ASSEMBLEA COSTITUENTE
cccxv.
SEDUTA DI MARTEDÌ 2 DICEMBRE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Per un incidente al Congresso del Partito liberale:
Minio
Presidente
Corbino
Inversione dell’ordine del giorno:
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione
Targetti
Laconi
Mastino Pietro
Dominedò
Macrelli
Canevari
Lussu
Martino Gaetano
Moro
Cevolotto
Persico
Perassi
Nobile
Ambrosini
Fabbri
Uberti
Candela
Bubbio
D’Aragona
Gullo Fausto
Mortati
Codacci Pisanelli
Mastino Gesumino
Rossi Paolo
Moro
Arata
Corbino
Condorelli
Votazione segreta:
Presidente
Risultato della votazione segreta:
Presidente
Votazione nominale:
Presidente
Risultato della votazione nominale:
Presidente
Presentazione di una relazione:
Mastino Gesumino
Presidente
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alla 16.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.
(È approvato).
Per un incidente al Congresso del Partito liberale.
MINIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MINIO. Ho chiesto di parlare, perché ritengo necessario elevare una parola di protesta in quest’Aula contro l’insulto che ieri sera è stato fatto, nel corso della seduta pomeridiana del Congresso del Partito liberale, alla persona del Presidente della nostra Assemblea Costituente. Ritengo che nessun congresso sia obbligato ad invitare il nostro Presidente; ma, una volta che si vuole invitarlo, è dovere che sia fatto rispettare, perché egli rappresenta la nostra Assemblea, la prima Assemblea liberamente eletta dal popolo italiano.
Mi rammarico che un incidente così increscioso sia potuto avvenire e ritengo giusto esprimere qui il nostro sdegno per il fatto deplorevole, che dimostra, fra l’altro, la cattiva educazione di certe persone.
Non conosco il nome del delegato che si è permesso di ingiuriare un ospite nel suo Congresso; so soltanto che si è qualificato rappresentante dei liberali siciliani.
Egli ha detto che non era giusto usare cortesia «verso delle persone che adoperano il coltello». Io ritengo che il coltello lo adoperino soltanto i mafiosi siciliani, i soli che costui rappresentava al congresso liberale.
Prendo atto della protesta sollevata dall’onorevole Lucifero nella stessa sede del Congresso. Ma ho l’impressione che le sue parole siano state la difesa di un avvocato di ufficio.
Non mi interessa sapere se la carica che ricopre l’onorevole Terracini sia o non sia un’alta carica dello Stato: è una cosa che mi preoccupa ben poco. Quello che so, è che alto è il nome di Umberto Terracini, che per la libertà ha sacrificato tutta la sua vita. (L’Assemblea sorge in piedi e applaude lungamente).
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Corbino, se mi permette, vorrei, prima di darle la parola – e dopo le dichiarazioni dell’onorevole Minio – render noto che ieri sera stessa, in amichevoli e cordialissimi incontri, quella che credo di poter ritenere un’uscita verbale non ponderata di una persona che, nella sua individualità, non può certo pretendere di rappresentare un pensiero collettivo, è stata ridotta ad episodio senza importanza e rilievo.
Penso, d’altra parte, che l’unico elemento che avrebbe potuto eventualmente farlo prendere in considerazione e cioè una mancanza di rispetto all’Assemblea, sia del tutto mancato in questo episodio banalissimo. Ripeto che in ogni congresso, non può intendersi coinvolta la responsabilità collettiva nel gesto e nella parola di una persona sola. (Vivissime approvazioni).
Ha facoltà di parlare l’onorevole Corbino.
CORBINO. Io ringrazio il Presidente di aver voluto informare l’Assemblea delle parole che, a nome del Gruppo parlamentare liberale, io ho voluto recargli nel suo Gabinetto ieri sera, quando ho saputo dell’incidente. Incidente di cui non credo sia il caso di drammatizzare la portata perché, da parte nostra, non è mai mancato il senso di rispetto, non alla carica soltanto del Presidente dell’Assemblea Costituente, ma alla persona di Umberto Terracini, a cui tutti riconosciamo che svolge l’opera inerente alla sua carica con quel senso di dirittura morale e di superiorità personale che occorre in un Presidente di una Assemblea, come quella della quale noi tutti facciamo parte.
Con queste parole io intendo che, se pure qualche minima traccia di quello che il Presidente ha voluto chiamare un banale incidente fosse ancora rimasta nell’animo di qualcuno, questa traccia sia completamente eliminata, perché ad Umberto Terracini ed al Presidente dell’Assemblea confermiamo intiera la nostra stima e la nostra devozione. (Vivissimi applausi).
Inversione dell’ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, propongo di invertire l’ordine del giorno, e di passare quindi, senz’altro, al seguito della discussione del progetto di Costituzione, rinviando a più tardi la votazione segreta sui disegni di legge che sono stati discussi ieri
(Così rimane stabilito).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Ricordo che sono stati svolti tutti gli emendamenti agli articoli 127 e 128.
Mi perviene ora un emendamento, sostitutivo del quarto comma dell’articolo 127, presentato dagli onorevoli Ambrosini, Cappi, Tosato, Moro, Uberti, Codacci Pisanelli.
Poiché l’altra sera eravamo rimasti d’intesa che sarebbero stati accolti ancora emendamenti all’articolo 128, se fosse stato reso necessario dalle conclusioni che si sarebbero prese relativamente all’articolo 127, accetto questo emendamento, senza tuttavia dare ai presentatori la facoltà di svolgerlo.
L’emendamento è del seguente tenore:
«I giudici durano in carica dodici (o nove) anni e sono rinnovabili per un terzo ogni quattro (o tre) anni.
«La rinnovazione avverrà per estrazione a sorte nell’ambito di ognuno dei tre gruppi di membri della Corte rispettivamente nominati dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento riunito in seduta comune e dal Consiglio superiore della Magistratura.
«Alla sostituzione dei giudici cessati dall’ufficio si procede con lo stesso sistema di nomina di cui al primo comma del presente articolo».
Pregherei l’onorevole Ruini di esprimere il parere del Comitato su questo emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho potuto riunire il Comitato e promuovere il suo parere, perché l’emendamento è stato presentato proprio ora.
Come opinione personale mia, dopo qualche scambio di idee che ho avuto, osservo che lo scopo di dare una certa continuità e durata alla Corte costituzionale era raggiunta nel senso che nel testo da noi accettato non si stabiliva un periodo molto lungo per la carica (sette anni), ma non si vietava la rieleggibilità, così che chi avesse fatto buona prova poteva essere confermato senza limite di tempo.
Ora si vuole prendere la via di una maggior durata (si parla di dodici anni), ma con rinnovazione periodica per estrazione a sorte. Non so se lo scopo sia raggiunto meglio in questo modo, più complicato e meccanico dell’altro.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Desidererei dalla Commissione un chiarimento su questo punto. Nella formula proposta dalla Commissione, a proposito delle categorie entro le quali devono essere scelti i componenti della Corte delle garanzie, non è specificato se quest’obbligo di stare entro i limiti delle categorie si estenda anche al Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ruini a dare il chiarimento richiesto dall’onorevole Targetti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Posso dichiarare all’onorevole Targetti che il senso dell’emendamento accettato dal Comitato è questo: che le categorie sono stabilite per tutti, da qualunque fonte venga l’elezione. E ciò per assicurare in tutti le condizioni di competenza.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Devo confessare che io ed altri colleghi avevamo dato un’altra interpretazione; ma se questa è l’interpretazione – diciamo così – autentica della Commissione, allora noi vorremmo avere la possibilità, nonostante quello che ha dichiarato il nostro Presidente, di dare modo all’Assemblea di entrare in un ordine di idee diverso, vorremmo cioè presentare un emendamento che dica: «eletti dal Parlamento». Alle parole: «I membri della Corte costituzionale» aggiungere: «eletti dal Parlamento», e poi «debbono appartenere alle categorie, ecc.», in modo che l’Assemblea possa decidere se il Presidente della Repubblica deve avere una così limitata libertà di scelta. Dico subito che questa limitazione mi sembra inopportuna, perché (senza fare esempi, ma la possibilità di farne è manifesta) possono darsi casi in cui personalità della politica, od uomini eminenti in altri campi, siano indicati, per molte e molte qualità, a ricoprire quest’alto ufficio e non siano avvocati né professori di diritto.
È tanto vero che ciò può accadere, che può bastare guardarsi intorno per averne la conferma. Vedete, egregi colleghi, in questo momento passa davanti al mio banco l’onorevole Micheli. Chi potrebbe negargli le qualità per essere eletto alla Corte delle garanzie: eppure non sarebbe eleggibile! (Commenti).
PRESIDENTE. Sta bene. In analogia a quanto si è fatto per l’emendamento presentato dall’onorevole Ambrosini, ritengo che possiamo accogliere anche quello presentato in questo momento dall’onorevole Targetti. Allora, passiamo alla votazione dell’articolo 127 sul testo base presentato dagli onorevoli Conti, Monticelli, Leone Giovanni, Bettiol, Cassiani, Rossi Paolo, Avanzini, accettato dalla Commissione:
«Sostituirlo col seguente:
«La Corte costituzionale è composta di 15 membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dalle supreme Magistrature dell’ordine giudiziario e amministrativo.
«I membri della Corte costituzionale debbono appartenere alle seguenti categorie: magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori dell’ordine giudiziario e amministrativo; professori universitari di ruolo in materie giuridiche; avvocati dopo venti anni di esercizio, che con la loro nomina cessano di essere iscritti nell’albo professionale.
«La Corte elegge il presidente fra i suoi componenti.
«Il Presidente e i giudici durano in carica sette anni.
«L’ufficio di presidente o giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento e dei Consigli regionali e con ogni carica od ufficio indicati dalla legge».
Al primo comma di questo articolo vi sono i seguenti emendamenti, già svolti:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«I giudici della Corte sono nominati per un terzo dalla Camera dei deputati, per un terzo dal Senato e per un terzo dalle Assemblee regionali.
«Laconi, Molinelli, Landi, Nobile, Mattei Teresa, Montalbano, Barontini Ilio, Platone, Musolino, Boldrini, Noce Teresa, Rossi Maria Maddalena, Ricci Giuseppe, Togliatti, Bosi, Magnani».
«Sostituire il primo comma col seguente:
«Il Presidente della Repubblica nomina un terzo dei componenti della Corte. Gli altri due terzi sono nominati per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato della Repubblica.
«Targetti».
È chiaro che ha precedenza nella votazione l’emendamento proposto dall’onorevole Laconi. Su questa votazione è stato chiesto l’appello nominale dall’onorevole Laconi e da altri.
Faccio presente ai presentatori che questa richiesta può ritardare i nostri lavori.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Vorrei precisare, non c’è nessuna intenzione di ritardare i lavori dell’Assemblea; però la questione è di un interesse politico tale che non è possibile rinunziare alla richiesta di appello nominale.
MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO PIETRO. Mentre in un primo momento ritenevo opportuno dare voto favorevole alla proposta, in base alla quale le Assemblee regionali dovrebbero contribuire alla nomina dei componenti la Corte costituzionale, in un secondo momento ho deciso di non votare questa proposta, in quanto mi sembra più opportuna quella contenuta nell’emendamento Perassi, che consente meglio alle Regioni di avere una propria voce nel seno della Corte costituzionale.
DOMINEDÒ. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMINEDÒ. Signor Presidente, in conformità di quanto è stato osservato nella precedente discussione, dichiaro, anche a nome dei miei colleghi di Gruppo, che noi voteremo per l’emendamento Conti, fatto proprio dalla Commissione, come quello che ci sembra rappresentare più equilibratamente ed armonicamente l’afflusso proporzionale dei vari poteri dello Stato nella composizione della sovrastante Corte costituzionale, contemperando così l’esigenza politica con quella tecnica per la formazione del Supremo organo giurisdizionale.
Voteremo contro, di conseguenza, gli emendamenti Targetti e Laconi, oggi proposti.
MACRELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACRELLI. L’altra sera ebbi occasione di richiamare l’attenzione, soprattutto dell’onorevole Laconi, sull’emendamento presentato dall’onorevole Perassi. Volevo chiedere all’onorevole Laconi se conosce l’emendamento presentato dall’onorevole Perassi, che concilierebbe il nostro pensiero ed il suo per tutelare i diritti e gli interessi delle Regioni, ed invito, pertanto, l’onorevole Laconi a ritirare il suo emendamento per ripiegare su quello dell’onorevole Perassi.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Il mio emendamento tende a sodisfare due esigenze: una è certamente quella di dare voce alle regioni; l’altra esigenza è che la composizione della Corte sia una composizione democratica. Ora, l’emendamento dell’onorevole Perassi aggiunge soltanto certe appendici regionali, ma non muta la composizione della Corte. Quindi, credo di non poter accedere alla proposta Perassi e mantengo pertanto il mio emendamento.
CANEVARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANEVARI. A nome del mio Gruppo dichiaro che voteremo contro l’emendamento Laconi, perché voteremo a favore dell’emendamento Targetti. E vorrei cogliere l’occasione per pregare l’onorevole Laconi di non insistere sulla votazione per appello nominale, visto che dopo le dichiarazioni di voto espresse dai diversi gruppi, il suo emendamento presumibilmente non è destinato ad essere approvato.
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSSU. Io vedo nell’emendamento Laconi la buona volontà di creare un istituto democratico, ed in questo senso, esso merita tutta la nostra deferenza ed attenzione. D’altro canto, esaminando l’ultima parte del suo emendamento, è chiaro che i rappresentanti delle Regioni meno numerose, come gran parte del Mezzogiorno e del centro d’Italia, si troverebbero menomati, perché verrebbero a perdere quella rappresentanza che invece in altri emendamenti essi hanno. Pertanto, essendo la questione così importante, è chiaro che non possiamo vedere in questo emendamento lo stesso spirito democratico degli altri emendamenti. Noi voteremo pertanto contro e, quindi, l’onorevole Laconi e gli altri compagni farebbero opera serena se ritirassero la richiesta di appello nominale.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Per fare piacere all’onorevole Lussu ritiro la richiesta di appello nominale.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO GAETANO. Desidero dichiarare che anche i deputati liberali voteranno contro l’emendamento Laconi. Il voler ravvisare nella Corte costituzionale un contenuto politico tale per cui essa, per la sua formazione, per la sua composizione e per il suo funzionamento, debba essere un organo politico, è a parere nostro estremamente pericoloso.
