ASSEMBLEA COSTITUENTE
CCCXLII.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI SABATO 20 DICEMBRE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Sul processo verbale:
Codacci Pisanelli
Presidente
Congedi:
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Targetti
Mortati
Grassi
Moro
Fabbri
Lucifero
Togliatti
Bozzi
Schiavetti
Perassi
Colitto
Nitti
Crispo
Lussu
Micheli
Cevolotto
Sansone
De Gasperi
Conti
Lucifero
La seduta comincia alle 10.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
Sul processo verbale.
CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODACCI PISANELLI. Onorevoli colleghi, ho chiesto la parola sul processo verbale per richiamare l’attenzione sulla questione risolta ieri mattina, cioè sul valore da attribuire alle votazioni che si concludono con risultato di parità. Già un’altra volta presi la parola sull’argomento e l’onorevole Presidente, nella seduta mattutina di ieri, ha ricordato quel che allora esposi e che oggi mi permetto di sottoporre di nuovo all’Assemblea, unicamente perché si rifletta in maniera adeguata prima di stabilire un precedente, che potrà avere notevole importanza non soltanto per le Assemblee legislative, ma anche per tutte le Assemblee che funzionano nel nostro Paese, a cominciare dai Consigli comunali, e, in avvenire, anche per le Assemblee regionali.
La questione del risultato pari nella votazione si è presentata più volte nelle Assemblee deliberanti e ha dato luogo a discussioni. L’onorevole Presidente ha ricordato l’opinione espressa nell’opera del Mancini e del Galeotti (Norme ed usi del Parlamento italiano, Roma 1887), secondo cui, in caso di parità, specialmente quando si tratta di emendamenti, deve ritenersi che l’Assemblea abbia respinto la proposta. Tale opinione, se è confortata da altri autori, come per esempio dallo stesso nostro onorevole Orlando (in Digesto italiano, voce Consigli Comunali, n. 150) e dal Saredo (La legge sull’amministrazione comunale e provinciale commentata, 2a ed., Torino 1907, n. 462 e n. 479 e s.) trova però notevoli contrasti in molti altri autori (v. Cammeo, in Giur. It., 1901, III, 251; Forti, in Studi di diritto amministrativo, Torino 1906, p. 151) e soprattutto non coincide coi più recenti studi sul risultato da attribuire alla votazione pari, nel caso di formazione di un atto collegiale, come è il nostro caso (vedi: Vitta, Gli atti collegiali, Roma 1920, pagine 22, 259 e 270).
PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Codacci Pisanelli: in sede di processo verbale si può parlare in quanto, il verbale stesso non riproducendo bene ciò che è stato detto, si renda necessario un chiarimento.
Ieri io ho richiamato, senza però pronunciare il suo nome, alcune dichiarazioni che lei aveva fatto in certa discussione ed in conclusione si è accettato ieri il punto di vista da lei espresso in quella passata occasione. Pertanto non comprendo perché ora lei abbia chiesto la parola. Certamente non può ora esaminare nella sostanza la questione: è assolutamente fuori luogo, onorevole Codacci Pisanelli.
O lei ha da rettificare ciò che è stato detto ieri; o non v’è ragione di suo intervento in sede di processo verbale.
CODACCI PISANELLI. Era appunto questo. Secondo quanto capisco dalle parole che lei dice ora, sembrava che fosse stata accolta la mia tesi nella seduta di ieri; ma non ritenevo che fosse così, perché mi è sembrato che non si fosse d’accordo.
PRESIDENTE. Io ho letto le sue parole. Lei aveva detto: «io sarei d’accordo che la parità di voti prevalga quando si trattasse di emendamenti, ma vi sono contrario quando si tratti di norma costituzionale» e ieri si era in sede di emendamento, e pertanto ieri si è proprio applicato il suo criterio.
CODACCI PISANELLI. Il mio desiderio era di precisare il mio pensiero.
PRESIDENTE. Lei non stava precisando; lei stava esaminando la questione di merito.
CODACCI PISANELLI. Onorevole Presidente, mi permetta, desidero arrivare solo a questa conclusione: lei, molto opportunamente, ieri non mi ha nemmeno nominato, secondo quei principii di correttezza parlamentare che mi augurerei di veder rispettati da tutti in questa Assemblea. Ma il mio desiderio era quello di presentare, come conclusione di quanto affermo, un ordine dei giorno.
PRESIDENTE. Ma, onorevole Codacci Pisanelli, non è questa la sede per la presentazione di simili proposte
Chieda la parola alla fine della seduta.
CODACCI PISANELLI. Il mio pensiero, che di fronte al risultato di parità si debba arrivare alla conclusione che si tratti di un nulla di fatto, è una conclusione a cui sono arrivato studiando la questione successivamente a quelle parole che pronunciai quel giorno e che mi hanno dato occasione di approfondire l’argomento.
In altri termini, preciso che, a mio avviso, si deve arrivare alla conclusione che quando la votazione si conclude con parità di voti, il risultato sia un nulla di fatto. In tali ipotesi bisogna concludere che l’Assemblea nulla ha deliberato. Mi riprometto, a questo scopo, di proporre un ordine del giorno.
PRESIDENTE. Al momento opportuno, onorevole Codacci Pisanelli.
Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati Gasparotto e Rivera.
(Sono concessi).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Onorevoli colleghi, si tratta di affrontare finalmente la norma finale e transitoria che avevamo lasciato in disparte allo scopo di trovare una formulazione che raccogliesse il consenso, quanto meno sicuro, di una parte notevole dell’Assemblea. Nel testo originario della Commissione dei Settantacinque, questa norma era del seguente tenore:
«Si applica all’Assemblea Costituente la disposizione del secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione».
Il secondo comma dell’articolo 58 è il seguente:
«I loro poteri (delle due Camere) sono tuttavia prorogati sino alla riunione delle nuove Camere».
In sostituzione della formulazione iniziale della Commissione dei Settantacinque sono state proposte due formulazioni. La prima è quella dell’onorevole Targetti, del seguente tenore:
«Sostituirla con la seguente:
«In applicazione della norma di cui al secondo comma dell’articolo 58 della Costituzione, i poteri dell’Assemblea Costituente sono prorogati dalla data del suo scioglimento sino al giorno delle elezioni delle nuove Camere.
«In tale periodo tutte le Commissioni permanenti restano in carica.
«Quelle legislative rinviano al Governo con le eventuali osservazioni e proposte di emendamento i disegni di legge a loro trasmessi.
«I deputati possono presentare interrogazioni chiedendo risposta scritta.
«L’Assemblea Costituente può, in tale periodo, essere convocata in via straordinaria dal suo Presidente su richiesta o del Governo o di almeno 200 deputati».
L’altra è degli onorevoli Mortati, Moro, Tosato, Grassi, Mastino Gesumino e Bettiol, del seguente tenore:
«Sostituirla con la seguente:
«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, commi primo e secondo, e 3, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.
«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamento. I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.
«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al primo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o della metà più uno dei suoi membri».
PRESIDENTE. Onorevole Targetti, intende svolgere l’emendamento?
TARGETTI. Onorevole Presidente, per me è un grande onore avere l’occasione di parlare all’Assemblea, ma mi sembra di avere già svolto i concetti del mio emendamento.
TOGLIATTI. Due volte!
TARGETTI. Questo vuol dire, onorevole Togliatti, che i miei argomenti le hanno fatto tanta impressione che le sono rimasti impressi come se li avesse sentiti due volte.
PRESIDENTE. Onorevole Targetti, mantiene il suo emendamento?
TARGETTI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Sta bene. Ricordo che anche l’onorevole Mortati ha svolto il suo emendamento.
L’onorevole Targetti ha presentato il seguente comma aggiuntivo:
«Dopo l’approvazione del progetto di Costituzione, l’Assemblea Costituente delibererà, entro il 31 gennaio 1948, sugli statuti regionali speciali, sulla legge per l’elezione del Senato e sulla legge per la stampa».
L’onorevole Targetti ha facoltà di svolgerlo.
TARGETTI. Onorevoli colleghi, mentre la prima parte del nostro emendamento riguardava l’estensione all’Assemblea Costituente delle norme di cui all’articolo 58 del progetto di Costituzione da noi approvato, quest’ultimo comma dice qualche cosa di molto diverso. Mentre, com’è noto, la prima parte dell’emendamento si limita ad estendere l’applicazione dell’articolo 58 anche all’Assemblea costituente, cioè a stabilire che anche l’Assemblea costituente, una volta esauriti i propri compiti, proroga i propri poteri, questo comma aggiuntivo stabilisce invece una vera e propria proroga dei poteri ordinari, diciamo così, della Costituente.
