Come nasce la Costituzione

POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 29 OTTOBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCLXXVII.

SEDUTA POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 29 OTTOBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Sul processo verbale:

Perrone Capano

Macrelli

Giacchero

Votazioni segrete dei seguenti disegni di legge:

Approvazione dello scambio di Note effettuato in Roma fra l’Italia e la Francia, il 1° giugno 1946, circa il recupero di navi mercantili francesi affondate nelle acque territoriali italiane. (24).

Approvazione dell’Atto di emendamento della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e della Convenzione per la revisione parziale delle Convenzioni adottate dalla Conferenza Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro nelle sue prime 28 Sessioni, per assicurare l’esercizio futuro di alcune funzioni di cancelleria affidate dalle predette Convenzioni al Segretario Generale della Società delle Nazioni e per apportarvi emendamenti complementari resisi necessari in seguito alla estinzione della Società delle Nazioni ed all’emendamento della Costituzione dell’Organizzazione del Lavoro. (25).

Approvazione dell’Accordo fra l’Italia e l’Argentina in materia di emigrazione, concluso a Roma il 21 febbraio 1947. (29).

Soppressione del Senato e determinazione della posizione giuridica personale dei suoi componenti. (33).

Modificazioni al Codice penale per la parte riguardante i delitti contro le istituzioni costituzionali dello Stato. (9).

Revoca dall’impiego per mancata fede al giuramento. (21).

Presidente

Chiusura delle votazioni segrete:

Presidente

Risultato delle votazioni segrete:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Condorelli

Colitto

Benedettini

Mortati

Schiavetti

Dominedò

Cianca

Nenni

Moro

Russo Perez

Fuschini

Uberti

Lussu

Codacci Pisanelli

Bosco Lucarelli

Longhena.

Lami Starnuti

De Martino

Ruggiero

Bordon

Piccioni

Rubilli

Stampacchia

Togliatti

Nobile

Covelli

Ambrosini

Badini Confalonieri

Grassi

Rivera

Morelli Renato

Spallicci

Sereni

Fioritto

Camangi

Ghidini

Camposarcuno

Lopardi

Cevolotto

Laconi

Gronchi

Corbino

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Interrogazioni e interpellanza con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Morandi

Fanfani, Ministro del lavoro e della previdenza sociale

Interrogazioni e interpellanza (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

Sul processo verbale.

PERRONE CAPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, mi riferisco al mio intervento di ieri nel corso della discussione del disegno di legge che reca alcune modifiche al Codice penale, e al susseguente intervento dell’onorevole Macrelli, per chiarire che io intesi esprimere il mio dissenso intorno alla forma adoperata nella stesura dei testi sottopostici, e in modo particolare intesi censurare la eccessiva genericità ed elasticità di alcune norme e il criterio informatore dell’intero disegno, in quanto esso è stato limitato alla sostituzione di poche parole dei Codice fascista, mentre, a mio avviso, debbono difendersi, e seriamente, gli istituti costituzionali dello Stato, ma non secondo la lettera e lo spirito del Codice fascista. L’occasione andava colta, a mio avviso, per punire con maggiore chiarezza e più adeguata precisione fatti concreti, esattamente delimitati nel loro contenuto e secondo le opportune gradazioni.

Questo il mio pensiero, non quello attribuitomi involontariamente dall’onorevole Macrelli.

MACRELLI. Ne prendo atto.

GIACCHERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACCHERO. Nella seduta di ieri io chiesi la parola, a nome del Gruppo democristiano, per fare una dichiarazione di voto sull’emendamento Boldrini all’articolo 290 della legge riguardante i delitti contro le istituzioni costituzionali dello Stato. Il Presidente non me la concesse per motivi regolamentari. Faccio oggi una brevissima dichiarazione.

Noi abbiamo votato contro l’emendamento Boldrini, non perché fossimo contrari allo spirito che lo informava, tanto è vero che noi siamo disposti a dare fin d’ora tutto il nostro appoggio ad una legge organica, che provveda a tutelare tutto quanto costituisce il patrimonio di gloria del nostro Paese, patrimonio di gloria di cui il movimento partigiano, se è l’ultima parte, non è certamente la minore né per entità di sacrificio, né per luminosità di eroismo; ma noi abbiamo votato contro perché, come giustamente hanno fatto osservare ieri il Ministro di grazia e giustizia ed il Relatore onorevole Colitto, mancando una configurazione giuridica corrispondente all’intenzione dell’emendamento, questo doveva essere respinto. Infatti noi non siamo disposti a seguire la strada, evidentemente sbagliata, di coloro i quali, pur volendo con buona intenzione dare lustro al movimento partigiano, non sono riusciti che a togliere quello dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Votazioni segrete.

PRESIDENTE. Occorre procedere alla votazione a scrutinio segreto dei disegni di legge che sono stati discussi dall’Assemblea nelle sedute di ieri e di stamani. Si tratta, come i colleghi ricordano, dei seguenti provvedimenti:

«Approvazione dello scambio di Note effettuato in Roma fra l’Italia e la Francia, il 1° giugno 1946, circa il recupero di navi mercantili francesi affondate nelle acque territoriali italiane»;

«Approvazione dell’Atto di emendamento, della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e della Convenzione per la revisione parziale delle Convenzioni adottate dalla Conferenza Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro nelle sue prime 28 Sessioni, per assicurare l’esercizio futuro di alcune funzioni di cancelleria affidate dalle predette Convenzioni al Segretario Generale della Società delle Nazioni e per apportarvi emendamenti complementari resisi necessari in seguito alla estinzione della Società delle Nazioni ed all’emendamento della Costituzione dell’Organizzazione del Lavoro»;

«Approvazione dell’Accordo fra l’Italia e l’Argentina in materia di emigrazione, concluso a Roma il 21 febbraio 1947»;

«Soppressione del Senato e determinazione della posizione giuridica personale dei suoi componenti»;

«Modificazioni al Codice penale per la parte riguardante i delitti contro le istituzioni costituzionali dello Stato»;

«Revoca dall’impiego per mancata fede al giuramento».

Le urne rimarranno aperte.

(Segue la votazione).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, essendosi concluso stamane lo svolgimento degli emendamenti presentati alla prima disposizione transitoria, terzo comma, prego l’onorevole Ruini di volere esprimere il parere della Commissione.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Domando scusa se stamane, per dovere d’ufficio, non son potuto intervenire alla seduta. Del resto, ero quasi in congedo regolare, perché avevo avvertito il nostro Presidente.

Esaminerò brevemente gli emendamenti proposti in sede dell’ultimo comma dell’articolo 1 delle disposizioni transitorie.

Devo ricordare che quando, un anno fa, la Commissione formulò questi articoli delle disposizioni transitorie, era partita dal concetto di trovare una formula molto elastica, che consentisse di essere applicata, come nella commedia di Pirandello, ad uno, a diecimila o a centomila. Si era adottato la formula «per responsabilità fasciste» in generale.

Recentemente, durante la discussione del disegno di legge sulla eleggibilità, l’Assemblea ha deliberato di sospendere la discussione dell’articolo 47 del disegno e di decidere prima, in sede Costituente, la questione della norma costituzionale; che ora appunto dobbiamo esaminare.

Ci siamo trovati in Comitato di fronte a tre proposte di soppressione, presentate dall’onorevole Russo Perez, dall’onorevole Marinaro e dall’onorevole Dominedò.

Il Comitato ha ripreso in considerazione la formula precedente, e ne ha nuovamente constatato la elasticità e possibilità di adattamento ai casi concreti. Non si è però opposto – e qui vi è stata concordia si può dire assoluta di tutti i partiti, – a tener conto delle tendenze generali che si sono delineate, nella legislazione e nell’azione politica d’ogni genere, e che si potrebbero esprimere così: amnistia ed oblio per gli ex fascisti, se non ebbero gravi responsabilità; severità per i recidivi, per i neofascisti; severità spietata per quelli che, approfittando del perdono, insidiano nuovamente lo Stato democratico.

Il Comitato è disposto ad andare incontro alle nuove tendenze ed all’esigenza di prendere atteggiamenti definitivi in una discussione che si trascina troppo a lungo. Ma non può accogliere le proposte di soppressione. Basta un solo cenno, ed anche qui siamo stati tutti d’accordo; non è concepibile che entri qui dentro, come rappresentante del Paese, un ex presidente del Tribunale straordinario del regime fascista.

Vi sono proposte subordinate degli onorevoli colleghi, che ho ricordato, e che chiedevano in via principale la soppressione. Sostengono che in ogni caso si debbano rispettare le disposizioni di legge già prese ed i giudicati emessi in base ad essi. A prescindere che non si tratta di veri giudicati, ma di iscrizioni o meno nelle liste, da parte di Commissioni elettorali, mi limito ad osservare che la tesi degli onorevoli colleghi sarebbe contro operante, giacché da più Commissioni si sono fatte assai larghe esclusioni che bisognerebbe rispettare. So che questo rilievo ha convinto alcuni dei proponenti.

Vi sono poi tesi intermedie, di cui non è traccia completa negli emendamenti, e che sono venute in luce durante l’esame del Comitato. Si possono considerare tre punti di maggiore larghezza: sostituire alla formula «sono esclusi», la formula «possono essere esclusi»; limitarsi a colpire l’eleggibilità e non l’elettorato; ridurre ad un quinquennio il termine massimo delle limitazioni. Questo ultimo concetto è espresso in un emendamento testé presentato dall’onorevole Mortati. Il Comitato non si è pronunciato espressamente: ma, sentiti alcuni colleghi, dichiaro che, se non fa sua, non si oppone alla proposta Mortati.

È stata pur presentata, testé, una proposta di colleghi per mantenere il testo della disposizione, quale è nel progetto presentato all’Assemblea. Ripeto che, a mio avviso, la formula, per la sua elasticità, potrebbe essere benissimo conservata; ma, come vi ho detto, il Comitato ha ritenuto di dover attenuare in certo modo l’espressione, e mettere qui il criterio che si è manifestato (specialmente da un anno a questa parte, e cioè da quando fu approvata la prima formula): che non si devono colpire tutti i fascisti, ma i capi responsabili del fascismo. La nuova formula non è che la inserzione del principio che ormai appartiene al clima politico e giuridico della Repubblica.

Sulla nuova formula finì per essere unanime il Comitato, con adesione dei rappresentanti dei vari Gruppi politici, tranne il liberale.

Che cosa è necessario ora? È necessario determinare i casi ai quali debbono applicarsi le limitazioni stabilite dalla disposizione della Costituzione. L’onorevole Mortati proponeva che l’elencazione fosse inclusa senz’altro nell’articolo primo della disposizione transitoria della Costituzione. Comprendo che si tratta di una norma transitoria; ma che si debba mettere nella Costituzione un lunghissimo elenco di questo genere, non mi pare cosa opportuna: se non altro per esigenze d’ordine formale e, direi, d’estetica costituzionale, che pur hanno il loro valore. Respinta tale proposta, è prevalsa l’idea di formulare ed approvare un ordine del giorno: e così si è fatto, e su esso riferirà l’onorevole Uberti.

L’ordine del giorno si ispira al criterio di finirla una buona volta con incertezze e discussioni interminabili. Bisogna evitare nuovi esami di discriminazione individuale, e di giudizi caso per caso, che hanno in realtà provocato il fallimento dell’epurazione nel nostro Paese. Si è voluto, per un concetto superiore di giustizia, valutare ogni singola posizione; ma l’amministrazione italiana non è stata capace di autoepurarsi, anche con gli organi appositamente costituiti. L’errore del sistema delle valutazioni individuali è risaltato poi nella recente amnistia. Bisogna a tali metodi sostituire quello di un’applicazione automatica e meccanica, senza alcuna incertezza. Ciò porterà ad alcune imperfezioni ed inconvenienti; ma saranno sempre incomparabilmente minori di quelli in cui si incorrerebbe riaprendo la porta a giudizi e discriminazioni, che darebbero luogo fatalmente, come l’esperienza dimostra, a maggiori disparità. La volontà del Paese è che si finisca con l’incertezza.

L’ordine del giorno è stato compilato con una elencazione tale che colpisce i fascisti che hanno avuto maggior responsabilità nel fascismo, senza che si debbano fare nuovi giudizi individuali; si è studiato il modo di un’applicazione veramente automatica.

L’ordine del giorno sarà votato dalla nostra Assemblea in sede di Costituente; e cioè – come abbiamo fatto in altri casi – avrà un valore vincolante per le future deliberazioni della nostra Assemblea. Bisogna evitare che si possa, con leggi ordinarie, procedere a mutazioni o in senso troppo largo o in senso troppo tenue. Sembra che la via seguita sia la più giusta. Il Comitato, lo ripete ancora una volta, ritiene che si debba concedere perdono ed oblio agli ex fascisti, salvo che non abbiamo colpe speciali o che vi siano incompatibilità insuperabili (come vi sono, in certi casi, in materia elettorale). Nel tempo stesso bisogna essere severi per i fascisti recidivi; e spietatamente severi per i perdonati che tornano ad insidiare l’Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Chiedo ora ai vari presentatori di emendamenti se, dopo le considerazioni del Presidente della Commissione, li mantengono.

L’onorevole Russo Perez aveva proposto, con altri colleghi, il seguente emendamento.

«Sopprimere il comma.

«Ove l’emendamento soppressivo non fosse approvato, sostituire il comma col seguente:

«Possono essere stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per responsabilità fasciste, purché non si estendano a casi non contemplati da precedenti leggi e l’elettore non sia stato già sottoposto a giudizio individuale, nel qual caso sarà da rispettare il giudicato».

Onorevole Condorelli, vuol dichiarare lei se mantiene l’emendamento, che reca anche la sua firma?

CONDORELLI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto aveva proposto il seguente emendamento:

«Sopprimere il comma.

«Subordinatamente, aggiungere: In nessun caso, però, potrà derogarsi a leggi precedenti più favorevoli e saranno rispettati i giudicati».

Lo mantiene?

COLITTO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Benedettini aveva proposto il seguente emendamento:

«Sopprimere il comma.

«Subordinatamente, dopo le parole: responsabilità fasciste, aggiungere: individuali già accertate con provvedimento definito.

«La limitazione non può essere superiore ad anni cinque».

Lo mantiene?

BENEDETTINI. Sì, lo mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Monticelli aveva presentato il seguente emendamento, che non aveva svolto, non essendo presente.

«Fino ad un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione la legge può stabilire una limitazione alla eleggibilità e al diritto di voto per rilevanti responsabilità nell’ex regime fascista».

Poiché non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

L’onorevole Mortati aveva presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«In deroga all’articolo 45, la legge potrà stabilire, per non oltre un quinquennio dalla data di entrata in vigore della Costituzione, limitazioni alla eleggibilità ed al diritto di voto per coloro che sono da ritenere responsabili, in grado eminente, della formazione e del mantenimento del cessato regime fascista per la natura delle cariche ricoperte o dell’attività esercitata, obiettivamente determinata, in una delle seguenti categorie: membri del Governo, del gran consiglio, degli organi legislativi, del tribunale speciale, della milizia volontaria sicurezza nazionale, delle gerarchie del partito fino al grado di segretario provinciale; funzionari direttivi militari e civili della cosiddetta repubblica sociale».

Lo mantiene?

MORTATI. Lo mantengo limitatamente all’introduzione dell’inciso in merito all’articolo 45.

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti aveva proposto di tornare al testo del progetto.

Onorevole Schiavetti, mantiene la sua proposta?

SCHIAVETTI. La mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Dominedò ha proposto di sopprimere il comma.

Mantiene l’emendamento?

DOMINEDÒ. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Abbiamo, dunque, come base della discussione, il nuovo testo della Commissione, del seguente tenore:

«Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità ed al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista».

L’onorevole Schiavetti ha proposto di ritornare al primitivo testo del progetto:

«Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per responsabilità fasciste».

Questo è l’emendamento più radicale al nuovo testo e pertanto ritengo debba essere posto per primo in votazione.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Ho ascoltato le spiegazioni date dal Presidente del Comitato di redazione per quanto riguarda la sostituzione della nuova formula all’antica. Il Presidente mi consentirà di dirgli che i suoi argomenti non mi hanno assolutamente persuaso. Egli ha detto che, in fondo, il concetto ispiratore che ha mosso il Comitato alla sostituzione è stato questo: oblio del passato; severità verso il neo-fascismo.

Ora, io ritengo che la formula «oblio del passato», se può avere un significato morale e sentimentale, è sul piano politico assolutamente irrazionale. Noi dobbiamo tener conto di quello che il passato rappresenta, per premunirci contro tutti i possibili ritorni di un tale passato. Quindi, ripeto, il criterio ispiratore del Comitato di redazione non è, a mio giudizio, un criterio politicamente accettabile.

Ma io penso che la dizione nuova del Comitato debba essere respinta, soprattutto perché esiste una contradizione evidente, segnalata già questa mattina dal collega Schiavetti, tra l’emendamento della Commissione e l’ordine del giorno dalla Commissione stessa proposto. Infatti, nel nuovo comma della Commissione si parla dei capi responsabili del fascismo, mentre nell’ordine del giorno sono elencate le categorie a cui la formula «capi responsabili del fascismo» non potrebbe essere applicata.

D’altronde devo aggiungere che se la Commissione aveva il diritto e la facoltà di modificare la formula, non aveva, a mio giudizio, il diritto di elencare queste categorie, in quanto, ferma la norma costituzionale, si trattava di considerare le modalità dell’applicazione di questa norma nella sede della legge sull’elettorato attivo.

Perciò io sono contrario alla votazione stessa dell’ordine del giorno, in quanto penso che la Commissione dei diciotto non può assolutamente entrare in questo campo, che spetta al libero esame e al sovrano giudizio dell’Assemblea in sede competente, quando cioè verrà in discussione la legge sull’elettorato. E penso che si debba rigettare la formula nuova della Commissione, sia per il contrasto accennato fra la formula stessa e l’ordine del giorno che la segue, sia perché la formula «capi responsabili del fascismo» si presta a tutti gli equivoci e a tutti i sotterfugi.

Noi dobbiamo assolutamente premunirci contro qualsiasi ritorno del passato. Siamo pronti ad obliare il passato sul piano sentimentale: tradiremmo il nostro mandato se l’obliassimo sul piano politico. (Applausi a sinistra).

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io voterò contro l’emendamento Schiavetti e contro tutti gli altri emendamenti, per ragioni di stretta legalità, alle quali, a mio giudizio, non è possibile sottrarsi.

Lascio da parte le ragioni di legittimità circa il fondamento etico, politico, e giuridico di questa legge. Ma vi sono nella legislazione vigente delle preclusioni a che noi votiamo nel senso proposto.

Vi è stato il decreto-legge 27 luglio 1944, n. 159, che prevedeva questa sanzione di sospensione del diritto elettorale e prevedeva precisamente delle categorie comprendenti coloro che si erano resi colpevoli di mal costume fascista, coloro che con atti rilevanti avevano contribuito al mantenimento del fascismo, i gerarchi, i capi del fascismo, che dovevano essere precisamente determinati in un elenco che si demandava al Presidente del Consiglio.

Questo elenco è stato fatto con decreto 2 febbraio 1945. Poi è succeduta la legge del 26 aprile 1945, n. 149, nella quale si stabilì che le Commissioni provinciali avrebbero dovuto irrogare la sospensione dal diritto elettorale da uno a dieci anni entro un anno dall’entrata in vigore di quel decreto, cioè entro il 29 aprile 1946.

Queste sanzioni così previste, stabilite e regolate da una procedura, sono state irrogate. Vi sono stati dei giudizi che hanno avuto per esito l’ordinanza di condanna o l’ordinanza di assoluzione. Comunque, è cosa fatta e il termine è da tempo consumato.

Quando approvassimo questa norma transitoria o uno qualsiasi degli emendamenti che non fosse soppressivo, noi compiremmo una enormità, noi riapriremmo dei termini ormai chiusi da quasi due anni, noi distruggeremmo i giudicati, perché a coloro che hanno avuto irrogata una pena di due, di tre, di quattro, di cinque anni, dovremmo irrogarla adesso di dieci o di quel diverso numero di anni che si volesse stabilire. Coloro che sono stati assolti potrebbero essere condannati!

Sarebbe una enormità tale, che io non comprendo come ancora se ne possa discutere!

Io ieri, discutendo di un problema affine, in quest’Aula mi son sentito dire da un collega della cui fede democratica non oserei discutere, che la legge è libera, il legislatore fa quel che vuole, non può trasformare un maschio in femmina o viceversa, ma quanto ad altro può fare quello che vuole. Formalmente questo è esatto, ma io gli dico che non è, questo, dettame democratico! Questo può essere dettame di assolutismo di Stato, che può essere assolutismo monarchico o assolutismo repubblicano. Ma la legislazione dei paesi civili ha dei limiti morali ed ha dei limiti nell’equilibrio dei poteri che regolano la vita civile! Una legge che violasse i giudicati, che violasse i diritti quesiti, andrebbe contro i più naturali principî della civiltà giuridica ormai consacrati, ed io, come italiano, sarei dolente ed umiliato di vedere sancita nella Carta costituzionale del nostro Paese, sulla quale si dovrebbe costruire la nostra vita politica – speriamo per non lungo tempo! – una enormità simile! (Commenti).

PRESIDENTE. Comunico che mi è pervenuta una domanda di votazione per appello nominale sull’emendamento Schiavetti, firmata dagli onorevoli Cianca, Lussu, Schiavetti, Bordon, Pistoia, Nasi, Bennani, Spallini, Carpano Maglioli, Bianchi Bianca, Grazzi, Foa, Bellusci, Binni, Costantini.

NENNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. Io chiederei alla Commissione, per finire questa discussione che mi sembra inutile, se non possa accettare lo spirito con cui è stata modificata la dizione della norma transitoria, essendo evidente l’osservazione fatta dall’onorevole Schiavetti, cioè che c’è un contrasto fra la dizione della norma statutaria e l’ordine del giorno.

Ora, noi dichiariamo che voteremo l’ordine del giorno così come è stato predisposto dal Comitato di redazione, ma che preferiremmo che il Comitato accettasse la proposta dell’onorevole Schiavetti, e cioè ripristinasse la vecchia formula, che avrebbe ora la sua interpretazione nell’ordine del giorno che noi voteremo.

MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che il mio Gruppo voterà contro l’emendamento Schiavetti e in favore del testo della Commissione, con l’emendamento Mortati.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ruini di esprimere il pensiero della Commissione, sulle osservazioni dell’onorevole Nenni.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei far presente all’onorevole Nenni che le cose vanno considerate nel loro complesso. Si è realizzato in seno al Comitato un accordo, cui hanno partecipato anche i rappresentanti del suo Gruppo. La nuova formula del capoverso e l’ordine del giorno sono l’espressione di tale accordo. So che l’onorevole Nenni condivide pienamente il criterio che si debbano evitare ormai giudizi, valutazioni e discriminazioni caso per caso, e si debbano stabilire criteri obiettivi e definitivi.

Ciò che più importa non è la formula del capoverso, è l’ordine del giorno che deve passare. Se chi ha proposto di tornare alla formula anteriore del capoverso, dichiara nello stesso tempo di votare l’ordine del giorno, come ha dichiarato di fare l’onorevole Nenni, non avrei difficoltà ad accogliere il desiderio di ripristinare la precedente espressione. Ma purché si voti l’ordine del giorno. Trattandosi, in sostanza, di un tutto inscindibile, attendo le dichiarazioni dei proponenti.

Chiusura delle votazioni segrete.

PRESIDENTE. Dichiaro chiuse le votazioni ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale sull’emendamento Schiavetti, che propone di ritornare al testo del progetto:

«Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per responsabilità fasciste».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dal deputato Vischioni.

Si faccia la chiama.

Presidenza del Vicepresidente CONTI

SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Amadei – Amendola – Arata – Assennato – Azzi.

Baldassari – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bei Adele – Bellusci – Bennani – Bernabei – Bernamonti – Bernardi – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bonomelli – Bordon – Bucci.

Cacciatore – Caldera – Calosso – Canevari – Caporali – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chiostergi – Cianca – Codignola – Colombi Arturo – Corbi – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.

D’Aragona – Della Seta – De Mercurio – De Michelis Paolo – D’Onofrio.

Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiorentino – Fioritto – Foa – Fogagnolo – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacometti – Giolitti – Giua – Gorreri – Grazi Enrico – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Nilde.

Laconi – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Marchesi – Mariani Enrico – Mattei Teresa – Matteotti Matteo – Mazzoni – Merlin Angelina – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Morandi – Moranino – Morini – Moscatelli – Musolino.

Nasi – Negro – Nenni – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella.

Pacciardi – Pajetta Giuliano – Parri – Pastore Raffaele – Pellegrini – Persico – Pesenti – Piemonte – Pieri Gino – Pignatari – Pistoia – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preziosi – Priolo – Pucci.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo.

Salerno – Sansone – Santi – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Stampacchia.

Tega – Togliatti – Tomba – Tonello – Treves.

Varvaro – Vernocchi – Veroni – Vigna – Villani – Vischioni.

Zanardi – Zuccarini.

Rispondono no:

Ambrosini – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonino – Bonomi Paolo – Bosco Lucarelli – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Burato.

Caccuri – Camposarcuno – Cannizzo – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Enrico – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Corsini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo.

De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Foresi – Franceschini – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Geuna – Giacchero – Giordani – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.

Jervolino.

La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Pira – Lazzati – Lettieri – Lizier.

Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Morelli Luigi – Morelli Renato – Moro – Mortati – Murgia.

Nicotra Maria – Nitti – Notarianni – Numeroso.

Pallastrelli – Pat – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perlingieri – Perrone Capano – Perugi – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Vito – Recca – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Rubilli – Ruini – Russo Perez.

Saggin – Salizzoni – Sampietro – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Selvaggi – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Vanoni – Venditti – Viale – Vicentini – Villabruna.

Zaccagnini– Zotta.

Si sono astenuti:

Conti.

Scotti Alessandro.

Sono in congedo:

Abozzi – Angelucci.

Cairo – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Cavallari.

Dozza – Dugoni.

