Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCXIV.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDICE

Congedo:

Presidente

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente

Tupini, Ministro dei lavori pubblici

Pastore Raffaele

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Bruni

Brusasca, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri

Ghidetti

Fanfani, Ministro del lavoro e della previdenza sociale

Vernocchi

Disegno di legge: Approvazione degli Accordi commerciali e di pagamento stipulati a Roma, tra l’Italia e la Svezia, il 24 novembre 1945 (Discussione):

Presidente

Disegno di legge: Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e revisione annuale delle liste elettorali (Discussione):

Presidente

Uberti, Relatore

Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno

Perassi

Cosattini

Micheli, Presidente della commissione

Caldera

Fabbri

Fuschini

De Michelis

Caroleo

Veroni

Cevolotto

La seduta comincia alle 10.

DE VITA, Segretario, legge il processo verbale della seduta antimeridiana del 31 luglio 1947.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Restagno.

(È concesso).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni.

L’onorevole Ministro dei lavori pubblici prega che sia anticipato lo svolgimento delle interrogazioni a lui rivolte dovendo egli poi assentarsi per motivi del suo ufficio.

Perciò, cominciamo dalla interrogazione dell’onorevole Pastore Raffaele, diretta appunto al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se non creda opportuno procedere a una inchiesta per il crollo delle volte delle case dei senza-tetto di Foggia, onde assodare le responsabilità ed evitare possibili salvataggi».

L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.

TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Subito dopo il mio insediamento al Ministero dei lavori pubblici, in data 6 giugno, mi pervenne una lettera del prefetto di Foggia, colla quale si richiamava l’attenzione del Ministero su alcuni crolli in un complesso di alloggi per ricovero dei senza-tetto, avvenuti nella località Borgo Croci di Foggia; si trattava di sessantaquattro piccoli appartamenti.

Immediatamente feci telegrafare e scrivere al Genio civile, il quale mi diede conferma di quanto era avvenuto, secondo la informazione precedente del prefetto di Foggia. Ma non rimasi sodisfatto di quelle informazioni e in data 26 giugno disposi senz’altro un’inchiesta ministeriale. Nel frattempo perveniva al Ministero, in data 20 giugno, il testo della interrogazione dell’onorevole Pastore.

L’inchiesta ministeriale ha avuto il suo svolgimento ed i risultati mi sono stati presentati a fine di agosto. Li ho esaminati e devo dire che il primo ad esserne insoddisfatto sono stato io; perché, nell’ordinare l’inchiesta (di cui conoscevo la grande importanza, per il fatto che si trattava di non potere disporre, all’indomani del compimento di sessantaquattro alloggi, della integralità di essi, ai fini così urgenti del ricovero di senza-tetto) io stabilivo – scrivendo di mio pugno – che essa avesse questi limiti: adottare sul posto provvedimenti urgenti e adeguati, comprese eventuali denunce all’autorità giudiziaria a carico dei responsabili, chiunque essi fossero, funzionari od impresari.

Nella inchiesta che ha condotto, il rappresentante del mio Ministero non ha creduto di trovare elementi tali di responsabilità che potessero dar luogo a denunce o ad altri provvedimenti immediati che io intendo invece debbano essere adottati perché il fatto comunque è grave. Si tratterà della impresa, si tratterà del Genio civile, si tratterà del Provveditorato: quel che sarà, sarà. L’importante è che io assicuro l’onorevole Pastore e l’Assemblea che questa inchiesta, i cui dati sono recentissimi e per i quali si individua specialmente la responsabilità di un ingegnere del Genio civile, che nel frattempo, poveretto, è morto, per me non è sufficiente: e quindi ho disposto immediatamente un’altra inchiesta affidandola ad altre persone che esaminino la cosa con quel senso di responsabilità che io avevo indicato fin dal momento in cui ho ordinato le prime indagini. Di questo nuovo risultato, che darà modo al Ministro di adottare adeguati provvedimenti a carico di tutti i responsabili, darò rendiconto all’onorevole Pastore ed all’Assemblea, se lo vorrà.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all’onorevole Pastore, mi permetto di ricordare all’Assemblea la necessità che le repliche degli interroganti siano mantenute nei limiti regolamentari, e questo nell’interesse di tutti, cioè per avere modo di svolgere il maggior numero di interrogazioni possibile. Il Regolamento stabilisce che l’interrogante ha diritto di parlare per cinque minuti.

L’onorevole Pastore Raffaele ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PASTORE RAFFAELE. Prendo atto delle dichiarazioni del Ministro, ma voglio richiamare la sua attenzione su tutto ciò che avviene nel Provveditorato di Bari. Oggi si vuole attribuire la colpa del crollo delle volte delle casette a un ingegnere che è morto; ma invece occorre andare più in fondo, perché il Ministro deve anche conoscere – ed è bene che l’Assemblea sappia ciò – che le casette costruite dalle cooperative non sono crollate. Allora dobbiamo domandarci: perché? Perché le imprese, quando concorrono alle aste, offrono ribassi effimeri per far credere che si preoccupano dell’interesse dello Stato, salvo poi a mettersi d’accordo con coloro che dirigono i lavori e cambiarne la struttura.

Le volte furono sostituite con voltini di gesso, che naturalmente, anche a detta dei tecnici, dovevano assolutamente crollare. E di questo era consapevole il provveditore di Bari, che aveva dato il suo assenso. C’è stato un periodo in cui si diceva che il provveditore era stato trasferito e che alcuni funzionari erano stati accantonati. Ma oggi, non so perché, il. provveditore è stato rimesso al suo posto e naturalmente l’inchiesta sarà sempre più difficile.

Prego l’onorevole Ministro di voler indagare a fondo. Si vorrebbero salvare le imprese, imprese che dovrebbero ricostruire le case, e si vorrebbe far cadere tutta la responsabilità sull’ingegnere capo del Genio civile, persona che più non esiste.

Attendo quindi i risultati dell’inchiesta finale per poter esprimere il mio parere.

PRESIDENTE. Fa piacere constatare come il primo degli interroganti si sia mantenuto nei limiti, anche più ristretti, del tempo concesso. Questo esempio potrebbe essere salutare.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Corsi al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se non creda di comunicare i risultati dell’inchiesta eseguita a carico degli uffici del Genio civile di Cagliari, relativa alla abusiva assegnazione di alloggi ricostruiti; per conoscere, altresì, se e quali adeguati provvedimenti sono stati adottati a carico dei funzionari responsabili e come sia stata possibile la lunga e larga frode senza che gli organi dirigenti e centrali intervenissero».

Non essendo presente l’onorevole Corsi, si intende che vi abbia rinunciato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Camangi al Ministro delle finanze, «per sapere se ha esaminato, e in tal caso come intenda risolvere, il problema di fronte al quale si trovano le Amministrazioni comunali nella applicazione dell’imposta di famiglia. Le Amministrazioni stesse, infatti, pure avendo a disposizione tutti i mezzi per procedere ad accertamenti dei redditi molto vicini alla realtà – e ciò nell’interesse delle finanze comunali – sono indotte invece ad accertare i redditi stessi in cifre notevolmente inferiori alla realtà per evitare che degli accertamenti stessi, ove esatti, si serva poi il fisco applicando agli stessi le aliquote erariali, che, sproporzionatamente elevate, determinerebbero una tassazione assolutamente insostenibile per i contribuenti. Tale stato di cose si risolve, d’altra parte, non soltanto in un danno per le finanze locali, ma anche per quelle dello Stato, che attraverso la integrazione dei bilanci è costretto ad esborsi sempre maggiori».

Poiché l’onorevole Camangi non è presente, s’intende che vi abbia rinunciato.

Segue l’interrogazione degli onorevoli Paris, Persico, Mazzoni, Bordon, Canepa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze, «per sapere se non ritengano opportuno sospendere l’entrata in vigore del decreto legislativo 24 maggio 1947, n. 589, oppure apportarvi delle sostanziali modifiche, tali da non pregiudicare la ripresa e lo sviluppo del turismo nel nostro Paese».

Poiché nessuno degli onorevoli interroganti è presente, tranne l’onorevole Bordon, che rinuncia allo svolgimento dell’interrogazione, s’intende che tutti gli interroganti vi abbiano rinunciato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Schiratti, al Ministro delle finanze e all’Alto Commissario per l’alimentazione, «per sapere se il frutto tributario e la limitazione o disciplina dei consumi, che si vogliono perseguire col decreto legislativo 24 maggio 1947, n. 589, compensino il grave turbamento che la prossima applicazione di tale decreto porterà in un vasto settore dell’attività commerciale con evidenti riflessi nocivi e per il turismo e per la categoria di prestatori di opera; e se di conseguenza non credano di sospenderne l’applicazione o, se mai, di apportarvi quelle radicali modifiche che valgano ad evitarne i prospettati inconvenienti».

Poiché l’onorevole Schiratti non è presente, s’intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Bruni, al Ministro dell’interno, «per conoscere se non intenda rimediare all’errata interpretazione data al decreto 1° aprile 1947, n. 221, del Ministero dell’interno, con cui si intese alleviare le gravi condizioni di disagio nelle quali versano i funzionari di pubblica sicurezza e gli appartenenti al Corpo degli agenti di pubblica sicurezza, stabilendo per essi una indennità giornaliera di ordine pubblico con decorrenza dal 1° gennaio. La indennità in parola teneva conto anche di rischi e di sacrifici eccezionali ai quali è sottoposto, attualmente, il personale di pubblica sicurezza. Ora la Ragioneria centrale del Ministero dell’interno, con interpretazione inesplicabile, ha disposto che tale indennità non sia accumulabile con i compensi per lavoro straordinario in certi casi rimessi all’arbitrio dei ragionieri della questura, e non cumulabile perfino con la indennità giornaliera di pubblica sicurezza. Cosicché si è reso inutile il provvedimento di cui sopra, aggravando il vivo malcontento di tutto il personale di pubblica sicurezza che si ritiene vittima di una autentica beffa».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Con provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri il 18 luglio ultimo scorso, su proposta del Ministro dell’interno, in corso di pubblicazione, viene disposta l’abolizione del divieto del cumulo delle indennità di ordine pubblico con i compensi per lavoro straordinario, mentre già con la legislazione precedente era ammesso il cumulo di detta indennità di ordine pubblico con quella giornaliera di pubblica sicurezza.

PRESIDENTE. L’onorevole Bruni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BRUNI. Mi dichiaro soddisfatto ed esprimo la speranza che il cumulo entri subito in vigore.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Sì, subito.

PRESIDENTE. L’onorevole Mancini ha chiesto il rinvio dello svolgimento di questa sua interrogazione al Ministro del lavoro e della previdenza sociale: «per conoscere la ragione per la quale il preventorio di Cosenza rimane ermeticamente chiuso».

Lo svolgimento di questa interrogazione è pertanto rinviato ad altra seduta.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Ghidetti, ai Ministri delle finanze, del tesoro, e degli affari esteri, «per sapere se non riconoscono urgente la necessità di intervenire a favore degli infortunati nel lavoro fruenti di rendita dall’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni. Alcune migliaia di famiglie italiane potrebbero liberarsi dalla miseria se il Governo italiano si decidesse a prendere la determinazione che l’Istituto svizzero attende per dar corso al pagamento delle rendite in Italia e degli arretrati dal 1° ottobre 1946, determinazione che il Governo italiano non deve ritardare oltre, per quanto sta nelle sue possibilità, senza assumere grave responsabilità».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha facoltà di rispondere.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La questione del pagamento delle rendite correnti e degli arretrati dal 1° ottobre 1946 da parte dell’Istituto nazionale svizzero d’assicurazione contro gli infortuni è stata regolata in base all’accordo italo-svizzero firmato a Berna il 9 luglio.

L’articolo 9 dell’accordo stabilisce, infatti, che esso entra in vigore il giorno della firma con effetto però anche sulle obbligazioni scadute dopo il 30 settembre 1946 e non ancora regolate. L’applicazione sollecita di tale accordo, di cui il Ministero degli affari esteri sta curando l’attuazione perché entri in vigore, consentirà quanto prima agli infortunati di riscuotere quanto è di loro spettanza.

PRESIDENTE. L’onorevole Ghidetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

GHIDETTI. La risposta che l’onorevole Sottosegretario Brusasca ha testé comunicato non è sodisfacente; benché assicuri che si presterà, d’ora in avanti, maggiore attenzione di quanto non sia avvenuto fino ad oggi per la stipulazione di accordi del genere. Sta di fatto che da un anno, dico da un anno, i nostri infortunati sul lavoro in Svizzera attendono di potere avere le loro indennità, le rendite, alle quali hanno diritto; la cosa va messa tanto più in rilievo poiché si tratta di preziosa valuta estera che dovrebbe entrare in Italia, e che noi lasciamo fuori, perdendo così anche la possibilità di utilizzarla vantaggiosamente. E giusto ieri, conversando con vari colleghi dell’Assemblea, dei più diversi settori, ho sentito che in molte provincie d’Italia c’è del malcontento, sia pure limitato – per questo fatto – ad alcune migliaia di italiani, malcontento determinato da un modo di procedere che non si riesce a spiegare. Con la Svezia si è stabilito felicemente un accordo commerciale e di pagamento, del quale ci occuperemo questa mattina. Non capisco perché non si riesca a concludere un accordo con la Svizzera su questa materia. Va tenuto conto che dalla Svizzera giungono in Italia comunicazioni ufficiali dell’Istituto assicuratore svizzero in risposta a lettere scritte dagli interessati, cioè dagli infortunati, che certo non fanno piacere ai poteri costituiti. Dice appunto una comunicazione di qualche mese, fa, da Lucerna, ad un infortunato italiano: «Vi diremo che le trattative in corso fra i due Stati per regolare la questione del pagamento di rendite d’assicurazione non tendono a sfociare ad una conclusione, per il fatto che il rispettivo Ministero del Governo italiano, che assume la responsabilità del ritardo, tarda a prendere una determinazione». Ora è evidente che…

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Di quale data è quella lettera?

