Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI VENERDÌ 19 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXLI.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 19 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI

E DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

INDICE

Sul processo verbale:

Laconi

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri (Seguito della discussione):

Bruni

Cevolotto

Grilli

Russo Perez

La Malfa

Presidente

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Corbino

Covelli

Rodi

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

Sul processo verbale.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Durante la seduta pomeridiana di ieri, dai banchi di questo settore fu rivolta verso un ignoto collega dei banchi di centro la accusa di essere stato in passato istruttore della G.I.L. e insegnante di mistica fascista. L’ignoto collega fatto oggetto di questa precisa accusa non sollevò nessuna protesta. Dai settori della Democrazia cristiana invece, fu pronunciato il mio nome, come volendosi dire che l’accusa che veniva fatta a un collega di quel settore conveniva invece a me ed era da me meritata.

In quel momento io chiesi la parola per fatto personale, ma non ho voluto poi insistere, per non disturbare il corso della discussione.

Tuttavia ho desiderato di prendere la parola in sede di processo verbale, perché il fatto che sia stato pronunciato il mio nome e sia stata lanciata questa accusa nei miei confronti, non è affatto casuale.

Già da qualche tempo sono stati affissi, in diverse parti d’Italia e particolarmente in Roma, a cura della Democrazia cristiana, dei manifesti, nei quali si afferma che io sarei stato insegnante di mistica fascista o avrei comunque precedenti fascisti.

Io sono lieto che questa accusa, dalla oscurità anonima del manifesto murale, sia finalmente giunta a questa Assemblea, nella quale a me è possibile chiamare in causa, non un numero illimitato di persone, ma un gruppo ben individuato di colleghi.

Io quindi, onorevoli colleghi, sfido nel modo più esplicito tutti i colleghi della Democrazia cristiana che ieri hanno pronunciato il mio nome o, se nessuno di essi ritenesse di assumere per proprio conto la responsabilità di queste parole, i colleghi della Democrazia cristiana del collegio sardo: onorevole Mannironi, onorevole Mastino Gesumino, onorevole Carboni Enrico, onorevole Murgia e onorevole Chieffi, sfido questi colleghi ad assumere pubblicamente dinanzi all’Assemblea la responsabilità di quelle parole. Faccio questi nomi – e me ne dispiace – anche se penso che questi colleghi non abbiano nessuna responsabilità diretta nell’incidente, in quanto ritengo che da quella fonte sia stata in qualche modo originata o propalata questa diceria.

Io sfido dunque questi colleghi, e particolarmente quelli che hanno pronunciato ieri il mio nome, se non sono dei vili e dei mentitori, a ripeterlo. (Rumori al centro). Sì, sono nel mio pieno diritto di dire queste parole. Se non sono dei vili e dei mentitori, a ripeterlo e ad assumere la propria responsabilità dinanzi all’Assemblea e nei miei confronti.

Se essi non parlano, né in questo momento, né nella lettura del processo verbale che verrà fatta domani pomeriggio e che darà occasione a qualunque collega di intervenire, io sono nel mio pieno diritto di ritenere che le persone che hanno pronunciato ieri il mio nome con quel particolare significato, sono dei vili e dei mentitori.

Io vorrei aggiungere qualche cosa a questi colleghi e cioè che da certi settori dell’Assemblea non ci si sa abituare all’idea che in questo settore, giovani e vecchi, sono tutte persone oneste e pulite e non hanno niente da nascondere, e non ci si sa abituare all’idea che quando si è fatti oggetto di una precisa accusa si deve rispondere o smentendo o giustificando il proprio operato, e non lanciando accuse indiscriminate o calunniose contro colleghi, i quali hanno un passato del quale possano menare vanto dinanzi all’Assemblea e dinanzi al Paese. (Applausi all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

È iscritto a parlare l’onorevole Bruni. Ne ha facoltà.

BRUNI. In questa circostanza tanto critica della vita nazionale, e alla vigilia della chiusura dei lavori di questa Assemblea, ho creduto di prendere la parola anch’io, unico rappresentante in quest’Aula di una corrente politica.

Ma non per fare un lungo discorso, ché a me non si confà un tale lusso, ma per pronunciare poche parole che dovranno occupare il tempo regolamentare, presso a poco, d’una semplice dichiarazione di voto, di cui intendono avere anche il valore.

Che il quarto Ministero De Gasperi non dovesse arrivare sino alle elezioni nella sua primitiva formazione, era cosa da molti risaputa.

Che ci sarebbe stata un’immissione di repubblicani e socialisti dei lavoratori, era cosa da alcuni prevista, ma da nessuno dei loro amici augurata a repubblicani e socialisti dei lavoratori.

Fallito il primo tentativo dell’onorevole Facchinetti, il cosiddetto tentativo della «tregua» – il solo che sarebbe stato, dirò subito, pienamente accettabile e politicamente producente di reali garanzie democratiche e di reale pacificazione – io ritengo che repubblicani e socialisti dei lavoratori si siano addossati un compito superiore alle loro forze.

La realtà sarà purtroppo assai diversa da quella che le loro promesse ed assicurazioni ci vorrebbero ora dipingere. Sono pertanto del parere che l’ordine democratico e repubblicano, la libertà e l’imparzialità nelle elezioni, non potranno essere garantiti dal Presidente dell’apposito Comitato, onorevole Pacciardi, perché tutto ciò richiederebbe una capacità non solo politica, ma tecnica, una esperienza burocratica che l’onorevole Pacciardi dovrebbe possedere, nonché la sua continua presenza, come dire?, sul cantiere degli uffici di via del Viminale. Dall’alto, forse troppo alto, addirittura sidereo posto, che egli occupa, l’onorevole Pacciardi non sarà in grado (e non se ne offenda) di esercitare un effettivo e sostanziale controllo su quanto il Ministro degli interni fa, mentre su lui e non sul Ministro degli interni saranno forse fatte ricadere tutte le responsabilità dell’ordine pubblico.

Solo il Ministro dell’interno può controllare efficacemente il Ministero dell’interno, e la funzione dell’onorevole Pacciardi, certamente graditissima allo stesso onorevole Scelba, minaccia di risolversi in quella di un grazioso e gratuito avallo delle azioni dell’onorevole Ministro dell’interno.

Non riesco dunque a dar credito a questo Comitato, e neanche a quello pomposamente chiamato «per lo studio delle questioni sociali e per l’assistenza» attribuito all’onorevole Saragat, che temo debbano finire per essere ambedue in realtà vesti senza corpo, parole senza significato concreto, dei semplici flatus vocis, come si esprimerebbe qualche filosofo medioevale di mia conoscenza; poltrone e non mansioni effettive. Queste mansioni ministeriali, esercitate a cooperativa, potranno essere delle figure, escogitate non si sa perché (o si sa troppo perché) ma mai delle realtà operanti. Bisogna riconoscere come un’altra volta l’onorevole De Gasperi abbia furbescamente maneggiata la situazione, e sia riuscito a cloroformizzare anche i suoi nuovi collaboratori, prima che essi si siano affacciati alla soglia dei loro Ministeri.

Veramente, come ha detto l’onorevole Nenni, gli onorevoli Pacciardi e Saragat si sono contentati del dono dei fichi in questo connubio ed hanno anche, praeter intentionem, io credo, ma di fatto, spezzato il fronte democratico e repubblicano, come sottolineava l’onorevole Lussu, e rimandato sempre più alle calende greche la soluzione del famoso problema dell’unità socialista, attorno al quale, in questi ultimi mesi, si accesero tante polemiche e non poche speranze anche da parte dei miei compagni cristiano-sociali.

Gli onorevoli Pacciardi e Saragat, data l’atmosfera infuocata della nostra politica, e non solo della nostra, di fatto si sono messi nell’altra trincea, dove stanno democristiani, liberali, qualunquisti, nazionalisti e sono venuti a perdere ogni contatto con socialisti e comunisti.

Questa e non altra, è la realtà delle cose. Un’altra grave lacerazione è dunque avvenuta nella comunità politica italiana, a causa di questo rimpasto.

Gli onorevoli Pacciardi e Saragat non hanno voluto lasciare che i morti seppellissero i loro morti. E la loro pietà hanno chiamato amor di Patria.

E naturalmente io non voglio colpire le intenzioni, come ho detto, ma solo ascoltare l’eloquenza dei fatti che sono quelli che sono e non quelli che vorremmo che fossero.

In breve, la situazione che deriva da tale rimpasto può essere, a mio parere, riassunta nei seguenti termini:

1°) Ci troviamo di fronte ad un ministero non solo diretto, ma sostanzialmente ancora dominato dalla Democrazia cristiana.

2°) Da esso continuano a rimanere escluse le rappresentanze dei partiti tra i più accreditati presso le masse lavoratrici (le rappresentanze di circa 9 milioni di elettori, come ci ha ricordato l’onorevole Nenni).

3°) Il Governo, in considerazione del fatto che esso possiede anche il potere legislativo e che la mancanza di controllo, già così effimero da parte dell’Assemblea, andrà ancora diminuendo con la fine dei lavori per la Costituzione, continua ad essere un pericoloso elemento di discordia all’interno della nazione e, aggiungerò, di guerra tra le nazioni, a causa della sua politica bloccarda e di dipendenza verso un determinato gruppo di nazioni, dipendenza che l’onorevole Sforza vanamente ieri sera si affannò a smentire.

Passerei, pertanto, per ingenuo, se a questo punto domandassi all’onorevole Facchinetti come mai egli non sia riuscito nel suo nobile tentativo di dare al Paese il progettato Governo della «tregua». Non glielo domanderò.

Gli vorrei, però, domandare perché mai, fallito il tentativo, abbia egli finito per accontentarsi di dare la sua collaborazione, nei termini di questo rimpasto, al Governo democristiano.

Egli sa – e noi tutti sappiamo – come il diniego al suo tentativo non sia venuto dai comunisti, ma dai democristiani, i quali, quanto agiscano in funzione di una reale autonomia del Paese, tutti ormai dovremmo aver chiaro davanti alla nostra mente.

Essendo a conoscenza di ciò, se fossi stato al posto dell’onorevole Facchinetti, mi perdoni l’onorevole Ministro della Difesa questo linguaggio, credo che avrei ragionato press’a poco così: se a negare la collaborazione non sono i comunisti, i repubblicani e socialisti dei lavoratori, andando al Governo, ipso facto diventano corresponsabili di questo diniego e della posizione bloccarda che questo diniego necessariamente include.

Ecco, purtroppo, come si demolisce da sé, almeno sul terreno dei fatti, il proposito di volere aiutare la pacificazione; l’indipendenza del Paese, e quello di aprire una breccia nei blocchi, proposito dichiarato (non senza solennità) nei manifesti lanciati da repubblicani e socialisti dei lavoratori.

Sono pertanto del parere che il loro tentativo di creare una terza forza e di seguire una terza via continuerà ad essere condannato a restare senza efficacia, se non sapranno seguire costantemente ed intelligentemente una tattica di comprensione, capace di attrarre in questa via gli stessi socialisti e comunisti italiani. Lo sforzo va fatto in questa direzione. I cristiano-sociali intendono compierlo in questa direzione.

Con il gesto della loro collaborazione al Governo democristiano, essi hanno fatto scempio di questa possibilità e sono addirittura passati in campo avverso, ed hanno, anzi, aggravato, in un certo senso, la già grave situazione nazionale ed internazionale, in quanto la politica manifestamente bloccarda della Democrazia cristiana è venuta di fatto a guadagnare alla sua causa, con una spesa minima, l’apporto di altre forze, ch’io, non esitando a giudicare meno indiziate di lei, reputo, per ciò stesso, più pericolose. Come vedete, onorevoli colleghi, queste mie poche parole suonano netta opposizione all’attuale rimpasto governativo. E la logica che in esse è contenuta vorrebbe che, qualora si addivenisse ad un voto, io votassi contro il rimpasto. Ma non sarà così. Altre considerazioni mi inducono ad astenermi. (Commenti).

Ci troviamo alla vigilia delle elezioni e forse di grandi avvenimenti internazionali. La lotta tra i gruppi, tra le fazioni, tra i blocchi, è diventata senza quartiere. Ne abbiamo quasi quotidiani esempi in questa stessa Aula. Qualcosa per la democrazia, per la pace, per l’indipendenza del Paese, forse può essere ancora tentata da uomini di buona volontà delle correnti politiche maggiormente responsabili. Finché c’è vita c’è speranza, dice un proverbio popolare, e, sia pure con un solo voto contrario, di minimo peso politico, ma di grandissimo valore morale come io presumo, non intendo contribuire a scavare sempre più profonda una trincea che minaccia d’inghiottire tutti, destre e sinistre.

Il mio voto di astensione vuol dunque avere il significato di un supremo appello agli uomini di buona volontà di tutte le parti, perché sia salvato ciò che ancora rimane da salvare. Si dirà che è un vero lusso ciò che io mi prendo. È vero, proprio così: spes contra spem. Ma è un lusso che forse io – che conto così poco in questa Assemblea e che so di non poter aspirare a successi – mi posso prendere in piena coscienza; e, spero, senza suscitare né invidie, né malintesi.

Spero che il mio atteggiamento odierno non possa gettare dei dubbi sul carattere del tutto rivoluzionario dell’indirizzo dei cristiano-sociali di fronte al disordine della società capitalistica, né essere interpretato come una mezza capitolazione di fronte alle destre, al centro e alle correnti riformiste e conformiste. D’altra parte, spero che l’aver sottolineato, in questa critica circostanza, la fisionomia del tutto propria che il Partito cristiano sociale ha sempre tenuto a mantenere e che continuerà sempre a mantenere tra le sinistre, non possa essere interpretato come un raffreddamento di quella fraterna comprensione che deve esistere tra tutti coloro che hanno di fronte lo stesso nemico da combattere e sono animati dalla stessa passione redentrice verso le masse lavoratrici. Non si tenti, dunque, di travisare il mio gesto odierno, che altro significato non vuole avere che di semplice testimonianza della mia professione cristiana della politica, compiuto in determinate circostanze, del tutto eccezionali della nostra vita pubblica, in cui si corre troppo facilmente il pericolo di vedersi appioppata una patente di guelfo o di ghibellino, senza aver fatto niente per meritarla.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Cevolotto. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Onorevoli colleghi, poche parole, una dichiarazione, più che un discorso, per precisare alcune posizioni che non mi sembrano chiare nella formazione di questo Governo.

Tanto tempo fa, quando si è cominciato a parlare di rimpasto, il Presidente De Gasperi fece delle dichiarazioni che erano molto evidenti, molto precise. Egli disse: il Governo ha una sua maggioranza, ha una sua linea di condotta, un suo programma, che non ha bisogno di cambiare, e non cambia. Se qualche gruppo desidera di entrare a rafforzare la compagine ministeriale nella situazione politica che ha scelto e che mantiene, la porta può essere aperta a questi amici.

D’altra parte, l’onorevole Saragat e i repubblicani, quando hanno incominciato a trattare per il rimpasto, hanno annunciato delle pretese altrettanto precise. L’onorevole Saragat ha detto, in più occasioni: noi vogliamo entrare a far parte del Governo per spostarne l’asse a sinistra. Ed i repubblicani hanno aggiunto: noi vogliamo entrare con lo stesso proposito e anche per garantire che le elezioni si svolgeranno in un clima di assoluta imparzialità. Pretendiamo delle garanzie su questo punto, senza delle quali non accetteremo la collaborazione con la Democrazia cristiana.

Quando abbiamo visto costituito il quinto Gabinetto De Gasperi, ci siamo domandati: evidentemente il Partito socialista dei lavoratori deve aver ottenuto lo spostamento a sinistra dell’asse del Governo, evidentemente ai repubblicani le garanzie devono essere state date. Ma le dichiarazioni che l’onorevole De Gasperi ha fatto in questa sede quando ha presentato il suo quinto Gabinetto, non rispondono alle premesse. L’onorevole De Gasperi ha annunciato che la politica del suo Governo rimane quella che era prima, ha dichiarato che era ben lieto di avere l’appoggio dei nuovi amici e vecchi amici, ma non ha nascosto che erano questi che avevano aderito ad una politica e ad un programma, che restavano sostanzialmente immutati: la politica e il programma del suo precedente Governo. Egli non ha dato affidamenti per il preteso spostamento dell’asse. Perché, intendiamoci, spostamento dell’asse non può significare soltanto una figura topografica nella Camera, cioè che la maggioranza del Governo si estende ad alcuni banchi più a sinistra o più a destra, ma vuol dire spostamento della politica del Governo, mutamento della politica del Governo, accentuazione della politica in un determinato senso; nel nostro caso, a sinistra.

Che cosa è successo allora durante la laboriosa gestione dalla quale è nato questo Gabinetto? Noi aspettavamo delle dichiarazioni dall’onorevole Pacciardi o dall’onorevole Saragat, ed abbiamo letto invece questa mattina una dichiarazione del Partito socialista dei lavoratori italiani dalla quale apparirebbe che il partito ha consentito a partecipare al Governo sub condicione. I lavoratori italiani cioè sentono che la loro posizione non è ben precisata: essi stessi non sono convinti di poter raggiungere quei fini, in vista dei quali hanno trattato con De Gasperi, per cui si riservano – se la loro vita ministeriale non sarà quella che desiderano – anche di rivedere la loro posizione.

Tutto questo è alquanto strano, come è strana la composizione del Governo. Lasciamo da parte i tre Vicepresidenti del Consiglio: noi sappiamo che in questa materia l’onorevole De Gasperi è spregiudicato, perché egli non ha paura di situazioni curiose del genere; e forse anche pensa che gli fanno più comodo tre Vice-presidenti di uno solo. Perché, si sa, l’onorevole De Gasperi ha fatto il suo noviziato nella vita politica come deputato italiano al Parlamento di Vienna, e lì in quel Parlamento, dove si incontravano le correnti di tante nazionalità, i gruppi di provenienze tanto diverse, egli ha imparato mirabilmente l’arte di restare in equilibrio tra spinte opposte e di navigare fra gli scogli dei contrasti delle fazioni, che egli riesce quasi sempre a mettere d’accordo…

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Noi eravamo fuori dell’equilibrio. Noi, poveretti italiani, eravamo pochi e quindi non avevamo niente da imparare. (Commenti).

