Come nasce la Costituzione

Come nasce la Costituzione
partner di progetto

MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

5.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

I principî dei rapporti civili (Seguito della discussione)

Presidente – Mancini – Mastrojanni – Dossetti – Lucifero – Cevolotto – Grassi – Merlin Umberto – Marchesi – Lombardi Giovanni – Basso, Relatore – La Pira, Relatore – Togliatti – Moro – De Vita – Caristia.

La seduta comincia alle 11.15.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti civili.

PRESIDENTE ricorda che nella precedente riunione, a conclusione della lunga discussione avvenuta, fu dato incarico ai colleghi La Pira e Basso di concretare in due articoli il risultato acquisito nella discussione.

I relatori hanno così formulati i due articoli:

«Art. 1. – La presente Costituzione, al fine di assicurare l’autonomia e la dignità della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica e spirituale, in cui le persone debbono completarsi a vicenda, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo sia come appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona.»

«Art. 2. – Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale.

È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa.»

Pone in discussione l’articolo 1°, pregando i colleghi di non preoccuparsi troppo di questioni formali, e di limitare le loro osservazioni alla sostanza.

MANCINI ritiene che il concetto espresso dalle parole: «in cui le persone debbono completarsi a vicenda» sia già contenuto nella seconda parte dell’articolo e che, pertanto, anche per ragioni di stile, sarebbe opportuno togliere tale inciso.

MASTROJANNI, se la proposta del collega Mancini non venisse accolta e quindi l’inciso rimanesse, propone che le parole: «debbono completarsi» vengano sostituite dalle altre: «si completano».

DOSSETTI ritiene che con l’espressione proposta si voglia sottolineare in maniera energica l’obbligo della solidarietà sociale e il parallelismo, ai fini della Costituzione, tra il fine di garantire l’autonomia e la dignità della persona umana e quello di promuovere la necessaria solidarietà sociale. Sono questi due obbiettivi ai quali va attribuita una pari importanza.

Quanto alle imperfezioni formali, è del parere che intanto vadano fissati i concetti; poi, in un secondo tempo, si provvederà alle correzioni di forma.

LUCIFERO fa due pregiudiziali. La prima è che senza avere sott’occhio il testo dell’articolo proposto non può essere in grado di affrontare la discussione; la seconda che in questo momento non si discute un ordine del giorno, ma un vero e proprio articolo, che è cosa ben diversa. Non è pertanto d’accordo col Presidente, quando dice che non occorre preoccuparsi della forma, perché, nel fissare i concetti di un articolo, la forma è integrante della sostanza.

PRESIDENTE non nega l’importanza della forma, ma ritiene che quando le osservazioni sulla forma tendono soltanto al perfezionamento dell’espressione possono essere rimandate ad un secondo tempo.

CEVOLOTTO è favorevole alla soppressione dell’inciso per due ragioni: prima di tutto, perché dicendo che le persone debbono completarsi a vicenda, non si esaurisce il concetto di solidarietà, e poi perché quello che più interessa è contenuto nella seconda parte dell’articolo quando si dice: «riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo sia come appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».

GRASSI informa che il Presidente della Commissione, onorevole Ruini, ha manifestato il parere che l’articolo dovrebbe trovar posto nel preambolo.

CEVOLOTTO pensa che per il momento sia più opportuno approvare l’articolo indipendentemente dal suo collocamento, cosa alla quale si provvederà in un secondo tempo. Se si trattasse invece di votare l’articolo mantenendo fermo l’attuale collocamento, dovrebbe fare delle riserve perché, a suo avviso, il primo articolo della Costituzione dovrà essere molto diverso.

Quindi, accogliendo il pensiero dell’onorevole Rumi, è del parere che si debba votare l’articolo in questione, riservando ad un secondo tempo la questione del suo collocamento.

MERLIN UMBERTO non trova molto appropriata la parola «inalienabili», riferita ai diritti. A prescindere dal sapore mercantile della parola, sarebbe opportuno usare l’aggettivo adoperato in altre Costituzioni e, se non erra, in quella dell’89, cioè dire «diritti naturali e sacri dell’uomo». Quando si adopera la parola «naturali» si dice di più, e vi è poi nel termine «sacro» il concetto della inalienabilità.

MARCHESI fa una breve dichiarazione che potrà considerarsi anche come dichiarazione di voto.

