Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 16 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CLXXXVII.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 16 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente

Scelba, Ministro dell’interno

Benedetti

Monticelli

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

Presidente

Tozzi Condivi

La Malfa, Relatore

Pella, Ministro delle finanze

Bosco Lucarelli

Crispo

Rescigno

Perrone Capano

Micheli

Scoccimarro

Lombardi Riccardo

Valiani

Corbino

Veroni

Fabbri

Cappi

Dugoni

Caroleo

Zerbi

Mastino Gesumino

Camposarcuno

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Presentazione di relazioni:

Presidente

Di Giovanni, Presidente della Commissione per l’esame delle autorizzazioni a procedere in giudizio

La seduta comincia alle 10.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Svolgimento della seguente interrogazione:

Benedetti, al Ministro dell’interno «per conoscere le disposizioni che intende impartire al fine di reprimere i giuochi d’azzardo».

L’onorevole Monticelli, per parte sua, ha fatto pervenire alla Presidenza una interrogazione sullo stesso argomento così concepita:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se, dopo la revoca delle autorizzazioni all’esercizio delle case da gioco, non ritenga necessario impedire che il gioco d’azzardo prosegua, camuffato sotto altre insegne, senza alcuna modalità e garanzia, dando luogo a losche speculazioni e sottraendo allo Stato e agli enti di assistenza ingenti entrate».

Trattandosi di materia analoga, le due interrogazioni saranno svolte congiuntamente.

Il Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, come loro sanno la materia dei giochi di azzardo è regolata dal Codice penale che all’articolo 718 ne sancisce appunto il divieto. Ed allorché il regime fascista volle inaugurare la politica delle case da gioco, dovette fare ricorso a una legge speciale; e con leggi speciali sono stati istituiti il Casinò di Venezia e quello di San Remo. Successivamente, dagli alleati, fu dato vita al Casinò di Campione.

La politica contraria alla istituzione di altre case da gioco è stata ripetutamente affermata da tutti i Governi di cui ho fatto parte, col voto di tutti i Ministri senza distinzione di colore politico. Questa politica attuale il Governo intende per suo conto continuare. Quindi non è in facoltà del Ministro dell’interno di derogare alla legge penale, ma spetterebbe, caso mai, al Governo con una legge, di proporre l’eventuale istituzione di case da gioco.

Al Ministro dell’interno spetta unicamente il compito ed il dovere, attraverso i suoi organi periferici e centrali, di vigilare perché le contravvenzioni alla legge penale siano ridotte al minimo e comunque siano perseguiti i contravventori alla legge penale. È questo che io vado facendo dal giorno in cui sono entrato al Ministero dell’interno. È infatti continuo, direi quasi quotidiano, l’intervento del Ministero dell’interno per reprimere queste manifestazioni di illegalità tipiche dei periodi di disquilibrio morale dei dopo guerra. Gente che cerca di divertirsi e soprattutto di fare facile fortuna nel gioco. Non c’è, si può dire, grande città d’Italia in cui un compiacente circolo per stranieri o qualche altra cosa del genere, non dia ospitalità e ricetto a gente che desidera fare facile fortuna.

I motivi a cui si ricorre per sollecitare autorizzazioni al gioco sono sempre nobili, alti: e in modo particolare s’invocano le esigenze dell’assistenza. In realtà, oggi, pullula una massa di biscazzieri che cerca di trarre lauti profitti dalla situazione e in cui la parte destinata all’assistenza è una misera parte; mentre i più alti profitti vengono fatti proprio dai biscazzieri di professione o da biscazzieri improvvisati.

Contro l’attività di questi autentici manigoldi, l’intervento del Ministero dell’interno è quotidiano. Io potrei citare all’Assemblea tutti i telegrammi che il Ministero dell’interno quasi quotidianamente manda (ma affliggerei l’Assemblea se dovessi leggere questi telegrammi) non soltanto per ricordare la norma generale del divieto di case da gioco, ma anche per intervenire singolarmente su denunce anche anonime; e spesse volte le denunce trovano convalida nei fatti che da tutte le parti vengono segnalati al Ministero dell’interno.

Basta una semplice segnalazione perché il Ministero dell’interno richiami l’attenzione delle Prefetture, delle Questure e l’attività dei carabinieri perché si reprima una forma di violazione così palese alla legge penale.

Mi limito a citare la disposizione di carattere generale. È del 17 febbraio la prima norma. Appena arrivai al Ministero dell’interno trovai che era in corso una grande concessione in tutta Italia del famoso «Tiro o lancio 900». Era un vero e proprio giuoco d’azzardo, mascherato a favore di enti ed associazioni di reduci o partigiani. Le proteste arrivavano anche da parte di padri e madri di famiglia, che vedevano sciupare dai loro figli il magro salario, la sera, in questi giochetti sparsi in tutti i caffè. Ed appena arrivato al Ministero ed avuta conoscenza di queste concessioni, inviai a tutti i prefetti una circolare del seguente tenore: «Pregasi disporre revoca con effetto immediato, ecc. I contravventori dovranno essere rigorosamente perseguiti. Rinnovasi raccomandazione ove esercizio gioco d’azzardo continui…, ecc.».

E successivamente, poiché enti ed associazioni reclamavano che potesse essere consentita la proroga delle licenze già concesse, con altro telegramma intervenivo perché i provvedimenti di revoca dovesse considerarsi definitivo.

Altre circolari sono state mandate per giochi particolari perché tutti questo giochi camuffati comunque, in realtà, mascherano giochi di azzardo. C’è un elenco di comuni in cui l’intervento ha avuto esito positivo. I più recenti centri in cui ciò è avvenuto sono Carrara, Milano, Modena, Reggio Emilia, Parma, Venezia, Genova, Lucca. Ad Alassio, la polizia ha effettuato una sorpresa nel Circolo Orientale; è stata elevata contravvenzione, sono state arrestate numerose persone e sono state sequestrate somme di denaro. E così a Milano e a Genova, dove sono state denunciate ultimamente 34 persone. Quindi l’opera dei Governo in questo campo è continua e sollecita.

Non posso garantire, anzi non vi garantisco affatto che le bische non ci siano più in Italia. Non garantisco affatto che le Questure compiano tutte il loro dovere in materia, perché purtroppo la forza del denaro raggiunge anche centri ed uffici che dovrebbero essere i più insospettabili. Io posso assicurare l’Assemblea di aver avvertito i questori che se risulteranno non dico delle connivenze che rappresenterebbero già un reato, ma semplici negligenze, saranno presi provvedimenti rigorosissimi. Oggi s’invoca dal Ministro dell’interno che egli chiuda gli occhi, perché nel passato si chiudevano uno e spesso tutti e due; si chiede al Ministero dell’interno che si continui in questa politica. Io questa politica non me la sento di fare, perché allora tanto vale che lo Stato regoli la materia; e se ci sono utili vadano a finire allo Stato o alle organizzazioni di assistenza; mentre con la politica di chiudere gli occhi, gli utili vanno a speculatori privati.

DUGONI. Ci parli del Casinò di Venezia e di quello di Saint Vincent.

SCELBA, Ministro dell’interno. Parlerò anche di questi. Ho avvertito i questori che risponderanno personalmente e che non mi limiterò, nel caso in cui sia accertata la loro compiacenza, al collocamento a riposo, ma procederò denunziandoli all’autorità giudiziaria. Questo è il pensiero del Ministero dell’interno, e questa è la politica che facciamo in tutta Italia. Le disposizioni valgono anche per la Val d’Aosta.

VERONI. Ma a San Remo si gioca.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non si gioca soltanto a San Remo, immagino, ma si gioca anche in altre città d’Italia. Ieri a Milano, al prefetto, ho dato ordine che facesse chiudere una casa da gioco. Si sono quasi ribellati all’ordine del prefetto e questi mi ha fatto capire che l’esecuzione dell’ordine del Ministro avrebbe potuto anche pregiudicare l’ordine pubblico.

Siamo arrivati a questo punto in Italia: che si pregiudica l’ordine pubblico, se si chiede l’osservanza di una legge! Questa è una mentalità, che deriva dal malcostume passato; mentalità molto difficile a correggere, anche in funzionari. Ai prefetti sono state mandate circolari perentorie e tassative. Nonostante questo, per esempio, il prefetto di Torino, al quale domandavo perché non chiudeva il casinò di San Mauro, mi rispondeva che in altre parti d’Italia erano state date autorizzazioni per l’apertura di case da gioco. Ora, come può un prefetto, nello stesso momento in cui il Ministro dell’interno conduce una politica contro i giuochi d’azzardo, pensare che il Ministro dell’interno stesso o altra autorità, ammesso che esista, possa concedere autorizzazioni contrarie?

Io non ho mai voluto ricevere nessuna commissione, per quanto raccomandata da personalità influenti, che voleva trattare questa materia; perché in questa materia è facile il sospetto che, anche soltanto a chiudere gli occhi, ci si guadagni qualche cosa, se non personalmente, per il proprio partito.

Nonostante tutte le circolari diramate e gli ordini impartiti, i prefetti quasi non credono a questa politica; e dicono: «in altre provincie è stata data l’autorizzazione». Non è vero; sono i sotterfugi, cui ricorrono i richiedenti, per sollecitare dai prefetti l’autorizzazione.

