Come nasce la Costituzione

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LUNEDÌ 6 OTTOBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCXLVII.

SEDUTA DI LUNEDÌ 6 OTTOBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Sul processo verbale:

Nobile

Corbellini, Ministro dei trasporti

Congedi:

Presidente

Comunicazioni del Presidente:

Presidente

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

De Mercurio

Rubilli

Sullo

La Rocca

Vinciguerra

Covelli

Corbellini, Ministro dei trasporti

Musotto

Volpe

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro

Canevari

Cappa, Ministro della marina mercantile

Tonetti

Interpellanze (Svolgimento):

Cremaschi Olindo

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro

Gavina

Segni, Ministro dell’agricoltura e delle foreste

Interrogazioni e interpellanza con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

AMADEI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

Sul processo verbale.

NOBILE. Chiedo di parlare sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILE. Onorevole Presidente, ieri notte fui costretto ad allontanarmi dall’Aula e perciò non potei prendere parte alla votazione dell’ordine del giorno Magrini.

Desidero dichiarare che, se fossi stato presente, avrei votato quell’ordine del giorno, così come avevo già votato a favore delle due precedenti mozioni.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Chiedo di parlare sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Nel resoconto sommario della seduta pomeridiana di sabato scorso è detto che l’onorevole Sereni «dà lettura di un documento da cui inequivocabilmente risulta che l’ingegnere Corbellini fu effettivamente ufficiale della milizia, tanto che il 25 luglio 1940 ottenne la croce di anzianità di servizio».

Tengo a precisare che dal documento letto dall’onorevole Sereni non risulta ch’io sia stato ufficiale della milizia: fui semplicemente iscritto come milite nella milizia ferroviaria, nella quale non prestai mai effettivo servizio. Prego di rettificare.

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Cairo, Cevolotto, Martino Gaetano, Russo Perez e Angelini.

(Sono concessi).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che ho chiamato a far parte:

l’onorevole Sereni, della seconda Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge, in sostituzione dell’onorevole Platone, dimissionario,

e l’onorevole Mattarella, della Commissione speciale per l’esame delle leggi elettorali, in sostituzione dell’onorevole Micheli, dimissionario.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.

Le seguenti interrogazioni riguardano lo stesso argomento e possono quindi essere svolte congiuntamente:

De Mercurio, Amendola, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti siano stati presi contro i responsabili dei gravi fatti verificatisi in Avellino il 28 settembre in occasione di un comizio monarchico tenuto dall’onorevole Covelli, con l’autorizzazione del Ministro dell’interno. Va rilevata la insufficienza del servizio di ordine pubblico, in quanto i preposti hanno minacciato inermi cittadini ed elementi antimonarchici, i quali sono stati fatti segno alle provocazioni di teppisti prezzolati nella malavita di provincie limitrofe ed affluiti nel capoluogo. Tale insufficienza ha portato come conseguenza gravi lesioni, anche da arma da taglio, ed altre lesioni meno gravi, nei confronti di cittadini non partecipanti al comizio. Non risulta che le autorità locali, benché invitate ad una più energica azione contro i responsabili diretti e indiretti degli incidenti, abbiano svolto una positiva attività, non avendo proceduto neppure all’arresto dei colpevoli e alla diffida degli organizzatori del raduno»;

Rubini, al Ministro dell’interno, «sui disordini che si sono verificati in Avellino domenica 28 settembre»;

Sullo, al Ministro dell’interno, «sugli incidenti di Avellino del 28 settembre 1947»;

La Rocca, Sereni, Amendola, Reale Eugenio, al Ministro dell’interno, «sui sanguinosi avvenimenti di Avellino e per sapere se è più oltre possibile una politica di tolleranza verso forme manifeste di rinascente fascismo»;

Vinciguerra, al Ministro dell’interno, «sui gravi incidenti verificatisi in Avellino il 28 settembre 1947 in occasione dei quali pacifici cittadini riportavano anche lesioni»;

Covelli, al Ministro dell’interno, «per sapere quali provvedimenti abbia adottato od intenda adottare a carico di taluni ben noti provocatori di Avellino, che hanno tentato con insulti, con sassate, con minacce a mano armata, in occasione di un comizio del Partito nazionale monarchico, di dar luogo ad incidenti cui, solo per la pazienza, l’amore dell’ordine ed il senso profondo di responsabilità dei partecipanti al comizio, si è evitato che seguissero conseguenze veramente gravi».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Trattasi di incidenti i quali, come si può rilevare dallo stesso tenore delle molte interrogazioni che sono state presentate al riguardo, vengono giudicati in modo molto diverso a seconda della parte alla quale i vari interroganti appartengono. Noi troviamo infatti che l’onorevole De Mercurio li definisce «gravi fatti», che l’onorevole Rubilli si accontenta di chiamarli «disordini», che – più benevolo ancora – l’onorevole Sullo li dice «incidenti»; un po’ meno ottimista, l’onorevole Vinciguerra li chiama «gravi incidenti»; dall’onorevole La Rocca, infine, sono chiamati «sanguinosi avvenimenti».

Dal testo dell’interrogazione dell’onorevole Covelli, poi, sembrerebbe perfino di poter dedurre che di incidenti non ve ne furono affatto, se è vero che vi si legge che taluni hanno tentato con insulti, sassate, minacce, ecc., di dar luogo ad incidenti, ma, insomma, che il profondo senso di responsabilità dei partecipanti al comizio ha in effetti evitato che seguissero apprezzabili conseguenze. Particolarmente impegnato è quindi il Governo a fare il punto della situazione e tale punto crede di poterlo fare in questo modo:

Già l’8 settembre era pervenuto al Comandante del Gruppo locale dei carabinieri un documento, una lettera, a firma di tutti i partiti cosiddetti di sinistra, dalla quale si rilevava che questi partiti intendevano impedire che questo comizio, che si sapeva essere stato progettato dal Partito monarchico, avesse luogo. Esso veniva infatti definito una aperta provocazione alla quale essi partiti non potevano rimanere insensibili e si aggiungeva anche che, nell’interesse della pacificazione nazionale, tali partiti non erano disposti a tollerare provocazioni di tal fatta. Le autorità governative, evidentemente sapendo come un sistema di questo genere, generalizzato, potesse determinare conseguenze facilmente prevedibili, ed assolutamente deprecabili nei rapporti di tutti quanti i comizi che si volessero convocare, si son fatte scrupolo di convocare i rappresentanti dei vari partiti per persuaderli della inammissibilità del sistema ed esercitare su di loro le maggiori pressioni affinché si dimettesse da parte di ciascuno l’idea di provocare gli avversari. Pare che i rappresentanti dei partiti questo l’hanno inteso: comunque hanno assunto nei confronti delle autorità un preciso impegno al riguardo. L’autorità, avendo da parte sua, assunto impegno di fare quanto dipendeva da essa perché gli incidenti fossero prevenuti ed eventualmente repressi, ha a tale scopo disposto innanzitutto posti di blocco sulle strade confluenti alla città e tutti gli automezzi sono stati fermati e i passeggeri perquisiti. Non sono state trovate armi. Sono state trovate alcune bandiere con l’emblema sabaudo, che vennero sequestrate. Dopo di che il comizio ebbe luogo senza incidenti.

Viceversa, quando i dimostranti erano sulla via del ritorno (io conosco poco Avellino, ma mi si dice che la strada percorsa, lungo la quale gli incidenti di cui sto per parlare sono avvenuti, indicasse appunto il proposito dei dimostranti di ripartire) ad un certo punto fischi, dileggi, qualche ingiuria anche, sono partiti all’indirizzo di uno degli automezzi. Questo automezzo si è immediatamente fermato; coloro che vi erano sopra ne sono discesi e ne derivò un tafferuglio. Questo tafferuglio fu abbastanza serio: si ebbe un solo ferito dichiarato guaribile entro 20 giorni. Il tafferuglio sarebbe durato certo di più se non fosse sopravvenuto un reparto della polizia, disposto poco lontano.

Ripresa la marcia dall’automezzo, dopo cinquecento metri, altre ingiurie, altri fischi, altra reazione, altro tafferuglio; e questo tafferuglio ha assunto anche maggiore importanza, in quanto sopraggiunsero ad ingrossarlo coloro che avevano partecipato a quello precedente. Senonché, anche qui la forza pubblica è sopraggiunta con il reparto già intervenuto poco prima e con un altro reparto. Fatto sta che di lì a poco tutto è finito e i dimostranti hanno proseguito sulla via del ritorno senza ulteriori incidenti, finché la polizia informata del ferimento del quale ho parlato prima, provvide ad inseguire immediatamente gli automezzi dei dimostranti e, raggiuntili poco dopo, li sottopose ad una nuova meticolosa perquisizione. Non venne trovata nessun’arma, bensì unicamente un coltello autorizzato. Naturalmente tutti i passeggeri vennero lasciati proseguire.

In questa condizione di cose non pare che da parte della polizia si sia venuto meno a quelli che erano i suoi doveri, sia per aver predisposto i mezzi sufficienti per reprimere gli eventuali incidenti, sia, in seguito a questi, per assicurarsene i responsabili.

Non è riuscita; comunque, le indagini subito iniziate vengono proseguite e voglio augurarmi che esse possano sortire l’effetto desiderato.

In occasione della discussione suscitata da questi incidenti si è verificato in prefettura un deplorevole episodio; un giornalista, infatti, estrasse la pistola ed affermò concitatamente di avere incitato poco prima gli agenti dell’ordine a sparare sui dimostranti, con le parole: «se non sparate voi, sparo io». Pare, tuttavia, che questa sia stata la sola sparata dell’occasione, perché in effetti le indagini svolte per accertare se proprio era stata estratta la pistola…

COVELLI. È stata estratta.

MARAZZA. Sottosegretario di Stato per l’interno. …hanno concluso negativamente. Dopo di che io invito le parti a riportare la questione nei suoi modesti limiti ed a spegnere, se è possibile, i reciproci risentimenti.

PRESIDENTE. L’onorevole De Mercurio ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

DE MERCURIO. Non sono per niente sodisfatto delle dichiarazioni dell’onorevole Sottosegretario, perché esse hanno un tono di ottimismo, che non si addice al caso specifico.

Sta di fatto che tutti i partiti, anche quelli non definiti di sinistra, si associarono alla richiesta di non fare tenere il comizio all’onorevole Covelli, ivi compreso, credo, anche il Partito liberale, certamente la Democrazia cristiana. Tutti i partiti furono solidali in questa richiesta, non perché si volesse impedire al Partito monarchico di tenere il comizio – perché in regime di libertà e di democrazia è giusto che ognuno esponga la propria opinione – ma perché si sapeva in antecedenza che i metodi usati durante la campagna elettorale e post-elettorale dall’oratore che avrebbe parlato ad Avellino, avrebbero certamente portato le conseguenze, che poi si sono verificate. E adesso andiamo ai fatti.

Rivendico alla città di Avellino, che mi onoro di rappresentare in quest’Aula, l’alto senso di civismo e di responsabilità politica dimostrato in questa occasione; perché tutti i presenti – e vi sono anche dei colleghi di altri gruppi – possono dichiarare che il comizio non fu minimamente turbato, anzi direi, fu quasi ignorato.

E che il comizio sia stato ignorato dalla popolazione di Avellino è dimostrato dal fatto che ben 25 camions affluirono quel giorno ad Avellino dalle provincie di Benevento, di Napoli e perfino di Campobasso, come mi ha confermato l’onorevole Azzi, che quel giorno era a Campobasso.

Non parliamo, poi, dei pubblici bandi lanciati per alcuni giorni in parecchi Comuni, fra cui Prata, Candida, Tufo ed altri, preannuncianti un comizio monarchico che sarebbe stato tenuto ad Avellino, allo scopo di far accorrere al comizio stesso la massima parte di convenuti.

MAZZA. Non è vietato, che c’è di male?

DE MERCURIO. Non sto dicendo che è vietato. Fatto sta che il manifesto affisso per l’occasione diceva che l’onorevole Covelli, deputato all’Assemblea Costituente, avrebbe parlato al popolo di Avellino. È evidente che il popolo di Avellino era molto scarsamente rappresentato, perché nella piazza vi erano poco più di 2000 persone venute con 25 camions… (Interruzione del deputato Covelli) affluite dalla provincia anche con tre camions gentilmente concessi dal Ministro dei trasporti, e di questo mi occuperò più tardi. Il comizio si svolse, come dicevo, ordinatamente, tanto ordinatamente che, finito, quelli che vi avevano partecipato si misero nei rispettivi camions e presero la via del ritorno. Qui incomincia il divario fra la nostra versione e quella fornita dal Sottosegretario.

PRESIDENTE. La prego di dichiarare se sia sodisfatto o meno.

DE MERCURIO. No, naturalmente non sono sodisfatto, ma io debbo precisare i fatti. Come ho già detto qui sorge un divario fra me e il Sottosegretario di Stato per l’interno. Infatti quando si prese la via del ritorno, i comizianti scesero dai camions ed andarono ad ingiuriare tutti i presenti. L’ingiuria consisteva nel fatto che furono cantati inni fascisti e fu gridato: Viva la monarchia! Abbasso la repubblica! Viva i reali carabinieri. (Interruzioni a destra).

Io, a questo punto, domando: da chi preveniva la provocazione? Dai pacifici cittadini che erano sui marciapiedi o da chi in regime repubblicano lanciava grida sediziose ed ingiuriose?

COVELLI. Che male c’è a gridare: viva il re?

PRESIDENTE. Io sono stato condannato tre volte per avere gridato: viva la Repubblica!

DE MERCURIO. Ma c’è di più, signor Presidente! L’onorevole Covelli nel suo comizio aveva eccitato i partecipanti al comizio auspicando il ritorno delle aquile romane ed aveva detto che i monarchici erano pronti a tutto osare. (Rumori a sinistra). Queste parole, buttate agli intervenuti, hanno dato un incitamento a malamente osare. Avvenne quindi il primo incidente, nel quale riportò contusioni multiple il Bonerba, il quale è tuttora degente all’ospedale e non so con quali complicazioni. Successivamente, a distanza di 200 metri, è avvenuto l’altro incidente nel quale, estratte le armi, fu colpito il Guerriero. Qui è il grave, il fatto grave sul quale l’onorevole Sottosegretario non mi ha risposto. Quando mi sono recato in Prefettura a protestare presso il prefetto, questo si è stretto nelle spalle dicendo: «L’autorizzazione è stata data dal Ministro dell’interno, io non potevo darla». Io ho poi appreso con rincrescimento e dolore che un maresciallo di pubblica sicurezza quando è stata vibrata la coltellata, ha respinto non coloro che si erano lanciati per accoltellare il Guerrieri, ma ha respinto in malo modo i pacifici cittadini che erano sui marciapiedi. A questo punto era logico che venisse detto al maresciallo quel che meritava e me ne sono andato protestando e facendo le note dichiarazioni.

Ora, su tutti questi fatti l’onorevole Sottosegretario non mi ha detto quali provvedimenti siano stati presi contro i responsabili diretti e indiretti. Abbiamo dovuto domandare noi alla pubblica sicurezza cosa intendesse fare contro i responsabili, perché questi, sui sei camions che andavano a Napoli, si erano già allontanati; abbiamo dovuto dire noi di far telefonare perché fossero fermati e perquisiti, perquisizione che non si era verificata preventivamente.

Ora, domando a me stesso, se non debbo domandarlo all’onorevole Sottosegretario, se ritiene che le provocazioni siano partite da chi stava sul camion o da chi stava pacificamente ad attendere che il comizio avesse fine.

In questa occasione, io chiedo e faccio appello al Governo affinché siano subito messi in discussione avanti a questa Assemblea le leggi sul consolidamento della Repubblica.

PRESIDENTE. L’onorevole Rubilli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

RUBILLI. Io sono assai sodisfatto di una cosa soltanto, e cioè che sia dalle dichiarazioni che ha fatte il Sottosegretario di Stato, sia dalle notizie private che mi sono giunte, so che in realtà si è trattato di lievi incidenti, con molto lievi conseguenze. Di questo specialmente sono assai sodisfatto e contento. Debbo però rilevare, per quello che riguarda la concessione dei camions per le adunate di partito, anche se, come ho sentito, si tratta di concessioni che si sogliono fare e si sono fatte ancora in casi simili, che questa è un’abitudine deplorevole e sarà meglio non seguirla per l’avvenire. E ciò per una ragione molto semplice: perché il Governo e lo Stato devono garantire ampiamente i partiti nella libera, legittima esplicazione della loro attività, ma non devono dare né sussidi né aiuti, né soccorsi, altrimenti può sorgere anche il sospetto che il Governo faccia quanto può, ed anche quanto non può, per i partiti che lo sostengono, e riserbi solamente le briciole ai partiti avversari. Meglio quindi che questa abitudine sia completamente eliminata per l’avvenire.

