Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 15 OTTOBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCLVIII.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 15 OTTOBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Inversione dell’ordine del giorno:

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Laconi

Votazione segreta:

Presidente

Disegno di legge (Presentazione):

Togni, Ministro dell’industria e del commercio

Presidente

Interrogazioni (Svolgimento):

Scelba, Ministro dell’interno

Lucifero

Codacci Pisanelli

Gronchi

D’Onofrio

Presidente

Chiusura della votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 11.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Inversione dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.

Il Ministro dell’interno ha chiesto di rispondere in fine di seduta alle interrogazioni che sono iscritte per prime all’ordine del giorno.

(Così rimane stabilito).

Comunico intanto che anche l’onorevole D’Onofrio ha presentato la seguente interrogazione con richiesta di risposta d’urgenza:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere i risultati dell’inchiesta sui fatti avvenuti a Piazza Dante a Roma la sera dell’11 ottobre e sulla tragica morte del giovane studente Gervasio Federici».

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ieri sera avevamo arrestato il nostro lavoro in relazione all’articolo 69, auspicando che i presentatori dei vari emendamenti, unitamente al Comitato di redazione, riuscissero prima dell’apertura di questa seduta a redigere un testo concordato dell’articolo stesso. Ciò, infatti, ha potuto raggiungersi e adesso darò lettura del testo concordato.

Resta inteso che il primo e il secondo comma del testo della Commissione restano immutati nella seguente formulazione:

«Ogni disegno di legge deve essere previamente esaminato da una Commissione di ciascuna Camera secondo le norme del rispettivo regolamento; e deve essere approvato dalle Camere, articolo per articolo e con votazione finale.

«Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per l’esame e l’approvazione di disegni di legge, dei quali sia dichiarata l’urgenza.

Il terzo e il quarto comma risultano così modificati:

«Il Regolamento può altresì stabilire ì casi e le forme in cui l’esame e l’approvazione dei disegni di legge siano deferiti a Commissioni anche permanenti, costituite in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi parlamentari. Sarà altresì sempre consentito al Governo o a un decimo dei membri della Camera o ad un quinto dei membri della Commissione di opporsi a tale procedimento o di richiedere che il voto finale sul disegno sia dato senza discussione dalla Camera. Il Regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

«Il procedimento preveduto dal primo comma non può essere derogato per i disegni di legge in materia costituzionale e quelli concernenti l’approvazione di bilanci e di rendiconti consuntivi, l’autorizzazione a ratificare trattati internazionali e la delegazione di poteri legislativi al Governo».

Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 69 nel testo originario della Commissione:

«Ogni disegno di legge deve essere previamente esaminato da una Commissione di ciascuna Camera, secondo le norme del rispettivo regolamento; e deve essere approvato dalle Camere, articolo per articolo e con votazione finale».

(È approvato).

Gli onorevoli Laconi e Grieco hanno presentato il seguente emendamento che, sul punto considerato, ritorna al testo primitivo della Commissione.

«Al primo comma, sostituire alle parole: con votazione complessiva, le parole: con votazione finale a scrutinio segreto».

Su questo emendamento è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Lucifero, Colitto, Rodinò Mario, Mastrojanni, Corsini, Penna Ottavia, Rodi, Abozzi, Miccolis, Russo Perez, Lombardi Riccardo, Veroni, Mazza, Nasi, Foa, Rognoni, Bencivenga, Zuccarini, Cevolotto, De Vita.

Non essendo presenti tutti i firmatari della richiesta, chiedo se sia appoggiata da venti deputati.

LACONI. Il Gruppo comunista l’appoggia.

PRESIDENTE. La richiesta risulta pertanto appoggiata.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento presentato dagli onorevoli Laconi e Grieco, testé letto.

Desidero chiarire che non si pone qui il problema della esclusione dello scrutinio segreto come sistema di votazione dal Regolamento delle Camere.

(Segue la votazione).

Le urne rimarranno aperte. Intanto procediamo nello svolgimento dell’ordine del giorno.

Presentazione di un disegno di legge.

TOGNI, Ministro dell’industria e del commercio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGNI, Ministro dell’industria e del commercio. Mi onoro di presentare alla Camera il disegno di legge sulla soppressione e liquidazione dell’Ufficio nazionale metalli, pregando che l’esame da parte dell’Assemblea abbia luogo al più presto.

PRESIDENTE. Do atto della presentazione di questo disegno di legge, che sarà inviato alla Commissione competente, tenendosi conto del desiderio del Ministro.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Passiamo allo svolgimento delle interrogazioni.

Sono state presentate le seguenti interrogazioni relative allo stesso argomento, che possono essere svolte congiuntamente:

Lucifero, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti siano stati presi a carico dei responsabili diretti ed indiretti della devastazione della tipografia del Corriere del Giorno di Taranto e per impedire il ripetersi di nuovi attentati alla libertà di stampa»;

Codacci Pisanelli, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti siano stati presi per scoprire i responsabili della distruzione della tipografia del giornale Il Corriere del Giorno premeditatamente perpetrata in Taranto nelle prime ore del pomeriggio di sabato, 11 ottobre, da una schiera di partecipanti alla manifestazione organizzata principalmente per iniziativa del Partito comunista; e per conoscere se non intenda promuovere un provvedimento legislativo che integri il progetto di legge per la difesa delle istituzioni, stabilendo e precisando la responsabilità dei partiti, le cui manifestazioni si risolvono in simili atti di vandalico terrorismo squadrista, che sopprimono praticamente ogni libertà e consentono ai mandanti e agli esecutori di trincerarsi dietro l’estrema difficoltà di indagini, caratteristica dei delitti di folla».

L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. A seguito degli incidenti di Piazza Colonna, il giorno successivo, a Taranto, su ordine della Camera del lavoro, venne proclamato lo sciopero generale. Una colonna di dimostranti si indirizzava alla Prefettura ed una delegazione si portava dal prefetto per presentare un ordine del giorno di protesta.

Nello stesso tempo, altri gruppi di dimostranti si indirizzavano verso la città e tentavano di dare l’assalto alla sede dei partiti politici avversi, ed un gruppo si recava alla sede dell’unico quotidiano locale, Il Corriere di Giorno, procedendo alla devastazione del locale stesso e arrecando notevoli danni al macchinario. Questi, i fatti nella loro scheletrica e nuda semplicità. Di questi fatti, quando si è detto che si tratta di una manifestazione di teppismo fascista, ritengo si sia detto tutto; perché era proprio del fascismo il sistema di distruggere non soltanto le sedi dei partiti avversari ma soprattutto i giornali politici, le voci della libera stampa, che rappresentano l’espressione più alta della democrazia. Ritengo che ogni deplorazione sia superflua. L’autorità giudiziaria ha iniziato le sue indagini. Sono state arrestate otto persone; e tutti quanti noi, che teniamo altamente a che siano salvaguardate le libertà democratiche, ci auguriamo che la Magistratura dia un pronto severo giudizio.

PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

LUCIFERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando il Ministro dell’interno qualifica i fatti di Taranto come manifestazione di teppismo fascista, io non posso che dichiararmi sodisfatto di questa definizione su quanto è avvenuto. Però, mi consenta il Ministro dell’interno, io gli avevo chiesto qualche cosa di più ed aspettavo una risposta ad una precisa domanda. Io non credo che ci possa essere discussione sul giudizio che meritano certe manifestazioni; e il giudizio non può essere che quello che ha espresso il Ministro dell’interno e che io faccio mio, come penso faccia ogni sincero democratico. Ma al Ministro dell’interno noi chiediamo qualche cosa di più; dal Ministro dell’interno vogliamo sapere: primo, che cosa ha fatto per impedire che simili fatti si verifichino; secondo, che cosa ha fatto per punire i responsabili diretti e indiretti di questo fatto.

