ASSEMBLEA COSTITUENTE
CXII.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 6 MAGGIO 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
INDICE
Disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (Seguito della discussione):
Presidente
Fogagnolo
Balduzzi
Vernocchi, Relatore
Pera
Cappa, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Giannini
Corbi
Proia
Bubbio
Tonello
Bertone
Preziosi
Di Vittorio
Lucifero
Presentazione di relazioni:
Persico
Presidente
La seduta comincia alle 10.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Seguito della discussione del disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (12).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale.
È iscritto a parlare l’onorevole Fogagnolo. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Onorevoli colleghi, nella discussione di sabato, quando si è trattato di mettere in votazione la sospensiva, sono venute fuori due cose buone: la dichiarazione dell’onorevole Einaudi, il quale si è proclamato laico in materia cinematografica, e quella dell’onorevole Cappa, il quale ha fatto coro all’onorevole Einaudi dichiarandosi a sua volta laico. Io ritengo che in questa Assemblea, anche se fossero presenti tutti i membri dell’Assemblea stessa, una stragrande maggioranza, non dico la totalità, sarebbe laica: su 556 membri dell’Assemblea, io penso, che a proclamare non laici sei membri, sarebbe tutto quello che si potrebbe fare.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Sì, ma abbiamo studiato il problema.
FOGAGNOLO. Non è una cosa che s’impara studiando, onorevole Cappa. Bisogna aver avuto nella vita la disgrazia di esserci caduti dentro e allora si potrebbe dire di conoscere cos’è questa industria, che in certi paesi esiste ed in altri non esiste. Ora, noi corriamo il rischio di avallare con la incompetenza della stragrande maggioranza dell’Assemblea un provvedimento del quale mi permetto fare una critica benevola, non ostruzionistica, come qualcuno di quelli che erano presenti alla seduta di sabato poteva pensare. Non ho nessuna ragione di fare dell’ostruzionismo, ma credo sia obbligo da parte di ogni Deputato che conosce la materia di dire in che cosa consista il problema della cinematografia, se questo problema è sentito, e come è sentito. Io sono sicuro che quando avrò finito, e spero di finire in breve di parlare di questo argomento (d’altra parte siamo così pochi che credo possiamo trattarlo un poco familiarmente) ed avrò esposto in che cosa consistano le varie necessità della cinematografia italiana, potremo forse aggiustare la nostra opinione in modo da venire non ad un concordato, ad una transazione, ad un compromesso, ma da giustificare fra di noi il provvedimento che io propongo.
In sostanza, che cosa domandano i produttori di pellicole italiane (che non sono industriali)? Essi domandano di essere protetti nell’attività che svolgono e che si ripromettono di intensificare. Domandano due cose: che lo Stato versi ai film nazionali un contributo pari al 12 per cento dell’incasso lordo; inoltre che per i film migliori, giudicati tali da una di queste Commissioni, (c’è qui un provvedimento che evidentemente è opera di burocrati; io non credo che sia opera dell’onorevole Cappa: glielo avranno sottoposto; ma lo studio di questo provvedimento legislativo non può essere che frutto della mentalità dei burocrati) sia versato un ulteriore 2 per cento dell’incasso lordo. Notate che con queste cifre si raggiungono centinaia e centinaia di milioni, senza tener presente il secondo punto, che è molto più importante del primo, quello cioè di stabilire l’obbligo degli esercenti cinematografici di programmare per quindici giorni ogni trimestre solo film nazionali.
L’onorevole Giannini è arrivato a proporre venti giorni, e siccome egli conosce questo problema, sa che, portando a 20 giorni i quindici proposti dalla Commissione, si può arrivare ad un risultato notevole dal punto di vista protettivo dei produttori cinematografici. Infatti, per arrivare a distribuire questi quattrini dello Stato ed a fissare questa obbligatorietà di programmazione, si è creato un provvedimento che è mastodontico, se pensiamo che si sono previsti in questo provvedimento legislativo ben tre organismi: l’ufficio centrale per la cinematografia, il Comitato tecnico, la Commissione consultiva. Ci sono inoltre due Commissioni di primo e secondo grado.
Si è dimenticato che c’è un modo di incoraggiare la produzione cinematografica nazionale, ma che ha bisogno di essere studiato ed io mi auguro venga attuato: è la messa a disposizione del film nazionale del circuito ENIC. L’altro giorno, un collega, avendomi sentito parlare di circuito ENIC, mi domandò che cosa fosse. Si tratta, come gli risposi, di un circuito di sale cinematografiche. Secondo il Relatore, sono 140 sale, tutte di prima visione, che potrebbero benissimo servire ad aiutare maggiormente la diffusione del film italiano, se questo Ente, che è un Ente di proprietà dello Stato, fosse stato utilizzato allo scopo.
I nostri produttori di film hanno sempre chiesto che nel circuito delle sale ENIC fosse data la preferenza ai film nazionali; ma invece che cosa si è avuto? Ecco il punto della questione che è necessario sviscerare, per quello che poi io proporrò come articolo aggiuntivo. In tutti i paesi i circuiti servono per il film nazionale; solo in Italia si assiste a questo spettacolo indecoroso che il circuito dell’ENIC, di proprietà dello Stato, rifiuta i contratti di programmazione di film nazionali e viene tenuto a disposizione dei signori americani. Perché? Perché i nostri produttori, già stremati nelle loro possibilità, non sono in grado di elargire mance o compensi per avere le date di programmazione. Gli americani, che hanno centinaia e centinaia di film disponibili, si dice che tirino fuori centinaia di migliaia di lire e qualche volta milioni, per avere buoni contratti di programmazione e buone date di passaggio automatico in un circuito di 140 sale.
Qualcuno, che non conosce il problema, ha detto che da noi si vuole essere contro la produzione nazionale, a favore dei film americani. Noi non siamo per nessun provvedimento che possa creare oneri notevoli allo Stato, ma riconosciamo che sia giusto dar da vivere ai lavoratori del cinema, a coloro che producono, che non hanno forse altre attività da svolgere, come lavoro, all’infuori di queste. Ma noi desideriamo che il Governo, che può e deve dare, anche se fino ad oggi non ha mai dato, le istruzioni necessarie ai preposti all’Ente nazionale della cinematografia, dia ordini categorici, perché questo sistema abbia a cessare. Sta bene dire: «Noi non vogliamo il film italiano nel nostro circuito ENIC, perché sappiamo che il pubblico, quando si tratta di film italiani, non va al cinematografo»; ma perché volete, voi che possedete un ente dipendente dallo Stato, per favorire il film straniero, obbligare lo Stato a intervenire con centinaia di milioni l’anno a favore della cinematografia italiana, mentre avete l’obbligo per primi di aiutarla col circuito di sale a vostra disposizione?
Questo è un problema grave, onorevole Cappa. Ho parlato dell’ENIC; mi si permetta ora di dire un’altra cosa, in cui spero di trovare consenzienti i due competenti che siedono nel banco di fronte e nel banco di centro. Le attività dell’ENIC sono diverse; mentre la sua attività dovrebbe essere unica. L’ENIC ha un’attività di noleggio. Ebbene, io vorrei sentire da un competente se ritiene giusto che l’Ente nazionale incassi e guadagni quattrini facendo la proiezione delle pellicole nel suo circuito e poi li consumi esercitando un’attività di noleggio che non rientra assolutamente nei suoi compiti. I noleggiatori esistono in Italia e bisogna lasciare che il noleggio lo facciano i noleggiatori, non l’ente di proprietà dello Stato. Si vede poi che corte viene fatta all’ENIC da parte degli americani per poter mettere su di esso una ipoteca e se qualche volta non è stata messa, non è merito certamente degli uomini di Governo, ma è merito di quella stampa cinematografica, la quale ha cercato di porre subito in vista il pericolo che questo circuito italiano cadesse in mani americane.
Onorevole Cappa, la polemica dei 75 milioni lei la conosce come la conosco io: si è tentato di portare da parte di una società americana, credo la Fox, 75 milioni nelle attività dall’ENIC, per fare dei film, in collaborazione, il che praticamente voleva dire che le sale di proiezione dell’ENIC non sarebbero mai state a disposizione dei film italiani. Domandi all’onorevole Proia…
VERNOCCHI, Relatore. Ma come è andato a finire il contratto con la Fox?
FOGAGNOLO. È andato per aria.
VERNOCCHI, Relatore. E chi l’ha mandato per aria? Il sottoscritto! Deve essere completo nell’esposizione!
FOGAGNOLO. Se mi lasciava finire, lo dicevo! Ebbene, quando si è fatto quel tentativo, lei, onorevole Vernocchi, sa bene che, se non fosse stato possibile impedirlo, noi oggi assisteremmo ad un circuito dell’ENIC in mano degli americani!
Con una situazione così balorda come è quella di oggi, quando ho sentito il collega Pera parlare, come ha fatto l’altro giorno, di sessanta industriali, mi è sembrata talmente grossa, per quel che mi risulta, che non sono nemmeno intervenuto ad interromperlo. Ho detto soltanto: mi sembra un’esagerazione! L’onorevole Proia, Presidente dell’Associazione, ha detto che gli industriali attualmente in attività sono dieci appena. Cinquanta si sono bruciati le ali e sono ancora iscritti all’Associazione, perché a questa bisogna iscriversi quando si decide di fare una pellicola; senza l’iscrizione non si può andare alla Sezione del credito cinematografico a prendere i quattrini! Di questi sessanta inscritti, soltanto dieci sono rimasti in vita. Cosa vuol dire questo? Vuoi dire che cinquanta sono caduti nella rete tesa a certi vecchi barbogi che hanno un po’ di quattrini e qualche velleità erotica. (Commenti). Vuol dire anche che si convincono certi individui ad improvvisarsi industriali, e vi è tutta una coorte di faccendieri che, una volta adocchiato il merlo, non lo lascia più finché non lo mette in gabbia. Si ricorre a tutti i mezzi, compresi gli inviti a pranzo, ed a pranzo ci sono le future dive, o le semi-dive, a seconda dei gradi acquistati con l’ausilio di certa stampa cinematografica, e poi si combina di fare il provino…
GIANNINI. Queste dive a cui lei allude hanno anche doti personali e non è solo la stampa…
FOGAGNOLO. Questo è vero, ma io ho detto le future dive, non già quelle laureatesi tali. Io parlo di decine e centinaia di ragazze illuse che, quando vedono la loro fotografia su un giornale cinematografico e si dice loro che sono fotogeniche, specie quando sono invitate a fare il provino davanti a questi industriali improvvisati, si creano molte illusioni! Sappiamo bene come vanno certe cose. Ebbene, di questi industriali io ne conosco molti che si sono bruciati le ali. Andate a dire a tutta questa gente che ora c’è la nuova legge sulla cinematografia! Essi non verranno più. Accanto a questi ci sono industriali capaci e sani, ed è a favore di questi, io ritengo che sia giusto emanare dei provvedimenti per proteggere la loro sana attività.
Esaminiamo dunque la situazione esistente, prima di addentrarci a fare l’esame di questo disegno di legge. Attualmente il film nazionale prende il 10 per cento; con questa legge noi lo vogliamo portare al 12 per cento. Io ritengo che con questo 2 per cento di differenza non ci sarà neppure un film di più, se non si introduce l’obbligo della programmazione. Si tratta sempre di una imposizione, e noi sappiamo fino a che punto sia democratica una imposizione. Perché, se c’è un film buono, anche se esso è italiano, gli esercenti lo cercano egualmente e sono lieti di programmarlo nelle loro sale. Gli esercenti chiedono di dare film che aumentino l’afflusso del pubblico, e se entriamo nell’idea di approvare l’articolo 7 sulla obbligatorietà, io sono del parere dell’onorevole Giannini: dare quindici giorni o darne venti è lo stesso. Difendono di più 20 giorni che 15, e se il nostro scopo è quello di difendere gli industriali che producono film nazionali, preferisco che siano 20 giorni ogni trimestre, e non 15.
