ASSEMBLEA COSTITUENTE
CXCIV.
SEDUTA DI LUNEDÌ 21 LUGLIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Congedi:
Presidente
Mozione (Svolgimento):
Presidente
Abozzi
Laconi
Mastino Pietro
Grassi, Ministro di grazia e giustizia
Lussu
Mortati
Mastino Gesumino
Carpano Maglioli
Mannironi
Tosato
Carboni Enrico
Chieffi
Spano Velio
Codacci Pisanelli
Colitto
Dugoni
Cianca
Fuschini
Togliatti
Piccioni
Carboni Angelo
Interrogazioni con richiesta d’urgenza:
Presidente
Pella, Ministro delle finanze
Grassi, Ministro di grazia e giustizia
Dugoni
Sui lavori dell’Assemblea:
Codignola
Grassi, Ministro di grazia e giustizia
Presidente
Fuschini
La Malfa
Pella, Ministro delle finanze
Uberti
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 17.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta pomeridiana precedente.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati onorevoli Ambrosini, Arata e Condorelli.
(Sono concessi).
Svolgimento di una mozione.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento della seguente mozione firmata dagli onorevoli Lussu, Lombardi Riccardo, Cianca, Calamandrei, Laconi, Spano Velio, De Vita, Mazzei, Parri, Cevolotto, Veroni, Mastino Gesumino, Di Giovanni, Grieco, Uberti, Carboni Angelo, Binni, Fiorentino, Schiavetti, Tosato, Fuschini e Giua:
«L’Assemblea Costituente,
considerato:
che l’istituzione degli Alti Commissari e delle Consulte regionali poneva la Sicilia e la Sardegna, per le condizioni particolari alle due grandi Isole, in una identica situazione politica;
che l’articolo 108 della Costituzione in esame attribuisce alla Sicilia e alla Sardegna forme e condizioni particolari di autonomia;
che la Consulta Nazionale e il Governo dei Comitati di liberazione nazionale avevano, già nel 1946, deliberato di estendere in via provvisoria alla Sardegna lo Statuto autonomo della Sicilia, provvedimento del quale la Consulta regionale sarda non credette opportuno avvalersi, preferendo elaborare con esame approfondito il suo particolare progetto di Statuto;
che lo Statuto per la Sardegna, approvato nelle sedute del 15-29 aprile 1947, dopo sei mesi di lavori ininterrotti, è stato dalla Consulta regionale sarda presentato al Governo;
che, se seguitasse il regolare andamento della discussione sulla Costituzione, l’Assemblea Costituente non potrebbe esaminare lo Statuto sardo neppure in settembre, per cui le elezioni regionali in Sardegna non potrebbero aver luogo entro l’anno, mettendo così l’Isola in uno stato ingiusto di disparità rispetto alla Sicilia,
delibera:
che per lo Statuto sardo sia adottata la stessa procedura usata per lo Statuto siciliano;
e pertanto l’Assemblea Costituente autorizza il Governo all’approvazione immediata dello Statuto presentato dalla Consulta sarda, sì da rendere possibile in Sardegna la convocazione dei comizi elettorali entro l’anno, riservandosi, come per lo Statuto siciliano, per la fine dei lavori dell’Assemblea Costituente, il diritto di un maggiore esame per coordinare lo Statuto con la nuova Costituzione della Repubblica».
ABOZZI. Chiedo di parlare per una questione pregiudiziale sulla mozione dell’onorevole Lussu.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ABOZZI. Onorevoli colleghi, pare a me che la mozione presentata dall’onorevole Lussu e da altri colleghi non possa essere discussa, perché in netto contrasto con la dizione e lo spirito della legge, cioè del decreto legislativo luogotenenziale 25 luglio 1944 e del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946 ed anche, voglio dire ad abbondanza, in netto contrasto con l’articolo 108, secondo comma, del progetto di Costituzione della Repubblica italiano: articolo che è stato già approvato dall’Assemblea. Premetto che la natura costituzionale dello statuto sardo non può essere messa in dubbio; sono le leggi costituzionali quelle che si riferiscono alla organizzazione in cui lo Stato si concreti, alle parti essenziali dell’ordinamento giuridico. Ora, indubbiamente, le Regioni sono elementi essenziali dello Stato; attraverso le Assemblee regionali lo Stato vuole e agisce. Ma anche se le Regioni dovessero essere tenute in un piano meno dignitoso, nel piano in cui sono tenute oggi le Province ed i Comuni, la legge che le istituisce o ne determina la struttura è legge costituzionale.
Basta, per essere convinti della mia tesi, richiamare alla memoria il molto citato articolo 3 del molto citato decreto legislativo 16 marzo 1946 nel quale si dice «durante il periodo della Costituente, e fino a convocazione del Parlamento, a norma della nuova Costituzione, il potere resta delegato, salvo la materia costituzionale, al Governo». Ne consegue che poiché il periodo della Costituente dura ancora e poiché lo Statuto sardo è di natura costituzionale, l’Assemblea ha il diritto esclusivo ad esaminare e discutere lo Statuto sardo, e a discuterlo, non in sede di coordinamento, ma in sede di ordinamento, non di seconda mano, ma di prima mano, non in seconda visione (permettetemi questo ricordo cinematografico) ma in prima.
L’Assemblea Costituente è nata per fare le leggi costituzionali e per fare la Costituzione. Il suo fine specifico, il suo fine fondamentale, è questo; questa è la sua ragione di vivere e di operare e se si spogliasse delle sue prerogative mostrerebbe forse di non apprezzare sufficientemente l’alta dignità che le hanno dato il voto popolare e la legge stessa.
Si tratta, a mio giudizio, di diritti indisponibili di potestà che non si possono cedere, così come non è cedibile il diritto di vivere: se il diritto alla vita fosse ad altri ceduto si avrebbe da una certa parte un omicida e dall’altra un consenziente all’omicidio: una forma indiretta di suicidio. Non credo che l’Assemblea Costituente voglia ricorrere a tale forma di morte.
Per essere maggiormente convinti della mia tesi, basta rivivere nella memoria la storia della Costituente. Un primo decreto legge, quello del 2 agosto 1943, stabiliva la convocazione di una Assemblea legislativa normale; ma più tardi si pensò che una Assemblea normale non potesse né dovesse deliberare la Costituzione della Repubblica; e si volle una particolare Assemblea, che fu la Costituente. Più tardi furono emanate le norme integrative, quelle del 16 marzo 1946.
Dico per incidenza che il potere legislativo delegato al Governo può apparire strano. Tuttavia, penso che nella mente del legislatore non vi volesse essere un depotenziamento dell’Assemblea, ma un potenziamento, poiché eran riservate ad essa le supreme leggi, quelle che formano l’aristocrazia della legislazione. Si è voluta dunque un’Assemblea che avesse uno scopo specifico: la Costituzione e le leggi costituzionali. Ne consegue che l’articolo 3 del decreto luogotenenziale ha carattere rigido; e nelle norme a carattere rigido quello che non è espressamente detto, è escluso. In quell’articolo 3 si dice: «II Governo può sottoporre all’Assemblea qualunque argomento, per il quale ritenga opportuno la deliberazione di essa». Ma non è detto che l’Assemblea possa cedere al Governo il suo potere costituente. Se questo accadesse, il Governo avrebbe il suo potere specifico, quello di esecuzione, il potere legislativo normale, che gli è delegato dalla legge, ed in più il potere costituente delegato dall’Assemblea.
Onorevoli colleghi, se il signor De Montesquieu riaprisse i suoi pensosi occhi alla luce del giorno, guarderebbe con alta meraviglia questa strana confusione di poteri e guarderebbe con alto stupore quello che potrebbe accadere nella prima Assemblea democratica della giovane Repubblica.
Né si dica che i diritti dell’Assemblea sono salvi, perché essa, in sede di coordinamento, dovrà coordinare lo statuto con la nuova Costituzione.
Dico subito che una cosa è esaminare e deliberare su una legge, non ancora approvata, ed altra cosa è esaminare una legge già approvata. D’altra parte, troppo spesso, non soltanto i filosofi, ma anche i politici e gli uomini di legge usano parole non precise nel significato e soprattutto nei limiti.
Nello statuto siciliano vi è questa dizione, che dovrebbe essere estesa allo statuto sardo: «Lo statuto sarà sottoposto all’Assemblea Costituente per essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato».
Onorevoli colleghi, sembrano parole lucide, chiare, trasparenti, ma non sono né lucide, né chiare, né trasparenti. Ed infatti può sorgere una voce audace, in quest’Aula – dovrei dire audacissima – per dire: Voi, Assemblea Costituente, potete armonizzare quelle norme che non sono armonizzate con la Costituzione generale, ma non potete fare altro perché a questa armonizzazione si riduce l’opera di coordinamento. Quelle parti che non contrastano con la Costituzione, indifferenti per così dire sotto il punto di vista dell’armonizzazione, non potete toccarle anche se fossero cattive o pessime perché la vostra opera consiste solo nel coordinare, nel ridurre la dissonanza a consonanza. Ed anche se questo limite giuridico non ci fosse, rimarrebbe sempre, onorevoli colleghi, un limite morale. Riformare, correggere, sopprimere uno statuto, che è stato già concesso, è cosa pericolosa, perché gli stessi regionalisti sardi penserebbero di essere defraudati di un diritto acquisito. Io dico che è più savio in politica concedere a tempo poco, ed essere in grado di mantenerlo, piuttosto che concedere fuori tempo molto e non poterlo mantenere. Vorrei essere profeta fallace, onorevoli colleghi, ma non penso che sarà cosa molto facile per questa Assemblea alterare, correggere o sopprimere la parte dello statuto siciliano, segnalata dall’onorevole Einaudi, che potrebbe concedere di battere moneta allo staterello siciliano.
Si vuole dunque che sia adottata, per lo statuto sardo, la stessa procedura usata per lo statuto siciliano. Ma, onorevoli colleghi, la situazione è molto diversa: diversa la situazione di fatto e diversa la situazione di diritto.
Quando lo statuto siciliano fu approvato, la Costituente non era più nella mente di Dio; era già nella mente degli uomini ma non funzionava e non era neppure eletta. Il Governo aveva allora piena potestà legislativa e poiché – se abbia fatto bene o male, è altro conto – si era indotto ad approvare, con un decreto legislativo, uno statuto che aveva natura costituzionale, altro non poteva fare che rinviarlo all’Assemblea Costituente futura. Penso, in verità, che potesse e dovesse essere più chiaro, riguardo ai poteri della Costituente nei confronti dello statuto siciliano: doveva non parlare di coordinamento che poteva sembrare una parola limite e dire invece che la Costituente aveva il diritto di esaminare integralmente lo statuto e di discuterlo ex novo. Quando fu approvato lo statuto siciliano, la Costituente non c’era, ma oggi c’è, ed è viva e operante, è nel suo diritto assoluto di esaminare, di approvare e di discutere le leggi costituzionali: e non può essere privata, per nessuna ragione, di questo diritto, e neppure può privarsene.
Dico di più: se il Governo, seguendo una interpellanza già presentata dall’onorevole Lussu, avesse creduto di approvare lo statuto sardo con un decreto legislativo, avrebbe fatto atto illegale, ma la Costituente avrebbe subita e non voluta la privazione del suo diritto. D’altra parte, non si può neppure dimenticare che lo statuto siciliano è stato, prima dell’approvazione, esaminato da una Giunta a cui fu deferito lo studio del provvedimento legislativo. C’è stata una relazione e c’è stato un relatore. Oggi si vuole che l’Assemblea Costituente, senza uno studio, senza un esame, senza neppure una visione superficiale, possa scaricare sulle spalle del Governo l’approvazione per decreto legislativo dello statuto sardo.
E questo dovrebbe farlo proprio quella Assemblea che ha già approvato l’articolo 107 della Costituzione che dice che tutti gli statuti particolari devono essere approvati con legge costituzionale.
PRESIDENTE. Forse la sua intenzione, onorevole Abozzi è di svolgere semplicemente la pregiudiziale. L’argomento deve essere pertanto appena toccato o sfiorato, senza entrare nel merito. Ora mi sembra che ella stia entrando in pieno nel merito. La pregherei pertanto, onorevole Abozzi di mantenersi nei limiti essenziali, richiesti per dare al suo intervento un carattere pregiudiziale.
ABOZZI. È difficile, onorevole Presidente, intendere dove finisce lo svolgimento della pregiudiziale e dove si entra effettivamente nel merito vero e proprio. Nella materia che tratto la pregiudiziale è anche merito. E per il merito varrà. Comunque sto per finire.
Il Governo può fare una cosa sola: presentare all’Assemblea Costituente, perché lo discuta e lo approvi, il disegno di legge per lo statuto sardo: non può fare di più.
Voglio anche ricordare che la delega era un fatto eccezionale per tutte le Assemblee legislative, giustificata da una pubblica calamità, da una ragione tecnica (formazione di codici), dalla grande importanza di una legge minacciata dalla imminente chiusura della sessione. Ma quale ragione dovrebbe giustificare un atto illegittimo dell’Assemblea? Dov’è la pubblica calamità? Dove la ragione tecnica? È forse imminente la fine della Costituente? Se le elezioni regionali dovessero farsi in ritardo, non per questo la Sardegna sprofonderebbe nel suo mare.
La Consulta sarda ha già approvato questo statuto tre mesi fa e non ha espresso voti per anticipate elezioni. La Consulta ha detto soltanto che mandava alla Costituente, perché fosse discusso, il suo progetto, ma non perché fosse approvato per decreto legislativo.
Ho parlato non per fare un ostruzionismo ormai inutile ma perché penso che le Assemblee devono essere fiere ed orgogliose dei loro diritti, e ho voluto difendere questo orgoglio e questa fierezza. Sono certo che l’Assemblea sentirà la grandezza del suo esercizio che la consacra alla Storia e che non consente cessione della sua potestà.
PRESIDENTE. L’onorevole Abozzi ha sollevato la questione pregiudiziale nei riguardi della mozione presentata dall’onorevole Lussu. Un altro membro dell’Assemblea può ancora prendere la parola per sostenere la tesi dell’onorevole Abozzi. Si sono iscritti poi a parlare contro gli onorevoli Laconi e Mastino.
Ha facoltà di parlare onorevole Laconi.
LACONI. Io non ho intenzione di ribattere gli argomenti particolari addotti dall’onorevole Abozzi a sostegno della sua pregiudiziale. La questione è estremamente semplice: la pregiudiziale avanzata dall’onorevole Abozzi non può essere accolta perché non è una pregiudiziale, in quanto investe il merito della mozione, la quale appunto propone alla Camera una particolare procedura per gli statuti sardi.
Chiedo pertanto alla Presidenza che voglia respingere la pregiudiziale dell’onorevole Abozzi e dar luogo senz’altro alla discussione della mozione dell’onorevole Lussu.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Mastino Pietro.
MASTINO PIETRO. L’onorevole Abozzi, nel sostenere pregiudizialmente che la mozione presentata dall’onorevole Lussu non debba essere discussa e tanto meno approvata, non ha portato ragioni che giustifichino la pregiudiziale stessa.
Ogni suo argomento si è ridotto – me le consenta l’onorevole Abozzi – ad una petizione di principio, in quanto egli ha solo affermato come non sia possibile approvare la mozione di cui si tratta perché la Costituente non può delegare i propri poteri: non ha detto altro che questo.
Egli ha fatto invero un esempio, ha proceduto ad una similitudine, ha parlato cioè del caso in cui taluno voglia suicidarsi, per affermare che tale diritto non dovrebbe essergli concesso. Ma, mi permetta l’onorevole Abozzi che io gli dica come nella mozione, così come essa è stata presentata, non si accenni ad alcun proposito di suicidio, in quanto anzi si legge in essa propriamente l’opposto, cioè come la Costituente, che oggi è chiamata a dare al Governo l’autorizzazione ad approvare lo Statuto sardo e in seguito ad indire le relative elezioni, si riservi però il diritto di procedere al coordinamento dello Statuto sardo con lo Statuto nazionale.
E non è ciò forse la conferma, onorevoli colleghi, della potestà massima attribuita alla Costituente, quella cioè di decidere in materia costituzionale? L’onorevole Abozzi non ha dunque fatto altro se non affermare che la Costituente non può cedere le proprie facoltà: egli però non ha detto per quale motivo non possa cederle; egli ciò non ha menomamente dimostrato quanto sostiene. Ha detto, sì, che in Sardegna non è avvertito come urgente questo problema, e che le condizioni che consigliavano la concessione dell’autonomia siciliana erano assai diverse da quelle relative alla Sardegna in quanto non vi era allora la Costituente, mentre oggi c’è; ma con ciò è entrato nel merito, almeno in parte e noi – lo ripeto ancora – siamo in attesa di sapere per quali ragioni la Costituente dovrebbe, secondo lui, respingere pregiudizialmente la mozione presentata dall’onorevole Lussu.
Per queste considerazioni, esorto l’Assemblea a respingere la pregiudiziale Abozzi.
PRESIDENTE. Se, come ho detto prima, vi è un collega che desidera prendere la parola a favore, ne ha facoltà.
Non essendovi alcuno che intenda avvalersi di questo diritto, do la parola all’onorevole Ministro di grazia e giustizia, il quale si pronuncerà a nome del Governo.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Onorevoli colleghi, intervengo in questa discussione per disposizione del Presidente del Consiglio assente oggi da Roma. Per quanto si riferisce alla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Abozzi, vorrei pregare, a nome del Governo, l’onorevole Abozzi di non insistere. Ciò dico tanto più in quanto la discussione, così come è affiorata attraverso la pregiudiziale, non si può dire che abbia veramente fornito argomenti che risolvano una questione di pregiudiziale alla votazione del problema che è ormai all’ordine del giorno dell’Assemblea. Questa ha il diritto di discutere e di prendere le sue deliberazioni in proposito.
Le questioni non sono più che di merito; e allora è meglio discutere nel merito e vedere quali decisioni possano prendersi da parte dell’Assemblea e del Governo in una questione così importante per la vita della Sardegna.
ABOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ABOZZI. Non insisto nella pregiudiziale. Quel che ho detto varrà per il merito.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo allora alla discussione di merito. L’onorevole Lussu ha facoltà di svolgere la mozione.
LUSSU. Onorevoli colleghi, ringrazio l’Assemblea per aver voluto acconsentire che, prima di prendere le vacanze, si discuta questo problema. E, per quanto sia assente il Presidente del Consiglio, non posso dispensarmi dall’obbligo di ringraziare un così alto rappresentante del Governo, quale il Ministro di grazia e giustizia, per aver distratto dalle sue occupazioni, che sappiamo molto complesse, il tempo necessario per essere presente a questa discussione. Io credo pertanto, nei riguardi dell’Assemblea e del Governo, di interpretare il pensiero di tutti i rappresentanti sardi dell’Assemblea Costituente, nel considerare il fatto come un atto di deferenza e di interesse per l’Isola, al quale noi siamo sensibili.
Questo problema apparirà, io credo, malgrado le obiezioni di procedura sollevate – sulle quali peraltro non si è insistito – così come è realmente, più un problema tecnico che politico.
Naturalmente, tutto è politico in questa Aula, ma quando ad una mozione come questa appongono la firma rappresentanti così insigni di quasi tutti i partiti politici, il fatto diventa tecnico e non politico. E io credo che avrei potuto domandare la firma anche all’onorevole Guglielmo Giannini, ed egli l’avrebbe data – cavalleresco com’è – per dimostrare che non ha dei risentimenti verso l’Isola per l’accoglienza piuttosto rumorosa che gli è stata fatta in occasione della sua prima visita a Cagliari e a Sassari. Ma non l’ho voluto fare, per non mettere in contrasto il leader dell’Uomo Qualunque con l’onorevole Abozzi, il quale – come ognuno sa – avendo per ideale l’impero, sia pure in forme liberali-democratiche, mal sopporta l’istituto della Regione, specie in Sardegna, perché questo ne frustrerebbe la grandezza unitaria mediterranea. Non diversamente, onorevole collega Abozzi, nel passato i rappresentanti sardi del partito spagnolo offrivano la loro azione e la loro coscienza all’impero dei re di Castiglia.
Il problema è tecnico, perché, in sostanza, non si tratta d’altro che di trovare il modo di estendere alla Sardegna le possibilità di rendere vitale ed efficiente il suo statuto autonomo, così come è avvenuto per la Sicilia. La Sicilia ha avuto lo statuto; ha avuto le elezioni, il suo Parlamento, il suo Governo regionale. Perché la Sardegna non l’ha? Come si può fare in modo che la Sardegna l’abbia? Ecco il problema; ed è un problema tecnico.
E quando un uomo politico dell’autorità dell’onorevole Nitti – le cui simpatie o antipatie per la Regione sono arcinote – esaminando questa mozione l’ha considerata giusta e ragionevole, io credo che si prepari un porto sereno e ospitale per questo statuto autonomo sardo che arriva su una nave ritardataria ma senza strumenti di guerra a prua o a poppa o nascosti nella stiva.