Dice il Ministro dell’interno: «sono state arrestate otto persone». Sono stati arrestati otto piccoli poveri diavoli, che sono stati mandati ed hanno eseguito degli ordini, probabilmente senza sapere nemmeno questi ordini che cosa comportassero. Ma quello che è avvenuto è diverso. Io non entrerò nell’esame dei fatti, né nell’esame della situazione particolare della città di Taranto ove, come in altre parti d’Italia, si è creata una specie di repubblica autonoma a partito unico; perché questo meglio di me e con maggiore cognizione di me farà l’onorevole Codacci Pisanelli. Io mi limiterò a due fatti. Uno riguarda direttamente il Ministro dell’interno: il comizio e il corteo, come il Ministro ha accennato, sono avvenuti senza preventiva autorizzazione dell’autorità competente; ed io che ho sempre votato contro l’obbligo di queste autorizzazioni, su questo non ho nulla da dire. Ma l’autorità competente lo sapeva, e la polizia era presente. Non solo, ma quella ramificazione di comizianti che si è diretta a devastare gli uffici del Corriere del Giorno è stata scortata dalla polizia. La polizia ha accompagnato questi signori fino sul posto; è stata a vedere tranquillamente come si devastava, e dopo venti minuti quelli se ne sono andati indisturbati; e la polizia avrà fatto un bel rapporto. E questo è il primo punto sul quale il Ministro non ha risposto.

Secondo: al Ministro dell’interno devo domandare quali provvedimenti egli ha preso contro i responsabili indiretti: perché ci sono due responsabilità indirette, onorevole Scelba: una la riguarda come capo dell’amministrazione, cioè come responsabile diretto degli uffici di polizia, che non hanno saputo impedire che i fatti avvenissero; ma vi sono altre responsabilità indirette, che riguardano tutti coloro che predicano l’odio, che tirano i sassi e ritirano la mano, che mandano a distruggere l’unica tipografia di Taranto, nella speranza che un certo giornale non esca più, dopo aver fatto una sistematica campagna contro questo giornale, e poi mandano una lettera di scusa per deplorare che il fatto, che hanno incitato a fare, sia stato compiuto.

Noi non possiamo dimenticare una cosa. Si organizzano dimostrazioni contro il Movimento sociale italiano, ma si va a distruggere il giornale di Armando Zanetti; e questo legittima ogni sospetto. Per quanto possano essere giustificati i sospetti contro questo o quel movimento politico, che sembri riecheggiare note che tutti deprechiamo, non vi possono essere sospetti su un uomo, che, in miseria ed in dignità, ha fatto 17 anni di esilio ed ha combattuto sempre una battaglia di antifascismo e di libertà con tutti coloro, che combattevano contro il fascismo e per la libertà, di qualunque colore.

Quindi, la manovra è più vasta ed è voluta. Molto spesso i fantasmi più o meno reali del neo fascismo o del vecchio fascismo rigurgitante, che tutti respingiamo, servono per mascherare e giustificare azioni, che si rivolgono non in quella direzione, ma in direzioni diverse.

Infine, onorevole Ministro ed onorevoli colleghi, questo è il primo attentato contro il bene supremo, che tutti abbiamo in comune: la libertà di stampa. Qui non soltanto si sono distrutti i mezzi di lavoro di parecchie famiglie, non solo si è distrutto un patrimonio, che per una città è una ricchezza, perché era l’unica tipografia di Taranto; ma si è distrutto e si è voluto distruggere un mezzo di espressione del pensiero politico; e si è voluto distruggerlo nella figura di un giornale, diretto da un antifascista noto e indiscusso, di un giornale che ha sempre ospitato i comunicati e le opinioni di tutti.

Noi non possiamo consentire, onorevole Ministro, che questi fatti si ripetano; perché questi fatti si ripeteranno. Da questi banchi non si alzerà mai una voce che dica: noi difenderemo con nostri mezzi le libertà democratiche. Siete voi, signori del Governo, che dovete tutelare le nostre libertà e le libertà di tutti; e noi vi richiamiamo al vostro dovere, perché siete voi che ci rispondete della nostra libertà e di quella dei nostri concittadini di tutte le opinioni. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CODACCI PISANELLI. Ho ascoltato con soddisfazione le comprensive dichiarazioni dell’onorevole Ministro, il quale ha voluto rispondere con esemplare prontezza alle due interrogazioni relative ai fatti di Taranto.

Ritengo, tuttavia, opportuno ricordare le circostanze ambientali, che hanno determinato i fatti veramente incresciosi, di cui ci occupiamo.

Già da parecchio tempo contro II Corriere del Giorno, quotidiano indipendente di informazioni, che aveva dato ospitalità a comunicati e ad articoli di ogni tendenza, vi erano state minacce. Le ragioni erano chiare: il giornale aveva osato criticare un’amministrazione a partito unico e, soprattutto, aveva osato riprovare alcune manifestazioni di intolleranza, verificatesi non nei riguardi del partito, al quale appartengo, ma nei confronti di un collega del Partito socialista dei lavoratori italiani, venuto a tenere un comizio nel giugno scorso; e, successivamente, nei confronti di un avvocato che teneva un comizio per l’Uomo qualunque. Tali comizi non poterono aver luogo ed il giornale osò protestare: soltanto per questo fu additato quale reazionario e quale un giornale dei nemici dei lavoratori. Non mancarono più o meno larvate minacce in pubblici comizi in cui si diceva che i locali del giornale avrebbero dovuto essere devastati.

Anche nella manifestazione del 20 settembre i comizianti si scagliarono contro la stampa dei reazionari e additarono pubblicamente il Corriere del Giorno, unico quotidiano del Salento, come uno degli organi di simile stampa: si provvide cioè ad incitare contro il quotidiano di Taranto il pubblico che assisteva alla manifestazione. Si può dire, quindi, che era inevitabile la conseguenza, ammesso che non fosse stata già preordinata. Il comizio si sciolse e si formò un corteo che passò per la principale via di Taranto, via d’Aquino, e poco oltre, arrivato all’altezza di via Acclavio, deviò decisamente verso i locali di questo giornale che, per usare una ormai nota terminologia, aveva compiuto la provocazione di installare i suoi impianti in quel luogo. Cacciati fuori gli operai, che si trovavano nei locali, si procedette alla devastazione completa di tutto quanto vi era; distruzione dei macchinari ed asportazione dei caratteri e dei materiali che erano nei locali stessi.

È necessario che io richiami l’attenzione dell’Assemblea sulla gravità di tali fatti, che non sfugge a nessuno, anche perché tutti ricordiamo come nel 1922 una delle più comuni manifestazioni di violenza e di sopraffazione consisteva nel distruggere le sedi dei giornali, perché non fosse assolutamente possibile far sentire una libera voce.

A Taranto e nel Salento, non si era riusciti a costituire che un quotidiano: era questo ed ora è stato distrutto, e numerosi lavoratori sono rimasti senza lavoro. Come ho già detto, si tratta proprio di una manifestazione preordinata, rivolta a far tacere chi aveva osato levare una voce di critica.

Non è stato il solo episodio. Altri ne abbiamo avuti e di questi dovremo occuparci successivamente, ma penso sia doveroso fin d’ora richiamare l’attenzione di tutti i colleghi sul grave episodio, perché non si pensi che noi siamo disposti a lasciarci illudere da certe verbose dichiarazioni in netto contrasto con l’attività di chi le pronunzia. Certi puritani monopolisti dell’antifascismo debbono rendersi conto che non intendiamo combattere solo chi a parole o con canti dimostra nostalgie squadriste, ma, con energia anche maggiore, siamo decisi a combattere coloro che mostrano di volere restaurare la tirannia con l’assai più espressiva eloquenza dei fatti. (Vivi applausi al centro e a destra).