Jacini.

Porzio.

Ravagnan – Romita – Rumor.

Sardiello.

Tosato.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti                       367

Votanti                        365

Astenuti                         2

Maggioranza                183

Hanno risposto         164

Hanno risposto no        201

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Avverto che non porrò in votazione gli emendamenti soppressivi presentati dagli onorevoli Russo Perez, Colitto, Benedettini e Dominedò, che potranno essere implicitamente votati respingendo le formulazioni proposte. Porrò, invece, in votazione, gli emendamenti sostitutivi proposti, in via subordinata, dagli onorevoli Benedettini, Colitto e Russo Perez.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Penso che debba esser posta in votazione prima la proposta principale, cioè la soppressione del comma, e poi la subordinata.

PRESIDENTE. Onorevole Russo Perez, come di consueto non porrò in votazione le proposte soppressive.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Una volta respinto l’emendamento Schiavetti, penso che si debba votare la formulazione della Commissione. Tale votazione penso che si dovrebbe fare, prima che si scenda alla subordinata. Se tale formulazione venisse respinta, sarebbe accettato il nostro emendamento soppressivo. Se, invece, venisse accettata, si potrebbe allora passare alla votazione della subordinata.

PRESIDENTE. Non vedo in qual modo si possa seguire questa sua indicazione, onorevole Colitto, perché come potremmo mettere in votazione una formulazione, che rappresenta un emendamento al testo principale, dopo aver votato il testo principale che per norma regolamentare e per logica non può non essere votato per ultimo, respinti che siano gli emendamenti?

COLITTO. Il Comitato di redazione propone che al terzo comma dell’articolo 1 sia sostituito questo comma: «Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità ed al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista». Ora a me pare che, se questo emendamento fosse approvato, si potrebbe passare alla subordinata; se venisse, invece, respinto, dovrebbe dirsi accolto il nostro emendamento soppressivo. È perciò che io chiedo che si ponga in votazione detto comma, e poi, l’emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Poiché il suo emendamento e quello dell’onorevole Benedettini possono considerarsi non sostitutivi ma aggiuntivi, potranno esser messi in votazione dopo la formulazione dell’onorevole Russo Perez, che è sostitutiva di tutto il testo della Commissione e che quindi deve esser posta in votazione per prima.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io debbo dichiarare che non mi persuade logicamente il metodo di votazione, perché allora noi saremmo costretti a votare contro quello che abbiamo proposto. Noi che siamo per la soppressione come dobbiamo votare? A me pare che si debba discutere prima se conservare o non conservare l’articolo, e poi cominciare a passare agli emendamenti ed allora potremmo orientarci. Se si stabilisce che un articolo ci debba essere, il quale preveda comunque queste responsabilità fasciste, vedremo poi come si deve fare; ma noi che sosteniamo che non ci deve essere, verremo messi in contraddizione con noi stessi, se costretti a votare la nostra subordinata, ed a precludere col nostro voto sull’emendamento la messa in votazione della proposta soppressiva.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Dichiaro di rinunciare al mio emendamento, e di aderire a quello dell’onorevole Benedettini.

PRESIDENTE. Allora, onorevoli colleghi, votiamo dapprima la formulazione della Commissione e successivamente le due proposte di emendamenti aggiuntivi degli onorevoli Colitto e Benedettini.

BENEDETTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTINI. Ponendo in votazione il testo della Commissione o il nostro emendamento, non avremo modo di manifestare la nostra volontà favorevole alla soppressione della norma.

PRESIDENTE. Se pongo in votazione il testo della Commissione, coloro che intendono sopprimerlo, votano contro.

Vi è una proposta di emendamento dell’onorevole Mortati, alla quale la Commissione non è contraria.

La proposta si differenzia dal testo della Commissione, in sostanza, perché vi premette le parole: «In deroga all’articolo 45», ed aggiunge la limitazione nel tempo, così formulata: «per non oltre un quinquennio dalla data di entrata in vigore della Costituzione».

Pongo in votazione il testo completo, formato cioè dalle due proposte dell’onorevole Mortati e dal testo della Commissione:

«In deroga all’articolo 45 sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità ed al diritto di voto per i capi responsabili del regime fascista, per non oltre un quinquennio dalla data di entrata in vigore della Costituzione».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Benedettini che, se accettato, dovrà essere coordinato col testo approvato:

«Dopo le parole: responsabilità fasciste, aggiungere: individuali già accertate con provvedimento definitivo».

(Non è approvato).

La seconda parte del suo emendamento, onorevole Benedettini, è già stata assorbita dalla formulazione Mortati, approvata dall’Assemblea.

Pongo allora in votazione l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Colitto e Marinaro, del seguente tenore:

«In nessun caso, però, potrà derogarsi a leggi precedenti più favorevoli e saranno rispettati i giudicati».

(Non è approvato).

Passiamo ora all’ordine del giorno proposto al Comitato di redazione, del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente afferma che le limitazioni, di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 delle disposizioni transitorie della Costituzione, sono da applicarsi a coloro che hanno ricoperto le seguenti cariche nel regime fascista, e in quello repubblicano sociale fascista:

1°) ministri e sottosegretari di Stato in carica dal 5 gennaio 1925;

2°) senatori, tranne quelli non deferiti all’Alta Corte di giustizia o per i quali l’Alta Corte ha respinto la proposta di decadenza; deputati delle legislature XXVII, XXVIII e XXIX, tranne i deputati della XXVII che non giurarono o che furono dichiarati decaduti con la mozione del 9 novembre 1926 o che fecero parte della Consulta nazionale; consiglieri nazionali;

3°) membri del consiglio nazionale del partito fascista o del partito fascista repubblicano; membri del tribunale speciale per la difesa dello Stato e dei tribunali speciali della repubblica sociale fascista;

4°) alti gerarchi del partito fascista sia al grado di segretario federale (provinciale) incluso;

5°) ufficiali generali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi speciali; ufficiali della guardia nazionale repubblicana, delle brigate nere, delle regioni autonome e dei reparti speciali di polizia della repubblica sociale fascista;

6°) capi di provincia e questori nominati dalla repubblica sociale fascista».

L’onorevole Fuschini ha proposto il seguente emendamento:

«Aggiungere, dopo le parole: tranne i deputati della XXVII legislatura che non giurarono, le parole: o che esercitarono la opposizione nell’Aula».

«Aggiungere alle parole: o che fecero parte della Consulta nazionale, le parole: o dell’Assemblea Costituente».

L’onorevole Fuschini ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

FUSCHINI. Mi pare che non ci sia bisogno di svolgimento per questo emendamento che è così semplice e chiaro. Volevo semplicemente osservare che, oltre ai deputati della XXVII legislatura, che furono dichiarati decaduti dal fascismo – che mandò via tutti i deputati dell’Aventino – vi era un numeroso gruppo di deputati, i quali rimasero nell’Aula e fecero opposizione, e di questi ritengo sia necessario di tener conto.

D’altra parte v’è anche un altro problema, ed è quello riguardante l’Assemblea Costituente. Vi sono deputati che non hanno fatto parte della Consulta Nazionale, ma fanno parte dell’Assemblea Costituente: mi pare che sia necessario dichiarare che essi sono esclusi da ogni restrizione di eleggibilità, perché sarebbe assurdo che un membro dell’Assemblea Costituente fosse dichiarato ineleggibile, quando è stato eletto nell’Assemblea Costituente. Mi pare che in tal modo egli abbia già avuto una sanatoria decisiva. Per queste ragioni insisto sull’emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Uberti ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI. L’emendamento dell’onorevole Fuschini si compone di due parti: la prima non ritengo che sia necessaria, perché la formula «quelli che hanno fatto opposizione nell’Aula» comprende coloro che sono stati chiamati a far parte della Consulta Nazionale, per un preciso disposto della legge che ha convocato quest’ultima.

La seconda parte: «o dell’Assemblea Costituente» mi sembra che possa essere accettata, perché vi può essere qualche membro che non fece parte della Consulta Nazionale e che fa parte dell’Assemblea Costituente. Quindi la Commissione accetta l’aggiunta della seconda formula.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Nasi, Foa, Schiavetti, Cianca, Codignola hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere un punto settimo: coloro che per la loro attività fascista siano stati esclusi dall’insegnamento o dagli albi professionali».

I firmatari hanno rinunziato allo svolgimento.

L’onorevole Uberti ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI. A questo ordine del giorno, che fu esaminato in sede di Comitato di redazione, e che fu il risultato di un accordo generale, a me sembra che non sia il caso di aggiungere nuove formulazioni, soprattutto di fronte al criterio fondamentale che ha seguito il Comitato di redazione di partire dal concetto di non far luogo a processi di nessun genere, ma che la copertura della carica significa obiettivamente esclusione dal voto.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.

Onorevole Fuschini, lei limita il suo emendamento alla parte accettata dalla Commissione?

FUSCHINI. Insisto anche sulla prima parte.

PRESIDENTE. Allora, voteremo dapprima la parte introduttiva dell’ordine del giorno con il primo alinea; poi il secondo alinea con l’emendamento Fuschini.

Pongo in votazione la prima parte dell’ordine del giorno e il primo alinea:

«L’Assemblea Costituente afferma che le limitazioni, di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 delle Disposizioni transitorie della Costituzione, sono da applicarsi a coloro che hanno ricoperto le seguenti cariche nel regime fascista e in quello repubblicano sociale fascista:

1°) ministri e sottosegretari di Stato in carica dal 5 gennaio 1925».

(Sono approvati).

Pongo in votazione le seguenti parole del secondo alinea:

«2°) senatori, tranne quelli non deferiti all’Alta Corte di giustizia e per i quali l’Alta Corte ha respinto la proposta di decadenza, deputati delle legislature XXVII, XXVIII e XXIX, tranne i deputali della XVII che non giurarono».

(Sono approvate).

Pongo in votazione la prima parte dell’emendamento Fuschini:

«o che esercitarono l’opposizione nell’Aula».

(Dopo prova e controprova e votazione per divisione, è approvata).

Pongo ai voti le successive parole del secondo alinea:

«o che furono dichiarati decaduti con la mozione del 9 novembre. 1926 o che fecero parte della Consulta Nazionale».

(Sono approvate).

Pongo in votazione la seconda parte dell’emendamento Fuschini:

«o dell’Assemblea Costituente».

(È approvata).

Pongo in votazione le ultime parole del secondo alinea:

«consiglieri nazionali».

(Sono approvate).

Pongo in votazione il terzo alinea:

«3°) membri del consiglio nazionale del partito fascista o del partito fascista repubblicano; membri del tribunale speciale per la difesa dello Stato e dei tribunali speciali della repubblica sociale fascista».

(È approvato).

Pongo in votazione il quarto alinea:

«4°) alti gerarchi del partito fascista sino al grado di segretario federale (provinciale) incluso».

(È approvato).

Pongo in votazione il quinto alinea:

«5°) ufficiali generali della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi speciali; ufficiali della guardia nazionale repubblicana, delle brigate nere, delle legioni autonome e dei reparti speciali di polizia della repubblica sociale fascista».

(È approvato).

Pongo in votazione il sesto alinea:

«6°) capi di provincia e questori nominati dalla repubblica sociale fascista».

(È approvato).

Passiamo all’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Nasi, Cianca e altri:

«7°) coloro che per la loro attività fascista sono stati esclusi dall’insegnamento o dagli albi professionali».

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Io ho rinunciato a svolgere il mio emendamento, perché la sua dizione era così chiara che legittimava la nostra speranza che la Commissione lo avrebbe accettato. In realtà, era forse una speranza ingenua, di fronte alla stranezza degli avvenimenti ai quali assistiamo, per i quali accade che l’Assemblea respinga oggi quello che un mese e mezzo fa aveva accettato. (Commenti a destra).

Noi crediamo che l’Assemblea assuma una grave responsabilità, e l’assuma anche la Commissione, respingendo un emendamento il quale, inserito in una legge che contempla delle sanzioni politiche, tende a colpire degli uomini su cui queste responsabilità politiche gravano in modo inconfutabile. (Applausi a sinistra).

Nel nostro emendamento abbiamo contemplato le categorie di coloro i quali, attraverso l’insegnamento o attraverso il giornalismo, hanno avvelenato l’opinione pubblica, spingendo il Paese alla guerra e alla disfatta. (Applausi a sinistra).

Per quello che ci riguarda, noi vogliamo legare la Commissione e la maggioranza alle loro responsabilità dinanzi al Paese; noi assumiamo le nostre, insistendo nel nostro emendamento. (Applausi a sinistra – Commenti a destra).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo proposto dagli onorevoli Nasi, Cianca ed altri:

«7°) coloro che per la loro attività fascista siano stati esclusi dall’insegnamento o dagli albi professionali».

(È approvato – L’ordine del giorno è così approvato nel suo complesso).

Onorevoli colleghi, passiamo adesso all’altra parte della materia costituzionale, relativa alle Regioni, che dobbiamo affrontare e sulla quale dobbiamo prendere una decisione prima di sospendere i nostri lavori.

Come i colleghi rammentano, fu accantonato l’articolo 123, il quale contiene l’elencazione delle Regioni.

Abbiamo ora il nuovo testo di questo articolo 123, formulato dal Comitato di redazione. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Oltre alle Regioni indicate dall’articolo 108, che hanno forme speciali di autonomia, sono costituite, con le funzioni ed i poteri stabiliti dalla Costituzione, le Regioni seguenti:

Piemonte;

Lombardia;

Veneto;

Liguria;

Emilia e Romagna;

Toscana;

Umbria;

Marche;

Lazio;

Abruzzi e Molise;

Campania;

Puglia;

Basilicata;

Calabria».

PRESIDENTE. A questo nuovo testo sono già stati presentati alcuni emendamenti.

Inoltre gli onorevoli De Martino, Codacci Pisanelli, De Maria, Giordani, Corsini, Dominedò, Miccolis, Perugi, Marina, Condorelli, Tieri, Benedetti, Cacciatore, Preziosi, De Caro Raffaele, Rodinò Mario, Fusco, Persico, Gasparotto, Penna Ottavia, hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente:

riaffermata la opportunità di dare modo alle popolazioni interessate di esprimere la loro volontà circa la Regione di cui dovrebbero far parte;

delibera di rinviare alla legge il compito di determinare il numero delle Regioni, il loro nume, le rispettive delimitazioni territoriali ed i capoluoghi».

Il secondo ordine del giorno, a firma degli onorevoli: Targetti, Cevolotto, Grieco, Lami Starnuti, Filippini, Bennani, Carboni Angelo, Laconi, Binni, Zanardi, Bianchi Bianca, Canevari è del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente delibera che – salva la procedura per istituire nuove Regioni – siano nell’articolo 123 costituite le Regioni storico-tradizionali di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche».

Di questi due ordini del giorno evidentemente quello presentato dagli onorevoli De Martino, Codacci Pisanelli ed altri, ove approvato, avrebbe un carattere preclusivo. Io penso pertanto che sia opportuno far svolgere dai presentatori gli ordini del giorno e decidere in merito ad essi.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Ho presentato personalmente un ordine del giorno portante la mia firma, che riguarda il Molise. Sostengo in esso che, per le sue condizioni particolari, il Molise deve essere annoverato fra le nuove Regioni costituite, anche se, per preoccupazioni di ordine generale, vengano rimandate al futuro Parlamento le costituzioni delle nuove Regioni.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Onorevole Presidente, pongo una questione di carattere pregiudiziale. Ritengo che il Comitato di redazione non abbia la facoltà di modificare l’articolo 123 così come era stato formulato nel progetto di Costituzione distribuito. Vi era una riserva, che leggo: «Su questo testo, proposto dalla seconda Sottocommissione, la Commissione, in seduta plenaria, ha sospeso ogni decisione, in attesa che siano raccolti gli elementi di giudizio, mediante l’inchiesta in corso presso gli organi locali delle Regioni di nuova istituzione».

È stata fatta questa consultazione?

BOSCO LUCARELLI. No.

CODACCI PISANELLI. È stata fatta forse in modo incompleto, ma certo è stata fatta. La formulazione contenuta nella deliberazione approvata dalla seconda Sottocommissione diceva che sarebbe stata data comunicazione delle deliberazioni adottate a tutti i comuni e provincie interessate, perché, ove lo avessero ritenuto opportuno, avessero potuto esprimere il loro parere. Questo, a quanto mi risulta dagli atti, è stato fatto. È stata fatta una statistica, forse incompleta, ma certo i risultati di questa statistica sono stati tali che non avrebbero consentito di sopprimere l’articolo. In ogni modo, il Comitato di redazione doveva limitarsi a coordinare, e coordinare non equivale a modificare.

Qui sono state soppresse alcune Regioni che erano state incluse dopo accurata discussione e dopo votazioni.

Sono state soppresse, senza che al Comitato di redazione fossero stati dati questi poteri.

Ritengo perciò che l’articolo 123 debba essere presentato all’Assemblea nella formulazione adottata nel progetto di Costituzione e non nella attuale formulazione.

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Ho chiesto di parlare per smentire nella maniera più formale che sia stato adempiuto l’obbligo di questa inchiesta, perché fra le Regioni che erano in discussione vi era anche il Sannio. Se del Sannio fa parte la provincia di Benevento, l’amministrazione provinciale di Benevento ed i Comuni della provincia di Benevento, dovevano essere sentiti, cosa che non è stata fatta ed il Presidente della Commissione mi deve dare atto che non è stata fatta. Quindi l’inchiesta è stata una cosa parziale, ad usum delphini, non per responsabilità del Presidente, ma per responsabilità, magari involontaria, degli impieghi che erano stati incaricati di fare questa inchiesta. Ed allora noi non abbiamo gli elementi necessari; abbiamo una sola voce, non abbiamo la voce di tutti; non possiamo vagliare le ragioni delle singole Provincie e dei singoli Comuni in una materia così importante, quale è quella di costituire un nuovo organismo regionale, che non può calpestare i diritti di una Provincia senza ascoltarli.

PRESIDENTE. Vorrei fare presente che, forse inavvertitamente, stiamo spingendoci alla discussione dell’ordine del giorno degli onorevoli De Martino, Codacci Pisanelli ed altri, che non è ancora in questione.

L’onorevole Codacci Pisanelli dice che c’è una questione pregiudiziale e l’ha definita. Restiamo a questa per ora.

L’onorevole Codacci Pisanelli ha proposto che, come base di discussione, si assuma non il nuovo testo dell’articolo 123 così come è stato presentato dalla Commissione, ma il testo primitivo. Questa la questione e possibilmente non sfociamo dall’argomento.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Io credo, onorevole Presidente, onorevoli colleghi, che la richiesta dell’onorevole Codacci Pisanelli sia fondata.

Io che so quanto interessa la Regione che mi ha qui mandato la questione, di cui ci andiamo occupando, posso dire che la situazione di fatto è la seguente. La espongo con la necessaria precisione. Nella seduta del 16 dicembre 1946 l’onorevole Terracini, che presiedeva la Sottocommissione, mise ai voti la presa in considerazione della richiesta del Molise di essere riconosciuto come Regione autonoma. Fu approvata.

DE CARO RAFFAELE. Il numero dei voti dell’approvazione. La prego di essere preciso.

COLITTO. Fu approvata. Non è a dubitarne. Io ho qui presenti i verbali della Sottocommissione ed il Presidente dell’Assemblea mi può far fede di quello che vado dicendo.

Nella seduta del 16 dicembre, adunque, la presa in considerazione della richiesta del Molise fu approvata. Nella stessa seduta il Presidente dispose che si discutesse del merito. Se ne discusse e si votò ed il Molise entrò nell’elenco delle Regioni.

Che cosa è accaduto posteriormente? Furono disposte delle indagini. Furono queste compiute. Ora possono essere state non rivolte le stesse alla provincia di Benevento, come diceva dianzi l’onorevole Bosco Lucarelli. Ma, per quanto riguarda il Molise, furono compiute e tutti i paesi del Molise risposero, come dallo specchietto, che è stato allegato ai lavori della Sottocommissione e distribuito all’Assemblea. Nulla, quindi, di nuovo si è verificato, che potesse indurre la Sottocommissione a cambiare il testo dell’articolo, e, se nulla è avvenuto… (Interruzione del deputato Fuschini).

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, la prego di non interrompere. Onorevoli colleghi, capisco che questa discussione possa appassionare, ed era attesa da quattro mesi; ma questa è una ragione di più, se mai, perché si svolga ordinatamente.

COLITTO. Vi è, dunque, una votazione, la quale si è conclusa con la presa in considerazione della proposta, vi è una votazione, che si è conclusa con l’approvazione della proposta del merito. Vi sono state delle indagini e sono state favorevoli alla nostra proposta. Io penso, perciò, per la parte che riguarda il Molise, che l’articolo, così come dalla Sottocommissione era stato formulato, non potesse dal Comitato di coordinamento essere modificato. È perciò che mi associo alla richiesta dell’onorevole Codacci Pisanelli.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Io ho il compito di dichiarare qual è l’atteggiamento del nostro Gruppo nei confronti dei due ordini del giorno che sono stati presentati, per decidere questa importante materia delle circoscrizioni regionali.

Noi siamo favorevoli all’ordine del giorno Targetti-Cevolotto ed altri, e voteremo per esso, salvo quelle modifiche formali che potranno essere apportate. Voteremo per l’ordine del giorno Targetti e contro l’ordine del giorno degli altri colleghi, perché riteniamo che in questo momento l’Assemblea Costituente non abbia elementi sufficienti per procedere ad una seria determinazione delle circoscrizioni regionali secondo i criteri innovativi che vengono da più parti richiamati.

Noi non intendiamo con questa votazione precludere la possibilità che in avvenire, ad opera delle Assemblee legislative, dopo studi seri ed attenti sulla realtà economica, politica, geografica, sociale delle regioni interessate, dopo più attenta e più seria consultazione delle popolazioni interessate, si giunga ad un diverso assetto delle circoscrizioni regionali. Ma se volessimo invece anticipare questo momento, mentre siamo sollecitati dall’urgenza di terminare i nostri lavori, noi correremmo il rischio di non creare un serio assetto regionale in Italia, determinando piuttosto delle circoscrizioni le quali obbediscano a criteri di opportunità contingente.

Noi ci opponiamo, d’altra parte, a che si compia un rinvio alla legge, come si propone nell’ordine del giorno De Martino, contro il quale noi voteremo. Non crediamo che si possa rinviare alla legge, perché il rinvio alla legge vorrebbe dire un lungo rinvio nell’attuazione di questa riforma regionale che pure, attraverso contrasti, è nata in fondo con il quasi unanime consenso di questa Assemblea; e – tanto meno si potrebbe poi fare un rinvio alla legge ordinaria, perché questa determinazione delle circoscrizioni regionali, incidendo su elementi costitutivi dello Stato, deve essere definita attraverso una legge costituzionale. In altri termini, accettando l’articolo 123 del progetto di Costituzione così come ci viene presentato, noi intendiamo definire questa materia, senza escludere – anzi presupponendo – che essa tornerà ad essere oggetto di esame (se così sarà creduto opportuno) nella prossima Assemblea legislativa; tornerà ad essere oggetto di esame attraverso quella speciale procedura che viene indicata nell’articolo aggiuntivo dell’onorevole Mortati, procedura, cioè, la quale tende a permettere una più rapida ed agile definizione in questo stadio iniziale delle circoscrizioni regionali, prescindendo dal procedimento normale di revisione previsto dall’articolo 125 del nostro progetto di Costituzione.

Assumendo questa posizione, la quale implica doloroso sacrificio da parte di taluni nostri colleghi, i quali hanno presentato in modo appassionato e vibrante talune rivendicazioni, il nostro Gruppo intende dare un contributo ad una rapida realizzazione concreta dell’ordinamento regionale affinché esso, operando, possa mostrare i vantaggi che arreca alla vita dello Stato. Se l’ordinamento regionale nascesse inficiato da inammissibili indeterminatezze, se nascesse inficiato dalla polemica disordinata di questo momento e da non meditate decisioni di maggioranza, esso nascerebbe meno vitale di come noi lo vogliamo. Poiché per noi l’ordinamento regionale italiano è una cosa seria, rinviamo al domani quelle modificazioni nelle circoscrizioni che sembrino necessarie, intanto votando per quelle soltanto che siano indicate dalla storia e dalla tradizione del nostro Paese.

PRESIDENTE. Penso che, non avendo l’Assemblea sollevato obiezioni alla procedura che ho proposto, sia il caso di dare la parola ai presentatori degli ordini del giorno.

LONGHENA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LONGHENA. Io ho presentato un emendamento il quale coincide perfettamente con l’ordine del giorno presentato dagli onorevoli Targetti ed altri; desidero svolgerlo, perché ritengo che sia in esso una priorità.

PRESIDENTE. Onorevole Longhena, lei può benissimo mettersi d’accordo con l’onorevole Targetti. Se c’è una identità fra il suo emendamento e l’ordine del giorno Targetti, lei potrà apporre la sua firma a questo ordine del giorno.

Poiché l’onorevole Targetti non è presente, l’onorevole Lami Starnuti, confirmatorio, ha facoltà di svolgere l’ordine del giorno.

LAMI STARNUTI. Debbo fare soltanto alcune brevi considerazioni, anche perché l’onorevole Moro, dichiarando di votare il nostro ordine del giorno, ha sommariamente indicato le ragioni che stanno a conforto dell’ordine del giorno medesimo.

La nostra proposta proviene da colleghi di vari gruppi di questa parte della Camera e muove dalla considerazione, non tanto di abbreviare in questa tornata la discussione sull’articolo 123, quanto dal desiderio di non essere costretti a delle facili improvvisazioni, e pertanto rappresenta un accoglimento pregiudiziale della nuova formula che il Comitato di coordinamento ha presentato a modificazione dell’articolo 123 del progetto. Noi accettiamo il nuovo testo, in quanto risolve alla radice quelle che erano le controversie più accese in merito alla ripartizione in Regioni del territorio nazionale. La discussione che noi abbiamo udito testé tra l’onorevole Codacci Pisanelli e l’onorevole Bosco Lucarelli, è la prova più palmare e concreta della insufficienza delle nostre indagini e delle nostre istruttorie in merito alla creazione di nuove Regioni.

