ASSEMBLEA COSTITUENTE
CCLVII.
SEDUTA POMERIDIANA DI MARTEDÌ 14 OTTOBRE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Sui lavori dell’Assemblea:
Tonello
Presidente
Comunicazioni del Presidente:
Presidente
Presentazione di un disegno di legge:
Grassi, Ministro di grazia e giustizia
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione
Perassi
Preti
Colitto
Moro
Clerici
Nobili Tito Oro
Costa
Nobile
Persico
Mortati
Caronia
Tonello
Laconi
Tosato
Micheli
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio
Lucifero
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 17.10
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.
(È approvato).
Sui lavori dell’Assemblea.
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Per un senso di riguardo verso i colleghi, che si sono recati ai funerali del giovane Federici domanderei che sospendessimo per mezz’ora la seduta.
PRESIDENTE. Penso che tutti i colleghi concordino sulla proposta dell’onorevole Tonello. Pertanto, sospendiamo la seduta per mezz’ora.
(La seduta, sospesa alle 17.30, è ripresa alle 18.10).
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che, avendo l’onorevole Romita rinunziato a far parte della Giunta per il Regolamento, ho chiamato a sostituirlo l’onorevole Nobili Tito Oro.
Ho poi chiamato l’onorevole Cavallari a far parte della Commissione per l’esame delle leggi elettorali, in sostituzione dell’onorevole Ravagnan, dimissionario.
Presentazione di un disegno di legge.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Mi onoro di presentare il disegno di legge:
«Soppressione del Senato e determinazione della posizione giuridica dei componenti».
Prego l’onorevole Presidente di voler nominare una Commissione speciale che esamini d’urgenza questo disegno di legge.
PRESIDENTE. Do atto al Ministro di grazia e giustizia della presentazione di questo disegno di legge, e chiedo alla Camera se consente alla richiesta di nominare una apposita Commissione che possa riferire di urgenza.
(Così rimane stabilito).
Mi riservo di comunicare i nomi dei componenti la Commissione.
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: «Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana».
Dobbiamo esaminare l’articolo 68. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti cui sia conferita da legge costituzionale.
«Il popolo ha sempre l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un disegno redatto in articoli».
PRESIDENTE. All’articolo 68 è stato presentato un solo emendamento: quello dell’onorevole Perassi, del seguente tenore:
«Al secondo comma, sopprimere la parola: sempre».
Onorevole Ruini, qual è il parere della Commissione?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato accetta.
PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
PERASSI. La parola «sempre» è inutile: in omaggio allo spirito deflazionistico, sopprimiamola.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 68:
«L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti cui sia conferita da legge costituzionale».
(È approvato).
Pongo in votazione il secondo comma con l’emendamento soppressivo dell’onorevole Perassi:
«Il popolo ha l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un disegno redatto in articoli».
(È approvato).
Passiamo all’articolo 69. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Ogni disegno di legge deve essere previamente esaminato da una Commissione di ciascuna Camera secondo le norme del rispettivo regolamento; e deve essere approvato dalle Camere, articolo per articolo, con votazione finale a scrutinio segreto.
«Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per l’esame e l’approvazione di disegni di legge, dei quali sia dichiarata l’urgenza.
«Su richiesta del Governo o del proponente, ciascuna Camera può deliberare che l’esame di un disegno di legge sia deferito ad una Commissione composta in modo da rispettare la proporzione dei gruppi alla Camera, e che su relazione della Commissione si proceda alla votazione senza discutere, salve le dichiarazioni di voto.
«Tale procedimento non è applicabile ai disegni di legge concernenti l’approvazione dei bilanci e l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali».
PRESIDENTE. È stato presentato un emendamento dagli onorevoli Preti, Rossi Paolo e Corbi, del seguente tenore.
«Sostituirlo col seguente:
«I disegni di legge di carattere costituzionale e quelli concernenti l’approvazione dei bilanci, l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e la delegazione dei poteri legislativi al Governo sono previamente esaminati da una Commissione di ciascuna Camera secondo le norme del rispettivo regolamento; e devono essere approvati dalle Camere, articolo per articolo, con votazione finale a scrutinio segreto.
«L’esame di ogni altro disegno di legge, salvo contraria richiesta del Governo o di almeno un decimo dei membri della Camera, è deferito ad una Commissione composta in modo da rispettare le proporzioni dei gruppi alla Camera. Su relazione della Commissione si procede alla votazione senza discutere, salvo le dichiarazioni di voto».
L’onorevole Preti ha facoltà di svolgerlo.
PRETI. Credo che noi tutti siamo d’accordo nel riconoscere che la procedura prevista dall’articolo 69 del progetto è troppo pesante. Noi dobbiamo adottare un testo maggiormente adatto alle necessità della legislazione moderna.
I dibattiti svoltisi fino a questo momento hanno dimostrato ad abundantiam che l’Assemblea plenaria – anche prescindendo dalla troppo nota considerazione che essa non avrebbe a disposizione uno spazio di tempo sufficiente – non è l’organo idoneo alla discussione delle leggi di ordinaria amministrazione. L’assenteismo dei deputati ne è la chiara riprova.
I dibattiti in Assemblea plenaria hanno ragion d’essere soltanto quando si discutono i grandi problemi che interessano la Nazione. Allora gli oratori che parlano da questi banchi parlano al popolo italiano.
Pertanto la discussione ed approvazione della legge, articolo per articolo, deve esser riservata all’Assemblea plenaria solo in ordine a quelle materie che, di regola, implicano un’importante decisione politica da parte dei gruppi responsabili. A questa categoria mi pare che non appartengano se non le leggi costituzionali, quelle di approvazione dei bilanci e dei trattati internazionali, e quelle relative alla delega legislativa.
La stessa Inghilterra, pur così tradizionalista, ci ammonisce che oggi è necessario procedere all’esame delle leggi ordinarie attraverso le Commissioni; le quali, in sostanza, sono organi tecnici specificamente competenti, che assolvono, con risparmio di tempo e con assai maggiore precisione, un compito cui l’Assemblea plenaria sarebbe impari.
Nel mio emendamento ho previsto pertanto che all’Assemblea plenaria sia riservata semplicemente la votazione finale in ordine a quei progetti di legge che non rientrano in nessuna delle quattro categorie dianzi menzionate, a meno che il Governo o un certo numero di membri della Camera non avanzi contraria istanza.
Gli emendamenti presentati dagli onorevoli Perassi e Persico, pur fondandosi su una diversa tecnica, si propongono il medesimo mio obiettivo: abbreviare e razionalizzare la procedura legislativa. Ritengo pertanto che si possa trovare una formula, che accontenti sia me che gli altri presentatori di emendamenti.
PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, dopo le parole: secondo le norme del rispettivo regolamento, aggiungere le seguenti: la quale ne propone l’accoglimento, il rigetto o la modifica, nominando nel suo seno un relatore».
Ha facoltà di svolgerlo.
COLITTO. Rinunzio a svolgerlo, mantenendolo.
PRESIDENTE. L’onorevole Moro ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, sopprimere le parole: a scrutinio segreto».
Ha facoltà di svolgerlo.
MORO. Il mio emendamento, signor Presidente, si illustra con pochissime parole. Esso tende a sopprimere nell’articolo 69 del progetto di Costituzione il richiamo allo scrutinio segreto come mezzo necessario di votazione finale dei disegni di legge. Ora, il problema della votazione per scrutinio segreto fu sollevato in questa Assemblea già in sede di Giunta del Regolamento, perché, in effetti, nel corso di questi nostri lavori, l’uso e forse l’abuso che si è fatto di questo mezzo di votazione hanno dimostrato l’opportunità di rivedere per lo meno le modalità che lo regolano. Io non voglio entrare nel merito della ammissibilità o meno di questo mezzo di votazione nella Camera. Però mi ripugna che si faccia richiamo, nientemeno che nel testo costituzionale, a questo sistema particolare di votazione del quale si possono dire due cose: da un lato tende ad incoraggiare i deputati meno vigorosi nell’affermazione delle loro idee, e dall’altro tende a sottrarre i deputati alla necessaria assunzione di responsabilità di fronte al corpo elettorale, per quanto hanno sostenuto e deciso nell’esercizio del loro mandato. Da quanto ho detto risalta che il problema ha carattere regolamentare e che più opportunamente sarà deciso dalla Camera futura o anche da questa Assemblea, ma in altra sede.
Quindi la mia richiesta di soppressione non significa respingere il principio della votazione per scrutinio segreto – cosa che resta impregiudicata e va deferita per la sua decisione alla sede regolamentare – ma solo è rifiuto a consacrare costituzionalmente questo strumento di votazione che ha già dato luogo a tanti inconvenienti.
PRESIDENTE. L’onorevole Clerici ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, sopprimere le parole: a scrutinio segreto».
L’onorevole Clerici ha facoltà di svolgerlo.
CLERICI. Onorevoli colleghi, naturalmente, mi associo a quanto è stato esposto nell’emendamento soppressivo dal collega ed amico onorevole Moro, alle cui osservazioni completamente mi rimetto, limitandomi a sottolineare soltanto un punto. Io credo che nessuna Costituzione contempli lo scrutinio segreto, perché è questa una delle questioni tipicamente regolamentari. Quindi noi dobbiamo lasciare impregiudicata la questione dei sistemi di scrutinio per le Camere future e non trattarla nella Costituzione, che, speriamo, durerà decenni. Infatti io mi auguro che frattanto l’esperienza possa trovare, anche con l’aiuto di qualche ausilio meccanico, qualche nuovo sistema di scrutinio che faccia risparmiare ai nostri successori tutto il tempo che da noi si perde in lunghe ore di fila o di attesa nei banchi allorché votiamo con il sistema dello scrutinio segreto, o dell’appello nominale. Rimettiamo per ciò alla Camera futura di stabilire le varie forme di scrutini, che sono questioni di natura e materia regolamentari. Chiedo all’onorevole Presidente che, in considerazione di quanto ho detto, sia messa ai voti per divisione l’ultima parte del primo comma dell’articolo in questione.
PRESIDENTE. L’onorevole Nobili Tito Oro, ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, alle parole: a scrutinio segreto, sostituire le parole: per appello nominale».
Ha facoltà di svolgerlo.
