Come nasce la Costituzione

MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

5.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

I principî dei rapporti civili (Seguito della discussione)

Presidente – Mancini – Mastrojanni – Dossetti – Lucifero – Cevolotto – Grassi – Merlin Umberto – Marchesi – Lombardi Giovanni – Basso, Relatore – La Pira, Relatore – Togliatti – Moro – De Vita – Caristia.

La seduta comincia alle 11.15.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti civili.

PRESIDENTE ricorda che nella precedente riunione, a conclusione della lunga discussione avvenuta, fu dato incarico ai colleghi La Pira e Basso di concretare in due articoli il risultato acquisito nella discussione.

I relatori hanno così formulati i due articoli:

«Art. 1. – La presente Costituzione, al fine di assicurare l’autonomia e la dignità della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica e spirituale, in cui le persone debbono completarsi a vicenda, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo sia come appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona.»

«Art. 2. – Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale.

È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa.»

Pone in discussione l’articolo 1°, pregando i colleghi di non preoccuparsi troppo di questioni formali, e di limitare le loro osservazioni alla sostanza.

MANCINI ritiene che il concetto espresso dalle parole: «in cui le persone debbono completarsi a vicenda» sia già contenuto nella seconda parte dell’articolo e che, pertanto, anche per ragioni di stile, sarebbe opportuno togliere tale inciso.

MASTROJANNI, se la proposta del collega Mancini non venisse accolta e quindi l’inciso rimanesse, propone che le parole: «debbono completarsi» vengano sostituite dalle altre: «si completano».

DOSSETTI ritiene che con l’espressione proposta si voglia sottolineare in maniera energica l’obbligo della solidarietà sociale e il parallelismo, ai fini della Costituzione, tra il fine di garantire l’autonomia e la dignità della persona umana e quello di promuovere la necessaria solidarietà sociale. Sono questi due obbiettivi ai quali va attribuita una pari importanza.

Quanto alle imperfezioni formali, è del parere che intanto vadano fissati i concetti; poi, in un secondo tempo, si provvederà alle correzioni di forma.

LUCIFERO fa due pregiudiziali. La prima è che senza avere sott’occhio il testo dell’articolo proposto non può essere in grado di affrontare la discussione; la seconda che in questo momento non si discute un ordine del giorno, ma un vero e proprio articolo, che è cosa ben diversa. Non è pertanto d’accordo col Presidente, quando dice che non occorre preoccuparsi della forma, perché, nel fissare i concetti di un articolo, la forma è integrante della sostanza.

PRESIDENTE non nega l’importanza della forma, ma ritiene che quando le osservazioni sulla forma tendono soltanto al perfezionamento dell’espressione possono essere rimandate ad un secondo tempo.

CEVOLOTTO è favorevole alla soppressione dell’inciso per due ragioni: prima di tutto, perché dicendo che le persone debbono completarsi a vicenda, non si esaurisce il concetto di solidarietà, e poi perché quello che più interessa è contenuto nella seconda parte dell’articolo quando si dice: «riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo sia come appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».

GRASSI informa che il Presidente della Commissione, onorevole Ruini, ha manifestato il parere che l’articolo dovrebbe trovar posto nel preambolo.

CEVOLOTTO pensa che per il momento sia più opportuno approvare l’articolo indipendentemente dal suo collocamento, cosa alla quale si provvederà in un secondo tempo. Se si trattasse invece di votare l’articolo mantenendo fermo l’attuale collocamento, dovrebbe fare delle riserve perché, a suo avviso, il primo articolo della Costituzione dovrà essere molto diverso.

Quindi, accogliendo il pensiero dell’onorevole Rumi, è del parere che si debba votare l’articolo in questione, riservando ad un secondo tempo la questione del suo collocamento.

MERLIN UMBERTO non trova molto appropriata la parola «inalienabili», riferita ai diritti. A prescindere dal sapore mercantile della parola, sarebbe opportuno usare l’aggettivo adoperato in altre Costituzioni e, se non erra, in quella dell’89, cioè dire «diritti naturali e sacri dell’uomo». Quando si adopera la parola «naturali» si dice di più, e vi è poi nel termine «sacro» il concetto della inalienabilità.

MARCHESI fa una breve dichiarazione che potrà considerarsi anche come dichiarazione di voto.

Ricorda che nella precedente seduta si parlò dell’uomo come di qualche cosa di assoluto e di perfetto, cui si deve conformare lo Stato. Quest’uomo così concepito è un mito, oppure è il prodotto di una grazia divina. Ma l’uomo, cioè l’uomo politico, l’uomo civile, è un essere sociale il quale va acquistando, di fronte all’instabilità delle leggi scritte, una certa coscienza del diritto naturale, universale e nello stesso tempo, la idea di una suprema giustizia primitiva, sacra ed eterna. Per lui tale coscienza si forma nell’ambito della stessa vita sociale, si forma nella realtà empirica degli organismi storici; per altri, l’uomo viene posto come una fonte originaria di autorità dinanzi alla autorità subordinata dello Stato, onde per premunirsi contro lo Stato totalitario, potrebbe finire per menomare e danneggiare lo Stato democratico. Muovendo dal principio dell’autonomia della persona umana (preferirebbe alla parola «autonomia» la parola «libertà») si potrebbe passare all’autonomia della famiglia, all’autonomia della regione e così via via smobilitare o quasi menomare l’autorità dello Stato e trasferirla in altre mani.

Considerata la delicatezza e la solennità di questa dichiarazione, è d’avviso che la sua votazione dovrebbe avvenire quando sarà esaurito l’esame dei singoli articoli proposti alla Sottocommissione per la formulazione.

PRESIDENTE esprime l’avviso che questa proposta modifichi la decisione adottata nella precedente riunione e nella quale pareva che tutti convenissero. Si disse allora che questo articolo doveva essere il superamento della discussione di carattere generale e fondamentale che aveva impegnato la Sottocommissione, indipendentemente da qualunque preoccupazione circa la precisa formulazione e la definitiva collocazione dello articolo stesso. Occorre tenere sempre presente che il progetto della Sottocommissione dovrà essere sottoposto al vaglio della Commissione centrale e poscia alle decisioni della Assemblea Costituente. Pertanto egli ritiene che la Sottocommissione potrebbe approvare questo articolo ed il successivo proposto che a suo avviso dovrebbero essere collocati in testa alla generale dichiarazione dei diritti e dei doveri. Spetterà ad altro organo di provvedere alla stesura del progetto definitivo, tenuto conto delle proposte elaborate dalla Sottocommissione e delle relative discussioni.

Conclude affermando, che il rinvio proposto dall’onorevole Marchesi riporterebbe la questione al punto in cui si trovava nella precedente seduta e contrasterebbe con le decisioni allora adottate.

LOMBARDI GIOVANNI non è d’accordo né sulla sostanza né sulla forma del proposto articolo, perché gli sembra che in esso si affermi cosa contraria alla storia. Non può sottoscrivere l’affermazione che la legge debba promuovere la solidarietà sociale. Una simile locuzione non è ammissibile, salvo che tutto il mondo non diventi una classe sola; finché vi sono varie classi sociali la solidarietà è un nome vago.

È vero che nel 1700, in un’epoca cioè anteriore alla Rivoluzione francese, fu scritto da Federico Bastiat un libro sulle armonie economiche, ma egli non può sottoscrivere un errore storico o sociologico di tale importanza. Rileva che se si dovessero fare affermazioni di principî sociali, dovrebbe consentirsi alla minoranza di specificare quello che intende per solidarietà sociale. Nella legge non è possibile togliere i contrasti che sono nella storia stessa e ne sono quasi il motore essenziale. Tutti ricordano che senza la lotta tra patrizi e plebei il diritto romano non sarebbe mai nato. Quindi una lotta tra quelli che detengono, male o bene, la ricchezza e gli altri che lavorano ci sarà sempre finché il mondo esiste. Attenuare questa lotta, rendere possibile alle vittime di vivere, sarà grande conquista ed è quello cui i socialisti tendono; ma parlare di solidarietà sociale in un mondo quale quello di oggi, gli sembra inopportuno.

Desidererebbe pertanto, per gli articoli in esame, una dizione che eliminasse tutte le insinuazioni cui potrebbe dar esca la formula proposta.

Avrebbe preferito quindi che fosse formulato un articolo solo, fondendo il primo ed il secondo, con la seguente dizione: «La presente Costituzione è dettata al fine di assicurare l’autonomia, la libertà e la dignità della persona umana sia come singola, sia in tutte le sue manifestazioni sociali, morali e politiche, senza distinzione di sesso, di razza, di classe, di opinione politica, di religione». In questa unica dizione si colgono – a suo avviso – i vari concetti giuridici senza fare affermazioni di principio.

BASSO, Relatore, dichiara che i due articoli studiati non lo soddisfano completamente, ma sono frutto di sforzi per realizzare un massimo possibile di intesa. Intende difendere la formulazione proposta avendo con essa superato anche le sue obiezioni. Ma se qualche modificazione dovesse esservi introdotta, riprenderebbe la libertà di tornare su altre proposte.

Per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Mancini di togliere l’inciso: «in cui le persone debbono completarsi a vicenda» non ha personalmente difficoltà ad accettarla. È d’accordo col collega Dossetti che, se l’inciso deve restare, è necessario conservare la parola «debbono».

Circa la proposta dell’onorevole Cevolotto sul collocamento dell’articolo, confessa che era della sua stessa opinione; ma va tenuto presente che si tratta di un articolo che la Sottocommissione non si impegna di sostenere come primo articolo della Costituzione, ma come primo articolo delle sue proposte.

Per quel che riguarda la proposta dello onorevole Marchesi di sostituire la parola «libertà» a quella «autonomia», si rimette a quanto verranno decidere i colleghi. Se l’onorevole La Pira è d’accordo, si dice disposto ad accettare tale emendamento.

Dichiara di essere nettamente contrario alle proposte degli onorevoli Merlin e Lombardi. La proposta dell’onorevole Merlin si riporta a discussioni già fatte: essa richiama la dizione che fu inserita nella Costituzione francese del 1789. Ma c’è da osservare che, a distanza di un secolo e mezzo, dopo un così grande progresso culturale, giuridico e sociale, questi concetti debbono ormai considerarsi superati.

La parola «inalienabili» è quella del progetto della Costituzione francese, concordato tra i rappresentanti comunisti, socialisti e del movimento repubblicano popolare. Per lui è la sola espressione accettabile. Si opporrà a che sia introdotta la parola «naturali».

È poi in posizione antitetica a quella del collega Lombardi, che vuol sopprimere il concetto di solidarietà sociale, nel capoverso del secondo articolo. L’onorevole Lombardi ha fatto riferimento a Bastiat, ma errò nel collocarlo prima della Rivoluzione francese, essendo questo autore vissuto nei primi dell’ottocento. Le sue espressioni sono di un liberismo che negava questo concetto, mentre poi Proudhon riaffermava il principio della solidarietà.

Ritiene che parlando di «solidarietà sociale» non si dice una ingenuità. Non intende affermare che in concreto non ci saranno lotte di classe, ma il dovere della Costituzione è quello di mirare ad un massimo sforzo di solidarietà sociale. Vi sono dei diritti che derivano dal principio della libertà ed altri che derivano dal principio della uguaglianza e della solidarietà sociale. Si tratta di uno sforzo verso la solidarietà sociale, in senso anti-individualista. Se si toglie questo, si rompe l’equilibrio che deve esservi tra l’esercizio degli antichi diritti della persona e l’esercizio di questi diritti in senso sociale, accompagnati cioè dallo sforzo di creare una solidarietà sociale.

Per la stessa ragione non rinuncia al capoverso del secondo articolo, il quale comprende la sola parte che è stata presa dalla sua relazione.

Per quanto riguarda le altre proposte degli onorevoli Mancini e Marchesi, si rimette alle decisioni del correlatore La Pira.

LA PIRA, Relatore, è del parere che debba essere conservata la parola «autonomia». È vero che questa parola si identifica con quella «libertà», ma nel concetto di «autonomia» affiora anche un certo contenuto di spiritualità che si ricollega alla posizione kantiana, che ha pure un riflesso spirituale.

Per quanto riguarda l’osservazione dell’onorevole Marchesi, circa il pericolo di esautorare lo Stato, risponde che non è davvero questo che si vuole. Lo Stato deve avere la funzione altissima di integrare l’autonomia delle persone e dei gruppi sociali; tale funzione è sua specifica. Quindi si deve rafforzare l’autorità statale, ma col contemporaneo rispetto dell’autonomia dei singoli.

MARCHESI mantiene la sua proposta. «Autonomia» sta bene; è l’uomo che dà leggi a se stesso. Ma vi sono due libertà: la libertà interiore che non ci può essere data e tolta da nessun governo, massimo dono che l’uomo possa fare a se stesso attraverso una lunga e spesso travagliata esperienza, approdo supremo del proprio personale destino, che non può essere regolata né minacciata dalla legge. C’è poi una libertà politica, la quale va distinta. Usando la parola «autonomia» si pone l’individuo, fonte originaria d’autorità, di fronte alla autorità subordinata dello Stato. Gli sviluppi di questo concetto non avverranno praticamente, ma possono essere pericolosi. Occorre astenersi dallo stabilire ed accettare posizioni che possono portare a conseguenze di inevitabile disaccordo.

TOGLIATTI appoggia la proposta dell’onorevole Marchesi di sostituire la parola «libertà» all’altra «autonomia». E ciò per una ragione molto semplice: che tutti capiscono la parola «libertà». La parola «autonomia» è invece un termine difficile a spiegarsi. Cosa vuol dire «autonomia»? Vuol dire facoltà di darsi leggi da sé. Ora l’autonomia intesa in questo senso esiste sempre. Esiste anche sotto la dittatura. Nel concetto di autonomia è implicito il concetto dell’interiorità della coscienza, che è sempre libera in qualsiasi condizione, anche se l’uomo è in carcere. La libertà è invece un’altra cosa. Inserendo qui il termine e il concetto di autonomia ci si allontana da quanto era stato deciso: di lasciare, cioè, da parte affermazioni ideologiche e rimanere sul terreno della politica, ossia dei rapporti fra gli uomini.

PRESIDENTE ricorda che questo concetto di autonomia fu acquisito nella discussione della precedente seduta.

TOGLIATTI osserva che sostanzialmente i due concetti si equivalgono, ma la formulazione viene a guadagnare usando il termine «libertà».

DE VITA fa presente che il compito del legislatore è quello di disciplinare e non quello di definire. Nell’articolo 1° si trova qualche definizione laddove, ad esempio, si dice: «…riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo, sia nelle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si perfeziona». Questa è una vera e propria definizione. Propone pertanto di sopprimere l’articolo 1°. L’articolo 2° diverrebbe così articolo 1°. Ricorda che le definizioni sono sempre pericolosissime e possono dar luogo a preoccupazioni continue. Queste osservazioni valgono per l’insieme del progetto, nel quale, a suo avviso, tutte le definizioni dovrebbero essere eliminate.

LUCIFERO dichiara di non aver partecipato alla discussione perché ha avuto l’impressione che questi articoli, così come sono compilati, non risolvano nessuno dei problemi posti, anzi trasportino nella coscienza di chi dovrà interpretare la Costituzione il dibattito che già si è svolto dinanzi alla Sottocommissione. Non crede che così come essi sono, mantenendoli o modificandoli in senso non sostanziale, possano risolvere i problemi dibattuti. Quindi dichiara che si asterrà dalla votazione.

LOMBARDI GIOVANNI parla per dichiarazione di voto. Ha proposto che i due articoli siano convertiti in uno solo; ma poiché il collega De Vita, partendo da un altro punto di vista, giunge sostanzialmente alla sua stessa conclusione, dichiara di associarsi alle sue proposte.

PRESIDENTE, dopo aver riassunto la discussione, pone ai voti la proposta De Vita per la soppressione pura e semplice dell’articolo 1.

(Non è approvata)

Avverte che pertanto l’articolo rimane, salvo le modificazioni che saranno votate.

Fa a tale riguardo presente che l’onorevole Mancini ha proposto che venga tolto l’inciso «in cui le persone debbono completarsi a vicenda». I relatori hanno dichiarato di non insistere a che questo inciso sia mantenuto.

(La proposta di togliere l’inciso, messa ai voti, è approvata).

Avverte che l’onorevole Merlin ha proposto di sostituire alla parola «inalienabili» l’altra «naturali».

MERLIN UMBERTO dichiara di ritirare la sua proposta.

PRESIDENTE ricorda che gli onorevoli Marchesi e Togliatti hanno proposto di sostituire alla parola «autonomia» l’altra «libertà».

(La proposta, messa ai voti, non è approvata).

TOGLIATTI propone in linea subordinata di aggiungere alla parola «autonomia» l’altra «libertà».

(La proposta, messa ai voti, è approvata).

LOMBARDI GIOVANNI chiede perché non è stata posta in votazione la sua proposta.

PRESIDENTE gli ricorda che egli aveva dichiarato di accedere alla proposta De Vita che, secondo la sua dichiarazione, giungeva per diverse vie, alla stessa conclusione. Per questa ragione ha posto ai voti prima la proposta De Vita perché più radicale.

Dà lettura dell’articolo 1° come risulta con le modificazioni approvate: «La presente Costituzione, al fine di assicurare l’autonomia, la libertà e la dignità della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica e spirituale, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri dell’uomo sia come singolo, sia nelle forme sociali nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».

Mette ai voti l’articolo nel suo complesso.

(È approvato).

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 2 così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di religione, sono eguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

TOGLIATTI domanda se la lettera «e» di cui al primo comma non debba essere piuttosto una «o». Infatti le virgole che precedono debbono intendersi come disgiuntive.

PRESIDENTE ritiene che anche rimanendo la lettera «e» il significato sia sufficientemente chiaro.

LUCIFERO suggerisce che alla espressione «gli uomini», sia sostituita l’altra «i cittadini» che gli sembra assai più appropriata.

MASTROJANNI desidera qualche chiarimento nei riguardi del 1° comma circa le parole: «hanno diritto ad eguale trattamento sociale». Non comprende infatti quale sia l’esatto significato di tale dizione.

LUCIFERO si associa alla osservazione dell’onorevole Mastrojanni, aggiungendo che, in fondo, il trattamento sociale deve intendersi già compreso nella eguaglianza di fronte alla legge. Non capisce quindi perché si debba usare una terminologia che deve intendersi per lo meno superflua. Se la legislazione ha anche un carattere sociale, è naturale che tutti i cittadini siano uguali di fronte a questa legislazione anche per quanto concerne il trattamento sociale.

CEVOLOTTO vuole fare una questione di collocamento. Ricorda che i relatori dovevano formulare un articolo sulle libertà civili e cioè libertà, uguaglianza e solidarietà. Ora si domanda se l’articolo relativo all’eguaglianza debba essere collocato in questa sede, ovvero in altra. In alcune Costituzioni il principio relativo all’eguaglianza è collocato nei principî generali dello Stato. Infatti, nelle sue proposte di articoli, per la parte affidatagli, aveva formulato un articolo relativo all’ eguaglianza proprio nella struttura dello Stato, nei seguenti termini:

«Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La nascita, il sesso, la razza, le condizioni sociali, le credenze religiose, il fatto di non avere alcuna credenza, non possono costituire la base di privilegio o di inferiorità legale».

Gli sembra che tale formulazione sia giuridicamente più precisa e meglio adatta ad una Costituzione. Ad ogni modo, a prescindere dalla preferenza per l’una o per l’altra formulazione, insiste sulla questione del collocamento, e cioè, se sia questa la sede più adatta per l’affermazione del principio di eguaglianza.

TOGLIATTI ritiene che l’osservazione del collega Cevolotto sposti il terreno della discussione. D’altra parte non è escluso che l’articolo, dopo l’approvazione, possa trovare altra collocazione. L’essenziale è di arrivare a un punto di accordo sulla formulazione dei due articoli, salvo poi trovare la collocazione più adatta. Personalmente sostiene la dizione proposta dai relatori, respingendo la critica dell’onorevole Lucifero. Se ha ben compreso, non si vuole qui alludere ad una legislazione sociale completa, perché in tal caso il concetto sarebbe già compreso nella prima parte del primo comma. Invece con le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si vuole esprimere la tendenza della nuova Costituzione ad incanalare lo sviluppo della nostra società verso una maggiore eguaglianza. Ed è proprio questo lo spirito che vorrebbe alitasse nella nuova Costituzione.

MASTROJANNI riterrebbe utile che i relatori chiarissero il concetto del comma in esame, e solo in seguito i colleghi fossero ammessi a discuterne.

BASSO, Relatore, risponde subito, per quanto l’onorevole Togliatti abbia già anticipato la sua risposta. Pensa (ed ormai in regime democratico ritiene che tutti pensino) che non basta l’eguaglianza puramente formale, come quella caratteristica della vecchia legislazione, per dire che si sta costruendo uno Stato democratico, ma che invece l’essenza dello Stato democratico consista nella misura maggiore o minore del contenuto che sarà dato a questo concreto principio sociale. Naturalmente i primi articoli della Costituzione non possono essere delle norme concrete di pratica applicazione, ma delle direttive indicate al legislatore come un solco in cui egli debba camminare, come affermazione della finalità cui la democrazia tende e cioè verso l’eguaglianza sociale.

PRESIDENTE domanda all’onorevole Lucifero se mantiene la sua opposizione al 1° comma dell’articolo.

LUCIFERO pur essendo perfettamente d’accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Togliatti e Basso, afferma che tale concetto non gli sembra adeguatamente espresso nella formulazione proposta. Ritiene che in ciò stia anche la ragione della perplessità manifestata dal collega Mastrojanni.

MANCINI si dichiara d’accordo con gli onorevoli Togliatti e Basso e in disaccordo con l’onorevole Lucifero. Afferma che il concetto non solo è chiaro, ma anzi è espresso magnificamente dalla parola «trattamento» Però, per completare il concetto, propone dopo la parola «sociale» di aggiungere «e politico» per evitare il caso di avere un trattamento politico diverso da quello sociale.

DOSSETTI osserva che per quanto riguarda la collocazione, c’è una ragione per mantenere l’articolo 2° strettamente connesso con l’articolo 1°. Nell’articolo 1° infatti si determinano i fini, mentre nell’articolo 2° si stabiliscono le modalità, che sono duplici in relazione all’autonomia della persona ed alla solidarietà sociale.

