Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 24 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CXCIX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 24 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Svolgimento di una mozione:

Farri

Foa

Leone Giovanni

Croce

Di Fausto

Rivera

Gonella

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 10.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Svolgimento di una mozione.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento della seguente mozione degli onorevoli: Parri, Bernini, Chiostergi, Codignola, Foa, Cianca, Lussu, Binni, Fornara, Carmagnola, Moscatelli, Faralli, Cacciatore, Malagugini, Barbareschi, Nasi, Mariani Enrico, Montemartini, Costa, Nobili Tito Oro, Mariani Francesco, Bennani, Della Seta, Di Giovanni:

«L’Assemblea Costituente, considerato che nella questione del nuovo ordinamento dei Corpi consultivi del Ministero della pubblica istruzione, il Ministro ha volontariamente trascurato di interpellare la Rappresentanza nazionale, sia pure attraverso la sua apposita Commissione legislativa e di consultare tutte le categorie interessate; ritenuto inoltre del tutto ingiustificata la procedura d’urgenza adottata dal Ministro della pubblica istruzione per la sostituzione del Consiglio superiore di detto Ministero, tuttora in carica; riscontrando nel comportamento del Ministro un grave difetto di valutazione dell’importanza e delicatezza politica della materia; invita il Governo a sospendere l’esecuzione del provvedimento, a risolvere la vertenza coll’attuale Consiglio superiore della pubblica istruzione ed a sottoporre il nuovo ordinamento alla Assemblea Costituente».

L’onorevole Parri ha facoltà di svolgere la mozione.

PARRI. La mozione che ho l’incarico di svolgere nasce dalla profonda insoddisfazione lasciata in larghi settori della Camera dall’esito delle interpellanze svolte dagli onorevoli Calamandrei, Bernini e Codignola. Io prego vivamente l’onorevole Ministro ed i colleghi della Democrazia cristiana di non voler considerare le proteste e le richieste nostre su un angusto ed opaco piano di partito; di non voler avvilire questa discussione ad una bega politica da risolvere a colpi di maggioranza e non in ossequio alle buone ragioni. L’onorevole Ministro consideri i firmatari della mozione: sono uomini di scuola – o che amano e sentono la scuola – di parti diverse dell’Assemblea e non è – lo creda l’onorevole Ministro – una speculazione politica, non passione o mentalità settaria che li muove, ma è l’interesse supremo della scuola, è un senso di dovere che li induce a tentare l’ultimo mezzo a loro di posizione per salvare la dignità e l’indipendenza, come essi la intendono, della scuola. Queste preoccupazioni sono cosi aliene da posizioni di partito che le ritengo condivise anche da non pochi ed egregi colleghi di parte democratico-cristiana; e tutti i firmatari, senza eccezione, credo, avremmo preferito risolvere questa questione con un amichevole componimento, componimento la cui sostanza, signor Ministro, non può peraltro essere se non un preciso e categorico impegno di Governo.

Questo essendo mancato, noi ci troviamo costretti ad insistere per chiedere al Ministro o per proporre all’Assemblea di sospendere di urgenza queste malaugurate elezioni al Consiglio Superiore.

Ed il fatto che a muover questa richiesta sia proprio io, che cerco di seguire una linea politica di temperatezza e mi sforzo quanto posso di obbedire ad una oggettiva serenità di giudizi, vi dovrebbe dire quanto siano diffuse e sentite le preoccupazioni destate dalla politica scolastica dell’onorevole Gonella. Non solo, signori, da questa questione del Consiglio Superiore. Voi intendete perfettamente che l’ampiezza e l’asprezza che essa ha preso è in relazione ai precedenti, al peso di una diffidenza sedimentata giorno per giorno.

Lei potrà dire, voi potrete dirci: settarismo, prevenzione. Io vi rispondo domandando a voi, colleghi della Democrazia cristiana, quale era l’interesse del vostro partito che aveva ottenuto quel posto – il Ministero della pubblica istruzione – superando voi sapete quali resistenze e quali aspre opposizioni. Avrebbe meglio servito i vostri interessi, attuali e soprattutto futuri, di partito di governo, un Ministro che avesse smorzato, dissipato le diffidenze e dimostrato con i fatti l’ingiustizia dalle prevenzioni, se queste vi erano.

Io non vorrei neppure, in nessun modo, dare sull’opera dal Ministro Gonella un giudizio ingiusto. Desidero sempre astenermi dal dar corpo alle ombre e dal cedere ad allarmismi interessati. E credo si debba rendergli giusto merito di molta attività e fattività, di provvedimenti amministrativi di indubbia importanza, di serie ed interessanti intenzioni riformatrici.

Ma la diffidenza e le preoccupazioni cui ho accennato riposano su basi oggettive. Mi limito ad accennarne i motivi principali. Egli sa che in tutti i settori della democrazia laica il suo modo di considerare la scuola privata di fronte alla scuola pubblica ha fortemente turbato la nostra coscienza. Si è aggiunta la sua politica delle parificazioni. Si è aggiunta infine la questione dalla riammissione nella scuola di professori universitari, di presidi di istituti medi, di insegnanti medi di troppo chiara fama fascista. Non si copra ancora una volta l’onorevole Ministro con le consuete giustificazioni legali. Io vorrei ricordargli che in questioni di questa importanza morale e politica, come in quella del Consiglio superiore, le giustificazioni legali e formali non toccano la sostanza. E la sostanza è questa: che nella scuola e soprattutto nella scuola italiana nelle attuali condizioni, e specialmente dopo il fascismo, non possiamo tenere elementi che si sono mostrati indegni della missione di educatore. Crediamo che lei avrebbe avuto modo e mezzi per risolvere questa questione, anche se avesse avuto obbligo di mantenere in servizio questo personale, potendo provvedere sia con impieghi amministrativi, sia con comandi in altre amministrazioni che hanno difetto di personale, sia promovendo opportuni provvedimenti legislativi. E non le nascondo, onorevole Gonella, che non doveva proprio lo scrittore di Acta diurna essere lui a riaffidare la scuola a mani notoriamente impure: proprio quello scrittore che aveva giustamente caratterizzato l’indegnità del regime fascista con questa perversione dell’istituto scolastico. Ed io mi induco a parlargliene ora, incidentalmente, a proposito di questa diversa materia, solo perché sento il dovere di farmi eco delle lettere accorate, delle espressioni di sfiducia che mi vengono da molte parti, da gente della scuola e non da gente di parte.

In questo quadro e con questi precedenti va posta la questione del rinnovamento del Consiglio superiore.

Reputo superfluo rifare la discussione particolareggiata, che è già stata fatta dall’onorevole Calamandrei, in ordine alla controversia col Consiglio superiore dimissionario, relativamente ai docenti immessi dal fascismo per chiara fama nei ranghi universitari, e dagli on. Bernini e Codignola relativamente al decreto formulato dal Ministro Gonella por la ricomposizione del nuovo Consiglio Superiore.

Lascio considerazioni e questioni particolari, per tenermi solo ai lati essenziali.

Può essere che su taluna di esse il Ministro abbia ragione; altre questioni sono variamente opinabili: considero tuttavia certamente importante il modo di composizione delle Sezioni media ed elementare del Consiglio Superiore, come risulta dal progetto.

Ancor meno opinabile e più inaccettabile è la obbligatorietà del voto: le ragioni sono state qui già ampiamente esposte dai colleghi. Il Ministro si persuada che questo obbligo, imposto da un Ministro di partito, per una elezione così precipitata e non preparata, coronato di una minaccia di sanzioni amministrative, ha un sapore più che equivoco. Si persuada signor Ministro, che in un corpo così timorato, se non di Dio certo dei superiori, come quello dogli insegnanti medi ed elementari, la minaccia di «tener conto» è la più temibile, la più temuta ed equivoca sanzione che egli potesse adottare. Il signor Ministro capisce cosa possa significare «tener conto»: trasferimenti, incarichi, ore straordinarie, supplenze ecc.

Ma più essenziale ancora è la profonda e sostanziale illegittimità politica di legiferare, in regime parlamentare, in materia così delicata ed importante, come quella della scuola, senz’altro controllo e collaborazione che quelli del Consiglio dei Ministri. Si tratta di illegittimità di sostanza, di illegittimità politica.

Io non voglio indugiarmi sulla questione controversa se il Consiglio Superiore sia da considerare come organo di natura istituzionale. E lasciamo stare anche la necessità di consultare il Consiglio di Stato, che pure il suo stesso Governo ha ritenuto di dover interpellare a proposito della ricomposizione del Consiglio Superiore delle Miniere. Ma tengo per certo che non si può fare una riforma così importante e centrale, in un settore così vitale ed essenziale, dell’attività politica del Governo, senza la collaborazione, il controllo e l’intervento del Parlamento. Non possiamo abbandonare a nessun Ministro la facoltà di poter legiferare in materia così delicata a proprio beneplacito.

Non insegnerò a lei, signor Ministro, cosa abbia significato il Consiglio Superiore della pubblica istruzione nella storia della scuola italiana; quale sia l’importanza e la delicatezza delle sue funzioni; e come sia essenziale che in un regime di democrazia e di sospettosa lotta di partiti questo organo funzioni con le garanzie più manifeste di indipendenza, di imparzialità, di libertà di controllo.

Convinto che in cuor loro sia d’accordo con me buona parte dei colleghi della Democrazia cristiana, la cui collaborazione fortemente mi interessa, dato il piano in cui desidero si ponga il problema, desiderando che, prima di tutto lei, signor Ministro e poi essi, apprezzino la natura delle nostre preoccupazioni riassumo in questo modo i due punti che in questa controversia noi riteniamo fondamentali:

1°) illegittimità politica del provvedimento. Non si può trattare questa materia fuori del Parlamento.

2°) osservanza di una elementare regola di buon giuoco democratico: preliminare regola di lealtà per la quale deve lei stesso, onorevole Ministro, preoccuparsi di dare a tutte le altre parti diverse ed opposte al suo partito la stessa possibilità, che il suo partito ha, della propaganda nel preparare queste così importanti elezioni.

