ASSEMBLEA COSTITUENTE
CLXXVI.
SEDUTA DI MARTEDÌ 8 LUGLIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Sul processo verbale:
Schiratti
Geuna
Congedo:
Presidente
Comunicazione del Presidente:
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione
Bozzi
Laconi
Corbino
Tonello
Moro
Zuccarini
Colitto
Piemonte
Dominedò
Mortati
Tega
D’Aragona
Longhena
Bertone
Maffi
Morelli Renato
Nobile
Caronia
Bibolotti
Micheli
Di Vittorio
Cifaldi
Merighi
Vigna
Codignola
Miccolis
Foresi
Rescigno
Pignatari
Perassi
Cingolani
Canepa
Lettieri
Gasparotto
Sui lavori dell’Assemblea:
Presidente
Interrogazione con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
Cingolani, Ministro della difesa
Sull’ordine del giorno:
Presidente
Minio
Cingolani, Ministro della difesa
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 17.10.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.
Sul processo verbale.
SCHIRATTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIRATTI. L’onorevole Pellegrini ha fatto ieri alcune affermazioni che riguardano il Friuli. Ritengo mio dovere fare delle precisazioni in proposito. L’onorevole Pellegrini ha detto che il Friuli è in maggioranza garibaldino. Nessun dubbio che nella lotta per la resistenza i garibaldini friulani scrissero davvero delle magnifiche pagine di eroismo e di sacrificio, così come magnifiche le scrissero gli osovani. Quanto alla maggioranza è questione di intendersi ed è necessario intendersi: è questione, cioè, di sapere se per garibaldini si intendano anche quelli che passarono al nono corpo di Tito, anche quelli che indelebilmente macchiarono il movimento partigiano con l’efferato eccidio di Porzus, che da troppo tempo ormai attende di essere giudicato dal tribunale militare di Padova; è questione di sapere se ai garibaldini vanno sommati anche quelli che hanno operato e operano in contatto ed in accordo con i titini. È necessario sapere tutto ciò, perché siano ferme e precisate le responsabilità per oggi e per domani. Ha detto anche, l’onorevole Pellegrini, che il 1° giugno sono venuti ad Udine alcuni dirigenti locali della Democrazia cristiana ed alcune centinaia di fascisti. Desidero precisare che in quel giorno convennero ad Udine, non alcuni dirigenti della Democrazia cristiana ed alcune centinaia di fascisti, bensì 7000 partigiani già facenti parte delle quattro divisioni «Osoppo-Friuli». Quanto all’accusa di fascisti, anche qui è necessario intendersi una volta per sempre. Al tempo del fascismo, onorevole Pellegrini, erano definiti e chiamati antinazionali tutti coloro che le idee fasciste non condividevano.
Si vuole oggi definire fascista ognuno che non condivida l’idea comunista, il vostro modo d’essere, di concepire la vita politica e di organizzare la società? Ebbene, fatelo! Ma veda, onorevole Pellegrini, ciò è pericoloso, molto pericoloso, perché non bisogna dimenticare che in questo senso – ripeto, in questo senso – si orienta oggi la stragrande, la schiacciante maggioranza del popolo italiano (Applausi al centro e a destra – Commenti).
GEUNA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GEUNA. Onorevoli colleghi, intendo contestare fermamente la falsa versione data ieri dall’onorevole Pellegrini sui fatti del primo giugno a Udine, in quanto testimonio particolare e responsabile particolare dello svolgimento di quella manifestazione. In occasione della concessione delle medaglie d’oro, a fianco del Ministro Gasparotto che rappresentava il Governo, e dell’amico e collega Longo, che rappresentava formazioni garibaldine, io rappresentavo le nostre formazioni.
È inutile e disonesto volersi atteggiare a vittima ed accusare gli avversari e i compagni della stessa lotta d’una concezione e di un atteggiamento di violenza che è antitetico alla nostra stessa concezione della vita politica, quando, invece, queste manifestazioni di lotta, portate sul piano politico, ispirano, nello stile e nel metodo, una parte che continuamente avversa, con questi metodi, la nostra libera e doverosa esposizione di principî e di fede.
La cerimonia ebbe svolgimento regolarissimo. Per quanto sia antipatico richiamare un fatto personale, per la troppo piccola personalità che rappresento, credo di potermi attribuire il merito di aver cercato di comporre un episodio, per il senso di responsabilità che io sentivo vivissimo, quale rappresentante di tanti partigiani. E chiedo la testimonianza onesta e leale degli onorevoli Gasparotto e Longo, al quale io rendo omaggio per l’elevatezza di pensiero, espresso nella esaltazione della resistenza. Mentre l’onorevole Longo parlava, venne a mancare la corrente; cosicché il microfono cessò di funzionare. Allora si gridò al sabotaggio. L’onorevole Longo precisò che non c’era sabotaggio e continuò a parlare con la forza dei suoi polmoni. Verso la fine del suo discorso il microfono riaccennò a funzionare; in modo che, quando io presentato dal prefetto di Udine, mi apprestai a dire la mia parola, si levò un coro di urla contro la mia persona, ritenendosi che la interruzione durante il discorso dell’onorevole Longo avesse voluto rappresentare un atto di sabotaggio. Mentre l’onorevole Longo neppure con la sua autorità e col suo prestigio di comandante riusciva a sedare il tumulto, io credetti, per un senso di lealtà cavalleresca, di rinunziare al microfono, per mettermi sullo stesso suo piano e, per quanto ne avessi pieno diritto, volli dimostrare che noi democristiani non abbiamo bisogno di ricorrere a strumenti di amplificazione per far sentire la nostra voce.
Cessata la cerimonia, si svolse perfettamente la sfilata delle formazioni nostre e di quelle garibaldine, le quali tutte destarono l’entusiasmo e l’ammirazione della popolazione udinese. Si fraternizzava, partigiani e comandanti di tutte le formazioni, quando elementi garibaldini comunisti cominciarono ad insolentire ed accusare i nostri ragazzi della formazione Osoppo. Ad un certo momento, la discussione, che poteva essere anche comprensibile in elementi giovanili, acquistò significato molto più profondo e molto più cattivo, perché era rivolta contro i nostri fratelli giuliani di Trieste, ai quali venne ostentata, quasi come un insulto, la stella rossa che per loro, e proprio perché italiani, ha voluto dire, anche sul piano politico: foibe, violenza, negazione di ogni libertà.
Si passò dunque ad atti di violenza: elementi comunisti trassero le rivoltelle e si misero a sparare all’impazzata.
Io mi sono chiesto se era mai possibile che in una cerimonia, nella quale si dovevano rievocare i nostri morti gloriosi, si dovesse arrivare da una certa parte a simili atteggiamenti
Ci si può combattere lealmente sul piano della legalità, del diritto e della giustizia e della carità cristiana.
Anche questa volta, e chiedo scusa dell’accenno che riguarda ancora la mia modesta persona, io intervenni per placare, mentre come partigiano avrei sentito di intervenire a favore dei mei fratelli offesi; ma per far sì che una giornata di pace, di fede e di ricordi non degenerasse in una lotta fratricida.
E allora io dico: è ora di finirla, basta con lo sfruttare con una intenzione demagogica anche i momenti di sosta, sacri ai morti in questa lotta politica che combattiamo nei comizi, in quest’Aula o nelle piazze…
Pensiamo in maniera diversa perché abbiamo mentalità forse opposte per la nostra stessa concezione spirituale, abitudine di vita, temperamento; troviamoci almeno uniti in un punto, in una confluenza, quella di un sacrificio che fu comune, perché la libertà che abbiamo riconquistato è il patrimonio di tutto un popolo, di qualunque colore e fede. Quindi nessuno ha il diritto di fare monopolio come mezzo politico e sbandierarlo come prezzo del suo contributo.
Credo di potere parlare serenamente agli amici di allora, anche se avversari politici, perché compimmo un dovere senza pretendere che a questo dovere così altamente sentito e pagato dai nostri fratelli con la loro vita, con la rinuncia dei beni, dovesse rispondere domani un ricatto quasi a dire al Paese: io ho fatto tanto e voi dovete riconoscerlo. Questo è quanto è degenerato anche nel non mai abbastanza deprecato fascismo: lo squadrismo, esaltazione di ciò che era stato violenza contro gli altri.
E noi invece, che abbiamo compiuto un atto che era bene e doveroso, che sentivamo tutti nobile e puro, non possiamo adeguarci a simile sistema. Questa concezione, quasi mercantile, del dovere rifugge dalla nostra coscienza.
PRESIDENTE. Onorevole Geuna, è una rettifica che lei fa al processo verbale. La prego di concludere.
GEUNA. Sì, ha ragione, onorevole Presidente; ma il processo verbale implicava anche una esposizione di un sistema del quale mi devo risentire. Concludo. Amici e colleghi, noi dobbiamo combatterci e ci combatteremo, ma con la parola, con la stampa, con la convinzione, con le idee, servendo l’idea. Ma se voi crederete di poterci soffocare con la calunnia, con la menzogna, sfasando anche i fatti con la violenza, vi sbagliate. La libertà conquistata dal sangue di tutti gli italiani noi la sapremo difendere. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Mastino Pietro.
(È concesso).
Comunicazione del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare per la vigilanza sulle radio-diffusioni ha proceduto stamane alla propria costituzione, nominando Presidente l’onorevole Molè, Vicepresidente l’onorevole Corsanego, Segretario l’onorevole Laconi.
Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Avevamo sospeso i nostri lavori nell’ultima seduta al momento in cui stavamo per affrontare l’esame delle materie contenute nel testo unificato degli articoli 109, 110 e 111 proposto dalla Commissione.
Si tratta ora di esaminare, punto per punto queste materie, in relazione agli emendamenti già svolti da numerosi colleghi.
L’elenco proposto dalla Commissione comprende diciannove materie riservate alla potestà legislativa della Regione. Noi le esamineremo una per una e procederemo alle relative votazioni.
La prima materia proposta dalla Commissione è così indicata: «Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione». Gli onorevoli Perassi, Camangi, Zuccarini, Della Seta, Paolucci, Lussu, Conti, Persico, Bellusci, Pacciardi, Azzi hanno proposto di aggiungere:
«Stato giuridico ed economico degli impiegati e salariati della Regione e degli enti locali».
L’onorevole Zuccarini inoltre ha proposto la seguente formulazione da inserire dopo il terzo punto delle materie indicate dalla Commissione: «Stato giuridico ed economico degli impiegati della Regione e degli enti locali».
Gli onorevoli Bozzi e Nobile infine hanno proposto di sopprimere le parole: «ed enti amministrativi».
Chiedo il parere della Commissione su questi emendamenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato si è riunito questa mattina ed ha esaminato gli emendamenti in questione. V’è una proposta di togliere. «enti amministrativi». È opportuno evitare equivoci. Mettendo «enti amministrativi della Regione» si potrebbero intendere anche i Comuni e le Provincie. Ora è evidente che sopra l’ordinamento di questi enti non può dettar norme la Regione. Si proporrebbe allora di mettere: «Ordinamento degli uffici e degli enti istituiti dalla Regione», cioè di quegli organi che la Regione può istituire. Questa è la proposta con cui veniamo incontro all’emendamento Bozzi-Nobile.
Quanto alla aggiunta «stato giuridico ed economico degli impiegati delle Regioni e degli enti locali», la maggioranza del Comitato non è stata favorevole, perché ha ritenuto opportuno che in questa materia le garanzie fondamentali giuridiche ed anche economiche degli impiegati siano stabilite con un criterio unico. La minoranza ha fatto osservare che non intendeva togliere le norme generali che poteva porre la legge dello Stato, ma soltanto lasciare certe facoltà di adattamento secondo le esigenze regionali. La maggioranza ha risposto che certamente le leggi dello Stato non sopprimeranno la facoltà di adattamento da parte delle Regioni; e potranno conferire alle Regioni speciali poteri; ma non conviene dare, in via generale, carattere legislativo regionale a questa materia.
BOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Mi pare che l’emendamento proposto dal Comitato, pur risolvendo in parte i miei dubbi, sollevi un altro problema. Infatti, quando esso dice: «enti amministrativi istituiti dalla Regione» conferisce indirettamente alla Regione potere di creare enti con personalità giuridica, mentre oggi gli enti pubblici si creano attraverso una procedura che è statale. Io non potrei approvare una siffatta potestà conferita alle Regioni.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Regione può provvedere alle sue funzioni sia attraverso uffici, sia attraverso enti creati ad hoc, che possono avere una certa autonomia ma sono sempre para-regionali. Ad ogni modo, il Comitato ha esposto le sue idee, sopra una questione che non sembra estremamente importante. L’Assemblea decida come crede.
LACONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. È pur necessario venire incontro alla preoccupazione che l’onorevole Bozzi ha testé manifestata; è tanto più necessario, in quanto nella sostanza tutta la Commissione è d’accordo, e penso sia d’accordo tutta l’Assemblea. Si tratta di trovare una definizione che non si presti ad interpretazioni errate. Io credo che potrebbe essere così formulata: «enti amministrativi dipendenti dalla Regione». Probabilmente questa definizione è quella che dà luogo a minori equivoci. Comunque, se non si crede di trovare in questo istante una soluzione, si voti con la riserva di rimettere al Comitato di redazione una migliore formulazione. Sia inteso, all’atto di votare, che da questi enti amministrativi (io chiedo al Presidente della Commissione di chiarire esplicitamente il punto) sono escluse la Provincia ed i Comuni, in modo che l’equivoco resti formale. Riguardo alla modifica che ho proposto, chiedo al Presidente della Commissione che esprima il suo parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Sul punto che Provincie e Comuni non sono fra gli enti amministrativi, il cui ordinamento può essere legislativamente regolato dalle Regioni, sono stato molto esplicito poco fa. In quanto alla parola «dipendenti» l’accetterei, perché viene incontro alla proposta dell’onorevole Bozzi che, credo, non insisterà nel suo emendamento. Potremo così votare: «ordinamento degli uffici ed enti amministrativi dipendenti dalla Regione».
PRESIDENTE. Pongo allora in votazione la prima parte del primo alinea: «Ordinamento degli uffici».
(È approvata).
Pongo ora in votazione la seconda parte del primo alinea nella formulazione proposta testé dalla commissione:
«ed enti amministrativi dipendenti dalla Regione».
(È approvata).
Passiamo ora alla votazione dell’emendamento aggiuntivo proposto dagli onorevoli Perassi ed altri, sostanzialmente identico all’altro proposto dall’onorevole, Zuccarini: «Stato giuridico ed economico degli impiegati e salariati della Regione e degli enti locali».
LACONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. Il mio Gruppo voterà contro l’emendamento aggiuntivo proposto dagli onorevoli Perassi e Zuccarini. I motivi per cui voteremo contro sono evidenti. Noi possiamo ammettere che esistano differenti burocrazie nelle differenti Regioni, ma non possiamo, in alcun modo, ammettere che ciascuna di esse abbia attribuiti uno stato giuridico ed un trattamento economico diverso, a seconda delle possibilità economiche della Regione stessa. Noi verremmo ad operare, nel corpo della burocrazia italiana, una selezione a vantaggio delle Regioni più ricche, e verremmo, nelle Regioni più povere, ad avere lo scarto degli impiegati. Non possiamo ammettere una cosa di questo genere. Quindi, voteremo contro.
CORBINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Mi associo alle dichiarazioni dell’onorevole Laconi. Anche il mio Gruppo voterà contro.
TONELLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Il mio Gruppo è contrario alla proposta degli onorevoli Perassi e Zuccarini. Noi abbiamo detto di voler sfollare un po’ la burocrazia centrale, spostando diversi funzionari dal centro alla periferia. È evidente la necessità che questi funzionari abbiano tutti lo stesso trattamento, qualunque sia la Regione nella quale verranno occupati. Inoltre, bisogna che non sia leso il loro diritto di funzionari. Sarà una cosa molto difficile, onorevoli colleghi, che dei funzionari, i quali, per esempio, risiedono qui a Roma, possano andare in qualche Regione ad esplicare il loro lavoro. Forse si sarebbe costretti a fare a questi funzionari un trattamento di preferenza.
MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Dichiaro che il mio Gruppo voterà contro l’emendamento proposto dagli onorevoli Perassi e Zuccarini.
ZUCCARINI. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZUCCARINI. Desidero precisare che le ragioni dell’emendamento erano date dalla preoccupazione – che già ho illustrato – che gli impiegati degli enti locali non fossero, come avviene oggi, troppo frequentemente spostati da una Regione all’altra, ma dovessero vivere sul posto per conoscere a fondo i problemi.
Noi crediamo che il trattamento economico sarà eguale, ma non è qui la questione.
PRESIDENTE. Onorevole Zuccarini, lei ha già svolto il suo emendamento.
COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. Le ragioni che mi inducono a votare contro sono state già svolte dagli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto. Dichiaro che il mio Gruppo voterà contro l’emendamento Perassi-Zuccarini.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo Perassi-Zuccarini, che rileggo: «Stato giuridico ed economico degli impiegati e salariati della Regione e degli enti locali».
(Non è approvato).
Passiamo al secondo alinea: «Modificazioni delle circoscrizioni comunali e provinciali».
L’onorevole Nobile ha proposto di sopprimerlo; ma ciò si traduce nel votare contro la proposta formulazione. Ogni proposta deve avere contenuto positivo; coloro che non intendono approvare la formulazione votano contro e possono giustificare il loro voto con una dichiarazione.
L’onorevole Costa ha proposto di aggiungere: «e delle denominazioni dei Comuni». Egli non è presente.
PIEMONTE. Faccio mia la proposta dell’onorevole Costa.
PRESIDENTE. Sta bene. Voteremo prima il testo della Commissione e poi la proposta aggiuntiva.
Chiedo il parere della Commissione sull’emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Per quanto riguarda l’aggiunta della frase: «e delle denominazioni dei Comuni» non sono d’accordo, perché allora bisognerebbe parlare anche delle provincie ed entrare in altre specificazioni. Mi pare eccessivo dare nella Costituzione particolare risalto a questo argomento.
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Secondo me, bisogna guardare anche a quelli che sono i diritti dei cittadini. Quando si tratta di dare alla nuova Costituzione questo diritto di modificare la circoscrizione comunale, provinciale, ecc., bisognerebbe che almeno si tenesse presente l’opportunità che vi sia l’approvazione della popolazione. Io domando: si può cambiare la circoscrizione senza che il cittadino possa manifestare, attraverso una votazione, l’adesione a queste modificazioni? L’alinea dovrebbe, pertanto, essere soppresso.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei fare osservare all’onorevole Tonello che è implicito, per quanto riguarda questo articolo, che le norme generali e fondamentali debbono essere stabilite dallo Stato; quindi queste modificazioni non è che si possano fare ad arbitrio.
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Sono del parere che si possano dare alla Regione i poteri di modificare la circoscrizione comunale, ma per le modifiche delle circoscrizioni provinciali, penso che esse debbano restare compito dello Stato. Proporrei, pertanto, che l’alinea si votasse per divisione.
PRESIDENTE. Sta bene, la votazione avverrà per divisione.
PIEMONTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIEMONTE. Dichiaro di ritirare l’emendamento dell’onorevole Costa che avevo fatto mio, riservandomi di presentare la proposta quando si tratterà della Provincia.
DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMINEDÒ. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo per il testo della Commissione da noi giudicato preferibile.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del secondo alinea;
«Modificazione delle circoscrizioni comunali».
(È approvata).
Pongo ai voti la seconda parte: «e provinciali».
(Dopo prova e controprova è approvata).
Passiamo al terzo alinea del testo della Commissione: «Polizia locale urbana e rurale».
Vi è a questo proposito la seguente proposta dell’onorevole Mortati, abbastanza complessa:
«Fondere i capoversi secondo, terzo e quarto dell’articolo unificato risultante dagli articoli 109, 110 e 111 del progetto, l’articolo 119 e l’articolo 124, nel seguente articolo, che dovrebbe precedere, nella collocazione finale, l’articolo 109:
«Lo Statuto di ogni Regione è stabilito, in armonia con la Costituzione e le norme legislative della Repubblica, mediante legge deliberata dal Consiglio regionale alla presenza della maggioranza dei consiglieri e con il voto favorevole dei due terzi dei presenti.
«Esso conterrà le norme per l’organizzazione interna della Regione, per la modificazione delle circoscrizioni provinciali e comunali, per l’ordinamento della polizia locale urbana e rurale, per l’esercizio dei diritti di iniziativa popolare e di referendum legislativo, per l’impiego del referendum su provvedimenti amministrativi, e per quanto altro occorra all’adempimento dei compiti affidati alla Regione».
MORTATI. Chiedo di rinviare la discussione dell’emendamento.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. Pongo in votazione il terzo alinea:
«Polizia locale urbana e rurale».
(È approvato).
Passiamo al quarto alinea: «Fiere e mercati».
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Desidero chiedere che cosa si vuole intendere per fiere nel caso contemplato dal comma in esame, perché, se trattasi di fiere di carattere nazionale, non mi pare conveniente lasciarle alla competenza della Regione. Propongo pertanto che si dica: «fiere e mercati locali».
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Presidente della Commissione di manifestare il proprio pensiero riguardo alla proposta dell’onorevole Corbino.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituente. A me pare implicitamente inteso che si tratta di fiere e di mercati locali; non è necessario aggiungerlo; se noi mettessimo qui l’attributo «locali», dovremmo aggiungerlo anche in molte altre voci dell’articolo ed in altri articoli. Non mi sembra necessario, essendovi il presupposto che quando si parla della Regione, si tratta sempre di attività che non eccedono l’interesse regionale.
PRESIDENTE. Onorevole Corbino, insiste nella sua proposta?
CORBINO. Insisto. Desidero che si aggiunga all’espressione «fiere e mercati» la parola «locali». (Commenti).
TEGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEGA. Dichiaro che voterò contro l’alinea, in quanto viene a menomare l’autonomia comunale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula: «Fiere e mercati».
(È approvata).
Metto in votazione raggiunta proposta dall’onorevole Corbino della parola «locali».
(Non è approvata).
Passiamo ora al quinto alinea:
«Beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria e ospedaliera».
Gli onorevoli Merighi e Fornara hanno proposto di sopprimere le parole «ed assistenza sanitaria e ospedaliera».
L’onorevole Colitto, ha proposto di aggiungere le parole: «sanità ed igiene»; l’onorevole Zuccarini ha proposto di aggiungere l’espressione «igiene e sanità pubblica».
Infine l’onorevole Caronia e altri deputati hanno proposto di sostituire l’alinea col seguente: «Igiene e sanità pubblica, beneficenza pubblica ed assistenza ospedaliera».
D’ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. Vorrei un chiarimento. Noi sappiamo che gli Istituti della Previdenza sociale creano, per l’esercizio della loro funzione, degli ospedali nelle varie Regioni. Desidero pertanto conoscere se anche tali ospedali dovranno essere soggetti alla regolamentazione da parte della Regione, o se potranno invece vivere alle dipendenze degli istituti che li hanno creati.
PRESIDENTE. Chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Do all’onorevole D’Aragona l’espresso chiarimento che gli istituti di assistenza che dipendono da enti nazionali non cadono sotto la potestà legislativa della Regione. Questa è espressa dichiarazione del Comitato, per l’interpretazione dell’articolo.
Veniamo ora agli emendamenti presentati. Ve n’è uno che toglie e uno che aggiunge. Quello che toglie lascia soltanto «beneficenza pubblica», sopprimendo «assistenza sanitaria ed ospedaliera». Il Comitato mantiene il suo testo, facendo presente che gli istituti ospedalieri e di assistenza, affidati ad enti locali, ad esempio i brefotrofi ed i manicomi provinciali, rimarranno ad essi, se non del tutto, in gran parte, anche con i riordinamenti che possano introdursi mediante una regolazione nazionale di questa materia. Lasciamo dunque al riguardo una potestà legislativa secondaria alla Regione.
Per quanto riguarda l’emendamento aggiuntivo, il Comitato non è favorevole, nella sua maggioranza, ad aggiungere «sanità ed igiene» o «sanità pubblica» o qualche cosa del genere, perché qui si tratta di materie così gelose – basta accennare alle infezioni – che non si può, passando un confine regionale, mutarne i precetti e la disciplina. Questa materia deve essere affidata allo Stato. Non è escluso – ed il nostro schema lo consente – che lo Stato affidi l’esercizio di queste funzioni a medici regionali, o provinciali, ma la facoltà di emettere norme aventi valore legislativo e di dirigere i servizi deve essere attribuita e conservata allo Stato.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora passare alla votazione del quinto alinea.
LONGHENA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LONGHENA. Mi associo alla proposta Merighi-Fornara, perché le direzioni degli ospedali non hanno ancora definito con precisione il loro punto di vista circa la sistemazione di questi enti, e finché non sarà nota la decisione di coloro i quali sono competenti in materia, non mi sento di votare il testo della Commissione.
BERTONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTONE. Desidero solo chiedere alla Commissione un chiarimento circa il problema del recupero delle spese di spedalità, uno dei problemi più gravi che riguarda gli enti ospedalieri. Se il regolamento delle spese di spedalità viene fatto dalla Regione, può darsi che le singole Regioni si diano ciascuna un regolamento autonomo, l’uno diverso dall’altro, e quindi potrebbe verificarsi che una Regione imponesse norme che sono totalmente diverse da quelle di un’altra Regione.