CEVOLOTTO. Ma lei ha imparato non per l’azione sua, bensì studiando quella degli altri.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Già, come osservatore! (Si ride).

CEVOLOTTO. E – come osservatore – ha imparato mirabilmente, perché quella del compromesso è un’arte che lei possiede in sommo grado.

L’onorevole De Gasperi pensa che è sempre meglio tre che uno, come quei genitori che quando hanno un figliuolo il quale ha la disgrazia di avere un’amica si preoccupano che questa amica possa diventare anche una moglie; ma se ne ha tre, magari per la morale sono offesi, ma dal punto di vista della famiglia sono più contenti perché pensano che come è impossibile che tutte e tre le amiche diventino mogli è ben difficile che lo diventi una delle tre. (Commenti – Ilarità).

Così l’onorevole De Gasperi pensa che di tre Vicepresidenti nessuno diventerà sua moglie; e fra i tre, nel contrasto, sarà sempre lui a decidere.

Poi, il Vicepresidente che funzioni ha? Ha le funzioni che vorrà dargli il Presidente. Se il Presidente crede di dover raccogliere a consiglio i Vicepresidenti, li chiamerà; e metterà in opera l’arte che egli sa usare nel metterli di accordo, e se occorre, per metterli in contrasto. Se non li vorrà chiamare a consiglio, i Vicepresidenti dovranno limitarsi ad aspettare che venga la loro volta di sostituire, quando si allontana temporaneamente, De Gasperi sulla poltrona della Presidenza del Consiglio per dieci o quindici minuti.

Abbiamo sempre visto, che i Vicepresidenti contano pochissimo, per la direzione del Governo. Tanto più quando – come ora – hanno anche funzioni specifiche, particolarmente indicate. L’onorevole Pacciardi è «Vicepresidente del Consiglio, presidente del Comitato interministeriale per la difesa delle istituzioni repubblicane e democratiche». È un compito molto vago. (Commenti).

L’onorevole Saragat è «Vicepresidente del Consiglio e presidente del Comitato di studio per la sicurezza sociale». Saragat, dunque, deve studiare, preparare elementi e progetti per la Camera futura; ma quale ingerenza effettiva ha nella direzione politica del Gabinetto? Probabilmente nessuna.

Nella politica interna, dunque, la presenza dei tre Vicepresidenti – a proposito dei quali un collega spiritoso di parte democristiana ha detto che probabilmente la loro istituzione renderà necessario un altro posto, perché si presenterà presto l’opportunità di nominare un nuovo Ministro che coordini l’azione dei tre Vicepresidenti – (Commenti), che influenza potrà avere per orientare la politica interna del Governo? E nel settore della politica economica che cosa ha ottenuto il Partito socialista dei lavoratori italiani? Altra volta, in un’altra crisi, quel Partito si dice abbia chiesto nientemeno che la direzione della politica economica. Per me la richiesta non era fuor di luogo, perché così si sarebbe ottenuto veramente lo spostamento dell’asse del Governo, con la assoluta garanzia di quella che doveva essere la politica democratica del Governo nel campo economico.

Oggi la richiesta non è stata rinnovata e il Partito socialista dei lavoratori italiani si è accontentato di mettere l’egregio e valoroso amico Tremelloni al Ministero dell’industria e commercio. Tremelloni è, a quello che si sa, il pianificatore per eccellenza. Ma la politica economica, finché ci sarà nel Governo un grande maestro, un illustre maestro, quale è Einaudi – che ha una sua scuola – a dirigere il Ministero del tesoro, anche se è Ministro del bilancio; perché, in sostanza, dipendono da lui e il Tesoro e le Finanze e tutta la politica economica, che non si può determinare se non si ha in mano il Ministero del tesoro; finché, dicevo, sarà questa la situazione, l’amico Tremelloni non potrà certamente raggiungere i fini che si propone. Anche perché il concetto che ha della pianificazione l’onorevole Tremelloni e il concetto che ha della pianificazione l’onorevole Einaudi sono in contrasto. Einaudi, che è contrario ai «piani», spiegò che per lui ogni programma è un piano. Ed è vero: ma non è questo il «piano» di cui parla Tremelloni.

Anche qui il Partito socialista dei lavoratori ha accettato una posizione subordinata, che non gli consente di esercitare quell’azione che vorrebbe e che non gli offre le garanzie che aveva chiesto.

Quali sono le ragioni per le quali l’onorevole De Gasperi non ha neppure tentato un rimpasto a più ampio respiro? Penso che la ragione sia solo questa, che, per quanto egli dicesse di avere ancora una sua sicura maggioranza, in realtà il Gabinetto dell’onorevole De Gasperi questa maggioranza l’aveva fino a un certo punto, perché l’onorevole Giannini ha ieri esattamente ricordato che la maggioranza dell’ultima votazione era stata data all’onorevole De Gasperi dai voti dei qualunquisti.

Si sa che la crisi che si è determinata nel Partito dell’Uomo qualunque è stata conseguenza proprio di quella votazione. Era possibile – e anche logico – che per lo meno quei deputati qualunquisti che erano rimasti fedeli a Giannini a un dato momento si voltassero contro il Governo, rendendone assolutamente incerta e malsicura la maggioranza. Perciò l’onorevole De Gasperi aveva bisogno di un’altra base. L’onorevole De Gasperi ha dovuto cercare una maggioranza più sicura, più salda – perché nel precedente voto è dipeso, come ho detto, soltanto dal travaglio interno del partito qualunquista se l’onorevole De Gasperi non è stato rovesciato. Ma egli si è proposto di allargare il meno possibile le basi del Governo, ed ha fatto appello a due partiti che sono – sia detto senza offesa – non molto numerosi in questa Assemblea.

Così i due partiti, entrando a far parte del Gabinetto, non hanno spostato la base del Ministero, perché la maggioranza democristiana è tanto numerosa e salda da imporsi in ogni caso alle nuove forze che vengono ad aggiungersi alla maggioranza.

L’onorevole De Gasperi, nel far questo – e questo è il guaio – ha perseguito un altro scopo e al quale ha sempre teso con grandissima abilità, in tutte le circostanze: lo scopo di evitare l’unificazione delle forze della sinistra, lo scopo di evitare la formazione di un fronte parlamentare di sinistra compatto ed ampio, col quale avrebbe dovuto fare i conti e per ottenere l’appoggio del quale avrebbe dovuto realmente spostare l’asse del Governo. Noi non diciamo che la politica del Governo De Gasperi sia antidemocratica. Non lo sarà tanto più ora, che sono entrati nel Governo Pacciardi, Saragat, i repubblicani e i socialisti dei lavoratori italiani. Diciamo soltanto che il Gabinetto di De Gasperi non ha fatto mai una politica veramente democratica; non avrà fatto politica anti-democratica, ma non ha fatto politica democratica, perché non ha avviato mai il Paese a quelle riforme profonde di struttura nel campo sociale, che nei suoi programmi non sono state mai neanche adombrate. E non farà questa politica nuova, neanche ora che i repubblicani e i socialisti riformisti sono con lui; perché egli ha ancora con sé la destra, che non lo abbandona, che continua ad appoggiarlo. Se la destra è contenta di lui, segno è che è ben sicura che lo spostamento dell’asse non è avvenuto e non avverrà. Destra, vuol dire Confederazione dell’industria, vuol dire, quindi, anche appoggi materiali tutt’altro che disprezzabili; ma vuol dire, soprattutto, un peso dal quale il Governo non si può svincolare e che gli impedisce quelle riforme sostanziali democratiche che non ha attuato fin qui e non attuerà neanche ora, malgrado la spinta dei socialisti saragattiani e dei repubblicani.

Lungi da me il pensiero che il Governo accetti o subisca, non dirò l’imposizione, ma neanche la suggestione o il consiglio di Governi esteri. Certo è che dichiarazioni come quelle di Truman sarebbe meglio non fossero state fatte. Quelle dichiarazioni non possono non preoccuparci fortemente, perché, in parole povere il Presidente Truman ci dice: badate che se dovesse scoppiare disgraziatamente un conflitto fra Oriente e Occidente, noi ci siamo degnati di prendere la vostra terrà come campo di battaglia per la nostra guerra». (Commenti).

Ci toglie così anche l’illusione o la speranza di potere, in caso di conflitto, restare neutrali ed equidistanti tra i due grandi gruppi opposti.

La politica del Governo di De Gasperi, se nei riguardi dell’America è stata imposta da una necessità assoluta – perché, noi non possiamo vivere senza l’aiuto americano – ha avuto atteggiamenti di così evidente e compiaciuta adesione, oltre la lieta constatazione di un appoggio dal quale non possiamo prescindere, che questa apparente dedizione ha impedito allo stesso De Gasperi libertà di manovra, quando anche avesse voluto realmente spostare a sinistra, verso una audace democrazia, l’asse del suo Governo.

Pensiamo che deve esservi stata nel Presidente del Consiglio l’ansia di cercare il modo di arrivare alle elezioni del 18 aprile in quelle condizioni meravigliose in cui si sono svolte le elezioni del 2 giugno; ma pensiamo che questo nobile proposito non abbia avuto estrinsecazione felice nel rimpasto attuale.

Non è così che si può arrivare ad una distensione degli animi. E perciò è strano che faccia parte del Ministero l’amico Facchinetti, che proponeva pochi giorni fa la tregua fra tutti i partiti, basata su ben altri accordi. Mi auguro che l’aver occupato il posto di Ministro della difesa non impedisca all’onorevole Facchinetti di perseguire le alte finalità che lo animavano nel suo tentativo. Ma non so come egli farà ora ad attuare i suoi fini. Con un rimpasto limitato non si può arrivare ad una distensione, ad una pacificazione che consenta di fare le elezioni in clima di tranquillità. E questo ci preoccupa.

La soluzione concreta dell’aspra situazione politica che si è determinata, non si avrà se la democrazia socialista non ritroverà finalmente la sua unità, perché soltanto in essa è la garanzia della pacificazione. Noi auguriamo che la democrazia socialista – tutto il fronte democratico socialista – ritrovi la sua unità, che è la base e la garanzia contro gli estremismi da qualunque parte vengano, che è la garanzia del metodo democratico, del progresso democratico. Questa unità di tutta la democrazia socialista è la garanzia dell’avvenire della patria, sulla quale soltanto si potranno fondare le basi e le fortune della nostra Repubblica. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Grilli. Ne ha facoltà.

GRILLI. Onorevoli colleghi, io ascolto sempre con molta attenzione i discorsi dell’onorevole Togliatti. Posso dire che li ascolto con doppia attenzione perché mi preme di intendere quello che dice, e questo è facile perché parla molto bene, e mi preme d’intendere anche (e questo è un po’ più difficile) quello che pensa.

Quello che ha detto ieri credo di averlo capito. In sostanza egli ha detto che da questo Governo non c’è da attendere niente di buono, ma forse pensava diversamente.

Io credo che pensasse: e se per caso questo Governo riuscisse a fare qualche cosa di buono? Perché, onorevoli colleghi, basterebbe poco, basterebbe qualche cosa ad aprire la speranza al popolo italiano dopo le tante delusioni che gli hanno procurato i Governi passati, compresi quelli spostati all’estrema sinistra. Io non voglio con questo dire che l’onorevole Togliatti non desideri che il Governo faccia del bene al Paese. No! Ma desidererebbe che lo facesse in sua compagnia. Come quando si parla del piano Marshall si dice: c’è il pericolo che l’Italia diventi una colonia dell’America. Ma forse non si pensa questo e si pensa: c’è il pericolo che il piano Marshall riassesti un po’ le cose di questa povera Europa mentre si desidererebbe che il riassetto avvenisse per opera della Russia. Questo Governo è un nuovo Governo con indirizzo nuovo o è il vecchio Governo con una sostituzione di qualche persona? Questo è il primo problema.

L’onorevole Togliatti martedì scorso, riconobbe che si trattava di un nuovo Governo con un nuovo indirizzo, tanto che fondava su questo argomento l’apertura di questa discussione. Ieri ha mutato opinione, calcando le orme dell’onorevole Nenni. Ma io prendo al balzo la prima dichiarazione dell’onorevole Togliatti perché voce dal sen fuggita è più sincera di quella preordinata dopo, a scopo polemico.

E poiché io accetto la dichiarazione e l’opinione dell’onorevole Togliatti, non mi dilungherò a guardare quella dell’onorevole Nenni perché (non se lo abbia a male l’onorevole Nenni) mi hanno insegnato che: ubi major minor cessat. (Si ride).

Se non si trattasse di un Governo nuovo e con nuovo indirizzo, non si comprenderebbe l’asprezza e l’intensità di questa discussione: perché contro il vecchio Governo l’estrema sinistra si era già sufficientemente sfogata nella precedente discussione. Non mi si vorrà far credere che questa discussione sia stata aperta soltanto per tacciare di incostituzionalità questo rimpasto o per chiamare l’onorevole De Gasperi con il titolo di «Cancelliere»? Su questo punto a proposito del cancelliere, risponderà l’onorevole De Gasperi.

Io mi permetto di osservare che questa cosa dipende un po’ dalla situazione di questo Parlamento. C’è, volere o no, un gruppo di 209 deputati: senza questo gruppo non è possibile un Governo. Questo gruppo è al centro di qualunque formazione ministeriale, e finché questo gruppo avrà – come ha oggi – la suprema fiducia nell’onorevole De Gasperi, l’onorevole De Gasperi è condannato a fare la figura del «Cancelliere». (Approvazioni).

Se alle prossime elezioni avverrà quello che l’onorevole Togliatti assicura, cioè a dire il suo blocco prenderà la maggioranza, nella prossima legislatura avremo un cancellierato dell’onorevole Togliatti. (Commenti).

Dunque, onorevoli colleghi, si tratta di un Governo nuovo. Perché? Perché le persone dei nuovi Ministri non sono delle persone qualsiasi portate là per riempitivo o magari per consultazioni di carattere tecnico. Sono degli uomini politici che fino a ieri furono all’opposizione, e alla opposizione di sinistra; che votarono contro il vecchio Governo fin dalla sua formazione; che votarono contro lo stesso Governo una mozione di sfiducia.

È naturale, dunque, che l’ingresso di questi uomini politici, anche se non è stato fatto in bellezza – come sarebbe piaciuto all’onorevole Nitti – necessariamente porti un nuovo orientamento. E poiché non è possibile che uomini che vengono dall’opposizione di sinistra spostino l’asse a destra, è evidente e naturale che lo sposteranno a sinistra. L’onorevole Nenni ci diceva che il vecchio Governo aveva messo al bando i rappresentanti delle classi lavoratrici, per far posto ai rappresentanti del capitale. Sarà anche vero. Ma oggi un correttivo bisogna che ci sia, per forza; perché nessuno potrebbe, nemmeno lontanamente, immaginare di vedere il capitalismo in agguato dietro la veneranda barba di Lodovico d’Aragona.

Tanto è vero che questo è un nuovo Governo, che i nuovi Ministri, prima del loro ingresso, hanno fatto, o meglio, i partiti che li rappresentavano, hanno fatto tutte quelle pattuizioni, che hanno scandalizzato l’onorevole Nitti, ma lo hanno scandalizzato a freddo; perché quelle pattuizioni si facevano anche ai tempi suoi; perché, fin da quando esiste il Parlamento, gli uomini politici che entrano nel Governo, vogliono portarvi il bagaglio della loro personalità politica e delle loro idee.

E allora, se si tratta di un nuovo Governo con nuove direttive, se l’accusa alla quale era sottoposto il vecchio Governo, era quella di essere un Governo di destra, da questa accusa dovrebbe essere liberato il nuovo Governo.

Ed il ragionamento più logico che dovrebbe fare l’estrema sinistra,  – l’estrema sinistra, che si lamentava del vecchio Governo, perché era un Governo di destra – dovrebbe essere questo: uno spostamento o un tentativo di spostamento a sinistra si è fatto, stiamo a vedere quello che succede; vediamo se, per caso, questi nuovi uomini, entrati nel Governo, riuscissero a fare qualche cosa di quello che non siamo riusciti a fare noi nel Governo del tripartito. Ed allora io non comprendo la passione con la quale l’estrema sinistra, che era contro il vecchio Governo, ha investito questo nuovo Governo.

Questa specie di rancore, per quanto riguarda noi e gli amici repubblicani, mi ha tutta l’aria di un rancore di concorrenti. (Commenti).

TOGLIATTI. La risoluzione di stamani del suo partito ce la vuole spiegare?

GRILLI. Onorevole Togliatti, quando lei ieri, da cotesto banco, ha dato a noi dei traditori, io non mi sono commosso tanto…

Non è stato detto e ripetuto fino alla noia: prendete noi e le cose andranno meglio? E si è sentito anche questo linguaggio di mercanti e di imbonitori: ma come, voi mandate via noi, che siamo possenti, che abbiamo la rappresentanza delle classi lavoratrici, che abbiamo milioni di voti, che riscuotiamo il 69 per cento di voti nelle organizzazioni, ecc. (Rumori all’estrema sinistra), per prendere questi quattro gatti che hanno appena due voti a Livorno ed a Reggio Emilia? Come affare questo è un cattivo affare, avete ragionato voi.

FARALLI. Non si tratta di affari, quando si parla di rappresentanza delle classi lavoratrici.

GRILLI. So che mi avete iscritto persino nella lista di proscrizione. (Ilarità all’estrema sinistra).

BARONTINI ILIO. Fuggirai alla prima occasione, come hai già fatto altre volte. (Interruzione del deputato Moranino).

GRILLI. Questo, nei riguardi nostri e degli amici repubblicani.

Nei riguardi della Democrazia cristiana questo rancore mi fa l’impressione del rancore dell’amante tradito. Io non ricordo in quale opera o in quale commedia – forse l’onorevole Giannini, se fosse presente, me lo potrebbe dire – ho assistito a questo episodio: c’è un amante tradito, il quale investe di contumelie la donna che lo ha abbandonato. Contumelie, maledizioni, propositi di vendetta e la donna che lo ha ascoltato in silenzio esclama: «ora capisco quanto tu mi ami!». La Democrazia cristiana potrebbe dire altrettanto ai comunisti e potrebbe aggiungere: «ora capisco anche l’arcano dell’articolo 7!». (Si ride).

Dunque il Partito socialista dei lavoratori italiani ha portato a questo Governo gli ultimi avanzi di un povero partito in agonia, moribondo.

