Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI DOMENICA 21 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXLIV.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI DOMENICA 21 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

INDICE

Sul processo verbale:

Gasparotto

Congedi:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Presidente

Gullo Rocco

Russo Perez

Martino Gaetano

Nobile

Lami Starnuti

Badini Confalonieri

Corbino

Miccolis

Marina

Donati

Preti

Cevolotto

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Scelba, Ministro dell’interno

Uberti

Caroleo

Morelli Renato

Patrissi

Damiani

Fabbri

De Vita

Perrone Capano

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Selvaggi

Bubbio

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Maffi

Stampacchia

Coppa

Mortati

Dominedò

Rossi Paolo

Targetti

Minio

Giannini

Bartalini

Mazza

Perassi

Carpano Maglioli

Togliatti

Lussu

Cianca

Di Vittorio

Dossetti

Bellavista

Sampietro

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 10.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

Sul processo verbale.

GASPAROTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPAROTTO. Dichiaro che se fossi stato presente alla seduta pomeridiana di venerdì avrei votato l’ordine del giorno Cappi.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale s’intende approvato.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati Canepa, Merlin Umberto, Trulli.

(Sono concessi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Nella relazione della Commissione e nel progetto ministeriale non si proponeva alcuna modificazione dell’articolo 62 del decreto legislativo 10 marzo 1946, mentre numerosi emendamenti sono stati presentati in questa sede a tale articolo. E, pertanto, passiamo al loro esame. L’articolo 62 si riferisce ai calcoli che devono essere eseguiti dall’ufficio centrale nazionale, che procede all’accertamento dei seggi non attribuiti in tutte le circoscrizioni elettorali e alla somma dei voti residuati, in tutti i collegi circoscrizionali a favore delle singole liste collegate con quelle del Collegio unico nazionale.

L’onorevole Gullo Rocco ha presentato il seguente emendamento:

«Qualora in una stessa lista del Collegio unico nazionale vengono a spettare più di due posti, quelli esuberanti saranno attribuiti alla circoscrizione nella quale le liste collegate hanno raggiunto la minore differenza tra i voti residuati e il rispettivo quoziente».

Io mi permetterei di fare osservare, onorevole Rocco Gullo, che questa sua proposta è in contrasto con la decisione presa ieri sera, attraverso la quale l’Assemblea ha voluto esprimere la propria volontà in relazione al numero dei quozienti che possono essere attribuiti alle liste nazionali. Aumentando di tre, così come è stato deciso, il divisore valido a stabilire il quoziente per le circoscrizioni territorialmente delimitate, l’Assemblea ha deliberato che non si possa ulteriormente intaccare il numero dei posti assegnati così alla lista nazionale.

Pertanto mi pare che la sua proposta non possa essere accolta. Ad ogni modo ha facoltà di svolgerla.

GULLO ROCCO. La mia proposta era stata presentata non ieri, ma ieri l’altro, quando furono presentata gli ordini del giorno relativi alla lista nazionale, e quando è stato presentato l’ordine del giorno dell’onorevole Martino, poi ritirato, che intendeva sopprimere la lista nazionale, pur non sopprimendo l’utilizzazione dei resti in sede nazionale.

In quella occasione la mia proposta, che non veniva a riferirsi all’articolo 62, ma veniva ad essere un ordine del giorno sussidiario a quello dell’onorevole Martino, intendeva ridurre al minimo quelli che, secondo alcuni di noi, rappresentavano gli svantaggi della lista nazionale.

Il mio emendamento non fu discusso ieri, quando, come il Presidente ha osservato, l’Assemblea ha cercato, soprattutto nell’ultima votazione, di ridurre al minimo il numero dei seggi attribuiti al Collegio unico nazionale.

A me pare che non vi sia contrasto fra quanto è stato stabilito dall’Assemblea e quello che io propongo, in quanto ieri si trattava soltanto di stabilire approssimativamente quanti dovevano essere i posti risultanti dai resti, e l’Assemblea cercò di fare in modo, attraverso l’emendamento Donati, che il numeroso contingente di deputati eletti in lista nazionale venisse ridotto almeno alla metà. Calcolo approssimativo, perché noi lo facciamo sulle cifre delle elezioni passate, ma non sappiamo se le elezioni che si faranno in primavera, per l’afflusso degli elettori, e per il numero delle liste presentate, potranno portare a conseguenze diverse.

Ad ogni modo, ieri ci siamo preoccupati di ridurre il numero dei seggi da assegnarsi alla lista nazionale.

Il mio emendamento si ispira ad un criterio diverso. Io ho sempre detto, e con me altri colleghi che mi hanno seguito in questa che mi son permesso di chiamare la battaglia delle fanterie, di non essere contrario alla utilizzazione dei resti in sede nazionale, tanto è vero che parecchi di noi, ed io stesso, abbiamo votato contro emendamenti che intendevano ridurre troppo l’utilizzazione dei resti.

Noi siamo per l’utilizzazione dei resti in sede nazionale. Ma insistiamo ancora una volta sul criterio che questa utilizzazione dei resti in campo nazionale non serva a determinate persone, le quali vengono indicate dai Comitati centrali, ma serva alle liste collegate con lo stesso simbolo alla lista nazionale. Io non posso più insistere nel negare qualsiasi funzione alla lista nazionale, perché su questo punto si è formata quella tale maggioranza mobile, la quale non ha accettato la lista nazionale, ma non ha neppure accettato l’abolizione della lista nazionale. Ed allora la mia proposta è una proposta sussidiaria, una proposta intermedia, transattiva. (Interruzione del deputato Russo Perez). Io speravo che da parte della Commissione, dalla quale invoco tutta la benevolenza… (Interruzione del deputato Fuschini). In un momento di distrazione avete tolto il voto a 100 mila ciechi!

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. L’avete presentata voi quella proposta!

GULLO ROCCO. L’abbiamo ritirata; intendevamo anzi, con un emendamento aggiuntivo…

PRESIDENTE. Quella soppressione è stata votata dall’Assemblea alla unanimità. (Commenti).

Si può dire alla unanimità, perché raramente un voto è stato dato da questa Assemblea in sede di esame di questa legge, con tanto consenso diffuso, tanto è vero che dopo da numerose parti si è verificata la resipiscenza e la presentazione di emendamenti che cercano di riparare quello che veniva avvertito come il risultato della precipitazione del momento. Ma non eleviamone colpa a nessuno.

GULLO ROCCO. Evito di parlarne; voglio solo richiamare l’attenzione, perché ciò è accaduto ieri per mancanza di attenzione, colpa in cui possono cadere tutti ed io per primo.

Dicevo, che a proposito della lista nazionale invocavo tutta la benevola attenzione della Commissione e dei colleghi per arrivare ad una formula la quale non sia transattiva, ma sia una formula di temperamento di ciò che è stato fatto e che è stato fatto contro la volontà di metà dell’Assemblea, non di metà più uno, ma di metà dell’Assemblea.

C’è chi vuole la lista nazionale a qualunque costo; c’è chi non la vuole a nessun costo. È avvenuta quella tale votazione che ha lasciato le cose come stavano dal punto di vista morale, se non formale, ed allora noi diciamo: accettiamo il principio della lista nazionale, però cerchiamo di mitigarne gli effetti, cioè attribuiamo alla lista nazionale un numero limitato di collegi e di questi collegi diamone solo una parte ai candidati prescelti dai comitati centrali presentatori della lista. Il criterio potrebbe essere anche diverso da quello indicato da me. Potrebbe qualcuno suggerire: metà alla lista nazionale, metà alle circoscrizioni locali. Per conto mio ritengo che la cosa migliore sarebbe assegnare ai candidati indicati nella lista nazionale, secondo l’ordine di preferenza assegnato dai partiti, un numero fisso di posti, ad esempio, due.

Se vi saranno eventualmente altri posti, altri quozienti risultanti dal conteggio dei resti, questi posti vadano alle liste circoscrizionali che portano lo stesso simbolo e vengano assegnati a quelle di esse che hanno riportato il maggior numero di resti, anzi, secondo la proposta Grilli, che hanno raggiunto la minore differenza fra i voti residuali ed il quoziente e siano proclamati eletti i candidati che hanno avuto il maggior numero di voti preferenziali.

Questa mia proposta, ripeto, parte da coloro che erano decisamente contrari alla lista nazionale, ma rappresenta un riconoscimento del fatto compiuto, come ieri accennava l’onorevole Giannini, e nel tempo stesso rappresenta una proposta di temperamento di ciò che è stato fatto. Io prego la Commissione, prego coloro che hanno votato per la lista nazionale di rendersi conto che non si deve esagerare nella vittoria che hanno ottenuta, e noi sappiamo come, e di accettare questo emendamento. (Interruzione del deputato Fuschini).

Stavo per finire quando da un democristiano mi si dice: la lista nazionale è ridotta a niente. Sta bene. Se questo numero di due che ho indicato non potrà essere superato, questo mio emendamento non potrà far male, ma può anche darsi che, nonostante ciò che abbiamo votato ieri, vi sia qualche lista che possa ottenere 4, 5, 6, 8 posti, ed allora io dico: diamoli alla lista nazionale, diamoli ai prescelti dei comitati centrali presentatori della lista, ma una parte ritorni alle circoscrizioni, e ancora una volta facciamo in modo che il risultato della votazione si avvicini alla volontà degli elettori. Se noi queste questioni le portassimo davanti al corpo elettorale, probabilmente a favore della lista nazionale avreste in tutto il Paese quei 198 voti che avete avuto dall’Assemblea, perché non c’è dubbio che la grande massa degli elettori è contraria a questo sistema e vorrebbe avere la soddisfazione di vedere andare al Parlamento quei candidati a cui ha dato il voto.

Ora, siccome avevo l’intenzione di chiedere sul mio emendamento lo scrutinio segreto e poiché in questo momento la domanda di scrutinio segreto potrebbe portare quelle conseguenze facilmente intuibili, mi rimetto a ciò che deciderà l’onorevole Presidente, sull’opportunità di fare in questo momento la votazione che avrebbe la conseguenza di accertare la mancanza del numero legale. Si potrebbe, quindi, rimandare la votazione a quando sarà presente un numero maggiore di colleghi.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, facendo l’ipotesi che l’emendamento dell’onorevole Gullo Rocco fosse stato accolto prima della discussione che abbiamo fatto ieri in relazione al coefficiente di aumento per il calcolo dei quozienti nelle circoscrizioni regionali o interprovinciali, tutta la discussione relativa al detto coefficiente di aumento in relazione al calcolo dei residui per la lista nazionale non si sarebbe più fatta. Una volta stabilito che non più di due nomi per ogni lista nazionale potessero essere dichiarati eletti, è chiaro che non c’era più da ricercare altre limitazioni.

Il problema si presenta oggi capovolto. Ieri si è deciso un determinato modo di limitazione adottando un coefficiente di aumento. Quel coefficiente di aumento ha stabilito il sistema per limitare il numero degli eletti delle singole liste nazionali. La proposta Gullo costituisce una nuova proposizione nello stesso senso, che, se accettata, verrebbe in realtà a modificare la volontà espressa ieri dall’Assemblea.

Se accettassimo di porre in votazione altri sistemi destinati a diminuire ulteriormente quel determinato numero che si raggiunge con l’applicazione del coefficiente tre, sarebbe come riporre in votazione la proposta che fu respinta, del coefficiente quattro, o 15 per cento, o altre che ieri l’Assemblea ha respinto. Pertanto ritengo che non si possa procedere alla votazione della proposta Gullo.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Onorevole Presidente, mi rammarico che non sia stato sempre applicato il suo punto di vista. L’illustre Presidente deve ricordare che, in materia di esclusioni attive e passive dal diritto di voto, si è ripreso cento volte l’argomento; e non deve neanche dimenticare che, dopo che l’Assemblea si era pronunciata per l’elettività dell’intero Senato, è avvenuto quel che è avvenuto.

Mi dolgo di non aver potuto prendere parte alla discussione: non mi trovavo a Roma. Se fossi stato presente, avrei protestato per tante ragioni; ed anche per questa: che si riprende una materia su cui l’Assemblea aveva già deciso.

MORELLI RENATO. Per la verità, era rinviata.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Onorevole Presidente, io vorrei permettermi sommessamente di esprimere un avviso diverso dal suo, circa la possibilità o meno di porre in votazione l’emendamento proposto dall’onorevole Gullo. A me pare, onorevole Presidente, che l’analogia fra la proposta Gullo e la votazione ieri avvenuta circa il coefficiente da aggiungere al divisore per la determinazione del quoziente, non sia così rigorosa come a lei sembra.

