Come nasce la Costituzione

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LUNEDÌ 29 SETTEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCXXXVI.

SEDUTA DI LUNEDÌ 29 SETTEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente

Interrogazione (Svolgimento):

Presidente

Gonella, Ministro della pubblica istruzione

Marchesi

Ronchi, Alto Commissario per l’alimentazione

Mancini

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro

Russo Perez

Fanfani, Ministro del lavoro e della previdenza sociale

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Pratolongo

Bettiol

Pecorari

De Michelis

Colitto

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Jervolino, Sottosegretario di Stato per i trasporti

Mazza

Sui lavori dell’Assemblea:

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Presidente

Vernocchi

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Pertini e Perassi.

(Sono concessi).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.

Cominciamo dall’interrogazione dell’onorevole Marchesi al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere i motivi che hanno provocato lo scioglimento della prima Commissione di maturità classica del liceo governativo di Acireale».

L’onorevole Ministro della pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Come è noto, quest’anno, per la prima volta, è stato introdotto il sistema di esami di Stato con Commissioni in maggioranza estranee alla scuola alla quale appartiene il candidato. Era evidente che da ciò derivasse una maggiore severità di giudizio, da molti educatori auspicata, ma era pure evidente che questa severità doveva restare nei limiti fissati dalle circolari ministeriali, a garanzia dell’uniformità dei giudizi stessi. Comunque l’introduzione del nuovo esame di Stato spiega le preoccupazioni che si sono in alcuni luoghi riscontrate da parte di famiglie e di studenti.

Ad esempio, ad Acireale, si è avuta una deplorevole manifestazione studentesca contro la Commissione ministeriale, sicché la Commissione stessa ritenne opportuno chiedere, attraverso il provveditore, l’intervento di un ispettore ministeriale, come risulta da esplicite dichiarazioni dei membri della Commissione.

Quindi, contrariamente a ciò che scrisse qualche giornale, nessuna misteriosa influenza di latifondisti o feudatari siciliani ha determinato il Ministero all’invio ad Acireale dell’ispettore di zona, invio normale, il quale era stato chiesto dalla Commissione: né erano in questione figli di feudatari, poiché il candidato in questione, il Condorelli, risulta figlio di un ciabattino.

L’ispettore ebbe occasione di esaminare la posizione del candidato Condorelli Sebastiano, uno dei migliori allievi del locale liceo governativo, che in tutte le prove dell’esame di Stato era riuscito con esito favorevole, ad eccezione del greco, in cui era stato escluso dalla prova orale. Poiché l’elaborato, secondo il parere dell’ispettore, sembrava tale da non giustificare l’esclusione, egli invitò la Commissione a riesaminare il proprio giudizio. Nella Commissione, dapprima incerta, prevalse il parere di respingere l’invito dell’ispettore, il quale, tornato a Roma, riferì alla Direzione competente.

A proposito del giudizio di esclusione dalla prova orale va osservato che l’esaminatore di greco, cioè quello della materia, espresse parere discordante da quello degli altri commissari, in quanto egli era favorevole all’ammissione del Condorelli: però non insistette perché la sua opposizione venisse messa a verbale.

A questo riguardo si deve ricordare che il Ministero aveva diramato in data 14 giugno 1947 la circolare n. 4778 nella quale era chiarito che l’ammissione alla prova orale nelle materie con prove scritte doveva essere negata solo nel caso in cui la prova scritta dimostrasse impreparazione e deficienze tali da rendere inutile, per la rispettiva materia, il proseguimento dell’esame.

L’elaborato del Condorelli fu ritenuto dall’ispettore Moricca – la cui competenza è ben nota all’onorevole interrogante – tale da non giustificare l’esclusione dall’esame orale, e perciò il Ministero inviò una nota, nella quale si richiamò alla predetta circolare, non solo per risolvere in senso favorevole il caso Condorelli, ma anche per invitare il provveditore di Catania «a far considerare al presidente della Commissione l’opportunità di trovare un equo correttivo» pure in eventuali casi analoghi. Quindi non si trattava specificatamente del caso Condorelli, ma, in linea generale, dell’applicazione di criteri della circolare; né si trattava di giudizi definitivi, ma di semplice ammissione agli orali, ammissione la cui pubblicità non è prescritta da alcuna norma, mentre è diffusa la consuetudine di comunicare direttamente al candidato la non ammissione al momento degli esami orali.

La disparità di valutazione fra la Commissione di Acireale e l’ispettore Moricca si spiega per un fatto di capitale importanza. La Commissione, come è successivamente risultato, non aveva avuto conoscenza della circolare n. 4778, e nel suo verbale n. 9 testualmente dichiarò «di riconoscere che, se la Commissione avesse avuto notizia delle norme interpretative contenute nella circolare del 14 giugno ultimo scorso, n. 4778, la quale non fu comunicata dal preside a nessuna delle tre Commissioni di maturità che erano nell’Istituto, probabilmente il candidato Condorelli sarebbe stato ammesso agli esami orali».

Tuttavia la Commissione ritenne giusto di insistere nel suo punto di vista e consegnò al provveditore i verbali.

Il provveditore, preoccupato della necessità di concludere le operazioni di esame, giudicò di dover sostituire la prima Commissione, ritenendola implicitamente dimissionaria. Su tale punto vi fu divergenza di opinioni, in quanto la Commissione ritenne di essere stata sciolta dal provveditore, mentre il provveditore dichiarò che non era nelle sue intenzioni di far ciò ma solo di sanzionare lo stato di fatto della consegna di verbali.

In seguito alla presentazione di un rimorso inoltrato al Ministero contro il provveditore agli studi di Catania, il Ministero provvide subito ad un diretto e completo esame della delicata questione, inviando in Sicilia un altro suo ispettore per raccogliere tutti gli elementi necessari per un giudizio definitivo sulla questione.

Gli ulteriori provvedimenti del Ministero sono riassunti nella lettera trasmessa alla Segreteria generale del Sindacato nazionale della scuola media: lettera di cui si reputa opportuno dar lettura:

Questo Ministero, comunica che ha inviato in Sicilia un altro ispettore centrale per accertamenti ulteriori sulle questioni relative alla prima Commissione di esami di maturità classica in Acireale.

«L’ispettore ha svolto la sua azione prendendo contatto col provveditore agli studi, con membri della Commissione, con docenti della Università e delle scuole medie, in un’atmosfera di viva cordialità, quale era naturale si stabilisse in conversazioni tra uomini di scuola, nella trattazione di problemi che la scuola direttamente riguardavano.

«In un tale spirito di sincera collaborazione è stato facile dissipare alcuni malintesi, cosicché l’ispettore ha potuto recare a Roma nuovi dati di fatto ed elementi nuovi di giudizio, che sono stati dal Ministero accuratamente valutati.

«È anzitutto risultato chiaro che la Commissione, al momento del giudizio di ammissione alle prove orali, non era a conoscenza della circolare ministeriale n. 4778 che precisava i criteri per le ammissioni suddette, in modo da garantire uniformità di giudizio da parte di tutte le Commissioni esaminatrici. Nessuna intenzione, dunque, da parte della Commissione, di non seguire le norme ministeriali. Era invece opportuno stabilire a chi spettasse la responsabilità della mancata tempestiva trasmissione della circolare citata; e di ciò il Ministero ha dato incarico al provveditore agli studi di Catania, affinché possano essere presi eventuali provvedimenti disciplinari.

«D’altra parte, il Ministero ha potuto, esaminando i nuovi elementi giunti a sua conoscenza, rilevare che la dimostrazione svoltasi nel luglio ultimo scorso ad Acireale contro le deliberazioni della Commissione, è risultata tale da esser considerata lesiva della dignità e del decoro della Commissione esaminatrice, e, quindi, della scuola tutta; dignità e decoro di cui il Ministero è naturale tutore.

«È stato pertanto comunicato al provveditore agli studi di Catania che il suo decreto col quale egli sostituì la Commissione non può essere approvato dal Ministero, che ha conseguentemente invitato il provveditore stesso a ristabilire la Commissione nelle sue piene funzioni a decorrere dal 13 agosto, in modo che non vi sia soluzione di continuità e in modo che alla Commissione medesima sia offerta la possibilità di rivedere i propri giudizi sull’ammissione alle prove orali, tenendo conto dei criteri additati nella circolare citata.

«Contemporaneamente sono state impartite al provveditore disposizioni opportune per garantire, contro ogni possibile evenienza, la dignità e il decoro della Commissione esaminatrice nell’espletamento delle sue funzioni».

Tutto ciò, in linea di fatto.

Passando alla questione di diritto, si rileva che è stata affermata l’inapplicabilità al caso in questione dell’articolo 133 del regolamento 4 maggio 1925, n. 653, il quale dà facoltà al Ministero di annullare i provvedimenti delle autorità scolastiche locali quando vi sia violazione di legge. E l’inapplicabilità viene avvalorata attraverso l’affermazione che vi è inesistenza di qualunque rapporto gerarchico fra il Ministero e le Commissioni, non ritenute autorità scolastiche locali.

Ma, una volta ammesso che ciò sia vero, si cade in una palese contraddizione quando si afferma che il disposto dell’articolo 92 dello stesso regolamento (secondo cui negli esami, che non siano di maturità e abilitazione, i giudizi sono definitivi e inappellabili, ma sindacabili dal Ministero agli effetti disciplinari) debba intendersi esteso senz’altro anche all’articolo 93, che tratta specificamente degli esami di maturità e abilitazione, e che tace in proposito.

Se tale estensione viene senz’altro ammessa, si ha la sindacabilità dei giudizi agli effetti disciplinari, e la Commissione viene pertanto a trovarsi in posizione di dipendenza gerarchica dal Ministero, contro quanto s’era precedentemente affermato.

Se volessimo esprimerci in termine di logica, dovremmo dire che l’insieme dei tre articoli: 92, 93, 133, secondo l’interpretazione che ad essi si vorrebbe dare, costituisce un sistema incompatibile.

D’altra parte l’esperienza dimostra che, in casi fortunatamente eccezionali, ma che pure dolorosamente talvolta si verificano, l’inappellabilità assoluta dà luogo a gravi inconvenienti.

Prova ne sia che un giurista del valore di Vincenzo Arangio Ruiz, che non è certo inferiore ai giuristi della Università di Catania, dovette, in qualità di Ministro della pubblica istruzione, in data 22 giugno 1945, per il caso di una candidata di Matera, ordinare la riforma di un giudizio di esclusione dalla prova orale di italiano: ordine che fu eseguito senza provocare alcun dissenso o protesta. Ecco le testuali parole del Ministro Arangio Ruiz: «Il Ministero dichiara nulla la deliberazione con cui la Commissione ha escluso dalla prova orale di italiano la candidata in parola, e dispone che questa sia ammessa, in occasione della imminente sessione estiva, a sostenere la prova stessa».

Date le incertezze e le imperfezioni della legislazione vigente, mentre ho disposto che gli ispettori si limitino ad una funzione consultiva, mi propongo di nominare subito una Commissione composta da giuristi del Ministero e del Sindacato, la quale (anche in sede de jure condendo) studi le possibilità di interpretazione e di chiarificazione delle norme in materia.

PRESIDENTE. L’onorevole Marchesi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MARCHESI. Potrei dichiararmi sodisfatto di questa pace intervenuta tra il Ministero dell’istruzione e le Commissioni esaminatrici. Potrei dichiararmi sodisfatto, se il caso di Acireale non rivelasse un pericoloso disordine – adopero termini piuttosto moderati – nell’Amministrazione scolastica centrale. Dico Amministrazione centrale perché ritengo non giusto e non ragionevole attribuire unicamente al Ministro della pubblica istruzione la responsabilità di tutte le ordinanze e di tutte le note che provengono dalla burocrazia della vecchia è della nuova Minerva.

Osservo soltanto che sarebbe desiderabile, trattandosi di un’Amministrazione centrale, che le disposizioni prese fossero tali da non recare turbamento ed offesa ad un organismo così delicato e, oggi, così malato come è la scuola italiana.

Revocare, con la soddisfazione di tutti, delle disposizioni già prese, significa riparare un danno, ma non significa cancellare una offesa. Quei provvedimenti dell’Amministrazione centrale della pubblica istruzione non dovevano essere adottati ed evitare si potevano facilmente. A farli evitare concorreva tutta la disciplina dei regolamenti scolastici e la buona consuetudine.

Il fascismo – ricorre spesso questo amaro ricordo sulle nostre labbra – che corruppe tutto quello che toccò, volle anche pesantemente gravare sui giudizi delle Commissioni esaminatrici, le quali spesso non resistettero alla triviale ingerenza e, quando resistettero, i giudizi restarono.

Adesso l’onorevole Ministro ha ricordato un precedente del Governo post-fascista, del Ministro Arangio Ruiz. Se il Ministro Arangio Ruiz intervenne contro il voto della Commissione di esami nelle stesse condizioni in cui è intervenuta ora l’Amministrazione scolastica, ha fatto male, e l’onorevole Ministro ha citato l’esempio di un complice. D’altra parte, bisognerebbe vedere se l’ordinanza del Ministro Arangio Ruiz corrispondesse in pieno a quella per cui fu emessa la nota ministeriale del 6 agosto.

Ad ogni modo, il Ministro ha dimenticato di citare – e qui la dignità della scuola ha ricevuto offesa – il documento essenziale, quello del 6 agosto, con cui il Ministero annullava la decisione presa dalla prima Commissione di esami. Io richiamo in modo particolare l’attenzione degli onorevoli colleghi su questo punto, il quale costituisce una novità sconcertante che, se dovesse essere accolta, sovvertirebbe tutto il procedimento degli esami.

Il Ministro dunque, richiamandosi al disposto dell’articolo 133, annullava la decisione della prima commissione di esami ed ordinava l’ammissione alle prove orali del candidato in questione. Per la prima volta, quindi, l’onorevole Arangio Ruiz, per la seconda lei: e speriamo non capiti anche una terza volta.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Me lo auguro anch’io.

MARCHESI. Ad ogni modo, mi rincresce che di simili episodi non vi siano esempi neppure nel precedente regime che pure, in tutti gli organi dell’amministrazione statale, di irregolarità e di abusi abbondava.

