Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI SABATO 20 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXLIII.

SEDUTA POMERIDIANA DI SABATO 20 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

INDICE

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Targetti

Mortati

Lussu

Bellavista

Bordon

Grassi

Giannini

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Presidente

Scoccimarro, Presidente della Commissione

Nobile

Lucifero

Colitto

Rescigno

Grilli, Relatore per la minoranza

Fuschini, Relatore per la maggioranza

Scelba, Ministro dell’interno

Corbino

Piccioni

Badini Confalonieri

Martino Gaetano

Uberti

Marina

Mazza

Fabbri

Togliatti

Mattarella

Cifaldi

Miccolis

Cevolotto

Crispo

Giannini

Numeroso

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Gullo Rocco

Treves

La Malfa

Rossi Paolo

Cappa

Perrone Capano

Donati

Caronia

Basile

Arcangeli

Morelli Renato

Pignatari

Patrissi

Mastino Gesumino

De Martino

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Sull’ordine dei lavori:

Presidente

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Ricordo all’Assemblea che stamani si è sospesa la discussione sulla sesta norma transitoria, in attesa che ne fosse concordato il testo fra i presentatori degli emendamenti.

Comunico che è stato presentato il seguente testo che dovrebbe costituire il primo comma della sesta norma transitoria già proposta dall’onorevole Mortati e da altri:

«L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare entro il 31 gennaio 1948 sulla legge elettorale del Senato della Repubblica e sugli statuti regionali speciali».

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Vorrei chiedere all’onorevole Mortati se non avrebbe nulla in contrario ad aggiungere in questo comma anche l’indicazione della legge sulla stampa.

MORTATI. Aderisco alla proposta del collega Targetti.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Vorrei soltanto fare una considerazione sull’ordine di discussione di questi argomenti.

PRESIDENTE. Questa elencazione non ci impegna a seguire un ordine prestabilito, ma semplicemente l’indicazione delle materie.

LUSSU. Proprio su questo problema desideravo attirare l’attenzione dell’Assemblea. Noi, se avessimo avuto la possibilità di farlo, avremmo certamente discusso ed approvato i quattro statuti delle Regioni particolari, perché debbono far parte della Costituzione. Ora, mi pare che, non avendo avuto tempo di far questo, noi faremmo bene fin da adesso a stabilire che il primo problema che verrà posto in discussione nel mese venturo, quando l’Assemblea verrà riconvocata, sarà quello degli statuti regionali speciali. Dopo discuteremo la legge elettorale del Senato ed infine – se l’Assemblea lo crederà opportuno – anche la legge sulla stampa. Il mio parere è che fin d’ora dobbiamo fissare questo ordine dei lavori, vale a dire dare la precedenza, come nostro obbligo, agli statuti particolari che formano materia costituzionale.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Non mi sembra fondata la preoccupazione dell’onorevole Lussu in relazione al progetto che viene al nostro esame, poiché non si tratta di stabilire un ordine di precedenza nella discussione, che deve essere – a mio parere e secondo la palese parola della proposta – completamente esaurita. Vale a dire: «e per il coordinamento degli statuti e per la legge elettorale del Senato e per la legge sulla stampa», senza con questo che un argomento od una proposta esaminata in precedenza escludano la possibilità del completamento di decisioni nei confronti degli altri argomenti.

Perciò le preoccupazioni – che d’altra parte potrebbero essere fondate – del collega Lussu vengono eliminate. Si dovranno esaminare non soltanto i coordinamenti degli statuti regionali speciali, ma anche la legge sulla stampa e la legge elettorale del Senato.

LUSSU. Ma gli statuti sono leggi costituzionali!

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Pregherei l’onorevole Mortati di voler aderire alla proposta fatta dall’onorevole Perassi di non fissare una data o quanto meno di voler mettere: «prima della convocazione dei comizi elettorali».

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Mi pare che siamo d’accordo su quello che il Presidente dell’Assemblea ha detto. Questa è una indicazione, non è una elencazione: sono argomenti che dovranno venire tassativamente all’ordine del giorno dell’Assemblea, ma l’Assemblea, come sempre, è sovrana, è padrona del suo ordine del giorno e lo formerà, volta per volta, come crederà. L’importante è stabilire che gli argomenti della prossima tornata di lavori dell’Assemblea saranno quelli indicati nella norma transitoria della Costituzione.

BORDON. Vorrei sapere se aderisce alla mia proposta.

GRASSI. Non possiamo aderire.

PRESIDENTE. Onorevole Bordon, se riesco a interpretare la sua preoccupazione, essa è questa: che gli statuti particolari, ed in particolare quello della Val D’Aosta, siano al più presto votati.

BORDON. Volevo far presente la necessità di aver una maggiore disponibilità di tempo. Siccome stiamo coordinando gli statuti ed abbiamo coordinato lo statuto sardo, per cui restano ancora da coordinare gli altri tre statuti, sarebbe bene avere dinanzi a noi il massimo tempo possibile e quindi fissare una data oltre il 31 gennaio, quale potrebbe essere almeno il 7 o 1’8 febbraio.

PRESIDENTE. Onorevole Bordon, l’onorevole Mortati dichiara che non è d’accordo con la sua proposta. Ne fa una proposta formale?

BORDON. Sì. Bisognerebbe arrivare almeno alla data di convocazione dei comizi elettorali.

PRESIDENTE. Allora, si potrebbe dire: «fino alla data del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

Passiamo alla votazione. Il primo comma è del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge elettorale del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali, sulla legge per la stampa».

L’onorevole Bordon propone di sostituire all’indicazione «31 gennaio 1948», la seguente frase;

«sino alla data del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

Votiamo quindi per divisione. Pongo in votazione le parole:

«L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare».

(Sono approvate).

Pongo in votazione l’emendamento Bordon al testo Mortati:

«fino alla data del decreto di convocazione dei comizi elettorali».

(Non è approvato).

Pongo in votazione le parole:

«entro il 31 gennaio 1948».

(Sono approvate).

Pongo in votazione l’ultima parte del primo comma:

«sulla legge elettorale del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa».

(È approvata).

Dobbiamo ora passare al primo comma – che diviene ora secondo – del testo Mortati, del seguente tenore:

«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata, quando vi sia necessità di deliberare sulle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, commi primo e secondo, e 3, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98».

TARGETTI. Chiedo di parlare sull’ordine della votazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Mi sembrerebbe il caso, prima di passare a questo secondo comma, di porre in votazione il comma corrispondente del nostro emendamento.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Mi sembrava che avessimo discusso a lungo su questa questione e ci fossimo trovati d’accordo nel votare come seconda parte l’articolo proposto dall’onorevole Mortati ed altri.

Non possiamo accettare la formulazione dell’onorevole Targetti, perché l’articolo 58 della Costituzione prevede il funzionamento normale del potere legislativo e quindi ciò che succede fra una legislatura e l’altra. Qui, invece, ci troviamo di fronte ad una Assemblea Costituente, ossia ad un organo eccezionale che finisce i suoi poteri, e dobbiamo creare i nuovi organi del potere legislativo. Pertanto, non si tratta di applicare l’articolo 58, ma di fare qualche cosa di analogo. E questo qualche cosa di analogo l’abbiamo risolto in questa maniera: stabilendo un periodo – che va sino al 31 gennaio 1948 – nel quale saranno approvati determinate leggi e provvedimenti. Inoltre, in via del tutto eccezionale, stabiliamo che l’Assemblea potrà rivivere – oltre che per le facoltà interne di Commissioni e di potere ispettivo che le diamo – come Assemblea, soltanto nei casi stabiliti dall’articolo 2, comma primo e secondo – rielezione del Presidente della Repubblica – e dall’articolo 3, che riguarda le materie costituzionali o legislative che il Governo intenda presentare all’Assemblea.

Non possiamo riallacciarci ad una questione che si svolgerà quando il potere legislativo sarà normalmente stabilito, ma dobbiamo fare una disposizione ponte, una disposizione transitoria che possa risolvere qualche caso di emergenza che potrebbe presentarsi da oggi fino alle prossime elezioni.

PRESIDENTE. Allora pongo in votazione dapprima la formulazione proposta dall’onorevole Targetti:

«In applicazione della norma di cui al secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione, i poteri dell’Assemblea Costituente sono prorogati dalla data del suo scioglimento sino al giorno delle elezioni delle nuove Camere».

(Non è approvata).

Pongo in votazione il secondo comma, testò letto, della formulazione proposta dall’onorevole Mortati.

(È approvato).

Il terzo comma è invece simile nei due testi, salvo alcune lievi modificazioni formali.

Pongo in votazione il terzo comma nel testo Mortati:

«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamento. I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta».

(È approvato).

L’ultimo comma si presenta con formulazione e con sostanza diverse rispettivamente nelle due proposte Targetti e Mortati. Propone l’onorevole Targetti:

«L’Assemblea Costituente può, in tale periodo, essere convocata in via straordinaria dal suo Presidente su richiesta o del Governo o di almeno 200 deputati».

Propone invece l’onorevole Mortati:

«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o della metà più uno dei suoi membri».

Prego di tener presente che vi sono due diversità: la prima è quella che si riferisce ai poteri dell’Assemblea eventualmente riconvocata; la seconda, quella che si riferisce al numero dei deputati che devono fare la richiesta perché il Presidente proceda alla riconvocazione.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Osservo che avendo già noi approvato il secondo comma del testo Mortati, in base al quale l’Assemblea può essere convocata per deliberare soltanto sulle materie di cui agli articoli 2 e 3, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98, appare superflua la votazione sulla prima parte del testo Targetti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, data la votazione che abbiamo già fatta del secondo comma – che costituiva in precedenza il primo comma del testo dell’onorevole Mortati – come giustamente ha osservato l’onorevole Grassi, non è possibile mettere in votazione la formulazione della prima parte dell’ultimo comma dell’onorevole Targetti, la quale lascia indeterminata la materia.

E pertanto, su questa prima parte dell’ultimo comma non v’è da porre in votazione che la formulazione dell’onorevole Mortati. Resta aperta, invece, alla votazione la seconda parte dell’emendamento Targetti, per quanto si riferisce al numero dei deputati che può richiedere la convocazione.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Per un chiarimento, onorevole Presidente. Forse ricordo male, ma mi sembrava ci fosse una proposta dell’onorevole Giannini che fissava il quorum in un terzo; noi avevamo inteso col nostro emendamento di andare incontro a chi proponeva la metà, elevando il terzo a 200.

GIANNINI. Non v’è stato un regolare emendamento.

PRESIDENTE. Non so se l’onorevole Giannini intenda fare adesso una proposta formale.

GIANNINI. V’è stata una proposta verbale; ma la differenza con l’emendamento Targetti è di così poco rilievo che non mette conto di fare una proposta apposita.

PRESIDENTE. Allora, pongo in votazione la prima parte dell’ultimo comma nel testo Mortati:

«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte, secondo la proposta dell’onorevole Targetti:

«o di almeno duecento deputati».

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, è approvata).

La sesta norma transitoria risulta, nel suo complesso, così approvata:

«L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge elettorale del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa.

«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, commi primo e secondo, e 3, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.

«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamento. I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o di almeno 200 deputati».

Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946 n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

Ieri mattina avevamo sospeso la discussione per dar modo alla Commissione di presentare all’Assemblea un testo che sodisfacesse almeno in parte i presentatori dei vari emendamenti circa l’utilizzazione dei resti. Chiedo all’onorevole Presidente della Commissione di riferire in proposito.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione si è riunita con i presentatori degli emendamenti, ma non si è arrivati ad una decisione comune su tutte le questioni controverse; su alcune sì e su alcune no. Perciò, quando le singole questioni verranno in discussione, la Commissione comunicherà le sue decisioni.

PRESIDENTE. Darò allora la parola ai presentatori degli emendamenti all’articolo 3-bis. L’onorevole Nobile ha proposto il seguente emendamento:

«Al primo comma dell’articolo 15, alla parola «dodici», sostituire la parola «quattro».

Ha facoltà di svolgerlo.

NOBILE. Ho proposto sostanzialmente una riduzione. Non è che insisto sul numero di quattro: potrebbe essere anche di sei. Però mi sembra conveniente favorire i piccoli partiti. Ecco perché propongo una riduzione.

Nella passata legge erano 12 le circoscrizioni nelle quali era necessario aver presentato una lista perché si fosse ammessi nel Collegio nazionale. Ora, proporrei che invece di dodici si parlasse di quattro o sei. Ad ogni modo, insisterei per una riduzione di quel numero.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Lucifero e Condorelli:

«Sostituire il terzo comma dell’articolo 15 col seguente:

«Nessuno può essere candidato nel Collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale. Nessuno può essere eletto nel Collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

L’onorevole Lucifero ha facoltà di svolgerlo.

LUCIFERO. Signor Presidente, la lista nazionale ha sollevato moltissime discussioni; tante discussioni che solo per un pelo essa è passata anche nella nuova legge. Le osservazioni sono state di vario genere, ed hanno un carattere di diversa natura, che deve essere esaminato.

Evidentemente, con la nuova Costituzione – ed io prego gli onorevoli colleghi di fare attenzione per l’avvenire a quanto io dico – la lista nazionale, come fu congegnata nel passato, non può assolutamente reggere. Del resto, anche nella nuova legge si dice che la lista nazionale viene stabilita ai soli fini della utilizzazione dei resti: cioè, la lista nazionale non può avere altra funzione ed altro fine che quelli di impedire che si disperdano i resti.

Qualunque altra funzione esorbiterebbe dalle espresse intenzioni del legislatore. Faccio notare che la nostra Costituzione, sotto il regime della quale, essendo stato respinto il concetto del referendum, dovrebbero svolgersi le prossime consultazioni e con la quale la legge elettorale deve essere in perfetta sincronia, anche se sarà votata e approvata prima della Costituzione, stabilisce all’articolo 45, secondo capoverso, che il voto è personale. Ora, è evidente che nella lista nazionale, così come sarebbe congegnata nell’attuale progetto di legge che riproduce il precedente, il voto non sarebbe personale. Il voto sarebbe nettamente impersonale, perché i voti andrebbero alle persone alle quali quei voti non erano destinati: persone le quali non erano comprese nella lista. Ma non basta. L’articolo 53 della Costituzione stabilisce che la Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

Ora non vi è dubbio che, così come è congegnata la legge oggi, così come fu congegnata la legge ieri, la lista nazionale rappresenti un sistema di elezione indiretta. Perciò, due volte incostituzionale sarebbe la lista nazionale, se rimanesse tale quale è stata congegnata.

Noi siamo stati dei costituenti e siamo stati dei costituenti in un clima spesso rovente e non sempre sereno; e certe volte abbiamo giocato un po’ troppo con la nostra Costituzione e con le nostre stesse deliberazioni. Ma io vi parlo da uomo il quale pensa che, con l’approvazione della Costituzione e con la sua entrata in vigore, certo clima rovente e certe mancanze di serenità abbiano a cessare in Italia. E vi parlo anche con la triste esperienza di chi è stato membro della Giunta delle elezioni, cosa che, vi assicuro, non mi capiterà più. Non mi posso dimettere, ma potrò pregare di non esserci messo.

Ad ogni modo io sono convinto che l’Assemblea Costituente correggerà la lista nazionale, in modo che essa diventi strumento di democrazia e non rimanga strumento di partitocrazia.

Ma, se essa dovesse restare tale quale essa è, la Giunta delle elezioni e la Corte costituzionale avranno da divertirsi; perché non ci saranno dei cavilli, ma ci saranno dei legittimi motivi di diritto costituzionale, per ricorrere contro certe elezioni. E noi ci troveremo non solo di fronte ad una serie di contestazioni, ma ci troveremo di fronte a tutta una serie di elezioni annullate e di fronte al modo di risolvere i problemi, che da questi annullamenti sorgeranno.

Allora, sorge la necessità di inquadrare la lista nazionale nel nostro diritto.

A questo tende l’emendamento che l’onorevole Condorelli ed io abbiamo presentato. Questo emendamento vuole legittimare costituzionalmente ed anche moralizzare democraticamente l’esistenza, ormai consacrata, di questa lista nazionale.

La prima parte di esso, da me già proposta in sede di Consulta, fu approvata allora ed è stata depennata dalla legge attuale; ma c’era nella precedente. È quella che stabilisce che nessuno possa essere eletto nella lista nazionale, se non si è presentato agli elettori in liste circoscrizionali. Ed abbiamo visto – i colleghi della Giunta delle elezioni lo possono confermare – che in sede di certe contestazioni questo periodo ci è servito di guida per interpretare la legge e ci ha dato modo di chiarire alcune situazioni.

Ma io qui ripresento l’emendamento quale lo presentai allora, perché non avrebbe senso comune esigere da un individuo che si presenti in lista circoscrizionale, se poi non si esigesse anche la sua elezione nella lista circoscrizionale perché egli possa essere proclamato nella lista nazionale.

È un po’ difficile dire certe cose; ma io sono uomo franco; spero che nessuno si adonterà.

Noi abbiamo avuto dei candidati in liste circoscrizionali che hanno sfiorato la elezione, avendo ottenuto migliaia e migliaia di voti preferenziali; mentre abbiamo visto entrare nella Costituente persone, egregissime e rispettabilissime, fra le quali ho anche qualche carissimo amico, le quali in tre collegi erano riuscite sì e no a racimolare 400 voti; cioè persone che il Corpo elettorale aveva rifiutato. È spiacevole dire questo; ma la democrazia, purtroppo, è fatta di scelta di popolo e non di elezione di élites e noi non possiamo ammettere che le segreterie di partito, che già costituiscono delle élites, nominino deputati per loro conto e spesso contro la volontà del popolo. Per questo pensiamo che la prima parte vada integrata con la seconda, e cioè sia necessario affermare che, come è obbligo per ciascun candidato della lista nazionale il presentarsi in lista circoscrizionale, così nessuno possa essere eletto nella lista nazionale se non è stato eletto nella sua circoscrizione. L’opzione obbligatoria è già nella legge precedente ed il concetto affermato nella legge era cioè che chi era stato eletto nella circoscrizione ed apparteneva alla lista nazionale doveva andare ope legis nella lista nazionale per far posto al suo successore immediato nella lista circoscrizionale. Si tratta di consacrare questo principio. Si può fare una sola obiezione a questo principio: cosa facciamo, se nessuno sarà eletto? Ebbene, onorevoli colleghi, se un movimento politico nell’epoca moderna della democrazia organizzata non riesce ad avere un eletto, io sono molto in dubbio se debba entrare in Parlamento, perché intendiamoci bene: rappresentanza di minoranze sì – ed io qui sono una rappresentanza di minoranze e parlo come minoranza – ma rappresentanza di minoranze qualificate; perché se vogliamo raggiungere frazionamenti fino all’individuo, allora ciascuno di noi è minoranza e potrebbe reclamare la sua rappresentanza.