NOBILI TITO ORO. Il mio emendamento si ispira alle stesse considerazioni alle quali si sono ispirati i colleghi che hanno testé parlato, ma il suo svolgimento presuppone una questione preliminare che non va sottaciuta. L’articolo 69 sancisce al terzo comma un’importante deroga ai principi di diritto costituzionale, riconoscendo a ciascuna delle due Camere il potere di delegare a una Commissione formata con criteri di proporzionalità politica, l’esame e la discussione di un disegno di legge, riservando all’Assemblea che, su relazione della Commissione, si proceda alla votazione, senza discutere, salvo le dichiarazioni di voto. Siffatta deroga, come è lecito presagire in base agli emendamenti già presentati e a quelli che si annunciano, raggiungerà l’effetto, nelle deliberazioni di questa Assemblea, di riconoscere ai due rami del Parlamento la facoltà di delegare alle Commissioni di cui sopra l’approvazione stessa di leggi urgenti e di interesse secondario, quanto dire del potere legislativo, del quale essi dovrebbero essere, secondo la pura tradizione costituzionale, depositari e custodi.
Si comprende, pertanto, che un così grave riconoscimento debba considerarsi materia di Costituzione; ma non si comprende come, a introduzione di questa innovazione, si sia preteso di premettere, coi primi due commi, delle regole che sono fuori della materia della Costituzione e che appartengono esclusivamente ai poteri interna corporis di ciascuna Camera, che li esercita, dando a se stessa il Regolamento della propria attività, Regolamento che trova la sua più indispensabile funzione nel procedimento di formazione delle leggi.
Sotto questo aspetto, pertanto, i primi due commi dell’articolo 69 andrebbero completamente soppressi, per non invadere il campo riservato alla funzione autoregolamentare delle Camere legislative; comunque, anche se non si volessero sopprimere per ragioni di sistematica e per completezza di indicazioni sul procedimento di formazione delle leggi, si dovrebbe per lo meno rinunciare a pretendere di pregiudicare l’esercizio della facoltà regolamentare coll’imporre, in questa sede, una norma di votazione finale delle leggi piuttosto che un’altra, anziché lasciar liberi i due rami di sceglierla e stabilirla da sé: quanto dire che dovrebbe per lo meno sopprimersi, alla fine del primo comma, la votazione a «scrutinio segreto».
Questo ho dichiarato nella riunione testé tenuta cogli altri presentatori di emendamenti e col Presidente della Commissione, onorevole Ruini. E mi sono dimostrato propenso (ove fosse accettata la proposta di soppressione, che lascerebbe impregiudicata la questione della forma di votazione e la riserverebbe ai Regolamenti dei due rami del Parlamento) a rinunciare al mio emendamento, col quale chiedo che si stabilisca fin d’ora che la votazione finale delle leggi avvenga per appello nominale anziché a scrutinio segreto.
Il voto a scrutinio segreto è stato ripudiato da tutte le Costituzioni, fuorché da quella bulgara. Esso è stato introdotto nei periodi di decadenza e di oppressione. Negli arenghi dei liberi comuni, pubblica e palese era la manifestazione del voto, come libera era stata in Roma repubblicana. Il voto a scrutinio segreto non rivela né schiettezza, né lealtà, né sicurezza nell’assumere la responsabilità dell’opinione che si manifesta, anzi che non si manifesta, ma che si affida al segreto dell’urna. Non garantisce, in conseguenza, la ponderazione di chi sa di dover rispondere del proprio voto.
Con la votazione a scrutinio segreto si impedisce il controllo dell’opinione pubblica e soprattutto quello del corpo elettorale sui propri deputati. Al contrario, il voto per appello nominale, che io propongo in sostituzione di quello a scrutinio segreto, si afferma strumento di educazione civile, di avviamento alla sincerità nei rapporti sociali e nella vita pubblica; impedisce quel «doppio giuoco» che, ormai, è entrato disgraziatamente in tanta parte del costume politico.
Per tutte queste considerazioni ho proposto la sostituzione dell’appello nominale allo scrutinio segreto.
Ma nella discussione intervenuta fra i presentatori di emendamenti e la Commissione è stato riconosciuto che, se è opportuno non stabilire, alla fine del primo comma, la forma di votazione a scrutinio segreto, è altrettanto opportuno di evitare la prescrizione della forma di votazione per appello nominale. Occorre rispettare il diritto, che spetta alle Camere legislative di determinare esse, ciascuna col proprio Regolamento, anche la forma di votazione da seguire per la finale deliberazione su ciascuna legge.
Per queste ragioni, io ho rinunciato alla sostituzione dell’appello nominale allo scrutinio segreto ed ho accettato la proposta dell’onorevole Ruini di sopprimere completamente, nel primo comma, l’indicazione della forma di votazione. E confido che alla risoluzione concordata vorrà ragionevolmente informarsi anche l’Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Nobili Tito Oro, lei ha presentato altri due emendamenti a questo articolo:
«Al terzo comma sopprimere le parole: e che, su relazione della Commissione si proceda alla votazione senza discutere, salve le dichiarazioni di voto».
«Sopprimere il quarto comma».
Ha facoltà di svolgerli.
NOBILI TITO ORO. Al momento della presentazione dell’emendamento la Commissione non appariva chiaramente orientata verso la completa delega, da parte della Camera, dei poteri legislativi a Commissioni, formate sia pure colla rappresentanza proporzionale di tutti i partiti, e limitatamente a leggi urgenti e di più scarso rilievo; si era accontentata di delegare ad esse l’esame e la discussione, riservando alle Camere di votarle in Assemblea senza discussione, in base alla relazione della Commissione e colla sola facoltà di dichiarazione di voto. Da ciò il mio emendamento, rivolto a rivendicare all’Assemblea anche il diritto di discussione.
Ma gli emendamenti presentati hanno portato la Commissione a orientarsi, per determinate materie e per casi di urgenza, a una completa delega di poteri legislativi, per effetto della quale le Commissioni potranno essere investite anche della votazione delle leggi deferite al loro esame.
Di fronte a questa profonda e imprevista modificazione del testo del progetto veniva a mancare il presupposto del mio emendamento e a me non rimaneva altra possibilità che quella di riservare a me e al mio Gruppo il diritto di sostenere il testo originario del progetto e, in relazione ad esso, il mio emendamento, tendente a riservare all’Assemblea nelle ipotesi contemplate nel terzo comma, oltre al diritto di votare le leggi in esso previste, anche quello di eventualmente discuterle.
Non ho escluso per altro, e non escludo, la possibilità di votare il nuovo testo qualora esso faccia salvo il diritto, da parte dell’Assemblea o di un determinato numero di deputati o delle Commissioni stesse, di chiedere, quando se ne ravvisi un fondato motivo, che tati leggi siano esaminate direttamente dall’Assemblea medesima. E tale possibilità confermo.
Quanto alla proposta soppressione del quarto comma ho già dichiarato alla Commissione di non insistervi e la ritiro.
PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il terzo e il quarto comma con i seguenti:
«Il regolamento può altresì stabilire i casi e le forme in cui l’esame e l’approvazione di disegni di legge siano deferiti a Commissioni composte in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi alla Camera.
«Il procedimento preveduto dal primo comma non può essere derogato per i disegni di legge in materia costituzionale e quelli concernenti l’approvazione di bilanci e di rendiconti consuntivi, l’autorizzazione a ratificare trattati internazionali e la delegazione di poteri legislativi al Governo».
Ha facoltà di svolgerlo.
PERASSI. L’emendamento che ho presentato riguarda il terzo e il quarto comma dell’articolo 69. Nel mio pensiero, quindi, il primo ed il secondo comma restano così come sono stati formulati.
Il primo comma ha per iscopo di determinare il procedimento normale di esame e di approvazione delle leggi, stabilendo il particolare principio che la Camera vota articolo per articolo e vota poi complessivamente sul disegno di legge.
Il secondo comma prevede che il Regolamento di ciascuna Camera stabilisca procedimenti abbreviati per l’esame e l’approvazione di disegni di legge di carattere urgente. Queste due disposizioni non sono toccate dal mio emendamento.
Invece, io ritengo opportuno di riesaminare e di formulare diversamente il terzo comma, che, fra questi che abbiamo sott’occhio, è il più importante.
E devo fare anzitutto una constatazione di notevole interesse generale ed è che da tutte le parti della Camera, si può dire, è stata avvertita l’esigenza di far fronte ad una situazione che l’esperienza ha messo in evidenza e cioè che le Camere dello Stato moderno sono ingombrate di lavoro legislativo, la macchina di produzione delle leggi è diventata una macchina che deve lavorare enormemente.
È vero che l’adozione dell’ordinamento regionale potrà avere una notevole influenza di deflazione di questa macchina centrale legislativa, ma non c’è da farsi, a questo riguardo, molte illusioni. Il Parlamento centrale avrà sempre molto da fare.
Ora, si è posto sotto la spinta, l’aculeo della necessità, questo problema: è possibile studiare qualche organismo per cui si renda più facile il funzionamento della macchina parlamentare legislativa? L’esperienza, dicevo, indica a questo riguardo la via da seguire. Tutti voi avete avuto occasione di notare che le poche leggi ordinarie che sono state esaminate dall’Assemblea Costituente hanno richiesto un numero notevolmente lungo di sedute, con discussioni talora confuse. Un’altra osservazione a questo riguardo si può fare: io ho avuto la curiosità di vedere, ad esempio, quanti deputati hanno partecipato alla discussione dell’imposta patrimoniale o della legge comunale e provinciale. Un numero ristrettissimo: 40-50, non più di 60. Allora si pone questo problema: in che modo sveltire la macchina legislativa? Nella seconda Sottocommissione era stato già esaminato questo problema e ne era venuto fuori il terzo comma. Era un primo passo su questa via.
Io credo che occorra fare un passo più in là, ossia avere il coraggio di dire che la Camera per taluni casi possa deferire non soltanto l’esame, ma anche l’approvazione di un disegno di legge a Commissioni che siano costituite, naturalmente, in maniera da rispecchiare la proporzione dei Gruppi.
Il terzo comma, così come formulato nell’emendamento, afferma precisamente questo concetto, stabilendo che il Regolamento può indicare i casi e le forme in cui l’esame e l’approvazione di disegni di legge siano deferiti a Commissioni composte in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi alla Camera. Rilevo anzitutto che questa formula lascia una facoltà al Regolamento. Dice «può», quindi la questione è rimessa al Regolamento. Osservo inoltre, per mettere in evidenza la portata di questa norma, che è certamente una norma delicata, che il Regolamento di ciascuna Camera, in virtù di una norma che noi abbiamo già inserito nella Costituzione, non può essere adottato da ciascuna Camera se non a maggioranza assoluta dei propri componenti. Quindi il Regolamento offre notevoli garanzie.
In sede di formazione del Regolamento è evidente che ciascuna Camera avrà cura di regolare l’applicazione di questo principio mettendo tutte le cautele e le garanzie che riterrà opportune.
