Come nasce la Costituzione

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MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947 (prima sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(PRIMA SEZIONE)

15.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 14 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Potere esecutivo (Seguito della discussione)

Presidente – Nobile – Lami Starnuti – Perassi – Lussu – Mortati – La Rocca, Relatore – Piccioni – Grieco – Einaudi.

Rapporti di pubblico impiego

Presidente – Mortati, Relatore – Nobile – Grieco – Einaudi – Lussu – Fabbri – Fuschini – Tosato – Rossi Paolo – Perassi.

La seduta comincia alle 17.30.

Seguito della discussione sul potere esecutivo.

PRESIDENTE avverte che l’onorevole Nobile ha presentato la proposta di un articolo aggiuntivo al progetto sul potere esecutivo, che è del seguente tenore:

«Il decreto presidenziale che scioglie la seconda Camera scioglierà altresì i Consigli comunali e le Assemblee regionali».

NOBILE dichiara che la sua proposta tende a porre riparo ad uno degli inconvenienti più gravi che potrebbero derivare dall’applicazione delle decisioni approvate dalla Sottocommissione relativamente al sistema di elezione di secondo grado per la formazione della seconda Camera. È stato stabilito, infatti, che la seconda Camera abbia gli stessi poteri della prima pur non venendo a costituire la diretta rappresentanza delle forze politiche del Paese quali si presentano al momento delle sue elezioni, in quanto due terzi dei nuovi membri saranno eletti dai Consigli comunali già eletti in epoca precedente. Ora, a causa dell’odierna situazione politica italiana, anche nel periodo di tempo relativamente breve di un anno, si possono verificare sensibili mutamenti nell’opinione pubblica. Basti pensare a tale proposito che su circa 25 milioni di votanti gli iscritti ai partiti politici non superano forse i quattro milioni: i restanti ventuno milioni costituiscono una massa fluttuante, le cui vedute politiche possono sensibilmente modificarsi anche nel giro di pochi mesi.

Per fare un esempio, si supponga che una determinata coalizione di partiti rappresenti, nel momento in cui si eleggono i consigli comunali, il 60 per cento delle forze politiche totali del Paese e che, a distanza di un anno, essa non abbia più il favore dell’opinione pubblica nella misura suddetta, ma abbia subito una diminuzione del 15 per cento, venendo così a rappresentare il 45 per cento delle forze politiche totali del Paese. Se le elezioni politiche dovessero aver luogo al termine dell’anno anzidetto, alla seconda Camera quella coalizione di partiti costituirebbe la maggioranza, anche se lieve, perché due terzi dei suoi componenti sarebbero eletti dai Consigli comunali già eletti quando cioè essa rappresentava il 60 per cento della totalità delle forze politiche nazionali; alla prima Camera, invece, la stessa coalizione costituirebbe la minoranza, perché i suoi membri sarebbero eletti direttamente dal popolo favorevole ad essa ormai solo nella misura del 45 per cento. Si avrebbe così un permanente dissidio fra le due Camere, perché la prima sarebbe realmente l’espressione del rapporto delle forze politiche del Paese esistente in un determinato momento, mentre la seconda costituirebbe una rappresentanza di rapporti di forze quali si avevano in un periodo precedente.

Lo scioglimento, quindi, dell’una e dell’altra Camera non può sanare l’inconveniente lumeggiato, se nello stesso tempo non si addiviene allo scioglimento dei Consigli comunali e delle Assemblee regionali, sempre che da tali organismi la seconda Camera debba trarre la sua origine.

Si potrà obiettare che, in questo modo, i cittadini sarebbero chiamati troppe volte alle urne; e ciò indubbiamente risponde a verità; ma è l’inevitabile conseguenza del principio dell’elezione di secondo grado adottato dalla Sottocommissione per la formazione della seconda Camera. L’obiezione, se mai, serve ancora una volta a condannare il sistema bicamerale.

LAMI STARNUTI, pur condividendo pienamente le ragioni che hanno indotto l’onorevole Nobile a presentare la sua proposta, non può aderire al principio secondo cui, in caso di scioglimento della seconda Camera, si dovrebbe procedere anche allo scioglimento dei Consigli comunali e delle Assemblee regionali. Ciò, infatti, renderebbe ancora più faticoso e pesante il sistema di formazione della seconda Camera, sul quale per altro, dati i gravi inconvenienti a cui esso può dare origine, così acutamente lumeggiati dall’onorevole Nobile, si riserva di riproporre i suoi dubbi in sede di Commissione plenaria.

Dichiara frattanto, per le considerazioni anzidette, che si asterrà dal votare la proposta dell’onorevole Nobile.

PERASSI osserva che le considerazioni svolte dall’onorevole Nobile stanno a provare, più che altro, la necessità di riesaminare il sistema delle elezioni della seconda Camera. La Sottocommissione ha, in via di principio, adottato il criterio che i due terzi dei componenti la seconda Camera debbano essere eletti dai Consigli comunali: la proposta però, per quanto accolta, è stata considerata tale da dover essere approfondita per ciò che concerne la sua applicazione. Ora, le osservazioni fatte dall’onorevole Nobile portano alla conclusione che quel criterio non è praticamente attuabile, anche se dovesse essere adottato l’accorgimento, già previsto a suo tempo, del voto plurimo da accordare ai consiglieri comunali.

