Come nasce la Costituzione

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MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XVIII.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

INDICE

Nomina del Ministro del tesoro:

Cappa, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri            

Dimissioni di un Deputato:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni (Svolgimento):

Cappa, Sottosegretario di Staio per la Presidenza del Consiglio dei Ministri

                                                                                                                          

Godignola                                                                                                        

Corsi, Sottosegretario di Stato per l’interno                                                        

Restagno, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici                                      

Cassiani, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale                 

Merlin Umberto                                                                                              

Marazza, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia                                  

Pignatari                                                                                                         

Giolitti, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri                                           

Basile                                                                                                               

Scoca, Sottosegretario di Stato per le finanze                                                      

Presidente                                                                                                        

Bellusci, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione              Pellizzari      

Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro                                                     

Marchesi                                                                                                          

Martino, Sottosegretario di Stato per la guerra                                                  

Geuna                                                                                                               

Micheli, Ministro della marina                                                                           

Barontini Anelito                                                                                     581

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri:

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri,

Ministro per l’interno e, ad interim, degli affari esteri                                           

Lombardi Riccardo                                                                                         

Mariani Francesco                                                                                         

Mozione (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri,

Ministro per l’interno e, ad interim, degli affari esteri                                           

Perassi                                                                                                              

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Nomina del ministro del tesoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.

CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Onorevoli colleghi, per incarico del signor Presidente del Consiglio, mi onoro informarvi che, dietro sua proposta, con decreti in data odierna, il Capo Provvisorio dello Stato ha accettato le dimissioni presentate dall’onorevole professor Epicarmo Corbino da Ministro Segretario di Stato per il tesoro ed ha nominato Ministro per il tesoro l’avvocato Giovambattista Bertone, Deputato all’Assemblea Costituente. (Applausi al centro).

Dimissioni di un deputato.

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea la seguente lettera inviatami dall’onorevole Greppi:

Roma, 18 luglio 1946.

«Onorevole Presidente dell’Assemblea Costituente,

«Eletto sindaco di Milano il 14 maggio e deputato alla Costituente il 2 giugno, mi sono reso facilmente conto dell’impossibilità pratica di adempiere, col necessario impegno, ai doveri delle due cariche. La prego pertanto di accogliere le mie dimissioni da deputato. Delicate e comprensibili ragioni morali mi inducono a conservare il posto e la responsabilità di sindaco.

«Con i voti più ardenti per i lavori della Costituente, Le esprimo la mia grande deferenza.

«Antonio Greppi».

Nessuno chiedendo di parlare, pongo ai voti l’accettazione di queste dimissioni.

(Sono accettate).

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni. La prima è dell’onorevole Codignola, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere quali siano i criteri fondamentali ai quali si ispirerebbe il progetto di autonomia in favore della «Regione Tridentina», che la stampa ha annunciato recentemente come di prossima emanazione, e per richiamare l’attenzione del Governo sulla inopportunità che provvedimenti di questo genere, di natura tipicamente costituzionale, vengano emessi per mezzo di decreti governativi, mentre la Costituente è chiamata ad elaborare la nuova costituzione dello Stato italiano; segnalando particolarmente il pericolo che l’intera riforma in senso autonomistico della struttura statale, auspicata da larghi settori della Costituente, possa essere compromessa da provvedimenti legislativi ispirati piuttosto ad esigenze particolaristiche, che non ad una visione complessiva del problema, nel generale interesse del Paese».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha facoltà di rispondere.

CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Come fu annunciato in un comunicato stampa del 7 marzo ultimo scorso, il Prefetto di Bolzano è stato incaricato di provvedere alla elaborazione di uno schema di autonomia regionale per la Venezia Tridentina, valendosi di esperti e di quelle consultazioni locali che consentano di tener conto delle aspirazioni della regione e dei vari gruppi linguistici.

Il Governo non ha avuto ancora conoscenza dello schema elaborato in proposito; ma è fuori dubbio che il progetto di autonomia per la Venezia Tridentina dovrà essere in ogni caso sottoposto all’approvazione della Assemblea Costituente, al pari di ogni altra materia attinente all’ordinamento costituzionale dello Stato, che esula dalla competenza legislativa del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. L’onorevole Codignola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

CODIGNOLA. Prendo atto delle dichiarazioni dell’onorevole Sottosegretario alla Presidenza e soprattutto prendo atto delle assicurazioni che egli dà che il problema della autonomia tridentina verrà sottoposto all’esame dell’Assemblea Costituente, trattandosi di un problema di natura costituzionale. Devo rilevare, per altro, che il progetto Innocenti, cui l’onorevole Sottosegretario si è riferito, è già stato preparato ed è già noto a quanti si interessino della questione.

Tale progetto presenta degli aspetti, che potrei definire preoccupanti, nei riguardi del problema generale delle autonomie.

Chiunque sia persuaso – come il gruppo autonomista, di cui faccio parte – della esigenza di una radicale riforma strutturale dello Stato italiano nel senso autonomistico, è particolarmente preoccupato che una riforma di questo carattere venga preparata, non in base ad una visione generale del problema che investa l’intera struttura dello Stato, ma in base a visioni che possono essere particolaristiche e possono riguardare interessi locali, spesso in contrasto con l’interesse generale del Paese.

A questo riguardo, credo opportuno che l’Assemblea debba particolarmente preoccuparsi del fatto che sotto il nome di Regione Tridentina sembra si voglia – prima che la nuova Costituzione dello Staio venga ad essere posta in atto – raccogliere così la provincia di Trento, come la provincia, di Bolzano.

Tutti sanno che esistono effettivamente delle tradizioni, nella provincia di Trento, di natura autonomistica. Tuttavia noi riteniamo che queste ragioni non siano tali da far precedere una legislazione di questo genere, di carattere particolare, in favore del Trentino, a una riforma generale dello Stato. Vi sono altre regioni italiane, che hanno egualmente forti esigenze autonomistiche, e per le quali non si prevede nulla di simile.

D’altra parte noi riteniamo che anche quelle disposizioni prese a suo tempo nei riguardi della Sardegna, della Sicilia e della Val d’Aosta, per quanto prese, in generale, per ragioni anche di carattere internazionale o per pressioni di altra natura, siano disposizioni che presentano notevole pericolo nei riguardi dell’unità dello Stato italiano. Noi siamo persuasi che una seria riforma autonomistica debba rafforzare l’unità dello Stato italiano e non metterla in pericolo. E pertanto essa ha valore soltanto se attuata, tenendo conto dell’insieme del problema, e non in base a situazioni particolari.

Ora, nei riguardi della Venezia Tridentina, cioè delle provincie di Bolzano e di Trento, è necessario che l’Assemblea si renda conto che esistono degli interessi non soltanto degli autoctoni, dei trentini, e non soltanto degli allogeni, ma anche dei cittadini italiani, che si sono trasferiti in Alto Adige, in seguito agli accordi italo-tedeschi del 1939. In seguito a questi accordi 70 mila cittadini altoatesini lasciarono l’Italia, avendo optato per la Germania; e questi 70 mila cittadini tedeschi sono stati sostituiti da altrettanti cittadini italiani.

Ora, come sapete, a seguito dei recenti accordi internazionali De Gasperi-Grüber, pare che si pensi a fare rientrare in Italia i 70 mila cittadini ex alto-atesini, che optarono per la Germania. Questi cittadini furono a suo tempo trasferiti dalla Germania in Cecoslovacchia, per germanizzare la Cecoslovacchia; essi sono stati ora cacciati dalla Cecoslovacchia e nel momento stesso in cui anche l’Austria manda in Germania i cittadini austriaci, che avevano optato per la Germania, noi dobbiamo riaccogliere in Italia quei 70 mila cittadini, che a suo tempo optarono per la Germania.

Devo far presente che la cosa riveste un carattere estremamente delicato, anche dal punto di vista politico, oltre che economico.

Dal punto di vista politico, faccio presente che l’accordo prevede la possibilità di rientro in Italia anche di quei cittadini ex alto-atesini, che passarono in Germania, non in seguito a opzione, ma perché si arruolarono nelle SS germaniche, cioè perché fecero la guerra nazista contro di noi. Un accordo compreso nella legge del 1939 prevedeva difatti che coloro che avessero militato nelle forze armate germaniche potessero ottenere la cittadinanza germanica.

È noto come i nazisti dell’Alto Adige abbiano ferocemente combattuto contro di noi. Tutti ricordano le stragi di Bolzano e di Merano. Queste persone rientrerebbero ora tranquillamente in Italia, in virtù di accordi internazionali.

Credo che l’Assemblea debba rendersi conto del grave pericolo che ciò rappresenterebbe, dopo gli inconvenienti lamentati a seguito della recente amnistia: tali inconvenienti non mancherebbero di riprodursi, in senso peggiorato, in Alto Adige.

E si badi che il testo del decreto che si dovrebbe approvare nei riguardi delle opzioni usa le stesse espressioni infelici che sono state rilevate a proposito dell’amnistia, come quando si dice che gli interessati possono riavere la cittadinanza italiana a meno che non abbiano compiuto atti di particolare efferatezza, o qualcosa di simile. Ciò significa che in pratica tutti quelli che hanno compiuto atti di ferocia in Alto Adige possono rientrare in Italia.

Non credo che sia questa una manifestazione nazionalistica, ma credo che si tratti del preciso interesse del Paese e dell’antifascismo, in una zona così delicata come quella del confine alto-atesino.

Devo aggiungere che il ritorno di questi 70.000 nazisti importerebbe la necessità di reintegrare un patrimonio calcolato «grosso modo» a 13 miliardi. È dunque necessario che l’Assemblea abbia un’idea esatta del problema, prima che sia portato davanti ad essa per le deliberazioni.

Infine devo far presente che il progetto di autonomia, che l’onorevole Sottosegretario ha dichiarato di non conoscere, ma che è in mie mani, contiene dichiarazioni pericolose per una autonomia che non sia separatista.

Cito, fra gli altri, un articolo che dà facoltà ai sindaci della Venezia Tridentina di stabilire che i cittadini italiani possono o non possono prendere la residenza nella Venezia Tridentina. I sindaci hanno facoltà di rifiutare la residenza nel caso che i cittadini italiani intendano recarvisi senza una determinata posizione economica. Ciò significa ritornare a posizioni assai arretrate dello Stato italiano, e ritengo che l’Assemblea debba rivolgere la massima attenzione perché inconvenienti di questo genere non abbiano a verificarsi. (Applausi a sinistra).

CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Faccio osservare che la replica dell’onorevole interrogante ha esulato, nella sua quasi totalità, dal contenuto dell’interrogazione.

Devo confermare che il Governo non conosce il progetto di autonomia che è stato redatto. Devo osservare, inoltre, per quello che riguarda i rapporti internazionali, che essi saranno discussi quando verranno dinanzi a questa Assemblea; ed ugualmente, per quel che riguarda la situazione della autonomia nella Venezia Tridentina, si discuterà in questa Assemblea quando il problema le verrà sottoposto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Mastrojanni, al Ministro dell’interno, «per conoscere le ragioni che hanno determinato il sindaco di Rignano Flaminio ad ordinare, con foglio di via obbligatorio, al cittadino italiano Gardin Alberico Antonio di abbandonare quel paese, senza che ricorresse alcuno dei motivi previsti dalla legge di pubblica sicurezza; e per conoscere, inoltre, perché il sindaco predetto, nonostante l’intervento della Prefettura di Roma, cui il Gardin Alberico si rivolse, per protestare contro l’ingiusto provvedimento, non abbia fino ad oggi revocato l’arbitrario ordine».

Non essendo l’onorevole Mastrojanni presente, la sua interrogazione si intende decaduta.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Merlin Umberto, ai Ministri dell’interno, dei lavori pubblici e del lavoro e previdenza sociale, «per conoscere dal Ministro dell’interno i provvedimenti presi in relazione ai gravi fatti avvenuti a Rovigo il 23 luglio. A seguito della dolorosa situazione in cui versa la popolazione per causa della disoccupazione, la Camera del lavoro aveva dichiarato lo sciopero generale. Una folla, guidata da elementi irresponsabili, assaltò la Prefettura e, non incontrando resistenza nella forza pubblica assente, usò violenza alla persona del prefetto. Chiede altresì di conoscere le disposizioni adottate per punire i colpevoli di così grave reato, che costituisce offesa alla autorità dello Stato. Chiede inoltre al Ministro dei lavori pubblici se intenda immediatamente di far eseguire nel Polesine tutti i lavori pubblici già predisposti, che sono indispensabili per alleviare il triste fenomeno della disoccupazione. Interroga, infine, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla necessità di intervenire perché nel Polesine sia sollecitamente concluso il patto colonico per l’anno agricolo in corso, patto tuttora non firmato, il che è causa di grave turbamento dell’ordine pubblico».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. In Rovigo, alle ore 6 del giorno 22 luglio, la Camera confederale del lavoro proclamò lo sciopero generale di tutte le categorie di lavoratori, a causa soprattutto della mancata attuazione dei lavori preannunziati a sollievo della disoccupazione, e della mancata conclusione della vertenza mezzadrile.

Alle ore 10 dello stesso giorno, circa 300 disoccupati, riunitisi presso la Camera del lavoro, si recarono dinanzi alla Prefettura, dove, rompendo i cordoni della polizia, ed attraverso la porta di servizio di una via secondaria, penetrarono nello studio del prefetto, costringendolo a raggiungere la sede del municipio ed a dare assicurazioni che in giornata si sarebbero dovuti risolvere i problemi agitati.

Frattanto, un gruppo di facinorosi raggiunse la sede dell’ufficio dell’assistenza post-bellica, dove si impossessarono di numerosi pacchi vestiario.

Il prefetto, dopo aver brevemente parlato dal balcone del municipio, poté rientrare in Prefettura e dispose per aver rinforzi di polizia dalle provincie viciniori, nonché per una immediata convocazione degli esponenti locali dell’agricoltura e dell’industria, allo scopo di avvisare ad urgenti misure contro la disoccupazione.

Il Ministero dell’interno, mentre ha provveduto a segnalare la situazione a quello dei lavori pubblici, prospettando l’urgenza di disporre l’esecuzione dei lavori, a sollievo della disoccupazione, ha inviato sul posto un ispettore generale allo scopo di accertare le responsabilità inerenti agli incidenti verificatisi. In seguito a tali accertamenti, è stato disposto per la sostituzione del questore, che ha mancato di efficiente azione direttiva nel fronteggiare la situazione, nonché del commissario ausiliario di pubblica sicurezza comandante degli agenti, elemento dimostratosi incapace.

Come responsabili delle violenze, sono stati denunziati in stato di arresto all’Autorità giudiziaria 33 individui.

Il processo è stato fissato, per direttissima, al 10 settembre.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici ha facoltà di rispondere.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. Per la parte della interrogazione che si riferisce all’intervento del Ministero dei lavori pubblici, è da tenere presente che tutte le disposizioni consentite dalla presente situazione dei fondi sono già state prese, allo scopo di fronteggiare il fenomeno della disoccupazione in provincia di Rovigo.

Nel programma generale delle opere figura per detta provincia una larga previsione di spesa di lire 1.700.000.000: l’assegnazione effettiva si è dovuta ridurre in rapporto agli insuperabili limiti delle attuali disponibilità liquide.

È stato possibile far luogo alla assegnazione globale, per opere varie in provincia di Rovigo, di lire 100.000.000, somma del resto cospicua, che permetterà di intraprendere un quantitativo di opere che si ritiene sufficiente a lenire la disoccupazione per un periodo stagionale.

È da tenere conto altresì che con recente provvedimento è stata disposta la speciale assegnazione di lire 32.250.000 per opere da eseguirsi in Adria; e che altri 15 milioni sono stati assegnati al Consorzio di Bonifica Campagna Vecchia Inferiore per scavo canale Ramo Storto.

Il Magistrato alle acque, Provveditorato regionale alle opere pubbliche con sede in Venezia, avrà cura di procedere senza indugio alla esecuzione delle opere come sopra predisposte e il Ministero non mancherà di incitare gli uffici esecutivi perché le desiderate realizzazioni abbiano luogo con le necessarie continuità e sollecitudine.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

CASSIANI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. A quanto hanno risposto gli onorevoli Sottosegretari Corsi e Restagno debbo aggiungere che le organizzazioni sindacali del Polesine, in seguito a premure da parte del Ministero del lavoro, hanno stabilito, con accordo del 23 luglio scorso, di portare a termine entro il 30 settembre prossimo le trattative dirette a concludere patti agrari per l’annata 1946-47.

PRESIDENTE. L’onorevole Merlin Umberto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

MERLIN UMBERTO. Posso dichiararmi soltanto in parte soddisfatto. Ho voluto più che tutto con la mia interrogazione richiamare l’attenzione della Camera e del Paese sulla gravità dei fatti che sono avvenuti a Rovigo il 25 luglio in danno del prefetto, non tanto per l’episodio gravissimo in sé, quanto perché mi pare che per la sua costante ripetizione esso rappresenti l’indice di un sistema. Questi facinorosi che violano le regole e gli ordini dati da tutti i partiti organizzati e che offendono anche la disciplina imposta dalle organizzazioni sindacali, fanno il danno del Paese e il danno anche del nuovo Stato che si sta faticosamente formando. Il Prefetto rappresenta nella provincia la più alta autorità dello Stato, e questi assalti alle Prefetture, queste invasioni, queste violenze indubbiamente tolgono prestigio e dignità ai prefetti. Deplorarli è un dovere: dare opera perché non si ripetano è fare cosa utile alla Nazione. Colgo l’occasione per richiamare anche l’attenzione del Sottosegretario all’interno sulla necessità che cessi il periodo di vice-prefettura cui è stata lasciata la provincia di Rovigo, perché non è giusto: il Prefetto è una vittima e non meriterebbe e non merita nessuna punizione.

La forza pubblica fu assente, non intervenne a difenderlo. Nel cortile della Prefettura c’erano 150 guardie, le quali non mossero un passo per difendere il Prefetto. Convengo che il suo prestigio possa essere diminuito, e che quindi forse sia opportuno trasferirlo in un’altra provincia, ma chiedo insistentemente al Sottosegretario all’interno che non si lasci la provincia di Rovigo retta da un vice-prefetto.