Nella Corte costituzionale occorre piuttosto ravvisare un organo prevalentemente giurisdizionale. È chiaro che avrà un contenuto politico l’attività di questo organo giurisdizionale, poiché esso dovrà interpretare e le leggi e la Costituzione, però questo contenuto politico dovrà essere limitato quanto più è possibile. Tale limitazione (limitazione indispensabile perché la Corte costituzionale sia una effettiva garanzia) possiamo raggiungerla solo circondando e la formazione e la composizione e il funzionamento della Corte di determinate cautele. Per ciò che riguarda la formazione della Corte noi ravvisiamo queste cautele in quanto è disposto nel primo comma dell’emendamento Conti, Monticelli, Leone Giovanni ed altri, fatto proprio dalla Commissione, che per altro esattamente coincide con un mio emendamento, al quale noi restiamo fedeli.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Laconi:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«I giudici della Corte sono nominati per un terzo dalla Camera dei deputati, per un terzo dal Senato e per un terzo dalle Assemblee regionali».
(Non è approvato).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Targetti, del seguente tenore:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«Il Presidente della Repubblica nomina un terzo dei componenti della Corte. Gli altri due terzi sono nominati per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato della Repubblica».
Su questo emendamento è stata chiesta la votazione per appello nominale dall’onorevole Moro e altri. È stata anche chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Targetti, Bettinelli, Nobili Tito Oro, Zappelli, Mancini, Tega, Nobile, Laconi, Pastore Raffaele, Landi, Saccenti, Musolino, Tonello, Silipo e altri.
Procediamo, pertanto, alla votazione segreta.
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Risultato della votazione segreta.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti 305
Maggioranza 153
Voti favorevoli 144
Voti contrari 161
(L’Assemblea non approva)
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Alberti – Aldisio – Allegato – Ambrosini – Amendola – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Azzi.
Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Barontini Anelito – Bartalini – Bazoli – Bei Adele – Beilato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Benedettini – Benvenuti – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bibolotti – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bucci – Burato.
Caccuri – Caiati – Cairo – Camangi – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Chiostergi – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Clerici – Codacci Pisanelli – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonnetti – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Olindo.
Damiani – D’Amico – D’Aragona – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Giovanni – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrarese – Ferrario Celestino – Fiorentino – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.
Galati – Galioto – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Germano – Gervasi – Ghidetti – Giacchero – Giolitti – Giordani – Giua – Gotelli Angela – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Jervolino.
Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Lettieri – Lizier – Longo – Lozza – Lucifero – Lussu.
Macrelli – Magnani – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Marinelli – Martino Gaetano – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Mentasti – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montemartini – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Musolino – Musotto.
Nasi – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paratore – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Perugi – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Pollastrini Elettra – Preti – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.
Quintieri Adolfo.
Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Ruini.
Saccenti – Salerno – Sampietro – Sansone – Sardiello – Scalfaro – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Sereni – Sicignano – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spataro – Stella.
Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Turco.
Uberti.
Valenti – Veroni – Vicentini – Vigo – Villani – Vischioni – Volpe.
Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zuccarini.
Sono in congedo:
Angelini.
Carmagnola – Cavallari.
De Vita – Dugoni.
Ghidini – Gui.
Jacini.
Preziosi.
Ravagnan – Rubilli.
Vanoni – Varvaro – Viale.
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 127 nel testo della Commissione:
«La Corte costituzionale è composta di quindici membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dalle supreme Magistrature dell’ordine giudiziario e amministrativo».
(Dopo prova e controprova, è approvato).
Passiamo al secondo comma:
«I membri della Corte costituzionale debbono appartenere alle seguenti categorie: magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori dell’ordine giudiziario e amministrativo; professori universitari di ruolo in materie giuridiche; avvocati dopo venti anni di esercizio, che con la loro nomina cessano di essere iscritti nell’albo professionale».
L’onorevole Targetti ha proposto di aggiungere, dopo le parole: «della Corte costituzionale» le altre: «eletti dal Parlamento».
A tenore di questo emendamento la scelta in queste categorie è obbligatoria soltanto per quella parte della Corte costituzionale che deve essere eletta dal Parlamento, e non rappresenta, invece, un vincolo per quella parte che deve essere nominata dal Presidente della Repubblica e, evidentemente, neppure per quella nominata dalla Magistratura.
Pertanto il testo nella formulazione proposta dall’onorevole Targetti sarebbe il seguente:
«I membri della Corte costituzionale eletti dal Parlamento debbono appartenere alle seguenti categorie:».
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Pongo un quesito: coloro che desiderano votare contro le categorie in senso assoluto, ma che voterebbero subordinatamente la proposta dell’onorevole Targetti, come possono regolarsi?
PRESIDENTE. Mi pare intanto che ci sia un mezzo molto semplice, per quanto un po’ noioso, perché impegna a numerose votazioni: chiedere che si voti per divisione e votare contro in tutte le votazioni.
LACONI. La mia domanda, signor Presidente, conteneva implicitamente una richiesta: non potrebbe, cioè, mettere in votazione l’emendamento soppressivo prima di quello Targetti?
PRESIDENTE. Non è possibile, onorevole Laconi, anzitutto perché sappiamo, dagli emendamenti presentati, che fra coloro i quali votano per le categorie c’è diversità, perché alcuni vogliono che le categorie valgano per tutti i tre terzi, dei membri della Corte costituzionale, altri che valgano soltanto per un terzo. E, questi ultimi colleghi, che hanno presentato un emendamento apposito, hanno diritto di farlo valere.
Presenti un emendamento, onorevole Laconi, che dica esplicitamente:
«I membri della Corte costituzionale non sono vincolati all’appartenenza ad alcuna categoria».
È un emendamento positivo che si può mettere in votazione; mentre non si può mettere in votazione un emendamento soppressivo del comma.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Ho chiesto di parlare per questa ragione: il mio emendamento tendeva a lasciare libertà di scelta al solo Presidente della Repubblica. Ma, dato il risultato della votazione testé avvenuta, l’emendamento resterebbe collocato in modo da dare libertà di scelta anche al Consiglio Superiore della Magistratura; e di questo non vi sarebbe proprio ragione.
Quindi, se c’è modo di limitare questa libertà di scelta al Presidente della Repubblica, insisto nel mio emendamento: se, invece, l’articolo venisse ormai congegnato in modo da estendere questa facoltà anche al Consiglio Superiore della Magistratura, dovrei ritirarlo, giacché l’Assemblea deve convenire che questa libertà di scelta al Consiglio Superiore della Magistratura non avrebbe quelle giustificazioni che valgono per il Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Non è difficile presentare una formula che esprima questa sua opinione: che questo vincolo non valga per il Presidente della Repubblica. Rediga un emendamento in tal senso.
TARGETTI. Basta che mi dia facoltà di presentare una nuova formula.
PRESIDENTE. Siamo sempre pronti ad accettare emendamenti.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Vorrei ancora proporre, se è possibile, che si proceda alla votazione di questo comma secondo un criterio di divisione logica; cioè si votino le categorie singolarmente per ciascuno dei tre gruppi, in modo che sia possibile votare pro o contro le categorie, in riferimento ai diversi gruppi.
PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?
RUINI, Presidente della Commissione per la. Costituzione. Mi pare che potremmo ottenere chiarezza di votazione con questo sistema. La proposta del Presidente dell’Assemblea mi pare giusta. Si può partire dalla formula più radicale e generale dell’onorevole Laconi, che per nessuno dei tre gruppi di eletti (dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento, dai magistrati) è richiesto nessun requisito, nessuna appartenenza a date categorie. Viene poi la posizione dell’onorevole Targetti, per la quale soltanto il Presidente della Repubblica può, nella sua nomina, prescindere da ogni categoria; cioè «tranne per i membri eletti dal Presidente della Repubblica, gli altri membri devono appartenere alle seguenti categorie». Tali sono le configurazioni logiche dei due concetti, salvo la loro più opportuna formulazione.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Proporrei di dire: «i membri della Corte costituzionale nominati dal Parlamento e dal Consiglio Superiore della Magistratura devono appartenere alle seguenti categorie».
PRESIDENTE. Onorevole Laconi, mi precisi meglio la sua ultima richiesta. Lei ha chiesto la votazione per divisione. Questa richiesta si riferisce solo alle tre categorie qui indicate, oppure lei chiede che per ognuno dei terzi che costituiscono la Corte costituzionale si debba votare sulle tre categorie dalle quali dovrebbero essere scelti?
LACONI. Penso che l’essenziale sia stabilito sul primo punto se si fa una condizione diversa per gli appartenenti a ciascuno dei tre gruppi o se si fa la stessa condizione a tutti i giudici della Corte costituzionale. Risolto questo, si può passare alle tre categorie.
PRESIDENTE. Successivamente c’è la proposta dell’onorevole Targetti, così riassunta attraverso le parole dell’onorevole Ruini: «tranne che per i membri nominati dal Presidente della Repubblica, i membri della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie».
Date le tendenze manifestatesi nell’Assemblea penso che non sia necessario seguire la successione logica alla quale l’onorevole Laconi si richiama. Pertanto, propongo di procedere soltanto a queste tre votazioni:
1°) Esclusione generale di categorie per tutti i membri;
2°) Esclusione dei membri nominati dal Presidente della Repubblica;
3°) Categorie per tutti i membri che devono essere nominati.
Attraverso queste tre votazioni si possono manifestare le singole opinioni.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Chiedo che si ponga in votazione distintamente l’appartenenza alle categorie anche per i membri designati dalle Camere, non soltanto per i membri nominati dal Presidente della Repubblica.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi sembra che il Presidente abbia posto chiaramente la questione.
Dobbiamo prima votare il principio che non c’è categoria per nessuno dei tre gruppi. Nella logica si deve votare prima la proposta dell’onorevole Laconi.
TARGETTI. Propongo la seguente formulazione:
«Tranne che per quelli eletti dal Presidente della Repubblica, i membri debbono appartenere, ecc.».
PRESIDENTE. Credo che si possa votare sui seguenti punti:
1°) Scelta dei membri della Corte costituzionale non vincolata alla loro appartenenza ad alcune categorie;
2°) (formula Targetti): Tranne che per quelli nominati dal Presidente della Repubblica, i membri della Corte costituzionale devono appartenere a certe categorie;
3°) Categorie cui debbono appartenere tutti i membri della Corte.
Porrò in votazione il principio a tenore del quale nessuno dei membri della Corte costituzionale deve obbligatoriamente appartenere ad una determinata categoria.
MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo contro le proposte che lasciano libera scelta per quanto riguarda la qualità dei giudici della Corte costituzionale, perché pensiamo che la limitazione ad alcune categorie serva per dare all’Alta Corte prestigio, serietà ed imparzialità.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la seguente formulazione che, come ha già detto l’onorevole Ruini, sarà destinata ad essere inserita nel testo dell’articolo o ad esserne esclusa a seconda della formulazione finale dell’articolo, salvo il merito della votazione stessa:
«La scelta dei membri della Corte costituzionale non è vincolata all’appartenenza ad alcuna categoria».
(Dopo prova e controprova non è approvata).
Passiamo alla seconda formula:
«Tranne che per i membri nominati dal Presidente della Repubblica, i membri della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie».
Questa formulazione significa che per i membri della Corte costituzionale che devono essere eletti dal Parlamento o nominati dalle supreme Magistrature v’è l’obbligo dell’appartenenza a determinate categorie. Quindi, resterebbe un terzo libero, quello nominato dal Presidente della Repubblica.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Mi sembra che si potrebbero mettere in votazione separatamente le eccezioni al principio dell’appartenenza a determinate categorie.
PRESIDENTE. Ritengo che col sistema di votazioni adottato non si pregiudichi alcuna tesi.
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Dichiaro che voterò contro questo emendamento, in quanto ritengo che tutti i membri dell’Alta Corte costituzionale devono essere scelti tra le categorie che hanno una sicura competenza tecnica oltreché politica. Si tratta della più alta Magistratura della Repubblica. Nemmeno la scelta del Presidente della Repubblica può essere del tutto libera in questa materia. È essenziale, perché l’Alta Corte possa agire rispondendo alle ragioni per le quali fu creata, che sia costituita da elementi tecnicamente competenti. Dalle categorie indicate dalla legge costituzionale potranno essere tratti elementi che alla competenza tecnica uniscano la necessaria esperienza politica.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la seguente formulazione:
«Tranne che per i membri nominati dal Presidente della Repubblica, i membri della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie».
(Non è approvata).
Passiamo alla formulazione successiva:
«I membri della Corte costituzionale eletti dal Parlamento devono appartenere alle seguenti categorie».
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Abbiamo votato adesso negativamente sulla proposta che la scelta del Presidente della Repubblica possa avvenire fuori delle categorie.
Perciò abbiamo votato che anche i membri eletti dal Presidente della Repubblica devono appartenere a determinate categorie.
Votando adesso la formula proposta dal Presidente, cioè che solo i membri eletti dal Parlamento appartengano a determinate categorie, verremo ad escludere quello che abbiamo già votato, cioè che i membri eletti dal Presidente devano anche essi appartenere a determinate categorie. Credo che la votazione non possa farsi in questo modo.
PRESIDENTE. La sua osservazione è giusta. Pongo in votazione la formulazione seguente:
«Tranne che i membri eletti dal Parlamento, i componenti della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie».
(Non è approvata).
Pongo ora in votazione la formula proposta dalla Commissione:
«I membri della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie».
Se nessuno chiede che sulle categorie si voti per divisione, potremo votare tutto il comma, indicando anche le categorie.