Io intendo – e lei le ha ricordate – che vi sono ragioni di urgenza. Lei ha bisogno che questo Consiglio funzioni e che funzioni presto in ordine a provvedimenti della cui importanza ed urgenza noi ci rendiamo veramente conto. Ora, noi riteniamo che queste necessità di urgenza avrebbero potuto essere soddisfatte con quel componimento cui accennavo; forse, con provvedimenti temporanei e transattivi, che potrebbero essere ancora escogitati. Lei sa che, volendo, queste elezioni potrebbero essere ritardate al massimo solo di un paio di mesi e, se lei vuole, si potrebbe procedere ad esse non oltre la prima decade di ottobre.

Ma, in ogni modo, la conclusione nostra è che il danno del rinvio è assolutamente inferiore al danno di elezioni che si svolgessero nel mese che lei ha predisposto.

E badi, che, in ultima analisi, queste ragioni di fretta e di urgenza si ritorcono contro di lei e contro la sua opera. Non si nasconda, onorevole Ministro, che non può deporre favorevolmente per lei il fatto che sia sorto un antagonismo così acuto tra lei e l’organo più delicato cd importante del suo Ministero: il Consiglio Superiore della pubblica istruzione. E che lei non abbia trovato il modo o la volontà di dirimere questo antagonismo. E che lei abbia così a lungo indugiato su questo problema grave e non lo abbia apparentemente considerato se non all’ultimo momento: lei aveva il dovere di preoccuparsi in tempo di far funzionare questo organo così vitale per il suo ministero. E non depone a suo favore che lei, all’ultimo momento, mi lasci dire la parola, a precipizio, senza voler degnarsi di consultare, nemmeno in forma privata, gli esponenti degli interessi della scuola di parte diversa dalla sua, abbia pensato di risolvere questo problema in questo modo.

Questo non ci può disporre favorevolmente nei riguardi della sua opera, tanto più, torno a dire, in un governo di questa natura: non è più il Ministro della pubblica istruzione di un Governo di coalizione; lei è il Ministro della pubblica istruzione di un Governo di partito – che è ben lungi dall’avere la maggioranza dell’Assemblea – nel quale lei è troppo vicino al facile sospetto di sviluppare senza alcun controllo una politica di partito, quando invece maggiori garanzie si impongono alla sua opera.

Poiché queste critiche vanno oltre la sua persona, vorrei vedere al suo fianco il Capo del Governo, al quale vorrei ancora una volta, e con la spassionatezza che spero egli mi riconosca, contestare l’errore, l’insufficienza e la pericolosità di un Governo monocolore, non solo di fronte ai grandi problemi della politica internazionale, e della politica economica e finanziaria, ma anche di fronte a questi settori così delicati della politica generale, quale è quello della scuola.

Per queste ragioni, noi chiediamo che Ella signor Ministro, disdica queste elezioni con la massima urgenza e che presenti all’Assemblea un nuovo progetto di composizione del Consiglio Superiore, che potrà studiare insieme agli organi dell’Assemblea. Altrimenti, noi dobbiamo chiedere formalmente all’Assemblea Costituente di darle torto.

Ma il mio ultimo appello, signor Ministro, è per lei. Lei non può non rendersi conto della situazione grave nella quale il Consiglio Superiore, Consiglio esautorato in partenza da queste polemiche o dalle astensioni. Io non credo che lei si auguri di fare il Ministro della pubblica istruzione a vita. Ed il suo successore che cosa farà di questo Consiglio Superiore? Con quale autorità vuole che questo Consiglio operi? E lei in quale situazione di disagio e di imbarazzo potrà trovarsi?

Ed allora, il mio ultimo appello è per lei, Ministro Gonella, per lei, che è un uomo di alta moralità. Ed è per questo che noi vogliamo ancora sperare che questa disgraziata controversia possa essere senz’altro risolta da un suo atto di coraggio morale. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Foa, altro firmatario della mozione.

FOA. Onorevoli colleghi, dopo le dichiarazioni dell’onorevole Parri, io credo di dover dire solo pochissime parole perché l’onorevole Parri ha veramente toccato il fondo della controversia, ì motivi profondi e non contingenti che ci hanno mosso a presentare questa mozione.

Io vorrei sottolineare, di fronte all’Assemblea, che con la presentazione della mozione noi non abbiamo inteso e non intendiamo dare alla controversia in atto un minimo significato di schieramento politico, di presa di posizione nei confronti del Governo. Questo è un punto che devo essere ben chiaro alla coscienza di tutti noi. Quando gli onorevoli Bernini, Calamandrei e Codignola hanno presentato le loro interpellanze ed hanno sviluppato le loro richieste, anche nelle loro dichiarazioni iniziali, noi non abbiamo sentito alcuna intenzione polemica di parte politica. Anche nelle loro dichiarazioni noi abbiamo sentito unicamente la passione per la scuola ed abbiamo udito una richiesta (che nelle parole era modesta, persino umile) al signor Ministro perché vagliasse il contenuto del problema, discutesse e vedesse se non si potesse modificare il provvedimento adottato.

È con quello spirito che, completamente insoddisfatti del risultato delle interpellanze, noi siamo stati costretti a proporre all’Assemblea il tema, perché potesse essere dibattuto serenamente da tutti i settori. Ma quello stesso orientamento, spirituale non di polemica ma di concreto giudizio sui fatti, che ha spinto noi a presentare la mozione noi chiediamo a tutte le parli dell’Assemblea. Lungi dunque, dal nostro pensiero il desiderio di conseguire qualsiasi successo politico; quello che oggi preme a noi presentatori della mozione è l’avvenire della scuola; e l’avvenire della scuola, come ben disse il mio collega ed amico onorevole Codignola qualche giorno fa, riflette un problema che non ci deve dividere, ma ci deve unire.

Badate, colleghi, che il terreno di opposizione o di collaborazione col Governo, il terreno di solidarietà o di battaglia noi sapremo trovarlo in altra sede: in questa sede nei chiediamo invece all’Assemblea che essa decida serenamente, per gli interessi della scuola; noi chiediamo all’onorevole Ministro che ci renda possibile quindi di non arrivare al voto, che ci renda possibile di risolvere il problema in termini concreti.

Alla richiesta dell’onorevole Parri io mi associo quindi con tutto il cuore. Onorevoli colleghi, che cosa noi chiediamo in fondo? Perché mai questo dibattito che poteva mantenersi sul terreno tecnico è giunto invece, ad un determinato momento, ad una così acuta tensione ed ha diviso l’Assemblea nei termini tradizionali in cui essa si scinde da quando è Stato formato questo Governo?

Questo, onorevoli colleghi, non doveva accadere, questo non era nelle nostre intenzioni. Quando noi abbiamo chiesto all’onorevole Ministro che si compiacesse di rispondere alle nostre richieste sull’argomento del Consiglio Superiore della pubblica istruzione e intorno al provvedimento relativo alle nuove elezioni, io debbo dire che anche quella moderazione che può costituire per noi un dato di temperamento e comunque di responsabile saggezza politica, è stata messa a dura prova. Perché il Ministro ci ha risposto insistendo puramente sulla legittimità formale dei suoi provvedimenti, legittimità che è contestata e contestabile, ma, a parte questo, il Ministro non ci ha dato minimamente ascolto circa il contenuto delle richieste. Si è così diffusa in tutti i settori l’impressione, e profonda e penosa, che il Ministro, davanti alle voci di dissenso – non dico nemmeno di opposizione, perché non volevano essere di opposizione nel senso della politica del Governo – che il Ministro, dicevo, abbia inteso di rispondere: Questa è la mia volontà.

Ma questo, onorevoli colleghi, è il linguaggio cui noi eravamo abituati in tempi lontani: era il linguaggio dei nostri nemici. Ma noi non vogliamo considerare l’onorevole Gonella come un nostro nemico, ma come un leale avversario: noi vogliamo ricordare in lui il compagno di lotta e il direttore del «Popolo» clandestino. Noi chiediamo dunque, che l’onorevole Gonella segua la regola democratica sul modo di valutare le richieste della opposizione.

È innegabile che mai prima d’ora noi avevamo udito in questa Assemblea quanto si è udito in questa occasione da parte dell’onorevole Ministro della pubblica istruzione, cioè un simile linguaggio di forza.

Questo è veramente un dato che con tutta la misura, la modestia e la moderazione necessarie deve essere sottolineato. E questo comportamento, come voi comprenderete, ci preoccupa, perché, in fondo, nel conflitto iniziale sorto tra il Ministro e il Consiglio Superiore della pubblica istruzione, per le nomine per «chiara fama», che cosa è accaduto? È accaduto che, sorto un dissenso su un importante problema di politica scolastica, non di politica di partiti – perché questo dissenso col Ministro riguardava uomini di tutti i partiti e di tutte le correnti – numerosi membri del Consiglio Superiore della pubblica istruzione hanno creduto di dare le dimissioni.

Ora, io credo che il fatto che il Ministro abbia creduto di dover ignorare queste dimissioni sia veramente un atto di violazione del metodo democratico, perché il Consiglio Superiore della pubblica istruzione non era un organo gerarchicamente subordinato – per cui le dimissioni potessero essere considerate come un atto di indisciplina – ma un Corpo consultivo che, come ha ricordato l’onorevole Parri, ha svolto prima del fascismo un’altissima funzione di guida e di orientamento per la scuola superiore. Quando sorge un conflitto di questo genere, quando si danno le dimissioni per sottolineare un dissenso politico, questo è un atto normale di metodo democratico. Non tener conto di un atto di questo genere significa non riconoscere le leggi della democrazia, che impongono determinati rispetti. Formalmente il Ministro ha voluto dire: «Voi vi siete dimessi; io vi ignoro». Non credo che ciò abbia giovato né al metodo democratico, né alla scuola, e neanche alla considerazione, all’estimazione che nella scuola e fuori della scuola si deve avere del capo dell’amministrazione scolastica.