PAJETTA GIULIANO. No, pieno di slancio giovanile!

GRILLI. Perfino l’onorevole Pertini questa mattina, dalle colonne dell’Avanti!, ha dato la partecipazione della nostra morte.

Attenti a fare gli uccelli di cattivo augurio! Voi sapete cosa accadde all’uccello del cattivo augurio!

L’onorevole Pertini, dalle colonne dell’Avanti! – lo dico perché vedo che da un pezzo in qua si discute anche di giornali – dopo di aver annunciato la nostra morte ci maltratta. In verità, una volta si usava dei morti fare l’elogio funebre o, perlomeno, concedere loro una lapide benigna. L’onorevole Pertini annuncia la nostra morte e ci maltratta. Leggendo l’articolo di Pertini questa mattina, mi è tornato alla mente l’episodio di quel tale che seguiva il carro funebre di un suo nemico e brontolava contro questo nemico defunto. Un suo amico gli domandò: «Perché, se è morto, continui a maltrattarlo?» E quello disse: «Ma io non sono mica certo che sia morto. Vengo apposta al cimitero per accertarmi». (Ilarità). Caro Pertini, vieni pure al cimitero il giorno dei morti o dei santi che nel prossimo anno cadrà poco dopo il 18 di aprile. Vieni a vedere. Io non faccio pronostici e non sono un ottimista, come l’onorevole Giannini che ieri sera si è messo senz’altro al terzo posto, e nemmeno come l’onorevole Nenni che è sicuro di passare dal Governo al potere. Io non faccio pronostici. Non so cosa potrà dire questo povero popolo di fronte agli errori che in due anni tutti quanti abbiamo commesso. Io aspetto il responso di questo popolo. Io non ho nessuna simpatia per coloro che credono di essere i monopolisti del favore del popolo e di essere i monopolisti delle masse. Attenti, amici! Abbiamo visto tante greggi ribellarsi al pastore! È vero che il pastore ha la verga, ma il voto, per fortuna, è segreto. (Applausi al centro – Commenti all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Pajetta Giuliano).

Ed ora un punto che sebbene ormai io vada acquistando la insensibilità del vecchio, tuttavia mi commuove un poco. Io dico: certo, che se tutti i socialisti fossero stati uniti, avrebbero potuto portare, in aiuto dello spostamento del Governo a sinistra un peso formidabile. Ma, nonostante la scissione, che per me i fatti e gli episodi posteriori hanno più che giustificato, nonostante la scissione, sarebbe stato possibile ai due gruppi socialisti trovare sul terreno parlamentare una intesa. Noi abbiamo tentato; non è stato possibile perché i socialisti non hanno voluto staccarsi dai comunisti.

In definitiva, noi all’onorevole Nenni cosa abbiamo offerto? Di tornare ad essere il leader del Gruppo socialista. Non ha voluto accettare ed ha preferito i comunisti. Io penso come debba essere potente la seduzione dell’onorevole Togliatti, se l’onorevole Nenni ha rifiutato (Commenti all’estrema sinistra) il bastone di maresciallo del socialismo per rimanere il luogotenente del comunismo. (Proteste all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Nenni).

E questa luogotenenza gli ha fatto perdere un po’ le staffe giorni fa, quando rimproverava a noi di voler mettere nientemeno fuori della legge i comunisti.

Ora, fuori del Ministero, è cosa ben diversa che fuori della legge e fuori della vita civile. L’onorevole Nenni ricordava le persecuzioni crispine contro i socialisti. Ma Crispi i socialisti, onorevole Nenni, li mandava in galera e li faceva bollare di malfattori dai tribunali militari! Santo Dio! Nessuno pensa di mettere fuori della legge, nessuno è così pazzo che possa pensare di mettere fuori della legge e della vita civile i comunisti. (Rumori all’estrema sinistra – Interruzioni del deputato Nenni).

I comunisti hanno tutti i diritti dei cittadini italiani, hanno il loro partito, le loro organizzazioni, la loro stampa e nessuno pensa, nemmeno lontanamente, a diminuire questi diritti.

Si tratta soltanto della miseria di essere, per ora, fuori del Governo. Dico per ora, perché francamente io personalmente non ce li vedrei male al Governo. Ad una condizione, però – non ve l’abbiate a male – che aveste un titolo: il diploma di democrazia. (Applausi a sinistra, al centro e a destra – Rumori all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Togliatti).

Una parola ancora al Governo: Voi, signori, avete un grande compito, che è quello di difendere la libertà di tutti i cittadini. Fra poco ci rivolgeremo al popolo italiano e gli domanderemo il giudizio sulla nostra opera e gli domanderemo l’indirizzo che dovranno prendere i futuri governi. Bisogna che il popolo possa rispondere nella più assoluta e completa libertà, libertà di discussione, libertà di propaganda, libertà di associazione, libertà di stampa. Chi attenta a queste libertà è un nemico del Paese e deve essere colpito inesorabilmente! (Applausi a sinistra, al centro e a destra). Non vi lasciate prendere, o signori, dalla melanconia della popolarità che viene dalla piazza, che sbercia. Il popolo, quello serio, che lavora davvero, non va a sberciare in piazza. (Proteste all’estrema sinistra). Ricordatevi, signori, che un uomo di Stato deve chiedere il giudizio alla storia e non ai demagoghi contemporanei. (Applausi al centro e a destra). E non mi si dica che questa è mentalità di poliziotto, questa è mentalità di cittadino che vuole anzitutto essere libero, libero, libero! (Applausi a sinistra, al centro e a destra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Russo Perez. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. È una dichiarazione di voto la mia: non si tratta di un discorso. Parlo a nome mio personale, ma sono sicuro d’interpretare esattamente il pensiero di molti amici che mi stanno vicino.

Si ripropone a noi di questo settore, oggi, la questione che alla nostra coscienza era stata posta circa tre mesi fa: la convenienza cioè o meno di appoggiare il Governo.

Abbiamo udito al riguardo ieri sera le dichiarazioni dell’onorevole Giannini. Egli ha ricordato la penultima crisi e ha detto che, a suo avviso, era quello il momento in cui, contribuendo a rovesciare il Governo, egli avrebbe potuto far mettere i galloni al suo partito, avrebbe, cioè, potuto farlo innalzare non so se in potenza o nella pubblica estimazione.

Parecchi di noi in quel momento, pensarono invece che rovesciare il Governo sarebbe stata per noi una degradazione. Della crisi che è avvenuta – e me ne duole molto – nel nostro partito, sono state date parecchie spiegazioni; però, il Presidente del Fronte dell’Uomo qualunque (Vedi «Uomo qualunque» del 5 novembre) ha scritto testualmente: «Debbo ora farvi alcune dichiarazioni sul conflitto scoppiato fra il Presidente del partito e il Gruppo parlamentare. Benché fosse stato deciso d’accordo con Selvaggi di votare contro l’onorevole De Gasperi, una parte del Gruppo parlamentare votò contro la proposta di rovesciare il Governo».

Onorevoli colleghi di questa Assemblea, è falso che fosse stato deciso o dall’Esecutivo del nostro partito, del quale facevo parte, o dal Gruppo parlamentare, che si dovesse votare contro il Governo. Del resto, qui la frase è un po’ equivoca, giacché si dice: «d’accordo con Selvaggi». Ora, io non so se ci sia stata allora in proposito qualche conversazione privata col collega Selvaggi: toccherà all’onorevole Selvaggi di rispondere; ma la questione in seno al Gruppo parlamentare fu risolta dalla maggioranza del Gruppo stesso nel senso che si dovesse appoggiare il Governo.

Come vedeva allora la questione l’onorevole Giannini, del cui successo oratorio di ieri sinceramente mi compiaccio? Egli affermò nel Congresso nazionale del partito che il nemico pubblico numero uno era per noi la Democrazia cristiana. Esattamente così!

Una voce al centro. Esagerato!

RUSSO PEREZ. Sì, ma non sono esagerato io: è stato esagerato Guglielmo Giannini; sono queste le parole testuali del resoconto stenografico.

Si legga il numero del 22 ottobre del settimanale Uomo Qualunque. «Il secondo congresso – vi scriveva l’onorevole Giannini – del Fronte liberale democratico dell’Uomo qualunque ha sancito (sic) che la Democrazia cristiana è il nostro principale nemico». E invece nei confronti del Partito comunista egli al congresso si espresse in questo modo: «Che il Partito comunista si manifesti partito nazionale, e noi lo appoggeremo con tutte le nostre forze».

Quindi Democrazia cristiana, e naturalmente Governo, che ne era e che ne è l’espressione, nemici pubblici numero uno; il Partito comunista, partito da appoggiare con tutte le forze, qualora soltanto si manifesti partito nazionale. Ma il problema della libertà, il problema della dittatura del proletariato? Egli evidentemente allora ci passava sopra. (Commenti).

Si legga il giornale Il Tempo del 17 ottobre: l’onorevole Giannini, intervistato, dichiarò che mirava a qualsiasi costo a rovesciare il Governo. Lo stesso egli disse in una conversazione alla radio il 20 ottobre.

Invece noi pensavamo allora, noi dissidenti, quello che pensiamo anche ora, e cioè che, «con la sua azione balorda e caotica, l’estrema togliattesca non solo non ci convince a votare contro il Governo De Gasperi, ma ci spingerebbe a non votare contro qualsiasi altro Governo che potesse mantenere l’ordine».

Signori dell’estrema sinistra, queste parole – azione balorda e caotica, estrema togliattesca, ecc. – non sono mie; sono scritte nel giornale L’Uomo Qualunque del 26 novembre. Noi le pensavamo due mesi prima; egli le scrive due mesi dopo.

È chiaro che, mentre il pensiero di Guglielmo Giannini era, durante lo svolgersi della penultima crisi, che si dovesse rovesciare il Governo, il nostro era che lo si dovesse appoggiare.

E quando egli ieri si domandava le ragioni per le quali egli è stato escluso da questa nuova formazione governativa e il Governo ha creduto di crearsi una nuova maggioranza spingendosi nel settore di centro-sinistra, non ha pensato all’unica risposta da dare: che cioè proprio il suo atteggiamento incerto e contradittorio (io ricordo quando disse: «Do il voto favorevole al Governo; ma si tratta di una cambiale; non so se la rinnoveremo») abbia largamente contribuito a creare nell’animo dell’onorevole De Gasperi quelle spiegabili preoccupazioni, che, al fine di assicurare al Governo una maggioranza più sicura, gli hanno suggerito lo spostamento verso i saragattiani e i repubblicani anziché verso questo settore dell’Assemblea.

Concludo col dire che, se quindici giorni fa nell’Uomo Qualunque l’onorevole Giannini ha scritto che occorre appoggiare il Governo De Gasperi, se ieri egli ha ripetuto che occorre appoggiarlo, è certo che noi non siamo dei traditori; noi che ciò che Giannini vede adesso abbiamo visto tre mesi fa; noi che abbiamo voluto servire il Paese anche allora, quando abbiamo votato per la Democrazia cristiana e che continuiamo a servirlo adesso, votando ancora per la Democrazia cristiana.

Soltanto che, secondo quanto ha detto ieri il presidente dell’Uomo Qualunque, egli si è deciso a votare adesso per il Governo non si sa bene se per un capriccio di artista oppure per togliere quel tale rossetto a quella vecchia signora che si era tinta per sembrare rossa. Noi, invece, lo facciamo per un motivo più serio: perché ritenevamo allora, e riteniamo oggi che, nell’attuale schieramento politico, nell’attuale realtà della situazione parlamentare, quella croce che splende nell’emblema della Democrazia cristiana dia ancora oggi il maggiore affidamento per la vittoria dello spirito contro la materia; perché oggi quella che si combatte nel mondo è la lotta dello spirito contro la materia. (Applausi a destra e al centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

LA MALFA. Onorevoli colleghi, non avrei preso la parola, avendo parlato per il Gruppo repubblicano il collega Macrelli, se l’impostazione data dall’onorevole Togliatti al problema della costituzione di questo Governo e, direi, l’aspra critica mossa da lui al Partito repubblicano, non mi costringessero ad una replica.

Io sono lieto che l’onorevole Togliatti abbia correttamente riveduto un giudizio, che evidentemente andava oltre le norme che regolano una cortese polemica. Personalmente mi sentirei umiliato – e credo tutto il mio Partito si sentirebbe umiliato – se dovessi discutere di schieramenti politici, esaminare orientamenti politici, concludendo in maniera da sostenere che in un certo momento il Partito comunista abbia tenuto un comportamento tale da ridurre le sue bandiere nel fango. Mi sentirei personalmente umiliato se dovessi accettare una maniera di discutere – e qualche volta è avvenuto in questa Assemblea – che portasse ad affermazioni di questo genere: il partito X è il partito della Russia, il partito Y è il partito dell’America.

Ringrazio l’onorevole Togliatti di avere riveduto il suo giudizio e di consentirmi di riportare la questione ai suoi termini politici. Tuttavia lo prego di prendere atto di questo: che un giudizio del genere di quello che egli ha dato ieri può essere attribuito ad un partito della democrazia italiana solo se tale partito abbia collusioni con il fascismo o con i residui del fascismo. Questo è il solo caso nel quale, dopo la lotta di liberazione, è consentito dare su un partito politico un giudizio della gravità di quello dato ieri.

TOGLIATTI. Quindi, se fa eleggere il sindaco di Roma con i voti del Movimento sociale italiano.

LA MALFA. L’onorevole Togliatti, con questa sua interruzione, mi dà l’occasione di illustrare la gravità della situazione politica alla quale siamo pervenuti; prego intanto gli amici dell’estrema sinistra di considerare che, se noi oggi interveniamo con un peso (l’onorevole Togliatti ce lo ha dichiarato) poco rappresentativo nella lotta politica e nell’attuale schieramento, per alcuni anni il peso politico col quale intervennero i partiti dell’estrema sinistra fu assai notevole.

Se voi volete dare un giudizio sulla nostra azione, amici dell’estrema sinistra, voi dovete prendere come punto di partenza il momento presente e giudicarci a qualche anno da questo momento, come noi oggi possiamo giudicare la vostra condotta a parecchi anni dalla vostra azione politica.

Ora, la verità quale è, o signori? La verità è che la situazione che si è creata in Italia non si è creata per il fatto che alcuni partiti siano usciti dal Governo.

La situazione politica, che si è creata in Italia e si è sviluppata anche quando i partiti di estrema sinistra erano al Governo, dalla lotta di liberazione in poi, e direi anzi, dal Governo Parri in poi, dimostra che la democrazia italiana ha perduto terreno, cioè ha perduto le sue possibilità di sviluppo e di affermazione. E poiché da quella formazione di Governo ad oggi, ripeto, sono stati i partiti di estrema sinistra ad avere quella che essi chiamano la maggiore rappresentatività nel Paese, è anche giusto che noi attribuiamo la responsabilità di questa retrocessione sul terreno democratico a tali partiti. Non hanno tutta la responsabilità, ma una gran parte della responsabilità, e noi non possiamo dire che l’arretramento della situazione dal primo Governo Parri al primo Governo De Gasperi, al secondo, al terzo, al quarto Governo De Gasperi, sia dovuto ai partiti di centro-sinistra o al Partito Repubblicano, come amava sostenere ieri, con qualche contraddizione, l’onorevole Togliatti. In tutti questi Governi, salvo l’ultimo, i partiti dell’onorevole Togliatti e dell’onorevole Nenni sono stati rappresentati. E perché la Democrazia cristiana ha potuto guadagnare una posizione di direzione politica del Paese così importante? Evidentemente c’è un giudizio sull’azione politica di tutti i partiti, e c’è un giudizio sull’azione politica dei partiti di estrema sinistra. Quando una situazione, che poteva avere sviluppi democratici, non ha più tali sviluppi, coloro che dirigono la lotta dei grandi partiti ne assumono la responsabilità.

Vi è un punto fondamentale delle argomentazioni che ha svolto ieri l’onorevole Togliatti, che noi non possiamo accettare. Egli ha accusato il Partito repubblicano di essersi tenuto fuori dalla lotta politica dei Comitati di liberazione nazionale. Ma non è solo il Partito repubblicano che non ha accettato l’impostazione comunista: c’è stato un altro partito, che oggi non è più sulla scena politica, che non l’ha accettata: il Partito d’azione. La verità è che il Partito comunista, quando ha impostato la lotta politica della liberazione, non ha avuto gli stessi obiettivi che noi democratici abbiamo avuto, non ha impostato il problema politico come noi l’abbiamo impostato. C’è stata una differenza assoluta di metodo, di condotta politica, e non credo che l’onorevole Togliatti possa dire di aver avuto ragione, quando è venuto alla soluzione della luogotenenza, fatto retrospettivo, ma che ha importanza sul giudizio che l’onorevole Togliatti dà della situazione. Non credo che abbia avuto ragione.

Se i colleghi vogliono leggere il libro di Ivanoe Bonomi sulla lotta clandestina a Roma, si accorgeranno che l’orientamento dato dal Partito comunista alla lotta contro la monarchia ci avrebbe forse conservato la monarchia, cioè avrebbe determinato una situazione per cui la monarchia sarebbe forse ancora oggi al potere. (Commenti). Io ricordo che quando il collega Negarville – non so se sia presente – venne in Italia per condurre la lotta clandestina contro il fascismo, avemmo una lunga discussione su questo punto. Fin d’allora noi si intendeva impostare la lotta per la repubblica mentre egli ci raccomandava di non mettere avanti la pregiudiziale repubblicana, per non allontanare da noi le schiere monarchiche. Era un’impostazione che io discussi lungamente, ritenendola sbagliata.

Quando l’onorevole Togliatti accusa il Partito repubblicano di essersi tenuto fuori del Comitato di liberazione, io allora, iscritto al Partito d’azione, e componente del Comitato di liberazione, trovavo giusto questo schieramento. Noi potevamo perdere, ed era giusto che l’ideale repubblicano non fosse compromesso in un’azione politica che poteva e non poteva avere successo.

Una voce all’estrema sinistra. Come lo compromettete adesso.

