastrojanni è naturale che tutto ciò che è avvenuto nel corso di questi due ultimi anni in Italia non abbia fondamento valido. Ma voglio sottolineare che por me, per noi, questo fondamento esiste; e, aderendo alla proposta dell’onorevole Calamandrei, noi pensiamo appunto che l’Assemblea Costituente, riconfermando nelle sue linee generali le statuizioni del decreto luogotenenziale, verrà appunto a significare che il suo pensiero, anche in questo punto, coincide con quello del Governo che di esso ha preso l’iniziativa, nel marzo di quest’anno.

Dichiaro dunque che sono favorevole, che il mio gruppo è favorevole, alla proposta dell’onorevole Calamandrei, cioè che la stessa Assemblea Costituente dichiari di accettare, o meglio ridecida come di propria emanazione quella delega di potere legislativo al Governo che è stata già stabilita – potremmo dire suggerita – dal decreto luogotenenziale. Ma forse questo non è sufficiente. Io credo che occorra sviluppare più in là questo problema; e dare al sistema di rapporti di lavoro fra Governo c Assemblea Costituente un ulteriore coordinamento. Nel decreto luogotenenziale si dichiara infatti che il Governo è responsabile della sua azione di fronte all’Assemblea Costituente; ma si tace assolutamente dei modi coi quali questa responsabilità si deve esprimere, tradurre, oppure presentare. Non si vede infatti in quale maniera organica il Governo risponde all’Assemblea Costituente. L’Assemblea Costituente può, è vero, prendere in esame l’attività del Governo in quei casi nei quali il Governo stesso disponga di sottoporle proprie determinate iniziative. Ed accettando in linea provvisoria il regolamento della Camera, si è dato anche il diritto ai membri dell’Assemblea Costituente di presentare mozioni, interpellanze e interrogazioni al Governo.

È questo un modo col quale l’Assemblea Costituente può controllare il lavoro del Governo, chiamandolo di volta in volta a risponderne di fronte a sé. Ma mi pare che sia un modo disorganico, abbandonato troppo alla iniziativa individuale, mancante di quella continuità che è necessaria perché il controllo stesso abbia un contenuto di responsabilità. Ecco la ragione per la quale io penso che sarebbe opportuno che, discutendo della costituzione delle commissioni attraverso le quali l’Assemblea Costituente opererà e realizzerà il suo scopo, si debba prendere in considerazione la costituzione di una terza Commissione, oltre a quelle proposte dalla Giunta del Regolamento: di una Commissione che chiamerei, tanto per farmi intendere, degli affari politici. A questa Commissione, secondo i miei intendimenti, il Governo dovrebbe passare, per conoscenza, tutte le misure e tutti gli atti che da lui promanassero. Ed essa li esaminerebbe presentando all’Assemblea Costituente quelle misure o quegli atti che ritenesse necessario discutere prima che giungessero a conclusione.

Creando questa Commissione, si alleggerirebbe di molto anche il capitolo delle interrogazioni, delle mozioni e delle interpellanze. Ciascuno di noi, sapendo che vi è un organo collegiale, rappresentativo di tutta l’Assemblea, il quale segue metodicamente l’attività del Governo, non si sentirebbe impegnato a stare in guardia permanentemente per scoprirne gli errori o le insufficienze, e penso che se appunto la nostra Assemblea non sarà sovraccaricata del lavoro delle interrogazioni, delle interpellanze e delle mozioni, l’altro lavoro, quello fondamentale, che l’Assemblea dove svolgere, si svolgerà in modo migliore e più proficuo.

Ecco perché, concludendo, dichiaro di accettare la proposta dell’onorevole Calamandrei nei termini in cui egli l’ha redatta per iscritto, suggerendo insieme di prendere in esame la costituzione della terza Commissione, investita del compito che ho brevemente esposto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Onorevoli colleghi. Noi ci limitiamo a fare una osservazione pregiudiziale. La questione è esplosa improvvisamente attraverso la proposta dell’amico Calamandrei e dalle sembianze giuridiche in cui egli l’ha, con la sua nota competenza, avvolta, si è venuto man mano rivelando, attraverso l’intervento dell’onorevole Mastrojanni e di altri, come una questione esclusivamente e squisitamente politica, la quale non può essere imposta, diremmo, di sorpresa. Scusatemi; io non faccio il processo alle intenzioni e alle volontà, ma constato il fatto e quindi dico che non può essere imposta all’Assemblea e merita di essere, per la sua gravità e complessità, proposta all’ordine del giorno di una prossima seduta. (Applausi – Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico. Ne ha facoltà.

PERSICO. Ho chiesto la parola per una mozione d’ordine. Oggi siamo chiamati a discutere la proposta di modifica al regolamento della Camera formulata in tre articoli aggiuntivi. Tutto quello che ha detto l’onorevole Calamandrei sarà giusto, ma non entra affatto nella discussione dei tre articoli aggiuntivi di cui dobbiamo occuparci oggi, tanto più che, partendo dal punto iniziale dell’onorevole Calamandrei, l’Assemblea è giunta a discutere perfino i poteri dell’Assemblea Costituente e dei suoi rapporti col Governo, cioè tutto un altro argomento di indole squisitamente costituzionale, che non ha nulla a che vedere con la modifica del Regolamento. Quindi propongo che oggi si discutano i tre articoli aggiuntivi, sui quali mi riservo di fare delle osservazioni, e che la proposta Calamandrei, e quella più vasta dell’onorevole Terracini, siano messe all’ordine del giorno di una prossima seduta. (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lussu. Ne ha facoltà.