Ricorda che nella precedente seduta si parlò dell’uomo come di qualche cosa di assoluto e di perfetto, cui si deve conformare lo Stato. Quest’uomo così concepito è un mito, oppure è il prodotto di una grazia divina. Ma l’uomo, cioè l’uomo politico, l’uomo civile, è un essere sociale il quale va acquistando, di fronte all’instabilità delle leggi scritte, una certa coscienza del diritto naturale, universale e nello stesso tempo, la idea di una suprema giustizia primitiva, sacra ed eterna. Per lui tale coscienza si forma nell’ambito della stessa vita sociale, si forma nella realtà empirica degli organismi storici; per altri, l’uomo viene posto come una fonte originaria di autorità dinanzi alla autorità subordinata dello Stato, onde per premunirsi contro lo Stato totalitario, potrebbe finire per menomare e danneggiare lo Stato democratico. Muovendo dal principio dell’autonomia della persona umana (preferirebbe alla parola «autonomia» la parola «libertà») si potrebbe passare all’autonomia della famiglia, all’autonomia della regione e così via via smobilitare o quasi menomare l’autorità dello Stato e trasferirla in altre mani.

Considerata la delicatezza e la solennità di questa dichiarazione, è d’avviso che la sua votazione dovrebbe avvenire quando sarà esaurito l’esame dei singoli articoli proposti alla Sottocommissione per la formulazione.

PRESIDENTE esprime l’avviso che questa proposta modifichi la decisione adottata nella precedente riunione e nella quale pareva che tutti convenissero. Si disse allora che questo articolo doveva essere il superamento della discussione di carattere generale e fondamentale che aveva impegnato la Sottocommissione, indipendentemente da qualunque preoccupazione circa la precisa formulazione e la definitiva collocazione dello articolo stesso. Occorre tenere sempre presente che il progetto della Sottocommissione dovrà essere sottoposto al vaglio della Commissione centrale e poscia alle decisioni della Assemblea Costituente. Pertanto egli ritiene che la Sottocommissione potrebbe approvare questo articolo ed il successivo proposto che a suo avviso dovrebbero essere collocati in testa alla generale dichiarazione dei diritti e dei doveri. Spetterà ad altro organo di provvedere alla stesura del progetto definitivo, tenuto conto delle proposte elaborate dalla Sottocommissione e delle relative discussioni.

Conclude affermando, che il rinvio proposto dall’onorevole Marchesi riporterebbe la questione al punto in cui si trovava nella precedente seduta e contrasterebbe con le decisioni allora adottate.

LOMBARDI GIOVANNI non è d’accordo né sulla sostanza né sulla forma del proposto articolo, perché gli sembra che in esso si affermi cosa contraria alla storia. Non può sottoscrivere l’affermazione che la legge debba promuovere la solidarietà sociale. Una simile locuzione non è ammissibile, salvo che tutto il mondo non diventi una classe sola; finché vi sono varie classi sociali la solidarietà è un nome vago.

È vero che nel 1700, in un’epoca cioè anteriore alla Rivoluzione francese, fu scritto da Federico Bastiat un libro sulle armonie economiche, ma egli non può sottoscrivere un errore storico o sociologico di tale importanza. Rileva che se si dovessero fare affermazioni di principî sociali, dovrebbe consentirsi alla minoranza di specificare quello che intende per solidarietà sociale. Nella legge non è possibile togliere i contrasti che sono nella storia stessa e ne sono quasi il motore essenziale. Tutti ricordano che senza la lotta tra patrizi e plebei il diritto romano non sarebbe mai nato. Quindi una lotta tra quelli che detengono, male o bene, la ricchezza e gli altri che lavorano ci sarà sempre finché il mondo esiste. Attenuare questa lotta, rendere possibile alle vittime di vivere, sarà grande conquista ed è quello cui i socialisti tendono; ma parlare di solidarietà sociale in un mondo quale quello di oggi, gli sembra inopportuno.

Desidererebbe pertanto, per gli articoli in esame, una dizione che eliminasse tutte le insinuazioni cui potrebbe dar esca la formula proposta.

Avrebbe preferito quindi che fosse formulato un articolo solo, fondendo il primo ed il secondo, con la seguente dizione: «La presente Costituzione è dettata al fine di assicurare l’autonomia, la libertà e la dignità della persona umana sia come singola, sia in tutte le sue manifestazioni sociali, morali e politiche, senza distinzione di sesso, di razza, di classe, di opinione politica, di religione». In questa unica dizione si colgono – a suo avviso – i vari concetti giuridici senza fare affermazioni di principio.

BASSO, Relatore, dichiara che i due articoli studiati non lo soddisfano completamente, ma sono frutto di sforzi per realizzare un massimo possibile di intesa. Intende difendere la formulazione proposta avendo con essa superato anche le sue obiezioni. Ma se qualche modificazione dovesse esservi introdotta, riprenderebbe la libertà di tornare su altre proposte.

Per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Mancini di togliere l’inciso: «in cui le persone debbono completarsi a vicenda» non ha personalmente difficoltà ad accettarla. È d’accordo col collega Dossetti che, se l’inciso deve restare, è necessario conservare la parola «debbono».

