ASSEMBLEA COSTITUENTE
CLXXVII.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Congedo:
Presidente
Disegno di legge (Seguito della discussione):
Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello. Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).
Presidente
Adonnino
La Malfa, Relatore
Pella, Ministro delle finanze
De Vita
Schiratti
Bertone
Micheli
Di Fausto
Valiani
Chiostergi
Angelini
Porzio
Scoccimarro
Dugoni
Persico
Marina
Votazione nominale:
Presidente
La seduta comincia alle 10.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta antimeridiana del 5 luglio.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Marchesi.
(È concesso).
Seguito della discussione del disegno di legge:
Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: «Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio».
Procediamo allo svolgimento degli ordini del giorno. Il primo è dell’onorevole Adonnino ed è così formulato:
«L’Assemblea Costituente,
considerato
che l’imposta patrimoniale proporzionale, di cui al decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 143, ratizzata in soli 10 bimestri, può riuscire troppo gravosa ai piccoli e medi contribuenti e può produrre dannosi perturbamenti economico-sociali con deleteria conseguenza sulla grande opera di ripresa cui il Paese si accinge,
e che il termine del 10 luglio prossimo venturo, per la domanda di riscatto, coglie i contribuenti in periodo non ancora concluso di introiti dell’annata agricola,
invita il Governo
a studiare una forma, pur limitata, di maggiore ratizzazione, anche con tenui interessi, a favore di contribuenti che si trovino in determinate condizioni e che siano ritenuti dagli uffici statali meritevoli della speciale agevolazione;
e a disporre che le domande di riscatto possano essere accettate almeno fino al 30 ottobre prossimo venturo».
L’onorevole Adonnino ha facoltà di svolgerlo.
ADONNINO. Onorevoli colleghi, in sostanza, più che uno svolgimento dell’ordine del giorno, questo è un ringraziamento all’onorevole Ministro il quale, si può dire, nei concetti fondamentali, ha accolto le richieste che io in quello facevo.
Non le ha accolte completamente, le ha accolte in certa misura ed è per questo che io profitto dell’occasione che ho di dirne ancora. Quanto all’imposta proporzionale, chiedo al Governo una maggiore ratizzazione di quella che nel progetto è contenuta e chiedo, in secondo luogo, uno spostamento del termine della presentazione delle domande di riscatto. Un certo spostamento ho letto che è stato apportato. Prego che questo spostamento sia maggiore. I due argomenti sono specifici e, si potrebbe dire, secondari, ma la giustificazione di queste mie due richieste credo stia in quei concetti fondamentali, generali, che sono stati qui a lungo e profondamente discussi. In sostanza, da tutta la discussione parmi sia risultato che questa imposta che stiamo creando (e abbiamo il dovere di creare) è un tributo gravissimo ed in certo senso ingiusto per le classi umili. Bisogna dirlo con assoluta sicurezza e con assoluta lealtà. Tutti l’approveremo di buon animo, considerando la necessità di salvare la lira e di rinforzare le casse dello Stato, ma di fronte a questo importante concetto c’è la necessità assoluta – tutti lo vediamo, e bisognerebbe essere ciechi per non vederlo – di porre nella stessa rilevanza ed in tutta la sua imponenza il concetto della sopportabilità e della giustizia del tributo. Mi pare che questo secondo concetto non sia stato sufficientemente considerato, e che si sia voluto sminuire il significato della giustizia e della sopportabilità del tributo, mentre è rimasto preminente il concetto della necessità di esso. Ho ancora nelle orecchie le parole dell’onorevole Relatore, che ha sottolineato soprattutto la necessità assoluta di questo tributo. Cosa importa – egli ha detto – a me dei criteri della giustizia tributaria? Quali che essi siano, io non voglio nemmeno guardarli: mi inchino alla necessità, e vado avanti.
Che debba avere preminenza il concetto della necessità nessuno può negarlo, lo ripeto, ma che il concetto della giustizia del tributo e la sua sopportabilità debba essere un concetto evanescente, mi pare cosa inammissibile, anche perché determina posizioni psicologiche di partenza ed orientamenti intellettuali che possono spingere verso gravissimi errori. Se ci poniamo su questo binario, se cioè non ci importa per nulla la giustizia, e il colpire una classe piuttosto che un’altra, od una parte di una classe, piuttosto che un’altra parte di un’altra classe, noi andiamo incontro a gravissimi errori e a gravissime conseguenze.
Se invece teniamo conto di ambedue le esigenze molto importanti, cioè non disconosciamo mai la necessità del tributo, ma teniamo nella giusta considerazione il criterio della giustizia tributaria, forse potremo giungere a qualche modifica, a qualche addolcimento e temperamento che, senza nuocere alla necessità, potrà diminuire ed attenuare l’ingiustizia.
Ora, mi pare fondamentale ed innegabile che l’imposta colpisce principalmente le classi dei medi e soprattutto dei piccoli proprietari terrieri dell’Italia meridionale. Si sa – sono dati di pubblica ragione – che globalmente il valore patrimoniale della ricchezza italiana si aggira intorno ai 2250 miliardi, e che di questi 2250 miliardi, i due terzi, vale a dire 1500 miliardi, sono costituiti dalla proprietà immobiliare rurale soltanto.
L’altro terzo è costituito dalla proprietà immobiliare urbana (fabbricati), dai valori industriali e commerciali e dagli altri valori.
E, quando colpiamo principalmente la proprietà immobiliare rurale, colpiamo per due terzi i piccoli e medi proprietari. Vi dico piccoli e medi proprietari, perché è risaputo che in tutta Italia la piccola proprietà è nella proporzione del 54 per cento, con punte che arrivano, nell’Italia meridionale, fino al 60 per cento. Mi pare dunque assolutamente incontestabile che noi con questo tributo colpiamo principalmente i piccoli e medi proprietari meridionali. Se teniamo presente che non si colpiscono i depositi bancari ed i titoli al portatore – e l’onorevole Relatore ci dice nella sua relazione che essi ammontano a circa 1600 miliardi, di fronte ai 1500 miliardi di proprietà immobiliare rurale che noi colpiamo – se pensiamo che tutta la massa circolante del denaro (ed ormai non si parla più di cambio della moneta) è assolutamente esente, non possiamo negare questa verità fondamentale della gravità e della ingiustizia del tributo. Non dico questo per fare colpa a nessuno; riconosco che siamo – forse inesorabilmente – costretti dalla necessità. Ma ciò non deve indurci a chiudere gli occhi alla realtà.
Inoltre, bisogna tener presente un altro concetto. È provato dalla statistica finanziaria che col crescere dei redditi secondo una certa proporzione, i capitali corrispondenti crescono in una proporzione maggiore. È evidente dunque che quella che è un’imposta proporzionale sul capitale, ragguagliata al reddito, diventa un’imposta progressiva, e quella che è un’imposta di una certa progressione sul capitale, ragguagliata al reddito, diventa una imposta maggiormente progressiva. Questa è la prova della gravità dell’imposta, e di fronte a ciò avrei desiderato che anche da parte ufficiale si fosse riconosciuta questa gravità per cercare di giungere ad una soluzione possibile: riconoscimento che, invece, è mancato del tutto, mettendosi anzi in ombra gli elementi di gravità e di ingiustizia sopra dimostrati.
L’onorevole Ministro, con la sua autorità, ci ha detto che in Piemonte questo tributo grava molto di più che nelle altre parti d’Italia. Secondo lui, il Piemonte è la zona più colpita. Se l’onorevole Ministro fa la proporzione fra il reddito che i terreni danno in Piemonte e le quote che lo colpiscono, e se principalmente confronta la proporzione tra ricchezza immobiliare e ricchezza mobiliare dell’Italia settentrionale e dell’Italia meridionale, allora nessuno potrà negare la verità del mio assunto, verità lapalissiana, che quella che è maggiormente colpita è la piccola proprietà dell’Italia meridionale.
Si dice che la gente affluisce agli sportelli per pagare. Onorevoli signori, si paga la prima rata; bisogna pensare, però, che appresso alla prima rata, di due mesi in due mesi, ci sono le altre rate, e poi c’è anche la progressiva. Ora, il fatto che si paghi la prima rata con buona volontà, forse può essere ragione di una lode all’eroismo, non mai smentito, del contribuente italiano; ma non bisogna poi avere la sicurezza assoluta che questo eroismo potrà continuare.
Gli sportelli sono affollati di gente che corre a riscattare. Ora, bisognerebbe sapere quale è la proporzione fra le somme riscattate e quelle dovute. Insomma, questi che sono indici in parte confortanti, non si può dire che siano indici assoluti, per cui si possa, a cuore leggero e ad occhi chiusi, dire che se anche l’imposta fosse più grave non importerebbe nulla.
Io vorrei che i colleghi tutti, con comprensione pensosa, tenessero conto delle necessità impellenti del Tesoro e della moneta, senza dimenticare però la necessità anche di una giustizia, giustizia che io credo necessaria per il buon andamento della cosa pubblica.
D’altra parte, io vedo che specialmente l’onorevole Relatore ha tirato fuori una teoria, la quale, in se stessa, è la confessione più precisa della gravità di questo tributo. Egli ha detto che se i piccoli e medi proprietari non possono pagare, debbono vendere e buttare quindi sul mercato la maggiore quantità possibile di beni immobili. Questo, secondo lui, farebbe ribassare i prezzi e farebbe raggiungere lo scopo che ci si propone. Il concetto è geniale e non potevamo non aspettarcelo da un geniale finanziere qual è l’onorevole Relatore. E c’è stata la parola dell’onorevole Ministro delle finanze, che ha accennato ad uno scopo sociale di redistribuzione della ricchezza, ed ha detto che bisogna promuovere questa svendita, questo afflusso globale ed in massa di appezzamenti di terreno, di immobili, sul mercato, per far ribassare i prezzi.