LUSSU. Il rilievo testé fatto dall’onorevole Persico, a mio parere, non risponde alla realtà, perché effettivamente è stato messo in discussione l’articolo 3 del decreto luogotenenziale del 16 marzo, trattandosi di nominare una Commissione, quella dei trattali internazionali, che è contemplata nello stesso articolo.

Pertanto, la questione, così come è stata posta dall’onorevole Calamandrei, mi pare giustamente posta. E mi pare anche giusto il commento che ne ha fatto l’onorevole Terracini.

Evidentemente, noi non possiamo entrare nell’ordine di idee espresse dall’onorevole Mastrojanni.

Riteniamo perfettamente legittimo tutto l’operato del Governo e dei precedenti Governi democratici. Essi erano tenuti, dalle dure necessità nazionali, a dare, attraverso le forze effettive della democrazia allora militanti, in cui non era ancora quella che oggi rappresenta l’onorevole Mastrojanni, un Governo legittimo, un Governo di azione, un Governo effettivo alla Nazione.

Pertanto, questa Assemblea, pur riconoscendo perfettamente legittimo l’operato del precedente Governo, ha pur diritto di esprimere la sua opinione sugli atti che da esso sono presentati ed uno di questi atti è l’articolo 3 del decreto luogotenenziale, commentato dall’onorevole Calamandrei, al quale si è associato l’onorevole Terracini.

Vi sono però altre considerazioni da fare ed io credo che si debbano fare subito, senza attendere maggiori lumi, come ha proposto l’onorevole Gronchi.

Il problema è chiaro. Vi è un problema di ordine giuridico, politico, costituzionale, ed un problema di ordine pratico, di economia di tempo.

Vorrei aggiungere qualche rilievo, perché la proposta presentata dall’onorevole Terracini appare razionale, ma in sostanza forse non lo è; perché altra questione, alla quale questa Assemblea deve dare importanza, è quella di precisare il più possibile quali sono i suoi poteri e quali i poteri del Governo.

Evidentemente, non si poteva fare che quello che si è fatto. Il Governo ha presentato all’Assemblea un decreto; e il decreto lo si discute. Questa è un’Assemblea sovrana e, pertanto, ne è regolarmente investita.

Se poi si segue la proposta pratica presentata, per la terza Commissione, dall’onorevole Terracini, ho l’impressione che non siano esattamente delimitati il potere di questa Assemblea ed il potere del Governo. È, o no, obbligato il Governo a presentare le sue proposte, i suoi disegni di legge a questa Commissione? Oppure, come propone l’onorevole Calamandrei, è questa Assemblea che pone al Governo la richiesta di presentare i suoi progetti e i suoi studi legislativi?

La terza Commissione che propone l’onorevole Terracini rimarrebbe, inoltre, molto ridotta: una Commissione mista, che egli chiamerebbe degli affari politici, ma che, in fondo, non può essere limitata agli affari politici. E qui si presenta un altro problema: l’Assemblea Costituente nomina la Commissione per la Costituzione che sarà composta di 75 membri; l’altra parte dell’Assemblea – tolti questi 75 membri e gli altri 36 della Commissione dei Trattati internazionali – cioè circa 500 deputati, che cosa farà? La Commissione di cui presenta la proposta l’onorevole Terracini è una Commissione ristretta e quindi tutto il rimanente della Assemblea se ne starà in vacanza.

Ma io mi chiedo adesso: mentre questo ristretto numero di deputati lavora, cosa fanno gli altri?

Saranno portati a complottare contro il Governo… Non lo faranno. Ma allora che faranno? Desidererei saperlo. Ed ecco perché ritengo che fin da ora occorra pensare, d’accordo col Presidente della Camera, con la Giunta del Regolamento e col Governo, a ricostituire – sia pure in numero ridotto – le Commissioni che esistevano presso la Consulta e presso il Parlamento prima del fascismo. Cosi vi sarà una ripartizione del lavoro, un controllo sull’azione politica del Governo ed una precisa delimitazione dei poteri del Governo e dei poteri di questa Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

MAZZONI. Ho chiesto la parola soltanto per una mozione d’ordine.

Siamo tutti persuasi della gravità dell’argomento di cui si discute, anche se possiamo avere opinioni diverse. Io, nelle ultime dichiarazioni fatte alla Consulta, a nome del gruppo, un po’ ironicamente, avevo detto: «Mah! stiamo a vedere. Io sto pensando con spavento all’autorità che avrò domani e che mi sarà demandata da una Camera di questo genere».

Comunque, nelle condizioni in cui ci troviamo oggi è lesivo della severità e dell’autorità dell’Assemblea e dell’argomento di cui si discute trattare la questione di sghembo, in questo momento. (Applausi).

Io non voglio, per rispetto a questo principio, esporre le mie opinioni su quanto è stato detto dall’onorevole Terracini e dagli altri. Osservo soltanto che questioni di questo genere non si nascondono: ogni giorno le vedreste riaffiorare. Bisogna onestamente risolverle subito, ma in sede adatta, e non fare i novizi portando qui discussioni che sono fuori della loro sede. (Approvazioni).

Propongo quindi che qualcuno faccia la proposta, presenti una mozione, o comunque nasca l’iniziativa perché sia fissato un giorno, il più vicino possibile, in cui questo argomento possa essere sviscerato con la necessaria compostezza e precisione (Applausi).