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Ci sono, sa.

MARCHESI. Potremmo redigere allora una trista storia su questo argomento. Il Ministro frattanto, anzi il Ministero, si sostituiva senz’altro alla Commissione d’esame, ed ordinava l’ammissione alle prove orali del candidato che ne era stato escluso con un voto concorde della Commissione – poiché non risulta dai verbali che ci sia stata discordanza – ratificato e pubblicato.

Dunque il Ministero approva, dunque il Ministero promuove, dunque il Ministero ha questa facoltà che finora pareva fosse riserbata esclusivamente alle Commissioni giudicatrici d’esame, il cui giudizio è inappellabile e definitivo. E l’articolo 133, onorevole Ministro, non è proprio applicabile a questi casi.

L’infelice mano di quel funzionario che tracciò la nota mandata al provveditore di Catania, incorse in un grave errore. L’articolo 133 dice che il Ministero può annullare o riformare i provvedimenti delle autorità scolastiche locali, quando questi siano «in aperta violazione di legge». Che una Commissione giudicatrice giudichi insufficiente un tema che un signor ispettore della pubblica istruzione giudica invece sufficiente, non è un’aperta violazione di legge, perché non è legge insindacabile il giudizio di un ispettore, il quale non dovrebbe mai entrare…

GONELLA, Ministro della pubblica istruzione. Non conosceva la legge.

MARCHESI. …in un giudizio di merito di fronte a una Commissione legalmente costituita.

Le autorità scolastiche locali che possono incorrere in violazione di legge sono il Preside, i provveditori, sono i presidenti stessi delle Commissioni esaminatrici, in quanto possono prendere disposizioni che riguardano la disciplina degli esami; ma la Commissione esaminatrice è organo giudicante, non è gerarchicamente sottoposta ad alcuna autorità superiore: può giudicare bene, può giudicare male. Questo capita dovunque: come ci insegnano gli atti e i fasti della Magistratura. Può capitare a chiunque, e dovunque nella pubblica amministrazione. Ma, in ogni modo, il voto della Commissione d’esame è definitivo, è inappellabile. Se questo non fosse, tutto il procedimento di esami sarebbe sovvertito.

PRESIDENTE. Onorevole Marchesi, la prego di concludere.

MARCHESI. Io ritengo che questa disposizione, con cui il Ministero ha intimato l’ammissione alle prove orali di un candidato respinto, sia di enorme gravità.

Una voce a sinistra. Ha ragione!

MARCHESI. E vorrei dire un’altra cosa: l’incidente è capitato in un momento assai brutto, per la sempre più rovinosa eccedenza della popolazione scolastica, a cui bisogna porre un freno, onorevole Ministro, e immediato ed urgente; un freno non soltanto col rigore fiscale, che va applicato con giusta discriminazione, ma soprattutto con il rigore nel giudizio di esame. Il più insidioso favore che si possa accordare alla gioventù delle scuole ora è l’indulgenza: indulgenza vuol dire reclutamento di spostati, intriganti e disoccupati. Non altrimenti si può salvare la scuola. (Approvazioni a sinistra).

E per ciò che riguarda l’ispettorato, l’ispettore esercita un ufficio delicato e necessario. Nel corpo degli ispettori conosco uomini provvisti di ogni ottima qualità; di altri non potrei dire altrettanto.

Onorevole Ministro, con un corpo di ispettori bene scelto, che abbiano solidità di cultura, esperienza sicura della scuola, serenità e perspicacia di giudizio, voi potrete salvare la scuola. Altrimenti non potrete che accrescerne la rovina.

Non ho altro da dire. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mancini all’Alto Commissario per l’alimentazione, «per conoscere se sia giusto che una regione come la Calabria continui ad essere trascurata come ai tempi del suo predecessore. Infatti risulta che per solo pane la provincia di Cosenza ha un arretrato di oltre 17 mila quintali di farina; mentre le altre due provincie, pur avendo un fabbisogno giornaliero superiore, hanno ciascuna un arretrato di 11 mila quintali di farina. Si fa osservare che il grano proveniente dal piroscafo Nazzimi di cui nella risposta a una precedente interrogazione, non è stato sufficiente a coprirli, perché si sarebbe dovuto sospendere la corresponsione delle razioni correnti. Per saldare gli arretrati bisogna corrisponderli in aggiunta alla razione giornaliera».

L’onorevole Alto Commissario per l’alimentazione ha facoltà di rispondere.

RONCHI, Alto Commissario per l’alimentazione. Premesso che la richiesta dell’onorevole interrogante si riferisce al periodo primaverile, che, come è noto, è stato particolarmente difficile per la congiuntura col nuovo raccolto, devo far rilevare che le ben note difficoltà determinatesi già fin dagli ultimi mesi della scorsa campagna per l’approvvigionamento cerealicolo del Paese, hanno causato arretrati che sono rimasti insoddisfatti non solo nelle Calabrie, ma in molte altre Regioni che dovevano essere rifornite totalmente dalle provincie esportatrici o dall’estero.

A ciò debbo aggiungere che la assoluta impossibilità di costituire adeguate scorte di cereali ha notevolmente influito sull’approvvigionamento delle provincie calabre, anche per le locali difficoltà di ordine tecnico.

Ad ogni modo, con la nuova campagna, sono stati fatti sforzi considerevoli per superare dette difficoltà.

Dal 1° luglio sono state effettuate tutte le assegnazioni necessarie per coprire il fabbisogno di pane e di generi da minestra fino al 31 ottobre per l’intera Regione.

Attualmente la distribuzione del pane è regolare e sono state pure distribuite le razioni di pasta per luglio e agosto, ed è in corso di distribuzione la razione di settembre.

Particolarmente difficile si presenta in Calabria, come altrove, il problema degli arretrati per deficienza di disponibilità. Pur tuttavia, in relazione al fatto, segnalatomi in una recente riunione che ho tenuto per il problema del Mezzogiorno, che tali arretrati sarebbero stati anticipati sulla loro quota da agricoltori locali, sarà disposto perché i Comuni vengano reintegrati del necessario per coprire tali anticipazioni. Inoltre dei sacrifici sopportati in passato dalle popolazioni sarà tenuto conto con qualche distribuzione straordinaria, non appena avrò le sufficienti disponibilità.

Comunque ho disposto perché, anche in previsione delle difficoltà del prossimo inverno, siano subito anticipate le assegnazioni per coprire il fabbisogno fino a tutto dicembre.

Posso, in proposito, assicurare che alla data odierna è stata disposta l’anticipazione del fabbisogno di pane per tutto il mese di novembre prossimo venturo.

Seguo con attenzione la situazione calabra e assicuro che farò ogni sforzo perché la sua posizione venga mantenuta in avvenire allineata con quella delle altre provincia.

PRESIDENTE. L’onorevole Mancini ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MANCINI. Io speravo in verità una risposta ben diversa da quella che l’onorevole professor Ronchi mi ha dato in questo momento. Speravo diversamente, per un doppio ordine di ragioni: primo, perché mi dava affidamento il discorso tenuto sabato scorso, e, poi, per la speciale situazione della provincia di Cosenza.

Noi tutti ricordiamo l’interessante discorso di sabato (che io mi son permesso ben tre volte di interrompere), nel quale egli ha parlato dei calmieri (perché il calmiere ha molta efficacia se acquista carattere nazionale), e si è intrattenuto sulla produzione dell’olio, per la quale speriamo che non si avveri quanto si è avverato da noi, centro di produzione, ove questa estate i prezzi dell’olio sono saliti ad altezze proibitive, cioè a mille lire al litro, perché sono scesi dal Nord gli auto-treni a rastrellare tutta quella disponibilità sottratta agli oleari del popolo da parte dei grossi produttori. Infine egli ha denunciato al Paese, in cifre, la terribile situazione, cioè la fame del popolo italiano. Il professor Ronchi ha affermato che la media delle calorie per ogni abitante di questo nostro bel Paese arriva appena a 2000. Parlando di media vuol dire che vi sono larghi strati della nostra popolazione che hanno delle calorie inferiori alle 1500 ed alle 1000, quando tutti sappiamo che per poter mediocremente vivere le calorie devono arrivare a 3000 e 3500.

Questi strati di popolazione poveri di calorie sono rappresentati dalle categorie di cittadini meno abbienti e dalle provincie meno abbienti. Ora, una delle provincie meno abbienti è la provincia di Cosenza, che è stata così ostinatamente trascurata che è in arretrato di 17 mila quintali di grano in rapporto alla provincia di Reggio, a quella di Catanzaro e ad altre provincie italiane.

Ora, io non so perché questa provincia meno abbiente, che dovrebbe essere tenuta in maggior considerazione dall’Alto Commissario, è invece trascurata. Io al suo predecessore rivolsi altra volta una interrogazione (uggioso ritornello è il mio); mi rispose che avrebbe provveduto e non ha provveduto. Dissi pure qualche altra cosa di evidente importanza; dissi che vi erano dei paesi che oscillavano dalla deficienza di un minimo di 10 razioni ad un massimo di 50, per cui erano avvenuti dei fatti gravissimi nei paesi di Diamante e Bonvicino, i cui abitanti si erano riversati nella stazione ferroviaria ed avevano staccato un vagone ferroviario di derrate alimentari diretto in Sicilia. Andò un ispettore, indagò e accertò che il fatto da me denunciato all’Assemblea Costituente era rispondente a verità. Mi si promise che gli arretrati sarebbero stati immediatamente saldati con grano sbarcato dal piroscafo Nazzimi che doveva attraccare a Crotone; non si fece nulla. Lei oggi mi dà notizia che gli arretrati non possono essere saldati. Ciò costituisce una truffa a danno di quelle popolazioni. Capisco che le razioni giornaliere devono essere corrisposte, ma insieme con le razioni giornaliere devono essere corrisposti anche gli arretrati, altrimenti ci troviamo di fronte a popolazioni in continua deficienza, in rapporto ad altre regioni privilegiate.

Io chiedo al Governo soltanto una cosa: un po’ di giustizia distributiva; chiedo che cessi quella parzialità regionale, per cui alcune regioni sono favorite mentre altre, come la Calabria, sono abbandonate e trascurate.

Il mio non è un grido di allarme, forse è una protesta, certamente un ammonimento. Fatene tesoro.

RONCHI, Alto Commissario per l’alimentazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RONCHI, Alto Commissario per l’alimentazione. Voglio semplicemente dire che io ho normalizzato una situazione che era straordinariamente anormale, regolando le distribuzioni. Non solo; ma non c’è nessuna Regione in Italia che abbia avuto, come attualmente è avvenuto per la Calabria, disposizioni per anticipare le assegnazioni fino a dicembre: proprio per evitare che si verifichino gli sfasamenti che sono avvenuti l’anno passato. Per quel che si riferisce agli arretrati, non escludo e non ho escluso di poterli dare. Ho disposto di darli intanto immediatamente a quei Comuni che si trovano in posizione di particolare scopertura.

Mi riserbo in futuro di venire incontro non appena potrò avere disponibilità.

MANCINI. Sono 17 mila quintali di grano in arretrato nella provincia di Cosenza. Bisogna provvedere subito. I discorsi e le cifre non dicono nulla.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Vigorelli, Bastianetto, Facchinetti, Fantuzzi, Carignani, Cavallari, Russo Perez, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del tesoro, «per sapere se ritengano tollerabile la situazione creata all’Opera nazionale invalidi di guerra, cui sono stati assegnati mezzi assolutamente inadeguati ad assolvere i compiti che le sono attribuiti dalla legge e che sono sempre più onerosi, sia per il crescente numero degli assistiti, sia per l’aumento dei costi, particolarmente degli apparecchi ortopedici e dei ricoveri ospedalieri e sanatoriali».

L’onorevole Sottosegretario per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Si fa presente che per l’esercizio finanziario 1946-47 furono stanziate in favore dell’Opera nazionale invalidi di guerra lire 410 milioni; che, essendosi tale stanziamento rivelato insufficiente, furono portate a 472 milioni. In seguito a nuove richieste dell’Opera il Ministero del tesoro ha assicurato quest’ultima che avrebbe provveduto ad erogare l’ulteriore somma di lire 126 milioni, dall’opera stessa ritenuta necessaria pel saldo del fabbisogno di detto esercizio. È in corso, infatti, la variazione di bilancio in tale senso.

Quanto all’esercizio finanziario 1947-48, lo stanziamento previsto in lire 400 milioni, a seguito del rilievo dell’opera, viene portato, con variazione di bilancio in corso, a 530 milioni.

Ove tale maggiore assegnazione si dimostrasse insufficiente, il Ministero non si rifiuterebbe di esaminare, nel quadro delle possibilità del bilancio, la richiesta di nuovi stanziamenti.

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez, che è uno dei firmatari della interrogazione, ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

RUSSO PEREZ. Non posso dichiararmi sodisfatto, perché se si pensa che gli apparecchi ortopedici costano tredici volte più di quanto costavano due anni fa, è chiaro a tutti che le provvidenze adottate dal Governo non sono adeguate ai bisogni di questa benemerita categoria di cittadini.

Pertanto, chiedo che il Governo studi i mezzi per venire incontro ai bisogni di questa disagiata e benemerita categoria.

PRESIDENTE. Le seguenti due interrogazioni riguardano lo stesso argomento, e possono essere svolte congiuntamente:

Cavallari, Russo Perez, Bastianetto, Fantuzzi, Giacchero, Carignani, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del tesoro, «per sapere se, visto lo stato di arretratezza delle pratiche di pensione di guerra, le quali vanno accumulandosi in modo deplorevole, non ritengano di prendere radicali provvedimenti al fine: 1°) di mettere immediatamente la Direzione generale delle pensioni di guerra in grado di disporre di locali adatti e di personale adeguato, assegnandole gli uni e gli altri in numero sufficiente alle sue improrogabili necessità; 2°) di fare funzionare soddisfacentemente tutte le Commissioni mediche per le pensioni di guerra, dotandole della necessaria attrezzatura e del personale relativo»;

Morini, al Ministro del tesoro, «per conoscere se non ritiene urgente procedere alla riorganizzazione del Servizio pensioni di guerra e infortuni civili, riunendo le varie sezioni – oggi disseminate in quattro edifici, lontani l’uno dall’altro – in un unico edificio, in modo da poter coordinare le varie branche ed attività ed iniziare un sollecito lavoro di espletamento delle 600.000 e più pratiche che attendono la definizione, ponendo così fine alla paralisi del delicatissimo settore».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Le richieste di informazioni, rivolte dagli onorevoli interroganti, in merito alla liquidazione delle pensioni di guerra, riguardano un’attività, che trascende il campo puramente amministrativo, perché, pur svolgendosi in base ad un complesso procedimento tecnico, è diretta ad un fine altamente sociale.

