Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 3 DICEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXVI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA Di MERCOLEDÌ 3 DICEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

 

INDICE

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Moro

Targetti

Arata

Presidente

Dominedò

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Benvenuti

Perassi

Rossi Paolo

Laconi

Condorelli

Codacci Pisanelli

Mortati

Ambrosini

Preti

Musolino

 

Votazione segreta:

Presidente

 

Risultato della votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 11.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto, di Costituzione della Repubblica italiana.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Signor Presidente, vorrei proporre alla Presidenza un quesito relativo al valore della votazione fatta ieri sera sull’emendamento di rinvio alla legge, proposto dall’onorevole Arata. Non considero adesso il valore morale della frettolosa votazione fatta in presenza di pochissimi colleghi, così come trascuro altre considerazioni di carattere giuridico e politico, relative all’assurdo che si crea omettendo di indicare, dopo aver delimitato nella Costituzione la Corte di garanzia costituzionale, le forme e i modi attraverso i quali può essere promossa azione dinanzi alla Corte stessa per la dichiarazione della incostituzionalità della legge.

Vorrei soffermarmi invece un momento sulla contradizione, che a me appare evidente, fra la votazione che fu fatta sull’emendamento dell’onorevole Arata e la votazione che era stata fatta precedentemente sull’emendamento soppressivo dell’onorevole Gullo. A mio parere, e a parere dei miei amici, fra le due votazioni vi è una radicale incompatibilità, un’assoluta contradizione. La quale contradizione sarebbe risultata certamente più evidente, se ieri sera la votazione sull’emendamento soppressivo dell’onorevole Gullo fosse stata fatta nel modo ormai consueto della nostra prassi parlamentare, cioè se si fosse votato per la soppressione del comma proposto dall’onorevole Gullo, votando negativamente sulla formulazione positiva del comma stesso. Se così fosse avvenuto e se ieri sera per ragioni di opportunità non fosse stata mutata questa procedura, noi ci saremmo trovati dinnanzi ad un comma approvato dell’articolo 128, comma il quale avrebbe significato, non soltanto che a parere dell’Assemblea Costituente anche il singolo, leso nel proprio diritto da una legge incostituzionale, ha il potere di promuovere una dichiarazione di incostituzionalità, ma anche implicitamente, che all’Assemblea Costituente, come del resto è logico, spetta di decidere, intorno ai casi, le forme, i modi attraverso i quali si può proporre la questione di incostituzionalità della legge.

Se, quindi, avessimo seguito la via normale, trovandoci di fronte ad un comma significativo esplicitamente e implicitamente e per quello che esso logicamente fa attendere come seguito dell’articolo, noi non avremmo avuto alcun dubbio circa l’improponibilità dell’emendamento proposto dall’onorevole Arata. Mi pare che il senso di tale votazione, alla quale siamo addivenuti ieri sera per appello nominale, non sia assolutamente dubbio. L’Assemblea non soltanto ha respinto la proposta dell’onorevole Gullo, tendente a togliere al singolo la possibilità di proporre azione per incostituzionalità della legge, ma ha inteso rivendicare a sé la decisione su questo punto importantissimo, che, qualora non fosse deciso, determinerebbe una lacuna nella Costituzione, tanto che la Corte costituzionale sarebbe per lungo tempo incapace di assolvere la sua funzione di garanzia della Costituzione. Questo rinvio alla legge, pertanto, è, a nostro avviso, assurdo ed improponibile. Io domando alla Presidenza quale sia la sua opinione sul valore di questa votazione e subordinatamente chiedo che essa voglia rimettere al Comitato di coordinamento lo studio dei rapporti fra le due votazioni e la ricerca di una formula che elimini questa contradizione. Il Comitato di coordinamento è certamente competente ad eliminare le contradizioni che esplicitamente, visibilmente si riscontrano nel testo della Costituzione, ma qui, se pure una delle due votazioni non si è espressa positivamente nel testo costituzionale, vi è certo egualmente una contradizione, sia pure implicita, che, a mio parere, l’Assemblea deve eliminare attraverso l’attività del Comitato di redazione.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Devo anzitutto osservare che, se vi fosse una contradizione fra una norma e l’altra, l’Assemblea non avrebbe in questo momento veste per intervenire in merito. Sarebbe la Commissione che ha l’incarico del coordinamento delle norme, a prospettare questa eventuale contradizione, in sede di discussione del coordinamento stesso.

A me sembra, però, che l’onorevole Moro non abbia ragione di lamentare questa contradizione. Basta tener presenti la portata della proposta soppressiva dell’onorevole Gullo e il tenore della portata dell’emendamento dell’onorevole Arata.

L’onorevole Gullo aveva proposto la soppressione del primo comma, ritenendo che non si dovesse ammettere l’eccezione d’incostituzionalità in via incidentale. L’Assemblea ricorda gli argomenti che egli addusse a sostegno di questa sua tesi. Era un unico punto che egli aveva considerato, cioè l’azione d’incostituzionalità promossa in via incidentale. Fra le altre ragioni ricordo che egli addusse anche questa: che, ammesso che una parte in un giudizio potesse eccepire l’incostituzionalità di una norma, si avrebbe avuto come conseguenza di appesantire l’opera della giustizia ed in alcuni casi arrivare anche a sabotarla con queste eccezioni dilatorie. Quindi, chiara era la tesi dell’onorevole Gullo, come più chiare le conseguenze dell’approvazione del suo emendamento.

L’onorevole Gullo non sostenne, né avrebbe potuto nella sua proposta soppressiva sviluppare un concetto simile, che si dovessero demandare alla legge le modalità e la regola dell’esercizio dell’azione di incostituzionalità: anzi dimostrò implicitamente di ritenere che la Costituzione avrebbe potuto regolare l’esercizio dell’azione d’incostituzionalità in via generale, escludendo, lo ripeto, l’eccezione in via incidentale. Era una proposta ben precisa e limitata ad escludere l’azione incidentale di incostituzionalità. L’Assemblea non ha condiviso il pensiero dell’onorevole Gullo ed ha votato contro la soppressione. Quale è invece la portata dell’emendamento Arata?