In secondo luogo, un’altra osservazione si può fare: che cosa faremo se alla lista nazionale venissero più quozienti dei candidati eletti nelle circoscrizioni che in essa siano compresi? Questa è un’obiezione matematica la quale non regge alla pratica; obiezione che dimostra una seconda moralizzazione della lista nazionale, perché costringerà i partiti a mettere in lista nazionale non i raccomandati di Tizio o di Caio, o i figli di papà, ma coloro che abbiano già indicazioni e sicurezza nel corpo elettorale. Io credo che la lista nazionale, triste malattia entrata nel sistema elettorale italiano, che la partitocrazia ha imposto per combattere la democrazia, esclusivamente nella legge elettorale italiana, possa essere sanata e moralizzata con questo imperativo: mettervi solo coloro di cui si è convinti che possano avere veramente i suffragi popolari.

Insisto quindi perché questo emendamento venga accolto. Ne guadagnerà la consapevolezza dei partiti, ne guadagnerà il prestigio del Parlamento, ne guadagnerà la democrazia che è fatta di rispetto delle sue regole e che nella lista nazionale vede un altro tentativo con cui la parademocrazia dei partiti, organizzati anche contro la democrazia, cerca di trovare la via di inficiarne il funzionamento onesto, corretto, semplice e morale. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Giannini ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sostituire il terzo comma dell’articolo 15, col seguente:

«Non risulteranno eletti, né saranno proclamati, quei candidati inclusi nella lista nazionale che non siano stati eletti almeno in una circoscrizione».

«Al quarto comma dell’articolo 15, alle parole: tre liste, sostituire le parole: cinque liste».

L’onorevole Giannini non è presente.

COLITTO. Li faccio miei e rinuncio a svolgerli, tanto più che il primo è assai simile a quello testé svolto dall’onorevole Lucifero.

PRESIDENTE. L’onorevole Tumminelli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma dell’articolo 15, col seguente:

«Nel Collegio unico nazionale possono essere eletti i candidati delle liste circoscrizionali che non risultino eletti nella circoscrizione e abbiano riportato il maggior numero di voti preferenziali».

Non essendo egli presente, si intende che rabbia rinunziato a svolgerlo.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno ha presentato il seguente emendamento:

«Alla fine del quinto comma dell’articolo 16, sono aggiunte le parole: e la sua sottoscrizione è nulla».

Ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Il mio emendamento riguarda l’articolo 16 e tende a colmare una lacuna della legge. Invero nell’articolo 16 si stabilisce che «Nessun elettore può sottoscrivere più di una lista di candidati. Il colpevole è punito con la reclusione sino a tre mesi e con la multa sino a lire 10.000». Ma non si dice nulla circa la sorte delle sue sottoscrizioni, se restino valide o siano nulle, come dovrebbe essere. Perciò propongo che si stabilisca espressamente che le sue sottoscrizioni siano nulle.

PRESIDENTE. Seguono gli emendamenti dell’onorevole Grilli, del seguente tenore:

«Al settimo comma dell’articolo 16, sopprimere le parole: e collegarsi col Collegio unico nazionale».

«All’ottavo comma, sopprimere le parole: e a presentare eventualmente la lista dei candidati al Collegio unico nazionale per la utilizzazione dei voti residuali».

Ha facoltà di svolgerli.

GRILLI, Relatore per la minoranza. In seguito alla votazione sul collegio unico nazionale gli emendamenti sono decaduti.

Vorrei dire una parola soltanto sull’emendamento Lucifero. Io sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Lucifero nelle critiche alla lista nazionale, ma, disgraziatamente, queste critiche ormai costituiscono soltanto un elogio funebre al mio emendamento, che è morto ieri mattina.

Era tale la mia speranza che la lista nazionale morisse, che non mi posso assuefare ancora all’idea che sia viva. Però, l’emendamento proposto dall’onorevole Lucifero porterebbe ad un grave inconveniente, danneggerebbe i piccoli partiti, e, badate, non i piccolissimi soltanto, ma anche certi partiti che pur avendo in Italia quasi un milione di voti non riuscissero a raggiungere un quoziente in nessuna circoscrizione. Io vi faccio l’esempio del Partito d’azione che ha portato alla Camera sette deputati per mezzo del collegio unico nazionale.

Il Partito d’azione non ha ottenuto un quoziente in nessuna delle circoscrizioni, ma in tutta Italia ha avuto 600-700.000 voti.

UBERTI. Trecentomila.

GRILLI, Relatore per la minoranza. Siccome il quoziente più basso è stato quello di Catanzaro di 30.000 voti, voi potete supporre anche che un partito abbia 26-27-28-29.000 voti per ogni circoscrizione e non riesca a raggiungere un quoziente, mentre in tutta Italia potrebbe raggiungere 700-800.000 voti. Ora, un partito che ha 700-800.000 elettori ha ben diritto di avere qui la sua rappresentanza, altrimenti non si rispetta più il principio della rappresentanza delle minoranze. Ed allora, correggiamo la lista nazionale, cerchiamo di renderla più piccola che sia possibile. Ma, col sistema proposto dall’onorevole Lucifero non si rimedia nulla e la lista nazionale diventerebbe soltanto un aiuto per i grandi partiti, mentre costituirebbe la morte dei piccoli partiti. Nell’interesse dei piccoli partiti, e ieri mi si è detto che anche il mio è un piccolissimo partito, nell’interesse dei piccoli partiti sono contrario all’emendamento Lucifero.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere l’avviso della Commissione sopra gli emendamenti.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Circa l’emendamento Rescigno, la Commissione non avrebbe nessuna difficoltà ad accettarlo. È esatto l’emendamento dell’onorevole Rescigno in quanto, la legge del 1946, dopo aver stabilito che non si possono sottoscrivere più liste di una stessa circoscrizione, e chi le sottoscrive cade sotto la sanzione penale di 10 mila lire di multa, non dice poi, come giustamente ha osservato l’onorevole Rescigno, che valore abbia la sottoscrizione che è, direi così, colpevole, come un abuso di sottoscrizione. Quindi, appare giusto l’emendamento dell’onorevole Rescigno e la Commissione non avrebbe difficoltà ad accettarlo.

BUBBIO. Ma se l’elettore non sa che ha sottoscritto più liste?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Per evitare ogni inconveniente sarà consigliabile di non attenersi ai limiti ristretti indicati dalla legge circa il numero minimo dei presentatori di lista. Basterà far sottoscrivere le presentazioni da più di 500 elettori.

Per quanto si riferisce all’emendamento dell’onorevole Lucifero, devo far presente all’Assemblea che egli non ha fatto altro che riecheggiare qui le resistenze che egli già fece in sede di Consulta nazionale, quando si trattò della lista nazionale.

Ora, la Commissione della Consulta non propose che colui che è in lista nazionale debba per obbligo essere iscritto candidato in una circoscrizione: fu il Consiglio dei Ministri che propose questa inserzione…

LUCIFERO. La proposi io.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Ma non fu accolta dalla Consulta.

LUCIFERO. Ma era nella legge.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Era nella legge, ma vi fu messa dal Consiglio dei Ministri.

A parte questo e la giustissima osservazione dell’onorevole Grilli, credo che si debba tener presente tutto il congegno che fa capo al Collegio unico nazionale ad alla lista nazionale.

L’onorevole Lucifero ha detto che si vien meno alla Costituzione. Ora, io penso che l’onorevole Lucifero prescinda dal sistema elettorale proporzionale. Nel sistema elettorale proporzionale si vota una lista e non un nome. Poi si è aggiunto il congegno delle preferenze; ma questa aggiunta della preferenza non ha alcuna influenza sul valore dei voti ottenuti dalla lista: il valore della lista è determinato dai voti sul contrassegno, cioè dal voto di lista.

Ora, l’elettore non vota solo la lista per i candidati che trova nella lista della sua circoscrizione. La legge ha stabilito un insieme di misure perché venga a notizia dell’elettore che mentre dà il voto di lista, egli vota non solo per la lista della sua circoscrizione e può dare preferenza ad alcuni candidati della stessa lista, ma vota anche per la lista nazionale dello stesso contrassegno, collegata con la lista circoscrizionale. Della lista nazionale si dà notizia a tutti per mezzo della Gazzetta Ufficiale; e nelle sale elettorali è affissa, oltre alla lista circoscrizionale, anche ogni lista nazionale.

Per quanto si riferisce al voto di preferenza, il voto di preferenza è esclusivamente ammesso per la lista circoscrizionale. Ma per la lista nazionale la legge ha stabilito che non vi è preferenza, vale a dire che si tratta di una scheda rigida.

Ora, non mi pare che si possa sostenere che queste disposizioni offendano il principio costituzionale che il voto deve essere personale o diretto.

No, non va contro alle disposizione della Costituzione, perché l’elettore esprime il suo personale divisamento sulla lista circoscrizionale votando prima di tutto il contrassegno e scegliendo, o non scegliendo anche uno o più candidati. Se fosse esatta l’eccezione dell’onorevole Lucifero si dovrebbe concludere che il sistema proporzionale sarebbe contrario alla norma costituzionale, mentre invece l’Assemblea Costituente ha ritenuto, con un suo ordine del giorno, che alla elezione della Camera dei deputati si debba applicare il sistema proporzionale.

Si tratti di sistema proporzionale o di sistema uninominale il voto è sempre personale cioè è l’elettore che lo esprime in persona: se vota una lista o vota un nome singolo il voto è sempre «personale».

L’onorevole Lucifero ha qui ripetuto l’appunto che fu eccepito in sede di Consulta nazionale dal consultore Rizzo, che il voto non sia diretto. Ma è anche questo un errore di interpretazione sul significato della parola «diretto».

Quando si parla di voto diretto, si intende dire che l’elettore deve esprimere definitivamente lui solo la sua scelta. Orbene, il voto che si dà nel sistema proporzionale, sia esso a scheda rigida o a scheda con le preferenze, è sempre un voto diretto dato dall’elettore. Non trovo, quindi, come si possa parlare di voto indiretto. Di voto indiretto si può parlare soltanto nel caso in cui gli elettori siano chiamati a scegliere determinate persone incaricate di esprimere esse il voto definitivo. Questo soltanto può definirsi voto indiretto.

Pertanto, le obiezioni sollevate dall’onorevole Lucifero non hanno alcuna seria consistenza e non possono essere prese in considerazione. L’onorevole Lucifero non vuole poi riconoscere i partiti, ed io sono semplicemente meravigliato che tale misconoscimento ci venga proprio da lui, che è oggi il valoroso segretario del Partito liberale italiano.

Io non comprendo, francamente, come egli possa assumere un atteggiamento contro i partiti, perché in fondo il suo atteggiamento offende – permettetemi se credo di poter parlare così – offende, dicevo, l’interesse del suo stesso Partito: offende l’interesse del suo Partito più che dei grandi partiti, perché il sistema dei resti favorisce essenzialmente i piccoli e medi partiti più che i grandi; e ciò è stato, infatti, lo scopo fondamentale per cui noi abbiamo accettato questa forma di utilizzazione dei resti.

Ho detto che non favorisce certo i grandi partiti. Voi potete, infatti, pensare che il Partito comunista, il Partito socialista, allora unificato, e il Partito democristiano che hanno raccolto sul loro contrassegno le più vaste espressioni della consultazione popolare del 2 giugno 1946, non avrebbero sofferto gran che nella grande cifra della loro rappresentanza, ove fosse mancato questo sistema dei resti.

I medî partiti invece – e ve ne sono ed io mi auguro che crescano non di numero ma di consistenza, specialmente a destra ed a sinistra – i medî ed i piccoli partiti, dunque, si sono giovati del sistema dei resti. Soprattutto i piccoli partiti se ne sono giovati, i piccoli partiti che avevano una qualche significazione politica.

Onorevoli colleghi, partiti medî e piccoli hanno tutto l’interesse a mantenere la lista nazionale per l’utilizzazione dei resti. Se alcuni di voi non si persuadono di questo constatando i risultati elettorali del 2 giugno 1946, ciò dipende evidentemente da una pregiudiziale astratta che nega tutto ciò che proviene dal sistema proporzionale.

Ma la proposta più grave dell’onorevole Lucifero è quella che non siano eletti nella lista nazionale coloro che non sono già stati eletti in una lista circoscrizionale. L’onorevole Lucifero ha il dono di essere costantemente coerente con le sue premesse e con certi suoi determinati principi di carattere politico – lo riconosco apertamente. Ma osservo all’onorevole Lucifero quanto segue: se la lista nazionale per l’utilizzazione dei resti deve contenere degli uomini di partito che abbiano già la sicurezza in partenza di riuscire eletti nelle circoscrizioni, uno dei fini viene a mancare. L’onorevole Lucifero non ignora che uno dei fini della lista nazionale è proprio quello di favorire elementi della vita dei partiti che meritano di sedere in un’Assemblea legislativa (Commenti) e che indipendentemente dalla loro volontà, non sono adatti a sostenere il satanico gioco delle preferenze che si svolge nell’interno di ogni lista. (Commenti a destra).

Ora, noi riteniamo che, pretendere che i candidati della lista nazionale siano riusciti già eletti nelle circoscrizioni, turbi completamente tutta l’euritmia del congegno, che fa capo al Collegio unico nazionale e alla lista nazionale.

Noi abbiamo voluto valorizzare non solo i partiti di minoranza, ma tutti i partiti che sostengono la lotta elettorale; e siccome sono i partiti che dirigono la lotta elettorale, noi riteniamo che i partiti abbiano anche la capacità di fare essi un vaglio degli uomini che possano esser utili alla loro attività nel campo parlamentare. E dobbiamo riconoscere, onorevoli colleghi, che la scelta dei partiti, a parte le incongruenze che vi possono sempre essere, non è certamente inferiore alla scelta che possono fare gli elettori.

Bisogna essere obiettivi e considerare tutti i lati del problema. In questa obiettività voi troverete, io penso, il conforto e l’appoggio per riconoscere che il sistema del Collegio unico nazionale con la lista nazionale rigida è il sistema che conviene maggiormente a tutti per realizzare in giusto modo l’utilizzazione dei resti. Non ho altro da dire.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si rimette all’Assemblea per quanto riguarda tutti gli emendamenti, ad eccezione di quello proposto dall’onorevole Rescigno.

Il Governo esprime l’avviso che l’emendamento dell’onorevole Rescigno non possa essere accolto per questi motivi: in base alle disposizioni attualmente vigenti, se un elettore sottoscrive due liste, la sua sottoscrizione è valida, ma l’autore di questa infrazione è punito con una pena pecuniaria.

Con l’emendamento dell’onorevole Rescigno si verrebbe ad annullare la sottoscrizione dell’elettore. Quale ne sarebbe la conseguenza? Una lista che avesse il minimo di elettori – 500 per esempio, vedendosi annullata una sola firma si vedrebbe preclusa la possibilità di agire sul terreno elettorale. Poco male, dite, questo! Ma bisognerebbe accettare l’ipotesi che un partito volontariamente abbia fatto sottoscrivere da un elettore la lista sapendo ch’egli abbia sottoscritto anche un’altra lista. Noi rovesceremmo su un partito o su un Comitato elettorale la responsabilità o la truffa o l’inganno che un elettore potrebbe commettere a danno di un altro partito. Direi di più: vi potrebbe essere anche un tentativo di frode fatto da un partito a danno di un altro, invitando a sottoscrivere la lista di un partito un elettore che abbia sottoscritto un’altra lista.

Ritengo che, data la gravità delle conseguenze che importerebbe questo fatto, l’emendamento dell’onorevole Rescigno non possa, non debba essere accolto, bastando la sanzione a carico dell’elettore di 10.000 lire di multa.

PRESIDENTE. Ricordo che gli onorevoli Martino Gaetano e Corbino hanno proposto il seguente emendamento:

«Al quarto comma dell’articolo, aggiungere:

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale sarà stabilito sulla base dei voti di preferenza ottenuti dai candidati nelle liste circoscrizionali».

Evidentemente questo emendamento deve riferirsi all’articolo 15.

L’onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

CORBINO. Mi pare che vi sia una questione che noi dovremmo risolvere in linea pregiudiziale votando su una delle proposte della Commissione.

La Commissione all’articolo 3-bis propone la soppressione del 3° comma dell’articolo 15. Ora questa questione coinvolge sia l’emendamento dell’onorevole Lucifero, sia tutti gli altri emendamenti che vogliono subordinare la designazione dei candidati da scegliere nella lista nazionale al fatto che siano o no iscritti nella lista circoscrizionale. Quindi potremmo cominciare da lì. Se decidessimo la soppressione del comma previsto dalla Commissione il nostro emendamento all’articolo 62 decaderebbe.

PRESIDENTE. Non credo che si possa votare per prima la proposta soppressiva della Commissione, perché vi sono altri colleghi che hanno fatto proposte positive, i quali cioè non intendono che manchi un 3° comma, ma desiderano un 3° comma diverso da quello in esame. Pertanto mi pare che si debbano porre prima in votazione le proposte positive. Ove queste non fossero accolte si porrà in votazione la proposta della Commissione, cioè che il 3° comma sia soppresso.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Devo dire due parole di risposta all’onorevole Fuschini che mi ha tirato in ballo anche, in un certo senso, come persona e come funzione. Io ho ammirato lo sforzo dell’onorevole Fuschini per dimostrare l’incostituzionalità non di alcune norme contenute nella legge, ma di tutto il sistema che si vuol mettere nella legge. E devo riconoscere che è riuscito a dimostrarlo molto bene. Ma io non vorrei allargare la discussione su tutto il sistema, e, quindi, non lo seguo su questo argomento. Dico soltanto che la Giunta delle elezioni della prossima Assemblea si accorgerà che cosa significa aver fatto questo. Non invalideranno tutto il sistema, ma determinate norme, e questa norma sì. E faccio notare all’onorevole Fuschini che questa Assemblea, come tutte le precedenti Assemblee italiane che si sono occupate di questo problema, ha sempre respinto il concetto della lista rigida che lui oggi invoca per giustificare un preteso voto diretto di secondo grado che sarebbe dato alla lista nazionale. Noi non possiamo richiamarci a questo perché anche noi abbiamo rifiutato il concetto della lista rigida. Noi abbiamo riconosciuto ai cittadini il diritto di scegliersi loro i propri rappresentanti e non di farli scegliere dai partiti. E d’altra parte, quando un elettore in una circoscrizione vota una determinata lista, sa che di quella lista fanno parte quelle determinate persone quindi, vota per quelle determinate persone.