Per il resto, l’onorevole Covelli fece ad Avellino, chiamando gente da tutte le parti, specialmente fuori della Provincia, un’adunata di carattere monarchico. D’altronde egli non nasconde i suoi sentimenti, non nasconde la sua fede. Sono manifestazioni che finora, almeno finché non vi saranno leggi in contrario, sono consentite e possono essere legalmente organizzate. Io vedo tappezzate le vie di Roma di annunzi di comizi monarchici per le prossime elezioni amministrative. Dunque, sono un po’ dovunque piuttosto frequenti simili comizi, e se Covelli ha creduto di farne uno ad Avellino, fino a questo momento almeno non abbiamo gran che da opporre. (Interruzione a sinistra).

Sarebbe molto meglio, è vero, che tutti quanti, dopo il 2 giugno, passate le perplessità e i dubbi che prima di tale data non potevano d’un tratto completamente eliminarsi, sentissimo oggi il dovere di essere buoni cittadini per contribuire con tutte le nostre forze e con sentimenti sinceramente patriottici a consolidare la Repubblica, il nuovo regime che il popolo ha deliberato, con libera votazione. Io sono stato il primo nella Consulta Nazionale a pronunziare un discorso sulla legge elettorale proponendo e sostenendo il referendum sulla questione istituzionale. La Consulta accolse la proposta, il popolo si è pronunziato; dunque ogni dissenso su questo argomento dovrebbe da ogni parte ormai aver termine.

Questo è il mio pensiero, questa la mia opinione personale, che purtroppo non vedo ancora completamente seguita, perché molti vogliono persistere a mantenere ferme le loro vecchie idee; ciò potrà anche deplorarsi, ma non si potrà opporre un assoluto divieto che dalle leggi vigenti non è imposto. Però sarà opportuno che sia evitato ogni equivoco al riguardo, perché spesso in simili manifestazioni (e questo è vero) si mescolano degli elementi con spiccate nostalgie fasciste. Sono gli stessi organizzatori che per la loro dignità e nell’interesse della causa che vogliono sostenere, debbono far sì che anche nelle apparenze sia eliminato qualsiasi sospetto e qualsiasi dubbio sul carattere politico di un comizio.

Per quello che riguarda la città di Avellino, devo constatare con grande compiacimento – come cittadino avellinese – che anche in questa occasione essa non è venuta meno alle sue nobili antiche tradizioni. Noi uomini politici della Provincia abbiamo largamente contribuito ad elevare il livello, il clima, l’ambiente politico delle nostre contrade e siamo riusciti con grandi sacrifici a mantenere e conservare il rispetto a tutte le opinioni liberamente e civilmente espresse, anche in tempi e in occasioni molto difficili. Ed in questa occasione, altresì, come è stato constatato dall’onorevole Sottosegretario di Stato, come può essere constatato da tutti gli interroganti – e su ciò potremo essere d’accordo – il comizio non è stato per nulla turbato e gli oratori hanno potuto in Avellino esprimere, senza essere disturbati, il loro pensiero, affermando la loro fede ed i loro sentimenti.

Si sono verificati dei tafferugli, piccoli tafferugli che sono avvenuti dopo, lungo la strada? Ebbene, ne avvengono spesso in casi simili. La fortuna è che hanno avuto piccole conseguenze. Chi li ha determinati? Chi è stato il provocatore? Questo non lo può dire il Sottosegretario; questo non lo possono dire nemmeno i singoli deputati interroganti. Dopo ampia istruttoria e dopo un pubblico dibattimento, se occorre, potrà dirlo soltanto il magistrato con serena, obiettiva sentenza. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Sullo ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

SULLO. Sono lieto che la discussione di questa interrogazione sia avvenuta adesso, perché se fosse avvenuta una settimana fa indubbiamente si sarebbe detto che si trattava di una questione antigovernativa o filogovernativa e l’Assemblea non avrebbe dato una valutazione esatta all’episodio che, se nelle conseguenze fisiche non è di grande importanza, è tuttavia qui da sottolineare, per denunziare e un metodo che bisogna combattere anche sul terreno politico e non soltanto, come l’onorevole Rubilli diceva, sul terreno della Magistratura. Sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Sottosegretario che le conseguenze fisiche dell’episodio sono minime, ma sono minime oggi, e se il metodo continuasse per l’avvenire, così come si va trascinando da mesi e starei per dire da anni, non crederei che anche per l’avvenire potessero essere definite come sono state definite in questo momento.

L’Assemblea deve sapere che in tale questione non entra né la Destra, né la Sinistra, né il Centro, né il Governo, né l’opposizione al Governo, ma il tono con cui questa interrogazione – poteva benissimo essere un’interpellanza – deve essere discussa è un tono che riguarda soprattutto la civiltà ed il metodo della propaganda, che riguarda soprattutto l’esempio che dobbiamo dare ai nostri concittadini, di come comportarsi nella vita politica. Perciò io, da un lato, posso senz’altro dire che l’impostazione che alcuni giornali di sinistra hanno dato all’episodio è stata eccessiva, esagerata e controproducente, perché, lasciando intendere che si trattava di attaccare il Ministro dell’interno e il Ministro dei trasporti, hanno insensibilmente portato l’opinione pubblica a difendersi contro questo metodo.

Noi, come democristiani, dobbiamo riprovare che, in questa maniera, in effetti, si sia portata la questione su un altro piano. Anche i nostri amici di destra non devono fissarsi nel solito cliché, a favore del Governo o contro il Governo, ma devono guardare le cose con assoluta obiettività, come cercherò di fare io.

Sono un anno e mezzo o due che certi propagandisti del Partito monarchico, tra i quali è il collega Covelli, hanno cominciato ad adottare il sistema della guardia del corpo. Ora, questo sistema non è un sistema nuovo nella storia dei comizi in Italia, perché mi è stato detto che anche in passato c’era gente che amava portarsi dietro una scorta di uno, due, tre camions di gente autotrasportata, di claque, che fosse pronta a fischiare l’avversario, ad applaudire e, anche un po’ troppo ardentemente, a scivolare nel tafferuglio.

Ma è evidente che nell’anno di grazia 1947, quando predichiamo la democrazia dappertutto, non può essere lecito continuare con questi sistemi. Agli amici di destra, di sinistra e del centro, dico: può darsi che la provocazione sia venuta dalla strada, o dai camions: ma la vera provocazione consiste nel fatto di aver portato ad Avellino della gente di altri capoluoghi di Provincie, da altre Provincie, della gente che indubbiamente non aveva nulla a che fare con la popolazione della Provincia di Avellino.

Qui il problema serio e fondamentale non è quello di dire che potevano essere adottati dei provvedimenti, per quanto il mio partito, proprio nel passato, prendendo occasione dagli incidenti che durante la campagna elettorale erano capitati anche agli attuali deputati della Democrazia cristiana – e l’onorevole Scoca potrebbe dirne qualche cosa – in comizi tenuti nel periodo del 2 giugno, abbia voluto fin d’allora porre il problema dicendo: state attenti, prima di concedere queste autorizzazioni, guardate come le concedete, io plaudo al Ministro Scelba perché ha dato questo permesso, ma il Ministro Scelba non credo abbia dato il permesso di fare un’adunata dei monarchici della Campania, poiché si sarà limitato a dare il permesso di tenere un comizio in Avellino. Invece, nella giornata di domenica, sono giunti ad Avellino dei camions, i quali non possono circolare nei giorni festivi e, per giunta, non possono trasportare persone; questi camions sono venuti da Napoli e la pubblica sicurezza può indagare anche sulla identità delle persone che trasportavano.

Comunque, questi camions avevano l’autorizzazione per trasportare le persone e l’autorizzazione per circolare nei giorni festivi? Ora, amici miei, la vera provocazione è questa: aver portato questa gente ed avere continuato con questi sistemi che noi dobbiamo assolutamente biasimare e deprecare.

Là realtà è questa: quando vi è gente che va via e attraversa un corso affollatissimo, come quello di Avellino nella giornata di domenica, e quando vi è gente che va via dopo un comizio che è stato perfettamente tranquillo e ode dei fischi dalla gente del luogo, ode anche delle provocazioni dalla gente del luogo, se questa gente dei camions non è disposta a fare tafferugli non scende, perché sa che scendendo deve forzatamente attaccare briga.

La provocazione può essere partita da chiunque; ma, come democratico cristiano, io dico che questi sono i metodi che dobbiamo combattere, di là dalle persone. Che la responsabilità personale sia dell’onorevole Covelli io non so: egli ha detto che dei camions non sapeva nulla. Può darsi; a me non interessa. Ma io dico che di chiunque sia questa responsabilità, noi dobbiamo biasimare l’episodio.

Ed, anche se, come ha detto l’onorevole Marazza, l’episodio permette di essere giudicato con un relativo ottimismo, rispetto al modo come si è svolto e alle conseguenze che avrebbero potuto derivarne, esso riveste tuttavia carattere di indiscussa gravità. (Interruzione del deputato Benedettini).

Io parlo indipendentemente dai sentimenti miei anteriori al 2 giugno, perché bisogna che la libertà di parola non rappresenti un sistema per intimidire le persone. (Interruzione del deputato Benedettini).

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sullo.

SULLO. Io denunzio al Paese un metodo che ritengo debba essere riprovato da qualunque cittadino, di qualunque parte politica. (Interruzione del deputato Benedettini).

PRESIDENTE. Onorevole Benedettini, abbiamo incominciato senza interruzioni: la prego di non portarle in campo lei.

L’onorevole La Rocca ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

LA ROCCA. Onorevoli colleghi, le dichiarazioni dell’onorevole Sottosegretario all’interno non sono valse a disperdere in alcun modo le nostre preoccupazioni, né a placare la nostra ansia. A me dispiace che non sia qui a trattare questo argomento l’onorevole Amendola, impegnato altrove. La sua presenza sarebbe stata tanto più utile, in quanto egli è più intimamente legato alla zona avellinese, di cui è diretta e immediata espressione.

Non mi dilungo sui fatti che, nel loro insieme, nonostante una versione partigiana offertaci dall’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno (Commenti), si rivelano particolarmente gravi. Essi sono stati già esposti, esaminati e commentati dagli altri oratori.

Vorrei piuttosto trarre delle conseguenze da questi avvenimenti e tradurle in una linea politica conseguente. Una prima cosa è certa – e l’ha notato proprio ora l’onorevole Sullo – che è tornato l’uso dei raduni, con la raccolta dei peggiori elementi dalle varie contrade, e non già per una dimostrazione di forza, ma per una sfida di baldanza, che poi si converte in una rottura della legalità, che si traduce nell’esercizio della violenza.

Voce a destra. È anche il vostro metodo.

LA ROCCA. Noi non abbiamo bisogno di ricorrere a questi metodi. (Commenti a destra).

Voci a destra. Piazza del Popolo! Piazza del Popolo!

PRESIDENTE. Prego di non interrompere.

LA ROCCA. E una seconda cosa è certa: che il Ministro ingegner Corbellini, il quale in circostanze più prementi non concede mezzi di trasporto, non ha esitato, forse per una simpatia intellettuale verso i suoi ex camerati, a fornire i camions a tristi figuri, (Proteste al centro e a destra) che nella terra di Pasquale Stanislao Mancini e di Francesco De Sanctis, che incarnano, nel campo giuridico e in quello estetico, il pensiero più progressivo del Risorgimento, nella terra dei De Conciliis (Complimenti al centro) e di Guido Dorso, sono andati, se non materialmente, almeno spiritualmente a sollevare il gagliardetto nero dei pirati, col teschio e con gli stinchi, per una netta manifestazione neo-fascista.

L’onorevole Covelli è padronissimo di ritenere che l’avvenire della Nazione sia nell’istituto monarchico. Del resto, nella Campania si trovano, ancora oggi, forse, cadaveri viventi, residui di un passato putrefatto, che accendono ceri per il ritorno dei Borboni. Al delirio dei monarchici neo-fascisti, si risponde, sul piano della legalità democratica, che l’istituto monarchico è stato estraneo alla vita nazionale, che non ha adempiuto al compito storico che è stato proprio della monarchia in altri Paesi: di combattere il frazionamento feudale e contribuire all’unità nazionale; che il Risorgimento, nella sua essenza, è stata l’opera dei Mazzini e dei Garibaldi e che i Savoia si sono impadroniti del sacrificio altrui, di un terreno che non era stato lavorato da loro; che, alla fine, quando l’istituto avrebbe dovuto agire da forza moderatrice, come garanzia dei diritti degli italiani, ha tradito il Paese ed è diventato il complice diretto del fascismo, ne ha sostenuta la dittatura e, col fascismo, ci ha portati alla servitù, alla miseria e al disastro.

Questo è un contrasto di idee, che non deve concludersi nel guizzo delle armi bianche. Ecco il punto. Perché la vitalità e la forza di una qualsiasi ideologia non possono essere affidate alla punta dei pugnali dei briganti e degli assassini.

Una voce al centro. Alle roncole, come a Genzano!

LA ROCCA. Si tratta di domandare all’onorevole Ministro dell’interno fino a quando e fino a quanto egli è disposto a tollerare certi sistemi sul piano inclinato che ci conduce ad una rinascita del passato, che tutti dovremmo essere d’accordo a voler seppellire senza speranza di resurrezione.

Ella, poco fa, ha detto, onorevole Sottosegretario per l’interno, che niente di meno su questi camions che trasportavano una teppa di Napoli – teppa che non osa più agire sulle piazze della grande città, perché Napoli democratica la spazza via con formidabili colpi di scopa, ed è ridotta ad esercitare le sue imprese da saccomanni alla periferia – è stata compiuta una perquisizione. Si sono avuti feriti da arma di punta e taglio. Di dove sono usciti questi pugnali e questi coltelli, se la prima perquisizione è riuscita infruttuosa?

Onorevole Sottosegretario per l’interno, allora riconoscerà che si è trattato di una perquisizione all’acqua di rose, di una perquisizione amichevole, compiuta per la forma.

E aggiungo dell’altro. Ella stesso ha ricordato che tutti i partiti democratici di Avellino non desideravano che lo sconcio fosse avvenuto in una città dove la lotta politica si è svolta sempre democraticamente, nella maniera più libera, senza che la parola di alcuno fosse stata disturbata o imbavagliata dal sopruso o dalla soverchieria di altri gruppi politici. Occorre dunque che intervengano i terzi, di fuori, per avvelenare e turbare l’atmosfera.

E a questo si è risposto in che modo? Nemmeno col gesto di Ponzio Pilato da parte di quelli che sono gli strumenti dell’esecutivo, che sono il vostro braccio nella Provincia: il questore e il prefetto; perché essi non si sono ristretti nemmeno a lavarsi le mani. Hanno dato addirittura una scrollata di spalle; e la piazza intitolata a Matteotti è stata per l’occasione intestata ad un Savoia.

È difficile immaginare provocazioni maggiori e peggiori. Né accade insistere sull’argomento che estranei, stranieri, non possono assolutamente, se non si sentono spalleggiati, sfidare una cittadinanza. compatta, compatta almeno intorno allo spirito che lega un po’ gli uomini della stessa contrada contro gente che viene di fuori a rompere l’ordine pubblico. C’è, dunque, una sorta di favoreggiamento da parte della questura, che non interviene, da parte del prefetto, che si stringe nelle spalle quando ci si lamenta per una manifestazione che era un’aperta sfida ed un’aperta provocazione, a cui un popolo, giunto ad un alto grado di maturità politica e di senso di responsabilità, non cede.

Ora ci domandiamo se questo metodo possa ancora continuare, dopo un’offensiva già da tempo scatenata contro le libertà democratiche, contro l’esercizio della critica e della propaganda, già da noi denunciata e su cui non ritorno; ma oggi ci mettiamo su un terreno quanto mai difficile!

L’altro giorno ho seguito con un senso di grande stupore il modo con cui l’onorevole Ministro dell’interno ha cercato di interpretare a suo modo la legge. Vorrei ricordare all’onorevole Ministro dell’interno un concetto sul quale non è possibile cavillare o sofisticare e che è alla base di tutta la nostra legislazione di diritto pubblico: che cioè un cittadino, a tutela di un suo diritto vitale, si sostituisce allo Stato, quando lo Stato non può intervenire. Siamo nel campo della legittima difesa. C’è da augurarsi che il popolo italiano, per la politica equivoca dell’attuale Ministro dell’interno, non debba trovarsi nella condizione e nella necessità (Commenti al centro) di sostituirsi allo Stato, che non interviene e che non agisce (Commenti al centro), a tutela dei diritti e delle libertà democratiche! (Commenti al centro).

Una voce al centro. Genzano! Si ricordi di Genzano!