L’onorevole Arata non fa nessuna distinzione fra eccezione in via incidentale ed eccezione in via principale: prescinde completamente da quelle che possono essere le ragioni addette dall’onorevole Gullo contro l’eccezione in via incidentale, e propone, lasciando impregiudicata la questione, se l’eccezione debba proporsi sia in via incidentale che in via principale, di demandare alla legge il Regolamento delle modalità e dell’azione. In questo senso l’Assemblea si è pronunziata. E dov’è la contradizione? Forse che l’emendamento Arata negava il diritto ad agire che avrebbe voluto negare l’onorevole Gullo: e l’Assemblea non negò? Una parola, se il Presidente me lo concede, vorrei aggiungere; la determinazione delle funzioni di un organo e la sua composizione sono evidentemente collegate. Non so se qualora la Corte delle garanzie avesse ricevuto dall’Assemblea una composizione, secondo noi l’unica corrispondente alla sua funzione, una composizione che la ricollegasse molto più alla sovranità popolare, alcuni di noi, che hanno votato l’emendamento Arata non potessero essere dell’opinione che fosse utile stabilire fin d’ora le modalità e i limiti di quell’azione, per impedire che la legge ponesse a questa troppe limitazioni. A volte non bisogna dolersi delle conseguenze di deliberazioni che forse si sono prese eccedendo nelle nostre pretese.

ARATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARATA. Desidero dare alcuni chiarimenti intorno a quello che vorrei chiamare il processo logico della discussione che ha portato al voto di ieri.

Nella seduta di sabato io avevo proposto un emendamento all’articolo 128 ed uno contemporaneo all’articolo 129.

Col primo emendamento chiedevo la soppressione dei primi due commi dell’articolo 128. Se non che mi rendevo anche conto che questo non era sufficiente, ma che bisognava dare all’Assemblea il mezzo di poter esprimere anche un pensiero positivo. E pertanto proponevo che nell’articolo 129, là dove è detto: «la legge stabilisce le norme che regolano i conflitti di attribuzione e la composizione, ecc.» si modificasse così: «la legge stabilisce le norme che regolano le azioni di incostituzionalità, i conflitti, ecc…».

Mi sembrava in tal modo di dare all’Assemblea la possibilità di esprimere un pensiero positivo, nel senso che, mentre sopprimeva i primi due commi dell’articolo 128, in quanto vertenti in materia procedurale, anche se riverberata da aspetti sostanziali, poteva nel contempo decidere che questa materia venisse rimandata alla legge. Ed io penso che non ero, in fondo, nel torto, perché la faticosa e laboriosa casistica, in cui stavamo annegando ieri, dimostrava e dimostra, secondo me, la opportunità di rimandare alla legge tutta questa materia.

Nella seduta di ieri l’onorevole Gullo ha confermato il mio pensiero. E ricordo incidentalmente che il Relatore onorevole Rossi aveva dichiarato, sabato, che la Commissione, sul piano concettuale, non trovava, niente in contrario a che la mia proposta potesse essere accettata, ove l’Assemblea lo avesse creduto, pur mettendo in rilievo che si trattava di materia molto delicata. Nella seduta di ieri l’onorevole Gullo ha proposto la soppressione pura e semplice del primo comma; il che comportava soltanto la possibilità di un giudizio negativo sul contenuto e sulla rilevanza costituzionale del comma stesso.

Ed allora, io, rinunziando implicitamente al mio emendamento all’articolo 129, ho proposto il mio emendamento, di carattere positivo, diretto ad ottenere non solo che venissero soppressi i primi due commi dell’articolo 128, ma che si dichiarasse anche, esplicitamente, che questa materia veniva rinviata alla legge.

L’onorevole Gullo ha insistito nella proposta di soppressione pura e semplice, e su questo punto è avvenuta la votazione col noto risultato; ma con ciò è stato escluso che l’Assemblea potesse successivamente sopprimere il comma sotto un diverso profilo, cioè nel senso che alla soppressione pura e semplice venisse sostituito il rinvio del problema alla legge. Questo è il significato del voto dato sul mio emendamento. Son lieto che anche l’onorevole Targetti abbia espresso questa tesi, che mi sembra fondatissima. Io penso di aver così esaurientemente illustrato all’Assemblea il significato di quella mia proposta e della votazione che n’è seguita, e penso che l’Assemblea non abbia nessuna ragione per tornare sul suo voto e, tanto meno, per trovare contradizione tra questa decisione e quella intervenuta sull’emendamento dell’onorevole Gullo.

PRESIDENTE. Al quesito posto dall’onorevole Moro debbo dare una risposta. Dirò subito che non comprendo per quali ragioni l’onorevole Moro lo abbia posto in questa sede. Abbiamo un Comitato di redazione ed eventualmente – è stato detto e ripetuto – quando tale Comitato constatasse che fra due deliberazioni dell’Assemblea nel testo costituzionale vi fosse contradizione, dovrebbe segnalarle, studiando e suggerendo delle modifiche. E dove si trattasse di problemi importanti, su cui sarebbe opportuno chiedere ancora il parere dell’Assemblea, ciò verrebbe fatto, quando il testo completo della Costituzione, già riveduto dal Comitato, fosse portato per la votazione definitiva dinanzi all’Assemblea.

Mi pare, che la questione debba risolversi non andando a ricercare le intenzioni di coloro i quali hanno presentato certi emendamenti, o l’interpretazione che di questi testi od emendamenti occorre dare; ma richiamandosi all’elementare sviluppo della procedura, così come è avvenuto. Io ricordo che ieri sera, prima della votazione sull’emendamento soppressivo dell’onorevole Gullo Fausto, di fronte ad un’Assemblea numerosa, la questione della procedibilità alla votazione dell’emendamento soppressivo è stata espressamente posta, discussa e conclusa. Ricordo che da parte dell’onorevole Lussu è stato ad un certo momento proposta la questione se si potesse procedere alla votazione dell’emendamento soppressivo dell’onorevole Gullo.