TONELLO. Siete un Governo autorevole!

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Prima di lui chi c’era?

SCELBA, Ministro dell’interno. Io potrei dire questo all’onorevole Tonello: che, da quando è Ministro dell’interno un democratico cristiano, le case da giuoco in Italia sono perseguitate spietatamente. Non sono in grado di affermare altrettanto per il passato; ma, dal comportamento attuale dei prefetti, i quali quasi non credono alla serietà delle istruzioni del Ministro dell’interno, presumo che nel passato ci sia stata molta larghezza; non fosse altro perché gli organi di polizia, impegnati in altri campi, non potevano dedicarsi alla repressione di questa particolare violazione della legge penale.

Una voce a sinistra. E la Sisal?

SCELBA, Ministro dell’interno. Alla Sisal la concessione è stata data, prima che io fossi al Ministero dell’interno, con regolare autorizzazione rilasciata dai Ministri dell’interno e delle finanze. Se qualcosa l’attuale Ministro dell’interno ha fatto è questa: ha richiamato l’attenzione del Ministro delle finanze sulla inopportunità di rinnovare una concessione che ha assicurato ad una organizzazione privata, per quanto importante, utili che si aggirano sul miliardo. Quest’opera è documentabile.

Le disposizioni impartite riguardano anche la Val d’Aosta. Ma, purtroppo, l’onorevole Dugoni sa qual è la situazione in Val d’Aosta.

VERONI. C’è l’autonomia regionale.

SCELBA, Ministro dell’interno. Si tratta di un problema molto delicato.

A parte l’esistenza di uno statuto speciale per la Val d’Aosta, per considerazioni politiche di carattere generale, in quella regione si è dovuta usare molta larghezza in tutti i campi.

Comunque, non esiste nessuna autorizzazione per quanto riguardo il Ministro dell’interno; e disposizioni sono state impartite perché anche quella casa da giuoco che, badate bene, funziona clandestinamente, possa essere chiusa.

Se l’Assemblea – come mi auguro – mi sorreggerà in questa politica e mi autorizza perché io continui su questa direttiva, sono convinto di poter proseguire con maggiore influenza e maggiore autorità la repressione delle case da giuoco, che costituisce una delle mie preoccupazioni.

BULLONI. Tutte le case da giuoco, però!

TONELLO. Anche il Casinò di Venezia, tenuto dai democristiani! (Rumori al centro).

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevole Tonello! Ho già accennato che il fascismo, quando ha instaurato la politica dei «casinò», ha modificato il Codice penale con una legge…

BULLONI. Signor Ministro, è in errore. Non è vero: legga pure il testo della legge e vedrà che è in errore.

SCELBA, Ministro dell’interno. Le posso accennare il testo della legge con cui il fascismo ha istituito, sulla base dei regi decreti-legge 22 dicembre 1927, n. 244, 2 marzo 1933, n. 201, e 18 luglio 1936, n. 1414, rispettivamente i casinò municipali di San Remo, di Venezia e di Campione. Sono tre regi decreti-legge con…

BULLONI. È un errore: bisogna leggere il testo del decreto e non il riassunto!

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevole Bulloni, non spetta al Ministro dell’interno rendersi promotore dell’abrogazione di una legge vigente.

BULLONI. Ma spetta al Ministro dell’interno rendersi garante dell’applicazione dell’articolo 718 del Codice penale. Sì! Perché l’Italia è una ed il Codice penale vige anche a Venezia, a San Remo e a Campione: finché saranno tollerati questi abusi, non si potranno reprimere gli altri abusi denunciati dal signor Ministro. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Sarei lieto se l’Assemblea, facendosi iniziatrice di una proposta di legge in materia, abolisse anche i Casinò di Venezia, di San Remo e di Campione, perché in questo caso darei senz’altro voto favorevole. Ripeto, però, non è questo compito del Ministro dell’interno, di rendersi promotore dell’abrogazione di un decreto-legge vigente, ma solo quello di impedire che altre violazioni siano compiute in danno della legge. (Commenti e rumori a sinistra).

PRESIDENTE. L’onorevole Benedetti, interrogante, ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

BENEDETTI. Signor Presidente! Non ho l’abitudine di abusare molto della pazienza dell’Assemblea. Le sarei assai grato se volesse concedermi qualche minuto.

PRESIDENTE. Cinque minuti, onorevole Benedetti!

BENEDETTI. Un anno fa, a metà luglio del 1946, insieme con altri colleghi, gli onorevoli Covelli, Crispo, Vito Reale e Lombardi, il compianto collega socialista, presentai una interpellanza che credo opportuno rileggere: «per conoscere: a) i motivi che lo indussero (naturalmente ci si rivolge al Ministro dell’interno) a concedere e poi a revocare l’autorizzazione all’esercizio di case da giuoco; b) le ragioni per cui queste autorizzazioni sarebbero, secondo notizie della stampa, nuovamente concesse. Gli interpellanti chiedono altresì al Ministro dell’interno di voler comunicare con quali modalità e garanzie sono regolate queste concessioni che si possono prestare a speculazioni losche». Ricordo l’interpellanza, per rilevare che rimase oltre un anno senza risposta e senza eco di provvedimenti di Governo.

Non ho nessuna ragione per far torto a lei, onorevole Ministro, per la mancata risposta, perché lei, il quel momento, non reggeva il Ministero dell’interno. Rilevo soltanto che si è acuito il male che già era denunciato fin dall’anno scorso, mentre forse tempestivi provvedimenti ne avrebbero evitato il dilagare.

Io devo ringraziarla, onorevole Ministro, innanzi tutto, della cortesia e della prontezza con le quali ha risposto all’interrogazione attuale. Il suo sistema è migliore di quello del suo predecessore che non rispose alla mia interpellanza; le sono grato di questa sua diligenza.

Nel presentare la mia interrogazione non sono stato mosso affatto dal desiderio di stimolare lei, affinché faccia più di quello che fa, ma soltanto dal desiderio di aiutarla. Io non saprei esortarla, perché lei già fa tutto il possibile per reprimere il giuoco. Intendo aiutarla, perché sento dalla sua stessa voce che lei dispone e nessuno obbedisce alle sue istruzioni. Queste sono le sue dichiarazioni, onorevole Ministro! E sono appunto le sue dichiarazioni che mi rafforzano nel proposito di venirle in aiuto. L’opinione pubblica è turbata da questa forma di attività, basata sul vizio, che abbassa il livello morale della Nazione.

Io le ho rivolto la mia interrogazione per confortarla del consenso, che le esprimo, dell’opinione pubblica, solidale con lei; e rendere evidente l’atteggiamento dei colleghi, i quali stanno dimostrando di approvare completamente le mie parole. A me interessa che si ponga un rimedio al male. Lei ha detto che il prestigio del Ministero dell’interno è ridotto a zero per la disobbedienza forse non disinteressata degli organi periferici. Quindi, bisogna approvare qui lei, e con lei, difendere il prestigio dello Stato. Che cosa è successo per queste case da giuoco? Non sono mai stato in vita mia in una casa da gioco e non ho preso mai in mano un mazzo di carte nemmeno per giocare a scopone. (Commenti). Ma nella mia circoscrizione elettorale esistono tre case da gioco, le quali appestano tutto l’ambiente, di modo che, per opera di quelli che vivono in queste case da gioco, non si capisce più chi è persona per bene e chi no, chi lavora e vive di lavoro onesto, e chi vive ai margini di una attività illecita.

In che forma si esercita questa attività? Prima esistevano le case da giuoco controllate, quelle che si chiamavano «Casinò», ed esistevano anche le case da giuoco clandestine, le quali erano represse dalla legge. Il «Casinò» era un ambiente dove tutti andavano, dove era consentito recarsi apertamente e dove esisteva anche una vigilanza da parte dell’autorità; le case clandestine invece sono quelle non controllate, che corrono il rischio della sorpresa e quindi dell’arresto dei giocatori, ma nelle quali sono possibili tutte le cose illecite, perché non c’è nessuna vigilanza.

Voi avete lasciato che si creasse un sistema nuovo. Pullulano ormai ovunque istituti intermedi tra il Casinò e la bisca clandestina, i quali beneficiano dei vantaggi dell’un sistema e dell’altro senza sopportare gli svantaggi né dell’uno né dell’altro.

Voi avete lasciato sorgere i cosidetti Circoli ricreativi, che hanno il consenso della prefettura, della questura, ecc. Sono circoli che apparentemente debbono avere una funzione lecita; però, quando vengono creati, si sa benissimo che lo sono esclusivamente per esercitare il gioco. Perché? Perché la loro sede è nel Casinò, perché chi richiede il permesso lo fa nell’interesse del proprietario del Casinò, perché ha il preventivo consenso dell’autorità a non rispettare le leggi sul giuoco. Accade che lì dentro tutti quanti entrano con una tesserina, come quella che ho sott’occhio, che voi conoscete che dice: Circolo ricreativo di… Il signor Tale dei Tali è ammesso a frequentare la sede del circolo ricreativo di… fino al giorno… Nessuno è disturbato quando entra in quel circolo per giocare.