Circa la proposta dell’onorevole Cevolotto sul collocamento dell’articolo, confessa che era della sua stessa opinione; ma va tenuto presente che si tratta di un articolo che la Sottocommissione non si impegna di sostenere come primo articolo della Costituzione, ma come primo articolo delle sue proposte.

Per quel che riguarda la proposta dello onorevole Marchesi di sostituire la parola «libertà» a quella «autonomia», si rimette a quanto verranno decidere i colleghi. Se l’onorevole La Pira è d’accordo, si dice disposto ad accettare tale emendamento.

Dichiara di essere nettamente contrario alle proposte degli onorevoli Merlin e Lombardi. La proposta dell’onorevole Merlin si riporta a discussioni già fatte: essa richiama la dizione che fu inserita nella Costituzione francese del 1789. Ma c’è da osservare che, a distanza di un secolo e mezzo, dopo un così grande progresso culturale, giuridico e sociale, questi concetti debbono ormai considerarsi superati.

La parola «inalienabili» è quella del progetto della Costituzione francese, concordato tra i rappresentanti comunisti, socialisti e del movimento repubblicano popolare. Per lui è la sola espressione accettabile. Si opporrà a che sia introdotta la parola «naturali».

È poi in posizione antitetica a quella del collega Lombardi, che vuol sopprimere il concetto di solidarietà sociale, nel capoverso del secondo articolo. L’onorevole Lombardi ha fatto riferimento a Bastiat, ma errò nel collocarlo prima della Rivoluzione francese, essendo questo autore vissuto nei primi dell’ottocento. Le sue espressioni sono di un liberismo che negava questo concetto, mentre poi Proudhon riaffermava il principio della solidarietà.

Ritiene che parlando di «solidarietà sociale» non si dice una ingenuità. Non intende affermare che in concreto non ci saranno lotte di classe, ma il dovere della Costituzione è quello di mirare ad un massimo sforzo di solidarietà sociale. Vi sono dei diritti che derivano dal principio della libertà ed altri che derivano dal principio della uguaglianza e della solidarietà sociale. Si tratta di uno sforzo verso la solidarietà sociale, in senso anti-individualista. Se si toglie questo, si rompe l’equilibrio che deve esservi tra l’esercizio degli antichi diritti della persona e l’esercizio di questi diritti in senso sociale, accompagnati cioè dallo sforzo di creare una solidarietà sociale.

Per la stessa ragione non rinuncia al capoverso del secondo articolo, il quale comprende la sola parte che è stata presa dalla sua relazione.

Per quanto riguarda le altre proposte degli onorevoli Mancini e Marchesi, si rimette alle decisioni del correlatore La Pira.

LA PIRA, Relatore, è del parere che debba essere conservata la parola «autonomia». È vero che questa parola si identifica con quella «libertà», ma nel concetto di «autonomia» affiora anche un certo contenuto di spiritualità che si ricollega alla posizione kantiana, che ha pure un riflesso spirituale.

Per quanto riguarda l’osservazione dell’onorevole Marchesi, circa il pericolo di esautorare lo Stato, risponde che non è davvero questo che si vuole. Lo Stato deve avere la funzione altissima di integrare l’autonomia delle persone e dei gruppi sociali; tale funzione è sua specifica. Quindi si deve rafforzare l’autorità statale, ma col contemporaneo rispetto dell’autonomia dei singoli.

MARCHESI mantiene la sua proposta. «Autonomia» sta bene; è l’uomo che dà leggi a se stesso. Ma vi sono due libertà: la libertà interiore che non ci può essere data e tolta da nessun governo, massimo dono che l’uomo possa fare a se stesso attraverso una lunga e spesso travagliata esperienza, approdo supremo del proprio personale destino, che non può essere regolata né minacciata dalla legge. C’è poi una libertà politica, la quale va distinta. Usando la parola «autonomia» si pone l’individuo, fonte originaria d’autorità, di fronte alla autorità subordinata dello Stato. Gli sviluppi di questo concetto non avverranno praticamente, ma possono essere pericolosi. Occorre astenersi dallo stabilire ed accettare posizioni che possono portare a conseguenze di inevitabile disaccordo.

TOGLIATTI appoggia la proposta dell’onorevole Marchesi di sostituire la parola «libertà» all’altra «autonomia». E ciò per una ragione molto semplice: che tutti capiscono la parola «libertà». La parola «autonomia» è invece un termine difficile a spiegarsi. Cosa vuol dire «autonomia»? Vuol dire facoltà di darsi leggi da sé. Ora l’autonomia intesa in questo senso esiste sempre. Esiste anche sotto la dittatura. Nel concetto di autonomia è implicito il concetto dell’interiorità della coscienza, che è sempre libera in qualsiasi condizione, anche se l’uomo è in carcere. La libertà è invece un’altra cosa. Inserendo qui il termine e il concetto di autonomia ci si allontana da quanto era stato deciso: di lasciare, cioè, da parte affermazioni ideologiche e rimanere sul terreno della politica, ossia dei rapporti fra gli uomini.