LA ROCCA. I democratici cristiani dovrebbero ricordare che nei Vangeli è detto che gli uomini si giudicano non dalle loro parole, ma dai loro atti, come gli alberi non si giudicano dalla loro veste di foglie, ma dai frutti che dànno.

Esiste un abisso tra le parole del Ministro dell’interno e la sua azione politica, che è azione di parte: azione che restringe la sfera dei diritti di alcuni, che sostiene la pratica antidemocratica di altri, che, direttamente o indirettamente, aiuta il risorgere della violenza fascista, C’è un divorzio pauroso tra le parole e i fatti del Ministro dell’interno. Se i questori e i prefetti non ricevessero determinate direttive, non si comporterebbero nel modo con cui si comportano: o saprebbero che, agendo di testa loro e permettendo attentati alla democrazia, finirebbero col ballare il ballo di San Vito, con un Ministro dell’interno, custode dello spirito repubblicano antifascista. (Rumori al centro).

PRESIDENTE. Concluda, onorevole La Rocca, la prego.

LA ROCCA. E allora concluderò ricordando le parole di un marito che ammoniva la moglie multivola (in una deliziosa commedia di Molière). Le diceva: Io ti dico sempre le stesse cose perché tu fai sempre le stesse cose, e finché tu farai sempre le stesse cose io non potrò che dirti sempre le stesse cose».

L’onorevole Ministro dell’interno, per la sua politica, evidentemente somiglia alla moglie multivola; ma il popolo italiano non può identificarsi in quel marito, che in definitiva si chiamava Pierrot! Noi ci auguriamo che il popolo italiano non sia costretto a mettersi in piedi, per difendere da sé le sue libertà contro un nuovo vomito di barbarie fascista. (Applausi a sinistra – Rumori al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole Vinciguerra ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

VINCIGUERRA. Onorevoli colleghi, penso che questo mio intervento potrebbe essere anche considerato superfluo, ma credo di dover fare una precisazione, resa necessaria dalla impostazione che ha dato a questa nostra discussione l’onorevole Rubidi.

PRESIDENTE. Non divaghi, onorevole Vinciguerra; siamo in sede di interrogazione.

VINCIGUERRA. Anzi di una piccola interrogazione. Dopo le dichiarazioni del Sottosegretario, l’onorevole Rubilli ha osservato che ovunque c’è il diritto di propaganda; a Roma si assiste a tanti comizi monarchici, e quindi nulla di grave che questo sia successo anche ad Avellino, dove, a suo modo di vedere, la manifestazione sarebbe stata contenuta entro giusti limiti.

Si capisce che la propaganda monarchica è libera come quella comunista, socialista e degli altri partiti; ma io penso che in regime democratico ogni forma di propaganda debba avere i suoi limiti nella legge. Ora, è notorio – e vi porto la testimonianza non sospetta dell’onorevole Sullo che ha parlato con molta obiettività – che l’onorevole Covelli usa nell’organizzazione delle manifestazioni del suo partito un sistema che è del tutto speciale, cioè egli crede di dovervi far partecipare anche elementi estranei, non del luogo, e ordinariamente si tratta di elementi reclutati senza troppi scrupoli, e molte volte si notano persone che non hanno la fedina penale a posto.

Perché questi sistemi? Essi sono resi necessari dal nostro ambiente. Le nostre popolazioni sono costituite in gran parte da ex emigrati negli Stati Uniti d’America, ed hanno quel senso della libertà repubblicana che noi proclamiamo (ma che fino a questo momento non abbiamo fatto rispettare), e sono refrattarie alle nostalgie monarchiche. V’è allora bisogno di portare sul posto elementi, diciamo così, di contorno che facciano opera di intimidazione?

È questa la ragione di quel tipo di manifestazioni monarchiche dovute all’attività del segretario del Partito monarchico, onorevole Covelli.

Voglio concludere con una osservazione di carattere giuridico. Se quella tal proposta di legge per la repressione dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico non fosse rimasta nel cassetto del Presidente del Consiglio e fosse stata invece tradotta in legge (speriamo che si voglia rimediare con una iniziativa parlamentare) noi avremmo trovato la sanzione contro questi sistemi; se quella proposta fosse stata già tradotta in legge, noi non saremmo qui ad occuparci dei fatti di Avellino, ma se ne sarebbe occupata l’autorità giudiziaria. Però è da rilevare che, mentre questi sistemi di intimidazione sono notori da parte del questore di Avellino non è stato adottato nessun provvedimento, né preventivo né repressivo. È invece da rilevare che mentre il questore ed il prefetto avevano creduto di dover proibire il comizio, il Ministro dell’interno fu di diverso parere ed in questo caso ha creduto di sostituirsi al prefetto, forse anche al questore, il quale stando sul posto aveva valutato diversamente la situazione. Tuttavia l’incidente non può finire con delle semplici dichiarazioni anodine del Sottosegretario e attendiamo i provvedimenti politici a carico dei responsabili.

Per i fatti delittuosi nei quali vi sono stati anche dei feriti, provvederà l’autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. L’onorevole Covelli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

COVELLI. Intendo rispondere ai miei avversari del centro e di sinistra e dichiarare che neanche io, soprattutto io, non sono sodisfatto delle dichiarazioni del Ministero dell’interno. Devo premettere, a scanso di equivoci e senza offesa all’intelligenza degli onorevoli avversari, che si è riportato qui in maniera molto palese un motivo elettorale: niente altro che questo. C’è qualche ingenuo, ma tutto quello che è stato detto fa parte di una gretta gelosia elettorale e locale.

RUBILLI. Non credo che lei voglia alludere a me.

COVELLI. Ingenui, l’ho detto prima, ve ne sono stati. Il Ministro dell’interno ci fa sapere, e lo dice con una leggerezza che noi non possiamo tollerare, che c’è stata una protesta preventiva al comizio, cosicché si ammette da parte del Ministro dell’interno che vi possano essere dei rappresentanti, alcuni dei quali sono anche «fasulli», che vadano a dire al prefetto della provincia ed al questore: «Noi non vogliamo che abbia luogo questo comizio». Dice inoltre il Ministro dell’interno che è risultato che uno di questi, di cui ho fatto cenno nella interrogazione, ha estratto la pistola ed ha detto che avrebbe incitato gli spettatori o la polizia a sparare, perché, se la polizia non avesse impedito il comizio, lo avrebbe impedito lui.

Il questore od il prefetto, che hanno sentito la necessità di far inseguire l’autocarro di monarchici per farlo perquisire, non cominciarono prima di tutto ad arrestare chi aveva estratto la pistola. Capisco che l’equilibrismo del signor Ministro dell’interno, in omaggio allo squittio dell’onorevole Sullo, non poteva che portare a questa conclusione.

Ma che si venga a dir qui che le provocazioni sono partite dall’autocarro, che le provocazioni sono state fatte da coloro che in quel momento tornavano tranquillamente a casa, che si venga addirittura a dirlo in quest’Aula – qui subentra il motivo demagogico, la campagna elettorale che deve interessare solo la nostra provincia e non disturbare gli onorevoli colleghi – è un falso inconcepibile.

Si dice: c’era pochissima gente, tutta venuta da Napoli e da Benevento. L’onorevole Azzi ha visto addirittura qualche autocarro venire da Campobasso. In verità, egregi colleghi, anche avversari, la cosa che ha sgomentato, anche sul piano politico, i miei avversari, è stato di aver visto – la cosa del resto, è stata vista e si vede dappertutto – che i monarchici (quelli i quali non credono più in coloro che si fecero eleggere per venire a fare i repubblicani in quest’Aula) seguono con certa simpatia e con certa lealtà coloro i quali, in regime repubblicano, col rispetto delle leggi vigenti, hanno ancora fede nell’istituto monarchico e nell’efficacia dell’istituto monarchico.

Noi, egregi avversari (coi quali non abbiamo niente in comune, perché, se duri e violenti siete voi, subdoli e cinici sono quelli che ci stanno più vicini), noi diamo eccessivo fastidio, perché compromettiamo talune situazioni, che non sono personali. Io avrei voluto ricordare, prima dell’interrogazione, agli onorevoli colleghi, che ad essere elette saranno quelle persone che hanno saputo rispettare la fede degli elettori che li hanno mandati alla Camera.

Non raccolgo le insinuazioni di qualche mio collega della provincia, circa metodi poco democratici di propaganda politica, perché proprio qualcuno, che ha parlato qui, ha istigato quelle popolazioni e poco è mancato che non mi linciassero al solo apparire; hanno reso necessario qualche volta farmi prendere di peso, per isolarmi, nel timore che gli incitati mi si potessero gettare addosso.

Che costoro vengano a fare oggi gli agnellini è cosa stomachevole.

Perché non si viene a dire delle menzogne soltanto a me, ma si dicono delle menzogne a rispettabili colleghi. Il Ministro dell’interno ha il dovere, in un regime di libertà che il suo Governo ritiene di far rispettare, di dire a certi prefetti, in particolare a quello di Avellino, che, come c’è libertà per i comizi comunisti, democristiani e repubblicani, c’è libertà per i comizi monarchici. Si levi il malvezzo a certi prefetti, usi ad inchinarsi peggio di ieri all’autorità imperante, al colore politico imperante, di aver timore di eccedere o meno, dando l’autorizzazione ad un comizio monarchico.

Occorre che la legge ci garantisca le libertà democratiche e non si deve più verificare che la provocazione a mano armata sia legittimata dall’equilibrismo di certe dichiarazioni, tipo quelle che ha fatto lei, onorevole Sottosegretario. Gli autocarri portavano pacificamente gente non di Napoli o di Benevento o di Campobasso, ma della mia provincia, che mi onoro di rappresentare e che detesta certi «fasulli». (Interruzione del deputato Sullo).

Coloro che mi hanno ascoltato in qualità di segretario generale del Partito nazionale monarchico, non soltanto ad Avellino ma in tutte le città in cui mi è stato dato di poter parlare, sanno che nessun autocarro è venuto a proteggermi, nessuna guardia armata è venuta a proteggermi, nessuna malavita io ho raccattata per portarla a guardarmi le spalle. L’onorevole La Rocca, se avesse ascoltato il discorso dell’onorevole Pajetta, ed avesse letto un poco in fondo i giornali da lui molto opportunamente citati, avrebbe visto che in fondo a quei giornali si attaccano non soltanto le istituzioni democratiche ma anche e soprattutto i monarchici che intendono essere, e sono, solamente monarchici, e che non hanno nulla a che vedere con quelle forze che, non so se considerevoli o meno, dànno l’assillo ai nostri avversari di sinistra. Prenda spunto il Governo da questa occasione, non per varare leggi eccezionali – perché il solo parlare di leggi eccezionali sarebbe un tradimento alla democrazia – ma per garantire, con il suo fermo atteggiamento, la libertà a noi e agli altri, soprattutto a noi (perché fino ad oggi siamo noi state le vittime delle sopraffazioni e delle violenze, ogni volta che abbiamo parlato in nome della monarchia) e in tempo utile, cioè prima che noi ravvisiamo la necessità di essere come gli altri antidemocratici…

PAJETTA GIULIANO. Quali altri?

COVELLI. …gli altri che parlano di democrazia, di libertà e di pacificazione e sono gli avvelenatori del popolo. Sono costoro i quali si trovano veramente in possesso non soltanto delle armi bianche, che tanto sgomentano l’onorevole La Rocca. L’onorevole La Rocca poi dovrebbe fare a meno di accennare all’onorevole Amendola, perché l’onorevole Amendola per quella gente che, impropriamente, è ritenuta di malavita, è un brutto ricordo e sarebbe giovevole per l’onorevole Amendola farsi dimenticare, perché lo si ricorda oggi a Napoli come colui che ha dato l’autorizzazione a sparare sulla folla dei monarchici durante le dimostrazioni dopo il referendum istituzionale. (Interruzioni e proteste a sinistra).

Voci a sinistra. Non è vero, non è vero!

COVELLI. I monarchici sono gente democratica che sa dimenticare, e non è vero che tema la piazza di Napoli: la vostra piazza è quella superficiale, per la quale ci vogliono veramente molti autocarri dalla provincia; la piazza nostra, di Napoli, è quella spontanea, che non vi darebbe l’ardire di esercitarvi in queste violenze verbali di cui fate uso nella Camera e fuori (Rumori a sinistra), in quanto è gente che ha saputo ancor oggi, in pieno regime repubblicano e prima con l’amministrazione comunale monarchica, quindi con amministrazioni democratiche, con l’azione che svolge il partito nazionale monarchico a Napoli, ha saputo mostrare di dimenticare le vostre violenze e di sapersi attenere al più scrupoloso rispetto della legge, sempre che voi la rispettiate. (Interruzioni a sinistra – Interruzione del deputato Vernocchi).

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Covelli.

COVELLI. Concludo. Il fatto di insolentire nei confronti dei monarchici, trattandoli per persone di malavita, per fascisti, per provocatori, è una cosa che non giova ai partiti che si sentono veramente democratici. Credete a me, di questi monarchici la democrazia italiana si è già avvantaggiata, perché essi hanno impostato il loro problema con lealtà ed onestà politica, soprattutto dopo il 2 giugno; è questo un fatto che deve interessare tutta la democrazia italiana.

Siamo convinti che il Ministro dell’interno, approfondendo l’indagine, perché non temiamo l’autorità giudiziaria, sia veramente in grado di portare a conoscenza degli onorevoli colleghi le responsabilità precise. Responsabilità che se sono accertate in campo giudiziario non devono non essere accertate in campo politico, particolarmente per quello che riguarda il prefetto ed il questore di Avellino. Il prefetto e il questore di Avellino in questa occasione si sono mostrati non degni della situazione, non all’altezza del compito, in quanto solo per avere acceduto all’invito dei partiti così detti democratici che volevano vietarci il comizio, sono venuti meno alla norma di libertà e di democrazia che mi auguro che il Ministro dell’interno voglia tutelare. (Applausi a destra – Congratulazioni).

BENEDETTINI. Viva la monarchia! (Rumori – Commenti a sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Naturalmente, non entro nella polemica. Però, vi sono state, dall’una e dall’altra parte, alcune affermazioni alle quali devo necessariamente rispondere. Incominciamo con l’ultima dell’onorevole Covelli, il quale ha realmente portato qui un’accusa contro il prefetto ed il questore di Avellino, accusa assolutamente immeritata. Egli ha detto infatti, che l’uno e l’altro si sono mostrati proni ai partiti suoi avversari, per il fatto di aver ricevuto da loro una lettera. Effettivamente, non usano respingere le lettere al mittente, senza averne prima presa conoscenza. Ed avendo appreso da quella di cui trattasi come i rappresentanti di molti partiti fossero d’avviso che la riunione monarchica non dovesse aver luogo, per le ragioni che ho dette prima, naturalmente non rimasero insensibili e convocarono presso di sé costoro e seriamente li ammonirono a rispettare la legge e ad assumere l’impegno che la legge sarebbe stata rispettata dai loro seguaci. E a questo forse, oltre al senso politico della popolazione di Avellino – alla quale rendo omaggio – che abbiamo sentito qui da più parti esaltare, devesi se il comizio dell’onorevole Covelli si è svolto senza disturbi.

All’onorevole Covelli debbo anche dire che se ovviamente non era possibile disporre, lungo tutto il tragitto che i suoi amici dovevano percorrere per ritornare alle rispettive residenze, dei cordoni di polizia, con tutto ciò di polizia ne è stata mobilitata a sufficienza per potere intervenire e reprimere gli incidenti che egli lamenta.

Ho detto prima che io non so da quale parte siano partite le provocazioni. Non lo so; spero di riuscire a saperlo quanto prima attraverso le risultanze della istruttoria dell’autorità giudiziaria, ma devo difendere in questo momento il prefetto ed il questore di Avellino, che realmente non meritano il rimprovero che l’onorevole Covelli ha loro rivolto.

Devo poi qualche parola al collega onorevole La Rocca. L’onorevole La Rocca ha cominciato con l’accusarmi di versione partigiana ed ha promesso di darne la prova; ma questa prova non ha dato.

Io credo che l’onorevole La Rocca intendeva riferirsi a quello che ha con parola elegante definito «il guizzo delle armi bianche». Ora, l’unico ferito della giornata…

LA ROCCA. I feriti sono due.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’unico ferito, tale Guerriero, mi pare, ha sì riportato una ferita di arma da taglio, ma tanto lieve da permettergli il giorno seguente al ferimento di farsi ammirare per tutte le strade di Avellino, e voglio anche aggiungere, di rifiutarsi energicamente di subire gli accertamenti di polizia giudiziaria ai quali era stato invitato. Quanto alla piazza del comizio è vero che l’onorevole Covelli nell’invito alla manifestazione da lui presieduta ebbe a indicarla col nome «Principe di Piemonte». È vero altresì che questa piazza…

DE MERCURIO. Ora si chiama Piazza Matteotti.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. …si chiama ancora Principe di Piemonte…

DE MERCURIO. No, no! Da due anni, in seguito a deliberazione consigliare, questa piazza si chiama Piazza Matteotti!

