ASSEMBLEA COSTITUENTE
CLXXV.
SEDUTA DI LUNEDÌ 7 LUGLIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Congedi:
Presidente
Nomina di una Commissione:
Presidente
Comunicazioni del Presidente:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Presidente
Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno
Caprani
Pella, Ministro delle finanze
Corsi
Tupini, Ministro dei lavori pubblici
Ciampitti
Salerno
Riccio Stefano
Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri
Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro
Recca
Miccolis
Pellegrini
Mentasti
Tonetti
D’Onofrio
Corbi
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno
Musolino
Vernocchi
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 17.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Carratelli, Cimenti e Costa.
(Sono concessi).
Nomina di una Commissione.
PRESIDENTE. Comunico che a far parte della Commissione di parlamentari, istituita dal Titolo III del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato, in data 3 aprile 1947, n. 428, ed avente il compito dell’alta vigilanza per assicurare l’indipendenza politica e l’obiettività informativa delle radiodiffusioni, ho chiamato, in rappresentanza di tutti i Gruppi parlamentari, gli onorevoli colleghi Badini Confalonieri, Bellavista, Bergamini, Bernini, Bozzi, Calosso, Corsanego, Giordani, Gullo Fausto, Laconi, Molè, Moro, Reale Eugenio, Schiavetti, Tieri, Uberti e Zuccarini.
La Commissione è convocata per martedì 8 corrente, alle ore 12, per procedere alla nomina del suo Presidente, di un Vicepresidente e di un Segretario.
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che, in sostituzione dell’onorevole Persico, dimissionario, ho chiamato l’onorevole Cevolotto a far parte della Commissione per i Trattati internazionali.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è quella dell’onorevole Adonnino, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere se non creda opportuno diminuire la severità delle norme emanate con ordinanza 3 maggio ultimo scorso sugli esami di maturità; laddove specialmente si escludono dagli esami orali coloro che abbiano riportato negli scritti un voto di «evidente insufficienza», mentre prima della guerra si escludevano quelli che avessero riportato un’insufficienza «molto grave»; e si estende tale norma, oltre che all’italiano, anche a tutte le materie per le quali siano richieste prove scritte; e laddove prescrive la presenza di quattro membri estranei nelle Commissioni delle scuole non governative; e ciò, tenendo conto che le norme giungono a pochi giorni dagli esami; e che gli esaminandi hanno iniziato il loro corso di studi nei tempi difficilissimi della guerra o dell’immediato dopo-guerra».
Non essendo presente l’onorevole Adonnino, si intende che vi abbia rinunziato.
Segue l’interrogazione degli onorevoli Caprani, Pajetta Gian Carlo, Montagnana Mario, al Ministro dell’interno, «sull’azione svolta dagli organi del suo Ministero contro i contadini della Bergamasca, che hanno inteso dividere i prodotti secondo le indicazioni della legge De Gasperi sulla mezzadria. In particolare gli interroganti domandano quali misure il Ministro intenda prendere per richiamare al rispetto della legge il prefetto e i comandanti dei carabinieri, che hanno fatto procedere all’arresto del segretario della Confederterra provinciale di Bergamo, diffidandolo poi a non svolgere ulteriore attività sindacale».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Verso la fine di maggio, la Federterra della provincia di Bergamo istituì un Comitato di agitazione presieduto dallo stesso segretario Lazzaroni, che invitò i mezzadri a non dividere né pesare il fieno, aggiungendo che tutti gli altri prodotti andavano divisi in ragione del 60 per cento al mezzadro e del 40 per cento al proprietario.
Naturalmente, l’Associazione bergamasca agricoltori invitò gli associati alla resistenza. Da parte loro i mezzadri non si dimostrarono in gran parte disposti ad obbedire alla ingiunzione federale, cosicché, tra questi, gli agricoltori ed alcuni degli incaricati della Federterra non tardarono a verificarsi incidenti anche gravi, nei quali furono ravvisati da parte delle autorità gli estremi di veri e propri reati.
E poiché il Ministero aveva invitato, com’era suo dovere, il Prefetto a reprimere ogni atto di violenza, in più occasioni vennero operati alcuni arresti, vuoi per violenza, vuoi per appropriazione indebita qualificata, vuoi per istigazione a delinquere; e fra questi quello del Lazzaroni. La più parte degli arrestati fu però rilasciata nello stesso giorno; furono complessivamente instaurati diciannove procedimenti penali, taluno dei quali anzi già celebrato e che si è concluso con l’accertamento del reato e la condanna di diversi degli imputati. Il che dà evidentemente ragione all’operato delle autorità.
Com’è risaputo, il Ministro dell’interno ha poi attivamente concorso al recente accordo, che si confida abbia felicemente posto fine alla incresciosa vertenza mezzadrile.
PRESIDENTE. L’onorevole Caprani ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
CAPRANI. Mi dispiace, onorevole Sottosegretario di Stato all’interno, di non potermi dichiarare sodisfatto; ed è anche doveroso che io esprima con viva sincerità il mio disappunto, in quanto, se le notizie in mio possesso (notizie del resto controllate e alle quali debbo attenermi) rispondono a verità, la risposta dell’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno avrebbe dovuto essere diversa.
Qual era fino a pochi giorni fa la situazione del Bergamasco in rapporto al lodo De Gasperi? Da una parte esiste un lodo De Gasperi, attualmente tramutato in legge, ed esiste pure un decreto-legge, che emana un complesso di norme, per l’attuazione di questo lodo. Sempre da una parte, esistono i contadini che esigono che questo lodo venga applicato, dall’altra parte esistono i proprietari, che hanno i loro fondi a mezzadria, e che dicono di non volere applicare il lodo. De Gasperi, al punto che l’Associazione bergamasca degli agricoltori emise in un certo momento un comunicato stampa ove si diceva ai contadini press’a poco così: «Badate bene di dividere il prodotto sulla base dell’articolo 2141 e seguenti del Codice civile, perché diversamente, se voi applicherete i criteri di cui al lodo De Gasperi, voi sarete imprigionati, processati e condannati».
Ora questo comunicato potrebbe costituire un motivo anche d’ilarità, se si vuole, perché diciamo noi: «Quale appropriazione indebita vi è se i contadini esigono l’applicazione della legge?». E diciamo pure: «Come si può emettere, sotto gli occhi del prefetto, che vigila nella Provincia, un comunicato stampa intimidatorio di questo genere?». E cosa direbbe il Ministero dell’interno se domani, per avventura, i contadini, capovolgendo i termini, trovassero dei carabinieri compiacenti che andassero sulla porta dei proprietari di fondi e dicessero: «Badate bene che se non date X ai contadini, sarete imprigionati, processati e condannati?». Insensibile sarebbe il Ministero dell’interno a questa azione, qualora i termini fossero questi? Noi non lo crediamo assolutamente.
Cosa doveva rispondere il Ministro dell’interno a dei fatti specifici? Innanzi tutto avrebbe dovuto dirmi quali provvedimenti siano stati presi o si intendano prendere nei confronti del comando dei carabinieri, e del prefetto anche, i quali hanno proceduto a fermare tre volte il segretario della Federterra per il semplice fatto che esplicava attività sindacale, in occasione di quella agitazione a tutela dei contadini. Ed una quarta volta venne pure fermato dai carabinieri e trovò in carcere un tenente dei carabinieri il quale pretese che gli si rilasciasse una dichiarazione, che diceva voluta dal prefetto, ove il segretario della Federterra, dichiarasse che era diffidato dallo sviluppare e dall’assolvere ulteriori attività sindacali. Io mi domando se questo non significhi violare pericolosamente il principio della libertà sindacale, mi domando se questo non sia nello stesso tempo scorretto ed anche qualcosa di più, perché in definitiva i sindacati ed i funzionari dei sindacati, hanno ragione di sussistere solo quando esercitino attività sindacale.
Ma vi è anche qualche cosa di più: in un paese, per nome Presezzo, sulla piazza è presente il tenente dei carabinieri, è presente pure il segretario della Federterra, sono presenti i contadini. Questi si sentono dire dal tenente dei carabinieri che se si dividono il prodotto sulla base dei criteri di cui al lodo De Gasperi, egli non ha nulla da eccepire. I contadini dividono sulla base del decreto De Gasperi, ma che cosa avviene in conclusione? Avviene che, a operazione fatta, il tenente dei carabinieri arresta tutti i contadini che hanno diviso i bozzoli sulla base del criterio De Gasperi. Ma c’è ancora qualcosa di più: i fatti di Stezzano, fatti gravi ed in un certo senso provocatorî. A Stezzano, in piena notte, i carabinieri arrestano a casaccio nove contadini, fra cui il capo lega che è stato assente a tutta l’agitazione e che, pur essendo stato assente, ha trovato modo di buscarsi sei mesi in Tribunale per un reato del tutto immaginario. Perché si era proceduto a questo arresto? È sintomatico rilevarlo: perché nove giorni prima (notisi, nove giorni prima) i contadini di Stezzano avevano dichiarato, per quello che concerne la divisione del fieno: «Noi dividiamo il fieno, sì, ma sulla base dei criteri di cui al lodo De Gasperi». Ebbene, a distanza di dieci giorni, per questo fatto, nel quale non si ebbe assolutamente violenza, si è proceduto a casaccio, ripeto, all’arresto di nove contadini e si è montato un processo.
I verbali di polizia giudiziaria alludevano a violenza privata. Era una pura e semplice invenzione, tanto che al processo, questa vescica gonfia della violenza privata, assolutamente insussistente e questo arresto arbitrario dei nove contadini, si è dovuto svuotare sino al limite dell’imperativo accusatorio, talché si degradò il reato da quello grave di violenza privata a quello di minacce; e c’è voluta, onorevole Ministro dell’interno, della buona volontà a condannare per minacce costoro.
Ora si dice: «La questione, del resto, sarà messa a tacere dall’amnistia». Ma i contadini del bergamasco, mentre protestano, affermano di non aver nessun bisogno dell’amnistia, poiché non hanno commesso nessun delitto. E c’è voluta la buona volontà e la mentalità politica di tutto un complesso di autorità, per poter procedere in un caso ove non c’è flagranza, e dove non era opportuno un mandato di cattura! C’è voluta della buona volontà per arrestare nove padri di famiglia, portarli davanti al tribunale e condannarli! C’è da pensare che se metodi energici di questo genere fossero tenuti in altre zone e per ben altri fatti, la Repubblica avrebbe anche un volto più virile e più maschio! Ma io ho detto che è responsabile anche il prefetto. Io affermo che il prefetto di Bergamo, in questa faccenda, ha dato prova, quanto meno, di insensibilità politica e di poca vigilanza.
Non poteva il prefetto, rappresentante del Ministro dell’interno in provincia di Bergamo, ammettere che per tre volte si diffidasse un funzionario sindacale dall’assolvere la sua santa missione che è la tutela dei contadini; non poteva il prefetto di Bergamo, neppure, ammettere che un tenente dei carabinieri cercasse di strappare al segretario della Federterra una dichiarazione nella quale questi affermasse che non si sarebbe occupato oltre di attività sindacale.
Quanto meno, quindi, in via amministrativa e in via disciplinare, sarà opportuno che il Ministero dell’interno richiami e il comando dei carabinieri e il prefetto, perché questi fatti hanno prodotto grande sensazione tra i contadini del Bergamasco. Qualcuno si è domandato se, per avventura, le autorità non abbiano interpretato gli ultimi avvenimenti come uno spirare nuovo di fascismo o di neofascismo.
Raccomando, quindi, che, quanto meno nelle forme amministrative, si voglia provvedere, se già non si è provveduto. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Corsi, al Ministro delle finanze, «per conoscere se non creda di proporre che sia sollecitamente stabilita la facoltà dei comuni minerari di applicare una equa imposta sulla produzione mineraria che si estrae dal loro territorio; e ciò in considerazione dei gravi oneri che dallo svolgersi dell’attività industriale deriva a tali comuni, dell’esiguo apporto tributario data alla vita locale dalla stessa industria e dei rilevanti utili che questa realizza».
L’onorevole Ministro delle finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Ministro delle finanze. L’esclusione dall’applicazione del particolare diritto a favore dei comuni, previsto dal secondo comma dell’articolo 41 del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 62, per i prodotti minerari, è stata deliberatamente disposta con l’articolo 10 del decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 177, su espressa richiesta del competente Ministero dell’industria e commercio, col cui concerto questo ultimo decreto venne emanato.
Il detto dicastero prospettò la necessità di non gravare con tributi l’attività mineraria, sulla quale, nell’attuale momento, lo Stato deve poter fare ogni assegnamento per la ripresa dell’economia del Paese; e fece, altresì, presente che le aziende concessionarie verrebbero ostacolate nello svolgimento della loro attività da imposizioni, che rendono difficile la loro situazione finanziaria, non florida neanche in tempi normali; tanto che alcuni settori hanno avuto bisogno di richiedere l’intervento da parte dello Stato.
Tali considerazioni furono riconosciute fondate sia dalla Commissione legislativa dell’Assemblea Costituente, che dal Consiglio dei Ministri.
Tuttavia, in relazione al desiderio dell’onorevole interrogante ed alle richieste presentate nello stesso tempo da altri comuni, il Ministero delle finanze si riserva di riproporre sollecitamente la questione all’esame del Ministero dell’industria.
PRESIDENTE. L’onorevole Corsi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
CORSI. Ringrazio l’onorevole Ministro della sua cortese risposta; ma rilevo che la necessità di includere tra i tributi di cui all’articolo 10 del decreto 8 marzo 1945 quello a favore dei comuni sulla produzione mineraria, che si estrae dal loro territorio, è manifestamente giustificata da vari motivi.
Si tratta, intanto, di un’antica esigenza, sulla quale convennero alcuni industriali minerari, i quali legittimamente domandavano, soltanto, che dall’applicazione del tributo l’industria non venisse inceppata.