Colgo l’occasione per attirare l’attenzione dell’onorevole Ministro, al quale avevo rivolta al riguardo un’esplicita richiesta, sulla necessità di adeguare la nostra legislazione penale alle attuali condizioni. Non basta punire i singoli, oggi che i partiti sono chiamati effettivamente a svolgere una loro funzione nella vita pubblica: oggi che occorre riconoscere costituzionalmente l’importanza dei partiti, bisogna che, nel dare ad essi piene responsabilità e adeguati poteri, si stabilisca una loro responsabilità non solo civile, ma, ove occorra, anche penale (Commenti a sinistra) perché è troppo facile eccitare all’odio ed alla lotta e poi trincerarsi dietro la nebbia del delitto di folla. (Vivi applausi al centro – Commenti a sinistra).

Voglio sollevarmi al di sopra della questione momentanea, ma richiamo l’attenzione di tutta l’Assemblea, che in questo momento sta esaminando attraverso i suoi organi la necessità di difendere le istituzioni democratiche, voglio richiamare l’attenzione di tutti sulla opportunità di immettere i partiti nella vita costituzionale e precisare bene quali siano i loro poteri e quali le loro responsabilità.

È necessario difendere le istituzioni contro queste minacce di terrorismo e di tirannia, perché proprio di tirannia si tratta, non solo a Taranto, ma in varie altre parti d’Italia, in tutte quelle parti d’Italia dove risuona, ancora oggi di particolare e strana attualità, l’invettiva dantesca: «che le terre d’Italia tutte piene solo di tiranni, ed un Marcel diventa ogni villan che parteggiando viene. (Commenti a sinistra).

Comunque, questa affermazione può considerarsi non soltanto per i fatti di Taranto ma per tutti gli altri. È un appello che rivolgo di fronte alla vile devastazione per la quale non posso condividere il biasimo, rivolto dall’oratore che mi ha preceduto, alla pubblica sicurezza, la quale, secondo quanto mi risulta, ha fatto quello che era in suo potere, e soprattutto non è esatto che abbia scortato i dimostranti nei locali.

Tengo, poi, a far notare che, compiuto l’arresto dei principali indiziati, il giorno successivo è stato tenuta in Taranto una nuova manifestazione per esaltare il gesto compiuto nel giorno precedente, e la manifestazione si è conclusa di fronte alla pubblica autorità per costringerla a rimettere in libertà coloro i quali siano stati fermati. Le autorità hanno fermamente e dignitosamente resistito, e di questo desidero che sia rivolto loro un plauso, mentre non posso plaudire agli episodi recenti nei quali altre autorità non hanno saputo agire con altrettanta fermezza.

Rivolgo quindi, un appello perché agisca con energia l’appello di chi sin dall’ingresso in questa Assemblea ha sempre combattuto il tripartito appunto perché intendeva che vi fosse una forte e leale opposizione, ma questa opposizione desidera che sia leale, cioè tale da contribuire realmente al bene del nostro Paese; opposizione leale che piace soprattutto a quanti sono contrari a concepire negli altri la slealtà, appunto perché abituati sempre ad agire con lealtà ad oltranza.

Questa nuova esortazione mi auguro venga accolta, anche se vari indizi fanno supporre che ancora una volta potrà rimanere inascoltata. E se non verrà accolta… dovrei qui, secondo lo stile di certi partiti, fare una minaccia, ma minacce noi non facciamo, non facciamo minacce noi che siamo abituati a reprimere nel silenzio il nostro dolore dinanzi ai nostri caduti per raccoglierne meditando la sacra eredità. Non è questo lo stile di chi di fronte a simili episodi di violenza, rifugge dal manifestare il proprio dolore con preordinate astensioni dal lavoro, che si risolvono in danno della produzione, cioè aggravano ulteriormente le sofferenze di quanti vivono in quotidiana lotta con la miseria.

Soprattutto ho voluto rivolgere questa esortazione perché sono convinto che la giustizia, la quale procede con passo lento ma inesorabile, finirà per affermarsi nella pubblica opinione. È proprio per effetto di questa graduale affermazione, che dovunque oggi nel mondo, dopo il sinistro imperversare di certe sinistre, fatale conseguenza delle catastrofi storiche, i popoli, stanchi di terrorismo e di demagogia si volgono ormai verso una più fausta parte dei Parlamenti, invocando salvezza. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Gronchi, Uberti, Angelucci, Moro, Piccioni, Guidi Cingolani Angela, Giordani, Taviani, Di Fausto, Bonomi Paolo, Orlando Camillo, De Palma, Corsanego, Coccia, Dominedò, Caronia, hanno presentato la seguente interrogazione, al Ministro dell’interno, «per conoscere i risultati definitivi delle indagini sul bestiale assassinio dello studente Gervasio Federici, ed i provvedimenti che il Governo intende adottare, affinché la lotta politica non vada progressivamente degenerando in guerra civile, come vari recenti episodi fanno temere».

L’onorevole D’Onofrio ha presentato la seguente interrogazione, al Ministro dell’interno, «per conoscere i risultati dell’inchiesta sui fatti avvenuti a Piazza Dante a Roma la sera dell’11 ottobre e sulla tragica morte del giovane studente Gervasio Federici».

Le due interrogazioni potranno essere svolte congiuntamente, trattando materia analoga. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, le indagini prontamente esperite nella notte stessa del delitto mettevano in luce che una giovane donna vestita di rosso, e che faceva la borsa nera a Piazza Vittorio, aveva incitato all’assassinio; poi aveva tentato di impedire che si portasse soccorso alla vittima ed infine aveva vilipeso il giovane morente.

Subito individuata la donna nella persona di Felicetta Graziani veniva arrestata. Essa, dopo poche ore dal delitto, confessava la partecipazione ai fatti e forniva i particolari più salienti del tragico episodio. Dalle sue dichiarazioni risulta che al giovane Gervasio Federici, rimasto isolato in mezzo ad una turba di fanatici, fu intimato di gridare «Viva il comunismo».

Alla inaudita intimazione il giovane rispondeva «Morte al comunismo». Spinto contro il muro gli veniva inferta una coltellata nella schiena che raggiungeva la colonna vertebrale determinando la morte in pochi minuti per emorragia interna.

La Graziani non ha taciuto che il giovane mantenne contegno fierissimo e si sarebbe salvato se avesse accettata l’intimazione dei suoi aggressori. La stessa Graziani indicava nel compagno Alfredo Pozzi l’autore materiale del delitto. Aggiungeva che recatasi subito dopo il fatto alla sede della vicina sezione comunista incontrava il Pozzi, il quale si informava ansiosamente delle condizioni del ferito ed avuta notizia che questi era moribondo, si allontanava dichiarando che per tutta la vita avrebbe portato il rimorso dell’omicidio.

Queste dichiarazioni la Graziani ha confermato davanti al Procuratore della Repubblica prontamente chiamato.

La confessione della Graziani veniva resa alle ore 8 di domenica. Le ricerche effettuate dalla polizia durante la giornata di domenica e di lunedì alla casa del Pozzi e nel luogo di lavoro davano esito negativo. Il Pozzi si è costituito la sera di lunedì. Benché la confessione della Graziani fosse stata resa fin dalle prime ore del mattino di domenica, per un riguardo alle indagini in corso e nonostante l’ansiosa attesa della cittadinanza, la notizia veniva taciuta. Nel pomeriggio di domenica venivo informato che da elementi del Blocco venivano portati in giro per la città, su carrozzelle, grandi cartelli annunzianti l’arresto dell’assassino; e presso le sedi delle sezioni elettorali veniva diffuso un manifestino del seguente tenore: «Blocco del Popolo. Oggi alle ore 13 è stato arrestato il responsabile dell’omicidio dello studente democristiano Gervasio Federici, avvenuto ieri sera a Piazza Dante nella persona di un fascista repubblichino, reduce dal campo di concentramento di Coltano, domiciliato nel vicino Campo profughi. Cadono così tutte le infamanti accuse della stampa cosiddetta indipendente contro il Blocco del Popolo».