RUBILLI. Ufficialmente, amministrativamente è Piazza Matteotti; ma il pubblico, come fa anche per altre vie, continua a chiamarla Principe di Piemonte.

DE MERCURIO. Sono piccoli fenomeni che vanno rilevati!

RUBILLI. A Napoli, accade lo stesso. Si dice più spesso Via Toledo, il vecchio nome, anziché Via Roma, il nome attuale.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Abbiate pazienza; non crederete che venga a raccontar delle cose tanto per chiacchierare. Questa Piazza si chiama ancora Principe di Piemonte, legalmente.

DE MERCURIO. Niente affatto!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Effettivamente, è stata affissa una targa col nome di Matteotti; ma la deliberazione relativa non è stata ancora approvata. Voi direte che questa è una ragione di più per infierire contro l’Amministrazione. (Proteste a sinistra – Interruzione del deputato La Rocca).

Una voce a sinistra. Matteotti fa ancora paura!

MARAZZA, Sottosegretarie di Stato per l’interno. Volevo dire semplicemente questo: che questa delibera del 1944 non è stata ancora approvata dalla Prefettura. Siccome è proprio il prefetto che me lo dice, immagino che non sbaglierà.,

LA ROCCA. Questo sta ad indicare con quale senso di responsabilità opera la Prefettura di Avellino! (Commenti a sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Aggiungo che questa mancata approvazione è conforme al parere della Sovrintendenza ai monumenti di Napoli.

Io mi sono preoccupato della cosa e spero che questa approvazione avverrà ben presto; ma ho voluto dirvi che se anche questo fosse un argomento a carico del prefetto e del questore, che non avrebbero proibito, prevenuto, ecc. quel comizio indetto da uno dei partiti che – piaccia o no – è rappresentato anche in questa Assemblea, come argomento vale almeno quanto gli altri.

In merito poi alle altre accuse, che ho sentito ripetere un po’ da tutte le parti (si è parlato di inni fascisti, di evviva al duce, di tante altre cose del genere, devo smentirle tutte: in questo comizio inni fascisti non sono stati cantati, nemmeno nella marcia di ritorno, come pure non è stato inneggiato al duce.

VINCIGUERRA. Monarchia e fascismo sono la stessa cosa! (Commenti).

BENEDETTINI. Non è vero! Non è vero! Monarchia e fascismo non sono la stessa cosa! Questa voluta confusione tra fascismo o monarchia deve cessare! (Commenti).

PRESIDENTE. Facciano silenzio!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Questo dico semplicemente per riaffermare – concludendo – che per i fatti lamentati, al prefetto ed al questore di Avellino non si possono attribuire responsabilità. (Interruzioni – Commenti).

DE MERCURIO. Chiedo che si inserisca a verbale la mia protesta… (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole De Mercurio, non le posso dare facoltà di parlare.

Segue l’interrogazione degli onorevoli De Mercurio e Sullo, al Ministro dei trasporti, «per conoscere in base a quali disposizioni siano stati concessi dei carri ferroviari da parte del Compartimento di Napoli agli organizzatori di un comizio monarchico in Avellino nella giornata del 28 settembre. Tali carri sono stati messi a disposizione dell’onorevole Covelli, segretario generale del Partito nazionale monarchico, per far affluire, anche con detti mezzi, elementi affiliati a quella organizzazione, prelevandoli dai comuni afferenti alle linee ferroviarie Taurasi-Avellino e Rocchetta Sant’Antonio-Avellino.

Si compiaccia il Ministro comunicare quali provvedimenti siano stati presi contro i responsabili».

L’onorevole Ministro dei trasporti ha facoltà di rispondere.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. La concessione di questi carri ferroviari non fu data né dal Ministro dei trasporti né dal direttore generale delle ferrovie e nemmeno dal capo compartimento di Napoli, perché, nei trasporti domenicali di viaggiatori, la competenza è locale, trattandosi unicamente di regolarsi a seconda dell’affluenza dei viaggiatori e spetta semplicemente alla sezione movimento e ai ripartitori dei veicoli di provvedere.

Ora, la questione si pone nei seguenti termini: dalla stazione di Rocchetta i viaggiatori si sono serviti di treni normali e non v’è nulla dunque a ridire. Il fatto invece che ha dato motivo forse, a questa interrogazione è che l’assuntore della piccola fermata di Taurasi, che si trova tra Cancello ed Avellino, avendo avuto sentore, forse da voci cittadine, che vi sarebbe stata un’affluenza piuttosto inusitata di viaggiatori, ha telefonato al ripartitore dei veicoli per chiedergli se poteva aggiungere qualche carro in più a quelli normali.

Di conseguenza, il ripartitore dei veicoli – notate che di domenica normalmente non si caricano merci – ha dato questi tre carri i quali hanno servito per viaggiatori che avevano regolarmente pagato il loro biglietto.

Ed io che della cosa non avrei avuto alcun motivo di dovermi occupare, l’ho saputa semplicemente quando è stata presentata l’interrogazione, perché si tratta di un’attività normale che deve essere svolta dai capistazione. Non credo che si possa fare diversamente in altri casi, in avvenire, quando un folto gruppo di viaggiatori, una comitiva, chieda la stessa cosa.

Quindi, non ho da dire nulla e non ho preso nessun provvedimento su questa questione che, se poi ha avuto conseguenze politiche, di esse il Ministro dei trasporti non ha nessuna responsabilità. (Approvazioni al centro).

PRESIDENTE. L’onorevole De Mercurio ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

DE MERCURIO. Ho ammirato moltissimo la disinvoltura del Ministro dei trasporti nel rispondere alla mia interrogazione, disinvoltura veramente ammirevole, perché a delle contestazioni specifiche egli ha dato delle risposte vaghe. (Commenti a destra). E preciso: egli ha detto: «Non posso e non debbo occuparmi di affari della mia amministrazione». (Interruzioni al centro).

CREMASCHI CARLO. Non è esatto.

DE MERCURIO. Egli ha sostenuto anche che non si caricavano merci; c’è un’aggravante specifica. L’onorevole Cappugi, il quale è presente, può dire che domenica 28 settembre, mentre nella stazione di Avellino si caricavano delle patate per conto di una cooperativa di ferrovieri di Firenze, di cui l’onorevole Cappugi è Presidente, si è sospeso il carico, per dare i carri ferroviari al comizio monarchico.

Questo è quello che risulta a noi, e l’onorevole Cappugi può confermare il favoritismo del Ministro Corbellini.

CREMASCHI CARLO. Che vuol dire questo?

RUBILLI. I viaggiatori hanno più importanza delle patate; valgono un po’ di più.

DE MERCURIO. Parlerete dopo. Questo non so se rientri nei compiti del Ministro.

Se i carri ferroviari furono cinque o sei, non lo so, ma è certo che furono dati i carri ferroviari. Quindi insisto perché sia fatta luce su quanto è avvenuto.

Chiarisco poi, giacché siamo in argomento, la questione della strada. La via «Principe di Piemonte» si chiama da due anni «Giacomo Matteotti», a seguito di una deliberazione approvata dal Consiglio comunale.

BENEDETTINI. Non approvata.

DE MERCURIO. Tanto è vero che lo stesso questore, allorché gli ho contestato la affissione del manifesto, mi rispose che era stata una svista, che lui aveva semplicemente badato al testo, e non aveva badato alla menzione della strada.

Quindi, non sono sodisfatto e insisto perché su queste mie dichiarazioni specifiche il Ministro Corbellini indaghi e ci faccia sapere i risultati delle sue indagini punendo i responsabili.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione, degli onorevoli Musotto e Fiorentino, al Ministro dell’interno, «sull’arbitrario intervento delle forze di polizia durante lo svolgersi dello sciopero proclamato il 28 settembre 1947 dai contadini di Villalba, Valledomo, Marianopoli, Vallelunga, Mussomeli, Resuttano, in provincia di Caltanissetta; e per conoscere quali provvedimenti intenda adottare contro gli agenti di polizia responsabili di avere manganellato indiscriminatamente uomini e donne che avevano partecipato alla manifestazione».

Sullo stesso argomento vi è l’interrogazione degli onorevoli: Volpe e Aldisio, al Ministro dell’interno, «sui fatti di Mussomeli, Villalba e comuni viciniori».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’onorevole Musotto nella sua interrogazione accenna a contadini di Villalba, Valledomo, Marianopoli, Vallelunga, Mussomeli, Resuttano. Io vorrei chiedergli se egli, però, intende riferirsi ai fatti avvenuti a Villalba esclusivamente.

MUSOTTO. Specialmente.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. I fatti sono questi: era stato indetto dal Blocco del popolo un comizio, una riunione, a Villalba, per il giorno 28 del mese scorso.

Devo dire che di questa riunione la notizia era giunta alle autorità provinciali soltanto per via indiretta. Alle autorità provinciali era invece stata esplicitamente richiesta dalla Democrazia cristiana l’autorizzazione per tenere nello stesso Comune e nello stesso giorno un proprio comizio. Ritenendo le autorità provinciali – anche per le affermazioni dei rappresentanti dei vari partiti interessati – che queste manifestazioni avrebbero raccolto in Villalba parecchie migliaia di persone, parve loro opportuno negare, impedire che esse avvenissero.

Ripeto che di autorizzazione ne era stata richiesta soltanto una: dalla Democrazia cristiana.

Ad ogni modo, la Democrazia cristiana, informata, si uniformò; i rappresentanti degli altri partiti, avvertiti, parve che si acconciassero.

Tuttavia – per altre voci loro indirettamente pervenute – il Prefetto ed il Questore decisero di tenere ugualmente d’occhio la situazione, ed il Questore, con un reparto di polizia (130 uomini) si recò sul posto e, essendosi effettivamente riunito sulla piazza del paese un migliaio di persone, dispose perché questa riunione non si trasformasse in quel tale comizio che era stato vietato.

Infatti avendo un deputato dell’Assemblea siciliana tentato di prendere la parola, il funzionario di servizio intervenne ed invitò questa persona a desistere dal parlare.

Vi furono delle resistenze; il funzionario di servizio dovette allora indursi a sciogliere il comizio. Lo scioglimento sarebbe avvenuto, a quanto pare, senza incidenti, se da parte di un altro dei presenti non si fosse incitata la folla a non sciogliersi.

Questo atteggiamento non poteva non indurre il funzionario di servizio ad accompagnare il riluttante fino alla caserma dei carabinieri, dove venne ammonito e quindi rilasciato.

Intanto, poiché in questa folla (che, dicevo, ammontava ad un migliaio di persone) si notava un numeroso gruppo di donne e di ragazzi, fu scrupolo da parte della polizia di isolarlo in modo da sottrarlo ai possibili incidenti, limitati di fatto ad alcuni tafferugli. Soltanto in un caso il tafferuglio fu accanito: e fu quando, da parte di un gruppo di dimostranti, si riuscì ad afferrare un agente di pubblica sicurezza e si tentò di trascinarlo in una casa privata distaccandolo dai suoi compagni.

Ora non si può certamente attribuire a colpa degli agenti di pubblica sicurezza presenti, l’essere essi intervenuti per liberare il collega; e di aver impiegato mezzi idonei. Però – e questo deve esser detto per non ingrandire avvenimenti che non meritano affatto di essere ingranditi – nonostante questo intervento della polizia non si ebbe nessun ferito. A carico dell’unico fermato venne elevata la contravvenzione a sensi dell’articolo 24 della legge di pubblica sicurezza; e, quindi, venne rimesso in libertà. L’azione delle forze di polizia, a seguito di un’inchiesta immediatamente compiuta sul posto per ordine del Ministero appena informato, risultò perfettamente regalare e provvedimenti quindi non parve che dovessero esser presi.

A proposito tuttavia di questa interrogazione, io devo rilevare, che una interrogazione analoga è stata presentata e discussa dal Parlamento siciliano proprio tre giorni fa. Ora, in quella Assemblea l’incidente trovò, a mio modo di vedere, la sua legittima sede; l’averla riproposta in questa, invece, mi pare possa istituire una prassi quanto meno assai disputabile.

NOBILE. Perché?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Perché, come sapete, l’impiego delle forze di polizia dipende dal Governo regionale. Conseguentemente, tutto ciò che ha connessione con questo impiego mi pare sia di competenza dell’Assemblea regionale. La quale come ho detto, si è già occupata dell’argomento stesso di cui discutiamo.

PRESIDENTE. L’onorevole Musotto ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MUSOTTO. Onorevoli colleghi, va primieramente osservato e credo che in ciò trovi consenzienti tutti i colleghi dell’Assemblea, che a noi non è interdetto intervenire in tutti i fatti che interessano la vita della Regione siciliana. Nessun pericolo noi troviamo né dal punto di vista costituzionale, né dal punto di vista politico. Dal punto di vista costituzionale potrei dire subito che la pubblica sicurezza è una materia rimasta alla competenza dello Stato. Quindi noi possiamo legittimamente intervenire così come siamo intervenuti. Da un punto di vista politico dobbiamo semplicemente far osservare che l’autonomia regionale non ha distaccato la Sicilia dall’Italia, che anzi direi l’ha maggiormente unita e maggiormente rinsaldata all’unità dello Stato.

Quindi abbiamo il diritto di intervenire.

Il Ministro dell’interno si rinchiude sempre nei rapporti dei suoi funzionari; e secondo le notizie che gli hanno trasmesso non vi è il dubbio che la nostra interrogazione è destituita di ogni fondamento. Ma le notizie che a noi pervengono sono diverse, onorevole Sottosegretario. Vere le vostre o vere le nostre. Avete dei privilegi per accreditare vere le vostre informazioni? Non credo: onde noi desidereremmo che si facesse davvero una inchiesta sul posto, che si interrogassero tutti e non ci si fermasse alle affermazioni della Pubblica sicurezza; si dovrebbero interrogare i cittadini che furono presenti a quella manifestazione. Dalle dichiarazioni da lei fatte, deduco che la Democrazia cristiana ha chiesto l’autorizzazione per tenere il comizio. Anche il Partito socialista l’aveva chiesta. Perché non gliela avete concessa? Se la concedete a un partito, dovete concederla anche all’altro. Ma secondo quello che dice l’onorevole Sottosegretario all’interno, l’autorizzazione fu concessa unicamente alla Democrazia cristiana.

Una voce al centro. Non fu concessa.

MUSOTTO. Voi dite che non fu concessa: a me risulta invece che fu concessa. Poté anche non avvalersene, ma fra il fatto di non avvalersene e quello di non averla concessa c’è una grande differenza, miei cari colleghi della Democrazia cristiana. Comunque, che siano stati bastonati dei bambini e delle donne non vi è dubbio. Le notizie che a noi pervengono segnalano questo, ed io mi riservo, onorevole Sottosegretario all’interno, se le notizie che ci perverranno saranno in contrasto con le affermazioni, che non sono vostre, ma dei vostri funzionari, mi riservo il diritto, ripeto, di trasformare la presente interrogazione in interpellanza.

Volevo dire semplicemente questo.

In Sicilia bisogna andare molto piano – in tutta Italia, ma specialmente in Sicilia – con i mezzi repressivi, onorevole Sottosegretario. La Sicilia ha tutto sopportato e sempre sopportato. Badate, però, che è sensibile all’ingiustizia. L’atto di ingiustizia non lo sopporta, non lo ha mai sopportato. Quindi fate una inchiesta per vedere se ci sono agenti di pubblica sicurezza che hanno davvero maltrattato donne e bambini indiscriminatamente. Questo vi chiediamo con immenso interesse, e desideriamo sollecitare il vostro grande senso di responsabilità.

PRESIDENTE. L’onorevole Volpe ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

VOLPE. Non posso ancora dichiararmi sodisfatto, perché la interrogazione da me presentata è diversa.

PRESIDENTE. Sotto quale aspetto, onorevole Volpe?

VOLPE. Perché sono citati altri fatti; quindi, credo che la mia interrogazione meriti una risposta a parte.

PRESIDENTE. Che ne pensa l’onorevole Sottosegretario per l’interno?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’interpretazione, che noi abbiamo data a queste due interrogazioni, è che esse sono molto simili: effettivamente, si riferiscono a fatti analoghi. L’adunata di Villalba, cui io ho accennato, era un’adunata di contadini di tutti i paesi, nominati dall’onorevole Volpe e dall’onorevole Musotto, e incidenti di particolare gravità, tale da giustificare una interrogazione, che si fossero svolti in questi altri comuni citati dall’onorevole Volpe, a noi non risultano.