Ed io gli ho risposto che in primo luogo, già in precedenza alcune volte, tuttavia non molto frequentemente, si era proceduto alla votazione di un emendamento soppressivo, a seconda del momento della discussione e delle conseguenze che la soppressione avrebbe portato con sé; in secondo luogo, che la mia decisione di procedere alla votazione di quell’emendamento soppressivo era stata preceduta da un intervento esplicito del Presidente della Commissione, che soltanto dopo il suo assenso avevo deciso in conseguenza. Lo stesso onorevole Lussu, dopo queste spiegazioni, ha compreso la logica e la giustezza del procedimento e non ha più sollevato obiezioni.

Debbo soltanto dire che eccezioni, a questo proposito, avrebbero dovuto essere avanzate ed accolte prima della votazione; oggi è evidente che il richiamo può avere solo più carattere di rammarico, ma non può inficiare la validità del voto di ieri Per la votazione avvenuta successivamente, sull’emendamento dell’onorevole Arata, non voglio pregiudicare le decisioni del Comitato di redazione e poi quelle della Assemblea, ma osservo che non mi pare vi sia contradizione. L’Assemblea, quando le è stato sottoposto il problema di non introdurre nella Costituzione nessuna casistica di impugnabilità, nella sua maggioranza, ha deliberato onorevolmente.

D’altra parte, onorevole Moro, non si pone a priori una questione di preclusione. Si potrebbero sollevare queste questioni, prima che la votazione avvenga e non dopo, perché se si permettesse di sollevare la eccezione di preclusione a votazione avvenuta, non vi sarebbe nessuna votazione che potesse ritenersi definitivamente valida.

Vi potranno essere talvolta contradizioni, tra i risultati di due votazioni. Il deputato che lo ritenga, può porre la questione al Comitato di redazione, oppure all’Assemblea nel momento in cui avrà di fronte tutto il testo della Costituzione per l’approvazione definitiva. Allo stato della discussione, non ci resta, quindi, che proseguire l’esame dell’articolo 128 e degli articoli successivi.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Ho chiesto di parlare anzitutto per giustificare la sede che ho scelto per proporre questa questione. Io ho l’impressione che la questione sia più vasta che non quelle spettanti al Comitato di coordinamento. Pur avendola posta però in questa sede ed in questi termini, come una riserva doverosa da parte mia, per non attardare i lavori dell’Assemblea, accetto che sia rimessa al Comitato di coordinamento per le decisioni.

Circa il secondo rilievo del Presidente, vorrei poi dire che non ho già inteso di affermare che il Presidente abbia violato delle norme regolamentari ponendo in votazione l’emendamento soppressivo così come esso era stato proposto; ho soltanto rilevato che si era seguita una procedura non consueta nei nostri lavori. Ricordo benissimo che la procedura era stata accettata dal Presidente della Commissione. Fu solo per deferenza verso la sua persona e per non prolungare i lavori che io non credetti di sollevare eccezioni sulla procedura nella seduta di ieri sera. Quindi, solo mi son permesso di ricordare che, se la questione fosse stata posta in modo positivo anziché negativo, quella contradizione sarebbe apparsa più chiara.

Per quanto poi riguarda la sostanza della contradizione, cedo, se l’onorevole Presidente me lo consente, la parola all’onorevole Dominedò.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Desidero rilevare che, qualora si dimostri che sussista un’autentica contradizione, come a noi fermamente sembra, fra la seconda votazione relativa all’emendamento Arata e la prima relativa all’emendamento Gullo, a noi pare che sia proprio questa la sede per affrontare il problema (Commenti), poiché allora non si tratterebbe di nuova opera di coordinamento, bensì del venir meno di una decisione contrastante, con altra validamente presa in precedenza.

Io ho seguito, signor Presidente, con attenzione la sua risposta. Ma mi permetto di farle osservare che l’emendamento dell’onorevole Gullo tendeva alla soppressione del comma approvato dall’Assemblea, proprio in quanto esso contempla l’azione del singolo attraverso l’incidente di incostituzionalità nel corso del giudizio. Appare, quindi, chiaro che la reiezione di un emendamento così specificamente motivato porti, come diretta conseguenza, alla volontà di conservare questo istituto a garanzia del singolo. Ed allora, se così è, il successivo emendamento che pretenderebbe di rinviare alla legge la garanzia voluta dall’Assemblea, si pone in evidente contradizione con la precedente votazione.

Ma v’è qualcosa di più. Quando l’onorevole Gullo ci dice: io desidero, io reputo opportuno che l’istituto della Corte costituzionale funzioni esclusivamente attraverso una specie di azione popolare, mediante cioè quella messa in moto prevista dal secondo comma dell’articolo 128, in forza del quale la dichiarazione di incostituzionalità può essere promossa solamente dal Governo e da determinate percentuali di deputati o elettori, quando ciò si dice, si viene necessariamente ad escludere ogni altra forma di azione o d’iniziativa. Viceversa l’Assemblea ha già riconosciuto il diritto del singolo di sollevare eccezione di incostituzionalità nel caso concreto, istituendo così nell’ambito della giustizia legislativa qualcosa di parallelo a quanto già opera nel settore della giustizia amministrativa, in cui appunto è data facoltà al singolo di sollevare eccezione nei confronti di un suo presunto diritto leso. È pertanto evidente che se ci ritenessimo vincolati ai risultati della seconda votazione, verremmo per ciò stesso a contradire quanto già avevamo deliberato, riaprendo la questione se debba o non debba essere riconosciuta nella Costituzione l’azione del singolo, anzi dando risposta negativa al quesito già risolto affermativamente col voto dell’Assemblea.

Poiché dunque noi siamo dinanzi a una regolare e valida pronuncia dell’Assemblea Costituente, io faccio appello a tale pronuncia, acciocché in questa sede, o in quella di coordinamento, si deliberi di eliminare quanto con essa logicamente contrasti.