Il problema è connesso alla critica condizione dei comuni minerari ed alla stessa possibilità di vita di quelle amministrazioni. In sostanza, sono comuni sprovvisti di patrimonio, dove non esiste un’apprezzabile attività rurale e dove si svolge quasi esclusivamente l’industria estrattiva. A causa di essa i comuni sopportano notevoli oneri, dato il carattere nomade della popolazione operaia, fra comune e comune, e il peso rilevante di tutti i servizi, da quelli anagrafici a quelli per l’assistenza sanitaria ed ospedalieri come di ogni altro servizio municipale. D’altra parte, l’industria contribuisce in maniera assolutamente irrilevante alla vita di tali comuni. A suo carico è possibile soltanto l’applicazione di quella imposta che fu istituita dal nostro collega onorevole Nitti dopo l’altra guerra, sugli stabilimenti di eccezionale importanza. Ma deve rilevarsi che di fronte ad una attività produttiva che oggi apporta a singole società un profitto di centinaia di milioni, i comuni maggiori delle zone minerarie (parlo della Sardegna) riescono ad ottenere, nei casi migliori, un apporto che non supera le 300 o 400 mila lire. Se si considera, inoltre, che la produzione totale di quell’industria è valutata attualmente, mentre il piombo ha il prezzo di 200 lire il chilo, sui 17 miliardi, l’onorevole Ministro vedrà quanto sia inadeguato il contributo finanziario delle società minerarie. È il caso di rilevare che questi comuni sono sprovvisti di ospedali; e che varie frazioni di essi, create unicamente da queste attività industriali, mancano di cimiteri, di fognature ed hanno una condizione di vita individuale e collettiva assolutamente primitiva. Né il comune ha i mezzi necessari per tali opere indispensabili ad un minimo di vita civile. Non parliamo dei patronati scolastici, dell’assistenza a favore dei bambini. È uno stato di miseria veramente umiliante.
Ora, io non comprendo con quali criteri il Ministero dell’industria, che fino a ieri era retto da un mio compagno socialista, abbia potuto prospettare al Ministero delle finanze l’inopportunità di questo tributo a favore di comuni operai, dove l’azione dell’ente pubblico deve rivolgersi, prevalentemente, alla tutela dei diritti della popolazione più povera. Comunque, con questa pretesa del Ministero dell’industria, verrebbe a crearsi una sperequazione ingiustificata fra comuni marittimi e comuni agricoli da una parte e comuni industriali dall’altra, perché i primi due hanno la facoltà di applicare il diritto speciale di cui all’articolo 10 di questo decreto e all’articolo 41 del decreto precedente, mentre i comuni minerari non avrebbero e non hanno di fatto questa possibilità: posizione assolutamente ingiusta.
Occorre dire, peraltro, che la Commissione per la finanza locale aveva dato il suo assenso favorevole alla imposizione e che nessuna ragione né logica, né di giustizia, né di opportunità, in rapporto agli utili cospicui dei quali parlavo, giustifica il rilievo del Ministero dell’industria.
Io voglio pertanto confidare che l’onorevole Ministro delle finanze vorrà concludere sollecitamente gli studi annunziati e che essi porteranno una decisione favorevole alla istituzione di questo tributo.
Ricordo che, recentemente, alcune difficoltà di applicazione sorsero limitatamente all’industria carbonifera, la quale si svolge in un solo comune, mentre quella metallifera si estende a molti paesi dove il peso a carico dell’industria sarebbe veramente lieve.
Ripeto che le condizioni generali, quelle sanitarie e dei servizi pubblici di queste zone, dove infierisce paurosamente la tubercolosi e dove da parte dei comuni è necessaria una intensa azione, richiedono che gli enti locali abbiano possibilità finanziarie che non possono essere tratte diversamente, dato lo stato veramente miserrimo della popolazione, la quale è prevalentemente, se non totalmente, operaia.
Raccomando pertanto, con la maggiore premura, all’onorevole Ministro Pella questo problema che ha carattere di manifesta urgenza, mentre la modificazione portata alle precedenti saggie disposizioni non trova nessuna giustificazione nelle condizioni attuali dell’industria e dei comuni.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Camposarcuno, Colitto e Ciampitti, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere se rispondono a verità le voci, che hanno vivamente allarmato le popolazioni del Molise, secondo le quali si starebbero predisponendo provvedimenti per distrarre le acque del Biferno dal Molise per l’approvvigionamento idrico di Napoli e di alcuni comuni della Campania. Sarebbe sommamente nociva agli interessi della regione molisana la sottrazione dell’unica risorsa idrica rimastale. Infatti: a) rimarrebbero inattive le numerose centrali elettriche ivi esistenti, sviluppanti non meno di 12.000 HP di forza; b) sarebbe impossibile irrigare i terreni delle pianure di Boiano e di Larino e quelli di collina; c) sarebbero peggiorate le condizioni sanitarie, già gravi, dell’intero bacino del Biferno, attualmente infettato dalla malaria; d) nel Molise non rimarrebbe alcuna risorsa idrica. La sottrazione delle acque del Biferno non è necessaria per soddisfare i bisogni della città di Napoli, in quanto, a tale scopo, possono essere sfruttate più razionalmente le acque del Volturno, altro fiume molisano purtroppo sottratto, nel 1904, alla Regione a favore della città di Napoli».
Degli onorevoli interroganti è presente l’onorevole Ciampitti.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Se dovessi entrare nel merito della interrogazione, dovrei dire che le ragioni, da loro, addotte a sostegno della conservazione delle acquo del Biferno alla Regione Molisana sono tutto fondate e sono quindi da me completamente condivise.
Senonché, l’allarme da essi dato, per le notizie che ho potuto assumere al mio Ministero, è completamente esagerato: ha un certo senso di ansietà di patria, ma nulla che giustifichi, quanto a provvedimenti adottati, o quanto a provvedimenti da adottare, l’allarme stesso. Quindi assicuro gli onorevoli interroganti che ho segnalato all’ufficio competente questa loro interrogazione ed ho pregato di metterla agli atti, perché il giorno in cui si dovesse, per qualsiasi motivo, prendere in esame la questione da loro sollevata, si tenga presente, non solo l’insieme delle considerazioni addotte a sostegno della loro interrogazione, ma anche l’apporto del mio pensiero personale, che è di perfetta solidarietà col loro pensiero.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dire se sia soddisfatto.
CIAMPITTI. Ringrazio l’onorevole Ministro dei lavori pubblici, anche a nome dei colleghi Camposarcuno e Colitto, per la risposta data alla nostra interrogazione; risposta che verrà a calmare l’ansia e la trepidazione delle popolazioni della Regione Molisana che, dopo aver sofferto, nel 1904, la sottrazione delle acque del Volturno, sfruttate per altre Regioni d’Italia, vedevano minacciata anche la sottrazione delle acque del Biferno, assolutamente indispensabili per il Molise, non solo per scopo di approvvigionamento idrico, ma anche per l’industria e per l’irrigazione delle piane di Boiano e di Larino.
Ringrazio il Ministro dei lavori pubblici, confidando che egli, col suo vivo senso di comprensione, voterà evitare, per il Molise, questa nuova iattura, dato che questa Provincia è stata duramente provata dalle vicende della guerra.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Salerno e Leone Giovanni, ai Ministri dei lavori pubblici, della marina mercantile e dei trasporti, «per sapere quali pronti, energici e concreti provvedimenti intendano adottare per diminuire il gravissimo disagio in cui versa il porto di Napoli, a causa: a) degli enormi danni riportati nelle attrezzature, nelle banchine e nelle calate, e dei quali è assai lontana la riparazione; b) della conseguente deviazione delle normali correnti di traffico importanti una insostenibile condizione per l’Ente autonomo del porto di Napoli; c) della mancanza di ogni servizio igienico sanitario per le numerose maestranze, costrette a lavori pesanti e pericolosi; d) della differenza di costo della nafta per bunkeraggio in confronto con gli altri porti esteri del Mediterraneo; e) e, in genere, a causa della dimenticanza, da parte del Governo, degli interessi che riguardano il lavoro e la ricchezza connessi con il porto di Napoli.
L’interrogazione seguente tratta di argomento analogo:
Riccio Stefano, al Governo, «per conoscere quali provvedimenti intenda prendere per la ricostruzione e la riattrezzatura del porto di Napoli».
L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere congiuntamente alle due interrogazioni.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Già l’onorevole Porzio l’altro giorno, intervenendo nella discussione generale, che fra l’altro toccava questo problema, ebbe a interessare il Governo a che la questione del porto di Napoli fosse oggetto di più approfondita attenzione da parte del mio Ministero.
Le interrogazioni degli onorevoli Salerno, Leone Giovanni e Riccio Stefano, si aggiungono dunque, alle esortazioni già fatte in precedenza dall’onorevole Porzio.
Potrei dividere le interrogazioni in due parti principali, prima di incominciare a discutere i singoli dettagli. La prima parte riguarda una specie di lamento per il passato; la seconda parte una istanza per l’avvenire. Per quanto riguarda il passato, potrei subito dire che la cosa non mi riguarda, e non rispondere quindi agli onorevoli interroganti. Senonché, c’è una continuità nell’azione di governo ed io ho inteso il dovere di esaminare quello che effettivamente è stato fatto per il porto di Napoli dai miei predecessori. Devo dire, stando alle notizie che ho avuto e di cui renderò conto all’Assemblea, che effettivamente le lagnanze degli onorevoli interroganti non sono completamente fondate, perché mentre essi dicono che i lavori per il porto di Napoli attendono ancora una lontana riparazione, dalle cifre che fornirò all’Assemblea si potrà ricavare invece che questi lavori sono in uno stato di avanzata esecuzione. Comunque, onorevoli colleghi, se per caso il dissenso che c’è fra queste vostre affermazioni e quelle che io vi farò non potrà essere subito sufficientemente chiarito, assicuro l’Assemblea che mi adopererò perché la verità venga meglio ristabilita e quello che gli onorevoli colleghi domandano venga sodisfatto, nei limiti naturalmente delle mie disponibilità.
Sottopongo pertanto all’attenzione dell’Assemblea i dati del passato.
Come i colleghi ricorderanno, l’importo complessivo dei danni subiti dal porto di Napoli fu stabilito, fin dalla fine del 1945, in un miliardo e mezzo, e con provvedimento legislativo del 26 marzo 1946 questa somma, nella quale si compendia l’ammontare dei danni sofferti dal porto a causa della guerra, fu dal Governo del tempo erogata e distribuita in quattro esercizi: 1945-46, 1946-47, 1947-48 e 1948-49.
Vediamo come sono state spese finora queste somme. A causa, naturalmente, dei notevoli aumenti di prezzo della mano d’opera e dei materiali, questo importo di un miliardo e mezzo oggi non è più sufficiente. Ma questo formerà oggetto di revisione di prezzi, in sede competente, quando potrà essere fatta. Ora, dobbiamo limitarci unicamente a vedere se e come questa somma è stata spesa. Nel giugno scorso, la situazione dei lavori di ricostruzione del porto (devo leggere perché si tratta di cifre) era la seguente: lavori ultimati 228 milioni, di cui per riparazione di dighe e banchine 88 milioni e 300 mila, per la ricostruzione di edifici in servizio dell’attività portuale 70 milioni, per impianti meccanici di carico e scarico 60 milioni, per lavori varî 10 milioni. In tutto 228 milioni interamente spesi.
Lavori in corso di esecuzione: per banchine e calate 394.700.000, per edifici 129 milioni, per impianti meccanici 748 milioni; lavori in corso di appalto 333 milioni di cui per banchine e calate 211 milioni, per edifici 70 milioni, per lavori varî 52 milioni. Progetti in corso di studio 227 milioni. Calcolando, onorevoli colleghi, la spesa sostenuta per i lavori eseguiti: 228.300.000 e quella impegnata per i lavori in corso: 1.344.800.000, si raggiunge la somma di 1.573.100.000 che, come vedete, è superiore al miliardo e mezzo a suo tempo stanziato. Però, all’eccedenza dei 73 milioni ed alla spesa occorrente per i lavori da appaltare, cioè 333 milioni (compresi i 73 milioni) posso assicurare che potremo far fronte destinando a queste opere le somme relative ad altri impegni messi a carico di altre autorizzazioni, che per il momento non possono essere eseguite.
Quando io ho assunto la direzione del mio Ministero, e prima ancora che mi pervenisse l’interrogazione degli onorevoli colleghi, mi sono occupato della particolare situazione del porto di Napoli, specialmente in rapporto ai 227 milioni che dobbiamo spendere in relazione ai lavori che sono in corso di studio ed ho potuto disporre la immediata istruttoria per l’impegno di maggiori spese di 165 milioni occorrenti alla fornitura di 18 gru e 90 milioni per 4 elevatori e trasportatori di carbone, per i quali si attende ora il parere del Consiglio di Stato, avendo già il Consiglio Superiore dei lavori pubblici emesso il suo parere favorevole.
Ho disposto inoltre, in data 2 corrente, dopo l’interrogazione, che si inviasse al Consiglio Superiore dei lavori pubblici il progetto di riparazione delle banchine «Cesare e Console» per 29 milioni ed altri lavori per minore entità. Ho altresì disposto l’appalto dei lavori di ricostruzione della banchina Duchessa d’Aosta per 51 milioni. Inoltre devo far presente all’Assemblea che, per quanto attiene al porto di Napoli, sono stati anche eseguiti alcuni lavori per il nuovo allacciamento a doppio binario fra gli impianti dello Sperone ed il porto di Napoli, nonché la parte tra i Granili e la Stazione di porto di Massa.
Definiti ora alcuni accordi con il Municipio di Napoli ed altri enti locali sarà presentata la proposta per la deviazione di Reggia dei Portici per sopra-passare del raccordo ferroviario anzidetto.