Varie proposte sono state fatte relativamente al sistema di eleggere i rappresentanti della seconda Camera. È stata infatti prospettata l’opportunità che i due terzi dei membri della seconda Camera siano eletti con il sistema del secondo grado, anziché dai consiglieri comunali, da delegati appositamente nominati a tale scopo. Con l’accoglimento di questa proposta si eviterebbero gli inconvenienti lamentati dall’onorevole Nobile perché, dopo lo scioglimento della seconda Camera, si procederebbe all’immediata elezione dei delegati che alla loro volta dovrebbero eleggere i membri della seconda Camera. Si potrebbe anche adottare per i due terzi dei membri della seconda Camera il sistema dell’elezione diretta a suffragio universale. Ciò servirebbe ad attenuare la differenza che potrebbe invece sussistere, con il definitivo accoglimento delle proposte approvate dalla Sottocommissione, tra la prima o la seconda Camera.

Propone frattanto che il riesame del sistema di elezione dei componenti la seconda Camera abbia luogo presso la seconda Sottocommissione o la prima Sezione di questa, e non già presso la Commissione plenaria, perché in quest’ultima sede è assai più difficile arrivare in breve a conclusioni concrete. Per il riesame del problema potrebbe anche essere ricostituito il Comitato, della cui opera proficuamente già si è valsa la Sottocommissione, il quale presenterebbe le sue conclusioni alla Commissione.

LUSSU, pur condividendo in via di principio le ragioni che hanno indotto l’onorevole Nobile a presentare la sua proposta, dichiara che voterà contro di essa. Ogni istituto, anche se può sembrare il più utile e più rispondente a determinate esigenze, assai difficilmente raggiunge la perfezione da tutti auspicata. Il vecchio Senato francese, ad esempio, era rinnovabile in parte ogni due anni, il che costituiva un’assurdità, perché i nuovi eletti venivano a rappresentare le mutate o le nuove esigenze politiche della Nazione, mentre i vecchi costituivano una rappresentanza di interessi politici forse non più esistenti; e tuttavia quel sistema sembrò il più razionale al popolo francese per un lungo periodo di tempo.

Per un’altra considerazione, poi, la proposta dell’onorevole Nobile non può essere accolta: i Consigli comunali non sarebbero più organi amministrativi e assumerebbero il carattere di organi essenzialmente politici; il che sarebbe veramente inopportuno. È da considerare infine che, se si dovesse addivenire, con lo scioglimento della seconda Camera, al contemporaneo scioglimento dei Consigli comunali, dovrebbero essere sciolti anche i Consigli comunali delle quattro Regioni aventi una particolare autonomia: la Sardegna, la Sicilia, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, e questo sarebbe contrario alle speciali forme di autonomia riconosciute a quelle Regioni.

MORTATI rileva che le osservazioni dell’onorevole Nobile non sono nuove: già fu prospettata, infatti, la possibilità di uno sfasamento tra la composizione dei Consigli comunali e quella che dovrebbe essere la composizione della seconda Camera in un dato momento. Tale inconveniente si verificherebbe anche nei casi normali, ossia indipendentemente dal caso di scioglimento della seconda Camera, perché la data di elezione dei Consigli comunali può ad un certo momento trovarsi a non coincidere più con quella dell’elezione della seconda Camera stessa. L’inconveniente, quindi, non sarebbe eliminato nemmeno se fosse accolta la proposta dell’onorevole Nobile.

Senza dubbio il sistema escogitato per la composizione della seconda Camera può dar luogo a giuste critiche, ma con l’adozione del criterio proposto dall’onorevole Nobile, esso verrebbe a subire una radicale trasformazione. Il principio, infatti, che si è voluto adottare non è già quello di creare speciali organismi a cui affidare l’elezione dei membri della seconda Camera, bensì quello di utilizzare a tale scopo determinati corpi già esistenti. È per questo che si è pensato ai Consigli comunali. Questo principio, una volta approvato, occorre accettarlo in tutte le sue conseguenze.

D’altra parte, la proposta dell’onorevole Nobile non può essere accolta anche per la giusta considerazione fatta dall’onorevole Lussu, che con essa si aggraverebbe l’inconveniente, già lamentato, di dare un contenuto politico alle elezioni amministrative e di alterare le funzioni che i Consigli comunali sono chiamati a svolgere. Tanto varrebbe allora adottare il criterio di eleggere un corpo di elettori ad hoc per l’elezione dei membri della seconda Camera nel momento in cui si debba procedere a questa.

A suo avviso, sarebbe meglio accogliere la proposta fatta dall’onorevole Perassi di riesaminare il problema in discussione, tanto più che è rimasta in sospeso la questione relativa all’applicazione del criterio, già approvato dalla Sottocommissione, secondo cui i due terzi dei componenti la seconda Camera debbono essere eletti dai Consigli comunali.

LA ROCCA, Relatore, trova giuste le osservazioni fatte dai precedenti oratori relativamente alla proposta dell’onorevole Nobile; essa però ha avuto il merito di mettere chiaramente in luce le gravi manchevolezze del sistema che si vorrebbe instaurare per l’elezione dei membri della seconda Camera. Ciò considerato, si domanda se non sia il caso di sottoporre a un nuovo esame le deliberazioni già prese, per far sì che la seconda Camera possa essere meglio costituita. Da altra parte, se con lo scioglimento delle Camere si vuol raggiungere lo scopo di consultare nuovamente la volontà popolare, tale scopo sarebbe raggiunto soltanto a metà con l’adozione definitiva del principio, già approvato dalla Sottocommissione, secondo cui i due terzi dei membri della seconda Camera debbono essere eletti dai Consigli comunali; perché, come giustamente ha rilevato l’onorevole Nobile, soltanto la prima Camera, non già la seconda, verrebbe ad essere l’espressione diretta della volontà popolare quale è al momento delle elezioni. Ciò sarebbe assai grave, perché in ultima analisi renderebbe inutile il provvedimento di scioglimento delle Camere.