Io vorrei subito rassicurare i miei colleghi siciliani. Essi non credano che noi sardi presumiamo di competere con la grande Isola sorella che noi riconosciamo maggiore per ricchezza di vita, per popolazione più numerosa e soprattutto più industre, e per tradizioni perenni di civiltà. Da noi, nel passato, non re o baroni insigni, ma solo proconsoli venali o incapaci. Nella nostra povera storia civile dell’Isola, di illustre non abbiamo che una donna, che non era neppure re ma giudice, come i re del popolo d’Israele, contro la quale, come capita a tutte le donne, anche alle migliori, in questo momento si cominciano ad appuntare dei mormorii critici. Ed abbiamo la sofferenza millenaria del nostro piccolo popolo che non è ancora civilmente unito, ma che per l’intensità delle sue sofferenze noi vediamo capace di esprimere aspirazioni moderne di giustizia umana.
Io riconosco che a noi mancano molti degli elementi che creano così avventurosa e drammatica la vita in Sicilia. A noi mancano i latifondi, i feudatari, i baroni, i gabelloti e la mafia. Lo dico con tutto rispetto, a noi manca perfino il Finocchiaro Aprile. (Si ride).
E a noi manca quel tipo illustre che ha la Sicilia: un principe Don Francesco Paternò Castello duca di Carcaci, pretendente al trono dell’Isola. Non abbiamo più neppure i briganti. È doloroso ma è così! La nostra Isola ne ha perduto il primato, che è passato incontrastato alla Sicilia, e il bandito Giuliano tiene alta la maglia gialla. (Si ride). Da noi, da quando Giovanni Giolitti abbandonò la direzione degli affari pubblici, il brigantaggio, che attorno alle Prefetture costituiva centri di propaganda e di pressione elettorale governativa, è finito. Il brigantaggio è finito! Solo rimangono delle piccole bande leggere che si accontentano di modesti prelevamenti di bestiame o di sequestrare sulle strade maestre un viandante più imprudente che denaroso, e non fanno né del marxismo, né dell’antimarxismo come il bandito Giuliano; e si contentano di piccole, normali, modeste azioni di furfanteria comune.
Sia ben chiaro che non intendiamo in alcuna forma presentarci come antagonisti o competitori della Sicilia.
Ma sta di fatto questo: che nel 1943, appena liberate le prime parti del nostro territorio nazionale, fu creato in Sicilia ed in Sardegna l’istituto dell’Alto Commissariato, e immediatamente dopo l’istituto della Consulta regionale.
Questi due istituti furono istituiti per le due isole, perché isole. Nel decreto luogotenenziale che costituì le Consulte regionali fu fatto obbligo a queste di elaborare e poi presentare al Governo un proprio statuto di organizzazione autonoma nell’Isola.
A questo punto è doveroso che io riconosca che sulla via dell’autonomia i tempi sono stati accelerati in Sicilia e ritardati in Sardegna. Non intendo qui rievocare i fattori politici che hanno determinato questa discordanza di lavori e di tempi fra la Sicilia e la Sardegna. Ma quelli che sono stati al Governo subito dopo la liberazione, e principalmente il Presidente del Consiglio Bonomi, poi il Presidente Parri ed infine il Presidente De Gasperi sanno come i rappresentanti massimi dei partiti politici, i dirigenti responsabili, innanzi tutto del Partito sardo d’azione, che era il partito autonomista per antonomasia, abbiano svolta la loro azione per avviare l’Isola pacificamente ed ordinatamente alla ricostruzione comune dello Stato, avendo costante cura di evitare di portare difficoltà ai Governi del Comitato di liberazione nazionale. Era nell’ordine naturale delle cose che la guerra di aggressione fascista, conclusasi così vergognosamente per il regime che l’aveva provocata, portasse le isole, appena liberate, a forme irrequiete di agitazione politica, a forme – diciamo pure – morbose che non solo hanno la spiegazione ma, io aggiungo, la giustificazione nella psicologia collettiva che non è mai politica razionale pura: a vere e proprie forme di deviazione politica. Contro queste forme ha reagito, e duramente, il partito che io ho l’onore di rappresentare all’Assemblea Costituente; e questa non è stata l’ultima delle cause per cui alle elezioni amministrative e politiche è stato battuto.
Certo, siamo stati battuti. Ma abbiamo la coscienza tranquilla, convinti, come siamo, che si può essere autonomisti, autonomisti spinti e persino federalisti, ad una condizione; che non si perdano mai di vista gli interessi generali dello Stato e che non si venga mai meno a quella lealtà doverosa verso la grande, comune Nazione italiana.
Così noi siamo arrivati alla Repubblica, e io spero all’autonomia, lentamente, ma senza versare sangue di fratelli.
I partiti politici dell’Isola, tutti i partiti responsabili, hanno su questo agito in perfetta concordanza.
Questa io credo la ragione originaria della discordanza nel tempo e nel lavoro tra la Sicilia e la Sardegna.
La Consulta regionale siciliana, sotto la pressione degli avvenimenti (l’onorevole Finocchiaro Aprile e l’onorevole Varvaro erano allora a Ponza) accelerò i suoi lavori di elaborazione dello statuto autonomo e in 15 giorni di sedute continue preparò il suo statuto che finì per essere approvato il 23 dicembre 1945 e presentato, immediatamente dopo, al Governo. Questo, il 4 aprile 1946, lo trasmetteva alla Consulta nazionale per avere il parere delle tre Commissioni riunite: Affari politici e amministrativi, Giustizia, Finanze e tesoro. Una Giunta nominata dal Presidente della Consulta nazionale iniziò subito l’esame dello statuto siciliano.
Fu a questo momento che presso la Giunta e presso il Governo intervennero i rappresentanti sardi alla Consulta nazionale per ottenere, dato che i lavori in Sardegna procedevano con un certo rilento che si poteva prevedere sarebbe continuato per parecchio tempo, che provvisoriamente lo Statuto autonomo per la Sicilia fosse passato anche alla Sardegna in attesa che la Consulta regionale elaborasse, con tutta tranquillità, il suo Statuto.
La giunta delle tre Commissioni, riunita alla Consulta nazionale, aderì alla nostra richiesta, come risulta dal bollettino del maggio 1946 del Ministero della Costituente, e apportò una aggiunta all’articolo 42.
Dice testualmente il verbale: «È stato aggiunto il seguente articolo 42-bis: Le norme dell’articolo 1 e dei Titoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 sono estesi alla Sardegna».
Il Presidente del Consiglio di allora, onorevole De Gasperi (sempre l’onorevole De Gasaperi Presidente del Consiglio…), aderì alla richiesta e si impegnò di far passare alla Sardegna provvisoriamente, lo statuto siciliano in attesa che la Consulta regionale sarda elaborasse il suo proprio statuto. Beninteso riservandone il coordinamento alla futura Assemblea Costituente.
Senonché avvenne un fatto imprevisto: la Consulta regionale sarda ritenne di non accettare questa offerta. Un po’ per un certo spirito romantico contro l’autonomia per decreto reale, un po’ per spirito di corpo, diciamo così, per cui intendeva il suo statuto elaborarlo da sé e non averlo, sia pure in forma provvisoria, dalla Sicilia, e poi, soprattutto, per avere il tempo di elaborare con tutta calma il suo statuto particolare. Ecco perché la Sicilia ha avuto lo statuto e la Sardegna non l’ha avuto ancora.
La Consulta regionale sarda ha agito bene o ha agito male? L’uno e l’altro insieme, io credo. Certo, se i consultori regionali sardi fossero appartenuti all’alta scuola politica che ispira l’azione dell’onorevole De Gasperi, essi avrebbero accettato. L’onorevole De Gasperi è ancora molto giovane ed io gli auguro di tutto cuore di conservarsi tale ancora per lungo tempo non fosse altro che per il piacere che avremmo di assistere qui ai suoi vivaci interventi come deputato di opposizione ai futuri governi. L’onorevole De Gasperi, pure così giovane, è ancora caposcuola a tutti e ha insegnato come si prende ogni occasione e di ogni occasione si profitta rinunciando ad ogni forma di romanticismo. La politica pare sia ormai l’arte di prendere tutto quello che è possibile prendere e che è possibile avere.
La Consulta regionale sarda rifiutò, ma non fu certo la via della minore resistenza che la Consulta sarda sceglieva, perché infatti si rimise immediatamente al lavoro, e si può dire che dopo le elezioni politiche non abbia fatto altro: riunioni di tecnici, riunioni di Commissioni speciali, riunioni plenarie a Cagliari, a Sassari, a Nuoro, riunioni con i rappresentanti sardi all’Assemblea Costituente, a Cagliari, a Roma, ed infine tutta una serie di riunioni plenarie che portarono al mese di aprile all’approvazione in ultima lettura, dopo la prima, la seconda e la terza, dello statuto sardo, che fu approvato il 29 aprile scorso e poco dopo presentato al Governo.
Ora la situazione è questa: il Governo se tiene stretto come una cosa molto preziosa, il che lusinga noi rappresentanti sardi, all’Assemblea Costituente; se lo tiene stretto e non lo lascia andare. Non lo trasmette all’Assemblea Costituente perché l’Assemblea Costituente non ha la possibilità di esaminarlo (ed infatti non l’ha) e non se ne occupa esso stesso perché, rispettoso com’è delle prerogative dell’Assemblea Costituente, riconosce la competenza e le facoltà spettanti esclusivamente in questa materia all’Assemblea Costituente. Sicché questo statuto sardo, formatosi in nove mesi, giace al Viminale come un corpo morto.
Scopo di questa mozione è, con la vostra collaborazione, onorevoli colleghi e con la collaborazione del Governo, ridare calore e vita a questo freddo statuto sardo, secondo giustizia.
Senonché, alcuni scarsamente innamorati dello statuto siciliano, e per i quali lo statuto sardo non esprime maggiori forme di seduzione, dicono: ne riparleremo quando l’Assemblea Costituente dovrà coordinare gli statuti particolari con la Carta generale costituzionale della Repubblica.
E quando, di grazia? Questo è il punto critico del problema. Siamo ormai alle vacanze e la fine della discussione non si potrà avere che dopo le vacanze. Ma neppure allora, cioè alla fine di agosto o a settembre, potrà essere affrontato il coordinamento tra gli statuti particolari e la Carta costituzionale dello Stato. Già alcune settimane fa, quando noi sostenevamo che il problema del coordinamento si potesse affrontare immediatamente finita la discussione sulle Regioni, alcuni colleghi sostenevano che non lo si poteva e che sarebbe stato necessario attendere la discussione generale del progetto di Costituzione, per coordinarne i principî fondamentali con gli statuti regionali. Si poteva, allora, alcune settimane fa, avere delle opinioni discordanti in materia; oggi non più, oggi tutto è chiaro. L’altro giorno, infatti, è stato rinviato l’esame degli articoli 117, 118 e 119 sull’ordinamento regionale, cioè gli articoli che sono legati alla seconda Camera, al potere esecutivo ed alla Corte costituzionale; il che vuol dire che, prima di riprendere la discussione su quegli articoli, dovremmo discutere i primi tre Titoli ed il Titolo VI che è l’ultimissimo della seconda parte del progetto in discussione. E alla fine della discussione dell’intera Carta costituzionale, riprenderemmo quella sulle autonomie. Pertanto il coordinamento non potrà aversi che a dicembre. Lo statuto sardo, in conclusione, non potrebbe discutersi che a dicembre. Le elezioni regionali sarde non si potrebbero, quindi, avere entro quest’anno, ma solo l’anno venturo.
Che cosa diciamo noi? Che, dato il grave ritardo che ne deriverebbe, ritardo che non è dovuto a nessuno, ma che tuttavia è grave, noi chiediamo che si esca da una procedura, che non risponde più agli interessi generali, e che si affronti subito, con una procedura particolare, lo statuto sardo, senza entrare in merito, così come si è fatto per lo statuto siciliano, di modo che si possano avere le elezioni regionali in Sardegna entro l’anno; a dicembre poi si discuterà lo statuto sardo.
Vi sono delle obiezioni: le vedremo subito.
La procedura suggerita dalla mozione è questa: l’Assemblea Costituente autorizza oggi stesso il Governo ad approvare immediatamente lo statuto sardo con decreto legge presidenziale.
Qualcuno ha già fatto nei corridoi l’altro giorno, quando ho presentato per la prima volta la mozione, una questione di diritto costituzionale: il Governo non può approvare nulla, perché la materia è di competenza esclusiva dell’Assemblea Costituente.
Io sono un modesto cultore di diritto pubblico e mi guardo bene dal credere di esporre un’opinione autorevole di fronte a colleghi, che in quest’Assemblea devono, a giusto titolo, considerarsi maestri. Ma l’onorevole Orlando, che è maestro di tutti noi, grandi e piccoli, e che io ho sentito il dovere e il riguardo di consultare, prima di presentare questa mozione, ha trovato la procedura costituzionalmente corretta. Anzi, io devo dichiarare che, dietro il suo suggerimento, he modificato il testo iniziale. Il testo attuale è suo: autorizzazione esplicita dell’Assemblea Costituente al Governo. Certamente la sovranità e la competenza in materia costituzionale è dell’Assemblea Costituente, solo dell’Assemblea Costituente, ed appunto per questo «l’Assemblea Costituente autorizza – dice la mozione presentata – il Governo». La sovranità è di chi autorizza, non di chi è autorizzato: il Governo altri non è, come sempre, d’altronde, che l’organo esecutivo della volontà della rappresentanza popolare.
A nessuno sfugge, peraltro, e neppure a me, che, questa eccezione di forma nasconde ed investe una vera e propria questione di sostanza, che è la sostanza dello statuto autonomo sardo.
Si deve proprio autorizzare il Governo ad approvare lo statuto sardo con la stessa procedura con cui fu approvato lo statuto siciliano, cioè quasi ad occhi chiusi, quasi senza discuterne? Io riconosco che questa è obiezione seria, ma, appunto per rispondere a questa obiezione, io mi sono dilungato nelle premesse e spero che, arrivato verso la fine, l’obiezione venga a scadere. Onorevoli colleghi, credete voi che io parli qui per gusto accademico, o non piuttosto per rispondere ad un appello che viene a noi rappresentanti sardi in questa Assemblea da questo minuto popolo sardo, che non essendo addentro a tutte le difficoltà di procedura e di ordine costituzionale crede di essere ingiustamente trattato con questo ritardo, per esso inesplicabile?
Noi sentiamo talmente questo motivo psicologico, noi rappresentanti sardi, che in un certo senso ci sentiamo colpevoli. Io ricordo – e sento una certa riluttanza a dirlo qui, pubblicamente – che, quando lo Stato era in sfacelo e molti cittadini, come secondo natura, del resto, nell’infuriare delle onde, si cercavano una zattera di salvezza per proprio conto, e quando il Ministro della guerra faceva degli sforzi inauditi per tentare di riorganizzare un esercito od una parvenza di esercito, io ricordo che nel fuggi fuggi generale noi, rappresentanti consapevoli del popolo sardo, ci siamo presentati in Sardegna ad esso ed abbiamo detto: Coraggio! Ancora un piccolo sforzo, nell’interesse generale, e l’autonomia l’abbiamo in modo certo!
I sardi, contadini, pastori, lavoratori, tutti accorsero ai distretti per tentare, ancora una volta, di partecipare alla ricostruzione dello Stato in sfacelo ed in rinascita. Io ricordo che l’onorevole Bonomi – Presidente del Consiglio in quel momento – colpito da queste spettacolo di solidarietà nazionale, mi disse più volte: l’autonomia certamente bisogna concederla al più presto.
Accorsero tutti del popolo minuto, dovunque, a dare modestamente la propria opera, ed essi furono, nei limiti delle possibilità generali, nel sud, i modesti partigiani, che abbandonati i campi e le officine contribuirono a salvare il Paese.
Io credo che non si debbano dimenticare e noi, rappresentanti sardi, sentiamo che sarebbe un errore non lieve dimenticarli. Essi non si spiegano questo ritardo. E quali sono le considerazioni che voi, onorevoli colleghi, potreste trovare per spiegare che tutto ciò che noi sosteniamo, è contro gli interessi generali o contro la ragione o contro la Costituzione? Si tratta di approvare lo statuto sardo così come è stato approvato lo statuto siciliano; con questa differenza: che allora il Governo aveva in sé tutti i poteri, legislativo ed esecutivo, e tutt’al più aveva bisogno del parere della Consulta. Oggi la situazione è cambiata. I poteri sovrani in materia legislativa e costituzionale appartengono a questa Assemblea. Questa è la sola differenza.
Lo statuto sardo è stato pubblicato in alcune centinaia di copie che non sono arrivate a tutti i colleghi deputati all’Assemblea Costituente. Non saprei a chi attribuirne la trascuratezza. Comunque, un centinaio di deputati l’hanno avuto, compresi i membri della Commissione.
E noto che lo statuto sardo è, rispetto a quello siciliano, direi più modesto. Io personalmente lo riconosco assolutamente insufficiente. Ma esso è stato il frutto di un compromesso fra i vari partiti politici. Io non voglio entrare in merito allo Statuto sardo: lo darò a dicembre quando se ne riparlerà. Oggi mi limito semplicemente a fare un accenno ai punti differenziatori fra i due statuti.
Checché si pensi, io sono di opinione che lo statuto siciliano è stato un atto governativo di saggezza politica. Vi sono, è vero, dei dettagli audaci, che si possono considerare anche, se volete, come errori, ma è un atto che onora il Governo che lo ha emanato; perché, per evitare quei piccoli errori di dettaglio, io vi chiedo dove si sarebbe andati a finire se non fosse stato approvato. Io dico che si sarebbe commesso un errore politico irreparabile. Lo si vede tutti i giorni, se si dà uno sguardo alla situazione generale, e lo si vedrà ancora meglio domani. Quando voi pensate che tra non molto l’onorevole Finocchiaro Aprile può diventare Ministro del Governo, del Governo unitario, voi capite quanta strada si è fatta sulla via della unità dello Stato, della lealtà e della chiarezza nazionale.
Lo statuto sardo è il risultato di un compromesso che lo statuto siciliano non ha avuto. Nell’articolo 21 dello statuto siciliano, il Presidente regionale ha il rango di Ministro; nello statuto sardo, all’articolo 59, non c’è nessun rango. Voi riconoscerete che questo è notevole: rinunziare, e rinunziare volontariamente, a non essere Ministro è una cosa che non capita tutti i giorni. Non fosse altro che per questo, lo statuto sardo dovrebbe meritare il consenso entusiastico di tutti i colleghi deputati, se non dei Ministri.
L’articolo 14 dello statuto siciliano pone la legislazione esclusiva, nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano; l’articolo 4 dello statuto sardo pone la potestà legislativa in armonia con la Costituzione e coi principî dell’ordinamento giuridico dello Stato, nel rispetto degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
L’articolo 38 dello statuto siciliano dice che lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell’esecuzione dei lavori pubblici. Quanto strepito e quanto sdegno sono stati sollevati a proposito di questa disposizione! Sembrava che lo Stato italiano, secondo gli economisti ufficiali e più competenti, dovesse rovinarsi per questo contributo straordinario da versarsi annualmente alla Sicilia. Ma, francamente, io mi permetto definire questo sdegno puramente esagerazione, se non esaltazione antiautonomista, perché, non essendo precisato in quell’articolo quale somma lo Stato centrate dovrà versare alla Sicilia, è chiaro che fino a quando sarà in carica un Ministro come l’onorevole Einaudi, o uno della sua scuola, lo Stato centrate non verserà alla Sicilia neppure la somma necessaria per costruire un abbeveratoio di bestiame.
Anche a questa parte, puramente fumosa, letteraria, lo statuto sardo ha rinunziato.
Insomma, a mio parere, l’Assemblea Costituente può, con serena coscienza, autorizzare il Governo ad approvare lo statuto sardo, così come in piena coscienza il Governo può approvarlo.
Metteteci in condizione di fare questo primo grande esperimento, che, reclamandolo come un diritto, noi sentiamo sarà per l’Isola l’inizio di una vita nuova, che noi vediamo come vita di democrazia popolare, d’iniziativa popolare e di diretta responsabilità democratica, nella legalità repubblicana, concepita non già come una imposizione dall’alto, ma come un consapevole limite da porsi volontariamente alla propria azione autonoma.
Non vi è dubbio che noi abbiamo di fronte dei vantaggi generali ed abbiamo anche di fronte delle possibilità di svantaggi reali e di pericoli. Il maggior pericolo, a mia opinione – mi sia permesso – è quello che deriva da questo fatto: che, perdurando questa strana composizione governativa, alle elezioni regionali in Sardegna possa avere una grande prevalenza il partito della Democrazia cristiana. Ma io dico che noi siamo capaci di affrontare questo pericolo con la stessa serenità e con la stessa coscienza democratica con cui affrontiamo il pericolo, anzi il danno certo ed attuale, della composizione del nostro Governo di oggi.
Non c’è dubbio che per noi in Sardegna è questa una questione che viene considerata essenziale: non è un fatto secondario. E noi tutti, rappresentanti politici, ci sentiamo obbligati per gli impegni da noi stessi assunti a chiarire il problema di fronte a questa Assemblea, il che fino a questo momento non si può dire sia stato ancora fatto.