Non voglio fare della casistica, né precisare ora queste cautele e condizioni, ma se ne possono indicare molte. Ciò che è importante è di rilevare che la Camera, facendo il Regolamento, ha tutte le libertà e certamente di questa libertà userà nel senso di indicare in maniera precisa le cautele con le quali questa norma eccezionale dovrà essere applicata. Aggiungo che questa formula è stata esaminata in quella piccola riunione che abbiamo tenuto nell’intervallo dei lavori di questa seduta, e che questo emendamento è stato preso in considerazione, ed è stata suggerita da diverse parti anche qualche limitazione, ad esempio, questa: che, ferma restando la possibilità al Regolamento di determinare i casi e le forme nelle quali avviene questo deferimento di disegni di legge alle commissioni anche per l’approvazione, tuttavia, su richiesta del Governo o di 30 deputati, il disegno di legge debba seguire, invece, la procedura ordinaria, ossia essere sottoposto per l’approvazione direttamente alla Camera.
Questa cautela può essere riassunta com’è stato proposto al Comitato, mediante un inciso che prenderebbe posto nel testo dello emendamento dopo le parole «in cui». Ossia si direbbe:
«…in cui, salva contraria richiesta del Governo o di 30 membri della Camera, l’esame ecc.».
Per conto mio non ho difficoltà ad accedere a questo suggerimento, inserendolo nel testo dell’emendamento.
Resta il quarto comma, che ha un altro scopo: quello di precisare in maniera netta che vi sono alcuni disegni di legge di certe categorie, per i quali non si può derogare al procedimento normale che è indicato nel primo comma. Questo comma già esisteva, in fondo, nel progetto della Costituzione; soltanto è stato integrato. Già l’onorevole Costa in un suo emendamento aveva rilevato la necessità evidente di comprendere fra i disegni di legge per i quali non è possibile derogare al procedimento ordinario, i disegni di legge di carattere costituzionale. Questo è evidente.
Io ho ritenuto opportuno includere anche un’altra categoria, ossia i disegni di legge per la delegazione legislativa al Governo.
Su questo quarto comma mi pare che non potrà sorgere discussione.
Mi limito a concludere mettendo in opportuna evidenza la questione del terzo comma: questa è una questione grossa che si presenta. Mi auguro che la Camera in questa occasione esamini il problema, prescindendo da punti di vista politici. È una questione che interessa tutti, perché si tratta di risolvere il problema di un proficuo lavoro del Parlamento, ricordando che se il Parlamento, date le sue procedure, è messo in condizioni tali da non poter far fronte ai fabbisogno normale della produzione legislativa, è evidente che si aprono altre vie. Sarebbe difficile, in questa ipotesi, impedire che il Governo assuma poteri legislativi.
Raccomando pertanto alla Camera di esaminare con molta meditazione questo emendamento, tenendo conto che, in fondo, si tratta di un punto di vista che è stato accolto da molte parti. Mi auguro pertanto che l’Assemblea vorrà aderire a questa proposta del Comitato.
PRESIDENTE. L’onorevole Clerici ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il terzo comma con i seguenti:
«Ciascuna Camera può suddividersi in Commissioni permanenti per l’esame di gruppi di provvedimenti di legge, composte tuttavia in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi parlamentari.
«Ciascuna Camera può deliberare, anche su richiesta del Governo o del proponente, che l’esame di un disegno di legge sia deferito a una Commissione permanente o a una speciale Commissione, costituita in modo analogo, e che su relazione della Commissione si proceda alla votazione senza discussione, salve dichiarazioni di voto. Le sedute delle Commissioni in tali casi sono pubbliche».
Ha facoltà di svolgerlo.
CLERICI. Onorevoli colleghi, circa questo mio emendamento, ho poco da aggiungere a quanto ha già detto sull’argomento l’onorevole Perassi. Chi ha avuto la cortesia di seguire il mio discorso su questa parte nella nostra discussione generale, il giorno 11 dello scorso mese, ricorderà probabilmente le statistiche che allora io ho citato alla Camera e che hanno avuto l’onore di fermare l’attenzione dell’onorevole Conti, il quale, due giorni dopo, ha riletto all’Assemblea sul testo stenografico il lungo passo del mio discorso in proposito. Da quelle statistiche – lo dico per i colleghi che non fossero stati presenti a quella discussione – si trae sinteticamente un dato inconfutabile, e cioè, che non soltanto durante e dopo, ma anche prima della grande guerra del ’15-’18, e press’a poco dal 1906-1908 in poi, in realtà il Parlamento italiano non ha funzionato più, né più poteva funzionare. Si potrebbe d’altronde estendere il rilievo anche ad altri Parlamenti nei quali si è verificato lo stesso fenomeno. Con ciò si è attenuato se non distrutto il controllo finanziario dato che la funzione specifica del Parlamento in fatto di bilanci, non è soltanto quella dell’esame dei preventivi, ma altrettanto e più ancora quella dell’esame dei consuntivi. Ma i consuntivi in Italia venivano approvati tre, quattro ed anche cinque anni dopo la loro scadenza, rendendo quindi del tutto superata qualsiasi discussione in proposito.
Ma vi è anche un’altra considerazione ancora più rilevante. È la questione dei decreti-legge, i quali, di mano in mano che la vita moderna è andata facendosi sempre più complessa, sono andati aumentando, in tal modo che si può ben dire che la funzione legiferatrice sia passata al potere esecutivo dalle Camere.
Ma v’è di peggio ancora; ed è che, nella successiva convalida dei decreti stessi, non si è mai potuto fare alcun esame, non dico approfondito, ma neanche superficiale, perché le Camere furono addirittura costrette ad approvarli in massa. D’altra parte, dei disegni di legge presentati dal Governo e di quei pochi di iniziativa parlamentare – nella mia statistica li ho indicati anno per anno, per un periodo di una quindicina di anni – solo una parte minima veniva non dico accolta, ma esaminata dal Parlamento.
Orbene, è stata questa una condizione di cose direi fatale e tale che io credo non potrà non ripetersi nelle Camere future, e queste non potranno certamente legiferare su tutte le materie e per tutti i progetti loro sottoposti cosicché avremo una stasi, una paralisi legislativa, tanto più ora, che sarà negata la delega all’esecutivo. Anche se i futuri parlamentari sedessero ventiquattro ore su ventiquattro, essi non potrebbero discutere quelle due o tre migliaia di leggi che la vita moderna, così complicata, rende necessarie ogni anno, e che sempre più renderà necessarie in futuro, specie se prevarranno criteri di pianificazione, i quali renderanno presumibilmente ancora più complessa, varia e molteplice l’opera di legiferazione.
Conseguentemente a queste constatazioni, il mio emendamento prevede che ciascuna Camera possa suddividersi in Commissioni permanenti, come del resto già si è fatto proprio da noi con la disposizione provvisoria che regge i nostri lavori di costituenti. Ciò è indispensabile che si rifaccia per il futuro Parlamento. È da notarsi, d’altronde, che queste commissioni permanenti non sono stabilite come un obbligo, ma come una facoltà. Dice infatti il mio emendamento: «Ciascuna Camera può suddividersi, ecc.».
Quanto alla forma, poi, l’onorevole Ruini, Presidente della Commissione dei Settantacinque, suggerirà quella più appropriata, che riassuma questi miei punti di vista, che non sono affatto contrastanti, ma complementari, a quelli esposti dal collega onorevole Perassi nello svolgimento del suo emendamento e che – oso dire – non possono prestarsi a contrasti da parte alcuna della Camera, perché essi rispondono ad una concreta, evidente necessità delle cose.
Un altro concetto, però, pregherei che fosse accolto, che vale ad integrare quanto ho or ora detto, ed a conservare anche a queste Commissioni il carattere precipuo del Parlamento, cioè di controllo pubblico e fatto pubblicamente, vale a dire quanto è detto nel mio emendamento, alle ultime parole: «Le sedute delle Commissioni in tali casi sono pubbliche». Non faccio questione anche qui di forma, per la quale mi rimetto al Presidente Ruini, ma di sostanza; poiché a queste Commissioni deferiamo non solo l’elaborazione ma anche la decisione di molte leggi di carattere secondario, sì, ma che possono avere un’importanza notevole per il Paese, io penso che sia necessario affermare (le modalità saranno poi fissate dal Regolamento) questa pubblicità, in maniera che il controllo da parte dell’opinione pubblica si svolga anche su questa che sarà una vera e propria attività primaria parlamentare, e ciò proprio in contrasto col principio opposto sancito dal cosiddetto Parlamento fascista nel cui regolamento era espressamente esclusa la pubblicità delle sedute delle Commissioni. (Approvazioni a destra).
PRESIDENTE. L’onorevole Costa ha presentato il seguente emendamento:
«All’ultimo comma, alle parole: e l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, sostituire: o l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali o materia costituzionale».
Ha facoltà di svolgerlo.
COSTA. Ritiro il mio emendamento, perché il contenuto dello stesso è già incluso in quello dell’onorevole Perassi.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Nobile, Nobili Tito Oro, Tonello, Stampacchia, Lombardi, Silipo, Ravagnan, D’Amico, Fiore e Bernamonti hanno presentato il seguente emendamento:
«Al terzo comma, dopo le parole: salve le dichiarazioni di voto, aggiungere le altre: per le quali il Regolamento della Camera fisserà le opportune limitazioni».
L’onorevole Nobile ha facoltà di svolgerlo.
NOBILE. L’onorevole Perassi e l’onorevole Clerici hanno già esposto le ragioni per le quali occorre in tutti i modi trovare il mezzo di sveltire il lavoro legislativo. Io non ho che da associarmi a quello che essi hanno già detto. Credo di essere stato nella Seconda Sottocommissione quello che con più tenacia ha sostenuto questa necessità, e debbo dire che questo ho fatto perché, geloso quanto chiunque altro delle prerogative parlamentari, mi è parso che sia preferibile che le camere legislative affidino a proprie commissioni permanenti l’esame di molti provvedimenti legislativi, anziché vi rinuncino del tutto, come sarebbero costrette a fare, se si insistesse a seguire i metodi del passato.
Ho qui la nota dei decreti legislativi pubblicati dalla Gazzetta Ufficiale dal 1° gennaio di quest’anno a tutto ieri: essi ammontano a 580. Si può, quindi, presumere che attualmente in un anno vengono emanati circa 750 provvedimenti legislativi. Ammettendo che Camera dei Deputati e Senato della Repubblica tengano 150 sedute in un anno, si dovrebbero, nientedimeno, esaminare, discutere ed approvare, in media, in ogni seduta cinque leggi! Cosa assolutamente assurda che sta a dimostrare la necessità ineluttabile di introdurre nuovi sistemi. Né si dica che, nel futuro, una parte delle leggi saranno fatte dalle Regioni, perché io non credo che con ciò si riuscirà a ridurre di molto il lavoro legislativo delle Assemblee nazionali. Ma anche se ciò fosse, anche se si riducesse tale lavoro ad una quinta parte di quello calcolato avanti, sarebbe pur sempre eccessivo ed impossibile a compiersi coi metodi ordinari.