PRESIDENTE fa presente che il risultato dei lavori della Sottocommissione è stato già trasmesso al Comitato di coordinamento, che non ha avvertito le manchevolezze del sistema approvato per l’elezione dei membri della seconda Camera, acutamente indicate dall’onorevole Nobile.

Il Comitato di coordinamento, inoltre, ha già riveduto il testo delle deliberazioni approvate dalla Sottocommissione. Ciò considerato, resta esclusa la possibilità che la Sottocommissione possa tornare ad esaminare il problema posto dall’onorevole Nobile per adottare nuove deliberazioni relativamente a quel problema. Inoltre, anche ammettendo di poter superare la questione di carattere procedurale relativa alla possibilità di un nuovo esame del problema, è da tener presente il fatto che la Sottocommissione entro 6 giorni dovrà concludere i suoi lavori e pertanto non avrebbe più un sufficiente tempo a sua disposizione per riprendere in esame le decisioni già prese. Non resta quindi altra possibilità che sollevare il problema posto dall’onorevole Nobile in sede di Commissione plenaria o di Assemblea Costituente, per proporre un’eventuale modificazione del sistema dell’elezione dei membri della seconda Camera, già approvato dalla Sottocommissione.

NOBILE ritiene, secondo quanto ha giustamente osservato l’onorevole Perassi, che occorra assai minor tempo per giungere a risultati concreti circa la soluzione del problema della formazione della seconda Camera in sede di Sottocommissione, che non in Commissione plenaria, anche perché la Sottocommissione ha già discusso a lungo questa materia.

PERASSI è del parere, contrariamente al diverso avviso espresso in proposito dal Presidente, che la Sottocommissione abbia ancora la facoltà di riesaminare il problema dell’elezione dei due terzi dei membri della seconda Camera da parte dei Consigli comunali, perché per l’applicazione di quella deliberazione non fu adottata alcuna precisa disposizione. In altri termini, l’unica deliberazione approvata in proposito dalla Sottocommissione è stata quella secondo cui i membri del Senato dovrebbero essere eletti per un terzo dalle Assemblee regionali e per il resto dai Consigli comunali. Non si addivenne però ad una precisa articolazione per l’applicazione della deliberazione suddetta, perché questa fu considerata tale da dover essere ulteriormente approfondita. Esistono quindi ragioni obiettive perché la Sottocommissione stessa possa riesaminare il problema in discussione, nonostante il testo delle deliberazioni concernenti la costituzione della seconda Camera sia stato inviato alla Commissione plenaria.

PRESIDENTE replica che la proposta dell’onorevole Nobile non si limita a richiamare l’attenzione della Sottocommissione sulla necessità di esaminare ulteriormente il problema dell’applicazione della disposizione relativa all’elezione dei due terzi dei membri della seconda Camera da parte dei Consigli comunali, ma mira a porre nuovamente in questione il sistema di formazione della seconda Camera stessa nel suo complesso.

NOBILE presenta il seguente ordine del giorno:

«La prima Sezione della seconda Sottocommissione ritiene che si debba esaminare in seduta plenaria della Sottocommissione stessa il problema della formazione della seconda Camera».

PICCIONI ritiene che la Sottocommissione dovrebbe completare il suo lavoro nel senso di risolvere il problema dell’applicazione della deliberazione già presa, relativa alla elezione dei due terzi dei membri della seconda Camera da parte dei Consigli comunali. Solo se, discutendo quel problema, ci si dovesse accorgere di non poter addivenire a una soluzione soddisfacente, la Sottocommissione potrebbe decidere di modificare il sistema, da essa già approvato, della formazione della seconda Camera.

Non è possibile, quindi, sin da questo momento, ammettere la necessità di una radicale trasformazione del sistema concernente l’elezione dei membri della seconda Camera, e ciò in contrasto con le decisioni già prese. Per tali considerazioni è contrario, tanto all’ordine del giorno presentato, quanto alla proposta di articolo aggiuntivo dell’onorevole Nobile.

GRIECO esprime i suoi dubbi sull’opportunità di mettere in votazione l’articolo aggiuntivo proposto dall’onorevole Nobile, perché, se fosse approvato, contrasterebbe con le decisioni già prese dalla Sottocommissione relativamente al sistema della formazione della seconda Camera.

Si associa pertanto alle dichiarazioni fatte dall’onorevole Lami Starnuti e dichiara che si asterrà dal votare l’articolo aggiuntivo presentato dall’onorevole Nobile.

NOBILE ritira l’articolo aggiuntivo. Insiste però affinché il suo ordine del giorno sia messo in votazione.

GRIECO voterà contro l’ordine del giorno dell’onorevole Nobile, intendendo con tale voto significare che il problema della formazione della seconda Camera debba essere riesaminato, non dalla seconda Sottocommissione, perché per far ciò mancherebbe ormai il tempo, bensì dalla Commissione plenaria e dall’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE mette in votazione l’ordine del giorno dell’onorevole Nobile.

(Non è approvato).

PRESIDENTE ricorda che, secondo la proposta fatta dall’onorevole Perassi, la prima Sezione dovrebbe incaricare il Comitato, della cui opera la Sottocommissione già proficuamente si avvalse, di articolare la disposizione relativa all’applicazione della deliberazione, già approvata dalla Sottocommissione stessa, per la quale i due terzi dei membri della seconda Camera debbono essere eletti dai Consigli comunali.