PRESIDENTE. L’onorevole Presidente della Commissione ha facoltà di parlare.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Posso tranquillare l’onorevole Bertone, perché, in base al primo comma di questo articolo, che già abbiamo approvato, spetta allo Stato fissare i principî fondamentali, anche per questa materia, che non sarà quindi lasciata all’arbitrio illimitato della Regione.
MAFFI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAFFI. Io voterò contro, perché vedo quanto sia pericoloso stabilire un principio che consenta alle Regioni un’interferenza in un problema come quello dell’assistenza sanitaria ed ospedaliera, problema che dovrà essere oggetto di una profonda trasformazione. Basterà riferirsi soltanto al problema dell’assistenza ai tubercolotici, che dovrà essere fondamentalmente basato su un’assicurazione statale, per capire che disastro economico, amministrativo, direttivo si avrebbe se noi dovessimo affidare alle singole Regioni facoltà normative su questo argomento.
Quando pensiamo che è opinione ormai generalizzata che l’assistenza pubblica debba essere nientemeno che affidata ad un Ministero della sanità pubblica, in collegamento con tutti i Ministeri veramente attivi della vita sociale (quindi, col Ministero del lavoro, col Ministero dell’agricoltura, con il Ministero della pubblica istruzione), un Ministero efficientissimo, centralizzato, in rapporto con tutte le autonomie locali, sì, ma che abbia una unicità di indirizzo, com’è unitario il problema dell’assistenza sanitaria, che, pur con differenze minime fra Regione e Regione, interessa la vita di tutta la nazione, noi vediamo l’assurdità della proposta regionalistica in tale materia.
Siamo di fronte a problemi di una grande altezza, di una vera nobiltà sociale, e stiamo per frazionarne l’attuazione affidandola alle Regioni ed alle Provincie che, in molti casi, saranno incompetenti e, in molti altri casi, saranno espressione di interessi dominanti che spesso non risponderanno agli interessi del pubblico bene.
MICHELI. Le cricche ospedaliere!
MAFFI. Già, le cricche ospedaliere! Quindi noi dobbiamo votare contro.
MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORELLI RENATO. Voterò contro per due motivi. Il primo si ricollega all’eccezione sollevata dall’onorevole Bertone: mi pare che la limitazione delle direttive e dei principî generali non basti a tranquillizzarci su taluni problemi dell’assistenza ospedaliera, problemi che sono e restano di carattere generale, come quelli del cosiddetto domicilio di soccorso e della ripartizione delle cosiddette spese di spedalità.
Per un secondo motivo voterò contro: perché è dinanzi ai miei occhi il quadro delle regioni meridionali. Ritengo che la regolamentazione di questa materia debba essere unitaria per il Nord e per il Sud e che attribuire l’assistenza ospedaliera alla Regione segni per il Mezzogiorno un pauroso regresso.
NOBILE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Questa era una delle poche voci per le quali non avevo chiesto la soppressione; ma dopo aver sentito l’opinione di colleghi che hanno competenza nella materia, dichiaro di votare per l’esclusione anche di questa voce.
PIEMONTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIEMONTE. Unicamente mi permetto di rilevare al collega Maffi una contradizione. Pochi giorni fa si diceva che alcuni medici incaricati di dire se c’era malaria o no, sotto il regime unitario, per far carriera negavano che esistesse, anche se c’era. Ora, nella Regione, queste cose non succederanno più.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del quinto alinea: «Beneficenza pubblica».
(È approvata).
Prima di passare alla votazione della seconda parte «ed assistenza sanitaria e ospedaliera», chiedo agli onorevoli Colitto, Zuccarini e Caronia, che hanno presentato emendamenti, se ritengano di poter fondere il testo della Commissione con le loro proposte, o se considerino le loro proposte nettamente distinte.
COLITTO. Non insisto nell’emendamento.
ZUCCARINI. Mantengo la formula: «igiene e sanità pubblica», ma come un alinea separato.
CARONIA. Accetto la formula aggiuntiva: «igiene e sanità pubblica».
PRESIDENTE. Voteremo prima il testo della Commissione, per la quale non vi sono emendamenti, e poi la proposta aggiuntiva degli onorevoli Zuccarini e Caronia.
BIBOLOTTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIBOLOTTI. Vorrei richiamare l’attenzione dei colleghi, e specialmente dei colleghi democristiani, su un fatto. Il Presidente del Consiglio, qualche giorno addietro, ha insediato, con una certa solennità, una Commissione che dovrebbe provvedere a fornire indicazioni al legislatore di domani per una riforma previdenziale. Tutti i voti dei convegni tecnici di studiosi, di organizzatori sindacali, di coloro che si sono occupati del problema della previdenza e assistenza, hanno prospettato un riordinamento profondo, ma su base unitaria, di questa materia. Ora, se, presi dalla passione regionalistica, noi attribuiamo queste funzioni alla Regione, rischiamo di fare un grande passo indietro su questo problema. Chiederei che i colleghi democristiani riflettessero su una decisione che è contro le stesse loro deliberazioni e contro gli impegni che hanno assunto nei loro convegni. Voglio supporre che questo problema non sia stato valutato sufficientemente. Ecco perché faccio appello a coloro che hanno responsabilità in materia perché non si commetta questo grave errore, che farebbe fare un passo indietro di trenta anni al problema dell’assistenza sociale.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ripeto all’onorevole Bibolotti quello che ho detto all’onorevole D’Aragona: la previdenza sociale, più recentemente nata ed ancora in sviluppo, si basa sopra altri criteri, ed ha un profilo a sé, diverso da quello della tradizionale assistenza ospedaliera, che è esercitata in forme ed istituti locali. Lo sviluppo della previdenza sociale potrà ridurre questo mondo antico, che resterà tuttavia sempre, almeno in parte, in vigore; e nulla vieta che sia regolato dalla legislazione regionale, sempre entro i limiti dei principî posti con leggi dello Stato. Invece per la previdenza sociale, che s’ispira a criteri essenzialmente nazionali, l’unico legislatore e regolatore sarà lo Stato.
D’ARAGONA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. L’argomento, indiscutibilmente, è molto grave. Non basta affermare che la previdenza sociale è libera, al disopra degli ospedali provinciali, regionali e locali. I vecchi legislatori ricorderanno che nel 1917 è stata costituita una Commissione per introdurre in Italia l’assicurazione malattia. Ricordo che le conclusioni di quella Commissione furono che si dovesse costituire in Italia un ente nazionale il quale avrebbe dovuto assorbire tutti gli ospedali locali; perché la sanità, la prevenzione, la cura, la post-cura sono cose che non possono essere lasciate a organi locali, se si vuole sinceramente che questa funzione della sanità sia veramente una cosa seria. Oggi abbiamo – lo ha detto il collega onorevole Bibolotti – una Commissione, la quale deve studiare il riordinamento delle assicurazioni sociali e della previdenza sociale.
Tra le varie correnti di idee che si muovono nel campo della previdenza sociale, vi è anche quella – non so se avrà la prevalenza nella Commissione che ho l’onore di presiedere – la quale afferma il principio che il cittadino ha il diritto di essere assistito dalla nascita alla morte, in tutte le evenienze della sua gita. Tutto questo deve essere accentrato in un ente nazionale, il quale deve seguire il cittadino attraverso tutte le malattie.
In Italia, per esempio, abbiamo questa situazione strana: esiste una assicurazione contro la tubercolosi completamente disgiunta dalla assicurazione contro le malattie, come se la tubercolosi non fosse una malattia. Ma come è possibile svolgere un’azione efficace in tutto il Paese contro la tubercolosi, se non si dà ad un organismo di carattere nazionale il diritto di avere dei poteri sugli ospedali locali, anche se questi ospedali non dipendono direttamente da quest’organo centrale della sanità, per la difesa delle popolazioni contro la tubercolosi? Se dipendono da organi regionali, come potrà quest’organo superiore influire? Si dice, è vero, al primo comma che «la Regione emana norme legislative, nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato», ma è molto facile superare poi nella pratica queste formule generiche e mettere quindi questi organismi in condizione di non avere la elasticità necessaria per lo svolgimento della loro azione.
Per tutte queste ragioni, dichiaro che io voterò per la soppressione della voce in esame.
MICHELI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI. Io non voglio contrastare le parole dette dall’onorevole Bibolotti, in quanto egli ha affermato che qualcuno di noi fosse affetto da mania regionalistica.
BIBOLOTTI. No, no, ho detto passione.
MICHELI. Trattandosi di ospedali, io ho trasformato la passione in mania. Certo però ho detto mania per me, in quanto intendevo serbare l’espressione più graziosa, la passione, per lei, onorevole Bibolotti, e per coloro che sono del suo parere, poiché mi pare che lei abbia un poco di passione anti-regionalistica.
Ma, discutendosi, come ogni momento si vuol fare, fino alla virgola, mi pare che si voglia arrivare a sfrondare l’albero della Regione, in modo che l’esperimento debba fallire e si possa darne domani la colpa a noi, mentre siete voi che volete farlo fallire. (Interruzioni a sinistra).
Questo dico come preambolo. Giacché debbo aggiungere ai colleghi che si vuole equivocare sulla interpretazione di quello che effettivamente significa la parola assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Che cosa c’entra la previdenza sociale nella questione che è detta così chiaramente in questo articolo?
MORELLI RENATO. E il tubercolosario?
MICHELI. Ne parleremo più tardi. Permetta il collega che ci arrivi attraverso tutte le altre forme di malattia. (Commenti a sinistra).
Grazie al cielo non è dei soli affetti da tubercolosi che noi in questo momento ci dobbiamo preoccupare.
Può anche darsi che i tubercolosari, i quali hanno una organizzazione già sapientemente organizzata e predisposta, non siano compresi in questa parte, ma che invece non sia necessario eliminare queste parole dell’articolo proposto, in quanto che esso nulla innova di quello che è lo stato di fatto attuale.
DI VITTORIO. Lo stato di fatto non è simpatico.
MICHELI. Se ella crede che non sia simpatico, non la voglio contraddire. Lei potrà indicare le località deficienti che la inducono a questa affermazione. Io parlo di altre località che conosco in senso contrario e quindi ella permetterà che io non accetti questa sua interruzione, perché non mi pare adatta, in questo momento.
Gli ospedali da chi dipendono ora? Dallo Stato? Niente affatto. Allo Stato ricorrono qualche volta per la integrazione dei loro bilanci, ma gli ospedali non hanno nessuna dipendenza dallo Stato. Quindi, effettivamente, o formano enti particolari, o dipendono dai comuni, qualcuno anche dalle provincie. Questo oggi; domani i rapporti con lo Stato passeranno alla Regione. Sarà una specie di amministrazione superiore. Quindi nessuna particolare modificazione che venga a turbare la situazione attuale. Solamente noi organizzeremo localmente quello che adesso dipende dall’alto; allora si avrà un maggiore controllo dei cittadini e non dovremo per ogni piccola questione venire qui ad inchinarci a queste formazioni centralistiche nelle quali, molti o pochi, medici o professori, comandano e dettano norme a tutta Italia. Questo non deve continuare. Di medici e professori ne abbiamo anche localmente, altrettanto bravi e valenti, e non è il caso che soltanto per questo si debba sminuire l’importanza di questa proposta.
Per quanto si riferisce alla osservazione dell’onorevole D’Aragona, essa è di una importanza notevole; però mi permetto di fargli osservare che egli ha detto che nel lontano 1917 si è istituita una Commissione, la quale doveva riunire tutti gli istituti assistenziali, dare ad essi un indirizzo unico, sistemare tutto. Questa Commissione, dal 1917 ad oggi, non ha concluso che poco o nulla e gli ospedali restano come erano. Raggruppiamoli; facciamo tanti reparti ospedalieri regionali e riusciremo a fare qualche cosa, che con la Commissione unica non si è mai riusciti a fare e non si farà. Le Commissioni, sapete come sono, studiano molto e concludono poco.
Noi localmente studieremo e concluderemo quello che voi nella Commissione, dal 1917 ad oggi, non siete riusciti a concludere.
Onorevole D’Aragona, io ho visto con molto piacere ed ho assistito al solenne insediamento della nuova Commissione della quale siete presidente e mi sono compiaciuto perché nessuno era più degno di voi a sedere in quel posto; permettete che vi dica: Ad multos annos, per voi e per la vostra Commissione. (Si ride).