È vero che sia il mezzo dell’aggiunta di un coefficiente (2 o 3), sia la proposta Gullo, in realtà portano ad una diminuzione del numero dei seggi assegnati alla lista nazionale; ma le conseguenze sono fondamentalmente diverse. Se si fosse votato prima sulla proposta Gullo, io credo che si sarebbe dovuto votare poi anche in merito all’altra questione ieri decisa; perché, con la proposta Gullo i resti non ritornano alle stesse circoscrizioni dalle quali essi provengono; vanno assegnati a quelle circoscrizioni dove la differenza fra resto e quoziente è minore. In quel caso, invece, si fa in modo che un maggior numero di seggi venga assegnato alle stesse circoscrizioni, cioè che in loco, nelle singole circoscrizioni, vengano al massimo possibile utilizzati i medesimi resti.

Sono due questioni diverse. La proposta Gullo non esclude l’altra questione, quella decisa ieri; e la questione, che è stata decisa ieri, non esclude la proposta Gullo.

Prego l’onorevole Presidente di voler considerare con attenzione la cosa; e sono convinto che egli si persuaderà della giustezza della mia argomentazione e che vorrà porre in votazione la proposta Gullo.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Vogliamo proseguire in questi tentativi di manomettere i risultati di parecchie votazioni precedenti?

Il Collegio nazionale oggi, dopo la votazione di ieri sera, è ridotto a 35 deputati, cioè a circa un deputato per ogni circoscrizione. Evidentemente, non val la pena di continuare nelle riduzioni.

PRESIDENTE. Onorevole Martino, alla argomentazione da lei esposta io contrappongo le argomentazioni, con le quali, per due sedute di seguito, tutti coloro che hanno presentato proposte analoghe a quelle dell’onorevole Gullo, le hanno giustificate.

Si possono sempre aggiungere nuove argomentazioni a quelle già svolte a condizione però che le nuove non contraddicano le precedenti e non appaiano di occasione, escogitate per sostenere una determinata tesi. La sua tesi in questo momento è di ottenere quella votazione e le sue argomentazioni non mirano già a sorreggere il merito della proposta Gullo ma solo ad assicurare la votazione cui ella tiene.

L’onorevole Gullo ha presentato l’emendamento con questa argomentazione fondamentale: di diminuire il numero dei seggi assegnati alla lista nazionale; ed è per questo che io ho osservato – e credo che nessuno possa contestarlo – che da questo punto di vista la proposta Gullo è nello stesso ordine di idee e ha gli stessi obiettivi delle proposte, che ieri sera l’Assemblea ha respinto. Questa è la ragione della contraddizione e quindi della impossibilità di procedere alla votazione.

MARTINO GAETANO. Io mi sono permesso di segnalare un altro lato della proposta Gullo.

PRESIDENTE. Lo ha segnalato ma sarebbe occorso che l’onorevole Gullo non riaffermasse energicamente che scopo della sua proposta era proprio di impedire che le direzioni dei partiti scegliessero i candidati. Questa è l’argomentazione fondamentale adoperata ieri da tutti coloro, che hanno sostenuto proposte dirette ad includere coefficienti maggiori di quello adottato dall’Assemblea.

Pertanto, mi pare che sia chiara la simiglianza dei motivi e quindi la impossibilità di riproporre ciò che l’Assemblea ha deciso di respingere.

L’onorevole Lami Starnuti aveva presentato un emendamento in sede di articolo 3; si fece presente che la sede opportuna sarebbe stata l’articolo 62. L’emendamento è il seguente:

«L’utilizzazione dei voti residuali si farà sul piano regionale prima che sul piano nazionale».

Questa proposta è in relazione con la seguente altra già presentata dallo stesso onorevole Lami Starnuti:

«Sostituire l’articolo 62 del decreto, col seguente:

«L’Ufficio centrale regionale, costituito presso la Corte d’appello, procede alla somma dei seggi non attribuiti nelle varie circoscrizioni elettorali della regione e alla somma dei voti residuali nelle circoscrizioni a favore delle singole liste collegate.

«Divide la somma dei voti residuali di tutte le liste per il numero dei seggi da attribuire. Il risultato costituisce il quoziente elettorale per il Collegio regionale.

«Divide poi la somma dei voti residuali di ogni lista per tale quoziente: il risultato rappresenta il numero dei seggi da assegnarsi a ciascuna lista.

«Detti seggi saranno assegnati alle circoscrizioni nelle quali la lista ha ottenuto la minor differenza tra i voti residuali e il rispettivo quoziente.

«Proclama quindi eletti quei candidati che hanno ottenuto maggiori voti individuali».

Anche all’onorevole Lami Starnuti desidero far presente che la sua proposta è in contraddizione con le decisioni dell’Assemblea, secondo le quali i residui vengano utilizzati su scala nazionale, sia pure con determinate limitazioni. Se l’emendamento Lami Starnuti significa che bisogna invece utilizzarli prima sul piano regionale – e non può significare altro – è evidentemente in contraddizione con quanto è stato deliberato dall’Assemblea.

LAMI STARNUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAMI STARNUTI. Sono, di massima, d’accordo con lei, onorevole Presidente, e quando svolsi l’emendamento mi riservai di ritirarlo, qualora l’Assemblea avesse accolto l’emendamento proposto dall’onorevole Donati: l’emendamento Donati, essendo stato ieri accolto dall’Assemblea, mi pare che per debito di lealtà verso le deliberazioni della Assemblea medesima sulla lista nazionale, io debba ritirare il mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Badini Confalonieri ha presentato il seguente emendamento:

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto il quoziente in almeno cinque collegi territoriali».

Ha facoltà di svolgerlo.

BADINI CONFALONIERI. Ieri l’onorevole Fuschini, in una replica anticipata al nostro emendamento, ha pregato i partiti di minoranza di considerare il loro interesse, e poiché appartengono ad un partito di minoranza, a cui non appartiene il collega Fuschini, sono lieto di ringraziarlo di questa considerazione fatta nei nostri confronti. Anche noi pensiamo al nostro interesse, ma pensiamo anche che, al di sopra del nostro interesse, ci sia un dovere di affermare in questa legge dei principî che sono dei principî veramente democratici, come quello che ogni eletto non rappresenti soltanto se stesso, che ogni eletto non vada raccogliendo il ciarpame di voti incerti e dispersi a destra e a sinistra, ma abbia alle sue spalle una corrente politica ed ideologica che abbia effettiva consistenza nel Paese. Sia poi essa di maggioranza o di minoranza, non importa: ma, se di minoranza, di una minoranza che dia effettivamente a lui un mandato che qualcosa significhi nel Paese, «minoranza qualificata», come ieri la chiamava l’onorevole Lucifero. Posso personalmente essere stato contrario alla lista nazionale, la quale è stata approvata e c’è; ma essa c’è ed ha ragione di essere sotto questo profilo: che possano utilizzare i resti in lista nazionale quei partiti che hanno efficienza sul piano nazionale, perché questa soltanto è la ragione determinante dell’aver costituita la lista nazionale. Quindi partiti di maggioranza o di minoranza, ma non movimenti a carattere, direi, semplicemente individuale, di piccole consorterie che non possono assurgere alla dignità di partiti. Tutti i partiti hanno diritto ad esprimere liberamente la loro voce ed è giusto che la esprimano, in quanto effettivamente corrispondono ad una corrente ideologica o politica, non in quanto movimenti individuali o piccole consorterie.

D’altra parte, se questo poteva non valere al riguardo della Costituente, nel senso che fosse giusto che tutte le voci potessero esservi ascoltate, è chiaro che questo deve valere a proposito delle future Camere legislative, in quanto nelle future Camere legislative dovrà funzionare una maggioranza che governa ed un libero gioco di minoranze, ma di minoranze che siano effettivamente qualificate. D’altronde, già a questo proposito, nella legge elettorale per la Costituente si era fissata una norma nel senso che non potessero utilizzare i resti in lista nazionale quei partiti che non avevano presentato la lista in almeno sei collegi circoscrizionali. Se non che, l’esperienza ci ha insegnato che parlare di presentazione di lista non significa nulla, e non significa nulla perché è molto facile, anche quando non vi sia in un determinato collegio territoriale una effettiva consistenza, creare artificiosamente una lista. Quel che conta non è già aver presentato una lista, ma aver raggiunto determinati quozienti. Però, quella limitazione, che vi era al riguardo della legge elettorale per la Costituente, di sei quozienti, pare eccessiva e mi pare invece equo ridurla a cinque collegi. Equo anche in base all’esperienza da noi qui fatta; perché tutti i partiti che qui sono rappresentati, di maggioranza come di minoranza, hanno, quanto meno nel complesso del piano nazionale, raggiunto cinque quozienti in collegi circoscrizionali. Unica eccezione è quella alla quale aveva fatto accenno l’onorevole Grilli ieri, e cioè quella del Partito d’azione. Ma, proprio da questa eccezione noi possiamo trarre un argomento a favore della nostra tesi, perché se il Partito d’azione, che pur aveva delle nobile tradizioni non è durato fino alla fine di questa legislatura, ciò lo si deve al fatto che il Partito d’azione non aveva consistenza in nessun collegio territoriale. Ad evitare siffatti inconvenienti, chiediamo che, quanto meno, una qualche consistenza in qualche collegio circoscrizionale vi sia, perché si possa parlare di un partito, di una corrente politica, di un movimento di idee che abbia il diritto di essere rappresentato e di far sentire la sua voce alla Camera. Perché – e concludo – la democrazia mi pare che sia questione di misura in questo campo; non deve essere avvilimento delle minoranze, ma sostegno di quelle minoranze, che sono minoranze qualificate, di quelle minoranze che hanno un volto, non di quelle che sono soltanto apparenti o addirittura fittizie. (Applausi).

PRESIDENTE. Seguono gli emendamenti presentati dall’onorevole Grilli:

«Al secondo comma dell’articola 61, sopprimere le parole: e l’indicazione della lista del collegio unico nazionale alla quale ogni singola lista ha dichiarato di collegarsi per la utilizzazione dei voti residuali».

«Al primo comma dell’articolo 62, sopprimere le parole: collegate con quelle del collegio unico nazionale, e sostituire le parole: il risultato costituisce il quoziente elettorale per il collegio unico nazionale, con le parole: il risultato costituisce il quoziente elettorale per l’utilizzazione dei voti residuali».

«Sostituire il secondo, il terzo, il quarto e il quinto comma coi seguenti:

«Divide poi la somma dei voti residuali di ogni lista per tale quoziente: il risultato rappresenta il numero dei seggi da assegnarsi a ciascuna lista.

«Detti seggi saranno assegnati alle circoscrizioni nelle quali la lista ha ottenuto la minor differenza fra i voti residuali e il rispettivo quoziente.

«Proclama quindi eletti quei candidati che hanno ottenuto maggiori voti individuali.

«Si applica infine, anche per questi eletti, il disposto dell’articolo 60».

«Sopprimere il secondo comma dell’articolo 63».

Questi emendamenti, collegati col problema della abolizione della lista nazionale, si intendono decaduti.

Gli onorevoli Corbino e Martino Gaetano hanno presentato il seguente emendamento:

«Al quarto comma dell’articolo 62, aggiungere:

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale sarà stabilito sulla base dei voti di preferenza ottenuti dai candidati nella lista circoscrizionale».

L’onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

CORBINO. Sono il primo a pensare che si possa eccepire la preclusione anche per questo emendamento.

PRESIDENTE. No, onorevole Corbino, l’emendamento non viene ad inficiare l’esistenza della lista nazionale. Dato che si è già votato che non si può essere inclusi nella lista nazionale se non lo si è anche in una circoscrizionale, il suo emendamento può perfettamente restare, salvo l’Assemblea accoglierlo o meno.

CORBINO. La mia preoccupazione deriva dal fatto che io non ricordo esattamente se la votazione che abbiamo fatto sulla seconda parte dell’ordine del giorno Martino si riferisca a quella lista nazionale che sarebbe stata formata da tutte le liste circoscrizionali, oppure a quella dell’articolo 15. Mi rimetto a lei, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Dica pure, onorevole Corbino.

CORBINO. Mi pare che se ho il diritto di considerare l’emendamento come ancora discutibile, credo che esso non richieda un lungo svolgimento. È sempre in lotta il principio della lista rigida contro la lista che deriva dal risultato di una elezione. Con il mio emendamento si afferma che l’ordine con cui i candidati della lista nazionale possano essere dichiarati eletti non debba essere quello fissato all’atto della presentazione della lista, ma quello che risulta dal numero dei voti di preferenza che ciascun candidato ha riportato nella sua circoscrizione.

Rispetto al criterio determinante dell’ordine, si possono evidentemente scegliere varî dati di classificazione: ci può essere il voto di preferenza in senso assoluto; ma, siccome i voti di preferenza sono anche in funzione del numero dei votanti, in ogni circoscrizione si potrebbe eventualmente accettare un criterio matematicamente più logico, cioè a dire sostituire al voto di preferenza puro e semplice, il rapporto fra i voti di preferenza ed il quoziente elettorale.

