Come nasce la Costituzione

MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947 (seconda sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(SECONDA SEZIONE)

18.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI

INDICE

Suprema Corte costituzionale (Seguito della discussione)

Presidente – Leone Giovanni, Relatore – Bulloni – Calamandrei, Relatore – Uberti – Targetti – Mannironi – Laconi – Ambrosini.

La seduta comincia alle 16.51.

Seguito della discussione sulla Suprema Corte costituzionale.

 

PRESIDENTE invita la Commissione a pronunciarsi sulla pregiudiziale se sia opportuno o meno l’istituto della Corte costituzionale. Personalmente, ritiene che, in via di massima, si possa essere favorevoli alla sua creazione, salvo a disciplinarne adeguatamente il funzionamento.

LEONE GIOVANNI, Relatore, conviene col Presidente nell’impostazione della pregiudiziale, poiché si tratta di un istituto nuovo, sul quale i colleghi comunisti, nella seduta precedente, hanno prospettato le loro riserve.

Come ha già spiegato nella sua relazione, ritiene indispensabile la creazione della Corte di garanzia costituzionale, qualora si parta dal presupposto della formazione di una Costituzione rigida. Lo Statuto albertino, che non aveva la necessaria rigidità, era stato oggetto di così frequenti violazioni che, dal punto di vista formale costituzionale, potevano considerarsi legittime perfino le leggi fasciste.

La rigidità della Costituzione offre già una barriera, ma occorre predisporre un organo che abbia la possibilità di farla valere. Questo compito può essere assolto dalla Costituente, alla quale è assegnata la funzione altissima ed esclusiva di preparare la Costituzione e che non ha nei suoi compiti nemmeno l’attività legislativa. Da essa si attende non una legge ordinaria, bensì una legge fondamentale, sia perché attinente alla base stessa della vita del Paese, sia per il vincolo che porrà nei confronti del futuro legislatore. Il tessuto della Costituzione deve costituire la diga oltre la quale il futuro legislatore non dovrà andare. Si può chiedere se questo limite, questo vincolo, deve solo essere di carattere morale e politico, se cioè, possa affidarsi al senso di responsabilità delle future Assemblee legislative il rispetto della Costituzione, o debba prevedersi l’ipotesi che questo vincolo non sia sempre rispettato.

La principale obiezione degli oppositori è che la creazione di questa Corte di garanzia costituirebbe una limitazione della sovranità popolare. Non nega questa limitazione, ma fa considerare il pericolo che l’espressione della volontà popolare possa, in taluni singolari momenti della vita del Paese, con la formazione artificiosa di una maggioranza, essere interpretata in maniera difforme alla sua stessa essenza, o in opposizione a quanto la Costituzione ha codificato. Proprio l’esistenza dell’Assemblea costituente e le particolari funzioni ad essa affidate conducono decisamente al principio della rigidità della Costituzione. È chiaro che il popolo, eleggendo i suoi rappresentanti alla Costituente, ha loro conferito il mandato di creare una Costituzione che ne rispecchi la volontà e che sia la base della vita futura del Paese.

La sovranità popolare potrà solo apportarvi dei mutamenti attraverso quella revisione della Costituzione che forma uno dei temi allo studio.

L’aver posto una Costituzione rigida non impedisce alla sovranità popolare di evolversi attraverso la sua revisione; si impedisce bensì che con una legge ordinaria si possa violare il tessuto organico della Costituzione, e allora, più che parlare di limitazione, si deve parlare di interpretazione della volontà popolare.

Costituzione rigida vuol dire mutabile con particolari procedimenti. Aggiunge che, anche per problemi di carattere secondario, v’è stata la preoccupazione in tutta la Costituzione di stabilire per l’approvazione di leggi speciali forme di maggioranza qualificata; preoccupazione che è stata sentita anche dalla Sottocommissione, per richiamare l’attenzione del Paese su talune leggi, e fissarne l’importanza con una particolare manifestazione della sovranità popolare. Afferma essere inesatto che la rigidità svaluti a priori il valore di difesa della democrazia che ha la Costituzione. Il far sì che alcune leggi siano soggetto ad un controllo da parte di un organo superiore darà la possibilità di ricorrere a questa estrema barriera, qualora vi fosse un tentativo di distruggere l’essenza della democrazia.