PRESIDENTE. Mi permetto di far osservare all’onorevole Dominedò che la votazione di cui si tratta ha espresso semplicemente il concetto che il diritto del singolo circa l’eccezione di incostituzionalità non deve essere definito costituzionalmente; ma nessuno afferma ora, che non debba esistere in generale.

Ho sott’occhio l’articolo 98, che è stato votato dall’Assemblea e che si riferisce ad un altro organismo nuovo nella struttura dello Stato, così come è nuova la Corte costituzionale, ed è il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. E proprio nei confronti di questo nuovo istituto l’Assemblea ha ritenuto che fosse sufficiente affermarne la creazione, rimettendo poi alla legge sia l’indicazione delle materie per le quali sarà competente sia le sue funzioni.

È evidente che, poiché i materiali relativi alla discussione, all’elaborazione della Costituzione rappresenteranno non soltanto termini di interpretazione, ma anche fonti di diritto per l’avvenire, la votazione avvenuta, in quanto esprime la volontà della maggioranza dell’Assemblea, che nella Corte costituzionale il singolo abbia diritto di procedibilità, non potrà restare ignorata ai futuri legislatori quando assolveranno il loro compito. Bisognerebbe sapere già fin d’ora che quei legislatori misconosceranno questa volontà manifestata dall’Assemblea per poter affermare che la votazione successiva è stata, in contradizione con l’intenzione prima manifestata dall’Assemblea.

Comunque, non entriamo nel merito, onorevoli colleghi; è sufficiente, mi pare, stabilire questo a garanzia della validità dei nostri lavori: che le varie votazioni sono avvenute in forma regolare; che l’Assemblea stessa ha, fin dall’inizio dei suoi lavori, attraverso il Comitato di redazione, precostituito un organismo, il quale è indicato all’identificazione di casi del genere di quelli prospettati dall’onorevole Moro, e che, se non della loro soluzione, è investito dell’incarico di segnalarli all’Assemblea, perché una soluzione venga ad essi data.

Ciò dichiarato e constatato, penso che possiamo proseguire nei nostri lavori.

Abbiamo da esaminare l’ultimo comma dell’articolo 128 del seguente tenore:

«Se la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia. La decisione della Corte è comunicata alle Camere, perché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali».

Nel testo, come i colleghi hanno constatato dalla lettura che ne ho fatto, è stato soppresso l’inciso «nell’uno o nell’altro caso», per adeguare questo comma ai precedenti, e al posto della parola «Parlamento», secondo il suggerimento dell’onorevole Perassi, è stato sostituito il termine «Camere».

ARATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARATA. Desidero ricordare che io avevo chiesto di sostituire alla parola «se» la parola «quando».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione accetta la sostituzione.

PRESIDENTE. Allora pongo in votazione il terzo comma con la modifica testé accolta:

«Quando la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia. La decisione della Corte è comunicata alle Camere, perché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali».

(È approvato).

L’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Mastino Pietro decade in conseguenza delle votazioni fatte nella seduta pomeridiana di ieri.

L’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Mastino Pietro è del seguente tenore:

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Il magistrato dovrà rimettere gli atti alla Corte costituzionale quando ritenga che le leggi che dovrebbe applicare siano contrarie alla Costituzione dello Stato».

Vi è poi l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Martino Gaetano del seguente tenore:

«Nell’ipotesi di cui al primo comma di questo articolo, la legge dichiarata incostituzionale dalla Corte non si applica alle controversie».

Anche quest’emendamento – come l’onorevole Martino Gaetano potrà egli stesso confermare – presupponeva la votazione dei primi due commi e quindi anch’esso decade. Vi è poi un articolo 128-bis proposto dall’onorevole Benvenuti, del seguente tenore, già svolto. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La dichiarazione di incostituzionalità può essere altresì promossa in via principale dal Presidente della Repubblica ogni qualvolta egli ravvisi nei provvedimenti legislativi, che gli vengono proposti per la promulgazione, disposizioni inconciliabili con gli ordinamenti costituzionali della Repubblica ovvero con le libertà e coi diritti garantiti ai cittadini dalla Costituzione.

«Il Presidente della Repubblica non può promuovere azione di incostituzionalità oltre i termini di promulgazione della legge di cui all’articolo 71.

«È facoltà del Presidente della Repubblica di sospendere la promulgazione degli atti per i quali abbia promosso dichiarazione di incostituzionalità sino a quando non sia intervenuta la decisione della Corte costituzionale.

«Gli atti del Presidente della Repubblica di cui al precedente articolo non richiedono la controfirma ministeriale».

«Subordinatamente, fermi restando i primi due commi dell’emendamento, sostituire i successivi due commi come segue:

«Ove intervenga, entro i termini di cui all’articolo 71, dichiarazione di incostituzionalità, il Presidente della Repubblica non dà corso alla promulgazione.

«Qualora il Presidente della Repubblica non possa promuovere azione di incostituzionalità per mancanza della controfirma ministeriale di cui all’articolo 95, è riconosciuta al Presidente stesso la facoltà di promuovere tale azione a titolo personale negli stessi modi e cogli stessi effetti previsti dalla legge per gli altri cittadini, organi ed enti a ciò autorizzati».

BENVENUTI. Chiedo di parlare per dar ragione del ritiro dell’emendamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENVENUTI. Nello svolgimento del mio emendamento avevo posto il problema generale dell’atteggiamento del Presidente della Repubblica di fronte a leggi incostituzionali. Avevo prospettato la necessità giuridica e morale che il Presidente della Repubblica rifiutasse la promulgazione a leggi incostituzionali.

E, in considerazione del conflitto che si verrebbe a creare fra potere legislativo e Capo dello Stato, io avevo proposto come rimedio il deferimento della questione al giudizio della Corte costituzionale, giudizio a cui il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto attenersi.