Di fronte all’evidente e tendenzioso falso, autorizzavo l’emissione del noto comunicato. Il comunicato fu diramato alle ore 19.40 e trasmesso col giornale radio delle ore 20, quando già le operazioni elettorali erano finite, o volgevano al termine.

Se tutti c’inchiniamo di fronte a chi testimonia, sino al sacrificio della vita, la fede nel proprio ideale, anche se per avventura erroneo o malefico, il nome di Gervasio Federici s’iscrive nell’albo glorioso del martirologio degli assertori di umane, civili e cristiane libertà; e un popolo libero addita il Suo sacrificio – monito ai vivi – all’ammirazione delle future generazioni.

Ciò sia di conforto all’inenarrabile dolore della famiglia alla quale, a nome del Governo, esprimo il sentimento del più profondo cordoglio. (L’Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi).

Onorevoli colleghi, l’episodio doloroso, rappresenta la più triste, la più tragica conclusione di una serie di manifestazioni che hanno caratterizzata la campagna elettorale romana e che devono richiamare la seria attenzione di questa Assemblea e del popolo italiano.

Qui non ci troviamo di fronte a un fatto per cui si può parlare di causa a effetto: Gervasio Federici non era un fascista repubblichino, non era un reazionario. Aveva combattuto tra i partigiani, in difesa della libertà del nostro Paese; era un democristiano.

Durante la lotta elettorale rappresentanti di partiti, che si erano distinti nella lotta per la libertà hanno subito l’oltraggio della violenza. Un deputato, l’onorevole Matteotti, è stato malmenato in Roma; altri deputati di partiti schiettamente democratici non hanno potuto parlare.

Manifestazioni di questo genere vanno ripetendosi in più parti d’Italia. L’episodio de Il Corriere del Giorno di Taranto non è isolato.

Di fronte a questi fatti, onorevoli colleghi, sorge un problema morale ed un problema politico. Problema morale: come è possibile che giovani, ragazzi, arrivino fino all’assassinio dell’avversario politico. Problema politico: di fronte al manifestarsi, all’intensificarsi di queste violenze, di questi attentati alla libertà; di fronte all’assassinio del Federici, l’opinione pubblica subisce profonde e vaste ripercussioni, e sono facili le comparazioni con altri tempi, onorevoli colleghi. E le ripercussioni che l’opinione pubblica subisce non possono essere corrette col confino di polizia o con leggi in difesa della Repubblica, con leggi eccezionali; perché nessuna legge eccezionale potrà impedire l’esplodere della ribellione dell’opinione pubblica a sistematici e generali attentati alla libertà. C’è un problema politico ed è questo: nell’interesse del Paese e della democrazia, noi non possiamo lasciare che la libertà sia più oltre insultata; non possiamo lasciar sorgere nel popolo italiano la convinzione che per difendere la propria libertà è necessario il ricorso alle armi, all’autodifesa del partito e dei gruppi; non possiamo lasciare che in Italia rinasca quella psicologia diciannovista che portò alle tragiche conseguenze di cui oggi ancora noi siamo le vittime e gli eredi.

Il problema politico riguarda i partiti e riguarda il Governo. Riguarda soprattutto i partiti democratici, coloro i quali credono che per la libertà si muore, non si uccide; riguarda il Governo al quale spetta il dovere di assicurare la libertà ai cittadini.

Di fronte al tragico episodio, io non vorrei dir parola che sonasse offesa a chicchessia; ma vorrei rivolgere soltanto un appello. Un appello perché, di fronte a questo episodio, di fronte al sangue versato, ciascuno di noi rientri in se stesso; e, di fronte al pericolo e al baratro che si apre dinanzi al Paese, si rientri nell’alveo della legalità; e ciascun partito comprenda che soltanto con i mezzi della democrazia e delle leali competizioni è lecito affermare il proprio diritto, e che ogni altro mezzo deve essere bandito.

Io penso che unanime debba essere l’esecrazione: ma non servirebbe a nulla l’esecrazione se dal sangue di questo giovane non sorgesse un monito e non sorgesse soprattutto un impegno morale di tutti noi a rispettare la libertà degli altri.

Il Governo che vuol rimanere sul terreno della democrazia; il Governo che anche di fronte a manifestazioni troppo ovviamente faziose, non si lascia sedurre dalla tentazione di ricorrere a mezzi eccezionali, il Governo si fa tuttavia garante di fronte al Parlamento e di fronte al Paese che si servirà di tutti i mezzi legali per garantire la libertà e la democrazia. (Vivissimi, prolungati applausi al centro e a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Gronchi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GRONCHI. Onorevoli colleghi, io non vorrei – e spero che ciò non sia – che la mia replica alla risposta che l’onorevole Ministro dell’interno ha dato alla nostra interrogazione suonasse, anche soltanto nella forma, inopportunamente polemica. Dinanzi alla maestà della morte, specie quando essa assume aspetti così pietosi insieme e raccapriccianti, abbattendosi con tanta brutalità su una fiorente giovinezza, la rissa politica deve tacere, e le considerazioni, più che ad analizzare i dati del tristissimo avvenimento, più che a ricercare in una complicata esegesi politica quali ne possano essere le origini, devono essere rivolte verso l’avvenire; quasi un monito ad elevare la nostra vita politica a forme più civili e più degne.

Il Ministro dell’interno ha pronunciato nobili parole e le ha pronunciate con fermezza; ma egli mi consenta di dire come nell’animo di noi, non più giovani, si rifacciano vivi e angosciosi certi richiami del passato. Anche allora, dinanzi alla degenerazione delle lotte di partito che andava facendosi più grave, si elevavano accorati appelli da più parti della Camera acché la vita politica si allontanasse da forme e da mentalità di violenza; anche allora si invocava che il sangue sparso segnasse la fine di un sistema e aprisse le possibilità di una convivenza sociale più alta. La vicenda che ne seguì, e che noi tutti ricordiamo, anche perché vive tuttora nelle rovine delle nostre città, nel dolore delle nostre donne, nelle infinite devastazioni materiali e morali, di cui oggi l’Italia offre il doloroso spettacolo, condusse con tragico crescendo ad aggravare la situazione talmente, da rivelare, da un lato, impotenza dello Stato a dominarla, e dall’altro, determinazione violenta di una fazione per conquistare ed opprimere.

Ecco il monito che dovrebbe sorgere da questo triste, raccapricciante episodio.

Ha notato qualcuno che è profondamente significativo che soprattutto nella giovinezza, e nella prima giovinezza, questo germe dell’odio sia così operante e feroce. Questo è un segno che la lotta politica va regredendo verso sistemi, verso mentalità, di fanatismo, che sono inconciliabili con la tolleranza di ogni libera competizione politica. Segno è che la fede, che le fedi politiche varcano spesso quel confine del fervore, che è caratteristico delle sincere adesioni ad una idea, per abbassarsi ad una cieca superstizione, che è sinonimo di intolleranza. E allora si spiega come l’avversario politico – sia esso un individuo o sia un giornale – non debba essere, non possa essere combattuto con una tenace, sia pure impetuosa, propaganda, ma debba addirittura essere eliminato e soppresso.