Lei, onorevole Fuschini, dice che io non voglio riconoscere la funzione di partito, e che questo è strano in un segretario di Partito; ed è proprio come segretario di Partito che io rispondo ed affermo che si deve lasciare la libertà di scelta al cittadino, perché lei non deve dimenticare che io sono segretario del Partito della libertà, cioè del Partito che dalla libertà prende il nome (Commenti – Interruzioni) e quindi deve tutelare la libertà dei cittadini. Questa è la nostra funzione. Noi rivendichiamo questa funzione di difendere la libertà del cittadino anche contro un nostro interesse quando riteniamo che questo sia un interesse nazionale. Ad ogni modo, io richiamo l’attenzione dell’Assemblea su questo emendamento. Lo stesso fatto che la sua discussione sia stata più lunga e più complessa di quella, forse molto più grave, che non ha avuto luogo questa mattina sul referendum sulla Costituzione, dimostra quanti interessi sono toccati da questo argomento. Ora io non credo che si possa sovrapporre la valutazione di una qualunque direzione di partito che, in un certo senso, è un ente pubblico e, in un certo senso è un’associazione privata, alla libera volontà del cittadino elettore. Io non ritengo che i partiti che, per disgrazia o per fortuna, raccolgono una piccola parte dei cittadini elettori, possano invadere il diritto dei numerosissimi elettori che non appartengono a nessun partito. E se in questo momento, come segretario di partito, io sostengo questa tesi, è anche per difendere i diritti di quei cittadini che approfittano di un diritto che ancora esiste e che, se continueremo di questo passo, finirà presto con l’essere negato agli italiani: il diritto di non associazione. (Applausi a destra).

PICCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. Io vorrei brevemente chiarire i motivi per i quali son contro l’emendamento Lucifero, e sono motivi che partono dal presupposto del riconoscimento effettivo, sostanziale della libertà dei cittadini. Io dovrei contestare con molta cortesia la qualifica che l’onorevole Lucifero si è assunta di segretario del partito della libertà. Direi che ha ampliato a tal segno la propria funzione da dissolverla interamente per il fatto che la libertà non è più il patrimonio di uno o di un altro partito, ma di molti partiti. Fra questi pongo in prima linea il mio. Detto questo, io vorrei fare delle osservazioni di carattere pratico sul concetto ispiratore e sulla pratica conseguenza dell’eventuale applicazione del concetto contenuto nell’emendamento Lucifero. Il criterio un po’ abusato e un po’ logoro della partitocrazia mi pare non abbia più un corso difendibile, un corso valido, poiché nella vita politica moderna democratica il partito ha una sua funzione insostituibile; e dunque alla (se si può dire una parola barbara) personalitocrazia io preferisco sempre la partitocrazia: cioè, alla vita politica affidata alla discrezione o all’arbitrio di due o tre o più personalità, che possono sembrare anche eccelse, preferisco sempre la vita politica in senso democratico affidata al controllo di associazioni, di formazioni responsabili di carattere politico che organizzano le vaste masse popolari, chiamate ad assumere la maggiore responsabilità in uno o in un altro indirizzo politico.

Questo è il significato della distinzione – l’abbiamo detto più volte – fra la concezione liberale e la concezione democratica. Ma non è poi la partitocrazia intesa nel senso, direi, volgare con il quale si spaccia comunemente. Perché se si vuole arrivare fino in fondo, io dirò che nell’applicazione della proporzionale, così come è prevista, il partito non ha una funzione determinante, decisiva, tale da non consentire più applicazione alcuna allo schema astratto del rispetto dalla libertà individuale di tizio o di Caio. Praticamente, come si dimostra questo? Basta guardare un po’ le cifre delle ultime elezioni del 2 giugno. Io mi riferisco, perché li conosco più da vicino, ai collegi elettorali della Toscana, che ritengo fra l’altro una regione – dal punto di vista politico – giunta ad un livello di maturità notevole. Che cosa è avvenuto?

Che i partiti, cioè la cosiddetta partitocrazia, hanno offerto agli elettori le varie liste messe in votazione in ciascun collegio. E gli elettori come hanno reagito di fronte a questa presa di posizione di ciascun partito? Ve lo dico subito, per dire a che cosa si restringe questo rispetto così esclusivo ed astratto della libertà individuale.

Nel collegio di Firenze e Pistoia vi è stato il Partito comunista, ad esempio, che ha riportato voti di lista 247.798: le preferenze, sono state esercitate da un massimo di 19.000 elettori. Ciò, significa che la volontà individuale dell’elettore per la scelta del candidato si sono esercitate su 19 mila voti; il massimo riportato dal collega onorevole Negarville. Così per gli altri partiti; e così per gli altri due collegi della Toscana.

Che cosa vuol dire questo? Che noi siamo arrivati fortunatamente a questo punto di sviluppo del costume politico nazionale: vuol dire che i cittadini elettori si indirizzano non in funzione dell’una o dell’altra personalità. E qui il discorso diventerebbe assai più interessante e significativo se si portasse l’analisi fino a vedere come gli elettori hanno reagito nei confronti delle maggiori, o presunte tali, personalità del mondo politico italiano.

Hanno reagito nel senso di approfittare di questo diritto, toccare il quale, si vuol dire sarebbe una lesione addirittura intollerabile della sua facoltà di scelta del candidato, lasciando che su 247 mila elettori soltanto 19 mila facessero uso di questo diritto. E gli altri 220 mila come si sono comportati? Hanno seguito il partito, quello che il partito ha stabilito nell’ordine della lista. Quelli che non danno voti di preferenza vuol dire che implicitamente si affidano a quello che ha fatto il partito nella determinazione dell’ordine della lista.

Questo dimostra chiaramente (bisognerebbe stendere l’analisi a tutti i colleghi) che la enorme maggioranza degli elettori non si orienta più – questo è segno di alta civiltà politica e democratica – nei confronti dell’uno o dell’altra personalità, ma si orienta, fortunatamente, nei confronti dell’una o dell’altra direttiva politica, impersonata in partiti responsabili, che formano la lista e la offrono ai propri elettori. Se questo avviene nella circoscrizione territoriale, là dove il diritto ad esercitare la preferenza è molto esteso, non c’è proprio da stracciarsi le vesti per lo sdegno o per lo scandalo, se i partiti – che non sono formazioni improvvisate o interessate di tizio e di Caio, ma formazioni cui sono affidate le sorti, in definitiva, dell’avvenire politico, economico e sociale del Paese – se i partiti, dicevo, i quali hanno questa responsabilità, ad un certo momento dicono agli elettori voi siete liberi di scegliere nella vostra circoscrizione; ma guardate bene, se residuano dei resti nella vostra circoscrizione, essi vengono ammassati al centro e potranno servire ad eleggere deputati in quest’ordine. Questi deputati, fino a prova contraria, sono quasi sempre personalità di partito, che rientrano in una valutazione di quelle personalità che stanno tanto a cuore agli amici liberali.

Ma ha ripugnato forse al Corpo elettorale l’esperimento, che è stato fatto il 2 giugno? Mi sia consentito dire: no; se mai hanno riluttato un po’ ad esso solo alcuni candidati, che si sono visti estromessi, attraverso questa forma, da quest’Aula. C’è forse stato scandalo nel Paese o uno stato d’animo così accorato da dire: non fate la lista nazionale, perché questo pregiudicherebbe le sorti dell’avvenire politico del Paese? Questo mi sembra assolutamente eccessivo.

Aggiungo che l’applicazione pratica dell’emendamento Lucifero porterebbe a questa altra contradizione. Siccome egli prevede, per salvare quel tale principio, di cui ho parlato, che, per essere eletto nella lista nazionale, il candidato deve essere eletto anche in una circoscrizione, e l’eletto nella circoscrizione territoriale è necessariamente obbligato a prender posto nella lista nazionale, questi lascia il posto vacante nella lista circoscrizionale a chi viene dopo; ora, con gli scherzi fatti col gioco di queste preferenze, tanto laudate e tanto celebrate, può accadere, come è accaduto in alcuni Collegi, che da un massimo di quaranta mila o venti mila preferenze, riportate dal candidato, che dovrebbe prender posto nella lista nazionale, si può scendere comodamente a 2000 o a 1800 preferenze, per gli ultimi candidati, quelli che hanno diritto ad entrare, secondo l’ordine del risultato elettorale, la quale cosa non salvaguarda minimamente questo supremo interesse morale e politico del cittadino elettore e produrrebbe, presso a poco, lo stesso scandalo che ha prodotto in qualche raro caso la lista nazionale, di veder sedere in Parlamento un candidato che nella lista circoscrizionale può aver riportato appena due o tremila preferenze nei confronti di chi ne ha riportate trenta o quarantamila. Per questo io sono contro l’emendamento presentato dall’onorevole Lucifero ed aggiungo, a quanto è stato detto dall’onorevole Fuschini, che quando si parla di utilizzazione dei resti in sede nazionale bisogna accettare la lista nazionale, e non industriarsi a modificarla con congegni o con mezzi i quali danno luogo a squilibri ed a concezioni che fanno a pugni con la logica, con l’interesse degli elettori e dei partiti, e, in definitiva, con l’interesse del Paese, inteso come espressione democratica nazionale.

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’articolo 3-bis dagli onorevoli Badini Confalonieri, Caso, Bertola, Bovetti, Morelli Renato, Quarello, Vicentini, Villabruna, Cortese Guido, Geuna, Froggio, Bellavista, Colombo Emilio, Pastore Giulio, Titomanlio Vittoria.

«Non possono utilizzare i resti in lista nazionale i partiti che non abbiano raggiunto il quoziente in almeno cinque Collegi territoriali».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Mi sembra che questo emendamento debba essere preso in esame in sede di discussione dell’articolo 62.

BADINI CONFALONIERI. Mi rimetto alla Commissione per la collocazione.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Martino Gaetano ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo e il terzo comma dell’articolo 15 coi seguenti:

«La lista nazionale è composta dei candidati di tutte le liste circoscrizionali aventi il medesimo contrassegno.

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale è stabilito dopo le elezioni, sulla base dei voti preferenziali riportati da ognuno di essi nella lista circoscrizionale».

L’onorevole Martino Gaetano ha facoltà di svolgerlo.

MARTINO GAETANO. Onorevoli colleghi, quando io illustrai il mio ordine del giorno, tendente ad escludere la formazione del Collegio unico nazionale al fine dell’utilizzazione dei resti, io ritenni di dover porre la questione su un terreno strettamente costituzionale. Volli evitare ogni considerazione di ordine morale, come quelle che sono state fatte poc’anzi in quest’Aula, perché mi pareva che nessuno fosse qui dentro il quale volesse sostenere il diritto dei partiti di eleggere al Parlamento deputati che non fossero eletti direttamente dagli elettori.

PICCIONI. Li eleggono gli elettori, non i partiti!

MARTINO GAETANO. Questo mi pareva. Quindi non feci alcuna menzione dell’interesse dei partiti o dell’interesse dei piccoli partiti in contrasto con i grandi, come ha fatto testé l’onorevole Fuschini, e poi, dopo di lui, anche l’onorevole Piccioni.

Orbene, io desidero restare nell’ordine di idee nel quale mi trovavo quando illustrai quel mio ordine del giorno. Non è qui il caso di discutere, in nessun modo, la possibilità che i deputati vengano eletti da altri che non siano gli elettori.

PICCIONI. Sono sempre gli elettori che li eleggono.

MARTINO GAETANO. Noi dobbiamo fare in modo che praticamente siano sempre gli elettori ad eleggere i deputati, così come vuole l’onorevole Piccioni. Ora, col sistema che noi adoperammo per le elezioni dell’Assemblea Costituente il 2 giugno 1946, accade che non tutti i deputati vengano eletti, in effetti, dagli elettori. Questo noi dobbiamo assolutamente evitarlo, e non solo per quelle considerazioni di ordine morale che si possono fare e che sono state fatte, ma soprattutto per considerazioni, ripeto, di ordine costituzionale. Noi, signori miei, abbiamo fatto una Costituzione. Noi abbiamo solennemente dichiarato che non vogliamo nemmeno correre il pericolo che questa Costituzione sia violata, ed a questo scopo abbiamo creato un organo giurisdizionale, che si chiama la Corte costituzionale. Vogliamo noi scientemente, deliberatamente, violarla fin d’ora questa Costituzione, prima ancora che la Corte costituzionale sia istituita? Questo io vi domando. Se voi non vi siete accorti che il sistema elettorale che avete escogitato…

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. È il sistema proporzionale.

MARTINO GAETANO. …importa una aperta violazione dell’ordinamento costituzionale, cercate, vi prego, di prestare attenzione alle sommesse considerazioni colle quali appunto mi propongo di illustrare questo punto.

PICCIONI. Questa è una eresia giuridica e politica.

MARTINO GAETANO. Insisto: io prego l’onorevole Piccioni di prestare ascolto alle mie modeste parole, dopo di che sono convinto che egli si persuaderà che non dico eresie.

Che cosa abbiamo stabilito nella Costituzione a proposito dell’elezione dei rappresentanti del popolo, deputati e senatori? Noi abbiamo stabilito che essi saranno eletti con suffragio universale diretto sulla base, rispettivamente, di un deputato ogni 80 mila abitanti e di un senatore ogni 200 mila abitanti. Ora, l’onorevole Fuschini ha testé ricordato un caso di suffragio indiretto, l’elezione di secondo grado; ma, vi sono degli altri casi di suffragio indiretto, ed uno è appunto questo in esame: l’elezione dei deputati attraverso la lista nazionale avviene in modo indiretto. Prima osservazione.

PICCIONI. Non è vero.

MARTINO GAETANO. Non è vero?

PICCIONI. Dimostreremo poi, il perché.

MARTINO GAETANO. Quando, ad esempio, l’onorevole tizio è un deputato eletto nella lista nazionale e non ha riportato voti sufficienti nella sua lista circoscrizionale per essere eletto, o peggio non è stato nemmeno candidato in una lista circoscrizionale, non si può pretendere di sostenere che egli sia stato eletto direttamente dagli elettori. È eletto dagli elettori, ma con voto indiretto: è una forma di elezione indiretta.

Seconda osservazione: Noi abbiamo sanzionato nella Costituzione che il corpo elettorale ha il diritto di scegliere un deputato ogni 80 mila abitanti. Quando noi ora stabiliamo con questo sistema elettorale che nelle singole circoscrizioni venga eletto un numero di deputati inferiore a questo che è stabilito nella Costituzione, cioè, ripeto, uno ogni ottanta mila abitanti – supponiamo: in una circoscrizione nella quale dovrebbero essere eletti 22 deputati, ne sono eletti in realtà 20 o 18 – noi abbiamo violato la Costituzione. Infatti, non avviene più l’elezione diretta di un deputato in ragione di 80 mila abitanti, ma in verità gli elettori eleggono i propri rappresentanti in proporzione diversa. (Interruzione del deputato Minio).

Ora, questa violazione dell’ordinamento costituzionale noi la dobbiamo evitare. Noi avremmo potuto evitarla sopprimendo il Collegio unico nazionale; non l’abbiamo fatto.

Il Collegio unico nazionale è caro al cuore degli italiani – credo che l’Italia sia il solo Paese dove esiste qualche cosa di simile – perché è ormai nelle nostre tradizioni. Fu introdotto nel 1923 dal fascismo, fu consolidato ed esteso nel 1928 dal fascismo; fu poi riprodotto, sotto altra forma, dalla Consulta. Quando c’era un partito unico, i rappresentanti del popolo erano i rappresentanti dell’unico partito. Allora non esistevano tanti partiti, tante direzioni di partiti, tanti parlamentini di partiti: esisteva il gran consiglio del fascismo. Nella legge del 1946 non si parla di gran consiglio del fascismo: i tempi sono cambiati. Ma tuttavia il Collegio unico nazionale resta nel cuore degli italiani.

PICCIONI. Però per forzare la tesi fino a giungere al paragone col gran consiglio del fascismo ci vuole del coraggio! (Commenti).

MARTINO GAETANO. Onorevole Piccioni, questo paragone non è paradossale perché nel 1923 che cosa accadeva praticamente? Quello che accade ora, se pure in misura diversa: che da una parte vi erano dei deputati eletti dal popolo e dall’altra deputati che non erano eletti direttamente dal popolo, ma erano eletti attraverso un particolare meccanismo elettorale: un meccanismo elettorale il quale consente di portare alla Camera persone non scelte dal popolo (Interruzione dell’onorevole Piccioni).

Il sistema era analogo. Comunque, per far piacere all’onorevole Piccioni io rinuncio volentieri a questo paragone. Non è questo che mi interessa. Ciò che mi interessa è affermare che, poiché abbiamo stabilito che un Collegio unico nazionale ci deve essere – e su questo non sono certo io che desidero tornare indietro – e poiché, d’altra parte, noi non vogliamo violare la Costituzione – è vero che non vogliamo questo, onorevole Piccioni?

PICCIONI. Almeno, direi.

MARTINO GAETANO. Noi dobbiamo escogitare un qualche artificio che consenta di mantenere il Collegio unico nazionale senza violare la Costituzione.

PICCIONI. Ho il dubbio che si sia già violata per i senatori; ma questo è un altro problema.

MARTINO GAETANO. Io non posso certamente insegnare a lei che perseverare nell’errore è diabolico. Ma qui non si tratta nemmeno di questo. Io posso agevolmente dimostrarle che in quel caso la Costituzione non è stata violata ed in questo caso, invece, essa viene violata. Perché in quel caso non sottraemmo niente a ciò che spetta per diritto di Costituzione al corpo elettorale (Interruzione del deputato Piccioni – Commenti). Il corpo elettorale eleggerà un senatore ogni 200 mila abitanti; noi abbiamo aggiunto una aliquota di senatori di diritto per la prima legislatura (Interruzione del deputato Russo Perez).