Con la impostazione dell’onorevole Laconi si presenta una seconda domanda, cioè a chi spetti il controllo della costituzionalità delle leggi. Risponde che dall’esame del diritto costituzionale comparato si possono trarre varie possibilità di questa natura. Una prima ipotesi è che la costituzionalità della legge non sia soggetta ad alcun sindacato; questo è il sistema vigente in Italia.

BULLONI osserva che il sindacato è esercitato dall’autorità giudiziaria.

LEONE GIOVANNI, Relatore, spiega che l’autorità giudiziaria può solo esercitare un controllo formale, stabilire se la legge è stata votata dalle Camere, promulgata e pubblicata, un controllo cioè sulla parte meno rilevante della costituzionalità, ma non può giudicare della costituzionalità intrinseca; non vi è un organo che possa decidere se la legge risponda ai principî fissati nella Costituzione.

Alcune Costituzioni affidano questo compito al potere giudiziario; si potrebbe anche pensare di affidarlo al potere legislativo, ma allora si farebbero confluire nello stesso organo le qualità di giudice e parte. Può questo organo essere creato dal Parlamento, ma non costituito con i suoi membri.

Si presenta anche una terza possibilità, che è sostenuta dalla Magistratura: quella di affidare il controllo alla Corte di cassazione; ma, a suo avviso, nemmeno questa soluzione è accettabile, perché significherebbe assegnare a questo supremo organo giudiziario una funzione che ne snaturerebbe la vera essenza. Esso infatti è un organo di controllo sugli atti giurisdizionali, non sulla potestà legislativa.

Vi è infine una quarta ipotesi, quella di creare la Corte costituzionale, che sia al di fuori dei tre poteri tradizionali dello Stato – legislativo, esecutivo, giudiziario – ma rispecchi nella sua composizione una duplice esigenza: da una parte che sia l’espressione, sia pure indiretta e di secondo grado, della volontà popolare – e nel suo progetto si era reso conto di questa esigenza che affiora anche nel pensiero dei colleghi comunisti –; dall’altra che abbia il massimo della giurisdizionalità, non trattandosi solo di conflitti fra cittadino e Stato, ma di conflitto fra una legge ed un’altra, fra un regolamento e una legge, fra il diritto del cittadino ed una legge. La Corte costituzionale deve avere anche il massimo dell’indipendenza e dell’obiettività. Se la sua scelta avvenisse nel seno dell’Assemblea Nazionale, la Corte rispecchierebbe il fluttuare delle correnti politiche e non sarebbe più in condizione di esercitare quell’alto controllo costituzionale che le è demandato.

Per dare a quest’organo dello Stato l’altissimo prestigio e l’autonomia che deve avere, bisognerà attuare un’accurata selezione nella scelta dei componenti, provvedere ad una adeguata retribuzione e allo sganciamento da qualsiasi carriera statale. Secondo il suo parere, la Corte costituzionale potrebbe assumere il giudizio anche sulla responsabilità politica e penale dello stesso Capo dello Stato e dei membri del Governo.

Concludendo, afferma che non si deve prendere una posizione netta contro la istituzione della Corte e ritiene che anche i comunisti, pur attraverso apprezzabili riserve, non si opporranno in definitiva allo studio dell’istituto.

Propone, infine, che si passi all’esame del progetto da lui tracciato che, tra l’altro, prevede l’elezione della Corte costituzionale da parte dell’Assemblea Nazionale.

CALAMANDREI, Relatore, ritiene che, prima di decidere sulla istituzione della Corte di garanzia costituzionale, occorrerebbe conoscere il pensiero della Commissione plenaria circa la rigidità o meno della Costituzione.

PRESIDENTE propone di chiedere alla Commissione plenaria che nella prossima seduta sia data la precedenza alla discussione su tale argomento.

(Così rimane stabilito).

CALAMANDREI, Relatore, pensa che il problema della rigidità della Costituzione abbia carattere pregiudiziale. Risolto affermativamente questo problema, occorrerà stabilire l’organo che controlli la costituzionalità delle leggi.