Ora io dico francamente che queste affermazioni, queste posizioni intellettuali di partenza, mi preoccupano. Sarà quello che sarà nel campo teorico (e anche nel campo teorico vedremo che tali affermazioni sono erronee), ma in sostanza, di fronte alla massa del popolo italiano creano gravissime preoccupazioni e difficoltà. Ripeto, questo principio ufficialmente proclamato alla Costituente e diramato in Italia da tutti i giornali, è un principio che ha profondamente preoccupato tutti quanti.
Io osservo che l’esigenza di giustizia, in altri punti del decreto in esame, è stata tenuta in opportuna considerazione. Infatti: perché non si sono trattati gli enti collettivi? Perché la loro trattazione creerebbe una sperequazione tra enti che presuppongono partecipanti ed enti che non li presuppongono. Perché, dunque, quando si discute delle classi che debbono essere colpite e della gravità delle aliquote e delle ratizzazioni, l’esigenza della giustizia deve essere dimenticata? Bisogna dare sempre al concetto di giustizia quel necessario risalto che possa portare ai giusti temperamenti.
Badate: la piccola e media classe rurale italiana è forse l’unica parte veramente sana dell’economia italiana; è la spina dorsale della nostra economia. Diceva lo stesso onorevole Relatore che ogni tributo, per un buon gettito, conta principalmente sulle classi piccole e medie. Ma allora preoccupiamoci di non sacrificarle; di lasciarle in vita, con piena e rigogliosa vitalità: esse hanno tutte le qualità necessarie per la nostra ripresa: tenacia al lavoro, spirito di sacrificio, abitudine al risparmio, resistenza alle avversità, vita sobria: è una classe fondamentale, che non va in alcun modo trascurata. Ed essa paga realmente le tasse. È mestiere dunque non aggravarla tanto da mettere in pericolo la sua esistenza.
Il ricco si salva sempre, specialmente nel campo della proprietà terriera; perché i ricchi proprietari, che hanno molte proprietà coltivate a prodotti non vincolati hanno accumulato, con i prezzi odierni, delle forti disponibilità. Forse si salva anche il piccolissimo, perché a suo favore certamente intervengono dei principî equitativi e delle agevolezze: quelli invece che non si salvano sono il piccolo e il medio, quelli che sono l’unica speranza del nostro risorgimento economico, quelli che sono l’unica tranquillità nostra.
E, del resto, tutti diciamo che vogliamo proteggere il piccolo e il medio proprietario; lo si dice anche dalla parte estrema della Camera e questo è il vero titolo di onore di quei nostri colleghi. Dobbiamo darne loro atto. Benché infatti per la loro posizione ideologica, quella marxistica, che dovrebbe renderli contrari a qualunque tipo di proprietà, essi non potrebbero a rigore ammettere e tanto meno proteggere la piccola e la media proprietà, essi di fatto la proteggono; essi, di fronte alla necessità di risolvere il problema gravissimo dell’economia nazionale, di fronte a questa nostra situazione disastrosa, si mostrano disposti ad accantonare la loro ideologia. Io non so come possano conciliare tale loro politica con la loro posizione mentale, ma, in fondo, ciò non è affar nostro: a noi compete il doveroso riconoscimento di questo loro merito.
Una voce a sinistra. Perché noi non andiamo contro la realtà.
ADONNINO. Inoltre io non vedo ancora un concetto chiaro, evidente, di quelli che saranno i risultati dell’applicazione di questo tributo. Avrei desiderato che gli organi tecnici ministeriali ci avessero approntato dei conteggi precisi. Ad esempio: un ettaro di terra coltivata in una maniera nell’Italia settentrionale, un ettaro di terra coltivata in un’altra maniera nell’Italia centrale, un ettaro di terra coltivato in una terza maniera nell’Italia meridionale saranno gravati dal nuovo tributo in questa o in quest’altra misura. E allora si potrà discutere se il peso sarà più o meno agevolmente sopportabile; se sarà sopportabile o sarà insopportabile. Invece, nulla di tutto ciò. Ci si dice, vagamente: se i proprietari non potranno pagare, venderanno e i prezzi ribasseranno. Ma insomma tutto questo è un concetto generico, vago, che non può darci la tranquillità necessaria a compiere il nostro dovere.
Io vi dico, onorevoli colleghi, che se veramente dovessimo arrivare a una forte compressione della piccola e della media proprietà, ci assumeremmo una responsabilità innegabilmente grave. Quanto poi all’idea di non doverci dolere troppo se obblighiamo i proprietari a vendere perché, con l’aumento dell’offerta, raggiungeremo lo scopo di un ribasso generale dei prezzi, io debbo osservare che è un’idea nuovissima mai espressa da alcuno. Ho cercato infatti di compulsare tutte le pubblicazioni in fatto di imposta patrimoniale, ma nessuno ha mai detto che si debba agevolare questa svendita.
In certi casi, i concetti drastici, meccanici, anche in economia, possono avere il loro effetto.
PRESIDENTE. Onorevole Adonnino, vorrei pregarla di tener presente che i venti minuti sono trascorsi.
ADONNINO. Mi avvio alla conclusione. Bisogna andare molto cauti, al riguardo.
Io comprenderei il sistema drastico se agisse in tutti i settori, di qualunque commercio, e permanentemente, in un periodo di una certa lunghezza: allora sì, si avrebbe, con il generale e persistente aumento dell’offerta, a domanda invariata, il ribasso generale dei prezzi, da noi e da tutti tanto ardentemente auspicato. Ma se voi provocaste un aumento di offerta in un solo settore, anzi in una sola parte di un settore, cioè nelle compravendite di piccoli e medi immobili – settore che, per giunta, influisce solo indirettamente sul mercato dei generi di più largo consumo, che è quello che a noi più interessa – e solo con un atto drastico momentaneo, cioè con un’imposta una volta tanto, allora voi provochereste solo il ribasso limitato e momentaneo in quel settore e in quel momento; cioè rovinereste una classe, determinereste uno spostamento artificioso ed ingiusto, anzi immorale (che cos’è di diverso l’aggiotaggio?) di ricchezza, ma non influireste per nulla sul livello generale dei prezzi, e, quel che più monta, sul livello dei prezzi dei generi di prima necessità e di largo consumo popolare. Anzi, vi dico, che aumentereste la speculazione, cioè provochereste un rialzo generale dei prezzi.
Un nostro grande economista, che tutti rispettiamo come maestro, criticando in un aureo libretto una patrimoniale che non si arrivasse a pagare col reddito, scriveva: «Ovvero il contribuente si decide a vendere parte del suo patrimonio?… Le vendite producono il consueto inevitabile effetto di tutte le vendite in massa: lo svilimento dei beni offerti… Il vantaggio di chi sarà? Dei pescecani, dei borsari neri, delle prostitute arricchite, che, avendo possibilità liquide, potranno partecipare alla baldoria». Sapete chi è questo grande economista? È il nostro Ministro del bilancio: Luigi Einaudi.
E con tale sistema di vendite in massa neanche si raggiunge lo scopo sociale di una ridistribuzione delle terre, perché in questo modo esse non vanno ai contadini, non vanno ai coltivatori. Questo è lo scopo sociale della riforma agraria che si deve fare, e che si farà in quest’aula; ma si deve fare in modo che gli appezzamenti di terra vadano a chi lavora, non agli speculatori, ai borsari neri, che poi li rivendono aumentando così la speculazione e aumentando anche i prezzi delle altre merci, che già tanto pesano sulle nostre spalle.
Questa è la situazione, onorevoli colleghi; voi vedete che parlo per affermazioni schematiche, ma le verità sono tanto evidenti che non hanno bisogno di dimostrazione.
L’onorevole Ministro ha detto anche: «Noi impediremo che le Banche facciano credito ai contribuenti». Perché? Per attuare meglio, in pratica, la teoria delle vendite coatte testé discussa? Del resto, per avere crediti, c’è soltanto da ricorrere alle Banche?
Si obbligheranno i contribuenti a ricorrere agli usurai, dando così nuova esca a questo terribile malanno. I mezzi drastici e meccanici sono sempre pericolosi. Lo sono massimamente in economia! Non s’illuda l’onorevole Ministro di poter fare tutto quello che vuole. Le leggi economiche si ribellano a qualunque autorità! Il vero guaio è che quando si giunge in posti di autorità, si acquista la tendenza a credere che l’autorità può tutto. In sostanza, l’uomo che arriva al potere non è più lui: diventa un altro uomo. (Si ride).
Io ho provato l’orgoglio che dà l’autorità quando mi hanno fatto caporale. (Si ride).
Una voce al centro. Era molto più di un Ministro!
ADONNINO. Allora, sì. Vi posso raccontare a proposito del senso dell’autorità un episodio. (Commenti).