Quindi, noi chiediamo, in una delle nostre tre richieste, che il Governo risolva la vertenza con il Consiglio Superiore della pubblica istruzione. E noi crediamo di avanzare una richiesta che rimane nei termini del metodo democratico; noi crediamo che sorto un conflitto nei termini del metodo democratico, esso non possa essere ignorato, ma debba essere risolto.

E in secondo luogo, noi crediamo che quelle stesse necessità di lavoro che si adducono per il rinnovamento del Consiglio Superiore della pubblica istruzione, militino oggi – finché l’Assemblea non abbia approvato un nuovo ordinamento – a favore della conservazione in vita del vecchio Consiglio Superiore della pubblica istruzione. Cerne è stato osservato, se questo contrasto non fosse sanato, se si istituisse questo precedente, che una manifestazione di dissenso, espressa in termini democratici da un alto organo consultivo, col Ministro, viene pretermessa, considerata come un nulla di fatto, io credo veramente che tutti i nuovi Consigli Superiori della pubblica istruzione che saranno eletti, non avranno più l’autorità necessaria per rappresentare di fronte al Paese, di fronte all’amministrazione – come hanno rappresentato in passato – la dignità e le esigenze della scuola.

Per queste ragioni io chiedo che l’Assemblea valuti la nostra richiesta nei suoi termini di merito: è o non è giusto che questo contrasto venga composto; è o non è giusto che le elezioni di un Consiglio Superiore della pubblica istruzione, circondate da tutte le diffidenze che questo stesso dibattito ha contribuito a creare nei confronti del metodo elettorale prescelto, vengano rinviate – che in qualche modo si riesamini il problema e che esso venga riesaminato nella sede sua propria, che è la Sedi legislativa, la sede della Commissione legislativa dell’Assemblea Costituente italiana?

In termini di merito (onorevoli colleghi, io rinnovo la mia preghiera con insistenza), questo problema deve essere valutato. La politica ci divide, e continuerà a dividerci – o ci unisce, e continuerà ad unirci, su altri problemi e in altre occasioni: non in questa. Nel problema della scuola dobbiamo valutare tutti con assoluta libertà quali sono le esigenze della scuola, quali sono i metodi necessari per arrivare a quel miglioramento che credo sia nel cuore di tutti noi.

In questi termini di libertà io chiedo ai colleghi di valutare la mozione.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, al provvedimento legislativo concernente la ricostituzione del Consiglio Superiore dell’istruzione ed all’attuazione di questo provvedimento sono state rivolte numerose critiche che si possono considerare di due ordini: un ordine di critiche concerne la formazione della legge, un altro ordine concerne il metodo di applicazione della legge.

Prendendo in esame le critiche sulla formazione della legge, occorrerà occuparsi (perché questa è stata l’impostazione data nelle precedenti sedute e ribadita in parte oggi) di due aspetti di quest’ordine di idee: legittimità formale del provvedimento legislativo, legittimità sostanziale dal provvedimento legislativo.

La legge della quale discutiamo e sulla quale verte la mozione odierna, non è venuta alle Commissioni dell’Assemblea; e non è venuta perché il Consiglio dei Ministri ha ritenuto che si trattasse di materia di massima urgenza, ipotesi per la quale l’articolo 3 del nostro regolamento – così come noi lo modificammo – stabilisce che non sussiste l’obbligo politico (perché si tratta di obbligo politico) di Governo di sottoporre il disegno di legge al preventivo parere delle Commissioni dell’Assemblea Costituente.

Chi è il giudice della massima urgenza? Giudice della massima urgenza è soltanto il Consiglio dei Ministri e, forse, la Corte dei conti. Nella specie, il Consiglio dei Ministri (siamo sempre sul piano formale) ha valutato la massima urgenza e la Corte dei conti l’ha ribadita quando ha registrato il decreto legislativo di cui ci andiamo occupando.

Si è detto ancora che questo decreto non è stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato e ci si è riferiti, dalla parte opposta, – per analogia – al caso della legge concernente il Consiglio Superiore dalle miniere. Che il Consiglio di Stato non dovesse dare alcun parere per una legge del genere fu sufficientemente dimostrato dall’intervento del Ministro in sede di discussione dell’interpellanza, e ritengo, per la validità indiscutibile ed obiettiva delle argomentazioni portate dal Ministro e per l’assoluta inefficienza, anzi inesistenza, di argomenti contrari, che quella dimostrazione sia rimasta ferma. Non vale dire che per il Consiglio Superiore delle miniere la legge fu preceduta da un parere del Consiglio di Stato, perché è noto che il Governo ha facoltà di avvalersi, quando lo crede, del parere del Consiglio di Stato, e l’averlo fatto una volta per particolari motivi ed in un momento nel quale forse ragioni di urgenza non si profilavano come nel caso presente, non significa l’instaurazione neppure di una prassi, per cui possa stabilirsi che una legge concernente il riordinamento o le elezioni di un Consiglio Superiore debba passare prima per il parere del Consiglio di Stato. Anzi, in contrario, potrebbe osservarsi che se voi non avete potuto trovare altro che questo precedente legislativo, vuol dire che le leggi concernenti altri Consigli Superiori non sono passate per il parere del Consiglio di Stato.

Questo per quanto attiene la correttezza formale del provvedimento legislativo. Massima urgenza decretata in maniera insindacabile dal Consiglio dei Ministri e ribadita dalla Corte dei conti. Nessun sindacato sulla massima urgenza da parte dell’Assemblea Costituente, la quale, anche dopo la modifica del regolamento che ha ampliato i suoi poteri (perché è opportuno non dimenticare che noi sorgemmo come Assemblea Costituente e con l’unico potere di provvedere a emettere leggi soltanto per quanto concerneva i trattati internazionali e la materia costituzionale; e non penso si possa sostenere che la disciplina del Consiglio Superiore abbia riferimento con la materia costituzionale), non ha alcun potere di sindacato sul giudizio di urgenza. Non occorreva infine, come ho dimostrato, alcun parere del Consiglio di Stato. La legge, pertanto, si presenta corretta dal punto di vista esclusivamente formale.

Ma noi abbiamo anche la possibilità, e in questo sono d’accordo con i presentatori dell’interpellanza e della mozione, anzi il dovere, direi, di domandare, per lo meno in sede politica o in sede di giudizio sulla tecnica di un determinato Ministero, se ricorresse quella massima urgenza, non per trarre un motivo di invalidità della legge – la legge è formalmente valida – ma per trarre un giudizio che possa attenere all’operato politico del Ministro o meglio del Gabinetto. Ora, dal punto di vista della correttezza sostanziale, io credo che le ragioni che indicò il Ministro, e che soprattutto sono note a tutti noi che amiamo la scuola, fossero di tale importantissima urgenza da non poter far rimandare ancora ulteriormente una disciplina e soprattutto le elezioni del Consiglio Superiore della pubblica istruzione.

Per chi conosca, come ho l’onore di conoscere io per la mia attività professionale, la vita dell’Università non è un mistero che il Consiglio Superiore costituisce una delle chiavi dell’attività amministrativa; che il Consiglio Superiore costituisce una delle valvole fondamentali, centrali, per la vita di tutta l’amministrazione dell’istruzione superiore. Si può dire, anzi, che con il ripristino della vita democratica dell’istruzione superiore non vi siano organi sovrani in materia di disciplina e di amministrazione universitaria che le Facoltà e il Consiglio Superiore, e che l’attività del Ministro sia svuotata di qualsiasi contenuto sostanziale. Le Facoltà, con il potere sovrano e in gran parte insindacabile di chiamare i professori per trasferimento e su concorso; il Consiglio Superiore con il potere insindacabile ed esclusivo di proporre bandi di concorsi, di procedere allo scrutinio – non alla nomina delle Commissioni – delle votazioni alle quali abbiamo provveduto qualche giorno fa per la formazione delle Commissioni di concorsi con il potere di nominare le Commissioni per la libera docenza, col parere vincolante per il Ministro sul passaggio da una cattedra all’altra, con il potere di dar parere vincolante sulla riforma degli statuti delle Università. Deve dirsi che tutta la vita universitaria, tutto il governo dell’istruzione superiore è ancorato alla vita del Consiglio Superiore dell’istruzione pubblica. Ora il Consiglio Superiore dell’istruzione pubblica cadde in crisi.

È notorio che 23 su 36 membri del Consiglio Superiore si dimisero collegialmente. Le dimissioni – non è un mistero, perché a questo proposito c’è stata una interpellanza e d’altronde il caso è notissimo – furono presentate collegialmente come una critica, come un sindacato nei confronti del Ministro. Intervenuta la crisi con le dimissioni di 23 membri, per cui il Consiglio Superiore, mancante di due terzi, non poteva più riunirsi, si profilavano queste due strade (ed è su questo appunto, onorevoli colleghi, che richiamo la vostra lealtà, la massima meditazione o la massima consapevolezza): o ricomporre il Consiglio Superiore, sostituendo i 23 dimissionari, o procedere, affrettare, accelerare quelle elezioni del Consiglio Superiore, che non avrebbero potuto andare oltre il 15 ottobre corrente anno, se è vero che la legge De Ruggiero comportava la vitalità del Consiglio Superiore fino al 15 ottobre dell’anno decorso, prorogata soltanto por un anno. Si è detto: il Ministro poteva ricorrere ad altri espedienti o battere altre strade. Poteva sul piano della efficienza del Consiglio Superiore invitare i dimissionari a recedere dalle dimissioni. Questo, onorevoli colleghi, è un punto che concerne esclusivamente, personalmente l’attività del Ministro. E lasciatemi dire che quando un Ministro vede che le dimissioni non sono atti singoli, non sono date singulatim, non sono espressione di uno stato sia pure di disagio personale di alcuni membri, ma sono le espressioni di una deliberazione quasi collegiale, di una deliberazione complessiva preparata, perché è noto che fu preparata da circolare ed accompagnata da una notevole campagna di stampa, io penso che il Ministro possa sentire anche l’opportunità di non rinnovare ai dimissionari l’invito a recedere dalle dimissioni. Ma, aggiungo, avrebbe potuto condurre a qualche effetto pratico, in maniera sicura, l’invito a recedere dalle dimissioni? Perché voi supponete che l’invito del Ministro agli illustri e rispettabili componenti del Consiglio Superiore dimissionari avrebbe potuto portare come conseguenza il recesso da parte di costoro dalle dimissioni? Ma chi ci impedisce di pensare, chi può assolutamente provare che i dimissionari, che a mio avviso avrebbero fatto bene ad insistere, non avessero insistito nelle loro dimissioni? Si trattava di dimissioni dovute non ad un particolare incidente né ad un piccolo contrasto con il Ministro, ma dimissioni dovute a un contrasto, sia pure montato, ma certamente di apparente notevole importanza, concernente un settore delicato della vita universitaria, cioè la conservazione in carriera o l’allontanamento dall’ambiente universitario dei professori nominati per chiara fama; e di dimissioni presentate in maniera collegiale, accompagnate da una campagna di stampa per cui è da ritenere, molto più agevolmente, che non sarebbero state seguite dal recesso delle medesime.