Ma l’interrogazione degli onorevoli colleghi non riguarda soltanto questi aspetti della questione. Rilevo, infatti, che al numero b) si accenna alla deviazione delle normali correnti di traffico importanti una insostenibile situazione per l’Ente autonomo del porto di Napoli. Questa maggiore efficienza del porto di Napoli, ai fini della canalizzazione del traffico verso il porto medesimo, dovrà essere soprattutto agganciata al fatto delle gru, che in parte sono state fornite e in parte lo saranno. Ma, per questo, è in modo particolare competente il mio collega della Marina mercantile, il quale, assente oggi per ragioni di governo dall’Assemblea, mi ha pregato di annunciare all’Assemblea che egli ne farà oggetto di particolare attenzione e che giovedì prossimo si recherà personalmente a Napoli per constatare la situazione e poter riferire all’Assemblea stessa circa i risultati dei suoi accertamenti.
Si parla altresì dagli onorevoli interroganti della differenza di costo della nafta per bunkeraggio in confronto con gli altri porti esteri del Mediterraneo. Il rilievo è effettivamente esatto, ma non riguarda soltanto il porto di Napoli, bensì tutti i porti italiani. Il problema è in relazione soprattutto a questioni di ordine valutario di specifica competenza dei Ministri del commercio estero, del tesoro e dell’industria e commercio, ai quali non mancherò di segnalare questo aspetto della questione per gli eventuali opportuni tempestivi provvedimenti.
Si parla, altresì, nell’interrogazione, della mancanza di ogni servizio igienico sanitario per le numerose maestranze costrette a lavori pesanti e pericolosi.
Devo dire agli onorevoli interroganti che per quanto attiene a questo aspetto del problema, la ragione del ritardo non dipende tanto dal mio Ministero, quanto dall’Ente autonomo del porto di Napoli, il quale in passato sosteneva queste spese a totale suo carico. Ora non le può sostenere, e quindi ci deve pensare il Ministero dei lavori pubblici; però aspettiamo ancora delle proposte al riguardo, specie per quanto attiene alla Casa dei pescatori per le merci nere, che io ho sollecitato ieri stesso.
Credo che, dopo quello che ho detto per quanto attiene sia alle mie disposizioni che ai miei propositi per l’avvenire, la mia risposta possa essere di completa sodisfazione degli onorevoli interroganti. Comunque, se avessero eventualmente qualche cosa da segnalare circa il medo come sono stati spesi questi denari, o circa l’efficienza dei lavori in corso, o circa il modo come sono condotti i lavori, qualora non rispondessero alle notizie che ho attinte al mio Ministero, mi tengo a disposizione degli onorevoli colleghi, per collaborare con loro al fine di accelerare e potenziare lavori in corso o di prossima attuazione. Io penso, e con me il Governo pensa, che valorizzare il porto di Napoli non significa soltanto fare opera napoletana e regionale, ma opera squisitamente italiana e nazionale. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Salerno ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
SALERNO. Sono sinceramente dolente di non potermi dichiarare sodisfatto delle dichiarazioni del Ministro dei lavori pubblici. E questo mio rincrescimento deriva soprattutto dalla prova che egli ha dato del suo interesse e del suo amore, nonché delle buone intenzioni che nutre per la città di Napoli.
Ma io devo dire una cosa, alla quale probabilmente si assocerebbero molti colleghi napoletani, compreso il mio e nostro maestro Giovanni Porzio, come altri napoletani, anche non deputati.
Noi abbiamo una dura esperienza. Le promesse e le buone intenzioni ci hanno tenuti su; i bilanci – o per lo meno i preventivi di bilancio – quadrano, ma io vorrei dire al Ministro dei lavori pubblici che il porto di Napoli non quadra, perché, nonostante quelle cifre che egli ha annunciate, non c’è una gru, nel porto di Napoli, che sia attualmente in funzione. Prendo impegno formale di dimostrarlo e prego il Ministro dei lavori pubblici d’informarsi. Non esiste una sola gru stabile, fissa, perché il lavoro di trasporto, il lavoro di imbarco e sbarco è fatto con pochissime gru a cingoli lasciate dagli americani, che sono dispendiose, lentissime e impegnano una enorme mano d’opera, mentre delle trentadue gru che aveva il porto di Napoli e dei quattro elevatori meccanici non uno è più in funzione.
Confermo e preciso che sono stati appaltati alcuni lavori per la costruzione delle gru; alcune delle quali sono là per essere finalmente costruite, ma la maggior parte di esse non si trova ancora nemmeno in cantiere: nel porto di Napoli, dopo due anni che è stato liberato dalle truppe alleate, non esiste una sola gru stabile: e non avere gru – me lo può benissimo insegnare l’onorevole Ministro dei lavori pubblici – significa praticamente non potere eseguire il lavoro di carico e scarico.
Ora, sa l’onorevole Ministro dei lavori pubblici perché non si costruiscono e non si riescono a costruire le gru che sul preventivo di bilancio sono perfettamente segnate? (Dico che sono perfettamente segnate, perché non metto certo in dubbio le cifre). La ragione è molto semplice: perché non vi è assegnazione del materiale ferroso, perché le materie prime non sono inviate e perché le ditte appaltatrici cui era stata commessa quest’opera da parte del Ministro Romita, il tanto solerte Ministro dei lavori pubblici che esplicò un’opera veramente egregia nell’interesse del porto di Napoli, non possono eseguire i lavori ad esse affidati, appunto perché le assegnazioni della materia prima non vengono fatte. È così che i lavori, molto spesso, non possono neppure avere inizio.
Comprenderà dunque l’onorevole Ministro dei lavori pubblici in quale stato si trovi il porto di Napoli; egli sa molto bene che senza assegnazione di materiale non si può costruire. Le banchine sono state in gran parte ricostruite, ma – mi consenta – non già nella misura che risulta presso il suo ufficio (perché anch’io ho dei dati i quali hanno questo particolare carattere, che provengono veramente dal luogo dove i fatti si svolgono e precisamente dall’Ente autonomo del porto), bensì soltanto nella misura – parlo dei lavori ultimati – del 16 per cento per le banchine e dell’8 per cento per quanto riguarda le attrezzature meccaniche.
La responsabilità, onorevole Ministro, non è personalmente sua. Io non lo nego, perché noi qui, più che cercare delle responsabilità vogliamo mettere a punto alcuni problemi che riteniamo essenziali non solamente per questa o quella città, per questa o quella regione, ma per tutto il territorio nazionale, per la Nazione stessa. Senza banchine, come si fa infatti a trasportare la merce?
Ma v’è un terzo inconveniente cui ella ha fatto cenno e che io non posso non sottolineare: quello dei numerosi relitti delle 160 unità affondate nel porto di Napoli, alcune delle quali considerevoli come tonnellaggio. Di esse sono state recuperate e rimosse 60 carcasse, ma le altre ingombrano ancora le calate ed i moli. Avviene così che i piroscafi non possono ormeggiarsi e le banchine sono là a sbadigliare al bel sole di Napoli, ma ben lungi dall’essere idonee allo scopo per il quale sono state costruite. Segnalo quindi all’onorevole Ministro dei lavori pubblici la necessità di sgomberare, di rimuovere questi relitti. Alcuni di essi, ripeto, sono già rimossi; ma è evidente che bisogna rimuovere anche gli altri, per due ragioni: perché agevolano l’approdo e perché costituiscono anche un materiale utilissimo. Ed invero, sia detto a conclusione di questa magra rassegna, io mi auguro soprattutto di raggiungere questa finalità: di aver fatto sentire, dopo quella autorevolissima dell’onorevole Porzio, anche la voce di altri amici e colleghi, che hanno messo in evidenza uno dei problemi più impellenti: quello del porto di Napoli.
Bisogna che questi tre fatti – banchine, gru, relitti – siano tenuti in grande considerazione, perché diversamente il problema del porto di Napoli non potrà essere risolto. Eppoi, sa il Ministro dei lavori pubblici, sa l’Assemblea perché tutto, questo è avvenuto? È avvenuto per causa della guerra. Certo, tutti i porti d’Italia e tutte le città d’Italia hanno contribuito col loro sacrificio e col loro eroismo alla guerra di liberazione; ma il porto di Napoli è quello che ha pagato più di tutti, e non soltanto in conseguenza dei bombardamenti e dei danni diretti, i quali hanno provocato il 50 per cento soltanto di distruzioni, ma perché le esigenze della guerra hanno fatto sì che, dopo che le gru erano state fatte saltare in aria dai tedeschi, sono venute le truppe alleate che le hanno buttate a mare o addirittura interrate e rese inservibili. Questa è la verità.
Mi dispiace che non sia presente l’onorevole Romita, col quale non poche volte, quand’era titolare del dicastero dei lavori pubblici, abbiamo visitato insieme il porto di Napoli. Il danno subito dalle gru e dalle attrezzature, lo abbiamo visto, è del cento per cento, ossia è un danno integrale, come integrale è il danno subito dalle banchine, perché anche queste sono tutte buttate all’aria.
Ed a tutto questo si aggiunga un altro fatto: che per due anni, dal 1943 al 1945, il porto di Napoli è stato il grande pernio attorno al quale si è mossa la immane macchina della guerra, che ha portato anche alla liberazione dell’Italia. È ovvio che il porto di Napoli, avendo e dovendo avere questa funzione militare, ha perduto ogni altra funzione; è stato disertato completamente da qualsiasi attività che avesse un carattere mercantile e di traffici civili. Quindi il danno del porto di Napoli è un po’ il grande tributo che Napoli ha pagato all’Italia. Noi chiediamo che l’Italia, attraverso il Governo, consideri questo tributo e ripaghi questo danno, non facendo di Napoli una città privilegiata, ma rimettendola nelle condizioni in cui essa si trovava.
In quanto alla questione della Casa del portuale, mi permetto di significare all’onorevole Ministro dei lavori pubblici come la mancanza di qualsiasi servizio igienico-sanitario faccia sì che quella moltitudine di scaricanti che sostituisce le gru (perché anche questo costituisce un titolo di onore: non abbiamo gru, ma il carbone si scarica; si scarica senza elevatori, ma a schiena di operai, quegli operai che fino a quando non c’erano le gru – cioè fino al 1910 – hanno primeggiato nel mondo per l’imbarco e lo sbarco del carbone, «sicché i transatlantici venivano a bunkerare il carbone a Napoli, in quanto vi trovavano le maestranze meglio addestrate e più idonee a questo lavoro), questa moltitudine di lavoratori, dicevo, non abbia come lavarsi, non abbia come prendere, senza imbrattarlo, un pezzo di pane. La Casa del portuale, si è detto, non è dello Stato, non è un ente pubblico; deve considerarsi come proprietà privata, non è una organizzazione a carattere pubblico, a carattere demaniale. Ma in un caso come questo, mi pare, non si deve andare per il sottile; vi è di mezzo una questione umana, sociale: non è possibile che un grande porto come quello di Napoli non abbia un fabbricato dove possa essere tutelata l’igiene e la salute di migliaia e migliaia di lavoratori.
PRESIDENTE. Onorevole Salerno, la prego di concludere.
SALERNO. Ho finito. È vero che la questione del prezzo della nafta è uguale per tutti i porti d’Italia, e non ho parlato nella mia interrogazione di altri porti d’Italia: ho parlato di altri porti del Mediterraneo. Perché questa è un’altra questione inesplicabile, la quale non riguarderebbe veramente il suo dicastero, onorevole Tupini, ma altro dicastero, ed io ho rivolto l’interrogazione anche ad un altro rappresentante del Governo. Questo interessa Napoli, ma interessa anche Genova, per esempio. Non comprendo perché la nafta debba costare 91 scellini a Napoli o a Genova e debba costarne molto di meno in altri porti, come ad Orano.
Mi diceva ieri un armatore che i suoi piroscafi italiani deve mandarli in Africa, in Egitto, per far comprare la nafta, perché in Italia la nafta costa di più. E non è questione di cambio, perché la valuta è quella che è. Io potrei comprendere che per avere uno scellino occorra pagare più biglietti da cento o da mille, ma il prezzo della nafta dovrebbe essere uguale ed esso invece è uno dei fenomeni più misteriosi che avvengono nel panorama economico italiano.
Sarebbe bene che il Ministero esaminasse questa questione e fissasse con le altre compagnie il prezzo defila nafta, rendendolo uguale a quello che viene praticato in altri porti.
E concludo come ha concluso il Ministro dei lavori pubblici. Sì, perché valorizzare e potenziare il porto di Napoli significa valorizzare e potenziare l’economia del Mezzogiorno d’Italia. Il porto di Napoli è estuario ed affluente della vita economica italiana. Però potenziamolo davvero, perché i napoletani attendono ed hanno atteso da molto tempo!
Che sia il Ministro Tupini veramente quello che realizzerà i nostri voti, ce lo auguriamo. Qui veramente non si dovrebbe fare questione di persona, ma di realizzazioni, perché là dove c’è un’opera buona e che giova ai lavoratori e alla collettività, questa è un’opera meritoria, e se il Ministro Tupini riuscirà a farla saremo con lui. Però tenga conto di quello che in una breve interrogazione non si poteva dire; cioè che il porto di Napoli è veramente il cuore del Mezzogiorno! (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Riccio Stefano ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
RICCIO STEFANO. Io mi dichiaro sodisfatto di quanto ha detto oggi il Ministro dei lavori pubblici, ma non posso dichiararmi sodisfatto di quanto fino a questo momento ha fatto il Ministero dei lavori pubblici.
Il Ministro dei lavori pubblici ci ha letto delle cifre in rapporto al porto di Napoli. Se egli avesse lette altre cifre per le spese sostenute in altri porti, come ad esempio per il porto di Genova, noi avremmo potuto constatare come quella giustizia, di cui ha parlato sempre il maestro onorevole Giovanni Porzio ed a cui oggi si è riferito l’onorevole Salerno, sia stata ancora una volta tradita.