Quando nel Comitato delle autonomie locali si parlò di questo argomento, parve subito evidente l’opportunità di non uscire dalle Regioni tradizionali, per non rinfocolare rivalità regionali e rivalità paesane, per non esser costretti a giudizi sommari e frettolosi. Quell’opportunità non è venuta meno. E poiché noi non vogliamo né rinviare alla legge la ripartizione regionale – in quanto ciò impedirebbe la sollecita creazione dell’ente Regione decisa dalla Costituzione – né impedire che, nel prossimo futuro, avvengano correzioni territoriali o creazione di nuove Regioni, così abbiamo proposto che, intanto, le Regioni da istituire in attuazione sollecita, se non immediata, delle norme costituzionali siano quelle che rispondono alla nostra tradizione e che per il futuro sia fatta salva la procedura per istituire nuove Regioni o per addivenire a modificazioni di territorio.

La procedura per istituire nuove Regioni o per modificare quelle esistenti era già stata prevista nel progetto di Costituzione dall’articolo 125; ma ora il collega onorevole Mortati propone al riguardo un suo emendamento diretto a rendere meno complicata e meno meccanica la istruttoria e la possibilità di queste modificazioni venture. Riconosco giusto, nelle condizioni attuali, l’emendamento; anzi, io debbo dichiarare, anche a nome dei colleghi che hanno firmato il nostro ordine del giorno, che con il nostro inciso, «salva la procedura per istituire nuove Regioni», abbiamo inteso di aderire alla proposta dell’onorevole Mortati, e che l’emendamento da lui presentato avrà anche il nostro voto.

PRESIDENTE. L’onorevole Ruggiero ha presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea delibera che la legge stabilirà le circoscrizioni, il nome, i confini, ed i capoluoghi delle Regioni, previo parere delle Province e dei Comuni interessati».

Risultato delle votazioni segrete.

PRESIDENTE. Comunico il risultato delle votazioni a scrutinio segreto, sui disegni di legge all’ordine del giorno:

«Approvazione dello scambio di Note effettuato in Roma fra l’Italia e la Francia, il 1° giugno 1946, circa il recupero di navi mercantili francesi affondate nelle acque territoriali italiane».

Presenti e votanti     346

Maggioranza           174

Voti favorevoli        326

Voti contrari                        20

(L’Assemblea approva).

«Approvazione dell’Atto di emendamento della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e della Convenzione per la revisione parziale delle Convenzioni adottate dalla Conferenza Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro nelle sue prime 28 Sessioni, per assicurare l’esercizio futuro di alcune funzioni di cancelleria affidate dalle predette Convenzioni al Segretario Generale della Società delle Nazioni e per apportarvi emendamenti complementari resisi necessari in seguito alla estinzione della Società delle Nazioni ed all’emendamento della Costituzione dell’Organizzazione del Lavoro».

Presenti e votanti     346

Maggioranza           174

Voti favorevoli        332

Voti contrari                        14

(L’Assemblea approva).

«Approvazione dell’Accordo fra l’Italia e l’Argentina in materia di emigrazione, concluso a Roma il 21 febbraio 1947».

Presenti e votanti     346

Maggioranza           174

Voti favorevoli        311

Voti contrari            35

(L’Assemblea approva).

«Soppressione del Senato e determinazione della posizione giuridica personale dei suoi componenti.

Presenti                              346

Votanti                               345

Astenuti                  1

Maggioranza           173

Voti favorevoli        315

Voti contrari                        30

(L’Assemblea approva)

«Modificazioni al Codice penale per la parte riguardante i delitti contro le istituzioni costituzionali dello Stato».

Presenti e votanti     346

Maggioranza           174

Voti favorevoli        304

Voti contrari            42

(L’Assemblea approva).

«Revoca dall’impiego per mancata fede al giuramento».

Presenti                              346

Votanti                               345

Astenuti                   1

Maggioranza           173

Voti favorevoli        287

Voti contrari            58

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Arata – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bastianetto – Bazzoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Benedetti – Benedettini – Bennani – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamenti – Bernardi – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bordon – Bosco Lucarelli – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro.

Caldera – Camangi – Camposarcuno – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caronia – Carratelli – Caso – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsi – Corsini – Cosattini – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Del Curto – Della Seta – De Maria – De Martino – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Fioritto – Firrao – Foa – Foresi – Franceschini – Fuschini – Fusco.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longhena – Lopardi – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marchesi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Matteo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Monterisi – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini– Moro – Mortati – Moscatelli – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pellegrini – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Perugi – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pieri Gino – Pignedoli – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Restagno – Ricci Giuseppe – Rivera Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Ruini – Russo Perez.

Saggin – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Santi – Scalfaro – Scarpa – Schiavetti – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Secchia – Selvaggi – Sicignano – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Stampacchia – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tumminelli – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Vanoni – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Villabruna – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zotta – Zuccarini.

(L’onorevole Conti si è astenuto dalla votazione sui disegni di legge: «Soppressione del Senato» e «Revoca dall’impiego per mancata fede al giuramento»).

Sono in congedo:

Abozzi – Angelucci.

Cairo– Caristia – Carmagnola – Caroleo – Cavallari.

Dozza – Dugoni.

Jacini.

Porzio.

Ravagnan – Romita – Rumor.

Sardiello.

Tosato.

PRESIDENTE. Ritengo opportuno sospendere la seduta per esaurire alla ripresa l’argomento in esame.

(La seduta, sospesa alle 19.30, è ripresa alle 21.30).

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’onorevole De Martino, ha facoltà di svolgere il suo ordine del giorno.

DE MARTINO. Lo svolgerò nella maniera più breve possibile, anche in considerazione dell’ora tarda. Tengo innanzitutto a dichiarare che io ero nettamente contrario all’istituto della Regione, ma che, dopo i discorsi così esaurienti pronunziati in questa Assemblea, io mi sono ricreduto, specialmente dopo quello dell’onorevole Conti e dopo quello dell’onorevole Piccioni. Conseguentemente ho votato a favore dell’istituto della Regione.

L’ordine dei giorno che ho ora presentato ratifica quanto è stato fatto, anzi riafferma quanto è stato fatto. Nessuno, credo, in questa Camera, pensa che si possa tornare sopra le decisioni già prese. La Regione ormai, è entrata fra le istituzioni della Repubblica italiana. L’ordine del giorno mio e degli altri colleghi tende semplicemente a rinviare l’applicazione della norma che stabilisce la Regione. Perché tende a rinviarla? Per le ragioni che io cercherò di accennare soltanto. Noi dobbiamo fare di questa nostra Repubblica un insieme organico; la Regione è un perfezionamento, un particolare. Perciò io mi domando se, prima di fare i particolari, non sia meglio guardare all’insieme, cioè fare il quadro d’assieme e poi scendere al dettaglio.

Noi, sia in questa Camera, sia fuori di questa Camera dobbiamo onestamente riconoscere di non trovarci di fronte ad un’organizzazione collettiva fatta veramente come si dovrebbe. Quindi, ripeto, io non insisto perché voglia dilazionare sine die l’applicazione di questa volontà della Camera, alla quale volontà io ho contribuito dando anche il mio voto favorevole; ma domando soltanto ai colleghi che l’applicazione di questa legge sia fatta gradualmente, perché diversamente corriamo dei pericoli, e dei pericoli gravi sotto tutti i profili.

L’amico onorevole Moro – che non vedo – dice: «Noi vogliamo varare un elenco di Regioni che saranno delle Regioni variabili». Ma, per carità, onorevoli colleghi, non facciamo altre cose provvisorie; in Italia ve ne sono già abbastanza. Riteniamo per definitive quelle norme che abbiamo deliberate e proponiamoci di fare l’elenco delle Regioni in maniera definitiva entro il più breve tempo possibile. Non è giusto, che noi qui, Assemblea Costituente, si debba fare tutto. Io talvolta mi domando: «E gli altri che cosa faranno?». Tanto più che noi quello che facciamo, diciamocelo onestamente, lo facciamo sulla carta; ma quello che scriviamo sulla carta non corrisponde al cento per cento nella vita pratica, nell’attuazione.

Poiché questo argomento non investe questioni, diremo così, politiche; non investe questioni di partito, io faccio appello a tutti, perché tengano conto di queste mie modestissime osservazioni. Quindi dobbiamo fare unicamente un provvedimento che valga a rendere meno dura, più agevole la vita dei cittadini. A qualunque partito essi appartengano. Nient’altro. Ed io ho parlato per un bisogno, per un imperativo di coscienza, perché avrei dovuto rinunciare a svolgere questo ordine del giorno, cedendo la parola ad altri colleghi, molto autorevoli, che hanno voluto aderire a questo mio punto di vista.

Ma l’ho fatto perché, dicevo, la mia coscienza me lo ha imposto, in quanto ritengo di essere un modesto organizzatore, e l’organizzazione della Regione io non la vedo così facile. Io non vedo che mentre si include nell’articolo 123 l’elenco delle Regioni, si possa pensare e credere che le Regioni siano nate e possano funzionare. Pensiamo un po’ a quello che succederà quando avremo varato questo elenco di Regioni. Pensiamo un po’ anche alle spese. In Italia abbiamo già un milione e duecentomila impiegati dello Stato. Le Regioni, che rappresentano un’entità non indifferente, avranno bisogno di altre decine di migliaia di impiegati. E noi, che dobbiamo naturalmente gettare le basi di questa nostra Repubblica, anziché pensare a risolvere i problemi più vitali della Nazione, penseremmo a creare degli impiegati. I quali sono rispettabilissima gente che vuol guadagnarsi il pane e ha ragione. Ma a noi compete il compito di creare per questi nostri concittadini un lavoro redditizio, così che la vita nazionale si possa svolgere in maniera meno dura che non sia attualmente.

Quindi, io mi permetto di insistere sull’ordine del giorno. Mi permetto di insistere assicurando, intendiamoci, la perfetta buona fede di quanto è stato detto nella sua premessa, cioè che l’Assemblea Costituente riafferma la necessità di un decentramento amministrativo sulla base delle Regioni. Ma ritengo pure che qualche parola di chiarimento debba essere detta a proposito della seconda considerazione, quella con la quale si riconosce l’opportunità di dar modo alle popolazioni interessate di esprimere la loro volontà circa la Regione di cui dovrebbero far parte.

Naturalmente non proporremo un referendum, ma è anche logico che alcune città si pronunzino sulla loro appartenenza ad una Regione o all’altra, e penso che dovremo chiedere ai vari comuni d’Italia di riunire i loro consigli comunali ed esprimere un voto all’Assemblea Costituente perché l’Assemblea possa tener conto di questi voti e andare incontro al desiderio delle popolazioni interessate.

E poi vorrei dire una parola agli amici della Democrazia cristiana, se è consentito in questa sede.

Io ho sempre votato in conformità dei voti dati dalla Democrazia cristiana, perché ho pensato e penso oltre tutto, che non facendo parte ufficialmente della Democrazia cristiana io sto più a posto con la coscienza, inquantoché la responsabilità delle determinazioni compete al Gruppo e io riverso la responsabilità della mia coscienza su queste persone che stimo e che fanno parte del centro. Ad esse ed alle altre persone per bene di tutti gli altri settori della Camera, rivolgo la mia preghiera per dire: consideriamo a fondo quello che stiamo per fare. Qui si tratta degli interessi della Nazione, degli interessi del popolo italiano. Qui non si tratta – come dicevo poc’anzi – di partiti, ma di economia. Non facciamo in modo che, per affrettare le decisioni o per affrettare l’applicazione di certe decisioni, noi, anziché avere una unità organica nazionale, corriamo il pericolo di peggiorare le situazioni! Prepariamo prima l’ambiente. È questione di pochi mesi. Prepariamo l’ambiente per la nascita di queste Regioni e coloro che ci succederanno potranno con coscienza, con fermezza, con sicurezza maggiore di quella che noi non possiamo avere oggi, fare l’elenco delle Regioni, delimitarle territorialmente e creare il loro capoluogo, interpretando con elementi di fatto quella che è la volontà delle popolazioni interessate

Onorevoli colleghi, io non voglio ulteriormente tediarvi. Vi dico soltanto che ravviso in questa legge dei pericoli molto gravi per l’organizzazione, per l’economia, per il futuro del nostro popolo. Speriamo veramente che Iddio ci assista e ci faccia scegliere la via migliore: sono sicuro che tutti quanti in questa Camera sono dell’avviso di dover fare – come faremo – gli interessi unicamente dell’Italia e del popolo italiano. (Applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di svolgere il suo ordine del giorno, che è del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente afferma che, per le particolari condizioni in cui si trova, il Molise deve essere annoverato fra le nuove Regioni, anche se per preoccupazioni di ordine generale venga rimandata al futuro Parlamento la costituzione delle nuove Regioni».

LUSSU. Onorevoli colleghi, a quest’ora tarda io di questo argomento non parlerei se non sentissi in coscienza di difendere una giusta causa.

Mi rendo perfettamente conto delle preoccupazioni e delle diffidenze di molti di questa Assemblea circa la costituzione immediata di nuove Regioni. Me ne rendo perfettamente conto, ma io mi rendo anche perfettamente conto – e vorrei che con me se ne rendessero conto i colleghi – che il Molise si trova in una particolarissima sua situazione.

Perché io parlerei del Molise e non delle altre Regioni?

Io mi rimetto perfettamente a quello che fa l’Assemblea per le altre Regioni, anzi non prenderò mai la parola neanche per dichiarazione di voto. Perché prenderei dunque questo atteggiamento circa il Molise? Ho io degli interessi particolari nel Molise? Questa è un’Assemblea elettiva e naturalmente la fonte delle nostre cariche ci viene dai collegi elettorali, dai voti; anche i migliori sono obbligati ad avere questa fonte unica, onesta e legittima. Ma io non ho neppure voti che m’interessino nel Molise. Il Molise, aggiungo, credo sia la sola Regione d’Italia in cui il Partito di azione, che io ho per lungo tempo rappresentato, non esiste.

Non esiste; tanto che nell’elenco dei partiti reclamanti la costituzione del Molise in ente Regione non figura. Ho saputo poi che esiste qualche gruppo di simpatizzanti, ma senza costituzione ufficiale di partito.

Perché dunque, io mi arrogherei il diritto di parlare per il Molise in questa Assemblea, dove siedono tanti rappresentanti del Mezzogiorno che conoscono la vita nostra meridionale e le sue aspirazioni? Perché lo farei? Con quale pretesa?

In coscienza, nello studiare questo problema mi sono convinto che è necessario che a questa Regione sia concessa l’autonomia. Io mi sono trovato, nella seconda Sottocommissione, ad essere relatore per la costituzione di tre nuove Regioni: la Regione Umbro-Sabina, la Regione del Sannio e la Regione del Molise. E credo di avere assolto il mio compito con obiettività, con la massima obiettività possibile: e ho concluso negativamente, per delle ragioni che mi dispenso dal ricordare qui, perché ormai mi pare che la costituzione di queste due Regioni Umbro-Sabina e del Sannio non sia suffragata da elementi reali, ho concluso negativamente per queste due Regioni e favorevolmente per il Molise. Il Molise non è una nuova Regione che si vuole creare; è una vecchia Regione, che già esiste. Non è già una Regione che pretenda staccarsi dall’Abruzzo (con il quale peraltro i suoi rapporti sono i più cordiali che si possano immaginare anche in questo momento), perché il Molise è stato sempre staccato da ogni altra Regione, compreso l’Abruzzo; staccato storicamente, logisticamente e geograficamente. (Commenti). Il Molise, in sostanza è una Regione a sé. Gli Abruzzi e Molise nella denominazione ufficiale delle Regioni storiche italiane costituiscono la sola Regione in cui ci sia il riferimento a due denominazioni differenti e a due Regioni differenti: Abruzzi e Molise. Con questo solo fatto, si viene ad affermare che quella dell’Abruzzo e Molise non è una sola Regione; sono due: l’Abruzzo da una parte e il Molise dall’altra.

Credo che nessuna questione sarebbe sorta se questa Assemblea non avesse dato al Paese una organizzazione autonomistica dello Stato su base regionale. Quindi l’Abruzzo viene a costituire una nuova configurazione particolare di ente Regione con capitale, io ritengo senza discussione, L’Aquila.

Onorevoli colleghi, consultate un poco la carta geografica e vedete: come può vivere il Molise facente parte di una Regione come l’Abruzzo, capoluogo L’Aquila? È impossibile.

Chi conosca quelle zone sa che non solo col cattivo tempo, ma anche col buon tempo, è estremamente lungo, penoso e difficile arrivare dal Molise fino a L’Aquila. È questa la ragione per cui tutti gli abruzzesi – ed è a loro onore, perché sta a dimostrare la loro generosa lealtà – riconoscono francamente giusta la richiesta dei molisani perché il Molise sia costituito in Regione autonoma.

Il Molise non può vivere con l’Abruzzo.

Ma quello che è peggio è che non può vivere con nessun’altra regione e non può collegarsi a nessun altro capoluogo di regione. Non a Roma, che è troppo lontana; non a Napoli, che è troppo lontana. A Roma, si sa, convergono interessi culturali; a Napoli convergono interessi giudiziari. L’alta cultura del Molise si forma prevalentemente a Napoli e a Roma; ora, più a Roma che a Napoli, probabilmente per il fatto che essendovi forte la Democrazia cristiana, molto forte, i giovani preferiscono Roma, città del Papa. E commercialmente, per trovare sbocco alla sua attività produttiva, il Molise bisogna si spinga non già fino a Roma o a Napoli, ma deve spingersi verso l’Adriatico; e non può fermarsi nella Capitanata, a Foggia, perché Foggia non ha sbocco sul mare, ma deve puntare su Bari. Ora, guardate la carta geografica: può il Molise far parte d’una regione la cui capitale sia Bari? È impossibile. E non può neppure dirigersi al capoluogo (mi sia consentito) del cosiddetto Sannio. Come reminiscenza storica…

BOSCO LUCARELLI. Ma è realtà vivente! (Commenti). Lei non è obiettivo!, (Proteste).

LUSSU. Mi sia consentito di finire il periodo che io avevo inteso iniziare con tanto spirito cordiale e con un tantino – ma appena appena – di sale di ironia.

Dicevo che sul Sannio, onorevole Bosco Lucarelli, caro al ricordo di tutti noi – sto per dire al cuore di noi non imperialisti, non fosse altro perché i sanniti le hanno date sode ai romani (Si ride)non può convergere il Molise, non può gravitare sulla sua capitale Benevento. Per la semplice ragione, egregio collega Bosco Lucarelli – questo è il punto – che la regione del Sannio è difficile a costituirsi perché manca il consenso di quelli che dovrebbero costituirla. C’è contrarietà in tutto il Molise e c’è contrarietà in tutta la provincia di Avellino. Ed allora, onorevoli colleghi, come si potrebbe chiedere a questa Assemblea che si costituisca una nuova Regione, quando su tre provincie che dovrebbero costituirla, una è a favore e due contro? Non è possibile.

Non vi può essere quindi che una sola soluzione onesta, da prendere; una sola soluzione giusta: riconoscere al Molise la nuova costituzione in ente Regione. Solo così il Molise può vivere senza essere danneggiato dalla costituzione delle Regioni che l’accerchiano.

Devo comunicarvi una mia esperienza personale. Quando ero al Governo ed avevo la direzione del dicastero dell’assistenza post-bellica, ed ho creato gli uffici provinciali e regionali di assistenza post-bellica, sono rimasto lungamente fisso sulla carta geografica, dopo essermi informato ampiamente in precedenza, prima di decidere; ed ho capito che non potevo in nessuna forma obbligare il Molise a dipendere da un capoluogo qualunque dell’Abruzzo. E ho dovuto, facendo una eccezione alla regola generale, stabilire a Campobasso un ufficio regionale autonomo per tutto il Molise. E devo dire che in questo ho agito nell’interesse delle categorie dei reduci e danneggiati di guerra che rappresentavo.

Ma io ho scoperto, dopo, che altri Ministri si erano trovati perplessi di fronte allo stesso problema, ed avevano, ognuno per proprio conto, preso decisioni analoghe a quelle mie. Ho scoperto che quando il Ministro della pubblica istruzione, durante il fascismo, creò gli uffici regionali del Provveditorato, e quando il Ministro dell’industria e commercio volle prendere un provvedimento particolare nell’interesse del Mezzogiorno e creò le Sottocommissioni regionali per l’industria e commercio, stabilirono entrambi a Campobasso i rispettivi uffici regionali.

Non c’è nessun elettoralismo in questo; tutti i partiti sono d’accordo sul posto. Quindi non vi sarà nessuno che profitterà della riforma più di un altro.

DE CARO RAFFAELE. Vuole spiegarmi di quante province si compone il Molise?

MORELLI RENATO. Come l’Umbria.

LUSSU. Quello che è interessante è il sapere – e ciascuno di voi lo può controllare – che nel Molise, già dopo l’altra guerra, nel 1919 (se ci fosse l’onorevole Nitti gli direi: dopo «una guerra vinta e non una guerra perduta), i molisani chiedevano la costituzione in Regione del Molise; e vi fu un Congresso preparato fin dal 1921 e fattosi a Campobasso nel 1922 reclamante la costituzione autonomistica del Molise.

Non parlo degli avvenimenti politici recenti, perché li conosciamo tutti, culminanti nel secondo Congresso regionale per l’autonomia del Molise. Ma sarà interessante per tutti, soprattutto per quelli che hanno fatto la guerra di liberazione come combattenti organizzati nell’esercito o come partigiani, sarà interessante per tutti questi, che hanno coscienza come la guerra partigiana abbia espresso profonde aspirazioni democratiche, sapere che il Comitato di liberazione nazionale riunitosi a Campobasso immediatamente dopo la liberazione, reclamò la costituzione del Molise in Regione.

I colleghi mi perdoneranno se io, studiando questo problema, ho sentito il dovere, senza nessuna presunzione o sicumera, di portare qui la mia voce: una voce che non vuol farsi eco di interessi locali, e che si esprime nell’interesse generale del Paese e dello Stato.

Si dice: ma noi abbiamo fissato nella Carta costituzionale, all’articolo 125, che le nuove Regioni, che si costituiranno in avvenire, non potranno avere meno di 500 mila abitanti: e il Molise non li ha.

Mi sia permesso di dire che questa non è un’obiezione. Intanto l’articolo 125 lo dobbiamo ancora discutere ed approvare; e potremo ridurre a 400 mila il limite minimo oppure lasciarlo a 500 mila. Ma se il Molise sarà riconosciuto oggi, come spero e auguro ardentemente a quella generosa popolazione, sarà perfettamente indifferente lasciare intatto l’articolo 125. Il Molise non ne avrà nessun ostacolo, perché sarà, da una votazione precedente di questa Assemblea, riconosciuto in ente Regione.

È piccolo il Molise: poco più di 400 mila abitanti su una superficie di chilometri quadrati 4600 circa. Ma credo che sono parecchi in Italia coloro che guardano a questa Regione come ad una sicura speranza di civiltà rurale moderna: il Molise ha una produttività ed un tecnicismo di lavoro in agricoltura, come pochissime Regioni d’Italia: la Lombardia, la Toscana, le Marche: eppure il suo è un terreno montano in cui è estremamente difficile il lavoro. E credo che non sono pochi coloro che in Italia sanno che il Molise è Regione produttrice in sommo grado di vino e che quella popolazione ha saputo, attraverso il suo lavoro e la sua tecnica – in gran parte dovuta agli emigrati in America ritornati in Italia – trasformare una Regione precedentemente povera in Regione produttrice, che si può mettere fra le avanguardie di questa civiltà montana, verso cui non è lecito guardare con ironia. Questa piccola Regione, con la sua organizzazione di produzione e di lavoro, ha dimostrato di essere qualcosa di serio.

Ebbene, onorevoli colleghi, a questa Regione diamo tutti, con la serena coscienza di adempiere ad un dovere nazionale, il riconoscimento che le spetta, per volontà unanime dei suoi cittadini, per la sua coscienza popolare; nell’interesse della nuova vita che insieme siamo decisi a riprendere nel nostro Paese. (Applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. L’onorevole Ruggiero ha facoltà di svolgere il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea delibera che la legge stabilirà la circoscrizione, il nome, i confini ed i capoluoghi delle Regioni, previo parere delle Provincie e dei Comuni interessati».

RUGGIERO. Onorevoli colleghi, parlo a titolo personale, perché ho il dispiacere di trovarmi in una condizione di contrasto col Gruppo parlamentare al quale ho l’onore di appartenere. Farò brevi osservazioni sull’ordine del giorno che ho presentato e che si esprime così: «L’Assemblea delibera che la legge stabilirà la circoscrizione, il nome, i confini ed il capoluogo delle Regioni previo parere delle Province e dei Comuni interessati». Mi permetto di osservare che, secondo la mia opinione, questo ordine del giorno forse è giuridicamente più coerente a quello che è lo spirito costituzionale. Per questa ragione obiettiva: perché questo ordine del giorno realizza quello che effettivamente e concretamente noi abbiamo conseguito attraverso i lavori costituzionali. Che cosa abbiamo noi conseguito fino a questo momento, onorevoli colleghi, nell’ambito della questione della autonomia regionale? Noi abbiamo conseguito questo di concreto: l’affermazione del principio della autonomia regionale e non siamo andati oltre questo principio. Null’altro è stato fatto.

Onde è che, se questo ordine del giorno propone che venga consacrato nella Costituzione solo questo principio, mi pare che l’ordine del giorno, per ragione direi di onestà e di dignità giuridica, resti aderente perfettamente alla somma dei lavori da noi compiuti. Vedete, noi, durante i lavori, non abbiamo avuto la possibilità di accertare quali fossero effettivamente le Regioni che dal punto di vista geografico, economico e storico potessero legittimamente aspirare ad essere configurate come enti regionali. Questa è stata una dichiarazione fatta concordemente da tutti. Ora, se questo è vero, cioè se non abbiamo gli elementi necessari per un giudizio di valutazione su questa e quella Regione, mi pare che voler consacrare nella Carta costituzionale un certo numero di Regioni, riferendosi solo a un criterio di carattere tradizionale e storico, da un punto di vista rigorosamente giuridico dovrebbe essere considerato più come un fatto arbitrario che come l’effetto di una valutazione basata su elementi veramente obiettivi ed irrefutabili. Ne deriva che, secondo il mio ordine del giorno, si vedrebbe consacrato nella Carta costituzionale solo il principio che afferma l’autonomia regionale e non già la determinazione delle Regioni che possono aspirare legittimamente a questo titolo, mancando tutti gli elementi necessari per una valutazione del genere.