Ringrazio gli onorevoli interroganti della possibilità che mi offrono di fare ampie comunicazioni all’Assemblea Costituente, e da quest’Aula a tutti coloro che sono interessati alla liquidazione delle pensioni di guerra.

Consapevole delle severe responsabilità connesse con l’esame ed il sollecito disbrigo dei vasti compiti affidati al Ministero del tesoro per detta liquidazione, compiti per i quali, nel Paese lacerato dal crudele conflitto si manifesta così diffusa e vigile ansia di assidui controlli e di insofferenti attese, ritengo doveroso sottoporre alla benevola attenzione degli onorevoli colleghi – attraverso l’esposizione di fatti corredati da dati statistici di recente rilevazione – il poderoso sforzo di lavoro quotidianamente affrontato dai competenti uffici nell’interesse della martoriata categoria degli invalidi e mutilati di guerra, militari e civili, ed a favore di congiunti di coloro che per la guerra hanno perduto la vita, nonché quanto è in corso di attuazione per rendere più agile e spedito l’accennato servizio.

La Direzione generale per le pensioni di guerra, all’atto della sua costituzione nell’agosto del 1923, in sostituzione dell’allora soppresso Sottosegretariato di Stato per le pensioni di guerra, disponeva di 1200 impiegati, tutti ben esperti della materia, pur essendo allora i compiti circoscritti e limitati, trattandosi di un organismo che aveva già compiuto per un quinquennio la parte più gravosa del suo lavoro. Nuovi conflitti armati, ai quali successivamente l’Italia veniva a partecipare, portarono quella Direzione generale su un piano di lavoro più intenso ed accelerato, necessario a far fronte alla richiesta che avanzavano nuovi minorati e nuovi congiunti di caduti.

Apertasi infine, col giugno 1940, la via a quella immane conflagrazione, che fra tante rovine ha lasciato i segni terribili della guerra sui corpi di interminabili schiere di militari e di civili, come ha gettato nel lutto tanti congiunti di caduti, progressivamente sempre più vasta importanza ha assunto l’opera della ridetta Direzione generale, di fronte a compiti ognora più gravosi ed assillanti e, malgrado questa nuova pressante mole di lavoro, il personale, dal complesso delle 1200 unità del 1923, alla data dell’8 settembre 1943 era sceso a 543 elementi, numero che si ridusse ancora di molto al 31 dicembre dello stesso anno per il licenziamento di tutti gli avventizi da parte dello pseudo governo repubblicano.

Ripresa la sua funzione nel 1944, dopo la liberazione del territorio di Roma, la Direzione generale ha potuto gradatamente riassumere il personale precedentemente licenziato ed ha immesso nuovi elementi avventizi e diurnisti; ha potuto, nei primi mesi del corrente anno, avere alcuni sottufficiali dell’esercito in qualità di comandati; infine, a seguito dello scioglimento del Ministero della Costituente, ha avuto in assegnazione un’aliquota di avventizi e diurnisti. La Direzione generale disponeva così, pochi mesi or sono, di 806 impiegati dei quali 198 di ruolo dei diversi gradi, 35 subalterni di ruolo e 115 sottufficiali comandati; infine 450 fra avventizi e diurnisti. Si era però ancora ben lontani, in raffronto con la situazione del 1923, dall’avere quel complesso di impiegati che riuscissero a far fronte all’immane mole di lavoro sempre in continuo sviluppo. La questione del personale, di vitale importanza per raggiungere il più rapido ritmo di lavoro, era peraltro strettamente collegata con un altro grave problema: quello dei locali, la cui deficienza ha posto la Direzione generale per lungo tempo, cioè per tutto il tempo in cui sono durate le requisizioni alleate in Roma, in condizioni di estrema difficoltà.

I vari servizi, com’è noto, sono stati allogati finora nell’edificio di Via della Stamperia, in quello di Via Flaminia, mentre gli archivi erano posti nel Palazzo degli esami, a Via Girolamo Induno in Trastevere. I servizi che hanno sede nel fabbricato principale di Via della Stamperia erano oltremodo congestionati, sicché gli impiegati, costretti a lavorare in quattro o cinque per ciascun ambiente, venivano a mancare della necessaria tranquillità e comodità. Ed il loro lavoro, già di per sé affannoso ed estenuante, si rendeva sempre più gravoso con una ovvia riduzione di rendimento in tutta la Direzione. Questa assolve il suo compito a mezzo di servizi o di uffici nei quali è suddivisa e le cui attribuzioni sono qui appresso succintamente indicate: Ufficio affari generali, Ufficio del personale, Servizio pensioni dirette nuova guerra, Servizio pensioni indirette nuova guerra, Servizio infortunati civili di guerra, Servizio pensioni dirette vecchia guerra, Servizio pensioni indirette vecchia guerra, Servizio pagamenti, Segreteria del Comitato di liquidazione delle pensioni di guerra, Commissione medica superiore, Ragioneria.

Per risolvere l’affannoso problema dei locali, il Ministro del tesoro, d’accordo con la Presidenza del Consiglio, ha compiuto frequenti tentativi presso altri Ministeri e pubbliche amministrazioni, ma purtroppo infruttuosamente, fin quando, con la derequisizione dell’edificio di Via Sicilia 59, da parte delle autorità alleate, è stato possibile assicurarsi la disponibilità di un cospicuo numero di locali, circa 180, per dare una migliore organizzazione ai servizi e per destinare al disimpegno di essi un’altra cospicua massa di impiegati.

La risoluzione integrale del problema dei locali esigerebbe, come è stato avvisato dall’onorevole interrogante, la destinazione di un solo edificio, con almeno 400-500 vani ai servizi in parola. Ma al momento attuale un edificio siffatto non è disponibile ed occorrerà utilizzare quelli già esistenti, nonché l’altro di recente destinazione, nell’attesa, che mi auguro non troppo lunga, di poter disporre dell’accennato edificio unico.

Debbo frattanto comunicare che l’avvenuto ampliamento dei locali ha già reso possibile di accrescere il numero del personale addetto alla liquidazione delle pensioni di guerra, portandolo da 806 a circa 950 unità, con la previsione di un prossimo, molto prossimo, aumento in guisa da superare notevolmente il migliaio di impiegati. E ciò senza assunzione di nuovo personale in quanto, conformemente alle raccomandazioni fatte dalla Commissione finanze e tesoro di questa Assemblea per il contenimento delle spese statali e in esecuzione del decreto legislativo 4 aprile 1947, n. 207, è stato, come sarà ancora, utilizzato il personale in eccedenza presso altre amministrazioni.

L’esperienza amministrativa mi ha persuaso peraltro che l’acceleramento nel disbrigo delle pratiche di liquidazione delle pensioni aveva bisogno di un mezzo che non si concretasse soltanto nell’aumento numerico del personale, ma anche in una sua maggiore efficienza; e a tal riguardo soggiungo di aver disposto che in aggiunta al lavoro ordinario sulla base di orario di ufficio, fosse instaurato anche quello a cottimo, di sicuro e cospicuo rendimento. Questa ulteriore forma di lavoro è stata iniziata lunedì scorso 22 corrente; vi sono addette circa 600 persone, e le primissime informazioni fornitemi dal direttore generale delle pensioni di guerra sono molto confortanti.

Il mio Ministero ha la certezza che, con questo eccezionale incremento di attività, si possano ottenere risultati di larghissima portata.

Altro settore al quale è stata rivolta la massima attenzione è quello del funzionamento delle Commissioni mediche, alle quali sono demandati, come è noto, gli accertamenti tecnici sulla esistenza e sulla entità di malattie o lesioni. Tali Commissioni, nel luglio dello scorso anno, erano soltanto 19; sono state portate, in poco più di un anno, a 30, ed è prossima la costituzione di altre due Commissioni. Esse sono distribuite nelle varie regioni d’Italia, in località fornite di ospedali militari, della cui attrezzatura hanno bisogno per eventuali indagini di natura complessa. È stato anche provveduto perché esse funzionino in più turni, in modo da dare i risultati che potrebbero ottenersi con un numero doppio o triplo di tali organi. E perché questi turni diventino più frequenti, si è disposto, con decreto legislativo di imminente pubblicazione, la destinazione alle Commissioni anche di medici civili dipendenti dallo Stato, utilizzandosi, così, circa un centinaio di medici appartenenti ai ruoli del Ministero dell’Africa.

Naturalmente, non è dato pensare che gli accennati provvedimenti resisi possibili soltanto in questi ultimi tempi trasformino nel giro di poche settimane la situazione che obiettive circostanze avevano determinata. Ma è pur lecito prevedere che così daranno sensibili risultati in questo scorcio di anno, in modo da avviare a sicura normalizzazione un problema di tanta importanza.

Ed è a questo fine che il Ministero del tesoro si propone pure di sottoporre con la maggiore urgenza all’approvazione del Consiglio dei Ministri misure di carattere legislativo, che rendano più spedita la procedura di liquidazione delle pensioni di guerra.

Il sistema vigente, ereditato dalla elaborazione legislativa formatasi in occasione della precedente guerra mondiale, è sostanzialmente imperniato sui seguenti criteri:

1°) per quanto attiene alle pensioni dirette dei militari: sull’accertamento della qualità di militare o ex militare e del relativo grado; sulla constatazione tecnica della minorazione fisica e sulla relativa entità; sul nesso di causalità fra il servizio prestato e detta minorazione;

2°) per le pensioni dirette a favore di civili: sull’evento bellico, sulla minorazione fisica e sul nesso di causalità fra il primo e il secondo elemento;

3°) per le pensioni indirette, su tutto ciò che forma oggetto, rispettivamente, del primo o del secondo ordine di accertamenti, e in aggiunta, sul rapporto familiare, richiesto dalla legge, col deceduto.

Da questi criteri, di evidente valore logico, non sembra potersi decampare, ove non si voglia pervenire alla conclusione di attribuire la pensione di guerra anche a coloro cui non spetti.

Ma è sulla procedura imposta dal vigente sistema legislativo che sembra necessario apportare congrue modifiche.

Se da una parte per la liquidazione di pensioni a militari ancora trattenuti alle armi non occorrono particolari agevolazioni, in quanto le stesse autorità militari che accertino, allo scadere del periodo di degenza ospedaliera, la esistenza e la entità di una malattia o lesione per fatti di guerra, sono tenute ad informarne la Direzione generale delle pensioni proponendo l’assegnazione del militare a una determinata categoria della tabella di legge, e la Direzione generale vi provvede, liquidando, senza ulteriori incombenti, la pensione provvisoria, in attesa di quella definitiva, che, per importo, si discosta dall’altra soltanto per qualche centinaio di lire al mese, maggiore speditezza occorre d’altro canto per la liquidazione delle pensioni degli ex militari.

Costoro, come è noto, sono tenuti a presentare domanda per gli accertamenti istruttorii entro due anni dal congedo. Quando tali domande siano pervenute, la direzione generale dispone due ordini di accertamenti: quelli amministrativi, con la richiesta ai distretti militari dei fogli matricolari, nei quali sono consacrati i precedenti di servizio dell’interessato, e quelli tecnici diretti a constatare la entità delle malattie o lesioni. Ora, questa procedura, che fa carico per intero alla direzione generale, determina necessariamente l’impiego di molto tempo, perché i distretti non rispondono con la desiderata sollecitudine, e spesso, senza loro colpa, perché le tragiche vicende della guerra hanno determinato distruzione e dispersione di documenti.

Altrettanto è a dirsi per quanto concerne la istruttoria delle pensioni di riversibilità, riguardo alle quali occorre acquisire presso gli uffici di stato civile dei comuni gli stati di famiglia degli interessati. L’enorme carteggio che intercorre fra la Direzione generale e gli organi amministrativi può spiegare i motivi del ritardo nel compimento delle istruttorie, e il mio Ministero si è già preoccupato di attenuare tale inconveniente, provvedendo, col decreto legislativo del 10 aprile 1947, n. 420, a disporre che, in caso di distruzione dei documenti necessari, si ricorra a documenti equipollenti. Ma sembra che di molto verrebbe agevolata la istruttoria se, come si è in animo di fare, si autorizzassero anche gli interessati a rendersi parte diligente per l’apprestamento della documentazione, richiedendola senza spese ai distretti militari e agli uffici comunali, e facendo obbligo a tali enti di rilasciarli entro un congruo termine, sotto pena di determinate sanzioni per coloro che vi sono preposti.

Altra parte nella quale il mio Ministero si propone di snellire la procedura di liquidazione è quella conclusiva. Una volta acquisita la documentazione e accertata la sua regolarità e sufficienza, si potrebbe dar luogo alla emanazione del decreto concessivo e del libretto di pensione, salvo conferma da parte del comitato liquidatore. Con ciò si verrebbe ad eliminare l’attuale formalità del previo esame, da parte di detto comitato, di tutti i progetti di liquidazione, anche di quelli cioè che siano proposti dagli uffici della Direzione generale con formula concessiva.

Di questi e di altri minori provvedimenti, che agevolano la procedura di liquidazione, il Ministero del tesoro ha già curato lo studio ed approntato la formulazione.

Ho l’obbligo peraltro di informare inoltre l’Assemblea che, anche tra le difficoltà dell’attuale legislazione e le circostanze che il dopoguerra ha determinato, la Direzione generale e gli uffici da essa dipendenti non hanno trascurato per quanto era possibile di compiere il loro dovere.