Quanto alla risposta che mi ha dato l’ottimo collega Restagno, dichiaro subito che come prova di buon cuore io l’accetto, ma è una elemosina. E non posso dichiararmi soddisfatto, perché una provincia che ha chiesto un miliardo e 700 milioni per lavori pubblici, non può accontentarsi di cento milioni.

RESTAGNO, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. È un primo acconto.

MERLIN UMBERTO: Va bene; speriamo nell’avvenire e speriamo nelle future assegnazioni. Ma vi dico questo: non si tratta di spendere delle somme tratte dal risparmio nazionale, in sussidi che non renderebbero nulla; si tratta di spendere in una provincia che ha ancora 50 mila ettari da bonificare. La mia provincia di Rovigo, per opera dei tedeschi, venne in buona parte allagata (almeno nel delta del Po), vennero distrutti tutti i magnifici ponti che avevamo costruito con tanto sacrificio, paesi interi rasi al suolo, strade rovinate. Quelle popolazioni vanno ricostruendosi la loro vita, ma bisogna aiutarle; e io domando che si tenga conto di questi bisogni, perché spendere dove utilmente si spende non è solo un dovere, è anche un buon affare. Per cui confido che alle promesse fattemi seguiranno nuove assegnazioni ed il Polesine, vero granaio d’Italia, darà frutti sempre più abbondanti a vantaggio di tutto il Paese. (Applausi).

Quanto al patto colonico, ringrazio della risposta, ma la mia interrogazione era precedente alla firma del patto stesso.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Pignatari, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga opportuno disporre per la sospensione del decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1946, n. 247, con cui si elevava il limite di valore della competenza del conciliatore a lire 5000 e a lire 50 mila quello della competenza pretoria, fino a quando non si attui l’invocata riforma del Codice di procedura civile, in vista del disservizio e delle aggravate difficoltà nella risoluzione delle controversie derivanti dalla mancanza di pretori titolari in un gran numero di preture e dalla insufficienza numerica del personale di cancelleria e nel Mezzogiorno anche dalla difficoltà delle comunicazioni».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia ha facoltà di rispondere.

MARAZZA, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. L’emanazione del decreto legislativo 5 aprile 1946, col quale la competenza del conciliatore è stata elevata fino a lire 5000 e quella del pretore fino a lire 50.000, è stata determinata dalla richiesta di autorevoli capi di uffici giudiziari, i quali hanno fatto presente come la svalutazione monetaria avesse prodotto uno svuotamento della competenza dei giudici inferiori, più vicini al popolo, ed un concentramento della attività giudiziaria dei tribunali, già oberati di lavoro.

Come misura urgente, per ovviare agli inconvenienti creati dallo spostamento dei valori, è stato quindi richiesto l’aumento del limite di competenza, che il Codice di procedura civile del 1940 aveva fissato in lire 1000 e 2000 per il conciliatore ed in lire 10.000 per il pretore.

È evidente che dopo la svalutazione monetaria questi limiti di valore non potevano essere mantenuti senza grave pregiudizio e per le parti, costrette, per liti di piccola entità, a ricorrere ad un organo giudiziario più lontano e più costoso, oppure a rinunciare all’esercizio del loro diritto, e per gli uffici giudiziari. Per altro il limite della competenza del pretore, di cui al decreto del 1946, è stato contenuto nella misura di lire 50.000, nonostante le proposte di un elevamento maggiore e più adeguato all’effettiva svalutazione monetaria, essendosi considerato che detta competenza comprende le cause relative a diritti immobiliari, il cui valore va calcolato in base al tributo diretto verso lo Stato, non ancora adeguato alla svalutazione monetaria. Tuttavia, anche per dette cause va ricordato che ormai il decreto 7 febbraio 1946 ha provveduto ad un primo adeguamento di detto tributo, essendosi stabilito che i redditi dominicali e agrario, a decorrere dal 1° gennaio 1946, sono rivalutati moltiplicandosi per il coefficiente tre. Tale rivalutazione si ripercuote sul calcolo del valore delle cause relative a diritti reali, sui terreni, a sensi dell’articolo 15 Codice procedura civile, in quanto essendo il tributo diretto verso lo Stato pari a lire 10 per ogni 100 lire di reddito imponibile, il tributo stesso risulta triplicato in conseguenza della riferita svalutazione e conseguentemente viene triplicato il valore delle cause relative a diritti reali su terreni.

Sembra pertanto che contro la fondatezza del provvedimento modificativo della competenza per valore dei giudici conciliatori e dei pretori non possano muoversi serie obiezioni e che il provvedimento stesso debba essere mantenuto per esigenze imprescindibili dell’amministrazione della giustizia civile.

PRESÌDENTE. L’onorevole Pignatari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

PIGNATARI. L’onorevole Sottosegretario ha messo in rilievo i motivi che hanno determinato l’aumento della competenza, ma non ha sostanzialmente risposto alla nostra interrogazione, con la quale non chiedevamo l’abrogazione del decreto, ma ne chiedevamo la sospensione. E la nostra richiesta è giustificata dalle condizioni disastrose nelle quali si trovano le preture nel Mezzogiorno d’Italia.

Alla mia interrogazione hanno dato la loro adesione numerosi colleghi avvocati e tutti meridionali. Nella circoscrizione del distretto della Corte di appello di Potenza su 57 preture mancano 17 titolari. Vi è nel mandamento la pretura di Pisticci, di notevole importanza, dove da 7 anni manca il titolare. Ora è perfettamente giusto che si voglia avvicinare e che si debba avvicinare la giustizia al popolo; ma dei provvedimenti e delle innovazioni se possono essere giustificate in astratto, in concreto si manifestano del tutto inopportuni e intempestivi, quando non vi sono i pretori, quando gli uffici di Cancelleria non funzionano, quando le comunicazioni sono disastrose, e un avvocato per recarsi in una pretura deve perdere tre giorni di tempo. Ciò non significa avvicinare la giustizia al popolo, ma significa invece rendere del tutto inefficiente la funzione giudiziaria. È. per questo che non posso dichiararmi soddisfatto della risposta dell’onorevole Sottosegretario.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Basile, al Ministro degli affari esteri, «per sapere se non ritenga di interessare il Governo degli Stati Uniti d’America per la restituzione del Consolato a Messina, centro della emigrazione calabro-sicula».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha facoltà di rispondere.

GIOLITTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La iniziativa per l’apertura e per l’ubicazione degli uffici consolari degli Stati Uniti, come di ogni altro Stato in Italia, è di esclusiva competenza dello Stato interessato, che vi provvede a seconda delle necessità dei propri servizi, di cui esso solo è giudice.

Le organizzazioni professionali e commerciali della regione possono direttamente far pervenire, ove lo ritengano opportuno, i loro voti alle autorità americane. Il Ministro degli affari esteri, da parte sua, potrà, a titolo amichevole, ove se ne presenti l’occasione, segnalare tale desiderio al Governo nord-americano.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BASILE. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario della promessa di appoggiare la richiesta.

PRESIDENTE. Segue un’altra interrogazione dell’onorevole Basile, al Ministro delle finanze, «per sapere se non ritenga di intervenire efficacemente e prontamente per assicurare il ripristino a Messina della Scuola allievi ufficiali della guardia di finanza, inviando sul posto un ispettore generale e sospendendo il provvedimento della Direzione generale del demanio, che con ministeriale 10 corrente n. 93969, senza attendere l’esito delle pratiche già in corso col Comando generale della guardia di finanza, ha destinato il palazzo della Libertà – ex littorio – (che doveva accogliere la Scuola) a sede dell’ufficio tecnico erariale, che può trovare ampi locali nell’ex G.I.L. attualmente inutilizzati e non adatti e insufficienti come sede della Scuola nautica».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

SCOCA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Assicuro l’onorevole interrogante che sarà ripristinata la Scuola nautica della guardia di finanza, essendosi trovata la possibilità di allogarla nel palazzo già del littorio, potendo l’Ufficio tecnico erariale trovare posto nell’edificio dell’ex Gioventù italiana del littorio.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BASILE. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario e anche particolarmente l’onorevole Ministro per il suo interessamento nell’accogliere la mia proposta di allogare l’Ufficio tecnico erariale nell’edificio dell’ex G.I.L. e di assegnare il palazzo della Libertà a sede della Scuola nautica. Così tutto sarà sistemato e Messina, che è stata spogliata di molti uffici pubblici, non subirà questa spoliazione. Iniquo sarebbe stato non restituire a Messina la scuola nautica che da ultimo funzionò a Pola e ora torna così alla sua sede naturale e definitiva. D’altra parte l’Ufficio tecnico erariale avrà sede decorosa in un altro edificio rispondente a tutte le esigenze.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Bordon, al Ministro di grazia e giustizia, «sui provvedimenti che intende prendere perché, in ordine all’applicazione dell’amnistia, sia consentito a coloro che abbiano fatto parte delle forze di liberazione di beneficiare largamente di essa e all’uopo siano, in considerazione del loro passato, abrogati, nei loro confronti, i casi di esclusione dal beneficio del condono, di cui all’articolo 10 del decreto in esame».

Non essendo presente l’onorevole interrogante si intende che abbia rinunziato alla interrogazione.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Pellizzari, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere – premesso che, con decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1945, n. 238, fu stabilito che i trasferimenti dei professori universitari di ruolo, disposti durante il periodo fascista dal Ministro della pubblica istruzione senza il voto delle Facoltà interessate, fossero revocati, e che i professori così trasferiti venissero restituiti alla sede di origine, salvo che le Facoltà non credessero di chiedere con esplicito voto il trasferimento annullato – se non ritenga conforme a giustizia e coerente ai diritti di autonomia tradizionalmente riconosciuti nelle Facoltà universitarie, provvedere affinché tali disposizioni vengano estese anche ai casi dei professori i quali, vincitori di concorso per una determinata sede, vennero dal Governo fascista, arbitrariamente e spesso contro l’esplicito voto delle facoltà, destinali a sede diversa da quella per la quale avevano vinto il concorso; non solo privando con ciò le Facoltà dell’esercizio del loro diritto di chiamata, ma danneggiando gli evidenti diritti dei professori di ruolo delle altre Università, ai quali veniva così preclusa la possibilità di un trasferimento spesso ambito come legittimo premio di una onesta attività di studio e di insegnamento».

Il Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

BELLUSCI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. La questione alla quale si riferisce l’onorevole interrogante ha la sua base nell’articolo 7 del Regio decreto-legge 20 giugno 1935, n. 1071, che dava facoltà al Ministro di nominare di sua iniziativa i vincitori di un concorso universitario destinandoli a determinate sedi, indipendentemente dalla chiamata e perfino contro la volontà delle Facoltà competenti.

Né il decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1945, n. 238, del quale l’onorevole interrogante vorrebbe l’applicazione analogica al caso in esame, né alcun altro dei provvedimenti recentemente emanati con lo scopo di cancellare dalle Università le tracce dell’amministrazione fascista, prevedono la revisione delle nomine, come sopra disposte.

Quanto al menzionato decreto legislativo luogotenenziale n. 238 (a parte la considerazione che non ne sarebbe possibile l’applicazione in via analogica, perché qui si versa in materia di diritto singolare, dove l’analogia non può funzionare), non si vede come potrebbe essere applicato praticamente al caso in esame.

Infatti, nel caso di trasferimenti, il professore non gradito dalla Facoltà deve tornare alla Università di provenienza, senza perdere il posto che gli compete. Nel caso, invece, di professore che abbia l’assegnazione della sede all’atto della nomina, non potrebbe essere fatta questione di restituzione alla sede di competenza, ma rimarrebbe all’Amministrazione solo la possibilità di orientarsi per una di queste due soluzioni: a) cessazione dal servizio dell’interessato, conseguenza evidentemente eccessiva e tale che deve avere trattenuto il legislatore dall’assimilare questo caso a quello dei trasferimenti; b) destinazione degli interessati ad altro Ateneo. Ciò, evidentemente, sostituirebbe ad un atto di imperio del Governo fascista un analogo atto da parte del Governo attuale, il quale dovrebbe disporre l’assegnazione ad una cattedra universitaria, prescindendo dalla chiamata della Facoltà competente.

D’altra parte, è da tener presente che i professori tuttora in servizio, che furono nominati senza la chiamata della Facoltà, ammontano, al presente, a circa un centinaio, e che nessun Ateneo ha sollevato la questione, fatta eccezione per un unico nominativo.

PRESIDENTE. L’onorevole Pellizzari ha facoltà di dichiarare e sia soddisfatto.

PELLIZZARI. Devo dichiarare con vivo rincrescimento che io non sono né punto né poco soddisfatto di questa risposta

Si sono create due categorie di professori, tanto gli uni quanto gli altri inviati alle loro sedi attuali per atti di arbitrio del Governo fascista. Si è fatto un decreto perché i trasferiti di imperio, gli imposti senza loro merito ad altra Facoltà, tornassero al posto di origine e non si è pensato – «transeat» per il passato – e non si pensa adesso a fare un decreto per il quale coloro che vinsero, ad esempio, la cattedra di Perugia e furono di prepotenza destinati a Roma debbano tornarsene a Perugia, cioè alla cattedra che essi vinsero. Ciò sia detto senza mortificazione di nessuna Facoltà.

Ora, onorevole Sottosegretario di Stato, questi professori, o siano uno o siano cento, occupano malamente il posto che occupano, lo occupano senza dignità, lo occupano anche senza che moralmente la loro posizione sia accettabile. Lei dice che solo un caso è stato sollevato. Io non so quanti siano. Uno l’ho sollevato io, e l’ho sollevato proprio perché studenti e insegnanti si sono energicamente rifiutati di accettare per maestro e per collega uno studioso che non era giunto alla cattedra genovese per aver vinto il relativo concorso o per chiamata della Facoltà, ma c’era venuto per la prepotenza di un ministro asino e fascista. (Approvazioni a sinistra).

Stando così le cose, mi ripeto insoddisfatto; e dall’energia del Ministro Gonella attendo un decreto che restituisca il diritto offeso e l’ordine manomesso; perché certi professori, in condizioni così anormali, non riusciranno mai ad insegnare; e bisogna bene che si pongano quei poveri diavoli di rettori in condizioni di far funzionare le loro Università, che, così come oggi, non possono pienamente adempiere ai loro compiti (Applausi).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Marchesi ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, «per sapere se non ritengano ormai tempo di riprendere in considerazione e finalmente emanare i due decreti-legge con i quali venivano autorizzati i bandi di un concorso speciale per maestri e di altro per le direzioni didattiche riservati a coloro, i quali per comprovate ragioni politiche o razziali, non avevano potuto partecipare a quelli banditi in periodo fascista; e che già elaborati fin dal novembre 1945, vennero accantonati a causa delle obiezioni sollevate dal Tesoro su un dettaglio non essenziale, e precisamente sulla data di decorrenza dell’anzianità da attribuire agli eventuali vincitori dei concorsi»

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

BELLUSCI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Si conferma che da circa un anno il Ministero della pubblica istruzione ha predisposto ed inviato al Ministero del tesoro per il preventivo assenso uno schema di provvedimento legislativo in favore degli insegnanti elementari e dei direttori didattici, che, a suo tempo, non poterono adire i normali concorsi magistrali per motivi razziali o politici.

Il provvedimento stesso non ha potuto però avere corso fino ad ora, per varie osservazioni via via avanzate dal Ministero del tesoro (l’ultima è del 6 corrente mese); osservazioni alle quali il Ministero della pubblica istruzione ha sempre replicato.

Pertanto, per quanto riguarda tale Dicastero, non è esatto che il provvedimento sia stato «accantonato», e si continuerà ad insistere affinché possa avere ulteriore corso.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

PETRILLI. Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il Ministero del tesoro ha proposto alcune osservazioni con la nota 6 settembre, alla quale si attende una replica per poter essa formare oggetto di nuova disamina da parte del Ministero del tesoro, dopo di che potrà essere adottato un provvedimento definitivo.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole interrogante se si dichiara soddisfatto.

MARCHESI. Non posso dichiararmi soddisfatto. Si tratta in buona parte di uomini di alta dignità morale e civile, i quali hanno resistito alle intimazioni della tessera fascista, sobbarcandosi all’esclusione dal pubblico ufficio e all’arresto della carriera. Alcuni di costoro hanno già superato i limiti di età valevoli per la partecipazione al concorso. È naturale che ad essi non si può applicare la norma comune.

Anzi questi esclusi, da lungo tempo esclusi dai ruoli dell’insegnamento e dell’avanzamento, non debbono essere giudicati insieme con coloro i quali non hanno dovuto subire gli stessi maltrattamenti. Uno dei due progettati bandi di concorso riguarda i direttori didattici. Nel 1931, un gruppo numeroso di maestri, munito del titolo di abilitazione alla vigilanza scolastica, si presentò al concorso per la direzione didattica, ma ne fu escluso per carenza politica, cioè per mancanza di tessera fascista. Questo nel 1931. Pochi anni dopo, le gerarchie della Minerva bandivano un concorso per direttore didattico. Mi è pervenuto un’ora fa questo documento, dal quale rilevo che erano ammessi al concorso i maestri sprovvisti del diploma di abilitazione, purché rivestissero la qualifica di ex combattenti o di legionari fiumani, o avessero partecipato alla marcia su Roma, o fossero iscritti al partito nazionale fascista in data anteriore al 28 ottobre 1922. Questi maestri, muniti di così nobili titoli, oggi occupano da molto tempo il posto di direttori didattici e nell’imminente assegnazione di sedi saranno certamente preferiti per la loro anzianità.

Dunque i provvedimenti sono urgenti e le esitazioni e le incertezze della ragioneria generale dello Stato non hanno alcuna giustificazione a una tanto esasperante lentezza.

Una volta che l’epurazione è fallita, e questo dobbiamo riconoscere con più o meno di soddisfazione, e che ai compromessi col fascismo sono aperte tutte le porte, almeno se ne apra qualcuna a questi nobili cittadini italiani che del fascismo sono state le vittime meno vistose, ma non meno meritevoli. (Applausi a sinistrai).