Comunque, su questo punto di non avere voluto il Ministro rivolgere l’invito ai dimissionari di ritirare le dimissioni, io penso che l’Assemblea non possa e non debba e non abbia facoltà di esprimere alcun parere; se è vero che si tratta di un provvedimento personale del capo di una amministrazione, il quale non è tenuto a subire l’umiliazione di chiedere il recesso dalle dimissioni di persone, certamente rispettabili, che però queste dimissioni hanno accompagnato con un gesto che non era certamente deferente, ma di perfetta lotta e di battaglia… (Approvazioni – Applausi al centro – Interruzione del deputato Tonello).

Nessuna urgenza, nessuna esigenza può imporre ad un Ministro, per obbedire a questi profili, di umiliarsi a chiedere il ritiro delle dimissioni, quando può scegliere una via più diretta, più solare, quella della ricostituzione democratica dell’organo, suggerita dalla prossima scadenza dell’organo medesimo. Perché è opportuno non dimenticare che il Consiglio Superiore, che io ammiravo perché era costituito indubbiamente, in gran parte, dai più autorevoli maestri di tutte le discipline, non era di formazione elettiva, ma, per necessità del momento, c’era stato elargito, sia pure elargito con mano generosa e giusta.

Ci si diceva (altro profilo di accusa che si presenta nei confronti del Ministro): se non avete voluto incamminarvi per questa strada umiliante e pericolosa e non di sicuro effetto favorevole, l’invitare i dimissionari a recedere dalle dimissioni, voi avreste potuto fare procedere alle elezioni (altra critica in fase di interpellanza) soltanto per la prima Sezione del Consiglio Superiore, cioè quella che concerne la istruzione superiore, rimandando la disciplina e le elezioni delle altre due Sezioni a sede più opportuna.

Anche qui, onorevoli colleghi, voi dovete riconoscere che ad un Ministro, anzi a un Governo, perché la responsabilità della legge risale al Governo, sia pure sul piano delle critiche tecniche (ed io sono convinto ed accetto le vostre delimitazioni di questa cavalleresca lotta a un campo puramente tecnico; e prendo atto con viva soddisfazione, e con rispetto delle vostre nobili ed ottime intenzioni, che qui si agita un problema di carattere tecnico, di tecnica di governo e quindi non si agita un problema di carattere esclusivamente politico) bisogna lasciare un minimo di libertà di organizzazione legislativa di un organo.

Il Consiglio Superiore dell’istruzione, se ha qualche cosa di notevole (non so se di originale, perché, per l’urgenza di questa discussione, io confesso che non ho potuto approfondire alcuna indagine) se non per originalità, certo por interesse, se si presenta degno di studi e considerazione è per il fatto che costituisce un organo unitario, in cui si articolano tre Sezioni: istruzione superiore, istruzione media tecnica, istruzione elementare, ma che conserva tuttavia, ad onta di questa ben formata articolazione, una unità di organizzazione e soprattutto di finalità; ed io vorrei che ciò fosse sottolineato alla vostra coscienza.

Se è vero, come voi avete dotto più volte in questa sede, che la scuola è una, che se vi sono distinzioni, non sono di gradi ma di funzioni e di responsabilità, che il più umile maestro elementare può esercitare una funzione alta come il più autorevole professore universitario, è vero che bisogna trarne la conseguenza che un organo consultivo, che in talune questioni è consultivo con il parere vincolante, che un organo consultivo della istruzione sia un organo unitario, un organo nel quale sfociano i desideri, le esigenze, le aspirazioni, le necessità di tre ordini di studi, ma che trova una soluzione unitaria; perché solo attraverso un esame unitario, complessivo del problema della scuola, senza distacchi che siano separazioni ma invece con piccole differenze, che ribadiscano l’unità delle esigenze scolastiche, si può realizzare una sana politica scolastica. Ora, onorevoli colleghi, con la legge, con la cosiddetta riforma del Consiglio Superiore, che poi, in sostanza, contiene piccoli dettagli di variazioni, si obbedisce a questa ispirazione, alla quale non poteva rinunciare un Ministro che avesse voluto disciplinare in Italia gli studi con un metodo squisitamente democratico. Non quindi un Consiglio Superiore della scuola media ed elementare inerte, non un Consiglio di istruzione superiore che ignori le esigenze della scuola elementare. Se la legge su questo punto è adattata a questa necessità ed è sentita sotto questa spiritualità, voi non potete criticare un Governo, più che il Ministro, e neppure una legge che provvede unitariamente a questa formazione. Riconosco che le urgenze si delineavano, si profilavano prevalentemente, non esclusivamente, ma prevalentemente, per quanto attiene all’istruzione superiore. Riconosco che rispetto ad essa il Ministro si sentiva condannato a scegliere una via senza possibilità di adottare neppure soluzioni diverse per i noti motivi di urgenza. Ma se la riforma di questo organo consultivo era imperniata su questa base unitaria, voi non potete far critica al Ministro se questa base unitaria non ha infranto. (Applausi).

Contenuto della legge. Ho detto che la legge può essere contestata ed è stata criticata e per la legittimità della sua formazione e per il contenuto.

Noi ci dobbiamo domandare, come si è domandato poco fa l’onorevole Foa, se la legge, oltre che rispondere, nella sua legittimità costituzionale, formale, alla essenza vera delle cose, su cui mi sono soffermato, risponda alle esigenze di una buona politica scolastica, di una buona tecnica della scuola.

Io potrei chiudermi in una pregiudiziale; e dovete riconoscerlo. Potrei dirvi che in regime di legislazione delegata è strano che della sostanza della legge si debba discutere in questa sede e non nella sede più propria, cioè nel futuro Parlamento, che potrà esaminare nel complesso tutta questa legislazione, quando dovrà convertire in legge il decreto di delega al Governo per il potere legislativo, o in sede singola; perché non sappiamo né possiamo prevedere quale atteggiamento assumerà il futuro Parlamento nei confronti di tutta questa nostra legislazione.

In sostanza, anche nei casi in cui una legge del Governo viene inviata alle Commissioni dell’Assemblea, il parere di queste non è vincolante.

Quell’accorgimento, al quale ricorremmo, quando, un anno fa circa, fummo posti di fronte al dilemma o di abdicare al potere legislativo, come voleva la legge che ci costituiva, o di assumere tutto il potere legislativo, come poteva essere nelle nostre aspirazioni (perché riconoscevamo di essere il primo organo democratico del Paese), quell’accorgimento ingegnoso di introdurre, attraverso una modesta modifica del regolamento della Camera, una prassi (e questa prassi non incide sulla validità dilla leggi), quella, cioè, che il Governo passasse i disegni di legge alle Commissioni dell’Assemblea (tranne i casi di massima urgenza) e queste esprimessero un parere, non comporta altro che un dovere morale, di correttezza, un dovere politico del Governo di tener conto ed accogliere gli emendamenti che le Commissioni permanenti propongono, ma non comporta alcuna incidenza formale, vincolante sul contenuto della legge.

E non vi siete meravigliati, quando, in un problema veramente scottante, perché riguardava la disciplina economica della Magistratura – della cui sorte siamo tutti pensosi – mentre la prima Commissione permanente unanimemente esprimeva al Governo il parere dell’elevamento dal minimo di indennità di toga, il Governo non abbia sentito l’opportunità, per motivi più che spiegabili, di accogliere il voto della Commissione dell’Assemblea.

Non ho possibilità, in questo momento, di offrire una documentazione di quanto asserisco; ma ritengo che non sia raro il caso, in cui il parere dalla Commissione dell’Assemblea non sia atteso dal Governo.

Non mi voglio rinchiudere, dicevo, in questa pregiudiziale.

Sono d’accordo con voi che occorre parlare in questa sede, senza una diretta conclusione di carattere costituzionale, trattandosi di giudicare la politica dei Governo, concernente un particolare settore dell’Amministrazione, l’istruzione. Sono d’accordo che possiamo esaminare il contenuto della legge. Ed allora vedete se la legge sia veramente il capestro della scuola, se uccida veramente la libertà della scuola, se a causa di questa legge ci possiamo preoccupare dalle sorti che sono riservate alla scuola e se essa ci faccia pensare che per la scuola italiana si apra una tomba, che si scoperchi quella tomba in cui la scuola deve affondare il suo miserando corpo. O se non sia piuttosto una legge che – pur con le inevitabili mende che hanno tutte le leggi, specie quelle che si formano in un momento così delicato e travagliato della vita nazionale, mende che potremo tuttavia correggere e ritoccare con una legge integrativa – segni un passo sulla via dalla ricostruzione democratica della scuola in Italia: su questo chiedo a voi un riconoscimento leale. (Rumori a sinistra – Applausi).