PRESIDENTE. La prego, resti alla Camera, non si interessi del Senato…

MARTINO GAETANO. Obbedisco all’onorevole Presidente e torno all’elezione della Camera.

Dicevo che quelli che come me, molti o pochi che siano in quest’Aula, desiderano non offrire questo scandalo al Paese di violare essi stessi la Costituzione, oggi che è stato già approvato il principio del Collegio unico nazionale, si devono preoccupare della ricerca di un artificio che consenta di mantenere il Collegio unico nazionale senza violare la Costituzione.

Ecco lo scopo dell’emendamento che io ho presentato.

Che cosa avviene col sistema da me proposto? Avviene che le direzioni dei Partiti non presentano candidature in quanto candidati sono tutti coloro che figurano nelle liste circoscrizionali, e che la scelta tra i candidati viene fatta dagli elettori, perché eletti sono in definitiva coloro che riportano un maggior numero di voti nelle liste circoscrizionali.

Detto questo, è pure spiegata la ragione dell’incomprensione verificatasi fra me e l’altro collega firmatario del mio precedente emendamento, onorevole Corbino. L’onorevole Corbino, infatti, non avendo subito rilevato che per il mio emendamento nella lista nazionale dovevano essere compresi tutti i candidati delle liste circoscrizionali aventi il medesimo contrassegno, riteneva che tutta la questione si limitasse all’ordine dei candidati nella lista, cioè, in pratica, che tutto si limitasse alla proclamazione degli eletti. Di conseguenza egli sosteneva che la discussione dovesse farsi in sede di articolo 62 e non di articolo 15. Io ritengo invece che la discussione si debba fare in questa sede (articolo 15), perché gli eletti, a parer mio, debbono tutti concorrere, nella misura del favore popolare di cui essi hanno potuto dimostrare di godere, alla scelta che avverrà nel Collegio unico nazionale. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Io non ho niente da dire, onorevole Presidente: la risposta si trova del resto in quanto ho già detto nella mia relazione circa la proposta dell’onorevole Marinaro.

PRESIDENTE. Domando ai presentatori dei vari emendamenti se li mantengano o meno. Onorevole Nobile?

NOBILE. Lo mantengo, modificando però il numero da 4 a 6.

PRESIDENTE. Onorevole Lucifero?

LUCIFERO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Onorevole Colitto, mantiene i due emendamenti dell’onorevole Giannini, che ha fatto propri?

COLITTO. Non insisto, onorevole Presidente, né sul primo né sul secondo.

PRESIDENTE. Non essendo presente l’onorevole Tumminelli, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Rescigno, mantiene il suo emendamento?

RESCIGNO. Non insisto.

PRESIDENTE. Onorevole Martino Gaetano?

MARTINO GAETANO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, occorre tener presente il testo dell’articolo 15 del decreto 10 marzo 1946 per rendersi conto del valore degli emendamenti che sono stati presentati e che ora dovranno essere votati. Il primo comma dell’articolo 15 di quel decreto legislativo è del seguente tenore:

«Le liste dei candidati per il Collegio unico nazionale devono essere presentate da non meno di dodici delegati effettivi di liste aventi lo stesso contrassegno che assumerà la lista per il Collegio unico nazionale».

L’onorevole Nobile propone che invece di 12 i presentatori debbano essere sei.

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Nobile, non accettata dalla Commissione.

(Non è approvata).

Passiamo all’emendamento degli onorevoli Lucifero e Condorelli, che propongono una modifica al terzo comma dell’articolo 15. Questo terzo comma è del seguente tenore:

«I candidati al Collegio unico nazionale devono essere compresi in almeno una lista circoscrizionale».

Gli onorevoli Lucifero e Condorelli hanno proposto di sostituirlo col seguente:

«Nessuno può essere candidato nel Collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale. Nessuno può essere eletto nel Collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Chiedo che questo emendamento sia votato per divisione.

PRESIDENTE. Sta bene.

MARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA. Mi associo alla richiesta dell’onorevole Uberti.

PRESIDENTE. Sta bene.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Il mio emendamento dovrebbe avere la precedenza su quello dell’onorevole Lucifero, perché riguarda anche il secondo comma dell’articolo.

PRESIDENTE. Allora, onorevoli colleghi, vi è l’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano, il quale abbraccia contemporaneamente il secondo ed il terzo comma dell’articolo 15; e pertanto esso deve essere votato per primo.

Il secondo comma dell’articolo 15 è del seguente tenore:

«Ciascuna lista per il collegio unico nazionale deve comprendere un numero di candidati non superiore al numero delle circoscrizioni».

L’onorevole Martino Gaetano ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo e il terzo comma dell’articolo 15 coi seguenti:

La lista nazionale è composta dei candidati di tutte le liste circoscrizionali aventi il medesimo contrassegno.

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale è stabilito dopo le elezioni, sulla base dei voti preferenziali riportati da ognuno di essi nella lista circoscrizionale».

MAZZA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZA. Mi pare che, per l’emendamento Martino, all’attuazione pratica si verificherà questo: che i candidati in una grande circoscrizione, poiché potranno più facilmente raccogliere voti di preferenza nei confronti dei candidati delle piccole circoscrizioni, saranno favoriti.

PRESIDENTE. Lei può avere tutte le ragioni, onorevole Mazza; ma lei ritorna all’esame del merito. Molti dei colleghi avranno probabilmente già pensato quello che pensa lei, ma non riapriamo la discussione.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io credo che anche l’emendamento dell’onorevole Martino si debba votare per divisione.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Corbino. Io penso che occorra votare prima la prima parte della formulazione dell’onorevole Martino e successivamente esaminare se votare prima l’emendamento Lucifero e poi la seconda parte dell’emendamento Martino o viceversa.

UBERTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Poiché l’emendamento dell’onorevole Martino in realtà è la negazione del voto dato precedentemente, pur senza sollevare la questione della preclusione, dichiaro che voteremo contro l’emendamento dell’onorevole Martino.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Onorevole Presidente, faccio presente che la Commissione ha proposto una modifica al 1° comma dell’articolo 15, che non è stata approvata ancora.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione la proposta della Commissione di elevare da 12 a 20 il numero dei delegati effettivi e di lista che devono presentare la lista dei candidati per il collegio unico nazionale con lo stesso contrassegno. La formulazione resta la seguente:

«Le liste dei candidati per il collegio unico nazionale devono essere presentate da non meno di 20 delegati effettivi di liste aventi lo stesso contrassegno che assumerà la lista per il collegio unico nazionale».

(È approvata).

Passiamo alla votazione della prima parte dell’emendamento Martino Gaetano:

«La lista nazionale è composta di candidati di tutte le liste circoscrizionali aventi lo stesso contrassegno».

MARTINO GAETANO. Domandiamo la votazione a scrutinio segreto.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Di fronte a una domanda di scrutinio segreto, io prego la Presidenza di prendere in considerazione il fatto che la proposta dell’onorevole Martino significa in sostanza abolizione della lista nazionale.

Una voce al centro. No.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Pertanto mi domando se può essere messa in votazione. Rimetto alla Presidenza il giudizio.

MARTINO GAETANO. Non è vero.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Ma come non è vero?

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. È così. Non l’ho detto fino adesso, ma sono costretto ora. Si fa dell’ostruzionismo!

PRESIDENTE. Io vorrei soltanto far osservare che l’eccezione di preclusione non deve essere sollevata come ritorsione ad una richiesta, che può anche apparire esagerata, di qualche collega. Bisogna considerare la proposta dell’onorevole Martino Gaetano in tutta la sua struttura interna. La proposta dell’onorevole Martino non sopprime di fatto una lista nazionale, ma la propone in determinati modi. Vorrei, tuttavia, pregare l’onorevole Martino Gaetano, che ha assistito alla discussione e conosce perfettamente l’atteggiamento della grande maggioranza dell’Assemblea, di considerare l’opportunità di insistere o meno sulla richiesta di votazione a scrutinio segreto.

MARTINO GAETANO. Onorevole Presidente, se il voto di ieri avesse rivelato una grande maggioranza, io non avrei certo presentato la richiesta di scrutinio segreto. La presento e la mantengo proprio perché il voto di ieri non ha rivelato maggioranza di sorta né per l’una né per l’altra tendenza.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Desidererei sapere come chiarimento che cosa rappresentano i venti presentatori della lista del collegio nazionale. Se la lista nazionale è rappresentata da tutti i candidati in tutte le circoscrizioni, questi venti presentatori che abbiamo votato poco fa che cosa rappresentano?

PRESIDENTE. Onorevole Fabbri, si può sempre da un punto di vista teorico supporre che vi siano gruppi politici, i quali, pur avendo liste circoscrizionali in. dieci e più circoscrizioni, non vogliono presentare una lista nazionale. Da un punto di vista pratico è un assurdo. Da un punto di vista teorico è pensabile. Quando l’onorevole Martino Gaetano fa la sua proposta che cosa intende significare? Che vi possono essere dei presentatori di liste circoscrizionali i quali non intendono poi presentare liste nazionali. Secondo l’onorevole Martino non deve esservi l’obbligo di presentare la lista nazionale per quei comitati i quali hanno presentato la lista in dieci circoscrizioni.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Se l’onorevole Martino non avesse fatto la sua ultima dichiarazione, noi potevamo, con relativa tranquillità, addivenire a questa votazione. Ma siccome l’onorevole Martino ci ha detto apertamente che egli chiede questa votazione in seguito al voto di ieri, che secondo lui non sarebbe stato chiaro, mi pare che vi sia la preclusione e che quindi non possiamo votare.

PRESIDENTE. Onorevole Togliatti, è evidente che la preclusione non può sorgere dai risultati del voto. La preclusione è nella materia del voto e non nel risultato del voto.

L’onorevole Martino ha voluto esporre una considerazione, che non racchiude altro che una sua speranza; ma il testo che egli ha presentato ci permette di passare a questa votazione. Domando se la richiesta di votazione a scrutinio segreto è appoggiata.

(È appoggiata).

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sulla prima parte dell’emendamento Martino. Invito il Segretario a fare la chiama.

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti     374

Maggioranza           188

Voti favorevoli        173

Voti contrari             201

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini – Basile – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bollato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benvenuti – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Bozzi – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Calosso – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Costa – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Crispo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – Donati – Dossetti – Dugoni.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Faccio – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foà – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

La Gravinese Nicola – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – Lettieri – Li Causi – Lombardi Carlo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Marazza – Marchesi – Mariani Enrico – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortaeti – Mùrdaca – Murgia – Musolino.

Nasi – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Gian Carlo – Pallastrelli – Paolucci – Paris – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pignatari – Pignedoli – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Priolo – Pucci.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Paolo – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Santi – Sapienza – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scoca – Scbccimarro – Scotti Francesco – Segni – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella.

Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Varvaro – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vilardi – Villabruna – Villani – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zuccarini.

Sono in congedo:

Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Gasparotto.

Jacini.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si tratta ora di esaminare l’emendamento proposto al terzo comma dell’articolo 15 dagli onorevoli Lucifero e Condorelli:

«Sostituire il terzo comma dell’articolo 15 col seguente:

«Nessuno può essere candidato nel collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale. Nessuno può essere eletto nel collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

Su questa proposta è stata chiesta la votazione per divisione. Penso che l’onorevole Lucifero e gli altri firmatari, che hanno chiesto la votazione a scrutinio segreto su questo emendamento, intendano riferirlo alla seconda parte.

LUCIFERO. Perfettamente. Vorrei dare però un chiarimento. La prima parte c’è per mantenere una continuità storica, diciamo così, dato che la seconda parte è già comprensiva della prima.

UBERTI. Non è comprensiva, è un’altra cosa.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, mi pare che l’osservazione dell’onorevole Lucifero sia valida, perché è evidente che se per essere eletti nel collegio unico nazionale occorre essere stati eletti in un collegio circoscrizionale, ciò significa che per essere in una lista nazionale bisogna essere anche in una lista circoscrizionale.

Pongo in votazione la prima parte dell’emendamento Lucifero-Condorelli sostitutivo del terzo comma dell’articolo 15:.

«Nessuno può essere candidato nel collegio unico nazionale se non è candidato in un collegio circoscrizionale».

(È approvata).

Sulla seconda parte dell’emendamento Lucifero è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto.

MATTARELLA. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Vorrei chiedere un chiarimento all’onorevole Lucifero. Potrebbe darsi il caso che nessuno dei candidati della lista nazionale venga eletto in sede circoscrizionale. E questo può aversi non nella sola ipotesi in cui nessun quoziente venga conquistato dalla rispettiva lista.

Ora, in un’ipotesi di questo genere, che è pure un’ipotesi limite da tener presente, che cosa avverrebbe?

PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero ha facoltà di rispondere.

LUCIFERO. Onorevole Mattarella, evidentemente lei non era presente quando ho svolto il mio emendamento.

MATTARELLA. Ero presente.

LUCIFERO. Io ho parlato proprio di questo e ho detto tranquillamente che queste ipotesi limite – e forse ipotesi oltre il limite – potrebbero essere risolte dai partiti, mettendo nella lista nazionale quelle personalità che veramente rappresentano qualche cosa nel Paese e che quindi avranno la sicurezza di essere elette e non un quidam de populo o de partito oppure de directione, che si voglia imporre senza l’approvazione del corpo elettorale.

MATTARELLA. Proprio perché ero presente, non credevo di poter accettare questa spiegazione dell’onorevole Lucifero, che può essere un suggerimento per le direzioni dei partiti, ma non è un rimedio giuridicamente valido all’inconveniente rilevato.

PRESIDENTE. Comunque, onorevoli colleghi, passiamo a questa votazione sulla seconda parte dell’emendamento Lucifero:

«Nessuno può essere eletto nel collegio unico nazionale se non è stato eletto in un collegio circoscrizionale».

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto.

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti                               362

Votanti                                361

Astenuto                 1

Maggioranza           181

Voti favorevoli        149

Voti contrari            212

(L’Assemblea non approva).

 

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini – Basile – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencinvenga – Benedetti – Benvenuti – Bernamont – Bernini Ferdinando – Bertola – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonino – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Enrico – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Costa – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – Donati – Dossetti – Dugoni.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Faccio – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Ferraresi – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Garlato – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Grassi – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

Laconi – La Gravinese Nicola – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Marazza – Mariani Enrico – Marina Mario – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzoni – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Negro – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pollastrini Elettra – Ponti – Preti – Priolo – Pucci.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Rubilli – Ruggieri Luigi – Ruini Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sapienza – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scoca – Scoccimarro – Scotti Francesco – Segni – Selvaggi – Sicignano – Siles – Silipo – Silone – Simonini– Spataro – Stampacchia – Stella.

Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Tri- marchi – Tripepi – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Varvaro – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vignai – Vigo – Villabruna – Villani – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotti – Zuccarini.

Si è astenuto:

Gullo Rocco.

Sono in congedo:

Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Gasparotto.

Jacini.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).

PRESIDENTE. Pongo in votazione la seconda parte dell’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano:

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale è stabilito, dopo l’elezione, sulla base dei voti preferenziali riportati da ciascuno di essi sulla lista circoscrizionale».

CIFALDI. Chiedo la votazione a scrutinio segreto. (Commenti).

PRESIDENTE. Siamo già in votazione e non posso accogliere la sua richiesta.

BADINI CONFALONIERI. Osservo che la domanda di scrutinio segreto doveva intendersi estesa a tutto l’emendamento Martino Gaetano.

MICCOLIS. Ricordo di aver presentato un emendamento identico a quello dell’onorevole Martino Gaetano.

PRESIDENTE. In questo momento votiamo l’emendamento Martino e, se sarà respinto, il voto costituirà preclusione per tutti gli emendamenti simili che saranno presentati, quindi, onorevole Miccolis, è pacifico che gli emendamenti che saranno respinti in sede di articolo 15, non potranno essere ripresentati.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Dichiaro di ritirare il mio emendamento.

CEVOLOTTO. Faccio mio l’emendamento e chiedo che lo si ponga in votazione.

PRESIDENTE. È stata chiesta la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano, ma poi è stata chiesta la votazione per divisione. Quando si vota per divisione, l’autonomia delle singole parti si afferma, e la richiesta di scrutinio segreto deve considerarsi, quindi, in relazione alla prima votazione. E l’abbiamo fatto. Poi abbiamo indetto la seconda votazione e solo dopo che era già incominciata è sorta l’idea dello scrutinio segreto anche su questa seconda parte.

Ma poiché eravamo già in votazione non posso accettare la richiesta di scrutinio segreto, che doveva essere presentata prima.

CIFALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIFALDI. Non è quella la questione che facciamo. È vero che sulla seconda parte dell’emendamento Martino non v’è domanda di scrutinio segreto, ma l’emendamento Martino è stato ritirato, e, quindi, non può essere posto in votazione. Se lei onorevole Presidente lo pone in votazione, perché l’onorevole Cevolotto l’ha fatto suo, allora, noi abbiamo il diritto di chiedere lo scrutinio segreto sull’emendamento Cevolotto.

PRESIDENTE. Se la questione è posta in questi termini, rispondo che, visto che l’onorevole Martino ha dichiarato di ritirare il suo emendamento dopo che già ne avevo indetta la votazione, la sua dichiarazione è inefficace, e pertanto è senza efficacia anche la attuale richiesta di scrutinio segreto.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Ho chiesto di parlare sull’interpretazione che lei ha dato alla norma del Regolamento. Ella sostiene che, votandosi per divisione, su di un emendamento, debba farsi la richiesta di una determinata procedura di votazione, volta per volta. Esprimo il mio dissenso da questa interpretazione. Quando si è presentato l’emendamento, e su di esso si è chiesta la votazione a scrutinio segreto, l’eventuale sdoppiamento dell’emendamento, nel caso di votazione per divisione, non importa – a mio avviso – la conseguenza che si debba rinnovare la richiesta della votazione per scrutinio segreto. La domanda si fa una sola volta.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Non quando si vota punto per punto un articolo o un emendamento.

CRISPO. Non c’è alcuna norma regolamentare che imponga, nel caso di votazione per divisione, di presentare una seconda domanda. La domanda si presenta una sola volta. Per ragioni di opportunità si può sdoppiare l’emendamento; ma la domanda si riferisce a tutto l’emendamento, epperò non si comprende perché essa debba ripetersi.