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevole Lozza (Platone, Mezzadra, Iotti Leonilde) ai Ministri dell’interno e delle finanze, «per sapere se non intendano smobilitare al più presto e sopprimere la G.I. (Gioventù italiana) o E.N.A.G. (Ente nazionale assistenza gioventù) che, nel metodo e nella scarsa serietà d’organizzazione, troppo ricorda l’ex G.I.L. Gli interroganti sono d’avviso che l’assistenza potrebbe essere affidata ai patronati scolastici, e l’insegnamento della ginnastica potrebbe essere affidato (come vien fatto per le altre discipline) al Ministero della pubblica istruzione»

Non essendo presente l’onorevole interrogante, l’interrogazione si intende decaduta.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Mezzadra, al Ministro dell’assistenza post-bellica, «per conoscere se non intenda: 1°) aumentare le somme destinate al risarcimento dei danni provocati dai fascisti e dai tedeschi durante le azioni di guerriglia partigiana; 2°) accelerare i lavori di accertamento dei danni suddetti da parte delle commissioni prefettizie, affinché la ricostruzione degli immobili possa avvenire prima dell’inverno; 3°) iniziare detti lavori in alta montagna, perché tale zona è colpita nell’inverno prima della pianura».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, l’interrogazione s’intende decaduta.

Segue l’interrogazione degli onorevoli Lozza, Platone, Iotti Leonilde, ai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, «per sapere se non ravvisino la necessità di bandire al più presto i concorsi (tanto generali quanto speciali per reduci, partigiani, combattenti) a carattere di scuole elementari (concorsi provinciali) e di scuole medie, al fine di alleviare la disoccupazione magistrale e per dare alla scuola un corpo insegnante stabile e selezionato».

Non essendo presenti gli onorevoli interroganti, s’intende decaduta l’interrogazione.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Riccio, al Ministro delle finanze, «per sapere se intende, in considerazione che gli aumenti salariali corrispondono a necessità insopprimibili ed agli aumentati costi di vita, concedere ai dipendenti dello Stato ed agli agenti ferroviari con famiglia numerosa esenzioni tributarie totali o parziali e non limitarle alle prime lire 100,000, in esecuzione dell’articolo della legge 14 giugno 1928, n. 1312, non più corrispondente alle esigenze di equità e di giustizia».

Non essendo presente l’onorevole Ministro delle finanze, l’interrogazione si intende rinviata.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Geuna, al Ministro della guerra, «per sapere se, nello spirito di una vera giustizia sociale, il Ministero, in accordo con il Ministero del tesoro, intenda affrontare e risolvere la situazione economica degli ufficiali e sottufficiali attualmente in servizio effettivo presso le forze armate, prima di tutto per una esigenza reale indilazionabile di vita materiale ed anche per tutelare la dignità della gloriosa divisa delle forze armate italiane».

L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

MARTINO, Sottosegretario di Stato per la guerra. Effettivamente il trattamento degli ufficiali e dei sottufficiali delle forze armate è insufficiente ed anzi molto lontano dalla sufficienza, anche se questo non appare sempre evidente, poiché, pur di mantenere il decoro esteriore, il personale fa sacrifici oltre l’immaginabile.

Le cause dell’insufficienza del trattamento possono essere distinte nelle due seguenti categorie: cause comuni al personale civile e militare, dipendente dallo Stato; cause proprie delle condizioni dei militari.

Per quanto riguarda la eliminazione delle cause comuni a tutti i dipendenti statali, il problema dei militari è legato a quello del miglioramento economico di tutti i dipendenti, per i quali sono in corso le note discussioni da parte del Governo e degli organi sindacali.

Per quanto, invece, riguarda le cause proprie delle condizioni dei militari, si citano le principali e cioè: frequenza dei trasferimenti da attuarsi generalmente con urgenza; prestazione del servizio in località piccole, lontane dai grossi centri abitati o alla periferia (in senso lato) dei grossi centri; obbligo di servizio per 24 ore su 24 ed effettiva normale prestazione di servizio per oltre 12 ore giornaliere e spesso anche in ore notturne; obbligo di vestire con decoro l’uniforme; possibilità di essere mandati a prestare servizio fuori sede per periodi più o meno brevi collettivamente; prestazione di servizio in reparti che per esigenze varie non hanno a tutt’oggi una sede fissa.

In relazione all’effettivo grave stato di disagio degli ufficiali e dei sottufficiali, è intendimento del Ministero della guerra di proporre al Ministero del tesoro ed al Governo in questi giorni l’attuazione di un minimo di provvedimenti, che vengono in favore degli ufficiali e dei sottufficiali, pur tenendo conto dell’esigua disponibilità di bilancio.

Allo scopo sono state date disposizioni alla Direzione generale dei servizi di Commissariato ed amministrativi di compilare una proposta, che sarà pronta fra qualche giorno.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

GEUNA. Mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Barontini Anelito, ai Ministri della marina, dell’aeronautica e della guerra, «per conoscere che cosa o chi si opponga ancora alla rimozione da bordo delle navi, dagli uffici, dalle divise, dei simboli e degli emblemi monarchici e se non ritengano necessario dare a questo proposito immediati e precisi ordini; ciò, oltre che per una evidente esigenza politica, anche per evitare che giuste ma spontanee iniziative in tal senso possano sfociare in incresciosi incidenti».

L’onorevole Ministro della marina ha facoltà di rispondere.

MICHELI, Ministro della marina. Si tratta di una questione, per la quale non sono soltanto io chiamato in causa. L’interrogazione è diretta a tutte e tre i Ministri delle Forze armate, della marina, dell’aeronautica e della guerra.

Noi abbiamo incaricato della risposta il Ministro della guerra, in quanto egli è quello che in questa materia di distintivi, è maggiormente interessato e che ha preso l’iniziativa in proposito. Non ho peraltro difficoltà, giacché il signor Presidente mi ha dato la parola, di rispondere io pure in anticipazione, assicurando l’interrogante che i tre Ministeri si sono messi d’accordo perché l’invocato cambiamento venga eseguito con la maggiore celerità possibile.

Non è il caso che io mi fermi a parlare dei dettagli che si riferiscono a ciascuna Arma, perché non vorrei essere meno preciso per le altre Armi. Posso affermare che ciascuno dei nostri dicasteri si è occupato e preoccupato della questione.

Se non si è potuto definire con la rapidità che era nel desiderio di tutti, ciò si deve a difficoltà tecniche e pratiche. Non sempre si possono trovare tutti i materiali necessari per le sostituzioni necessarie, che non si poterono fare in parte, ma tutte insieme in modo che il provvedimento dimostrasse l’unità non solo dell’intendimento, ma anche dell’applicazione.

L’onorevole interrogante può esser certo che da parte del Ministro della guerra, presso il quale si è adunata anche una Commissione a questo proposito, come da parte del Ministero della aeronautica e da parte del mio dicastero c’è il desiderio di provvedere il più rapidamente possibile, ma, naturalmente, tenendo conto dell’opportunità di evitare ogni spesa superflua e con tutti i riguardi che bisogna tener presenti in provvedimenti di questo genere. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per la guerra ha facoltà di rispondere.

MARTINO. Sottosegretario di Stato per la guerra. A seguito del mutamento istituzionale è stato già disposto, che, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 19 gennaio 1946, n. 1, nella denominazione degli enti militari sia abolita ogni qualificazione riferentesi alla forma monarchica dello Stato, sopprimendo le parole regio o reale. La sigla, degli automezzi «regio esercito», è stata mutata in «esercito italiano». Per la modifica dei simboli che hanno attinenza con l’emblema dello Stato, si è stabilito di rimanere in attesa che questo emblema venga adottato.

Anche per i fregi e distintivi che devono essere sostituiti a quelli in uso si è in attesa dell’emblema dello Stato, di cui bisogna tener conto nelle modifiche da apportare.

Frattanto il Ministero della guerra, per eliminare senza ulteriori indugi tutti i segni che si ispirano al passato regime istituzionale, ha disposto che con effetto immediato siano soppresse dai fregi e controspalline le corone e le cifre reali; i generali sostituiranno l’attuale fregio con quello dell’Arma di provenienza. È stato disposto altresì che in attesa dei nuovi tipi sia sospeso l’uso di tutti i distintivi che recano la corona o lo scudo sabaudo, scettri e simili sui nastrini delle decorazioni le corone saranno sostituite da stellette. I bottoni con cifre reali dei Carabinieri saranno sostituiti con bottoni di frutto.

PRESIDENTE. L’onorevole Barontini Anelito ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

BARONTINI ANELITO. Prendo nota dei provvedimenti che vengono annunziati dal Governo e mi dichiaro soddisfatto. Però devo sollecitare l’applicazione di queste norme. Vi è infatti un numero non indifferente di militari i quali, per andare incontro a quella che era una giusta aspirazione del popolo italiano, avevano cominciato a togliere le corone reali dalla propria divisa, e per questo fatto sono stati puniti. Mi rivolgo al Ministro della guerra perché intervenga ad annullare queste punizioni a carico di militari che giustamente manifestavano la propria volontà che corrispondeva ad una giusta aspirazione del popolo italiano.

PRESIDENTE. Le interrogazioni inscritte all’ordine del giorno sono cosi esaurite.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri ha facoltà di parlare.

DE GASPERI Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Onorevoli colleghi, la crisi che il Paese attraversa ha molti aspetti e cause complesse, ma è chiaro che al suo centro sta il problema della stabilizzazione della lira. Il Governo nel cercare rimedio alla crisi ha quindi puntato su questi obiettivi: realizzare un’azione coordinata nel campo fiscale, in quello della tesoreria, in quello della produzione e in quello del lavoro che difenda il potere di acquisto della moneta, contenga i prezzi e superi la disoccupazione. Era questo il nostro programma fin dal costituirsi del Ministero, ma le dimissioni del Ministro del Tesoro, che per il suo ingegno e per lo zelo della sua fatica ebbe tanta parte nella nostra politica finanziaria, le polemiche precedenti o sopravvenute al suo ritiro, la stessa disputabilità e mutabilità della materia, resero opportuno un esame aggiornato dei provvedimenti concreti che si devono prendere e della loro coordinazione. L’esame fu fatto da un comitato di Ministri assistito dal Direttore della Banca d’Italia, al quale invio un particolare ringraziamento, e successivamente dal Consiglio dei Ministri.

Accenno qui solo alle linee principali: nel campo fiscale perseguire e rendere più efficace l’applicazione delle leggi tributarie vigenti, riorganizzando l’amministrazione e il meccanismo di accertamento e di riscossione, in modo da ricondurre la pressione tributaria almeno al livello pre-bellico. In particolare poi si è deliberato di introdurre una nuova imposta, o diverse imposte fra loro collegate, le quali incidano sui maggiori redditi monetari ottenuti dai possessori di beni reali causa la svalutazione della lira. Si diminuirà così la distanza attuale tra questi redditi e quelli dei possessori di titoli di Stato, di depositi bancari, pensioni, ecc. Tale imposta colpirà le azioni industriali, le terre e i fabbricati, questi ultimi quando, secondo un progetto di ricostruzione edilizia in esame, sarà possibile un graduale sblocco degli affitti, conguagliandone gli oneri che deriveranno alle classi meno abbienti.

È certo che tale complesso di provvedimenti costituirà un elemento deciso per stabilizzare la moneta e facilitare il consolidamento dei valori correnti dei beni. Avviatici a questa stabilità, ecco il momento per applicare, col massimo risultato possibile, l’imposta personale sul patrimonio, nella sicurezza che nel frattempo si saranno superate le difficoltà tecniche e il valore della moneta sarà consolidato anche per accordi internazionali.

Noi riteniamo che questo programma concreto e preciso, consigliato dai migliori tecnici e concordato fra tutti i partiti della coalizione, darà al Paese la certezza che il Governo ha la volontà e i mezzi di difendere la moneta. Riuscirà quindi facile ristabilire un clima di fiducia e di calma, e di lanciare, come primo atto, il prestito già predisposto nella forma di consolidato. Vi si introdurrà tuttavia la clausola che esso sarà rimborsabile dopo nove anni ai possessori che ne facciano richiesta. Altri provvedimenti per mobilitare il credito a mezzo degli Istituti specializzati, Consorzio per Opere Pubbliche, I.R.I., I.M.I., sono previsti in favore del programma ricostruttivo: ferrovie, elettricità, bonifiche, irrigazioni ecc., e così via. Tutte queste operazioni finanziarie devono però andare di conserva con la ripresa della produzione. E qui richiamo la vostra attenzione sull’opera del Comitato della ricostruzione, in seno al quale si sta completando l’esame dei principali settori di produzione, per rimettere su basi sane le industrie e risolvere la questione della mano d’opera e per coordinare i piani dei lavori dei tre ministeri: lavori pubblici, trasporti, agricoltura. Per l’anno 1946-47 sono già stanziati finora nel bilancio statale: lavori pubblici: 89 miliardi 925 milioni; agricoltura (bonifiche, irrigazioni ricostruzioni): 29 miliardi 460 milioni; trasporti: 54 miliardi 150 milioni; poste: 11 miliardi 131 milioni; industria e commercio, (miniere di zolfo): 100 milioni; monopoli (riparazioni): 4 miliardi.

Il Comitato interministeriale di ricostruzione sta ultimando anche il piano di importazione per il 1947, giacché nonostante un miglioramento nella bilancia dei pagamenti, si prevede ancora un deficit di 900 milioni di dollari. Il Comitato interministeriale di ricostruzione dovrà agire con energia e in profondità per indurre l’iniziativa privata, cui spetta un grande campo d’azione, ad operare secondo le linee richieste dall’interesse collettivo, secondo un piano nazionale.

Ma soprattutto è necessario che anche il campo del lavoro riesca a normalizzare e stabilizzare i suoi rapporti. Il Governo ha preso l’iniziativa di trattative tra le organizzazioni dei datori di lavoro e quelle di prestatori d’opera. La normalizzazione nei rapporti del lavoro è assolutamente indispensabile, per dare al Paese la sensazione che si rompe il cerchio vizioso rappresentato dallo aumento dei prezzi e il conseguente aumento dei salari. Solo con una tregua, che agevoli il consolidamento dell’equilibrio tra prezzi e salari, potranno delinearsi condizioni favorevoli per una ripresa dell’economia, cui non può essere provveduto integralmente col solo piano di lavori pubblici in corso di elaborazione. Ministri di tutti i partiti sono in ciò d’accordo. Bisogna che essi trovino in questa Assemblea e nel Paese il massimo appoggio. Contiamo soprattutto sulla comprensione e cooperazione delle organizzazioni sindacali.

Lo sciopero deve essere l’ultimo riparo contro una ingiusta e irrimediabile pressione economica; un’arma cui si ricorre soltanto in caso di legittima difesa sociale. Invece, in quest’ultimo periodo, esso divenne quasi l’arma normale quotidiana. Noi attendiamo dalla Costituente un ordinamento del lavoro che, garantendo ai lavoratori la rapida e sicura rappresentanza dei loro interessi, renda superfluo il ricorso allo sciopero. Ma frattanto le libere organizzazioni sindacali sono chiamate a collaborare con lo Stato per regolarlo e limitarlo. Nella necessità assoluta della ripresa economica, il frequente abbandono del lavoro ci preoccupa non solo dal punto di vista della produzione; ma esso è dannoso anche da un punto di vista psicologico. Molti non pensano che tutto il mondo è paese, che anche le convulsioni sociali sono sintomi fatali del dopo-guerra e della ventennale compressione, che esigenze legittime, ma esasperate, spingono talvolta a gesti inconsulti. E se ne vuoi far colpa al Governo o al regime, e quello che è peggio se ne trae la conseguenza di rinchiudersi in un pavido e sterile egoismo economico, che è il peggior nemico della nostra ripresa. Atteggiamento altamente deplorevole, ma chi ama la democrazia ed il progresso delle classi lavoratrici deve avvertire i rimedi. In qualche città per la prima volta dopo parecchi decenni si ebbe lo sciopero degli statali, non escluse le categorie più rappresentative e perfino i magistrati; il Governo fu unanime nel dichiararlo inammissibile, ma è anche unanime nel ritenere che le condizioni degli impiegati sono gravi e che bisogna fare ogni sforzo, che il bilancio consenta, per venire loro incontro. Lo stesso si dica per il personale degli Enti locali.

Oltre le infondate preoccupazioni per la sorte della lira, altri elementi psicologici si fecero valere anche sull’andamento dei prezzi. Si esagerò nel preannunciare come imminenti le conseguenze delle riparazioni; è giusto che la Conferenza di Parigi tragga da questi allarmi la convinzione che non deve procedere su questa via; ma per noi è troppo presto per abbandonarci ad un pessimismo morboso.

Ho ancora negli occhi la meravigliosa mostra di ottimismo che è la Fiera di Milano. Ora la parola d’ordine è produrre e lavorare; poi, ci fasceremo la testa.

Gli aumenti dei prezzi, dal 5 agosto al 5 settembre, differiscono da città a città ed anche le cause sono varie e non sempre le stesse. L’aumento del prezzo della carne bovina dal 4 al 4,6 per cento a Napoli fino al 17 per cento a Torino è dovuto alla minore offerta perché, in seguito alla diminuzione dei prezzi dei foraggi, si riservarono all’allevamento un maggior numero di capi di bestiame. L’aumento dell’olio di ulivo (massimo 27,3 per cento a Firenze) deve attribuirsi, almeno in parte, alla speculazione determinatasi in seguito al decreto 27 maggio, decreto invocato del resto a gran voce, che autorizzava i produttori dell’Italia meridionale a cedere le eccedenze di olio trattenuto per fabbisogno familiare ad un prezzo superiore all’ammasso.

Si notano poi anche nel campo sociale ed economico delle curiose antinomie. In certi momenti, sono proprio le misure prese di colpo e senza adeguata preparazione che provocano un ulteriore rialzo. Trovandomi a Milano innanzi al fatto compiuto di un decreto, ho autorizzato i prefetti delle provincie finitime, che lo credessero opportuno, a seguire l’esempio di Milano per un obbligo di solidarietà verso un così vasto centro di consumo; ma i prefetti troveranno, nella opera dei Comitati provinciali dei prezzi, il quadro legale sufficiente per ovviare agli eccessi maggiori.

La politica del Governo centrale è stata la seguente. Tenuto conto del parere di una riunione di Ministri e di rappresentanti di categoria (conferenza economica presieduta dall’onorevole Nenni) in cui non si credette di generalizzare l’applicazione del calmiere, per fronteggiare i recenti aumenti si preferì ricorrere ad alcune provvidenze che si concretano nei seguenti punti:

1°) una più rigorosa disciplina dei consumi dei generi già sottoposti a tesseramento;

2°) distribuzione straordinaria di generi di prima necessità per i maggiori centri di lavoro. Queste assegnazioni si attuano d’accordo con gli Alleati;

3°) istituzione di enti comunali di consumo con garanzia di finanziamento da parte dello Stato sino al 60 per cento delle somme mutuate;

4°) istituzione di ristoranti popolari con un contributo statale alle spese di impianto del 50 per cento: la garanzia dello Stato, fino al limite del 50 per cento delle somme mutuate, viene concessa anche agli enti che istituiscono i ristoranti popolari.