Questo è il punto decisivo sul quale io richiamo la vostra attenzione. Ora, onorevoli colleghi, dopo oltre venti anni nei quali in Italia non esisteva un organo democratico della pubblica istruzione – e vi passerò in brevissima rassegna questa legislazione solo indicandovi tutti i procedenti legislativi, nei quali questa democrazia non si era mai realizzata, sia prima del fascismo, che durante il fascismo – solo ora si è potuta realizzare una così perfetta democrazia degli organi consultivi della pubblica istruzione. (Rumori a sinistra – Applausi al centro).

Ve lo dimostrerò: è inutile sollevarvi in massa. Potete discutere la mozione e potete, in questa Assemblea, controbattere le idee con le idee. Quando vi dirò che con la legge Casati si costituiva un consiglio Superiore di 21 membri, tutti di nomina ministeriale, e che con la legge Baccelli si stabiliva che dei 32 membri 16 erano eletti e 16 di nomina ministeriale, e quando infine vi rammenterò che la legge Gentile fissava a 21 il numero dei membri, tutti di nomina ministeriale, voi avrete intesa la verità della mia affermazione. Né vi citerò tutta la sequela delle leggi fasciste in cui tutto intero il Consiglio Superiore era di nomina autoritaria. Il Consiglio Superiore è organo veramente importante e delicato, perché l’unico che ha poteri sovrani, tali che lo sovrappongono allo stesso Ministro, cosi da farlo chiamare, come hanno fatto taluni, in modo grossolano, il «passacarte» del Consiglio Superiore della pubblica istruzione.

Quando noi consideriamo che l’attuale Consiglio Superiore è formato per oltre le quarti di membri elettivi, permettetemi di dirvi che la legge in discussione ha attuato in Italia non la perfezione della democrazia, ma il massimo della democrazia. (Rumori a sinistra).

La stessa legge De Ruggiero, che pure non si può negare abbia stabilito che il Consiglio Superiore fosse elettivo (e stabiliva contemporaneamente – non lo dimentichiamo – che il Consiglio Superiore se lo nominava il Ministro) quella stessa legge De Ruggiero importava la possibilità di cooptazione di membri ministeriali da parte di quelli eletti.

Io non nego che, attraverso un perfezionamento legislativo, si potrà avere un più perfetto funzionamento democratico del Consiglio Superiore; ma io voglio qui rilevare che in Italia, nemmeno prima del fascismo, si è potuto mai realizzare un Consiglio Superiore totalmente elettivo. È nelle nostre aspirazioni arrivare a questo. Ma ci arriveremo a gradi. Questo è il primo passo verso quella perfezione. Io penso che la democrazia debba risorgere attraverso non una rivoluzione, bensì un’evoluzione che si svolga a passi lenti, ma costruttivi; perché i passi troppo apparentemente ed eccessivamente rivoluzionari possono condurre all’abisso.

Ora, onorevoli colleghi, com’è composto l’attuale Consiglio Superiore? Scusatemi, se ripeto dei dati a voi già noti – io, benché presente all’altro dibattito, non vi ho preso parte oratoriamente – ma è necessario che ne riassuma la composizione:

prima Sezione: 28 membri, di cui 19 eletti dalle Facoltà, 3 dalle categorie e 6 soltanto di nomina ministeriale;

seconda Sezione: su 12 membri, 7 eletti e 5 nominati.

Io conosco la critica che si è rivolta qui perché si è detto che i tre professori universitari che fanno parte della seconda Sezione del Consiglio Superiore possono essere prescelti fra quei sei che il Ministro ha nominato di sua nomina diretta e che non provengano dell’elezione. Io potrei rispondere che con questi casi estremi e con questi casi limiti non si può formulare una critica della legge.

Ma ancorché si verificasse che il Ministro prescelga i tre professori universitari, che devono andare a far parte della seconda Sezione, da quei sei che egli ha nominato, non vi pare che sia estremamente offensivo non per la categoria alla quale appartengono ma per una categoria qualsiasi di insegnanti il sospettare che perché nominati dal Ministro possono asservire la loro coscienza al Ministro stesso? Questi professori durano in carica tre anni – e la democrazia ci insegna che nessun Ministro è durato mai in carica tre anni – ed in questi tre anni essi dovrebbero asservire la loro coscienza di tecnici, di studiosi, di scienziati, o di umili servitori della scuola, ai desideri del Ministro?

L’ingiurioso sospetto lo potete formulare nei riguardi del Ministro. Anzi è bene che questa diffidenza verso l’esecutivo ci ispiri; ma questa diffidenza noi dobbiamo organarla, debbiamo farla vivere. Questa diffidenza è offensiva per coloro a cui si rivolge, non per il Ministro.

L’esperienza ci dice – e questo lo potete affermare anche voi, onorevole Calamandrei, che con la vostra presenza onoraste il Consiglio Superiore – che non ci si è mai legati al Ministro e che la propria personalità si è sempre tenuta al di sopra dell’organo governativo, dimenticando perfino se la nomina era stata fatta da questo o da quel Ministro.

LUSSU. Allora, era Ministro De Ruggiero, il meno settario degli uomini politici.

LEONE GIOVANNI. Io sono così ammiratore del professor De Ruggiero che devo raccogliere l’interruzione per ribadire l’affermazione. Questo prova la grande nobiltà di azione governativa del professor Di Ruggiero. Ma il mio esempio non significava possibilità di ingerenza, ma significava che quando si è nominati ci si dimentica perfino del Ministro che ha provveduto alla nomina. (Approvazioni).

Gli stessi sospetti che voi formulate per i professori universitari chiamati a far parte della seconda Sezione, si potrebbero formulare per tutti quegli organi consultivi dello Stato o di altri enti pubblici o per quelle alte gerarchie la cui nomina è di competenza ministeriale. Ed allora perché non diffidare anche degli organi che sono di nomina del Ministro? Perché non sospettare, per esempio, nell’attuale ordinamento dilla Magistratura, che i magistrati degli alti gradi che, come sapete, sono nominati dal Consiglio dei Ministri, possano subordinare la loro azione giudiziaria al Governo che li ha nominati?

Questo sospetto non si è mai profilato in Italia e non si deve mai profilare. Lo desidero, perché la categoria dei professori universitari che andranno alla Sezione media e tecnica sentiranno di portare con maggior senso di responsabilità il contributo della loro esperienza e il peso del loro prestigio.

È questo il punto su cui desidero soffermarmi. Si è detto che può costituire oltraggio alle categorie dei professori di scuola media la presenza di tre professori universitari nel loro organo. Si è detto che questo costituirebbe una paralisi per l’autogoverno di questa categoria.

Ora, intendiamoci, questa categoria, già con la legge Gonella – chiamiamola così, per intenderci, dato che Gonella è l’imputato – già con la legge Gonella ha fatto grandi, notevoli passi verso il suo autogoverno, se è vero che dal 1911 in poi gli ordini inferiori di scuole non hanno mai avuto un Consiglio Superiore, un organo consultivo. È già un notevole passo e noi dovremmo elogiare il Governo, che anche per la scuola media ed elementare ha istituito una Sezione del Consiglio Superiore, la quale ha il notevole pregio di essere sullo stesso piano del Consiglio Superiore, Sezione universitaria, proprio per quella disciplina organica e unitaria sulla quale mi sono soffermato poco fa. (Applausi al centro).

Ma perché occorre la presenza di professori universitari? Non certo per un riguardo verso i professori universitari: è perché taluni organi consultivi, o che hanno il governo di una particolare categoria, si orientano per necessità pratiche e, soprattutto per una esigenza di maggiore serenità, a chi è al di sopra della mischia ed è, quindi, più sereno; si giustifica così l’inclusione in questi organi di elementi appartenenti alla medesima amministrazione, ma che si trovano ad un grado più elevato.

Su questo punto, dovremmo prendere esempio dal Consiglio Superiore della Magistratura: nessun magistrato inferiore – usiamo questa espressione, anche se non è molto rispettabile – nessun giudice, nessun pretore si è mai lamentato che il Consiglio Superiore sia organizzato in modo da essere composto in prevalenza da consiglieri di Cassazione, presidenti di Sezione, ecc.

Perché si ricorre a questo? Perché, trattandosi dell’organo che ha il governo di una categoria, di un potere, di una attività amministrativa, è bene che vi sia assicurata la partecipazione degli organi superiori, che hanno esaurito la loro aspirazione di carriera, o hanno aspirazione di altra natura, che hanno larga esperienza, che sono lontani dal conflitto di interessi e che possono, quindi, portare il contributo della loro serenità ed imparzialità.

Ed allora, per quanto attiene a questa seconda e terza Sezione – non mi fermo sugli altri Consigli Superiori perché la loro funzione non è caduta sotto la nostra critica e perché, d’altra parte, il mio modestissimo, umile contributo in questa discussione vuol portare l’elemento dell’esperienza dei professori universitari e non vorrei invadere campi estranei alla mia esperienza – per quanto concerne queste sezioni, io devo concludere su questo punto, ed è la conclusione quasi finale: noi dobbiamo fermarci alla sostanza. E la sostanza è questa: che l’istruzione media, tecnica ed elementare devono pur avere un loro congegno, che, anche se è ancora imperfetto, rudimentale, può essere perfezionato più o meno rapidamente. Questi due ordini di scuole hanno conquistato già parzialmente, se non totalmente – secondo la dimostrazione che io volevo offrire – il loro autogoverno. Ma, questa espressione è ancora imprecisa: hanno conquistato già la democrazia nella organizzazione dei loro organi consultivi.

C’è un secondo ordine di critiche, che concerne le modalità di applicazione della legge.

Iniziando questo mio intervento, avevo detto che erano due gli ordini di critiche che si proclamavano ex adverso: quelle attinenti alla legge riguardo al suo contenuto e critiche concernenti le modalità di applicazione della stessa. Esauriamo, pertanto, questo secondo ordine di critiche, concernenti cioè le modalità di applicazione della legge. L’onorevole Parri ha contenuto in questi limiti lo svolgimento e l’interpretazione della mozione; ma, proprio per questa impostazione di una critica tecnica, voi non potete approfittare di questa mozione per scivolare in una critica alla politica scolastica del Governo.