Circa poi la proposta dell’onorevole Cevolotto, per una migliore formulazione ed una differente collocazione, potrebbe essere anche d’accordo, ma fa osservare che in tutte le Costituzioni una cosa è la dichiarazione programmatica dell’eguaglianza dei cittadini ed un’altra la realizzazione di questa eguaglianza in varie forme, una delle quali potrebbe essere l’eguaglianza nella politica a cui si richiamava l’onorevole Cevolotto.

Rivedendo l’articolo 2°, nota che nella esclusione delle eventuali discriminanti, se ne è dimenticata una e cioè la nazionalità. Propone, quindi, dopo la parola «razza» di aggiungere le altre «di nazionalità». Fa presente che anche il relatore, onorevole Basso, conviene in questa proposta.

MASTROJANNI, malgrado i chiarimenti forniti dal relatore Basso, è sempre dell’avviso che l’ultima parte del 1° comma debba essere soppressa. In questa parte si afferma un principio verso il quale lo Stato rimane impegnato solennemente e per la cui applicazione e realizzazione deve occuparsi. Si domanda perciò in qual modo il legislatore potrà raggiungere questa finalità. Ritiene che non si possa affrontare una questione di così vasta importanza e portata, fin quando non si conoscano i metodi attraverso i quali si intende raggiungere lo scopo che l’articolo si prefigge. Insiste pertanto per la soppressione dell’ultima parte del 1° comma inquantoché lo Stato per il raggiungimento di quei fini, potrebbe sperimentare metodi contrastanti con le ideologie che egli professa.

CEVOLOTTO propone di sostituire all’espressione «a prescindere», la parola «indipendentemente» che gli sembra più adatta.

Circa l’aggiunta della parola «nazionalità», proposta dall’onorevole Dossetti, ritiene che sia necessaria una matura ponderazione. Non è vero che gli uomini rispetto ad un determinato Stato siano tutti eguali anche se sono di nazionalità differente, in quanto la nazionalità per lo Stato può essere ragione di discriminazione. È naturale che tutti gli uomini di cittadinanza italiana sono uguali di fronte allo Stato italiano, ma non può ammettersi a priori che la stessa condizione si verifichi in pieno per i cittadini di altra nazionalità. Accogliendo la proposta dell’onorevole Dossetti, bisognerebbe anche accettare quanto è stato proposto dall’onorevole Lucifero, di sostituire cioè alle parole «gli uomini» le altre «i cittadini».

DOSSETTI osserva che se si distingue tra nazionalità e cittadinanza nessun dubbio ha più ragion d’essere.

PRESIDENTE fa rilevare che la nazionalità presuppone sempre la cittadinanza.

CEVOLOTTO ribadisce che conservando le parole «gli uomini» ed aggiungendo la parola «nazionalità» il significato rimane sempre ambiguo. Se invece alla parola «gli uomini» si sostituiscono le altre «i cittadini» allora può essere d’accordo nell’aggiungere la discriminazione relativa alla nazionalità.

CARISTIA esprime l’opinione che la espressione «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si presti a dubbi ed equivoci. La prima parte del comma è tecnicamente e giuridicamente precisa, ma ognuno si domanderà che cosa significhi assicurare ai cittadini il diritto ad un eguale trattamento sociale. Si è da più parti affermato che questo trattamento sociale è una aspirazione, una tendenza in base a cui lo Stato dovrebbe soddisfare le esigenze che ormai si impongono, e cioè quelle di far sì che tutti i cittadini tendano ad una migliore condizione sociale. Questo, però, non giustifica, a suo avviso, una affermazione di tal genere. Del resto non comprende come mai lo Stato potrebbe assumere il compito di assicurare a tutti i cittadini non solo il diritto di eguaglianza di fronte alla legge ma anche il diritto ad un eguale trattamento sociale, nello stesso modo e con le stesse garanzie con cui assicura l’eguaglianza giuridica. Oltre il fatto che l’espressione «trattamento sociale» è molto elastica e difficile a definire, dichiara di non potersi assumere la responsabilità di votare un articolo che contenga una simile espressione. Si tratta infatti di due cose assolutamente diverse: nella prima parte del primo comma dell’articolo si assicura un diritto di eguaglianza giuridica, che va garantito e sarà certamente attuato; nella seconda parte si tratta di una aspirazione degna del massimo rispetto, ma che però è espressa in un modo e con una forma che si presta ad infiniti equivoci.

PRESIDENTE ritiene che, dopo l’esauriente discussione avvenuta, si possa procedere alla votazione.

Domanda innanzi tutto all’onorevole Caristia se condivida l’opinione dell’onorevole Mastrojanni, ovvero creda suggerire una migliore e più adatta formulazione.

CARISTIA dichiara che non è facile trovare un’altra formulazione. Ad ogni modo si tratterebbe, da un punto di vista giuridico, di un diritto privo di qualsiasi garanzia.

MASTROJANNI, in via del tutto subordinata, propone di sostituire alla parola «trattamento» l’altra «riconoscimento».

MORO ritiene che, in questa materia, voler definire il senso rigorosamente giuridico, non sia una cosa attuabile senza rinunziare ad una dichiarazione di affermazione della tendenza progressiva che deve avere la democrazia italiana nell’attuale momento. Parlando del diritto ad un eguale trattamento sociale, s’intende mettere in luce il carattere dinamico che deve avere lo Stato democratico. Ciò è espresso nella seconda parte dell’articolo, in cui si afferma che è compito dello Stato e della società, di eliminare gli ostacoli che impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e del suo completo sviluppo.

CARISTIA ritiene che allora il secondo comma dovrebbe essere così formulato: «lo Stato deve tendere alla attuazione della eliminazione degli ostacoli di ordine economico-sociale, ecc.».

PRESIDENTE è di avviso che se si aggiungesse nel secondo comma dopo le parole: «è compito» la parola «perciò» si verrebbe meglio ad esplicare, nel campo della pratica attuazione, il principio affermato nel primo comma e non avrebbero più ragion d’essere le preoccupazioni dell’onorevole Caristia e di quanti non ritengono troppo esatta la dizione del primo comma stesso.

MORO mette in evidenza che attualmente si è in una fase fluida dei rapporti sociali per cui, pur sperando che si possa arrivare al più presto ad un loro concretamento, per il momento è necessario limitarsi ad affermare lo spirito che deve animare la Costituzione. Per questo motivo non può accogliere la proposta formulata dall’onorevole Mancini di aggiungere la parola «e politico», dopo la parola «sociale» in quanto il diritto ad un eguale trattamento politico rientra nella eguaglianza di fronte alla legge.

Circa l’aggiunta delle parole «di nazionalità», dopo le parole «di razza», gli sembra che anche lasciando l’espressione «gli uomini» si potrebbe egualmente accettare la discriminante della nazionalità, perché anche nel diritto privato è riconosciuta una eguaglianza di trattamento anche per gli stranieri che sono nello Stato italiano. Ritiene infatti che sia bene affermare nella Costituzione una eguaglianza di trattamento, almeno in sede di diritto privato, a coloro che sono di altra nazionalità.

CEVOLOTTO rileva che in fondo i relatori non hanno ancora risposto a quello che era il dubbio esposto dall’onorevole Caristia, e cioè quale sia il significato della espressione «hanno diritto ad uguale trattamento sociale». Pur essendo pienamente favorevole al concetto che si intende esprimere, e pur non nascondendosi la difficoltà di trovare un termine perfettamente appropriato, ritiene che l’espressione adoperata non sia molto chiara e felice: gli ricorda troppo l’offerta di cibi e bevande che un tempo si faceva all’ospite.

MANCINI, rispondendo all’onorevole Moro, fa rilevare che l’eguaglianza di cui si parla nella prima parte del comma in discussione è giuridica e non politica. Pertanto gli uomini devono avere diritto non solo ad un eguale trattamento sociale ma anche politico. Afferma di nuovo l’esattezza della parola «trattamento» tanto è vero che coloro che sono contrari ad essa, non sono riusciti a sostituirla con nessun’altra che abbia il medesimo valore.

CARISTIA dichiara che non ha nulla in contrario all’affermazione della tendenza della Repubblica ad assicurare ai cittadini un eguale trattamento sociale, ma non si sente di assumere la responsabilità di votare una espressione come quella che è stata formulata.

PRESIDENTE riassume i vari emendamenti proposti per il primo comma dell’articolo 2.

L’onorevole Lucifero propone di sostituire le parole «gli uomini» con le altre «i cittadini».

Mette ai voti tale emendamento.

(Non è approvato).

L’onorevole Cevolotto aveva proposto di sostituire alle parole «a prescindere» l’altra «indipendentemente».

CEVOLOTTO dichiara di non insistere, trattandosi di un emendamento di forma.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Dossetti diretto ad aggiungere le parole «di nazionalità» a quelle «di razza».

(È approvato).

Vi è infine la proposta di sopprimere le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale».

CEVOLOTTO conferma di essere favorevole al concetto, ma contrario alla forma. Ritiene che se si coordina la prima parte con la seconda si potrebbe anche sopprimere l’inciso, in quanto la seconda parte non fa che riprodurre la prima in termini più esatti. Si asterrà pertanto dal voto.

LUCIFERO è d’accordo sul concetto, che del resto riaffiorerà in tutte le varie disposizioni della Costituzione, ma ritiene che in questa sede l’espressione manchi della necessaria chiarezza. Voterà perciò per la soppressione.

PRESIDENTE pone ai voti la soppressione dell’inciso.

(Non è approvata).

Ricorda infine che l’onorevole Mancini aveva proposto di aggiungere alla fine del comma le parole «e politico».

MORO ritiene che aggiungendo all’inizio del secondo comma un «perciò» sarebbe più evidente il preciso riferimento alla prima parte dell’articolo, mentre aggiungendo le parole «e politico» si verrebbero a confondere le idee.

MASTROJANNI ricorda che aveva proposto di sostituire alla parola «trattamento» la parola «riconoscimento». Desidererebbe sapere dall’onorevole Mancini, se nell’ipotesi che venisse accolta la sua subordinata, egli insisterebbe ancora nell’aggiungere la parola «politico».

MANCINI insiste nella sua proposta.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta Mancini di aggiungere dopo la parola «sociale» la parola «politico».

(Non è approvata).

Avverte che la prima parte dell’articolo 2, dopo gli emendamenti approvati, rimane così formulata:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale».

Dà lettura della seconda parte dell’articolo, nella formula proposta dai relatori:

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

DE VITA rileva che, nel comma dell’articolo 2 si parla dell’eguaglianza di diritto di fronte alla legge, e nel primo capoverso dello stesso articolo si parla di ostacoli di indole economica e sociale, che dovrebbero essere eliminati perché limitano la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui. Al posto delle parole « …di fatto» si dovrebbe dire «…di diritto», perché così si viene ad affermare l’eguaglianza giuridica dei cittadini.

TOGLIATTI fa presente che è proprio il termine «di fatto» che dà una nuova impronta alla legge.

BASSO, Relatore, osserva che dopo aver fatto una solenne affermazione dei principî di libertà e di eguaglianza, nella concreta realtà sociale, questi principî possono trovare poi ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il raggiungimento dell’affermata eguaglianza. Pertanto tutta l’opera della legislazione italiana deve tendere ad eliminare questi ostacoli.

DE VITA pensa che gli ostacoli di ordine economico e sociale limitano la libertà e l’eguaglianza di diritto che è affermata nel 1° comma.

TOGLIATTI propone che il termine «di fatto» venga posto dopo il gerundio «limitando». In questo modo anche il collega De Vita sarebbe soddisfatto.

MANCINI, premesso che quando si parla della persona umana e del suo completo sviluppo fisico, economico e spirituale, non si deve trascurare la parte culturale, propone di aggiungere dopo la parola «economico» anche l’altra «culturale».

BASSO, Relatore, obietta che la parola «spirituale» comprende anche la parte culturale.

MASTROJANNI propone di aggiungere prima della parola «eliminare» le altre «contribuire a», in quanto il compito di eliminare gli ostacoli, oltre che dello Stato e della società, potrebbe essere anche dell’individuo.

LUCIFERO fa presente alla Commissione che, pure essendo tutti d’accordo sul concetto generale, con la proposta formulazione può sorgere il dubbio che si venga a dare allo Stato dei poteri illimitati. Pertanto ritiene che si potrebbero affermare questi concetti nei vari articoli della Costituzione, ma non adottare una formulazione che domani potrebbe fornire un appiglio per qualunque arbitrio. Propone quindi di sopprimere il proposto capoverso.

PRESIDENTE mette ai voti la soppressione proposta dall’onorevole Lucifero.

(Non è approvata).

Ricorda che vi è una sua proposta di aggiungere dopo la parola «compito», la parola «perciò». La mette in votazione.

(È approvata).

Segue la proposta dell’onorevole Mastrojanni di premettere alla parola «eliminare» le altre «contribuire a». La mette in votazione.

(Non è approvata).

Dopo la parola «limitando» vi è l’osservazione del collega De Vita, che ha dato luogo alla proposta concreta del collega Togliatti nel senso che le parole «di fatto» che stavano dopo le altre «la libertà e l’eguaglianza», siano spostate e poste dopo il gerundio «limitando». La pone in votazione.

(È approvata).

Vi è infine la proposta del collega Mancini di aggiungere «culturale», dopo la parola «economico». La mette in votazione.

(È approvata).

Fa presente che l’articolo potrebbe ora essere messo in votazione nel suo complesso con le modifiche testé approvate.

LOMBARDI GIOVANNI, confermando la dichiarazione già fatta, e cioè che a suo avviso questo articolo è antistorico e antisociologico, dichiara che si asterrà dalla votazione.

LUCIFERO, pur essendo d’accordo nella sostanza, come ha già dichiarato, ritiene questo articolo insidioso per la libertà e quindi darà voto contrario.

MASTROJANNI, associandosi all’onorevole Lucifero, dichiara che egli pure voterà contro.

PRESIDENTE mette in votazione l’intero articolo, così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto a uguale trattamento sociale.

È compito perciò della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico, culturale e spirituale di essa».

(È approvato).

Al termine della discussione si compiace con la Commissione per l’unanimità con la quale, essa ha partecipato a tutte le riunioni: diciotto membri presenti su diciotto, nessuno assente. Questo è un elemento che va tenuto nel dovuto conto, come segno di serietà della Commissione. Si compiace anche dello sforzo che tutti hanno fatto per arrivare alla formulazione ed all’approvazione di questi due articoli, che rappresentano veramente un contributo assai notevole alla dichiarazione dei diritti fondamentali della persona umana.

Rinvia il seguito dei lavori a domani alle ore 10, pregando gli onorevoli La Pira e Basso di accordarsi sulla formulazione degli articoli in ordine alle altre questioni che formano oggetto delle loro relazioni.

La seduta termina alle 13.10.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti, La Pira, Lombardi Giovanni, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti, Tupini.

GIOVEDÌ 10 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

4.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 10 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

 

INDICE

I principî dei rapporti civili (Seguito della discussione)

Presidente – Lombardi Giovanni – De Vita – Basso, Relatore – La Pira, Relatore – Marchesi – Lucifero – Dossetti – Mastroianni – Cevolotto – Mancini – Togliatti – Moro – Grassi.

La seduta comincia alle 18.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti civili.

PRESIDENTE ricorda che nella seduta di ieri sono stati raggiunti alcuni punti di accordo: sulla opportunità che un eventuale preambolo della Costituzione venga elaborato al termine dei lavori delle tre Sottocommissioni; sulla convenienza che gli articoli della Costituzione siano il più possibile brevi, chiari ed accessibili e rechino affermazioni concrete senza contenere presupposti ideologici; sull’affermazione del concetto fondamentale della priorità della persona nei confronti dello Stato, perché i diritti dell’uomo sono diritti naturali, inalienabili e imprescrittibili, anteriori a quelli dello Stato.

A quest’ultimo proposito, in riferimento a quanto è stato affermato ieri da alcuni colleghi, e cioè che i diritti della persona umana sono sempre scaturiti da movimenti storici, rivoluzioni, guerre, lotte di classe, rileva come non possa e non debba dimenticarsi la più importante delle rivoluzioni sociali, vale a dire la grande rivoluzione cristiana, dalla quale per la prima volta furono affermati i diritti della libertà.

Quanto alla elaborazione degli articoli della Costituzione riflettenti le conclusioni cui la Sottocommissione è ieri pervenuta, ritiene che i relatori onorevoli Basso e La Pira dovrebbero concordare tra loro il testo degli articoli stessi da sottoporre all’esame della Sottocommissione. Fra gli articoli rispettivamente presentati vi è, a suo avviso, una notevole affinità.

Nella discussione di ieri non venne raggiunto l’accordo sui diritti delle comunità nelle quali la persona umana si espande. Vi è in proposito un ordine del giorno presentato dall’onorevole Dossetti, il quale potrà essere messo in discussione dopo che l’onorevole Basso avrà svolto la sua relazione.

In merito alla domanda rivoltagli ieri dall’onorevole Lombardi sulla defascistizzazione dei codici, ricorda che al periodo in cui egli fu Ministro della giustizia provvide a togliere dai codici penale e civile tutto quello che era tipicamente fascista, come ad esempio i riferimenti all’ordinamento corporativo, le norme sulla razza, le prerogative del Capo del Governo, l’influenza della legislazione sulla educazione della prole, l’abolizione della pena di morte tranne che per i reati militari.

LOMBARDI GIOVANNI ringrazia il Presidente di questo chiarimento.

Osserva che l’accenno fatto dal Presidente, alla rivoluzione cristiana, lo conferma nella opinione che i diritti dell’uomo, anche se possono considerarsi diritti naturali, non sono nati prima di quelli dello Stato ma si sono affermati attraverso i grandi rivolgimenti sociali.

Non contesta l’influenza spirituale del cristianesimo, ma ritiene che la prima fonte del diritto è sempre la forza, ciò che può essere confermato dal fatto che i principî etici e giuridici del cristianesimo si sono affermati in tutta la loro pienezza nel giro di ben duemila anni. Soltanto nel secolo scorso è stata completamente abolita la schiavitù, ed ancora non si è riusciti a liberare il mondo dalla servitù operaia.

DE VITA osserva che si parla troppo di diritti e poco di doveri. A suo avviso, occorre equilibrare diritti e doveri. È stato giustamente detto che il diritto senza dovere fa il padrone, che il dovere senza diritto fa il servo. Equilibrando i diritti e i doveri si fa l’uomo veramente libero. In questo equilibrio è tutto un mondo nuovo, e raggiungerlo è la grande missione di questo secolo.

PRESIDENTE invita l’onorevole Basso a svolgere la sua relazione.

BASSO, Relatore, ritiene che la elaborazione di un preambolo alla Costituzione, in quanto necessario, sia compito della Presidenza della Commissione. Accettata questa premessa, l’ordine del giorno dell’onorevole Dossetti non dovrebbe essere votato, poiché contiene gli elementi di una impostazione generale del problema che trascende i limiti di competenza della Sottocommissione. Se però si vuole esaminarlo, deve dire che non è d’accordo sul concetto, illustrato dall’onorevole La Pira e ribadito dall’onorevole Dossetti, della priorità della persona umana sulla società organizzata in Stato.

Pur non avendo la minima intenzione di svalutare la persona umana in confronto allo Stato, rileva che le ideologie affiorate nel corso della discussione di ieri riflettono, nonostante un tentativo di superamento, quelle di un’epoca individualista, ormai passata. Tutta la storia dei rapporti umani è una storia della dialettica dei rapporti tra la persona e la collettività. Lo Stato non è venuto prima della persona, ma nemmeno la persona prima dello Stato, in quanto la persona non può esistere, come tale, senza la Società nella quale vive.

Se si vuole dare allo Stato un significato finito, di una determinala forma di organizzazione della Società, può essere d’accordo che questo Stato è posteriore all’individuo, ma allora anche la famiglia è posteriore, se si considera il solo punto di vista della successione cronologica. Ma se si considera quello dello sviluppo spirituale, allora è evidente che lo Stato come la famiglia e come tutte le altre forme di convivenza degli esseri umani hanno il medesimo valore storico.

Indubbiamente nella formulazione di articoli proposta da lui e dall’onorevole La Pira, è sottintesa una diversa premessa ideologica, anche se talune delle conclusioni concrete cui entrambi sono pervenuti sono sostanzialmente concordanti. Non è certamente questo un fenomeno straordinario in quanto, ad esempio, anche gli illuministi dell’ultimo Settecento si ispirarono a fonti molto diverse, ebbero ciascuno una propria ideologia filosofica, ma pervennero, nella valutazione concreta dei rapporti umani, alle medesime conclusioni. Del pari, fra i presupposti ideologici dei socialcomunisti e dei colleghi che si sono trovati d’accordo con La Pira e Dossetti, vi è indubbiamente una notevole differenza, la quale può essere tuttavia superata facendo ricorso a quel patrimonio culturale comune, dal quale ciascuno ha tratto le fonti della propria convinzione.

In queste condizioni ritiene che la cosa più opportuna sia di por mano senz’altro alla elaborazione degli articoli. Non potrebbe infatti accettare una semplice affermazione di principio sulla priorità della persona, e questo non soltanto per considerazioni di ordine ideologico, ma per convinzione profonda, in quanto tutta la filosofia moderna ha superato nel concetto di personalità il concetto della individualità. La persona umana considerata soggetto di diritto non può essere concepita che in funzione di una società più o meno organizzata. La individualità dal punto di vista filosofico e giuridico si riferisce ad un ipotetico uomo isolato. La persona, non può essere giuridicamente considerata se non in funzione delle molteplici relazioni, non soltanto materiali ma anche spirituali e, volendo, anche extramondane, che essa ha con il mondo in cui vive, sia in riferimento al presente, che all’avvenire ed anche al passato.

Conclude ribadendo l’opportunità di esaminare la formulazione tecnica delle disposizioni da inserire nella Costituzione, prescindendo da ogni affermazione di principio.

LA PIRA, Relatore, dichiara di essersi soprattutto ispirato, nel redigere la sua relazione, alle considerazioni di carattere filosofico-giuridico contenute nel preambolo di quella Costituzione francese elaborata prima del 2 giugno che pure fu il risultato di una prevalenza socialcomunista. In detto preambolo si parla di diritti naturali, imprescrittibili, sacri, della persona umana, diritti che lo Stato deve tutelare. Il riconoscimento di questi diritti si riallaccia alle più pure tradizioni della civiltà occidentale, a tradizioni, cioè, che ovviamente rientrano in quel patrimonio culturale comune cui ha accennato l’onorevole Basso.