PRESIDENTE ricorda che questo concetto di autonomia fu acquisito nella discussione della precedente seduta.

TOGLIATTI osserva che sostanzialmente i due concetti si equivalgono, ma la formulazione viene a guadagnare usando il termine «libertà».

DE VITA fa presente che il compito del legislatore è quello di disciplinare e non quello di definire. Nell’articolo 1° si trova qualche definizione laddove, ad esempio, si dice: «…riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all’uomo, sia come singolo, sia nelle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si perfeziona». Questa è una vera e propria definizione. Propone pertanto di sopprimere l’articolo 1°. L’articolo 2° diverrebbe così articolo 1°. Ricorda che le definizioni sono sempre pericolosissime e possono dar luogo a preoccupazioni continue. Queste osservazioni valgono per l’insieme del progetto, nel quale, a suo avviso, tutte le definizioni dovrebbero essere eliminate.

LUCIFERO dichiara di non aver partecipato alla discussione perché ha avuto l’impressione che questi articoli, così come sono compilati, non risolvano nessuno dei problemi posti, anzi trasportino nella coscienza di chi dovrà interpretare la Costituzione il dibattito che già si è svolto dinanzi alla Sottocommissione. Non crede che così come essi sono, mantenendoli o modificandoli in senso non sostanziale, possano risolvere i problemi dibattuti. Quindi dichiara che si asterrà dalla votazione.

LOMBARDI GIOVANNI parla per dichiarazione di voto. Ha proposto che i due articoli siano convertiti in uno solo; ma poiché il collega De Vita, partendo da un altro punto di vista, giunge sostanzialmente alla sua stessa conclusione, dichiara di associarsi alle sue proposte.

PRESIDENTE, dopo aver riassunto la discussione, pone ai voti la proposta De Vita per la soppressione pura e semplice dell’articolo 1.

(Non è approvata)

Avverte che pertanto l’articolo rimane, salvo le modificazioni che saranno votate.

Fa a tale riguardo presente che l’onorevole Mancini ha proposto che venga tolto l’inciso «in cui le persone debbono completarsi a vicenda». I relatori hanno dichiarato di non insistere a che questo inciso sia mantenuto.

(La proposta di togliere l’inciso, messa ai voti, è approvata).

Avverte che l’onorevole Merlin ha proposto di sostituire alla parola «inalienabili» l’altra «naturali».

MERLIN UMBERTO dichiara di ritirare la sua proposta.

PRESIDENTE ricorda che gli onorevoli Marchesi e Togliatti hanno proposto di sostituire alla parola «autonomia» l’altra «libertà».

(La proposta, messa ai voti, non è approvata).

TOGLIATTI propone in linea subordinata di aggiungere alla parola «autonomia» l’altra «libertà».

(La proposta, messa ai voti, è approvata).

LOMBARDI GIOVANNI chiede perché non è stata posta in votazione la sua proposta.

PRESIDENTE gli ricorda che egli aveva dichiarato di accedere alla proposta De Vita che, secondo la sua dichiarazione, giungeva per diverse vie, alla stessa conclusione. Per questa ragione ha posto ai voti prima la proposta De Vita perché più radicale.

Dà lettura dell’articolo 1° come risulta con le modificazioni approvate: «La presente Costituzione, al fine di assicurare l’autonomia, la libertà e la dignità della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica e spirituale, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri dell’uomo sia come singolo, sia nelle forme sociali nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».

Mette ai voti l’articolo nel suo complesso.

(È approvato).

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 2 così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di religione, sono eguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

TOGLIATTI domanda se la lettera «e» di cui al primo comma non debba essere piuttosto una «o». Infatti le virgole che precedono debbono intendersi come disgiuntive.

PRESIDENTE ritiene che anche rimanendo la lettera «e» il significato sia sufficientemente chiaro.

LUCIFERO suggerisce che alla espressione «gli uomini», sia sostituita l’altra «i cittadini» che gli sembra assai più appropriata.

MASTROJANNI desidera qualche chiarimento nei riguardi del 1° comma circa le parole: «hanno diritto ad eguale trattamento sociale». Non comprende infatti quale sia l’esatto significato di tale dizione.

LUCIFERO si associa alla osservazione dell’onorevole Mastrojanni, aggiungendo che, in fondo, il trattamento sociale deve intendersi già compreso nella eguaglianza di fronte alla legge. Non capisce quindi perché si debba usare una terminologia che deve intendersi per lo meno superflua. Se la legislazione ha anche un carattere sociale, è naturale che tutti i cittadini siano uguali di fronte a questa legislazione anche per quanto concerne il trattamento sociale.

