Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 17 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CLXXXIX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 17 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

Presidente

Crispo

Cappi

La Malfa, Relatore

Pella, Ministro delle finanze

Bonomi Paolo

Corbino

Tosi

Scoca

De Mercurio

Bosco Lucarelli

Pesenti

De Vita

Dugoni

Micheli

Jacini

Arcaini

Chiostergi

Zerbi

Caroleo

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

La seduta comincia alle 10.35.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di un’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

Avverto l’Assemblea che è pervenuta alla Presidenza una proposta di sospensiva che porta la firma dell’onorevole Crispo e di altri 15 colleghi, numero prescritto dall’articolo 93 del Regolamento, il quale stabilisce appunto:

«La questione sospensiva, quella cioè che rinvia la discussione, e la questione pregiudiziale, quella cioè che un dato argomento non si abbia a discutere, possono essere proposte da un singolo deputato prima che si entri nella discussione della legge; ma, quando questa sia già principiata, devono essere sottoscritte da 15 deputati. Esse saranno discusse prima che s’entri o che si continui nella discussione; né questa si prosegue, se prima la Camera non le abbia respinte.

«Due soli deputati, compreso il proponente, potranno parlare in favore e due contro».

Dovrò ora controllare la presenza dei firmatari della proposta di sospensiva.

CRISPO. Mi perdoni, onorevole Presidente, non mi pare che il Regolamento, per questa questione, richieda la presenza dei sottoscrittori. Il Regolamento, a proposito di emendamenti e di altre questioni, richiede la presenza dei firmatari, ma nell’articolo 93 non si trova alcuna disposizione che imponga la presenza dei sottoscrittori.

PRESIDENTE. Ad ogni modo, la presenza è certamente richiesta, perché evidentemente, si deve controllare tra l’altro anche l’autenticità della firma, e questo può farsi soltanto se il deputato è presente e risponde positivamente.

È quindi necessario, onorevole Crispo, fare questa constatazione.

(Segue l’appello dei firmatari).

Comunico all’Assemblea che dall’appello dei firmatari risulta che la presenza dei quindici deputati prescritti non è stata constatata.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Se permette, signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla disposizione precisa dell’articolo 93.

Invano si cercherebbe, signor Presidente, onorevoli colleghi, nell’articolo 93, o negli articoli successivi del Regolamento una qualunque norma che imponesse la presenza nell’Aula dei sottoscrittori dell’ordine del giorno col quale si solleva la questione pregiudiziale.

Lei è di parere contrario, ma io mi permetto di farle notare, signor Presidente, che, a proposito delle altre questioni e a proposito degli emendamenti, il Regolamento prescrive che i sottoscrittori debbano essere presenti a pena di decadenza; sicché potremmo invocare il noto principio che dove la legge volle disse, dove non volle tacque; perché si tratterebbe di una norma restrittiva dell’esercizio d’un diritto. Innegabilmente, senza la norma espressa, non si può dire che occorra la presenza, perché questa presenza mancata si risolverebbe in un divieto di discutere la questione sollevata. Ora, quale è questa norma? Né mi pare che invocare una prassi contro la mancanza di una norma specifica possa essere ammesso; ed inoltre occorrerebbe che si documentasse in quali casi simiglianti si è ricorso a questa prassi.

Quindi, a mio modesto avviso, interpretando e la lettera e lo spirito della legge, basta la sottoscrizione dell’ordine del giorno senza che sia richiesta la presenza.

Il signor Presidente ha fatto un’osservazione: ha detto che la presenza potrebbe, se non altro, essere richiesta per il controllo dell’autenticità delle firme. Non credo che si possa sollevare una questione di questo genere. Se io, che ho presentato l’ordine del giorno, dichiaro che personalmente ho raccolto le firme dei sottoscrittori, non mi pare che si possa sollevare una questione di questo genere.

PRESIDENTE. Mi rimetterò al giudizio dell’Assemblea intorno alla necessità o meno della presenza dei sottoscrittori della domanda di sospensiva. Ma faccio osservare all’onorevole Crispo che v’è nell’articolo stesso del Regolamento l’indicazione di quella che poi è stata la prassi alla quale mi richiamo.

Basta leggere l’articolo. Esso dice che prima che si inizi la discussione basta la richiesta di un deputato; durante la discussione – il che implica la presenza di deputati – è necessario che la pregiudiziale sia sottoscritta da quindici deputati. Evidentemente quindici deputati devono essere presenti durante la discussione. Lei, onorevole Crispo, ha garantito l’autenticità delle firme, e un’affermazione di questo genere non si mette in dubbio. Ma è evidente che il deputato potrebbe aver mandato anche per lettera la sua adesione alla pregiudiziale; e allora il deputato è assente e non presente. Mi pare quindi che la sua interpretazione non sia giusta.

CRISPO. Per non lasciare senza risposta la sua acuta osservazione, mi permetto di rilevare questo: che la differenza tra il momento iniziale, nel quale la questione sia sollevata, e il momento intermedio del corso della discussione non attiene alla questione da noi sollevata. Il pensiero del Regolamento è chiaro: basterà la firma di un solo deputato; un solo deputato può sollevare questa questione. È evidente invece che se la discussione è in corso, il Regolamento non si accontenta della volontà di un solo deputato, ma esige come condizione che almeno quindici deputati, per la importanza che la questione assume nel corso della discussione, presentino la richiesta.

Ad ogni modo ritiro la domanda, riservendomi di ripresentarla in altro momento.

PRESIDENTE. Proseguiamo allora nell’esame degli emendamenti ai vari articoli.

Siamo all’articolo 33. Se ne dia lettura nel testo del Governo, accolto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per quanto riguarda i cespiti, la dichiarazione deve indicare:

  1. a) per i terreni – compresi i fabbricati rurali – il comune e la località in cui sono situati, il numero e la intestazione della partita catastale, la superficie, le colture, il reddito imponibile ai fini dell’imposta terreni e, se il terreno è dato in fitto, il canone e le generalità dell’affittuario;
  2. b) per i fabbricati, il comune in cui sono situati, la via ed il numero civico, la destinazione, il numero dei piani e dei vani, il reddito imponibile ai fini della imposta sui fabbricati.

«Per i terreni e fabbricati acquisiti dopo il 10 giugno 1940, deve indicarsi anche il titolo di acquisto;

  1. c) per i censi, canoni, livelli ed altre prestazioni di carattere perpetuo, il titolo costitutivo, le generalità del debitore e l’ammontare annuo;
  2. d) per le miniere, cave, torbiere, saline, tonnare, laghi e stagni da pesca, il comune e la località in cui sono situati, le attrezzature fisse e gli strumenti;
  3. e) per le opere in corso di costruzione, l’ubicazione, lo stato di avanzamento dei lavori alla data del 28 marzo 1947 e il capitale investito;
  4. f) per le aree fabbricabili, il comune in cui sono situate, il numero e l’intestazione della partita catastale, l’ubicazione, l’estensione e le condizioni dell’area e le eventuali opere in essa eseguite;
  5. g) per le aziende industriali e commerciali, la elencazione dei diversi elementi, attivi e passivi, che le compongono, come il macchinario, le attrezzature, i mobili, gli arredamenti, i crediti, i brevetti ed altri titoli di privativa, i titoli che fanno parte dell’azienda, secondo le risultanze dell’inventario, aggiornato alla data del 28 marzo 1947 od, in mancanza, di un inventario da redigersi ai fini del presente decreto. Le esistenze di magazzino devono risultare da inventario separato ed analitico, con l’indicazione della qualità, quantità e prezzo unitario per ogni tipo di merce;
  6. h) per le quote di partecipazione in società, la denominazione e la sede della società;
  7. i) per i titoli pubblici e privati, la indicazione, per ogni tipo di titoli, dell’ente emittente, della qualità, del taglio e del numero;
  8. l) per i depositi e conti presso istituti di credito e casse postali, l’ente depositario, gli estremi del deposito o conto ed il saldo alla data del 28 marzo 1947;
  9. m) per i crediti, il titolo costitutivo, l’ammontare, anche, se scaduto, da esigere alla data del 28 marzo 1947, le generalità ed il domicilio del debitore, con la specificazione delle eventuali circostanze di fatto che ne lascino presumere la perdita totale o parziale;
  10. n) per ogni altro cespite non elencato nel presente articolo, la consistenza, le caratteristiche ed ogni altro elemento necessario od utile per la sua identificazione.

Un primo emendamento, proposto dall’onorevole Bonomi Paolo, è così concepito:

«Sostituire la lettera a) con la seguente:

  1. a) per i terreni – compresi i fabbricati rurali – il comune e la località in cui sono situati, la intestazione della partita catastale, la superficie, se il terreno è dato in fitto, il canone e le generalità dell’affittuario».

Questo emendamento dell’onorevole Bonomi è stato già svolto.

Altri tre emendamenti, alle lettere a), b) ed i) sono stati presentati dall’onorevole Cappi, ed altri. Gli emendamenti sono del seguente tenore:

«Alla lettera a), sopprimere le parole: le colture, il reddito imponibile ai fini dell’imposta terreni e, se il terreno è dato in fitto, il canone e le generalità dell’affittuario».

«Alla lettera b), sopprimere le parole: il reddito imponibile ai fini dell’imposta sui fabbricati».

«Alla lettera i), sopprimere le parole: della qualità, del taglio e del numero».

Cappi, Perlingieri, Tosato, Uberti, Quarello, Montini, Di Fausto, Balduzzi, Valenti, Coppi, Bulloni.

L’onorevole Cappi ha facoltà di svolgere gli emendamenti.

CAPPI. Sembrano emendamenti piccoli, ma hanno la loro importanza. Non avrei insistito se non avessi saputo ufficiosamente che la Commissione ha dichiarato di non accettarli.

In Italia le tasse non sono molto volentieri pagate. Bisogna cercare almeno di rendere meno difficile ai contribuenti questo adempimento del loro dovere.

Per i terreni, richiamo l’attenzione sull’obbligo di denunciare le colture delle singole particelle catastali e il reddito imponibile. Chi per pratica professionale ha visto un atto di acquisto, si accorge che ci sono qualche centinaia di particelle catastali che hanno la loro denominazione: arborato, seminativo, ecc. Intendiamoci bene, specificazioni che molte volte non rispondono, per le modificazioni intervenute nelle colture, alla realtà.

Ora, domando, costringere un medio, un piccolo proprietario ad andare magari all’archivio notarile per pescare il vecchio atto di acquisto, oppure andare al catasto per indicare particella per particella la qualità della coltura ed il reddito imponibile, mi sembra una fatica eccessiva inutile.

Dato il sistema di accertamento, che è accertamento tecnico, presuntivo, essendo la Commissione catastale che determinerà il valore dei terreni, zona per zona, insisto su questo emendamento con il quale propongo di sopprimere le generalità dell’affittuario. Però su questo capisco che non è una grande fatica e si potrebbe anche lasciare, perché poco male, mettere il nome dell’affittuario.

Per i fabbricati vorrei sopprimere, per le stesse ragioni di semplificazione, la specificazione del reddito imponibile, in quanto esso varia. Per essere sinceri, si dovrebbe costringere ad andare negli uffici finanziari. È una fatica inutile, quindi insisto sul mio emendamento.

Per quanto riguarda l’emendamento alla lettera i) non capisco la notizia dell’opposizione della Commissione. Si dice che per i titoli azionari bisogna specificare la qualità, il taglio ed il numero.

Quanto alla qualità delle azioni posso consentire, perché vi sono azioni privilegiate, ordinarie, ecc. le quali hanno un valore diverso. Quindi è giusto che il contribuente dichiari, se sono di una o di un’altra qualità, ma per il taglio, che cosa interessa al fisco se uno ha cento azioni Fiat in un certificato solo o le ha in dieci certificati da dieci azioni? A me pare che si potrebbe sostituire una dizione molto semplice «denuncia della quantità e della qualità delle azioni»; questa la capisco.

PRESIDENTE. Però il suo emendamento è soppressivo. Lei non ha fatto un emendamento modificativo.

CAPPI. Sostituire la dizione con questa ora enunciata.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole De Mercurio, così formulato:

«Tra le lettere b) e c), dopo la parola: acquisto, aggiungere: la composizione e il presuntivo valore delle scorte del fondo, bestiame, macchinari, attrezzi di qualsiasi natura, ecc.».

Non essendo presente l’onorevole De Mercurio, decade dal diritto di svolgere il suo emendamento.

Il Relatore onorevole La Malfa ha facoltà di esporre il pensiero della Commissione sugli emendamenti presentati.

LA MALFA, Relatore. La Commissione non ha difficoltà a sopprimere qualcuna delle indicazioni contenute nella lettera a), per esempio il numero catastale, la superficie, anche le colture.

Quanto al reddito imponibile, la Commissione non può aderire alla proposta del presentatore dell’emendamento, perché siccome c’è una liquidazione provvisoria di imposta, occorre che gli uffici finanziari abbiano questa indicazione per risparmiare la revisione di tutte le dichiarazioni. D’altra parte noi non crediamo che la denuncia del reddito imponibile si rilevi dall’ultima cartella esattoriale. Quindi per quanto riguarda il reddito imponibile sia per i terreni, sia per i fabbricati, la Commissione pregherebbe di non insistere nell’emendamento.