Ora, tali circoli, in questa forma, non hanno – ripeto – il danno della casa controllata, non hanno il danno della casa clandestina, mentre hanno tutti i benefici della tolleranza. In questi luoghi si può giuocare in ogni modo, senza che vi sia nessun impedimento e nessuna vigilanza; mentre, siccome vi si affollano soprattutto gli ingenui, sarebbe almeno dovere vigilare più che altrove. È in questi ambienti che avvengono abusi e si adottano sistemi di giuoco che sono veri e propri furti.

Io vi invito a chiuderli. Il circolo ricreativo, di solito, è esercitato da associazioni di partigiani, di reduci, ecc., come è scritto nella tesserina che ho sott’occhio. Ed anche a questo riguardo io, vecchio partigiano, debbo dire che l’intromissione del partigiano nel giuoco illecito offende profondamente.

È una ingerenza che non deve essere ammessa sotto nessuna forma, perché accade sempre che si fanno poi, nel nome abusato dei partigiani, imposizioni alle prefetture, alle questure, ecc. per tramite delle associazioni dei partigiani, dei reduci, ecc.; le quali invocano a torto condiscendenza: e ne deriva un regime di tolleranza che si presta poi tutti gli abusi e a tutti i sospetti.

Ne è derivato, come conseguenza, che si è arrivati perfino a dire che i partiti politici approfittano delle case da gioco. Anche per liberare il mondo politico da queste accuse, bisogna intervenire energicamente per stroncare questa attività.

Come intendete provvedere? Credete forse che il giuoco debba essere incoraggiato? Io escludo che voi perseguiate un intento di questo genere. Il giuoco deve essere represso: siamo quasi tutti d’accordo. Eppure un onorevole Ministro mi ha detto: «Ma il giuoco è sempre esistito; sarebbe vano illudersi di poterlo reprimere. Il giuoco è un vizio che è sempre esistito e sempre esisterà». Rispondo che altra cosa è incoraggiarlo, ed altra il tentare di reprimerlo.

Se, d’altronde, voi sentite di non avere la forza di reprimerlo, io vi dico che almeno bisogna che cerchiate di regolamentarlo. Vi dirò che io sono anche nettamente contrario alle concessioni dei casinò. Quelli che vivono in regime di vecchie concessioni date ai tempi del fascismo, e convalidate dagli Alleati per iscopi che mi astengo dal discutere, dovrebbero pure essere chiusi.

E d’altronde il conservare alcuni casinò con il pretesto che essi hanno ormai creato una situazione locale immodificabile, è argomentare falso, è fatto che assolutamente deve essere bandito.

Ad ogni modo, io vi esorto alla revisione anche di queste concessioni. Ma c’è comunque un caso specifico sul quale io desidererei da lei, onorevole Ministro, una spiegazione concreta: è il caso di Campione.

PRESIDENTE. La prego di concludere, Onorevole Benedetti. Sono già dieci minuti che parla.

BENEDETTI. Il caso di Campione è questo: la Svizzera ha creduto opportuno che non si giuocasse in quel posto e ha messo tutti gli ostacoli; viene quindi a difettare, per il Casinò di Campione, anche la ragione che è sempre addotta dell’interesse locale, poiché il casinò è chiuso. Ma il vecchio concessionario sta per ottenere che la sua concessione venga trasferita in altra città «del bello italo regno». E allora: dove è l’interesse locale, dove è la situazione immodificabile? Se fosse vero, il Governo sarebbe sollecito di tutelare soltanto l’interesse privato del vecchio concessionario.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non è vero, onorevole Benedetti.

BENEDETTI. Benissimo, prendo atto con piacere. Voglio però soggiungerle che se per avventura concessioni simili dovessero venire qualche volta accordate, io la esorterei, onorevole Ministro, ad accordarle a beneficio di qualche cosa di nobile e non già per impinguare una banda di biscazzieri e di protettori senza scrupoli.

Io sono, in conclusione, sodisfatto condizionatamente; sono, cioè, convintissimo delle sue buone intenzioni, sono convintissimo, cioè, che lei farà tutto quanto sarà in suo potere per estirpare la mala pianta, ma sono tuttavia del pari convinto che ella non vi riuscirà. Sarò pertanto completamente sodisfatto solo quando avrò potuto constatare i buoni e concreti risultati della sua opera.

PRESIDENTE. L’onorevole Monticelli ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MONTICELLI. Avrei voluto dichiararmi sodisfatto, ma le stesse dichiarazioni dell’onorevole Ministro dimostrano l’importanza del problema e giustificano la mia parziale sodisfazione. Il problema è molto grave e preoccupante; il giuoco dilaga, e nello sconcertamento generale che ha lasciato la guerra, è un fenomeno comune a tutti i Paesi.

Si giuoca dappertutto, non soltanto nelle grandi città – come ha detto il Ministro dell’interno – ma anche nelle piccole e in tutti i circoli, e in molti caffè. E allora il problema va esaminato anche sotto questo aspetto. Il denaro sembra aver perduto il suo valore e quello che è più grave ancora, si va in cerca di altre emozioni violente, dopo quelle a cui malauguratamente ci siamo abituati.

È necessario affrontare il problema nei suoi due aspetti, quello giuridico-morale e quello pratico, e bisogna decidersi, o per l’uno o per l’altro.

Secondo l’aspetto giuridico-morale, esistono delle disposizioni del Codice penale contenute negli articoli 713 e successivi, che puniscono e reprimono il giuoco d’azzardo. Queste disposizioni sono in vigore e devono essere fatte rispettare. Soltanto il legislatore fascista poteva derogare a queste disposizioni penali, con il decreto del 22 dicembre 1927 che, in deroga a tali disposizioni, concedeva al Ministro dell’interno la facoltà di dare autorizzazioni per case da giuoco. E di questa facoltà si avvalse il Ministro dell’interno del tempo per concedere l’apertura dei casinò di Venezia, di San Remo e di Campione. Ma questa deroga si riferiva evidentemente soltanto alle disposizioni amministrative, perché un decreto non poteva venir meno a quelli che erano gli articoli del Codice penale. Naturalmente, durante il fascismo, si facevano queste ed altre cose; e tutto era lecito. Ma oggi, in regime democratico, dobbiamo esaminare la questione e dire: se ragioni morali e giuridiche impongono che il gioco debba essere represso e stroncato, allora occorre l’energico intervento del Ministro dell’interno. Ma poiché attraverso lei stesse dichiarazioni dell’onorevole Ministro abbiamo sentito che si è nell’impossibilità di reprimere questi giuochi d’azzardo perché le stesse sue disposizioni, gli stessi suoi telegrammi urtano contro la suscettibilità di certi prefetti, che pongono nel nulla quelli che sono gli ordini che vengono da Roma…

SCELBA, Ministro dell’interno. Si è chiuso, nonostante la resistenza prefettizia, tanto a Milano che a Torino. Non creda che siano rimasti inosservati gli ordini!

MONTICELLI. Allora, qualche cosa è stata fatta, ma non si può arrivare a tutto. Esaminiamo, quindi, il problema sotto questo aspetto. È vero o non è vero che vi sono dei comuni che potrebbero avere da queste concessioni degli introiti per poter risanare i loro bilanci? È vero o non è vero, che attraverso queste concessioni, questa disciplina del gioco si può far sì che alcune popolazioni vengano sgravate da tasse e si possa provvedere alle riparazioni dei danni di guerra? Se ci troviamo nell’impossibilità di reprimere il gioco, non dobbiamo lasciare, però, che si giuochi impunemente dappertutto. Altrimenti, avviene come è avvenuto a Montecatini, dove l’anno scorso si giuocava nel «Kursaal», ed un bel giorno, per disposizione del Ministro dell’interno, il «Kursaal» fu chiuso. Ma il giorno dopo, senza interruzione di continuità, il giuoco si trasportò in un altro albergo vicino, con le stesse insegne luminose, con gli stessi frequentatori, ma con la differenza che mentre al «Kursaal» il 25 per cento dei proventi andava a beneficio del Comune, viceversa in quest’altro albergo i proventi andavano ad ingrossare soltanto le tasche degli speculatori e dei biscazzieri. E ciò senza nessuna garanzia per i giuocatori, perché mentre nel «Kursaal» si giuocava alla «roulette», con uno zero, su trentasei numeri, qui si giuocava al «cavallino», con uno zero su dodici numeri. Questa è la situazione.

Concludo rapidamente: occorre reprimere il giuoco d’azzardo con quella solerzia ed energia che il Ministro dell’interno ha dimostrato in altri campi e che io vorrei dimostrasse anche in questo. Se ciò non sarà possibile, ed al di sopra di ogni considerazione morale, si vorrà trovare una giustificazione pratica, è necessario prendere posizione netta e precisa e regolamentarlo con una opportuna legge da sottoporre alla Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. Le interrogazioni sono così esaurite.

Seguito della discussione del disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

Rammento all’Assemblea che nella precedente seduta è stato discusso l’articolo 28, e sono stati svolti tutti gli emendamenti presentati all’articolo stesso. Non si passò alla votazione sugli emendamenti, perché il Ministro ritenne opportuno concertarsi preventivamente con la Commissione.