Il nostro porto non ha soltanto subìto i disastri della guerra, ma (come ben diceva l’onorevole Salerno) è stato danneggiato anche dopo. Si ebbe, invero, quell’uso prolungato da parte degli Alleati che impedì l’immediato inizio della ricostruzione. Oggi che questa possibilità c’è, occorre intensificare i lavori. Ed invece, sì, certo, qualche opera è stata eseguita, ma i lavori, vanno avanti con lentezza ed incertezza.
Il Ministro Tupini ci invita a presentare i documenti. Noi lo invitiamo soltanto ad una cosa. Venga a fare una visita alle banchine del porto di Napoli ed avrà la dimostrazione completa di quanto abbiamo affermato. Può darsi che egli avrà ad inciampare in qualche mucchio di macerie o di altri residuati e si renderà conto effettivamente dello stato dei lavori. La nostra lamentela è espressione di un bisogno di giustizia, che noi avvertiamo. Noi crediamo di dovere avere giustizia; noi chiediamo che finalmente questo nostro porto debba essere ricostruito! Noi questo chiediamo, e niente altro.
Insisto soprattutto sulla Casa del portuale. Se questa Casa è stata distrutta per eventi bellici, non c’è discussione da fare: il Genio civile deve e può ricostruirla. È una necessità assoluta, come diceva l’onorevole Salerno.
Non voglio aggiungere parola. Nutro la speranza, anzi – se il Ministro mi permette – ho la certezza che finalmente giustizia sarà fatta. Occorre anche la revisione dei prezzi, perché indubbiamente la omissione ritarda la esecuzione dei lavori. Credo di poter concludere, affermando che questa Assemblea unanime fa voti perché i lavori siano portati a compimento al più presto ed il porto, riavuta la sua attrezzatura, abbia a riprendere il suo intenso ritmo di vita. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di replicare l’onorevole Ministro dei lavori pubblici. Ne ha facoltà.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Mi onoro di annunciare all’Assemblea che ho già deciso di recarmi a Napoli il giorno 21 di questo mese (Approvazioni) per constatare di persona lo stato dei lavori e dare nell’ambito delle mie possibilità le necessarie disposizioni, capaci di sodisfare non solo gli onorevoli interroganti, ma l’Italia meridionale ed il Paese. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Seguono due interrogazioni che, essendo di argomento analogo, possono essere svolte congiuntamente. La prima è quella dell’onorevole Recca ai Ministri dei lavori pubblici, delle finanze e dell’agricoltura e foreste, «per sapere quali provvedimenti hanno preso o intendano prendere per venire incontro agli impellenti e improrogabili bisogni della industre popolazione di San Paolo Civitate, in provincia di Foggia, composta di piccoli viticoltori, olivicoltori e braccianti, dopo lo spaventoso nubifragio, con forte grandinata, del 23 giugno ultimo, mai visto simile, che ha provocato danni per oltre due miliardi alla campagna e la miseria più nera a quei piccoli coltivatori diretti, che non potranno più raccogliere per altri diversi anni, ed ha aggravato la disoccupazione esistente».
La seconda è quella dell’onorevole Miccolis al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e foreste «per conoscere se sono informati che il giorno 23 giugno una grandinata di eccezionale violenza si è abbattuta sulle campagne di San Paolo Civitate, distruggendo prodotti valutabili per un paio di miliardi; quali provvedimenti urgenti intendano adottare per sollevare dalla miseria e dalla disoccupazione provocate dal Ministro, per prevenire ed evitare possibili agitazioni».
L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Devo informare gli onorevoli colleghi, che, oltre le loro interrogazioni, nessuna segnalazione era pervenuta al mio Ministero circa i danni arrecati al Comune di San Paolo Civitate dal nubifragio del 23 giugno 1946. Dato, peraltro, che i provvedimenti che si invocano riguardano unicamente i bisogni della popolazione agricola, nessun intervento può essere esplicato dal Ministro dei lavori pubblici inquantoché la competenza – se danni di natura agricola ci sono – è del Ministero dell’agricoltura.
Il Ministero dei lavori pubblici, invece, in simili circostanze ha soltanto l’obbligo di adottare quelle provvidenze di pronto soccorso indispensabili per assicurare la pubblica incolumità mediante puntellamenti, demolizioni di muri pericolanti, costruzione di ricoveri provvisori, del che non vi deve essere stato bisogno nel comune di San Paolo Cavitate, inquantoché questi soccorsi non sono stati nemmeno sollecitati.
Comunque, io non ho mancato di richiamare l’attenzione del Provveditorato regionale alle opere pubbliche di Bari, affinché esamini – dato quello che affermano gli onorevoli interroganti – se vi sia la possibilità di alleviare con l’attuazione di qualche lavoro di indubbia utilità, suscettibile di dare impiego a mano d’opera rimasta disoccupata a ragione di questo nubifragio, lo stato di disoccupazione che si è venuto ad aggravare nel suddetto comune. Assicuro pertanto gli onorevoli interroganti che, se provvedimenti del genere mi saranno richiesti, non mancherò, nei limiti delle mie possibilità, di adottarli.
PRESIDENTE. Ha facoltà, di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A nome del Ministro dell’agricoltura, aggiungo che manca ogni possibilità di intervenire a favore dei danneggiati, in quanto nello stato di previsione della spesa del Ministero non sono stanziati fondi per sovvenire a danni prodotti da vicende meteorologiche. Comunque, il Ministero ha invitato d’urgenza il Provveditore regionale alle opere pubbliche e l’ispettore agrario compartimentale a fare proposte per quegli eventuali interventi di riparazione dei danni causati ad opere pubbliche o private di bonifica, che potrebbero in un certo modo contribuire ad alleviare la disoccupazione segnalata.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per il tesoro.
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. In relazione alla richiesta dell’onorevole interrogante, per conoscere quali provvedimenti si intendano adottare per venire incontro ai bisogni della popolazione di San Paolo Civitate, danneggiata dal nubifragio, con forte grandinata, del 23 giugno 1947, si osserva, per quanto rientra nella competenza del Ministero delle finanze, che, in base all’articolo 47 del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, che approva il testo unico delle leggi sul nuovo catasto dei terreni, nei casi in cui per parziali infortuni non contemplati nella formazione degli estimi venissero a mancare i due terzi almeno del prodotto ordinario del fondo, l’Amministrazione può concedere una moderazione dell’imposta erariale dell’anno sui terreni, nonché dell’imposta sui redditi agricoli, dietro presentazione, da parte dei possessori danneggiati, alla competente Intendenza di finanza, entro i 30 giorni dall’accaduto infortunio, di apposita domanda con l’indicazione, per ciascuna, particella catastale, della quantità e qualità dei frutti perduti e dell’ammontare del loro valore.
I danni provenienti da infortuni atmosferici, come la grandine, la siccità, le gelate e simili, vengono tenuti presenti nella formazione delle tariffe d’estimo e perciò, di regola, non possono dar luogo alla moderazione d’imposta di cui al citato articolo 47 del testo unico 8 ottobre 1931, n. 1572.
Comunque, il Ministero ha interessato già l’intendenza di finanza di Foggia, affinché riferisca, sentito l’Ufficio tecnico erariale, circa l’entità dei danni arrecati dalla grandinata del giugno scorso in comune di San Paolo Civitate; ed in base a informazioni che saranno fornite, si vedrà subito quali agevolazioni tributarie potranno eventualmente essere adottate a favore dei danneggiati.
Per quanto riguarda il Ministero del tesoro, si comunica che l’intervento del Tesoro, in casi del genere prospettati dall’onorevole interrogante, si attua attraverso i Ministeri particolarmente chiamati, per ragione di rispettiva competenza tecnica, ad occuparsi dei vari settori amministrativi, quali lavori pubblici, agricoltura, ecc., in base agli stanziamenti ordinari o straordinari dei loro bilanci.
PRESIDENTE. L’onorevole Recca ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
RECCA. Solo stamattina è stato segnalata al Ministero dell’interno, dove mi sono recato, la grave sciagura che ha colpito la cittadina di San Paolo Civitate. Si tratta di danni per oltre 2 miliardi. Non si è vista mai una grandinata simile. Sono sicuro che il Governo verrà incontro ai bisogni di questa sciagurata popolazione. Sono sicuro di questo e mi permetto di fare delle raccomandazioni, giacché il Ministro Tupini dice di non essere competente al riguardo, proprio ai tre Ministri ai quali ho rivolto l’interrogazione. Raccomando infatti al Ministro Tupini una assegnazione diretta per i lavori pubblici di San Paolo Civitate, e di segnalare all’ispettorato di Bari, a cui sono stati assegnati 360 milioni per opere pubbliche, che quella cittadina ha più bisogno delle altre. Dico questo perché ho sempre creduto all’accentramento di Bari. Quella cittadina deve essere aiutata, perché la disoccupazione del bracciantato si farà sentire ancora di più, non potendosi più parlare d’imponibile di mano d’opera in quella contrada. E questo si capisce. Non può essere più imposta la mano d’opera agli agricoltori, perché questi, non solo non hanno raccolto quest’anno, ma non raccoglieranno per altri diversi anni, tanto è stato grave il disastro. Al Ministro delle finanze, poi, raccomando di segnalare all’intendenza di finanza di Foggia la necessità di dare sollecito corso all’istruttoria della pratica, che ho fatta presentare, per la eliminazione e riduzione dell’imposta fondiaria; raccomando di dare poi disposizione per l’esenzione di tutti i sinistrati dall’imposta straordinaria sul patrimonio.
Al Ministro dell’agricoltura, infine, raccomando di aiutare, in qualsiasi modo, quei piccoli agricoltori e coltivatori diretti, provati da tanta disgrazia.
PRESIDENTE. L’onorevole Miccolis ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MICCOLIS. Mi duole di non potermi assolutamente dichiarare sodisfatto. Io non mi sono rivolto al Ministro dei lavori pubblici, perché sapevo benissimo che l’argomento in discussione non riguarda la sua competenza. Però, la risposta dell’onorevole Tupini non mi è piaciuta, per quanto non sia stata data a me.
È facile telegrafare al Provveditore per le opere pubbliche, perché provveda lui in queste occasioni; siamo perfettissimamente d’accordo. Ma questo significa far sottrarre qualche cosa, per San Paolo in Civitate, da quei pochi milioni mandati per opere pubbliche a tutta la regione.
TUPINI. Ministro dei lavori pubblici. In via provvisoria.
MICCOLIS. Io mi sono rivolto al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’agricoltura e foreste: a questo perché si informasse esattamente sull’entità del danno; al Capo del Governo, perché interessasse tutti i Ministeri competenti, per andare incontro a quella popolazione così gravemente colpita.
Come ha già detto il collega onorevole Recca, si tratta di una grandinata di carattere eccezionalissimo, che esce dall’ordinario, richiamato dall’onorevole Petrilli quando ha detto che nelle previsioni di finanza è tenuto conto delle grandinate e delle gelate. In questo caso si tratta come di terremoto. Occorre l’intervento diretto del Governo, cioè da parte del Ministero del tesoro e del Ministero delle finanze, perché non è assolutamente concepibile che un piccolo agricoltore (siamo in una zona di piccoli coltivatori), dopo aver visto distrutti, alla vigilia del raccolto, i prodotti dei suoi campi, possa provvedere al pagamento delle imposte ordinarie e dell’imposta straordinaria sul patrimonio. Come potrà questo disgraziato rimettere in funzione la sua macchina e fronteggiare i danni? Perché, come ha detto l’onorevole Recca, non si tratta di un danno contingente e semplice, ma di un danno che si proietta nel futuro. Quando un vigneto o un oliveto (perché siamo in zona coltivata a vigneti o oliveti), è battuto così violentemente dalla grandine, sono necessari immediati procedimenti di irrorazione, di zappatura, perché la pianta, che ha subito attacchi violenti, ha bisogno di essere aiutata, ha bisogno di ossigeno, come l’ammalato. Ciò per non compromettere la produzione per gli anni futuri.
Pertanto, mi permetto invitare il Governo, ad emettere i provvedimenti eccezionali richiesti dalla eccezionalità del caso.
Onorevole Tupini, il Provveditore delle opere pubbliche non ha niente a che fare con questa faccenda, perché non si tratta di togliere ad uno per dare ad un altro.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Non toglieremo niente a nessuno; si tratta di un provvedimento provvisorio; poi provvederemo in concreto.
MICCOLIS. Allora, saremo d’accordo e potrò dirmi sodisfatto.
PRESIDENTE. L’onorevole Pellegrini ha presentato la seguente interrogazione al Ministro dell’interno. «a) per conoscere quali sono le disposizioni di legge che consentirono di mettere a disposizione del Partito democratico cristiano le forze di polizia, per presidiare, nella giornata di domenica, 29 giugno, la piazza San Marco di Venezia; b) sugli incidenti che si svolsero, sempre a Venezia, nella mattinata di domenica, 29 giugno».
Sullo stesso argomento è stata presentata la seguente interrogazione dagli onorevoli Mentasti, Ponti, Lizier, Bastianetto, al Ministro dell’interno: «per conoscere – in relazione ai deplorevoli episodi di intolleranza accaduti a Venezia il 29 giugno – quali provvidenze il Governo intenda adottare perché la libertà di parola nelle pubbliche manifestazioni sia a tutti garantita e così pure tutelata la sicurezza dei partecipanti contro ogni atto di faziosità e di violenza».