Lo dirò in due parole. Lenin – ed era quel po’ po’ di colosso che tutti conosciamo – in quella fatale notte del novembre 1917, quando salì al potere, dopo una giornata terribile ed emozionante, dormì in un camerino dell’istituto Smolny, quartiere generale del partito bolscevico, insieme a Trotzki sopra un mucchio di tappeti e di cuscini. Dopo un sonno breve, profondo, agitato, si svegliò, e la prima frase che disse a Trotzki sapete quale fu? «Sono al potere; questa idea mi dà le vertigini!». Il potere dà le vertigini. (Si ride).
Non bisogna dunque fidarsi molto del potere, e bisogna pensare che i mezzi drastici e meccanici non sono i più sicuri per raggiungere effetti nel campo economico. Faceva un magnifico quadro il nostro Relatore, onorevole La Malfa, quando parlava di controlli sul credito, quando parlava di indurre la gente a portare sul mercato masse di beni immobili. Ma con questo non si raggiunge nulla. Questa è l’aspirina che fa momentaneamente calare la febbre, ma che non cura la polmonite. Ci vuole altro. Occorre aiutare la produzione, migliorare i commerci, attivare gli scambi di prodotti tra interno ed estero, migliorare la bilancia commerciale, ecc. Quello, cioè, che nell’ultimo Consiglio dei Ministri si è manifestamente cominciato a fare. Ma non speriamo molto, onorevoli colleghi, non speriamo molto sui mezzi drastici e meccanici.
Onorevoli colleghi: vi ho esposto i miei dubbi e le mie preoccupazioni.
Il concetto generale che vorrei fosse preminente nell’animo vostro è: badate che c’è una grande ingiustizia. Se è necessario commetterla, se è necessario che un’aliquota di proprietari medi e piccoli siano costretti a svendere la loro proprietà, non consideriamo questo un beneficio, ma una grande iattura che bisogna cercare di ridurre al minimo. Se c’è una parte di piccoli e medi proprietari che dovranno ricorrere all’usura, cerchiamo di restringere al minimo possibile questo terribile fenomeno.
In questo quadro, dunque, io mi permetterei di pregare l’onorevole Ministro di tener presente il temperamento prospettato nel primo comma del mio ordine del giorno: guardate come è possibile attuare una maggiore ratizzazione della proporzionale.
Non ho voluto fare emendamenti per rispetto al Governo e per fiducia in esso. Deve essere esso, con gli elementi che ha e col suo senso di responsabilità, a fare l’emendamento. Non mi permetto di farlo io. Io mi permetto solo di fare un invito anche sul punto del termine del riscatto, nell’interesse stesso dello Stato. Infatti i proprietari, prima di vedere se possono o no fare il riscatto, devono poter vedere quanto ricavano dall’annata agraria. Avete spostato il termine ad agosto, ma ad agosto i proprietari di vino non sanno quanto ricaveranno, i proprietari di oliveti non sanno quanto ricaveranno. Come fa un proprietario a dire: mi obbligo a pagare tanto, senza sapere quanto ricaverà dall’annata agraria?
Quindi, per il bene dei proprietari, per il bene dello Stato, che ha il massimo interesse che questi riscatti avvengano nella maggiore misura possibile, io prego l’onorevole Ministro di volere esaminare la possibilità di una maggiore proroga.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Adonnino, la prego.
ADONNINO. Io ho proposto anche un emendamento che fa tesoro di una proposta dell’onorevole Relatore.
In questo emendamento, io propongo che l’Assemblea nomini – per mezzo della sua Presidenza – un ristretto Comitato di deputati che segua passo passo, vigilante, l’applicazione dell’imposta, in modo da potere poi proporre tutte quelle modificazioni o inasprimenti o addolcimenti che la pratica suggerirà.
Appunto perciò io presento questo emendamento ed insisto nell’ordine del giorno. (Applausi).
LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare sull’ordine del giorno dell’onorevole Adonnino.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA, Relatore. Ho ascoltato l’onorevole Adonnino con molta attenzione, ma ho l’impressione che egli abbia esagerato un poco i pericoli e gli inconvenienti.
ADONNINO. Per fissare un albero bisogna piegarlo nel senso opposto!
LA MALFA, Relatore. Mi pare che egli abbia dato una interpretazione un po’ troppo spinta a quello che ho detto. Ho detto che l’imposta esercita una pressione sul mercato e quindi ha una funzione antinflazionistica. Ho detto che la liquidità dimostrata dal largo riscatto dell’imposta proporzionale indica che i contribuenti possono pagare. Mi sono fermato a questa conclusione.
Ora, vedere una catastrofe di grandi proporzioni, immaginare che tutti i piccoli e medi proprietari siano costretti a vendere è apprensione esagerata. Non mi pare che vi debbano essere disastri di questo genere.
Ripeto, una volta per tutte, che non dobbiamo equivocare su questa questione dei piccoli e medi proprietari, perché da un punto di vista fiscale la massima posta del gettito di qualsiasi imposta è data in Italia dal contributo della piccola e media proprietà. Se volessimo fondare le imposte sulla grande proprietà, probabilmente applicheremmo un concetto di giustizia sociale, ma non avremmo nessun gettito fiscale. Nell’imposta del 1920-22 la media dell’imponibile fu di 222 mila lire, il minimo imponibile fu di lire 50.000. La maggior parte dei patrimoni si collocava fra 50.000 e 200.000 lire, corrispondenti, stabilendo un rapporto tra il 1920-22 ed oggi, a patrimoni attuali tra 2 milioni e al massimo 10 milioni di lire.
Se volessimo diminuire il contributo delle categorie piccole e medie, finiremmo col distruggere l’imposta. Mi perdoni il collega Adonnino: è molto facile anche a me o al Ministro accettare determinate considerazioni circa la media e piccola proprietà. Ma chi ha la responsabilità di percepire un’imposta non può essere molto proclive a facili motivi politici. Ho trovato nella stampa echi di queste preoccupazioni circa la media e piccola proprietà. Teniamone conto, ma trattiamo i problemi finanziari con la responsabilità con la quale vanno trattati. D’altronde, i piccoli e medi proprietari posseggono titoli di Stato, conti nelle casse postali ed in banca. Determinando una svalutazione della moneta, apportiamo a queste categorie gravissimi danni. È necessario trovare una soluzione di equilibrio. Tassare per salvare la moneta, significa tassare per salvare il risparmio liquido.
Comunque, credo che si possa tener conto delle raccomandazioni del collega Adonnino.
PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELLA, Ministro delle finanze. Ritengo, con l’onorevole Relatore, che l’onorevole Adonnino abbia esagerato nel prospettare un quadro apocalittico delle conseguenze della imposta straordinaria proporzionale 4 per cento.
Come ho già avuto occasione di comunicare sabato scorso, il Governo non desidera assolutamente che i proprietari più modesti debbano alienare le loro piccole proprietà per pagare l’imposta. Questa non rappresenta, in realtà, un nuovo tributo, ma l’anticipazione di un certo numero di annualità di un’imposta già esistente che viene soppressa. Non esiste, quindi la possibilità di stabilire esenzioni di pagamento dallo straordinario tributo; esiste invece un più semplice problema di rateazione, problema che diviene più grave per alcune categorie, come le opere pie, i proprietari di fabbricati a fitti bloccati, i minori proprietari di terreni e i sinistrati di guerra.
Per queste categorie, l’Amministrazione finanziaria, se l’Assemblea è d’accordo, è disposta ad accordare lunghe rateazioni dei pagamenti, oltre i limiti contemplati dalla legge.
Sarà piuttosto difficile stabilire una regola uniforme per tutti, poiché per la realità dell’imposta, un piccolo appezzamento di terreno può rappresentare in un caso il solo cespite posseduto da un determinato contribuente; in altro caso, invece, un minuscolo cespite inserito in patrimonio ben maggiore.
Da ciò la difficoltà di una regola generale, applicabile obiettivamente a tutti i casi.
Occorrerà, forse, lasciare agli organi locali la facoltà discretiva di accordare, dove sia il caso, la rateazione, in un quadro di linee direttive generali.
In ordine alla piccola proprietà terriera, desidero far presente che l’imposta terreni comprende, attualmente, 9.600.000 articoli di ruolo, in tutta Italia.
Di questi 9.600.000 articoli, 8 milioni sono automaticamente fuori della sfera di applicazione della imposta straordinaria proporzionale 4 per cento, perché il valore dei terreni, riportati in ciascun articolo è inferiore alle 100.000 lire (minimo imponibile per l’ordinaria imposta patrimoniale).
Quindi, una larghissima massa di piccoli proprietari è automaticamente esente. Occorre, inoltre, tener presente che le 100 mila lire dell’attuale minimo imponibile rappresentano il risultato della moltiplicazione per 10 dell’imponibile prebellico.
Per correggere le sperequazioni che possono essersi verificate in occasione delle rettifiche promosse ai fini dell’imposta ordinaria sul patrimonio negli anni decorsi, proprio ieri è stata licenziata una circolare a tutti gli Ispettorati compartimentali delle imposte dirette, con la quale si dispone che, in tutti i casi in cui il valore medio dei terreni del triennio 1937-39, prima di essere moltiplicato per 10, abbia subito una qualche revisione in aumento, si annullino gli effetti di tale revisione e d’ufficio si proceda a una nuova determinazione del valore del triennio 1937-39, al quale deve essere applicato il coefficiente di rivalutazione 10. La revisione, poi, dell’imponibile dei fabbricati, in base alle disposizioni contenute in una circolare del 19 giugno 1947, deve avvenire in seguito a richiesta di parte, in ragione dei criteri seguiti per la valutazione di tali cespiti.