VOLPE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VOLPE. Mi meraviglia come l’onorevole Sottosegretario per l’interno non abbia rilevato dalla mia interrogazione, nella quale facevo menzione di due centri distinti e separati della provincia di Caltanissetta, che si tratta di avvenimenti, ognuno a sé stante.

Gli incidenti di Villaba, dei quali hanno fatto parola gli amici del Partito socialista, sono una cosa; gli incidenti di Mussumeli sono altra cosa.

PRESIDENTE. Mi pare che la sua interrogazione, onorevole Volpe, sia troppo laconica: è detto «sui fatti di Mussomeli, Villalba e comuni viciniori».

VOLPE. L’onorevole Sottosegretario avrebbe dovuto sapere dalle informazioni che gli incidenti di Villalba sono una cosa e quelli di Mussomeli altra.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di rispondere su quegli altri incidenti in altra seduta.

PRESIDENTE. Onorevole Volpe, riproduca la sua interrogazione, specificando i fatti, in modo che l’onorevole Sottosegretario possa rispondere.

VOLPE. Li ho specificati abbastanza; comunque li specificherò meglio in altra interrogazione.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Canevari, al Ministro delle finanze, «per conoscere quali provvedimenti si intendano adottare a favore degli agricoltori coltivatori diretti, delle provincie di Pavia e di Milano, danneggiati dalla grandinata del 22 giugno 1947».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. In relazione alla richiesta di agevolazioni tributarie fatta dall’onorevole interrogante a favore degli agricoltori, coltivatori diretti, delle Provincie di Pavia e di Milano, danneggiati dalla grandinata del 22 giugno 1947, si osserva che in base all’articolo 47 del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, che approva il testo unico delle leggi sul nuovo catasto dei terreni, nei casi in cui per parziali infortuni non contemplati nella formazione dell’estimo venissero a mancare i due terzi almeno del prodotto ordinario del fondo, l’Amministrazione finanziaria può concedere una moderazione dell’imposta erariale sui terreni, nonché dell’imposta sui redditi agrari, dietro presentazione, da parte dei possessori danneggiati, alla competente intendenza di finanza, entro i trenta giorni dall’accaduto infortunio, di apposita domanda con l’indicazione, per ciascuna particella catastale, della qualità e quantità dei frutti perduti e dell’ammontare del loro valore.

I danni provenienti da infortuni atmosferici, come la grandine, le siccità, le gelate e simili, vengono tenuti presenti nella formazione delle tariffe d’estimo e, perciò, di regola, non possono dar luogo alla moderazione di imposta di cui al citato articolo 47 del testo unico 8 ottobre 1931, n. 1572.

Comunque, sono state interessate le intendenze di finanza di Pavia e Milano, per accertare, sentito l’Ufficio tecnico erariale, l’entità dei danni arrecati dalla suddetta grandinata nel territorio di quelle provincie.

Le predette intendenze hanno dichiarato che nessun provvedimento di sgravio delle imposte fondiarie può adottarsi nei confronti degli interessati, in quanto, giusta le risultanze degli accertamenti tecnici all’uopo disposti, i danni prodotti dall’evento in parola non sono stati di carattere straordinario, tale da poterli far considerare non contemplati nella formazione delle tariffe d’estimo, non avendo essi raggiunto il minimo di due terzi del prodotto ordinario del fondo stabilito dalla legge come condizione per la concessione della moderazione dell’imposta fondiaria.

PRESIDENTE. L’onorevole Canevari ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CANEVARI. Io sono veramente sorpreso della risposta che mi è stata data, dopo oltre due mesi, dal Sottosegretario per il tesoro.

La grandinata, che è stata veramente spaventosa ed ha colpito particolarmente il comune di San Colombano in provincia di Milano ed il comune di Miradolo in provincia di Pavia, due comuni entrambi coltivati prevalentemente a vite, e numerosi altri comuni della provincia di Pavia, ha causato dei danni che sono stati accertati dagli uffici dell’Ispettorato provinciale di agricoltura e dagli uffici economici del Ministero di agricoltura complessivamente ammontanti ad oltre 600 milioni. Io ho pregato il Ministro delle finanze di voler accennarmi quali provvedimenti potevano essere adottati per andare incontro a quei coltivatori diretti. Perché, onorevole Sottosegretario di Stato, non bisogna pensare soltanto ai regolamenti che consentono l’esenzione dalle imposte; ci sono tanti altri modi per andare incontro ai bisogni dei piccoli coltivatori diretti quando sono colpiti da sventure così eccezionali. Per esempio, una sospensione di imposte poteva servire a quei coltivatori diretti; i quali, badate bene, non sono stati, dopo la grandinata, con le mani in mano a meditare sui loro peccati che avrebbero potuto determinare le ire del cielo. Il giorno dopo, o due o tre giorni dopo, li ho rivisti sulle terre colpite dalla grandinata, a riprendere le lavorazioni per altre colture nella speranza di ottenere, nell’annata agraria in corso, un nuovo prodotto: bisognava andare incontro a quella gente. Sapete come è andato loro incontro il Governo? I due ispettorati provinciali, quello della provincia di Milano da una parte, e quello di Pavia dall’altra, avevano chiesto l’intervento del Ministro dell’agricoltura con l’assegnazione di concimi chimici per le nuove colture. Infatti, per la provincia di Pavia, sono stati assegnati 1500 quintali tra solfato ammonico e nitrato di calcio; per la provincia di Milano, 1400 quintali. Riconosco che nel complesso queste quantità potevano essere ritenute sufficienti; ma, tornato sul posto di nuovo, ho visto che in taluni comuni i Consorzi agrari, che avevano avuto l’incarico delle assegnazioni, hanno preteso dei prezzi di una elevatezza e di una esosità tale, da indurre gli stessi coltivatori diretti a rinunziarvi; per cui essi hanno fatto le nuove semine senza concimazione.

Quali provvedimenti dovevano essere adottati dal Ministero delle finanze? Almeno accordare una sospensione dell’imposta straordinaria e lasciare che quella povera gente riprendesse fiato.

Ebbene, non si è fatto niente. Credete a me: questo mancato provvedimento da parte vostra ha fatto una cattiva impressione. È vero che i nostri contadini sono abituati alla sopportazione; ma credo che non siano tanto abituati a dimenticare.

Io sono veramente scandalizzato, perché avevo interessato di ciò il Ministero delle finanze il giorno 11 luglio; il Ministero delle finanze mi ha fatto rispondere in data 28 luglio che aveva messo la cosa allo studio e che sperava di potermi dare buone notizie; ed ora, alla distanza di oltre due mesi, queste sono le notizie che mi sono pervenute da voi! E credo di interpretare il sentimento di quella povera gente dichiarandomi assolutamente insoddisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Volpe e Borsellino, al Ministro della marina mercantile, «per conoscere quali criteri intenda seguire nell’assegnazione dell’ultimo lotto di Liberty e delle navi restituite al Governo italiano dagli Stati Uniti d’America ed in particolare se non creda, per stimolare le iniziative locali anche nel campo dell’armamento marittimo, destinare una forte percentuale di tali navi alle regioni meridionali ed isolane».

L’onorevole Ministro della marina mercantile ha facoltà di rispondere.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Le trattative per l’acquisto del terzo lotto di navi Liberty sono ancora allo stato iniziale, e non sono stati ancora fissati i criteri per la loro assegnazione ai numerosissimi richiedenti, isolati o raggruppati in associazioni locali.

Occorre, però, tenere presente che, data l’attuale situazione valutaria, è da escludere ogni possibilità di speciali concessioni di valuta agli assegnatari delle navi che dovranno, quindi, provvedere coi propri mezzi al pagamento dei previsti acconti in valuta.

Tale mancata assistenza valutaria, imposta da circostanze di forza maggiore, eliminerà senza dubbio non poche delle richieste già avanzate.

In ogni caso, se le trattative per l’acquisto del terzo lotto giungeranno a buon fine, come speriamo, il Ministero della marina mercantile non mancherà di rendere pubblici i criteri che verranno fissati per procedere all’assegnazione delle navi di cui trattasi, e così tutti potranno rendersi conto della regolarità della procedura seguita per l’assegnazione.

Evidentemente, tali criteri non potranno di molto allontanarsi da quelli seguiti per l’assegnazione dei due precedenti lotti di Liberty, che, come noto, vennero ripartiti sulla base delle perdite subite per causa di guerra dai richiedenti, allo scopo di ricompensarli, in parte, dei limitatissimi indennizzi conseguiti.

Per quanto attiene poi alla prospettata assegnazione di una percentuale di tali navi alle regioni meridionali ed isolane, il Governo sorreggerà certamente tutte le relative iniziative, sempre che esistano forze locali capaci di affrontare le esigenze ed i rischi dell’industria armatoriale, e sempre che i richiedenti dimostrino di possedere, sulla base dei criteri che saranno fissati, i titoli necessari per l’accoglimento delle loro domande.

Formano ancora obietto di esame da parte del Governo le questioni sorgenti dalla restituzione da parte degli Stati Uniti d’America delle navi italiane, e, pertanto, non è possibile, allo stato delle cose, fornire precisazioni sull’argomento.

PRESIDENTE. L’onorevole Volpe ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

VOLPE. Ringrazio il Ministro della marina mercantile, ma mi permetto fargli osservare che nelle precedenti assegnazioni delle navi Liberty, ottenute dagli Stati Uniti in numero di cento, la marina genovese, la quale sicuramente è stata quella che ha avuto i danni maggiori per cause di guerra, già sino ad oggi ha avuto assegnate ben 800.000 tonnellate sul milione di tonnellate di navi Liberty. Le perdite della marina genovese ammontano all’incirca ad un milione di tonnellate, escludendo la grande compagnia di navigazione «Italia».

Quest’assegnazione di Liberty è avvenuta parecchio tempo fa a condizione di privilegio, ed in questo periodo sicuramente gli assegnatari si sono rifatti delle perdite subite; si sono rifatti anzitutto perché hanno recuperato già quasi tutto il materiale perduto (un milione perduto, 800.000 già assegnato) e poi perché hanno lavorato in un momento di particolare situazione a loro beneficio. Quanto, quindi, il Ministro della marina mercantile diceva sulle condizioni da farsi ai nuovi assegnatari delle Liberty, cioè che i nuovi assegnatari dovrebbero essere muniti, dovrebbero dare, versare, fornendosene, procurandosela per conto loro, la valuta, io penso che non sia un criterio giusto. Mi permetto, quindi, di fare osservare al Ministro della marina mercantile che nella nuova distribuzione, prima di tutto, debbono essere aiutati coloro che debbono avere assegnate queste navi, nella valuta. Il sistema, il modo, lo studierà il Ministro della marina mercantile con il Ministro del commercio estero; secondo, tenere veramente in particolare considerazione le regioni rimanenti d’Italia; la Sicilia, la Sardegna, le Puglie, abbiano anche loro un congruo quantitativo, in quanto (io parlo per esempio per la mia Sicilia) in Sicilia noi abbiamo un passato di attività marinara, abbiamo sicuramente una storia che dimostra che la Sicilia ha avuto una marina mercantile; che gli armatori siciliani, anche loro, hanno avuto delle perdite in questa guerra e, quindi, è giusto che questa regione meriti particolare considerazione. La Sicilia su cento Liberty ne ha avute assegnate fino ad oggi tre.

Questo mi permettevo fare osservare al Ministro con la preghiera di tenerlo in benevola considerazione.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Vorrei fare una precisazione: non posso qui controllare se sia esatto il dato dell’onorevole interrogante relativo al tonnellaggio compensato con l’assegnazione delle Liberty. Mi permetto di fare presente che i criteri di assegnazione delle Liberty dei due lotti precedenti furono precisamente stabiliti dal mio collega e predecessore onorevole Aldisio che è siciliano, quindi non credo che egli abbia danneggiato gli interessi di una regione, per favorire quelli di altre regioni.

VOLPE. Doveva, giustamente, compensare la marineria genovese.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Vorrei far presente all’onorevole interrogante che questa questione dell’assegnazione delle navi Liberty ha una particolare delicatezza e presenta notevoli difficoltà. Il Ministero della marina mercantile, quando si è trattato di risolvere la questione, ha ritenuto di ricorrere a quel sistema, appunto in considerazione di queste difficoltà e per eliminare recriminazioni da una parte o dall’altra. Si è stabilito, che, in base al tonnellaggio perduto, si attribuissero proporzionalmente le navi o il tonnellaggio delle navi che erano dal Governo state acquistate dagli Stati Uniti. E mi pare che questo fosse giusto, anche – come prima ho rilevato – per compensare almeno in piccola parte gli armatori che avevano perduto questo tonnellaggio…

VOLPE. Sono stati già compensati.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. …e che dovevano avere un compenso per il ridicolo indennizzo derivato dall’assicurazione. Tenga presente l’onorevole interrogante che si trattava di navi requisite.

Così è stato fatto. Il Ministero della marina mercantile, per eliminare anche eventuali ragioni di sospetto o contrasti, cosa ha fatto? Ha invitato la Confederazione degli armatori, in cui sono rappresentati tutti gli armatori d’Italia, a fare essa i conti e a sottoporli ai soci. Quindi si tratta di una cosa fatta pubblicamente, in perfetta correttezza e con soddisfazione generale.

L’assegnazione di queste navi per regioni darebbe luogo ad una quantità di inconvenienti, che non è qui il caso e il momento di far presenti.

A dimostrazione, però, del desiderio mio di andare incontro alle partite minori, particolarmente agli armatori di piccolo tonnellaggio, che hanno perduto il loro tonnellaggio, nella recente assegnazione di 10 navi cisterna – facenti parte del lotto delle 16 navi che recentemente gli Stati Uniti ci hanno ceduto, del quale lotto, 6 erano già state precedentemente attribuite in un lotto che non era stato completato – nell’assegnazione di queste 10 navi cisterna, dicevo, ho voluto favorire, tenendo conto soprattutto dell’interesse del Mezzogiorno, il piccolo armamento e gli armatori che, dato l’armamento minore che avevano in precedenza, avevano avuto un minor tonnellaggio perduto. E così, mentre la Confederazione degli armatori aveva proposto di assegnare proporzionalmente la caratura di queste nave cisterna a coloro che in proporzione potessero pretendere due carature per navi, io, dopo aver fatto esaminare l’assegnazione da una Commissione di armatori in cui erano rappresentanti di tutte le regioni d’Italia, ho stabilito di assegnare le navi fino ad una suddivisione di una caratura, cosicché su una nave potevano essere rappresentanti gli interessi di bene 24 gruppi o armatori.

Assicuro l’onorevole interrogante che comunque, se sarà ottenuta la cessione di un altro lotto di 50 navi dagli Stati Uniti, terrò conto delle osservazioni e dei voti che ha espresso, cercando di conciliare quelle che sono le aspirazioni qui portate, con le possibilità di un’equa ripartizione.

Nei riguardi della valuta, sarebbe certo una bella cosa che il Governo potesse andare incontro, come ha fatto per i primi due lotti, anche agli armatori che diventeranno assegnatari di questo terzo lotto. Ma siamo di fronte a difficoltà di valuta che sono ben note, com’è risultato dalla recente discussione in questa Assemblea. Attualmente il Ministro del commercio con l’estero ha dichiarato che non potrà dare alcuna assegnazione di valuta per il pagamento della prima trancia del debito che si va ad accendere, e cioè del 25 per cento del costo di queste navi.

Siamo di fronte ad una realtà pesante e dolorosa, certamente, ma il Ministero della marina mercantile non può far nulla al riguardo. Spero che l’onorevole interrogante sarà sodisfatto di queste dichiarazioni; la questione sarà comunque riesaminata quando avremo ottenuto la cessione di cui ho parlato.

Faccio presente che, in materia di valuta, nell’assegnazione recente delle 16 navi-cisterna, la concessione della valuta non è stata data e quindi gli assegnatari delle carature delle navi hanno dovuto provvedere con mezzi proprî.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Tonetti, Pellegrini, Costa, Giacometti e Tonello, al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti intenda prendere a carico dei responsabili dell’arresto arbitrario di alcuni socialisti, comunisti ed organizzatori sindacali, avvenuto due giorni dopo la pacifica dimostrazione di solidarietà all’Amministrazione social-comunista di Caorle, fatta dalla grande maggioranza della popolazione, sdegnata per gli insulti proferiti contro la stessa, nella persona del sindaco, da pochi facinorosi, fra i quali vi era il noto fascista bastonatore, podestà del paese per molti anni, la mattina del 20 luglio, in occasione di un comizio socialista».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. A proposito di questa interrogazione, debbo osservare che sul medesimo argomento ne è stata presentata un’altra dagli onorevoli Mentasti, Lizier, Bastianetto e Ponti. Poiché essa non è all’ordine del giorno di questa seduta, chiedo che venga rimandato lo svolgimento di questa, così da poterle a suo tempo abbinare.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante consente a questo rinvio?