L’emendamento De Mercurio non può essere accettato perché la valutazione delle scorte viene fatta per mezzo di coefficienti. Non si può inserire una disposizione per cui si devono denunciare le scorte a partire dal 10 giugno 1940, senza turbare il sistema generale di accertamento delle scorte.

Per quanto riguarda la lettera i), mi pare che il numero non significhi quello che contraddistingue l’azione; significa la quantità. Accogliendo in parte l’emendamento dell’onorevole Cappi, si potrebbe quindi dire: «qualità, quantità e taglio».

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Per semplicità mi associo alle conclusioni del Relatore, sottolineando che, quando si parla di numero di azioni, per quanto riguarda la lettera effettivamente si vuol fare riferimento alla quantità delle azioni. Per quanto riguarda il taglio, l’indicazione non è indispensabile: però, siccome penso che non vi sia grande difficoltà ad apporla, prego l’onorevole Cappi di non insistere per la soppressione.

L’indicazione del taglio può rappresentare una difficoltà solo quando il contribuente, al momento della dichiarazione, non abbia sottomano materialmente i titoli, cioè, quando questi siano a dossier presso una banca o a deposito. Vorrei si tenesse presente che si tratta di un complesso di indicazioni, che si raccomandano, sovrattutto, alla diligenza del dichiarante, in quanto non esiste un sistema di sanzioni per l’ipotesi che manchi qualcuno di questi elementi

Per quanto riguarda le modifiche richieste alla lettera a), preferirei, onorevole Relatore, che venisse mantenuta la indicazione della coltura, non quale risulta dai registri catastali, ma quale è in realtà. Ciò significa assicurare due vantaggi: primo, facilità per il contribuente di dichiarare, perché non si tratta di andare a cercare nei registri catastali, ma di indicare la realtà: secondo, fornire il mezzo all’Amministrazione finanziaria per rintracciare le differenze fra risultanze catastali e colture effettive

In ogni modo, per semplicità, mi rimetto alle conclusioni del Relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sugli emendamenti.

L’onorevole Bonomi insiste nel suo emendamento?

BONOMI PAOLO. Accetto le conclusioni del Relatore.

PRESIDENTE. Si contenta della soppressione del «numero»?

BONOMI PAOLO. Del «numero» e delle «colture». Rinunzio alla soppressione delle parole «del reddito imponibile, ai fini dell’imposta terreni».

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei pregare l’onorevole Ministro di non insistere nella richiesta delle «colture», per una ragione di principio generale di finanza. È canone fondamentale della finanza di non ostacolare le trasformazioni fondiarie per un certo periodo di tempo. Se noi oggi assegniamo un terreno alla classe corrispondente alla coltura attuale, che può rappresentare un progresso rispetto alla coltura di 4-5 anni fa, veniamo ad infrangere questo canone fondamentale che non è soltanto di finanza, ma anche di economia agraria.

Ecco perché ritengo che ai fini della determinazione del valore del terreno, debbono essere prese le colture risultanti dal catasto. L’Amministrazione si aggiorni col catasto.

Non creiamo un precedente così grave, che, per dare una piccolissima frazione d’imposta allo Stato, crea uno stato di incertezza, che, secondo me, è lesivo al progresso dell’economia agraria italiana.

Quindi, faccio mio, qualora il proponente lo ritiri, l’emendamento relativo alle colture. E se il Ministro insiste, io voterò a favore dell’emendamento.

LA MALFA, Relatore, Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. La Commissione deve ritornare sull’articolo 12, che forse chiarisce il problema: e vorrei sentire dal Governo che interpretazione dà di questo articolo che dice

«Contro le valutazioni dei terreni eseguite dagli uffici distrettuali delle imposte dirette, coi coefficienti indicati negli articoli precedenti, i contribuenti possono ricorrere alle Commissioni amministrative per questioni riflettenti la non corrispondenza dei fondi alla qualità di coltura risultante dal catasto. Gli uffici distrettuali delle imposte possono, a loro volta, rettificare le risultanze catastali, quando esse non corrispondano alla qualità di coltura, salvo il diritto del contribuente di ricorrere, contro la rettifica, alle Commissioni suddette».

Quindi c’è possibilità di revisione, sia per parte dell’Amministrazione, che in favore del contribuente. Evidentemente la richiesta della indicazione di coltura è in relazione a questo articolo e chiedo appunto al Governo di dare un chiarimento al riguardo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELEA, Ministro delle finanze. Quando pregavo, un momento fa, di mantenere la parola: «le colture» e ne indicavo le ragioni, indirettamente rispondevo e risolvevo la domanda che pone ora l’onorevole Relatore.

Il terreno deve essere colpito nella sua consistenza colturale al 28 marzo 1947, quindi non potrei accedere all’ordine di idee dell’onorevole Corbino, che desidera che si faccia riferimento alla coltura, così come risulta dal catasto. La coltura che deve essere presa in considerazione è quella del 28 marzo 1947, ed è per questo che vorrei pregare l’onorevole Bonomi di non insistere per la soppressione delle parole «le colture», dato che costituiscono una indicazione essenziale per poter arrivare ai controlli necessari ed alla valutazione definitiva.

Se l’onorevole Bonomi insistesse nel voler sopprimere le parole «le colture», non potrei che dare parere contrario al suo emendamento; se invece egli non insiste per la soppressione di queste parole, l’emendamento ha il parere favorevole del Governo

PRESIDENTE. Onorevole Bonomi, insiste nel suo emendamento, anche per la soppressione delle parole «le colture»?

BONOMI PAOLO. Insisto nell’emendamento, anche per quanto riguarda la soppressione delle parole «le colture».

PRESIDENTE. Porrò allora in votazione l’emendamento dell’onorevole Bonomi Paolo alla cui ultima parte si è associato l’onorevole Corbino.

Prego l’onorevole Bonomi Paolo di voler formulare definitivamente il suo emendamento.

BONOMI PAOLO. Il mio emendamento consiste nella soppressione, alla lettera a), delle parole: il numero, la superficie, le colture.

CORBINO. Ma togliendo l’indicazione del numero, si viene a togliere il solo elemento che indica la partita agli effetti del catasto, perché ogni partita ha un numero.

BONOMI PAOLO. Vorrebbe obbligare i contadini ad andare dal notaio a cercarsi i loro numeri?

TOSI. Ma si tratta del numero catastale di ogni particella, non del numero della partita, onorevole Corbino

SCOCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Volevo dichiarare, anche a nome dei colleghi di Gruppo, che non possiamo accettare la soppressione dell’indicazione delle colture, perché, se ciò facessimo, ci metteremmo in contrasto col contenuto di una disposizione che abbiamo già approvato.

D’altra parte, volevo osservare all’onorevole Corbino che, è vero che è un principio di economia finanziaria e di economia agraria quello che egli ha menzionato: però noi ci troviamo di fronte ad una imposta straordinaria, che si esige una volta tanto. Quindi, il ricordato principio non resta vulnerato nella legislazione ordinaria.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Bonomi, cioè la soppressione, nella lettera a) delle parole: il numero la superficie, le colture.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

LA MALFA, Relatore. Poiché la Commissione ha accettato alcune soppressioni, prego il Presidente di mettere ai voti la soppressione delle parole: «il numero» e «la superficie».

PRESIDENTE. Pongo ai voti tale soppressione.

(È approvata).

L’emendamento dell’onorevole Cappi alla lettera a) si intende assorbito.

Passiamo alla lettera b) sulla quale vi è un emendamento dello stesso onorevole Cappi, per il quale la Commissione ha espresso parere contrario.

CAPPI. Lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Volevo un chiarimento dalla Commissione e dal Governo. Vi sono i fabbricati esenti da imposta e per i quali il reddito imponibile non esiste. Bisognerebbe quindi che si trovasse un sistema di farli accertare d’ufficio oppure, di farli concordare fra il contribuente e l’Ufficio delle imposte.

LA MALFA, Relatore. C’è l’ultimo comma dell’articolo 34.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Desidero far presente che la maggior parte dei fabbricati esenti da imposta hanno un reddito netto imponibile, già determinato e iscritto al catasto, con l’annotazione «esente per venticinque anni» o soggetto a tassazione graduale. Esiste, però, un residuo di fabbricati esenti da imposta che non hanno ancora avuto l’accertamento del reddito, e per questi è valida l’osservazione dell’onorevole Corbino.

Vuol dire che in questo caso non si può indicare il reddito, perché non è stato determinato.

CORBINO. Io mi preoccupo del fatto che, siccome la maggioranza dei fabbricati che si trovano in queste condizioni hanno degli imponibili elevati, noi caricheremo gli Uffici catastali di una richiesta di notizie che essi non saranno in grado di assolvere. Bisognerebbe perciò mettere il contribuente in grado di fare comunque la denuncia, salvo ad integrarla coi documenti del catasto.

PELLA, Ministro delle finanze. D’accordo.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole De Mercurio così formulato:

«Tra le lettere b) e c), dopo la parola: acquisto, aggiungere: la composizione e il presuntivo valore delle scorte del fondo, bestiame, macchinari, attrezzi di qualsiasi natura, ecc.».

La Commissione ha espresso parere contrario. L’onorevole De Mercurio mantiene il suo emendamento?

DE MERCURIO. Desidero far presente che la Commissione ha ritenuto che la dizione da me proposta facesse parte dell’ultimo comma lettera b) dell’articolo 33, e che quindi non si riferisse a quei terreni e fabbricati di cui si tratta. La Commissione ha ritenuto che io volessi aggiungere l’emendamento a questo comma, mentre io desidero che esso formi un articolo a sé stante, ed allora il mio emendamento cambierebbe fisionomia. In questo caso la Commissione dovrebbe riesaminare se fosse possibile accoglierlo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole La Malfa.

LA MALFA, Relatore. Se non ho inteso male, l’onorevole De Mercurio vorrebbe che si facesse un accertamento diretto delle scorte e quindi che ci fosse una dichiarazione originaria della consistenza delle scorte medesime, mentre, così come è stato redatto l’emendamento, si tratterebbe di una dichiarazione di scorte relative ai contratti fatti dopo il 10 giugno 1940.

Ora, alla proposta dell’onorevole De Mercurio, osta la disposizione dell’articolo 9, già approvato, relativamente al secondo comma. La ragione per cui gli uffici finanziari applicano il coefficiente per le scorte, è la difficoltà dell’accertamento diretto delle scorte dei terreni. Si tratterebbe quindi di ritornare sull’articolo 9 e di cambiare tutto il sistema. La Commissione prega l’onorevole proponente di non insistere.

DE MERCURIO. Ritiro il mio emendamento.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Cappi ed altri, che – come l’Assemblea ricorda – è così formulato:

«Alla lettera i), sopprimere le parole: della qualità, del taglio e del numero».

La Commissione ha proposto di sopprimere le parole «e del numero» e di adottare invece la seguente dizione: «della qualità, della quantità e del taglio». Il Governo ha espresso parere favorevole a questa proposta.

Pongo pertanto ai voti l’emendamento dell’onorevole Cappi, con la modifica proposta dalla Commissione e accettata dal Governo.

(È approvato).

L’articolo 33 risulta pertanto approvato con gli emendamenti testé votati.

Passiamo ora all’articolo 34. Se ne dia lettura nel testo proposto dal Governo e accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Ai fini della liquidazione provvisoria, i cespiti assoggettati all’imposta ordinaria sul patrimonio per l’anno 1947 possono essere dichiarati per un valore non inferiore a quello iscritto nei ruoli dell’imposta medesima, anche se l’iscrizione è stata operata al nome di altre persone, in conformità a quanto disposto negli articoli 3, 4, 5 e 14 del regio decreto-legge 12 ottobre 1939, n. 1529, convertito nella legge 8 febbraio 1940, n. 100, e negli articoli 3 e 4 del presente decreto.

«I terreni non assoggettati ad imposta ordinaria sul patrimonio per l’anno 1947 possono essere dichiarati per un valore non inferiore a quello ottenuto dalla capitalizzazione al 100 per 5 del reddito risultante dalla revisione disposta con regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, moltiplicato per 10.

«I fabbricati non assoggettati ad imposta ordinaria sul patrimonio per l’anno 1947 possono essere dichiarati per un valore non inferiore a quello risultante dalla capitalizzazione al 100 per 5 del reddito catastale, moltiplicato per 5».

PRESIDENTE. Al primo comma, l’onorevole Bosco Lucarelli propone il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Ai fini della liquidazione provvisoria, i cespiti assoggettati all’imposta ordinaria sul patrimonio saranno denunziati al valore al 1° luglio 1940 maggiorato di 10 volte per i terreni e di 5 volte per i fabbricati».

L’onorevole Bosco Lucarelli ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. Il mio emendamento tende a chiarire una posizione di fatto.

Come tutti sanno, questo articolo, come l’articolo 68, si fonda sull’imposta ordinaria patrimoniale che fu istituita con decorrenza primo luglio 1940.