Come i colleghi ricorderanno, compito specifico dell’Assemblea costituente era quello di dare all’Italia repubblicana una Costituzione ed inoltre di approvare i trattati e deliberare le leggi elettorali.
Lunedì, dopodomani, siamo sicuri di poter dire di aver adempiuto al compito principale, cioè la compilazione della costituzione. Ma, senza colpa di nessuno, è certo che lunedì non avremo approvato la legge elettorale per la nomina del Senato e non avremo neppure preso deliberazioni (non voglio adoperare altre espressioni per non urtare eventualmente la suscettibilità di colleghi siciliani e sardi), non avremo preso deliberazioni in merito agli statuti regionali sardo e siciliano.
Da qui la necessità di prorogare i nostri lavori, almeno per il termine strettamente necessario all’espletamento di questi compiti ancora rimasti inadempiuti.
Abbiamo ritenuto di dover aggiungere anche l’approvazione della legge sulla stampa, perché ci sembra che detta legge sia come una legge complementare delle leggi elettorali, e quindi non abbiamo paura di aver esagerato nell’estendere la materia cui deve provvedere l’Assemblea Costituente in questa brevissima proroga dei suoi poteri aggiungendo, ripeto, anche la legge sulla stampa.
L’amico onorevole Bordon si è sentito ferito nel suo sentimento filiale verso la Valle d’Aosta, perché qui non ho ricordato questo statuto speciale. È vero che qui ho parlato soltanto degli statuti sardo e siciliano, ma la nostra formula riguarda tutti gli statuti regionali speciali. Quindi l’onorevole Bordon può stare tranquillo che della Valle d’Aosta nessuno si è dimenticato, né intende dimenticarsi.
Mi sembra di non aver altro da aggiungere per spiegare questo emendamento aggiuntivo, che viene a provvedere ad una assoluta ed urgente necessità, perché i colleghi sanno che, senza l’approvazione di questa norma o di altra simile, nel momento stesso in cui l’Assemblea costituente approva il progetto di costituzione, per il decreto legislativo 16 marzo 1946, l’Assemblea costituente viene automaticamente, meccanicamente, ad essere disciolta.
Occorre, quindi, prendere, senza indugi, la deliberazione della proroga dei lavori della Costituente, almeno fino al 31 gennaio.
PRESIDENTE. Anche l’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:
«L’Assemblea sarà convocata dal suo Presidente per l’approvazione, non oltre la data di convocazione dei comizi elettorali, per la formazione del nuovo Parlamento, per l’approvazione degli statuti regionali speciali, del disegno di legge sull’elezione del Senato della Repubblica e di quello sulla stampa».
L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.
MORTATI. Il mio emendamento aggiuntivo è suggerito dalla considerazione delle circostanze sopravvenute dopo la presentazione del precedente emendamento. Si sperava allora che entro il 31 dicembre l’Assemblea avrebbe potuto terminare tutto il suo lavoro, non solo costituzionale, ma anche quello relativo alle altre leggi e agli statuti speciali. Le circostanze hanno invece fatto cadere questa aspettativa; ci pare necessario quindi stabilire una disposizione che deroghi da quella precedente.
E, sotto questo punto di vista, mi pare che il mio emendamento presenti una formulazione preferibile a quella dell’emendamento Targetti, in quanto stabilisce, con maggior precisione, che, per le materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, commi primo e secondo, e 3, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98, l’Assemblea possa essere, in deroga alle norme, riconvocata per iniziativa del Governo o di una certa percentuale di membri della Camera. Esso tuttavia stabilisce anche che, per determinati fini, il Presidente possa prescindere da queste condizioni; e ciò mi pare ovvio stabilire, perché l’iniziativa del Governo o di un determinato quorum di deputati non avrebbe ragion d’essere, trattandosi di una attività normale ed anzi necessaria perché la Costituzione possa entrare in vigore.
L’emendamento quindi, come dicevo, è suggerito da questa esigenza e mi pare pertanto che esso non possa non trovare accoglimento.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. L’Assemblea Costituente, attraverso delle riunioni svoltesi fra i capigruppo, aveva raggiunto un accordo, nel senso di dare la possibilità della chiusura dell’Assemblea Costituente con l’approvazione della Costituzione, ossia della legge basilare della nuova Repubblica italiana. Nel tempo stesso, senza nuove disposizioni di legge, ma con una disposizione transitoria che diventava legge dello Stato, si sarebbe data la possibilità all’Assemblea di potersi convocare per determinate materie.
A tal fine mirano gli emendamenti, sostanzialmente identici, che hanno presentato gli onorevoli Targetti e Mortati, al cui emendamento ho anche aggiunto la mia firma.
Si è creata pertanto questa situazione: si è detto che, per alcune determinate leggi e per alcuni specifici provvedimenti, come quello del coordinamento degli statuti regionali speciali, non ci troviamo di fronte ad una questione che si possa rimandare alla discrezione del governo o ad libitum di un certo quorum perché convochi l’Assemblea. Ed è indispensabile che questi provvedimenti si prendano, perché altrimenti non sarebbe possibile convocare i comizi elettorali. E allora si è cercato di introdurre nella stessa disposizione questa differenziazione, con un comma aggiuntivo.
In altri termini, per questa materia, che è improrogabile, che fa parte della continuità, direi, dei lavori di questa Assemblea, che essa avrebbe dovuto fare se avesse avuto tempo, si dice che l’Assemblea sarà convocata dal Presidente, per assolvere questi suoi impegni speciali e particolari, determinati in modo che non si possa andare oltre quello che è l’obietto e quello che è anche il termine in cui si devono svolgere.
Non ho ben presente l’emendamento Targetti; pare che esso stabilisca il termine al 31 gennaio 1948.
TARGETTI. Precisamente.
GRASSI. In fondo, l’emendamento Mortati si limita quasi a dire la stessa cosa, perché dice «fino al decreto di convocazione dei comizi»; ed ormai, avendo il Governo preso l’impegno di fronte all’Assemblea di proporre al Presidente della Repubblica la convocazione dei comizi non oltre il 18 aprile, credo che le date coincidano, perché, dovendosi per la legge elettorale lasciare liberi 70 giorni, non si potrà andare che ai primi di febbraio al massimo, per il decreto di convocazione dei comizi.
D’altra parte, penso che in una legge, più che precisare un giorno – il che può essere pericoloso, in quanto che non potremmo sorpassarlo – sia preferibile la formula dell’onorevole Mortati, perché lascia quella discrezionalità che rende possibile alla Assemblea di funzionare e di poter assolvere questi tre incarichi, che essa stabilisce a se stessa di dover compiere, ossia l’approvazione della legge elettorale per il Senato della Repubblica, la legge sulla stampa – che riteniamo connessa con tutto ciò che è legge costituzionale, in quanto garantisce la libertà di stampa, che fa parte del nostro sistema costituzionale, specialmente in riferimento al periodo elettorale – nonché quello che è il coordinamento degli statuti speciali, che deve essere fatto dopo l’approvazione della Costituzione.
Per queste ragioni, vorrei pregare l’onorevole Targetti, per quel senso di comprensione che noi tutti dobbiamo avere in queste ultime ore in cui siamo riuniti per deliberare solennemente sulla nostra Costituzione, – poiché sostanzialmente, siamo d’accordo; si tratta solo di trovare la formulazione opportuna – di aderire, se è possibile, all’emendamento Mortati, che rappresenta sostanzialmente la stessa indicazione, ma che lascia una maggiore libertà di azione e una maggiore discrezionalità.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Noi siamo favorevoli ad accettare l’invito dell’onorevole Grassi nel senso di sostituire alla data da noi indicata – 31 gennaio – la data generica, ma al tempo stesso ben determinata dell’emendamento Mortati, cioè fino al momento in cui viene pubblicato il decreto di convocazione dei comizi. Soltanto è la forma – non è la questione della durata di questa proroga di lavori – sulla quale forse noi non ci sentiamo perfettamente d’accordo, giacché dire: «il Presidente convocherà» non ci sembra che esprima proprio il concetto che l’Assemblea Costituente proroga i suoi lavori. E ciò perché in realtà, il Presidente convocherà, se se ne verificheranno le condizioni, l’Assemblea Costituente anche nell’altro periodo. E sono, secondo noi, due periodi molto diversi: c’è un primo periodo in cui l’Assemblea Costituente decide fin d’ora di continuare i suoi lavori, e c’è un secondo periodo, in cui la convocazione dell’Assemblea Costituente è un’eventualità subordinata al verificarsi di determinate condizioni. Quindi mi sembra che la formula Mortati, «il Presidente convocherà», non sia una formula che esprima nettamente diversità di situazioni. Questo è chiaro ed è inutile insisterci. Quello che noi vogliamo non è ispirato da nessun speciale orientamento politico, ma soltanto dettato dalla preoccupazione che questo provvedimento abbia piena ed assoluta validità. Si tratta d’un provvedimento col quale l’Assemblea Costituente prolunga la sua vita ordinaria. Che questa deliberazione, che è di sostanza costituzionale, sia presa sotto la semplice forma della facoltà del Presidente di convocare l’Assemblea non ci sembra del tutto esatto. Quindi vorremmo metterci d’accordo su una formula diversa.