PERASSI domanda se il Comitato possa avere la facoltà di proporre modificazioni sostanziali relativamente al sistema di elezione dei due terzi dei membri della seconda Camera da parte dei Consigli comunali, ove si accorga della difficoltà o inopportunità di applicare quello deciso.

EINAUDI ritiene che il Comitato non possa proporre la modificazione del sistema, perché questo è stato approvato per dare al Senato il carattere di un’Assemblea nazionale rappresentante le Regioni.

PERASSI rileva che il carattere regionale della seconda Camera sarebbe sempre assicurato con il terzo dei suoi membri eletti dalle Assemblee regionali.

EINAUDI replica che, se i due terzi dei membri del Senato non dovessero essere più eletti dai Consigli comunali, il principio regionalistico sarebbe gravemente infirmato. Ciò considerato, ritiene che l’incarico da affidare al Comitato debba limitarsi alla formulazione concernente l’applicazione del principio, già approvato dalla Sottocommissione, secondo cui i due terzi dei membri del Senato debbono essere eletti dai Consigli comunali.

PICCIONI fa presente che la difficoltà che dovrà essere risolta dal Comitato relativamente all’applicazione del sistema di elezione dei due terzi dei membri della seconda Camera da parte dei Consigli comunali riguarda più che altro il peso diverso che in quel sistema dovrà essere attribuito ai Consigli comunali dei minori Comuni nei confronti di quelli dei Comuni maggiori.

PRESIDENTE è del parere che non possa essere risolto il problema del funzionamento parziale del sistema relativo alla formazione della seconda Camera, se contemporaneamente non sia esaminato il sistema nel suo complesso. In ogni modo, prescindendo da tale osservazione, crede si possa rimanere d’intesa nel senso che il Comitato è incaricato di studiare soltanto la possibilità di applicazione della deliberazione, già approvata dalla Sottocommissione, per la quale i due terzi dei membri della seconda Camera debbono essere eletti dai Consigli comunali e di redigere un apposito articolo al riguardo.

(Così rimane stabilito).

Discussione sui rapporti di pubblico impiego.

PRESIDENTE avverte che ora si passa alla discussione di alcune norme riguardanti i rapporti di pubblico impiego. Tali norme, proposte dall’onorevole Bozzi, che non è potuto intervenire alla riunione odierna, sono le seguenti:

1°) «Ai pubblici impieghi si accede per concorso. La legge determina i casi in cui la nomina può cadere su cittadini eletti dal popolo o liberamente scelti dalla Pubblica amministrazione».

2°) «I ruoli organico-giuridici degli impiegati statali sono regolati per legge».

3°) «Gli impiegati dello Stato, delle Regioni e degli altri enti pubblici, salve le eccezioni stabilite dalla legge, possono appartenere a partiti politici e ad associazioni sindacali (ma è fatto loro divieto di sciopero)».

4°) «I pubblici impiegati non possono essere sottoposti a procedimenti disciplinari, né in altro modo essere chiamati responsabili dalla Pubblica amministrazione a causa delle opinioni politiche, sociali o religiose da essi manifestate, salvo che ciò comprometta l’esercizio della funzione o del servizio o leda la dignità e il prestigio dell’ufficio.

«I pubblici impiegati, che siano membri del Parlamento, non possono, durante il mandato, conseguire promozioni, se non per anzianità».

MORTATI, Relatore, osserva che la prima disposizione proposta dall’onorevole Bozzi, concernente l’ammissione ai pubblici impieghi, non riguarda una materia di carattere costituzionale. Ciò premesso, ritiene che sarebbe meglio prima discutere da un punto di vista generale sui rapporti di pubblico impiego e poi procedere all’esame delle singole norme.

A suo avviso, la necessità di includere nella Costituzione alcune norme riguardanti la Pubblica amministrazione sorge per due esigenze. Una prima è quella di assicurare ai funzionari alcune garanzie per sottrarli alle influenze dei partiti politici. Lo sforzo di una Costituzione democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere a garantire una certa indipendenza ai funzionari dello Stato, per avere un’amministrazione obiettiva della cosa pubblica e non un’amministrazione dei partiti. A tale proposito la Costituzione di Weimar stabiliva che i funzionari erano a servizio della collettività e non dei singoli partiti.

La seconda esigenza riguarda la responsabilità dei pubblici funzionari. A tale proposito la prima Sottocommissione ha approvato il principio che i pubblici impiegati siano responsabili dei danni che per dolo o colpa cagionino ai terzi nell’esercizio delle funzioni o del loro servizio, e che lo Stato e gli altri enti pubblici siano responsabili in via sussidiaria. Questo principio è stato approvato, ma rimane il problema di creare un’organizzazione che giovi a precisare le responsabilità dei pubblici impiegati. Attualmente non si sa mai su chi deve ricadere la responsabilità di determinati atti, perché il principio della responsabilità dei funzionari è affermato teoricamente, ma in pratica è di assai difficile attuazione. Si potrebbe in proposito pensare di costituire un ordinamento amministrativo, per il quale la responsabilità, in determinati settori della Pubblica amministrazione, sia affidata a dati funzionari e capi servizio.

Sono queste le due esigenze che, a suo avviso, potrebbero costituire materia per norme di carattere costituzionale.

NOBILE ritiene che le norme proposte dall’onorevole Bozzi non riguardino materia di carattere costituzionale e siano pertanto superflue. Nel primo articolo non vi è di sostanziale che la disposizione in cui si stabilisce che ai pubblici impieghi si accede per concorso. II resto è un rinvio alla legge, che può benissimo essere omesso.