LA MALFA. Questo è uno dei mezzi che uno schieramento politico deve avere per condurre le sue battaglie politiche. Non devo ricordare, quando i colleghi dell’estrema sinistra ci accusano di aver presa la vicepresidenza in questa maniera o in quell’altra maniera, non ho bisogno di ricordare per esempio i discorsi e le impostazioni politiche dell’onorevole Nenni: «Tutto il potere al Comitato di liberazione». Che cosa ne è di questa impostazione politica? Che cosa ne è dell’impostazione politica, per cui l’Italia sarà socialista o non sarà? Cosa è rimasto del cosiddetto «vento del nord»? Non è rimasto nulla. L’onorevole Togliatti ci accusa anche di aver abbandonato il Governo tripartito in un delicato momento della vita di questo. Ma ricorderò agli amici della sinistra che la contraddittorietà della politica del Governo tripartito sviluppava delle forze all’infuori dello schieramento democratico; e questo sviluppo doveva ovviamente preoccupare i repubblicani, il cui compito fermo sarà sempre quello della difesa delle istituzioni repubblicane.

Non contano solo i contatti, i rapporti che noi abbiamo qui dentro fra i vari partiti: conta molto stabilire che cosa avviene nel Paese rispetto alla politica che i partiti fanno. E noi abbiamo osservato, durante il tripartito, che sono sorti o si sono valorizzati dei movimenti, come quello dell’«Uomo Qualunque» – che oggi è andato in frantumi, ed io ne sono lieto – proprio per la politica condotta.

Una voce a destra. Non è vero!

LA MALFA. Con la politica del tripartito quel movimento era stato valorizzato nel Paese. E se alcuni minori partiti, che non potevano aver peso nella direzione della lotta politica, si sono allontanati dal governo, se ne sono allontanati perché nell’opinione pubblica ci fosse una posizione di opposizione democratica valevole per l’avvenire. Se ne sono allontanati per compiere a distanza il solo compito politico che questi partiti potessero avere, e per costituire una copertura dello schieramento democratico.

Io devo dire che conosco molto da vicino l’onorevole De Gasperi; e ovviamente lo considero un uomo assai cauto della democrazia italiana. Ricordo che, per esempio, nel periodo della lotta di liberazione le nostre impostazioni democratiche – direi, la nostra impostazione fermamente repubblicana – destavano in lui qualche preoccupazione. Ma a repubblica fatta, proprio nella formazione del Governo unicolore, che cosa abbiamo visto dal punto di vista politico? La Democrazia cristiana per quattro mesi si è mantenuta in una situazione di equilibrio instabile, quasi per un miracolo. I miracoli che tutti riconoscono ormai all’onorevole De Gasperi! L’onorevole De Gasperi ha tenuto il suo partito in sospeso circa un orientamento che poteva essere decisamente e definitivamente verso la destra; ed ha tenuto una porta aperta, ha tenuto una finestra aperta, verso l’altra parte. È un miracolo!

NENNI. È il classico trasformismo politico italiano.

PACCIARDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Quanti trasformismi ha fatto lei!

LA MALFA. Concedendo tutto allo spirito moderato dell’onorevole De Gasperi, desidero affermare che il mantenimento di questa posizione è stata una bella prova di arte politica. Perché, o signori, se la spinta, che si è determinata nel Paese – mi riferisco alle dichiarazioni dell’onorevole Lussu, che trovo da un certo punto di vista esatte – se la spinta, che l’opposizione di estrema sinistra ha dato alla Democrazia cristiana, avesse irrigidito le posizioni, noi avremmo avuto la frattura delle forze politiche del Paese, quasi per sempre. Cioè, a questo punto noi avremmo scavato veramente un solco tra le forze della Democrazia cristiana e le forze che si schierano da questa parte dell’Assemblea fino all’estrema sinistra.

L’onorevole Lussu ha sostenuto che una spinta determina una contro-spinta. Con l’irrigidimento delle posizioni non vi sarebbe più stato possibile costruire un ponte per assicurare l’avvenire della vita democratica italiana.

Questo è il punto fondamentale. Possiamo avere sbagliato; ma abbiamo costruito un fragile ponte. Su questo dovete giudicare, non sul fatto se abbiamo avuto questo o quel Ministero.

Io chiedo: se la frattura tra le nostre forze e la Democrazia cristiana si fosse verificata, non sarebbe stata molto più grave della frattura che volete vedere tra noi e voi dell’estrema sinistra?

Credo che, per le sorti della democrazia, la frattura tra il nostro schieramento e la Democrazia cristiana sarebbe stata funesta.

Se voi volete che fra noi e voi ci sia una frattura così profonda, fate pure. Noi non ne assumiamo la responsabilità. (Applausi).

L’onorevole Togliatti ieri ha rilevato dal manifesto del Partito repubblicano una frase, che devo ricordare: «Noi tenteremo di riannodare i fili dell’unità democratica». Naturalmente, nelle condizioni reali in cui operiamo; perché noi non abbiamo impostazioni astratte e non possiamo averne. Noi dobbiamo operare nelle condizioni in cui è politicamente, dal punto di vista interno e dal punto di vista delle forze internazionali, il nostro Paese. Nel dire quelle parole, abbiamo significato qual è il motivo ideale della nostra azione politica.

Mi pareva che l’onorevole Togliatti avesse rilevato il valore di quella frase.

TOGLIATTI. Con le frasi non si fa una politica.

LA MALFA. Molte volte tali frasi indicano uno stato d’animo ed una politica, onorevole Togliatti, che guarda molto avanti.

TOGLIATTI. Questo è il fatto. Lei confonde le une con gli altri.

LA MALFA. Non bisognava rispondere, onorevole Togliatti, così come ad un certo punto è stato risposto al Partito repubblicano.

Dicevo: noi abbiamo la coscienza di avere impedito una frattura nel punto più pericoloso di rottura della vita democratica.

ALBERGANTI. È lei che vuole produrre la frattura.

LA MALFA. Del resto, per quanti anni il Partito comunista non ci ha detto che questa sarebbe stata la situazione di pericolo per la democrazia italiana? Per quanti anni? Dalla liberazione in poi qualsiasi discorso dell’onorevole Togliatti ha richiamato la nostra attenzione su questo punto fondamentale: non si ricostruisce la democrazia senza la Democrazia cristiana.

Ed allora prendete atto di questo, cioè prendete atto che, con le deboli nostre forze, abbiamo tentato di costruire questo fragile ponte e tentiamo anche di impedire un qualsiasi contatto, che nel tumulto e nella tensione stessa della lotta politica si possa creare, con quello che è stato il male più grave del nostro Paese, il male fascista.

Mi fa piacere, cari amici; che voi abbiate ascoltato le dichiarazioni di ieri dell’onorevole Giannini, quelle di oggi dell’onorevole Russo Perez (mentre son mancate le dichiarazioni dell’onorevole Selvaggi), mi fa piacere, perché, se non altro, quel poco che abbiamo fatto con senso di responsabilità è servito, per la prima volta in due anni dopo la liberazione, a rompere il fronte delle destre, che marciava compatto e con possibilità di successo nel nostro Paese. (Interruzione del deputato Togliatti).

RODI. Era pericoloso forse?

LA MALFA. Ma qual è la sostanza del problema politico, perché è bene che a questo punto ci parliamo chiari, anche sulla sostanza del problema politico. Onorevole Togliatti, coloro i quali siedono in questi banchi hanno un ideale di democrazia, cioè hanno il loro ideale. Noi rispettiamo l’ideale del Partito comunista e non intendiamo affatto di parlarne come partito della Russia o di non so che cosa. Conosciamo il Partito comunista fin dalla lotta clandestina e sappiamo quali sacrifici abbia affrontato nella lotta; ma pretendiamo lo stesso rispetto per il nostro ideale, che è diverso da quello del Partito comunista.

Qual è quest’ideale? Non è l’ideale della democrazia progressiva, onorevole Togliatti e, diciamo la verità, se io volessi esprimermi con un aggettivo – che non avrà certo il fascino dell’aggettivo: «progressiva» – definirei il nostro ideale un ideale di «democrazia istituzionale». Che cosa vuol dire: «democrazia istituzionale»? L’onorevole Togliatti e l’onorevole Nitti ci accusano di esserci qualificati, con la decisione presa, partito di conservazione sociale. Che cosa vuol dire partito di conservazione sociale? Io dico che ci sono due ideali democratici da precisare, e cercherò di precisare il nostro. Che cosa è «democrazia istituzionale»? Noi vogliamo istituti profondi di riforma sociale, ma li vogliamo in una certa maniera, che è la nostra maniera, che è la maniera di un partito di democrazia. Onorevole Togliatti, quando si è cominciato a discutere della Costituzione e si è parlato dell’articolo 1, ricordo che io stesso ho presentato un emendamento, in cui si diceva: «l’Italia è una Repubblica fondata sui diritti di libertà e del lavoro». Ecco una concezione propria di democrazia istituzionale, alla quale – per compiacenza della Democrazia cristiana – è stata contrapposta una definizione rispondente a principî di democrazia progressiva. Cioè, mentre noi volevamo introdurre nella nostra Costituzione concezioni fondamentali, che dovevano reggere la vita del nostro Paese – perché una costituzione regge la vita di un Paese – ci siamo trovati di fronte ad una formula, che era progressiva per il Partito comunista o progressiva per la Democrazia cristiana, non lo so, ma era una formula un po’ da sabbie mobili. E veniamo al famoso articolo 7, che dà luogo a discussioni. Nella nostra concezione di democrazia istituzionale probabilmente noi avremmo avuto un conflitto a fondo con la Democrazia cristiana, per precisare i limiti di questo articolo. In quel caso, la democrazia progressiva ha arretrato e la Democrazia cristiana è avanzata. Ma quanti altri campi! Noi sosteniamo che vogliamo la riforma agraria, come profonda riforma della vita del nostro Paese, ma in una forma attuabile nel nostro Paese, e cioè studiando gli estremi di questa riforma nelle singole situazioni regionali. Se voi ci contrapponete – può darsi che si tratti soltanto di stato di emergenza – un movimento che, come tutti i movimenti, ha qualcosa che non risponde ad un bisogno fondamentale strutturale del nostro Paese, questa sarà democrazia progressiva, ma non è la nostra democrazia.

Una voce all’estrema sinistra. Ed ai contadini che hanno fame cosa date?

LA MALFA. Anche noi parliamo di grandi riforme strutturali industriali, ma, cari colleghi dell’estrema sinistra, la riforma della struttura industriale è una riforma che vuole qualche anno di studio, di preparazione e di maturazione nel nostro Paese. (Interruzioni all’estrema sinistra).

Se voi ci contrapponete l’occupazione delle fabbriche, evidentemente questa sarà democrazia progressiva, ma non è la nostra democrazia.

Una voce all’estrema sinistra. Ed i milioni di licenziati?

PAJETTA GIULIANO. Lei è allo stesso punto in cui erano i democristiani nel 1946! (Interruzione del deputato Pastore Giulio).

LA MALFA. Mi sento interrompere con argomenti che non credo siano pertinenti a quanto stiamo esaminando.

Ma, volevo prendere un altro esempio per mostrare come noi concepiamo certi problemi politici e sociali del nostro Paese. Guardiamo all’imposta patrimoniale. Voi sapete quale è stata la nostra posizione in materia. Noi abbiamo colpito e siamo stati con voi (Indica l’estrema sinistra) nel colpire spietatamente le grosse fortune, come vi abbiamo detto, con estrema sincerità, che un sistema tributario si deve fondare anche sulla piccola proprietà e sui piccoli e medi patrimoni, ed anche sul reddito di questi patrimoni, in quanto non c’è riforma di carattere tributario che abbia valore se non si fondi anche sui contributi dei piccoli patrimoni. Che cosa avete contrapposto a questa posizione? Io ho letto alcuni giornali della Romagna in cui era scritto che La Malfa era contro la piccola proprietà. Questa è la democrazia progressiva? Voi non potete affrontare la riforma tributaria con questi argomenti. (Interruzioni all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, mi pare che lei le stia attendendo le interruzioni. Prosegua.

LA MALFA. Vorrei citare ancora un altro esempio, l’ultimo in questa sede, ed esso riguarda quella che si chiama la politica dell’onorevole Einaudi. Questa politica dell’onorevole Einaudi è la politica della quale abbiamo discusso molto insieme; per un anno, quando noi criticavamo, ed eravamo d’accordo con l’onorevole Scoccimarro e con voi, la politica dell’onorevole Corbino, si criticava questa politica mettendoci dal punto di vista della politica poi fatta dall’onorevole Einaudi. Dirò che questa politica è stata elaborata sui banchi della sinistra e del centro-sinistra. Il controllo del credito, che ha immortalato Einaudi, è stato in primo luogo sostenuto da noi.

Nelle quattro Commissioni legislative – l’onorevole De Gasperi lo ricorderà – nelle quattro Commissioni legislative dell’Assemblea, uomini di centro-sinistra e di sinistra hanno parlato di controllo del credito. Anch’io ne ho parlato e a lungo. Ebbene, l’abbiamo fatta noi tale politica?

Lo schieramento di sinistra ha l’abilità di non fare mai una politica, e anche la politica poi realizzata dall’onorevole Einaudi gli è sfuggita.

Io ho sostenuto che la politica Einaudi è arrivata con un anno di ritardo, è frammentaria, rigida, non ha toccato alcuni punti del problema. Noi, che questa politica abbiamo discussa e meditata, forse ne avevamo una visione più integrale e più giusta.

Ma possiamo contrapporre alla politica dell’onorevole Einaudi la posizione che ha preso Pietro Nenni? L’onorevole Einaudi, in questo momento, ci rappresenta. È un tentativo: egli ha cercato con la sua politica di colpire la speculazione. È dal periodo successivo alla liberazione che i partiti di sinistra insistono per colpire la speculazione. Che cosa vogliamo contrapporre alla politica Einaudi?

Effettivamente quella politica non farà il miracolo di ridurre i prezzi per l’eternità, ma essa ha avuto il merito di far venir fuori le posizioni speculative, in ogni campo, nel campo dei valori e nel campo delle merci. Una politica di questo genere dà risultati, se in tutti i settori della vita economica c’è una politica conseguente. Ma, se nel momento del trapasso da un sistema economico ad un altro, voi iniziate quella che io chiamo un’agitazione su vasta scala – che ha anche le sue ragioni nelle condizioni del Paese, ma che contraddice al sistema di politica che cerca di raggiungere il risultato di frenare l’aumento dei prezzi – tutta la nostra economia minaccia di andare in aria.

Ci possiamo trovare fra tre o quattro mesi in una situazione spiacevolissima per la contraddittorietà di due sistemi, perché l’onorevole Einaudi comprime certi settori, mentre in altri c’è un risucchio di miliardi e miliardi che disarticola la nostra vita economica.

Quando guardo al bilancio dello Stato rispetto alla politica dell’onorevole Einaudi mi viene veramente paura, perché, mentre noi esercitiamo una compressione sull’economia privata, la quale subisce gli effetti di una contrazione di credito e quindi è orientata verso il ribasso, noi dilatiamo le spese statali in una maniera inverosimile.

Ecco gli aspetti, ecco gli esempi di una politica che può avere sviluppi democratici, e non li ha, perché non troviamo il punto giusto.

Voi potete dire: ma tutti questi ideali di politica democratica sono i vostri, non sono i nostri.

Ecco la contraddizione, il conflitto in cui ci troviamo. Questi nostri ideali sono ideali di democrazia, non sono – onorevole Togliatti – ideali di conservazione sociale, sono ideali di sviluppo democratico.

Ma noi come vogliamo realizzare questi ideali? Con il sistema di vita civile rappresentato dalla democrazia dei Paesi occidentali.

Anche nella polemica che ho avuto occasione di sostenere con l’onorevole Nenni, io mi sono sempre riferito a questo elemento. Nei Paesi d’Europa ci sono elementi di vita sociale e spirituale di cui voi dovete tener conto, altrimenti andrete a sfracellarvi e manderete tutto e tutti in rovina, e fatalmente risorgerà lo spettro del fascismo.

Ma il fascismo se c’è per noi, c’è anche per voi. (Applausi al centro). Questo ideale di democrazia che cos’è? In realtà, vedo che nel pensiero dell’onorevole Togliatti c’è molto di Benedetto Croce, c’è molto di un pensiero nostro, c’è molto di una forma mentale che veramente ci appartiene. Quando io sento l’onorevole Togliatti così aspramente e duramente criticarci, chiedo agli amici della Democrazia cristiana – i quali indubbiamente hanno un’aspirazione democratica – se essi non ritengano che questo nostro piccolo apporto abbia pur fatto rifiorire qualche speranza nel nostro Paese. (Vivi applausi al centro).

C’è questo ideale, ed è la tragedia dei nostri Paesi. Io ho premesso che noi rispettiamo il vostro ideale: noi lo rispettiamo umanamente. Questa storia dei russi o non russi non ci piace. Ma dico: dal punto divista internazionale, come voi non sentite che c’è questa aspirazione all’indipendenza nel nostro Paese, come non sentite che nessuno qui da noi vuol diventare un agente di colonizzazione americana? (Approvazioni al centro). Voi non ci farete l’insulto di non credere questo.

Voi ci parlate della dichiarazione Truman: ma tutti i capi di Stato, in periodi simili ai nostri, hanno fatto dichiarazioni. Ciò rientra nell’attuale stato generale delle cose.

All’origine della nostra crisi, non ci sono, onorevole Togliatti, errori del Partito comunista italiano: ci sono errori del Partito comunista francese. Questo ha detto ieri, nel suo intervento, l’onorevole Lussu, e ha detto giusto. Non vi rendete voi conto, quando attaccate la «terza forza», quando attaccate Blum e lo paragonate a Mussolini, non vi rendete conto, dico, che la sola aspirazione della Francia è affermare la sua piena indipendenza?

Ho letto il rapporto di Zdanov: l’ho letto, l’ho meditato, l’ho rimeditato; ho cercato di trovare in esso il significato della politica dei Partiti comunisti. Ma che cos’è questa politica? In un punto del rapporto si dice: «qui il mondo capitalista, là il mondo della democrazia popolare». La Francia è satellite, l’Inghilterra è satellite. Ma in un altro punto di questo rapporto si dice: gli americani non si fidano dell’Inghilterra e della Francia. Ci sono in tali Paesi lieviti di indipendenza.