Informo l’Assemblea che nel frattempo è stato presentato un nuovo emendamento dagli onorevoli Tozzi Condivi, Arcangeli, Ponti, Franceschini, Angelucci, Cappi, Foresi, Cotellessa, Rescigno e Cremaschi Carlo.

L’emendamento è così concepito:

«Al terzo comma sopprimere il periodo:

«La detrazione stessa non si applica quando il cumulo, al lordo della detrazione, superi i 10 milioni di lire».

L’onorevole Tozzi Condivi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

TOZZI CONDIVI. Lo svolgerò brevissimamente. Lo spirito della disposizione che il Governo aveva dato nel progetto di legge era questo: di detrarre un ventesimo per ogni figlio sul patrimonio tassato. E il Governo stesso si era preoccupato di non dare un’esenzione troppo sensibile ponendo un limite, per ogni ventesimo, al massimo di 300 mila lire. Di modo che, anche per un grande patrimonio, un ventesimo non poteva portare al disopra di 300 mila lire.

La Commissione ha tenuto presente questo principio, ha ammessa questa stessa detrazione e l’ha ridotta a 250 mila lire. Questo concetto può essere accolto.

Successivamente, la Commissione ha aggiunto una nuova limitazione: ha detto che nel patrimonio dovesse essere cumulato quello del marito e quello della moglie, di entrambi i coniugi. Ed anche questa nuova limitazione può essere accolta.

L’ultima limitazione, che è quella segnata dall’inciso: «La detrazione stessa non si applica quando il cumulo, al lordo della detrazione, superi i 10 milioni di lire», non mi sembra accettabile in quanto, con questo inciso, non si viene a facilitare la riscossione dell’imposta, ma si viene a porre la famiglia in una condizione di diversità a seconda del numero dei figli, perché una famiglia con dieci figli ed un patrimonio di 10 milioni ha una detrazione di 2 milioni e mezzo, mentre una famiglia che abbia 11 milioni e dieci figli non ha nessuna detrazione.

Questo non mi sembra né logico né giusto. Questa disposizione viene a colpire la famiglia numerosa, mentre non c’è pericolo che possa essere una detrazione eccessiva in quanto rimane fermo il limite che per ogni figlio la detrazione non possa superare le 250 mila lire.

Quindi insisto perché venga soppresso l’inciso: «La detrazione stessa non si applica, ecc.».

Tale inciso si può sopprimere o si può votare per divisione il comma.

PRESIDENTE. Domando il parere della Commissione su questo nuovo emendamento.

LA MALFA, Relatore. L’onorevole collega Tozzi Condivi ha prospettato un caso limite, quello cioè di una famiglia che abbia un numeroso stuolo di figli ed un patrimonio leggermente superiore ai 10 milioni. Ma questa non è la normalità. E d’altra parte, la Commissione è ferma nel principio di non fare concessioni che dal punto di vista dell’equità e della giustizia non fossero strettamente necessarie.

PRESIDENTE. Su tutti gli altri emendamenti mantiene il parere che è stato espresso la seduta precedente?

LA MALFA, Relatore. Sì.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro di esprimere il suo parere.

PELLA, Ministro delle finanze. Per tutti gli emendamenti sull’articolo 28 mi associo al parere espresso dalla Commissione. In particolare per quel che riguarda il minimo imponibile di 3 milioni, il Governo non ritiene che esso possa essere aumentato alla somma di 5 milioni, per le ragioni esposte esaurientemente e dal Relatore, onorevole La Malfa, e dagli onorevoli Cappi, Dugoni e Scoccimarro nella precedente seduta.

Così pure, per quanto riguarda la proposta di elevazione dell’abbattimento alla base di 2 milioni per portarla a 3 milioni, per le stesse considerazioni il Governo prega di mantenere ferma la cifra di 2 milioni.

Sull’emendamento testé svolto dall’onorevole Tozzi Condivi, debbo condividere il pensiero della Commissione. Purtroppo, un limite è necessario porre in questi casi e quando si pone un limite vi è sempre il caso limite: quello prospettato dall’onorevole Tozzi. Se andassimo da 10 milioni ad una somma più elevata, non risolveremmo il problema. Sopprimere qualsiasi limitazione, non sarebbe neppure giusto, perché la detrazione e la facilitazione sono concesse in un quadro di patrimoni modesti.

Per queste considerazioni, mi duole non poter accogliere l’emendamento dell’onorevole Tozzi Condivi.

PRESIDENTE. Dovremo passare allora alla votazione sui vari emendamenti. Domando ai presentatori se vi insistono.

Onorevole Bosco Lucarelli?

BOSCO LUCARELLI. Dopo le dichiarazioni del Governo e della Commissione, ritiro il mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevole Crispo, Ella mantiene il suo emendamento?

CRISPO. Sì.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno ha presentato un emendamento identico a quello dell’onorevole Crispo.

RESCIGNO. Desidererei illustrarlo brevemente.

PRESIDENTE. Non posso concederle questa facoltà, perché, non essendo stato presente al momento dello svolgimento degli emendamenti, Ella è decaduto dal diritto di poter svolgere il suo.

L’emendamento stesso, tuttavia, sarà posto in votazione.

RESCIGNO. Allora mantengo il mio emendamento, senza svolgerlo, riservandomi di fare una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Tozzi Condivi e Perrone Capano mantengono i loro emendamenti?

TOZZI CONDIVI. Sì; mantengo il mio emendamento.

PERRONE CAPANO. Anch’io lo mantengo.

PRESIDENTE. Avverto l’Assemblea che è pervenuta alla Presidenza una richiesta di appello nominale, sull’emendamento presentato per il primo comma, che propone lo spostamento da tre a cinque milioni del minimo imponibile.

Ha chiesto di parlare il Ministro delle finanze. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Desidero rappresentare la seria preoccupazione del Governo per tutto quello che può significare un rallentamento dei lavori per l’esame di questo disegno di legge e vorrei chiedere proprio ai presentatori della richiesta dell’appello nominale se ritengono di doverla mantenere in relazione alla necessità di accelerare i nostri lavori.

CRISPO. A nome dei firmatari della richiesta di appello nominale, dichiaro che con questa richiesta si vuole far assumere a ciascuno la propria responsabilità tanto più in quanto il Governo e la Commissione hanno ritenuto, d’accordo, che l’emendamento sia da respingere.

LA MALFA, Relatore. Poiché l’Assemblea non è molto numerosa, data l’importanza dell’argomento, proporrei di rinviare la votazione ancora una volta su questo articolo e di proseguire nella discussione sugli altri articoli.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Desidero appoggiare il rinvio proposto dall’onorevole La Malfa, in quanto effettivamente c’è un collegamento fra le disposizioni a favore della piccola proprietà nella proporzionale che ora si discutono e quelle della progressiva. Anche io, che sono stato da tanti anni sostenitore, in quest’Aula, della piccola proprietà, ed ho sempre perorato per gli sgravi fiscali di essa, devo riconoscere la difficoltà nella quale in questo momento si trova il Governo e che è stata esposta dal signor Ministro; ed allora noi stessi, che siamo i più grandi fautori della piccola proprietà, se abbiamo dall’altra parte il contrappeso che il Governo ci farà per essa un particolare trattamento nella imposta proporzionale, potremmo rinunciare ad insistere sull’altra. Ecco perché, data questa situazione, che potrà domani portare un equilibrio ed accontentare noi e gli altri sostenitori, io sono d’accordo con il Relatore e prego l’Assemblea di rinviare questa discussione. Così si potrà fare insieme all’altra nella quale i sostenitori della piccola proprietà avranno argomento di poter essere accontentati.

PRESIDENTE. Faccio osservare che il rinvio della votazione sull’articolo 28 comporta anche il rinvio dell’esame e dell’approvazione dell’articolo 29, nonché del 29-bis e 29-ter proposti dagli onorevoli Pesenti, Scoccimarro ed altri e probabilmente anche dell’articolo 30.

Chiedo all’Assemblea se intende venire in questa determinazione.

PERRONE CAPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERRONE CAPANO. Sono favorevole ad accettare la proposta dell’onorevole Micheli, cioè l’abbinamento di questa decisione a quella che sullo stesso tema sarà presa al momento in cui verrà in esame l’imposta proporzionale ordinaria. (Interruzione del deputato Crispo).

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Vorrei richiamare l’attenzione dei colleghi che insistono sull’emendamento. C’è un emendamento all’articolo 68 firmato da me e dagli onorevoli Pesenti e Lombardi col quale si risolve nel punto più giusto e nel modo più efficace il problema della difesa della piccola proprietà. È sul piano della «proporzionale» che bisogna portare uno sgravio effettivo ai piccoli proprietari. Per questo sono favorevole al rinvio; discutendo di quell’emendamento si vedrà che è molto più sensibile il beneficio che si porta in quel punto piuttosto che in questo. Quando discuteremo quell’emendamento, si vedrà che lì si risolve il problema della difesa della piccola proprietà. Perciò vorrei pregare i colleghi di accogliere l’invito al rinvio.

PRESIDENTE. Chiedo il parere del Governo su questa domanda di rinvio.

PELLA, Ministro delle finanze. Non ho difficoltà ad accedere alla proposta di rinvio, anche per considerazioni di ordine pratico.