Voci. Si accetta la proposta Gronchi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Caroleo. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Mi limito a prendere atto della necessità di rinvio e presento sin da ora questo ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, consapevole della sua sovranità, ritenendo necessario di partecipare in via diretta alla formazione delle nuove leggi anche durante il periodo di elaborazione delle norme costituzionali dello Stato, chiede al primo Governo, espresso dal proprio seno e responsabile verso di ossa, di preparare d’urgenza uno schema di decreto legislativo da sottoporre all’approvazione della stessa Assemblea sui maggiori e più precisi limiti della delega di poteri, di cui all’articolo 4 del decreto luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, e all’articolo 3 del decreto luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Mi permetto di ricordare ai colleghi che ho fatto una precisa proposta che ha valore di mozione d’ordine. Su di essa dovrebbe esser fatta la votazione. Anche altri si sono associati alla mia proposta. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Il problema è del più alto interesse, ma non può essere risolto in questa sede, perché non è all’ordine del giorno.

Oggi si tratta unicamente di provvedere alla nomina delle Commissioni per la Costituzione e per i Trattati internazionali. Il problema sarà ripreso in sede opportuna, dopo un più approfondito esame della materia da parte dei gruppi. (Approvazioni).

Passiamo all’esame degli articoli proposti dalla Giunta del Regolamento.

Art. 1.

L’Assemblea nomina la Commissione incaricata di elaborare, redigere e presentare il testo del progetto di Costituzione.

La Commissione sarà composta di 75 deputati, provvederà alla sua costituzione nominando il presidente, tre vicepresidenti e tre segretari, e presenterà il testo del progetto e la relazione entro tre mesi dal suo insediamento.

Su questo articolo gli onorevoli Gronchi e Togni hanno presentato il seguente emendamento sostitutivo del primo comma:

«L’Assemblea nomina la Commissione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione».

L’onorevole Gronchi ha facoltà di svolgerlo.

GRONCHI. Lo svolgo brevissimamente, perché la stessa sensibilità qui dimostrata nei riguardi della proposta sollevata dall’onorevole Calamandrei ne giustifica lo spirito. Nel testo proposto dalla Commissione si specifica che la Commissione è incaricata di elaborare, redigere, presentare il testo della Costituzione; il che sembra attribuire alla Commissione stessa un lavoro pressoché definitivo e analitico di preparazione della Costituzione e produce, in un’Assemblea di questo genere, o almeno nel nostro gruppo, l’impressione che la libertà di esame e di discussione sia in qualche modo menomata, se pure non si possa sostenere che la libertà rimanga integra e intatta quando il progetto sarà presentato alla discussione dell’Assemblea.

Qualcuno più competente di me in materia giuridica e di tecnica parlamentare dirà che in sostanza ciò può sembrare una questione di forma; ma io osservo che, ad esempio, in altri Paesi, nella stessa formulazione dei compiti affidati alla Commissione in una Assemblea di particolare importanza e carattere quale è una Costituente, si sono adoperate formule assai ben precise e impegnative. Ad esempio l’articolo 14 del Regolamento della Costituente francese dice: «per preparare le deliberazioni dell’Assemblea in materia costituzionale». Ora basta raffrontare i due testi per sentirvi, diremo, circolare uno spirito diverso; da una parte è il riconoscimento, anche formale, il più ampio della sovranità dell’Assemblea, la quale si vedrà proposto uno schema (il che non è parlamentarmente esatto, ma rende bene il nostro pensiero) sul quale essa è libera di apportare, sia nell’indirizzo generale sia nella formulazione particolare dei singoli articoli, il suo esame, la sua discussione ed il suo giudizio; dall’altra una formulazione come la nostra nella quale sembra che si dia alla Commissione dei 75 poco meno che una delega definitiva.

Mi rendo conto, come dicevo, che è una questione di forma, ma nella quale si rivela uno spirito diverso su cui richiamo l’attenzione dell’Assemblea; la quale ha una tale sensibilità, che è senso di responsabilità del suo mandato, e merita veramente che anche nella forma questa sua sensibilità sia accolta e rispettata. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Zuccarini. Ne ha facoltà.

ZUCCARINI. Mi limiterò a poche osservazioni. Devo dire intanto che questo progetto non mi soddisfa. Come ha osservato poco fa l’onorevole Gronchi, sembra quasi che l’Assemblea, chiamata ad un compito così importante come è quello di dare la nuova Costituzione al Paese, se ne liberi subito per delegare ad una piccola parte dei suoi componenti l’incarico di redigere la nuova Costituzione.

Ora io penso che il mandato che gli elettori hanno dato ai singoli deputati sia un mandato che deve essere assolto scrupolosamente e nel modo più ampio.

Intanto, prima ancora di passare alla redazione di un progetto di Costituzione, bisognerebbe che qui dentro, nella forma più adatta, tutti coloro che sono stati mandati ad assolvere tale compito esprimessero il loro pensiero, per lo meno sulle linee generali che noi vorremmo date al nuovo Statuto dello Stato. Prima ancora di redigere i vari articoli occorre infatti rendersi conto del tipo di Stato che si vuole costituire; e per rendersene conto bisognerebbe che i Deputati esprimessero qua dentro nella forma – poi parlerò anche di questo – più adatta le tendenze, le loro aspirazioni, desideri e bisogni. L’Italia è varia, i desideri sono diversi, le aspirazioni sono diversissime. Negli stessi gruppi dì partito voi troverete delle concezioni sulla organizzazione dello Stato molto diverse: il deputato che viene dal Trentino probabilmente non vede la Costituzione da fare allo stesso modo del deputato che viene dall’Italia centrale o che è stato eletto a Roma. È allora, per me, molto importante che prima ancora che la Commissione si formi e incominci a funzionare per redigere il nuovo Statuto, l’Assemblea esprima nel suo seno le varie tendenze, facendo conoscere a quale tipo di Stato si vuole arrivare, a quale forma dovrebbero dirigere i loro sforzi i membri della Commissione. E questo non può avvenire – badate bene – in una Commissione molto ristretta, appunto perché una tale Commissione probabilmente finirà coll’eliminare dal suo seno molti rappresentanti che vorrebbero invece interloquire in questo argomento.