Io so che ci sono delle diffidenze, ma noi sentiamo di aver bisogno di iniziare subito questa nostra esperienza di democrazia moderna. L’onorevole Grazi, il collega e compagno socialista Grazi, quando è intervenuto a proposito della discussione sulla Regione – nella discussione generale, mi pare – ha parlato molto acremente contro l’istituto dell’autonomia anche in Sardegna, pur dichiarandosi amico e fratello dei sardi, fra i quali ha vissuto circa venti anni. Ebbene, vorrei dire all’onorevole Grazi, che giustamente dobbiamo considerare rappresentante meritevole di serie forze popolari, che non basta questo amore per i sardi per comprendere il nostro problema centrale. Io vorrei ricordare al collega onorevole Grazi che egli, a mio parere, si comporta su questo problema come tanti si comportano dopo che sono venuti nell’Isola o dalla Lombardia, o dal Veneto, o dalla Liguria, o dalla Toscana, cioè considerandosi infinitamente più capaci e guida indispensabile, per cui meccanicamente, nella loro psicologia, sono venuti ad assumere un atteggiamento quasi di superiorità anche se fraterno. È esattamente quello che accadeva nel passato quando un cittadino di Pisa, molti secoli fa, era re in Sardegna.
Non basta infatti questo affetto per i sardi, il quale si cambia poi molto spesso in una concezione di guida dal di fuori: noi abbiamo bisogno di ben altro: noi abbiamo bisogno di vita nostra. È vero: noi sardi siamo terribilmente arretrati, ma questa è la storia del nostro piccolo popolo, storia che non è stata mai la sua storia, ma quella dei conquistatori e dei dominatori che vi hanno governato. Un socialista sardo che non sia autonomista non può essere un socialista.
Al pari delle province dei centri più vivi del sud d’Italia, quale poi fu il regno di Napoli, la Sardegna usciva dall’Impero bizantino con annunzi luminosi di vita autonoma propria. Ma tutto si arresta e sopravviene tenebrosa la notte con le invasioni e con le dominazioni straniere, malgrado i falsi ed effimeri bagliori di grandi re e baroni; nel Sud, i Normanni o i re germanici; da noi, gli Aragonesi e gli spagnoli. La nostra pesante, comune arretratezza è la pesante eredità di quell’epoca. Questa è, nonostante tutti gli sfruttamenti di un’oligarchia economica e finanziaria che domina ancora, la causa originaria della differenza emersa fra Nord e Sud. Là, nel Nord, vi sono state grandezze vitali, popolari, di vita autonoma; là le Repubbliche e i Comuni, affrancandosi una volta dall’imperatore e una volta dal Papa, hanno prodotto luci di civiltà, non solo per l’Italia, ma per l’Europa. Da noi, nulla. Nel Nord, anche le Signorie sono state un progresso di fronte a noi. Noi non abbiamo avuto altro che plebi e baroni ugualmente servili.
Dateci la possibilità di riprendere contatto con la nostra stessa vita. Noi sentiamo che dobbiamo ricominciare la nostra vita e avere fiducia in noi stessi: lavorare di più – io lo riconosco, lo riconosciamo tutti noi rappresentanti dell’Isola – studiare di più, e conoscere i nostri problemi e quelli degli altri; studiare di più in tutto; sacrificare di più l’individuale al collettivo, e sperimentare di più; entrare più profondamente in questa vita di civiltà moderna d’Italia, d’Europa e del mondo; spezzare questo incantesimo tenebroso di isolamento, che è diventato psicologico dopo essere stato prima naturale; e dobbiamo – noi lo sentiamo – universalizzarci.
Ma per questo è necessario avere presupposti di vita autonoma.
Voi mi perdonerete, onorevoli colleghi, se io ho parlato con questo tono; ma voi riconoscerete che noi rappresentanti sardi in questa Assemblea non abbiamo parlato che poco o nulla della Sardegna; a differenza dei vecchi rappresentanti isolani tradizionali, che venivano qua dentro regolarmente ad esporre lamentele sulla Sardegna – vanamente – e che credevano di essere utili ai loro mercanteggiando un acquedotto di villaggio o una strada di campagna con la fiducia ai Governi, di sinistra o di destra, poco importa. Noi abbiamo spezzato questa tradizione; e io credo che questo si può definire un fatto rivoluzionario. Noi abbiamo coscienza che la rinascita dell’Isola sarà più opera dei sardi e di quanti altri vivono con loro che non dei Governi di Roma.
Perciò io credo che voi mi perdonerete se io ho parlato con questo tono su questo problema, che non è sardo, ma nazionale, e che ci tocca tutti, legati come siamo tutti allo Stato nazionale e alla comune Nazione italiana.
E quanto alle diffidenze, è chiaro che queste obbiezioni di carattere costituzionale nascondono diffidenze profonde. Ma noi sentiamo che la Sardegna, con questa sua esperienza autonoma, non si allontana dalla vita dello Stato o dall’unità nazionale, ma vi si avvicina e vi entra e vi partecipa per la prima volta, perché per la prima volta ha coscienza che questo nostro Stato è anche finalmente il suo Stato. E vi partecipa nella vita comune, vivendo in comune la stessa storia, le stesse ansie, gli stessi pericoli e le stesse speranze. Noi ci auguriamo che parteciperà anche – e l’augurio è profondo – alle stesse comuni gioie. (Applausi).
PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che è stato presentato alla Presidenza il seguente ordine del giorno:
«L’Assemblea Costituente,
ritenuta la necessità di affrettare l’attuazione dell’autonomia speciale della Sardegna sancita nell’articolo 108 del progetto di Costituzione,
delibera:
di invitare la Commissione competente a esaminare nel più breve termine lo schema di Statuto presentato dall’Alto Commissario e dalla Consulta regionale sarda e a predisporre un progetto di legge costituzionale inteso a realizzare tale attuazione».
I firmatari dell’ordine del giorno sono gli onorevoli Mortati, Tosato, Fuschini, Moro, Giordani, Cappi, Bosco Lucarelli, De Palma, Codacci Pisanelli.
Darò, a suo turno, facoltà di parlare all’onorevole Mortati per svolgere il suo ordine del giorno.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Laconi.
LACONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il 14 giugno noi indirizzammo al Presidente del Consiglio una interpellanza per sollecitare l’approvazione dello statuto regionale sardo da parte del Governo e la sollecita convocazione dei comizi elettorali.
Il Governo credette di non poter rispondere a questa interpellanza. L’onorevole De Gasperi il 21 giugno precisò testualmente che «il Governo non si sente impegnato ad assumere alcuna iniziativa per lo svolgimento di questa interpellanza perché essa verte su materia costituzionale sulla quale sola competente a pronunciarsi è l’Assemblea Costituente».
Io ritengo, sia mio dovere constatare che il Governo, in questa occasione, non ha dimostrato una consapevolezza sufficiente di quelli che sono i suoi compiti e le sue funzioni nei confronti dell’Assemblea. È compito peculiare del Governo, infatti, conoscere le necessità del Paese, avvertire i problemi che nel Paese si agitano e prospettare all’Assemblea quelle soluzioni che ritenga più opportune, quand’anche adottarle o meno esorbiti dalle sue competenze.
Il Governo non ha dimostrato in questo caso una sufficiente sensibilità. Spetta quindi a noi deputati sardi farci parte diligente: ed è a questo titolo che noi abbiamo presentato all’Assemblea Costituente la mozione attualmente in discussione.
La situazione può essere rapidamente ricapitolata. Il decreto del 27 gennaio 1944, n. 21, emanato dal primo Governo nazionale dopo la caduta del fascismo, istituiva in Sardegna un Alto Commissariato, e successivamente altro decreto creava accanto a questo Alto Commissariato una Giunta consultiva ove avevano rappresentanza i diversi partiti dei Comitati di liberazione nazionale.
Il 18 marzo 1944 un decreto simile veniva emanato per la Sicilia: altro Alto Commissariato, altra Giunta consultiva.
Il 28 dicembre 1944 nuovo decreto accanto agli Alti Commissariati per la Sicilia e per la Sardegna vengono create le Consulte regionali, espressione delle organizzazioni, politiche, economiche, culturali locali. Ad esse la legge attribuisce come compito specifico quello di: «formulare proposte per l’ordinamento regionale» delle due Isole.
La Consulta siciliana esaurì questo compito nel corso del 1945.
Il progetto Salemi, che fu frutto dei suoi lavori, venne presentato al Governo, e il 15 maggio 1946 fu approvato con apposito decreto dal Governo italiano. Come giustamente ha ricordato poco fa l’onorevole Lussu, in quel momento noi sardi avremmo potuto ottenere facilmente che lo statuto siciliano venisse esteso anche alla Sardegna. Vi fu anzi nelle rappresentanze sarde alla Consulta nazionale un movimento in questo senso.
Si oppose la Consulta sarda la quale – giustamente, io penso – rivendicava a sé il diritto di esprimere il pensiero e la volontà dei sardi attraverso uno Statuto aderente alle esigenze particolari dell’Isola. La Consulta ha quindi iniziato i suoi lavori – lavori che non sono stati facili non esistendo precedenti in materia ed essendo estremamente laboriose le ricerche dei dati necessari – ha iniziato i suoi lavori e li ha portati a compimento attraverso una discussione che è durata ben sei mesi e che è culminata con un pubblico dibattito alla Consulta regionale sarda. Il 29 aprile di quest’anno finalmente lo Statuto regionale sardo è stato approvato dalla Consulta e l’Alto Commissario per la Sardegna lo ha presentato al Governo.
A questo punto il Governo, io penso, aveva due possibilità, non una sola, onorevoli colleghi: due strade davanti a sé. Poteva richiamarsi al precedente siciliano e procedere quindi all’approvazione dello Statuto con la riserva del coordinamento con la Costituzione, che rimane in ogni caso di competenza dell’Assemblea. Ovvero poteva rimettere alla Costituente lo Statuto regionale sardo ai termini del decreto 16 marzo 1946 il quale appunto attribuisce integralmente all’Assemblea la competenza in materia costituzionale.
Indubbiamente, la seconda procedura è più corretta; ma il Governo, se avesse avvertito la necessità politica di venire incontro alle esigenze della Sardegna ed alla volontà unanime del popolo sardo, avrebbe dovuto – io penso – almeno porre in discussione la procedura dinanzi alla Camera. Ciò era nelle sue possibilità e – io penso – anche tra i suoi doveri. Sta di fatto che al Governo è mancata ogni sensibilità per i problemi sardi, e me ne è testimonianza il fatto che abbia lasciato cadere la nostra interpellanza, come poco fa ho ricordato all’Assemblea; e me ne è ulteriore testimonianza il fatto che in questo momento i banchi del Governo siano così spopolati e manchi perfino il Presidente del Consiglio mentre si dibatte una questione di tanto rilievo nazionale.
Ho detto che esistono due strade, due procedure possibili. Non è infatti assodato in modo assoluto, non è certo in modo inequivocabile che soltanto la procedura prevista dal decreto del 16 marzo 1946 sia consentita e giuridicamente possibile. Non è affatto assodato, perché da tutto ciò che io ho ricordato poco fa all’Assemblea, dal fatto cioè che fin dal gennaio del 1944 sia stato costituito l’Alto Commissariato per la Sardegna, si desume che qui non si tratta affatto di una riforma costituzionale da iniziare: qui si tratta di una riforma costituzionale già iniziata e attualmente in corso, onorevoli colleghi.
La riforma costituzionale è stata iniziata dal decreto del dicembre 1944 – se non da quelli precedenti – il quale appunto stabilisce all’articolo 1 – e mi si dica che queste norme non sono di rilievo costituzionale – che è istituito un Alto Commissariato per la Sardegna, il quale sopraintende a tutta l’Amministrazione civile e militare, nonché agli Istituti di diritto pubblico dell’Isola; dirige e coordina l’azione dei prefetti ed esplica tutte le attività dell’Amministrazione centrale salvo la giustizia, l’istruzione superiore, l’amministrazione militare e finanziaria. Non solo; all’Alto Commissario è pure rimessa la potestà di emanare, sentita la Consulta, norme di attuazione delle leggi dello Stato in materia di agricoltura, commercio, industria, lavoro, comunicazioni ed approvvigionamento. Con lo stesso decreto, la Consulta regionale è stata investita della facoltà di formulare proposte per l’ordinamento regionale. Non è quindi esatto che noi in questo momento dobbiamo parlare di una riforma da iniziare. Noi dobbiamo parlare unicamente di una riforma che è già in corso, sia per quanto concerne l’ordinamento amministrativo, sia per quanto concerne le funzioni legislative, e per il cui perfezionamento si è dato mandato a un organo speciale, rappresentativo, in certa misura, di presentare un progetto. Evidentemente la riforma è già in atto. Per la Sicilia questa riforma è stata condotta a compimento dopo la costituzione di questa Assemblea, in quanto dopo tale costituzione, ai sensi delle leggi già emanate, sono stati convocati i comizi elettorali ed emanate le norme per l’attuazione dello Statuto.
Evidentemente per la Sicilia si è tenuto conto del fatto che ci si trovava dinanzi a una riforma in corso di attuazione. La stessa esigenza si propone in questo momento per la Sardegna. Io non dico che sia pacifico il riferimento al precedente siciliano. Io vi dico che vi è un caso nuovo, per il quale si pone un problema nuovo di procedura ed io dico che se il Governo avesse avvertito la necessità politica di adottare una procedura nuova, era suo dovere proporre alla Camera la questione ed invitare la Camera a risolvere il quesito.
Si fanno delle obiezioni a questa procedura speciale che noi proponiamo per l’approvazione dello Statuto sardo. Poco fa, queste obiezioni ce le ha riassunte l’onorevole Abozzi.
Si osserva che il decreto 16 marzo 1946 preclude qualsiasi possibilità di delegare il potere costituzionale ad altro organo, al Governo. È esatto questo? A me non pare che sia esatto.
L’articolo 3 del decreto 16 marzo 1946, stabilisce unicamente che la funzione legislativa «resta» delegata, salvo la materia costituzionale, al Governo e cioè stabilisce, implicitamente, che la materia costituzionale non «resta» delegata. Ma ciò non significa affatto che la Costituente di sua iniziativa e in base ai suoi poteri non possa delegare la funzione legislativa su una determinata materia costituzionale al Governo riservando a sé il coordinamento di quella legge che risulterà con la Costituzione dello Stato. Non è escluso, e non potrebbe in alcun modo essere escluso, in quanto l’Assemblea è sovrana.
Vero è che nella sovranità dell’Assemblea non può essere compresa la potestà di spogliarsi dei suoi poteri, ma delegare una funzione non è spogliarsi dei poteri; delegare una funzione legislativa su una materia determinata riservandosi il coordinamento non significa affatto spogliarsi del potere costituzionale, significa soltanto adottare una procedura speciale. Ed è appunto questo che noi chiediamo alla Camera: che ravvisi in questo momento la necessità di adottare una procedura speciale ed accelerata.
Si noti inoltre che la Consulta sarda ha steso il progetto conoscendo lo Statuto regionale siciliano, già approvato dal Governo, e conoscendo inoltre il progetto di ordinamento regionale della Commissione dei Settantacinque. Evidentemente essa è stata guidata da criteri che sono ormai adottati dalla maggioranza della Camera. Io non penso che non si possano formulare delle critiche allo Statuto regionale sardo; allorché questo Statuto verrà a questa Assemblea per il coordinamento, anche noi formuleremo delle critiche a questo Statuto, formuleremo delle critiche ed in questo momento intendiamo avanzare delle riserve che possono essere di suggerimento al Governo all’atto in cui, lo spero, per voto della Camera, dovrà emanare con legge lo Statuto sardo. Queste riserve concernono soprattutto quella parte dello Statuto regionale sardo che riguarda la Provincia. Ormai l’Assemblea Costituente ha in questa materia assunto già una posizione precisa ed io penso che il Governo, il quale conosce l’indirizzo seguito dall’Assemblea Costituente, ed ha sotto gli occhi il progetto di ordinamento regionale che è stato approvato da questa Assemblea, possa facilmente correggere le deficienze dello Statuto sardo a questo proposito.
Non esistono quindi, onorevoli colleghi, né difficoltà di ordine formale, né difficoltà di ordine sostanziale. La procedura speciale può essere tranquillamente e serenamente adottata da questa Assemblea.
Ora vi è da vedere se sussistono quei motivi particolari, eccezionali, che possono consigliare all’Assemblea di adottare una procedura speciale. È pacifico che l’Assemblea non può adottare la procedura che noi le proponiamo se non ravvisa necessità particolari ed urgenti.
Vi sono questi motivi particolari? Si dice che non vi sono.
Io ho sentito da più parti obiettare che, dato che ormai sono secoli che questo problema matura, e sono almeno decenni che questa soluzione viene agitata, non vi sarebbe una ragione particolare per adottare particolari procedure e venire all’approvazione dello Statuto con urgenza.
È vero che il problema della Sardegna è ormai secolare; ma è anche vero che questo problema si è esasperato nel corso degli ultimi decenni e particolarmente a seguito delle due ultime guerre e del fascismo. E dovevano pur sussistere degli speciali motivi d’urgenza, se il Governo fin dal gennaio 1944 ritenne di dover adottare per la Sardegna una particolare riforma per quanto sapesse perfettamente che organi costituzionali dovevano essere creati nel nostro Paese, i quali sarebbero stati più di esso competenti ad emanare la riforma costituzionale.
In che consiste questo aggravamento della situazione? La guerra, come sbocco finale di tutta una politica, che è in contraddizione con gli interessi e le necessità della Sardegna, ha determinato una crisi estrema nell’Isola. Altre Regioni, almeno nelle loro categorie produttive e possidenti, hanno potuto avere dalla guerra determinati vantaggi, attraverso le forniture allo Stato. La Sardegna manca completamente di industrie manifatturiere e di rilievo bellico; non ha avuto quindi nessun vantaggio dalla guerra. Unica produzione industriale di interesse bellico è quella estrattiva del carbone, che è però in mano allo Stato. Ed anche a questa produzione, durante il periodo della guerra e dopo, sono state imposte particolari condizioni di vendita a prezzo politico, che non hanno potuto non riverberarsi sui salari delle maestranze e hanno, quindi, avuto influenza negativa sulla vita dell’Isola.
Unica risorsa della nostra Regione è la produzione agricola e zootecnica, la quale, durante la guerra, ha dovuto soffrire i blocchi più severi, in quanto l’isolamento della Sardegna e la necessità di alimentare, oltre ad un milione e 200 mila abitanti, 200 mila soldati, ponevano le autorità locali nella necessità di esercitare un particolare rigore. La Sardegna ha dovuto soffrire integralmente i prezzi politici ed i gravami fiscali ed è uscita terribilmente impoverita dalla guerra. Voi non avete forse idea del grado cui è giunto questo impoverimento, della deficienza non solo di prodotti industriali, ma anche di prodotti agricoli, che si verificò in Sardegna nell’immediato dopo-guerra. Sembra incredibile! Ma una popolazione di un milione e 200 mila abitanti su un territorio di 2 milioni e 400 mila ettari, ad un determinato momento, dopo la guerra, si è trovata senza gli alimenti necessari per la stessa esistenza.
Non è vero che manca l’iniziativa. Basterebbe vedere, in questi ultimi anni, il risorgere delle nostre città distrutte, il miracolo di Cagliari, che, forse, in tutta Italia è la città più rapidamente ricostruita, unicamente per la volontà e lo sforzo dei suoi abitanti; basterebbe guardare a questo fenomeno, per constatare che non è l’iniziativa che manca. Anche durante la guerra, mentre durava l’isolamento dalla Penisola, vi è stato tutto un fiorire di piccole iniziative nell’artigianato e nella piccola industria; per anni noi ci siamo vestiti e calzati coi prodotti locali che le nostre donne e gli artigiani filavano, tessevano e conciavano; tutto ciò sta a dimostrare che non manca la volontà. Mancano, invece, le condizioni, perché possa fiorire l’iniziativa individuale; e queste condizioni sono venute meno ancora di più, quando si è riaperto il mercato nazionale e si sono ristabiliti i traffici tra il Continente e la Sardegna. Ci siamo trovati allora dinanzi a un enorme afflusso di carta moneta svalutata, che accaparrava le ultime risorse del nostro mercato. E ci siamo trovati dinanzi ad una corrente di importazione di prodotti industriali a prezzi altissimi, alla cui concorrenza pure non poteva reggere la piccola produzione locale per la inferiorità del prodotto. Abbiamo così attraversato un periodo, in cui la speculazione era regina nell’Isola. La Consulta regionale ha tentato di porre rimedio a questa situazione e di frenare l’esportazione dei prodotti locali, che minacciava di impoverire completamente la Sardegna e di privarla degli stessi prodotti necessari all’alimentazione dei suoi abitanti.
Anche i Governi passati hanno, in qualche misura, fatto degli sforzi per l’aumento della produzione e per lo sviluppo economico dell’Isola, specie attraverso le leggi Gullo e Segni che, soprattutto nelle zone settentrionali dell’Isola, hanno avuto applicazione estesa, corrispondendo ai bisogni immediati della popolazione. Il Governo ha tentato di venirci in aiuto, favorendo la produzione, e promuovendo l’industrializzazione dell’Isola con la creazione del famoso Banco di Sardegna, che non ha però potuto tradursi in realtà per deficienza di capitali, ed è venuto incontro, in una certa misura, alle necessità della Sardegna, con un complesso di lavori pubblici, per combattere la disoccupazione.