Ricorda che nella precedente seduta è riaffiorata, per parte dei deputati comunisti, quella che si potrebbe chiamare, col Croce, la polemica contro la realtà delle leggi. La questione è questa: le leggi in tanto valgono in quanto i cittadini siano disposti a riconoscerne la validità e ad osservarle; se non le vogliono osservare è inutile farle, così come è inutile emanar leggi nel caso contrario, perché l’osservanza dei cittadini è dovuta non tanto all’esistenza della norma scritta, quanto alla convinzione giuridica della validità della norma in se stessa. Ma lo stesso Croce, dopo aver fatto la polemica contro la realtà delle leggi, concludeva che, dal punto di vista pratico, è meglio che le leggi ci siano, in quanto hanno una certa efficacia dogmatica. Quest’ultimo argomento vale anche nei riguardi della rigidità della Costituzione. Comunque, si dichiara d’accordo con i colleghi comunisti nell’ammettere che, se durante il periodo in cui il fascismo diede l’assalto allo Stato italiano fosse esistita una Costituzione rigida, il fascismo avrebbe egualmente conquistato il potere dando l’assalto, anziché alle Camere legislative, alla Corte di garanzia.

La Costituzioni, però, non vanno esaminate e giudicate dalla loro capacità di resistenza ai periodi rivoluzionari, in quanto le rivoluzioni mirano proprio a mettere a soqquadro e ad abolire un determinato ordinamento; si tratta piuttosto di vedere se in periodo normale sia giovevole avere una Costituzione con determinate garanzie, nel senso che le norme costituzionali, pur essendo modificabili, lo siano con una certa difficoltà, attraverso procedimenti che impongano una maggiore meditazione. In altre parole, si tratta di sapere se sia opportuno in tempi normali avere leggi più resistenti e leggi meno resistenti alla modificazione. Sembra che si intenda stabilire nella Costituzione che vi saranno leggi più resistenti delle altre; così per la creazione di giurisdizioni speciali è richiesta per l’approvazione delle leggi relative una maggioranza qualificata. Sono stati predisposti anche articoli con i quali si vieta, sub specie aeternitatis, il ristabilimento della Monarchia e la ricostituzione del partito fascista; in altri termini, si prevedono delle norme, non soltanto più resistenti, ma addirittura perenni. Tutto questo può essere anche ingenuo, ma ha una sua efficacia politica e didattica: è bene sapere che, fino a quando il funzionamento dello Stato si svolge in modo normale, vi sono leggi più solenni delle altre.

Stabilito questo principio, sorge il problema della necessità del controllo del giudice sulla costituzionalità delle leggi, problema che non si presenta in un ordinamento giuridico in cui vige il principio tradizionale che la legge successiva modifica la precedente: in un ordinamento così fatto il giudice non si trova mai di fronte ad un conflitto di leggi, in quanto quella più recente è la sola valida; mentre in un ordinamento rigido, in cui esistono leggi più resistenti, modificabili soltanto attraverso una procedura più complicata, è evidente che il giudice, quando si trova di fronte ad un conflitto tra due leggi, deve avere la possibilità di conoscere quale sia la prevalente per maggiore resistenza e, quindi, di scegliere tra le due e considerare come non scritta la meno resistente, anche se successiva.

Questo è quello che si chiama il controllo di costituzionalità. Questo controllo però deve essere regolato; e si tratta di stabilire quali sono gli organi ai quali affidare il compito di decidere nei conflitti tra legge ordinaria e legge costituzionale.

Se si adottasse il principio della Costituzione elastica, che può anche presentare i suoi vantaggi, occorrerebbe cancellare dalla Costituzione tutte le norme che presuppongono una speciale maggioranza qualificata e il divieto di ristabilire la forma monarchica o il partito fascista.

UBERTI osserva che è insita in tutto il lavoro di elaborazione finora compiuto la rigidità della Costituzione.

LACONI spiega che, con i colleghi del suo gruppo, non ha inteso opporsi al controllo della costituzionalità delle leggi, ma solo di riservare la loro decisione a quando sarà stabilito quale organo sia democraticamente investito di tale controllo.

A suo avviso, il controllo sulla costituzionalità delle leggi dovrebbe spettare all’Assemblea costituente, la quale, tuttavia, non potrà esercitarlo in quanto il suo mandato scadrà con la formazione della Costituzione, ma che potrebbe delegarlo ad un organo della medesima origine e dignità, cioè costituito con quelle cautele con le quali saranno prevedute nella Costituzione le modifiche alla Costituzione stessa.

Alle varie ipotesi prospettate dall’onorevole Leone si dovrebbe aggiungere l’altra, che la Corte sia direttamente eletta dal popolo.