Infine l’onorevole Tonetti ha presentato una interrogazione urgente così formulata:
«Al Ministro dell’interno, sugli incidenti che si sono verificati a Venezia domenica 29 giugno ultimo scorso in occasione del comizio indetto dall’onorevole De Gasperi e sugli arresti arbitrari ed indiscriminati che ne sono seguiti».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno, ha facoltà di rispondere alle tre interrogazioni.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Evidentemente le forze di polizia che hanno presidiato nella domenica 29 giugno la piazza San Marco di Venezia non erano state messe a disposizione della Democrazia cristiana. Ai sensi dell’articolo 20 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza esse erano, invece, state poste a disposizione del prefetto della Provincia, il quale ben sapeva quanto si andava qua e là organizzando da parte di partiti estremi per disturbare le riunioni della gioventù democristiana delle Tre Venezie, indetta per quel giorno, e in particolare per impedire il discorso annunziato dell’onorevole De Gasperi, come si è appreso da una circolare, che leggo, diramata della sezione di Mira del Partito comunista italiano:
«Si avvertono tutti i compagni che domenica 29 c.m. avrà luogo in piazza San Marco di Venezia l’annunziato discorso di De Gasperi. La federazione e la sezione comunista lanciano la parola d’ordine: tutti i compagni in piazza San Marco per controbattere De Gasperi. Ci sarà il contradittorio tenuto da Scoccimarro per i comunisti e da Basso per i socialisti. I compagni in bicicletta dovranno trovarsi alle ore 4.30 del mattino a Mira per la partenza».
MAZZA. È scritto «compagni» o «camerati»? (Rumori a sinistra).
Una voce a sinistra. I camerati sono nel vostro settore.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. La circolare conclude; dicendo: «Non si devono portare bandiere, non si deve provocare, né accettare provocazioni mantenendosi sempre agli ordini del Partito».
Una voce a sinistra. La data, la data.
MARAZZA. Sottosegretario di Stato all’interno. È senza data. Evidentemente la circolare è precedente al 29 giugno.
Il Prefetto, informato di quanto si andava qua e là organizzando, nel senso cui ho accennato, aveva richiesto le forze di polizia per mantenere l’ordine, come era suo dovere.
Che tale richiesta non fosse ingiustificata lo hanno dimostrato gli avvenimenti che seguirono.
Infatti, fin dalle ore 7 (il discorso di De Gasperi era fissato per le ore 11) notevoli gruppi di elementi dichiaratamente estremisti, muniti di fischietti ed armati di bastoni anche ferrati, cominciarono ad affluire nella piazza, tentando di occuparne la parte più vicina alla finestra da cui doveva parlare il Presidente del Consiglio.
Una voce a sinistra. Anche ferrati! Quanti ne avete sequestrati?
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ne abbiamo anche sequestrati!
Una voce a sinistra. Quanti?
MARAZZA, Sottosegretario di Stato all’interno. Tali gruppi tentavano, dunque, di occupare – su queste informazioni può testimoniare anche qualche membro di questa Assemblea – la parte della piazza più vicina, come ho già detto, alla finestra da cui doveva parlare il Presidente De Gasperi. Le forze di polizia avevano però provveduto a mantenere libera la parte della piazza destinata ai congressisti, e tale tentativo è, conseguentemente, fallito. (Rumori a sinistra). Quando però l’onorevole De Gasperi si presentò alla finestra e cominciò a parlare, scoppiò la più rumorosa delle gazzarre. Contemporaneamente il cordone della polizia veniva aggredito con violenza e si cercava di romperlo. Ad un certo momento, anzi, esso era costretto ad arretrare. Non entro in particolari: dovrei accennare all’episodio della bomba fumogena.
In questo momento 23 individui, che nella fase precedente erano stati arrestati come i più violenti, venivano liberati dalla folla. Essi però erano stati identificati e poterono, in parte, essere ricatturati o, comunque, denunciati a piede libero.
Il comportamento delle autorità in questa occasione è stato, evidentemente, determinato dalle circostanze e non merita quindi di essere riprovato. (Applausi al centro e a destra – Commenti a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Pellegrini ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
PELLEGRINI. Non posso assolutamente dichiararmi sodisfatto per due motivi (Rumori al centro e a destra): il primo, perché la risposta è venuta ad otto giorni di distanza dai fatti incresciosi, quando è stato possibile utilizzare, in maniera abusiva, i mezzi dello Stato, per dare una versione falsa e faziosa degli avvenimenti. (Rumori al centro).
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Queste sono insinuazioni che ledono, ingiustamente, l’autorità di funzionari che, in questa occasione come in altre, hanno dimostrato imparzialità e dignità! (Approvazioni).
PELLEGRINI. Secondo: perché i fatti, così come sono enunciati nella versione, dell’onorevole Sottosegretario, non rispondono a verità… (Rumori al centro e a destra).
CAIATI. Ha il componimento fatto!
PELLEGRINI. …e questa versione, comunque, non smentisce e non giustifica l’occupazione della piazza da parte della polizia in assetto di guerra.
Una voce. Cinque ore prima sono andati.
PELLEGRINI. Cinque ore prima, appunto.
C’è ancora un altro fatto: per attraversare i cordoni della polizia bisognava mostrare la tessera del Partito democratico cristiano. (Proteste al centro). Questo è un fatto non smentito dall’onorevole Sottosegretario di Stato, fatto che acquista un particolare significato, se si tiene presente una curiosa riunione avvenuta nella Prefettura di Venezia, per iniziativa del signor Prefetto, tre giorni prima dell’arrivo dell’onorevole De Gasperi. Il giovedì il signor Prefetto di Venezia ha convocato nel suo ufficio i rappresentanti dei Partiti di sinistra, il Sindaco e i rappresentanti della Camera del lavoro per significare loro che se nella giornata di domenica fossero avvenuti incidenti, c’era pericolo di crisi nel Comune, c’era pericolo di crisi nella Camera del lavoro. (Commenti – Interruzioni al centro).
È senza dubbio un dovere del Prefetto, come rappresentante del Governo, di pensare tempestivamente all’ordine pubblico, ma è dovere del Prefetto di tener conto che l’ordine pubblico si conserva solamente a condizione che si discuta con tutti i partiti, non solo coi partiti di sinistra presunti o pretesi rei.
L’occupazione militare della piazza San Marco, la riunione in Prefettura dei soli rappresentanti dei Partiti di sinistra per consentire il piccolo ricatto, come ha rilevato l’onorevole Roveda (Commenti al centro), dànno luce particolare agli elementi spirituali e materiali dell’incresciosa giornata di domenica 29 giugno. (Interruzioni – Commenti al centro).
Ma vi sono stati degli incidenti, vi sono state delle manifestazioni, ed allora si è andata a scomodare la vieta retorica delle squadre rosse; c’è stato il Questore, il quale otto giorni prima, ha segnalato l’accaparramento dei fischietti nei negozi di Venezia; si è andati anche a scomodare certa stampa fascista. (Interruzioni al centro).
Bastava che l’onorevole Sottosegretario avesse narrato i fatti come si sono svolti. Non era necessario che i comunisti e i socialisti convocassero il popolo in piazza San Marco, non era necessario che diramassero delle circolari. (Commenti al centro). A questo ha pensato la Democrazia cristiana. La popolazione è andata in piazza, e non è colpa dei comunisti né dei socialisti se essa ha manifestato opinioni diverse da quelle della Democrazia cristiana. (Proteste e interruzioni al centro). Diecine di migliaia di persone sono andate in piazza San Marco e non erano squadre rosse. (Commenti al centro). Era la popolazione più sana di Venezia, era il popolo di Cannareggio, di Dorsoduro, di San Marco, erano gli arsenalotti che il Presidente del Consiglio ha offeso nel suo discorso alla radio. Era il popolo sano di Venezia. (Applausi a sinistra – Proteste al centro).
Gli incidenti incominciano alle sette e mezzo del mattino, ed incominciano attraverso una carica violenta della «Celere» contro un gruppo di quindici popolani, rei di attraversare la piazza San Marco con dei cartelli su cui era scritto: «Abbasso il Governo che aumenta il prezzo del pane». (Commenti al centro). È un delitto scrivere su di un cartello che il Governo fa male ad aumentare il prezzo del pane? È un’offesa alla democrazia portare un cartello in cui si dice che il prezzo del pane deve essere mantenuto nei giusti limiti? (Interruzioni al centro).
È da quel momento che gli incidenti cominciano e si sviluppano nel corso della mattinata; si sviluppano quando alla testa del corteo dei democristiani, che provenivano dalla stazione, marciavano due monarchici, notoriamente conosciuti, con cartelli inneggianti alla monarchia, e si sono iniziati e sviluppati proprio quando la «Celere» ha cominciato a lanciare bombe lacrimogene, perché questi sistemi ottengono sempre l’effetto contrario. (Interruzioni – Commenti al centro).
La «Celere», dicevo, ha generato i più gravi incidenti, incidenti che sono essi stessi significativi nelle conseguenze che ebbero per definire il carattere della manifestazione popolare.
Un solo giovane democristiano è tra i contusi; gli altri appartengono alla parte che manifestava contro; un solo giovane c’è ed è stato contuso dalla «Celere», perché cercava di assalire quel gruppo di 23 arrestati che la «Celere» portava in guardina. Si è parlato anche di mazze ferrate, ma non si è trattato di mazze ferrate, perché non è avvenuto nessun sequestro di armi del genere, tanto è vero che il Questore di Venezia, interpellato dall’onorevole Ravagnan, non è stato in grado, sino a questo momento, di portare nessuna prova concreta circa l’esistenza di queste mazze ferrate. Quindi questa è una menzogna! (Commenti – Proteste al centro).
Bisogna dire brevemente qualche altra cosa per caratterizzare il clima nel quale incubarono e si svolsero i fatti di Venezia; non dovrebbe essere un mistero per il Governo la grave situazione in cui si trova il Veneto dal punto di vista dell’ordine pubblico; dovrebbero essere a conoscenza del Governo i dolorosi incidenti di Udine del 1° giugno 1947, il giorno che doveva essere consacrato all’eroismo del Movimento partigiano; perché il Friuli è in maggioranza garibaldino.
GEUNA. Non è vero!
PELLEGRINI. Sono venuti alcuni dirigenti locali della Democrazia cristiana a Udine in quell’occasione, e sono venuti anche alcune centinaia di fascisti, i quali si diedero alla caccia spicciola dei partigiani garibaldini.
GEUNA. Non è vero!
PELLEGRINI. È vero, perché ero presente anche io. I partigiani garibaldini furono assaliti da questi scatenati, e nessuno può mettere in dubbio questa mia affermazione. Non è un mistero per vari colleghi della provincia di Venezia, che le masse popolari della provincia di Venezia, nel Sandonatese e in altre località, sono aggredite la sera da democristiani che, nella realtà, sono fascisti. (Vivaci proteste al centro). Sì, dànno la caccia ai comunisti! (Rumori al centro).
PRESIDENTE. Onorevole Pellegrini! Stia all’argomento, la prego!
CALATI. C’erano anche loro che fischiavano a Venezia! (Proteste a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Non ripetiamo un episodio del genere di quello di Venezia!
PELLEGRINI. E l’onorevole Mentasti, in un settimanale che fu già di proprietà del conte Volpi di Misurata, la settimana che ha preceduto la venuta dell’onorevole De Gasperi, ha scritto con la penna del suo direttore – che non può dimenticare di essere un gazzettiere del fascismo – degli articoli permeati di basso spirito anticomunista. (Vive proteste al centro).
Una voce al centro. Questo è un comizio!
CAIATI. Non dovrebbe parlare! Stava fischiando anche lui a Venezia! (Rumori a sinistra – Proteste al centro).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, facciano silenzio! Onorevole Pellegrini, la prego nuovamente di tenersi all’argomento!
PELLEGRINI. Ed è caratteristico, dal punto di vista dello spirito e dell’orientamento che hanno preparato la giornata del 29 giugno a Venezia, descrivere le canzoni dei democristiani. (Vive proteste al centro).
MICCOLIS. Ora parlerà anche di Cremona! (Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Pellegrini, la prego di restare all’argomento della sua interrogazione!
Le faccio osservare; che è già trascorso il tempo a sua disposizione.
PELLEGRINI. È per queste ragioni che, a nome dei lavoratori di Venezia, devo dichiararmi non sodisfatto della risposta dell’onorevole Sottosegretario. (Applausi a sinistra – Commenti al centro).
PRESIDENTE. L’onorevole Mentasti ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MENTASTI. Poiché ho la parola, desidera replicare, anche a nome degli amici deputati democristiani di Venezia, all’interrogante onorevole Pellegrini, poiché…
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, lei ha la parola per replicare all’onorevole Sottosegretario.
MENTASTI. …immaginavo di dover ricondurre i dati di fatto alla loro veridicità: ecco quello che tenterò di fare, dopo la distorsione avversaria.
In primo luogo, il fatto provocatorio è esistito dal primo momento in cui si è saputo che l’onorevole De Gasperi sarebbe venuto a Venezia. Dal primo momento la voce per Venezia era corsa che i signori comunisti e i signori socialisti fusionisti… (Rumori al centro).
Una voce a sinistra. Signore è lei. (Rumori a sinistra).
MENTASTI. Dai mezzi che dimostrate di possedere, non si può che chiamarvi signori.
Mazzi di manifesti, auto… (Rumori a sinistra – Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano.
MENTASTI. Devo dunque dire che i fatti si sono svolti in questa precisa guisa: i socialcomunisti, fino dal primo momento, hanno cercato di fare in modo che la manifestazione degenerasse nella gazzarra che poi si è manifestata. Noi abbiamo cercato di fare invece precisamente il contrario. Noi abbiamo saputo dell’iniziativa del prefetto, il quale aveva invitato nel suo ufficio i Partiti di estrema, perché il prefetto sapeva di questa loro intenzione di fare in modo che il Presidente del Consiglio non potesse parlare. (Rumori a sinistra). Non poteva, il prefetto, invitare i democristiani per pregarli di non fischiare il loro capo.
Era venuta fuori anche una loro giustificazione che avevano cercato di far circolare per la città: si sarebbero agitati nei confronti dell’onorevole De Gasperi, unicamente perché egli era il rappresentante della reazione.
RUSSO PEREZ. In agguato!
MENTASTI. Ora, egregi signori, e dai mezzi che avete a disposizione, posso ben chiamarvi tali… (Proteste – Rumori a sinistra – Ilarità al centro e a destra).