Il parere della Commissione su questo mio emendamento è stato negativo. Dico francamente che vi sarebbe da nutrire profonda preoccupazione e accorata tristezza per le sorti della libertà nel nostro Paese se questa dovesse essere l’ultima parola, specialmente data la motivazione della onorevole Commissione. La quale ha motivato la sua reiezione anzitutto affermando che vi sarebbe a favore del Presidente il rimedio del rinvio alla nuova deliberazione delle Camere: rimedio questo ripetutamente denunciato come inefficiente, in quanto in nessun caso il Presidente della Repubblica potrebbe rinviare il provvedimento alle Camere senza la controfirma ministeriale, e nessun Governo – espressione della maggioranza che abbia votato quella legge incostituzionale – sarebbe in condizione di apporre la propria firma ad un atto con cui il Presidente della Repubblica denunciasse al Parlamento l’incostituzionalità della legge.

In secondo luogo, onorevoli colleghi, la Commissione ha motivato così: Dobbiamo evitare al Presidente della Repubblica il disdoro, la perdita di prestigio che potrebbe derivargli dal fatto che il suo parere in materia costituzionale risulti diverso da quello della Corte costituzionale emesso nella sua sentenza.

Ora io sono commosso, profondamente commosso di questa delicatezza usata verso la figura del Presidente; però, onorevoli colleghi, io mi preoccupo di usare ben altro riguardo al Presidente della Repubblica e di evitargli cioè la situazione intollerabile, non dico per il primo cittadino della Repubblica, ma per qualsiasi cittadino che abbia coscienza delle libertà costituzionali, la situazione intollerabile cioè di dover con la sua firma, con la sua promulgazione, apporre l’exequatur a norme incostituzionali, che potrebbero essere violatrici dei diritti elementari di tutti i cittadini e delle libertà garantite dalla Costituzione della Repubblica.

E di questo mi sono preoccupato: di usare questo riguardo al Presidente della Repubblica, di evitargli tale assurda situazione. E su questo punto la Commissione è rimasta completamente negativa. Permetta la Commissione che di questo argomento mi occupi io.

E ritiro questo emendamento in questa sede per riaprire lo stesso problema in sede di discussione all’articolo 130.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il suo parere.

ROSSI PAOLO. L’onorevole Benvenuti riapre la grave questione del potere personale del Presidente, che abbiamo larghissimamente discusso con l’intervento dei maggiori costituzionalisti che partecipano a questa Assemblea.

Vorrei concorrere a tranquillizzare i suoi scrupoli in qualche modo.

È vero che il Presidente della Repubblica non può giovarsi del disposto dell’articolo 72, se non con atto di Governo, controfirmato dal Ministro responsabile. Ma vediamo che cosa avverrà in pratica, onorevole Benvenuti.

I due poteri, le due persone, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Repubblica, hanno pure dei contatti, dei rapporti. Supponiamo che il Governo sottoponga una legge non costituzionale alla firma del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica farà le sue personali rimostranze, le sue personali insistenze perché si ricorra al procedimento dell’articolo 72 e la legge sia eventualmente riproposta, per nuovo esame, al Parlamento. O si troveranno d’accordo i due uomini eminenti, entrambi sensibili ai problemi costituzionali, entrambi sensibili ai problemi della libertà e del decoro del Paese, ed allora l’articolo 72 funzionerà; o non si troveranno d’accordo e la extrema ratio del Presidente della Repubblica che ricusa di partecipare con la sua autorità, sia pure formale, alla formazione di leggi anticostituzionali, si manifesterà con le dimissioni.

Il Presidente della Repubblica aprirà la crisi costituzionale ed il Paese finirà per decidere attraverso le elezioni.

Ella accenna al prestigio del Capo dello Stato, e dice che la Commissione tutelerebbe meno il prestigio sostanziale del Capo dello Stato avendo riguardo a un prestigio meramente formale.

È peggio (mi pare di interpretare l’opinione dell’onorevole Benvenuti), un Presidente della Repubblica che firma una legge incostituzionale, violatrice della libertà dei cittadini, che non un Presidente che si veda eventualmente sconfessato dalla Corte costituzionale.

Nell’un caso si tratta di un prestigio di sostanza, storico, e nell’altro caso si tratta di un prestigio di forma che rimane nella cronaca.

Aderisco al concetto dell’onorevole Benvenuti, ma ricordo che quella suprema via di salvare la propria coscienza, a cui facevo accenno poc’anzi a proposito dell’articolo 72, rimane sempre aperta. Meglio, assai meglio un Presidente della Repubblica che si dimetta prima, denunciando Governo e maggioranza per la incostituzionalità di una legge, che non un Presidente costretto a dimettersi dopo, quando la Corte costituzionale abbia respinto il suo ricorso.

Mi pare con questo di esser riuscito a diminuire le preoccupazioni dell’onorevole Benvenuti, al quale faccio infine osservare che dopo la votazione dell’emendamento Arata, anche la materia della sua proposta resta sottoposta al legislatore dell’avvenire.

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 129. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La legge stabilisce le norme che regolano i conflitti di attribuzione e la composizione e il funzionamento della Corte costituzionale».

PRESIDENTE. Il seguente emendamento dell’onorevole Martino Gaetano è stato già svolto:

«Sopprimere le parole: e la composizione».

Ricordo, a questo proposito, che l’Assemblea ha approvato il modo con cui la Corte deve essere composta, e pertanto, queste parole andrebbero soppresse anche per una ragione di coordinamento.

L’onorevole Arata ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo le parole: che regolano, aggiungere le seguenti: le azioni d’incostituzionalità».

Ha facoltà di svolgerlo.

ARATA. Lo ritiro.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: della Corte costituzionale, aggiungere le parole: e le garanzie di indipendenza dei suoi componenti».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Nel mio emendamento si propone un’aggiunta che non ha bisogno di essere illustrata. La legge che regolerà la Corte costituzionale dovrà fra l’altro, evidentemente, determinare anche le condizioni che assicurino l’indipendenza dei componenti la Corte, così come esistono delle norme che assicurano l’indipendenza degli altri giudici. Si tratta, dunque, di un’aggiunta che va da sé. Il Comitato di redazione credo avrà la cura di vedere in che modo questo articolo 129 potrà coordinarsi con il testo dell’articolo 128, quale è risultato in conseguenza dell’approvazione dell’emendamento Arata.