CALAMANDREI, Relatore, ricorda all’onorevole Laconi che questa diffidenza degli organi legislativi verso i giudici si manifestò già nella prima Costituzione seguita alla Rivoluzione francese. Si volle vietare ai giudici di interpretare la legge, non soltanto in via generale ed astratta, ma anche in relazione al caso concreto, e si prescrisse che ogni qual volta un magistrato, nel giudicare su un caso concreto si trovasse di fronte ad un articolo di legge di senso non abbastanza chiaro, dovesse sospendere la decisione e deferire immediatamente il suo dubbio all’Assemblea legislativa, la quale doveva essere sola ad interpretare le proprie leggi. Ma bastarono pochi mesi per constatare che in questo modo si arrestava il funzionamento della giustizia; ed allora si stabilì il principio che al giudice, in relazione al caso pratico, è possibile interpretare il significalo della legge.

Qualche cosa di simile si produrrà anche in relazione alla costituzionalità delle leggi, se sarà adottata la Costituzione rigida; se il giudice si troverà di fronte ad una legge in contrasto con la legge costituzionale, a quale dovrà dare la prevalenza? Sarà lasciata questa scelta al giudice, o gli si ordinerà di rimettere il suo dubbio all’Assemblea legislativa? Questa avrà tempo e voglia di risolvere caso per caso queste controversie?

Non si dissimula i dubbi e le incertezze di carattere politico avanzate dai Commissari comunisti, perché questo controllo di costituzionalità che il giudice potrà esercitare sulle leggi sarà spesso di carattere politico e non giuridico. Quindi, si rende conto del fatto che, adottato il principio della rigidità della Costituzione, occorre sia regolato il controllo sulla costituzionalità delle leggi da parte dei giudici; ma si rende conto altresì di un altro fatto, cioè che questo controllo non sarà soltanto giuridico, ma diventerà anche politico, specialmente di fronte ad una Costituzione come quella allo studio, in cui molti articoli sono, non vere e proprie norme giuridiche, ma direttive politiche proiettate verso l’avvenire.

Di qui la necessità di vedere come togliere o attenuare il carattere politico del controllo, come smorzare questa eccessiva ingerenza politica del giudice, che potrebbe trasformare anche la democrazia italiana in governo di giudici, come quello degli Stati Uniti.

Aveva ritenuto di poter attenuare questo pericolo, affidando il controllo in via incidentale, in occasione dei singoli giudizi, al magistrato, il quale non dovrebbe fare altro che sospendere o disapplicare la legge ritenuta incostituzionale, senza che questo costituisse un giudizio di carattere generale e astratto sulla validità o incostituzionalità della legge, ed affidando invece questo giudizio alla Corte di garanzia costituzionale. Si trattava di stabilire se questa dovesse essere composta di magistrati o di politici. La sua proposta equilibrava i due elementi scegliendoli per metà fra i magistrati e per metà fra uomini politici. Tuttavia dichiara di non insistervi, ed aderirebbe volentieri ad una composizione omogenea di elementi tutti di espressione politica.

Fa poi considerare che, per mantenere riservato agli organi legislativi il potere di abrogare eventualmente le leggi dichiarate incostituzionali, gli articoli 32 e 33 del suo progetto stabilirebbero questa procedura:

«La decisione della Suprema Corte costituzionale a Sezioni unite, che accoglie l’impugnazione ha efficacia meramente dichiarativa della incostituzionalità della legge, ma non può abrogarne né sospenderne l’efficacia.

«Il Governo, appena informato della dichiarazione di incostituzionalità, prende l’iniziativa di proporre alle Assemblee legislative con procedura di urgenza una legge abrogativa o modificativa della legge dichiarata incostituzionale; la stessa iniziativa può essere presa direttamente dalle Assemblee.

«Qualora tale proposta non sia approvata, le stesse Assemblee legislative dichiarano sospesa l’efficacia della legge dichiarata incostituzionale, la quale da quel momento ha lo stesso valore di una proposta di modificazione della Costituzione, da sottoporsi in via di urgenza al procedimento stabilito per l’approvazione di tali proposte».

In sostanza, in questi conflitti tra la Suprema Corte costituzionale e l’organo legislativo, l’ultima parola rimane sempre a quest’ultimo, cioè al popolo sovrano.