PRESIDENTE. Onorevole Crispo, le domande d’appello nominale o di scrutinio segreto si debbono presentare volta per volta, così come è sancito dall’articolo 97 del Regolamento,

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Ho presentato un emendamento identico nella forma e nella sostanza a quello dell’onorevole Martino, fatto proprio dall’onorevole Cevolotto. Aderisco a quell’emendamento, ritirando il mio e, poiché avevo già chiesto lo scrutinio segreto, vi insisto.

PRESIDENTE. Ma non v’è nessuna richiesta formale.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Lucifero?

LUCIFERO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Ha facoltà di parlare..

LUCIFERO. Signor Presidente, ella sa che io sono quanto lei geloso custode del Regolamento. (Commenti).

Mi permetto farle notare, signor Presidente, che quando ci si richiama al Regolamento, occorre tenerlo presente tutto.

Ora, l’articolo 104 stabilisce che, cominciata la votazione, non è più possibile dare la facoltà di parlare ad alcuno. Quindi, la votazione non era incominciata; se no, ella non avrebbe dato la facoltà di parlare ad alcuno. Sicché, si possono fare tutte le richieste.

PRESIDENTE. Io sono il geloso custode del Regolamento, ma loro ne sono i permanenti violatori; io spesso sono solo a difenderlo contro tutti loro. (Vivi, generali applausi).

Comunque, onorevole Lucifero, non si può negare che la votazione fosse stata già indetta.

Desidero, ora, soltanto precisare all’onorevole Miccolis che egli si richiamava al testo presentato stamani dall’onorevole Martino Gaetano, insieme con l’onorevole Corbino, dimenticando o, forse, ignorando che l’onorevole Martino ha sostituito la vecchia con una nuova formulazione. L’onorevole Miccolis riconosce nella formulazione abbandonata dall’onorevole Martino un testo analogo al suo e pertanto la dichiarazione da lui fatta poco fa, di aderire a questa formulazione, è da ritenersi come non fatta. La nuova formulazione è di esclusiva paternità dell’onorevole Martino Gaetano ed in quanto tale deve essere votata.

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Se mi consente, onorevole Presidente, vorrei fare una dichiarazione a titolo di chiarimento. Qui v’è stata un’offensiva contro la lista nazionale alla quale ho preso parte anch’io, ma siamo stati sconfitti e la lista nazionale ha prevalso ed è stata approvata. Posso anche dolermi di ciò, poiché sono uno degli sconfitti, ma sono convinto che, avendo l’Assemblea approvato la lista nazionale, tutti gli emendamenti ora presentati siano, se non letterariamente, per lo meno intenzionalmente in contrasto con il criterio della lista nazionale, in quanto tendono a modificarlo.

Una voce. È un correttivo.

GIANNINI. Non è un correttivo. Ripeto che io ho votato contro, in quanto non volevo la lista nazionale, ma se si pongono in votazione degli emendamenti che possono dare alla lista nazionale o un automatismo di formazione, o un automatismo di graduatoria, si viene sempre a vulnerare quel principio, immorale se si vuole, ma sul quale riposa la lista nazionale così come è stata voluta dall’Assemblea. Quindi esprimo un dubbio, non affermo una certezza, sulla legalità della messa in votazione di emendamenti che si troverebbero in contraddizione con quanto stabilito dall’Assemblea.

PRESIDENTE. Le sono grato, onorevole Giannini, di questa chiarificazione, perché vorrei che essa servisse almeno a questo scopo: a convincere i colleghi, i quali pur vogliono correggere la lista nazionale con questi vari emendamenti, a non accanirsi in questa azione ricorrendo a tutti gli appigli che offre loro il Regolamento.

Pongo, pertanto, ancora in votazione la seconda parte dell’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano, del seguente tenore:

«L’ordine dei candidati nella lista nazionale è stabilito dopo le elezioni sulla base dei voti preferenziali riportati da ognuno di essi nella lista circoscrizionale».

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Passiamo all’esame degli emendamenti proposti sopra l’articolo 3-ter.

L’emendamento soppressivo dell’articolo 17 proposto dall’onorevole Grilli è decaduto in seguito alla votazione di ieri mattina.

Segue l’emendamento degli onorevoli Adonnino, Salvatore, Bellato, Magrini, Trimarchi, Numeroso, Bonino, Borsellino, Ermini, Caristia e Nicotra Maria, del seguente tenore:

«È abrogato il n. 5°) dell’articolo 8, e sostituito dal seguente:

Le liste sono identificate soltanto mediante il contrassegno, eliminando qualsiasi numerazione che le accompagni».

Domando chi, fra i numerosi firmatari, desidera svolgerlo, in assenza dell’onorevole Adonnino.

NUMEROSO. Lo svolgo io.

PRESIDENTE. Sta bene. Ne ha facoltà.

NUMEROSO. La opportunità di questo emendamento risulta dagli inconvenienti che si sono verificati nelle ultime elezioni, allorché molti elettori hanno scambiato il numero della lista con quello del candidato. Non avrei difficoltà anche a modificare questo emendamento, nel senso di contrassegnare le liste con lettere alfabetiche, perché il solo scopo è quello, ripeto, di eliminare degli inconvenienti.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha la facoltà di esprimere il parere della Commissione.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione ha esaminato questo emendamento e, pur riconoscendo che alcuni degli inconvenienti denunciati si sono verificati, ha tuttavia constatato che, accettandolo, si creerebbero inconvenienti ancora maggiori di quelli che si vogliono eliminare, perciò la Commissione esprime parere contrario.

PRESIDENTE. Ed il Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo si associa alla Commissione.

PRESIDENTE. Chiedo al Relatore se la Commissione insiste nella sua proposta di articolo 3-ter, del seguente tenore:

«L’ultima parte del primo comma dell’articolo 17, dalle parole: e l’attestazione della cancelleria, ecc. è soppressa».

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. No; dopo l’approvazione della prima parte dell’emendamento Lucifero bisogna mantenere fermo tutto l’articolo 17.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo allora in votazione l’emendamento Adonnino-Numeroso testé letto.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Segue l’articolo 1-quinquies, proposto dagli onorevoli Paris, Gullo Rocco, La

Malfa, Corsi, Treves e Persico, del seguente tenore:

«Sopprimere il secondo e il terzo comma dell’articolo 42 del decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74».

Do lettura, per meglio chiarire la proposta, del secondo e terzo comma dell’articolo 42 del decreto legislativo 10 marzo 1946:

«Gli elettori che, per impedimento fisico evidente o validamente dimostrato all’ufficio, siano nell’impossibilità di votare, sono ammessi dal presidente a far esprimere il voto da un elettore di loro fiducia in loro presenza.

Il segretario indica nel verbale il motivo specifico dell’impedimento e il nome dell’elettore che ha assistito il votante».

In assenza dell’onorevole Paris ha facoltà di svolgerlo l’onorevole Gullo Rocco.

GULLO ROCCO. Questo emendamento porta come prima firma quella dell’onorevole Paris, e pertanto non posso disporne. Tuttavia ritiro la mia firma.

Con l’occasione ricordo che v’è un mio emendamento che potrebbe essere collocato sia in questa sede quanto in sede di articolo 62.

PRESIDENTE. Sta bene.

Prego gli altri firmatari di dichiarare se conservano o meno la loro firma all’emendamento.

TREVES. Ritiro la mia firma.

LA MALFA. Anch’io ritiro la firma.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO, Presidente della Commissione. La Commissione aveva accettato questo emendamento. Dichiaro pertanto che, se i firmatari lo ritirano, la Commissione lo fa suo.

PRESIDENTE. Sta bene. Lo pongo, pertanto, in votazione.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Signor Presidente, io avevo presentato tempestivamente – tanto che figura stampato nel fascicolo – un emendamento all’articolo 3-bis, emendamento che, in mia assenza, è stato dichiarato decaduto. Io effettivamente ero impegnato alla Commissione del teatro.

Il collega onorevole Tumminelli del mio Gruppo aveva accettato di far suo e di svolgere questo mio emendamento, tuttavia, quando è venuto in discussione, anch’egli era assente.

Si tratta di una proposta, a mio avviso, di una certa importanza; chiedo pertanto se sia consentito, anche in via eccezionale, di riproporlo per metterlo in votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Giannini, poiché non è stata fatta alcuna votazione che possa essere invocata come preclusiva nei confronti del suo emendamento e poiché la formulazione dell’articolo 15 del decreto del 1946 non è stata messa in causa, personalmente ritengo che, se non vi sono osservazioni in contrario, si possa aderire alla sua proposta.

Chiedo alla Commissione se si oppone.

SCOCCIMARRO. Presidente della Commissione. La Commissione non si oppone.

PRESIDENTE. Sta bene. L’emendamento Giannini è del seguente tenore:

«Al quarto comma dell’articolo 15, alle parole: tre liste, sostituire le altre: cinque liste».

L’onorevole Giannini ha facoltà di svolgerlo.

GIANNINI. Signor Presidente, questo mio emendamento mira ad offrire, così ai grandi come ai piccoli partiti, la possibilità, il vantaggio di portare da tre a cinque le circoscrizioni in cui un singolo candidato può presentarsi. Ciò allo scopo di far sì che candidati di gran nome, come Togliatti, De Gasperi…

Una voce. Giannini! Giannini!

GIANNINI. …e perché no? anche Giannini, possano aiutare i loro partiti presentandosi in più circoscrizioni.

Non v’è ragione per cui debba necessariamente limitarsi la presentazione in sole tre circoscrizioni.

Con questo mi sembra di avere esposto tutte le ragioni del mio emendamento, il quale è vantaggioso e non è dannoso in nessun modo, perché non recherebbe nessun intralcio e non comporterebbe nessun inconveniente.

PRESIDENTE. La Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere sull’emendamento dell’onorevole Giannini.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La Commissione non ha per conto proprio nessuna difficoltà ad accettare la proposta dell’onorevole Giannini; però si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. E il Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo si rimette all’Assemblea.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Dichiaro che voterò contro l’emendamento, ricordando che il principe Luigi Bonaparte è stato eletto in sette dipartimenti, e poco dopo v’è stato il colpo di Stato. (Commenti).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE, Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Voterò contro, perché l’emendamento dell’onorevole Giannini non è giusto. Se un candidato di grande nome – si è fatto l’esempio nientemeno che dell’onorevole De Gasperi – si porterà candidato in cinque circoscrizioni, guadagnerà probabilmente un quoziente per ogni collegio, con voti dati a lui personalmente, non al suo partito o alla sua lista e potrà cedere il posto al secondo della lista che si avvantaggerà così dei voti di lista non dati per lui, e che senza la presenza del primo eletto non avrebbe mai ottenuto.

GIANNINI. Sta bene, ma sono immediatamente seguenti!

CEVOLOTTO. La influenza personale che un grande nome esercita, e che dovrebbe poter esercitare in un solo collegio (e la legge gli consente di esercitarla in tre!) verrebbe estesa a cinque collegi. Mi pare troppo; credo che sia opportuno mantenere il precedente limite di tre.

CAPPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA. Sono contrario anche per i motivi addotti dal collega Rossi Paolo, perché in questo modo si potrebbero fare delle designazioni plebiscitarie.

Ma sono contrario anche per un’altra ragione, perché se noi consentiamo ad un candidato di essere eletto in cinque collegi andiamo contro l’interesse del partito che rappresenta, perché prima che la Giunta delle elezioni avrà convalidato l’elezione di questo candidato e quelle degli altri quattro che ne prendono il posto nei collegi cui deve rinunziare, passerà molto tempo, e intanto quel partito non potrà’ disporre alla Camera di quei quattro voti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Giannini, testé letta.

(Non è approvata).

Passiamo alle proposte di articolo 8-bis riguardanti modifiche all’articolo 57 del decreto. La Commissione aveva proposto il seguente testo:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: più uno, sono sostituite le altre: più due, e alle parole: più due, sono sostituite le altre: più tre».

L’onorevole Nobile a sua volta ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire il quarto e il quinto comma dell’articolo 57, con i seguenti:

«Le cifre elettorali servono di base all’assegnazione del numero dei deputati a ciascuna lista. Per questo effetto i presidenti degli uffici centrali circoscrizionali comunicano immediatamente le cifre elettorali della propria circoscrizione all’ufficio centrale nazionale costituito presso la Corte di cassazione, di cui al successivo articolo 62.

«Questo ufficio, ricevute dai vari uffici circoscrizionali le cifre elettorali, le somma insieme facendo così il computo della cifra elettorale nazionale. Indi, dividendo quest’ultima cifra per il numero totale dei deputati da eleggere aumentato di 30, calcola il quoziente elettorale nazionale. Tale quoziente viene dal presidente dell’ufficio centrale comunicato agli uffici centrali circoscrizionali.

«Gli uffici centrali circoscrizionali, conosciuto così il quoziente elettorale nazionale, attribuiranno ad ogni lista tanti rappresentanti, quante volte il quoziente stesso risulta contenuto nella cifra elettorale di ciascuna lista. I seggi che rimangono non assegnati verranno attribuiti al Collegio unico nazionale».

Ha facoltà di svolgerlo.

NOBILE. Onorevoli colleghi, il mio emendamento tende in qualche modo ad applicare meglio il sistema proporzionale che la Costituente ha votato per la Camera dei deputati.

Secondo questo sistema, i gruppi politici dovrebbero avere un numero di seggi proporzionale al numero totale dei voti che i gruppi riportano nelle elezioni.

Nelle elezioni della Costituente vi sono state divergenze notevoli in relazione a questo criterio, per cui è avvenuto che nove seggi che sarebbero spettati a certi gruppi politici sono andati a beneficio di altri gruppi politici.

Non occorre che io specifichi quali siano i gruppi politici che hanno perduto questi seggi a beneficio di altri: non ha importanza. Quello che ha importanza è il principio. Fatto è che nove seggi non sono andati secondo il concetto di proporzionalità ai partiti politici ai quali spettavano.

Ora la ragione principale di questo disguido è dovuta al fatto della grande variabilità del quoziente elettorale. Questo quoziente elettorale, in base al quale nelle singole circoscrizioni si attribuivano i seggi, è variato da un minimo di 30.638 nelle Calabrie fino ad un massimo di 45.078 nel collegio di Torino-Vercelli, senza contare il collegio nazionale, dove si è avuta, nientemeno, la cifra di 50.225. Questo vuol dire che 30 mila voti validi bastarono in Calabria per l’eilzione di un deputato, mentre a Torino occorse il 50 per cento di più, e per il collegio nazionale anche di più. Questa è la ragione principale della divergenza di proporzionalità tra il numero dei seggi attribuiti ed i voti riportati da ciascun gruppo politico.

Se si vuol attuare meglio il sistema proporzionale, se si vuole che i partiti – e questo interessa anche i piccoli partiti – abbiano la rappresentanza che loro competerebbe secondo il numero totale dei voti, il rimedio è semplice: occorre un quoziente unico nazionale.

A questo appunto tende la mia proposta. Secondo essa si stabilisce un quoziente unico nazionale invece di tanti quozienti circoscrizionali. Il procedimento è molto semplice: basta che l’ufficio centrale di Roma sommi tutti i voti validi degli elettori. Dividendo questo per il numero dei deputati da eleggere in tutta Italia si ottiene senz’altro il quoziente unico nazionale.

Se l’Assemblea intendesse perfezionare il sistema proporzionale, dovrebbe logicamente accettare il mio emendamento. Ma io dubito che ciò avverrà, perché mi rendo conto che il metodo da me suggerito avrebbe dovuto essere a fondo studiato. Per conseguenza non vi insisterei.

Una voce a destra. Perché? La proposta è interessante.

NOBILE. Sta bene. La mantengo allora.

In via subordinata propongo un altro emendamento all’articolo 57. E la subordinata consiste in una proposta che non è stampata, ma che è stata esibita alla Commissione e alla Presidenza della Camera, e che stabilisce in sostanza un perfezionamento del sistema attuale.

La mia subordinata è questa: secondo il sistema applicato nelle elezioni della Costituente, che è stato lievemente modificato dalla Commissione, per stabilire il quoziente circoscrizionale si divide il numero totale dei voti validi per numero dei seggi dei deputati da eleggersi aumentato di uno o di due a seconda che il numero dei deputati sia inferiore a venti o superiore a venti.

La Commissione allo scopo di ridurre il numero dei seggi del collegio unico nazionale propone di aumentare a due-tre il coefficiente di maggiorazione dei seggi. Ora questo è un criterio empirico il quale dà luogo a sperequazioni molto gravi nella pratica. Ho voluto fare delle applicazioni ed i risultati a cui sono pervenuto sono i seguenti: se si considera uno stesso numero di voti validi per ogni deputato da eleggere, in questi quattro collegi, Potenza, Genova, Bari e Milano, ad esempio 40.000, applicando i coefficienti due e tre suggeriti dalla Commissione, si giungerebbe a questi risultati: che a Potenza sarebbe eletto un deputato con un quoziente 32.000, a Genova un deputato con un quoziente 36.000, a Bari un deputato con un quoziente 37.200, a Milano un deputato con un quoziente 39.500. Come vedete vi è una differenza enorme. Pur essendo uguali i voti validi per ogni deputato da eleggere, è eletto un numero di deputati assai variabile.

Questo dimostra come sia irrazionale il vecchio sistema; con questo criterio arbitrario si ottengono risultati ben lontani dalla proporzionalità. Quindi propongo che invece di aumentare di due-tre si applichi una diminuzione proporzionale del quoziente ottenuto dividendo il numero dei voti validi nelle circoscrizioni per il numero dei deputati da eleggere. Avrei proposto il 12 per cento. Fatti i calcoli con questo coefficiente il numero dei seggi assegnati al collegio nazionale sarebbe ridotto di molto rispetto al numero attuale. Se l’Assemblea desidera che questo numero sia ridotto a non più di 40-50, dovrebbe approvare il coefficiente di riduzione del 12 per cento del quoziente; se invece la riduzione fosse solo del 10 per cento, allora si avrebbe un numero più alto, forse 70 od 80 prossimo a quello che si ebbe nelle elezioni della Costituente.

