ASSEMBLEA COSTITUENTE
CLX.
SEDUTA DI SABATO 21 GIUGNO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Congedo:
Presidente
Presentazione di una relazione:
Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni
Presidente
Comunicazioni del Governo (Seguito della discussione):
Scotti Alessandro
Perrone Capano
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Presidente
Marinaro
Crispo
Mastino Pietro
Pallastrelli
Micheli
Giannini
Bovetti
Fogagnolo
Nenni
D’Aragona
Angelini
Lucifero
Nitti
Covelli
Bertini
Pastore Giulio
Cianca
Croce
Damiani
Orlando Vittorio Emanuele
Votazione nominale:
Presidente
Risultato della votazione nominale:
Presidente
Sui lavori dell’Assemblea:
Presidente
Interrogazioni con richiesta di risposta urgente:
Presidente
Mastino Pietro
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 8.30.
MOLINELLI Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il deputato Gasparotto.
(È concesso).
Presentazione di una relazione.
BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTINI. Presidente della Giunta delle elezioni. Mi onoro di presentare la relazione della Giunta delle elezioni sull’elezione contestata della circoscrizione di Catania.
PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Presidente della Giunta delle elezioni di questa relazione. Sarà stampata e distribuita.
Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.
L’onorevole Scotti Alessandro ha presentato il seguente ordine del giorno:
«L’Assemblea Costituente raccomanda al Governo che sia, quanto prima, rimossa la bardatura degli ammassi o, quanto meno, ne sia ridotta e contenuta l’applicazione al solo fine di garantire l’approvvigionamento per le categorie dei non abbienti.
«In ordine al prezzo del grano, richiama l’attenzione del Governo sulla necessità di adeguare al costo effettivo la quota riservata al produttore, tenendo presente gli alti costi dei concimi, della mano d’opera, della trebbiatura e degli oneri fiscali.
«L’Assemblea Costituente raccomanda inoltre al Governo, nella ripartizione degli oneri tributari, di inspirarsi ad una equa giustizia distributiva, tenendo presente come sulla media e piccola proprietà terriera già gravi uno sproporzionato carico fiscale.
«L’Assemblea invita pure il Governo, in attesa della riforma agraria, a concedere, nella forma che riterrà migliore, le terre demaniali ai partigiani, ai reduci, agli agricoltori della Venezia Giulia che hanno lasciato per l’amore dell’Italia terre italiane bonificate con i loro sudori e di cui lo straniero coglierà i frutti».
Ha facoltà di svolgere questo ordine del giorno.
SCOTTI ALESSANDRO. Onorevoli colleghi, dopo i bellissimi discorsi di ieri, io parlerò a nome del Partito dei contadini d’Italia e cercherò di essere breve perché noi rurali preferiamo dire cose semplici, chiare e concrete. Tratterò vari argomenti; la sostanza però è una sola e si può sintetizzare in due frasi: ingiustizia distributiva degli oneri fiscali e privazione dì libertà nei riguardi degli agricoltori specie dei piccoli e dei medi.
Dai giorni della liberazione nazifascista ad oggi l’Italia ha avuto ben sei ministeri; la crisi testé risolta è stata la più lunga e la più laboriosa; ora io penso che le crisi del Governo, le contese di partito, le competizioni per raggiungere o conservare il potere non fanno che allontanare le possibili e volenterose energie tecniche e morali dall’obiettivo supremo che deve essere la salvezza del Paese.
Questa crisi ha visto gli onorevoli Nitti, Orlando, Bonomi, i nostri uomini politici più anziani e credo migliori, rinunziare a guidare il Paese per non avere potuto raggiungere quel minimo di concordia nazionale per ben governare.
La cronaca della crisi ci ha chiaramente detto che nessuno dei partiti ha voluto sacrificare un po’ del proprio amor proprio per consentire la formazione di un Ministero che avesse avuto per programma l’unione di tutti gli animi e tendente ad un solo fine immediato: la salvezza della lira, la salvezza, dell’unità morale del popolo italiano. In tutto questo lungo periodo della crisi il popolo italiano in generale e quello rurale in particolare hanno dato ai governanti un nobilissimo esempio di maturità politica e di disciplina. Il popolo italiano nella sua grande maggioranza ha continuato a lavorare silenziosamente e tenacemente ben sapendo chela risurrezione del Paese viene più dal lavoro e dalla saggezza del popolo che dall’opera dei governanti ai quali auguro di sapere ben dirigere questo popolo così ricco di energie. La democrazia cristiana come Partito più numeroso ha ritenuto suo obbligo morale prendere le redini del Governo, il partito dei contadini si augura che essa sappia superare sé stessa e la propria visuale di partito per governare nell’interesse superiore della nazione e resta in questa benevola attesa prospettando al nuovo Governo quanto desidera il popolo delle campagne, specie i mezzadri, i piccoli e medi proprietari terrieri e l’artigianato rurale. Il popolo rurale attende che gli ammassi che hanno chiaramente dimostrato di essere onerosi per lo Stato, scoraggianti per gli agricoltori e svantaggiosi per i consumatori, siano definitivamente tolti e si ritorni al regime di libertà e di libera concorrenza.
Per gli anni passati il Governo ha conservato gli ammassi trincerandosi dietro l’obbligo che ne avevano fatto gli Alleati; ora questa obbligazione morale più non esiste. L’ingiusto trattato di pace avrà almeno concesso questa primordiale libertà di fare a casa nostra quello che più riteniamo saggio nell’interesse del popolo. Ora il popolo rurale ritiene saggia l’abolizione degli ammassi che sono stati la causa prima e principale per cui si è formato un ceto di intermediari profittatori spudorati ed incoscienti che hanno inasprito i rapporti tra produttori e consumatori, hanno danneggiato la produzione ed hanno creato il disagio morale ed economico in tutta la Nazione. Questo è stato il solo risultato positivo della politica degli ammassi: spendere 100 miliardi per mantenerli.
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Non è esatto.
SCOTTI ALESSANDRO. Se si conteggia il tempo perduto dai contadini, i 100 miliardi saranno certamente superati. Il Partito dei contadini, dal giorno della liberazione ad oggi, ha sempre onestamente e apertamente combattuto gli ammassi come una fonte di ingiustizia, come un impedimento reale all’aumento della produzione, e come una causa dell’alto prezzo del pane. Basta pensare che per gestione ammassi, trasporto grano e stipendi all’U.N.S.E.A. ogni quintale di grano viene gravato di oltre mille lire – e oggi questi disgraziati impiegati della U.N.S.E.A. scioperano chiedendo l’aumento dello stipendio e chiedono che detti uffici siano trasformati in uffici di statistica agraria… È così la burocrazia che prolifica a tutto danno del produttore e del consumatore.
Qualche giornale, qualche partito e anche qualche Ministro del passato Governo, hanno confuso tra ammassi e consegna del grano e hanno detto che il Partito dei contadini ha fatto propaganda perché gli agricoltori non consegnassero il grano ai granai del popolo. Smentisco nella maniera più categorica questa calunnia e leggo il manifesto che il Partito dei contadini stampò nel mese di giugno del 1945, manifesto al quale ha sempre ispirato la sua propaganda. Ecco il testo:
«Contadini, consegnate il grano, tratteniamo lo stretto necessario per l’uso familiare, non vendiamone niente in borsa nera e portiamo il resto ai granai del popolo al giusto prezzo che retribuisca i nostri sudori, il nostro lavoro e le nostre spese.
«Per noi contadini è un dovere di solidarietà umana consegnare il grano, per il Governo è un dovere che non defraudi il nostro sudore, che non irrida alle nostre fatiche, che non approfitti della nostra disunione, della nostra disorganizzazione; non chiediamo privilegi, ma chiediamo giustizia e giustizia distributiva nei riguardi degli altri cittadini a cui sentiamo di non essere inferiori per peso specifico e sociale».
Ora, il prezzo del grano è stato fissato nel 1945 in lire 700 al quintale mentre ne costava all’agricoltore 1500; nel 1946 è stato fissato in lire 2500 (premio compreso) mentre ne valeva 3000 e quest’anno fissato in 4300 mentre al piccolo proprietario ne costa 6000 mila. Il grano è oro, anzi è più necessario dell’oro perché con il grano si vive mentre con il solo oro non si potrebbe vivere. Prima della guerra un quintale di grano valeva una sterlina oro, perché non dovrebbe valerlo oggi che è più necessario di allora? Perché si mette il prezzo di imperio sul grano, sul granoturco, sul riso e non lo si mette sugli altri prodotti industriali? Perché non è stato concesso il premio della maggior produzione? Quale è la categoria che lavora in perdita?
Bisogna tener presente che il prezzo dei prodotti agricoli rappresenta il salario del mezzadro, del piccolo e medio coltivatore diretto, salario che deve essere equo, giusto, proporzionato alle spese, alle fatiche, alle ore di lavoro, salario che la Divina Provvidenza proporziona sempre all’intelligenza e al lavoro che l’agricoltore dà alla madre terra.
Ogni agricoltore, come ogni altro lavoratore, ha il diritto di difendere il suo salario, le sue spese, l’interesse del suo capitale e il suo faticoso lavoro che non è di sole otto ore. Specialmente nelle pianure, il grano è il principale raccolto dell’agricoltore e quindi il suo principale salario, dal quale deve trarre il sostentamento per sé e per la sua numerosa famiglia che tutta lavora, dal bambino di dieci anni al vecchio di ottanta. E per di più da quel salario deve detrarre le onerose imposte su cui il fisco non transige.
Io domanderei ai dirigenti della Confederazione del Lavoro a quale mezzo devono ricorrere i mezzadri e i coltivatori diretti per difendere il loro salario, cioè il prezzo dei loro prodotti agricoli.
Se il Governo, con atto di giustizia, avesse pagato il grano al suo giusto prezzo, i contadini. avrebbero consegnato non solo il cento per cento del prodotto, ma avrebbero aumentato la produzione e oggi non si dovrebbe constatare che oltre centomila ettari di terreno non sono stati coltivati a grano, ma a colture libere e più redditizie, poiché l’agricoltore, come ogni altra categoria di cittadini, cura i suoi interessi secondo le leggi economiche, che non si possono violare arbitrariamente senza provocare danno per tutta la Nazione.
Per fare funzionare gli ammassi c’è voluto naturalmente il controllo governativo, controllo che in certe zone agricole è stato particolarmente brutale ed irritante. Anche quest’anno pare si voglia mettere la sentinella accanto alla trebbiatrice.
Creda, onorevole De Gasperi, che nulla è più umiliante per l’agricoltore di vedersi sorvegliato quale comune delinquente, quale ladro della roba sua. Questo controllo offende la dignità, la personalità, la bontà dell’agricoltore, del soldato obbediente e valoroso, del cittadino laborioso e pacifico. Il contadino nel suo innato buon senso si chiede: perché non si è messa la sentinella alle poche fabbriche di concimi? Perché non si mette la sentinella alle fabbriche di tessuti, alle fabbriche di scarpe, alle fabbriche che ci forniscono le vanghe, gli aratri, i trattori, per controllarne i prezzi? Non sa il Governo che ci ha dato una razione di assegnazione di concimi di 15 chili per ettaro mentre ne occorrevano almeno 15 quintali per ottenere una buona produzione? Non sa il Governo che i concimi abbiamo dovuto comperarli a borsa nera pagandoli sei, sette, ed anche ottomila lire il quintale? Perché questa differenza di trattamento?
Oggi la terra ha forse più fame di concime che il popolo italiano, di pane (Commenti a sinistra) e il solo sudore dell’agricoltore non basta a farla fruttificare.
Questo controllo, onorevole De Gasperi, è umiliante ed è specialmente umiliante e intimidatorio per le nostre donne rurali costrette a vivere in un clima di paura; perché mentre gli uomini lavorano nei campi esse vivono sotto l’incubo di sentire avvicinarsi il rombo delle macchine dalle quali scendono i poliziotti dell’annonaria o della questura, che come già i petulanti squadristi fascisti entrano in casa… (Commenti a sinistra), violano il sacro domicilio familiare, mettono sottosopra ogni masserizia per cercare il quintale di grano non consegnato e trattenuto il più delle volte per sfamare i proprî figlioloni, che alla terra danno forza di muscoli e sudore della fronte, forza che non potrebbero dare a stomaco semivuoto lavorando da una stella all’altra stella.
E questa paura si viene proprio a destare nelle nostre sante donne rurali che danno sacerdoti alla Chiesa, soldati alla Patria e in quasi ogni famiglia rurale attendono un figlio disperso, curano un figlio mutilato o piangono un figlio morto e nella loro lunga giornata non perdano un minuto di tempo per tingersi le unghie dei piedi, e non sprecano un giorno per andare al mare o ai monti a mangiare la panna montata fetta con le uova delle loro galline e con il latte delle loro mucche, a cui porgono il mangime prima che sorga il sole e mentre ancora tanta parte di italiane dormono saporitamente!
Questo sistema di controllo è una vergogna e il Partito dei contadini, sicuro interprete dell’anima e dell’onestà dei rurali, invita il Governo a non più praticarlo e soprattutto a non applicare quelle feroci sanzioni che sono state emanate in questi giorni.
Parliamo ora del quantitativo di grano lasciato agli agricoltori. L’anno scorso era stato fissato in quintali 1,50 e 2 per ogni coltivatore diretto; quest’anno è stato fissato in quintali 1,80-2,40 per ogni persona. Io non dico che sia molto o che sia poco; dirò che per qualche famiglia è sufficiente, per molte invece non è sufficiente. Ma voglio ricordare al Governo che non è questo il giusto criterio. Già S. Paolo, 19 secoli or sono, diceva: «Non si mette la museruola al bue che trebbia»! E con questo voleva dire che al produttore bisogna lasciare il necessario per la sua famiglia. Il Partito dei contadini dice agli agricoltori di trattenersi lo stretto necessario.
Abbiate fiducia, onorevoli membri del Governo, abbiate fiducia in quest’uomo dei campi che ve ne ha dato tante prove in guerra e in pace, e non mettetegli la museruola che lo irrita e lo umilia. Il volere misurare, il volere limitare la razione al produttore offende la sua indipendenza economica e morale; ed è questa una mentalità burocratica sulla quale richiamo l’attenzione dei signori nuovi Ministri, perché essa va esplicandosi anche in altri campi, oltre che in quello del grano. Così, nel decreto legislativo del Capo dello Stato del 29 marzo 1947 viene lasciato al produttore di vino un solo litro per persona e su tutto il resto della produzione il fisco ha diritto del controllo e di applicare la tassa. Ora, se si vuole applicare una tassa che favorisca i comuni di produzione, questa imposta deve essere applicata solo sul vino che viene scantinato e non già sulla parte che il viticultore tiene per sé, per la sua famiglia, per i suoi amici, a cui lo offre gratuitamente.
A proposito del vino, quale esponente dei viticoltori, faccio osservare che in questi ultimi tempi il Governo ha abolito tutte le norme che tutelavano la viti-vinicoltura: ha sospeso la tariffa eccezionale dei trasporti ferroviari per i prodotti meridionali, ha elevato l’imposta di consumo in misura esagerata, ha permesso ai grandi centri urbani di elevare il dazio che raggiunge per Torino e Milano lire 12 al litro, ha tassato i vini in bottiglia con cifre sbalorditive, impedendo così il consumo e quindi la produzione di qualità, che è quella che viene esportata all’estero, con grave pregiudizio della nostra bilancia commerciale.
Ora, nell’interesse della viti-vinicoltura, è necessario che il nuovo Governo riveda tutti questi provvedimenti draconiani che danneggiano la produzione, il consumo e rendono quasi impossibile alla classe operaia di bere un bicchiere di buon vino.
Altri ingiusti provvedimenti oggi assillano i coltivatori diretti e su quelli richiamo l’attenzione dei competenti Ministri.
Contributi unificati: i contributi unificati, creati per l’assistenza ai lavoratori della terra, oggi sono stati estesi ed applicati anche a quei coltivatori diretti che non hanno nessuno alle loro dipendenze e che nei lavori di punta fanno intervenire in loro aiuto il personale femminile familiare. Forse che si vuole con questo ingiusto provvedimento proibire al coltivatore diretto, quando i lavori urgono, di alzarsi presto al mattino e rincasare tardi alla sera? Forse che si vuole castigare il suo duro lavoro? Anche il premio della Repubblica si è cercato di farlo pagare dal coltivatore diretto che non ha nessun dipendente, e questo è stato fatto dagli uffici del lavoro dell’istituto di Previdenza Sociale.
Io ritengo che gli istituti di previdenza debbano essere sveltiti, altrimenti le spese del numeroso personale diventano superiori agli incassi già molto gravosi per i datori di lavoro e più nulla resta per i lavoratori della terra e per i medici addetti alle mutue, che pure prestano la loro opera con assidua abnegazione.
Una deliberazione del Consiglio dei ministri del passato Governo – per venire ad altro argomento – proponeva…
PRESIDENTE. Onorevole Scotti, la prego: lei ha oltrepassato il tempo prescritto.
SCOTTI ALESSANDRO. Onorevole Presidente, l’argomento che io devo trattore…
PRESIDENTE. Onorevole Scotti, non è la natura dell’argomento quella che determina il tempo.
SCOTTI ALESSANDRO. …una deliberazione del Consiglio dei ministri del passato Governo proponeva l’esonero dall’imposta di ricchezza mobile a favore di tutte quelle singole persone il cui stipendio annuale fosse inferiore alle 280 mila lire. Noi contadini siamo ben lieti di questo provvedimento che favorisce tutti i travets del lavoro burocratico, ma chiediamo: quale limite è stato posto al reddito rurale per esentarlo dalle imposte? Per l’imposta proporzionale sul patrimonio sono stati tassati anche i patrimoni minimi.
Credo non occorra essere un dottore in scienze economiche per constatare come il milione e mezzo stabilito come limite per la denuncia della tassa patrimoniale permetta agli agenti delle imposte di colpire una enorme massa di piccoli e minimi proprietari terrieri che non hanno certo il reddito personale di 280 mila lire stabilito per gli impiegati. Se mai, questo reddito potrà essere raggiunto da tre, quattro persone che lavorino insieme come nucleo familiare e non solo otto ore. È questa giustizia distributiva?
È stata da me, in questi giorni, una povera vedova di guerra, Rosina Grassano, la quale possiede due giornate e quaranta tavole di terreno, circa novemila metri quadrati di terreno, cioè meno di un ettaro, coltivato a campo ed a vigna. Lo lavora essa stessa con un figlio di quattordici anni. Ebbene, questa donna ha ricevuto le cartelle di pagamento che leggo.
Imposta terreno: lire 2.800; imposta di reddito agrario: lire 320; imposta sul patrimonio: lire 2.228; imposta proporzionale sul patrimonio: lire 21.869. Totale complessivo: lire 27.812, somma che essa deve ricavare e pagare al fisco lavorando meno di un ettaro di terreno e sulla quale il nuovo Governo prepara l’imposta straordinaria sul patrimonio. Ho qui le cartelle di pagamento per l’egregio Ministro Pella nel caso volesse controllarle.
Ora, se ci fosse su tutti i trenta milioni di ettari di terreno coltivabili d’Italia una giusta perequazione delle imposte, questi terreni dovrebbero dare un introito all’erario dello Stato di ben 820 miliardi; e questo senza applicare l’imposta progressiva. Ebbene, questa cifra sarebbe niente meno che la distruzione della media e piccola proprietà terriera e l’annientamento degli agricoltori.
Queste, onorevoli colleghi, sono le ingiustizie che gli agenti delle imposte delle province, non controllati o spinti dalla burocrazia centrale, commettono a danno dei piccoli coltivatori che dalla società vengono chiamati affamatori del popolo e che ancora vivono in certe zone mangiando polenta ed insalata con poco olio e pane raffermo di otto giorni, con cipolle al solo aceto.
Onorevoli colleghi, oggi tutti vorrebbero pescare a piene mani nelle casse dello Stato, ma questo sperato pozzo di San Patrizio è esausto. Mentre miliardi di ricchezza nati dalla guerra eludono il fisco, mentre la trionfante borsa nera ostenta nel lusso, nel gioco, nei bagordi, nei ritrovi eleganti, la ricchezza acquistata senza sudore, l’agricoltore, l’artigiano, l’uomo semplice che continua a lavorare, che continua a risparmiare, che continua la sua modesta vita dei campi, vede le sue terre, la sua modesta casa, i suoi mezzi di produzione tutti al sole, oberati di imposte, di tasse, di balzelli sempre più duri, sempre più ingiusti.
Da notare, onorevoli colleghi, che di questi piccoli coltivatori non ne troverete nessuno che viaggi in treno con i biglietti a riduzione; se entrate negli ospedali non ne troverete nessuno cui la mutua paghi l’ospedalità; se girate per la campagna li troverete a lavorare ancora a settant’anni e senza pensione; e quello che molte volte più addolora si è che il frutto del loro lavoro, l’interesse del loro piccolo capitale, le ingenti spese della campagna sono sotto la cappa del cielo, il quale non sempre è benigno verso di loro.
Ed è di questi giorni la notizia che la grandine ha fatto piangere gli agricoltori del veronese, del canavesano, del casolese, di Frascati, dell’astigiano, dove furono distrutti anche i sostegni delle viti ed il raccolto è stato compromesso pure per un altro anno.
Chi pensa a questi sfortunati agricoltori? Quali sono i provvedimenti dello Stato verso questa benemerita categoria sulla quale si accanisce il fisco anche dopo la tempesta?
Questa è la tragedia dei piccoli e medi coltivatori, caro onorevole Pella, ai quali prego di rivolgere una attenzione benevola e non grifagna. Se mai, lo sguardo suo energico e severo – ella è biellese e perciò intelligente osservatore – dovrà rivolgerlo verso quegli industriali che hanno trasportato all’estero i loro tessuti, i loro prodotti industriali e invece di riportare in Italia la moneta pregiata per sanare le piaghe di questa nostra grande ed amata malata, la Patria, lasciano i loro guadagni lassù dove la loro ricchezza si accumula non a milioni, ma a miliardi. Contro questi la tenaglia della finanza dovrebbe incidere nelle carni vive, tanto che il dolore li obblighi a riportare in Patria il proprio patrimonio depositato all’estero.
Un’altra osservazione, onorevoli colleghi; i molti nostri partigiani e reduci ancora non si sentono a posto, sono irrequieti. Molti di essi hanno nascosto le armi sotto i pagliai, nelle tombe dei cimiteri, nelle cantine, sottoterra, non so per quali occulti fini.
Io constato che quelle armi probabilmente sono diventate arrugginite e col tempo, ritornando il popolo alla serenità dello spirito, più non servono e più non devono servire come armi fratricide.
Sarebbe stato meglio che quelle armi fossero state consegnate allo Stato il quale ne avrebbe acquistato autorità ed in cambio avessero chiesto armi più belle, più pacifiche: vanghe, zappe, badili, aratri, trattori; e che il Governo, forte del consenso dei partigiani e dei reduci, avesse consegnato ad essi le terre incolte, le terre demaniali (poiché bisogna ricordarsi che in Italia il più grande latifondista è ancora lo Stato), e con le terre e con gli attrezzi di lavoro avesse dato i capitali necessari per mettere in efficienza la terra, mercé il lavoro e la buona volontà dei partigiani.
Ed a fianco dei partigiani e reduci io mi auguro che il Governo trovi posto anche per gli ottimi agricoltori della Venezia Giulia, che hanno lasciate, con il pianto nel cuore, quelle terre italiane ch’essi avevano fecondato con sudore italiano: anche questo è un dovere di giustizia, di solidarietà nazionale e campagnola.
La campagna che tanto ha contribuito alla guerra ed alla lotta partigiana, che ha fornito la maggioranza dei combattenti dando mezzi alle brigate partigiane, viveri e ospitalità anche quando v’era pericolo di deportazione, di fucilazione, di incendio della propria casa, questa campagna ha visto giungere la liberazione con un senso di sollievo; ma è stato un semplice miraggio, una fata morgana.