O voi date valore a questi lieviti di indipendenza, che non contano solo nel vostro partito, ma sono nella coscienza democratica dell’Europa, o non date loro valore. Avvertite che vi è qualche cosa che resiste agli urti e che garantisce voi, o non lo sentite e non gli date valore.

Non c’è una linea di conseguenza in quel rapporto, onorevole Togliatti. Io sono un modesto lettore di documenti politici. Si spiega nel documento come la Russia ha vinto la guerra. Ma perché l’ha vinta? Questa è l’indagine che voi dovete fare. Questo mondo, che oggi voi dite mondo capitalistico, pure s’è diviso; e la Russia ha vinto mercé l’apporto delle sue armi, il valore del suo popolo, i suoi sacrifici, ma ha vinto anche perché il mondo capitalistico non era unito, perché c’erano delle forme di civiltà diverse in quel mondo. E voi vi siete legati ad alcune forme di civiltà che vi erano più vicine.

TOGLIATTI. Questo è l’abbicì.

LA MALFA. Che cosa credete che vi sia in Francia, in Inghilterra, in Italia, se non questo lievito di indipendenza? Quando in tali documenti leggo che la Francia e l’Italia – non voglio con questo far torto a nessun popolo – sono diventate una specie di Indocina… rimango sbalordito. Ma avete dimenticato che cosa sono queste civiltà e quali tradizioni di libertà e di indipendenza esse rappresentano? (Applausi a sinistra, al centro e a destra).

Voi commettete un errore fatale, quando dite che la terza forza è l’anticamera del fascismo. Quante volte nel periodo clandestino mi avete detto che avevate sbagliato, quando avevate dato alla vostra azione questa impostazione politica. Me lo diceva spesso il collega Amendola. Confondere la posizione di Leone Blum, di Pacciardi, di Saragat, con quella di un fascista… quale errore! (Applausi al centro).

 

Allora, cosa volete da noi? Voi credete che noi facciamo passare qui un solo soldato americano per attaccare la Russia? Non sarà mai! Non passerà mai un soldato americano. (Commenti all’estrema sinistra). Voi sapete questo benissimo. Voi sapete che questo non avverrà mai.

Ma c’è una responsabilità di certe forze politiche in un determinato momento, nella vita difficile del nostro Paese. Se noi non vogliamo che il conflitto internazionale venga nel nostro Paese, ci devono essere delle forze che garantiscano voi; non voi, la Russia sovietica come potenza, e che garantiscano gli Stati Uniti. Questo è il nostro scopo. Il nostro sforzo è di cercare di dare questa garanzia. E quando voi parlate di questa terza forza e la disprezzate, voi potete controllare la politica di questa terza forza, ma dovete riconoscere che essa è l’unica forza che vi possa dare una garanzia. Volete di più di questa garanzia. Ma che cosa volete? (Commenti all’estrema sinistra).

Io dico all’onorevole Nenni – perché in questo l’onorevole Nenni, mi scusi, non avrà mai giudizio (Ilarità)io dico: leggendo che la Francia ha rinunciato alla sua opera di mediazione, considero che qualcosa di importante e di fondamentale è finito. Perché la Francia rinuncia? Perché volete spingere questa situazione francese fino agli estremi? Volete fare la politica del «tanto peggio, tanto meglio»? Allora vediamola chiara questa politica; se la vostra politica è la politica del «tanto peggio, tanto meglio», allora diteci: volete trovarvi a contatto col fascismo? Volete sbarazzarvi di noi? (Commenti all’estrema sinistra). Ci potete riuscire, perché noi…

TOGLIATTI. Ha fatto male al partito a cui era iscritto.

LA MALFA. Vorrei che lei potesse far male all’Italia così come io l’ho fatto al mio partito. (Applausi al centro).

Onorevole Togliatti, non desidero ricordare alcuni articoli in cui ella mi ha dato ragione nei riguardi dell’amico Lussu. Quegli articoli mi hanno fatto molto piacere; avendo io una grande stima dell’onorevole Togliatti, e del suo pensiero politico, mi ha fatto proprio piacere che l’onorevole Togliatti mi abbia dato ragione.

TOGLIATTI. Si tratta solo di avere ragione.

LA MALFA. Appartengo alla generazione di coloro che a vent’anni hanno iniziato la lotta antifascista. E devo dichiarare che, come altri giovani, ho cercato di maturare ed elaborare in questi venti anni un pensiero sulla crisi italiana; ho sentito un problema della vita italiana e ne ho cercato le vie di soluzione. Onorevole Togliatti, io ho sentito che il problema del nostro Paese era un problema di democrazia e di ideale democratico. Ho cambiato partito, ma sono sempre rimasto fedele a questo ideale. Ho fatto parte di un partito giovane e vi ho condotto la lotta clandestina, ma dal momento in cui è venuta la Repubblica ho sentito di dover entrare nel partito repubblicano per continuare a servire il mio ideale. Non sono entrato nelle chiese socialiste.

NENNI. Non vi sono chiese.

LA MALFA. Onorevole Togliatti, ho sentito che è una crisi di formazione democratica quella che travaglia il nostro Paese. Del resto quante volte ella non me ne ha dato atto!

L’onorevole Nenni ripetute volte ha dichiarato: l’Europa sarà socialista; il mondo sarà socialista. E l’onorevole Togliatti ha replicato: no, il problema dell’Europa è un problema di democrazia.

L’onorevole Togliatti è stato molto più cauto, e, nella realtà politica, molto più concreto, perché l’ideale dei Paesi occidentali è effettivamente un ideale di vita democratica.

Noi possiamo superare il fascismo realizzando un ideale di democrazia. L’avvenire ci dirà quando sarà concretamente realizzabile il socialismo.

Noi possiamo costruire la democrazia se abbiamo coscienza di che cosa siano i valori della democrazia nei nostri Paesi. E sempre riferendomi al pensiero dell’onorevole Togliatti e dell’onorevole Nenni, quante volte essi hanno dato ragione a questa democrazia, a questa impostazione, a quella che io chiamo democrazia istituzionale! Il nostro problema politico non è quello di strappare una foglia del carciofo alla volta. Se il problema nei nostri Paesi, la cui vita è tremenda, fosse solo di farci scivolare lungo una china, i nostri Paesi vivrebbero in stato di agitazione perpetua e non so quale sarebbe la fine di una tale avventura politica. Potrete vincere voi, potrebbero vincere altri.

Finisco.

Rispetto a questo tema fondamentale che è l’avvenire politico dei Paesi occidentali, voi dovete dare una risposta. Non potete eludere il problema. Una democrazia che sorga nel mondo occidentale ha e deve avere certi caratteri e certe finalità ed in questo quadro voi dovete intendere il piano Marshall. Quando voi dite che il piano Marshall è la via della soggezione, non crediate che un francese si faccia assorbire dal piano Marshall. Se voi mi dite che oggi la Francia minaccia di entrare nell’orbita americana, riflettete se non siete voi a spingere la Francia su tale strada.

TOGLIATTI. La Francia ha Monaco nella sua storia.

Una voce al centro. E la Russia gli accordi con Hitler! (Rumori).

LA MALFA. Onorevole Togliatti, non rispondo chiedendovi che cosa ha la Russia nella sua storia. Dico che pur avendo la Francia avuto Monaco, essa ha riscattato Monaco.

Vedete, amici, voi parlate sempre di isolamento (Rumori all’estrema sinistra) e solete svolgere il vostro pensiero e la vostra azione sulla base classista. Ma tenete conto di quante volte ci avete detto che la classe operaia deve marciare accanto agli altri ceti? E di quante volte ci avete detto che l’isolamento della classe operaia è stato un errore, e ne avete fatto un esame critico? Ma voi credete veramente che tutte le responsabilità per l’isolamento della classe operaia siano della Democrazia cristiana o dei repubblicani? Quante non ve ne sono dei vostri capi! La maniera di condurre la lotta politica lega anche la responsabilità dei vostri capi. Se ad un certo punto si crea una situazione per cui la classe operaia è isolata, è giusto che si dia la responsabilità a coloro che hanno diretto e condotto l’azione.

Notando come oggi l’onorevole Nenni polemizza con l’onorevole Saragat, io dico che le condizioni dell’unità del Partito socialista bisognava esaminarle prima. Le condizioni e le possibilità per tutelare l’unità del Partito socialista dovevano essere viste prima, perché alcuni fatti si creano, alcune scissioni si producono per la cattiva direzione politica di coloro che hanno avuto la responsabilità del partito prima della scissione, e non dopo.

TOGLIATTI. Il Partito socialista è rimasto intatto!

LA MALFA. Se noi ci consideriamo solidali nella difesa democratica, non ci sono errori dell’onorevole De Gasperi che non siano i vostri errori. Abbiate il senso di questa solidarietà. Udendo dire dall’onorevole Cevolotto, che conosco come un vecchio democratico del lavoro (oggi sarei più conservatore dell’onorevole Cevolotto!), che noi abbiamo scavato un solco incolmabile fra il fronte di sinistra ed il fronte di destra, mi sono chiesto quale possa essere l’avvenire di questo nostro Paese. Mi risponda l’onorevole Cevolotto, che fa dei discorsi parlamentari, mi risponda su questo quesito fondamentale della nostra vita democratica: quali sarebbero i rapporti fra destra e sinistra in uno schieramento di rottura, e non faccia combinazioni parlamentari che non riguardano nessuno. Questo è il problema. Quando abbiamo costituito i due fronti contrapposti, che abbiamo fatto? Io ho posto questo problema: il fronte contrapposto porta alla lotta decisiva e finale. Avete il coraggio di condurre questa lotta? Conducetela fino in fondo, ma in questa lotta voi incontrerete un altro ideale di vita; perché non potete pensare che il pensiero repubblicano sia come una appendice del vostro ideale di vita. Siamo un piccolo partito, ma un partito di democrazia, e vogliamo difendere il nostro ideale, fino in fondo.

TOGLIATTI. Sta argomentando contro De Gasperi, non contro di me.

LA MALFA. Le condizioni in cui oggi noi partecipiamo alla responsabilità del Governo sono difficili. Volete che neghiamo queste difficoltà?

Una voce. No!

LA MALFA. Ma le condizioni in cui oggi partecipiamo alla vita democratica sono state rese difficili anche da voi. (Indicando l’estrema sinistra). Noi, come piccola forza, paghiamo anche i vostri errori; paghiamo soprattutto i vostri errori. (Interruzioni all’estrema sinistra).

Una voce all’estrema sinistra. Presentateci il conto!

LA MALFA. Il compito è difficile. Io spero che questo piccolo apporto rappresentativo significhi un arresto nella marcia antidemocratica del popolo italiano: un arresto che da due anni a questa parte non si è mai avuto, sia che al Governo fosse l’onorevole Togliatti, sia che vi fosse l’onorevole Nenni. Spero che ora si raggiunga lo scopo. Possiamo fallire, onorevole Togliatti. Però quando noi dichiariamo che con la Democrazia cristiana avremo molte difficoltà, aggiungiamo che la vita politica è fatta così.

Con la Democrazia cristiana noi abbiamo fatto uno sforzo per riannodare i fili dell’unità democratica. Questa non è una frase; se il nostro passato fra di voi conta come il vostro tra di noi, allora diciamo che non è una frase.

Ed io finisco. Le nostre bandiere, in un momento così difficile della nostra vita nazionale, forse non possono sventolare come quando la democrazia ha vinto la sua battaglia: ma le nostre bandiere «non sono nel fango». (Vivi applausi – Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Comunico che gli onorevoli Cappi, Froggio e Uberti hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Governo, le approva e passa all’ordine del giorno».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Onorevoli colleghi, farò solo poche osservazioni riguardanti il dibattito che si è concluso in questo momento.

La prima riguarda la cosiddetta questione di prassi costituzionale, sollevata dall’onorevole Togliatti, il quale mi pare sia rimasto solo a sostenere la sua tesi.

È chiaro che il regime parlamentare ha una certa elasticità, ma è costituito da due elementi essenziali:

1°) il Presidente del Consiglio e, su sua proposta, i Ministri, sono nominati dal Capo dello Stato;

2°) il Governo deve avere la fiducia del Parlamento ed è obbligato a dimettersi se è investito da un voto di sfiducia.

Questi due principî fondamentali della prassi costituzionale sono stati da me fedelmente seguiti.

Questo ho fatto in tutte le crisi, né mi si può affibbiare il titolo di Cancelliere, quando si ricordi che il Cancelliere era responsabile soltanto di fronte al Capo dello Stato e non anche di fronte al Parlamento.

Nella prassi costituzionale esiste anche la figura del rimpasto che si è sempre avuto dalla morte di Cavour fino ai nostri giorni. Ed ho accennato già a due rimpasti verificatisi nell’altro dopo guerra, nel 1919 e nel 1920, dei quali abbiamo qui in Assemblea gli autorevoli protagonisti, che possono suffragare il mio asserto con la loro testimonianza personale.

Nel 1919, il primo marzo, l’onorevole Orlando, allora presidente del Consiglio, si presenta alla Camera e annunzia una serie di cambiamenti nel Ministero, cambiamenti molto importanti, così giustificandoli:

«Io debbo qui limitarmi ad una dichiarazione di carattere generale e, cioè, che non parve fosse il caso di trasformare le due crisi parziali (si riferiva alle dimissioni di due Ministri) in una crisi generale di Gabinetto e ciò in considerazione e dei motivi stessi dei dissensi e del fatto che essi si erano verificati all’infuori del Parlamento. Aggiungerò poi che nello stesso senso mi induceva la situazione internazionale, sulla quale avrebbe esercitato una influenza assai dannosa quella interruzione di attività e quella incertezza di indirizzo, siano pure transitorie, che dall’evento di una crisi generale son sempre inseparabili».

Fra i Ministri uscenti da quel Ministero era l’onorevole Nitti.

Il 22 marzo 1920 toccava, invece, allo stesso onorevole Nitti di fare il rimpasto. Anche qui un cambiamento di molti Ministri, mi pare sei, e conseguente immissione nel Governo di personaggi con carattere ben specifico.

E l’onorevole Nitti, ritornando da Londra, faceva la seguente dichiarazione:

«Fin da qualche mese fa alcuni membri del Gabinetto, che io ho l’onore di presiedere, avevano messo i loro portafogli a disposizione del Presidente per motivi prevalentemente personali. Io li avevo pregati di desistere dal loro proposito, per non mutare nulla prima della riunione della Conferenza di Londra.

Ma, al ritorno dalla Conferenza, la ricomposizione del Gabinetto divenne una necessità, e, avendo i colleghi rinnovato il loro unanime proposito di cooperare alla soluzione delle difficoltà, mettendo tutti i portafogli a disposizione del Presidente, il Ministero è stato modificato in vista delle nuove esigenze».

Io quindi ho seguito una prassi costante del Parlamento italiano, prassi che del resto avevo seguito anche nella crisi antecedente, perché mi pare si voglia dimenticare che io sono venuto ad annunciare la presentazione delle dimissioni dinanzi al Parlamento italiano. Questo, per la questione costituzionale.

Riguardo alla discussione che si è fatta su questo Ministero, se sia un Ministero nuovo o un Ministero vecchio, io direi che qui non si tratta di una questiono formale, Ministero nuovo o vecchio. Come si svolgerà l’azione sua, come sarà possibile che si svolga, quale sarà il carattere che gli avvenimenti imporranno o le persone imporranno ai problemi che man mano si presentano?

Vi è un fatto nuovo, innegabilmente, ed è questo: l’impegno democratico da parte delle sinistre col centro democratico cristiano ed i liberali, allo scopo:

1°) all’interno, di preordinare e garantire elezioni libere, allo scopo di consolidare la Repubblica e realizzare il suo ordinamento democratico;

2°) nella vita internazionale, di collaborare al piano di ricostruzione economica europea, dovuto all’iniziativa di Marshall sulla linea iniziale stabilita a Parigi e continuata nelle trattative di Washington e, beninteso, nell’assoluta autonomia ed indipendenza del Paese.

Qui, a proposito di questo «piano Marshall», intorno a cui si fa un gran discutere, quasi si trattasse, come ho accennato altrove, di sedute misteriose, debbo dire che non v’è nulla di misterioso: la Conferenza di Parigi ha stampato i suoi verbali; l’onorevole Campilli è tornato ora dall’America ed avrà occasione prossimamente, credo il giorno 29, in una seduta della Commissione di trattati, di riferire sul lavoro compiuto. Comunque, noi siamo ancora allo stadio della preparazione tecnica di questo piano, cioè dell’esposizione del nostro fabbisogno, dei rapporti fra questo fabbisogno ed il fabbisogno di altri Paesi, delle relazioni che possono essere costituite per venire incontro a questo fabbisogno e delle esigenze che l’Europa unita presenta alla America, per poter procedere alla ricostruzione. Nulla di misterioso: l’Assemblea stessa avrà modo, attraverso una sua Commissione, di conoscerne anche i dettagli.

Nessun impegno per parte nostra, che possa riguardare l’indipendenza del Paese. L’impegno democratico, al quale ho prima accennato, garantito dalla partecipazione al Governo, è nuovo, ma il consenso su queste direttive si era rivelato già prima. Ricordate il voto dell’Assemblea in occasione della Conferenza di Parigi, quando il P.S.L.I. ed il P.R.I. avevano sostenuto con noi che la collaborazione al «piano Marshall» era non soltanto una necessità economica dell’Italia, ma anche un mezzo per ricollocare l’Italia in una posizione di autonoma azione e di indipendenza politica. Mi si è fatto il rimprovero che, nelle conversazioni avute prima del rimpasto, non mi sono rivolto anche ai grandi partiti, come Togliatti chiama il partito dell’estrema sinistra. Ma, ditemi, potevo davvero iniziare delle discussioni con speranza di qualche successo rivolgendomi ai comunisti, dopo la campagna che essi avevano fatto contro il «piano Marshall» ed in genere contro il Governo che presiedevo e che si trattava eventualmente di integrare?

Voi ricordate che nel manifesto della direzione del Partito comunista, il Governo che presiedevo veniva detto «Governo dello straniero», «Governo della miseria», «Governo della reazione e della guerra» ed il «piano Marshall» era definito un piano di guerra dell’imperialismo americano. Tutto questo non seguendo una tesi nata e adattata per l’Italia, ma seguendo una tesi di maggiore portata che veniva dall’ispirazione del Cominform, cioè rappresentava una direttiva generale che valeva tanto per la Francia che per l’Italia.