Continuando debbo dire che la riprova del fatto che anche i capi di quei due movimenti sono corresponsabili della gazzarra è data dal fatto che essi, nella riunione in Prefettura, hanno detto: Egregio signor prefetto, noi prendiamo nota di queste sue buone intenzioni; ma come mai lei viene a dirci che in regime di democrazia non si può fischiare, non si può assembrare gente perché una manifestazione avversaria non possa riuscire?
PELLEGRINI. Non è vero!
MENTASTI. Quando avrò finito di parlare, allora venitemi a dire che ho mentito ed io vi risponderò come sarà necessario.
PELLEGRINI. Perché non viene a Venezia? (Rumori).
MENTASTI. Sempre, quando e dove volete; e se questa è una minaccia, essa non può se non ritorcersi contro di voi. (Applausi al centro – Rumori a sinistra).
Chi vi parla in questo momento ha avuto numerosi contradittori, durante il periodo elettorale: non li ha temuti e non li teme nemmeno ora.
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, svolga l’argomento, la prego.
MENTASTI. L’argomento è che questi signori non vogliono la tranquillità del Paese. (Rumori a sinistra – Applausi al centro e a destra).
Resta, comunque, dimostrato che questi signori volevano effettivamente la gazzarra e l’hanno condotta nella maniera che ha detto l’onorevole Marazza. È vero che al mattino prestissimo – alle quattro e mezzo – hanno incominciato a far affluire la gente per disturbare; è vero che, in effetti, nella piazza San Marco c’erano quattro o cinquecento fischiatori, che fischiavano con fischietti metallici, assordando quindi tutti e impedendo completamente l’audizione del discorso del Presidente del Consiglio a vasta parte dell’uditorio. (Interruzioni – Commenti a sinistra).
Una voce al centro. Questa è democrazia! (Commenti a sinistra).
MENTASTI. La realtà, purtroppo, è questa. Non è per questo che durante tutto il periodo clandestino siamo stati insieme a combattere, a rischiare, come abbiamo rischiato; non è per questo! È per veder rinascere la libertà nel Paese che noi abbiamo combattuto insieme. (Commenti a sinistra). E allora, permettete almeno che io possa continuare. Vorrei domandare a voi, egregi signori, se, per esempio, invece di essere il Presidente De Gasperi, amato da tutto quanto il Veneto, riconosciuto come un grande galantuomo (Applausi al centro), perché egli ha sempre dato l’esempio di correttezza, di onestà e di coraggio; vorrei vedere se invece di quel Presidente ne fosse venuto un altro, per esempio un Presidente di una delle grandi Repubbliche russe, voi che cosa avreste fatto? (Commenti – Interruzioni a sinistra). Avreste permesso che anche un solo interruttore…
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, stia all’argomento della sua interrogazione!
MENTASTI. Sono in argomento. Perché, quando non si permette di parlare nella città civilissima di Venezia, nella città che ospita in questo momento forestieri di tutto il mondo, che vengono di nuovo a godere del nostro sole e delle nostre bellezze d’arte, ed allora la città diventa internazionale, ho bene il diritto di dire che se fosse venuto il loro capo ideale, nemmeno uno dei disturbatori si sarebbe salvato, e meglio, nessuno dei disturbatori avrebbe mai pensato di adoperare i fischietti e di far venire la gente alle quattro e mezzo del mattino per fischiare il Presidente del Consiglio. Queste sono verità; e noi abbiamo diritto di ritenere che voi non volete usare il sistema democratico. Fate a meno di chiamarlo progressivo. Tutte le volte che voi aggiungete un aggettivo a questa determinata, santa parola «democrazia», voi ne cambiate i connotati, e con i vostri fatti smentite… (Commenti e proteste a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, la prego!
TONELLO. Quando potete, voi fate lo stesso! (Proteste al centro).
MENTASTI. Quello che mi permetterà il Presidente credo sarà ancora di rispondere…
PRESIDENTE. Le ho permesso di dire tutto quello che lei ha voluto. Ne prenda atto.
MENTASTI. A lei sì, gliene do atto. Volevo dire ancora questo. Si è parlato del nostro sistema di condurre le cose e si è fatto cenno anche ad un giornale di Venezia, il Gazzettino. (Interruzione dell’onorevole Tonello – Scambio di apostrofi).
PRESIDENTE. Per favore facciano silenzio! Onorevole Mentasti, prosegua.
MENTASTI. È vero, dunque, che il Gazzettino ha compiuto e compie tuttora un gesto che gradirei fosse sempre ricordato e soprattutto applicato, le quante volte ne avessimo altrettanto bisogno, dai signori comunisti. Per esempio, la Società editrice San Marco stampa nella sua tipografia il giornale comunista. Nonostante le vere ed effettive difficoltà e nonostante che da ultimo siano state portate via dagli americani delle loro «linotypes», la Società continua a stampare il giornale comunista, il quale ogni giorno, a nostro avviso, altera la realtà e la verità, infanga tutto quello che è sacro per noi. (Commenti e interruzioni a sinistra). Alcuni amici sono venuti a chiederci: Ma non dobbiamo avere un poco di resipiscenza, non dobbiamo tentare di far sì che non avvengano cose di questo genere (cose di questo genere a Venezia in fondo non si sono mai viste, non si sono mai viste offese così gravi alla verità e alla libertà); non si deve impedire tutto questo?
Nemmeno per sogno, ho risposto; noi abbiamo un dovere, che è questo: dimostrare coi fatti la nostra democrazia. Che dicano quel che vogliono dire. Risponderemo quello che crederemo di rispondere.
Ed io mi riporto a questo significato effettivo della democrazia per dire a voi, socialcomunisti: Non è con questi sistemi che si può riparare all’eventuale errore di essere andati fuori dal Governo! (Interruzioni a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, la prego di stare all’argomento! Non siamo in sede di discussione sulle comunicazioni del Governo.
MENTASTI. Il nostro pensiero preciso è questo: Il Paese ha bisogno di tranquillità per potersi rimettere a posto, ha bisogno effettivo di risolvere i suoi problemi concreti che vanno dall’alimentazione a tutte le cose veramente concrete. Questi sono i problemi che bisogna portare avanti, e per portarli avanti il Paese ha bisogno di calma e del concorso di tutti, tutti, qui, soprattutto all’interno, per non continuare agitazioni permanenti, che fan perdere ore ed ore alle fabbriche, alle macchine che ci sono restate, e soprattutto le paghe agli operai. (Commenti e interruzioni a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, la prego per l’ultima volta di stare all’argomento!
MENTASTI. E per arrivare a questo, secondo noi, è indispensabile che vi sia realmente quella concordia che c’è stata finora nei partiti repubblicani, e questa non può essere cementata di nuovo se non dalla lealtà, dalla sincerità, e non dai doppi giuochi e dalle facinorose parole! (Applausi al centro – Commenti).
PRESIDENTE. L’onorevole Tonetti ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
TONETTI. Non posso limitarmi a dichiarare con la formula sacramentale di non essere sodisfatto della risposta del Ministro degli interni, ma deploro energicamente che nella sua versione degli incidenti di Venezia si senta l’eco della vergognosa speculazione politica (Interruzioni al centro) che è stata organizzata falsando i fatti ed imbastendo un inammissibile processo alle intenzioni per capovolgere la situazione. (Commenti al centro).
La verità deve essere stabilita in base ai fatti. (Commenti). Primo: si è detto ed è stato anche scritto che si trattava di un convegno al quale potevano partecipare i tesserati della democrazia cristiana, e precisamente convegno della gioventù cattolica. Non è mai avvenuto che alcun partito politico si sia servito delle strade e delle piazze pubbliche per riunioni interne di partito. (Interruzioni al centro). Nelle piazze pubbliche si tengono comizi politici, ai quali tutta la popolazione può partecipare.
Una voce al centro. Sono solo i comunisti i padroni delle strade!
MENTASTI. Ci vuole una bella disinvoltura!
PRESIDENTE. Onorevole Mentasti, lei ha parlato per dieci minuti; lasci parlare il suo collega.
TONETTI. Secondo: la popolazione di Venezia è stata invitata con vistosi e numerosi manifesti che annunciavano l’ora precisa in cui l’onorevole De Gasperi avrebbe parlato in Piazza San Marco. Quando la popolazione è andata in piazza le si è inibito l’ingresso, (Rumori – Interruzioni) mediante eccezionali, ridicole e provocatorie misure di ordine pubblico affidate ad alcune centinaia di agenti, in assetto di guerra con gli elmetti (Rumori), una parte dei quali (e precisamente la «Celere) era stata fatta venire da Padova.
Le migliaia di persone che erano in Piazza San Marco possono testimoniare ciò. Terzo: nessun atto di violenza è stato iniziato da parte della popolazione contro gli agenti di pubblica sicurezza…
Una voce al centro. Dalla popolazione no, ma dagli attivisti!
TONETTI. E non si è tentato di rompere i cordoni. Ciò malgrado, ad un certo momento, indubbiamente secondo un piano preordinato (Commenti), gli agenti di pubblica sicurezza, con sfollagente e poco dopo con bombe lacrimogene, hanno caricato la folla che si limitava a manifestare con fischi il suo dissenso e la sua indignazione…
Una voce al centro. Per che cosa?
TONETTI. …per l’inusitato e provocatorio spiegamento di forze armate. (Interruzioni dell’onorevole Ponti).
Gli incidenti e le colluttazioni successive sono state la naturale conseguenza e la logica reazione della popolazione alle violenze che la forza pubblica aveva avuto ordine di esercitare contro i pacifici cittadini. (Interruzioni – Rumori al centro).
A scopo di riversare le responsabilità degli incidenti sui partiti di sinistra, si è anche detto che casi di intolleranza e di violenza si sarebbero verificati anche se non ci fosse stato lo spiegamento arbitrario è grottesco delle forze armate. Nulla di più falso e di più assurdo: falso il giudizio, assurdo il processo alle intenzioni, che sono, del resto, smentiti dal fatto che un rappresentante del partito comunista ed un rappresentante del partito socialista avevano chiesto il contradittorio all’onorevole De Gasperi (Interruzioni – Rumori al centro), ciò che presupponeva un ordinato dibattito. I fatti, nella loro successione cronologica noti a migliaia e migliaia di persone che si trovavano in Piazza San Marco, non possono essere mutati da cavilli gesuitici. Ed i fatti dimostrano che un membro di un partito qualunque, nella fattispecie l’onorevole De Gasperi, in occasione di un suo comizio, avvalendosi del fatto che è Presidente del Consiglio, ha messo al suo servizio personale ed al servizio del suo partito le Forze armate di polizia le quali non possono avere altro compito che quello di garantire la libertà di tutti… (Rumori al centro).
MENTASTI. Sfruttatela, che vi è riuscita la montatura.
TONETTI. …che non hanno altro compito che quello di garantire imparzialmente a tutti i cittadini di qualunque fede politica o religiosa, il rispetto e la tutela delle leggi vigenti. Perciò, io accuso il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno di avere violato le leggi della democrazia, per avere impedito a liberi cittadini di accedere ad un comizio e di manifestare i loro sentimenti. (Rumori al centro – Interruzione dell’onorevole Bonomi Paolo).
È stato impedito ai liberi cittadini di accedere a un comizio e di manifestare i loro sentimenti di approvazione o di disapprovazione. Poco importa. Accuso il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’interno di abuso di autorità per avere ordinato alla forza pubblica di esercitare violenze contro i cittadini, violando così le libertà democratiche di pensiero, di parola e di opinione.
Ravviso nella condotta del Signor Presidente del Consiglio una pericolosa tendenza ad identificare la sua persona e il suo partito con lo Stato. (Applausi a sinistra – Interruzioni al centro).
Protesto energicamente contro gli arresti indiscriminati ed arbitrari effettuati il giorno successivo al comizio. Fra gli altri è stato arrestato un cittadino che, conforme alle numerose testimonianze scritte che abbiamo, è venuto in Piazza San Marco alle 12,30, quando era finito il comizio. Quei cittadini sono tuttora in carcere a disposizione, si dice, del comandante della «Celere» di Padova, signor Brighenti, il quale ha dato spettacolo del suo alto senso del dovere inerente ad un funzionario di Pubblica sicurezza urlando in Piazza San Marco e poi in Questura: «Questi comunisti voglio sbudellarli tutti!». (Interruzioni al centro).
Probabilmente quel fascistoide farebbe carriera, se questo Governo durasse. (Applausi a sinistra – Rumori al centro).
PRESIDENTE. La prego di concludere.
TONETTI. Ho finito. È certo che con questi sistemi di violenza e di sopraffazione (Interruzioni al centro) che assumono forme diverse dalla Sicilia all’Alta Italia… (Interruzione dell’onorevole Bonomi Paolo).
TEGA. Bonomi fascista, Bonomi fascista!
TONETTI. …e che il Governo sembra tollerare, si fomenta la guerra civile (Rumori al centro) con la conseguente estrema e completa rovina della Nazione. Questa è la verità. Il resto è ignobile speculazione politica. (Applausi a sinistra – Commenti.
Una voce al centro. Bravo, signor conte!
VERNOCCHI. È stato sempre antifascista. Vorrei sapere da quanti anni lo è l’interruttore.
PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di replicare.
MARAZZA. Sottosegretario di Stato per l’interno. Non entro, evidentemente, nella polemica. Vi sono state però delle affermazioni di fatto che non posso lasciare senza rettifica.
Anzitutto debbo protestare per l’accusa di speculazione politica che si è voluto rivolgere al Ministro dell’interno. Il Ministro dell’interno ha tardato deliberatamente a rispondere a questa interrogazione, perché ha voluto assumere le informazioni più dettagliate e più spassionate, perché ha voluto, nella propria coscienza di cittadino e di Ministro, essere sicuro che quello che avrebbe detto all’Assemblea sarebbe stata la verità e soltanto la verità. (Applausi al centro – Interruzioni a sinistra). E di questa verità, che io, personalmente, ho voluto accertare, senza risparmiare comunicazioni, conversazioni ed inchieste, mi rendo personalmente garante (Approvazioni al centro – Interruzioni degli onorevoli Roveda e Musolino – Commenti – Rumori).