Perché si abbia un’adeguata comprensione della mole dei servizi disimpegnati, basta considerare che l’arrivo delle domande di prima liquidazione si aggira sulla cifra di oltre 20 mila al mese, mentre il numero delle domande di revisione è, in media, di oltre 30 mila; cioè quotidianamente affluiscono agli uffici oltre seimila lettere. I risultati conseguiti nel semestre 1° gennaio-30 giugno 1947, nel raffronto con quelli già cospicui raggiunti nel semestre precedente, segnano un deciso incremento nella produzione.

Sono stati compilati dal 1° gennaio al 30 giugno 1947 n. 65.138 progetti di pensione, raggiungendosi così la media mensile di oltre 10.500 pratiche; sono state esaminate 422.734 pratiche e spedite 409.219 corrispondenze per istruttorie; sono stati rilasciati 39.066 certificati di pensione: inoltre i servizi hanno dato risposta scritta a n. 80.190 richieste di municipi, di associazioni ed enti diversi.

Il servizio pagamenti ha compiuto n. 41.635 complesse operazioni esecutive.

Sono state concesse n. 12.880 anticipazioni.

Il Comitato di liquidazione ha esaminati n. 56.328 progetti e la Commissione medica superiore ha espresso n. 11.481 pareri medico-legali.

Sono stati spediti inoltre 47.816 decreti.

Nel decorso mese di agosto sono state esaminate più di 50.000 pratiche di pensione e spedite 43.000 corrispondenze; compilati 6.140 progetti; rilasciati 3.030 certificati e 909 libretti ferroviari a grandi invalidi. Dalle commissioni medico-ospedaliere sono pervenute a tutto il 31 agosto ultimo scorso n. 88.178 pratiche per anticipazioni di pensione, delle quali sono state definite 80.040, restando ancora in sospeso la definizione delle altre 8.138.

Il Comitato liquidatore ha esaminato entro lo scorso mese 9.082 progetti di pensioni; l’ufficio decreti ha spediti 5.540 decreti concessivi.

A questo punto debbo accennare alla questione esaminata dal mio Ministero di un possibile decentramento dei servizi delle pensioni di guerra.

Il decentramento degli uffici agevolerebbe indubbiamente la liquidazione delle pensioni, se fosse possibile creare ed attrezzare quelli periferici con una effluente organizzazione per numero e qualità di personale e per disponibilità di mezzi adeguati.

Ma tale organizzazione per uffici periferici che, per essere utili, dovrebbero essere numerosi, non sembra attuabile.

Occorrerebbe disporre di funzionari esperti per la direzione dei singoli uffici, istituire al centro organi di collegamento e di ispezione per seguirne, controllarne e riassumerne l’opera, creare nuovi organismi di consulenza per affidare agli uffici decentrati la facoltà di liquidare direttamente. Né può trascurarsi di accennare alla necessità di una prassi unica, di una uniforme interpretazione ed applicazione della legge verso tutti i pensionati.

Tali ragioni hanno finora consigliato di mantenere l’unicità dell’organo liquidatore.

Anche l’esperienza del passato soccorre ad avvalorare la convinzione che non sia possibile una adeguata organizzazione degli uffici periferici. Infatti, quasi al termine della prima guerra mondiale furono istituiti uffici provinciali alle dipendenze del Sottosegretario di Stato per l’assistenza, con sede presso ogni Prefettura. I risultati furono assai scarsi e molte deficienze emersero anche per l’impreparazione del personale.

Fervida è stata l’attività legislativa che dopo il 2 giugno 1946 si è svolta, anche su iniziativa del Ministero del tesoro, in ordine ai servizi di liquidazione delle pensioni di guerra o direttamente e indirettamente a favore dei pensionati di guerra, come è dimostrato da circa 15 provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e dei quali ricorderò semplicemente:

1°) il decreto-legge 23 agosto 1946, n. 158, concessivo del premio straordinario della Repubblica ai mutilati e invalidi della guerra 1940-45, con diritto alla pensione o all’assegno di guerra di una delle prime cinque categorie;

2°) i decreti legislativi 6 settembre 1946, numeri 93 e 94, sull’equiparazione dei partigiani combattenti ai militari volontari che hanno operato con le unità regolari delle forze armate nella guerra di liberazione, nonché sulle promozioni e gli avanzamenti per merito di guerra dei partigiani combattenti e il loro trasferimento nelle categorie degli ufficiali in servizio permanente effettivo e dei sottufficiali in carriera continuativa;

3°) il decreto legislativo 29 dicembre 1946, n. 576, che ha accordato ai pensionati di guerra un aumento speciale temporaneo, aumento che, come è noto, importò da solo all’erario un onere di circa 8 miliardi;

4°) il decreto legislativo 4 dicembre 1946, n. 632, che sospendeva i termini di prescrizione e decadenza di diritti a favore dei prigionieri di guerra e internati civili.

Concludendo, il Ministero ritiene che, con l’avvenuto ampliamento dei locali destinati ai servizi di liquidazione delle pensioni di guerra; con l’aumento già verificatosi, e quello in corso, del personale addetto a tali servizi; con la istituzione del cottimo, attualmente disimpegnato da circa 600 impiegati; con l’aumento delle commissioni sanitarie da 19 a 30 e prossimamente a 32 e il loro funzionamento in più turni; con la destinazione di medici civili impiegati dello Stato alle commissioni medesime; con la possibilità di sostituire la documentazione di rito con quella per equipollenti; col progettato snellimento della procedura dell’istruttoria di liquidazione, si possa prevedere un notevolissimo acceleramento nella evasione delle pratiche, con soddisfazione delle giuste aspettative degli interessati, ai quali va perenne e vivo il riconoscimento della Patria.

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez, che è uno dei firmatari del l’interrogazione, ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

RUSSO PEREZ. Dopo questa immane fatica dell’onorevole Petrilli è proprio una cattiva azione dire che non si è sodisfatti, ma non posso dichiararmi sodisfatto (Commenti), perché in effetti il Governo con questa relazione non fa che spiegare perché le cose sono andate male, ma non annuncia che vanno bene e non ci fa sperare che andranno meglio. Infatti lo stesso finale della lunga relazione dice:

«Concludendo, il Ministero ritiene che vi potrà essere un miglioramento dei servizi con l’ampliamento dei locali destinati ai servizi di liquidazione delle pensioni di guerra; con l’aumento del personale addetto, con l’istituzione del cottimo, attualmente disimpegnato da circa 600 impiegati che non è ancora istituito…

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. No, è istituito.

RUSSO PEREZ. …con l’aumento delle Commissioni sanitarie, con la destinazione di medici civili…».

Una voce al centro. Lo abbiamo già sentito.

RUSSO PEREZ. Mi dichiaro insoddisfatto e premo sul Governo affinché faccia ulteriori passi perché le cose vadano un po’ meglio.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Dal momento che l’onorevole Russo Perez ha una copia della risposta, avrà visto che il servizio di cottimo si è iniziato il 22 settembre, e quindi non poteva dare, dopo una settimana, risultati tangibili.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Carignani, Bastianetto, Giacchèro, Facchinetti, Cavallari, Fantuzzi, Russo Perez, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del tesoro, «per sapere se – mentre appare doveroso sollecitare i lavori della Commissione interministeriale per la riforma della legislazione delle pensioni di guerra – non ritengano frattanto assolutamente equo ed urgente accogliere le richieste dell’Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra in ordine: 1°) all’adeguamento delle pensioni di guerra e relative indennità accessorie, in misura non inferiore a quanto accordato ai dipendenti statali; 2°) alla concessione di razioni viveri – come vigenti per i militari – a favore dei grandi invalidi, dei tubercolotici delle prime quattro categorie e dei mutilali incollocabili per legge».

Mi pare che si tratti dello stesso argomento della precedente interrogazione, onorevole Sottosegretario.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. No, è diverso.

PRESIDENTE. Allora ha facoltà di rispondere alla interrogazione.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Con provvedimento legislativo in corso di pubblicazione si è proceduto all’adeguamento delle pensioni di guerra e relative indennità accessorie, apportando i seguenti miglioramenti:

aumento del 30 per cento delle pensioni in godimento e successiva riliquidazione dell’integrazione temporanea calcolata sulla pensione così aumentata, conglobando l’integrazione medesima con la pensione;

aumento del 30 per cento dell’assegno speciale temporaneo concesso, come ho detto poc’anzi, il 29 dicembre 1946, con decreto n. 576;

aumento del 30 per cento sull’assegno di previdenza e dell’assegno di cura per tubercolotici dalla seconda alla quinta categoria compresa. La prima, come è noto, è annoverata fra quelle dei grandi invalidi;

aumento del 50 per cento dell’aumento integratore indennità orfani, che viene così elevato a tremila lire annue per ogni orfano.

Appena deliberato dal Consiglio dei Ministri questo complesso di provvedimenti, il Ministero del tesoro, Direzione pensioni di guerra, ha dato istruzioni – con circolare 23 agosto 1947, n. 12191 – agli Uffici provinciali del Tesoro per la concessione degli anticipi nella misura corrispondente agli aumenti deliberati e, ad evitare perdite di tempo, sono state con detta circolare indicate le cifre concrete degli aumenti per ciascuna categoria di invalidi.

Circa la richiesta della razione viveri a favore dei grandi invalidi, dei tubercolotici delle prime quattro categorie e dei mutilati ad esse incorporabili per legge, si fa presente che l’onere derivante allo Stato ammonterebbe, da solo, a molti miliardi che le condizioni del bilancio assolutamente non consentono di sostenere.

Il Ministero del Tesoro, invece, rendendosi conto della necessità di venire incontro alle esigenze di una più intensa alimentazione delle citate categorie di invalidi, ha già svolto pratiche presso il Commissariato per l’alimentazione perché ad esse sia fatto il trattamento in vigore per i lavoratori addetti a servizi pesanti o pesantissimi.

Soggiungo che le concessioni relative agli aumenti di pensione ed altri assegni, testé indicate, sono state concordate con la rappresentanza dell’Opera nazionale invalidi e mutilati di guerra, e che pertanto, riguardo a questa intensificazione dell’alimentazione, già i rappresentanti dell’Opera stessa sono stati avvertiti, nei colloqui che essi hanno avuto col Ministro e con me al Ministero del Tesoro, perché si venisse incontro alle esigenze dei mutilati e invalidi di guerra.

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez, che è uno dei firmatari dell’interrogazione, ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

RUSSO PEREZ. Non mi dichiaro semplicemente sodisfatto ma addirittura entusiasta della cortesia del Sottosegretario Petrilli. Per la sostanza, evidentemente, no, non sono sodisfatto; perché, quando l’Assemblea ha sentito che ci sono stati aumenti del 30 per cento, l’Assemblea stessa può giudicare se io non sia nel vero dichiarando inadeguato tale aumento.

PRESIDENTE. Passiamo all’interrogazione dell’onorevole Mancini, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, «per conoscere la ragione per la quale il preventorio di Cosenza rimane ermeticamente chiuso».

L’onorevole Ministro del lavoro e della previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Il preventorio di Cosenza, costruito nel 1941, passò al servizio dell’Ordine di Malta per ragioni di guerra. Nel gennaio 1947 fu derequisito. Sono occorsi i primi mesi dell’anno per passarlo dall’amministrazione dell’Ordine di Malta all’amministrazione del Genio militare.

In data 23 luglio fu sollecitato il Ministero della difesa per sapere se intendeva provvedere alla restituzione e al ripristino di tutte le opere direttamente o tramite l’Istituto della previdenza sociale. Il Ministero della guerra aveva tempo fino al 15 settembre per dare la risposta. In data 16 settembre, per via orale, si apprese che il Ministero della difesa non intendeva provvedere a questi lavori e, quindi, l’Istituto di previdenza ha predisposto il necessario per indire le varie gare di appalto per la esecuzione di tutti i lavori necessari per riaprire il preventorio.

Precisamente, dal 1° al 27 ottobre saranno indette gare di appalto per i seguenti lavori: impianti di cucina e stoviglie, per 400 mila lire; riparazione acquedotto per 1 milione; impianti idro-termo-sanitari per 7 milioni; infissi in legno per 3.500.000 lire; avvolgibili per 1.800.000 lire; impianti elettrici per 4 milioni; impianti lavanderie per 200 mila lire.

Ad economia sono in corso altri lavori nell’interno del preventorio per la somma presunta di spese fra i 4 e i 5 milioni.

Una volta che tutti questi lavori saranno eseguiti, si spera nel prossimo mese che il preventorio stesso, sul quale contiamo per ricoverare oltre 300 tubercolotici, possa riaprirsi secondo i voti dell’onorevole interrogante.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MANCINI. Questa volta non solo mi dichiaro sodisfatto pienamente, ma sento il dovere di ringraziare l’onorevole Ministro della risposta datami, che invano fino adesso avevo invocato direttamente e personalmente dal Ministro dell’interno, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e dall’Alto Commissariato della sanità. In una provincia come quella di Cosenza, nella quale l’endemia tubercolare e l’endemia malarica sono arrivate a certe curve assai pericolose, dove non esiste alcun sanatorio, dove non è istituita alcuna di quelle colonie marine, montane o fluviali, così utili e necessarie e così abbondanti altrove, tener chiuso questo preventorio significa irridere ai più elementari criteri di profilassi sociale.

Voglio dire ancora di più: voglio usare una frase che non deve sembrare esagerata: voglio dire che è un «delitto di lesa sanità verso il lavoro»; e voglio usare questa espressione perché io rivolgo la mia parola all’onorevole Fanfani di cui non da oggi avverto le chiare e sicure manifestazioni a favore delle classi lavoratrici.

PRESIDENTE. Seguono tre interrogazioni relative allo stesso argomento e che possono, pertanto, essere svolte congiuntamente:

Pratolongo e Scoccimarro, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, «per sapere quali provvedimenti siano stati presi o si intenda prendere per garantire le istituzioni democratiche e le libertà dei cittadini nella provincia di Gorizia contro le aggressioni e violenze scatenate da provocatori nazionalisti e fascisti a danno di italiani e sloveni e delle organizzazioni democratiche; e per l’arresto e la punizione dei responsabili dei gravi fatti accaduti nei giorni scorsi»;

Bettiol, al Ministro dell’interno, «per sapere quanto di vero ci sia nelle informazioni di certa stampa circa aggressioni avvenute in questi giorni nella zona ritornata alla Madre Patria»;

Pecorari, al Ministro dell’interno, «per conoscere il numero esatto dei feriti accolti o medicati all’ospedale di Gorizia attorno il 16 corrente e in seguito ai noti incidenti». L’onorevole Sottosegretario per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Veramente l’intervento del Presidente del Consiglio nella seduta di venerdì scorso ha svuotato queste interrogazioni di gran parte del loro interesse. Gioverà comunque riaffermare che, da quando l’Italia ha ripreso il possesso della provincia di Gorizia inviandovi le proprie truppe e le proprie forze di polizia, nessun episodio di grave violenza ebbe a ripetersi.