Ne ha fatto l’anno scorso ed ancora oggi ne fa una triste esperienza. Il Governo ha rinsaldate e rafforzate le vecchie leggi fasciste e repubblichine. Il buon onorevole Parri voleva mettere l’agricoltore sul libro nero della Nazione, i Governi che gli successero lo hanno posto in croce; io mi auguro che il nuovo Governo non ne ribadisca i chiodi, poiché l’agricoltore sempre paziente, sempre tollerante, soffre in silenzio, ma vi guarda, vi giudica dagli atti e non dalle parole o dalle promesse, e si prepara moralmente e intellettualmente al suo domani, che è prossimo e non può mancare, poiché la Divina Provvidenza nei momenti difficili della vita sociale chiama a rinnovare la società esausta le forze sane, le forze vergini, le forze che hanno ancora volontà di produrre, di risparmiare. Saranno queste forze rurali, onorevoli colleghi, quelle che salveranno il Paese! (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Perrone Capano ha presentato un ordine del giorno del seguente tenore:
«L’Assemblea Costituente,
riconosciuta la necessità di contemperare le due urgenti e parallele esigenze di una ferrea pressione fiscale e del massimo possibile incremento delle attività produttive e della ripresa edilizia,
invita il Governo a disporre senza ritardo:
1°) una equa elevazione del minimo imponibile della imposta proporzionale ordinaria sul patrimonio e una più congrua dilazione del pagamento di essa da parte dei piccoli e medi proprietari;
2°) la definizione, entro un breve termine, delle tassazioni degli utili di congiuntura;
3°) la sottoposizione all’esame dell’Assemblea stessa del decreto legislativo presidenziale 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, affinché si renda possibile una cauta ed obiettiva revisione del tributo, la quale elimini l’ingiustizia della situazione, particolarmente pregiudizievole per le provincie meridionali, in base a cui l’onere grava in modo quasi esclusivo sui patrimoni immobiliari, ritenuti presuntivamente altresì detentori dei beni liquidi, ed affinché la necessaria maggiore pressione possa invece volgere a colpire i beni che s’imboscano o che sono il frutto di speculazioni o di attività improduttive, e al tempo stesso possano essere riconosciute ed esercitate le esenzioni.
«Ai medesimi fini l’Assemblea Costituente raccomanda al Governo la graduale sostituzione di un regime di libero scambio dei prodotti al regime vincolistico attraverso una fase intermedia, tempestivamente predisposta, di disciplina della produzione e della distribuzione».
Ha facoltà di svolgerlo.
PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, io mi auguro, anzi affermo che manterrò senz’altro la parola data all’illustre Presidente: svolgerò, cioè, con molta rapidità, attesa l’urgenza delle conclusioni, alcune osservazioni che vorrebbero essere costruttive. Si è molto parlato, nel corso di questa nostra discussione, del decreto 29 marzo 1947, n. 143 concernente l’istituzione dell’imposta sul patrimonio.
Questo decreto, come tutti sanno, consta di due parti: una relativa all’imposta ordinaria sul patrimonio, che è già andata in riscossione; l’altra, relativa all’imposta progressiva straordinaria, che dovrà andare in riscossione col prossimo anno.
Le mie raccomandazioni per la prima parte riguardano l’opportunità di elevare il minimo imponibile fissato nella somma veramente esigua, per i tempi che volgono, di lire centomila; nei riguardi della seconda parte, riflettono l’opportunità che il Governo si impegni formalmente a portare subito il decreto legge già promulgato e da convalidarsi, all’esame di questa Assemblea.
L’imposta ordinaria, dicevo, colpisce i patrimoni immobiliari da un minimo di lire centomila.
Ora, basta fare questa precisazione perché subito se ne ricavi come l’imposta ordinaria, in sostanza, colpisca i poveri, colpisca anche coloro i quali oggi hanno proprietà immobiliari modestissime, come potrebbe essere per il contadino la piccola stalla destinata a custodire il somaro, come potrebbe essere per l’artigiano la modesta casuccia destinata a ricoverare sotto un tetto unico ed entro quattro mura ristrette, il padre, la madre, e i figliuoli.
Il malcontento, suscitato in tutto il Paese da questa disposizione, è vastissimo.
La stampa registra ogni giorno notizie di comuni nei quali si fa o si minaccia di fare lo sciopero fiscale.
Noi deputati riceviamo tutti – io per me ne ho ricevuta una grande quantità – lettere da sindaci ed anche da interi aggruppamenti di piccoli proprietari che protestano, vivamente protestano contro una imposizione così grave, così onerosa per categorie così bisognose e così meritevoli della società.
Raccomando quindi al Governo di voler considerare, come dicevo, l’opportunità di un riesame della determinazione del minimo imponibile, portando tale minimo a un livello adeguatamente più alto, per modo che i piccoli proprietari di immobili, rustici o urbani, siano messi in condizione di non dover subire l’espropriazione del loro piccolo capitale, o per lo meno l’assorbimento, a spron battuto, entro un anno e mezzo, di tutto il reddito di cui il loro capitale è capace.
Raccomando altresì di voler rilevare questa volta nei confronti dei piccoli e dei medi proprietari, l’opportunità di una più lunga dilazione della durata del tempo stabilito per il pagamento di questa imposta.
A riguardo di cotesta raccomandazione, ho richiamato anche i medi proprietari, in quanto nei loro confronti si verificherà, per effetto della brevità del termine consentito per il pagamento, la contemporanea esistenza dei due tributi: dell’imposta ordinaria e dell’imposta progressiva straordinaria sul patrimonio, in quanto, come è noto, la prima dovrà essere interamente estinta nel 1948, mentre la seconda comincerà a gravare dall’inizio dello stesso 1948.
L’onorevole La Malfa, nel suo chiaro e interessante discorso, affermò avant’ieri che, per poter fare una politica antinflazionistica bisogna duramente colpire il potere di acquisto, attuare una ferrea politica di tributi da riscuotere in tempo relativamente breve, altrimenti gli scopi di tale politica non potranno raggiungersi. Si può sottoscrivere questa chiara osservazione; ma bisogna integrarla con l’altra che, mentre occorre colpire, duramente colpire il potere d’acquisto, limitando quindi le possibilità di consumo e soprattutto impedendo i consumi superflui e voluttuari, bisogna al tempo stesso fare in maniera che quella iniziativa privata, che è stata tante volte magnificata e posta sugli altari in questa Aula come l’altro anello della catena della deflazione necessaria alla ricostruzione del Paese, non sia interamente privata delle fonti alle quali potrà attingere per dare incremento alle attività produttive.
Se questo è esatto, se una finanza sana, tesa veramente al miraggio della deflazione e della ricostruzione, si dovrà ispirare a tali criteri, sarà assolutamente necessario che le raccomandazioni da me sviluppate siano accolte, perché altrimenti l’iniziativa privata sarà aggredita alla base; cioè nelle risorse dei piccoli proprietari e coltivatori, e precisamente anche in quelle della categoria dei medi proprietari.
Successivamente prego il Governo di voler considerare l’opportunità, sempre nel quadro di queste esigenze fondamentali, di definire una buona volta la tassazione e liquidazione dei così detti utili di congiuntura. Non intendo insorgere contro questa imposizione e reclamarne l’eliminazione: segnalo soltanto la imprescindibile necessità che essa, poiché di carattere straordinario e di natura tale da determinare, logicamente, nelle categorie colpite o che possono esserne colpite, il terrore, e quindi ancora una paralisi della iniziativa privata, sia una buona volta condotta a conclusione. Tra il terrore e il sospetto non si produce.
Gli onorevoli colleghi sanno e il Governo conosce benissimo la situazione che in questo campo, negli anni scorsi, si è andata formando e che si è manifestata sempre più deleteria ai fini dell’organizzazione della produzione. Un primo decreto fu promulgato nel 1944; un secondo nel 1946, un ultimo nel 1947: noi speriamo che finisca questa serie di decreti e che siano messi senza ritardo in esecuzione i principî ai quali decreti stessi sono ispirati, rappresentati nelle consecutive correzioni, chiudendosi definitivamente questo increscioso capitolo.
Infine, per quanto riguarda la seconda parte della legge relativa all’imposta patrimoniale, raccomando al Governo di mantenere la promessa di portare la legge all’esame e alla discussione dell’Assemblea, perché è indispensabile che se ne riveda la struttura fondamentale, in quanto essa consacra una grande ingiustizia nei riguardi del Mezzogiorno d’Italia, perché, in sostanza, colpisce quasi esclusivamente la proprietà immobiliare e la colpisce due volte. Non solo, infatti, ne fa l’unica fonte dalla quale attingere, con criteri particolarmente severi, il tributo, ma presuppone presso i proprietari immobiliari la detenzione di quei beni mobili e liquidi dei quali invece andava ed andrà fatta la ricerca presso le categorie degli speculatori e di coloro che si sono arricchiti, comunque, per effetto della guerra, durante la guerra e dopo la guerra. L’esperienza ci ha insegnato che in materia di promesse di questo genere, relative cioè alla sottoposizione all’esame della Costituente di decreti-legge o di disegni di legge, il Governo non sempre è stato di parola.
Questa volta dovrà esserlo, perché non è possibile lasciar passare senza un adeguato esame in tutti i suoi particolari una legge così importante sotto tutti gli aspetti. Di essa ci dobbiamo seriamente interessare e preoccupare tutti per farle raggiungere i suoi giusti obiettivi, senza tuttavia isterilire la produzione e mortificare le molteplici e sempre crescenti attività di questo laborioso popolo italiano. Essa inoltre deve essere posta su una piattaforma di giustizia tributaria perché il contribuente pagherà tanto più volentieri e tanto più prontamente quanto più avrà la sensazione che non saranno compiute sperequazioni ed ingiustizie.
Per quanto riguarda la politica degli ammassi desidero dire una parola sola. Il Governo ha accennato alla volontà di passare dall’ammasso integrale all’ammasso per contingentamento dei cereali. Se intende veramente attuare questo proposito, deve procedere ai relativi disegni di legge ed alle relative disposizioni fin da ora, perché coloro che hanno il dovere ed il diritto di seminare la terra e che ci dovranno dare il grano hanno bisogno di sapere in tempo in quali condizioni e con quali prospettive potranno svolgere questa loro attività. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri per rispondere ai numerosi oratori che hanno partecipato alla discussione.
Ne ha facoltà.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri (Segni di viva attenzione). Onorevoli colleghi, nel mio primo discorso avevo evitato di parlare della crisi, del suo svolgimento, delle sue cause. Avevo detto che sarei stato a disposizione dell’Assemblea, qualora avversari o amici avessero richiesto una spiegazione o una informazione dettagliata. Mi ero sbagliato. Credevo che l’importanza, il valore o meno di un Governo venisse misurato soprattutto dal suo programma, dalla sua costituzione, dal complesso delle forze che vi lavorano. Invece parecchi oratori dell’Assemblea si sono preoccupati soprattutto dello svolgimento della crisi e dei propositi di chi questa crisi ha guidato. Ora dobbiamo tener conto di questa tendenza, e per parte mia riferisco in dettaglio come la crisi si svolse e perché la crisi venne: tanto più lo debbo fare, in quanto l’onorevole Nenni ha qui presentato una specie di storia romanzata, che ha bisogno di molte rettifiche.
Vi ricordo che prima che si parlasse di crisi si è parlato di gravità della situazione finanziaria. Quando il Ministro Campilli presentò la sua relazione generale, una specie di rendiconto o di inventario, che non si era mai fatto in quella misura ed in quella profondità, l’Assemblea scelse la riunione delle quattro Commissioni per la discussione preliminare. In queste quattro Commissioni erano presenti quasi tutti gli oratori che qui hanno interloquito in materia finanziaria, e si svolse una discussione oggettiva appassionata, mossa soprattutto, nell’interesse del Paese, dall’allarme che era stato dato.
Alla discussione io non ho partecipato ma ho assistito con la massima attenzione, come colui che aveva la massima responsabilità. Da questa discussione, alla quale hanno partecipato uomini che appartenevano al Governo ed uomini che ne erano al di fuori, uomini che oggi sono favorevoli al Governo ed uomini che oggi sono contrari, da questa discussione, che si fondava sull’esposizione di Campilli – che arrivava a 610 miliardi di passivo del bilancio, più 190 miliardi di residui passivi – si è rafforzata in me la convinzione che la situazione finanziaria era molto grave e che c’era bisogno di una scossa particolare nel Paese, perché ci arrestassimo su una china che mi sembrava pericolosa.
Si può essere di differenti opinioni, si può credere che io abbia esagerato, ma non si può dubitare delle ragioni che hanno scossa la mia responsabilità ed hanno richiamato alla mia attenzione uno stato di cose che prima, per mancanza di visione panoramica, non poteva essere così chiaro, così evidente. È vero che dopo, come Governo, ci siamo messi con la massima diligenza a contrastare questa china verso l’abisso: abbiamo deliberato delle imposte e delle tasse per 200 miliardi; abbiamo compresso tutti i bilanci, abbiamo anche proposta la revisione del numero degli impiegati, con la riduzione del 5 per cento, siamo arrivati a risultati relativamente ottimi in confronto alla situazione precedente. Tuttavia il deficit di 312 miliardi rappresentava sempre un notevole allarme; e accanto ad esso c’era il deficit della bilancia dei pagamenti e poi una situazione di cassa pericolosa; e c’era soprattutto il segno della mancanza di fiducia da parte del pubblico italiano e dei risparmiatori, e certi segni di poca sicurezza nella nostra situazione; anche da parte di coloro che si erano chiamati per primi dal di fuori per aiutarci.
Quando si fa la colpa – post hoc ergo propter hoc – al mio discorso-radio, di aver dato l’allarme, si deve pensare che il discorso-radio era una conseguenza dell’allarme, non un allarme.
Fu in quel discorso-radio che nacque il pensiero di una solidarietà più vasta, che superasse le frontiere dei partiti e del limite che, fino a quel momento, si era tenuto nella responsabilità governativa. In quel discorso io dicevo quello che il Governo ha fatto, gli sforzi che il Governo faceva e che intendeva fare nel campo economico e finanziario. E poi aggiungevo: «La verità è che il Governo, qualsiasi Governo, non può superare la presente crisi economica, che è alla base crisi di fiducia, di fiducia non nei pochi uomini che stanno al Governo, ma nello sforzo del popolo italiano di riaversi dai disastri del dopoguerra; non lo può se gli organi economici della vita nazionale, cioè gli istituti economico-finanziari, le categorie degli industriali e di coloro che si occupano delle industrie, tanto datori di lavoro che operai, degli agricoltori e della compartecipazione dei braccianti, degli artigiani della stampa che ne rappresenta gli interessi e le direttive, non si stringano intorno al Governo, questo o un altro che sia, per uno sforzo comune e solidale, e non si propongano di mettere ordine in casa nostra, di difendere la moneta e quanto resta del patrimonio nazionale, sopportando, proporzionalmente alle proprie possibilità, i sacrifici necessari». Accennavo poi ai pericoli dell’inflazione e concludevo: «Possibile che a lungo andare i partiti non comprendano che quando si tratta della fiducia nella moneta, del credito dello Stato all’interno e all’estero, siamo tutti legati l’uno all’altro, e che quello che ci salva non sono i programmi futuri di destra o di sinistra, ma sono una sostanziale, manifesta e leale solidarietà di oggi nell’Amministrazione dello Stato e nella legislazione della cosa pubblica? Se i rappresentanti di tutti gli interessi onesti e di tutte le concezioni economiche fattive fossero dentro il Governo, o, consapevoli dell’estrema gravità dell’ora, concorressero alla salvazione del Paese, il popolo che lavora riprenderebbe quel senso di sicurezza, che vuol dire fiducia, e l’estero riconoscerebbe che la nostra solidarietà merita credito. È questo il pensiero che mi tormenta da quando tornai dall’America; è questo il pensiero che ritorna in molte delle lettere inviate dalla popolazione e dai lavoratori». E terminavo: «E perché le eccezionali condizioni economiche che mettono in causa la vita del Paese non dovranno, in un certo momento, spingere gli stessi partiti politici ad una solidale collaborazione nell’opera di Governo, dando tregua ai contrasti più disgregatori? Di fronte al problema del risanamento finanziario, dell’approvvigionamento dei viveri, delle materie prime, e della vita stessa delle classi lavoratrici, di tutto il popolo italiano, è necessario opporre, a quello che i pavidi considerano fatto inesorabile, la concordia fattiva di tutte le parti e di tutte le forze vive: unità che conduca alla disciplina interna ed allo spirito di sacrificio liberamente accettato».
Questo il discorso-radio che doveva tanto allarmare, questo il discorso incriminato come attentato all’unità democratica repubblicana, questo il discorso che doveva nella sua pratica attuazione condurre a tentativi che io poi ho cercato di attuare.
Ora, parlerò qui in concreto di questi tentativi. L’onorevole Nenni è risalito alla crisi di gennaio ed ha parlato anche di cause oscure. Fra le cause oscure c’è il ritiro di Nenni dal Ministero degli esteri, la divisione avvenuta entro il partito socialista, che era un partito rappresentato nel Governo, e le dichiarazioni del Congresso di Firenze del Partito repubblicano.
Queste cause oscure rendevano necessario un rimaneggiamento del Governo; per lo meno, io ho creduto più democratico di rimettere il Governo nelle mani del Presidente della Repubblica perché convocasse e sentisse i rappresentanti di tutti i partiti, allo scopo – poiché da tempo cerco la quiete e non il lavoro, che già abbastanza ne ho prestato – di affidare a un altro uomo la possibilità di organizzare una solidarietà che credevo anche allora più che mai necessaria.
Sì, lo confesso, volevo specialmente la collaborazione con i socialisti temperati. Perché? Perché avevo conosciuto nella pratica di Governo uomini solidi e competenti come Tremelloni, e come Corsi, che, avendo con me diviso la responsabilità del Ministero dell’interno, dimostrava tale senso di collaborazione da dimenticare in molti momenti il Partito; avevo conosciuto uomini come Saragat, che, ambasciatore a Parigi, aveva dimostrato di lavorare soprattutto per l’Italia, e con questi non escludevo gli altri. Quindi, nessuna pregiudiziale per escludere socialisti e comunisti si è presentata in quella crisi.
Certo, io penso anche oggi che per l’Italia sarebbe una fortuna se si potesse costituire, accanto alla democrazia cristiana, una democrazia dirò così laica, una democrazia socialista, in modo che le due forze potessero, nei momenti più critici della Nazione, dare il senso dell’equilibrio e della difesa dei principî sociali, consolidandoli nella civiltà cristiana. Questo dovrebbe essere il nucleo centrale, senza escludere altre forze che possono confluire sopra tale direttiva. Certo, questa speranza è lecita; ma escludo che al momento della crisi di gennaio io abbia cercato di fare un simile Governo, ed escludo soprattutto che la mia intenzione fosse stata quella di mettere fuori comunisti od altri.
Oh, avrei avuto cento pretesti se, di fronte a tutte le pressioni di giornalisti e di curiosità giornalistiche, avessi risposto con tendenza anticomunista; ma prego i miei critici di estrema sinistra di rileggere la mia intervista in America e le mie dichiarazioni per trovare una sola parola in cui io, per opportunità del luogo, del tempo e degli interlocutori, abbia detto una parola che potesse essere contraddittoria per un uomo che in quel momento presiedeva un Governo, di cui facevano parte i comunisti. (Approvazioni).
In quella crisi non vollero entrare nemmeno i repubblicani, e nacque l’idea della «piccola intesa».
Anche i repubblicani avevano collaborato al precedente Ministero; si era trovata una affinità programmatica, ed io credevo e speravo che nel momento in cui si trattava di consolidare la Repubblica, anche il Partito repubblicano sentisse la responsabilità di condividere le difficili situazioni, perché la Repubblica, uscita fresca fresca dalle decisioni del 2 giugno, diventasse reale nei fatti e nei consensi delle masse del popolo italiano.
Poi venne un periodo di attacchi. Signori miei, voi li conoscete gli attacchi contro il Governo, quegli attacchi che hanno quasi paralizzato per un mese e che hanno tenuto in sospeso gli uomini che dovevano proprio occuparsi delle finanze e della salvezza della lira; attacchi però che non si limitarono ai nostri Ministri democristiani, ma che si riferirono anche ad altri Ministri che io, come era mio dovere – e non sono qui per vantarmene –, ho difeso con la stessa forza e con la stessa imparzialità con cui ho difeso i miei. (Approvazioni).
Fu un mese di travaglio. Si dice: ma noi alla Costituente siamo stati zitti! Grazie, cari alleati, siete stati zitti, quando si è trattato dell’ordine del giorno; io ho dovuto battermi per ottenere un minimo di ordine del giorno che ponesse fuori causa i Ministri, e sulla stampa (poiché l’opinione pubblica non si fa semplicemente qui e sulla stampa amica e dei miei amici) si è inaugurata e continuata, con resistenza feroce, una campagna contro i Ministri. Io qui, da questi banchi, ho difeso la regola logica per ogni democrazia; ho sostenuto che si trattava, specialmente nel caso del Ministro del tesoro, di responsabilità ministeriale e che il Governo era solidale e che pertanto prima doveva esaminare, fare l’inchiesta, battersi il Governo stesso: poi doveva venire dinanzi alla Assemblea.
Questo principio, che era sacrosanto e che avrebbe impedito che la Commissione scivolasse in un compito che non era suo, questo principio io dovetti lasciar cadere per tener conto delle obiezioni che mi venivano da parte amica socialista, quando in Consiglio dei Ministri mi si disse che, per ragioni di partito ed anche per ragioni interne stesse, sarebbe stato bene che io mi fossi indotto a recedere da questa mia pretesa, che pure era logica.
E allora io ho ceduto, cercando una di quelle formule transattive che salvano la faccia, ma non la sostanza. Fu male. Quando venne la relazione degli Undici, voi vedeste che ci trovammo imbarazzati, noi a giudicare favorevolmente, gli altri a giudicare in senso negativo.
Tutto sarebbe andato bene, se non ci fosse stata la campagna; campagna che veniva essenzialmente da parte comunista, con questo foglietto che naturalmente… non viene dal centro. Togliatti mi dice sempre: «Ma tu hai la fissazione che tutto venga dal centro!». Può darsi, ma siccome questo foglietto è fatto molto bene, è certo che è stato fatto per lo meno da amici dell’onorevole Scoccimarro.
Vennero poi le elezioni siciliane, cui i Ministri del mio Governo intervennero con molta energia. Certo, i Ministri avevano la libertà di farlo. Nessuna eccezione quindi, se qualcuno è mancato anche per otto o dieci giorni di seguito. (Commenti a sinistra).
Voci a sinistra. Aldisio! Aldisio!
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non facciamo nomi, perché vi erano Ministri che non erano per niente siciliani, ma erano della parte opposta. (Applausi al centro). Ora, io non faccio obiezioni a questo, ma dico: quando si diffondono foglietti come questo per il Blocco del popolo, in cui si insinua che un Ministro democristiano abbia fatto un miliardo e mezzo speculando in borsa… (Proteste a sinistra).
Voci a sinistra. Il nome! Il nome!
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non occorre che faccia il nome, perché l’accusa è stata mossa anche qui.
Si dice nel foglietto: «De Gasperi, Presidente del Consiglio – qui faccio il nome – ha arricchito il fratello con l’intrallazzo e il commercio dell’olio». Falso dalla prima riga all’ultima!
Poi ce n’è un’altra: «Ha affamato la Sicilia per favorire i metodi degli speculatori. Elettore, non farti togliere il pane; che il tuo voto sbarri la strada ai profittatori democratici cristiani. Vota per il Blocco del popolo!». (Commenti, proteste al centro).
Una voce al centro. Con questi sistemi hanno la vittoria! (Interruzioni – Commenti).
PRESIDENTE. Per favore, silenzio, onorevoli colleghi.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. E non parlo dell’onorevole Romita che, Ministro in carica, mi si dichiarava pronto ad offrirmi il mazzo di rose per licenziarmi dal Governo: è questione di frasi, di delicatezza.
Io non ho partecipato alla campagna elettorale in Sicilia; ci sono andato solo l’ultimo giorno e ho fatto delle dichiarazioni che potevo fare a nome di tutti, perché non erano dichiarazioni che avessero un carattere di parte; ed era l’ultimo giorno, dopo che erano giunti tutti gli altri. Mi hanno fatto anche regolarmente fischiare; e non posso addebitarlo ai miei amici di partito. Questo per spiegare come si forma lo stato di fatto e il clima in cui certe preoccupazioni, che sono oggettive, possono trovare anche alimento nello stato di animo. Nenni mi ha detto: «Il doppio gioco è vecchio; dal 1850 Marx diceva che dopo una rivoluzione bisogna pungolare il partito vincitore – il partito democratico in Germania – non limitarsi ad aiutarlo, ma pungolarlo».
Non è piacevole questa sensazione di avere sempre in Nenni e amici dei pungolatori come se noi fossimo dei buoi. (Applausi al centro).
Caro Nenni, quando Marx scriveva quello a cui ti riferisci come ad un Vangelo, erano altri tempi, e il socialismo era in marcia per conquistare, per vincere, per rovesciare lo Stato borghese; ma oggi nella Repubblica, di cui voi siete parte, non può essere tollerabile lo stesso metodo. (Applausi al centro – Commenti a sinistra).