TONETTI. No, perché è più di un mese – anzi, un mese e mezzo – dacché il Ministro ha dato formale assicurazione che era pronto a rispondere. Desidererei quindi che rispondesse questa sera.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ma io sono pronto: presentavo semplicemente una questione d’opportunità.

TONETTI. Se è pronto, allora la svolga: a suo tempo svolgerà l’altra.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Io ritengo superfluo fare una discussione per doverla poi ripetere a breve scadenza una seconda volta.

PRESIDENTE. Dei deputati presentatori della seconda interrogazione nessuno è presente.

TONETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONETTI. Se essi non sono stati diligenti nel presentarsi, non per questo la risposta deve essere rimandata.

MARAZZA, Sotto segretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ma non è questa la questione. Non si può tacciare di negligenza i firmatari della seconda interrogazione per il fatto che non siano oggi presenti, in quanto essa non è all’ordine del giorno. Io non ho comunque difficoltà a rispondere subito: quindi risponderò.

Sono molto dispiacente di non poter ripetere in questa occasione quanto già pur dissi altre volte, che cioè si tratti di fatti cui è stata attribuita un’importanza maggiore di quanto essi non meritassero.

I fatti di Caorle, oggetto dell’interrogazione dell’onorevole Tonetti, sono, infatti, episodi che rivestono carattere – a mio avviso – di particolare gravità.

Dico subito, a conforto di questa mia affermazione pregiudiziale, che essi formano oggetto di un’istruttoria giudiziaria, che coinvolge, tra l’altro, la persona dello stesso interrogante.

Si tratta di questo: il giorno 20 di luglio, alle 11 del mattino, in Caorle, l’onorevole Tonetti teneva un comizio non autorizzato. Avvennero degli incidenti; evidentemente, non si ebbe l’unanimità dei consensi; però l’onorevole Tonetti poté concludere il comizio e andarsene indisturbato a tenerne un altro poco lontano, parimenti non autorizzato.

In questa seconda riunione gli eventi della mattina, o, per meglio dire, i disturbi che erano stati recati alla parola dell’onorevole Tonetti a Caorle, formarono oggetto di espressioni particolarmente risentite da parte del sindaco di Caorle, il quale io non credo si proponesse di provocare quanto in seguito è avvenuto, ma indubbiamente ha gettato il primo seme.

In seguito è avvenuto questo: alle ore 20 in Caorle, su alcuni camions e anche in bicicletta giungevano alcune centinaia di dimostranti, e l’onorevole Tonetti teneva il terzo comizio non autorizzato. Questo comizio, però, non aveva lo svolgimento di quello della mattina. Infatti, se alla mattina le espressioni di dissenso erano state sopportate, non così avveniva alla sera. Ed essendo partiti alcuni fischi da un certo angolo della piazza, ed essendosi ritenuto che questi fischi partissero da un locale adibito ad osteria, subito un numero notevole di quei tali che erano giunti a Caorle coi mezzi che ho prima accennato, si lanciava all’assalto, invadeva la trattoria, ne frantumava i vetri, si impossessava delle seggiole e se ne valeva come armi aggredendo i presenti e provocando anche parecchi feriti. Ci fu della reazione, s’intende, ma la reazione non ebbe conseguenze del genere di quelle avute dall’aggressione.

L’onorevole Tonetti e i suoi compagni, dopo questo episodio (del quale non sto a raccontare particolari, pure edificanti, per non stancare l’Assemblea) con dimostrazioni di evidente soddisfazione, se ne partiva e la calma ritornava a Caorle, dove però l’episodio lasciava il ricordo che ognuno può pensare.

La pubblica sicurezza, informata, naturalmente indagava sul fatto e, avendo accertato che a questi fatti avevano preso parte determinate persone (l’ho detto prima: in numero di 27) ed avendo raccolto sul conto di queste persone le prove necessarie, ne arrestava cinque (una, in seguito ad ulteriori accertamenti, veniva però subito rilasciata), ne tratteneva quattro e denunciava tutti all’Autorità giudiziaria.

Devo dire che i reati per i quali la denuncia è stata fatta sono quelli di sequestro di persona, di violenza privata, di lesioni, di danneggiamenti e, in seguito, da parte dell’autorità giudiziaria, si elevava imputazione anche per rapina e per adunata sediziosa.

Io, poiché rispondo soltanto alla interrogazione dell’onorevole Tonetti, potrei dire di aver finito. Ma mi sembra che, dato il modo come la pubblica sicurezza ha proceduto all’inchiesta che ha portato alla denuncia, e data la conferma che l’autorità giudiziaria ha dato degli arresti che dalla pubblica sicurezza sono stati effettuati in via preventiva, quanto alla richiesta di provvedimenti a carico della pubblica sicurezza per degli arresti arbitrari avvenuti in occasione della pacifica dimostrazione che ho sopra descritta, mi pare, francamente, non occorra aggiungere molto per dimostrare che il Governo a ragione li ritiene pienamente giustificati.

PRESIDENTE. L’onorevole Tonetti ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

TONETTI. Anzitutto rettifico una inesattezza dell’onorevole Sottosegretario circa l’autorizzazione del comizio, in quanto la sera del 19 luglio il sindaco di Caorle avvertì i carabinieri che il giorno dopo avrei tenuto un comizio.

La risposta del Sottosegretario per l’interno è insoddisfacente, come era prevedibile, anzi inevitabile; perché, se avesse preso provvedimenti a carico dei funzionari della polizia e degli ufficiali dei carabinieri che hanno compiuto abusi e falsificazioni a proposito dei fatti di Caorle, egli avrebbe implicitamente sconfessata la miserabile speculazione politica ordita sui fatti stessi da una parte della Democrazia cristiana della provincia di Venezia.

La verità sui fatti di Caorle, constatata da tutta la popolazione e dai villeggianti, e suffragata da centinaia di testimonianze scritte (in mio possesso), fra le quali anche quella di un monarchico, che si è offerto spontaneamente, è molto semplice e tutt’altro che drammatica. La minoranza democristiana di Caorle aveva deciso di impedire che io tenessi un comizio, per rappresaglia (così dicevano) contro il mancato comizio De Gasperi in piazza San Marco a Venezia. Con schiamazzi e con insulti impedirono al sindaco comunista di Caorle di aprire il comizio. Ciò non per tanto, a differenza di certi uomini politici che quando lasciano lo scranno ministeriale per parlare sulle piazze credono di essere tabù, dichiarando che accettavo il contraddittorio coi rappresentanti di qualsivoglia partito, ho potuto tenere il comizio. Nel pomeriggio, trovandomi in un paese lontano pochi chilometri da Caorle, numerosi lavoratori agricoli, i quali non erano intervenuti al comizio del mattino per causa di lavoro, si presentarono a dirmi che avevano deciso di fare una manifestazione di solidarietà e di simpatia al loro sindaco, che era stato oltraggiato, e mi invitarono ad unirmi a loro. La manifestazione si svolse con la massima calma e con il massimo rispetto della popolazione e dei villeggianti che rimasero indisturbati nelle vie e nelle piazze del paese, tanto è vero che i carabinieri non hanno avuto motivo per intervenire, malgrado che il parroco, un certo Don Marchesani, ridicolo e bugiardo, fosse andato a dire in caserma che social-comunisti armati avevano invaso Caorle. L’unico incidente fu provocato da dieci democristiani, fra i quali un organizzatore delle squadre d’azione fasciste del 1919, nonché podestà di Caorle per molti anni, i quali, da un caffè poco lontano dal Municipio, innanzi al quale si svolgeva la pacifica manifestazione, pronunciarono espressioni oltraggiose all’indirizzo dei manifestanti, e quando non più di otto di questi si avvicinarono per invitarli al silenzio, prima che parlassero (e di ciò vi sono numerosissimo testimonianze) lanciarono loro addosso le sedie del caffè. Tutto il contrario di quello che ha riferito al signor Sottosegretario. Allora quei facinorosi, che dalla mattina provocavano in tutti i modi ed offendevano i sentimenti della maggioranza della popolazione di Caorle, ebbero la lezione che si meritavano a suon di pugni. Risultato: dieci contusi, uno solo dei quali ebbe quindici giorni di riposo dal dottore. Dopo di che la manifestazione si sciolse con la stessa calma e lo stesso rispetto della popolazione con la quale era cominciata.

Di questo banale episodio di vita politica si sono serviti due giornali democristiani – il Gazzettino ed il Popolo del Veneto – per parlare di spedizioni punitive e per organizzare una stolta montatura, che disonora soltanto gli ideatori di essa. Ma non è questa la sede di occuparsi della diffamazione perpetrata dai su non lodati giornali, che ne risponderanno dinanzi al Magistrato.

Deve essere denunciata invece la condotta delle autorità di polizia. I funzionari della questura di Venezia Dattilo e Giaquinto, il capitano dei carabinieri di Mestre, Olivieri, il tenente dei carabinieri di Portogruaro, i quali non potevano ignorare la verità, perché erano andati a Caorle a fare una inchiesta, compilarono un rapporto falso nel quale copiarono le menzogne pubblicate dai giornali ai quali ho accennato prima e, per avere il primo posto nella graduatoria dei mentitori, non esitarono ad affermare che un camion, liberamente noleggiato dai manifestanti privi di biciclette che volevano recarsi a Caorle, era stato rapinato e l’autista sequestrato.

In conseguenza: quattro lavoratori incensurati, fra cui un valoroso partigiano, furono rinchiusi per 58 giorni nel carcere di Venezia, dove per 60 giorni furono detenuti altri quattro lavoratori presenti a Piazza S. Marco in occasione del già ricordato mancato comizio dell’onorevole De Gasperi, arrestati a casaccio per odio di parte. Basterebbe il solo fatto che i lavoratori di Caorle sono stati scarcerati per dimostrare che il rapporto della pubblica sicurezza e dei carabinieri era falso, in quanto, a norma della legge vigente, rapina e sequestro di persona non consentono libertà provvisoria.

Di fronte all’enormità di questi fatti è spontaneo domandarsi se gli agenti dell’ordine agiscono di loro iniziativa o non piuttosto secondo le direttive del Ministero dell’interno. Questa seconda ipotesi è più plausibile, dati i sistemi che sono instaurati al Ministero dell’interno da quando è retto dall’onorevole Scelba e da certe circolari riservate ai questori delle quali vorrei dar lettura.

PRESIDENTE. Lei non può continuare oltre: concluda.

TONETTI. Noi abbiamo il diritto di reagire. Ad ogni modo la colpa di questi abusi, di questi arresti arbitrari e di queste falsificazioni deve essere attribuita al Ministro dell’interno il quale, anziché esercitare le sue attribuzioni con senso di assoluta imparzialità, con il rispetto del diritto all’opposizione e della libertà dei cittadini come è suo preciso dovere, agisce in modo fazioso, reazionario e abusa del suo potere per interesse di partito, così da sembrare simile, piuttosto che al Ministro di una repubblica democratica, a un capo della polizia pontificia di deprecata memoria. (Ilarità al centro).

Devo osservare che in questo caso, i patetici appelli del Presidente del Consiglio alla pacificazione ed alla solidarietà nazionale per superare la tragica crisi economico-finanziaria sono un oltraggio; più che vani, sono una oltraggiosa ironia, quando con i fatti si scava fra gli italiani un solco di odio che può avere conseguenze imprevedibili. La situazione è tanto grave che è stolto e delittuoso pensare di dominarla con gli arresti arbitrari, con i mitra della Celere e col doppio gioco.

L’onorevole Presidente del Consiglio ed il Ministro dell’interno sappiano che il popolo lavoratore, che non ha avuto paura di combattere la tragica e sanguinosa lotta contro il nazi-fascismo, non è disposto a tollerare che siano istaurati metodi di Governo che incominciano a ricordare quelli della Grecia e della Spagna, come da molte prove appare manifesto essere nelle intenzioni di questo Governo, che ogni giorno maggiormente rivela una mentalità clerico-totalitaria. (Proteste – Commenti al centro).

MARAZZA. Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non intendo replicare. Di fronte, però, alle smentite dell’onorevole Tonetti io oppongo la conferma precisa e rigorosa dei fatti, così come li ho esposti.

Assicuro l’Assemblea che le informazioni, le indagini, le ricerche del Governo, sono molto più serie di quanto non siano state le drammatiche urla dell’onorevole Tonetti. (Applausi al centro).

L’onorevole Tonetti avrà diritto di replicare alle dichiarazioni, che con senso di viva responsabilità il Governo ha reso per mio mezzo quest’oggi, soltanto quando l’autorità giudiziaria lo avrà prosciolto dai reati, per i quali è stato denunziato. (Vivi applausi al centro – Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle altre interrogazioni è rinviato ad altra seduta.

Svolgimento di interpellanze.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze. La prima è quella presentata dagli onorevoli Cremaschi Olindo, Bianchi Bruno, Gavina, Pastore Raffaele, Gorreri, Fantuzzi, Malagugini, Moranino, Lozza, Bucci, Mezzadra e Lizzadri, ai Ministri del tesoro e dell’agricoltura e foreste, «per conoscere le ragioni che hanno indotto il Ministro del tesoro a vendere all’asta pubblica notevoli quantitativi di granone avariato giacenti presso la Federazione nazionale dei consorzi agrari, e se intende usare il medesimo sistema per la vendita di altre ingenti quantità giacenti nelle medesime condizioni».

L’onorevole. Cremaschi ha facoltà di svolgerla.

CREMASCHI OLINDO. Onorevoli colleghi. Da informazioni assunte è risultato che il         Ministero del tesoro, nel mese di luglio ultimo scorso, ha venduto all’asta notevoli quantitativi di granone scondizionato, dei due milioni e 300.000 quintali circa di provenienza U.N.R.R.A., a un prezzo superiore di cinque o sei volte a quello di consegna.

Infatti, risulta che il prezzo d’acquisto del granone proveniente dall’U.N.R.R.A. è di lire 1.080 circa al quintale, mentre quello realizzato nella libera vendita è stato da lire 6.800 a lire 7.250 il quintale.

A parte il fatto che con tale sistema lo Stato abbia potuto incassare parecchi milioni, poiché sarebbero parecchie le migliaia di quintali di granone venduto, vien logico chiedere se allo Stato sia apparsa cosa conveniente alienare dei cereali con maggiorazioni di prezzo che, di riflesso, sono venute ad incidere sul costo di produzione dei prodotti agricoli di prima necessità, e ciò a danno esclusivo di tutti i lavoratori. Infatti quali vantaggi hanno potuto detrarne i consumatori dei grassi e del granone, che fu acquistato a Livorno dalla ditta Galbani di Melzo, dalle Fabbriche riunite amido e glucosio di Milano e di quelle migliaia di quintali venduti a Venezia ed a Mestre? Ci vien logico di domandare se l’U.N.R.R.A. abbia assegnato determinate partite di granone allo scopo di venderle all’asta ai soli commercianti ed industriali; proprio soltanto i grossi commercianti ed industriali risultarono essere venuti in possesso di queste rilevanti partite di granone, mentre le cooperative agricole dei piccoli proprietari, affittuari e mezzadri non sono riuscite, nonostante le loro richieste, ad ottenere nulla, anzi questi, presi dalla grande necessità, per preservare il loro patrimonio zootecnico, hanno dovuto ricorrere ai grandi commercianti per acquistare del granone e pagarlo poi dalle lire 8.000 alle lire 9,000 al quintale. Non sarebbe forse stato più coerente per il Governo destinare le suddette partite ai produttori dai quali il Governo attinge a prezzi vincolistici il conferimento del grano, del latte, dei grassi, dell’olio, del burro, mentre da commercianti e industriali il Governo riceve solo il vantaggio di vedere aumentare vertiginosamente i prezzi dei prodotti destinati al consumo a mezzo della vendita al libero mercato di prodotti ricavati anche da mangimi contingentati, che il Ministro del tesoro stesso a questi ha venduto?

La vendita all’asta di granone, proprio all’epoca della trebbiatura e del conferimento del grano agli ammassi, ha sollevato grandi obiezioni da parte di tutti i piccoli produttori agricoli i quali ben a ragione hanno fatto rilevare essere ingiusto che loro conferissero il grano e i commercianti e gli industriali, che nulla del loro conferivano, erano i soli preferiti per l’assegnazione e per l’acquisto del granone destinato ad uso zootecnico (in compenso l’Alto Commissariato dell’alimentazione, sempre in difesa degli industriali e dei commercianti, ha disposto la libera macellazione dei suini, senza alcuna percentuale vincolata, fino al 30 settembre, ripristinando poi il vincolo nel periodo della macellazione ad uso familiare).