Nel 1943, per il triennio 1944-46, fu stabilito, dal decreto-legge 24 giugno 1943, che si sarebbe dovuta conservare, come norma di tassazione, la media del valore venale del triennio 1937-39. Ora, se è esatto quello che mi è stato riferito, in molti uffici distrettuali, in base a questa disposizione, non fu fatto nessun aumento. Quindi, nel triennio 1937-39, furono riprodotti come imponibili i valori del triennio precedente. Viceversa, in altri uffici distrettuali delle imposte dirette, come quello di Benevento, fu nel 1944 proceduto ad una rivalutazione dell’imponibile, moltiplicando per quattro e per cinque volte l’imponibile del triennio 1937-39, di modo che, quando colla nuova disposizione del decreto legislativo 31 ottobre 1946 è stata stabilita una maggiorazione del 10 per cento sui terreni e del 5 per cento sulle case, questa maggiorazione è avvenuta non sull’accertamento e sull’imponibile del 1940, che si riportava al 1936-39; ma viceversa è avvenuta sul reddito già maggiorato di quattro volte. Per cui, attualmente, almeno nell’ufficio distrettuale delle imposte di Benevento, quello che era stato l’imponibile dell’imposta patrimoniale al 1° luglio 1940, risulta moltiplicato per quaranta volte per i terreni e per venti volte per le case.

Io ho fatto presente ai vari Ministri delle finanze questa posizione di fatto, per cui l’imposta ordinaria sul patrimonio del 1947, almeno nel distretto di Benevento, è pagata su questa base e siccome non vi è stato l’avviso ai contribuenti – ma questi hanno avuto notizia attraverso l’avviso dell’esattore – molti contribuenti, avuto l’avviso dell’esattore, si sono resi parte diligente recandosi all’Ufficio distrettuale delle imposte, che tuttavia ha sconsigliato qualsiasi reclamo, dichiarando che era un’applicazione tassativa di norme di legge.

Ora, per evitare questa sperequazione, se effettivamente vi è stata, ed anche per avere un criterio certo di valutazione io mi ero permesso di proporre questo emendamento, il quale chiarisce in maniera certa per tutti i contribuenti italiani quale dev’essere l’imponibile base da moltiplicarsi per dieci e per cinque, per assodare quella che è l’imposta ordinaria del 1947, su cui si basa l’imposta straordinaria proporzionale e anche quella progressiva per la denunzia, che deve fare il contribuente. Per la progressiva questo ha un’importanza molto relativa perché si tratta di una norma di denunzia, ma per quella che viceversa è la proporzionale evidentemente la cosa è diversa, perché la proporzionale ha un valore assoluto e quindi, per l’articolo 68, ha anche una maggiore influenza.

Chiedo pertanto i necessari chiarimenti all’onorevole Relatore della Commissione e all’onorevole Ministro.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole La Malfa a esprimere l’avviso della Commissione sull’emendamento.

LA MALFA, Relatore. Esiste effettivamente la questione sollevata dall’onorevole Bosco Lucarelli, nel senso che, nell’iscrivere l’imponibile ai fini dell’imposta straordinaria proporzionale, sono avvenute, applicando i coefficienti 10 e 5, delle sperequazioni in quanto molte volte la finanza aveva già per suo conto riveduto molti valori che sono venuti per tal modo ad essere rivalutati eccessivamente.

Mi pare tuttavia che l’onorevole Ministro abbia già dato assicurazioni in proposito assai precise, promettendo che saranno riveduti tutti i redditi e tutti gli imponibili sotto questo riguardo. Io credo, ad ogni modo, che si possa fare un passo avanti in sede di imposta straordinaria proporzionale e il Governo potrà forse dirci se sia possibile fissare una data a partire dalla quale siano applicabili i coefficienti 10 e 5.

La Commissione prega pertanto l’onorevole Bosco Lucarelli di dover consentire il rinvio della questione in sede di imposta straordinaria proporzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, ella ha udito quanto chiede l’onorevole Relatore della Commissione. Acconsente?

BOSCO LUCARELLI. Acconsento, salva la questione del coordinamento.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ministro delle finanze a pronunciarsi a nome del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Mi sembra venuto il momento di chiarire una situazione su cui, da diverso tempo, si insiste e sulla stampa e qui nell’Assemblea, perché probabilmente esiste ancora qualche malinteso in materia. Debbo rifare la storia della determinazione di tutti questi imponibili.

Esiste una legge, in data 12 ottobre 1939, la quale istituisce un’imposta ordinaria sul patrimonio. Il sistema fondamentale della legge è quello di valutare gli immobili di triennio in triennio, sulla base dei valori del triennio antecedente. Orbene, per il primo triennio di applicazione – circostanza su cui richiamo particolarmente l’attenzione dei Colleghi, in quanto essa serve a chiarire molti dei malintesi che si sono determinati – per il primo triennio di applicazione, dicevo, la Amministrazione finanziaria diede istruzioni perché, in linea di massima, venissero assunti quali valori imponibili, anziché quelli medi del triennio 1937-39, così come avrebbe dovuto esser fatto secondo la legge fondamentale, i vecchi imponibili assunti ai fini del prestito redimibile 3,50 per cento, di cui al decreto 5 ottobre 1936.

La maggior parte, quindi, degli imponibili dei cespiti immobiliari alla fine del primo triennio riflette i valori dell’ottobre 1936, o meglio quelli che sono venuti a determinarsi in anni precedenti. È esatto che successivamente è venuto il decreto del giugno 1943 il quale, per andare incontro alle richieste dei contribuenti che, per il nuovo triennio, avrebbero dovuto essere tassati sulla base non più del triennio 1937-39, ma su quella del triennio 1940-42, diede valore ancora alla media del triennio 1937-39.

Ma a questo punto nasce un equivoco; la media del triennio 1937-39 non costituisce una ripetizione di quei valori che erano stati assunti provvisoriamente ai fini del primo triennio.

Vi è pertanto un primo ordine di rettifiche (definite per concordati o per decisioni) che sono legittimamente nello spirito del decreto del 1943, cioè di adeguamento ai valori del triennio 1937-39.

Per questi aumenti, nulla vi è da eccepire, perché si è in pieno nel sistema del riferimento al triennio dell’anteguerra.

Vi è, invece, un secondo ordine di rettifiche in aumento, derivanti, al Nord, da applicazioni di leggi repubblichine, e nelle altre Regioni da rettifiche che sono state promosse ancora prima che il decreto del 1943 potesse trovare attuazione, oppure, comunque, da errori di diverso genere.

Per questo secondo ordine di rettifiche – che è, poi, quello che pone il problema della perequazione – ho il piacere di ripetere che il Ministero ha provveduto, per quanto riguarda i fabbricati, con una circolare diramata il 19 giugno 1947, con cui si dispone che tutti gli Uffici delle imposte possano ricevere domande di rettifiche, purché proposte entro il 31 dicembre 1947; e per quanto riguarda i terreni, con successiva circolare ministeriale – dato che il sistema catastale dei terreni può permettere un’automatica rettifica d’ufficio – disponendo che là ove si sono verificati aumenti in dipendenza del secondo ordine di considerazioni, siano gli Uffici stessi a rettificare i valori imponibili. Cosicché dovrebbero automaticamente eliminarsi le sperequazioni di cui giustamente si è fatto carico l’onorevole Bosco Lucarelli.

Questo desideravo far presente fin da questo momento; per quanto sia perfettamente d’accordo che la questione può meglio riallacciarsi all’imposta proporzionale del 4 per cento. Mi è sembrato opportuno approfittare dell’occasione perché è giusto che si chiarisca, il più presto possibile, questo complesso di malintesi che si è creato intorno alla questione.

PRESIDENTE. Non essendovi altre osservazioni, l’articolo 34 si intende approvato.

Passiamo all’articolo 35. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La nuda proprietà ed i diritti di usufrutto, uso ed abitazione possono essere dichiarati per un valore non inferiore a quello risultante dalla ripartizione, operata in conformità a quanto disposto dall’articolo 14, del valore della piena proprietà determinato a mente dell’articolo precedente».

A questo articolo non sono stati presentati emendamenti, e quindi si intende approvato.

Passiamo all’articolo 36. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Le azioni non quotate in borsa e le quote di partecipazione in società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice, a garanzia limitata, in società di fatto, in associazioni ed enti sono dichiarate per il valore accertato ai fini dell’imposta di negoziazione per l’anno 1946 o, in mancanza di accertamento definitivo ai fini di detta imposta, in base al valore complessivo iscritto al nome della società, associazione od ente agli effetti dell’imposta ordinaria sul patrimonio per l’anno 1947.

«Le quote di partecipazione in navi italiane sono dichiarate in base al valore complessivo della nave, stabilito agli effetti dell’imposta ordinaria sul patrimonio per l’anno 1947».

PRESIDENTE. Neppure a questo articolo sono stati presentati emendamenti, e pertanto si intende approvato.

Vi è ora la proposta di un articolo 36-bis, presentata dagli onorevoli Pesenti, Scoccimarro, Lombardi Riccardo, Foa e Valiani. Ne do lettura:

«Chiunque, privato o ente, possiede azioni od obbligazioni, depositi e conti presso aziende di credito, è tenuto a presentarne dichiarazione, anche se non raggiunge il minimo stabilito dall’articolo 30.

«Tale obbligazione non si applica per i depositi e i conti di ammontare inferiore alle lire 150.000.

«È fatto obbligo alle aziende di credito di non autorizzare l’uso dei depositi e dei conti o il pagamento degli interessi senza presentazione da parte del depositante di copia della avvenuta dichiarazione vistata dall’ufficio competente.

«Lo stesso obbligo esiste per le società riguardo il pagamento dei dividendi o interessi o per l’esercizio del diritto di voto.

«Su richiesta dell’Amministrazione finanziaria le società per azioni sono tenute a dichiarare i possessori dei loro titoli azionari quali risultano dai libri dei soci in occasione dell’ultima assemblea.

«Le aziende di credito che contravvengono alle disposizioni dei commi precedenti sono soggette alla pena pecuniaria pari al doppio delle somme indebitamente corrisposte.

«Le società che contravvengono alle disposizioni dei commi precedenti sono soggette ad una pena pecuniaria pari al 50 per cento del valore del titolo non denunciato.

«I titoli non denunciati sono dichiarati non trasferibili e soggetti a confisca».

L’onorevole Pesenti ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

PESENTI. Onorevoli colleghi, l’obbligo di dichiarare i titoli pubblici e privati, con le indicazioni per ogni tipo di titoli, dell’ente emittente, della qualità, del taglio e del numero, stabilito dall’articolo 33, non sarebbe sufficiente se noi non trovassimo dei modi per renderlo efficace.

A questo dovrebbe ovviare il proposto articolo 36-bis, che stabilisce due obblighi distinti: l’obbligo per il privato possessore dei titoli di denunciare i titoli posseduti, anche se non raggiungono, nel complesso, il minimo imponibile e il minimo per la dichiarazione stabilita dall’articolo 33; e l’obbligo per le società di aderire alla richiesta dell’Amministrazione di indicare i possessori dei titoli azionari, quali essi risultano all’ultima assemblea.

Io ritengo che l’articolo 36-bis sia necessario, perché lo schedario dei titoli azionari – che pure viene alacremente tenuto al corrente delle variazioni – non può essere garanzia sufficiente che vengano scoperti e individuati i possessori di titoli azionari.

Pertanto mi pare chiaro che occorra dare all’Amministrazione finanziaria un’altra garanzia, se noi vogliamo che tutto il patrimonio del contribuente sia individuato.

Voi vedete che l’emendamento che è stato proposto è molto diverso da quello che era stato inizialmente presentato e che si vede pubblicato nel fascicolo degli emendamenti, appunto perché – in seguito a discussioni intervenute nella Commissione di finanza – è stato raggiunto l’accordo di limitare, per il momento, in questo articolo l’obbligo soltanto ai soci di società e l’obbligo della denuncia da parte delle società.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il pensiero della Commissione.

LA MALFA, Relatore. La Commissione ha esaminato l’emendamento dell’onorevole Pesenti e dell’onorevole Scoccimarro ed avrebbe, nella sua maggioranza, deciso di accettare l’ultimo comma dell’emendamento: «Su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, le società per azioni sono tenute a dichiarare i possessori dei loro titoli azionari quali risultano dai libri dei soci in occasione dell’ultima assemblea», perché, data la nominatività dei titoli, data l’esistenza di uno schedario centrale dei titoli, questa norma finisce col colmare qualsiasi lacuna ed è una norma cautelativa che completa il sistema.

Già in sede di esame del progetto di legge dinanzi alla Commissione, il Governo aveva dato assicurazione che lo schedario dei titoli sarebbe stato perfettamente aggiornato ai fini dell’applicazione dell’imposta progressiva. L’onorevole Scoccimarro ha sollevato qualche dubbio in proposito, e per tener conto di questo dubbio, la Commissione ha questa disposizione cautelativa di cui ho detto.

I commi 1° e 2° hanno questo inconveniente, secondo il pensiero della maggioranza della Commissione: di stabilire un obbligo di denuncia anche per coloro che non hanno nessun obbligo di denunciare il patrimonio; cioè estende quest’obbligo di denuncia a cittadini che possono possedere qualche azione e che sono al di sotto del minimo imponibile, non solo, ma anche al di sotto della necessità della denuncia a fini statistici.

E le conseguenze sono poi piuttosto gravi per costoro, perché essi dovrebbero procurarsi un certificato da cui risulti che sono esenti dall’imposta, per potere prelevare un dividendo.

Ora, siccome il sistema è – come ho detto – completo con l’ultimo comma, se gli onorevoli proponenti fossero d’accordo, ci si potrebbe limitare a questo, senza insistere nella richiesta della non trasferibilità, che mi sembra eccessiva.

Accettando l’ultimo comma, pregherei poi di spostarlo dopo l’articolo 45, in sede di accertamento. Ma questa è una questione formale, una volta che si sia discusso sulla sostanza.

PESENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESENTI. Vorrei dire che, se l’onorevole Ministro risponde a tutto l’emendamento da me presentato, io posso parlare dopo; ma se l’onorevole Ministro considera come definitiva la risposta data dal Relatore, vorrei fare prima qualche osservazione.

PRESIDENTE. Ascoltiamo prima il Ministro. Ha facoltà di parlare.

PELLA. Ministro delle finanze. In sostanza, il Governo si associa alle conclusioni della Commissione, per le considerazioni svolte dall’onorevole Relatore e per qualche altra considerazione che desidero aggiungere.

La situazione dello schedario risente degli avvenimenti del 1943, in cui l’unico schedario esistente a Roma si spezzò in due parti: uno delle società del nord, tenuto a Brescia, ed uno delle società del centro-meridione, tenuto a Roma.

L’arretrato nella tenuta dello schedario non è imputabile a negligenza dell’ufficio competente; ma è stato determinato da detti eventi, ed io non posso che rendere omaggio alla buona volontà dei funzionari i quali hanno saputo, nonostante le apparenze, con una celerità e una diligenza, a mio avviso degna di essere sottolineata, riunire i due tronconi, realizzando una soluzione che, a prima vista, sembrava impossibile.

Io, per molto tempo, sono rimasto scettico sulla possibilità di avere un rapido aggiornamento. Dai sopraluoghi che ho compiuto, sono giunto alla conclusione che, effettivamente, entro l’anno, l’aggiornamento possa essere realizzato. Mi resta un dubbio sopra la veridicità dei risultati dello schedario in ordine a violazioni che possono essere state compiute rispetto all’obbligo di denunziare le girate dei titoli ed è rispetto a questo dubbio che l’Amministrazione sta esaminando l’opportunità di eventuali integrazioni legislative atte a riparare a questo inconveniente, qualora esso dovesse avere una portata degna di rilievo.

Tutto questo mi porta a considerare che non sia il caso di vincolare quello che può essere l’atteggiamento dell’Amministrazione in materia, con la disposizione contenuta nel secondo comma dell’emendamento presentato ed è questa anche una ragione per cui il Governo non può aderire al secondo comma dell’emendamento. Però, fermo restando che il Governo accetta l’ultimo comma, dichiaro che lo spirito con cui l’emendamento è stato redatto e presentato, è comune all’ordine di idee del Governo e, quindi, a titolo di raccomandazione, possono trovare accoglimento le considerazioni svolte dall’onorevole Pesenti.

Sull’ultimo comma mi permetto di suggerire una modificazione. Non vorrei che, autorizzando l’Amministrazione finanziaria a chiedere le risultanze del libro soci, in occasione di una assemblea, si finisse per limitare il potere dell’Amministrazione finanziaria ed impedirle di chiedere la posizione del libro soci a data diversa da quella dell’ultima assemblea. È in questo senso che pregherei di modificare l’ultima parte: «Su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, le società per azioni sono tenute a dichiarare i possessori dei loro titoli azionari, quali risultano dal libro soci». Forse la formula migliore sarebbe quella di sopprimere le parole «in occasione dell’ultima assemblea».

PRESIDENTE. Allora, per precisare bene: sul primo e sul secondo comma il Governo è di parere contrario, mentre il terzo comma sarebbe accettato con la soppressione delle ultime parole.

PESENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESENTI. Debbo chiarire un punto, perché il Relatore ha affermato che in Commissione si era giunti alla accettazione di quel comma che è stato accettato anche dal Governo.

Ora, a me pare, se ben ricordo, e come del resto possono ricordare i colleghi, che non sia proprio così. Effettivamente, l’emendamento che noi abbiamo presentato – che del resto è pubblicato anche nel n. 9 degli emendamenti – prevedeva la ricerca del contribuente ed obblighi speciali dei contribuenti non solo possessori di titoli azionari, ma anche che possedessero dei depositi o conti presso le banche, perché, se noi vogliamo rendere effettivo l’obbligo stabilito dall’articolo 33, e quindi creare quella giusta perequazione fra possessori di ricchezza mobiliare e possessori di ricchezza immobiliare, occorre rendere effettivi gli obblighi stabiliti dalla legge.

È per questo che avevamo proposto un emendamento che ponesse degli obblighi sia ai possessori di titoli azionari sia ai possessori di depositi. In Commissione si è avuta una discussione e si è riconosciuto che era possibile accettare l’obbligo imposto ai soci di società o ai possessori di titoli azionari senza che ciò provocasse il minimo disturbo nel mercato dei valori azionari e senza che ciò provocasse un danno per l’Amministrazione.

Le osservazioni fatte ora dal Relatore perciò, mi sorprendono, e quindi io mantengo l’emendamento così come è stato letto dal Presidente dell’Assemblea.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. La Commissione ha preso in esame l’emendamento 36-bis dell’onorevole Pesenti, quale risulta stampato. In questo emendamento è riprodotto, al quinto comma, esattamente l’ultimo comma del nuovo emendamento:

«Su richiesta dell’Amministrazione finanziaria le società per azioni sono tenute a dichiarare i possessori dei loro titoli azionari quali risultano dai libri dei soci in occasione dell’ultima assemblea».

La Commissione ignora i primi due commi del nuovo emendamento degli onorevoli Pesenti e Scoccimarro. Quindi, preso in esame l’emendamento 36-bis, prega l’onorevole Pesenti di non insistere.

La Commissione, dopo ampia discussione, ha accettato nella sua dizione letterale, come dicevo, il 5° comma che risulta dal nuovo emendamento. Ha accettato anche il 7° comma che fissa una sanzione; ed ha pregato gli onorevoli proponenti di portare questa sanzione nella sede opportuna. Questo è l’emendamento che ha preso in esame la Commissione. Ad ogni modo, tengo a dichiarare, nonostante le affermazioni dell’onorevole Pesenti, che i commi 1° e 2° dell’articolo 36-bis del nuovo emendamento sono stati conosciuti dalla Commissione dopo la discussione del 36-bis che risulta nel fascicolo degli emendamenti.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Pregherei gli onorevoli Pesenti e Scoccimarro di aderire al punto di vista del Ministro e della Commissione.

In sostanza, l’accertamento del patrimonio costituito da azioni ai fini dell’imposta sul patrimonio, con le leggi attuali e con la disposizione che Commissione e Ministro e tutti noi siamo disposti ad accettare, si potrà fare fino all’ultima azione. Resteranno evidentemente fuori solo le azioni nominative di coloro che non avrebbero l’obbligo della denuncia per avere un patrimonio inferiore al minimo imponibile.

Ora, in sostanza, ponendo l’obbligo proposto dagli onorevoli Pesenti e Scoccimarro, noi veniamo a creare dei fastidi solo proprio a quella categoria di persone che, appunto per la scarsa rilevanza del loro patrimonio, vogliamo esentare anche dall’obbligo della dichiarazione, ed aggraveremo sensibilmente il compito degli uffici che sarebbero oberati dalla presentazione di infinite dichiarazioni, e dalla richiesta di certificati per potere riscuotere interessi e dividendi.

Quindi, aderisco al pensiero della Commissione e del Ministro. Vorrei poi andare anche più in là per ciò che concerne il comma che dà all’Amministrazione il diritto di chiedere notizie sullo stato dei soci.

Bisogna riferirsi all’articolo 26, che noi abbiamo già approvato e in base al quale, denaro e titoli di credito al portatore entrati nel patrimonio del contribuente dopo il 1° gennaio 1944, in dipendenza di alienazione di beni, si presume facciano parte del patrimonio del contribuente.

Dobbiamo quindi mettere l’Amministrazione in condizioni di accertare eventuali trasferimenti di titoli che siano intervenuti dopo il 1° gennaio 1944.

Ecco perché io non solo aderisco alla proposta della Commissione e del Ministro, di togliere la frase «in occasione dell’ultima assemblea», ma forse penso che si dovrebbe integrare questa facoltà dell’Amministrazione retrodatandola al 1° gennaio 1944.

PRESIDENTE. Ne fa una proposta?

CORBINO. Lo vedremo. Se l’onorevole Ministro crede che basti, allora posso fare a meno di presentare una proposta formale.

PESENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESENTI. Io penso che da un punto di vista logico non dovrei accedere alla proposta dell’onorevole Corbino, per il semplice fatto che l’obbligo della dichiarazione stabilita dall’articolo 33 è sul presunto contribuente e quindi la sanzione dovrebbe corrispondere a questo obbligo che è stabilito per il contribuente.

Ed io dichiarerei anche presunto contribuente colui che non ha il minimo imponibile in titoli. Ma lasciare soltanto la possibilità dell’Amministrazione di richiedere alle società per azioni l’elenco dei soci e il possesso di titoli azionari, mi sembra inutile, non significhi cioè stabilire nulla di nuovo nella nostra legislazione. Però, visto che la Commissione ed anche parte dell’Assemblea insistono nel togliere i due primi commi, che io continuo a ritenere importanti ai fini dell’accertamento, accedo all’idea di lasciare soltanto il terzo e quarto comma.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il pensiero del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Se il Relatore e l’onorevole Pesenti lo ritengono opportuno – ed io lo riterrei opportuno – non ho difficoltà ad accogliere l’aggiunta proposta dall’onorevole Corbino: «quali risultano dal libro dei soci dal 1° gennaio 1944 in avanti».

TOSI. Io debbo dimostrare cosa ho al 28 marzo; ho diritto di dimostrare cosa ho fatto prima!

PELLA, Ministro delle finanze. Per non allungare la discussione, ritengo che potremmo fermarci a questa dizione: «quali risultano dai libri dei soci».

SCOCA. Vorrei fare una dichiarazione di voto circa l’emendamento dell’onorevole Pesenti, riferendomi al primo ed al secondo comma.

PRESIDENTE. Ma l’onorevole Pesenti ha ritirato il primo ed il secondo comma del suo emendamento!

SCOCA. Allora siamo tutti d’accordo.

PRESIDENTE. Dato che il primo ed il secondo comma dell’emendamento Pesenti sono stati ritirati, porrò in votazione il terzo comma, che dovrebbe divenire articolo 36-bis.

LA MALFA, Relatore. Io lo metterei dopo l’articolo 45.

PRESIDENTE. E una questione che vedremo in seguito.

Pongo quindi in votazione l’articolo 36-bis nella seguente dizione:

«Su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, le società per azioni sono tenute a dichiarare i possessori dei loro titoli azionari quali risultano dai libri dei soci».

(È approvato).

Segue l’articolo 37. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Tutti i cespiti non indicati negli articoli 34, 35 e 36 sono dichiarati per il valore da determinarsi in conformità alle disposizioni del capo IV del presente decreto».

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati emendamenti, l’articolo s’intende approvato.

Passiamo ora all’articolo 38. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per quanto riguarda le passività, la dichiarazione deve indicare:

  1. a) per i debiti, le generalità e la residenza del creditore, la data di stipulazione e di registrazione dell’atto costitutivo o gli altri elementi di prova della loro esistenza, il tasso di interesse, la scadenza, l’ammontare ancora dovuto alla data del 28 marzo 1947;
  2. b) per i censi, canoni e livelli ed altre prestazioni previste dall’articolo 15, le generalità e la residenza del creditore, il titolo costitutivo, l’ammontare annuo ed il valore determinato a mente dell’articolo suddetto;
  3. c) per gli usi civici, la natura ed il valore dell’onere;
  4. d) per le imposte, tasse e gravami indicati nell’articolo 22, lettera d), l’ammontare del debito e gli altri estremi che lo identificano».

PRESIDENTE. A questo articolo vi è un emendamento proposto dall’onorevole De Vita, che è del seguente tenore:

«Sopprimere la lettera d)».

L’onorevole De Vita ha facoltà di svolgerlo.

DE VITA. La disposizione della lettera d) dell’articolo 38 è connessa con la corrispondente disposizione della lettera d) dell’articolo 22. Ritengo che le imposte indicate nella lettera d) dell’articolo 22, e che si vogliono detrarre dall’ammontare complessivo del patrimonio, sono imposte che vengono pagate col reddito. È probabile quindi che il patrimonio del contribuente non subisca diminuzione alcuna a causa del pagamento delle imposte stesse, perché le imposte sul reddito ed in genere tutte le imposte che non incidono sul patrimonio sono pagate con quella parte del reddito che non è risparmiato. Se consentiamo a tutti coloro che non hanno pagato le imposte, di detrarle dal patrimonio imponibile, io credo che facciamo un trattamento di favore ai cattivi contribuenti.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione su questo emendamento.

LA MALFA, Relatore. L’onorevole De Vita fa – direi in una sede non propria, perché la questione sorse in sede all’articolo 22 – un’elegante questione che può anche avere un fondamento.

La Commissione ha dovuto considerare la questione da un punto di vista pratico.

Innanzitutto, naturalmente, queste imposte arretrate possono essere imposte sul patrimonio (per esempio, l’imposta straordinaria proporzionale) come debiti quando si va a riscuotere la imposta progressiva. Bisognerebbe introdurre la distinzione tra imposta sul capitale e imposta sul reddito. D’altra parte, siccome l’imposta sul patrimonio colpisce il denaro, vi è un momento in cui non si sa se sia colpito il reddito o il patrimonio.