DI VITTORIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI VITTORIO. Vorrei osservare che se vi è un principio sul quale le varie correnti che si occupano di problemi sociali sono d’accordo, è proprio quello di basare tutta la materia dell’assistenza sanitaria sulla più completa solidarietà nazionale. Noi abbiamo in Italia provincie e Regioni le quali hanno una attrezzatura sanitaria presso a poco sufficiente per i bisogni della popolazione.
Ne abbiamo altre nelle quali una vera e propria assistenza sanitaria non esiste. Se deleghiamo alla Regione l’assistenza sanitaria, rischiamo di condannare le zone più povere, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia, a non uscire mai da questa inferiorità. Invece lasciando al Paese intera la responsabilità dell’assistenza sanitaria, si deve fare in modo che tutto il Paese, con tutti i suoi mezzi e le sue risorse, concorra a creare o a sviluppare l’assistenza sanitaria anche nelle Regioni più povere, dove questa non esiste. Perciò qui non si tratta della Regione o dell’anti-Regione; si tratta di un problema tecnico e di un problema sociale di grandissima importanza, che dobbiamo risolvere secondo le sue esigenze intrinseche e non secondo determinate pregiudiziali estranee al problema stesso.
CIFALDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIFALDI. Vorrei fermarmi un istante sulla necessità di guardare il problema sanitario in rapporto alla tubercolosi, perché specialmente nel Mezzogiorno, nelle città più sinistrate dalla guerra, questo problema assume un aspetto preoccupante. Dalle statistiche che ho potuto avere presso gli enti competenti, si desume che vi è un aumento di tubercolosi rispetto all’anteguerra del 40 per cento ed attualmente abbiamo che, mentre la previdenza sociale può provvedere all’assicurazione ed eventualmente alla cura semplicemente di una metà di coloro che sono affetti da quel terribile male, l’altra metà viene curata attraverso le organizzazioni provinciali o comunali, vale a dire che i tubercolotici sono assistiti per una metà dagli istituti sanitari della previdenza sociale, mentre per l’altra metà devono essere assistiti dalle provincie e dai comuni. Discende da questo la necessità di una unitarietà, di un unico indirizzo di assistenza in questa materia.
L’onorevole Di Vittorio ha accennato alla disparità delle condizioni economiche delle varie Regioni ed io mi permetto di aggiungere che vi è una sola necessità: quella che si possa finalmente affrontare e sperare di risolvere questo tremendo male che affligge gravemente l’Italia. Sono quindi decisamente contrario che alla Regione sia affidata la legislazione in materia sanitaria.
MERIGHI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MERIGHI. Di fronte a certe dichiarazioni è opportuno che anche io faccia la mia dichiarazione personale di voto.
Faccio osservare al collega Micheli, di cui ammiro profondamente il giovanile entusiasmo per la giovinetta Regione, che il limitare o togliere alla Regione stessa certi attributi può significare, anziché la svalutazione, la valorizzazione sua e quindi il non farne fallire l’esperimento. Limitandone i compiti a determinate cose, per cui può essere realmente competente la Regione, c’è il caso che l’esperimento regionale risponda di più allo scopo.
Mi pare che dalla discussione avvenuta, per quanto riguarda il problema assistenziale e sanitario, appaia ancora un po’ di confusione nel pensiero di molti colleghi. Questa confusione di idee, su cui per necessaria brevità non mi soffermo, non vorrei che fosse tradotta domani nella legislazione regionale, il che potrebbe urtare contro i principî legislativi nazionali, e di conseguenza contro i regolamenti locali. Vi faccio osservare, poi, a proposito di assistenza ospedaliera, che presso l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica vi è una Commissione, la quale lavora da tempo per la riforma degli ospedali e per la riforma della legislazione sanitaria, cercando di ovviare ad inconvenienti che si sono creati, e che avete rilevato (Interruzioni e rumori a destra) e per coordinare le richieste ed i contrasti fra clinici ed ospedalieri.
Osservo inoltre che dare l’assistenza sanitaria alla Regione, può portare a profonde modifiche di quelle che sono antiche istituzioni (Interruzione a destra), ad esempio quella della condotta medica. Il nostro intervento, non vuole essere un intervento negativo od ostruzionistico: vuole essere anzi positivo, nel senso di richiamare l’Assemblea e la benevola attenzione del Presidente della Commissione alla possibilità di una sospensiva. In caso contrario voterò contro la proposta.
VIGNA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIGNA. Desidero avere un chiarimento. Vi sono Comuni che hanno enti ospedalieri e di assistenza di data secolare, che costituiscono il loro orgoglio ed il loro vanto. Ora io chiedo al Presidente della Commissione, quali possano essere, eventualmente, i poteri della Regione in relazione al funzionamento di questi enti ospedalieri che, come ho già detto, costituiscono vanto ed orgoglio di tanti nostri Comuni.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato ha tenuto presente la preoccupazione dell’onorevole Vigna. Nell’articolo 112, che segue immediatamente, è stabilito, che con leggi dello Stato possono affidarsi agli altri enti locali funzioni amministrative nelle materie la cui legislazione secondaria è affidata alla Regione. La Costituzione, dunque, permette di conservare nell’ambito della gestione dei Comuni gli istituti ospedalieri che sono una loro antica tradizione.
MAFFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Maffi, ella ha già parlato in sede di dichiarazione di voto.
MAFFI. L’onorevole Micheli ha lanciato contro di noi un’accusa e abbiamo il diritto di rispondere.
PRESIDENTE. In altra sede, non in sede di votazione.
MAFFI. È un dato di fatto che bisogna portare per chiarire il pericolo a cui si va incontro. (Rumori al centro). Onorevole Micheli, noi non siamo affetti da «michelite». (Interruzione dell’onorevole Micheli).
PRESIDENTE. Onorevole Maffi, la prego di non insistere.
Pongo in votazione la seconda parte del quinto alinea nel testo della Commissione: «ed assistenza sanitaria e ospedaliera». È evidente che coloro i quali accettano l’emendamento soppressivo degli onorevoli Merighi e Fornara voteranno contro la formulazione della Commissione.
(È approvata).
Passiamo ora alla votazione dell’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Zuccarini e Caronia: «Igiene e sanità pubblica», salvo poi a vedere in quale punto della elencazione bisognerà inserire l’espressione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei dichiarare, per evitare ogni equivoco, che il Comitato considera ben distinti due ordini di questioni. L’assistenza ospedaliera, in quanto questione d’ordinamento amministrativo, può essere regolata, sempre subordinatamente, dalla Regione. Non così quanto, come igiene e sanità, è questione proprio di salute pubblica, e di precetti e prescrizioni, ad esempio contro le infezioni, che deve essere regolato esclusivamente dallo Stato.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Zuccarini e Caronia: «Igiene e sanità pubblica».
(Non è approvato).
Passiamo al sesto alinea così formulato: «Istruzione artigiana e tecnico-professionale».
Gli onorevoli Colitto e Marchesi hanno proposto di sopprimere l’alinea. Gli onorevoli Miccolis, Penna Ottavia, Rodi, Patrissi, Abozzi, Venditti, Castiglia, Colitto, Quintieri Quinto, Trulli hanno proposto di sopprimere l’inciso: «e tecnico-professionale». Anche gli onorevoli Nobile e Preti hanno proposto di sopprimere queste parole.
L’onorevole Perassi ha proposto di aggiungere le parole: «ed assistenza scolastica».
Gli onorevoli Caronia, Dominedò, Avanzini, Adonnino, Aldisio, Cappi, Geuna, Di Fausto, Romano, De Maria, Borsellino, Codacci Pisanelli, hanno proposto di fondere l’alinea in esame con quello successivo relativo ai «musei e biblioteche di enti locali» adottando la formula: «Istruzione pubblica di tutti gli ordini e gradi, Accademie e biblioteche, belle arti, antichità e musei».
Chiedo alla Commissione di esprimere il suo parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole Caronia, debbo dichiarare che la Commissione dei Settantacinque, in tutti i suoi lavori, fu unanime nel non ammettere il passaggio in blocco alla legislazione secondaria della Regione, e come conseguenza, per il successivo articolo 112, il passaggio in blocco alla gestione regionale di tutta l’amministrazione scolastica, di tutto quanto dipende dal Ministero dell’istruzione.
Basta enunciare questo punto di vista per comprendere il netto diniego di accettare l’emendamento Caronia.
Per quanto riguarda la sua prima formula: «Istruzione artigiana e tecnico-professionale», il Comitato riconosce che. facendo menzione della istruzione «tecnica», potrebbe sorgere l’equivoco che la scuola tecnica e gli istituti tecnici siano deferiti alla Regione.
Quanto all’emendamento dell’onorevole Perassi, che aggiunge: «ed assistenza scolastica», il Comitato non ha difficoltà di accettarlo.
PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che non si tratta ora di riaprire la discussione, ma di fare soltanto dichiarazioni di voto.
È dunque favorevole a modificare così: «Istruzione professionale ed artigiana».
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Vorrei conoscere con maggior precisione quale sia il significato dell’espressione «assistenza scolastica» proposta dall’onorevole Perassi. L’assistenza scolastica può difatti riferirsi alle casse scolastiche, alle provvidenze relative alla scuola media in generale, ma anche, ad esempio, alle borse di studio universitarie. Bisognerebbe quindi chiarire con maggiore esattezza, perché sarebbe assai pericoloso affidare alla Regione tutto l’insieme dell’assistenza scolastica, compreso, per esempio, quanto riguarda l’assistenza ai reduci o agli, ex partigiani, di competenza degli istituti superiori. Ripeto, vorrei un chiarimento al riguardo.
D’ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. Oggi abbiamo in Italia, per quanto riguarda le scuole professionali, organi regionali, che sono i Consorzi, i quali dipendono direttamente dal Ministero della pubblica istruzione. Inoltre, vi è un altro organo che si chiama I.N.A. P.L.I., dipende dal Ministero del lavoro. Questi due organismi hanno il compito di vigilare, sorvegliare, indirizzare e guidare le scuole professionali. A questi si aggiunge il Provveditorato degli studi. Le scuole professionali finiscono, alla fine, per fare quello che vogliono, perché, siccome questi organismi non vanno d’accordo fra loro, le scuole professionali devono superare tutti gli inciampi che essi frappongono.
Domando – è un chiarimento che chiedo – se quando si darà il diritto alle Regioni di legiferare in materia di scuole professionali, gli organismi che sono di carattere nazionale, che pure hanno la vigilanza sulle scuole locali, che, anzi, sussidiano le scuole locali, dovranno sparire, oppure dovranno passare alle dipendenze della Regione, o continueranno la propria opera in nome dello Stato, cioè a carattere nazionale. In caso contrario noi, anziché dare sviluppo a queste scuole professionali, finiremmo per soffocarle.
MICCOLIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICCOLIS. Devo osservare che, nella sostanza, sono d’accordo con l’onorevole Presidente della Commissione, perché qui si tratta di mettere fuori causa gli istituti tecnici. Ma, disgraziatamente, da un certo numero di anni a questa parte, quando si parla, onorevole Ruini, di istruzione professionale, si intende anche parlare di istituti tecnici.
Devo poi osservare una cosa importantissima, cioè che noi abbiamo riconosciuto a un qualsiasi privato il diritto di istituire scuole. Nessuno vieta alla Regione di poter creare anche istituti tecnici; ma questi tipi di scuole – chiamiamoli istituti tecnici, istituti professionali, chiamiamoli come vogliamo – non devono assolutamente intaccare l’iniziativa dello Stato. Ora, questi istituti possono essere creati per iniziativa delle Regioni, come già è stato stabilito in materia generale di istruzione. Perché vogliamo insistere su questa formula che può veramente creare gravi difficoltà di interpretazione?
Noi potremmo arrivare alla conclusione che un ragioniere di Napoli ha un diploma che, forse, non è riconosciuto a Milano: badate che possiamo arrivare a questo assurdo.
Ho detto e ripeto che, nella sostanza, con il Presidente della Commissione, siamo nello stesso ordine di idee; però nella dizione proposta ci può essere equivoco.
PRESIDENTE. Onorevole Miccolis, l’onorevole Ruini ha proposto la dizione: «Istruzione professionale e artigiana».
MICCOLIS. Ma per scuole professionali – io vivo in quell’ambiente – oggi s’intendono scuole che vanno da quelle di avviamento al lavoro fino agli istituti tecnici. (Commenti).
PIEMONTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIEMONTE. Domando se nel termine «scuole artigiane e professionali» devono comprendersi o meno le scuole inferiori medie di agricoltura specializzate, perché, sé c’è un tipo di scuola che propriamente deve avere un carattere regionalistico, è indiscutibilmente quello.
MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORELLI RENATO. Qualsiasi forma venga adottata, io dichiaro che voterò contro, anche se sono molto scettico sull’efficacia del mio e degli altri presumibili voti contrarî, a causa dell’intervento massiccio dei colleghi regionalisti che rende praticamente senza effetti la nostra opposizione.