Qui noi abbiamo detto che entro il 31 gennaio 1948 l’Assemblea Costituente delibererà ecc. Si potrebbe dire che l’Assemblea Costituente delibererà sugli statuti speciali, sulla legge sulla stampa e su quella per l’elezione del Senato della Repubblica sino alla data di pubblicazione del decreto che indice i comizi elettorali. Oppure si potrebbe dire che l’Assemblea Costituente stabilisce di continuare i suoi lavori per deliberare sopra queste e queste materie, fino al giorno del decreto di convocazione dei comizi.
PRESIDENTE. Penso, onorevoli colleghi, che prima di votare l’eventuale formulazione concordata – che io auspico – di quest’ultimo comma della sesta norma transitoria, occorra decidere sulla prima parte, perché a seconda che l’Assemblea accoglierà o meno la formulazione Targetti e altra simile, oppure la formula Mortati, si potrà escogitare la formulazione della seconda parte.
Infatti secondo la proposta dell’onorevole Targetti i poteri dell’Assemblea Costituente sono prorogati; secondo quella dell’onorevole Mortati, invece, l’Assemblea «potrà essere convocata» quando dovrà deliberare su date materie.
La seconda parte dell’articolo non può essere formulata che in relazione alla formulazione della prima.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Riterrei opportuno prima deliberare sopra il mio comma aggiuntivo che equivale, come si è rilevato, alla proposta Mortati, e poi deliberare sulla proroga dei poteri a tenore dell’articolo 58.
La differenza fra il nostro emendamento e quello Mortati si trova tanto nella prima parte che nell’ultima. Nella prima, dove si parla dell’applicazione dell’articolo 58, c’è una differenza sostanziale, perché per noi si tratta di una proroga dei poteri in generale, e per l’onorevole Mortati no.
Invece nell’ultimo comma siamo d’accordo sul fatto di prorogare i lavori della Costituente, e il disaccordo è soltanto (ora che si è raggiunto l’accordo sul termine ad quem) sulla formula proposta dall’onorevole Mortati «il Presidente convocherà».
Noi osserviamo che questa dizione ci sembra impropria ed insufficiente trattandosi di significare che si prorogano i lavori della Costituente: i lavori, non i poteri. Implicitamente sono compresi anche i poteri, ma qui si tratta di prorogare i lavori ordinari della Costituente, cioè la sua vita ordinaria.
Perciò, quando noi ci fossimo messi d’accordo sulla espressione di questo concetto, che è comune, questo comma aggiuntivo potrebbe essere approvato senza altra discussione, discutendosi, semmai, la prima parte.
PRESIDENTE. Sarò ben lieto, se si metteranno d’accordo; ma penso che difficilmente si metteranno d’accordo sulla seconda parte se non c’è l’accordo sulla prima.
MORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Chiedo una breve sospensione della seduta per permettere alle diverse parti di concordare su una formula comune.
PRESIDENTE. Non credo vi sia bisogno di una vera sospensione; le varie parti potranno giungere ad un accordo seduta stante.
Dopo le conversazioni private svoltesi nell’Aula, comunico che è stato presentato, dagli onorevoli Targetti, Togliatti e Grassi, il seguente testo concordato:
«L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare entro il 31 gennaio 1948 sui provvedimenti costituzionali e legislativi necessari per l’attuazione della Costituzione.
«Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente potrà essere riconvocata, quando vi sia necessità di deliberare sulle materie attribuite alla sua competenza dall’articolo 2, commi primo e secondo, del decreto legislativo 16 aprile 1946, n. 98.
«In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamento. I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.
«L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente».
FABBRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABBRI. Io sono scettico circa la conclusione dei lavori.
Se il termine del 31 gennaio si deve intendere valevole anche per il coordinamento e l’emanazione degli Statuti regionali, penso che non vi sia il tempo sufficiente. Non vorrei che si ripetesse il fenomeno verificatosi finora, nonostante si sia detto che io sognavo, quando sostenevo che i termini precedentemente stabiliti non erano sufficienti.
Perciò ritengo che il termine debba essere spostato dal 31 gennaio almeno al 15 febbraio.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. Vorrei assicurare l’Assemblea e specialmente l’onorevole Fabbri, che in una prima formulazione era stato detto: «fino al giorno del decreto della convocazione dei comizi». Infatti bisogna tener presente questa situazione, ormai consacrata con l’impegno preciso assunto dal Presidente del Consiglio, che le elezioni politiche dovranno farsi non oltre il 18 aprile.
Ora, mantenendo fermo questo termine del 18 aprile, accettato ormai dall’Assemblea e quindi considerato come un impegno preso fra il Governo e l’Assemblea, è indispensabile che almeno si disponga di 70 giorni, prima di poter convocare i comizi. Ora, tecnicamente, il decreto dovrà essere emanato nei primi giorni di febbraio, non oltre il 7 o l’8 febbraio, per poter rientrare nei 70 giorni: non si potrebbe accettare quindi la data del 15 febbraio. Ma, di fronte alle osservazioni fatte dall’onorevole Targetti e da altri colleghi, è meglio fissare una giornata precisa in cui si dica che l’Assemblea deve finire questo suo lavoro di attuazione (e lo può finire, perché il giorno di convocazione è rimesso al Presidente, il quale potrà con i suoi poteri discrezionali stabilirlo in relazione ai lavori che eventualmente noi riterremo indispensabili per l’attuazione, quali: la legge elettorale del Senato, senza la quale non si può attuare la Costituzione o formare gli organi legislativi; il coordinamento dei quattro statuti speciali per le Regioni, in quanto questo fa parte dell’ordinamento costituzionale dello Stato ed in fine la legge sulla stampa). Nel periodo di tempo fissato occorre però, che effettivamente terminiamo i lavori, che sarebbero dovuti finire col 31 dicembre o col giorno dell’entrata in vigore della Costituzione. In altre parole, onorevoli colleghi, il punto essenziale, il punto costituzionale è questo: per l’articolo 4 del decreto istitutivo dell’Assemblea Costituente, l’Assemblea stessa dovrebbe sciogliersi di diritto nel giorno dell’entrata in vigore della Costituzione. Ora noi, con questa disposizione, rendiamo possibile che l’Assemblea continui i suoi lavori, senza bisogno di una legge speciale, ma le diamo la possibilità che eserciti le sue funzioni e possa completarle ed attuare le leggi necessarie per la Costituzione. Dobbiamo però mettere anche un limite nel tempo e nell’obietto dei lavori. Mi pare che con la proposta presentata dagli onorevoli Targetti e Togliatti, e da me (ed accettata dal Governo), si sodisfi a queste esigenze.
Noi stabiliamo due limiti: un limite di tempo, che è il 31 gennaio, che coincide presso a poco col giorno del decreto della convocazione dei comizi, e d’altra parte stabiliamo anche quale è l’oggetto dei lavori, senza determinarlo in una forma precisa, ma riferendolo a tutte quelle disposizioni costituzionali e legislative che servono per l’attuazione di questa Costituzione.