Pur riconoscendo che la questione, da un punto di vista teorico, è molto importante, la Commissione pregherebbe l’onorevole De Vita di non insistere, perché bisognerebbe ritornare sull’articolo 22 che l’Assemblea ha già approvato.

DE VITA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE VITA. Sono dolente di non potere accogliere l’invito della Commissione. Se ritirassi l’emendamento, violerei la mia coscienza.

Ritengo ingiusta questa disposizione, principalmente perché l’imposta che colpisce il reddito si paga col reddito. Anche per coloro che hanno depositi in banca, bisognerebbe dimostrare che le imposte sono state pagate col denaro depositato in banca. È probabile che anche il denaro depositato in banca non abbia subito alcuna diminuzione a causa del pagamento delle imposte. Quindi, questo trattamento a favore di coloro che hanno, con qualunque mezzo, dilazionato il pagamento dell’imposta, non lo ritengo giusto. Pertanto, mantengo il mio emendamento.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Vorrei osservare che la questione, nel suo aspetto sostanziale, è superata dal fatto che, a suo tempo, abbiamo discusso delle passività detraibili. Ora, mi pare fuori dubbio che se esiste un debito deducibile, per tasse arretrate, questo debito debba essere indicato nella dichiarazione, e ritengo che possa essere anche utile prendere atto della previsione che fa il contribuente in ordine all’ammontare delle imposte da pagare, cioè vedere come il contribuente trovi il punto limite fra il desiderio della massima detrazione possibile e la concreta previsione di definizione delle imposte ancora dovute.

Anche per questo aspetto accessorio, che forse ha una importanza maggiore di quello che possa sembrare a prima vista, io insisto perché sia mantenuta la lettera d) dell’articolo 38.

PRESIDENTE. Onorevole De Vita, mantiene il suo emendamento?

DE VITA. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Passiamo allora alla votazione dell’emendamento De Vita, il quale propone di sopprimere la lettera d) dell’articolo 38.

DE VITA. E, conseguentemente, anche la corrispondente, lettera d) dell’articolo 22.

PRESIDENTE. Quella è già votata. Io devo mettere in votazione solo la soppressione della lettera d) dell’articolo 38. Le conseguenze saranno esaminate dall’Assemblea.

LA MALFA, Relatore. Naturalmente, richiamo l’attenzione sul fatto che c’è in riscossione l’imposta straordinaria proporzionale, e sarebbe curioso che, specie nelle campagne, non ammettessimo questa detrazione.

PELLA. Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Desidero ancora far presente che, qualora venisse accolto l’emendamento De Vita, la sola conseguenza sarebbe che il contribuente non verrebbe invitato a indicare questa specifica passività. Penso, però, che, per tutto il sistema delle norme che costituiscono la legge, il contribuente manterrebbe egualmente il diritto alla detrazione di tale passività, sino a quando è aperta la procedura di accertamento.

Per questo io prego di non accogliere l’emendamento presentato dall’onorevole De Vita.

PRESIDENTE. Pongo ai voti la soppressione della lettera d) dell’articolo 38, proposta con l’emendamento dell’onorevole De Vita.

(Non è approvata).

Sugli articoli dal 39 al 43 non vi sono emendamenti. Se ne dia lettura nel testo proposto dal Governo e accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

Art. 39.

«A richiesta dell’Ufficio distrettuale, il contribuente deve presentare le copie o gli estratti, in carta semplice, dei documenti indicati all’articolo 38, lettere a) e b)».

Art. 40.

«Tutti coloro che, nel quinquennio anteriore all’anno di entrata in vigore del presente decreto, abbiano prestato la loro opera per l’acquisto di titoli ed altri beni all’estero, o per la sottoscrizione di titoli esteri nello Stato, o per l’apertura di crediti all’estero presso loro filiali od altri istituti, o che abbiano comunque cooperato per l’invio di beni di ogni specie all’estero, hanno l’obbligo di indicare, su richiesta della finanza, il cognome, il nome ed il domicilio del committente o creditore, la quantità e la qualità, il prezzo unitario e complessivo dei titoli, crediti ed altri beni, oggetto dell’acquisto, della trasmissione o dell’accreditamento all’estero».

Art. 41.

«Per quanto non previsto nel presente decreto, si applicano, per la dichiarazione ai fini dell’imposta straordinaria, le disposizioni valevoli per la dichiarazione ai fini delle imposte dirette ordinarie».

Art. 42.

«Il contribuente che dichiari, ai fini dell’imposta straordinaria sul patrimonio, cespiti non dichiarati ai fini dell’imposta ordinaria sul patrimonio e delle imposte sui redditi, va esente da qualsiasi sanzione per l’omessa dichiarazione».

 

Capo VII.

Accertamento.

Art. 43.

«L’Ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione trovasi il comune in cui il contribuente ha il suo domicilio fiscale, è competente per l’accertamento della imposta straordinaria sul patrimonio.

«Per l’accertamento stesso e per le risoluzioni delle vertenze relative, valgono le disposizioni applicabili per l’imposta di ricchezza mobile, in quanto non siano in contrasto con le disposizioni del presente decreto.

«Il Ministro delle finanze e tesoro può, con proprio decreto, costituire presso le Commissioni distrettuali e provinciali, nonché presso la Commissione centrale, secondo le norme generali vigenti in materia, Sezioni speciali per la risoluzione delle vertenze in materia di imposta straordinaria sul patrimonio».

Non essendovi osservazioni, questi articoli si intendono approvati.

Passiamo all’articolo 44. Se ne dia lettura nel testo proposto dal Governo che è stato accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I funzionari dell’Amministrazione delle imposte dirette oltre alle facoltà loro conferite dall’articolo 37 del testo unico 24 agosto 1877, n. 4021, sull’imposta di ricchezza mobile, possono, ai fini della applicazione del presente decreto, farsi presentare ed ispezionare tutti i registri, anche ausiliari e comunque tenuti, atti e documenti degli enti pubblici e privati, delle società, amministrazioni, imprese, commissionari, agenti e mediatori di ogni genere, e farsi rilasciare copie ed estratti dei registri, atti e documenti, anche se riguardino interessi di persone fisiche od enti collettivi non tenuti al pagamento dell’imposta istituita col presente decreto.

«La presente disposizione non si applica in confronto delle banche e delle aziende di credito».

PRESIDENTE. Su questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

I due primi emendamenti, rispettivamente a firma dell’onorevole De Mercurio e degli onorevoli Dugoni, Pesenti, Scoccimarro, Lombardi Riccardo e Di Gloria, hanno la medesima finalità: sopprimere il secondo comma.

L’onorevole De Mercurio ha già svolto il primo emendamento.

L’onorevole Dugoni ha facoltà di svolgere il secondo.

DUGONI. Credo che ognuno si renda conto dell’importanza che riveste l’ultimo capoverso dell’articolo 44. Questo capoverso, sostanzialmente, chiude le porte delle banche a qualsiasi indagine intesa a determinare la consistenza del patrimonio che deve essere soggetto all’imposta. Credo che non stupirà nessuno se da questi banchi verrà l’affermazione che, in materia finanziaria, si devono avere dei particolari riguardi, che cioè, il mondo finanziario vive – nella situazione attuale – in un modo suo proprio, il quale ha bisogno di un determinato ambiente che gli consenta uno svolgimento tecnicamente normale.

Quindi, noi non chiediamo una mutazione all’articolo 44, che voglia significare una presa di posizione di principio, per quello che riguarda il funzionamento del sistema finanziario attuale del nostro Paese. Noi sappiamo benissimo che in molti altri Paesi esiste la possibilità dell’ispezione bancaria. Noi sappiamo anche che in altri Paesi esistono dei sistemi intermedi.

Noi abbiamo sempre sostenuto che si debba arrivare ad un controllo dell’attività bancaria nel suo insieme, piuttosto che ad un controllo delle operazioni bancarie compiute da ciascun singolo depositante, o debitore, o comunque cliente della banca.

Però, di fronte all’importanza dell’imposta attuale, di fronte al significato che ad essa noi annettiamo, e che ogni cittadino dovrebbe annettere a questa imposta straordinaria, – che significa uno dei più grandi sforzi della Nazione, tesa alla propria ricostruzione – di fronte, dicevo, al carattere straordinario e alla straordinaria gravità (mi si consenta la ripetizione) che questa imposta comporta, noi crediamo che si possa e si debba fare, non dico uno strappo, perché uno strappo sarebbe troppo, ma una eccezione, una precisa eccezione alla regola del segreto bancario.

Dopo questa guerra, tutti i Paesi che hanno subito l’occupazione tedesca, hanno tolto il segreto bancario per permettere di ricercare dove erano andati a finire i soldi spesi e profusi dai tedeschi, durante il periodo di occupazione. In generale, a questo si è accompagnato il cambio della moneta, cioè si è istituito un insieme di provvedimenti immediatamente susseguenti al periodo di occupazione, in virtù del quale si sono potuti colpire, entro i limiti delle umane possibilità, gli speculatori e i profittatori di una situazione che era una situazione di servaggio per la grande maggioranza degli abitanti del Paese e una situazione di privilegio per pochi asserviti alla politica dell’occupazione tedesca.

Crediamo quindi che, poiché il nostro Paese, per una serie di circostanze che io non voglio analizzare e che sarebbe, in ogni caso, troppo lungo analizzare – non ha fatto ricorso a questi mezzi drastici per colpire, sia quelle fortune di cui parlavo prima, sia gli altri tipi di fortune mobiliari che si sono create esclusivamente in seguito ad una favorevole congiuntura ed a sfacciate speculazioni sui bisogni delle classi medie e delle classi lavoratrici; poiché, dicevo, questo non si è fatto, noi crediamo di essere autorizzati oggi a venire a chiedere un provvedimento – ripeto – di eccezione.

Questo provvedimento di eccezione in anatomia si chiamerebbe una «sezione»; cioè chiediamo che sia fatta una sezione della situazione bancaria alla data del 28 marzo 1947. Noi ci rendiamo conto della gravità delle obiezioni che sono state mosse, gravità sia di ordine politico, sia di ordine tecnico-finanziario. La prima obiezione che è stata messa avanti è costituita da questo avviso che si è creduto di darci. Guardate che, con questo, noi veniamo a turbare tutto l’andamento del mercato finanziario. Ebbene, signori, quando noi abbiamo discusso intorno a questo problema in sede di Commissione per la finanza – Commissione alla quale io mi onoro di appartenere – si è potuto ben chiaramente rilevare che solo perché abbiamo avuto un alto parere contrario, la Commissione si è pronunciata contro la soppressione dell’ultimo capoverso.

Questa pronunzia di un alto personaggio della finanza e dell’Amministrazione italiana contro la soppressione dell’articolo 44 nessuno può negare che abbia avuto un peso determinante nella decisione della Commissione. Noi abbiamo quindi, diciamo così, subito – parlo almeno alludendo a una parte di noi – una specie di timore reverenziale. La lettera il cui contenuto ci è stato fatto conoscere dall’onorevole Campilli in sede di Commissione per la finanza ha rappresentato dunque per noi, o almeno per alcuni di noi, un «alto là», cioè ci ha condotti a considerare che, se un preminente esponente della Banca italiana, e della sana Banca italiana, credeva nei pericoli di una abolizione del segreto bancario anche occasionale, questo pericolo esisteva; e molti di noi si sono piegati ed hanno creduto di aderire a questa alta opinione.

Noi non ci siamo piegati; noi abbiamo sino all’ultimo detto e sostenuto che si doveva ad ogni modo cercare di spingere questa imposta, che giustamente viene considerata unilaterale, verso una maggiore pressione sui patrimoni mobiliari. Tutti hanno levato la loro voce in quest’Assemblea per sostenere che l’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio costituisce un’iniquità perché colpisce soprattutto le fortune immobiliari: però, nello stesso tempo, noi non abbiamo mai potuto ottenere l’appoggio di una parte dell’Assemblea per approvare quelle disposizioni che tendono a colpire i patrimoni mobiliari. Ecco la contradizione in cui siamo caduti. Ci si è venuti a dire che l’imposta avrebbe rovinato l’Italia meridionale, ci si son portate un’infinità di altre ragioni e contemporaneamente siamo venuti a disarmare l’Amministrazione del Governo di fronte all’intento della ricerca, necessaria e inderogabile a nostro avviso, di quei patrimoni che hanno una costituzione prevalentemente mobiliare.

Naturalmente questa preoccupazione di giustizia comporta diverse attuazioni. Non basta cioè l’articolo 44 per colpire le fortune mobiliari; però l’articolo 44 è uno degli strumenti che noi reputiamo essenziali per colpire le fortune mobiliari e per colpire quelle forme di speculazione che sono state qui denunziate dall’onorevole Bertone e da molti altri oratori, i quali hanno insistito su quei tipici indebitamenti dell’ultima ora allo scopo di diminuire l’importanza del proprio patrimonio agli effetti del peso della progressività dell’imposta.

Ebbene, onorevoli colleghi, proprio per questo senso di giustizia che deve animare il legislatore di fronte ad una grave imposizione, come quella che è sottoposta alla vostra approvazione, io credo che voi non potrete sottrarvi dal considerare la necessità di aprire la porta – se non si può aprire un portone, si apra uno spiraglio – su quelle combinazioni bancarie che così gravemente pesano sia sul rendimento dell’imposta, sia, soprattutto, sull’animo dei cittadini. Perché, ricordate bene che quello che si dice nel Paese ha un enorme valore. Si pensa dappertutto: «Ancora una volta sono gli stracci che ballano. Coloro i quali hanno fatto le grosse fortune nel modo più vergognoso, non pagheranno. Coloro i quali hanno la casa ereditata dal padre, e che l’hanno ricostruita dopo i bombardamenti, quelli pagheranno.