Ma quando si poteva sperare che attraverso l’aiuto del Governo nazionale e l’azione regolatrice degli organi locali si potesse avviare in qualche modo l’Isola ad uscire dalle tristi necessità del dopo-guerra, sono intervenuti fattori al disopra della volontà umana: la siccità, le cavallette, le epizoozie, le alluvioni che hanno percorsa e devastata in ogni parte l’Isola. Oggi, onorevoli colleghi, qualunque cosa possano dire gli indici in mano al Governo, la Sardegna è la regione di fatto più povera d’Italia. E già pesa, purtroppo, su questa nostra terribilmente impoverita isola, la minaccia di nuovi mali, forse non minori di quelli passati. Già pesa la minaccia di aggravamenti fiscali, che porteranno gran parte dei piccoli proprietari alla liquidazione parziale o totale delle proprie attività patrimoniali, con conseguenti, profonde e sfavorevoli modificazioni della distribuzione della proprietà terriera.
A questo punto, onorevoli colleghi e signori del Governo, noi deputati sardi abbiamo il dovere di dirvi che occorre fermarsi, che occorre risalire la china, che occorre battere strade nuove. Non si può attendere l’ultima ora e non si possono attendere manifestazioni che nessuno di noi desidera e che aggraverebbero ulteriormente le condizioni di un popolo giunto all’estremo delle sue risorse e della sua pazienza. Badate, onorevoli colleghi, che questa sensazione non è unicamente nostra.
Le stesse autorità, gli stessi pubblici poteri dell’Isola hanno la sensazione che la situazione è giunta al suo punto cruciale. L’Alto Commissario vi ha proposto, signori del Governo, un piano quinquennale di opere pubbliche e di provvedimenti urgenti per la Sardegna e si è associato, come ci ha comunicato, alla nostra proposta per una sollecita convocazione dei comizi elettorali. Evidentemente, anche le autorità isolane hanno la precisa sensazione che è necessario adottare rimedi pronti ed efficaci. Noi vi chiediamo l’una e l’altra cosa: vi chiediamo di adottare il piano quinquennale presentato dall’Alto Commissariato – che raccoglie, in sostanza, le proposte già formulate dalla Consulta regionale e dalle Amministrazioni locali – e vi chiediamo di darci la possibilità di rielaborare una parte almeno della legislazione nazionale, per renderla adeguata ai bisogni ed alle necessità preminenti della nostra Regione.
L’autonomia non è una panacea. Non pensiamo che essa possa risolvere miracolosamente tutti i nostri problemi, ma siamo sicuri che l’autonomia ci consentirà almeno, per ora, di porre rimedio alle necessità più urgenti della nostra terra e di iniziare l’opera di rinnovamento. Il compito che ci sta di fronte non è né semplice né agevole. Ne abbiamo coscienza. Si tratta intanto di stabilire, nell’Isola, un livello civile di vita.
Voi forse non avete un’idea, signori del Governo, delle condizioni di vita che vigono attualmente in Sardegna. Io vorrei che voi consideraste attentamente talune cifre che ci ha fornito lo stesso Alto Commissariato: dei 320 comuni dell’Isola, 60 sono privi di acquedotti; 130 hanno acquedotti incompleti; 120 non possono assicurare l’approvvigionamento idrico delle popolazioni in estate; non c’è nessun comune fornito sufficientemente di acqua, neppure i capoluoghi di provincia. Vi sono 215 comuni sforniti completamente di fognature; 38 hanno fognature incomplete; 77 comuni non hanno cimiteri; 48 hanno dei cimiteri insufficienti. Queste sono cifre, onorevoli colleghi. Questa è la situazione reale dell’Isola. Non si parli poi delle comunicazioni e delle strade. La Sardegna ha 0,195 chilometri di strade per chilometro quadro di territorio, contro 0,275 della Lucania, che è la regione più sfornita di strade di tutta la Penisola.
Nella stessa zona di Oristano, la più fertile dell’Isola, vi sono vasti territori in cui i contadini non possono raggiungere i propri fondi per mancanza di strade. Non vi è dunque da stupirsi se, allo stato attuale, il 77 per cento del territorio dell’Isola è incolto e se le rese per tutte le coltivazioni sono largamente inferiori alla media nazionale.
Occorrono evidentemente metodi nuovi, occorre iniziare una larga azione nel settore dei lavori pubblici e del rimboschimento e della bonifica; occorre dare un incoraggiamento all’iniziativa locale, e occorre incoraggiare soprattutto il movimento delle cooperative, sia nel settore agricolo che in quello della zootecnia, che già per iniziativa locale, e senza nessun aiuto, attraverso le sole strade aperte dai decreti Gullo e Segni, ha avuto un enorme inatteso sviluppo.
La organizzazione della produzione in Sardegna è ancora primitiva e vi è tutta un’opera da condurre su questo terreno. Abbiamo oggi 8,6 capi bovini per chilometro quadrato contro 48,8 delle Regioni del nord. Per quanto riguarda la produzione zootecnica, siamo ancora, come sapete, ai metodi più primitivi di conduzione, al pascolo brado. Occorrerà, quindi, in questo campo, favorire tutte quelle iniziative che tendano ad uno sviluppo industriale e commerciale e promuovere tutte le forme di economia associata.
Noi non pensiamo, onorevoli colleghi, di tagliare i ponti con l’Italia. Posso dirlo a nome di tutti i sardi: è ben lontano da noi un proposito di questo genere. Sappiamo troppo bene che nessuna opera potrebbe essere nemmeno iniziata se non ci soccorresse l’aiuto iniziale di tutti gli italiani e del capitale privato e di quello statale. Pensiamo anzi che la riforma che vi proponiamo è parte integrante delle grandi riforme strutturali che l’Assemblea Costituente dovrà iniziare e che la futura Assemblea legislativa dovrà completare.
La riforma autonomistica in Sardegna è parte integrante della riforma agraria, e non avrebbe significato e valore se non venisse intesa e promossa in quel quadro ed in quella prospettiva.
Vi è chi si è chiesto per quali ragioni noi comunisti, che abbiamo assunto una posizione moderata per l’ordinamento regionale nazionale, abbiamo invece fin dal primo momento sostenuto la necessità di concedere statuti propri e autonomie ampie alle Isole e alla Sardegna, in particolare. Queste ragioni sussistono e non sono superficiali.
Non vi adduciamo soltanto ragioni geografiche, non vi adduciamo soltanto quei motivi storici, di carattere estrinseco, che sono stati forniti per altre Regioni: è tutto il modo in cui la Sardegna si è inserita nell’Italia una, è il modo in cui si sono sviluppati i rapporti della Sardegna col Piemonte prima, e con l’Italia poi, che ci suggerisce, in questo momento, di adottare per la Sardegna un ordinamento particolare.
L’annessione della Sardegna non è risultata, come un fatto politico necessario, da quel processo di unificazione economica e di rinnovamento sociale che ha determinato il Risorgimento italiano: l’annessione della Sardegna è stato un atto diplomatico e militare e la sua economia non ha potuto inserirsi nell’economia nazionale, perché si trovava ancora allo stadio pre-capitalistico.
Quando la legge delle Chiudende nel 1820 e l’editto per l’abolizione del feudalesimo nel 1836 istituirono in Sardegna la proprietà privata, vi fu un movimento insurrezionale che durò per 15 anni nell’Isola: erano le comunità contadine che sostenevano i diritti di ademprivio conquistati attraverso una lotta secolare contro i signori, e li sostenevano in quanto, attraverso il rinnovamento che era stato introdotto dalla nuova legislazione piemontese – adatta a situazioni economiche e sociali più avanzate – essi non vedevano altra prospettiva se non quella di un progressivo impoverimento.
Sicché, l’apertura del mercato nazionale – che è avvenuta intorno al 1848 allorché vi è stata l’unificazione doganale col Piemonte – per la Sardegna non ha portato quei vantaggi che ha portato per le altre Regioni; l’ha, anzi, aperta indifesa all’opera di sfruttamento del capitale mercantile e, in un secondo momento, del capitale industriale, l’uno e l’altro interessati a strapparle unicamente materie prime, allo stato grezzo e semilavorate. Sicché tutto l’ordinamento produttivo sardo nelle sue prospettive di progresso e di sviluppo si è trovato in costante e netta contraddizione con l’economia capitalistica italiana e con l’ordinamento sociale e giuridico italiano.
Si dirà che queste contraddizioni sono ormai risolte e superate. Non sono superate, onorevoli colleghi, e non lo sono perché non fu mai rinnovato il sistema produttivo, perché tuttora, accanto alle immense ciminiere di Monteponi di Carbonia, il pastore sardo guida le pecore con il suo vincastro per lande inseminate, perché ancora il contadino scava con l’aratro a chiodo la terra, perché ancora due economie e due mondi coesistono nell’Isola senza compenetrarsi. E da questa contraddizione scaturisce ancora sulle labbra del pastore e del contadino isolano il grido che guidava i padri nelle lotte contro il Piemonte: «torrare a su connottu» (vogliamo tornare a quello che hanno conosciuto i nostri padri); «sos muros a terra» (vogliamo abbattere la proprietà privata), grido che non risponde certo ad una chiara prospettiva politica, che non indica forse esattamente la strada di rinnovamento dell’economia isolana, ma esprime la ribellione dell’uomo semplice contro uno stato di cose ingiusto e il rimpianto dei tempi passati, migliori forse del presente.
Per questo, onorevoli colleghi, sin da quando si manifestò in Sardegna, un movimento culturale e politico degno di questo nome, esso assunse caratteri profondamente regionali ed autonomistici.
Questa inspirazione si ritrova in tutta la letteratura isolana, e in quella popolare e in quella colta; questo indirizzo corre nella letteratura, nella propaganda, in tutta l’attività politica che ha avuto luogo in Sardegna da un secolo a questa parte.
Riassunta venticinque anni fa in un programma politico dalla corrente che faceva capo al Partito sardo d’azione, condivisa dalle frazioni più avanzate del movimento socialista, la rivendicazione autonomistica è oggi patrimonio di tutti i Partiti dell’Isola e costituisce la comune rivendicazione di tutti i sardi.
La necessità, onorevoli colleghi, che noi vi prospettiamo scaturisce e risulta, quindi, da motivi che sono insieme immediati e remoti. Noi siamo entrati in Italia per un fatto diplomatico e militare; abbiamo partecipato ai sacrifici e alle lotte comuni del popolo italiano, in quanto abbiamo sentito che troppi fattori ci legavano profondamente alla vita nazionale. Ma oggi chiediamo di avere diritto di cittadinanza in questa Nazione rinnovata non soltanto come Cittadini italiani, ma anche come parte attiva nella vita economica e sociale del Paese.
Noi vi chiediamo oggi di consentirci che, attraverso l’autonomia, noi consolidiamo la partecipazione della Sardegna alla vita nazionale. Non è che questo, onorevoli colleghi, quello che noi vi chiediamo; non sono che questi i motivi per i quali noi vi proponiamo l’adozione di una procedura speciale la quale comporterà la sollecita approvazione delle statuto e la convocazione dei comizi elettorali entro l’anno. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Mortati. Ne ha facoltà.
MORTATI. Onorevoli colleghi, la questione sollevata dall’onorevole Lussu presenta due aspetti: l’uno che vorrei definire di opportunità e che naturalmente implica un giudizio di merito politico; l’altro che è invece di costituzionalità e quindi puramente di forma. Per quanto riguarda l’aspetto che ho chiamato di opportunità politica e che si compendia nella questione se convenga o meno disporre un’immediata entrata in vigore del proposto Statuto sardo, confesso che mi sorge qualche dubbio.
È bene, onorevoli colleghi, che noi poniamo mente ad una circostanza, che cioè questo Statuto dovrà essere sottoposto a revisione fra qualche mese, e, in questa sede, potrebbe subire modificazioni sostanziali rispetto a ciò che è stato proposto dalla Consulta regionale sarda. L’immediata sua entrata in vigore potrebbe indurre le popolazioni sarde nella convinzione di una definitività dell’assetto che si introduce, che sarebbe causa di delusioni, o di inconvenienti, senza parlare poi dell’inconveniente di dovere instituire uffici o competenze, che potrebbero, subito dopo, essere eliminati o modificati. Diverso, evidentemente, il caso dello Statuto siciliano, entrato in vigore quando non si poteva prevedere come prossima la data del coordinamento con la nuova Costituzione, di là da venire. In sostanza la preoccupazione legittima è quella di provvedere al più presto possibile alle elezioni. Ma, per sodisfare a questa esigenza, mi pare che non sarebbe difficile provvedere, anche senza l’attuazione dell’intero Statuto, facendo entrare in vigore solo la parte dell’organizzazione, salvo, nel frattempo, ad operare il coordinamento che dovrà esser fatto dall’Assemblea, in modo da consentire che quando i nuovi organi saranno investiti della carica potrà darsi inizio all’attività regionale nella sua forma definitiva.
Ma, in ogni caso, a me pare che prevalente in questo momento sia la questione di forma; cioè l’accertamento del come giungere a questo risultato cui tutti tendiamo, di realizzare nel più breve termine possibile l’autonomia sarda, che è già stata consacrata solennemente nell’articolo 108 della Costituzione. Ora, è appunto su questo problema che io desidero intrattenere brevemente l’Assemblea.
E, anzitutto, a questo proposito mi pare che bisogna con molta fermezza respingere le accuse, già enunciate dall’onorevole Lussu e ricalcate con una certa particolare acredine dall’onorevole Laconi, intorno ad una presunta inadempienza del Governo, ad una presunta sua insensibilità politica. Si è detto che il Governo ha tardato a prendere i provvedimenti che sarebbero stati di sua competenza per realizzare la rapida attuazione dello Statuto sardo. Io osservo che questo rimprovero è del tutto gratuito ed infondato. Il Governo, venuto in possesso di questo Statuto, ha fatto l’unica cosa che poteva fare, ha seguito l’unica via che gli era consentito seguire: cioè trasmettere alla Presidenza dell’Assemblea, lo Statuto stesso, affinché prendesse i provvedimenti di sua competenza.
Che i provvedimenti fossero di competenza dell’Assemblea, è indubbio; dato che il carattere costituzionale dei medesimi è da tutti ammesso, a cominciare dagli onorevoli Lussu e Laconi. Evidentemente, se si tratta di atto di indole costituzionale, il Governo non poteva fare altro che eccitare la competenza dell’Assemblea attraverso il deposito dello Statuto ad esso pervenuto, nelle mani della sua Presidenza.
Ora, ciò posto e chiarito, qual è la procedura da seguire per realizzare la desiderata attuazione dello Statuto sardo?
L’onorevole Lussu propone un’autorizzazione, che dovrebbe essere data dall’Assemblea in questo momento – a conclusione della votazione sulla mozione stessa – un’autorizzazione al Governo ad approvare ed attuare, cioè a dar subito vigore a questo Statuto. L’onorevole Lussu ha citato l’autorità di un illustre parlamentare e costituzionalista, cioè dell’onorevole Orlando. Sono dolente che l’onorevole Orlando non sia presente nell’Aula, perché ci avrebbe potuto illustrare a voce questa sua opinione circa la regolarità della procedura suggerita. Con tutto il rispetto dovuto all’eminente Maestro, debbo dissentire dall’opinione a lui attribuita: non è possibile che l’Assemblea dia l’autorizzazione ad attuare lo Statuto sardo, cioè l’autorizzazione a modificare l’assetto fondamentale dello Stato per questa parte, attraverso un semplice voto a conclusione della discussione sulla mozione. Già – osservo incidentalmente – è errata la parola «autorizzazione», perché, se mai, bisognerebbe pensare ad una delega; delega che a me sembra possibile, che a me sembra consentita dalla Costituzione provvisoria che attualmente ci regge e che è consacrata nel decreto legislativo luogotenenziale 16 maggio 1946. Io ritengo legittima la delega, perché precisamente questa Costituzione provvisoria, ha carattere di flessibilità e quindi consente all’organo supremo, che è l’Assemblea Costituente, di apportare ad essa delle modifiche. Un’applicazione recente della flessibilità di questa Costituzione provvisoria abbiamo fatto noi stessi quando, poche settimane or sono, abbiamo approvato la proposta di prorogare i termini fissati dall’articolo 4 alla vita dell’Assemblea Costituente. Evidentemente, se l’Assemblea Costituente ha potuto modificare la disposizione costituzionale relativa al termine, con eguale legittimità, potrebbe trasferire al Governo l’esercizio di una potestà di sua competenza, quale è quella di modificare la Costituzione attuale, sancendo a favore della Sardegna una determinata legislazione speciale.
Quindi, che una delega (non già un’autorizzazione) sia possibile a tenore della Costituzione provvisoria attuale, io non credo dubbio. Si tratta, però, della forma. Come attuare questa delega? Evidentemente, non con un voto generico su una mozione, ma attraverso l’unica forma possibile, cioè l’approvazione di un disegno di legge che determini precisamente il modo, la forma, i limiti di attuazione di questo Statuto da compiere dal Governo. Non sarebbe possibile allo stato delle cose concedere una delega generica, per l’attuazione di questo Statuto che nessuno di noi conosce, non essendo stato distribuito ai membri dell’Assemblea. Siccome questo Statuto si trova attualmente presso una Commissione dell’Assemblea, spetta a questa Commissione di esaurirne l’esame (nel caso che l’abbia iniziato) o di iniziarlo (nel caso che non l’abbia ancora iniziato) e presentare all’Assemblea le proposte relative.
È necessario quindi, per il momento, rimettersi all’apprezzamento di questa Commissione circa la linea da seguire. Sarà questa Commissione che, in base alla valutazione delle singole disposizioni dello Statuto, potrà proporre all’Assemblea o l’attuazione immediata dell’intero Statuto o l’attuazione provvisoria di alcune parti dello Statuto stesso, e precisamente di quelle parti che si riferiscono agli organi, e quindi all’elezione dell’Assemblea regionale. Sarà insomma la Commissione competente che dovrà illuminarci circa le vie da seguire e proporci quel disegno di legge di natura costituzionale, il quale dovrà poi essere approvato dall’Assemblea Costituente con la procedura normale.
A me pare che seguire un’altra via sarebbe non solo illegittimo, ma anche inopportuno. Qualcuno può pensare che la questione d’indole formale abbia poca importanza. A me non pare. Le questioni di forma sono questioni di grande importanza per un popolo civile perché ad esse sono legati valori di straordinaria importanza, i valori della certezza del diritto e della stabilità delle istituzioni. Non possiamo, dunque, esporre questa materia così delicata ad accuse di incostituzionalità e ad incertezze, accuse di incostituzionalità ed incertezze che sorgerebbero se venisse seguita la via suggerita dall’onorevole Lussu.
È appunto per questo, ed anche per una questione di sostanza che – come accennavo – consiste nella necessità di valutare nel merito questo Statuto per potere giudicare quale parte di esso possa senza danno essere attuata, è – dicevo – tenendo presente questa duplice considerazione, di sostanza e di forma, che io propongo l’ordine del giorno già letto e che comporta il deferimento alla Commissione delle proposte relative al mode migliore per giungere alla rapida attuazione dello Statuto sardo.
A quest’ordine del giorno io attribuisco valore di emendamento e chiedo che, come tale, esso sia posto in votazione prima della mozione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Mastino Gesumino. Ne ha facoltà.
MASTINO GESUMINO. Onorevoli colleghi, parlo unicamente perché intendo precisare il mio pensiero, che è in parziale disaccordo con quello espresso testé dall’onorevole Mortati.
Certamente l’onorevole Mortati ha giuridicamente ragione allorché afferma la possibilità della delega da parte dell’Assemblea al Governo dell’esercizio di uno dei propri poteri costituzionali. Penso però – e su queste punto prego l’assemblea di volermi attentamente seguire – che il problema sia stato mal posto allorché si volle restringere la possibilità della immediata attuazione dello Statuto autonomista sardo alla delega che l’Assemblea può oggi dare al Governo.
Io penso che l’Assemblea utilmente intervenga ora presso il Governo, al fine di dare maggiore autorità al provvedimento che si vuole ottenere da esso. Ritengo però che il Governo – malgrado le critiche, direi, di obbligo, dell’onorevole Laconi – non avesse veste per potere prima autonomamente intervenire nell’argomento, in quanto la Sardegna aveva già una prima volta, attraverso la Consulta regionale, manifestato il desiderio di autonomamente decidere sullo Statuto della propria autonomia e di voler attendere che la sua decisione avesse la consacrazione di questa Assemblea. Ma io ritengo che di questa delega formale dell’Assemblea, pur sempre opportuna, il Governo non avesse necessità; e qui mi richiamo al principio indiscutibile della continuità dell’ordinamento giuridico italiano come della continuità di qualunque ordinamento statale: continuità che lega necessariamente la legislazione attuale alla legislazione scaturita dai Governi dei Comitati di liberazione. Ora, si è detto – anzi, ripetuto varie volte – che la Sardegna avrebbe potuto ottenere da parecchio tempo l’autonomia stessa, che, per decreto-legge, fu concessa alla Sicilia; ma non si è precisato che nel decreto che concedeva l’autonomia alla Sicilia era detto con chiarezza di espressione, e quindi con assoluta tassatività di norma, che la Sardegna aveva diritto di ottenere la stessa autonomia che veniva concessa alla Sicilia. Quindi, la legge che approvava lo Statuto siciliano non esauriva il suo compito in questa approvazione, ma aveva una efficacia che oltrepassava i limiti dello Statuto siciliano, in quanto concedeva un preciso diritto alla Sardegna. Ora, amici e colleghi, l’esercizio di questo diritto sardo non era limitato nel tempo; in modo che non si può dire (sarebbe una eresia giuridica e si affermerebbe cosa immorale) che non avendo la Sardegna esercitato questo diritto che le derivava dalla legge, immediatamente dopo l’approvazione dello Statuto siciliano, abbia perduto la facoltà di esercitarlo ora.