GHIDETTI. È in data del 10 giugno 1947. Un mese dopo io presentavo appunto questa interrogazione, prendendo come rigorosa motivazione la comunicazione ufficiale, giunta dalla Svizzera che ho letto poc’anzi. Diffondendosi in Italia queste notizie, si screditano le nostre istituzioni che noi abbiamo il dovere di sostenere e di difendere; ma bisogna anche poter dimostrare che ogni mezzo è stato offerto per ottenere la stipulazione di un accordo.

Dopo quanto ha dichiarato l’onorevole Sottosegretario Brusasca io sono certo che per l’avvenire si presterà maggiore attenzione; ma vorrei si prendesse impegno fin d’ora in modo che, a non oltre un mese di distanza, o mediante un accordo provvisorio, o sulla base di acconti, si riesca finalmente ad andare incontro a questi infelici. Colgo l’occasione per ricordare che sono già più di sei mesi che un’analoga situazione si è imposta all’attenzione nostra a proposito degli infortunati sul lavoro in Germania, questione che attende ancora una soluzione e per la quale, pur non riguardandolo direttamente, era stato interessato anche il Ministero degli esteri. Vi sono infortunati sul lavoro e vedove di infortunati sul lavoro negli anni scorsi in Germania, o da dieci, venti anni fa, che dal 1944 non ricevono più la rendita perché ne è stato sospeso il pagamento.

Se pertanto anche questa volta dovesse accadere come allora quando, nonostante l’assicurazione che io ebbi, secondo la quale entro pochi giorni, entro al più qualche settimana, si sarebbe provveduto, mentre, come ripeto, a tutt’oggi la situazione è rimasta insoluta, vuol dire allora che a causa di negligenza si opera a screditare le istituzioni ed è evidente che, di fronte a ciò, bisognerà provvedere in modo diverso.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Prendo atto della dichiarazione dell’onorevole Ghidetti, al quale però debbo far presente la circostanza che il Ministero, in tema di rapporti con l’estero, non sempre può agire in conformità dei suoi desideri e della sua volontà. Posso comunque comunicare all’onorevole Ghidetti che l’accordo è stato realizzato in data 9 luglio e che in questi giorni il Ministero sta affrettando le pratiche perché esso entri in vigore e perché di conseguenza i beneficiari possano ricevere le rendite.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Desidero fornire un chiarimento per quanto riguarda l’ultimo accenno dell’onorevole Ghidetti a proposito degli infortunati sul lavoro in Germania. Posso assicurare l’onorevole Ghidetti che il provvedimento relativo è stato già approvato dal Consiglio dei Ministri e che in questi giorni sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Tale provvedimento è stato preso nel senso che i lavoratori di cui si tratta ricevano le loro competenze dagli istituti italiani in attesa che questi istituti possano rivalersi sui corrispondenti istituti germanici.

Il problema quindi si può considerare risolto.

GHIDETTI. Prendo atto, ma la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non è ancora avvenuta.

FANFANI, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Ho detto che sta avvenendo in questi giorni.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Vernocchi, al Ministro dell’interno, «per sapere quali relazioni esistano tra l’inchiesta condotta sull’amministrazione degli Ospedali riuniti di Perugia e la disastrosa alienazione di un vasto tenimento agricolo, di antichissima proprietà dell’Istituto, intorno alla quale pende una grave causa avanti al Consiglio di Stato».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Assicuro l’onorevole interrogante che nessuna relazione sussiste tra l’inchiesta condotta sull’amministrazione degli Ospedali riuniti di Perugia e l’alienazione delle tenute Collestrada e Ospedalicchio, stipulata nel 1942 e annullata con decreto del Capo dello Stato, e per la quale pende un giudizio, su ricorso presentato dagli acquirenti, dinanzi al Consiglio di Stato con l’intervento dell’Avvocatura dello Stato la quale, in rappresentanza del Ministero dell’interno, insieme con il difensore dell’ente, resiste al ricorso.

L’inchiesta fu determinata da denunzie di stampa, cui si interessò vivamente la cittadinanza, riguardanti l’amministrazione interna degli Ospedali riuniti di Perugia, denunzie che determinarono anche una discussione sul funzionamento dell’Opera Pia in seno al Consiglio comunale di quella città.

PRESIDENTE. L’onorevole Vernocchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

VERNOCCHI. Non posso evidentemente dichiararmi soddisfatto della risposta dell’onorevole Sottosegretario per l’interno. L’onorevole Sottosegretario ha preso visione soltanto dell’inchiesta amministrativa, che non è mai stata pubblicata, e della quale non mi è stato possibile prendere visione, nonostante il mio interessamento presso il suo predecessore, il quale, in mia presenza, ebbe a telefonare al Capo di Gabinetto del Ministro per averne copia ed ebbe la riposta evasiva che era stata inviata al prefetto di Perugia. E quando il Sottosegretario Carpano replicò che, indubbiamente, ci dovevano essere altre copie, rispose che non ve ne erano altre, che ne esisteva una sola e questa era stata inviata al prefetto di Perugia.

Esistono però altre relazioni, perché non soltanto vi è una inchiesta amministrativa, ma ne fu fatta anche una tecnico-sanitaria ordinata dall’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità, e ne fu fatta una dal Ministero della pubblica istruzione. Ora, io conosco tutte e due queste relazioni e ne conosco particolarmente le conclusioni; ed è per questo che io ho presentato l’interrogazione nei termini scritti perché il nesso tra la campagna iniziatasi contro gli amministratori dell’Opera pia di Perugia, le relazioni d’inchiesta e la vendita scandalosa di due proprietà dell’Opera pia stessa è evidente.

Onorevole Sottosegretario, io ho qui dinanzi agli occhi un codicillo riassuntivo di una delle due inchieste; e questo codicillo dice proprio così:

«Sulla base delle dichiarazioni dei rappresentanti dei vari partiti, della stampa cittadina, nonché delle personalità più in vista, si risale alle cause più o meno oscure della campagna stessa, il cui animatore è stato l’avvocato Mignini, tipo di mistico esaltato, ambizioso e facilmente suggestionabile.

«Tali causa si riassumono: 1°) nell’interesse degli acquirenti della tenuta dell’ospedale alienata nel 1942; e l’attuale amministrazione ha perseguito la rivendicazione di tali beni di grande valore, ed ha ottenuto il decreto del Capo dello Stato di annullamento dell’atto di compra-vendita; 2°) altra causa è l’ostilità dei direttori della clinica, i quali avevano sperato, con la nomina di un collega, il professore Severi, a Presidente del Consiglio di amministrazione dell’ospedale, di trarre maggiori vantaggi (dichiarazione del professor Borrino), mentre invece il Severi si è solo preoccupato di rimettere in ordine l’amministrazione e i servizi ospedalieri, eliminando ogni spreco e abuso, da qualunque parte venisse perpetrato».

È evidente, onorevole Sottosegretario, che qui c’è sotto qualche cosa che non è chiara; oppure che è troppo chiara. Se ella mi avesse risposto prima, io forse sarei stato in grado di darle anche allora gli elementi che posso esporre adesso all’Assemblea, e di impedire che si prendesse un provvedimento che non esito a definire scandaloso: lo scioglimento dell’amministrazione degli Ospedali riuniti di Perugia.

Come spiega lei, onorevole Sottosegretario, che la mia interrogazione è del 1° luglio, le mie sollecitazioni sono del 14 luglio – ed ella mi disse allora che non era in grado di rispondere perché non conosceva la relazione che non era ancora ultimata (mentre era compiuta fin dal marzo precedente) – e il fatto che il 12 luglio, forse a sua insaputa – perché se ne fosse stato a conoscenza il 14 me lo avrebbe detto – è stato emanato il decreto ministeriale di scioglimento dell’amministrazione degli ospedali, comunicato soltanto l’11 agosto dal prefetto di Perugia al Presidente dell’amministrazione predetta? Come spiega questo fatto così strano? Appare strano a noi, e deve apparire ancora più strano a lei, che non è stato informato a tempo dai suoi uffici, che questo decreto ministeriale era già stato deciso ed era stato già deliberato.

E allora, se io avessi potuto parlare prima, se avessi potuto prima esporre all’Assemblea che cosa c’è sotto la campagna contro gli amministratori dell’Opera pia di Perugia, io sono certo che ella, nella sua onestà (che io riconosco), avrebbe impedito che fosse stato preso un provvedimento di questo genere, che getta il sospetto su persone di probità indiscutibile e su scienziati noti e valorosi.

Onorevole Sottosegretario, lei certo sa che l’Opera pia di Perugia era proprietaria (e fortunatamente lo è ancora) – ed io prendo atto della sua dichiarazione di assistere il difensore dell’Ente – di due grandi tenute di circa 820 ettari appoderati in 50 colonie, sulla piana del Tevere. Queste due tenute si riallacciano alla tradizione francescana, perché furono donate da San Francesco all’Opera pia di Perugia perché fossero dedicate a luogo di ricovero per i lebbrosi di sovente visitati dal Santo. Orbene, queste due tenute costituiscono l’unica proprietà e l’unica risorsa dell’Opera pia di Perugia. Sa ella che, ad un determinato momento, nel 1942, ancora in regime fascista, queste due tenute di 820 ettari furono vendute per appena 19 milioni? Dopo vari interventi governativi, prima attraverso il famigerato Trinca Armati, fucilato al Nord, poi attraverso la società Silta del gruppo Vaselli-Ciano, esse furono acquistate, senza alcun sopraluogo (mentre il sopraluogo era stato fatto precedentemente da Vaselli) dal gruppo Caniati-Sonnino delle Bonifiche ferraresi.

Orbene, chi è uno di coloro che, particolarmente, hanno iniziato la campagna di diffamazione e di denigrazione contro gli amministratori dell’ospedale di Perugia? L’avvocato Fausto Andreani, che è uno dei difensori del gruppo Caniati-Sonnino.

Ecco la relazione, onorevole Sottosegretario, che esiste fra l’una e l’altra cosa!

Chi è l’altro che ha presentato un’interpellanza al Consiglio comunale per chiedere le dimissioni dell’amministrazione, che ha promosso un’agitazione popolare e che sui giornali ha iniziato contro gli stessi amministratori una campagna denigratoria?

L’avvocato Mignini di cui ho parlato prima, e che disgraziatamente è iscritto al suo partito, onorevole Sottosegretario.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Ve ne è di peggio, in tutti i partiti!

PRESIDENTE. Onorevole Vernocchi, cerchi di concludere.

VERNOCCHI. E bisognerebbe andare in fondo per vedere certi addentellati di parentele che esistono e che servono come filo conduttore per dimostrare come vi sia relazione fra la campagna denigratoria contro gli amministratori del pio Ente e la causa che pende presso il Consiglio di Stato, in opposizione al decreto del Capo dello Stato che riconsegna all’Opera pia le due tenute vendute nella maniera che io ho denunciata.

Io non voglio insistere maggiormente perché ella non ha elementi per rispondermi, mentre io ne ho molti a mia disposizione. Ma le voglio dire solo che nell’opera di diffamazione dei consiglieri di amministrazione dell’Opera pia hanno contribuito anche quei clinici e quei medici contro i quali si è espressa in maniera molto decisiva e avversa la relazione fatta per conto del Ministero della pubblica istruzione. E perché? Perché gli amministratori dell’Ospedale di Perugia volevano reprimere abusi e impedire il prolungarsi di disordini amministrativi. Alcuni clinici ed alcuni medici (non tutti) erano insofferenti di questa disciplina imposta e dei controlli che l’amministrazione aveva stabilito. Oh! se io dovessi leggervi le parti delle inchieste che trattano questo particolare argomento vedremmo come e quanto questi signori clinici e medici ne escono male! Ecco perché io ho presentato un’altra interrogazione al Ministro della pubblica istruzione; perché è necessario conoscere i provvedimenti che si intende adottare nei confronti di quei signori che hanno abusato della pubblica amministrazione.

Ma sapete cosa dice la relazione nei riguardi degli attuali amministratori che sono stati defenestrati nel modo da me denunciato? Ecco: «Conviene peraltro rilevare che dopo i disordini lasciati dagli eventi bellici nell’ospedale, l’attuale amministrazione ha cercato di organizzare i servizi anche se il programma non è stato completato nel breve periodo proposto».

Ora, io nego che si dovesse sciogliere l’amministrazione dell’ospedale, perché non c’era nessun elemento di accusa contro gli amministratori; ed io non mi dolgo con lei, ma mi dolgo con il suo Ministro che ha aderito al giuoco; perché si dice a Perugia che sia persino venuta una delegazione della Democrazia cristiana, capeggiata dal segretario locale, per impedire la pubblicazione dell’inchiesta amministrativa, allo scopo di salvare il prestigio politico del Partito! Si dicono molte cose ancora a Perugia ed il Ministro dell’interno avrebbe dovuto rendersi conto, prima, della verità dei fatti e poi provvedere; se così avesse fatto, io sono certo che avrebbe provveduto non contro gli onesti amministratori degli ospedali di Perugia, ma contro coloro che effettivamente hanno male amministrato la pubblica cosa.

Signori, perché non si è pubblicata la relazione? Perché si è trasferito il prefetto Peano che era favorevole alla pubblicazione? Perché il prefetto ispettore Tranchida, che ha fatto la relazione sanitaria, è stato collocato a riposo? Sono tutti interrogativi, onorevole Sottosegretario, che in questo momento vengono alla mia mente e che io espongo a lei. Fate luce fino in fondo, perché fino in fondo bisogna andare in questa faccenda che non è chiara e non è onesta.

Onorevole Sottosegretario, dica al suo Ministro che non si eleva il costume morale gettando il sospetto su uomini probi che hanno dato esempio di onestà in tutta la loro vita. Si fa il contrario anzi, perché si vengono a premiare indirettamente coloro che devono essere colpiti e che, invece, rimangono impuniti.