LOMBARDI RICCARDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LOMBARDI RICCARDO. Mi pare che essendo legate diverse questioni relative all’imposta straordinaria progressiva, al trattamento che verrà fatto in sede di proporzionale, converrebbe, se la Commissione ed il Governo sono d’accordo, votare subito l’articolo 28 e poi anticipare tutti gli argomenti del capitolo XIII, perché diversamente per tutti gli articoli che discuteremo ci sarà una proposta di rinvio.

Se non è possibile accogliere integralmente la mia proposta, insisto per la votazione immediata dell’articolo 28.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Penso che vi sarebbe un argomento che potrebbe essere stralciato da tutto il resto ed è il Capo sesto, relativo alle dichiarazioni. Questa mattina si potrebbe affrontare la discussione su questo Capo, che contempla norme di ordine procedurale che possono essere benissimo esaminate, anche lasciando in sospeso gli altri argomenti di cui ora si discute.

Ripeto la mia preoccupazione sul tempo che i nostri lavori stanno richiedendo. Se effettivamente l’Assemblea ha intenzione di finire i suoi lavori entro un periodo di tempo relativamente breve, occorre accelerare questi nostri lavori.

VALIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALIANI. Sul Capo sesto vi sono questioni di principio più gravi anche di quelle che ora stiamo discutendo.

Il Ministro è pronto a discutere tutto? Per esempio all’articolo 36 v’è un emendamento che riguarda la questione del segreto bancario. Se ci mettiamo a rinviare anche questa questione, la legge finirà col non essere mai votata.

Prima di accedere alla proposta del Ministro, desidererei perciò sapere se il Governo è pronto a discutere l’intero Capo, con tutti gli emendamenti ad esso proposti.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo è pronto a discutere anche tutti gli emendamenti presentati sugli articoli di questo Capo.

PRESIDENTE. Pongo allora ai voti la proposta di rinvio delle votazioni sugli emendamenti all’articolo 28, e della discussione sull’articolo 29 e relativi articoli aggiuntivi al momento in cui si discuterà l’articolo 68 (Titolo II Capo XIII. Imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio).

(È approvata).

Passiamo allora al Capo VI (Dichiarazioni).

Si dia lettura dell’articolo 30 nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Tutti coloro che, a norma del presente decreto, sono tenuti al pagamento dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio devono presentare la relativa dichiarazione all’Ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione trovasi il comune nel quale il contribuente ha il suo domicilio fiscale. Sono anche tenuti a presentare la dichiarazione coloro che, pur non essendo soggetti all’imposta straordinaria, abbiano un patrimonio che, al lordo delle passività, secondo la consistenza al 28 marzo 1947, raggiunga l’importo di lire 1.500.000.

«La dichiarazione deve essere presentata nel termine di tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Detto termine è portato a sei mesi per i contribuenti residenti fuori dello Stato considerandosi valida la presentazione fatta presso gli uffici diplomatici e consolari all’estero.

«I prigionieri di guerra e gli internati civili e militari all’estero possono ottenere di essere riammessi in termine, quando dimostrino di non aver tempestivamente adempiuto all’obbligo della dichiarazione per effetto della prigionia o dell’internamento».

Su questo articolo vi è, anzitutto, un emendamento dell’onorevole Veroni, così formulato:

«Al primo comma, alla cifra: 1.500.000, sostituire: 3.000.000.

VERONI. Anche questo emendamento è connesso alla precedente materia.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Credo che non possiamo andare avanti a forza di rinvii. Sono personalmente pronto a discutere questa legge anche nel mese di agosto: ma non so se dello stesso avviso sia l’Assemblea.

D’altra parte, non possiamo chiudere i lavori senza l’approvazione di questa legge.

Per quanto riguarda l’articolo 30 e la questione del minimo, è vero che vi è una connessione, ma ritengo sottinteso che il limite del milione e 500.000, è un limite di dichiarazione agli effetti statistici ed ha effetto di appoggio del sistema di accertamento induttivo.

È evidente che, per quanto riguarda la presentazione delle dichiarazioni vere e proprie, questo obbligo è collegato alla determinazione del definitivo limite. Ora, nel lavoro di coordinamento finale, non sarà difficile armonizzare ogni eventuale discordanza fra l’articolo 30 e il 28.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Sull’articolo 30 mi permetto di fare due osservazioni circa la data di decorrenza dei termini per la presentazione della denuncia o circa la durata del termine entro il quale la denuncia deve essere presentata.

Dal momento che le denunce relative ai patrimoni inferiori hanno soltanto un fine statistico, perché non le facciamo presentare nei tre mesi successivi alla scadenza del termine per coloro rispetto ai quali ci sarà l’obbligo del pagamento dell’imposta? Alleggeriremmo enormemente il lavoro degli uffici…

PRESIDENTE. Presenti, se crede, un emendamento scritto.

CORBINO. Prima di fare questo, vorrei sapere se si è d’accordo, nel qual caso, nella forma più rapida che sia possibile, potremmo concretare qualche cosa di questo genere.

Poi vorrei fare formale proposta che il termine delle denunce sia prorogato per lo meno di altri tre mesi. Esso è ora già scaduto, e la gente non saprà neanche nel mese di settembre a quali condizioni dovrà ubbidire per presentare la denuncia.

PRESIDENTE. Faccio presente che gli onorevoli Bosco Lucarelli e Cappi, unitamente ad altri colleghi, hanno presentato i seguenti emendamenti riguardo alla modificazione dei termini:

«Sostituire il primo periodo del secondo comma col seguente:

«La dichiarazione deve essere presentata nel termine di due mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica della convalida del presente decreto data dall’Assemblea Costituente».

«Al secondo comma, alle parole: tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, sostituire le altre: due mesi dalla convalida del presente decreto da parte dell’Assemblea Costituente».

CORBINO. Aderisco senz’altro all’uno ed all’altro emendamento.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Possiamo approvare il primo comma dell’articolo 30, stabilendo che l’obbligo di denunzia statistica equivalga alla metà del minimo imponibile stabilito.

PELLA, Ministro delle finanze. D’accordo.

LA MALFA, Relatore. Circa la proposta dell’onorevole Corbino, cioè che la dichiarazione debba essere presentata nel termine di sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, entro il 13 ottobre, la Commissione esprime parere favorevole se anche il Governo si dimostra favorevole. Come pure, nessuna difficoltà ha la Commissione di prorogare la data per la dichiarazione statistica di tre mesi rispetto alla data della denunzia fiscale.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Prego gli onorevoli proponenti del termine di sei mesi di volere accedere alla determinazione di una data fissa e cioè il 30 settembre, anziché il 13 ottobre; inquantoché il mese di ottobre dovrà essere utilizzato per vagliare le dichiarazioni e predisporre la pubblicazione dei patrimoni che superano la metà del Minimo imponibile.

Propongo inoltre che sia fissata la data del 31 dicembre per la dichiarazione statistica, cioè dare altri tre mesi ai detentori di patrimoni, che superano la metà del minimo imponibile.

CORBINO. D’accordo.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, dopo le spiegazioni del Ministro, insiste nel suo emendamento?

BOSCO LUCARELLI. Non insisto. La data del 30 settembre corrisponde press’a poco a quella che io proponevo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Penso che, siccome nel testo emendato dalla Commissione il primo periodo contempla la dichiarazione vera e propria, ed il secondo periodo la dichiarazione a scopo statistico, potremmo inserire il termine già nel primo periodo: «Tutti coloro che, a norma del presente decreto, sono tenuti al pagamento dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio devono presentare entro il 30 settembre 1947 la relativa dichiarazione all’ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione trovasi il comune nel quale il contribuente ha il suo domicilio fiscale. Sono anche tenuti a presentare la dichiarazione entro il 31 dicembre 1947 coloro che, pur non essendo soggetti alla imposta straordinaria, abbiano un patrimonio, ecc.». Dopo di che occorrerebbe sopprimere «La dichiarazione deve essere presentata nel termine di tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto».

LA MALFA, Relatore. E per i contribuenti residenti all’estero?

PELLA, Ministro delle finanze. Il termine di cui sopra è portato al… e dovremmo mettere una data fissa.

LA MALFA, Relatore. Il 31 dicembre!

PELLA, Ministro delle finanze. D’accordo? «I termini suddetti sono prorogati di tre mesi per i contribuenti residenti fuori dello Stato». Cosicché, se si tratta di dichiarazioni vere e proprie, 31 dicembre; se si tratta invece di dichiarazioni statistiche, 31 marzo.

PRESIDENTE. È d’accordo l’onorevole Cappi?

CAPPI. Sono d’accordo.

PRESIDENTE. Lei, onorevole Bosco Lucarelli?

BOSCO LUCARELLI. Anch’io sono d’accordo.

PRESIDENTE. Allora il testo del primo comma dell’articolo 30 può essere il seguente:

«Tutti coloro che, a norma del presente decreto, sono tenuti al pagamento dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, devono presentare, entro il 30 settembre 1947, la relativa dichiarazione all’Ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione trovasi il comune nel quale il contribuente ha il suo domicilio fiscale. Sono anche tenuti a presentare la dichiarazione, entro il 31 dicembre 1947, coloro che, pur non essendo soggetti alla imposta straordinaria, abbiano un patrimonio che, al lordo delle passività, secondo la consistenza al 28 marzo 1947, raggiunga la metà del limite imponibile».