Non vuole con ciò affermare che le fonti di ispirazione, alle quali pure ha accennato l’onorevole Basso, debbano fermarsi allo studio della civiltà occidentale. Il patrimonio culturale comune può benissimo essere integrato dalla considerazione dei principî consacrati ad esempio nella Costituzione russa: e il richiamo a questa Costituzione può avere particolare valore soprattutto nella disciplina da darsi alle comunità, specialmente alle comunità di lavoro, nelle quali si espande la persona umana.

Ad evitare appunto ogni insanabile frattura di carattere ideologico, si è ispirato tanto al preambolo della Costituzione francese che alla Costituzione russa, aggiungendo, di proprio, una accentuazione della spiritualità nel quadro di quello che suol definirsi nuovo materialismo storico: spiritualità che, a suo avviso, può e deve conciliarsi, in una Costituzione italiana, con la concezione pluralistica della società.

DE VITA pensa che la persona umana ed i suoi rapporti con la società debbano essere considerati avendo soprattutto di mira, se non il presente, certo la realtà, con le sue evoluzioni, della vita terrena. Bisognerebbe pertanto intendersi bene sul significato effettivo di una affermazione della spiritualità.

LOMBARDI GIOVANNI, in merito al richiamo fatto dall’onorevole La Pira alle tradizioni della civiltà occidentale e particolarmente alle Dichiarazioni francesi sui diritti dell’uomo, osserva che socialisti e comunisti non possono accettare quelle Dichiarazioni, che sono ispirate ad un concetto individualistico della persona e che contrastano con il fatto che il diritto è sempre di natura sociale.

PRESIDENTE ricorda agli onorevoli Commissari che la precedenza della persona umana di fronte allo Stato, il quale deve considerarsi al servizio di quella, fu un punto acquisito nella discussione di ieri, al quale si giunse specialmente dopo l’interessante dibattito fra gli onorevoli Dossetti e Togliatti. La discussione avrebbe dovuto oggi procedere sui diritti delle comunità.

LOMBARDI GIOVANNI ritiene che la conclusione cui ha accennato l’onorevole Presidente sia il risultato di un equivoco. Ogni libertà è stata conquistata, dalla persona umana attraverso i grandi rivolgimenti della storia. L’uomo è stato per millenni soffocato dallo Stato, quindi, se mai, è lo Stato che ha preceduto l’individuo come soggetto di diritto.

MARCHESI premette che i comunisti non sono secondi a nessuno in fatto di difesa della personalità umana e della libertà. Per essi, il problema della persona umana, è il problema stesso della libertà totale e finale. Ma essi sanno che a questa libertà si giunge attraverso le conquiste graduali progressive di uno Stato democratico e mediante l’azione stessa dello Stato.

Ritiene, d’accordo con l’onorevole Basso, non solo inopportuna ma anche pericolosa una dichiarazione iniziale come quella presentata dall’onorevole Dossetti. L’onorevole Dossetti diceva, ieri che senza imposizioni di verità rivelate, che non potrebbero essere accolte da tutti anche se devono essere da tutti rispettate, noi dobbiamo giungere ad un accordo sulla base di principî umani concordemente accettati.

L’onorevole Dossetti non gli attribuisca intenzioni maliziose se ricorda l’adagio virgiliano «Timeo danaos et dona ferentes». Tra poco verranno in discussione argomenti molto gravi di dissenso. Ora non vorrebbe che una dichiarazione iniziale, del genere di quella proposta dall’onorevole Dossetti, potesse servire da stimolo a qualcuno per estenuare l’autorità dello Stato di fronte ai diritti personali e familiari. Perciò concorda con quanto ha detto l’onorevole Basso: che a tale dichiarazione si giunga eventualmente quando si sia esaurita la discussione su tutti gli articoli, pur non intendendo con ciò sottrarre ogni base logica morale e spirituale a quegli articoli che la Sottocommissione intende proporre all’approvazione dell’Assemblea.

LUCIFERO ha l’impressione che in questa discussione si riaffacci quel problema sul quale nelle prime sedute ebbe già occasione di discutere con l’onorevole Togliatti, e cioè il problema dello spirito della Costituzione. Finché non si saranno amalgamati i diversi punti di vista, ci si troverà sempre di fronte a queste discussioni. Ritiene pertanto opportuno discutere l’ordine del giorno Dossetti, emendandolo, perfezionandolo, con il fine di ottenere quella base che si va cercando, e dalla quale non si può prescindere, sia per non lasciarsi alle spalle una mancanza che farebbe sentire il suo peso nel corso di tutte le successive discussioni, sia perché la prima Sottocommissione ha avuto assegnato precisamente il tema dei principî generali.

Rileva che l’ordine del giorno Dossetti cerca appunto di stabilire alcuni principî generali. La Costituente deve dar vita ad uno Stato nel quale non si possa ripetere la tragedia del fascismo. Occorre fare un’analisi delle cause che hanno portato al fascismo e gli hanno permesso di esistere per venti anni. E queste cause possono compendiarsi indubbiamente nella compressione avvenuta della libertà dell’uomo, perché in un paese in cui l’uomo fosse rimasto libero il fascismo non avrebbe mai potuto sorgere. Quindi una affermazione chiara di quelle che sono le libertà, dell’uomo, dirette o derivate, è necessaria, e finché non si sarà fissato questo punto fondamentale, non riuscirà possibile proseguire nei lavori.

Propone quindi di discutere l’ordine del giorno Dossetti. Si potrà giungere ad una conclusione concordata, oppure ad una chiarificazione di due diversi orientamenti, di due diverse tendenze; in tal caso deciderà la maggioranza e la minoranza sarà libera di presentare le sue proposte dapprima alla Commissione in seduta plenaria poi alla Assemblea, in seno alle quali la discussione verrà ripresa, e sarà determinata la scelta definitiva. Se non si giunge a questa chiarificazione, vi è il pericolo di rifare ad ogni articolo la discussione sui principî.

DOSSETTI concorda sulle conclusioni dell’onorevole Lucifero, dichiarandosi però persuaso che sarà più facile di quanto alcuni possano credere pervenire ad una conclusione concordata, in quanto i punti di coincidenza tra la sua tesi e quella dell’onorevole Basso sono molto maggiori di quel che possa ritenersi a prima vista.

Indubbiamente la Costituzione, anche prescindendosi da impostazioni ideologiche, non potrà non affermare energicamente il principio che l’uomo, la persona, ha dei diritti antecedenti allo Stato e che lo Stato non costituisce questi diritti ma semplicemente li dichiara, li riconosce. Sotto questo profilo non si tratta di spiritualismo, di vita presente o di vita eterna. Non è a suo avviso accettabile l’interpretazione dell’onorevole Lombardi, che non crede ai diritti naturali ma soltanto a quelli che l’uomo ha conquistato passo a passo nella storia. In ogni modo, da qualunque parte vengano, questi diritti lo Stato non conferisce ma riconosce. Questo è un punto essenziale ed in questo, a suo giudizio, deve stare il fondamento primo di ogni Costituzione, senza di che ogni Costituzione sarebbe viziata all’origine. Affermare l’esistenza di questi diritti primigenî che lo Stato non può in alcuno modo modificare, non vuol dire accedere ad una visione individualistica. La concezione cristiana, alla quale la corrente politica cui appartiene si ispira, non considera la persona sotto un punto di vista meramente individualistico. Già nel suo ordine del giorno, immediatamente dopo i primi punti, in cui si afferma una priorità della persona, cioè l’esistenza dei suoi diritti primigenî e fondamentali, si aggiunge subito dopo, senza alcuna subordinazione, che si riconosce ad un tempo la necessaria solidarietà di tutte le persone le quali sono chiamate a completarsi a vicenda mediante la molteplice organizzazione della società moderna. In questo egli è perfettamente d’accordo con l’onorevole Basso e, se mai, non concorda con l’onorevole Lucifero. Quindi il riconoscere innanzitutto l’esistenza di diritti primigenî, che lo Stato deve rispettare non significa per nulla limitazione del senso di socialità, perché nell’atto stesso in cui l’esistenza di tali diritti viene riconosciuta si deve logicamente supporre e si suppone una struttura sociale capace non solo di difenderli in astratto, ma di realizzarli in concreto.

Ecco perché conserva viva la speranza di trovare una formula comune che sostanzialmente dia il senso della visione unitaria che deve avere la nuova Costituzione italiana.

Prospetta pertanto opportunità di una riunione con l’onorevole Basso per cercare un accordo sulla base di quella intesa che è già nei cuori, per cui l’una parte non ha motivo di temere i «dona» dell’altra.

MASTROJANNI si dichiara senz’altro d’accordo sulla affermazione della priorità dei diritti della persona sullo Stato. Su questo punto sembrava che fosse stato ieri raggiunto l’accordo, ma la postuma discussione fa presumere che a questa affermazione di principî siano interessate tutte le teoriche, attraverso le quali i diversi partiti intendono affermare il loro programma politico. Secondo il punto di vista qualunquista, che tende allo Stato amministrativo, il quale deve essere sfrondato il più possibile dalle sovrastrutture e dalle ingerenze nella vita dei cittadini, l’uomo è titolare di diritti naturali inalienabili che non possono essere conculcati dagli interventi dello Stato, neppure nei rapporti economici. Quando lo Stato esorbita in fatto di autorità, ne consegue tutta una organizzazione capillare, che si fonda sul malaugurato principio delle gerarchie, di cui il ricordo è recente e che tendono inevitabilmente ad incrinare le libertà individuali. Il suo punto di vista concorda pertanto con quello dei democristiani laddove essi vogliono affermare la priorità dei diritti naturali della persona; ne dissente sul tema delle comunità, le quali, a suo avviso, rappresentano non di rado un dannoso ingombro alla esplicazione della libera attività dei cittadini, quando non costituiscono un espediente per giungere a finalità ben diverse da quelle del rispetto dei diritti di libertà.

Conclude affermando che non è possibile procedere oltre nella discussione senza prima risolvere la questione fondamentale dei diritti dell’uomo. Questa risoluzione potrà essere indubbiamente agevolata da una intesa diretta tra i relatori.

CEVOLOTTO osserva che una discussione filosofica porterebbe la Sottocommissione molto lontano. Non ritiene necessario procedere a tale discussione ma piuttosto trovare una formula di accordo. Se si esaminano le due formulazioni di La Pira e di Basso si vede che, partendo da diversi punti di vista, si può giungere alle stesse conclusioni. Prescindendo dai primi 7 articoli – cioè da tutte le questioni ideologiche – dall’articolo 8 in poi, si nota nelle due relazioni una certa identità che può permettere, superata qualche questione di dettaglio, di giungere ad una formulazione comune. Propone quindi che, soprassedendo alla discussione sul preambolo, i due relatori si mettano d’accordo per raggiungere una formulazione comune- dall’articolo 8 in poi.

BASSO, Relatore, afferma di ritenere che l’uomo sia un essere sociale, e non anteriore alla organizzazione della società. Questa sua concezione, però, non intende trasfonderla nella Costituzione. Quando il collega La Pira domanda perché ci si voglia scostare dalla tradizione ha l’impressione che ad un certo punto si cada nell’equivoco, perché, quando si parla di diritto della persona umana, contrapposto allo Stato e poi ci si richiama alla dichiarazione dell’89, si fa confusione fra lo Stato ed il potere esecutivo.

Ora quello che lo preoccupa è la sopraffazione del potere esecutivo che vìoli il diritto dell’individuo, mentre non vorrebbe che si introducessero nella Costituzione delle limitazioni alla facoltà di legiferare.

Il collega Dossetti dice che molti equivoci nascono dal fatto che gli esponenti delle diverse tendenze non si conoscono ancora abbastanza; ed allora, si augura che i componenti le Sottocommissioni cerchino di conoscersi, e procedano a formulare il testo dello articolo uno per uno; si vedrà, così mano mano se nella sostanza delle cose vi è veramente un disaccordo. Per suo conto, non crede che vi siano punti di dissenso così gravi da non poter essere superati.

MANCINI crede sia necessario intendersi sul concetto di diritto il quale va riguardato, dal punto di vista della persona, perché il diritto dell’esistenza è nato prima del diritto dello Stato. Come diceva Antonio Labriola, lo Stato non è altro che l’espressione obiettiva degli interessi di una classe. Siamo dinanzi ad un patrimonio accumulato nei secoli che rappresenta tutti i diritti di cui si è parlato, che sono una somma di conquiste, un patrimonio morale e giuridico.

Si domanda allora: perché mettere in rilievo un presupposto piuttosto che un altro? Vari sono gli elementi che hanno confluito a determinare una conquista; se si battono le vie filosofiche, si rafforza il dissenso.

Crede che, superando la discussione filosofica e cercando di passare alla formulazione degli articoli, un’intesa potrà essere raggiunta.

TOGLIATTI è anch’egli d’avviso che spostando il terreno del dibattito l’accordo non dovrebbe essere difficile, mentre sarebbe difficile mantenendosi su un terreno puramente ideologico.

Sul terreno della politica, cioè della definizione dei diritti, in rapporto alla realtà, non vede un dissenso insuperabile. Su alcuni punti fondamentali si dovrà per forza trovarsi d’accordo. Raggiunto l’accordo su una formulazione politica, naturalmente non se ne trarranno tutte le conseguenze giuridiche che si cerca di raggiungere, ma, ripete, sul punto che oggi interessa, cioè quello di giungere alla definizione dei diritti dell’uomo e del cittadino sul terreno politico, non dovrebbe essere impossibile trovare un accordo

MORO non crede che il dissenso sia radicale. Fin dalla prima riunione la Sottocommissione si è trovata d’accordo su un punto; che la Costituzione deve avere un significato storico ed una particolare funzione storica.

Su questa base di polemica antifascista sembra opportuno affermare la priorità e l’autonomia della persona di fronte allo Stato. Questo anche dal punto di vista della funzione educativa che deve esercitare la Costituzione. Accenna alla necessità, particolarmente sentita, nel Mezzogiorno, che la Costituzione dica al popolo italiano quali sono gli inalienabili diritti che debbono essere difesi. Si è discusso intorno ai rapporti fra individuo e Stato, e si è affermato da parte di qualche collega che non si può accettare l’idea che la persona sia prima dello Stato. Forse, in qualche caso, ci si è trovati di fronte ad un equivoco; poiché non va dimenticato che lo Stato che si vuole costituire è uno stato democratico e non totalitario. Ed egli respinge, con l’affermazione dell’autonomia e della priorità della persona umana, l’idea di uno stato totalitario in senso stretto, come una entità a sé stante che determini essa stessa i criteri di moralità ai quali l’uomo deve ispirarsi. Non si tratta di limitare il potere esecutivo soltanto, si tratta di limitare anche il potere legislativo di fronte a determinate aberrazioni. Occorre soprattutto affermare la dignità della persona umana, senza sminuire però l’autorità dello Stato, creando anzi uno Stato forte e realizzando una giustizia forte. Respinta l’idea dello Stato come entità a sé stante, sostiene la necessità di affermare la dignità dello Stato democratico, espressione di un sistema di realizzazioni umane di cui l’uomo è il punto essenziale di riferimento.

LUCIFERO è d’accordo sulla necessità di uno Stato forte, nel senso che la forza dello Stato debba garantire i diritti della libertà dei cittadini. Diritti che, a scanso di ogni equivoco, devono essere affermati nella Costituzione con la maggiore chiarezza. Non è soltanto il potere esecutivo che può violare questi diritti, ma anche quello legislativo, anche quello giudiziario, ed anche il quarto potere, quello economico. A suo avviso, è soprattutto dal quarto potere che occorre difendere le libertà dei cittadini, in quanto lo Stato deve rimanere lo Stato di tutti, non lo Stato di una classe.

Riafferma l’opinione che si debba esaminare innanzitutto l’ordine del giorno Dossetti, o quanto meno che i relatori si riuniscano per concretare gli articoli sui quali la Sottocommissione discuterà nella prossima seduta.

DOSSETTI insiste nel ritenere opportuno che il terreno venga preliminarmente sgomberato dai presupposti ideologici, e a tal fine non si opporrà ad ogni opportuna modificazione concordata del suo ordine del giorno. Se poi non si vuole vincolare la Sottocommissione ad un ordino del giorno, si potrà giungere alla redazione di un primo articolo di impostazione. L’una o l’altra soluzione sono necessarie per evitare che la Sottocommissione proceda alla cieca nei suoi ulteriori lavori. Considererebbe una iattura immeritata alla buona volontà comune non raggiungere un accordo sulla questione di principio.

BASSO, Relatore, concorda sulla opportunità di una intesa fra i relatori, diretta a superare il maggior punto di dissenso, relativo alla dichiarazione preliminare dei diritti naturali inalienabili e imprescrittibili.

Si chiede perché si vogliano fare affermazioni di principio che non hanno in concreto alcun significato e che potrebbero rappresentare difficoltà di interpretazione. Non vede quindi la necessità di un ordine del giorno ma accede alla opinione di cercare di stabilire direttamente i testi degli articoli.

GRASSI rileva che nel corso di due sedute si è discusso intorno a dichiarazioni di carattere ideologico e che ormai è necessario arrivare ad una conclusione.

È d’accordo con l’onorevole Dossetti sulla opportunità di una dichiarazione che abbia il valore di guida ideologica e sociale agli ulteriori lavori. Ritiene peraltro assai difficile che si riesca a concretare tale dichiarazione in un articolo, in occasione del quale risorgerebbero i contrasti. Non siamo in questo momento dei filosofi e nemmeno un’accademia di giuristi, ma degli uomini politici che sul terreno politico devono mantenere un senso di concretezza. Le considerazioni ideologiche, storiche, potranno essere contenute nel preambolo, nel quale dovrà pure sottolinearsi il fatto che lo Stato democratico sorge dalle rovine dello Stato totalitario. E dal momento che la redazione del preambolo deve venire affidata alla Presidenza della Commissione, il compito della Sottocommissione potrebbe essere unicamente quello di formulare gli articoli. Ci si potrà limitare perciò ad una affermazione del concetto della autonomia della persona umana, considerata tuttavia in funzione della Società in cui vive. Questi due concetti potranno essere concretati in una breve affermazione, in un solo articolo.

Propone quindi che, senza votare l’ordine del giorno Dossetti, si proceda all’esame degli articoli, cominciando dall’articolo 1 del progetto dell’onorevole Basso, congiuntamente con l’articolo 8 del progetto dell’onorevole La Pira.

PRESIDENTE si compiace della elevata discussione, augurandosi che essa abbia servito ad eliminare eventuali sospetti reciproci di sottintese intenzioni. Sottoporre in questo momento alla Sottocommissione la approvazione dell’ordine del giorno Dossetti significherebbe riacutizzare la discussione. Ritiene pertanto opportuno incaricare i due relatori di procedere ad uno scambio di idee al fine di giungere alla formulazione di un solo progetto di articoli. Essi dovranno soprattutto raggiungere l’accordo sui due punti fondamentali ai quali ha accennato l’onorevole Grassi: l’autonomia della persona umana e la socialità.

Propone che la Sottocommissione tenga seduta domani alle 11 e che i Relatori onorevoli La Pira e Basso si riuniscano in precedenza, insieme con il Segretario onorevole Grassi, per accordarsi sul testo di un progetto unitario di articoli da presentare alla Sottocommissione nella mattinata stessa.

(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 20.15.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti, La Pira, Lombardi Giovanni, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti, Tupini.

LUNEDI 9 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

3.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI LUNEDÌ 9 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

 

INDICE

Sui lavori della Sottocommissione

Presidente.

I principî dei rapporti civili (Discussione)

La Pira, Relatore – Presidente – Mastroianni – Marchesi – Basso, Relatore – Togliatti – Lombardi Giovanni – Cevolotto – Lucifero – Caristia – Mancini – Dossetti.

La seduta comincia alle 18.

Sui lavori della Sottocommissione.

PRESIDENTE rileva che quasi tutti i relatori nominati nell’ultima seduta della Sottocommissione hanno fatto pervenire le loro relazioni che sono state stampate ed inviate ai singoli commissari. Alcune di tali relazioni hanno punti di interferenza con altre presentate alla terza Sottocommissione. Anzi, in una riunione generale, non formalmente convocata ma di fatto avvenuta, alla quale intervenne un notevole numero di componenti della Commissione centrale, furono fatte critiche a tali interferenze. Fu facile però rispondere che essendo il riflesso sotto il quale la prima Sottocommissione riguarda certi problemi diverso da quello sotto il quale li riguarda la terza, poteva benissimo coesistere questo duplice lavoro; e se doppioni eventualmente si fossero verificati, questi sarebbero stati via via eliminati da intese tra i relatori, intese che avrebbero potuto anche preludere ad una riunione mista della prima e della terza Sottocommissione, onde arrivare ad una conclusione comune.

Prima dell’attuale riunione, la Presidenza della Sottocommissione ha convocato i relatori per cercare la possibilità di avvicinare le diverse correnti e addivenire ad una relazione comune. Scambi di idee si sono anche svolti tra i relatori. Comunque, da oggi si inizia il vero lavoro costruttivo della Sottocommissione, lavoro che dovrà procedere senza soste allo scopo di giungere il più rapidamente possibile, come anche è stato raccomandato dal Presidente della Commissione centrale, ad una conclusione. Come è noto, infatti, entro il 20 ottobre dovrebbe aver luogo la riunione della Commissione centrale, che, a sua volta, dovrà discutere e rielaborare i risultati dei lavori delle tre Sottocommissioni ed essere alla fine di ottobre pronta per presentare all’Assemblea Costituente il progetto unitario della Costituzione.

Raccomanda pertanto ai colleghi di voler dare la loro opera perché i lavori progrediscano con quello spirito di abnegazione, di sacrificio e di concretezza che il Paese aspetta dai suoi rappresentanti.

Dà atto fin d’ora ai relatori del pregevole lavoro svolto, che costituisce già un notevole risultato.

Esprime l’avviso che il primo tema proposto, «I principî dei rapporti civili», sia quello che dal punto di vista generale mette in evidenza in forma concreta i diritti fondamentali della persona umana. I due relatori, onorevoli La Pira e Basso, hanno dato al loro pensiero un’esplicazione molto concettosa. Mentre l’onorevole La Pira ha premesso al suo progetto di articolazione una dettagliata relazione, l’onorevole Basso ha preferito far seguire brevi considerazioni agli articoli proposti. Comunque nelle due relazioni si vede il riflesso di quella che può chiamarsi la dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Salvo a stabilire quale criterio dovrà essere adottato quando sarà data forma precisa al progetto o ai progetti (uno di maggioranza ed uno di minoranza) che saranno il risultato dei lavori della Sottocommissione, non vi è dubbio che questa è la materia fondamentale, la premessa a tutti i lavori successivi posti all’ordine del giorno.