Si dirà che una parte delle leggi potranno essere deferite per delegazione al Governo; ma è per l’appunto questo che si dovrebbe tentare di evitare per quanto è possibile, onde non ricadere negli abusi del passato. Di qui l’opportunità che una buona parte delle proposte di legge, specialmente quelle che richiedano un accurato esame tecnico, ma non meno di particolare importanza politica, siano deferite all’esame ed approvazione di commissioni permanenti adeguatamente scelte.
Per questa ragione aderisco in pieno all’emendamento Perassi così come è stato poi modificato con l’aggiunta decisa nella riunione tenuta poco fa sotto la presidenza dell’onorevole Ruini.
Nel caso che l’emendamento Perassi non venga approvato, manterrò l’emendamento da me presentato al testo della Commissione. Con esso si stabilisce che il Regolamento della Camera limiterà la durata ed il numero degli interventi per dichiarazione di voto. Senza tali limitazioni lo scopo che si propone l’ultimo comma dell’articolo 60 (secondo il testo della Commissione) non verrebbe raggiunto perché, soppressa, come vuole il testo, la discussione generale, questa inevitabilmente riaffiorerebbe in sede di votazione di singoli articoli attraverso prolisse e numerose dichiarazioni di voto che potrebbero far protrarre anche per parecchie sedute l’approvazione del disegno di legge.
Quindi, nel caso che l’emendamento Perassi non sia approvato, chiederò che sia messa in votazione l’aggiunta da me proposta.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Persico, Bozzi, Binni, Gasparotto, Lombardo Ivan Matteo, Zanardi, Lussu, Lami Starnuti, Foa e Cianca, hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire l’articolo 69 col seguente:
«I disegni di legge sono, secondo le norme del Regolamento di ciascuna Camera, esaminati previamente da una Commissione ed approvati dalla Camera stessa, prima articolo per articolo e poi con votazione complessiva.
«Nei casi e nelle forme determinati dal Regolamento, l’esame e l’approvazione dei disegni di legge possono venire deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi alla Camera.
«Il Regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge, dei quali sia dichiarata l’urgenza.
«Debbono sempre essere approvati dalle Camere, senza procedimenti abbreviati, i disegni di legge che hanno natura costituzionale, o che sono diretti a delegare funzioni legislative o ad approvare bilanci o consuntivi, o ad autorizzare la ratifica di trattati internazionali».
L’onorevole Persico ha facoltà di svolgerlo.
PERSICO. Sarò molto breve, perché a me sembra che si sia formata una specie di communis opinio fra i vari emendamenti degli onorevoli Preti, Clerici, Perassi, e l’emendamento mio e di altri colleghi.
In fondo si trattava di superare una difficoltà che la Commissione non aveva creduto di superare: cioè se si potesse delegare a delle Commissioni permanenti, o elette di volta in volta (questo lo stabilirà il Regolamento della Camera, perché qui siamo in materia costituzionale in cui certi particolari non si debbono toccare), se si potesse delegare a Commissioni, non solo l’esame del disegno di legge, che si è sempre fatto attraverso gli uffici e le commissioni anche prima del fascismo, ma anche l’approvazione di tutte le leggi di minore importanza e di minore portata, le così dette «leggine», che affluiscono a centinaia e che più ancora affluiranno in seguito, sia per necessità legislative, sia perché dovremo coordinare tutta la legislazione antica al nuovo istituto repubblicano. Una gran quantità di leggi dovranno essere trasformate, sia pure formalmente, per sostituire parole più adatte, e quindi sarà un lavoro assai pesante di legislazione, sia normale, sia di coordinamento.
E allora questo mi pare un punto ormai superato, perché se quasi tutte le proposte ammettono che queste commissioni possano esaminare tali leggi, alcune ammettono che possano anche deliberare.
Nel mio emendamento (e questa mi sembra la parte più importante) è detto: «Nei casi e nelle forme determinate dal Regolamento». Quindi il Regolamento stabilirà le modalità e i casi specifici. E continua: «l’esame e l’approvazione dei disegni di legge possono venire deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi alla Camera».
Se non ho mal compreso, anche l’onorevole Clerici concorda in questo perché, quando egli dice che in tal caso le sedute delle Commissioni sono pubbliche, evidentemente vuole dire che le leggi vengono portate alle Commissioni non soltanto per la discussione ma anche per l’approvazione.
Allora quale dubbio sussiste?
È rimasto dubbio se questa deve essere una norma generale, o se ammetta delle eccezioni.
Nella seduta tenuta poco fa insieme col Presidente Ruini, si è proposto, anche su parere del collega Lami Starnuti, di aggiungere all’emendamento dell’onorevole Perassi un piccolo inciso: «salvo contraria richiesta, o da parte del Governo o di 50 o di 30 deputati.
Tutte le volte che il Governo, o 50 o 30 deputati, lo ritengano necessario, sarà portata la questione in Assemblea e la legge verrà esaminata e votata in seduta plenaria.
L’altro sistema che è implicito nella prima parte del mio articolo sostitutivo, è questo: i disegni di legge, secondo le norme del Regolamento della Camera, sono esaminati previamente da una Commissione e approvati dalla Camera stessa, prima articolo per articolo, poi con votazione complessiva.
Qui c’è un’innovazione: non si stabilisce qual è la votazione. Secondo alcuni, per esempio secondo l’onorevole Oro Nobili, dovrebbe essere sempre adottato l’appello nominale.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. L’onorevole Nobili Tito Oro ha ritirato questa sua proposta.
PERSICO. Secondo altri dovrebbe adottarsi lo scrutinio segreto. Io dico che non è il caso di stabilire una norma di questo genere nella Costituzione. C’è il Regolamento della Camera che fissa le modalità di votazione, e non è il caso di escludere la votazione per alzata di mano, per alzata e seduta e, se c’è incertezza, per divisione. Perché arrivare sempre alle forme estreme dell’appello nominale e dello scrutinio segreto? È una perdita di tempo. Bisogna al contrario adottare il concetto di rendere il lavoro delle Assemblee il più facile e rapido possibile. Altrimenti si incontreranno le stesse difficoltà enormi che si avevano nel vecchio Parlamento. Ricordo che una legge da me proposta fu trascinata per anni, e poi passata al Senato, dove non se ne è parlato più.
Se vogliamo dunque arrivare alla brevità della discussione da parte dell’Assemblea, tenendo conto delle centinaia e centinaia di leggi che dovranno esaminarsi, dovremo arrivare a questa formula, e cioè ad una votazione che possa farsi anche per via breve, per alzata di mano, per alzata e seduta, per divisione, senza che sia necessario ricorrere sempre all’appello nominale, o allo scrutinio segreto. A queste ultime due forme si potrà sempre arrivare quando un gruppo di deputati le ritenga opportune e ne faccia richiesta, naturalmente nei modi stabiliti dal Regolamento.
Questo è il concetto nuovo contenuto nel mio articolo sostitutivo. Il resto è identico a quello dell’onorevole Perassi, per cui quando si tratta di disegni di legge di natura costituzionale, o di trattati internazionali o di bilanci deve sempre seguirsi la procedura normale senza possibilità di procedimenti abbreviati.
Con queste premesse confido che il mio articolo aggiuntivo possa essere accolto.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati, Uberti, Giacchero, Bastianetto, Codacci Pisanelli, Cappi, Zotta, Guerrieri Emanuele e Marconi hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire i primi tre commi con i seguenti:
«Il Regolamento di ciascuna Camera disciplina le forme dell’esame e dell’approvazione dei disegni di legge.
«Un procedimento abbreviato sarà disposto per quei disegni per i quali la-Camera abbia, con maggioranza assoluta, dichiarato l’urgenza.
«Il Regolamento potrà inoltre stabilire che l’approvazione sia deferita, con apposita deliberazione, a Commissioni interne. Dovrà tuttavia farsi luogo al voto finale della Camera, che sarà dato senza discussione, salvo le dichiarazioni di voto, quando cinquanta dei membri ne faccia preventiva richiesta.
«I resoconti dei lavori delle Commissioni, nel caso in cui al comma precedente, devono essere resi pubblici».
L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere questo emendamento.
MORTATI. L’emendamento all’articolo 69 da me proposto si riferisce a tre punti.
Riguardo al primo comma ritengo opportuno sopprimere qualsiasi specificazione di modalità in ordine all’esame e all’approvazione delle leggi, deferendo tutto al Regolamento.
L’articolo del progetto riproduce sostanzialmente l’articolo 55 del nostro Statuto; ma tale articolo 55 è un po’ anacronistico e sorpassato, come risulta dall’esame delle Costituzioni moderne, le quali prescindono da qualsiasi regolamentazione di questa materia.
Affermare il principio che l’approvazione delle leggi spetta al Parlamento è reso superfluo dall’articolo 67, e dalle stesse disposizioni degli altri commi dell’articolo in esame, che stabilendo le eccezioni al procedimento normale, mettono in rilievo quale questo sia.
Per quanto riguarda il secondo comma, il mio articolo riproduce sostanzialmente quello del testo, salvo l’aggiunta di questo inciso «a maggioranza assoluta», sembrandomi necessario stabilire che la dichiarazione di urgenza per ricorrere alla procedura abbreviata sia deliberata con la maggioranza assoluta, ciò in analogia con quanto è disposto nell’articolo 71 in cui, facendosi riferimento ad un altro caso di dichiarazione di urgenza, si richiede appunto tale maggioranza.
C’è anche un’altra ragione: l’attuale Regolamento della Camera, all’articolo 55, stabilisce che per farsi luogo alla procedura abbreviata di urgenza sia necessaria l’approvazione ed il consenso dei due terzi dei presenti. Si potrà discutere se sia il caso di prescrivere la maggioranza assoluta o i due terzi dei presenti; in ogni caso occorre la garanzia di una maggioranza speciale. A proposito del principio affermato in questo comma io vorrei far rilevare, ad evitare eventuali equivoci che possono sorgere, che quando si parla di procedura abbreviata non si vuole prevedere o ammettere che questa possa consistere nel saltare qualcuna delle fasi necessarie al procedimento normale, cioè deve essere chiaro che, almeno secondo l’interpretazione che io do all’articolo, questi procedimenti abbreviati importano semplicemente l’abbreviazione dei termini che sono normalmente richiesti per il procedimento normale. Ciò trova una conferma nell’attuale Regolamento della Camera, che prevede già questa disciplina, e la ragione di porre una norma in tal senso nella Costituzione sta sostanzialmente nell’opportunità di imporre alle future Camere la inserzione nei loro regolamenti di norme di questo genere, che altrimenti rimarrebbero affidate alla discrezionalità dell’Assemblea.