CEVOLOTTO vuole fare una questione di collocamento. Ricorda che i relatori dovevano formulare un articolo sulle libertà civili e cioè libertà, uguaglianza e solidarietà. Ora si domanda se l’articolo relativo all’eguaglianza debba essere collocato in questa sede, ovvero in altra. In alcune Costituzioni il principio relativo all’eguaglianza è collocato nei principî generali dello Stato. Infatti, nelle sue proposte di articoli, per la parte affidatagli, aveva formulato un articolo relativo all’ eguaglianza proprio nella struttura dello Stato, nei seguenti termini:

«Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La nascita, il sesso, la razza, le condizioni sociali, le credenze religiose, il fatto di non avere alcuna credenza, non possono costituire la base di privilegio o di inferiorità legale».

Gli sembra che tale formulazione sia giuridicamente più precisa e meglio adatta ad una Costituzione. Ad ogni modo, a prescindere dalla preferenza per l’una o per l’altra formulazione, insiste sulla questione del collocamento, e cioè, se sia questa la sede più adatta per l’affermazione del principio di eguaglianza.

TOGLIATTI ritiene che l’osservazione del collega Cevolotto sposti il terreno della discussione. D’altra parte non è escluso che l’articolo, dopo l’approvazione, possa trovare altra collocazione. L’essenziale è di arrivare a un punto di accordo sulla formulazione dei due articoli, salvo poi trovare la collocazione più adatta. Personalmente sostiene la dizione proposta dai relatori, respingendo la critica dell’onorevole Lucifero. Se ha ben compreso, non si vuole qui alludere ad una legislazione sociale completa, perché in tal caso il concetto sarebbe già compreso nella prima parte del primo comma. Invece con le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si vuole esprimere la tendenza della nuova Costituzione ad incanalare lo sviluppo della nostra società verso una maggiore eguaglianza. Ed è proprio questo lo spirito che vorrebbe alitasse nella nuova Costituzione.

MASTROJANNI riterrebbe utile che i relatori chiarissero il concetto del comma in esame, e solo in seguito i colleghi fossero ammessi a discuterne.

BASSO, Relatore, risponde subito, per quanto l’onorevole Togliatti abbia già anticipato la sua risposta. Pensa (ed ormai in regime democratico ritiene che tutti pensino) che non basta l’eguaglianza puramente formale, come quella caratteristica della vecchia legislazione, per dire che si sta costruendo uno Stato democratico, ma che invece l’essenza dello Stato democratico consista nella misura maggiore o minore del contenuto che sarà dato a questo concreto principio sociale. Naturalmente i primi articoli della Costituzione non possono essere delle norme concrete di pratica applicazione, ma delle direttive indicate al legislatore come un solco in cui egli debba camminare, come affermazione della finalità cui la democrazia tende e cioè verso l’eguaglianza sociale.

PRESIDENTE domanda all’onorevole Lucifero se mantiene la sua opposizione al 1° comma dell’articolo.

LUCIFERO pur essendo perfettamente d’accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Togliatti e Basso, afferma che tale concetto non gli sembra adeguatamente espresso nella formulazione proposta. Ritiene che in ciò stia anche la ragione della perplessità manifestata dal collega Mastrojanni.

MANCINI si dichiara d’accordo con gli onorevoli Togliatti e Basso e in disaccordo con l’onorevole Lucifero. Afferma che il concetto non solo è chiaro, ma anzi è espresso magnificamente dalla parola «trattamento» Però, per completare il concetto, propone dopo la parola «sociale» di aggiungere «e politico» per evitare il caso di avere un trattamento politico diverso da quello sociale.

DOSSETTI osserva che per quanto riguarda la collocazione, c’è una ragione per mantenere l’articolo 2° strettamente connesso con l’articolo 1°. Nell’articolo 1° infatti si determinano i fini, mentre nell’articolo 2° si stabiliscono le modalità, che sono duplici in relazione all’autonomia della persona ed alla solidarietà sociale.

Circa poi la proposta dell’onorevole Cevolotto, per una migliore formulazione ed una differente collocazione, potrebbe essere anche d’accordo, ma fa osservare che in tutte le Costituzioni una cosa è la dichiarazione programmatica dell’eguaglianza dei cittadini ed un’altra la realizzazione di questa eguaglianza in varie forme, una delle quali potrebbe essere l’eguaglianza nella politica a cui si richiamava l’onorevole Cevolotto.

Rivedendo l’articolo 2°, nota che nella esclusione delle eventuali discriminanti, se ne è dimenticata una e cioè la nazionalità. Propone, quindi, dopo la parola «razza» di aggiungere le altre «di nazionalità». Fa presente che anche il relatore, onorevole Basso, conviene in questa proposta.