Ora voglio dire a Nenni che è stato così gentile, del resto, così sentimentale, che quando parla qui io mi dimentico quello che scrive o quasi lo abbraccerei (Si ride), ma disgraziatamente scrive. Ora Nenni, in uno dei suoi ultimi discorsi, vi ricordate come ha votato la fiducia al Ministero che oggi si vorrebbe descrivere come un idillio e una salda fortezza? Ha votato citando il famoso detto di Prampolini, che cominciava il discorso con queste parole: «Noi voteremo contro Sonnino, quindi voteremo per l’onorevole Giolitti». Nenni l’ha tradotto: «Noi voteremo contro Giannini, quindi voteremo per l’onorevole De Gasperi». Questo era il programma di un partito che aveva i suoi Ministri nel Governo.
Non mi meraviglio che Giannini abbia detto su per giù la stessa cosa: «Non devo niente alla Democrazia cristiana, che continua a combattermi» – non so che giornale ha tirato fuori per provarlo – non entro nel merito; egli ha detto: «nel complesso la considero un male minore; e, soprattutto per far dispetto a certa gente, voto a favore».
Questo è il voto «a carambola» come viene definito; un voto a carambola che può essere ad un certo momento una necessità (Commenti a sinistra); in certi momenti si può sopportare, come ho sopportato il vostro; ma che questo debba essere esaltato come sistema democratico da difendere e introdurre nell’Assemblea come sistema naturale, non è ammissibile. Con questi sistemi la democrazia va in malora, non si salva. (Applausi al centro). Certo, debbo a questo riguardo fare la debita differenza, che Giannini non ha nessun impegno col Governo, perché non vi ha nessun rappresentante, mentre Nenni aveva Ministri nel Governo. (Applausi al centro).
Badate che non accetto la vostra tesi che io abbia fatto la crisi semplicemente per ragioni interne. Io dico che questo era il clima in cui la crisi, che da molti era cercata per sostituire il precedente Governo con un Gabinetto di larga concentrazione, per ragioni economiche, si è trovata a svolgersi. Quando ho parlato di allargamento dopa il discorso-radio, non è vero che io abbia cominciato a fare dei raggiri. I primi che ho consultato si chiamano Nenni e Togliatti. Nenni partiva per una conferenza, non so se a Venezia. Egli ha detto subito: «Se vuoi fare un allargamento verso destra, il mio partito non ci starà. Questa è la mia opinione personale; ma insomma ci rivedremo lunedì». Quando l’ho rivisto lunedì, mi ha confermato la stessa cosa. Allora io gli ho detto: «È il pensiero di Togliatti?» E mi ha risposto: «Mah! domandaglielo tu. Presso a poco credo che penserà lo stesso». (Si ride).
Nell’Avanti! del 1° maggio incomincia la campagna (badate che queste erano discussioni, conferenze fra amici, assaggi, pourparlers). L’Avanti! subito comincia: «Noi vorremmo pregarlo (De Gasperi) di tenere per sé le sue consolazioni e le sue pene, tanto più che siamo portati a credere che l’allargamento va sempre a scapito dell’efficienza».
Ecco un primo segno di atteggiamento negativo. Siamo alla pre-crisi.
Nei diversi assaggi coi vari settori io sottoponevo questa domanda: «Qualora dalla tribuna dell’Assemblea, dopo l’esposizione della gravità della situazione, vi si facesse appello a partecipare ad un Governo di concentrazione nazionale, ad un Governo di salute pubblica, accettereste voi?».
Questa la domanda che ho sottoposta ai vari partiti.
Le risposte, in complesso, furono incoraggianti: specialmente da parte del settore centro-sinistra non ho avuto risposte pregiudizialmente negative. Vi ho già detto la risposta di Nenni. Togliatti, il giorno 5, mi dice di non essere contrario ad una certa collaborazione. E qui ha fatto cenno ad una idea riportata da giornali come mia (non era mia, ma poteva anche esserlo: tante idee mi sono passate per la testa, e quindi anche questa): che si potevano portare al Governo rappresentanti della Confederazione, del lavoro e della Confederazione dell’industria per vedere se si potevano superare assieme certe difficoltà. Però più avanti non siamo andati. Naturalmente, non collaborazione della destra.
Allora mi trovai di fronte alla decisione del partito liberale, che diceva: sì, ma a condizione di escludere i comunisti.
Una voce a sinistra. E voi avete marciato.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non abbiamo marciato per nulla!
Poi siamo arrivati alla crisi. Fino allora erano stati assaggi.
E alla crisi perché siamo arrivati? Naturalmente, c’era il corso logico della mia iniziativa. Sostanzialmente era una mia iniziativa; ma l’occasione ultima con cui la crisi s’è presentata è dovuta all’iniziativa del Partito socialista, che mi ha messo fra i piedi una dichiarazione. Io dovevo venir qui all’Assemblea a presentarmi assieme ai due Ministri del tesoro e dell’industria. Poi si è detto: no, è bene che il programma sintetizzato lo faccia il Presidente del Consiglio stesso.
Mi sono quindi assunto quest’incarico e mi sono messo a scuola di Campilli e di Morandi. Ho letto la relazione di Morandi e ne sono rimasto entusiasta e gli ho detto: Accetto in pieno, tolta qualche cosa (Commenti a sinistra).
Ora, quando ho preparato le cose, s’è cominciato a fare obiezioni e Morandi ha detto: «È bene che lo faccia tu». Ed io mi sono assunto tale compito.
Nell’Avanti! del 13 maggio c’è un titolo: «L’onorevole De Gasperi impone al Paese la crisi delle sue esitazioni. Esplicite riserve dei Ministri socialisti sulla procedura del Presidente del Consiglio e sull’allargamento a destra».
E si parla di fuga. Infatti c’è il sottotitolo: «Fuga davanti alle responsabilità».
E si scrive: «I ministri socialisti hanno riferito all’esecutivo del Partito e al Comitato direttivo del Gruppo le riserve da essi formulate al Consiglio dei Ministri di questa mattina circa la crisi politica virtualmente aperta dal Presidente del Consiglio e il tentativo di spostare l’asse politico del Governo, accrescendo l’inefficienza nel momento in cui la situazione economica e monetaria del Paese imponeva l’applicazione dei 14 punti concordati e misure energetiche contro la speculazione».
Come se i 14 punti si potessero applicare in 24 ore!
Caro Morandi, non prendertela con me, perché io ho imparato dal tuo giornale a mettere in ridicolo questi 14 punti, mentre io li prendo invece molto sul serio!
E il giornale continua: «Il Comitato direttivo del Gruppo si è trovato pienamente d’accordo con le riserve dei compagni Ministri».
Nell’Unità veniva pubblicata la cronaca del Consiglio riportando che i Ministri comunisti avevano dichiarato che il Presidente del Consiglio doveva presentarsi soltanto sotto la sua responsabilità. Cioè che il Presidente del Consiglio si doveva presentare personalmente.
Vi domando se io dovevo venire qui con un mio discorso per parlare a nome di chi? Evidentemente non c’era che da dimettersi; e io mi sono dimesso. (Approvazioni al centro).
TOGLIATTI. I Ministri comunisti non avevano detto questo nel Consiglio.
DE GASP ERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Ecco qua: «Il Consiglio ha preso atto, ecc., ecc.». Poi: «In conseguenza di ciò appare evidente che l’onorevole De Gasperi farà le sue dichiarazioni a semplice titolo personale e non come Presidente del Consiglio». (Applausi al centro – Interruzioni a sinistra).
C’era un altro allarme. Nella manchette dell’Unità di diceva: «Di tante misure concordate si vuole applicare solo l’aumento del prezzo del pane» (Interruzioni a sinistra).
E questo si riferisce al fatto che i deputati comunisti, per iniziativa di Cerreti, avevano proposto di non attuare la seconda rata dell’aumento del pane che era fissata a verbale come decisione comune (Interruzioni a sinistra). Questo per dire che nel momento decisivo, non valgono nemmeno gli impegni che si sono presi formalmente. (Interruzioni a sinistra – Commenti ed applausi al centro).
Ad ogni modo vediamo un po’ come la storia si è svolta, in confronto della storia romanzata di Nenni. O meglio, ce ne sono due di storie romanzate, quella di Nenni sull’Avanti! e quella di Nenni qui dentro, e sono contraddittorie. Nenni qui è venuto con voce di usignolo a predicare la concordia e la pace. Ma nell’Avanti! Ha fatto una politica contraria, ha detto che «bisogna tenere nettamente diviso il Paese in due blocchi, perché questa è la dialettica assolutamente necessaria della democrazia».
Ecco qua, nuovamente nell’Avanti! del 16 maggio: L’articolo di fondo è intitolato: «La maggioranza c’è». In esso si legge, fra l’altro:
«La logica e il dovere imponevano evidentemente più coraggio e più coerenza». (A me lo predica!). «Vuol dire che il coraggio e la coerenza, mancata a De Gasperi e mancata alla Democrazia cristiana, li avranno le elettrici e gli elettori, le quali e i quali sanno che la sinistra, come non respinge oggi le responsabilità nell’ambito della sua forza reale, meno che mai le respingerà il giorno che avrà una maggioranza, fosse anche di un voto, con la quale si può fare il più forte e il più coerente dei Governi». (Ilarità al centro – Vivaci commenti).
Dopo il 23 maggio, il mio partito aveva dichiarato, in un ordine del giorno, come avevo del resto già avvertito io stesso, che, vista la necessità di una larga concentrazione, vista la necessità della solidarietà nazionale, era disposto a rinunziare a quello che secondo le norme gli perveniva, cioè alla Presidenza del Governo, mettendosi a disposizione d’un capo che fosse al di fuori dei partiti.
Che in questo atteggiamento entrasse un pochino, confesso, anche la mia voglia di dedicarmi ad altri lavori, questo è vero.
I tentativi degli onorevoli Nitti ed Orlando li conoscete, quindi non me ne occupo. Però, chiusi questi tentativi, e prima del reincarico, l’Avanti! che pungola sempre un po’, scriveva il 23 maggio: «Otto milioni di elettrici e di elettori non hanno votato per la Democrazia cristiana, perché essa si rifugi sotto l’ombrellone della irresponsabilità. È vero che i casi di questi giorni insegnano al corpo elettorale a non riporre la sua fiducia in un partito che non può organicamente essere la guida della democrazia».
La prova è stata che l’incarico lo abbiamo assunto. (Applausi a destra). Ed ho avuto una designazione indiretta anche dei colleghi di estrema sinistra, in quanto avrebbero dovuto mettersi un po’ d’accordo su tutto quello che si era mosso contro di me, nella eventualità che io componessi di nuovo il Governo. Essi sperarono di creare qualche divergenza fra i democratici cristiani, affermando che io ero fallito e che bisognava trovare un altro capo autorevole nella Democrazia cristiana. Ma la Democrazia cristiana e l’onorevole Gronchi hanno designato me. (Applausi al centro).
Ho fatto due tentativi che qui si confondono l’uno con l’altro e che non si sono veduti nella loro obiettività: primo, concentrazione politica; ossia sono tornato alla vecchia idea di mettere la maggior parte dei partiti insieme. Qui ho trovato subito l’onorevole Nenni all’opposizione di qualsiasi allargamento. Invece anche il quarto partito esiste, disgraziatamente, all’infuori di noi: anche quello m’interessa. Ne avevo parlato nelle conversazioni confidenziali con voi; quando sono venuto da voi non sono venuto per contarvi storie e fantasie, ma con dichiarazioni e cifre della Ragioneria generale. Vi ho detto quanto abbiamo di passivo ed altro; vi ho fatta la confessione della mia situazione. Naturalmente, caro Nenni, quando tu mi rispondi: politique d’abord, so anche io che si può andare avanti così. Ti auguro di arrivare al Governo in un tempo in cui queste questioni non premono più e che tu sia felice.
L’opposizione di Togliatti fu più attenuata, naturalmente: non i qualunquisti. Ma sui liberali si riservava di esaminare le persone. Quando ho fatto il nome dell’onorevole Einaudi, ha fatto obiezioni per le sue direttive economiche naturalmente, non per la persona, poiché è stato suo maestro e ne ha molta stima.
Poi ho trovato in un primo periodo una disposizione favorevole nel Partito socialista dei lavoratori italiani. Ma la sera che mi pareva di aver combinato, è comparso un articolo di Saragat: «Assolutamente niente a destra». Credo che non occorre che ve lo legga. E questo è avvenuto nello spazio di una notte. Poi ho trovato l’esclusiva per i comunisti; ed ho detto: «qui non si riesce, perché se fo un Governo da capo come quello di prima, è inutile ogni sforzo: ma non voglio fare nemmeno un Governo secondo lo spirito di esclusione. Tento quindi un’altra soluzione, e sapete quale? Una soluzione la quale desse in parte ragione a Nenni quando diceva che la responsabilità spettava alla Democrazia cristiana e in parte a me che volevo essere contornato di uomini, i quali potessero fare nascere fiducia di competenza tecnica. (Commenti a sinistra).
Allora ho detto: facciamo un secondo tentativo. Questo è il secondo tentativo che non bisogna confondere con l’altro. Ho detto: la preminenza di responsabilità politica se l’assumerà la Democrazia cristiana; è fatale che sia così; però chiedo a tutti i partiti di mandare al Governo un rappresentante che si possa dire tecnico, nel senso che, pur essendo uomo di partito, non impegni il voto del partito. Togliatti sa che, ad esempio, ho detto: voi avete un ottimo tecnico come l’ingegner Ferrari; con un elemento simile voi venite ad avere una vigilanza politica entro il Governo, e date tutti una certa competenza tecnica. Non solo, ma cade allora la questione della dignità che qualche volta mi ha fatto Togliatti, cioè che cento non possono essere messi allo stesso livello di venti o trenta.
Ora qui mi son trovato dinanzi all’opposizione più organizzata, questa volta, di Nenni e Togliatti, i quali ormai agivano sulle leve della grande politica parlamentare e cercavano di farmi il vuoto; hanno spaventato anche molti che mi avevano detto di sì, affermando che facevo un Governo monarchico, reazionario (Applausi al centro); un Governo di guerra civile, un Governo che dividerà il Paese in due blocchi, che per Nenni erano di prammatica e che avrebbe portato così alla rivolta del Paese. (Rumori a sinistra).
Finalmente, dopo l’articolo di Saragat, mi è venuta una dichiarazione ufficiale da parte anche di delegati del partito e in questa dichiarazione ufficiale in cinque punti, una diceva: niente elementi di destra; ed avendo chiesto quali elementi di destra, mi è stato risposto: tutto quello che è a destra della Democrazia cristiana.
E allora ho visto che anche questo difficilmente riusciva; mi son trovato un ultimo giorno con Togliatti, il quale mi stima poco, ma tiene conto degli inviti che gli mando, di che lo ringrazio. Ho avuto un ultimo colloquio con Togliatti, abile tattico, il quale aveva fatto già delle manovre circa la data delle elezioni, perché aveva detto: le elezioni, per De Gasperi, se va con un Governo simile, sono assolutamente necessarie subito; se non va lui, si può discutere.
TOGLIATTI. L’ha detto lei.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. L’ha detto lei ai capigruppo. Io ho ammirato la sua abilità, però me ne sono servito dopo, naturalmente. Mi rincresce anche per la responsabilità da parte dei miei amici, che la cosa non sia andata in quel senso. (Ilarità a sinistra).
Voci a sinistra. Doppio giuoco.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non è doppio giuoco. Per quello che mi riguarda, Togliatti ha fatto questa dichiarazione: (Badate come è sapiente: si parlava allora del ritorno eventuale a un uomo fuori partito; si diceva Nitti, Orlando, ecc.).
Questa è la risposta del 28 maggio di Togliatti: «Non esiste difficoltà alla creazione di un Governo di concentrazione repubblicana, che avrebbe una solida base parlamentare, sì da giustificare una procedura diversa (la procedura diversa era la formula mia). Qualora si ritenesse necessario ricorrere ad una formula presidenziale, non dovrebbe essere un leader di partito a fare il Governo, perché ciò toglierebbe alla formula presidenziale il suo carattere di imparzialità».
Questo era un atto di sfiducia formale fatto a me, quindi ho tirato le conseguenze: fare, con i collaboratori che potevo trovare, quello che credo dovere mio e dovere di un partito di fare, perché domani non mi fosse rimproverato dal mio partito di essere scappato nei momenti di più grave responsabilità. (Applausi al centro). E l’ho fatto, vi ripeto, non perché io non veda le difficoltà: forse le ho esagerate, certo non le ho diminuite; l’ho fatto perché ho fiducia nel popolo italiano e nella sua resurrezione. (Vivissimi applausi al centro).
Intanto Nenni, mio precettore, mi stava indicando le quattro soluzioni, sotto il titolo: «Le tentazioni di Sant’Alcide». Dev’essere un lettore dei Santi Padri, Nenni! Non si direbbe! E faceva le ipotesi di quattro Ministeri, dicendo, in fondo, che è chiaro che di queste quattro soluzioni la prima e la quarta sono serie, mentre soltanto la prima presenta carattere di vitalità».
Prima soluzione: Ministero tripartito con qualche aggiunta del centro-sinistra ed eventualmente di tecnici di indiscusso valore.
Quarta soluzione: Ministero democristiano, «con l’apporto di personalità politiche o tecniche, individualmente rassegnate a correre l’avventura di un Governo minoritario con il Paese in ebollizione». Quello che è stato fatto! Vedete, quindi, che per lo meno è una cosa seria! (Si ride).
Nenni è poi venuto qui a parlare della pace religiosa, ed anzi ha messo in un certo imbarazzo Togliatti, il quale non credo abbia risposto a Firenze o a Venezia.
Ora io dico che Nenni nell’Avanti! ha fatto tutto quello che poteva per suscitare il sospetto che in quest’azione vi sia stata una manovra del clericalismo. Ha cominciato ad inventare che i grandi ecclesiastici che si occupano della crisi erano il Padre generale dei Gesuiti, Monsignor Francesco Morandi, uditore personale, Monsignor Giovanni Urbani, della Commissione Pontificia.
Devo dire la verità che queste personalità mi sono ignote! Ma dove ha pescato queste notizie? Evidentemente nell’Annuario Pontificio, copiandole a caso. (Ilarità – Applausi al centro).
Allora, dice Nenni, che cosa ha impedito a De Gasperi di fare il Governo? È l’Azione Cattolica, sostenuta da alcuni circoli reazionari, fermamente decisi a soffocare la classe lavoratrice! E l’onorevole De Gasperi, seguito dalla maggioranza della Democrazia cristiana, ha preso nettamente posizione per il censo contro il suffragio universale.
Guardate la fantasia feconda di Nenni! Egli vede tutto sotto la veste rivoluzionaria e butta facilmente queste frasi. Egli sa che per la via vagheggiata si va diretti a Monsignor Seipel. Povero Monsignor Seipel!
Una voce a sinistra. Povero, niente!
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Povero, perché è morto! O, peggio, si va a Dollfuss!
Vi ricordate chi è Dollfuss? È una vittima assassinata dai nazisti. (Applausi prolungati al centro e a destra – Vivi rumori e interruzioni a sinistra).
Una voce a sinistra. Voi seguite quella strada e noi non lo vogliamo!
DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi spiego subito… (Rumori prolungati a sinistra – Richiami del Presidente) …mi spiego con tutta franchezza… (Interruzione dell’onorevole Lussu – Scambio di apostrofi – Rumori). Io non intendo attribuire a Nenni un significato che potrebbe essere ovvio, per chi non conosce la storia e per chi non conosce Nenni. Non intendo, e non l’ho mai fatto, nemmeno in quel tempo, in cui mi sono dichiarato – e l’ho anche stampato – contro la politica di Dollfuss. Non è che io con ciò intenda accusare Nenni, né io l’ho citato per analogia, né intendo di coprire quello che ha fatto Dollfuss perché io credo, e l’ho sempre creduto, l’ho stampato e ne ho i documenti… (Rumori a sinistra).
Una voce a sinistra. Dollfuss è austriaco! (Rumori al centro e a destra).
DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. …che egli abbia commesso degli errori; ma badate, quando c’è la morte di mezzo… (Interruzioni a sinistra – Rumori vivissimi – Richiami del Presidente). Si è detto che bisognava rovesciare il Governo, perché si era scoperto che De Gasperi faceva ormai da mesi il gioco della reazione interna, sacrificando l’unità delle forze popolari con illusorie promesse, che non si erano, del resto, mai mantenute. Poi, il giorno 2 giugno, si sono visti in giro certi cartelli, di cui faccio grazia.
Ma, a proposito dell’anticlericalismo che appassiona tanta gente, io devo dire qualche cosa. Mi si annuncia: badate che, con la vostra azione, fate nascere l’anticlericalismo. In verità io credevo che ci fosse già. Da un anno e mezzo un giornale come il Don Basilio, favorito da alcuni, anche amici nostri, continua una campagna violenta contro la Chiesa. E voi mi venite a dire che nasce l’anticlericalismo se non facciamo attenzione! Abbiamo fatto quello che voi avete detto. Ed oggi, che cosa salta fuori? Un articolo niente di meno di un intellettuale come Marchesi, il quale dice: «Oggi non è più lecito dubitare: la maschera democratica è caduta, via via, come una crosta che si stacca da sé. Noi non ne siamo delusi, né sorpresi. Seguendo la sua tradizione, oggi più che mai attiva, la Chiesa entra nella santa alleanza capitalistica che ha negli Stati Uniti d’America la sua centrale internazionale, e vi entra con tutto il peso della organizzazione cattolica divenuta, pertanto, forza antiproletaria, collegata a questo fine con tutte le forze secolari del capitalismo». (Commenti).
Io non nego la verità soggettiva di quello che è stato scritto, ma nego quella oggettiva. Ma, come mai, dopo tutto quello che è stato scritto, dopo i tentativi di rovesciarmi, di crearmi il vuoto attorno, venite qui a presentare un ordine del giorno che chiede l’unione di tutte le forze repubblicane per salvare la lira? Semplicemente perché sono io solo, io persona o io Democrazia cristiana, che impediamo questa possibilità? Siamo noi che abbiamo messo delle esclusive o siete voi? Siete stati voi e di questo dovete subire le conseguenze, conseguenze che possono essere più gravi per noi dal punto di vista elettorale, ma che sono per noi un titolo d’onore per aver resistito, nonostante tutto, e per aver assunto le nostre responsabilità. (Applausi vivissimi al centro).
Il Governo si è formato con la collaborazione di tecnici e, dovete ammettere, tecnici competenti. Su questo nessuno ha fatto eccezione. Il Governo si fonda – vi prego di rilevare questa caratteristica del Governo, che è un po’ diversa dalla solidarietà politica del tripartito – il Governo si fonda essenzialmente sulla responsabilità politica del partito maggiore, cioè della Democrazia cristiana, e sulla collaborazione specifica nel campo economico di uomini che, nell’interesse del Paese, hanno messo a disposizione la loro competenza per difendere la lira, per sanare il bilancio e per preparare e perfezionare tutti gli organi necessari a fronteggiare con una azione economica moderna e programmatica le esigenze della ricostruzione e della produzione, avendo di mira soprattutto il miglioramento del tenore di vita dei lavoratori.
Fra i miei collaboratori, da qualunque corrente provengano – come vedete non tutti appartengono alla mia parrocchia – esiste un impegno di reciproca lealtà di coordinare e, dove occorre, subordinare le tendenze di parte alle supreme necessità economiche e finanziarie del momento. (Applausi al centro).
Essi non rappresentano nel Governo un impegno di partito, ma intendono fare opera con noi perché questo Governo di necessità e di emergenza, nato da uno sforzo di concentrazione, che per il momento non è stato potuto condurre a fondo, costituisca un ponte verso una più larga concordia di intenti, sia nella Assemblea, sia nel Paese, fra tutte le classi della produzione, del commercio, del risparmio e verso una nuova consultazione popolare, fatta per dare finalmente alla Repubblica italiana le sue istituzioni. (Interruzioni – Commenti a sinistra).
Noi democratici cristiani – ed io in particolare – siamo grati dell’appoggio che ci viene dato, in quanto lo consideriamo un apporto costruttivo per la salvezza del Paese, e chiediamo, a chi ci combatte, di assumere la responsabilità di altre soluzioni. (Approvazioni al centro).
Fra i deputati che ci sostengono o che voteranno per noi ci possono essere differenze, secondo la topografia parlamentare; ma noi confidiamo che, anche senza formali alleanze politiche – che si sono dimostrate così poco efficaci, come nel tripartito – la lealtà reciproca, il senso della libertà e quello della responsabilità verso il Paese, costituiscano un vincolo di solidarietà nazionale ed una base per la vitalità del nostro sforzo costruttivo. (Applausi al centro).
Non accetto la concezione di Togliatti relativa al metodo democratico: la vera essenza del metodo democratico sta nella responsabilità della maggioranza e nel controllo delle minoranze. Il suo concetto unitario, invece, è in realtà la prevalenza del partito più organizzato e, con minori scrupoli, ottenuta attraverso patti, accordi o coalizioni che trasferiscono dentro il Governo e nei partiti il giuoco delle forze politiche, che deve svolgersi apertamente nel Parlamento. (Approvazioni al centro).