Tale revisione deve essere richiesta entro il 31 dicembre dell’anno corrente.
Ponendosi su questa strada, il Ministero ha voluto andare incontro alle preoccupazioni di quanti guardavano alle sperequazioni che si erano determinate tra le diverse Regioni a causa delle accennate rettifiche.
Tutto ciò premesso, dico all’onorevole Adonnino che, a titolo di raccomandazione, il Governo è pronto ad accettare la prima parte del suo ordine del giorno.
Per quanto riguarda la seconda parte: «Proroga del termine per la domanda di riscatto», ieri è stato diramato un telegramma a tutte le Intendenze di finanza affinché siano considerate tempestive le domande presentate entro il 10 agosto, purché il pagamento abbia luogo entro il 18 agosto.
Il Governo, per deferenza verso l’Assemblea, che sta discutendo questo progetto, anche nella parte relativa ai termini, non poteva andare oltre.
Personalmente ritengo che sarebbe pericoloso protrarre il termine fino al 30 ottobre.
Se però l’Assemblea lo desiderasse, il Governo non avrebbe nulla da obiettare.
PRESIDENTE. Onorevole Adonnino, mantiene il suo ordine del giorno?
ADONNINO. Siccome chiedo che il Governo lo accetti, lo mantengo.
PRESIDENTE. Allora dovremo metterlo ai voti.
LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA, Relatore. Prego il collega onorevole Adonnino di limitarsi alla raccomandazione, senza chiedere una votazione sul suo ordine del giorno, perché in esso ci sono delle enunciazioni, come quella di prorogare il riscatto al 30 ottobre, che farebbero meglio parte di emendamenti ai singoli articoli.
Se l’onorevole Adonnino insiste sulla votazione, la Commissione è costretta ad esprimere parere contrario al suo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Adonnino a ritirare il suo ordine del giorno ed a trasformarlo in raccomandazione.
ADONNINO. Se il Governo e la Commissione l’accettano come raccomandazione, ritiro l’ordine del giorno, salvo poi a presentare proposte specifiche in sede opportuna.
PRESIDENTE. Il Governo ed il Relatore hanno dichiarato di accettare come raccomandazione il suo ordine del giorno; resta, quindi, così stabilito.
Segue l’ordine del giorno presentato dagli onorevoli Macrelli, De Mercurio, Bernabei, Spallicci, Azzi, Chiostergi, Bellusci, De Vita, Camangi, Paolucci:
«L’Assemblea Costituente, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dar corso ai provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».
Faccio rilevare che quest’ordine del giorno, essendo stato presentato dopo la chiusura della discussione generale, non potrà essere svolto.
Chiedo al Relatore ed al Governo il loro parere su questo ordine del giorno.
LA MALFA, Relatore. Ho espresso il parere della Commissione sulla questione del cambio della moneta in sede di relazione generale.
Ero favorevole, come molti in quest’Assemblea, al cambio della moneta; ma riproporre il problema in questo momento, in sede di imposta patrimoniale, non mi sembra neanche tecnicamente possibile. Il cambio della moneta deve precedere l’imposta, non seguirla.
Prego gli amici del partito di non insistere su questo ordine del giorno.
PELLA, Ministro delle finanze. Mi associo all’onorevole Relatore nel pregare i presentatori dell’ordine del giorno a non volere insistere.
DE VITA. Come firmatario dell’ordine del giorno, chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE VITA. Onorevoli colleghi, devo rilevare che il Governo ha fatto formale promessa, proprio da questi banchi e nei confronti di quest’Assemblea, di attuare il cambio della moneta.
PRESIDENTE. Onorevole De Vita, lei deve dire se mantiene l’ordine del giorno, tenendo presenti le considerazioni fatte dal Governo e dal Relatore.
DE VITA. Vorrei spiegare la portata dell’ordine del giorno.
Il Relatore ed il Governo si sono pronunziati; ritengo che anche i presentatori abbiano il diritto di esprimere il loro parere.
PRESIDENTE. No, onorevole De Vita; questo diritto non le compete.
DE VITA. Ad ogni modo, dichiaro di mantenere l’ordine del giorno, riservandomi di esprimere il mio pensiero in sede di dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno, che rileggo:
«L’Assemblea Costituente, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dar corso a provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».
DE VITA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE VITA. Il Governo promise formalmente di attuare il cambio della moneta. Poi difficoltà di ordine tecnico, furto di clichés, cose che avvengono nel nostro Paese, avrebbero impedito di fare il cambio.
Oggi il Governo rinunzia definitivamente, a quanto pare, al cambio della moneta.
Ritengo che il cambio della moneta avrebbe potuto evitare tutte le ingiustizie che oggi si commettono anche nel campo tributario.
Per quanto riguarda le difficoltà di ordine tecnico, in ogni momento prospettate dal Governo, faccio presente che il cambio della moneta è riuscito in quasi tutti i Paesi europei, compresa la stessa Francia. L’aumento di circolazione, che si è verificato in Francia dopo il cambio della moneta, è dovuto soltanto all’emissione di circolante per conto del commercio.
Ora si dice che il cambio della moneta non può più farsi perché è in discussione l’imposta straordinaria sul patrimonio. Il Governo dovrebbe però dire perché non è stato fatto prima.
Comunque il Governo non può più parlare di giustizia tributaria. Il Governo parlando di giustizia tributaria, di perequazione del carico tributario, offende la stessa giustizia. Non si può parlare di giustizia tributaria, quando non c’è in Italia una giustizia distributiva.
Chi ha accumulato ricchezza illegittimamente non deve pagare soltanto un’imposta. È troppo poco, dovrebbe restituire questa ricchezza alla collettività cui l’ha tolta illegittimamente.
SCHIRATTI. Chiedo di parlare per mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIRATTI. A me sembra che l’ordine del giorno del quale stiamo discutendo non possa e non debba essere sottoposto a votazione.
Mi richiamo all’articolo 87 del Regolamento, il quale dice:
«Durante la discussione generale, o prima che s’apra, possono esser presentati da ciascun deputato ordini del giorno concernenti il contenuto della legge, che ne determinino e ne modifichino il concetto o servano d’istruzioni alle Commissioni».
Che cosa importa questo? Che possono essere posti in votazione ordini del giorno inerenti alla specifica materia di cui stiamo trattando.
Ora noi stiamo trattando dell’imposta patrimoniale; non del cambio della moneta.
Per questa ragione mi sembra che la disposizione del Regolamento sia preclusiva e quindi che non possa essere posto in votazione l’ordine del giorno Macrelli.
PASTORE RAFFAELE. Bisogna accertare chi detiene il denaro.
DE VITA. È ovvio, è materia intimamente connessa con l’imposta patrimoniale; è argomento della nostra discussione.
BERTONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTONE. Vorrei fare una preghiera all’onorevole De Vita e agli altri colleghi perché sia rimandata la decisione sul loro ordine del giorno, in quanto la materia del cambio della moneta non è di competenza del Ministro delle finanze, ma del Ministro del bilancio e soprattutto del Ministro del tesoro, i quali è evidente che non possono restare assenti da una discussione e da una decisione su questo punto di tanta importanza. Che questo oggetto sia connesso all’imposta patrimoniale credo che sia evidente, che si possa discutere non c’è dubbio; ma a me sembra logico che ciò debba essere fatto quando siano presenti il Ministro del tesoro ed il Ministro del bilancio. Perciò io domando la sospensiva.
DE VITA. Mi dispiace, ma non posso accettarla.
PRESIDENTE. Vediamo, di comune accordo, se vi sono ragioni per le quali si possa concordemente rimandare la discussione.
MICHELI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI. Io credo che l’onorevole Schiratti abbia teoricamente ragione per il modo con cui ha impostato la questione sull’articolo del Regolamento; però praticamente la sua proposta non mi sembra che sia concludente in questo momento, perché basta che i colleghi che hanno presentato l’ordine del giorno lo ripresentino domani sotto forma di articolo aggiuntivo perché tutto si risolva. Quindi è questione di intendersi a questo riguardo, nel senso che sia rimandata la discussione ad altro momento. Chiedo pertanto se i proponenti dell’ordine del giorno, di fronte a questa eccezione di procedura che difficilmente si potrebbe superare, non ritengano opportuno di presentarlo sotto altra forma. Questo eliminerebbe la sospensiva dell’onorevole Bertone, in quanto domani sarebbero presenti anche i Ministri competenti, per quanto chi rappresenta il Governo è il Ministro delle finanze, il quale può quindi rispondere anche su questo problema.
PRESIDENTE. Resta allora la mozione dell’onorevole Schiratti, sulla quale ha parlato a favore il proponente ed ha parlato contro l’onorevole De Vita.
LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA, Relatore. Devo chiarire all’Assemblea quali sono le conseguenze di questo ordine del giorno. Se l’Assemblea dovesse votarlo, al Governo non rimarrebbe altra via che sospendere l’applicazione dell’imposta.
PRESIDENTE. Tenga presente che dobbiamo occuparci della mozione d’ordine dell’onorevole Schiratti.
LA MALFA, Relatore. Mi riferisco alla mozione Schiratti. Il cambio della moneta può rientrare nella discussione non del decreto, ma dei presupposti del decreto sull’imposta. Quindi, se l’Assemblea dovesse votare questa mozione, evidentemente porrebbe il Governo nella condizione di non più applicare l’imposta straordinaria.
DE VITA. Questo è merito!
CANDELA. Adesso discutiamo una questione di procedura!