Questo in breve quello che ho proposto. Dunque, in linea principale l’adozione di un quoziente nazionale che è molto semplice ad applicarsi nella pratica; in linea subordinata propongo un miglioramento, sebbene non sostanziale, dell’articolo che stiamo esaminando.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Vorrei fare questa domanda all’onorevole Nobile, se cioè col sistema che egli propugna non si verifichi che le circoscrizioni, ove si ha un grande assenteismo da parte degli elettori, sottraggano deputati alle regioni dove invece v’è grande affluenza alle urne.

NOBILE. Chiedo di poter rispondere all’onorevole Fabbri.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Ha perfettamente ragione. Il quoziente alto significa quasi sempre una scarsa affluenza alle urne. Così avviene che i corpi elettorali pigri sono premiati e invece i corpi elettorali zelanti eleggono un minor numero di deputati. Questo si evita con la mia proposta principale. Con quella subordinata, la questione non ha alcuna importanza. L’osservazione dell’onorevole Fabbri è giusta, ma solo per la mia proposta principale, quella secondo cui si vorrebbe adottare un quoziente unico nazionale, ma con la subordinata mantengo il quoziente circoscrizionale, e quindi l’osservazione cade.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento che l’onorevole Perrone Capano ha proposto insieme con gli onorevoli De Martino, Selvaggi, Condorelli, Codacci Pisanelli e Monterisi:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: dei deputati a ciascuna lista. Per questo effetto, ecc., e sino alla fine dell’articolo, sostituire:

«Il numero complessivo dei voti riconosciuti validi in ciascuna circoscrizione va diviso per il numero dei deputati da eleggere aumentato di uno.

«I voti validi riportati da ciascuna lista elettorale vanno rispettivamente divisi per il quoziente di cui innanzi, ed il risultato di tale divisione rappresenta il numero dei deputati eletti in ciascuna lista.

«Se il numero dei seggi così attribuiti risulta inferiore al numero dei seggi assegnati alla circoscrizione, le divisioni di cui innanzi saranno fatte diminuendo il divisore, portandolo sino a quel numero, il più alto possibile, che consenta i quozienti i quali, sommati, formino il numero dei seggi assegnati a ciascuna circoscrizione».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERRONE CAPANO. Lo ritiro perché superato.

PRESIDENTE. Sta bene. Segue l’emendamento degli onorevoli Tambroni, Arcangeli, Marinelli, Fabriani, Zuccarini, Bocconi, Filippini, De Caro Gerardo, Turco, Ciccolungo, Stella, Mastino Gesumino, Bovetti, Bulloni, Monterisi, Tozzi Condivi, Raimondi, Firrao, Galati, Manzini e De Martino:

«In relazione all’emendamento precedente, al quarto comma sostituire alle parole: Si divide il totale dei voti validi riportati da tutte le liste per il numero dei deputati da eleggere più uno, quando alla circoscrizione siano assegnati fino a venti deputati, o più due, quando alla circoscrizione siano assegnati oltre venti deputati, le seguenti: Si divide il totale dei voti validi riportati da tutte le liste per il numero dei deputati da eleggere più due, quando alla circoscrizione siano assegnati fino a 16 deputati; più tre, quando alla circoscrizione siano assegnati oltre 16 deputati».

Non essendo presenti i firmatari, s’intende che abbiano rinunciato a svolgerlo.

Segue l’emendamento degli onorevoli Donati, Rivera, Castelli Avolio, Morelli Renato, Lami Starnuti e Dugoni del seguente tenore:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: più uno e più due, sostituire sempre le parole: più tre».

L’onorevole Donati ha facoltà di svolgerlo.

DONATI. Il mio emendamento ha un duplice scopo.

Innanzitutto dal risultato della votazione, a favore e contro la lista nazionale, discende indubbiamente la tendenza a ridurre almeno la portata della lista nazionale. Anche se è preclusa la possibilità di modificarne il principio e le modalità di composizione, perché tutti gli emendamenti al riguardo sono stati respinti, rimane sempre aperta la possibilità di ridurre il numero dei seggi a disposizione della lista nazionale, lasciando quindi il maggior numero di posti possibile a disposizione delle circoscrizioni. Ed in questo senso, già prima della discussione, la Commissione, nel suo progetto, proponeva di elevare da più uno e più due, rispettivamente a più due e più tre il coefficiente di maggiorazione per fare in modo che si passasse da circa ottanta a poco più di cinquantacinque seggi a disposizione della lista nazionale. E sotto questo profilo credo che la discussione ampia ed il risultato della menzionata votazione potrebbe indurre a ridurre ulteriormente il numero dei seggi a disposizione nella lista nazionale, elevando in genere il coefficiente ad un numero superiore.

Ma vi è anche un altro aspetto del problema che l’onorevole Lami Starnuti ha messo in evidenza nella seduta di ieri, ed è che facendo una differenziazione fra i collegi che hanno meno di 20 seggi e quelli che ne hanno più di 20 si crea uno squilibrio fra i primi ed i secondi.

Sono ben 20 i collegi che hanno meno di 20 seggi ed hanno un complesso di 277 deputati; sono soltanto 10 i collegi che hanno più di 20 seggi ed hanno 278 deputati. Vi è dunque una equivalenza del numero dei seggi. Senonché, con il sistema della legge 1946 è accaduto che i grandi collegi hanno dato soltanto 31 posti alla lista nazionale, mentre si può dire che tutti gli eletti della lista nazionale provengono dai grandi collegi. Ed infatti: su 36 seggi Milano ne ha visti sacrificati soltanto due a favore della lista nazionale. Verona, su 29 seggi, soltanto 2; Napoli, su 30, soltanto 3. Che cosa si è verificato per gli altri 20 collegi medi e piccoli? Per esempio ad Aquila su 16 deputati il collegio ha dovuto sacrificare ben 4 seggi; cioè il 25 per cento sono stati sottratti alla circoscrizione naturale per dar luogo ad eletti in lista nazionale. Lo stesso è avvenuto per Ancona 4 su 17 posti: meno del 25 per cento. A Salerno 3 su 15. A Lecce 3 su 15. A Potenza 2 su 7, cioè quasi il 30 per cento.

In sostanza, il maggior contributo, cioè 49 sugli 80 posti a disposizione della lista nazionale, è stato dato dai piccoli e medi collegi, dai quali, tra l’altro, non sono generalmente tratti i candidati della lista nazionale.

Ora, mi domando, per quale ragione questa sperequazione fra i grandi collegi che hanno dato soltanto 31 posti, mentre hanno dato ben più candidati eletti, ed i piccoli e medi collegi che hanno dato 49?

Né con la proposta della Commissione si ottiene un risultato più equo: perché dalla stessa relazione della Commissione risulta che aumentando il coefficiente da due a tre dei grandi collegi si sottraggono soltanto 20 posti a favore della lista nazionale; mentre nei piccoli e medi collegi aumentando da 1 a 2 il coefficiente se ne sottraggono ben 35.

La sperequazione dunque rimane.

Per questa ragione, sia per ridurre i posti a disposizione della lista nazionale, sia per stabilire l’equilibrio fra piccoli e medi collegi da un lato e grandi collegi dall’altro ho proposto che il coefficiente di maggiorazione sia sempre elevato a tre, aderendo con ciò alla proposta della Commissione per i grandi collegi che fornirebbero circa 20 posti alla lista nazionale ma elevando da 2 a 3 il coefficiente proposto della Commissione per i piccoli e medi collegi. In tal modo anche i piccoli e medi collegi verrebbero a dare circa una ventina di seggi a disposizione della lista nazionale.

Se dovesse essere accolta una proposta che elevasse ancora il coefficiente non sarei contrario; ma vorrei in ogni caso che fosse evitata comunque una differenziazione fra piccoli e medi collegi da un lato e grandi collegi dall’altro, che non trova nessuna giustificazione né morale né politica.

PRESIDENTE. L’onorevole Caronia, insieme con gli onorevoli Codacci Pisanelli, Siles, Orlando Camillo, Di Fausto, Ponti, Guerrieri Emanuele, Geuna, Quarello, Scalfaro e Garlato propone di sostituire al quarto comma dell’articolo 57 alle parole: per questo effetto ecc., sino alla fine, la seguente formulazione:

«Il numero complessivo dei voti riconosciuti validi in ciascuna circoscrizione va diviso per il numero dei deputati da eleggere aumentato del 20 per cento.

«I voti validi riportati da ciascuna lista elettorale vanno rispettivamente divisi per il quoziente di cui innanzi, ed il risultato di tale divisione rappresenta il numero dei deputati di ciascuna lista».

L’onorevole Caronia ha facoltà di svolgere l’emendamento.

CARONIA. Scopo dell’emendamento da me proposto è di cercare di ridurre al minimo gli inconvenienti della lista nazionale, dato che metà dell’Assemblea ha aderito alla forma antidemocratica ed anticostituzionale della lista nazionale.

Il mio emendamento differisce da quello proposto dall’onorevole Donati e si avvicina invece a quello proposto dall’onorevole Nobile.

Differisce da quello dell’onorevole Donati, in quanto non crea disparità fra piccole e grandi circoscrizioni.

Si avvicina a quello dell’onorevole Nobile, nel senso che, qualunque sia il numero dei deputati assegnati alle singole liste, stabilisce una percentuale fissa, in modo che si elimina qualunque disparità tra piccole e grandi circoscrizioni.

Ho fatto dei calcoli in proposito aumentando del 20 per cento il numero dei quozienti da me proposti.

Per esempio, nella prima circoscrizione, quella di Torino, alla quale erano assegnati 27 seggi, si è avuto un totale di 1.332.367; aumentando il numero 27 del 20 per cento si raggiunge la cifra di 32,40; dividendo 1.332.367 per 32,40 si ha un quoziente di 41.730, invece di circa 46.000, quale si è avuto con l’aumento di uno. In questo modo si sarebbe raggiunto il numero di 27 seggi, di meno di quelli di spettanza della circoscrizione, e non la perdita di tre, quale si è avuta.

Applicando il metodo alla circoscrizione di Salerno, che ha un numero minore di seggi, e che nell’ultima elezione ha perduto 3 quozienti, la perdita si sarebbe ridotta ad un solo quoziente. Mi sembra evidente il criterio di giustizia rispetto alle singole circoscrizioni, siano esse grandi o piccole, senza, per questo togliere completamente la utilizzazione dei resti nella lista nazionale, la quale verrebbe ridotta da 80 a 55 secondo la proposta della Commissione, a circa 40 secondo la proposta dell’onorevole Donati e ad una ventina secondo la mia proposta. Poco male! Sarebbe un correttivo in omaggio alla Costituzione che abbiamo votato, ed in omaggio ai principî democratici, che ci dovrebbero ispirare.

Propongo che il mio emendamento sia posto in votazione; nel caso che dovesse essere respinto, aderirei a quello dell’onorevole Nobile.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Reale Vito, del seguente tenore:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: «più uno», ed alle parole: «più due», sostituire le altre: «più quattro».

Poiché non è presente, s’intende che abbia rinunciato a svolgerlo.

L’onorevole Basile ha presentato il seguente emendamento, aggiuntivo al sesto comma dell’articolo 57:

«se il residuo dei voti non raggiunge la metà della cifra del quoziente elettorale».

Ha facoltà di svolgerlo.

BASILE. Il problema dei resti elettorali è questione tecnica che, in un’Assemblea politica, diventa politica.

Ogni lista lascia un residuo di voti, una frazione di deputato. È fuori dubbio che se nel meccanismo della legge il collegio unico nazionale restasse soltanto per l’utilizzazione al centro delle frazioni che non possono utilizzarsi alla periferia, il sistema risponderebbe in modo matematicamente esatto al principio proporzionale integrale. Ma questo sarebbe il problema tecnico puro e semplice. Il collegio nazionale però non è uno strumento per utilizzare i resti, è una risorsa che limita il diritto degli elettori, per dare un premio ai partiti: ciò modifica il carattere della legge. Noi vogliamo anzitutto, soprattutto, che sia rispettata la volontà del suffragio universale. Non ripetiamo l’assurdo della legge che creò quest’Assemblea e ne limitò le attribuzioni, per cui siamo venuti qui senza poteri legislativi, senza diritto di votare i bilanci e discutere, ad esempio, la politica estera, commerciale, o finanziaria del Ministero.

Io mi asterrò da qualsiasi recriminazione politica, limitandomi a dire che noi siamo stati in regime di corso forzoso senza poter discutere l’indirizzo economico e gli abusi monetari del Governo, che invece di ridurre il disavanzo e ridurre il debito ha creduto di risolvere tutti i problemi rifiutando di pagare i debiti dello Stato e riducendo il credito bancario, di cui non hanno bisogno soltanto l’alta banca e l’alta industria. Chiudo la parentesi e torno al tema.

Io vorrei fare appello ai colleghi di ogni settore perché in questo dibattito vogliano interpretare anzitutto la volontà del corpo elettorale. È vero, è certo che gli elettori di ogni collegio preferiscono di non trasferire nessun seggio al collegio nazionale, e di aver come propri deputati quelli di cui conoscono le idee, il nome, il passato.

Ciò è un sentimento così naturale, così umano, che rende preferibile, per la psicologia elettorale di ogni cittadino, veder eletto un deputato noto localmente, anziché uno sconosciuto di altre circoscrizioni. Chi lo negherebbe?

E allora se vogliamo interpretare veramente la volontà degli elettori – e questo è il caposaldo della mia tesi – la decisione non ha alternative.

Bisogna ridurre al minimo i seggi che resteranno al collegio nazionale. Primo punto. Ma anzitutto i candidati del collegio nazionale non possono esser sottratti al vaglio degli elettori, senza violare il principio della rappresentanza politica.

L’abolizione dei voti di preferenza, proposta all’articolo 3-bis della Commissione, è un’eresia, una impossibilità. Essa nasconde soprattutto una certa paura del popolo e della sua volontà sovrana. Ma per noi il solo sovrano è il suffragio universale. Ecco il principio semplice, il principio elementare, ma decisivo che condanna il vostro sistema e il vostro progetto. Se voi accettaste questa mostruosità, voi commettereste un errore che colpirebbe la legge di un discredito contro il quale non si potrebbe più reagire. Il voto è il diritto più importante della vita politica e il Paese chiede una legge che renda giustizia a questo diritto e alla libertà elettorale dei cittadini.

Soltanto a una condizione il vostro sistema sarebbe possibile, se cioè la designazione dei candidati fosse fatta da tutti gli elettori iscritti in ciascun partito politico, con un sistema di votazione regolato della legge elettorale.

Questo è infatti il sistema degli Stati Uniti d’America, dove però la designazione dei candidati è una elezione preliminare, ma pubblica, eseguita con lo stesso procedimento, le stesse garanzie delle elezioni finali, sia per la stampa delle schede, che per la convocazione degli elettori, sia per lo scrutinio dei voti, che per la proclamazione dei risultati. Ma neanche questo sistema risolve le difficoltà.

Infatti ogni partito ha una scheda e la consegna agli elettori, che al momento della iscrizione dichiarano di appartenere al partito. Questa norma è stabilita per impedire che i membri di un partito avversario votino la scheda dei candidati di un altro partito, per far riuscire candidati deboli che poi restino sconfitti nelle elezioni finali.

Ma in pratica avviene che l’elettore vota i candidati di un partito nelle elezioni dei candidati e poi, nella segretezza del voto, vota per altri nomi alle elezioni dei deputati.

È evidente che se il sistema si potesse applicare senza questo inconveniente, l’elezione primaria dei candidati potrebbe valere come elezione finale, perché l’elezione primaria decide in gran parte quella finale e può quindi sostituirla, come si fa negli Stati del sud per evitare la frode nella designazione dei candidati. In altri Stati, come in California, Minnesota, North Dakota, oltre che eleggere i candidati, si eleggono contemporaneamente le cariche provinciali e nazionali del partito.

Ma questa designazione dei candidati può farsi in un ordinamento che ha il presupposto del riconoscimento giuridico dei partiti o quando i partiti sono fortemente organizzati.

È impossibile applicare questo sistema in un paese in cui, su trenta milioni di elettori, otto milioni non votano; e quasi un quarto dei votanti è iscritto nei partiti politici.

Questo fenomeno dell’astensionismo elettorale è preoccupante. Io ne ho parlato a lungo in quest’Aula, dimostrando quali sono le cause che possono spiegarlo. Certo è che una di queste cause è la lista bloccata che limita la libertà politica degli elettori, la loro libertà di scelta, perché gli elettori non possono modificare la lista, e devono accettarla in blocco. Teoricamente, nessuno lo negherà, l’elettore di una circoscrizione che elegge trenta deputati, come la Sicilia, come la Lombardia, avrebbe diritto di scegliere e di votare i nomi non di tre o quattro soltanto, ma di trenta candidati. Io sono disposto ad ammettere che una parte degli elettori sarebbe forse anche imbarazzata a scegliere un tal numero di candidati. Ma mi vorrete concedere che quegli altri elettori che vogliono invece esercitare per intero il loro diritto e votare per trenta candidati che ispirano loro fiducia o anche perché hanno idee opposte e vogliono farli incontrare in Parlamento, ne hanno facoltà, ne hanno il diritto inviolabile e voi non potete confiscarlo, non potete limitarlo, perché altri elettori vi rinunciano e voi pensate che debbano rinunciare sempre di esercitarlo. Sarebbe una prima conquista del buon senso per portare più libertà e più giustizia nelle battaglie politiche. È innegabile che nella gran maggioranza, l’elettore vuol votare almeno pei candidati che conosce, almeno per quelli della sua provincia e di quelli che hanno una certa notorietà. L’elettore è spogliato del suo diritto di scelta quando è obbligato a subire una lista di trenta nomi e dare soltanto tre o quattro preferenze che non può neanche esprimere nell’ordine della sua preferenza.

Con la legge irlandese che adotta il sistema Hare, l’elettore indica la preferenza, segnando l’ordine preferenziale accanto ai nomi dei candidati.

Torno al problema centrale: l’utilizzazione dei resti. Vi sono tanti metodi, tanti sistemi, da quello del quoziente a quello del D’Hondt.

Sono tutti metodi di approssimazione, ma il metodo D’Hondt risolve la questione, perché non dà possibilità che rimangano seggi non attribuiti. Perché non scegliere questo metodo che fu già adottato in Italia dalla legge elettorale del 1919? Il sistema è semplice. La somma dei voti ottenuti è divisa successivamente per tanti numeri cardinali quanti sono i candidati da eleggere.