GULLO ROCCO. O il numero dei seggi.

CORBINO. Oppure si potrebbe riferire il voto di preferenza al voto di lista. Secondo me (e questa è una questione da affrontarsi in un secondo momento) la mia proposta pone due problemi: primo, il problema di principio, se cioè la lista nazionale debba essere rigida o ordinata in una forma diversa; secondo, quale elemento aritmetico dovrebbe giuocare per stabilire l’ordine dei candidati.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Miccolis così formulato:

«Sostituire il penultimo comma dell’articolo 62, col seguente:

«Risultano eletti nella lista nazionale i candidati che hanno riportato il maggiore numero di voti preferenziali nella propria circoscrizione elettorale».

L’onorevole Miccolis ha facoltà d i svolgerlo.

MICCOLIS. È stato, si può dire già svolto dall’onorevole Corbino, perché il mio emendamento è identico al suo.

MARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA. Io sono contrario alla proposta fatta dagli onorevoli Corbino e Miccolis, perché nelle circoscrizioni del Nord è poco in uso assegnare i voti di preferenza ai candidati, cosicché vi è una sproporzione tra il Nord e il Sud, tale che porta a favorire quelle circoscrizioni dove il voto di preferenza viene dato. Quindi, solo se si potesse avere un coefficiente unico di carattere nazionale, si potrebbe prendere in esame la proposta dell’onorevole Corbino; altrimenti questa diversità porta evidentemente una sperequazione tra Nord e Sud.

PRESIDENTE. L’onorevole Donati ha presentato il seguente emendamento:

«All’articolo 62, quarto capoverso, alle parole: i candidati secondo l’ordine che hanno nella lista stessa, sostituire le parole: i candidati che avranno ottenuto il maggior quoziente individuale. Detto quoziente si otterrà dividendo la cifra individuale riportata da ciascun candidato nelle rispettive circoscrizioni ai sensi dell’articolo 57, per il numero dei deputati assegnati dalla legge alla circoscrizione stessa».

Ha facoltà di svolgerlo.

DONATI. Il mio emendamento non ha altra funzione che quella di essere un correttivo all’emendamento Corbino qualora questo venisse approvato. Ma siccome l’onorevole Corbino ha già dichiarato che non si ferma sul principio delle preferenze assolute qualora venga approvato il suo emendamento, accetto anche che questo calcolo venga fatto in funzione dell’ampiezza del collegio con qualunque sistema che determini questa proporzionalità, sia dividendo il numero delle preferenze per la cifra elettorale raggiunta dalla lista, sia dividendo per il quoziente o per il numero dei seggi. Per me è accettabile qualunque criterio. L’importante è che qualora si accolga l’emendamento Corbino non si faccia una sperequazione tra grandi collegi da un lato e piccoli e medi collegi dall’altro.

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Devo dichiarare che concordo con l’onorevole Donati perché ho proposto il mio emendamento in linea di principio; ma ritengo che per i voti di preferenza si debba riportarsi ai quozienti.

PRESIDENTE. L’onorevole Preti propone di aggiungere all’emendamento Corbino il seguente comma:

«Sulla base del rapporto tra i voti di preferenza ottenuti dai candidati nelle singole circoscrizioni ed il numero dei voti delle rispettive liste».

L’onorevole Preti ha facoltà di svolgere il suo emendamento aggiuntivo.

PRETI. Io ho creduto di completare la formulazione dell’onorevole Corbino evitando le sperequazioni fra grandi e piccoli collegi, in quanto prima sarebbero riusciti tutti i candidati delle grandi circoscrizioni, mentre adesso riusciranno quelli che avranno ottenuto un voto proporzionalmente maggiore nelle loro circoscrizioni.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Vorrei fare una osservazione sull’emendamento Preti.

Se in un collegio una lista non ha ottenuto il quoziente per soli 100 voti, col sistema Preti potrebbe darsi che il candidato, che in quella lista ha avuto il maggior numero di voti, in lista nazionale si trovi posposto ad altro candidato che invece nella sua lista abbia avuto una votazione di qualche migliaio di voti in meno e ciò perché le preferenze possono essere proporzionalmente maggiori.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Scusi, signor Presidente, mi pare che per ragioni di ordine dobbiamo chiarire. Io ho sentito svolgere, se non sbaglio, dall’onorevole Badini Confalonieri un emendamento di tutt’altra natura di quello che è stato proposto dall’onorevole Preti e dagli altri che hanno posto la questione ed hanno assecondato la proposta dell’onorevole Corbino.

Quale emendamento dobbiamo discutere adesso, signor Presidente?

PRESIDENTE. Dobbiamo esaminare tutti gli emendamenti. Esprima l’avviso su quello proposto dall’onorevole Badini Confalonieri e poi eventualmente sugli altri.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. In merito alla proposta di stabilire una graduatoria della lista nazionale col sistema della valutazione delle preferenze che i candidati della lista nazionale hanno ottenuto nelle circoscrizioni, osservo che tale proposta è una specie, dirò così, di ritorno ad un sistema misto, ibrido, come avevo dichiarato anche in sede di esame della proposta dell’onorevole Grilli. Il sistema della legge del 1946 si basa su questi principî fondamentali: lista circoscrizionale con le preferenze, lista nazionale senza preferenze.

È evidente che qualsiasi correttivo si voglia adottare per modificare questo duplice indizio, non potrebbe se non creare degli imbarazzi e delle confusioni di carattere tecnico. Del resto occorre tener presente che il candidato nella lista nazionale ha già subito un vaglio particolare, quello del suo partito, a mezzo dei presentatori della lista.

Abbiamo poi cercato di aumentare il numero dei presentatori di lista, imponendo che ci siano dieci circoscrizioni collegate invece di sei. Si tratta di un numero ingente di elettori che in effetti presentano le liste nazionali. La lista deve seguire il suo sistema rigido. Le preferenze che si danno nelle circoscrizioni non si possono comparare fra di loro, perché le circoscrizioni sono per entità numerica diverse l’una dall’altra e sarebbe una valutazione errata quella che si appoggiasse alle preferenze per determinare la graduatoria della lista nazionale. Se voi vorrete dare adito ad una simile proposta vi dirò allora che sarebbe più corretto e sincero dire: non vogliamo l’utilizzazione dei resti, ma vogliamo il collocamento di tutti i seggi in sede circoscrizionale.

Sarebbe stato un sistema semplice: insistere invece, con simile proposta vuol dire distruggere il collegio nazionale nei suoi presupposti e quindi nelle sue conseguenze.

La valutazione, il peso specifico delle diverse preferenze può dar luogo a discussioni interminabili per i dati eterogenei da cui provengono.

La Commissione non viene meno alla sua direttiva, e non intende assumere la responsabilità delle conseguenze che deriverebbero da una tale proposta. Non ho altro da aggiungere al riguardo e prego l’onorevole Corbino di non insistere.

Circa poi la proposta dell’onorevole Badini Confalonieri, secondo cui non possono utilizzare i resti le liste che non abbiano raggiunto il quoziente almeno in cinque collegi elettorali, debbo far presente che, quando si trattò della legge elettorale per l’Assemblea Costituente, una proposta analoga venne in discussione e siccome si trattava delle legge elettorale per l’Assemblea Costituente, che doveva essere l’espressione vera e reale delle correnti politiche e delle ideologie che pervadono il Paese, si applicò una grande larghezza su questo punto e si ammise che anche le correnti o tendenze politiche che non avevano una consistenza tale da potere ottenere almeno un quoziente circoscrizionale, potessero utilizzare i loro voti in sede nazionale.

Ora noi siamo in sede di legge elettorale per la elezione dei deputati. La Camera dei deputati, come tale, non ha un compito ideologico, come ha avuto in gran parte la Costituente, perché la Costituzione ha dovuto affermare dei principii in base ai quali si dovrà costruire la nuova legislazione italiana. Ma in sede di legge elettorale per la nomina della Camera dei deputati, non vi è più bisogno di tener conto di queste ideologie in senso stretto o in senso, dirò così, completo, come era necessario in sede di Costituente. I criteri quindi di larghezza che si sono adottati per la elezione dei deputati costituenti, non possono essere applicati per la Camera dei deputati, nella quale le correnti di pensiero è necessario abbiano una maggiore concretezza di espressione.

Il principio contenuto nell’emendamento Badini Confalonieri è in massima accettato dalla Commissione, pur dissentendo circa il numero che vi è indicato. Per mio conto, affermo che il numero di cinque è eccessivo, perché si impedirebbe forse la rappresentanza di quella minoranza che con l’utilizzazione dei resti in campo nazionale si è voluto particolarmente consentire. La Commissione, qui consultatasi in questo momento, sarebbe d’accordo sul numero di tre. Comunque, una volta accettato il principio, l’Assemblea potrà accordarsi credo su un numero che sia, secondo me, inferiore a quello proposto.

PRESIDENTE. Onorevole Scelba, vuole esprimere il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Dobbiamo ora passare anzitutto alla votazione dell’emendamento Badini Confalonieri, di cui do nuovamente lettura:

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto il quoziente in almeno cinque collegi territoriali».

L’onorevole Fuschini, a nome della Commissione, ha dichiarato che, pur potendo accettare il principio che è a base di questo emendamento, la Commissione ritiene che sia forse troppo alto il numero di cinque collegi in esso indicato. Il Ministro dell’interno ha dichiarato a sua volta di rimettersi all’Assemblea. .

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. A nome del mio Gruppo dichiaro che voteremo a favore dell’emendamento Badini Confalonieri.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Dichiaro che voterò contro l’emendamento Badini Confalonieri perché esso in sostanza, tende ad attribuire un privilegio ai partiti di massa a svantaggio dei partiti di minoranza. Non mi pare – me lo consenta l’onorevole Badini – che questo sia un principio ispirato al liberalismo.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Voterò contro perché ritengo che ai nuovi movimenti di idee si debba lasciare la possibilità di essere rappresentati in Parlamento.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Io voterò a favore perché ritengo che l’emendamento Badini Confalonieri non sia in contraddizione coi principî liberali, in quanto la lista nazionale è congegnata in modo tale da favorire una rappresentativa democratica. Né, d’altra parte, è esatto che nessuna possibilità si lascerebbe ai nuovi movimenti ideologici e alle minoranze esigue, di avere in Parlamento propri rappresentanti, perché è stato approvato per il Senato il collegio uninominale.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Voterò contro perché sono fra quelli che disperano di essere eletti con la lista nazionale. (Si ride – Commenti).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Rilevo che non è ben chiaro se si tratta di un quoziente in cinque collegi oppure di cinque deputati.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Io vorrei proporre al presentatore di venire incontro al dubbio manifestato dall’onorevole Corbino, in quanto anche con sette od otto deputati un determinato partito rischierebbe di non aver diritto all’assegnazione di posti nel collegio nazionale, in quanto due, tre, quattro deputati potrebbero essere eletti nella stessa circoscrizione.

Quindi sarei disposto, personalmente, a votare in favore se la dizione fosse modificata nel senso che si parlasse di cinque deputati comunque eletti nelle varie circoscrizioni.

BADINI CONFALONIERI. Accetto la modifica.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Anche la Commissione accetta, salvo beninteso il numero.

PRESIDENTE. L’emendamento risulterebbe così formulato:

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto nel complesso delle circoscrizioni almeno cinque quozienti».

PATRISSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRISSI. Vorrei chiedere ai presentatori di emendamenti: i voti attribuiti alla lista che non abbia conseguito i cinque quozienti od ottenuto i cinque deputati a chi saranno attribuiti?

PRESIDENTE. Secondo la proposta a nessuno.

DAMIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAMIANI. Ho assistito finora, senza intervenire, a questo pugilato tremendo. (Commenti a sinistra). Sì, tremendo, perché gli inesorabili attaccanti hanno escogitato tutto l’escogitabile, secondo l’acutezza del loro ingegno, per cercare di ridurre a zero il collegio unico nazionale, che si è salvato, fino a questo momento per merito non so di chi, forse per merito della divina Provvidenza. La prima votazione: 198 voti favorevoli e 198 contrari ha lasciato al collegio unico nazionale appena un filo di vita; su questo filo di vita si è accanita in modo feroce l’avversione di tutti i liberali che hanno ripetuto implacabilmente i loro assalti su ogni parola ovirgola, dei vari punti della legge, che offrisse la possibilità di un qualsiasi emendamento atto a svuotare o sgretolare il Collegio unico nazionale.