Per quanto riguarda il lavoro che verrà dato ai lavoratori della cinematografia, con questo provvedimento, se ne sono sparate di grosse. C’è tutto di cinematografico in quello che si è detto! Abbiamo sentito il Relatore parlare di cinque miliardi! Io penso che non saranno più di 4999!… I successi di «Roma Città Aperta» sono stati meritati, ma una rondine non fa primavera. Non veniamo a dire ora, come ha detto l’onorevole Arata, che il film nazionale si impone sui mercati mondiali. Qui sono state fatte appunto queste affermazioni. Ora, il film nazionale ha avuto la fortuna di qualche pellicola che è riuscita a varcare la frontiera, ma non illudiamoci di fare arrivare in Italia milioni di dollari e di sterline esportando la nostra produzione. Il primo giudice della bontà di un film è il pubblico, e ci sono molti che quando sentono parlare di film italiani non vanno nemmeno al cinema. Poi ci vanno, se i primi che sono andati a vedere la pellicola dicono che è buona. Così è avvenuto per il film «I promessi sposi». Tante volte capita che un film non è buono, ma diventa passabile, perché lo scrittore che ha preparato il dialogo ha saputo mettere qualche battuta felice, o perché vi è qualche attore buono. Ma da questo ad illuderci di potere fare la concorrenza ai film americani e inglesi non è nemmeno da pensarci. Non bisogna che esageriamo, come non si deve esagerare dicendo che con questa legge faremo lavorare centomila persone. È tutto cinematografico questo! Dove sono le centomila persone che lavorano nel film? Nel film lavorano i creatori dello scenario, gli sceneggiatori, gli architetti che preparano le scene, il falegname, le comparse e gli artisti.
Una voce al centro. Lavorano anche i carpentieri, i sarti e i parrucchieri.
FOGAGNOLO. Comunque, e voglio essere largo, potranno lavorare cinquecento, al massimo mille persone, ma non di più.
VERNOCCHI, Relatore. Gli iscritti ai sindacati in tutta Italia sono trentacinque mila.
FOGAGNOLO. Lasci stare gli iscritti al sindacato. In essi sono compresi i dipendenti delle sale cinematografiche, del noleggio, ecc. Occorre far lavorare quelli che effettivamente lavorano nella produzione del film. Su cento film, se in uno solo lavorano cento persone è anche troppo. Per affermare che dopo questa legge lavoreranno centomila persone, bisognerebbe dimostrare che ci sono pronti almeno cento produttori, provvisti già di uno scenario col quale far lavorare mille lavoratori per ogni film!
Non si devono dire queste cose e bisogna vagliare bene queste informazioni. Io sono stato quattro anni alla indipendenza di una grande casa francese, e ne ho viste di queste cose! Ad un amico che voleva lanciare ad ogni costo delle artiste, che poi erano delle sue amichette, io rispondevo: ma se avete di queste debolezze, comperate loro un appartamento, un gioiello e non illudetele di diventare artiste!
Non si può dire che ci sono centomila persone che aspettano questa legge per lavorare, e nemmeno che ve ne siano quarantamila come ho sentito dire da un’altra parte.
In sostanza, onorevoli colleghi, il problema della cinematografia è molto complesso e potremmo perdere altrettante giornate quante ne stiamo impiegando a discutere la Costituzione, se volessimo esaminare tutti i suoi aspetti: è un problema vasto e difficile, che non basta studiare, ma che bisogna vivere, come dicevo all’onorevole Cappa.
Ora io vorrei fare una proposta, cioè quella di limitare il provvedimento che stiamo esaminando al solo articolo 7, dove viene stabilito l’obbligo di programmazione del film nazionale, portando i quindici giorni a venti giorni. Quindi, niente creazione di enti nuovi, niente commissioni, perché se incominciamo a creare una nuova burocrazia di Stato per l’industria cinematografica, non faremo altro che sciupare quattrini. Nel frattempo lasciare in vigore, per le percentuali, la legge del 1945.
La riesamineremo, la questione della creazione del nuovo organismo direttivo della cinematografia italiana, ma non creiamo un Comitato centrale, e poi un altro organo tecnico e poi tre Commissioni e poi altre due Commissioni; e tutto questo per quei dieci o venti film che la nostra industria ci potrà dare per ora! Io ritengo che, se noi diamo agli industriali del cinematografo un provvedimento che li tranquillizzi circa l’obbligo di programmazione nelle sale, per venti giorni a trimestre, della loro produzione, e lasciamo a loro quei quattrini che prendono già con la legge esistente, li faremo felici, ma non avremmo fatto una cosa completa; viceversa è su questo provvedimento che io ritengo di trovare consenzienti tutti: cerchiamo di effettuare un concreto ordinamento della cinematografia italiana in relazione agli enormi capitali che lo Stato ha messo in questi enti che non rispondono più allo scopo, che sono stati creati dal fascismo, ma che possono svolgere ancora un’attività utile nell’interesse della cinematografia.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Abbiamo studiato per mesi e mesi.
FOGAGNOLO. Ma qui è questione di tecnica e non di studio. Io, a conclusione, presento questa proposta: sopprimere gli articoli dall’uno al sei; mantenere l’articolo 7 così riformato: «A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, gli esercenti di sale cinematografiche debbono riservare venti giorni per ciascun trimestre alla proiezione di film nazionali, cioè prodotti interamente in Italia, e di lunghezza superiore ai duemila metri.
«Per i locali ad attività saltuaria il numero delle giornate di spettacolo riservate alla proiezione dei film viene proporzionalmente ridotto. Sono esclusi dal beneficio di cui la presente legge, i film sprovvisti dei requisiti minimi, del valore artistico, tecnico e commerciale. Apposita Commissione sarà nominata dal Presidente del Consiglio dei Ministri per provvedere a tale esclusione».
Sopprimere l’articolo 8, lasciando l’articolo 9; e sopprimere poi gli articoli 10, 11, 12 sostituendo l’articolo 13 col seguente:
«La Commissione di cui all’articolo precedente (quella nominata dal Presidente del Consiglio per provvedere alla esclusione di film non degni) sarà composta da un rappresentante del Ministero della pubblica istruzione (Belle arti), da un rappresentante del Ministero dell’industria, da un rappresentante dei lavoratori del cinematografo, da un rappresentante dei noleggiatori di pellicole (sono le persone che dovranno dare il loro giudizio) e da un rappresentante degli industriali cinematografici».
Gli articoli dal 14 al 17 dovrebbero essere soppressi.
Presento poi un articolo aggiuntivo: «Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sarà nominato un Comitato parlamentare tecnico, cui sia affidato l’esame di tutti i problemi della cinematografia italiana in relazione anche alle attività svolte da enti cui sono legati interessi patrimoniali dello Stato. Detto Comitato presenterà alla prima Commissione permanente le sue proposte di un provvedimento legislativo sull’ordinamento dell’industria cinematografica nazionale».
In questa maniera noi avremo dato agli industriali, presieduti dall’onorevole Proia, il provvedimento che essi attendono e che darà loro la possibilità di avere l’assoluta tranquillità circa la proiezione dei loro film, ma non avremo impegnato lo Stato, con tanta leggerezza e con tanta incoscienza, a tirar fuori altre centinaia di milioni prima che sia esaminato tutto il problema nel quale lo Stato ha tanto interesse.
Faremo una legge che fissi anche i premi, ma non affidiamoci ai funzionari, affidiamoci ai tecnici. Tecnici ve ne sono in tutti i settori dell’Assemblea, ed allora non credo che faremo delle cose mal fatte, o incomplete, come quelle che ci vengono presentate. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Balduzzi. Ne ha facoltà.
BALDUZZI. Onorevoli colleghi, l’onorevole Pera, nel suo intervento di sabato a favore della sospensiva della discussione del disegno di legge all’ordine del giorno, ha, fra l’altro, fatto cenno alla Sezione autonoma per il Credito cinematografico, istituita per legge presso la Banca nazionale del lavoro, ed ha detto testualmente: «Il produttore cinematografico non ha bisogno di disporre di grandi capitali, in quanto lo Stato, continuando la protezione instaurata dal passato regime, gli assicura il credito cinematografico imposto alla Banca nazionale del lavoro, la cui dotazione verrebbe incrementata di ulteriori 150 milioni, se voi approvate la legge».
Ha soggiunto che le sovvenzioni alle industrie, discutibili in tempi normali, sono un’ingiuria oggi che la limitazione dei mezzi impedisce una politica di lavori pubblici che valga a sollevare la disoccupazione. Ed accennando all’ulteriore partecipazione del Tesoro dello Stato, di cui all’articolo 11 del disegno di legge in esame, ha lasciato – me lo consenta il collega – una penosa impressione, come se si trattasse di capitali erogati a fondo perduto o comunque di gestione deficitaria. Orbene, sulla scorta di documenti inoppugnabili, sento il dovere di precisare che la Sezione autonoma per il Credito cinematografico è stata costituita alla fine del 1935, per promuovere l’incremento dell’industria cinematografica nazionale; alla medesima venne assegnato un fondo di dotazione di 20 milioni di lire, costituito per metà da una compartecipazione del Tesoro dello Stato da versarsi in 5 uguali rate annuali, e per metà da un apporto della Banca nazionale del lavoro, da versarsi in due rate annuali.
Tale fondo fu successivamente accresciuto nel 1939, con le partecipazioni, in complessivi 20 milioni di lire, dell’Istituto nazionale delle assicurazioni e dell’Istituto della previdenza sociale, nonché, nel 1941, con ulteriori apporti dello Stato e della Banca nazionale del lavoro.
Ho sott’occhi la situazione dei conti al 31 marzo 1947, dalla quale rilevo che l’entità attuale del fondo di dotazione è di lire 146.853.853, di cui lo Stato e la Banca nazionale del lavoro debbono ancora versare 12 milioni di lire.
Con questa modesta disponibilità, la Sezione cinematografica, nei dieci anni della sua attività, ha concesso finanziamenti al settore cinematografico italiano per un complessivo importo di oltre un miliardo e trecento milioni di lire, subendo perdite tanto minime da non raggiungere la media comune prevista nelle normali operazioni bancarie.
Difatti, fino al 31 dicembre 1946, le sofferenze ammortizzate non raggiungono i quattro milioni, mentre, oltre ai dividendi annualmente corrisposti ai partecipanti – nel 1946, l’utile netto è stato di 8 milioni di lire ed il dividendo del 5 per cento – sono state costituite riserve ordinarie e straordinarie per circa 30 milioni, e ciò malgrado il tenue tasso applicato ai fidi, in conformità alla legge istitutiva della Sezione, la quale peraltro opera esclusivamente nell’ambito del settore cinematografico, e con il solo fondo di dotazione integrato dagli appoggi finanziari ad essa concessi dalla Banca nazionale del lavoro, le cui anticipazioni, a fine esercizio 1946, residuavano a lire 17.528.442,85. Ciò deriva essenzialmente dalla struttura organica della Sezione e dal basso costo dei servizi, essendo le spese generali limitate al puro indispensabile, del che va data lode alla Direzione ed al personale della Banca.
L’esposizione in essere al 31 dicembre 1946 in 256 milioni, è rappresentata da finanziamenti alla nuova produzione cinematografica, operazioni assistite da valide garanzie che ne assicurano il buon fine.
Durante l’esercizio 1946, sono stati deliberati prestiti per un ammontare complessivo di 325 milioni di lire, dei quali 278 milioni alla produzione è stata infatti finanziata la produzione di 23 film spettacolari…
PERA. Ma io non ho mai attaccato la Banca del lavoro.
BALDUZZI. …e di 17 cortometraggi – 40 milioni alle attività collaterali e 7 milioni in favore di sale cinematografiche.
L’industria cinematografica nazionale, sia nel campo della produzione, commercio e sfruttamento di pellicole, nonché nell’esercizio delle sale cinematografiche, ha trovato nella funzione creditizia della Sezione, un valido appoggio di sviluppo e potenziamento, sia nel mercato interno che in quello estero, con evidenti, sensibili benefici per il bilancio dello Stato.
Sarebbe pertanto augurabile che lo Stato potesse sempre erogare i suoi capitali – il che purtroppo non può essere – con beneficio pari a quello che ritrae dalla partecipazione anzi detta.
La svalutazione monetaria, le aumentate esigenze dell’industria cinematografica, rendono inadeguato alla funzione della Sezione l’attuale fondo di dotazione, il che giustifica l’aumento previsto dall’articolo 11 del disegno di legge in discussione; fondo della cui utilizzazione, in rapporto alle peculiari caratteristiche dell’industria cinematografica e, particolarmente, del settore operante nel campo della produzione di film, va in gran parte a beneficiare la massa dei lavoratori addetti a questo importante settore, ove si pensi che il costo, medio di produzione di un film è rappresentato per circa il 70 per cento da compensi spettanti a tecnici, attori, comparse, impiegati, elettricisti ed operai in genere, come potrei dimostrare in base ai dati che desumo dal preventivo di spesa a mie mani per il film «Certosa di Parma».
Concludo, sottolineando, che il fondo di dotazione, anziché rappresentare una gestione passiva, è fonte di lucro per lo Stato non soltanto per la rimunerazione del capitale conseguita come partecipante e per il consolidamento del fondo di riserva della Sezione, ma anche per il provento d’imposte e tasse a carico della Sezione medesima, il cui saldo è salito dal 31 dicembre 1945 al 31 dicembre 1946 da lire 1.469.489,60 a lire 3.086.878,80, senza poi contare che per Statuto – in caso di messa in liquidazione della Sezione – il residuo netto del patrimonio della Sezione, dopo che siano state sodisfatte le quote della Banca nazionale del lavoro e degli altri Istituti partecipanti, sarà devoluto al Tesoro dello Stato, e pertanto tralasciando di lumeggiare le finalità educative e protettive dell’industria cinematografica nazionale del disegno di legge, autorevolmente illustrate dalle relazioni e dai precedenti oratori, raccomando l’approvazione del progetto.