Col sistema del quoziente invece la somma dei voti si divide per il numero dei seggi. Ma il sistema, da voi malamente adottato, di Hagenbach-Bischoff serve a correggere l’approssimazione in maniera perfetta. Il coefficiente di maggiorazione si può aumentare quanto si vuole da più uno a più due all’infinito. Perché il progetto ministeriale si ferma a più due e la Commissione a più tre?

Quanto più aumenta il coefficiente di maggiorazione tanto più si abbassa il quoziente: e ciò favorisce i partiti più deboli. Voi fate proprio il contrario. Ora è questo precisamente che noi vogliamo eliminare.

Se voglio spingere più avanti il mio ragionamento, sono obbligato a dire che i grandi partiti non nascondono la loro volontà di ridurre al minimo il diritto degli elettori e quello degli eletti del suffragio universale. Io concepirei invece il collegio unico nazionale come un sistema di scrutinio per eleggere candidati di larga fama, anche senza partito, dando all’elettore la possibilità di votare per candidati non compresi in nessuna lista. Così degli uomini indipendenti avrebbero diritto di essere candidati e porsi al servizio del Paese.

Il vostro sistema invece del collegio unico nazionale, che abolisce i voti di preferenza, è il sistema più illogico, più antidemocratico che si possa concepire.

È la prima volta che una legge elettorale in Italia fa riferimento ai partiti; ma quel che è ingiusto, lo fa per dare un premio proprio ai partiti più forti. Nei regimi democratici è il contrario che fa la legge. La legge americana, ad esempio, rende possibili le designazioni di gruppi politici che non raggiungono la consistenza numerica richiesta dalla legge per un partito.

Eppure si tratta di un paese che ha un ordinamento in cui i partiti sono fortemente organizzati. Ma questa è un’affermazione e una garanzia di libertà.

In Inghilterra, dove è tradizionale la divisione in due grandi partiti, bastano dieci firme per la presentazione di una candidatura e un deposito di garanzia di 150 sterline che si perde soltanto se il candidato non abbia raggiunto un ottavo dei voti necessari. Nel sistema elettorale danese, la proposta di candidatura deve essere sottoscritta da 25 e non più di 50 elettori.

Queste sono le garanzie che l’elettore chiede alla legge che deve tutelare tutti è rispettare soprattutto i diritti delle minoranze. Ma dare un premio ai partiti più forti che, avversi o uniti, sono perciò onnipotenti in quest’Assemblea, è un abuso della forza. Quest’onnipotenza dei partiti, voi sapete come si chiama; io non voglio pronunciare la parola per cortesia, ma, è il meno che si possa dirne, è un pericolo per la democrazia.

Io non mi voglio fermare su altri argomenti minori e concludo. La mia proposta è una tesi di conciliazione che potrebbe essere accolta come una transazione accettabile dalle due correnti opposte.

Quando il resto superi la metà della cifra del quoziente, si utilizza nella circoscrizione, se invece non la superi viene trasferito al collegio nazionale.

Con la mia proposta, il collegio unico nazionale serve all’utilizzazione integrale dei resti, senza ferire il principio democraticon che deve restare il criterio fondamentale della legge: dare solo agli elettori il diritto di eleggere i propri rappresentanti politici in nome della sovranità del suffragio e cioè, della sovranità popolare. (Applausi).

ARCANGELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARCANGELI. Ricordo che v’è anche un emendamento a firma Tambroni, di cui io sono confirmatario.

PRESIDENTE. L’ho già annunziato in assenza di tutti i firmatari. Pertanto ho dichiarato che si intende che abbiano rinunciato a svolgerlo.

ARCANGELI. Ma è susseguente a quello dell’onorevole Caronia e pertanto avrebbe dovuto essere annunziato ora.

PRESIDENTE. Non facciamo di queste sottigliezze; non v’è un ordine obbligatorio per lo svolgimento degli emendamenti. Comunque, ha facoltà di svolgere il suo emendamento di cui è stata data lettura poco fa.

ARCANGELI. Poche parole. Da attenti calcoli dei resti relativi alle elezioni del 2 giugno risulta che il coefficiente di scarto fra i voti utilizzati nei collegi e quelli inviati alla lista nazionale sarebbe presso a poco uguale per ciascun collegio, solo che il più 2 o il più 3 si sposta dai collegi con più di 20 candidati a quelli con più di 16.

Se si opera invece come altrimenti è stato proposto, si avrebbe, per tre o quattro collegi, una situazione di svantaggio rispetto agli altri.

Conseguenza dello spostamento da 20 a 16 è il minor numero di deputati che verrebbero eletti con la lista del collegio unico nazionale, valutabile da 4 a 6 deputati.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di esprimere l’avviso della Commissione.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. La materia che si discute con questi emendamenti poteva essere discussa precedentemente. L’obiezione più grave contro il collegio nazionale è quella dell’assorbimento di troppi seggi, con la conseguenza di togliere alle circoscrizioni seggi in proporzioni diverse fra i collegi piccoli e quelli grandi. Resomi conto della importanza di questa obiezione e fatti eseguire da esperti i calcoli elettorali, ho potuto constatare che effettivamente uno squilibrio fra le grandi e le piccole circoscrizioni si è verificato.

Dicono gli oppositori che si sono dati troppi seggi al collegio nazionale; e noi abbiamo appunto accolto questa osservazione esposta da molte parti. Quindi, in linea di massima, i membri della Commissione sono concordi nel diminuire l’attribuzione dei seggi al collegio unico nazionale. Sono stati escogitati una quantità di sistemi, come quelli che voi avete sentito esporre dagli onorevoli Nobile, Donati, Caronia e altri che non ricordo. Vi prego, quindi, di considerare le osservazioni che intendo esporvi come conclusione.

Noi abbiamo fatto la proposta, come Commissione, che il più uno e il più due di cui parla l’articolo 57 siano aumentati e che si adottino invece il più due e il più tre. Alcuni hanno trovato che ciò è insufficiente o che non corrisponde ad un criterio giustamente proporzionale. Così ha rilevato l’onorevole Nobile, il quale propone un altro emendamento, che trasforma il più due e il più tre in una diminuzione percentuale del quoziente ottenuto dividendo i voti validi per il numero dei seggi. Ottenuto il quoziente normale, questo dovrebbe essere diminuito del 10 o del 12 per cento. A proposito del quoziente devo osservare che la prima proposta Nobile non può essere accolta, perché evidentemente fare un quoziente unico per tutte le circoscrizioni, dividendo tutti i voti validi espressi in tutte le circoscrizioni per il numero dei deputati di cui si compone la Camera, vorrebbe dire rendere uguale per forza ciò che invece è disuguale. In pratica la proposta sarebbe specialmente dannosa pei collegi del Mezzogiorno nei quali, per ragioni complesse e obiettive, la percentuale dei votanti sugli iscritti è sempre inferiore a quella dei collegi del Settentrione.

Ognuno comprende come questa proposta del quoziente unico, generale per tutte le circoscrizioni, non sia ammissibile e non possa essere accolta.

Invece, l’altro emendamento dell’onorevole Nobile, cui ho già accennato, e che mira a sostituire alla maggiorazione del numero dei seggi la sottrazione di una percentuale del quoziente al quoziente stesso, per renderlo più basso, è una operazione che ci lascia perplessi, perché non sembra che le due formule si equivalgano. D’altra parte la Commissione non ha potuto fare eseguire calcoli esatti al riguardo e perciò non può ora accoglierlo. Per venire invece incontro alle varie proposte che sono state qui fatte per diminuire ancora il numero dei seggi da attribuire al collegio unico, personalmente parlando mi sento disposto a qualche ulteriore concessione purché, fermo restando il principio fondamentale del collegio unico nazionale, non ne venga poi diminuito il contenuto in maniera tale che non rappresenti più nulla.

Questa concessione potrebbe essere quella di applicare il più tre a tutte le circoscrizioni. Con questo coefficiente applicato ai dati del 2 giugno 1946, al collegio unico nazionale sarebbero stati attribuiti appena la metà dei seggi che furono allora assegnati.

Però bisogna aggiungere, come ho dichiarato nella mia relazione, che i calcoli aritmetici fondati sulla posizione elettorale del 1946 non offrono dati definitivi: i dati saranno probabilmente diversi nelle elezioni future. E, quindi, faremo un nuovo esperimento. Evidentemente non si potrà accusare la Commissione dell’Assemblea Costituente di non avervi richiamato a considerare che la mutevolezza dei resti non può essere guidata da una norma che esattamente rispecchi la volontà del legislatore. (Commenti).

Faccio presente che, se si fosse applicato il più tre ai dati del 2 giugno 1946, le circoscrizioni che avevano fino a venti seggi avrebbero trasferito complessivamente diciannove seggi al collegio unico e le circoscrizioni che avevano oltre venti seggi ne avrebbero attribuiti venti allo stesso collegio unico nazionale. Più equilibrata sarebbe stata la posizione tra piccole e grandi circoscrizioni.

Concludo, pertanto, dichiarando che la Commissione è ferma nelle sue posizioni salvo a proporre il più tre per tutte le circoscrizioni se non fosse accolta la sua proposta.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. A nome della minoranza della Commissione dichiaro che noi aderiamo all’aumento del coefficiente a tre per tutte le circoscrizioni.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Avevo presentato un emendamento nel senso di aumentare i coefficienti previsti dalla Commissione da due a tre e da tre a quattro. Dal punto di vista puramente aritmetico, sono più logici l’emendamento Caronia da una parte e l’emendamento Nobile dall’altra, nel senso che uno aumenta il divisore, e quindi riduce il quoziente, e l’altro invece riduce addirittura il quoziente di una percentuale fissa, perché l’inconveniente più grave del dato costante due e tre è che in una circoscrizione come quella, ad esempio, della Basilicata, con sette seggi, dando il sette più tre si viene praticamente a ridurre del cinquanta per cento il quoziente che corrisponderebbe altrimenti in senso aritmetico; mentre, lasciando il 3 per una circoscrizione come quella, ad esempio, di Milano, o come una, poniamo, della Sicilia, con 36 o 38 deputati, si viene a realizzare una diminuzione del quoziente pari soltanto al dieci per cento.

La logica aritmetica porterebbe, quindi, ad adottare o il metodo Caronia o il metodo Nobile. Io non credo sia veramente un’operazione tanto difficile sottrarre il dodici per cento da un quoziente o aumentare del trenta per cento il divisore per determinare il quoziente unico nazionale.

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Questo è più difficile.

CORBINO. Ma, ad ogni modo, il risultato che si vuole raggiungere, sul quale anche la Commissione concorda – e sul quale credo che siamo tutti d’accordo – è quello di contenere al minimo possibile il numero dei posti destinati alla lista nazionale. (Approvazioni). Questo è il vero terreno di tutte le discussioni fatte fino a questo momento.

E allora, se non volete seguire la logica matematica, che vi porterebbe a dare il vostro appoggio o alla tesi Caronia o alla tesi Nobile, che sono perfettamente identiche e che soltanto si invertono come operazione aritmetica, accediamo al criterio della Commissione, mettendo, invece che più due e più tre: più tre e più quattro, ciò che sarebbe la cosa più logica.

PRESIDENTE. Onorevole Nobile, la prego di dirmi se mantiene entrambe le sue proposte o se una sola delle due e quale.

NOBILE. La prima proposta senza dubbio è logica, razionale, e tende a perfezionare il sistema proporzionale. Però, date le ragioni, contingenti esposte dall’onorevole Fuschini, la ritiro.

Quanto alla seconda proposta, la ritengo opportuna; tuttavia quella analoga dell’onorevole Caronia, sebbene meno semplice nell’applicazione pratica, appare più razionale, mentre la variazione suggerita testé dall’onorevole Fuschini non farebbe che aggravare gli inconvenienti che l’onorevole Caronia ed io abbiamo rilevati e che ha riconosciuti anche l’onorevole Corbino. Quindi, per semplificare, rinuncio anche a questa mia proposta e aderisco a quella dell’onorevole Caronia.

PRESIDENTE. Onorevole Arcangeli mantiene ella il suo emendamento?

ARCANGELI. Lo ritiro e aderisco a quello Caronia.

PRESIDENTE. Onorevole Corbino?

CORBINO. Il più tre per tutte le circoscrizioni, in coscienza, non posso accettarlo, e pertanto mantengo la mia proposta.

PRESIDENTE. Onorevole Donati?

DONATI. Mantengo il mio emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Pignatari?

PIGNATARI. Aderisco all’emendamento dell’onorevole Donati e mi riservo, in sede di dichiarazione di voto, di spiegare il perché. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Basile, mantiene ella il suo emendamento?

BASILE. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Onorevole Caronia?

CARONIA. Mantengo.

PATRISSI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRISSI. Credo esatta la tesi dell’onorevole Nobile e dell’onorevole Caronia, a parte la misura. Perché in fondo la correzione aritmetica per la valutazione del quoziente può mirare a un duplice scopo: o ridurre il numero dei seggi che si riportano al collegio unico nazionale, o anche tentare di ridurre la sperequazione fra le circoscrizioni col numero di seggi inferiore a venti e quelle con un numero di seggi superiore a venti.

Trovo però che come criterio aritmetico, trattandosi appunto di una correzione in funzione lineare, il sistema percentuale più esatto sta nel coefficiente unico di due, o di tre, per tutti i collegi.

Volere aumentare a tre o a quattro non ha senso pratico, perché così facendo si considera il problema con uno specifico riferimento pratico al risultato delle passate elezioni, risultato che può cambiare perché, come mi insegna l’onorevole Corbino, per la legge dei grandi numeri, se supponiamo che il valore dei resti si accentri nel cinquanta per cento, il quoziente medio non varia, e tanto vale il dieci per cento per tutti quanto il venti per cento. Non entro nel merito della quantità. Si adotti uno stesso numero per tutte le circoscrizioni; ma in pratica è opportuno, invece di operare detrazioni od aumenti percentuali, calcolare un coefficiente empirico stabilito una volta per tutte.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Poiché l’onorevole Morelli ha fatto una dichiarazione di voto a nome della minoranza della Commissione, e poiché io faccio parte di tale minoranza, dichiaro che non sono d’accordo con lui nel fissare a tre il coefficiente.

Sarei invece d’accordo col collega onorevole Caronia, ma lo pregherei di diminuire la percentuale di aumento dal venti al quindici, perché col venti si giungerebbe a una eliminazione del collegio nazionale, mentre col quindici si possono accontentare gli oppositori.

Se l’onorevole Caronia ritiene di poter accettare questa proposta, voterò a favore.

PIGNATARI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIGNATARI. Gli emendamenti proposti si ripropongono un duplice fine: da un lato ridurre il numero dei deputati eletti per la lista nazionale, dall’altro eliminare le sperequazioni che si sono verificate nei piccoli e nei grandi collegi. Mi permetto di far notare che con l’emendamento dell’onorevole Caronia questa sperequazione, che l’onorevole Donati ha documentato, verrebbe ad aumentare invece di diminuire (Commenti). Infatti, tenendo presente, ad esempio, il collegio di Roma cui l’onorevole Caronia appartiene, nel quale vi sono 33 seggi, aumentando il divisore del venti per cento andremmo a 39,60; nel collegio di Potenza, uno dei più piccoli, che io rappresento, il quale su sette seggi ha dato ben due seggi alla lista nazionale, se si aumentasse il divisore del venti per cento avremmo non un aumento del 6,60 come per il collegio di Roma, ma un aumento di 1,60. La situazione naturalmente peggiorerebbe riducendo l’aumento al 15 per cento. Il collegio di Potenza continuerebbe a perdere come ha perduto finora due rappresentanti; ché anzi il divisore sarebbe inferiore anche a quello adottato nelle elezioni del 2 giugno, che era aumentato di due unità. E nelle stesse condizioni si troverebbero tutti gli altri piccoli collegi. Aderisco invece al più logico emendamento presentato dall’onorevole Donati, col quale si verrà ad eliminare la lamentata sperequazione.

DE MARTINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE MARTINO. Mi permetto fare osservare che la conclusione cui giunge il collega non è perfettamente rispondente all’aritmetica. Vanno bene tutte le premesse dell’onorevole Pignatari, ma occorre ricordare che, quando si aumenta il divisore, diminuisce il quoziente. L’onorevole Pignatari dimentica, nel fare il parallelo fra un collegio e l’altro, che il collegio di Potenza si riferisce ad un dividendo di molto inferiore a quello del collegio che egli ha preso in paragone.

CARONIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARONIA. Aderisco alla proposta dell’onorevole Mastino Gesumino, nel senso di ridurre, nel mio emendamento, la percentuale al quindici per cento.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni. La proposta base è quella della Commissione: elevare il coefficiente di aumento del divisore a due e a tre laddove il decreto del 1946 pone rispettivamente uno e due.

Con questa proposta la Commissione ha cercato di venire incontro alle esigenze manifestate con la presentazione di vari emendamenti. Vorrei ricordare quanto è stato detto da parecchi colleghi nel corso della discussione: poiché l’Assemblea ha accettato con una votazione il collegio unico nazionale e la lista nazionale, bisogna – ed è questo evidentemente un impegno che ogni deputato ha – non svuotare ora la votazione stessa. Se la Commissione ha accettato, venendo appunto incontro a molte richieste, di fare in modo che il collegio nazionale non possa portare alla elezione di un numero troppo grande di deputati, occorre tuttavia, per coerenza con una votazione già fatta, che il collegio nazionale non resti soltanto un nome, ciò che avverrebbe ove qualcuno degli emendamenti su cui dovrà ora votarsi fosse accettato. La Commissione ha dichiarato che attraverso le sue proposte prevede che con il collegio nazionale non potranno aversi, se non mutano i termini generali, più di quaranta eletti, ciò che rappresenta già una notevole riduzione rispetto alle elezioni del 2 giugno. Dico tutto questo perché i colleghi si rendano conto delle conseguenze del voto che stanno per dare.

Restano gli emendamenti: dell’onorevole Donati, ripreso dall’onorevole Pignatari, per il coefficiente fisso di tre; dell’onorevole Corbino, per sostituire nel decreto del 1946 più tre a più uno e più quattro a più due; dell’onorevole Caronia, che propone un meccanismo a tenore del quale si tratta di aumentare del quindici per cento la cifra del divisore, ossia il numero dei deputati da eleggere in ciascun collegio circoscrizionale. Vi è infine l’emendamento Basile il quale non si richiama ad alcun coefficiente, ma presenta una sua particolare struttura.