Per rispetto al regolamento stesso, io mi appello alla vostra sensibilità nella discussione; io vorrei che la discussione si riducesse a questo.

La prima critica è che la legge è stata fatta alla macchia e che di conseguenza è mancato quel certo tempo che si deve alla ponderazione necessaria in una decisione di tale natura. Ma questa critica non ha alcun fondamento perché, prima che si compissero le formalità per cui la legge fosse perfetta, il Ministro ne ha dato ampia pubblicità attraverso la stampa e attraverso lo stesso Bollettino della pubblica istruzione, il quale ha annunciato le elezioni. Non si tratta dunque di cosa fatta alla macchia.

Ma rimane una seconda critica, ed è che la brevità del tempo intercorrente tra la pubblicazione della legge e la data fissata per le elezioni non sia da reputarsi sufficiente, così che questa eccessiva angustia di tempo inciderebbe sulla normalità e la sincerità delle elezioni stesse. A me ciò pare inesatto; il dibattito su questo punto si è in particolar modo soffermato sulla impossibilità di far sì che, in così ristretto spazio di tempo, si possano delineare le candidature ed orientarsi i pareri dei votanti. Si è detto: non crediate che si possa dare, senza la dovuta ponderazione, un voto qualsiasi; bisogna che le candidature si formino, che di esse venga fatta ampia pubblicità, bisogna che vi siano delle liste.

Onorevoli colleghi, quando hanno luogo le elezioni politiche, si ode in genere discorrere di lettere che circolano, di nomi, di candidature e qualche volta anche di autocandidature: ma qui non si tratta di elezioni politiche; qui si tratta di una cosa profondamente diversa.

Il giorno 26 ognuno dovrà dire, in coscienza, chi sono i tre professori – per attenerci all’esempio della mia facoltà, quella di giurisprudenza – che ritiene i più degni non solo per l’operosità scientifica, ma anche e in particolar modo per la probità morale (e la probità morale non si accerta davvero nei pochi giorni procedenti alle annunciate elezioni; la probità morale si accetta attraverso mesi ed anni addirittura, si accerta attraverso tutta una vita di studi, tutta una vita di esperienze, di commissioni, di concorso, di insegnamento, di pensiero), quali sono dunque, i tre uomini che non soltanto per la loro competenza scientifica ma, direi, soprattutto per la dirittura morale sono i più degni di governarci; quali sono i tre uomini, i tre giuristi italiani, che sono i più degni di disporre del destino delle nostre cattedre, dei concorsi, delle commissioni di docenza, dei nostri trasferimenti da cattedra a cattedra diversa.

Se, dunque, questo è l’aspetto negativo raggiunto dalla decisione dell’onorevole Gonella, io credo che sia questo un felice effetto negativo, se così si può dire, perché allora veramente avremo quell’effetto… negativo rispondente alle aspettative in Italia.

Ma non è neppure così, purtroppo, perché da oltre un mese il Ministro ha annunciato le elezioni; e badate che in oltre un mese, attraverso – e sono lieto che arrivi in questo momento il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni – il ripristinato funzionamento dei servizi di comunicazione, le liste di candidati possono circolare da un capo all’altro d’Italia in due giorni. (Commenti a sinistra). Ma, ancorché, onorevoli colleghi, voi vogliate ritenere che qualche cosa si è sacrificato attraverso questo breve spazio di tempo tra la pubblicazione della legge e le elezioni, non vi pare che spetti al Governo e al Ministro di valutare le due esigenze: sacrificare una perfetta, non dico normalità, ma una perfetta rispondenza delle elezioni a queste pretese inesistenti esigenze democratiche, o sacrificare gli interessi dell’istruzione pubblica che sono giacenti, che dormono da mesi, forse da qualche anno? In questo conflitto non volete riconoscere la discrezionalità del Governo di poter sacrificare in un momento così delicato della vita del Paese alcune esigenze invece di altre? Si è sacrificato tanto, e spesso ingiustamente! Le stesse elezioni del 2 giugno furono precedute soltanto di due mesi dalla pubblicazione del relativo decreto; e se i partiti non avessero preparato in precedenza le liste, si sarebbero forse trovati a disagio per il breve periodo di tempo concesso tra la pubblicazione del decreto e le elezioni. Quante cose sono state affrettate, quante variazioni, quante applicazioni di leggi sono andate in esecuzione, specialmente in materia fiscale attraverso anticipate circolari! Debbo ricordare, ad esempio, che con una circolare si adottò l’abolizione della ricchezza mobile per determinate categorie di lavoratori?

Ora, in un momento delicato come questo, così grave per l’urgenza della ricostruzione, che cosa significa sacrificare qualche piccolo dettaglio, quando la sostanza può essere salva?

Altra critica: la difficoltà di partecipare alle elezioni. Su questo punto, credo di poter affermare che il congegno, che non solo si trova in quell’ordinanza ministeriale così criticata, ma che è stato esposto anche dal Ministro, sia così perfetto, anzi, direi, largo da consentire a chiunque la massima comodità di votazione, implicando solo il fastidio per il votante di recarsi da casa sua ad una qualsiasi scuola che si trovi nelle vicinanze.

Obbligatorietà del voto. Ma si può dire fondatamente, seriamente, che in quell’ordinanza si parli di obbligatorietà del voto? Quando il Ministro si è limitato a richiamare ciascuno a questo dovere morale? Questo rientra anzitutto nei doveri del Ministro fra cui vi è quello di attivare lo spirito democratico in un Paese che esce da un regime dittatoriale. Voi dovreste apprezzare un Ministro (Commenti a sinistra) che dopo venticinque anni di dittatura nella scuola, quando nessuno di voi ha votato, ma ha dovuto subire i diversi organi, vuole risvegliare questa coscienza democratica; per quanto io sia convinto che la nobile categoria di elettori ai quali egli si rivolgeva, si senta così degna della sua responsabilità, da non sentire il bisogno di essere sollecitata dal Ministro. Ma, comunque, una sollecitazione del Ministro ad un risveglio dell’attività in questo senso, richiamare cioè la necessità morale, richiamare il senso di responsabilità e la coscienza di ciascuno a partecipare alla formazione degli organi preposti alla vita della propria amministrazione, è un atto che va elogiato e non criticato.

E qual è la sanzione? Segnalare quelli che non partecipano; ed il Ministro è forse in grado di esibire una cartella che riguarda l’attività di ogni singolo professore, in cui si segnano perfino le assenze dalle lezioni. Non volete che l’assenza dal voto possa essere messa alla pari almeno con l’assenza dalle elezioni? (Commenti – Interruzioni a sinistra).

TONELLO. Altro che morale! Voi sapete che difendete una causa ingiusta! (Rumori al centro – Interruzione del deputato Coccia).

È immorale! E dico il mio pensiero, piaccia o non piaccia!

LEONE GIOVANNI. Io vorrei che l’onorevole Tonello si rendesse conto che certi atteggiamenti, se sono utili dal punto di vista elettorale, in questa Assemblea non hanno nessuna risonanza (Applausi al centro).

TONELLO. Nessun atteggiamento elettorale! Non si deve speculare sulla moralità! (Proteste al centro – Interruzione del deputato Coccia).

LEONE GIOVANNI. Comunque, onorevoli colleghi, questo punto della cosiddetta obbligatorietà del voto è un punto sul quale voi potete esprimere un giudizio, giudizio che significherà per il Ministro segnalazione a non applicare quelle che voi chiamate sanzioni. Ma non importa, quel punto, rinvio delle elezioni, perché se quelle che voi chiamate sanzioni dovessero operare opererebbero dopo le elezioni. E allora l’Assemblea ha diritto su un’ordinanza o circolare ministeriale di esprimere un’opinione e può anche dire: noi riteniamo che sia stato mal fatto segnalare gli assenti alle elezioni. Ma questo non importa il rinvio delle elezioni. Vuol dire che il Ministro si asterrà dal tener conto delle segnalazioni, quelle che voi chiamate sanzioni. E allora, onorevoli colleghi, la situazione è questa: (Interruzioni – Commenti). Speravo per lo meno che, essendo uno dei deputati più contenuti nell’alzarsi a parlare, potessi avere la tolleranza dei colleghi.

Una voce a sinistra. Ne ha abusato!

LEONE GIOVANNI. La situazione è questa, onorevoli colleghi: richiamare in vita il procedente Consiglio Superiore. Oggi, ancorché il Ministro volesse attuare quello che non ha creduto opportuno di attuare – un invito a ritirare le dimissioni – un rinvio delle elezioni non è possibile, perché, essendo entrata in vigore la legge di cui andiamo discutendo, questa legge nell’articolo 25 porta l’abrogazione espressa (che è inutile perché l’abrogazione è implicita) della legislazione precedente. Il Ministro, se volesse attuare quell’invito che non ha creduto di attuare, non lo potrebbe; e quindi, anche se rinviasse le elezioni (è bene che questo sia tenuto presente ai fini della responsabilità che andiamo assumendo di fronte alla scuola) il Consiglio Superiore non potrebbe esistere.