Ritiene opportuno pertanto iniziare l’esame delle relazioni La Pira e Basso e prega i relatori di illustrarle brevemente.

Discussione sui principî dei rapporti civili.

LA PIRA, Relatore, ripeterà l’itinerario mentale che ha seguito nello stendere la sua relazione. Rileva di essersi posto anzitutto il seguente problema: Deve essere premessa alla Costituzione una dichiarazione dei diritti dell’uomo? Questo problema, del resto, fu affacciato in seno alla Sottocommissione dallo stesso onorevole Togliatti e da altri. Ritiene che la risposta a questa domanda debba essere affermativa: data, cioè, l’esperienza fatta dello Stato fascista, è necessario che alla Costituzione strettamente detta, cioè alla parte relativa alla struttura costituzionale dello Stato, sia premessa una dichiarazione dei diritti dell’uomo. Ciò in conformità anche a tutta la tradizione giuridica cosiddetta occidentale, poiché tanto la Costituzione americana, quanto quelle tipiche francesi e le altre europee contengono una dichiarazione dei diritti. Del resto, la stessa Costituzione jugoslava presenta una parte relativa ai principî che orientano la struttura costituzionale dello Stato. Si può dire che, tranne tre o quattro eccezioni, tutte le Costituzioni, compreso il penultimo progetto francese, hanno una dichiarazione dei diritti dell’uomo.

Ma oltre che in omaggio alla tradizione, una dichiarazione sui diritti dell’uomo deve essere ammessa soprattutto come affermazione solenne della diversa concezione dello Stato democratico, che riconosce i diritti sacri, inalienabili, naturali del cittadino, in opposizione allo Stato fascista che con l’affermazione dei diritti riflessi, e cioè della teoria che lo Stato è la fonte esclusiva del diritto, negò e violò alla radice i diritti dell’uomo.

Avverte subito che quando parla di diritti dell’uomo non intende soltanto riferirsi ai diritti individuali di cui parlano le Carte costituzionali del 1789, ma anche ai diritti sociali e delle comunità, attraverso le quali la persona umana si integra e si espande.

A questo punto si pone una domanda: Esiste una base filosofica, una concezione sociologica e antropologica, che sia a fondamento di questa teoria dei diritti riflessi, come ne esiste una a fondamento della teoria che afferma l’esistenza dei diritti naturali della persona? Alla domanda si può rispondere affermativamente, in quanto la teoria dei diritti riflessi corrisponde alla concezione hegeliana, che vede lo Stato come un tutto e l’individuo come elemento integralmente subordinato alla collettività, in contrapposto all’altra concezione che, pur rispettando le esigenze della collettività, vede la persona come un ente dotato di una sua interiore autonomia e quindi considera la libertà e i diritti subiettivi non come concessione, ma come conseguenza di questa interiore autonomia.

Ritiene quindi che nel costruire il nuovo Stato, avendo avuto l’esperienza fascista, la quale non solo ha affermato la teoria giuridica ma anche quella filosofica dei diritti riflessi, sia importante consacrare, nella dichiarazione iniziale della Costituzione, la natura spirituale della persona umana, nella quale si legittimano i suoi diritti naturali imprescrittibili. Quali sono questi diritti? Certamente quelli indicati nella dichiarazione del 1789, di tipo cosiddetto individualistico, ma non soltanto questi: occorre integrarli con i cosiddetti diritti sociali; e fondamentalmente col diritto al lavoro, il diritto al riposo, il diritto all’assistenza, ecc., tutti diritti di cui ci offrono documentazione le Costituzioni più recenti.

Ma qui sorge un altro problema: Può con questo ritenersi completato il quadro dei diritti dell’uomo? Evidentemente no; per completarlo è necessario tener conto delle comunità fondamentali, nelle quali l’uomo si integra e si espande, cioè dei diritti delle comunità.

Non tenendo conto di questi diritti, si avrebbe soltanto una parziale affermazione dei diritti dell’uomo con tutte le dannose conseguenze che ne deriverebbero; includendoli, invece, si arriva alla teoria del cosiddetto pluralismo giuridico che riconosce i diritti del singolo ed i diritti delle comunità e con questo dà una vera integrale visione dei diritti imprescrittibili dell’uomo. Questa teoria del pluralismo, che ha un notevole fondamento anche nella dottrina, porta ad un tipo di Stato che corrisponde tanto alle esigenze sociali del nostro tempo, quanto alla struttura organica del corpo sociale.

Riepilogando, sottolinea la necessità di premettere alla Costituzione una dichiarazione dei diritti, affermando la spiritualità della persona umana ed aggiungendo ai diritti del 1789 quelli sociali e delle comunità, ciò che presuppone una riforma della struttura sociale ed anche politica dello Stato. L’ideale da proporsi in una società pluralista è appunto questo ideale organico, per cui ogni uomo abbia una funzione ed un posto nel corpo sociale, funzione e posto che dovrebbero essere definiti dal cosiddetto Stato professionale, che fissa le posizioni di tutti nel corpo sociale.

Premesso questo, illustra l’articolazione proposta, facendo presente che nel primo articolo viene determinato il fine della Costituzione: tutela dei diritti originari ed imprescrittibili della persona e delle comunità naturali. Nel secondo articolo si ha una elencazione di questi diritti: diritto alla propria integrità giuridica, diritti di libertà, diritti connessi con l’esistenza e l’autonomia della comunità, familiare, religiosa, professionale, ecc.

Successivamente, tenuto presente che la persona esiste e si muove, ha ritenuto necessario contemplare l’esercizio della libertà della persona, libertà non concepita in astratto – come in alcuni punti della dichiarazione del 1789 – ma libertà finalizzata che trova i suoi limiti nelle supreme norme morali. Affermati pertanto i diritti della libertà, li ha elencati: diritto alla libertà personale, ai giudici naturali, alla libertà di circolazione, alla libera espressione del proprio pensiero, ecc.

PRESIDENTE fa presente che l’onorevole Basso, altro relatore sullo stesso tema, più che presentare una vera e propria relazione, ha proposto una serie di articoli, cui ha fatto seguire brevi commenti esplicativi. Egli ha espresso il desiderio di riferire in merito nella prossima seduta.

Propone di passare senz’altro alla discussione della relazione La Pira per decidere pregiudizialmente se convenga premettere all’affermazione dei diritti della persona umana un preambolo; e, dato che sia da premettere, di quale tenore esso debba essere. Seguirà successivamente la discussione dei singoli articoli proposti dai relatori.

(La Commissione approva).

MASTROJANNI ha seguito con compiacimento la dotta relazione del collega La Pira e non ha nulla da obiettare su quanto sostanzialmente ha detto in ordine alla necessità di creare una netta antitesi tra la concezione dello Stato fascista e quella dello Stato democratico. L’affermazione dei diritti dell’individuo, secondo la tradizione del 1789, è stata esattamente posta in evidenza e logicamente deve costituire il preambolo della nuova Costituzione. È anche esatto – poiché è necessario seguire l’evoluzione dei tempi – che ai diritti dell’individuo sia da aggiungere la serie dei diritti sociali.

Non concorda però con il collega La Pira sulla integrazione di questi diritti, i quali non potrebbero essere a pieno soddisfatti, se non venissero innestati nella terza serie dei diritti, cioè i diritti della comunità.

Al relatore, il quale ritiene che questa finalità non può essere completamente perseguita, se l’individuo in seno alla comunità non trova il perfezionamento di se stesso, e che i diritti dell’individuo non sono sufficienti a caratterizzare la sua spiritualità e a completare la sua sfera di azione, se contemporaneamente non vengono riconosciuti i diritti delle comunità, osserva che quando si affermano i diritti dell’individuo, tra i quali preminenti quelli di associazione e riunione, non si preclude affatto la possibilità di estrinsecare in seno alle comunità un’attività e di perseguire finalità anche economiche; al contrario, se si inserisse l’affermazione che lo Stato deve garantire l’esistenza di quelle comunità, nelle quali l’uomo trova l’integrazione della sua personalità, si verrebbe, indirettamente, ad obbligare lo Stato ad ingerirsi nella vita di queste associazioni ed a provvedere quindi direttamente al perseguimento delle finalità anche economiche che l’uomo si propone di raggiungere, con il pericolo di un ritorno a quella statolatria che è stata e deve essere combattuta. Il relatore La Pira ha precisato e caratterizzato il suo pensiero nella relazione, là dove afferma che egli intende realizzare la sua enunciazione generale circa la struttura sociale con la istituzione di un libro nazionale delle professioni in cui dovrebbero essere inscritte le attività professionali di ciascuno: questa inserzione costituisce il diritto al lavoro. Ora – a suo avviso – una volta affermato in una carta costituzionale questo principio, esso deve trovare la sua attuazione attraverso successive leggi. Per conseguenza, stabilito il principio che il diritto al lavoro si esplica attraverso l’inserzione in quel libro nazionale delle attività individuali, si verrebbe a costituire un presupposto dal quale logicamente deriverebbe l’obbligo dell’intervento dello Stato per estrinsecare e realizzare la sua enunciazione, creando perciò una interferenza dello Stato sulla libertà degli individui, che verrebbe assoggettata alla tutela e alla disciplina dello Stato stesso. Si correrebbe cioè il rischio di costituire una organizzazione statale talmente appesantita da sopprimere od incrinare le libertà individuali.

Dal momento che i principî dei diritti dell’uomo, sia spirituali che materiali, sono enunciati nella prima parte della relazione La Pira, egli è di opinione che il terzo elemento – integrazione della libertà attraverso le comunità naturali – non debba far parte necessariamente della Carta costituzionale.

Da questo nessun nocumento deriverebbe alla completa libertà dell’individuo, in quanto vi sono enunciazioni apodittiche che consentono di perseguire la stessa finalità senza l’intervento dello Stato. Libertà di associazione, di pensiero, di coscienza, di culto, di stampa, sono tutte libertà le quali consentono ai singoli di costituire le comunità naturali e di perseguire, attraverso di esse, le proprie finalità.

MARCHESI osserva che il collega La Pira, nella sua relazione, afferma che «Lo Stato totalitario fu essenzialmente una crisi totale del valore della persona quale era stato elaborato, sui dati dell’Evangelo e della più alta meditazione umana, durante tutto il corso della civiltà cristiana». L’onorevole La Pira sa forse quale alta considerazione e quale profondo rispetto egli abbia del fatto religioso e della coscienza religiosa, quindi non può essere sospettato di portare una nota anticlericale, se chiede il motivo di questo ricorso ai canoni neo-testamentari e della negazione di tutta la elaborazione precedente che della persona umana aveva fatto oggetto di ricerca morale e civile.

LA PIRA, Relatore, osserva che quando dice «più alta meditazione umana» si riferisce a tutto il pensiero speculativo, compreso quello pre-cristiano.

MARCHESI dichiara che con questa precisazione un dubbio scompare.

Rileva che in altro punto della relazione è detto: «Questa radice spirituale e religiosa dell’uomo è la base sulla quale soltanto è possibile solidamente costruire l’edificio dei diritti naturali, sacri ed imprescrittibili». Più oltre si aggiunge, ancora più nettamente, che «per dare intrinseca solidità a questi diritti, la dichiarazione deve anche procedere ad una affermazione relativa alla natura spirituale e trascendente della persona». Osserva che qui si muove da una concezione teologica, anziché da una concezione storica e razionale; si muove da un dogma che può essere accolto e può non esserlo senza che il fondamento etico dell’individuo e dello Stato abbia a mancare o abbia necessariamente – insiste su questo avverbio – a mancare.

LA PIRA, Relatore, precisa che quando parla di trascendente, intende questa radice spirituale dell’uomo nel senso che, o si ammette un trans-temporale, trascendente, spirituale, non soggetto al tempo, ed allora si possono avere dei diritti naturali e quindi imprescrittibili ed immutabili; o invece la persona è totalmente nel tempo, quindi immanente e non trascendente, e questi diritti naturali sono diritti che si mutano.

MARCHESI osserva che ci si trova allora dinanzi al vecchio dualismo tra diritti eterni, e incancellabili e diritti positivi, contingenti e cancellabili. Con questo, un altro suo dubbio scompare.

Nota che il relatore La Pira, alla fine del preambolo, prima di cominciare l’articolazione, scrive: «Pertanto esso proclama al cospetto di Dio e della comunità umana, la dichiarazione seguente dei diritti dell’uomo». Osserva che la formula è indubbiamente solenne, ma è una formula teologica o una formula, – se il termine è permesso – pagana. Essa si riporta o allo Stato-chiesa o allo Stato pagano o protestante o quacquero, ad uno Stato insomma che contiene in sé o tende a contenere in sé fattori religiosi e civili. Ora, in un paese dove predomina la religione cattolica, con una chiesa organismo perfetto e assoluto, un’affermazione di questo genere gli pare assurda e irrispettosa, o ad ogni modo inutile.

LA PIRA, Relatore, osserva di non aver fatto altro che riportare letteralmente, con l’unica aggiunta delle parole «e della comunità umana», il testo delle dichiarazioni del 1789, del 1791, del 1793 ed anche del 1848.

MARCHESI rileva che vi è una differenza tra Dio e l’Essere supremo.

LA PIRA, Relatore, risponde che Dio è nominato sia nel 1793 che nel 1848.

MARCHESI si chiede se la formulazione proposta sia veramente conveniente in uno Stato come il nostro in cui la religione cattolica ha un sicuro predominio sulla coscienza dei cittadini.

LA PIRA, Relatore, dichiara di essersi preoccupato, nella stesura del suo progetto, di prescindere dall’ordine soprannaturale e rivelato, e di essersi fermato all’ordine naturale. Dal punto di vista del pensiero tomista si afferma che Dio esiste ed è naturalmente dimostrabile.

MARCHESI ritiene preferibile non nominare il nome di Dio invano.

LA PIRA, Relatore, osserva che tutta la civiltà dell’Europa gravita intorno a questo pensiero.

MARCHESI crede sarebbe meglio riuscire a distinguersi.

TOGLIATTI, mentre si associa a quanto, ha detto il collega Marchesi, dichiara che avrebbe preferito intervenire dopo aver ascoltato l’opinione del correlatore, in quanto il dibattito sarebbe stato completo. Si riserva comunque di prendere nuovamente la parola dopo la illustrazione dell’onorevole Basso.

BASSO, Relatore, fa presente di non aver avuto parte nella dichiarazione generale in quanto contrario alla sua formulazione.

TOGLIATTI esprime la sua riconoscenza al collega La Pira, che con la sua dichiarazione lo ha riportato ai tempi lontani dell’università e degli studi di filosofia del diritto. Crede opportuno però fare subito una osservazione riferendosi non tanto all’introduzione dottrinale quanto al complesso degli articoli. Gli sembra che il testo costituzionale proposto dall’onorevole La Pira pecchi di quello che chiamerebbe un eccesso di ideologia. La Costituzione, infatti, viene legata ad una particolare ideologia, che ha un carattere non soltanto filosofico ma anche religioso, ciò che comporta il rischio di creare una scissione nel corpo della Nazione, di aprire una discussione, la quale darebbe luogo a infiniti dibattiti, a suo avviso nocivi a coloro stessi che volessero introdurre troppa parte della loro ideologia religiosa nella Costituzione. Non è necessario, ad esempio, inserire l’affermazione dell’esistenza di Dio nella Costituzione, perché crede si possano trovare molti altri argomenti, al di fuori di questa Costituzione, per dimostrarla. Qui, invece, si è in un altro campo, nel quale occorre muoversi con concetti diversi, che sono più direttamente legati alla vita politica e sociale ed al contenuto immediato di essa.

Lo stesso difetto ha dovuto constatare nella articolazione proposta dall’onorevole La Pira, dove, accanto ad alcune formulazioni che sono accettabili e comuni per tutti, si trovano giustificazioni ideologiche che non vede come possano entrare in una Costituzione.

All’articolo 1, ad esempio, si parla dello «Stato italiano che riconosce la natura spirituale, libera, sociale dell’uomo…». Ed ecco che tutta una parte dell’opinione dotta del paese potrà dire che questa definizione della natura dell’uomo è errata o insufficiente. Non gli pare assolutamente necessario fare nella Costituzione questa affermazione: crede ci perda chi vuol farla, mentre la Costituzione non ci guadagna.

Lo stesso inconveniente ha constatato in parecchi degli articoli che seguono.

Rileva inoltre la esigenza di creare una Costituzione accessibile a tutti, una Costituzione che possa essere compresa dal professore di diritto e in pari tempo dal pastore sardo, dall’operaio, dall’impiegato d’ordine, dalla donna di casa. Ora quando nel progetto trova affermazioni come quella con cui si inizia l’articolo 2 («I diritti originari ed imprescrittibili della persona umana costituiscono un sistema integrale e solidale di diritti che concernono tutti i piani dell’attività umana, ecc.») non può non restare interdetto, perché anche a chi ha una cultura riesce difficile sostituire a questa affermazione qualcosa di politicamente e socialmente concreto. Si domanda quindi se sia opportuno caricare la Costituzione di tutto questo bagaglio ideologico, che non la rinforza ma la indebolisce, e che potrà dar luogo a dibattiti tra dotti, mentre il popolo non comprenderà nulla.

Lo stesso può valere per l’articolo 3: «L’esercizio effettivo di tali diritti esige una struttura della società e dello Stato nella quale sia assicurato a ciascuno, nel corpo sociale, proporzionatamente alle sue capacità, un posto od una funzione. Questo posto e questa funzione, mentre permetterà l’ordinato contributo di tutti al bene comune, ecc.» e per altri articoli. Sono tutte affermazioni che non debbono trovar posto nella Costituzione, ma, se mai, in un commento alla Costituzione. Crede pertanto che tutto il testo proposto potrebbe essere efficacemente sfrondato di questa parte ideologica e riassunto in alcune formule molto più evidenti, persuasive e comprensibili.

Deve poi sollevare una obiezione di principio per l’articolo 3-bis, proposto dall’onorevole La Pira, che non ritiene accettabile. In questo articolo si dice che «In vista della attuazione della struttura sociale indicata nell’articolo precedente (ideologicamente definita in un modo abbastanza vago), verrà disposta per legge l’iscrizione di tutti gli italiani nel libro delle professioni e verrà attribuito a ciascuno, nei modi che la legge indicherà, un adeguato stato professionale». Si domanda innanzi tutto quando dovrebbe avvenire questa iscrizione: quando il cittadino nasce, quando diventa maggiorenne, quando sceglie una professione? Rileva che non è possibile negare la libertà di scegliere il proprio lavoro, ed ognuno può cambiare professione quando ritenga che un’altra sia più conveniente alle proprie aspirazioni e alle proprie capacità. Perché stabilire questo registro, in cui tutti gli italiani sarebbero incasellati, catalogati e in cui forse si darebbe loro anche un numero? Gli sembra che con la proposta si venga a cadere in alcuna di quelle formule che, ingiustamente, si attribuiscono al comunismo. Non crede quindi che un articolo del genere possa essere accettato ed incluso in una Costituzione moderna, perché con esso si ritornerebbe – non al regime corporativo fascista il quale non era ancora arrivato a simili formule, per quanto vi tendesse – ma a formule di regimi corporativi di secoli precedenti, fortunatamente scomparsi sotto l’azione del progresso sociale.

Per il resto, accetta come base di discussione il testo presentato dall’onorevole La Pira; ritiene peraltro preferibile il testo dell’onorevole Basso, per la sua maggiore concisione e perché si è sforzato di rimanere lontano da tutto il bagaglio ideologico.

Si riserva comunque di fare altre osservazioni sui singoli articoli.

LOMBARDI GIOVANNI aderisce pienamente alle osservazioni dell’onorevole Togliatti, riaffermando la necessità di bandire ogni ideologia da una Costituzione che deve rivolgersi a persone di diversi sentimenti e di diversi pareri politici, religiosi o scientifici.

Crede che se si dovesse scendere all’esame dettagliato delle affermazioni ideologiche proposte dall’onorevole La Pira ben poca parte ne resterebbe, soprattutto là dove è posta la radice dei diritti tanto individuali quanto sociali, perché questi diritti non sono venuti dall’alto, ma sono stati strappati dalle rivoluzioni, dalle guerre e dal sangue versato dagli nomini. Si vedano in proposito la rivoluzione francese, quella inglese e quella americana e le Costituzioni formatesi verso la fine del 1700.

Questi diritti si vanno formando giorno per giorno, a misura che la storia cammina; ed alla fine di ogni guerra e di ogni rivoluzione il volto dell’universo, o di una parte dell’universo, si muta, si formano nuove idee e nuovi statuti, cadono regni che parevano incrollabili, e cadono vecchie ideologie. Questo a parte la considerazione fatta già dall’onorevole Togliatti, che cioè uno statuto deve essere chiaro, preciso e non presupporre ideologie.

Per quanto riguarda i diritti sociali, essi hanno un fondamento di giustizia sociale. È un secolo – dall’uscita del manifesto di Carlo Marx fino ad oggi – che si lotta per questi diritti sociali, che sarebbero appunto il diritto al lavoro, ecc., cioè tutto quello cui si opponeva il fascismo, e che costituiscono la libertà, l’indipendenza e la superiorità dell’uomo, il quale non ha bisogno di ricorrere ad altri per proclamare la sua divinità, che egli si crea lottando e combattendo. Questa è la sua fede, in opposizione a quella del Relatore; ma non crede sia il caso di affermare nella Costituzione l’una a detrimento dell’altra.

Ma dove egli trova una vera deficienza è nel fatto che si parli di diritto al lavoro ma non del dovere del lavoro. Il diritto al lavoro è sacro, ma in una Costituzione che dovrà essere lo statuto nuovo, lo statuto della civiltà del lavoro che un popolo uscito dalle rovine della guerra ha voluto darsi per evitare altre guerre, non il libro delle professioni deve porsi, che riproduca le varie distinzioni professionali del Medio Evo, ma una affermazione che stabilisca il dovere del lavoro. Non vi deve essere un uomo che possa vivere nell’ozio. Questo deve essere detto esplicitamente nella Costituzione, il dovere del lavoro deve essere affermato legalmente così come è affermato legalmente il diritto al lavoro. Tutte le degenerazioni umane derivano dall’ozio; quindi stabilendo un tale principio si compie una profilassi all’umanità, facendo concorrere tutti al lavoro. Non deve più esservi chi vive d’ozio e riceve dalla terra lontana il frutto del lavoro di altri, che non possono in tale lavoro trovare il mezzo per la soddisfazione dei propri bisogni. Questo concetto dovrebbe essere posto nella Costituzione e di esso si dovrebbe naturalmente tener conto nella legislazione penale rinnovata, di cui da tempo il Paese è in attesa. A tale proposito, prega il Presidente di voler chiedere al Ministro di grazia e giustizia cosa ne sia di quella Commissione che lo stesso Presidente costituì quando era Ministro, e che deve darci quella riforma delle leggi penali che dovrà essere il segno precipuo del crollo del vecchio mondo e dell’origine di un nuovo mondo, della civiltà nuova del lavoro.