In questa situazione, quale significato avrebbe avuto sia pure uno scambio di idee quando ormai così profonda era la diversità di concezione su questo problema, e direi così profondo anche l’impegno preso da parte del Partito comunista?

TOGLIATTI. Tutto questo è volgare!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non so se possa essere un argomento volgare, onorevole Togliatti, ma io ho ancora la debolezza di credere alla vostra stampa, a quello che voi vi inducete di stampare dopo meditate discussioni. E quando avete pubblicato questo manifesto (Mostra all’Assemblea un manifesto), che era in relazione alle decisioni prese a Bijalistock, voi scrivevate del nostro Governo: «Questo Governo, ribadendo sempre più il suo asservimento all’imperialismo americano, ha riportato la nostra economia sull’orlo della catastrofe». Poi si parla di accettazione senza riserve, da parte del Governo, del «piano Marshall» che subordina tutta l’economia italiana all’economia americana, si parla di dipendenza politica ed economica, si parla di pericolo di trasformare il nostro territorio in territorio di guerra, di politica vaticana, reazionaria ecc. ecc. si parla ancora di un completo asservimento ai gruppi capitalistici interni, e di completo asservimento alla politica americana. (Interruzioni all’estrema sinistra).

Ora, dopo la pubblicazione di questo manifesto, non credo si potesse pretendere che avessi l’ingenuità di rivolgermi poi ai comunisti: «ditemi il vostro parere», e già lo conosco, oppure «ditemi se eventualmente sareste disposti a collaborare con un governo di integrazione democratica».

L’onorevole Togliatti si riferisce sempre ad una certa parola d’ordine, che sarebbe stata lanciata nel Congresso di Napoli, di mettere fuori logge i comunisti. Ora, è vero che ad un certo punto, durante il mio discorso, qualcuno ha gridato: «Fuori legge i comunisti!». Era gente, come mi è stato detto, che era stata vittima di gravi violenze nel proprio paese. (Commenti all’estrema sinistra). Ma è falso che il Congresso, o chicchessia autorevolmente per esso, abbia lanciato questa frase: «Mettete fuori legge i comunisti!». Viceversa, il contrario è vero. L’ho detto chiaramente nel mio discorso, e vi rileggo queste parole: «Contro di voi, dico a questi avversari, ma anche per voi la Democrazia cristiana vuole costituire un centro irresistibile contro le seduzioni della violenza ed il pericolo della tirannia, sia che essa rappresenti un ritorno dell’antico, o che si affacci in veste nuova. Dico anche per voi, per voi cioè avversari, perché noi, persistendo in questa battaglia, non ci battiamo per l’interesse e per il trionfo di una parte, ma per la libertà di tutti. Agite democraticamente nell’Assemblea e nella preparazione elettorale; lasciate le libertà agli altri e nessuno potrà diminuire le vostre». (Vivi applausi al centro e a destra).

Queste dichiarazioni sono così precise che non hanno bisogno di commenti.

La legge uguale per tutti, non fuori legge; la legge uguale per tutti, per noi ed anche per i comunisti. (Commenti all’estrema sinistra).

Noi non difendiamo privilegi, difendiamo la libertà democratica e la difendiamo in primo luogo con larga comprensione sociale, proteggendo le classi più bisognose, intervenendo a conciliare conflitti di categoria…

PAJETTA GIANCARLO. Bastonando! (Commenti all’estrema sinistra – Proteste al centro).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …come nessun altro Governo ha fatto (Applausi al centro e a destra), combattendo gli abusi del capitale, proteggendo e soccorrendo le industrie per salvare il pane agli operai. Questa attività ha rappresentato il 95 per cento dell’opera del Governo passato e rappresenterà il 95 o il 99 per cento dell’opera del presente Governo. V’è però ancora un uno per cento di necessità assoluta, cioè dedicato all’ordine pubblico…

NEGRO. Ma lei racconta barzellette! (Rumori – Proteste al centro – Scambio di apostrofi fra il centro e l’estrema sinistra – Interruzione del deputato Pajetta Giancarlo).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …perché noi non possiamo mancare al nostro dovere, al nostro assoluto dovere di Governo democratico, di rintuzzare, quando occorra, anche la violenza e di impedire che facinorosi si impadroniscano dei gangli essenziali dello Stato. (Applausi al centro e a sinistra).

Nessuno è posto o sarà posto fuori legge; ma tutti, in modo uguale, dovranno inchinarsi alla legge, espressione della volontà popolare! (Vivi applausi al centro, a sinistra e a destra – Interruzioni all’estrema sinistra).

L’onorevole Lussu ha parlato, quasi come scusante, che bisogna permettere un certo dinamismo alle masse o ai partiti di massa. Senza dubbio. Ma quando si arriva all’occupazione di municipi o di prefetture, quando si creano e si costruiscono blocchi stradali e si fanno operazioni di sabotaggio (Interruzioni), si fanno ricomparire sulle nostre vie le croci uncinate, i chiodi, come li chiamate voi, che siete più pratici di me… (Proteste all’estrema sinistra) allora noi pensiamo che qualunque sia la diversità dell’indirizzo e la differenza della meta e dell’ideologia, pensiamo e siamo portati a pensare a quei tempi quando, con simili operazioni, si preparavano gli eventi del 1922; siamo portati a pensare che, poiché siamo stati ingenui una volta, la seconda non lo vogliamo essere assolutamente! (Vivi applausi a sinistra, al centro e a destra – Rumori all’estrema sinistra).

Questa cautela e questa azione la svolgiamo su tutti i fronti, come dimostrano gli arresti avvenuti anche ultimamente e sappiamo benissimo che una delle ragioni per cui dobbiamo combattere la violenza di sinistra è perché questa crea fatalmente la violenza di destra, che può riuscire fatale per tutti!

Una voce all’estrema sinistra. Perché non ha sciolto il Movimento sociale italiano? (Proteste all’estrema destra).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. In fondo, non chiediamo ai comunisti niente altro di quello che chiediamo ad ogni partito, ad ogni gruppo, cioè che si scelga fra il metodo della violenza in preparazione di un atto rivoluzionario, e quello che è il metodo della democrazia, il metodo dell’applicazione della legge.

L’onorevole Togliatti, nell’ultima parte del suo discorso, dichiara di scegliere il metodo democratico: lo dichiara però di scegliere non come linea assoluta e moralmente obbligata per la sua direttiva; lo sceglie ma aggiunge: «Questo metodo certamente prevedeva uno sviluppo lento, più lento di quello che non potesse essere legato ad una prospettiva, diciamo, rivoluzionaria immediata e più lento per quella graduazione che impone la soluzione dei problemi di collaborazione e lo studio stesso delle soluzioni attraverso il contatto fra tutte le forze democratiche».

Noi siamo molto lieti che egli scelga e proponga in questo momento per l’Italia il metodo democratico…

TOGLIATTI. Non «in questo momento»!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …ma saremmo più tranquilli se egli ci dicesse che per sempre, definitivamente, ha scelto questo metodo. (Commenti all’estrema sinistra – Interruzione del deputato Pajetta Giuliano).

Poi senta, onorevole Pajetta: non bisogna che lei esageri troppo con le interruzioni per darsi importanza. (Applausi al centro – Ilarità). Permetta, egregio collega: lei ha tutti i diritti parlamentari, come ciascuno di noi; non bisogna però esagerare.

Quando avviene un deplorevole incidente, in contrasto con la polizia – incidente che il Governo ha il dovere di deplorare, comminando le sanzioni del caso…

Una voce all’estrema sinistra. Non lo ha fatto.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …voi non dovete esagerare scrivendo sui vostri giornali: «Il deputato Pajetta è stato bastonato a sangue dalla polizia di Scelba. (Rumori prolungati al centro). Ciò dimostra come Scelba e il suo Governo, oltre a non rispettare più la vita dei lavoratori in sciopero, calpestano l’immunità parlamentare e l’incolumità dei rappresentanti del popolo. Ogni onesto italiano condanni con forza questi atti brutali e condanni decisamente i metodi reazionari, antipopolari del governo nero. Echeggi la voce ferma e possente del popolo. Abbasso il governo nemico del popolo, della libertà e della democrazia!». (Applausi all’estrema sinistra – Rumori al centro).

Ma, anche ammettendo il massimo dinamismo nei partiti di massa, questa prova non si può non annoverare nella categoria delle esagerazioni! (Si ride).

Ed ora torniamo al Governo. Io ritengo che la caratteristica essenziale del Governo, di questo Governo – come del precedente, come di qualunque altro Governo che dovesse venire – è la caratteristica della emergenza – parola che ormai è entrata nella nostra lingua e che ha già un significato che facilmente si comprende – cioè un Governo che è obbligato a muoversi su un binario che è imposto dalle circostanze e soprattutto da forze che sono superiori alle possibilità di un Governo e di qualsiasi corpo politico.

La prima è la necessità di assicurare il pane al popolo, ai lavoratori. E voi dimenticate un pochino… L’onorevole Nenni passa sopra con una certa facilità, quando dice: il metodo è sbagliato – e Togliatti lo ha ripetuto ieri nel suo discorso – quello di chiedere dollari e di fare debiti, per poi doverli pagare quando non vi sono denari; si deve invece fare lo scambio delle merci: questo è un metodo sano.

Ma chi vi ha detto che noi chiediamo dollari? Noi abbiamo gratuitamente il grano e il carbone attraverso l’organizzazione americana dell’A.U.S.A., li abbiamo gratis, e noi – noi, Stato italiano – li rivendiamo in Italia contro pagamento in lire. E queste lire sapete dove vanno a finire? In un certo deposito presso la Banca d’Italia, dal quale deposito si traggono i denari per l’assistenza sociale, per l’assistenza ai tubercolotici, in genere per provvidenze sociali che vanno a beneficio delle classi bisognose, soprattutto dei lavoratori.

Abbiamo, quindi, un doppio vantaggio: di avere il pane, che altrimenti mancherebbe, e poi col ricavato (badate che il ricavato è molto meno della spesa che sarebbe di carattere economico, perché sapete che perdiamo cento miliardi circa sul prezzo del pane) questo ricavato va tutto a beneficio dell’assistenza sociale. Questo meccanismo non è poi così complicato; ma pare che il pubblico non lo comprenda. E non si creda che abbiamo mai chiesto dollari a prestito. I 120 milioni di dollari che sono serviti per il pane e che arrivano in forma di pane o di carbone attraverso le navi dell’A.U.S.A., sono dollari messi a nostra disposizione gratuitamente. (Interruzioni all’estrema sinistra).

E voi avete il dovere di spiegarlo chiaramente anche agli operai, se è vero che sono gli operai che vi spingono a degli scioperi inconsulti. Avete la responsabilità di spiegarlo e di dire, per esempio, che se una nave a Civitavecchia non è scaricata a tempo, manca il grano alla città di Roma, come poteva avvenire giorni or sono, in occasione dello sciopero generale, quando abbiamo dovuto affrettarci a raccogliere i rimasugli nei dintorni della città, per evitare, nel caso che quella nave non fosse stata scaricata, di far mancare il grano a Roma. Ora, queste cose dovete dirle. (Interruzioni all’estrema sinistra – Proteste al centro).

Se si crede di poterne fare a meno, allora ci si assuma la responsabilità delle conseguenze; ma se si crede che sia necessario, si riconosca al Governo anche il dovere di fare ogni sforzo perché questi scioperi non avvengano, specialmente quando toccano i gangli essenziali dell’alimentazione.

Così sta la questione che riguarda…

Una voce all’estrema sinistra. Confindustria.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Onorevole interruttore, probabilmente la maggioranza degli industriali avrà da vivere anche se il carbone non arriva giornalmente o mensilmente; ma gli operai, no, non possono avere da sfamarsi se le industrie non hanno il carbone per poter continuare il loro lavoro. (Applausi al centro).

La verità è questa, e bisogna proclamarla chiaramente – e non v’è nessun atto servile in questo: se gli Stati Uniti non ci avessero dato in questo periodo i denari necessari, ed il relativo controvalore in merci per la nostra alimentazione e per le nostre industrie, nessun Governo in Italia avrebbe potuto rimanere in piedi dinanzi alla reazione naturale degli affamati e dei disoccupati. (Applausi al centro).

E ora passo più avanti. Bisogna che le cose siano dette nel modo più semplice possibile, ma anche nel modo più responsabile.

Aggiungo che, passato questo periodo dell’A.U.S.A. che verrà prolungato da quei crediti, da quei contributi che sono stati votati adesso dal Congresso americano – si chiamano i prefinanziamenti – passato questo periodo, che durerà fino a marzo od aprile, dovrebbe venire il momento del «piano Marshall». E allora? Si tratterà di vedere in qual modo gli Stati europei si potranno aiutare fra loro per utilizzare in modo congruo, e in modo che ne approfittino tutti, il prestito americano che ci viene concesso nella misura complessiva di 17 miliardi.

In quel momento voi avrete la possibilità di criticare gli eventuali impegni di carattere economico che possano assumersi da questo o da altro Governo; ma finora non siamo in questa situazione.

A me appare ben chiaro – ed è stato accennato anche dall’onorevole Sforza – che il fatto che l’America cerchi di mettere in piedi l’Europa come forza autonoma, indica evidentemente non una tendenza all’asservimento, ma alla ricostruzione.

Pensate, noi siamo oggi tributari dell’America per il carbone, perché non possiamo servirci in Germania come per il passato, e non possiamo servirci in Inghilterra per le ragioni ovvie che sapete. Ma se il «piano Marshall» riuscisse a farci tornare alla possibilità di acquistare il carbone in Europa, noi saremmo indipendenti dall’America, e saremmo tornati alle condizioni naturali del nostro mercato europeo. Non mi pare sia questa una tendenza di asservimento all’America,

Devo rispondere ad un’altra domanda, posta dall’onorevole Lussu, domanda alla quale egli ha già dato una risposta per conto suo. È vero che l’America abbia imposto l’esclusione dei comunisti dal Governo?

No! L’ho detto molte volte e lo ripeto ancora. Nessuna dichiarazione verbale o scritta esiste in tal senso. Se esistesse, se fosse esistita, essa non sarebbe stata accettata. Mi sono schermito fin dal viaggio in America, non dagli uomini di Stato americani che non mi hanno mai fatto una simile proposta, ma dai giornalisti che cercavano di insinuare l’esistenza di contrasti nel seno del nostro Gabinetto, di cui allora facevano parte i comunisti. Mi sono sempre schermito. Ma è verissimo che l’opinione pubblica americana è estremamente sensibile alle accuse che si sono fatte anche in Italia in occasione del «piano Marshall». Noi abbiamo faticato per convincere deputati e senatori che sono passati per l’Italia che la grande maggioranza del popolo italiano non condivide quegli apprezzamenti. E l’onorevole Togliatti ne sa qualche cosa ricordando gli effetti del suo famoso articolo contro Sumner Welles.

TOGLIATTI. Dovevo lasciarmi insultare?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non entro nel merito, onorevole Togliatti.

Ora, in modo esasperante ed esasperato ieri l’onorevole Togliatti ha parlato della vergogna che si possa porre simile questione e della necessità assoluta di difendere la nostra indipendenza.

È vero, abbiamo questo problema, dobbiamo guardarlo in faccia, dobbiamo essere d’accordo tutti su questo. L’indipendenza di un Paese è sacra; l’indipendenza di un Paese corrisponde alla sua dignità.

Però mi domando: coloro che in questo momento sono così gelosi di tale indipendenza sono sempre stati tali?

TOGLIATTI. Sì. (Rumori al centro).

SCOCCIMARRO. Non avete diritto di fare insinuazioni. Dobbiamo chiederlo a voi.

Una voce all’estrema sinistra. Avete bisogno di un padrone!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ho fatto la domanda e adesso rispondo dando ragione anche del quesito postomi.

Durante l’ultima crisi il Partito comunista si è richiamato alle decisioni tripartite di Mosca dell’autunno del 1943 per chiedere che avessero vigore anche allora (maggio 1947). Si trattava di dichiarazioni dell’ottobre 1943 quando gli Alleati in confronto del Governo Badoglio avevano chiesto l’inclusione di rappresentanti di quei settori del popolo italiano che si erano sempre opposti al fascismo. E questo riguardava anche, e credo anche particolarmente, i comunisti. Questa dichiarazione evidentemente fatta ad hoc per il periodo di guerra e durante la occupazione (il che si comprende benissimo trattandosi di guerra guerreggiata nel nostro suolo) doveva essere secondo il partito comunista impegnativa anche per il maggio 1947 quando noi avevamo già ricostituito la normalità costituzionale, avevamo avuto il plebiscito del 2 giugno, avevamo creato i Governi nazionali completamente indipendenti e quando era già completamente scomparsa la Commissione di controllo e quindi non eravamo più Paese occupato. Questo è stato chiesto ufficialmente. Posso leggere la lettera, onorevole Togliatti.

Il che vuol dire che voi in quel momento non avevate molti scrupoli nel chiedere che anche i comunisti dovevano entrare nel Governo come partito eminentemente antifascista, in base ad una dichiarazione straniera, per quanto alleata, del 1944. (Applausi al centro – Commenti all’estrema sinistra).

MAZZA. Voce dal sen fuggita!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. È verissimo. Se volete posso leggere la lettera.

NEGARVILLE. È a corto di argomenti.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ora, altre osservazioni mi sono state fatte durante il dibattito. Mi si è accusato di avere dichiarato che entrava al Governo una rappresentanza della democrazia socialista. Ora, io voglio spiegare: non intendevo con ciò di dire qualche cosa di esclusivo, di specifico per un dato partito; intendevo dire che entravano al Governo dei socialisti i quali si inquadravano nel principio generale del regime e del metodo democratico. Io spero che ve ne siano molti di più di quelli rappresentati dall’attuale mio Vicepresidente e da altri colleghi. Lo spero, lo desidero vivamente, ma credo di potere onestamente affermare che coloro che fanno parte attualmente del Governo sono dei socialisti democratici; accettano il metodo democratico senza riserve, tendono cioè a far valere i propri postulati socialisti entro il regime democratico parlamentare senza farsi complici di moti insurrezionali e considerano la Repubblica italiana come la casa di tutto il popolo italiano, che i lavoratori hanno interesse e dovere di difendere, e sono consapevoli che anche nella politica internazionale la libertà politica è la premessa necessaria della giustizia sociale. (Applausi al centro e a sinistra).