Ecco che questi due ultimi decreti del Governo offrono larghissime possibilità ai fattori locali e alle associazioni di svolgere con spacci di paragone e ristoranti un’azione calmieratrice pratica ed efficace. Ma non si deve dimenticare che il contributo principale che ha dato e può dare il Governo consiste nell’aumento delle razioni tesserate. Dal 1° luglio il pane è a 250 grammi con successivo abburattamento dell’85 per cento; la pasta da 500 grammi è stata portata a 2.000 grammi. Dal 1° agosto la razione mensile dello zucchero viene portata da 100 a 300 grammi, e notevoli quantitativi di zucchero si assegnano alle industrie alimentari. In quanto all’olio, si è sospeso il decreto che permetteva il reperimento presso i produttori.

L’obiettivo poi dell’Alto Commissario è di poter importare dei semi per poter arrivare forse ad una razione di 4 decilitri mensili.

La controprova di questi provvedimenti è già riuscita. Infatti, dai dati dell’ufficio centrale di statistica, risulta documentata una diminuzione dell’indice di alimentazione nei mesi di luglio e agosto rispetto alla media del trimestre aprile-giugno dell’anno corrente, diminuzione che l’Ufficio stesso attribuisce alla aumentata distribuzione dei generi razionati e contingentati. Vi è stato cioè un minor ricorso al mercato nero, e quindi le spese, nonostante gli aumenti dei prezzi, sono diminuite.

Per quanto si riferisce al settore dell’abbigliamento, il Governo ha già predisposto, d’accordo con l’U.N.R.R.A. che fornisce la materia prima, un piano di produzione di manufatti di cotone per un quantitativo di circa 150 milioni di metri in articoli di largo consumo. I primi contingenti saranno messi in distribuzione entro la metà del mese di ottobre. Inoltre, circa 25 milioni di chilogrammi di lana australiana e 11 milioni di chilogrammi di stracci di lana, saranno tra breve affidati per la lavorazione all’industria laniera per la produzione di tessuti di pura lana, a prezzi tali da permettere il loro acquisto da parte delle classi meno abbienti. È pure in corso di attuazione un programma di produzione di calzature.

Il pubblico non deve però dimenticare che siamo ancor sempre in un periodo di carestia, che le disponibilità mondiali sono ridotte e che dovremo fare sforzi particolari per mantenere le razioni così aumentate.

Mi pare cosi di avere risposto alle interpellanze di carattere finanziario ed economico. Ritengo però doveroso toccare anche un altro argomento che contribuisce al clima agitato di questi giorni: quello della occupazione delle terre incolte.

Il 26 agosto di quest’anno abbiamo approvato d’urgenza un provvedimento di legge che migliorava grandemente il decreto 19 ottobre 1944, nel senso che allargava le possibilità della concessione anche a terreni coltivati, ma suscettibili di una più razionale rotazione, e aumentava grandemente il numero delle commissioni aggiudicatrici. Tutto era predisposto per un rapido disbrigo delle richieste, e il Ministro dell’agricoltura aveva mandato ispettori nelle varie zone ove urgeva sollecitare il lavoro delle commissioni. Il Ministero dell’interno, in attesa della pubblicazione del decreto, aveva anche autorizzato i prefetti a procedere con misura di urgenza in base all’articolo 19.

A parte la. questione di diritto, non c’era quindi nessuna necessità di ricorrere alle occupazioni arbitrarie con dimostrazioni di forza. Il Governo favorisce, nell’ambito delle leggi, le aspirazioni dei contadini, né vale la scusa che si faceva tardi per le semine, perché il termine utile arriva a tutto novembre.

Il Governo vuole favorire la costituzione di vere cooperative agricole, intende mettere dei tecnici a loro disposizione, stabilire in loro favore centri dotati di macchine, controllati dallo Stato, distribuire concimi e sementi, ma questa opera deve essere fatta legalmente e con tutte le garanzie di una migliore produzione. L’occupazione tumultuaria, cui partecipano spesso accanto ai contadini bisognosi agricoltori agiati e non contadini, può portare a conflitti pericolosi. L’altro giorno, in un paese del Lazio, i carabinieri, avendo perquisito gli occupanti, ne trovarono 14 armati di bombe a mano.

Nelle Commissioni, del resto, si procede con criteri di larghezza. Da un rapporto del 17 settembre risulta che le tre Commissioni di conciliazione di Roma hanno esaminato 127 controversi risolvendone subito 43 e rinviando le altre a nuovo esame. In via di conciliazione vennero assegnati 2825 ettari su un totale di 7130.

La violazione del diritto privato non trova, quindi, nella urgente necessità la giustificazione sociale che, in altre condizioni, potrebbe avere.

Noi, col vostro concorso, intendiamo preparare la grande riforma agraria, con altre leggi preliminari che sta affrontando il Ministro dell’agricoltura di concerto con quello dei lavori pubblici.

Esse riguardano:

la costituzione dell’ente per la trasformazione fondiaria e di irrigazione in Puglia e in Lucania;

la costituzione dell’ente di colonizzazione della Sila;

l’agevolazione alla costituzione della piccola proprietà coltivatrice e alle cooperative agricole;

i provvedimenti per la montagna;

il programma generale di irrigazione e trasformazione fondiaria obbligatoria;

il provvedimento per le affittanze agrarie;

la riforma dei consorzi agrari.

Soltanto così, procedendo con metodo e sistema, creeremo qualche cosa di solido e duraturo.

Devo rispondere anche alle interpellanze sull’ordine pubblico.

Il fatto più grave, più sintomatico, più pericoloso è stato il gesto di un ufficiale della polizia ausiliaria di Asti. La stampa ne ha esagerato le conseguenze, sì che a Parigi i giornali parlavano di «rivolta nel Piemonte».

Il Governo si è preoccupato subito di separare questo episodio di insubordinazione dalla «questione partigiana» generale; di carattere politico ed economico; e questa fu anche la linea seguita dagli uomini più fattivi ed autorevoli della resistenza. Il gesto inconsulto rimase isolato.

Il Governo è certo che la decretata equiparazione dei partigiani combattenti con i militari volontari, la concessione del diritto di pensione di guerra, il riconoscimento dei gradi militari, l’immissione dei reduci della guerra nazionale, già in servizio ausiliario della polizia, nei ruoli della stessa, la messa a piede libero dei partigiani imputati di delitti politici soggetti ad amnistia, costituiscono provvedimenti che soddisfano le giuste esigenze di questi valorosi combattenti.

È anche vero, tuttavia, che questo tentativo – per quanto episodico – di ricorrere alla forza, questa possibilità di armi, anche ridotta a piccole proporzioni, ha destato inquietudine e preoccupazioni in molti strati della popolazione e serve, ad altri, di pretesto per coonestare propositi, se non organizzati, di movimenti di carattere sovversivo contro la Repubblica.

Noi saremo oltremodo vigili per soffocare qualsiasi tentativo che venisse da questa parte. Ma chiediamo ai partigiani, in nome della democrazia che essi stessi hanno contribuito a costituire, di aiutarci a fare che la legge sia una sola e che uno solo sia l’organo destinato a difenderla. (Applausi).

Da parte delle forze d’ordine statali proseguono le operazioni per il disarmo della popolazione civile. Data la quantità enorme di armi abbandonate dalla guerra, le operazioni non sono né agevoli, né brevi.

Il totale delle armi rastrellate dal 1° giugno 1945 risulta dal seguente prospetto: 2804 armi pesanti;

110220 armi lunghe da fuoco;

3909 armi corte da fuoco;

1363 armi bianche;

44377 bombe.

È noto che il Corpo dei carabinieri è stato aumentato e che quello di polizia si viene riorganizzando. Il potenziamento delle forze d’ordine ha già avuto effetti decisivi nella lotta contro la delinquenza in Sicilia. Particolari provvedimenti si stanno ora prendendo in altre zone, tra le quali l’Emilia, ricordata nell’interpellanza Perrone-Capano.

Devo rispondere ad alcuni particolari appunti che ci si fanno, alcuni dei quali compaiono anche nella lettera del Partito Repubblicano.

All’atto della proclamazione della Repubblica, col decreto legislativo Presidenziale 19 giugno, si dettarono le norme più urgenti per aggiornare formule di giuramento, di promulgazione, di intestazione giudiziarie e degli atti: si tolse lo stemma sabaudo dalla bandiera nazionale, si eliminarono in tutte le denominazioni le qualifiche monarchiche. Si credette invece che la creazione del nuovo emblema dello Stato non potesse essere sottratta all’Assemblea Costituente, e ci si limitò a nominare una commissione di studio che presenterà proposte all’Assemblea. Fu frattanto indispensabile consentire l’uso dei sigilli esistenti e per evidenti ragioni economiche anche l’uso, fino ad esaurimento, della scorta delle carte-valori, degli stampati e dei moduli.

È già pronto, e verrà sottoposto prossimamente al Consiglio dei Ministri, un progetto che stabilisce nuove formule di giuramento della Repubblica in sostituzione di quelle provvisorie vigenti.

Il Commissario del Ministero della Real Casa non ha altro incarico che di provvedere all’amministrazione dei beni dello Stato che costituivano la dotazione della Corona. È chiaro che egli ha proceduto e procede alla liquidazione di quei servizi che sono superflui, data la Costituzione della casa del Capo della Repubblica, e che in genere si dovrà provvedere ad una sistemazione meno transitoria.

In quanto al Senato, ricordo che il decreto 24 giugno dispone la cessazione della sua funzione dal giorno dell’insediamento di questa Assemblea, ma riserva a voi stessi, signori Deputati, di deliberare sulla situazione giuridica personale dei senatori. Il Governo, di sua competenza, non potrebbe andare più oltre, perché lo stesso decreto del giugno, pur così limitato, venne considerato dalla Corte dei conti materia costituzionale riservata alla Assemblea.

Anche la legge sulla stampa è materia costituzionale. Il Governo ha nominato una apposita commissione che elaborerà un progetto che vi verrà sottoposto. Intanto, avvalendosi della legge contro il neo-fascismo, ha deferito alla commissione del confino tre direttori di periodici e denunziato alla autorità giudiziaria alcuni dei casi più gravi. Non ho bisogno di dire che sono perfettamente d’accordo con gli altri postulati del documento repubblicano: ad esempio, che i posti direttivi dell’amministrazione civile e militare devono essere affidati a uomini di perfetta lealtà verso il regime repubblicano. Questa è anche la direttiva dell’attuale Governo, il quale però commetterebbe grave errore se volesse iniziare una nuova epurazione con riguardo ai sentimenti monarchici del passato. (Approvazioni – Commenti a destra).

PATRISSI. Sarebbe un’infamia. Sono migliaia di ottimi cittadini. (Commenti – Rumori).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Nel referendum, egregi colleghi, era libero chicchessia di pronunciarsi per la Repubblica o per la monarchia. Dopo il referendum, chi serve lo Stato, deve servire lealmente e senza riserve la Repubblica. (Applausi a sinistra e al centro).

Un’altra richiesta del documento repubblicano riguarda le scuole. La richiesta della apertura delle scuole rurali e professionali è accolta con fervore dal Ministro dell’istruzione pubblica, che ne riferirà prossimamente. Aggiungo, in risposta ad un accenno dello stesso documento, che ogni progresso della autonomia dei comuni, specie sul terreno fiscale, verrà promosso e favorito dal Governo. In proposito, si stanno preparando dei provvedimenti per agevolare i bilanci comunali.

In quanto all’Amministrazione della guerra, nessuna garanzia può esservi per i repubblicani, maggiore che quella di vederla affidata ad un Ministro del partito repubblicano, che è anche un valoroso combattente. Egli ha un compito assai grave e delicato, perché in ottobre si inizia lo sfollamento degli ufficiali in base ai nuovi organici.

Abbandoneranno l’esercito 170 generali su 276; 970 colonnelli su 1421; 2500 tenenti colonnelli e maggiori su 5751. Analoghi provvedimenti si impongono per i sottufficiali e gli impiegati e salariati civili della stessa Amministrazione. Bisogna eseguire questa dolorosa ed inevitabile operazione con serenità, con tatto e con fermezza. Certo anche l’amico Facchinetti «ha perduto un poco di tempo» a Parigi, come sogliono dire taluni che inclinano a svalutare l’opera della Delegazione italiana alla Conferenza della pace. Permettetemi di non essere di questo parere, quale buon testimonio del lavoro fatto e dei risultati ottenuti, parzialmente, naturalmente, perché nessuno poteva supporre che la guerra disastrosa fascista si tramutasse, per abilità di uomini, in una vittoria diplomatica repubblicana. Sento l’obbligo di ringraziare tutti i miei collaboratori, specie il primo delegato Bonomi, il nostro illustre Presidente ed i colleghi ministri Corbino e Facchinetti, che impegnarono anche la loro opera personale nella difesa dei nostri interessi economici e militari.

L’affermare che il distaccare tali forze per alcuni giorni dalle responsabilità immediate dall’Amministrazione interna sia stato dispersione inutile o dannosa, equivale ad ignorare che a Parigi si ottenne non solo qualche miglioramento discreto nella stesura del trattato, ma si pararono minacce più gravi e che alla Conferenza, nei contatti personali, nei negoziati collaterali, si saggiano, si misurano e si preparano le possibilità della ripresa italiana nella vita politica ed economica internazionale. Nessun Presidente di Governo, anche se non fosse stato Ministro degli esteri, avrebbe potuto rimanere totalmente estraneo a tale opera, senza mancare al suo dovere, per quanto duro e ingrato esso sia. È noto, del resto, che questo mio discorso è una risposta ai rimproveri che da parecchie parti mi sono stati fatti: per quali ragioni, non egoistiche, io abbia affrontato queste responsabilità. Che la mia opera colà non fosse vana lo sanno forse più i delegati italiani che il pubblico italiano, giacché nelle due volte che lasciai il territorio nazionale, la prima per dieci giorni e la seconda per sei, volle la mala ventura che scoppiassero all’interno incidenti gravi e agitazioni che assorbirono l’attenzione e l’interesse del pubblico ed oltre preoccupare il Vice presidente Nenni che dovette provvedere, resero a me più tormentosa l’assenza.

Ma non ero io chiamato, prima di ogni altro, ad assumere la responsabilità del negoziato sull’Alto Adige?

Fatalità della guerra, che inchiodano gli uomini a responsabilità, che non danno tregua e forse non possono nemmeno pretendere comprensione!

Tuttavia, se nella stampa e nelle agitazioni di partiti al Governo si rivelasse una maggiore solidarietà, che è pur doverosa, almeno fin tanto che tale solidarietà non venga formalmente denunziata, (Applausi al centro), il Paese non attraverserebbe questi periodi di disorientamento e di scoraggiamento ed all’Estero saremmo più ascoltati e più forti.

Qui, in verità, non è questione di questo o quel Governo; potete cambiare le persone, ma se i partiti corresponsabili non sentono e non attuano la corresponsabilità, è il sistema democratico che rimane colpito ed è messo in pericolo (Applausi al centro e a destra).

Questa Assemblea ha lo storico compito di creare una Costituzione repubblicana; ma, se la Repubblica deve veramente vivere nell’anima del popolo e mettere profonde e sicure radici nel suolo italiano, bisogna che essa rieduchi alle virtù repubblicane per eccellenza, solidarietà e fraternità nel rispetto della libertà. (Applausi).

Bisogna che essa esprima dalle forze popolari governi forti, non perché prepotenti, ma perché uniti, e partiti consapevoli della disciplina nazionale.

Il costume vale più che lo Statuto. E noi ci appelliamo al concorso ed all’esempio dell’Assemblea, perché questo spirito animatore e ricostruttivo infonda nel popolo italiano la fede nel suo secondo Risorgimento (Vivissimi, prolungati e ripetuti applausi).

(La seduta, sospesa alle 17.40, è ripresa alle 18.15).

PRESIDENTE. Apro la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lombardi Riccardo. Ne ha facoltà.

LOMBARDI RICCARDO. Dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, io pensavo che la discussione su di esse avesse inizio domani e speravo, pur essendomi iscritto a parlare, di poter rinunziare alla parola. Cioè, speravo che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio avessero persuaso. Invece non hanno persuaso, perché il Presidente ci ha esposto un programma molto simile e, per molti aspetti, meno vasto di quello col quale egli si presentò lo scorso luglio alla nostra Assemblea.

Il Presidente del Consiglio ha annunciato una serie dì provvedimenti, ma ha ignorato quello che il Paese si è domandato durante questi 15 giorni di crisi: giorni di crisi nei quali il Paese ha dimostrato di essere un grande Paese, di essere un Paese che ha fiducia, perché con una crisi vasta che implicava il nucleo essenziale della politica del Governo, con un mercato che aveva dato segni di malessere e sussulti, abbiamo assistito tuttavia ad una stabilizzazione imprevedibile sia nei prezzi delle merci sia nelle borse.

Che cosa significa questo? Che il Paese scontava già in precedenza una politica energica e continuativa da parte del Governo. Il Paese, fiducioso nel Governo, ha atteso che questo gli presentasse una serie di provvedimenti capaci di tranquillizzarlo e ne ha anticipato gli effetti.

Ma quello che il Paese attendeva soprattutto era di essere persuaso che il Governo è un Governo. Perché quello che è mancato in questi mesi non è già il programma più o meno buono (ed è molto meglio un programma mediocre applicato con continuità ed energia che un programma ottimo applicato con fiacchezza): il Paese ha aspettato che il Governo desse la sensazione che non c’erano soltanto forze centrifughe che sollecitavano da una parte e dall’altra per ottenere determinati provvedimenti, ma che ci fosse una continuità di azione capace di guidare le forze economiche. In altri termini, il Paese ha aspettato che il Governo si decidesse a governare.

Ieri l’illustre collega onorevole Nitti mi diceva argutamente che il problema della finanza e dell’economia non esiste, ma esiste esclusivamente un problema di Ministero dell’interno: è soltanto con un buon Ministero dell’interno che si fa una buona economia e una buona finanza.