MASTROJANNI, malgrado i chiarimenti forniti dal relatore Basso, è sempre dell’avviso che l’ultima parte del 1° comma debba essere soppressa. In questa parte si afferma un principio verso il quale lo Stato rimane impegnato solennemente e per la cui applicazione e realizzazione deve occuparsi. Si domanda perciò in qual modo il legislatore potrà raggiungere questa finalità. Ritiene che non si possa affrontare una questione di così vasta importanza e portata, fin quando non si conoscano i metodi attraverso i quali si intende raggiungere lo scopo che l’articolo si prefigge. Insiste pertanto per la soppressione dell’ultima parte del 1° comma inquantoché lo Stato per il raggiungimento di quei fini, potrebbe sperimentare metodi contrastanti con le ideologie che egli professa.

CEVOLOTTO propone di sostituire all’espressione «a prescindere», la parola «indipendentemente» che gli sembra più adatta.

Circa l’aggiunta della parola «nazionalità», proposta dall’onorevole Dossetti, ritiene che sia necessaria una matura ponderazione. Non è vero che gli uomini rispetto ad un determinato Stato siano tutti eguali anche se sono di nazionalità differente, in quanto la nazionalità per lo Stato può essere ragione di discriminazione. È naturale che tutti gli uomini di cittadinanza italiana sono uguali di fronte allo Stato italiano, ma non può ammettersi a priori che la stessa condizione si verifichi in pieno per i cittadini di altra nazionalità. Accogliendo la proposta dell’onorevole Dossetti, bisognerebbe anche accettare quanto è stato proposto dall’onorevole Lucifero, di sostituire cioè alle parole «gli uomini» le altre «i cittadini».

DOSSETTI osserva che se si distingue tra nazionalità e cittadinanza nessun dubbio ha più ragion d’essere.

PRESIDENTE fa rilevare che la nazionalità presuppone sempre la cittadinanza.

CEVOLOTTO ribadisce che conservando le parole «gli uomini» ed aggiungendo la parola «nazionalità» il significato rimane sempre ambiguo. Se invece alla parola «gli uomini» si sostituiscono le altre «i cittadini» allora può essere d’accordo nell’aggiungere la discriminazione relativa alla nazionalità.

CARISTIA esprime l’opinione che la espressione «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si presti a dubbi ed equivoci. La prima parte del comma è tecnicamente e giuridicamente precisa, ma ognuno si domanderà che cosa significhi assicurare ai cittadini il diritto ad un eguale trattamento sociale. Si è da più parti affermato che questo trattamento sociale è una aspirazione, una tendenza in base a cui lo Stato dovrebbe soddisfare le esigenze che ormai si impongono, e cioè quelle di far sì che tutti i cittadini tendano ad una migliore condizione sociale. Questo, però, non giustifica, a suo avviso, una affermazione di tal genere. Del resto non comprende come mai lo Stato potrebbe assumere il compito di assicurare a tutti i cittadini non solo il diritto di eguaglianza di fronte alla legge ma anche il diritto ad un eguale trattamento sociale, nello stesso modo e con le stesse garanzie con cui assicura l’eguaglianza giuridica. Oltre il fatto che l’espressione «trattamento sociale» è molto elastica e difficile a definire, dichiara di non potersi assumere la responsabilità di votare un articolo che contenga una simile espressione. Si tratta infatti di due cose assolutamente diverse: nella prima parte del primo comma dell’articolo si assicura un diritto di eguaglianza giuridica, che va garantito e sarà certamente attuato; nella seconda parte si tratta di una aspirazione degna del massimo rispetto, ma che però è espressa in un modo e con una forma che si presta ad infiniti equivoci.

PRESIDENTE ritiene che, dopo l’esauriente discussione avvenuta, si possa procedere alla votazione.

Domanda innanzi tutto all’onorevole Caristia se condivida l’opinione dell’onorevole Mastrojanni, ovvero creda suggerire una migliore e più adatta formulazione.

CARISTIA dichiara che non è facile trovare un’altra formulazione. Ad ogni modo si tratterebbe, da un punto di vista giuridico, di un diritto privo di qualsiasi garanzia.

MASTROJANNI, in via del tutto subordinata, propone di sostituire alla parola «trattamento» l’altra «riconoscimento».

MORO ritiene che, in questa materia, voler definire il senso rigorosamente giuridico, non sia una cosa attuabile senza rinunziare ad una dichiarazione di affermazione della tendenza progressiva che deve avere la democrazia italiana nell’attuale momento. Parlando del diritto ad un eguale trattamento sociale, s’intende mettere in luce il carattere dinamico che deve avere lo Stato democratico. Ciò è espresso nella seconda parte dell’articolo, in cui si afferma che è compito dello Stato e della società, di eliminare gli ostacoli che impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e del suo completo sviluppo.

CARISTIA ritiene che allora il secondo comma dovrebbe essere così formulato: «lo Stato deve tendere alla attuazione della eliminazione degli ostacoli di ordine economico-sociale, ecc.».