La questione più importante è quella relativa al terzo comma. Il terzo comma prevede un procedimento non più abbreviato, non più di urgenza, ma che si potrebbe dire decentrato, che porta a spostare l’esercizio dell’attività legislativa, a delegarla dalle Camere alle Commissioni legislative. Il punto grave in discussione è questo: la disciplina di questa procedura decentrata, di questa delegazione di attività legislativa delle Camere alle proprie Commissioni, deve essere rimessa ai regolamenti interni in modo puro e semplice oppure deve essere circondata da certe garanzie e da certi limiti da stabilire nella Costituzione? Io sono per la seconda soluzione, ed è per questo che non accederei alla proposta dell’onorevole Perassi che in sostanza conduce al risultato di affidare tutta questa materia al regolamento delle Camere. Mi permetto di osservare all’onorevole Perassi che vi è una lieve contradizione nella regolamentazione da lui proposta, perché mentre si fida del regolamento che deve essere approvato dalla maggioranza speciale e quindi presenta certe garanzie per il rispetto delle minoranze, per quanto riguarda la procedura dell’approvazione da parte delle Commissioni, viceversa, sente il bisogno di stabilire nella Costituzione che queste Commissioni debbono essere formate secondo una certa proporzione. Evidentemente, se c’è una materia per la quale potrebbe farsi affidamento sulle garanzie offerte dal regolamento, mi pare sia questa, che già trova nelle attuali disposizioni interne una disciplina nel senso proposto. Invece il procedimento di deferimento alle Commissioni, di rapporti fra Commissioni e Camere costituiscono una materia assolutamente nuova e di importanza politica così rilevante che non può non trovare qualche direttiva nella Costituzione. Tali direttive, da porre come limite all’attività dell’Assemblea, sono a mio avviso due: in primo luogo occorre una delegazione preventiva delle singole Camere ogni volta che si deve deferire alla Commissione l’esame e l’approvazione del progetto di legge. Bisogna evitare che i regolamenti delle Camere consentano di far ricorso a questa procedura decentrata per interi gruppi e classi di materia, perché questo può rappresentare una tendenza pericolosa. Vi possono essere provvedimenti che, sotto una modesta apparenza presentano una rilevante importanza politica, e allora la possibilità che il regolamento rinvii alle Commissioni intere classi e gruppi di leggi presenta il pericolo di sottrarre all’esame dell’Assemblea dei provvedimenti che possono assumere, in concreto, in una data situazione, un rilievo politico notevole.
Questo è un primo limite che mi sembra necessario affermare, e che non potrebbe essere surrogato da quanto l’onorevole Perassi or ora ha proposto oralmente, in via subordinata: che cioè i provvedimenti fossero sottoposti automaticamente alle Commissioni, salvo che vi sia una richiesta in contrario da parte di una piccola percentuale dei membri. A me pare necessario che vi sia un’espressa delegazione dell’Assemblea di volta in volta, in tutti i casi, e non sia sufficiente la sola eventuale opposizione di alcuni. Dal punto di vista pratico, l’accoglimento di una siffatta proposta importerebbe un dispendio di tempo maggiore di quello che si avrebbe con la delegazione preventiva, la quale, nella maggior parte dei casi avverrebbe senza discussione. Il secondo limite dovrebbe essere quello di riservare l’approvazione finale della legge da parte della Camera. Solo che mentre, secondo il progetto, tale approvazione è richiesta in tutti i casi, secondo la mia proposta essa dovrebbe aver luogo solo quando un quinto dei deputati lo richieda. Mi sembra che in questo modo si contemperi l’esigenza del decentramento legislativo delle Camere con l’altra, anch’essa importante, che vuole che la valutazione dei provvedimenti legislativi non sia confinata in una ristretta cerchia, ma sia compiuta, almeno in qualche fase, dall’intera Assemblea, che può procedervi con maggiore ampiezza ed equilibrio di giudizio.
Un ultimo limite mi sembra infine necessario: quello della pubblicità dei lavori della Commissione. L’onorevole Clerici proponeva che la pubblicità si estendesse alle sedute, ma ciò incontra un ostacolo anche di carattere pratico, non essendo facile consentire l’accesso del pubblico nelle sale delle Commissioni. L’esigenza assai importante si potrebbe sodisfare imponendo che siano resi pubblici i resoconti delle sedute.
PRESIDENTE. L’onorevole Caronia ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, sopprimere le parole: a scrutinio segreto.
«Subordinatamente, sostituirle con le parole: per appello nominale».
Ha facoltà di svolgerlo.
CARONIA. Io non posso che uniformarmi a quanto hanno detto gli onorevoli Moro e Clerici sullo stesso mio emendamento circa la soppressione delle parole: «a scrutinio segreto». Ma, ove l’Assemblea non approvasse questa proposta di soppressione, io proporrei, in via subordinata, di sostituire le parole «a scrutinio segreto» con le parole «per appello nominale».
Quando si tratta di approvazione di leggi, mi pare sia giusto che ogni deputato, rappresentante del popolo, assuma le propri responsabilità, facendo conoscere i suoi orientamenti ed i suoi atteggiamenti nei riguardi delle leggi, che devono regolare la vita della Nazione.
Il ricorrere allo scrutinio segreto, nel caso di approvazione di leggi, mi pare sia – permettetemi l’espressione – una forma di viltà, da cui tutti noi dovremmo rifuggire.
Comprendo la votazione a scrutinio segreto soltanto quando essa investa questioni personali. Allora è giusto che la decisione venga liberamente presa nel segreto della propria coscienza.
In nessuna Costituzione di Paesi civili è consacrato il principio dello scrutinio segreto. È un principio che troviamo soltanto nello statuto subalpino e nello statuto albertino; ma noi stiamo proprio lavorando per sostituire tali statuti…
Una voce: C’è anche nello statuto bulgaro.
CARONIA. Sì è vero c’è anche nello statuto bulgaro, ma questo non è un titolo di onore.
Ripeto che è quanto mai logico ed opportuno sopprimere dal progetto di Costituzioni quella che è una modalità di votazione e che va rimandata ai regolamenti delle Camere.
Ove l’Assemblea Costituente dovesse respingere l’emendamento soppressivo, sarei costretto ad insistere per la sostituzione delle parole «per appello nominale» a quelle «a scrutinio segreto».
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Desidero domandare un chiarimento a proposito delle Commissioni. Ricordo che nel 1919 l’onorevole Nitti istituì le Commissioni permanenti, col criterio della proporzionale. Anche allora vennero nominate altrettante Commissioni, quanti erano i dicasteri.
Io ho partecipato ai lavori della Commissione per le Belle Arti. Le discussioni dettero ottimi risultati non solo perché i progetti di legge venivano studiati tecnicamente, ma anche perché, quando ci si trova fra uomini competenti, è più facile, al di sopra delle astratte ideologie politiche, trovare una linea di intesa e di accomodamento.
Quindi sarebbe opportuno confermare nella legge costituzionale il concetto, contenuto nel Regolamento, di Commissioni permanenti nominate da ciascun gruppo politico in relazione all’entità del gruppo stesso, in maniera che i membri delle singole Commissioni possano nelle adunate del loro partito, informarlo su tutte le leggi e sentirne l’opinione, in modo che quando la legge sarà elaborata e il responso della Commissione sarà rimesso alla Camera, l’atteggiamento dei partiti sarà ormai deciso e si potrà facilmente condurre in porto la legge. Domando che, come ha accennato opportunamente l’onorevole Clerici nel suo emendamento, si parli di «Commissioni permanenti», permanenti in quanto sono nominate all’inizio della legislatura e restano quindi, a compiere un lavoro continuativo. Ciascun partito avrà interesse a nominare per le singole Commissioni gli uomini più competenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma questo c’è già: infatti il testo dell’onorevole Perassi dice: «…siano deferiti a Commissioni».
TONELLO. Io vorrei però che fosse aggiunta la parola: «permanenti» ed insisto su questo punto.
PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Nobili Oro ha così modificato il testo dell’emendamento che egli aveva presentato e svolto:
«Al primo comma, anziché sopprimere soltanto le parole: a scrutinio segreto, sopprimere le parole: con votazione finale a scrutinio segreto», sostituendovi le parole: per appello nominale».
L’onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi! Noi entriamo in una materia soprattutto tecnica, che non ha grandi riflessi politici, ma è molto importante: quella della formazione delle leggi.
Ora vorrei, prima d’ogni cosa, raccomandare che appunto prevalga il riflesso tecnico. Vorrei evitare ciò che è avvenuto più volte durante i nostri lavori, cioè che quando un collega ha proposto un emendamento gli altri, della sua parte, hanno votato come egli votava, senza riflettere per conto proprio sulla questione, e forse, in qualche caso, senza sapere neppure ciò di cui si trattava. Vorrei che l’Assemblea si attenesse, in materia tecnica, a criteri tecnici, tanto più quando si è verificato l’accordo nel Comitato, e l’emendamento rappresemi un singolare dissenso. Vorrei che si avesse qualche riguardo e si desse qualche peso a questa disgraziata Commissione che ha elaborato il testo con un anno e mezzo di lavoro; e vede le sue faticose e meditatissime formulazioni esposte al pericolo di essere dissipate dal colpo di vento di una deliberazione irriflessiva ed improvvisa.
Veniamo all’argomento. Importante è la formazione delle leggi. Esamineremo anzitutto la questione dei procedimenti per l’esame e l’approvazione delle leggi da parte delle Camere, poi la questione della delega legislativa; infine il problema dei decreti-legge. Io credo che la nostra sia la prima Costituzione che tratta in modo organico e completo questa delicata materia.
Procedimento per la formazione dello leggi da parte delle Camere. Ho accennato molte volte e l’ho spesso ripetuto che ormai il Parlamento si trova nella, non dirò difficoltà, ma impossibilità di legiferare normalmente, e citavo la frase di Herriot, il quale dichiarava alla Costituente francese che ormai il Parlamento è incapace non soltanto di governare ma anche di legiferare in modo normale, a causa della enorme congerie di materia legislativa. Quest’affermazione è stata ripresa da tutti i settori della Camera. Ormai da ogni parte si è ripetuta questa verità elementare; se continuiamo a pretendere che le Camere preparino la legge col procedimento consueto e tradizionale, non riusciremo ad adempiere il compito che spetta alle Camere di fare le leggi necessarie alla vita dello Stato. Sono impressionanti le cifre che l’onorevole Clerici molto opportunamente ha messo in luce e che rivelano come, quando il Parlamento non può adempiere al suo compito, piovono i decreti-legge ed i provvedimenti arbitrari e la Camera è ferita nella funzione essenziale, che è quella di legiferare. Si tratta di trovare un procedimento interno che non spogli la Camera della facoltà che essa sola ha di legiferare, ma che tenga conto delle necessità imprescindibili di una più rapida procedura, ed impedisca, con opportuni adattamenti interni, che avvenga la completa spogliazione dal di fuori, da altri poteri, della sua funzione legislativa.