LA MALFA, Relatore. Con riserva di mettere la cifra.

PELLA, Ministro delle finanze. Se ho ben capito, lasciare in bianco la cifra, sapendo che essa sarà fissata dopo, in sede di coordinamento. Resta inteso che sarà la metà del minimo imponibile.

LA MALFA, Relatore. Esatto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell’articolo nel testo ora letto.

(È approvata).

Passiamo al successivo comma di cui Commissione e Governo propongono la seguente formulazione:

«I termini suddetti sono prorogati di tre mesi per i contribuenti residenti fuori dello Stato, considerandosi valida la presentazione fatta presso gli uffici diplomatici e consolari all’estero.

Lo pongo ai voti.

(È approvato).

Il comma finale rimane invariato:

«I prigionieri di guerra e gli internati civili e militari all’estero possono ottenere di essere riammessi in termine, quando dimostrino di non avere tempestivamente adempiuto all’obbligo della dichiarazione per effetto della prigionia o dell’internamento».

Non essendovi altre osservazioni, l’articolo 30 si intende approvato nella formulazione testé letta.

Passiamo all’articolo 31. Se ne dia lettura nel testo ministeriale accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice, a garanzia limitata, di fatto, le associazioni ed enti sono tenuti a dichiarare all’Ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione hanno la loro sede, il cognome, nome, domicilio od indirizzo dei singoli soci ed i crediti di finanziamento spettanti ai medesimi. Dette società, in quanto non siano soggette all’imposta di negoziazione, devono, inoltre, dichiarare il loro patrimonio, con l’indicazione delle quote spettanti ai singoli soci, fermo restando l’obbligo dei soci stessi di comprendere le rispettive quote nella dichiarazione individuale del loro patrimonio.

«Le sanzioni non di carattere penale stabilite per omessa od infedele dichiarazione per i singoli contribuenti sono applicabili in confronto delle società anzidette».

PRESIDENTE. Poiché non vi sono emendamenti, l’articolo si intende approvato.

Passiamo all’articolo 32. Se ne dia lettura nel testo del Governo accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La dichiarazione deve indicare:

1°) il cognome, nome, paternità e domicilio fiscale del contribuente, o – se si tratti di enti collettivi – la denominazione e la sede;

2°) le attività e passività patrimoniali, singolarmente specificate, che concorrono a formare il patrimonio di ciascun obbligato alla dichiarazione ed il valore di ciascun cespite, determinato secondo le disposizioni contenute negli articoli da 34 a 37.

«Quando taluna delle attività intestate al contribuente sia di proprietà di terzi, il contribuente intestatario deve, nella propria dichiarazione, designare l’effettivo proprietario ed indicare la prova relativa».

PRESIDENTE. All’articolo 32 vi è un emendamento aggiuntivo degli onorevoli Scoccimarro e Veroni che, nella sua ultima formulazione, che modifica altra precedentemente proposta, è del seguente tenore:

«La denuncia del patrimonio deve essere presentata all’Ufficio distrettuale delle imposte dirette accompagnata da una dichiarazione con la quale il contribuente giura che i cespiti denunciati rispondono alla effettiva totalità dei cespiti costituenti il patrimonio».

L’onorevole Veroni ha facoltà di svolgerlo.

VERONI. Svolgerò rapidamente l’emendamento che reca la firma del collega Scoccimarro e mia. In fondo, questo emendamento riproduce un criterio di legge tributaria che è già contenuto nel decreto-legge del 12 aprile 1920, n. 494, perché anche allora per l’imposta patrimoniale (articolo 38) l’Amministrazione finanziaria si riservava di assumere con giuramento la denuncia del contribuente per vedere se essa rispondesse o meno a verità. La differenza che corre fra la disposizione della legge di allora e l’emendamento che abbiamo presentato è questa: mentre nella disposizione precedente si attribuisce all’Amministrazione finanziaria la facoltà di assumere col giuramento la denuncia del contribuente, nell’emendamento da noi presentato si fissa e si determina l’obbligo del contribuente di accompagnare la denuncia con una dichiarazione nella quale giuri che i cespiti denunciati sono effettivamente rispondenti ai veri cespiti di cui egli sia il proprietario.

In tal senso provvede il sistema tributario inglese che dispone l’obbligo di ogni contribuente di accompagnare con giuramento la denuncia dei propri cespiti. Nulla vieta che anche la nostra legislazione preveda similmente il dovere di denunciare con giuramento il cespite tassabile. Deve essere, in altri termini, accelerata la formazione di quella coscienza tributaria che universalmente viene reclamata.

A ciò s’indirizza il nostro emendamento, restando inteso che alla disposizione, contenuta nel nostro emendamento, deve fare riscontro un altro emendamento già da noi presentato e che al momento opportuno dovrà essere svolto, secondo cui coloro che omettano, totalmente o parzialmente di denunciare i propri cespiti, debbono essere soggetti ad una penalità.

Ora, l’articolo 54, a suo tempo dovrà essere rivisto, perché conviene modificare tutto il sistema delle sanzioni.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Faccio presente una circostanza di fatto: secondo me, non si può far giuocare contemporaneamente una presunzione – che nei casi dei grandi capitali supera molto probabilmente quello che ne è il contenuto normale, perché il prevedere il 12 per cento di denaro liquido, come i gioielli, come i mobili, ecc. per i patrimoni imponenti è una altissima quota, mentre può risultare inadeguata per i patrimoni piccoli – ed un giuramento.

Ad ogni modo, se dalla presunzione forfetaria si passa al giuramento specifico, mi pare che sia un controsenso ed una impossibilità giuridica quella di far giuocare contemporaneamente un giuramento ed una presunzione, perché vuol dire mettere in discussione, all’atto stesso in cui si richiede il giuramento, il contenuto del giuramento stesso.

CAPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPI. Personalmente non ritengo di poter approvare l’emendamento proposto. A parte l’efficacia del giuramento, io richiamo l’attenzione dei proponenti sul fatto che un giuramento falso comporta una pena restrittiva della libertà personale.

Ora, quando si pensi alla complessità del patrimonio, uno che si dimentica di un libretto, di un titolo al portatore, di un quadro, di un cespite minimo – per il quale provvede la quota presuntiva – deve arrischiare il carcere per questo?

Dato che oggi per la grande massa dei titoli azionari, nominativi, vi è facilità di controllo, mi pare che la forma del giuramento sia eccessiva.

DUGONI. Chiedo di parlare.

RESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Avevo in animo di riprendere la disposizione che era contenuta nella legge Schanzer del 1922, la quale autorizzava gli uffici finanziari a richiedere il giuramento di volta in volta. Invece di obbligare il contribuente a presentare la denuncia, sempre avvalorata dal giuramento, erano gli uffici che quando credevano che vi fosse infedeltà nella denuncia, potevano richiedere al contribuente il giuramento sulla denuncia presentata.

Una voce al centro. E vi era facoltà di rifiutarsi.

DUGONI. Comunque, l’impostazione che io intendevo dare alla questione del giuramento era duplice. Cioè, prima di tutto evitare che diventasse una formalità. Perché, purtroppo, la verità è questa: se tutti i denuncianti devono giurare, evidentemente diventa una formalità. In secondo luogo, se il denunziante è chiamato all’ufficio delle imposte e gli viene detto: noi abbiamo ragione di credere che la denunzia da lei fatta sia infedele; o lei la rettifica entro cinque giorni, o l’assevera con il giuramento, io credo che questo sarebbe di grande momento.

D’altra parte noi, in Italia, non vogliamo assoggettarci ad una prassi dei Paesi anglosassoni, quella cioè della prigione per il mancato pagamento delle imposte. Noi continuiamo a credere che il mancato pagamento delle imposte sia un atto di astuzia che vada per lo meno premiato con la croce di cavaliere!

Una voce al centro. Vorrebbe proporre la tortura?

DUGONI. Vi sono molti patrimoni che provengono dal mercato nero e da altre fonti più o meno losche. (Commenti).

Si deve ricordare che in America i «gangster» che non si è riusciti a colpire con la condanna capitale, sono stati colpiti con le leggi sull’imposta: Al Capone insegni. Ora, io dico che è tempo che anche in Italia si facciano delle leggi tributarie con quelle penalità e con quelle sanzioni che veramente inducano i cittadini a credere che il pagamento delle imposte è una cosa seria. D’altra parte, dato il periodo di inflazione che noi abbiamo passato, occupazioni multiple, le fortune nate non si sa come, io credo che l’asseverare le dichiarazioni che si presumono infedeli con il giuramento potrebbe avere un effetto veramente risanatorio in Italia.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Credo che l’emendamento degli onorevoli Veroni e Scoccimarro meriti di essere approvato dall’Assemblea. Noi dobbiamo infatti preoccuparci, e seriamente preoccuparci, dei contribuenti onesti, non dei contribuenti infedeli. Dei contribuenti infedeli ci siamo già preoccupati poco fa quando abbiamo deciso di prorogare fino al 31 dicembre 1947 le denunzie. È stato detto che si intendeva farlo a fini statistici, ma io credo invece che non soltanto questo sia stato l’intento; non lo credo, perché è evidente che si è voluto anche dar modo alla finanza di perseguire il contribuente il quale esponga una valutazione del suo patrimonio non corrispondente al valore reale.