PRESIDENTE è di avviso che se si aggiungesse nel secondo comma dopo le parole: «è compito» la parola «perciò» si verrebbe meglio ad esplicare, nel campo della pratica attuazione, il principio affermato nel primo comma e non avrebbero più ragion d’essere le preoccupazioni dell’onorevole Caristia e di quanti non ritengono troppo esatta la dizione del primo comma stesso.

MORO mette in evidenza che attualmente si è in una fase fluida dei rapporti sociali per cui, pur sperando che si possa arrivare al più presto ad un loro concretamento, per il momento è necessario limitarsi ad affermare lo spirito che deve animare la Costituzione. Per questo motivo non può accogliere la proposta formulata dall’onorevole Mancini di aggiungere la parola «e politico», dopo la parola «sociale» in quanto il diritto ad un eguale trattamento politico rientra nella eguaglianza di fronte alla legge.

Circa l’aggiunta delle parole «di nazionalità», dopo le parole «di razza», gli sembra che anche lasciando l’espressione «gli uomini» si potrebbe egualmente accettare la discriminante della nazionalità, perché anche nel diritto privato è riconosciuta una eguaglianza di trattamento anche per gli stranieri che sono nello Stato italiano. Ritiene infatti che sia bene affermare nella Costituzione una eguaglianza di trattamento, almeno in sede di diritto privato, a coloro che sono di altra nazionalità.

CEVOLOTTO rileva che in fondo i relatori non hanno ancora risposto a quello che era il dubbio esposto dall’onorevole Caristia, e cioè quale sia il significato della espressione «hanno diritto ad uguale trattamento sociale». Pur essendo pienamente favorevole al concetto che si intende esprimere, e pur non nascondendosi la difficoltà di trovare un termine perfettamente appropriato, ritiene che l’espressione adoperata non sia molto chiara e felice: gli ricorda troppo l’offerta di cibi e bevande che un tempo si faceva all’ospite.

MANCINI, rispondendo all’onorevole Moro, fa rilevare che l’eguaglianza di cui si parla nella prima parte del comma in discussione è giuridica e non politica. Pertanto gli uomini devono avere diritto non solo ad un eguale trattamento sociale ma anche politico. Afferma di nuovo l’esattezza della parola «trattamento» tanto è vero che coloro che sono contrari ad essa, non sono riusciti a sostituirla con nessun’altra che abbia il medesimo valore.

CARISTIA dichiara che non ha nulla in contrario all’affermazione della tendenza della Repubblica ad assicurare ai cittadini un eguale trattamento sociale, ma non si sente di assumere la responsabilità di votare una espressione come quella che è stata formulata.

PRESIDENTE riassume i vari emendamenti proposti per il primo comma dell’articolo 2.

L’onorevole Lucifero propone di sostituire le parole «gli uomini» con le altre «i cittadini».

Mette ai voti tale emendamento.

(Non è approvato).

L’onorevole Cevolotto aveva proposto di sostituire alle parole «a prescindere» l’altra «indipendentemente».

CEVOLOTTO dichiara di non insistere, trattandosi di un emendamento di forma.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Dossetti diretto ad aggiungere le parole «di nazionalità» a quelle «di razza».

(È approvato).

Vi è infine la proposta di sopprimere le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale».

CEVOLOTTO conferma di essere favorevole al concetto, ma contrario alla forma. Ritiene che se si coordina la prima parte con la seconda si potrebbe anche sopprimere l’inciso, in quanto la seconda parte non fa che riprodurre la prima in termini più esatti. Si asterrà pertanto dal voto.

LUCIFERO è d’accordo sul concetto, che del resto riaffiorerà in tutte le varie disposizioni della Costituzione, ma ritiene che in questa sede l’espressione manchi della necessaria chiarezza. Voterà perciò per la soppressione.

PRESIDENTE pone ai voti la soppressione dell’inciso.

(Non è approvata).

Ricorda infine che l’onorevole Mancini aveva proposto di aggiungere alla fine del comma le parole «e politico».

MORO ritiene che aggiungendo all’inizio del secondo comma un «perciò» sarebbe più evidente il preciso riferimento alla prima parte dell’articolo, mentre aggiungendo le parole «e politico» si verrebbero a confondere le idee.

MASTROJANNI ricorda che aveva proposto di sostituire alla parola «trattamento» la parola «riconoscimento». Desidererebbe sapere dall’onorevole Mancini, se nell’ipotesi che venisse accolta la sua subordinata, egli insisterebbe ancora nell’aggiungere la parola «politico».

MANCINI insiste nella sua proposta.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta Mancini di aggiungere dopo la parola «sociale» la parola «politico».

(Non è approvata).

Avverte che la prima parte dell’articolo 2, dopo gli emendamenti approvati, rimane così formulata:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale».