Questo della violenza, o colleghi – inutile filosofeggiare sulle teorie o sulle esperienze del passato – è un triste pericolo per tutti i popoli. Questa suggestione della violenza che si insinua e finisce per colorare di sé ogni affermazione della propria idea, offre sviluppi e vicende che vanno oltre al pensiero, alle intenzioni, spesso alla buona volontà medesima, di coloro che vi soggiacciono. E quando io ho visto, anche in questa Assemblea, pronti non soltanto all’invettiva, ma anche alle vie di fatto, colleghi di certi settori, è accaduto a me, che rifuggendo dalla violenza non credo di avere il temperamento di un pavido (e sia lecito a questo proposito ricordare quanti di noi che pensano in questo modo hanno operato e nella guerra e nella lotta partigiana), di sentire quanto tristemente e pericolosamente significativa sia questa disposizione di animo, la quale esplode anche in episodi singoli, e di trarne – lasciate che ve lo dica – quasi il senso di un pericolo, che accresce l’amarezza del nostro animo in questo momento di lutto fraterno. Perché mi viene fatto di riflettere come episodi parlamentari, in apparenza insignificanti, si ripercuotono spesso nel Paese come il segno di un’intolleranza, che menti più semplici e rudi, meno capaci di giudizio adeguato, scambiano per un incitamento ad adoperare forme uguali nella lotta politica del Paese.

Quando – non ricordo precisamente in quale seduta – ad esempio, il collega Salizzoni mostrò i segni di un’aggressione che aveva subito, e dalla vostra parte (Indica la sinistra), o colleghi comunisti, una voce si levò ghignando: «Ne hai ricevute poche!», lasciate che io dica che tali atteggiamenti (sebbene non siano forse registrati da nessun resoconto della Camera) dànno a noi veramente il tormento di una estrema perplessità per l’affermarsi ed il consolidarsi della democrazia e della libertà nella nostra Italia. Perché, o colleghi di ogni parte della Camera, la libertà e la democrazia non trovano reale garanzia in nessun ordinamento se non sono divenute un costume, se non sono un modo di pensare e un modo di vivere, se cioè la legge non è che la codificazione di quanto è sentito profondamente dagli strati più larghi della collettività nazionale come una provvida esigenza comune. Ché altrimenti, la legge non può che raccomandarsi semplicemente alla sua efficacia di repressione, e la repressione è inefficiente quasi sempre, quando manca il senso della responsabilità nella coscienza collettiva.

Quando sentiamo parlare da ogni parte della Camera di pacificazione o di unità nazionale, noi rimaniamo alquanto scettici che l’una o l’altra si possano realizzare ove il costume politico non si corregga; noi, che crediamo di dare esempio di non ricorso alla violenza (non citatemi faticosamente qualche esempio o qualche episodio isolato, perché sta di fatto che noi annoveriamo un infinitamente maggior numero di percossi che non di percotitori, nel passato, nel presente e probabilmente nell’avvenire), noi, che obbediamo ad una legge la quale ci dà nella sua esperienza millenaria la riprova che vale più morire per la propria idea che non uccidere per essa.

Il Governo afferma – e di ciò gli diamo atto – che esso è cosciente della sua responsabilità ed è deciso a compiere ogni sforzo. Lo compia ed affronti con estrema chiarezza e con equanime energia la situazione! Non nascondiamoci i fatti che si vanno svolgendo sotto i nostri occhi, la situazione effettiva che vive sotto i nostri occhi! Troppe armi sono ancora in mano di troppa gente; triste fenomeno inevitabile dopo una guerra che ha percorso – si può dire – varie volte la nostra penisola in lungo e in largo, ma problema che, esaminato fin qui troppo spesso con retorica e politica superficialità, è rimasto insoluto per troppo larga parte.

Queste armi che esistono, queste organizzazioni che vanno formandosi (si fanno i nomi di capi che neppure essi dissimulano di avere compiti militari), queste iniziative che stanno fra il militaresco ed il politico, possono rendere vano ad un certo momento lo sforzo del Governo di imporre sopra la rissa politica, o peggio civile, l’autorità dello Stato. Anche nel 1920 e nel 1921, io ricordo, vi era una esposizione sistematica di buone intenzioni dei Governi che si succedettero, ma, poiché allora si lasciò armare come oggi si lascia armati, la forza e l’autorità ed il prestigio dello Stato vennero travolti.

Noi vogliamo che ciò non sia, noi ci auguriamo tutti che non sia, ma il problema dobbiamo porcelo; ed il Governo, che sta veramente al disopra delle aspre vicende dei partiti, deve rendersi conto come il pericolo esista, sia da parte di coloro i quali – dallo spirito di guerra e dallo spirito partigiano o da ideologie rivoluzionarie – hanno ereditato una mentalità di violenza che portano più o meno consapevolmente nella lotta politica, sia anche da parte di altri che più o meno apertamente vanno vagheggiando, con mentalità ugualmente antidemocratica ed illegale, rivolgimenti e ritorni, che noi, pur non sopravalutando, intendiamo di considerare nella loro potenziale consistenza e nel grado di pericolo che per il nostro Paese essi rappresentano.

E questo dico non per esortare il Governo; poiché so che esso segue da vicino anche questa attività di nostalgici la quale va intensificandosi da ogni parte, e se può essere talvolta esagerata come pretesto per ritorsioni ancora più violente, non può negarsi che esista in atto, con forme più o meno palesi. Ma per richiamare ancora una volta che non in una geometrica posizione di centro si deve simboleggiare l’azione di questo Governo; non nello sforzo di equidistanza fra due forze e due tendenze opposte: bensì nella consapevolezza che esso possiede – ne siamo sicuri – della necessità e del dovere di dare prestigio all’autorità dello Stato; autorità, che esso deve sapere imporre a tutti i cittadini insieme per la comune libertà, così che la lotta e la propaganda politica in ogni grado si svolgano nei limiti della legalità, cioè della tolleranza reciproca e del rispetto della legge, che sono inseparabili in un regime di effettiva democrazia.

Questa autorità dello Stato noi invochiamo, esprimendo la piena fiducia che le parole dette oggi dal Ministro segnino la sua linea di condotta inflessibile.

Sappiamo benissimo di non poter chiedere tutto al Governo e alla legge, e perciò quello che qualche scettico potrà definire un patetico appello a tutte le parti della Camera, risuona sul mio labbro mentre termino queste brevi parole. Credo che noi siamo in molti qui, in tutti direi – perché ho fiducia nello spirito di fedeltà e di devozione alle istituzioni parlamentari, che sono per eccellenza le istituzioni democratiche, da parte degli uomini che qui dentro siedono – credo che siamo tutti persuasi che una disciplina liberamente accettata risponda all’interesse del Paese e giovi allo svolgersi di una progressiva libertà e di una sempre meglio affermantesi democrazia. Ma ricordiamoci che tali invocazioni, se non le tradurremo in atto nella nostra condotta individuale e nelle attività di partito, possono apparire cinico espediente di abilità politica che copre metodi di disordine e di illegalità, ed offrire così il pretesto d’invocare ritorni che deprechiamo.

Nella vita politica vi è sempre un gioco di azione e di reazione spesso sottile che va tenuto presente, mentre i partiti spesso dimenticano che cosa possa provocare, nella coscienza dei singoli e in quella degli strati più sensibili della cosiddetta pubblica opinione, certo modo di concepire e condurre la lotta politica.

Attaccando l’avversario con metodi che offendono la libertà e la democrazia, spesso trasciniamo gli altri ad orientarsi verso forme di autorità, come fu anche per il fascismo. Quanto più ci allontaniamo dall’origine di questo, tanto più chiaramente avvertiamo che alla sua base iniziale stava un certo fermento idealistico che poi miseramente finì soffocato dalle dure esigenze della dittatura. Fermento idealistico vivo e naturale in piccola gente, la quale non aveva da difendere alcun privilegio, che non doveva conservare alcuna terra che non possedeva, ma che rampollava da un istinto di libertà ed insorgeva a reagire contro infatuazioni rivoluzionarie, oppressive della libertà.