PERSICO. Chiedo di parlare.
RESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Se non si vota per divisione, propongo che alle parole «professori di ruolo» siano sostituite le parole «professori universitari ordinari» perché professori di ruolo sono anche gli incaricati.
PRESIDENTE. L’onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato aveva in un primo tempo, nell’accettare l’emendamento Conti, posto che il professore doveva essere ordinario. Presentata una nuova proposta io ed alcuni colleghi non saremmo personalmente contrari ad ammettere tutti i professori che danno sufficiente garanzia di competenza.
PERASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERASSI. Ricordo che su questo emendamento io ebbi già a parlare come relatore di turno; nel testo allora letto si era adottata la stessa formula usata anche per il Consiglio Superiore della Magistratura, cioè «professori ordinari di materie giuridiche». Dicendosi «professori di ruolo» si introduce una modifica, che, a mio avviso, non sembra conveniente.
La categoria dei professori di ruolo comprende, infatti, gli straordinari e gli ordinari. Ora, il professore straordinario, secondo la legge attuale, è nominato in prova; dopo tre anni è sottoposto ad un giudizio, in seguito al quale, se favorevole, egli diventa professore titolare definitivo.
A me pare non sia opportuno che in una Corte Suprema segga un membro, il quale si trovi nella situazione giuridica di un professore in prova che deve sottostare ad un giudizio di conferma.
Aggiungo un’altra considerazione: nel testo definitivo dell’emendamento viene limitata la scelta dei magistrati a quelli delle giurisdizioni superiori, il che significa dire, per lo meno, da Consigliere di Corte d’appello in su, e per gli avvocati si esigono venti anni di esercizio. Ora mi pare che per ragioni di coerenza e di eguaglianza di trattamento non sia il caso di concedere ai professori universitari un trattamento così diverso dagli altri, includendovi anche i professori straordinari, che possono essere valorosi, ma anche giovanissimi. Per questo è meglio attenersi al testo che la Commissione aveva originariamente proposto: «professori ordinari».
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del secondo comma:
«I membri della Corte costituzionale devono appartenere alle seguenti categorie: magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori dell’ordine giudiziario o amministrativo».
(È approvata).
Passiamo alla votazione della seconda categoria con l’emendamento dell’onorevole Persico:
«Professori universitari ordinari di materie giuridiche».
NOBILE. Chiedo di parlare per una dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Voterò l’emendamento dell’onorevole Persico per questa considerazione: che mentre nel testo della Commissione vi sono limitazioni per i magistrati e per gli avvocati, non ve ne è nessuna per i professori di ruolo, sicché anche un professore straordinario, appena nominato, potrebbe essere eletto membro dell’Alta Corte. Dato che non vedo il perché di una tale eccezione, dichiaro che voterò a favore dell’emendamento Persico, il quale, almeno in parte, vale ad eliminarla.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il testo con l’emendamento dell’onorevole Persico.
«Professori universitari ordinari in materie giuridiche».
(È approvato).
Pongo in votazione l’altra categoria:
«Avvocati dopo venti anni di esercizio che con la loro nomina cessano di essere iscritti nell’albo professionale».
(È approvata).
Pongo in votazione il terzo comma:
«La Corte elegge il presidente fra i suoi componenti».
(È approvato).
Il quarto comma nel testo formulato dalla Commissione dice:
«Il Presidente e i giudici durano in carica sette anni».
L’onorevole Gullo Fausto propone di sostituire alla parola: «giudici», la parola: «componenti».
Quale è il parere della Commissione?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho difficoltà che si voti ora su questa espressione, salvo poi riesaminare e scegliere il termine migliore in sede di coordinamento.
AMBROSINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMBROSINI. Secondo l’emendamento accettato dalla Commissione i giudici durano in carica sette anni, mentre faccio osservare che con il nostro emendamento tale durata è portata a 12 anni.
PRESIDENTE. Per adesso, onorevole Ambrosini, voteremo sull’emendamento Gullo Fausto, inteso a sostituire al termine «giudici» il termine «componenti».
FABBRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABBRI. Propongo di aggiungere dopo le parole «i componenti», le parole «della Corte».
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Si potrebbe voltare prima il Presidente e poi i membri, perché nella formulazione attuale pare che il Presidente duri in carica per nove anni in quanto tale, cioè in quanto Presidente.
PRESIDENTE. Non so quale risultato si raggiunge, se non si propone un emendamento che indichi un rinnovamento dei membri ad epoche diverse di quello del Presidente.
LACONI. Io desidero votare perché il Presidente duri in carica nove anni in quanto membro, non in quanto Presidente.
PRESIDENTE. L’onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Si potrebbe votare sopprimendo «Presidente» e dicendo «i componenti della Corte» oppure «i membri della Corte».
UBERTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI. Secondo me è preferibile usare la parola «giudici», che sottolinea il carattere giurisdizionale della Corte.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la seguente formulazione:
«I membri (salvo a decidere poi se si dovrà dire, invece «componenti» o «giudici») della Corte durano in carica…» senza citazione specifica del Presidente, dato che l’onorevole Laconi ha posto in evidenza che il Presidente, da questo punto di vista, non è che un semplice membro dell’Alta Corte, e, quindi, non è necessario fare distinzioni.
(È approvata).
Pongo in votazione la proposta Gullo di sostituire alla parola: «membri», l’altra: «componenti».
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Pongo in votazione la proposta di sostituire alla parola: «membri», l’altra: «giudici».
(È approvata).
Ed ora passiamo al termine di durata che la Commissione propone di sette anni.
L’onorevole Martino Gaetano ha proposto nove anni, ma è assente.
CANDELA. Faccio mia questa proposta.
PRESIDENTE. Vi è anche l’emendamento dell’onorevole Ambrosini, del seguente tenore:
«I giudici durano in carica dodici (o nove) anni e sono rinnovabili per un terzo ogni quattro (o tre) anni.
«La rinnovazione avverrà per estrazione a sorte nell’ambito di ognuno dei tre gruppi di membri della Corte, rispettivamente nominati dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento riunito in seduta comune e dal Consiglio Superiore della Magistratura.
«Alla sostituzione dei giudici cessati dall’ufficio si procede con lo stesso sistema di nomina, di cui al primo comma del presente articolo».
Chiedo all’onorevole Ambrosini se intenda di lasciare tuttora indeterminata la durata della carica o se creda invece di determinarla.
AMBROSINI. Mi permetto di rilevare l’opportunità di scegliere il termine di dodici anni, specialmente ove si tenga presente la prima parte del mio emendamento in relazione con la seconda. Noi crediamo, infatti, che si debba assicurare una stabilità ed una continuità nel lavoro di questa Corte, la quale deve affrontare le questioni fondamentali per la vita delle istituzioni.
D’altra parte, ci rendiamo conto che è opportuno che la Corte sia periodicamente rinnovata, perché eventuali nuove correnti della coscienza nazionale possano recare ad essa ed avere in essa il loro peso. È per questa ragione che noi proponiamo il rinnovamento parziale dopo tre o quattro anni, a seconda della prevalenza del termine di nove o di dodici anni; termine di dodici anni che raccomando all’Assemblea.
Si otterranno in tal modo due scopi: in primo luogo la continuità del lavoro della Corte e conseguentemente, quindi, la stabilità della giurisprudenza; in secondo luogo, si otterrà quell’avvicinamento della Corte stessa alle correnti della coscienza pubblica che nel frattempo siano mutate nel Paese, cui poco anzi accennavo.
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ruini a pronunciarsi al riguardo a nome della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sulla durata in carica dei membri della Corte costituzionale furono affacciate, nei nostri lavori, diverse idee. Si parlò anche di una nomina vitalizia, secondo l’esempio che vi è in vari Stati, ad esempio negli Stati Uniti d’America. La Commissione si pronunciò originariamente per la durata di nove anni. Qui in Assemblea si propone sette anni.
Penso, comunque, che la proposta dell’onorevole Ambrosini sia subordinata alla deliberazione che noi prenderemo circa il sistema del rinnovamento parziale. Sarebbe pur logico votare prima su tale punto.
PRESIDENTE. Onorevole Ambrosini, accede al criterio che si ponga in votazione il suo emendamento dopo che si sarà votato intorno alla questione del rinnovamento parziale?
AMBROSINI. Vi accedo, onorevole Presidente.
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Vorrei sapere se nel rinnovamento parziale è compreso anche il Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Persico, è evidente: anche egli è compreso nel numero dei membri.
BUBBIO. Chiedo di parlare per un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUBBIO. Desidererei sapere se, dato che la scelta dei membri di questa Corte è fatta da tre fonti, la rinnovazione avverrà nel coacervo, oppure in rapporto a ciascuna fonte distinta?
PRESIDENTE. Mi sembra che ciò risulti ben chiaro dal testo dell’emendamento dell’onorevole Ambrosini.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Dovremo decidere prima il principio del rinnovamento parziale e periodico, e del sorteggio, che avrà luogo una prima volta, e poi per un certo tempo non occorrerà più, finché non sia compiuto il ciclo di rinnovamento per quelli rimasti in carica. La forma dell’articolo dovrà essere modificata in tal senso.
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Il Presidente ha messo in rilievo che anche il Presidente della Corte costituzionale è fra i membri che possono essere sorteggiati.
In questo caso dovremmo preoccuparci di un’altra questione: cioè, se sono rieleggibili o no. Perché, se non fossero rieleggibili, sarebbe molto curioso che il Presidente dovesse decadere dopo soli tre o quattro anni.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non c’è niente di male. Viene colpito come gli altri.
CEVOLOTTO. Mi pare che la questione della rieleggibilità dovrebbe essere posta prima.
PRESIDENTE. Onorevole Ruini, vuole esprimere il parere della Commissione?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La questione della rieleggibilità mi pare distinta da quella posta dall’onorevole Cevolotto. Il divieto di rieleggibilità non vi è nell’emendamento dell’onorevole Ambrosini, e sembrerebbe opportuno che non vi sia. Il sistema del rinnovamento consente di non cristallizzare la composizione della Corte; ed alle parziali scadenze si potranno far valere le nuove correnti, di cui parla l’onorevole Ambrosini; ma è meglio che nulla vieti di rieleggere chi si è mostrato degno e capace, ed ha la fiducia anche delle nuove correnti.
D’ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. Se non erro, i membri dovrebbero essere quindici: cinque, per ogni categoria. Mi domando come sarà possibile procedere ad un rinnovamento parziale, dato che è impossibile dividere la cifra in parti uguali.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ricordo all’Assemblea che il numero dei membri della Corte costituzionale non l’abbiamo ancora stabilito. Ci siamo riservati di stabilirlo in seguito.
PRESIDENTE. No, permetta, onorevole Ruini, abbiamo già votato il primo comma del testo della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo scusa se non avevo avvertito che abbiamo già votato il numero di quindici. In una seduta, nella quale, per un’indisposizione, non ci presiedeva l’onorevole Terracini e presiedeva invece l’onorevole Conti, quando venne la questione del numero, si decise di rinviarla a quando si fosse esaminato tutto l’insieme dell’articolo. Quindi, supponevo che nel primo comma fosse stata sospesa l’indicazione del numero. Invece si è stabilito, senza che io l’avvertissi, il numero di quindici. Sarebbe stato meglio tenere in sospeso la indicazione del numero perché, col sistema del rinnovamento periodico, d’un terzo o d’un quarto ogni tanti anni, bisogna che il numero dei giudici di ogni gruppo (eletti dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento, dai magistrati) sia divisibile per tre o per quattro. Se il numero dei giudici in complesso è quindici, e la rinnovazione avviene per un terzo, avremo difficoltà; occorrerebbe che il numero complessivo, fosse ad esempio, diciotto.
NOBILE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Credo che sia molto utile la proposta che sto per fare. Riferendomi a quanto diceva testé il Presidente della Commissione, a me pare che non si possa tornare sopra alle deliberazione già prese circa il numero dei membri; ma d’altra parte si può ovviare all’inconveniente fatto presente, rinnovando per un quinto e non già per un terzo.
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ruini di dirmi a quale delle due dichiarazioni la Commissione si attiene. Quando ho dato lettura – all’inizio della seduta – dell’emendamento Ambrosini, la Commissione ha dichiarato di non accettarlo. Ora ho l’impressione, dalle ultime dichiarazioni dell’onorevole Ruini, che la Commissione abbia cambiato parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione, non essendosi potuta riunire perché la proposta è stata avanzata in principio di seduta, non può che mantenere il suo testo. Le mie osservazioni sono subordinate alla possibilità che l’emendamento dell’onorevole Ambrosini sia accolto, perché allora sorgerebbe la difficoltà che occorre far presente.
BUBBIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUBBIO. Ritengo che la difficoltà accennata dal Presidente della Commissione dei Settantacinque possa essere superata in questo senso. Noi riteniamo che sia sufficiente il numero di quindici giudici e forse non conviene eccedere nel numero per ragioni burocratiche che sono intuitive.
In rapporto all’estrazione a sorte, basterebbe rinnovare la prima volta due consiglieri su cinque, la seconda volta lo stesso, la terza uno su cinque.
PRESIDENTE. Per fare accogliere nei limiti del possibile la richiesta dell’onorevole Cevolotto e di altri colleghi, penso che l’onorevole Ambrosini non si opponga a che il primo comma del suo emendamento sia modificato. Il suo testo dice:
«I giudici durano in carica dodici (o nove) anni e sono rinnovabili per un terzo ogni quattro (o tre) anni».
Si potrebbe invece dire:
«I giudici sono rinnovabili per un terzo ogni tre (o quattro) anni e durano in carica nove (o dodici) anni».
In questa maniera viene sodisfatta la richiesta di conoscere prima il termine del rinnovamento e se questo rinnovamento è periodico, per stabilire successivamente in correlazione il termine di durata della carica.
AMBROSINI. Accetto senz’altro, perché il principio, che mi pare sia necessario ed opportuno affermare, è quello della rinnovabilità.
RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi pare che la difficoltà del terzo sussista, perché se sono quindici e cioè cinque per ogni gruppo, come si fa a fare il terzo di cinque? Se non si vuol modificare la cifra di giudici, si spiega la proposta Nobile di rinnovazione del quinto.
PRESIDENTE. Rinnovabili, allora, per un quinto.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Le improvvisazioni non sono facili, specialmente in un Comitato di redazione, quale vorrebbe essere un’Assemblea di 500 membri. Se mettiamo rinnovazione d’un quinto, occorrerebbe uno spazio di tempo non breve per completare il ciclo di rinnovamento.
Una voce. Dieci anni.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La rinnovazione ogni due anni può sembrare eccessiva, e non in armonia coi criteri di durevolezza.
CANEVARI. Rinunziamo a questo emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non si può improvvisare. La rinnovazione offrirebbe meno inconvenienti se avvenisse ogni tre anni. Vediamo ad ogni modo di trovare una buona via.
AMBROSINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMBROSINI. Se c’è questa titubanza riguardo la modalità concreta di applicazione del principio della rinnovabilità, potremmo affermare il principio: «rinnovabili secondo le norme stabilite dalla legge». Una legge sarà necessaria per il regolamento della Corte ed allora questa, che è una particolarità di applicazione, potremo demandarla al futuro legislatore.
RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Richiamo l’onorevole Ambrosini all’avvertimento che gli è venuto dal suo collega Fuschini e che era prima condiviso dalla sua parte, che, in principio, proponeva la nomina a vita.
Non potendo aver questo, sembra che, per prolungare il termine della durata in carica, ad esempio a dodici anni, si sia pensato al rinnovamento parziale e periodico; ma ciò presenta inconvenienti, che non si possono nascondere. La garanzia di continuità e durevolezza potrebbe meglio raggiungersi con la durata di nove anni senza rinnovamenti e sorteggi, ammettendo d’altra parte la rieleggibilità.
AMBROSINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMBROSINI. Sono completamente di accordo. L’interessante è affermare nella Costituzione il principio della rinnovabilità. Data la ristrettezza del tempo che ci resta per compiere i nostri lavori (che debbono assolutamente concludersi subito) possiamo rimandare alla legge il disciplinamento completo dell’applicazione del principio.
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Io voterò contro l’emendamento, perché il rinviare alla legge la risoluzione delle difficoltà che abbiamo constatato e riconosciuto non le attenua, anzi non fa che dissimulare queste difficoltà, che ci sono e rimarranno. Per superarle, il meglio è non votare questa formula. Anche per dare alla Corte costituzionale, dopo la prima nomina, un sufficiente periodo di tempo per organizzarsi e orientare la propria giurisprudenza.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la seguente, formula:
«I giudici sono rinnovabili secondo le norme che saranno stabilite dalla legge».
(È approvata).
Ora si tratta di stabilire il termine di durata in carica.
GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO FAUSTO. Dato che l’Assemblea ha ritenuto di rinviare alla legge la rinnovabilità o meglio la disciplina per la rinnovabilità, sarebbe opportuno rinviare alla legge anche la fissazione della durata della carica, perché le due questioni sono intimamente legate. Non si può decidere su una e rinviare la decisione dell’altra. Io penso sia opportuno e prudente rinviare alla legge entrambe le questioni.
AMBROSINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMBROSINI. Siamo contrari alla proposta dell’onorevole Gullo, perché riteniamo che sia indispensabile fissare già nella Costituzione il termine di durata dell’ufficio dei giudici della Corte costituzionale.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. A questo punto è assolutamente indispensabile che non si fissi la durata. Altrimenti cade la proposta dell’onorevole Ambrosini. È evidente che introducendo un rinnovamento parziale ci sarà un certo numero di giudici che durano di meno. Quando stabiliamo disposizioni tassative per cui i giudici devono durare dodici o nove anni, togliamo la possibilità alla legge di domani di stabilire che due terzi dei primi giudici dureranno per un periodo minore. O noi prevediamo interamente il sistema nella Costituzione, o non possiamo prevedere la durata: perché impediamo che la proposta Ambrosini venga domani attuata dalla legge.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Gullo, secondo la quale si rimette alla legge anche l’indicazione della durata in carica dei giudici della Corte costituzionale.
(Non è approvata).
Passiamo alla proposta dell’onorevole Ambrosini: «I giudici durano in carica dodici anni».
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Voglio far presente che, col sorteggio subito dopo tre anni, è minata la continuità proprio nel periodo iniziale di esperimento della Corte, in cui non occorrerebbe che intervenisse il sorteggio.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. L’onorevole Ruini ha, sia pure tardivamente, apprezzato l’osservazione nostra di poco fa. A me pare che nella sua dichiarazione sia contenuta la proposta di aggiungere: «hanno una durata massima di dodici anni». Ma se non si dice, si esclude che abbiano una durata inferiore; e quindi si esclude la proposta Ambrosini.
PRESIDENTE. Onorevole Laconi, mi pare che lei confonda la questione. Si potrà al massimo dire che, se la legge stabilirà che la prima o la seconda rinnovazione avvengano per estrazione, allora è certo che un dato numero di giudici nella prima tornata non resterà in carica dodici anni; ma, quando il meccanismo si sarà messo in moto, tutti i giudici resteranno in carica dodici anni.
Pongo in votazione la proposta Ambrosini: «I giudici durano in carica dodici anni».
(È approvata).
Decade così tutta la seconda parte dell’emendamento Ambrosini, che si riferiva al modo col quale avrebbe dovuto avvenire la rinnovazione.
Vi è adesso l’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano a tenore del quale «i giudici non sono rieleggibili».
L’onorevole Mortati propone la formula:
«I giudici non sono immediatamente rieleggibili».
L’onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Faccio osservare all’onorevole Martino che, se il suo emendamento aveva tutta la ragion di essere quando non si era stabilito il rinnovamento parziale, ora che questo rinnovamento è stato stabilito ed è stata introdotta la possibilità o di portare correnti nuove o di confermare quelle antiche, che avevano mostrato capacità in questo ufficio, il suo emendamento perde la sua ragion d’essere.
Credo sia opportuno non ammetterlo e lasciare la rieleggibilità, tenendo presente che la rinnovabilità adempie al compito di permettere che correnti nuove penetrino in questo istituto. Se no, vi sarebbe quasi un giudizio di incapacità per coloro che, pure essendo degni di rimanere, sarebbero nella impossibilità di essere confermati.
PRESIDENTE. Onorevole Candela, lei aveva fatto suo l’emendamento Martino?
CANDELA. Sì. È questione di consentire un avvicendamento nelle altissime funzioni.
Il Presidente della Repubblica non potrà essere rieletto; non per questo avrà il brevetto di indegnità.
In sostanza, posso accettare l’emendamento Mortati al nostro emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho parlato di indegnità. Ho detto che, stabilito il concetto della rinnovabilità parziale, veniva meno la necessità del divieto. Mi pare che sia un concetto molto chiaro e preciso.
CANDELA. La sostanza dell’emendamento è un’altra: è di impedire che in certi posti non avvenga l’avvicendamento.
MORTATI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTATI. A me pare che la ragione che aveva ispirato la proposta dell’onorevole Martino Gaetano non fosse quella detta dall’onorevole Candela, di assicurare l’avvicendamento, bensì l’altra di assicurare l’indipendenza del giudice.
L’onorevole Martino si preoccupava cioè che la rieleggibilità non importasse nel giudice conformismo a quella autorità, da cui avrebbe dovuto desumere la nuova investitura. Questo problema non è stato toccato dall’onorevole Ruini. Siccome occorre da una parte soddisfare questa esigenza ed assicurare dall’altra che quelle competenze utilizzabili per il difficile compito di giudice della Corte, che in Italia non sono moltissime, non vengano definitivamente escluse da una ulteriore utilizzazione, mi pare che sia opportuno scegliere una via di mezzo ed ammettere la rieleggibilità ma non immediatamente, cioè con intervalli costituiti dai turni che la legge stabilirà per il rinnovamento parziale. Per queste ragioni mantengo il mio emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula:
«I giudici non sono immediatamente rieleggibili».
(È approvata).
Vi sono ora due emendamenti aggiuntivi proposti dall’onorevole Nobile. Pongo in votazione il primo che è del seguente tenore:
«I membri della Corte costituzionale appartenenti ai ruoli della Magistratura non potranno esser promossi, durante il tempo in cui apparterranno alla Corte stessa, se non per diritto di anzianità».
(Non è approvato).
Il secondo emendamento dell’onorevole Nobile è del seguente tenore:
«I membri della Corte, che per un caso qualsiasi, tranne quello di rinnovo, cessassero di far parte di essa prima dello spirare del termine, verranno sostituiti da altri, da nominarsi dagli stessi corpi che avevano nominati i membri cessati».
NOBILE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Vorrei dar conto brevemente di questa proposta. In fondo intendevo con essa semplicemente eliminare una lacuna; infatti nulla si è stabilito di ciò che avverrà nei casi in cui un membro sia dimissionario, o venga malauguratamente a cessare di vivere. Si dovrà in tali casi provvedere alla sostituzione? Se si dovrà provvedervi bisognerà specificare in qual modo. A questo mira il mio emendamento. Mi sembra che il problema meriti di essere esaminato e risolto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Nobile.
(Dopo prova e controprova non è approvato).
Pongo in votazione l’ultimo comma del testo della Commissione nella seguente definitiva formulazione:
«L’ufficio di giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento o dei Consigli regionali e con ogni carica od ufficio indicati dalla legge».
(È approvato).
Pongo in votazione l’articolo 127-bis proposto dall’onorevole Perassi:
«Quando il giudizio avanti la Corte verte sulla costituzionalità di una legge regionale o su un conflitto di attribuzioni fra lo Stato ed una Regione, la Regione interessata ha la facoltà di designare una persona, scelta fra le categorie indicate nell’articolo precedente, per partecipare alla Corte come giudice».
(Non è approvato).
L’articolo 127 risulta, nel suo complesso, così approvato, salvo coordinamento:
«La Corte costituzionale è composta di 15 membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature dell’ordine giudiziario e amministrativo.
«I membri della Corte costituzionale debbono appartenere alle seguenti categorie: magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori dell’ordine giudiziario e amministrativo; professori universitari ordinari di materie giuridiche; avvocati dopo venti anni di esercizio, che con la loro nomina cessano di essere iscritti nell’albo professionale.
«La Corte elegge il presidente fra i suoi componenti.
«I giudici sono rinnovabili secondo le norme che saranno stabilite dalla legge; durano in carica dodici anni e non sono immediatamente rieleggibili.
«L’ufficio di giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento e dei Consigli regionali e con ogni carica od ufficio indicati dalla legge».
Passiamo all’articolo 128. Se ne dia lettura.
SCHIRATTI, Segretario, legge:
«Quando, nel corso di un giudizio, la questione d’incostituzionalità di una norma legislativa è rilevata d’ufficio o quando è eccepita dalle parti, ed il giudice non la ritiene manifestamente infondata, la questione è rimessa per la decisione alla Corte costituzionale.
«La dichiarazione d’incostituzionalità può essere promossa in via principale dal Governo, da cinquanta deputati, da un Consiglio regionale, da non meno di diecimila elettori o da altro ente od organo a ciò autorizzato dalla legge sulla Corte costituzionale.
«Se la Corte, nell’uno o nell’altro caso, dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia. La decisione della Corte è comunicata al Parlamento, perché, ove lo ritenga necessario, provveda nelle forme costituzionali».
PRESIDENTE. Ricordo che sono stati già svolti e mantenuti i seguenti emendamenti:
«Sopprimere i primi due commi.
«Sostituire il terzo col seguente:
«Quando la Corte dichiara l’incostituzionalità di una norma, questa cessa di avere efficacia. La decisione della Corte è comunicata al Parlamento perché, ove lo ritenga necessario, provveda nelle forme costituzionali.
«Arata».
«Al primo comma, sostituire la prima parte con la seguente:
«Quando nel corso di un giudizio, ed entro un anno dalla data d’entrata in vigore di una legge, la questione d’incostituzionalità di una norma è rilevata d’ufficio…
«Mastino Gesumino».
«Al primo comma, sopprimere le parole: ed il giudice non la ritiene manifestamente infondata.
«Bertone».
«Al secondo comma, alle parole: cinquanta deputati, sostituire: cento deputati e cinquanta senatori; alle parole: un Consiglio regionale, sostituire: cinque Consigli regionali; e alle parole: non meno di diecimila elettori, sostituire: non meno di cinquantamila elettori.
«Targetti».
«Al secondo comma, sopprimere le parole: da un Consiglio regionale.
«Bertone».
«Al secondo comma, sopprimere le parole: da non meno di diecimila elettori.
«Nobile».
«Aggiungere, subito dopo il secondo comma, il comma seguente:
«Per le leggi riguardanti le Regioni la dichiarazione di incostituzionalità deve essere promossa da almeno tre Consigli regionali se la disposizione riguarda genericamente le Regioni, o dal Consiglio regionale della Regione a cui è limitata la disposizione.
«Bertone, Bubbio».
«Aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Il magistrato dovrà rimettere gli atti alla Corte costituzionale quando ritenga che le leggi che dovrebbe applicare siano contrarie alla Costituzione dello Stato.
«Mastino Pietro».
Si era riservato il diritto ai colleghi di presentare nuovi emendamenti in relazione al testo che sarebbe stato approvato dell’articolo 127.
L’onorevole Targetti ha presentato il seguente emendamento:
«Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:
«Ciascun Consiglio regionale può eccepire l’incostituzionalità di una legge che riguardi direttamente la regione che rappresenta».
L’onorevole Codacci Pisanelli ha presentato, a sua volta, il seguente testo sostitutivo dell’articolo 128:
«Ogni giudice potrà rilevare l’incostituzionalità degli atti aventi efficacia di legge ordinaria non applicandoli al caso deciso, senza sospenderne l’osservanza o annullarli.
«Quando lo ritenga opportuno il giudice potrà rimettere la questione di incostituzionalità alla Corte costituzionale e dovrà farlo in caso di giudicati contrastanti al riguardo.