Prego l’Assemblea di voler superare le difficoltà in modo che ci si possa avviare verso la fine del nostro lavoro costituzionale.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Onorevoli colleghi, nella proposta letta dal nostro onorevole Presidente c’è anche la mia firma, ed io voglio spiegare che ho inteso di apporre la mia firma alla parte relativa a questa proroga dei poteri fino al 31 gennaio, ma non ho inteso di rinunciare ad alcun concetto del nostro emendamento, fra cui quello della autoconvocazione dell’Assemblea. Non mi è stata data al riguardo alcuna risposta. Per la parte che riguarda la proroga dei lavori fino al 31 gennaio va bene, ma io non ho mai pensato di rinunciare alla parte che riguarda l’autoconvocazione dell’Assemblea dopo la fine dei suoi lavori. Questo lo dico anche a nome degli altri colleghi firmatari.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Signor Presidente, io sono un po’ perplesso di fronte al testo che ci è stato presentato. Il Ministro Guardasigilli ha detto una frase che non era perfettamente da Ministro Guardasigilli; perché ha detto che l’articolo 4 di quel tanto bistrattato decreto del 1946 stabilisce che l’Assemblea Costituente dovrebbe essere sciolta il giorno dell’entrata in vigore della Costituzione. In verità, l’articolo 4 dice proprio che l’Assemblea Costituente è sciolta il giorno dell’entrata in vigore della Costituzione. E quando io vedo che successivamente all’entrata in vigore della Costituzione, l’Assemblea Costituente si vuole dare ancora dei poteri e prendere provvedimenti costituzionali, io resto abbastanza perplesso, perché ciò costituisce un atto di violazione della Costituzione. Una volta promulgata la Costituzione, l’Assemblea potrà anche esaminare, se si crede, provvedimenti legislativi necessari all’attuazione della Costituzione, ma provvedimenti costituzionali l’Assemblea non ne può prendere, perché dal giorno in cui abbiamo fatto entrare in vigore la Costituzione, i provvedimenti costituzionali si prendono solo secondo le norme che la Costituzione stabilisce; se no la Costituzione non è praticamente entrata in vigore, cioè le sue garanzie costituzionali non entrano in vigore.
Quindi, chiederei che fosse almeno soppressa la parte che riguarda i provvedimenti costituzionali.
TOGLIATTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOGLIATTI. Signor Presidente, chiedo scusa ai colleghi se prendo la parola, in quanto era prevedibile che, dopo l’accordo cui siamo arrivati su quella formula, si potesse giungere al voto senza ulteriori discussioni.
Ma il tema è di tale gravità che, ogni volta che ci mettiamo a riconsiderarlo, troviamo argomenti nuovi che ci inducono ad essere perplessi.
In sostanza, quale è il fondo del problema? Nessuno di noi, in linea di fatto, oggi pensa ad impegnare un dibattito politico o nel mese di gennaio o nel periodo di convocazione dei comizi elettorali, in quei 70 giorni, perché nel mese di gennaio non prevediamo un simile dibattito politico e in quei 70 giorni il dibattito politico si svolge davanti alla massa elettorale, già convocata per esprimere il proprio suffragio.
Però, cosa può accadere in questo periodo di tempo?
Questo è il problema che sta davanti a noi. Possono accadere fatti che vanno al di là delle nostre previsioni normali, umane. Ed allora cosa faremo? Il Governo potrà sempre opporci un testo legislativo dicendo: «no, il dibattito politico non è ammesso». Noi reclameremo il dibattito politico, perché le circostanze nuove saranno tali da richiedere il dibattito politico. Come ce la caveremo?
Per questo la formula presentata era tale che, senza parlare esplicitamente di dibattito politico fino al 31 gennaio, tuttavia non lo escludeva.
Per l’altra formula, riguardante il periodo successivo dei 70 giorni, ha ragione l’onorevole Targetti, che una formula di autoconvocazione ci starebbe bene.
Quanto all’obiezione che solleva adesso l’onorevole Lucifero, ne comprendo la gravità. Costituzionalmente l’onorevole Lucifero ha ragione; però noi dobbiamo ancora votare le leggi o i provvedimenti di coordinamento degli statuti regionali con la Costituzione. Questo, lo dobbiamo fare. Dobbiamo votare le leggi elettorali: la legge elettorale per la Camera sarà votata prima…
LUCIFERO. Questa non è Costituzione, onorevole Togliatti.
TOGLIATTI. Già, ma se lei mi dice che la Costituente è sciolta di diritto, e tale è la formula della legge, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, nemmeno questo potremmo più fare. Mentre invece dobbiamo votare la legge elettorale per il Senato.
Ora, ci troviamo di fronte a contradizioni: dobbiamo trovare una formula nuova e darle un valore tale che superi quello delle formule precedenti. La mia opinione è che, forse, non sarebbe male, signor Presidente, se noi avessimo ancora un’oretta di tempo per consultarci e che rinviassimo la seduta alle ore 16, in modo da avere la possibilità di metterci ancora al tavolo per formulare definitivamente un testo che elimini, nella maggior misura possibile, queste contradizioni che esistono.
BOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Onorevoli colleghi, io intendo dire pochissime parole in risposta all’osservazione or ora formulata dall’onorevole Lucifero, al quale mi permetterei di fare osservare che la sua argomentazione non è fondata. Noi qui infatti miriamo a regolare una situazione di passaggio, a formare una norma transitoria. Quello che dice l’onorevole Lucifero sarebbe esatto qualora le Camere esistessero.
Se le Camere esistessero e noi affidassimo il compito di fare norme costituzionali all’Assemblea Costituente, è evidente che violeremmo la Costituzione; ma noi invece le affidiamo il compito di completare la materia costituzionale, perché le Camere non esistono e vi è un necessità di completare il testo costituzionale.
Non perdiamo dunque di vista che si tratta di una norma transitoria, cioè di passaggio fra il regime esistente e quel regime che si dovrà formare. Se infatti una materia costituzionale ancora vi è, per rendere necessario il compimento della Costituzione e la messa in atto della Costituzione medesima, questo lavoro non può evidentemente essere compiuto se non dall’Assemblea Costituente.
Mi sembra dunque che l’obiezione sollevata dall’onorevole Lucifero non abbia alcun fondamento.
SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIAVETTI. Vorrei sapere se la legge sulla stampa viene giudicata come annoverabile fra quei provvedimenti di legge che si reputano necessari per l’andamento in vigore della Costituzione.
PERASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERASSI. L’onorevole Bozzi ha già risposto all’osservazione dell’onorevole Lucifero, e non credo che su quel punto sia necessario insistere oltre.
In sostanza, il problema che ci è davanti è questo: con l’entrata in vigore della Costituzione si avrà un periodo di alcuni mesi, durante il quale, non saranno ancora costituiti alcuni organi essenziali per il completo funzionamento della Costituzione: mancheranno in particolare le due Camere.
Esiste d’altra parte una necessità giuridica e politica che, prima che le due Camere siano costituite, si facciano alcune leggi costituzionali espressamente previste dalla Costituzione. Sono queste le leggi costituzionali relative agli statuti speciali per alcune regioni. Ora, la norma transitoria, che si inserisce nella Costituzione, ha l’effetto di utilizzare a questo scopo un organo esistente, L’Assemblea Costituente, facendolo funzionare in luogo di quelli che sarebbero gli organi normali, ossia la Camera e il Senato. Questo dal lato giuridico.
Ma resta ancora una questione su questo punto, mi riferisco particolarmente a quanto ha detto l’onorevole Grassi. Nella norma transitoria, quale viene proposta, si stabilirebbe che l’Assemblea Costituente dovrebbe compiere questo lavoro supplementare, che comprende la deliberazione delle leggi costituzionali concernenti gli statuti ed altre leggi, fra cui quella relativa all’elezione del Senato e forse anche quella sulla stampa, entro un termine determinato: il 31 gennaio 1948.
Ora, io non so se chi ha proposto questa data ha tenuto adeguatamente conto del lavoro che dovrebbe svolgersi entro tale data, con la quale si fissa un periodo che, in concreto, si ridurrebbe a non più di quindici giorni al massimo, se è vero, come pare, che l’Assemblea Costituente non sarebbe convocata prima della metà di gennaio o giù di lì.
A questo riguardo, io mi permetto di parlare tanto a titolo personale quanto nella qualità di Presidente della Commissione, che è incaricata di elaborare le leggi costituzionali concernenti gli statuti regionali. Ricordo all’Assemblea che si tratta dello statuto siciliano, dello statuto sardo, dello statuto per il Trentino-Alto Adige e dello statuto per la Val d’Aosta. Sono quattro leggi costituzionali di una delicatezza che non ha bisogno di essere sottolineata.
Ciò posto, io ritengo in coscienza di dover affermare che mi sembra molto difficile che in un periodo così breve tale lavoro possa compiersi nella maniera con la quale deve essere compiuto.
Perciò io pregherei chi ha presentato quella formula di voler considerare questo punto e di voler togliere o modificare la data che è stata indicata.
GRASSI. Allora, andiamo all’infinito.