Con ciò non escludo nessuna possibilità a nessun partito, ma credo che questo Ministero rappresenti un progresso verso il ritorno alle forme parlamentari, garanzia di libertà e di rinnovamento. Né vi è alcuna obiezione alla legge fondamentale, perché il Governo è comunque responsabile verso l’Assemblea, e la prassi stabilitasi attorno all’articolo 3 ci ha già fatto uscire dalle combinazioni extra-parlamentari di Comitati di liberazione nazionale e di partiti. Sento la responsabilità, ma anche i partiti minori – che, mi pare, non ne hanno capito il valore, che è quello di destare e liberare le energie e le responsabilità collettive – avvertiranno che abbiamo combattuto anche una loro battaglia. La Repubblica così diventa, e così si attua il verdetto del 2 giugno, al quale tutti i membri del Governo, quali che fossero le opinioni e preferenze antecedenti, si inchinano come ad una sentenza definitiva della volontà popolare. (Approvazioni al centro).
Il Governo è profondamente addolorato… (Interruzioni a sinistra – Commenti – Rumori).
Credo di esprimere qualche cosa che ci è comune in questo momento. Dicevo, il Governo è profondamente addolorato che il Capo della Repubblica (Vivissimi, generali, prolungati applausi – L’Assemblea sorge in piedi al grido di: Viva De Nicola!), il quale, con le sue altissime doti di lealtà, di pensiero e di azione, ha contribuito in misura insigne al consolidamento del nuovo regime, abbia manifestato il proposito di ritirarsi per ragioni di salute (Commenti a sinistra), ed esprime ancora la speranza che un periodo di riposo possa rappresentare solo una breve parentesi e che il suo validissimo concorso sia assicurato all’Assemblea, perché questa acceleri e finisca il suo compito costituzionale anche prima dell’ultimo termine, onde si possa procedere il più rapidamente possibile alle elezioni delle due Camere e alla nomina del Presidente definitivo della Repubblica. (Vivi applausi).
La Repubblica deve essere un regime di libertà, di ordine, di pacificazione. (Approvazioni al centro). Il Governo si propone di procedere per questa via, provvedendo intanto alla rapida eliminazione dei quindicimila ricorsi epurativi giacenti al Consiglio di Stato. Il Ministro dell’interno seguirà direttive severe di imparzialità (Commenti a sinistra), ma di vigile autorità dello Stato per mantenere la libertà, intervenendo con larga comprensione delle esigenze di giustizia sociale, ma con l’impegno sicuro di incoraggiare l’autodisciplina delle forze popolari e delle organizzazioni sindacali.
Sottrarre le forze di polizia a nefaste influenze di parte (Applausi al centro), ridare autorità e prestigio a tutti gli organi dello Stato, ristabilire il senso di legalità decaduto per effetto di nostre vicende politiche e guerresche, non significa fare una politica di parte e di reazione, ma significa soddisfare alle esigenze elementari della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana. (Applausi al centro e a destra).
Una parola sugli attacchi alle persone. Prendo atto della grande estimazione da tutti espressa per il Ministro del bilancio e Vicepresidente onorevole Einaudi, il quale, benché per un apposito decreto conservi nominalmente il posto di Governatore della Banca d’Italia, ne ha di fatto trasmesso le funzioni al Direttore generale.
Prendo atto del riconoscimento dell’onorevole Lombardi a favore del carattere, della persona del professor Del Vecchio.
Non è mia colpa se altri uomini di questa Assemblea, di cui riconosco la competenza e il valore, non si trovano oggi fra i nostri collaboratori.
A Merzagora si è gridato: uomo di Pirelli! Non è esatto, Merzagora, Presidente del Comitato centrale economico, è uomo della Pirelli, perché fu nominato, dopo la liberazione, commissario dell’azienda dai suoi 20.000 lavoratori. (Applausi al centro). Egli ha creato e diretto il primo consiglio di gestione. Un mese prima della sua partenza per il Brasile, i comunisti insistettero per affidargli la presidenza del giornale comunista più letto a Milano, il Milano sera. (Applausi al centro).
Due mesi prima della sua partenza, i socialisti «nenniani», chiamiamoli così… (Rumori a sinistra).
Una voce a sinistra. Chiamateci in un altro modo.
Una voce al centro. È difficile trovare il modo come chiamarvi.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Domando scusa, non volevo offendere nessuno. Voglio tanto bene a Nenni, che dire «nenniano» non è, secondo me, fare un torto. (Interruzioni a sinistra).
COSTANTINI. Non dipendiamo da nessun Nenni! (Commenti al centro).
PRESIDENTE. Onorevole Costantini, le sembra proprio questo il momento opportuno per fare una questione del genere?
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. I socialisti italiani, con una lettera commovente, ricordando l’appoggio sempre da Merzagora dato ai lavoratori, lo invitavano ad entrare nel loro partito, «che aveva bisogno di una forza come la sua». (Si ride al centro).
Come vedete, che poi sia venuto come tecnico al Ministero De Gasperi, e vi sia venuto come rappresentante della reazione, è un po’ difficile a combinare con tutto questo che ho letto. (Applausi al centro).
È stato fatto un accenno anche all’ingegnere Corbellini. Ora, ecco qua la conclusione della Commissione epurativa… (Interruzioni a sinistra – Rumori).
Vi ricordate che tutti i funzionari, dal grado quinto in su, sono stati sottoposti a procedimento speciale.
La conclusione, eccola qua; è firmata dal primo capo di Gabinetto dell’ingegnere Ferrari: «La Commissione ha tratto il convincimento che l’ingegnere Corbellini non è stato né filofascista né filotedesco; e la sua eminente posizione è dovuta al suo valore e alla sua attività, favorita anche dal particolare ambiente in cui agiva. D’altro canto le azioni non trascurabili da lui svolte dopo l’8 settembre 1943 dimostrano un netto orientamento contro il nazi-fascismo». (Applausi al centro – Commenti a sinistra).
A proposito dell’ingegnere Ferrari, a cui ha accennato Togliatti, mi associo al riconoscimento eminente dell’opera sua, che è dovuta a lui personalmente e alla collaborazione di eminenti tecnici, fra cui l’amico Corbellini.
TOGLIATTI. Non si tratta di questo!
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Vuole Togliatti che per utilizzare dei tecnici…
TOGLIATTI. Non come Ministri!
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …di questo valore, si attenda che arrivi e faccia egli il suo Governo, per imitare Stalin, che utilizza i tecnici che hanno dato buone prove? (Applausi al centro – Rumori a sinistra).
Togni è dirigente di azienda, cioè impiegato direttivo, un lavoratore con rapporto di impiego, un lavoratore con funzione di mediazione fra impresa e lavoro; e non direi che sia rappresentante della reazione se egli, che viene dal Sottosegretariato del lavoro, ha cominciato a denunciare quattro grossi commercianti, responsabili di un certo commercio di carbone, in una forma che anche un Ministro di estrema sinistra non poteva fare più energica.
Anche l’Ambasciatore Tarchiani è stato attaccato. Devo, per tranquillità di coloro che pensano che egli sia stato chiamato qui per congiurare chissà che cosa, dichiarare che il Ministro degli esteri ha chiamato Tarchiani, come tre altri ambasciatori (e dico tre e non quattro, perché Quaroni, che veniva appena dalla Russia, era in grado di riportare anche delle informazioni che venivano dalla Russia), per una conferenza sulle conseguenze del Trattato di pace.
Comunque sia, Tarchiani non proviene dal mio partito, come tanti altri che si trovano a servizio dello Stato. E vi prego, colleghi, quando accusate il Partito democristiano di accaparrare tutti i posti, vi prego di esaminare quanti posti, in servizio pubblico e interno, in servizio economico, sono in mano di persone che non provengono da noi, e ci troviamo perfettamente d’accordo e lavoriamo tutti di conserva per il bene del Paese! Così è oggi e così sarà domani! Ed io faccio appello anche a coloro che non sono nel Ministero ufficialmente, quando hanno competenza tecnica e amore del Paese, perché ci aiutino in tutti i campi dell’amministrazione. E faccio appello specialmente a coloro che ci hanno dato tanta collaborazione nella Commissione delle finanze e nelle quattro Commissioni riunite (ma specialmente nella Commissione delle finanze), perché questa è preziosa collaborazione parlamentare, della quale siamo grati e della quale specialmente sarà grato il Paese! (Applausi al centro e a destra).
A Tarchiani, che proviene da altro partito, ma che si è dimostrato tenace, fedele collaboratore, fino al sacrificio, per migliorare i rapporti con gli Stati Uniti ed ottenere l’appoggio economico di questa grande potenza economica, preoccupato però sempre e tuttavia degli interessi e della dignità del Paese, mando un grato saluto, ed ai suoi collaboratori, e lo mando anche alla delegazione Sacerdoti, che mi pare un Deputato abbia scambiato per un’agenzia privata, mentre è agenzia ufficiale.
E un saluto mando anche a Ivan Matteo Lombardo e alla sua missione, a Lombardo che si è battuto contro grandi difficoltà e diffidenze, anch’egli non turbato dalle nostre polemiche interne, ed io credo si sentirà confortato nel vedere che qui facciamo opera di serenità e di ricostruzione perché si aumenti il nostro credito morale ed economico (Applausi al centro e a destra).
Ora ho da toccare alcuni argomenti e chiedo scusa ai colleghi se in questo discorso – che ha dovuto essere rapidamente tracciato stamane – mi riesce impossibile di rispondere a tutti e di tener conto di tutto.
Ringrazio quelli che hanno detto delle buone parole, anche se votano contro. Ringrazio in modo particolare l’onorevole Pacciardi e lo assicuro che, dal punto di vista politico, avrei preferito che qualche uomo più direttamente suo rappresentante fosse nel Governo per offrire una garanzia, direi, più visibile.
L’amico Sforza, che ha avuto licenza di partecipare, credo che sia sufficiente garanzia per la politica estera ed anche per l’indirizzo generale della politica della Repubblica.
Dovrò ora parlare del cambio della moneta. Vi sono state nel passato opinioni diverse circa la opportunità di fare il cambio, e vi sono ancora oggi. Vedo che Scoca fa cenni con la testa, perché lui è un partigiano del cambio.
Comunque le discussioni le abbiamo fatte sia nel primo, sia nel secondo Ministero. Quando si è trattato di presentare la patrimoniale, abbiamo deciso di esaminare la questione in accordo. Nel passato Governo si riconobbe che ormai conveniva fare la patrimoniale e che bisognava ricorrere a certi elementi induttivi per colpire questa ricchezza mobile che ci sfugge, e bisognava non parlarne più perché, dal momento che facciamo la patrimoniale, bisogna farla sul serio e non perderne i vantaggi per parlarne troppo. Bisognava lasciare in pace il pubblico. (Approvazioni).
Situazione dell’I.R.I.: c’è una discrasia amministrativa che dipende da uomini e cose. Evidentemente converrà intervenire, e su questa strada era anche il passato Governo. Ma non crediate che noi – ed io in particolare – non comprendiamo, dal punto di vista sociale, l’utilità di sfruttare questo ordigno nato male, ma utile per scopi di controllo sulle industrie-chiave. Quando Molotof a Parigi – mi pare di averlo già raccontato un’altra volta – mi ha fatto delle eccezioni al riguardo della politica economica italiana, io ho risposto che non è esatto che non si siano fatti dei passi verso il controllo pubblico sopra certi enti pubblici economici. Noi abbiamo l’I.R.I. E ho spiegato allora che cos’è l’I.R.I. Anche lui ha capito l’importanza dell’istrumento nel senso che spiegava Lombardi. E credo che sia uno strumento da trattarsi con molta delicatezza, per salvare l’economia per il bene comune. D’altra parte, nel mio discorso programmatico si parla chiaro.
Si è rimproverato all’onorevole Einaudi di non aver parlato abbastanza della materia economica; ma è un’osservazione fuori posto, perché egli aveva preso incarico di parlare come Ministro del bilancio, e parlava perciò sopra tutte le questioni finanziarie e non sui problemi economici, ai quali, invece, si era accennato nel mio discorso. Ed io avevo detto che bisogna riorganizzare gli organi dello Stato, che bisogna crearli prima di dirigerli. Oggi abbiamo il Comitato dei prezzi, abbiamo l’I.R.I., ed è semplicemente abbozzata la esperienza di un Consiglio economico.
Accetto il programma esposto con tanta competenza dall’onorevole Tremelloni, quando parla di vivace politica, di stimolo e di controllo del credito.
E, caro Di Vittorio, abbiamo trattato tante volte insieme nei momenti difficili! Spesse volte io ho riconosciuto che la Confederazione del lavoro aveva un senso di responsabilità limitando, frenando i movimenti, anche se ragionevoli che, senza il controllo della Confederazione, erano nati spontaneamente. Dopo la definizione che l’onorevole Di Vittorio, Segretario generale della Confederazione del lavoro, ha fatto del Governo che presiedo, sarebbe ingenuità che io mi rivolgessi a lui a nome del Governo. Ma io mi rivolgo a lui a nome della democrazia e del Paese. Cerchi di collaborare in quella misura che crederà opportuna e nell’interesse dei lavoratori, con gli sforzi che farà il Governo, il quale non vuole il danno dei lavoratori: può sbagliarsi sulle forme, sulle misure, sui mezzi; ma salvando la lira, vuol salvare soprattutto il salario reale del lavoratore. E a proposito di alcune formulazioni più concrete, osservo che stiamo attuando le decisioni del passato Governo; aumento del 15 per cento agli impiegati e anche ai pensionati; sforzo che era ritenuto massimo nel momento più triste e pessimista della crisi. Ma non inasprite nelle vostre trattative le difficoltà estreme che abbiamo, con pregiudiziali di partito. Lo sforzo che facciamo noi è anche lo sforzo per la classe operaia. Non è vero che abbiamo voluto escludere i rappresentanti più diretti della classe operaia. È vero che da parte di alcuni partiti si è tentato di sabotare lo sforzo per pura preoccupazione politica. Ma voi che rappresentate l’unità operaia sappiate che il Governo riconosce il valore dell’unità operaia; che la vuole elevare, al disopra dei partiti, perché sia veramente una forza a beneficio della democrazia e della classe operaia. (Applausi al centro).
L’onorevole Togliatti ha avuto delle parole di critica amara contro di me: troppo amara perché io reagisca con lo stesso metodo. Anch’io avrei argomenti per una valutazione della persona di Togliatti e della sua politica interna ed estera; ma poiché, con molte altre gravissime deficienze, egli trova in me anche scarso sentimento nazionale, è evidente che egli conta sul mio senso di responsabilità perché, nell’interesse del Paese, io eviti una polemica di politica estera alla vigilia del Trattato di pace. (Applausi al centro e a destra).
Una questione che meriterebbe una lunga esposizione è quella del famoso prestito dell’Export Import Bank. Una delle più crudeli delusioni è stato l’attacco del Ministro Morandi, con il quale, per la verità, abbiamo collaborato sempre in perfetta lealtà; e del quale ho in mano una relazione che egli doveva leggere da questi banchi, e che non avrei difficoltà a fare quasi completamente mia, tanto era lo sforzo suo – lo riconosco – di mettersi sulla linea mediana del Governo.
Ma per questa linea mediana del Governo, oltre uno sforzo tecnico notevole – che io gli riconosco – ci vuole anche un certo senso di fiducia.
Ora dicono che il prestito di 100 milioni era stato già assicurato, e che poi ho trascurato, lasciato marcire l’applicazione di questo prestito, una volta ottenuto. Questo, amico Morandi, è eccessivo. Sarebbe eccessivo anche per uno che non fosse mai stato al Governo e non avesse seguito le nostre vicende; ma poiché devo rispondere anche per quelli che le hanno seguite, non ho che a fare una cosa: leggervi la lettera diretta al Ministro del Tesoro dal Direttore dell’Export Import Bank del 14 gennaio 1947; cioè il giorno della nostra partenza da Washington. Badate, prossimamente uscirà un diario dell’Ambasciatore Tarchiani, in cui sarà descritto mezz’ora per mezz’ora il nostro calvario di quei dieci giorni. Vedrete come in partenza io non mi sia occupato di alcuna réclame; né durante, né dopo mi sono mai curato di propaganda politica; vedrete che non sono stato soddisfatto delle manifestazioni esteriori, ma ho sempre mirato al sodo e fino all’ultimo momento sono rimasto a Washington e mi sono rifiutato di partire due giorni prima, come era stabilito, perché alla Banca fosse strappato finalmente l’impegno di accantonare per l’Italia 100 milioni di dollari. Vi leggo la lettera:
«Mio caro Ministro, il Consiglio direttivo della Export Import Bank di Washington è lieto di avere concluso con lei e gli altri membri, in occasione della sua visita, la concessione di crediti di cui l’Italia ha bisogno. Lei ricorderà che il Governo italiano si rivolse alla Export Import Bank nel febbraio 1946 per chiedere un credito molto ampio da finanziare l’acquisto di svariati prodotti americani, compresi generi alimentari, combustibili, materie prime ed impianti. Tale richiesta era intesa a coprire il deficit previsto nella bilancia dei pagamenti della Banca d’Italia per il 1946.
«La Banca non è stata in grado di accogliere per intero la richiesta, essendo l’importo in questione al di là delle proprie risorse, date le altre cospicue domande avanzate. Né, d’altro lato, la Banca si sentiva di potere accogliere la richiesta solo in parte, in quanto che non si vedeva in qual modo il resto del deficit italiano avrebbe potuto essere coperto. Tuttavia la Banca ha elaborato con la Banca commerciale italiana e col Governo italiano un credito a breve scadenza per facilitare l’acquisto di cotone greggio americano da parte dell’industria tessile italiana.
«D’altra parte, il suo Governo ha recentemente di nuovo interessato la Export Import Bank per ottenere un credito generale che aiutasse a fronteggiare il previsto deficit della bilancia dei pagamenti del 1947. Ma poiché la Banca ha deciso di porre termine ai suoi prestiti, per scopo economico, le è stato al pari impossibile di accogliere la seconda richiesta nella forma presentata.
«In conseguenza tuttavia delle nostre discussioni, con lei e con i suoi collaboratori, e dopo avere ulteriormente studiato il problema italiano, il Consiglio direttivo della Export Import Bank è disposto a prendere in considerazione la concessione durante il 1947 di crediti con scadenze appropriate nella circostanza a ogni singolo caso, allo scopo di aiutare specifici settori dell’industria italiana ad espandere il proprio mercato di esportazione. La Banca ha accantonato a tale scopo un totale di 100 milioni di dollari. La concessione di crediti individuali per l’importazione dagli Stati Uniti dipenderà dalle condizioni d’Italia, dalla sua stabilità e dalla sua capacità a provvedere al mantenimento della propria economia. Firmato: William».
Ora non so quello che è avvenuto dopo, cioè della sistemazione di tutto il materiale. Ho incaricato il Ministro del tesoro ed il Ministro dell’industria. La cosa non l’ho potuta seguire da vicino; so che vi furono molte sedute e si decise di invitare la Banca a mandare i delegati stessi che per puro caso sono capitati durante la crisi economica o poco prima. Non è stata manovra. Essi sono andati in Alta Italia, hanno visto le industrie come vanno; mi hanno telegrafato che tornavano con parere positivo. E speriamo che questo sia un vantaggio; vantaggio o merito che io non pongo a beneficio mio, né del mio Governo passato, né del tripartito e nemmeno del programma attuale, ma a beneficio dei nostri lavoratori, dei nostri industriali, che dimostrano di essere capaci di meritare il credito all’estero. (Applausi).
Amico Nenni; ho cominciato con te ed è fatale che con te termini. Hai fatto un accenno alla maggioranza protestante negli Stati Uniti. Io ho interrotto perché mi è dispiaciuto che tu ti domandassi che cosa quei protestanti pensassero di un Governo di clericali, di preti, per quanto credo che molti che sono qui non appartengano alla mia parrocchia. (Si ride). Badate che in America – e io l’ho visto – dinanzi al monumento di Jefferson, che è il Mazzini americano, ho visto affermata una fede che ci accomuna: credere in Dio e nella libertà. (Vivissimi prolungati applausi al centro e a destra – Moltissime congratulazioni).
PRESIDENTE. Ricordo che gli ordini del giorno svolti durante la discussione sulle comunicazioni del Governo sono i seguenti:
«L’Assemblea invita il Governo ad adottare immediati provvedimenti atti a frenare i continui aumenti della circolazione, perseguendo una ferma politica creditizia che impedisca il finanziamento delle operazioni di pura speculazione ed istradi il credito verso la ricostruzione ed il risanamento economico».
Marinaro.
«L’Assemblea, considerato che l’applicazione del decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 143, colpisce fino all’espropriazione la proprietà edilizia e rurale a danno dei meno abbienti, con specifico, grave pregiudizio della economia meridionale, invita il Governo agli opportuni emendamenti».
Crispo, Badini Confalonieri, Morelli Renato, Villabruna, Reale Vito, Bozzi, Rubilli, Scoccimarro, Costantini, Gullo Fausto, Mancini, Sereni, Perrone Capano, Martino Gaetano, Preziosi, Caso, Rodinò Mario, Abozzi, Vinciguerra.
«L’Assemblea Costituente,
considerando che il decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio e di un’imposta proporzionale straordinaria, non risponde, nella sua attuale formulazione, a concetti di giustizia tributaria, e che sarà esiziale per la economia e specialmente per l’agricoltura dell’Italia centromeridionale e delle isole;
considerando anche che la sua applicazione, anteriore all’esame delle modifiche proposte dalla Commissione permanente ed alla convalida da parte dell’Assemblea Costituente, aumenta le incertezze, gli inconvenienti ed il danno;
invita il Governo a riesaminare il decreto legislativo e ad apportarvi le modifiche intese ad eliminare le conseguenze eccessivamente gravose lamentate dalle classi agricole».
Mastino Pietro, Lussu, Abozzi, Veroni.
«L’Assemblea Costituente raccomanda al Governo che sia, quanto prima, rimossa la bardatura degli ammassi o, quanto meno, ne sia ridotta e contenuta l’applicazione al solo fine di garantire l’approvvigionamento per le categorie dei non abbienti.
«In ordine al prezzo del grano, richiama l’attenzione del Governo sulla necessità di adeguare al costo effettivo la quota riservata al produttore, tenendo presente gli alti costi dei concimi, della mano d’opera, della trebbiatura e degli oneri fiscali.
«L’Assemblea Costituente raccomanda inoltre al Governo, nella ripartizione degli oneri tributari, di inspirarsi ad una equa giustizia distributiva, tenendo presente come sulla media e piccola proprietà terriera già gravi uno sproporzionato carico fiscale.
«L’Assemblea invita pure il Governo, in attesa della riforma agraria, a concedere, nella forma che riterrà migliore, le terre demaniali ai partigiani, ai reduci, agli agricoltori della Venezia Giulia che hanno lasciato per l’amore dell’Italia terre italiane bonificate con i loro sudori e di cui lo straniero ne coglierà i frutti».
Scotti Alessandro.
«L’Assemblea Costituente, mentre rileva con compiacimento che nelle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri si è accennato all’importante problema delle bonifiche, convinta che la sua soluzione sarà uno dei mezzi più efficaci per dare pane e lavoro al popolo italiano, per provvedere adeguatamente fin da ora alla riforma agraria e per portare un rilevante contributo al bilancio dello Stato, invita il Governo a prendere in attenta considerazione i voti espressi nel recente Congresso di San Donà di Piave e per ciò a fornire i mezzi perché, con una organizzazione autonoma, si possa dare attuazione ad un programma di lavori che contribuirà efficacemente a soddisfare al benessere delle classi lavoratrici dovunque, ma particolarmente nell’Italia meridionale e nelle isole.
«L’Assemblea inoltre invita il Governo a considerare la necessità del riesame del decreto dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio per evitare, con necessari provvedimenti, all’agricoltura ed in modo speciale alla piccola proprietà, il grave danno che deriverebbe da tale decreto».
Pallastrelli.
«L’Assemblea Costituente,
ritenendo che, pure negli indispensabili aggravi determinati dalle nuove leggi si debba tener sempre presente la necessità di agevolare la piccola proprietà già esistente e particolarmente quella rurale e montana,
invita il Governo:
- a) a rendere praticamente applicabile l’esenzione di terreni e fabbricati situati oltre i 700 metri;
- b) a sistemare con criterio di doverosa comprensione i contributi unificati;
- c) ad esentare le quote minime dalla imposta straordinaria progressiva del patrimonio;
- d) ad evitare che concessioni particolari (ad esempio indennità per danni di guerra determinati da azioni nazi-fasciste) siano rese inapplicabili per tutti coloro che non possono dimostrare di essere nullatenenti perché posseggono la casa distrutta».
Micheli, Marconi, Valenti, Coppi Alessandro.