Orbene, io mi rivolgo alla sua personale onestà, da tutti noi conosciuta, perché il vento della calunnia che striscia e rimbalza, e non abbatte, no, ma col suo passaggio solleva la polvere della strada che si posa sugli animi e sulle coscienze, non cristallizzi la iniquità delle coscienze stesse. Questo chiedono gli onesti amministratori dell’ospedale di Perugia, questo chiede la cittadinanza di Perugia, questo vuole il popolo italiano. (Applausi a sinistra).

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Una semplice precisazione, anzitutto, sul ritardo della risposta; l’onorevole collega sa che il 14 luglio io ero pronto a rispondere. La risposta non ha potuto essere data semplicemente perché era trascorso il tempo destinato alle interrogazioni ed io sono stato lasciato in libertà come poc’anzi il Ministro dei lavori pubblici. Nell’uscire ho avuto il piacere d’incontrare l’onorevole Vernocchi che era più sorpreso di me dell’inclusione improvvisa di questa interrogazione nell’ordine del giorno. L’onorevole Vernocchi mi vorrà dare atto, quindi, che non ho proprio esercitato nessuna arte insidiosa per rispondere a settembre.

VERNOCCHI. Gliene do atto subito, perché riconosco la sua onestà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Quanto al testo della mia risposta, esso è perfettamente aderente al testo dell’interrogazione. Tutto quello che, ad illustrazione dell’interrogazione, l’onorevole interrogante ha creduto di poter dire, poteva formare oggetto di un’altra interrogazione alla quale io avrei risposto fornendo tutti quegli altri elementi che l’onorevole interrogante lamenta di non aver ricevuto oggi.

Ad ogni modo: quod differtur non aufertur. Onorevole interrogante, sono a sua disposizione.

PRESIDENTE. È così trascorso il tempo assegnato allo svolgimento delle interrogazioni.

Discussione del disegno di legge: Approvazione degli accordi commerciali e di pagamento stipulati a Roma, tra l’Italia e la Svezia, il 24 novembre 1945. (18).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Approvazione degli accordi commerciali e di pagamento stipulati a Roma, tra l’Italia e la Svezia, il 24 novembre 1945.

Dichiaro aperta la discussione generale. Non essendovi nessuno iscritto a parlare e nessuno chiedendo di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Questo disegno di legge consta del seguente articolo unico:

«Piena ed intera esecuzione è data agli accordi commerciali e di pagamento stipulati in Roma, tra l’Italia e la Svezia, il 24 novembre 1945.

«La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed ha effetto dal 1° dicembre 1945».

Sarà votato a scrutinio segreto nella seduta pomeridiana di domani.

Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali. (16).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del seguente disegno di legge: Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali.

Apro la discussione generale sopra questo disegno di legge.

Non essendovi nessuno iscritto a parlare e nessuno chiedendo di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Passiamo all’esame dei singoli articoli, che sarà fatto sul testo della Commissione.

Faccio presente che, dopo che la Commissione ebbe presentato la sua relazione ed i suoi emendamenti, il Governo ha presentato una serie di emendamenti che sono stati regolarmente sottoposti all’esame della Commissione. Io devo quindi chiedere alla Commissione, e per essa al Relatore, il parere sopra i singoli emendamenti.

L’articolo 1 è del seguente tenore:

«Sono elettori tutti i cittadini italiani che abbiano il godimento dei diritti civili e politici, abbiano compiuto il 21° anno di età e non si trovino in alcuna delle condizioni previste dall’articolo 2».

Il Governo ha proposto di sostituirlo col seguente:

«Sono elettori tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto il 21° anno di età e non si trovino in alcuna delle condizioni previste dall’articolo 2».

Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento proposto dal Governo. La nuova formulazione è più esatta. Non porta modificazioni di sostanza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 1 nella nuova formula proposta dal Governo.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 2:

«Non sono elettori:

1°) gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente;

2°) i commercianti falliti, finché dura lo stato di fallimento, ma non oltre cinque anni dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento;

3°) coloro che sono sottoposti alle misure di polizia del confino o dell’ammonizione, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

4°) coloro che sonò sottoposti a misure di sicurezza detentive a norma dell’articolo 215 del Codice penale o a libertà vigilata, finché durano gli effetti del provvedimento;

5°) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

6°) coloro che sono sottoposti all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

7°) in ogni caso i condannati per peculato, malversazione a danno di privati, concussione, corruzione, turbata libertà degli incanti, calunnia, falsa testimonianza, falso giuramento, falsa perizia o interpretazione, frode processuale, subornazione, patrocinio o consulenza infedele o altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico, millantato credito del patrocinatore, associazione per delinquere, devastazione e saccheggio, per delitti contro la incolumità pubblica, esclusi i colposi, per falsità in moneta, in carte di pubblico credito e in valori di bollo, falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento, falsità in atti, per delitti contro la libertà sessuale, esclusi quelli preveduti dagli articoli 522 e 526 del Codice penale, per offese al pudore e all’onore sessuale, per delitti contro la integrità e la sanità della stirpe, escluso quello preveduto dall’articolo 553, per il delitto d’incesto, per omicidio, lesioni personali non colpose gravi o gravissime, furto, eccettuati i casi previsti dall’articolo 626, primo comma, del Codice penale, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, per danneggiamento o appropriazione indebita nei casi pei quali si procede d’ufficio, truffa, fraudolenta distruzione della cosa propria e mutilazione fraudolenta della propria persona, circonvenzione di persone incapaci, per usura, frode in emigrazione, ricettazione e bancarotta fraudolenta, per i giuochi d’azzardo; per le contravvenzioni previste dal Titolo VII del testo unico della legge di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dalle disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 12 ottobre 1944, n. 323;

8°) i condannati per i reati previsti nel Titolo I del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, sulle sanzioni contro il fascismo e di cui all’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142, nonché i condannati per i reati previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 26 aprile 1945, n. 195, sulla punizione dell’attività fascista;

9°) i titolari dei locali di meretricio e i titolari di case da giuoco.

«Le disposizioni dei numeri 5, 6, 7 e 8 non si applicano se la sentenza di condanna è stata annullata o dichiarata priva di effetti giuridici, in base a disposizioni legislative di carattere generale, o se il reato è estinto per effetto di amnistia, o se i condannati sono stati riabilitati. Nel caso di amnistia, non può farsi luogo alla iscrizione nelle liste elettorali se non è intervenuta la declaratoria della competente Autorità giudiziaria».

Il Governo ha proposto di sostituire, al primo comma, il numero 9 col seguente:

«9°) i titolari dei locali di meretricio e i concessionari di case da giuoco».

Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo, nel suo progetto, non aveva incluso né i titolari, né i concessionari delle case da giuoco. Infatti, era sembrato al Governo di non potere istituire una identità morale tra i titolari delle case di meretricio ed i titolari delle case da giuoco, autorizzate. È noto quanta preoccupazione vi sia in ordine alle qualità personali di costoro; e la preoccupazione derivava anzitutto dalla considerazione che si tratta dell’unica figura di contravvenzione a tutta la materia disciplinata dal libro III del Codice penale, dalla quale si faccia discendere una sanzione di tanta gravità, ma soprattutto dallo scrupolo che non poteva non derivare al Governo per il fatto che questi concessionari, i quali dovrebbero essere esclusi dal diritto di voto, in realtà ripetono la concessione direttamente dallo Stato; dico direttamente, anche se sono i Comuni a darla; i Comuni la dànno, in quanto sono autorizzati espressamente da disposizioni tassative. Ad ogni modo, gli atti di concessione devono essere ratificati dal Ministero dell’interno.

Per queste ragioni era sembrato che il Ministero non potesse, da una parte, concedere una autorizzazione e, dall’altra, punire il concessionario, privandolo del diritto di voto, cioè classificandolo in una categoria di indegnità morale.

Questo viene detto per debito di coscienza.

Nel merito il Governo si rimette completamente alla decisione dell’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Al n. 4 sostituire le parole: sottoposti a misure di sicurezza detentive, a norma dell’articolo 215 del Codice penale, o a libertà vigilata» con le seguenti: «sottoposti a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata a norma dell’articolo 215 del Codice penale».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Si tratta di un semplice spostamento di un’espressione, che ritengo sarà accolto dalla Commissione, perché risponde allo spirito col quale la stessa Commissione ha leggermente modificato il testo del Governo, inserendovi il richiamo all’articolo 215 del Codice penale. La Commissione ha inserito la frase: «a norma dell’articolo 215 del Codice penale», dopo le parole: «a misure di sicurezza detentive». Siccome la libertà vigilata, di cui si parla, è pure una misura di sicurezza, sia pure non detentiva, preveduta dall’articolo 215, ed è a questa soltanto che la legge vuol riferirsi, mi pare opportuno che il richiamo «a norma dell’articolo 215» segua le parole «libertà vigilata» in modo da riferirsi ad entrambe: le misure di sicurezza detentive e la libertà vigilata, evitando qualsiasi pericolo di estensione o di interpretazione abusiva.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. Trattasi di un perfezionamento tecnico che la Commissione accetta.

COSATTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSATTINI. Al numero 9, per metterci in accordo con la legge di pubblica sicurezza, in luogo delle parole: «titolari dei locali di meretricio» si dovrebbe dire: «tenutari di case di meretricio».

PRESIDENTE. Onorevole Relatore, quale è il parere della Commissione?

UBERTI, Relatore. Per la Commissione l’emendamento non ha rilevanza.

PRESIDENTE. A differenza della parola «titolari», quella «tenutari» mantiene la loro figura al livello dovuto. Cosa ha da dire il Governo?

MARAZZA, Sottosegretario di Stato all’interno. Nessuna difficoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Mi rincresce per i proprietari di tenute agricole. (Si ride). Si confonde un po’ la cosa e si dà importanza particolare ad una frase che effettivamente non mi pare l’abbia. Nessuna difficoltà, peraltro, ad accettare la proposta fatta.

PRESIDENTE. L’emendamento al numero 9 dell’articolo 2 è del seguente tenore: «I tenutari dei locali di meretricio e i concessionari di case da giuoco».

CALDERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALDERA. Mi pare in sostanza che, moralmente, gli uni valgano gli altri, ma, dal punto di vista eminentemente soggettivo, differenza vi è ed io ritengo che sia bene non metterli tutti e due sotto il numero 9, ma fare due numeri: 9 e 10: nel primo si includerebbero i tenutari di case di tolleranza e nel secondo i concessionari di case da giuoco. Così si possono distinguere.

UBERTI, Relatore. Possiamo accettare.

PRESIDENTE. Allora pongo in votazione la proposta Caldera di formulare due numeri distinti:

(È approvata).

Pongo ai voti l’emendamento del Governo che risulta così modificato:

9°) «i tenutari dei locali di meretricio»; 10°) «i concessionari di case da gioco». (È approvato).

Pongo in votazione ora l’emendamento sostitutivo Perassi, al n. 4, che è del seguente tenore:

«sottoposti a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata, a norma dell’articolo 215 del Codice penale».

In sostanza, la nuova formula Perassi salva dal pericolo che questa libertà vigilata sia contemplata come ostativa del diritto elettorale anche in casi diversi da quelli dell’articolo 215 del Codice penale.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 2, che con gli emendamenti testé approvati, risulta così concepito:

«Non sono elettori:

1°) gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente;

2°) i commercianti falliti, finché dura lo stato di fallimento, ma non oltre cinque anni dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento;

3°) coloro che sono sottoposti alle misure di polizia del confino o dell’ammonizione, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

4°) coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata, a norma dell’articolo 215 del Codice penale;

5°) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

6°) coloro che sono sottoposti all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

7°) in ogni caso i condannati per peculato, malversazione a danno di privati, concussione, corruzione, turbata libertà degli incanti, calunnia, falsa testimonianza, falso giuramento, falsa perizia o interpretazione, frode processuale, subornazione, patrocinio o consulenza infedele o altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico, millantato credito del patrocinatore, associazione per delinquere, devastazione e saccheggio, per delitti contro la incolumità pubblica, esclusi i colposi, per falsità in moneta, in carte di pubblico credito e in valori di bollo, falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento, falsità in atti, per delitti contro la libertà sessuale, esclusi quelli preveduti dagli articoli 522 e 526 del Codice penale, per offese al pudore e all’onore sessuale, per delitti contro la integrità e la sanità della stirpe, escluso quello preveduto dall’articolo 553, per il delitto d’incesto, per omicidio, lesioni personali non colpose gravi o gravissime, furto, eccettuati i casi previsti dall’articolo 626, primo comma, del Codice penale, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, per danneggiamento o appropriazione indebita nei casi pei quali si procede d’ufficio, truffa, fraudolenta distruzione della cosa propria e mutilazione fraudolenta della propria persona, circonvenzione di persone incapaci, per usura, frode in emigrazione, ricettazione e bancarotta fraudolenta, per i giuochi d’azzardo; per le contravvenzioni previste dal Titolo VII del testo unico della legge di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dalle disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 12 ottobre 1944, n. 323;

8°) i condannati, per i reati previsti nel titolo I del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, sulle sanzioni contro il fascismo e di cui all’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142, nonché i condannati per i reati previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 26 aprile 1945, n. 195, sulla punizione dell’attività fascista;

9°) i tenutari dei locali di meretricio;

10°) i concessionari di case da gioco.

«Le disposizioni dei numeri 5, 6, 7 e 8 non si applicano se la sentenza di condanna è stata annullata o dichiarata priva di effetti giuridici, in base a disposizioni legislative di carattere generale, o se il reato è estinto per effetto di amnistia, o se i condannati sono stati riabilitati. Nel caso di amnistia, non può farsi luogo alla iscrizione nelle liste elettorali se non è intervenuta la declaratoria della competente Autorità giudiziaria».

(È approvato).

Passiamo al Titolo II:

DELLE LISTE ELETTORALI

Art. 3.

«Sono iscritti d’ufficio nelle liste elettorali i cittadini che, possedendo i requisiti per essere elettori e non essendo incorsi nella perdita definitiva o temporanea del diritto elettorale attivo, sono compresi nel registro della popolazione stabile del comune.