PERASSI. No, non si va all’infinito. L’indicazione di quella data non mi sembra necessaria, tanto più che nella stessa norma transitoria si prevede la possibilità che, anche dopo di essa, e fino alla elezione delle Camere, l’Assemblea possa essere convocata su iniziativa del Governo o di un certo numero di deputati.
È perciò che io prego formalmente i presentatori dell’ultima formula della norma transitoria, di cui si tratta, di voler tener conto delle osservazioni, che ho ritenuto doveroso di fare.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Onorevoli colleghi, a me viene in mente che per facilitare l’accordo, comunque, per facilitare la consultazione dell’Assemblea, potrebbe essere opportuno distinguere i due argomenti e non fare oggetto di tutti e due gli argomenti lo stesso emendamento, anche per la diversa natura e la diversa portata dell’uno e dell’altro.
Noi dobbiamo risolvere due problemi: il primo, secondo me ancora più importante del secondo, è rappresentato dalla necessità di porre l’Assemblea Costituente in grado di esaurire il suo compito. Perché l’Assemblea ricorda con me che il suo compito non si esaurisce con l’approvazione del progetto di Costituzione, ma occorre che al progetto di Costituzione si unisca la deliberazione – ripeto un’espressione generica, che può comprendere varie forme di decisioni – sopra gli statuti regionali speciali; e inoltre la legge elettorale per la formazione del Senato. E vorrei ricordare all’onorevole Lucifero – quantunque egli non abbia bisogno di questo richiamo – che nel compito specifico dell’Assemblea Costituente era inclusa anche la legge elettorale. Quindi noi abbiamo bisogno di essere investiti – e non possiamo investirci altro che da noi stessi – dei poteri necessari per portare in fondo l’espletamento del compito che la legge costitutiva dell’Assemblea ci ha assegnato.
Per questo occorre fissare una proroga di lavori; lavori, onorevole Lucifero, evidentemente costituzionali; perché, se non si lavora in questa materia costituzionale, rappresentata dalla deliberazione sugli statuti regionali e anche dalla legge elettorale, non si esaurisce il nostro compito. Si aggiunge l’opportunità di deliberare sulla legge per la stampa. Mettiamoci d’accordo per prendere una decisione che può avere o la forma di norma transitoria, o la forma più classica e più giuridicamente esatta di un disegno di legge che proroghi i lavori della Costituente fino al 31 gennaio, come abbiamo indicato, oppure sino alla data di pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali: è questione di intendersi su una data o sull’altra. Ma è bene che il provvedimento sia un vero e proprio disegno di legge che proroghi fino al 31 gennaio o altra data il termine assegnatoci per espletare il nostro compito.
Questo è il primo argomento, da esaurirsi a parte dall’altro.
L’altro è quello della applicazione anche alla Costituente della norma sancita dall’articolo 58 del testo Costituzionale.
Non voglio scandalizzare nessun costituzionalista, ma per me questa norma non sfugge alla taccia di una certa imprecisione. Questa proroga di una Assemblea disciolta costituisce un argomento intorno al quale si potrebbe discutere a lungo, per stabilirne i limiti e lo svolgimento. Comunque, c’è un articolo proposto dalla Commissione dei Settantacinque, che applica l’articolo 58 della Costituzione anche alla Costituente, e quest’articolo non l’abbiamo inventato noi. È la Commissione dei Settantacinque che a suo tempo, senza dar luogo a nessun schieramento di partito, stabilì di accordare questa prorogatio anche all’Assemblea Costituente. Noi abbiamo commesso il peccato di aggiungere la modalità della convocazione dell’Assemblea in questo periodo di proroga. Per primi riconosciamo che si tratta di ipotesi che si possono anche non verificare, ma non si possono certamente escludere.
Occorre quindi fissare la modalità della convocazione. Su questo punto ci può essere dissenso.
Finché si parla della richiesta del Presidente della Repubblica, il dissenso non sorge; e neppure se si aggiunge la richiesta del Governo. Ma rimane la terza ipotesi, quella dell’autoconvocazione, che richiede di stabilire il minimo dei deputati necessario, perché la domanda di convocazione sia efficace. Su questo argomento vorrei invitare i colleghi della Democrazia cristiana, e in genere della nuova maggioranza, ad essere sereni apprezzatori della situazione. Se c’è qualcuno che non deve dubitare che questa maggioranza formatasi ieri avrà vita almeno per questi mesi, che ci dividono dalle elezioni, dev’essere proprio l’onorevole De Gasperi e ognuno che appartenga alla sua nuova maggioranza. L’ipotesi che duecento deputati si accordino per chiedere la convocazione, è un’ipotesi così difficile a verificarsi, che l’onorevole Giannini ha proposto di ridurre il minimo necessario da due al terzo dei componenti l’Assemblea.
Riassumendo, noi proponiamo che i due argomenti rimangano divisi e diano luogo a due votazioni separate.
COLITTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. Desidero esprimere anche io la mia opinione su questo argomento, che è indubbiamente di notevole importanza.
La formazione della Costituzione rappresenta uno dei compiti demandati dal decreto legislativo del marzo 1946 alla Costituente; ma alla stessa, da tale decreto, vennero assegnati altri compiti: approvazione dei trattati e formazione delle leggi elettorali. Può ora l’Assemblea dire di avere esaurito detti compiti?
A questo interrogativo la risposta non è dubbia. L’Assemblea non ha esaurito i compiti demandatile: essa non ha, infatti, ancora provveduto alla approvazione della legge elettorale sul Senato.
Che cosa ora si deve fare, perché l’Assemblea possa esaurire i suoi compiti?
A mio modesto avviso, l’Assemblea non può fare che quello che ha fatto in precedenza e in ciò io concordo pienamente con quello che dianzi diceva l’onorevole Targetti.
Che fece in precedenza? Avrebbe dovuto adempiere ai suoi compiti entro otto mesi. Non li adempì. Prorogò allora il termine. Ma come? Con una legge costituzionale. Passarono gli altri mesi assegnati. Non adempì al suo compito. Provvide di nuovo a prorogare il termine con una legge costituzionale.
È perciò che io penso che, perché l’Assemblea possa adempiere integralmente al mandato commessole in conformità del ricordato decreto legislativo del marzo 1946, non possa fare altro che prorogare i termini precedentemente assegnatile, appunto con una legge costituzionale.
NITTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NITTI. Ho chiesto di parlare solo per fare poche osservazioni.
Questa che si vuol fare non è la proroga, ma è la prorogatio, la qual cosa (questa parola latina non tutti riescono a comprenderla) vuol dire proroga. È istituto che esisteva in Austria, paese di diverse nazionalità dove, come in Svizzera, alcuni concetti si preferiva esprimerli in una lingua morta. In Svizzera, quando non si può usare né il tedesco, né il francese, né l’italiano, per una cosa che deve essere capita-da tutti, si usa una lingua morta: sulla moneta non è scritto Schweiz, né Suisse non è scritto Svizzera, è scritto soltanto Helvetia.
Quale è il nostro compito?
Ciò che è assolutamente indispensabile è discutere e decidere la materia costituzionale, la Camera, il Senato e (benché la cosa sia poco verosimile) anche gli statuti delle regioni. Materia spinosa che ci spinge verso l’indefinibile e anche il non realizzabile. Come si regolerà questa materia? E quando? E si regolerà in modo definitivo? Il resto non è necessario.
Io non sono invece molto sicuro di sostenere nella fase attuale il diritto di autoconvocazione, a meno che non si trovi una forma pratica. Prima di tutto bisogna in forma precisa stabilire se l’Assemblea vuole attribuirsi questa prerogativa, in quali casi ciò possa avvenire e le forme stesse dell’autoconvocazione.
Se è necessaria la richiesta di un numero non grande di deputati, vi è pericolo di abusi da parte di piccoli gruppi; se un numero troppo grande è al contrario richiesto, è inutile occuparci dell’autoconvocazione.
Il Governo attuale ha avuto una notevole maggioranza nel voto di fiducia. Il partito democristiano, che è il centro della situazione attuale, forma circa due quinti dell’Assemblea.
Perché l’autoconvocazione abbia luogo occorrono gravissimi avvenimenti e tutti giustificabili. Possono avvenire?
Nessuno può prevedere con sicurezza che cosa potrà accadere anche fra due o tre mesi. La situazione nostra è sempre tale che possono accadere avvenimenti gravi. Ma in questo caso non vi è nessun Governo così folle che si precipiti da solo nell’abisso di situazioni estreme.
In ogni modo il diritto di autoconvocazione non può essere dato altrimenti che limitato a casi precisi e regolati con ogni serietà.