PRESIDENTE. Chiedo alla Commissione di esprimere il suo parere.

ROSSI PAOLO. Con l’espressa riserva di ritoccare l’articolo in sede di coordinamento, la Commissione accetta l’emendamento Perassi.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. La parola «composizione» ha qui un particolare significato e cioè che i modi, la procedura per l’elezione dei membri della Corte devono essere determinati per legge. Credo quindi che in questo senso non ci sia nessuna ragione di sopprimere quella parola, e chiedo al Presidente di metterla in votazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Martino Gaetano non è presente.

CONDORELLI. Faccio mio l’emendamento dell’onorevole Martino.

PRESIDENTE. Allora votiamo per divisione. Pongo in votazione la prima parte dell’articolo:

«La legge stabilisce le norme che regolano i conflitti di attribuzione».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole: «la composizione».

Ricordo che v’è la proposta soppressiva fatta propria dall’onorevole Condorelli.

(Dopo prova e controprova, sono approvate).

Pongo in votazione l’ultima parte dell’articolo con l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Perassi, accettato dalla Commissione:

«e il funzionamento della Corte costituzionale e le garanzie di indipendenza dei suoi componenti».

(È approvata).

L’articolo 129 risulta approvato nel suo complesso così;

«La legge stabilisce le norme che regolano i conflitti di attribuzione, la composizione e il funzionamento della Corte costituzionale e le garanzie d’indipendenza, dei suoi componenti».

Vi è ora un articolo aggiuntivo 129-bis dell’onorevole Martino Gaetano, già svolto:

«Non sono sindacabili da parte della Corte costituzionale le leggi approvate mediante referendum popolare».

Esso non ha ragione di essere, perché la Costituente ha conservato nell’articolo 72 soltanto il referendum abrogativo.

L’onorevole Codacci Pisanelli ha anche egli presentato un articolo 129-bis: se he dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Corte costituzionale è competente a conoscere delle violazioni del diritto umano e dei diritti internazionali.

«Essa potrà, inoltre, sospendere l’efficacia delle leggi costituzionali impugnate dagli interessati perché ledano diritti della personalità, rinviandole al Parlamento per il decisivo riesame».

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli mi deve dare atto che, per ciò che si riferisce alla competenza della Corte costituzionale, l’Assemblea ha già lungamente discusso e replicatamente votato in sede di articolo 126. È da supporre che in quell’ambito siano state incluse tutte le competenze che ad essa s’intendono dare. Per ciò che si riferisce al secondo comma, è una riassunzione, sotto diversi aspetti, del contenuto dei primi due commi dell’articolo 128. Pertanto, mi pare che l’emendamento non possa essere posto in votazione.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Ritenevo che si trattasse di una competenza diversa di quella di cui ci siamo occupati finora; poiché abbiamo esaminato soltanto la competenza in relazione alle leggi ordinarie. Pensavo invece ad una particolare competenza relativa alle leggi costituzionali; ed avevo proposto questo emendamento per il caso in cui si fosse voluto prevedere nel nostro sistema un organo competente a giudicare dei delitti internazionali.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Rossi Paolo di esprimere il parere della Commissione, se ritiene cioè che l’emendamento abbia possibilità di essere accolto.

ROSSI PAOLO. Prego l’onorevole Codacci Pisanelli di non insistere; la Commissione dovrebbe esprimere parere contrario, per ragioni tecniche, che esporrò, se l’onorevole Codacci insisterà.

CODACCI PISANELLI. Se si ritiene che vi sia una preclusione, non ho nessuna difficoltà a ritirare l’emendamento. Se invece, come penso, non vi è preclusione al riguardo, perché si tratta di competenza completamente diversa da quella esaminata finora, ritengo opportuno di svolgere il mio emendamento, perché l’Assemblea possa esaminare tutti i problemi che si riconnettono a questo argomento.

PRESIDENTE. Poiché la Commissione ha espresso lo stesso mio avviso, mi riconfermo nella convinzione che vi sia preclusione nella presentazione del suo emendamento, che pertanto non può essere accolto.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Prima di passare all’esame della sezione II, riguardante la revisione della Costituzione, propongo che l’Assemblea si occupi di un argomento, che è stato rimandato, ma che si riferisce direttamente alla competenza della Corte costituzionale, cioè il giudizio sopra il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati nelle forme di legge, previsto nel terzo comma dell’articolo 126.

Siccome dobbiamo ritornare sopra questa norma, e siccome sono stati presentati emendamenti, ritengo sia opportuno esaurire questa materia.

PRESIDENTE. Sta bene. Il terzo comma dell’articolo 126 dice:

«Giudica il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati a norma della Costituzione».

L’onorevole Gullo Fausto ha già svolto il seguente emendamento:

«Sopprimerlo».

Così pure l’onorevole Musolino ha svolto il suo:

«Rinviarlo al Titolo I della II parte del progetto, nel testo seguente: Le due Camere, costituite in Alta Corte di giustizia, giudicano il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati di reati di alto tradimento».

L’onorevole Mortati aveva proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Per i giudizi relativi alle accuse contro il Capo dello Stato ed i Ministri, si aggiungono ai membri ordinari 16 altri cittadini eleggibili ad ufficio politico, scelti dal popolo con elezioni indirette, secondo le modalità che saranno stabilite dalla legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. L’articolo 126 affidava il giudizio sull’accusa del Presidente della Repubblica e dei Ministri alla Corte costituzionale. Mentre la Corte costituzionale, nella sua attività ordinaria di sindacato delle leggi, esplica un’attività strettamente giurisdizionale e, quindi, deve essere composta in armonia col contenuto di questa funzione, viceversa nel giudizio sull’accusa, essa viene a rivestire un carattere più spiccatamente politico; ciò perché, a tenore della disposizione a suo tempo approvata, l’accusa a questi organi supremi dello Stato non si inquadra necessariamente nell’ambito della comune azione penale. Le formule adottate: «violazione della Costituzione» in generale, o «delitto di tradimento», sono espressioni lasciate volutamente in una sfera un po’ generica, tale da consentire che l’accusa sia sollevata anche per fatti che non rivestono la figura di veri e propri reati ai sensi del Codice penale. Appare di conseguenza necessario, che il giudice sia formato in modo da potere formulare valutazioni di accuse tali, da esigere una preparazione e sensibilità non esclusivamente giuridiche. Questa è la ragione della mia proposta, secondo la quale la composizione della Corte nei giudizi in parola viene integrata con l’aggiunta di un numero, equivalente agli ordinari, di membri scelti dalle Camere riunite al principio di ogni legislatura. Quest’ultima modalità ha lo scopo di impedire che i giudici siano nominati al momento dell’accusa e che, quindi, l’accusatore orienti la sua scelta in modo da pregiudicare l’imparzialità dei giudici.