Per cui penso che, se dovesse apparire esuberante e magari confusionario che tutta l’Assemblea riunita discutesse in linea generale qui dentro, con tutti i suoi più che 500 rappresentanti, l’indirizzo da dare alla formulazione del nuovo Stato, sarebbe possibile e opportuno che l’Assemblea stessa si dividesse in diverse sezioni, od uffici, per una discussione preliminare. Da tali sezioni, da tali uffici, verrebbero scelti i delegati a costituire la Commissione che dovrà poi redigere il regolamento. Ma non solamente per questo: occorre anche che l’opera della Commissione sia costantemente seguita dai componenti dell’Assemblea; e ciò potrebbe esser consentilo dalla divisione in uffici o in sezioni. E quando fossero scelti dagli uffici o sezioni i suoi componenti, avremmo una Commissione che esprimerebbe meglio i sentimenti, i desideri, i bisogni delle varie regioni d’Italia, cioè le varie tendenze in merito alla costituzione dello Stato, e sarebbe per noi possibile seguire giorno per giorno il lavoro della stessa Commissione.

Vorrei, ad ogni modo, che anzitutto, prima di passare alla nomina di questa Commissione, venisse esaminato il problema della costituzione dello Stato nelle sue linee essenziali in sezioni separate, e non dall’Assemblea tutta, perché allora finiremmo per fare una Commissione di partiti anziché una Commissione di uomini che esprimono dei pensieri e delle tendenze, e che fossero anche nominati i componenti della Commissione destinati a redigere la Costituzione. Non so se ho reso l’idea, non so se mi sono espresso nella forma migliore; so però che in questa materia si dovrebbe procedere con grande cautela. L’Assemblea non deve delegare ad una piccola Commissione tutto il suo lavoro; e in ogni caso il lavoro di tale Commissione, via via che si svolgerà, dovrà esser seguito e anche discusso con la partecipazione di tutti i deputati che costituiscono l’Assemblea Costituente.

Quindi ripeto: la mia proposta è che l’Assemblea, per l’esame e per l’elaborazione della nuova costituzione dello Stato si ripartisca in uffici o in sezioni, lasciando pure che la nomina della Commissione si faccia con i sistemi dei due terzi o del terzo, purché però esca dal voto dei singoli uffici. Noi avremo cosi delle assemblee più ristrette, di 60 o di 70 deputati, i quali, appunto perché pochi, potranno meglio discutere, con maggiore larghezza, anche nei particolari, quelle che sono le strutture del nuovo organismo. Con questo io ho finito ed attendo una modifica al progetto, che mi sembra insufficiente e che in ogni modo delegherebbe ad una ristretta Commissione tutto il nostro lavoro; e forse ci farebbe arrivare ad una Costituzione che probabilmente non è quella che il popolo italiano aspetta, mentre non dobbiamo dimenticare che tale Costituzione deve servire ad aprire all’Italia un periodo di sicurezza interna, sotto tutti i riguardi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Perassi. Ne ha facoltà.

PERASSI. Intendo di fare brevissime osservazioni sulla proposta dell’onorevole Gronchi. Sostanzialmente siamo d’accordo e credo anzitutto che sia da chiarire un equivoco che potrebbe forse nascere dalla formulazione dell’articolo aggiuntivo proposto dalla Giunta del Regolamento. Questa non ha mai pensato che la disposizione dell’articolo aggiuntivo potesse essere interpretata nel senso che a questa Commissione, per quanto numerosa, venga delegato un potere che è della Assemblea e che solo da questa può essere esercitato. Èevidente che la Commissione dei 75 è una commissione preparatoria, necessaria per l’argomento e per l’oggetto specifico di cui ci occupiamo. Occorre tenere presente che qui non siamo di fronte ad un disegno di legge che sia stato presentato o dal Governo o da un deputato, ma di fronte a tutta una materia che occorre affrontare e la Commissione è investita appunto del compito di elaborare il materiale da sottoporre all’Assemblea Costituente. L’onorevole Gronchi, dando forse un peso eccessivo a qualche espressione, si è particolarmente soffermato sulla parola «redigere». Se questa espressione sembra eccessiva, credo che la Giunta del Regolamento non abbia difficoltà a sopprimerla, come in fondo superflua, perché dicendosi già «elaborare» è implicita l’idea di predisporre un testo da sottoporre all’Assemblea.

Poiché ho preso la parola in questa occasione, mi permetterei di fare un’altra proposta, personalmente almeno. Nel primo articolo aggiuntivo si parla di «testo del progetto della costituzione». Ora, anche tenendo presente l’articolo 3 del decreto legislativo sulla Costituente, è da ricordare che la nostra Assemblea – e su ciò non vi è nessun dubbio – è investita in pieno della competenza su tutta la materia costituzionale. Non è detto che la legislazione in materia costituzionale si esaurisca nell’approvazione del testo della Costituzione. Può darsi che, ancora durante la elaborazione di questo testo, si rendano necessarie leggi costituzionali, sia pure di carattere provvisorio. Perciò io riterrei opportuno che fosse chiarito il compito della Commissione che stiamo per istituire, nel senso che essa sia investita anche dell’incarico di studiare e sottoporre all’Assemblea Costituente altre leggi costituzionali che si rendessero necessarie.