Penso che sia esattamente il contrario. Io penso che si faccia una buona politica interna soltanto se si fa una buona politica economica e finanziaria.

Se domandassimo al nostro collega onorevole Corsi quale percentuale nelle preoccupazioni del suo ufficio, nelle questioni che egli deve risolvere è data dal malessere economico, dalle condizioni della gente che lavora o non lavora…

CORSI, Sottosegretario di Stato per l’interno. La totalità.

LOMBARDI RICCARDO…. vedremmo che egli, se riuscisse ad impostare la sua azione su provvedimenti di politica economica capaci di dare garanzia di continuità, si troverebbe sprovvisto di lavoro e probabilmente potrebbe dedicarsi con maggiore energia alla repressione delle mene del fascismo, che è qualche cosa che ci interessa molto più da vicino.

Noi abbiamo assistito ad una crisi abbastanza seria. Il Paese ha capito che c’era un dissenso fondamentale nella politica del Governo. Questo dissenso ad un certo punto ha assunto perfino forme mitiche, si è puntualizzato in alcuni nomi. Questo fa parte dell’apparato propagandistico, e, se vogliamo, non è l’essenza della cosa. Ma è certo che dal gennaio al giugno e dal giugno in poi noi abbiamo assistito a determinate azioni tipiche, e spesso contradittorie, in materia economica e finanziaria da parte del Governo, azioni che meritavano di essere discusse ed esigevano una soluzione.

Quando nel gennaio dell’anno scorso si abbandonò una determinata politica, quella che era stata seguita dal Governo Parri, fondata su determinati provvedimenti – e tutti ricordiamo il cambio della moneta – si adottò una nuova e diversa politica, che era quella del nostro collega onorevole Corbino.

Ora, era facile prevedere che questa politica, la quale aveva i suoi lati cattivi, ma aveva anche i suoi lati buoni, sottostava ad una sola condizione per poter dare i frutti positivi che qualsiasi politica buona, cattiva o mediocre dà sempre, e questa condizione era che fosse seguita con continuità, che non la si abbandonasse e che si dessero i mezzi per poterla proseguire fino in fondo.

Noi avevamo previsto molto facilmente che la politica dell’onorevole Corbino, la quale si fondava sul debito fluttuante, una politica di cassa, avrebbe incontrato un punto morto il giorno in cui vi fosse stata una ripresa o almeno un accenno di ripresa nella vita economica della Nazione. Questo infatti avvenne. Il giorno in cui, nel mese scorso, si verificò il rialzo in borsa, ciò significava che il Paese era persuaso che una ripresa economica, sia pure lenta, sia pure embrionale, ricominciava, dal momento che i capitali ricominciavano ad essere rimessi nel ciclo produttivo. Evidentemente in queste condizioni la politica fondata sul debito fluttuante si doveva trovare in crisi; perché, come era facile prevedere, è avvenuto che i buoni ordinari del Tesoro hanno cominciato ad essere ritirati per essere investiti in attività produttive.

Si verificava la concorrenza fra tesoro e industria per l’uso del risparmio. In quel momento abbiamo assistito alla fine della politica di Corbino. Da questo dato obiettivo, e non dalle richieste sindacali successive o antecedenti all’aumento dei prezzi, è nata la crisi nel Governo.

Ora guardiamo bene in faccia quello che è avvenuto. Noi siamo in sede politica, non siamo un’assemblea di filosofi, non siamo chiamati a giudicare di responsabilità storiche, ma di responsabilità politiche. Se dovessimo giudicare le responsabilità storiche, sapremmo molto facilmente a chi esse appartengono ed a chi appartiene anche la responsabilità di questa crisi perseverante. Appartiene a coloro che si sono rifiutati a lungo di investire i loro capitali nelle industrie, che si sono rifiutati di investire i loro risparmi, bene o male guadagnati, nel ciclo produttivo. Quando si parla di responsabilità delle classi lavoratrici, dimentichiamo una cosa molto semplice, che le classi lavoratrici, per agire, hanno bisogno di muoversi e quindi suscitano delle reazioni, ma le altre, le classi possidenti, per agire basta che stiano ferme. (Applausi a sinistra).

Possono paralizzare tutto l’apparato della vita economica, stando ferme, rifiutandosi di collaborare: una forma di non cooperazione estremamente pericolosa, mortale.

Ora, quando si cerca di attribuire la responsabilità di quello che è avvenuto, di quel relativamente modesto aumento di prezzi del giugno, alle richieste di aumento dei salari (e certamente anche queste hanno influito perché tutto influisce sulla produzione e sull’economia) quando si parla dell’influenza che possono avere avuto le domande – che sono state soltanto domande, del resto, fino ad oggi – di aumento di salari, non è giusto dimenticare la parte ben più importante che ha avuto la speculazione: non la speculazione sul burro, sul formaggio o sulla carne, ma la speculazione sui cambi, l’esportazione ingente di capitali che dal luglio ad oggi si è accentuata e continua e che il Governo non ha ancora affrontato con l’energia implacabile con la quale un tale fatto va affrontato. (Applausi a sinistra). Attraverso molte vie, la gente, che pensava e pensa di essere minacciata nel suo sudicio danaro, ha pensato di sottrarlo, di sottrarre questo sangue al Paese nel momento in cui il Paese è anemico e miserabile, nel momento in cui esso ha bisogno di tutte le sue risorse per potere, non dico risorgere (perché la risurrezione sarà opera di cinquanta anni), ma per poter cominciare a vivere, ad avere una vita degna di uomini civili.

In quel momento – e qui siamo in sede di responsabilità storiche e politiche insieme – abbiamo assistito ad un rifiuto di solidarietà; allo stesso modo che abbiamo visto un rifiuto di solidarietà quando si è trattato di fare la Repubblica, in cui si è lasciato – e ne traiamo le conseguenze – che la Repubblica fosse soltanto la repubblica di lavoratori (Approvazioni a sinistra), così si è voluto incautamente che anche la ricostruzione fosse soltanto quello fatta dalla povera gente. (Applausi a sinistra).

Il Presidente del Consiglio ci ha enunciati alcuni provvedimenti seri e certamente capaci di contribuire al risanamento della nostra macchina economica compromessa; però ci ha detto che l’inizio di questi provvedimenti – cioè l’imposta sul patrimonio – si avrà soltanto dopo la stabilizzazione della moneta. Ha perfino accennato che sarà iniziata dopo che la stabilizzazione della moneta sarà fatta anche rispetto all’estero. Sul che io mi permetto di esortare a molta prudenza, perché per il momento noi possiamo ben perseguire – questo deve essere giustamente detto e deve essere un impegno, un impegno comune di tutte le forze sociali e politiche del Paese – una stabilizzazione del potere di acquisto della lira; ma non credo che possiamo pensare, per il momento, alla stabilizzazione definitiva per ciò che riguarda i nostri cambi con l’estero, dato che ignoriamo completamente finora, non essendo ancora concluso il trattato di pace, quali saranno i nostri rapporti economici e le stesse possibilità di scambi con l’estero. Comunque, i provvedimenti enunciati dal Governo sono subordinati all’ottenimento di questa stabilizzazione.

Ma con quali mezzi potremo ottenerla? Noi oggi ci troviamo di fronte alla stessa situazione nella quale ci trovavamo il giorno in cui il nostro collega Corbino diede le dimissioni. Egli aveva dichiarato già nel suo intervento alla Camera che niente sarebbe stato stampato di nuova moneta; ed ha mantenuto l’impegno: lo ha mantenuto con una riserva mentale, che naturalmente era onesta e lecita e di cui gli dobbiamo dare atto, circa una parte di stampa che egli non poteva evitare, cioè quella fatta per il pagamento delle spese di occupazione.

CORBINO. Neanche per quelle; neanche una lira. (Applausi a destra).

LOMBARDI RICCARDO. Ne prendo atto con lieta sorpresa.

Tuttavia noi sappiamo che, malgrado questo sforzo eroico di non stampare e di resistere alle richieste (in parte legittime ed in parte illegittime, che vengono da ogni parte) c’è una crisi del Tesoro; perché se noi dobbiamo affrontare – e non possiamo non affrontarle – alcune necessità di adeguamenti salariali, specialmente per gli impiegati dello Stato, noi dobbiamo fare una politica di lavori pubblici come quella enunciata nelle cifre – molto rilevanti – presentateci dal Presidente del Consiglio (89 miliardi per i lavori pubblici, 29 miliardi per l’agricoltura, 54 per i trasporti, 11 per le poste, ecc.), evidentemente abbiamo bisogno di danaro e questo danaro non possiamo averlo sempre attraverso i buoni del tesoro, se non vogliamo stampare, soltanto a condizione che non ci sia una parallela e concomitante richiesta da parte dell’industria privata. Il giorno in cui l’industria privata ed il tesoro dello Stato entreranno in concorrenza per l’accaparramento del risparmio disponibile è chiaro che la crisi di tesoreria diventerà inevitabile. Ed allora, come si può ottenere la stabilizzazione, se tutti i provvedimenti fiscali di imposta patrimoniale, di adeguamento e di rivalutazione dei beni reali dobbiamo necessariamente rimandarli, o rimandarne gli effetti soltanto ad avvenuta stabilizzazione del potere di acquisto, e come potremo far fronte in questo periodo alle necessità di tesoreria?

Qui si pone il problema sul quale il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto darci una traccia che persuadesse il Paese e lo tranquillizzasse. Ora, io ho sentito parlare dei soli provvedimenti sopra accennati e allora mi domando – sono estremamente cauto, perché capisco bene che si tratta di un argomento in cui è necessaria una estrema prudenza – se non sia il caso anche di riprendere in esame la questione del cambio della moneta, ma di riprenderla sotto un punto di vista nuovo, diverso da quello sotto il quale è stato guardato fino ad oggi. Noi abbiamo pensato nei mesi scorsi al cambio della moneta come a una misura la quale, oltre al fiscale, dovesse avere anche un carattere statistico, come base di partenza per l’imposta patrimoniale personale preparata dall’onorevole Ministro Scoccimarro. Se noi rivedessimo la questione sotto un altro punto di vista, se rinunciassimo cioè al lato statistico e di anagrafe tributaria ed operassimo il cambio della moneta al solo scopo fiscale, con una decurtazione la cui misura sarà da stabilirsi, abbinandolo ad un grande prestito a ridottissimo tasso d’interesse, in modo da offrire ai detentori di carta moneta l’opzione fra il prestito allo Stato a queste condizioni e la decurtazione, l’operazione economicamente sarebbe ineccepibile e tecnicamente eviterebbe la maggior parte delle difficoltà che il cambio della moneta a scopo statistico offre.

Io penso che una operazione di questo genere potrebbe avere anche un altro vantaggio: non sarebbe cioè necessario farla intervenire come la spada dell’arcangelo nella notte, cioè con un decreto catenaccio, né con un annuncio improvviso e con un termine di esecuzione limitato a pochi giorni. È una di quelle operazioni che, se annunciata contemporaneamente al prestito ed alla decurtazione, si presta anche ad essere scontata dal mercato, perché il mercato può scontare il prezzo del nuovo titolo secondo il tasso corrente sul mercato, e noi avremo allora indubbiamente assicurato al tesoro mezzi di tesoreria vastissimi, in quanto gli avremo dato un flusso di danaro infinitamente maggiore di quanto non potrà dare mai il prestito, sia pure nella forma unita di redimibile e consolidato, esposta dal Presidente. Noi potremmo cioè contare su di un ammontare molto maggiore, che avrebbe il vantaggio di costare allo Stato molto meno. Non bisogna aver paura delle parole. Potrebbe dirsi certamente che questa sarebbe una forma di prestito forzoso; ma di prestito forzoso per modo di dire, direi di un prestito consigliato con cauta e dolce violenza. Esso offrirebbe delle possibilità, perché noi possiamo affrontare tutto il programma dei lavori pubblici soltanto con i mezzi liquidi forniti da un prestito, e solo in questo modo possiamo cominciare a sottrarre dai consumi superflui una ingente quantità di moneta. E anche se l’operazione non fosse fatta subito, basterebbe annunciarla per sottrarre una ingente quantità di moneta alle spese voluttuarie ed aumentare la disponibilità dei generi di consumo per le classi popolari.

Nella carenza di qualsiasi possibilità immediata di far fronte alle necessità del tesoro, mancando le possibilità interne attraverso il fisco o attraverso il prestito, operazioni per la prima delle quali almeno si dovrà, come il Presidente ci ha detto, aspettare, da che cosa speriamo di trarre i mezzi necessari per eseguire la politica di intervento pubblico enunciata dal Governo e per far fronte alle urgenti spese pubbliche che il Governo giustamente deve affrontare quest’anno? A meno che non si conti su di un prestito estero.

Cioè ritorniamo a quella che probabilmente è stata in fondo la speranza del collega Corbino, alla possibilità che il prestito estero intervenga nel momento giusto per poter superare le nostre difficoltà. Ma in questo momento, finché durano le condizioni internazionali delle quali tutti subiamo l’angoscia, non è possibile ottenere dall’estero prestiti nella misura necessaria per poter fronteggiare le esigenze della ricostruzione e anche della stessa politica ordinaria.

Perciò io penso che l’operazione alla quale ho accennato sia da affrontare, anche se vi sono difficoltà di carattere poliziesco e romanzesco da superare. Tutte le difficoltà si fronteggiano e si superano, quando si ha la volontà di fronteggiarle e di superarle. Non si tratta di difficoltà tali da rendere impossibile l’operazione, ma se mai da poterla ritardare; ma credo di avere dimostrato che l’operazione si presta a non essere compromessa da un ritardo nell’inizio effettivo del cambio materiale della moneta. Una seria politica del Governo in questa direzione potrebbe realmente cominciare ad operare immediatamente sul mercato nel senso che il Governo si propone, nel senso cioè della diminuzione dei prezzi dei generi di consumo popolare; potrebbe iniziare l’opera di riordinamento interno, delle cose di casa nostra, che è poi la condizione necessaria perché anche le forze economiche si muovano nel senso giusto, concordemente con le necessità della ricostruzione.

Se non facciamo questo, su che cosa potremo contrare per colmare le nostre esigenze di tesoro? Sulle imposte straordinarie e su quelle indirette? È inutile che io faccia la critica delle imposte indirette. L’impoverimento della grande maggioranza della popolazione, che contribuisce per la più parte, per una parte sproporzionata ai suoi redditi, alle imposte indirette, non può farci fare assegnamento su di esse. Non possiamo, secondo la vecchia immagine inglese, sfamare un cane tagliandogli la coda e dicendogli: ecco, mangia questa. Cioè, non possiamo far pagare i servizi sociali destinati alla povera gente col danaro della povera gente. Non possiamo fare così. Bisogna ricorrere ad una forma che in qualche modo disboschi il denaro imboscato, lo faccia riaffluire nel ciclo produttivo e, nella misura in cui non riaffluisce nel ciclo produttivo, lo faccia affluire nelle casse dello Stato, affinché lo Stato si sostituisca all’iniziativa privata. Non ho paura dell’iniziativa dello Stato, anche largamente espressa sul mercato, a patto che non sia caotica e disordinata, ma organica. E per questo è necessario ed indispensabile che le spese pubbliche siano finalmente pianificate.

Il Presidente ci ha accennato all’opera che compie per la riorganizzazione del C.I.R. Ma qui è necessario fare un comitato ristretto di Ministri responsabili, i quali pianifichino le spese pubbliche. Noi oggi abbiamo erogato molto, moltissimo, anche nei mesi scorsi, per le più diverse iniziative. Il Ministro Corbino è stato accusato di avere il pugno troppo serrato di fronte alle esigenze popolari.

Io deve riconoscere, per quel tanto di esperienza personale che ho di un Dicastero, che di fronte a richieste ragionevoli non ho trovato mai da parte di Corbino questa eccessiva riluttanza a spendere. Ma, effettivamente, siamo ben certi che le spese che noi affrontiamo, le fatte che il tesoro concede al Governo siano spese in modo utile? E certo che quei 30 miliardi cui accennava l’onorevole Corbino, di sovvenzioni alle industrie, siano stati distribuiti secondo una scala di necessità capace di essere controllata pubblicamente e non soltanto con un controllo operato da una cerchia ristretta di funzionari? Non basta questo per stabilire una scala di necessità nazionali; bisogna organizzare il controllo pubblico sulle spese, e perciò il Governo deve cominciare con l’organizzare un sistema di pianificazione delle spese. Non si tratta di pianificare tutta l’economia nazionale; ma, almeno, dato che lo Stato ha organi la cui inefficienza è da tutti conosciuta, possiamo bene pianificare le spese, possiamo dare ad esse una scala di priorità capace di corrispondere alle esigenze obiettive della ricostruzione nazionale e delle classi sociali che più contribuiscono al benessere ed all’avvenire del Paese.

È stato accennato alla necessità di fronteggiare la speculazione sui cambi. Il Ministro Corbino – mi pare di aver letto sui giornali un provvedimento preannunciato, ma non ho visto alcun provvedimento ufficiale – era stato richiamato, a questo proposito, anche a fare attenzione sull’imboscamento del 50 per cento di valuta estera concessa agli esportatori. Questo 50 per cento di valuta, dato per stimolare l’esportazione, è rimasto in gran parte, all’estero, sotto vari pretesti, e noi, che abbiamo bisogno elementare di mezzi per vivere, per assicurare la vita alla nostra gente, abbiamo visto somme rilevantissime che non affluiscono in patria tradotte in beni di consumo o in beni strumentali.

Penso che il Governo si preoccuperà di questo stato di cose ed emanerà quei provvedimenti necessari, o sotto forma di limitazione del tempo concesso per l’utilizzazione della valuta, o sotto qualsiasi altra forma, onde impedire tale sconcio. In questo caso, si ha il mezzo di individuare anche i concessionari di valuta, di punire efficacemente coloro che si sono servici di una concessione dello Stato a danno dello Stato.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Già fatto.