Io dico semplicemente questo: le elezioni non si possono svolgere mai in un modo perfetto perché la perfezione non è mai raggiungibile, quindi si svolgono in un modo approssimativo. In questa approssimazione bisogna dar peso a tutti i fattori possibili di correzione e di riequilibrio, perché questi fattori, giocando in diverso modo e con diverso peso, possano dare un risultato più aderente alla realtà. I partiti grandi o piccoli sono delle forze rappresentative della volontà del popolo.

Ora, le preferenze vengono date in un modo tanto strano.

Infiniti fattori di incompetenza, impreparazione, improvvisazione, disorientamento, analfabetismo, suggestione, asservimento, giocano sul voto di preferenza, pregiudicandone, o impedendone del tutto, la libera e sincera espressione. Milioni di analfabeti non possono esprimere alcuna preferenza; se essi potessero chiaramente esprimerla si avrebbero, senz’altro, spostamenti notevolissimi nei risultati.

Davanti a questo cumulo di imperfezioni volete voi dare alle direzioni dei partiti la possibilità di scegliere quegli uomini che sono degni di rappresentare l’idea per la quale è sorto un partito, per la quale un partito vive? Volete dare a queste direzioni dei partiti un po’ di fiducia? No, perché pensate che in dette direzioni si possano compiere azioni scorrette ed allora questa sfiducia per le direzioni dei partiti è sfiducia per i partiti stessi che esprimono la volontà del popolo. Quindi bisogna difendere questo diritto delle direzioni dei partiti ad avere un piccolo peso; piccolo, perché ormai, ridotto ai minimi termini, il collegio unico nazionale ha un peso minimo. Nello stesso tempo i grandi partiti di massa di fronte all’emendamento dell’onorevole Badini e di fronte agli altri emendamenti presentati, anche dall’onorevole Corbino, non sentono eccessive preoccupazioni. Perché, per lo meno cinque deputati i grandi partiti li avranno certamente. Quindi per loro, non è una preoccupazione questa.

Ma l’emendamento dell’onorevole Badini, se fosse approvato, segnerebbe, invece, la morte dei piccoli partiti o per lo meno, la loro esclusione a partecipare alla campagna elettorale.

I piccoli partiti sono nati nella miseria e vivono nella povertà, non hanno i mezzi per far sentire la loro voce e per fare la loro propaganda, pur sostenendo una grande idea, come la sostengo io, che è quella della Federazione mondiale, che è una cosa seria e non da prendere in burletta. Tanto seria che spontaneamente, una grande quantità di Nazioni ha aderito a Montreux, nell’agosto scorso, al primo congresso federalista mondiale dove si radunarono più di cinquecento delegati di venti nazioni di tutti i continenti, per propugnare gli Stati Uniti del Mondo. E questa è un’idea che è degna di essere rappresentata, in un parlamento. Voi, se voterete l’emendamento dell’onorevole Badini, non darete la possibilità al mio Movimento e ai piccoli partiti di ottenere una rappresentanza e questo accanimento contro i poveri, contro i deboli e contro gli umili è oppressione e non libertà. (Applausi a destra – Congratulazioni).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dichiaro di votare contro l’emendamento Badini Confalonieri poiché nel sistema proporzionale, i voti sono voti di lista e se una lista raggiunge eventualmente quattro quozienti in tutto lo Stato e quindi non ha diritto di utilizzare la lista nazionale in quanto non rappresenta una corrente degna di essere presa in considerazione nel sistema proporzionale, io mi domando perché i quattro deputati che sono stati eletti hanno il diritto di venire a dire nell’Assemblea la loro opinione in base a dei voti di lista e per quale motivo non devono venirvi gli altri, dal momento che i resti non vengono attribuiti a nessuno?

Se venissero attribuiti ad altri, potrei figurarmi una competizione di interessi, ma dal momento che non vengono attribuiti a nessuno, dico che o non è legittima la funzione dei 3-4 eletti, oppure se quella funzione è legittima, deve essere rispettata in tutti gli esponenti di quella corrente.

Per questo motivo voto contro perché trovo il sistema assolutamente assurdo e contraddittorio con il sistema proporzionale.

DE VITA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE VITA. Dichiaro di votare contro la proposta in esame perché contrasta con i principî della lista nazionale. Gli uomini sono sempre illustri anche se la lista non raggiunge 4, 5 o 6 quozienti.

PERRONE CAPANO. Domando la chiusura della discussione.

PRESIDENTE. Chiedo se sia appoggiata.

(È appoggiata).

Pongo in votazione la proposta di chiusura.

(È approvata).

PRESIDENTE. Porrò in votazione l’emendamento dell’onorevole Badini Confalonieri con le modifiche proposte dall’onorevole Gullo Rocco:

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto nel complesso delle circoscrizioni almeno cinque quozienti».

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Propongo di votare per divisione ponendo ai voti prima il principio e poi il numero dei quozienti necessari per la utilizzazione dei resti.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di. parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione vorrebbe completare le dichiarazioni fatte dall’onorevole Fuschini proponendo di ridurre da 5 a 4 il numero dei quozienti. (Commenti).

MARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA. Propongo di ridurre a tre i quozienti.

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Propongo che si riducano a due.

SELVAGGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SELVAGGI. Propongo un solo quoziente.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi dichiaro favorevole al numero più basso proposto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell’emendamento Badini Confalonieri con le modifiche proposte dall’onorevole Gullo Rocco:

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto nel complesso delle circoscrizioni almeno».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. Io ritiro la proposta dei cinque quozienti e mi associo alla proposta della Commissione di quattro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Selvaggi che maggiormente si allontana dal testo proposto:

«un quoziente».

(È approvato).

Si tratta ora di esaminare il problema, posto con numerosi emendamenti, tendente a stabilire l’ordine di elezione dei candidati della lista nazionale.

Alcuni propongono di stabilire questo ordine soltanto in base alle preferenze ottenute dai singoli candidati, nelle liste circoscrizionali.

Secondo altre proposte occorre legare al numero delle preferenze i voti delle liste nella circoscrizione.

Infine altre proposte mettono anche in giuoco il quoziente elettorale.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Relatore per la maggioranza. Osservo che non è attuabile praticamente quanto viene affermato nei vari emendamenti che si riferiscono alle preferenze.

Noi abbiamo sostenuto il sistema della scheda rigida e su questo insistiamo.

PRESIDENTE. Voteremo prima sulla questione di principio. Pongo in votazione l’emendamento presentato dagli onorevoli Martino Gaetano e Corbino:

«Al quarto comma dell’articolo 62, aggiungere:

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale sarà stabilito sulla base dei voti di preferenza ottenuti dai candidati nelle liste circoscrizionali».

Su questa votazione è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Miccolis, Russo Perez, Galioto, Abozzi, Colitto, Perrone Capano, Corbino, Lucifero, Fusco e altri.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sull’emendamento proposto dagli onorevoli Martino Gaetano e Corbino.

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto.

Presenti e votanti     327

Maggioranza           165

Voti favorevoli        161

Voti contrari                        166

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Barontini Anelito – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Benvenuti – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomi Ivanoe – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Camposarcuno – Candela – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cevolotto – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Codacci Pisanelli – Colitto – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Costa – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – Donati – Dossetti – Dugoni.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Faccio – Fanfani – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghiaietti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giordani – Giua – Gortani – Gotelli Angela – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

La Gravinese Nicola – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lozza – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Marazza – Marchesi – Mariani Enrico – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Morandi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Negro – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro.

Pallastrelli – Paolucci – Parri – Pastore Giulio – Pat – Patrissi – Pecorari – Pella – Pera – Perlingieri – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignatari – Pignedoli – Pollastrini Elettra – Ponti – Preti – Priolo – Pucci – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Santi – Sapienza – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Scoccimarro – Scotti Francesco – Sicignano – Siles – Silipo – Simonini – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Targetti – Taviani – Tega – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tonello – Tonetti – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi.

Uberti.

Valenti – Valiani – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vigorelli – Vilardi – Villabruna – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zerbi.

Sono in congedo:

Arata.

Canepa – Carmagnola – Cavallari.

Jacini.

Merlin Umberto.

Preziosi.

Ravagnan.

Trulli.

Vanoni – Vernocchi.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi è la seguente proposta di un articolo 9-bis presentata dall’onorevole Perassi:

«Il Governo della Repubblica è autorizzato a coordinare in un testo unico le disposizioni del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, e quelle della presente legge».

Penso non vi sia bisogno di svolgimento.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione lo accetta.

PRESIDENTE. Sta bene. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Vi è ora la seguente disposizione transitoria proposta dall’onorevole Bubbio:

«Per le elezioni che si verificheranno nel 1948 le indennità fissate nei precedenti articoli per i presidenti, i segretari e gli scrutatori delle sezioni elettorali sono ridotte alla metà, quando i percipienti hanno residenza nel Comune in cui ha sede la sezione alla quale sono destinati».

L’onorevole Bubbio ha facoltà di svolgerlo.

BUBBIO. Il mio emendamento è unicamente giustificato da una ragione di economia: noi parliamo sempre di nuove spese, mai di economia. Ora bisogna pensare anzitutto che attualmente i comuni che debbono anticipare queste indennità, le quali anche in via assoluta toccano limiti abbastanza ragguardevoli, si trovano quasi tutti in condizioni di cassa veramente disastrose, sicché anche la sola anticipazione rappresenta un problema non lieve per essi. A quel proposito debbo domandare alla Commissione e all’onorevole Marazza, Sottosegretario per l’interno, la conferma, anzitutto, che queste spese sono a carico dello Stato, come già l’articolo 30 del decreto legislativo 10 marzo 1946 disponeva; tale disposizione dovrebbe rimanere integra, nel senso che le spese per il funzionamento dei seggi elettorali sono a carico dello Stato, rimanendo ben fermo che i comuni non debbono fare, non possono fare che una operazione di anticipazione per conto dello Stato.

Ma, se anche lo Stato, e noi qui rappresentiamo lo Stato, deve sostenere questo non lieve onere, è nostro dovere di cercare di contenerlo; il che mi pare non sia stato tenuto presente dai redattori del progetto.

Ho fatto un calcolo sommario; in base agli onorari previsti dal progetto di legge che stiamo discutendo, vi è fissato l’onorario, di 1.500 lire al giorno per ogni scrutatore, di 2.000 lire al giorno per il presidente e di 1.800 lire al giorno per il segretario di ogni seggio od ufficio elettorale. Se è vero che le sezioni sono 15 mila, si arriva a più di 700 milioni di soli onorari, senza contare tutte le spese di indennità di missione e di trasferta. Sono cifre, quindi, che hanno anche in senso assoluto un certo peso. Di qui la ragione d’essere dell’articolo aggiuntivo da me proposto, nel senso che per quei presidenti, scrutatori e segretari che risiedono nel comune ove ha sede la sezione a cui sono addetti, questi onorari siano ridotti alla metà, e cioè ad una misura, che nella fattispecie può e deve ritenersi adeguata.

Invero non è più il tempo in cui gli scrutatori dovevano essere quasi minacciati da gravi sanzioni per essere indotti ad assumere la funzione; né si deve dimenticare che essa costituisce l’adempimento di un pubblico dovere. Nel 1946 abbiamo visto che c’era una vera ressa di aspiranti, e tutti volevano essere scrutatori, segretari o presidenti, perché allettati da un’indennità notevole. Ora, è giusto che quanto meno, quei segretari, scrutatori e presidenti che abitano nel comune dove sono le sezioni a cui sono applicati, e che non sostengono spesa alcuna né subiscono particolare disagio, in quanto non si trasferiscono, abbiano a percepire soltanto la metà dell’indennità. Ed è già gran cosa, perché l’indennità di uno scrutatore sarebbe in questo caso di 750 lire (la metà di 1.500), e conseguentemente per due giorni 1.500 lire, ciò che rappresenta una cifra che costituisce già un compenso idoneo.

Se inoltre si aggiunge la considerazione che in gran parte questi presidenti, segretari e scrutatori sono tutte persone che sono già impiegati pubblici o privati, o sono medi professionisti, che continuano a percepire tutto il loro stipendio, si ha la conferma che l’onorario dimezzato rappresenta sempre una soluzione per essi ben vantaggiosa.

Dai miei calcoli risulta che, con la disposizione da me proposta, si possono risparmiare circa 300 milioni a carico dello Stato. Quindi, in un momento in cui si parla solo di nuove e maggiori spese, confido che la mia proposta di economia potrà essere accolta.

Voglio fare ancora una considerazione – ed è l’ultima – cioè che queste funzioni andrebbero riguardate come un vero e proprio munus publicum. Pensate che ai testimoni, ai giurati, ai periti, si dà un nonnulla: un medico è obbligato a fare un’autopsia per lire 37,50.

Una voce al centro. Malissimo! Occorre rimediare!