Rimanendo la Costituente attuale nei suoi quadri (uso questa parola impropria) non vedo alcun inconveniente che siano mantenute le interrogazioni nella forma delle risposte scritte. Respingere questa ragionevole richiesta è inutile e mantenerla invece, se non se ne abusa, può essere utile.
Cerchiamo intanto di compiere con serietà il lavoro che ci rimane.
Abbiamo perduto troppo tempo in manifestazioni spesso vane e inutili e soltanto oratorie.
In questi pochi giorni che ci rimangono dobbiamo intensificare il lavoro; non è necessario solennizzare tutte le feste civili e religiose. Anche nella Bibbia si legge che, nell’ora suprema, gli ebrei per salvarsi vollero rompere il sabato sacro e fecero guerra contro i filistei.
Noi dobbiamo agire con senso di sincerità per rendere la vita del paese meno penosa e incerta e, sempre che sia possibile, meno rischiosa.
In questo senso, dunque, io chiedo formalmente che gli argomenti di cui noi dobbiamo trattare siano nettamente definiti e subordinati a quella disciplina che ho indicato e che risponde alla realtà.
CRISPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPO. A mio avviso esiste differenza fra la proroga e la prorogatio. La proroga è l’atto col quale si proroga il termine stabilito per la durata dei lavori dell’Assemblea.
La prorogatio, invece, è un istituto di diritto costituzionale, per il quale, ad evitare la vacatio legislativa, si stabilisce che, cessata la funzione delle Camere, i poteri di esse permangono fino all’elezione delle nuove Camere.
Ciò premesso, a mio avviso, la questione da risolvere è una sola. Non si contesta e non si può contestare che possano essere oggi prorogati i poteri dell’Assemblea Costituente. La questione non deve porsi così, e l’obiezione prospettata dall’onorevole Lucifero non mi sembra superabile. La questione è questa: se, approvata la Costituzione, possa ancora sopravvivere l’Assemblea, cioè, l’organo delegato a formare la Costituzione, a mio avviso, è evidente che, promulgata la legge di approvazione della Costituzione, la funzione dell’organo deve intendersi esaurita e cessata. Né mi pare si possa accogliere l’osservazione che praticamente le norme costituzionali non troverebbero modo di entrare in attuazione per mancanza delle Camere legislative.
Difatti, indipendentemente da qualunque attività legislativa, intesa ad attuare talune o la più parte delle norme costituzionali, vi sono principî contenuti nella Costituzione, i quali ope legis cominciano a funzionare con la promulgazione della legge che approva la Costituzione.
Né mi pare abbia valore l’altra osservazione, che, cioè, l’Assemblea debba ancora occuparsi degli Statuti regionali e della legge elettorale. La legge elettorale non è, difatti, materia costituzionale.
Il fatto che sia stato attribuito anche questo compito all’Assemblea non significa che sia trasformato il carattere della legge. Ciò è evidente. Onde, il mio avviso è questo: che si può, bensì, provvedere ad una proroga; ma che tale proroga non possa aver luogo, dopo l’approvazione della Costituzione, tranne che l’Assemblea non sia convocata esclusivamente in funzione legislativa, per adempiere i compiti che non è riuscita ad adempiere nei termini precedentemente stabiliti.
Per queste osservazioni penso che resti ferma l’obiezione prospettata dall’onorevole Lucifero.
LUSSU. Onorevole Presidente mi permetto ricordarle che v’è la mozione d’ordine dell’onorevole Togliatti.
PRESIDENTE. Io sto attendendo che l’idea dell’onorevole Togliatti sia concretata in forma di mozione, ché altrimenti non potrei proporla all’Assemblea.
Desidero per altro verso rilevare che, a mio avviso, si sta rifacendo una discussione già fatta nel momento in cui i due testi Targetti e Mortati erano stati presentati e svolti. Oggi l’Assemblea avrebbe dovuto soltanto pronunciarsi definitivamente sull’uno o sull’altro.
È, comunque, da rammaricare che, durante i dieci giorni trascorsi non si sia sentito, da parte di coloro che hanno sollevato obiezioni, la necessità di accordarsi su un testo comune.
Ad ogni modo, cerchiamo di sgomberare il terreno dalle cose superflue e veniamo al nocciolo della questione.
Quale può essere la formula? Vi sono tre proposte: la proroga, la prorogatio (perché, se è indiscutibile che nel pensiero di molti o di tutti, in questo momento, la prorogatio non è che una finzione giuridica dietro la quale in realtà si opererebbe come in vera proroga, non v’è dubbio tuttavia che si potrebbe parlare ancora di prorogatio per delimitare le attività che l’Assemblea potrebbe e dovrebbe veramente svolgere); proroga e prorogatio attraverso norme transitorie; ed infine vi è la proposta di tradurre in disegno di legge la richiesta di una proroga che acconsenta una integrale prosecuzione dei nostri lavori.
Bisogna decidersi a stabilire, e scegliere la forma da adottare e non cercare formulazioni in cui, parlando di prorogatio, in realtà ci si offre una proroga, oppure, parlando di proroga, si pensa poi che nel quadro della proroga si debba funzionare come in regime di prorogatio, vale a dire con limitazioni dei poteri dell’Assemblea Costituente. Bisogna decidersi, e pertanto, se l’onorevole Togliatti non presenta una proposta concreta, la formulo io, nel senso di sospendere ogni decisione, invitando coloro che si sono fatti promotori di questa discussione a riunirsi per trovare una formula da proporre all’Assemblea all’inizio della seduta pomeridiana.
Pertanto, se non vi sono osservazioni in contrario, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Comunico, – intanto, un’altra proposta, a carattere di norma transitoria, pervenutami ora e firmata dagli onorevoli Targetti, Costa, Carpano Maglioli e Fedeli Aldo:
«Le elezioni per la formazione del primo Parlamento della Repubblica avranno luogo entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente Costituzione».
L’onorevole Targetti ha facoltà di svolgerla.
TARGETTI. Lo scopo della norma aggiuntiva è chiaro e noi crediamo che debba essere condiviso da tutti, indipendentemente dai vari orientamenti politici.
Abbiamo qui ascoltato la dichiarazione dell’onorevole Presidente del Consiglio, secondo cui il Governo si proporrebbe di convocare i comizi elettorali al più tardi il 18 aprile. È inutile dire che noi non mettiamo in dubbio, neppure lontanamente, la lealtà dell’onorevole De Gasperi. Se egli ha espresso questo suo convincimento, anzi, questo proposito suo e del Consiglio dei Ministri, dobbiamo ritenere che l’espressione di questo proposito corrisponda ad una volontà precisa e debba considerarsi come un impegno.
Ci si domanderà allora perché stabilire quella norma. Noi possiamo ammettere, anche se non corrisponde ai nostri desideri, che questo Ministero di recente costituzione possa arrivare alle elezioni. Però, nessuno può escludere, e nemmeno l’onorevole De Gasperi vorrà escluderla, l’eventualità di un cambiamento di Ministero. L’impegno preso oggi dal Presidente dell’attuale Ministero, certamente non vincolerebbe un altro Presidente del Consiglio, un altro Governo. Mi sembra evidente.
Quando noi proponiamo di stabilire un termine massimo di quattro mesi dalla pubblicazione della Costituzione, pubblicazione che tutti siamo d’accordo dovrà avvenire il primo gennaio, noi non facciamo altro che fissare questo principio, stabilire questa norma: che i comizi per la formazione del primo Parlamento della Repubblica italiana devono essere convocati entro il mese di aprile. Anzi, concediamo vari giorni di più a quello che è stato l’impegno dell’onorevole De Gasperi.
MICHELI. Tanto per cambiare!
TARGETTI. Onorevole Micheli, prima di tutto il cambiare Governo non vuol dire che sia una cosa poco consigliabile. Anzi. Ma questo non c’entra. E siccome non può essere che ella non abbia capito devo essere io che mi sono espresso male. Oggi noi abbiamo un impegno dell’attuale Presidente del Consiglio, ma noi vogliamo avere una norma costituzionale che a qualsiasi Presidente del Consiglio faccia obbligo di non ritardare le elezioni oltre la fine di aprile. Se la nostra Costituzione stabilisce un termine massimo di tempo entro il quale, sciolta una Camera, si deve procedere alle elezioni e se questo termine non vogliamo applicarlo nei riguardi della nostra Assemblea, bisognerà bene fissarne un altro, sulla carta, cioè in una disposizione transitoria. Onorevole Micheli, lei deve convenire che questo è un concetto molto semplice e che non contrasta affatto ma si intona all’impegno preso dall’attuale Presidente del Consiglio. Non mi pare possibile che ella non ne sia persuaso, e quindi concludo col raccomandare anche a lei l’approvazione del nostro emendamento.