E allora che cosa potrebbe fare il Ministro? Ecco un punto veramente importante che non è stato finora eccessivamente preso in considerazione da voi. Il Ministro aveva un solo potere: potere prima della legge della quale stiamo discutendo; avrebbe potuto (se la legge precedente non fosse stata abrogata con quella di cui discutiamo) sostituire i 23 membri dimissionari con altri 23 membri di sua nomina. E allora, di fronte a questa alternativa, io ho il diritto di domandare: di fronte a questo problema, anche politico, un Ministro, che dovendo scegliere fra due strade: ricomporre, rinsanguare il Consiglio Superiore con la nomina diretta e quindi con la possibilità di essere accusato di aver preso 23 amici o quasi amici; o invece affrettare con una legge che può essere imperfetta ma che ripristina il principio democratico (le elezioni del Consiglio Superiore), sceglie la prima; osate voi deplorarlo? È su questo che dovete giudicare, onorevoli colleghi. Se avesse sostituito i ventitré membri immediatamente, la vita universitaria sarebbe rifluita, sarebbe ritornata nel suo corso normale; i professori non attenderebbero da un anno i trasferimenti da una cattedra all’altra; le buste dei concorsi non starebbero giacenti in una cassaforte del Ministero; le libere docenze, che non sono state ancora riprese dopo la liberazione, non starebbero a dormire; la revisione dei concorsi, per cui multi studiosi attendono un atto di riparazione da tre anni, non sarebbe ulteriormente sospesa. Ed ancora altri settori non sarebbero rimasti paralizzati: le riforme di statuti; cattedre da sopprimere perché di impronta fascista; cattedre da istituire perché di impronta democratica: e, infine, il Consiglio Superiore sarebbe sopravvissuto con 23 membri di fiducia del Governo. Questo egli si è rifiutato di fare. Se ciò è vero, io, terminando, ho il diritto di dirvi (specie a voi colleghi di sinistra che vi siete scagliati contro l’operato del Ministro): se siete pensosi della scuola – come non vorrei dubitare – ed insieme entusiasti del ripristino del metodo democratico, che noi avremmo dovuto presagire, lungi dal tentativo di rinvio, la facilitazione di questo primo esperimento di costituzione degli organi consultivi democratici, elettivi della scuola. La democrazia, in un Paese che ne è rimasto privo per oltre venti anni, non si restaura d’incanto: essa procede per gradi e, provando e riprovando, approda a quelle sponde della perfezione e dell’armonia, che sono nella nostra unanime aspirazione. Ci saremmo attesi, dopo un esperimento di Consiglio Superiore di nomina ministeriale, sia pure in persone di rispettabili maestri, che un provvedimento legislativo, il quale attuava una ricostruzione del Consiglio Superiore, a larga base elettiva, e che dopo moltissimi anni ripristinava una Sezione per l’insegnamento medio ed una sezione per l’insegnamento elementare, riconoscendo così a questi due settori dell’insegnamento il prestigio e la dignità che loro spettano; ci saremmo attesi che questo provvedimento, che costituisce un notevole passo sulla difficile via della ricostruzione dell’amministrazione statale, avesse placato le nostre e le vostre ansie verso quella giustizia nell’amministrazione che si realizza soprattutto mediante organi consultivi ed elettivi. È amaro per noi assistere a questo schieramento. Le dimissioni del Consiglio Superiore potevano rispondere a questa alternativa: o sostituire i membri dimissionari o accelerare le elezioni del nuovo Consiglio Superiore, anche perché quello dimissionario non avrebbe potuto prorogare la sua vita oltre il 15 ottobre 1947.

Fra un atto di autorità per la sostituzione di molti membri dimissionari – senza dubbio legittimo, ma forse inopportuno e facilmente criticabile – e una iniziativa di ricostituzione democratica dell’organo, il Ministro ha scelto la seconda strada.

Nella legge vi potranno essere incongruenze e difficoltà pratiche, ma il danno non sarà grave. A parte la possibilità che la correttezza di un Ministro, e soprattutto il controllo parlamentare, potranno perfezionare la legge, non è da dimenticare che il prossimo Parlamento, il quale sarà certamente in funzione fra non molto, avrà i più ampi poteri di apportare le rettifiche e gli emendamenti necessari. Tutto questo è dettaglio. La verità, che nessun avversario e nessun artificio di propaganda potrà oscurare, resta chiara ed è che l’operato dell’onorevole Gonolla risponde a un senso di indiscutibile correttezza e soprattutto di democrazia. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Croce. Ne ha facoltà.

CROCE. Tra i motivi per i quali è stata fissata nella tornata antimeridiana la discussione di questa mozione, è stato detto che un deputato più che ottantenne desiderava esservi presente e non avrebbe potuto in una seduta notturna. Tale motivo era bensì gentile nell’intenzione, ma inopportuno politicamente, come è stato notato da altro più rigoroso osservatore delle buone norme, e io mi associo a lui.

Ora, venendo al motivo per il quale prendo la parola dirò quale questo sia. Sono stato anch’io al posto che ora occupa l’onorevole Gonella, e proprio quando il Partito cattolico o popolare fece la sua prima e grande entrata nel Parlamento italiano. Liberale e laico e già autore di quella filosofia che a tutti era nota e la Chiesa non aveva creduto allora conveniente di innalzare all’onore dell’indice, io riuscii molto gradito ai cattolici per la mia connaturata imparzialità.

Ricordo una discussione con uno dei loro uomini più autorevoli, di poi senatore, intorno a certe richieste delle scuole confessionali, nella quale io gli dimostrai il punto in cui dovevo fermarmi, e il bravo uomo, persuaso, si levò e si accomiatò dicendomi; ab amicis justa petamus. Ricordo che Don Sturzo, che tanto bene starebbe ora in questa Aula, quando accadde la crisi del Ministero Giolitti, venne da me a dirmi che il Partito popolare avrebbe puntato sul mio nome per la nuova combinazione, e io gli feci osservare, ridendo, che egli aveva dimenticato che io ero un liberale! Memorie di tempi lontani. E se nelle crisi dei nostri giorni deprecai che il Ministero dell’istruzione fosse occupato dai democristiani, è tra l’altro perché io temevo gli effetti della lunga brama e della lunga astensione, e gli eccessi e le prepotenze che ne sarebbero seguiti.

Ciò purtroppo è accaduto e l’onorevole Gonella, del quale pregio l’ingegno e che sono dolente di dover criticare, ricordevole della molta cortesia di cui m’ha dato prove, ha troppo fatto nell’interesse della sua parte e ha suscitato molto scontento e opposizione negli animi. Di ciò è prova il suo contegno verso i deliberati pareri del Consiglio Superiore dell’istruzione, che anche uomini insigni della sua parte hanno deplorato, e sul quale io non mi distenderò, benché potrei illustrarlo con qualche esempio assai efficace. E, per di più, egli ha adottato un metodo, che dirò imperatorio nel sentimento e precipitoso nell’esecuzione; e anche di questo è prova la riforma del Consiglio Superiore, alla quale ha avuto un anno intero per pensare e che ha attuato con un decreto urgentissimo, togliendo all’Assemblea il respiro per esaminarlo e criticarlo ed emendarlo.

Ier l’altro mi si è detto che con un simile decreto è stato provveduto al patronato scolastico: un’istituzione che fu già fatta da me nel 1920, con una semplice circolare, perché così come l’avevo formata non costava niente allo Stato, non richiedeva nuovi impiegati, e contava sull’interessamento e concorso delle famiglie degli alunni abbienti, che si manifestò molto largo e volenteroso.

Non ho avuto mai il proposito di diventare il critico dell’opera dell’onorevole Gonella, per la pratica ragione che altri e più dolorosi problemi mi occuparono e che mi mancava il tempo e la forza per questo particolare lavoro, che spettava a più giovani e più alacri colleghi. Ma nell’occasione che mi si è ora presentata ho sentito il dovere di stare accanto ad essi e unirmi alle loro ben ragionevoli richieste, con la speranza che l’onorevole Gonella finisca con l’accettarle, reprimendo in sé il naturale impulso che porta a ostinarsi per impegno di amor proprio, il quale in questo caso (l’amico Nitti ama celiare sulle parole della Chiesa che mi suonano sovente sulla labbra) sarebbe un atto di superbia e, sotto colore della fermezza da dimostrare, una suggestione del Maligno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Di Fausto. Ne ha facoltà.

DI FAUSTO. Essendo fra i pochissimi in questa Assemblea interessato ai problemi dell’arte, io non posso non fare un accenno al Consiglio Superiore delle belle arti, riportandomi anche a precedenti dichiarazioni. Particolarmente mi riferisco alle dichiarazioni fatte il 4 giugno, quando tentai di sottrarre dopo le «Antichità e Belle Arti» anche la «Urbanistica» dall’ingerenza delle Regioni.

In quella occasione deplorai la mancata creazione di quell’organismo autonomo che, in piena emergenza, dopo le gravi ferite inferte dalla guerra, avrebbe dovuto presiedere con visione unitaria ed organica, a tutte le attività artistiche ed alle enormi necessità della ricostruzione. Mi ridussi ad invocare in quella occasione la più sollecita ricostituzione del Consiglio Superiore delle belle arti, supremo organo tecnico consultivo, al quale solamente possono essere deferiti i gravissimi problemi che interessi contrastanti potrebbero compromettere irrimediabilmente.

Esemplificai, fra i tanti temi in attesa di esame, le questioni relative al Palazzo della Ragione a Ferrara, al Palazzo dei Tribunali a Vicenza, all’ex Palazzo Reale di Milano, al restauro dei Duomo di Modena, al grattacielo sul mare di Napoli, alle Mura Urbane di Piacenza, alla ricostruzione del Ponte di mezzo e dei quartieri interni di Pisa, alla ricostruzione dei Borghi intorno al Ponte Vecchio di Firenze.

Sorvolai sui problemi peculiari di Roma che avevo trattati precedentemente, ma non potei non denunciare la minaccia che sia infirmato il vincolo panoramico che tutela la suggestione dell’Appia antica.

Illustrai infine la minaccia che grava sulla Basilica di San Marco. Ma questa Assemblea, che dedicò una intera settimana a discutere sulla formula di giuramento di fedeltà alla Repubblica, non troverà certo una mattinata da dedicare a questi più veri e più alti problemi di interesse nazionale e internazionale.

Esigenze – queste da me denunciate – che superano qualunque critica e qualunque polemica.

Ecco perché fui indotto a sollecitare ed a scongiurare che fosse ricostituito senza ulteriore indugio il Consiglio Superiore delle belle arti.

Sono pertanto sodisfatto di constatare che questo problema sia finalmente all’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Rivera. Ne ha facoltà.