«L’Assemblea Costituente invita il Governo ad accelerare la normalizzazione della vita pubblica, intensificando gli sforzi per raggiungere una effettiva e completa pacificazione, abolendo le ormai superate e anacronistiche leggi eccezionali e provvedendo, con ogni cura e cautela, alla sana amministrazione del Paese».
Giannini.
«L’Assemblea Costituente,
ritenuto che mentre l’articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 143, esenta dall’imposta patrimoniale le istituzioni di assistenza e beneficenza, l’articolo 68 dello stesso decreto non fa distinzione fra persone fisiche e giuridiche e viene a colpirle indistintamente;
ritenuto che, conseguentemente, tutte le opere di beneficenza vengono per l’anno 1947 ad essere gravate di un carico di imposte che, avendo riguardo alla rivalutazione patrimoniale stabilita dal decreto legislativo 18 ottobre 1946, viene ad essere di 50 volte il carico precedente;
ritenuto che tutte le opere pie, ospedaliere, di ricovero, di educazione e, comunque, di assistenza versano in situazione economica precaria, determinata dalla diminuzione delle entrate e dai ben maggiori oneri che il costo della vita e l’accrescere degli assistiti comporta;
che in identica situazione si trovano gli enti locali:
invita il Governo
ad emendare l’articolo 68 del decreto legislativo 29 marzo 1947, stabilendo espressamente la esenzione delle istituzioni di beneficenza e di assistenza e degli enti locali dalla imposta proporzionale sul patrimonio come già lo sono per quella progressiva;
a riserbare ogni più provvida cura a favore di tali istituzioni che costituiscono una delle più nobili tradizioni del nostro Paese».
Bovetti, Caso, Cremaschi Carlo, Foresi.
«L’Assemblea Costituente, constatati gli effetti dannosi della speculazione che minaccia in modo sempre più grave la già compromessa stabilità della moneta, invita il Governo ad adottare immediati provvedimenti, anche di natura penale, contro quei cittadini o quei gruppi d’interessi, che operano contro la collettività, e lo esorta altresì a perseguire una più ferma e coerente politica creditizia coordinata con un indirizzo produttivistico dell’economia nazionale, tale da avviare finalmente il Paese verso la ricostruzione».
Patrissi.
«L’Assemblea invita il Governo ad emanare con tutta sollecitudine la più volte promessa legge organica sui danni di guerra ed a mantenere in vita – rendendolo più efficiente e adeguato ai nuovi compiti – il Sottosegretariato od altro organo politico-amministrativo, più rispondente, che – coordinando i servizi e gli uffici oggi sparsi nelle varie amministrazioni dello Stato – provveda con unicità di criterio e di direttive a dare efficace esecuzione alle provvidenze che la legge sarà per fissare».
Fogagnolo, Fedeli Aldo, Tomba, De Michelis, Pieri, Faccio, Vernocchi, Dugoni, Tonello, Malagugini, Costa, Fiorentino, Giacometti, Ghislandi.
«L’Assemblea Costituente,
riconosciuta la necessità di contemperare le due urgenti e parallele esigenze di una ferrea pressione fiscale e del massimo possibile incremento delle attività produttive e della ripresa edilizia,
invita il Governo a disporre senza ritardo:
1°) una equa elevazione del minimo imponibile della imposta proporzionale ordinaria sul patrimonio e una più congrua dilazione del pagamento di essa da parte dei piccoli e medi proprietari;
2°) la definizione, entro un breve termine, delle tassazioni degli utili di congiuntura;
3°) la sottoposizione all’esame dell’Assemblea stessa del decreto legislativo presidenziale 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione dell’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, affinché si renda possibile una cauta ed obiettiva revisione del tributo, la quale elimini l’ingiustizia della situazione, particolarmente pregiudizievole per le provincie meridionali, in base a cui l’onere grava in modo quasi esclusivo sui patrimoni immobiliari, ritenuti presuntivamente altresì detentori dei beni liquidi, ed affinché la necessaria pressione possa invece volgere a colpire i beni che s’imboscano o che sono il frutto di speculazioni o di attività improduttive, e al tempo stesso possano essere riconosciute ed esercitate le esenzioni giustificate dai danni di guerra.
«Ai medesimi fini l’Assemblea Costituente raccomanda al Governo la graduale sostituzione di un regime di libero scambio dei prodotti al regime vincolistico attraverso una fase intermedia, tempestivamente predisposta, di disciplina della produzione e della distribuzione».
Perrone Capano.
«L’Assemblea Costituente,
udite le dichiarazioni del Governo, le approva e passa all’ordine del giorno».
Angelini, Guerrieri Filippo, Uberti, Cappugi, Schiratti.
Sono stati inoltre presentati i seguenti ordini del giorno:
«L’Assemblea Costituente, convinta che l’interesse del Paese, la difesa della lira, il prestigio e l’unità morale della Nazione esigono un Governo rappresentativo di tutte le correnti democratiche repubblicane, passa all’ordine del giorno».
Nenni, Targetti, Vernocchi, Barbareschi, De Michelis, Malagugini.
«L’Assemblea Costituente, considerato che la crisi attuale è sorta dalla necessità di fronteggiare la situazione economica, finanziaria e monetaria, aggravatasi nel tempo per le incertezze, le contradizioni, e le deficienze tecniche e politiche dell’azione del Governo tripartito; considerato che dalla progettata formazione di Governo su basi politicamente più larghe e tecnicamente più adeguate ed omogenee che poteva essere opportuna per una efficiente azione di difesa della lira si è giunti ad uno spostamento radicale di forze niente affatto necessario e tale da rompere l’unità democratica e repubblicana la quale ha garantito finora la ricostruzione della vita nazionale; considerato, infine, che questo spostamento rende politicamente più difficoltosa un’azione di Governo che, dal punto di vista tecnico, poteva raggiungere, dopo le ampie discussioni svoltesi in questi ultimi mesi, efficaci ed immediati risultati; delibera di negare la fiducia a questo Governo».
D’Aragona, Parri, Pacciardi, Cianca, Molè.
Invito l’onorevole Presidente del Consiglio ad esprimere il suo pensiero sui vari ordini del giorno presentati.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. All’onorevole Marinaro, il quale ha presentato un ordine del giorno che è più che altro una raccomandazione, rispondo che, come tale, l’accetto e che il Governo provvederà alla convocazione immediata del Comitato interministeriale per la disciplina del credito, allo scopo di adottare una ferma politica creditizia, sia per frenare l’aumento della circolazione, che per combattere l’aspetto patologico della circolazione economica.
All’ordine del giorno Crispo rispondo che, per ragioni di ordine politico, il Governo non poteva sospendere l’applicazione del decreto 29 marzo 1947, legalmente efficiente dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Esso sarà discusso dall’Assemblea, la quale potrà apportarvi tutte quelle modifiche che considererà opportune.
Riguardo all’ordine del giorno Mastino Pietro, Lussu ed altri, rinnovo l’impegno di provocare nell’Assemblea la più sollecita discussione per convalidare il decreto istitutivo dell’imposta straordinaria sul patrimonio e di adottare tutte le modificazioni che l’Assemblea troverà giusto deliberare.
Non posso accettare l’ordine del giorno Scotti Alessandro, perché richiede l’abolizione degli ammassi, che anche quest’anno si sono dovuti imporre per la critica situazione granaria mondiale, e perché non è pronta una organizzazione diversa.
Accetto come raccomandazione gli ordini del giorno presentati dagli onorevoli Pallastrelli e Micheli.
Anche l’ordine del giorno Giannini lo accetto come raccomandazione di politica interna.
A proposito dell’ordine del giorno Bovetti, avverto che non può essere concessa l’esenzione richiesta, per quanto riguarda l’imposta proporzionale del 4 per cento, che deve indistintamente colpire sia le persone fisiche, che le persone giuridiche. Il Governo interverrà perché i fabbricati siano valutati a cinque volte il valore prebellico, così come vuole la legge. Comunque assicuro che il Governo ha a cuore le sorti degli istituti di beneficenza.
Accetto l’ordine del giorno Patrissi, a titolo di raccomandazione; circa il suo invito ad una ferma politica creditizia, confermo le assicurazioni date all’onorevole Marinaro.
Per quanto riguarda l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Fogagnolo e da altri colleghi, devo dire che il Sottosegretariato per i danni di guerra è ancora in vita, per quante scoperto del titolare, e che i suoi servizi saranno coordinati nel senso indicato dai presentatori.
Il Governo terrà conto dei suggerimenti contenuti nell’ordine del giorno Perrone Capano e dei desideri dei piccoli proprietari. Assicuro che la tassazione degli utili di congiuntura sarà fatta con energia e sollecitudine.
Non posso accettare gli ordini del giorno degli onorevoli Nenni, Targetti ed altri e degli onorevoli D’Aragona, Parri ed altri.
Accetto il seguente ordine del giorno:
«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Governo, le approva e passa all’ordine del giorno».
Angelini, Guerrieri Filippo, Uberti, Cappugi, Schiratti, Mattarella.
PRESIDENTE. Prego i presentatori degli ordini del giorno di dichiarare se li mantengono, oppure se si dichiarano soddisfatti.
Onorevole Marinaro, mantiene il suo ordine del giorno?
MARINARO. Sono soddisfatto.
PRESIDENTE. Onorevole Crispo?
CRISPO. Voglio semplicemente augurarmi che venga al più presto sottoposto all’esame dell’Assemblea il decreto sull’imposta straordinaria per gli eventuali emendamenti dei quali abbiamo parlato durante la discussione.
PRESIDENTE. Onorevole Mastino Pietro?
MASTINO PIETRO. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Crispo.
PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Scotti Alessandro non è presente, si intende decaduto il suo ordine del giorno.
Onorevole Pallastrelli?
PALLASTRELLI. Mi dichiaro soddisfatto.
PRESIDENTE. Onorevole Micheli?
MICHELI. Sono soddisfatto.
PRESIDENTE. Onorevole Giannini?
GIANNINI. Mi dichiaro soddisfatto.
PRESIDENTE. Onorevole Bovetti?
BOVETTI. Ritiro il mio ordine del giorno, riservandomi di sostenere il mio punto di vista in sede di discussione del decreto sull’imposta straordinaria.
PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Patrissi non è presente, si intende decaduto il suo ordine del giorno.
Onorevole Fogagnolo?
FOGAGNOLO. Mi dichiaro soddisfatto, soprattutto perché oggi il Presidente del Consiglio ha dichiarato che il Sottosegretariato per i danni di guerra non è stato soppresso e sarà nominata la persona fisica che dovrà ricoprirlo. Ieri, invece, il Ministro del tesoro aveva affermato che il Sottosegretariato era stato soppresso e che le attribuzioni erano state affidate al Sottosegretario del tesoro.
PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Perrone Capano non è presente, si intende decaduto il suo ordine del giorno.
Onorevole Nenni?
NENNI. Mantengo il mio ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole D’Aragona?
D’ARAGONA. Insisto.
PRESIDENTE. Onorevole Angelini?
ANGELINI. Mantengo l’ordine del giorno.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno che ha la precedenza nella votazione è quello Angelini e altri, che il Governo ha dichiarato di accettare. Passiamo ora alle dichiarazioni di voto.
LUCIFERO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Onorevoli colleghi, mi ero iscritto a parlare sulle dichiarazioni del Governo ed ho rinunciato a parlare in quella sede; e forse avrei rinunciato a parlare anche in questa, se non mi trovassi in una particolare posizione e se alcuni interventi di altri colleghi non mi ci avessero, in un certo senso, costretto.
Io non posso, dopo questa discussione, alla chiusura di questa discussione, dimenticare che alla Consulta nazionale, da questo stesso banco, allora con pochissimi amici del vecchio Partito democratico italiano, io sostenni, solo, la necessità di dare al Governo una forma omogenea in modo che potesse governare secondo un determinato programma, lasciando al gioco delle opposizioni e delle forze governative quella dialettica e quei compiti, senza i quali non vi può essere democrazia. Fui solo allora, e ricordo con gratitudine l’attenzione e il silenzio con i quali fui ascoltato. Oggi non sono più solo, perché l’esperienza ha dimostrato a molti che forse il mio punto di vista non era sbagliato. Io sono debitore di questo ricordo a quelli che furono i miei compagni di lotta, i miei pochissimi compagni di lotta nei primi giorni di questa battaglia per la democrazia; ed in nome dei quali io ebbi l’onore in questa sede di sostenere la tesi che oggi mi conduce a votare a favore del Governo.
Ma c’è anche un’altra ragione che mi induce a parlare: ci sono cose che sono state dette da alcuni colleghi: c’è anzitutto l’odio dell’onorevole Nenni, l’opposizione dell’onorevole Pacciardi, una chiamata in causa, incidentale, dell’onorevole Togliatti.
PACCIARDI. Non riguardava lei; lei è già repubblicano!…
LUCIFERO. Onorevole Pacciardi, io sono italiano e servo l’Italia; in qualunque forma e in qualunque modo; ma non ho rinunciato a nessuna delle mie convinzioni, ed è in nome delle mie convinzioni che servo la Patria in qualunque sua forma e che sono un lealissimo cittadino dello Stato italiano; ed anche della Repubblica italiana, perché, ripeto, sono un leale cittadino italiano. Questo non significa che io debba rinunciare ai miei sentimenti e alle mie convinzioni.
Vi è stato poi un incredibile discorso dell’onorevole Gronchi, che non posso far passare sotto silenzio. Per quanto riguarda il partito liberale e la sua linea politica, molto più altamente di me parlerà l’onorevole Croce, e le mie dichiarazioni, quindi, sono di ordine personale, riallacciate ai motivi a cui ho prima accennato e alle chiamate dirette che io ho avuto in questa discussione.
L’onorevole Pacciardi ha invitato la Democrazia cristiana – e rivolgendosi a tutto questo settore – a rinunciare all’umiliazione della nostra presenza. Non spenderò molte parole: onorevole Pacciardi, quali che possano essere le opinioni, non è mai una umiliazione per nessuno quella di trovarsi in compagnia di galantuomini! (Applausi a destra).
PACCIARDI. Ho già detto che non riguardava lei. (Interruzione dell’onorevole Covelli).
LUCIFERO. All’onorevole Pacciardi debbo far notare che io faccio parte di un Gruppo parlamentare che rappresenta un partito politico, ed anche se io mi sono sempre vantato di essere un uomo libero ed indipendente, è nella mia libertà ed indipendenza che ho aderito al Gruppo ed al Partito liberale; ciò significa che sono con essi pienamente solidale. Quindi, quando si fanno al mio Gruppo parlamentare o al mio partito delle osservazioni alle quali io ritengo di poter rispondere, sia pure in proprio, lo faccio perché con essi mi sento pienamente solidale; e tanto più mi sento solidale in quanto io penso che è inesatta l’osservazione fatta dall’onorevole Foa, che noi siamo delle forze parlamentarmente irresponsabili. Siamo delle forze parlamentarmente responsabili perché mandate qui dai nostri elettori, qualcuno di noi da più di un collegio, ed in ogni modo non venuti qui con le cicche dei risultati elettorali. (Approvazioni a destra).
E vengo agli odî dell’onorevole Nenni. L’onorevole Nenni ha fatto una osservazione alla quale reagii immediatamente e che mi ha profondamente ferito: cioè ha detto che noi appoggiamo questo Governo – lo dico perché siamo in sede di dichiarazione di voto, perché è in queste risposte che si giustifica il voto – in odio ai partiti di sinistra.
Onorevole Nenni, lei è abituato a parlare in termini di antitesi, stabilendo dei continui dilemmi che hanno un corno mobile e un corno fisso. Il corno fisso è il caos e il corno mobile cambia secondo le circostanze. (Si ride). Noi non siamo abituati a ragionare in questi termini; noi non nutriamo odio per nessun partito, perché, se siamo liberali, non possiamo non riconoscere non solo il diritto di tutti i partiti, ma le esigenze che fanno nascere tutti i partiti. E se noi abbiamo messo delle condizioni, le abbiamo messe proprio per quel dovere democratico.
Ben rispose, a questo proposito, l’onorevole Corbino: le esclusive le abbiamo messe a noi, non agli altri. Noi non potevamo ammettere che si formasse nuovamente un Governo con forze che si paralizzassero a vicenda. Abbiamo detto quindi che le differenze fra la nostra forza politica e certe altre sono troppo profonde perché si possa collaborare con esse al Governo. Si vada dunque da una parte o dall’altra, ma non possiamo perpetuare un equivoco che ha già arrecato sufficienti danni al Paese.
E che noi abbiamo fatto questo con pieno disinteresse e con assoluto amore di Patria è dimostrato dal fatto, e l’onorevole Presidente del Consiglio ce ne può dare atto, che da parte nostra non vi sia stato nessuno di quei commerci delle vacche a cui egli è stato abituato nelle crisi precedenti, da parte di altri partiti.
Abbiamo detto che eravamo a disposizione per servire il Paese e per dare quello che ci veniva chiesto. Ci è stato chiesto uno degli uomini più cari a noi e all’Italia: lo abbiamo dato sapendo l’enorme rischio e l’enorme pericolo cui ci esponevamo, ma avendo perfetta coscienza che questo era il miglior contributo che potevamo dare al nostro Paese per la risoluzione di problemi gravissimi che altri prima di lui non hanno saputo risolvere.
Questa è l’esclusiva, onorevole Togliatti, che noi abbiamo dato: questa e non altra. Non la richiesta dell’esclusione del socialismo dal Governo, anche perché bisognerà intendersi una volta su questo termine di socialismo. I socialismi sono infatti oramai parecchi; c’è quello che può essere definito socialismo totalitario, che noi non vogliamo escludere soltanto dal Governo, ma dalla democrazia, perché non è democrazia. (Proteste a sinistra).
C’è poi l’altro socialismo; ma esso non è soltanto un socialismo vostro, è ormai di tutti; perché è merito di tutti noi se i suoi ideali non solo sono diventati universali, ma sono in parte realizzati.
E quando noi ci ribelliamo contro certo socialismo barricadiero, che non è se non un avanzo del secolo scorso, è perché queste barricate dovrebbero essere costruite fra gli edifici che ad onore del socialismo e per la battaglia del socialismo l’umanità ha già incominciato a costruire e continua a costruire.
Dopo questo io debbo dire solo due parole all’onorevole Gronchi. Fra i vari discorsi di opposizione che noi abbiamo sentito finora, il discorso dell’onorevole Gronchi è stato certamente il più velenoso, perché è stato l’unico che ha tentato di mettere in pericolo la maggioranza governativa. L’onorevole Gronchi ha qualche cosa in comune con l’onorevole Nenni e con il tenore Lauri Volpi: vi sono dei momenti per loro in cui essi debbono strappare l’applauso per forza.
MEDA. Questa è una sua opinione.
LUCIFERO. È una mia opinione, sì, perché io sono qui per sostenere le mie opinioni e non le sue, onorevole Meda. (Si ride). Le sue, sono convinto che lei le sostiene molto meglio di me. Ad ogni modo non mi permetterei di prendere il suo posto. Ma non posso passare sotto silenzio, per dignità del mio settore, la scortesia e la scorrettezza politica di parlare di «sgradite combinazioni». Onorevole Gronchi, questa è una sua opinione personale, e mi dispiace; ma noi non siamo qui per una combinazione, anche se questa opinione personale fosse condivisa dal suo partito; noi, gli «sgraditi combinati», sosterremmo ugualmente il Governo del suo partito, perché siamo profondamente convinti che questo sia in questo momento l’interesse del Paese. (Applausi a destra). E badi l’onorevole Gronchi a non assumere certe eredità e a non prendere lui l’iniziativa di fronte al nuovo Governo, di quei doppi giochi che sono stati deplorati nei confronti di altri partiti verso i Governi precedenti.
MAZZA. È stato un granchio di Gronchi. (Si ride).
LUCIFERO. Con ciò non posso che compiacermi della voce nuova, con la quale oggi ho sentito parlare il Presidente del Consiglio.
Vi sono indubbiamente verso questo Governo delle perplessità. Se l’adesione potesse essere completa, sarei democristiano, e non lo sono. Però vi è un avviamento alla fiducia che apre le speranze verso l’avvenire. Finalmente noi speriamo di vedere avviata la nostra politica verso la democrazia parlamentare, cioè noi vediamo riportata nella sua giusta sede quella dialettica, che erroneamente era stata portata nei Governi precedenti e che quei Governi ha paralizzato.
Questo ci apre il cuore alla speranza, e quindi, il voto di fiducia che do oggi all’onorevole De Gasperi non è soltanto un voto di fiducia: è qualche cosa di meno e qualche cosa di più. È qualche cosa di meno, perché non possiamo dimenticare completamente – almeno io non posso dimenticare – certe responsabilità degli uomini, o di alcuni uomini, che compongono questo Governo; è qualche cosa di più, perché è veramente, almeno per me, il voto della speranza nell’avvenire della Patria.
Dio vi assista, onorevole De Gasperi, perché questa speranza diventi realtà. (Applausi a destra – Commenti a sinistra).
NITTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NITTI. Debbo accusare me stesso. Ho assistito a queste discussioni con disattenzione, alcune volte, forse con troppa disattenzione, come un assente. Troppi discorsi, troppe dissertazioni dei partiti e sui partiti! Voi sapete la mia opinione: i partiti sono inevitabili. I partiti nel nostro regime attuale, nel nostro Paese, non sono però una grande forza, se si consideri la loro azione. Non trovano il modo né di vivere isolatamente, né di vivere insieme. L’attuale controversia in fondo nasce da una separazione, dopo un dissenso; la separazione dei democristiani, dei comunisti e socialisti. Quale è stata la causa? quale l’effetto? L’effetto da parte dei comunisti non è finora l’odio né l’invettiva amara dei socialisti e dei comunisti contro il partito democratico cristiano. Nulla di aspro né di duro: ma piuttosto una discussione malinconica. Par che si dica: «eravamo nati insieme, dovevamo morire insieme».
Questo distacco dei tre partiti è stato il tono della discussione di quella parte che sembra la più cattiva e qualche volta la più aspra.
Si è fatta accusa all’onorevole De Gasperi di avere rotto la solidarietà del tripartito, che, nato insieme, sotto forme diverse, dall’esarchia, e vissuto fino adesso, doveva finire insieme.
Si è trovata quasi una infrazione costituzionale; vi era, si è detto o si è lasciato dire, quasi un patto che non si poteva rompere.
La verità è che l’onorevole De Gasperi può essere accusato di tutto, fuorché di avere infranto un patto costituzionale.
I tre partiti di massa si sono presentati alle elezioni l’uno contro l’altro, hanno lottato l’uno contro l’altro, poi si sono uniti e ora si possono disunire. Il fatto essenziale è che non si siano presentati alle elezioni con uno stesso programma: ognuno aveva un programma diverso e lottava contro gli altri; hanno creduto utile unirsi temporaneamente, si possono ora disunire senza rompere un patto, che poteva venire rotto ogni giorno.
Quindi, l’accusa non va portata nel campo della costituzionalità; va portata, se c’è, nel campo della convenienza politica.
Ora, ciascun partito è arbitro della sua azione, secondo la sua convenienza.
Io devo (non vi scandalizzate, qualche volta mi accade anche qualche paradosso) non solo difendere l’onorevole De Gasperi dall’accusa di incostituzionalità, ma dire anche che, se ha prodotto il dissidio, non poteva agire diversamente. Dover fare un Governo. Si può avere un cattivo Governo, ma bisogna avere un Governo. L’onorevole De Gasperi si è trovato nella situazione di non potere formare un Governo se non con la formula attuale. Quando egli ebbe la cortesia di consultarmi, una sola cosa gli dissi: scegliere la via meno cattiva e a ogni modo fare un Governo.
Non si può lasciare il Paese nell’incerto. Noi siamo dal 16 maggio senza un vero Governo che non sia in crisi o in stato di debolezza tale da non potere agire. Il Governo deve essere in condizione di agire, perché – fatemi dire la verità – noi siamo in una situazione mortale! Ed io vi dirò cifre che vi turberanno, ma vi devo parlare un linguaggio di verità. (Commenti). Bisogna avere un Governo e bisogna che il Governo resista in queste ore difficili.
Ora tutti i partiti non sono soltanto in lotta fra loro, ma sono quasi tutti, in questa follia che dilaga l’Italia, anche in lotta all’interno del partito. Ogni partito è diviso, ogni partito tende a bipartirsi o a tripartirsi, e partiti sorti adesso o nascenti sono già divisi.
Si sente dovunque il bisogno di qualche cosa di solido e di stabile. Abbiamo bisogno di poggiare il piede su qualche cosa di serio e di durevole, quale che sia, da una parte o dall’altra. Abbiamo bisogno di qualche cosa che ci dia il senso della continuità e della certezza: e pare dovunque camminare su sabbie mobili.