Quindi – e in ciò rispondo partitamente all’interrogazione dell’onorevole Bettiol – le informazioni di stampa alle quali egli allude sono perfettamente non vere. Quanto all’importanza degli incidenti che si sono verificati alla vigilia dell’occupazione italiana, mi pare che possa essere veramente posta nella sua giusta evidenza dai dati che, rispondendo particolarmente all’interrogazione dell’onorevole Pecorari, io posso dare.

All’ospedale di Gorizia, infatti, i ricoverati sono stati tre; due di essi sono stati subito dimessi; il terzo è tuttora degente: si tratta di uno slavo, che risulta ferito in conflitto tra connazionali. In Gorizia furono medicati altri 11, dei quali tre – due italiani ed uno sloveno – feriti da arma da fuoco e dichiarati guaribili entro 20 giorni; gli altri otto contusi e dichiarati guaribili entro 10 giorni.

Rispondendo alla interrogazione dell’onorevole Pratolongo, sono poi lieto di poter dichiarare che da parte del Ministero dell’interno – ed io stesso ho avuto l’onore di rendermene interprete – sono state date le più rigorose disposizioni, perché la libertà di tutti i cittadini, di qualunque origine e di qualunque lingua, venga tutelata nel modo più rigoroso e più assoluto.

Posso dire – ed è bene lo si sappia – che la situazione in Gorizia è indubbiamente ancora tesa.

Tutti ricordano come in un periodo di 45 giorni, durante il quale si ebbe in Gorizia la concorrente occupazione delle truppe alleate e delle truppe iugoslave, parecchi fatti turbarono la vita cittadina. Moltissimi goriziani – intorno ai 1400 – furono arrestati nelle loro case e quindi internati; di essi non si ebbe più notizia.

Le famiglie – ripeto, sono 1400 – naturalmente non si danno pace; e, facendo risalire la responsabilità di questi fatti a parecchi concittadini italiani e sloveni, invocano giustizia.

Anche nei confronti di queste famiglie, che hanno cercato in tutti i modi di esprimere il loro sentimento, ho agito, a nome del Governo, nel senso pacificatore più vivo e più completo. Ho la speranza di essere riuscito anche in questo settore ad ottenere una certa distensione; ho la speranza che una distensione completa verrà ottenuta in seguito, soprattutto se gli elementi sloveni ed italiani, che costituiscono, in certo senso, quella zona grigia, verso la quale si appuntano i risentimenti, sapranno agire con la dovuta prudenza, che naturalmente anch’io non ho mancato di raccomandare direttamente anche a loro. Basti dire che in Gorizia ancora oggi circolano liberamente per le strade e sono conseguentemente incontrati da coloro che se ne considerano le vittime dirette, circolano in notevole numero coloro che vengono dalla generalità della popolazione italiana indicati come i responsabili degli arresti e degli internamenti, ai quali ho prima accennato. Evidentemente, questo fatto non è tale, da portare a quella distensione che tutti invochiamo.

Io voglio pure che coloro i quali ne hanno la responsabilità e che ne sono stati su questo punto espressamente richiamati, sappiano provvedere per dare un’ulteriore dimostrazione di quella che vuol essere l’azione del Governo in questo settore. Io dirò che come prima forma, e vorrei dire forse come pacata forma di reazione, da parte degli elementi italiani di Gorizia si è tentato di introdurre nelle aziende e nelle fabbriche un sistema che purtroppo abbiamo dovuto e dobbiamo tuttora lamentare in aziende e fabbriche nazionali: quello cioè di impedire, a determinati elementi, invisi perché appunto accusati delle colpe alle quali ho prima accennato, l’ingresso nelle fabbriche e negli uffici e di reclamarne il licenziamento. Ebbene, da parte del Governo, per mio tramite si è energicamente agito su tutti i partiti politici e sulle organizzazioni sindacali perché anche questo assolutamente non si faccia.

Si è chiesto, si è preteso e si pretenderà nel modo più rigoroso che se ci saranno dei colpevoli di reati comuni costoro vengano denunciati e che, se giustizia deve esser fatta, questa giustizia venga fatta esclusivamente per le vie legali. Però, ripeto ancora, mi auguro che in questa opera coraggiosamente intrapresa dal Governo si abbia la collaborazione completa e sincera di chi sa di poterla e di doverla quindi dare. Io non posso non accennare ad un’altra ragione di questa tensione che indubbiamente ancora esiste in Gorizia e ad eliminare la quale io ho portato tutto il contributo della mia buona volontà e ad eliminare la quale indubbiamente il Governo porterà il contributo di tutte le sue possibilità. Alludo alla tensione che esiste fra gruppi di lingua slovena. Vi sono notevoli gruppi di sloveni considerati amici e favorevoli all’attuale governo iugoslavo; vi sono considerevoli gruppi di sloveni avversi a questo governo: tra gli uni e gli altri non corre evidentemente buon sangue, tra gli uni e gli altri è sempre possibile un incidente. Ad evitare questi incidenti il Governo ha preso tutte le misure che erano in suo possesso sia facendo tutte le diffide che poteva fare, sia preparando tutti i piani che esso può preparare perché i contrasti ideologici e sociali che dividono cittadini di una nazione vicina non vengano trasportati sul terreno della nostra Patria. Tanto più che, ormai, se noi vogliamo dichiarare a costoro che li vogliamo trattare e difendere come cittadini italiani in tutto pari agli altri, costoro debbono da parte loro corrispondere a questo proposito del Governo con la massima lealtà ed eliminare, in seno a quella che è la provincia oggi più vicina senza dubbio al nostro cuore, ogni occasione di turbamento ed ogni occasione di nuovi lutti.

PRESIDENTE. L’onorevole Pratolongo ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

PRATOLONGO. Onorevole Sottosegretario di Stato, io non voglio mettere in dubbio la sua personale buona volontà per cercare di distendere la situazione molto tesa nel goriziano, ma non posso assolutamente dichiararmi sodisfatto di quanto ella ha detto. Non posso dichiararmi sodisfatto perché, pur avendo ella dichiarato che il Governo ha preso tutte le misure per impedire che altri fatti, come quelli successi, possano inevitabilmente verificarsi, all’interrogazione precisa da me presentata per sapere quali provvedimenti si intendano prendere contro i responsabili di tali incidenti e violenze avvenute nei giorni scorsi, responsabili individuati e individuabili, ella, onorevole Sottosegretario, non ha risposto.

Ma c’è di più. Nel cercare di porre nei giusti termini l’importanza degli avvenimenti, si è cercato di minimizzarli, dando qualche dato sui feriti, ricoverati o medicati all’ospedale. Non è questo che può dare la misura della gravità degli avvenimenti successi, delle violenze commesse e di cui già al Presidente del Consiglio è stata data conoscenza attraverso una elencazione precisa dei fatti, fatti che nella loro essenza (e qui è il fondo politico della cosa) non sono una esasperata manifestazione di nazionalismo contro un altro nazionalismo, ma sono frutto di un’azione preordinata di elementi fascisti e neo-fascisti contro le organizzazioni democratiche.

E tanto è vero ciò che proprio ora ho ricevuto una mozione del Partito d’azione di Gorizia (e mi rivolgo ai signori dell’«Ora d’Italia» che questa mattina ci hanno tacciato di venduti allo straniero, nel qual caso sarebbero venduti allo straniero anche questi della mozione) che dice così:

«Il Comitato direttivo del Partito d’azione di Gorizia, constatati gli atti di inconsulta violenza susseguitisi in questi ultimi giorni in città e in provincia, quali l’assalto e la devastazione di sedi di partiti democratici, minacce e aggressioni a cittadini italiani e sloveni, lancio di bombe, devastazione e saccheggio di negozi, trattorie, librerie, incendio di libri e giornali sulla pubblica piazza, affissione di liste anonime di presunti criminali politici spingenti all’odio e alla violenza, dichiara che tali fatti non rappresentano l’espressione di genuini elementi della nostra provincia, ma sono da considerarsi opera di elementi provocatori tra i quali si annoverano molti ex squadristi, repubblichini e collaboratori del tedesco invasore, giunti in parte anche da altre zone, i quali hanno approfittato della esultanza dei cittadini per il ricongiungimento alla madre Patria per tornare alla luce e fare leva sull’esultanza patriottica del momento ai loro loschi fini».

Ecco il fondo politico dell’azione svolta da questi gruppi armati che hanno devastato, assaltato abitazioni, negozi, sedi di partiti democratici a Gorizia, Gradisca, Monfalcone, ecc., cioè in tutta la Provincia.

MARAZZA, Sottosegretario per l’interno. La Provincia non è quella.

PRATOLONGO. Lo so, deve essere ancora definita.

L’onorevole Sottosegretario pur deplorando questi fatti si è soffermato anzitutto non a porre in luce questo fondo politico fascista, reazionario dell’azione, ma ha richiamato al buon senso l’altra parte, quella colpita.

Ora, noi crediamo che se veramente il Governo vuole riportare in queste zone la tranquillità e la pace, vuole veramente difendere le libertà democratiche, difendere le libertà personali dei cittadini italiani e sloveni, e anzitutto dei cittadini sloveni, perché dobbiamo dimostrare proprio noi che vogliamo tutelare i diritti di questa minoranza, deve decisamente colpire i responsabili di questa azione, responsabili individuabili, dicevo prima, e potrei fornire una lista di coloro che hanno guidato le squadre all’assalto delle case, dei negozi e delle sedi democratiche.

Una voce. E le foibe?

PRATOLONGO. Ne citerò alcuni con le loro qualifiche politiche: Tomini, ufficiale delle brigate nere, comandante della G.I.L.; Bellini, qualunquista, ex fascista; Bresciano, ex milite forestale e della organizzazione Todt; Gigliotti, presidente del fronte anticomunista e comandante di una brigata della cosiddetta divisione «Gorizia»; Osbach, repubblichino; Stanta Mario, repubblichino; Corsini, colonnello di questa famosa divisione «Gorizia»; un certo Campanelli, colonnello della divisione «Gorizia»; De Nicolò, ex comandante del battaglione della morte della brigata nera; i fratelli Tarantino, ex repubblichini; i fratelli Monti; un certo Fantini, colui che ha assaltato la sede del Partito comunista a Gorizia con pistola in mano.

Questi sono coloro che in quei giorni hanno commesso i reati contro cittadini italiani e sloveni e contro costoro fino ad oggi non sono stati presi dei provvedimenti seri, cioè i provvedimenti che noi richiedevamo e che sono i provvedimenti attesi dai democratici di quelle zone: l’arresto e la punizione. Perché soltanto così il Governo darà fiducia alle popolazioni del goriziano, italiane e slovene, che veramente vuol fare rispettare anche in questa zona le libertà democratiche e repubblicane; solo così queste popolazioni avranno fiducia e saranno decisamente disposte a collaborare col Governo, con le autorità per riportare in queste zone la pace e la tranquillità. Ma, badate che se fatti del genere dovessero succedere ancora, per incuria delle autorità o del Governo, queste popolazioni sono decise a difendere le loro libertà democratiche, le loro organizzazioni democratiche e le loro persone. E allora questo non potrà che mantenere viva una situazione di guerra civile, di fatto, che non potrà essere utile né a quelle zone né al nostro Paese e tanto meno potrà rafforzare all’estero la considerazione verso la Repubblica italiana.

Io mi domando se costoro, facendo ciò che hanno fatto, non l’hanno fatto premeditatamente, o premeditato l’abbia chi all’ombra manovra queste forze reazionarie.

CONDORELLI. Dei 1400 internati sa qualche cosa lei? (Commenti).

PRATOLONGO. Si perpetua così uno stato di provocata tensione coi nostri vicini di frontiera, proprio mentre da parte del nostro Governo e da parte del Governo jugoslavo si cercano le vie migliori per l’amicizia e la collaborazione tra i due Paesi.

BENEDETTINI. Si preoccupano degli slavi, e degli italiani no!

PRATOLONGO. Onorevole Sottosegretario, lei ha iniziato dicendo che la risposta dell’onorevole De Gasperi ha svuotato di interesse la nostra interrogazione, perché, dal momento nel quale le autorità italiane sono entrate in possesso di quelle zone nessun grave avvenimento, nessun incidente si è più verificato. Credo di poter anche qui dimostrare che non è così, ed ho qui sotto gli occhi una serie di incidenti successi proprio il giorno 16 del mese corrente, iniziatisi al mattino alle otto e finiti alla sera verso le 18 o le 19. Anche qui assalti a case private…

RUSSO PEREZ. Italiane?

PRATOLONGO. …anche italiane. E per rispondere ai difensori dei fascisti…

BENEDETTINI. Non dei fascisti, ma degli italiani! (Commenti).

PRATOLONGO. …ho qui una lettera di un italiano che ha dovuto fuggire da lì solo perché comunista, al quale è stato imposto di abbandonare entro la notte la zona di Stracis…

PRESIDENTE. Passi al Governo codesti documenti, onorevole Pratolongo.

PRATOLONGO. Dice proprio così, questo italiano democratico, che ha combattuto contro i fascisti e i nazisti:

«Cara Aurora, ho potuto salvare quasi tutti i mobili, ma non ho più casa. Non ho pianto finora, ma mentre ti scrivo questo mi stringe il cuore e le lacrime mi scendono giù. Avrete letto pure che le autorità italiane sono entrate a Gorizia, prendendo possesso del nuovo confine; quello che non avete letto, però, è che i fascisti hanno dato battaglia contro i comunisti (è un italiano che scrive questo). Noi eravamo iscritti al partito comunista italiano; ma per i fascisti di Gorizia noi siamo tutti dei titini; è un facile e comodo gioco per giustificare tutti i loro atti e così hanno dato assalto alle case. A me avevano dato tre giorni di tempo per sgomberare».