«Sono iscritti, altresì, coloro i quali compiano il 21° anno di età entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui hanno inizio le operazioni di revisione annuale delle liste e si trovino nelle condizioni di cui al comma precedente».

Lo metto in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 4:

«Le liste elettorali, distinte per uomini e donne, sono compilate in ordine alfabetico, in doppio esemplare ed indicano per ogni elettore:

  1. a) il cognome e nome e, per le donne coniugate o vedove, anche il cognome del marito;
  2. b) la paternità;
  3. c) il luogo e la data di nascita;

c-bis) il titolo di studio;

  1. d) la professione o il mestiere;
  2. e) l’abitazione o, quando l’elettore sia iscritto nelle liste a termini dell’articolo 10, il comune di residenza.

«Esse debbono essere autenticate, mediante sottoscrizione, dal presidente della Commissione elettorale comunale e dal segretario.

«Le liste elettorali sono permanenti. Salvo il disposto degli articoli 24 e 49, le liste non possono essere modificate se non per effetto della revisione annuale, alla quale si procede in conformità delle disposizioni del presente titolo».

All’articolo 4 il Governo ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, sostituire la lettera e) con la seguente:

  1. e) l’abitazione e, quando l’elettore sia iscritto nelle liste a termini dell’articolo 10, anche il comune di residenza».

Prego l’onorevole Relatore di volere esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione lo accetta, perché si rende più agevole il recapito del certificato elettorale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 4 che, nel suo complesso, risulta così formulato:

«Le liste elettorali, distinte per uomini e donne, sono compilate in ordine alfabetico, in doppio esemplare, ed indicano per ogni elettore:

  1. a) il cognome e nome e, per le donne coniugate o vedove, anche il cognome del marito;
  2. b) la paternità;
  3. c) il luogo e la data di nascita;

c-bis) il titolo di studio;

  1. d) la professione o il mestiere;
  2. e) l’abitazione e, quando l’elettore sia iscritto nelle liste a termini dell’articolo 10, anche il comune di residenza.

«Esse debbono essere autenticate, mediante sottoscrizione, dal presidente della Commissione elettorale comunale e dal segretario.

«Le liste elettorali sono permanenti. Salvo il disposto degli articoli 24 e 49, le liste non possono essere modificate se non per effetto della revisione annuale, alla quale si procede in conformità delle disposizioni del presente titolo».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 5:

«Presso ogni comune è istituito lo schedario elettorale, che è formato di una parte principale e di due compartimenti ed è tenuto in ordine alfabetico.

«Nella parte principale sono raccolte le schede degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune: i due compartimenti comprendono rispettivamente le schede di coloro che debbono essere cancellati dalle liste e quelle di coloro che debbono esservi iscritti.

«I due compartimenti dello schedario forniscono gli elementi per la revisione annuale delle liste e per le variazioni periodiche previste dall’articolo 24. Essi devono essere tenuti continuamente aggiornati sulla base delle risultanze dei registri dello stato civile, dell’anagrafe e degli atti e documenti della pubblica autorità inerenti alla capacità elettorale dei cittadini.

«Le schede eliminate dallo schedario elettorale devono essere conservate, previa stampigliatura, nell’archivio comunale per un periodo di cinque anni.

«La Giunta municipale verifica, almeno ogni tre mesi, ed in ogni caso nella prima quindicina di ottobre, la regolare tenuta dello schedario elettorale.

«Con decreto del Ministro per l’interno saranno emanate le norme per l’impianto e la tenuta dello schedario elettorale.

«Le spese per l’impianto dello schedario sono a carico dello Stato».

Chiedo al Governo se accetta il testo della Commissione.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Accetta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 5.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6:

«Entro il mese di ottobre di ciascun anno il sindaco, in base ai registri dello stato civile e dell’anagrafe e sulla scorta dello schedario elettorale, provvede alla compilazione di un elenco, in ordine alfabetico, distinto per uomini e donne, di coloro che sono o verranno a trovarsi nelle condizioni di cui all’articolo 3.

«In caso di distruzione totale o parziale o d’irregolare tenuta del registro di popolazione, vi suppliscono le indicazioni fornite dagli atti dello stato civile, dalle liste di leva e dai ruoli matricolari depositati nell’archivio comunale.

«Ove manchino anche tali indicazioni, può farsi ricorso a registri, atti e documenti in possesso di altri enti od uffici».

Il Governo ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Entro il mese di ottobre di ciascun anno il sindaco, in base ai registri dello stato civile e dell’anagrafe e sulla scorta dello schedario elettorale, provvede alla compilazione di un elenco, in ordine alfabetico, distinto per uomini e donne, di coloro che sono o verranno a trovarsi nelle condizioni di cui all’articolo 3 e che risultano compresi nel registro della popolazione stabile del comune alla data del 15 ottobre».

Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione lo accetta, perché è necessario stabilire un termine, fissato al 15 ottobre, uguale per tutti i comuni, in modo che le varie Commissioni non prendano date diverse.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 6 nel suo complesso, con l’emendamento approvato:

«Entro il mese di ottobre di ciascun anno il sindaco, in base ai registri dello stato civile e dell’anagrafe e sulla scorta dello schedario elettorale, provvede alla compilazione di un elenco, in ordine alfabetico, distinto per uomini e donne, di coloro che sono o verranno a trovarsi nelle condizioni di cui all’articolo 3 e che risultano compresi nel registro della popolazione stabile del comune alla data del 15 ottobre.

«In caso di distruzione totale o parziale o d’irregolare tenuta del registro di popolazione, vi suppliscono le indicazioni fornite dagli atti dello stato civile, dalle liste di leva e dai ruoli matricolari depositati nell’archivio comunale.

«Ove manchino anche tali indicazioni, può farsi ricorso a registri, atti e documenti in possesso di altri enti od uffici».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7:

«Entro il termine previsto dal primo comma dell’articolo precedente, il sindaco trasmette un estratto dell’elenco di cui al medesimo articolo, comprendente i nati nella circoscrizione di ciascun tribunale, al rispettivo ufficio del casellario giudiziale.

«Per coloro che abbiano ottenuto la cittadinanza italiana e per i cittadini italiani nati all’estero, l’estratto dell’elenco è trasmesso all’ufficio del casellario giudiziale presso il tribunale di Roma.

«L’ufficio del casellario, entro il mese di novembre, restituisce al comune l’estratto dell’elenco, previa apposizione dell’annotazione «Nulla» a fianco di ciascun nominativo per il quale non sussista alcuna iscrizione per reati che comportino la perdita della qualità di elettore ed allega, per gli altri nominativi, il certificato delle iscrizioni esistenti, osservato il disposto dell’articolo 609 del Codice di procedura penale».

Il Governo ha presentato i seguenti due emendamenti:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Entro il termine stabilito dal primo comma dell’articolo precedente, il sindaco trasmette un estratto dell’elenco ivi previsto, comprendente i nati nella circoscrizione di ciascun tribunale, all’ufficio del casellario giudiziale competente. Nell’elenco non sono compresi gli elettori immigrati da altri comuni».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«L’ufficio del casellario, entro il mese di novembre, restituisce al comune l’estratto dell’elenco, previa apposizione dell’annotazione «Nulla» per ciascun nominativo nei cui confronti non sussista alcuna iscrizione per reati che comportino la perdita della qualità di elettore ed allega, per gli altri nominativi, il certificato delle iscrizioni esistenti, osservato il disposto dell’articolo 609 del Codice di procedura penale».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. Domandiamo al Governo un chiarimento: quale è stato il motivo per cui alle parole: «all’ufficio del casellario giudiziario» si è aggiunta la parola: «competente»?

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di parlare.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. È sembrato che la formulazione fosse più precisa. Non esiste una ragione specifica, diversa da questa. È stato soltanto allo scopo di precisare. Si capisce che è il casellario giudiziario che deve avere la possibilità di rilasciare questi certificati.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Il Governo ha anche aggiunto, alla fine del primo comma: «Nell’elenco non sono compresi gli elettori immigrati da altri comuni».

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Questo emendamento avrebbe lo scopo di evitare che l’attestazione del casellario giudiziario venga nuovamente richiesta dagli elettori che si siano trasferiti dal comune. È per non fare due rilasci.

UBERTI, Relatore. Dopo questi chiarimenti, la Commissione accetta i due emendamenti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione i due emendamenti presentati dal Governo.

(Sono approvati).

Pongo in votazione l’articolo 7 così modificato:

«Entro il termine stabilito dal primo comma dell’articolo precedente, il sindaco trasmette un estratto dell’elenco ivi previsto, comprendente i nati nella circoscrizione di ciascun tribunale, all’ufficio del casellario giudiziale competente. Nell’elenco non sono compresi gli elettori immigranti da altri comuni.

«Per coloro che abbiano ottenuto la cittadinanza italiana e per i cittadini italiani nati all’estero, l’estratto dell’elenco è trasmesso all’ufficio del casellario giudiziale presso il tribunale di Roma.

«L’ufficio del casellario, entro il mese di novembre, restituisce al comune l’estratto dell’elenco, previa apposizione dell’annotazione «Nulla» per ciascun nominativo nei cui confronti non sussista alcuna iscrizione per reati che comportino la perdita della qualità di elettore ed allega, per gli altri nominativi, il certificato delle iscrizioni esistenti, osservato il disposto dell’articolo 609 del Codice di procedura penale».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 8:

«Entro il mese di novembre l’autorità provinciale di pubblica sicurezza trasmette alla segreteria del comune l’elenco dei cittadini italiani che si trovino sottoposti alle misure del confino o della ammonizione, nonché l’elenco dei titolari dei locali di meretricio.

«Tale disposizione si applica per coloro che abbiano compiuto il 21° anno di età o lo compiano entro il 30 aprile dell’anno successivo».

Il Governo ha proposto il seguente emendamento sostitutivo dal primo comma:

«Entro il mese di novembre l’autorità provinciale di pubblica sicurezza trasmette al comune l’elenco dei cittadini, che si trovino sottoposti alle misure del confino o della ammonizione, nonché l’elenco dei titolari dei locali di meretricio e dei concessionari di case da giuoco».

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Questa dizione deve essere riveduta in seguito alle modificazioni apportate all’articolo 2. Quindi si dovrà dire: «l’elenco dei tenutari dei locali di meretricio e dei concessionari delle case da giuoco».

PRESIDENTE. Poiché all’articolo 2 si è fatta una distinzione tra le due categorie, sarebbe opportuno dire: «l’elenco dei tenutari dei locali di meretricio e quello dei concessionari di case da giuoco».

UBERTI, Relatore. La Commissione è d’accordo.

PRESIDENTE. L’articolo 8 risulta pertanto così modificato:

«Entro il mese di novembre l’autorità provinciale di pubblica sicurezza trasmette al Comune l’elenco dei cittadini che si trovino sottoposti alle misure del confino o della ammonizione, nonché l’elenco dei tenutari dei locali di meretricio e quello dei concessionari di case da giuoco.

«Tale disposizione si applica per coloro che abbiano compito il 21° anno di età o lo compiano entro il 30 aprile dell’anno successivo».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9:

«Il primo novembre il sindaco, con avviso da affiggersi all’albo comunale ed in altri luoghi pubblici, invita tutti coloro che siano in possesso dei requisiti per ottenere la iscrizione nelle liste elettorali a farne domanda, entro il giorno 15 dello stesso mese.

«Nella domanda vanno indicati la paternità, il luogo e la data di nascita, la professione e l’abitazione; ad essa devono essere allegati i documenti comprovanti nel richiedente il possesso dei requisiti per essere elettore nel comune. Se il richiedente non ha l’abitazione nel comune, può indicare altresì in quale sezione elettorale intende essere iscritto. Se non è nato nel comune deve allegare il certificato di nascita.

«La domanda è sottoscritta dal richiedente. Nel caso che egli non sappia o non sia in grado di sottoscriverla per fisico impedimento, può fare la domanda in forma verbale, alla presenza di due testimoni, innanzi ad un notaio, o al segretario comunale o ad altro impiegato all’uopo delegato dal sindaco. Dell’atto è rilasciata attestazione al richiedente».

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Poiché all’articolo 4 si è aggiunto il titolo di studio, sarebbe bene aggiungerlo anche qui, dicendo: «la paternità, il titolo di studio, ecc.». Così pure alla «professione» bisognerebbe aggiungere: «mestiere».

PRESIDENTE. Sta bene; il secondo comma risulterebbe allora così modificato:

«Nella domanda vanno indicati la paternità, il luogo e la data di nascita, il titolo di studio, la professione o mestiere e l’abitazione; ad essa devono essere allegati i documenti comprovanti nel richiedente il possesso dei requisiti per essere elettore nel Comune. Se il richiedente non ha l’abitazione nel Comune deve indicare altresì in quale sezione elettorale intenda essere iscritto. Se non è nato nel Comune deve allegare il certificalo di nascita».

Lo metto in votazione.

(È approvato – Si approva l’articolo così modificato).

Passiamo all’articolo 10:

«Chi è iscritto nelle liste elettorali di un Comune può chiedere di rimanervi, nonostante abbia trasferito la propria residenza in altro Comune ed ottenuto la iscrizione nel relativo registro della popolazione stabile. A tal fine, entro 15 giorni dal trasferimento della residenza, invia al sindaco del Comune nelle cui liste intende di mantenere l’iscrizione, apposita domanda della quale il sindaco stesso dà immediata notizia al sindaco dell’altro Comune.

«Chi, pur non avendovi la residenza, intenda essere iscritto nelle liste elettorali del Comune di nascita o del Comune dove ha la sede principale dei propri affari od interessi deve, entro il termine previsto dal primo comma dell’articolo precedente, presentare domanda al sindaco unendovi la dichiarazione del Comune di residenza attestante l’avvenuta rinuncia alla iscrizione nelle liste di quel Comune.

«Alle domande di cui sopra si applica il disposto dell’ultimo comma dell’articolo precedente.