«L’annullamento di una legge ordinaria invalida da parte della Corte costituzionale avrà efficacia oggettiva e potrà, inoltre, essere promosso in via principale dal Governo, da cinquanta deputati, da un Consiglio regionale, da non meno di diecimila elettori, o da qualsiasi cittadino che dimostri di avervi interesse per la lesione di un suo diritto o interesse costituzionalmente garantito».
C’è da rammaricarsi che l’onorevole Codacci Pisanelli non abbia presentato prima questo emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo dichiarare, a nome del Comitato, che non ci possiamo pronunciare formalmente su emendamenti presentati alla ultimissima ora. Avremmo bensì, per regolamento, il diritto di chiedere ventiquattr’ore di tempo per esaminare gli emendamenti proposti in Assemblea; ma non è possibile ricorrere a tale rinvio, ora che siamo così stretti dal tempo. Rivolgo, quindi, un appello a voi, perché rinunciate più che è possibile ai vostri emendamenti, rimettendovi caso mai alla Commissione per il coordinamento e la revisione finale.
La Commissione non si può pronunciare. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Non posso che appoggiare le considerazioni fatte dall’onorevole Ruini.
A proposito dell’articolo 128 non è avvenuto, come per altri articoli, che la Commissione o alcuni colleghi abbiano presentato all’ultimo momento un nuovo testo. Il testo della Commissione dell’articolo 128 è stato pubblicato otto mesi fa, e pertanto tutti coloro che volevano proporre emendamenti hanno avuto a loro disposizione un’enorme quantità di tempo.
Il presentarli adesso, nel minuto immediatamente precedente alla votazione, evidentemente non trova giustificazioni; e tuttavia io li porrò ugualmente in votazione, perché vincolato da quella dichiarazione dell’altro giorno, che del resto non riguardava questi emendamenti; ma non potrò concedere ai presentatori la parola per svolgere le loro proposte.
L’onorevole Mortati presenta ora il seguente nuovo testo:
«La questione di illegittimità costituzionale di una norma o atto avente forza di legge, che sia rilevata di ufficio nel corso di un giudizio o sollevata dalle parti e non sia ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa per decisione alla Corte costituzionale.
«Il ricorso per illegittimità costituzionale può essere prodotto direttamente innanzi alla Corte costituzionale nel termine che sarà fissato dalla legge, da chi pretenda direttamente leso dalla norma un suo diritto o interesse legittimo, e, inoltre, anche senza questo interesse, dal Governo o da un decimo dei membri di ciascuna Camera.
«La sentenza della Corte costituzionale che dichiara la incostituzionalità di una norma è pubblicata nei modi prescritti per le leggi entro 15 giorni dalla sua emissione ed ha per effetto la sospensione della efficacia della norma.
«Il Parlamento provvede alla sua abrogazione, procedendo al regolamento dei rapporti che sia reso da essa necessario».
Invito l’onorevole Ruini a esporre il parere della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La proposta dell’onorevole Mortati coincide in alcuni punti con quello che era il testo della Commissione dei Settantacinque; in altri punti invece se ne distacca.
Il primo comma coincide con la sostanza del testo della Commissione, e potrebbe da questa essere accolto. Riguarda l’ipotesi che la questione di incostituzionalità sorga nel corso di un giudizio; essa dovrà esser rimessa alla Corte. Nell’emendamento Mortati si tratta di mere modifiche formali, che è meglio rinviare al coordinamento.
Vi sono poi nel testo Mortati punti nuovi. Uno di essi è che chiunque venga leso in un suo diritto o interesse legittimo da una norma di cui ritenga l’incostituzionalità, può direttamente adire la Corte costituzionale. Non è più il caso del primo comma, cioè delle eccezioni che possono venir presentate nel corso di un giudizio e che debbono essere rimesse alla Corte costituzionale, perché decida. Vi è una facoltà del soggetto, di un diritto o interesse leso di promuovere direttamente il giudizio della Corte costituzionale.
Sopra questo punto, io non avrei alcuna difficoltà; ritenendo però che anche qui la forma dell’emendamento debba essere riveduta.
Altro punto dell’emendamento dell’onorevole Mortati – e qui ci incominciamo a distaccare – è che verrebbe tolto quanto la Commissione dei Settantacinque aveva proposto sulla possibilità di provocare il giudizio della Corte, non solo in base ad eccezione o ricorso di un soggetto singolo di diritto o interesse legittimo concretamente ed attualmente leso, ma anche per mezzo di una specie – diciamo così – di azione popolare; svolto nell’interesse generale, anche senza che sia già avvenuta una lesione concreta, per il pericolo che ha in sé, virtualmente, la norma incostituzionale. L’azione poteva essere esercitata dal governo, da cinquanta deputati o senatori, da diecimila elettori o da un organo o ente a cui è autorizzato da legge. Il testo della Commissione dei Settantacinque è pubblicato da otto mesi. Ad un tratto l’onorevole Mortati ha proposto di sopprimere questa seconda forma di ricorso, popolare e collettiva. Ma ha poi, a poche ore di intervallo, mutate di nuovo le sue proposte.
MORTATI. Non è esatto, le ho lasciato ieri il testo.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ieri lei proponeva di sopprimere la seconda via. Oggi non più; la lascerebbe pel Governo e per un numero di deputati e senatori…
MORTATI. Un decimo dei membri della Camera.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sarebbe tolta la possibilità di ricorrere nell’interesse generale ai diecimila elettori o agli altri enti che sono determinati dalla legge.
Non posso pronunciarmi a nome della Commissione; ma esprimo il mio punto di vista personale, che non sia opportuno eliminare tutto ciò che si riferisce al ricorso in via generale, al ricorso complessivo, che può basarsi non sopra una violazione concreta, diretta, attuale di un diritto o interesse particolare, ma sopra una visione più complessa e larga di incostituzionalità della legge.
Aggiungo che facendo questo, lungi dall’andare incontro a quel pericolo che è stato accennato nella discussione generale, di tenere il Paese in continuo sovvertimento, si va incontro alla legalità, perché invece di autorizzare, o per lo meno, di rendere possibili agitazioni anche violente, quando un dato numero di elettori, quando una collettività invochi una decisione della Corte costituzionale, ci si mette nella via della legalità.
Un ultimo punto di divergenza con l’onorevole Mortati è che il testo stabiliva che, quando la Corte costituzionale avesse riconosciuta l’incostituzionalità di una norma, questa cessava di avere efficacia, e poi gli atti si rimettevano al Parlamento, perché prendesse i provvedimenti di sua competenza. Il Parlamento può infatti confermare, nelle forme della revisione costituzionale, una legge ordinaria, che, come tale, contrastava con la Costituzione prima che questa fosse modificata. Può invece, se crede, sostituire con norme diverse la legge dichiarata incostituzionale. Può altresì provvedere al regolamento dei rapporti che si renda necessario per la dichiarazione d’incostituzionalità della norma, in quanto, prima della dichiarazione, la norma stessa abbia avuto vigore e sia stata applicata anche in sentenze; che portata ha l’annullamento? Ex nunc o ex tunc? Non si può stabilire un criterio a priori; sarà il Parlamento a regolare i rapporti, a secondo delle esigenze.
Così io vedo, e non può essere diversamente, le cose. L’onorevole Mortati non ammette che la norma dichiarata incostituzionale cessi senz’altro di aver efficacia. Stabilisce che la dichiarazione della Corte debba esser pubblicata; e sta bene; ma questa è disposizione, alla quale non occorre la Costituzione; basterà la legge per il funzionamento della Corte. Con la pubblicazione, dice l’onorevole Mortati, la norma o l’intera legge dichiarata incostituzionale non perde senza altro ogni efficacia, ma viene sospesa; e poi spetta al Parlamento abrogarla. È un sistema complicato e non necessario; e presenta dubbi ed inconvenienti. Se il Parlamento non abroga la legge sospesa, avremo una diuturna sospensione? E non può il Parlamento, invece che abrogare, confermare la legge nelle forme costituzionali? Come figura giuridica, non ritengo che sia necessaria la sottigliezza della distinzione fra sospensione e cessazione d’efficacia; è perfettamente logico e coerente al sistema della dichiarazione di incostituzionalità che la legge dichiarata illegittima cessi d’aver efficacia; ed è preferibile e più riguardoso pel Parlamento non chiedergli, quasi come atto obbligato, che esso abroghi la norma; è molto meglio che, di fronte alla cessazione d’efficacia della norma stessa, il Parlamento provveda nelle vie che gli sono aperte, e che ho indicato.
Riassumendo: 1°) resta fermo che la Corte sia investita di ogni eccezione di incostituzionalità che sorga in un giudizio; 2°) si può accettare che, come l’onorevole Mortati propone, l’azione possa essere direttamente promossa alla Corte da un singolo leso in un suo diritto o interesse legittimo; 3°) bisogna mantenere più in pieno l’azione popolare e collettiva nell’interesse generale; 4°) è da respingere la figura della sospensione, mantenendo quella della cessazione d’efficacia. Tale è il mio preciso pensiero. (Approvazioni).
PRESIDENTE. L’onorevole Perassi propone che all’ultimo comma del testo della Commissione, dopo la frase: «se la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia», si aggiunga: «a decorrere dalla pubblicazione della decisione, salvo che la Corte fissi ad altro effetto un termine che non può essere superiore a sei mesi».
PERASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Questo emendamento presentato all’ultimo momento non le darebbe il diritto alla parola. Ma dica pure, onorevole Perassi, tenendo però presente che non abbiamo più da sprecare altro tempo.
PERASSI. L’emendamento che ho proposto è stato suggerito, in parte almeno, dall’emendamento Mortati, il quale si allontanava dal testo della Commissione sostituendo, alla idea della cessazione di efficacia, il sistema della sospensione della efficacia, lasciando al Parlamento il compito di abrogare l’atto.
A questo riguardo, cominciando anzitutto dalla formulazione dell’emendamento Mortati, rilevo che non mi sembra proprio il caso di dire che il Parlamento provvede alla sua abrogazione procedendo al regolamento dei rapporti, che si sia reso necessario. E ciò anche perché l’atto che può essere oggetto del giudizio davanti alla Corte può non essere una legge in senso formale dello Stato, ma può essere atto avente valore di legge, decreto legislativo o decreto legge, e può essere una legge regionale. Quindi, non mi sembra che quest’ultima formulazione dell’onorevole Mortati corrisponda a tutte le ipotesi. Ritengo invece che convenga restare sul terreno della proposta della Commissione, secondo la quale, quando la Corte costituzionale accerta che una norma è incostituzionale, questa cessa di avere efficacia.
A questo punto vi è un’idea giusta nell’emendamento Mortati, che deve essere accolta, ed è di prescrivere che la decisione della Corte debba essere pubblicata. Quanto alle modalità della pubblicazione ritengo che possano essere oggetto della legge.
Vi è poi un altro problema che si riconnette anche alle considerazioni che hanno suggerito all’onorevole Mortati il suo emendamento, ed è questo: che, cessando l’efficacia di una norma giuridica, si possono in certi casi presentare delle situazioni delicate, in quanto può darsi che la cessazione di questa norma dia luogo a qualche inconveniente, se non si provvede. In questo ordine d’idee nell’emendamento che io ho proposto si dice: «La decisione della Corte che accerti la incostituzionalità importa la cessazione della efficacia dalla pubblicazione della decisione o dal termine, non superiore a sei mesi, fissato dalla Corte nella decisione stessa».
In linea normale, la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dalla data di pubblicazione della Corte, ma sembra opportuno che la Corte possa, nella sua stessa decisione, indicare un termine dal quale cominci ad avere effetto la cessazione di efficacia, termine al quale io ho messo, nel mio emendamento, il limite massimo di sei mesi. Il significato concreto di questo espediente è questo: che l’organo competente, cioè l’organo che ha fatto l’atto dichiarato illegittimo dalla Corte, avrà il tempo necessario per provvedere in conseguenza, adottando, eventualmente, le norme che, secondo i casi, occorrono. Una disposizione analoga si trova nella Costituzione austriaca.
Questo è il significato del mio emendamento.
Per esaurire il mio intervento rilevo che, nell’ultimo periodo del testo della Commissione, si dice: «La decisione della Corte è comunicata al Parlamento». La parola «Parlamento», quando venne elaborato quel testo, aveva un significato, oggi ne ha un altro, e quindi occorre sostituire a questa espressione le parole: «alle Camere».
Ritengo poi, personalmente, che sia inutile l’aggiunta finale: «perché, ove lo ritenga necessario, provveda nelle forme costituzionali». Questo va da sé e mi pare sia inutile dirlo nella Costituzione.
PRESIDENTE. L’onorevole Martino Gaetano ed altri presentano ancora il seguente emendamento:
«Aggiungere, in fine, il seguente comma: Nella ipotesi di cui al primo comma di questo articolo la legge dichiarata incostituzionale dalla Corte non si applica alla controversia».
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi duole che il collega Perassi, al quale debbo tanto perché è stato veramente il più assiduo, il più forte, il più valoroso dei collaboratori in questa opera che abbiamo compiuto per il progetto, non mi abbia completamente convinto. Se avessimo potuto parlare tranquillamente, l’uno avrebbe convinto l’altro. In questo tumulto improvvisato di discussioni, dobbiamo scambiarci le idee con discorsi pubblici!
Se si stabilisse un termine, fino a sei mesi, ed intanto la norma dichiarata incostituzionale dovesse rimanere in vigore, ne verrebbe una situazione inammissibile ed assurda. I tribunali continuerebbero ad applicare una norma incostituzionale; ed i privati che vi avessero interesse si precipiterebbero a chiederne l’applicazione. Come non ho ammesso la tesi Mortati, che sia sospesa l’efficacia della norma, ed invitate le Camere ad abrogarla, non ammetto, a maggior ragione, che la norma continui provvisoriamente, per un dato termine, ad aver efficacia. Prego l’onorevole Perassi di considerare le mie osservazioni e di ritirare la sua proposta.