Voi sapete che io non ho desiderî né aspirazioni. Quando qualche settimana fa potevo fare il Governo, non l’ho voluto fare. Non avrei voluto fare un Governo secondo le mie idee e secondo gli scopi precisi che mi proponevo. A me importava assai poco fare un programma, ma realizzare un programma.
Ma ora un Governo occorre che dia un senso di continuità.
Il Paese si trova in condizioni così gravi che anche risorse più fondamentali possono venire a difettare se non a mancare da un momento all’altro. Il Governo afferma di aver bisogno subito di trecentocinquanta milioni di dollari, che attende da amici lontani, cioè dall’America. Questi trecentocinquanta milioni di dollari io non vedo come si possano ora ottenere seriamente. Tutt’al più, con uno sforzo, si può riunire forse metà di questa somma: avanzi dell’U.N.R.R.A., ed altri elementi che è possibile utilizzare. Ma non possiamo fare calcolo in modo assoluto sull’America. Ho già spiegato il meccanismo che adotta adesso l’America; dobbiamo procedere cauti nel domandare, e purtroppo c’è anche la probabilità di non ottenere nulla.
E quante cause di nuove ansie! Noi siamo minacciati da pericoli veri e non lontani. Il raccolto di grano di quest’anno è il più basso che si ricordi da molti anni. (Interruzioni – Commenti).
Ci basterà tutt’al più fino a ottobre. E dopo fino al nuovo raccolto? I prezzi sono già alti e probabilmente non diminuiranno, anzi aumenteranno. Il Ministero dell’agricoltura americana ha segnalato la deficienza di grano nel mondo. Noi avremmo bisogno di almeno ventinove milioni di quintali e cioè ai prezzi correnti trecentocinquanta milioni di dollari alla fine di quest’anno, e nel prossimo per comperare le quantità mancanti che ci sono necessarie. E quali sono le riserve di dollari del Tesoro italiano in questo momento? Ho insistito molto con l’onorevole Einaudi perché abbia un programma e fin da ora se ne occupi.
Qualunque persona, anche mediocremente informata, lo sa. Quasi nulla. Occorre dunque una grande serietà, una grande serenità per affrontare le grandi difficoltà che ci attendono.
In queste condizioni io non voglio creare nessuna difficoltà a coloro che ci governano. So come è penosa la loro situazione e so quello che rischiano, quello che, se hanno coscienza delle loro responsabilità, devono soffrire.
Dobbiamo pensare a una cosa sola, all’Italia minacciata nella sua stessa esistenza. Superare la minaccia finanziaria ed evitare la inflazione deve essere il compito dei mesi prossimi. E poi, quali duri compiti ci riserva l’anno prossimo e quali i seguenti? E di fronte a questa triste realtà, che si può superare solo con visione realistica e con animo fermo e intrepido e volontà di lavoro, quanta incoscienza, e anche quanta dissipazione delle cose anche più necessarie! E quanti fatui progetti di avvenire!
Così anche alcune proposte e alcuni progetti finanziari mi sembrano sotto apparenze promettenti cause di nuovi danni. Non devo dissimulare la mia profonda avversione per la imposta patrimoniale, mal pensata, mal congegnata ed al momento più inopportuno, perché non avrà altra funzione che quella di turbare profondamente il Paese, e che nella forma in cui la si vuole attuare non serve al presente né all’avvenire. Perché non pensiamo prima di salvare la lira e di fare una seria politica finanziaria?
Sono convinto che, applicata ora e nella forma attuale, l’insuccesso, anche dal punto di vista finanziario, sarà esasperante. È stato più un atto di vanità che di serietà. Sempre la demagogia inconcludente! Quali sono i programmi finanziari? o quale dovrebbe essere, per dir meglio, il vero programma finanziario del Governo? Raccogliere il maggior numero di entrate che è possibile nella forma che danneggia il meno possibile e che non rompe l’unità della vita nazionale. Spero che l’onorevole De Gasperi sia sulla buona via: e però egli non deve arrestarsi alle forme di apparenza. Il programma finanziario con cui l’onorevole De Gasperi si è presentato è già per tre quarti caduto o non è reale.
L’onorevole De Gasperi aveva annunziato che egli continuava il programma che era stabilito nell’unione dei tre partiti di massa; nel programma erano molte cose, che poi sono cadute, come i 14 punti dell’onorevole Morandi, che sono caduti prima anche dell’onorevole Morandi. Altre cose annunziate sono cadute e non si potranno far risorgerei. Ma non importa.
Occorre concentrare ogni sforzo nell’evitare tutto ciò che nelle imposte è apparenza, demagogia, spettacolo: sono soprattutto le imposte dirette, le imposte di fabbricazione, i monopoli (Interruzioni a sinistra) che devono essere migliorati e bisogna che le imposte siano realmente pagate. In realtà in Italia vi sono imposte dirette che non si pagano, e anche imposte indirette e monopoli che bene amministrati dovrebbero essere ben più fruttiferi.
La difesa della lira, che ora non è sufficientemente fatta, deve essere seguita con la più grande efficacia. È mia convinzione – e non solo convinzione – che si speculi troppo sulla lira, anche da italiani fuori d’Italia. L’onorevole Einaudi ha il dovere, insieme al Ministro Merzagora, che ha chiara intelligenza ed è competentissimo in questa materia, di andare incontro alla speculazione e dare degli esempi a chiunque sia il responsabile, anche se si tratti delle più grandi autorità bancarie. Diano la sensazione che niente resterà impunito; e qualche arresto intelligente può forse giovare alla difesa della lira più che molti discorsi. Io dunque confido che il programma finanziario non sarà fatto solo a parole. Nella difesa della lira confido in un’azione realistica. E come non sono legato a nessun partito, a nessun gruppo, né ho da difendere nessuna persona, io desidero anche, e anzitutto, che si definisca l’azione stessa del Governo. Parliamo con lealtà con gli amici di questa parte. (Accenna alle sinistre). Vi è una certa non giustificata diffidenza o una certa preoccupazione per l’azione che possa avere il Governo di un solo partito.
Il Governo di un solo partito è nei tempi ordinari la forma normale e anche una necessità. È un vantaggio anche in tempi agitati, mette fine, quando è possibile, a Governi agitati, che composti di vari partiti paralizzano la loro stessa azione e soffocano tutte le iniziative utili.
Che vi sia al Governo un partito che ne formi la base non è dannoso: nei periodi agitati può anche essere utile, a condizione che la maggioranza che lo compone abbia la forza per credito e sicurezza e dignità di programma.
Ma io mi spiego molte delle vostre diffidenze.
Questo Governo (dobbiamo parlare linguaggio sincero, non convenzionale) dunque è formato da un solo partito, che ha esso solo press’a poco i due quinti dell’Assemblea. È responsabile di gran parte del passato e ha tendenze che non sono della maggioranza: si teme possa quindi far prevalere ragioni di partito a quelle della nazione. Si teme sopra tutto la politica interna; e noi siamo di fronte a non lontane elezioni generali. Le elezioni possono anche da un Governo di parte essere fatte indubbiamente con relativa obiettività. Io so come feci le elezioni generali del 1919 e so anche come si son fatte prima e dopo di me. Io so che un Governo può fare azione diversa in pubblico e in privato. Un Governo che sia solo di un partito e che abbia un Ministro dell’interno del suo partito e che quindi possa farsi guidare nella sua azione dai suoi interessi e dalle sue passioni (qui siamo tutti candidati), se il Ministro dell’interno non agisce in tale modo da essere garanzia per tutti di onestà e di equità, è un pericolo.
Ora mi spiego alcune preoccupazioni e non poche diffidenze; mi spiego anche che vi sia una preoccupazione nell’ordine politico anche più grande che nell’ordine finanziario. Qui si tratta di molte centinaia di miliardi che formano le spese fino a quando vi sarà una nuova Assemblea. Si tratta di spese di miliardi di cui il Governo e il partito che lo forma dispongono, senza che vi sia nessun controllo. Con le categorie attuali del bilancio, estese e incerte, è potere illimitato e pericolo permanente di abusi. Con le pressioni che vengono da ogni parte, e anche dal partito unito al Governo, ogni resistenza è difficile.
In ogni modo non si può negare che rischiamo di andare sempre più verso spese politiche crescenti, crescenti pressioni politiche e di partito, e verso nessun controllo.
L’onorevole Einaudi rifletterà su ciò che bisogna fare e io non oso precisare in materia simile.
Certo occorre prima di tutto dare diversa conformazione al bilancio.
Si è venuta sempre più affermando la cattiva abitudine di dividere il bilancio in enormi capitoli per cifre enormi di miliardi. Vi sono categorie in cui si trova modo di unir tutto, di comprender tutto.
Quasi nessun limite al disordine e anche in qualche caso, allo sperpero e al favoritismo. Oltre le enormi spese per i gabinetti, vi sono stati procedimenti che non avevano avuto mai precedenti per la loro scandalosità.
Sperperi e cattive consuetudini di gravità limitata: un Ministro che entrava al Governo dava una somma grossa come premio ai suoi impiegati e altra somma andando via dal Governo e un’altra se ritornava al Governo. Abitudini quasi familiari di finanza dello Stato e modi di considerare il denaro pubblico con troppa indulgente larghezza non rappresentano tanto un diretto danno o pericolo quanto una concezione dello Stato assurda e dannosa.
Prima vi erano diversi partiti e spesso opposti al Governo. Il danno e il pericolo in parte si compensavano. Ora sarebbero nella stessa direzione.
Una diversa sistemazione del bilancio e diversi sistemi di controllo sono dunque necessari.
Ora vi è uno speciale Ministro del bilancio. Di che si occuperebbe se non prima di tutto della forma del bilancio nella difesa della serietà finanziaria?
Io non ho in questi miei avvertimenti alcuna intenzione politica e tanto meno di situazioni ministeriali.
Ma non temo di dichiarare che, lontano dal Governo attuale e non consentendo in molti suoi propositi, desidero evitare quanto più possibile ogni crisi ministeriale. Nel momento attuale niente crisi! Si parla invece troppo di crisi e si fan calcoli sui piccoli partiti che si uniranno o si disuniranno.
Ebbene: si parla in continuazione di voti: tanti voti favorevoli al Ministero, tanti voti contrari. So tutte le difficoltà interne e il logorio interno dei partiti e dei gruppi. Si discute in qualche gruppo se dare il voto favorevole e per quanto tempo, o il voto contrario e fino a quando. Per ora esiste una sola necessità e non vi paia strano che io lo affermi: noi siamo stati già, per molto tempo, senza Governo. La caduta del Governo in questo momento, oltre che dare un grande discredito all’estero, verrebbe anche a coincidere con le dimissioni del Capo provvisorio dello Stato e verrebbe anche a coincidere con l’approvazione di quel Trattato di pace che il Ministero attuale e personalmente l’onorevole De Gasperi e l’onorevole Sforza hanno avuto il torto di non presentare ancora, benché io li abbia richiamati a far ciò, perché è inutile continuare ancora ad ingannare il pubblico. Quel Trattato va approvato senza discussione.
SFORZA, Ministro degli affari esteri. Ho detto ieri che è un dovere urgentissimo, onorevole Nitti.
NITTI. Quindi noi dobbiamo in questo momento, liberi nell’avvenire, assolutamente evitare una nuova crisi che creerebbe un grande imbarazzo per l’Italia. Ora è necessario avere un Governo. Voi adesso mi domanderete come io voterò. Ebbene io desidero che il Ministero non cada. I miei amici voteranno tutti in favore e qualcuno solo si asterrà.
Poiché io, con le mie idee, i miei precedenti, le mie manifestazioni non posso dar voto di fiducia, desidero personalmente astenermi. Si provveda alle necessità del presente e avremo modo di precisare la nostra azione in avvenire nell’interesse del Paese. (Commenti).
PRESIDENTE. Credo che nessuno mi rimprovererà di aver permesso che alcune dichiarazioni di voto occupassero un tempo maggiore del consueto; ma poiché penso appunto che i colleghi credono che queste dichiarazioni di voto debbano essere un poco accelerate, mi rimetto alla discrezione degli onorevoli colleghi che chiederanno di parlare, perché si attengano alle necessità di questo momento.
D’ARAGONA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D’ARAGONA. Onorevoli colleghi, desidero fare una breve dichiarazione di voto, a nome del Gruppo del Partito socialista dei lavoratori italiani. Il mio Gruppo, rilevando che in meno di quattro anni l’Italia si trova di fronte alla undicesima formazione ministeriale, prima di associarsi alla responsabilità della dodicesima crisi, ha voluto riflettere ponderatamente al danno eventuale che questa successione cinematografica di Ministeri può produrre all’economia e alle istituzioni democratiche e repubblicane, che con fatica vanno affermandosi nel nostro Paese.
Se l’Italia avesse avuto un partito socialista indipendente, libero e democratico, non vi è dubbio che questo avrebbe potuto, anzi dovuto, porre la sua candidatura alla direzione politica del nostro Paese. (Approvazioni). Purtroppo noi abbiamo ridato vita ad una libera esistenza del pensiero e dell’azione socialista da troppo breve tempo, per poter pretendere di essere l’elemento principale di un Governo omogeneamente democratico e repubblicano, deciso a conseguire con onesta concordia di forze, quel programma minimo, economico e sociale, che abbiamo già enunciato e che, secondo noi, è l’unico raggiungibile nelle attuali condizioni storiche ed economiche del nostro Paese.
Per uscire dalla mortifera impotenza delle alleanze tra forze sostanzialmente inconciliabili, dopo il fallimento della formula utopistica dell’union sacrée, non rimane che affidare il Governo del paese ad una unione, possibile nell’attuale schieramento parlamentare, di forze politiche repubblicane, democratiche e socialiste che abbiano quel tanto di omogeneità necessaria per assicurare una fattiva, costruttiva e concreta azione di Governo.
L’onorevole De Gasperi non ha ritenuto possibile accettare le nostre proposte, che non volevano essere, e non erano, la richiesta di un monopolio per il nostro Gruppo, ma soltanto la ricerca di un minimo di omogeneità di intenti per garantire la possibilità di un’azione concorde fra gli elementi chiamati a dirigere i dicasteri economici e finanziari, ed ha preferito costituire un Governo, cosiddetto tecnico, poggiante sulle forze conservatrici di questa Assemblea.
Il mio Gruppo non può dare la sua fiducia ad un Governo di siffatta specie. D’altra parte, non desideriamo che le sorti del nostro Paese siano affidate ad un Governo tripartito, e forse sarebbe più preciso chiamarlo bipartito, come hanno dimostrato, ancora una volta, i discorsi qui ascoltati; non desideriamo che si ritorni ad un Governo la cui interna antinomia porti a continuare il nullismo sin qui constatato.
Non spirito agitatorio od insufficiente coscienza del danno delle ripetute crisi ci portano a negare la nostra fiducia a questo nuovo Ministero De Gasperi, ma la ferma convinzione che nell’interesse delle classi lavoratrici, dei cittadini che traggono dal loro lavoro i mezzi di sostentamento, è necessario l’avvento di un Governo sinceramente e sicuramente democratico e repubblicano, efficiente e durevole. (Applausi).
COVELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COVELLI. Il voto al Governo, a nostro avviso, sia esso di fiducia o di sfiducia, ha, nell’opinione pubblica, un valore assai più ampio e, oserei dire, più alto. Il voto al Governo si riflette nell’opinione pubblica come un voto di fiducia o di sfiducia nella possibilità di rinascita del Paese, nella volontà delle forze sane di uscire finalmente da questa situazione. È per questa considerazione che i monarchici, tanto per accontentare l’onorevole Pacciardi, quelli che pure servendo lealmente gli interessi del Paese sono rimasti per doverosa e spontanea coerenza, per rispetto verso i propri elettori, sulle decisioni del 2 giugno, i monarchici sentono tutta la responsabilità di assumere ciascuno col voto della propria coscienza, un atteggiamento preciso nei confronti dell’opinione pubblica.
Io esprimo il parere ed il punto di vista del Partito nazionale monarchico, che mi onoro di rappresentare in quest’Aula insieme ad altri colleghi. Il Governo si presenta a noi sotto molteplici aspetti. È questo Governo, soprattutto nella persona del primo responsabile, il Governo della Repubblica del 2 giugno. Ed il Presidente di questo Governo, l’onorevole De Gasperi, che ha sollecitato il titolo, che nessuno vorrà invidiargli, di socio fondatore di questa Repubblica, ha in questo Governo, per la difesa della Repubblica, un complesso di leggi da avviare alla discussione, che fanno fremere nella tomba il più sagace sostenitore di Francesco Giuseppe. (Commenti). Ha questo Governo la tara della proclamazione della Repubblica. (Commenti a sinistra). Dopo di allora ogni legge sembra diventata un’opinione, al punto che lo stesso Capo dello Stato, per quanto provvisorio, vuole andarsene, temendo egli stesso di diventare un’opinione dell’onorevole De Gasperi. Motivi questi sufficienti perché si voti contro.
Ha, però anche, questo Governo, a nostro avviso, una o delle caratteristiche favorevoli. È uscito finalmente dalla formula dei compromessi, che tanto danno ha arrecato all’opera di ricostruzione del Paese; rappresenta, nella sua omogeneità, il risultato più concreto della nostra critica, che è stata sempre obiettiva: unicità di indirizzo, organicità di programma, e quindi responsabilità, senza possibilità di attenuanti, questa volta, nei confronti del Paese.
Rappresenta oltre tutto – e questo è determinante per noi – l’inizio del processo di revisione che noi chiedemmo per tutti gli errori che si sono consumati in Italia. (Proteste e commenti a sinistra).
Sotto questo profilo, il nostro atteggiamento di contrari si trasforma in quello di perplessi. Se non che, non possiamo dimenticare di essere monarchici (Rumori – Commenti a sinistra) ed in quanto tali rappresentanti qui dentro della tradizione unitaria di un istituto che l’unità d’Italia costruì con l’ausilio ed il consenso di tutte le energie popolari, monarchiche e repubblicane. (Approvazioni a destra – Commenti e interruzioni a sinistra).
L’onorevole De Gasperi, forse non invano, si è rifatto nel suo discorso ai concetti di unità e solidarietà nazionale, concetti che noi sentiamo sempre volentieri riecheggiare, perché sono nati dall’animo generoso del re all’atto della sua amara partenza. (Applausi a destra – Commenti e interruzioni a sinistra).
Una voce a sinistra. È fuggito!
BENEDETTINI. Ma chi è fuggito?
COVELLI. Orbene, siamo nelle condizioni di poter superare questa perplessità, e vogliamo questa volta credere alla sincerità dell’onorevole De Gasperi (Commenti – Interruzioni a sinistra) e raccogliere – e mi riferisco al tramite del socio fondatore della Repubblica – l’istanza del Paese, che ci impone di votare per la sua tranquillità. Ebbene, noi voteremo a favore del Governo De Gasperi. (Rumori – Interruzioni a sinistra).
Col nostro voto intendiamo dare credito al Governo ed anche alla Democrazia cristiana, almeno per quella parte che ancora il Governo rappresenta, per le fortune del Paese. (Approvazioni a destra).
BERTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTINI. Le brevi parole che io posso pronunciare (stiano tranquilli i colleghi del Gruppo) saranno improntate alla più schietta fraternità, ma anche, per altro, a quel senso di franchezza a cui in cinquant’anni di vita politica mi sono sempre attenuto.
Se talvolta esercito la critica, anche su quelli che sono gli atti del Governo, espressione della mia parte – e li esercito anche sul partito – voi non potete dimenticare, o signori, il travaglio che, durante questi cinquant’anni, ha vissuto la mia coscienza, fin da quando, con Romolo Murri, cui rivolgo il mio pensiero reverente, ebbi in Italia a combattere le prime e rudi battaglie per l’affermazione della democrazia cristiana. (Approvazioni al centro).
Allora essa era spregiata a destra ed a sinistra; e noi tirammo avanti senza timore, perché d’altra parte non ci allettava la speranza né di prebende né di onori. La nostra posizione è rimasta tale e quale, almeno per i pochi che, con sicura fede democratica, non hanno ceduto alle lusinghe del fascismo. Siamo rimasti con l’azione di cultura, con l’azione professionale indipendente, con aspre lotte davanti a tutti: a mantenere in Italia la sementa della nostra attività e la fede viva di una coscienza cristiana, associata al prestigio ideale della democrazia. (Applausi al centro).
Perciò, o signori, io mi rendo conto del valore che possa oggi avere da parte mia il consenso o il dissenso con l’attuale Ministero. Io non ho nulla da mutare a quelle che sono state le vere critiche espresse da me nel momento in cui non era contestata la libertà della critica; quando cioè questa libertà era permessa senza ledere la disciplina. (Approvazioni).
Ma oggi, o signori, dopo avere ascoltato i pareri delle diverse parti dell’Assemblea ed anche l’intonazione eccessivamente polemica presa dalla discussione, ritengo che, da parte mia, occorra esaminare se vi sia la possibilità di evadere da uno stato di emergenza nel quale, come fu detto da un autorevole collega, sia permesso di sottoporre liberamente al nostro giudizio l’esistenza dell’attuale Ministero o se, viceversa, in questa impellente condizione, sia esclusa la possibilità, come diceva or ora col consueto senso realistico l’onorevole Nitti, di sostituire ad esso una diversa combinazione destinata comunque a subire le stesse difficoltà del Ministero attuale.
Di fronte dunque ad esso, impegnato faticosamente a risolvere complessi e gravi problemi, io non avrei il coraggio, nonostante i dissensi, di occultarmi, venendo meno a un dovere di solidarietà. Ora che la Democrazia cristiana è impegnata in condizioni di altissima responsabilità, io non posso essere solidale se non con essa e soltanto con essa. (Applausi al centro).
Però la critica intendo esercitarla anche oggi, perché a Roma non si vede il Paese come lo vede chi, da buon provinciale, stando lontano da Roma, tiene lo sguardo aperto continuamente su quello che nel Paese si dice, si pensa e magari erroneamente si critica.
Esiste in Italia oggi una situazione amorfa di malcontento, alla quale si pretenderebbe opporre il rimedio d’un Governo dì facili vedute e facili espedienti. Tale è la situazione che, a contatto del pubblico, possiamo raffigurarci esattamente in questo momento.
Qualcuno si sbarazzerebbe ben volentieri della Repubblica e della democrazia, disposto ad accarezzare ancora, non ammaestrato dagli avvenimenti dolorosi di 25 anni, la mano d’un despota, quasi un sedicente messo della Provvidenza per restituirci il benessere agognato. Perciò, dico all’onorevole De Gasperi con lealtà e con fraternità: Questa folla di sbandati può rappresentare una illusione e un pericolo, se si desse a pensare che combattendo i socialisti o l’estrema sinistra, col tenerli fuori dal Governo, il rimedio sarebbe trovato, passando sopra, come nel 1920-1922, alle forze del popolo e delle sue organizzazioni legittime.
Contro questa illusione cerchiamo di opporre ogni forza di persuasione. La mia critica fu diretta appunto a questo: a disfare un’utopia, la quale rappresenterebbe un rinascente substrato di filo-fascismo.
Vengo ad un’ultima considerazione. Starà al condottiero guardarsi dai marosi nei quali la barca potrebbe essere impegnata, e naufragare, oppure veder compromesso il giusto impulso del suo guidatore. L’energia del Governo dev’essere rigida nel distinguere, tra i voti che andranno ad esso oggi, ciò che potrebbe essere allettamento a mutazione di indirizzo, affievolendo l’efficacia operosa e pratica dei principî democratici, sui quali intendiamo che esso abbia a continuare con fermezza la propria via.
PERTINI. In questo ha ragione!
BERTINI. Con siffatta persuasione, affermo l’utilità di una doppia corrente, e magari di una terza corrente, nel seno della Democrazia cristiana. Io detesto le forme di pecorile adattamento che menomano l’educazione di un partito, attentano alla sua valorizzazione, lo privano di quella efficienza intima e fattiva, di cui dobbiamo sapere dare col nostro esempio sostanziale addestramento al Paese.
Proprio con tale convincimento rimango al mio posto nel partito, non separato dai miei amici che nel dissenso hanno saputo essere verso di me fraternamente collegati, come lo fui con loro in ogni momento. Terrò il mio posto di sinistra, con la sinistra democratica, perché un tale atteggiamento servirà di compenso e di controbattuta ad ogni tentativo che pensasse di sterzare a destra la barca del Governo.
Questa fu sempre la mia forza, questa è la mia tradizione di lavoro; e poiché fu sempre radicata in me la convinzione che la Democrazia cristiana abbia una funzione utilissima di sociale progresso e di equilibrio civile nella vita dell’Italia, come ho lottato da giovane, lotterò da vecchio, per tramandare ai miei figli un esempio di coerenza, di onestà, di apostolato, fermo e fedele ai principî fondamentali della mia coscienza e del mio pensiero. (Applausi al centro – Commenti).