MICHELI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI. Ho chiesto di parlare per spiegare il concetto di una semplicissima mia interruzione con la quale volevo far presente al collega Targetti che effettivamente, data la distanza di così poco tempo, secondo la sua proposta, e quella risultante dalle dichiarazioni del Governo (per quanto non fosse impegno costituzionale, ma esso era pubblico ed accettato), il contratto era completo e non mancava altro.
TARGETTI. E se la parte contraente cambia?
MICHELI. La parte contraente non cambia perché non cambierete voi altri. Bisognerebbe che aumentaste di numero. Ora, aumenterete di numero eventualmente alle prossime elezioni, ma prima non è da ritenerlo possibile. Eventualmente, potreste diminuire. (Ilarità). Lo dico per qualcuno che possa abbandonare il vostro Gruppo, per andare in un altro. (Si ride).
Quindi non vedo la necessità che questa variazione sia esplicata in una proposta particolare, la quale oggi non ha una vera e propria ragion d’essere. È una forma per prolungare le discussioni, per prorogarle, allo scopo di avere una… prorogatio di questi nostri piacevoli conversari (Si ride) che potrebbero, invece, essere dedicati a qualche cosa di meglio. (Commenti).
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Credo che la norma proposta dall’onorevole Targetti sia necessaria per questo: nella nostra Costituzione vi è un termine di settanta giorni che decorrono dallo scioglimento della Camera. Si può ritenere che con la promulgazione della Costituzione e con la prorogatio sia, in realtà, sciolta la Costituente per fare le elezioni. Si può dubitare se questo termine sia applicabile anche alla Costituente, ma nel dubbio è opportuno fissare un termine di quattro mesi perché ogni eventuale interpretazione diversa sia esclusa.
Questa è la ragione del termine proposto dall’onorevole Targetti.
BOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Onorevoli colleghi, mi sembra che la materia che l’onorevole Targetti vorrebbe inserire nella Costituzione, sia pure nella parte destinata alle norme transitorie, non abbia affatto il contenuto e le caratteristiche proprie delle norme costituzionali.
Io comprenderei che essa potesse essere oggetto di un ordine del giorno, ma non di una norma costituzionale che, per il fatto di essere inserita nella parte transitoria, non cessa di avere natura specifica di norma costituzionale.
Ora, domando: se succede un qualsiasi evento per cui le elezioni, anziché essere fatte prima della fine di aprile si dovessero fare nella prima domenica di maggio, in quale situazione ci verremmo a trovare noi, essendoci obbligati a farle assolutamente entro aprile?
D’altra parte l’osservazione dell’onorevole Cevolotto non mi sembra, dal punto di vista strettamente giuridico e costituzionale, fondata, perché la norma cui egli si richiamava avrà valore per il funzionamento delle Camere previste dalla Costituzione, ma non per la convocazione dei comizi elettorali dopo lo scioglimento di questa Assemblea.
Quindi, pregherei l’onorevole Targetti, tutt’al più, di presentare un ordine del giorno, che potrà essere eventualmente modificato, qualora circostanze sopravvenute rendessero di tutta evidenza che questo termine non possa essere rispettato.
PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha presentato un ordine del giorno che contiene gli stessi concetti espressi nella sua proposta dall’onorevole Targetti.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. In subordine noi dichiariamo di non avere nulla in contrario a trasformare la norma transitoria in ordine del giorno.
FUSCHINI. Però è un ordine del giorno che suona sfiducia al Governo!
TARGETTI. Desidero tuttavia ricordare all’onorevole Bozzi che, se v’è una norma che ha proprio carattere di norma transitoria, è questa. Qui si tratta, come ha riconosciuto anche l’onorevole Cevolotto, di fare una eccezione a una norma stabilita nella Costituzione; mentre la Costituzione dice che le elezioni debbono avvenire entro settanta giorni, noi diciamo che entro settanta giorni non è possibile.
PRESIDENTE. Onorevole Targetti, non torni sul merito, la prego.
TARGETTI. Subordinatamente quindi, come ho detto, noi siamo disposti anche a trasformare la norma transitoria in ordine del giorno.
PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Targetti: subordinatamente a che cosa? Subordinatamente all’eventuale esito sfavorevole del voto?.
TARGETTI. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Debbo allora ricordarle che non si può ripresentare sotto forma di ordine del giorno ciò che già è stato respinto sotto forma di articolo.
SANSONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANSONE. Signor Presidente, poiché è presente nell’Aula il Presidente del Consiglio, potrebbe egli dirci l’opinione del Governo? (Commenti). Un momento: siamo d’accordo che siamo in tema di Costituzione e che non occorre il parere del Governo, ma poiché io penso che l’onorevole Targetti si rifacesse poco fa alle assicurazioni date dal Presidente del Consiglio, a me pare che il Presidente del Consiglio potrebbe adesso dire la sua opinione all’Assemblea sulla proposta dell’onorevole Targetti.
DE GASPERI. Io sono pronto a sodisfare questo desiderio.
CRISPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPO. Vorrei osservare, aderendo al concetto espresso dall’onorevole Targetti, che, a mio avviso, le norme transitorie non sono norme di carattere costituzionale, anche se inserite nella Costituzione. Si tratta di norme che, per essere transitorie, si applicano una sola volta, ed obbediscono anche ad esigenze di attuazione, come nel caso in esame, occorrendo stabilire come ed entro quale termine debba procedersi all’elezione della Camera legislativa.
Ecco dunque perché, pur non avendo quella in esame un carattere di norma costituzionale, poiché ha, come ho detto, un carattere di norma di attuazione, può essere, a mio avviso, contenuta nella Costituzione.
DE GASPERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE GASPERI. Poiché si è manifestato il desiderio di udire il mio parere in argomento, dirò che il Governo si è formalmente impegnato dinanzi all’Assemblea per il termine massimo del 18 aprile. L’Assemblea, nel votare ieri sera la sua fiducia nel Governo, ne ha preso atto; e per ciò che riguarda la data del 18 aprile anche l’opposizione non ha sollevato alcuna obiezione, dimostrandosi fiduciosa.
Mi pare quindi che, a questo proposito, vi sia stata quasi, sotto un certo aspetto, l’unanimità. V’è già una norma costituzionale che fissa un termine; v’è un impegno formale del Governo accettato dall’Assemblea. Non v’è ragione di un’ulteriore votazione in materia.
Debbo altresì osservare che le proposte di questa natura hanno sempre un carattere, non semplicemente giuridico, ma anche politico.
Si è detto e si è stampato che non basta l’impegno assunto dal Governo dinanzi all’Assemblea e che occorre un impegno solenne dell’Assemblea stessa dinanzi al Paese. Ora, io dico che nessuna forma più solenne vi è di quella costituita da un impegno preso da Governo dinanzi all’Assemblea, impegno inteso, in certo senso, a tranquillizzare tutti, e che è stato accettato dall’Assemblea nel momento in cui essa ha accordato la sua fiducia al Governo. Come membro dell’Assemblea, vi chiedo di non diminuirvi dubitando del Governo e della maggioranza dell’Assemblea stessa, che hanno preso tale impegno. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Onorevole Targetti, la prego di dirmi se mantiene la sua proposta come norma transitoria.
TARGETTI. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Allora, pongo in votazione la norma transitoria proposta dall’onorevole Targetti, del seguente tenore:
«Le elezioni per la formazione del primo Parlamento della Repubblica avranno luogo entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente Costituzione».
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
L’ordine del giorno Cevolotto non può essere posto in votazione, perché ripresenta la medesima questione.
CEVOLOTTO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha proposto la seguente norma aggiuntiva:
«La disposizione dell’articolo 76 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o modificazioni di leggi, avrà effetto dalla data di convocazione delle Camere».
Ha facoltà di svolgere la sua proposta.
PERASSI. Secondo l’articolo 76 della Costituzione, il Presidente della Repubblica non può ratificare i trattati rientranti in determinate categorie se non previa autorizzazione delle Camere.