PRESIDENTE. È giusto. Tenga presente, onorevole La Malfa, che noi stiamo discutendo una questione di procedura, cioè se sia possibile porre in votazione l’ordine del giorno dell’onorevole Macrelli ed altri firmatari. Questo è il punto. L’onorevole Schiratti ha presentata una mozione d’ordine sostenendo che, non trattandosi di una materia relativa al disegno di legge che ora stiamo discutendo, non è possibile l’inserzione dell’ordine del giorno Macrelli nella nostra discussione. Lei, onorevole La Malfa, deve dire se è d’accordo col presentatore.
LA MALFA. Sono d’accordo: non è pertinente alla legge, ma ne è uno dei presupposti. (Rumori a sinistra).
DI FAUSTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI FAUSTO. Sono d’accordo con la mozione d’ordine dell’onorevole Schiratti, ma desidero dichiarare che, in sede delle quattro Commissioni riunite, ho scongiurato il Governo a non rinunciare al cambio della moneta come ad esigenza morale fondamentale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione d’ordine Schiratti.
(Segue la votazione per alzata e seduta).
Poiché l’esito della votazione è incerto, procediamo alla votazione per divisione.
(La mozione d’ordine non è approvata).
Sull’ordine del giorno Macrelli è stato chiesto l’appello nominale dagli onorevoli Uberti, Geuna, Roselli, Vicentini, Martinelli, Mattarella, Scoca, Marconi, Biagioni, Rodinò Ugo, Chieffi, Guerrieri Emanuele, Castelli Avolio, Pallastrelli, Guerrieri Filippo, Cremaschi Carlo, Colitto.
PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELLA, Ministro delle finanze. Onorevoli colleghi, è ben lontana dal Governo l’intenzione di interferire nella libera manifestazione di volontà dell’Assemblea su quest’ordine del giorno. Non posso, tuttavia, non associarmi pienamente alle considerazioni dell’onorevole Relatore, il quale ha esattamente fatto presente che, a prescindere da qualsiasi considerazione sul merito del problema del cambio, isolatamente considerato, la conseguenza inevitabile di una eventuale approvazione di quest’ordine del giorno sarebbe la sospensione immediata del nostro lavoro nonché dell’applicazione dell’imposta, in quanto il disegno di legge e il decreto del 29 marzo 1947 sono notoriamente informati al criterio dell’accertamento induttivo della ricchezza mobiliare, a seguito della rinuncia al cambio della moneta.
Forse, nel Paese esistono ancora delle correnti che, in tutti i modi, cercano di ritardare e far tramontare l’applicazione di questa imposta, ed io non vorrei che inconsapevolmente si finisse per affiancare il desiderio di qualcuna di queste correnti.
LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA, Relatore. Richiamo l’attenzione dell’Assemblea sull’estrema gravità di questo problema. (Interruzioni – Commenti).
Come dicevo, sono favorevole al cambio della moneta; ma oggi il riparlarne è un errore. Se voi deliberate che il Governo debba attuare il cambio della moneta, evidentemente, la data in cui si attua il cambio della moneta deve precedere la data in cui si denunciano il patrimonio ai fini dell’imposta patrimoniale. Siccome questa data è stata fissata per l’imposta e la data del cambio non è stata fissata, si avrebbe come conseguenza che, legando il cambio all’imposta, la data del 28 marzo non sarebbe più valida, cioè non potreste accertare la consistenza dei patrimoni alla data del 28 marzo.
Quindi, per rispettare la volontà dell’Assemblea di attuare il cambio, il Governo dovrebbe sospendere l’imposta straordinaria, stabilire la data del cambio della moneta, fare il cambio della moneta e rinviare l’accertamento dei patrimoni ai fini dell’imposta alla data fissata per il cambio della moneta; cioè l’imposta straordinaria verrebbe rinviata di almeno un anno. Dico ciò al di fuori di qualsiasi considerazione politica, e richiamo sopra questo punto di vista tecnico l’attenzione dell’Assemblea.
Il decreto sull’imposta ci è stato trasmesso dal Governo tripartito, e quando ci hanno mandato l’imposta senza il cambio della moneta, i tre partiti hanno deciso di rinunciare al cambio della moneta, per poter applicare l’imposta. (Interruzioni – Commenti). Quando la Commissione si è trovata di fronte al progetto, ha dovuto prendere atto della rinuncia che aveva fatto il Governo.
Come dicevo, legare il cambio all’imposta è un problema tecnicamente insolubile. O voi volete l’imposta subito e non potete fare il cambio, perché non è possibile, qualsiasi escogitazione voi facciate; o voi volete il cambio e dovete rimandare l’imposta. Lasciando in vigore il decreto sull’imposta e rinviando il cambio della moneta a quattro o cinque mesi, da oggi, avremo queste conseguenze. (Commenti a sinistra). In sede di imposta noi tassiamo il denaro a titolo presuntivo; poi lo accerteremo e lo tasseremo in sede di cambio. Possiamo avere di conseguenza fenomeni di doppia tassazione e fenomeni di doppia evasione. Quei ceti che vogliamo tutti colpire evaderanno due volte.
Questi sono gli aspetti tecnici del problema: l’Assemblea decida, ma è bene che tenga presenti le considerazioni che ho fatto. (Applausi al centro).
VALIANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALIANI. Onorevoli colleghi, mi pare che la questione debba vedersi sotto l’aspetto politico e tecnico. Dal punto di vista tecnico, sono valide le osservazioni dell’onorevole La Malfa, fino ad un certo punto, nel senso che quando, discutendosi l’imposta patrimoniale, si parlerà del metodo di accertare il denaro contante – che qui è stato fissato con determinati criteri, all’articolo 25 – potremo anche risolvere la questione dal punto di vista tecnico. Però, se votiamo su questa questione adesso, come mozione preliminare, evidentemente roviniamo tutta l’imposta dal punto di vista tecnico, cioè ne rendiamo impossibile l’applicazione. Questo è verissimo.
C’è poi l’aspetto politico: la responsabilità dei passati Governi non toglie, tuttavia, che la responsabilità è anche di questo Governo, perché nei passati Governi c’era l’onorevole Bertone che sosteneva il cambio della moneta. Di questo Governo egli non fa parte, e il nuovo Governo ha ancora una volta sepolto il cambio della moneta.
Non è che il cambio della moneta sia stato sepolto una sola volta dall’onorevole Corbino: ogni volta che c’è un nuovo Governo, disgraziatamente questo prende sempre posizione ostile a questa misura, alla quale io sostengo si dovrà pure arrivare, se si vuole evitare l’inflazione, altrimenti sarà proprio questa che ci costringerà al cambio della moneta, in modo drastico e radicale.
Per poter conciliare l’aspetto tecnico e l’aspetto politico della questione – l’aspetto tecnico per cui non è possibile impedire che questo progetto, sia approvato e applicato, e l’aspetto politico, per cui l’Assemblea non può associare la sua responsabilità a quella del Governo in carica (i Governi passati non ci sono più e se sono stati rovesciati ciò dipende da una situazione derivante dai loro errori) – io chiederei all’onorevole De Vita e agli altri colleghi di accontentarsi del voto che hanno ottenuto un minuto fa e di non insistere nella votazione sull’ordine del giorno.
Io, che sono favorevole al cambio della moneta, non potrei votare a favore di questo momento, quando si viene ad impedire la discussione di un disegno di legge urgentissimo e dovrei astenermi. Chiedo quindi che si rimandi la votazione in merito ad altro momento, eventualmente in sede di articolo 25. Né può dirsi che il momento psicologico sia trascorso, perché la questione di principio è aperta e ne fa fede la votazione che ha avuto luogo cinque minuti fa. La questione di principio dunque esiste, ma io ritengo che non sia questo il momento di discuterne. Chiedo, pertanto, agli onorevoli De Vita e Macrelli di voler accogliere il mio suggerimento, di rimandare cioè questa votazione.
CHIOSTERGI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIOSTERGI. Non è nostra intenzione di sollevare in questo momento difficoltà per la discussione della legge che è stata presentata all’Assemblea; ma, sia dal punto di vista tecnico che da quello politico, dobbiamo dire chiaramente che non condividiamo le apprensioni del Relatore onorevole La Malfa.
Noi abbiamo sostenuto e sosteniamo che si può e si deve arrivare ad ogni costo al cambio della moneta e non riteniamo che le ragioni tecniche addotte dall’onorevole Relatore possano considerarsi valide: esse sono state, infatti, affermate, ma non provate dal Relatore. Noi riteniamo che si potrebbe arrivare benissimo al cambio della moneta senza legarlo necessariamente all’articolo 25 del progetto di legge. (Commenti).
Dal punto di vista fiscale, quindi, sarebbe un elemento di più nelle mani del Governo e non è vero che politicamente non abbiamo il diritto di rivendicare quello che sempre abbiamo sostenuto, che cioè il cambio della moneta è alla base della vera giustizia sociale. (Applausi a sinistra).
BERTONE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTONE. Credo di non aver bisogno di dichiarare quale sia la mia opinione sulla materia in esame: io sono sempre stato fautore del cambio della moneta e credo anche di poter dichiarare che il cambio della moneta mediante stampigliatura sarebbe stato eseguito entro il mese di aprile, se non fosse sopravvenuta la crisi.