In tal modo, senza voler riaprire un dibattito in argomento, mi pare che anche le altre questioni di carattere costituzionale che sono state oggi sollevate potrebbero trovare la loro soluzione attraverso la proposta alla quale ho accennato, cioè mediante una legge costituzionale provvisoria (da sottoporre preliminarmente all’esame della Commissione per il progetto della costituzione), che regoli i rapporti tra l’Assemblea costituente e il Governo per quanto concerne l’esercizio del potere legislativo ordinario.

Appunto con queste preoccupazioni ed in vista di questi problemi e di altri che potrebbero sorgere, proporrei di modificare leggermente il primo degli articoli aggiuntivi di quelli proposti dalla Giunta del Regolamento, nel senso di sopprimere, conformemente al suggerimento espresso dall’onorevole Gronchi, la parola «redigere», e di aggiungere, in fine al primo comma, le parole «e di eventuali altre leggi in materia costituzionale».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Stampacchia. Ne ha facoltà.

STAMPACCHIA. Ho chiesto di parlare per una mozione d’ordine.

In occasione della discussione dei tre articoli aggiuntivi, è sorta la questione dell’articolo 3 del decreto, e quindi l’Assemblea si trova di fronte ad una questione alla quale non era assolutamente preparata e che non pensava di dover discutere. Mi pare perciò che il pensiero dei più ed il loro consenso sia che si fissi un’apposita riunione per discutere della questione. Se dobbiamo discutere circa l’estensione dell’articolo 3 del decreto 16 marzo, questione che è sorta in occasione dell’aggiunta dei tre articoli del regolamento, anche questi tre articoli dovranno esser convogliati nella discussione, perché diversamente oggi con essi possiamo pregiudicare in qualche modo anche la questione relativa all’articolo 3 del decreto. Ciò dico anche in considerazione che l’Assemblea è stanca, che il Governo manca, ed è proprio il Governo che dovrebbe dire la sua parola. (Commenti). Io penso che si dovrebbe rimandare la discussione di questi tre articoli a quando si farà la discussione sulla portata dell’articolo 3.

PRESIDENTE. Prego di non creare questioni di procedura. Si tratta oggi di creare due Commissioni che hanno il dovere di presentare progetti che dovranno essere discussi. Chiedo all’onorevole Gronchi se accetta le modifiche proposte dall’onorevole Perassi.

GRONCHI. Pregherei il collega Parassi di chiarire il suo pensiero. Si tratta qui di dare alla Commissione l’incarico di elaborare leggi o di esaminare le leggi che il Governo eventualmente presenta? Si tratta in sostanza di una legge di iniziativa parlamentare, mentre mi pare che invece la discussione odierna verta su leggi di iniziativa del Governo. Vorrei che fosse chiarito questo punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico. Ne ha facoltà.

PERSICO. Sono perfettamente d’accordo con il collega Gronchi su quanto egli chiama il diverso spirito dell’articolo, cioè sull’abolizione della parola «redigere». Non sono d’accordo con il collega Perassi, il quale fa rientrare dalla finestra quello che abbiamo escluso dalla porta, cioè rimette in campo la questione dell’articolo 3 della legge 16 marzo 1946 in cui è detto: «salva la materia costituzionale».

La proposta Penassi si potrebbe accettare solo in questi termini: tutte le volte che verrà proposto, o dal Governo, o per iniziativa parlamentare, un progetto di legge che riguardi la materia costituzionale, la stessa Commissione dei 75 prenderà in esame il progetto e farà la relativa relazione all’Assemblea. Basta stabilire che ogni volta sia presentato all’Assemblea un progetto riguardante la materia costituzionale esso venga deferito senz’altro alla Commissione dei 75.

Un’ultima parola sulla, proposta Zuccarini. Essa è assolutamente inaccettabile, perché il proponente vorrebbe che noi in Assemblea cominciassimo la discussione generale del nuovo Statuto costituzionale dello Stato; che poi, ad un certo momento, fatta questa discussione, mandassimo il risultato della discussione agli Uffici, che gli Uffici nominassero una Commissione, cioè non quella dei 75, ma quella che nominano gli Uffici secondo il regolamento della Camera agli articoli 66 e seguenti, e che questa Commissione esaminasse: che cosa? Un progetto che non esiste. Mi sembra che ciò non possa assolutamente attuarsi.

Quindi proporrei che l’Assemblea approvasse la proposta Gronchi, ritenendo superflua quella dell’onorevole Perassi e respingendo quella dell’onorevole Zuccarini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Perassi. Ne ha facoltà.

PERASSI. Vorrei chiarire il mio pensiero in questo senso: a mio avviso, secondo lo spirito della Costituente, tutto ciò che rientra nell’ambito della materia costituzionale è di competenza esclusiva dell’Assemblea. Per precisare questo punto vorrei anche indicare la conseguenza di forma che deriva da questa competenza esclusiva; cioè che la Costituzione o una legge costituzionale nel senso da me indicato, una volta adottata dalla Assemblea Costituente sarebbe perfetta, senza bisogno di nessun altro organo, neppure della sanzione del Capo dello Stato, in quanto, secondo il mio avviso, l’Assemblea Costituente da sola è investita del potere costituente. Ora, accanto al testo della Costituzione, che forma oggetto principale del compito dell’Assemblea Costituente, può darsi che si presenti la necessità, in via transitoria, provvisoria, di adottare altre norme costituzionali, le quali vengano ad integrare quell’ordinamento costituzionale provvisorio che è stato disposto nel decreto del 16 marzo. La stessa Commissione, che è investita del compito principale di elaborare la Costituzione, potrebbe anche, di sua iniziativa, elaborare progetti di leggi costituzionali destinate a risolvere, in via transitoria e provvisoria, taluni problemi. È in questo senso che io ho proposto l’aggiunta, che non ha nulla a che fare col problema di sapere chi esaminerà i progetti di legge ordinari che il Governo presenterà di sua iniziativa all’Assemblea Costituente. Se mai, il solo punto di attacco tra il problema che è stato prima sollevato e quello che ora si discute, in relazione alla proposta da me fatta, è che la Commissione dei 75 potrebbe, come una di queste prime leggi costituzionali provvisorie, adottare e sottoporre all’Assemblea Costituente un testo che regoli provvisoriamente l’esercizio della funzione legislativa in questo periodo. Questa, secondo me, è materia costituzionale e come tale rientra nella competenza dell’Assemblea Costituente e quindi, a titolo di elaborazione, nella competenza della Commissione in parola.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Gronchi se insiste nel suo emendamento e se, insistendo, accetta le modifiche proposte dall’onorevole Perassi.