Conclude dichiarando di accettare in gran parte, apprezzandone la forma scheletrica, il progetto del collega Basso, osservando peraltro che tutte le affermazioni in esso contenute hanno un fondamento penalistico, e che la Sottocommissione verrebbe ad accogliere tali affermazioni senza sapere ancora quando e come si avrà il codice che dovrà sanzionare le pene per gli attentati alla libertà del cittadino.

CEVOLOTTO si associa alle osservazioni dell’onorevole Togliatti, alle quali ne aggiunge altre due.

Osserva in primo luogo che l’onorevole Togliatti ha criticato la forma con cui sono redatti gli articoli, proposti dal relatore La Pira, in rapporto anche ad una eccessiva formulazione di principî ideologici, che non sono inerenti alla struttura di una Costituzione. Ma egli vuole sottolineare la necessità che la struttura e la forma dell’articolazione sia presso a poco uniforme nonostante che diversi siano i relatori per i diversi temi.

Altra osservazione è questa: il preambolo deve essere preambolo di tutta la Costituzione. Ora, come la prefazione di un libro si scrive dopo averlo letto, così è necessario fare prima la Costituzione e poi il preambolo. E forse questo non sarebbe il compito della Sottocommissione. Dopo completata la Costituzione, si dovrà prenderla nel suo insieme, e stabilire la forma, la struttura, e i concetti che si dovranno inserire nel preambolo. La formulazione di questo sarà in relazione a quanto sarà stato riservato in tutte le Sottocommissioni al preambolo stesso, ed una discussione generale in merito, non potrà seguire se non in sede di Commissione plenaria, dopo compiuta la Costituzione.

Si riserva di intervenire in seguito nelle discussione sui singoli articoli. Rileva per altro fin d’ora che all’articolo 11 è detto che la pena di morte non è ammessa. Egli si dichiara contrario alla pena di morte; ma osserva che nei codici militari, per il tempo di guerra, è difficile non ammettere tale pena.

Conclude affermando di ritenere che lo schema proposto dall’Onorevole La Pira sia troppo diffuso. Non bisogna fare un codice al posto di una Costituzione, ma creare le linee generali, che non siano superabili da leggi speciali. Una volta posto il quadro, molti argomenti sarà opportuno lasciarli alle leggi speciali, che potranno essere modificate senza bisogno di modificare la Costituzione.

LUCIFERO, premessa l’opportunità che la Costituzione sia veramente uno strumento di convivenza, rileva in primo luogo la opportunità che essa contenga una dichiarazione dei diritti. Andrebbe anzi più oltre, ed affermerebbe che la prima Sottocommissione non dovrebbe fare altro che la dichiarazione dei diritti. Occorre senza dubbio arrivare a stabilire dei principii ed affermare dei diritti, pur senza scendere ad una analisi. È d’accordo con l’onorevole Togliatti che forse le ideologie affermate nel testo degli articoli sono troppe; bisogna fissare semplicemente le conclusioni, e questo faciliterebbe la comprensione reciproca ed anche la formulazione di un testo unico.

Per quanto riguarda la costruzione fatta dall’onorevole La Pira, dichiara di trovarsi molto perplesso; ed è d’accordo tanto con l’onorevole Mastrojanni quanto con l’onorevole Togliatti circa la pratica inapplicabilità della disposizione relativa al libro delle professioni. Pregherebbe il relatore La Pira di sfrondare la sua articolazione senza però arrivare allo schema dell’onorevole Basso.

CARISTIA è d’avviso che le relazioni dei colleghi La Pira e Basso si integrino reciprocamente. Certo si può obiettare che la relazione La Pira sia un po’ troppo impregnata di ideologia, anche se questa ideologia sia indiscutibile. In una Costituzione bisogna procedere per formule scheletriche e quanto più la formula è scheletrica e comprensiva tanto più si raggiunge lo scopo. Ha l’impressione che la relazione Basso in un certo senso completi quella La Pira, in quanto considera il diritto sotto l’aspetto delle garanzie, aspetto trascurato, almeno in parte, dall’onorevole La Pira. Gli sembra peraltro ingenuo pensare che una Costituzione possa sganciarsi assolutamente da alcune ideologie. Il collega Lombardi bene osservava che all’indomani di grandi rivolgimenti, soprattutto all’indomani di guerre, sorge quello che oggi diciamo un ordine nuovo; ma bisogna anche aggiungere che questo ordine nuovo non sorge immediatamente senza precedenti; perciò i documenti storici – le Costituzioni alle quali ha accennato il collega Lombardi – hanno sempre il loro presupposto in una forma di ideologia.

Il problema consiste piuttosto – e sarà difficile problema – nella necessità di contemperare le diverse correnti e le diverse ideologie. I colleghi che lo hanno preceduto hanno accennato alla forma con cui si concepisce lo Stato. Vi sono, è vero, diverse forme, ma non si può dire che la Costituzione sia proprio avulsa da presupposti ideologici che tutti abbiamo e tutti sentiamo. In questo egli è d’accordo con il relatore La Pira, che è stato forse esuberante nel manifestare questo modo di concepire la società e lo Stato, ma che non voleva certo riprodurre oggi, all’indomani della caduta del fascismo, la città medioevale del ’300 con le sue corporazioni.

MANCINI non farà manifestazioni di fede né opporrà imperativi categorici. Riconosce che la relazione La Pira, anche se può essere discussa nel contenuto, deve essere francamente apprezzata per la sua dottrina. Osserva che se si dovesse entrare in discussioni filosofiche non si farebbe altro che esasperare l’antitesi tra le due parti. Occorre invece mettere da parte la filosofia e le ideologie che ci dividono ed interessarsi della Costituzione che ci unisce. Al collega Caristia, il quale – in contrasto con quanto ha affermato l’onorevole Togliatti – diceva che non è possibile sganciare la Costituzione da qualche ideologia perché tutte le rivoluzioni hanno i loro presupposti teorici, risponde che proprio per questa premessa è necessario sganciare la Costituzione da ogni presupporlo teorico, perché il presupposto che oggi si metterebbe in risalto non sarebbe quello di tutta l’Assemblea ma soltanto di una parte di essa. D’accordo con l’onorevole Togliatti, è d’avviso che la Costituzione debba esser semplice, lontana da ogni presupposto ideologico, in modo che essa risulti comprensibile a tutti, e sia un trattato legislativo e non di filosofia.

Osserva che il collega La Pira ha diviso i diritti in individuali, sociali e dell’uomo nella comunità (spirituali). Egli è arrivato a questa sottilizzazione per cercare in tutti i modi di mettere in risalto la sua ideologia. Non crede che ciò sia opportuno.

Passando ad altro argomento, si dichiara in disaccordo con l’onorevole Togliatti in merito alla sua osservazione circa lo stato professionale.

Pensa che in una legislazione come la nostra, mentre non si fa, giustamente, che esaltare il lavoro, non sia inopportuno il fatto che ognuno affermi e debba affermare il suo stato professionale. Già nella Costituzione fiorentina del 1293 si affermava che prima si era produttori e poi cittadini, e la stessa cosa dopo tanti secoli è stata riaffermata dalla Russia.

In omaggio a questo principio, è d’avviso che lo stato professionale debba essere sancito in un articolo della Costituzione.

DOSSETTI pensa che il dissenso si sia allargato, in quanto non si è guardato a quei punti sintetici della relazione di La Pira, sui quali tutti avrebbero dovuto essere d’accordo. Non si soffermerà a discutere se una Costituzione debba avere un presupposto ideologico o meno; pensa comunque che come tutte le Costituzioni hanno avuto tale presupposto, non è ammissibile che la nostra non l’abbia, e non sarà impossibile accordarsi su una base ideologica comune. A suo giudizio, la Sottocommissione deve fissare i punti fondamentali della impostazione sistematica sulla quale dovrà basarsi la dichiarazione dei diritti, che non possono non essere comuni a tutti. Se l’onorevole Togliatti esaminerà l’art. 3 bis, proposto dall’onorevole La Pira, guardandone il significato, dovrà riconoscere che, anche se difettoso nella formulazione, esso ha un suo significato importante per quanto ad esempio riguarda l’organizzazione sindacale. L’unica obiezione all’articolo 3-bis è che la sua collocazione può non essere opportuna a quel punto: esso avrebbe forse meglio trovato posto dove si parlava dei doveri sociali e della disciplina del lavoro.

Dichiara che nessuno vuole affermare qui una ideologia, e tanto meno una ideologia cattolica; se ci sono degli spiriti preoccupati di fare affermazioni fondate soltanto sulla ragione, crede siano i rappresentanti del proprio partito, anche se talvolta nella forma questo può non apparire.

Venendo alla sostanza, cioè, all’ideologia comune che dovrebbe essere affermata come base dell’orientamento sistematico della dichiarazione dei diritti, egli pone questa domanda: si vuole o non si vuole affermare un principio antifascista o afascista che non sia riconoscimento della tesi fascista della dipendenza del cittadino dallo Stato, ma affermi l’anteriorità della persona di fronte allo Stato? Se così è, ecco che si viene a dare alla Costituzione una impostazione ideologica, ma di una ideologia comune a tutti.

In secondo luogo, fatta l’affermazione di questa anteriorità, non si vorrà riconoscere che questa anteriorità della persona si completa nelle comunità in cui la persona si integra, e cioè nella famiglia, nelle associazioni sindacali, ecc., senza che ciò voglia significare che vi sia dissenso in questo, anche se qualche formulazione dell’articolo di La Pira potrebbe farlo supporre? Eventuali equivoci verranno subito rimossi, e per la stesura dei singoli articoli, sarà sempre possibile accordarsi e impostarla diversamente. Afferma di non riferirsi a nessuna concessione dall’alto, ma di voler far derivare questa dichiarazione dei diritti dalla persona; però questa visione dell’anteriorità della persona non può arrestarsi ad una visione puramente corporea della persona stessa. E in questo non crede che l’onorevole Togliatti troverà motivo di dissenso, per la semplice ragione che su questo punto oramai si può dire che tutto il pensiero moderno – anche quello che potrebbe essere vicino alle fonti di ispirazione dell’onorevole Togliatti – in un certo senso può dirsi concorde. Questo concetto fondamentale dell’anteriorità della persona, della sua visione integrale e dell’integrazione che essa subisce in un pluralismo sociale, che dovrebbe essere gradito alle correnti progressive qui rappresentate, può essere affermato con il consenso di tutti. Tale concetto deve essere stabilito non per una necessità ideologica, ma per una ragione giuridica; infatti, non va dimenticato che la Costituzione non deve essere interpretata solo dai filosofi, ma anche dai giuristi. Ora, i giuristi hanno bisogno di sapere – e questo vale particolarmente quando si tratta di uno statuto, che codifica principî supremi, generalissimi – proprio per quella più stretta interpretazione giuridica delle norme, qual è l’impostazione logica che sottostà alla norma.

Prescindendo dal tentativo fatto dal relatore La Pira, che può essere stato più o meno felice, che sarà più o meno gradito, desidera richiamare i componenti la Sottocommissione all’opportunità di definire i principî fondamentali ai quali deve essere ispirata la dichiarazione dei diritti. Su questi principî fondamentali, che debbono dare la fisionomia sintetica del nuovo Stato e dei rapporti tra i cittadini e lo Stato, è necessario sia riscontrato il consenso di tutti.

TOGLIATTI è d’avviso che le espressioni dell’onorevole Dossetti offrano un ampio terreno di intesa. Senza entrare in merito ai vari argomenti sviluppati, desidera soffermarsi su un punto che l’onorevole Dossetti ha indicato come quello di una eventuale differenziazione, cioè il rapporto tra la persona e lo Stato. Non vede perché ci si dovrebbe differenziare dalla tendenza che vede affiorare dalle spiegazioni dell’onorevole La Pira e da quanto ha detto l’onorevole Dossetti. Per suo conto, lo Stato è un fenomeno storico, storicamente determinato, e la dottrina che egli rappresenta sostiene che lo Stato, ad un certo momento, dovrebbe scomparire; mentre sarebbe assurdo si pensasse che debba scomparire la persona umana. È d’accordo anche che un regime politico, economico e sociale, è tanto più progredito quanto più garantisce lo sviluppo della personalità umana. Egli e l’onorevole Dossetti potrebbero dissentire nel definire la personalità umana; però ammette che possa essere indicato come il fine di un regime democratico quello di garantire un più ampio e più libero sviluppo della persona umana.

DOSSETTI vuole aggiungere un altro argomento per un’intesa. Ritiene che il marxismo non si ispiri – benché qualcuno ritenga il contrario – ad un materialismo volgare, ma ad un materialismo raffinato, di carattere superiore, che non rifugge da questa visione integrale dell’uomo.

TOGLIATTI poiché si discute tra uomini di dottrina in buona fede, crede che un accordo sia possibile, e che non sia necessario il richiamo diretto nella Costituzione alle ideologie da cui deriva una determinata posizione, che oggi può essere formulata nella Costituzione. È possibile però dare oggi una giustificazione della lotta che si conduce per instaurare e rafforzare la democrazia nel Paese. Poiché si parte da una esperienza politica comune, anche se non da una comune esperienza ideologica, questo – a suo avviso – dovrebbe offrire un terreno di intesa.

DOSSETTI come riassunto della discussione, presenta il seguente ordine del giorno:

«La Sottocommissione, esaminate le possibili impostazioni sistematiche di una dichiarazione dei diritti dell’uomo;

esclusa quella che si ispiri a una visione soltanto individualistica;

esclusa quella che si ispiri a una visione totalitaria, la quale faccia risalire allo Stato l’attribuzione dei diritti dei singoli e delle comunità fondamentali;

ritiene che la sola impostazione veramente conforme alle esigenze storiche, cui il nuovo statuto dell’Italia democratica deve soddisfare, è quella che:

  1. a) riconosca la precedenza sostanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi bisogni non solo materiali ma anche spirituali) rispetto allo Stato e la destinazione di questo a servizio di quella;
  2. b) riconosca ad un tempo la necessaria socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e perfezionarsi a vicenda mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in varie comunità intermedie disposte secondo una naturale gradualità (comunità familiari, territoriali, professionali, religiose, ecc.), e quindi, per tutto ciò in cui quelle comunità non bastino, nello Stato;
  3. c) che per ciò affermi l’esistenza sia dei diritti fondamentali delle persone, sia dei diritti delle comunità anteriormente ad ogni concessione da parte dello Stato».

LUCIFERO propone che i due relatori, i quali hanno ascoltato la discussione, cerchino – insieme o ognuno per proprio conio – di adeguare la formulazione degli articoli alle risultanze della discussione, presentando un testo concreto, sul quale sia possibile cominciare la discussione.

TOGLIATTI si associa alla proposta del collega Lucifero.

PRESIDENTE riassumendo i risultati della discussione, fa presente che la Sottocommissione si è dimostrata d’accordo su questo punto: che, quali che siano i presupposti ideologici da cui i relatori possano partire, gli articoli proposti dovranno essere il più possibile chiari, semplici, intelligibili, accessibili cioè alla mente di tutti, ed avere come caratteristica fondamentale una impostazione che chiamerebbe politico-giuridica.

I chiarimenti dell’onorevole Dossetti hanno consentito all’onorevole Togliatti di aderire ad un punto fondamentale della discussione e della eventuale deliberazione. E cioè che, prescindendo dalle diverse ideologie, l’importante è arrivare a delle conclusioni.

Altro punto fondamentale; qualunque siano i lontani presupposti ideologici, tutti si possono trovare d’accordo sulla considerazione che si deve avere della persona umana in confronto ai suoi diritti naturali o riflessi, e che questi sono i diritti che vanno riconosciuti, proprio perché appartenenti alla persona umana.

Ciò premesso, prega l’onorevole Dossetti di rimandare a domani la presentazione dell’ordine del giorno e la relativa discussione. Una parte di tale ordine del giorno gli pare comprenda un complesso di idee che possono costituire patrimonio comune; mentre un’altra parte potrebbe offrire il destro al riaccendersi della discussione.

Aderendo poi alla proposta Lucifero, prega i relatori onorevoli Basso e La Pira, i quali hanno formulato articoli che presentano molti punti di contatto fra di loro, di voler cercare, tenendo conto dei risultati della odierna discussione, di presentare domani un testo unico di articolazione.

DOSSETTI è d’accordo quanto alla convenienza di presentare domani il suo ordine del giorno; insiste però sulla necessità che la discussione di tale ordine del giorno preceda il tentativo di fusione dei due progetti in quanto se i due relatori non hanno una linea direttiva che rappresenti il pensiero sintetico della Sottocommissione, difficilmente essi riusciranno a mettersi d’accordo.

PRESIDENTE prega l’onorevole Dossetti di far pervenire domattina a ciascuno dei componenti la Sottocommissione il testo del suo ordine del giorno.

Rinvia il seguito dei lavori alle ore 18 di domani.

La seduta termina alle 20.5.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti, La Pira, Lombardi Giovanni, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti, Tupini.

RELAZIONE DEL DEPUTATO LA PIRA GIORGIO SUI PRINCIPII RELATIVI AI RAPPORTI CIVILI

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

I SOTTOCOMMISSIONE

RELAZIONE

del deputato LA PIRA GIORGIO

SUI PRINCIPII RELATIVI AI RAPPORTI CIVILI

I.

INTRODUZIONE

1.

Deve essere premessa nella costituzione una dichiarazione dei diritti dell’uomo?

Il problema sorge dal fatto che alcune Costituzioni recenti (Austria 1920, Lettonia 1932, Polonia 1935) mancano di tale premessa: e ne mancano per la ragione che gli essenziali e tradizionali diritti dell’uomo sono in esse considerati come il presupposto tacito ed ineliminabile di ogni Costituzione.

Diverso è il caso per la nuova Costituzione italiana: essa è necessariamente legata alla dura esperienza dello stato «totalitario», il quale non si limitò a violare questo o quel diritto fondamentale dell’uomo: negò in radice l’esistenza di diritti originari dell’uomo, anteriori allo stato: esso anzi, accogliendo la teoria dei «diritti riflessi», fu propugnatore ed esecutore di questa tesi: non vi sono, per l’uomo, diritti naturali ed originari; vi sono soltanto concessioni, diritti riflessi: queste «concessioni» e questi «diritti riflessi», possono essere in qualunque momento totalmente o parzialmente ritirati, secondo il beneplacito di colui dal quale soltanto tali diritti derivano, lo Stato.

Da qui la radicale inversione del rapporto individuo-Stato quale era stato costruito nelle Costituzioni di tipo occidentale: non più la struttura costituzionale e politica dello Stato in funzione dell’individuo e dei diritti naturali dell’individuo, ma, all’opposto, i diritti riflessi dell’individuo in funzione della struttura costituzionale e politica dello Stato.

Non lo Stato per l’uomo, ma l’uomo per lo Stato: la dottrina hegheliana otteneva una integrale trascrizione nell’esperienza costituzionale e politica dello Stato fascista e nazista.

Veniva così in radice annullata la fondamentale conquista giuridica e politica della civiltà cristiana.

Lo Stato totalitario fu essenzialmente una crisi totale del valore della persona quale era stato elaborato, sui dati dell’Evangelo e della più alta meditazione umana, durante tutto il corso della civiltà cristiana: una crisi di natura metafisica prima – con la riduzione della persona ad un momento accidentale della sostanza statale (Hegel) – e di natura giuridica e politica poscia: negato ogni valore trascendente e perciò originario dell’uomo, ed assorbito l’uomo nella «sostanza» collettiva (lo Stato), non poteva non derivarne, per una ineluttabile conseguenza, la negazione radicale di diritti naturali, inviolabili da parte dello Stato.

Se non esiste nessuna anteriorità metafisica dell’individuo rispetto allo Stato e se, anzi, è proprio lo Stato a possedere questa anteriorità metafisica rispetto all’individuo, come è sostenibile l’esistenza di diritti originari dell’uomo che facciano da limite alla «assoluta» sovranità dello Stato? Se lo Stato è il prius e l’individuo è il posterius, la teoria della sovranità assoluta e dei diritti riflessi ha un fondamento incrollabile.

Crisi giuridico-politica e crisi metafisica della persona si richiamano come l’effetto richiama la causa: in questa duplice crisi sta l’essenza dello stato totalitario e, quindi, del fascismo e del nazismo.

Quale compito viene dunque affidato alla nuova Costituzione italiana perché sia almeno costituzionalmente superata questa crisi?

La risposta è evidente: riaffermare solennemente i diritti naturali – imprescrittibili, sacri, originari – della persona umana e costruire la struttura dello Stato in funzione di essi. Lo Stato per la persona e non la persona per lo Stato: ecco la premessa ineliminabile di uno Stato essenzialmente democratico.

Il preambolo della Dichiarazione del 1789 (ripetuto nella Costituzione del 1793) possiede oggi, per tutta l’Europa, una attualità singolare: esso dice: «I rappresentanti del popolo francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del potere legislativo e quelli del potere esecutivo, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su principî semplici ed incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione ed alla felicità di tutti».

Ebbene: la Dichiarazione dei diritti nella nostra nuova Costituzione deve avere appunto questa funzione: indicare quale è il fine di ogni istituzione politica: mostrare, cioè, che lo Stato deve costruirsi in vista della persona e non viceversa: ed indicare, con quanta più precisione e completezza è possibile, quali sono questi diritti essenziali ed originari dell’uomo, alla tutela dei quali deve volgersi l’apparato costituzionale e politico dello Stato. Ma per dare un solido fondamento a questa sua finalità giuridica e politica, la Costituzione non può trascurare un’affermazione metagiuridica e metapolitica del valore della persona: esistono dei diritti naturali dell’uomo, esiste una anteriorità dell’uomo rispetto allo Stato, l’uomo ha valore di fine e non di mezzo perché la natura dell’uomo è spirituale e trascende, quindi, tutti i valori del tempo.