«Le domande ed i documenti annessi devono essere presentati nella segreteria comunale ed il segretario, all’atto della presentazione, ne rilascia ricevuta con l’indicazione dei documenti allegati.

«Per i cittadini di cui al presente articolo ed a quello precedente, non compresi nell’elenco di cui all’articolo 6, il Comune richiede il certificato del casellario giudiziale, a norma dell’articolo 7, entro il 20 novembre. Il casellario provvede al relativo rilascio entro il 10 dicembre».

Il Governo ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’ultimo comma col seguente: «Per i cittadini di cui al presente articolo ed a quello precedente, non compresi nell’elenco prescritto dall’articolo 6, il sindaco richiede, entro il 20 novembre, tranne per coloro che siano già elettori, il certificato dell’ufficio del casellario giudiziale, che provvede al rilascio non oltre il 10 dicembre».

Invito l’onorevole Relatore a pronunciarsi al riguardo.

UBERTI, Relatore. La Commissione lo accetta perché è un perfezionamento di forma.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 10 con questo emendamento.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 11:

«I cittadini emigrati all’estero, purché in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, possono chiedere di essere iscritti nelle liste elettorali o di esservi reiscritti se già cancellati o di conservare la iscrizione se ancora compresi nelle liste, anche quando siano stati cancellati dal registro della popolazione stabile.

«La domanda, da inoltrare per tramite della competente autorità consolare, deve pervenire, entro il 15 novembre, al sindaco del comune di nascita o del comune nelle cui liste il richiedente risultava iscritto all’atto della partenza. Della ricezione della domanda e della decisione della Commissione elettorale mandamentale il comune dà notizia all’interessato per mezzo della predetta autorità.

«Per gli emigrati che domandano la iscrizione o la reiscrizione nelle liste, il comune richiede il certificato del casellario giudiziale entro il termine di cui all’ultimo comma dell’articolo precedente.

«Della qualità di emigrato è fatta apposita annotazione nelle liste generali e sezionali e nello schedario elettorale».

Il Governo ha presentato il seguente emendamento.

«Sostituire il secondo comma col seguente:

La domanda, da inoltrare per tramite della competente autorità consolare, deve pervenire, entro il 15 novembre, al sindaco del comune di nascita o del comune nelle cui liste il richiedente risultava iscritto all’atto della partenza. Della ricezione della domanda il sindaco dà notizia all’interessato, per mezzo della predetta autorità. Per lo stesso tramite notifica all’interessato le decisioni delle Commissioni elettorali comunale e mandamentale».

Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta anche questo emendamento, in quanto che si tratta anche qui di un perfezionamento formale consistente nella sostituzione della parola «comune» con quella di «sindaco».

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emenda del Governo.

(È approvato).

Metto in votazione l’articolo 11 con quest’emendamento.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 12:

«Entro il mese di ottobre di ciascun anno il Consiglio comunale elegge, nel proprio seno, una Commissione per la revisione delle liste elettorali. L’elezione non è valida se non interviene la metà del numero dei consiglieri.

«La Commissione è costituita di quattro componenti effettivi e quattro supplenti nei comuni il cui Consiglio ha da 15 a 30 membri, di sei componenti effettivi e sei supplenti in quelli il cui Consiglio ha da 40 a 50 membri, di otto componenti effettivi ed otto supplenti negli altri comuni.

«Nella Commissione deve essere rappresentata la minoranza.

«A tale effetto, per la elezione dei componenti effettivi nei comuni il cui Consiglio non ha più di 30 membri, ciascun consigliere scrive nella propria scheda un nome e sono proclamati eletti coloro che hanno raccolto il maggior numero di voti, purché non inferiore a tre.

«Nei comuni il cui Consiglio ha da 40 a 50 membri, ogni consigliere dispone di quattro voti che può assegnare a quattro candidati diversi ovvero ad un numero inferiore di candidati o concentrarli anche su uno solo. Sono proclamati eletti coloro che hanno raccolto il maggior numero di voti, purché non inferiore ad otto.

«Nei comuni il cui Consiglio ha da 60 ad 80 membri ogni consigliere dispone di sei voti e la elezione si effettua con le modalità di cui al precedente comma. Sono proclamati eletti coloro che hanno raccolto il maggior numero di voti, purché non inferiore a dodici.

«A parità di voti è proclamato eletto l’anziano di età.

«Il sindaco non prende parte alla votazione.

«Con votazione separata e con le stesse modalità, si procede alla elezione dei membri supplenti. Questi prendono parte alle operazioni della Commissione soltanto se mancano i componenti effettivi, e in corrispondenza delle votazioni con le quali gli uni e gli altri sono risultati eletti dal Consiglio comunale.

«La Commissione è presieduta dal sindaco.

«Per la validità delle riunioni della Commissione è richiesto l’intervento della metà più uno dei componenti.

«Le funzioni di segretario della Commissione sono esercitate dal segretario comunale.

«Se il Consiglio comunale, nell’epoca indicata nel primo comma, è sciolto, i componenti eletti per l’anno precedente restano in carica sotto la presidenza del Commissario prefettizio e, avvenuta la nomina del sindaco, sotto la presidenza di questo».

A questo articolo il Governo ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Entro il mese di ottobre di ogni biennio il Consiglio comunale elegge, nel proprio seno, una Commissione per la revisione delle liste elettorali. L’elezione non è valida se non interviene la metà del numero dei consiglieri».

Invito l’onorevole Relatore a pronunciarsi a nome della Commissione.

UBERTI, Relatore. Alla Commissione l’emendamento sembra opportuno, in quanto che si arriva in questo modo ad utilizzare meglio le esperienze già fatte nel primo anno di attività da parte dei membri della Commissione.

COSATTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSATTINI. L’ultima parte del primo comma: «L’elezione non è valida se non interviene la metà del numero dei consiglieri», mi sembra superflua e proporrei di toglierla.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Sembra a prima vista dizione superflua. Ma in realtà non lo è, perché ci sono delle situazioni nelle quali, in caso di seconda convocazione, la seduta può esser valida anche con un minor numero di presenti. La formula rappresenta una garanzia maggiore per tutte le parti politiche. Non vedo che vi sia alcun male a lasciare l’inciso.

PRESIDENTE. Il suo emendamento, onorevole Cosattini, mi sembra che porterebbe a questo: che questa nomina non si potrebbe far altro che in sedute valide di prima convocazione, e non potrebbe mai avvenire in sedute di seconda convocazione.

MICHELI, Presidente della Commissione. Questo non è detto: quindi c’è la necessità di lasciare il testo come proposto.

PRESIDENTE. Non mi sono spiegato bene: io facevo presente all’onorevole Cosattini la portata del suo emendamento

COSATTINI. Ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo si voti l’emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 12 con quest’emendamento.

(È approvato).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Desideravo sapere dalla Commissione se c’è qualche articolo che provveda per i cittadini nati all’estero, perché qui si parla con precisione dei cittadini emigrati all’estero; ma il figlio di padre italiano nato all’estero, i cittadini italiani tutti nati all’estero hanno diritto di essere elettori in Italia. Domando se la loro posizione è prevista e regolata in qualche parte del progetto di legge.

UBERTI, Relatore. È considerato emigrato, in quanto figlio di un emigrato.

PRESIDENTE. Senza entrare in merito a questo argomento, che non è attinente a questo articolo ormai approvato, se ella, onorevole Fabbri, volesse presentare degli emendamenti aggiuntivi, ha tutto il tempo a sua disposizione fino all’approvazione totale della legge.

Dobbiamo ora esaminare congiuntamente gli articoli 13 e 14, poiché il Governo ha proposto di fonderli in un solo articolo.

Art. 13.

«Trascorso il termine di cui al primo comma dell’articolo 9 e non oltre il 15 dicembre, la Commissione comunale procede alla formazione, in ordine alfabetico, dei tre elenchi separati per la revisione delle liste, previsti dall’articolo seguente.

«Gli elenchi, in duplice copia, devono essere distinti per uomini e donne».

Art. 14.

«Nel primo elenco la Commissione comunale propone l’iscrizione di coloro i quali risultino in possesso dei requisiti per ottenere l’iscrizione nelle liste elettorali, tanto se siano compresi nell’elenco di cui all’articolo 6, quanto se abbiano presentato domanda a termini degli articoli 9, 10 e 11. Accanto a ciascun nominativo va apposta un’annotazione indicante il titolo ed i documenti per i quali l’iscrizione è proposta, e se per domanda dell’interessato o d’ufficio.

«Nel secondo elenco la Commissione propone la cancellazione di coloro che sono incorsi nelle incapacità di cui ai nn. 3 e 9 dell’articolo 2 e di coloro che hanno rinunziato all’iscrizione nelle liste del comune a norma del secondo comma dell’articolo 10.

«Nel terzo elenco sono segnati i nominativi di coloro le cui domande d’iscrizione non sono state accolte, con l’indicazione a fianco dei motivi del diniego».

L’emendamento proposto dal Governo è il seguente:

Art. 13.

«Fonderlo con l’articolo 14 nel testo seguente:

«Non oltre il 15 dicembre, la Commissione comunale procede alla formazione, in ordine alfabetico, di tre elenchi separati per la revisione delle liste.

«Gli elenchi, in duplice copia, devono essere distinti per uomini e donne.

«Nel primo elenco la Commissione comunale propone l’iscrizione di coloro i quali risultino in possesso dei requisiti per ottenere la iscrizione nelle liste elettorali, tanto se siano compresi nell’elenco di cui all’articolo 6, quanto se abbiano presentato domanda ai termini degli articoli 9, 10 e 11. Accanto a ciascun nominativo va apposta un’annotazione indicante il titolo ed i documenti per i quali l’iscrizione è proposta, e se per domanda dell’interessato o d’ufficio.

«Nel secondo elenco la Commissione propone la cancellazione di coloro che sono incorsi nelle incapacità di cui ai nn. 3 e 9 dell’articolo 2 e di coloro che hanno rinunziato all’iscrizione nelle liste del comune a norma del secondo comma dell’articolo 10.

«Nel terzo elenco sono segnati i nominativi di coloro le cui domande d’iscrizione non sono state accolte, con l’indicazione a fianco dei motivi del diniego».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento, perché i termini sono tutti collegati l’uno con l’altro.

PRESIDENTE. Metto in votazione il nuovo articolo 13, che risulta dalla fusione dei due articoli 13 e 14.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 15:

«Di tutte le operazioni compiute dalla Commissione comunale per la revisione delle liste elettorali il segretario redige, su apposito registro, il verbale che è sottoscritto dai membri della Commissione presenti alla seduta e dal segretario. Quando le deliberazioni della Commissione non siano concordi, il verbale deve recare l’indicazione del voto di ciascuno dei componenti e delle ragioni addotte anche dai dissenzienti».

Lo pongo ai voti.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 16:

«Entro il 31 dicembre il sindaco invita, con manifesti da affiggersi all’albo comunale e in altri luoghi pubblici, chiunque intenda proporre ricorsi contro gli elenchi, a presentarli non oltre il 15 gennaio con le modalità di cui al successivo articolo 18.

«Durante questo periodo, un esemplare di ciascuno degli elenchi firmato dal presidente della Commissione comunale e dal segretario, deve rimanere depositato nell’ufficio comunale, insieme con i titoli e documenti relativi a ciascun nominativo e con le liste elettorali dell’anno precedente. Ogni cittadino ha diritto di prenderne visione.

«Il sindaco notifica al prefetto della provincia l’avvenuta affissione del manifesto».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 17:

«La pubblicazione prescritta dall’articolo precedente tiene luogo di notificazione nei confronti di coloro dei quali la Commissione comunale ha proposto l’iscrizione nelle liste elettorali.

«A coloro la cui domanda d’iscrizione non sia stata accolta, o che non siano stati inclusi nel primo elenco di cui all’articolo 14 per essere incorsi in una delle incapacità previste dall’articolo 2, il sindaco notifica per iscritto la decisione della Commissione comunale, indicandone i motivi, non oltre dieci giorni dalla pubblicazione degli elenchi. La decisione della Commissione è notificata anche a coloro dei quali sia stata proposta la cancellazione dalle liste.

«La notificazione è eseguita per mezzo degli agenti comunali, che devono chiedere il rilascio di apposita ricevuta. In mancanza di ricevuta, l’attestazione degli agenti circa l’avvenuta notificazione fa fede fino a prova in contrario».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 18:

«Ogni cittadino, nel termine indicato nell’articolo 16, può ricorrere alla Commissione elettorale mandamentale contro qualsiasi iscrizione, cancellazione, diniego di iscrizione od omissione di cancellazione negli elenchi proposti dalla Commissione comunale.

«I ricorsi possono essere anche presentati nello stesso termine al sindaco che, per mezzo del segretario comunale, ne rilascia ricevuta e li trasmette alla Commissione elettorale mandamentale.

«Il ricorrente che impugna un’iscrizione deve dimostrare di aver fatto eseguire la notificazione del ricorso alla parte interessata, entro i cinque giorni successivi alla presentazione, per mezzo di ufficiale giudiziario di pretura o di usciere dell’ufficio di conciliazione.

«La parte interessata può, entro cinque giorni dall’avvenuta notificazione, presentare un contro-ricorso, eventualmente corredato da documenti, alla stessa Commissione elettorale mandamentale, che ne rilascia ricevuta».

Il Governo ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«I ricorsi possono essere anche presentati nello stesso termine al comune, che ne rilascia ricevuta».

Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. Accettiamo le nuove proposte del Governo: però la Commissione chiede che rimanga l’ultima frase: «e li trasmette alla Commissione elettorale mandamentale». È una norma implicita, ma la Commissione ritiene opportuno che sia mantenuta esplicitamente per maggiore chiarezza.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Accetto di mantenere questa ultima indicazione.

PRESIDENTE. L’emendamento del Governo viene quindi completato dalle parole: «e li trasmette alla Commissione elettorale mandamentale».

Pongo in votazione l’emendamento nella formula testé letta.