TARGETTI ritiene ormai superata la pregiudiziale. Affrontando il problema della creazione di questo nuovo istituto, verranno chiariti i vari punti di vista e rese meno lontane le varie concezioni.

MANNIRONI ritiene che sarebbe opportuno discutere separatamente della funzione assegnata all’Alta Corte, del modo di costituzione e della sua legittimazione.

LACONI non è del parere che la pregiudiziale sia superata, perché essa è strettamente connessa con la fisionomia che si vuol dare all’organo nel suo complesso.

TARGETTI non ritiene di avere errato nell’affermare che la pregiudiziale era superata, perché quando l’onorevole Laconi dice che approverà o meno quest’organo a seconda della sua costituzione, con ciò ha già rinunciato alla sua pregiudiziale.

PRESIDENTE ritiene che, per giungere ad una conclusione, occorra prima esaminare le linee concrete del progetto. Dà, quindi, lettura dell’articolo 1° del progetto Leone:

«La Corte di giustizia costituzionale garantisce la costituzionalità delle leggi, dei regolamenti e degli atti amministrativi emanati dagli organi centrali o regionali»;

e dell’articolo 27 del progetto Calamandrei:

«Il controllo sulla costituzionalità delle leggi in via incidentale e con efficacia limitata al caso deciso spetta ai giudici ordinari e in ultima istanza alla prima Sezione della Suprema Corte costituzionale; in via principale e con efficacia generale ed astratta spetta soltanto alla Suprema Corte costituzionale a Sezioni unite».

LEONE GIOVANNI, Relatore, spiega che, a suo parere, il controllo di costituzionalità, anche se interviene in sede incidentale in un giudizio che si svolge dinanzi ad un organo giudiziario, spetta sempre alla Corte di garanzia costituzionale. E questo per evitare ciò che avverrebbe col progetto Calamandrei, che una legge sia dichiarata non costituzionale dal giudice, soltanto per un caso concreto, e sia poi impugnata davanti alla Corte, dando luogo ad un giudicato in conflitto con quello del giudico ordinario; conflitto la cui soluzione non si presenterebbe facile.

Quindi, pur ritenendo apprezzabile questo congegno, soprattutto per l’esigenza di sveltire il funzionamento dell’organo che si vuol creare, non lo può accettare, perché una legge deve essere dichiarata incostituzionale sotto qualunque profilo sia riguardata.

AMBROSINI ritiene superabile l’inconveniente prospettato dall’onorevole Leone, ed osserva d’altra parte che i conflitti di giudicati si hanno anche per casi diversi da quello in esame. Nota che il sistema di limitare la decisione al caso concreto vige negli Stati Uniti d’America, dove la Corte Suprema non annulla la legge, ma la dichiara semplicemente inefficace per il caso concreto. Questo sistema forse si avvicinerebbe all’esigenza della quale si è fatto propugnatore l’onorevole Laconi.

CALAMANDREI, Relatore, afferma che, adottato il sistema della rigidità della Costituzione, la legge ordinaria contraria alla Costituzione è una legge invalidata. Quando ciò sia stabilito, l’eccezione di incostituzionalità di una legge diverrà un’arma che adopereranno tutti gli avvocati in tutti i processi, quando vorranno arrestare l’azione della giustizia.

Di fronte a questa eccezione, due possono essere le vie da seguire: una è quella adottata con la prima Costituzione della Rivoluzione francese, secondo cui il giudice doveva interrogare l’Assemblea Nazionale, e con ciò si paralizzava la giustizia; l’altra è quella di dare al giudice la competenza di esaminare la fondatezza della eccezione. Secondo il suo progetto, si lascerebbe il giudice arbitro di decidere tutte le volte che ritenesse di poter risolvere la questione nell’uno o nell’altro senso. Di fronte però alla difficoltà eventuale di un caso, dovrebbe rimettere la decisione all’organo competente a risolvere in ultima istanza la questione della incostituzionalità di una legge. Quindi, necessità di distinguere tra un controllo incidentale, che si riferisce sempre al solo caso concreto, e un controllo di carattere generale ed astratto affidato alla Corte costituzionale.

Chiede all’onorevole Leone perché voglia limitarsi solo a questo secondo controllo generale ed astratto, trascurando le necessità concrete.