I trattati elencati a tale effetto dalla Costituzione sono: i trattati di natura politica; i trattati di arbitrato o di regolamento giudiziario; quelli che importano variazioni di territorio; quelli che importano oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
Che cosa avverrebbe entrando in vigore la nuova Costituzione? Il Presidente della Repubblica non potrebbe ratificare nessuno di questi trattati sino a quando l’autorizzazione da parte delle Camere non sia intervenuta. Ora, vi sono alcuni trattati per i quali questa attesa delle nuove Camere può non presentare alcun inconveniente. Ciò può dirsi in particolare per i trattati di carattere politico, anche perché è estremamente improbabile che se ne facciano in questo periodo, e così pure per i trattati generali o particolari di arbitrato o regolamento giudiziario.
Ma durante questi mesi, che saranno quattro o cinque, è evidente che lo Stato deve poter funzionare anche nei suoi rapporti internazionali. Ora, ai nostri tempi sono frequentissimi gli accordi commerciali od economici, che presentano un certo carattere d’urgenza. Si tratta di accordi internazionali che possono talora importare qualche onere finanziario e talora anche qualche ritocco a norme legislative interne. Il rinviarne la ratifica fino a che le nuove Camere abbiano dato la loro autorizzazione potrebbe riuscire contrario al pubblico interesse.
Data questa esigenza, mi pare che occorra una disposizione che permetta di superare la difficoltà. La formula con la quale si propone di ovviare all’inconveniente che deriverebbe dal non dire nulla è quella di stabilire che l’articolo 76 della Costituzione, limitatamente ad alcune categorie di trattati in esso indicate e cioè per quelli che importano oneri di finanze o modificazioni di leggi interne, sia sospeso e abbia effetto soltanto a decorrere dalla costituzione delle Camere. Questa è la portata pratica dell’articolo aggiuntivo che ho proposto.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. Se ho ben capito, l’onorevole Perassi vorrebbe che durante il periodo in cui potrà essere convocata l’Assemblea Costituente questa possa accordare l’autorizzazione alla ratifica di alcuni trattati commerciali. Non mi pare che, per un periodo così limitato quale è quello che si prevede, sia necessario introdurre una nuova norma nella Costituzione. Dato il concetto di attribuire ai lavori della Costituente soltanto argomenti di particolare e immediata necessità, pregherei l’onorevole Perassi di desistere.
PERASSI. Ma non è questo! Vi è un equivoco.
GRASSI. Allora è la norma proposta che non è chiara.
PRESIDENTE. Onorevole Perassi, ella mantiene la sua proposta?
PERASSI. La mantengo.
PRESIDENTE. Metto allora in votazione la norma aggiuntiva proposta dall’onorevole Perassi della quale do nuovamente lettura:
«La disposizione dell’articolo 76 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o modificazioni di leggi, avrà effetto dalla data di convocazione delle Camere».
(È approvata).
Do lettura della seguente altra norma aggiuntiva proposta dagli onorevoli Bonomi Ivanoe, Conti e Veroni:
«Il Governo provvedere a far depositare il testo della Costituzione nella sala comunale di ciascun comune della Repubblica, tenendolo ivi esposto per tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione.
Svolge lei questa proposta, onorevole Conti?
CONTI. Rinunziamo a svolgerla.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI. Mi dichiaro d’accordo, a nome del Governo, con questa proposta.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la norma transitoria proposta dagli onorevoli Bonomi Ivanoe, Conti e Veroni.
(È approvata).
Passiamo alla nona disposizione finale e transitoria del progetto:
«La presente Costituzione sarà promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell’Assemblea Costituente».
Gli onorevoli Perrone Capano, Lucifero, Villabruna, Bonino, Morelli Renato, Fusco e Rubilli hanno proposto di sostituirla con la seguente:
«La presente Costituzione sarà promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla data di proclamazione dei risultati del referendum, cui essa sarà sottoposta».
Svolge lei questa proposta, onorevole Lucifero?
LUCIFERO. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Signor Presidente, quando si arriva alla fine di un lavoro lungo e complesso come quello che noi abbiamo svolto si pone a ciascuno un problema che non è soltanto politico ma anche morale; che è anche problema di coscienza.
Alcuni partiti, e molti uomini di questi partiti, in sede di elezioni per la Costituente si sono impegnati a chiedere il referendum sulla Costituzione. Fra questi partiti era il Partito liberale italiano; fra questi partiti era il Partito democratico italiano al quale io allora appartenevo e che nel liberale è confluito.
Oggi noi non facciamo che mantenere un preciso impegno che, come altri, avevamo assunto di fronte al corpo elettorale; dolenti che siamo noi soli a mantenere l’impegno che avevamo assunto. (Commenti a sinistra).
Non riguarda voi perché voi questo impegno non avevate assunto.
Una voce al centro sinistra. Nemmeno noi.
LUCIFERO. Excusatio non petita, accusatio manifesta – (Commenti). Ma il fatto che a sinistra si è rumoreggiato dimostra che la nostra proposta non è destituita di fondamento; perché se fossimo tutti sicuri dell’opera che abbiamo compiuta non dovremmo avere esitazione di sottoporla al sovrano, che è il popolo, perché esso la sanzioni e l’approvi.
Del resto noi riprendiamo oggi quanto già i deputati liberali fecero con una mozione a firma Perrone Capano, Badini Confalonieri, Villabruna ed altri fin dall’11 settembre del 1946, cioè quasi all’inizio dei nostri lavori. Noi non vogliamo altro che consacrare il patto popolare che deve fondare il nuovo Stato italiano. Abbiamo una esperienza vicina a noi, ed è quella francese. Il popolo francese è stato chiamato due volte ad esaminare la Costituzione che gli si voleva dare. La prima volta la respinse; la seconda l’approvò. Quella approvazione lega veramente popolo e Stato in quella unità che deve essere fondamento di uno Stato democratico. È una rivendicazione democratica che noi facciamo per uno Stato che vogliamo democratico e che temiamo non tutti vogliano democratico. E vogliamo che il popolo si impegni con noi a rispettare la legge fondamentale che abbiamo dato allo Stato italiano. La nostra esigenza è quindi un’esigenza morale, è un’esigenza politica ed è soprattutto un’esigenza di consolidamento del nuovo Stato che è uscito dalle tragedie italiane, allo scopo di unire tutti, di qualunque provenienza e di qualunque pensiero, di fronte allo Stato.
Respingere la nostra proposta significa porre per chissà quanto tempo di fronte al popolo italiano un punto interrogativo che noi vogliamo non esista nella storia del nostro Paese (Applausi a destra).
PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula sostitutiva dell’ultima disposizione finale e transitoria proposta dagli onorevoli Perrone Capano, Lucifero e altri, e della quale do nuovamente lettura:
«La presente Costituzione sarà promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla data di proclamazione del referendum, cui essa sarà sottoposta».
(Non è approvata).
L’onorevole Mortati ha proposto di aggiungere, in fine alla IX disposizione transitoria, le seguenti parole:
«ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione».
Onorevole Mortati, conserva questo emendamento?
MORTATI. Mi rimetto alla Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Perassi, quale è il pensiero della Commissione?
PERASSI. La Commissione si rimette all’Assemblea così per questo come per l’emendamento Targetti.
PRESIDENTE. L’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Targetti è del seguente tenore:
«ed entrerà in vigore il 1° gennaio 1948».
L’onorevole Targetti ha facoltà di svolgerlo.
TARGETTI. Il nostro emendamento ha come scopo anzitutto di togliere ogni possibile discussione sopra la scadenza del termine dell’entrata in vigore, perché, come i colleghi sanno, quando si indica un numero di giorni, può nascere sempre la questione della confusione del giorno. In secondo luogo, ci sembra opportuno che fra la pubblicazione della Carta costituzionale e la sua entrata in vigore vi sia un lasso di tempo, sia pure breve, almeno di un giorno o due, che renda possibile che il cittadino abbia virtualmente la possibilità di conoscere gli obblighi che non deve violare. Mi sembrerebbe una stranezza che una Carta costituzionale che crea obblighi giuridici e morali ai cittadini entrasse in vigore il giorno stesso in cui è resa nota a chi la deve osservare. Per queste considerazioni e per un’altra di particolare significato e che ritengo sarà condivisa da quanti, onorevoli colleghi, porranno mente che il giorno da me indicato è il primo giorno di un anno, il 1948, che di per se stesso rievoca… (Applausi).
Non ho da aggiungere altro per raccomandare all’Assemblea l’approvazione della mia proposta.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la IX disposizione finale e transitoria, della quale do nuovamente lettura:
«La presente Costituzione sarà promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell’Assemblea Costituente».
(È approvata).
Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Targetti:
«ed entrerà in vigore il 1° gennaio 1948».
(È approvato).
Il seguito della discussione è rinviato alle ore 16.
La seduta termina alle 13.40.