PRESIDENTE. Non essendovi altri oratori inscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione generale, riservando la facoltà di parlare all’onorevole Relatore e al Governo.
L’onorevole Relatore ha facoltà di parlare.
VERNOCCHI, Relatore. Onorevoli colleghi. Quando si iniziò la discussione di questo disegno di legge ebbi quasi il timore che la discussione non fosse che un colloquio a tre, fra l’onorevole Proia, me come relatore, e il rappresentante del Governo. Mi autorizzava a credere questo, il disinteresse assoluto confermato anche stamani dall’assenza della grande maggioranza dei componenti l’Assemblea. Ma poi, subito, nella prima seduta, noi abbiamo visto, per l’intervento di alcuni colleghi, che si voleva approfondire l’esame di questo disegno di legge, si voleva discutere con cognizione di causa, tanto è vero che il collega Giannini chiese una breve sospensiva di qualche giorno per essere in grado di affrontare il problema. Poi le successive riunioni hanno dimostrato anche una certa vivacità, forse eccessiva, nella discussione, vivacità che si è conclusa con un tentativo di sospensione della legge. Gli è che io ho la persuasione che non occorra una speciale competenza tecnica per esaminare questo disegno di legge; occorre soltanto una valutazione pregiudiziale: se debba, cioè, esistere e prosperare l’industria cinematografica nel nostro Paese o se non debba esistere; se l’Italia debba o non debba avere il suo cinema adatto alla psicologia del suo popolo, adatto al clima democratico repubblicano del nostro Paese; se si debba o non si debba dare la dimostrazione che in Italia esistono soggettisti, sceneggiatori, registi, attori, maestranze specializzate che non sono inferiori a quelli di nessun’altra Nazione; se, infine, noi riteniamo che il film nazionale di qualità, particolarmente improntato a quella che è la psicologia del nostro popolo, diversa dalla psicologia degli altri Paesi, debba, attraverso d’esportazione, esercitare quelle determinate influenze, sia nel campo psicologico, sia nel campo finanziario, che vanno a favore della nostra Nazione. E per far questo occorre soltanto un vigile senso politico, una concezione meno miope dell’industria e dei suoi riflessi, e particolarmente una concezione precisa di quella che può essere, l’importanza della cinematografia per il nostro Paese.
Ora, io mi trovo in una situazione molto strana, e direi che la mia posizione potrebbe sembrare non conseguente a quelle che sono le mie idee, visto che alcuni compagni e colleghi della sinistra sono contrari al disegno di legge. Se io mi fossi preoccupato esclusivamente della protezione dell’industriale nella compilazione e nella difesa di questo disegno di legge, forse gli amici di sinistra avrebbero ragione di elevare verso di me il loro giusto rimprovero. Ma nella formulazione della legge noi abbiamo tenuto presente esclusivamente la difesa dell’industria cinematografica per i suoi riflessi morali e sociali, e, soprattutto, la difesa del lavoro italiano.
E, caro Fogagnolo, non è esatto quello che tu affermi, che sono pochi coloro i quali vivono dell’industria cinematografica. Ti dirò che vi sono 35 mila iscritti al sindacato dei lavoratori.
FOGAGNOLO. Ho detto: non sono centomila.
VERNOCCHI, Relatore. E vi sono circa 100 mila persone che vivono ai margini della cinematografia, e questa massa occorre considerare particolarmente. Vi è, quindi, un ingente numero di lavoratori che, il giorno in cui la produzione cinematografica sarà sviluppata, avrà la possibilità di trovar lavoro. Ecco il motivo iniziale, fondamentale, del nostro intervento nella redazione della legge, del nostro intervento come rappresentanti dei lavoratori.
Ma è opportuno fare un po’ la storia di questa legge, perché il collega Pera ha parlato di voci non completamente disinteressate è questa sua affermazione, sia pure ipotetica, potrebbe gettare un’ombra su coloro che si sono occupati della redazione della legge.
Ora, chi conosce me personalmente sa che non ho mai avuto rapporti di nessuna specie con industriali e non ho mai servito interessi particolari.
PERA. Che gli industriali siano disinteressati, questo no!
VERNOCCHI, Relatore. Ciò non mi riguarda. Ma la legge e la storia della compilazione della legge dimostrano che non è soltanto una questione che riguarda gli industriali, ma è soprattutto un problema che riguarda i lavoratori. E allora è opportuno rifarci al passato: due anni or sono, l’allora Sottosegretario alla Presidenza, avvocato Libonati, dette vita ad una Commissione paritetica per l’esame del problema cinematografico del nostro Paese. Di questa Commissione facevano parte alcuni funzionari dei Ministeri, nonché rappresentanti dell’esercizio e della produzione, e rappresentanti dei lavoratori.
La prima cosa concreta fatta da questa Commissione paritetica fu l’abolizione delle leggi fasciste. Quindi non si può più dire che esistano ancora le leggi monopolistiche del fascismo, perché quelle furono proprio abrogate in quella prima riunione della Commissione paritetica. Ma questa Commissione paritetica si preoccupò di dare un ordinamento alla cinematografia dopo la liberazione di Roma e si preoccupò soprattutto di dare possibilità a questa industria di rinascere.
Colleghi, io credo che voi non abbiate una concezione precisa ed esatta di quella che è stata l’influenza distruttiva della guerra nella cinematografia del nostro Paese. L’industria cinematografica del nostro Paese ha risentito maggiormente della guerra per una ragione politica ed economica insieme; questa: perché i nostri amici alleati, e specialmente gli americani, avevano l’interesse particolare di distruggere l’industria cinematografica italiana. L’abbiamo visto quando, alla liberazione delle varie città, si sono presentati, immediatamente dietro le forze armate, carri pieni di scatole di pellicole che sono state imposte a tutti i cinematografi, per orientare il pubblico italiano attraverso il cinema come essi volevano e come serviva alla loro politica. Questa è la verità pregiudiziale e teniamone conto, perché proprio l’America insegna a noi qualche cosa in questo settore. La nostra industria cinematografica era completamente distrutta; bisognava risollevarla, tenerla per mano, guidarla, e darle la possibilità di riprendere la sua azione; perché, se un Paese non possiede una industria cinematografica efficiente, non ha alcuna possibilità di penetrazione psicologica, innanzi tutto nelle proprie masse, ed indirettamente, nelle masse degli altri Paesi, almeno per dimostrare lo sforzo di ricostruzione compiuto dal popolo in questo momento.
Questa legge ha avuto queste vicende: formulata diverse volte; preparata diverse volte; portata fin sulla soglia del Consiglio dei Ministri, improvvisamente si fermava. E noi non sappiamo quali pressioni recondite riuscissero ad ottenere questo risultato! Ma un bel giorno, dopo una, lunga riunione – era sottosegretario, amico Cappa, il tuo predecessore, Arpesani – riuscimmo a mettere insieme un progetto di legge che garantiva l’obbligatorietà per 84 giorni all’anno del film italiano nei cinematografi italiani. Arpesani, d’accordo con noi; gli uffici centrali della cinematografia, concordi. Il giorno dopo vi fu il Consiglio dei Ministri: ebbene, invece della legge preparata dalla Commissione paritetica, venne fuori il decreto del 1945, n. 678, che noi tutti conosciamo, sostanzialmente modificato, perché, da quel decreto, era sparita tutta la parte che si riferiva al contingente dello schermo. Che cosa era avvenuto, onorevoli colleghi? Era avvenuto che nella sera, nella notte, forse, l’ammiraglio Stone aveva presentato una nota particolare del suo Governo per impedire che quella legge, che stabiliva l’obbligatorietà del film italiano sugli schermi italiani, fosse approvata dal Governo italiano. Bisogna dire le verità come sono, onorevoli colleghi!
GIANNINI. È la verità.
VERNOCCHI, Relatore. Ed ecco le conseguenze di queste inframmettenze straniere. Ecco perché noi avevamo il dovere di difendere la nostra industria cinematografica ed avevamo anche il dovere di reagire contro tentativi monopolistici dell’industria straniera, la quale aveva già invaso i nostri mercati e voleva mantenerli ad ogni costo.
La vera importanza del disegno di legge è costituita dall’obbligatorietà. Se noi avessimo la possibilità di programmare obbligatoriamente nei nostri cinema, come in Francia, e negli altri Paesi, cento giorni, centocinque giorni, in libertà assoluta, allora noi non avremmo bisogno di assegnare all’industria determinate provvidenze. La verità è che non siamo riusciti nemmeno ad ottenere che la nostra proposta di ottantaquattro giorni all’anno, che è stata ripresa dall’onorevole Giannini in questo momento, fosse varata. E l’onorevole Cappa sa che cosa abbiamo dovuto fare perché gli ottantaquattro giorni fossero accettati. Anche lui, che era a capo di questa Commissione, ha dovuto subire, non dico determinate influenze, ma reazioni da parte proprio dell’esercizio italiano, il quale, abituato ai lauti guadagni col film americano, abituato a seguire quella parte deteriore del popolo italiano che vitupera tutto ciò che è nazionale e frutto del lavoro italiano ed esalta tutto ciò che è straniero, l’esercizio italiano, ripeto, si è sempre opposto a che fosse garantita la possibilità di vita al film italiano. Oh! voi dite che i film italiani sono tutti deplorevoli per mancanza di qualità artistica…
Una, voce a sinistra. Non è vero!
VERNOCCHI, Relatore. Non è vero. Voi affermate che solo un film italiano, o qualche film italiano è andato all’estero. Io vi dirò che non è così. I film italiani, che dimostrano soprattutto i danni apportati all’Italia dalla guerra, che dimostrano la nostra partecipazione alla guerra di liberazione, che mettono in evidenza il nostro sacrificio e lo sforzo di ricostruzione compiuto per la elevazione morale del nostro Paese, hanno avuto un successo immenso. Teniamo presente il successo dei film «Roma città aperta», «Il sole sorge ancora», «Sciuscià», acquistati immediatamente dai noleggiatori stranieri e riconosciamo che sono questi film che hanno dato fiducia al produttore per l’avvenire e l’incoraggiamento a fare nuovi film. «Il sole sorge ancora» non è di un industriale, è dell’A.N.P.I., dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, la quale attraverso il guadagno che ha realizzato con questo film sta in questo momento girando nelle campagne del Ravennate un altro film che dimostra la partecipazione dell’Italia alla guerra di liberazione e la sua volontà di elevarsi dalla depressione morale in cui è caduta. Questo conferma quello che si è detto la volta scorsa da alcuni colleghi che ripudiavano i grossi complessi industriali e mettevano in evidenza la possibilità della costituzione di cooperative per la produzione dei film, cooperative di lavoratori preoccupati soltanto di dare all’Italia una produzione cinematografica sana e soprattutto morale. Ecco il problema nella sua vera essenza. E se difendiamo questo disegno di legge lo facciamo proprio per questi suoi presupposti che sono di carattere morale e sociale. Come è fatto il disegno di legge? Non è quello che avevamo proposto noi. Innanzi tutto l’articolo 2 istituisce l’Ufficio centrale. Questo Ufficio centrale sa troppo di vecchia direzione generale della cinematografia.
Credo sia opportuno accettare l’emendamento Di Vittorio che dà possibilità alla Commissione consultiva di affiancare questo ufficio centrale e di togliere anche molti sospetti di incapacità o peggio. Istituisce determinate Commissioni. L’articolo 12 istituisce una Commissione consultiva della quale fanno parte rappresentanti dei Ministeri interessati e rappresentanti degli industriali e dei lavoratori. Vi sono degli emendamenti che completano queste Commissioni e che io accetto completamente.
L’articolo 13 è quello che ci fa pensare di più, perché così come è formulato con la maggioranza dei rappresentanti dei varî ministeri economici e finanziarî non garantisce la possibilità che effettivamente il giudizio sul merito, sulla qualità, possa essere un giudizio efficiente ed equo.
Una Commissione ristretta per giudicare un numeroso quantitativo di film può dare origine anche a sospetti, perché è molto più facile corrompere un piccolo numero di persone ed è, invece, molto difficile riuscire a corromperne un numero notevole. Ecco perché è opportuno elevare il numero dei rappresentanti dei lavoratori, elevare quello dei rappresentanti degli industriali, immettere il rappresentante dell’esercizio, ma anche il rappresentante dei lavoratori dell’esercizio, cioè dei lavoratori dei cinematografi…
GIANNINI. Accettiamo anche questo.