La finanza sarà sempre in grado di contestare la veridicità delle dichiarazioni infedeli; ma che oggi si chieda, così come in precedenti norme era stato stabilito, una conferma mediante giuramento non credo che sia male.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a pronunciarsi a nome della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Come l’Assemblea avrà certamente notato, su questo emendamento, vi è stata divisione in seno alla Commissione. La maggioranza si è pronunciata infatti contro la formula del giuramento, mentre una minoranza ha proposto le due soluzioni, del giuramento prestato in sede di dichiarazione di voto o, proposta Dugoni, di una richiesta di giuramento che potrebbe essere rivolta al contribuente dall’Amministrazione finanziaria.

La maggioranza si è pronunciata contro per ragioni di indole pratica e soprattutto per l’impossibilità di dare efficacia concreta al giuramento medesimo. La maggioranza della Commissione ha ritenuto che quest’atto del giuramento debba avere un’importanza formale e debba anche trovare rispondenza nel clima in cui opera il contribuente. A parte l’aggravio di lavoro che necessariamente deriverebbe agli uffici finanziari con l’adozione del giuramento (essi non possono accettare una formula scritta e metterla puramente nel cassetto), la maggioranza della Commissione si preoccupa che se al giuramento non segue una possibilità da parte dell’Amministrazione di accertare esattamente la situazione del contribuente, esso diventa quasi un atto inutile, cioè privo di sanzione, per il caso di falso. E questo, purtroppo, date le centinaia di migliaia di denuncie che l’Amministrazione riceverà, sarà il solo risultato prevedibile, cioè l’impossibilità di far seguire all’adozione del giuramento effettive sanzioni che servano a colpire il falso del contribuente.

Per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Dugoni, di dare potestà all’Amministrazione finanziaria di chiedere il giuramento, la Commissione ritiene che venga così attribuita una grande facoltà discrezionale all’Amministrazione, mettendola in condizione di chiedere il giuramento in determinati casi e di non chiederlo in altri. Ora, la Commissione si preoccupa di usare uno strumento obiettivo, cioè che tuteli anche il contribuente nei rispetti dell’Amministrazione. Per questa ragione, essa respinge la proposta Dugoni.

Ma c’è poi l’obiezione sollevata dall’onorevole Fabbri e che ha valore sostanziale. Effettivamente, abbiamo adottato una quota presuntiva per quanto riguarda alcuni speciali cespiti; ora, se introduciamo il giuramento, non possiamo più applicare questa quota presuntiva, ma dobbiamo prestar fede a quello che il dichiarante denuncia. Anche per tali ragioni dovremo modificare tutto il sistema della legge. Facevo notare agli onorevoli Scoccimarro e Veroni, che adottando il giuramento bisogna rivedere tutto il sistema di sanzioni, perché le sanzioni previste non sono più compatibili col sistema del giuramento: infatti se il cespite denunciato attraverso il giuramento non corrisponde al patrimonio effettivo, si ha una sanzione, ma allora il caso di mancata denuncia di tutto il patrimonio dovrebbe avere una sanzione molto maggiore.

Per queste considerazioni la maggioranza della Commissione si è pronunciata contro i vari emendamenti.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Io ho l’impressione che si ricorra in questo problema ad una vecchia tattica; quando si vuole silurare o bocciare un quesito lo si allarga smisuratamente, invece di contenerlo nei suoi giusti termini, che sono abbastanza limitati.

Quale è lo scopo dell’emendamento? Fornire all’amministrazione finanziaria tutti i mezzi possibili ed immaginabili per combattere le evasioni e le frodi. Null’altro che questo. Se poi si vuole congegnarlo in modo da evitare particolari difficoltà, la questione si può discutere. Ma, io mi domando perché in Italia non si possa mai fare nulla di quello, che pur si fa in altri Paesi. Sempre, sistematicamente, quando si tratta di toccare il contribuente, si creano all’Amministrazione finanziaria le maggiori difficoltà: impossibile in Italia fare il cambio della moneta, impossibile toccare il segreto bancario, impossibile istituirle il giuramento. Perché tutte queste cose sono possibili in America, in Francia, in Inghilterra, e in Italia no?

Desidero precisare che il giuramento si riferisce soltanto alla denuncia dei cespiti, e non alla loro valutazione. Si tratta concretamente di dire: «Io non ho nascosto al fisco alcun cespite patrimoniale».

L’obiezione dell’onorevole Fabbri può esserle facilmente risolta quando si dicesse che, per quanto riguarda la quota presuntiva, ecc., in quel caso il giuramento logicamente vale al di là del limite della quota presuntiva. (Commenti).

C’è troppa gente che da più di un anno ha comprato gioielli in Italia: Trieste è diventata il mercato di diamanti per coloro che attendevano l’imposta straordinaria. Non c’è modo di fare un controllo sul possesso dei gioielli, ma se l’Amministrazione finanziaria domani viene a conoscenza che qualcuno possiede quantità ingenti di diamanti e brillanti non denunciati e riesce a metterci le mano sopra, una sanzione severa è bene appropriata.

Rimane il fatto che senza questo emendamento noi faremmo una legge che rispetto a quella del 1922 fa un passo indietro: per lo meno la legge Nitti del 1922 offriva all’Amministrazione finanziaria la facoltà di chiedere il giuramento.

Una voice. Ma non è stata applicata mai!

VERONI. È stata applicata!

SCOOCIMARRO. Ora, l’esperienza ha dimostrato che questa facoltà lasciata all’Amministrazione può dar luogo ad arbitri.

FABBRI. Ma allora non c’erano i titoli nominativi; oggi sì, perché la ricchezza mobiliare in gran parte è nominativa.

SCOCCIMARRO. Non importa. Io voglio dire ancora di più, onorevole Fabbri: io insisto in questo emendamento perché, per me, quando nella prossima Assemblea legislativa, si dovrà discutere della riforma tributaria, il principio del giuramento deve divenire norma nella nostra legislazione finanziaria.

Perciò propongo che fin d’ora nell’imposta straordinaria si affermi questo principio. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Prego il Ministro delle finanze di esprimere l’opinione del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo si associa alle conclusioni dell’onorevole Relatore, per quanto – in via subordinata – non avrebbe difficoltà ad accogliere il concetto incluso nell’emendamento dell’onorevole Duroni.

PRESIDENTE. Preciso all’Assemblea che oltre all’emendamento aggiuntivo Scoccimarro-Veroni ne è stato presentato un altro dall’onorevole Dugoni, così formulato:

L’Amministrazione delle finanze ed i collegi giudicanti possono in ogni tempo invitare il contribuente a presentarsi, non oltre il termine di quindici giorni dalla notificazione di regolare avviso, per sottoscrivere una formula di giuramento, nella quale si affermi che le dichiarazioni fatte dal contribuente stesso, e da confermarsi o correggersi in questa occasione, sono integrali e veritiere in rapporto alla qualità e quantità dei beni di spettanza del contribuente e alla esistenza delle passività e dei carichi relativi.

«Il giuramento è raccolto nei singoli casi dall’autorità che ha invitato a prestare il giuramento».

L’emendamento Scoccimarro-Veroni, evidentemente, è più lato perché impone il giuramento al momento della dichiarazione. Quindi questo emendamento deve avere la precedenza nella votazione. Domando ai proponenti se vi insistono.

VERONI. Sì.

PRESIDENTE. Porrò dunque ai voti l’emendamento Scoccimarro-Veroni.

RESCIGNO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto;

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Dichiaro di votare contro questo emendamento. Che altrove vi siano disposizioni di questo genere, non rivela la nostra inferiorità: rivela soltanto la nostra più squisita sensibilità giuridica. (Commenti – Rumori a sinistra).

È inutile che facciate rumore. Qui ognuno ha diritto di esprimere la propria opinione, e l’opinione mia è questa: che il giuramento che si chiede al contribuente è un po’ come la dichiarazione contro se stesso dell’imputato. Parliamoci chiaro. (Rumori a sinistra).

Una voce a sinistra. Proprio così!

RESCIGNO. Voi non risolverete nulla, e avrete soltanto creato numerosi spergiuri. (Commenti a sinistra). L’educazione del contribuente si fa in un’altra maniera, si fa educando alla sincerità, innanzi tutto, il fisco, perché il contribuente oggi è restio a pagare, soprattutto perché da parte del fisco non vi è la sincerità. Il fisco accerta esageratamente ed obbliga così il contribuente ad esagerare nel senso opposto.

Abituare alla sincerità l’uno e l’altro è il solo mezzo per rimediare a questo stato di cose. (Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che è pervenuta alla Presidenza una domanda di votazione per appello nominale sull’emendamento Scoccimarro-Veroni.

La domanda è firmata dagli onorevoli Zerbi, Saggin, Ferreri, Bovetti, Quintieri Adolfo, De Palma, Bonomi Paolo, Mastino Gesumino, Rivera, Jacini, Bubbio, Codacci Pisanelli, Fuschini, Cappi ed Uberti.