Questa radice spirituale e religiosa dell’uomo è la base sulla quale soltanto è possibile solidamente costruire l’edificio dei diritti naturali, sacri ed imprescrittibili. Se questa base manca o crolla (crisi metafisica della persona) anche l’edificio che vi poggia viene a rovina (crisi giuridica e politica della persona): e quando questo edificio crolla – quando, cioè, le due crisi solidali della persona si verificano – lo stato totalitario prende ineluttabilmente il posto dello stato democratico.

Concludendo: proprio perché la nuova Costituzione dello Stato democratico italiano deve energicamente riaffermare i valori della democrazia in opposizione ai principî dello Stato totalitario, è necessario premettere alla Costituzione – come, del resto, fanno la stragrande maggioranza degli stati – una solenne Dichiarazione dei diritti dell’uomo. E per dare intrinseca solidità a questi diritti, la Dichiarazione deve anche procedere ad un’affermazione relativa alla natura spirituale e trascendente della persona.

2.

E qui sorge un secondo problema: quali sono i diritti essenziali della persona verso la protezione dei quali deve dirigersi la struttura costituzionale e politica dello Stato?

Bisogna limitarsi alla riaffermazione di quei diritti naturali di eguaglianza e di libertà (civili e politiche) contenuti nelle Carte costituzionali americane e francesi? O, invece, accanto a questi diritti, cosiddetti individuali, bisogna affermare i cosiddetti diritti sociali che sono per la persona altrettanto essenziali quanto i primi? La risposta è evidente: la grave lacuna che si trova nelle Costituzioni precedenti va eliminata.

Senza la tutela dei diritti sociali – diritto al lavoro, al riposo, all’assistenza, ecc. – la libertà e l’indipendenza della persona non sono effettivamente garantite.

Da qui la necessità di integrare il sistema dei diritti della persona, introducendo in esso quel gruppo di diritti sociali che ormai appaiono, anche se diversamente configurati, in tutte le Costituzioni recenti (da quella di Weimar a quella sovietica del 1936, a quella spagnuola, irlandese, jugoslava, sino al recentissimo progetto di Costituzione francese) (cfr. Pergolesi, Orientamenti sociali delle Costituzioni contemporanee 1946; Mirkine-Guetzevitch, Les nouvelles tendances du droit costitutionel, II edizione, Paris, 1936).

L’introduzione di questi diritti sociali nel sistema dei diritti essenziali della persona importa dei mutamenti strutturali dell’ordinamento giuridico, economico e politico derivato dai principî incompleti del 1789: soltanto questi mutamenti sociali – che sono richiesti da una concezione sostanzialmente democratica dello Stato – permetteranno l’attuazione di tali diritti e renderanno così effettiva l’autonomia e l’indipendenza anche politica della persona.

Ed ecco, infine, sorgere – a proposito di questi mutamenti strutturali da introdurre nell’ordinamento giuridico, economico e politico creato coi principî del 1789, ed a proposito del sistema integrale dei diritti della persona – il seguente fondamentale problema: quando si parla di diritti essenziali della persona e di sistema integrale dei diritti essenziali della persona, ci si deve riferire unicamente – come si fece nella Dichiarazione del 1789 ed in quelle successive – ai diritti delle singole persone?

Si deve cioè continuare ad ammettere quella concezione atomistica che contrappone disorganicamente i singoli allo Stato, senza tener conto delle comunità naturali che sono la inevitabile e provvida mediazione fra lo Stato ed i singoli?

O, invece – accogliendo la concezione organica della società che vede frapposte organicamente e progressivamente fra i singoli e lo Stato le comunità naturali attraverso le quali la personalità umana ordinatamente si svolge – bisogna includere nel sistema integrale dei diritti della persona anche i diritti essenziali di queste comunità naturali? Bisogna cioè affermare che come non può aversi una effettiva libertà civile e politica della persona senza la tutela dei diritti sociali, così questa effettiva libertà non può aversi senza la tutela dei diritti essenziali delle comunità? Cioè: il sistema integrale dei diritti essenziali dell’uomo, esige o no che siano solidamente affermati tanto i diritti individuali quanto quelli sociali e quelli delle comunità?

Per noi la risposta non ammette dubbi: i diritti essenziali della persona umana non sono rispettati – e lo Stato, perciò, non attua i fini pei quali è costruito – se non sono rispettati i diritti della comunità familiare, della comunità religiosa, della comunità di lavoro, della comunità locale, della comunità nazionale: perché la persona è necessariamente membro di ognuna di queste comunità, e ne possiede lo status: la violazione dei diritti essenziali di queste comunità costituisce una violazione dei diritti essenziali della persona umana ed indebolisce o addirittura rende illusorie quelle affermazioni di libertà, di autonomia e consistenza sociale che sono contenute nelle dichiarazioni dei diritti.

Si pensi, per portare un esempio di fondamentale importanza, alla portata essenziale che hanno per la tutela dei diritti economici le associazioni dei lavoratori: se l’esistenza di tali associazioni fosse vietata o se ne fosse ostacolato lo sviluppo non si avrebbe, come ripercussione necessaria, un radicale indebolimento dei diritti vitali della persona? Che senso avrebbe – per passare ad altro esempio – proclamare la libertà di professare un culto se se ne impedisse poscia la struttura associativa? E come sarebbero davvero tutelati i diritti dei singoli se non sono tutelati quelli della comunità familiare di cui essi sono membri?

Le proporzioni del problema qui posto sono molto vaste: esse toccano quella inesatta valutazione della libertà individuale – frutto di concezioni filosofiche errate (illuminismo, Rousseau) e di interessi immediati di classe (terzo Stato) – che ispira la Dichiarazione del 1789. Da allora due concezioni opposte, ma ambedue inficiate dallo stesso errore, hanno definito i rapporti fra l’individuo e lo Stato; nell’una (atomistica), gli individui si contrappongono allo Stato come singoli, rivendicando i loro assoluti diritti di libertà; nell’altra (totalitaria) lo Stato nega ogni originaria libertà dei singoli e si pone come unico centro creatore di diritti e di funzioni.

Nell’una concezione e nell’altra non v’è posto per un pluralismo di ordinamenti sociali che permetta alla persona un graduale e progressivo svolgimento della sua libertà.

Ebbene: è proprio questa diversa concezione pluralista – pluralismo economico, giuridico, politico – la concezione che corrisponde alla struttura organica del corpo sociale. Perché la realtà di questo corpo sociale non è costituita soltanto di singole persone: le persone sono naturalmente raggruppate in tanti organismi che sono elementi essenziali epperciò ineliminabili del corpo sociale: la comunità familiare, quella religiosa, quella professionale – che sono altrettanti elementi costituzionali della società – esistono nel corpo sociale e lo articolano e lo definiscono.

Come può lo Stato – che deve in sé specchiate la struttura e le finalità del corpo sociale – prescindere da questi organismi naturali, ignorarne o addirittura impedirne od ostacolarne lo sviluppo e l’esistenza?

L’esperienza dello Stato del 1789, per un verso, e quella dello Stato totalitario, per l’altro verso, ha messo in viva luce l’errore fondamentale che si annida in queste due concezioni contrapposte dello Stato.

Da qui le nuove e vitali correnti giuridiche, politiche, economiche che affermano la concezione pluralista della società e dello Stato.

Le più organiche correnti di pensiero tanto del cattolicesimo sociale (Toniolo, Renard, Hauriou, Maritain, Sturzo, ecc.) che del socialismo contemporaneo si ancorano a questa visione pluralista del «droit social» (cfr. per tutti Gurvitch, Idée du droit social, Paris, 1932); Renard, L’institution; Delos, ecc.).

Dall’individuo si va allo Stato attraverso la mediazione di ordinamenti anteriori, la cui esistenza non può essere dallo stato disconosciuta. La conclusione che si trae da quanto è stato detto è la seguente: il sistema integrale dei diritti della persona esige, per essere davvero integrale, che vengano riconosciuti e protetti non solo i tradizionali diritti individuali di libertà civile e politica affermati nel 1789; non solo i diritti sociali affermati nelle nuove Carte costituzionali; ma anche i diritti essenziali delle comunità naturali, attraverso le quali gradualmente si svolge la personalità umana: i diritti del singolo vanno integrati con quelli della famiglia, della comunità professionale, religiosa, locale e così via.

Solo così si avrà una Dichiarazione di tutti i diritti fondamentali della persona umana.

Questa esigenza, peraltro, non è ignota alle Costituzioni contemporanee: valga per tutte l’esempio della Costituzione di Weimar, che nella seconda parte relativa ai diritti e doveri dei tedeschi offre in abbozzo, imperfettamente, una specie di Carta dei diritti della famiglia, della Chiesa, degli enti locali e delle comunità di lavoro. Questo esempio è stato più o meno ampiamente seguito dalle Costituzioni che hanno tratto ispirazione da quella di Weimar.

Notevole è anche la recentissima Costituzione irlandese.

Anche il progetto di Costituzione francese non manca di offrire, a suo modo, qualche lineamento di questa Carta dei diritti delle comunità: ma sovratutto degno della massima attenzione è il progetto Mounier, del quale questa esigenza di integrare i diritti del singolo con quelli della comunità è l’esigenza organica ispiratrice di tutto il progetto.

3.

Quanto è stato detto circa i due problemi posti prima: 1°) se deve essere premessa una Dichiarazione dei diritti; 2°) quali diritti essenziali dovranno essere dichiarati; può essere espresso oltre che in un preambolo – nel quale sia fatta menzione della crisi della persona e dello Stato democratico, provocata dalla tirannia fascista – altresì in due articoli: in uno, in cui venga indicato l’oggetto della Costituzione (Montesquieu), e cioè la tutela dei diritti essenziali della persona umana; di questa persona umana è necessario riaffermare – per lo ragioni viste – il carattere spirituale, libero e sociale ed è necessario soggiungere che essa trova organica e progressiva integrazione in una serie di comunità naturali fornite esse pure – come la persona di cui sono una proiezione – di diritti originari; nel secondo in cui siano schematicamente indicati i diritti essenziali della persona e delle comunità: diritti che non si limitano a quelli individuali proclamati nella Dichiarazione del 1789, ma che includono anche quelli sociali affermati nelle recenti Costituzioni e che si estendono anche ai diritti essenziali delle comunità.

Questi due articoli imposterebbero così organicamente tutta la prima parte della Costituzione: questa prima parte, infatti – con la determinazione progressiva che in essa viene fatta dei diritti essenziali della persona e di quelli delle comunità – verrebbe a costituire uno specchio fedele della reale struttura della società. La quale non conosce soltanto singole unità personali; essa conosce altresì quelle comunità naturali – comunità familiare, comunità religiosa, comunità di lavoro, comunità locali, comunità nazionale – delle quali le singole persone sono necessariamente membri e nelle quali esse sono organicamente e progressivamente integrate.

4.

Dal fatto che le persone sono membri di varie comunità naturali deriva che ciascuna di esse è titolare di tanti status diversi quante sono queste comunità fondamentali alle quali appartiene.

Vi sarà uno status familiare, religioso, professionale, territoriale, nazionale.

Ebbene: questi status non possono non avere una essenziale rilevanza costituzionale: così sono fondamento di diritti privati e pubblici: sopra di essi si fonda la struttura costituzionale dello Stato.

Lo status professionale, ad esempio, sarà il remoto fondamento della rappresentanza degli interessi nella seconda Camera; rilevanza di altra natura deve pure avere lo status familiare; la libertà religiosa ed i rapporti fra Stato e Chiesa non possono prescindere dallo status religionis e così via.

II.

CRITERI SEGUITI NELLA STESURA DEGLI ARTICOLI

  1. – Criterio architettonico.

La collocazione degli articoli obbedisce ad un criterio logico, direi quasi architettonico, che è il seguente: a) determinazione del fine della Costituzione; b) specificazione sintetica dei diritti essenzialmente legati a tale fine; c) indicazione di un tipo di struttura sociale e politica che renda possibile l’effettiva tutela di tali diritti; d) analisi logicamente ordinata di questi diritti.

In armonia con questo criterio architettonico gli articoli presentano il seguente contenuto:

Art. 1. – Viene determinato il fine della Costituzione: per le ragioni indicate nella introduzione, questo fine è costituito dalla tutela dei diritti della persona umana e delle comunità naturali, nelle quali essa organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona.

Il confronto coi testi analoghi (Dichiarazioni del 1776, del 1789, 1791, 1793, 1848; progetto francese; progetto Mounier, De Menthon, ecc.) mostrano che lo spirito e la formulazione di questo articolo appartengono alla caratteristica tradizione giuridica, politica e filosofica propria delle Costituzioni di tipo occidentale: tuttavia l’integrazione della persona con le comunità naturali evita «l’atomismo» delle Costituzioni anteriori ed afferma, invece, la concezione organica del corpo sociale.

La qualificazione «spirituale» della persona serve a dare un solido fondamento metafisico, oltre che giuridico, alla originarietà dei diritti imprescrittibili dell’uomo.

Art. 2. – Quali sono questi diritti imprescrittibili ed originari posti nell’articolo 1 come fine della Costituzione? In questo secondo articolo si ha anzitutto cura di indicare che questi diritti costituiscono fra di loro un sistema integrale e solidale di diritti: il che indica che per l’effettiva tutela della persona umana – per la sua effettiva libertà – non basta che siano garantiti alcuni di tali diritti: è necessario che siano garantiti tutti. Quindi devono essere garantiti solidalmente sia i cosiddetti diritti di libertà individuale, che i cosiddetti diritti sociali ed i diritti della comunità – Bonum ex integra causa, malum ex quocunque defectu, potrebbe qui essere efficacemente detto.

Per essere liberi davvero è necessario che sia efficacemente protetto, ad esempio, i1 diritto al lavoro e quello di esistenza e di autonomia delle comunità di lavoro. Questo sistema integrale e solidale di diritti abbraccia ordinatamente tutto l’uomo: cioè, la persona in sé considerata (integrità e libertà) e considerata nei vari piani (ascensionalmente disposti) della sua attività economica, culturale, politica e religiosa.

Esso abbraccia altresì i diritti connessi con l’esistenza e l’autonomia della comunità familiare, religiosa, professionale, territoriale, nazionale (internazionale?).

Art. 3. – L’articolo 3 risponde a questo problema: quale devo essere la struttura della società e quella dello Stato per poter dare efficace protezione a questo sistema integrale e solidale di diritti? Evidentemente quella di un corpo sociale nel quale ci sia per ognuno dei suoi membri – proporzionatamente alle sue capacità – un posto ed una funzione.

Se questo posto e questa funzione potessero essere assicurati a tutti, si avrebbe l’apporto ordinato di tutti al bene comune e la stabilità e sicurezza economica di ciascuno.

Tale posto e tale funzione sarebbero inoltre titolo per la partecipazione organica dei cittadini alla vita delle comunità ed a quella dello Stato.

Art. 3-bis. – Come realizzare tale struttura? Verso la soluzione di tale problema è orientato l’articolo 3-bis, che dispone la iscrizione di tutti nel libro delle professioni e l’attribuzione a ciascuno di uno stato professionale che sarà disciplinato dalla legge e che sarà fondamento di diritti.

Art. 4. – Fissato così: 1°) il fine della Costituzione; 2°) il sistema integrale dei diritti della persona; 3°) la struttura sociale ordinata – attraverso lo stato professionale – a dare efficace tutela a tali diritti; 4°) resta ora da fissare il principio della eguaglianza di tutti rispetto a tali diritti.

Nell’affermare tale eguaglianza è bene indicare (cfr. progetto Mounier) che essa non esclude, anzi include, ineguaglianza di capacità naturali e di funzioni sociali fra i membri dell’unico carpo sociale.

Art. 5. – Può ora cominciare l’analisi, logicamente ordinata, dei vari diritti.

Si comincerà, come è ovvio, col diritto alla integrità giuridica della persona (diritto a non essere spogliato dei propri status e, in genere, a non essere privato dei propri diritti costitutivi della personalità giuridica). (Cfr. Prog. Mounier, art. 3, che parla di integrità fisica e morale).

Entrano in questo articolo i problemi relativi allo stato di cittadino, al diritto al nome ed a quelli eventuali, relativi allo stato professionale.

Per le questioni relative cfr. Mortati (Relazione all’Assemblea Costituente, Parte I).

Art. 6. – Dopo l’affermazione del diritto alla integrità della persona, vediamo ora la persona in atto, nell’esercizio cioè della sua libertà.

Va fatta, anzitutto, una dichiarazione solenne che afferma la tutela per tutti dei diritti di libertà.

Ma non può qui mancare una dichiarazione altrettanto solenne dei limiti entro ai quali la libertà, per essere davvero tale, va contenuta.

Va affermato, cioè, solennemente che la libertà importa responsabilità e che essa non può essere orientata che verso il bene: bene personale di ciascuno e bene comune e fraterno di tutti.

I limiti giuridici della libertà si trovano nella Dichiarazione, nelle leggi emanate in conformità ad essa e nelle supreme norme morali (Cfr. Progetto Mounier, art. 7).

Art. 7. – Quali sono, ordinatamente, tali diritti di libertà?

Art. 8 sgg. – Analisi, logicamente ordinata, di ciascuno di tali diritti.

*     *          *

Seguiranno poi (III Sottocommissione) gli articoli relativi al diritto al lavoro ed alla istruzione, ecc. Ed infine verrà il «capitolo» dei diritti delle comunità: familiare, religiosa, ecc.

In questo modo si avrà uno svolgimento, quanto è possibile organico, di quel sistema integrale e solidale dei diritti della persone di cui è fatta una sintetica menzione nello articolo 1 e nell’articolo 2.

*     *          *

Nella stesura dei singoli articoli è stato tenuto conto, oltre che dei testi costituzionali analoghi, anche della relazione Mortati [in Relazioni all’Assemblea Costituente, vol. I] e dei problemi sociali e giuridici in esso prospettati.

  1. – Criterio analogico.

Come risulta dai riferimenti di altre Costituzioni che accompagnano – in fogli a parte – i singoli articoli, essi sono stati redatti analogamente agli articoli corrispondenti delle Costituzioni e dei progetti più affini.

Sono stati tenuti presenti in modo particolare: a) il progetto francese; b) i progetti Mounier e de Menthon: il primo sovratutto caratteristico per la visione integrale dei diritti della persona in esso contenuta (diritti delle persone e delle comunità) e per l’accento di responsabilità con cui sono in esso caratterizzati i diritti di libertà; c) le antiche Dichiarazioni americane e francesi; d) la Costituzione di Weimar; e) ed infine tutte le Costituzioni più importanti del dopoguerra (spagnola, turca, estone, polacca, irlandese, ecc.); f) particolare attenzione ha avuto la Costituzione sovietica (e la jugoslava che ne dipende).

È stata tenuta sempre presente la relazione Mortati.

III.

PREAMBOLO ED ARTICOLI

Il popolo italiano, avendo sperimentato attraverso la dolorosa tirannia dello Stato totalitario fascista, come la dimenticanza ed il disprezzo dei diritti naturali dell’uomo e delle fondamentali comunità umane siano davvero le cause massime delle sventure pubbliche, decide di esporre – come atto preliminare della sua nuova vita democratica e repubblicana – in una Dichiarazione solenne, questi diritti sacri ed inalienabili.

Consapevole dei grandi problemi di rinnovamento che si agitano nel tempo presente, esso mira, con questa Dichiarazione e con la Costituzione che l’accompagna, a creare un ordine sociale e politico che sia conforme all’alta dignità della persona ed alla fraterna solidarietà umana e che assicuri, perciò, a ciascuno un posto ed una funzione nella ordinata comunità nazionale.

Esso riprende così il posto che gli spetta nel seno della civiltà cristiana – lievito ed essenza della sua storia e della sua cultura – ed in quello della comunità dei popoli amanti della libertà, del lavoro, della giustizia e della pace.

Pertanto esso proclama, al cospetto di Dio e della comunità umana, la Dichiarazione seguente dei diritti dell’uomo.

Art. 1.

Nello Stato italiano che riconosce la natura spirituale, libera, sociale dell’uomo, scopo della Costituzione è la tutela dei diritti originari ed imprescrittibili della persona umana e delle comunità naturali nelle quali essa organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona.

Art. 2.

I diritti originari ed imprescrittibili della persona umana costituiscono un sistema integrale e solidale di diritti che concernono tutti i piani dell’attività umana: da quello personale a quello economico, culturale, politico e religioso. Essi sono: il diritto alla propria integrità giuridica; i diritti di libertà; il diritto al lavoro, al riposo, all’assistenza; il diritto di proprietà, il diritto all’istruzione; i diritti connessi con l’esistenza e l’autonomia della comunità familiare, religiosa, professionale, locale, nazionale [internazionale?].

Art. 3.

L’esercizio effettivo di tali diritti esige una struttura della società e dello Stato nella quale sia assicurato a ciascuno nel corpo sociale, proporzionatamente alle sue capacità, un posto ed una funzione. Questo posto e questa funzione mentre permetterà l’ordinato contributo di tutti al bene comune, costituirà per ognuno il fondamento della stabilità e sicurezza economica ed il titolo per la partecipazione a funzioni specifiche nella vita delle comunità ed in quella dello Stato.

Art. 3-bis.

In vista della attuazione della struttura sociale indicata nell’articolo precedente verrà disposta per legge l’iscrizione di tutti gli italiani nel libro delle professioni e verrà attribuito a ciascuno, nei modi che la legge indicherà, un adeguato stato professionale.

Tale stato professionale sarà fondamento di diritti.

Art 4.

Davanti al sistema integrale dei diritti della persona, gli uomini, anche se ineguali per le loro capacità e per le loro funzioni, sono tutti eguali a prescindere dalle loro attitudini, dalla loro razza, classe, religione, opinione politica o sesso.

Nessuna, legge potrà menomare questa eguaglianza.

Art. 5.

Ognuno ha diritto, entro i limiti fissati dalla legge, alla propria integrità giuridica e cioè al pieno possesso della propria personalità giuridica ed al conseguente godimento di tutti i diritti privati e pubblici.

In virtù di questo diritto nessuno può essere privato dello stato di cittadino finché non ne abbia acquistato un altro. È fatta eccezione solo per il caso in cui il cittadino abbia assunto impieghi od incarichi presso Stati stranieri senza preventiva autorizzazione da parte del proprio Stato.

In virtù del medesimo diritto nessuno può essere privato del proprio stato familiare e del diritto al nome che esso comporta.

In virtù dello stesso diritto nessuno può essere altresì privato del proprio stato professionale.

Art. 6.

I diritti di libertà sono garantiti a tutti. L’esercizio di tali diritti trova i suoi limiti nelle finalità della presente Dichiarazione, nelle norme in essa contenute, nelle leggi promulgate in armonia ad esse, nelle supreme norme morali.