Ritengo che l’emendamento Basile debba esser messo per primo in votazione. Ne do nuovamente lettura:

«Aggiungere al sesto comma dell’articolo 57: se il residuo dei voti non raggiunge la metà della cifra del quoziente elettorale».

Io confesso che per quanto l’onorevole Basile abbia svolto questo suo emendamento non riesco a vedere il legame che esso ha con la questione che discutiamo e neanche riesco ad afferrarne il meccanismo interno. Comunque i colleghi hanno udito lo svolgimento dell’emendamento Basile e pertanto, mettendolo in votazione, io mi rivolgo a persone che sanno che cosa votano.

Pongo in votazione l’emendamento Basile.

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione l’emendamento dell’onorevole Corbino:

«Alle parole: più due, del testo della Commissione (più uno nel decreto del 1946) sostituire: più tre; e alle parole più tre (più due nel decreto del 1946) sostituire più quattro».

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Pongo in votazione l’emendamento Caronia, di cui do nuovamente lettura:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: per questo effetto, ecc., sino alla fine del comma sostituire le parole seguenti:

«Il numero complessivo dei voti riconosciuti validi in ciascuna circoscrizione va diviso per il numero dei deputati da eleggere aumentato del quindici per cento.

«I voti validi riportati da ciascuna lista elettorale vanno rispettivamente divisi per il quoziente di cui innanzi, ed il risultato di tale divisione rappresenta il numero dei deputati di ciascuna lista».

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, non è approvato).

Passiamo all’emendamento dell’onorevole Donati, ripreso dall’onorevole Pignatari:

«Al quarto comma dell’articolo 57, alle parole: più uno e più due, sostituire sempre le parole: più tre».

L’onorevole Fuschini ha dichiarato che, ove non fosse stata accolta la proposta della Commissione, questa avrebbe preferito, fra le altre, quella Donati.

Pongo in votazione l’emendamento Donati.

(È approvato).

DE MARTINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE MARTINO. Voglio fare osservare che quando il collegio fosse piccolissimo, aggiungendosi al numero dei seggi quello di tre può aversi un quoziente che stia nella varie cifre elettorali di ciascuna lista in modo tale da avere un numero complessivo di eletti superiore al numero degli eleggibili (Commenti).

PRESIDENTE. Cosa ne pensa la Commissione?

FUSCHINI, Relatore per la maggioranza. Nell’articolo 57 il caso è contemplato ed è previsto il rimedio.

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato alla seduta antimeridiana di domani.

Sull’ordine dei lavori.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno per domani è il seguente: alle 10 seguito della discussione sulle modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati; alle 17, votazione a scrutinio segreto di questo disegno di legge, o, eventualmente, conclusione delle votazioni sui singoli articoli e poi scrutinio segreto; quindi il coordinamento degli articoli approvati del progetto di Costituzione.

Domani cominceremo a tirare le fila del nostro lungo lavoro e del più lungo lavoro compiuto dal Comitato di redazione. Gli onorevoli colleghi avranno già veduto il fascicolo distribuito stamane. In esso sono contenute alcune annotazioni che prego i colleghi di leggere attentamente prima di esaminare il testo coordinato. In queste annotazioni sono indicate le norme che seguiremo per questo ultimo e definitivo esame dell’intero testo costituzionale. Mi pare che qualche collega non si sia ancora ben capacitato di ciò che ci resta ancora da fare, nel senso che pensa ci sarà ancora grande e ampia discussione. Questi colleghi non hanno presente come abbiamo proceduto quando, esaminando i disegni di legge trasmessici dal Governo o che l’Assemblea ha avocato a sé, eravamo giunti alla conclusione dello scrutinio segreto.

Nell’esame dei disegni di legge allorché, votati gli articoli, uno per uno, si giunge allo scrutinio segreto non sono più consentite né discussione né proposte. Tuttavia, data l’importanza del testo costituzionale, dato che si è affidato al Comitato di redazione il compito del coordinamento, il compito di mettere meglio insieme tutte le norme via via approvate; dato anche che si è affidato a un piccolo comitato, non ufficiale, ma utile, l’incarico di esaminare dal punto di vista letterario, suggerendo i perfezionamenti formali del caso, le norme da noi votate, è comprensibile che si possano fare ancora alcune osservazioni. Ma queste devono avere un carattere ben limitato; e nessuna formula nuova sarà possibile proporre, ma solo il ritorno puro e semplice al testo votato dall’Assemblea. Pertanto i colleghi i quali leggendo il testo definitivo e comparandolo col testo votato in Assemblea avvertiranno eventualmente o che la forma letteraria non sodisfi o che la nuova forma in qualche modo modifichi la sostanza della votazione avvenuta, non possono che proporre il ritorno al testo votato dall’Assemblea.

Questa è la norma. Non possiamo derogarvi. I colleghi devono far pervenire le loro proposte prima che incominci, lunedì, la seduta dedicata a. quest’ultimo lavoro. La Presidenza non potrà accettare nessuna proposta durante la seduta. All’inizio della seduta dovrà già aversi l’elenco completo di queste proposte.

Per alcune questioni, quattro o cinque in tutto, il Comitato di redazione si è riservato una definitiva decisione. Esse si riferiscono a punti della Costituzione per i quali, durante il coordinamento, è apparsa l’opportunità, non per ragioni di forma, ma per incompiutezza o per difetto di formulazione, o per qualche incongruenza o altra ragione, di sottoporre all’Assemblea il quesito di eventuali modificazioni. Il Comitato di coordinamento non ha ancora deciso a questo proposito; si riserva di decidere dopo una riunione che sarà tenuta domattina presso l’ufficio di Presidenza.

Qualora si decidesse che qualcuna di queste questioni debba giungere fino all’Assemblea sarà però sufficiente che anche una piccola parte dell’Assemblea si opponga a che si rivedano nel merito decisioni che sono state prese, perché sia precluso di entrare nel merito. E pertanto per ognuna di queste questioni io porrò la domanda pregiudiziale se l’Assemblea accetta che venga ripresa in esame allo scopo di una modificazione del testo approvato.

Soltanto se l’Assemblea con una maggioranza molto ampia, notevole, deciderà che bisognerà rientrare nell’esame di merito, si discuterà.

Tengano tuttavia presente onorevoli colleghi, che dato che ci rimangono soltanto poche ore per questo lavoro, le proposte devono essere fatte con senso di discrezione, il che vuol dire che ad esempio molte di esse potranno recare numerose firme di deputati che, pur differendo in minute particolarità, sapranno rinunciarvi per unificarsi sul merito. In ogni caso, il Comitato di redazione fornirà una base di discussione.

Sapremo domani pomeriggio se le questioni cui ho accennato saranno portate in Assemblea. In caso affermativo, saranno esaminate nella seduta pomeridiana, in maniera che lunedì non avremo che da assolvere il compito di esaminare le proposte di ritorno dalle formulazioni del Comitato di redazione a quelle già votate, per poi passare alla votazione finale a scrutinio segreto.

Interrogazioni con richiesta di urgenza.

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro dell’interno, per sapere se è in grado di fornire notizie sul deplorevole episodio verificatosi in Suzzara, provincia di Reggio Emilia, ove due cittadini sono stati aggrediti e percossi nell’interno delle loro abitazioni soltanto perché appartenenti ad un determinato partito politico, e quali provvedimenti ritiene di poter adottare perché i responsabili siano raggiunti e puniti.

«Simonini».

«Al Ministro della difesa, per sapere se nell’attuale delicato momento per la ricostruzione dei quadri dell’Esercito e con particolare riferimento ai gradi più elevati della gerarchia, non ritenga opportuno richiamare l’attenzione del Presidente del Consiglio di Stato, affinché acceleri l’esame dei ricorsi presentati dagli ufficiali ricorrenti avverso al provvedimento di collocamento nella riserva, in difformità del giudizio personale espresso dalla Commissione di avanzamento.

«Quanto sopra, non soltanto per ovvie ragioni morali, ma soprattutto nell’interesse dell’Esercito, che da un eventuale protrarsi del tempo della decisione del Consiglio di Stato sarebbe inevitabilmente danneggiato, così nella efficienza dei quadri, come nel definitivo assetto della carriera per gli ufficiali rimasti in servizio effettivo.

«Marina».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se risponda a verità quanto ha pubblicato l’Unità del 20 dicembre 1947 circa la destituzione di un comandante della polizia di Trapani ordinata dal prefetto e dal questore di quella città su richiesta della Camera del lavoro; e, se vero, come spiega il Governo questa incredibile abdicazione di poteri in netto contrasto con le promesse del Capo del Governo di garantire e proteggere l’imperio della legge e il prestigio dell’autorità.

«Russo Perez, Castiglia, Patricolo».

«Al Ministro dei trasporti, perché esamini la necessità ed utilità di accordare l’orario dell’arrivo e di partenza del rapido Lecce-Roma con quello delle automotrici in servizio nella Lecce-Gallipoli-Maglie: attualmente gli orari differiscono di pochi minuti.

«Si darebbe così la possibilità di fruire del rapido ai viaggiatori di un gran numero di paesi, che restano a sud di Lecce.

«De Maria, Codacci Pisanelli».

«Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere:

1°) per diminuire le spese di riscossione e d’amministrazione dei contributi unificati;

2°) perché si rivedano gli elenchi anagrafici dei lavoratori della terra, onde accertarsi se tutti gli iscritti hanno diritto alle previdenze, cui i contributi sono destinati;

3°) per dare la possibilità di pagare, senza che siano iscritti a ruolo, a tutti quegli agricoltori che non hanno ancora provveduto al pagamento della prima rata degli integrativi del 1947 ed a quella del 1948, essendo in attesa dell’esito dei reclami presentati dalle rispettive organizzazioni;

4°) per dare la possibilità a tutti gli agricoltori di presentare gli eventuali ricorsi come è concesso in tutti gli accertamenti fiscali.

«L’interrogante chiede, inoltre, all’onorevole Ministro:

1°) di sospendere la riscossione dei contributi oltre la prima rata, in attesa della emanazione dei provvedimenti richiesti;

2°) di ristabilire le tessere individuali con le marchette, il che automaticamente selezionerebbe i veri lavoratori della terra, da coloro che si sono abusivamente infiltrati fra di essi, concorrendo con ciò ad adeguare la imposta stessa alla capacità contributiva degli agricoltori.

«Monterisi».

Ne darò notizia al Governo, perché comunichi quando intenda rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere:

1°) quali provvedimenti intenda prendere in seguito ai gravi fatti svoltisi la sera del 18 dicembre 1947 in Caltanisetta, in occasione della seduta del Consiglio comunale, che doveva procedere alla elezione del sindaco e della Giunta, ma non ha potuto, perché il padre di un consigliere comunale democristiano ha estratto nell’aula del Consiglio la pistola, facendo partire alcuni colpi e provocando il panico;

2°) quali provvedimenti intenda adottare a carico dei responsabili materiali e morali dei sanguinosi fatti di Gela.

«Montalbano, Li Causi, D’Amico, Fiore».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, estendendo la legge Badoglio sulla abrogazione di tutte le leggi razziali e demografiche, e in virtù di un criterio equitativo, non intenda doveroso riconoscere ai celibi vincitori di concorsi universitari, e nominati solo nel 1941 in seguito alla sospensiva nell’applicazione delle leggi stesse, la retrodatazione della nomina alla data effettivamente loro spettante, e che fu attribuita agli altri vincitori di concorsi ammogliati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bonino».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere:

1°) il numero delle case bruciate dai nazi-fascisti nel corso della lotta di liberazione nella provincia di Treviso;

2°) il numero delle case ricostruite con gli speciali mezzi disposti a tale scopo dal Governo;

3°) l’ammontare complessivo dei fondi impiegati e di quelli a disposizione a tal fine nella provincia medesima, affinché risulti come e in quale misura il Governo italiano assolve l’impegno assunto verso le popolazioni delle località duramente colpite dalla feroce rappresaglia nazi-fascista per la loro attiva ed ampia partecipazione alla guerra di liberazione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ghidetti, Pellegrini».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e l’Alto Commissario per l’alimentazione, per conoscere quali provvedimenti intendano prendere per riportare la tranquillità fra i dipendenti statali, parastatali e i pensionati di tutte le categorie della provincia di Belluno, i quali, malgrado il solenne impegno del Governo di farli beneficiare mensilmente di un pacco AVISS di generi alimentari a integrazione dell’inadeguato trattamento economico fatto loro dallo Stato, sono venuti a trovarsi – ai primi di dicembre e a distanza di mesi dalla prima assegnazione – di fronte alla decisione della Sepral di Belluno, che ha sollevato grave agitazione fra le categorie soprarichiamate e che richiede urgente provvedimento: l’abolizione del pacco AVISS gratuito e distribuzione di un solo pacco, a rimborso spese, composto di mezzo chilogrammo di zucchero, di un chilogrammo di pasta integrale e di mezzo chilogrammo di grasso, il cui prezzo – di quest’ultimo – risulta fortemente superiore a quello praticato dal listino in vigore per i generi alimentari razionati. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ghidetti, Pellegrini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per invitarlo a dare precise e tassative disposizioni affinché il diritto e la libertà dei cittadini siano dalle autorità costituite tutelati e difesi in Castellammare di Stabia.

«Il 13 novembre 1947, infatti, elementi comunisti, nel corso di una loro manifestazione, penetrarono nella sede del Fronte dell’uomo qualunque in Castellammare di Stabia (Napoli) e la saccheggiarono e devastarono. Successivamente elementi comunisti appartenenti alle maestranze dell’Avis occuparono la sede e facendo valere pretesi diritti inesistenti, la trattengono tuttora con l’indifferenza delle autorità locali che, premurate e sollecitate, trascurano la pratica e permettono la continuazione dell’arbitrio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere:

1°) i motivi per i quali non viene applicata l’amnistia, o proposta la grazia al Capo dello Stato, in favore dei nativi della Venezia Giulia condannati dai Tribunali del Popolo di Trieste e di Pola per i reati di «atti rilevanti» nella costituzione e mantenimento del regime fascista e per collaborazione col tedesco invasore;

2°) se non ritenga opportuno, per ragioni di giustizia ed equità, concedere a detti italiani, rimasti tutti esclusi dall’amnistia e tuttora rinchiusi nelle carceri di Alessandria e Civitavecchia, lo stesso trattamento usato verso coloro che, condannati per il medesimo reato dai Tribunali speciali della Repubblica, sono stati tutti amnistiati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se – tenendo presente la situazione verificatasi nella campagna olearia in corso in provincia di Salerno e concretatasi nei seguenti inconvenienti: a) inadempienza da parte degli enti assegnatari nel ritirare i quantitativi di olio fissati; b) deficiente attrezzatura ammassatoria da parte dell’Ente incaricato che, congiunta all’improvvisa caduta delle olive, ha causato l’arresto della lavorazione ed il deperimento del prodotto – non ritenga opportuno disporre d’urgenza lo sblocco dell’olio nella provincia di Salerno, assegnando ad altre provincie – che ne hanno fatto l’offerta – il contingente per essa assegnato; oppure, in via subordinata, non ritenga conveniente disporre – sempre per la provincia di Salerno – uno sblocco parziale, per i 20.000 quintali di olio attualmente giacenti nei frantoi, in anticipo sulle operazioni d’ammasso che, per la già lamentata mancanza di recipienti, vengono protratte da parte dell’Ente delegato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«De Falco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere perché mai non abbia provveduto all’assegnazione delle divise al personale subalterno del Provveditorato agli studi di Bologna, mentre il personale delle altre Amministrazioni statali, decentrate nella provincia medesima, compreso quello dell’Intendenza di finanza e della Delegazione del Tesoro, ne è stato da tempo provvisto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere quali provvedimenti intende prendere nei riguardi dell’Intendenza e dell’Ufficio distrettuale delle imposte dirette e Catasto di Bologna, i quali si rifiutano di applicare le disposizioni di legge relative alle imposte sul patrimonio e sovrimposta straordinaria, afferenti a stabili colpiti e distrutti in buona parte (non inferiore ad un quinto) da offese belliche, e ciò malgrado le circolari e le istruzioni date in proposito anche recentemente dal Ministero.

«L’interrogante fa presente altresì che i detti uffici bolognesi evitano intenzionalmente di portare dinanzi alle competenti Commissioni i ricorsi presentati già da circa tre anni dai numerosi contribuenti che subirono danni nelle anzidette proporzioni e circostanze. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa nazionale, per conoscere se non ravvisi l’opportunità di dotare gli uffici dei distretti militari preposti alla compilazione dei fogli matricolari e degli altri documenti interessanti le pensioni di guerra, del personale necessario per un sollecito disbrigo delle pratiche.

«La situazione di detti uffici è, infatti, tale che non si riesce ad evadere giornalmente neanche un quarto delle richieste che pervengono. Si ha, conseguentemente, un elevatissimo numero di pratiche insolute che di giorno in giorno aumentano.

«A Verona, ad esempio, sono in giacenza circa 1600 pratiche, e pervengono quotidianamente, in media, da venti a trenta nuove richieste, mentre l’ufficio, per deficienza di personale, non può evaderne che quattro o cinque. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Burato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere le ragioni che lo hanno indotto a limitare la ricostituzione di titoli di Stato al portatore distrutti per eventi bellici, solo per quelli depositati presso le sezioni di tesoreria, creando così una palese disparità di trattamento, che poi si traduce in una pratica ingiustizia a danno di coloro che hanno perduto gli stessi titoli, solo perché depositati presso le aziende private di credito.

«L’interrogante domanda che tali norme siano incluse nel decreto-legge n. 10/49 del 20 agosto 1947, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235, del 13 ottobre 1947. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere le ragioni che ritardano gli stanziamenti stabiliti a favore delle nuove scuole elementari da istituire specialmente nell’Italia meridionale (ove è notorio l’alto grado di analfabetismo), scuole che avranno il compito di assorbire gli insegnanti disoccupati e dare ai fanciulli la possibilità di istruirsi in sempre più larga misura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caso».

PRESIDENTE. La prima di queste interrogazioni sarà iscritta all’ordine del giorno e svolta al suo turno; le altre saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 22.

Ordine del giorno per le sedute di domani:

Alle ore 10:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.

Alle ore 17:

  1. Votazione a scrutinio segreto del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati.

  1. – Coordinamento degli articoli approvati del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.