Cerchiamo delle forme che possono consentire una preparazione delle leggi pronta e razionale, e salveremo il nostro istituto. Questo è il concetto fondamentale. Sono stati presentati molti emendamenti, quattro dei quali di maggior lunghezza, e sono gli emendamenti Perassi, Preti, Clerici e Persico. Questi quattro emendamenti in sostanza coincidevano tanto, che si è verificato un accordo nella rapidissima riunione che abbiamo avuto poco tempo fa, nella sospensione dei lavori dell’Assemblea.
Quale è il concetto fondamentale al quale noi vorremmo arrivare? Anzi tutto si conserva il 1° comma dell’articolo proposto dalla Commissione (salvo poi la revisione di forma, che mi sembra migliore nel testo Persico). Deve risaltare il criterio generale che l’esame e l’approvazione delle leggi spettano normalmente a ciascuna Camera, sentite apposite Commissioni. Questo è il principio fondamentale che rimane ben fermo. In ciò vi è piena coincidenza. Vi era solo una variante, dell’onorevole Preti, che enunciava alcune materie come oggetto della procedura normale; ma così restringeva il campo di tale procedura; mentre la garanzia che per quelle materie non si può derogare alla procedura stessa, è nell’ultimo comma dell’articolo. Tenendo presente ciò, l’onorevole Preti ha rinunciato alla sua variante, ed ha aderito a quanto si è concordato.
Resta dunque stabilito che il procedimento normale è l’esame e l’approvazione da parte della Camera e che l’esame si fa per mezzo di Commissioni.
A proposito del primo comma vi è soltanto un punto su cui rimane la controversia, ed è quello su cui hanno presentato emendamenti gli onorevoli Moro, Clerici, Caronia e Tito Orò Nobili. Il progetto della Commissione diceva che i disegni di legge devono essere approvati articolo per articolo e poi infine a scrutinio segreto. È stato proposto di sopprimere lo scrutinio segreto. Io credo che bisognerà mettere «con votazione complessiva». Una votazione finale ci vorrà. Non arriverei all’ultimissima proposta dell’onorevole Nobili Tito Oro che vuole sopprimere anche questa. Resta da vedere se si deve o no richiedere per la votazione finale di ogni e qualunque legge lo scrutinio segreto. Mi sembra che si debbano evitare equivoci. Qui, nella vivezza della discussione, si è da alcuni parlato come se noi volessimo sopprimere lo scrutinio segreto per tutte le possibili forme di deliberazione delle Camere. Ma con questo articolo di Costituzione noi non facciamo altro che eliminare la norma che prescriveva lo scrutinio segreto per la votazione finale dei disegni di legge. La questione se si debba o no sopprimere di per se stesso ed in ogni sua possibilità di applicazione lo scrutinio segreto, è tema di Regolamento delle Camere. Ciò che importa qui stabilire è che allo scrutinio segreto non si deve ricorrere per approvare ogni e qualunque legge. Vi sono molte leggi che non hanno grande importanza, o non sollevano divergenze; e possono benissimo essere votate per alzata e seduta, per divisione, per quello che sia, senza promuovere la macchina enormemente ritardatrice dello scrutinio segreto. Sarà una semplificazione ed un acceleramento nei lavori delle Camere. Se poi vi sarà ancora nel Regolamento la possibilità di chiedere lo scrutinio segreto, potrà essere chiesto, volta per volta, per date leggi. Penso dunque che anche coloro, che non sono favorevoli all’abolizione nel Regolamento della votazione a scrutinio segreto, potrebbero acconsentire a toglierne l’obbligo, in via assoluta, per tutti i disegni di legge.
Questa è la conclusione a cui si è giunti nella rapida seduta che abbiamo avuto poco fa.
Veniamo al tema, più vasto, delle Commissioni. L’istituto delle Commissioni è ormai tradizionale e quasi immedesimato col concetto stesso di Parlamento. Che a questo concetto non ripugni che le Commissioni siano permanenti, è pure un dato acquisito è largamente applicato. Sorgono dubbi se alle Commissioni si possa affidare anche l’approvazione di disegni di legge. Ecco il punto da superare. Vi si ricongiunge la preoccupazione che, deferendo ad una Commissione tale approvazione, la Camera si spogli di una funzione esclusivamente sua.
Il Comitato ritiene tale preoccupazione infondata, giacché non si tratta di delegare la funzione legislativa ad un organo esterno, ma di esercitarla per mezzo di un organo proprio, interno, di una parte della Camera stessa, e con facoltà sempre di richiamare tale funzione a tutta la Camera. Non si può dunque dire che la Camera non esercita la funzione direttamente e da se stessa.
Si è pertanto accolto l’emendamento Perassi, completandolo con l’indicazione che le Commissioni possono essere «anche permanenti»; concetto che vi è nell’emendamento Clerici. Resta sempre da seguire la procedura dell’esame ed approvazione dell’intera Camera per le leggi costituzionali, le leggi che implicano una delega legislativa, le leggi per l’approvazione di bilanci, le leggi per la ratifica e stipulazione di trattati. Come stabilisce l’emendamento Preti nel primo comma, e quello Perassi nel terzo, tali leggi non potranno mai essere sottratte all’esame articolo per articolo e all’approvazione della Camera, e per esse non sarà mai ammissibile nessun procedimento abbreviato.
Quali saranno i disegni di legge che si potranno attribuire alle Commissioni permanenti? Sembra opportuno non limitarli, come è nell’emendamento Preti, alle categorie suindicate di leggi, che debbono, ma non esse sole riservarsi all’esame più minuto delle Camere. Dovranno a queste essere attribuiti tutti i disegni di legge che il Regolamento delibererà. Badate bene che il Regolamento è un atto votato a maggioranza assoluta dei componenti della Camera, come le leggi che hanno un valore costituzionale, vi sono dunque, le maggiori garanzie. Del resto ci sentiamo ora in grado di stabilire dei criteri più concreti? No, e ci dobbiamo richiamare all’esperienza. Quello che importa è di avere segnato le grandi linee generali.
Sorgono poi difficoltà. Da un lato si chiedeva che per deferire alle Commissioni l’esame e l’approvazione dei disegni di legge, occorresse una deliberazione dell’Assemblea volta per volta; si chiedeva d’altro lato che le Commissioni potessero sì esaminare il progetto, ma che poi l’approvazione dovesse venire all’Assemblea, pur ammettendo che in questo caso non sarebbero state consentite che dichiarazioni di voto. Onorevoli colleghi, considerando questa materia, ci siamo convinti che, se ammettessimo questa procedura, tutto il beneficio della rapidità sarebbe perduto. Pensate alle discussioni che si avrebbero alla Camera, sia pure attraverso dichiarazioni di voto interminabili, né sarebbe possibile porre dei limiti; come dimostrano continui esempi. Svuoteremmo il contenuto della nostra utilissima riforma. D’altra parte se l’Assemblea dovesse di volta in volta deliberare se vadano o no alle Commissioni, anche questo sarebbe un fatto ritardatore che toglierebbe il carattere della nostra proposta. Dunque resta fermo che il Regolamento stabilirà i casi e le forme in cui sono deferiti alle Commissioni l’esame e l’approvazione dei disegni di legge.
Ma (ecco l’importanza dell’emendamento all’emendamento che abbiamo stabilito) quando il Governo o 30 deputati lo chieggano, questo deferimento dell’esame e dell’approvazione alle Commissioni permanenti non avrà luogo e si seguirà la procedura più normale e diffusa di intervento da parte dell’Assemblea. Mi pare che stabilito cosi questo esame, dà tutte le garanzie possibili.
Abbiamo avuto nella nostra brevissima riunione di poco fa il pieno accordo su un testo che prende a base quello Perassi, quasi identico del resto, all’altro, dell’onorevole Persico (le questioni di pura forma le sbrigheremo a suo tempo); con opportuno completamento e modifiche è diventato il testo del Comitato.
Il primo e secondo comma rimangono come sono, salvo a togliere nel primo le parole «scrutinio segreto», sostituendole con le altre «votazione complessiva» o «votazione finale».
Il terzo comma dice che il Regolamento può stabilire i casi e le forme in cui, salvo contraria richiesta del Governo o di 30 membri della Camera, l’esame e l’approvazione di disegni di legge siano deferiti a Commissioni «anche permanenti», composte in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi alla Camera.
Il sistema è armonico e completo. C’è poi la questione della pubblicità dei lavori delle Commissioni. L’onorevole Clerici ha proposto che le sedute delle Commissioni siano pubbliche. Ciò può sembrare eccessivo e non opportuno per molte ragioni. Si potrebbe andare incontro, piuttosto, alla proposta del nuovo articolo Mortati, che «i resoconti dei lavori delle Commissioni devono essere resi pubblici». Meglio di tutto è lasciare al Regolamento di determinare i modi e le forme di pubblicità.
Veniamo all’emendamento dell’onorevole Mortati. Si era stabilito un accordo, tra tutti i presentatori d’emendamenti delle diverse parti politiche, su un dato testo. Ora l’onorevole Mortati con un emendamento nuovo manderebbe a monte tutto. Sarebbe perduto lo sforzo e la fatica che abbiamo fatto per adottare una formula che ha, secondo me, una notevole incertezza.
L’emendamento Mortati è stillato con la diligenza consueta al suo autore; ma contiene elementi di incertezza e di imprecisione. L’onorevole Mortati comincia col dire: non possiamo parlare di Commissioni della Camera, perché questo non c’à in nessuna Costituzione. Non vado ad esaminare se ciò è esatto. Ma faccio osservare che, per la logica delle cose, subito dopo l’onorevole Mortati ammette le Commissioni permanenti. Quindi, parla di Commissioni; e perché allora si devono togliere nel primo comma, quando questo istituto è contemplato subito dopo?
Egli chiede che non si possa dichiarare l’urgenza di un provvedimento, se non a maggioranza assoluta. Cosa vuol dire maggioranza assoluta? S’intenderà dei componenti della Camera. Pensate alle necessità di questa macchinosa mobilitazione, di cui non vedo la necessità. Egli ha citato il caso del referendum, ma la portata, in questo caso, è immensamente maggiore. Si comprende che per sottrarsi al referendum ci voglia la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea; ma per una semplice dichiarazione di urgenza, non credo che questo principio sia ammissibile, tanto più che secondo il testo della Commissione, completato dagli onorevoli-Perassi e Costa, viene stabilito che per alcune categorie di leggi importantissime mai sia ammissibile il procedimento abbreviato. Quindi anche, oso dire, tecnicamente non mi pare che questa sua proposta sia da accogliere.