Dà lettura della seconda parte dell’articolo, nella formula proposta dai relatori:

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

DE VITA rileva che, nel comma dell’articolo 2 si parla dell’eguaglianza di diritto di fronte alla legge, e nel primo capoverso dello stesso articolo si parla di ostacoli di indole economica e sociale, che dovrebbero essere eliminati perché limitano la libertà e l’uguaglianza di fatto degli individui. Al posto delle parole « …di fatto» si dovrebbe dire «…di diritto», perché così si viene ad affermare l’eguaglianza giuridica dei cittadini.

TOGLIATTI fa presente che è proprio il termine «di fatto» che dà una nuova impronta alla legge.

BASSO, Relatore, osserva che dopo aver fatto una solenne affermazione dei principî di libertà e di eguaglianza, nella concreta realtà sociale, questi principî possono trovare poi ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il raggiungimento dell’affermata eguaglianza. Pertanto tutta l’opera della legislazione italiana deve tendere ad eliminare questi ostacoli.

DE VITA pensa che gli ostacoli di ordine economico e sociale limitano la libertà e l’eguaglianza di diritto che è affermata nel 1° comma.

TOGLIATTI propone che il termine «di fatto» venga posto dopo il gerundio «limitando». In questo modo anche il collega De Vita sarebbe soddisfatto.

MANCINI, premesso che quando si parla della persona umana e del suo completo sviluppo fisico, economico e spirituale, non si deve trascurare la parte culturale, propone di aggiungere dopo la parola «economico» anche l’altra «culturale».

BASSO, Relatore, obietta che la parola «spirituale» comprende anche la parte culturale.

MASTROJANNI propone di aggiungere prima della parola «eliminare» le altre «contribuire a», in quanto il compito di eliminare gli ostacoli, oltre che dello Stato e della società, potrebbe essere anche dell’individuo.

LUCIFERO fa presente alla Commissione che, pure essendo tutti d’accordo sul concetto generale, con la proposta formulazione può sorgere il dubbio che si venga a dare allo Stato dei poteri illimitati. Pertanto ritiene che si potrebbero affermare questi concetti nei vari articoli della Costituzione, ma non adottare una formulazione che domani potrebbe fornire un appiglio per qualunque arbitrio. Propone quindi di sopprimere il proposto capoverso.

PRESIDENTE mette ai voti la soppressione proposta dall’onorevole Lucifero.

(Non è approvata).

Ricorda che vi è una sua proposta di aggiungere dopo la parola «compito», la parola «perciò». La mette in votazione.

(È approvata).

Segue la proposta dell’onorevole Mastrojanni di premettere alla parola «eliminare» le altre «contribuire a». La mette in votazione.

(Non è approvata).

Dopo la parola «limitando» vi è l’osservazione del collega De Vita, che ha dato luogo alla proposta concreta del collega Togliatti nel senso che le parole «di fatto» che stavano dopo le altre «la libertà e l’eguaglianza», siano spostate e poste dopo il gerundio «limitando». La pone in votazione.

(È approvata).

Vi è infine la proposta del collega Mancini di aggiungere «culturale», dopo la parola «economico». La mette in votazione.

(È approvata).

Fa presente che l’articolo potrebbe ora essere messo in votazione nel suo complesso con le modifiche testé approvate.

LOMBARDI GIOVANNI, confermando la dichiarazione già fatta, e cioè che a suo avviso questo articolo è antistorico e antisociologico, dichiara che si asterrà dalla votazione.

LUCIFERO, pur essendo d’accordo nella sostanza, come ha già dichiarato, ritiene questo articolo insidioso per la libertà e quindi darà voto contrario.

MASTROJANNI, associandosi all’onorevole Lucifero, dichiara che egli pure voterà contro.

PRESIDENTE mette in votazione l’intero articolo, così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto a uguale trattamento sociale.

È compito perciò della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico, culturale e spirituale di essa».

(È approvato).

Al termine della discussione si compiace con la Commissione per l’unanimità con la quale, essa ha partecipato a tutte le riunioni: diciotto membri presenti su diciotto, nessuno assente. Questo è un elemento che va tenuto nel dovuto conto, come segno di serietà della Commissione. Si compiace anche dello sforzo che tutti hanno fatto per arrivare alla formulazione ed all’approvazione di questi due articoli, che rappresentano veramente un contributo assai notevole alla dichiarazione dei diritti fondamentali della persona umana.

Rinvia il seguito dei lavori a domani alle ore 10, pregando gli onorevoli La Pira e Basso di accordarsi sulla formulazione degli articoli in ordine alle altre questioni che formano oggetto delle loro relazioni.

La seduta termina alle 13.10.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Grassi, Iotti, La Pira, Lombardi Giovanni, Lucifero, Mancini, Marchesi, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti, Tupini.