GRONCHI. Insistiamo sul nostro emendamento e, per quanto riguarda quello dell’onorevole Perassi, mi pare che sostanzialmente l’aggiunta sia superflua, a meno che non si voglia pensare che la materia costituzionale possa essere trattata frammentariamente e all’infuori della preparazione del vero e proprio progetto di Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Martino Gaetano. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. lo non desidero aggiungere altro a quello che abbondantemente è stato detto a proposito dell’articolo aggiuntivo. Desidero solo, a mia volta, proporre un altro emendamento. E cioè: laddove si dice che «L’Assemblea nomina la Commissione» vorrei che si aggiungesse «con la rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari». Ciò apparentemente sembra inutile dire.

Una voce. È già detto all’articolo 3.

MARTINO GAETANO. All’articolo 3 è detto: «La nomina delle Commissioni prevedute nei due articoli precedenti è fatta dall’Assemblea mediante votazione a scrutinio segreto per due terzi dei nomi dei componenti»; ma non è detto che debba essere rappresentato ogni gruppo parlamentare in questa Commissione. Ciò che logicamente avverrebbe, se la nomina fosse demandata al Presidente dell’Assemblea; e può non avvenire, se la nomina è demandata alla stessa Assemblea mediante elezioni.

Ora, noi abbiamo la massima fiducia nel senso di cavalleria dei partiti di massa, che sono cosi largamente rappresentati in questa Assemblea. Però, non vorremmo che nel giuoco della votazione, per caso o per errore, avvenisse che qualcuno dei gruppi parlamentari non fosse rappresentalo nella importante Commissione che l’Assemblea stessa deve esprimere, cioè nella Commissione che dovrà proporre sia pure il progetto, la bozza, di quella che deve essere la nuova Carta costituzionale del nostro Paese. Noi vorremmo che questo non avvenisse, perché, altrimenti, non sapremmo come giustificare davanti ai nostri elettori il mandato che essi ci hanno conferito.

Quindi, ritengo che l’Assemblea possa accogliere la mia proposta di aggiungere, all’articolo 3, le parole «con la rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari dell’Assemblea».

PRESIDENTE. Del modo di nomina della Commissione si occupa l’articolo 3.

Pongo ai voti il primo comma dell’articolo aggiuntivo nel seguente testo emendalo degli onorevoli Gronchi e Togni:

«L’Assemblea nomina la Commissione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione».

(È approvato).

Pongo ai voti il secondo comma nel testo proposto dalla Commissione, con la soppressione, per ragioni di coordinamento, delle parole: «testo del».

Il comma risulta, pertanto, così formulato:

«La Commissione sarà composta di 75 Deputati, provvederà alla sua costituzione, nominando il presidente, tre vicepresidenti e tre segretari, e presenterà il progetto e la relazione entro tre mesi dal suo insediamento».

(È approvato).

PERASSI. Volevo precisare che dovrà essere sottoposto al giudizio dell’Assemblea il mio emendamento aggiuntivo.

PERSICO. La formulazione di questo potrebbe essere la seguente: «Alla stessa Commissione saranno trasmessi, per l’esame, tutti gli altri eventuali disegni di leggo in materia costituzionale».

PRESIDENTE. Avverto l’onorevole Perassi che la sua proposta può formare oggetto di un emendamento aggiuntivo, quale 3° comma dell’articolo. Lo prego quindi di volerlo formulare.

PERASSI. La formulazione potrebbe essere questa: «La stessa Commissione è incaricata di elaborare e proporre eventuali altri disegni di legge in materia costituzionale». (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

BENEDETTI. Nella discussione che ha preceduto, sulla questione più vasta del potere legislativo conferito al Governo o alla Assemblea Costituente, è stato richiesto concordemente il rinvio della discussione ad altra seduta. È evidente che se ora aggiungiamo un comma col quale si stabilisce di esaminare quelle questioni di carattere costituzionale che saranno promosse dall’Assemblea, si viene implicitamente ad entrare nel merito della prima questione.

Io insisto pertanto sulle osservazioni fatte dai colleghi Mazzoni, Gronchi ed altri e chiedo che non si torni, per via indiretta e in sede di discussione regolamentare, sulla questione.

La Commissione attuale è soltanto incaricata di preparare il progetto di Costituzione. Mi oppongo alla presa in considerazione della proposta fatta in merito all’aggiunta di un 3° comma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Caroleo. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Credo che questa interferenza non possa sussistere, in quanto è stato già precisato dai diversi oratori che la materia costituzionale rientra nella competenza esclusiva della Assemblea Costituente, in base allo stesso decreto del marzo 1946.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi insiste nella sua proposta?

PERASSI. Non insisto nella mia proposta, che del resto inizialmente era stata avanzata in connessione col primo comma.

PRESIDENTE. L’onorevole Persico insiste nel suo emendamento?