(È approvato).

Il Governo ha presentato inoltre il seguente emendamento:

«Aggiungere, in fine, i seguenti commi:

«Per i cittadini emigrati all’estero il ricorso dev’essere presentato, non oltre il trentesimo giorno dalla data della notificazione della decisione della Commissione comunale.

«Se la presentazione del ricorso avviene per mezzo dell’autorità consolare, questa ne cura l’immediato inoltro alla Commissione mandamentale competente».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Io confesso di non avere esaminato il tecnicismo del progetto di legge e quindi avevo chiesto una spiegazione alla Commissione. Ma faccio presente che in una seduta quasi plenaria della Costituente fu dibattuta lungamente la questione se i cittadini residenti all’estero potessero addirittura aver diritto di votare all’estero, e solo per ragioni di opportunità fu escluso; ma risultò essere desiderio di tutti, e fu formulato il voto generale del mantenimento di questo collegamento fra i cittadini italiani all’estero e gli organi politici italiani, nel senso che i cittadini tutti, residenti all’estero, potessero recarsi in Italia per esercitare di fatto il loro diritto di voto.

Ora mi pare che questa precisa condizione che l’italiano emigrato all’estero, per essere iscritto nelle liste degli elettori, debba indicare il Comune da dove emigrò, porti alla conseguenza che tutti i nati all’estero – cittadini italiani o perché di padre italiano o per tutti gli altri motivi per cui viene attribuita dalla nostra legge in materia la cittadinanza italiana – non hanno la possibilità di trovare il Comune dove possono presentare questa documentazione per conservare l’elettorato attivo quale manifestazione ed estrinsecazione del loro diritto di cittadini italiani, tuttora permanente.

PRESIDENTE. La discussione a cui ella si riferisce mi sembra che sia avvenuta in tema di diritto elettorale politico, non amministrativo.

FABBRI. Ma questo progetto di legge concerne tutto l’elettorato attivo; assorbe l’uno e l’altro.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. La questione sollevata in sede di discussione della nuova Costituzione, in materia di diritti politici, era un’altra; si trattava di dare a tutti i cittadini italiani all’estero il diritto di voto e che questo voto potesse essere dato all’estero, senza rientrare in patria. Il problema non è stato possibile risolverlo in tali termini. Ora invece la questione fatta dall’onorevole Fabbri è che non solo gli emigrati, ma anche i figli degli emigrati, possano chiedere l’iscrizione nelle liste elettorali del Comune di origine in patria. Mi sembra che la soluzione sia indubbia; solo è necessario che i cittadini emigrati, ed in questi sono compresi anche i figli di emigrati, perché seguono per la legge civile la condizione dei loro padri, facciano una domanda, che si iscrivano, non in una lista all’estero, ma nella lista del paese da cui provengono.

L’onorevole Fabbri vuol esser tranquillo che i figli degli emigrati all’estero abbiano gli stessi diritti dei cittadini italiani nati in Italia. A me sembra evidente, fino a che siano cittadini italiani, che la Costituzione pone solo questo requisito.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà..

FABBRI, Io trovo che il primo articolo della legge è chiarissimo e non sollevo il dubbio che suppone l’onorevole Uberti. Io mi preoccupo che nelle modalità esecutive, per tradurre in atto l’esercizio di questo diritto astratto, si parli sempre del cittadino emigrato all’estero. L’onorevole Uberti completa dicendo che il figlio segue la condizione del padre. Ora io mi chiedo se un figlio o nipote di italiano, residente da anni negli Stati Uniti, può presentare il certificato di emigrazione che si riferisca a suo padre o a suo nonno per essere egli iscritto nelle liste in Italia. L’affermativa è un’opinione personale dell’onorevole Uberti. Il certificato è personale e quindi mi rimetto alla Commissione per il chiarimento più opportuno da introdurre nel progetto di legge.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Qui si tratta solo del problema di come organizzare il voto dell’emigrato all’estero, non si tratta cioè di stabilire se il figlio del cittadino emigrato all’estero è cittadino italiano. Si segue quella che è la legge della cittadinanza italiana e noi non siamo qui in tema di modifica di questa legge.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. La questione che propone l’onorevole Fabbri è importante sotto l’aspetto delle particolari modalità occorrenti, le quali, se non sono specificate chiaramente, possono effettivamente domani portare qualche remora nel raggiungimento di questo diritto particolare. Io, pur essendo d’accordo col Relatore nella tesi esposta, che in fondo il figlio del cittadino italiano nato all’estero è italiano e quindi ha i medesimi diritti, trovo però opportuno per tante ragioni ed anche per la risonanza che può avere una doverosa nostra preoccupazione di facilitare coloro che volessero restare elettori nella patria d’origine, che questo sia chiarito. Quindi io proporrei di sospendere momentaneamente questa parte, ed in sede di coordinamento dei vari articoli che a questa questione si riferiscono, cercheremo di proporre una particolare formulazione la quale tenga presente le argomentazioni dell’onorevole Fabbri, sia pure tenendo ferma la tesi sostenuta dal nostro Relatore.

PRESIDENTE. Ella propone di tenere in sospeso l’approvazione dell’articolo?

MICHELI, Presidente della Commissione. Accordiamoci intanto ad un criterio di riserva, di sospensione, in modo che in sede di coordinamento ci sia il modo di potere accontentare l’onorevole Fabbri con qualche disposizione aggiuntiva che non è bene adesso improvvisare, perché improvvisare in questo caso è evidentemente non opportuno e certo non consigliabile.

Noi nella discussione di domani potremmo avere qualche maggiore elemento. Diamo una occhiata alla situazione magari insieme all’onorevole Fabbri e potremmo presentare, se del caso, un emendamento o fare una dichiarazione che possa consentire alla legge quella interpretazione che sia conforme al principio sostenuto dall’onorevole Fabbri.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Avevo chiesto di parlare prima che parlasse l’onorevole Presidente della Commissione. Avendo egli proposto che su questo punto vi sia una sospensione per modo che il problema sia esaminato, non ho ragione d’insistere. Mi limito ad aderire all’osservazione dell’onorevole Fabbri. In realtà qui c’è una lacuna perché le disposizioni del progetto di legge non prevedono l’ipotesi del cittadino italiano nato e residente all’estero. Questi cittadini, secondo il sistema attuale, non sarebbero iscritti di ufficio perché non hanno la residenza stabile in Italia, né nella legge è indicato a quale Comune essi potrebbero far domanda d’iscrizione. Esiste quindi il problema. Ritengo, perciò, molto opportuna la proposta del Presidente della Commissione di riesaminare la questione in modo da poter formulare proposte concrete.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Siamo all’articolo 18. Qui si parla soltanto dei ricorsi; ma secondo me oltre che tenere sospeso questo comma, – anzi bisognerebbe riordinare tutto l’articolo – occorre tener presente l’articolo 11, perché quella è la sede nella quale si dovrà inserire la richiesta fatta dall’onorevole Fabbri. È nell’articolo 11 che si deve fare l’aggiunta oltre che farla nell’articolo 18 che parla dei ricorsi.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Riterrei opportuno approvare ugualmente l’articolo, salvo studiare una aggiunta, se si rivelasse necessaria.

PRESIDENTE. Allora non occorre prendere in questo momento nessuna deliberazione. La questione si potrà ripresentare e risolvere con norme da coordinarsi con l’articolo 11.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Presidente della Commissione. L’onorevole Relatore dice: «Approvare salvo». Va bene: quando c’è un «salvo» è evidente che c’è una sospensione, una riserva nel testo che si approva. È quindi la medesima cosa. Se l’Assemblea crede di rinviare si avrà maggiore libertà di manovra; diversamente è lo stesso. Noi possiamo approvare colla riserva di poter esaminare la questione alla quale ha dato origine l’osservazione dell’onorevole Fabbri, cui si è associato l’onorevole Perassi, che esso pure ha messo in rilievo la particolare importanza che effettivamente essa può rivestire. Questo lo faremo in modo che prima della chiusura della discussione, la Commissione porti, o d’accordo con gli onorevoli proponenti, un testo il quale consenta l’eventuale riforma dell’articolo 11 e degli altri articoli che a questo hanno riferimento, oppure, se andrà in diversa sentenza, ne esporrà le ragioni ed allora l’Assemblea deciderà.

In questa forma non mi oppongo perché si tratta di un’approvazione condizionata. L’Assemblea stabilisce il riesame della questione.

PRESIDENTE. Il testo si approva così come è, con l’intesa che al momento opportuno si tornerà sulla proposta dell’onorevole Fabbri in base alle proposte della Commissione.

DE MICHELIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE MICHELIS. Si tratta di una precisazione: vale addire, nell’articolo 11 dove si dice: «I cittadini emigrati all’estero», propongo che si aggiunga: «e i loro figli che hanno conservato il diritto di cui all’articolo 1».

PRESIDENTE. L’onorevole Presidente della Commissione ha detto: si approvi l’articolo nella formula attuale, intendendo che questa approvazione non chiude la strada all’inclusione della norma suggerita dall’onorevole Fabbri, anzi dichiarando che la Commissione è la prima a riconoscere la necessità di esaminare la questione.

Onorevole Fabbri, è soddisfatto di questa soluzione?

FABBRI. Io sono soddisfattissimo; ma vorrei precisare che non ho mai dubitato della tesi principale, cui si riferiscono le risposte che mi sono state date.

All’articolo 1 si riconosce il diritto a tutti i cittadini; ma, quando si regola il modo in cui i cittadini possono farsi inscrivere nelle liste elettorali, si stabiliscono tali modalità, per cui i cittadini nati all’estero non hanno nessun modo di inscriversi in nessun Comune o lista.

CALDERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALDERA. Si potrebbe giungere senza altro ad una soluzione dicendo: «i cittadini residenti all’estero»; così superiamo le difficoltà derivanti dalla dizione «nati da genitori italiani residenti all’estero».

La locuzione «emigrati» comporta una valutazione diversa, vale a dire la condizione degli italiani che risiedono fuori del confine. Adoperando la dizione «i cittadini residenti all’estero» superiamo tutte le difficoltà. Vi entrano non solo i genitori, ma anche i figli di coloro, che hanno facoltà di dichiarare che conservano la cittadinanza italiana.

PRESIDENTE. L’onorevole Caldera propone di risolvere la questione sin da ora, sostituendo alla parola «emigrati» la parola «residenti all’estero».

Il Presidente della Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere.

MICHELI, Presidente della Commissione. La proposta dell’onorevole Caldera è importantissima, più di quello che non risulti dalla parola stessa, inquantoché può avere anche delle interferenze di ben altro genere. Abbiamo già sentito questo accenno in altre discussioni e ne abbiamo anche discusso nella Commissione. Quindi, teoricamente, io accederei alla proposta Caldera, che è semplice e precisa; però, non è scevra di difficoltà. Ad ogni modo anche per questo, rinasce l’opportunità di rinviare l’esame della questione, nel senso detto prima; cioè: approviamo, riservandoci il riesame, nel quale, se del caso, riprenderemo tutti i punti relativi alla questione. Si capisce che, se noi entriamo nel concetto espresso dall’onorevole Caldera, e questo mi pare possa essere, allora cominceremo col proporre l’emendamento dell’articolo 1, poi all’articolo 11 ed agli altri che all’articolo in discussione hanno riferimento. Sarà tutto un lavoro di coordinamento che la Commissione farà. Ma essa in questo momento non si sente di improvvisare, perché l’argomento ha evidenti interferenze la cui importanza ci può momentaneamente anche sfuggire.

Pertanto la Commissione chiede il rinvio alla prossima seduta, alla quale faremo una proposta concreta. Così saremo più sicuri di dettare norme chiare e sicure, come è necessario sempre, ma particolarmente in una materia di questo genere.

PRESIDENTE. Quindi la proposta confermata dall’onorevole Presidente della Commissione è di procedere alla votazione di questo articolo, con la riserva che la Commissione ripresenterà la questione all’Assemblea, in sede di coordinamento.

CALDERA. Nell’occasione prego di togliere quel «Per», con cui inizia il comma; è orribile.

PRESIDENTE. La forma si potrà rivedere in sede di coordinamento, senza bisogno di ricorrere alla revisione da parte di un letterato.

MICHELI, Presidente della Commissione. Basterà che il nostro Presidente la risciacqui in Arno. (Si ride).

PRESIDENTE. Pongo ai voti il secondo emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 18 con le modificazioni del Governo e con la riserva illustrata dal Presidente della Commissione:

«Ogni cittadino, nel termine indicato nell’articolo 16, può ricorrere alla Commissione elettorale mandamentale contro qualsiasi iscrizione, cancellazione, diniego di iscrizione od omissione di cancellazione negli elenchi proposti dalla Commissione comunale.

«I ricorsi possono essere anche presentati nello stesso termine al Comune, che ne rilascia ricevuta.

«Il ricorrente che impugna un’iscrizione deve dimostrare di aver fatto eseguire la notificazione del ricorso alla parte interessata, entro i cinque giorni successivi alla presentazione, per mezzo di ufficiale giudiziario di pretura o di usciere dell’ufficio di conciliazione.

«La parte interessata può, entro cinque giorni dall’avvenuta notificazione, presentare un contro-ricorso, eventualmente corredato da documenti, alla stessa Commissione elettorale mandamentale, che ne rilascia ricevuta.

«Per i cittadini emigrati all’estero il ricorso dev’essere presentato, non oltre il trentesimo giorno dalla detta notificazione della decisione della Commissione comunale.

«Se la presentazione del ricorso avviene per mezzo dell’autorità consolare, questa ne cura l’immediato inoltro alla Commissione mandamentale competente.

(È approvato)

Passiamo all’articolo 19:

«In ogni comune capoluogo di mandamento giudiziario è istituita una Commissione elettorale mandamentale, presieduta dal presidente del tribunale, nelle sedi ove esista, o dal pretore nelle altre sedi e composta di quattro commissari, di cui uno nominato dal prefetto e tre dalla Deputazione provinciale. Il commissario di nomina prefettizia è scelto tra i dipendenti dello Stato di gruppo A o, in mancanza, di gruppo B, in attività di servizio o a riposo; nel capoluogo della Provincia la nomina è fatta tra i funzionari di prefettura di grado non inferiore all’VIII.