Mi pare infatti che in proposito vi sia già un’esperienza significativa nel settore universitario. Altri potrebbe, sotto questo riguardo, parlare con maggior competenza di me degli inconvenienti che si sono manifestati sia dal punto di vista amministrativo – ricordiamo che alcune università si sono trovate persino di fronte al pericolo di dover chiudere i battenti – sia da quello più specifico dell’ordinamento degli studi. Vi è stato un tempo in cui presso alcune università i giovani potevano laurearsi in legge senza sostenere esami in discipline fondamentali, come il diritto civile.
PERASSI. Ma questo non dipende dall’autonomia: questo va imputato a una legge del Ministro Gentile.
MORELLI RENATO. Una legge che consentiva diversità di ordinamenti. Ma a parte questo, mi pare che anche da un altro punto di vista si debba richiamare l’attenzione degli amici demo-cristiani sulla necessità che l’istruzione tecnico-professionale sia regolata da leggi uniformi. Io non sono un cultore della materia, ma, per una mia personale esperienza, posso dire che un problema di particolare importanza è oggi quello di trasformare la manovalanza generica in operai specializzati, e un altro problema importante è quello di mandare all’estero lavoratori che siano istruiti tecnicamente. Mi pare perciò che sia quanto mai necessario, ora che il problema dell’emigrazione è sul tappeto come uno dei più gravi ed urgenti, che l’istruzione professionale sia regolata da leggi uniformi in tutto lo Stato.
È per queste ragioni che voterò contro.
FORESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FORESI. Mi sembra che le preoccupazioni manifestate da alcuni colleghi potrebbero essere placate se la Commissione accettasse questo lievissimo emendamento, cioè che la Regione non solo ha potestà di emanare norme per l’istruzione artigiana, ma anche per quella di avviamento professionale. Tecnicamente infatti, dal punto di vista scolastico, questa parola «professionale» ha un significato molto largo e non troppo esatto.
Questo non significa già, onorevoli colleghi, che io non approvi, quale modestissimo uomo della scuola, questi poteri che si vogliono dare alla Regione; al contrario anzi li approvo, perché, se c’è una materia in cui è opportuno che vi sia una potestà normativa svincolata dal potere centrale, è proprio quella relativa all’avviamento professionale.
Noi, infatti, lamentiamo sempre che difettiamo di mano d’opera specializzata e soprattutto tale nostra lamentela incide sui problemi del lavoro interno e dell’emigrazione. È dunque necessario che si incrementino queste scuole, che preparano appunto la mano d’opera specializzata. Qualche cosa, in verità, da questo lato si è fatto, ma è ancora troppo poco, e noi speriamo che localmente si manifesti, una maggiore sensibilità.
È in virtù di queste considerazioni che approvo toto corde la dizione proposta; anzi proporrei che si dicesse: «Istruzione professionale e di avviamento professionale».
MORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Dichiaro che il mio Gruppo voterà a favore della formulazione che ha dato su questo punto il Comitato di redazione e ciò per ragioni intuitive. Partiamo da una premessa regionalistica, e ci sembrerebbe veramente di togliere alla Regione una parte essenziale dei suoi poteri, se ad essa non dessimo la potestà di legiferare in senso integrativo – com’è nella premessa – sulla materia dell’istruzione professionale e artigiana.
Mi pare che da parte dei colleghi che hanno preso la parola su taluni dei punti che sono in discussione in questo momento, e anche, su questo del quale ora decidiamo, si sia dimenticato, che la legislazione della quale ci occupiamo è una legislazione integrativa, la quale si svolge nell’ambito dei principî generali indicati dalle leggi dello Stato. Ora, tali principî generali, che sono una cosa seria, dovrebbero dare la certezza che la legislazione regionale su queste materie avrà quel tanto di uniformità che è indispensabile per garantire l’unità del Paese in taluni aspetti essenziali della legislazione e dell’amministrazione.
D’altra parte, quando si tratta di scuole artigiane o professionali, siamo di fronte ad un tipo di istruzione il quale deve aderire in modo particolarissimo alle esigenze economiche e alla struttura sociale della Regione. Proprio se si vuole che questa attività scolastica sia utile avviamento, al lavoro, è indispensabile che essa sia aderente alle esigenze particolari della Regione, in modo da dare agli alunni di queste scuole una preparazione che non sia al di fuori dell’ambiente psicologico, sociale, economico, nel quale essi sono nati e hanno svolto la loro vita.
Per queste ragioni, guardando da un lato alle garanzie date dalle norme generali dettate dallo Stato, e guardando dall’altro alle esigenze particolari di questo tipo di istruzione, voteremo in favore di questa formula; e aggiungo che voteremo anche a favore di quell’assistenza scolastica della quale parlava l’onorevole Ruini, che è strettamente connessa alle iniziative locali, che opportunamente si svolgono nell’ambito della Regione.
MICCOLIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Miccolis, ella ha già avuto la parola una volta!
MICCOLIS. Ma qui gli argomenti spuntano come funghi…
PRESIDENTE. Non ho concesso ad altri colleghi di parlare una seconda volta; non mi metta nell’obbligo di essere scortese verso lei o scorretto verso i colleghi.
RESCIGNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RESCIGNO. Forse interpreterò anche il pensiero dell’onorevole Miccolis in quello che sto per dire.
Io credo che dobbiamo preoccuparci di usare formulazioni che non possano generare equivoci. Ora, a me sembra che la dizione proposta di «istruzione professionale» pura e semplice, sia effettivamente produttiva di equivoci, perché allo stato attuale noi dobbiamo riferirci a quello che è oggi il significato di istruzione professionale. Oggi, in Italia, l’istruzione professionale comprende le scuole di avviamento, le scuole tecniche e gli istituti tecnici.
Ora, se è opportuno dare alla Regione il regolamento legislativo delle scuole di avviamento e delle scuole tecniche, a me non sembra egualmente opportuno che le si dia anche la potestà normativa circa gli istituti tecnici. Perché gli istituti tecnici o dànno un titolo a sé, abilitante, o dànno anche l’accesso agli istituti superiori. Per l’uno e per l’altro carattere è bene che siano regolati da norme di indole generale che valgano per tutto il territorio dello Stato.
E la legislazione statale non è che non possa tener conto dell’adesione ai bisogni e alle condizioni locali. Il Parlamento nazionale terrà conto, nel regolare gli istituti tecnici, delle condizioni locali.
Perciò io credo che la dizione migliore sia appunto quella del collega Foresi, cioè: «istruzione di avviamento professionale e artigiana».
Quanto poi all’assistenza scolastica, occorre effettivamente chiarire: la Commissione intende riferire quest’assistenza scolastica solamente a questi istituti di avviamento professionale e artigiano o a tutte le altre scuole, come parrebbe significare la formulazione generica? Perché, se vuole riferirsi a tutte le scuole, ne verrà una confusione ed una illogicità: infatti gli altri ordini di scuole (licei classici, licei scientifici, scuole medie) hanno un ordinamento di assistenza particolare, hanno le casse scolastiche.
Ma, non credo che voglia riferirsi a questo l’assistenza scolastica di cui si parla in questo articolo; e allora per lo meno bisognerà aggiungere: «e relativa assistenza scolastica», riferendola cioè alle scuole di avviamento professionale e di istruzione artigiana.
PIGNATARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIGNATARI. Nell’associarmi a quanto ha detto l’onorevole Morelli Renato, dichiaro che voterò contro ogni proposta di questo genere, principalmente perché a me sembra che l’estendere i poteri dell’ente Regione sia nocivo per il Mezzogiorno d’Italia. Noi parliamo di istruzione tecnico-professionale, noi parliamo di scuole d’avviamento e non teniamo presente che nel Mezzogiorno queste scuole non esistono o, se pure, esistono in maniera rudimentale.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. C’è lo Stato, ora!
PIGNATARI. Sì, c’è lo Stato, ma se lo Stato unitario non ha potuto sanare le condizioni del Mezzogiorno d’Italia, quando il Mezzogiorno dovrà fare con le sue stesse forze si troverà nella condizione del naufrago a cui direte: non abbiamo forze per salvarvi, bisognerà che vi salviate da voi! (Applausi).
PERASSI. Chiedo di parlare per chiarire il mio emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERASSI. Con l’aggiunta delle parole: «assistenza scolastica», come è proposto dall’emendamento, anzitutto il nostro pensiero va a quella forma di assistenza che si concreta nei Patronati scolastici.
Su questo punto mi pare non ci possano essere difficoltà. E, volendo precisare ancora la materia, è evidente che queste forme di assistenza scolastica, sulle quali la Regione potrà dare norme, possono riguardare le scuole che entrano nell’ambito del potere normativo della Regione. Credo però che la formula non esiga altra aggiunta.
Comunque, se l’onorevole Rescigno proponesse formalmente di delimitare la competenza normativa delle Regioni nel senso di mettere: «e relativa assistenza scolastica», riterrei necessario di aggiungere «Patronati scolastici», i quali riguardano l’assistenza nel campo dell’istruzione elementare, alla quale non si estende la funzione legislativa della Regione.
CARONIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARONIA. Il mio emendamento vuole estendere il potere della Regione ad ogni ordine e grado di scuole ed io l’ho formulato con riferimento al comma primo dell’articolo 9 già votato, che dà potere alla Regione di emettere norme legislative entro i limiti dei principî generali stabiliti dalla legge dello Stato. Quindi ciò non significa voler creare uno stato di cose in contrasto con l’unità dell’indirizzo statale; ma soltanto dare maggiore efficacia alle scuole affidandole al Governo alla Regione, che più è vicino al popolo e meglio ne comprende i bisogni.
Credo perciò di dover mantenere il mio emendamento e di fare con questo l’interesse della scuola. Non basta parlare di libertà della scuola. Tutti parliamo di questa libertà, ma in realtà non si fa nulla perché sia realizzata. I bisogni ed i provvedimenti per la scuola non debbono dormire sui tavoli del Ministero, ma debbono essere studiati nella stessa Regione ed ivi attuati. Con ciò non si viene a sopprimere la funzione direttiva e coordinativa del Ministero. Bisogna mettere la scuola nelle mani di chi è più vicino al popolo e più ne conosce i bisogni culturali.
Devo in breve chiarimento all’onorevole Morelli Renato a proposito della autonomia delle Università. L’Università in Italia non è stata mai autonoma, è stata sempre statale.
Vi è stata sotto Gentile una larva di autonomia, che era soltanto una larva ed è morta prima di svilupparsi. Di Università autonome possiamo segnalarne due, l’Università Bocconi e quella del Sacro Cuore, ed hanno dato buoni frutti.
Chiedo, insistendo nel mio emendamento, che alla Regione sia data la facoltà di emanare norme legislative per le scuole di ogni ordine e grado.
Naturalmente, se questo mio emendamento, come temo, verrà respinto, io voterò contro anche la formulazione della Commissione, perché non si può distinguere una scuola dall’altra, e non ha significato affidare alla Regione una scuola e non tutte le altre.
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Voterò anche contro la proposta di aggiungere l’assistenza scolastica. Voi sapete che esistono i patronati scolastici. Parlo della scuola primaria. I patronati scolastici dove funzionano sono utilissimi. C’è voluta proprio la «G.I.L.» del fascismo, e dopo il fascismo quel che è venuto anche di peggio, per non far funzionare i patronati scolastici.
A Conegliano avevamo un locale per mandare i bambini durante l’estate in vacanza. Ma la «G.I.L.» ha adoperato questo locale e soltanto ora si spera di riaverlo.
Treviso aveva un villaggio nel Comelico. Passata la burrasca fascista, Treviso domandava che gli fossero restituiti i locali. Che cosa è avvenuto? È avvenuto che con un ordine del prefetto di Belluno il villaggio veniva consegnato ad una associazione religiosa. (Interruzioni – Commenti), con quale diritto poi non so. Assumerò in proposito informazioni precise e le porterò qui. Sta di fatto che questa appare come una appropriazione indebita. Quindi domando: domani la nuova istituzione vostra potrà mettere le mani sugli istituti di assistenza scolastica o anche sulle scuole che dipendono direttamente dai Comuni?
Voci. No.
TONELLO. No, quelli restano; dunque, la legislazione della Regione si limiterà, se mai, a istituti che istituirete voi, ma non a quelli che hanno una giurisdizione propria e una amministrazione attraverso il Comune e la Provincia, perché questa sarebbe una sopraffazione che non verrebbe sopportata dagli enti locali. Un po’ per volta andiamo ad assicurare alla Regione quelle che sono le specifiche funzioni dei Comuni e delle Provincie. Ora noi siamo i fautori convinti delle autonomie comunali e provinciali; e per questo votiamo contro questa intrusione che il nuovo istituto vuol creare.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ripeto una volta ancora che il Comitato non può per nulla accogliere l’emendamento dell’onorevole Caronia perché contrasta con la unanime decisione della Commissione dei Settantacinque in tutti gli stadi dei suoi lavori.