Ebbene, onorevoli colleghi, questa è una di quelle disposizioni che deve permettere di riportare una certa giustizia tributaria nell’ambito di questa legge.

Per queste ragioni io vi chiedo, con tutto il calore di cui sono capace, di approvare la soppressione dell’ultimo capoverso dell’articolo 44. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere come terzo comma:

«Restano ferme le disposizioni dell’articolo 17 del regio decreto-legge 29 aprile 1923, n. 966».

Ha facoltà di svolgerlo.

MICHELI. Ho una modestissima preghiera da fare alla Commissione e all’onorevole Ministro riguardo al segreto.

L’Istituto nazionale delle assicurazioni ha una legge del 29 aprile 1923, nella quale è detto all’articolo 17:

«Chiunque, nell’adempimento delle proprie attribuzioni, presso l’Istituto, viene a conoscenza delle trattative e dei rapporti fra l’Istituto e le imprese di assicurazione e i privati, deve serbare il segreto su tutto quanto è a sua conoscenza, sotto le comminatorie di legge.

«È, in ogni caso, vietato ai pubblici funzionari e al personale dell’Istituto di tutte le categorie, di comunicare anche agli agenti delle imposte, notizie e dati comunque riferentisi a contratti fra l’Istituto e le imprese di assicurazioni e i privati».

SCOCCIMARRO. Bisogna chiedere l’abolizione di questa legge.

MICHELI. Io ho chiesto invece questo riferimento. Mi pare che l’opinione dell’onorevole Scoccimarro non sia perfettamente eguale alla mia. Me ne rincresce per lui, e un poco anche per me.

SCPCCIMARRO. Mi rincresce per lei.

MICHELI. Ed allora rincresca per entrambi!

Non vedo le ragioni per una diversa disposizione da quella con fondatissimi motivi stabilita allora. Io credo che, ove questa dichiarazione ora non venisse fatta, verrebbe ad essere turbata una consuetudine, che la legge ha creato, di particolare riguardo, la quale mi sembra anche ora sommamente necessaria in operazioni di questo genere.

JACINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JACINI. Onorevoli colleghi, io non entro nell’esame della portata di questo emendamento per quanto si riferisce al sistema creditizio italiano. Persone a questo riguardo assai più competenti di me parleranno del turbamento che esso potrebbe recare. Porto qui la voce di una particolare categoria di depositanti, quelli delle Casse di risparmio, che ho l’onore di rappresentare, e faccio osservare che questo minacciatissimo settore del risparmio sarebbe, a mio avviso, addirittura rovinato dall’accettazione dell’emendamento Dugoni. E mi spiego: il risparmio oggi non ha nessuna attrattiva per il pubblico. Il risparmiatore è un eroe; esso non ritrae dal proprio risparmio alcun vantaggio, perché l’interesse che ne ricava è addirittura irrisorio. (Commenti a sinistra). Non ha neanche la sicurezza, perché quale che sia la solidità dell’Istituto nel quale egli fa confluire il proprio danaro, questo è minacciato dalle continue alterazioni di valore della moneta, sicché quando il risparmiatore deposita 100 lire al 1° gennaio non sa quanto potrà riscuotere al 31 dicembre.

Se, ciononostante, il risparmio cresce – e cresce in misura confortevole – ciò è dovuto ad un istinto profondo, insito nell’animo del contribuente italiano.

Ma se voi togliete al risparmiatore la sola garanzia che gli rimane, quella data dalla riservatezza e dall’anonimato (Commenti a sinistra) del risparmio, voi gli togliete l’unica ragione che abbia per non sperperarlo, o per non conservare i suoi denari nel pagliericcio! Non vi è altra ragione che possa indurlo a portar danaro alle banche.

E badate che, per chi conosce lo spirito familiare delle nostre campagne, questa questione della segretezza del risparmio è di tale importanza che soverchia ogni altra considerazione. Siamo a questo punto, onorevoli colleghi; presso le vecchie Casse di risparmio (adesso non più, ma fino a pochi mesi fa era così), e specialmente presso la Cassa di risparmio delle provincie lombarde, si sceglievano le sedi delle filiali in località recondite e un po’ nascoste, appunto per permettere al contribuente di recarvisi segretamente. Questo concetto del segreto è profondamente connaturato con l’animo dei nostri lavoratori. (Commenti a sinistra). Se sopprimerete il segreto, voi rovinerete completamente il risparmio, che è una delle grandi forze della Nazione! (Approvazioni al centro).

Io aderirò a quei temperamenti che alcuni miei amici proporranno in argomento, ma tengo a sottolineare l’estrema gravità di quello che l’Assemblea sta per deliberare a questo riguardo.

PESENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESENTI. È molto strano che solo in Italia ci siano tanti limiti posti all’attività che l’Amministrazione finanziaria deve svolgere per accertarsi…

JACINI. E in Svizzera? La Svizzera è il Paese della riservatezza ed è per questo che alle banche svizzere affluiscono i depositi.

PESENTI. …della situazione patrimoniale del contribuente, quasi che non si avesse nessuna fiducia nell’Amministrazione finanziaria, come se l’Amministrazione finanziaria, dovesse rivelare a tutti i dati di cui viene a conoscenza esclusivamente a scopi fiscali.

Ma il motivo è un altro: è che il contribuente italiano non vuole pagare le imposte, e noi purtroppo siamo qui tutti (o meglio, non tutti, ma la maggioranza) ad aiutare questo sforzo del contribuente italiano per non denunciare il proprio patrimonio e per non pagare l’imposta.

In quest’Assemblea vi sono profondi conoscitori del sistema bancario ed anche dell’economia politica. Io faccio appello anzitutto a loro, da un punto di vista astratto, per chiedere se, nella loro buona fede di studiosi, possono veramente sostenere che l’abolizione del segreto bancario possa scuotere il sistema bancario…

SAGGIN. Scuote l’economia nazionale!

PESENTI. …e di conseguenza l’economia nazionale.

Io vorrei chieder loro com’è possibile che un’istituzione propria del sistema economico nel quale viviamo possa mutare soltanto perché, ed ai fini esclusivi dell’Amministrazione finanziaria, viene tolto il segreto bancario. Noi vedremo probabilmente – secondo questi signori – che i vari industriali non ricorreranno più alle banche. Coloro che hanno delle riserve liquide o per ammortamenti o per manutenzioni, oppure perché hanno avuto dei profitti eccezionali, le chiuderanno nella cassaforte di casa, e non saranno più clienti delle banche. È questo che si vuol sostenere? Una cosa simile non è sostenibile.

Io posso anche ammettere che vi siano particolarmente i piccoli depositanti delle Casse di risparmio, una categoria che noi non vogliamo colpire. Posso anche comprendere che da un punto di vista psicologico vi possa anche essere qualche timore. Si può dunque vedere di trovare dei temperamenti in questi casi, e del resto l’Amministrazione finanziaria non avrà bisogno di andare a vedere nelle Casse di risparmio.

L’Amministrazione finanziaria, se vuol conoscere la verità, cioè se vorrà fare uso di questa facoltà, si rivolgerà soltanto ai grandi istituti di credito che hanno i grandi clienti sottoposti all’imposta patrimoniale.

Perciò questa preoccupazione non ci deve essere. Ad ogni modo, si tratta di un timore psicologico. Se noi chiariamo che si tratta qui non di rilevare la consistenza attuale o la consistenza di quelli che sono i depositi e i conti quando la legge uscirà nella Gazzetta Ufficiale, ma si tratta di rilevare i depositi e i conti ad una data già passata, quella del 29 marzo, che ha già fissato chiaramente la situazione di ogni singolo contribuente, non vedo come possano verificarsi o ritiri di depositi o altri fenomeni che possano scuotere il sistema bancario.

Si tratta di accertare la consistenza ad una data trascorsa, che è quella che fissa la posizione dei contribuenti e la loro situazione che non può mutare da quello che è segnato nei libri alla data del 29 marzo.

PRESIDENTE. L’onorevole Arcaini ha fatto pervenire un emendamento anche a firma degli onorevoli Scoca, Cappi ed altri. L’emendamento dice:

«Al secondo comma dell’articolo 44, aggiungere le parole: nei confronti delle quali l’Amministrazione finanziaria ha però la facoltà di richiedere che l’ispettorato del credito accerti la reale consistenza, alla data del 28 marzo 1947, dei debiti denunciati dal contribuente».

L’onorevole Arcaini ha facoltà di svolgere questo emendamento.

ARCAINI. Illustrerò brevemente il mio emendamento a cui si sono associati molti autorevoli colleghi.

La necessità di tutelare il segreto bancario che il disegno di legge riconosce, e che gli emendamenti De Mercurio, Dugoni e compagni vorrebbero sopprimere, mentre altri, come ha fatto l’onorevole Jacini con molta efficacia, strenuamente difendono prospettando le catastrofiche conseguenze nel delicatissimo settore del risparmio con conseguenze ancora più gravi in quello del credito, ma alle quali personalmente non credo per quanto mi lascino profondamente perplesso per la gravità delle temute conseguenze, mi pare non possa concepirsi e concretarsi in formule così rigide ed integrali da offrire di fatto una zona franca in cui possano trovare sicuro asilo i possibili evasori della legge.

E poiché specialmente m’impressiona la possibilità che esiste di far apparire attraverso le banche debiti che in realtà hanno contropartite attive costituite da dossiers di titoli al portatore o conti in denaro o altre attività di pertinenza dello stesso debitore, e quindi debiti fittizi, con la conseguenza di ridurre il patrimonio decurtandolo proprio nella parte che dovrebbe essere colpita dalle più alte aliquote dell’imposta, ritengo che sia doveroso riconoscere all’Amministrazione fiscale la facoltà di accertare l’effettiva consistenza e la natura dei debiti denunciati esistenti presso le banche e le aziende di credito. Affinché l’indagine, ove occorra, sia compiuta da organo competente senza lasciar adito a dubbi ed a sospetti che l’ambiente delicato delle banche e delle aziende di credito sia aperto alle incursioni del fisco, io propongo col mio emendamento che l’indagine sia svolta dall’Ispettorato del credito che è indubbiamente l’organo idoneo, che gode alta autorità e prestigio presso le banche e le aziende di credito e che per legge ha già ampie facoltà di ispezione e di vigilanza delle aziende stesse.

Una voce a sinistra. Non funziona!

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Prego di considerare la mia come una dichiarazione di voto. Io non credo che si possa fare il paragone fra l’economia creditizia italiana e l’economia creditizia di altri paesi in materia di segreto bancario. Fra i grandi paesi del mondo, l’Italia, in materia di credito, viene ultima nella graduatoria. Per abitante, le quote di risparmio, di cui dispongono le nostre banche, ragguagliate a unità monetarie uguali, sono le più piccole fra tutti i grandi paesi civili. Questo perché? Questo perché la tradizione del credito nel nostro paese è relativamente recente; è una tradizione che non si può spingere fino agli estremi ai quali si è spinta e si spinge tuttora in altri paesi più evoluti di noi.

L’onorevole Dugoni mi consenta di ricordargli che nel 1913 noi avevamo una circolazione di biglietti di due miliardi e duecento ottantatre milioni, cioè a dire, qualche cosa che corrispondeva a cinquecento milioni di sterline di quell’epoca. La Banca d’Inghilterra, alla stessa epoca, aveva una circolazione di sterline presso a poco uguale a quella dell’Italia. Perché? Perché in Inghilterra il sistema bancario era così perfezionato, era in tutti così radicato l’uso della banca, che l’Inghilterra effettuava nove transazioni su dieci per il tramite della moneta bancaria.

Né voi potete ricordarmi il caso della Svizzera, perché io vi posso assicurare che in Isvizzera il segreto bancario è così bene assicurato che la Svizzera ha resistito alle pressioni internazionali più forti che le sono venute recentemente per appurare quanto oro, trafugato dai Paesi occupati, i tedeschi avevano nascosto presso le banche svizzere; e solo in via transattiva il Governo federale è venuto nella determinazione di riconoscere – senza precisare dove, come o quando questo oro fosse stato depositato – che una parte dell’oro era da accreditare alla Germania. Nel nostro paese, purtroppo, le condizioni sono quelle che sono, e noi dobbiamo sforzarci di modificarle in meglio; quindi io non escludo che da qui a dieci, quindici, venti anni il segreto bancario possa non essere più rispettato in Italia di quanto non sia rispettato in alcuni dei paesi nei quali il fisco ha diritto di intervenire. Ma nel momento attuale, nella situazione attuale del nostro Paese, il segreto bancario è uno degli elementi fondamentali per il funzionamento degli istituti bancari. Gli istituti bancari d’Italia in questo momento sono in una posizione di estrema delicatezza. Io non so quale sia l’alta personalità del mondo finanziario la cui voce alla Commissione di finanza avrebbe fatto ammutolire tutti. Io credo che la Commissione di finanza avrebbe potuto anche ammutolire se avesse domandato il parere non ad una tanta alta personalità bancaria, ma a tutti quelli che in questi giorni, per gli esami di maturità negli istituti tecnici, devono fare l’esame di economia politica. Immagino che queste sono cose che sanno tutti. Non c’è bisogno che vengano i grandi banchieri per fare da eminenze grigie delle Commissioni.