VERNOCCHI, Relatore. …per evitare la possibilità di rendere questo Comitato tecnico troppo burocratico, quindi inferiore ai suoi compiti particolari e delicati.
Vi sono le Commissioni di censura; sono al plurale perché sono più di una, perché è ovvio che queste Commissioni che devono visionare centinaia di film debbono essere numerose. Una sola Commissione non avrebbe la possibilità, pur rimanendo nella sala di proiezione dal mattino fino a notte, di vedere tutti i film e giudicare con coscienza.
Poi vi sono le provvidenze. Le provvidenze, vi dicevo prima, potrebbero essere evitate, se avessimo il coraggio di imporre la obbligatorietà dei film italiani per un maggior numero di giornate nei nostri cinematografi. Ma siccome questo non è possibile per la reazione dell’esercizio, già manifestata parecchie volte, dobbiamo accontentarci di quanto il disegno di legge dispone, o al massimo aumentare il periodo, se l’Assemblea lo crederà, ed io dichiaro fin da ora di accettare i 20 giorni ogni trimestre con provvidenze di carattere finanziario.
Onorevoli colleghi, lo Stato non elargisce nulla del suo. Lo scorso anno, su un incasso di circa due miliardi, ha dato al cinematografo italiano duecento milioni. Quest’anno, con un incasso raddoppiato darà il doppio; ma non sono i miliardi di cui parlava l’onorevole Pera; e non vi è ragione che il provvedimento possa influire negativamente sul decreto che è stato in questi giorni esaminato dal Consiglio dei Ministri inteso ad assegnare ai comuni italiani i proventi delle tasse erariali sui cinematografi.
Quattrocento milioni su quattro miliardi di introiti non sono che una piccolissima parte di quello che lo Stato ha guadagnato attraverso i cinematografi. E del resto così è in tutti gli Stati; perché se non vi sono quelle determinate provvidenze stabilite dall’articolo che noi esaminiamo, vi sono altre provvidenze forse superiori; vi sono le tasse di doppiaggio che, dovunque, sono fortissime ed impediscono ai film stranieri di entrare se non pagano questo notevole pedaggio; vi sono i contingenti allo schermo molto più elevati di quello stabilito dalla nostra legge; vi sono, come in America, dove la legge sembra più liberale, ma invece è più rigida, gruppi finanziari attorno all’industria cinematografica – 8 in tutto – i quali hanno influenze anche sulla politica del loro paese e che controllano l’80 per cento delle sale, e quindi hanno la possibilità di garantire la programmazione dei loro film.
E non parliamo della Russia che ha una cinematografia statale; non parliamo della Romania, della Cecoslovacchia, della Francia, dove soprattutto in questo momento si cerca di creare proprio quelle bardature statali alle quali qui si è accennato per condannarle, le quali hanno una importanza particolare, in quanto costituiscono le basi per la pianificazione di una industria cinematografica nazionale. Io credo che non si possano elevare accuse di protezionismo contro questa legge, se noi esaminiamo particolarmente quello che gli altri Stati hanno fatto. Dovunque, vi dicevo, vi sono leggi proiettive del cinematografo: gli è perché negli altri Stati si conosce l’importanza politica, psicologica, sociale, del cinematografo; si conosce il potere di penetrazione psicologica, non soltanto nel proprio popolo, ma anche nei popoli degli altri paesi. Dovreste tener presente che l’America, prima di vincere la guerra con le armi, l’ha vinta col cinematografo, per l’influenza che il film americano ha sempre esercitato sulle folle di tutti i paesi del mondo.
È una protezione necessaria, perché non si può passare immediatamente da un regime strettamente, rigidamente monopolistico ad un regime di assoluta libertà. Occorre che noi procediamo per gradi, ed occorre immettere nella legge determinate clausole che diano la possibilità di revocare o di rivedere di anno in anno quelle che sono le condizioni che noi oggi abbiamo poste nella legge stessa. Non sarà sempre così; il primo anno, quando l’industria è ancora bambina e deve crescere, noi daremo determinate provvidenze; il secondo anno vedremo quali saranno le condizioni di questa industria dopo un anno di vita e giudicheremo se dovremo mantenere, o se dovremo diminuire o se dovremo abolire addirittura questi provvedimenti. Ecco perché io accetto l’emendamento Giannini a questo proposito. Per raggiungere il fine, che noi speriamo e ci auguriamo che si realizzi, che, cioè, ad un determinato momento non vi siano più protezioni, non vi siano più aiuti, ma vi sia libertà completa, perché il film italiano nel nostro Paese si sarà affermato nei confronti di tutti gli altri film di produzione e di importazione straniera, di quei film che sono veramente una paccottiglia, di quei film che esprimono una psicologia che è completamente diversa dalla nostra e che noi dobbiamo combattere, perché noi italiani particolarmente, dopo il fascismo e dopo la guerra, ci troviamo in un periodo di depressione morale che deve meritare tutta la nostra attenzione. E abbiamo bisogno di servirci proprio dello strumento più efficace di penetrazione in mezzo alle masse della cinematografia, per cercare di sollevare la morale del nostro popolo, per cercare di impedire che questa situazione dolorosa si incancrenisca e che la prostituzione e la delinquenza ogni giorno più aumentino invece che diminuire. Questo è uno dei compiti del cinematografo, onorevoli colleghi, perché non vi è arte, in Italia, nel mondo, che sia più efficace del cinematografo. La poesia, la musica, la pittura parlano al pubblico ristretto, che si presuppone abbia già una base di educazione; il cinematografo, invece, rompe tutte le barriere, arriva a tutte le masse, anche le più incolte, parla al cuore e parla agli occhi; dice quello che il libro e il giornale non dicono; è analisi e sintesi nello stesso tempo; muove e commuove gli animi. L’Italia non può in nessuna maniera privarsi del suo cinematografo, di un cinematografo nazionale, senza andare incontro alla possibilità di perdere la sua indipendenza spirituale. (Applausi).
PERA. Chiedo di parlare per fatto personale.
PRESIDENTE. Indichi il fatto personale.
PERA. Dovrei rettificare alcune cifre.
PRESIDENTE. Questo non costituisce un fatto personale. Onorevole Pera, se non è per fatto personale, la prego di non insistere nel chiedere di parlare, e rivolgo la stessa preghiera a tutti gli onorevoli colleghi.
L’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio ha facoltà di parlare.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Sarò brevissimo, sia perché il Relatore ha già diffusamente difeso la legge, sia perché ho già spiegato, nell’ultima seduta, invitando l’Assemblea a respingere la domanda di rinvio, le ragioni per cui il Governo ha presentato questa legge. Dovrei inutilmente ripetermi. Per la verità tengo a confermare che il disegno di legge non è stato improvvisazione di laici, ma è stato preparato, come ha ricordato l’onorevole Vernocchi, attraverso discussioni, studi e, talora, anche contrasti di tecnici, di rappresentanti di varie correnti ed interessi. Questa legge, che viene una seconda volta all’Assemblea Costituente, ha mirato ad organizzare, da un lato, gli uffici della cinematografia che facevano parte del soppresso Ministero della cultura popolare – poi Sottosegretariato stampa e spettacoli – dall’altro, a creare una Commissione consultiva che possa prendere in esame i vari problemi della cinematografia nel nostro Paese. Alcuni avrebbero voluto che fosse creato un Sottosegretariato della cinematografia e dello spettacolo. Io ho ritenuto opportuno non creare nuove, complesse e costose organizzazioni, ma nello stesso tempo ho sentito la necessità assoluta di organizzare gli uffici della cinematografia in modo che possano tenere le redini di tutto quanto interessi la cinematografia in Italia. Per questo ho ritenuto opportuno costituire una Commissione consultiva; non una grande Commissione consultiva composta di una quantità di rappresentanti che si sarebbero riuniti poche volte all’anno facendo molte chiacchiere e nulla concludendo, ma una commissione ristretta che possa, su richiesta del Sottosegretario da cui l’ufficio dipende, esaminare e discutere tutti i problemi che hanno connessione o riferimento con l’attività e la produzione della cinematografia del nostro Paese. Mi compiaccio dell’ampia discussione che l’Assemblea ha voluto fare di questa legge. Penso che fra i nostri colleghi realmente i competenti sulla cinematografia saranno aumentati di numero con la discussione che si sta svolgendo: e non sarà stata cosa inutile. Ma raccomando all’Assemblea di voler venire ad una conclusione. Se ci sono differenze di vedute, le risolveremo articolo per articolo su ciascuno dei vari punti fondamentali. Ancora una parola su ciò che riguarda i giorni da riservare alla programmazione di film italiani. Creda, onorevole Pera, che questo lato del problema è stato largamente studiato ed il Governo ha tenuto conto dei contrastanti interessi.
Io ho resistito in parte alle domande dei produttori nazionali che volevano vedersi assegnare un maggior numero di giorni riservati alla programmazione dei film nazionali. E non l’ho fatto certo – mi rivolgo soprattutto all’onorevole Giannini e all’onorevole Proia – per fare opposizione ai desiderata dei produttori nazionali, ma perché ho ritenuto non essere conveniente creare intorno alla produzione nazionale un ambiente chiuso, ristretto di protezione tale da impedire l’eccitamento che può venire dalla libera concorrenza e migliorare e progredire la produzione dei nostri film. A me sembra che attualmente innovando, come innoviamo, in questa legge con la istituzione di una quantità di giorni riservati alla cinematografia nazionale noi già facciamo un passo in avanti. Stabiliamo e teniamo fermi questi sessanta giorni. Non esageriamo, per non dare alla produzione nazionale la sensazione di non aver bisogno di migliorare, mentre invece da molte parti vengono le critiche, e non poche, sui film nazionali, in quanto si afferma che essi sono inferiori alla produzione straniera.
Si potrebbe trovare anche su questo una via di conciliazione. Vi è un emendamento dell’onorevole Giannini il quale vorrebbe portare i giorni riservati da quindici giorni al trimestre, cioè 60 all’anno, a 20 al trimestre, cioè 80 giorni all’anno. Ma un altro emendamento all’articolo 7 del collega Giannini dice che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il parere della Commissione consultiva, potrà essere variato, di anno in anno, il numero delle giornate da riservare ai film nazionali, in relazione alla variazione della quantità e qualità della produzione cinematografica nazionale dell’anno». Io non avrei nulla in contrario ad accogliere questo emendamento, mentre sinceramente penso che non sia opportuno accogliere il primo emendamento dello stesso onorevole Giannini, che porta da 15 a 20 giorni le rappresentazioni riservate alla produzione nazionale.
Articolo per articolo noi potremo esaminare i varî emendamenti che sono stati proposti. Non ho nulla in contrario, per quanto riguarda la costituzione della Commissione centrale, ad accogliere l’emendamento col quale alla Commissione centrale consultiva si aggiunge un rappresentante del Ministero per il commercio con l’estero. Appare opportuna l’inclusione, in quanto i problemi della cinematografia nazionale implicano l’esame di molte questioni che possono aver rapporto con l’introduzione in Italia di film, e, quindi, con i problemi della valuta.
Naturalmente, sono contrario alla proposta del collega Fogagnolo. Non si risolverebbe niente in questo modo e noi non faremmo che rinviare il problema. Purtroppo, tutto quello che riguarda l’eredità del vecchio Ministero della cultura popolare importa un succedersi di questioni e di polemiche. Anche nell’organizzazione del turismo, reclamata insistentemente da quando la guerra è finita, si trovano ostacoli acché qualcosa di vivo si crei. Sembra che da tutte le parti sorgano contestazioni; vi sono, forse, interessi e punti di vista diversi. Questa del cinematografo è intanto una partita che noi risolviamo e sistemiamo delle molte che furono le attribuzioni del Ministero soppresso.
Io sono convinto che se noi nominassimo un’altra Commissione, sia pure con rappresentanti parlamentari, allorché questa Commissione – chissà quando del resto – portasse dinanzi alla Assemblea, o prima davanti al Consiglio dei Ministri, le sue proposte, saremmo di nuovo daccapo a discutere, ed intanto nulla si farebbe. Invece, attraverso la costituzione del proposto ufficio centrale, attraverso la costituzione della Commissione consultiva, io penso che realmente un passo in avanti si possa fare pel riordinamento completo della cinematografia del nostro Paese.
Presentazione di relazioni.
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Mi onoro di presentare la relazione della Commissione per i trattati internazionali sul disegno di legge concernente l’approvazione dell’accordo concluso a Parigi il 10 settembre 1946 tra il Governo italiano e quello egiziano circa il risarcimento dei danni subiti dall’Egitto per effetto di operazioni militari.
Presento inoltre, a nome dell’onorevole Jacini, la relazione della stessa Commissione sul disegno di legge concernente la partecipazione dell’Italia alla F.A.O.