Una voce a sinistra. Con chi ha parlato?
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ho parlato con persone ed autorità.
Una voce a sinistra. Col questore?
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non ho trascurato di controllare io stesso le relazioni dettagliate e documentate pervenutemi dalla polizia e dalla prefettura e da altre autorità locali interpellate, non escluse alcune a voi molto più amiche di quello che forse si ritiene lo siano a noi.
Non voglio fare polemiche; voglio rispondere soltanto ad alcune affermazioni particolarmente ingiuste. Voglio dire che la polizia, la quale è accusata di aver colpito ingiustamente, ha avuto 30 dei suoi agenti, 3 dei suoi ufficiali e 7 dei suoi carabinieri feriti; e questi agenti, ufficiali e carabinieri certamente non sono stati feriti che da coloro i quali li hanno aggrediti. (Applausi al centro).
Si è detto che si è fatto il processo alle intenzioni.
Una voce. Certo, certo!
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Ho letto una circolare; è un documento. (Interruzioni – Rumori prolungati a sinistra). Quelle sono le intenzioni. E se io non avessi conosciuta la circolare, basterebbero i cartelloni, coi quali si marciava nella piazza; basterebbero i bastoni ferrati, di cui vi siete serviti. (Applausi al centro – Interruzioni a sinistra).
ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Li ho visti io. (Interruzioni a sinistra).
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Si trattava, non già di mazze ferrate del tipo che abbiamo conosciuto nell’altra guerra – per carità! – si trattava di paletti di segnalazioni stradali; ciò non toglie che fossero dei bastoni ferrati. Non si capisce perché questi pacifici cittadini si recassero alla dimostrazione, portando dei paletti di segnalazione. (Interruzioni – Rumori a sinistra).
Devo anche chiarire, a chi forse ha voluto deliberatamente tacerlo, che non era vero che alla piazza non si potesse accedere. Soltanto una parte della piazza era stata protetta.
D’ONOFRIO. Era la vostra? (Commenti – Rumori).
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non era la nostra, come non era la vostra!
FEDELI ARMANDO. Caccia riservata, dunque!
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Noi in quel momento non eravamo né di qua, né di là. Volevamo vigilare ed impedire i conflitti. Questa è la verità, (Rumori a sinistra), ma voi, mentre parlate di protezione data all’onorevole De Gasperi, dimostrate d’ignorare la protezione che abbiamo organizzato per l’onorevole Togliatti ieri, quando doveva parlare a Torino. (Rumori prolungati – Interruzioni a sinistra). Amici, anche nel calore delle mie parole, non dovete riscontrare nulla di meno che sereno. Io difendo onestamente, sinceramente e lealmente, da questo banco, quello che so essere stato un proposito onesto e sincero del Ministero dell’interno. Dovete darmene atto. Voi dovete sapere che, come si difendono uomini di una parte, con lo stesso coraggio e con la stessa sincerità, si difendono o si vogliono difendere uomini di tutte le parti.
Onorevoli colleghi, io voglio concludere rettificando un altro dato che avete portato all’Assemblea. Avete detto che sono stati arrestati non so quanti dei dimostranti, ma debbo dirvi che i trattenuti sono solamente quattro e che essi sono stati denunciati all’Autorità giudiziaria e che il giudizio è imminente, ed io mi auguro che essi potranno dimostrare la loro innocenza; ma non posso accedere alla dichiarazione fatta dall’onorevole Tonetti, cioè che l’alibi di uno degli arrestati sarebbe agli atti. Se fosse agli atti, mi sentirei di rispondere che quell’individuo non sarebbe più in carcere. (Applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli D’Onofrio, Minio, Gallico Spano Nadia, al Ministro dell’interno, «per sapere come sia possibile e tollerabile che in Italia nel mese di giugno 1947, a due anni dalla liberazione, possa avvenire che si tragga in arresto un cittadino, professore di università e commissario di un grande ente previdenziale, in base a un ordine emanato nel febbraio 1944 dal famigerato Caruso, ordine motivato dall’attività antifascista dell’arrestato; e se non ritenga assolutamente necessario che tanta audacia o tanta inettitudine di funzionari di polizia riceva immediata e severa sanzione, ad ammonimento di ogni altro che avesse vaghezza di seguirne l’esempio».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. L’onorevole interrogante mi vorrà scusare se nel rispondere alla sua interrogazione forse non userò il calore che ho usato nelle interrogazioni precedenti. L’incidente che forma oggetto dell’interrogazione, sebbene dovuto ad un errore materiale, è altamente increscioso e deplorevole. E non esito a dichiararlo, anche perché precise disposizioni il Ministero aveva da gran tempo dato in ordine alle segnalazioni di polizia del periodo repubblichino. È in corso un rigoroso accertamento delle responsabilità per i provvedimenti che immancabilmente seguiranno.
Devo tuttavia chiarire che non si tratta di arresto, ma di un semplice invito a presentarsi in ufficio per dare informazioni e che tale invito venne, disgraziatamente, determinato dal concorso fortuito di un’altra malaugurata circostanza. Comunque, lo stesso interessato ebbe ad esprimere ai funzionari di polizia, che pur lo avevano disturbato e lo avevano interrogato, il proprio ringraziamento per il trattamento usatogli, appena chiarito l’errore.
PRESIDENTE. L’onorevole D’Onofrio ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
D’ONOFRIO. Prendo atto delle informazioni date dall’onorevole Sottosegretario di Stato. E prendo atto anche dell’impegno assunto dal Ministero dell’interno di appurare le responsabilità del fatto da me denunciato. Devo tuttavia sottolineare che non è vero che si è trattato soltanto di un invito, ma di un vero e proprio fermo. Successivamente al primo invito di recarsi in Questura, due agenti sono tornati dal professore Crisafulli e lo hanno invitato perentoriamente a recarsi in Questura. Qui, gli è stato spiegato che il suo fermo derivava da una circolare-fonogramma del febbraio 1944, emessa da Caruso, appunto perché il professore Crisafulli era ricercato per la sua attività clandestina.
Devo dire che il professore Crisafulli a quel tempo era redattore dell’Avanti! clandestino. Vorrei pregare l’onorevole Sottosegretario di tener presente che il caso in questione non è il solo. Chi parla, per esempio, è stato arrestato a Palermo nel gennaio del 1945, su un mandato di cattura emesso nel 1936, e, pur essendo Consultore nazionale, risultò essere sottoposto, per lo meno presso il giudice di vigilanza, a libertà vigilata. Altri casi lamentati stanno a dimostrare che non si tratta soltanto e sempre di sbagli materiali, di archivi ancora non rinnovati, perché questi fatti sono troppo frequenti, e accadono sempre ad elementi, vedi caso, dei Partiti di sinistra. Vorrei che questi casi non fossero dovuti ad una particolare mentalità, ad una particolare psicologia che si crea allorché nei giornali, nelle piazze e con i discorsi ed articoli si parla del trionfo della reazione. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mazza, al Ministro della marina mercantile, «per conoscere come si intenda venire incontro alle giuste necessità dei marittimi disoccupati, spesso domiciliati in centri marittimi di piccola entità, nei quali rappresentano un’altissima percentuale della popolazione valida con la creazione di tragiche situazioni locali (Torre del Greco, Camogli, Vico Equense, ecc.). Si domanda altresì l’istituzione di un turno nazionale di imbarco per la perequazione di particolari situazioni di privilegio per il Nord e di disagio per il Sud e la concessione di un sussidio continuativo e sodisfacente ai marittimi disoccupati, data la loro impossibilità di procacciarsi lavoro per il blocco dei licenziamenti, la condizione delle industrie e la loro unica attitudine ai lavori marittimi».
Il Ministro della marina mercantile, onorevole Cappa, ha fatto sapere che darà una risposta a questa interrogazione in una successiva seduta, essendosi dovuto assentare.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Corbi, al Ministro dell’interno, «per conoscere i motivi che lo hanno indotto ad ordinare l’immediata revoca del decreto n. 13911 del 30 aprile 1947 del prefetto di Aquila, con il quale, d’accordo con la Camera confederale del lavoro, venivano disciplinati, per il territorio della provincia, l’assunzione del personale e l’impiego della mano d’opera disoccupata mediante turni di lavoro».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Con decisione del 28 marzo 1947, il Consiglio di Stato, pronunciandosi sulla impugnativa di legittimità di un decreto prefettizio disciplinante il collocamento della mano d’opera ai sensi dell’articolo 19 della legge comunale e provinciale, ne disponeva la sospensione. Il Ministero dell’interno, con questo precedente, ha naturalmente disposto a sua volta la sospensione degli altri provvedimenti presi a norma della stessa disposizione di legge, di memoria abbastanza infamata per poterla qui rivendicare, e comunque giustificata soltanto in caso di particolare urgenza. Le disposizioni furono, ad ogni modo, di carattere generale e intese ad evitare le conseguenze di eventuali immancabili e ulteriori declaratorie di nullità.
Fu preferito, per questo motivo, che i prefetti revocassero direttamente i provvedimenti già emessi, raccomandando loro però vivamente che si agisse in questo campo, per la realizzazione delle stesse finalità perseguite dai decreti, con un’opera attiva e diligente, intesa a favorire accordi diretti fra le categorie.
Il Ministero dell’interno è inoltre intervenuto da tempo presso quello del lavoro per disciplinare legislativamente questa materia. Il problema, che è rimasto lungamente insoluto, è stato ripreso dal Ministro attuale con particolare interessamento, e posso assicurare l’onorevole interrogante che si crede di avere, entro breve tempo, disposizioni legislative in merito, tali che possano pienamente sodisfare alle esigenze prospettate dalla sua interrogazione.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
CORBI. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario per le preziose informazioni date. Ma mi permetto osservare che l’ordine di revoca, pervenuto al Prefetto di Aquila, è forse il solo che si possa citare per la materia e mi consta che numerosissimi decreti analoghi – per necessità di cose emessi in altre provincie d’Italia – a Torino, Milano e in altre città settentrionali, dove le organizzazioni sindacali sono più forti, non sono stati revocati o, quando lo sono stati, lo sono stati dopo aver consultato le organizzazioni sindacali e dopo aver dato un avvio sicuro o una risoluzione definitiva al grave problema della disoccupazione.
Da un anno tutte le organizzazioni sindacali della provincia facevano pressioni presso la Camera confederale del lavoro, perché il prefetto ponesse fine ad un sistema, che non solo offendeva la dignità dei lavoratori stessi, ma si prestava ad attività poco oneste e non tollerabili. I datori di lavoro non volevano riconoscere i sindacati, non volevano – a volte – riconoscere la funzione degli uffici del lavoro e pretendevano fare assunzioni dirette, con due scopi; prima di tutto perché così potevano più facilmente eludere le tariffe salariali e in secondo luogo perché trovavano una maniera acconcia ed efficace per umiliare le associazioni sindacali stesse e rompere l’unità dei lavoratori.
Un altro motivo che spingeva i lavoratori a richiedere l’emanazione di questo decreto stava nel fatto che i funzionari dell’ufficio del lavoro, non tutti – è vero – ma molti funzionari dell’ufficio del lavoro erano divenuti arbitri in materia di lavoro e procedevano mossi da criteri di parte e spesso anche spinti da tornaconto personale; sì che questi abusi, ormai divenuti abituali, avevano portato i lavoratori di Avezzano e di Sulmona ad invadere gli uffici del lavoro, a portare tutti i registri al Commissario di pubblica sicurezza e a chiedere l’intervento del Prefetto.
E si ebbero dimostrazioni contro gli uffici del lavoro, contro ingerenze che si esercitavano da parte di gente che non aveva nessuna qualifica specifica. Non si sa, ad esempio, a quale titolo il parroco Don Agostino del Sacro Cuore sia, praticamente, il collocatore di Avezzano. Fatto si è che in provincia di Aquila si lavorava o no, secondo che si era inscritti alla Camera del lavoro, secondo che si era o no iscritti al Partito socialista o comunista o a qualche altro partito che fosse o non fosse nelle simpatie di alcuni dirigenti locali e provinciali.
Inoltre, questo provvedimento era giustificato al fatto che l’eccessiva disoccupazione consigliava di avvicendare gli operai nei cantieri; e sono stati gli stessi operai a richiedere i turni di lavoro. Questo decreto poneva fine ad un urto grave che accadeva fra paese e paese; si dava un avvio ordinato alla mano d’opera, e la comprensione delle masse lavoratrici lasciava sperare che tante difficoltà sarebbero state risolte.
Se non che, ad un certo determinato momento, giunge fulmineo l’ordine Scelba, senza che si sia prima voluto sentire e conoscere la situazione del posto, perché è certo che, se il Prefetto di Aquila ha preso un provvedimento del genere, l’ha preso dopo lunghissimi mesi di trattative e pressioni; e certo non l’ha preso per leggerezza, ma perché consigliato dalla sua esperienza e dal suo contatto continuo con le necessità che esistono nella nostra provincia. Invece, il Ministro, di punto in bianco, applica una disposizione di alcuni mesi prima, ordina la revoca immediata del decreto in un momento in cui la disoccupazione minaccia di aggravarsi, perché la deficienza del ferro e di altre materie prime non consente di utilizzare gli stanziamenti già predisposti. Così si creano i malcontenti, così si accrescono gli urti.
DI VITTORIO. Ed è così che si crea il disordine per iniziativa del Ministero dell’interno.
CORBI. Io non credo che sia interesse del Ministro dell’interno riaprire una questione così incresciosa; non credo che sia nell’interesse della tranquillità e dell’ordine pubblico agire con tanta leggerezza, quando si tratta di affrontare un problema del genere; mentre invece si rinviano tante disposizioni che veramente avrebbero carattere di urgenza.