Questi sono proprio i metodi usati dai fascisti! (Interruzioni degli onorevoli Condorelli e Russo Perez – Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Pratolongo, la prego di concludere. (Commenti).

PRATOLONGO. «Erano venuti lunedì sera questi provocatori fascisti e nazionalisti; erano venuti ad avvisarmi il signor Rossi e compagnia bella di Stracis. L’indomani una seconda squadra è venuta per rompermi tutto. Ho dovuto sgomberare entro le ore 8».

PRESIDENTE. Onorevole Protolongo, io le dico che deve osservare il Regolamento: non può leggere. I documenti li passi al Governo. Qui bisogna essere in regola con le norme.

PRATOLONGO. «Più che una partenza, è stata una fuga. Al Furlan hanno rotto quasi tutto, al Bregant pure, così pure il botteghino della Bentivoglio».

PRESIDENTE. Senta, onorevole Pratolongo: l’avverto ancora di non leggere. La prego di concludere.

PRATOLONGO. Concludo dichiarando che non posso assolutamente dirmi sodisfatto. Invito pertanto il Governo ad intervenire decisamente per stroncare l’attività di quelle squadre fasciste. (Applausi all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Bettiol ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

BETTIOL. Onorevoli colleghi, io sono naturalmente sodisfatto della risposta del Governo in merito ai fatti che si sono verificati nei giorni del passaggio da un’amministrazione all’altra nella zona di Gorizia. Invito ad ogni modo il Governo a procedere con tutta energia nei confronti di quegli elementi fascisti repubblichini i quali, secondo alcuni, si troverebbero ancora sul posto per rendere poco sicura e instabile la situazione.

Debbo però protestare e protesto energicamente contro la confusione che si fa tra fascisti e italiani della zona (Approvazioni al centro e a destra), perché, badate bene, bisogna andare molto cauti prima di parlare di fascisti o di rinascita di fascismo nella zona testé ritornata sotto la nostra amministrazione. Badate bene che, fra tutti gli italiani, sono proprio i giuliani quelli che hanno sofferto di più le conseguenze della politica del fascismo. (Interruzioni a sinistra).

Vi sono molti, onorevoli colleghi, in quella zona che portano sulle loro carni i segni del dolore e della sofferenza. È perciò che bisogna procedere con grande cautela e bisogna soprattutto saper distinguere. Secondo quanto diceva già il vecchio Aristotile (Commenti) non bisogna seguire soltanto la logica degli opposti ma conoscere anche la logica dei distinti. (Interruzioni a sinistra).

Qualche giorno fa l’onorevole Nenni ha detto giustamente che il problema fascismo e antifascismo oggi, in Italia, è superato. (Interruzione dell’onorevole Silipo).

Bisogna tener presente che da che mondo è mondo, nelle zone di confine, il sentimento della propria nazionalità è più forte che mai, per cui di fronte ad un ipernazionalismo dei nostri vicini, è delittuoso qualificare come fascisti coloro che ancora credono al valore morale e politico della parola Italia. (Applausi al centro).

Rendo grazie al Sottosegretario di Stato per l’interno per aver precisato e circoscritto i fatti, e aver così sgonfiato tutta quella montatura che in questi ultimi giorni si è venuta artificiosamente creando su alcuni sporadici e modesti avvenimenti accaduti nel goriziano.

Noi oggi ci troviamo di fronte ad un pericoloso tentativo di speculazione, che può giovare soltanto allo straniero, contro i nostri fondamentali interessi di italiani. (Applausi a destra).

È da notare che in concreto coloro che hanno subito da parte degli italiani delle violenze sono stati purtroppo nella loro stragrande maggioranza degli italiani che avevano rinnegato la Patria. Perché soltanto pochissimi, uno o due sloveni, hanno subito delle violenze leggerissime: qualche ceffone, in quanto si trattava di elementi sul cui conto pesava qualche cosa di più del solo sospetto della delazione durante i tremendi quaranta giorni.

Io ho qui moltissimi documenti che potrei leggere, ma che trasmetterò al Governo, dai quali risulta come numerosi siano gli italiani che sono stati fatti oggetto di persecuzioni e di violenze in questi ultimi giorni, i quali sono ben più numerosi di quelli accennati dall’onorevole Sottosegretario. Posso anche accennare ai fatti di Staranzano, Monfalcone, Ronchi, e, per esempio a Ronchi, la reazione si spiega col fatto che qualche giorno prima era stata assalita la casa dove abitano 250 profughi istriani.

Posso accennare al fatto che a Terzo, a Belvedere, sono stati assaliti dei nostri partigiani, italiani, da elementi filo-jugoslavi; posso anche dire che a Ronchi è stata oltraggiata la nostra bandiera. Tutte documentazioni che possono mettere al corrente il Governo, se già il Governo non lo è per suo conto.

Quindi la realtà è che la situazione va guardata freddamente, senza assolutamente prestare il destro a pericolose speculazioni in un senso o in un altro.

Io so, e depreco altamente, che elementi facinorosi che il Governo dovrebbe colpire, hanno qualche settimana fa aggredito il nostro collega Pratolongo a Monfalcone. So che per l’occasione – e giustamente – la stampa nostra ha protestato indignata; però mi domando cosa mai abbiamo fatto noi, quale eco hanno avuto, nel Paese e in questa Assemblea, i fatti, per esempio, di Capodistria, dove il Vescovo di Trieste (Applausi a destra) è stato selvaggiamente aggredito da aspiranti fascisti, i fatti di Lanische, dove dei prelati sono stati aggrediti e massacrati, i fatti di Buie e i recenti fatti di Trieste dove italiani sono stati fatti oggetto di persecuzioni e violenze.

Ora, se noi protestiamo per le violenze che vengono commesse da una parte, dobbiamo protestare di fronte alle violenze che provengono dall’altra parte.

Per quanto riguarda la situazione di Gorizia, non bisogna dimenticare che su Gorizia grava oggi una pesante nube di dolore e di sofferenza. Come diceva l’onorevole Sottosegretario sono 1400 i deportati; vale a dire che non c’è famiglia goriziana che non abbia il suo deportato, sulla cui sorte noi poco sappiamo; o meglio, non so se corrisponde a verità quanto pochi giorni or sono il Giornale d’Italia ha riportato di una conferenza stampa tenuta a Roma in una Legazione straniera, dove si è detto che questi 1400 deportati devono considerarsi regolarmente soppressi in base a sentenze del Tribunale popolare. Io mi auguro, per l’onore della civiltà umana, che questo non sia vero, e mi permetto di indirizzarmi sinceramente all’onnipotente onorevole Togliatti, e lo invito, se vuole realmente che il suo nome possa essere cambiato in nome benedetto dai goriziani, ad interessarsi – come si è interessato per altri prigionieri – della sorte di questi deportati, visto che per le normali vie diplomatiche purtroppo noi nulla possiamo ottenere.

Amici cari, per essere obiettivi bisogna che io richiami l’attenzione anche sui diecimila slavi che sono rimasti entro le nostre frontiere.

Anche nei confronti di questa minoranza sarebbe follia seguire la politica fascista. Bisogna riconoscere i fondamentali diritti dell’uomo e del cittadino su piede di parità con l’elemento italiano, non già su piede di superiorità loro nei nostri confronti, come purtroppo si mostra di volere.

Bisogna però difendere i diritti delle minoranze nel quadro di leggi nazionali, non già demandando questi problemi a statuti locali, poiché sul posto le passioni sono arroventate e possono determinare momenti di crisi. Soprattutto non deve verificarsi più quello che si è verificato nei passati giorni a Roma quando una delegazione di sloveni goriziani è venuta a Roma (cittadini italiani, di nazionalità slovena) ed ha chiesto protezione ad una Legazione straniera. Questo significa intromissione di una Potenza straniera nei nostri affari interni, ciò che è inconcepibile in un momento in cui la pace è stata ratificata e l’Italia siede con parità di diritti assieme alle altre Nazioni.

Questo, in brevi parole, quello che volevo dire a proposito di questa interrogazione. Sia veramente il Governo più energico nello stroncare qualsiasi atto di violenza da qualsiasi parte esso provenga. Ma badate bene (questa è la realtà), purtroppo mai è stata tanto vera la vecchia favola di Fedro: «superior stabat lupus, inferior agnus»! (Commenti a sinistra).

E per quei colleghi che non sapessero il latino prego il mio illustre collega il professor Concetto Marchesi, che è il più illustre latinista vivente, di voler tradurre ciò che si asconde sotto il velame di questo verso affatto strano. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. L’onorevole Pecorari ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

PECORARI. La mia interrogazione ha ottenuto un effetto; e l’Aula ha inteso il numero dei feriti accolti nell’ospedale di Gorizia. Io miravo a precisare l’entità degli incidenti che sono avvenuti in quella zona, ma miravo anche – come indirettamente è apparso dalla risposta dell’onorevole Sottosegretario – a dimostrare che gli eccessi di violenza non sono venuti da una sola parte, ma dalle due diverse parti. E in questo mi posso associare all’onorevole Pratolongo, biasimando tutti i provocatori nazionalisti.

Tenevo a sottolineare che gli incidenti, non sono sorti nel Goriziano, ma sono stati precorsi dagli incidenti avvenuti in Istria, dove ci sono stati due morti e una numerosa serie di feriti; e gli incidenti prima avvenuti a Ronchi, come ha accennato l’amico onorevole Bettiol, sono intervenuti dopo che degli squadristi veri e propri venuti da Terzo hanno assalito la Casa degli esuli giuliani e hanno insultato nella maniera più oscena il tricolore italiano. L’onorevole Togliatti aveva accennato agli incidenti di Vilesse.

Anche lì questi incidenti sono sorti dopo una comune rissa in una osteria, rissa che ha causato qualche rottura di vetri. Il segretario del Partito comunista del luogo si è presentato spontaneamente e, con meraviglia, ha pagato all’oste i danni dei vetri rotti. Mi sembra che questo dimostri nel modo più evidente e convincente di chi sia la responsabilità degli incidenti; e così si possono spiegare, se anche non giustificare, le reazioni che sono intervenute in seguito.

PRATOLONGO. Chi ha lanciato la bomba?

PECORARI. Non posso indicare da chi sia stata lanciata la bomba. Del resto lei lo sa con certezza? (Commenti).

Mi premeva ancora di sottolineare che i 1400 deportati non sono tutti deportati da Gorizia, ma ve ne sono 400 da Trieste ed altri da Pola; e di tutti continuiamo a ignorare la sorte. Ed è commovente – come è successo a me ieri e domenica scorsa – sentire le donne, le madri, le mogli e le figlie che domandano semplicemente di conoscere cos’è avvenuto di questi loro cari. Non domandano la restituzione, ma vogliono sapere se sono vivi o morti; sapere dove si trovano: lo desidererebbero per dar loro qualche aiuto; e nulla hanno potuto ottenere.

Hanno anche spedito pacchi che non sono arrivati a destinazione. Ora questa è domanda ben naturale ed umana. Difatti nelle dimostrazioni di Gorizia, la folla tumultuante era in gran parte composta di donne; ed è per questo che gli incidenti non sono diventati molto cruenti; e quei pochi incidenti cruenti con armi da fuoco – badi, onorevole Pratolongo – sono derivati sia da italiani che da slavi. Quindi le armi erano da ambe le parti.

Questi incidenti erano isolati ed erano avvenuti alla periferia, fuori delle dimostrazioni di piazza. Ora questo dimostra, sì, che la tensione esiste sul posto, ma che vi è anche una provocazione dall’altra parte e che occorre andare incontro a questa situazione cercando di calmare gli animi. Il Partito comunista non si presta a questo scopo, perché proprio in questa zona si è sostituito in tutte le sedi dell’U.A.I.S. che sono diventate sedi del Partito comunista.

TOGLIATTI. Che c’è di male?

PECORARI. Se la gente ha invaso queste sedi, è perché sapevano – e ne hanno avuto conferma – che in esse erano esposti ritratti di Tito col tricolore jugoslavo stellato. Queste bandiere sono state portate in piazza ed incendiate.

TOGLIATTI. Questo non giustifica la violenza.

PECORARI. Io non giustifico, ma biasimo la reazione. Voglio solo giustificare, con l’intento leale di portare la distensione degli animi, che la colpa non è tutta da una parte; ci sono ragioni molto forti e sentite, che non possiamo disconoscere, anche dall’altra parte.

Termino invitando il Governo ad intervenire in questi eccessi commessi da una parte e dall’altra.

Nessuno ha citato gli incidenti di Cormons – città dal nome latino – dove dominano squadre col fazzoletto rosso; non voglio dire di che tendenza siano; all’ingresso delle truppe italiane alcuni cittadini, che gridavano «Viva l’Italia», sono stati bastonati e minacciati, sicché non hanno avuto neppure il coraggio di fare la denunzia; io i nomi li ho potuti raccogliere lo stesso.

TOGLIATTI. Credo che cantassero «Giovinezza».

PECORARI. Quindi, è necessario l’intervento sia in un campo che nell’altro; bisogna perseguire coloro che hanno commesso delle colpe e ricercare le cause che hanno portato a questi eccessi, e colpire inesorabilmente, ma con serena giustizia. È l’unico mezzo per portare in questa tormentata regione d’Italia la pace e la tranquillità, auspicata dall’onorevole Pratolongo. (Applausi al centro – Commenti).

MARAZZA, Sotto segretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. All’onorevole Pratolongo desidero dare assicurazione che il Governo non si accontenta di parole, ma cerca di porre in atto tutti i mezzi necessari a raggiungere il fine che si propone; ed il fine che si propone credo di averlo enunciato a chiare note poco fa.

Il Governo ha potenziato notevolmente le forze di polizia e l’autorità giudiziaria; alle une ed all’altra ha imposto l’esercizio accurato e più diligente dei propri doveri.

L’onorevole Pratolongo ha letto un lungo elenco di nomi. Se qualcuno avesse presentato questo stesso elenco alla polizia o all’autorità giudiziaria (Commenti a sinistra) di Gorizia, io avrei il piacere di annunziare che contro tutti costoro è stato aperto procedimento.