PRESIDENTE. Queste relazioni saranno stampate e distribuite.
Si riprende la discussione del disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale.
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione degli articoli del disegno di legge sull’ordinamento dell’industria cinematografica, nazionale.
L’onorevole Fogagnolo ha proposto la soppressione dei primi sei articoli. Ora, a norma di Regolamento, gli articoli devono essere esaminati singolarmente. Pertanto la proposta di soppressione, se mantenuta, sarà votata articolo per articolo.
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Io credo, onorevole Presidente, che la proposta da me fatta, cioè di limitare la discussione del progetto all’articolo 7 con la soppressione dei primi sei articoli, abbia il diritto di precedenza, perché se l’Assemblea dovesse votarla, gli articoli dall’uno al 6 non si esaminerebbero più. Quindi non è articolo per articolo che io ritengo si debba votare. Ho proposto di sopprimere dall’articolo 1 all’articolo 6 e di rifare il testo, cioè ho proposto un nuovo testo all’articolo 7. Se la mia proposta dovesse essere approvata, perciò, dall’articolo 1 all’articolo 6 non ci sarebbe più bisogno di discutere e pertanto la mia preposta dovrebbe avere la precedenza. Ed a questo proposito, riferendomi a quanto hanno detto l’onorevole Cappa ed il relatore, mi permetto di richiamare vivamente l’attenzione dell’Assemblea sull’importanza della proposta che ho fatto. Sarebbe mio desiderio sentire il parere dell’onorevole Proia e dell’onorevole Giannini, sull’opportunità o meno di limitare per il momento l’attività protettrice di questa legge alla sola programmazione obbligatoria nelle sale cinematografiche. Evitare quindi di dare anche delle piccole cifre, perché non è che noi diamo con questo provvedimento il 12 per cento su quello che lo Stato incassa: ma diamo un contributo, da parte dello Stato, alle produzioni, pari al 12 per cento degli incassi lordi delle sale cinematografiche!
VERNOCCHI, Relatore. Sì, ma per quel film.
FOGAGNOLO. Naturalmente, ma questo riguarda gli incassi lordi. Ritengo che l’Assemblea non sia matura per esaminare un provvedimento di questo genere, che dovrebbe avere bisogno di uno studio profondo da parte dei competenti. Qui abbiamo un provvedimento che è stato preparato da funzionari. Ora, la mia proposta è di nominare un comitato per tutto ciò che riguarda l’ordinamento generale della cinematografia e di lasciare limitata la discussione a quella parte del progetto che dovrebbe dare all’industria nazionale la possibilità, anzi la certezza, di avere i suoi film programmati. Se noi saremo d’accordo su questo, avremo raggiunto lo scopo che ci dobbiamo prefiggere: cioè quello di assicurare alla produzione cinematografica nazionale la certezza di programmazione. Per tutto il resto (creare tutti questi uffici, tutte queste Commissioni ecc.), lasciamo da parte questi provvedimenti, di cui non si sente la necessità. Per amministrare dei contributi e per fissare dei programmi viene proposto di creare almeno cinque commissioni; ed io trovo che sarebbe un assurdo!
PRESIDENTE. Onorevole Fogagnolo, non insista perché sia messa in votazione la sua proposta soppressiva dei primi sei articoli.
Le faccio osservare che questo sarebbe una specie di controprogetto, che lei propone al progetto del Governo, e che il Governo ha dichiarato di non accettare.
Dobbiamo, pertanto, procedere all’esame dei singoli articoli. Ella avrà diritto di proporre, articolo per articolo, la soppressione.
FOGAGNOLO. Con tutto il rispetto che ho per lei, signor Presidente, mi permetto di dissentire da questa interpretazione.
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 1:
«L’esercizio dell’attività di produzione di film è libero.
«Le imprese produttrici debbono denunciare tempestivamente l’inizio di lavorazione del film all’Ufficio centrale per la cinematografia, di cui al seguente articolo 2, fornendo tutti gli elementi necessari per l’accertamento della nazionalità del film».
L’onorevole Fogagnolo ha proposto la soppressione di questo articolo. Onorevole Fogagnolo, insiste sul suo emendamento?
FOGAGNOLO. Insisto.
PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il suo avviso al riguardo.
VERNOCCHI, Relatore. La Commissione è contraria.
PRESIDENTE. E il Governo?
CAPPA, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. È contrario.
PRESIDENTE. Metto a partito l’emendamento soppressivo dell’articolo primo presentato dall’onorevole Fogagnolo.
(Non è approvato).
Pongo in votazione l’articolo 1 di cui do nuovamente lettura:
«L’esercizio dell’attività di produzione di film è libero.
«Le imprese produttrici debbono denunciare tempestivamente l’inizio di lavorazione dei film all’Ufficio centrale per la cinematografia, di cui al seguente articolo 2, fornendo tutti gli elementi necessari per l’accertamento della nazionalità del film».
(È approvato).
Segue l’articolo 2:
«È istituito alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri un Ufficio centrale per la cinematografia.
«L’Ufficio centrale per la cinematografia:
- a) attua le provvidenze stabilite a favore della produzione cinematografica nazionale;
- b) accerta la nazionalità dei film;
- c) promuove e cura i rapporti concernenti gli scambi cinematografici con l’estero;
- d) esercita le attribuzioni demandate allo Stato dalle disposizioni concernenti la vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche;
- e) esercita la vigilanza sugli enti, le attività e le manifestazioni cinematografiche aventi carattere d’interesse pubblico;
- f) esercita le attribuzioni demandate dalla presente leggo o da altre leggi.
«Hanno sede presso l’Ufficio centrale per la cinematografia le Commissioni previste dalla presente legge, nonché la Commissione tecnica per l’esame delle domande di costruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100».
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Insisto naturalmente per la soppressione di ognuno dei primi sei articoli; ma protesto per questo sistema di votazione, perché, quando la mia preposta di soppressione è respinta, il Presidente non ha il diritto di dire chequell’articolo è approvato.
PRESIDENTE. Questo non è esatto, onorevole Fogagnolo. Io ho proceduto a una seconda votazione, dopo di aver dato nuovamente lettura dell’articolo 1, che l’Assemblea ha approvato.
L’onorevole Fogagnolo ha proposto la soppressione anche dell’articolo 2. Qual è il pensiero del Relatore?
VERNOCCHI, Relatore. Sono contrario.
PRESIDENTE. E qual è il pensiero del Governo?
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Il Governo è contrario.
GIANNINI. Chiedo di parlare sulla proposta di soppressione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Desidero chiarire un momento all’onorevole Fogagnolo che la proposta non è stata capita, ma non è sbagliata. Solo ha il torto di essere un’altra legge, ossia una legge nuova sulla cinematografia presentata in un modo magari più snello e magari migliore di quello che è la legge in discussione. Se non che, mentre l’onorevole Fogagnolo presenta questa nuova legge con una giustissima motivazione, ossia, perché ritiene che della legge già presentata e già in discussione, l’Assemblea non abbia una cognizione perfetta, egli pretende che noi approviamo la sua nuova legge che egli ha semplicemente letta rapidamente e che nessuno di noi ha letta. Ciò mi sembra illogico. Ora, se l’Assemblea non è preparata a capire tutti i misteri di una legge che ormai si trascina da un anno, e sull’approvazione della quale sono d’accordo quattro partiti politici, fra i quali alcuni antitetici, come è possibile che l’Assemblea stessa possa immediatamente prendere in considerazione ed in giusto esame la proposta di una nuova legge fatta all’improvviso? Non che sia cattiva, anzi io voglio ammettere che sia migliore, ma ci vorrebbe tempo per studiarla.
FOGAGNOLO. Sono due articoli!
GIANNINI. Non basta. In due articoli si possono mettere tutte le «chiapparelle» di questo mondo. Ora io penso che lei stima la nostra intelligenza e suppone che comprendiamo le «chiapparelle» in un attimo. Invece non tutti siamo intelligenti ed io, per esempio, non ho capito se c’è la «chiapparella». Quindi desidero discutere ed approvare la legge di cui mi sono impadronito, anziché la legge sua, che è certamente migliore, ma che esigerebbe un altro studio che adesso non c’è il tempo di fare.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la soppressione dell’articolo 2 proposta dall’onorevole Fogagnolo.
(Non è approvata).
Allora procediamo alla votazione dell’articolo, comma per comma. Al primo comma dell’articolo 2 non è stato presentato alcun emendamento. Esso è del seguente tenore:
«È istituito alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri un Ufficio centrale per la cinematografia».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo al secondo comma:
«L’Ufficio centrale per la cinematografia:
- a) attua le provvidenze stabilite a favore della produzione cinematografica nazionale;
- b) accerta la nazionalità dei film;
- c) promuove e cura i rapporti concernenti gli scambi cinematografici con l’estero;
- d) esercita le attribuzioni demandate allo Stato dalle disposizioni concernenti la vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche;
- e) esercita la vigilanza sugli enti, le attività e le manifestazioni cinematografiche aventi carattere d’interesse pubblico;
- f) esercita le attribuzioni demandate dalla presente legge e da altre leggi».
A questo comma è stato presentato il seguente emendamento accettato dalla Commissione e dal Governo:
«Dopo le parole: L’Ufficio centrale per la cinematografia, aggiungere: valendosi dell’assistenza della Commissione consultiva, di cui all’articolo 12.
«Di Vittorio, Bernamonti, Bitossi, Maffi, Mezzadra, Pressinotti, Corbi, Fantuzzi».
CORBI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBI. L’emendamento è stato già svolto dal collega Di Vittorio. Io insisto nel riproporlo, perché mi sembra una cosa assolutamente logica che l’Ufficio centrale per la cinematografia che si vuole istituire, per i poteri che gli vengono dati, debba avvalersi, per meglio espletare il suo compito, dell’assistenza della Commissione consultiva.
GIANNINI. Ma siamo d’accordo. Tutti abbiamo accettato questo emendamento Di Vittorio.
PROIA. Mi associo.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Di Vittorio.
(È approvato).
Pongo in votazione il secondo comma così modificato:
«L’Ufficio centrale per la cinematografia, valendosi dell’assistenza della Commissione consultiva, di cui all’articolo 12:
- a) attua le provvidenze stabilite a favore della produzione cinematografica nazionale;
- b) accerta la nazionalità dei film;
- c) promuove e cura i rapporti concernenti gli scambi cinematografici con l’estero;
- d) esercita le attribuzioni demandate allo Stato dalle disposizioni concernenti lai vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche;
- e) esercita la vigilanza sugli enti, le attività e le manifestazioni cinematografiche aventi carattere d’interesse pubblico;
- f) esercita le attribuzioni demandate dalla presente legge e da altre leggi».
(È approvato).
Passiamo al terzo comma:
«Hanno sede presso l’Ufficio centrale per la cinematografia le Commissioni previste dalla presente legge, nonché la Commissione tecnica per l’esame delle domande di costruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100».
A questo comma gli onorevoli Bubbio, Siles, Cappi, Rescigno, Cingolani, Clerici, Guidi, Bellato, Perlingieri hanno proposto di sopprimere le parole: «nonché la Commissione tecnica per l’esame delle domande di costruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100».
PROIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PROIA. Prego gli onorevoli proponenti di ritirare la proposta soppressiva, perché altrimenti non sapremmo ora come sostituire la Commissione per l’apertura delle nuove sale. Quindi prego nello stesso tempo il Governo di preparare un’altra disposizione sulla sorveglianza dell’esercizio delle sale.
BUBBIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUBBIO. Questo emendamento non va esaminato da solo, ma in rapporto al seguente ordine del giorno che ho presentato:
«L’Assemblea,
ritenuto che ad evitare centralizzazioni, fonte di spese e di ritardi, sia opportuno demandare a speciali Commissioni regionali tecniche l’esame delle domande di istruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100,
fa voti perché il Governo provveda alla soppressione della Commissione tecnica centrale ed alla istituzione di Commissioni di carattere regionale».
Possiamo essere d’accordo che fino a quando non sarà soppressa questa Commissione centrale di carattere prevalentemente tecnico essa debba avere una sede; ma intendiamo che il Governo prenda atto del nostro voto e cerchi di attuate il sistema di decentramento regionalistico, nel senso di creare, regione per regione o provincia per provincia, una Commissione per questi permessi di apertura; perché centralizzare vuol dire insabbiare queste pratiche, creare malcontento, sfasare i tempi ed impedire che regionalmente possano essere tutelati interessi locali.
PRESIDENTE. Allora, se ho ben capito, lei ritirerebbe l’emendamento e si limiterebbe a raccomandare, mediante questo ordine del giorno, la soppressione della Commissione tecnica centrale.
BUBBIO. Perfettamente.
PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?