PASTORE GIULIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE GIULIO. Prendo la parola per una brevissima e semplice dichiarazione di voto, che non avrei fatta, se nel suo intervento il collega Di Vittorio non avesse fatto qui largo uso del nome della Confederazione generale italiana del lavoro.
Poiché ciò può aver dato luogo ad equivoco, desidero precisare, nella mia qualità di rappresentante di una non lieve aliquota di lavoratori italiani, che nell’odierno dibattito la Confederazione non può e non deve essere coinvolta. In ogni caso è da considerarsi arbitrario il voler preventivamente riscontrare un contrasto fra gli obiettivi confederali e il programma dell’attuale Governo.
Ricordo che in Confederazione approvammo i 14 punti del precedente Governo: siamo stati per il tesseramento differenziato, siamo sempre stati per una politica sociale avanzata per i lavoratori della terra.
Orbene, questi postulati io ho sentito enunciare qui dal Governo De Gasperi. Per questo voterò la fiducia al Governo, convinto che la maggioranza degli uomini che lo compongono ispireranno la loro azione all’indirizzo sociale del mio partito. Il che mi garantisce fin d’ora che sarà intrapresa un’immediata ed energica azione contro gli speculatori e che saranno prontamente adottati tutti i provvedimenti atti ad assicurare alle classi lavoratrici – ed in primo luogo ai pensionati ed ai disoccupati – un più alto e più degno tenore di vita. (Applausi al centro).
GIANNINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Avremmo potuto risparmiarci e risparmiare a voi, onorevoli colleghi, questa dichiarazione di voto. Senonché, il nostro ottimo amico onorevole Gronchi ci obbliga a farla.
Diciamo dunque all’onorevole Gronchi che, anche se egli avesse parlato in modo più bizzarro, noi avremmo ugualmente votato a favore del Governo. Noi votiamo nel nostro esclusivo interesse (Commenti), in quanto riteniamo che questo esperimento di Governo ci sia utile: utile a noi come partito…
Una voce a sinistra. E al Paese?
GIANNINI. …e utile al Paese. È questa la mia convinzione.
Noi abbiamo sentito dire per molti mesi, per due anni e più – mentre c’era un Governo prima di sei partiti, poi di quattro, poi di tre, poi di due e mezzo – che certe cose non si potevano fare perché nel Governo i comunisti si opponevano a che si facessero, oppure che si dovevano fare perché – che so? – gli azionisti pretendevano che si facessero. Allora noi abbiamo auspicato un Governo privo di opposizioni interne, per avere la possibilità che ci sia risparmiata questa scusa in avvenire, scusa che questo Governo ormai non ha più. Esso non potrà dirci domani che non ha fatto quello che doveva fare perché i comunisti che c’erano dentro glielo hanno impedito.
I comunisti ora sono fuori. Questa è una delle altre ragioni che avrebbero spiegato il nostro atteggiamento, e che non ho voluto dire l’altro ieri perché intendevo tenere – come ho tenuto – il mio discorso su un tono di cordialità.
Oggi ho dovuto dirvelo. È dunque anche per questo che noi diamo credito al nuovo tentativo dell’onorevole De Gasperi. Sarà un credito pieno, come si usa fra galantuomini, ma sarà credito a breve scadenza, perché non possiamo scontare cambiali troppo lunghe. Ci auguriamo che l’onorevole De Gasperi, nel suo patriottismo, nella sua buona volontà e nella sua laboriosità, ci convincerà a rinnovargli il credito alla scadenza: e, se potremo farlo, lo faremo col massimo piacere. (Applausi a destra).
SCOTTI ALESSANDRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOTTI ALESSANDRO. Ben volentieri avrei votato per la Democrazia cristiana, con la quale condivido gli stessi principî morali e spirituali; ma il vivo malcontento per i gravami fiscali e per il trattamento degli agricoltori, mi consigliano l’astensione.
Mi auguro che il nuovo Governo, trattando meglio gli agricoltori, mi permetta la prossima volta di votare a suo favore.
CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIANCA. Il Presidente del Consiglio può farci testimonianza che, durante le trattative svolte in occasione dell’ultima crisi, noi abbiamo affermato la necessità di evitare la formazione di Governi che per la troppo vasta loro eterogeneità includessero il rischio di dissolversi rapidamente nelle loro intime contraddizioni; e abbiamo affermato altresì la necessità che si procedesse alla creazione di un Governo di concentrazione repubblicana democratica con una direttiva economica di intervento pubblico democratico.
Io non mi attardo sul processo delle responsabilità a cui l’onorevole De Gasperi nella sua dichiarazione ha accennato. Dico che lo stesso onorevole De Gasperi ha dovuto oggi confessare il fallimento integrale del tentativo politico al quale si era accinto. È da questo che nasce la responsabilità politica alla quale l’onorevole De Gasperi ha fatto appello.
L’onorevole De Gasperi, nella parte conclusiva del suo discorso, ha anche auspicato la collaborazione della Democrazia cristiana, sul piano repubblicano, con la democrazia laica e socialista. L’onorevole De Gasperi sa che noi siamo su queste posizioni dal 1944, ma mi consentirà anche di dirgli che da una parte della sua dichiarazione è esplicitamente risultato come, non volendo o non potendo insistere nel tentativo della formazione verso cui andavano le sue primitive dichiarate speranze, egli si sia limitato prima ad accordi particolari colla Confederazione del lavoro e con la Confederazione dell’industria, e, in un secondo momento, soltanto con la Confederazione dell’industria. Il che spiega la formazione di questo Governo. (Commenti).
L’onorevole De Gasperi ha detto che bisogna consolidare la Repubblica; che bisogna salvare le premesse di un futuro democratico. Noi – non abbiamo bisogno di dirlo – intendiamo il valore di questa posizione e raccogliamo l’invito; ma appunto per questo diciamo che non si può consolidare la Repubblica formando un Governo di sostanziale minoranza, il quale trova il suo appoggio nelle forze monarchiche ed in quelle forze di destra le quali hanno dato una esplicita motivazione al loro voto. E se di questa motivazione degli spiriti politici non sanno misurare la gravità, vuol dire che falliscono al loro compito. (Applausi a sinistra).
Una voce a destra. Vogliamo il bene della Patria.
CIANCA. Non scendo a polemizzare con certe interruzioni.
L’onorevole De Gasperi ha anche assegnato gli obiettivi a cui la Repubblica dovrebbe tendere. Se si tratta di obiettivi di libertà e di democrazia, questi sono i nostri obiettivi. Ma appunto perché dobbiamo salvaguardare la Repubblica, appunto perché vogliamo avvicinarci a questi obiettivi e non allontanarci da essi, noi, che abbiamo presentato un ordine del giorno insieme con i repubblicani, con i democratici del lavoro e con il partito socialista dei lavoratori italiani, affermiamo che la responsabilità, al cui senso ci ha richiamato l’onorevole De Gasperi, ci impone di votare contro questo Governo. (Applausi a sinistra).
Votando contro questo Governo sentiamo, con serena ma ferma coscienza, di salvare appunto la Repubblica (Rumori a destra), di salvare gli obiettivi indicati dall’onorevole De Gasperi e le possibilità democratiche del futuro. (Applausi a sinistra – Commenti).
CROCE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CROCE. Il Partito liberale vota la sua fiducia nella presente composizione ministeriale, e nel fare questa dichiarazione stima superfluo aggiungere che rimane fedele all’idea che regge ogni suo atto e che lo porta in alcuni punti sostanziali a contrasti con il Partito della Democrazia cristiana. È evidente che prima che un individuo si risolva ad essere liberale o democristiano è necessario che esso sia vivo; e l’Italia non potrà coltivare l’una o l’altra fede se muore, cioè se cade nella rovina economica, politica e morale che al presente la minaccia. Il dovere di salvare la nostra Patria primeggia sugli altri che a lei si riferiscono, e ci rende favorevoli al Ministero democristiano che lo ha posto a suo fine precipuo e attuale e ci unisce nel sostegno che diamo al conseguimento di questo fine precipuo e attuale. Mi pare che uno degli oratori che hanno parlato ieri, nell’accennare con una punta di spregio a siffatti legami, come li ha chiamati, occasionali e transitori fra i due partiti, si sia espresso alquanto bassamente, o che, in ogni caso, abbia mancato di dire che si tratta di una occasione assai alta e di una transitorietà che si spera possa essere una rapida vittoria, dopo la quale ciascun partito ripiglierà la sua opera propria e specifica.
Ho anche qualche ragione di dubitare che nei molti omaggi che qui ieri sono risuonati alla libertà, ci sia una piena comprensione di questa che non è una cosa tra le cose, ma per noi un principio religioso che non ha bisogno di ricevere l’aggiunta di una cosiddetta non chiara «sensibilità sociale», perché contiene in sé l’impulso a innalzare gli uomini tutti e a metterli in progredente condizione di giustizia. Così l’intese il Cavour, il quale disse che se egli non avesse avuto sulle braccia il carico dell’indipendenza e dell’unione d’Italia, si sarebbe consacrato a quella che allora si chiamava la questione sociale. Non reciterò nomi di autori e titoli di libri inglesi, americani, svizzeri e di altri paesi che negli ultimi anni hanno mostrato come, in virtù dei principî liberali si possano e si debbano combattere i mali e le ingiustizie degli ordinamenti economici, né rammenterò che al pensiero italiano si deve che sia stata dottrinalmente segnata la distinzione tra il liberalismo, che è un principio morale, e come ho detto, religioso, e il liberismo economico, che è un metodo pratico di grande e benefica efficacia ed estensione, ma che pure trova, secondo tempi e luoghi, i suoi limiti e non può escludere in assoluto l’intervento statale.
Le logomachie di destra e sinistra rischiarano assai poco circa la realtà della libertà e della giustizia che ne discende.
Un’altra parola ho udito enfaticamente pronunziare, quella di «Repubblica», con la trepidanza della sua incolumità e l’appello a difenderla, che mi parvero effetto di una esagerata paura o sospettosità. Comunque, se questa sospettosità pensa di rivolgersi a quelli di noi liberali che apertamente si manifestarono favorevoli all’istituto monarchico e per esso votarono (e di quei cotali son io medesimo), noi preghiamo di smetterla, come del tutto fuori di luogo, perché in quella difesa e in quella votazione noi sempre dichiarammo che avremmo accolto e rispettato il responso delle urne, come abbiamo fatto e faremo, perché noi abbiamo una parola sola, e per noi l’Italia è oggi non altro che una Repubblica da servire lealmente. Certo il nostro passato non è quello dei repubblicani, che da bambini ebbero nelle loro famiglie il cappuccetto rosso e giuochi infantili repubblicani, simili a quelle bambole che erano messe nelle mani della bambina che fu poi la monaca di Monza, e che erano vestite da monache. Noi ci educammo nella tradizione del Risorgimento, che ebbe la sua ultima e grande voce nel poeta del Piemonte è della Bicocca di San Giacomo, Giosuè Carducci, e dovevamo riverenza a quei nostri nobili affetti.
E chiudendo queste poche parole che dichiarano l’odierno nostro voto, non posso non raccogliere un’asserzione dell’onorevole Togliatti, che, se ho ben udito, disse ieri che io mi opposi, quando fu composto il Ministero di Salerno, all’ammissione nella compagine del Partito comunista. L’onorevole Togliatti narra sovente sui suoi giornali tratti della mia vita, e mi dà il piacere di leggere di me stesso una vita romanzata.
Se non si fosse assunto questo compito, ricorderete che egli mi fece l’onore, nell’aprile del 1944, di venire a casa mia, insieme con gli altri rappresentanti del Comitato di liberazione, ad ascoltare la dichiarazione di quanto noi liberali avevamo fatto per togliere l’ostacolo alla costituzione di un Governo democratico, e l’approvò per il primo: il che significava che il Ministero che ci accingevamo a comporre, e del quale io fui tra i demiurghi, comprendeva, come gli altri partiti, quello comunista. Ma io non posso più oltre intrattenere l’Assemblea sulle mie, non dirò cordiali, ma cortesi e bonarie relazioni col Partito comunista e con lo stesso Togliatti e tra l’altro sugli sforzi che feci per sollecitare la loro unione con noi nella prima crisi del Ministero Bonomi, nel novembre, mi sembra, dello stesso anno 1944. Bastino questi pochi accenni, perché non è ora il luogo né il momento di distendersi nella cronaca e nella aneddotica, né di ricostruire la storia vera e propria del recente passato; e quel che ho detto ho dovuto dirlo perché non si creda che noi accettiamo la storia non vera che è fiorita sulle labbra di alcuni oratori di questa Assemblea.
Ma tutto questo, ripeto, è un passato, il distacco dal quale è stato effettuato dalle elezioni che hanno reso illogica e incomportabile la composizione meccanica dei partiti diversi ed opposti; e convalidato dalla esperienza che ha dimostrato che la persistenza nel metodo antiquato produce l’impotenza dei Governi. Le accadute elezioni vogliono il ritorno alla prassi costituzionale di una maggioranza di Governo e di una minoranza che conduca con metodo democratico l’opposizione, in attesa che il corso parlamentare inverta la minoranza in maggioranza. Questo è stato il grande guadagno ottenuto dalla recente crisi laboriosa. (Vivi applausi al centro).
DAMIANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMIANI. Parlerò per un attimo soltanto.
L’onorevole Nitti, prima, ha dichiarato che la nostra situazione è estremamente difficile ed ha anche aggiunto che si può considerare mortale. Ebbene, noi dobbiamo guardare la situazione italiana nel quadro della situazione internazionale. (Rumori).
Fare però, in questo momento, una critica di tale situazione, comporterebbe un tempo lunghissimo. Non è quindi in questa sede di dichiarazione di voto che io voglio parlare di queste cose. Voglio semplicemente accennare a quei fatti grandiosi che oggi si sono manifestati e si stanno sviluppando nel mondo e che generano conseguenze tali da determinare la politica interna ed estera di tutti i paesi. Noi ci troviamo di fronte alla polarizzazione degli uomini verso due grandi blocchi: il russo e l’americano. (Rumori).
Ci troviamo di fronte alla preoccupazione dell’utilizzazione dell’energia atomica. (Rumori – Interruzioni).
Lasciatemi parlare per tre minuti. Non potete impedirmi di parlare, anche se sono solo e non rappresento alcun Gruppo parlamentare. Ho diritto anche io di fare la mia dichiarazione come avete fatto voi! (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Damiani, non si metta a discutere con gli altri. Faccia la sua dichiarazione.
DAMIANI. Però gli altri dovrebbero sentire il dovere di non ostacolare la mia libertà di parola.
Se io cito questi fatti grandiosi è perché bisogna tenerli bene davanti agli occhi.
Nello stesso tempo c’è un naturale orientamento dei popoli verso un mondo unito e questo è un altro fatto importantissimo e positivo nei confronti degli altri due che possono essere considerati allarmanti.
Cosa voglio concludere io? Che, in un momento come questo, in cui tutto il mondo è in convulsione, in cui la navigazione nel mare tempestoso della vita internazionale è difficilissima, è meglio che la nave italiana sia condotta da un solo pilota e non da tre o quattro. Questa è una condizione che mi sembra necessaria. Ecco perché io vedo nel Governo De Gasperi una soluzione adeguata al momento, ecco perché ritengo che sia dannoso indebolire lo sforzo che egli fa esclusivamente per il bene del Paese, per il bene della democrazia e della Repubblica. Gli oppositori e gli avversari possono collaborare benissimo con il Presidente De Gasperi, facendo una critica onesta, obiettiva, serena di tutti i suoi atti e dei fatti che il suo Governo produrrà. (Rumori a sinistra).
Egli stesso non può essere considerato responsabile della situazione che si è creata, in quanto essa è conseguenza di un complesso di fattori internazionali e nazionali più forti di noi.
Dobbiamo renderci conto del gioco di tali fattori, e per questo io dichiaro che voterò a favore del Governo. (Applausi al centro e a destra).
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Poiché io ho avuto una parte in questo periodo di soluzione della crisi, mi pare che debba fare una dichiarazione, anche perché sembra aspettata; comunque la colpa dell’iniziativa non è mia. Prova ne è che, a parlare, mi sono deciso per ultimo. Certo, la crisi si pose, sin dal suo inizio, su questo tema: unione di tutti gli italiani di fronte alla situazione gravissima in cui il Paese si trovava, e si trova. (Commenti). Io non faccio altro, da che fui rimesso in circolazione il 4 giugno del ’44 (Si ride), che predicare l’unione, con un insuccesso che non mi vergogno di dichiarare notevole. Mi ci sono ostinato, mi ci ostino e mi ci ostinerò. Per varie ragioni, il compito di risolvere la situazione venne immediatamente affidato al mio amico Nitti; io fui richiesto allora se avessi prestato il mio concorso e risposi affermativamente. In ogni modo, con qualunque qualità.
Di ciò ho avuto lodi molto calorose da parte dell’onorevole Nitti, ed anche al di fuori dell’Aula. Io non merito queste lodi. Suppongo e spero che chiunque farebbe lo stesso, qui dentro; perché, di fronte alle necessità del Paese, non si chiede di servire, ma se il servizio è richiesto, si obbedisce.
Nitti non riuscì ed allora si pose la possibilità di sostituirmi a lui. L’equazione algebrica che ne derivava, era semplice a porsi e più semplice ancora a risolversi: quel che non era riuscito a Nitti più Orlando non poteva riuscire ad Orlando meno Nitti, dato che Nitti non poteva evidentemente partecipare a quella combinazione che si era rifiutata quando si trattava di farla lui. (Si ride).
Ebbene io accettai di fare una rapidissima conversazione con i colleghi. Fu appunto per la consapevolezza della materiale impossibilità di risolvere la crisi, che io, pur accettando di fare, come dissi, quella conversazione, volli esaurirla nello spazio di ventiquattro ore per conseguire un primato di rapidità. Ciò mi costò la diminuzione di tre chili di peso e si risolse nel modo da me previsto.
Fu evidentemente un errore, dunque, l’aver pubblicato che la soluzione Orlando era stata sabotata. Nessuno l’aveva sabotata: per sé stessa, era condannata a non riuscire. Ci si venne così a trovare di fronte a quello stato che fu qualificato di emergenza – ormai questa brutta parola è entrata nell’uso – che significherebbe questo: bisogna che ci sia un Governo qualsiasi. L’onorevole De Gasperi si assunse l’arduo compito ed io gli dissi che lo accompagnavo con tutta la mia simpatia e con tutti i miei voti. Questo è il primo voto che egli mi chiede e non potrei negarglielo.
Ad ogni modo, io avrei potuto non fare questa dichiarazione di voto dopo la parola di Benedetto Croce, la cui dichiarazione io accetto toto corde. Attraverso la sua voce è risuonata la parola del vecchio partito liberale. Se io ho qualche ragione – anzi ne ho parecchie – di divergenza dai vari partiti, forse la divergenza di carattere, dirò, più personale, l’ho col partito liberale, perché esso si è voluto annunciare da alcuni come qualcosa di nuovo. Noi siamo liberali, si è detto, ma non siamo i liberali antichi; ci siamo trasformati e rinnovati. No, io sono il liberale antico, e ci tengo a esserlo. Io so che il Partito liberale rappresenta una grande tradizione, la più grande tradizione politica che possa vantare l’Italia; essa non può non concorrere, indubbiamente, con le forze nuove, perché è appunto confluenza di forze la vita politica di un popolo. Ma bisogna che ci sia pure il concorso di questo vecchio partito, che fece l’unità d’Italia, che la fece grande e la fece vittoriosa, inalberando la bandiera della libertà e dell’unità. Riassumiamo, dunque, questa tradizione, riassumiamola in tutti i suoi aspetti, anche sotto quello che egli pure accennò (Si rivolge all’onorevole Croce) e che io avevo accennato da un altissimo seggio, quando cioè ebbi l’onore di inaugurare questa Assemblea con la modesta qualità di decano – non so quanto desiderata o desiderabile – ma modesta per se stessa. Allora io dissi, e trassi l’insegnamento dalla vecchia Italia, che come sotto la monarchia quando si trattava del servizio del Paese, non era concepibile altra maniera di servire un ideale di Stato – e ne hanno dato un glorioso esempio non pochi repubblicani che ora noi piangiamo qui assenti – che servire la monarchia; nella stessa maniera chiunque aveva servito con dignità ed onore il Paese in regime di monarchia, se questo si fosse dato un’altra forma di governo doveva, con la stessa lealtà, con la stessa fermezza, con la stessa solidarietà, servire lo Stato nella sua forma nuova. Io concepisco ormai questo trinomio – il non voler entrare in campi preclusi alla dottrina laica m’impedisce di usare la parola «trinità» che pur soccorrerebbe per meglio indicare interezza di fusione dei tre elementi – io concepisco questo trinomio trinitario: Stato, Repubblica, Italia. Questa è la nostra divisa. (Vivissimi applausi).
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione, l’ordine del giorno degli onorevoli Angelini, Guerrieri Filippo, Uberti, Cappugi, Schiratti e Mattarella, accettato dal Governo:
«L’Assemblea Costituente,
udite le dichiarazioni del Governo, le approva e passa all’ordine del giorno».
Su di esso è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Uberti, Angelini, Monticelli, Guerrieri Emanuele, Piccioni, Micheli, Vicentini, Caiati, Del Curto, Taviani, Gui, Alberti, Meda, Coccia, Cappi, Cremaschi Carlo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
Comincerà dall’onorevole Malagugini.
Si faccia la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Ayroldi.
Bacciconi – Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Bellavista – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonino – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bevetti – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bobbio – Bulloni Pietro – Buonocore – Burato.
Caccuri – Caiati – Campilli – Camposarcuno – Candela – Cannizzo – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carignani – Caristia – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Chatrian – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cicerone – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsini – Cortese – Cotellessa – Covelli – Cremaschi Carlo – Crispo – Croce.
Damiani – D’Amico Diego – De Caro Gerardo – De Caro Raffaele – De Falco – Do Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Einaudi – Ermini.
Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini – Fusco.
Gabrieli – Galati – Galioto – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Giannini – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini – Jervolino.
La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Pira – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier – Lucifero.
Maffioli – Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gasumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Morelli Renato – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.
Pallastrelli – Paratore – Pastore Giulio – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pella – Penna Ottavia – Perlingieri – Perrone Capano – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.
Raimondi – Rapelli – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Roselli – Rubidi – Ruini – Rumor – Russo Perez.
Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Segni – Selvaggi – Sforza – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato –Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tripepi – Trulli – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Vallone – Valmarana – Vanoni – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi – Villabruna – Volpe.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta.
Rispondono no:
Alberganti – Allegato – Amadei – Amendola – Arata – Assennato – Azzi.
Baldassari – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bassano – Basso – Bei Adele – Bellusci – Benedetti – Bennani – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonfantini – Bonomelli – Bordon – Bruni – Bucci – Buffoni Francesco.
Cacciatore – Cairo – Calamandrei – Caldera – Calosso – Camangi – Caporali – Caprani – Carboni – Carmagnola – Carpano Maglioli – Cartia – Cavallari – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Cianca – Codignola – Colombi Arturo – Conti – Corbi – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.
D’Amico Michele – D’Aragona – De Filpo – Della Seta – De Mercurio – De Michelis Paolo – Di Giovanni – Di Gloria – Di Vittorio – D’Onofrio – Dozza – Dugoni.
Facchinetti – Faccio – Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Fietta – Filippini – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Fornara.
Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacometti – Giolitti – Gina – Gorreri – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale – Iotti Nilde.
Jacometti.
Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Li Causi – Lizzadri – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longhena – Longo – Lopardi – Lozza – Luisetti – Lussu.
Macrelli – Matti – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Francesco – Martino Enrico – Massini – Massola – Mastino Pietro – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Mazzei – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Morandi – Moranino – Moscatelli – Musolino – Musotto.
Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa.
Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Paolucci – Paris – Pastore Raffaele – Pellegrini – Perassi – Persico – Pertini Sandro – Pesenti – Pieri Gino – Pignatari – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Priolo – Pucci.
Ravagnan – Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo.
Saccenti – Salerno – Sansone – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Segala – Sereni – Sicignano – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Stampacchia.
Targetti – Tega – Togliatti – Tomba – Tonello – Tonetti.
Valiani – Vernocchi – Veroni – Vigna – Vinciguerra – Vischioni.
Zagari – Zanardi – Zannerini – Zuccarini.
Astenuti:
Bergamini.
Fabbri – Finocchiaro Aprile.
Nitti.
Sono in congedo:
Bernardi.
Canevari – Caroleo – Colonnetti – Corsanego.
Lombardo Ivan Matteo.
Mariani.
Natoli.
Pellizzari – Porzio.
Saragat.
Tremelloni.
Varvaro – Villani.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione, e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).