LOMBARDI RICCARDO. Nell’ultimo suo intervento alla Camera il Ministro Corbino aveva accennato – e io credo che il Governo sia ancora oggi della stessa opinione – al grave problema del finanziamento delle scorte di magazzino, indiscutibilmente noi, già dall’anno scorso all’epoca della liberazione, assistiamo a questo tentativo cocciuto, tanto cocciuto da continuare anche quando si traduce in un certo danno personale, di conservare in magazzino scorte di merci per non immetterle sul mercato a prezzi o nelle qualità tali da consentire un più largo consumo popolare. Neanche lo sciopero dei consumatori è valso a far cambiare rotta. Indiscutibilmente l’unico mezzo, il mezzo efficace per potere agire su questo stato di cose, non è il mezzo di polizia. Tutti sappiamo che il nostro Stato ha degli organi inefficienti ed in corso di ricostituzione. Sperare che questa avvenga in modo più rapido di quanto non sia stato fatto fino ad oggi è vano. Allo stato delle cose non possiamo agire più efficacemente se non coi mezzi economici; ed il Ministro Corbino aveva accennato alla pressione che egli aveva esercitato allora perché il credito per creare o mantenere fondi di magazzino fosse tassativamente eliminato dalle consuetudini bancarie. Ora, certamente l’intenzione è stata ottima, ma il fenomeno è continuato; e continua, perché le banche, specialmente le piccole e le medie, continuano a finanziare su larga scala le scorte di magazzino. E un’operazione prettamente speculativa, la quale si presta però, attraverso a giuochi molto semplici, ad essere truccata da operazione prettamente economica.

Ora, il Governo ha un organo efficace per poter intervenire: l’ispettorato dei credito agli ordini della Banca d’Italia. Io domando al Governo: questo ispettorato esiste ancora, e se esiste perché non funziona?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Non c’è più, bisogna ricostituirlo.

LOMBARDI RICCARDO. Le banche non sono centinaia di migliaia, sono in numero ristretto. L’Ispettorato deve essere rapidamente riorganizzato. Io penso che sia opinione unanime di questa Assemblea che quest’organo essenziale venga ricostituito, affinché il Governo eserciti il controllo sulle banche private. Noi possiamo utilizzare dei funzionari eccellenti; possiamo mettere accanto ai vostri impiegati, dei privati, degli esperti di banca, degli esperti dell’industria che possono rendere grandi servizi in questo campo, onde poter iniziare rapidamente quel controllo sulle banche che oggi viene esercitato in tutti i paesi anche a regime liberistico.

Cosa possiamo fare noi? Esercitiamo sul serio il controllo sulle banche per questo scopo essenziale di poter limitare almeno, se non completamente sradicare, il credito di magazzino e quindi l’aumento dei prezzi e la diminuzione della disponibilità dei mezzi di consumo popolare sul mercato. Noi questo possiamo ottenerlo, e potendolo ottenere, è compito del Governo agire, e agire immediatamente.

Il Governo non ha dato nessuna risposta su di una grave questione che pure fu dibattuta durante la crisi. Forse la cosa è prematura, oppure è ormai tardiva. Il provvedimento, cioè, di carattere tecnico e funzionale che disgraziatamente assunse all’improvviso un odioso significato politico: l’unificazione del Ministero del tesoro con quello delle finanze. Dico un odioso significato politico, perché attraverso di esso facilmente il pubblico fu indotto a pensare che si volesse addirittura umiliare o addirittura estromettere dal Governo qualche grande partito.

La richiesta di unificazione, a mio avviso, è certamente utile e serve anche a debellare questo mito del Ministero del tesoro che è un super-Ministero. L’altra volta, l’onorevole Nitti diceva che il Ministero del tesoro è il solo importante e che il Ministero delle finanze è meno importante. Io penso che possa affermarsi la cosa perfettamente opposta e cioè che in un Governo bene organizzato il Ministero delle finanze è più importante del Ministero del tesoro, perché quest’ultimo non è altro che la cassa che paga, mentre il Ministero delle finanze deve sapere dove e chi colpire e deve fare una discriminazione sui beni da colpire e sulla incidenza delle imposte sul patrimonio nazionale. Deve, cioè, fare una politica. Si capisce che il Ministero del tesoro diventi un super Ministero, quando mancano gli organi di Governo, quando le spese diventano una questione tecnica affidata ai funzionari e non sono controllate pubblicamente dagli organi responsabili. È chiaro che il Ministero del tesoro ha una immensa potenza nelle mani, perché può spendere, ma la giusta impostazione delle spese dovrebbe dipendere proprio dall’impostazione politica di tutto il Governo e non essere affidata soltanto all’alta moralità del Ministro titolare del Dicastero. Ma quando le spese siano pianificate, quando vi sia una graduatoria di spese ben determinate, l’intervento più importante è quello delle finanze che funzionano come organo prettamente politico; ed il Ministero del tesoro resterà sempre Ministero importante, ma assai meno delicato e meno responsabile del Ministero delle finanze. Ecco perché su questo punto, che meritava una risposta da parte del Governo, questo avrebbe dovuto dire qualche cosa in senso positivo o negativo, anche perché il Paese aspettava da questo gesto, da questo superamento di una difficoltà, un certo orientamento.

Il Paese, probabilmente, non ha potuto capire che un provvedimento, del quale si domandava l’applicazione per ragioni tecniche e funzionali, sia stato riconosciuto tecnicamente attuabile, ma non si sia adottato solo per ragioni di equilibrio politico, di prestigio o che so d’altro. Ora è chiaro che se il Paese qualche cosa domanda è che in questi casi il Governo sia compatto, che queste questioni di equilibrio siano superate, perché l’equilibrio si trova nella reale unità di intenti, si trova esclusivamente nella volontà comune alla quale faceva appello il Presidente, di portare a fondo, a termine, il programma.

Qualsiasi politica economica che si imposta, anche la migliore, non può avere che uno scopo, quello di sollecitare determinate forze economiche a muoversi in un determinato senso. Ora queste forze economiche hanno bisogno di una sola cosa, di continuità, di sapere che ogni due o quattro mesi non si cambia direttiva e che non ci sia una brusca sterzata; che se il Governo si decide ad applicare una politica, buona o cattiva, che sia, questa sarà proseguita fino al tempo sufficiente per arrivare alle sue conseguenze, buone o cattive che siano, di modo che il Paese possa fare le necessarie legittime previsioni, possa regolarsi ed essere sicuro che il Governo ha un programma ed ha il tempo necessario per poterlo applicare e portare a termine.

Giustamente il Presidente del Consiglio ha dato rilievo alle condizioni di carattere politico generali alle quali l’azione del Governo, anche in materia economica, è subordinata. A me spiace profondamente che il Presidente del Consiglio, nell’esemplificare fatti salienti di questo malessere, di questo stato di presunto o vero disordine del Paese, abbia citato solo l’episodio del partigiano di Asti e dei 14 contadini armati di bombe. C’è dell’altro, onorevole Presidente del Consiglio. Non ci sono soltanto contadini affamati, che, se invadono le terre, le invadono perché sono affamati (Interruzioni a destra – Applausi a sinistra).

Il gesto del partigiano di Asti può essere diversamente apprezzato, ma corrisponde a una legittima protesta dei partigiani contro il trattamento morale e materiale indegno da essi subito. (Applausi a sinistra).

C’è dall’altro nel Paese. Precedentemente io ho richiamato su di ciò l’attenzione dell’Assemblea. Il Presidente del Consiglio ha detto giustamente che la nuova legge sulla stampa è in preparazione, ma quando si assiste all’applicazione…

Una voce a destra. Squadrismo.

Una voce a sinistra. Squadristi ce ne sono molti dalla parte vostra. (Commenti).

BOMBARDI RICCARDO. Quando si parla dell’applicazione della legge di stampa, si può fare qualche cosa anche con la legge di stampa attuale, che tutti riconosciamo infelice e che sottopone a concessione da parte del Presidente del Consiglio la fondazione e la edizione di un nuovo giornale, e la subordina anche ad un rinnuovo della concessione ogni tre mesi.

Ora, quando un prefetto rifiuta l’autorizzazione per la pubblicazione di un numero unico ad un gruppo libertario, come mi si dice, a Firenze, sotto un pretesto qualsiasi, senza neanche vedere le bozze; e quando c’è un giornale, nel quale un uomo come Gioacchino Volpe pone, lui fascista, le condizioni agli anti-fascisti per ritornare a collaborare alla ricostruzione del Paese; domandiamo se anche con la legge attuale, in attesa che la nuova legge sia votata dalla Costituente o emessa dal Governo, non si possa fare qualche cosa. Perché la rinascita della stampa fascista è qualche cosa, che è arrivata ai limiti del sopportabile. (Approvazione a sinistra). Ripeto, io sono per la libertà di stampa: se ci sono prefetti e questori, sollecitati a deferire agli organi giudiziari dei giornali pornografici o che offendono sovrani di Stati esteri o autorità ecclesiastiche, si faccia in modo che questi prefetti e questi questori provvedano all’applicazione della legge anche laddove si offende il profondo sentimento del Paese, che sa ancora cos’è il fascismo, che non lo ha dimenticato e che lo vede riapparire con legittima preoccupazione. (Approvazioni a sinistra).

Onorevoli colleghi, è chiaro che la politica economica e finanziaria è il problema che ci ha preoccupato tutti, il centro delle discussioni di questi giorni. E la richiesta, che viene da tutte le parti del Paese, di tranquillità, anche attraverso l’opera accorta di ordine pubblico, è un’esigenza legittima, è un’esigenza giusta. Senza tranquillità, senza ordine, non c’è politica che resista; non c’è continuità di Governo che regga. Ma, onorevole Presidente del Consiglio, non dimentichiamo una cosa: non dobbiamo tranquillare soltanto i ricchi; dobbiamo tranquillare anche i poveri. (Applausi a sinistra).

La situazione è quella che è. Non c’è edificio politico che regga, senza una vasta base di consenso popolare. Se non riusciamo a convincere le classi popolari che il peso della ricostruzione non grava soltanto su di esse e se non lo dimostreremo coi fatti oltre che con le parole, non potremo ottenere a vantaggio di una politica degna di un Governo i sacrifici che noi chiediamo alle classi popolari; mentre potremo chiedere questi sai osarifici a fronte alta, se sapremo dimostrare che non guardiamo in faccia a nessuno e che sappiamo colpire le ricchezze dove esse esistono. I provvedimenti tributari sono finora di portata modesta e il loro programma di attuazione è, solo in minima parte, cominciato. Ma se qualcosa si è fatto, molto più ancora si può e si deve fare. Anche l’apparato fiscale non potrà ricominciare a funzionare con un rendimento del 99 per cento. Potrà cominciare, con un rendimento del 30 per cento, ma l’importante è che s’incominci.

Dobbiamo dare la certezza di attuare una serie di provvedimenti coraggiosi, non dissennati ma audaci, seri e continuativi e questo deve essere lo scopo che il Governo si deve proporre: ottenere attorno alla sua politica il vero, il reale consenso delle classi popolari. Allora veramente il Ministro dell’interno potrà concedersi qualche mese di riposo, e potrà. essere tranquilla la vita del Governo per tutta la durata della Costituente. (Vivissimi applausi a ministra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Francesco Mariani. Ne ha facoltà.

MARIANI FRANCESCO. Non nascondo che la dichiarazione fatta dal Presidente del Consiglio ha destato in me un certo disappunto. Parlo nella mia. qualità di socialista.

che da 40 anni dedica la sua attività alla organizzazione dei lavoratori e come uno dei segretari della Camera del Lavoro di Milano.

Quando ho sentito l’onorevole De Gasperi parlare di scioperi come ultima arma a cui deve ricorrere la classe lavoratrice, mi sono domandato come mai egli abbia potuto asserire che oggi lo sciopero è divenuto l’arma quotidiana.

Mi permetta l’onorevole Presidente del Consiglio di rettificare questa affermazione, per lo meno troppo superficiale ed ingiusta. Vi è una ragione profonda di questi movimenti. Guai a noi, guai al Paese se ci soffermassimo a giudicarne soltanto gli effetti: dobbiamo approfondirne le cause, che sono di duplice natura. Non dimentichiamo che le classi lavoratrici hanno appreso con un certo stupore il decreto di amnistia, e badate non è che i lavoratori vogliono perpetuare i sentimenti di odio e di rivalità nel Paese. I lavoratori sono stati i primi, dopo l’insurrezione, a tendere la mano a tutte le classi sociali per volere seriamente collaborare; collaborare col sacrificio comune di tutti; ma le altre classi sociali hanno lasciato ricadere la mano fraterna che i lavoratori tendevano. Questa è la verità. Pure il fattore politico è da considerare. L’amnistia ha reso effetti contrari a quelli che si desideravano.

Si pensava che l’amnistia fosse dettata da un grande gesto di liberalità, da fratelli a fratelli, ma non è avvenuto così. La grande maggioranza degli amnistiati è tornata nei propri paesi con un solo intendimento: restaurare e mettere in auge uomini e sistemi che hanno determinato la rovina del Paese. Le classi lavoratrici sentono soprattutto che una enorme ingiustizia si è compiuta e si compie ancora oggi contro le vittime politiche. Ricordiamo quanti e quanti lavoratori, impiegati e tecnici hanno dovuto abbandonare le officine perché braccati dal nazi-fascismo e non hanno avuto un soldo, ad eccezione di qualche concordato fatto con gli industriali. Da un anno esiste un decreto che è passato da un Ministero all’altro senza nessun costrutto. Fatto si è che di quelle famose 2.000 lire mensili – se non vado errato – per un massimo di 20.000 lire che dovevano essere concesse alle vittime politiche, frutto di un concordato tra il Comitato di Liberazione alta Italia e gli stessi industriali, a Roma non se ne è parlato più. In compenso i fascisti sono stati liberati e questa nostra graziosa burocrazia, che dipingono come lenta, va talvolta con velocità fantastica; infatti è arrivata fulmineamente la disposizione di riassumere immediatamente questi fascisti ex epurati, concedendo loro tutti gli arretrati di paga, tutti gli emolumenti, di conseguenza anche il premio di liberazione, premio che le vittime politiche aspettano ancora. (Applausi a sinistra)

Io non faccio questioni di persone, né voglio incolpare nessuno; voglio solo prospettare una situazione della quale tutti siamo responsabili. Le vittime politiche attendono ancora un gesto riparatore.

Si parla di violenze, ma io voglio rilevare che Milano, questa grande industriosa metropoli, ha dato, dalla liberazione ad oggi, un grande nobile esempio di disciplina. Non uno sciopero generale è avvenuto nella nostra città, anche quando le bombe colpivano i nostri sodalizi, anche quando le fucilate assassine stendevano morti i nostri compagni sulla soglia degli uffici della nostra Camera del Lavoro. Eppure abbiamo continuato a fai appello, perché non si accettassero provocazioni e non si avesse a rispondere con la violenza alla violenza. Avevamo una grande speranza, che i nostri fratelli ci comprendessero. Non ci compresero. A questi violenti noi domandiamo: «O Giuda, chi t’ha dato i quattro soldi per assassinare tuo fratello?»

La classe operaia non ha reagito con la violenza alla violenza, ma il malcontento per l’offesa diviene ogni giorno più sensibile. Abbiamo i postelegrafonici, per citare uno dei tanti casi, a favore dei quali esiste un decreto del 30 novembre 1945, con cui si stabilisce che i postelegrafonici avventizi, allontanati dal cessato regime per comportamento ad esso contrario, devono essere riammessi in servizio. Ebbene, a tutt’oggi è stato riammesso in servizio uno solo, in virtù probabilmente di raccomandazioni; gli altri attendono ancora. Fino a quando?

Io mi sforzo di fare a voi il quadro della situazione delle classi lavoratrici. Vengono a noi partigiani sciancati, mutilati, vengono a gruppi, e ci domandano: «Come dobbiamo vivere? Non abbiamo pensioni; non abbiamo sussidio di disoccupazione, perché non abbiamo il libretto. Siamo alla disperazione. Che dobbiamo fare?» Perché non si provvede? io domando a voi, onorevoli colleghi: al nostro posto cosa rispondereste?

A questo fermento, a questo malcontento di natura politica, si aggiunge il fattore economico che è di capitale importanza. Si parla di scioperi. Lasciamo andare la storia degli scioperi sobillati da questo o da quello: è una panzana che ormai ha fatto il suo tempo, tanto più che le categorie che oggi si agitano sono anche le meno sensibili alla voce dei partiti estremi. Sono invece il bisogno e la fame che determinano movimenti di masse. Sono maestri di scuola, obbligati a vendere i libri per vivere. Questa povera gente che deve andare a spezzettare il pane del sapere alla gioventù, non ha pane sufficiente per mantenere le proprie creature. Questa è la tragedia del nostro paese, e dobbiamo guardarla in faccia, a viso aperto.

Ancora. Noi abbiamo detto agli operai, prima della Costituente, e per ordine venuto dalla Confederazione generale del lavoro, di sospendere ogni e qualsiasi agitazione. Abbiamo continuato a rinviare, rinviare e rinviare. Ultimamente, quando eravamo in trattative con gli industriali, abbiamo accantonato anche le richieste di aumento di paghe. Si era detto: «Bisogna che noi puntiamo sulla politica della diminuzione dei prezzi». Signori, noi questo lo reclamiamo da un anno. Se voi aveste la bontà di leggere tutti i nostri articoli, vi accorgereste che tutta la nostra propaganda è stata tesa in questo senso. La classe lavoratrice è scettica di fronte agli aumenti di salari, non vuole aumenti di paga; gli impiegati non vogliono aumenti di stipendio, perché sanno che questi aumenti sono rubati loro prima ancora di venir concessi. Chi li ruba? La situazione certo è diventata molto grave.

Signor Presidente del Consiglio, io ho sentito una frase. Venendo a Milano ho trovato il fatto compiuto di un decreto: il decreto del Prefetto di Milano che ha avuto il merito di salvare Milano dal pericolo dei saccheggi. Al comune di Milano, tutti i partiti: socialista, comunista, demo-cristiano, liberale, tutti, nessuno escluso, si sono resi conto della gravità della situazione cui bisognava provvedere immediatamente, e l’amministrazione Comunale ha emesso il voto che conoscete. Quando c’è l’incendio, non si aspettano i pompieri, ma si prende il primo secchio d’acqua e si inizia l’opera di spegnimento. Col sindaco e gli assessori competenti ci siamo recati dal prefetto e dal prefetto si sono recati anche i rappresentanti di tutte le categorie dei lavoratori a reclamare un deciso intervento. C’è una parola: calmiere; quando si parla di calmiere evidentemente si può cadere in un grossolano equivoco. Il decreto del prefetto di Milano è un provvedimento molto avveduto; non applica il calmiere, fine a se stesso; più che calmiere (dovremmo discutere per definire l’etimologia, di questa parola?) possiamo parlare di prezzi concordati o convenuti, perché il decreto stabilisce che i prezzi devono essere convenuti tra produttore e rivenditore.