VERNOCCHI, Relatore. La Commissione non è favorevole neanche all’ordine del giorno, non per una ragione di carattere formale, ma per una ragione di carattere sostanziale: è opportuno che l’ufficio sia centrale per la visione panoramica delle sale italiane e per il coordinamento delle sale stesse, non soltanto, ma perché concedendo ad ogni provincia questa facoltà si formerebbero necessariamente varie commissioni che costano allo Stato e che si presterebbero a determinate influenze che in un piccolo ambiente possono consentire privilegi e particolarismi sempre ingiusti. Con l’ufficio centrale, che non è interessato ad alcun privilegio, avremo la possibilità di rendere giustizia a tutti coloro che intendono aprire delle sale cinematografiche che abbiano i requisiti voluti dalla legge.
PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Bubbio ha ritirato il suo emendamento, per quanto attiene all’ordine del giorno, se egli insisterà, lo metteremo ai voti dopo che sarà esaurita la discussione degli articoli.
Pongo in votazione l’ultimo comma dell’articolo 2.
«Hanno sede presso l’Ufficio centrale per la cinematografia le Commissioni previste dalla presente legge, nonché la Commissione tecnica per l’esame delle domande di costruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100».
(È approvato).
L’articolo 2, nel suo complesso, resta pertanto così formulato:
«È istituito alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri un Ufficio centrale per la cinematografia.
«L’Ufficio centrale per la cinematografia, valendosi dell’assistenza della Commissione Consultiva di cui all’articolo 12:
- a) attua le provvidenze stabilite a favore della produzione cinematografica nazionale;
- b) accerta la nazionalità dei film;
- c) promuove e cura i rapporti concernenti gli scambi cinematografici con l’estero;
- d) esercita le attribuzioni demandate allo Stato dalle disposizioni concernenti la vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche;
- e) esercita la vigilanza sugli enti, le attività e le manifestazioni cinematografiche aventi carattere d’interesse pubblico;
- f) esercita le attribuzioni demandate dalla presente legge e da altre leggi.
«Hanno sede presso l’Ufficio centrale per la cinematografia le Commissioni previste dalla presente legge, nonché la Commissione tecnica per l’esame delle domande di costruzione, e di apertura di nuove sale cinematografiche, di cui alla legge 30 novembre 1939, n. 2100».
Passiamo all’articolo 3:
«Sono considerati nazionali, agli effetti della presente legge, i film prodotti in versione originale italiana o in più versioni, di cui una italiana, che siano stati girati prevalentemente in Italia, con personale artistico e tecnico in prevalenza italiano, da imprese appartenenti a cittadini italiani, o, se trattasi di società, quando queste abbiano la sede legale in Italia, capitali ed amministratori in prevalenza italiani e svolgano in Italia la maggior parte delle loro attività.
«La dichiarazione di nazionalità è rilasciata dall’ufficio centrale per la cinematografia, previo accertamento dei requisiti sopra descritti, anche a seguito di ispezioni nei luoghi di lavorazione. A tal fine i funzionari dell’Ufficio centrale, per la cinematografia, all’uopo incaricati, avranno libero accesso negli stabilimenti e in ogni altro luogo di lavorazione dei film».
L’onorevole Fogagnolo ha proposto la soppressione anche di questo articolo. Onorevole Fogagnolo, ella insiste?
FOGAGNOLO. Poiché sullo stesso argomento dovrò intrattenermi a proposito dell’articolo 7, non insisto.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del primo comma dell’articolo 3:
«Sono considerati nazionali, agli effetti della presente legge, i film prodotti in versione originale italiana o in più versioni, di cui una italiana, che siano stati girati prevalentemente in Italia, con personale artistico e tecnico in prevalenza italiano, da imprese appartenenti a cittadini italiani, o, se trattasi di società, quando queste abbiano la sede legale in Italia, capitali ed amministratori in prevalenza italiani, e svolgano in Italia la maggior parte delle loro attività».
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Vorrei chiedere il significato della parola: «prevalentemente». È «prevalentemente» quale metraggio, è «prevalentemente» quale scenario, è «prevalentemente» quale spesa sostenuta per il film? Abbiamo una dizione che ha bisogno di una spiegazione: per la mia ignoranza, non per quella degli altri.
PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?
VERNOCCHI, Relatore. Si vuol dire che il film deve essere girato prevalentemente in Italia: cioè deve avere esterni italiani, interni italiani, con personale artistico in prevalenza italiano.
FOGAGNOLO. Ma «prevalentemente» può anche voler dire che si devono consumare determinati metri di pellicola di scene girate in Italia.
VERNOCCHI, Relatore. Questa è una interpretazione sua.
PRESIDENTE. Ritengo che l’onorevole Fogagnolo possa essere sodisfatto del chiarimento.
Metto ai voti il primo comma dell’articolo 3.
(È approvato).
L’onorevole Proia, dopo il primo comma ha proposto di aggiungere il seguente:
«In via eccezionale potranno essere considerati nazionali i film prodotti in Italia o all’estero da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, di interesse nazionale, ai fini economici ed artistici da parte dell’Ufficio centrale per la cinematografia, sentito il parere del Comitato tecnico, di cui al successivo articolo 13».
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. L’altro giorno, quando si discuteva della proposta sospensiva, ho accennato a questo emendamento, perché da quei banchi ho sentito voci che dicevano: siamo pronti a ritirarlo. Questo per lo meno risulta dal resoconto sommario.
Questo emendamento fa riflettere sulle intenzioni che si potevano avere su quei banchi dall’onorevole Proia e da quelli che la pensano come lui, mentre, viceversa, il Relatore ha dichiarato che, secondo lui, lo scopo di questo provvedimento è quello di aiutare il lavoro italiano. Ciò mi pare che non raccomandi troppo questo emendamento, secondo le intenzioni dell’onorevole Proia e degli industriali da lui protetti. Se dovessimo approvare questo emendamento ci troveremmo di fronte ad un organismo il quale, col pretesto delle circostanze eccezionali, troverebbe la possibilità di dare i quattrini dello Stato e la certezza di programmazione nelle sale a quei film (ecco perché ho parlato prima di «prevalentemente») che sono girati non prevalentemente con mezzi italiani, cioè con prevalenza di materiali, di artisti, di comparse, di tecnici, di carpentieri, di sceneggiatori, ecc. Ma in questa maniera apriamo uno spiraglio ad imbrogliare nella interpretazione della legge, ad ingannare quella che è l’intenzione di coloro che approveranno la legge? Rivive in altri termini la vecchia mentalità cinematografica, di gente di poco scrupolo, di coloro che vorrebbero darci ad intendere che questa legge ha lo scopo di favorire i lavoratori! Invito dunque l’Assemblea a respingere l’emendamento dell’onorevole Proia.
PERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERA. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Fogagnolo. Già precedentemente ho detto che sono sempre stati gli interessi dei lavoratori che si sono portati innanzi per giustificare l’insieme di questa legge e particolarmente di determinati articoli.
A un determinato momento ho sentito persino parlare, quando si faceva una distinzione tra i grandi e i piccoli produttori, di grandi produttori stranieri che avrebbero potuto venire in Italia per associarsi ai produttori italiani. Ragione di più, dicevo io, per respingere questa sovvenzione. Ma l’emendamento dell’onorevole Proia conferma, come diceva l’onorevole Fogagnolo, in pieno questo pericolo. Mi si lasci dire allora che noi eravamo nel giusto e nel vero quando denunciavamo le intenzioni di certi sostenitori della legge.
Infatti l’emendamento dell’onorevole Proia dice che il beneficio eccezionale, cioè che il beneficio che nessun paese del mondo concede, possa essere dato anche a quei film prodotti in Italia o all’estero, quando abbiano carattere di interesse nazionale.
Come sarebbero protetti gli operai italiani in questo caso?
PROIA. Operai italiani vanno all’estero.
PERA. Scherziamo! Un film prodotto a Hollywood dagli operai italiani! Ma dove andiamo? Bisogna essere seri nelle discussioni! Qui non siamo più seri. Ecco cosa dice l’emendamento:
«…da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, di interesse nazionale».
Dunque quello che preoccupa il presentatore di questo emendamento è la partecipazione finanziaria con case estere. Allora noi verremmo a questo assurdo, a questo grottesco: degli industriali americani sovvenzionati dallo Stato italiano, perché produttori di film di cosidetto interesse nazionale italiano. Io credo che non vi sia bisogno di spendere altre parole perché l’Assemblea rigetti questo emendamento dell’onorevole Proia. Ma io ho tenuto a prendere la parola per fare ancora una volta rilevare che erano giustificati tutte le mie affermazioni e i miei sospetti quando ho parlato nella discussione generale del progetto.
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Io noto che in questo disegno di legge non vi è nemmeno un accenno al film educativo e ai suoi sviluppi.
VERNOCCHI, Relatore. Il documentario è educativo.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Se ne parla in seguito.
TONELLO. E allora basta.
GIANNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la discussione di questo emendamento dell’onorevole Proia a me sembra inutile, perché mi sembra inutile l’emendamento. Senza avere le drammatiche preoccupazioni dell’onorevole Pera…
PERA. Sempre dramma, quando si tratta di quattrini.
GIANNINI. …comunque sono d’accordo con lei, e quindi non c’è ragione di inquietarsi…
PERA. Non mi inquieto.
GIANNINI. Sarà puro tono di voce. Dicevo, dunque, che senza avere quelle drammatiche preoccupazioni, vedo in quell’emendamento all’articolo 3 una sola preoccupazione: quella di assicurare la proiezione, in un certo senso coattiva, all’estero mediante la compartecipazione di industriali non italiani. Ma questo è già detto nel primo comma dell’articolo 3 che abbiamo approvato. E allora che bisogno c’è di dire con altre parole quello che già è stato approvato e di dirlo in maniera che in un certo senso possa prestare il fianco a critiche certamente importanti, certamente notevoli e che possono forse dar luogo a sospetti? Quindi la pregherei, onorevole Proia se proprio non glielo ha ordinato il medico (Si ride), di ritirare questo emendamento, perché è inutile e non dà nulla di più di quanto dà il primo comma dell’articolo 3.
PRESIDENTE. Onorevole Proia, ella insiste nell’emendamento?
PROIA. Insisto, ma sopprimendo le parole «o all’estero».
PRESIDENTE. Allora il comma aggiuntivo risulterebbe così formulato:
«In via eccezionale potranno essere considerati nazionali i film prodotti in Italia da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, d’interesse nazionale, ai fini economici ed artistici da parte dell’Ufficio centrale per la cinematografia, sentito il parere del Comitato tecnico, di cui al successivo articolo 13».
CORBI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBI. Noi voteremo contro questo emendamento, nonostante la parziale modifica concessa dall’onorevole Proia, la quale ci sembra assolutamente insufficiente. Il collega Bibolotti, nell’illustrare il perché noi eravamo favorevoli all’approvazione di questa legge, ha dichiarato chiaramente che si voleva favorire l’industria cinematografica nazionale ed ha dimostrato sotto vari aspetti come poteva essere favorita. Ma ci sembra che questo emendamento potrebbe venire a costituire una specie di cavallo di… Proia (Si ride) nella legge stessa, perché per altra via si viene a dare a produttori stranieri ciò che loro non compete, con un aggravio da parte dello Stato italiano. È già un aggravio che lo Stato subisce, e noi pensiamo che lo debba subire volentieri quando si tratti di produttori italiani da favorire. (Interruzione dell’onorevole Proia).
È vero che in questo emendamento si dice «in via eccezionale»; ma noi sappiamo che spesso le vie eccezionali diventano abituali. È vero che in questo emendamento si dice «interessi nazionali», però gli interessi nazionali non sempre, purtroppo, sono intesi come tali, e si sa che questo concetto è molto elastico.
Ora, l’onorevole Proia ha proposto di togliere le parole «o all’estero»; però restano, ancora le «case estere»; e quindi il problema non si risolve più. Per questa ragione voteremo contro.
PERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERA. Se si toglie la questione degli operai all’estero, rimane l’altro pericolo cui ho accennato, cioè la collaborazione finanziaria di case italiane con case estere. È appunto questo, dirò, il punto più delicato. Nell’altro punto eravamo addirittura nel grottesco. Qui è il punto delicato: questa collaborazione di case estere con case italiane, cioè il capitale estero che verrebbe ad essere sovvenzionato nel bilancio italiano.
Io insisto e mi associo all’onorevole Corbi perché sia rigettato l’emendamento proposto dall’onorevole Proia.
BERTONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTONE. Prego l’onorevole Proia di non insistere, perché se si trattasse di un contributo che dovessero pagare gli spettatori delle sale cinematografiche, la cosa non avrebbe grande importanza, ma qui si tratta di contributi che dà lo Stato; si tratta di sgravi fiscali – come spiega bene la relazione della Commissione – che lo Stato italiano dà a beneficio di qualcuno. Se questo qualcuno è un cittadino italiano, la cosa può essere esaminata con serena obiettività; ma quando si parla di imprese miste di italiani e case estere, senza che si possa precisare a priori la quota di interessenza e di partecipazione della casa estera a quella italiana, veniamo ad una cosa che mi sembra molto anacronistica: cioè che lo Stato italiano debba trarre di tasca propria somme che non si sa ancora di quale entità siano a beneficio di stranieri. Sarei grato al Relatore della Commissione ed al Governo se potessero fornire precisazioni al riguardo sull’entità del contributo che lo Stato dà ai film nazionali.
Una voce. Questo è nel successivo articolo 4.
BERTONE. Per tutte queste considerazioni, già prospettate dall’onorevole Giannini, e tenuto conto che gli interessi italiani sono già sufficientemente tutelati e previsti dall’articolo 3, prego l’onorevole Proia di non insistere nel suo emendamento e, se egli dovesse mantenerlo, dichiaro che voterò contro (Approvazioni).
PRESIDENTE. Su questo emendamento devono ancora parlare molti colleghi. Voglio chiederle, onorevole Proia, se lei si mostra insensibile a queste esortazioni ed insiste nel suo emendamento.
PROIA. Mi rimetto alla Commissione.
PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione.
VERNOCCHI, Relatore. Il problema è importante. Io sono rimasto perplesso quando ho letto l’emendamento Proia che è troppo vago, e si presta alle speculazioni straniere e naturalmente può indurre alle critiche che sono state mosse dall’onorevole Pera e da altri colleghi. Il problema è importante: per questo, perché sé noi in qualche triodo non eccitiamo la compartecipazione straniera, in Italia non verrà nessuna casa straniera e diminuiremo le possibilità di lavoro ai lavoratori italiani.
GIANNINI. Questo è già specificato nell’articolo 3, là dove dice che «sono considerati nazionali agli effetti della presente legge, i film prodotti in versione originale italiana o in più versioni».
Una voce. Ma questa dizione non è chiara!
VERNOCCHI, Relatore. Io dico che è giusto che questi film fatti in compartecipazione con lo straniero non usufruiscano della protezione concessa da questa legge, ed anzi proporrei questa introduzione: «in via eccezionale potranno essere considerati nazionali, ai fini dell’articolo 7»; cioè del contingente allo schermo e quindi esclusi i benefici di carattere finanziario.
PROIA. Accetto questa modifica.
PRESIDENTE. Onorevole Vernocchi, la prego di proporre un emendamento perché possa essere discusso ed eventualmente messo ai voti.
PREZIOSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PREZIOSI. Ero rimasto perplesso dinanzi all’emendamento presentato dall’onorevole Proia, laddove era mantenuta la parola «o all’estero» perché c’era la possibilità che lo Stato potesse contribuire a quelli che erano film prodotti con capitale straniero; ma quando l’onorevole Proia ha soppresso le parole: «o all’estero» e successivamente l’onorevole Vernocchi ha aggiunto «ai fini dell’articolo 7», a me pare che non ci sia più pericolo, come i colleghi di questa sponda (Accenna alla sinistra) vorrebbero prospettare all’Assemblea che in un certo qual modo si voglia andare contro il contenuto di questa legge, che è quello di proteggere i film italiani. Perché, onorevole Presidente, giustamente l’onorevole Vernocchi dice una cosa semplicissima, che poi ha la sua importanza ai fini della cinematografia italiana: di non impedire, cioè, ai capitali stranieri di affluire in Italia, per partecipare all’industria nazionale del film. Il fatto che capitali stranieri vengano in Italia, il fatto che case italiane possano lavorare in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, favorisce anche l’operaio italiano, perché così è possibile non soltanto fare un numero maggiore di film, ma cointeressare le case straniere che danno i propri capitali anche a case industriali italiane, ed i film italiani potranno essere proiettati sugli schermi stranieri. Tutto ciò significa possibilità maggiore di lavoro per i nostri operai. A me pare che siano venute meno le ragioni invocate contro l’emendamento Proia, e ritengo quindi che possa essere approvato.
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Sono completamente d’accordo con il Relatore nel senso che il problema della produzione in compartecipazione ha una grande importanza, ma soltanto se con questa legge vogliamo dare lavoro ai lavoratori italiani; ma se questa legge dovesse avere un significato diverso e nascosto, allora tiriamo su anche il velo che c’è nell’emendamento Proia. Noi dobbiamo incoraggiare i capitali stranieri a venire in Italia, ma non dobbiamo contribuire col danaro dello Stato a favorire le case straniere.
PROIA. Questo lo togliamo.
FOGAGNOLO. Sono d’accordo, purché vi sia l’esclusione di qualsiasi contributo da parte dello Stato per le case straniere.
CORBI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBI. Sono d’accordo con l’onorevole Vernocchi, ma direi: «ai soli fini dell’articolo 7».
PRESIDENTE. La formula sarebbe, quindi, la seguente:
«In via eccezionale potranno essere considerati nazionali, ai soli fini dell’articolo 7, i film prodotti in Italia da case italiane, ecc.».
BERTONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE, Ne ha facoltà.
BERTONE. Propongo che si dica: «ai soli fini dell’articolo 7, ed esclusi i contributi di cui agli articoli 4 e 5».
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAPPA, Sottosegretario di Stato, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Aderisco all’emendamento dell’onorevole Proia, con la aggiunta della frase «ai soli fini dell’articolo 7».
Mi sembra che sia inutile di aggiungere la frase: «esclusi i contributi di cui agli articoli 4 e 5», perché dobbiamo cercare di fare una legge chiara ed evitare che si possa concedere qualche altro vantaggio non compreso negli articoli 4 e 5.
Comunque, giudichi l’Assemblea se sia opportuna raggiunta, che a me sembra superflua.
BERTONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERTONE. Insisto nella formula proposta, in quanto i benefici dell’articolo 7 non escludono quelli degli articoli 4 e 5. Quindi è bene chiarire che sono esclusi i contributi di cui agli articoli 4 e 5.
PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Proia se è d’accordo sulle modifiche proposte.
PROIA. Sono d’accordo.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta di aggiungere dopo il primo comma dell’articolo 3 il seguente:
«In via eccezionale potranno essere considerati nazionali, ai soli fini dell’articolo 7, ed esclusi i contributi di cui agli articoli 4 e 5, i film prodotti in Italia da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria, con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, di interesse nazionale, ai fini economici ed artistici, da parte dell’Ufficio centrale per la cinematografia, sentito il parere del Comitato tecnico, di cui al successivo articolo 13».
(È approvato).
Passiamo al secondo comma dell’articolo 3:
«La dichiarazione di nazionalità è rilasciata dall’Ufficio centrale per la cinematografia, previo accertamento dei requisiti sopra descritti, anche a seguito di ispezioni nei luoghi di lavorazione. A tal fine i funzionari dell’Ufficio centrale per la cinematografia, all’uopo incaricati, avranno libero accesso negli stabilimenti è in ogni altro luogo di lavorazione dei film».
Pongo ai voti la prima proposizione, per la quale non è stato presentato alcun emendamento:
«La dichiarazione di nazionalità è rilasciata dall’Ufficio centrale per la cinematografia, previo accertamento dei requisiti sopra descritti, anche a seguito di ispezioni nei luoghi di lavorazione».
(È approvata).
Alla seconda proposizione gli onorevoli Di Vittorio, Bernamonti, Bitossi, Maffi, Mezzadra, Pressinotti, Corbi e Fantuzzi, dopo le parole: «per la cinematografia», hanno proposto di aggiungere: «sentito il parere della Commissione consultiva, di cui all’articolo 12, e»
GIANNINI. Vorrei chiedere la ragione di questo emendamento.
DI VITTORIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI VITTORIO. La ragione è quella stessa data a proposito del precedente emendamento, che è stato approvato. Poiché questa Commissione è abbastanza larga e sono rappresentati in essa tutti gli interessi, noi riteniamo che sia utile, oltre che democratico, sentire il suo parere anche agli effetti di questo comma, dell’articolo 3.
VERNOCCHI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VERNOCCHI, Relatore. Pregherei l’onorevole Di Vittorio di ritirare questo emendamento, perché l’abbiamo già approvato per il secondo articolo e perché, implicitamente, è sempre l’Ufficio centrale, d’accordo con la Commissione consultiva, che deve vigilare sulla attuazione dei vari progetti e, quindi, anche sul riconoscimento della nazionalità.
DI VITTORIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI VITTORIO. Dopo questa spiegazione dell’onorevole Relatore, della quale mi dichiaro convinto, ritiro il mio emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene. Pongo ai voti la seconda proposizione del secondo comma dell’articolo 3:
«A tal fine i funzionari dell’Ufficio centrale della cinematografia, all’uopo incaricati, avranno libero accesso negli stabilimenti e in ogni altro luogo di lavorazione dei film».
(È approvata).
L’articolo 3 risulta pertanto nel suo complesso, così approvato:
«Sono considerati nazionali, agli effetti della presente legge, i film prodotti in versione originale italiana o in più versioni, di cui una italiana, che siano stati girati prevalentemente in Italia, con personale artistico e tecnico in prevalenza italiano, da imprese appartenenti a cittadini italiani, o, se trattasi di società, quando queste abbiano la sede legale in Italia, capitali ed amministratori in prevalenza italiani e svolgano in Italia la maggior parte delle loro attività.
«In via eccezionale potranno essere considerati nazionali, ai soli fini dell’articolo 7, ed esclusi i contributi di cui agli articoli 4 e 5, i film prodotti in Italia da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, di interesse nazionale, ai fini economici ed artistici da parte dell’Ufficio centrale per la cinematografia, sentito il parere del Comitato tecnico, di cui al successivo articolo 13.
«La dichiarazione di nazionalità è rilasciata dall’Ufficio centrale per la cinematografia, previo accertamento dei requisiti sopra descritti, anche a seguito di ispezioni nei luoghi di lavorazione. A tal fine i funzionari dell’Ufficio centrale per la cinematografia, all’uopo incaricati, avranno libero accesso negli stabilimenti e in ogni altro luogo di lavorazione dei film».
Passiamo all’articolo 4:
«Per ogni film nazionale di lunghezza superiore ai 2000 metri presentato all’Ufficio centrale per la cinematografia per il nulla osta di proiezione in pubblico, dopo l’entrata in vigore della presente legge, e la cui prima proiezione nelle sale cinematografiche italiane si effettui prima del 31 dicembre 1949, è concesso al produttore un contributo pari al 12 per cento dell’introito lordo degli spettacoli nei quali il film nazionale sia stato proiettato per un periodo di quattro anni dalla data della prima proiezione in pubblico.
«Una ulteriore quota del 6 per cento dell’introito suddetto e per lo stesso periodo di tempo verrà assegnata a titolo di premio ai film che ne siano riconosciuti meritevoli per il loro valore culturale ed artistico dal comitato tecnico di cui al successivo articolo 13.
«L’introito sul quale vengono liquidati i contributi di cui al presente articolo è determinato dalla Società italiana autori ed editori sulla base degli incassi accertati per il pagamento dei diritti erariali.
«Per le modalità di pagamento dei contributi suddetti valgono le norme stabilite dal regio decreto 20 ottobre 1939, n. 2237».
Onorevole Fogagnolo, insiste nella proposta di soppressione?
FOGAGNOLO. Devo ripetere, (perché reperita iuvant, specie in questa materia) le ragioni che dovrebbero consigliare a tutti noi la soppressione di questo articolo.
Intanto, senza presentare la domanda per la verifica del numero legale, mi permetto osservare che una questione così grave, che comporta dei miliardi che lo Stato deve pagare, discuterla in pochi è molto meno bello di quello che sarebbe se si discutesse in molti.
Comunque, richiamo l’attenzione dei colleghi sulla situazione attuale, circa il contributo dello Stato a favore del film nazionale. Oggi vi sono già disposizioni che danno a favore del film nazionale il 10 per cento. Con questo provvedimento lo si vuole portare al 12 per cento. Esistono anche le provvidenze di premio del 4 per cento che si vogliono portare oggi al 6 per cento. Io mi domando se sia morale (è la parola) imporre questa forma antidemocratica di rapporto fra produttori ed esercenti in un momento di penuria finanziaria come quello che attraversiamo; in un momento in cui, come diceva il collega Pera, c’è tanta povera gente che avrebbe bisogno di sussidi e non li trova né presso gli enti comunali di assistenza, né presso gli altri enti creati a questo scopo; nel momento in cui sappiamo quali pressioni siamo costretti a fare ai Ministri che dovrebbero dare qualche soldarello per venire in aiuto dei cittadini e rispondono invece che mancano i mezzi di tesoreria! E qui si tratta di una categoria di persone già beneficiata, non voglio dire eccessivamente, ma con grande larghezza, perché la percentuale non è data sulla somma che l’erario incassa attraverso la tassazione, ma è sull’incasso lordo. Voi sapete cosa vuol dire dare una percentuale sull’incasso lordo a favore di questa produzione che già noi proteggiamo attraverso l’imposizione cinematografica. Si tratta di centinaia e centinaia di milioni che possono essere anche miliardi, perché ho sentito parlare di incassi di 13 miliardi. Vuol dire che, andando avanti di questo passo, spenderemo 1000 lire per andare al cinematografo, se ci vogliamo andare, o le risparmieremo se vorremo stare a casa.