Se convenga o meno di farlo in questo momento, non è questione che si debba discutere ora. Certo in questo momento non si potrebbe eseguirlo; il cambio della moneta non si può fare se non in due periodi dell’anno ben determinati, che sono a un dipresso costituiti rispettivamente da aprile-maggio e ottobre-novembre. Il cambio della moneta non si può fare d’inverno per l’impossibilità dei percorsi; non si può fare nel periodo estivo, che comporta occupazioni gravi per i lavoratori dell’agricoltura. Su questo credo che tutti gli studiosi della materia non possano non concordare.
Dichiaro altresì che non sono del tutto consenziente con i rilievi fatti, or ora dal collega onorevole La Malfa, che cioè il cambio della moneta sia inscindibilmente connesso con l’imposta patrimoniale. Questo era nel programma che fu enunciato al momento in cui venne lanciato il prestito della Ricostruzione. E si disse allora, e lo si disse ufficialmente e fu deliberato in Consiglio dei Ministri, che l’imposta patrimoniale era congiunta ai due provvedimenti del cambio della moneta e dell’imposta straordinaria sul patrimonio. Ma questo non significa che il cambio della moneta non si possa fare se non congiuntamente all’imposta straordinaria sul patrimonio. La maggior parte dei Paesi che hanno fatto il cambio della moneta, l’hanno fatto in via autonoma, non come applicazione dell’imposta sul patrimonio; l’hanno fatto come censimento o come misura fiscale, incidente specificamente soltanto sulla moneta che si voleva cambiare.
LA MALFA, Relatore. Ma non hanno fatto l’imposta!
BERTONE. L’hanno fatta o prima o dopo. Tutti i Paesi hanno istituito un’imposta straordinaria sul patrimonio.
LA MALFA, Relatore. No, non tutti.
BERTONE. Non tutti, va bene, ma gran parte dei Paesi che noi conosciamo l’hanno fatta.
Ora, io non credo che sia assolutamente indispensabile collegare inscindibilmente il cambio della moneta con l’imposta straordinaria sul patrimonio. Perciò, a mio avviso, il progetto dell’imposta straordinaria sul patrimonio deve andare avanti, deve essere discusso e, secondo me, deve essere approvato. Ciò non impedisce, ripeto, che il cambio della moneta si possa fare ulteriormente e che se ne possa parlare ancora nel corso della discussione di questo progetto. Quando al n. 8° dell’articolo 6 si dice che sono oggetto dell’imposta patrimoniale, oltre alle altre attività, tutti i biglietti dello Stato italiano, della Banca d’Italia, ecc., evidentemente si apre l’adito alla discussione di quali e quanti biglietti potranno essere soggetti all’imposta patrimoniale; e quindi si potrà in quel momento discutere se si dovrà provvedere o meno al cambio della moneta; quando si discuterà l’articolo 25 della tassazione presuntiva del 5 per cento in rapporto al patrimonio denunciato, liquidato, accertato, evidentemente vi sarà motivo legittimo di discutere ancora di questa materia.
A questo aggiungo una terza ragione, che ho accennata poco fa: si è già parlato largamente del cambio della moneta in occasione della discussione generale sulle dichiarazioni del Governo. Io stesso ne ho parlato per il primo e a lungo, ricordandone anche i precedenti e avvertendo che io stesso non comprendevo come mai si fosse rinunciato troppo rapidamente a quella che era stata una misura decretata dal Consiglio dei Ministri e a suo tempo voluta, si può dire, da tutti i partiti in Parlamento. Ora, a questo ha risposto il Ministro del bilancio, dichiarando tassativamente che il Governo è contrario in questo momento al cambio della moneta. Ora, voi comprendete che in assenza del Governo, perché il Ministro delle finanze rappresenta il Dicastero delle finanze, ma non credo che si assuma la responsabilità politica di rappresentare tutto il Governo su questo punto…
Voci a sinistra. Perché non è presente il Governo?
BERTONE. Ma il Governo sa che è in discussione l’imposta patrimoniale, e non si può fare torto e colpa al Ministro del bilancio di non essere qui, non sapendo che oggi sarebbe venuta questa discussione. Ora, mi sembra ovvio – come dicevo poco fa – che questa discussione debba essere fatta dinanzi e in contradittorio con i Ministri del bilancio e del tesoro, che sono proprio i Ministri competenti specificatamente su questa materia, che involge anche una grave responsabilità politica.
Per questo mi associo a quanto ha detto testé – per altre ragioni – l’onorevole Valiani, cioè nel pregare i presentatori dell’ordine del giorno a voler attendere che questa materia possa essere discussa in altro momento.
Voci a sinistra. No! No!
BERTONE. Questa è anche l’opinione dell’onorevole Micheli: cioè, quando discuteremo l’articolo 6 e l’articolo 25 in una forma più concreta. Votare oggi l’ordine del giorno in questione sarebbe, secondo me, una sorpresa, per la quale devo dichiarare che sarei obbligato ad astenermi dal voto, non potendo assumere la responsabilità di votare in queste condizioni.
PRESIDENTE. Faccio presente che chi parla deve fare una semplice dichiarazione di voto.
ANGELINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELINI. Io ritengo che in questa materia sarà opportuno che la Commissione di finanza e tesoro si pronunci, e non soltanto il suo Presidente. Io ritengo che sia necessario che l’Assemblea conosca il parere della Commissione, perché non si tratta di un dettaglio, ma di qualcosa che sostanzialmente investe il disegno di legge in esame.
Già il 19 luglio dell’anno scorso espressi il mio parere favorevole al cambio della moneta. Penso che sia necessario che noi conosciamo esattamente il pensiero della Commissione, ove sono rappresentati tutti i Gruppi parlamentari, e su questo pensiero si deliberi più tardi.
D’altra parte, anche dal punto di vista tecnico, io sono di opinione che sia facile e possibile inserire nell’attuale legge qualche cosa che si riallacci più tardi ad un provvedimento di cambio della moneta.
PRESIDENTE. Onorevole Angelini, siamo in sede di dichiarazione di voto.
ANGELINI. Faccio a questo proposito, più che una dichiarazione di voto, una mozione d’ordine: propongo che la Presidenza rinvii l’ordine del giorno Macrelli alla Commissione finanza e tesoro perché domattina esprima il suo parere. (Commenti).
PRESIDENTE. Non è possibile, siamo in sede di dichiarazione di voto.
PORZIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PORZIO. Onorevoli colleghi, in questa questione volevo, prima di tutto, osservare questo: «rari nantes in gurgite vasto!». Questioni di vitale importanza, discusse davanti ad una scarsa Assemblea…
Una voce. Peggio per gli assenti!
PORZIO. Peggio per gli assenti, sì, ma è bene che tale osservazione una buona volta coraggiosamente si faccia. Non è possibile discutere problemi così importanti, che involgono tanti cospicui interessi, con scarse votazioni dalle quali infine si esce con la constatazione della mancanza del numero legale.
Poi, ho sentito parlare di responsabilità: responsabilità di vecchi Governi e responsabilità di nuovi Governi. E io mi domando: coloro che non appartenevano né ai vecchi né ai nuovi Governi hanno o no delle responsabilità? E perché le debbono affrontare e subire unicamente in ossequio a vecchi ed a nuovi Governi?
Una questione vitale, quella del cambio della moneta, che era, devo dirlo, nei propositi del mio compianto ed illustre amico onorevole Marcello Soleri, che appariva egualmente necessaria al mio amico Giovanni Bertone, è stata allegramente sepolta. Eppure è una delle questioni più importanti e più vitali!
Perché, lasciate che io… (perdonate, abuso raramente della bontà dell’Assemblea, appunto perché non mi credo meritevole di potere abusare di tale benevolenza), lasciate che io dia voce ai miei antichi ricordi, ad un’altra epoca, ad un altro dopo-guerra (meno disastroso, d’accordo); eppure allora, immediatamente dopo la patrimoniale, sostenuta dall’onorevole Nitti, modificata dall’onorevole Giolitti, vennero sei progetti di legge i quali erano destinati a risanare la finanza italiana ed a restaurarla. Ed il punto fondamentale di quelle richieste e di quei progetti di legge era un progetto che aveva un fondamento di giustizia, che giustificava gli altri, perché, signori, la questione tributaria è tecnica, ma, soprattutto, deve avere un fondamento ed un valore morale per avere efficacia politica. (Approvazioni).
E venne la famosa nominatività dei titoli, destinata ad impedire evasioni, a colpire le ricchezze occulte, a non far gravare l’onere tutto sulla proprietà immobiliare a danno del Mezzogiorno.
Voci a sinistra. Venne il fascismo.
PORZIO. Aspetti! Venne la famosa nominatività dei titoli, contro la quale si accamparono le potenze degli speculatori fino a provocare l’occupazione delle fabbriche. Perché molte volte, signori, mi duole constatarlo, il danaro è contro la Patria. (Approvazioni).
Allora anche l’onorevole Micheli faceva parte di quel Governo.
MICHELI. Sono lieto di averne fatto parte.
PORZIO. Ed è a titolo di lode che lo ricordo.
Ora, signori, è possibile discutere di un argomento così importante?
Condivido pienamente il punto di vista dell’onorevole Valiani, il punto di vista dell’onorevole Chiostergi che ha parlato poco fa. Ma vogliamo rimandare? Un’altra volta seppellire? Non so. E siccome si è parlato di responsabili, io, per la salute della mia coscienza, onorevoli colleghi, ho voluto fare questa aperta, franca, dichiarazione. Potranno così i miei colleghi giudicarmi, e giudicare il puro disinteresse che mi muove, la radicata convinzione che mi anima, il sentimento di affrontare i gravi problemi che ci assillano, senza dimenticare le disgrazie, le pene, le angosciose condizioni del Paese che aspetta che l’Assemblea si preoccupi e discuta le questioni basilari, aderenti al suo vero e vitale interesse. (Applausi).
SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO. Desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea sull’esperienza già fatta su questo problema. Per oltre un anno, cioè dalla metà del 1945 a tutto il 1946, l’imposta straordinaria era stata concepita indissolubilmente legata col cambio della moneta.
Quale è stato il risultato? Che per un anno e mezzo non si è fatto né il cambio della moneta né l’imposta straordinaria. (Interruzione dell’onorevole Rescigno).
Cerchi di comprendere!
PRESIDENTE. Onorevole Rescigno, non interrompa!
SCOCCIMARRO. Ora, l’aver mantenuto il cambio della moneta, come la premessa necessaria per un provvedimento d’imposta straordinaria, è stato il motivo fondamentale per il quale nel 1945, nel 1946, cioè nel momento più opportuno, non si è fatta l’imposta straordinaria. (Interruzioni – Rumori). È questo il motivo per il quale – alla fine del 1946 – quando, riaffermata la decisione del cambio della moneta sotto forma della stampigliatura, si videro risorgere tutti gli ostacoli e le difficoltà già opposte in passato, e che nuovamente avrebbero rinviato la soluzione del problema a troppo lunga distanza, fu concepita l’imposta straordinaria indipendentemente dal cambio della moneta. Non fu una scelta questa, ma una soluzione di necessità; non si poteva rinviare ulteriormente questo provvedimento; e, d’altra parte, appariva chiaro che, se la si subordinava al cambio o stampigliatura della moneta, neanche per il 1947 l’imposta straordinaria sarebbe stata attuata. Fu per questa ragione che si decise di attuare l’imposta straordinaria indipendentemente dal cambio della moneta pur senza escluderlo: l’onorevole Bertone ricorda che il cambio della moneta venne concepito a parte, inserito in tutt’altra serie di provvedimenti. Però, bisogna riconoscere che l’utilità del cambio della moneta come provvedimento che precede l’imposta straordinaria è ben maggiore che non come provvedimento che segue l’imposta straordinaria.
Dati questi chiarimenti ai colleghi che hanno presentato la proposta per il cambio della moneta, io desidero dichiarare: noi siamo favorevoli al cambio della moneta oggi, come lo eravamo ieri; noi saremo favorevoli al cambio della moneta anche come provvedimento indipendente dall’imposta straordinaria. Però, richiamo l’attenzione dei colleghi su questo fatto: se votate in questo momento una raccomandazione, un ordine del giorno, che ci impegni al cambio della moneta legato all’imposta straordinaria, le obiezioni sollevate e dal Ministro e dall’onorevole La Malfa possono diventare una realtà: perché sono state una realtà per un anno e mezzo. Molte critiche mi sono state mosse perché non si è fatta prima l’imposta straordinaria: ma non la si è fatta prima proprio per il mancato cambio della moneta. Ecco perché io direi: discutiamo pure questo problema; vediamo se si può eventualmente esaminarlo nel corso di altre questioni connesse all’imposta straordinaria, ma non subordiniamo l’imposta straordinaria al cambio della moneta, perché rischiamo di non fare né l’una né l’altro. Facciamo ora l’imposta straordinaria e, se l’Assemblea giudicherà utile esaminare anche il problema del cambio della moneta, potremo farlo in seguito. (Applausi).
DUGONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DUGONI. Anzitutto, faccio osservare all’onorevole La Malfa e, per altra ragione all’onorevole Angelini, che ha chiesto il rinvio di quest’ordine del giorno alla Commissione per averne il parere, che a pagina 7 e 8 della relazione la Commissione ha già dichiarato che il cambio della moneta era definitivamente messo da parte, che, cioè, la maggioranza della Commissione finanze e tesoro ha già respinto il cambio della moneta.
Questo, naturalmente, non vincola la decisione che l’Assemblea è chiamata a prendere in questa materia.
Quindi, nessun rinvio alla Commissione, perché questa ha deciso. Ma neppure nessun legame alla decisione della Commissione per l’Assemblea.
Concordo con l’onorevole Scoccimarro su gran parte delle sue osservazioni. Ma mi permetto di dire, oggi che la questione è stata sollevata, che non ci possiamo più porre l’alternativa: facciamo il cambio della moneta o l’imposta patrimoniale oppure tutte e due insieme.
Noi, in questo momento, dobbiamo decidere se il cambio della moneta è un problema morto per l’economia italiana, oppure se è problema ancora esistente. Che poi sia collegato con l’imposta straordinaria, e sia una parte da collegare con gli articoli 4 e 25, questa è altra questione. Noi dobbiamo oggi decidere se il cambio della moneta è di attualità o può ridiventare di attualità domani o dopodomani; o, se, invece, vogliamo fare il giuoco di tutti coloro i quali hanno il pieno interesse che il cambio della moneta non si faccia. Questa per me è la posizione del problema.
CHIOSTERGI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIOSTERGI. Ritengo indispensabile riaffermare in questo momento il principio del cambio della moneta. Io ho sostenuto questa tesi quando ero all’estero, dove ho assistito alla tecnica di attuazione di questa operazione ed ai risultati. Convintissimo di questa necessità, io, appena venuto in Italia, la ho sostenuta e la sostengo oggi, per quanto il ritardo della attuazione del cambio della moneta abbia portato gravi danni alla finanza del nostro Paese. Però, devo dire subito che in me e nei colleghi, che hanno firmato l’ordine del giorno, è vivo il desiderio di affrettare quanto più possibile l’approvazione del provvedimento sull’imposta straordinaria.
Perciò, siamo disposti ad accettare una modificazione dell’ordine del giorno da noi presentato in questo senso:
«L’Assemblea Costituente, nel mentre riconosce la necessità di procedere senz’altro alla discussione ed alla votazione della legge sull’imposta patrimoniale, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dare corso a provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».
È chiaro così che non c’è in questo nostro intervento una manovra politica dell’ultim’ora. Noi desideriamo riaffermare oggi, come nel passato, il nostro attaccamento al principio del cambio della moneta, che riteniamo indispensabile per il nostro Paese.
LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA, Relatore. Ringrazio l’onorevole Scoccimarro, che ha agevolato il superamento del problema che ci occupa, con una esattissima comprensione dei termini del problema medesimo.
In effetti, come diceva l’onorevole Scoccimarro, il cambio della moneta è stato per moltissimo tempo, per i due o tre anni in cui se ne è discusso, legato all’imposta straordinaria.
Con la soluzione proposta dall’onorevole Chiostergi, noi, approvando l’imposta straordinaria, facciamo noto al Paese che il Governo è tenuto dal nostro voto ad ottenere il cambio della moneta.
Mostro subito le conseguenze di questa posizione. Quando abbiamo rinunziato al cambio della moneta come presupposto dell’imposta, e lo proiettiamo nel futuro, dobbiamo tener conto che esiste nella patrimoniale un obbligo di denuncia del numerario. Voi mi direte che l’obbligo di denuncia del numerario è puramente teorico, perché nessuno lo denuncerà. Tuttavia nella legge l’obbligo c’è. Voi non potete smentire un principio affermato nella legge, anche se non ha applicazione.
Ma c’è di più: c’è la quota presuntiva. Noi abbiamo stabilito che il denaro sia presuntivamente accertato presso il contribuente. Quindi dovremmo togliere questa presunzione dal sistema dell’imposta. (Commenti a sinistra).
Chiarisco meglio il mio pensiero. Alla data del 28 marzo noi constatiamo o presuntivamente o per accertamento diretto che un Tizio ha una certa quantità di denaro. Il denaro circola continuamente, ma non è escluso che all’epoca del cambio voi tassiate quel Tizio ancora per il denaro posseduto. Possiamo cioè avere il caso di un piccolo proprietario tassato ai fini dell’imposta con quote presuntive e poi tassato all’epoca del cambio, per il denaro effettivamente posseduto.
PORZIO. È sempre il proprietario ad essere la vittima.
Una voce a sinistra. È un sofisma.
LA MALFA, Relatore. Non è sofisma. Il denaro ai fini della tassazione patrimoniale deve essere accertato nel momento stesso in cui si accerta il patrimonio. La tassazione proporzionale sul denaro si può ottenere in qualsiasi momento, ma quando l’imposta patrimoniale ha già accertato preventivamente o direttamente il denaro si ha il rischio della doppia tassazione. Può avvenire, inoltre, che colui che ha oggi denaro e sa che fra sei mesi sarà colpito dal cambio della moneta, si copra comprando bene immobili, beni reali, proprio nel momento in cui l’imposta patrimoniale porta coloro che hanno proprietà immobiliari a vendere. Quando fate il cambio della moneta troverete la moneta non presso il borsaro nero di oggi, ma la potrete trovare presso colui che non la possedeva oggi. (Commenti a sinistra).
FOGAGNOLO. Basta trovarlo.
LA MALFA, Relatore. Ad ogni modo questo è un problema di tassazione non progressiva e personale, ma di tassazione generale che voi potete risolvere in qualunque momento.
Quel che trovo pericoloso è deliberare, nel momento in cui applichiamo l’imposta, che applicheremo il cambio. Si possono determinare movimenti speculativi.