Mi pare, onorevoli colleghi, che in questo sforzo di voler consacrare necessariamente certe Regioni nella Carta costituzionale, si possa ravvisare più che un’esigenza di carattere giuridico, un’esigenza di carattere politico: mi pare, se non erro, o se non sono eccessivamente maligno, che in questo sforzo si possa ravvisare, per esempio, la fretta che può avere un partito, il quale avendo conseguito l’affermazione astratta del principio dell’autonomia regionale non abbia più la pazienza di aspettare che questo principio venga tradotto in realtà. Ci potrebbe essere anche in questa frettolosa determinazione delle Regioni l’istanza di un altro partito il quale, per esempio, potrebbe accettare il meno peggio: cioè vedrebbe consacrato il problema regionale in grosse Regioni, avendo deprecato la frantumazione della Nazione in tante piccole Regioni.

Ora, se così è, io mi permetto, con molta, umiltà, di far presente agli onorevoli colleghi che in questa materia noi non stiamo affermando un principio giuridico astratto, ma rappresentiamo milioni di cittadini i quali aspettano una decisione che non incida solo sulle velleità di carattere campanilistico, ma su interessi del loro avvenire come cittadini d’Italia.

D’altra parte però, mi sembra che debba farsi luogo all’accettazione del mio ordine del giorno e non di quello presentato dall’onorevole, Targetti, per una ragione che io chiamerei di ordine tecnico. Che cosa vuole l’ordine del giorno Targetti? Vuole Consacrare la determinazione delle Regioni storiche ed il rinvio di ogni decisione per le altre Regioni. Infatti, delle richieste delle piccole Regioni non si dovrebbe discutere perché mancano gli elementi di valutazione. Ora, quest’ordine del giorno così consideralo assume automaticamente un carattere di pregiudizialità. Perché? Perché dovrebbe essere, onorevoli colleghi, e questo mi sembra un punto fondamentale dell’ordine del giorno Targetti, approvato o accettato anche senza entrare nel merito della questione. Quindi, di qui deriva il carattere pregiudiziale di quest’ordine del giorno. Permettetemi di dire che questo non è possibile, perché l’ordine del giorno non può avere questo carattere pregiudiziale. La ragione è questa: nell’ordine del giorno Targetti non vi è il riconoscimento puro e semplice delle Regioni tradizionali; si propone invece in esso proprio l’istituzione di Regioni.

E quando si fa accenno al concetto tradizionalistico, la parola non deve indurci in un errore di interpretazione, perché qui non esiste il riconoscimento di una posizione di fatto già esistente, ma si tratta di creare una condizione nuova per le Regioni. Infatti, queste Regioni non restano come erano prima, ma ad esse viene applicato il principio già approvato nell’autonomia regionale. Quindi le Regioni diventano delle entità nuove.

Ora, se così è, la costituzione e la creazione di queste Regioni comportano necessariamente un esame nel merito della questione. Ecco perché l’ordine del giorno dell’onorevole Targetti non dovrebbe avere un carattere pregiudiziale. Esso comporta un esame di carattere positivo per arrivare all’istituzione di certe Regioni, e comporta un esame di carattere negativo per arrivare alla esclusione delle altre piccole regioni.

Ora, si tenga presente che effettivamente l’esame sulle aspirazioni, istanze o proposte delle piccole Regioni non viene compiuto perché non c’è possibilità di fare questo esame per difetto di elementi di valutazione. Io vi pongo allora dinanzi alla questione di ordine tecnico: noi ci troviamo di fronte all’assurdità tecnica di un ordine del giorno come quello dell’onorevole Targetti; infatti se esso comporta un esame nel merito, ciò non può conferire all’ordine del giorno stesso un carattere di pregiudizialità. Onde accade questo: si deve ritenere non pregiudiziale l’ordine del giorno Targetti, poiché comporta una valutazione di carattere positivo quando istituisce le Regioni, e negativo quando esclude le Regioni; è pregiudiziale invece tutto quello che per essere discusso e valutato non comporta un esame di sostanza.

Perciò io pongo questa questione di ordine solamente tecnico e di carattere schiettamente giuridico: l’ordine del giorno Targetti potrebbe andare alla votazione soltanto nel caso in cui venisse esaurita tutta la discussione sostanziale, cioè solo nel caso che le proposte ed istanze delle piccole Regioni – che aspirano a diventare enti regionali – fossero sottoposte al giudizio dell’Assemblea Costituente: soltanto allora noi potremmo arrivare all’approvazione dell’ordine del giorno Targetti.

PRESIDENTE. Lei sta facendo, onorevole Ruggiero, una questione di procedura. La prego di mantenersi al tema dell’ordine del giorno.

RUGGIERO. A proposito del mio ordine del giorno, concluderò in questa maniera: mi pare che l’Assemblea Costituente non possa consacrare un principio e poi dare a questo principio solo una esecuzione a metà, cioè affermare il principio dell’autonomia regionale, ed applicare poi questo principio solo entro un certo ambito, cioè determinare la consacrazione di certe Regioni escludendo le piccole Regioni nelle loro richieste. Avremmo insomma qualche cosa che sta contro quella che è proprio la dignità, direi, giuridica di una Costituzione.

Non possiamo, onorevoli colleghi, arrivare ad una Costituzione che dovremmo chiamare a rate mensili, o a rate annuali, perché la Costituente affrontato un problema dovrebbe svolgerlo fino in fondo.

Ond’è che, anche per questa ragione, ritengo non possa farsi luogo all’approvazione dell’ordine del giorno Targetti.

Concludendo, quindi, poiché non abbiamo gli elementi necessari per la valutazione delle Regioni che possono essere costituite in enti regionali, ritengo che resti nella Costituzione la sola affermazione del principio dell’autonomia della Regione, rinviando alla legge la determinazione di tutte le Regioni, nessuna esclusa.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Mi limiterò a chiedere un chiarimento. Si tratta di questo: se si dovesse votare l’articolo 123, così come è stato presentato dalia Commissione, non avremmo nulla da eccepire, perché la formula è chiara e cristallina.

Ma siccome non si voterà l’articolo 123, ma si voterà l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Targetti e da altri, desidererei conoscere il contenuto delle espressioni usate in questo ordine del giorno. Il collega Lami Starnuti ha dato chiarimenti, che vorrei si precisassero.

Chiedo pertanto in ordine alle Regioni da costituire cosa si intenda per Regioni tradizionali, di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche.

PRESIDENTE. Ritengo che il seguente ordine del giorno, presentato dagli onorevoli Codignola, Parri, Cevolotto e Binni, possa essere rinviato ad altro momento, in quanto non strettamente attinente alla materia in esame:

«L’Assemblea Costituente,

ritenendo che siano venuti meno i presupposti che a suo tempo determinarono l’introduzione del Friuli-Venezia Giulia fra le Regioni fornite di autonomia speciale,

persuasa di esprimere la volontà della popolazione interessata,

riaffermando il solenne impegno di tutela delle minoranze etniche e linguistiche, già consacrato dalla Costituzione,

fa voti che, in sede di approvazione dell’articolo 123, sia revocata l’autonomia speciale già concessa al Friuli-Venezia Giulia, rinviando alla legge l’eventuale erezione del Friuli in Regione fornita di autonomia ordinaria».

Sono stati così svolti i vari ordini del giorno presentati, tranne quello presentato dagli onorevoli Codignola, Parri, Cevolotto e Binni, che ritengo non debba avere svolgimento. Esso tratta infatti una questione che non riguarda ciò di cui ci stiamo occupando ora; esso propone in sostanza, di ritornare su una decisione già presa: ora, è evidente che una proposta di questo genere si può porre in qualunque momento.

L’ordine del giorno svolto dall’onorevole Ruggiero è analogo a quello dell’onorevole De Martino.

RUGGIERO. Onorevole Presidente, aderisco all’ordine del giorno De Martino ritirando il mio.

PRESIDENTE. Sta bene. Voteremo quindi per primo l’ordine del giorno De Martino, successivamente l’ordine del giorno Targetti.

PICCIONI. Chiedo di parlare per una pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. L’oggetto della pregiudiziale è questo: che l’ordine del giorno De Martino, a mio avviso, non può essere messo in votazione, perché è in contraddizione palese e sostanziale con tutto il lavoro che la Costituente ha fatto sin qui in ordine a questo grave problema dell’ordinamento regionale.

Se lei consente, io svilupperò brevissimamente i motivi di questa mia impostazione.

Mi permetto di ricordare all’Assemblea che la discussione sull’ordinamento regionale ha occupato un notevolissimo numero di sedute dell’Assemblea e che le deliberazioni, alle quali l’Assemblea è pervenuta, sono state di carattere sostanziale e definitivo. Ritornare ora – cosa che fu già fatta attraverso una serie direi quasi esagerata di ordini del giorno che furono presentati e ripresentati ad ogni piè sospinto e regolarmente respinti – sullo stesso concetto informatore dell’ordinamento regionale, volendolo di nuovo ridurre, come già era previsto da taluni ordini del giorno, qualcuno dei quali firmato anche dall’onorevole Rubilli o da altri, al concetto informatore del puro decentramento amministrativo, mi pare che sia per lo meno pleonastico se non assurdo al punto al quale la discussione è arrivata.

La discussione fu rinviata sull’articolo 123, per dar modo di farla precedere dalla discussione sul modo col quale il Senato sarebbe stato costituito. Se non erro, questa fu l’unica motivazione per la quale si sospese l’approvazione dell’articolo 123; dar modo cioè all’Assemblea Costituente di considerare in qual forma la seconda Camera, il Senato, sarebbe stato costituito, con l’intesa che si sarebbe ripreso l’esame e la votazione dell’articolo 123 non appena ultimato il lavoro che concerne la formazione della seconda Camera.

Questo è avvenuto. Si è stabilito il modo della costituzione del Senato; si sono stabilite alcune modalità particolari in ordine alla formazione del Senato, che presuppongono anche l’ordinamento regionale. Si sono attribuite alle Regioni, nella discussione che si è nel frattempo ultimata, anche altre facoltà che incidono direttamente sulla struttura costituzionale della nuova Repubblica italiana.

Quindi, venire a questa tardissima ora della nostra discussione del nostro esame sull’ordinamento regionale, a dire di nuovo all’Assemblea Costituente che l’applicazione di quello che abbiamo per tanti mesi discusso e deliberato, deve essere rinviata alle future Camere legislative, evidentemente vuol dire un po’ ironizzare – se mi è lecito dirlo – su quello che è il contenuto del lavoro della nostra Assemblea.

E mi occorre appena ricordare, che questa tesi del rinvio dell’applicazione dell’ordinamento regionale alle nuove Camere legislative fu anche oggetto di taluni ordini del giorno e votazioni esplicite, per modo che mi pare che al punto in cui siamo sia decisamente precluso il prendere in esame delle formulazioni di questo genere e delle proposte consimili.

Altrimenti, onorevoli colleghi, si potrebbe veramente dire che intorno all’ordinamento regionale noi stiamo un po’ scherzando e scherzando da alcuni mesi, chi con maggiore chi con minore coscienza, ma senza il propositi da parte dell’Assemblea Costituente di condurre ad una definitiva risoluzione questo grave problema che costituisce uno dei fulcri fondamentali del nuovo ordinamento costituzionale dello Stato.

La tesi era legittimo prospettarla sul limite della discussione, e questo è stato fatto e rifatto abbondantemente e ripetutamente. Ma una volta messi per la strada della realizzazione dell’ordinamento regionale, è serio e deve rispondere ad un senso di alta responsabilità dell’Assemblea Costituente non tornare di nuovo, all’ultimo momento, a riprodurre questa medesima tesi per sabotare – lasciate che io dica la parola che mi pare la più espressiva – per sabotare quello che è uno degli istituti innovatori del nuovo ordinamento della Repubblica italiana. (Applausi).

Per queste considerazioni io ritengo che per tutto lo svolgimento della discussione, così come si è sviluppato, per le votazioni già avvenute sullo stesso contenuto che è ora oggetto di quell’ordine del giorno, l’ordine del giorno stesso non possa esser messo in votazione. (Applausi al centro).

RUBILLI. Chiedo di parlare in relazione alla proposta dell’onorevole Piccioni.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Ho domandato la parola per chiarire la portata di quello che abbiamo fatto e di quello che ancora potremmo fare, e l’ho domandata altresì per una ragione personale: perché l’onorevole Piccioni ha fatto il mio nome ed ha ricordato un ordine del giorno da me presentato e respinto dall’Assemblea, ed ha creduto che l’ordine del giorno De Martino riproducesse la stessa questione che io proposi all’Assemblea. E giustamente, se fosse così, egli avrebbe proceduralmente ragione, perché non si potrebbe ripetere la votazione su di un argomento che già è stato discusso ed è stato in un modo qualsiasi deliberato dall’Assemblea.

Ma bisogna ricordare e chiarire – e posso forse, me lo permetta l’onorevole Piccioni, maggiormente chiarire io che lo ricordo un po’ meglio perché presentai proprio io quell’ordine del giorno – che le questioni sono completamente diverse. Io proponevo fondamentalmente che tutto quanto il problema della riforma regionale non fosse esaminato, ma fosse sospeso e rinviato alla Camera legislativa.

Io dicevo: non è pronta, non è matura la riforma, non la vedo chiara. È una riforma troppo grave che non è stata ben valutata e non può essere in questo momento deliberata dall’Assemblea. Sarà meglio che sia preparata, discussa e deliberata dalla Camera legislativa. Questo era l’ordine del giorno su cui votò l’Assemblea.

Ora non è chi non veda che l’ordine del giorno attuale è completamente diverso. L’ordine del giorno mio, respinto dall’Assemblea (e non posso fare a meno di constatarlo, sia pure con dispiacere), l’ordine del giorno mio proponeva che non si parlasse proprio della riforma regionale, in questa sede di Assemblea Costituente. Invece, onorevole Piccioni, la riforma regionale è stata discussa ed approvata. Non c’è dubbio su questo. Quindi la questione da me proposta è completamente esaurita. La Regione è deliberata.

Adesso che cosa dice l’ordine del giorno De Martino? Arrivati a questo punto, stabilita cioè la Regione, dobbiamo risolvere il problema di frazionare l’Italia, dividerla, fare dei pezzi più grandi o più piccoli, e come meglio convenga. Ma prima di accingerci a questo lavoro sentiamo gli interessati, chiediamo che vogliono, ascoltiamo che dicono! Non sappiamo se si deve propendere per estensioni più vaste o più limitate. Insomma chiedono i firmatari dell’ordine del giorno De Martino: Raccogliamo i sentimenti, le espressioni, il pensiero delle popolazioni interessate. Questo è l’ordine del giorno De Martino.

Di modo che non ci sarebbe che un rinvio solamente per le circoscrizioni regionali. La Regione è fatta, l’ordine del giorno presentato da me è stato respinto. D’accordo. Ora si tratta di stabilire ben altro.

E, in fin dei conti, non lo sapevamo nemmeno che si passasse ora all’esame dell’articolo 123. Noi credevamo ed era stato stabilito (il Presidente ricorda benissimo e non mi smentirà), che l’articolo 123 sarebbe venuto in discussione alla fine della legge costituzionale. Solo tre o quattro giorni fa, signor Presidente, ci avete detto che vi erano state insistenze da parte del Ministero degli interni per cui, per ragioni di compilazione di liste elettorali, bisognava mettere presto all’ordine del giorno il problema delle circoscrizioni. Sono tre o quattro giorni e non più, onorevole Piccioni. E perché procedere con tanta fretta senza una seria valutazione?

Io mi sono rassegnato! Le Regioni sono fatte, ma ditemi voi se in tre o quattro giorni sia stato possibile raccogliere i desideri delle popolazioni almeno attraverso gli organi locali responsabili. Per esempio, per la provincia di Avellino, per la regione Campana, io ho sentito che uno dei più autorevoli vostri colleghi democristiani, l’onorevole Bosco Lucarelli, in mia assenza poco fa ha dichiarato che in provincia di Avellino solo una piccola parte è favorevole alla Regione campana, e gli altri vorrebbero la Regione del Sannio. E ha detto cosa completamente inesatta, difforme dal sentimento delle popolazioni interessate. Su questo punto posso rispondere, perché sono della provincia di Avellino e sono bene informato. E non c’è dubbio che si è unanimi nell’Irpinia nel desiderare che rimanga ferma la secolare tradizione della Campania con le sue cinque province e con Napoli a capoluogo.

Un dubbio sorgeva soltanto per l’incertezza dell’atteggiamento eventuale della Democrazia cristiana, perché, siccome si conosce la disciplina, lo stretto collegamento fra i membri di questo grande partito, si pensava che di fronte all’autorità dell’onorevole Bosco Lucarelli non sorgessero altri a contrastare la sua opinione. Viceversa proprio questa sera è arrivato a tutti noi deputati, qualche ora fa, un ordine del giorno, non dirò violento, ma abbastanza vivace formulato e presentato alla popolazione dell’Irpinia dal collega Sullo, con il quale assolutamente si respinge l’opinione manifestata dall’onorevole Bosco Lucarelli e si chiede invece che la circoscrizione rimanga quella che è stata prospettata dalla Commissione, si faccia cioè la Regione campana. Come vedete siamo completamente impreparati…

PICCIONI. Impreparati a che cosa?

RUBILLI. .i.Impreparati sì, e non per colpa nostra, a poter discernere quali siano i sentimenti e i desiderî delle popolazioni interessate. Ora, perché dobbiamo qui con tanta fretta dividere le nostre popolazioni come crediamo noi, secondo i nostri sentimenti, i nostri interessi, le nostre opinioni più o meno di carattere elettorale, e non dobbiamo sentire quelli che con sincerità hanno il diritto di esprimere il loro parere; cioè i nostri concittadini, attraverso le autorità locali?

Non entro in merito all’ordine del giorno De Martino. Si voti come si vuole. Si respingerà, si accoglierà, non importa. Io non voglio nemmeno esprimermi al riguardo. Ma soltanto voglio rilevare che l’ordine del giorno De Martino propone una questione ben diversa da quella che è stata esaminata, valutata e deliberata da parte dell’Assemblea Costituente, specialmente sul mio ordine del giorno che l’onorevole Piccioni poco fa ha ricordato. Perciò secondo il mio avviso può benissimo essere posto in votazione. (Applausi).

STAMPACCHIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STAMPACCHIA. Suppongo che i colleghi, almeno molti di essi, sanno come io sia un sostenitore della Regione in cui ho avuto i natali, il Salento. Ciò è risaputo e voglio qui dirlo preventivamente perché poi, in seguito, non possa eventualmente sembrare contradittorio quello che potrà essere il mio atteggiamento nello sviluppo di questa discussione.

La questione delle Regioni, della loro istituzione, è fuori discussione, perché già suparata dalla nostra Assemblea: se bene o male, lo dirà il tempo. È stata superata; onde le preoccupazioni di alcuni colleghi, dell’onorevole Piccioni, per esempio, non credo che abbiano più alcun fondamento. Noi, in questo momento, non più della creazione della Regione discutiamo, sibbene dobbiamo esaminare solo la proposta, che ci viene da più parti, di rinviare alla legge la determinazione e fissazione delle varie Regioni in cui l’Italia deve essere divisa. Mi si potrà domandare perché io, sostenitore fervido della mia Regione – in quanto è stata creata la Regione in Italia – perché io sono oggi disposto ad accedere a questi ordini del giorno i quali rinviano al Parlamento, al futuro Parlamento, la decisione circa le diverse circoscrizioni regionali; perché, rispondo subito, mi è parso che in questo ultimo periodo, specialmente da quando la questione dell’articolo 123 è stata riportata all’Assemblea, mi è parso, dicevo, che vi fosse una specie di crisi nelle coscienze: singolarmente e collettivamente considerate. Abbiamo visto un certo movimento diretto a smuovere posizioni che avevamo ragione di ritenere salde e ferme; movimento che ha base ed origine, sembrerebbe, in interessi diversi dei diversi settori; e può essere spiegato con sopravvenuti interessi di carattere elettoralistico di partiti, perché molti recenti atteggiamenti penso siano ispirati proprio da preoccupazioni di carattere elettoralistico. Ed è così che molti di noi si sono soffermati e sono venuti nella conclusione che forse la questione non è matura per poterla portare alla decisione in questa Costituente così preoccupata dalle prossime elezioni politiche. In verità molte cose sono accadute, vorrei dire assai equivoche, a cominciare dall’atteggiamento del Comitato di coordinamento; il quale, dopo aver fatto una elencazione delle Regioni giusta le decisioni della seconda Sottocommissione, è venuto (e mi si dice neanche in una seduta plenaria, completa, ma ad opera di quattro o cinque che si sono visti nel pomeriggio del 27 luglio di quest’anno) nella determinazione di potere, motu proprio, cancellare quelle che hanno poi arbitrariamente battezzato regioni di nuova formazione, come se, nel nostro diritto, vi fossero mai state Regioni riconosciute…

PRESIDENTE. Onorevole Stampacchia, ho l’impressione che lei non stia parlando della pregiudiziale, ma di un ordine del giorno. Atteniamoci per adesso alla questione pregiudiziale. Se sarà respinta, avrà modo di spiegarci perché ritiene che quell’ordine del giorno debba essere accettato.

STAMPACCHIA. Io mi riferisco al fatto per potere discutere così se l’ordine del giorno in esame può esser messo in votazione, perché – checché ne pensi l’onorevole Piccioni, il quale ritiene che le deliberazioni precedenti costituiscano un impedimento a metterlo in discussione – è evidente che noi non poniamo oggi in discussione la Regione. La Regione è creata. Noi pensiamo però, ci preoccupiamo di farla funzionare bene per non creare dei mostriciattoli che potranno dar poi delle sorprese…

PICCIONI. Dei mostriciattoli mi pare vogliate crearli voi.

RUBILLI. Tutto questo conferma che siamo impreparati a questa riforma.

STAMPACCHIA. Vorrei fare una osservazione agli amici della Democrazia cristiana, ed è questa: che quando loro parlano, noi siamo abituati, almeno io personalmente, ad ascoltarli sereni. Perché allora pensano d’impedirci di parlare con frequenti interruzioni? Perché turbare quella cordialità di rapporti fra Gruppo e Gruppo, che pure, penso, è indispensabile pur la serietà e la più rapida conclusione dei nostri lavori?

Tornando in argomento, io dicevo: noi non c’imbattiamo in nessuna ragione di preclusioni nel Regolamento che c’impedisca di decidere sulla pregiudiziale. Noi, onorevole Piccioni, non vogliamo in questo momento tornare a discutere della Regione. Noi diciamo che la questione Regione – per quella parte che in questo momento è oggetto di discussione – ci appare non matura nella sua completezza perché, come abbiamo inteso, vi sono cento e cento domande diverse ed ognuna di questa è contrastante con le altre.

L’onorevole Lussu ha detto che egli, per quanto attiene al Molise, è in una condizione di favore in quanto che non ha ragioni elettoralistiche che lo muovano; io dico che mi trovo come lui in una condizione di favore, inquantoché tutte e tre le provincie salentine, che chiedono di essere elevate a Regione, sono d’accordo in questa richiesta, è quindi non si può avere alcun sospetto che essa abbia carattere elettoralistico.

Io dico che non siamo maturi questa sera per decidere quali e quante devono essere le Regioni.

Allora, salvo che io non debba ancora parlare più a lungo se fosse respinto l’ordine del giorno in esame, voglio dire che mi associo, e con me gli amici del mio Gruppo, all’ordine del giorno il quale rinvia alla legge la determinazione di tutte le Regioni, perché non sarebbe opportuno che noi questa sera – per la fretta che abbiamo e l’incomprensione di vitalissimi problemi locali – pregiudicassimo le aspirazioni di parecchi settori. In Italia, insomma, e concludo, questa delle Regioni tradizionali e storiche, è una bella trovata, una fantasia di quanti vogliono soffocare le dette aspirazioni. Ogni settore italiano può dire di avere una storia e una tradizione. Vedremo poi (e lo diranno le stesse popolazioni) quali di questi settori meritino o non meritino di essere elevati a Regioni, e il Parlamento sanzionerà allora la volontà dei settori interessati, se un colpo di maggioranza non voglia questa notte soffocare la loro voce.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Onorevoli colleghi, se ho ben compreso, l’onorevole Piccioni ha sollevato una questione pregiudiziale nel senso che si oppone a che venga messo in votazione l’ordine del giorno di cui primo firmatario è l’onorevole De Martino. Ritengo doveroso associarmi a questa pregiudiziale. Il motivo è evidente. L’ordine del giorno, così come è formulato, per i suoi termini stessi e per il suo contenuto, non soltanto rimette in discussione tutto il problema dell’ordinamento regionale come l’abbiamo già esaminato e deciso, ma contradice a tutto l’orientamento che abbiamo dato agli articoli della Costituzione approvati in merito a questo ordinamento. Qualcuno di noi poteva essere d’accordo con questa formulazione all’inizio del dibattito. Qualcuno di noi ha anche sostenuto questo punto di vista e nelle riunioni preparatorie e nelle discussioni nell’Aula; il punto di vista, cioè, che fosse da preferirsi un decentramento esclusivamente amministrativo. Ma questa non è stata la decisione dell’Assemblea; questo non è stato il risultato dei nostri dibattiti che sono durati circa tre mesi. Abbiamo deciso per un decentramento regionale non solo amministrativo, cioè burocratico, ma politico, democratico e in parte anche legislativo, entro quei limiti che abbiamo fissati. Come possiamo oggi con un ordine del giorno contradire a tutto quello che abbiamo fatto in questo senso? Sono d’accordo con l’onorevole Piccioni che questa non sarebbe una cosa seria. Non accetto nemmeno l’argomentazione dell’onorevole Stampacchia secondo la quale potremmo sempre prendere una deliberazione contraria ad una precedente. È vero che una Assemblea legislativa può votare a distanza di alcuni mesi due leggi le quali siano contradittorie, ma la Costituzione è una sola legge. Noi, dal momento che abbiamo iniziato a votare sul primo articolo della Costituzione al momento in cui ne voteremo l’ultimo articolo, compiamo un atto costituzionale secondo una decisione unica e non possiamo contradirci. Anche se l’argomento formale venisse respinto, però rimane sempre l’argomento sostanziale. Se noi oggi contradicessimo all’indirizzo che abbiamo dato a questa parte della Costituzione, riapriremo il problema della Costituzione in generale, perché verremmo a distruggere una delle colonne su cui abbiamo fondato tutto l’edificio che abbiamo sino ad oggi costruito.