BUBBIO. D’accordo, rimediamo! Ma dimezzare per intanto questa spesa cospicua, credo sia dovere nostro. In questo senso propongo che, non soltanto per il 1948 ciò venga fatto, ma che si stabilisca una norma generale, per cui le indennità fisse e nelle cifre che ho detto, siano diminuite o comunque ridotte quando gli scrutatori, i presidenti, i segretari agiscono nel comune in cui risiedono. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, vuole esprimere il parere della Commissione?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione è favorevole all’accettazione del principio generale espresso dalla proposta dell’onorevole Bubbio, cioè quello di ridurre più che sia possibile le spese.

D’altra parte la disposizione dell’articolo 30 del decreto legislativo luogotenenziale del 1946 non può essere misconosciuta, vale a dire che non si deve dimenticare, che le spese inerenti a tutte le operazioni elettorali non sono a carico dei comuni, ma a carico dello Stato, per cui i comuni non fanno altro che anticipare, e fare il servizio, dirò così, di cassa. Questa è stata l’interpretazione che si è data all’articolo 30.

Comunque, per quanto riguarda la riduzione dell’indennità, questa non è materia di competenza della Commissione, ma tocca al Governo esprimere il suo parere.

PRESIDENTE. Onorevole Marazza, vuole esprimere il parere del Governo.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo non può dichiararsi contrario a nessuna proposta che tenda a limitare le spese. Nel caso specifico sarebbe, poi, particolarmente propenso ad aderire alla proposta dell’onorevole Bubbio, anche per il concetto da lui ultimamente espresso, cioè che si tratta di un munus publicum vero e proprio, e quindi, di un dovere che spetta al cittadino, e per il quale il cittadino dovrebbe semplicemente essere rimborsato delle maggiori spese che gli possano derivare.

Però, non può, tuttavia, rinunciare a far presente come nelle prossime elezioni, trattandosi d’un lavoro particolarmente grave e delicato, come quello che comporta, oltre la nomina dei deputati al Parlamento, anche la nomina dei senatori, il Governo, francamente, non sa se questa, che è stata definita «politica della lesina», debba essere applicata proprio in questo momento.

Il Governo perciò si rimette all’Assemblea alla quale, peraltro, non può non far presente come queste prestazioni, siano particolarmente delicate e doverose, e come, forse anche per i residenti nel comune, dovendo eventualmente protrarsi il loro lavoro nelle ore notturne, si possa verificare un disagio che giustifica questo particolare riconoscimento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo con carattere di disposizione transitoria proposta dall’onorevole Bubbio:

«Per le elezioni che si verificheranno nel 1948 le indennità fissate nei precedenti articoli per i presidenti, i segretari e gli scrutatori delle sezioni elettorali sono ridotte alla metà, quando i percipienti hanno residenza nel comune in cui ha sede la sezione alla quale sono destinati».

(Non è approvato).

Passiamo all’articolo 8-ter, proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«All’articolo 64 è aggiunto il seguente comma:

«Se il caso di sostituzione si verifichi nella lista nazionale e il candidato subentrante sia già deputato nella lista circoscrizionale avente lo stesso contrassegno, si applicherà il capoverso dell’articolo 63».

PRESIDENTE. Il capoverso dell’articolo 63 è il seguente:

«Il deputato che sia eletto nel collegio unico nazionale ed in uno o più collegi circoscrizionali, appena convalidato, si intenderà eletto nel collegio unico nazionale e nella sua lista circoscrizionale prenderà il suo posto il primo dei non eletti».

Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore per la maggioranza.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non è altro che un chiarimento alle già esistenti disposizioni, e richiesto dalla Giunta delle elezioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 8-ter proposto dalla Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9 nel testo della Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Alle dizioni: Regno, Capo provvisorio dello Stato, Assemblea Costituente, Costituente, Segreteria provvisoria dell’Assemblea Costituente, usate negli articoli del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, sono rispettivamente sostituite le seguenti: Repubblica, Presidente della Repubblica, Camera dei deputati, Camera, Segreteria della Camera dei deputati».

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 9.

(È approvato).

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. All’articolo 24 del decreto legislativo 10 marzo 1946, si parla del modello descritto nella tabella B. Ora, siccome il modello della nuova scheda è contenuto in tre allegati, bisogna correggere quella disposizione, che parla di modello descritto nella tabella B, e dire invece:

«con le caratteristiche essenziali dei modelli descritti nelle tabelle B, C e D, allegate alla presente legge».

PRESIDENTE. Pongo in votazione questo emendamento dell’onorevole Fuschini.

(È approvato).

Nella seduta pomeridiana di ieri l’Assemblea ha deliberato di sopprimere il secondo e terzo comma dall’articolo 42 del decreto legislativo del marzo 1946, che si riferivano alla facoltà di far esprimere il loro voto da un elettore di loro fiducia concessa agli elettori, i quali, secondo la dizione di quell’articolo, per impedimento fisico evidente o validamente dimostrato all’ufficio fossero nella impossibilità di votare. Successivamente, numerosi colleghi hanno ripreso in esame la questione ed hanno presentate varie proposte.

Se questa richiesta fosse venuta soltanto da un collega o da un solo settore, evidentemente avrei dovuto restare fermo alla votazione, la quale non poteva essere ritoccata; ma poiché emendamenti mi sono pervenuti da colleghi di diversi settori, ritengo che le proposte si possano prendere in esame, non per un completo annullamento della votazione di ieri, ma per una rettifica che renda il testo adeguato alla vera intenzione dell’Assemblea.

Gli onorevoli Ferrario, Angelucci, Dossetti, Cappi ed altri hanno presentato la seguente proposta:

«Tutti gli elettori ciechi, mutilati degli arti superiori o affetti da minorità fisica tale da impedire il diretto esercizio del voto, possono partecipare alla votazione mediante l’ausilio di altro elettore da essi prescelto».

L’onorevole Lami Starnuti e l’onorevole Rocco Gullo hanno presentato la seguente proposta:

«I ciechi, i mutilati delle mani e delle braccia e coloro che per consimile assoluto impedimento fisico evidente siano nella impossibilità di votare, sono ammessi dal presidente a far esprimere il voto da un elettore di loro fiducia, in loro presenza».

Gli onorevoli Mortati, Dominedò e Gui hanno presentato la seguente proposta:

«I ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi e quelli che, a causa di evidenti e gravi impedimenti fisici, non possono esprimere da sé il voto, esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore della propria famiglia o, in mancanza, di un altro elettore volontariamente scelto come accompagnatore. Questo accompagnatore consegna il certificato elettorale del suo mandante, la Commissione accerta, con apposita interpellazione, se l’elettore abbia scelto liberamente il suo accompagnatore e ne conosca il nome e cognome, e registra nel verbale, a parte, questa specie di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione, il nome dell’autorità che abbia eventualmente accertato l’impedimento ed il nome dell’elettore delegato».

L’onorevole Nobile infine, ha presentato la seguente proposta:

«I mutilati di ambedue le mani ed i ciechi sono ammessi dal Presidente a far esprimere il voto da un elettore di loro fiducia e in loro presenza».

Credo che il voto di ieri sera non si debba attribuire a distrazione o incomprensione, ma bensì al fatto che Assemblea ha voluto affermare che, se un’autorizzazione deve essere concessa per i minorati fisici, ciò deve farsi con estrema cautela, per modo che non si rimetta al giudizio puramente soggettivo, di singoli componenti del seggio, la valutazione dell’impossibilità fisica dell’espressione del voto. E perciò, in queste nuove proposte, che, ripeto, prendiamo in considerazione per il loro carattere unanime ritengo che occorra sopprimere ogni termine generico, e ci si debba riferire nel modo più stretto a indicazioni tassative.

A questa stregua, pregherei la Commissione di volere, in base alle varie proposte, definire un testo, che possa essere accettato da tutta l’Assemblea.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Potremmo rispondere subito a questa sua richiesta. Questi emendamenti contengono, nella sostanza, lo stesso concetto; ma l’emendamento dell’onorevole Mortati è più preciso e circostanziato. Noi avevamo pensato che la disposizione, che fu ieri soppressa, fosse troppo generica; e che sia appunto opportuno specificare meglio i casi in cui l’elettore, trovandosi in determinate situazioni di carattere fisico, non sia in grado di votare. Precisare quali siano queste specificazioni mi sembra sia opportuno. L’emendamento Mortati risponde a questa esigenza, ed è più completo e aderente alla realtà, per cui la Commissione vorrebbe che la discussione avvenisse su di esso. Bisognerà poi reinserire l’altra disposizione, che cioè, in questi casi i seggi devono tener conto in verbale di tutti gli elementi che risultano dal fatto che l’elettore si fa accompagnare in cabina da una persona di sua fiducia.

Desidero infine richiamare l’attenzione sull’accompagnatore. A proposito dell’accompagnatore, l’onorevole Mortati propone che si aggiunga «una persona di famiglia». È un’aggiunta che non si trova negli altri emendamenti. Nel caso che l’elettore non possa essere accompagnato da un membro della sua famiglia, può essere accompagnato da una persona di sua fiducia. Certamente è questa una forma di garanzia per l’elettore che non può esprimere da sé la propria volontà. L’onorevole Nasi domanda se chi accompagna deve essere elettore nella circoscrizione. Io ritengo necessario che sia elettore nel comune.

PRESIDENTE. Pregherei gli onorevoli colleghi che hanno presentato altre formulazioni di dichiarare se, accedendo al desiderio espresso dall’onorevole Relatore, fanno propria la formulazione Mortati, salvo alcune modificazioni parziali.

LAMI STARNUTI. Aderisco alla formulazione Mortati.

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Se ho bene inteso, nel testo Mortati si parla di un accompagnatore membro della famiglia.

PRESIDENTE. Non è obbligatorio.

NOBILE. Raccomanderei il mio testo, data la sua semplicità, ed anche perché considera i soli casi che costituiscono vero impedimento a votare, cioè quando si è ciechi e quando non si abbiano le due braccia.

MAFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFI. Io non ho una formula precisa da proporre, ma vorrei che la Commissione non si lasciasse guidare da elementi sentimentali, di fronte ad una questione così delicata, che il voto, cioè, corrisponda realmente alla volontà libera ed autocontrollata dell’elettore.

Se noi concedessimo il diritto al voto a persone, che hanno il sistema nervoso totalmente alterato, specie dal punto di vista della responsabilità, o si trovino nella impossibilità fisica di controllare il voto, commetteremmo errore gravissimo.

La qualità di familiare non garantisce la corrispondenza del voto depositato nell’urna alla volontà dell’elettore.

Io, che non potrò mai essere sospettato di non aver tenuto in considerazione i ciechi di guerra, perché li ho tutelati durante l’altra guerra e l’altro dopoguerra, io che sono stato il loro sostenitore durante la discussione dei disegni di legge per il conferimento della pensione e per la loro tutela, legittima, giustificata, doverosa, da parte dello Stato, io, che non posso essere sospettato di questo, ritengo che l’individuo, il quale non vede la scheda che si pone nell’urna, è in condizione di minorazione fisica e mentale…

Una voce. Mentale, no.

COPPI. I ciechi sono eleggibili a deputati; e non possono votare?

MAFFI. Io non discuto sul fatto se siano eleggibili. Dico che Del Croix non poteva avere importanza politica, perché chi lo guidava era sua moglie.

Io ritengo anche che bisogna essere molto cauti nel concedere il diritto di voto a quegli ammalati, che, essendo da lungo sotto assistenza affettuosa, captante, sono portati a votare sotto quella influenza. Sarebbe opportuno adottare una scheda per ciechi; ma tale scheda, per la sua consistenza tattile, è distinguibile, in modo che verrebbe ad indicare il nome dell’elettore, ed il voto non sarebbe più segreto.

Se non v’è il mezzo tecnico per concedere il voto a tutte queste categorie di cui si è occupato l’articolo che abbiamo votato, io consiglio alla Commissione di essere molto cauta nel passare su quello che abbiamo votato.

PRESIDENTE, Leggo due proposte aggiuntive legate allo stesso problema.

L’onorevole Coppa propone l’istituzione di seggi volanti con rappresentanti di tutti i partiti per raccogliere i voti dei ricoverati in luoghi di cura o di mendicità.

Gli onorevoli De Maria e Sullo propongono: «La minorazione fisica deve essere accertata dall’ufficiale sanitario o da un medico condotto che ne rilascia un certificato».

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Credo che noi dobbiamo cercare di riparare al grave torto che si è fatto ai minorati, impedendo loro l’esercizio del diritto di voto.

COPPI. Violando la Costituzione!