Da ultimo l’onorevole Mortati non vuole mettere nel nostro testo che le Commissioni sono costituite in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi alla Camera, perché dice: questa è materia di Regolamento. Non comprendo: in alcuni casi egli mette nella Costituzione questioni di Regolamento; in altri casi annulla tutto dalla Costituzione. Noi seguiamo più costantemente il criterio di mettere nella Costituzione principi direttivi, che ci sembrano necessari, rinviando per il resto al Regolamento. Sul punto qui in esame, non accediamo al pensiero – e credo di interpretare il pensiero di tutte le parti dell’Assemblea, anche di quella dell’onorevole Mortati – che si possa arrivare all’attribuzione alle Commissioni di poteri anche di approvazione, se non nel caso in cui le Commissioni rispecchino la proporzione dei Gruppi alla Camera. Quindi, pregherei l’onorevole Mortati di non insistere sopra il suo testo, che richiederebbe un riesame, una necessità di emendamenti all’emendamento, di modifiche e di correzioni; e poi, soprattutto spezzerebbe quella linea che si è ormai stabilita, in base al meditato consenso di tutti i presentatori di emendamenti, con un passo notevole per la tecnica legislativa del nostro progetto.
Per quanto riguarda l’ultimo suo comma, sulla pubblicità dei lavori delle Commissioni, noi non abbiamo difficoltà ad accoglierlo, sostituendo questo concetto a quello dell’onorevole Clerici; che del resto non credo abbia difficoltà al riguardo.
In questo modo, onorevoli colleghi, noi avremmo fatto un primo passo verso la formazione rapida delle leggi. Noi non abbiamo paura che questo sistema per la prima volta sia introdotto in una Costituzione; noi vediamo già del resto affermata tale esigenza da parte di molti cultori di discipline costituzionali; e sono sicuro che farà una buonissima impressione e sarà una delle conquiste della nostra Costituzione. È per ciò che io vi prego di aderire a questa proposta.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mentre attendiamo che il testo nuovo della Commissione venga redatto, prego i presentatori di emendamenti di dirmi se essi li mantengano o meno, dopo le considerazioni esposte dall’onorevole Ruini.
Chiedo all’onorevole Preti se mantiene il suo emendamento.
PRETI. Preferirei, prima di pronunciarmi, attendere che l’onorevole Ruini faccia conoscere il testo della formulazione concordata.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il testo dell’articolo concordato, secondo le indicazioni dell’onorevole Ruini, risulta del seguente tenore:
«Ogni disegno di legge deve essere previamente esaminato da una Commissione di ciascuna Camera secondo le norme del rispettivo regolamento; e deve essere approvato dalle Camere, articolo per articolo, e con votazione complessiva.
«Il Regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per l’esame e l’approvazione di disegni di legge, dei quali sia dichiarata l’urgenza.
«Il Regolamento può altresì stabilire i casi e le forme in cui, salva contraria richiesta del Governo o di 30 membri della Camera, l’esame e l’approvazione di disegni di legge siano deferiti a Commissioni composte in modo da rispettare la proporzione dei Gruppi alla Camera.
«Il Regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
«Il procedimento preveduto dal primo comma non può essere derogato per i disegni di legge in materia costituzionale e quelli concernenti l’approvazione di bilanci e di rendiconti consuntivi, l’autorizzazione a ratificare trattati internazionali e la delegazione di poteri legislativi al Governo».
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Vorrei far notare che coloro che hanno intenzione di votare in favore dello scrutinio segreto, si troverebbero in questo modo a dover presentare degli emendamenti; mentre mi pare più semplice votare sul testo originario della Commissione.
PRESIDENTE. Non credo, onorevole Laconi, che ci siano difficoltà. Coloro che desiderano che si voti sopra la formula «a scrutinio segreto», scriveranno due parole: «scrutinio segreto» e le presenteranno come emendamento.
L’onorevole Tosato, ha presentato un emendamento del seguente tenore sostitutivo dell’articolo 69:
«Il Regolamento di ciascuna Camera disciplina i procedimenti ordinari e abbreviati per l’esame e l’approvazione dei disegni di legge».
Ha facoltà di svolgerlo.
TOSATO. Non ho bisogno di richiamare l’attenzione degli onorevoli colleghi sulla grande importanza della questione sulla quale l’Assemblea sta per emettere la sua decisione.
Si è detto che si tratta di una questione tecnica: ma anzitutto e soprattutto, direi che è una questione della più alta importanza politica e costituzionale.
Qui ci sono due tendenze: una tendenza, secondo la quale il procedimento per la formazione delle leggi dovrebbe seguire la via ordinaria ben nota. Via ordinaria e ben nota, che dà luogo a molti gravi inconvenienti, per cui si vede sempre più la gravissima difficoltà delle Assemblee legislative a far fronte ai loro compiti; e per questo la Commissione dei Settantacinque ha esaminato se si possono stabilire delle forme di procedimento per l’esame e la formazione delle leggi più rapide, in modo che in definitiva il potere legislativo non sfugga ai Parlamento, che è l’organismo competente.
Óra, la via che viene proposta, e sulla quale l’onorevole Presidente Ruini ritiene di poter constatare un diffuso concorde orientamento, è questa: di deferire non soltanto l’esame, ma anche l’approvazione di disegni di legge a Commissioni interne delle Camere.
Ora, proprio su questo punto io intendo richiamare la vostra attenzione, su questo punto gravissimo che finisce per svuotare il principio, che è fondamentale, secondo cui competenti ad esercitare il potere legislativo non sono le Commissioni ma le Assemblee.
Noi stamane abbiamo rinviato la votazione dell’articolo 67 per non anticipare nessuna decisione in ordine ai poteri del Capo dello Stato, in particolare per quanto riguarda la sua partecipazione all’esercizio della funzione legislativa. Resta però comunque fermo il principio che la potestà legislativa spetta, col concorso o meno del Capo dello Stato, alle Assemblee legislative. Ciò posto, non capisco come si possa ammettere poi che la funzione stessa venga spostata dalle Camere alle Commissioni, organi interni, che non sono le Camere, e che non presentano le garanzie delle Camere.
Ricordo che durante i lavori della Sottocommissione, quando abbiamo affrontato il problema della delegazione legislativa, ci siamo preoccupati, e ce ne siamo preoccupati moltissimo, di stabilire limiti precisi alla possibilità di delegazioni legislative; ed è stato proprio il Presidente di questa Assemblea – come Presidente, allora, della Sottocommissione – che ha proposto una formula molto felice, che ha sodisfatto tutti per la sua rigorosità.
Ora, se noi abbiamo ritenuto opportuno di ammettere la delegazione legislativa, ma di ammetterla soltanto entro limiti ben determinati, come possiamo approvare con animo leggero una formula costituzionale che prevede genericamente la possibilità di delegare non al Governo, ma ad una Commissione, non tanto l’esame ma anche l’approvazione di disegni di legge?
È sulla gravità di questa questione che io richiamo l’attenzione e la preoccupazione dell’Assemblea!
Io mi rendo perfettamente conto che, così come attualmente è regolato il procedimento di formazione delle leggi, le Assemblee legislative non possono adempiere tutti i gravissimi compiti ad esse affidati, soprattutto quello di esercitare la funzione legislativa; ma bisogna riconoscere che tutte le proposte che ci vengono presentate non ci possono sodisfare, e lasciare tranquilli, tanto più quando esse minano i principi fondamentali della Costituzione. È contradditorio affermare la esclusiva competenza legislativa delle Camere, e ammettere che attraverso una norma di Regolamento esse possano essere svuotate dei loro compiti, che sono loro doveri.
E allora io propongo questo: lasciamo fermo il principio fondamentale in base al quale il potere legislativo spetta alle Camere e – secondo me – soltanto alle Camere. Abbiamo previsto casi determinati di delegazione legislativa. In sede di approvazione di Regolamento, le Camere vedranno se, accanto alle forme normali di formazione delle leggi, si possono prevedere e stabilire delle forme abbreviate, sia per casi di urgenza, sia per casi non urgenti ma in cui la materia renda possibile una forma di approvazione più rapida. Ma non compromettiamo con norme costituzionali problemi di così vasta proporzione e di così grave importanza.
Data questa esigenza, rinviamo al punto in cui siamo, al Regolamento delle Camere, la determinazione di procedimenti speciali e idonei che possano accelerare l’approvazione delle leggi; ma manteniamo fermo il principio fondamentale che il potere legislativo spetta alle Camere e non ad altri organi come le Commissioni.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. L’onorevole Tosato ha esposto alcune considerazioni che non mi sembrano ammissibili, e che sono contradittorie fra loro. Anzitutto egli ha insistito su una delegazione che la Camera farebbe dei suoi poteri ad altri organi. Non è affatto una delegazione che la Camera faccia dei suoi poteri ad altri organi! Anche le Commissioni sono parte dell’Assemblea. Non v’è affatto una spoliazione delle funzioni legislative, tanto più che noi abbiamo stabilito che la Camera può sempre riservare a sé tutto intero questo compito. La Camera è giudice del modo con cui essa stessa esercita l’attribuzione di questo suo potere legislativo.
Non posso in nessun modo, quindi, lasciar passare l’affermazione dell’onorevole Tosato che con questa proposta, ormai concordemente approvata dai rappresentanti di tutta la Camera, si ferisca la disposizione che il potere legislativo è esercitato dalla Camera, perché il potere legislativo è sempre esercitato dalla Camera anche se essa, per alcune procedure, voglia affidare a sue Commissioni – che sono sempre parte della Camera – l’esame di alcuni disegni di legge salvo a riservare – e bastano trenta deputati – l’esame del complesso alla Camera stessa. Il ragionamento dell’onorevole Tosato appare dunque assolutamente infondato.
Ma poi c’è contraddizione. Egli dice: rimandiamo questa questione al Regolamento. Ma se c’è come premessa che ogni rinvio alle Commissioni significherebbe un’abdicazione della Camera al suo potere legislativo, evidentemente non ci potrebbe essere più delega al Regolamento.
Il concetto di lavoro rapido per mezzo delle Commissioni, sul quale così largo consenso si è determinato di fronte alle necessità esposte soprattutto dall’onorevole Clerici, cadrebbe completamente. Per questa profonda contraddizione, noi dobbiamo insistere sul testo concordato.