L’onorevole Nenni ci ha detto: «Abbiamo superato il diciannovismo». Io voglio intendere questo diciannovismo nel senso più integrale, e raccogliere dalla sua parola questo senso di responsabilità che ci conduce a persuaderci come l’insurrezione e la violenza non siano sempre le migliori levatrici della storia, e portino spesso a turbamenti profondi di portata ed effetti incalcolabili ed imprevedibili per coloro che le provocano.

Perciò noi, per convinzione e per esperienza, rimaniamo decisamente fedeli al metodo della democrazia, a quel metodo che riconosce nello Stato il custode di tutte le libertà ed il garante della comune eguaglianza di fronte alla legge.

Questo morto giovinetto deve avere in questo culto della libertà l’omaggio dei suoi compagni di fede, che intendono raccogliere la sua definitiva testimonianza feconda: resistere validamente contro l’intimidazione e la violenza, contro le suggestioni dell’odio, che segnano l’anticiviltà per il nostro Paese, per l’intera umanità. Questo vuol dire che noi siamo, ed intendiamo rimanere rigidamente fedeli ai metodi della libertà e della democrazia, ed aiutare con ogni nostro sforzo il Governo, che ne deve essere garante e responsabile, affinché a tale nostra linea di condotta corrisponda la sua politica. (Vivissimi applausi al centro ed a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole D’Onofrio ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

D’ONOFRIO. Onorevoli colleghi, ho ascoltato con attenzione quanto il Ministro dell’interno ha dichiarato circa gli incresciosi avvenimenti di sabato sera (Commenti al centro). Ma nelle parole del Ministro dell’interno non ho trovato quella serenità e quella obiettività di giudizio che devono essere proprie di un membro del Governo, soprattutto qui in Parlamento, perché se è vero che è avvenuto un fatto increscioso (Commenti), deprecato e condannato da tutti, è però anche vero che su questo luttuoso avvenimento si è speculato e si continua a speculare. (Prolungati rumori ed interruzioni al centro e a destra).

Una voce al centro. Vorrei vedere se fosse stato un comunista cosa sarebbe successo! (Proteste a sinistra – Scambio di apostrofi).

D’ONOFRIO. Il fatto è grave, deplorevole e tanto più deprecabile in quanto da parte dei Partiti aderenti al Blocco del popolo è stato fatto durante tutta la campagna elettorale ogni sforzo (Commenti al centro) per evitare che la competizione elettorale a Roma fosse turbata da avvenimenti che non fanno onore alla cittadinanza, né ai partiti che sono in Roma. (Vivi rumori – Commenti al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sapevamo, prima che incominciasse lo svolgimento delle interrogazioni, che si sarebbe trattato di un argomento doloroso e che ferisce profondamente, e penso che ciascuno di noi si era per l’appunto preparato a questa discussione. Vi pregherei, anche se alcune cose dovessero a qualcuno, a molti o a tutti dispiacere, di consentire che la discussione prosegua con quel senso di profondo raccoglimento con la quale è cominciata.

D’ONOFRIO. Vorrei premettere che quanto sto per dire mira a chiarire gli avvenimenti, a precisare le responsabilità. La mia intenzione è di collaborare alla ricerca della verità. Se, tuttavia, sono costretto qua e là a polemizzare con le posizioni politiche già assunte da altri a questo riguardo, credo di averne il diritto, in quanto durante tutta la campagna elettorale non si è fatto altro che lanciare calunnie contro di noi.

CARONIA. Non è vero!

D’ONOFRIO. La campagna elettorale della Democrazia cristiana a Roma è stata aperta con una grande riunione pubblica, annunciata con manifesti, ai Collegio Romano. Alla riunione parlò un deputato. Doveva prendere subito dopo la parola l’avvocato Mosconi, segretario del Comitato Romano della Democrazia cristiana. Invece dell’avvocato Mosconi, parlò l’onorevole Scelba, Ministro dell’interno, vale a dire la persona meno indicata a parlare in una riunione di parte, la persona meno indicata, per il posto che occupa e la funzione che dovrebbe assolvere al disopra dei partiti, a dare direttive di azione per la imminente campagna elettorale (Interruzioni – Commenti) e a indicare ai democristiani romani gli obiettivi politici della lotta elettorale. (Commenti al centro). Onorevoli colleghi di parte democristiana, siate pazienti. Non è che l’onorevole Scelba non debba occuparsi di politica, ma in quel momento egli aveva il dovere di ricordarsi di essere il Ministro dell’interno, cioè il Ministro della Repubblica, di tutti i cittadini e non dei soli democristiani… (Interruzioni – Commenti al centro).

CHIEFFI. Ci parli del delitto!

D’ONOFRIO. Non dubiti, ne parlerò. La campagna elettorale a Roma, sin dall’inizio, è stata influenzata direttamente dal Ministro dell’interno, e tutto lo svolgimento di essa è stato sottoposto all’interessamento continuo dell’onorevole Ministro, il quale ha mirato a limitare quanto più gli era possibile le libertà di azione dei partiti di sinistra. (Vivi rumori al centro e a destra – Commenti).

CHIEFFI. Le avete difese pugnalando alla schiena quel giovane.

D’ONOFRIO. Le difendiamo combattendo le vostre calunnie. Prevedevamo una battaglia elettorale animata ed abbiamo cercato di servirci di ogni mezzo, per evitare fatti incresciosi. (Interruzioni al centro).

Una voce al centro. Qual è il tema dell’interrogazione?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lascino parlare.

D’ONOFRIO. Allo scopo di evitare attriti proponemmo ai partiti democratici di Roma di venire ad accordi con noi del Blocco del popolo. (Interruzioni – Commenti al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, potrei capire che ad un periodo compiuto dell’oratore seguano commenti o proteste, ma non riesco a comprendere come ciò avvenga ad ogni parola. (Interruzioni al centro).

Onorevoli colleghi, comprenderei una reazione generale di tutti, ma noto il fatto caratteristico che sono sempre gli stessi deputati ad interrompere; questi colleghi possono anche essere i più sensibili, ma tuttavia non hanno avuto mandato, credo, di dare voce, proprio essi, alla indignazione generale.

E poiché mi si è quasi richiamato a fare osservare il tema dell’interrogazione, penso che nessuno voglia sollevare qui una piccola disputa di procedura, alla quale nessuno, peraltro, si è attenuto, e giustamente e nobilmente. Si dica senz’altro se si desidera che la discussione sia limitata, oppure se si vuole, restando in quel piano di dignità, che è stato inizialmente voluto, andare a fondo della questione.

D’altra, parte, non è impedendo ad un oratore di questa Assemblea di parlare che si potranno risolvere i gravi e numerosi problemi, intorno ai quali si sta discutendo.

Onorevole D’Onofrio, prosegua.

D’ONOFRIO. Dicevo, dunque, che il Blocco del popolo, preoccupato di evitare attriti ed urti durante la campagna elettorale, e preoccupato, altresì, di non compromettere per l’indomani del 12 ottobre la possibilità di accordo, di collaborazione e di concordia tra i partiti democratici al Comune, propose, all’inizio della campagna elettorale, ai partiti democratici e repubblicani di Roma e, quindi, anche al Partito della Democrazia cristiana, di costituire un comitato rappresentativo comune per dirimere le vertenze e gli attriti che inevitabilmente sorgono durante le campagne elettorali; un Comitato che avesse potuto, con l’autorità che gli derivava dall’accordo di tutti i partiti, intervenire per far sì che la campagna elettorale si svolgesse in modo leale e cavalleresco. Facemmo queste proposte: a queste proposte la Democrazia cristiana, seguendo una sua fine educazione, come già ebbe ad indicare l’onorevole Giannini alcuni giorni fa in questa Camera (Commenti), non rispose o quando ha risposto, ha risposto in modo negativo e brutale.