Alla revoca di questo decreto erano interessati i datori di lavoro e i dirigenti di qualche partito. Ebbene, io credo, per queste considerazioni, che la risposta fornitami dall’onorevole Sottosegretario non possa sodisfare; essa può soltanto sodisfare i datori di lavoro, può sodisfare gente poco onesta – e ci tengo a ripeterlo ed a sottolinearlo – può sodisfare i funzionari dell’ufficio del lavoro; ma non può sodisfare i lavoratori e i disoccupati della provincia dell’Aquila. Per questo non può sodisfare neppure l’interrogante. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Bubbio, al Ministro delle finanze e del tesoro, «per conoscere quale sia stato nell’ultimo decennio il numero delle vedove munite di pensione civile o militare che siano passate a nuove nozze, con conseguente perdita della pensione, ed in quale proporzione al totale; se, in relazione allo scarso numero delle vedove rimaritate ed alla sussistenza di un crescente numero di convivenze more uxorio, non si ravvisi la opportunità morale e sociale di abolire la norma relativa alla perdita della pensione in caso di nuove nozze, o quanto meno di conservare l’assegno per almeno la metà, essendo assolutamente inadeguata ed inoperante nel caso delle vedove di guerra la concessione di tre sole annualità».
Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Guerrieri Emanuele, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere le ragioni per le quali in Sicilia, ai contadini della provincia di Ragusa, recatisi secondo un’antichissima consuetudine nell’interno dell’isola per esercitarvi, con durissimi sacrifici, la spigolatura, viene fatto obbligo di ammassare il grano raccolto, contrariamente a quanto negli anni passati si è sempre fatto. L’interrogante chiede altresì di conoscere se e quali provvedimenti intenda adottare per impedire il fatto lamentato, che suscita vivo malcontento fra gli spigolatori, altera il loro tradizionale approvvigionamento e li porta ad abbandonare una attività che, mentre costituisce una delle principali loro risorse, è stata sempre oltremodo benefica, conseguendosi per essa il recupero di cospicui quantitativi di grano, che altrimenti andrebbero perduti».
Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.
Sono così esaurite le interrogazioni all’ordine del giorno.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono pervenute alla Presidenza le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:
«Al Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non creda di comunicare i risultati dell’inchiesta eseguita a carico degli uffici del Genio civile di Cagliari, relativa all’abusiva assegnazione di alloggi ricostruiti; per conoscere, altresì, se e quali adeguati provvedimenti sono stati adottati a carico dei funzionari responsabili e come sia stata possibile la lunga e larga frode senza che gli organi dirigenti e centrali intervenissero.
«Corsi».
«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere le ragioni per le quali – nonostante le insistenti preghiere e gli impegni assunti dai vari Ministeri – non ancora si è provveduto:
- a) ad appaltare l’acquedotto di Agerola;
- b) a completare il finanziamento dell’acquedotto della penisola Sorrentina, in modo da poterne accelerare l’esecuzione;
- c) a completare il finanziamento dell’acquedotto del Nolano e a dare inizio ai lavori.
«Riccio Stefano».
«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere per i comuni turistici della provincia di Napoli, per la esecuzione delle opere indispensabili.
«Riccio Stefano».
«Al Ministro dell’industria e commercio, per conoscere se e quali provvedimenti siano allo studio per la soluzione dei problemi connessi con la crisi dell’energia elettrica nell’Alta Italia e se non ravvisi l’opportunità della costituzione di un commissariato permanente per l’Alta Italia, con sede in Milano, che abbia autorità e mezzi e possa applicare sanzioni per imporre e ottenere la disciplina della revisione della produzione e il consumo, il cui maggiore e più importante compito dovrebbe essere la ripartizione dell’energia prodotta nell’Alta Italia fra le società distributrici, e con l’urgenza reclamata dal fine di permettere alle industrie, di prepararsi alla nuova disciplina dell’uso dell’energia elettrica, talché queste possano preparare trasformazione di impianti termoelettrici in impianti a combustibile e intensificare al massimo la produzione nei mesi abbondanti per ottenere scorte di magazzino, perché non si ripeta nel prossimo inverno il danno incalcolabile causato all’economia del Paese dalle limitazioni imposte lo scorso inverno nella fornitura di energia alle regioni dell’Alta Italia, limitazioni che hanno imposto, altresì, alle popolazioni penose privazioni e gravi sofferenze, suscitando inconvenienti anche d’ordine sociale per le inevitabili interruzioni del lavoro.
«Bulloni».
Chiedo al Governo quando intenda rispondere a queste interrogazioni.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo risponderà nella prossima seduta dedicata alle interrogazioni.
PRESIDENTE. Sta bene.
MUSOLINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSOLINO. Presentai nel maggio scorso un’interrogazione con carattere d’urgenza relativa all’arresto di un sindaco. Pregherei il Sottosegretario di Stato per l’interno di volermi dire quando potrà rispondermi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Comunicherò in una delle prossime sedute quando il Governo potrà rispondere.
VERNOCCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VERNOCCHI. Il 1° luglio presentai una interrogazione al Ministro dell’interno riguardante l’inchiesta condotta sull’amministrazione dell’ospedale di Perugia. Desidererei che fosse posta all’ordine del giorno della prossima seduta di lunedì.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Non ho niente in contrario. Desidererei, però, prendere conoscenza dell’interrogazione. Alla prossima seduta dichiarerò anche per questa interrogazione, quando potrò rispondere.
PRESIDENTE. Poiché domani si riunisce la Commissione dei Trattati, su richiesta dei membri della Commissione stessa, non terremo seduta al mattino, ma soltanto nel pomeriggio alle ore 17, per il seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
RICCIO, Segretario, legge:
«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno, dell’agricoltura e foreste e delle finanze, per sapere se e quali provvedimenti intendano adottare a favore delle popolazioni agricole piemontesi per i danni da queste subiti a causa delle recenti grandinate che in talune zone, particolarmente colpite, hanno distrutto sino all’80 per cento del raccolto, come in alcuni comuni dell’Agro Alessandrino e in quello di Leinì (provincia di Torino).
«De Michelis, Giua».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se ha esaminato, e in tal caso come intende risolvere, il problema di fronte al quale si trovano le Amministrazioni comunali nella applicazione dell’imposta di famiglia.
«Le Amministrazioni stesse, infatti, pure avendo a disposizione tutti i mezzi per procedere ad accertamenti dei redditi molto vicini alla realtà e, per fare ciò nell’interesse delle finanze comunali, sono indotte invece ad accertare i redditi stessi in cifre notevolmente inferiori alla realtà per evitare che degli accertamenti stessi, ove esatti, si serva poi il fisco applicando agli stessi le aliquote erariali, che, sproporzionatamente elevate, determinerebbero una tassazione assolutamente insostenibile per i contribuenti.
«Tale stato di cose si risolve, d’altra parte, non soltanto in un danno per le finanze locali, ma anche per quelle dello Stato che attraverso la integrazione dei bilanci è costretto ad esborsi sempre maggiori.
«Camangi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dei lavori pubblici e dell’agricoltura e foreste, per sapere:
1°) se è a conoscenza del Governo lo stato di grave disagio nel quale si dibatte l’agricoltura e quindi tutta l’economia dei comuni situati nella piana di Oristano in seguito ai danni provocati dalle continue alluvioni dovute all’illegale funzionamento delle opere di scarico del lago Omodeo che, creato come opera di trattenuta delle piene del fiume Tirso, è invece diventato causa principale degli allagamenti delle campagne sottostanti ed impedimento alla esecuzione delle opere di bonifica e di trasformazione fondiaria nei terreni più fertili della Sardegna;
2°) le ragioni per le quali il Governo non ha finora raccolto le proteste delle popolazioni colpite, proteste che tendono a far cessare l’attuale stato di asservimento di tutta l’economia di una vasta e fertile regione agli interessi della società concessionaria del bacino, asservimento che dura dal 1924, malgrado le vive proteste delle popolazioni danneggiate;
3°) le ragioni per le quali il Governo non ha finora ritenuto opportuno applicare l’articolo 30 dei disciplinari di concessione 17 marzo 1914 (legge 11 luglio 1913, n. 985) dichiarando la decadenza della concessione stessa dato che l’esercizio del serbatoio è così difettoso ed irregolare da richiedere provvedimenti nel pubblico interesse.
«Laconi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere;
- a) i motivi per i quali agli agenti sottoposti a giudizi di epurazione e riammessi in servizio per sopraggiunta revoca delle punizioni ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 136, non sia stata ancora comunicata la regolarizzazione al grado VII, necessaria per porre in condizione i richiedenti di concorrere alla promozione al grado VI;
- b) le ragioni del diverso trattamento, a differenza di altre Amministrazioni statali (tesoro, finanze, lavori pubblici, ecc.), usato nei confronti del personale rientrato in servizio anche prima del novembre 1945, dopo esaurito il procedimento di epurazione, non concedendo gli assegni e premi speciali (pasquali, congiuntura, ecc.) già corrisposti a tutti gli epurati in identiche condizioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Rodinò Mario».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere:
1°) perché siano tuttora mantenute in vigore le disposizioni del decreto luogotenenziale 5 ottobre 1944, n. 378, che autorizzava il Ministro della guerra a sospendere, in tutto o in parte, per esigenze di guerra, la formazione dei quadri di avanzamento e le promozioni degli ufficiali, malgrado che le esigenze di guerra siano cessate da qualche anno;
2°) le cause della disparità di trattamento tra ufficiali dell’esercito e quelli della marina ed aeronautica, per i quali ultimi le promozioni sono state riprese da tempo;
3°) le relazioni esistenti fra ritardato sfollamento dei quadri (che rientra esclusivamente nei compiti del Ministro) e mancate promozioni (che colpiscono moralmente e materialmente una grossa aliquota di ufficiali meritevoli). Il ritardato sfollamento pare costituisca la ragione del veto opposto dal Ministero del tesoro alle promozioni;
4°) se abbia preso in esame il giustificato senso di sfiducia che le ritardate promozioni hanno provocato in una sensibile aliquota di ufficiali che, raggiunti i limiti di età per effetto dell’illegale provvedimento adottato, sono collocati nella riserva mentre avrebbero potuto e dovuto conseguire in passato la promozione alla quale avevano pieno diritto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Perugi».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, per sapere quali provvedimenti intendano adottare per mettere gli Istituti autonomi delle case popolari in condizioni di pagare le loro passività, affinché possano raggiungere l’equilibrio dei bilanci nei futuri esercizi.
«Ciò in considerazione del grande aumento di spese cui debbono far fronte per l’aumento dei prezzi, stipendi, salari, ecc., e del blocco delle pigioni, nonché della impossibilità in cui si sono venuti a trovare di poter attuare i provvedimenti del decreto legislativo luogotenenziale 5 ottobre 1945, n. 677, circostanze queste che hanno posto i suddetti Istituti in una situazione finanziaria allarmante. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Angelucci».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga opportuno disporre che agli agricoltori che conferiscono venga assegnato il 60 o 70 per cento della crusca ricavata dal grano conferito; ciò che costituirebbe un incentivo più forte di qualsiasi disposizione di legge per indurre i contadini (specie delle zone a mezzadria) a portare il grano all’ammasso. I risultati della stagione pessima e il timore di dovere acquistare mangimi per i suini lattonzoli e per i vitelli da latte ai soliti prezzi altissimi praticati dai Consorzi, possono infatti indurre i contadini a considerare la convenienza di non conferire una parte del loro grano per usarlo come mangime. La sicurezza che si darebbe loro di avere la crusca allo stesso prezzo del grano conferito, li spingerebbe invece a conferire tutto il grano non necessario al loro consumo diretto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Zuccarini».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere come intenda sistemare la posizione dei trenta direttori didattici che, su trecento presenti agli esami scritti del concorso a ispettore scolastico del 1941, superarono brillantemente le tre prove, scritte non coronate dagli esami orali in seguito alla pubblicazione del decreto 6 gennaio 1942, n. 27, concernente le promozioni per merito comparativo e per titoli, in violazione della precisa norma del decreto 30 dicembre 1923, n. 2960, che prescrive la prova d’esame per la promozione dal grado X al IX del personale statale del gruppo B. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Balduzzi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non ritenga opportuno ed urgente intervenire presso le Amministrazioni provinciali, tenute per legge all’assistenza dei folli poveri, perché provvedano a ricoverare detta categoria di infermi in ospedali psichiatrici, tenuti da enti pubblici, anziché in case private di cura.
«Le eventuali ragioni di carattere economico che si possono in proposito addurre da parte delle Amministrazioni provinciali sono a danno degli ammalati poveri, in quanto le case private di cura, aventi fini speculativi, non sempre dànno pieno affidamento, mentre gli ospedali psichiatrici, non aventi alcuna finalità di speculazione, posseggono attrezzature e personale specializzati particolarmente adatti all’assistenza ed alla cura di tali infermi.
«L’invio di folli poveri da parte delle Amministrazioni provinciali alle case private di cura, anziché agli ospedali psichiatrici, mette questi ultimi, aventi spesso notevoli tradizioni assistenziali e scientifiche, in difficili condizioni di funzionamento o addirittura di vita con gravi conseguenze anche per il personale dipendente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Numeroso».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se non intenda applicare alle strade costruite per ragioni militari dagli eserciti alleati durante l’ultima guerra, le disposizioni stabilite per le strade ex militari costruite nella guerra 1915-18 dal decreto luogotenenziale 8 giugno 1919, n. 925, e dai regi decreti-legge 19 luglio 1924, n. 1437, e 14 novembre 1929, n. 2107.
«Molte strade recentemente costruite per ragioni militari, specie nella Campania, rispondono ad effettive esigenze di traffico, soprattutto agricolo, e si impone la urgente necessità, da parte degli organi periferici del Ministero dei lavori pubblici, di provvedere alla presa in consegna ed alla manutenzione e sistemazione di dette strade, nonché all’espropriazione degli immobili occupati, salvo i provvedimenti definitivi circa la loro classificazione ed eventuale attribuzione ad altri enti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Numeroso».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 19.50.
Ordine del giorno per la seduta di domani.
Alle ore 17:
Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.