PRESIDENTE. Vi è poi una proposta di emendamento sostitutivo degli onorevoli Ambrosini, Tosato, Moro, Uberti, Codacci Pisanelli, Bellato, Cappi, Giacchero, Rescigno, Cimenti e Corbino:

«Il Presidente della Repubblica ed i Ministri messi in stato di accusa dalla Camera dei deputati a norma della Costituzione sono giudicati dal Senato costituito in Alta Corte di giustizia».

AMBROSINI. Ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Rossi Paolo ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

ROSSI PAOLO. La Commissione accetta l’emendamento dell’onorevole Mortati. Fra la competenza della Corte costituzionale, la quale verrebbe ad acquistare con un piccolo numero di giudici una suprema autorità, e la competenza del Parlamento, (mi pare che in ciò si concreti la proposta dell’onorevole Musolino), a nostro avviso la proposta dell’onorevole Mortati raggiunge un giusto mezzo assai sodisfacente. Infatti, secondo l’emendamento Musolino, i giudici verrebbero ad essere praticamente 850 o 900, giudici di una imputazione di carattere non solo politico, ma di carattere criminale o politico-criminale. Siffatto imponente numero di giudici renderebbe difficilissima la procedura e molto ardua una decisione ragionata; basta pensare al mutarsi continuo di questi 900 magistrati, i quali dovrebbero sedere «pro tribunali» per giudicare il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati.

Ho un ricordo storico, a questo proposito, quello del processo di Napoleone III, allora solo principe Luigi Bonaparte, imputato per lo sbarco di Boulogne, dopo il suo primo tentativo. Di questo processo, celebratosi dinanzi alla Corte dei Pari, ho letto i verbali: fu un processo caotico, difficile, slegato. I membri che erano presenti ad una seduta non lo erano all’altra ed alla fine del giudizio non si capiva più nulla. Stando alla proposta Musolino, il Collegio che alla fine dovrebbe giudicare, non sarebbe più lo stesso Collegio che avrebbe assistito alle sedute del processo.

La Commissione non crede, dunque, di accettare l’emendamento. L’importanza era quella di avere dei giudici precostituiti, per impedire che la stessa maggioranza che ha posto in stato di accusa il Presidente e i Ministri, stabilisca anche quali giudici debbano giudicarli. Con l’emendamento Mortati il giudice rimane appunto precostituito, perché i giudici della Corte costituzionale sono tali di diritto, e perché gli altri quindici membri di nomina parlamentare debbono essere nominati in principio di legislatura.

La nostra Commissione crede di poter aderire con tranquilla coscienza all’emendamento dell’onorevole Mortati.

PRETI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PRETI. Subordinatamente all’approvazione dell’emendamento soppressivo, faccio mio l’emendamento presentato dall’onorevole Ambrosini, testé ritirato.

PRESIDENTE. L’onorevole Rossi Paolo ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

ROSSI PAOLO. Vorrei rispondere all’onorevole Preti che, secondo il testo che già abbiamo votato, non occorre che l’accusa sia fatta dal Parlamento in entrambi i suoi rami, perché può essere fatta anche da un solo ramo del Parlamento. Potrebbe, infatti, avvenire che il solo Senato ponesse il Governo in istato di accusa e che il solo Senato giudicasse quindi il Governo, che si avesse cioè la riunione nel Senato delle due qualità di accusatore e giudice, il che sarebbe nuovo e non conveniente.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Io osservo che c’è una preclusione: noi abbiamo già votato un articolo secondo il quale l’accusa del Presidente della Repubblica e dei Ministri è fatta dal Parlamento a Camere riunite. Pertanto il Parlamento non può essere anche giudice.

PRESIDENTE. Noi abbiamo già votato l’articolo 90 che dice: «Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri sono messi in istato di accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni».

Comunque io porrò prima in votazione il testo del terzo comma; gli emendamenti che sono stati proposti a questo riguardo debbono essere considerati come emendamenti aggiuntivi.

Vi è l’emendamento Ambrosini, fatto proprio dall’onorevole Preti, il quale propone una formula diversa di giudizio a proposito della Corte costituzionale, e parimenti la proposta dell’onorevole Musolino. Porremo, pertanto, in votazione dapprima la proposta dell’onorevole Musolino, quindi quella dell’onorevole Preti.

PRETI. Vi è un emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Onorevole Preti, poiché ciascuno di questi emendamenti propone una costruzione in sé completa, non si può porre in votazione l’emendamento soppressivo, e tutti i membri dell’Assemblea, i quali ritengano che non debba parlarsi dell’argomento nella Costituzione, potranno esprimere tale loro atteggiamento votando contro tutti gli emendamenti proposti.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Vorrei domandare alla Commissione quale giudizio essa dà intorno alla questione della preclusione.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Mi pare vi sia una certa confusione in tutto questo. È evidente che la Camera mette in istato d’accusa il Presidente della Repubblica e i Ministri attraverso una sua maggioranza; si tratta, quindi, di una deliberazione che avviene attraverso la solita procedura. Per il giudizio invece, può essere richiesta una maggioranza qualificata; tutto questo si potrà decidere in sede di regolamento delle due Camere.