Risultato della votazione nominale.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti 509
Astenuti 4
Votanti 505
Maggioranza 253
Hanno risposto sì 274
Hanno risposto no 231
(L’Assemblea approva l’ordine del giorno di fiducia al Governo – Applausi al centro e a destra – Commenti a sinistra).
Sui lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, v’era già un impegno da parte del Governo che la prima seduta successiva al voto sarebbe stata dedicata esclusivamente – d’accordo con la Presidenza dell’Assemblea – allo svolgimento delle interrogazioni con carattere d’urgenza presentate nel corso di questi ultimi quindici giorni o anche prima.
LUSSU. Ma il Governo rimane in carica dopo questa votazione? (Commenti).
PRESIDENTE. Fisserei, pertanto, la prossima seduta a martedì alle 16 per lo svolgimento delle interrogazioni urgenti.
(Così rimane stabilito).
Interrogazioni con richiesta di risposta urgente.
PRESIDENTE. Sono pervenute alla Presidenza le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro e dell’interno, per conoscere fino a quando dovrà perdurare l’attuale stato di grave disagio degli ospedali che non sono in grado di provvedere ai bisogni più essenziali dell’assistenza degli infermi.
«Basile».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se sia conforme al vero l’informazione data dal Journal de Genève, n. 139, del 17 giugno, secondo la quale un vagone di carta filigranata, stampi di biglietti da mille lire, macchine per imprimerli, siano stati clandestinamente trasferiti in uno stato estero e avrebbero servito a fabbricare moneta italiana, e per sapere, nel caso che la notizia abbia consistenza, quali provvedimenti intende prendere per discriminare la valuta italiana da quella fraudolenta.
«Piemonte, Pera, Di Gloria, Grilli, Paris, Bianchi Bianca, Bordon, Pertini, Zanardi, Bocconi, Bennani, Momigliano, Lussu».
«Il sottoscritto chiede, d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere quanto vi sia di vero nella allarmante notizia pubblicata dal Journal de Genève del 17 giugno e secondo la quale, nell’aprile del 1945, alla stazione di Aidussina, sarebbero caduti in mani jugoslave i clichés dei biglietti da mille, macchine per la loro stampa ed un’ingente quantità di carta filigranata, talché per lungo periodo vi sarebbe stata in territorio straniero stampa e messa in circolazione di cinquanta milioni mensili».
«Nell’ipotesi che tale notizia abbia fondamento, quali provvedimenti si intenda prendere.
«Schiratti».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per sapere:
1°) quale fondamento di verità abbiano le notizie relative al fatto che – consenzienti tutte le autorità di dogana, di polizia e comunali – nella notte del 5 giugno ultimo scorso, 23 muli provenienti dalla Francia abbiano valicato il confine e siano stati regalati a cittadini dell’Alta Valle Roja, che avevano dimostrato simpatie filo-francesi, e precisamente 12 a Tenda e 11 a Briga;
2°) per conoscere ancora perché i sussidi ai profughi della zona (170 famiglie), onde consentire loro i mezzi di sostentamento in attesa di sistemazione e di lavoro, non siano regolarmente versati, contrariamente ai disposti di legge vigenti (creando giustificato malcontento);
3°) per conoscere, infine, se di fronte al ben diverso trattamento che i filo-francesi ricevono dalle Autorità della nazione vicina, ritengano che il preannunciato plebiscito, che avverrà nell’assenza dei profughi e nel timore dei rimasti non possa che servire ad invalidare l’altro plebiscito, operato in piena obiettività dai sindaci italiani e che – riconosciuto non coatto dalla stessa Commissione Alleata – aveva dato una netta maggioranza contraria all’annessione francese.
«L’urgenza è motivata dalla imminente occupazione della Alta Val Roia da parte della Francia.
«Badini Confalonieri, Giacchero, Bertone, Scotti Alessandro, Baracco, Bovetti, Bellato, Stella, Cremaschi Carlo, Villabruna, Bubbio, Raimondi, Bertola, Bordon, Geuna, Quarello, Grilli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere – se vera la notizia che si è appresa per l’interrogazione dell’onorevole Bozzi – il testo della richiesta di erogazione di un fondo di cinque miliardi da parte del Governo regionale della Sicilia, e i criteri del Governo centrale nell’esame della richiesta.
«Conti».
«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e dell’industria e commercio, sulle misure che intendono prendere per garantire ai bachicoltori un equo pagamento del loro raccolto di bozzoli e sull’eventuale requisizione, da parte delle autorità, degli essiccatoi affinché i contadini possano conservare i bozzoli da essi raccolti in attesa di una nuova evoluzione dei prezzi sul mercato serico, ciò in vista del fatto che, in molte provincie italiane, tutti gli essiccatoi si trovano nelle mani di associazioni monopolistiche, che impongono ai contadini il prezzo di lire 200 al chilogrammo per i bozzoli freschi, prodotto estremamente deperibile.
«Pajetta Giuliano, Pellegrini, Scotti Francesco, Bardini, Pressinotti, Roselli, Bosi».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e dell’industria e commercio, per domandare quali misure intendono prendere per assicurare ai bachicoltori un prezzo dei bozzoli rimuneratore delle loro fatiche e impedire la speculazione ai danni di una categoria di umili lavoratori.
«Molè, Veroni, Cevolotto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere quali criteri si sono adottati e a quali interessi si è obbedito al suo Ministero, nel designare gli osservatori presso la commissione di ricevimento e di avviamento degli operai italiani, istituita a Buenos Aires ai sensi dell’articolo 13 dell’accordo stipulato fra l’Italia e l’Argentina nel febbraio ultimo scorso; dato che i designati si dicono tutti elementi di sinistra, e nessuno di essi sembra offrire, per preparazione ed esperienza, quel minimo di attitudini che si richiedono per una funzione del genere.
«Per sapere altresì quanto vi sia di vero nella voce, secondo cui, da parte di alcuni nostri impresari assuntori di lavori in Argentina, si eserciterebbero indebite pressioni per ottenere la nomina di altri osservatori di loro fiducia, di guisa che i giudici del loro operato sarebbero per essere, secondo un triste costume in vigore, giudici di parte.
«Benedettini».
Queste interrogazioni saranno comunicate ai Ministri competenti per sapere quando intendano rispondere.
MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO PIETRO. Chiedo quando verrà discussa una mia interpellanza sullo Statuto sardo.
PRESIDENTE. Chiedo al Governo quando intenda rispondere.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. In merito alla interpellanza dell’onorevole Mastino Pietro, il Governo non si sente impegnato ad assumere alcuna iniziativa per lo svolgimento; perché tale interpellanza verte su materia di natura costituzionale, sulla quale sola competente a pronunziarsi è l’Assemblea.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
SCHIRATTI, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere a quali criteri si sia ispirato nello stabilire i prezzi del grano del nuovo raccolto da conferire all’ammasso: in lire 4000 al quintale per l’Italia settentrionale e centrale, ad eccezione delle Maremme, della Toscana e del Lazio; in lire 4300 per l’Italia meridionale, ad eccezione della Lucania e della Calabria, tale prezzo estendendo anche alle Maremme della Toscana e del Lazio; ed infine in lire 4600 per l’Italia insulare, Lucania e Calabria.
«In tal modo l’Abruzzo – che, come tutti sanno, costituisce una regione in gran parte montana, ad agricoltura prevalentemente povera, sicché il raccolto in molte zone è scarsissimo in rapporto alla superficie coltivata – viene considerato alla stessa stregua delle regioni più fertili, ad altissima produzione granaria, quali – ad esempio – quelle di tutta la Valle Padana.
«Del pari si è dimenticato che l’Abruzzo è stata la regione più devastata dalla guerra, che vi ha ristagnato per otto mesi con la distruzione di ottanta comuni e conseguente devastazione delle campagne e del patrimonio zootecnico, considerandolo – ciò malgrado – al di sopra della Toscana e del Lazio, e mettendolo allo stesso livello dell’Umbria e delle Marche che, notoriamente, hanno terre di gran lunga più fertili, ed immuni dai danni di guerra.
«Infine, per quanto attenga al premio in lire 400 al quintale per coloro che conferiscono il prodotto prima del 15 luglio, si chiede se non si ritenga opportuno prorogare congruamente detto termine per tutte le provincie prevalentemente montane, nelle quali, nelle zone più alte, prima di detta data non si è ancora mietuto e, comunque, non si è dai più potuto procedere alla trebbiatura del grano raccolto.
«L’interrogante chiede, quindi, se l’onorevole Ministro non intenda proporre la revisione dei prezzi suaccennati, mettendo l’Abruzzo allo stesso livello della Calabria e della Lucania e, in ogni caso, della Toscana e del Lazio, eliminando in tal modo una sperequazione che nulla giustifica e costituisce soltanto un trattamento di ingiusto disfavore per la laboriosa popolazione agricola.
«Lopardi».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri del bilancio e del tesoro, per conoscere se non ritengano rispondente a giustizia e umanità disporre che gli impiegati e i salariati statali, di tutte le categorie, che cessano dal servizio per quiescenza, anziché dover attendere dolorosamente per anni interi la liquidazione dei loro assegni di pensione, possano fruire, dal momento stesso del congedo – senza soluzione di continuità – di un assegno mensile provvisorio, corrisposto dalle Amministrazioni medesime presso cui prestarono servizio, pari all’ammontare dei quattro quinti almeno del rateo di pensione presumibilmente loro spettante, salvo successivo conguaglio.
Le condizioni veramente tragiche di migliaia e migliaia di pensionati in eterna attesa della corresponsione dei loro sacrosanti diritti, rendono indispensabile il richiesto provvedimento per debito di elementare equità.
«Franceschini, Bellato, Gortani, Lizier, Morelli Luigi, Pastore Giulio».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se il fatto di essere stato deportato ed internato in Germania durante l’occupazione tedesca non sia ragione sufficiente per essere dispensati dal servizio militare attivo, soprattutto se detto internamento è stato superiore ad un anno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Vischioni».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere le ragioni del ritardo nella ultimazione dei lavori di ripristino della ferrovia Sora-Roccasecca ed i provvedimenti che ha adottato o intende adottare allo scopo di accelerare i lavori stessi, onde restituire al più presto a quella zona l’essenziale e vitale strumento della ferrovia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Camangi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e commercio, per conoscere se, di fronte alla denuncia del Sindacato grossisti e dettaglianti di legna di Brescia contro la insana speculazione che, in questo momento, invece di portare una diminuzione sui prezzi invernali della legna, come avviene normalmente ogni anno, triplica tali prezzi elevandoli a 1500 lire il quintale, accaparrando scorte, mezzi di trasporto ed esercitando l’aggiotaggio delle legna dalle Alpi ai monti della Calabria, non intenda prendere provvedimenti adeguati per stroncare una speculazione indegna, atta a portare il disordine nel Paese, nel prossimo inverno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Vischioni».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, in relazione alla risposta già data con comunicazione del 19 aprile 1947, n. 17972/309, in merito ad una precedente interrogazione relativa alla ricostruzione della carriera del segretario del comune di Sedegliano Ettore Fortunati, arbitrariamente collocato a riposo, contro ogni principio giuridico e morale, e poscia, con decisione del Ministero dell’interno, riassunto in servizio ed assegnato allo stesso comune di Sedegliano, dal quale successivamente risulterebbe trasferito al comune di Camino di Codroipo, con « ordinanza del prefetto di Udine;
premesso, in merito alla ricostruzione della carriera, che il suddetto funzionario è stato proposto dal prefetto di Udine per l’assegnazione al grado 5°;
tenuto presente che tale assegnazione non può ritenersi riparatrice del danno morale e materiale sofferto per ragioni politiche, in considerazione che l’altro funzionario, che il Fortunati ha sostituito all’atto della sua riassunzione in servizio nel 1932, con inizio ex novo della carriera, nelle cui condizioni si sarebbe trovato, è attualmente al grado 4°;
che è irrilevante il richiamo alle norme di legge che stabiliscono il concorso per il passaggio al grado 4°, inquantoché trattasi nella fattispecie di un provvedimento straordinario, diretto a sanare una irregolare posizione ed una palese ingiustizia;
che d’altra parte la partecipazione al concorso è stata impedita dal fatto di non aver proceduto, frustrando ogni norma giuridica e di equità, alla promozione al grado 5°, necessario per partecipare al concorso;
tenuto presente, per quanto riguarda il trasferimento, nel Comune di Camino di Codroipo:
che il provvedimento è ambiguo, inquantoché non sono chiari i motivi che l’hanno provocato;
che nella nota ministeriale sopra citata si accenna ad un trasferimento ed a un incarico (in realtà, secondo la forma giuridica, così come appare nel decreto del Prefetto di Udine in data 19 febbraio 1947, Div. 2ᵃ Segr. n. 8385, trattasi di incarico provvisorio in Comune di grado inferiore, tanto è vero che viene corrisposta anche l’indennità di missione), ad una ragione di incompatibilità del funzionario del comune di Sedegliano ed alle particolari qualità del funzionario stesso, che lo avrebbero reso necessario nel comune di Camino di Codroipo;
che appare evidente che il provvedimento è stato provocato esclusivamente da motivi di rappresaglia e di bassa faziosità da parte dell’Amministrazione comunale di Sedegliano;
che il provvedimento stesso è antigiuridico, nella sua sostanza, sia se considerato sotto l’aspetto del trasferimento, sia se considerato sotto l’aspetto dell’incarico;
che il comune di Camino di Codroipo è di grado settimo, mentre il comune di Sedegliano è di grado sesto, per cui il trasferimento non poteva essere imposto;
che l’incarico, che, in ogni caso, non può, in quanto tale, far perdere la titolarità nel comune di Sedegliano, doveva essere affidato con il consenso esplicito e pieno dell’interessato;
che l’allontanamento comunque dal comune di Sedegliano, prescindendo da ogni considerazione di vantaggio o di danno, deve essere considerato un atto di dispregio ad ogni principio morale e di giustizia, poiché la riassunzione in servizio del segretario Ettore Fortunati più che su principî giuridici è stata basata appunto su principî morali e di giustizia;
che la riassunzione in servizio in sostanza, dati i motivi che l’hanno determinata, è in stretta relazione alla sede;
che è inammissibile che, mentre epurati, sospesi e discriminati vengono mantenuti negli stessi posti coperti precedentemente, chi ha partecipato alla lotta antifascista ed al movimento di resistenza debba avere un trattamento diverso;
gli interroganti chiedono di conoscere se l’onorevole Ministro intenda disporre:
1°) che venga provveduto, con la massima urgenza, alla ricostruzione della carriera del segretario comunale Ettore Fortunati, con l’assegnazione al grado 4°, assegnazione giuridicamente e moralmente fondata, che sola potrà riparare l’ingiustizia subita dal suddetto funzionario, che non si è piegato alla tirannide fascista;
2°) che il suddetto funzionario, in pendenza della sua ricostruzione della carriera, venga mantenuto titolare del comune di Sedegliano, come è suo diritto, e ciò per ragioni di prestigio e di dignità. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Dozza, Grazia, Colombi».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se ritiene rispondente allo spirito e alle leggi delle istituzioni democratiche e repubblicane il provvedimento del prefetto della provincia di Pisa diretto a vietare l’affissione di un manifesto politico di carattere nazionale, esposto in tutte le altre provincie della Repubblica; e se non ritiene suo dovere intervenire presso il prefetto ed il questore di Pisa affinché il diritto di libera espressione del pensiero sia garantito anche in quella provincia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Barontini Ilio, Bargagna».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e delle finanze, per conoscere quale fondamento abbiano le notizie apparse sui giornali, relative ad emanande disposizioni di legge, in base alle quali si statuirebbe, anche per la prossima consegna granaria, il duplice prezzo del prodotto pel riferimento dei canoni rustici o una decurtazione dei canoni stessi. Il che non appare giustificato:
1°) sotto il profilo tributario, perché i duplici prezzi dei prodotti che formano i canoni di affitto hanno trasferito negli anni scorsi dai proprietari agli affittuari un terzo circa del canone complessivo dovuto. La somma totale di questi trasferimenti è nell’ordine di parecchi miliardi. Di conseguenza lo Stato non esige su questa cifra l’imposta generale sull’entrata, rinunciando così a molte centinaia di milioni di lire, oltre a quanto esso percepisce in meno dalle imposte personali (complementare, tassa di famiglia, ecc.) a carico di ciascun proprietario.
«Pertanto sono miliardi che annualmente Stato, provincie è comuni, non incassano per conseguenza dei doppi prezzi;
2°) sotto il profilo economico, perché il perdurare dei doppi prezzi toglie ogni seria base per la contrattazione delle nuove locazioni, con la sola conseguenza di far aumentare i quantitativi dei prodotti agricoli cui si riferiscono i canoni, in quanto i locatari tendono a fissare quantitativi di riferimento maggiori, ignorando quale sarà la falcidia derivante dalla differenza tra il prezzo fissato per l’ammasso e il prezzo fissato per il riferimento dei canoni;
3°) sotto il profilo sociale, perché i doppi prezzi non hanno più ragione di essere dopo la pubblicazione del nuovo decreto Segni sulla perequazione di affitti agrari (uscito nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 5 maggio 1946), in quanto tale decreto consente all’affittuario di ottenere dall’apposita commissione la riduzione dei canoni sperequati; perché il perdurare dei doppi prezzi renderebbe quanto mai incerta e confusa l’opera delle Commissioni istituite dal suddetto decreto; e, infine, perché vi sono in Italia numerosissimi piccoli proprietari che posseggono meno di una decina di ettari, che hanno dovuto affittare per avverse condizioni familiari. Se alle nuove notevoli imposte si dovesse aggiungere il perdurare dei doppi prezzi, queste famiglie di piccoli proprietari sarebbero ridotte in condizioni economiche di assoluta miseria. Analoghe considerazioni si devono fare al riguardo delle Opere Pie, per lo più proprietarie di terreni affittati.
4°) sotto il profilo giuridico, perché i decreti che stabilivano la duplicazione dei prezzi sono stati invalidati dalla magistratura. È inoltre auspicabile che, avviandoci verso condizioni più normali, lo Stato abbia ad intervenire solo in casi eccezionali, nei rapporti liberamente convenuti fra i privati;
5°) sotto il profilo tecnico-agricolo, perché la categoria dei proprietari di terre verrà ora sottoposta a un gravissimo onere per il riscatto dell’imposta ordinaria sul patrimonio cui si aggiungerà, sovrapponendosi, la nuova imposta patrimoniale. Perciò, ove gli effetti del perdurare del sistema dei doppi prezzi dovessero aggiungersi ai gravissimi oneri tributari, i proprietari di fondi rustici sarebbero posti nell’impossibilità di seguire le opere di manutenzione e migliorare il patrimonio fondiario, frutto del lavoro di numerose generazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Badini Confalonieri».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del bilancio e del tesoro per conoscere che fine abbia fatto la promessa del passato Governo di concedere agli impiegati statali in servizio un aumento del 15 per cento sullo stipendio base e di aumentare congruamente tutte le pensioni.
«Si ritiene urgente che le promesse fatte siano tradotte in atto onde evitare il dilagare di un giustificato malcontento che trova la sua base nelle difficili presenti condizioni di vita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Fuschini».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il ministro dei trasporti, per conoscere le ragioni per le quali le aziende, che con il decreto legislativo 2 giugno 1946, n. 502, venivano poste in vendita da parte dello Stato, continuino ancora ad essere gestite dallo Stato stesso con grave pregiudizio degli interessi generali del Paese e con grave onere per il Tesoro.
«Si fa riferimento in particolare alla Gestione raggruppamento autocarri (G.R.A.), che svolge un’attività che viene considerata per molteplici aspetti antieconomica e si ritiene pertanto necessario che la gestione di detto ente sia riesaminata da una commissione di esperti del problema dei trasposti e quindi risolta secondo i suggerimenti che saranno dati dalla detta commissione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«fuschini».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non intenda estendere ai comuni di Gaeta, Formia, Itri, Castelforte Minturno e a quanti compresi nella regione immediatamente a nord del Garigliano, che, semidistrutti dagli eventi bellici, compiono in questi giorni il loro massimo e difficilissimo sforzo ricostruttivo, le forme di esonero o dilazione delle tassazioni straordinarie, già concesse ai comuni di Cassino, Ausonia, Atina, Coreno Ausonio, Pontecorvo, ecc. che, a differenza dei precedenti, sono stati favoriti da numerosi aiuti e soccorsi da parte delle organizzazioni assistenziali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Selvaggi»
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere secondo quali argomentazioni egli intenda disporre una riproduzione dei canoni di affitto in cereali, favorendo gli affittuari che invece costituiscono il maggiore diaframma tra la produzione e il consumo, particolarmente in un momento così grave per la proprietà terriera, sulla quale piombano contemporaneamente la rivalutazione dal 6 al 12 degli estimi agrari e dominicali, nonché l’imposta patrimoniale ordinaria, quella patrimoniale straordinaria proporzionale, e quella patrimoniale straordinaria progressiva.
«Selvaggi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quali provvedimenti si intenda adottare per alleviare la grave situazione determinatasi per i coltivatori, i fittuari, i piccoli proprietari dei comuni di San Giuseppe Vesuviano, Poggiomarino, Ottaviano, Terzigno, ove l’intensa grandinata del 29 maggio ha provocato la perdita quasi totale dei prodotti della terra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Mazza».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se risponda al vero l’affermazione che è tuttora sospeso il pagamento di assegni familiari ai lavoratori trasferitisi in Germania negli anni 1943-45; e se, in tal caso, non ritenga giusto e doveroso definire tale questione con premurosa sollecitudine. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Gortani, Fantoni, Garlato».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se, ai fini di favorire l’ammasso dei cereali e di evitare che gli agricoltori sottraggano quantitativi di cereali per utilizzarli come mangime per il bestiame, creda opportuno emanare subito una disposizione che riconosca ai conferenti all’ammasso il diritto di ottenere l’assegnazione di un quantitativo di crusca, ripartito nei diversi mesi dell’anno, proporzionato al quantitativo dei cereali conferiti.
«Purtroppo si è dovuto deplorare per il passato che, per il prezzo della crusca al mercato nero superiore al prezzo di ammasso del grano, molti agricoltori sono stati indotti a sottrarre all’ammasso quantitativi di cereali per utilizzarli come mangime per il bestiame.
«Tale incentivo sarebbe eliminato se venisse riconosciuto ai Conferenti all’ammasso il diritto di ottenere un quantitativo di crusca, ad esempio, un sesto del quantitativo del grano conferito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Perlingieri».
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per sapere se, in analogia a quanto è stato disposto per gli istituti di insegnamento privato diretti da religiosi e per ragioni di giustizia e di imparzialità, non sia il caso di concedere anche agli istituti di insegnamento privato diretti da civili, le anticipazioni sui danni subiti da bombardamenti e asportazioni da parte dei nazi-fascisti, in modo che essi possano riprendere la loro normale attività. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Fabriani».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se la Ragioneria generale dello Stato, come organo esecutivo, abbia la facoltà di trasformare con norme interne le disposizioni legislative, come è avvenuto con la circolare 21 marzo 1947, numero 117491, la quale nega il compenso per lavoro straordinario ai funzionari dello Stato che sono in missione, adducendo che essi non hanno limitazione di orario per l’incarico ricevuto e che la indennità di missione rimunera globalmente tutte le prestazioni inerenti all’incarico, mentre l’articolo 5 del decreto legislativo presidenziale 27 giugno 1946, numero 19, precisa con quali assegni non è cumulabile il compenso per lavoro straordinario. L’indennità di missione non è compresa tra gli assegni non cumulabili, ed è perciò che, nel caso citato, è stata violata la legge. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Fabriani».
Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se intenda provvedere con la necessaria urgenza alla concessione di licenze a militari contadini nella corrente stagione e in quella del prossimo autunno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Conti».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro e del lavoro e previdenza sociale, per far loro presente la grave situazione in cui si trovano i lavoratori siderurgici dell’Isola d’Elba e per conoscere se non ritengano possibile di affrontarla al lume di una esatta valutazione del problema, abbandonando il criterio sin qui seguito di sussidi improduttivi, con la realizzazione di un programma industriale organico e ricostruttivo che possa assieme favorire l’economia dell’Isola e quella della Nazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Bruni».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali ragioni si frappongano alla normalizzazione del Commissariato di pubblica sicurezza di Adria (Rovigo), che ancora viene diretto da un elemento nominato dal C.L.N. e che non ha nessun titolo né requisito per continuare ad occupare un posto di ruolo dell’onorevole Amministrazione dell’interno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Rognoni».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere i motivi che hanno provocato il provvedimento di trasferimento del segretario comunale di Oria (Brindisi), dottor Giuseppe Frazzini, provvedimento che la cittadinanza di Oria ritiene dovuto ad intervento non legittimo di un partito locale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Grieco».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 13.40.
Ordine del giorno per la seduta di martedì 24 giugno.
Alle ore 16:
Interrogazioni.