Desidero attirare l’attenzione del Governo, onde evitare che il ripetersi di tali sistemi possa pregiudicare il buon andamento del conferimento dei cereali e dei grassi che tanto sono necessari per favorire l’alimentazione del popolo.

Mentre il Governo si era proposto di combattere il mercato nero e la speculazione, proprio dai suoi uffici sarebbero messi in atto sistemi atti ad alimentare la speculazione e la borsa nera.

Io chiedo, pertanto, al Ministro del tesoro che precisi quali siano state le ragioni che l’hanno indotto a praticare la vendita di granone con maggiorazione di prezzi e quali siano state quelle di indire un’asta non pubblica e come sia stato possibile alienare tale prodotto proveniente dall’U.N.R.R.A. senza incorrere nell’infrazione del regime vincolistico dell’Alto Commissariato dell’alimentazione e delle norme che regolano il soccorso dell’U.N.R.R.A. per l’assistenza alimentare al nostro Paese.

Al Ministro dell’agricoltura ho rivolto l’interpellanza per conoscere le ragioni per le quali si è avuta sul libero mercato la vendita di farina ricavata dal granone degerminato a lire 4120 il quintale. È da notare che il granone, dal quale venne ricavata la suddetta farina, è stato conferito dai produttori e a loro pagato in ragione di 1.600 e 1.900 lire al quintale; pertanto ritengo ingiustificato che debba ritornare, a coloro che hanno conferito del granone, della farina maggiorata di prezzo e ridotta della sua capacità nutritiva. (Questa notizia è stata riportata sul giornale Il Globo del 23 luglio 1947).

Con tali sistemi non si sono affatto aiutati i piccoli produttori ed il Governo non ha dato loro un riconoscimento del grande contributo dato all’alimentazione del Paese col conferimento del loro prodotto. Ma si è favorito il mercato nero e l’aumento dei prezzi a danno di tutte le masse lavoratrici.

Non ho potuto pertanto fare a meno di interpellare il Governo affinché esso ci dia quei necessari chiarimenti atti a determinare nei piccoli produttori quello stato d’animo necessario perché continuino nel loro sforzo e continuino a dare il loro contributo al Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Gli onorevoli interpellanti hanno chiesto di conoscere quali siano le ragioni che indussero il Ministro del tesoro a vendere all’asta pubblica notevoli quantitativi di granone avariato giacenti presso la Federazione nazionale dei consorzi agrari e se intenda usare il medesimo sistema per la vendita di altre ingenti quantità giacenti nelle medesime condizioni.

Devo premettere che le vendite di granturco scondizionato sono state effettuate col sistema dell’asta fino al 18 luglio ultimo scorso, data dalla quale una deliberazione del Comitato interministeriale per la ricostruzione ha stabilito che detta merce dovesse essere ceduta a prezzo predeterminato dalla pubblica amministrazione.

Le ragioni che giustificarono la procedura di vendita all’asta fino alla data del 18 luglio sono essenzialmente tre:

1°) compensare le gestioni statali delle sensibili perdite derivanti dalla vendita di partite di prodotti vari fortemente deteriorate;

2°) evitare le speculazioni determinantisi intorno alla cessione a basso prezzo di generi alimentari di importazione;

3°) evitare recriminazioni su asserite preferenze di acquirenti.

Le sole eccezioni al nuovo sistema, quello, dico, proposto dal Comitato interministeriale della ricostruzione, della vendita cioè a prezzi predeterminati, sono attualmente quelle riferentesi: a) ai quantitativi inferiori ai cento quintali, che vengono ceduti a prezzo intermedio fra quello ufficiale dei prodotti buoni all’alimentazione umana e quello di libero mercato; b) alle limitate partite destinate ad usi industriali che sono cedute di regola attraverso gare (asta pubblica, licitazione privata, ecc.).

Il Ministero del tesoro ritiene che convenga sottoporre nuovamente al Comitato interministeriale della ricostruzione la situazione in parola, perché esamini se non sia opportuno, come sembra, adottare provvedimenti che adeguino il prezzo del granone scondizionato a più confacente livello per lo Stato, atteso fra l’altro che dal primo del corrente anno il prezzo del cereale buono all’alimentazione umana è stato portato ad oltre lire 3.800 al quintale.

PRESIDENTE. L’onorevole Cremaschi Olindo ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CREMASCHI OLINDO. Non mi ritengo sodisfatto della risposta data a questa interpellanza, poiché, dato il regime vincolistico, e dato che questi prodotti vengono assegnati per portare un contributo al nostro Paese, non ravviso la ragione per cui il Ministro del tesoro, per risolvere determinate deficienze di operazioni che esso stesso riscontra nella sua risposta, abbia potuto stabilire un aumento dei prezzi. Perché noi vediamo che il prezzo del granone scondizionato è portato a 3.800 lire, comprensivo di determinate spese, mentre l’altro è stato di 7.000-7.250 lire al quintale.

Noi domandiamo per quale ragione vi siano state delle cooperative che avevano avuto delle mirate astrazioni con ordine tassativo di non alterare i prezzi (e qui ricordo l’intervento dell’onorevole Cerreti allorché disse che in seguito al riscontro di una alterazione del prezzo aveva provveduto con la sospensione del presidente e la denuncia dello stesso, mente per il Ministro del tesoro questo non avviene. Quindi l’alterazione dei prezzi non riguardava per nessunissima ragione prodotti che erano stati destinati ad un determinato uso e non ritengo che per questo il Ministro del tesoro abbia avuto ragione di giustificarsi con le proprie operazioni di contabilità, per le assegnazioni che sono state fatte col sistema dell’asta sul mercato libero, che poi non era mercato libero, perché se andiamo a vedere, vi sono state cooperative che si sono presentate a Venezia per andare ad acquistare determinate partite di granone e queste cooperative non sono state accettate come concorrenti, in quanto il granone stesso era già stato assegnato in precedenza. Quindi non è neanche un’asta pubblica.

Se vi sono alterazioni nella determinazione dei prezzi, osservo che c’è una legge che dice che i prezzi di determinati prodotti non possono essere alterati. Vi è un’infrazione di carattere annonario per ciò che riguarda il vincolo del grano ed abbiamo visto che vi sono stati dei sindaci che sono stati processati o colpiti da mandato di cattura perché, per ragioni annonarie, hanno alienato dei prodotti per sanare determinate situazioni in favore dei lavoratori.

Orbene, chi ha alienato e venduto questi prodotti al di fuori del prezzo stabilito? Chi ha dato questo mandato? Sono prodotti che vengono mandati al nostro Paese e devono servire al Paese, non alla speculazione. E poi abbiamo visto che i nostri contadini dovevano recarsi dai grandi mugnai per acquistare il grano. Lo abbiamo visto in provincia di Modena, dove dovevano recarsi ai «Mulini nuovi» per acquistale farina a 10 mila lire al quintale. Quindi, la speculazione non si è eliminata, ma si è potenziata. Lo abbiamo visto nella stessa provincia di Modena, dove il prefetto si era imposto per effettuare la vendita del granone scondizionato.

Ebbene, grazie all’intervento del segretario della Camera del lavoro, questo fu evitato, perché una vendita all’asta ai grandi commercianti ed industriali, in quel particolare momento, quando il contadino doveva conferire i suoi prodotti, non rivestiva il significato di un invito ai produttori ad essere disciplinali e corretti, ma piuttosto pregiudicava il buon andamento della campagna del grano, e non solo del grano, ma del burro, dei grassi in genere, in una parola dei prodotti che sono tanto necessari all’alimentazione del Paese.

Io non mi ritengo quindi sodisfatto della risposta, perché sono convinto che una modifica dei prezzi di prodotti contingentati non può essere disposta dal Ministro del tesoro né dal Comitato interministeriale per la ricostruzione senza interpellare le organizzazioni interessate.

PRESIDENTE. Segue l’interpellanza degli onorevoli Gavina, Cremaschi Olindo, Gorreri, Bianchi Bruno, Moranino, Lozza, Bucci, Mezzadra, Fantuzzi, Lizzadri, Pastore Raffaele e Malagugini, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se e quali provvedimenti intenda adottare per eliminare le conseguenze che si sono determinate, a tutto danno per la produzione, in materia di pagamento di canoni di affitto in natura (grano) in seguito alla promulgazione del decreto che fissava in lire 4000 (quattromila) il quintale il prezzo del grano consegnato agli ammassi; e per sapere se e quali direttive intenda infine dare agli organi periferici delle province di Pavia e Como per permettere che le operazioni di trebbiatura e di consegna agli ammassi si possano svolgere in un clima di ordinato lavoro eliminando la grande tensione che minaccia di turbare la tranquillità di quelle laboriose popolazioni».

L’onorevole Gavina ha facoltà di svolgerla.

GAVINA. Onorevoli colleghi, onorevole Ministro! È questa la prima volta che io prendo la parola in questa Assemblea. Il mio sistema è quello del ragionatore piano, semplice, modesto e particolarmente e possibilmente chiaro; preciso e conciso nel senso di sottoporre all’attenzione degli onorevoli colleghi il problema di cui si tratta, svolgendone la relativa argomentazione.

Perché dunque noi del Gruppo comunista e del Gruppo socialista, firmatari dell’interpellanza, abbiamo creduto di richiamare l’attenzione dell’onorevole Ministro sui problemi in argomento? È dal 22 luglio che è stata presentata questa nostra interpellanza. Allora essa presentava un duplice interesse: da una parte, il rapporto della liquidazione dei canoni in natura; dall’altra, il rapporto delle operazioni di trebbiatura.

Io avevo, per la verità, diviso in due tempi, secondo questa suddivisione, la mia interpellanza. Ma vengo ora semplicemente a quello che è il punto centrale. In questa Camera, nella nostra Assemblea – permettetemi una lievissima digressione – vi è normalmente l’abitudine di parlare molto e in senso giuridico: di praticità, di problemi che si possono risolvere e con il buon senso e con la pratica, poco si discute.

Io non voglio, con questo, muovere un appunto ai colleghi avvocati: sono avvocato anch’io. Io rilevo però che vi sono gravi disquisizioni giuridiche nelle quali si perde il punto. È vero che perdiamo il punto tutti insieme, onorevole Ministro, se l’argomento che vi sto esponendo dovesse portare a ritenere che la Magistratura ha detto che è tutto incostituzionale ciò che ha fatto il Governo.

Ci vuol dunque maggiore praticità, maggiore aderenza giuridica a quella che è la soluzione pratica dei problemi, e non già aderenza a quelle che sono le disquisizioni.

Io sono lombardo; parlo da lombardo, parlo in senso pratico.

E allora, qual è l’argomento che ci interessa?

Prezzo del grano 1945-46: 2250 lire al quintale; delle quali 750 erano date a titolo di premio di maggiorazione, di intensificazione della produzione, e 1.500 erano indicate come ammontare dei canoni che si pagano in natura. Voi sapete che da noi, in particolare oggi, i canoni dei fitti, delle tenute affittate, sono pagati non in denaro, ma con corrispettivo in natura. Ebbene, voi avete due termini di confronto: 2250 lire: 750 al produttore, 1.500 al locatore.

Prezzo del grano 1946-47: 4.000 lire. Stando così le cose noi abbiamo che il prezzo da corrispondere al locatore è di 4.000 lire al posto di 1.500. Quando scrivevo l’interpellanza il provvedimento non era stato ancora preso. Si diceva – l’ho letto in un articolo del Globo – che il Ministero avesse intenzione di proporre una maggiorazione del 30 per cento.

Il che avrebbe portato a questo risultato: 1.200 lire quale premio di integrazione per la produzione del grano e 2.800 per canone di affittanza.

Anche se fosse venuto questo provvedimento, è vero o non è vero, onorevoli colleghi, che noi avremmo ottenuto il raddoppiamento dell’importo del canone in natura al locatore e una maggiorazione di 500 lire per chi produce il grano? Voi avete aumentato il prezzo del grano, portandolo da 2250 a 4.000 lire, per incrementare la produzione, e avete ottenuto come risultato di aver raddoppiato il canone d’affitto.

Ma non sarebbe ancora niente. Distinguo rapidissimamente il mio dire in due dati: uno di fatto, del quale mi sto occupando, e uno di riflesso giuridico, di diritto, del quale verrò a parlare in seguito. Perché il ritardo nello svolgimento della nostra interpellanza – credo che in ciò sia consenziente il Ministro – ha portato a questo risultato: di doverci occupare dell’una e dell’altra cosa.

Ebbene, dicevo che il risultato pratico sarebbe oggi di aver raddoppiato il canone di affitto. Vi sono altre voci, non solo quella del grano, vi sono altri prodotti che attendono di essere perequati, per potervi avere una perequazione dei canoni di affitto.

Premesso questo, credo di aver richiamato la vostra attenzione sull’assillante problema: o il Governo interviene e precisa d’imperio un prezzo che sia di premio alla produzione, oppure assisteremo a questo bel risultato: che i locatori non solo non si adegueranno a quella che sarebbe l’indicazione di perequazione data da voi, Ministro dell’agricoltura, del 30 per cento, che porterebbe a 2.800 lire il prezzo del canone di affitto, canone in natura, ma pretenderebbero e pretendono che l’affittuario, che il conduttore versi, se non paghi direttamente nelle mani del locatore, versi la differenza, cioè paghi – facciamo l’esempio di cento quintali – invece delle 150 mila lire del 1946, 280 mila, se accetta la perequazione del 30 per cento; 400 mila se non l’accetta. Questa è la situazione di fatto.

Ma dicevo, onorevole Ministro, che noi ci dobbiamo preoccupare di una situazione che è venuta a crearsi dopo, e sulla quale permetterete che io richiami la vostra attenzione, non per il problema in se stesso, che parte dal decreto del 1° aprile 1947, ma perché si riallaccia a tutta quella che è la precedente legislazione in materia.

Nel 1942 noi abbiamo, o meglio il Governo di allora ha fissato, un premio per i conferenti.

È nata una contestazione giuridica nella quale la magistratura, intervenendo sul rilievo che il conferente era tanto il locatore quanto il conduttore, ha detto: il premio va suddiviso a tutte e due le parti.

E allora (1944-45) il Ministro Gullo ha cercato di ovviare all’inconveniente spostando il termine: anziché parlare di conferente ha parlato di produttore.

Senonché la magistratura dichiarava incostituzionale il decreto Gullo, non essendo consentito al Ministro di emanare norme in materia di diritto privato.

Poiché la tardiva decisione della Cassazione veniva a riaprire i cicli economici già chiusi (perché si erano liquidati i canoni su questa base), che cosa è avvenuto? Nell’intento di ovviare all’inconveniente, con decreto 22 giugno 1946, n. 44, del Presidente della Repubblica, all’articolo 4 si convalidavano i due decreti Gullo del 1944-45. Ma la Cassazione a sezioni riunite dichiarava la incostituzionalità di detto articolo in quanto con detta disposizione il Capo dello Stato poneva nel nulla il provvedimento dell’Autorità giudiziaria che aveva già dichiarato incostituzionale il decreto Gullo.

Così la questione venne riaperta.

Per inciso (mi si permetta un piccolo breve inciso), non si è parlato in quel decreto di quello che è il canone in natura del risone, di guisa che anche per questo non è stata e non è possibile una liquidazione.

E allora, nell’interesse di sanare queste situazioni (perché voi capite, onorevoli colleghi, che quando uno lavora e va dal proprietario per pagare il suo canone di affitto e si sente dire che non solo non può prendere la percentuale attuale che ha stabilito oggi il nuovo Governo, ma deve restituire anche l’illecito – dico l’illecito! – che avrebbe trattenuto, voi capite che la casistica va all’infinito e che la situazione alla periferia diventa caotica); per sanare queste situazioni – dicevo – che cosa ha fatto il Governo? Il Governo, col decreto 1° aprile 1947 del quale ci occupiamo (e per inciso ne ho richiamato i limiti), ha cercato di risolvere in pieno la controversia nel senso di istituire commissioni periferiche (due commissioni: una generica e l’altra particolare e specifica) per adeguare i canoni in natura.

Forse io penso che il provvedimento era – almeno nella mente e nell’animo di chi lo emanava – un anticipo di quel provvedimento integrativo del 30 per cento; e cioè: secondo l’ubicazione e secondo la possibilità di produzione dei fondi, la commissione arbitrale locale avrebbe provveduto a determinare il canone.

Che cosa è avvenuto? Anche prima che le Commissioni (che dovevano essere per legge presiedute da un magistrato) si mettessero all’opera in provincia (perché il decreto consentiva 90 giorni per la presentazione del ricorso), con sentenza 18 giugno 1947 la Corte d’appello di Torino dichiarava inapplicabile il decreto, esulando dai poteri del Capo dello Stato quello di istituire delle commissioni speciali.