Il secondo articolo, con cui si dispone che i ruoli organico-giuridici degli impiegati statali sono regolati per legge, non stabilisce nulla di nuovo e non v’è alcuna necessità di inserirlo nella Costituzione.

Circa il principio posto nell’articolo 4, secondo cui i pubblici impiegati non possono essere sottoposti a procedimento disciplinare né essere chiamati responsabili a causa delle loro opinioni politiche, sociali o religiose, osserva che, se mai, dovrebbe essere esteso anche agli impiegati parastatali e privati.

Riguardo poi al principio, approvato dalla prima Sottocommissione, secondo cui i pubblici impiegati sono responsabili dei danni che per dolo o colpa cagionino ai terzi nell’esercizio delle funzioni o del servizio, osserva che il fatto doloso o colposo è sempre perseguibile e non v’è bisogno di una norma che lo stabilisca espressamente.

GRIECO ritiene che tre principî dovrebbero essere affermati nella Costituzione relativamente ai rapporti di pubblico impiego. Il primo riguarda l’obbligo di fedeltà dei funzionari alla Repubblica; ma questo è già stato stabilito in altra parte del progetto della Costituzione. Il secondo è quello con cui si riconosce che i funzionari sono al servizio della collettività, così come era affermato nella Costituzione di Weimar. Il terzo principio riguarda la responsabilità dei funzionari; ed a questo proposito è da osservare che il criterio adottato dalla prima Sottocommissione, per cui i pubblici impiegati dovrebbero essere responsabili dei danni che, per dolo o colpa, cagionino ai terzi nell’esercizio delle loro funzioni o del servizio, è un criterio troppo lato: si tratta, in altre parole, di una responsabilità che i pubblici funzionari hanno in comune con tutti i cittadini, mentre si deve stabilire quale sia la responsabilità specifica attinente alle funzioni dei pubblici impiegati.

EINAUDI dichiara di essere assai dubbioso sull’opportunità di inserire nella Costituzione il primo articolo proposto dall’onorevole Bozzi, con cui in sostanza si stabilisce che si può accedere ai pubblici impieghi soltanto per concorso o per elezione del popolo o per libera scelta della Pubblica amministrazione, e ciò perché possono aversi anche altre forme di accesso alle cariche pubbliche. Così, per quanto riguarda l’insegnamento universitario, la chiamata diretta da parte della Facoltà non è un concorso, né un’elezione, né una libera scelta della Pubblica amministrazione. Non v’è ragione, inoltre, perché a certi gradi della Magistratura non si possa consentire l’accesso per vie diverse da quelle previste nell’articolo proposto dall’onorevole Bozzi: ad esempio, i magistrati di un certo grado potrebbero benissimo essere scelti tra avvocati che abbiano dato ottima prova della loro capacità. Tutta la magistratura inglese è scelta con questo sistema ed ha sempre dato prova di un notevole spirito di indipendenza, il che deriva anche dal fatto che i magistrati inglesi non hanno una carriera. Comunque, il progresso finora conseguito in Inghilterra nel campo della magistratura e dell’insegnamento superiore è dipeso proprio dal fatto che ai ministri è stata tolta ogni facoltà di nominare magistrati e professori universitari.

LUSSU si associa a quanto ha esposto l’onorevole Grieco, ritenendo che dovrebbero essere formulati in apposite norme da inserire nel testo della Costituzione i principî da lui indicati.

MORTATI, Relatore, fa presente che vi è un’altra questione su cui ha presa una decisione nell’ultima sua riunione la Commissione plenaria: quella relativa al divieto di sciopero, di cui si parla nell’articolo 3 proposto dall’onorevole Bozzi. Nella deliberazione della Commissione plenaria, in via generale, è stato ammesso il diritto di sciopero: si tratta ora di vedere se per i pubblici funzionari sia da riconoscere in modo condizionato o pieno tale diritto.

PRESIDENTE ritiene che, dopo la decisione presa dalla Commissione plenaria in materia di diritto di sciopero, non sia più possibile tornare a discutere al riguardo.

MORTATI, Relatore, obietta che nella discussione in seno alla Commissione plenaria si è parlato di pubblici impiegati. Ora v’è differenza tra pubblico impiegato e pubblico funzionario, in quanto il pubblico funzionario, diversamente dal pubblico impiegato, compie sempre un atto di volontà in nome dello Stato.

PRESIDENTE ritiene che la decisione presa dalla Commissione plenaria, per cui a tutti i lavoratori spetta il diritto di sciopero, tolga ogni dubbio circa la questione sollevata dall’onorevole Mortati.

MORTATI, Relatore, domanda se si possa ritenere compatibile con le esigenze della Pubblica amministrazione lo sciopero dei pubblici funzionari.

LUSSU ricorda che, nell’ultima riunione della Commissione plenaria, in materia di diritto di sciopero egli fece uno specifico accenno ai pubblici funzionari, perché è del parere che lo Stato debba intervenire nel caso in cui essi abbiano a scioperare.

L’intervento dello Stato, però, in caso di sciopero dei pubblici funzionari, fu escluso e rinviato ad una legge speciale. Ritiene in ogni modo che dopo la decisione presa dalla Commissione plenaria sulla questione in esame non sia possibile un’ulteriore discussione.