PRESIDENTE. Comunico che gli onorevoli Laconi e Grieco hanno presentato il seguente emendamento aggiuntivo al primo comma del nuovo testo proposto dalla Commissione:
«Aggiungere le parole: a scrutinio segreto».
FABBRI. Resterebbe allora il testo originario.
PRESIDENTE. Se venisse approvata la proposta Laconi-Grieco il testo originario del primo comma resterebbe.
L’emendamento sostitutivo proposto dall’onorevole Tosato ha la precedenza nella votazione perché più si discosta dal testo della Commissione.
TOSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOSATO. Onorevole Presidente. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Ruini io desidererei poter dare un chiarimento per precisare il contenuto dell’emendamento che ho proposto, in quanto mi sembra che la stessa Assemblea, dopo il mio precedente intervento, sia molto perplessa.
Per essere brevissimo, dirò semplicemente che la questione sulla quale bisognerebbe prendere una decisione di principio è questa: siamo disposti ad ammettere che una Commissione delle Camere possa, come tale, non solo esaminare ma anche approvare un disegno di legge? Questa è la questione che si tratta di decidere.
Nell’emendamento che ho proposto questa possibilità resta esclusa. È per questo che io non sono caduto in quella tale contraddizione di cui ha parlato Ruini. Infatti, l’emendamento che io ho proposto rappresenta una disposizione che segue l’articolo fondamentale in base al quale il potere legislativo spetta alle Camere. Se il potere legislativo spetta alle Camere, è evidente che in nessun caso le Commissioni delle Camere, come tali, potranno approvare un disegno di legge.
Che poi in sede di regolamento le Camere possano studiare e disporre tutte quelle forme che si manifestano più idonee per accelerare il procedimento legislativo, salvo però restando il principio che l’approvazione delle leggi spetta alle Camere esclusivamente, questa è un’altra questione. Rinviando, quindi, al regolamento la disciplina delle varie forme di esame e di approvazione delle leggi, non si incide e non si deroga al principio fondamentale ed essenziale, al quale io intendo restare fedele senza eccezioni.
MORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Spero che l’onorevole Presidente voglia perdonarmi se faccio ancora una richiesta di sospensione. Mi pare che su questo punto, che all’inizio sembrava molto chiaro, si siano venute accavallando delle nuove proposte e si siano anche manifestate talune incomprensioni, cose che consigliano un riesame della materia da parte del Comitato di coordinamento. Intanto alcuni degli emendamenti più importanti, quelli che presentano differenze più marcate, non si erano potuti esaminare in quella riunione alla quale l’onorevole Ruini ha fatto cenno, perché non erano stati svolti in Assemblea. Adesso che è stata presentata una proposta radicale da parte dell’onorevole Tosato, credo che i Gruppi si trovino in un certo imbarazzo ed abbiano bisogno di riordinare le idee e di prendere una decisione di fronte a questo punto che è veramente d’importanza fondamentale. In questo concordo con l’onorevole Tosato. Si tratta della funzione legislativa. Mi pare opportuno, quindi, rinviare a domani perché ora sono già le venti. Ci si potrà riunire in sede di Comitato anche questa sera, per esaminare la questione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo ripetere quello che ho detto. Non si è lavorato per tanto tempo alla Commissione (per un anno e mezzo), non si sono esaminate tutte le questioni a fondo, non si è realizzato un accordo discutendosi fra i varî rappresentanti delle varie correnti perché all’ultima ora si possa così rimandare tutto in aria, distruggendo quello che.si era conquistato. Seguendo un metodo siffatto, si peggiorerà di molto la situazione. Quanto al punto in questione si era riconosciuta da tutti un’esigenza, che ha avuto nel collega Clerici il suo più vivo assertore, di rimediare alla disfunzione legislativa del Parlamento. D’accordo tutti, si era trovato un rimedio. Se ora credete, con una votazione improvvisa, di mandarlo all’aria, fate quello che volete. Le conseguenze vi saranno. Io dichiaro fin da ora che questo implicherebbe un cambiamento di metodi. Parlo con meditata riflessione. La sospensione può essere accordata. Ma quando il Comitato potrà riunirsi? Domani alle nove v’è seduta dei Settantacinque per le leggi sulla difesa dello Stato; poi alle 11 seduta; poi seduta nel pomeriggio.
PRETI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PRETI. Come presentatore di uno degli emendamenti all’articolo 69 appoggio la domanda dell’onorevole Moro. Anche il mio Gruppo è di questo parere.
PRESIDENTE. La domanda dell’onorevole Moro in sé non è di vero e proprio rinvio; quindi a torto l’onorevole Moro ha richiamato un precedente, che era un effettivo rinvio. Qui si tratterebbe di rimandare il seguito della discussione a domani mattina.
MICHELI. Sarebbe meglio al pomeriggio.
PRESIDENTE. Onorevole Micheli, la mattina di domani deve essere impiegata utilmente ai fini della Costituzione.
MICHELI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI. Onorevole Presidente, pur essendomi astenuto dall’intervenire in questa discussione, credo di avere diritto, in qualche modo, di fare udire anche la mia parola a questo riguardo. Io non sono compromesso nella questione che si è discussa, perché non ho presentato nemmeno un emendamento per la soppressione dello scrutinio segreto o dell’appello nominale o per la sostituzione dell’una all’altra di queste parole.
Quindi, la mia parola non ha significato di contestazione o di battaglia; vorrebbe se mai essere parola di consiglio; nel senso che, conservando tutto il riconoscimento per il lavoro fatto dal nostro Presidente della Commissione, è evidente che, pur essendosi di questa materia discusso a lungo, pare che quel rapido convegno fatto quest’oggi, cui egli accennava, non abbia prodotto quegli effetti quasi miracolosi che egli riteneva.
Per questo io dico: non è male che il necessario accordo sia intessuto in modo più conveniente e più sostanziale, sicché ogni dubbio rimasto dopo l’accordo troppo momentaneo possa esser chiarito e fugato, ma non in quest’ora.
Io sono del vecchio parere espresso altre volte in questa Assemblea, e purtroppo spesso in dissenso dell’onorevole Presidente, che la notte porta consigli. Viceversa, facendosi adunante sopra adunanze, si finirà col condurre i dissenzienti ad accordi artificiali. Mi pare che così sia molto difficile riuscire a ottenere quella concordia che tutti desideriamo. Per queste ragioni, interrompendo forse, dissi che pareva a me più conveniente che l’argomento fosse rinviato alla seduta pomeridiana di domani. Vi sarebbe maggior tempo, quello che necessita perché i presentatori degli emendamenti in contrasto possano con calma radunarsi per riesaminare la questione e mettersi d’accordo.
PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alle ore 11 di domani.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. L’onorevole Pastore Raffaele ha presentato la seguente interrogazione con richiesta d’urgenza:
«Al Ministro dell’interno, per sapere perché a Bari, da parte di quelle autorità, è stato consentito all’avvocato Vittorio Ambrosini di fare in un pubblico comizio l’apologia del fascismo».
Chiedo al Governo quando intender rispondere.
ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Interesserò il Ministro dell’interno perché faccia sapere al più presto quando intenda rispondere.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Il Ministro dell’interno dichiarò ieri sera che mercoledì mattina avrebbe risposto a tre interrogazioni urgenti, rispettivamente presentate dagli onorevoli Gronchi e Codacci Pisanelli e da me.
PRESIDENTE. Queste tre interrogazioni saranno poste all’ordine del giorno della seduta antimeridiana di domani.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
RICCIO, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, perché consideri se non sia opportuno estendere a tutte le Amministrazioni dello Stato la norma già applicata da alcuni Ministeri, secondo cui al funzionario, che riveste provvisoriamente le funzioni del grado superiore con la qualifica di reggente, viene corrisposta una indennità pari alla differenza tra lo stipendio di cui è provvisto e quello iniziale del grado superiore, evitandosi così trattamenti che possono apparire di privilegio e situazioni di evidente ingiustizia.
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e delle finanze, per sapere se gli uffici dipendenti dall’Ente assistenziale U.M.A. (Utenti motori agricoli) siano tenuti a fornire agli uffici distrettuali delle imposte dirette le informazioni e le notizie di cui sono in possesso per ragioni del servizio assistenziale prestato, violando i doveri di riserbo e di segreto di ufficio a danno dei propri assistiti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Braschi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se, in considerazione del fatto che la classificazione stradale disposta dal regio decreto 15 novembre 1923, n. 2506 (legge Carnazza), non ha avuto pratica attuazione, mentre ha impedito e impedisce alle provincie di assumere a loro carico la costruzione e manutenzione di strade oggi comunali, alle quali i comuni si trovano nella impossibilità finanziaria di provvedere, non ritenga urgente e indispensabile, accogliendo il voto formulato dalla Commissione strade del Touring Club Italiano nella sua riunione del 21 dicembre 1946, abrogare intanto la suddetta legge Carnazza e fissare poi nuovi criteri di classificazione delle strade, in modo da pervenire ad un completamento della rete statale e provinciale e ad una riduzione di quella comunale, lasciando ai comuni le sole strade urbane e quelle di interesse strettamente locale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Ermini».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, perché dica le ragioni, per le quali non si dà ancora inizio alla costruzione della rotabile Sprondasino in agro di Poggio Sannita (Campobasso), che enormemente trasformerebbe l’economia di detto comune, che, perciò, l’attende da oltre un cinquantennio, sebbene del tutto invano, pur proclamandosi da ogni parte il proposito di risolvere i problemi del Mezzogiorno di Italia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, perché consideri se non sia opportuno, con un provvedimento transitorio, andare incontro ai ferrovieri anziani, che, pervenuti a 58 o 60 anni di età per il personale attivo ed a 62 per quello impiegatizio, sono inesorabilmente mandati in quiescenza con una pensione, che raggiunge appena la metà degli emolumenti di attività, mentre tutti gli altri dipendenti statali, pur arrivati al limite di età, per cui dovrebbero essere collocati in pensione, sono trattenuti in servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se i diplomi conseguiti nei campi di prigionia da coloro, che hanno ivi frequentato corsi di studi di scuola media, tenuti da professori di ruolo, siano o meno parificati a quelli conseguiti nelle scuole dello Stato, così come si è provveduto per gli esami sostenuti a chiusura dei corsi universitari, svoltisi parimenti nei campi di prigionia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, perché consideri se non sia rispondente a criteri di giustizia riconoscere a favore dei professori non di ruolo, in occasione dei prossimi concorsi, quali anni di supplenza, gli anni di insegnamento, da essi tenuto nei campi di concentramento sparsi in ogni parte del mondo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Colitto».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 20.5.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 11:
- – Interrogazioni.
- – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Alle ore 16:
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.