DE VITA. Sono dettagli tecnici!
LA MALFA, Relatore. Sono dettagli tecnici, ma noi stiamo trattando un tema tecnico. (Rumori). Annunciando questa notizia, create un disorientamento proprio fra i contribuenti. Ripeto, voi potete porre in qualunque momento il problema, ma legare l’imposta straordinaria al cambio della moneta in questo momento mi sembra inopportuno e dal punto di vista tecnico e dal punto di vista politico.
PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, desidererei avere il suo parere sulla modificazione dell’ordine del giorno che è in questi termini:
«L’Assemblea Costituente, nel mentre riconosce la necessità di procedere senz’altro alla discussione ed alla votazione della legge sull’imposta patrimoniale, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dare corso a provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».
LA MALFA, Relatore. Su questa modificazione non ho potuto ascoltare la Commissione. Però basandomi sui precedenti, dichiaro che dal punto di vista psicologico un’affermazione di questo genere è altrettanto grave quanto la prima.
PRESIDENTE. Qual è il pensiero del Governo?
PELLA, Ministro delle finanze. Onorevoli colleghi, vorrei accostarmi a quanto ha detto l’onorevole Bertone poco fa. Egli, notoriamente tutt’altro che favorevole a coloro che hanno sostenuto la rinuncia al cambio, oggi si asterrebbe dalla votazione.
Questo significa che la questione è stata risollevata nella sede forse tecnicamente meno competente: per cui, se oggi dovessimo votare sull’ordine del giorno di cui discutiamo, probabilmente diversi onorevoli colleghi voterebbero in un determinato modo perché veramente preoccupati delle ripercussioni di questa votazione in sede di applicazione del provvedimento di legge in discussione. Ed è per permettere soprattutto a ciascuno degli onorevoli colleghi di esprimersi liberamente su questo argomento così vitale, senza preoccupazione per la maggiore o minore sollecitudine con cui l’imposta potrà essere applicata, che io ritengo di suggerire a nome del Governo la preghiera di soprassedere alla votazione dell’ordine del giorno.
PERSICO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Parlo a nome mio personale, perché non ho avuta la possibilità d’interpellare i colleghi del mio Gruppo; ma desidero parlare perché, come l’onorevole Scoccimarro certamente ricorderà, ci fu un periodo, quando ebbi l’onore di essere Sottosegretario di Stato per il tesoro, in cui il cambio della moneta si poteva fare senz’altro. E non è esatto che difficoltà tecniche abbiano impedito il cambio, perché le difficoltà tecniche, di cui si è tante volte parlato, non erano realmente insuperabili, ma costituivano ragioni apparenti per nascondere la precisa volontà che si voleva, ad ogni costo, non effettuare il cambio, della moneta.
L’obiezione del Ministro Pella deve essere presa in considerazione, ma non è tale da indurci a rimandare l’esame della questione in altra sede, perché l’onorevole Chiostergi ha chiaramente spiegato che il suo ordine del giorno ha carattere tendenziale e non influisce menomamente sulla votazione della legge sull’imposta straordinaria; solo deve indurre il Governo a dare corso, quando lo crederà opportuno, ai provvedimenti del cambio della moneta. E voglio fare un’altra osservazione: cioè che il Governo, se vorrà decidere di fare il cambio della moneta, dovrà procedere con un provvedimento «catenaccio», che si pubblica all’improvviso, senza essere preceduto da nessuna discussione al riguardo. Il nostro dovere è quello di studiare il problema, il Governo dovrà poi adottare il provvedimento nel momento in cui esso è meno aspettato dal Paese; altrimenti perderebbe qualsiasi efficacia.
Quanto all’obiezione dell’onorevole La Malfa, non mi preoccupa, perché per attuare l’imposta straordinaria (Rumori a destra) si è fissata una aliquota che va dal 6 al 12 per cento che deve ristabilire l’equilibrio turbato dalla mancata denuncia del numerario, in quanto già si presuppone che tutti si manterranno alla quota fissa dal 6 al 12, è che nessuno farà una speciale denuncia. Dice l’onorevole La Malfa che non possiamo colpire per la seconda volta le stesse somme, quando da liquide sono diventate beni immobili. Se ciò è teoricamente vero, non è praticamente esatto, perché noi non andiamo a guardare l’origine del denaro che è stato accumulato, ma vogliamo colpirlo in un momento successivo con un’altra tassa, quando si farà il cambio, nel momento in cui, giova ripeterlo, il Governo crederà opportuno di farlo. Per queste ragioni, dichiaro che voterò a favore dell’ordine del giorno presentato dall’onorevole Macrelli e da altri colleghi.
MARINA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Voci a sinistra. Ai voti, ai voti!
PRESIDENTE. Non posso impedire agli onorevoli colleghi, che ne facciano richiesta, di fare dichiarazione di voto.
MARINA. Esprimo un parere personale, perché non ho avuto tempo d’interpellare gli amici del mio Gruppo. Effettivamente il cambio della moneta, così prospettato con questo ordine del giorno è, per conto mio, un errore tecnico. Noi stiamo prendendo, in questo momento, provvedimenti di varia natura, intesi soprattutto a sistemare il bilancio dello Stato che, nonostante gli sforzi del Ministro delle finanze, si mantiene largamente deficitario, dati gli aumenti continui dei prezzi. Cosa avverrà se noi facciamo o proponiamo di fare il cambio della moneta? Coloro i quali detengono il danaro compreranno beni immobili e mobili, quindi… (Rumori prolungati a sinistra) si avranno di nuovo rapidi aumenti di prezzi, colle conseguenze che noi tutti conosciamo.
PRESIDENTE. Si limiti ad una dichiarazione di voto!
MARINA. Ecco perché in effetti il provvedimento che può essere preso non può essere che un provvedimento-catenaccio, come ha detto l’onorevole Persico. Per questi motivi, voterò contro l’ordine del giorno.
PRESIDENTE; Dobbiamo ora procedere alla votazione per appello nominale sull’ordine del giorno Macrelli ed altri nel testo definitivo presentato dall’onorevole Chiostergi.
Ho il dovere di accertare la presenza dei firmatari della richiesta di appello nominale.
(Procede all’appello dei firmatari).
Vi è il numero sufficiente per dar corso alla richiesta di appello nominale.
L’ordine del giorno che si pone in votazione – ripeto – è il seguente:
«L’Assemblea Costituente, nel mentre riconosce la necessità di procedere senz’altro alla discussione ed alla votazione della legge sull’imposta patrimoniale, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dare corso a provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Si proceda alla votazione per appello nominale.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale incomincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Magrassi.
Si faccia la chiama.
DE VITA, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Abozzi – Allegato – Amadei – Assennato.
Baldassari – Bardini – Barontini Anelito – Basso – Bei Adele – Bellusci – Benedetti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bitossi – Bonomelli – Bosi – Bruni – Bubbio.
Cacciatore – Camangi – Canepa – Canevari – Caporali – Caprani – Carpano Maglioli – Cartìa – Cevolotto – Chiostergi – Cianca – Codignola – Colitto – Coppa Ezio – Corsi – Cremaschi Olindo.
D’Aragona – De Caro Raffaele – De Filippo – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Vita – D’Onofrio – Dugoni.
Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fogagnolo – Fornara.
Gallico Spano Nadia – Gervasi – Giacometti – Giolitti – Giua – Grieco – Grilli.
Imperiale – Iotti Nilde.
Jacometti.
Laconi – Lami Starnuti – La Rocca – Lombardi Carlo – Longo – Lopardi – Lozza.
Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mariani Enrico – Massini – Massola – Merighi – Merlin Angelina – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Molè – Momigliano – Montagnana Rita – Montemartini – Mirandi – Moranino – Musolino.
Nasi – Negarville – Negro – Nenni.
Paolucci – Paris – Pastore Raffaele – Persico – Pesenti – Piemonte – Pignatari – Platone – Pollastrini Elettra – Porzio – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Pucci.
Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Ruggeri Luigi.
Saccenti – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Sereni – Silipo – Spallicci.
Tega – Togliatti – Tonello – Tonetti.
Valiani – Venditti – Vernocchi – Veroni – Vigna – Vischioni.
Zagari – Zanardi – Zappelli.
Rispondono no:
Balduzzi – Bassano – Biagioni.
Candela – Cappi Giuseppe – Castelli Avolio – Chieffi.
Einaudi.
Grassi.
La Malfa.
Marconi – Martinelli – Martino Gaetano – Mattarella – Merlin Umberto.
Riccio Stefano – Rodinò Ugo – Roselli.
Uberti.
Vicentini.
Si sono astenuti:
Angelini.
Bacciconi.
Conti – Cremaschi Carlo.
Fuschini.
Geuna – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo.
Pallastrelli – Pella.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Sono in congedo:
Arata.
Bellavista.
Caldera – Carratelli – Cimenti – Costa.
D’Amico Michele.
Fedeli Aldo – Ferrario Celestino.
Galioto – Garlato – Gortani – Gullo Rocco.
Lombardo Ivan Matteo – Lussu.
Marchesi – Mastino Pietro – Matteotti Matteo – Moscatelli.
Pera.
Raimondi – Ravagnan – Reale Vito.
Saragat.
Villani.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).
Comunico che l’Assemblea non è in numero legale per deliberare. Pertanto, la seduta è tolta e l’Assemblea è convocata per domani alle ore 10 per riprendere lo svolgimento del suo ordine del giorno.
La seduta termina alle 13.