La libertà, infatti, è ordinata per natura, e deve servire per elezione al bene supremo e personale di ciascuno ed a quello comune, solidale e fraterno di tutti.

La libertà è, perciò, fondamento di responsabilità.

Art. 6-bis.

La libertà è inalienabile. Nessun gruppo, perciò, può imporre ai propri membri obbligazioni che siano incompatibili col libero esercizio dei diritti conferiti ai cittadini dalla Costituzione e dalle leggi.

Art. 7.

I diritti fondamentali di libertà sono: la libertà personale, la libertà delle coscienze e quella di espressione, le libertà politiche ossia il diritto di associarsi ed il diritto di concorrere alla formazione della legge.

Art. 8.

Ognuno ha diritto alla propria libertà personale e quindi alla inviolabilità della propria persona.

In virtù di questo diritto nessuno può essere perseguito, arrestato o detenuto tranne che nei casi stabiliti dalla legge e con l’osservanza delle forme da essa prescritte.

Nessuno può essere mantenuto in arresto preventivo per più di 48 ore, a meno che entro tale termine sia fatta denunzia all’autorità giudiziaria e questa abbia proceduto a convalida motivata nel termine di …

Ogni forma di rigore e di coazione che non sia necessaria per venire in possesso di una persona o per mantenerla in stato di detenzione, così come ogni pressione morale o brutalità fisica, specialmente durante l’interrogatorio, è punita.

Coloro che dolosamente sollecitano, redigono, sottoscrivono, eseguono o fanno eseguire atti in violazione di queste norme, impegnano la loro responsabilità personale.

Essi saranno puniti.

Art. 9.

Nessuno può essere sottratto ai suoi giudici naturali.

Non potrà essere creata, a qualsiasi titolo e sotto qualsiasi denominazione, nessuna giurisdizione straordinaria.

Art. 10.

La legge penale non ha mai effetto retroattivo: nessuno, perciò, può essere sottoposto a processo né punito se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso.

Nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto.

L’imputato si presume innocente fino a quando non è dichiarato colpevole.

Art. 11.

Nel suo magistero punitivo la legge non oblierà mai il valore della personalità umana del reo.

Non possono essere irrogate che le pene tassativamente fissate dalla legge.

La pena di morte non è ammessa.

Le pene corporali sono vietate.

Le pene sono personali e proporzionate al delitto: quelle privatrici o restrittive della libertà personale devono mirare alla rieducazione del reo.

Qualunque trattamento che aggravi la pena legalmente applicabile importa la responsabilità personale di chi lo mette in atto.

Art. 12.

Il domicilio, luogo di asilo della persona, è inviolabile.

Nessuno può introdurvisi se non per ordine dell’autorità giudiziaria, salvo il caso di flagranza di reato, o altri casi eccezionali tassativamente regolati dalla legge.

Art. 13.

Ognuno ha diritto alla libertà di circolazione in tutto il territorio dello Stato.

In virtù di questo diritto ogni cittadino può fissare o prendere la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio; può dovunque acquistare e possedere beni immobili; può dovunque esercitare la propria attività personale o lavorativa.

La legge potrà porre dei limiti soltanto per motivi di sanità o di ordine pubblico.

In virtù del medesimo diritto, inoltre, nessuno può essere estradato dal territorio nazionale.

Il diritto di emigrare, salvi gli obblighi di legge, è garantito a tutti.

Art. 14.

Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente i propri pensieri e le proprie opinioni.

In virtù di questo diritto è a tutti garantita la libertà di stampa e di espressione del pensiero con qualsiasi mezzo. È vietato assoggettare l’esercizio ad autorizzazione o censura. Il sequestro può essere disposto soltanto dall’autorità giudiziaria e nei casi: a) di violazione delle norme amministrative che regolano l’esercizio del diritto; b) di reati non politici pei quali la legge stabilisca il sequestro; c) di esecuzione di una sentenza. Il sequestro può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria senza autorizzazione preventiva nei soli casi di assoluta urgenza o di pubblicazioni oscene, ma deve essere richiesta immediatamente la convalida dell’autorità giudiziaria.

Qualunque pressione diretta o indiretta, economica o altra, che tenda a limitare l’esercizio di tale diritto dovrà essere punita.

Gli abusi nell’esercizio di tale diritto, in contrasto con le norme stabilite dall’articolo 6, costituiscono grave danno per la compagine sociale e saranno puniti.

Al divieto della censura preventiva la legge farà eccezione, a scopo di tutela della pubblica moralità ed in vista specialmente della protezione della gioventù, per la cinematografia, per le rappresentazioni teatrali e per la radiofonia.

Art. 15.

Il segreto epistolare e quello di qualunque corrispondenza, postale, telegrafica e telefonica, è inviolabile.

Non può derogare a questo principio che per legge e per decisione dell’autorità giudiziaria.

Art. 16.

Ognuno ha diritto alla libera professione e propaganda delle proprie convinzioni sociali, politiche e filosofiche purché non siano in radicale contrasto con le libertà ed i diritti garantiti dalla presente Dichiarazione e con le supreme norme morali.

Art. 17.

Ognuno ha diritto alla libera professione, pratica e propaganda della propria fede religiosa.

Lo Stato assicura a tutti le condizioni adeguate per il libero esercizio di tale diritto. La professione di una determinata fede religiosa o di una determinata convinzione sociale, politica o filosofica non reca pregiudizi giuridici.

Art. 18.

Il diritto di riunirsi pacificamente, senza armi e senza uniformi non autorizzate, è garantito a tutti.

Solo per le riunioni in luogo pubblico è richiesto un avviso preventivo alle autorità competenti. La riunione può essere vietata per comprovate ragioni di ordine pubblico: il divieto comporta delle responsabilità.

Per assicurare l’esercizio di questo diritto le strade, le piazze, gli edifici pubblici sono messi a disposizione dei cittadini.

Nelle riunioni e nelle sfilate di massa i metodi di propaganda saranno sempre rispettosi delle insopprimibili esigenze della verità e della fraternità.

Art. 19.

Il diritto di associarsi, senza preventiva autorizzazione, per fini che non contrastino con le libertà garantite dalla presente Dichiarazione, è riconosciuto a tutti.

(Divieto per le associazioni segrete e militari. Mortati, pag. 109).

IV.

ANALOGIE COSTITUZIONALI

Cfr. Progetto Costituzione francese. – All’indomani della vittoria riportata dai popoli liberi sui regimi che hanno tentato di asservire e di degradare la persona umana, ed hanno insanguinato il mondo intero, il popolo francese, fedele ai principii del 1789 – Carta della sua liberazione – proclama nuovamente che ciascun essere umano ha diritti inalienabili e sacri ai quali nessuna legge può attentare e decide, come già nel 1793, nel 1795 e nel 1848, di porli in principio della sua Costituzione.

La Repubblica garantisce a ciascun uomo ed a ciascuna donna vivente nell’Unione francese l’esercizio individuale e collettivo delle libertà e dei diritti seguenti.

Cfr. Preambolo del 1789. – I rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei Governi, hanno stabilito di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su principii semplici ed incontestabili, si rivolgano sempre alla conservazione della Costituzione e alla felicità di tutti.

In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i Diritti seguenti dell’Uomo e del Cittadino.

Cfr. Preambolo del 1793. – Il popolo francese, convinto che la dimenticanza e il disprezzo dei diritti naturali dell’uomo sono le sole cause delle sventure del mondo, ha risoluto di esporre, in una dichiarazione solenne, questi diritti sacri e inalienabili, affinché tutti i cittadini, potendo sempre paragonare gli atti del Governo con lo scopo di ogni istituzione sociale, non si lascino mai opprimere ed avvilire dalla tirannia; affinché il popolo abbia sempre davanti agli occhi le basi della sua libertà e della sua felicità; il magistrato la regola dei suoi doveri; il legislatore l’oggetto della sua missione.

In conseguenza proclama, al cospetto dell’Essere Supremo, la Dichiarazione seguente dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Cfr. Preambolo del 1795. – Il popolo francese proclama, in presenza dell’Essere Supremo, la Dichiarazione seguente dei diritti e dei doveri dell’uomo e del cittadino.

Cfr. Preambolo del 1848. – In presenza di Dio e in nome del Popolo Francese, l’Assemblea nazionale proclama, ecc.

Art. 1.

Cfr. Preambolo Progetto Costituzione francese. – All’indomani della vittoria riportata dai popoli liberi sui regimi che hanno tentato di asservire e di degradare la persona umana…  il popolo francese, fedele ai principî del 1789… proclama nuovamente che ciascun essere umano ha diritti inalienabili e sacri ai quali nessuna legge può attentare, e decide, come già nel 1793, nel 1795, nel 1848 di porli in principio della sua Costituzione.

Cfr. Preambolo Progetto Costituzione francese. – Art. 22: Ogni essere umano possiede, nei confronti della società i diritti che ne garantiscono in una con l’integrità e la dignità della persona, il suo pieno sviluppo fisico, intellettuale e morale.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 2: Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo, ecc.

Cfr. Progetto Mounier. – …gli individui e le società sono sottoposti ad un certo numero di diritti connessi con l’esistenza della comunità umana e non derivanti né dall’individuo né dallo Stato, poiché hanno una duplice base:

1°) il bene delle persone;

2°) la vita e lo sviluppo delle persone nel seno delle comunità naturali in cui esse si trovano: famiglie, nazioni, raggruppamenti geografici o linguistici, comunità di lavoro, raggruppamenti di affinità o di sede (Cfr. anche art: 1: I diritti delle persone sono basati, ecc.; art. 27: Esistono delle comunità naturali. Nate fuori dello Stato, non possono essere asservite ad esso, né identificate con esso, ecc.).

Cfr. Preambolo Costituzione irlandese del 1937. – …al fine di garantire la dignità e la libertà dell’uomo (Art. 40: Tutti i cittadini in quanto persone umane, ecc.).

Cfr. Dichiarazione dei diritti del 1789. – Art. 2: Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo.

Cfr. Costituzione francese del 1793. – Art. 1: Il Governo è istituito per garantire all’uomo il godimento dei suoi diritti naturali ed imprescrittibili.

Cfr. Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776) – Noi consideriamo come evidenti per se stesse le seguenti verità: tutti gli uomini sono creati eguali: essi sono dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili: tra questi diritti si trovano la vita, la libertà e la ricerca della felicità. I Governi sono stabiliti, dagli uomini per garantire questi diritti ed il loro giusto potere deriva dal consenso dei governati, ecc.

Art. 2.

Cfr. Dichiarazione del 1789. – Art. 2: Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

Cfr. Dichiarazione del 1793. – Art. 1: I diritti dell’uomo in società sono l’uguaglianza, la libertà, la sicurezza, la proprietà, la garanzia sociale e la resistenza all’oppressione.

Cfr. Costituzione del 1793. – Art. 2: Questi diritti sono l’uguaglianza, la libertà, la sicurezza, la proprietà.

Cfr. Costituzione del 1795. – Art. 1: I diritti dell’uomo in società sono la libertà, l’uguaglianza, la sicurezza, la proprietà.

Cfr. URSS 1936. – Art. 118 e sgg.: Diritto al lavoro, al riposo, all’assistenza, all’istruzione, di libertà di coscienza, libertà di parola, stampa, riunione, associazione, cortei, politiche, inviolabilità della persona e del domicilio di asilo.

Cfr. Costituzione turca 1928. – I diritti naturali dei turchi sono: l’inviolabilità personale, la libertà di coscienza, di pensiero, di parola, di stampa, di circolazione, di contrattare, di lavorare, di possedere, la libertà di riunione e di associazione e quella di costruire società commerciali.

Cfr. Costituzione di Weimar. – Disegno della parte seconda: Diritti dei cittadini, diritti connessi con la comunità familiare, con la comunità politica, locale, religiosa, professionale.

Cfr. Costituzione austriaca. – Sua struttura federativa.

Cfr. Costituzione irlandese. – Diritti connessi con la comunità familiare.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 2: Tali diritti sono la libertà, la sicurezza, il diritto al lavoro e la resistenza all’oppressione.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 1: Tali diritti sono: l’integrità della persona fisica e morale, la libertà nelle sue varie forme, l’associazione, il lavoro, il riposo, la sicurezza, l’eguaglianza dinnanzi alla legge. (Pei diritti connessi con le comunità, cfr. preambolo e art. 27 e sgg., diritti delle comunità).

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Dei diritti sociali ed economici: vi si indicano diritti connessi con la famiglia, art. 14 e sgg., con la comunità di lavoro, art. 31 e sgg.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 22: Ogni essere umano possiede, nei confronti della società, i diritti che ne garantiscono, in una con l’integrità e dignità della persona, il suo pieno sviluppo fisico, intellettuale e morale.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 22 cpv.: La legge organizza l’esercizio di tali diritti.

Cfr. Costituzione irlandese. – Art. 41: Lo Stato riconosce la famiglia come il gruppo primordiale naturale e fondamentale della società e come un’istituzione morale investita di diritti inalienabili e imprescrittibili, anteriore e superiore ad ogni legge positiva.

Art. 3.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 7: La sicurezza risulta dalla protezione che la società accorda ad ogni cittadino per la conservazione della sua persona, dei suoi diritti, dei suoi beni.

Cfr. Dichiarazione del 1793. – Art. 9: La sicurezza consiste nella protezione accordata dalla società ad ogni cittadino per la conservazione della sua persona, dei suoi diritti, dei suoi beni (cfr. art. 24: la garanzia sociale dei diritti dell’uomo consiste, ecc.).

Cfr. Progetto francese. – Art. 22: Ogni essere umano possiede, nei confronti della società, i diritti che garantiscono in una con l’integrità e la dignità della persona, il suo pieno sviluppo fisico, intellettuale e morale.

La legge organizza l’esercizio di tali diritti.

*     *          *

Il concetto di sicurezza al quale si richiamano le Costituzioni di tipo occidentale – intesa come protezione giuridica – va ora esteso: esso deve includere quello di una organizzazione economica, sociale, politica e giuridica, siffatta da garantire l’efficace protezione di tutti i diritti della persona umana.

In questo senso va inteso il capoverso dell’articolo 22 del progetto francese sopra citato.

Art. 3-bis.

Sullo status professionale cfr. la relazione Pesenti (Relazione all’Assemblea Costituente).

Cfr. indirettamente Progetto Mounier. – Art. 19: Ogni lavoratore è libero di dare la sua adesione ad un sindacato di sua scelta o di non aderire a nessuno. Egli ha diritto alla determinazione collettiva delle condizioni di lavoro, alla protezione professionale, al rispetto della propria specialità, alla formazione tecnica e sociale necessaria per associarsi strettamente a funzioni direttive nel campo del lavoro.

Così pure indirettamente nel Progetto Costituzione francese all’articolo 26: Ogni uomo ha il dovere di lavorare ed il diritto di avere un’occupazione.

Cfr. Costituzione jugoslava. – Art. 32: Tutti i cittadini sono obbligati a lavorare secondo le proprie capacità: chi non dà nulla alla comunità non può ricevere nulla da essa.

Art. 4.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 2: Quasi come nel testo.

Cfr. Progetto francese. – Art. 4: La legge garantisce a tutti eguale diritto di esercitare le libertà ed i diritti enunciati nel presente titolo: essa non potrà portarvi pregiudizio.

Cfr. Costituzione irlandese. – Art. 40: Tutti i cittadini, in quanto persone umane, saranno uguali davanti alla legge. Ciò non esclude che lo Stato, nello sue leggi, abbia il dovuto riguardo alle differenze di capacità, fisica e morale, e di funzione sociale.

Art. 5.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 3: Ognuno ha il diritto di ottenere tutti i diritti civili in uno stato determinato. Lo Stato non può ritirare la nazionalità a un cittadino finché esso non ne ha avuto un’altra.

Cfr. Progetto francese. – Art. 18: Conseguenza del possesso dello stato di cittadino.

Art. 6.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 7: Gli uomini sono liberi nei loro movimenti, parole, scritti ed atti, purché non violino la presente Dichiarazione o le leggi promulgate in armonia ad essa. La libertà deve servire nelle sue varie forme alla dignità personale di ciascuno e al bene di tutti. Essa è inalienabile e comporta delle responsabilità.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 5: La libertà dell’individuo non può essere limitata se non nella misura in cui recherebbe pregiudizio ai diritti dei suoi simili: tale limitazione dovrà essere sanzionata dalla legge.

Cfr. Dichiarazione del 1789. – Art. 4: La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo non ha altri limiti che quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti non possono essere determinati che dalla legge.

Cfr. Progetto francese. – Art. 1: Tutti gli uomini nascono e vivono liberi ed eguali davanti alla legge.

Art. 3: La libertà è la facoltà di fare tutto quanto non arreca pregiudizio ai diritti altrui. Le condizioni per l’esercizio delle libertà sono stabilite dalla legge. Nessuno può essere costretto a fare alcunché a cui la legge non obblighi.

Art. 6-bis.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 17: La libertà è inalienabile. Nessun gruppo, ecc. … (finisce con un inciso sul giuramento: nessuno può esigere un giuramento di fedeltà, che deve essere prestato soltanto alle istituzioni).

Art. 7.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 6: Le libertà fondamentali sono: la libertà individuale, la libertà di coscienza e d’espressione, le libertà politiche, ossia il diritto di associarsi ed il diritto di concorrere liberamente alla formazione della legge.

Cfr. Costituzione turca. – …l’inviolabilità personale, la libertà di coscienza, di pensiero, ecc.

Art. 8.

Cfr. Progetto francese. – Art. 9: Nessuno, ecc.

È riprodotto nel testo quasi integralmente: si noti l’inciso dolosamente.

Gir. Costituzione Weimar. – Art. 114: La libertà personale è inviolabile. Il potere pubblico non può limitarla o sopprimerla che in conformità alla legge.

Le persone che vengono arrestate debbono essere informate al più tardi nel giorno seguente all’arresto, della autorità che l’ha ordinato e dei motivi che l’hanno determinato. Esse debbono, senza indugio, essere poste in condizioni di reclamare contro l’arresto.

Cfr. Costituzione spagnola. – Art. 29: Nessuno potrà essere arrestato o incarcerato tranne che per un delitto. Chiunque sia arrestato sarà posto in libertà o consegnato alla autorità entro le 24 ore successive all’arresto.

Ogni arresto sarà senza effetto o dovrà trasformarsi in carcerazione entro le 72 ore successive alla consegna del detenuto al giudice competente.

La decisione sarà emessa per atto giudiziale e sarà notificata all’interessato entro il medesimo termine. Incorreranno in responsabilità le autorità i cui ordini rappresentino infrazione al presente articolo e gli agenti e funzionari che li eseguiscano nonostante l’evidenza della loro illegalità. L’azione, ecc.

Cfr. Costituzione jugoslava. – Art. 28: È garantita l’inviolabilità della persona dei cittadini. Nessuno può essere trattenuto sotto arresto preventivo per più di tre giorni senza decisione del Tribunale o senza l’approvazione del pubblico accusatore.

Cfr. Costituzione irlandese del 1937. – Art. 40: Nessun cittadino sarà privato della libertà personale, salvo nei casi previsti dalla legge.

Cpv. circa l’arresto.

Cfr. Dichiarazione del 1789. – Art. 7: Nessuno può essere accusato, arrestato o detenuto che nei casi determinati dalla legge e secondo le forme che essa ha prescritte. Quelli che sollecitano, spediscono, eseguono o fanno eseguire ordini arbitrari devono essere puniti, ecc., ecc.

Art. 9.

Cfr. Costituzione francese del 1848. – Art. 4. Nessuno sarà distolto dai suoi giudici naturali.

Non potranno essere create commissioni o tribunali straordinari a qualsiasi titolo e sotto qualsiasi denominazione.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 9: Nessuno potrà essere sottratto ai suoi giudici competenti. Nessuna giurisdizione di eccezione potrà essere creata, a nessun titolo e con nessuna denominazione.

Art. 10.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Nessuno può essere sottoposto a processo né punito se non in forza di una legge promulgata e pubblicata anteriormente al fatto commesso.

L’imputato si presume innocente fino a quando non è dichiarato colpevole.

Nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto. Cpv. Le pene personali, ecc.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 10: Nessuno potrà essere punito se non in virtù di una legge approvata e promulgata anteriormente al reato e legalmente applicata

Art. 12: Ogni imputato è presunto innocente finché non è stato riconosciuto colpevole.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 10: Ognuno è presunto innocente finché non è stato dichiarato colpevole. Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge emanata anteriormente al delitto di cui esso è incolpato. Nessuno può essere punito due volte per lo stesso delitto.

Qualunque effetto retroattivo o cumulativo dato alla legge costituisce delitto di Stato.

Cfr. Dichiarazione del 1789. – Art. 8: …e nessuno può essere punito che in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata (Cfr. Dichiarazione del 1793, art. 13, 14: Presunzione di innocenza, irretroattività.

Cfr. Dichiarazione del 1793.– Art. 15: Dare effetto retroattivo alla legge è un delitto.

Cfr. Costituzione del 1793. – Art. 13 e 14.

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 116: Un fatto può essere punito unicamente se la legge lo abbia dichiarato punibile prima che sia stato commesso.

Art. 11.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 10 cpv.: Le pene sono personali e proporzionate alla gravità del reato. Le pene privative o restrittive della libertà devono essere intese alla rieducazione del colpevole. Qualunque trattamento che aggravi la pena legalmente applicabile, importa la responsabilità personale di chi lo mette in alto.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 10 cpv.: La legge deve infliggere solo delle pene strettamente necessarie e proporzionate al reato.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 11: Le pene devono essere proporzionate al delitto ed esemplari e dovranno mirare, per quanto possibile, alla rieducazione del reo.

Cfr. Dichiarazione del 1793. – Art. 16: La legge non deve assegnare che pene strettamente ed evidentemente necessarie: le pene devono essere proporzionate al delitto e utili alla società.

Cfr. Dichiarazione del 1795. – Art. 12: La legge non deve decretare che pene strettamente necessarie e proporzionate al delitto.

Art. 13: Ogni trattamento che aggravi la pena determinata dalla legge è un delitto.

Art. 12.

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 115: Il domicilio di ogni tedesco costituisce per esso luogo di asilo ed è inviolabile. Solamente la legge può stabilire eccezioni a questo principio.

Cfr. Relazione Mortati. – Tolto l’ultimo cpv.: Le ispezioni, ecc.

Cfr. Costituzione irlandese. – Art. 40: Il domicilio di ogni cittadino è inviolabile e non sarà possibile entrarvi con la forza se non in conformità alla legge.