VERONI. È il parere della Banca d’Italia.

Una voce al centro. Potrebbe darsi che abbia fatto ammutolire dei muti.

CORBINO. Ci sarà stato qualche tecnico che avrà detto: se noi violiamo il segreto bancario succederà la catastrofe.

Naturalmente succederanno delle conseguenze, ma non succederà nessun terremoto. Se noi approveremo l’emendamento accadrà questo: la gente constaterà che il segreto bancario una prima volta è stato violato per la imposta sul patrimonio, dopodomani si farà un’imposta complementare ed in linea di eccezione violeremo il segreto bancario anche per la complementare; fra un mese, fra due o tre anni probabilmente rifaremo l’imposta sul patrimonio e continueremo a violare il segreto bancario ed allora la gente si regolerà in questo modo: non porterà il proprio denaro in deposito alle banche.

Voci a sinistra. E dove lo metterà? Il segreto bancario va bene a voi.

CORBINO. Ora, il bilancio economico delle nostre banche (non è questo un segreto per nessuno, né credo che io dicendolo contribuisca a creare uno stato di allarme) è passivo, perché la massa dei depositi non è sufficiente per compensare le enormi spese di amministrazione. Noi abbiamo imposto alle banche di assumere reduci, noi abbiamo imposto alle banche di assumere militari in congedo, combattenti, mutilati. Il personale delle banche oggi è, per lo meno, doppio di quello che occorrerebbe per una economica amministrazione dei depositi.

Ora, le banche non sono enti privati, perché di banche private in Italia ce ne sono pochissime. Le Casse di Risparmio sono enti di diritto pubblico e le grosse banche di credito, alle quali l’onorevole Pesenti voleva riservare il privilegio negativo di essere le sole sottoposte all’obbligo di aver rapporti con il fisco, come voi sapete, sono dello Stato, sono dell’I.R.I., di maniera che le passività delle banche le dovrebbero pagare quegli stessi contribuenti ai quali voi fate pagare l’imposta per un verso e i deficit delle amministrazioni bancarie che sarebbero determinati dall’applicazione dell’imposta. (Rumori a sinistra). Noi possiamo fare tutto quello che vogliamo, possiamo dire alle banche: bloccate i depositi, fate tutte le moratorie che volete. Io vorrei che tutta quella categoria di gente che crede che in questo campo si possa legiferare con grande semplicità, prendesse il potere per otto giorni e facesse tutto quello che crede di fare. Non so che cosa succederebbe al nono giorno.

Ecco perché sono contrario all’emendamento Dugoni.

Quanto all’emendamento proposto dall’onorevole Arcaini, la cosa potrebbe anche accogliersi; però, si badi bene, noi in questo momento veniamo sempre a creare un precedente di violazione del segreto bancario, sia pure attraverso l’Ispettorato del credito, sia pure attraverso misure adeguate di protezione. Ma poi, a che servirebbe l’emendamento Arcaini? A documentare il debito. Ma il debito è il contribuente che lo deve documentare: se io dichiaro che sono debitore della Banca Commerciale per un milione di lire, io devo documentare il mio debito; sono io che devo presentare il documento dal quale risulta che sono debitore al 28 marzo. Noi invece vogliamo porre l’onere della prova del debito a carico della amministrazione finanziaria…

SCOCA. Non è così. Ha diritto di controllare la dichiarazione del contribuente.

CORBINO. Il contribuente i debiti li deve documentare, tanto è vero che noi abbiamo stabilito all’articolo 27 che quando il creditore dichiara che il debito non esiste, il debito è nullo a tutti gli effetti.

La sostanza dell’emendamento non serve a niente. La forma serve soltanto ad accogliere in parte la tesi della violazione del segreto bancario. Io, in questo momento, giudico pernicioso all’economia del Paese l’accoglimento di questa tesi e quindi voterò contro l’uno e contro l’altro emendamento.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Siccome ci sono due proposte di emendamenti, quella soppressiva del capoverso dell’articolo 44, e l’altra dell’onorevole Arcaini che vuole si vada ad indagare se il debito bancario denunziato ha una contropartita attiva, e quindi se è vero o fittizio, vorrei chiedere che si sospenda per qualche minuto la discussione, naturalmente sentendo anche la Commissione ed il Governo, al fine di cercare una soluzione concordata che soddisfi tutti.

PRESIDENTE. Prima di decidere sulla proposta di sospensione dell’onorevole Scoca, vorrei sentire l’opinione del Relatore e quella del Governo. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

LA MALFA, Relatore. Prima di esprimere l’opinione della Commissione, mi sia consentito di esprimere uno stato d’animo personale: in tutta quella che è stata la discussione sulla imposta patrimoniale, mi sono trovato nella dolorosa situazione di esporre dei punti di vista che rispondono a necessità contingenti, non a mie personali convinzioni. Ciò è avvenuto a proposito del cambio della moneta (sono stato sempre strenuo difensore del cambio); ciò avviene in materia di giuramento. Ritengo che in un paese civile, che sente i problemi della vita collettiva, il giuramento ai fini fiscali debba essere senz’altro adottato. Così pure ritengo che il segreto bancario non debba essere mantenuto nei confronti del fisco. La finanza non è un problema di questo o quell’individuo, ma interessa tutta la collettività e quindi lo Stato deve avere i mezzi d’accertamento necessari per stabilire quale è la reale condizione del contribuente. Lo Stato deve arrivare a questo risultato, senza di che non si ha una finanza moderna, cioè non si ha una finanza democratica.

Capirete così il mio imbarazzo: avendo questa visione dei problemi della finanza moderna, mi sono trovato coi colleghi ad esaminare un progetto di imposta al quale mancavano alcuni presupposti. Non voglio tornare sulla questione del cambio della moneta, circa la quale mi sono trovato in contrasto contingente con alcuni amici di partito. È certo che dall’abbandono del cambio della moneta, sono derivate conseguenze assai gravi. Vorrei dire che quando l’amico e collega Corbino rileva che il sistema creditizio di altri paesi è molto più sviluppato che in Italia, e fa un rapporto fra la circolazione e il volume del credito in Inghilterra, dà la conferma della necessità che avrebbe avuto l’Italia di fare il cambio della moneta. Se in Italia si detiene la moneta, vuol dire che il mezzo di scambio è ancora la moneta, s’intende non la moneta creditizia. È chiaro che se vogliamo tassare i patrimoni mobiliari e naturalmente prima di tassarli, li dobbiamo accertare, dobbiamo avere come punto di partenza il cambio. Non voglio tornare su una vecchia polemica. Caduto il cambio, la legge ha zoppicato ed abbiamo dovuto esaminare appunto una situazione zoppicante.

Dopo questa necessaria premessa, vengo alla questione del segreto bancario. Una conseguenza della caduta del cambio è che noi, abolendo il segreto bancario, andiamo a colpire i depositi che, nell’ordine dei valori mobiliari tassabili, sono i meno meritevoli di essere tassati. Quando parliamo di colpire i «borsari neri» noi intendiamo colpirli nell’accantonamento di moneta, frutto delle loro speculazioni immediate. Ma avendo abbandonato il cambio, abbiamo abbandonato la sola concreta possibilità di colpire i «borsari neri».

Escludendo la moneta e accertando i depositi, direi che abbiamo tolto dalla catena l’elemento più tassabile. Se tassiamo i depositi, possiamo escludere i titoli al portatore ed i titoli di Stato? Non li possiamo escludere, ed andiamo in un campo in cui commettiamo una maggiore ingiustizia fiscale, perché i titoli di Stato sono quelli che hanno subito il maggior danno dalla svalutazione. Questo sistema di cadute a catena io già ebbi occasione d’illustrarlo nella relazione agli onorevoli colleghi. Caduto un pilastro, ne cade un altro. Venuta la questione del segreto bancario, la Commissione ha detto: caduta la moneta, vediamo di arrestare ulteriori cadute e cerchiamo di prendere in considerazione i depositi bancari. L’argomentazione della Commissione è stata perfettamente obiettiva e, del resto, gli onorevoli colleghi hanno potuto non so se condannare od elogiare il rigido spirito fiscale della Commissione, che d’altra parte non poteva essere diverso.

La Commissione, come dicevo, rispetto a questo problema si è messa in condizione di estrema obiettività, senza preconcetti. Siccome nella quasi totalità la Commissione era favorevole al cambio, ha detto: una volta caduto il cambio della moneta, vediamo di non lasciare sfuggire i depositi bancari. (Interruzione dell’onorevole Corbino).

Onorevole Corbino, non è che ci siano state delle eminenze grigie. La Commissione, di fronte a un problema così grave, ha pregato il Ministro Campilli di manifestare l’opinione del Governo, che era un elemento necessario di giudizio. Non solo, ma siccome responsabile tecnicamente della politica creditizia del Paese è, finché c’è un Governatore della Banca d’Italia, il Governatore della Banca d’Italia, la Commissione ha pregato il Ministro di accertare formalmente il pensiero del Governatore. Ed ha voluto una manifestazione formale, cioè una lettera.

Il Ministro, in base alla lettera del Governatore, ha dichiarato che il Governo riteneva di non dover violare il segreto bancario. Che importanza ha questo dato di fatto? Evidentemente la questione della abolizione o meno del segreto bancario deve essere ponderata, come doveva essere pesata la questione del cambio della moneta. Ripeto, ero favorevole al cambio ma ad un certo punto ho dovuto negare la possibilità di farlo. La valutazione psicologica, l’apprezzamento delle condizioni del mercato, delle reazioni del mercato, sono dati di fatto che il Governo ed il Governatore della Banca d’Italia soltanto possono avere. Noi possiamo non credere a questa opinione del Governo e del Governatore della Banca d’Italia, ma dobbiamo accertarla perché è un elemento tecnico indispensabile. Noi abbiamo così accertata una opinione sfavorevole alla violazione del segreto bancario.

Prego l’Assemblea di tener conto di questo: se noi non facessimo oggi una lotta contro l’inflazione, e dovessimo violare il segreto bancario, in un momento in cui non si tratta di difendere la moneta, ma di applicare inflessibilmente un tributo (non in tutti i Paesi l’imposta ha scopo antinflazionistico), se noi non avessimo il dovere di combattere l’inflazione, non esisterebbe secondo me – e dissento da Corbino e Jacini – nessun problema. Ma quando si tratta di frenare la spinta speculativa, violando il segreto bancario, determiniamo una situazione di mercato contraria ai nostri fini. Prendendo questa decisione, la prendiamo a favore del nostro avversario, ed il nostro avversario è la speculazione inflazionistica.

Questo è un dato che, dal punto di vista della violazione del segreto bancario, bisogna tener presente. Non bisogna fare operazioni passive, per lo scopo della nostra battaglia e per l’obiettivo che vogliamo raggiungere. Se riteniamo che non ci sia un effetto inflazionistico, nel senso che si determini un panico fra i risparmiatori, possiamo tranquillamente violare il segreto bancario; se invece temiamo che ci sia, allora bisogna agire diversamente.

Debbo soggiungere che sulla materia del segreto bancario la Commissione si è divisa; ed io, all’infuori dei miei sentimenti personali, esprimo quella che è l’opinione della maggioranza. L’opinione della maggioranza si adeguò al giudizio tecnico del Ministro. Si disse: se il Governo si assume la responsabilità di non violare il segreto bancario, la Commissione non può andare oltre, ma deve prospettare all’Assemblea la situazione, in maniera che ciascuno possa assumere le proprie responsabilità.

Anche dopo avere riesaminata la questione in sede di emendamenti, la Commissione ha ritenuto di mantenere il suo giudizio, ed ha conservato la sua opposizione agli ordini del giorno De Mercurio, Pesenti-Scoccimarro ed altri.

Il pensiero della Commissione è invece favorevole all’emendamento Arcaini, che implica il giusto diritto di andare a vedere che cosa avviene nelle banche. Come abbiamo visto in materia di prestito della ricostruzione, c’è la possibilità che si siano fatte operazioni fittizie, ed è giusto che la finanza abbia una possibilità di controllo attraverso l’Ispettorato del credito. L’Ispettorato del credito, messo di fronte a questa responsabilità, farà il proprio dovere.

In quanto all’emendamento dell’onorevole Micheli, la Commissione è contraria al suo accoglimento perché, dato le circostanze in cui si crea l’imposta, si determinerebbe una condizione di privilegio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Quando il Governo del tempo, all’unanimità, ritenne di rispettare il segreto bancario, inserendo nell’articolo 44 l’ultimo comma di cui discutiamo, evidentemente non poteva non riferirsi a considerazioni di ordine tecnico attinenti genericamente alla politica monetaria ed economica. Il Governo attuale si è trovato dinanzi ad una legge non sua e per la quale attende dall’Assemblea un contributo di miglioramento e di perfezionamento; comunque esso ritiene che non siano venute meno le ragioni per cui si è inserito allora l’ultimo comma dell’articolo 44.

Ed è per questo che io non posso dare parere favorevole all’emendamento Dugoni.

Desidererei però, come contributo eminentemente pratico – poiché, tante volte, in questo nostro simpatico Paese, sul piano tributario, facciamo molte magnifiche disquisizioni di ordine teorico per avere in partenza la legge più perfetta possibile, senza preoccuparci troppo di quello che avverrà in sede di applicazione pratica di quel determinato tributo – desidererei che il problema dei depositi bancari venisse esaminato al lume di queste semplici considerazioni.