Uscendo dal limite della pregiudiziale, ritengo che porre oggi il problema di una consultazione generale di tutta la popolazione italiana, per sapere a quale delle Regioni ciascuna provincia o ciascun comune vogliano appartenere, sia cosa difficilmente accettabile.

MAZZONI. Si seguirebbe un metodo democratico.

TOGLIATTI. Ma si tratterebbe di un rinvio di fatto della organizzazione dell’ordinamento regionale, perché la consultazione richiederebbe uno o due anni e un lavoro enorme.

RUBILLI. Basta sentire gli organi responsabili.

TOGLIATTI. Vogliamo avere le Regioni costituite sulla base delle nostre decisioni nel più breve termine possibile: questa è la nostra aspirazione. Senza porre ostacoli che ci impediscano di arrivare praticamente a questo risultato, lasciamo aperta una possibilità democratica di correzioni. Vi è un articolo che le prevede; applichiamo quell’articolo. Questa è la giusta linea democratica.

Per tutti questi motivi ritengo che questo ordine del giorno non possa essere messo in discussione, perché in contradizione con tutto il risultato attuale del nostro lavoro. (Applausi).

NOBILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Dopo voci così autorevoli avrei l’obbligo di tacere; però la coscienza mi induce a dire il mio pensiero a proposito della pregiudiziale sollevata dall’onorevole Piccioni.

Noi abbiamo, anche in sede di ordinamento regionale, rinviato tante cose alla legge; e quindi, dal punto di vista formale, non vedo perché non si possa rinviare anche la questione della definizione delle circoscrizioni regionali. Dal punto di vista sostanziale, l’onorevole Piccioni ha adoperato una frase grave; ha detto che con ciò quelli di noi, che siano disposti ad appoggiare l’ordine del giorno di cui si discute, in qualche modo intenderebbero sabotare la riforma regionale. Ora, io mi domando: cosa vuol dire sabotare? Sabotare perché vogliamo rinviare di un anno la definizione delle circoscrizioni regionali? Sabotare perché vogliamo rimandare al Parlamento futuro la definizione di tutte le innumerevoli controversie, che sorgono attorno alle circoscrizioni? A me sembra grave che siasi adoperata tale parola contro chi vuol essere prudente e non vuole improvvisare in una materia così complessa e di tale importanza.

Ma forse si dubita che il futuro Parlamento potrebbe ritornare su questa grave questione dell’ordinamento regionale e non farne più nulla; specialmente se l’esperimento in corso con le autonomie già concesse dovesse, come è probabile, risultare negativo? Forse si dubita che, fra un anno o due, questa malaugurata riforma, di cui ancora oggi vi sono tanti fanatici assertori, potrebbe persino ad essi apparire non più opportuna? Ma, se così fosse, se questo dubbio vi è; sarebbe una ragione di più per non precipitare oggi una decisione su una questione così complessa quale è quella delle circoscrizioni regionali. Molti entusiasmi regionalistici sono già svaniti da quando l’Assemblea ha iniziato i suoi lavori. Forse, tra un anno, i superstiti, fanatici sostenitori dell’incauta riforma potrebbero aprire gli occhi davanti alla realtà, ed accorgersi che il popolo italiano, in questo travagliato dopoguerra, quando vi è da rimettere in piedi l’economia del paese, non ha proprio bisogno di così avventata riforma nella struttura statale, che certamente ritarderà il ritorno alla normalità, all’equilibrio, di cui pur così vivo è il bisogno.

Concludendo, non vedo, a mio modesto avviso, perché non si possa e dal punto di vista della sostanza e da quello formale mettere in votazione l’ordine del giorno De Martino.

COVELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COVELLI. Ritengo, signor Presidente, che si passi da un’enormità all’altra. A parte i funambolismi che vediamo in quest’Aula, per cui taluni settori si presentano oggi in una veste diversa da quella in cui si presentarono qualche tempo fa, non vedo il motivo per cui una manifestazione democratica – dal momento che qui si parla di democrazia e di libertà ad ogni piè sospinto – debba perfino incontrare proposte pregiudiziali come quella dell’onorevole Piccioni. L’ordine del giorno De Martino dice esattamente che, confermando quel che è stato già discusso, cioè la Regione, che a nostro parere è una delle prime sciagure che la Repubblica ha donato all’Italia (Proteste al centro e a sinistra), confermando questo principio acquisito dalla volontà della Costituente, si vuol dare diritto alle popolazioni che debbono costituire queste Regioni, di scegliersi le provincie entro cui debbono essere raggruppate.

Noi sentiamo, per esempio, sviluppare argomentazioni contrastanti perfino da membri dell’Assemblea della stessa provincia e ciò costituisce una prova di più del fatto che oggi non si è nelle condizioni adatte a per poter esaminare i diversi problemi di questa o quella Regione e confermare con gesto antidemocratico e totalitario, onorevole Piccioni ed onorevole Togliatti, delle decisioni su cui non si potrebbe più tornare. (Rumori al centro e a sinistra).

MAZZONI. Solo oggi ve ne siete accorti?

COVELLI. In ogni caso noi invochiamo non solo il diritto di consultare le popolazioni interessate sulla creazione delle Regioni, una volta che è stato acquisito, ma invochiamo oltre tutto che, commesso un errore, ed i precedenti, onorevole Togliatti, i precedenti non sono confortanti per il regionalismo italiano, si corregga e si dia la possibilità alla Regione di vivere domani senza originare ribellioni. Infatti sussiste la preoccupazione, che domani certe provincie non ne vorranno sapere di quello che voi sancite oggi.

Pertanto, non solo riteniamo fuori luogo la proposta di non mettere in votazione l’ordine del giorno De Martino, ma ravvisiamo in essa un manifestarsi di pericolosi principî antidemocratici. (Commenti al centro e a sinistra).

AMBROSINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI. Parlerò brevemente sulla questione pregiudiziale giacché le argomentazioni esposte per la irricevibilità dell’ordine del giorno De Martino sono più che fondate, dal punto di vista formale e di merito.

Riguardo alla sostanza basta osservare che in concreto il rimandare la determinazione delle Regioni alla legge, cioè il rimandare alle future Camere legislative, significherebbe impedire l’attuazione della riforma, per lo meno per tutte le Regioni d’Italia, salvo quelle che già sono dotate di autonomia; significherebbe impedire che la riforma sia oggi attuata, il che non solo è in contrasto con tutto lo spirito della riforma, ma anche con varie disposizioni tassative del progetto di Costituzione già approvate dall’Assemblea, fra le quali quella relativa al Senato, che deve essere costituito sulla base regionale.

Ora, non approvare oggi l’articolo, che specifica quali debbono essere le Regioni, significherebbe impedire la costituzione di uno degli organi legislativi del futuro Parlamento.

Riguardo alla questione formale, l’onorevole Rubilli, dal suo punto di vista, può anche avere ragione, perché egli effettivamente nel suo antico ordine del giorno negava la utilità di tutto l’ordinamento regionale; però, se non erro, fra gli ordini del giorno che a suo tempo quest’Assemblea esaminò e votò c’era, oltre il suo, un ordine del giorno firmato per primo dall’onorevole Bonomi, nel quale si riconosceva la utilità della riforma regionale, ma si chiedeva il rinvio (qui non ho gli atti, ma si possono confrontare) semplicemente per un più approfondito esame; cioè per lo stesso motivo per il quale si chiederebbe ora il rinvio riguardo alla delimitazione delle circoscrizioni regionali.

Orbene, se l’Assemblea ha deciso l’istituzione della Regione, se l’Assemblea non ha la possibilità di ritornare su questa decisione solenne, se si deve dare esecuzione a quello che l’Assemblea ha già stabilito, è evidente che ciò non può farsi se non arrivando ora – vedremo come dopo – alla delimitazione delle circoscrizioni regionali.

Quindi, la proposta di non accettare, dal punto di vista pregiudiziale, l’ordine del giorno De Martino, è completamente fondata non solo per la sostanza, ma anche per la forma.

COVELLI. Ma perché è fondata? Qui si vuole la disgregazione del Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Covelli, la prego.

Ritengo che la discussione sulla pregiudiziale sia stata esauriente; poiché, però, sono stati richiamati alcuni precedenti desidero ricordare che fu nella seduta del 22 luglio che si avanzò una proposta di rinvio dell’articolo 123.

Presentatore della proposta era l’onorevole Fuschini il quale, come risulta dal resoconto sommario della seduta, ne dava ragione rilevando che l’esame di questo articolo avrebbe richiesto un lungo dibattito dati i vari e contrastanti interessi investiti e pertanto sarebbe stato opportuno rinviarne l’esame alla ripresa dei lavori dopo la sospensione estiva. Questa proposta, posta in votazione, fu approvata dall’Assemblea.

Ritengo anche opportuno precisare che gli ordini del giorno richiamati, come quelli che contrasterebbero con la pregiudiziale, sono quelli dell’onorevole Grieco e dell’onorevole Rubilli. Il primo era del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente riconosce la necessità di effettuare un ampio decentramento amministrativo democratico dello Stato, a mezzo della creazione dell’Ente Regione, avente facoltà legislativa di integrazione e di attuazione, per le materie da stabilirsi, onde adattare alle condizioni locali le leggi della Repubblica;

riconosce la necessità della conservazione e del potenziamento dell’Ente Provincia;

decide che il Titolo V si limiti ad affermare i principî costituzionali dell’Ente Regione, rinviando ad una legge speciale la regolamentazione delle funzioni del nuovo Ente e dei suoi rapporti con le Provincie, i Comuni e lo Stato».

L’ordine del giorno Rubilli era così formulato:

«L’Assemblea Costituente,

considerato che l’istituzione dell’Ente Regione non risponde ad alcuna necessità che si sia realmente manifestata, e non può seriamente ritenersi in alcun modo richiesta o reclamata dal popolo italiano;

che i giusti ed opportuni criteri di decentramento potranno essere attuati indipendentemente dalla creazione di enti regionali;

che ad ogni modo, per ora almeno, una grande riforma come quella che si prospetta per le Regioni non appare, anche secondo il progetto, ben ponderata nelle sue non lievi conseguenze dal punto di vista politico, amministrativo e specialmente finanziario, sicché non sembra possibile, di fronte alle enormi difficoltà del periodo che si attraversa, lanciarsi con leggerezza incontro ad incognite preoccupanti e pericolose;

delibera, anche senza affermazioni vaghe e generiche, le quali potrebbero rappresentare inopportuni ed affrettati vincoli, che sia rinviato senz’altro alla Camera legislativa l’esame di pratici, concreti e completi progetti di legge, sia pure di carattere costituzionale, per un oculato decentramento, che giunga, se possibile, anche ad una riforma regionale, ed intanto sia stralciato dalla Costituzione in esame l’intero Titolo V, relativo alle Regioni e ai Comuni».

Avverto ora che sulla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Piccioni, gli onorevoli Vigna, Costantini, Nobili Tito Oro, Tonello, Lopardi, Nobile, Tomba, Vernocchi, Cosattini, Nasi, Costa, Fogagnolo, Tega, Santi, Caldera, Pistoia, Giacometti, Pressinotti, Bernardi, Grilli, Fioritto, Bonomelli hanno chiesto la votazione a scrutinio segreto.

Poiché sono presenti soltanto tredici firmatari della richiesta, chiedo se questa è appoggiata.

(È appoggiata).

BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. Io chiedo, sebbene un po’ in ritardo, ai presentatori dell’ordine del giorno De Martino se sono disposti a sopprimere la parola «amministrativo» che si legge nel primo comma del loro ordine del giorno.

Perché mi pare che le affermazioni dell’onorevole Togliatti siano senza dubbio fondate e d’altronde occorre chiarezza prima di prendere una decisione, richiederei appunto questa soppressione.

PRESIDENTE. L’onorevole De Martino, quale primo firmatario dell’ordine del giorno, ha facoltà di rispondere.

DE MARTINO. Non ho difficoltà ad aderire, onorevole Presidente.

PRESIDENTE. Allora, su proposta dell’onorevole Badini Confalonieri e dietro consenso dell’onorevole De Martino, nella sua qualità di primo firmatario, si toglie dall’ordine del giorno in discussione la parola «amministrativo».

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico ora la votazione segreta sulla pregiudiziale dell’onorevole Piccioni, secondo la quale l’ordine del giorno dell’onorevole De Martino ed altri non può essere messo in votazione, perché contrastante con precedenti deliberazioni dell’Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti                              310

Votanti                               309

Astenuti                              1

Maggioranza           155

Voti favorevoli        221

Voti contrari            88

(L’Assemblea approva la pregiudiziale).

Hanno preso parte alla votazione:

Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelini – Arata – Arcaini – Arcangeli – Assennato.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Belotti – Benedetti – Benvenuti – Bernamonti – Bernardi – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Binni – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bordon – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bucci – Bulloni – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Camangi – Camposarcuno – Cannizzo – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carignani – Caronia – Caso – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Cavallotti – Cerreti– Cevolotto – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonnétti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsini – Cosattini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo –De Palma – De Unterrichter Maria – Dominedò – Donati – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Foresi – Fornara – France-schini – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giacometti – Giolitti – Giordani – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

Laconi – La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Lettieri – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Momigliano – Montagnana Rita – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Renato – Moro – Mortati – Moscatelli – Musolino.

Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Novella – Numeroso.

Pacciardi – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignatari – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci.

Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggiero Carlo – Ruini.

Saggin – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Santi – Saragat – Scalfaro – Scarpa –      Scelba – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Segni – Selvaggi – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Stampacchia – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tosi – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Vanoni – Viale – Vicentini – Vigna – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi.

Sono in congedo:

Abozzi – Angelucci.

Cairo – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Cavallari.

Dozza – Dugoni.

Jacini.

Porzio.

Ravagnan – Romita – Rumor.

Sardiello.

Tosato.

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non si porrà in votazione l’ordine del giorno a firma dell’onorevole De Martino ed altri.

Vi è invece l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Targetti. L’onorevole Moro aveva già fatto, prima della sospensione della seduta, una dichiarazione di voto.

Sull’ordine del giorno Targetti sono stati presentati alcuni emendamenti che ritengo tuttavia non siano, nella loro maggioranza, pertinenti all’ordine del giorno stesso. Di fatto, essi mirano a mutarne completamente il valore e il significato.

L’ordine del giorno Targetti, è del seguente tenore:

«L’Assemblea Costituente delibera che, salva la procedura per istituire nuove Regioni, siano nell’articolo 123 istituite le Regioni storico-tradizionali di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche».

Ora, l’onorevole Camposarcuno propone il seguente emendamento aggiuntivo:

«Intendesi compreso fra le Regioni d’Italia il Molise, indipendentemente dall’Abruzzo».

Vi è anche un emendamento aggiuntivo dell’onorevole Codacci Pisanelli:

«Intendesi compreso fra le Regioni d’Italia anche il Salento».

È chiaro che questi non possono essere considerati emendamenti all’ordine del giorno dell’onorevole Targetti, ma proposte a sé stanti, che l’Assemblea esaminerà dopo che si sia votato sull’ordine del giorno Targetti.

Vi è invece un emendamento firmato dagli onorevoli Colitto, Morelli Renato e altri, del seguente tenore:

«Sopprimere le parole: di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche».

Se l’emendamento fosse accolto – e può senz’altro essere posto in votazione poiché è strettamente pertinente al concetto dell’ordine del giorno dell’onorevole Targetti – questo dovrebbe essere ridotto a questa formulazione: «L’Assemblea Costituente delibera che, salva la procedura per istituire nuove Regioni, siano nell’articolo 123 costituite le Regioni storico-tradizionali».

Comunque mi pare questo l’unico emendamento che possa essere preso in considerazione in questa sede.

Se l’ordine del giorno dell’onorevole Targetti non venisse accolto, allora gli emendamenti dell’onorevole Codacci Pisanelli e dell’onorevole Camposarcuno si ripresenterebbero come emendamenti al testo proposto dalla Commissione.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Ritirerei il mio ordine del giorno e aderirei all’emendamento dell’onorevole Camposarcuno.

Non capisco, ve lo confesso, la portata dell’emendamento Colitto-Morelli ed altri per cui verrebbe a sparire l’ultima parte «pubblicazioni ufficiali statistiche».

Che cosa si intende dire con questa frase? Lo chiederei all’onorevole Targetti. Quali sono queste «pubblicazioni ufficiali statistiche»? È nelle «pubblicazioni ufficiali statistiche» compreso il Molise? A me non pare che sia compreso. Per queste ragioni, io sarei favorevole anche all’ordine del giorno Targetti con l’emendamento aggiuntivo Camposarcuno, ordine del giorno, che si dovrebbe votare per divisione, a mio parere, perché si può votare e per la prima parte e per la seconda.

PRESIDENTE. L’onorevole Ambrosini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

AMBROSINI. La Commissione accetta l’ordine del giorno Targetti per vari ordini di considerazioni. In sostanza si tratta di precisare per il momento quali debbono essere le Regioni.

Le considerazioni che hanno portato la Commissione ad accettare questo ordine del giorno sono di opportunità e di merito. Di opportunità, perché andare ora a fare le indagini relativamente a tutte le situazioni particolari con le lungaggini correlative e le discussioni che si protrarrebbero a lungo, significherebbe portare una grave remora alla economia tutta del progetto. Ragioni di sostanza: devo anzitutto fare un accenno all’emendamento del quale si è fatto eco l’onorevole Lussu, col quale si chiede la soppressione delle ultime parole dell’ordine del giorno Targetti «di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche». La Commissione ritiene che debba mantenersi anche quest’ultima parte dell’ordine del giorno, perché se si dicesse soltanto: «Le Regioni storico-tradizionali», potrebbe nascere qualche questione, mentre se si aggiunge «di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche», si fa un riferimento preciso, che elimina ogni equivoco. Il che non impedisce, naturalmente, che revisioni rispondenti ai desideri delle popolazioni possano essere disposte da questa Assemblea e dalle future Camere legislative.

Detto questo, rispondo subito alla domanda che va al cuore della questione posta dall’onorevole Colitto. Egli dice: come mai la Commissione dei diciotto ha accettato un ordine del giorno che muta il deliberato precedente. Anzi, se non sbaglio, egli tassativamente ci chiede: «Quale fatto nuovo è avvenuto?».

Egregio collega Colitto, il fatto nuovo è evidente: il progetto fu redatto in base al riconoscimento delle provincie come circoscrizioni di decentramento statale e regionale. Quando questa Assemblea, con una deliberazione precisa, riconobbe le provincie quali enti autarchici, evidentemente spostò su questo punto fondamentale l’asse del progetto. Nel primo tempo, data quella configurazione della provincia, io e diversi altri componenti del Comitato sentimmo di poter aderire alle richieste dei rappresentanti di talune piccole regioni, perché gli inconvenienti derivanti dalla ristrettezza della circoscrizione regionale sarebbero stati in parte diminuiti dal fatto che le provincie non avrebbero avuto una propria specifica rappresentanza, una propria finanza, dei propri uffici, ecc. Ma, quando l’Assemblea spostò questo, che era uno dei punti fondamentali del progetto, allora evidentemente bisognava rivedere le posizioni. Infatti se è possibile, ed anche forse consigliabile, che le provincie siano conservate come enti autarchici in una grande Regione, come ad esempio la Sicilia, ciò non è possibile nelle piccole Regioni, composte di poche provincie e specie di due provincie, dove avverrebbe una sovrapposizione di funzioni e di organi, incompatibile con un buon funzionamento degli istituti. La situazione diventerebbe ancora più complicata nel caso di una Regione composta di una sola provincia. È il caso del Molise. I colleghi sanno che io fui sensibile di fronte alle richieste del Molise e che ne determinai quasi, nel primo tempo, il riconoscimento come Regione a sé stante. Non fui io che presi l’iniziativa di revocare quel riconoscimento. Ma non posso negare che ora, con la provincia ente autarchico, ci troveremmo in questa posizione veramente strana, di una Regione la quale nello stesso tempo è provincia. Ed allora come si spiegherebbe la coesistenza di un Consiglio provinciale e un’Assemblea regionale?

MORELLI RENATO. Ma la provincia non fa parte dell’ordinamento costituzionale.

AMBROSINI. Io dissi a lei, onorevole Morelli, e dissi all’onorevole Camposarcuno che vi era una soluzione; vi suggerii una possibilità; e mi meraviglio come voi non ne abbiate approfittato. Voi avreste dovuto proporre che il progetto a questo punto subisse una modifica nel senso che alla provincia del Molise si dessero le attribuzioni della Regione, facendone una provincia con lo status di Regione; col che si sarebbero eliminati gli inconvenienti e l’assurdità suaccennati.

Comunque, al punto in cui siamo arrivati, noi, come Commissione, abbiamo accettato l’ordine del giorno dell’onorevole Targetti, con l’intesa però che debba essere integrato da un articolo aggiuntivo proposto dall’onorevole Mortati, e credo approvato da parecchi Gruppi di questa Assemblea; articolo aggiuntivo nel quale si fa salva, infra cinque anni dall’approvazione della Costituzione, la possibilità di modificazione o, meglio ancora, di fusione e di creazione di nuove Regioni, senza (e con questo, onorevoli Morelli e Camposarcuno, credo di essere venuto incontro al vostro desiderio), senza richiedere le condizioni speciali previste dall’articolo 125, che potrebbero rappresentare una preclusione specialmente per il Molise. Ora, data questa situazione, data l’impossibilità, o per lo meno l’estrema difficoltà, di continuare le indagini, dati i contrasti (perché, purtroppo, io ho sentito la voce degli onorevoli Bosco Lucarelli ed altri contrari al vostro assunto), dati i contrasti che si sono manifestati fra le varie regioni e le difficoltà che ha l’Assemblea di decidere, il Comitato ha creduto di accettare per il momento una soluzione che può risolvere le difficoltà attuali senza pregiudicare per nulla l’avvenire, specie per il Molise. È per queste complesse ragioni di opportunità e di merito, sulle quali in seguito forse noi dovremo tornare, che il Comitato accetta l’ordine del giorno proposto dall’onorevole Targetti.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Onorevole Presidente, io ho presentato all’ordine del giorno Targetti un emendamento, che lei ha ricordato dianzi. Se lo consente, vorrei brevemente svolgerlo. Onorevoli colleghi, sono vivamente turbato, nel prendere a quest’ora così tarda la parola per difendere quello che al Molise sembra un sacrosanto diritto. Sono turbato, perché pensavo che l’Assemblea dovesse essere concorde nel riconoscerlo. Nel nostro Molise sono venute personalità di prim’ordine di tutti i partiti. Recatesi sul posto, avendo sentito i bisogni del nostro paese, non hanno esitato un istante a dire, sulle piazze, che sarebbero venute nel Parlamento a sostenere le ragioni del Molise. Da ultimo, il Ministro dei lavori pubblici, onorevole Tupini, in tutte le piazze del Molise è venuto a. dire: «Avete ragione!». E adesso io vedo con dolore infinito la Democrazia cristiana concorde nel sostenere il contrario. Il Molise è un paese di montanari. Crede di trattare con persone, che hanno scritto sulla loro bandiera: lealtà! lealtà! lealtà! Ora noi non la vediamo, o signori della Democrazia cristiana, questa lealtà nei confronti della nostra terra. Ed io sono dolente di dover dichiarare che, come sulle piazze del Molise siete venuti a dire che difendevate il nostro buon diritto, io andrò predicando che il Molise non avrà raggiunto le sue idealità, per le quali combatte da trenta anni, proprio per colpa della Democrazia cristiana. Ognuno assuma, in questo momento particolarmente delicato per il mio paese, le sue responsabilità. Noi sapremo trarre le conseguenze.

Io propongo che sia eliminata dall’ordine del giorno Targetti l’ultima frase: «di cui alle comunicazioni ufficiali statistiche». Perché? Rispondo subito alla domanda.

Io sono d’accordo con i presentatori dell’ordine del giorno Targetti nel criterio informatore, che dovrebbe regolare la determinazione delle Regioni nel nuovo assetto costituzionale dello Stato.

Qual è questo principio informatore? Si vogliono le Regioni storiche tradizionali. (Commenti). E sia. Ma volete usarmi, onorevoli colleghi, la cortesia, prima di prendere una qualsiasi decisione, di ripiegarvi un po’ sulle carte, in cui è scritta la storia del nostro Paese? Volete tener presente quello che è stato il Molise nei confronti dell’Abruzzo dal 1861 in poi? Volete tener presente quello che sta facendo il Governo, in questo momento, nei confronti del Molise o dell’Abruzzo? Lo volete tener presente? O, solo perché avete fretta, volete, signori, distruggere la vita del nostro Molise? (Commenti al centro). Abbiate bontà. È stato l’onorevole Chatrian nel nostro Molise è ha detto che abbiamo ragione. Vi è stato l’onorevole Restagno ed ugualmente lo ha detto. (Interruzioni al centro).

GRONCHI. Abbia il senso delle proporzioni. Il Molise schiavo dell’Abruzzo, che enormità!