FABBRI dichiara di essere contrario in linea di massima alla formulazione di principî generali, che poi nella loro applicazione hanno bisogno di una serie di eccezioni e di apposite regolamentazioni. Senza dubbio è giusto, come ha osservato il Presidente, che dopo la decisione adottata nell’ultima riunione dalla Commissione plenaria non sia più possibile discutere sul diritto di sciopero relativamente ai pubblici funzionari. È stato però un grave errore quello che ha compiuto la Commissione plenaria, approvando una formulazione generale in cui si ammette incondizionatamente il diritto di sciopero. Ritiene che su questo problema la Costituzione dovrebbe mantenere il silenzio, per lasciare allo svolgimento della vita sociale la possibilità di risolvere, a seconda delle esigenze economiche e politiche, il problema dello sciopero. Trova poi assai strano che l’onorevole Lussu abbia votato a favore di quella formulazione generale, approvata dalla Commissione plenaria, in cui si riconosce incondizionatamente il diritto di sciopero, pure avendo dichiarato che lo Stato debba avere il potere di intervenire in caso di sciopero di pubblici funzionari.

Circa le norme riguardanti il pubblico impiego da inserire nella Costituzione, ritiene che esse abbiano la loro sede normale nella legge sullo stato giuridico degli impiegati.

Osserva poi non essere esatto che non vi sia nulla di nuovo, secondo quanto ha affermato l’onorevole Nobile, nel principio per il quale i funzionari dovrebbero rispondere dei danni cagionati per dolo o colpa a terzi nell’esercizio delle loro funzioni. La giurisprudenza infatti ha sempre ammesso la responsabilità dei funzionari nell’esercizio delle loro funzioni nei confronti dei terzi soltanto per dolo.

FUSCHINI fa presente all’onorevole Fabbri che, nel progetto approvato dal Comitato di redazione, l’articolo 11 stabilisce che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, ai sensi della legge penale e civile, per gli atti da essi compiuti in violazione dei diritti dei cittadini, e che lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro funzionari e dipendenti.

Comunica che gli esponenti del suo gruppo si propongono di risollevare la questione relativa al diritto di sciopero dei pubblici impiegati in sede di Assemblea costituente, affinché si addivenga a una deliberazione definitiva in materia e siano chiarite le rispettive posizioni dei vari gruppi politici nei confronti della questione.

È del parere inoltre che la Costituzione debba contenere soltanto principî di carattere generale sullo stato giuridico degli impiegati: è al legislatore ordinario poi che deve essere affidato il compito di sviluppare tali principî. È inutile, quindi, fissare norme di carattere costituzionale, per stabilire se ai pubblici impieghi si possa accedere per concorso o chiamata diretta o elezione: vi possono essere, infatti, altri modi per reclutare gli impiegati, come ad esempio quello mediante contratto. Sarebbe inopportuno fissare nella Costituzione i sistemi di reclutamento dei pubblici impiegati, perché ciò riguarda il processo di organizzazione dello Stato a seconda delle varie esigenze del momento.

Ritiene anche che si debba dire che i funzionari sono al servizio dello Stato e non già della collettività, perché la collettività è un concetto generico, mentre lo Stato rappresenta sempre qualcosa di concreto.

Rileva infine che nel progetto della Costituzione sono stati introdotti in numero eccessivo principî, norme, specificazioni o affermazioni di carattere morale. Ciò è stato causato dal timore che certi principî basilari, politici o morali, possano non essere rispettati nell’avvenire o che il futuro Parlamento debba andare al di là di certi limiti che sono sempre rispettati in ogni Nazione civile. Per suo conto dichiara che ha piena fiducia nell’avvenire del Paese e nell’opera che svolgerà il Parlamento, per cui è del parere che nella Costituzione debbano essere introdotte soltanto quelle norme che siano da ritenersi indispensabili alla vita dello Stato.

TOSATO fa presente che la prima Sottocommissione e il Comitato di redazione hanno approvato un articolo in cui si stabilisce che tutti i cittadini, in base al principio dell’eguaglianza, possono essere ammessi ai pubblici impieghi. La prima Sottocommissione, poi, aveva anche redatto un articolo in cui si fissava, in via di principio, l’obbligatorietà del concorso per l’ammissione ai pubblici uffici. Nel Comitato di redazione però si è affermato che sarebbe stato meglio inserire questo articolo nella parte della Costituzione che riguarda i rapporti di pubblico impiego.

Ora, affinché potesse essere garantito il rispetto del principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini, per la parte della Costituzione relativa ai rapporti di pubblico impiego, sarebbe necessario adottare una norma costituzionale, in cui fosse affermato che ai pubblici uffici non si può accedere che per concorso, salvo i casi in cui la legge non disponga altrimenti.

V’è poi la questione, generalmente vista con una certa diffidenza, della possibilità di inquadrare il rapporto di pubblico impiego secondo il tipo del contratto. Potrebbe essere utile che certi uffici pubblici fossero affidati non soltanto a funzionari veri e propri, ma anche a persone assunte con contratto a tempo.

Per le considerazioni esposte propone che nella Costituzione siano affermati i seguenti due principî: «Ai pubblici impieghi si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge» e «Il rapporto di pubblico impiego è regolato per legge o per contratto».

PRESIDENTE è d’accordo con l’onorevole Tosato sulla opportunità di affermare nella Costituzione che ai pubblici impieghi si debba accedere per concorso. Un’affermazione di tal genere starebbe a precisare in forma solenne che non si può entrare a far parte di una Pubblica amministrazione per tramite di favoritismi.