RIVERA. Onorevoli colleghi, non avrei preso la parola in questa discussione se da più parti e, questa mattina stessa, da alcuni colleghi della Facoltà di scienze dell’Università di Roma riunita in Commissione di laurea, non mi fosse stata confidata una loro vivissima preoccupazione di andare incontro, a causa di questa discussione, ad un ulteriore prolungamento della loro attesa. Io parlo dunque a nome dei colleghi meno anziani, giacché per quelli più anziani il problema è diverso.

Per i primi questo problema è divenuto angustiante ed assillante: si tratta in molti casi di persone che hanno superato la quarantina, di specialisti che hanno trascorso una vita a studiare, chiusi nell’Università, a cercare di far progredire la scienza.

Qui si sono discusse eleganti tesi giuridiche, si sono fatte acute disamine di competenze, raffinate valutazioni di poteri, ma nella discussione è rimasto dimenticato l’interesse massimo che noi dovremmo curare e tutelare, quello dell’alta cultura, delle Università e, per queste, degli insegnati universitari.

La parte migliore e più meritevole di questi è, come già detto, impressionata della possibilità di un rinvio, che può significare per loro l’oscurarsi della speranza di poter presto salire la cattedra di quella disciplina per la quale hanno lavorato per decenni e della quale si sono resi ormai talora altamente benemeriti. Si tratta di diecine di colleghi che ci ostiniamo a chiamar giovani, anche se ultra quarantenni, i quali hanno sopportato in questo ventennio l’amara martellatura di concorsi non indetti o peggio male eseguiti.

Accennerò ad un episodio, che ho vissuto, perché riguarda un mio allievo.

Si fa un concorso per cattedra universitaria: Presidente della Commissione è un senatore fascista e questi, con pugni sul tavolo e mezze parole di colore oscuro, impone la soluzione seguente al concorso: una parte dei concorrenti è idonea scientificamente, ma non didatticamente, un’altra parte è idonea didatticamente, ma non scientificamente. Io non ho mai capito come una persona non idonea scientificamente, cioè non sufficientemente preparata, possa efficacemente insegnare, cioè essere un didatta idoneo, come non ho mai capito come possa una Commissione, che neppure forse conosceva la faccia dei candidati, tutti liberi docenti, giudicare di inidoneità didattica persone non messe alla prova.

Questo arbitrio, evidente per l’assurdo logico attraverso il quale è stato perpetrato, e con così poca graziosità, a carico di una schiera di una diecina di giovani, che sono poi rimasti per dodici o quattordici anni ad aspettare che queste cattedre di cui erano evidentemente degni, almeno in parte venissero finalmente loro concesse subito dopo la caduta del fascismo, è uno dei tanti che la originalità del fascismo ha saputo escogitare. Ad alcuni di questi candidati si chiudevano le porte in faccia quali «sospetti» ad occhi fascisti in quanto, non si crederebbe, discepoli di persone non in odore di santità presso il partito fascista. Questo è uno degli esempi; ve ne sono tanti altri del genere, o diversi.

Orbene, nell’ambiente universitario si invoca solo che agli insegnanti universitari sia lasciata libertà di fare. Oggi sono indette delle elezioni ed ad essi poco importa se perfetta sia la forma giuridica escogitata, perché esprimano con la scheda il loro pensiero. Gli insegnanti universitari intendono di essere tutori di se stessi, ci dispensano volentieri dal compito di far noi da tutori alle scienze ed ai cultori di scienza.

Esistono delle liste, che circolano è vero, ma personalmente ho fatto esperimento, parlandone con colleghi di varie Università, che nessuna è di gradimento, sicché succederà che saranno nominate al Consiglio Superiore della pubblica istruzione le personalità più degne del mondo universitario. Non è dunque gradita questa nostra premurosa tutela fatta di argomentazioni giuridiche più o meno valide e perciò lasciamo che le nomine i professori universitari le facciano a loro piacimento.

C’è una preoccupazione nelle parole che ha pronunciato qualcuno di quella parte (Accenna a sinistra): quella di far tornare al Consiglio Superiore quelle stesse persone che facevano parte del Consiglio Superiore dimissionario. Ebbene, io vi dico: se i professori universitari italiani hanno per quelle persone questa stessa predilezione dei colleghi che questo ci hanno fatto capire, essi hanno il modo, votando nomi dei vecchi componenti dei Consiglio Superiore di riporli sull’antico scanno: ciò attraverso la scheda che loro si offre.

Ma la cosa che importa, l’interesse dell’Università è quella di coprire le cattedre al più presto possibile. Io vi chiedo che lasciate che i nostri docenti votino come essi credono affinché sia accelerato il completamento dei quadri delle nostre Università. Questo mi sembra il problema essenziale e se qualche valore ha la mia voce, essa vuole farsi interprete del desiderio di questi studiosi, non più giovani, che hanno atteso tanto tempo. Questa è la preghiera che io porto, a loro nome, all’Assemblea Costituente oggi, che lasciate che abbia libero sviluppo questa votazione, onde siano degnamente e presto riempiti i quadri della nostra alta cultura con coloro che sono capaci di dar lustro alla scienza e, attraverso quella, di dar lustro all’Italia. (Applausi al centro).

TONELLO. Hanno atteso tanti anni con la tessera fascista in tasca e possono aspettare ancora!

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro della pubblica istruzione.

GONELLA. Ministro della pubblica istruzione. Ringrazio vivamente coloro che sono intervenuti in questo dibattito e particolarmente l’onorevole Leone, che ha esposto in maniera così precisa i motivi sui quali, già nel corso di due interpellanze, ho avuto occasione di intrattenermi.

Purtroppo oggi non avrei che da ripetermi per la maggior parte delle argomentazioni.

Sono grato anche all’onorevole Parri di aver portata la discussione in una sfera più alta di serenità, che particolarmente conferisce alla trattazione dei temi scolastici e di tutti i problemi che riguardano la dignità della scuola.

Il Governo non ha nulla da aggiungere a quello che ha sostenuto ed il suo punto di vista in rapporto a questa mozione è il seguente: il Governo si rimette a quello che sarà il voto della maggioranza dell’Assemblea e farà suo il voto della maggioranza dell’Assemblea. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Onorevole Parri, a norma del regolamento, ella ha ancora diritto di parlare. Vuole usufruire di questo suo diritto?

PARRI. Vorrei rispondere al Ministro Gonella ed ai colleghi della Democrazia cristiana che le argomentazioni addotte dall’onorevole Leone, se costituiscono un’arringa degna della sua fama, non hanno potuto avere nessun potere persuasivo su di noi, perché esse hanno girato intorno al nocciolo dell’argomento ed alla sostanza della controversia.

Se lei, onorevole Ministro, si rimette al parere dell’Assemblea per cercare di sollecitare un atto da risolvere nel miglior modo e di trovare degli espedienti che possano tener conto della situazione che ha prospettato qui il professore Rivera, noi saremmo disposti ad omettere alcuni «considerando» della nostra mozione, cioè quelli che possono sembrare una presa di posizione contro di lei, contro il suo Ministero e contro la sua politica scolastica, mantenendo l’invito a sospendere l’esecuzione del provvedimento e insistendo nel sottoporre il nuovo ordinamento all’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. Si passa allora alla votazione della mozione, dato che l’onorevole Parri ha dichiarato di conservarla.

PARRI. La mozione è subordinata ad una risposta del Ministro; potrebbe cioè essere resa non necessaria solo con l’accettazione sostanziale delle nostre richieste. Mancando tale risposta, la conservo, modificandola nei seguenti termini:

«L’Assemblea Costituente invita il Governo a sospendere l’esecuzione del provvedimento relativo alla ricostituzione del Consiglio Superiore della pubblica istruzione ed alle relative elezioni;

«a risolvere la vertenza con l’attuale Consiglio Superiore della pubblica istruzione, ed a sottoporre il nuovo ordinamento all’Assemblea Costituente».

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che su questa mozione è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Mazza, Leone Giovanni, Mattarella, Numeroso, Marconi, Pat, Medi, Galati, Moro, Benvenuti. D’altra parte, gli onorevoli Fiorentino, Pistoia, Carpano Maglioli, Proti, Grilli, Cartia, Lombardi Riccardo, Foa, Binni, Filippini, Malagugini, Mariani Enrico, Morandi, Dugoni, Lussu, Codignola, Ghidini, Bernini, Vernocchi, Fioritto, Zanardi, Caporali, Bocconi, Rossi Paolo, Merighi, Faccio, Jacometti, Fornara, Giua e Cacciatore hanno chiesto la votazione a scrutinio segreto.

A termini di Regolamento ha prevalenza la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sulla mozione dell’onorevole Parri.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti       412

Maggioranza              207

Voti favorevoli          218

Voti contrari              194

(L’Assemblea approva – Applausi a sinistra – Commenti).

Voci a sinistra. Dimissioni! dimissioni!

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Amadei – Amendola – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arata – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.

Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Barbini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bassano – Basso – Bastianetto – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Buonocore – Burato.

Cacciatore – Caiati – Calamandrei – Calosso – Camangi – Camposarcuno – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Croce.

D’Amico Michele – De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza – Dugoni.

Ermini.

Fabriani – Facchinetti – Faccio – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Fognagnolo – Foresi – Fornara – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gatta – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacini – Jacometti – Jervolino.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca –Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longhena – Longo – Lozza – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Maffioli – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Moro – Mortati – Moscatelli – Murgia – Musolino.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pajetta Gian Carlo – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perlingieri – Perrone Capano – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Platone – Ponti – Porzio – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Sardiello – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Segala – Selvaggi – Sereni – Sicignano – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tumminelli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valiani – Valmarana – Vanoni – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vigorelli – Villani – Vinciguerra – Vischioni.

Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zannerini – Zappelli – Zerbi – Zuccarini.

Sono in congedo:

Ambrosini.

Bellavista.

Fedeli Aldo – Ferrarese.

Galioto.

Lombardo Ivan Matteo.

Pignatari.

Raimondi.

Ravagnan.

Saragat.

Zotta.

PRESIDENTE. Rinvio il Seguito dello svolgimento dell’ordine del giorno alla prossima seduta antimeridiana.

La seduta termina alle 12.50.