PERSICO. Non insisto.

PRESIDENTE. Allora il primo articolo aggiuntivo proposto dalla Commissione è approvato con le modificazioni testé votate.

Passiamo all’esame dell’articolo 2:

«L’Assemblea nomina la Commissione per i Trattati internazionali.

«La Commissione sarà composta di 36 deputati, e si costituirà nominando il presidente, due vicepresidenti e due segretari».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 3:

«La nomina delle Commissioni, prevedute nei due articoli precedenti, è fatta dall’Assemblea mediante votazione a scrutinio segreto per due terzi dei nomi dei componenti».

Su questo articolo l’onorevole Tupini ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«La nomina delle Commissioni prevedute nei due articoli precedenti è deferita al Presidente dell’Assemblea».

L’onorevole Tupini ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

TUPINI. Questo emendamento è diretto a rendere più rapida ed armonica la composizione delle Commissioni: più rapida in vista delle difficoltà, delle complicazioni, della frammentarietà della votazione che può lasciar fuori anche una parte notevole di componenti dell’Assemblea; più armonica, perché una volta che avremo deferito al Presidente la scelta dei Commissari, credo che egli vi provvederà con quel senso di proporzione che è insito nell’Assemblea stessa di cui facciamo parte: in tal modo non solo i gruppi maggiori, ma anche i minori, potranno essere rappresentati nelle Commissioni, in quanto tutti ugualmente siamo stati qui mandati dal popolo per collaborare ad una Costituzione, di cui i commissari dovranno sottoporci il progetto sul quale discutere e deliberare. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Colitto. Ne ha facoltà.

COLITTO. A nome del gruppo, del quale fo parte, mi associo alla proposta dell’onorevole Tupini. Noi abbiamo la sicurezza che, solo realizzandosi una siffatta proposta, sarà possibile soddisfare il desiderio, che è nell’animo di tutti i componenti di questa Assemblea, che delle Commissioni facciano parte i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, i quali così avranno la possibilità di bene collaborare alla redazione della Costituzione fondamentale dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Martino Gaetano. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Io avevo presentato una proposta in sede inopportuna: avrei dovuto farla in questa sede, a proposito dell’articolo 3.

Dopo la proposta dell’onorevole Tupini, ritengo che la mia non abbia più ragione di essere: la ritiro e mi associo a quella dell’onorevole Tupini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Giannini. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Bisognerebbe precisare se il Presidente accetta il criterio della proporzionalità dei gruppi in seno alla Commissione.

PRESIDENTE. Tale principio è implicito nell’accettazione del mandato deferitomi dall’Assemblea. (Approvazioni).

GIANNINI. La ringrazio.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento sostitutivo dell’articolo terzo proposta dall’onorevole Tupini.

(È approvato all’unanimità).

Sono così approvati tutti gli articoli aggiuntivi al Regolamento della Camera.

Interrogazioni e interpellanze.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni ed interpellanze pervenute oggi alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali urgenti provvedimenti intenda prendere per evitare il ripetersi dei gravi incidenti provocati da elementi fascisti giuliani e dalmatici, culminati nel proditorio attacco della sera del 25 giugno corrente anno al Centro Raccolta Profughi nel «Marco Foscarini» di Venezia, durante il quale il partigiano Filippo Monteleone, col distintivo di decorato al valore, con quattro anni di campagna, più volte ferito, fu sanguinosamente malmenato da elementi fascisti residenti nel medesimo Centro.

«Il Comitato provinciale di Venezia dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha fatto presente che, ove non si provveda d’urgenza contro i responsabili, è fermamente deciso a por termine con qualsiasi mezzo a simili provocazioni.

«Ad evitare incresciosi disordini, che ridonderebbero a grave danno per il Paese, in genere, e per quella zona, in ispecie, soprattutto in questo delicato momento della vita nazionale, l’interrogante invoca esemplare punizione dei colpevoli e misure adeguate per tutelare i combattenti per la libertà.

«Tonetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere:

  1. a) se è vera la notizia, pubblicata dai giornali, che il Prefetto di Milano abbia disposto l’aumento a 300 grammi del pane per quella Provincia;
  2. b) se ritenga tale decisione tempestiva mentre il Governo sta studiando la possibilità di aumentare il pane a 250 grammi per tutta l’Italia;
  3. c) se non ritenga, altresì, tale provvedimento inopportuno, traducendosi in una sperequazione di trattamento specialmente grave verso il Mezzogiorno;
  4. d) se non siano, infine, anche per ragioni politiche, da regolare i poteri dei Prefetti in tale materia.

«Nasi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla situazione a Trieste.

«Valiani».

«II sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dei lavori pubblici, per sapere come e quando intendano portare su un piano iniziale di soluzione l’assillante problema del Mezzogiorno, che è sul momento un problema di lavori pubblici e quindi anche di ricostruzione delle industrie, andate in gran parte perdute a causa degli eventi bellici, e se non credano indispensabile di far deliberare dal Consiglio dei Ministri, in una delle sue prime riunioni, lo stanziamento straordinario di somme tali da permettere la risoluzione concreta, almeno in parte, dello stato di enorme miseria in cui si trovano le popolazioni meridionali che, avendo subito le maggiori distruzioni dalla guerra, reclamano effettiva assistenza da parte dello Stato.

«Preziosi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura, per sapere se è a conoscenza sua e del Governo che migliaia di quintali di grano, sottratti all’ammasso, sono imbarcati, clandestinamente, su velieri per la Jugoslavia – tanto che persino un piroscafo pieno di grano si è incendiato nel porto di Civitavecchia –; e per sapere altresì quali provvedimenti di urgenza si intendano adottare onde impedire che sia sottratto alle necessità della Nazione alimento tanto prezioso.