PRATOLONGO. L’onorevole Pellegrini ha letto questo elenco proprio al viceprefetto.

MARAZZA. Sottosegretario di Stato per l’interno. Io non lo so; posso dire soltanto che se questo elenco è stato comunicato all’autorità di pubblica sicurezza o a quella giudiziaria, contro tutti costoro, secondo le precise istruzioni del Governo, è certamente stata iniziata istruttoria.

Comunque, quello che non è stato fatto, sarà fatto.

L’onorevole Pratolongo passi al Governo l’elenco che ha letto, ed il Governo vedrà di sostituirsi, nella sua diligenza, a quella della cosiddetta parte lesa.

Quello che deve essere però ben chiaro e ben preciso nella mente di tutti è che giustizia deve asser fatta, ma per le vie legali; contro ogni tentativo che fosse fatto per evadere da queste vie, si troverà il Governo preparato ad opporsi nel modo più assoluto e rigoroso. Questo per i cittadini e di lingua italiana e di lingua slovena, a qualsiasi partito appartengano.

A conforto poi dello stesso onorevole Pratolongo, io desidero leggere un periodo di un documento della federazione Partito comunista di Gorizia: «Va rilevato che con la consegna di queste terre alle autorità italiane la situazione è migliorata sensibilmente, sebbene le condizioni anormali non siano del tutto cessate con la desiderata rapidità». Poi il documento continua dicendo che ciò va ascritto al fatto che le forze di polizia inviate si sono rivelate in un primo tempo insufficienti e dovranno essere potenziate. È un documento che mi è stato consegnato a Gorizia, dove ho avuto contatti con i membri di ogni partito. (Commenti al centro e a destra). Gli amici di tutti gli altri partiti, riuniti nel Comitato di liberazione (non so perché il Partito comunista non vi faccia parte, a Gorizia), mi hanno dato un altro memoriale nel quale – posso assicurare l’onorevole Pratolongo – i fatti sono esattamente narrati come li ho narrati io.

Non ho altro da dire all’onorevole Pratolongo. Desidero però dire una parola ancora all’onorevole Pecorari. Debbo dirgli precisamente questo: che le famiglie di questi 1400 internati non sono sodisfatte di semplici notizie.

PECORARI. Per il momento, sì!

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Né per il momento, né per poi. Vorrei anzi dire che una voce sola si è levata da tutta questa folla che mi ha circondato, in una riunione che ha avuto del drammatico, quanto non avrei potuto pensare. Una voce sola che ha detto: restituiteci i nostri cari! Io ho parlato di questo con i rappresentanti degli sloveni venuti a trovarmi. Ho detto a costoro le parole stesse che l’onorevole Pecorari rivolgeva poco fa all’onorevole Togliatti. Ho detto: rendetevi benemeriti di questa pacificazione degli italiani delle due lingue, facendovi difensori della restituzione di questi internati. (Commenti). Mi è stato anche promesso che questo sarebbe stato fatto. Voglio pensare che questa promessa, fatta in modo che mi ha perfettamente convinto della sua lealtà, non sia un’ultima illusione ed un ultimo inganno. Voglio sperarlo e voglio crederlo, quantunque, l’accenno fatto dall’onorevole Bettiol a quella cronaca di una conferenza stampa che sarebbe stata tenuta qui a Roma, mi induce oggi ad un maggior pessimismo. Lo stesso invito ho rivolto ai colleghi del Partito comunista. Anche da parte loro ho avuto questa promessa. Però io ho dato soprattutto l’assicurazione che il Governo avrebbe fatto di tutto perché si potessero avere notizie di costoro, perché si potesse ottenerne la riconsegna. Non so se si sappia qui chi sono questi internati; essi appartengono a tutte le categorie sociali. È stato internato, ad esempio, tutto il personale dell’ufficio anagrafe del Comune. Io non voglio immaginarne le ragioni, ma a Gorizia, evidentemente, tutti ne parlano. Sono stati internati indubbiamente dei fascisti; ma non so se altri, fuorché gli italiani, abbiano il diritto di punire i fascisti. Sono stati internati accanto a costoro professionisti di ogni parte politica, commercianti, ecc.; sono internati perfino due membri del Comitato di liberazione. Pensate come questa piaga sia dolorosa per quelle popolazioni.

CONDORELLI. È sanguinante per tutti gli italiani.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Pensate se il cuore italiano possa rimanere insensibile allo strazio di quella gente. Per questo non è un appello di parte che viene in questo momento dal mio cuore; è una voce umana che si rivolge agli uomini e che chiede agli uomini la solidarietà nel dolore. (ApplausiCommenti).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Sansone, al Ministro dell’interno, «per conoscere l’esito dell’inchiesta ed i provvedimenti relativi – se emessi – a seguito dell’azione svolta il 28 maggio scorso dai carabinieri di Quarto di Marano (Napoli) e per la quale numerose case di inscritti al Partito socialista italiano furono perquisite senza ordine o mandato delle autorità competenti con lo specioso pretesto che vi erano depositate armi, determinando così un legittimo risentimento nelle popolazioni».

Non essendo presente l’interrogante, si intende decaduta.

Segue l’interrogazione degli onorevoli De Michelis e Giua, ai Ministri dell’interno, dell’agricoltura e foreste e delle finanze, «per sapere se e quali provvedimenti intendano adottare a favore delle popolazioni agricole piemontesi per i danni da queste subiti a causa delle recenti grandinate che in talune zone, particolarmente colpite, hanno distrutto sino all’80 per cento del raccolto, come in alcuni comuni dell’Agro alessandrino e in quello di Leinì (provincia di Torino)».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Per incarico del Ministro delle finanze, rispondo alla interrogazione degli onorevoli De Michelis e Giua.

In relazione alla richiesta di agevolazioni tributarie fatta dagli onorevoli interroganti a favore delle popolazioni agricole di alcuni comuni dell’Agro alessandrino e di quello di Leinì in provincia di Torino, danneggiati da una recente grandinata, osservo, per quanto rientra nella competenza del Ministero delle finanze, che in base all’articolo 47 del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, che approva il testo unico delle leggi sul nuovo catasto dei terreni, nei casi in cui per parziali infortuni non contemplati nella formazione dell’estimo venissero a mancare i due terzi almeno del prodotto ordinario del fondo, l’amministrazione può concedere una moderazione dell’imposta erariale sui terreni nonché dell’imposta sui redditi agrari dietro presentazione, da parte dei possessori danneggiati, alla competente Intendenza di finanza, entro trenta giorni dall’accaduto infortunio, di appropriata documentazione, con l’indicazione per ciascuna particella catastale della quantità e qualità dei frutti perduti e dell’ammontare del loro valore.

I danni provenienti da infortuni atmosferici, come la grandine, la siccità, le gelate e simili vengono tenuti presenti nella formazione delle tariffe d’estimo e perciò di regola non possono dar luogo alla moderazione di imposta di cui al citato articolo 47 del testo unico 1572. Comunque, sono state interessate le Intendenze di finanza di Torino e di Alessandria affinché riferiscano circa l’entità dei danni arrecati dalle recenti grandinate nel territorio di quelle province.

L’Intendenza di finanza di Torino, con nota del 18 corrente, ha riferito che i comuni maggiormente colpiti in quella provincia dalle recenti grandinate sono quelli di Borgaro, Caluso, Caselle, Laino, Mazzé, San Benigno e Volpiano. I danni arrecati, secondo il competente Ufficio tecnico erariale, possono considerarsi per la loro gravità come non previsti nella formazione delle tariffe d’estimo e pertanto ai contribuenti dei comuni in parola potrà essere accordata singolarmente, previa presentazione di apposita domanda alla competente Intendenza di finanza, per il corrente anno, una moderazione dell’imposta fondiaria in proporzione del prodotto perduto e sempre che i danni stessi raggiungano il minimo dei due terzi del prodotto ordinario del fondo, ai sensi dell’articolo 47 del predetto testo unico delle leggi sul nuovo catasto, Nella stessa misura proporzionale dell’imposta sui terreni potrà essere concessa una moderazione dell’imposta sui redditi agrari. Per quanto riguarda le sovrimposte comunali e provinciali è in facoltà degli enti interessati concedere un corrispondente abbuono delle sovrimposte stesse, ai sensi del l’articolo 260 del testo unico 14 settembre 1931, n. 1175, per la finanza locale.

Sono già state impartite disposizioni all’Intendenza di finanza di Torino perché provveda sollecitamente in conformità.

Nei comuni, invece, di Brandizzo, Foglizzo, Lombardore e Settimo, secondo quando hanno riferito le predette Intendenze, poiché i danni sono risultati limitati, è da ritenersi che i medesimi rientrino tra quelli già previsti dalla formazione delle tariffe d’estimo e perciò manca la possibilità di accordare una moderazione dell’imposta fondiaria, ai sensi dell’articolo 47 del testo unico più volte citato.

In favore dei comuni di Frassinelle-Olivola, come per diversi comuni della provincia di Alessandria, dove si sono manifestate le grandinate del 6 e del 22 giugno, non è stato possibile adottare alcuna moderazione dell’imposta fondiaria e dell’imposta sui redditi agrari, in considerazione del fatto che tali danni rientrano tra quelli dei quali venne già tenuto conto a suo tempo per la formazione delle tariffe d’estimo, mediante apposita detrazione, giusta quanto ha riferito l’Ufficio tecnico erariale di Alessandria nella sua relazione n. 6518 del 17 luglio 1947.

Ove, però, in dipendenza di detti infortuni si sia verificato un cambiamento di culture che importi un minor reddito imponibile, i contribuenti danneggiati possono produrre, nei modi e termini di legge, domanda di revisione, come è stato comunicato all’Intendenza di finanza di Alessandria con nota del 18 agosto 1947, n. 62061, perché ne informi i sindaci dei comuni interessati.

PRESIDENTE. L’onorevole De Michelis ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

DE MICHELIS. Più che dirmi sodisfatto, io prendo atto delle disposizioni emanate dal Ministro delle finanze nonché di quelle norme che sono state citate e che i contadini di quelle zone potranno invocare, perché il Governo abbia, comunque, a cuore questa benemerita classe di agricoltori.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Noce Teresa, Bitossi, Roveda e Pajetta Giuliano, ai Ministri dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, «per sapere se sono al corrente degli interventi sempre più frequenti da parte delle forze di polizia nei conflitti del lavoro con minacce di arresto alle commissioni interne, come ad esempio nelle lanerie di San Martino, e del caso del prefetto di Como, il quale ha fatto intervenire la forza pubblica in un pacifico e legale conflitto di lavoro fra gli operai dello stabilimento Vergari di Contri e il signor proprietario Cattaneo, facendo piantonare dalle forze di polizia l’accesso allo stabilimento illegalmente serrato dal proprietario in risposta ad una legale sospensione del lavoro.

E per sapere se tali interventi avvengono per spontanea iniziativa o dietro disposizioni del Ministero dell’interno».

Questa interrogazione è superata dai provvedimenti che il Governo ha emanato; gli onorevoli interroganti vi hanno pertanto rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Riccio Stefano, ai Ministri dell’interno e della marina mercantile, «per conoscere quali provvedimenti sono stati presi in rapporto all’arbitrario atto del sindaco di Pozzuoli, il quale emetteva una illegittima ordinanza di sospensione dei lavori di allargamento di una Chiesa, prendendo a pretesto l’occupazione di pochi metri di banchina, e si ribellava apertamente ad una decisione del prefetto di Napoli».

Questa interrogazione è rinviata per l’assenza del Ministro della marina mercantile, il quale ha fatto sapere che risponderà in altra seduta.

Segue l’interrogazione degli onorevoli Colitto e Caso, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere le ragioni per le quali non si dà ancora pratica esecuzione agli impegni solenni assunti dal Governo, anche davanti all’Assemblea Costituente, relativamente alla ricostruzione ed al potenziamento dell’organo politico (Sottosegretariato od Alto Commissariato), che dovrà occuparsi – eliminando una situazione di penosa incertezza – del riordinamento dei servizi riguardanti i danni di guerra e della emanazione della legge organica, che da due anni i sinistrati ed i danneggiati reclamano ed attendono».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. La questione dell’istituzione di un Sottosegretariato o di un Alto Commissariato per i danni di guerra non può essere considerata come un provvedimento a sé stante, di carattere formale, prescindendosi da quelli sostanziali che involge il problema del risarcimento.

Come è noto, il Governo ha disposto uno studio organico di tutta la materia per la preparazione di un testo legislativo che fissi i criteri di massima per i risarcimenti, che stabilisca una congrua procedura per l’accertamento e la liquidazione ed elimini o riduca, o comunque coordini, l’intervento delle varie amministrazioni dello Stato: Tesoro, Interni, Lavori pubblici, Agricoltura, ecc., nell’adozione di provvedimenti diretti a fini comuni; riordini e snellisca gli uffici destinati al cennato servizio.

Con questi aspetti giuridico-amministrativi del problema, la cui disciplina conclusiva non è da prevedersi lontana, dovrà collegarsi quello finanziario che esige ovviamente, nel quadro attuale e futuro delle possibilità di bilancio, un esame per le ripercussioni che indubbiamente si verificano nell’importo delle pubbliche spese.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

COLITTO. Prendo atto della dichiarazione dell’onorevole Sottosegretario e, interpretando il pensiero di milioni di italiani, i quali da anni attendono l’emanazione della legge e la costituzione dell’organo che la deve applicare, formulo l’augurio che presto la legge sia emanata e sia, insieme con essa, costituito l’organo, che dovrà disciplinarne l’applicazione.