COLITTO. Ma chi lo ha detto? Io sto ricercando il criterio che presiede alla determinazione delle Regioni. Si vogliono per il momento porre nell’elenco solo le Regioni di carattere storico. Ed allora io vorrei domandare agli insigni avversari della mia tesi, dove hanno letto che il Molise non è una Regione storica tradizionale.

Nel 1861 il Molise dal Governo italiano fu unito all’Abruzzo.

Una voce al centro. Non c’era Tupini, allora!

COLITTO. Le questioni che interessano il Paese non si risolvono con le battute di spirito o con simpatici sorrisi. Assumete, signori, le vostre responsabilità! (Rumori al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, credo che si sia avuta la possibilità di constatare, da quando ho l’onore di presiedere questa Assemblea, che io garantisco il diritto di parlare a tutti, e pertanto vi prego di permettere all’onorevole Colitto di proseguire.

COLITTO. Nel 1861 il Molise fu unito dal Governo italiano (Interruzione al centro) all’Abruzzo. Ma quel che interessa sottolineare è questo: che fu all’Abruzzo unito soltanto per ragioni statistiche, soltanto per ragioni statistiche. Ciò è ricordato anche dal giornale «La Costituente» del 15 ottobre dello scorso anno.

Ci troviamo, quindi, di fronte a due Regioni, l’Abruzzo ed il Molise, che, sebbene contigue, costituiscono da secoli, dal punto di vista geografico, etnico ed economico, due Regioni distinte, le quali vennero, ai primordi del Regno d’Italia, riunite, ripeto, soltanto per ragioni statistiche. Ora, che cosa domandiamo noi? Ripiegate un istante, onorevoli colleghi, su voi stessi e considerate quello che noi chiediamo. Che cosa chiediamo? Chiediamo di rimanere nella condizione in cui ci troviamo, e non di essere posti in una posizione deteriore. Chiarisco il mio pensiero. Fin quando si è trattato di unione dell’Abruzzo e del Molise per ragioni statistiche noi non abbiamo risentito danno dalla vicinanza con l’Abruzzo. Tutta la legislazione italiana, che naturalmente i miei illustri avversari dovrebbero conoscere e sulla quale dovrebbero soffermarsi per poter decidere cognita causa della questione, tutta la legislazione italiana, dicevo, ha sempre tenuto distinto l’Abruzzo dal Molise. Quando alcuni anni fa furono creati i provveditorati regionali per le opere pubbliche, fu creato quello per gli Abruzzi e Molise con sede in Aquila, perché si occupasse anche del Molise. Ebbene, dopo qualche anno, il Molise dovette essere distaccato dal provveditorato regionale predetto ed aggregato a quello di Napoli. Quando furono creati i provveditorati agli studi regionali, ne fu istituito uno nell’Abruzzo ed uno nel Molise. E proprio in questi ultimi anni si è sentita la necessità di creare una sottocommissione regionale dell’industria per il Molise, un ufficio regionale per l’assistenza post-bellica con sede in Campobasso, una sezione pel Molise dell’Azienda nazionale autonoma delle strade statali e si è riconosciuto dall’Istituto nazionale assistenza per malattie ai lavoratori avere il Molise diritto ad un suo rappresentante.

L’onorevole Lussu, che io ringrazio dal profondo del cuore, a nome dei Molisani tutti per le belle parole da lui pronunciate, ha già detto in quante altre occasioni il legislatore ha tenuto presente l’Abruzzo distaccato e separato dal Molise.

Che cosa ora chiediamo noi? Chiediamo che le cose restino come sono. Che cosa possiamo chiedere di meno, onorevoli colleghi? Desideriamo che le cose restino come sono, e cioè che Abruzzo e Molise restino in quella situazione, nella quale dal 1861 si trovano. Non ci opponiamo a che si continuino a mandare le statistiche ad Aquila: le continueremo a mandare. Le dobbiamo continuare a mandare a Pescara o a Chieti? Le continueremo a mandare. Ma, se si approva il progetto così come è stato proposto, il Molise viene a far parte di un organismo, che, data la sua struttura, assume rilevanza nel campo giuridico, nel campo tecnico, nel campo economico, nel campo agricolo. Ed allora enormi saranno i suoi danni.

Pensi l’Assemblea che Aquila è la capitale del compartimento assicurativo Aquila-Campobasso.. Ebbene il Ministero ha dovuto alla fine disporre che la liquidazione degli infortuni si svolga a Campobasso, perché per andare da Campobasso ad Aquila occorrono tre giorni.

Vi dicevo, onorevoli colleghi, che quello che sto affermando per il Molise è stato riconosciuto da membri illustri di questa Assemblea. Tutti hanno detto che abbiamo ragione; ma lo hanno detto soprattutto i deputati, le associazioni ed i Consigli provinciali dell’Abruzzo, con una generosità, con una benevolenza, con una serenità, con una obiettività degna del massimo elogio. Essi hanno proclamato, rivolgendosi a noi: avete ragione. Il Molise ha ragione di essere considerato come una Regione a sé stante.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ecco perché io dico di approvare l’emendamento Targetti, ma di sopprimere le parole: «di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche». È ridicolo, signori, che si debba provvedere alla determinazione delle Regioni d’Italia in base al criterio delle pubblicazioni ufficiali statistiche! Se questo criterio viene soppresso, allora noi diciamo: sono Regioni d’Italia le Regioni storiche tradizionali. E, poiché non è dubbio che dal secolo XII il Molise è stato il Molise, io credo che non esista in Italia una Regione, che dal punto di vista storico meriti più del Molise di essere riconosciuta come Regione a sé stante nel quadro del nuovo ordinamento costituzionale dello Stato. (Applausi).

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. L’ordine del giorno Targetti propone che, salva la procedura per istituire nuove Regioni, siano nell’articolo 123 costituite le Regioni storiche tradizionali, di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche.

Noi abbiamo due testi, uno preparato dalla prima Sottocommissione, e poi votato dalla Commissione dei Settantacinque, ed un altro emendato in seguito al coordinamento da parte del Comitato, il quale ha creduto di coordinare modificando l’articolo 123. Ho inteso le spiegazioni dell’onorevole Ambrosini, esimio costituzionalista, che ci ha detto che, se nel testo veniva introdotta la provincia come un ente amministrativo facente parte della Regione, poteva dare luogo ciò ad una modifica di coordinamento.

Io non sono perfettamente convinto di questo e credo che l’Assemblea debba avere davanti a sé il testo che fu votato dalla Commissione dei Settantacinque; perché non era nelle funzioni del Comitato di coordinamento (di cui anch’io feci parte ad un certo momento) di poter modificare sostanzialmente un articolo precedentemente votato dalle Sottocommissioni, articolo che sostanzialmente, come abbiamo inteso dalla accorata parola dell’onorevole Colitto, può rappresentare la voce delle popolazioni che noi presentiamo qui direttamente, in quanto ognuno è legato alla sua origine, alla sua situazione, alla sua terra. Io sento di essere ferito profondamente da questa modifica sostanziale portata da parte del Comitato coordinatore.

Le ragioni modificative portate non mi soddisfano, perché è stato detto che le Regioni attuali – avendo la provincia carattere di ente amministrativo – non potevano essere modificate e non potevano formarsi Regioni più piccole; basta pensare che la Basilicata rimane sempre come una di quelle Regioni conservate dal Comitato coordinatore, pur essendo sostanzialmente una provincia, e così pure l’Umbria, che effettivamente è stata sempre una sola provincia, o altre di quelle che sono fra le 14 conservate dal Comitato di coordinamento.

Quindi, non è esatta l’osservazione presentata dall’onorevole Ambrosini, che si doveva portare per necessità una modifica sostanziale all’articolo 123. Io penso che gran parte di questa bufera serale non ci sarebbe stata se l’articolo 123 fosse venuto nel suo testo originale.

D’altra parte io dico: quando l’Assemblea ha votato questo ordine del giorno che cosa ha fatto? Ha fatto un testo costituzionale? No. Dobbiamo tornare daccapo e stabilire quali sono queste Regioni storiche tradizionali, ed allora mi pare che ha ragione l’onorevole Colitto. Vale la pena di votare questo ordine del giorno se dobbiamo tornare a stabilire quali sono le Regioni storiche tradizionali? Perché non si trova in Italia la storia tradizionale se non risaliamo molto indietro nel tempo.

Per esempio nel Mezzogiorno, dal 1000 in poi, attraverso normanni, angioini, aragonesi, non c’è stata che una sola organizzazione statale: il regno di Napoli, le forme amministrative assunte in questo complesso statale, forme amministrative che hanno preso caratteristiche diverse a seconda delle diverse epoche. Ma se tradizioni ci sono state, sono state tradizioni puramente amministrative. Ora l’amministrazione, non fa la storia. Ed allora, quali sono le forme storiche di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche?

Ora, diciamo, nel testo di un ordine del giorno che vorrebbe essere di indirizzo costituzionale, affidarci soltanto alle forme statistiche ufficiali mi pare assurdo. Quindi, se vogliamo tenere il senso della nostra responsabilità rispetto alle popolazioni che rappresentiamo, diciamo francamente quali sono queste Regioni. Non è che voglio discutere di questa o di quell’altra Regione; io voglio risparmiare ora questa indagine. Rimettiamoci ad una Commissione: nominiamo noi, se vogliamo, una Commissione. Ma credete, onorevoli colleghi, non si tratta di una piccola cosa, sulla quale si può ridere o irridere: è una cosa sostanzialmente sentita da alcune popolazioni, che sarebbero defraudate del loro diritto se non faremo bene questa costruzione della Repubblica su forma regionale. (Applausi a destra).

BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. Io mi riferisco a quel giusto richiamo che lei, onorevole Presidente, mi ha fatto poco fa. Il fatto si è che volevo evitare una discussione la quale mi sembra non si debba sollevare in questo momento. Il Molise infatti, se le mie cognizioni sono esatte, non raggiungerebbe i 500 mila abitanti, ed è pertanto necessario discutere prima la questione di carattere generale proposta con l’articolo 125 del testo della Commissione. Detto articolo parla di Regioni che potrebbero essere create qualora raggiungessero un minimo di 500 mila abitanti.

Vorrei, in buona sostanza, osservare (e per questo motivo mi sono permesso di interrompere l’oratore) che abbiamo una questione generale da risolvere, in base alla decisione della quale la questione del Molise potrà, oppur no, venire in discussione.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Faccio osservare all’onorevole Badini Confalonieri che l’articolo 125, da lui richiamato, riguarda le Regioni che saranno create ex novo, dopo che sarà entrata in vigore la Costituzione.

PRESIDENTE. L’onorevole Rivera ha proposto di aggiungere alle parole «regioni storico-tradizionali» la parola «ante-fascismo». (Commenti). L’onorevole Rivera ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

RIVERA. Onorevoli colleghi, non mi sembrava che occorresse, in una Assemblea come questa, una spiegazione particolare di questa aggiunta che vorrei fosse fatta alle parole «storico-tradizionali», che peraltro sarebbe pleonastica, in quanto ritengo che il periodo fascista non appartenga al periodo storico-tradizionale italiano.

Però io ho inteso qui un argomento, che cioè questa Assemblea non intende portare delle variazioni alla antica costituzione e delimitazione delle Regioni, in quanto vuole che ciò avvenga solo per auto-decisione da parte delle stesse popolazioni, successivamente, in variazione di quello che sarà il ripristino delle Regioni storico-tradizionali.

Orbene, io dico: se vogliamo riconoscere alle popolazioni questo diritto di cambiare nel futuro la costituzione da quella antica delle nostre Regioni, noi dobbiamo parimenti dichiarare di non volere riconoscere nessuna di quelle variazioni territoriali che fossero avvenute nelle Regioni durante il periodo fascista. A me sembra, cioè, che, se vogliamo risparmiarci l’arbitrio di fare mutamenti nella costituzione storica e tradizionale delle nostre Regioni, dobbiamo preliminarmente condannare l’arbitrio di mutamenti fatti dal fascismo durante il periodo in cui imperversò nel nostro Paese.

Questo è lo spirito del mio emendamento, che raccomando alla vostra benevolenza. Non ho altro da aggiungere.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ambrosini a esprimere al riguardo l’avviso della Commissione.

AMBROSINI. Io debbo brevemente rispondere alle nobili parole dell’onorevole Grassi. Tutti i miei colleghi della Commissione ed io abbiamo sentito il richiamo dei colleghi che parlavano in nome della loro Regione; senonché abbiamo visto che era impossibile arrivare ad una soluzione perché, quando nella Sottocommissione riconoscemmo al Molise la capacità di essere Regione, sorsero naturalmente le richieste di altri onorevoli colleghi, suffragate dal consenso delle rispettive popolazioni, per domandare lo stesso trattamento.

Siccome poi tutte queste richieste andavano al punto tale da complicare non poco il sistema, si arrivò a quella decisione salomonica delle Regioni storiche tradizionali. Indubbiamente l’ottimo non è possibile; ma poiché questa Assemblea deve por termine ai suoi lavori il 31 dicembre e poiché una ricerca in proposito assorbirebbe di certo molto tempo, non solo per la ricerca in se stessa, ma anche e forse più per le discussioni che avverrebbero di conseguenza, questa è la ragione di opportunità cui io accennai e per la quale il Comitato di coordinamento credette di accedere all’ordine del giorno Targetti.

Aveva questo potere? Lo aveva, sì, perché il Comitato aveva ricevuta in questo senso una delega amplissima. Io debbo tuttavia dichiarare con molta chiarezza che a quest’ultima formulazione non presi parte, perché mi sentivo quasi legato ad una precedente decisione. Debbo però onestamente soggiungere, per dovere di coscienza – come ho dichiarato anche questa mattina al mio Gruppo – che debbo assumere io pure questa responsabilità, perché, adottando una decisione che vada incontro alle richieste di una parte di Regioni o di una Regione, noi saremmo fatalmente costretti, per un dovere di coerenza e di onestà, ad esaminare per lo meno tutte le altre richieste. Ci ritroveremmo allora in quel groviglio cui prima ho accennato e dal quale non ci fu possibile districarci or è circa un anno.

Onorevoli colleghi, io non vado alla questione di sostanza che ha ripreso l’onorevole Grassi; questa questione prenderebbe molto tempo. D’altra parte, non è proprio l’ora. Ma che un ordinamento regionale basato su una sola provincia possa essere cosa opportuna e fattibile, io assolutamente nego.

BOZZI. Sono funzioni diverse quelle della provincia.

AMBROSINI. È indubbio, onorevole Bozzi. Quando l’Assemblea ha approvato il mantenimento della provincia come ente autarchico, ha certamente voluto non solo conservarle quelle funzioni molto ristrette che ha oggi, ma ha creduto di segnare un indirizzo, per cui la provincia dovesse essere potenziata. Ciò nondimeno, noi non dobbiamo dimenticare che vi sono per ogni Regione assemblee rappresentative, uffici inerenti a queste assemblee e uffici degli enti.

Ora, tutto naturalmente può farsi: ma dalla complicazione di tutti questi organismi, è evidente che non potrebbe mai derivare un bene per le popolazioni.

Una voce a sinistra. E poi sempre sei senatori come per la Lombardia!

AMBROSINI. Questa è un’altra questione. Gli egregi colleghi sanno che io non ero favorevole ad attribuire alle varie Regioni un numero fisso ed eguale, anche minimo, di rappresentanti nel Senato, perché tale sistema richiamava quello federale. Ma non posso negare che ha una sua logica. Ma non dobbiamo adesso occuparci di questo argomento.

Vado alla conclusione: mi rendo perfettamente conto delle aspirazioni e dell’ansia, dello slancio accorato di parecchi onorevoli colleghi; però ritengo che, salvo a rimettere in discussione tutto il problema, al punto in cui siamo, noi non potremmo che accedere a quella che è la via segnata nell’ordine del giorno Targetti. E nel finire, tornando al Molise, debbo dire che ce ne siamo preoccupati nei vari stadi di elaborazione del progetto ed anche ora. Ed in proposito, all’egregio onorevole Colitto, che tanto aspra parola ha voluto lanciare contro il Gruppo al quale appartengo – quasi minacciando di metterlo alla gogna davanti alle popolazioni del Molise – io debbo aggiungere questo: che il Gruppo della Democrazia cristiana si è tanto preoccupato della situazione del Molise da arrivare a proporre l’articolo aggiuntivo, in virtù del quale sarà possibile al Molise di chiedere la modificazione della situazione attuale «anche senza il concorso delle condizioni di cui all’articolo 125» del progetto di Costituzione.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare sul mio emendamento. (Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, onorevoli colleghi.

Onorevole Codacci Pisanelli, quando abbiamo incominciato questo esame dell’ordine del giorno dell’onorevole Targetti, mi sono permesso di mettere in evidenza che, degli emendamenti presentati, alcuni evidentemente non potevano essere presi in considerazione. E lei sa che il Regolamento dà una certa facoltà a questo proposito al Presidente del l’Assemblea.

Credo che lei stesso sia d’accordo con me quando io dico che il suo emendamento di fatto viene a contraddire all’affermazione contenuta nell’ordine del giorno Targetti. Non è pertanto un emendamento all’ordine del giorno Targetti; è un’altra proposta.

Io vorrei che si riconoscesse la ragionevolezza di queste mie osservazioni e che l’Assemblea stessa, o anche direttamente gli interessati mi evitassero l’obbligo spiacevole di dover io, con la mia autorità, impedire ad un collega di sostenere la presa in considerazione di una proposta inammissibile.

Ad ogni modo le do la facoltà di parlare, onorevole Codacci Pisanelli.

CODACCI PISANELLI. Mi rimetto completamente alla sua decisione; volevo soltanto precisare che non ritenevo si trattasse di un emendamento in contradizione con l’ordine del giorno Targetti, in quanto penso sarei riuscito a dimostrare che il Salento deve essere considerato fra le Regioni storiche italiane. Comunque mi rimetto a lei, non disturberò più oltre l’Assemblea, specialmente quando di fronte ad un problema grave come l’attuale, nonostante la correttezza e la dignità dell’atteggiamento sempre da me tenuto, noto segni di intolleranza nei miei riguardi. (Commenti).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’ordine del giorno Targetti e degli emendamenti che sono stati presentati.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Dichiaro che voterò a favore dell’emendamento, malgrado i chiarimenti forniti in contrario, con onesta parola, dal Relatore onorevole Ambrosini, perché la mia determinazione di votare in tal senso dipende da uno stato d’animo e da una convinzione.

Lo stato d’animo è di sorpresa. Tutte le elaborazioni della Commissione su questo argomento sono come «collaudate» dalle informazioni contenute in un foglietto che, per quanto anonimo, deve essere considerato ufficiale, in quanto redatto e pubblicato a cura della stessa Commissione, nel quale si legge: «Concludendo, delle nuove Regioni proposte, il solo Molise ha riscosso l’approvazione quasi generale degli Enti interpellati». Ebbene, malgrado questa constatazione, il Molise è scomparso dalle Regioni elencate nel precedente testo della Commissione.

La convinzione è questa: che, dal nuovo ordinamento che si è voluto dare allo Stato italiano, deriva necessariamente il rispetto delle Regioni storico-tradizionali. Io non voglio quindi girare intorno all’argomento opposto da un uomo politico dell’autorità dell’onorevole Piccioni e da un giurista del valore dell’onorevole Ambrosini: che il Molise ha una sola provincia. Ma secondo me le provincie non hanno niente a che fare con la struttura fondamentale dello Stato. Se c’è una provincia estesa come quella di Campobasso che raggruppa oltre 140 comuni, essa può essere modificata in avvenire e divisa in due o tre provincie (c’è già una proposta per la zona di Isernia). Viceversa io credo che l’Assemblea debba in tutta serietà considerare che il Molise ha una estensione quasi uguale a quella della Liguria ed una popolazione quasi uguale a quella dell’Umbria e della Basilicata..

Non è quindi contemplando l’esistenza di una sola provincia che possiamo risolvere il problema, ma guardando al carattere storico-tradizionale delle Regioni ed alle reali esigenze delle popolazioni. E pongo termine alla mia dichiarazione con la preghiera, rivolta soprattutto ai partiti che ritengono di avere una rappresentanza de jure di tutti i lavoratori, di tener presente che i lavoratori molisani, gente semplice e povera, saranno costretti a far capo alla lontana Aquila, come capoluogo di Regione, il giorno in cui il Molise venisse aggregato agli Abruzzi.

SPALLICCI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPALLICCI. Io dichiaro che voterò in favore dell’ordine del giorno dell’onorevole Targetti, sia pure con qualche riserva. Accolgo l’invocazione del Relatore, onorevole Ambrosini, di non gettarci nel groviglio delle discussioni, che potrebbero essere di una difficoltà inaudita, sulle divisioni e suddivisioni delle circoscrizioni regionali. Io comprendo che l’Assemblea non ha nessuna intenzione di trasformare quest’Aula in una fiera di vanità municipali. Credo che ognuno abbia amore alla piccola Patria regionale contemperato coll’amore per la grande Patria italiana. Quindi rinunzio anche a quell’emendamento che avevo presentato per la mia Regione romagnola che volevo creare autonoma, divisa dal resto dell’Emilia. (Commenti). Non condivido il criterio dell’onorevole Targetti che parla delle Regioni «storico-tradizionali di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche» per quanto la Romagna possa anche considerarsi, sia dal lato storico, sia dal lato geografico, rientrante anche in questo ordine di idee. Ma dico soprattutto, in omaggio a quello che stabilisce l’articolo 125, che creazioni di Regioni nuove possono essere fatte indipendentemente da queste «pubblicazioni ufficiali statistiche», e non c’è bisogno di riferirsi a queste, quando le popolazioni interessate vogliano fondere vecchie Regioni o crearne di nuove.

Ad ogni modo, ripeto, rinunzio al mio emendamento, però desidero che rimanga agli atti questo desiderio che è espresso, sia pure in linea molto subordinata, cioè del riconoscimento in avvenire di una Regione autonoma romagnola che comprenda realmente la vera Romagna, non la Romagna delle quattro legazioni pontificie – Ferrara, Bologna, Forlì, Ravenna – ma la vera Romagna, che comprenda due Provincie, Forlì e Ravenna con la costituenda di Rimini e il circondario di Imola, come ci dà la possibilità di sperare l’emendamento Mortati.

LUSSU. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Ho la convinzione che possiamo votare l’ordine del giorno Targetti con l’emendamento Camposarcuno. E credo che questo possa essere consentito, di modo che quelli che si trovano nella mia situazione possano votare senza equivoci. Desidererei pregare i firmatari dell’ordine del giorno Colitto perché rinunzino al loro emendamento di soppressione delle «pubblicazioni ufficiali statistiche», perché si potrebbe discutere all’infinito per sapere se il Molise sia storico o no, mentre è molto più chiaro l’emendamento aggiuntivo Camposarcuno. Debbo dire che io voto con tranquilla coscienza questo ordine del giorno più l’emendamento aggiuntivo Camposarcuno, nonostante le dichiarazioni del collega onorevole Ambrosini. E debbo dire che le sue dichiarazioni, contrariamente alle sue abitudini, al suo temperamento, e al suo passato, mancano di un certo coraggio. Egli ha chiesto in sostanza: come faccio io a votare per il Molise, della cui autonomia regionale sono convinto? Dovrei anche votare per le altre Regioni.

AMBROSINI. No.

LUSSU. Allora, per gentilezza, segua il mio esempio che è molto chiaro. Io voto per il Molise, perché mi pare che, costituito l’ente Regione in Italia, sia ingiusto che noi condanniamo il Molise a pendere dall’Aquila; e non voterò per le altre nuove Regioni, per le quali mi rimetto al futuro Parlamento. Ma per il Molise è indispensabile provvedere immediatamente; per le altre no. E debbo aggiungere, perché vorrei che ai colleghi non sorgesse nessun sospetto: il collega Colitto ha parlato di personalità che hanno visitato il Molise: io non sono una personalità. Comunque io non sono mai andato dalla guerra in poi nel Molise perché non volevo, in nessuna forma, farmi, sia pure minimamente, commuovere o inebriare, fra le altre cose, dal vino locale, ché è eccellente. Parlo quindi in modo assolutamente obiettivo.

Poi mi permetto dirle, onorevole collega Ambrosini, che la storia della provincia non regge un solo minuto in piedi. Il Molise non potrebbe costituirsi in Regione perché è provincia unica? Ma è l’ideale. Avere una Regione che è provincia unica è l’ideale. Ma, se proprio si volesse, nel Molise si potrebbero costituire due provincie e persino tre! Comunque, io dico che una provincia unica regge magnificamente come Regione. Le disposizioni transitorie potrebbero agevolmente regolare la questione.

SERENI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERENI. Mi associo a quanto ha detto or ora l’onorevole Lussu. Insieme con un gruppo di deputati comunisti del Mezzogiorno voterò l’emendamento Colitto. Precisiamo che intendiamo dare al nostro voto all’emendamento Colitto un significato esclusivo per quanto concerne il Molise.

FIORITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIORITTO. È chiaro che se viene approvato l’ordine del giorno Targetti, saltano via tutti gli emendamenti e tutte le proposte di aggiunta di nuove Regioni. Io sono fra i proponenti della Regione Daunia e credevo che si sarebbe arrivati alla discussione del perfezionamento di questa polverizzazione dell’Italia in varie Regioni. Ora non entro più nel merito. In un momento in cui l’Assemblea è commossa dalle parole degli onorevoli Colitto, Lussu e Sereni, in favore del Molise, non voglio profittare della commozione e spezzare una lancia per questa suddivisione. Ho preso la parola soltanto per dichiarare che voto l’ordine del giorno Targetti con una riserva sulla frase che accenna alle Regioni storico-tradizionali, poiché questo ordine del giorno ha un carattere provvisorio: quando noi affermiamo in esso che le Regioni provvisoriamente saranno divise in quel modo come sono state divise nell’ultimo elenco della Commissione per ragioni storiche e tradizionali, noi veniamo a pregiudicare quella che sarà l’azione legislativa futura, poiché avremo già affermato un carattere storico tradizionale, ed io devo richiamare l’attenzione dei colleghi, che hanno presentato emendamenti per la creazione di altre Regioni, sull’impegno che essi prendono sottoscrivendo senza riserve la frase «storico-tradizionale». Epperò, con questa esplicita riserva, posso votare l’ordine del giorno Targetti.