Le norme comuni di diritto hanno sempre affermato, fin dai tempi della legislazione romana, che non si possa presumere la rinuncia ad alcun diritto; e qui, non ci sarebbe bisogno di ricordarlo, siamo in tema di diritto pubblico e quindi la rinuncia dovrebbe essere circondata da speciali garanzie. Non è, pertanto, presumibile che la Sardegna abbia, con la sua volontà, rinunciato a questo suo diritto. Se così è, la Sardegna, che non ha esercitato il diritto allorché pure ne aveva facoltà, ha conservato il potere di esercitarlo ora. Lo esercita attraverso la mozione dell’amico onorevole Lussu, che io ho firmato e che risponde all’ardente desiderio di tutta la gente sarda.
Vi dicevo che sarebbe anche socialmente e moralmente strano che si opponesse a questo desiderio sardo unicamente il punto di vista del tempo trascorso. Ora, voglio fare un’affermazione e non credo di lasciarmi trascinare – in questa mia affermazione – dal mio profondo e, direi quasi, appassionato attaccamento alla mia terra. Noi sardi abbiamo anche in questa occasione dimostrato quella serietà, quel senso di disciplina, quel senso di decoro e quel senso di personalità autonoma che sono le caratteristiche più profonde della nostra razza millenaria. Noi, che avremmo potuto ottenere un vantaggio al quale aspiravano coscientemente o incoscientemente le generazioni trascorse e quelle viventi, rinunciammo perché volemmo meditare, esaminare se i termini e le forme dell’autonomia concessa alla Sicilia rispondessero alle necessità pratiche della Sardegna. Compiuto questo esame, la Sardegna presenta all’Assemblea un proprio Statuto regionale e chiede le venga riconosciuto un diritto consacrato dalla legge. Non credo che né l’Assemblea, né il Governo, si possano sottrarre all’obbligo che dalla legge deriva.
L’unica obiezione della cui fondatezza io mi rendo conto (badate, io tratto il problema unicamente dal punto di vista giuridico, quindi non credo necessario, come ha creduto l’amico Abozzi, riferirmi ai languenti occhi del signor De Montesquieu e neppure, se me lo consente l’amico Laconi, disturbare nel loro galoppo i quattro Cavalieri dell’Apocalisse) può essere superata purché noi ci soffermiamo a valutare i soli dati concreti del problema che ci viene sottoposto.
L’obiezione fondamentale è questa: l’Assemblea è stata chiamata a dare una delega al Governo. Ora, io ho sentito sussurrare intorno a me il dubbio, dubbio che scaturiva da una preoccupazione di ordine morale oltre che intellettuale, sulla possibilità di dare autorizzazione a compiere un atto della cui sostanziale portata non si conoscono i termini; perché, effettivamente, lo Statuto sardo è ignoto alla massima parte di voi e se io non temessi di dare l’impressione di essere maligno nella stessa linea in cui maligno è stato l’onorevole Laconi, potrei dire che forse neppure il Governo ancora lo conosce.
L’obiezione è certamente forte, però non mi pare che distrugga la fondatezza del ragionamento. Certo, l’Assemblea è sostanzialmente chiamata a compiere un atto di fede, un atto di fede nella Sardegna e nel senso di responsabilità dei sardi.
Ora, capisco che per molti di noi è difficile compiere questo atto di fede. Durante la discussione sulle autonomie regionali io ho sentito vari eloquenti colleghi parlare con vero terrore delle possibili attività delle future Assemblee regionali. Immaginavano che le Assemblee dovessero essere composte di persone o esagitate o inconsapevoli, le quali, in preda ad improvvisi strani furori, non avrebbero avuto altra idea che quella di sconvolgere la legislazione dello Stato e compiere le più impensate sciocchezze. Io non so se questo ragionamento sia esatto rapportato alle Regioni per le quali gli amici e colleghi parlarono. Certo deve essere respinto in rapporto alla Sardegna. I colleghi sanno che per quanto riguarda amor di Patria, attaccamento ai doveri verso la Nazione, la Sardegna, che per questa Italia, che tanto l’ha dimenticata, ha dato il sangue migliore dei suoi figli ed ha scritto pagine immortali di eroismo, non può ricevere lezioni da alcuno. (Applausi).
Per quanto riguarda il merito, cioè la capacità dei sardi di auto-amministrarsi con dignità, con pacatezza e con serenità, io prego l’Assemblea di voler credere che la Sardegna darà ancora una volta la dimostrazione di essere degna della fiducia, della Patria. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Carpano Maglioli. Ne ha facoltà.
CARPANO MAGLIOLI. A nome del Partito socialista, porto l’adesione alla mozione dell’onorevole Lussu e degli altri colleghi firmatari nella certezza di rispettare, in atto concreto di democrazia, la volontà del popolo sardo degno della nostra solidarietà, per le sue altre virtù civiche. E mi è particolarmente caro rendere questo omaggio come piemontese. Così si potrà accelerare la realizzazione dell’autonomia, sicuri di vedere avviata questa tormentata e meravigliosa nostra Isola a forme di civiltà più alte. Non mi pare si debba dimenticare che la nostra adesione trae anche fondamento dalla necessità doverosa di rispettare l’impegno assunto fin dal 1946 dal Governo del Comitato di liberazione nazionale, né io penso che si debbano avere preoccupazioni formali perché queste preoccupazioni potranno essere superate dall’opera di coordinamento che farà l’Assemblea Costituente a questo Statuto presentato dalla Consulta sarda; l’attuazione pratica dello Statuto sardo servirà anzi a dare indicazioni concrete al lavoro di coordinamento superando utilmente ogni eventuale preoccupazione di forma.
Con questo sentimento e con questi intendimenti, il gruppo parlamentare socialista dà cordiale la sua adesione alla mozione degli onorevole Lussu e colleghi e confida che la Camera, approvandola, vorrà rendere questo omaggio al popolo sardo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Mannironi. Ne ha facoltà.
MANNIRONI. Onorevoli colleghi, io penso che questa discussione, già così ampia, debba essere ricondotta ad un criterio e ad un fine soprattutto pratico perché mi pare che possono essere opportunamente conciliate le esigenze affermate e contenute nella mozione Lussu con i criteri giuridici, costituzionali, pratici e tecnici enunciati nell’ordine del giorno firmato dall’onorevole Mortati ed altri.
Perché non possano nascere equivoci sulla portata di questo mio intervento, devo dichiarare subito e preliminarmente che sono d’accordo in pieno con i presupposti fondamentali posti a base della richiesta contenuta nella mozione Lussu. Cioè io riconosco che è urgente provvedere all’attuazione dell’autonomia sarda, riconosco che lo Statuto studiato presentato dalla Consulta regionale sarda merita la nostra piena fiducia e la nostra adesione. Dico questo, io che lo Statuto conosco in quanto vi ho collaborato per la sua redazione. Purtroppo dobbiamo chiedere ai colleghi un atto di fiducia o, direi, addirittura un atto di fede perché essi dovrebbero accingersi a prendere una grande decisione con grave responsabilità su una materia che purtroppo ignorano.
Ma, dicevo, se tecnicamente e costituzionalmente noi oggi non possiamo dare al Governo una delega pura e semplice attraverso una semplice mozione, e se dobbiamo presentare invece un regolare disegno di legge che dovrà seguire la sua trafila pure regolare, con il deferimento allo studio di una speciale Commissione, se tutto questo ha da essere fatto, io credo che praticamente noi verremo a guadagnarci e verrà a guadagnarci soprattutto l’autonomia della Sardegna. Io sono seriamente preoccupato, onorevoli colleghi, della vicenda che questa autonomia potrebbe avere, facendo le cose troppo affrettatamente e prevenendo troppo col desiderio la realizzazione delle nostre aspirazioni.
Infatti, se ottenessimo dal Governo l’approvazione dello Statuto proposto dalla Consulta sarda, ci troveremmo in questa strana situazione: che lo Statuto, approvato per ipotesi nel mese di agosto, al mese di dicembre o novembre potrebbe essere sottoposto a revisione anche sostanziale; dico anche sostanziale, perché la portata della parola «coordinamento», di cui si parla nello Statuto siciliano e nella mozione Lussu, ha avuto un chiarimento abbastanza persuasivo nelle discussioni svoltesi in seno alle Commissioni riunite della Consulta nazionale, alle quali giustamente ha fatto richiamo l’onorevole Lussu. In quella occasione da parte dell’onorevole Molinelli si diceva che una delle tesi profilate consisteva nell’affermare che il provvedimento legislativo, che si sarebbe dovuto emanare, poteva essere soggetto ad emendamenti, per il coordinamento con la nuova Carta costituzionale dello Stato italiano.
Lo stesso onorevole Gilardoni, relatore, aveva affermato che non si poteva neppure pensare ad una limitazione dei poteri della Costituente, la quale era assolutamente sovrana ed avrebbe sempre potuto fare giustizia di tutte le leggi preesistenti ed a tutte sostituire principî nuovi.
Ora, se la parola «coordinamento» può significare modifica sostanziale dello Statuto, credo che tutti ce ne dobbiamo seriamente preoccupare, proprio per le ragioni cui accennava l’onorevole Mortati, quando diceva che in materia costituzionale, sovrattutto, oltre che in tutta la legislazione comune, è necessario porre il popolo di fronte alla certezza del diritto.
Quali ripercussioni si potrebbero avere in Sardegna, se domani il Governo promulgasse sic et simpliciter lo Statuto proposto dalla Consulta sarda ed a distanza di pochissimi mesi, poi, l’Assemblea Costituente ritoccasse questo Statuto, dando la sensazione di ridurre una concessione già fatta dal Governo?
Tutto questo produrrebbe indubbiamente, se non sconvolgimenti, delusioni profonde e disorientamenti, dei quali noi ci dobbiamo preoccupare.
Non credo che gli argomenti di natura pratica, che modestamente sto esponendo, possano essere superati dagli argomenti, direi ad effetto, proposti e profilati dagli onorevoli Lussu e Laconi; i quali sostengono l’urgenza indilazionabile delle elezioni ed affermano che la soluzione radicale di tutti i problemi che affliggono la nostra terra, possa essere rappresentata dalle elezioni dell’Assemblea regionale.
Mi permetto di contestare la verità di questo assunto. Io non penso che la concessione dell’autonomia per la Sardegna possa costituire la bacchetta magica, capace di risolvere con un sol colpo tutti gli annosi problemi che ci affliggono. Non penso neppure che le elezioni possano servire a decongestionare tutto l’insieme ed il complesso dei problemi stessi e non penso, soprattutto, che sia utile indire delle elezioni per costituire un’Assemblea la quale dovrebbe essere organo di un potere e di un ente che non è ancora definitivamente creato nella struttura, nella fisionomia e nei poteri.
Dico questo soprattutto in relazione alla tesi profilata dall’onorevole Mortati, che ha accennato alla possibilità costituzionale che si possa, ad un certo momento, disporre per l’entrata in vigore parziale dello Statuto sardo. Credo che soluzioni di questo genere siano ibride e pericolose. Penso che lo Statuto deve entrare in vigore integralmente, quando sarà definitivo e non quando potrà pendere su di esso la spada di Damocle di una riforma o di un ritocco da parte dell’Assemblea Costituente.
Quindi, onorevoli colleghi, per concludere, dirò che mi parrebbe utile che il collega Lussu ed il collega Mortati si intendessero, per trovare una soluzione che salvi questa esigenza, cioè l’urgenza di arrivare rapidamente ad ottenere l’approvazione costituzionalmente definitiva dello Statuto sardo, e che eviti, insieme, di esporre lo stesso Statuto ad una perdita di tempo, a possibili ritocchi finali che varrebbero a svalutarlo nell’opinione del popolo sardo. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Grassi, Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di parlare.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Onorevoli colleghi! Voi avete inteso, da parte mia, il desiderio che l’Assemblea, superando la questione pregiudiziale, affronti nel merito gli argomenti presentati dalla mozione Lussu ed altri onorevoli colleghi. Tengo subito, per quanto già detto da altri onorevoli colleghi, a precisare che non mi sembra esatto quanto è stato detto dall’onorevole Laconi, circa la mancata sensibilità del Governo su questo problema dell’autonomia sarda. Non so se l’onorevole Laconi volesse riferirsi a questo Gabinetto o ad altri precedenti; l’attuale Gabinetto ha poche settimane di vita e fra i tanti problemi che l’assillano ed a cui deve provvedere, credo che non abbia trascurato quello che riguarda la Sardegna, che è invece profondamente sentito, come tutti gli altri problemi che riguardano la vita del nostro Paese. Quindi non credo di dover difendere il Governo; né, d’altra parte, la constatazione della mancata presenza del Presidente del Consiglio può, diciamo così, diminuire l’importanza di questa discussione, perché ho premesso che il Presidente del Consiglio, assente da Roma, mi ha incaricato di venire dinanzi all’Assemblea ad esprimere l’opinione del Governo, senza domandare il rinvio di questa discussione. Di questo l’Assemblea deve prendere atto e credo che l’onorevole Lussu, presentatore della mozione, deve riconoscere che il Governo si è messo subito a disposizione dell’Assemblea.
Fatte queste premesse, nessuno può dubitare della volontà del Governo di definire la questione dell’autonomia sarda per l’importanza assunta presso l’opinione pubblica del Paese e per l’impegno preso dal Governo e sancito formalmente nell’articolo 108 della Costituzione già votato dall’Assemblea.
Ora, mi pare che questa questione riguardi un problema tecnico e in questo senso l’onorevole Lussu l’ha presentata. Il Governo è qui per sentire quali sono le opinioni dell’Assemblea, perché tutti siamo d’accordo nel ritenere che questa questione è squisitamente costituzionale in quanto entra in quella che è l’organizzazione dello Stato stesso in una sua parte, quale è una delle sue grandi Isole, e non può che essere materia spettante all’Assemblea Costituente. Questo è il punto tecnico della questione. La Consulta regionale sarda, con sua deliberazione 11 maggio 1946, come è stato rilevato anche da parte dei colleghi che hanno recentemente parlato, ha ribadito il principio che il regime autonomistico risponde ad esigenze particolari dell’Isola ed affermato che la Sardegna intende ottenere la propria autonomia dalla Costituente, unica Assemblea chiamata a decidere sul nuovo ordinamento dello Stato. Quindi la stessa Sardegna, attraverso la Consulta regionale, che è l’organo chiamato ad elaborare lo Statuto, precisò con questo ordine del giorno presentato al Governo fino dall’11 maggio 1946, che era suo intendimento che lo Statuto venisse formulato da essa ed approvato dall’Assemblea Costituente. Questa posizione assunta dalla Sardegna, spiega la differente via che ha preso lo Statuto sardo nei confronti di quello siciliano, perché lo Statuto siciliano, poté essere approvato dal Governo, prima che l’Assemblea Costituente fosse stata convocata. Invece, avendo la Consulta sarda elaborato lungamente il suo Statuto, tanto che è pervenuto al Governo soltanto il 9 maggio scorso, è avvenuto che si è trovato che la Costituente è l’unica competente a provvedere in materia costituzionale. Il Governo ha immediatamente trasmesso lo Statuto, preparato dalla Consulta regionale sarda, al Presidente dell’Assemblea Costituente, il quale lo ha trasmesso alla Commissione dei Settantacinque. Questa è stata la regolare procedura. Che cosa c’entra in tutto questo il Governo? Quale altra via doveva seguire il Governo, se non quella dell’Assemblea, che è stata investita non appena è pervenuta la richiesta dalla Consulta sarda? Quindi, da questo punto di vista, nessuna osservazione si può fare all’opera del Governo, che è stato molto sensibile nel trasmettere lo Statuto all’organo competente, ed a rispondere alla presente interpellanza appena presentata. Il Governo è a disposizione dell’Assemblea per sentire quale è la sua opinione.
Dato quanto si è detto, quali sono le vie che si possono seguire? Questo è il punto importante sul quale dobbiamo intenderci.
Il Governo, anche per questo, si rimette a quello che l’Assemblea crederà: ma ha il dovere di richiamare l’Assemblea stessa a quelle che sono le linee fondamentali dell’attuale ordinamento costituzionale: ordinamento che è un ponte tra un regime costituzionale ormai distrutto ed un nuovo regime che la Costituente dovrà approvare.
La situazione è basata sulla legge del 16 marzo 1946: mentre il Governo ha tutto il potere legislativo, la materia costituzionale è di competenza dell’Assemblea Costituente, insieme a quelle leggi che devono far parte della competenza dell’Assemblea Costituente in base all’articolo 3 della predetta legge.
Può il Governo sostituirsi ai poteri dell’Assemblea Costituente, in questo momento? Questo è il problema, e il collega Mortati, che è maestro in materia, ve lo ha detto, nella forma più chiara ed esplicita. Io non posso fare altro che associarmi a quanto egli ha detto.
Effettivamente, in questo momento, tutta la materia costituzionale è in mano all’Assemblea Costituente. E io aggiungo ancora, come Ministro di grazia e giustizia, che l’autorità giudiziaria ritiene di dover intervenire sull’esame della costituzionalità delle leggi che il Governo attuale emana in base alla distinzione dei poteri disposta dalla legge 16 marzo 1946.
Vedete, dunque, la situazione in cui il Governo oggi si trova: ha tutte le responsabilità e tutti i poteri che gli derivano dalla legge del 16 marzo 1946, per la legislazione, nella temporanea mancanza dei normali organi legislativi; ma, d’altra parte, ha dei limiti di ordine generale in quanto la materia costituzionale appartiene all’Assemblea Costituente.
Altra questione è se l’approvazione dello Statuto sardo, che è materia essenzialmente costituzionale, possa essere delegata al Governo. L’onorevole Mortati l’ha risoluta e ha detto: «Io non trovo ragioni assolute perché questa delega non possa avvenire». C’è qualcuno che la discute. Si tratta di vedere se i poteri dell’Assemblea Costituente possano o non essere delegati.
Mi pare assurdo arrivare al massimo che l’Assemblea possa delegare completamente i suoi poteri; ma certamente qualche provvedimento l’Assemblea può delegare, in quanto non si parte dal concetto delegatus non potest delegare: qui non si tratterebbe di delegare l’intera funzione, ma un singolo provvedimento. È un atto della sua sovranità e nessuno potrebbe contestarne la validità.
In ogni modo, il problema giuridico deve impostarsi così: una particolare attività costituzionale può essere delegata; ma bisogna intendersi sulla forma che deve avere la delegazione.
Non metto in dubbio che l’Assemblea possa dire al Governo: Approvate lo Statuto sardo; vedete la maniera in cui deve essere approvato, se confermando quanto ha emesso la Consulta sarda oppure, come dice l’onorevole Laconi, tenendo conto dei principî già approvati dalla Costituente per quanto riguarda le Provincie. È una delegazione di poteri che intendete affidare al Governo; ed è curioso che sia proprio io, che rappresento il Governo, a preoccuparmi dei poteri eccessivi che ci volete dare.
Ma il punto su cui voglio richiamare la vostra attenzione è essenzialmente quello della forma. Credete voi, onorevoli colleghi, che sia sufficiente un ordine del giorno? Ma un ordine del giorno, onorevoli colleghi, è un atto politico. Un ordine del giorno è un atto che si esaurisce in una funzione politica e non potrà mai diventare un fatto giuridico.
Non può dunque il Governo fare una legge costituzionale soltanto perché un ordine del giorno dell’Assemblea gliene ha deferita la facoltà; la volontà dell’Assemblea non si manifesta giuridicamente se non con legge. Ecco la bontà delle odierne ragioni apportate dall’onorevole Mortati; sostanzialmente io non vedo soluzione giuridica se non attraverso una delega legislativa.
Noi costruiremmo, in caso contrario, onorevoli colleghi, un edificio che potrebbe sgretolarsi, perché potrebbe essere attaccato nella sua costituzionalità. Siete voi, onorevoli colleghi, che dovete meditare sulla vostra responsabilità. Io non posso se non dirvi: anticipiamo pure i tempi, se volete, ma mettiamoci però su di un piede costituzionale. Così soltanto noi faremo opera degna per la Sardegna, noi faremo opera degna per l’Italia.
Io ho sentito poco fa la voce commossa dell’onorevole Laconi, ho udito che molti comuni in Sardegna non hanno neppure il cimitero, ho provato una grande impressione. Mi auguro, insieme con voi, che a tale triste stato di cose la Regione sarda riesca, quanto prima e nel miglior modo, ad ovviare. È chiaro che in questo sono d’accordo con voi.
Vi dico però anche: troviamo una via giusta, troviamo una via legale, troviamo una via che non faccia sì che i nostri atti possano essere inficiati di incostituzionalità.
Non ho altro da aggiungere. Il Governo si rimette a quello che l’Assemblea deciderà. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo la parola, ha facoltà di parlare l’onorevole Lussu in qualità di presentatore della mozione. Con il suo discorso la discussione sarà chiusa.