RUSSO PEREZ. Certamente, come ha detto il collega Maffi, vi sono inconvenienti nel sistema escogitato dai proponenti di questo emendamento, e, cioè, che la persona, la quale accompagna il minorato, possa non eseguire la volontà di lui. Ma ognuno, naturalmente, sceglierà la persona cara nella quale ha fede. A volte ad una persona cara si dice: «tu sei la pupilla degli occhi miei!». Naturalmente una moglie od una figlia sarà la pupilla del cieco. Domando: ammesso che ci siano degli inconvenienti nel consentire che un sano accompagni il minorato e lo aiuti a votare, non pensa il collega Maffi che sia un male maggiore impedirgli di votare? Si dice: fra due mali scegliere il minore.

MAFFI. Se diverrò cieco non voterò!

STAMPACCHIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STAMPACCHIA. Siamo assai sensibili – io e il mio Gruppo – alle ragioni per le quali viene avanzata la proposta in discussione. Pertanto non eccepiamo, come potremmo, che proprio ieri l’Assemblea stabilì che non si può tornare sulle decisioni prese. Si aggiunga che il divieto, che torna in discussione, fu votato a grande maggioranza. Lo scopo per cui si votava quella disposizione non c’induce tuttavia a richiamare il predetto divieto, e non l’abbiamo eccepito e non l’eccepiamo. Pure è da tener presente che la disposizione che vieta ai minorati e agli infermi di votare a mezzo di loro fiduciario fu votata a larga maggioranza e, potrei dire, fu votata alla quasi unanimità. Essa aveva per fondamento: impedire i brogli e le pastette che in passato si sono fatte, facendo figurare infermi coloro che non erano infermi e mettendo accanto a loro – come fiduciario – colui che doveva vigilare, perché l’elettore votasse nel modo in cui era stato stabilito da chi aveva ideata e voluta la pastetta.

Ma, ripeto, vi è una questione di sentimento, per cui i deputati di tutti i settori hanno dato la firma, consentendo che si tornasse su quella deliberazione. Noi non eccepiamo che non si possa tornare su di essa, ma solo in omaggio a motivi sentimentali che premono sull’animo nostro. Questo sentimento, però, non deve spingerci al di là di quella che è stretta necessità, e non deve servire a fare rientrare dalla finestra ciò che abbiamo solennemente cacciato dalla porta, cioè la possibilità delle pastette in questa materia. Ed allora, a quelle tali infermità che si improvvisano, bisogna tener serrate le porte, e dobbiamo quindi rigorosamente fermarci ai mutilati di ambo le mani ed ai ciechi. Dissento però dalla proposta del mio caro amico e compagno Maffi, di istituire speciali schede di votazione pei ciechi.

Poiché abbiamo una massa enorme di cittadini che la guerra ha minorato – la massa dei mutilati degli arti superiori e dei ciechi – riteniamo che sarebbe poco generoso, sarebbe poco umano negare a coloro che hanno sacrificato la vista, a coloro che hanno sacrificato l’integrità della loro persona alla Patria, la possibilità di partecipare alla vita politica del Paese, di esprimere il loro voto.

Uno dei colleghi che hanno già parlato in argomento, ha ricordato che anche costoro sono eleggibili. Ed allora, non si capisce, sarebbe anzi incongruenza, che, pur essendo eleggibili, non potessero di fatto essere elettori. È giusta, aggiungo e conchiudo, l’osservazione, la proposta dell’onorevole Mortati, il quale richiede che costoro siano accompagnati da persone familiari, ed io aggiungerei, dalla famiglia vera e propria e non già in genere da congiunti più o meno lontani, e ritengo pur giusto impedire che qualcuno, nel giorno delle elezioni, funzioni da fiduciario di molti minorati che sono impossibilitati a stilare il voto personalmente.

Una voce al centro. Se non hanno la famiglia?

STAMPACCHIA. Noi non dobbiamo risolvere il caso singolo, preoccuparci del caso eccezionale.

Circa i seggi volanti, che sono stati proposti, essi non dànno nessun affidamento; non solo, ma potrebbero essere fonte di quei tali brogli, che, col voto di ieri, abbiamo voluto impedire. Ed ho finito.

COPPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COPPA. Io vorrei chiarire perché ho proposto di creare dei seggi volanti. È una questione di ordine pratico, perché noi abbiamo visto il disagio che hanno affrontato gli infermi per andare a votare il 2 giugno ed anche nelle elezioni amministrative. Il sistema da me proposto è più semplice, non solo per quanto riguarda l’identità personale, che è uno dei coefficienti da tener presente, ma anche per stabilire se l’infermo possieda la capacità di intendere e di esprimere la propria volontà, perché, essendo ricoverato in un luogo di cura, il corpo medico può dire se quell’infermo è in grado, o non, di esprimere la sua volontà.

Quanto a quello che ha detto l’onorevole Maffi, io mi permetto di osservare che entro certi limiti noi tocchiamo anche la questione dell’analfabetismo, che non è risolta attraverso il simbolo della lista, perché il voto porta di conseguenza il voto preferenziale, e l’analfabeta per difetto di educazione si trova in uno stato pari a quella infermità, che noi chiamiamo cecità verbale.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Ma non è un difetto fisico.

COPPA. La cecità verbale ha le stesse conseguenze di un difetto fisico. Non saper dare un contenuto ad un simbolo grafico, noi chiamiamo cecità verbale.

L’analfabeta si trova nelle condizioni del cieco, col solo vantaggio di poter identificare il simbolo, ma di essere incapace di dare il voto al candidato che preferisce, e per conseguenza è nelle stesse condizioni in cui si trova il cieco, perché deve fare un atto di fede sul numero cui corrisponde il nome del suo candidato.

Voci. Chiusura! Chiusura!

PRESIDENTE. È stata chiesta la chiusura. Domando se è appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo ai voti.

(È approvata).

L’onorevole Sullo ha dichiarato di ritirare la sua firma dall’emendamento testé letto, firmato anche dall’onorevole De Maria. Non essendo questi presente, l’emendamento si intende decaduto.

Chiedo all’onorevole Maffi se insiste nella sua proposta.

MAFFI. Tenuto conto di tutte le possibilità tecniche che potessero consentire ai ciechi di votare, ho accolto alcune proposte concrete che mi sono state fatte, e le ho riassunte nella seguente formulazione:

«Saranno organizzate sezioni di voto per i ciechi dove il voto sarà espresso con schede speciali che permettano ai ciechi di controllare il loro voto col metodo Braille». (Commenti) .

Non siate inquieti quando si cerca di risolvere un problema così delicato. Perché, se v’è un metodo concreto per far votare i ciechi di guerra io ne sento tutta l’importanza.

PRESIDENTE. Mi perviene ancora un emendamento aggiuntivo, a firma dell’onorevole Minio, del seguente tenore:

«Nessun elettore potrà esercitare la funzione di accompagnatore per più di un invalido. Sul tagliando del suo certificato elettorale verrà fatta apposita annotazione dal presidente del seggio nel quale assolve tale funzione.

«I presidenti del seggio devono richiedere il tagliando degli accompagnatori per constatare se essi abbiano già in precedenza esercitato tale funzione».

La Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Non ho potuto interpellare gli altri membri della Commissione che, del resto, non sono nemmeno tutti presenti.

Personalmente sono favorevole all’emendamento proposto.

NOBILE. Chiedo che si voti per divisione sulla elencazione degli invalidi.

PRESIDENTE. Sta bene. Abbiamo, quindi, il testo dell’onorevole Maffi, che però non esclude quello Mortati che resta valido per tutte le altre categorie di invalidi.

Darò comunicazione al momento del voto di piccole modificazioni apportate a questo ultimo testo dal suo proponente.

Infine, v’è l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Minio, che mira a circondare di particolari cautele il riconoscimento dell’esercizio del voto agli invalidi.

Pongo intanto in votazione la formulazione proposta dall’onorevole Maffi, testé letta.

(Non è approvata).

Do ora lettura della prima parte del testo dell’onorevole Mortati, modificato secondo il parere della Commissione, sul quale si voterà per divisione, secondo la richiesta Nobile:

«I ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi e quelli che, a causa di evidenti e gravi impedimenti fisici, non possono esprimere da sé il voto, esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore della famiglia o, in mancanza, di un altro elettore che sia iscritto nel comune e che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore».

Votiamo per divisione l’elencazione degli invalidi ai quali si concede questa particolare facoltà.

Pongo in votazione le parole:

«I ciechi».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«gli amputati delle mani».

(Sono approvate).

Passiamo alle parole:

«gli affetti da paralisi».

Non so se questa minorazione abbia riferimento alla votazione già avvenuta che si riferiva agli amputati delle mani: prego qualche collega medico di darci delle indicazioni.

COPPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COPPA. Si potrebbe dire: «i colpiti da paralisi degli arti superiori che impedisca l’esercizio della scrittura».

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Se mi permette, onorevole Presidente, vorrei esprimere la mia alta meraviglia che si discuta di una siffatta questione.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, non esprima nessuna meraviglia, la prego; faccia piuttosto delle proposte concrete.

MORTATI. Desidero osservare che vi possono essere dei casi di paralisi, per esempio degli arti inferiori, che rendano necessario l’accompagnamento sino nella cabina elettorale. (Commenti).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Coppa, testé formulato.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Pongo ora in votazione la formulazione dell’onorevole Mortati:

«gli affetti da paralisi».

(È approvata).

Passiamo all’altro impedimento considerato:

«e quelli che, a causa di evidenti e gravi impedimenti fisici, non possono esprimere da sé il voto».

Mi permetto di osservare, onorevoli colleghi, che si riprende qui una formulazione quasi analoga a quella che l’Assemblea ieri sera ha deliberato di sopprimere; a parte il rilievo che l’elencazione precedente poteva essere evitata, quando si aggiunge questa formula che la comprende.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Mi permetta, signor Presidente, ma ritengo che vi sia un duplice motivo che sorregge la necessità di votare questo inciso:

1°) si sottolinea così la gravità dell’ipotesi contemplata, in quanto connessa, e perciò richiamantesi, anche per analogia, alle precedenti ipotesi di specifica gravità;

2°) è connesso l’articolo proposto a tutte quelle garanzie sul controllo obiettivo dell’infermità o del grave impedimento fisico, per cui v’è un’innovazione rispetto al testo di ieri sera.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Propongo che si dica: «o altro impedimento evidente di analoga gravità».

TARGETTI. Signor Presidente, v’è anche un mio emendamento, aggiuntivo della parola «permanente».

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Targetti.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. La ragione per cui possiamo – a mio avviso – tornare sull’emendamento già votato è che noi intendiamo di precisare la volontà dell’Assemblea, che non si è espressa, o anzi è stata travisata dal voto.

Questa volontà era di ammettere al voto i ciechi e coloro che per essere amputati degli arti superiori non possono materialmente esprimere il voto. (Commenti al centro).

Tutto il resto non volevamo ammetterlo; ed è in questo senso che abbiamo votato.

Non intendiamo affatto di tornare sul voto; intendiamo di chiarirlo. La formula molto elastica proposta dall’onorevole Mortati, permette, invece, di ripristinare la formula che abbiamo voluto escludere.

Per questa ragione io voterò contro lo emendamento Mortati.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Aderisco, anche a nome del mio Gruppo, e quindi anche dell’onorevole Mortati, all’emendamento Rossi.

PRESIDENTE. Desidero far presente che i motivi espressi da molti colleghi, che si occupano particolarmente del problema, si riassumono in questo argomento principale, che vi sono cioè delle categorie come quelle dei ciechi e dei mutilati di guerra, che non possano essere colpite dalla privazione del diritto di voto.

È pacifico che si tratta di mutilazioni e di invalidità permanenti. Il cieco di guerra è purtroppo sempre cieco; il mutilato alle braccia è purtroppo sempre mutilato; pertanto mi pare che l’emendamento Targetti risponda a questa esigenza.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza, Ella, onorevole Presidente, ha fatto una specificazione: si è riferito ai ciechi di guerra e ai mutilati di guerra. Si può rilevare che esistono anche i ciechi ed i mutilati sul lavoro. Quindi è bene non fare specificazioni.

PRESIDENTE. Non ho voluto fare una specificazione, ma soltanto giustificare la ragione dell’inciso proposto dall’onorevole Targetti con gli argomenti adoperati a giustificarlo.

È evidente che la stessa considerazione dei ciechi di guerra meritano anche gli altri ciechi.

MINIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MINIO. Mi devo richiamare a quanto l’onorevole Presidente ha detto, cioè non doversi tornare su quanto deliberato. Ritengo, pertanto, che non si debba votare la successiva frase dell’emendamento Mortati.

PRESIDENTE. Onorevole Minio, la preclusione si solleva all’inizio della discussione e non all’atto della votazione.

MINIO. Si è solo parlato di categorie.