PRESIDENTE. Onorevole Rossi, ha qualche cosa da aggiungere al quesito formulato dall’onorevole Moro?

ROSSI PAOLO. Osserverò semplicemente all’onorevole Moro che una preclusione vera e propria qui in sostanza non c’è: io non la vedo. C’è però qualche cosa di peggio che una preclusione: c’è una incongruenza, perché in realtà, quando la maggioranza abbia messo in istato d’accusa il Presidente della Repubblica o i Ministri, essa avrebbe con ciò già emesso la sentenza.

Non vediamo una preclusione in senso tecnico, ma vediamo un’assurdità così stridente da indurci a pregare l’onorevole presentatore di voler ritirare l’emendamento.

MUSOLINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUSOLINO. Vorrei rilevare che la Corte costituzionale, dopo che è stato respinto l’emendamento Laconi e dopo quanto l’Assemblea ha deliberato ieri, viene nominata, in ragione di un terzo dei suoi membri, dal Presidente della Repubblica. Mi pare quindi che, in tal modo, si venga a creare una incompatibilità, perché, in sostanza, chi giudica sarebbe colui stesso che è nominato da chi viene messo in istato d’accusa.

Reputo, quindi, che l’emendamento Mortati non possa per questa ragione essere accettato.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSI PAOLO. Vorrei osservare all’onorevole Musolino che, secondo l’emendamento dell’onorevole Mortati, l’inconveniente che egli rileva non può preoccupare. Infatti la maggioranza dei giudici, secondo il sistema che abbiamo creato, sarebbe sempre nominata dal Parlamento: credo che l’onorevole Musolino avrà presenti gli articoli approvati cui alludo.

Alcuni membri della Corte costituzionale saranno, sì, di origine presidenziale, ma una grande maggioranza, 21 su 30, resta di origine parlamentare.

PRESIDENTE. Mi pare che le due argomentazioni dell’onorevole Moro e dell’onorevole Musolino reciprocamente si elidano.

Vi sarebbe preclusione – salva la validità che riconosco di ciò che ha detto l’onorevole Rossi – tanto nei confronti della proposta dell’onorevole Musolino (preclusione sollevata dall’onorevole Moro), quanto della proposta dell’onorevole Mortati (preclusione sollevata dall’onorevole Musolino).

Ritengo che in questa sede i due emendamenti non abbiano carattere preclusivo, appunto perché si deve vedere poi in quale modo si dovranno organizzare nel loro interno gli organi destinati ad adempiere queste funzioni.

Faccio presente che ad esempio, a proposito della costituzione del Senato in Alta Corte di giustizia, l’ultimo Regolamento del Senato disponeva la nomina di un’apposita Commissione per il giudizio all’inizio di ogni legislatura; per cui, non si poneva più la questione della incompatibilità fra le funzioni sommate di accusatori e di giudici, dato che la Commissione per il giudizio non si identificava più con tutto il Senato, ma rappresentava un organo da questo distinto.

MUSOLINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUSOLINO. Alla fine del mio emendamento, propongo di fare la seguente aggiunta:

«La legge regola il funzionamento dell’Alta Corte».

Così sono eliminati i dubbi ora sollevati.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alle votazioni. Dovrò porre dapprima in votazione l’emendamento dell’onorevole Musolino con l’aggiunta testé proposta. Il testo definitivo è pertanto del seguente tenore:

«Le due Camere, costituite in Alta Corte di giustizia, giudicano il Presidente della Repubblica e i Ministri accusati di reati di alto tradimento.

«La legge regola il funzionamento dell’Alta Corte».

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che votiamo contro l’emendamento Musolino per le ragioni già esposte, e chiediamo l’appello nominale.

PRETI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PRETI. Chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Nel concorso fra le due domande, prevale quella dello scrutinio. La richiesta di votazione a scrutinio segreto è firmata dagli onorevoli Preti, Cairo, Nasi, Tonello, Laconi, Stampacchia, Nobile, Bordon, Gullo Fausto, Binni, Momigliano, Villani, Lombardi Carlo, Tega, Costantini, Musolino, Fornara, Lami Starnuti, Filippini, Grassi.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sulla formulazione proposta dall’onorevole Musolino in sostituzione dell’ultimo comma dell’articolo 126.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti     279

Maggioranza           140

Voti favorevoli        114

Voti contrari            165

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Arata – Arcangeli.

Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barontini Anelito – Bartalini – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Benedettini – Benvenuti – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosco Lucarelli – Bosi – Braschi – Bubbio – Bucci.

Cacciatore – Caccuri – Cairo – Camangi – Camposarcuno – Candela – Canepa – Canevari – Caporali – Cappi Giuseppe – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Cimenti – Clerici – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Corbino – Corsi – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Costa – Costantini – Covelli – Cremaschi Carlo – Crispo.

Damiani – D’Amico – D’Aragona – Del Corto – Delli Castelli Filomena – De Martino – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Filippini – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.     

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacchero – Giolitti – Giordani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Laconi – Lagravinese Pasquale – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Lettieri – Lizier – Lizzadri – Lombardi Carlo – Longo – Lozza – Lussu.

Macrelli – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Mentasti – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Monterisi – Morandi – Moranino – Moro – Mortati – Moscatelli – Murdaca – Musolino – Musotto.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Pesenti – Pistoia – Platone – Ponti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quintieri Adolfo.

Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Rodi – Romita – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor –Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Sardiello – Scalfaro – Scarpa – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Spataro – Stampacchia – Stella.

Targetti – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Veroni – Vicentini – Villani – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zuccarini.

Sono in congedo:

Angelini.

Carmagnola – Caso – Cavallari.

Dugoni.

Garlato – Ghidini – Gortani.

Jacini.

Preziosi.

Ravagnan.

Vanoni – Varvaro – Viale.

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato al pomeriggio.

Avverto che i lavori, nella seduta pomeridiana, saranno protratti fino alle ore 22, con una brevissima interruzione di mezz’ora verso le ore 19.

La seduta termina alle 13.