LEONE GIOVANNI, Relatore, risponde di essersi occupato incidentalmente di questo caso al n. 7 dell’articolo 2, dove è detto:

«La Corte di giustizia costituzionale decide su domanda: – di un organo del potere giudiziario, quando si tratti di questione pregiudiziale di un procedimento di cognizione del medesimo».

In questo caso il rinvio alla Corte è obbligatorio.

Le osservazioni dell’onorevole Calamandrei per giustificare il suo sistema sono acute, ma non decisive. Quando dice che l’arma della incostituzionalità sarà un’arma alla quale di frequente i litiganti faranno ricorso, si può osservare che, col suo sistema, questa arma non viene infranta, perché, riconosciuto il diritto alle parti di ricorrere in ultima istanza alla Corte, si verificherà, per una forte percentuale almeno dei giudizi, l’interruzione del corso della giustizia.

Fa rilevare inoltre che, nel suo progetto, egli si è anche occupato del problema della res judicata. Infatti, nell’ultimo capoverso dell’articolo 8, si dispone che una domanda rigettata non può essere riproposta neppure da altro soggetto, tranne che per un diverso motivo di nullità. Accadrà così che, quando un provvedimento legislativo sia stato precedentemente convalidato attraverso il rigetto di un ricorso, le parti non avranno più la possibilità di riproporre l’azione alla Corte costituzionale.

Infine osserva che resta sempre ferma la sua obiezione, alla quale non ha risposto l’onorevole Calamandrei e solo vagamente l’onorevole Ambrosini, del conflitto tra il giudicato del giudice ordinario e quello della Corte.

CALAMANDREI, Relatore, fa presente che il sistema del controllo sulla costituzionalità delle leggi – come funziona da un tempo ultrasecolare negli Stati Uniti – è basato puramente sulla via incidentale. Ogni giudice può dichiarare una legge incostituzionale e rifiutarsi di applicarla. Di appello in appello si arriva alla Corte Suprema, la quale si può pronunciare nei soli confronti del caso che è stato deciso. Senonché, in seguito ai ripetuti annullamenti di una legge in via incidentale, gli organi legislativi si rendono conto che la legge è in contrasto con la Costituzione, e la sensibilità politica suggerisce loro di emendarla.

Nel suo progetto egli ha aggiunto, a complemento, anche un’impugnazione ideale ed astratta, mentre nel progetto dell’onorevole Leone vi è solo questa impugnazione ideale ed astratta; ma allora si dovrebbe aggiungere una disposizione che vietasse ai giudici di esaminare la costituzionalità delle leggi, ciò che non gioverebbe certo ad elevare il prestigio della Magistratura.

PRESIDENTE ricorda come sia stato compiuto un lavoro utile sul problema del potere giudiziario, dopo che sono stati invitati i Relatori a presentare, d’accordo, un certo numero di articoli che costituissero la base della discussione. Ritiene, quindi, necessario pregare i Relatori di predisporre un progetto che sia la sintesi dei vari articoli da loro proposti, per rendere più snella e più concreta la discussione.

MANNIRONI crede che questa discussione di carattere generale non sia stata inutile.

LEONE GIOVANNI, Relatore, si dichiara pronto per questo lavoro, ma ritiene opportuno ch’esso sia preceduto dall’esame di tre o quattro punti centrali dell’argomento; dopo di che i Relatori, insieme con qualche rappresentante degli altri gruppi, potrebbero portare alla discussione una formulazione più facilmente accettabile.

PRESIDENTE, accedendo al desiderio dell’onorevole Leone, avverte che nella prossima riunione si continuerà nella discussione generale dei punti fondamentali. I criteri che ne risulteranno saranno poi fissati in pochi e brevi articoli, i quali dovranno stabilire in primo luogo che cosa è la Corte costituzionale, e poi quali siano la sua funzione, la sua competenza e le questioni che deve risolvere.

LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che un’altra questione fondamentale è quella degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità.

PRESIDENTE risponde che la Commissione, nel suo studio, deve partire dal presupposto che si tratta di preparare una Costituzione rigida.

I Relatori potrebbero preparare ciascuno una serie di quesiti, sui quali portare la discussione nella successiva seduta.

(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 18.20.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Conti, Di Giovanni, Farini, Laconi, Leone Giovanni, Mannironi, Ravagnan, Targetti, Uberti.

Erano assenti: Castiglia, Porzio.