PRESIDENTE. È stato presentato un emendamento soppressivo del primo comma dall’onorevole Gullo, al quale faccio rilevare che c’è già un emendamento del genere: quello dell’onorevole Arata.
GULLO FAUSTO. Mi associo a quello.
PRESIDENTE. Domando ai presentatori degli ultimi emendamenti se li mantengono.
PRESIDENTE. Onorevole Perassi, mantiene il suo emendamento?
PERASSI. Non insisto.
PRESIDENTE. Onorevole Targetti, l’emendamento che ha ora presentato è subordinato all’accettazione dell’altro suo emendamento?
TARGETTI. È un completamento.
PRESIDENTE. Onorevole Martino Gaetano, conserva il suo emendamento?
MARTINO GAETANO. Lo conservo.
PRESIDENTE. Per l’emendamento Mortati, l’onorevole Ruini accetterebbe la formulazione dei due primi commi?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. L’onorevole Mortati potrebbe acconsentire a rimanere al testo della Commissione che, in sede di coordinamento, terrebbe conto delle sue proposte di forma; e sarebbe disposta, con l’autorizzazione dell’Assemblea, ad ammettere il ricorso diretto dell’interessato, leso in concreto, alla Corte. Si potrebbe, per quanto riguarda il ricorso popolare e collettivo, nell’interesse generale, togliere la richiesta dei diecimila elettori e non accontentarsi della richiesta d’una sola Regione, ma di tre (considerando che una Regione potrà da sola ricorrere al pari d’un singolo quando si tratti di concreta lesione da essa sofferta). Ma dovrà rimanere, pel rimanente, quanto prevede il testo della Commissione. E così pure dovrà rimanere la cessazione d’efficacia, e non la sospensione.
L’Assemblea potrebbe autorizzare il Comitato ad adottare un testo definitivo, da sottoporre poi all’Assemblea stessa in sede di coordinamento.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Come membro del Comitato di redazione dissento: non posso accettare alcuno degli emendamenti Mortati. Desidererei che si rimanesse fermi al testo originario.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. L’ho dichiarato.
PRESIDENTE. Lei ha dichiarato che si resta al testo, salvo il consenso dell’onorevole Mortati ad accogliere alcune modificazioni formali. Ma quella che, a parer mio – non starebbe a me il sottolinearlo – è una modificazione molto importante, cioè accettare la facoltà di ricorso per incostituzionalità anche da parte del singolo, non credo possa essere accolta dall’Assemblea implicitamente: occorre votarla formalmente. È uno di quei punti essenziali sui quali l’onorevole Laconi ha dichiarato di dissentire. Desidero sapere se questo secondo comma dell’onorevole Mortati è accettato dalla maggioranza della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la. Costituzione. La Commissione non può, allo stato delle cose, che mantener fermo il suo testo. A titolo personale, ho espresso il mio avviso sull’emendamento Mortati.
PRESIDENTE. Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene il suo emendamento?
CODACCI PISANELLI. Dato che non mi è stato concesso illustrare il mio emendamento, vorrei dire le ragioni per cui lo ritiro.
PRESIDENTE. Ritengo che lei debba attribuire a se stesso la mancata illustrazione del suo emendamento. Il testo dell’articolo è pubblicato da otto mesi. Mi pare strano che un collega, così profondo conoscitore di dottrine giuridiche, abbia bisogno di attendere l’ultimo minuto per presentare non un piccolo emendamento formale, ma un emendamento sostitutivo di tutto l’articolo. È evidente che non potevo permetterle di svolgerlo in questo momento. Ad ogni modo ha facoltà di esporre le ragioni per cui lo ritira.
CODACCI PISANELLI. Chiedo scusa all’onorevole Presidente se soltanto ora ho presentato questo emendamento; ma, appunto perché mi occupo di discipline giuridiche, confesso che ancora oggi ho gravissimi dubbi per quanto riguarda la istituzione della Corte costituzionale, che pure ho invocata.
Con l’emendamento proposto io desideravo far presente anzitutto l’opportunità di fare in modo che l’incidente di incostituzionalità non desse luogo a quelle complicazioni ed a quelle gravose spese, che sarebbero necessarie, se ogni volta si dovesse finire dinanzi alla Corte costituzionale, per far risolvere l’incidente d’incostituzionalità di una legge. Per tale ragione, proponevo, secondo il sistema accolto anche in altri ordinamenti, che la questione di incostituzionalità potesse essere risolta da qualunque giudice.
In secondo luogo, avevo ritenuto opportuno di riconoscere ai giudici la facoltà di inviare essi i casi di dubbio o le questioni d’incostituzionalità alla Corte costituzionale, per una soluzione definitiva, specialmente nei casi controversi.
Finalmente avevo esaminato la possibilità del ricorso principale alla Corte costituzionale, per ottenere la dichiarazione di invalidità di una legge ordinaria, perché ci stiamo occupando della legge ordinaria, che abbiamo distinto dalla legge costituzionale.
D’altra parte, sorge qui un grave problema, quello di attribuire un valore alla sentenza che sarà pronunciata dalla Corte costituzionale. Come principio generale, la sentenza ha efficacia limitata alle sole parti in causa. Quale sarà il valore della sentenza relativa alla legge ordinaria? Evidentemente dobbiamo derogare dal principio normalmente accolto per la cosa giudicata, che ha efficacia fra le sole parti in causa, ed ammettere invece l’efficacia oggettiva, cioè per tutti, della dichiarazione di incostituzionalità della legge.
Altro problema, veramente grave, che dovrebbe essere risolto, è quello della eventuale retroattività di questa dichiarazione: cioè, la dichiarazione di incostituzionalità di una legge sarà efficace soltanto per l’avvenire o sarà retroattiva? Ritengo che la questione debba risolversi nel secondo senso: efficacia retroattiva.
Finalmente, ritenevo opportuno che si chiarisse questo concetto, scopo di praticità, per rendere più facile e più spediti i giudizi. Si pensi quello che avverrà qualora sia sollevata dinanzi a una Pretura la questione di incostituzionalità di una legge; si dovrà andare dinanzi alla Corte costituzionale; potrà essere un comodo espediente processuale, per rendere interminabili le liti.
Per queste ragioni io proponevo quell’emendamento. Dato che non abbiamo la possibilità di esaminare a fondo il problema, sono costretto a ritirarlo.
PRESIDENTE. Il primo comma dell’articolo 128, nel testo della Commissione, è il seguente:
«Quando, nel corso di un giudizio, la questione d’incostituzionalità di una norma legislativa è rilevata d’ufficio o quando è eccepita dalle parti, ed il giudice non la ritiene manifestamente infondata, la questione è rimessa per la decisione alla Corte costituzionale».
L’onorevole Mastino Gesumino propone che si inserisca, dopo la parola «giudizio», l’inciso: «ed entro un anno dalla data d’entrata in vigore di una legge».
MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO GESUMINO. L’onorevole Mortati ha nel suo emendamento posto la stessa questione, sia pure limitandosi all’azione di incostituzionalità promossa dal privato, in quanto deferisce alla legge la fissazione del termine. E poiché io mi proponevo l’unico scopo di richiamare l’Assemblea sulla gravità estrema del problema che un termine sia posto, affinché, l’ordinamento giuridico non resti scosso dal dubbio che le leggi non abbiano che limitato ed incerto vigore, ove l’onorevole Mortati mantenga il suo emendamento, per quanto riguarda la parte attinente all’azione del privato che chiede la dichiarazione di incostituzionalità della legge, aderisco all’emendamento dell’onorevole Mortati.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per da Costituzione. Mi pare che, anche se fosse discutibile che potesse stabilirsi un termine per altri casi di azione diretta alla Corte, ciò non potrebbe ammettersi per il caso di eccezione in un altro giudizio. Se la legge è incostituzionale, è logico che chi ne è colpito possa addurre la sua incostituzionalità, e non possa rinunciare al suo diritto di difesa solo perché la legge è in vigore da qualche tempo.
MASTINO GESUMINO. Chiedo di rispondere alle osservazioni dell’onorevole Ruini.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO GESUMINO. Dovrei osservare semplicemente questo: che mai, come in questo caso, è vero l’assioma, che è anche un principio elementare di diritto, che chi eccepisce, nell’atto di eccepire, si fa attore. E questo è tanto più profondamente vero nel caso in esame, in cui con l’eccezione si tende a provocare una sentenza di incostituzionalità che riguarda la legge come tale. La legge che verrebbe dichiarata nulla attraverso questa eccezione non riguarda solo il cittadino costituito in giudizio, ma tutti i cittadini. L’eccezione ha quindi una portata formidabile, che, investendo l’essenza della legge, tocca tutto l’ordinamento giuridico. Ha quindi essenziale carattere di diritto pubblico e non di diritto privato, e deve assolutamente essere regolata. Ecco perché osservo che, anche per quanto riguarda l’eccezione, è bene porre un termine perché ne sia legittimo l’esercizio.
GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO FAUSTO. Se deve restar ferma la prima parte dell’articolo 128, trovo che l’emendamento dell’onorevole Mastino Gesumino è saggio e giudizioso; ma in realtà è saggio e giudizioso, appunto perché in parte corregge il sostanziale vizio della norma, che è quello di concedere al privato, al singolo, la facoltà di mettere in moto il funzionamento della Corte delle garanzie costituzionali. Senonché io ho presentato un emendamento soppressivo della prima parte dell’articolo 128, sul quale richiamo l’attenzione dell’Assemblea, che forse non ha esaminato a fondo le aberranti conseguenze alle quali può portare la norma proposta. Si dà al singolo la facoltà di adire la Corte costituzionale per ottenere la dichiarazione di incostituzionalità della legge; badate, al singolo, che è proprio il meno indicato a farlo, cioè a colui che esamina la incostituzionalità della legge attraverso l’angolo visuale di ciò che egli crede un suo diritto.
Evidentemente la giustizia ideale sarebbe questa: che la sistemazione giuridica del fatto venisse dopo il fatto; ma poiché questo non è possibile, per mille ed una ragione che non starò qui ad elencare, si fa ricorso alla legge, ossia alla sistemazione giuridica che viene prima del fatto. Da questo punto di vista la legge non è che una forma di transazione tra questa giustizia ideale, che è irraggiungibile, e quella giustizia che è possibile raggiungere nel tempo e nell’ambiente in cui viviamo. Ma è evidente che, appunto perché transazione, la legge non si attaglia a tutti i casi. La legge ha davanti a sé la maggior parte dei casi; o meglio la forma che quella data ipotesi assume nel maggior numero dei casi. Ma non c’è legge ottima, la quale in un qualche caso particolare non si dimostri addirittura iniqua, e ciò appunto perché il legislatore non riesce a prevedere tutti i casi, ed anche prevedendoli, non può contenerli tutti in una stessa disposizione di legge. Senonché è umano che il privato guardi la legge dal punto di vista del suo caso singolo; e non infrequentemente anche il giudice cede a questa necessità. Noi tante volte chiamiamo aberratiti delle massime giurisprudenziali, appunto perché le valutiamo al di fuori del caso concreto, che le ha determinate, e non consideriamo che il giudice è portato ad affermare quella illogicità giuridica, appunto perché egli vuole ad ogni costo fare aderire la legge, che resiste a ciò, al fatto così come a lui si presenta. Ora, dire al privato, che si sente leso da una norma di legge: tu hai la facoltà di adire la Corte costituzionale, perché essa esamini la incostituzionalità della legge, vuol dire innanzi tutto dargli un mezzo defaticatorio al quale ricorrerà, non foss’altro per ritardare la conclusione del giudizio, senza considerare l’enormità di lavoro che noi daremmo alla Corte, ove ogni privato avesse tale facoltà. Ma anche a non tener conto di tutte queste difficoltà pratiche, v’è che la Corte costituzionale deve giudicare della costituzionalità della legge prescindendo dal fatto singolo, cioè in astratto, senza che il suo giudizio sia fuorviato dall’esame del caso concreto. Quindi dare al singolo il diritto di adire la Corte nel momento in cui è pendente un giudizio a cui egli sia direttamente interessato, è stabilire una norma oltremodo pericolosa. Né vedo alcuna ragione che la spieghi. Allorché si demandava alla Magistratura ordinaria questa materia, si spiegava che la parte potesse proporre l’eccezione di incostituzionalità; ma quando a richiedere che si proceda a tale esame noi abilitiamo un certo numero di elettori o il Governo o un Consiglio regionale, non c’è motivo di pensare che possa essere incostituzionale una legge, contro la quale nessuno ha creduto di proporre la eccezione di incostituzionalità. Ciò nonostante si propone di dare al privato la facoltà di adire la Corte costituzionale, di mettere in movimento questo meccanismo così complicato e complesso, per far dichiarare l’incostituzionalità di una legge, che è pur stata accettata da tutti, tanto che i mezzi ordinari di opposizione non sono stati messi in moto.
PRESIDENTE. Onorevole Gullo, la prego di concludere.
GULLO FAUSTO. Signor Presidente, sento in coscienza di dover esprimere queste mie idee perché vedo chiaramente il pericolo enorme a cui si va incontro con questa norma.
PRESIDENTE. Non le voglio contrastare l’esercizio di un suo dovere di coscienza; ma le assicuro che queste cose sono già state dette.
GULLO FAUSTO. Vorrei aggiungere una altra cosa soltanto. La norma dispone che la proposta della parte passa alla Corte costituzionale, ove il giudice non la ritenga manifestamente infondata. È una maniera questa di andare incontro alla possibilità di mille ingiustizie. Perché cosa deve fare il giudice per dire se l’eccezione è o non è manifestamente infondata? Deve evidentemente sottoporla al suo esame, il quale può essere rigoroso o benevolo, secondo il criterio e il temperamento del giudice. Non parlo di malafede. Ed è già questo un inconveniente grave.