È del parere pure che debbano essere affermati i tre principî indicati dall’onorevole Grieco, di cui il primo e il terzo hanno già trovato la loro formulazione in altra parte del progetto, mentre rimane ancora da decidere sul secondo: quello dell’impegno, da parte del pubblico impiegato, di compiere le sue funzioni al servizio della collettività. Con questa affermazione giustamente si intende precisare che i pubblici impiegati sono subordinati a un determinato impegno, a differenza di coloro che si dedicano al commercio, alle professioni liberali e in genere a qualsiasi altro lavoro; ed è appunto l’impegno di compiere la propria opera al servizio della collettività che giustifica poi l’idea di non riconoscere il diritto di sciopero a questa categoria di lavoratori, cosa che invece a nessuno mai è venuto in mente di contestare agli impiegati privati.

MORTATI, Relatore, propone le seguenti formulazioni:

1°) «Ogni Ministro dirige l’amministrazione ad esso affidata. Nell’ambito delle sue direttive, i funzionari dirigenti dei vari servizi assumono la diretta responsabilità per gli atti inerenti ai medesimi».

2°) «I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione ed è garantita la loro piena indipendenza da influenze politiche».

3°) «I pubblici impiegati che siano membri del Parlamento non possono, durante il mandato, conseguire promozioni, se non per anzianità. Essi devono fornire, a richiesta dell’Amministrazione della quale fanno parte, le giustificazioni degli accrescimenti patrimoniali conseguiti durante la permanenza in servizio».

Dichiara di ritenere opportuno che sia inserita nella Costituzione la terza formulazione da lui proposta, perché una Costituzione deve sempre rispondere alle esigenze sentite nel determinato momento in cui si forma. Ora una delle esigenze più profondamente sentite nel momento presente è quella di attuare un’opera moralizzatrice specialmente nel campo della vita pubblica. Se la prima Sezione non ritenesse opportuno di inserire nella Costituzione questa formulazione, si potrebbe farne oggetto di un ordine del giorno o di una raccomandazione al futuro legislatore, secondo una procedura già seguita in altre occasioni.

FUSCHINI è contrario alla terza formulazione proposta dall’onorevole Mortati, perché con essa i pubblici impiegati sarebbero messi in una condizione di inferiorità di fronte agli altri cittadini.

ROSSI PAOLO vi è pure contrario, perché con essa implicitamente si verrebbe a gettare il discredito sulla Pubblica amministrazione del Paese.

Per quegli impiegati che, nell’esercizio delle loro funzioni, compiano atti non giustificabili di fronte alla legge e alle regole del buon costume, e per i quali le Amministrazioni potranno sempre adottare i provvedimenti del caso, non si può in una Costituzione introdurre una norma che sarebbe oltremodo offensiva per tutta la Pubblica amministrazione.

EINAUDI osserva che con l’ultima formulazione proposta dall’onorevole Mortati si verrebbe, per la prima volta, a chiedere ai funzionari di provare l’onestà con cui esplicano le loro funzioni.

MORTATI, Relatore, ritira per ragioni di opportunità la parte della terza formulazione da lui proposta, relativa all’obbligo dei funzionari di fornire giustificazioni degli incrementi patrimoniali conseguiti durante la permanenza in servizio, pur ritenendo che essa non riesca lesiva della dignità dei funzionari, i quali, per la natura dei compiti loro affidati, sono soggetti ad obblighi diversi dagli altri cittadini, estensibili anche alla loro vita privata. Osserva che solo una concezione troppo ottimistica della realtà presente può indurre ad escludere la necessità di interventi diretti a moralizzare la Pubblica amministrazione.

PRESIDENTE ritiene opportuno mettere prima in votazione la proposta dell’onorevole Tosato, relativa all’obbligatorietà del concorso per l’accesso ai pubblici impieghi.

FABBRI dichiara di essere in via di principio favorevole alla proposta dell’onorevole Tosato; ma voterà contro di essa per considerazioni di carattere pratico. Attualmente, infatti, lo Stato si avvale dell’opera di persone tecnicamente preparate per assolvere determinati compiti spesso limitati nel tempo. Per l’assunzione di tali elementi tecnici sarebbe fuori luogo ricorrere al sistema dei concorsi.

NOBILE ritiene opportuno che agli impieghi pubblici presso i Ministeri si debba accedere per concorso; ma fa presente che, per certi servizi tecnici, come ad esempio nel campo dell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, si rende necessario che lo Stato possa assumere persone fornite di speciali capacità mediante contratto diretto.

EINAUDI osserva che, con l’eventuale accoglimento della proposta dell’onorevole Tosato, certe Amministrazioni sarebbero messe nell’impossibilità di funzionare. A tale proposito basti ricordare le Banche di Stato, i cui impiegati, pur essendo impiegati statali, non vengono assunti mediante concorso. Ricorda che i professori universitari prima del 1922 riuscirono a strappare all’arbitrio dei Ministri la nomina dei professori ordinari presso le Università e in seguito anche quella dei professori straordinari, e conclude che, per quanto favorevole in via di principio al sistema dei concorsi, voterà contro la proposta dell’onorevole Tosato.

PRESIDENTE mette in votazione la proposta dell’onorevole Tosato, che è così concepita:

«Ai pubblici impieghi si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

(È approvata).

Mette in votazione la seconda proposta dell’onorevole Tosato, del seguente tenore:

«Il rapporto di pubblico impiego è regolato per legge o per contratto». Dichiara che tale proposta gli sembra superflua. Infatti è ovvio che il rapporto di pubblico impiego possa essere regolato per legge o per contratto, giacché non esiste un altro modo con cui esso lo possa essere.