CAMANGI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMANGI. Il Gruppo repubblicano voterà l’emendamento del collega Colitto, intendendo con questo stabilire che fra le Regioni storico-tradizionali il Gruppo riconosce il Molise.

GHIDINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GHIDINI. L’onorevole Ambrosini è stato facilmente profeta quando ha osservato che, accogliendosi l’emendamento Colitto per quanto si riferisce al Molise, si suscitavano le questioni che si riferiscono alle altre circoscrizioni delle quali hanno parlato, anche poco fa, i colleghi: la Romagna, il Salento, la Daunia ecc. Per mio conto ritengo che il dilemma sia questo: o noi accettiamo il nuovo testo proposto dal Comitato di coordinamento, il quale contiene l’elencazione di queste Regioni – siano poi Regioni le quali siano tali per ragioni economiche, storiche o geografiche, questo non m’importa – oppure accettiamo la nuova formulazione fatta dal Comitato di redazione. Non c’è altro. Per mio conto, se voto l’ordine del giorno Targetti, lo voto in quanto si voti anche l’emendamento Mortati; perché anche la Regione Emiliano-Lunense può vantare ragioni non soltanto di carattere economico ma anche di carattere storico veramente imponenti. Non so se l’Assemblea conosca queste ragioni; ma se dovessimo entrare nel merito sarebbe agevole esporre le ragioni di carattere economico e storico che militano a favore della Emiliano-Lunense. Non mi trattengo sull’argomento e mi riservo di farlo in altra occasione. Meglio lo potranno far altri. Intendo pertanto che questa istanza sia implicita nell’ordine del giorno Mortati. Ma se oggi fosse votato l’emendamento a favore del Molise, dovrebbero tornare alla ribalta anche le questioni che riguardano il Salento, la Daunia, e l’Emiliano-Lunense.

Voterò, con questa riserva e con questo chiarimento, l’ordine del giorno Targetti-Lami Starnuti la cui ragione fondamentale penso sia questa: che oggi non possiamo non votare le circoscrizioni regionali, in quanto sono il presupposto e il fondamento di altri istituti già consacrati nella Costituzione.

AMBROSINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI. Due parole per fatto personale. L’onorevole Lussu ha detto che la mia determinazione sarebbe stata determinata da debolezza e quasi da mancanza di coraggio. No, assolutamente no. Se sono conciliante, non è per debolezza, ma per temperamento di conciliazione; e divento fermo e non cedo quando così mi detta la coscienza. Di questa fermezza e di questo coraggio credo di aver dato prova anche oggi, assumendo la responsabilità di un’adesione all’ordine del giorno Targetti, al quale pure ero stato estraneo, e più ancora assumendone la difesa, pur sapendo le opposizioni ed i risentimenti, infondati e ingiusti, ma sempre risentimenti che avrei suscitato.

CAMPOSARCUNO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMPOSARCUNO. Onorevoli colleghi, vi chiedo pochi minuti di benevola attenzione, perché il problema, che si sta agitando in questo momento, non interessa un Partito, ma un’intera nobilissima Regione, che attende il responso della nostra Assemblea.

Il Molise, onorevoli colleghi, non è una delle Regioni nate di recente, ma affonda le sue origini nei millenni (Interruzioni).

PRESIDENTE. Onorevole Camposarcuno, tenga presente che, quando numerosi deputati firmano la stessa proposta, è implicito che v’è delega ad uno di svolgerla: e l’emendamento di cui lei parla è stato già svolto. Si limiti a una dichiarazione di voto.

CAMPOSARCUNO. Fra le Regioni storiche vi è anche il Molise, che vuole essere distaccato dagli Abruzzi. (Interruzioni a sinistra,). Questa sua volontà è stata dimostrata in ogni tempo e in diverse circostanze; le enumero solamente, senza commento.

Quando nelle elezioni politiche del 1921 (Interruzioni à sinistra) si creò il collegio elettorale Avellino-Benevento-Campobasso, il senso di ribellione dei molisani fu così vivo, che i candidati di tutti i partiti si rifiutarono di far parte delle proprie liste nella circoscrizione e si presentarono in unica lista regionale contraddistinta dallo stemma del Molise. Non valsero a farli recedere da tale decisione lusinghe e disciplina di partito. La volontà popolare ebbe accenti di disperazione che non fu possibile contenere. Nel 1922 (Interruzioni a sinistra) vi fu il primo congresso regionale molisano svoltosi a Campobasso. Il grido di dolore del Molise per la sua umiliante situazione fu di una solennità austera. Fra gli altri problemi fu dibattuto quello della Regione; si riconobbe avere il Molise i caratteri geografici, storici, economici, sociali e spirituali per costituire Regione a sé stante; si rilevò che il Molise si trovava in una condizione ibrida e svantaggiosa; si affermò solennemente la necessità del Molise Regione e si invocò dal Governo il riconoscimento di tale diritto, a torto misconosciuto. (Commenti a sinistra).

Durante il regime fascista non fu possibile parlare di autonomia regionale: ma appena riapparvero i primi segni di libertà, dopo la dittatura e la violenza, il Molise tornò alla sua battaglia con inesausto vigore.

Il primo Comitato molisano di liberazione, in occasione della formazione della Consulta Nazionale, alla unanimità, rivendicò per il Molise il diritto di essere riconosciuto Regione.

In vista del nuovo ordinamento statale, il problema si è reso ancora più vivo. Nel 1945 la Deputazione provinciale del Molise rivendicò ancora una volta il diritto antico di avere il riconoscimento regionale. Un riconoscimento aveva dato anche il fascismo, perché quando furono creati regionalmente i Provveditorati agli studi, il Ministro della pubblica istruzione istituì il Provveditorato agli studi del Molise con sede in Campobasso.

Di recente il Ministro per l’industria e il commercio, creando delle sottocommissioni regionali per l’Italia meridionale, ne ha istituito una nel Molise, con sede in Campobasso.

Il Ministro dell’assistenza post-bellica, istituendo i suoi organi regionali in tutta l’Italia, ha riconosciuto il Molise come Regione, creando un ufficio regionale in Campobasso.

Oggi vi è il Comitato di agitazione «Pro Molise» che, interpretando l’unanime volontà dei molisani amanti della propria terra, ha lanciato ancora una volta l’allarme per la realizzazione dell’antico sogno di tutti i molisani. Nel novembre del 1946, in occasione del secondo Congresso regionale svoltosi in Campobasso, furono presenti i rappresentanti di tutti i Comuni, di tutti gli enti, dei sindacati, della Camera del lavoro, dei partiti, della cultura. Ancora una volta la realtà s’impose e la necessità del riconoscimento regionale, data la impossibilità di unire il Molise alle altre provincie confinanti (Foggia, Benevento, Caserta) per diversità di aspirazioni, di storia, di tradizioni, di costumi, di linguaggio, apparve imperiosa e indilazionabile. L’ordine del giorno che chiuse i lavori del Congresso ne fu la dimostrazione più luminosa ed inequivocabile.

Alla Commissione dei Settantacinque ed alla seconda Sottocommissione dell’Assemblea Costituente sono state illustrate le ragioni che vanta il Molise per il suo riconoscimento regionale. Ed il Molise è stato proposto quale Regione a sé stante.

La risoluzione del problema è per il Molise di una urgenza indilazionabile. Sono perciò assai perplesso e sorpreso, dopo tutti questi precedenti, delle tendenze manifestate da diverse parti dell’Assemblea di rinviare l’esame della questione molisana.

Io elevo qui il grido di dolore della mia gente che attende di essere liberata da una situazione umiliante.

Io mi inchinerò innanzi alle decisioni dell’Assemblea, ma riaffermo ancora una volta il diritto del Molise di essere riconosciuto Regione a sé stante.

E dico, ad alta voce, che i molisani non desisteranno dalla loro santa lotta sino a quando non sarà resa ad essi giustizia. È questo un solenne giuramento che faccio innanzi agli uomini e innanzi a Dio.

Deve essere riparato l’errore commesso con la unità d’Italia, quando, per la impreparazione e la incomprensione delle classi dirigenti del tempo, si unì «ufficialmente e statisticamente» il Molise agli Abruzzi. Fu un errore funesto perché fra gli Abruzzi e il Molise non vi è stata, né vi poteva essere, alcuna opera comune, essendo diversi i bisogni, gli interessi, le usanze, le tradizioni delle due Regioni. Sono differenti le condizioni dell’agricoltura, dell’industria, della viabilità, dell’ordinamento giudiziario.

La stessa denominazione dell’attuale artificiosa circoscrizione – Abruzzi e Molise – dimostra chiaramente che di due Regioni se ne è fatta, con arbitrio inqualificabile, una sola.

Poche e malagevoli sono le strade di comunicazione fra gli Abruzzi e il Molise; difficili, anche nella stagione buona, i rapporti con l’Aquila; per giungervi da Campobasso occorrono giornate intere di viaggio; nei mesi invernali, le comunicazioni sono assolutamente interrotte. Praticamente le due Regioni sono state sempre divise, con completa autonomia di azione, con disagio e danno infinito, particolarmente del Molise.

Tale situazione dolorosa deve cessare ad opera dell’Assemblea Costituente.

Invoco giustizia, nell’assoluta e ferma convinzione e certezza di interpretare il pensiero unanime di tutta la gente molisana.

Consentite, infine, onorevoli colleghi, che vi chieda di non commettere un altro errore che porterebbe a conseguenze illogiche. Se il Molise non fosse riconosciuto come Regione a sé stante, verrebbe a trovarsi in una delle condizioni più inverosimili. Rimanendo nello stato attuale, dovrebbe procedere alla elezione del Senato con gli Abruzzi e all’elezione della Camera legislativa con Benevento. (Rumori a sinistra).

DE CARO RAFFAELE. Con quattrocentomila abitanti ha sei senatori!

CAMPOSARCUNO. Io vi chiedo che il Molise sia effettivamente riconosciuto Regione a sé stante, anche se le altre questioni regionali debbono essere, in questo momento, rinviate.

È questo un atto di giustizia e di equità: è, soprattutto, una verità che l’Assemblea Costituente, sono sicuro, riconoscerà con la sua votazione. (Applausi).

LOPARDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LOPARDI. Nato in Abruzzo, vissuto sempre in Abruzzo, oso affermare con tutta coscienza, che nella mia esperienza di cittadino, di amministratore, di professionista e di uomo politico, ho sempre constatato la totale estraneità della vita del Molise dalla vita dell’Abruzzo, per sentimenti, affetti ed interessi. Tutte le amministrazioni pubbliche dell’Abruzzo, tutte le deputazioni provinciali e tutte le maggiori municipalità della mia terra hanno espresso voto favorevole alla costituzione in Regione autonoma del Molise. Per queste ragioni, tenendo presente i sentimenti che animano la mia terra, dichiaro che voterò a favore dell’emendamento in discussione.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni sull’ordine del giorno dell’onorevole Targetti di cui do lettura:

«L’Assemblea Costituente delibera che, salva la procedura per istituire nuove Regioni, siano nell’articolo 123 costituite le Regioni storico-tradizionali, di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche».

Pongo in votazione la prima parte: «L’Assemblea Costituente delibera che, salva la procedura per istituire nuove Regioni, siano nell’articolo 123 costituite le Regioni storico-tradizionali».

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Rivera di aggiungere la parola «antifascismo».

(Non è approvata),

Passiamo ora all’ultima parte del testo dell’ordine del giorno Targetti del quale è stata chiesta la soppressione dagli onorevoli Colitto, Morelli Renato e altri: «di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche».

Su questa ultima parte dell’ordine del giorno Targetti vi è una richiesta di votazione a scrutinio segreto, presentata dagli onorevoli Moro e altri.

LUSSU. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Chiedo un chiarimento sul preciso significato della votazione. L’eventuale accoglimento dell’emendamento Colitto significa costituzione della Regione Molise, sì o no? Bisogna dirlo, altrimenti discuteremo, dopo, delle ore per l’interpretazione di questo punto. Io preferirei che i firmatari dell’emendamento Colitto si associassero all’emendamento Camposarcuno, che è chiaro.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. In tanto non mi sono associato all’emendamento Camposarcuno inquanto ho avuto l’impressione che il signor Presidente non intendesse mettere in votazione quegli emendamenti aggiuntivi. Se invece l’emendamento Camposarcuno viene messo in votazione, io non trovo difficoltà ad associarmi.

PRESIDENTE. A me pare che chi è più in condizione di poterci dare l’esatto significato della eventuale soppressione di queste parole, siano i colleghi i quali hanno redatto l’ordine del giorno Targetti. Non è evidentemente dall’interpretazione che si dà alla proposta di soppressione di queste parole che si potrà sapere che cosa vuole significare la formulazione da votare.

Ha pertanto facoltà di parlare l’onorevole Lami Starnuti, che ha svolto l’ordine del giorno.

LAMI STARNUTI. Avevo già dichiarato, svolgendo l’ordine del giorno, che intendevamo aderire al nuovo testo del Comitato di redazione e che per Regioni storiche noi intendevamo esattamente, e solamente, quelle indicate nel nuovo testo della Commissione. Aggiungo che noi non accettiamo né l’emendamento dell’onorevole Colitto, né quello dell’onorevole Camposarcuno.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ritengo che si possa risolvere il quesito procedendo in questo modo: votando adesso la soppressione delle ultime parole dell’ordine del giorno e poi i due emendamenti che ho dichiarato non strettamente pertinenti. Ma, poiché, forse, senza quella votazione potrebbe restare un equivoco sul significato della decisione dell’Assemblea, metterò in votazione, successivamente, le due proposte che si riferiscono appunto l’una alla inclusione eventuale fra le Regioni storico-tradizionali dell’Abruzzo l’altra, per equità, del Molise e del Salento.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Faccio presente all’Assemblea che, con le parole che si vorrebbe sopprimere, si è stabilito un principio che sarebbe molto pericoloso modificare; perché, se torniamo alle Regioni tradizionali senza la specificazione che si tratta delle Regioni come ora sono costituite, alcune di esse – ad esempio il Lazio – verrebbero profondamente modificate; la provincia di Rieti non è tradizionalmente nel Lazio (è stata aggiunta dopo); la provincia di Latina comprende ora anche Formia, che non faceva parte del Lazio, il cui confine storico è subito dopo Terracina.

Noi, con la soppressione dell’ultima parte dell’articolo proposto, veniamo a modificare la struttura di alcune Provincie e di alcune Regioni. Non è senza ragione che si è fatto quel richiamo alle Provincie quali risultano delle statistiche ufficiali.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. La soppressione dell’ultima parte dell’ordine del giorno Targetti-Lami Starnuti equivale all’annullamento dell’ordine del giorno stesso. Io ho cercato di comprendere le conseguenze che ne deriverebbero: la proposta è tale da annullare completamente il valore dell’ordine del giorno Targetti-Lami Starnuti. Io penso che se si intendeva puramente e semplicemente annullare il valore di tale ordine del giorno, bastava votare contro di esso: non c’era nessuna ragione per adottare questa forma complicata. Ma io credo che invece c’è in questa Assemblea un certo numero di colleghi che, pur condividendo integralmente l’ordine del giorno Targetti-Lami Starnuti, vuole però stabilire determinate eccezioni per l’una o per l’altra Regione. Ed allora noi dobbiamo semplificare la votazione in questo modo: dobbiamo o votare prima sulle eccezioni eventuali, oppure sull’ordine del giorno dell’onorevole Targetti, riservandoci di votare poi sulle eccezioni eventuali.

In ogni caso, quindi, bisognerebbe escludere la votazione sull’emendamento Colitto.

Se il Presidente concede questa riserva, e cioè concede la riserva di votare le eccezioni eventuali dopo la votazione dell’ordine del giorno Targetti, credo che l’onorevole Colitto possa tranquillamente ritirare la sua proposta.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Dati i chiarimenti offerti dal signor Presidente, penso che sia inutile una votazione sull’emendamento da me presentato.

Io dichiaro formalmente di ritirarlo, se, come ha detto il signor Presidente, sarà posto in votazione l’emendamento aggiuntivo. Allora su questo l’Assemblea potrà votare.

Io rinunzio, quindi, alla mia proposta.

GRONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRONCHI. A me pare che se noi votiamo l’intero testo dell’ordine del giorno Lami Starnuti, col riferimento finale, non sia possibile votare successivamente una eccezione a questo criterio, ove fosse stabilito.

Altrimenti, dovremmo concludere che quell’ultima frase dell’ordine del giorno a cui i presentatori hanno dato uno specifico significato sia, invece, priva di ogni valore effettivo.

Evidentemente, una votazione chiara avverrebbe – secondo il nostro modestissimo avviso – in questi termini: o si vota l’intera dizione dell’ordine del giorno Lami, e allora risultandone che oggi, costituzionalmente, le Regioni non sono altre che quelle comprese nell’articolo 123 del nuovo testo della Commissione, coloro i quali intendono apportare aggiunte per il Molise o per altre Regioni, voteranno contro. Fra parentesi, il nostro pensiero in questa materia è che non si può pensare di sollevare la questione per una sola Regione. Amico Lussu, lei sentirà il nostro amico Micheli battersi sul suo stesso terreno, sostenendo che le stesse ed equivalenti ragioni obiettive che esistono per il Molise ci sono anche per la sua Regione (Interruzioni dei deputati Colitto e Lussu). E così altri colleghi: poiché è innegabile che in questa discussione non manca neppure un «pathos» rispettabile che anima e riscalda le parole dei difensori delle nuove Regioni, quasi che esse gemessero sotto i ceppi di una straniera altra nazione che le angaria. Chiudo la parentesi ed accenno all’altro termine: la votazione sarà pure chiara qualora sia mantenuta divisa l’ultima parte del collega Lami Starnuti. Infatti chi voterà per la soppressione di questa ultima parte potrà riservarsi di proporre in sede dell’articolo 123 e il Molise e il Sannio e la Daunia e altre novissime Regioni; mentre chi voterà contro la soppressione è evidente, invece, che intende non aggiungere altre Regioni in confronto a quelle tradizionali. Noi siamo, quindi, per il mantenimento della votazione per divisione sull’ultima parte dell’ordine del giorno Lami Starnuti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché l’onorevole Colitto ha dichiarato di ritirare il suo emendamento soppressivo dell’ultima parte del testo dell’ordine del giorno Targetti, chiedo ai presentatori della richiesta di votazione a scrutinio segreto se la mantengono.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Vorrei capire il senso del ritiro di questo emendamento da parte dell’onorevole Colitto.

Credo che il collega Gronchi sia stato molto chiaro. Il senso dell’ordine del giorno è questo; votandolo integralmente, intendiamo precludere la via al riconoscimento di nuove Regioni, almeno in questo momento. È evidente che noi diamo questo senso alla votazione. Vorremmo sapere se, dopo avere votato in questo senso, qualora l’articolo fosse approvato, taluno possa venire a chiedere il riconoscimento di altre Regioni. Vorrei sapere cioè qual è il senso che, accanto alla interpretazione che diamo noi, conferiscono gli altri colleghi a questa votazione.

MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORELLI RENATO. Non condivido la opinione espressa dall’onorevole Gronchi: il richiamo alle statistiche si riferisce agli Abruzzi e al Molise considerati come una sola Regione.

Chiedo quindi che si proponga all’Assemblea una votazione che riguardi il distacco del Molise dagli Abruzzi, che del resto è propugnato dagli stessi abruzzesi.

Soltanto a questa condizione noi potremmo ritirare l’emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Colitto e all’onorevole Morelli se, di fronte alle dichiarazioni dell’onorevole Gronchi e dell’onorevole Moro a tenore delle quali questa votazione, se positiva, avrà un carattere preclusivo, intendono mantenere la loro dichiarazione di rinunzia all’emendamento soppressivo, o se abbiano invece mutato il loro atteggiamento.

COLITTO. Evidentemente lo abbiamo mutato, onorevole Presidente; insistiamo sul nostro emendamento.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Abbiano la bontà i colleghi della Democrazia cristiana di voler permettere che si chiarisca il più possibile la votazione.

L’onorevole Gronchi dice: chi vota per l’ordine del giorno Targetti vuole implicitamente che si escluda qualsiasi emendamento aggiuntivo. Ora, sotto questo riguardo, io debbo dichiarare che vi sono in quest’Aula parecchi colleghi, ed io sono fra questi, che non condividono il pensiero ufficiale della Democrazia cristiana. (Commenti al centro).

Qual è il problema infatti? Il problema è questo: di fronte a questa questione delle nuove Regioni, la Democrazia cristiana si trova in una situazione diversa da quella in cui si trovano molti fra noi, in quanto essa è obbligata a sostenerle tutte o ad avversarle tutte. Noi no. Molti fra noi intendono votare sì per il Molise e la sospensiva per le altre.

La Democrazia cristiana è obbligata a sostenere tutte queste Regioni, oppure a non sostenerne nessuna. Invece in quest’Aula vi sono, io credo, più che parecchi, molti, i quali votano «sì» per il Molise – perché la situazione del Molise è particolare (e non insisto) – e votano «no» per la Daunia, o che so io. Sia allora consentito a questi colleghi di esprimersi secondo la loro coscienza; il problema non si può eludere. Trovi il Presidente il modo di votare: o prima il Molise, o dopo; ma non precluda, per chi vota l’ordine del giorno Targetti, la possibilità di altre votazioni. Perché io ed altri intendiamo votare quell’ordine del giorno, ma intendiamo di avere anche il diritto di votare per altre Regioni. (Applausi a destra).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei dire una parola, perché credo di essere io responsabile della discussione. La frase «secondo le pubblicazioni ufficiali statistiche» l’ho suggerita proprio io (Commenti a sinistra), perché intendevo riferirmi ad un dato di fatto: quando noi diciamo «Piemonte», non v’è niente nella legislazione italiana che definisca il Piemonte; ed allora ho pensato che per definire il Piemonte occorra riferirsi a quello che si chiama «Piemonte» nelle «pubblicazioni ufficiali statistiche». Credo poi che vi sia la possibilità di mantenere intatto l’ordine del giorno Targetti, senza compromettere, come afferma il collega Gronchi, il problema del Molise, perché in tutte le statistiche voi trovate «Abruzzi», «Molise», «Abruzzi e Molise», in maniera che quando noi abbiamo votato «Regioni secondo le indicazioni ufficiali statistiche», non ci siamo per nulla vincolati a fare degli Abruzzi e del Molise una sola Regione, perché in sede di elencazione delle Regioni, prevista dal nuovo testo del Comitato di coordinamento, quando arriveremo agli Abruzzi e Molise, potremo votare se queste Regioni statisticamente si debbano considerare come una o come due regioni.

Non mi pare perciò il caso di togliere il periodo che l’amico Colitto vorrebbe levare, perché altrimenti non avremmo nessuna definizione delle Regioni a cui riferirsi. Potremo rimandare la questione del Molise al risultato di una votazione separata.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Sono costretto a riprendere la parola, perché queste varie e diverse interpretazioni rendono sempre più difficile il capire che cosa votiamo.

Ora, è autorevolissima l’opinione dell’onorevole Corbino relativa a questa inclusione negli annuari statistici del Molise, ma mi pare che ciò sia in contraddizione con l’interpretazione ufficiale che l’onorevole Lami Starnuti ha dato al suo ordine del giorno.

Mi perdoni l’Assemblea, ma per evitare contestazioni successive alla votazione, pregherei i presentatori dell’ordine del giorno di chiarire univocamente che cosa intendono con l’espressione che stiamo per votare.

PRESIDENTE. Onorevole Moro, i presentatori dell’ordine del giorno hanno già, a più riprese, chiarito il loro pensiero.

MORO. Mi permetta: v’è una domanda dell’onorevole Lussu e v’è anche una interpretazione dell’onorevole Corbino. Credo che sia legittimo sapere quale significato dà la Presidenza a questa votazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Corbino non è presentatore dell’ordine del giorno e pertanto ciò che egli ha detto, lo ha detto a titolo di informazione. Ma l’onorevole Lami Starnuti, che è firmatario e che ha svolto l’ordine del giorno, ha detto all’Assemblea in qual modo interpreta il suo ordine del giorno.

PICCIONI. Quindi è preclusivo di altri emendamenti, nel caso che sia accettato, compreso quello dell’onorevole Colitto. Altrimenti facciamo delle votazioni superflue.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Se questo può tranquillizzare maggiormente gli onorevoli Moro e Piccioni, io aggiungo la mia voce a quella dell’onorevole Lami Starnuti, come altro firmatario dell’ordine del giorno, per precisare che l’integrale votazione dell’ordine del giorno è indubbiamente preclusiva di qualsiasi altra votazione.

PRESIDENTE. Dopo queste precise dichiarazioni, possiamo passare alla votazione: coloro che ritengono che, oltre alle Regioni elencate nel nuovo testo dell’articolo 123 presentato dalla Commissione, devono esserne aggiunte altre, ad esempio il Molise come sostenuto da alcuni, tengano conto che, votando il testo integrale dell’ordine del giorno Targetti, rendono poi impossibile la realizzazione di questo loro desiderio. È evidente che, chi vuol lasciare la via aperta a queste inclusioni, data l’interpretazione dell’ordine del giorno Targetti, dovrebbe votare contro.

LUSSU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Questa volta, onorevole Lussu, le chiedo venia, ma ormai la questione è chiarita e non posso più dare la parola a nessuno. (Approvazioni).

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Passiamo, pertanto, alla votazione dell’ultima parte dell’ordine del giorno Targetti: «di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche», per la quale, come si ricorda, è stato chiesto lo scrutinio segreto.

Avverto che, coloro i quali sono favorevoli all’emendamento soppressivo proposto dall’onorevole Colitto, voteranno contro.

Indico la votazione segreta.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Interrogazioni e interpellanze con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico, intanto, che sono pervenute alla Presidenza le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, sulla opportunità di agevolare il passaggio ai consorzi degli ortofrutticoltori e alla loro Associazione delle attrezzature strumentali del cessato ente, perché siano sollecitamente messe in piena attività, nell’interesse dei relativi servizi e ai fini di utilità generale.