Onorevole Lussu, mentre ella ha la parola, la prego di esprimere anche il suo avviso sull’ordine del giorno dell’onorevole Mortati ed altri, il quale deve evidentemente essere considerato come un emendamento alla sua mozione.
LUSSU. Onorevoli colleghi, dopo quando è stato detto, io ho il dovere di parlare brevissimamente. Io ho qui presente l’ordine del giorno degli onorevoli colleghi Mortati, Tosato ed altri. Si tratta di tutti colleghi che io altamente stimo per avere collaborato con loro lungamente nei passati mesi alla seconda Sottocommissione; non nascondo però che ho provato una certa amarezza nell’apprendere come questo ordine del giorno rechi le firme di colleghi come l’onorevole Tosato e l’onorevole Fuschini i quali avevano aderito alla mozione che io ho presentato.
Ho detto che ho provato una certa amarezza perché preferirei essere sempre d’accordo con questi colleghi che altamente stimo.
Io, francamente, trovo che quest’ordine del giorno complica le cose. Già il primo firmatario e sostenitore di esso è l’onorevole Mortati, la cui cultura ed intelligenza e profondità di pensiero giuridico è da tutti noi conosciuta; ma è anche vero che tutti coloro che hanno avuto dimestichezza con lui trovano l’intelligenza del collega Mortati eccessivamente complessa. Là c’è tutto l’universo! E tutte le volte che egli vede un problema, anziché semplificarlo, appunto per questa sua grande e complessa intelligenza che lo anima, lo complica. Questa è l’esperienza dei colleghi che hanno collaborato con lui.
Ora mi sia permesso mettere in rilievo il carattere strano della prima parte di quest’ordine del giorno dove, facendo riferimento allo Statuto per l’autonomia sarda, si riferisce esclusivamente all’articolo 108 quasi che solo l’articolo 108 desse diritto alla Consulta regionale sarda e al popolo sardo di presentare un suo statuto.
Mi sia permesso di protestare contro quest’ordine di cose che capovolge la realtà della situazione e dei fatti. E siccome viene da un collega esperto in materia, quale l’onorevole Mortati, io devo pensare che c’è tutta una serie di retroscena che io ignoro.
Ma non è solo l’articolo 108! Ci sono i decreti legislativi reali e luogotenenziali, i quali hanno creato gli Alti Commissariati e le Consulte, decreti che hanno dato a noi il diritto e l’obbligo di presentare lo Statuto, e ci sono gli impegni del Governo quando aveva il potere legislativo ed esecutivo. Quindi non è solo l’articolo 108, ma è tutto l’insieme del passato al quale è legato questo nostro diritto costituzionale; e in un certo senso vi sono impegnati la dignità e il prestigio dello stesso Governo, per quanto il Governo bene faccia a rimettersi completamente all’Assemblea.
Ho ragione, quindi, di ritenere che questa mia sorpresa sia troppo logica perché non sia presa in considerazione dall’onorevole Mortati e da voi tutti.
E poi, la questione di sostanza. Io non l’accenno neppure. L’ho già esposta e mi stupisce come l’onorevole Mortati non abbia prestato attenzione a quanto io avevo precedentemente detto e che il collega onorevole Mastino Gesumino ha ripetuto così chiaramente.
Questione di fatto. Ma il Governo aveva già esteso alla Sardegna lo Statuto siciliano, e il fatto che la Consulta sarda, nell’intendimento di elaborare meglio il suo Statuto, vi ha rinunciato, non fa cadere il diritto acquisito.
È vero che la Consulta sarda ha, nell’ordine del giorno ricordato dall’onorevole Ministro Grassi rinunziato, nel maggio scorso, a una procedura di urgenza, ma è anche vero che l’Alto Commissario per la Sardegna, generale Pinna, che rappresenta tutta la Consulta, ha inviato una lettera, a me presentatore della mozione, per dirmi che è d’accordo nel ritenere urgenti le elezioni in Sardegna e l’attuazione dello Statuto sardo e mi ha annunziato di voler fare in questo senso un intervento presso il Governo. Quindi, onorevole Mannironi, il suo pensiero non concorda con quello di tutti i rappresentanti legittimi del popolo sardo.
Io vorrei aderire volentieri a un accordo con l’onorevole Mortati; ma io dico che mettersi d’accordo è impossibile. Ritengo che la questione, così come è stata prospettata da me, è perfettamente costituzionale. Mi dispiace che qui non sia l’onorevole Presidente Orlando, ma i colleghi mi riconosceranno di avere agito con perfetta lealtà e con senso di responsabilità quando, prima di presentare la mozione, ho voluto interpellare tutti gli ex Presidenti del Consiglio: l’onorevole Ferruccio Parri e gli onorevoli Orlando e Nitti. Avrei sentito anche l’onorevole Bonomi, ma in questi giorni non mi fu possibile vederlo.
Ho interpellato dunque questi tre uomini altamente qualificati e responsabili per esprimere un pensiero in materia, e ritenevo di essere nel giusto presentando questa mozione.
Io mi chiedo perché l’onorevole Mortati, nella complessità del suo pensiero costituzionale, debba trovare tutto questo senza importanza.
V’è la questione sollevata ultimamente dal collega onorevole Grassi, Ministro di grazia e giustizia: può il Governo arrogarsi il diritto di sostituirsi all’Assemblea? Può l’Assemblea delegare? E come delega? Ma è semplice: delega votando la mozione, ed essa dà così la sua approvazione implicitamente, perché, in sostanza, quando l’Assemblea Costituente delega al Governo l’applicazione immediata dello Statuto sardo, ciò significa che l’Assemblea Costituente l’approva.
Ricordo qui un disegno di legge presentato in questi giorni per il Trattato di pace. Il disegno di legge presentato dal Ministero dice: «Articolo primo: È approvato il Trattato di pace fra le Potenze alleate, ecc.». Il testo invece della Commissione dice: «Il Governo della Repubblica è autorizzato a ratificare, ecc.». Voi vedete che cosa significa questo; nella prima parte l’Assemblea approva; nella seconda parte il Governo della Repubblica è autorizzato. Il che significa che l’Assemblea autorizzando approva.
Questa è un’Assemblea politica, anche se è costituente. Anzi, da costituente, lo è ancora di più. È un’Assemblea politica, e la politica non realizza mai nella minuzia e nell’infinitesimo i principî teorici, astratti. Ma interpreta la realtà politica quale è.
La tesi che ho avuto l’onore di illustrare credo sia una tesi giusta, ragionevole e costituzionalmente corretta.
Ecco perché pregherei i firmatari onorevoli Mortati, Tosato ed altri, di voler riflettere sul problema che è di sostanza e di forma.
Col procedimento da loro proposto, in settembre non si può presentare un disegno di legge costituzionale inteso a realizzare l’autonomia sarda, perché per far questo occorre che sia prima discussa qua dentro tutta la parte riguardante le Regioni, che rimarrà sospesa per parecchi mesi, e inoltre tutti i titoli del progetto di Costituzione. Noi non possiamo neppure a settembre presentare un disegno di legge in questo senso: è impossibile. Le elezioni non si potrebbero fare che l’anno venturo, perché questo progetto di legge costituzionale non potrebbe essere presentato qui che a dicembre. Ecco perché pregherei gli onorevoli Mortati e Tosato di ritirare il loro ordine del giorno e di votare con serena coscienza la nostra mozione.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Al punto in cui è giunta la discussione, non posso dare ancora la parola nel merito. Se ella, onorevole Laconi, ha ancora qualche cosa da dire, ne avrà la possibilità successivamente, restando nei limiti di una dichiarazione di voto.
TOSATO. Chiedo di parlare in merito alla presunta contraddizione nella quale sarei caduto, secondo quanto ha detto l’onorevole Lussu.
PRESIDENTE. Non mi è possibile darle la facoltà di parlare, salvo che si tratti di fatto personale; ella però dovrà attenersi al fatto personale.
TOSATO. Sta bene. Parlo per fatto personale. Io, insieme con l’onorevole Fuschini, ho firmato la mozione dell’onorevole Lussu ed anche l’ordine del giorno dell’onorevole Mortati.
Non credo che per questo io e l’onorevole Fuschini siamo caduti in contraddizione. Noi siamo perfettamente d’accordo con l’onorevole Lussu sulla somma opportunità di affrettare, per quanto è possibile, l’attuazione della autonomia in Sardegna; però l’onorevole Lussu non può dimenticare quello che è già stato detto dal Ministro Grassi, che per delegare al Governo la facoltà di provvedere alla pubblicazione totale o parziale dello Statuto sardo non basta un ordine del giorno, non basta una mozione: occorre un progetto di legge; e perché l’Assemblea possa approvare un disegno di legge bisogna anzitutto che sia investita da un disegno di legge. Si tratta di una forma di passaggio assolutamente necessaria. Ora, l’ordine del giorno da noi presentato è precisamente inteso allo scopo di passare all’attuazione, più rapida possibile, dell’autonomia in Sardegna, attraverso le forme necessarie. L’Assemblea ritiene di incaricare una Commissione della presentazione di un disegno di legge? Preferisce dare l’incarico al Governo? L’Assemblea deciderà. Comunque, la pretesa contraddizione rilevata dall’onorevole Lussu non esiste.
PRESIDENTE. Questo sarà deciso con la votazione.
Ci troviamo, dunque, di fronte a tre proposte: la proposta contenuta nella mozione dell’onorevole Lussu che è molto chiara e precisa (si tratta di delegare al Governo la facoltà di approvare od emanare lo Statuto sardo); vi è la tesi, che è stata sostenuta dal Ministro di grazia e giustizia, che, non contestando questa facoltà, osserva tuttavia che essa deve essere data al Governo non con una mozione, ma con un disegno di legge, poiché una legge che deleghi il potere legislativo e costituzionale può avvenire soltanto attraverso forme legislative. Vi è infine la proposta dell’onorevole Mortati, che mi sembra non coincida con la tesi sostenuta dall’onorevole Ministro secondo la quale il progetto di legge che dovrebbe essere presentato all’Assemblea non dovrebbe essere un progetto di delega al Governo del potere di emanare lo Statuto sardo, ma un progetto di legge conclusivo dell’esame di merito sul progetto di Statuto elaborato dalla Consulta sarda. Si tratta di proposte di portata diversa ed è per questo che io ritengo debbano essere tenute separate fra di loro, per la chiarezza delle nostre conclusioni.
MORTATI. Vorrei chiarire che la mia proposta non è in contradizione con quella del Ministro di grazia e giustizia.
PRESIDENTE. Penso, comunque, che la proposta dell’onorevole Mortati non coincida immediatamente con la tesi sostenuta dal Ministro di grazia e giustizia. La tesi del Ministro Grassi mira a precisare un momento, direi, giuridico del problema. La proposta dell’onorevole Mortati entra nel merito e propone una soluzione di merito. Comunque la proposta dell’onorevole Mortati, da assumere in veste di emendamento e non di ordine del giorno, deve trovare la sua ubicazione nel testo della mozione presentata dall’onorevole Lussu, perché soltanto in questa maniera può essere messa in votazione come emendamento.
Mi pare che la proposta dell’onorevole Mortati debba essere inserita nella mozione dell’onorevole Lussu, subito dopo la frase «è stato dalla Consulta regione sarda presentato al Governo»; a questo punto, dopo i «considerata» andrebbe inserito l’emendamento Mortati, nella parte deliberativa: «delibera di invitare la Commissione competente», ecc.
Onorevole Mortati, è d’accordo?
MORTATI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTATI. Io accetto pienamente questa sua proposta, perché il punto da lei designato è quello in cui esattamente si inserisce il mio emendamento. Vorrei però far presente che la mia proposta non si distacca affatto da quella dell’onorevole Grassi. Ed in questo senso io vorrei chiarire quanto mi pareva di avere già precisato, che cioè l’emendamento proposto non esclude la possibilità che si possa da parte della Commissione proporre di delegare al Governo di attuare provvisoriamente l’intero Statuto. Anzi devo ricordare che in una redazione originaria questa possibilità era espressamente enunciata.
PRESIDENTE. Ma il testo originale non lo ha fatto pervenire alla Presidenza.
MORTATI. Ho ritenuto opportuno di eliminare l’inciso, perché non apparisse limitato l’ambito di decisione affidata alla Commissione. Ci sono vie possibili, che non è utile determinare a priori. Sarà la Commissione che dopo l’esame dello schema, che è pregiudiziale, potrà con vera conoscenza della situazione, presentare le proposte più idonee.
In ogni caso, per eliminare ogni equivoco e per facilitare un’intesa, modifico il mio ordine del giorno aggiungendovi l’inciso finale, che originariamente vi era contenuto: «anche mediante il conferimento di apposita delega al Governo».
PRESIDENTE. Salvo all’onorevole Lussu di dichiarare se di fronte a questa modifica che l’onorevole Mortati si dichiara pronto ad apportare al suo emendamento sia disposto ad accettarlo, ritengo personalmente che anche con questo emendamento il problema che oggi è posto all’Assemblea non è risolto perché i presentatori della mozione intendevano con essa di decidere il problema e non di rimetterlo per la decisione alla Commissione che è stata già investita, in seno al più grande Comitato dei Settantacinque, di esaminare il progetto di Statuto sardo. Mi pare pertanto che la modificazione proposta dall’onorevole Mortati lascerebbe ancora in sospeso la decisione, ma è l’onorevole Lussu che deve, in definitiva, rispondere.
Ha quindi facoltà di parlare l’onorevole Lussu.
LUSSU. Evidentemente, con la proposta Mortati si arriva ad una sospensiva, il che non era nelle nostre intenzioni. Noi pensavamo esattamente il contrario: noi credevamo che oggi stesso l’Assemblea Costituente avrebbe potuto definire il problema.
E chiarisco in questo senso: se la mozione che parecchi colleghi ed io abbiamo presentato viene approvata oggi dall’Assemblea Costituente, evidentemente, immediatamente dopo, noi presenteremmo un disegno di legge così concepito: Articolo 1. Il Governo della Repubblica è autorizzato ad approvare, ecc. Mi pare chiaro. Il problema è risolto oggi stesso. Questo è il senso della nostra mozione.
PRESIDENTE. Allora l’onorevole Lussu dichiara che neppure la nuova formulazione dell’emendamento Mortati può essere da lui accettata. Restiamo, quindi, di fronte all’emendamento Mortati, come ad un emendamento alla mozione dell’onorevole Lussu ed in quanto emendamento (da inserire eventualmente, se fosse accolto, nel punto indicato poco fa) deve avere la precedenza nella votazione.
CARBONI ENRICO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARBONI ENRICO. Dichiaro che voterò per l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Lussu non perché abbia della storia della Sardegna una visione così nera come egli l’ha avuta, né perché credo le condizioni attuali della Sardegna così gravi come quelle indicate dall’onorevole Laconi, ma perché ritengo che, effettivamente, l’autonomia, nei limiti in cui noi l’abbiamo chiesta nel nostro Statuto, costituisca la prima base per l’elevazione sociale, morale e politica della mia Isola.
CHIEFFI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIEFFI. Dichiaro di votare contro la mozione Lussu, perché ritengo che essa non risponda agli interessi del popolo sardo, in quanto la Sardegna desidera avere uno statuto definitivo, che non possa, in nessuna maniera, essere mutato in sede di coordinamento con la Costituzione.
Non è esatto affermare che in Sardegna vi sia una aspirazione così pressante e viva per l’approvazione dello statuto in via provvisoria. Evidentemente, questo risponde ad una esigenza personale dell’onorevole Lussu. (Commenti).
SPANO VELIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPANO VELIO. Evidentemente sarebbe difficile a me, come deputato sardo e come cofirmatario della mozione Lussu, prescindere da questa mia doppia qualità. Comunque, è certo che, se avessi assistito, senza avere già idee ben definite in proposito, a questo dibattito, mi sarei convinto della necessità che la mozione Lussu venga approvata.
Due obiezioni sono state fatte di carattere giuridico: una generale e l’altra particolare.
Quella generale potremmo esprimerla in questi termini: «Ci troviamo di fronte a materia costituzionale ed è l’Assemblea Costituente che deve decidere in proposito».
Eravamo informati di questo; ce ne aveva del resto informati l’onorevole Abozzi, dicendoci che la Costituente è nata per dare la Costituzione allo Stato italiano. Questo lo sapevamo; ma sapevamo anche – e gli interventi degli onorevoli Lussu e Laconi ne hanno dato la prova – che tutta una serie di questioni di carattere costituzionale è stata regolata, in via provvisoria, dal Governo.
Questo ci riporta dagli argomenti di carattere giuridico agli argomenti di carattere pratico e politico. Si tratta di sapere se, sul terreno politico, questa misura è urgente o no per la Sardegna.
Alle obiezioni mosse dall’onorevole Chieffi è stato risposto in una interruzione. Non si tratta di esigenza personale dell’onorevole Lussu, ma se mai di tutta una serie di altre persone, tra le quali i deputati democristiani Mastino e Carboni.
Altra obiezione di carattere politico contro la nostra mozione avanzata da alcuni colleghi al seguito dell’onorevole Mortati: si è prospettato il pericolo che attraverso l’emanazione da parte del Governo della statuto approvato dalla Consulta regionale sarda, ci si metta sulla via della incostituzionalità. Ma a questa obiezione ha risposto lo stesso onorevole Mortati, secondo il quale la delega al Governo – e ci inchiniamo di fronte alla sua autorità giuridica – è possibile.
Le due obiezioni giuridiche si riportano quindi sul terreno delle considerazioni politiche. Su questo terreno sono state presentate altre due obiezioni. Una esposta dall’onorevole Mannironi, il quale dice che lo statuto deve essere approvato, ma quando sia definitivo; non prima. Ma questa non è in realtà un’obiezione in quanto varrebbe per ogni legge, per ogni norma costituzionale. Il fatto che a dicembre lo statuto regionale sardo, approvato oggi, possa essere sottoposto a revisione dell’Assemblea Costituente, non ne nega l’urgenza e la necessità di approvare lo Statuto medesimo. È dunque su questo terreno che dobbiamo discutere: urgenza e necessità che questo Statuto venga approvato.
Si tratta oggi di togliere la Sardegna dallo stato di incertezza in cui si trova, quello stato di incertezza di cui si sono resi interpreti tutti i firmatari della mozione, tra cui ci sono i deputati del suo partito e della nostra Regione, onorevole Mannironi, ma che è stato avvertito anche dalla Consulta regionale sarda che ha chiesto l’approvazione di questa mozione, e dall’Alto Commissario, che si è reso interprete – venendo in questi giorni a Roma – dello stato d’animo che vi è nella Sardegna, la quale reclama appunto lo Statuto regionale.
Si è detto che l’autonomia non è una bacchetta magica che risolve tutti i problemi. Siamo perfettamente d’accordo. Appunto per questo noi deputati sardi, abbiamo domandato all’Assemblea Costituente di mettere i sardi in condizione di far vedere quel che sapranno fare sulla via dell’autonomia: mettiamoli alla prova. Gli unici competenti a giudicare se la questione sia politicamente urgente o non urgente, sono i sardi stessi dei quali i deputati dell’Isola in questa Assemblea si sono fatti interpreti.
LUSSU. L’Alto Commissario pure!
SPANO VELIO. Esatto: anche l’Alto Commissario.
Quando si dice: rimettiamo il progetto alla Commissione ed affrettiamo i tempi, sappiamo che si tratta, non dico di una ipocrisia, ma di una illusione. L’esperienza ci ha dimostrato che non è possibile «affrettare i tempi» in questa materia, e noi andremmo troppo lontano nel tempo se seguissimo la via suggerita dall’ordine del giorno presentato dall’onorevole Mortati.
Per tutte queste ragioni, che riconducono il problema dal terreno giuridico a quello politico, pensiamo che la mozione debba essere votata e per queste ragioni voteremo a favore della mozione Lussu e contro quella Mortati.
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Per che cosa, onorevole Lussu?
LUSSU. Per una pregiudiziale, onorevole Presidente! (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Lussu, non è possibile! Le faccio presente che siamo in sede di votazione e di dichiarazioni di voto. Non lo dimentichi.
CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODACCI PISANELLI. Dichiaro che il Groppo democratico cristiano voterà a favore dell’emendamento Mortati, perché intende risolvere la questione nella maniera più breve, e perché ritiene questa la sola via costituzionale, e la più breve, perché il problema è già dinanzi alla Commissione competente che deve esaminare la questione, ed anche propendendo subito per l’approvazione della mozione, come propone il progetto di legge a cui si accennava poco fa, sarebbe necessario tornare poi dinanzi alla Commissione e così non si guadagnerebbe il tempo che si vuole guadagnare. È questa la sola via costituzionale; perché seguendo un’altra strada, ci troveremmo – come ha detto il Ministro della giustizia – di fronte ad un decreto incostituzionale e bisogna evitare questa eventualità, di fronte a cui la magistratura finirebbe per dire che non sappiamo fare il nostro dovere. Così facendo noi vogliamo non differire, ma accelerare l’esaudimento di questa aspirazione sarda, mettendo la Regione di fronte ad uno statuto che non possa essere inficiato di incostituzionalità.
Per queste ragioni, noi voteremo a favore dell’emendamento Mortati.
COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. Avrei visto con piacere che i deputati della Sardegna avessero parlato in questa Assemblea in perfetto accordo fra di loro. Sarei stato lieto, in tal caso, di unirmi a loro, facendo tacere nella mia coscienza qualsiasi argomentazione giuridica, di cui non avrei tenuto conto, infiammato dalla stessa passione dei deputati sardi per la loro regione.