Ancora: la questione va alla Corte costituzionale quando un altro giudice, sia pure in seguito ad un esame non approfondito, ha già manifestato la sua opinione sulla incostituzionalità. Anche questo mi pare aberrante, perché la Corte costituzionale non è detto che sia un giudice d’appello di fronte al giudice ordinario. E in questo caso sarebbe appunto un giudice d’appello, dato, ripeto, che il giudice, dinanzi al quale si eccepisce l’incostituzionalità, deve fare un esame per accertare se l’eccezione sia manifestamente infondata.
Per tutte queste ragioni, prego l’Assemblea di accogliere l’emendamento soppressivo di questa prima parte dell’articolo 128.
ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSSI PAOLO. Vorrei rispondere brevissimamente all’onorevole Gullo.
L’onorevole Laconi era preoccupato che fosse accettato l’emendamento Mortati e insisteva perché la Commissione non si distaccasse dal testo originario. Ora l’onorevole Gullo combatte quel testo.
Non accettiamo né l’emendamento Mortati, né l’emendamento soppressivo dell’onorevole Gullo, al quale mi permetto rivolgere una domanda: desidera egli, nel suo sistema, che le eccezioni di incostituzionalità siano per sempre vietate al singolo, al privato? Noi abbiamo creato un giudice esclusivo in materia di legittimità costituzionale. Attualmente, nel sistema finora vigente, un privato può davanti a un giudice ordinario eccepire l’incostituzionalità della legge…
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Della legge no.
ROSSI PAOLO. Mi correggo, non della legge, evidentemente, ma di decreti e provvedimenti. Invece la Commissione ha concepito un sistema per cui giudice esclusivo delle questioni di questa natura sia la Corte costituzionale.
Onorevole Gullo, desidera ella togliere al privato il diritto di eccepire l’incostituzionalità di fronte a qualsiasi giudice?
GULLO FAUSTO. Sì.
ROSSI PAOLO. Badi, allora, che questo sistema è estremamente pericoloso.
Mi consenta di richiamare la sua attenzione sugli articoli 20 e 21 della Carta costituzionale, a titolo d’esempio.
Dice l’articolo 20:
«Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge in vigore prima del fatto commesso.
«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza al di fuori dei casi previsti dalla legge».
E l’articolo 21:
«La responsabilità penale è personale.
«L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.
«Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».
Supponga, per avventura, che nessun Consiglio regionale si sia mosso, che i cinquanta deputati non si siano mossi e che, per la prima volta, un imputato venga a trovarsi di fronte ad un magistrato, il quale potrebbe infliggergli anche la pena di morte, in virtù di un decreto incostituzionale. Che cosa deve fare il suo difensore?
Istituita la Corte costituzionale, non possiamo fare altro se non pregarvi di votare a favore del testo così come esso è stato concepito, perché appare estremamente pericoloso sia togliere al privato il diritto di sollevare l’eccezione d’incostituzionalità, sia lasciare che di siffatta eccezione possono decidere altri giudici.
MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO PIETRO. Dichiaro che voterò a favore del comma dell’articolo 128. Ritengo che noi dobbiamo soprattutto impedire che i principî sanciti nella Costituzione vengano violati. Francamente non intendo perché il magistrato, quando si trovi dinanzi ad una legge che egli, nella propria intelligenza e nella propria coscienza, giudichi anticostituzionale, non debba manifestare questo suo convincimento.
Si intende bene che non egli potrà decidere, ma egli dovrà pure avere la facoltà di rimettere la decisione alla Corte costituzionale. Non comprendo, d’altra parte, perché il privato, cui è stata già concessa la possibilità che gli sia resa giustizia di fronte a minori disposizioni di legge, non debba invece averla di fronte a quella che sarebbe una violazione dei suoi diritti fondamentali e, cioè, alla violazione delle tavole statutarie, poste a fondamento dello Stato. Ammettendo, invece, il diritto di ricorso del privato alla Corte costituzionale faremmo in modo che l’azione del privato si fonderebbe coll’interesse di tutto il Paese.
Voterò quindi in favore della prima parte dell’articolo.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l’onorevole Arata che aveva presentato un emendamento soppressivo dei primi due commi, mi ha fatto pervenire adesso un altro emendamento, che deve naturalmente intendersi sostitutivo dei due precedenti. Esso è del seguente tenore:
«La legge stabilirà i modi e i termini per i giudizi sull’incostituzionalità delle leggi».
DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMINEDÒ. Debbo dichiarare, anche a nome dei miei colleghi di Gruppo, che noi voteremo per il testo della Commissione e quindi contro l’emendamento soppressivo, considerando che è proprio nella fase dell’applicazione del diritto che sorge l’esigenza di controllare se sia costituzionalmente valida la legge da applicare nel caso singolo.
Crediamo con ciò di affermare una più alta tutela della libertà del cittadino, in conformità di quanto già dispone in via generale l’articolo 19 della Costituzione, consacrando secondo i principî il diritto del singolo di sollevare l’incidente di incostituzionalità, che il giudice è tenuto anche d’ufficio a deferire alla decisione della Corte costituzionale. Un limite già opera, ed è notevole – se mi permette l’onorevole Gullo – attraverso la delicata facoltà del magistrato di non rimettere la questione alla Corte, qualora egli ritenga manifestamente infondata l’eccezione.
GULLO FAUSTO. Il ricco potrà sempre adire l’Alta Corte, il povero mai.
DOMINEDÒ. Mi consenta, onorevole Gullo! Proprio se noi riconosciamo a qualunque cittadino il potere di sollevare l’incidente di costituzionalità idoneo ad essere senz’altro trasferito innanzi alla Corte costituzionale, evidentemente realizziamo una finalità che serve a neutralizzare la sua obiezione. È perciò che noi sosteniamo non solo la proponibilità nel corso di giudizio della eccezione di incostituzionalità, ma altresì il conseguente diritto di ogni cittadino, titolare di un diritto o di un interesse legittimo, di adire direttamente la Corte. In tal modo, anche nell’ambito del futuro sindacato di validità della legge, come già in quello dell’atto amministrativo, la lesione del singolo aprirà la via per un accertamento efficace erga omnes nell’interesse della comunità.
Riteniamo pertanto di attenerci allo spirito della Costituzione votando per il testo proposto dalla Commissione e contro l’emendamento soppressivo.
PRESIDENTE. Allora, possiamo passare alla votazione. Abbiamo, dunque, la proposta soppressiva dell’onorevole Gullo, che si riferisce al primo comma; poi abbiamo l’emendamento sostitutivo dell’onorevole Arata, ancora per il primo comma; e poi vi sono emendamenti modificativi del testo del primo comma proposto dalla Commissione.
Ora, non so se nel caso concreto la proposta soppressiva possa e debba essere messa in votazione. Vorrei conoscere a questo proposito anche il parere dell’onorevole Ruini.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non è questione di mia competenza, perché riguarda l’ordine dei lavori. Ad ogni modo personalmente non ho difficoltà.
PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione per prima la proposta soppressiva del primo comma dell’articolo 128 presentata dall’onorevole Gullo.
Sulla proposta di soppressione del comma è stato chiesto l’appello nominale dagli onorevoli Uberti, Moro, Ponti, Dominedò, Fabriani, Delli Castelli Filomena, Coppi, Bubbio, Nicotra Maria, Ambrosini, Murdaca, Damiani, Alberti, Bosco Lucarelli, Ermini.
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSSU. Penso che la procedura che si vorrebbe adottare adesso, votando la proposta soppressiva, non risponde alla prassi che costantemente in materia costituzionale^ da parecchio tempo abbiamo adottata.
L’altro giorno io proposi che si votasse un emendamento soppressivo. Mi fu giustamente risposto che questo non era possibile, poiché la consuetudine sempre seguita era per il contrario.
Credo quindi che non si possa ragionevolmente mettere ai voti per appello nominale questa proposta soppressiva.
PRESIDENTE. Onorevole Lussu, in precedenza qualche volta si è proceduto alla votazione di un emendamento soppressivo. Ad ogni modo, proprio per le considerazioni che lei ha espresso, mi sono rivolto al Presidente della Commissione per chiederne il parere e, soltanto dopo che egli si è dichiarato favorevole, ho dichiarato di porre in votazione la proposta soppressiva.
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale sulla proposta soppressiva del primo comma dell’articolo 128.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Arcaini.
Si faccia la chiama.
MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Allegato – Amadei.
Baldassari – Barbareschi – Barontini Anelito – Bartalini – Bernamonti – Bianchi Bruno – Bibolotti – Binni – Bonomelli – Bordon – Bosi.
Cacciatore– Carpano Maglioli – Colombi Arturo – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.
D’Amico Michele – De Michelis Paolo – D’Onofrio.
Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fogagnolo – Fornara.
Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giolitti – Giua – Gullo Fausto.
Imperiale.
Laconi – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Lombardi Carlo – Longo – Lozza.
Magnani – Maltagliati – Mancini – Massini – Massola – Merlin Angelina – Minella Angiola – Molinelli – Momigliano – Morandi – Musolino – Musotto.
Nasi – Negarville – Negro – Noce Teresa – Novella.
Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pastore Raffaele – Pellegrini – Pesenti – Pistoia – Priolo – Pucci.
Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Ruggeri Luigi.
Saccenti – Sansone – Scarpa – Schiavetti – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini.
Targetti – Tega – Tomba – Tonello.
Vischioni.
Zanardi – Zappelli.
Rispondono no:
Aldisio – Ambrosini – Angelucci – Arcaini – Azzi.
Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bellato – Belotti – Benvenuti – Bernabei – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bocconi – Bonino – Bosco Lucarelli – Braschi – Brusasca – Bubbio.
Caccuri – Cairo – Calosso – Camangi – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Caronia – Carratelli – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colonnetti – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsi – Cortese Pasquale – Cosattini – Cotellessa.
Damiani – D’Aragona – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabbri – Fabriani – Fantoni – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.
Gabrieli – Galati – Galioto – Germano – Giacchero – Giannini – Giordani – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Rocco.
Jervolino.
Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Lettieri – Lizier – Lussu.
Macrelli – Magrini – Malvestiti – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Mentasti – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morini – Moro – Mortati – Murdaca.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Pacciardi – Pallastrelli – Paris – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Perugi – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Ponti.
Quintieri Adolfo.
Rapelli – Recca – Rescigno – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Rossi Paolo – Ruini – Rumor.
Saggin – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Schiratti – Scoca – Segni – Spallicci – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Terranova – Titomanlio Vittoria – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tumminelli – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Veroni – Vicentini – Vigo – Villabruna – Volpe.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta – Zuccarini.
Si è astenuto:
Arata.
Sono in congedo:
Angelini.
Carmagnola – Cavallari.
De Vita – Dugoni.
Ghidini.
Jacini.
Preziosi.
Ravagnan – Rubilli.
Vanoni – Varvaro – Viale.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale. Invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).
Risultato della votazione nominale.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti 287
Votanti 286
Astenuto 1
Maggioranza 144
Hanno risposto sì 92
Hanno risposto no 194
(L’Assemblea non approva).
Presentazione di una relazione.
MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare per la presentazione di una relazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO GESUMINO. Mi onoro di presentare la relazione al disegno di legge:
«Approvazione dei seguenti atti internazionali conclusi a Neuchâtel, tra l’Italia e altri Stati, l’8 febbraio 1947:
- a) Accordo per la conservazione e la reintegrazione dei diritti di proprietà industriale colpiti dalla seconda guerra mondiale;
- b) Protocollo di chiusura;
- c) Protocollo di chiusura addizionale».
PRESIDENTE. Questa relazione sarà stampata e distribuita.
(La seduta sospesa alle 20.40 è ripresa alle 21.45).
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Dato l’esito della votazione alla quale abbiamo proceduto prima dell’interruzione, in seguito alla quale è stata respinta la proposta soppressiva del primo comma dell’articolo 128, passiamo alla votazione della formulazione dell’onorevole Arata, il quale propone che ai due primi commi dell’articolo 128 si sostituisca il seguente:
«La legge stabilirà i modi e i termini per i giudizi di incostituzionalità delle leggi».
Con questa proposta si rimettono alla legge tutte le disposizioni particolareggiate che sono contenute nel testo della Commissione.
La pongo ai voti.
(Dopo prova e controprova, è approvata).
Dato il risultato di questa votazione, l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Bertone, che avrebbe dovuto trovar posto dopo il secondo comma, s’intende decaduto.
La prima parte del terzo comma, nel testo della Commissione, è la seguente:
«Se la Corte, nell’uno o nell’altro caso, dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia».
È evidente che, dato l’esito della votazione testé avvenuta, deve cadere l’inciso: «nell’uno o nell’altro caso», cosicché il testo deve essere il seguente: «Se la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma, questa cessa di avere efficacia».
A questo punto ci arrestiamo perché vi sono numerosi emendamenti aggiuntivi e modificativi.
MORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Domando la verifica del numero legale, perché argomenti così importanti noi si possono decidere con una casuale maggioranza alla presenza di poche decine di deputati. (Approvazioni al centro).
PRESIDENTE. Concordo pienamente con lei sulla motivazione; mi permetto di deplorare vivissimamente l’assenza quasi totale dei membri di tutti i Gruppi dell’Assemblea.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Prego l’onorevole Moro di considerare la portata della sua proposta che equivale a rimandare di ventiquattro ore, cioè fino a domani sera, le decisioni. (Commenti al centro).
Vorrei osservare al collega Moro che, quel che poteva essere deprecabile, è avvenuto perché abbiamo demandato alla legge ordinaria materie che potevano essere ritenute di natura costituzionale.
Ora si tratta di stabilire un punto che è bene sia nella Costituzione e che da parte dell’onorevole Arata non è contestato. Pur rinviando le norme per le condizioni e per la procedura del giudizio di incostituzionalità, si deve stabilire il punto della cessazione d’efficacia delle leggi dichiarate incostituzionali. Su ciò non sembra vi possa essere contrasto. Approviamo dunque l’ultimo comma dell’articolo.
PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Moro se intende insistere sulla richiesta di verifica del numero legale.
MORO. Mi sembra che sia indispensabile questo accertamento anche per la portata delle successive votazioni.
TARGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARGETTI. Ho chiesto di parlare per fare una proposta, accogliendo la quale si raggiungerebbe ugualmente lo scopo cui mira l’onorevole Moro e si eviterebbero le conseguenze, non certo utili per il corso dei lavori, di una constatazione della mancanza del numero legale.
Lo scopo che l’onorevole Moro si prefiggeva con la domanda di verifica del numero legale, dobbiamo riconoscerlo, è più che legittimo, perché questioni dell’importanza di quelle che vengono ora decise con le nostre votazioni devono essere decise da un numero di rappresentanti sufficiente a conferire autorità alle decisioni stesse. E quindi non sarà mai abbastanza lamentato e criticato l’assenteismo dei colleghi, di un Gruppo o dell’altro, che non sentono il dovere di sopportare i piccoli sacrifici richiesti dall’adempimento del loro ufficio. Sacrifici che non meritano neppure questo nome se si confrontano con l’importanza del compito che ci è affidato.
Ma, detto questo, chiedo ai colleghi se questo stesso scopo di evitare votazioni alle quali non parteciperebbe un numero sufficiente di costituenti non si può raggiungere ugualmente togliendo la seduta. In tal modo, non si va incontro all’inconveniente, che tutti i colleghi sanno, di una verifica negativa del numero legale.
ARATA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARATA. Aderisco alla proposta dell’onorevole Targetti e nel tempo stesso mi permetto di prospettare qui se non sia il caso di conformarci al criterio che abbiamo seguito lo scorso sabato, al criterio cioè di svolgere intanto gli emendamenti, riservandoci di votare poi domani. In tal modo non si perderebbe la seduta.
PRESIDENTE. Onorevole Arata, io apprezzo il suo suggerimento; sono tuttavia riluttante a seguirlo, giacché ho presente l’esperienza di oggi in cui abbiamo visto come tutti coloro i quali avevano presentato degli emendamenti, anche coloro che li hanno presentati all’ultimo momento, hanno chiesto ed insistentemente di prendere nuovamente la parola.
La proposta dell’onorevole Targetti soddisfa evidentemente all’esigenza di non far votare questi punti così importanti con una Assemblea semideserta senza imporci una sospensione di lavoro di 24 ore.
Mi permetto tuttavia di dire ciò che l’onorevole Targetti, nella sua squisita delicatezza, ha voluto evitare, e desidero che se ne prenda nota espressa nel processo verbale. Esprimo, cioè, la più viva ed amara deplorazione contro tutti gli assenti in corpo e verso ciascuno di essi individualmente, per lo spettacolo veramente spiacevole ed umiliante al quale questa sera, per fortuna, non assistono troppi spettatori.
È una colpa che non trova sufficiente deplorazione, dato specialmente che siamo verso il termine dei nostri lavori. Io voglio quanto meno augurarmi che da parte di coloro i quali, con tanta meticolosità, si astengono dal dare ai nostri lavori il contributo della loro presenza e che in generale si costituiscono in una cerchia facilmente identificabile, non debba sorgere poi un’idea peregrina la quale trovi a giustificazione dell’impossibilità di concludere i lavori della nostra Assemblea, nei termini stabiliti dalla legge, proprio quel ritardo che è causato dalla loro negligenza.
E mi rivolgo ai presenti con un appello particolare perché diano il loro contributo affinché i nostri lavori siano conclusi – come è nostro assoluto dovere – nel tempo che ci è stato fissato. (Vivissimi, generali applausi).
Detto questo, pongo in votazione la proposta dell’onorevole Targetti di rinviare la nostra seduta, interrotta non per responsabilità nostra, ma per colpa degli assenti.
(È approvata).
Il seguito di questa discussione è pertanto rinviato a domani alle 11.
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Vorrei giustificare l’assenza di alcuni deputati del mio Gruppo che sono tuttora impegnati per il lavori del Congresso del Partito liberale.
PRESIDENTE. Onorevole Corbino, per i suoi colleghi del Gruppo liberale sappiamo bene che vi è la giustificazione valida dei lavori del Congresso.
CONDORELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Onorevole Presidente, siccome domani mattina si concludono i lavori del nostro Congresso, la pregherei di evitare che domani vi siano delle votazioni.
PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, non glielo posso assicurare; faremo il massimo possibile. Ero rimasto d’accordo coi membri del Gruppo liberale, di ricominciare quest’oggi le votazioni, e anche ih relazione a ciò abbiamo stabilito il calendario dei nostri lavori.
Io vorrei poter venire incontro a tutte le richieste; ma occorre stabilire che più nessuna richiesta sia avanzata per sospensioni, proroghe o rinvii dei nostri lavori. Ognuno scelga, e chi si sente di partecipare ai lavori della nostra Assemblea, venga. So, onorevole Condorelli, che i lavori del Congresso tratterranno forse lei e gli altri suoi colleghi, ma, evidentemente, non possiamo più anteporre una pur giusta esigenza di partito alla più giusta esigenza dell’Assemblea.
CONDORELLI. Ella sa, signor Presidente, con quale scrupolo io abbia seguito i lavori dell’Assemblea…
PRESIDENTE. Non si tratta di questione personale.
CONDORELLI. Mi dia anche atto, onorevole Presidente, dello stato di enorme disagio in cui io ed i miei colleghi ci troveremo domani mattina, chiamati da due doveri che contrastano in questo modo. Per altri partiti s’è usato un diverso trattamento.
Noi chiediamo soltanto questo: che domani mattina non si facciano votazioni.
PRESIDENTE. Con i rappresentanti ufficiali del suo Gruppo abbiamo stabilito che si cominciasse a votare e a svolgere il nostro lavoro regolare oggi nel pomeriggio.
Adesso non mi muova dunque il rimprovero di fare un diverso trattamento al Gruppo liberale rispetto ad altri Gruppi. Con ogni Gruppo ogni volta si è concordato in precedenza; così si è fatto col Gruppo liberale.
Debbo dichiarare che non posso assolutamente impegnarmi a concedere ulteriori rinvii.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:
«Ai Ministri dell’interno e del tesoro, per conoscere se non si ravvisi urgente concedere la garanzia dello Stato ai Comuni per i mutui di cassa, cui essi sono costretti a ricorrere per far fronte al pagamento degli stipendi e dei salari; e ciò segnatamente mediante intervento presso le Casse di risparmio, che, malgrado il non lieve tasso d’interesse praticato, rifiutano ulteriori aperture di credito; quale intervento si palesa anche giustificato in relazione al sistematico grave ritardo dello Stato a versare ai Comuni i contributi e concorsi cui esso è tenuto, nonché avuto riguardo al fatto che esso ha recentemente accollato ai bilanci comunali le spese degli uffici annonari, assumendo a suo carico solo una aliquota pro capite, di gran lunga inferiore all’importo delle spese.
«Bubbio».
«Al Ministro della marina mercantile, per conoscere:
1°) se non crede che ormai sia indilazionabile emettere i provvedimenti opportuni per dare all’Ente autonomo del porto di Napoli le facoltà e i diritti pari a quelli che hanno gli Enti similari dei porti di Genova, Savona e Venezia. E ciò al fine di dare al porto di Napoli la necessaria efficienza nei mezzi meccanici sussidiari che sono indispensabili per la vita effettiva di un porto;
2°) se non crede opportuno emettere provvedimenti contingenti affinché il personale dello stesso Ente autonomo del porto sia messo in condizione di riscuotere a fine mese corrente gli stipendi e gli altri emolumenti dovuti;
3°) e, infine, per conoscere quali provvedimenti intende adottare per incrementare l’industria dell’armamento in Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia.
«Sansone».
«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non creda opportuno emettere con urgenza gli opportuni provvedimenti per la realizzazione dell’acquedotto del Torano indispensabile per la vita di molti comuni di Terra di Lavoro e per la stessa città di Napoli.
«Sansone».
Chiederò ai Ministri interrogati quando intendano rispondere.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
SCHIRATTI, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se ritenga conforme a dignità nazionale lo scandaloso stato di deperimento e ruina, a cui sono abbandonati numerosi stabili amministrati dall’Istituto delle Tre Venezie, situati nei comuni di Tarvisio e Malborghetto, e ciò quando il problema dei senza tetto si fa più assillante. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Piemonte».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se, in accoglimento delle istanze formulate anche dall’Assemblea regionale Triveneta dei rappresentanti di tutti gli ordini e collegi professionali non ritenga opportuno promuovere, per quel che concerne i redditi professionali, la revoca del decreto 1° settembre 1947, n. 892, con particolare riguardo alla disposizione – non razionale, non giusta e non democratica – secondo cui il nuovo imponibile viene determinato mediante automatica moltiplicazione del reddito precedentemente accertato per un fattore fisso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Arata».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici premesso che trai proprietari di fabbricati danneggiati per fatto bellico, i quali ricostruirono fruendo degli interventi di cui al decreto legislativo luogotenenziale 9 giugno 1945, n. 305, è sorto profondo malumore dopo che il decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, aumentò la portata degli interventi stessi a favore delle sole successive ricostruzioni; premesso, altresì, che più forti ancora sono i lagni di quanti, avendo iniziata la ricostruzione vigente il primo decreto ed ultimata vigente il secondo, si vedono ora riconosciute indiscriminatamente soltanto le agevolazioni di cui al decreto legislativo luogotenenziale 9 giugno 1945, n. 305 – l’interrogante chiede di sapere se non si ritenga conforme ad equità e giustizia di riconoscere – e pertanto di dar luogo sollecitamente – ai conseguenti provvedimenti:
- a) in via principale, che a tutti i ricostruttori di fabbricati sia dato di fruire dei più favorevoli interventi contemplati nel decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261;
- b) in via subordinata, che dei benefici, di cui al detto decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, possano fruire tutti quelli che le opere di ricostruzione ultimarono dopo l’entrata in vigore del citato decreto, o quanto meno ed in ogni caso che dei più favorevoli interventi debba giovarsi quella parte di lavori che fu eseguita dopo il 10 aprile 1947.
«Schiratti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se, in considerazione delle gravissime distruzioni di guerra sofferte dalla città di Treviso, e di fronte all’ingente numero di domande d’alloggio – ben 253 soltanto della categoria urgentissima – presentate su 1500 agenti ferroviari del deposito di Treviso in vista della assegnazione di dieci nuovi alloggi e di 24 in costruzione, a cura dell’Amministrazione, non intenda adottare con urgenza speciali provvidenze, avendo presente:
1°) che i molti agenti ferroviari ancora sfollati da Treviso abitavano in edifici privati prossimi alla stazione ferroviaria, come questa distrutti dai bombardamenti aerei e non ancora riedificati;
2°) che col progressivo migliorare dei trasporti ferroviari più disagevole diviene la situazione per il personale di macchina e viaggiante tuttora sfollato, costretto per le inderogabili esigenze dei turni e degli orari a raggiungere con mezzi primitivi, e in condizioni di tempo e di luogo spesso proibitive, il posto di servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Ghidetti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri di grazia e giustizia e delle finanze, per sapere se non ritengano opportuno disporre – in accoglimento della domanda presentata sin nel marzo 1947 dal comune di Calendasco (Piacenza) – l’aggregazione di quel Comune agli uffici giudiziari e finanziari di Piacenza, con distacco, rispettivamente da quelli di Borgonovo Val Tidone e di Castel San Giovanni.
«La domanda appare fondata solo che si consideri che il comune di Calendasco dista solo dieci chilometri da Piacenza, cui è unito da mezzi diretti di comunicazione, mentre dista rispettivamente 24 e 18 chilometri da Borgonovo e da Castel San Giovanni senza servizio diretto di comunicazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Arata».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non ritengano equo provvedere con urgenza all’inquadramento dei maestri elementari dei convitti nazionali nel ruolo unico dei maestri, per risolvere una buona volta la situazione di una numerosa classe di insegnanti, i quali, pur essendo maestri elementari, non si trovano nella identica posizione giuridica ed economica di quelli delle scuole pubbliche. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Silipo».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere come sia attualmente regolato il diritto di caccia nei laghi di Fogliano, Monaci, Caprolace e Paola, in provincia di Latina, dopo il decreto del Capo dello Stato del 2 settembre 1946, che ha dichiarato acque pubbliche i detti laghi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Camangi».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti per la risposta scritta.
La seduta termina alle 22.10.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 11:
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Alle ore 16:
- – Votazione a scrutinio segreto dei seguenti disegni di legge:
Approvazione degli Accordi di carattere economico, conclusi in Roma, tra l’Italia ed i Paesi Bassi, il 30 agosto 1946. (30).
Approvazione degli Accordi di carattere economico, conclusi in Roma, tra l’Italia e la Danimarca, il 2 marzo 1946. (31).
Approvazione degli Accordi di carattere economico, conclusi in Roma, tra l’Italia e l’Ungheria, il 9 novembre 1946. (32).
Approvazione dei seguenti Accordi, conclusi ad Ankara, tra l’Italia e la Turchia, il 12 aprile 1947: a) Accordo commerciale; b) Accordo di pagamento; c) Scambio di Note. (39).
Approvazione degli Accordi commerciali e di pagamento, conclusi in Roma, tra l’Italia ed il Belgio, il 18 aprile 1946. (40).
Approvazione dei seguenti Accordi, conclusi in Roma, fra l’Italia e la Svezia, il 19 aprile 1947: a) Accordo italo-svedese relativo all’emigrazione di operai italiani in Svezia; b) Protocollo addizionale all’Accordo italo-svedese relativo all’emigrazione di operai italiani in Svezia. (41).
Approvazione dei seguenti Accordi, conclusi in Roma, tra l’Italia ed il Belgio: a) Protocollo italo-belga per il trasferimento di 50 mila minatori italiani in Belgio e Scambio di Note 23 giugno 1946; b) Scambio di Note per l’annullamento dell’articolo 7 del Protocollo suddetto 26-29 ottobre 1946; c) Annesso al Protocollo di emigrazione italo-belga 26 aprile 1947; d) Scambio di Note per l’applicazione immediata a titolo provvisorio dell’Annesso suddetto 27-28 aprile 1946. (42).
- – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.