L’onorevole Piemonte ha chiesto se la scuola agraria potrà entrare nella scuola professionale. Il Comitato ritiene di sì. Ad ogni modo, siccome questa materia sarà regolata entro i principî generali stabiliti da leggi dello Stato, vi potrà essere allora una esplicita disposizione nel senso affacciato dall’onorevole Piemonte.
L’onorevole Morelli ha parlato di pericoli della autonomia; ma quando si è riferito ad inconvenienti verificatisi per l’autonomia universitaria (qui l’onorevole Caronia ha fatto una osservazione esatta) si è riferito ad inconvenienti dell’ordinamento Gentile, non ad una legge di autonomia universitaria che non è mai esistita. Sta ad ogni modo che la nostra Costituzione non lascia alcuna potestà alla Regione nel campo universitario.
Quanto alla istruzione professionale, l’onorevole Morelli, dalla necessità di accelerare e regolare questa istruzione nei riflessi della emigrazione, argomenta che la Regione non vi debba avere alcuna ingerenza. Non sembra che la conseguenza debba essere così assoluta; lo Stato può e deve sempre stabilire con legge principî e criteri, ad esempio, in vista di esigenze per l’emigrazione. Ma non conviene sottrarre agli enti locali una ingerenza in questa forma di istruzione, che – se ve n’è una – loro si addice per le tradizioni artigiane e professionali della vita locale; e solo con l’innesto diretto su essa può riuscire viva ed efficace.
Venendo alle osservazioni dell’onorevole Tonello, deve ricordare che spetta sempre allo Stato fissare, coi principî fondamentali, le norme legislative primarie, nel cui ambito dovrà rimanere la Regione. Quanto alle scuole artigiane e professionali dei Comuni e delle Provincie, ho già detto che per l’articolo 152 possono rimanere a tali enti.
L’onorevole Foresi propone la formula «scuola artigiana ed avviamento professionale». Non mi sembra fondata la preoccupazione di qualcuno che «professionale» possa indicare ogni scuola che rilasci titoli di abilitazione alle professioni, così da includere anche le università. Le scuole professionali sono una categoria a sé, il che va del resto inteso non tanto nell’ordinamento attuale, quanto in quello che potrà essere dato anche nello spirito di questa norma della Costituzione. Ad ogni modo, poiché l’Assemblea intende, anche all’ultima ora, proporre varianti di dizione, sopra cui sarebbe meglio non improvvisare, faccia l’Assemblea come crede. Se le sembra che l’emendamento Foresi possa dare un’indicazione migliore di ciò che tutti vogliamo dire, il Comitato non oppone difficoltà.
In quanto all’assistenza scolastica, l’emendamento aggiuntivo del collega Perassi, al quale il Comitato non si era manifestato sfavorevole, ha sollevato qui un dubbio, nel senso che, quando l’assistenza scolastica si riferisce ad istituti che dipendono unicamente dallo Stato, non si potrebbe dare alla Regione una potestà, sia pure secondaria, di carattere legislativo. Il dubbio è sembrato fondato ad alcuni del Comitato, che vorrebbero limitare l’inciso all’assistenza relativa alle scuole, di competenza della Regione. Ad altri non piace questa così ridotta indicazione, e non trovano nulla di male che per l’assistenza scolastica, che è a base in gran parte locale, vi sia una subordinata e stimolata attività della Regione.
Quanto ai patronati scolastici, il Comitato ritiene che non siano da introdurre siffatti particolari nella Costituzione; è meglio «assistenza scolastica», che è formula più vasta.
Del resto, di fronte a queste minutissime questioni, che sorgono in Assemblea, il Comitato non sente di irrigidirsi e farne delle questioni essenziali.
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Una semplice proposta: invece di «avviamento professionale», che è una formula di tradizione troppo recente, direi «istruzione professionale di primo grado».
PRESIDENTE. Se crede, onorevole Codignola, potrà fare una proposta formale.
Voteremo per divisione la formula proposta dall’onorevole Foresi, accettata dalla Commissione.
Pertanto, pongo ai voti la prima parte: «Istruzione artigiana».
(È approvata).
Pongo ai voti la seconda parte: «e di avviamento professionale», secondo la proposta dell’onorevole Foresi accettata dalla Commissione.
MORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Faccio mia la vecchia proposta della Commissione, cioè che si aggiungano le parole: «e professionale».
FORESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FORESI. Siccome nell’accezione tecnico-giuridica scolastica l’espressione «avviamento professionale» vuole indicare un determinato tipo di scuola, io ho usato la parola «avviamento» non nel senso tecnico attuale, ma nel senso di preparazione e di formazione; si potrebbe quindi sostituire con le parole «corsi professionali». Non si tratta di un determinato tipo di scuola, ma della preparazione a una professione pratica.
LACONI. Chiedo di parlare per un’chiarimento, poiché con la nuova proposta, dell’onorevole Foresi, è evidente che si vota su qualche cosa di diverso di quello che si aveva intenzione di votare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LACONI. La questione è questa: pensavo di poter accedere alla proposta fatta dall’onorevole Foresi circa le scuole di «avviamento professionale». Bisogna notare che in senso generale ogni scuola è professionale ed è di avviamento a una determinata professione. Quindi, se noi dovessimo usare un termine generico, è chiaro che non potrebbe mai aver quel significato limitativo, preciso e concreto che noi vogliamo.
Io accettavo la formulazione dell’onorevole Foresi, proprio perché ci vedevo un riferimento a un determinato tipo di scuole che oggi vengono così denominate e che, se non sono artigiane, sono però scuole che tendono a formare a determinati mestieri ed arti, distinte dalle scuole classiche e tecniche, che indirizzano alle professioni in senso generico e hanno dunque un diverso orientamento e un diverso indirizzo. Per questo insisterei perché anche l’onorevole Moro accedesse a questa formulazione, che è tale da eliminare gli equivoci a cui si presta invece la formulazione del Comitato, la quale non si riferisce a un tipo di scuole già esistenti; e pregherei l’onorevole Foresi di mantenere la sua formulazione, sulla quale dichiaro che voterò favorevolmente.
MICCOLIS. Chiedo di parlare per mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICCOLIS. Io ho proposto la soppressione dell’alinea. Il mio emendamento dovrebbe nella votazione avere la precedenza.
PRESIDENTE. Ho già spiegato che gli emendamenti soppressivi si traducono in pratica votando contro la formulazione positiva. Questo è l’unico modo con cui una proposta di soppressione può essere presa in considerazione.
Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Moro che propone l’aggiunta delle parole «e professionale».
(È approvato).
Passiamo all’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Perassi: «e assistenza scolastica». L’onorevole Rescigno ha proposto la formula: «e relativa assistenza scolastica». Inoltre l’onorevole Perassi ha aggiunto «e patronati scolastici».
Onorevole Rescigno, mantiene la sua proposta?
RESCIGNO. Sì.
PRESIDENTE. Onorevole Perassi, insiste nell’aggiunta: «e patronati scolastici»?
PERASSI. Non insisto.
MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORO. Dichiaro che voteremo per la formula: «e assistenza scolastica» senza la parola «relativa».
PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula «e relativa assistenza scolastica».
(Non è approvata).
Pongo in votazione la formula Perassi: «e assistenza scolastica».
(È approvata).
Passiamo al settimo alinea: «Musei e biblioteche di enti locali».
L’onorevole Nobile ha proposto la soppressione dell’alinea.
L’onorevole Caronia ha proposto la formula: «Accademie e biblioteche, belle arti, antichità e musei».
TEGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEGA. Dichiaro ancora una volta che i decentratori tendono a strozzare l’autonomia dei Comuni. (Commenti).
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Caronia: «Accademie e biblioteche, belle arti, antichità e musei».
(Non è approvato).
Pongo ora in votazione la formula della Commissione: «Musei e biblioteche di enti locali».
(È approvata).
Passiamo all’ottavo alinea: «Urbanistica».
Ricordo che gli onorevoli Nobile e Di Fausto hanno proposto di sopprimerlo.
MORELLI RENATO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORELLI RENATO. Mi pare un argomento delicatissimo, sul quale bisogna riflettere. Io voterò contro l’alinea perché in un paese ricco di arte e di storia, come l’Italia, nego che l’urbanistica sia una materia di interesse soltanto locale. (Interruzioni al centro).
FUSCHINI. Volete insudiciare l’Italia di tutto «900»?
MORELLI RENATO. Proprio il contrario. E mi compiaccio di constatare che la Commissione, nella fusione di alcuni articoli, ha introdotto modificazioni nel testo originario a proposito della potestà legislativa di integrazione attribuita alla Regione, escludendo i musei e le belle arti. Ma devo notare che la tutela del paesaggio e l’urbanistica, nel sistema legislativo italiano, che è un sistema modello, è strettamente legata alla tutela delle antichità e belle arti. D’altra parte, in un momento in cui, anche in altri paesi d’Europa, ricollegandosi il problema urbanistico a quello della ricostruzione, si segue un orientamento unitario – in Inghilterra è stato creato un Ministero della ricostruzione che studia anche i piani urbanistici ed in Francia si è accentrata tutta questa materia – mi pare debba evitarsi che questa facoltà sia attribuita alla Regione, considerando anche lo specifico voto che è stato formulato, in questo senso, dall’Accademia dei Lincei. (Commenti al centro).
BOZZI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Voterò contro l’inclusione dell’urbanistica fra le materie per le quali è devoluta una certa competenza legislativa alla Regione. Sotto l’espressione «urbanistica», in realtà, si comprende una somma di poteri e di facoltà che oggi, in gran parte, per ciò che riguarda le attività locali, sono demandati ai Comuni.
Faccio mia la preoccupazione che per altra materia ha espresso l’onorevole Tega. Per esempio, prendiamo i regolamenti edilizi comunali, che hanno una stretta connessione con la materia urbanistica, tanto che l’ultima legge urbanistica del 1942 espressamente riconferma la competenza specifica dei Comuni, in tema di regolamenti edilizi; affidando questa materia alla Regione, non potrà avvenire domani che la Regione sottragga questa potestà normativa ai Comuni? (Commenti al centro).
Connesso a questa potestà normativa, nel sistema che è stato proposto, vi è l’esercizio della funzione amministrativa. Oggi, continuando sullo stesso esempio, le licenze di costruzioni sono rilasciate dai Comuni. E questa è un’altra facoltà prevista dalla legge del 1942. Domani, potrà darsi che la Regione accentri. Questa è in sostanza una preoccupazione di carattere generale, perché mentre vogliamo smantellare l’accentramento statale, corriamo l’alea di creare un accentramento regionale, che sotto parecchi aspetti potrebbe essere peggiore del primo. Non solo, ma in materia urbanistica vi è un complesso di aspetti per i quali è necessaria una legislazione unitaria. Io richiamo, sorvolando, la vostra attenzione sulle espropriazioni per pubblica utilità. Voi sapete che la materia urbanistica comporta espropriazioni; domando: la Regione, disciplinando questa materia, sia pure con norme ristrette nell’ambito dei principî fondamentali delle leggi dello Stato, non potrà creare disparità fra Regione e Regione? Io credo che togliendo questa materia alla Regione non si sminuisca la potestà legislativa del nuovo ente.
E vorrei, per ultimo, fare una osservazione che può avere valore anche per altre materie. Se noi togliamo qualche voce alla potestà normativa della Regione, non per questo non potremmo affidare alla Regione funzioni amministrative su quelle stesse materie. Io penso che il legame che si è voluto creare, per cui le funzioni amministrative devono necessariamente esercitarsi in quelle materie sulle quali la Regione ha anche potestà normativa, non è esatto. Vi possono essere materie sulle quali la Regione non abbia potestà normativa e tuttavia abbia una certa competenza amministrativa, attuando quel decentramento amministrativo, che è nei voti di tutti.
CINGOLANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CINGOLANI. Noi dichiariamo di votare a favore dell’alinea. Siamo ancora troppo impressionati dai pugni negli occhi che abbiamo ricevuto girando per tutta Italia, vedendo a che cosa è giunto l’accentramento urbanistico. Tutte le volte che si è trattato di ampliare e di sventrare antiche città, c’è stato un cliché unico, dovuto a coloro che da Roma davano un tono ufficiale a tutta l’urbanistica. Non vogliamo che si ripeta un errore di questo genere. D’altra parte, l’attività urbanistica è compresa nella vita comunale, e noi sempre abbiamo affermato (l’onorevole Tega per due volte ha spezzato la sua generosa lancia in favore dei Comuni) che una caratteristica specifica di ogni Regione italiana è quella di avere una impronta visibile con tutto ciò che abbia rapporto con l’urbanistica.