PRESIDENTE. Sono state ritirate le seguenti interrogazioni degli onorevoli:

Corbi, al Ministro dell’interno, «per sapere se risponde a verità che la Direzione generale dell’A.P.B. abbia destinato la somma di lire 25 milioni alla città di Pescara per la costituzione di colonie estive assistenziali; e se sia vero che l’amministrazione di detta somma, per disposizione ministeriale, sia stata affidata al Centro italiano femminile con esclusione di ogni altra organizzazione assistenziale esistente nella provincia di Pescara»;

Merlin Angelina, al Ministro dell’interno, «sugli incidenti di Palermo del giorno 11 luglio, nel corso dei quali la polizia ha aggredito donne inermi che protestavano contro il vertiginoso rincaro dei prezzi e contro il mancato intervento delle autorità regionali»;

Priolo, al Ministro dell’interno, «per conoscere perché non si è ancora provveduto ad indire, a norma dell’articolo 280 del testo unico 4 febbraio 1945, n. 148, della legge comunale, le elezioni suppletive nel comune di Cariati (provincia di Cosenza), dove il Consiglio comunale ha perduto da circa un anno più di un terzo dei suoi membri»;

Gallico Spano Nadia, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, «per conoscere le circostanze ed i motivi che hanno determinato l’indegno atteggiamento delle forze di polizia di Palermo, che non hanno esitato a caricare un pacifico corteo di donne e di fanciulli, che ordinatamente chiedeva il tesseramento differenziato e la distribuzione di viveri. L’interrogante chiede quali provvedimenti si intendano adottare sia a carico dei responsabili dell’inumana azione di polizia di Palermo sia per tutelare le manifestazioni democratiche, oggi nemmeno più difese dalla presenza di innocenti fanciulli e dall’elementare rispetto dovuto alle donne».

Segue l’interrogazione dell’onorevole Caso, ai Ministri dell’interno e del tesoro, «per conoscere se, in considerazione della particolare crisi economica che attraversa il nostro Paese e per premiare le benemerenze di guerra e di pace contratte dai vigili del fuoco, non ritengano di rimandare il licenziamento di mille unità, per lo meno fino al 31 dicembre 1947, onde dare tempo di altrimenti occupare i licenziandi. L’interrogante, che si occupa del problema da circa otto mesi, auspica il proposto decentramento del servizio antincendio, specie nei capoluoghi di zone boschive, che ogni anno, per incendi spontanei, colposi o dolosi, sono sottoposte ad ingenti perdite proprio perché non vi è la tempestività dell’intervento del servizio contro gli incendi. L’interrogante, pur preoccupato dell’ingente onere finanziario per lo Stato, pensa che vi si possa far fronte con l’aumentare il contributo capitario dei comuni e delle società di assicurazione, per potenziare così un servizio civile e sociale che, in nome del progresso, si rende ogni giorno di più indilazionabile».

Non essendo presente l’onorevole Caso, si intende che vi abbia rinunciato.

È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Sono pervenute alla Presidenza alcune interrogazioni con richiesta di risposta urgente.

La prima è quella dell’onorevole Dugoni:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non ritenga opportuno – dopo la cessazione degli aiuti U.N.R.R.A. – di sopprimere la Delegazione italiana presso l’U.N.R.R.A., il cui funzionamento comporta una spesa di oltre cinquecentomila lire giornaliere, affidandone le residue mansioni a un modesto ufficio di liquidazione».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo si riserva di far conoscere quando intenda rispondere.

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti altre interrogazioni:

«Al Ministro dei trasporti, per conoscere in base a quali disposizioni siano stati concessi dei carri ferroviari da parte del Compartimento di Napoli agli organizzatori di un comizio monarchico in Avellino nella giornata del 28 settembre.

«Tali carri sono stati messi a disposizione dell’onorevole Covelli, Segretario generale del Partito nazionale monarchico, per far affluire, anche con detti mezzi, elementi affiliati a quella organizzazione, prelevandoli dai comuni afferenti alle linee ferroviarie Taurasi-Avellino e Rocchetta Sant’Antonio-Avellino.

«Si compiaccia il Ministro comunicare quali provvedimenti siano stati presi contro i responsabili.

«De Mercurio, Sullo».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti siano stati presi contro i responsabili dei gravi fatti verificatisi in Avellino il 28 settembre in occasione di un comizio monarchico tenuto dall’onorevole Covelli, con l’autorizzazione del Ministro dell’interno.

«Va rilevata la insufficienza del servizio di ordine pubblico in quanto i preposti hanno minacciato inermi cittadini ed elementi antimonarchici, i quali sono stati fatti segno alle provocazioni di teppisti prezzolati nella malavita di provincie limitrofe ed affluiti nel capoluogo.

«Tale insufficienza ha portato come conseguenza gravi lesioni, anche da arma da taglio, ed altre lesioni meno gravi, nei confronti di cittadini non partecipanti al comizio.

«Non risulta che le autorità locali, benché invitate ad una più energica azione contro i responsabili diretti e indiretti degli incidenti, abbiano svolto una positiva attività, non avendo proceduto neppure all’arresto dei colpevoli e alla diffida degli organizzatori del raduno.

«De Mercurio».

«Al Ministro dell’interno, sui disordini che si sono verificati in Avellino domenica scorsa.

«Rubilli».

«Al Ministro dell’interno, sugli incidenti di Avellino del 28 settembre 1947.

«Sullo».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Chiedo quarantotto ore di tempo per fare una comunicazione all’Assemblea per ciò che concerne l’interrogazione diretta al Ministro dei trasporti.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Cevolotto, Cianca e Lussu, hanno presentato la seguente altra interrogazione:

«Al Ministro dei trasporti, per conoscere in base a quali ragioni è stata concessa la carta gratuita di libera circolazione di prima classe sulla intera rete ferroviaria dello Stato al signor Giovanni Host Venturi, ex Ministro del regime fascista».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

JERVOLINO, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Anche per questa interrogazione, io chiedo quarantotto ore di tempo.

PRESIDENTE. Comunico, infine, la seguente interrogazione dell’onorevole Riccio:

«Al Ministro del tesoro, per conoscere se intenda concedere l’adeguamento carovita, a norma dell’articolo 14 del decreto legislativo presidenziale, a Gragnano, ai comuni della penisola sorrentina, delle isole di Capri e di Ischia, trattandosi dei paesi della provincia di Napoli in cui più costa la vita e che più son legati economicamente al capoluogo, superando una interpretazione restrittiva della espressione: «via ordinaria»; o se comunque intenda procedere ad una modifica della disposizione».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il Governo risponderà nella prima seduta dedicata alle interrogazioni.

MAZZA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZA. Ho presentato, giorni addietro, una interrogazione sullo stesso argomento di quella testé letta. Chiedo che le due interrogazioni siano poste all’ordine del giorno della stessa seduta.

PRESIDENTE. Le assicuro che così sarà fatto.

Presidenza del Presidente TERRACINI

Sui lavori dell’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro della giustizia mi ha manifestato il desiderio di fare qualche proposta in ordine ai lavori dell’Assemblea. Ha facoltà di parlare.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo all’Assemblea di volere tener conto, per i lavori della prossima settimana, del desiderio del Governo, che penso sia anche vostro, di completare la discussione sulle mozioni di sfiducia. Dedicandosi parte dei lavori alla discussione sul progetto di Costituzione e parte a quella sulle mozioni, si finirebbe per perdere di vista il compito principale che ha in questo momento l’Assemblea, che è quello di pronunziarsi sulle mozioni presentate.

D’altra parte io penso che, proseguendosi in entrambe le discussioni, si perda quella serenità d’animo che occorre avere per risolvere problemi importanti e gravi quali sono quelli inerenti alla formazione degli organi sovrani dello Stato, oggetto del presente esame. Per queste considerazioni il Governo sarebbe del parere di proseguire fino ad esaurimento la discussione sulle mozioni, tanto nelle sedute antimeridiane che in quelle pomeridiane.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, rammento che l’orientamento generale di dedicare una seduta alla continuazione della discussione sulle mozioni e l’altra al proseguimento di quella sulla Costituzione era stato correlativo ad una analoga opinione espressa dal Presidente del Consiglio; soprattutto per aderire a questa preferenza espressa, l’Assemblea si era orientata in quel senso.

Se in questo momento, esaminato il problema nei suoi termini generali, il Governo ritiene opportuno che sia dato carattere di continuità alla discussione sulle mozioni, la Presidenza, salvo ai colleghi di esporre le proprie eventuali obiezioni, non ha nulla da opporre ed è pronta ad aderire al desiderio del Governo stesso. (Segni di consenso).

Ritengo, quindi, che le sedute di domani possano essere ambedue dedicate alla discussione sulle mozioni. Il criterio così adottato ci permette di sperare che la discussione abbia un ritmo più veloce, tale da farci giungere nella settimana stessa a quel voto che il Governo e l’Assemblea insieme desiderano.

(Così rimane stabilito).

VERNOCCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERNOCCHI. Credo che questa sera si possa stabilire solo l’ordine del giorno delle sedute di domani. Io ritengo che, essendo in questo momento l’Aula quasi vuota, non si possa prendere un impegno che vada oltre le sedute di domani, salvo riproporre la questione domani stesso.

PRESIDENTE. È ovvio ciò che lei chiede. Tenga presente che l’Assemblea può deliberare ogni giorno sull’ordine del giorno della seduta successiva. La deliberazione odierna s’intende dunque valida per domani. Domani si potranno fare altre proposte.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

DE VITA, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intende adottare per riparare e reprimere l’arbitrio del prefetto di Potenza, il quale, in manifesto e cosciente contrasto coi principî della volontà popolare, sospendeva, sotto lo specioso pretesto di turbamento o minaccia all’ordine pubblico, il signor Elio Altamura dalla carica di sindaco del comune di Rapolla; e se non intenda accertare che il provvedimento sia connesso a favori sollecitati dallo stesso prefetto a benefizio di un grosso agrario del Comune, la qual circostanza, denunciata mediante la stampa, non è stata né smentita, né giudiziariamente contestata.

«De Filpo, Gullo Fausto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri di grazia e giustizia e dell’interno, per conoscere come sia stato possibile iniziare istruttoria penale contro il sindaco di Tagliacozzo e rinviarlo a giudizio per fatti compiuti nella sua qualità di sindaco, senza che venisse chiesta la necessaria autorizzazione a procedere contro di lui; e come sia stato possibile che il prefetto dell’Aquila abbia ritenuto, in queste condizioni, di dover sospendere il sindaco dalle sue funzioni.

«Lami Starnuti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quale fondamento di verità abbiano le voci che circolano intorno alla gestione del Casinò di San Remo, e specificatamente se sia vero che quel Comune, con tre successive deliberazioni, opportunamente preordinate, abbia concesso la gestione del detto Casinò a tre diversi gruppi finanziari, attualmente in causa fra di loro e con lo stesso Comune, il quale, pertanto, sarebbe esposto a notevoli danni, conseguenza ineluttabile della complessa situazione giudiziaria che si è venuta a creare. Nel caso affermativo, se non ritenga opportuno soprassedere, anche per evidenti ragioni di sana amministrazione, dal ratificare l’ultimo contratto di concessione stipulato dal Comune, disponendo senz’altro la chiusura del Casinò, o quanto meno, se non creda di disporre una rigorosa inchiesta su tutta la situazione e sui fatti ed atti che l’hanno determinata, adottando nel frattempo i provvedimenti cautelativi del caso, allo scopo principalmente di evitare che la deplorata attuale situazione sfoci, come sarebbe assai probabile, in uno scandalo di vasta proporzione.

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non creda opportuno revocare l’articolo 3 del decreto legislativo 28 giugno 1947, n. 757, nel quale è disposto l’aumento del 100 per cento di tutte le tasse, sopratasse e contributi scolastici stabiliti per le Università e gli Istituti di istruzione superiore: aumento che danneggia gravemente gli studenti poveri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Abozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se non creda opportuno e giusto provvedere ad un equo aumento della indennità speciale, di cui all’articolo 48 della legge sullo stato degli ufficiali, concessa agli ufficiali della riserva (1940).

«Tale indennità valeva a limitare il disagio economico che colpiva gli ufficiali costretti – in applicazione della legge di avanzamento – a lasciare il servizio in età ancor giovine; oggi è del tutto inadeguata alla situazione economica nazionale, specialmente nei riguardi degli ufficiali dell’esercito in trattamento di quiescenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Abozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non creda opportuno, nell’applicazione dell’imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio, stabilire che, per le piccole proprietà edilizie, possedute non per scopi speculativi, ma prevalentemente per abitazione del proprietario, quando si tratta di fabbricati che non furono mai trasmessi dal 1927 per titolo oneroso e nel triennio 1937-39 non ebbero mai per quota di spettanza a ogni singolo contribuente un valore di mercato superiore a lire 750 mila, l’accertamento venga fatto esclusivamente per detto valore, senza aumento per coefficiente di rivalutazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Montemartini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga opportuno provvedere affinché i funzionari trasferiti vengano rimborsati al più presto delle spese sostenute per il trasferimento e della indennità di prima sistemazione. Si fa rilevare al riguardo che in alcuni casi tale rimborso è dovuto per spese sostenute oltre due anni or sono. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga utile venire incontro ai medi e piccoli proprietari, tuttora creditori dello Stato per i danni di guerra subiti e non pagati, che dello Stato siano contemporaneamente debitori per l’imposta sul patrimonio.

«Si rileva che molti di questi proprietari sono nella tragica situazione di dover vendere il poco rimasto della un giorno fruttifera proprietà per pagare l’imposta, quando sono creditori nei confronti dello Stato di somme ingenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se non ritenga opportuno intervenire in favore dei pescatori siciliani di Marettino, Mazara del Vallo, Marsala, Gela, e delle altre cittadine marinare dell’Isola, che si recano in prossimità delle acque territoriali francesi tunisine per esercitarvi la pesca e che sono oggetto di soprusi continuati da parte dei mezzi della marina francese, che in molti casi sequestrano le barche ed i motopescherecci, catturandone gli equipaggi.

«Sarebbe augurabile un accordo con la Potenza protettrice diretto a consentire ai nostri pescatori l’esercizio della pesca nelle acque territoriali tunisine, soprattutto perché nelle coste del beylicato non esiste attrezzatura peschereccia cui potremmo recare concorrenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se intenda adottare provvedimenti concreti riflettenti l’assistenza continuativa ai ciechi, assistenza richiesta e illustrata dall’Unione italiana ciechi e rispondente ad un alto dovere di solidarietà umana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Salerno».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 18.55.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 10 e alle ore 16:

Seguito dello svolgimento delle mozioni degli onorevoli Nenni, Togliatti e Canevari.