Cfr. Costituzione spagnola. – Art. 31: Cpv.: L’inventario dei documenti, ecc.

Art. 13.

Cfr. Costituzione del 1791. – Art. 11: La libertà di ogni uomo di andare, restare, partire senza poter essere arrestato, ecc.

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 111: Tutti i tedeschi godono del diritto alla circolazione in tutto il Reich. Ogni tedesco ha il diritto di soggiornare e di fissare la propria dimora in ogni luogo del Reich che più gli piaccia, di acquistare beni immobili e di esercitarvi liberamente una professione. Questi diritti non possono essere limitati che con legge del Reich.

Art. 112: Ogni tedesco ha il diritto di emigrare in Paesi non tedeschi. La libertà di emigrazione non può essere limitata che con legge del Reich. Tutti i cittadini del Reich hanno diritto, sul territorio nazionale o fuori, alla protezione diplomatica del Reich.

Nessun tedesco può essere consegnato ad un Governo straniero per essere processato o punito.

Cfr. Costituzione estone. – Art. 17: Le autorità giudiziarie soltanto hanno la facoltà di limitare o sopprimere il diritto dei cittadini di circolare e di fissare liberamente la propria dimora.

Questa libertà può essere altresì limitata o soppressa da altre autorità, per ragioni di igiene, nei casi e secondo le norme fissate dalla legge.

Cfr. Costituzione turca. – Art. 78: Ad eccezione delle disposizioni derivanti dalla mobilitazione, dalla proclamazione dello stato di assedio, o dalle misure prese conformemente alla legge per evitare il diffondersi di malattie epidemiche, nessuna restrizione può essere apportata alla libertà di circolazione.

Cfr. Relazione Mortati. – Pag. 86: Ogni cittadino può fissare o prendere la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio, salvo i limiti imposti con carattere generale dalla legge, per soli motivi di sanità o di ordine pubblico.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 5: Ciascuno ha il diritto di fissare in qualunque luogo il suo domicilio ed altresì quello di muoversi liberamente.

Art. 14.

Cfr. Relazione Mortati. – Pag. 80 e sgg.: Riportato nel testo.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 14: Ciascuno è libero di parlare, di scrivere, di stampare, di pubblicare: egli può così a mezzo della stampa che con qualunque altro mezzo, esprimere, diffondere e difendere qualunque opinione entro i limiti segnati dall’abuso di tale diritto, specialmente quanto al violare le libertà garantite dalla presente Dichiarazione o al portar pregiudizio alla reputazione altrui.

Nessuna manifestazione d’opinione può essere conculcata.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 13: Il libero scambio di pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo. Qualunque pressione, diretta o indiretta, economica o altra che tenda a limitare l’esercizio di questo diritto dovrà essere punita. Ognuno può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo a rispondere degli abusi di tale libertà nei casi determinati dalla legge.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 12: Ognuno è libero di parlare, scrivere, stampare e pubblicare pensieri, opinioni ed informazioni, salvo a rispondere dell’abuso di tale libertà nei casi previsti dalla legge, in particolare all’articolo 6 (integrità spirituale).

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 118: Ogni tedesco ha il diritto, entro i limiti delle leggi generali, di esprimere liberamente la propria opinione con parole, scritti, stampe, immagini o in ogni altro modo. Nessuna condizione di lavoro o di impiego può privarlo di questo diritto e nessuno può arrecargli danno per averne fatto uso.

Non esiste censura: tuttavia, per quanto riguarda i cinematografi, la legge può apportare deroghe a questo principio. Del pari la legge può fissare i provvedimenti per la lotta contro le pubblicazioni immorali e pornografiche e per la protezione della gioventù in fatto di spettacoli e di rappresentazioni pubbliche.

Cfr. Costituzione irlandese. – Art. 40: 6°) Lo Stato garantisce il libero esercizio dei diritti seguenti subordinatamente all’ordine ed alla moralità pubblica: diritto dei cittadini di esprimere liberamente le loro convinzioni ed opinioni.

Tuttavia, essendo l’educazione dell’opinione pubblica un problema di gravissima importanza per il bene comune, lo Stato veglierà attentamente a che gli organi dell’opinione pubblica, come la radio, la stampa, il cinema, pur conservando la loro libertà legale di espressione, compresa la critica alla politica del Governo, non siano adoperati a minare l’ordine e la moralità pubblica o l’autorità dello Stato.

La pubblicazione o l’espressione di opere o di parole blasfeme, sediziose o indecenti, costituisce un reato che sarà punito in conformità alla legge.

Cfr. Costituzione spagnuola. – Art. 34: Ogni persona, ecc…, senza che sia soggetta a censura preventiva.

Cfr. Costituzione U.R.S.S.– Art. 125: In conformità, ecc… Questi diritti dei cittadini vengono assicurati, ecc…

Art. 15.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 8: Il segreto di qualunque corrispondenza è inviolabile. Non può esservi fatta deroga che in forza della legge e per specifica decisione dell’autorità giudiziaria.

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 117: Il segreto epistolare ed il segreto postale telegrafico e telefonico sono inviolabili. Solo una legge del Reich può apportare eccezioni a questo principio.

Cfr. Costituzione turca. – Art. 82: Le carte, le lettere e gli oggetti di ogni genere affidati alla posta non possono essere aperti se non per effetto di un mandato rilasciato dal giudice istruttore competente o di una decisione del tribunale: il segreto della corrispondenza telegrafica e telefonica è inviolabile.

Cfr. Relazione Mortati, pag. 88.

Art. 16 e 17.

Cfr. Costituzione Weimar. – Art. 135: Tutti i cittadini del Reich godono di assoluta libertà di fede e di coscienza. Il libero esercizio della religione è garantito dalla Costituzione e posto sotto la protezione dello Stato.

Art. 136: I diritti ed i doveri civili e politici non sono condizionati né limitati dall’esercizio della libertà religiosa. Il godimento dei diritti civili e politici e l’ammissione ai pubblici impieghi sono indipendenti dalla confessione religiosa.

Nessuno è obbligato a dichiarare le proprie convinzioni religiose. Le autorità hanno il diritto di investigare a quale confessione religiosa si appartenga, solamente quando ne derivano dei diritti o quando lo esiga una richiesta statistica ordinata dalla legge.

Nessuno può essere costretto ad un atto o ad una cerimonia di culto o a partecipare a pratiche religiose o ad usare una formula di giuramento religioso.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 13: Nessuno può soffrire pregiudizio a motivo della sua origine, delle sue opinioni o credenze religiose e filosofiche o politiche. La libertà, di coscienza, ecc.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 13: Nessuno può essere turbato per l’espressione delle proprie opinioni o credenze in materia religiosa o filosofica a meno che esse non rechino pregiudizio ai diritti garantiti dalla presente dichiarazione.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 15: Tutti gli uomini sono egualmente liberi di dedicarsi alle pratiche di un culto di loro scelta o di non dedicarsi a nessuna pratica religiosa. La legge non riconoscerà nessuna differenza fra i vari culti.

Cfr. Costituzione irlandese. – Art. 44: 2°) La libertà di coscienza e la libera professione e pratica della religione sono, subordinatamente all’ordine ed alla moralità pubblica, garantite ad ogni cittadino.

Cfr. Relazione Mortati, pag. 91.

Art. 18.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 16: Il diritto di transitare liberamente nelle pubbliche strade ed il diritto di riunione sono garantiti a tutti.

Cfr. Costituzione U.R.S.S. – Art. 125.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 18: I cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e di associarsi liberamente purché gli scopi della loro associazione non siano incompatibili con i diritti imprescrittibili dell’uomo.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 15: I cittadini… hanno il diritto di riunirsi liberamente sul territorio dello Stato, senza arme e senza uniformi non autorizzate, sotto l’osservanza delle leggi di polizia ed in conformità all’articolo 6. Tale articolo si applica in particolare alle campagne di riunioni non contrarie alla legge e alle sfilate in massa.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 6: L’integrità spirituale della persona non può essere compromessa da metodi di suggestione o di propaganda emananti sia dallo Stato sia da potenze private, quando tali metodi possono esercitare una inammissibile pressione sulle volontà individuali e quando gli individui sono privati di efficaci mezzi difensivi di fronte ad essa.

Cfr. Relazione Mortati, pag. 94.

Art. 19.

Cfr. Progetto de Menthon. – Art. 18: I cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e di associarsi liberamente, purché gli scopi della loro associazione non siano incompatibili con i diritti imprescrittibili dell’uomo.

Cfr. Progetto Mounier. – Art. 16: I cittadini… hanno il diritto di associarsi… Qualunque coalizione atta a mettere in pericolo le garanzie dell’articolo 6 può essere vietata.

Cfr. Progetto Costituzione francese. – Art. 17: Tutti hanno il diritto di associarsi liberamente, a meno che l’associazione non arrechi, o non tenda ad arrecare, pregiudizio alle libertà garantite dalla presente Dichiarazione. Nessuno può essere costretto ad affiliarsi ad una associazione.

RELAZIONE DEL DEPUTATO BASSO LELIO SULLE LIBERTÀ CIVILI

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

I SOTTOCOMMISSIONE

RELAZIONE

del deputato BASSO LELIO

SULLE LIBERTÀ CIVILI

Art. 1.

Nessuno può essere privato della libertà personale se non per atto della autorità giudiziaria, nei casi e nei modi previsti dalla legge.

La privazione della libertà personale può essere disposta anche dall’autorità di pubblica sicurezza; tuttavia in questo caso l’individuo non può essere trattenuto per più di 48 ore, a meno che entro tale termine non sia intervenuta denunzia all’autorità giudiziaria, e questa non la abbia convalidata, con proprio atto motivato, entro le successive ulteriori 48 ore. La convalida deve essere ripetuta periodicamente, secondo quanto dispongono le leggi.

È vietato sottoporre l’individuo privato della libertà personale a trattamenti brutali e a costrizioni morali e materiali.

Art. 2.

L’imputato è presunto innocente, fino a che un atto dell’autorità giudiziaria non lo abbia dichiarato colpevole.

La norma penale non può essere retroattiva; nessuno può essere sottoposto se non a giudici precostituiti.

Le sanzioni detentive devono tendere alla rieducazione del colpevole. La pena di morte non è ammessa se non nei codici penali militari di guerra. Non possono istituirsi pene crudeli: sono vietate le sanzioni collettive.

 

Con i due precedenti articoli si regola la libertà personale, secondo quei criteri informatori che sono ormai accolti in tutte le Costituzioni moderne. Si è avuto unicamente cura di dare ad essi un contenuto il più possibile esatto e preciso, in modo che l’azionabilità del diritto di libertà personale – regolata dal successivo articolo 11 – sia non un nome vuoto, ma una effettiva realtà.

Il termine di 48 ore più 48, stabilito per l’arresto o per il fermo di polizia, costituisce un termine medio tra quello di otto o dieci giorni di alcune Costituzioni, e quello di 24 ore, proprio di altre.

All’articolo 2 viene esplicitamente data veste costituzionale ai principî di irretroattività delle norme penali, e di non sottrazione ai giudici precostituiti al compimento del fatto (così detti giudici naturali, secondo una locuzione di gergo). La norma relativa al divieto di giudici speciali troverà più idonea sede nella parte relativa al potere giudiziario.

Necessario appare il comma in cui è detto che le pene detentive debbono aver scopo rieducativo: ciò per far cadere molte norme di diritto penitenziario oggi superate dai tempi.

Art. 3.

Il domicilio è inviolabile. Nessuno può introdurvisi se non per ordine dell’autorità giudiziaria, salvo il caso di flagranza di reato, o altri casi eccezionali, tassativamente regolati dalle leggi, per necessità di ordine pubblico.

Le ispezioni e le perquisizioni domiciliari debbono essere fatte in presenza dell’interessato o di persona di famiglia o, in mancanza, di due vicini facenti fede, e secondo le forme stabilite dalle leggi.

 

Anche questa norma ha contenuto preciso, in vista dell’azionabilità del diritto di libertà domiciliare. Per il resto essa riproduce con lievi varianti la formulazione della Commissioni del Ministero per la Costituente, alla cui relazione si rinvia per la motivazione.

Art. 4.

Ogni cittadino può circolare e fissare la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio, salvi i limiti imposti dalla legge per motivi di sanità o di ordine pubblico.

 

Con questa norma vengono stabilite le libertà dette di residenza e di circolazione. Non pare il caso di sancire costituzionalmente il diritto a non essere estradato, che non è accolto, nelle legislazioni moderne, se non per i reati politici (eccettuati alcuni pochi casi) e che non ha carattere costituzionale.

Neppure è necessario dare formulazione costituzionale alla così detta libertà di emigrazione, che appare piuttosto come un corollario di tutti i diritti di libertà nel loro insieme, e di alcuni di essi in particolare, e che è quindi un implicitum. Egualmente deve dirsi per la libertà professionale, che oltre tutto va posta in relazione con le norme che saranno stabilite in materia di lavoro.

Art. 5.

Nessuno può essere privato della cittadinanza come sanzione, anche indirettamente, di carattere politico.

 

È l’unica parte del diritto di cittadinanza che appaia idonea a rivestire carattere costituzionale. Non è nelle nostre tradizioni dar rilievo costituzionale a quanto riflette la cittadinanza, né ricorrono per noi quei presupposti che altrove – Stati plurinazionali dell’Europa orientale e balcanica – ne hanno consigliato l’assunzione in rilevanza costituzionale.

Data poi la complicazione inerente allo status di cittadinanza, propria di tutte le legislazioni moderne, si sarebbe piuttosto imbarazzati nello scegliere delle statuizioni costituzionali, a meno che non si vogliano porre numerose e particolareggiate norme in materia, il che però appesantirebbe inutilmente la Costituzione.

Art. 6.

La libertà e la segretezza di comunicazione e corrispondenza sono garantite. Solo in tempo di guerra e in casi tassativamente regolati possono essere stabilite limitazioni e istituite censure. Tuttavia la divulgazione di notizie, conosciute per questi tramiti, è punita dalla legge.

 

Anche per questa norma è stato seguito il criterio che ha prevalso nella Commissione del Ministero per la Costituente, alla cui relazione si invia per i motivi. Le sanzioni a tutela di tale libertà dovranno essere particolarmente rigorose.

Art. 7.

Ognuno è libero di professare la propria fede religiosa, e di manifestare le proprie convinzioni politiche, sociali, filosofiche e scientifiche, e può porre in essere ogni atto idoneo a diffondere le proprie credenze e opinioni, purché non leda i diritti altrui. Nessuna differenza può farsi tra gli individui in base alla religione e alle opinioni politiche, sociali, filosofiche e scientifiche. Nessun limite può porsi alla libertà di coscienza.

L’esercizio di ogni culto è libero.

 

Nessun limite può porsi alla libertà di coscienza, che dev’essere in ogni tempo e luogo azionabile, verso qualunque autorità.

Sembra opportuno disciplinare in questa sede la libertà di religione e di culto, anziché rinviarla alla norma relativa ai rapporti tra Stato e Chiesa, se dovrà esservi. Non appare invece necessario scendere a specificazioni delle varie estrinsecazioni della libertà di coscienza, di religione e di culto, come fanno alcune Costituzioni, in ordine, per esempio, al giuramento, ai rapporti di lavoro, al servizio militare, ecc., poiché queste specificazioni per un lato non sono complete, onde danno luogo a difficoltà interpretative per i casi non enunciati; per un altro sono superflue, in quanto conseguenze immediate e dirette del principio enunciato.

Art. 8.

In nessun caso possono essere impedite le riunioni pacifiche e senza armi in luogo privato. Di quelle in luogo pubblico debbono essere preavvisate le autorità, le quali possono vietarle, ma solo per comprovate ragioni di sicurezza pubblica e di sanità.

Art. 9.

Tutti i cittadini, senza autorizzazione preventiva, possono liberamente associarsi per il raggiungimento di scopi considerati leciti per i singoli dalle leggi penali. Non sono consentite le associazioni a tipo militare.

Il regime patrimoniale delle associazioni è regolato dalla legge.

 

Anche a questa norma è stato dato un contenuto tale da consentire una piena e rapida azionabilità. Per essa si è seguita l’indicazione della Commissione ministeriale.

Art. 10.

La libertà di esposizione del pensiero mediante la stampa non può essere limitata da autorizzazioni e censure. Il sequestro può essere disposto solo dall’autorità giudiziaria.

Tuttavia per la stampa periodica, può procedersi a sequestro senza atto dell’autorità giudiziaria in caso di assoluta urgenza, e solo per violazione delle norme amministrative che regolano l’esercizio del diritto e per quei reati tassativamente elencati dalla legge. Il sequestro deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria. Per le funzioni speciali proprie della stampa periodica, la legge prescrive severe pene per i reati commessi mediante la stessa, e cautele amministrative idonee a garantire la fede pubblica.

Solo la legge può limitare le manifestazioni del pensiero compiute con mezzi differenti dalla stampa.

 

In questa norma è condensata la disciplina – anch’essa concreta – della libertà di stampa e di pensiero, secondo le indicazioni della Commissione del Ministero della Costituente. Una legge speciale costituzionale sulla stampa stabilirà poi la disciplina amministrativa della stampa periodica, le forme dei procedimenti penali inerenti alla stampa, nonché i reati e le pene che riguardano la stampa, pene che, secondo quanto avviene negli Stati Uniti di America e in Gran Bretagna, dovranno essere particolarmente severe.

Troverà in questa legge disciplina più acconcia che nella Costituzione quanto riflette alcune misure che oggi reclama una gran parte della pubblica opinione, quale la pubblicità dei fondi e dei bilanci dei quotidiani, l’indicazione dei titolari delle aziende giornalistiche, l’indicazione delle fonti delle notizie e la disciplina delle agenzie di stampa; in una parola tutto ciò che concorre a garantire il gran pubblico dei lettori, e quindi la pubblica opinione, contro le notizie false o deformate; misure già in atto in paesi di alta civiltà, quali quelli scandinavi e anglosassoni.

L’ultima parte dell’articolo si riferisce soprattutto al cinema, alla radio, agli spettacoli, ecc., manifestazioni di pensiero e di arte per le quali da alcuni si reclama l’opportunità di porre in atto misure atte a difendere la pubblica moralità. Queste misure saranno eventualmente stabilite in apposite leggi, essendo sufficiente nella Costituzione la tutela contro atti arbitrari del potere esecutivo, dei quali abbiamo avuto numerosi esempi in passato.

Art. 11.

Le violazioni dolose o colpose dei diritti di libertà stabiliti negli articoli da 1 a 10, comportano il diritto del cittadino ad avere dallo Stato la riparazione in forma specifica e, ove impossibile, il risarcimento dei danni.

Il funzionario o i funzionari dello Stato che hanno violato i diritti di libertà sono responsabili di fronte allo Stato e di fronte ai cittadini, secondo quanto stabilisce la legge.

 

Solo azionando i diritti di libertà, è possibile dare ad essi quella piena tutela, che è nei voti di tutti, e che finora resta frammentata o limitata all’ambito delle norme penali. Stabilendo la responsabilità civile dello Stato (1a parte), e rinviando alla legge speciale per la responsabilità dei funzionari – non essendo opportuno che la Costituzione vada oltre l’affermazione del principio generale – non si fa che portare lo Stato su quel piano in cui, fin dal periodo romano, si trovano tutti i privati. Analoghi principî vigono in Inghilterra, ove la responsabilità statale è del tutto identica a quella di qualunque privato.

Art. 12.

Qualora, nell’esercizio di un’attività lecita, i pubblici poteri arrechino ai cittadini un nocumento materiale di ragguardevole entità – commisurata al patrimonio del danneggiato – essi sono tenuti a versare una riparazione a titolo di solidarietà nazionale. La legge disciplina la forma di questa responsabilità.

 

La responsabilità dello Stato per atti legittimi trova oggi attuazione in molte leggi speciali, ed è, sia pure timidamente, riconosciuta dalla giurisprudenza. È necessario che essa trovi statuizione e dignità costituzionale, con la formulazione su riportata, che la contiene in modo generale e generico.

Art. 13.

Tutti gli italiani sono eguali dinanzi alla legge, senza differenza di sesso, di opinione politica, di fede religiosa e di altre condizioni.

La donna ha gli stessi diritti civili e politici dell’uomo e gli stessi obblighi, nei limiti delle sue capacità naturali.

I titoli nobiliari sono aboliti né possono essere più concessi; i predicati di quelli attualmente esistenti divengono parte integrante del nome, secondo quanto dispone la legge.

Art. 14.

Spetta alla collettività eliminare quegli ostacoli d’ordine sociale ed economico che, limitando la libertà e l’eguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana, e il pieno sviluppo fisico e intellettuale, morale e materiale di essa.

 

Queste due norme non vanno certo collocate a questo punto; ma o al principio di tutta la ripartizione relativa ai rapporti tra pubblici poteri e cittadini, oppure al principio della parte – anche se di fatto poi non formalmente delimitata – dedicata ai principî di libertà ed eguaglianza nel campo sociale ed economico.

La prima di queste norme non solleva osservazioni particolari, potendosi ritenere di universale accettabilità; per i titoli nobiliari si propone di seguire il criterio che già si seguì a Weimar, con buoni risultati. Quanto attiene agli ordinamenti detti cavallereschi – ordini cavallereschi e onorificenze – trova sede più idonea nella parte propria dell’organizzazione dello Stato, essendo da presumere che essa rientrerà nella competenza di un qualche organo costituzionale.

La seconda è una norma nuova, non esistendo in alcuna Costituzione. È una norma-principio, che viene a costituire poi la chiave di tutte quelle altre norme, che la Costituzione conterrà, attinenti al lavoro, all’impresa, alla proprietà, ai servizi pubblici. Sotto tale aspetto essa appare particolarmente consigliabile, e dà alla Costituzione una chiarezza di inquadratura e una solidità di base che altrove non è riscontrabile.

Avvertenza. – Qualora nella parte della Costituzione che regolerà l’organizzazione costituzionale venga posta una norma sulle situazioni di guerra e di emergenza, dovranno modificarsi gli articoli di questo schema nei quali a tali situazioni si fa riferimento.

 

Questa norma appare molto opportuna; essa potrebbe disciplinare in primo luogo i rapporti tra legislativo ed esecutivo, col verificarsi di situazioni di guerra o emergenza. In secondo luogo il regime dei diritti pubblici del cittadino, stabilendone restrizioni da un lato, ma anche garanzie adeguate – da far valere eventualmente in periodo successivo – dall’altro.