In questo momento mi rivolgo in modo speciale all’onorevole Relatore, più che l’onorevole Cappa, il quale, quando si è trattato di escludere, come l’onorevole Bertone ha suggerito ed io mi sono associato, i benefici a favore dei film in partecipazione, di cui agli articoli 4 e 5, riteneva inutile l’emendamento.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. E lo ritengo ancora.
FOGAGNOLO. Ebbene, io ritengo che lei sbagli, perché conosce poco la mentalità in questa materia.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma so leggere e scrivere…
FOGAGNOLO. Io le dico che troverà sempre un funzionario… incorruttibile e anche due o tre, che con una strizzata d’occhio saranno capaci di decretare i soldi del Governo a favore di questa produzione che i soldi non merita. (Commenti).
Bisogna non dimenticare in quale periglioso pelago navighiamo quando siamo in questa materia. Ora io mi rivolgo al Relatore, che è anche un tecnico, e domando: ritiene in coscienza, esaminata bene la propria coscienza, che sia necessario per incoraggiare la produzione nazionale, di elevare dal 10 al 12 per cento il contributo dello Stato sugli incassi lordi dei cinematografi? Ritiene in coscienza che noi avremo in Italia un solo film di più prodotto perché abbiamo portato dal 10 al 12 per cento questo contributo?
Io mi permetto di escluderlo, e mi auguro che il nostro Relatore abbia imparato a sufficienza, in quel poco tempo in cui si è occupato di questa materia, che non si aumenta la produzione con questo 2 per cento in più, che comporta milioni e milioni a carico dello Stato, il quale non può pagare per opere di beneficenza e per opere di pubblica utilità, attuando una finanza allegra (scusate la parola) per elargire un contributo oltre quello già enorme che è stato dato.
Io spero che l’onorevole Relatore la pensi come io la penso e sia anche lui, come noi, attaccato all’interesse dello Stato, e pensi anche lui che se c’è qualche briciola ancora del Tesoro dello Stato da poter distribuire, si debba fare un esame di coscienza e vedere se non ci siano dei casi più pietosi di quello degli industriali che vogliono forse essere aiutati un po’ troppo nelle loro iniziative. (Applausi a sinistra).
PERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERA. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Fogagnolo in relazione all’articolo 4 del disegno di legge. Ho già svolto i motivi d’ordine generale, secondo i quali, a modo di vedere mio e di numerosi altri colleghi, il protezionismo, così come è stato concretizzato in questa legge, dovrebbe essere respinto. Prima di tutto voglio fare constatare una cosa: moralmente possiamo in una cinquantina di deputati presenti, discutere di miliardi che vanno via dalle casse dello Stato? (Approvazioni).
I colleghi del mio Gruppo non erano presenti sino ad ora perché erano occupati in una riunione importante. Comunque, pare a me che quando sono in giuoco somme ingentissime dello Stato, abbiamo il dovere di non prendere delle decisioni così gravi, se non in presenza di un’Assemblea cui partecipi un numero elevato dei suoi membri. Ma vi è una questione ancora: quando si è parlato qui di sussidi, di sovvenzioni speciali, di premi, si è sorvolato e non si è mai detto o confermato quello che ho detto io. All’estero, signori, non esiste un solo paese dove si dia una sovvenzione alle industrie del film. Si è parlato poc’anzi, dall’onorevole Vernocchi, di aiuti alla cinematografia che sono stati dati all’estero, e che sarebbero molto più forti di quelli che noi diamo. Non è vero, nessun paese estero dà una sovvenzione al film nazionale. Questo è importante dirlo, perché stiamo discutendo l’articolo che può costare miliardi allo Stato.
Si è detto: noi abbiamo bisogno di varare questa legge in fretta, perché vi è in essa la programmazione obbligatoria, che non esisteva nella legge precedente. Ora, nella legge precedente mancava evidentemente questo articolo sulla programmazione obbligatoria. Mi si dice però che vi è un accordo fra i produttori italiani (e l’onorevole Proia potrebbe in questo punto darci delle utili informazioni) e gli esercenti, secondo cui questo numero di giorni di programmazione fissato obbligatoriamente, sarebbe stabilito in una convenzione.
Comunque, quando accettiamo il principio della programmazione obbligatoria, così come si è fatto in altri paesi, abbiamo il diritto e il dovere di riflettere molto su questa sovvenzione di cui all’articolo 4. Ed allora io devo, onorevoli colleghi, ritornare su una cosa essenziale: la relazione. Dice, a proposito di questo articolo 4, la relazione dell’onorevole Vernocchi: «L’articolo 4 eleva al 12 per cento lo sgravio fiscale a favore dei produttori di film nazionali». Ora, sgravio fiscale non è, ma è un vero effettivo contributo da parte dello Stato, poiché lo Stato non rinunzia ad incassare delle somme per quanto si riferisce ai film nazionali. È un vero effettivo contributo che lo Stato dà attraverso le sue casse ai produttori nazionali. Quindi, non si può parlare di sgravio, ma si deve parlare di contributo.
Ed allora io dico: si mettano d’accordo l’onorevole Relatore e l’onorevole Proia, che ha una particolare competenza in questo campo, perché egli presiede l’Associazione dei produttori di film. Si è sentito dire dall’onorevole Vernocchi che costerebbe allo Stato 150 milioni. Non è vero, perché il rappresentante autorizzato dei produttori, nel suo discorso, fissa a 560 milioni, secondo lui, il contributo per l’anno 1947.
VERNOCCHI, Relatore. Io ho parlato del 1946, e ho detto 200 milioni.
PERA. Ma noi parliamo di adesso; siamo di fronte alla realtà attuale. Lei ha detto, altra volta, che non si arriva ai 200 milioni. Ora mette in contradizione il relatore con il rappresentante dei produttori, il quale dice, invece: «il costo è 650 milioni». Io non accetto la cifra dell’onorevole Proia. Ho portato nell’altra seduta l’elenco dei film italiani e l’incasso nel 1946. Sono 4 miliardi. Intanto si supera già quella somma. Ma bisogna calcolare lo svilimento della lira. Su questo punto non voglio insistere, essendo tutti d’accordo nell’augurio che questo svilimento non continui; però negli anni successivi sino al 1950 vi saranno altri film che verranno ad aggiungersi a quelli proiettati nel 1946, e poiché saranno osservati dagli esercenti i giorni di programmazione obbligatoria, vi sarà un aumento degli incassi. Pertanto, quando affermo che si può arrivare a miliardi, non dico delle panzane. Quest’anno, sicuro, ci avvicineremo al miliardo. Ma poiché la legge prevede quattro anni di protezionismo per ogni film e poiché voi, sostenitori della legge, dite che bisogna incrementare la produzione nazionale, ne viene come conseguenza che, incrementando la produzione nazionale, maggior numero di film parteciperà al beneficio negli anni prossimi. Durante i quattro anni, noi possiamo prevedere che si tratta appunto di tre o quattro miliardi annuali ai quali possono arrivare i benefici degli industriali per le sovvenzioni da parte dello Stato. E ciò contrariamente, a tutto quello che avviene in tutti i paesi del mondo.
Stamattina abbiamo dovuto levarci in quattro o cinque perché si arrivava persino al punto di far partecipi di questa sovvenzione da parte dello Stato italiano i produttori stranieri. Siamo arrivati a questo punto: questo Paese che va a chiedere l’elemosina al mondo per i suoi bambini darebbe poi i miliardi, se noi non insorgessimo, al produttore straniero. È morale? È giusto che noi approviamo degli articoli di legge che incidono sul bilancio dello Stato? In questo modo, quando il Ministro del tesoro viene a darci una situazione così tragica delle finanze pubbliche? E quando il Presidente del Consiglio viene a dirci: «restrizioni severe sono indispensabili» – ed ha ragione – se vogliamo salvare la lira, la Repubblica, la democrazia? Possiamo buttare il denaro dello Stato in questo momento? Lo Stato non ha un soldo da dare per le fognature di città come Diano Marina che sono state e minacciano di essere funestate da epidemie mentre, per l’approvazione di qualche decina di deputati, darebbe miliardi ai produttori cinematografici.
Noi abbiamo esposto il pericolo di questa legge. L’onorevole Vernocchi ha parlato anche di una necessità assoluta di andare incontro ai produttori. Badate, che è facile arrivare a delle speculazioni. Ci si dice: «Non vi mettete contro gli aiuti agli operai». Ma noi possiamo rispondere che vi sono disgraziatamente in Italia disoccupati in tutti i settori economici, e ciascuno di noi potrebbe venire per la sua circoscrizione ad invocare aiuti dallo Stato.
Quel che noi vogliamo è che non si ritorni sulle direttive della politica fascista, che ha dato i risultati che conosciamo. Noi che siamo in una situazione di mendicanti di fronte all’estero, come possiamo ora, senza suscitare diffidenze e rappresaglie, metterci sulla strada del protezionismo con questa legge?
Questa dunque è la situazione, e pertanto io sono d’accordo con l’onorevole Fogagnolo per chiedere la soppressione dell’articolo 4.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione dell’emendamento soppressivo dell’articolo 4.
Avverto che hanno chiesto la verifica del numero legale gli onorevoli Lucifero, Pera, Fogagnolo, Fietta, Labriola, Taddia, Benedetti, Vigorelli, Calosso, Facchinetti, Cairo, Ghidini.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Lucifero, soltanto in via eccezionale le concedo di fare una brevissima dichiarazione.
LUCIFERO. Esco ora da una riunione in cui si è esaminata la situazione economica e finanziaria del Paese, che è molto difficile. In queste condizioni ritengo che non si possa, in un’Assemblea poco numerosa, deliberare spese di miliardi.
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Segretario a procedere alla chiama per la verifica del numero legale.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama:
Sono presenti:
Adonnino – Allegato – Amadei – Andreotti – Angelini – Arata – Arcangeli.
Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Basso – Bastianetto – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Bennani – Bertola – Bertone – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Bonomi Paolo – Braschi – Bucci.
Cacciatore – Cairo – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carignani – Carmagnola – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cavalli – Cevolotto – Chieffi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Conti – Corbi – Costa – Costantini – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.
D’Amico Michele – D’Aragona – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – Dossetti – Dozza – Dugoni.
Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Fedeli Aldo – Ferrarese – Ferrario Celestino – Fietta – Filippini – Fiorentino – Firrao – Flecchia – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschi – Fuschini.
Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidini – Ghislandi – Giacometti – Giannini – Giua – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini – Jacometti.
Labriola – Laconi – Landi – Lazzati – Leone Francesco – Lizier – Longhena – Lucifero – Luisetti.
Maffi – Maffioli – Malagugini – Malvestiti – Mancini – Manzini – Marazza – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinaro – Martinelli – Mastino Gesumino – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Cario – Mazza – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Montini – Morini – Musolino – Musotto.
Nicotra Maria.
Pallastrelli – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pera – Pertini Sandro – Pesenti – Petrilli – Piccioni –Pistoia – Pollastri Elettra – Ponti – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Proia.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Ravagnan – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Rodi – Rodinò Mario – Romano – Rubilli – Russo Perez.
Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Scalfaro – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Siles – Spallicci – Spataro – Stella.
Taddia – Taviani – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tremelloni – Trimarchi – Tupini.
Uberti.
Valenti – Venditti – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigo – Vigorelli – Vilardi – Villani – Vischioni.
Zaccagnini – Zanardi – Zerbi.
Sono in congedo:
Bernardi – Bettiol – Boldrini – Bordon – Bulloni.
Caldera – Caroleo – Cartia – Cavallotti – Chiostergi – Corsini – Cosattini.
Di Giovanni.
Falchi – Foa.
Grilli – Gullo Rocco.
La Pira – Lombardo Ivan Matteo.
Mastino Pietro – Moro.
Parri – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli – Rumor.
Sardiello – Silone – Simonini.
Treves – Turco.
Vigna.
PRESIDENTE. Comunico che l’Assemblea non è in numero legale per deliberare.
Avverto che, a termini del Regolamento, la seduta è sciolta e si intende convocata, per riprendere la discussione sul disegno di legge, per domani, mercoledì, alle ore 10.
La seduta termina alle 13.35.