Tenaci nella ricerca di un accordo abbiamo proposto alla Democrazia cristiana di associarsi a noi per intervenire presso le autorità al fine di evitare che a Roma avvenissero manifestazioni fasciste. (Commenti al centro).

PRESIDENTE. Non si allontani troppo dall’argomento, onorevole D’Onofrio!

D’ONOFRIO. Malgrado l’importanza del fatto, non avemmo dalla Democrazia cristiana la solidarietà che cercavamo. Quando si svolge una campagna elettorale occorre dimostrare già in alto tra coloro che dirigono che esiste concordia, che s’impone la necessità di evitare disordini e risse. Non fummo ascoltati. Allora per evitare disordini il Blocco del popolo diede a tutti i suoi aderenti la direttiva di non partecipare ai comizi degli altri partiti (Rumori al centro e a destra), di non chiedere contradittori in quei comizi, per evitare appunto qualsiasi pretesto di risse e disordini. (Commenti e interruzioni al centro e a destra).

MAZZA. Se ne è accorto anche l’onorevole Matteotti!

D’ONOFRIO. Onorevole collega, è chiaro che il Blocco del popolo, come pure ogni partito, non può rispondere di tutto quello che fanno coloro che non sono sottoposti alla sua disciplina (Interruzioni dell’onorevole Chieffi – Rumori).

Se c’è un’azione spontanea, da parte di gruppi di cittadini, contro questo o quel partito avversario, la colpa non può esser fatta risalire al Blocco del popolo ed ai partiti che ad esso aderiscono. Con tutta coscienza possiamo dire di aver evitato con i nostri interventi il fattaccio durante un mese e mezzo. Ma il fattaccio è avvenuto sabato sera…

Una voce al centro. Si tratta di un omicidio!

D’ONOFRIO. Chi l’ha compiuto? Domenica mattina i giornali pubblicavano un comunicato della Questura di Roma nel quale si dava già per certo chi era l’assassino. Ma il presunto assassino non era stato ancora arrestato e le accuse che gli venivano fatte non erano ancora state esaminate e controllate; niente, cioè, dava ancora diritto di dire che la versione data dalla ragazza arrestata corrispondesse a verità. (Rumori al centro).

Ma il comunicato della questura, oltre ad andare più in là di quanto era stato accertato, dichiarava che la ragazza era un’«accesa comunista» e che l’autore del delitto era anch’egli un comunista. (Interruzioni e rumori al centro). Né il questore, né le altre autorità si son date la pena di controllare se ciò fosse effettivamente vero. È stato pubblicato, e risponde a verità, che la ragazza arrestata è stata da tempo espulsa dal partito. (Interruzioni – Commenti al centro e a destra).

Questo volere, quindi, il giorno stesso delle elezioni denunciare come comunista l’omicida rivela l’intenzione di servirsi dell’accaduto a scopo elettorale. (Interruzioni – Rumori al centro).

Questa versione dell’accaduto durante tutta la giornata di domenica, ha fatto le spese di tutti gli interventi propagandistici non solo di tutti i giornali di Roma ma anche della radio. Alle ore 13 la radio Campidoglio, oltre a dare la solita versione degli avvenimenti, osò concludere, violando la legge, invitando gli elettori a non votare per il blocco degli assassini!

Poche ore dopo il questore in persona… (Interruzioni – Scambio di apostrofi) il questore in persona tenne una conferenza stampa. (Interruzione del deputato Chieffi), nella quale volle confermare con la sua autorità, per una seconda volta, la solita versione dei fatti, dando così un altro incitamento a svolgere la propaganda elettorale per la Democrazia cristiana contro il Blocco del popolo così come si era incominciato al mattino. (Rumori al centro).

Alle ore 20 il Ministro dell’interno tornò alla carica elettorale ed emanò quel suo comunicato, col quale volendo sconfessare tutte le voci, secondo il Ministro dell’interno false, dava la solita versione degli avvenimenti, e ribadiva i motivi favorevoli alla campagna elettorale della Democrazia cristiana. (Vivissimi rumori – Interruzioni al centro – Commenti).

Onorevoli colleghi, il fatto luttuoso e doloroso di sabato sera ha due momenti: il primo, che è stato caratterizzato da una baruffa tra attacchini del Blocco del popolo ed attacchini della Democrazia cristiana, una di quelle baruffe senza conseguenze e che verteva sul fatto che uno aveva attaccato i propri manifesti su quelli dell’altro. Cosa da nulla; senonché gli attacchini della Democrazia cristiana chiamarono i loro dirigenti e denunciarono il fatto. Il dottor Volpi, della Democrazia cristiana, invece di telefonare alla polizia per invitarla ad intervenire prontamente a metter pace e a regolare ogni cosa, si sostituì alle autorità ed inviò sul posto tre camion carichi di suoi uomini. Quante persone erano sui camion? Erano esse tutte della Democrazia cristiana? Quali ne sono i nomi? Li conosce il questore? Ha indagato il Ministro? No, onorevoli colleghi, su questa circostanza si tace. Intanto dalle informazioni che noi abbiamo, – ne prenda nota il Ministro – le persone che erano sui camion erano armate di bastoni, erano armate di randelli (Interruzioni al centro) e giungendo sul posto vennero scambiate dalla popolazione per fascisti. (Interruzioni – Rumori al centro e a destra – Scambio di apostrofi).

Tanto ciò è vero che un giovane presente all’arrivo dei camion, un tale Marcello Ficatelli, si recò subito dal commissario del Celio a denunziare che in Piazza Dante erano arrivati tre camion di fascisti e che bisognava intervenire.

BENEDETTINI. Voi vedete sempre i fascisti dappertutto!

D’ONOFRIO. Il commissario (onorevole Scelba, è bene che lei controlli) non diede peso alla cosa. Certo è che se la polizia fosse intervenuta a tempo si sarebbe evitato il fatto luttuoso.

L’impressione che ebbero le persone del posto all’arrivo dei camion fu precisamente quella che si trattava di fascisti del Movimento sociale italiano. Gli sfollati che abitano nella scuola vicina, al grido di allarme, che erano arrivati i fascisti, scesero anch’essi in piazza. Quante persone erano presenti alla colluttazione? Non meno di trecento, signori della Camera.

Una voce al centro. Ha fatto un’inchiesta?

D’ONOFRIO. Si capisce.

Questi dati di fatto che cito credo che debbano per lo meno far pensare, prima di accettare per buona e vera la versione iniziale data dalla Questura e dal Ministro. Esse inducono piuttosto a ritenere che tanto la Questura quanto il Ministro siano stati presi da una precipitazione inconsueta in questi casi. In effetto, prima ancora che l’autorità giudiziaria intervenisse e prima ancora che ogni denuncia fosse stata controllata, si sono dati in pasto al pubblico delle indicazioni che possono pregiudicare la stessa indagine giudiziaria. (Interruzioni al centro – Commenti).

La speculazione elettorale e politica, onorevoli colleghi, risulta evidente. (Vive proteste al centro – Scambio di apostrofi).

Abbiamo avuto in Italia in questi ultimi tempi molti dei nostri: comunisti, socialisti, organizzatori sindacali bastonati, uccisi. (Proteste al centro). Nessuno, né il signor Ministro dell’interno, né il Presidente del Consiglio, né i rappresentanti della Democrazia cristiana hanno fatto lo scalpore che hanno fatto per il giovane democristiano ucciso sabato. (Rumori al centro e a destra – Interruzioni).