(Con 5 voti favorevoli e 5 contrari, non è approvata).

Avverte che è ora in discussione la prima proposta dell’onorevole Mortati, con cui si mira a stabilire la responsabilità dei funzionari dirigenti dei vari servizi per gli atti a questi inerenti nell’ambito delle direttive impartite dai Ministri. Dichiara di essere personalmente contrario a tale proposta, perché già i Direttori generali dei Ministeri ritengono di essere i veri dirigenti della Nazione. È questo un inconveniente troppe volte lamentato e sarebbe veramente fuori luogo che esso dovesse formare oggetto di una apposita norma costituzionale.

MORTATI, Relatore, ritira la prima proposta da lui presentata, riservandosi di formularla in modo più adatto a significare l’intento in essa racchiuso, di consentire l’individuazione delle responsabilità, che con il sistema attuale tendono a volatilizzarsi.

PRESIDENTE mette in discussione la seconda proposta dell’onorevole Mortati:

«I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione ed è garantita la loro piena indipendenza da influenze politiche».

Rispetto all’idea di garantire agli impiegati l’indipendenza da influenze politiche, osserva che essa è già affermata in altra parte del progetto della Costituzione, in cui è espressamente stabilito che tutti i cittadini sono ammessi ai pubblici impieghi senza distinzione di sesso, di razza, di religione o di fede politica. La fede politica degli impiegati quindi non può essere ragione di un loro allontanamento dal pubblico impiego o di misure di carattere disciplinare.

PERASSI propone che nella formula suggerita dall’onorevole Mortati, alle parole: «ed è garantita la loro piena indipendenza da influenze politiche», siano sostituite le seguenti: «e non devono ricevere istruzioni se non dalle autorità da cui dipendono»; ciò per meglio affermare il principio che il pubblico funzionario non deve ricevere istruzioni da elementi estranei alla Amministrazione a cui egli appartenga.

NOBILE ritiene superflua la precisazione proposta dall’onorevole Perassi. Se un funzionario deve esplicare la sua attività nell’interesse dello Stato, non si può ammettere che egli possa accettare istruzioni da persone estranee all’Amministrazione da cui dipende. È assai più comprensibile invece la formula proposta dall’onorevole Mortati, con cui si mira a garantire l’indipendenza del funzionario da influenze politiche, perché, ad esempio, è sempre possibile il caso di un Ministro che voglia perseguitare un funzionario per le sue idee politiche.

MORTATI, Relatore, dichiara che la formula da lui proposta tende a completare la disposizione contenuta in altra parte del progetto della Costituzione, con cui si stabilisce che tutti i cittadini sono ammessi ai pubblici impieghi senza distinzione di fede politica. Difatti, anche durante lo svolgimento della carriera, l’impiegato dev’essere garantito da influenze politiche.

FABBRI osserva che la formula proposta dall’onorevole Perassi potrebbe essere aggiunta a quella suggerita dall’onorevole Mortati.

PRESIDENTE mette in votazione la formula dell’onorevole Mortati con aggiunta quella dell’onorevole Perassi, nei seguenti termini:

«I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione. È garantita la loro piena indipendenza da influenze politiche e non devono ricevere istruzioni se non dalle autorità da cui dipendono».

(È approvata).

Avverte che ora è in discussione la terza proposta dell’onorevole Mortati:

«I pubblici impiegati che siano membri del Parlamento non possono, durante il mandato, conseguire promozioni se non per anzianità».

NOBILE propone di aggiungere a questa formula le seguenti parole: «né fare passaggio ad altre Amministrazioni statali o parastatali, né prendere parte a concorsi».

EINAUDI è contrario alle formule proposte, non perché non sia persuaso della loro bontà, ma perché non crede opportuno inserirle nel testo della Costituzione. Si tratta di norme secondarie, che possono benissimo trovare la loro sede in una legge: se mai potrebbero formare oggetto di una raccomandazione.

PRESIDENTE ritiene che la formula proposta possa essere approvata, salvo poi a chiedere in sede di Assemblea costituente che sia stralciata dalla Costituzione e resti solo come raccomandazione per il futuro legislatore. Così alla formula proposta potrebbe essere data maggiore importanza e pubblicità, il che non avverrebbe se fosse votata soltanto come ordine del giorno nella riunione odierna.

FUSCHINI osserva che, se la proposta in discussione dovesse essere inserita nel progetto della Costituzione, si avrebbero poi molte difficoltà ad eliminarla, perché in sede di Assemblea Costituente non è possibile discutere con la stessa ampiezza con cui si discute in seno alle Commissioni.

PRESIDENTE fa presente che se l’Assemblea costituente non ritenesse opportuno di stralciare la formula in discussione dal progetto della Costituzione, ciò starebbe a significare la bontà della formula stessa. In ogni modo, mette in votazione la proposta dell’onorevole Mortati con l’aggiunta delle parole suggerite dall’onorevole Nobile, nei seguenti termini:

«I pubblici impiegati, che siano membri del Parlamento, non possono, durante il mandato, conseguire promozioni se non per anzianità, né fare passaggio ad altre Amministrazioni statali o parastatali, né prendere parte a concorsi».

(È approvata).

La seduta termina alle 18.45.

Erano presenti: Bordon, Codacci Pisanelli, Einaudi, Fabbri, Fuschini, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mortati, Perassi, Piccioni, Rossi Paolo, Terracini e Tosato.

Assenti: Cannizzo, De Michele, Finocchiaro Aprile, Vanoni e Zuccarini.