Per questi motivi, noi voteremo a favore.
CIFALDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIFALDI. Voteremo contro l’inclusione dell’urbanistica tra le materie che riguardano la potestà legislativa della Regione.
Nell’urbanistica vi è, ad esempio, compresa la competenza in materia di piani di ricostruzione delle città, e sappiamo che dolorosamente in Italia ci sono motte città che hanno bisogno di un piano di ricostruzione, perché gli eventi bellici le hanno colpite e devastate. Oggi, i piani di ricostruzione devono essere approvati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e poi autorizzati dal Ministro. Ciò è opportuno che seguiti a praticarsi per ovvie ragioni. Se l’onorevole Cingolani afferma di avere dei pugni negli occhi per le questioni artistiche ed urbanistiche trattate con criterio uniforme dal centro, d’altra parte io affermo, e credo di essere nel giusto, che per le città che debbono essere ricostruite va risolta anche una questione di competenza, nel senso che i piccoli interessi locali non debbono prevalere e ci deve essere un concetto di larghezza e di comprensione per cui le varie città possano finalmente avere una spinta di miglioramento. Per questa esigenza specifica è necessario vi sia una generale visione di interessi, bisogni, aspirazioni, tendenze, in modo che si possa, con criterio generale, risolvere i problemi che riguardano l’urbanistica di Reggio Calabria, come di Reggio Emilia, ecc.
PRESIDENTE. Pongo dunque in votazione l’ottavo alinea: «Urbanistica».
(È approvato).
Passiamo al nono alinea: «Turismo ed industria alberghiera».
L’onorevole Nobile ha proposto di sopprimere la parola: «turismo».
CANEPA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANEPA. Aderisco alla proposta di soppressione, perché il Consiglio dei Ministri, recentemente, ha approvato uno schema di decreto con cui istituisce il Commissariato del turismo, avente anche poteri per quanto si riferisce all’industria alberghiera.
Questo schema di decreto è stato esaminato dal Congresso nazionale del turismo, riunitosi recentemente a Genova, ed il Congresso ha proposto alcuni emendamenti.
La pratica è venuta poi avanti alla Commissione parlamentare, la quale ora ha presentato, per mezzo dell’onorevole Nobile, la relazione che accoglie in gran parte gli emendamenti proposti. La pratica è ora davanti al Consiglio dei Ministri, che accoglierà in tutto o in parte gli emendamenti e che certamente confermerà il decreto. Quindi i poteri del Commissariato del turismo potrebbero trovarsi in conflitto con la facoltà della Regione; pertanto mi associo alla proposta di soppressione.
NOBILE. Desidererei conoscere il parere del Comitato di redazione.
LETTIERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LETTIERI. Il turismo rappresenta per la Regione una fonte di ricchezza, e quindi si deve favorire in tutti i modi, così come l’industria alberghiera. Noi abbiamo molte Regioni ricche di risorse naturali, di ricordi storici, ecc., e il turismo potrebbe mettere in grande evidenza queste possibilità e creare una nobile gara di iniziative.
Una voce a sinistra. E i denari?
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. In queste materie si devono distinguere due gruppi di attività: gruppi di attività di carattere esclusivamente locale o regionale, in cui si può anche accedere al principio dell’autonomia regionale; e gruppi di attività che hanno un carattere nettamente nazionale, come quello del turismo e dell’industria alberghiera. Non credo conveniente concedere alla Regione un potere che domani potrebbe trovarsi nel fatto – sia pure col rispetto apparente delle direttive e dei principî generali – in contrasto con l’interesse generale della Nazione.
Ecco perché io ritengo che si debbano sopprimere il turismo e l’industria alberghiera dalle materie in cui la Regione abbia potestà legislativa.
GASPAROTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPAROTTO. Mi associo a quello che ha detto l’onorevole Corbino e, a sostegno della sua proposta, richiamo questo precedente. Il «Consiglio della Valle» – alludo alla Valle d’Aosta – ha proposto a suo tempo al Consiglio dei Ministri un regolamento turistico, per il quale le scuole di turismo, specialmente di sci, erano esclusivamente affidate ai residenti della Valle, con esclusione dei cittadini delle altre Regioni. Il Consiglio dei Ministri ha moderato questa proposta; tuttavia ha ammesso, in termini più limitati, che, in ossequio a questo voto che era così vigorosamente sostenuto dalla Valle d’Aosta, fosse concesso che il turismo professionale fosse affidato ai residenti, ma che però anche i maestri di turismo delle altre Regioni potessero accedere alla Val d’Aosta attraverso iniziative o comitive d’occasione.
Se noi dovessimo, legiferando, stabilire che ogni Regione può costituire un turismo suo particolare, a sé stante, verremmo a portare il conflitto e la confusione turistica in tutto il campo nazionale.
Per questi motivi dichiaro che voterò contro.
MICHELI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI. Sono spiacente di dover dichiarare il mio dissenso con due illustri nostri colleghi, l’onorevole Corbino e l’onorevole Gasparotto, che cita, non mi pare opportunamente, la Valle d’Aosta.
All’onorevole Canepa avverto che non c’è nessuna contradizione con quello che potrà sorgere domani attraverso il provvedimento legislativo sul turismo, che speriamo possa venir presto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: ordinariamente occorrono quattro o cinque mesi perché la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avvenga, inquantoché la burocrazia attraverso i suoi infiniti tentacoli non è ancora riuscita a realizzare il modo per poter pubblicare rapidamente le leggi. (Commenti).
Ora, domani, quando avremo il Commissariato del turismo a Roma, non ci sarà niente di male che a coordinarlo ci siano anche i Commissariati regionali. Li costituirete voi stessi, se crederete di poter efficacemente collegare tutte le forze che si occupano del turismo nella nostra nazione, dividerle e coordinarle in modo che possano formare un tutto unico.
Non vedo quale difficoltà o quale scompiglio porti al riguardo l’organizzazione futura della Regione: voi le create nel vostro pensiero le difficoltà, incontrando ostacoli da tutte le parti. Io non li vedo affatto; sono perfettamente fantastiche. Anche prima vi era una organizzazione nazionale del turismo; ma, praticamente, l’attività si svolgeva localmente; perché il centro serve per le grandi parate e la conseguente pubblicità, per mantenere un certo numero di posti, e per altre cose di questo genere; può servire anche per i congressi, che nemmeno sono spesso assai importanti. Ma si possono fare anche regionalmente ed ogni tanto uno generale, che tutti li riaffermi in una manifestazione più grandiosa ed imponente, portando tutte le forze che s’incardinano nel turismo a formare un tutto unico. (Commenti).
Non cerchiamo, quindi, di minimizzare a questo riguardo e di portare degli ostacoli dove non ci sono; effettivamente il turismo deve essere potenziato, ma noi crediamo che questo non possa avvenire se non nella divisione del lavoro, nella spinta che localmente ciascuno può portare a quelle che giustamente l’onorevole Lizier diceva essere delle nobilissime gare che tutte le Regioni faranno, dando alla vita nazionale tutte le loro forze e le loro attività. (Approvazioni al centro).
COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. Dichiaro che, per le ragioni già esposte dagli onorevoli Corbino e Gasparotto, cui noi accediamo, voteremo contro.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. L’onorevole Nobile ha chiesto il parere del Comitato: ma il Comitato ha presentato a maggioranza un testo, ed è evidente che lo conserva. Posso, se credete, aggiungere i motivi di maggioranza e i motivi di minoranza. La minoranza ha sostenuto che, in materia di turismo, sono necessarie norme comuni, perché i viaggiatori non debbano essere sottoposti a criteri che mutino da Regione a Regione. La maggioranza ha accentuato, invece, che vi debbano essere norme diverse da Regione a Regione, perché ogni Regione possa aiutare lo sviluppo turistico in modo più efficace ed adatto alle condizioni locali. Sono due punti di vista che hanno ciascuno un suo fondamento; e possono conciliarsi con resistenza di norme uniformi per tutta l’Italia che garantiscano, sovratutto il trattamento del turista (che non deve, ad esempio, esser soggetto a richiesta di documenti diversi, a tassazioni non uniformi e così via) e di norme regionali che agevolino il massimo sviluppo dell’organizzazione turistica ed alberghiera locale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione per divisione il testo presentato dalla Commissione, il quale suona: «Turismo ed industria alberghiera», facendo presente che vi è al riguardo una proposta soppressiva dell’onorevole Nobile intesa a che venga tolta la parola «turismo», ed una proposta dell’onorevole Corbino soppressiva dell’intero alinea.
Pongo in votazione il testo proposto dalla Commissione limitatamente alla parola «Turismo».
(È approvato).
Pongo ora in votazione l’espressione «ed industria alberghiera».
(È approvata).
Passiamo al decimo alinea: «Tranvie e linee automobilistiche regionali».
L’onorevole Nobile ha proposto di sopprimere l’alinea. L’onorevole Colitto ha proposto di sostituire al termine «regionali», l’espressione «di interesse regionale».
L’onorevole Zuccarini ha proposto la formula: «Ferrovie secondarie, tranvie, linee automobilistiche ed altri mezzi di trasporto regionali».
L’onorevole Caronia e altri hanno, a loro volta, proposto la formula:
«Comunicazioni stradali, ferroviarie, lacuali e fluviali ed aeree nell’interno della Regione e comunicazioni marittime fra porto e porto nella Regione stessa».
NOBILE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Onorevole Presidente, faccio osservare che tutte le votazioni alle quali abbiamo proceduto finora sono state fatte con un’Assemblea che certamente non è in numero legale. Nell’Aula non sono mai stati presenti più di duecentocinquanta deputati; e in questo momento ce ne sono anche meno.
Domando se è in questo modo che dobbiamo procedere nell’esaminare una questione, la quale avrà conseguenze gravissime per tutta la Repubblica italiana. (Commenti al centro).
PRESIDENTE. Onorevole Nobile, lei ha un modo semplicissimo per risolvere il suo dubbio: chiedere la verifica del numero legale; ma faccio presente che dal computo approssimativo fatto nel corso delle votazioni, è risultato che il numero legale c’è. Comunque, se si desidera la constatazione, è molto semplice: basta chiederla, e allora vi si può procedere.
Gli onorevoli Nobile, Venditti, Rodinò Mario, Rodi, Cifaldi, Crispo, Capua, Mazza, Condorelli, Tieri, Abozzi, Coppa, Colitto, Marina, Perugi hanno chiesto la votazione per appello nominale sull’alinea in esame.
BOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Vorrei pregarla, signor Presidente, di mettere in votazione per divisione l’alinea: «tranvie» da una parte e «linee automobilistiche regionali» dall’altra, perché io, per esempio, mi sento disposto a votare per le tranvie, ma non per le linee automobilistiche regionali, per le ragioni che dirò in sede di dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Sta bene. Onorevoli colleghi, vi sono prima da mettere in votazione – non so se l’onorevole Nobile chiede che si voti per appello nominale anche su questi – gli emendamenti proposti dagli onorevoli Zuccarini e Caronia, dei quali ho dato lettura, e successivamente – se si giunge alla votazione del testo proposto dalla Commissione – si terrà conto e della richiesta dell’onorevole Bozzi e della domanda di appello nominale dell’onorevole Nobile, a meno che l’onorevole Nobile non chieda che l’appello nominale si faccia sin dall’inizio, cioè sulle proposte degli onorevoli Zuccarini e Caronia.
NOBILE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Volevo osservare questo: nel testo si parla di «tranvie regionali»; ma una tranvia extra-urbana potrebbe avere anche una lunghezza di un centinaio di chilometri. E allora, a me sembra, le stesse ragioni che inducono l’onorevole Bozzi a sostenere che le linee automobilistiche non devono essere incluse, lo consiglieranno a chiedere che non vengano incluse nemmeno le tranvie.
Faccio osservare anche che non si può ammettere che ventidue o ventitré Regioni possano fare in questa materia altrettante differenti legislazioni. Se si trattasse di amministrazione, sarebbe altra cosa: si potrebbe anche concedere.
Quindi, mantengo la domanda di appello nominale. Ma, se l’onorevole Bozzi consente; posso anche aderire al desiderio del Presidente, che l’appello avvenga sulla proposta dell’onorevole Zuccarini o su altra proposta. Essenziale è che si verifichi se siamo o non in numero legale.
PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione sugli emendamenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sono stati presentati vari emendamenti. Quello dell’onorevole Caronia è talmente vasto, che il Comitato non può assolutamente accettarlo, perché tutte le ferrovie (non è detto se vi entrino pure quelle dello Stato) dovrebbero essere regolate da leggi regionali e, per connessione con l’articolo 112, amministrate e vigilate dalla Regione.
L’emendamento Zuccarini aggiunge altri mezzi di trasporto locale, oltre quelli che riguardano le tramvie e le linee automobilistiche. Non credo che sia necessario entrare in maggiori specificazioni; la legislazione primaria dello Stato e quella secondaria della Regione precisano questo punto.
Aggiungo che in seno al Comitato vi è stato qualche dubbio nell’esame degli emendamenti per quanto riguarda le linee automobilistiche, perché si è tenuto presente che, come dimostra lo sviluppo attuale, possono fare una seria concorrenza alle ferrovie, anche di Stato; ed è bene, si è detto, che lo Stato regoli questo argomento. Si tratta sempre, ad ogni modo di linee automobilistiche d’interesse regionale, e lo Stato potrà sempre stabilire principî generali.
Ma per le tranvie non credo, onorevole Nobile, che il dubbio esista. Io, che all’inizio della mia carriera amministrativa ho avuto uffici direttivi all’Ispettorato generale delle ferrovie secondarie e delle tranvie, non ho mai saputo che vi siano tranvie così lunghe come lei si immagina; si tratta quasi sempre di tranvie urbane o suburbane, che hanno soltanto interesse locale.
Concludo e ripeto: il Comitato respinge l’emendamento Caronia; crede inutile quello Zuccarini; non trova (nella sua maggioranza) necessario di cancellare «linee automobilistiche».
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Caronia, che la Commissione ha dichiarato di non accettare: «Comunicazioni stradali, ferroviarie, lacuali e fluviali ad aeree nell’interno della Regione e comunicazioni marittime fra porto e porto nella Regione stessa».
(Non è approvato).
Passiamo ora all’emendamento dell’onorevole Zuccarini: «Ferrovie secondarie, tranvie, linee automobilistiche ed altri mezzi di trasporto regionali».
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Cosa vuol dire: «Ferrovie secondarie»? Vi sono ferrovie secondarie anche gestite dall’azienda di Stato. Vuol dire «concesse all’industria privata»? Ma vi sono reti, come la Nord-Milano, molto importanti. È meglio non fare questa nuova aggiunta.
PRESIDENTE. Vi è la richiesta di appello nominale presentata dall’onorevole Nobile sull’emendamento Zuccarini. (Commenti).
NOBILE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NOBILE. Non insisto nella richiesta di appello nominale, ma confermo che durante tutte le votazioni finora fatte, eravamo sempre assai meno di trecento deputati. (Commenti).
PRESIDENTE. Finché non si fa la richiesta di constatazione del numero legale, si presume che il numero legale ci sia. Ella, onorevole Nobile, non può invocare un dato di fatto che non ha cercato di far constatare. (Approvazioni). Se desidera constatarlo conservi la sua domanda.
NOBILE. Non conservo la domanda per non abusare della pazienza dei colleghi, ma confermo che non eravamo in numero legale. (Commenti).
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Zuccarini sul quale l’onorevole Ruini ha espresso il parere della Commissione, parere in parte favorevole. La Commissione dichiara infatti di non aver nulla in contrario alla limitazione degli altri mezzi di trasporto locali, mentre non accetta la formulazione relativa alle ferrovie secondarie.
(Non è approvato).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della formula della Commissione:
«Tranvie e linee automobilistiche regionali».
L’onorevole Colitto ha proposto che alla parola: «regionali», sia sostituita l’espressione: «di interesse regionale». Penso che l’emendamento si riferisca tanto alle tranvie quanto alle linee automobilistiche.
COLITTO. Perfettamente.
BOZZI. Chiedo che la votazione avvenga per divisione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Pongo in votazione la prima parte: «tranvie», intendendosi che si aggiunge l’espressione: «di interesse regionale».
(È approvata).
Passiamo alla votazione della seconda parte: «e linee automobilistiche di interesse regionale».
BOZZI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Desidero fare questa dichiarazione di voto, anche per giustificare la mia richiesta di votazione per divisione. Le ragioni per cui voterò contro l’inclusione delle linee automobilistiche sono quelle che ha acutamente esposte il Presidente della Commissione, onorevole Ruini. Io richiamo l’attenzione dell’Assemblea su un punto solo: nella materia delle linee automobilistiche, è necessario uno stretto, rigoroso coordinamento con tutti gli altri mezzi di trasporto, soprattutto con le ferrovie dello Stato. Se diamo alla Regione la potestà di disciplinare e di concedere linee automobilistiche, noi aggraviamo gli oneri per le ferrovie dello Stato, stabilendo delle concorrenze fra servizi automobilistici e servizi ferroviari, che possono oggi essere eliminati per l’unitarietà della disciplina statale.
D’altra parte, onorevoli colleghi, non vale ripetere il solito argomento che lo Stato può con le sue direttive imporre alla Regione di regolare la materia delle linee automobilistiche in modo che non possa incidere sul bilancio dello Stato.
Questo, se anche teoricamente è ammissibile, importerebbe una tale difficoltà di esame, una impugnativa continua della legge della Regione e un controllo così penetrante sull’attività amministrativa della Regione, che francamente questa concessione di potestà normativa e amministrativa sarebbe veramente illusoria e, quel che è peggio, fonte di incertezze e di contrasti. Io, perciò, voterò contro.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula: «e linee automobilistiche d’interesse regionale».
(È approvata).
Il seguito della discussione è rinviato a domani.
Sui lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei ricordare che l’Assemblea, prima di sospendere i suoi lavori, dovrà completare l’esame del provvedimento che istituisce una imposta straordinaria sul patrimonio e approvare la legge sulla disciplina dell’elettorato attivo e sulla revisione delle liste elettorali per dar modo agli uffici di provvedere alla revisione stessa all’inizio del prossimo anno.
Questo ci impone di dare un contributo intenso di lavoro, evitando tutto quello che non è strettamente necessario per portarlo a buon fine. Spero che questa mia preghiera sia presa in considerazione.
Una voce. Il Trattato di pace?
PRESIDENTE. Non possiamo dir nulla. È evidente che se la Commissione dei Trattati internazionali presenterà la sua relazione, dovremo esaminare anche quella prima dell’inizio del nostro riposo estivo. Comunque non precipitiamo gli eventi: parliamo delle cose certe.
Interrogazione con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. È stata presentata la seguente interrogazione con richiesta d’urgenza:
«Ai Ministri dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, per sapere se sono al corrente degli interventi sempre più frequenti da parte delle forze di polizia nei conflitti del lavoro con minacce di arresto alle commissioni interne, come ad esempio nelle lanerie di San Martino, e del caso del prefetto di Como, il quale ha fatto intervenire la forza pubblica in un pacifico e legale conflitto di lavoro fra gli operai dello stabilimento Vergari di Contri e il signor proprietario Cattaneo, facendo piantonare dalle forze di polizia l’accesso allo stabilimento illegalmente serrato dal proprietario in risposta ad una legale sospensione del lavoro. E per sapere se tali interventi avvengono per spontanea iniziativa o dietro disposizioni del Ministero dell’interno.
«Noce Teresa, Bitossi, Roveda, Pajetta Giuliano».
Chiedo al Governo quando intenda rispondere.
CINGOLANI, Ministro della difesa. Informerò i Ministri interessati di questa interrogazione affinché possano dichiarare quando intendano rispondere.
Sull’ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ricordo che domani si dovrebbe discutere una interpellanza dell’onorevole Li Causi ed altri sulla situazione siciliana.
MINIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MINIO. Siccome l’onorevole Li Causi non potrà essere presente, prego a nome suo di rinviare lo svolgimento dell’interpellanza.
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro della difesa di avvertire i Ministri competenti affinché consentano un rinvio.
CINGOLANI, Ministro della difesa. Lo farò senz’altro.
PRESIDENTE. Domani si terranno due sedute: alle 10 per il seguito della discussione sull’imposta straordinaria sul patrimonio e alle 17 per il seguito della discussione sul progetto di Costituzione.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
RICCIO, Segretario, legge.
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste, delle finanze e del tesoro, per sapere se non ritengano atto di giustizia, venire incontro ai piccoli proprietari danneggiati dalle forti grandinate che hanno devastato larghe zone della provincia di Alessandria, con provvidenze e facilitazioni tributarie.
«Bellato».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e della marina mercantile, per conoscere quali provvedimenti sono stati presi in rapporto all’arbitrario atto del sindaco di Pozzuoli, il quale emetteva una illegittima ordinanza di sospensione dei lavori di allargamento di una chiesa, prendendo a pretesto l’occupazione di pochi metri di banchina, e si ribellava apertamente ad una decisione del prefetto di Napoli.
«Riccio Stefano».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non creda opportuno concedere ai braccianti molinellesi, conforme al passato, tutta la razione di frumento assegnata per l’anno, lasciando a quelli che non possono rifornirsi di acquistarlo bimestralmente.
«Ciò rappresenta per questi forti lavoratori una ragione di sicurezza ed una garanzia di vita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Longhena».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, per conoscere se non ritengano opportuno devolvere una parte del contributo finanziario, testé elargito al comune di Venezia, alla cooperativa edificatrice «G. Tonetti», considerando che i soci di essa sono tutti autentici lavoratori che, pur di riuscire ad avere un tetto, sono disposti a fare qualsiasi sacrificio, purché in qualche misura confortati da ragionevoli aiuti da parte del Governo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Bruni».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, per conoscere quali sollecite provvidenze abbiano adottate o intendano adottare a seguito del recente nubifragio abbattutosi sull’importante centro di Sala Consilina, in provincia di Salerno, arrecando danni notevolissimi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Rescigno».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere – premesso che il regio decreto-legge 19 agosto 1943, numero 734, dichiara esenti da imposta di successione le eredità devolute in linea retta ascendente o discendente ed al coniuge superstite nelle successioni di militari morti in guerra o per causa di ferite riportate o di malattie contratte a causa della guerra, sempreché la morte abbia avuto luogo non oltre i dodici mesi dal giorno in cui la ferita fu riportata o la malattia fu contratta; considerato che la tubercolosi è nella maggior parte dei casi una malattia a decorso lento e che si è manifestata in molti soggetti dopo parecchi mesi dal rientro dai campi di concentramento portando a morte dopo i 12 mesi di cui al ricordato decreto, per cui essendo vissuti oltre 12 mesi dalla malattia contratta causa la guerra, non poterono i superstiti (genitori, figli e vedove) beneficiare della esenzione dell’imposta, il che si ravvisa ingiusto e antigiuridico – se non creda di proporre aggiunte o modificazioni alla legge citata, per modo che i superstiti possano beneficiare della esenzione della imposta di successione, anche se il militare sia deceduto dopo i 12 mesi dal giorno in cui la ferita fu riportata o la malattia fu contratta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Ferrarese».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del commercio con l’estero, sulle condizioni di lavoro del suo Ministero ed in particolare se risulti al Gabinetto che innumerevoli pratiche giacciono inevase o sono risolte con grandissimi ritardi; che si è formato un larghissimo e preoccupante giudizio sulla inefficienza e sul disordine o peggio dell’organizzazione ministeriale; che le ditte private forniscono stipendi e personale loro agli uffici; che molti dipendenti lavorano per molte ore straordinarie non retribuite; che insomma dal ricevimento del pubblico, alla evasione della corrispondenza e nel complesso lavoro si notano gravi difetti interni, il cui danno ricade sull’economia nazionale, e su quei capaci e zelanti dipendenti che si contrappongono, ma restano confusi per quei funzionari evidentemente ignari di quella tecnica che si chiama «organizzazione del lavoro». (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Roselli».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per conoscere se intendano per i dipendenti dello Stato e degli enti locali estendere le indennità di famiglia anche agli zii ed avi, conviventi ed a totale carico del lavoratore, in analogia a quanto avviene per i lavoratori dipendenti da privati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Riccio Stefano».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per conoscere, a seguito dell’inquadramento nei ruoli dello Stato degli insegnanti di educazione fisica:
- a) se siano riconosciuti ai fini della pensione gli anni di servizio prestati anche alle dipendenze della G.I.L. agli insegnanti di educazione fisica passati in altre Amministrazioni statali;
- b) se debbano ritenersi reintegrati nel ruolo dello Stato quei professori, diplomati presso i magisteri di educazione fisica, che per un provvedimento fascista furono messi in pensione a 55 anni, ma trattenuti in servizio per incarico, in modo che gli anni di servizio tutti siano cumulati agli effetti della pensione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Riccio Stefano».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 20.10.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 10:
Seguito della discussione sul disegno di legge:
Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di un’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).
Alle ore 17:
Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.