E allora, onorevole Ministro ed onorevoli colleghi, possiamo noi assistere ad un così indecoroso fatto, per cui la nostra autorità legislativa emana decreti e quella che dovrebbe essere l’autorità interpretativa ed applicativa della legge li dichiara tutti incostituzionali?

Alla periferia avviene questo: non si possono liquidare i canoni di affitto, malgrado la buona volontà dei coltivatori, per incomprensione o meglio esosità dei locatari, ai quali non sembra vero di potersi appigliare a cavilli legali e le commissioni non funzionano.

Onorevole Pallastrelli (mi rivolgo a lei per incidenza come vecchio amico e come agricoltore), quando io ieri l’altro ho avuto l’invito da lei per assistere a quella riunione dove con altri competenti volevate proporre e prospettare la possibilità di provvedimenti per la produzione del grano, non potendo per impedimento intervenirvi, ho pensato che l’agricoltore Pallastrelli, del Consorzio provinciale agrario di Piacenza, non poteva non sapere che se noi abbiamo una lira che vale venti soldi e la spendiamo diciannove volte per diciannove soldi, all’ultimo noi ci troviamo senza la lira. Non potete pretendere dai produttori che si versi il grano all’ammasso se non avete prima fissato il prezzo del grano, che ovvii a tale inconveniente. Il prezzo va fissato prima della semina.

Per ritornare nei termini del mio problema, io chiedo al Governo se e quali provvedimenti può emanare e chiedo ai colleghi della Costituente che dicano se possiamo fare un articolo di legge il quale tagli nettamente ogni possibilità di discussione.

Io ricordo che problemi contingenti della specie li abbiamo risolti da soli, nelle nostre province quando, io viceprefetto politico di Pavia e voi, onorevoli colleghi Fornara e Lombardi, prefetti rispettivamente di Novara e Milano, abbiamo preso analoghi provvedimenti omologati dalla A.M.G.: le parti, sulle indicazioni date, hanno allora potuto, e potrebbero ancora oggi, direttamente liquidare i loro interessi privati; se non il liquidano, ci sia la commissione specifica la quale decida inappellabilmente: si vada avanti alla commissione per finire le cose, non per cominciarle.

Perdonino i colleghi avvocati, ma quando si va davanti alle commissioni assistiti da legali, di regola non si risolve mai nulla. Questa è la proposta che faccio all’Assemblea e al Governo perché la mia modesta parola possa servire di pratica soluzione e non di critica inutile e sterile. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’agricoltura e delle foreste ha facoltà di rispondere.

SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Risponderò molto brevemente. La prima questione, quella del canone di affitto in grano per l’anno agrario 1946-47, era già risolta quando veniva presentata l’interrogazione. Naturalmente, la deliberazione al Consiglio dei Ministri venne qualche giorno dopo, e il decreto è stato pubblicato in ritardo nella Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 1947. Ha subito questo ritardo per una vicenda singolare. Il decreto fu mandato alla Commissione della Costituente con la richiesta di urgenza e fu ritirato trascorso largamente il termine fissato in regolamento senza nessuna decisione della Commissione stessa, forse perché si era in periodo di vacanza dell’Assemblea. La Corte dei conti per questo motivo oppose difficoltà alla registrazione, che furono superate solo alcuni giorni or sono. Il decreto però ormai è entrato in vigore, e regolerà senza che vi siano gravi attriti fra le parti i canoni in grano dell’anno agrario decorso. Non vi sono gravi differenze fra la situazione del 1945-46 e la situazione del 1946-47, in quanto per lo scorso anno la riduzione apportata al prezzo del grano era del 33 per cento e quest’anno è del 30 per cento. Quindi i gravami all’affittuario, di cui parla l’onorevole Gavina, non mi pare che in realtà vi siano stati: i canoni vengono raddoppiati; ma tutti i prezzi sono stati raddoppiati purtroppo in quest’ultimo anno. Sono stati raddoppiati anche i prezzi a cui si vendono le merci e le derrate agricole, in modo che è equo che l’affittuario paghi di più, siccome ha un reddito quasi doppio dell’anno decorso. Si è avuta per i fitti una proporzione quasi uguale a quella fra tutti gli altri costi e prezzi del 1946 e quelli del 1947.

L’altra questione sollevata dall’onorevole Gavina è più complessa: riguarda non solo il decreto di questo anno ma tutto il sistema dei canoni di affitto del grano da molti anni a questa parte: non solo i canoni regolati dai decreti Gullo 1944-45, ma anche i canoni anteriori per i quali erano state emanate dal Governo fascista alcune norme analoghe, attraverso il comitato corporativo che si riteneva allora investito di questo potere. Fin dal 1942 abbiamo avuto una scomposizione nel prezzo pagato dagli ammassi per i conferimenti grano, in modo che gli affittuari non corrispondono l’intero prezzo ma una parte. Nel 1943 il rapporto era di un terzo all’affittuario e due terzi al proprietario. Nel 1944 questa proporzione fu elevata al 50 per cento; nel 1946 e 1947 si è ritornati al punto di partenza. I rapporti di affitto si erano adattati sostanzialmente a questa scomposizione del prezzo, e nei nuovi contratti si era quindi tenuto conto di questa scomposizione per aumentare i quantitativi del corrisposto. Vi fu un adeguamento su una norma che dopo cinque anni poteva dirsi tradizionale. Ed è per questo che quest’anno gli affittuari hanno richiesto di addivenire ad uno sdoppiamento del prezzo appunto perché i canoni stipulati in questi anni tengono conto di questo sdoppiamento: un terzo e due terzi. E quindi se si fosse venuto ad eliminare lo sdoppiamento si sarebbe aggravato eccessivamente il canone, in modo che non sarebbe stato sopportabile dagli affittuari.

D’altronde, si è creduto di dare una riduzione minore di quella dell’anno scorso in relazione ai maggiori oneri fiscali che i proprietari fondiari devono sopportare. Per lo stesso motivo nel decreto che regola l’ammasso per contingente si è stabilito che il canone in natura venga trasformato in canone in danaro al pieno prezzo che verrà stabilito per il grano. Questo perché se noi dobbiamo incoraggiare le imprese agricole, dobbiamo anche però tener conto dei maggiori gravami fiscali sul proprietario come tale, indipendentemente dalla gestione dell’impresa agricola. La patrimoniale straordinaria proporzionale, la patrimoniale straordinaria progressiva, le imposte fondiarie gravano sulla proprietà e non sull’impresa; e si è ritenuto necessario che il proprietario possa essere posto in condizione di poter sopportare questi oneri. Questo a prescindere dalla manutenzione e da altri oneri del proprietario. Però con un decreto che l’onorevole Gavina ha ricordato, decreto del 1° aprile 1947, che è richiamato anche nel decreto testé pubblicato e che deve valere come principio generale, si era creduto di poter dare una regolamentazione più completa a questa materia molto complessa; si era addivenuti alla costituzione di due commissioni: una commissione tecnica, la quale doveva dare direttive d’ordine generale, ed una giurisdizionale, la quale doveva giudicare i casi che fossero rimasti controversi dopo le decisioni della prima commissione, per perequare i canoni di affitto eliminando le punte eccessive, ossia eliminando sia i canoni eccessivamente alti, come quelli eccessivamente bassi. La perequazione deve avvenire nei due sensi: tanto nel senso di diminuire i canoni elevati, come nel senso di elevare quelli troppo bassi. Esistevano infatti contratti a termine più o meno lungo, novennali o ultranovennali, stipulati prima dell’attuale svalutazione, i quali mettevano il proprietario in una condizione veramente difficile, mentre ponevano l’affittuario nella condizione di avere un notevole lucro di congiuntura.

Questo decreto, purtroppo, ha avuto una prima disavventura: la Corte di appello di Torino lo ha dichiarato incostituzionale, per i motivi ricordati dall’onorevole Gavina.

Tuttavia, posso dichiarare che, poiché la sentenza era passata in giudicato, è stato interposto ricorso davanti alla Cassazione nell’interesse della legge. Il Governo si è preoccupato della grave situazione che veniva a crearsi in seguito alla sentenza ricordata e ha ritenuto di dovere riaffermare la costituzionalità dello stesso decreto, poiché ha disposto l’impugnativa della detta sentenza nell’interesse della legge.

Richiederò che il ricorso, già proposto, sia discusso nel più breve termine possibile. Ritengo che la questione della incostituzionalità dei decreti del 1° aprile e del 22 giugno 1946 sia di una gravità veramente notevole, perché investe una molteplicità di rapporti, i quali, in base ad una serie di norme, emanate dal 1942 in poi, avevano trovato una loro sistemazione. La maggior parte di questi rapporti si era sistemata pacificamente tra le parti, con l’adeguamento a norme di legge, riconosciute eque, seppure con qualche adattamento, caso per caso.

La recente sentenza, ricordata dall’onorevole Gavina, rimette in discussione non solo il decreto Gullo, ma tutte le norme precedenti del Governo fascista, e rimette in campo una questione spinosissima e complessa. Il Governo ha già dimostrato di volere ovviare alla situazione, mediante la interposizione di ricorso alla Cassazione, nell’interesse della legge. Se questo rimedio non si rivelerà efficace, l’Assemblea Costituente dovrà risolvere la questione. Perciò dichiaro, come mia opinione personale, che il Governo chiederà di sottoporre la questione all’Assemblea, perché la risolva con una sua legge, non potendosi lasciare nell’incertezza norme che riguardano imprese agrarie di tutte le dimensioni, le quali ci dànno grano ed altri prodotti agricoli e per le quali occorre ricostituire una situazione di tranquillità.

Credo che con questa legge potranno essere definitivamente risolte tutte le questioni al riguardo.

PRESIDENTE. L’onorevole Gavina ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

GAVINA. Sono lieto di aver provocato e di aver avuto le delucidazioni dell’onorevole Ministro, le quali, in fondo, come egli ha assicurato, dànno la prova che il problema esiste e sussiste e che il Governo intende risolverlo.

Io faccio presente una cosa, in linea di fatto: già il decreto del 1° aprile lo premette: nella eventualità che le Sezioni riunite della Corte di cassazione dessero parere contrario al ricorso presentato e si dovesse perciò ricorrere alla Costituente, voglia il Governo tener presente che non si tratta solo del grano, ma di tutti i prodotti per i quali si paga il canone in natura, e chiaramente provvedere.

D’altra parte, il decreto 1° aprile 1947 incideva già nel merito in tal senso.

Ringrazio l’onorevole Ministro della risposta datami ed attendo che si possa rapidamente giungere in porto.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e quindi dell’ordine del giorno.

Interrogazione e interpellanza con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. È pervenuta alla Presidenza la seguente interrogazione con richiesta di risposta urgente:

«Al Governo, per conoscere cosa risulti allo stesso circa il ferimento di giovani democristiani a Genzano, in seguito ad aggressione avvenuta nel pomeriggio di domenica 5 ottobre 1947.

«Cremaschi Carlo».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Governo risponderà nella seduta di lunedì prossimo.

PRESIDENTE. È pervenuta anche la seguente interpellanza con richiesta di svolgimento urgente:

«Al Ministro di grazia e giustizia, per chiedere se non ritenga conforme ai principî ispiratori della legislazione penale sui minorenni l’adeguamento delle pene pecuniarie all’odierna svalutazione della moneta, ai fini dell’applicazione del perdono giudiziale e della sospensione condizionale della pena, e se, allo stesso scopo, non ravvisi opportuno che siano eliminate, nei confronti degli imputati d’età minore, specie per i reati d’indole annonaria, l’obbligatorietà del mandato di cattura e tutte le altre aggravate restrizioni limitative della libertà personale.

«Caroleo».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Mi riservo di far conoscere quando il Governo intenda rispondere..

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per chiedere se, in attesa dell’auspicata riforma agraria, non ritenga rispondente a criteri di giustizia verso i lavoratori della terra, oltre che alle esigenze dell’appoderamento, l’adozione di un provvedimento legislativo, rivolto ad agevolare, nei convenzionali trasferimenti di proprietà immobiliare, specie nelle zone di latifondo, il maggior frazionamento della terra, col rispetto dovuto alla minima entità colturale; e rivolto, altresì, a stabilire un diritto di prelazione nell’acquisto, a parità di condizioni, in favore di coltivatori diretti, i quali si trovino da più anni in possesso del terreno in vendita e vi abbiano eseguito opere di miglioramento.

«Caroleo».

«Le sottoscritte chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per conoscere le circostanze ed i motivi che hanno determinato l’indegno atteggiamento delle forze di polizia di Palermo, che non hanno esitato a caricare un pacifico corteo di donne e di fanciulli, che ordinatamente chiedeva il tesseramento differenziato e la distribuzione di viveri. Le interroganti chiedono quali provvedimenti si intendano adottare sia a carico dei responsabili dell’inumana azione di polizia di Palermo sia per tutelare le manifestazioni democratiche, oggi nemmeno più difese dalla presenza di innocenti fanciulli e dall’elementare rispetto dovuto alle donne.

«Gallico Spano Nadia, Merlin Angelina, Montagnana Rita, Mattei Teresa, Bei Adele, Noce Teresa, Pollastrini Elettra, Iotti Leonilde, Minella Angiola, Rossi Maria Maddalena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non ritenga opportuno ridurre da cinque a tre il numero di anni di lodevole servizio previsti dal decreto legislativo il novembre 1946, n. 461, perché possa prescindersi dal limite massimo di età per l’ammissione ai concorsi pubblici presso gli Enti locali del personale non di ruolo di detti Enti; e ciò a favore di coloro che non furono mai iscritti al partito fascista o che ne subirono persecuzioni, e che quindi – come di fatto si è verificato in molti casi – vengono a trovarsi esclusi dal suddetto beneficio, in quanto non poterono prestar servizio presso quelle pubbliche Amministrazioni prima del 25 luglio 1943. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Giolitti».

«II sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se è a conoscenza delle gravissime condizioni di deperimento in cui versa, per incuria dell’amministrazione competente, la linea tramviaria Cuneo-Torino, gestita dalla S.A.T.I.P., dalla quale dipendono totalmente i trasporti in una vasta è importante zona agricola; e se non ritenga, al riguardo, di accogliere le proposte formulate dalla Commissione interna della S.A.T.I.P. in data 8 agosto 1947, o almeno di disporre per una accurata ed esauriente ispezione che metta il Ministro in grado di prendere tempestivamente adeguati provvedimenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Giolitti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se, in adesione ai voti formulati dagli Enti locali, non si ritenga opportuno disporre perché il servizio dei vigili del fuoco per i capoluoghi inferiori ai 50.000 abitanti ritorni alle dirette dipendenze dei Comuni, come esisteva prima della trasformazione operata dal fascismo, rendendo così possibile un migliore adeguamento del servizio alle esigenze locali con notevole riduzione di spesa, fermi rimanendo il coordinamento provinciale tra i diversi corpi comunali e la destinazione definitiva ad essi dei materiali di cui attualmente sono dotati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se non ritengano doveroso, ciascuno per la propria competenza, emanare provvedimenti a favore della categoria dei ciechi, i quali, in questo periodo di grave disagio economico, reso ancor più grave dalla naturale impossibilità a provvedere da sé, si trovano in condizioni della più nera miseria.

«L’interrogante fa rilevare che l’Unione italiana ciechi ha già avanzato memoriali, esponenti la grave loro situazione e che ebbe promesse di provvedimenti, che ancora, dopo lungo tempo, non sono stati definiti.

«Questo silenzio da parte dell’Amministrazione dello Stato determina in questi italiani infelici un’esasperazione che va sollevata per quel senso di elementare solidarietà umana e nazionale, a cui hanno diritto i nostri ciechi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se sia suo intendimento di fare affluire urgentemente lavoro di manifattura di biancheria disposto dall’U.N.R.R.A. al laboratorio di Palermo, dove lavorano circa cento operaie, in parte vedove di guerra ed in parte mogli o figlie di reduci, che fra una diecina di giorni dovranno essere sospese per mancanza di lavoro.

Se non sia nelle intenzioni dell’onorevole Ministro abolire il compenso a cottimo nei riguardi delle predette operaie, che si ravvisa assolutamente inadeguato, sostituendovi il compenso a giornata, secondo i minimi di paga relativi a tale categoria di lavoratrici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per conoscere se abbia adottato o si proponga di adottare provvedimenti intesi a normalizzare l’attuale situazione dell’organizzazione provinciale sanitaria di Catania.

«Sembra, infatti, che i servizi sanitari di quella provincia lascino molto a desiderare, soprattutto per la mancanza di un titolare dell’ufficio sanitario provinciale e che, nonostante la nomina sia stata fatta sin dal marzo scorso, sarebbe riuscito vano al medico nominato ogni tentativo di prendere possesso del suo ufficio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Varvaro».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.50.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.