I titolari dei depositi possono appartenere all’una o all’altra delle seguenti categorie:

1°) Enti morali: credo che possiamo trascurare questa categoria, perché sappiamo che gli Enti morali sono assai più carichi di debiti che non titolari di depositi.

2°) Società azionarie quotate in borsa. Sia chiaro che per queste società la questione non ha alcuna importanza, poiché, ai fini della valutazione dei titoli si tiene conto della quotazione di borsa, e perciò i depositi di quelle determinate società sono automaticamente assorbiti, sul piano pratico, attraverso alla quotazione di mercato.

3°) Imprese industriali e commerciali azionarie, non quotate in borsa, oppure aventi altra forma giuridica di società di persone o imprese individuali.

Sul piano pratico avverrà – ed è opportuno che così avvenga in omaggio a quei principî di semplificazione nell’applicazione dell’imposta, che sono stati adottati per la valutazione dei terpeni e dei fabbricati – avverrà che, tramite probabilmente un organo da costituire con tutte le idonee garanzie, si stabiliranno, settore per settore, criteri e coefficienti per la valutazione di quelle determinato imprese.

Cosicché per tutti questi settori la questione dei depositi bancari avrà una importanza pratica pressoché nulla.

Quindi, la vera questione del censimento dei depositi bancari riflette la categoria residuale dei depositanti, che non sono né commercianti, né industriali, né società azionarie quotate in Borsa, né enti morali.

Queste sono le dimensioni pratiche del problema, onorevoli colleghi: esso si limita ai depositi appartenenti ai cosiddetti privati.

Ora, io non so se questa zona sia così notevole, sia così interessante per l’Amministrazione finanziaria da poter postulare un problema della violazione del segreto bancario, perché è la zona di tutti i piccoli depositanti, è la zona di quei libretti al portatore che, se anche hanno avuto origine presso categorie di speculatori, non facciamoci illusioni, al momento in cui avremo escogitato il sistema più perfetto per afferrarli, ci si presenteranno suddivisi su moltissime teste, cosicché proprio in quel momento in cui vorremo combattere una evasione, inconsapevolmente avremo creato proprio noi una evasione ancora maggiore. Vi è, però, un aspetto di questo controllo bancario, che è stato portato alla ribalta dall’emendamento Arcaini, cioè vi possono essere dei debiti bancari i quali hanno un loro corrispettivo in un altro conto bancario attivo.

A questo riguardo, ho già avuto occasione di far presente (in sede di illustrazione dell’articolo 27 se non erro) che l’Amministrazione finanziaria non si accontenterà di una semplice dichiarazione di debito alla data stabilita; la legge prescrive l’obbligo della presentazione di copia degli estratti-conto; e noi sappiamo che la lettura degli estratti-conto, se verrà eseguita con una certa intelligenza, è già di per sé una fonte tecnicamente idonea ad individuare la nascita di qualche contropartita fittizia.

Se tuttavia l’onorevole Arcaini ritiene che questo suo emendamento possa venire incontro in qualche modo alle preoccupazioni dell’Assemblea di colpire i debiti simulati, il Governo non ha difficoltà a rimettersi a quello che l’Assemblea deciderà al riguardo.

CHIOSTERGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIOSTERGI. Desidero prendere brevemente la parola per far considerare che se, a nome degli amici repubblicani, ritirai l’ordine del giorno relativo al cambio della moneta, tale mio gesto era condizionato appunto a certe misure che permettessero una maggiore perequazione nell’applicazione dell’imposta patrimoniale. Ora, è questo uno dei casi più patenti ed è per questo che riteniamo sia doveroso da parte nostra, da parte del gruppo repubblicano, di insistere e di appoggiare con tutte le nostre forze la proposta dell’onorevole De Mercurio intesa alla soppressione del secondo comma dell’articolo.

Noi ritorneremo dunque sempre all’attacco su queste posizioni, poiché altrimenti noi avremmo giuocato un giuoco poco simpatico a coloro i quali ci hanno conferito il preciso mandato di sostenere questa posizione.

ZERBI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZERBI. Vorrei permettermi un breve chiarimento realistico, che valga ad eliminare dalle determinanti della imminente votazione quella che, a modesto parer imo, è per gran parte un’ombra senza corpo.

Se non ho mal compreso, da parte di taluni dei colleghi che hanno precedentemente parlato, si ritiene che la soppressione del segreto bancario proposta dall’onorevole Dugoni, soprattutto in quanto consentirebbe d’indagare sui depositi, renderebbe possibile di perseguire efficacemente i capitati di malo acquisto di molti speculatori. Senonché la speranza di cogliere gli speculatori in credito verso banche è per lo meno tanto tenue da imporci di ponderare meditatamente se essa valga il prezzo del sicuro gravissimo turbamento che la proposta abolizione del segreto bancario prospetta.

Ma io vorrei chiedere in sostanza: credete voi davvero che coloro che noi ci sforziamo di perseguire fiscalmente siano stati così ingenui da tenere delle larghe disponibilità presso le banche? (Commenti).

Specie in tempi di prezzi rapidamente crescenti come quelli che ci affliggono, gli speculatori ben si guarderebbero dal lasciare giacenti in banca delle proprie disponibilità, poiché la convenienza economica li pungola a investire assiduamente in beni reali tutti i propri capitali e ad incrementare tali propri investimenti con tutto il credito bancario e non bancario che a loro riesca di ottenere. È di ovvia evidenza, in tempi come quelli che attraversiamo, che l’interesse stesso di coloro che noi ci proponiamo di perseguire fiscalmente, anche con l’abolizione del segreto bancario, li porta a non essere creditori delle banche, ma bensì debitori delle banche medesime. (Commenti).

Se una breccia dovessimo ritenere conveniente di aprire nelle inviolate mura del segreto bancario, questa dovrebbe essere aperta dal lato delle operazioni attive di banca, al limitato intento di consentire indagini su passività dei contribuenti sospettate artificiose e collegate a non denunciate attività. Anche tale breccia andrebbe praticata in misura e con strumenti che non provochino crepe o rotture pericolose nel delicato congegno bancario e nell’ipersensibile mondo dei risparmiatori, soprattutto dei piccoli. Dell’una e dell’altra esigenza parmi preoccupato l’onorevole Arcaini, il quale, con opportune cautele, si appunta realisticamente sul caso di partite passive sospette di avere delle contropartite attive.

È per questi motivi che io, onorevoli colleghi, ritengo che noi dovremmo respingere l’emendamento dell’onorevole Dugoni ed accogliere, semmai, quello dell’onorevole Arcaini.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

Voci a sinistra. Ai voti! Ai voti!

PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Sono dolente di dover interloquire in questa discussione di competenti e di tecnici, ma io sono un po’ chiamato in causa, perché ho presentato un emendamento all’articolo 54.

PRESIDENTE. Onorevole Caroleo, ne parlerà al momento opportuno.

CAROLEO. Volevo dire questo che, in sostanza, siamo qui di fronte ad un grave problema di giustizia tributaria. Nella Carta costituzionale siamo arrivati a superare il domicilio individuale, quel tale diritto sacro all’uomo, e, anche nei confronti dei professionisti, voi ricordate che si è stabilito il principio che si può andare a frugare anche fra i loro documenti, per questo dovere di rispondere a quelle che sono le esigenze della finanza dello Stato.

Noi qui ci troviamo dinanzi ad una legge estremamente grave; quindi non possiamo assolutamente preoccuparci delle formule di ieri, di oggi e di domani. Tutti devono pagare. Qui la legge, come è congegnata, ha detto bene l’onorevole Dugoni, tende a colpire soltanto i proprietari di immobili, a cui si mettono perfino fittiziamente i soldi in tasca, perché il fisco abbia diritto di reclamarli. Perché, come dicevo l’altro ieri, nei riguardi dei proprietari di fabbricati bloccati, si arriva a presumere per questi signori delle quote di mobilio e di denaro, che non hanno mai avuto. Ora, di fronte a questo, un senso elementare di giustizia tributaria, in questo momento eccezionale della vita del nostro Paese, esige che anche i possessori di denaro, e tutti i possessori di denaro, paghino. (Applausi a sinistra).

La data è quella del 28 marzo 1947; quindi nessuna preoccupazione per la funzione creditizia avvenire. È una data-catenaccio che ha bloccato i valori immobiliari, per cui non c’era necessità di blocco, data la rigorosa vigilanza del settore delle imposte coi catasti e registri censuari. La data di blocco doveva unicamente funzionare nei riguardi dei possessori di denaro. E come noi potremmo colpirli, se non daremo almeno alla finanza questo diritto di controllo?

Mi sorprende che l’onorevole Ministro delle finanze abbia messo avanti degli argomenti, che io, modestamente, non posso condividere. Si afferma che sono pochi i risparmiatori delle banche; ebbene, in tal caso, questo provvedimento avrà limitate conseguenze. Ma siccome noi pensiamo – come molti di questa Assemblea pensano – che i possessori di denaro siano parecchi – e sono i cosiddetti «borsari neri» – non c’è altro modo di colpirli che l’indagine bancaria.

Per queste ragioni voterò a favore. (Applausi a sinistra).

Voci al centro. Ai voti! Ai voti!

PRESIDENTE. C’è una proposta dell’onorevole Scoca di rinviare…

Voci a sinistra. No! No!

PRESIDENTE. Dovrò mettere ai voti tale proposta.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Qui sono state prospettate due questioni: la questione del cambio della moneta e la questione del segreto bancario, che non possono essere lasciate insolute fino a domani.

Io mi permetto di ricordare agli amici proponenti che, quando l’altra volta questa stessa proposta fu fatta qui, fuori di qui vi furono delle manovre speculative. E noi non dobbiamo prestarci a questo giuoco. (Commenti).

Insisto quindi per una decisione immediata.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro di pronunciarsi.

PELLA, Ministro delle finanze. Prego l’onorevole Scoca – per le considerazioni che ha svolto l’onorevole Corbino e che in questo momento il Governo fa proprie – di rinunciare alla sua proposta di sospensiva o di rinvio.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Signor Presidente, io non avevo chiesto la sospensiva nel significato che è stato inteso. Io avevo chiesto – ed i colleghi che mi hanno udito possono testimoniarlo – la sospensione per cinque minuti al solo scopo di trovare una soluzione concordata. (Commenti). Anch’io sono del parere che in una questione così delicata non conviene rimandare i lavori a domani, ma conviene decidere subito.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo allora alla votazione. Avverto l’Assemblea che sull’emendamento De Mercurio, soppressivo del secondo comma dell’articolo, vi è una domanda di votazione per appello nominale, firmata dagli onorevoli Valmarana, Perlingieri, Fuschini, Tosi, Cremaschi Carlo, Rescigno, Bosco Lucarelli, Cavalli, Arcaini, Angelini, Morelli Luigi, Cappi e Malvestiti.

Sulla soppressione del comma dell’articolo altra richiesta di votazione per appello nominale è pervenuta dagli onorevoli De Mercurio, Romita, Stampacchia, Bellusci, Rossi Paolo, Macrelli, De Vita, Nasi, Vigorelli, Capolari, Arata, Cianca, Cevolotto, Pieri, Foa, Morini.

È però pervenuta anche una richiesta di votazione a scrutinio segreto, che reca le firme degli onorevoli Chieffi, Cremaschi Carlo, Giordani, Medi, Nicotra Maria, Clerici, Mortati, Foresi, Castelli Avolio, Fabriani, De Palma, Mastino Gesumino, Lazzati, Angelini, Adonnino, Monticelli, Chatrian, Vanoni, Morelli Luigi e Zerbi.

Nella concorrenza delle due domande di votazione, quella a scrutinio segreto ha la precedenza.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento De Mercurio soppressivo dell’ultimo comma dell’articolo 44.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione segreta.

Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti     342

Maggioranza           172

Voti favorevoli        159

Voti contrari           183

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Belotti – Benedetti – Bernamonti – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonino – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti Bruschi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Borato.

Caccuri – Cairo – Calamandrei – Camposarcuno – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Caprani – Carbonari – Carboni Enrico – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Cartia – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cavallotti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Giovanni – Di Vittorio – D’Onofrio – Dugoni.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Faccio – Fanfani – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gatta – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghislandi – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giua – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grazia Verenin – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Iotti Leonilde.

Jacini – Jacometti – Jervolino.

Laconi – La Malfa – La Pira – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longo – Lozza.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Marazza – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Martinelli – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazza – Mentasti – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Musolino.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Noce Teresa – Novella.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pallastrelli – Paolucci – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Penna Ottavia – Pera – Perlingieri – Pertini Sandro – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Platone – Ponti – Pratolongo – Pressinotti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci.

Quintieri Adolfo.

Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Ruggeri Luigi – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Segala – Segni – Sicignano – Silipo – Spallicci – Spataro – Stampacchia.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tonello – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tupini.

Uberti.

Valenti – Valiani – Valmarana – Vaironi – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zappelli – Zerbi.

Sono in congedo:

Bassano – Bellavista – Bernabei – Bianchi Costantino.

Carratelli.

Ferrarese – Fogagnolo.

Galioto.

Lombardo Ivan Matteo.

Matteotti Matteo – Musotto.

Raimondi – Ravagnan.

Saragat.

Tomba.

Rinvio il seguito della discussione ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.