«Preziosi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti eccezionali intenda adottare al fine di combattere l’impressionante dilagare del banditismo in Sicilia.

«Martino Gaetano, Candela».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere le ragioni che ritardano la ricostruzione dell’importantissimo ponte «Margherita» sul Volturno, in territorio del comune di Dragoni, lungo la provinciale Caserta-Piedimonte d’Alife. La distruzione di tale ponte, effettuata dai tedeschi nell’ottobre 1943, impedisce a migliaia di abitanti della ubertosa zona alifana di comunicare agevolmente con il capoluogo di provincia (Caserta) e con Napoli (capoluogo della regione), costringendoli a servirsi del traghetto con zattere di fortuna. Tale anormalità, aggravata dalla mancanza della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife (anch’essa distrutta dai tedeschi nel tratto Capua-Piedimonte d’Alife, senza che sia in vista per ora la sua ricostruzione), esaspera la popolazione, la quale non riesce giustamente a rendersi conto come mai, a tre anni di distanza dalla guerra colà combattuta, non si sia ancora provveduto a quanto è di vitale importanza per le proprie necessità.

«L’interrogante chiede soprattutto l’assicurazione che, da parte delle autorità competenti, il lavoro sarà iniziato subito e portato a termine entro la fine del corrente anno, dato che, con le piene invernali, il traghetto del fiume diventa saltuario e pericoloso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Governo, per sapere se e quali provvedimenti intenda prendere e adottare per risarcire in tutta urgenza il danno patito per razzia o per ragioni di guerra, nel podere, nelle derrate, nel bestiame, da quegli agricoltori, specialmente proprietari di piccole aziende, che in seguito ai nuovi accordi sindacali (legati, anche, al cosiddetto lodo De Gasperi) hanno dovuto addossarsi, in parte, il danno subito, per le stesse ragioni, dai propri coloni mezzadri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non sia il caso di attuare una immediata revisione qualitativa delle vetture che formano i treni da e per la Sicilia e se non sia opportuna istituzione di una vettura di prima classe nei treni del Meridione – anche per il prestigio e la dignità dei componenti l’Assemblea Costituente che sono costretti ad affrontare spesso sì lungo e disastroso viaggio – così come già da tempo è stato fatto per i treni che dalla capitale vanno al Nord e viceversa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Terranova».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda opportuno semplificare ed abbreviare la procedura per la ricostruzione (magari d’ufficio) di tanti piccoli comuni che negli anni scorsi sono stati aggregati a comuni più grossi in spregio a tradizioni locali care alle popolazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Montemartini».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, sulle ragioni per le quali – a differenza di come si è praticato per altre città italiane – non sono state accolte le reiterate e giustificate richieste delle Aziende autonome del gas di Palermo e di Trapani dirette ad ottenere l’indispensabile quantitativo di carbone necessario al normale funzionamento dei relativi gasometri, privando così le popolazioni di un pubblico servizio di prima necessità e contribuendo a mettere nell’attuale stato fallimentare le Aziende stesse, costrette alla chiusura dell’esercizio ed al licenziamento del personale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dèi trasporti, per conoscere se e quando intenda ricondurre a Lecce il capolinea del treno diretto tra Milano e le Puglie, così come sempre fu nel passato, senza costringere una metà della popolazione pugliese a raggiungere detto treno a Bari con grave ingiustificato disagio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cicerone».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica), per conoscere quando intenda far sgombrare le marine salentine di Nardò e di Leuca (Lecce) occupate da quattro anni da profughi slavi, i quali le hanno ridotte in uno stato di totale devastazione, e restituirle alle popolazioni desiderose di riavere il loro mare. L’interrogante fa presente che una situazione di grave fermento regna tra slavi e italiani nella zona, mentre i profughi potrebbero essere benissimo concentrati in uno dei tanti campi per prigionieri liberati dalle autorità nostre e alleate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cicerone».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per avere una interpretazione autentica del Regio decreto-legge 6 gennaio 1944, n. 9, riguardante «la riammissione in servizio degli appartenenti alle amministrazioni dello Stato, degli Enti locali e parastatali, e controllati dallo Stato, aziende che gestiscono servizi pubblici o d’interesse nazionale, già licenziati per motivi politici».

«L’interpellante chiede se, dopo l’amnistia accordata con tanta larghezza ai colpevoli di delitti fascisti, non si ritenga doveroso provvedere – previi, sia pure, gli accertamenti del caso – a riammettere in servizio tutti i licenziati politici anche se dispensati dal servizio prima del 28 ottobre 1922.

«Malagugini».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritengano opportuno e necessario, in concordanza con le emanate disposizioni di clemenza, dirette a pacificare il Paese, far tornare la serenità anche in seno all’alta cultura, revocando, a tutti gli effetti, i decreti legislativi luogotenenziali 12 aprile 1945, n. 178 e 16 novembre 1945, n. 801, in forza dei quali sono stati radiati dall’Accademia Nazionale dei Lincei, senza neppure essere stati invitati a discolparsi, molti studiosi italiani, tra i quali alcuni di alta fama scientifica; e se non credano, con la revoca dei decreti legislativi indicati, di restituire alla Accademia Nazionale dei Lincei l’antica autonomia ed indipendenza dalle influenze politiche e burocratiche, garantendo in tal modo, anche per l’avvenire, i diritti del pensiero e l’attività degli intellettuali dalla politica contingente.

«Rivera».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure le interpellanze saranno iscritte all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 18.40.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16,30:

  1. – Verifica di poteri.
  2. – Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.