Ma poiché i sardi hanno parlato non perfettamente d’accordo tra di loro, dichiaro che sarei portato a votare sia contro la mozione Lussu, sia contro l’emendamento Mortati, perché sono perfettamente d’accordo con quanto diceva poco fa il Guardasigilli, e cioè che le deleghe di un potere costituzionale o di un potere legislativo non possono aver luogo se non attraverso leggi. Ma, per venire incontro a quelli che sono i desideri della Sardegna, manifestati attraverso l’appassionata parola dell’onorevole Lussu, dichiaro che voterò a favore dell’ordine del giorno Mortati, perché mi sembra che esso giunga al traguardo, cui i sardi vogliono giungere, al più presto e col più rigoroso rispetto della legge.
DUGONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DUGONI. Lo scopo a cui tende l’emendamento Mortati, è completamente diverso dalla mozione proposta dall’onorevole Lussu.
PRESIDENTE. È per questo che è un emendamento: l’onorevole Mortati ha dichiarato di trasformare il suo ordine del giorno in emendamento.
DUGONI. Siamo su due piani completamente diversi; cioè l’onorevole Lussu propone una mozione la quale è presentata all’Assemblea nella sua veste di Assemblea legislativa; l’emendamento dell’onorevole Mortati sposta la competenza dell’Assemblea come Assemblea Costituente, cioè trasforma il problema, da legislativo, in costituzionale. Quindi l’intervento del Governo, la dichiarazione fatta poi dall’onorevole Grassi, soprattutto, hanno consacrato al dibattito il carattere di dibattito in sede legislativa. L’onorevole Mortati non può spostare questo dibattito con un semplice emendamento in sede costituzionale. Per questo io credo che noi non possiamo accettare la proposta dell’onorevole Mortati.
PRESIDENTE. Non credo di poter concordare con la sua opinione, onorevole Dugoni. L’Assemblea oggi è stata convocata come seduta di Assemblea Costituente. Noi oggi ci troviamo di fronte ad una mozione che investe il problema costituzionale specificamente. Anche i problemi costituzionali debbono essere risolti per mezzo di legge. L’affermazione quindi che ella ha fatto ora mi pare non risponda alla realtà.
Si sono affacciati invece dei dubbi se il problema in discussione abbia un carattere costituzionale o meno, ma non confrontando il testo di una mozione col testo di un emendamento. Quanto all’emendamento, che propone una cosa diversa dalla mozione, onorevole Dugoni, quante volte, nel corso dei nostri lavori, sono stati presentati emendamenti sostitutivi, i quali cercavano di giungere a conclusioni completamente diverse da quelle proposte nel testo in esame?
Pertanto, io ritengo che l’onorevole Mortati si sia valso di una disposizione di Regolamento presentando il suo emendamento che, come tale, deve essere posto in votazione.
MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO PIETRO. Un mese fa, circa, furono presentate delle interrogazioni dall’onorevole Laconi, dall’onorevole Lussu, e da me e anche – credo di non errare – dall’onorevole Chieffi e da altri colleghi di parte democristiana, dirette ad ottenere che il Governo, omettendo qualunque delega da parte dell’Assemblea Costituente, approvasse lo Statuto autonomo per l’isola della Sardegna.
Ora, per quelle ragioni, che certo non erano ragioni di esigenze personali, che spinsero l’onorevole Chieffi a formulare quella interrogazione, ragioni che non intendo richiamare, per brevità, dichiaro di votare a favore della mozione del collega Lussu.
MANNIRONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANNIRONI. Dichiaro che sono spiacente di votare contro la mozione Lussu. Concordo nella sostanza della sua richiesta; però dichiaro che sono costretto a votare contro, perché mi pare che la sua proposta comporti per lo Statuto sardo – che egli vorrebbe fare approvare dal Governo – un carattere di provvisorietà che gli è dannoso e pericoloso.
Voto contro, anche perché mi pare che l’esigenza delle elezioni regionali non sia così pressante, anche se di contrario avviso si sia manifestato l’Alto Commissario per la Sardegna, persona rispettabilissima, verso la quale abbiamo il massimo riguardo, ma che può anche errare nella valutazione dei fatti contingenti e nell’interpretazione dello stato d’animo del popolo sardo. Dichiaro che questa supposta urgenza delle elezioni non ci può fuorviare nelle decisioni finali, Se anche le elezioni regionali dal dicembre o novembre fossero rimandate a gennaio o febbraio, la soluzione praticamente sarebbe uguale; con la differenza però che, se il brevissimo differimento di esse dovesse portare all’approvazione dello Statuto definitivo e non provvisorio, noi renderemmo un vero servigio alla Sardegna. Per me l’essenziale è ottenere la definitiva e rapida approvazione dello Statuto speciale dall’Assemblea o dal Governo, che però sia regolarmente delegato con una legge dell’Assemblea che fissi chiaramente i termini del mandato. Il che non si può ottenere solo attraverso la mozione Lussu.
CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIANCA. Sono veramente stupito dell’andamento di questa discussione; ed esprimendo il mio stupore, credo di rendere omaggio ai motivi che debbono animare i deputati quando assumono le loro responsabilità.
Prima di dare la mia firma alla mozione presentata e svolta dall’onorevole Lussu, ho letto questa mozione, mi sono reso conto degli obiettivi ch’essa si prefiggeva e delle strade che bisognava battere per raggiungere tali obiettivi. Nello stesso momento in cui ho firmato questa mozione, ho aderito in pieno alle motivazioni in essa contenute; ho, quindi, il diritto di esprimere il mio stupore per il fatto che alcuni firmatari di questa mozione, rinnegando le ragioni che in questa mozione sono contenute e gli obiettivi precisi che questa mozione si prefigge, abbiano dato oggi la loro firma ad un ordine del giorno il quale, per dichiarazione concorde, è in contrasto assoluto con questa mozione.
MANNIRONI. Non è vero! (Commenti al centro).
CIANCA. Questo è stato riconosciuto dallo stesso onorevole Presidente, quando ha dichiarato le ragioni per cui metteva in votazione l’emendamento: egli ha ribadito il carattere di assoluto disaccordo tra la mozione Lussu e l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Mortati. Qui non si tratta di fare delle sottigliezze, le quali, ripeto, soprattutto quando si tratti di problemi di tanta importanza, non dovrebbero trovar sede in una Assemblea Costituente. Perché io ho aderito a questa mozione? Ho aderito per ragioni che non sono affatto di carattere personale: obbediscono a calcoli personali, onorevole Chieffi, soltanto coloro i quali, nella loro vita politica, debbono giustificare diversità di atteggiamenti secondo la diversità dei periodi politici.
Non per ragioni personali dunque, ma per ragioni obiettive dichiaro di votare a favore della mozione Lussu, veramente convinto di rispondere in tal modo agli interessi della Sardegna, di cui non soltanto si sono resi interpreti i deputati dell’Isola, ma lo stesso Commissario il quale, nella lettera indirizzata all’onorevole Lussu, ha affermato che tutti i deputati della Consulta, rappresentanti del popolo sardo, rivendicano urgentemente lo Statuto. (Commenti).
Una voce al centro. Non è vero che tutti i deputati della Consulta abbiano chiesto questo!
CIANCA. Se fosse così, avrei male inteso la lettera del Commissario. Ma in questa lettera è detto testualmente:
«È mia convinzione che l’attuazione dell’ordinamento regionale in Sardegna costituisca oramai una esigenza urgente che non potrebbe essere dilazionata senza danno per gli interessi dell’Isola. E d’altronde il diverso atteggiamento preso nei confronti della Sicilia non potrebbe trovare giustificazione, stante la palese identità della situazione delle due Isole». (Commenti al centro).
Io mi trovo pertanto di fronte a due diverse interpretazioni degli interessi della Sardegna: l’interpretazione del deputato Chieffi e l’interpretazione di una gran parte dei deputati sardi, nonché dell’Alto Commissario della Sardegna. Coerente all’atteggiamento che ho assunto quando ho firmato la mozione e conscio di obbedire agli interessi della Sardegna secondo l’interpretazione della maggioranza degli elementi responsabili, voterò a favore della mozione Lussu e contro l’ordine del giorno dell’onorevole Mortati.
FUSCHINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Onorevoli colleghi,…
Una voce al centro. Un altro sardo?
FUSCHINI. No, non sono sardo e voi lo sapete benissimo.
Io dichiaro, onorevoli colleghi, che ho sottoscritto la mozione dell’onorevole Lussu per quel vivo senso di simpatia e di solidarietà che io ho sempre sentito verso l’isola di Sardegna e verso le sue gloriose popolazioni, anche in confronto del trattamento diverso che è stato fatto all’isola di Sardegna rispetto all’isola di Sicilia.
Naturalmente io ho aderito alla mozione con il desiderio di andare incontro a quelle che sono le aspirazioni dei sardi di aver presto il loro statuto e di poter avere la loro regolare amministrazione regionale. Io ho sottoscritto la mozione dell’onorevole Lussu e l’onorevole Lussu sa in qual modo io l’abbia sottoscritta; ma debbo dichiarare che, esaminando poi più attentamente la sua proposta e avendo avuto notizia…
Voci a sinistra. Contradizione! Contradizione!
FUSCHINI. Molte volte la forma di solidarietà di carattere parlamentare costringe, in un primo momento, a prescindere da certe più analitiche considerazioni; Qui non si tratta di contradizione; qui si tratta semplicemente di un punto che è opportuno chiarire nello stesso interesse della Sardegna. Noi abbiamo cioè potuto constatare che lo Statuto sardo, inviato dal Governo alla Presidenza della Costituente e da questa inviato alla Presidenza dei Settantacinque, è ancora sul tavolo della Presidenza dei Settantacinque. Mi risulta che il Presidente della Commissione aveva già predisposto la nomina della Sottocommissione che avrebbe dovuto esaminare il progetto. Il ritardo è dipeso da una valutazione diversa sullo stato dei lavori dell’Assemblea in merito alla Regione.
Ora io dico: se l’Assemblea Costituente oggi prende la decisione che è indicata nell’ordine del giorno dell’onorevole Mortati, io ritengo che dal punto di vista dello sviluppo dei lavori parlamentari, la proposta Mortati sia più sollecita, più conclusiva di quello che non possa essere la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge, al quale si dia l’impronta di una delega dell’Assemblea. E questo perché il disegno di legge che certamente il Governo, per la sua dichiarazione, verrebbe a presentare all’Assemblea, dovrebbe seguire la procedura dell’esame da parte della Commissione, e dalla Commissione dovrebbe venire all’Assemblea. Invece oggi alla Commissione vi è già: basta sollecitare i lavori di questa Commissione, perché il risultato più sollecito, desiderato dall’onorevole Lussu – e che era, in fondo, anche la mia aspirazione – si possa completamente raggiungere.
Per queste ragioni io aderisco e voto l’ordine del giorno Mortati. (Applausi al centro).
TOGLIATTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOGLIATTI. Ho chiesto di parlare, perché l’ultima dichiarazione di voto che ho ascoltato, quella dell’onorevole Fuschini, ha suscitato in me parecchi dubbi e mi trovo nel rischio di non più capire. Infatti, noi abbiamo in Italia due grandi Regioni – lascio da parte le piccole zone mistilingui di frontiera – alle quali tutti siamo stati d’accordo nel garantire un particolare statuto autonomo: la Sicilia e la Sardegna.
Ora, è un fatto che tutti noi, che partecipavamo ai precedenti Governi, e a quelli precedenti anche alle elezioni di questa Assemblea Costituente, siamo stati d’accordo che a queste due Regioni, anche se non erano ancora stati definiti i poteri della Regione in sede di Costituente, si dovesse in ogni modo garantire l’ordinamento autonomo regionale; e si dovesse garantire non in quella forma in cui era stato precedentemente provvisoriamente organizzato con la creazione dei Commissariati, ma in forma democratica. Alla Sicilia tutto questo è stato dato; alla Sardegna no. Errore? Dimenticanza? Necessità di rinvio di fronte ad altri problemi più urgenti? Non discuto, e non elevo nessuna accusa; però constato che questa diversità di trattamento tra la Sicilia e la Sardegna deve oggi essere eliminata; e deve essere eliminata presto.
Ora, io ho ascoltato qui due dichiarazioni di voto, provenienti dal Partito della Democrazia cristiana: quella dell’onorevole Mannironi e quella dell’onorevole Fuschini.
L’onorevole Fuschini dice: «Io sono per la proposta fatta dall’onorevole Mortati, perché questa è la proposta che consente la realizzazione più rapida».
L’onorevole Mannironi invece dice: «No, io sono contro la proposta dell’onorevole Lussu, perché non voglio le elezioni in Sardegna a breve scadenza».
MANNIRONI. No, ho detto che votavo contro la mozione Lussu, unicamente perché portava ad una soluzione che aveva un carattere di provvisorietà; mentre è mio desiderio che si dia alla Sardegna, quanto prima, uno statuto che sia definitivo. Tanto più questo ho motivo di chiedere di fronte soprattutto alle riserve che oggi stesso sono state sollevate dall’onorevole Laconi.
TOGLIATTI, Ho ascoltato l’onorevole Mannironi e ho inteso bene ciò ch’egli ha detto. Adesso egli afferma che non vuole si conceda ai sardi l’autonomia sino a che non si sia sicuri che si tratta di qualche cosa di definitivo.
Ma la Sicilia? Anche la Sicilia sa di avere qualche cosa di non completamente definitivo. Però essa ha il suo Parlamento regionale, il quale è una realizzazione democratica di autogoverno che ha profondamente sodisfatto i siciliani di tutte le correnti politiche. Non si tratta di cosa definitiva, si tratta di un primo esperimento, ma si tratta però di una realizzazione, di qualche cosa che adempie le promesse fatte nel passato.
L’onorevole Mannironi dice: no, per i sardi questo non è necessario; aspettiamo, per i sardi, che tutto sia perfetto e perfezionato e fino ad allora non facciamone nulla.
Io constato che vi è qui una diversità di giudizio, e che precisamente vi è un giudizio di sfavore a danno del popolo sardo (Proteste al centro) che dev’essere respinto. Ma ho anche sentito l’onorevole Mannironi dire che egli non voleva le elezioni presto in Sardegna. (Interruzioni al centro). Onorevole Mannironi, se desidera che non si polemizzi contro di lei, non faccia vedere così apertamente quello che pensa, impari da quei colleghi del suo Gruppo che sanno così bene nascondere il loro pensiero! (Proteste al centro). Se ella ha ormai fatto capire che non desidera le elezioni presto, mi permetta di polemizzare anche su questo punto. Io affermo che la richiesta di una pronta consultazione elettorale in Sardegna dovrebbe essere favorita dal vostro Partito. Siete proprio voi che dovreste sollecitare una consultazione nazionale; sarebbe sempre una consultazione che vi permetterebbe di verificare se il popolo sardo è d’accordo col vostro Governo, oppure se, come noi affermiamo, esso è d’accordo con la maggioranza del popolo italiano che di questo Governo disapprova e respinge tanto la composizione quanto la politica. (Interruzioni al centro).
Rimane il fatto che 48 ore or sono voi eravate d’accordo con la richiesta di realizzazione immediata di un regime di autonomia democratica per il popolo sardo e, passate 48 ore, avete cambiato la vostra posizione e non riuscite a dare nessuna plausibile spiegazione di questa contradizione. Rimane il fatto che al popolo sardo devono essere dati tutti i vantaggi politici, e sollecitamente, che sono stati dati al popolo siciliano. Il popolo sardo è altrettanto maturo quanto il popolo siciliano per eleggere rapidamente, democraticamente e liberamente il proprio Parlamento regionale e crearsi così il proprio Governo regionale dopo una libera consultazione democratica. Se questo non viene fatto, vuol dire che vi sono altre ragioni che ve lo impediscono di fare. Esse sono probabilmente quelle che il collega Mannironi ha lasciato intravedere. Quali esse siano, però, ciò non toglie che procedendo a questo modo voi andate contro i buoni principî di un reggimento democratico!
Il nostro Gruppo voterà pertanto per ha mozione Lussu.
MANNIRONI. Chiedo di parlare per fatte personale.
PRESIDENTE. Se si tratta di una semplicissima rettifica, ne ha facoltà.
MANNIRONI. Devo dichiarare che l’onorevole Togliatti non ha interpretato chiaramente e fedelmente il mio pensiero. Può darsi che mi sia espresso male e che il torto sia mio. Comunque, tengo a ripetere quello che ho detto: non sono contrario alle elezioni; voglio soltanto che non si facciano le elezioni in base ad uno statuto che non sia completo e definitivo. Questo voglio evitare. Perché è inutile che oggi noi procediamo…
PRESIDENTE. Onorevole Mannironi, non argomenti più! (Commenti al centro).
PICCIONI. Chiedo di parlare per una dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PICCIONI. Non è colpa mia se devo affliggere l’Assemblea con una terza dichiarazione di voto da parte del gruppo democratico cristiano. (Interruzione del deputato Togliatti).
La colpa questa volta è dell’onorevole Togliatti il quale ha posto la questione in termini, direi, del tutto nuovi, troppo scoperti dal punto di vista politico, e non già di contenuto autonomistico o regionalistico.
E appunto per questo io devo cominciare col respingere nettamente l’impostazione che l’onorevole Togliatti ha dato al problema, almeno nei confronti di quel particolare, non certo insignificante, che si riferisce alla convocazione dei comizi elettorali regionali per la Sardegna.
Non c’è da supporre minimamente, lo creda, onorevole Togliatti, che da parte nostra ci sia qualsiasi apprensione nei confronti di qualsiasi convocazione elettorale. (Applausi al centro).
Direi piuttosto il contrario, se si dovesse partire nella valutazione di una iniziativa elettorale da un presupposto di vantaggio di partito. Ritengo a questo proposito che il momento attuale dovrebbe essere considerato da un punto di vista elettoralistico tutt’altro che sfavorevole al successo della Democrazia cristiana.
Non avrei voluto dir questo, perché si tratta di un problema che esula dalla questione di cui l’Assemblea Costituente è investita oggi, anche se ci si possa sconfinare per quell’inciso posto nel testo della mozione presentata dall’onorevole Lussu che investe prevalentemente il problema della convocazione dei comizi elettorali da farsi per l’Ente regione in Sardegna; non ci si è detto però perché non si potrebbe fare un mese prima o un mese dopo tale convocazione col solo fine di dare un’organizzazione rappresentativa di carattere amministrativo regionale alla Sardegna, per porla sullo stesso piano della situazione siciliana.
Su questa equiparazione delle due situazioni siamo d’accordo e siamo sempre stati d’accordo nella Commissione dei Settantacinque e nella discussione dell’articolo 108 del progetto di Costituzione qui in Assemblea.
Ma se la Sardegna, dico all’onorevole Togliatti espressamente, non si trova oggi nella stessa situazione politica amministrativa della Sicilia, questo non credo possa essere addebitato né al Governo né tanto meno alla democrazia cristiana; che se, quando fu approvato lo Statuto siciliano in quella forma particolare che era necessaria in quel momento, fosse stato presentato anche lo Statuto per la Sardegna, evidentemente oggi la situazione della Sardegna sarebbe sullo stesso piano di quello della Sicilia. E quando nel testo della mozione si dice che, dopo sei mesi di lavoro alla Consulta sarda, soltanto ai primi di maggio di questo anno è stato approvato il testo dello Statuto regionale, mi pare che questo sia un dato di fatto preciso che esclude qualsiasi possibilità di responsabilità sia nei confronti del Governo sia nei confronti di qualsiasi Gruppo politico e particolarmente del Gruppo politico democristiano. Ma oggi s’invoca la stessa procedura seguita per l’approvazione dello Statuto siciliano; si dimentica un altro dato di fatto che è essenziale, sostanziale, per una conclusione di questo genere, caro onorevole Lussu. Quale? Che quando fu approvato lo Statuto siciliano non c’era un’Assemblea Costituente; c’era il Governo con potere legislativo, costituito in quel modo che l’onorevole Togliatti ben sa, perché ne faceva parte lui medesimo. Ma oggi tutta la materia costituzionale mi pare sia per legge deferita alla competenza esclusiva dell’Assemblea Costituente.
LUSSU. Lei non ha ascoltato il mio discorso.
PICCIONI. Questo non lo dico per contrastare le sue opinioni; ma per dire che il richiamo al precedente siciliano è del tutto fuori luogo dal punto di vista costituzionale. (Interruzioni a sinistra – Commenti).
GULLO FAUSTO. La legge c’era!
PICCIONI. Ma non c’era la Costituente. Questa onorevoli colleghi è materia costituzionale: per la materia costituzionale c’è apposta l’Assemblea Costituente. Quindi il richiamo al precedente siciliano è del tutto estraneo alla valutazione della questione che deve fare oggi l’Assemblea Costituente. Che cosa rimane? Per quanto sardi essi siano, non mi sembra che la posizione dei colleghi comunisti sia del tutto convergente al medesimo fine ed alla posizione dell’onorevole Lussu, fiero autonomista; perché, nell’attuazione dell’esperimento regionalista – cioè, del nuovo ordinamento regionalista – essi si sono dimostrati se non avversi, infinitamente più cauti di qualsiasi altro Gruppo della Camera Questo valga anche nei confronti dell’attuazione siciliana per la quale il Gruppo democristiano si batté anche perché le elezioni per il nuovo ordine regionale siciliano venissero fatte anche prima del coordinamento dello Statuto speciale. Oggi dunque il problema, così come è stato posto, a che cosa si riduce? Ad una sola cosa: a far sì che sia affrettata il più possibile la possibilità che la Sardegna abbia il proprio ordinamento regionale democratico. Tutto qui è l’obiettivo che si è prefisso la mozione dell’onorevole Lussu e degli altri firmatari.