«I commissari, la cui nomina spetta alla Deputazione provinciale, sono scelti fra gli elettori dei comuni del mandamento estranei all’amministrazione dei comuni medesimi, sempreché abbiano adempiuto almeno all’obbligo dell’istruzione elementare e non siano dipendenti civili o militari dello Stato, né dipendenti della provincia, dei comuni e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza in attività di servizio.

«La Deputazione provinciale nomina, altresì, tre commissari supplenti, che sostituiscono quelli effettivi in caso di assenza o di legittimo impedimento.

«Qualora la circoscrizione di un mandamento giudiziario comprenda comuni di più provincie, i prefetti delle provincie interessate possono determinare, con propri decreti, la competenza territoriale delle Commissioni elettorali in maniera che essa sia esercitata nell’ambito di una sola provincia.

«Analogamente i prefetti, quando la situazione dei luoghi lo consigli, hanno facoltà di determinare, con proprio decreto, la competenza territoriale della Commissione elettorale mandamentale in difformità della circoscrizione giudiziaria.

«I provvedimenti di cui ai due comma precedenti son adottati d’intesa con i primi presidenti delle Corti d’appello competenti per territorio.

«Nei mandamenti che abbiano una popolazione superiore ai 50.000 abitanti possono essere costituite Sottocommissioni elettorali in proporzione di una per ogni 50.000 abitanti o frazione di 50.000. Possono essere egualmente costituite ove esistano sezioni di pretura. Le Sottocommissioni sono presiedute da magistrati in attività di servizio, a riposo od onorari, nominati dal presidente del tribunale, ed hanno la stessa composizione prevista per la Commissione elettorale mandamentale. Il presidente della Commissione mandamentale ripartisce i compiti fra questa e le Sottocommissioni e ne coordina e vigila l’attività.

«I componenti della Commissione e della Sottocommissione, ad eccezione dei rispettivi presidenti, durano in carica due anni e non possono essere confermati nel biennio successivo.

«Ai componenti delle Commissioni e Sottocommissioni elettorali mandamentali è concessa, oltre il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, una medaglia di presenza nella stessa misura determinata dalle disposizioni in vigore per i componenti delle Commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato».

Questo articolo ha dato luogo alla proposta del Governo di ripartirlo in tre articoli, il 19, il 19-bis, il 19-ter, di cui do lettura.

Art. 19.

«In ogni comune capoluogo di mandamento giudiziario è costituita entro il mese di ottobre di ciascun biennio, con decreto del Primo Presidente della Corte d’Appello, una Commissione elettorale mandamentale, presieduta dal Presidente del Tribunale, nelle sedi ove esista, o dal pretore nelle altre sedi e composta di quattro membri di cui uno designato dal prefetto e tre dal Consiglio provinciale. Il componente designato dal prefetto è scelto tra i dipendenti dello Stato di gruppo A o, in mancanza, di gruppo B, in attività di servizio o a riposo; nel capoluogo della provincia la nomina è fatta tra i funzionari di Prefettura di grado non inferiore all’VIII.

«I componenti, la cui designazione spetta al Consiglio provinciale, sono scelti fra gli elettori dei comuni del mandamento estranei all’amministrazione dei comuni medesimi, sempreché abbiano adempiuto almeno all’obbligo dell’istruzione elementare, e non siano dipendenti civili o militari dello Stato, né dipendenti della provincia, dei comuni, e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza in attività di servizio.

«Il Consiglio provinciale designa, altresì, tre componenti supplenti, che sostituiscono quelli effettivi in caso di assenza o di legittimo impedimento.

«I componenti della Commissione, ad eccezione dei rispettivi presidenti, durano in carica due anni e possono essere confermati nel biennio successivo.

«1 componenti delle Commissioni che, senza, giustificato motivo, non prendano parte a tre sedute consecutive, sono dichiarati decaduti. Il Primo Presidente della Corte d’Appello provvede alla loro sostituzione, promuovendo le necessarie designazioni dagli organi competenti.

«Ai componenti delle Commissioni elettorali mandamentali è concessa, oltre il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, una medaglia di presenza nella stessa misura determinata dalle disposizioni in vigore per i componenti delle Commissioni costituite presso le Amministrazioni dello Stato».

Art. 19-bis.

«Nei mandamenti che abbiano una popolazione superiore ai 50.000 abitanti possono essere costituite, su proposta del presidente della Commissione mandamentale, Sottocommissioni elettorali in proporzione di una per ogni 50.000 abitanti o frazione di 50.000. Le Sottocommissioni sono presiedute da magistrati in attività di servizio, a riposo od onorari ed hanno la stessa composizione prevista per la Commissione elettorale mandamentale. Il presidente della Commissione mandamentale ripartisce i compiti fra questa e le Sottocommissioni e ne coordina e vigila l’attività.

«Per la costituzione ed il funzionamento delle Sottocommissioni e per il trattamento economico spettante ai singoli componenti si applicano le disposizioni dell’articolo precedente.

Art. 19-ter.

«Qualora la circoscrizione di un mandamento giudiziario comprenda comuni di più provincie, il Primo Presidente della Corte d’Appello può determinare, con proprio decreto, la competenza territoriale delle Commissioni elettorali in maniera che essa sia esercitata nell’ambito di una sola Provincia.

«Analogamente il Primo Presidente della Corte d’Appello, quando la situazione dei luoghi lo consigli, ha facoltà di determinare, con proprio decreto, la competenza territoriale della Commissione elettorale mandamentale in difformità della circoscrizione giudiziaria».

Come gli onorevoli colleghi avranno potuto constatare, oltre a questa diversa distribuzione della materia, si propongono anche delle modificazioni, ma più di forma che di sostanza.

Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione approva la suddivisione in tre articoli perché si tratta di tre argomenti diversi; ma prega il Governo di voler mantenere un punto del testo della Commissione, laddove si dice nel primo capoverso: «possono essere ugualmente istituiti ove esistono sezioni di Pretura». Poiché si tratta solo di una facoltà e poiché ci può essere qualche caso rarissimo in cui ci siano tali distanze per cui sia opportuno dividere la Commissione mandamentale in due fissando le sedi ove siano sezioni di Pretura, la Commissione ritiene che tale possibilità possa essere mantenuta. Riconosco che v’è la difficoltà estrema della scarsezza nel numero dei magistrati. Ma in qualche caso eccezionale potrebbe essere superata. Vorremmo pertanto pregare il Governo di accettare il punto di vista della Commissione.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA. Sottosegretario di Stato all’interno. Il Governo si rimette alla decisione dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Allora l’articolo 19-bis sarebbe integrato da questa aggiunta, dopo il primo periodo del primo comma:

«Possono essere ugualmente costituite ove esistano sezioni di Pretura».

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Nel primo comma è prevista la presidenza della Commissione da parte del presidente del Tribunale.

UBERTI, Relatore. No! Da parte di un Presidente della Corte di Appello!

PRESIDENTE. Onorevole Caroleo! L’articolo 19, così come era stato presentato dal Governo, è stato successivamente tripartito!

CAROLEO. Circa la presidenza delle Commissioni date a Presidenti di Tribunali e di Corti d’Appello, praticamente può essere opportuno aggiungere: «O da un consigliere delegato o da un giudice delegato», perché molto spesso le Commissioni non potranno funzionare per impedimento dei Presidenti di Tribunali o delle Corti d’Appello. È un suggerimento di indole pratica.

PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Caroleo, ma il Primo Presidente, quando lo ritenga opportuno, può delegare un giudice, anche se non vi sia nessuna esplicita dichiarazione di legge in proposito.

VERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERONI. A mio parere ha ragione il Presidente quando osserva che il Presidente del Tribunale, senza che la legge lo dica espressamente, può delegare un giudice. Vi è, per esempio, la legge attualmente in vigore per l’assegnazione delle terre incolte, la quale prevede una Commissione presieduta dal Presidente del Tribunale, che ha la facoltà di delegare un giudice.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Una cosa è la legge per l’assegnazione delle terre incolte, ed altra cosa è la legge elettorale, in cui i poteri conferiti ad un titolare di Corte d’Appello o ad un titolare di Tribunale, sono poteri conferiti in via esclusiva. D’altra parte, se la Commissione chiarisce nel senso indicato dall’onorevole Veroni, io non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 19, testé letto.

(È approvato).

Pongo ora in votazione l’articolo 19-bis, con l’aggiunta testé letta: «possono essere ugualmente costituite ove esistano sezioni di Pretura».

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 19-ter sul quale non è stata fatta nessuna obiezione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 20:

«La Commissione elettorale mandamentale e le Sottocommissioni compiono le proprie operazioni con l’intervento del presidente e di almeno due commissari.

«Le decisioni sono adottate a maggioranza di voti; in caso di parità prevale il voto del presidente.

«Il segretario del Comune capoluogo del mandamento giudiziario od altro funzionario di ruolo del Comune designato dal sindaco, esercita le funzioni di segretario della Commissione elettorale mandamentale; le funzioni di segretario delle Sottocommissioni sono esercitate da impiegati del Comune, designati dal sindaco.

«Di tutte le operazioni il segretario redige processi verbali che sono sottoscritti da lui e da ciascuno dei membri presente alle sedute.

«Le decisioni devono essere motivate; quando esse non siano concordi, nel verbale deve essere indicato il voto di ciascuno dei commissari e le ragioni addotte anche dai dissenzienti.

«Copia dei verbali è trasmessa, entro il termine di giorni cinque, al prefetto ed al procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente per territorio».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 21.

«Decorso il termine di cui all’articolo 16, e non più tardi del 25 gennaio, il sindaco deve trasmettere al presidente della Commissione elettorale mandamentale:

1°) i tre elenchi di cui all’articolo 14 corredati di tutti i documenti relativi;

2°) i reclami presentati contro detti elenchi, con tutti i documenti che vi si riferiscono;

3°) i verbali delle operazioni e deliberazioni della Commissione comunale.

«L’altro esemplare degli elenchi suddetti rimane conservato nella segreteria del Comune.

«Il presidente della Commissione elettorale mandamentale invia ricevuta degli atti al sindaco, entro tre giorni dalla data della loro ricezione, della quale viene presa nota in apposito registro firmato in ciascun foglio dal presidente della Commissione.

«Qualora il comune non provveda all’invio degli atti nel termine prescritto, il presidente della Commissione elettorale mandamentale ne dà immediato avviso al prefetto, agli effetti dell’articolo 40».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 22:

«La Commissione elettorale mandamentale:

1°) esamina le operazioni compiute dalla Commissione comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

2°) cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per l’iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

3°) decide sulle nuove domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

«La Commissione, prima di iscrivere, su domanda o di ufficio, coloro che da nuovi documenti risultino in possesso dei requisiti necessari, deve sempre richiedere il certificato del casellario giudiziale.

«La Commissione si raduna entro i dieci giorni successivi a quello nel quale ha ricevuto gli atti».

Il Governo ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere in fine, il seguente comma:

«I ricorsi presentati, a termini dell’ultimo comma dell’articolo 18, dai cittadini emigrati all’estero sono decisi dalla Commissione elettorale mandamentale nella prima riunione dopo la loro ricezione e le conseguenti eventuali variazioni alle liste elettorali sono effettuate in occasione delle operazioni previste dall’articolo 24».

Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta.

COSATTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSATTINI. In questo articolo 22 si dà facoltà alla Commissione mandamentale di rivedere totalmente le operazioni compiute dalla Commissione comunale, perché al numero 2° si stabilisce che la Commissione elettorale mandamentale «cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per l’iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo. Ora, questa funzione data alla Commissione mandamentale, è meramente platonica, perché non è concepibile che le Commissioni mandamentali abbiano il tempo, la capacità e la possibilità di poter rivedere l’operato di tutte le Commissioni comunali.

Quindi a me pare che sarebbe sufficiente riservare alla Commissione mandamentale di decidere sui reclami, sulle contestazioni che si sollevano, altrimenti in questo modo si attribuirà a queste Commissioni un compito che non potranno mai praticamente svolgere.

PRESIDENTE. Questo suo concetto sarebbe già espresso nel numerò 1. Quindi ella propone di sopprimere il numero 2.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. La Commissione non può accettare l’emendamento dell’onorevole Cosattini, perché sarebbe una grave limitazione alla Commissione mandamentale, di dovere cioè agire soltanto in base ai ricorsi e non avere un diritto di intervento diretto. È una garanzia maggiore per tutti che la Commissione abbia la facoltà di agire anche di propria iniziativa.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Mi associo alle ragioni espresse dall’onorevole Relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Cosattini, insiste?

COSATTINI. Se la Commissione non accetta, non insisto.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento del Governo.

(È approvato).

Pongo in votazione l’articolo 22, con questo emendamento.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 23:

«Entro il 31 marzo la Commissione elettorale mandamentale deve avere provveduto all’approvazione degli elenchi ed alle relative variazioni da effettuare sull’esemplare delle liste generali depositate presso la Commissione stessa. Nel medesimo termine gli elenchi devono essere restituiti al Comune insieme con tutti i documenti. Il segretario comunale ne invia immediatamente ricevuta al presidente della Commissione.

«Nei quindici giorni successivi la Commissione comunale, con l’assistenza del segretario, apporta, in conformità degli elenchi approvati, le conseguenti variazioni alle liste generali, aggiungendo i nomi compresi nell’elenco dei nuovi elettori iscritti ed eliminando i nomi di quelli compresi nell’elenco dei cancellati.

«Delle rettificazioni eseguite, il segretario comunale redige verbale che, firmato dal presidente della Commissione elettorale comunale e dal segretario, è immediatamente trasmesso al prefetto, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio ed al presidente della Commissione elettorale mandamentale.