Ora voi vedete subito che sulle piste del decreto in parola, è possibile, purché lo si voglia, cominciare a creare quell’organismo che noi desideriamo sia esteso a tutta Italia. È indispensabile che il Governo intervenga a coordinare l’azione di tutti i prefetti d’Italia, al fine di rompere il cerchio chiuso che ogni prefettura, ogni provincia si costituisca in repubblica per conto proprio; che ogni prefetto si preoccupi soltanto della propria provincia, poiché vi deve essere una preoccupazione superiore, quella della necessità di vita non della singola provincia, ma di tutto il Paese.

Venendo alle paghe degli operai, occorre considerare qualche cifra e fare dei confronti coi dati forniti dall’ufficio di statistica. Nel 1938 un operaio specializzato guadagnava in media 4 lire all’ora, pari a 800 lire mensili. Dal 1938 ad oggi la vita è aumentata 40 volte, i salari sono aumentati 13 volte. Se dovessimo fare il parallelo l’operaio dovrebbe avere circa 32 mila lire mensili. Nessuno si è mai sognato di chiedere questo, perché prevediamo l’obiezione che il reddito è sceso da 100 a 55. Se volessimo compiere un po’ di giustizia distributiva del reddito, tenuto conto di quanto detto, la paga operaia dovrebbe arrivare a 17 mila lire circa. Non siamo invece neanche ad 8 mila! Signori, l’operaio oggi guadagna in media 300 lire al giorno. A proposito della razione del pane occorre pensare che l’operaio, quando entra in fabbrica, l’ha già mangiata quasi tutta; e voi vedete alla mensa questi operai che vanno con la ciotola a chiedere un supplemento di minestra e gran parte di voi potrebbe osservare come molti avvolgono in un pezzettino di carta il pezzo di formaggio per portarlo a casa ai familiari.

Il lavoratore non ha sufficiente nutrimento e si va verso il depauperamento fisico della nostra generazione: questo è il pericolo maggiore. Ve lo confermo con le parole di Padre Agostino Gemelli, il quale scriveva esattamente così: «Se vogliamo conservare l’integrità fisica del lavoratore dobbiamo alimentarlo a sufficienza. Non dargli una razione alimentare sufficiente quantitativamente e qualitativamente vuol dire non solo creargli danno, ma dare esca a quell’insofferenza al lavoro ed ostilità verso il lavoro e l’officina, che è uno dei fattori fondamentali dei conflitti sociali. Oggi l’operaio riceve razioni inadeguate e insufficienti.

«Poiché l’alimentazione è il mezzo per ricuperare le perdite dovute al lavoro compiuto dall’operaio, possiamo con tutta sicurezza affermare che l’integrità fisica dell’operaio, e quindi della stirpe, è allo stato attuale delle cose minacciata, se non anche lesa. Da queste conclusioni risulta essere necessario studiare il problema del salario, per determinare se e come esso può riparare a questi gravi danni».

Si è detto che l’aumento dei salari determina l’inflazione. È falso! Coloro che non hanno scrupoli, appena il dollaro sale di qualche punto, si agganciano al dollaro, e siccome l’Italia è piena di gente molto prudente, aumentano i prezzi in misura superiore che chiamano prudenziale. Noi siamo legati indubbiamente ad una tremenda situazione internazionale, siamo legati alle condizioni di pace, siamo nella triste situazione, che a Parigi ci danno la medicina col ginocchio sullo stomaco. Questa è la tragedia del nostro Paese, che incide anche sulla svalutazione della lira, ma su questa svalutazione incide anche la triste speculazione che si fa nel nostro Paese.

Non deve essere più consentito che della gente faccia dei lauti guadagni del 100 e del 150 per cento. Si va accentuando nel nostro. Paese questa atmosfera speculativa. Abbiamo il dovere di intervenire e dire al Paese che vogliamo modificare questa atmosfera; che il sacrificio di ognuno deve corrispondere al sacrificio di tutti. A chi non sente il dovere di questo sacrificio dobbiamo imporlo. Chi, per accumulare danaro a danno delle classi lavoratrici rovina il Paese, deve poter essere accusato di alto tradimento.

Noi vogliamo giungere ad una economia pianificata, vogliamo controllare la produzione e seguirla sino al consumò. Sì, signori, dobbiamo andare al controllo. In qualche provincia che ha fatto proprio il decreto del Prefetto di Milano, si è trovato che un genere di prima necessità, ceduto dal produttore a 280 lire il chilo, veniva venduto al consumatore a 650 lire. Si sono radunati tutti gli interessati, dal produttore all’esercente, e questi hanno concordato il prezzo remunerativo a 350 lire. Le altre 300 lire dove andavano a finire? C’è il guadagno dell’industriale senza scrupoli, ma c’è anche l’enorme, immenso guadagno di quella massa grigia che sta fra il produttore e il consumatore, che noi dobbiamo combattere spietatamente, senza misericordia, se vogliamo salvare il Paese. Qui sta tutto il marasma e il malessere delle classi lavoratrici (Applausi). Qui il fondamento di tutte le questioni sociali.

Quando vado a fare conferenze, non mi limito a concionare i cittadini. Chiamo nei paesi il medico e domando le condizioni di salute della popolazione. Constato che la tubercolosi aumenta quotidianamente. È la salute fisica della stirpe che corre gravi pericoli. È il depauperamento fisico della nostra generazione che ne va di mezzo. Ora qualcuno si spaventa perché noi chiediamo che si prendano provvedimenti. Tra gli altri provvedimenti – e sono molti – potrebbe esservi quello di riorganizzare le industrie di proprietà o comunque dipendenti dallo Stato. Indubbiamente il problema potrebbe incominciare a fare un passo avanti.

Ma agire bisogna ed agire decisamente. Molti affermano che i provvedimenti drastici non servono. Confessiamolo: siamo un po’ vittime tutti di questo pessimismo. Allarghiamo le braccia come Cristo in croce; ma Cristo è stato messo su una croce di legno da gente cattiva. Se ci facciamo afferrare dal pessimismo, ci crocifiggiamo con le nostre mani nel vuoto; finiamo per creare a noi stessi l’asfissia dell’animo, che è più tremenda dell’asfissia del corpo. Dobbiamo dire al Paese una parola serena, una parola audace. Dobbiamo dire al Paese, in nome e in virtù della classe che dobbiamo difendere: noi ci troviamo come una nave che affronta i marosi e che corre grande ed immenso pericolo; abbiamo bisogno che questa nave abbia un timoniere ferreo, ma dobbiamo sapere dove vogliamo andare.

Non ci siano più programmi a zig-zag, non ci siano più provvedimenti caotici emessi nel momento in cui le folle tumultuano: c’è la fame nei nostri stabilimenti, c’è il bisogno che assilla. Qualche giorno anche noi saremo travolti – questo è l’ammonimento ch’io lancio a voi. Abbiamo un baluardo di pacificazione: sono le nostre organizzazioni sindacali che fino ad oggi hanno contenuto tutta la massa lavoratrice ed hanno determinato la pace nel nostro Paese. Sono le nostre organizzazioni sindacali che accomunano tutti i lavoratori al di sopra di tutti i partiti. Ma è necessario puntare sul fattore psicologico; perché, credetelo, signori, è l’atmosfera che va radicalmente mutata.

Qualche mese fa, nelle grandi città i lavoratori si sono nutriti di un pane che forse non avrebbero mangiato neanche i porci.

Cosa dobbiamo pretendere da questa massa operaia, quando non la nutriamo, quando non le diamo di che mangiare a sufficienza?

Una voce. Il pane è buono, ora.

MARIANI FRANCESCO. È buono, ma è insufficiente e l’operaio lo deve comprare alla borsa nera. Ho fatto un conto: un operaio che ha moglie e 4 o 5 figlioli deve spendere 100-150 lire di solo pane. Il nostro operaio si nutre di pane e minestra. È questa la ragione del malcontento. È la fame. Se vi sono dei responsabili, questi non vanno cercati nei partiti, né nei sobillatori: noi stessi, noi tutti saremo responsabili se non sapremo provvedere in tempo a questa situazione.

Reclamiamo provvedimenti di emergenza finanziaria e per la disciplina dei consumi. Dobbiamo essere severi contro coloro che mancano a questa disciplina con la confisca dell’azienda e, perché no?, anche con la pena. Gli speculatori senza scrupoli sono i responsabili della lenta morte che la tubercolosi procura alla nostra generazione.

Noi dobbiamo dare al Paese la precisa sensazione di voler fare. Il Governo, la Costituente si mettano sulla nuova strada per colpire la ricchezza, alleviare le sofferenze del popolo, in modo che tutti siano affratellati nel comune sacrificio e che nessuno possa sfuggire. Agire bisogna! Agire decisamente. Dobbiamo tendere la nostra volontà fino allo spasimo. Occorre essere ottimisti noi stessi per infondere fiducia nel Paese, non per una meschina rivalità di partiti, ma per un ideale superiore: salvare l’Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato a domani.

Annuncio di una mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuta alla Presidenza la seguente mozione, firmata dagli onorevoli Mazzei, Camangi, Magrini, Conti, Natoli, Azzi, Perassi, Sardiello, Parri, La Malfa, De Mercurio, Zuccarini:

«L’Assemblea Costituente delibera di nominare una Commissione con l’incarico di esaminare quali materie costituzionali (in particolare, i rapporti dell’Assemblea col Governo nell’esercizio della funzione legislativa ordinaria) siano da regolare con una legge costituzionale provvisoria fino all’entrata in vigore della nuova Costituzione e di elaborare il relativo progetto da sottoporre alla deliberazione dell’Assemblea.

«La Commissione sarà composta mediante designazione degli Uffici, in ragione di un delegato per quelli che comprendano non più di venticinque Deputati e di uno per ogni venticinque, senza computare le frazioni, per gli altri Uffici».

Chiedo al Governo di esprimere su di essa il suo parere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Chiedo che lo svolgimento della mozione sia rinviato di qualche giorno, trattandosi della modifica radicale di una legge fondamentale, per la quale dovrà essere sentito il parere del Consiglio dei Ministri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Perassi. Ne ha facoltà.

PERASSI. In questo momento la Camera, secondo l’articolo 125 del regolamento, non è chiamata se non a determinare il giorno nel quale la mozione dovrà essere svolta. Non si tratta quindi di entrare nel merito della questione. Mi permetto di far semplicemente richiamo al regolamento e pregare che si fissi tale data. A questo riguardo, come uno dei proponenti, propongo che lo svolgimento della mozione abbia luogo alla fine della discussione sulle comunicazioni del Governo, cioè prima che l’Assemblea si aggiorni.

PRESIDENTE. Alla fine della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio potremo fissare la data, prima che l’Assemblea si aggiorni.

Interrogazioni e interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se non creda necessario rinnovare ai prefetti l’ordine di chiusura delle case da gioco, comprese quelle di Venezia, Campione e San Remo, in difesa della pubblica moralità e ad evitare l’impressionante dilagare dei suicidi, che sempre più numerosi si ripetono da parte dei disgraziati giuocatori dopo vistose perdite al giuoco.

«Merlin Umberto».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro delle finanze, per conoscere quali misure d’urgenza intendano prendere per avocare allo Stato i beni che già furono della Corona e ordinare il sequestro dei fondi che furono, più o meno lecitamente, depositati in Istituti finanziari all’estero per conto della Casa regnante.

«Cerreti, Bardini, Gervasi, Magnani».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se sia a sua conoscenza che, in alcune zone delle Marche e particolarmente nella provincia di Ascoli Piceno, da parte di numerosi proprietari agrari si è intimata o si sta intimando la disdetta ai relativi mezzadri per la scadenza dell’11 novembre 1946. Nella maggior parte dei casi le disdette intimate colpiscono i dirigenti e gli organizzati della Federterra, rivelando il loro carattere di intimidazione politica. Una tale manovra nell’imminenza dello scadere del termine fissato dal Lodo De Gasperi per l’inizio delle trattative per la stipulazione del nuovo patto colonico, tende a frustrare in anticipo il diritto dei contadini a vedere riconosciuto il principio della obbligatorietà della motivazione ed è causa di vivo fermento fra i mezzadri. Poiché tale fermento è suscettibile di provocare agitazioni con dannose conseguenze per la prossima campagna della semina, gli interroganti chiedono che il Ministero intervenga con un provvedimento legislativo che sospenda l’esecutorietà delle disdette coloniche fino alla conclusione delle trattative tra la Confida e la Federterra per la stipulazione del nuovo patto generale di mezzadria.

«Molinelli, Ruggeri Luigi, Bei Adele».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se la Società Garigliano – la quale aveva iniziato e poi sospeso nel 1929 la costruzione del bacino del Toloro (in provincia di Nuoro), le cui acque dovevano essere utilizzate, oltreché per produzione di forza, per la irrigazione di circa ottomila ettari di terreno, abbia ancora la concessione e, in caso affermativo, se non ritenga necessario invitare la Società stessa a riprendere i lavori o revocare alla medesima la concessione.

«Murgia»

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se risponde a verità che si stia elaborando un provvedimento legislativo per la gestione degli enopoli (un tempo di proprietà del settore in liquidazione della viticoltura) da parte delle Federazioni dei Consorzi agrari, il che equivarrebbe a stroncare ancora un altro ramo della libera iniziativa economica; ed, in caso affermativo, per sollecitare, all’opposto, dal Governo un provvedimento che trasformi i detti enopoli in cantine sociali cooperative (come recentemente ha sostenuto Raimondi sul Popolo del 15 settembre), col duplice scopo di salvaguardare e rinforzare l’iniziativa privata associata ed ottenere vini tipici concorrenti sul mercato delle esportazioni, unico, pratico e benefico mezzo di soddisfazione per le classi produttrici e per i consumatori che, con adeguata tutela morale e legislativa dello Stato, potranno assieme potenziare la vitivinicoltura, dando nuovo benessere all’economia nazionale.

«Raimondi, Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritengano opportuna la eliminazione dell’assurdo giuridico costituito dall’articolo 3 del Regio decreto legislativo 25 maggio 1946, n. 425, contenente le norme per la risoluzione delle controversie sulle requisizioni degli alloggi, con la statuizione in sua vece della obbligatorietà della decisione sulle opposizioni avverso i provvedimenti dei Commissari per gli alloggi.

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno un provvedimento legislativo che disciplini, con norme semplici e definitive, il conferimento degli incarichi e delle supplenze negli Istituti di istruzione secondaria, attualmente regolato da circolari complicate e mutevoli.

«Rescigno».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere le ragioni per le quali la disposizione dell’articolo 1 del decreto luogotenenziale 5 ottobre 1944, n. 345, che stabilisce inefficacia giuridica di tutti i provvedimenti legislativi del governo della repubblica di Salò, non sia stata applicata al decreto 14 settembre 1944, che consentiva, in ispregio alla legge sul blocco degli affitti agricoli, di realizzare la trasformazione in generi, con elevato aumento dei canoni stessi e gravame insostenibile per una massa ingente di coltivatori diretti.

«Meda Luigi, Ferrario Celestino, Malvestiti, Castello Edgardo».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, sulla situazione creatasi nel campo degli affittuari per la mancata abrogazione ad ogni effetto del decreto della ex repubblica di Salò del 14 settembre 1944, che permetteva ai proprietari di terra, che percepivano per contratto un canone in denaro (cioè una cifra fissa e non nel valore corrispondente ad una determinata quantità di generi), la trasformazione del canone, in generi. In ottemperanza al decreto, infatti, molti proprietari effettuarono la trasformazione del sistema di canone, facendosi corrispondere dagli affittuari il valore corrispondente a determinate quantità di prodotti, creando così praticamente (in ispreto al regime di blocco) un aumento sensibilissimo dei canoni stessi.

«Meda Luigi, Ferrario Celestino, Malvestiti, Castello Edgardo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei trasporti e del tesoro, per sapere se non si ritiene conforme a criteri evidenti di equità e di giustizia la urgente modifica – con effetto retroattivo – del decreto 11 gennaio 1946, n. 18, nel senso di estendere i benefici, di cui al decreto stesso, ai ferrovieri sinistrati, anche se non residenti nelle località distrutte nella misura del 40 per cento; e ciò per evitare stridenti casi di patente ingiustizia.

«Morini».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere:

1°) quali provvedimenti intenda adottare per stroncare le arbitrarie occupazioni (anche se simboliche) di terre, soprattutto ove si tratti di fondi coltivati ad ortaglie, a tabacco, già seminati o preparati per le semine o, addirittura, già concessi a mezzadria a famiglie stabili da vari anni;

2°) quali sono i dati ufficiali relativi ai conferimenti da parte di cooperative che la scorsa annata occuparono terre col consenso del Governo e se è vero che del grano prodotto su circa 7000 ettari coltivati da cooperative, in Agro Romano, soltanto poche centinaia di quintali hanno formato oggetto di conferimento in rapporto ad una produzione che dovrebbe aver superato i 100.000 quintali;

3°) se alle trattenute autorizzate abbia fatto riscontro una corrispondente riduzione di carte annonarie per pane e generi da minestra;

4°) se in rapporto al predetto provvedimento di occupazione delle terre il Ministero ha provveduto ad impartire agli organi periferici le disposizioni atte a limitarne i dannosi effetti sul volume generale della produzione cerealicola;

5°) se e quali disposizioni sono state emanate per garantire i proprietari di pascoli contro il pericolo di una demagogica applicazione del decreto legislativo di cui sopra.

«Patrissi, Rognoni, Puoti, Marina».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intende adottare per reprimere – ed impedire il ripetersi – i gravi atti di vandalismo e di profanazione delle tombe dei caduti partigiani di Voghera; atti avvenuti al Cimitero di Voghera, di pieno giorno e per ben cinque volte consecutive, nelle giornate dal 14 al 16 corrente mese. In particolare per sapere se non crede urgente ed opportuno ripristinare immediatamente il Commissariato di pubblica sicurezza in Voghera; Commissariato che è stato abolito proprio il 14 corrente mese, lasciando praticamente priva di forza pubblica una città di 35.000 abitanti al centro di un’ampia e densamente abitata zona.