«Canevari».

«Al Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga assolutamente indispensabile prorogare di almeno un mese il termine per la presentazione delle denunce riguardanti la imposta straordinaria sul patrimonio, in quanto la legge relativa è stata pubblicata soltanto in data 25 ottobre 1947 in un supplemento della Gazzetta Ufficiale, non ancora noto, né a Roma, né tanto meno nelle province, ed in quanto mancano le istruzioni ministeriali necessarie per rendere possibile in pratica la presentazione delle denunce.

«Persico».

«Al Ministro delle finanze, perché dica se non creda opportuna una ulteriore, definitiva e congrua proroga del termine per la presentazione delle denunzie ai fini della imposta straordinaria sul patrimonio, atteso che il decreto 11 ottobre 1947, n. 1131, contenente le disposizioni relative all’imposta stessa, è stato pubblicato soltanto il 25 corrente in apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale.

«Perrone Capano».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri degli affari esteri e della difesa, per conoscere se intendano avviare o se già abbiano avviate iniziative per il rimpatrio delle salme di caduti italiani sepolti in territorio estero; e, in caso affermativo, quali provvedimenti si intenda adottare per sopperire alle spese inerenti alla traslazione delle salme stesse o, almeno, per aiutare economicamente quelle famiglie di caduti che intendessero affrontare l’onere relativo.

«Geuna, Giacchero».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell’agricoltura e foreste e del tesoro, per sapere se non intendano – visto l’articolo 6 del decreto legislativo 1° luglio 1946, n. 31 (Lex 1946, p. 904) e visto il decreto ministeriale 3 luglio 1947 (Lex 1947, p. 1307, n. 27) – decretare che il contributo da erogarsi a favore delle aziende agricole, che hanno subito danni di guerra, non venga limitato – come stabilisce l’articolo unico del sullodato decreto ministeriale 3 luglio 1947 – alle sole 20 province a sud della linea gotica, che venga esteso anche a tutte quelle province dell’Italia settentrionale, che hanno subito i maggiori danni nella lotta partigiana per la liberazione; ad esempio, la trascuratissima provincia di Torino, nella quale vi sono parecchie centinaia di aziende agricole che sono state completamente distrutte dalla furia vandalica delle orde nazi-fasciste e che nulla ancora hanno ricevuto, quale contributo statale, per la ricostruzione dei loro beni mobili strumentali.

«Geuna, Stella, Giacchero, Scotti Alessandro».

Mi riservo di darne notizia ai Ministri competenti perché facciano sapere quando intendano rispondere.

Comunico, inoltre, che è stata presentata la seguente interpellanza con richiesta di svolgimento urgente:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri del lavoro e previdenza sociale e dell’industria e commercio:

1°) sull’atteggiamento che il Governo intende di assumere nei confronti della situazione creatasi nel Paese in seguito all’offensiva padronale per guadagnare mano libera nel licenziamento dei lavoratori, situazione che ha provocato l’odierno sciopero dimostrativo, deciso dal Consiglio generale delle leghe di Milano, e sta per determinare l’estensione delle agitazioni e degli scioperi in molti altri centri;

2°) sul punto di vista del Governo in merito alla opportunità di procedere al riconoscimento giuridico dei Consigli di gestione, i quali si sono dimostrati nelle recenti esperienze come gli organi più propri a interpretare e rappresentare gli interessi generali della produzione, evitando che essi possano essere compromessi dall’inasprirsi dei conflitti.

«Morandi, Lombardi Riccardo, Giacometti, Lizzadri, Nenni, Malagugini, Giua, Barbareschi, Grazia Verenin, De Michelis, Sansone, Pressinotti, Bonomelli, Fiorentino, Vischioni».

Chiedo all’onorevole Presidente del Consiglio di comunicare quando ritiene che possa essere svolta.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo ha promesso che provocherà delle riunioni con entrambe le Confederazioni. Comunque esso segue attentamente tutte le fasi con la massima attenzione e nell’interesse delle classi lavoratrici.

Dirà in una delle sedute odierne quando avrà completato la raccolta di tutti gli elementi affinché il dibattito sia efficace e conclusivo.

MORANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORANDI. Considerando l’importanza dei fatti chiedo, a nome anche degli altri firmatari, lo svolgimento con tutta urgenza dell’interpellanza, prima che l’Assemblea prenda le vacanze. La situazione che ha provocato lo sciopero odierno di Milano è a tutti nota. Per effetto del decreto Fanfani è stata precipitata la temporanea soluzione della intricata e complessa questione dello sblocco dei licenziamenti. Il Ministro del lavoro ha bensì protratto i termini che erano stati stabiliti nel decreto, e che hanno determinato una vera corsa ai licenziamenti da parte degli imprenditori, ma intanto la minaccia di essere privati di lavoro incombe su decine e decine di migliaia di lavoratori. D’altra parte, l’atteggiamento assunto da parte padronale è caratterizzato, a parer nostro, da una serie di casi prospettanti una falcidia del tutto ingiustificata delle maestranze. Il che scopre forse altri fini che non siano quelli della eliminazione della mano d’opera esuberante. E di questo noi giustamente ci preoccupiamo. Lo sciopero di Milano deve essere di grave avvertimento. Il Governo deve dare serio affidamento di voler meglio ponderare la questione e risolverla d’accordo con l’organizzazione sindacale. Ed è in una tale condizione che riteniamo acquisti oggi tutta una nuova attualità il riconoscimento giuridico dei Consigli di gestione che si sono dimostrati – tipico il caso dell’Ansaldo – gli organi di mediazione più adatti per la risoluzione di questi conflitti di interesse. L’interpellanza, ritengo, potrebbe essere svolta in una delle sedute odierne.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Dico subito che, alla ripresa dei lavori, oggi stesso, indicherò il giorno in cui potrò rispondere.

In quanto all’atteggiamento del Governo non avrei nessuna difficoltà a rispondere subito, perché esso risulta abbastanza chiaro da documenti e da conferenze, sicché non dobbiamo che comunicare quello che abbiamo fatto.

Se si affronta questo problema, vorrei che fossimo in grado di fissarne la estensione e la profondità, dando delle assicurazioni tranquillanti a questa massa in agitazione. Per questo dico: lasciatemi il tempo di poter fare delle precisazioni; oggi, nel pomeriggio, senz’altro.

MORAND1. Non è nostra intenzione cogliere di sorpresa il Governo, ma si tratta di questioni urgenti (Commenti) per cui s’impone una sollecita trattazione della materia.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Poiché l’onorevole Morandi mi ha chiamato in causa ed ha voluto attribuire l’origine di questo fenomeno al decreto, che ha chiamato Fanfani, devo immediatamente precisare come di decreti, che potrebbero chiamarsi Fanfani, ve ne sono diversi.

MORANDI. Mi riferivo al decreto dell’agosto scorso.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Evidentemente, quello dell’agosto è un decreto Fanfani, ma stilato con l’accordo della Confederazione generale del lavoro e della Confederazione degli industriali dopo molteplici discussioni e abbinato ad un accordo fra le parti promosso dal Governo, perché le parti non riuscivano ad intendersi, a proposito delle Commissioni interne; e fu tanto concordato fra la Confederazione degli industriali e la Confederazione generale del lavoro, che il Governo fu pregato di attendere, prima di sottoporlo alla firma, che le due Confederazioni avessero firmato l’accordo per il famoso articolo 2 delle Commissioni interne.

Una voce a sinistra. Non si parlava allora di smobilitazione, come si parla ora.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. In quella occasione le parti che si incontrarono ed il rappresentante del Governo, che presiedeva la riunione, furono preoccupati del duplice aspetto della questione: problema della gradualità e problema dell’assistenza.

In quella circostanza, su richiesta delle parti, fu protratto il termine utile per procedere allo sblocco, in condizioni tali da garantire un minimo di assistenza ai lavoratori, dal mese previsto inizialmente, a due mesi. Il decreto fu pubblicato il 12 settembre; il termine veniva a decorrere dal 13 settembre al 13 novembre. Naturalmente, quando le parti, negli ultimi contrasti, fecero presente come non fosse opportuno mantenersi in questi 60 giorni, per non far sì che la generalità dei licenziamenti avvenisse nei primi giorni di novembre, il Governo di buon grado accedette al suggerimento di protrarre ancora il termine, anzi le parti richiesero un mese, nella riunione che ebbero e che fu promossa dal Presidente del Consiglio. Il Governo ritenne opportuno di andare oltre le richieste delle parti e poiché il mese di proroga sarebbe scaduto il 13 dicembre, al Governo parve bene prorogarlo fino al 31 dicembre. Inoltre vi è stato, sempre per iniziativa del Governo, un nuovo incontro ancora lunedì scorso e fu confortante, almeno per chi assisteva, constatare che Confindustria e Confederazione generale italiana del lavoro intravedevano la possibilità di procedere alla richiesta di una ulteriore proroga allo scopo di attuare la massima gradualità possibile, in coincidenza con l’entrata in vigore di altri provvedimenti, diretti a riassorbire questa mano d’opera licenziata, per essere riqualificata al momento opportuno, e per i quali provvedimenti il Governo, ancor prima di questa riunione, aveva fatto lo stanziamento opportuno di due miliardi ed aveva promesso un decreto che nei giorni scorsi è stato comunicato nel suo testo alle due Confederazioni affinché, prima che il Governo proceda all’integrale approvazione del decreto sui corsi di riqualificazione dei lavoratori licenziati, le due Confederazioni potessero far sapere il loro punto di vista ed aiutare il Governo a trovare la forma più concreta e più adatta per questa opera di riqualificazione.

Posso dire di più: questa sera mi sono state comunicate dalla Confindustria le osservazioni che aveva da fare in proposito e l’onorevole Di Vittorio, col quale ho trattato il problema, mi ha assicurato che domani potrà comunicarmi anch’egli le osservazioni necessarie a far sì che questo provvedimento vada il più lontano possibile per accogliere la massima parte delle esigenze prospettate e, se possibile, per sodisfarle tutte. Poiché il Governo non vuole aspettare per provvedere che gli eventi si siano verificati, avant’ieri ha già tenuto una riunione con i dirigenti dell’I.R.I. per studiare uno specifico problema, quello dei licenziamenti dalle aziende dell’I.R.I., con particolare riferimento alla città di Genova. A seguito di quella riunione, ieri sera i dirigenti dell’I.R.I. si sono incontrati col Ministro dei lavori pubblici per identificare specificamente dei lavori che, su iniziativa dell’I.R.I., si è detto essere, se svolti in prossimità della città di Genova, in grado di riassorbire gran parte della mano d’opera che eventualmente dovrebbe essere licenziata. A questo proposito i giornali hanno parlato di 40.000 licenziati a Genova, mentre ieri l’altro il Commissario dell’I.R.I. mi assicurava che questa cifra non sarebbe stata assolutamente raggiunta. (Interruzione del deputato Negro).

Poiché i giornali avevano parlato di questo e l’opinione pubblica è espressa, oltre che dai resoconti di questa nostra Assemblea, anche dai giornali, mi sembra doveroso richiamare il seguente fatto: il responsabile Commissario dell’I.R.I., subito dopo la riunione che ho avuto con lei, onorevole Negro, avvertiva che questo sblocco del personale dell’I.R.I. sarà graduato entro e forse oltre i termini previsti dai decreti di proroga. Comunque, per quanto riguarda i licenziamenti previsti, già ieri sera predisponemmo un piano per cui per i primi 300 lavoratori sono stati già fissati i criteri per l’assorbimento, non in azienda dove v’è esuberanza di mano d’opera, ma in altri rami in cui vi sia possibilità d’occuparla. (Interruzioni a sinistra).

Comunque, l’Assemblea è pregata di dare i suoi lumi al Governo per portare a risoluzione questo gravissimo problema. (Applausi al centro).

MORANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Morandi, o concludiamo la discussione e consideriamo l’interpellanza svolta, oppure stabiliamo la data in cui l’interpellanza sarà svolta.

MORANDI. Il Ministro del lavoro è entrato nel vivo dell’argomento. Egli ci ha fatto un quadro un po’ troppo idilliaco di questa situazione. Non è una mia fantasia lo sciopero di Milano… (Interruzioni al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il problema è questo: o il Governo è disposto in questo momento ad affrontare la discussione, ed allora continuiamo la seduta, oppure il Governo riconferma le sue intenzioni, e in tal caso la togliamo.

Prego il Presidente del Consiglio di esprimere il suo parere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Spero di poter dire che saremo pronti oggi stesso. Comunque, se l’Assemblea intende proseguire, il Governo è a disposizione.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevoli colleghi, spetta al Governo la facoltà di indicare la data di svolgimento delle interpellanze ed il Governo ha dichiarato appunto che farà sapere in una delle sedute odierne quando intenda che sia svolta questa interpellanza.

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta sull’ultima parte dell’ordine del giorno presentato dall’onorevole Targetti:

Presenti e votanti     286

Maggioranza           144

Voti favorevoli        203

Voti contrari            83

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelini – Arata – Arcaini – Arcangeli – Assennato.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Belotti – Benvenuti – Bernamonti – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Binni – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bordon – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Braschi – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Camangi – Campusarcuno – Cannizzo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carignani – Caronia – Caso – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Foresi – Fornara – Franceschini – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giolitti – Giordani – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

Laconi – La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Lettieri – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Longo – Lozza – Lussu.

Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Meda Luigi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Montagnana Rita – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Musolino.

Negro – Nenni – Nicotra Maria – Novella – Numeroso.

Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Perassi – Perrone Capano – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignatari – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci.

Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Rognoni – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Ruggiero Carlo – Ruini.

Saggin – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Selvaggi – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Stampacchia – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tosi – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Vanoni – Viale – Vicentini – Vigna – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi.

Sono in congedo:

Abozzi – Angelucci.

Cairo – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Cavallari.

Dozza – Dugoni.

Jacini.

Porzio.

Ravagnan – Romita – Rumor.

Sardiello.

Tosato.

Il seguito di questa discussione è rinviato alle ore 11 di oggi, 30 ottobre.

Interrogazioni e interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere i motivi che si oppongono alla concessione preferenziale di tradotte e di carri ferroviari ai consorzi e alle cooperative fra produttori agricoli per il trasporto della paglia destinata ai loro soci, i quali – specie in Piemonte – hanno assoluto e urgente bisogno di paglia per le necessità degli allevamenti.

«Secondo informazioni raccolte in Piemonte, le cartiere, che godono di particolare preferenza per i trasporti ferroviari, hanno scorte di paglia più che sufficienti.

«L’interrogante fa presente che cooperative di contadini del Piemonte, che hanno notevoli depositi di paglia nell’Italia centro-meridionale, non sono riuscite ad ottenere un solo vagone, mentre varie ditte, che possono disporre di vagoni e tradotte, offrono la paglia sui mercati dell’Italia settentrionale a prezzi elevatissimi.

«Scotti Alessandro, Giacchero, Raimondi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non ritenga opportuno ed urgente provvedere allo stanziamento di una prima somma occorrente per la costruzione del carcere giudiziario a Foggia, tenuto conto delle esigenze del servizio della giustizia, giusta reiterate segnalazioni del Ministero di grazia e giustizia, e della grave disoccupazione che affligge detta città, particolarmente nel campo dell’edilizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Imperiale».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per chiedere se non ritenga opportuno, a parziale modifica delle tariffe per i trasporti ferroviari, introdotte il 1° agosto 1947, trasferire la voce «legna da ardere» alla prima categoria che comprende i generi di maggiore consumo (alimentari, ecc.).

«L’interrogante fa presente che l’aumento introdotto è così sensibile da incidere sul prezzo di vendita della legna da ardere, nella misura del 25 per cento, e che tale aumento pone le classi povere nell’impossibilità di provvedersi del combustibile indispensabile al riscaldamento.

«Il provvedimento che l’interrogante si permette suggerire, nell’impossibilità di renderlo generale, dovrebbe essere concesso almeno per i trasporti diretti ai comuni e a tutti gli enti pubblici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pistoia».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga necessario e urgente provvedere alla riattivazione della ferrovia Piacenza Cremona. All’uopo si osserva:

1°) trattasi di un tronco ferroviario che, per il fatto di collegare due importanti capoluoghi di provincia, oltreché numerosi centri intermedi della Bassa Piacentina, deve ritenersi d’importanza rilevante;

2°) se è vero che per indisponibilità di materiale, venne momentaneamente sospeso il riattivamento della ferrovia, destinandosi pure qualche parte del materiale pesante all’armamento di ferrovie di più grande traffico, è anche vero che, in seguito anche alle pressioni e agli insistenti reclami degli enti e delle popolazioni interessati, il Ministero dava formale assicurazione che la riattivazione del tronco in parola sarebbe stata disposta nel minor tempo possibile;

3°) trascorsi invano parecchi mesi ed avvicinandosi la stagione invernale col conseguente rincrudimento del disagio, che la mancanza del servizio in oggetto comporta per gli abitanti della zona interessata, gli interroganti chiedono all’onorevole Ministro quali siano i suoi propositi riguardo alla soluzione di questo problema che, per molti aspetti, è ormai divenuto indilazionabile. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Arata, Bernamonti, Pallastrelli, Mazzoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere se e quali trattative siano in corso per ottenere dal Governo degli Stati Uniti d’America un congruo aumento della quota per gli espatri dei connazionali extra contingente, per dar modo di far fronte in questo periodo di immediato dopo guerra a casi eccezionalissimi in cui considerazioni di umanità impongono di concedere l’autorizzazione all’espatrio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e della pubblica istruzione, per conoscere se non si ritenga necessario sollecitare il finanziamento per l’istituzione e la trasformazione delle scuole elementari sussidiate in scuole di Stato, in conformità delle proposte già presentate per le singole provincie; i quali provvedimenti si debbono ravvisare indilazionabili di fronte alle esigenze della popolazione ed all’iniziato anno scolastico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per conoscere quali effettive misure siano state adottate all’aeroporto di Ciampino in Roma – approdo diretto degli aerei provenienti dal Cairo – in vista del grave andamento dell’epidemia colerica in Egitto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere con quale programma e con quali mezzi sia stato impostato il problema della ricostruzione del ponte sul fiume Po, a Piacenza.

«È vero che, da qualche tempo, sono stati intrapresi alcuni lavori, ma essi, oltre che trovarsi ancora allo stato iniziale, procedono con tale lentezza e palese modestia di mezzi, da non rappresentare alcun serio indizio di un concreto e deciso proposito ricostruttivo.

«D’altra parte la ricostruzione di questo ponte – il cui carattere di interesse nazionale non è necessario rilevare – non può oltre procrastinarsi senza enorme danno per le comunicazioni e i traffici tra le regioni interessate.

«Neppure a tale gravissima deficienza può congruamente sopperire la costruzione del ponte in barche elevata a valle, in località Finarda, perché trattasi di un’opera non soltanto di limitata capacità, ma che è pure soggetta a continui periodi di completa interruzione (come in oggi si verifica) in dipendenza delle variazioni del livello delle acque.

«Di qui la necessità di avviare l’intensissimo e vitale traffico verso lontani passaggi, in altre provincie, oppure di ricorrere al sistema del traghetto su barche, con quali ingorghi, ostacoli, insufficienze e spese è inutile descrivere.

«Su questo essenziale problema si richiama pertanto la pronta e rigorosa attenzione dell’Amministrazione competente. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Arata, Pallastrelli, Micheli, Ferrari, Valenti, Mazzoni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se è a sua conoscenza, e se la notizia è esatta, che: tutti gli aventi obblighi militari che hanno prestato servizio alle dipendenze della Croce Rossa Italiana nel corso della guerra, invece di ricevere lire 18,50 al giorno, così come era stato disposto dal Ministero della guerra, hanno ricevuto lire 3,30 al giorno come i normali soldati mobilitati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gervasi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per rimuovere la ormai intollerabile situazione creatasi per gli alloggi dei ferrovieri residenti a Pescara.

«Come è risaputo, tale città è una delle più sinistrate di tutto il compartimento di Ancona, nell’ambito del quale si è già provveduto– sia pure insufficientemente – alla costruzione di notevoli lotti di case economiche per i ferrovieri di Terni, Foligno, Ortona, Giulianova, ecc.

«Così ad Ancona si sono costruiti 305 alloggi e si è disposta testé la costruzione di altri 100; mentre a Pescara finora sono stati assegnati appena 40 alloggi, dei quali solo 22 effettivamente costruiti a tutt’oggi. Ciò malgrado che i ferrovieri ivi residenti ammontino a parecchie centinaia e siano tuttora condannati con le loro famiglie ad abitare in tuguri malsani o addirittura lontani dal centro urbano, con grave loro disagio e fors’anco con detrimento del servizio.

«Si chiede pertanto che siano disposti al riguardo, e di urgenza, adeguati provvedimenti, usando ai ferrovieri di Pescara lo stesso trattamento già fatto ai ferrovieri degli altri centri del compartimento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lopardi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non creda urgente realizzare un programma di costruzioni ferroviarie in Sicilia includendo le linee: 1°) Giardini – Francavilla – Randazzo – Leonforte; 2°) Francavilla – Taormina – Castroreale – Barcellona; 3°) Capo d’Orlando – Naso – Tortorici – Taormina; per rendere giustizia alle laboriose popolazioni di così importanti centri agricoli, che attendono da una perequazione delle spese di utilità pubblica, la valorizzazione e la rinascita dell’economia siciliana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro di grazia e giustizia per segnalare le gravi incertezze sorte presso i vari Tribunali circa l’interpretazione dell’articolo 1 del decreto di amnistia 8 maggio 1947, n. 460, laddove si dichiara che «è concessa amnistia per i reati punibili… nei casi in cui i procedimenti sono tuttora sospesi in applicazione degli articoli 2, 5 e 11 della legge 9 luglio 1940, n. 924».

«La formula «tuttora sospesi» ripete in sostanza l’infelice dizione del decreto di amnistia 2 settembre 1919, n. 1414, che ha dato luogo, presso la magistratura giudicante, a decisioni contraddittorie, finché non vennero emanati i successivi chiarimenti della legge del 1920.

«Qualche Tribunale ha ritenuto che il beneficio sia applicabile soltanto nei casi in cui l’azione penale sia stata arrestata dal verificarsi delle condizioni previste dalla legge 9 luglio 1940, n. 924, e non sia stata più rimessa in moto con qualche atto della procedura.

Qualche altro Tribunale invece ha ritenuto che l’amnistia sia in ogni caso applicabile, quando trattisi di processi che siano stati sospesi per effetto della legge del 1940 e che siano tuttora pendenti in attesa del giudizio.

«La relazione dell’onorevole Ministro sembrerebbe appoggiare questa seconda tesi di più ampia interpretazione del decreto, perché in essa si è posto l’accento su un’unica condizione per l’applicabilità del beneficio, e cioè che il processo sia stato sospeso nel corso delle ostilità; e ciò allo scopo di non colpire con sanzioni di carattere penale chi è già ritornato da lungo tempo alla vita civile, dopo le tragiche vicende della guerra, per fatti che appartengono ormai a un mondo crollato. Del resto è da tenersi presente il criterio che scaturisce dall’articolo 9 del decreto, secondo il quale l’amnistia non si applica nei casi in cui l’imputato, prima che sia pronunziata sentenza di non doversi procedere per amnistia, dichiari di non voler usufruire del beneficio: ciò infatti sta ad indicare che il procedimento ha già subito un atto della procedura, colla citazione e la celebrazione del dibattimento.

«Infine l’interpretazione restrittiva del decreto non solo offenderebbe la larga concezione del Ministro e le ragioni sociali che lo hanno determinato alla concessione del beneficio, ma verrebbe a creare in definitiva una situazione di palese ingiustizia, perché, mentre nei piccoli Tribunali molti processi non potrebbero usufruire dell’amnistia, perché nel frattempo è stato compiuto un atto della procedura, nei grandi Tribunali invece, ove migliaia di procedimenti giacciono, data la enorme mole di lavoro, tuttora fermi, gli imputati verrebbero a godere dell’amnistia.

«In tal modo si verificherebbe una diversità di trattamento non attribuibile alla sostanza del reato e alla natura della causa, ma a motivi estranei al procedimento, dando luogo a casi di palese ingiustizia.

«Ciò premesso gli interroganti domandano che l’onorevole Ministro voglia chiarire il significato e l’estensione dell’articolo 1 del citato decreto d’amnistia, in coerenza colle ragioni dedotte nella relazione al Capo provvisorio dello Stato. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bernardi, Pressinotti, Giacometti, Bonomelli, Vischioni, Mariani Enrico».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dei trasporti, per conoscere se non credano opportuno e giusto estendere a tutto il personale aggregato degli Istituti di prevenzione e di pena (cappellani, sanitari, suore, ecc.) la concessione per i viaggi a riduzione (tariffa C), della quale fruiscono tutti i dipendenti civili delle Amministrazioni dello Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Camposarcuno».

«I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’agricoltura e foreste, dei lavori pubblici e del lavoro e previdenza sociale, sul problema del Mezzogiorno e, in particolare, sulle direttive e sui mezzi adottati e da adottare per fronteggiare tempestivamente la grave disoccupazione che affligge quelle regioni e per attendere al tempo stesso alle maggiori e sostanziali esigenze delle popolazioni meridionali.

«Perrone Capano, Caccuri, Sullo, Recca, Rodi, Monterisi».

PRESIDENTE. La prima interrogazione testé letta sarà iscritta all’ordine del giorno e svolta al suo turno, trasmettendosi ai Ministri competenti le altre per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure l’interpellanza sarà iscritta all’ordine del giorno qualora il Ministro interessato non vi si opponga nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 2.40.

Ordine del giorno per le sedute di oggi.

Alle ore 11 e alle 16:

  1. – Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
  2. Discussione dei seguenti disegni di legge:

Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico. (10).

Disposizioni relative al soggiorno nel territorio dello Stato ed ai beni degli ex regnanti di casa Savoia. (11).