«Entro lo stesso termine di cui al secondo comma, le decisioni della Commissione elettorale mandamentale sono, a cura del sindaco, notificate agli interessati con le modalità di cui all’ultimo comma dell’articolo 17.

«Le liste rettificate, insieme con gli elenchi approvati, debbono rimanere depositate nella segreteria comunale dal 15 al 30 aprile, ed ogni cittadino ha diritto di prenderne visione. Dell’avvenuto deposito il sindaco dà pubblico avviso».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24:

«Alle liste elettorali, rettificate in conformità dei precedenti articoli, non possono apportarsi, sino alla revisione dell’anno successivo, altre variazioni se non in conseguenza:

1°) della morte dell’elettore;

2°) della perdita della cittadinanza italiana.

Le circostanze di cui al presente ed al precedente numero debbono risultare da documento autentico;

3°) della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza passata in giudicato o da altro provvedimento definitivo dell’autorità giudiziaria, nonché dalle sentenze di cui all’articolo 46, primo comma. A tale scopo, il cancelliere che provvede alla compilazione delle schede per il casellario giudiziale ai sensi degli articoli 9 e 11 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 778, e dei nn. 6 e 11 del decreto ministeriale 6 ottobre 1931, deve inviare notizia della sentenza o del provvedimento al comune del luogo dove è stata pronunciata la sentenza od emanato il provvedimento. Se la persona alla quale si riferisce la sentenza od il provvedimento non risulti domiciliata in detto comune, il sindaco trasmette la comunicazione della cancelleria giudiziaria al comune di residenza, da accertare a mezzo degli organi di pubblica sicurezza;

4°) del trasferimento della residenza. Gli elettori che hanno perduto la residenza nel comune sono cancellati dalle relative liste, in base al certificato dell’ufficio anagrafico attestante l’avvenuta cancellazione dal registro di popolazione, se non hanno espressamente dichiarato, con le modalità stabilite dal primo comma dell’articolo 10, di volervi rimanere iscritti. Gli elettori che hanno acquistato la residenza nel comune, sono iscritti nelle relative liste, in base alla dichiarazione del sindaco del comune di provenienza, attestante l’avvenuta cancellazione da quelle liste. La dichiarazione è richiesta d’ufficio dal comune di nuova iscrizione anagrafica.

«Le variazioni alle liste sono apportate, con l’assistenza del segretario, dalla Commissione elettorale comunale che vi allega copia dei suindicati documenti; le stesse variazioni sono apportate alle liste di sezione. Copia del verbale relativo a tali operazioni è trasmessa al prefetto, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio ed al presidente della Commissione elettorale mandamentale.

«La Commissione elettorale mandamentale apporta le variazioni risultanti dagli anzidetti verbali nelle liste generali e nelle liste di sezione depositate presso di essa ed ha la facoltà di richiedere gli atti al comune.

«Alle operazioni previste dal presente articolo la Commissione comunale è tenuta a provvedere almeno ogni tre mesi a decorrere dalla data in cui le liste sono state rettificate in conseguenza della revisione annuale, ma, in ogni caso, non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali per le variazioni di cui al n. 4 e non oltre il quindicesimo giorno anteriore alla data delle elezioni, per le altre.

 «Le deliberazioni della Commissione comunale relative alle variazioni di cui ai nn. 2 e 4 devono essere notificate agli interessati con le modalità di cui all’articolo 17, ultimo comma; avverso lo deliberazioni predette è ammesso ricorso alla Commissione elettorale mandamentale nel termine di dieci giorni dalla data della notificazione.

«La Commissione mandamentale decide sui ricorsi nel termine di 15 giorni dalla loro ricezione e dispone le conseguenti eventuali variazioni. Le decisioni sono notificate agli interessati, a cura del sindaco, con le stesse modalità di cui al comma precedente».

Il Governo ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, sostituire il n. 3°) col seguente:

3°) della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza passata in giudicato o da altro provvedimento definitivo dell’autorità giudiziaria, nonché dalle sentenze di cui all’articolo 46, primo comma. A tale scopo, il cancelliere che provvede alla compilazione delle schede per il casellario giudiziale ai sensi degli articoli 9 e 11 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 778, e dei nn. 6 e 11 del decreto ministeriale 6 ottobre 1931, deve inviare notizia della sentenza o del provvedimento al comune di residenza dell’interessato o, ove il luogo di residenza non sia conosciuto, a quello di nascita. Se la persona alla quale si riferisce la sentenza od il provvedimento non risulti iscritta nelle liste elettorali del comune al quale è stata comunicata la notizia, il sindaco, previ eventuali accertamenti per mezzo degli organi di pubblica sicurezza, la partecipa al comune nelle cui liste l’elettore è compreso».

«Sostituire il quarto e il quinto comma con i seguenti:

«Alle operazioni previste dal presente articolo la Commissione comunale è tenuta a provvedere almeno ogni tre mesi e, in ogni caso, non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali per le variazioni di cui ai nn. 2, 3 e 4, e non oltre il quindicesimo giorno anteriore alla data delle elezioni, per le variazioni di cui al n. 1.

«Le deliberazioni della Commissione comunale relative alle variazioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 devono essere notificate agli interessati entro dieci giorni: avverso le deliberazioni predette è ammesso ricorso alla Commissione elettorale mandamentale nel termine di dieci giorni dalla data della notificazione».

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Per i cittadini emigrati all’estero si osservano le disposizioni degli articoli 11, 18 e 22».

Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta questa ultima aggiunta proposta dal Governo, come pure quell’altra al quarto e all’ultimo comma riguardante gli emigrati all’estero. Per la prima aggiunta al numero 3 si tratta di sollecitare la notificazione delle sentenze penali incaricandone l’organo all’uopo deputato: il cancelliere. È un perfezionamento tecnico che la Commissiono accetta volentieri.

Quanto al concetto di fissare una data per bloccare le liste (primo comma dell’art. 24) è certamente anche questo opportuno, perché bisogna arrivare ad un momento in cui le liste sono quelle che sono e non possano più essere modificate. Dare una certezza alle liste.

PRESIDENTE. Pongo ai voti gli emendamenti del Governo.

(Sono approvati).

Pongo in votazione l’articolo 24 con questi emendamenti.

(È approvato).

Passiamo al

Titolo III.

Della ripartizione dei comuni in sezioni elettorali e della compilazione delle liste di sezione.

Art. 25.

«Ogni comune è diviso in sezioni elettorali.

«La divisione in sezioni è fatta indistintamente per elettori di sesso maschile e femminile ed in guisa che in ogni sezione il numero di elettori non sia di regola superiore a 800 né inferiore a 100 iscritti.

«Quando particolari condizioni di lontananza o di viabilità rendano difficile l’esercizio del diritto elettorale, si possono costituire sezioni con un numero minore di 100 iscritti, ma non inferiore a 50».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 26:

«Entro il 31 dicembre di ciascun anno la Commissione elettorale comunale provvede, con un’unica deliberazione, alla revisione della ripartizione del comune in sezioni elettorali, della circoscrizione delle sezioni e del luogo di riunione di ciascuna di esse e dell’assegnazione degli elettori alle singole sezioni, nonché alla compilazione della lista degli elettori per ogni nuova sezione e alla revisione delle liste per le sezioni già esistenti».

Il Governo ha proposto di sostituirlo col seguente:

«Entro il 31 dicembre di ciascun anno la Commissione elettorale comunale provvede, con un’unica deliberazione, alla revisione della ripartizione del comune in sezioni elettorali, della circoscrizione delle sezioni e del luogo di riunione di ciascuna di esse e dell’assegnazione degli elettori alle singole sezioni, nonché alla revisione delle liste per le sezioni già esistenti ed alla compilazione delle liste degli elettori per ogni nuova sezione».

Il Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. Si tratta solamente di una inversione nelle disposizioni, rispondente maggiormente al procedimento logico dell’operazione, che è quindi accettabile.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 26 del testo proposto dal Governo.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 27:

«L’elettore è assegnato alla sezione nella cui circoscrizione ha, secondo l’indicazione della lista generale, la propria abitazione. È data tuttavia facoltà alla Commissione elettorale mandamentale di autorizzare, nei comuni aventi popolazione agglomerata inferiore a 10.000 abitanti e che non siano capoluoghi di provincia, che l’assegnazione sia effettuata secondo l’ordine alfabetico delle liste elettorali.

«Gli elettori che non hanno l’abitazione nel comune e che non hanno presentato la dichiarazione di cui al secondo comma dell’articolo 9, sono ripartiti nelle singole sezioni secondo l’ordine alfabetico, salvo che il numero degli elettori richieda l’istituzione di apposite sezioni.

«L’elettore che trasferisce la propria abitazione nella circoscrizione di altra sezione del comune deve essere compreso nella lista degli elettori di quest’ultima. La domanda, sottoscritta dall’elettore, deve essere presentata alla Commissione comunale entro il 15 novembre. La Commissione apporta le occorrenti variazioni allegando la domanda al verbale della relativa deliberazione.

«Se il trasferimento di abitazione è stato regolarmente notificato all’anagrafe entro il 31 ottobre, la variazione è fatta d’ufficio dalla Commissione.

«Il segretario comunale apporta le necessarie variazioni allo schedario elettorale».

A questo testo il Governo ha proposto i seguenti emendamenti:

«Sostituire il primo e il secondo comma con i seguenti:

«L’elettore è assegnato alla sezione nella cui circoscrizione ha, secondo l’indicazione della lista generale, la propria abitazione. È data tuttavia facoltà alla Commissione elettorale mandamentale di autorizzare, nei comuni aventi popolazione agglomerata inferiore a 10.000 abitanti, che l’assegnazione sia effettuata secondo l’ordine alfabetico delle liste elettorali.

«Gli elettori che, non avendo l’abitazione nel comune, abbiano omesso di indicare, a termine dell’articolo 9, comma secondo, la sezione alla quale intendono essere iscritti e gli elettori emigrati all’estero, sono ripartiti nelle singole liste di sezione secondo l’ordine alfabetico, salvo che, per la loro entità numerica, si renda necessaria la istituzione di apposite sezioni».

«Sostituire il quarto comma col seguente:

«Se il trasferimento di abitazione è stato regolarmente notificato all’anagrafe entro il 15 ottobre, la variazione è fatta d’ufficio dalla Commissione».

L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta gli emendamenti.

VERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERONI. Non crede la Commissione che all’articolo 27 si debba tener conto di quella riserva fatta all’articolo 11?.

PRESIDENTE. È pacifico che della riserva beneficiano tutte queste disposizioni.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Io domando alla Commissione se ha esaminato questo criterio dell’assegnazione secondo l’ordine alfabetico, perché credo che potrebbe creare una confusione nelle sezioni fra i cittadini provenienti da tutte le parti della città, che renderebbe più difficile il funzionamento delle sezioni stesse.

Potrebbe darsi che una sezione fosse composta tutta di individui che non sono dimoranti nella località. Mi pare che questo sia un criterio illogico.

Che ci possa essere una deviazione dal criterio strettamente territoriale per i comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti sta bene, ma sostituirvi, sia pure per i comuni inferiori ai 10.000 abitanti, l’altro criterio dell’ordine alfabetico mi pare non sia opportuno.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. È solamente per i comuni che hanno meno di 10.000 abitanti che è stato disposto di valersi del metodo alfabetico. Per gli altri invece si segue il criterio dell’abitazione. È quindi nei grossi centri che il problema sollevato dal collega ha ragion d’essere e quindi la sua preoccupazione è già risolta dal testo dell’articolo.

CEVOLOTTO. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo ai voti gli emendamenti del Governo.

(È approvato).

Metto in votazione l’articolo 27 con questi emendamenti.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 28:

«Le liste di sezione devono essere compilate distintamente per sesso, in triplice esemplare, e contenere due colonne rispettivamente per le firme di identificazione degli elettori e per le firme di riscontro per l’accertamento dei votanti; le liste vanno sottoscritte dai componenti della Commissione comunale e dal segretario e devono recare il bollo dell’ufficio comunale.

«Gli elettori emigrati all’estero, di cui all’articolo 11, sono ripartiti nelle liste di sezione per ordine alfabetico ed iscritti in fogli susseguenti a quelli in cui sono compresi gli altri elettori».

A questo articolo il Governo ha proposto di sopprimere il secondo comma. Invito l’onorevole Relatore a pronunciarsi su questo emendamento soppressivo.

UBERTI, Relatore. La Commissione accetta la soppressione del comma perché si tratta di materia che è stata regolata in altro articolo.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento soppressivo proposto dal Governo.

(È approvato).

Metto allora in votazione l’articolo 28 così modificato.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 29:

«Possono avere sede nello stesso fabbricato sino a quattro sezioni; ma l’accesso dalla strada alla sala deve condurre solo a due sezioni e non più di due sezioni possono avere l’accesso dalla medesima strada.

«Tuttavia, per comprovate necessità, i comuni possono essere, caso per caso, autorizzati dal prefetto a riunire nello stesso fabbricato un numero di sezioni superiore a quattro, ma mai maggiore di dodici, ed a prescindere dalle limitazioni, previste dal comma precedente, circa il numero di sezioni che possono avere il medesimo accesso o l’accesso dalla medesima strada, purché, in ogni caso, un medesimo accesso dalla strada alla sala non serva più di sei sezioni.

«Quando, per sopravvenute gravi circostanze, sorga la necessità di variare i luoghi di riunione degli elettori, la Commissione comunale deve farne proposta alla Commissione elettorale mandamentale non oltre il decimo giorno antecedente alla data di convocazione degli elettori, informando contemporaneamente il prefetto. La Commissione mandamentale, premesse le indagini che reputi necessarie, provvede inappellabilmente in via di urgenza e non più tardi del quinto giorno antecedente alla data predetta.

«Qualora la variazione sia approvata, il presidente della Commissione mandamentale ne dà immediato avviso al prefetto e al sindaco, il quale deve portarla a conoscenza del pubblico con manifesto da affiggersi due giorni prima del giorno delle elezioni».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.10.