Ora, questa maggiore celerità di conclusioni attraverso quale procedimento si può raggiungere al di fuori di ogni speculazione particolare? Attraverso quale procedimento? Questa è stata la sostanza del dibattito di oggi.
Attraverso la delega al Governo? La delega costituzionalmente, è stato detto, è possibile, ma presuppone quel disegno di legge a cui si riferiva l’onorevole Lussu, che sarebbe presentato dopo l’approvazione della sua mozione; per dare il via al disegno di legge è necessaria la nomina di una Commissione che lo prenda in esame, esamini lo Statuto, riferisca all’Assemblea stessa, la quale allora, deciderà la delega al Governo, la quale delega al Governo, ricordo ancora all’onorevole Lussu, non può essere così genericamente e sommariamente concepita, ma deve presupporre anche da parte del Governo l’esame del progetto di Statuto di cui sarebbe investito.
Ora, noi diciamo: poiché lo Statuto è stato elaborato dalla Consulta sarda, poiché esso si trova già davanti ad una Commissione della Costituente, che cosa è più facile e più celere? Far sì che la Commissione della Costituente esamini lo Statuto, lo approvi, lo porti in seno all’Assemblea stessa per l’approvazione; oppure, se la Commissione stessa, così come ha detto l’onorevole Mortati, ritiene più semplice e più rapido che venga demandato all’approvazione del Governo, riferirà in questo senso in seno all’Assemblea, la quale deciderà al riguardo.
Questo non significa né diminuire la nostra adesione alla necessità e opportunità che la Sardegna sia messa in condizioni pari alla Sicilia, né, in qualche modo da parte nostra, voler ritardare che questo atto sia posto in essere; significa soltanto seguire obiettivamente, al di fuori di ogni e qualsiasi speculazione di gruppo, quella che è la forma e la procedura più rapida e più corretta coi presupposti costituzionali che noi dobbiamo tenere sempre presente.
Per queste considerazioni io dichiaro di votare a favore dell’emendamento Mortati. (Applausi al centro).
TOGLIATTI. Chiedo di parlare per fatto personale, perché non è stato dall’onorevole Piccioni esattamente interpretato il mio pensiero.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego, una rettifica semplice e lineare, senza nuove argomentazioni.
TOGLIATTI. Semplice e lineare, senza nuove argomentazioni.
L’onorevole Piccioni non ha esattamente interpretato il mio pensiero e non ha esattamente interpretato il pensiero del Gruppo comunista (Commenti al centro) soprattutto in quanto ha cercato di rilevare una contradizione che esisterebbe fra la posizione sempre presa dal nostro Gruppo relativamente ai problemi dell’autonomia regionale in generale e la posizione che noi abbiamo presa e stiamo difendendo a proposito della rapida attuazione dello Statuto regionale sardo.
L’onorevole Piccioni ci dice: «Voi siete stati troppo cauti quando si è discusso della Regione in generale e ora siete troppo avanzati». No, onorevole Piccioni. È probabile, anzi è certo, che siamo stati cauti nell’approvare la estensione a tutte le Regioni di un regime di autonomia con tendenza al federalismo, perché qualora tale regime fosse stato applicato nel senso che allora venne proposto vedevamo affiorare gravi pericoli per l’unità nazionale, politica ed economica del nostro Paese.
In questo senso siamo stati cauti, ma desidero fare rilevare all’Assemblea che noi sin dal primo momento e sempre abbiamo fatto eccezione per la Regione siciliana e per la Regione sarda e per quelle altre particolari zone di confine per cui sempre abbiamo chiesto un particolare statuto di autonomia. Oggi ci troviamo di fronte alla richiesta di attuazione di questo statuto particolare proprio per una di queste Regioni. Abbiamo, quindi, il dovere di essere coerenti con la posizione che abbiamo difeso. Abbiamo voluto uno statuto particolare di autonomia per la Sardegna fin dal primo momento. Dobbiamo volere che esso venga attuato con la più grande rapidità, così come già è stato fatto per la Sicilia.
Per questo, onorevole Piccioni, riassumendo il mio pensiero, le dirò che se è vero che noi siamo stati più cauti di quanto ella non sia stato nella discussione generale sulle autonomie regionali, siamo però, in pari tempo, per quanto riguarda l’attuazione delle posizioni da noi difese, molto più sinceri di lei e molto più coerenti. (Applausi a sinistra).
CARBONI ANGELO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARBONI ANGELO. Non voglio meritare l’accusa di incoerenza perché nell’ordine del giorno appare il mio nome come firmatario dell’ordine del giorno Lussu. È un errore in quanto il firmatario è Carboni Enrico e non sono io. Questa dichiarazione faccio perché intendo votare per l’emendamento Mortati e non vorrei che mi si dicesse che sono in contradizione con la firma apposta nella mozione.
MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO GESUMINO. Malgrado le dichiarazioni dell’onorevole Togliatti, le quali fanno dubitare della bontà della tesi che io ho con profonda convinzione sostenuto davanti all’Assemblea, voterò per la mozione Lussu. Dico che le dichiarazioni dell’onorevole Togliatti fanno dubitare, perché s’insinua in esse il proposito di trasformare le elezioni sarde, che devono condurre alla elezione degli amministratori della Sardegna, in una esasperata lotta politica.
LACONI. Dei legislatori.
MASTINO GESUMINO. Ad ogni modo, io e l’onorevole Carboni Enrico, che rappresentiamo la provincia di Cagliari, la quale demograficamente supera per importanza le altre due provincie sarde insieme, votando per la mozione Lussu, dimostriamo all’onorevole Togliatti che la Democrazia cristiana non ha nessuna preoccupazione elettoralistica.
I fatti disperderanno la presunzione, se effettivamente sussista nell’onorevole Togliatti, e dimostreranno quale sia effettivamente la verità sostanziale della situazione elettorale in Sardegna.
PRESIDENTE. Pongo allora in votazione la prima parte della mozione dell’onorevole Lussu ed altri fino al punto in cui potrebbe venire inserito l’emendamento Mortati:
«L’Assemblea Costituente, considerato:
che l’istituzione degli Alti Commissari e delle Consulte regionali poneva la Sicilia e la Sardegna, per le condizioni particolari alle due grandi Isole, in una identica situazione politica;
che l’articolo 108 della Costituzione in esame attribuisce alla Sicilia e alla Sardegna forme e condizioni particolari di autonomia;
che la Consulta Nazionale e il Governo dei Comitati di liberazione nazionale avevano, già nel 1946, deliberato di estendere in via provvisoria alla Sardegna lo Statuto autonomo della Sicilia, provvedimento del quale la Consulta regionale sarda non credette opportuno avvalersi, preferendo elaborare con esame approfondito il suo particolare progetto di Statuto;
che lo Statuto per la Sardegna, approvato nelle sedute del 15-29 aprile 1947, dopo sei mesi di lavori ininterrotti, è stato dalla Consulta regionale sarda presentato al Governo».
(È approvata).
Si dovrà ora votare la seconda parte della mozione nel testo risultante dall’emendamento presentato dall’onorevole Mortati:
delibera di invitare la Commissione competente ad esaminare nel più breve termine lo schema di Statuto presentato dall’Alto Commissario e dalla Consulta regionale sarda ed a predisporre un progetto di legge costituzionale inteso a realizzare tale attuazione, anche mediante il conferimento di apposita delega al Governo».
Questo è il testo dell’emendamento Mortati, dopo che l’onorevole Mortati stesso ha inserito l’ultimo inciso, con il quale pensava di venire incontro alle esigenze dell’onorevole Lussu. L’onorevole Lussu ha però dichiarato che questa sua esigenza non è stata soddisfatta.
Il testo dell’onorevole Mortati è quindi un emendamento al testo dell’onorevole Lussu.
Pongo in votazione questo testo.
(Dopo prova e controprova è approvato).
Pertanto il testo completo dalla mozione, che l’Assemblea Costituente ha approvato, risulta così formulato:
«L’Assemblea Costituente, considerato:
che l’istituzione degli Alti Commissari e delle Consulte regionali poneva la Sicilia e la Sardegna, per le condizioni particolari alle due grandi Isole, in una identica situazione politica;
che l’articolo 108 della Costituzione in esame attribuisce alla Sicilia e alla Sardegna forme e condizioni particolari di autonomia;
che la Consulta Nazionale e il Governo dei Comitati di liberazione nazionale avevano, già nel 1946, deliberato di estendere in via provvisoria alla Sardegna lo Statuto autonomo della Sicilia, provvedimento del quale la Consulta regionale sarda non credette opportuno avvalersi, preferendo elaborare con esame approfondito il suo particolare progetto di Statuto;
che lo Statuto per la Sardegna, approvato nelle sedute del 15-29 aprile 1947, dopo sei mesi di lavori ininterrotti, è stato dalla Consulta regionale sarda presentato al Governo;
delibera di invitare la Commissione competente ad esaminare nel più breve termine lo schema di Statuto presentato dall’Alto Commissario e della Consulta regionale sarda ed a predisporre un progetto di legge costituzionale inteso a realizzare tale attuazione, anche mediante il conferimento di apposita delega al Governo».
Il seguito dello svolgimento dell’ordine del giorno è rinviato ad altra seduta da destinarsi.
Interrogazioni con richiesta di urgenza.
PRESIDENTE. Sono pervenute alla Presidenza le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente.
«Al Ministro dell’industria e commercio, per conoscere perché alla flottiglia motopescherecci dell’importante porto di San Benedetto del Tronto vengono assegnate mensilmente quantità di gasolio appena sufficienti per 6 giorni e 21 ore di moto in modo da danneggiare gravemente quella fiorente attività. Questo, mentre ad altre flottiglie di altri porti – quale ad esempio quella di Anzio – si fanno assegnazioni esuberanti, per modo che non vengono neppure ritirate.
«Tozzi Condivi».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze, per sapere se non ritengano opportuno sospendere l’entrata in vigore del decreto legislativo 24 maggio 1947, n. 589, oppure apportarvi delle sostanziali modifiche, tali da non pregiudicare la ripresa e lo sviluppo del turismo nel nostro Paese.
«Paris, Persico, Mazzoni, Bordon, Canepa».
«Al Ministro delle finanze e all’Alto Commissariato per l’alimentazione, per sapere se il frutto tributario e la limitazione o disciplina dei consumi, che si vogliono perseguire col decreto legislativo 24 maggio 1947, n. 589, compensino il grave turbamento che la prossima applicazione di tale decreto porterà in un vasto settore dell’attività commerciale con evidenti riflessi nocivi e per il turismo e per la categoria di prestatori d’opera; e se di conseguenza non creda di sospenderne l’applicazione o, se mai, di apportarvi quelle radicali modifiche che valgano ad evitare i prospettati inconvenienti.
«Schiratti».
«Al Ministro di grazia e giustizia, per sapere se sia esatto il riferimento, che un giornale della capitale ha pubblicato in questi giorni, di un’intervista nella quale il Ministro avrebbe espresso opinioni, fatto apprezzamenti e preannunciato propositi in pieno contrasto con l’azione che lo Stato, attraverso i suoi vari organi, deve compiere in difesa del suo nuovo ordinamento.
«Targetti, Malagugini, Carpano Maglioli, Vernocchi, Lussu, Maffi, Cianca, Macrelli, Cevolotto, Longo, Parri, Codignola, Priolo».
«Al Presidente del Consiglio e al Ministro della giustizia, per conoscere, in relazione alle recenti dichiarazioni dell’onorevole Ministro di giustizia, se il Governo non creda che l’amnistia, istituto di cui si è per il passato deplorevolmente abusato, debba essere riservata alla deliberazione dell’Assemblea, secondo previsto nel progetto di Costituzione.
«Rossi Paolo, Bocconi, Lami Starnuti, Ghidini, Carboni Angelo, Pera, Mazzoni, D’Aragona, Piemonte, Grilli, Caporali, Zanardi».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’industria, per conoscere se e quali provvedimenti intendano adottare per eliminare l’attuale inconveniente derivante all’industria torinese in particolare e piemontese in genere, dal fatto che il Comitato centrale per la ripartizione dei prodotti destinati all’industria, con sede in Milano, favorisce naturalmente l’industria lombarda.
«Geuna».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del commercio con l’estero, per conoscere se non ritengano disporre che la Commissione Alta Italia per il commercio con l’estero – con sede in Milano – sia formata, oltreché dal rappresentante veneto, da quello ligure e dai due lombardi, anche da almeno un rappresentante del Piemonte, che ha importanza preponderante nell’economia nazionale.
«Geuna».
Chiedo al Governo quando intende rispondere a queste interrogazioni.
PELLA, Ministro delle finanze. Dichiaro che risponderò alle interrogazioni di competenza dei mio Ministero nella prima seduta in cui saranno poste all’ordine del giorno le interrogazioni.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Risponderò, nella prima seduta destinata alle interrogazioni, a quelle che sono di competenza del mio Ministero e lo farò con piacere anche per chiarire alcune errate interpretazioni che sono state fatte sulla stampa a proposito di una mia intervista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Dugoni. Ne ha facoltà.
DUGONI. Il 4 luglio l’onorevole Lami Starnuti ha presentato una interrogazione al Ministro delle finanze per conoscere il valore delle materie prime concesse agli industriali dalla repubblica di Salò.
Mi associo a questa interrogazione e ne chiederei la discussione d’urgenza.
PELLA, Ministro delle finanze. Dichiaro che il Governo desidera rispondere al più presto a queste interrogazioni. Faccio presente in proposito l’opportunità che la interrogazione dell’onorevole Lami Starnuti sia estesa anche al Ministro del tesoro e a quello della difesa, in quanto una parte dell’interrogazione riguarda la competenza di queste Amministrazioni.
DUGONI. Provvederemo in conformità del suggerimento del Ministro.
Sui lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Codignola. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Alla fine della seduta di sabato due interpellanze rivolte al Ministro della pubblica istruzione sono state trasformate in mozione. Come ho già fatto rilevare in quella seduta, questa mozione deve essere discussa nei prossimi giorni, in quanto per il 26 luglio sono indette le elezioni per il nuovo Consiglio Superiore della pubblica istruzione.
Pregherei pertanto l’onorevole Presidente di voler nuovamente informare l’onorevole Ministro della pubblica istruzione dell’urgenza di questa mozione, pregandolo di voler fissare la discussione per domani o dopo domani, perché vi sono molte migliaia di insegnanti in tutta Italia che attendono di sapere come devono regolarsi.
GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. La discussione di questa mozione dovrà essere fissata d’intesa col Presidente del Consiglio dei Ministri. Comunque, mi interesserò al riguardo.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora stabilire un programma di lavoro, tenendo presente che esso dovrà essere molto intenso se si vuole concludere i lavori entro la settimana, e comporterà una prosecuzione delle sedute pomeridiane, dopo un breve intervallo, nelle serate.
FUSCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Riterrei opportuno che si cercasse di portare a termine il più presto possibile l’esame del disegno di legge sull’imposta patrimoniale, rimandando l’esame sul titolo della Regione. Il disegno di legge riveste infatti carattere di grande importanza e sarebbe quanto mai opportuno portarlo innanzi senza altre interferenze, compreso il progetto di Costituzione.
È da notare altresì che gli ultimi articoli che sono da esaminare richiederanno probabilmente una lunga discussione. Io penso quindi che se noi li inframmezzeremo con l’esame dell’articolo 123 del progetto di Costituzione, rischieremo di rimandarne troppo la approvazione.
Propongo pertanto che si tengano domani tre sedute, antimeridiana, pomeridiana e serale, tutte dedicate all’esame del disegno di legge sull’imposta patrimoniale.
Conseguentemente, propongo che non venga posto per domani all’ordine del giorno il seguito della discussione sul progetto di Costituzione.
LA MALFA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA. Domani, per la patrimoniale, avremo gli articoli forse più importanti, quelli sulla proporzionale e sulla progressiva: non credo perciò che nella seduta antimeridiana si raggiungerà il numero sufficiente di intervenuti per poter discutere e decidere su tale argomento.
PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELLA, Ministro delle finanze. Io chiederei che per domani si facessero soltanto due sedute, perché avrei bisogno di qualche ora per concertarmi con alcuni colleghi di Governo sulla patrimoniale. Questo per la stessa celerità dei lavori. A partire da dopo domani, sono favorevole alle tre sedute giornaliere.
LA MALFA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA. Se si dovessero fare due sedute domani, sarebbe preferibile tenerne una nel pomeriggio e una la sera.
PRESIDENTE. Propongo allora che domani mattina si tenga seduta per proseguire la discussione del progetto di Costituzione.
Nella seduta pomeridiana si proseguirà la discussione del disegno di legge sulla imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, con l’intesa che i lavori potranno eventualmente essere protratti nella tarda serata.
(L’Assemblea approva).
UBERTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI. Mi permetto di far presente che domani mattina, alle ore 9, è convocato il Comitato di coordinamento per l’esame dell’articolo 123 e seguenti del progetto di Costituzione. Non è quindi possibile essere in aula alle 9.30.
PRESIDENTE. In considerazione di quanto fatto presente dall’onorevole Uberti, la seduta antimeridiana di domani comincerà alle 10.30.
(Così rimane stabilito).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
SCHIRATTI, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, sulla urgente necessità di facilitare la costruzione di case in favore dei lavoratori, che, sinistrati di guerra, hanno perduto alloggio ed i modesti averi.
«Per risolvere la tragica e dolorante situazione di molti cittadini, l’interrogante domanda che siano estesi i sussidi dello Stato, secondo il decreto n. 261, del 10 aprile 1947, alle cooperative composte di famiglie danneggiate, che stanno sorgendo a Bologna in difesa di un alto principio, che afferma il diritto per gli uomini del lavoro ad una casa sana e libera da ogni sfruttamento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Zanardi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere i provvedimenti che si intendono adottare a carico del sindaco di Ariccia (provincia di Roma) che, nonostante l’invito rivoltogli dal prefetto di Roma e la deliberazione affermativa del Consiglio comunale a riassumere in servizio impiegati discriminati, ne rifiuta la riammissione, sottoponendo la civica amministrazione a gravosi dispendi, per la continuità dei servizi.
«E per conoscere, altresì, quali provvedimenti intende adottare a carico del medesimo sindaco e della intera amministrazione comunale in relazione al recente, arbitrario, deliberato della Giunta municipale di licenziare personale, e tra questo quello del servizio razionamento consumi, che è regolato da speciali disposizioni e che, data la temporaneità, è effettuato per conto dello Stato, che ne rimborsa le somme pagate per il personale e spese di ufficio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Cannizzo».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere le ragioni del ritardo all’approvazione dell’organico dell’ospedale civile di Udine, ritardo che ha messo viva inquietudine in quel benemerito personale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Piemonte».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non sia tempo di provvedere a far funzionare la pretura del mandamento di Francavilla Sicilia (provincia di Messina) che dal gennaio 1945 trovasi senza il titolare dottor Ferruggia Carmelo, richiamato col grado di capitano dei carabinieri e addetto quale sostituto procuratore del Tribunale militare di Catania.
«Se nella eventuale difficoltà di conseguire un immediato ricollocamento in congedo del titolare di detta pretura non creda di voler disporre che la Corte di appello di Messina provveda celermente all’applicazione in detta pretura di altro magistrato della circoscrizione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Salvatore».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere perché non si è ancora provveduto al ripristino dell’ufficio del registro e delle Commissioni mandamentali per le imposte dirette ed indirette del comune di Trentola.
«Tale provvedimento è stato richiesto dalle popolazioni interessate e dalle autorità locali e risponde ad effettive esigenze di quell’importante centro giudiziario e di affari in genere. Si tratta di un mandamento di circa 100.000 abitanti, servito da strade in cattive condizioni e da mezzi di trasporto limitati, che rendono difficile e dispendioso l’accesso alla sede lontana di Aversa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Numeroso».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della difesa e del tesoro, per sapere se non credano opportuno dare ai competenti uffici da essi dipendenti precise direttive per la definizione di moltissime pratiche di pensione, per ferite od infermità a causa di servizio, richieste da militari che hanno per qualche tempo prestato servizio anche nelle formazioni della pseudo repubblica fascista. Molti di questi militari si sono trovati in tali condizioni non per loro domanda od atto di adesione, ma costretti; e tanti di essi hanno anche reso servizi alle forze della liberazione.
«La mancanza ed incertezza di direttive per i vari casi che la predetta situazione presenta – arrestando lo svolgimento delle pratiche – sono di gravissimo danno a quanti possono avere diritto alla pensione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Sardiello».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette, per le quali si chiede la risposta scritta, saranno inviate ai Ministri competenti.
La seduta termina alle 21.45.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 10.30:
Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Alle ore 17:
Seguito della discussioni sul disegno di legge:
Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di un’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).