Non è del resto una novità: è una tendenza europea del socialismo. Non credo che si possa far passare per Santa Alleanza il socialismo di Bevin, Spaak, Ramadier. ecc., il socialismo in genere di tutta l’Europa occidentale, e credo che questi appartengano, almeno nella loro maggioranza, precisamente a questa democrazia socialista.

E vengo al discorso dell’onorevole Nenni il quale ha dato una nuova interpretazione della crisi del maggio. Voi ricordate l’interpretazione data dall’onorevole Nenni l’altra volta? Potrei leggervi i verbali. L’altra volta, l’interpretazione era questa: De Gasperi ha agito per istruzioni o sotto l’impulso o il suggerimento americano. Ha agito con questa visione di politica internazionale, di rapporti con l’America.

Questa era l’interpretazione allora della crisi. Vi ricordate come io ho risposto, richiamandomi cioè, ai fatti, ricordando che il Partito democratico cristiano aveva, in un ordine del giorno, lamentato l’atteggiamento infido di due alleati che stavano nel Governo tripartito ed avevo proclamato la fine del tripartito.

Questo è stato un elemento di politica interna che ha accelerato la crisi, ma io confesso che la crisi era nata in me per una fortissima preoccupazione di carattere economico. Vi ricordate bene che, quando ho presentato le dimissioni, ho su per giù affermato: «Per me, bisogna fare uno sforzo per allargare la base del Governo. Se io come persona posso essere un impedimento, scompaio; ho presentato le dimissioni al Capo dello Stato ed ho pregato il Capo dello Stato di rivolgersi ad altri». La crisi è durata un certo periodo, poi sono ritornati a me. Io ho tentato in quell’occasione di fare un Governo non più di coalizione, ma almeno di rappresentanza di tutti i gruppi. Non vi sono riuscito, e, senza dubbio, mi sono allora dipartito da quella premessa. E qui, a questo riguardo, è esatto (nel pensiero, non nel testo) quello che ho detto in uno o in più Consigli di Ministri, forse anche in quello del 30 aprile. A coloro che mi dicevano: ma che vuoi fare cambiamenti; allargamenti! Siamo i tre partiti più grandi, i tre partiti più numerosi dell’Assemblea e del Paese, abbiamo noi la rappresentanza responsabile della grande maggioranza del popolo italiano, perché vuoi fare allargamenti? Io ho risposto: esiste un quarto partito: è il partito dei risparmiatori, proprio dei piccoli risparmiatori (Si ride all’estrema sinistra) non in grado di controllare la situazione né politica né amministrativa, e sono oggi allarmati. Vedete come ritirano i depositi dalle banche? Come non portano più denaro, attraverso l’acquisto di titoli, allo Stato? Come v’è un allarme straordinario in borsa, come v’è un rialzo terribile nei cambi, come esiste l’imboscamento delle merci? E ho detto: bisogna fare qualche cosa per calmare questo quarto partito che appartiene a tutti gli strati sociali; ma soprattutto riguarda il ceto medio. Ed allora v’era proprio fra le mie previsioni una delle persone le quali potevano rappresentare il mezzo per calmare la preoccupazione: si trattava dell’onorevole Einaudi. Allora parlare dell’onorevole Einaudi era parlare della reazione, era parlare di una persona che ci avrebbe posti sotto il giogo dei grossi plutocrati e industriali. Oggi credo che, onestamente, nessuno in Italia possa pensare una cosa simile, quando si vede la collusione di interessi da parte di grossi industriali e, purtroppo, anche da parte di lavoratori che hanno bisogno di lavorare per vivere, collusione contro la politica di Einaudi, politica deflazionistica che è evidentemente contro la speculazione. (Applausi al centro).

Non è, onorevole Nenni, quel quarto partito, il partito degli speculatori, il partito dei grossi industriali plutocrati: è il partito del ceto medio che aveva bisogno di essere tranquillato al di là di quella che poteva essere la formula del tripartito. (Interruzioni all’estrema sinistra).

NENNI. La tranquillità della morte gli date!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non ho capito bene perché l’onorevole Nenni, che è molto ferace nei paragoni storici… (Ilarità) bisogna leggere l’Avanti! con molto interesse, perché quasi ogni giorno se ne trova uno anche di diverso autore. Ne ho trovato uno con cui mi si paragona a Coriolano…

NENNI. Ho detto che da allora in poi abbiamo visto troppe volte Coriolano.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Confesso, onorevole Nenni, che le ho attribuito un’osservazione che mi pareva molto adatta alla polemica. Gliela presto adesso. Coriolano? Coriolano, secondo la leggenda (le date non combinano), avendo ricevuto una grande quantità di grano dal tiranno di Siracusa per Roma, consigliò il Senato di distribuire il grano a condizione che la plebe rinunciasse ai tributi. Mi rincresce che l’onorevole Nenni non l’abbia ricordato, perché si attagliava evidentemente alla sua tesi. (Ilarità).

Ora, però, io dico che il Governo attuale, come il Governo di ieri, fa il contrario: cerca il grano e lo distribuisce a tutti; e cerca anche che il popolo possa vivere fino al giorno delle elezioni, per riavere i suoi deputati, anche se non sono i tribuni. (Applausi al centro).

Ora, bisogna bene che io affermi, dinanzi ad affermazioni in contrario, con tutta la responsabilità che può avere un uomo di Stato che ha attraversato questi tristi periodi: non v’è speranza per l’Italia se non si crea e non si applica un’azione, non di soccorso ma di ricostruzione in grande dopoché quell’azione di soccorso, che ora già si fa e si sviluppa, avrà finito la sua funzione. Non v’è speranza! E mettersi contro questo, è soffocare le possibilità del popolo italiano, è negare le possibilità del popolo italiano. Ed io vi dico che, se avessi mai da chiedere su una questione dirimente il voto del popolo italiano, direi: «Questa è la situazione; se voi volete mettervi contro, ditelo. Ma, badate, queste sono anche le conseguenze».

Quindi, assumo la responsabilità di dire: o riesce il «piano Marshall» o quel qualunque surrogato che ci metta nella possibilità di riprenderci industrialmente, o noi non salviamo le ragioni di esistenza, nei prossimi anni, del popolo italiano; e soprattutto, non salviamo la vita e l’esistenza del lavoro e dei lavoratori. (Applausi al centro – Interruzioni all’estrema sinistra).

Ringrazio l’onorevole Nitti per la cordialità con cui mi ha fatto i rimproveri di avere accresciuto questa volta il numero dei Ministri.

Accetto di buon animo questo ammonimento, come ho accettato i suoi consigli nel Governo precedente, riducendo più che possibile il numero dei ministri e anche dei sottosegretari.

Devo dire però, a proposito dei ministri, che ho imparato dai maggiori, fra cui l’onorevole Nitti stesso, a conoscere l’istituzione del ministro senza portafoglio. E ho cercato in qualche parte di imitarli. Devo aggiungere che, evidentemente, deve trattarsi di una particolare esigenza del dopoguerra, perché in tutti gli Stati si trovano situazioni simili.

Quanto ai sottosegretari, devo confessare che ho resistito molto, durante il mio quarto Ministero, alle sollecitazioni dei singoli ministri, i quali mi dimostravano che l’aumento delle attribuzioni e delle funzioni, amministrative e burocratiche era tale per cui non potevano fare a meno dei sottosegretari. I colleghi mi sono testimoni che ho ceduto solo nel caso del Ministero delle finanze. Ma devo confessare che vi sono ragioni oggettive che militano in favore delle sollecitazioni dei ministri.

Quanto alle osservazioni sulla tattica seguita dal punto di vista parlamentare, vi confesso che quando ho pensato alla necessità e alla opportunità di integrare il Ministero ho tenuto presenti soprattutto le condizioni del Paese e ho guardato più all’avvenire che al presente.

Non v’era necessità assoluta – ha detto bene anche l’onorevole Giannini – di cercare un’altra base di maggioranza parlamentare. Ma il problema non va posto solo sul piano parlamentare. Occorreva dare al Paese tutto la prova che non è vero che la Democrazia cristiana vuole assolutamente il monopolio della rappresentanza al Governo; e questa prova l’abbiamo data in tale misura che oggi ci siamo messi in minoranza, mentre prima eravamo in maggioranza nel Ministero, nonostante la base parlamentare della Democrazia cristiana sia sempre la stessa. Abbiamo voluto dimostrare, anche imponendo sacrifici a colleghi che non lo meritavano, che non è vero che c’è un cancelliere imposto dalla Democrazia cristiana e che la Democrazia cristiana vuole il monopolio del Governo. Ciò non era vero prima; è men vero oggi; è più chiaro anche oggi che non è vero.

Non è parimenti vero che il Governo non abbia comprensione verso le correnti di sinistra, chiamiamole così, che si occupano e si preoccupano della situazione del popolo e della forma di difesa della Repubblica. Questa comprensione l’avevamo ieri e l’abbiamo oggi; e siamo lieti che nuovi collaboratori vengano ad assumere con noi questa garanzia. Ma, soprattutto, una cosa volevamo che si dimostrasse in forma evidente, palmare: che c’è un patrimonio comune a tutti, a sinistra e a destra, a tutti i partiti, che occorre salvare, ed è la democrazia, è la libertà. (Vivissimi, prolungati applausi al centro, a sinistra e a destra – Si grida: Viva la libertà!).

Se la consultazione popolare sarà libera, si avrà una Repubblica libera. Se sarà fatta nel terrorismo o addirittura impedita, la Repubblica sarà perduta; sarà perduta la democrazia. (Applausi al centro, a sinistra e a destra).

Noi non ci dirigiamo contro questo o quel partito. Noi chiediamo la libertà per tutti e abbiamo il compito e la volontà fermissima di difenderla a qualunque costo. Però, quelli che valgono sono soprattutto i fatti. Lei, onorevole Togliatti, ha provato ieri a stuzzicare l’onorevole Giannini, perché sorgesse a fare un discorso sul tipo di altri suoi passati; non so se l’onorevole Giannini ne avesse voglia o no, ma i fatti lo hanno costretto a protestare, a protestare soprattutto contro le 47 sezioni del proprio partito devastate dalle violenze dei comunisti. (Applausi – Rumori all’estrema sinistra). E se mi domandate in questo momento perché io sia riuscito a formare un Ministero che senza dubbio conta differenze di opinioni e di ideali, anzi se le riserba, perché domani i socialisti avranno la libertà di sostenere davanti ai loro elettori il socialismo e di propugnare idee socialiste, come i liberali avranno lo stesso diritto e così pure i repubblicani (Commenti all’estrema sinistra), vi dirò: tutte le libertà debbono essere veramente attuate. C’è bisogno di una energia e di un impegno comune per salvare tutte le libertà. Queste si salvano se non c’è violenza e se veramente la tattica, alla quale ha accennato l’onorevole Togliatti, sarà quella che prevale nelle organizzazioni e nell’azione del Partito comunista; ché se le cose si svolgeranno diversamente il Governo farà il suo dovere; e la responsabilità sarà di coloro che, in un momento critico in cui con uno sforzo supremo cerchiamo di superare le difficoltà e con la massima comprensione veniamo incontro alle giuste esigenze delle masse lavoratrici e delle masse agricole, non ci danno la possibilità di salvare al popolo italiano la Repubblica (Commenti), una Repubblica democratica, aperta a tutti e pacificatrice. La Repubblica pacificatrice è Repubblica soprattutto indipendente e forte nella sua dignità democratica. (Vivissimi prolungati applausi –(Moltissime congratulazioni – Commenti prolungati all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Invito il Governo a pronunziarsi sull’ordine del giorno Cappi.

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo lo accetta. (Commenti all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Si procederà, quindi, alla votazione sull’ordine del giorno Cappi.

CORBINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Il Gruppo liberale non ha sentito la necessità di un intervento, diciamo così, largo, nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio. Nel Governo esso era già rappresentato dall’onorevole Einaudi, e anche se questa rappresentanza ha avuto sino alla nuova composizione del Ministero solo carattere tecnico, la funzione tecnica assegnata a questo nostro collega era, come è, di tale importanza politica che difficilmente noi avremmo potuto staccare la nostra responsabilità di Gruppo da quella del tecnico Einaudi entro il Ministero dell’onorevole De Gasperi.

Oggi il Ministero da monocolore diventa multicolore.

Una voce all’estrema sinistra. Che arcobaleno!

CORBINO. Ne abbiamo visti di più larghi di arcobaleni. (Si ride).

Vi è stato – dicevo – l’intervento di rappresentanti di partiti che hanno in questo momento accettato la responsabilità gravissima di dare al Paese il Governo che le condizioni politiche dell’Assemblea rendevano il più «possibile» per il compito specifico di fare le elezioni. E oggi, di conseguenza, si muta il carattere della nostra partecipazione al Governo, la quale da tecnico-politica diventa politico-tecnica. Ma le nostre responsabilità non sono accresciute né diminuite, anche se a fianco dell’onorevole Einaudi ci saranno uno, o due, o tre nuovi sottosegretari appartenenti al nostro Gruppo.

Non v’era, e non v’è, motivo alcuno di mutare la nostra posizione, sia rispetto ai problemi generali che il Ministero deve affrontare, sia rispetto al problema che più particolarmente ha formato oggetto di questa discussione parlamentare: il piano Marshall, nei confronti del quale la posizione del Partito liberale era, diciamo così, una posizione prestabilita per definizione, perché il piano Marshall non tende ad altro che a creare quelle condizioni economiche che consentano all’Europa di riprendere il ritmo della sua vita in un quadro di maggiore libertà economica.

L’onorevole Togliatti si duole che nessuno abbia capito cos’è il piano Marshall; io mi dolgo di questa sua doglianza, perché, fuori di qui, che cosa fosse, che cosa sia, che cosa potrà essere il piano Marshall per lo meno uno lo aveva capito subito, ed è stato Molotov, allorché dichiarò che non poteva aderire al piano Marshall. (Si ride – Approvazioni al centro – Commenti all’estrema sinistra). Evidentemente Molotov ne sapeva più di Marshall, se fino a questo momento molti dei negatori di quel piano affermano che neanche Marshall sappia dire esattamente in che cosa esso consista. Io non capirei per quale ragione il signor Molotov abbia dichiarato che il piano Marshall non è nelle sue grazie o nelle sue simpatie.

SCOCCIMARRO. Vada a vedere quello che avviene in Germania, onorevole Corbino! (Commenti).

CORBINO. Purtroppo – e non è certamente per colpa di una parte soltanto – il piano Marshall potrà avere un’attuazione solo parziale, perché rimarrà sul tappeto dei problemi economici europei la questione della Germania. Ma, ripeto, dal momento che questo punto ha formato oggetto centrale della discussione che sta per chiudersi con un voto, evidentemente sia lo svolgimento della discussione che l’argomento medesimo erano fatti apposta per indurci a non modificare la nostra linea di condotta.

Resta ancora un altro punto, sul quale mi permetto di richiamare l’attenzione dei colleghi dell’estrema sinistra. Ed è il punto al quale ha fatto allusione il Presidente del Consiglio alla fine delle sue dichiarazioni odierne: l’atmosfera nella quale dovremo fare le elezioni.

Siamo ormai, si può dire, verso gli ultimi giorni – potrei anche dire le ultime ore – della vita legale della Costituente, considerata come l’organo incaricato di dare la Costituzione al Paese. Per il fatto stesso delle nostre deliberazioni noi dobbiamo fare appello al Paese.

Non credo che possano esservi, dirò, delle illusioni sul punto che l’attuale situazione politico-ministeriale possa ancora essere costituzionalmente modificata. E allora, facciamo uno sforzo di buona volontà, prendiamola per quella che è, e tutti, noi e voi, presentiamoci in condizioni di parità al corpo elettorale dicendo: la Costituzione, buona o cattiva che sia, è stata fatta. Adesso voi elettori eleggete le Camere che dovranno dare alle parti più innovative di questa Carta costituzionale un aspetto concreto, un contenuto positivo, un avviamento, un inizio di realizzazione; cerchiamo di farlo, cerchiamo di combattere questa battaglia dominando le nostre passioni, controllando i nostri interessi, così come abbiamo combattuto negli anni della lotta clandestina e così come con voi, colleghi dell’estrema sinistra, abbiamo lealmente e amichevolmente combattuto per le elezioni della Costituente. Facciamo questo sforzo concorde e mettiamo da parte le offese e le reazioni.

Vorrei che tra i futuri contendenti di domani fosse sempre portata l’immagine della Patria dolorante, perché ciascuno senta, nel ricordo del passato e nelle speranze dell’avvenire, il senso del dovere nella situazione presente. (Vivi applausi al centro e a destra).

COVELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COVELLI. Votammo a favore del Governo De Gasperi nella sua quarta edizione, quando esso rappresentò un atto di coraggio del Partito democristiano e non parve generoso contrastarlo. Sebbene in molti, in troppi punti noi avessimo anche allora modo di dissentire dal partito e dal Governo di De Gasperi, non volemmo allora, non volemmo più tardi, associarci a coloro che negarono il loro voto di fiducia.

Considerammo, con tutta l’obiettività necessaria, i meriti acquisiti dalla Democrazia cristiana come forza equilibratrice nel più accentuato oscillare dei pesi politici della vita nazionale e superammo, non senza difficoltà, in noi, nel nostro Partito, nella massa dei monarchici che guardano la nostra azione qui in quest’Aula, il profondo disagio, il disagio sempre più pesante che colpisce l’opinione dei monarchici, ogniqualvolta essi debbano valutare l’azione dei democristiani, duplice e sleale, svolta nelle giornate del referendum.

Votammo tuttavia la fiducia; non negammo la nostra solidarietà a un gesto di fierezza e di consapevole coraggio. Non altrettanto possiamo dire oggi. L’immorale e arbitraria confisca dei beni di Casa Savoia, le antidemocratiche leggi eccezionali per la difesa della Repubblica (Commenti), all’approvazione dei quali provvedimenti hanno contribuito, in misura determinante, l’onorevole De Gasperi e il suo partito, hanno costituito la più eloquente risposta alla nostra generosa solidarietà. (Commenti).