Si insiste in questa domanda?

ZERBI. Sì, insistiamo.

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale, sull’emendamento degli onorevoli Scoccimarro e Veroni.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Secchia.

Si faccia la chiama.

SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Allegato – Amadei – Amendola – Arata – Assennato – Azzi.

Baldassari – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Bellusci – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertone – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bruni – Bubbio – Bucci.

Cacciatore – Cairo – Calamandrei – Caldera – Caporali – Caprani – Carmagnola – Caroleo – Carpano Maglioli – Cavallari – Cavallotti – Cevolotto – Chiostergi – Cianca – Corbi – Costa – Cremaschi Olindo.

D’Amico Michele – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Vita – Di Giovanni – Di Vittorio – Dugoni.

Faccio – Fantuzzi – Farina Giovanni – Fedeli Aldo – Ferrari Giacomo – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Flecchia – Foa – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Ghislandi – Giolitti – Giua – Grazi Enrico – Grieco – Gullo Fausto.

Jacometti.

Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lizzadri – Lombardi Carlo – Longhena – Longo – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mariani Enrico – Massola – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Minio – Montagnana Rita – Montalbano – Morandi – Moranino – Morini – Musolino.

Nasi – Nobile Umberto – Nobili Oro.

Pajetta Gian Carlo – Pastore Raffaele – Pellegrini – Persico – Pesenti – Piemonte – Pignatari – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Porzio – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Pucci.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Roveda – Ruggeri Luigi.

Saccenti – Sansone – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Secchia – Segala – Sereni – Sicignano – Silipo – Silone – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tonello.

Valiani – Venditti – Vernocchi – Veroni – Vigna – Vischioni.

Zanardi – Zappelli.

Rispondono no:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bellato – Belotti – Bencivenga – Bertola – Bettiol – Biagioni – Bonino – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Camangi – Camposarcuno – Gannizzo – Cappa Paolo – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Cassiani – Castelli Avolio – Cavalli – Cerreti – Ciampitti – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cremaschi Carlo.

D’Amico Diego – De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Falco – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Palma – Dossetti.

Einaudi.

Fabbri – Fabriam – Fantoni – Ferreri – Firrao – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Gonella – Gotelli Angela – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.

Jacini – Jervolino.

La Malfa – Lazzati.

Magrini – Malvestiti – Marazza – Marinaro – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazzei – Medi Enrico – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Morelli Luigi – Morelli Renato – Moro – Mùrdaca.

Pallastrelli – Paolucci – Parri – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Rivera – Rodi – Romano – Roselli – Rubilli – Russo Perez.

Saggin – Salizzoni – Sampietro – Scalfaro – Schiratti – Scoca – Selvaggi – Siles – Spallicci – Spataro – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taviani – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tupini.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Vanoni – Viale – Vicentini – Villabruna.

Zaccagnini – Zerbi – Zotta.

Si sono astenuti:

Conti.

Della Seta.

Sono in congedo:

Bassano – Bellavista – Bernabei – Bianchi Costantino.

Carratelli.

Ferrario Celestino – Ferrarese – Fogagnolo.

Galioto.

Lombardo Ivan Matteo.

Mannironi – Matteotti Matteo – Musotto.

Raimondi – Ravagnan – Rumor.

Saragat.

Tomba.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione per appello nominate e invito gli onorevoli segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale sull’emendamento Scoccimarro-Veroni:

Presenti                  322

Votanti                   320

Astenuti                    2

Maggioranza           161

Hanno risposto sì     152

Hanno risposto no   168

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

Passiamo all’emendamento dell’onorevole Dugoni che il proponente dichiara di modificare nei seguenti termini:

«Qualora sussistano elementi che lascino fondatamente presumere l’omessa dichiarazione di cespiti soggetti ad imposta, l’Amministrazione delle finanze può, nel corso della procedura di accertamento, invitare il contribuente a presentarsi, non oltre il termine di 15 giorni dalla notificazione di regolare avviso per sottoscrivere una formula di giuramento, nella quale si affermi che le dichiarazioni fatte dal contribuente stesso, e da confermarsi o correggersi in questa occasione, sono integrali e veritiere in rapporto alla qualità e quantità dei beni di spettanza del contribuente ed alla esistenza delle passività e dei carichi relativi.

«Il giuramento è raccolto nei singoli casi dall’autorità che ha invitato a prestare il giuramento».

Il Ministro delle finanze è invitato ad esprimere il suo parere.

PELLA, Ministro delle finanze. Questo emendamento ha, in linea di massima, il parere favorevole del Governo. Si tratta di trasferire sul piano della facoltatività quello che, secondo l’emendamento precedente, doveva rappresentare invece un obbligo. Si ritorna cioè al sistema della legge 1922.

PRESIDENTE. Avverto che su questo emendamento è stata richiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Camposarcuno, Monterisi, Gullo Fausto, Zotta, Caso, Bianchini Laura, Monticelli, Coccia, Angelucci, Micheli, Gotelli Angela, Angelini, Castelli Avolio, Foresi, Medi, Valenti, Ciampitti, Baracco, Gabrieli, Pallastrelli e Carbonari.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Faccio osservare che dopo la votazione avvenuta, nella quale si è respinto il giuramento nella parte principale, non comprendo come possa risorgere in modo secondario e venga così ad entrare dalla finestra quello che l’Assemblea ha inteso di cacciare dalla porta. (Commenti).

Chi deve pagare pagherà, ma deve pagare nei modi che la legge ha stabilito e quelli che dobbiamo stabilire oggi noi devono essere conformi alle nostre consuetudini e non inventati ora come altro strumento di oppressione fiscale. Ci sono inoltre due ragioni per le quali io dichiarerei di votare eventualmente contro: la prima è basata sulla presunzione contro il contribuente. L’altra perché decide l’arbitrio del funzionario.

Io comprendo che le materne viscere del Ministro possono avere un riguardo particolare pei suoi funzionari, ed a questo forse è dovuta la sua accettazione, ma io credo che l’Assemblea manterrà fede al voto antecedente; perché il voto che si chiede adesso è un notevole peggioramento di quello che è stato respinto. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli Micheli, lei fa una questione sulla possibilità di votazione di questo emendamento?

MICHELI. Io ritengo che la proposta dell’onorevole Dugoni non sia più presentabile. Se la Presidenza riterrà di farla votare, valgano le dichiarazioni che ho fatto, ma io eccepisco che la procedura non è normale e che non si può portare qui la questione di un giuramento limitato, mentre abbiamo respinto il giuramento intero.

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha posto la questione e la Presidenza rimette alla Assemblea la decisione.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Desidero proporre la sospensiva. Credo che tutta l’Assemblea sia concorde nel riconoscere che si tratta di un problema degno di attenta discussione che, data l’ora tarda, non potrebbe aversi.

Propongo formalmente che la discussione sia rinviata alla prima seduta.

PRESIDENTE. Dovrò allora mettere ai voti la proposta di rinvio dell’onorevole Mastino Gesumino.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Si è chiesta la sospensiva per riflettere sul contenuto del nuovo emendamento?

MASTINO GESUMINO. Per poterlo discutere.

SCOCCIMARRO. Desidero fare presente che in seno alla Commissione è stata considerata anche questa proposta; e non l’abbiamo accettata, perché l’esperienza del passato e la previsione di quello che può avvenire in futuro, ci hanno portato alla conclusione che, allo stato attuale delle cose, non si possa lasciare alla facoltà dell’Amministrazione finanziaria di chiedere o no il giuramento; perché questo può divenire strumento di persecuzione verso alcuni contribuenti. (Approvazioni).

Per questa ragione non siamo favorevoli all’emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Scoccimarro, è contrario anche alla sospensiva?

SCOCCIMARRO. Si, sono contrario.

PRESIDENTE. L’onorevole Mastino insiste nella sua proposta?

MASTINO GESUMINO. Dato che abbiamo un accordo nel merito, rinunzio alla richiesta di sospensiva.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Non per entrare nel merito dell’emendamento, su cui il Governo si è già pronunziato, ma per riallacciarmi al riferimento alle «materne viscere», cui ha fatto cenno l’onorevole Micheli, mi si permetta di non condividere l’apprezzamento circa le eventuali conseguenze dipendenti dal contegno di determinati funzionari. Io devo ritenere l’Amministrazione finanziaria provvista di sufficiente senso di equilibrio per saper utilizzare questo strumento. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Dugoni, insiste nel suo emendamento?

DUGONI. Sì, insisto.

PRESIDENTE. I firmatari della richiesta di votazione per appello nominale vi insistono?

CAMPOSARCUNO. A nome dei firmatari, dichiaro di ritirare la richiesta.

PRESIDENTE. Pongo allora ai voti per alzata e seduta l’emendamento dell’onorevole Dugoni.

(Non è approvato).

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Presentazione di relazioni.

DI GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI. Mi onoro di presentare all’Assemblea le relazioni sulle domande di autorizzazione a procedere in giudizio contro i deputati Tega e Bernamonti.

PRESIDENTE. Queste relazioni saranno stampate e distribuite.

La seduta termina alle 13.15.