«Morini, Sampietro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e dell’assistenza post-bellica, per conoscere quali provvedimenti siano stati adottati, o si intendano adottare, in favore delle donne violentate dalle truppe marocchine, durante la guerra, in alcuni centri della provincia di Frosinone.

«De Palma».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quando il Governo intenda provvedere alla completa riattivazione del porto di Milazzo, con la ricostruzione delle opere distrutte, la escavazione dei fondali insufficienti agli approdi dei grossi vapori, la rimozione delle navi affondate, che intralciano il movimento portuale al quale è legata la vita delle industrie, lo sviluppo dei commerci e la possibilità di impiego costante di numerose categorie di lavoratori, nonché la decongestione delle ferrovie sul tratto Messina Milazzo.

«Bonino, Paratore».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intenda prendere, per risolvere il problema ospedaliero della città di Bari, il quale interessa anche le provincie e regioni limitrofe. L’ospedale consorziale di Bari, divenuta inabitabile la sede in seguito ad eventi bellici, è allogato, con mezzi di fortuna ed in condizioni insostenibili, nei corridoi dell’università malamente adattati. L’esiguo materiale va sempre più in rovina; la situazione di cassa, anche per l’inadeguato ritmo della riscossione delle spedalità, non permette di soddisfare i fornitori, i quali sospendono in conseguenza le loro prestazioni.

«Occorrerebbe ottenere l’immediata derequisizione del Policlinico, che per vicende belliche non poté mai essere occupato e potrebbe dare alloggio all’ospedale insieme alle cliniche universitarie, ed affrettare l’approvazione del decreto, che si dice in elaborazione, per stabilire l’apposita imposta provinciale per il pagamento delle spedalità.

«Moro».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle finanze, per sapere perché non si è ancora provveduto alla confisca dei beni del fu senatore Morgagni, già direttore dell’Agenzia Stefani.

«Tali beni furono sequestrati dal C.L.N. di Verbania ed il tribunale di Verbania nominò sequestratario l’avvocato Sandro Ferrari. I beni in oggetto si trovano nel comune di Oggebbio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zappelli».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali siano le intenzioni del Governo circa l’assistenza alle famiglie numerose e quale parte della legislazione a favore di tali famiglie si intenda mantenere in vita.

«Dopo il Regio decreto 29 marzo 1945, numero 267, si invoca una necessaria precisazione da parte del Governo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga doveroso ricostituire l’antico comune di Castelnovo Boriano (Rovigo) che venne arbitrariamente soppresso dai fascisti.

La pratica è stata trasmessa al Ministero (Direzione generale amministrazione civile) dalla Prefettura di Rovigo con nota 31 marzo, n. 7348. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Merlin Umberto».

«La sottoscritta chiede d’interrogare i Ministri della guerra e del tesoro, per sapere se, in considerazione che un sempre maggior numero di persone viene ad essere colpito in seguito ad atti compiuti da militari alleati di stanza in Italia, e che coloro che restano invalidi ed i parenti di coloro che decidono in seguito ad investimenti, ferimenti ed uccisioni, rimangono praticamente privi di ogni tutela, e visto che le domande di risarcimento di danni non hanno avuto finora la reale possibilità di essere soddisfatte, ravvisino l’opportunità di estendere alle suddette categorie i benefici disposti in materia di pensioni di guerra agli infortunati civili ed estesi con legge 2 dicembre 1941, n. 1385, ai cittadini divenuti invalidi e, in caso di morte, ai loro congiunti per fatti avvenuti ad opera di forze armate nazionali ed estere dal 1° settembre 1939 al 10 giugno 1940. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gallilo Spano Nadia».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se intenda continuare a concedere alle insegnanti di Sardegna attualmente comandate in sedi dove risiedono per ragioni di sfollamento e di famiglia, la possibilità di continuare ad usufruire di tale facilitazione. In Sardegna i comandi sono diventati da dieci anni ad oggi una consuetudine; durante la guerra furono concessi con maggior larghezza per le difficili condizioni in cui vennero a trovarsi numerose insegnanti. Attualmente queste condizioni non sono mutate. I trasporti sono difficili, costosi e scarsi; le insegnanti non possono più rientrare in casa la sera con grave danno per l’unità e per il bilancio familiare. Pertanto le insegnanti chiedono che le sedi di comando diventino, a richiesta, definitive o in via subordinata che si continuino ad assegnare i comandi fino a quando non vengano a cessare le condizioni di particolare disagio del momento attuale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gallico Spano Nadia».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se, di fronte alla lamentevole situazione dell’importante ed assai gravata circoscrizione giudiziaria di Brescia, non sia possibile procedere ad una quanto meno passabile sistemazione, facendo presenti i precisi dati di fatto che seguono:

1°) che in realtà al tribunale di Brescia, su 18 giudici, presidenti compresi, prestano servizio in 12, in quanto il giudice Schizzerotto, è addetto alla C. A. S. ed il giudice Costanzo è in funzioni presso la procura della Repubblica. Tutto ciò sta di fronte ad un lavoro in progressivo aumento nonostante l’allargamento della competenza pretoriale;

2°) che le preture di Breno, Chiari, Gardone, Rovate e Verolanuova, sono prive di titolare, il che crea notevolissimo ingorgo dal punto di vista delle pratiche nel complesso;

3°) che viceversa risulterebbe come più in giù della linea gotica, nell’Italia centrale e specialmente da Roma in poi, numerosi sarebbero i tribunali che avrebbero personale in soprannumero.

«Osservasi che per quanto riguarda la difficoltà di trasferimenti, che fa capo agli alloggi, già vennero interessati il Commissariato alloggi di Brescia ed il municipio nella persona dell’onorevole Ghislandi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caprani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non ritenga opportuno dare le delucidazioni necessarie sulle direttive impartite dall’Alto Commissario per l’alimentazione nel rilasciare i permessi per il reperimento dell’olio a norma del decreto ministeriale 22 maggio 1946, n. 141, direttive che hanno reso possibile una larga e scandalosa speculazione da parte dei borsari neri, tanto da far sollevare le masse popolari nei luoghi di produzione e da suscitare nella stampa e nell’opinione pubblica severe critiche, alle quali tuttora non si è data risposta soddisfacente. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Silipo, Musolino».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della guerra, per sapere se ritenga favorevoli alla disciplina dell’esercito le successive riduzioni del diritto dei militari al premio della Repubblica. Infatti le prime decisioni stabilivano il premio in lire 1500 per tutti i militari, tranne quelli di leva; poi esso fu ridotto a lire 750, ed infine conferito solo al personale raffermato o con ferma speciale, occasionando così una viva delusione e malcontento fra i soldati trattenuti o richiamati. Conseguentemente chiede se non ritenga indispensabile che sia ripristinata la primitiva deliberazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga opportuno di disporre per l’immediata esecuzione dei lavori di sistemazione montana riguardanti il torrente Forchiutta per un importo di lire 2.067.000 e del Rio Pizzul-Rudanasa per l’importo di lire 1.012.000, ambedue in comune di Paulaso (Udine), onde venire in aiuto a quella popolazione fortemente danneggiata dalle requisizioni di legname e dalla impossibilità di emigrare che ha determinato una fortissima disoccupazione. Si nota trattarsi del solo finanziamento perché i progetti esecutivi preparati dal Corpo forestale di Udine sono pronti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non ritenga opportuno dare precise e sollecite disposizioni agli intendenti ed agli ispettori locali affinché venga senz’altro disposta di ufficio una congrua diminuzione della tassa sul patrimonio e della sovrimposta immobiliare allorché esse gravino su stabili che già risultano notevolmente danneggiati o semidistrutti dalle azioni belliche, e ciò specialmente nei casi in cui trattasi di modeste proprietà, ad uso di abitazione, per le quali lo Stato non abbia ancora corrisposto il risarcimento del danno. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Taddia, Tega».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno, della pubblica istruzione, dei lavori pubblici e del tesoro, per conoscere se – considerato:

1°) che i fabbricati scolastici vengono ricostruiti con gli stessi errori ed inconvenienti pedagogici preesistenti;

2°) che la G.I.L. istituita con decreto presidenziale, ha tutte le caratteristiche della G.I.L. fascista, compresa la burocrazia dalla quale vengono assorbiti tanti denari che andrebbero alla beneficenza infantile;

3°) che i Patronati scolastici tendono ad essere tolti amministrativamente ai comuni i quali ne sono quasi ovunque unici finanziatori;

e visto che si possono determinare nei vari comuni particolari condizioni (malattie, raccolti, mancanza di combustibile, ecc.) per cui disposizioni inerenti ad esempio alle vacanze ed agli orari, possono essere di utilità in un comune e praticamente inattuabili in un altro, presa in esame la richiesta presentata dai sindaci della provincia di Bologna in data 19 agosto 1946 – non si intenda di provvedere:

1°) a far costruire i fabbricati scolastici distrutti dalla guerra e far acquistare il materiale didattico occorrente attenendosi alle norme suggerite dalla pedagogia e dalle leggi scolastiche;

2°) a sopprimere il Commissariato «GI», affidando quanto apparteneva alla ex G.I.L. ai Patronati scolastici, i quali dovranno essere di fatto comunali con rappresentanza comunale di maggioranza in seno ai Consigli amministrativi degli stessi;

3°) a concedere ai comuni – nell’attesa del finanziamento dei progetti già presentati ed approvati dal Provveditorato per le opere pubbliche, relativi alla ricostruzione degli edifici ed all’arredamento scolastico – di contrarre i debiti occorrenti con gli Enti finanziatori locali. Il Governo si assuma il breve pagamento degli interessi, rendendo rapide le pratiche necessarie. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Zanardi, Dozza, Taddia, Grazia, Colombi, Longhena, Tega».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere come intenda provvedere agli urgenti bisogni del comune di Diano Marina, per l’assistenza ai colpiti dalla epidemia di tifo, tenendo presenti che al 18 settembre sono degenti nel lazzaretto dell’Albergo Paradiso 130 persone, che sarebbero dannate a morte se il comune dovesse abbandonarle; né diversa sarebbe la sorte dei convalescenti dimessi, bisognosi di soccorsi.

«Ora il comune non è assolutamente in grado di continuare l’assistenza perché la situazione è la seguente:

il deficit della gestione per l’assistenza ai colpiti dall’epidemia supera gli otto milioni (oltre i quattro milioni dovuti all’E.C.A.) ridotti a cinque mediante i tre milioni disposti ieri dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

«Per continuare l’assistenza occorrono lire 380.000 giornaliere.

«I creditori non intendono, se non sono soddisfatti del loro avere, fare altro fido, sicché, se il Governo non interviene, il comune, privo assolutamente di fondi, sarà costretto a smontare tutta l’attrezzatura e abbandonare gli ammalati.

«Si fa presente che la gestione è stata ed è controllata dall’Autorità prefettizia e dal dirigente sanitario, professor Capocaccia.

«Le spese non hanno superato i preventivi, a suo tempo approvati dall’Autorità prefettizia e dai sanitari e sono tutte corredate dalle pezze d’appoggio.

«È stato necessario creare ex novo tutta l’attrezzatura perché Diano Marina, paese di 3000 abitanti, non aveva che un modesto ospedale, occupato in gran parte dai degenti ordinari.

«Pertanto si insta perché il Governo invii senza indugio al comune i fondi occorrenti per saldare il deficit e per continuare l’assistenza ai degenti e ai convalescenti bisognosi.

«L’epidemia che ha colpito un migliaio di persone, di cui sono decedute un centinaio, è finalmente in via di decrescenza.

«Si confida che il Governo, intervenendo prontamente e adeguatamente, eviterà che l’opera di assistenza, in cui si sono avute tante prove di generosa carità e di abnegazione, non si chiuda con un disastro disperato. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Canepa, Pera, Viale».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno ed urgente, a favore degli insegnanti elementari reduci e combattenti, e specialmente di quelli forniti di idoneità conseguita in passati concorsi, un provvedimento pel quale i medesimi vengano per l’imminente anno scolastico 1946-47 assunti senz’altro in ruolo, in sedi da assegnarsi provvisoriamente dai provveditori agli studi, in base alle domande di incarico provvisorio da essi presentate, salva la loro definitiva sistemazione in prosieguo di tempo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga urgente la sistemazione in ruolo, coi benefici loro promessi, dei professori medi degli ex-territori annessi, i quali per servire l’Italia sono andati incontro a duri sacrifici ed hanno patito danni gravissimi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuna – in considerazione della importanza della città, centro di una vasta e popolosa plaga – la istituzione di un liceo-ginnasio governativo con scuola media inferiore a Sarno (provincia di Salerno), dove già è in funzione dal 1944 una sezione distaccata del lontano liceo-ginnasio di Nocera Inferiore, e se, nella eventuale impossibilità immediata di tale istituzione, non ritenga almeno opportuno di dare disposizioni al provveditore agli studi di Salerno, perché la detta sezione distaccata venga completata, nel prossimo anno scolastico 1946-47, col funzionamento della terza classe liceale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’industria e commercio e l’Alto Commissario dell’alimentazione, per conoscere se è conforme al programma, tante volte conclamato, di favorire lo sviluppo delle cooperative di lavoro e di consumo, la consegna alla Associazione nazionale conservieri di tutto lo zucchero predisposto alla preparazione di conserve alimentari senza tener conto della cooperativa di produzione di conserve di Bentivoglio (Bologna), la quale, costituita da un centinaio di lavoratori autentici – ex partigiani e reduci – offre un mirabile esempio di dedizione operosa al principio della cooperazione.

«Gli interroganti chiedono il sollecito intervento del Governo, perché ancora una volta le grandi imprese conserviere non possano frustrare l’opera dei cooperatori di Bentivoglio, che con i loro sacrifici quotidiani fanno onore all’industria italiana. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Zanardi, Villani, Tega, Longhena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non sia il caso di indire concorsi interni per cancelliere e aiutante di cancelleria tra gli impiegati avventizi assunti, dove si tenga molto conto dell’attività prestata e del giudizio su di essa espresso dai capi d’ufficio. Ciò gioverebbe molto al migliore andamento degli uffici giudiziari così scarsi di personale! (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scàlfaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e dell’industria e commercio, per sapere se non ritengano opportuno di sottoporre al più presto all’approvazione del Governo il progetto di legge per la formazione dei Consigli di gestione nelle aziende agricole e industriali di determinate proporzioni. In considerazione anche del fatto che la loro istituzione sarebbe in questo momento forse il mezzo più efficace di controllo dei prezzi della produzione alla sua fonte e quindi di uno degli elementi principali del costo complessivo della vita. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga estremamente urgente emettere decreto di proroga del blocco degli affitti in vista della prossima scadenza del decreto legislativo 12 ottobre 1945, n. 669, che lo stabilisce, per le gravissime conseguenze di carattere economico e politico che potrebbero derivare da lasciare libera, oltre alle altre, la speculazione privata in materia locativa ed edilizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere per quale ragione, nei concorsi degli insegnanti per i corsi di supplenza nelle scuole di Stato, in base ad una recente circolare interna del Ministero, sia stato disposto di considerare come elemento di giudizio gli anni di servizio fatti anche in scuole parificate o riconosciute, dove, come è noto, gli insegnanti sono assunti e giudicati senza norme.

«Si ritiene, infatti, che tale provvedimento porti l’influenza determinativa di tali giudizi arbitrari di scuole non statali, nell’assegnazione delle supplenze nelle scuole di Stato, dove il giudizio deve essere fatto secondo criteri ben determinati e costanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere in che cosa consista l’appoderamento di 100.000 ettari di terra, che il Presidente del Consiglio ha annunziato nella sua intervista a Parigi il 16 agosto ultimo scorso e per cui lo Stato avrebbe stanziato 10 miliardi.

«In particolare, in quali regioni esso sia stabilito, e se tale appoderamento sia soltanto una sistemazione di proprietà private a scopo unicamente tecnico e produttivo, che lasci intatti i diritti di proprietà, oppure se esso consista in una cessione obbligatoria di terre a organizzazioni operaie, anche a canoni di affitto, ma stabiliti per disposizioni di organi pubblici competenti, o in altri provvedimenti di carattere sociale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri di grazia e giustizia e dell’agricoltura e foreste, per sapere se non creda di dovere comminare pene, più severe di quelle in atto al presente, ai trasgressori delle disposizioni sugli ammassi dei prodotti contingentati, in modo da rendere più efficiente il loro funzionamento soprattutto nel campo alimentare.

«Si segnala a tale proposito che nella sola provincia di Rovigo, di fronte a oltre 2000 denunce di mancato ammasso trasmesse dalla polizia, la magistratura ha dato esito ad appena 27 sentenze di condanna. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e di grazia e giustizia, per sapere se non reputino necessario comminare pene severe a quei possidenti contribuenti, che essendo domiciliati in un comune, omettono, nella denuncia del proprio reddito, per il pagamento della tassa di famiglia, di segnalare i propri redditi provenienti da attività economiche situate in altri comuni diversi da quello di domicilio. Si denuncia, fra questi tipico, l’esempio di alcuni grandi proprietari agricoli di terre del basso Polesine, che abitano in parte nei più grandi centri urbani del Veneto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se non ritenga opportuno, aderendo ad una sempre più pressante richiesta degli organizzatori sindacali di base, di provvedere a trasferire la funzione del collocamento della mano d’opera, e quindi i relativi uffici di collocamento, dalle dipendenze degli uffici del lavoro e quelle delle Camere confederali del lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Carlo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno, mentre viene assicurato un beneficio economico adeguato agli insegnanti che risiedono in città sinistrate, estendere questo provvedimento di giustizia a quegli insegnanti sinistrati di guerra, i quali, avendo perduto casa e mobilia, vivono abbandonati in provincia, costretti a crearsi con propri mezzi possibilità di vita nel nuovo ambiente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Moro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere per quale ragione non sia ancora stata risolta la situazione penosa degli internati civili in Africa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Scàlfaro».

«Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se intenda mantenere immutati i decreti legislativi luogotenenziali 12 aprile 1945 e 16 novembre 1945, relativi alla ricostituzione della Accademia nazionale dei Lincei.

«Marchesi».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure l’interpellanza sarà iscritta all’ordine del giorno, qualora il Ministro interessato non vi si opponga nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 19.35.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.