Il rimpasto attuale, infine, è stata l’ultima delle sensazioni spiacevoli che abbiamo dovuto registrare per mettere a prova il nostro atteggiamento. Unirsi con partiti giustamente qualificati «di generali senza soldati» è, oltre a tutto, uno schiaffo alla logica, onorevole De Gasperi (Commenti).

Per taluno di questi generali o colonnelli che dir si voglia, noi avanziamo intanto, nell’interesse dell’opinione pubblica, le nostre maggiori e più decise riserve. Un Governo siffatto, onorevole De Gasperi, mentre non può garantire – vorremmo sbagliarci – la pace sociale al Paese, per gli italiani della parte nostra costituisce una manifestazione di netta ostilità.

Non sarà l’onorevole Pacciardi, con il suo complesso passato e con tutto il suo presente, a garantire a lei, onorevole Presidente, e al suo partito, quella pacificazione che il rimpasto respinge anziché accentuare. Non saranno gli onorevoli Saragat e Tremelloni a garantire alle masse operaie una politica socialista, del resto inconciliabile con quella liberale che va attuando l’onorevole Einaudi. E allora? Diremo allora che l’opportunità ha indirizzato il criterio dell’onorevole De Gasperi; e potremmo essere d’accordo; ma essa è nata da un calcolo sbagliato.

Il Presidente De Gasperi e la Democrazia cristiana hanno offeso più gente di quanta avrebbero voluto placare. Non ci occupiamo degli altri. Per quanto ci riguarda, diremo che per le azioni del Governo passato, per certa odiosità che vediamo nel Governo presente, l’opinione dei monarchici è stata calpestata, opinione che è ancora largamente diffusa e sentita e viva in larghissimi strati del Paese (Commenti), malgrado le patetiche dichiarazioni di quanti, in quest’Aula solamente, non ancora innanzi ai loro elettori, soltanto nell’intento di accomodarsi meglio nella diligenza, hanno amato confondere la volontà del popolo italiano con quella di Romita (Commenti). Noi respingiamo quest’offesa e, additandola all’opinione degli italiani, faremo il massimo che si può chiedere da noi in questo momento, per la stessa carità di Patria, cui facemmo cenno in altre occasioni: riprendiamo la nostra libertà di azione e ci asteniamo oggi dal voto. (Applausi a destra – Commenti a sinistra).

RODI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. Il Gruppo parlamentare dell’Uomo Qualunque, confermando le dichiarazioni fatte ieri dall’onorevole Giannini, voterà a favore del Governo. (Commenti a sinistra).

Ciò non vuol dire, però, che noi diamo al Governo rimpastato la nostra incondizionata fiducia, perché dobbiamo fare ampie le nostre riserve sul suo operato, che dovrà essere rispondente alle reali esigenze attuali del popolo italiano.

Riferendomi a quanto ha detto oggi l’onorevole De Gasperi, ricordando le nostre sedi devastate, desidero ricordargli che l’Uomo Qualunque ha difeso, difende e difenderà la libertà degli italiani. E mi sono questa sera veramente stupito quando ho sentito le parole di un uomo come l’onorevole La Malfa, il quale, parlando dei cosiddetti frantumi del mio partito, si è rallegrato nel senso che egli temeva di veder avanzare questo nostro Fronte, e lo temeva non so perché, egli che, dichiarandosi amante della democrazia, avrebbe dovuto una volta tanto capire che noi marciavamo e marciamo proprio per difendere quella democrazia di cui egli falsamente si chiama interprete.

GIANNINI. Ma lui se ne intende di frantumi: è così frantumato!

RODI. Noi, onorevole La Malfa, abbiamo cominciato in Italia a difendere la libertà democratica e la difenderemo fino a quando ci rimarrà fiato nei polmoni, e non posso ammettere che chiunque si dichiari democratico mostri il suo piacere per certe frantumazioni di un partito che più di tutti si è opposto alla mania rivoluzionaria dei nostri più diretti avversari.

Noi compiamo questo sforzo per la libertà e la democrazia e chiediamo al Governo che sostenga questo nostro sforzo. Esso ha il dovere di farlo; fra l’altro, onorevole De Gasperi, vale la pena di sostenerlo perché ella deve riconoscere che noi abbiamo mostrato al popolo italiano il più fiero volto dell’Italia, della nostra Patria. (Applausi a destra).

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Sono chiuse le dichiarazioni di voto. Si passa dunque alla votazione sull’ordine del giorno Cappi, di cui do ancora una volta lettura:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Governo, le approva e passa all’ordine del giorno».

Gli onorevoli Uberti, Moro, Dominedò, Avanzini, Guidi Cingolani Angela, Bosco Lucarelli, Pignedoli, Medi, Monticelli, Castelli Avolio, Cingolani, Notarianni, Zerbi, Valenti, Bubbio, Campilli, Coccia, Borsellino, Recca, Numeroso, Salvatore, Aldisio, Vigo e Burato hanno chiesto la votazione per appello nominale.

Indico pertanto la votazione nominale sull’ordine del giorno Cappi.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Chiaramello. Si faccia la chiama.

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

MOLINELLI, Segretario, Fa la chiama.

Rispondono sì:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellavista – Belotti – Bencivenga – Bennani – Benvenuti – Bernabei – Bertola – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchini Laura – Bonfantini – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caroleo – Caronia – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombi Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Crispo.

Damiani – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Dominedò – Dossetti.

Einaudi – Ermini.

Fabriani – Facchinetti – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Galioto – Garlato – Gatta – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Grilli – Gronchi – Guarienti – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.

Jervolino.

La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – Lazzati – Lettieri – Lizier – Longhena – Lucifero.

Macrelli – Magrini – Malvestiti – Mannironi – Marazza – Marconi – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Momigliano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Murdaca – Murgia.

Nicotra Maria – Nitti – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Paratore – Paris – Parri – Pastore Giulio – Pat – Patricolo – Pecorari – Pella – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Perugi – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignatari – Pignedoli – Ponti – Preti – Proia.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Rapelli – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Roselli – Rossi Paolo – Rubilli – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sapienza – Saragat – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Segni – Sforza – Siles – Simonini – Spallicci – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Vigorelli – Vilardi – Villabruna – Villani – Volpe.

Zaccagnini – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Rispondono no:

Allegato – Amadei.

Baldassari – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini – Bei Adele – Benedetti – Bemamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bruno – Bibolotti – Bitossi – Boldrini – Bolognesi – Bonomelli – Bordon – Bosi – Bucci – Buffoni Francesco.

Carpano Maglioli – Cavallotti – Cerreti – Cianca – Corbi – Costa – Cremaschi Olindo.

D’Amico – De Michelis Paolo – Donati – D’Onofrio – Dozza – Dugoni.

Faccio – Fantuzzi – Faralli – Farina Gievanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Finocchiaro Aprile – Fioritto – Flecchia – Foa – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacometti – Giolitti – Grazi Enrico – Grazia Verenin.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Laconi – Landi – Lombardi Carlo – Lopardi – Lozza – Luisetti – Lussu.

Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Marchesi – Mariani Enrico – Massini – Massola – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Moranino – Musolino – Musotto.

Nasi – Negro – Nenni – Nobili Tito Oro – Novella.

Pajetta Gian Carlo – Paolucci – Pertini Sandro – Pesenti – Pieri Gino – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Priolo – Pucci.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Roveda – Ruggeri Luigi.

Saccenti – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Silipo – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tomba – Tonello.

Varvaro – Veroni – Vigna – Vischioni.

Si astengono:

Binni – Bocconi – Bruni.

Calamandrei – Codignola – Covelli.

Fabbri.

Matteotti Matteo.

Patrissi – Penna Ottavia – Puoti.

Santi – Silone.

Zanardi.

Sono in congedo:

Abozzi – Arata.

Carmagnola – Cavallari.

Jacini.

Lombardi Riccardo.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevole Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti                               435

Votanti                                421

Astenuti                               14

Maggioranza           211

Hanno risposto      303

Hanno risposto no    118

(L’Assemblea approva – Applausi).

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere i provvedimenti presi in occasione delle violenze verificatesi contro l’Amministrazione comunale di Ravanusa (Agrigento) e per tutelare i diritti e la libertà degli eletti dal popolo.

«Adonnino, Borsellino».

«Al Ministro dei trasporti, per sapere i motivi per i quali da due giorni alcuni treni della linea Mandela-Roma sono bloccati a monte di Tivoli.

«L’interrogante ritiene che la cosa sia dovuta alla resistenza ingiustificata opposta alle reiterate domande di centinaia di lavoratori costretti a venire giornalmente a Roma per il loro lavoro, i quali hanno chiesto, anche a mezzo dell’interrogante stesso, una modifica di orario e un miglioramento di servizio.

«Giordani».

«Ai Ministri di grazia e giustizia e dell’interno, per conoscere per quali motivi non sia stato dato alcun corso alle denuncie presentate dalla Sepral, dal comando delle guardie di finanza di Roma e dal signor D’Agostino, presidente della Sezione combattenti e segretario della Camera del lavoro di Montorio Romano, contro il sindaco di questo Comune, signor Francesco Fioravanti, per i reati di sottrazione al normale consumo di generi razionati, peculato, falso e altro; e per conoscere come mai, dopo la richiesta della Procura della Repubblica in Roma, non si sia ancora proceduto al proscioglimento delle garanzie amministrative del predetto sindaco, permettendo che egli rimanga ancora in carica con disagio ed indignazione della popolazione amministrata.

«Grazi».

«Al Ministro dell’interno, per chiedere quali provvedimenti abbia presi o intenda prendere in seguito ai gravi fatti svoltisi nella sera del 18 dicembre 1947 in Caltanissetta, in occasione della seduta del Consiglio comunale, che doveva procedere alla elezione della Giunta; per chiedere, ancora, se siano stati presi provvedimenti a carico dei provocatori dei sanguinosi fatti di Gela e di coloro che hanno tentato estorcere rilevanti somme agli agricoltori di quella città.

«Volpe, Aldisio, Medi».

«Al Ministro dell’interno, per chiedere quali provvedimenti abbia presi in seguito all’occupazione violenta del municipio di Ravanusa.

«Volpe, Aldisio».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere a queste interrogazioni.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo si riserva di far conoscere quando risponderà a queste interrogazioni.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritengano anormale ed inammissibile:

  1. a) che lavori di miglioramento fondiario per oltre 323 milioni, regolarmente concessi dallo Stato al Consorzio della grande bonificazione renana a titolo di opere di bonifica, non sono stati eseguiti, con una perdita di circa 130 mila giornate lavorative, nonostante il favorevole periodo estivo, la indilazionabilità dei lavori stessi e la disoccupazione nella zona;
  2. b) che la disciolta Deputazione della grande bonificazione renana – responsabile di quanto detto al punto precedente – in luogo della costituzione di un adeguato fondo scorta nella modestissima somma di lire 150 per ettaro rimborsabili a misura dei versamenti dello Stato (su terreni che, grazie al generoso contributo dello Stato, dànno un reddito netto per ettaro di decine di migliaia di lire), abbia proposto l’alienazione di capitali consorziali, che debbono essere considerati beni pubblici acquisiti col contributo dei cittadini, o la utilizzazione di beneficî di detti capitali per scopi statutariamente non consentiti;
  3. c) che da dodici anni i proprietari del comprensorio della grande bonificazione renana non corrispondono il tributo di manutenzione dovuto per legge;
  4. d) che la predetta Deputazione considerava che l’obiettivo cui indirizzare l’azione amministrativa doveva consistere nella smobilitazione dell’Ente stesso, rischiando di compromettere i risultati già ottenuti, i quali debbono invece essere consolidati con la bonifica della zona montana del comprensorio, da stendersi alle alte valli del Reno, del Setta e del Samoggia;
  5. e) che tale errato orientamento ha prodotto (oltre ad una crisi di cassa che ha costretto il Consorzio a sospendere per un certo periodo ogni attività lavorativa, tanto nelle opere di bonifica, quanto nella ricostruzione) un ritardo nella classifica in comprensorio di 150 mila ettari di territorio collinare e montano della provincia di Bologna, in condizioni tecnico-economiche fra le più deplorevoli, aggravate da danni di guerra fra i più rilevanti d’Italia, e che tale territorio non potrà per conseguenza integralmente usufruire delle recenti assegnazioni fatte dal Governo in materia di bonifica, malgrado l’intervento dei sindaci dei Comuni interessati;
  6. f) che si sia deciso lo scioglimento delle speciali attrezzature, organizzate finora dal Consorzio della grande bonificazione renana per l’assistenza tecnico-amministrativa ai proprietari delle zone di collina e di montagna per la ricostruzione, mediante uffici distaccati, che compilarono oltre 850 perizie per un importo di 250 milioni, relative al ripristino di immobili appartenenti per la quasi totalità a piccoli proprietari e a coltivatori diretti, i quali altrimenti, per la mancanza di tecnici in tali zone distrutte dalla guerra non avrebbero potuto usufruire dei beneficî concessi dalle leggi, né far funzionare i comitati tecnici comunali previsti dalla legge a favore dei senza tetto.

«Per sapere, inoltre, se, considerato quanto precede, non debbasi ritenere giustificato lo scioglimento, disposto per decreto ministeriale, della nominata Deputazione della grande bonificazione renana, eletta al massimo dal 10 per cento dei proprietari interessati.

«Per sapere, altresì, se, considerato quanto sopra detto, non debbasi riscontrare la causa fondamentale del mancato funzionamento della Deputazione della grande bonificazione renana nel modo della sua elezione, che esclude dal voto una elevata percentuale dei proprietari interessati, che stabilisce un voto plurimo (talvolta da uno a 90) in un Ente di diritto pubblico, che lavora con contributi dello Stato, i quali ammontano dal 75 al 100 per cento della spesa.

«E per sapere, infine, se non ritengono rispondente alle regole della democrazia, della giustizia sociale e di una sana amministrazione pubblica che alla direzione di un Ente che utilizza in così larga misura pubblici beni debbano partecipare in adeguata proporzione enti rappresentativi dei cittadini (quali i Comuni) ed associazioni dei lavoratori (quale la Confederterra), in modo che sia posto fine ad un ingiustificabile privilegio per cui il pubblico denaro viene amministrato da privati nel loro particolare interesse.

«Dozza, Colombi Arturo, Montagnana Rita, Grazia Verenin, Tega».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sul decreto 10 agosto 1947, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del 3 settembre, che bandisce concorsi a posti direttivi nelle scuole medie governative. Tale decreto all’articolo 11 determina:

«I professori di ruolo per essere ammessi ai concorsi indicati nei precedenti articoli devono avere almeno otto anni di servizio di ruolo come ordinari effettivamente prestato nelle scuole. È esclusa qualsiasi equipollenza con altri servizi comandati».

«Il provvedimento escluderebbe dall’ammissione al concorso molti che sono stati chiamati alle armi durante la guerra e l’interrogante chiede se non sarebbe giusto che si tenesse conto del servizio bellico compiuto, in aggiunta a quello effettivamente prestato nella scuola col grado di ordinario, che è riconosciuto utile a tutti gli effetti di legge. Solo con tale concessione si potrebbero, a parità di merito, valutare i titoli di partecipazione alla guerra o alla lotta di liberazione (articolo 12 del predetto decreto). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Spallicci».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuna l’urgente emanazione di norme per le quali sia regolata ed agevolata la assegnazione dei posti agli insegnanti laureati fuori ruolo e non abilitati; il che potrebbe essere raggiunto coi seguenti provvedimenti:

  1. a) formazione di regolari graduatorie con rigorosa valutazione dei titoli;
  2. b) aumento del numero delle cattedre messe a concorso e che risulta inferiore a quello dei posti vacanti;
  3. c) esenzione dei candidati in via eccezionale dalla prova scritta;
  4. d) formazione di graduatoria ad esaurimento, includendovi tutti quegli insegnanti che nella prova orale abbiano riportato la sufficienza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e degli affari esteri, sul caso patito dall’operaio Isidoro Damonte di Diano Marina (Imperia) il quale lavorando, ora è qualche anno, in uno stabilimento di sapone a Marsiglia, colpito da infortunio, perdette completamente la vista.

«Fino a che risiedette in Francia gli fu corrisposta la rendita per infortunio; ma da quando il povero cieco, trovandosi naturalmente a disagio solo in paese straniero, si ridusse al suo paese nativo, non gli fu più corrisposto niente, ed egli ha dovuto e deve campare di carità.

«Su questo fatto uno degli interroganti ebbe a richiamare, con lettere e interrogazioni l’onorevole Ministro del lavoro, il quale con sua lettera 12 settembre 1947, n. 10864-BG 57, riconobbe che, in base alla vigente convenzione italo-francese in materia, la rendita per indennità di infortunio è dovuta anche quando il lavoratore si trasferisce e dimora in Italia; che la domanda del Damonte all’Istituto nazionale della previdenza è stata trasmessa con i dati e i documenti necessari; che nel caso del Damonte il detto Istituto fin dall’aprile 1946 ebbe a richiedere alla competente Cassa di assicurazione francese conferma della posizione assicurativa del Damonte e l’autorizzazione ad effettuare il pagamento della rendita in Italia ed ebbe a insistere inviando, a prova del diritto del Damonte, il certificato di rendita prodotto dal lavoratore stesso e rilasciato dall’Ente assicuratore francese.

«Concludeva l’onorevole Ministro assicurando che avrebbe sollecitato la pratica.

«Quasi quattro mesi son trascorsi dalla data di quella lettera, la pratica è inevasa e il povero cieco Damonte giace nella più squallida miseria.

«Tutto ciò premesso, gli interroganti chiedono che gli onorevoli Ministri del lavoro e degli affari esteri vogliano con atto di energia porre fine a questa situazione ed ottenere che sia rispettata ed eseguita la vigente convenzione italo-francese sopracitata. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Canepa, Pera».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e dell’agricoltura e foreste, per sapere se non ritengano urgente la riforma dei contributi agricoli unificati, che gravano in misura insopportabile sull’agricoltura, senza raggiungere il fine di adeguata assistenza e previdenza a tutti i lavoratori dell’agricoltura. Tale riforma è invocata da ogni parte e ogni ulteriore indugio sarebbe altamente riprovevole.

«Canepa, Pera».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 20.50.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 10 e alle 16:

  1. – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Modificazioni al decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione della Camera dei deputati. (48).