I nostri morti, i morti del popolo non valgono quelli degli altri! Ma il più grande affronto fatto al Blocco del popolo, ai partiti che ad esso aderiscono, alla cittadinanza romana che ha votato per noi (Rumori al centro), sono stati quei manifesti che in occasione dei funerali sono stati affissi sui muri di Roma (Interruzioni al centro) nei quali non si esprime soltanto il cordoglio attorno alla salma del giovane caduto, cordoglio che tutti quanti noi condividiamo, cordoglio al quale ci siamo associati fin dal primo momento; ma in quei manifesti listati a lutto che dovevano appunto indurre a raccogliersi attorno alla bara del Federici tutta la cittadinanza romana senza distinzione di partito, in quei manifesti si faceva ancora una volta una speculazione politica, tacciando gli aderenti al Blocco del popolo come assassini, come gente che avrebbe ucciso il giovane Federici per sopprimere la libertà. (Rumori prolungati al centro – Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole D’Onofrio, concluda.

D’ONOFRIO. Ho finito. Vorrei anch’io porre una domanda. (Vivi rumori al centro – Scambio di apostrofi).

PRESIDENTE. Facciano silenzio, onorevoli colleghi.

D’ONOFRIO. Non voglio fare della filosofia sulla violenza, come ha fatto l’onorevole Gronchi. Io chiedo: da che cosa deriva tutto questo stato d’animo, tutta questa eccitazione? (Rumori al centro).

BENEDETTINI. Dall’azione diretta: ecco da che cosa deriva!

D’ONOFRIO. Deriva, onorevoli colleghi, dalla politica di discordia che il Governo persegue. (Vive proteste al centro). In un discorso tenuto a Roma l’onorevole De Gasperi…

Una voce al centro. Si discute la politica del Governo? (Commenti).

D’ONOFRIO. …l’onorevole De Gasperi diceva: (Proteste al centro – Vivi rumori) «Vi è un nemico che non ha scrupoli e che soprattutto non ha scrupoli circa i bersagli e circa le armi». Il nemico che non ha scrupoli e non bada all’uso delle armi per l’onorevole De Gasperi saremmo noi. (Interruzioni al centro – Vivi rumori).

«Io vi domando – diceva l’onorevole De Gasperi ai democristiani di Roma – coraggio, prudenza, ma anche impeto di battaglia: che ciascuno prenda i suoi impegni come se partisse per un lungo viaggio, perché la battaglia sarà dura».

GULLO FAUSTO. Questo è un incitamento alla guerra civile. (Proteste al centro).

Una voce al centro). Viene da voi l’incitamento! (Rumori – Scambio di apostrofi).

D’ONOFRIO. In queste parole dell’onorevole De Gasperi c’è un allarmismo che non è giustificato. Il Partito comunista, che ha contribuito alla conquista della libertà sacrificando la vita dei suoi migliori quando molta gente, oggi coraggiosa, preferiva restare chiusa in casa, agisce alla luce del sole ed è garanzia di libertà. (Vivissimi rumori al centro e a destra – Interruzioni).

PRESIDENTE. Facciano silenzio! Facciano silenzio!

D’ONOFRIO. Non c’è chi non veda che in queste parole dell’onorevole De Gasperi è contenuto un chiaro incitamento alla lotta e alla violenza. (Vive proteste al centro e a destra – Interruzioni).

Una voce al centro. È un’irrisione, questa!

PRESIDENTE. Onorevole D’Onofrio, la prego di concludere!

D’ONOFRIO. Onorevoli colleghi di parte democristiana, se si vuole realmente creare nel nostro Paese un’atmosfera di tranquillità e di pace, bisogna che queste parole di discordia dell’onorevole De Gasperi non siano ripetute e, soprattutto, non siano seguite dalla Democrazia cristiana. (Vivi rumori – Commenti al centro e a destra – Applausi all’estrema sinistra).

BENEDETTINI. Il popolo italiano ha aperto gli occhi, ormai, e ne sa abbastanza dei vostri sistemi. (Proteste a sinistra – Scambio di apostrofi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, penso che se chiudessimo questa seduta senza che il Presidente dell’Assemblea esprimesse il pensiero che, ne sono convinto, forse trova in fondo concordi tutti, il Presidente mancherebbe ad un suo dovere.

Purtroppo, nella storia, la conquista della libertà ha sempre voluto un suo prezzo di sangue; ma non l’esercizio della libertà (Approvazioni): una cosa è conquistarla, e altra cosa è poi fruirne e goderne; e non dovrebbe invece imporsi questo tragico tributo per l’esercizio della libertà. Quanto meno, tutti sono d’accordo che il popolo italiano non vuole e non deve più pagarlo. (Approvazioni).

Non vi sono spiegazioni che possano attenuare il senso di affanno e di dolore che ogni violenza omicida suscita in tutti. Il lutto che ha colpito una famiglia, che era lieta, ed oggi è prostrata dal dolore, e che ha colpito un importante partito italiano e il popolo tutto di Roma, non può non essere anche lutto dell’Assemblea Costituente.

Personalmente ho inviato ai genitori infelici queste parole: «Unendomi all’unanime condanna per la violenza omicida che, misconoscendo la libertà riconquistata, ha piombato in un dolore atrocissimo il loro cuore, mi inchino alla salma compianta, cui il popolo romano si accinge a tributare reverenti e commosse onoranze».

Ma non sono certamente i sentimenti personali e i pensieri dei singoli che potranno sbarrare il passo al ritorno della violenza, di una violenza che tutti debbono deprecare.

Occorre una volontà unanime a questo scopo, una volontà schietta, decisa, di tutti gli italiani, di tutti gli italiani democratici, che hanno, nel comune sacrificio, riaffermato la libertà nel nostro Paese. Ed io vorrei che non solo la voce, ma l’attività concreta dell’Assemblea Costituente fosse un cemento consapevole e indistruttibile di questa comune volontà. (Vivi, generali applausi).

Chiusura della votazione segreta.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto sull’emendamento Laconi-Grieco al primo comma dell’articolo 69, nuovo testo, del progetto di Costituzione:

Presenti e votanti     295

Maggioranza           148

Voti favorevoli        135

Voti contrari                        160

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Ayroldi.

Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchini Laura – Binni – Bocconi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosco Lucarelli – Bozzi – Braschi – Buonocore – Burato.

Cacciatore – Cairo – Calamandrei – Caldera – Camposarcuno – Canevari – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cicerone – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsi – Corsini – Cosattini – Costa – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

De Caro Gerardo – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michelis Paolo – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – Donati – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fusco.

Gallico Spano Nadia – Gervasi – Geuna – Ghidini – Giacchero – Giolitti –Giordani – Giua – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gullo Fausto.

Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – La Rocca – Lazzadri – Lizier – Lizzadri – Lombardi Riccardo – Longhena – Lucifero – Luisetti – Lussu.

Magnani – Magrini – Malvestiti – Mannironi – Marazza – Marconi – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Meda Luigi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minio – Molè – Molinelli – Monticelli – Montini – Morandi – Morini – Moro – Mortati – Murgia – Musolino.

Nasi – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Paolucci – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perassi – Persico – Pesanti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignatari – Platone – Ponti – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Eugenio – Recca – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Santi – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Selvaggi – Siles – Silipo – Spallicci – Spataro – Stampacchia – Stella.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi.

Uberti.

Valiani – Valmarana – Venditti – Vernocchi – Veroni – Vicentini – Vigo – Villani.

Zaccagnini – Zanardi – Zuccarini.

Sono in congedo:

Alberti – Angelini.

Bonino.

Caporali – Carmagnola – Caso.

Dozza – Dugoni.

Jacini.

Martino Gaetano – Mastino Gesumino.

Pera – Perrone Capano – Porzio.

Roselli.

Sapienza – Sardiello.

Turco.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alle 16.

La seduta termina alle 13.50.