PRESIDENTE. Col concorso che ella, onorevole Minio, ha dato alla formulazione, ha dimostrato di non voler sollevare un problema preclusivo. Tutta la discussione che si sta facendo è diretta allo scopo di restare il più aderenti possibile alla decisione di ieri sera.

Pongo in votazione la formulazione dell’onorevole Rossi Paolo, accettata dall’onorevole Mortati.

«o altro impedimento evidente di analoga gravità».

(È approvato).

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Targetti di aggiungere l’aggettivo «permanente» alla parola «impedimento».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione le seguenti altre parole della prima parte dell’emendamento Mortati:

«esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore della famiglia o, in mancanza, di un altro elettore che sia iscritto nel comune».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le seguenti ultime parole:

«e che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore».

(Sono approvate).

A questo punto si inserisce la proposta dell’onorevole Minio, il cui primo comma è del seguente tenore:

«Nessun elettore potrà esercitare la funzione di accompagnatore per più di un invalido».

La pongo in votazione.

(È approvata – Rumori al centro – Commenti).

Voci al centro. Controprova! (Commenti all’estrema sinistra).

Una voce all’estrema sinistra. Non si vota due volte. (Proteste al centro).

PRESIDENTE. Non ho nulla in contrario ad indire la controprova.

(Segue la controprova).

Mi rammarico di dover dire che per constatazione personale mia e dei Segretari, numerosi colleghi hanno votato due volte, prima a favore e poi contro. (Commenti).

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Io ho assistito a diverse votazioni e a diversi commenti senza prendere la parola a nome della Commissione, ma non posso tacere il mio stupore per ciò che è accaduto. Io faccio presente che su questo punto il primo voto è stato un voto di maggioranza; era un voto valido e pertanto non v’era bisogno di un nuovo voto.

UBERTI. Non si è avuto un nuovo voto! (Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Non interrompa, onorevole Uberti.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Io non so se la Presidenza intenda ritornare sul voto già dato, ma desidero esprimere il parere unanime della Commissione che l’emendamento dell’onorevole Minio è stato approvato.

UBERTI. Unanime no!

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Venga qui a sentirlo.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, mi permetta che glielo dica. Se fra di noi i rapporti devono essere di carattere amichevole, e lo sono, e me ne compiaccio, non bisogna pensare che in Assemblea ci si possa condurre come in un crocchio di amici. Se vuol far valere i suoi diritti di commissario segga al banco della Commissione, anche se ciò la obbliga a trascurare i compiti di segretario del suo Gruppo.

Partecipi ai lavori della Commissione, li segua anche durante la discussione, ma non pretenda di funzionare contemporaneamente come segretario del Gruppo e membro della Commissione. In questo momento la Commissione per l’Assemblea è quella che siede all’apposito banco, e l’onorevole Scoccimarro ha fatto la sua dichiarazione in nome della Commissione.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Non sono d’accordo con quanto ha asserito il Presidente, poiché non ho trovato nessun articolo del regolamento che imponga ai membri della Commissione di sedere al banco delle Commissioni. Poiché i membri della Commissione elettorale sono 24 mancherebbe anche il posto materiale per sedere a quel banco.

Ora, il Presidente della Commissione poteva dire: la Commissione a maggioranza. Ma l’onorevole Scoccimarro ha detto: «all’unanimità». Questa frase egli non la poteva dire.

Non solo, ma io non trovo nel regolamento nessuna incompatibilità fra le funzioni di segretario di Gruppo parlamentare e le funzioni di commissario. Quindi protesto contro questa prassi che si vuole introdurre. (Rumori all’estrema sinistra). Una votazione è compiuta con la controprova, che pertanto rappresenta una seconda fase, una riprova della votazione, non una votazione a sé stante. Se la controprova mette in dubbio la prima fase, non si può respingere la controprova, né dichiararla una seconda votazione.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la controprova ha dimostrato che vi sono troppi colleghi che o per distrazione, o per incomprensione, o per disattenzione, quando si vota non sanno che cosa votano, tanto che votano e per il sì e per il no. Poco fa, troppi colleghi hanno votato l’una volta e l’altra, ma la votazione non si può rifare, perché sarebbe pregiudicata da ciò che è avvenuto.

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Sarò brevissimo. Ella ha accennato a deputati che hanno votato due volte. Mi trovo all’incirca in questo caso, perché non ho votato né la prima né la seconda volta: sono rimasto sempre seduto, perché non avevo capito bene la questione, e quindi mi sono astenuto.

Mi permetto di esprimere questo mio parere personale: che chi ha votato la prima volta senza rendersi conto di come votava, ha torto; per cui, secondo me, la prima votazione deve essere ritenuta valida e non già la seconda, la quale ha avuto luogo dopo che chi ha votato si è accorto di avere sbagliato. (Commenti).

È accaduto precisamente questo: che moltissimi che non avevano capito, o perché distratti o per altre ragioni, hanno votato senza sapere bene che cosa votavano, senza pensare ad astenersi come ho fatto io. Ora, votare senza sapere che cosa si vota, è un errore: si paghino, dunque, le conseguenze di questo errore, e si ritenga valida la prima votazione per la serietà dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Sta bene. Non rimane, dunque, che confermare l’esito della prima votazione, già annunziato.

Pongo in votazione il secondo comma dell’emendamento Minio, del seguente tenore:

«Sul tagliando del suo certificato elettorale verrà fatta apposita annotazione dal presidente del seggio nel quale assolve tale funzione. I presidenti del seggio devono richiedere il tagliando degli accompagnatori per constatare se essi abbiano già in precedenza esercitato tale funzione».

(È approvato).

Proseguiamo nell’emendamento Mortati che nei commi successivi, seguendo le proposte della Commissione, è stato così modificato:

«Questo accompagnatore consegna il certificato elettorale del suo mandante, la commissione accerta, con apposita interpellazione, se l’elettore abbia scelto liberamente il suo accompagnatore e ne conosca il nome e cognome, e registra sul verbale, a parte, questa specie di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione, il nome dell’autorità che abbia eventualmente accertato l’impedimento e il nome dell’elettore delegato.

«Il certificato medico eventualmente esibito deve essere allegato al verbale».

Il Governo ha facoltà di esprimere il proprio parere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo accetta anche questa nuova formulazione.

PRESIDENTE. Sta bene. La pongo in votazione.

(È approvata).

Onorevole Coppa, mantiene la sua proposta sopra i seggi volanti?

COPPA. La mantengo.

PRESIDENTE. Sta bene. La proposta Coppa è del seguente tenore:

«Sono istituiti seggi volanti con rappresentanti di tutte le liste per raccogliere i voti dei ricoverati in luoghi di cura e di mendicità».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Su altra questione, discussa, ma non portata a conclusione, l’onorevole Minio propone il seguente emendamento:

«Il numero delle preferenze è di tre, se i deputati da eleggere sono fino a 15, di quattro, da 16 in poi».

L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione in maggioranza ritiene che l’Assemblea ha deciso che si debbano ammettere i voti di preferenza, ma non ha ancora deciso sui particolari.

Accetta pertanto la proposta presentata dall’onorevole Minio.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Io voterò per la vecchia norma, perché per i piccoli collegi tre voti di preferenza sono troppi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta Minio, testé letta.

(È approvata).

Comunico che gli onorevoli Fiore e Bartalini hanno proposto la seguente formulazione:

«Sarà consentito ai naviganti di votare nel porto di armamento».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Abbiamo già esaminato attentamente la questione e constatato la difficoltà di stabilire un metodo idoneo. In altre parole, la Commissione non è riuscita a trovare una soluzione tecnica. I competenti uffici dei Ministeri dell’interno e della marina mercantile ci hanno dichiarato che un simile problema, in questo momento, non è solubile, come non era solubile nel 1946, quando lo stesso problema fu prospettato in sede di Consulta Nazionale. Con lo studio e con gli accorgimenti che potranno essere escogitati in momenti di maggior calma, questo diritto dei naviganti potrà essere sodisfatto: ma ancora non v’è la possibilità di realizzarlo.

BARTALINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARTALINI. La difficoltà, a cui si allude, sussiste soltanto nel caso che si vogliano far votare i naviganti sulle navi. Per farli votare a terra non c’è alcuna difficoltà, perché basta consentir loro di votare nella circoscrizione del porto di armamento. Essi hanno infatti i libretti di navigazione e il certificato elettorale e quindi sono in regola.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Faccio una semplice osservazione: se non sono naviganti possono anche votare nella circoscrizione alla quale appartengono.

BARTALINI. Ma non fanno in tempo a recarsi dal porto di armamento alla circoscrizione a cui appartengono. Se sono, ad esempio, di Messina o di Torre del Greco, potranno votare a Genova, secondo il nostro emendamento; se invece dovranno recarsi da Genova a Torre del Greco o a Messina non faranno a tempo.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Partiranno ventiquattro ora prima.

PRESIDENTE. Sarebbe necessario che i tecnici della materia ci spiegassero la situazione. Tutti però sappiamo che i marittimi sono iscritti nei registri di un determinato porto in cui sostano pressoché in permanenza in attesa dell’imbarco.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Ogni marittimo è un cittadino elettore iscritto in una lista elettorale. Egli si può trovare a terra; o imbarcato su una nave che si trova in un porto dello Stato; oppure, infine, su una nave la quale si trova fuori dei porti dello Stato. Se si trova a terra, egli è nella condizione degli altri che non sono marittimi. Se è fuori della sua circoscrizione elettorale, si trova nella condizione di tutti i cittadini che sono fuori della propria circoscrizione elettorale. E qui, tutt’al più, si potrebbe concedere a coloro che sono imbarcati il diritto di votare dove si trovano, come si è fatto per i carabinieri e per altri. Nel caso non dei naviganti (i naviganti non possono votare) ma di persone imbarcate a bordo di navi che si trovino, nel giorno della votazione, nei porti dello Stato, esse potrebbero votare dove si trovano. Il porto di armamento non c’entra, perché una nave si può trovare a Barletta, il suo porto di armamento è Savona, il marittimo è di Venezia ed è inscritto nelle liste elettorali di Pozzallo. Ci sono tutti questi casi da tener presenti. (Commenti).

MAZZA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZA. I marittimi che, ad esempio, si trovino nel porto di armamento di Genova e votano a Genova, per quale lista votano? Per quella presentata a Genova o per quella della loro circoscrizione?

PRESIDENTE. Secondo la proposta dell’onorevole Bartalini, essi votano per la lista della circoscrizione del porto di armamento.

MAZZA. Se è così, voterò contro questa proposta.

BARTALINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARTALINI. Modifico il mio emendamento dicendo:

«nel porto in cui si trovano».

PRESIDENTE. Pongo ai voti questa formulazione:

«Sarà consentito ai marittimi di votare nel porto in cui si trovano».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Vi sono ora due proposte che si riferiscono ad una votazione già avvenuta, concernenti l’elencazione degli esclusi dal diritto elettorale passivo. La prima proposta è stata presentata dagli onorevoli Perassi, Carboni Angelo, Crispo, Bellavista, Condorelli, Pignatari, Villabruna, Salerno, Meda, Di Gloria, Musotto, Reale Vito, Candela, Perrone Capano, Dominedò, Bozzi, Bonino e Sapienza:

«Sono eccettuati dalla esclusione della eleggibilità, per le cause di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 8 dell’articolo 2-ter, coloro che, avendo ricoperto le cariche e gli uffici ivi previsti prima del 3 gennaio 1925, abbiano poi fatto parte della Consulta Nazionale o dell’Assemblea Costituente».

L’onorevole Perassi ha facoltà di svolgere questa proposta.

PERASSI. L’emendamento che ho presentato insieme con colleghi di diversi gruppi ha una portata estremamente modesta. D’altra parte mi sembra che l’eccezione, nei limiti di cui è proposta, sia giustificata, in quanto il fatto che persone indicate nell’articolo 2-ter siano poi state comprese nella Consulta Nazionale o siano state elette all’Assemblea Costituente permette di consentirne la eleggibilità. Faccio presente che l’eccezione riguarderebbe soltanto coloro che hanno ricoperto cariche minori e le hanno ricoperte prima del 3 gennaio 1925.

Date queste limitazioni e dato soprattutto che, a quanto risulta da indagini fatte, la portata concreta dell’eccezione è estremamente piccola, mi pare che la proposta possa trovare accoglimento da parte dell’Assemblea.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Soltanto per un chiarimento: l’indagine sul passato politico di coloro che furono ammessi a far parte della Consulta Nazionale fu rigorosissima, e mi ricordo – essendo stato Commissario governativo a quei tempi – che noi si permise di entrare in quella Assemblea ad alcune persone che abbiamo poi viste in questa Assemblea. Quindi io voterò a favore.

PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta dell’onorevole Perassi, della quale ho dato testé lettura.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Segue una proposta di disposizione transitoria dell’onorevole Mortati, del seguente tenore:

«Coloro i quali prima dell’entrata in vigore della presente legge abbiano ottenuto una pronunzia di proscioglimento da parte della speciale Commissione per le sanzioni elettorali di cui al decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1945, n. 149, non incorrono nelle sanzioni di cui alla presente legge».

Pongo in votazione questa proposta.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Occorre ora esaminare una proposta presentata dall’onorevole Morelli Renato, tendente a fare includere nella legge il seguente articolo aggiuntivo:

«L’elettore incluso definitivamente nell’elenco degli astenuti senza giustificato motivo è sottoposto, con decreto dell’intendente di finanze, al pagamento della somma di lire 200 se non iscritto nei ruoli dell’imposta complementare sul reddito e di lire 2000 se iscritto nei detti ruoli».

L’onorevole Morelli ha facoltà di svolgere la sua proposta.

MORELLI RENATO. Mi pare che la mia proposta sia di un’estrema semplicità. Si tratta di trarre tutte le conseguenze da un principio che abbiamo già votato nella Costituzione, nella quale si è dichiarato che l’esercizio del voto è un dovere civico. In questa legge, poi, che abbiamo esaminato, è già consacrata, all’articolo primo, l’obbligatorietà del voto.

C’è anche una procedura per accertare la giustificazione o meno dell’assenza. Evidentemente, si tratta di trarne la logica conseguenza di applicare una sanzione pecuniaria che è, del resto, minima. Mentre lo Stato affronta spese fortissime per le elezioni, è giusto che siano sottoposti a sanzione coloro che in nessun modo intervengano alla votazione.

Aggiungo che altro è l’obbligatorietà del voto e altro è l’obbligatorietà della presenza alle urne elettorali: gli assenti non possono neanche esercitare il diritto di astensione, che si esercita lasciando la scheda in bianco.

PRESIDENTE. Invito la Commissione a esprimere il proprio parere.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione non ha avuto la possibilità di esaminare questo emendamento. Dei colleghi qui presenti alcuni si dichiarano favorevoli, altri contrari; io personalmente ritengo che non sia logico gravare quella che già era una sanzione d’ordine morale che si stabilì nella prima legge e che a molti pareva già eccessiva e che obiettivamente lo era.

Stupisce oggi sentire un liberale che vuol coartare la libertà dell’elettore e fargli pagare una multa se non vuol votare. (Commenti).

CARPANO MAGLIOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARPANO MAGLIOLI. Desidero dichiarare che noi siamo contrari all’emendamento proposto dall’onorevole Morelli, giacché anche l’esercizio del voto in senso passivo – ossia con l’assenza dalle urne – è pur sempre un diritto. Noi voteremo pertanto contro l’emendamento proposto dall’onorevole Morelli Renato.

CORBINO Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Poiché dovremo approvare la legge per l’elezione dei senatori, propongo che la questione relativa al voto obbligatorio si discuta in quella sede, rimanendo inteso che la soluzione che le sarà data varrà anche per la elezione dei deputati. (Commenti).

PRESIDENTE. Mi pare che si debbano intanto chiarire i termini della questione. In questo momento, con la proposta dell’onorevole Morelli, non si pone in principio il problema del voto obbligatorio se non nei limiti in cui l’Assemblea ha creduto di doverlo risolvere e lo ha in effetti risolto in sede costituzionale. Si tratta invece di aggravare le sanzioni che la legge per la elezione della Costituente stabiliva in termini di carattere meramente morale. Poiché, però, io prevedo, onorevole Morelli, che la discussione sarebbe ugualmente amplissima, veda se non le sia possibile aderire alla richiesta dell’onorevole Corbino, in maniera tale che, se discussione dovrà esserci, sia una discussione che abbia quella sostanza e quella fondatezza che le sono necessarie.

MORELLI RENATO. Concordo pienamente con l’esatta interpretazione dei limiti della questione data dall’onorevole Presidente. Per non abusare della pazienza dell’Assemblea, mi ero astenuto dallo svolgere ampiamente la mia proposta. Mi permetta solo, onorevole Presidente, di rispondere all’onorevole Scoccimarro che di noi liberali si dice a volte che concepiamo astrattamente la libertà e poi si urla contro di noi quando invece dimostriamo di averne una concezione concreta, che si accompagna a quella della solidarietà sociale.

Per noi intervenire nella votazione è un dovere e rispondo al collega onorevole Carpano Maglioli che ci si può astenere dal voto anche mettendo nell’urna la scheda in bianco (e allora l’interpretazione dell’astensione è univoca). Se viceversa l’astensione risulta dalla semplice assenza, essa assume un aspetto equivoco, perché può essere anche conseguenza di pigrizia, di infingardaggine, di scarso senso di dovere verso la società.

Ciò premesso, non posso aderire al pensiero del Presidente, e ciò per ragioni tecniche.

Sono un modesto studioso di diritto, e mi ripugna che noi oggi variamo una legge, nella quale, dopo aver affermato un principio, non se ne traggono le logiche e giuridiche conseguenze.

PRESIDENTE. Le conseguenze sono state tratte; che non siano state tratte tutte è un’opinione.

MORELLI RENATO. Dicevo, appunto, che non tutte sono state tratte.

PRESIDENTE. Infatti, perché una sanzione è stata già prevista.

Su questa proposta dell’onorevole Morelli Renato è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto. (Commenti).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Io chiedo che su questa questione, che è in enorme gravità, si discuta a fondo, e dichiaro che farò un discorso non breve. (Commenti). Non è possibile far passare la questione del voto obbligatorio, mutando la semplice sanzione morale della legge in una sanzione pecuniaria, senza discuterla. Fare questo alle 14.10 non è lecito e non è serio.

Domando, quindi, se l’onorevole Morelli insiste, che si rimandi ad altra seduta un’ampia discussione su questo problema.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Mi dichiaro d’accordo con l’onorevole Cevolotto. Non è possibile votare su una questione così importante senza una previa discussione, mentre con una richiesta di scrutinio segreto si impediscono perfino le dichiarazioni di voto. In queste circostanze, il nostro Gruppo si astiene dal voto.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Mi associo alle considerazioni e alle conclusioni dell’onorevole Togliatti.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Aderisco alle considerazioni e alle conclusioni degli onorevoli Cevolotto e Togliatti.

DI VITTORIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI VITTORIO. Chiedo formalmente che la questione sia rinviata alla Commissione.

PRESIDENTE. Se questa proposta fosse accolta, la Commissione dovrebbe poter riferire sul problema sollevato fra due ore, all’inizio della seduta pomeridiana.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo che il problema venga deferito alla Commissione, ma non posso assumere l’impegno di portare fra due ore il parere della Commissione. Questo è un problema che anche in Commissione sarà discusso a lungo prima di arrivare a una decisione. Quando avremo finito di discutere in Commissione porteremo il nostro parere. Non posso prendere impegni di tempo. (Commenti prolungati).

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Occorre richiamarsi alle norme di procedura di fronte all’atteggiamento di alcuni colleghi. Che il problema sia importante siamo d’accordo; che si possano avere idee in contrasto siamo pure d’accordo; ma non è giusto e legittimo che si venga a fare un ricatto di fronte… (Proteste – Rumori).

PRESIDENTE. Onorevole Dossetti, la prego di considerare con maggior rispetto i suoi colleghi.

DOSSETTI. …di fronte alla questione che ci è sottoposta. Forse la parola da me usata è eccessiva. Ritengo comunque che si tratti di pressioni. E noi diciamo che ove ci si voglia valere di queste pressioni per costringere l’Assemblea a non trarre tutte le conseguenze che è giusto trarre, domani non si potrà prendere la decisione finale. (Rumori).

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Io ho l’impressione che vi siano partiti che hanno la preoccupazione che i loro aderenti abbiano bisogno di una sanzione per dover votare, mentre vi sono altri partiti, più disciplinati, ai cui aderenti basta la preghiera della direzione del partito per indurli a esercitare il diritto di voto. La questione è tutta qui.

Ma ora non si può affrontare la discussione. Ci troviamo in uno scorcio di tempo e di lavori per cui una discussione di tal fatta sarebbe impossibile. Si potrà invece discutere quando si dovrà esaminare la legge per l’elezione del Senato. Altrimenti adesso ci sarà la minaccia di prorogare i lavori di oggi e di domani.

Io proporrei dunque, se possibile, di rinviare la discussione sulle sanzioni a carico di coloro che non votano a quando dovremo affrontare lo stesso argomento per l’elezione del Senato.

PRESIDENTE. Evidentemente l’onorevole Giannini accede alla proposta già fatta dall’onorevole Corbino.

GIANNINI. Perfettamente. È meglio che ci atteniamo a quella proposta, perché adesso, con questo nervosismo, si rischia di metterci tutti di cattivo umore e d’infirmare l’importanza della seduta di domani.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la richiesta della Commissione non è un arbitrio, ma deriva da un diritto. L’articolo 90 del Regolamento dice che la discussione di un articolo aggiuntivo o emendamento proposto nella stessa seduta sarà rinviata all’indomani quando lo chieda la Commissione competente. Il rinvio è stato chiesto e non lo si può rifiutare.

Vorrei aggiungere che domani si terrà, comunque, la seduta per la votazione a scrutinio segreto della Costituzione. Questa legge non ha nulla a che fare con la votazione della Costituzione, e se qualcuno volesse mescolare le due questioni occorre che si ricreda. A nessuno può venire in mente di compromettere la seduta di domani, sia pure per una questione importante come quella delle sanzioni per l’assenza dalle urne.

Detto questo, poiché la Commissione ha chiesto il rinvio e il rinvio non può essere rifiutato, mi pare che non vi sia altro da aggiungere. L’alternativa è solo questa: ritrovarci oggi o ritrovarci domani mattina. Se la Commissione oggi non ha nulla da portarci (la Commissione ha diritto a 24 ore), non ci resta che rinviare i nostri lavori a domani mattina.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Chiedo al Presidente se, accettandosi di rinviare questa votazione e in attesa della deliberazione della Commissione, la legge si intende senz’altro approvata ed oggi vada posta in votazione a scrutinio segreto, oppure se tutto rimane sospeso. Desidererei una risposta esplicita.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Non si contesta, signor Presidente, il diritto della Commissione. Ma io propongo all’attenzione dell’onorevole Presidente questo quesito: vero è che generalmente la Commissione parla per bocca del suo autorevole Presidente, ma, nella fattispecie che ci interessa, vorrei sapere se il Presidente della Commissione ha riunito i membri della medesima per sapere – perché la Commissione è un collegio e decide a maggioranza – se si tratti di opinione personale del Presidente oppure della maggioranza della Commissione.

PRESIDENTE. Comunque, occorre sospendere la discussione, per dare la possibilità alla Commissione di riunirsi.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Il rinvio alla Commissione si intende che non pregiudica in alcun modo la eccezione di preclusione in relazione all’articolo della Costituzione nel quale sono definiti i caratteri del voto.

SAMPIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAMPIETRO. Per l’articolo 90 deve essere la Commissione a chiedere il rinvio. Ora, invece, ci si trova di fronte soltanto alla proposta di un collega, il quale chiede che l’esame della questione sia preliminarmente demandato alla Commissione.

PRESIDENTE. Non sottilizziamo in questa maniera. Intanto è certo che in questo momento non possiamo votare. D’altra parte, onorevole Sampietro, ella sa che è sufficiente che vi siano dieci colleghi nell’aula che facciano questa richiesta perché la richiesta debba essere accolta.

Dato che è stato chiesto il rinvio, motivato del fatto che l’emendamento è stato presentato nel corso della stessa seduta, bisogna aderire a questa richiesta.

Onorevole Uberti, mi perdoni se non rispondo alla sua domanda, perché si risponde alle domande che sono giustificate; ella che segue tanto attentamente i nostri lavori sa che dobbiamo ancora approvare l’ultimo articolo della legge in esame; e fino a quando non sarà approvato l’ultimo articolo non si potrà passare alla votazione finale a scrutinio segreto.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Osservo che la sensibilità di alcuni Gruppi può sembrare eccessiva, dal momento che la stessa Assemblea ha approvato l’obbligo della firma di presenza per i deputati e la sanzione del non pagamento dell’indennità per coloro che non siano presenti alle sedute, o, meglio, che non prendano parte alle votazioni.

Tuttavia, perché non sembri che si voglia profittare oggi della circostanza di molti deputati assenti, mi dichiaro d’accordo per il rinvio della discussione della mia proposta a stasera o a domani.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, rimane stabilito che il seguito della discussione è rinviato alla seduta pomeridiana, se la Commissione avrà pronta la sua conclusione, oppure alla seduta di domani mattina.

(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 14.25.